Sotto il segno dei pesci

di Azin31415
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dopo la festa ***
Capitolo 2: *** Il cielo ***
Capitolo 3: *** la stanza dei led ***
Capitolo 4: *** Ale ***
Capitolo 5: *** la nana rossa ***
Capitolo 6: *** il deserto di notte ***
Capitolo 7: *** il bastardo ***
Capitolo 8: *** un cuore accartocciato ***
Capitolo 9: *** nuove alleanze ***
Capitolo 10: *** dubbi e tentazioni ***
Capitolo 11: *** USB ***
Capitolo 12: *** tradimento ***
Capitolo 13: *** l'ora dei chiarimenti.. ***
Capitolo 14: *** sotto il sole australe ***



Capitolo 1
*** Dopo la festa ***


Andres si stava allontanando nella notte. Scendeva le curve sinuose dei luoghi che erano  stati testimoni della sua fanciullezza, conosceva bene le vie de La Dehesa, anche se negli ultimi anni tante nuove ville avevano occupato quei prati in cui lui giocava da ragazzino con i suoi amici.

Aveva bisogno di camminare. Aveva bisogno di schiarirsi le idee, quel riavvicinamento con  Bea era stato inutile e fittizio. Lui dentro di sè lo avrebbe voluto, ma le loro  vite ormai scorrevano parallele e senza sfiorarsi, come due pesci in un acquario che nuotano e si ignorano.

Percorreva ormai l’ultimo tratto in discesa verso il ponte per ritornare in città,verso la possibilità di trovare un taxi che lo avrebbe accompagnato a casa dei suoi a recuperare la valigia e poi all’aeroporto per prendere il suo aereo per Berlino.

Stupido, era stato stupido a pensare di potere immergersi di nuovo nella sua vecchia vita. Mai dimenticata, ma abbandonata.

Il rettilineo lo portava verso il ponte e già vedeva in fondo le luci di Santiago.

D’un tratto un rombo di un motore dietro di sè lo fece voltare e due fari lo illuminarono fermandosi proprio accanto a lui.

Con un misto di fastidio e di curiosità pensò che potesse essere Bea che lo stesse cercando.

Scese invece, un’ esile biondina con degli occhiali rettangolari sulla punta del naso che le

conferivano al viso un’aria da professoressa, ma. Andres pensò che era troppo carina e giovane per esserlo.

Era agitata ed in uno spagnolo non proprio perfetto e dal forte accento italiano chiese: “Hai visto un cane? Un cane piccolino a nero, un cucciolo. Lo abbiamo perso.” Terminò con la voce spezzata per la commozione. Alla luce dei fari Andres riuscì a vedere gli occhi pieni di lacrime della ragazza, che lei cercava di trattenere.

“Mi spiace, vengo dalla Colmena ma non ho visto nessun cucciolo” rispose.

“Lei tirando su con il naso disse: “Grazie lo stesso, se lo vedi per favore prendilo siamo in quattro in giro a cercarlo. Per favore!” Lo pregò prima di risalire in macchina e di sparire nel buio della  notte.

Andres alzò gli occhi al cielo, era una sera fredda ma il cielo era terso e si vedeva chiaramente la croce del sud nel mezzo della volta celeste. Quanto le mancava la croce del sud nel cielo berlinese. Nemmeno le stelle erano uguali in Europa.

Continuò il cammino e proprio al limite dello slargo per entrare nel ponte sul Mapocho sentì un guaire distinto provenire dal fosso che delimitava la strada. Si affacciò al fosso e vide un cucciolo nero che appena si accorse di lui guaì più forte e il movimento della coda.

Il fosso era profondo almeno un metro e mezzo, con il fondo fangoso a causa delle recenti piogge. Era insicuro sul da farsi, forse la mattina seguente lo avrebbero trovato con la luce del giorno. Poi lo sguardo corse alla baraccopoli dei poveri che vivevano sotto il ponte a fianco del fiume: un cucciolo di razza valeva soldi, non lo avrebero restituito.

“Ma chi me lo fa fare” brontolò fra sè e sè…” ma scese nel fosso.

Giá si era sporcato e aveva le scarpe affondate nel fango, in più il cucciolo si gettò a fargli le feste inzaccherandogli ancora di più i pantaloni.

Prese il cane e lo appoggiò in alto sulla strada: “Ora se te ne vai sei proprio fesso...Stai fermo!” Intimò all’animale che lo guardava con le sue orecchie cascanti, mentre lui cercava di risalire quel metro e mezzo di fango. Riuscì a sollevarsi un po’ e presa una radice con la mano destra cercò di issarsi fino alla strada, ma perse l’appiglio con il piede e scivolò giù. Sentì il rumore di stoffa strappata e un dolore bruciante gli colpì il ginocchio. Lasciò scappare un’ imprecazione, si guardò il ginocchio e vide un lungo graffio sanguinante che bruciava.

Si guardò il palmo delle mani, anche loro con graffi. Guardò il cane che con la lingua fuori ansimava felice e creava un vortice con la sua lunga coda.

Gli scappò un sorriso e scosse la testa.

Riprovò ad issarsi e questa volta riuscì a raggiungere il bordo della strada. Era sporco e ferito, se l’avesse fermato la polizia lo avrebbero scambiato per un ladro, magari proprio di cani.

Prese il cucciolo in braccio e tornò verso la Dehesa, sperando di incontrare uno di coloro che stavano cercando il cane. Camminò per un buon tratto e stava iniziando a pensare di avere fatto una grande cazzata, quando vide i fari. Una macchina gli si fermò accanto e due ragazze scesero correndo verso di lui togliendogli dalle braccia il cucciolo e cominciando a fare dei versi intellegibili  e un sacco di moine al cane che le sporcava e le leccava felice, sempre con la coda a mulinello.

Andres rimase allibito, era trasparente, le ragazze non lo guardavano nemmeno.  Dopo il momento di euforia una delle due ragazza, mora riccia e anche lei molto carina lo degnò di uno sguardo e subito gli disse: “Oh scusa, grazie per il cane davvero!” Poi iniziò a guardarlo da capo a piedi, “Ma, sei caduto nel fosso?”

“No quello è il vostro cane, io sono sceso nel fosso per riprenderlo.”

“Oh!” fece la seconda ragazza guardandolo anch’essa da capo a piedi.

Andres pensò che non solo quelle ragazze avevano strani accenti, erano proprio strane loro. Poteva riconoscere la provenienza europea delle due ma non comprendeva bene l’origine.

Scosse la testa e disse: “Beh, ora é meglio che me ne vada, ho un aereo da prendere domattina, ed é già molto tardi.” Una ragazza stava facendo varie chiamate avvisando del ritrovamento del cane mentre l’altra guardando Andres gli disse: “No ma, non puoi andare in giro così sembri uno zingaro…”

“Non ci sono zingari qui a Santiago.” rispose Andres.

“NO, lo so ma … sembri un… come dite voi? Punga?”

“Ah, grazie del complimento!” Rispose scocciato Andres.

“Hai salvato Spenk il minimo che possiamo fare è ospitarti a casa e lavarti i jeans e…” si bloccò guardando lo strappo sui jeans e la ferita del ginocchio: “Ma ti sei anche fatto male!

Dai, sali in macchina… abitiamo qui vicino!”

Andres era sicuro che nessun taxi si sarebbe fermato a raccoglierlo vicino alla baraccopoli sporco com’era in quel momento e di sicuro non aveva voglia di chiamare suo padre per farsi venire a prendere. Le domande sugli amici e su Bea sarebbero state insopportabili.

“Va bene, poi forse mi potete far chiamare un taxi da casa vostra.”

“Certo!”

Salirono sulla jeep, le ragazze davanti, Andres e il cane dietro. Se all’uomo fosse anche rimasto un lembo di giaccone pulito il cucciolo si incaricò di riempirlo di zampate e leccate.

“È molto esuberante. Non so cosa avremmo fatto se non lo avessimo più trovato, il nostro spenkiotto.” Disse la ragazza ricciola allungandosi verso il sedile di dietro e accarezzando il cucciolo, che vista la possibilità si arrampicò sul freno a mano e il cambio fino ad arrivare in braccio alla ragazza, che rideva felice.

Andres si gettò sullo schienale pensando “Che nottata!!”



 

Capitolo 2

 

Arrivarono ad una villa di color rosa scuro, il cancello elettrico si aprì e la jeep fu parcheggiata in cortile. Uscì un uomo che doveva essere di servizio.

“Lo abbiamo trovato Leo!” Gli disse una delle ragazze. L’uomo, un indio con la faccia bruciata dal sole e con i capelli a spazzola neri come la pece, mostrò un sorriso di sollievo e corse a fare le feste al cane che nel frattempo era sceso a rotoloni dalla macchina.

“Era stato lui a scordarsi il cancello aperto, poverino, era preoccupatissimo...” Bisbigliò ad Andres una delle ragazze.

La porta della villa si aprì e uscì la biondina che Andres aveva visto per prima in quella strana notte.

“Ciao monello!!” Disse al cane in un italiano squillante. Poi rivolse lo sguardo ad Andres: “ Tu sei quello che io avevo fermato per strada? Scusa nell’agitazione non ti avevo nemmeno notato. Grazie, grazie mille!” Disse scoccandogli a sorpresa un bacio sulla guancia.

Entrarono tutti e si sedettero al lungo tavolo della sala da pranzo. Andres rimase sulla porta della sala un po’ imbarazzato, le tre ragazze stavano parlando velocemente tra di loro in inglese e per lui, stanco ed a quell’ora di notte, parlavano un po’ troppo veloce per poterle comprendere.

La ragazza riccia gli chiese scusa e in spagnolo si presentò: “Devi credere che siamo un po’ matte. Piacere io sono Mabel vengo da Siviglia, lei…” disse indicando la ragazza dal corto carré nero, “è Sophie viene da Bruges e Alessandra, che hai conosciuto per prima, viene da Firenze. Tu sei?”

“Io mi chiamo Andres e vorrei davvero fare una doccia ed andarmene, devo prendere un aereo alle undici.”

“Scusa, certo, vieni.” Disse Mabel. Lo guidò lungo un corridoio e poi su per una scala. La villa era moderna ed impersonale, sembrava un hotel. L’arredamento non aveva nulla che potesse far intuire la personalità degli abitanti.

Quasi come se Mabel percepisse i pensieri di Andres spiegò: “La casa l’ha affittata per noi

la Eso, viviamo in sette qui. Vedi? È enorme. Ecco questa è la stanza di Philip non credo che gli dispiacerà  prestarti un paio di jeans, avete più o meno lo stesso fisico, anche se tu sei più bello.” Terminò come se stesse parlando del tempo.

Andres arrossì impercettibilmente al complimento, sapeva che gli spagnoli fossero più diretti dei cileni, ma non credeva tanto.

“Ecco, puoi fare la doccia qui” disse aprendo la porta di uno spazioso bagno. “Ora ti porto degli asciugamani e qualcosa per disinfettarti quel taglio. Lo farai da solo vero? Non ci sono infermiere tra di noi.” Terminò facendo un sorriso e porgendogli un paio di jeans che aveva tolto da un cassetto.

Lasciò un basito Andres nella stanza.

Mentre si toglieva giubbotto e jeans inzaccherati, accorgendosi che anche la felpa di sotto era piena di orme di zampa di cane, si stava chiedendo cosa diavolo ci stesse facendo lì.

Poi pensò alla Eso.

Mabel rientrò senza bussare trovandolo in slip. Poggiò sul letto due asciugamani e l’occorrente per curare la ferita dicendo: “Non ti preoccupare ho due fratelli maschi!”

Andres, quasi non ci aveva fatto caso perchè pensava a quello che lei gli aveva detto  e chiese: “Ma la Eso? Quella Eso quella dell’Alma e del Paranal?”

“Si Andres quella Eso, ti aspettiamo giù. Non credo che si dorma più stanotte, fai pure con comodo.”

Mabel scese saltellando le scale ed arrivò in sala dove su due comodi sofà, posti uno di fronte all’altro, le altre due ragazze stavano bevendo del té con biscotti, con Spenk che finalmente, dormiva sfinito ai loro piedi.

“Carino Andres, non ti piace Alessandra?”

“Piantatela di volermi affibiare ogni XY che conosciamo...”

Mabel lasciò scappare un sorrisino soddisfatto. Parlarono del più e del meno, anzi solo del cane e dello spavento che avevano preso quella notte. Dopo mezz’oretta discese Andres cambiato e con tutti i vestiti sporchi in mano.

Mabel, che decisamente sembrava la più attiva del gruppo si alzò: “Dammi. In mezz’ora Mariana te li laverà e li restituirà, non riesce a dormire nemmeno lei.”

“Vuoi un po’ di tè?” Chiese Sophie mentre  Alessandra si era appisolata.

Andres si sedette. Era incuriosito da quella casa e da quelle ragazze europee ma soprattutto era incuriosito dalla Eso.

“Lavorate tutte e tre alla Eso?”

“Sì rispose Mabel mentre sgranocchiava un biscotto al latte. “Ti interessa l'osservatorio? Noi dobbiamo partire oggi alle sei per raggiungerlo. Questa notte inizia il nostro turno di osservazione.”

Andres fin da piccolo era affascinato dalle stelle, si fece comprare persino un piccolo telescopio con il quale osservava la volta del cielo.

Gli sarebbe proprio piaciuto andare a visitarlo, ma non era aperto al pubblico: la compagnia astrofisica europea lo gestiva  gelosamente. I cileni avevano offerto solo il loro magnifico e terso cielo del deserto di Atacama. L’Alma era l’osservatorio astronomico più importante ed imponente al mondo. Andrés cominciava a  pensare che avrebbe potuto anche sfruttare questa occasione per poter scrivere finalmente un articolo che non fosse semplicemente di turismo. L’osservatorio astronomico Alma e il più piccolo del parànal era un segreto ben conservato dalla Eso e dall'ente areospaziale americano.

Andrés non resistette a fare una carezza al piccolo Spenck che dormiva lì accanto, le avventure della nottata l'avevano distrutto. Si sentiva un po' come il cucciolo: spento.

Come aveva potuto pensare di andare alla festa e di rimettere in discussione 10 anni della sua vita e di quella di Bea.

Sospirò perso nei suoi pensieri. Sophie gli chiese: “Ma cosa facevi alle tre di notte solo a piedi, lungo la strada che porta al Mapocho, non sai che è pericoloso?”

Ridestato dai suoi pensieri, Andres si rivide in mezzo alla strada verso il ponte, verso la baraccopoli, effettivamente non era stato troppo prudente.

“Tornavo da una festa di compleanno!”

“Solo e senza auto?”

“Si, solo e senza auto!” Affermò con un tono un po’ scocciato che non ammise repliche..

“Parlatemi un po' dell'osservatorio mi piacerebbe molto sapere qualcosa e vederlo” aggiunse un po’ timoroso cercando di gettare l’amo.

Sophie rispose: “A questa ora di notte potrei parlare solo di biscotti o film horror. Per ringraziarti per aver salvato Spenk, potremmo invitarti a cena tra 10 giorni quando finiamo il turno ad Atacama e ti spiegheremo tutto.”

“Grazie ma fra dieci giorni sarò a Berlino!”

Mabel diede una  occhiata di sfuggita a Alessandra che respirava profondamente addormentata. “Perché non vieni all'osservatorio con noi questa mattina. Tra un'ora verrà il bus a prenderci per portarci all'aeroporto se ti va e sei davvero interessato potresti venire a passare questi giorni con noi.”

Andrés rispose che non era proprio possibile avrebbe perso il suo biglietto per Berlino e degli importanti appuntamenti di lavoro per cui Mabel non insistette. Lasciò Alessandra addormentata sul sofà e andò a raccogliere le tre valigie che mise vicino la porta e chiese ad Andrés: “Vuoi che ti chiami un taxi?”  

“Sì grazie.” rispose

Era molto stanco la notte era stata piena di emozioni per lui. Aveva solo voglia di buttarsi sul letto e dormire fino alla sera dopo, cosa che non avrebbe potuto fare.

L'osservatorio... quando avrebbe avuto un’altra occasione, la opportunità di mettere piede all'Alma, l’osservatorio che era l’orgoglio nazionale cileno.

Sentì Mabel chiamare un taxi, si avvicinò a lei e le disse: “Se la tua offerta è valida davvero e se pensi che sia possibile, mi piacerebbe moltissimo venire con voi all’osservatorio...” Lei lo  guardò un attimo e gli chiese solo: “Hai un documento con te ?” Lui rispose “Certo!”

“Ok passaporto o carta d'identità andranno benissimo.”

Sophie  si alzò:  “Mabel non credi di esagerare? Hans quando verrà a sapere che facciamo entrare uno sconosciuto nell'osservatorio ci farà fare doppi turni per due mesi.

“No, non ti preoccupare non è uno sconosciuto si chiama Andrés e ho visto il tesserino dei giornalisti tedeschi nel suo portafoglio credo proprio che sia ora di rilasciare un'intervista vera o falsa che sia.”

Andres ascoltata tutta la conversazione disse: “Non voglio crearvi problemi non vorrei che i vostri capi si arrabbino.”  

Mabel lo guardò  con un sorriso ironico e disse “Io sono il capo quando Hans non c’è, io sono il numero due e Hans è sempre a Ginevra.

Andres stupito chiese: “Ma allora tu sei Mabel Rueda? La direttrice generale del Parànal  e dell'Alma?”

“Ecco Sofia vedi sono anche famosa!” Poi rivolgendosi ad Andres chiese “Ti aspettavi che  fossi una vecchia con gli occhiali e i capelli bianchi come Margarita Hack?”.

Andres sorrise forse per la prima volta in tutta quella pesante notte: “No, non sapevo come fosse Mabel Rueda, non vi fate tanta pubblicità voi della Eso, non ho mai visto foto. E non so chi sia Margherita Hack.”

“Non sai?.. “ Mabel si bloccò osservandolo. Andò alla libreria, scelse sei libri piuttosto grossi e tornò verso Andres porgendoglieli. “Ecco studia. Non ti preoccupare sono semplici, alcuni li ho comprati anche ai miei nipoti di 12 anni. Non puoi fingerti un giornalista interessato alla astrofisica e non conoscere Margherita Hack. Jorge, il custode, ti spedisce nel deserto con un calcio e senza acqua.

Ma tu che tipo di giornalista sei?”

“Io sono solo un giornalista di viaggi e soprattutto faccio reportage per articoli turistici e la maggior parte delle volte sono solo pubblicati in Internet: diciamo che non sono arrivato nemmeno lontanamente nella posizione in cui sei tu.. Sarebbe come se io diventassi il direttore del Times.”

“Bene” disse lei “Ora sai a chi portare rispetto tra noi tre!” disse facendogli l’occhiolino. “Preparati, tra un ora arriva il bus a prenderci. Forse potremmo farti una valigia con i vestiti di Philip tanto è così distratto che non si accorgerà mai che gli mancano calzini e magliette e poi potrai comprare qualcosa allo spaccio.

Così diede una valigia ad Andres e lo lasciò libero di scegliere tra le cose di Philip.

Puntuale alle sei arrivò il pulmino che veniva dall’aeroporto. Scesero quattro uomini con l'aria tremendamente assonnata, tutti  con gli occhiali e con la barba lunga di vari giorni.

Il conduttore, Iader, chiese “Chi è questa persona non sono stato avvisato!”

“Non ti preoccupare!” disse  Mabel “Garantisco io per lui!” E mentre lo diceva,  lei stessa pensò che non avevano idea di chi fosse questo Andrés,  raccattato per strada alle tre di notte.

Poi si convinse che una persona che salva un cane non potesse essere cattiva, e in più sperava che servisse allo scopo che aveva in mente.

Sophie invece si era già fatta tutto il suo film in testa: Andres aveva fatto apposta a far scappare Spenk, aveva creato una messinscena per riportarlo e aveva anche esagerato la ferita sul ginocchio che poteva essere falsa.

Svegliarono Alessandra e la spinsero assonnata sul bus, misero la sua valigia nel bagagliaio e dissero all’autista che potevano partire verso l’aereoporto.







 

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Capitolo 2
*** Il cielo ***


Il viaggio verso l’aereoporto fu lungo, il traffico di Santiago come sempre era intenso e rumoroso. Mentre scendevano i tornanti verso Pudahuel, Andres si rilassò ed iniziò ad osservare le tre ragazze.

Sophie era sofisticata, il suo viso aveva lineamenti fini e il piccolo naso impertinente rivolto all’insù, come se fosse la pennellata di un pittore, sormontava le labbra perfettamente colorate di un carminio vivace. Indossava un tailleur color verde chiaro portato elegantemente su delle ballerine dello stesso colore.

Mabel sembrava tutto meno che una scienziata: portava ai piedi i dottor Martens neri, indossava un jeans multicolore di Desigual con il cavallo estremamente basso, una maglietta nera e un golfino dello stesso colore. I suoi riccioli con ciocche di color vinaccia li portava raccolti in una coda scomposta. Aveva un viso bellissimo, due occhi neri con le sopracciglia a punta, poche lentiggini sul naso e la pelle chiarissima.

Era attraente e sicuramente simpatica. Andres si sentiva anche troppo osservato da lei e pensò che, forse, l’invito a seguirle avesse un secondo fine.

Secondo fine che lui avrebbe volentieri riservato invece ad Alessandra, l’italiana bionda che continuava a dormire, con la bocca aperta, gettata nei sedili del piccolo bus. Alessandra vestiva una tuta da ginnastica blu con delle rifiniture che decoravano le maniche e i pantaloni, che si coordinava perfettamente con le Nike che portava ai piedi. I lisci capelli biondi sparsi sul sedile del bus le solleticavano il naso e lei, nel sonno, faceva buffe smorfie. Era forse la meno appariscente del gruppo, ma il suo viso aveva la dolcezza delle Madonne del rinascimento dipinte nei quadri della sua terra e i suoi occhi, ora chiusi, avevano il colore del cielo.

Mabel che sedeva accanto a Sophie, guardava Andres che osservava Alessandra: “È quella del gruppo che peggio sopporta il non dormire la notte e tutti i turni che facciamo,” disse sorridendo all’uomo.

Andres chiuse gli occhi lasciandosi dondolare dal movimento del veicolo.

Sorrise tra sé e sé, non era la prima volta che  prendeva al volo le occasioni che la vita gli poneva di fronte ed era andato sempre tutto male. Questa volta però credeva di aver fatto una scelta corretta. Sperava davvero di portare a casa un buon articolo sugli scienziati dell’Eso. Voleva conoscerli tutti meglio, soprattutto una.

Arrivarono all’aereoporto da un cancello laterale dove su una pista attendeva il loro arrivo  un piccolo aereo con dipinto sulla fusoliera il simbolo dell’ Eso.

Si misero comodi e Andres notò quanto confortevole  e agiata sembrasse la vita di queste ragazze.

Alessandra si era svegliata finalmente ed era persa in fogli pieni di strani simboli e di appunti. Con i suoi occhiali sulla punta del naso e la matita rossa tra i denti continuava a tentare di disciplinare dietro l’orecchia i suoi lisci capelli che si ostinavano a caderle davanti agli occhi.

Andres potè osservarla tranquillamente perché lei non alzò mai lo sguardo dalle carte, o almeno così sembrava fino a che lei disse: “Ma la pianti di guardarmi?!”

Andres colpito, impallidì leggermente: “Scusa, ti vedevo assorta in quelle carte che viste da qui sembrano incomprensibili per me!”

“Ti assicuro che anche viste da vicino sarebbero incomprensibili per te!” Rispose lei seccata.

Mabel le lanciò un’occhiataccia ed intervenne: “Tesoro, mi piacerebbe ricordarti che Andres è sceso in un fosso per salvare Spenk”.

Ale fece un sospiro e pensò  Come se non sapessi perchè lo hai invitato …. Strega!

L’aereo rombava leggero sorvolando il deserto. Ad un tratto Sophie disse: “Nuvole?? Ragazze ci sono nuvole!”

Le ragazze si tolsero le cinture e andarono a guardare dai finestrini. Andres sorrise: la natura della sua terra era sempre piena di sorprese .

“Andres,” chiese Alessandra “Se ci sono nuvole vuol dire che pioverà vero?”

L’uomo sorrise c’è voluta la pioggia nel deserto perchè mi consideri…

Si, suppongo di sì!” rispose.

“Figo!! È la prima volta da quando siamo qui!! Mabel, andremo vero? Dimmi che potremo saltare un giorno non voglio perdermelo.”

“Mabel che guardava anch’essa fuori dal finestrino rispose: “Qualcosa ci inventeremo non ci perderemo lo spettacolo per nulla al mondo.”

Andres si avvicinò per guardare dallo stesso finestrino da cui guardava Alessandra, lei si girò e stava per rispondergli male un’altra volta ma poi pensò che sì… Era l’uomo che aveva riportato Spenk. Allora chiese “Tu lo hai mai visto?”

Andres potè sentire l’odore del suo sciampo e un brivido gli percorse la schiena, lei aveva già girato un’altra volta il viso verso il finestrino.

“Si, tre volte.” rispose l’uomo.

Ale si girò sorridendo ironica? “Tre volte? Hai visto il deserto fiorito tre volte?? Allora sei più vecchio di quel che sembri!”

Lui rimase attonito e Sophie disse con il suo accento francese: “Ale, ma sei sempre così cafona con i ragazzi! Mi sorprende il successo che hai!”

Alessandra arrossì e si lasciò cadere sulla poltrona. Andres era in quella accanto ed ancora la stava guardando basito.

“Non è vero!” Gli disse Ale.

“Cosa?” Chiese lui “Che sembro vecchio?”

“No!” Rispose lei guardandolo negli occhi e sorridendogli per la prima volta: “Che ho successo con gli uomini!”

E si rituffò tra le sue carte.

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Capitolo 3
*** la stanza dei led ***


Andres si accorse di essere arrivato all’osservatorio per l’immensa distesa di parabole allineate in file perfettamente simmetriche che decoravano il secco terreno. Un edificio alto e rettangolare in ferro e vetro svettava nel mezzo delle 50 parabole. Sembrava di essere in un altro Mondo, proiettato nel futuro.

Atterrarono in una piccola pista ed un pulmino li venne a prendere.  Faceva freddo ed il vento faceva volare i capelli di Alessandra in mulinelli che prendevano tutte le direzioni. I visi delle tre ragazze erano contratti, la serenità e l’allegria di prima non c’era più. Sembravano già entrate nel ruolo assegnato loro dal lavoro.

Da fuori il grosso edificio sembrava di semplici uffici, dentro era moderno e funzionale. Entrarono in una hall dalle vetrate che arrivavano fino all’alto soffitto, Andres si rese conto del timore che incuteva Mabel, ed anche di come cambiò il rapporto tra le tre ragazze: sembrava quasi che non si conoscessero.

Mabel si avvicinò a un tavolo dell’entrata con due guardie e fece un cenno ad Andres. L’uomo si avvicinò mentre guardava Alessandra e Sophia allontanarsi senza nemmeno salutarlo.

“Jose, prepara un pass per il signor…” E si girò verso Andres spalancando gli occhi, lui capì al volo e disse svelto: “Andres Revuelta Bellido”, mostrando la carta di identità.

“Perfetto poi accompagnatelo alla caldaia.”

Andres venne lasciato al tavolo della reception con lo sguardo sorpreso, pensando cosa diavolo potesse essere la caldaia.

Jose gli fece una foto e gli diede il badge. “Non deve torglielo mai!” Gli intimò, aggiungendo: “Mi segua.”

Lo precedette per lunghi e asettici corridoi le cui pareti cambiavano colore secondo le zone.  Salirono al secondo piano ed, attraverso una grande vetrata, Andres potè vedere una decina di persone sedute davanti a degli schermi in una sala immensa in cui ci saranno stati quasi un centinaio di computer.

Entrarono ed Andres cercò con gli occhi le ragazze, erano ognuna a postazioni differenti intente già a lavorare.

Jose lo guidò fino a Mabel che congedò l’uomo con un cenno del capo. “Dottoressa Cuomo!” Mabel chiamò  Alessandra che alzò il viso e quando comprese, fece una smorfia di disappunto.

“Dica direttore!”

“Le affido il giornalista Revuelta, gli faccia da guida per gli uffici dell’osservatorio. Credo dovrebbe dormire nella stanza C.”

Alessandra si alzò adirata verso l’amica, ma bastò uno sguardo di Mabel per farla desistere.

Con un sospiro si avvicinò ad Andres e disse: “Andiamo!”

“Perché vi date del lei?”

“C’è una gerarchia molto rigida, facendo così si creano meno problemi.”

“Mi spiace se sono un disturbo per te.” Disse Andres notando l’aria scocciata di Ale.

“Non sei tu che disturbi, è Mabel che si mette strane idee in testa.”

La ragazza entrò in ascensore e spinse un bottone. “Prima ti accompagno alla tua stanza, avranno già portato lì la tua valigia.”

Arrivarono al quarto e ultimo piano dell’edificio dove c’erano gli alloggi. “Per noi astrofisici ci sono solo tre stanze, gli altri dormono in camerate.  Ecco la tua è là in fondo”. Le porte lungo il corridoio erano contrassegnate da lettere, quella con la C aveva la porta spalancata e dell’acqua stava uscendo nel corridoio.

“Cosa succede?” Chiese Alessandra, mentre dalla porta del bagno spuntò la testa dell’addetto alle riparazioni. “Questa stanza è impraticabile mi spiace, per un paio di giorni non si potrà usare!”

“Ma come, io.. Ah!” Fece Ale spazientita “Non ci posso credere!” Prese il telefono di servizio e parlò rapidamente con qualcuno che dall’altra parte della cornetta fu deciso, nonostante le rimostranze dei Ale.

Poi andò verso una porta contrassegnata con la S e disse. “Ecco, questa sarà la tua stanza: è proibito mangiare dentro, se leggi la notte o hai la luce al led o non leggerai e il bagno lo userai sempre per secondo.”

“Cavolo, ma chi è il mio compagno di stanza? Hitler?”

Alessandra si girò a guardarlo, era proprio arrabbiatissima, ma ad Andres parve solo più bella. “Io sono la tua compagna di stanza. Questa, Mabel me la pagherà cara!”

Se ne andò veloce per il corridoio con Andres che la seguiva con un sorrisino dipinto sul volto.

“E non sorridere! Potrei farti pentire di essere venuto!”

Subito  Andres cambiò espressione e si guardò in giro per vedere se c’erano vetrate o specchi, domandandosi come si fosse accorta del suo sorriso.

Dopo un’ora che Alessandra faceva da guida ad Andres per i meandri dell’Alma, la ragazza si era rilassata.

Spiegare il funzionamento dell’osservatorio la inorgogliva ed Andres aumentava il suo entusiasmo con mille domande intelligenti.

“Posso registrare quello che racconti?” Chiese ad un certo punto lui, che stava seriamente cominciando a pensare che l’articolo avrebbe davvero potuto risultare fantastico.

“Se ti può servire, ma credi davvero che potresti fare un articolo?”

“Certo, raccontami qualche aneddoto, qualcosa di strano, originale.” Disse armeggiando con il cellulare per aprire il registratore.

“La cosa più strana qui è Pico…”

Lui alzò lo sguardo sorpreso.

“Si lo so cosa vuol dire in cileno, ma quando abbiamo scelto il nome eravamo tutti stranieri e nessuno sapeva cos’era il pico.”

Andres scoppiò a ridere, “Scusa ma lo dici con una tale naturalezza...”

Anche Ale sorrise “Si lo so, ma per le mie orecchie è solo una parola.”

“Va bene ma mi racconti cosa è Pico?” Disse Andres continuando a ridere.

“Un fantasma.” Fece lei secca.

“Cosa?”.

“Sì, un fantasma dispettoso che ha causato già vari danni, come quelli della stanza C dove tu dovevi dormire. Tre anni fa è persino sparito un addetto alle pulizie. Secondo me era talmente ubriaco che è uscito di notte ed è morto di freddo da qualche parte. Ma i lavoratori dicono che sia stato Pico.”

“Una notte se vuoi ti porto fuori a vedere le parabole, io dovrò fare un giro di ispezione, mi potrai accompagnare se ti interessa.”

“Certo che mi interessa!” Rispose Andres.

“Ti avverto che dormirai poco in questi giorni.”

“Non potrei desiderare di meglio...” rispose l’uomo maliziosamente.

Ale sorrise scuotendo il capo.

Wow non mi dire che le sto simpatico, anzi forse addirittura le piaccio.

Alessandra ritornò alla caldaia come era denominata la grande sala di controllo principale dell’osservatorio, sempre con Andres alle calcagna.

L’uomo comtinuò il suo lavoro di giornallista e prese appunti su tutto e tutti.

Le ragazze lavorarono per ore ai loro doppi schermi analizzando grafici e numeri, a volte si avvicinavano per parlare tra di loro, a volte cambiavano postazione. Il tutto in una calma e un silenzio totale, rotto solo dal ronzio della climatizzazione che rendeva l’aria perfetta per la preservazione  di quelle macchine costosissime.

D’un tratto Mabel si stiracchiò sulla sedia allungandosi all’indietro e guardò Andres con un sorrisino: “Ale” chiese “Hai fatto vedere ad Andres la stanza dei led?”

Alessandra avvampò in viso: “Mabel sei proprio una stronza!” sibilò sottovoce, Mabel con un ghigno soddisfatto tornò al suo lavoro non senza prima aver telefonato per ordinare  la cena per tutti.

Smisero di lavorare per cenare insieme ad un tavolo di quella stanza.

“Allora Andres che ti sembra l’osservatorio?” Chiese Sophie con il suo accento dolce, guardandolo fisso negli occhi. Andres si sentì a disagio . Possibile che quelle due lo avessero fatto venire con loro perchè volessero… Ma no…

“Ti ha trattato bene la nostra Ale?” Ora parlavano apertamente senza darsi del lei, erano rimasti solo loro, tutti gli altri operatori erano usciti probabilmente per andare in  mensa.

“Piantala Mabel so bene cos’hai in mente. Lasciatelo in pace.” Intervenne Alessandra.

“Cos’è la stanza dei led ?” Chiese Andres curioso.

Le due ragazze scoppiarono a ridere, mentre Alessandra mise un broncio scuotendo la testa. Prese il sandwich e disse ad Andres: “Vieni lasciamo sole queste due serpi!”

E mentre uscivano dalla sala potevano sentire le due serpi continuare a ridere.

“Ma quelle due?...”

“Non farci caso Andres, è tutto rivolto a me, non è te che prendono in giro.” Disse mentre camminava per dei corridoi mai percorsi prima con Andres.  Arrivò ad una porta che stranamente non era di vetro come tutte le altre, bussò e poi aprì.

La stanza era piena di armadi tipo vetrine, tutte chiuse a chiave con centinaia di circuiti, cavi e lucine rosse, verdi, gialle e blu..

Erano led.

“Ecco questa è la stanza dei led. Qui arrivano i cablaggi di moltissimi terminali e con i led si può vedere se il funzionamento è corretto e in caso di problemi, in molti casi, da qui si possono risolvere.” Dicendo questo aveva aperto uno di questi armadi mostrando i led. Andres si era avvicinato tanto ad Ale da poterne sentire il profumo fruttato che aveva. Lei sentì il viso di lui sfiorare i suoi capelli e subito si scostò ricominciando con le spiegazioni. “Come senti c’è un importante sistema di raffreddamento con ricambio costante di aria, perchè led e cavi creano calore. E poi..” Sottolineò cambiando il tono, “È l’unica senza pareti di vetro, da fuori non si vede e non si sente cosa succede dentro. Ci sono le luci soffuse e laggiù due comodi divani. Vuoi un disegnino per capire cosa fanno qua dentro ogni tanto?” Chiese Ale.

Andres scoppiò a ridere, “Ma perchè ti trattano così?”

“Perchè cercano di buttarmi tra le braccia di qualunque bel ragazzo che conosciamo, e tu gli devi essere proprio capitato a fagiolo. “

Andres cercava di trattenersi dal ridere.

“Ma perchè?” chiese “ Cioè ne sono lusingato ma…”

“Tre mesi fa ho rotto con uno stronzo, e loro vogliono che lo dimentichi.”

Andres tornato serio, fissò i suoi occhi nei due turchesi di Alessandra.

“Io mi offro volontario…”

Ale sorrise, ma il suo sorriso mesto colpì il cuore di Andres come un dardo.

“Non volevo prenderti in giro, davvero.” Disse l’uomo.

“Io ritorno al lavoro, non so se vuoi andare a letto, siamo tutti svegli da più di 24 ore.”

“No, torno con te alla caldaia,” disse con un tono così dolce nella voce che persino lui si sorprese.

Se il lavoro durante il giorno era calmo, durante la notte diventava frenetico, le uniche che restavano a lavorare erano le tre astrofisiche che si muovevano tra vari schermi e postazioni mosse da una sapienza che era il motore dell’umanità.

L’unico a cedere fu Andres, alle tre di notte si gettò nel letto della stanza S e fece solo il tentativo di pensare alle ultime 36 ore della sua vita: la festa, Bea, il cane, Ale, ma crollò prima.


 

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Capitolo 4
*** Ale ***


Andres si svegliò che erano le undici, era così confuso che dovette chiarirsi le idee prima di ricordare dove fosse. Guardò il letto accanto, Alessandra dormiva sotto le coperte, i vestiti erano gettati sulla panca posta ai piedi del suo letto, dormiva tranquilla.

Sarebbe rimasto a guardarla a lungo, ma gli sembrava di approfittare di lei e temeva se ne accorgesse

Si alzò fece la doccia, si vestì, cercando di non fare il minimo rumore ed uscì.

Andò in mensa a fare colazione. La mensa funzionava 24 ore su 24, a qualsiasi ora si poteva pranzare, cenare o fare colazione. Non esistevano orari, non esistevano menù fissi.

Si prese un’empanada, un succo ed un caffè e si sedette ad un tavolo. Subito arrivò Mabel, con una tazza in mano. Andres stentò a riconoscerla: vestiva tailleur nero e l’uomo non potè far a meno di notare le lunghe gambe affusolate. Portava i capelli raccolti in una stretta coda e degli occhiali sul naso. “Lo so, lo so...” anticipò lei vedendo lo sguardo stupito dell’uomo, “Ho una riunione con degli americani. Ci tengono a queste cose. Allora dormito bene? Io andrò dopo la riunione, disse stiracchiandosi un po’. Racconta, come va il tuo articolo?”

“Sto iniziando a raccogliere informazioni, osservazioni, impressioni. Ci lavoro.”

“Al grande capo ho detto che sei il direttore della parte scientifica del Times.” Disse sorridendo, “Se vedi che ti trattano bene è per quello.” Termino addentando il suo tost.

“Sei matta!”

“Sì un po’. Sai lo diventiamo tutti: molte ore di veglia, sempre su quei computer. Ah beati i tempi di Galileo dove davvero si osservavano le stelle, era molto più romantico. A proposito, come va con Ale?”

“Ma come deve andare?!” Disse con tono un po’ scocciato.

“Dai, ho visto che la mangi con gli occhi.” L’uomo non fece un solo gesto, continuò a mangiare.

“Ascolta, tu sei il tipo di uomo che le piaceva prima di cadere con lo stronzo, quello che  le ha spezzato il cuore. Io e Sophie ci preoccupiamo per lei.

Quando ti ho conosciuto alle tre di notte, per strada, tutto sporco..” Disse iniziando a ridere “Ho pensato che fosse il destino.” Si fermò ad osservarlo, ma Andres non alzò il viso.

“Ma si, dai, avrò fatto una cavolata!” Terminò alzandosi. “Almeno potrai scrivere un bell’articolo. Ciao corro alla riunione!” E se ne andò lasciando  profumo di Kalvin Klein nell’aria.

Andres non si alzò per ore dal tavolo della mensa, aveva aperto un Mac che Sophie gli aveva prestato e stava scrivendo, controllando gli appunti, pensando, rileggendo. Era preda dell’ispirazione, che gli terminò di colpo quando vide entrare Ale in mensa, sorridente ed abbracciata ad un vichingo con dei bicipiti degni di Thor. Andarono alla barra del self service ed ad Andres cominciò a bruciare lo stomaco. Si diede dell’idiota, ma non poteva togliere gli occhi da loro due.

Terminato di riempire il vassoio Ale si girò e si accorse di lui, fece un gesto di saluto al vichingo e si incamminò verso il tavolo di Andres.

Il suo sorriso ebbe sull’uomo più effetto di qualsiasi medicina.

“Ciao! Posso?”

Dio com’è sexy il suo accento.

Non mi dire di no, perché con quel nibelungo non mi voglio sedere!”

“Ma dai, dormiamo nella stessa stanza possiamo di certo mangiare insieme!” ma che cretino che sono…

Non me lo ricordare! Speriamo che aggiustino la C…”

“Ma che vogliono dire le lettere C, S, B, sulle porte?”

“Sono scherzi da scienziati…” Disse Ale ridendo mentre sorseggiava il suo cappuccino.

“Sono le iniziali di nomi di stelle?”

“Non proprio,” disse la ragazza, “Te lo svelo se non lo scriverai nel tuo articolo…”

“Dimmi…”

“Sono le iniziali di parolacce, in varie lingue…”

“Ma dai, non ci credo…”

Ale rispose solo con un alzata di sopracciglio. “Vado a lavorare.”

Si alzò, poi si girò a guardarlo come se volesse dirgli qualcosa, lo guardò con quei grandi occhi di cerbiatta, ma poi li abbassò e se ne andò.

Quando Andres si decise ad andare alla caldaia, trovò tutti appiccicati alle finestre che guardavano fuori: pioveva…

Il che voleva dire che il giorno dopo  sul’altopiano sarebbero spuntati decine di migliaia di coloratissimi fiori. Che sarebbero vissuti due o tre giorni per poi non rinascere più fino alla seguente pioggia, magari dopo tre o quattro anni.

Andres riconobbe la siluette  di Ale che si stagliava contro la luce accecante che veniva da fuori, ne venne attratto, arrivò al suo fianco e si spinse ad appoggiare una mano su di lei  circondandole le spalle. “Dopodomani sarà meraviglioso!” Disse. Lei volse il viso verso di lui, sbattè le palpebre lentamente e sorrise, poi tornò a guardar fuori, ma piegò la testa come a sfiorarlo. Un calore percorse come una scossa il corpo di Andres che sfiorò i suoi capelli con le labbra e ne aspiro il profumo.

Si avvicinò Mabel, e disse a bassa voce: “Ale, domattina a terminare il turno, scappiamo, organizzo con Jorge una jeep e dormiamo nel deserto. La mattina dopo ritorniamo qui. Che dici?”

“Che sei la miglior capa che abbia mai avuto!”

Mabel rise, poi guardò Andres, “Naturalmente sei invitato.”

La ricreazione durò poco la “migliore capa del mondo” gridò un “Eh allora che si fa?!” E tutti tornarono al lavoro.

La giornata li accompagnò tutti nelle loro occupazioni. Le ragazze alla caldaia ed Andres girovagando per l’osservatorio a prendere foto, documentandosi sui particolari che poi gli sarebbero serviti per l’articolo. Spesso si interrogava su come fare arrivare il suo scritto, che stava nascendo, a delle riviste importanti. Era un progetto che lo stava entusiasmando tanto quanto provare a conquistare Alessandra. Non aveva mai conosciuto una ragazza che se ne fregasse tanto di lui.

Era abituato ad aver successo con le donne, a fatica ricordava un rifiuto alle sue avances. Ma Ale era così… Diversa. Era sicuro di piacerle, ma lei non si comportava come le altre, non gli dedicava  sorrisini,  sguardi seduttori, non gli lanciava segnali di incoraggiamento. Era diretta, schietta, lo confondeva e lo attirava ancor di più.

Scrisse e cancellò e riscrisse per tutto il giorno, rispose a email e parlò con i suoi che ormai lo davano per disperso.

Era ormai sera quando si trovava nella stanza S seduto sul letto circondato da fogli di appunti, ed entrò Ale.  Al vederlo si bloccò un po’,  come se non se lo aspettasse.

“Cosa fai?” Chiese quasi per cortesia andandosi a gettare sul suo letto per riposare un attimo.

Lui la seguì con gli occhi, “Cerco di riordinare le idee. Speravo che venissi, perchè volevo chiederti dei chiarimenti su alcune cose, ma se vuoi riposare, aspetto.”

Lei si alzò ed andò a sedersi sul letto di lui curiosando tra i fogli, “Dai spara..”

Andres cominciò a chiederle dettagli tecnici sul funzionamento delle parabole e soprattutto sull’interpretazione delle emissioni di luce. Lui parlava assorto e lei guardava le sue labbra muoversi senza ascoltare nulla. Solo vedeva i suoi riccioli neri, gli occhi scuri che correvano da un foglio ad un altro seguendo le sue forti mani e le sopracciglia che alzava in una buffa maniera aggrottando la fronte quando voleva mettere enfasi in quello che diceva.

“Non mi stai ascoltando.” Disse lui ad un tratto.

Lei lo guardò negli occhi e chiese “Davvero vuoi che restiamo qui a parlare di astrofisica?”

Ancora una volta non capì cosa volesse dire la frase, cioè lo capiva fin troppo bene, ma non riusciva a crederci. Lei alzò un soppraciglio come ad sollecitare la risposta.

Andres deglutì: “No…”

Allora Ale fece un mezzo sorriso, salì in ginocchio sul letto davanti a lui sovrastandolo, si tolse il maglioncino e la maglietta rimanendo solo in reggiseno, si avvicinò a lui che non osava muoversi ne fiatare e la guardava con gli occhi spalancati e il cuore che batteva all’impazzata. Si sedette su di lui circondandolo con le gambe e le braccia. Finalmente Andres riuscì a reagire e la abbracciò accarezzandole la schiena. Sentiva il respiro di lei sul collo che strusciava le labbra contro la sua pelle. Fece risalire le mani dalla vita fino al sottile collo di lei, le girò il viso e la baciò.

Tenendole la nuca potè assaporare quella bocca che desiderava da giorni, mentre lei affondava le mani sotto il suo maglione.

Andres fece forza sulle gambe e la spostò come se fosse un fuscello, la appoggiò al letto e si dedicò a scendere baciando il collo il seno il… Beep beep beep

“O Cristo!” Disse lei alzandosi di colpo sui gomiti! “Il beeper di Mabel!”

Lui eccitato, ansante gli chiese “Non mi dire che devi rispondere?”

“Certo!” Ormai si era alzata scansandolo. “Non mi ha mai chiamato con il beeper è successo qualcosa di grave.” Disse spegnendo l’apparecchietto, che Andres già odiava.

Lui sul letto abbassò sconsolato la testa, “Non ti chiama mai e proprio ora…”

“Dai vieni… Ti compenserò,” disse affondando le mani nei suoi ricci, dandogli un ultimo bacio e scappando via.

La riprese nel lungo corridoio,”Ma che può essere?”

“Se è quello che penso… È una svolta nelle nostre carriere!” disse Ale entusiasta.




 

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Capitolo 5
*** la nana rossa ***


Ale arrivò correndo alla caldaia ed entrò facendo sbattere la porta. Bastò uno sguardo con le amiche per capire il perchè del beeper.

“Vieni!” disse Mabel seria. “Ti ho preparato tutte le stampate sul tavolo e sullo schermo grande puoi vedere le emissioni e i grafici. Ora l’occhio che trova tutti gli errori è…” Mabel si fermò ad osservarla  “Hai il maglione indossato al contrario!”

Alessandra arrossì violentemente,  Sophie sorrise, Mabel spostò lo sguardo su Andres che in quel momento trovava estremamente interessante la punta delle sue scarpe.

“Oh…” Fece Mabel “Che tempismo… Va be’! Dicevo:  l’occhio migliore del pianeta è il tuo, Alessandra. Cerca l’errore, e se non lo trovi…Siamo a cavallo!”

 

Passò un tempo infinito in cui Alessandra si concentrò sui fogli, passava al grande schermo, e tornava ai fogli, andava ad un computer e digitava qualcosa. Lasciava dei segni con la sua matita rossa  e ricominciava. Mabel e Sophie la osservavano in silenzio con uno sguardo pieno di ammirazione e speranza. Andres non capiva nulla.

Il silenzio tra loro era assoluto, tanto che il ronzio dell’aria climatizzata sembrava assordante. Andres quasi temeva che si sentisse il suo respiro, era così concentrato su Ale. Osservava ogni suo movimento e dentro di lui cresceva un’ammirazione che quasi superava l’attrazione che provava verso di lei. Quasi…  Perchè arrivò a pensare che se non ci fossero state Sophie e Mabel l'avrebbe stesa sul quei fogli e l’avrebbe presa, lì, tra i suoi appunti di fisica.

“Finito!” Disse ad un tratto guardando le due colleghe e lasciandosi cadere su di una poltroncina, senza lasciar capire nulla dall’espressione del suo viso.

Mabel e Sophie attendevano con gli occhi aperti e l’attenzione a mille.

“È tutto perfetto e conseguente! È un buco nero!”

Le urla di giubilo che risuonarono nel salone fecero sobbalzare Andres.

Andarono tutte e tre ad un computer digitando qualcosa e per la prima volta Andres vide su uno degli schermi dell’osservatorio le stelle. Quelle vere, che brillano  nel cielo nero.

Si avvicinò per guardare meglio: “Guarda!” Gli disse Ale indicandogli un puntino sullo schermo ed appoggiando una mano sulla sua spalla mentre lui si piegava in avanti per osservare.

“È un buco nero errante a 10.000 anni luce. Fino ad oggi era stato confuso con una nana rossa, però la nostra analisi spettrale ci conferma che è un buco nero e in più…” Disse con un sorriso stampato sulle labbra che passò a quelle di lui con un bacio. “Il suo brillo conferma la emissione quantica di particelle nell’orizzonte di evento… Cioè conferma la esistenza della radiazione di Hopkins! Può essere la scoperta del decennio…”

“Sto assistendo ad un evento storico?”

“Per l’astrofisica sì!”

“Wow, mi verrà un articolo importante …”

Ale sorrise, in un modo che fece comprendere ad Andres di essere ormai stato catturato, abbattuto e  forse… Innamorato. “Sì, scriverai un grande articolo!”

Si girò e si rimise a lavorare con le altre due.

Dopo un paio di ore Mabel andò da Andres, che stava facendo foto agli schermi con il suo cellulare, come se dopo potesse capire qualcosa. “Andres, domani mattina quando terminiamo, andremo nel deserto.”

“Davvero?” La interruppe l’uomo “Pensavo che per la scoperta saltasse tutto…”

“No, dobbiamo fare finta di nulla. Questo è un mondo bastardo, Andres. Se si accorgessero della nostra teoria, che ormai teoria non è, si butterebbero a pesce per fregarcela. Dobbiamo nascondere tutto,  far vita normale, fino a che avremo fatto arrivare una bozza di relazione nelle mani giuste. Mani che non ci rubino la paternità.”

“Non immaginavo…”

“Senti, sarebbe utile se andassi a dormire, così domattina guiderai tu per l’altopiano e noi dormiremo in macchina.”

“Ah, mi promuovi da salvatore di cani ad autista?”

“Secondo me, Ale ti ha già promosso a qualcos’altro…” Disse la donna con un’alzata di soppraciglio.

Andres non si scompose. “D’accordo, vado a riposare.”

 

Stava facendo dei sogni catastrofici, quando il dolce accento francese di Sophie lo risvegliò.

“Andres, andiamo, siamo pronte! Ti aspettiamo in mensa.”

Dopo mezz'ora alla guida Andres era già immerso nel silenzio. Sophie e Mabel dormivano dietro, una accanto all’altra ed Ale, dopo aver tentato di sostenere un po’ di conversazione si accasciò sul sedile anteriore con la testa appoggiata al giaccone di lui, usato a mo’ di cuscino.

La jeep rollava piacevolmente sul duro suolo  del deserto di Atacama. La pista da seguire, facilmente riconoscibile per le pietre che la delimitano quasi all’infinito, doveva accompagnare i quattro all’altipiano, in un punto esatto gps dato da Mabel ad Andres.

I fiori iniziavano a vedersi ma non erano ancora quel mare di infiniti colori che in pochi potevano ammirare.

Arrivata la jeep ad una enorme spianata che si perdeva all’orizzonte, Andres uscì dalla pista, solo per un centinaio di metri, per mettersi quasi al centro del mare di fiori multicolore.

Spense l’auto e le ragazze si svegliarono, tranne Ale che Andres ammirò per un lungo minuto prima di baciarla a tradimento.

Lei si svegliò al contatto e si stiracchiò: “Non te ne approfittare…”

Lui solo rispose: “Guarda fuori…”

Ale scese adagio dalla macchina, si mise gli occhiali da sole ma poi li tolse, non voleva perdere nemmeno una sfumatura di quella meraviglia della natura. Le tre donne guardavano in tutte le direzioni con lo sguardo affascinato…

Da un lato, un mare di arancione arrivava fino alla base di basse colline sulle quali i fiori passavano dal viola, al giallo, al blu. Si udiva il continuo ronzare di insetti in festa e il fruscio del vento che scuoteva i capelli delle ragazze. Ale si giró in un’altra direzione, i piccoli fiori erano di un blu intenso e formavano un tappeto tuchese come il lapislazzuli.

Andres si avvicino a lei .”Bellissimo, vero?”

“Non c’è parola che possa descriverlo...” Si giró a guardarlo e gli appoggiò una mano sul viso accarezzandolo teneramente: “Devi essere orgoglioso.” L’uomo sorrise e sfioró con le labbra la mano di Ale, che tornó a guardare quell’universo  colorato.

Andres, aspirava con orgoglio  il profumo di quella che era la sua terra d’origine. Ma osservava con piacere, anche lo stupore delle tre astrofisiche che di bellezze e cose curiose dovevano averne viste a bizzeffe in vita loro.

“Che guardi?” Gli chiese Mabel

“Niente, pensavo che non è facile lasciare tre donne senza parole.”






 

 

 

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Capitolo 6
*** il deserto di notte ***



Il vento scuoteva i capelli delle ragazze mandandoli in tutte le direzioni e riempiendoli di sabbia.

Montarono un tavolo da picnik e pranzarono i sandwich e le empanadas che Jorge aveva preparato per loro . Tutto lì, in mezzo a quel mare colorato, commentando, ridendo, facendo mille foto e combinando disastri con l’autoscatto per riuscire ad avere una immagine con tutti e quattro insieme.

Videro passare un paio di jeep. Il deserto fiorito attirava turisti, ma non nel punto che avevano scelto loro.

Prima che scendesse il buio, arrivarono ad una specie di casupola che l’Eso usava come deposito per alcune attrezzature di treking e poco più, visti i furti che c’erano stati negli anni. Mabel preparò il sacco a pelo dentro quel magazzino ed accese le lampade a gas. Sophie, esperta boy scout, preparò un fuoco per rendere l’atmosfera più piacevole e per scacciare gli insetti.

Alessandra montò, vicino al fuoco, una piccola tenda, di quelle che si aprono da sole e ci mise dentro due sacchi a pelo. Andres osservava queste manovre compiaciuto, sperava che la ragazza volesse appartarsi con lui, non vedendo l’ora. Ma anche le manovre di Mabel dentro la casetta servivano a far sistemare due persone vicine ed Andres era preoccupato che ci potesse essere qualche malinteso.

Mangiarono della frutta e i pochi Sandwich rimasti. Jorge calcolò decisamente solo lo stomaco piccolo delle ragazze e Andres rimase con un discreto appetito ma il rilassamento della bella esperienza, la piacevole compagnia e l’eccitazione nel vedere i due sacchi a pelo affiancati nella tenda, gli fecero scordare la fame.

La conversazione si incentrò su di lui. Lo assalirono di domande sul perchè vivesse a Berlino, il suo lavoro, cosa ci facesse la notte solo in giro per la Dehesa. Lui raccontò della festa, ma non di Bea.

Era tardi, il fuoco del falò veniva mantenuto vivo da Sophie con sapienza, la notte era limpida, senza luna, le stelle si vedevano chiare nel cielo, la via lattea, la croce del sud.

Andres si distrasse un momento guardando il cielo e quando riabassò gli occhi sulle sue compagne di viaggio, vide che Sophie aveva abbracciato Mabel. Sorpreso osservò come la ragazza faceva scorrere la mano dietro la nuca della spagnola e, prendendole il viso tra le mani, la baciava teneramente, poi con passione. Mabel dopo aver risposto al bacio, guardò negli occhi Sophie con uno sguardo che fece correre un brivido lungo la schiena dell’uomo. Appoggiò la testa alla spalla della ragazza e restò un momento assorta poi si alzò. “Buonanotte!” Dissero entrambe ed entrarono  nella casetta per mano.

 

Andres seguì la scena basito, fino a che il suo sguardo si posò su Ale che sorrideva.

“Non te ne eri accorto? Stanno insieme da due anni.”

“Io, no! Non avevo capito, pensavo persino che loro…”

“Pensavi che fossero interessate a te? Disse scoprendo il suo bellissimo sorriso. Hai il radar tarato male… Hanno fatto di tutto per gettarti tra le mie braccia.”

La ragazza disse ciò con una naturalità sorprendente, poi si abbracciò le ginocchia e con un rametto iniziò a giocare con le fiamme del piccolo falò. Andres poteva vedere il suo profilo illuminato dalle lingue di luce e notò un velo di tristezza nei suoi occhi.

Si avvicinò: “Ci sono riuscite. E non hanno dovuto insistere molto…” Allungò la mano a lato del viso della ragazza e poi scivolando fra i capelli la attirò a sé e la baciò.

Lei abbassò il viso timidamente.

“Vieni, fa freddo.” Disse.

Tolse gli scarponi e senza togliere il giubbotto termico entrò nel sacco a pelo, restando con la testa fuori dalla tenda, per poter vedere le stelle. Andres la imitó.

Prese un cuscino lo mise sotto la testa di Ale e poggiò la sua a fianco.

“Allora, guarda…” Cominciò la ragazza.

“Quella è  la Croce del Sud,” disse indicando con il braccio teso e il dito indice. “La riconosci vero? Tutti la conoscono, è come i due carri o orse dell’emisfero nord. Sul vertice destro… Ma guarda il cielo non guardare me!” Disse ad un punto, ed Andres, ridendo, rivolse l’attenzione alle stelle. “ Allora, sul vertice destro a partire da quella stella luminosissima,  c’è Centauro.

Si tratta di una delle costellazioni più brillanti ed estese del cielo ed è visibile per intero dall'emisfero sud ed anche alle basse latitudini settentrionali.

Il Centauro contiene alcuni oggetti da primato: il sistema stellare più vicino al Sole, α Centauri, che per altro appare come la terza stella più luminosa del cielo e la galassia attiva più vicina alla nostra.”

Poi si girò a guardarlo, “Di che segno sei?” Lui girò la testa e si trovarono con i visi così vicini che Ale potè sentire il caldo respiro di lui.

“Sono nato sotto il segno dei pesci.” Disse togliendole una ciocca di capelli dal viso.

“Mmmm gran segno! Bisognerebbe conoscere l’ascendente…”

“Non mi dire che un’astrofisica crede nell’oroscopo??“ Mormorò mentre con la punta di un dito le sfiorava le labbra.

Lei rise, il respiro le si era accellerato, ma amava quei giochi e continuò: “Ma lo sai come si guadagnava da vivere Galileo? Con gli oroscopi!”

“Anche tu li sai fare?” Chiese lui, che non toglieva gli occhi dal suo viso.

“All’università avevo mille richieste per calcolare le carte astrali, non è proprio come fare l’oroscopo è più come... segnare il destino di una persona…” disse con tono esageratamente cupo.

“Wow, mi fai paura…” sorrise. Si guardarono un momento in silenzio, poi lei ricominciò.

“Dai… Allora, vedi lassù? Quella è la costellazione dei pesci…”Continuava ad indicare il cielo con il dito indice come se fosse una lancia”

“La leggenda più bella… È la tua mano quella che sento sotto il mio maglione? Ma come ci sei arrivato?” Guardò dentro la tenda, le cerniere dei sacchi a pelo erano aperte e Andres ormai la abbracciava.

Lei abbassò la mano, “Mi spieghi come fate ad avere le mani sempre calde voi…” Sussurrò.

“Noi chi? È  da giorni che volevo sfiorare la tua pelle vellutata… se aspettavo ancora un po’, la mia mano bruciava.”

Sospirando rialzò la mano al cielo, ma era confusa ormai, il cuore voleva uscirle dalla gola, mentre lei cercava la concentrazione che stava scivolando via.. “Quel gruppo di stelle là in fondo dove vedi quelle tre allineate sono i pesci…”

Lui allungò la mano fino a prendere quella di Ale ed intrecciare le dita con quelle della ragazza, poi si portò la mano alle labbra.

“Basta…”

“Volevo spiegarti…”

“Anche io, vorrei spiegarti…  Vorrei farti impazzire, anzi, voglio farti impazzire” disse lui baciandola. “Ma con tutta questa roba addosso…”

“Non importa…” Disse lei in un soffio, “Con questo cielo basta poco…”





 

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Capitolo 7
*** il bastardo ***


La mattina seguente Sophie e Mabel si svegliarono per prime ed uscirono dal capanno quando il sole sorgeva dietro le colline.

“Oddio, che dolci, guardali…” sussurrò Sophie a Mabel.

“Guardate che vi sento...” Brontoló sottovoce Ale sciogliendosi dall’abbraccio di Andres, riinfilandosi i pantaloni e uscendo adagio dalla tenda.

“Sono cosí contenta!” disse Sophie facendo due saltelli di gioia.

“Ma sei scema? Contenta di cosa, dai?!”

“Beh intanto hai avuto una notte di passione sotto le stelle di Atacama ed erano anni che andavi in bianco.”

“Mesi…”

“Si va be,’ é troppo lo stesso, fa male alla salute,” disse ridacchiando.

Ale scosse la testa. Mabel chiese:

“Com’é? È bravo?”

“Ma siete impazzite? Se vi sente?”

“Ma se sta russando!” rise Mabel

Ale si girò verso Andres e sorrise, effettivamente l’uomo stava respirando un po’ rumorosamente ed era profondamente addormentato.

“Dai mettiamo tutto sulla jeep, tra un po’ ce ne andiamo.” Disse Mabel.

“Io preparo il caffè,” disse Sophie che si accinse a ravvivare il fuoco del falò, le cui braci avevano ancora qualche carbone ardente che non voleva spegnarsi.”

Ale si stiracchiò, quando Mabel lanciò una imprecazione che le fece sussultare tutte e due.

“Non c’è benzina!”

“Come non c’è benzina?” Le due ragazze si avvicinarono alla jeep con le facce serie.

Guardate cosa segna l’indicatore . Effettivamente segnava zero.

“Ma Jorge non può essersi sbagliato, impossibile!”

“Ma come non se n’è accorto Andres?”

“Anche noi potevamo controllare…” Lo difese Ale “Jorge aveva detto che era tutto a posto, che era perfetto.”

“Non me lo spiego,” Poi guardando sotto la macchina disse “Forse si è bucato qualche tubo con le pietre? No, sotto non ci sono chiazze. Non c’é alcuna perdita.”

I toni delle ragazze erano concitati, le voci si alzarono e svegliarono  Andres che arrivò assonnato, si stiracchiò e si passò una mano fra i capelli aggiustandosi i ricci chiedendo “Cosa è successo?”

“Non ti eri accorto che la lancetta della benzina segnala zero?” Gli chiese Mabel agitata.

“No, voi avevate detto che Jorge aveva preparato tutto perfettamente e io mi sono fidato, durante il viaggio guardavo fuori e guardavo...si, insomma non guardavo il cruscotto.”

“Jorge non avrebbe mai sbagliato, qualcuno ha fatto qualcosa…” disse Sophie..

“Perchè fai quella faccia Andres?” aggiunse.

“Quando mi hai svegliato, ieri mattina,  ho guardato fuori dalla finestra e… vicino alla jeep ho visto armeggiare il vikngo della mensa,” disse girandosi verso Ale “Quello con cui non volevi sederti e chiamavi nibelungo…”

“Enric!” dissero le ragazze all’unisono…”Bastardo!” sibilò Alessandra.

“Dammi il telefono satellitare,” disse Mabel a Sophie mentre lei armeggiava con il suo gps.

“Non ci sono!! Cazzo! non ci sono i telefoni satellitari! Ma è pazzo, Enric vuole farci morire qui!”

Ormai Sophie stava gridando e contagiava con la sua angoscia le altre ragazze.

“Wowwowow… Calma ragazze non si muore in questo deserto. Dai ci verranno a cercare...”

“A cercare? Andres non hai capito. Enric vuole che rimaniamo bloccate qui e intanto ci fotte la scoperta con calma!” Disse Ale che si era ormai seduta e teneva la testa fra le mani.

“Non ci posso credere…” sussurrò il ragazzo.

“Probabilmente tra un paio di giorni manderà qualcuno a riprenderci, non ci vuole uccidere il bastardo. Ma lo uccido io appena lo vedo!” Disse Mabel

Andres si avvicinò ad Ale che scuoteva la testa sconsolata, “Ale qualcosa si potrà fare qualcuno passerà di qui, coraggio.”

Ale alzò il viso a guardarlo e mentre si fissava nei suoi occhi scuri, cambiò lo sguardo da sconsolato a illuminato. Si alzò di colpo, corse al bagagliaio della jeep e iniziò a  smuovere tutti i pacchetti che già avevano caricato. Cercò in un angolo e tirò fuori un telefono satellitare.

“Dimmi che è carico….dimmi che è carico…” Pregava mentre ci armeggiava i.

“Sii! Ha un po’ di carica!, Tieni Mabel” Disse porgendo il telefono all’amica.

La speranza prese posto della rabbia e del timore. Tutti guardavano Mabel che componeva il  numero della Eso.

“Firmin passami subito Jorge.” Dopo qualche secondo ricominciò. “Jorge siamo bloccati  nel deserto la benzina è finita siamo al gps” armeggiò con l’apparato, “Latitudine, 22,797705 longitudine 67,94014 manda subito qualcuno a prenderci.” Poi il silenzio, ma il viso di Mabel sbiancò.

“Chi ha dato l’ordine?” L’espressione della spagnola cambiò alla rabbia repressa. “Jorge abbiamo bisogno del tuo aiuto, dobbiamo arrivare alla Eso il prima possibile. Devi aiutarci!” Il silenzio era insopportabile, Andres vedeva la tensione sui visi delle ragazze, per lui era solo una disavventura ma per loro sembrava che ne andasse la vita stessa, e forse era davvero così. Guardava Ale che si mordeva il labbro in un gesto buffo che le aveva visto fare molte volte, ma ora notava come quasi si stesse ferendo. Avrebbe voluto abbracciarla e confortarla ma comprese che non le avrebbe dato nessun sollievo.

Mabel chiuse la comunicazione.

“Ora richiama,” spiegò a bassa voce, “Dice che manderà il nipote a portarci benzina, ma che tarderà, dovrà procurarsi un pick up e la benzina, arriverà domattina un paio di ore dopo l’alba…”

“Ma come il nipote, non può venire qualcuno della Eso?” domandò Sophie.

Mabel  deglutì. “Hanno dato ordine che nessuno possa lasciare il complesso, hanno detto che è questione di massima  sicurezza, perchè sono spariti documenti importanti.”

“Palle!! Quei bastardi vogliono avere il tempo per rubare i nostri documenti!” disse Ale con un fuoco che piacque ad Andres. “Chi ha dato l’ordine?” chiese Sophie.

Mabel tacque e guardò Ale.  

Ale fece un passo indietro “No,  dimmi di no...”

“Mi spiace Ale.. l’ordine viene da Hans.”

“Bastardo, maledetto bastardo!” gridò Ale prendendo a calci le ruote della jeep come se fosse impazzita e con le lacrime che le riempivano gli occhi.

“Ale!” la bloccò Andres cercando di calmarla, ma lei si divincolò e si allontanò imprecando in italiano.

Suonò il telefono, Mabel rispose ascoltò e rispose “Grazie Jorge! Non me lo scorderò e mi raccomando che nessuno sappia nulla!”




 

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Capitolo 8
*** un cuore accartocciato ***


La giornata passò lentamente, il sole del deserto scottava, ma il vento soffiava gelido, come gli sguardi delle tre astrofisiche. La posta in gioco era talmente alta che non si sarebbero mai arrese, costasse quel che costasse e sembrava che il prezzo da pagare si alzava di ora in ora.

Andres non sapeva come comportarsi: le ragazze erano intrattabili e addirittura ad un certo punto si misero in disparte a parlare tra loro. Lui sentì che parlavano francese, era chiaro che non volevano farsi capire.

Comprese che era di troppo e se ne andò a passeggiare, cercando di trovar posto nella sua mente a tutte le cose accadute nell’ultimo periodo.

Era strano, ma con tutta quella tensione, persino i fiori nel deserto non sembravano più gli stessi, sembrava che stessero appassendo. Dopo una lunga passeggiata in cui il suo stomaco brontolava, giàcche erano rimasti senza cibo, ritornò vicino alla casetta ed ascoltò solo poche frasi che però lo preoccuparono ancor di più: “Non voglio!”

“Ale è l’unica possibilità!”

“Ma sai cosa mi stai chiedendo?” rispose tra l’infuriato e le lacrime

“Si, Ale, certo che lo so, e mi dispiace!”

Lo videro e si zittirono.

Ale lo guardò e come presa da un raptus camminò veloce verso di lui, lo prese per mano e si incamminò lontano dalle amiche, raggiunsero una specie di avvallamento nel terreno, dove non era possibile essere visti  dalle altre.

Nell’avallamento trovarono dell’erba e un tappeto di fiori arancione. Erano molto fitti. Protetti dall’ombra di una altura, erano cresciuti più rigogliosi. La ragazza si fermò ad osservare quella meraviglia con malinconia negli occhi.

“Cosa vuoi fare?” Le chiese Andres che non riusciva a capire nulla.

“L’amore!” Disse lei, girando lo sguardo su di lui, mentre si toglieva il pesante giaccone, lo appoggiava al terreno e vi si siedeva sopra.

Andres la guardava basito, ma non si fece pregare, si adagiò al suo fianco. .

“Posso sapere cosa è successo?”

“Ti assicuro Andres che meno ne sai e meglio sarà.”

Prese il viso di lui fra le mani e lo guardò, con uno sguardo pieno di dolore, che ferì l’uomo come uno schiaffo. Lo baciò dolcemente, premendo le labbra sulle sue, socchiudendo la bocca e lasciandosi prendere con una tenerezza che stregò l’uomo, a cui sembrava di non averlo mai fatto con tanta dolcezza e passione al tempo stesso. Ma notava in lei un’ombra nera che cresceva.

Rimasero abbracciati a guardare il sole che stava tramontando e, prima che diventasse tutto buio come la pece, tornarono al capanno e si protessero dal freddo del deserto australe con la tenda e con la loro magia.

Alla mattina Andres si svegliò quando le ragazze erano già pronte a partire. Era arrivato il nipote di Jorge e aveva portato viveri, che le ragazze quasi non toccarono, e la benzina.

Andres, invece, mangiò voracemente quasi tutto quello che il giovane aveva portato.

Mentre addentava un panino, guardava Ale: era diversa, lo sguardo dolce della sera prima era scomparso, un velo di tristezza copriva tutto il suo essere, lo sguardo era duro e non disse una parola per tutto il viaggio. Nessuno disse una parola.

Ad un certo punto, passato il cancello della Eso, quando mancava ancora un chilometro per arrivare all’edificio, il ragazzo fermò la jeep: “Ditemi se me ne devo andare…” Chiese serio voltandosi a guardare le ragazze dietro ed Ale, che gli stava al fianco.

“Forse sarebbe meglio!” Disse Ale al tempo stesso che Mabel disse: “Abbiamo bisogno di testimoni!”

Le due donne si guardarono ed Ale le disse con rabbia: “Vuoi rendermi tutto ancora più difficile?”

“È la guerra Ale,” rispose Mabel, “E lui era con noi dall’inizio, sa che siamo state noi a fare la scoperta, ne abbiamo bisogno!”

Ale si girò arrabbiata verso il finestrino ed intervenne Sophie a mediare: “Andres, ha ragione Mabel, resta per qualche giorno, per favore.  Tra tre giorni ci sarà il cambio di turno potrai scendere a Santiago con coloro che vanno a riposare.”

Andres guardò Ale, che osservava fuori con il muso imbronciato, appoggiò una mano sulla sua, lei non la ritrasse, al contrario, la  strinse impercettibilmente. Questo per lui bastò.

“Se devo essere testimone, che lo sia fino in fondo!”

Disse e riprese la marcia della macchina.

“Naturalmente tu non sai niente Andres, niente di niente!” Disse Mabel

“Lo immaginavo!” Rispose.

 

Arrivati all’ESO, alla porta vennero bloccati dalle guardie che dissero di dover aspettare l’ordine per farli passare a causa dell’allerta.

Andres si avvicinò ad Ale e le appoggiò una mano sulla spalla. Proprio in quel momento vide arrivare, lungo il corridoio che portava alla caldaia, un uomo alto e biondo, con il corpo atletico chiuso in un abito grigio dal taglio perfetto, il viso dalla mascella quadrata e il naso sottile, gli occhi azzurri con le ciglia lunghe: sembrava uscito da una pubblicità di Armani.

Ale sussurrò: “Togli subito la mano dalla mia spalla.” Andres ubbidì sempre più disorientato e lo stomaco gli si strinse in una morsa, quando vide l’uomo avvicinarsi al gruppo con il sorriso sulle labbra e dire: “Meno male che vi hanno aiutato, stavamo preparando un paio di jeep per venirvi a cercare!” Poi si avvicinò ad Ale e le prese una mano: “Ero molto preoccupato, tesoro.” La baciò sulla guancia, con una confidenza che non dava spazio a malintesi, le cinse le spalle con un braccio e la portò via con sé.

Andres basito rimase a guardare tutta la scena con il cuore che lentamente gli si accartocciava nel petto. Sophie gli si fece accanto e lui chiese, in un sussurro sofferto: “Ma chi è?”

“Hans Berthold, il direttore generale dell’Eso, il boss.” E dopo una pausa, tirò un sospiro e disse: “Ed è anche... ‘Lo Stronzo’” Andres si girò a guardarla con gli occhi spalancati.

“Ora capisco perché non voleva che restassi.”

“No, voi uomini non capite mai. Non voleva che restassi, per proteggerti. Hans è un bastardo, se solo si accorge che, a te, lei interessa, ti farà soffrire le pene dell’inferno. Ascolta Andres!” Disse prendendolo per le braccia e girandolo verso di sé, perché lui ancora guardava il corridoio verso il quale Ale si era allontanata. “Noi siamo in guerra, ed Ale è un pezzo chiave del puzzle. Ma se ci tieni anche solo un pochino a lei, resta qui, davvero, resta! Avrà bisogno di te.”

E se ne andò, lasciando Andres con ancora più dubbi, con il cuore che non riusciva a ritrovare i battiti e con la sensazione di star vivendo un sogno o un incubo.

Salì nella sua stanza, quella che condivideva con Ale, le cose della ragazza non c’erano più.

Andò a fare la doccia più lunga della sua vita, fregandosene dell’ecologia e di tutte le raccomandazioni che all’Eso erano scritte in tutti i bagni e su tutti i lavandini. Continuava a pensare alle notti in Atacama, all’ultima notte soprattutto: non riusciva a capire nulla.

Con solo l’asciugamano che lo copriva si gettò sul letto. Stette per ore a pensare che cosa potevano avere in mente le ragazze e il perchè Ale era la pedina principale, ma, l’unica cosa che continuava a vedere, era Hans che baciava la guancia di Ale, cingendole la vita, e la portava via da lui.

Guardò il letto accanto al suo e si accorse che vi era un foglietto piegato in quattro che spuntava dal cuscino, si avvicinò lo aprì e riconobbe la scrittura di Ale.

Tutto quello che vedrai, da oggi in avanti, è falso. Perdonami.

La firma non c’era, ma non ce n’era bisogno, sapeva che era un biglietto di Ale.

Si vestì, si mise il biglietto nella tasca dei jeans, e scese.


 

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Capitolo 9
*** nuove alleanze ***


“Allora, come stai Alessandra?”

“Che ca…. vuoi da me? Ti ho detto di non parlarmi più. Mi sono fatta abbassare di ruolo, pur di non dovere dipendere direttamente da te. Si puoi sapere che vuoi, adesso?”

Hans ricevette quelle frasi con lo sguardo gelido, ma subito lo addolcì, falsamente, ed Ale lo sgamò.

“Ho lasciato mia moglie.”

Il viso della ragazza avvampò. C’era stato un periodo in cui sapere che lui fosse davvero libero, era la unica cosa che anelava.

Cominciò ad amarlo, convinta che fosse separato. Lui le riempì la testa di bugie su una vita futura insieme, fino a che non vide, per caso, in un caffè di Ginevra, la famigliola riunita e la moglie con il pancione.  Rimase così sconvolta che si chiuse nel bagno del bar, ore, sperando che loro se ne andassero, vomitando e piangendo.

La raccolse una ragazza, che uscì a vedere se ancora c’era il bell’uomo con la moglie, e poi accompagnò a casa Alessandra. La consegnò sulla porta dell’appartamento a Mabel e Sophie, dispiaciuta per il dolore che aveva visto nella giovane.

Alessandra stette a letto con febbre e vomito per una settimana, senza mangiare, piangendo tutto il tempo. Un’altra settimana la passò solo piangendo. Mabel la coprì al lavoro ed anticipò di due mesi la loro partenza per Il Paranal e Atacama.

Hans non seppe mai cos’era successo. Mabel mandò un messaggio con il cellulare di Ale, scrivendogli che lo lasciava perchè lui era ancora sposato. Lui non rispose mai nè la cercò.

Fino ad oggi.

Sorrideva, era così affascinante. Sapeva come manipolare le donne e anche gli uomini. Era un bastardo ambizioso, bastardo e cattivo.

Per Ale era difficile lottare contro il suo fascino che la riportava ai bei momenti passati insieme, il suo profumo, la sua mano, che ora aveva preso quella di Ale.

“È vero! Guarda, ho portato i documenti del divorzio, sono venuto solo per farteli vedere…”

Eccola. La bugia arrivò come uno schiaffo, e fece rinsavire Ale in un secondo.

“Tu sei qui per il buco nero, Hans.”

“Sì certo, anche per quello.” Disse come si parla ad una bambina per rabbonirla.

“ A proposito, ho una proposta. Che ne dici se ceniamo qui, nel mio ufficio, stasera e te ne parlo?”

“D’accordo!” Levò la mano dalla sua, si girò e se ne andò.

Hans cambiò espressione, guardandola andarsene con uno sguardo severo. Prese il telefono: “Sebastien vieni subito.”

Quando il capo delle guardie di sicurezza arrivò, Hans gli chiese: “Parlami del giornalista che era con le ragazze.”



 

Sophie era nella stanza dei led, stava bypassando i computer della caldaia per tenerli sotto controllo e soprattutto il computer di Hans, almeno il fisso del suo ufficio, anche se quello a cui dovevano puntare era il portatile, ma a quello poteva pensarci solo Ale.

Era tutta intenta a mettere un chip tra due linee e la porta si aprì facendole prendere uno spavento terribile: “Andres, qui si bussa! Bussano tutti prima di entrare!”

“Scusami, non mi ricordavo.”

“Volevi beccare Ale? Loro non hanno bisogno di venire qui…” Le scappo dalla bocca,  pentendosi subito. “Non volevo dire che lei…”

“Si, si.. lascia perdere, Sophie.” La ragazza fece un lungo sospiro e tornò al suo lavoro.

“Già che sei qui, aiutami. Stai sulla porta e dimmi se arriva qualcuno.”

“Solo se tu mi racconti cosa è successo tra Ale e.. quello stronzo.”

Sophie continuò a lavorare e, mentre Andres guardava dalla porta socchiusa, gli raccontò di quanto Hans fosse bastardo, sul lavoro, nella vita e nell’amore. Una perla d’uomo insomma.

Ad Andres cresceva un masso sul cuore. Più comprendeva come Hans fosse un pezzo d’uomo, più si rendeva conto che Alessandra era entrata nel suo cuore in punta di piedi, dondolandosi come su un’altalena attaccata ad ciliegio fiorito.

Pensò a Bea, a quando lui non andò al caffè, all’appuntamento, dopo l’anno di pausa che aveva deciso di prendersi. Forse stava pagando la sofferenza che aveva provocato a lei.

“Sta arrivando uno.. Il vikingo, il nibelungo.. come lo chiamate..”

“Oddio... Il lecchino, spione. Aspetta che finisco una cosa. Dov’è ?”

“20 metri…”

“No, no, no!”
Chiuse la porta di vetro dei trasformatori su cui stava lavorando, si guardò in giro, pensando ad una scusa.

“Vieni qui! Presto!” ordinò ad Andres. Lui si avvicinò e lei lo prese per la mano. “Vieni, vieni!”  Lo trascinò sul sofa, gli si gettò addosso e lo baciò proprio nel momento in cui Henric entrò, naturalmente senza bussare.

“Lei lasciò le labbra di un Andres basito e si girò scocciata.”

“Da quando non si bussa?”

“Oh! Scusa Sophie, mi sono distratto.” E chiuse la porta.

“Distratto un cavolo. Lecchino di m.”

“Sophie ti puoi alzare da sopra di me?”

“Mmm, bongustaia Alessandra, sai di buono…”

“Ma piantala!” Disse Andres, alzandosi imbarazzato.

“Dai fammi finire il lavoro, quell’ameba, di sicuro, si è bevuto la scenetta. Torna alla porta.”

Andres ritornò a fare il palo. “E… se lo dice ad Ale?”

“Che ti stavo baciando?” disse ridendo Sophie. Poi vedendo che Andres la stava guardando con occhi da cerbiatto ferito, si pentì. “Glielo spiegherò io ad Ale, tranquillo.”

Restò un po’ ad osservarlo, pentendosi un pochino di ciò che tutte dovevano fare per uscire da quel pantano, conscia che Andres era colui che pagava il prezzo piu alto.

 

Mabel stava rifiutando l’ennesima empanada che le veniva offerta dalla moglie di Jorge. Stava usando il telefono della famiglia, che viveva ad un centinaio di metri dall’osservatorio e

non era stato messo sotto controllo. Uno stupido errore di Hans che gli sarebbe costato caro. Aveva tolto la rete internet, i cellulari non funzionavano in pieno deserto, aveva bisogno di un po’ di giorni di isolamento, ma non aveva pensato al vecchia linea telefonica di Jorge.

Mabel così poteva tessere la trama, affinchè la loro scoperta restasse loro.

“Señorita Mabel...”Jorge entrò trafelato nella sua piccola casetta, facendo sobbalzare la vecchia cagnetta che stava dormendo placidamente nella sua cuccia, e che sbottò un paio di abbai. “Hans sta facendo requisire i PC di tutto il personale, anche delle guardie. Hanno portato via anche quello del signor Andres.”  Mabel si alzò e cominciò a camminare nervosamente per la casa… “Jorge, dimmi che hai un computer? Ti prego…”

“Certo che lo ho! Lo uso per leggere il giornale e giocare al solitario!” Disse orgoglioso.

“Perfetto portalo qui!”  

Mabel armeggiò un po’ tra il computer di Jorge ed il suo, passando file che le sarebbero serviti nei prossimi giorni per lavorarci sopra e che era meglio che Hans non trovasse.

Finito di lavorare disse a Jorge: “Naturalmente non sai nulla, non hai nessun computer e io non sono mai stata qui! Vero Amanda?” Terminò rivolta alla moglie.

“Señorita Mabel, yo no se ni como se llama usted!”

Ringraziò, abbracciando la signora e poi Jorge. “Hanno chiamato altre guardie di sicurezza, arriveranno domani in dieci.” Mabel fece una smorfia di preoccupazione, troppa agitazione dietro questa scoperta. Iniziava a pensare che forse ci fosse di più sotto.

 

La stessa sera Ale stava andando verso l’ufficio di Hans, non aveva più visto Andres e le mancava da morire. Era passata prima in mensa e davanti alle grandi vetrate della caldaia, sperando di vederlo, almeno da lontano, ma non lo aveva trovato.

Entrò nell’ufficio. Come ogni capo ambizioso, Hans aveva un ufficio enorme, con delle belle finestre da cui si potevano vedere le parabole che ricevevano i messaggi dell’universo.

Dal corridoio, delle grandi vetrate lasciavano vedere l’interno. Ale vide che aveva preparato una tavola bene imbandita, naturalmente con tutti i cibi che piacevano a lui. Aveva persino fatto preparare il cocktail di gamberetti, pur sapendo che lei era allergica ai frutti di mare. La sua totale incapacità all’empatia aveva fatto  pensare più volte ad Ale che avesse qualche problema emotivo.

Entrò e, come sempre, la sua voce, il modo di muoversi e il suo tocco non la lasciarono indifferente.

Alessandra non si era accorta che lungo il corridoio Andres l’aveva vista e si stava affrettando a raggiungerla. Ma arrivò che lei era già entrata nell’ufficio e l’unico che si accorse di lui fu Hans, che, degno della sua fama, volle subito dimostrare il suo ruolo. Prese delicatamente il viso di Ale tra le mani e la baciò, godendo immensamente dello sguardo ferito e dolente del giornalista cileno. Desideroso di far ancor più male abbracciò stretta Ale in un bacio profondo.

Andres stava così male che, in quei pochi secondi, non si rese conto che Ale non rispondeva all’abbraccio, ma solo lasciava fare. Si voltò e se ne andò via con il cuore sbriciolato, proprio mentre lei appoggiava le mani sul petto di Hans per respingerlo.

“Hans non credere che te lo renda così facile…”

“Certo tesoro. Hai ragione.” Disse con la voce dolce ma un sorriso beffardo pensando ancora alla faccia del giovane.

“Dai sediamoci a mangiare e ti illustro la mia proposta.”












 

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Capitolo 10
*** dubbi e tentazioni ***


“Hans, sai benissimo che sono allergica ai frutti di mare, sono stata malissimo proprio in vacanza con te, a Ravello.”

“Scusa, a me piacciono tanto. Bella vacanza quella…  Tre giorni indimenticabili.”

Alessandra si girò a guardare, attraverso la finestra, le parabole illuminate da flebili luci, mantenute basse per non inquinare il cielo e vedere meglio le stelle.

Il cielo era bellissimo, quell’angolo di pianeta offriva il cielo  più bello del mondo. E cosa poteva desiderare di più, un’astrofisica, se non quel cielo? Qualcuno accanto, con cui osservarlo: Andres.

Tornò a posare lo sguardo su Hans: era perfetto, bellissimo, affascinante ed elegante. Le venne da ridere al pensiero dei maglioni grigi di Andres.

“Perché sorridi?” Chiese Hans, prendendo la sedia per farla accomodare a sedere.

“Nulla, pensavo a Ravello,” mentì.

Si sedette e si versò dell’ acqua, “Allora, dimmi cos’hai da propormi?”

“Aspetta, prima un po’ di vino” Disse lui versandole un pinot d annata, che Ale non riusciva ad immaginare dove avesse trovato. Naturalmente francese. Il vino cileno per Hans non era sufficiente.

Le riempì il bicchiere, sapendo bene che Ale, essendo quasi astemia, sarebbe stata più malleabile dopo un bicchiere di vino. Lei prese il bicchiere d’acqua e lo sorseggiò.

Lo fissò negli occhi, attendendo che lui facesse la prima mossa. Aveva paura e malediceva il momento in cui accettò di portare avanti il piano di Mabel.

“Allora, parlami di quel cileno … come si chiama?”

Ale arrossì fino alla punta dei capelli, lo stomaco le sobbalzò in petto scontrandosi con il cuore e provocandole un conato di vomito. Hans la osservava. E lei pensò ecco mi sono fregata, ma come fa a sapere?

“Perche sei arrossita? Non mi dire che ti piace? Adesso cosa fai, ti innamori degli uomini di Sophie?” Chiese scoppiando a ridere.

“Sophie?” le scappò dalle labbra, mentre il rossore lasciava posto ad un pallore irlandese.

Come Sophie? Tutto il sangue che aveva in corpo cadde al suolo, come la sua anima.

“Non lo sai che stanno insieme? Henric li ha beccati che stavano scopando nella stanza dei led. Li ha beccati proprio sul più bello.”

Ad Ale tremavano le mani mentre afferrava il bicchiere di vino e lo trangugiava intero. Per fortuna, squillò il telefono, proprio in quel momento, e distrasse Hans che non potè rendersi conto di quanto stesse male Alessandra.

Lei, con il cuore a mille e un peso nel cuore, analizzò l’ informazione come un scienziato farebbe: Sophie non farebbe questo a me e non tradirebbe Mabel, credo. No, uno scienziato cercherebbe le prove.

Ma il colpo assestato le fece male, molto male.

Hans abbandonò la conversazione telefonica.  Ale, nel frattempo, aveva recuperato un po’ di colorito e di respiro, ma non riusciva ancora a controbattere.

“Ale cara, non mi dire che ti interessa quel cileno?” chiese con una punta di disprezzo.

Dopo un po’ riusci a rispondere:  “Forse, prima, quando non c’era di meglio qui!” Disse guardandolo negli occhi e sorridendo maliziosa, mentre pensava: Ma che cagna sono diventata??

“Cara, io e te possiamo arrivare al Nobel insieme!” Bugiardo mi butterai via come una scarpa rotta.

“Prima di tutto, dimmi come lo hai scoperto, non ascolterò nulla, se non mi dici come hai saputo della nostra scoperta, e chi te lo ha detto.”

“Allora la vostra scoperta non è solo vostra… Noi siamo un ente..”

“Bullshit! È nostra eccome dimmi chi è stato e che errore abbiamo fatto o non ascolto nessuna proposta.”

“Un grafico. Un grafico dimenticato aperto in un computer periferico, Henric lo ha screenshottato mentre  vi eravate allontanate un momento.”

Una calma innaturale invase Alessandra, il vino l’aveva calmata, anche la voce di Hans cosi convincente, la sicurezza che sempre le infondeva.

“Dimmi, cosa mi proponi?”

“Ho bisogno dei calcoli, lo sai.

Portameli.

Abbiamo preso tutti i PC anche quelli di Mabel, li stanno esaminando tutti, ma i calcoli sulle frequenze non ci sono.

In questo momento stanno perquisendo tutte le stanze del personale partendo da quella delle tue amiche e quella del cileno. A proposito ho saputo che dormi con lui.”

“Non dormo con lui, condividiamo la stanza, e basta.” Ora non l’avrebbe più  presa alla sprovvista.

“Va bene, dicevo, portami i calcoli ed aiutami a registrarli correttamente, so che lo hai fatto tu, perché non esiste un astrofisico migliore di te su questo. “

Lei abbasso il capo facendo un cenno di assenso.

“Io ti do il posto di Mabel qui e quello di direttore a Ginevra,” Ale spalancò gli occhi sorpresa. “Come?”

Lui continuò: “Così potremo stare insieme e, naturalmente, condivideremo la scoperta in tutti gli ambiti.Sarà mia e tua, e ti assicuro che tra qualche anno potrebbe portarci al nobel in fisica.”

“Lo so.”

“Cosa”

“Che tra qualche anno potrebbe valere un nobel…”

“Allora che mi dici?”

Si alzò e la invitò a fare lo stesso e ad appoggiarsi a lui nel suo abbraccio. Le alzò il viso e la baciò con una tenerezza che lei non aveva dimenticato, e che le aveva lacerato il cuore, perché non poteva credere che fosse finzione. Un po’ lui doveva amarla.

Con lui sarebbe tutto più facile, anche farsi riconoscere la scoperta e farla presentare a Stoccolma. Con lui, tutto le era sempre sembrato dannatamente facile.

Quando il bacio si  fece più profondo e le mani iniziarono a muoversi sotto la sua  gonna, Alessandra si staccò.

“Dai Ale… non puoi mandarmi sempre in bianco…” soffiò Hans tra i suoi capelli.

“D’accordo.” E lui si rigettò sulle sue labbra eccitato. Ma lei lo respinse ancora.

“Non hai capito… D’accordo, ti porterò i calcoli e ti aiuterò ad esaminarli.”

Lui si passò una mano tra i capelli, ansimante, in questo momento forse voleva un’altra cosa, ma si accontentò .

“Ora me ne vado.” Lei si voltò ma la mano rimase presa tra le dita di lui.

“Vieni stanotte da me. Lascerò la porta aperta. Ale te lo giuro, voglio stare con te, solo con te.”

Lei lo guardò nei suoi occhi blu,così diversi da quelli nocciola che aveva amato nel deserto.

“Ci penserò.”



 

 

 
Buone vacanze, ci si rilegge dopo ferragosto.... grazia ai lettori.

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Capitolo 11
*** USB ***


Andres si trovava in mensa, la sua cena era sul tavolo davanti a lui, senza che l’avesse toccata. Aveva davanti a sé anche il biglietto di Ale, con una penna lo stava ripassando lettera per lettera. Ricalcava quelle parole, formando un solco nella carta, che ormai era cosi sottile che si sarebbe strappata.

Voleva aggrapparsi a quelle parole come si sarebbe aggrappato ad una radice, se stesse cadendo in un precipizio. Cosi si sentiva.

Ale, nelle sue parole scritte, gli chiedeva fiducia e lui voleva dargliela con tutto sé stesso, non poteva far diversamente non voleva cadere nel precipizio e si afferrava alla radice.

“Ciao!”

Si voltò, era Sophie. “Ciao Sophie, come va la vostra lotta per il potere?”

“Andres, stanno perquisendo tutte le stanze, anche la tua, e cercano questo…”

Le disse d’un fiato la ragazza, toccandosi con la mano la tasca dell’elegante  pantalone di lino.

“Cosa? Perquisendo? Ma sono impazziti?” Si alzò indignato il ragazzo.

“No, no, non attirare l’attenzione, Andres abbiamo bisogno del tuo aiuto. Vieni.”

Sophie l’abbracciò. “Visto che credono che siamo amanti, approfittiamone.”

Intanto gli mise nella tasca dei jeans una chiavetta usb.

Tenendo le braccia intorno al suo collo e sorridendo gli disse. Li dentro ci sono tutti i calcoli per verificare le emissioni e per avere la prova della nostra scoperta. Tienila e ti prego non la dare a nessuno. Te la richiederò quando sarà il momento.

Poi si stacco da lui. “Scusami, ci sono telecamere ovunque, già per il il fatto che ti credono il mio amante ti farà tenere sotto controllo.”

“Lo baciava…” Disse lui in un sussurro, senza pensare a ciò che le aveva appena raccontato Sophie.

“Come lo baciava? Chi? Cosa stai dicendo?”

“Ale baciava Hans…L’ ho visto io.

Sophie si sedette e Andres con lei. La ragazza vide il foglietto sul tavolo, si sentiva cosi in colpa per tutto. Respirò a fondo: “Alessandra non e stupida, non ci ricascherà con Hans le ha spezzato il cuore una volta non glielo permettera più.”

“Lo stava baciando…”

“Abbiamo bisogno della password del computer di Hans” bisbigliò Sophie sfiorando l’orecchio di Andres.

Lui si girò a guardarla incredulo: “Si sta vendendo ad Hans per una password?”

“Io non userei quel verbo Andres…”

“Questo è quello che avete deciso nel deserto? La grande soluzione per il problema? Lei deve andare a letto con mr.perfezione per estorcergli la password?”

“Non credo che arriverà a tanto..”

“Ma è una cosa orrenda (schifezza)! Tre astrofisiche, tre ccervelli, per poi fare quello che da sempre si fa?” si alzò infuriato e se ne andò lasciando Sophie seduta e dubbiosa: “Ecco invece di mettere a posto, faccio sempre casini.”mormorò  tra sé e sé.

Andres tornò. prese il biglietto di Ale che aveva lasciato e se ne andò un’altra volta sotto lo sguardo dispiaciuto di Sophie.


Dopo la cena Ale andò da Mabel nella caldaia. Lavoravano vicine prese dal lavoro normale, che bisognava mandare avanti in un modo o nell’altro.

“Allora come va con il bastardo?”

“Bene, ci dovrei riuscire, ma mi sta costando molto Mabel. Non so se vi perdonerò.”

“Si lo farai…” Disse Mabel con un sorriso comprensivo. “Vedrai che Andres capirà.”

“Cosa capirà? Che mi getto fra le braccia di un altro? Si generalmente sono molto comprensivi, gli uomini, su questo tema.”

Ricominciò a lavorare e poi commentò: “ Ho visto le perquisizioni, che stronzo che è. Dove hai nascosto l’usb?”

“Sophie l’ ha data ad Andres.”

“Sophie e Andres…” Commento Ale, e le venne in mente la frase di Hans.

“Dov’e ora Sophie?”

“In mensa”

Ale si alzò e uscì dalla caldaia, poi corse verso la mensa. Passò davanti la porta della stanza dei led, l’apri senza bussare, ma era vuota. Il cuore le batteva a mille, ricominciò a correre ed arrivò in mensa. Entrò e li vide abbracciati che parlavano. Il cuore le si fermò, ma non voleva crederci, non era possibile. Sophie non lo farebbe mai..

Vide poi Andres, un po’ arrabbiato, dirigersi verso la porta, ebbe appena il tempo di scappar via, e tornare alla caldaia.

 

Erano le quattro del mattino, per i corridoi si sentiva solo il rumore dei condizionatori, il ronzio a cui tutti erano abituati. Ma quella sera ad Andres disturbava particolarmente. Il fatto che Hans avesse ordinato le perquisizioni lo faceva infuriare, aver visto Ale avvinghiata a lui gli aveva spezzato il cuore.

Mabel e Sophie stavano giocando sporco e quella che si doveva sporcare era Ale. Ormai il mal di testa era martellante, ma gli passò all’improvviso quando la vide, seduta davanti alla porta della stanza S.

Al vederlo si alzò e gli andò incontro.

“Cosa ci fai qui?” Aveva provato a far un tono duro, invece dalle sue labbra uscì un sussurro.

Lei non rispose e gli gettò le braccia al collo.

Andres basito, non sapeva che fare, ma il suo corpo reagì da solo, sconnesso totalmente dal cervello. Seguì il cuore ed abbracciò Ale. La strinse, come lei si stringeva al suo collo. Ale cerco la sua bocca e si baciarono, lui affondava le mani nei suoi capelli mormorando il suo nome.

Si era perso, non era più lì, era un’altra volta nel deserto, l’unica cosa che riusciva a capire era che era innamorato cotto e che avrebbe sofferto come una cane.

Infatti lei si sciolse dall’abbraccio con uno sguardo che fece passare ad Andres tutta la poesia che il suo cuore stava recitando.

“Andres dove tieni l’l Usb che ti ha dato Sophie?”

“Cosa?”

“Andres, sono sicura che lo hai tu, dov’è?”

“Lo porto sempre nella tasca dei jeans, insieme al tuo biglietto.”

Ale tentennò un momento e deglutì, stava ragionando velocemente, ma lo sguardo dolce di Andres posato sui suoi occhi le rendeva la cosa estremamente difficile, e scelse la via più dolorosa.

Si riappoggiò su di lui, lo spinse contro il muro e lo baciò con passione che non necessitava fingere, le piaceva maledettamente quel “cileno”, come lo aveva chiamato con disprezzo Hans. Ma non avrebbe lasciato che la sua passione le rovinasse la carriera. Quando Andres le sussurrò di entrare e che sarebbero stati piu comodi sul letto, lei affondò ancor di più i suoi baci, lo confuse, mise la mano nei suoi jeans e gli prese la chiavetta usb.

Si staccò da lui che basito la guardava con sorpresa. Si girò e corse via per il corridoio, cercando di non ascoltare la voce infuriata di Andres che la chiamava.














 

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Capitolo 12
*** tradimento ***


Andres corse a cercare le ragazze, provò alla caldaia e poi nella loro stanza. Entrò, spalancando la porta, senza bussare. In una frazione di secondo si rese conto che avrebbe potuto trovarle a letto insieme, invece stavano ad un tavolo, lavorando a delle carte e discutendo animatamente. Si bloccarono all’istante vedendo il viso sconvolto di Andres.

“Ale mi ha preso l’usb. Mi ha… Ingannato e me lo ha portato via.”

“Non è possibile!” Disse Sophie, “Ale non ci tradirebbe mai, non ci voglio credere!”

Mabel non parlava, scura in volto. “Forse, abbiamo sottovalutato il potere di Hans su di lei.”

Rimasero in silenzio, pensando e guardandosi l’un l’altra, mentre Andres, sconvolto, si lasciò cadere su un letto.

Lasciando scorrere la vista per la stanza, si rese conto che la valigia di Ale ed i suoi libri erano lì accanto al letto. Poi vide il suo maglione, quello che credeva di aver perso. Lo aveva lei.

Sophie, si accorse dove puntava lo sguardo dell’uomo, si alzò, prese il maglione e lo nascose sotto il cuscino. “Dorme con questo.” Sussurrò ad Andres.

Lui, confuso, notava che il suo cuore aveva preso a battere veloce, come una tachicardia che gli dava scariche di adrenalina positiva. Forse, aveva solo bisogno di avere fede.

“Ma, allora…” Disse basito, “Ale dorme qui con voi, non con…”

Mabel si alzò: “Ale non dorme con Hans. Sta dormendo qui, nella nostra stanza.”

Andres era sollevato, anzi felice.

”Ma allora l’usb? Non capisco… Ci deve essere una spiegazione. Perché non me lo ha chiesto? Perché me lo ha preso con l’inganno?”

“Ti avevo detto di darlo solo a me.” Disse Sophie, “Glielo avresti dato?”

“No, hai ragione. Però, ieri li ho visti nell’ufficio di lui, avvinghiati, baciandosi, mi si è appassito il cuore in petto, non capisco.”

“Andres, vi chiarirete fra voi, quando tutto ciò sarà finito. Ora, però, mi sconvolge questa cosa dell’usb. Perché lo ha rubato? È tutto il nostro lavoro, se lo consegna ad Hans siamo rovinate.


“Tieni Hans, ecco l’usb con tutti i nostri calcoli, l’ho trovato in stanza da Mabel, non avete cercato bene.”

Ale era entrata nell’ufficio di Hans porgendogli la chiavetta.

Hans lanciò un lampo di soddisfazione dagli occhi e si alzò andandole incontro: “Amore! Sei stata bravissima! Ti prometto, che quando sarai la direttrice del Paranal, non ci separeremo più. Potremmo fare un mese qui e uno a Ginevra. Sempre che con questa scoperta non vinciamo il Nobel.” Disse mentre metteva la usb nel suo PC ed iniziava a scaricare tutta la informazione.

Alessandra lo guardava, appoggiata su di un angolo della sua scrivania. Osservava la perfezione dei suoi lineamenti, la nuca con i capelli rasati e il collo della camicia perfettamente stirato. Era l’uomo perfetto: ricco, intelligente, bellissimo, elegante e… Stronzo.

“Ti aiuto ad analizzare i dati?” Chiese, sapendo che la capacità come astrofisico  di Hans era notevolmente inferiore alla sua. “Si tesoro, vieni.”

La fece sedere sulle sue ginocchia e insieme cominciarono ad analizzare grafici, emissioni ed altri dati. Lui ne approfittò: le baciava il collo, aspirava il profumo dei suoi capelli, mentre lei cercava di concentrarsi sui dati.

Quanto era stata innamorata di lui… I brividi la percorrevano ad ogni suo tocco.

Mentre lui batteva sulla tastiera, non poteva distogliere lo sguardo dalle sue mani, erano belle e forti, le sentiva ancora sul suo corpo.

Ma ricordava bene anche tutto il resto.

Dopo un’ora di lavoro, Hans si alzò.

“Chiedo due caffè, hai fame?” Anche Ale lasciò la sedia per sgranchirsi e si avvicinò a lui cercando i suoi occhi. Lo abbracciò facendo scivolare le mani sotto la sua giacca. Lui le prese il viso tra le mani e la baciò. Ale non poteva negare che fosse sexy e capace di fare impazzire una donna. Lui le aveva già aperto la camicetta e le baciò il collo e poi scese più giù. Ale si stringeva a lui ed intanto osservava lo schermo del PC che era andato in pausa. Ricomiciò a baciarlo fino a che arrivarono i due caffè. Hans li ricevette, mise lo zucchero e girò sia il suo che quello di Ale, anche se sapeva perfettamente che la ragazza lo preferiva senza zucchero. Lei intanto era tornata al computer, “È in shut down, mi dai la password che lo riavvio?”

“Abichuela43,” rispose Hans quasi senza pensarci e porgendo il caffè ad Ale che faticò a nascondere lo sguardo di soddisfazione che i suoi occhi volevano mostrare.

Ce l’aveva fatta.


Dopo essersi liberata con una scusa di Hans, corse alla caldaia. Corse per quei corridoi come aveva fatto innumerevoli volte. Corse con il cuore leggero: con la password avrebbero recuperato le mail che avrebbero provato la corretta linea temporale degli avvenimenti e della corrispondenza  scambiata,  intorno alla scoperta del buco nero.

Entrò sorridente nella caldaia e si avvicinò alle sue amiche, che al contrario la aggredirono: “Cos’hai intenzione di fare? Dov’è l’usb? Ci hai tradite? Perchè?” Disse Mabel in modalità spagnola, molto aggressiva.

“Come hai potuto Ale?” Aggiunse Sophie.

Alessandra le guardò delusa, se c’era qualcuno che aveva diritto ad essere arrabbiato, l’unico, era Andres e persino Hans, ma loro due? No di certo!

“Ma voi siete due serpi. Come Hans! Non vi importa nulla di me! Mi usate e poi non vi fidate nemmeno. Mi fate rovinare la relazione con un uomo che mi ha preso il cuore, con cui volevo provare a costruire qualcosa di bello. Mi gettate tra le braccia di un mostro. Per cosa? Per poi non avere fiducia in me? Ed accusarmi di tradimento?”

Ormai gridava furente. Andres che si era avvicinato poco prima, continuava ad avere nelle orecchie la frase su di lui: “Mi fate rovinare la relazione con un uomo che mi ha preso il cuore, con cui volevo provare a costruire qualcosa di bello. “

Non credeva di riuscire a resistere oltre questo ping pong. Si avvicinò per abbracciarla ma lei si girò, era infuriata. Al vederlo, per un secondo, un ombra di sofferenza passò per i suoi occhi e le fece scuotere impercettibilmente la testa, ma poi tornò cupa e si rivolse alle due amiche.

“E poi, Mabel, sappi che questi due “angeli” scopano nella stanza dei led, alle nostre spalle!”

Pong… Ad  Andres cadde l’anima al suolo.

“Ma.. Ma no Mabel, non è vero!” Sophie si era girata verso la compagna quasi balbettando. Mabel cambiò espressione, divenne mortalmente pallida e mormorò: “Me lo avevi promesso Sophie, mi avevi giurato che non l’avresti più fatto.”

“Vedete, non siete tanto diverse, siete stronze anche voi!”

Il silenzio che seguì, venne rotto da Hans che avanzava nella sala applaudendo adagio, ironico.

“Brave, le tre leonesse litigano… Finalmente Ale hai capito da che parte devi stare.”

“Credo proprio di sì Hans!”

Andò verso di lui, lo baciò ostentosamente, avvinghiandosi a lui, a pochi metri da Andres e se ne andò via insieme al boss.





 

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Capitolo 13
*** l'ora dei chiarimenti.. ***




 

Ale camminava lenta, chiusa nella sua giacca a vento si allontanava tra le parabole. La neve aveva lasciato una spruzzata qua e là, faceva un freddo terribile, ma a lei non importava. Con il naso rosso e le mani intirizzite, camminava in mezzo al bosco di parabole senza meta.

Dopo essersi allontanata dalla caldaia con l’uomo sbagliato, approfittò di una telefonata che arrivò al cellulare di Hans e della distrazione di lui.  Intento a parlare fitto con la persona che l’aveva chiamato, non si accorse che Ale si allontanò. Ormai non sapeva più come fare a fingere, non erano due ragazzini e lui spingeva sempre più in là i loro baci e più di una volta aveva cercato di portarla nella sua stanza. Le scuse cominciavano a mancarle ed a rasentare il ridicolo. Ma si sarebbe fatta suora piuttosto di cedere ancora, a lui, il suo corpo.

Raggiunse il piano principale e dalle porte posteriori, quelle per la  manutenzione, uscì.

Era uscita tante volte sotto il cielo stellato per aggiustare qualche cavo, sostituire un sensore, o semplicemente passeggiare.

Ma perché la sua vita aveva preso quella piega?

Era stata sempre una ragazza solare, felice, aveva avuto tutto dalla vita: una famiglia meravigliosa, era riuscita a concludere degli studi importanti ed aveva subito trovato un lavoro eccitante. Aveva sempre avuto uomini che le ronzavano intorno, ma la prima vera e propria sbandata  la dovette prendere per  un bastardo manipolatore.

Con grande sofferenza e molte difficoltà era riuscita a liberarsene ed ora si ripresentava nella sua vita portandole via la scoperta, spingedola  a litigare con le amiche ed allontanando da lei quel ragazzo che era riuscito a fare ribattere il suo cuore a ritmo di musica e non come una pompa con due valvole che pompava a pressione variabile.

Rabbrividì e si accorse di essere ormai arrivata alle parabole più esterne, era lontano dagli uffici, se non fosse tornata presto rischiava anche di sentirsi male, con quel freddo intenso.

Si sedette, appoggiando la schiena ad una di quelle immense strutture che reggevano gli enormi dischi concavi. Sentiva il vento gelido di Atacama sferzarla  come una lama, ma non erano questi i colpi che la ferivano.

“Cosa vorresti Alessandra? Ora, cosa vorresti?” Chiese a se stessa ad alta voce

E la risposta era una sola.

 

Andres passò più di un’ora in giro per le varie sale e corridoi dell’Alma, alla ricerca di Ale. Voleva parlare con lei, voleva guardarla negli occhi e capire se era sincera o no. Se, come lui credeva, la vera Ale era quella che gli aveva lasciato il biglietto ed ora era stata travolta da una situazione che non riusciva piu a governare, oppure era solo una fredda manipolatrice pronta a tutto.

Aveva lasciato Mabel e Sophie che litigavano nella caldaia  e lui vigliaccamente se ne era andato senza aiutare Sophie a chiarire che tra loro due non c’era stato nulla, solo una messa in scena per il lecchino. In fondo pensava che le due ragazze si meritavano di provare anche loro l’amara medicina che gli somministravano da giorni: inganno, incomprensioni e dubbi.

Alla fine, senza averla trovata, deluso e frustrato riuscì solo a pensare che Ale, forse, se ne stava in quel momento tra le braccia di Hans avvinghiata a lui gemendo, con quei sospiri che gli rimbombavano nella testa e non riusciva a dimenticare.

Cominciò a pensare che avrebbe dovuto allontanarsi, non reggeva più la situazione. Ormai non aveva senso restare, l’articolo era pressoché scritto, le ragazze non le poteva aiutare. Che se la vedessero loro con la loro lotta per il buco nero. Ed Ale? Forse Ale, ormai,  era persa.

Cosa a stava lì a fare? La mattina dopo sarebbe ritornato a Santiago.

 

Mabel e Sophie si erano rappacificate. Mabel comprese, passato il primo momento di furia, che era impossibile che Sophie fosse così crudele da provocare dolore a lei e soprattutto ad Ale. Non aveva nessun dubbio di aver avuto la fortuna di conoscere, poter amare ed essere riamata, da un’anima leale e sincera. Sophie era una perla e non avrebbe ingannato nessuno.

Ora la preoccupazione era per Ale, che non facesse qualche sciocchezza.

Avevano ragionato, lei e Sophie, e si resero conto di aver aggredito Ale senza lasciarle il tempo di spiegare. Erano state stupide e ora dovevano rimediare. Terminarono un lavoro importante  e decisero di andare a riposare per lasciare anche tempo ad Ale di smaltire l’arrabbiatura. La conoscevano bene, speravano solo  che non si fosse gettata, per rabbia, un’altra volta tra le braccia di Hans.

Stavano andando alla loro stanza quando arrivò una chiamata da Jorge, molto preoccupato, che le avvisò che la signorina Alessandra era fuori al gelo, seduta sotto la parabola A25 da più di un’ora. Il video di sorveglianza la stava riprendendo ed era chiaro che non stesse aggiustando nulla.

“Vado io.” Disse Sophie a Mabel “Devo chiarire, anche con lei, la faccenda di Andres.”

“Va bene, io vado a letto sono distrutta. Buona fortuna! E sii gentile Sofy.”

“Non sono te, Mabel, io sono sempre gentile.”

Prese una jeep passarono 15 minuti e non aveva ancora raggiunto Ale. Dio ma quanto hai camminato al freddo sei pazza? Pensava tra sé e sé, il termometro della macchina segnava una temperatura esterna di - 15°.

Trovata, lo sconforto si impadronì di lei. Rannicchiata con le ginocchia tra le braccia aveva lo sguardo perso nel vuoto, non aveva sciarpa ne cappello, Sophie iniziò a preoccuparsi seriamente. Scese velocemente dalla jeep, prese la coperta termica e si avvicinò ad Ale avvolgendola con la coperta argentata.

“Sei impazzita Ale, ci sono -15° stanotte qui fuori!”

Ale non rispondeva, continuava a guardare fisso davanti a sé, ma accettò l’abbraccio caldo di Sophie. “Come avresti fatto a tornare indietro camminando un’altra ora nel freddo, hai commesso una grave imprudenza!”

“Scusa…”

“Dio! Piantala di scusarti! Arrabbiati picchiami, ma non chiedere scusa!”

Ad Ale scappò un sorriso e ripetè: “Picchiami… Ma che cazzo dici…”

Sophie si tolse il cappello di lana e lo mise in testa ad Ale, poi sciolse la sua sciarpa dal collo e la avvolse intorno a quello di Ale.

“La smetti! Non sono una bambina!”

“Potevi morire qui fuori!”

“Non mi sono accorta che facesse così tanto freddo…”

Sophie si mise accanto ad Ale, si sedette e l’abbracciò.

“Torniamo dentro?”

“No!”

“Ecco, immaginavo, la solita testona… Se mi prendo la polmonite sarà colpa tua!”

Dopo un lungo silenzio in cui non si udiva nulla, se non i loro respiri, Sophie mormorò come se spiegasse ad una bimba: “Ale, io, Andres, non l’ho nemmeno sfiorato! Non ti avrei mai fatto una cosa simile.”

“Vi ho visti abbracciati in mensa.”

Sophie rimase un po’ a pensare cosa potesse aver visto l’amica e si ricordò”

“L’ho abbracciato io, per le telecamere. Dovevo passargli l’usb e visto che Henric ci aveva già visto nella stanza dei led, ho pensato di rafforzare l’idea che eravamo amanti.”

“Henric ha detto ad Hans che eravate in pieno amplesso.”

A Sophie scappo da ridere: “Ale, Hans ti ha detto ciò perché non è scemo. Basta stare in presenza tua e di Andres e si sente una corrente elettrica a 10000 Volt. Si è accorto che vi piacete. Avrà fatto due più due e sfrutta la cosa per tormentarvi. Ero nella stanza dei led per bypassare i computers ed Andres faceva il palo. Stava arrivando Henric e non mi venne altra idea che buttarmi addosso a lui e far finta di baciarlo. Avresti dovuto vedere la sua faccia, dopo...”

Ale si rinchiuse ancora di più tra braccia e ginocchia, senza dire nulla.

“Mi state distruggendo, anche voi due, non solo Hans.”

“Ale, andiamo in mensa, davanti ad un bel brodo caldo a parlare?”

“No!”

Sophie si morse un labbro, faceva davvero tanto freddo. In fondo aveva ragione, in tutto questo gioco le carte peggiori erano toccate ad Ale e non potevano permettere che lei abbandonasse la partita avevano troppo bisogno della password per accedere al computer di Hans.

“Il B35 ha il relais rotto…” Mormorò Ale.

Sophie distogliendosi dai suoi pensieri chiese “Cosa?”

“La parabola B35, ha il relais rotto, staccato sembra tagliato.”

Sophie sorrise, “Cioè, tu passeggi con il cuore a pezzi e noti un relais rotto? In mezzo a 66 parabole?”

Si strinse ancor di più a lei con affetto: “La nostra secchiona a cui non sfugge nulla! Vedi perché dobbiamo lottare? Tutti i nostri sforzi, tutte le nostre capacità, ce lo meritiamo. Noi ci siamo accorte di quel magnifico buco nero e noi ci meritiamo i riconoscimenti!”

“Lo so, ma io intanto perdo Andres.”

“Mi spiace, Ale. Ma se lui è intelligente, non lo perderai. Ti prego torniamo dentro, non sento più i piedi…”

Ale abbozzò un sorriso: “Va bene, ma fermati al B35 che lo aggiusto.”

“Sì capo!” Disse Sophie sollevata, alzandosi e sbattendo i piedi per risvegliare un po’ la circolazione.

“Abichuela 34.” Mormorò Ale.

Sophie la guardò con gli occhi spalancati, deglutì e sussurrò “Ce l’hai fatta?”

“Ero venuta a dirvelo, ho rubato l’usb ad Andres per ottenere la fiducia di Hans, ho cambiato dei numeri, che stravolgono i conti, lui se ne accorgerà tra settimane. Non è mai stato un buon astrofisico.”

“Mi sento una merda!”

“Lo sei! Lo siete, tu e Mabel. Avete perso la fiducia in me, non so se vi potrò mai perdonare!”

“Scusa Alessandra, davvero… Abbiamo sbagliato. Mi spiace.”

Ale sospirò… “Va be’, andiamo a vincere questa guerra!” Disse alzandosi e dirigendosi alla jeep.

 

Erano ormai le 6 del mattino, il sole tardava ad arrivare a quelle latitudini.

Ale e Sophie avevano deciso cosa fare poco dopo, verso le 7 quando Hans si sarebbe svegliato.

Alessandra voleva andare a stendersi un pochino prima di sferrare il loro decisivo attacco al computer di Hans. Si alzò per andare a riposare e vide Andres che entrava dalla porta principale della mensa.

Lei si avviò veloce ad una delle porte laterali per andarsene, non ce l’avrebbe fatta, ora, a sopportare un confronto con lui.

Stava ormai uscendo quando all’improvviso un corpo si materializzò al suo fianco e con una manata richiuse la porta che lei aveva appena  aperto.

Non dovette nemmeno voltarsi per capire chi era. Ma come diavolo aveva fatto? Volava?

Lui la bloccò tra se stesso e la porta, le braccia appoggiate agli stipiti la intrappolavano, non la sfiorò, ma era chiara la intenzione di non lasciarla scappare, questa volta.

Lei ancora dandogli le spalle gli disse: “Ti prego Andres, ora non è il momento, non ce la faccio…”

“Rispondimi solo a una domanda…”

La sua voce… Così vicino, sussurrata tra i suoi capelli. Ale credeva che avrebbe potuto gettargli  le braccia al collo in quel momento ed andarsene via con lui per sempre.

Si voltò e lui si fece più vicino, appoggiandosi a lei.

“Non mi rendere le cose più difficili, se fai così io non potrò…”

“Non potrai cosa?” Mormorò dolcemente.

Lei appoggiò la fronte al suo petto e si sentì così bene come non si era sentita da tempo. Appoggiò le mani al suo corpo e sussurrò: “Devo andare da Hans…”

Andres deglutì, “Rispondimi solo ad una domanda.”  Ripetè.

“Quello che hai scritto nel foglietto che hai lasciato sotto il cuscino, nella nostra stanza, è ancora vero?”

“Lasciala andare!” Si sentì tuonare da dietro

Hans era arrivato senza che se ne accorgessero ed ora era a tre metri da loro. Andres si voltò con uno sguardo nel viso che fece paura ad Ale.

“Mi spiace cileno“disse il capo dell’Alma, “Mi hanno informato che hai chiesto di tornare a Santiago.”

Ale al sentire queste parole impallidì, ormai lo aveva perso, ma d’altra parte non gli poteva chiedere di più.

“Verso le nove parte una navetta, potrai andartene con quella, comunque aspettati una denuncia. Non sei un giornalista del Time, sei solo un pidocchioso free lance. Vedo che con la tua faccia tosta hai ingannato le ragazze, ma a me non là si fa tanto facilmente. Vieni Ale” disse poi rivolgendosi alla ragazza. “Devo mostrarti una cosa.”

Ale si allontanò da Andres e mentre lo faceva gli sfiorò la punta delle dita con il dorso della sua mano mormorando “Sì”.




 

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Capitolo 14
*** sotto il sole australe ***


La marea era bassa, le onde della violenta tempesta notturna, avevano creato dei piccoli ruscelli che, mentre cercavano la via per tornare all’oceano, disegnavano nella sabbia strisce con sfumature nere e grigie, come i suoi pensieri.

Alzò lo sguardo all’oceano e il ripetitivo sciacquio delle onde, che normalmente la calmava, non aveva nessun effetto positivo su di lei quella mattina.

Si girò verso la sabbia, sperando che i suoi cupi pensieri scivolassero via dal cuore come i rivoli d’acqua verso l’oceano.

La sabbia asciutta era nera e costellata dal brillío della silice, lei sapeva che era solo un effetto ottico, ma le riportò sulla pelle il ricordo delle notti d’amore sotto le stelle di Atacama.

Si avvicinò all’acqua per rinfrescarsi e le onde le lambirono le ginocchia.

Non riusciva a non pensare a ciò che era successo tre giorni prima.


Osservatorio Alma tre giorni prima

 

Ale percorreva i corridoi dell’Alma con Hans che le cingeva la vita.

“Ci sono dei numeri che mi sembrano errati nei diagrammi che mi hai passato.” Diceva serio l’uomo.

“Io li avevo controllati tutti, appena fatto la scoperta, vuoi che li ricontrolli?”

“Sì, andiamo nel mio ufficio!”

Alessandra aveva il cuore in gola.

Uno sguardo con l’amica le era bastato: se fosse riuscita ad installare nel computer di Hans il Team Viewer di Sophie, il suo doppio gioco avrebbe potuto, finalmente, terminare.

Ma non le piaceva come Hans la stava abbracciando. La mano sul suo fianco si stringeva leggermente e poi saliva e scendeva, accarezzando la sua camicia di seta. Notava il desiderio in lui e questo la metteva in ansia.

Arrivata all’ufficio si mise subito a controllare i numeri, commentando con lui quali potessero essere sbagliati e il perché. In un momento di distrazione di Hans, cambiò schermo ed accettò l’invito a condividere i computer che Sophie aveva inviato, poi rimise la schermata Excel e continuò a fingere di lavorare sui diagrammi.

Notava Hans che si agitava inquieto e, con la coda dell’occhio, lo teneva sotto controllo mentre, a causa dell’agitazione, si rese conto che lei stessa stava chiacchierando un po’ troppo.

All’improvviso se lo trovò seduto sulla scrivania che la osservava, con un sorriso sornione.

Un po’ per stanchezza e un pò per nervosismo, Ale si allungò all'indietro, alzando le braccia per stiracchiarsi la schiena e lui ne approfittò per sedersi a cavalcioni su di lei con le mani sul seno.

La ragazza scattò in avanti sorpresa: “Hans!” Protestò.

Lui non demorse, la abbracciava e intanto sbottonava la camicetta, baciandole il collo: “Sono stanco che mi scaldi per niente, stavolta non accetterò un no!”

“Hans, mi schiacci..” Disse lei, la cui ansia stava aumentando a dismisura, rasentando il panico.

“Oh scusa..” Disse l’uomo, alzandosi e sollevandola come una piuma.

Le cingeva la vita e continuava a baciarla eccitato. La appoggiò bruscamente sulla scrivania e si sdraiò addosso a lei che opponeva resistenza.

“Hans non voglio!” protestò Ale.

“Io si!”


“Speriamo che Hans non voglia dare troppe attenzioni ad Ale!”

“Perché? Cos’altro state organizzando? Chiese Andres mentre osservava curioso Sophie e Mabel trafficare su tre computer contemporaneamente.

“Ci ha dato accesso al portatile di Hans, sto entrando nelle sue mail. Datemi ancora dieci secondi e copio le mail che ci interessano.

Eccola Mabel! Leggi la mail del lecchino bastardo!

Leggi che dice: Le tre troie hanno scoperto qualcosa di veramente eccezionale, un buco nero non individuato e scambiato per una nana rossa, la X324 F.

L’abbiamo trovato!! L’abbiamo trovato!”

Gridarono le ragazze abbracciandosi, poi si guardarono: “L’abbiamo incastrato quel figlio di buona donna!”

“E lui, intanto, dov’è?” Chiese Andres.

“Non so, forse con lei…”

“E se la becca? E se si rende conto che lei lo sta imbrogliando?” Disse Andres alzando la voce. “Ma voi siete folli!!”

Sophie alzò lo sguardo verso il ragazzo, preoccupata all’improvviso per una eventualità che avevano accettato con leggerezza.

“Non le farebbe mai del male!” Si guardò con Mabel “Vero?”

Andres si alzò turbato e si avviò fuori borbottando ad alta voce: “Siete tre incoscienti!”

Mentre si avvicinava all’ufficio di Hans il cuore prese a balzargli in petto come un tamburo, la testa stava perdendo lucidià. Molti pensieri continuavano a frullargli per la mente, ma ora aveva un unico chiodo fisso: temeva, anzi sentiva, che la sua Ale fosse in pericolo.

Arrivato all’ultimo corridoio, vide in fondo due guardie giurate che ridacchiavano ma si fecero subito serie nel vederlo.

Si mise a correre verso l’ufficio del boss, e più si avvicinava più sentiva la voce di Ale gridare dei no soffocati.

Entrò nell’ufficio prima che le due guardie lo acciuffassero e vide la schiena di Hans chinato sulla scrivania che intrappolava la ragazza.

Lo prese per le spalle e lo tirò violentemente all’indietro, scorgendo per un solo secondo quello scricciolo di Ale quieto sulla scrivania, come abbandonato.

Hans si girò furioso, ma il suo viso pieno di rabbia venne colpito in pieno da un pugno feroce che Andres sferrò con tutte le sue forze. Hans cadde all’indietro.

Andres non perse tempo e andò a raccogliere Ale che, singhiozzante, si stava rialzando. La tensione gli aveva seccato la bocca, la respirazione era accelerata, la furia gli stringeva lo stomaco e quando vide l'espressione di terrore ancora impressa sul viso di Ale, dovette mordersi a sangue il labbro per sforzarsi di mantenere la calma.

Le circondò le spalle con un braccio, “Vieni via…” Sussurrò dolcemente.

“Lei non va da nessuna parte!” Tuonò Hans poggiando una mano sul braccio di Ale.

Andres si girò ancora più furioso e, anche se Hans tentò di colpirlo, gli assestò un pugno in volto ancor più forte, facendolo finire contro il muro della stanza. Poi come una furia, lo prese per il collo della sua camicia firmata, lo sbattè ancora al muro e gli intimò “Tu non la sfiori più! Mi hai capito! Non la devi nemmeno più guardare! Bastardo!”

Poi tornò da Ale fulminando con lo sguardo le due guardie, che intimidite si fecero da parte.

Abbracciò la ragazza  e si allontanarono per il corridoio.

 

Arrivati alla caldaia, prima di entrare, Ale si divincolò dall’abbraccio protettivo di Andres e fuggì. Andres la chiamò  ma subito pensò che fosse meglio lasciarla da sola a smaltire il terrore appena vissuto. Entrò alla caldaia pronto a fare una piazzata a quelle due incoscienti che avevano giocato con il fuoco sulla pelle della fragile amica.

 

Ale scappò per i corridoi dell’Alma, non sapeva nemmeno dove era diretta, solo voleva allontanarsi da tutto e da tutti. Arrivò al desk nella hall principale ed ordinò a Jorge di farsi dare le chiavi di una jeep. Si accertò solo che il serbatoio del carburante fosse pieno e se ne andò.

Si allontanò il piu velocemente possibile, premeva l’acceleratore al massimo per la strada dritta ed infinita che la allontanava dall’inferno e dal paradiso in cui aveva vissuto le ultime settimane che a lei parevano un anno.

Arrivò all’autostrada e la inforcò in direzione contraria a Santiago, continuava a correre, con i finestrini abbassati e le lacrime che le appannavano la vista, tanto che ad un certo momento vide un cane intento ad attraversare la careggiata e si spaventò. Riuscì a mantenere il controllo della jeep, ma l’adrenalina scatenata dallo spavento le restituì la lucidità.

Fermò la jeep al lato della strada, ed aspettò che il suo cuore tornasse al battito normale. Non sapeva per quanto tempo avesse guidato, non sapeva nemmeno dove si trovasse.

Dopo il  tempo infinito che le servì per calmarsi si guardò in giro.

Alla sua destra l’Oceano Pacifico era azzurro intenso e lambiva le rocce sulle quali l’autostrada era costruita. A destra, le dune sabbiose salivano dolcemente, nascendo da quel litorale azzurro, violento e prepotente che era l’Oceano.

Riconobbe la Ruta 1. Istintivamente si era messa in viaggio verso il luogo che amava di più dopo la casa nelle colline toscane di sua nonna.

La casa di Tocopilla, una piccola casetta sulla spiaggia che le tre ragazze avevano affittato da quando lavoravano all’Alma.

Abbozzando un sorriso e un po’ rincuorata, riprese il viaggio.

Arrivò a Tocopilla e andò dalla señora Amanda a prendere le chiavi della casa sulla spiaggia. Come da consuetudine, la riempì di empanadas, pastel de choclo e avepalta. Una scorta per una settimana.

Arrivata alla casetta, crollò sul letto e dormì per ore.


Tocopilla tre giorni dopo

 

“Perché te ne sei andata?”

“Avevo troppa vergogna. Sono stata stupida, capricciosa, egoista, e, soprattutto, ingiusta, con te.”

“Allora avrò il  diritto, anche io, di essere stupido, capriccioso ed  egoista almeno una volta.”

“No, stupido no...” Ale giocava  a fare dei circoli, con il piede nudo sulla sabbia.

“Con voi tre scienziate,  mi sono sentito spesso stupido.” Commentò strappando un sorriso alla ragazza.  

“A proposito, siete già state segnalate per il Nobel. Complimenti”

Lei alzò il viso a guardarlo, il vento gli muoveva i capelli. Moriva dalla voglia di affondare le mani in essi, invece ritirò le labbra, mordendole ed abbassò il viso.

“Oh non importa ormai, so che tutta la nostra carriera sarà in discesa da adesso in avanti.”

“E noi?” Chiese schietto Andres.

Ale non alzava il viso e ci mise un bel po’ a rispondere.

“Non pensavo che ci fosse un “Noi”,  fino che non ti ho visto arrivare su questa  spiaggia.” Disse la ragazza con un mezzo sorriso. “Ti ho fatto soffrire troppo.” Mormorò alzando il viso per guardarlo.

“Tu non hai sofferto?” Chiese lui piegando la testa di lato e cercando con le mani la sua vita.

“Moltissimo! Troppo...”

La strinse a sé.

“Cosa pensi di fare adesso?” chiese Andres.

“Ho molte vacanze arretrate. Un mese o poco più.  

Penso di rimanere qui. Mabel e Sophie si stanno occupando di tutto, ora tocca a loro. Interviste, articoli e come sempre calcoli e diagrammi. Io sono ufficialmente malata.” Terminò con un sorriso. Strusciando poi la guancia contro la maglietta di lui. E sentendo il benessere diffondersi per il suo corpo abbracciato a quello di Andres.

“Io devo scrivere un libro.” Disse Andres sui capelli di lei, baciandoli ed aspirando il profumo di mare che emanavano. ”Una casa editrice è venuta a sapere che ero presente all’osservatorio durante i giorni della vostra scoperta e vuole un libro. Mi ha offerto un contratto molto interessante.  Ci metterò molto a scrivere ed avrò bisogno di un posto tranquillo.

Magari per un mese o poco più.” Terminò sorridendo.

“Come lo intitolerai?” Chiese lei abbracciando il suo collo e finalmente guardandolo negli occhi, serena.

“Di che segno sei?”

“Dei pesci!” rispose ridendo.

“Sotto il segno dei pesci, potrebbe essere un buon titolo!”  Terminando di parlare sulle sue labbra, baciandole e facendo scomparire come per una incantevole magia, tutte le ultime amare esperienze.

“Lo hai mai fatto su questa spiaggia?” Mormorò l’uomo finalmente liberando il suo cuore dalla catena che lo aveva stretto in tutti i giorni precedenti.

“No, però l'ho fatto sotto le stelle di Atacama…”

“Ricordo… Qualcosa.. “ Disse sorridendo “Anche sulla spiaggia deve essere bello.”

Lei rise.

“Sì , magari di notte però.  Ti stai bagnando tutto.” Gli disse mentre lui si era seduto sul bagnasciuga senza curarsi dei blue jeans inzuppati e pieni di sabbia.  La attirò su di sé.

“Anche tu.”

“Bacio meglio di Sophie?”

Lui scoppiò a ridere. “Sì, sono sicuro che tu baci meglio!”

Si girò, appoggiandola sulla sabbia bagnata ed, appoggiato ai gomiti, continuava a baciarla con le mani affondate tra i suoi capelli biondi.

Lei aveva sempre odiato sporcarsi di sabbia, sentì l’onda arrivare lambendo la sua schiena e fermarsi tra i capelli con la schiuma leggera. Questa volta non le importò di bagnarsi e di sporcarsi di sabbia. Aspirò a fondo il respiro di lui nella sua bocca mischiato allo iodio del mare a qualche granello di sabbia, e pensò che non era mai stata più felice e più amata come in quell’istante sotto l’implacabile sole australe.

 

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