Not all heroes wear capes (Gold Saints 100 Prompt Challenge) di BlackInkVelvet (/viewuser.php?uid=954050)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 011. Beginnings ***
Capitolo 2: *** 002. Middles ***
Capitolo 3: *** 003. Ends ***
Capitolo 1 *** 011. Beginnings ***
Ebbene.
Sapevo non avrei resistito a scrivere qualcosa di comico. E quindi
eccomi qui, alle prese con una Prompt Table da 100. Ahimè,
avrei voluto fare una raccolta di drabble nel vero spirito della
challenge, ma sono grafomane. Perdoname lettore por mi vida loca. I
protagonisti indiscussi saranno i Goldini, i nostri eroi dalle
scintillanti armature dorate e l'aura di puro testosterone. Beh
insomma, mica tutti. Questa mia raccolta si prefigge essenzialmente
come farmaco per alleviare i momenti di buco fra la pubblicazione dei
capitoli della mia Long-Fic Cronache
della Seconda Guerra del
Peloponneso (che potete leggere qui se volete), pertanto non posso
assicurare nè una cadenza regolare nè
una qualità troppo alta. Ma per passare il tempo e farsi quattro risate
va benissimo così. Vi lascio alla lettura.
Credits: La tavola
con i prompt è stata presa da QUI
Prompt 001. Beginnings
Personaggi: Aiolia Leo, Aiolos
Sagitter
Parole:
875
Rating: Verde
-
Allora 'Lia!
-
Lia è un nome da femmina. Non voglio che tu mi chiami così, sono
Aiolia! AIOLIA!
-
'Lia! Oggi ci eserciteremo nel corpo libero. - Il piccolo Aiolia
osservava il fratello maggiore con superbia, eretto
orgogliosamente in tutto il suo metro e sette centimetri, lanciando
sguardi di fuoco dagli occhioni verdi. Di rimando, Aiolos ostentava un
sorriso a trentadue denti, gli occhi che brillavano come un bambino in
un negozio di caramelle.
Sistemò meglio i lacci dei suoi sandali alla schiava, prima di indicare
il promontorio dietro di sè.
-
Oggi ci arrampicheremo lì!
-
..Intendi proprio quel promontorio? - Aiolos si appoggiò le mani sui
fianchi, ostentando un non troppo celato orgoglio.
-
Esattamente, la stessa scalata che ho fatto io da bambino.
-
Quel promontorio mortale per il quale sono morte centinaia di persone
nel tentativo di scalarlo. Proprio quello lì.
-
Già. Sarà un ottimo allenamento per te. - Il piccolo storse la
bocca,
non troppo convinto della scelta. Il fratello lo notò, dipingendo
un'espressione di sommo disappunto sul volto giovane.
-
Ohi ohi, non starai mica dicendo che ti rifiuti?
-
Sì. Io lì non voglio andarci! Non sono pronto per quello, ho solo otto
anni! - Esclamò convinto alzando sei dita, puntandole in faccia al
maggiore. Questo ruotò gli occhi, cercando di non pensare a quanto
disastroso fosse Aiolia a contatto con la matematica.
-
Ok, non sarai il nuovo Einstein, ma sono sicuro che la parete puoi
scalarla! Hai i miei stessi geni dopotutto!
-
Sono duecento metri! Sai quanto è un metro? - Aiolia indicò se stesso,
poi una roccia posta all'incirca a una ventina di passi da lui. - Da
qui a lì! Per
duecento volte! No, non
lo faccio! - Aiolos sbiadì. Per quanto paffutello, adorabile e piccino
fosse il suo amato fratellino, quando puntava i piedi subiva una
trasformazione; da
delizioso micetto a bestia di Satana. Il tono di voce alto del
ragazzino aveva già richiamato alcuni dei presenti nell'arena, che
interruppero i loro allenamenti per osservare, chi allibito, chi
divertito, il cavaliere di Sagitter in balia di un mostriciattolo alto
quanto il suo ginocchio. Il Sagitter stavolta pensò che no, non poteva
permetterlo. Non ancora. Aiolia
strepitava, sbatteva i piedi a terra, il volto furioso, ma si fermò nel
constatare che sul volto del maggiore vi era un'espressione di profonda
amarezza.
-
Hai ragione. Sei troppo piccolo per questo. E debole. E
molliccio.
-
Ehi... - il Leoncino era pronto a tirar fuori gli artigli, per
difendere il suo orgoglio di uomo, ma Aiolos non gliene diede modo,
poichè si accasciò in ginocchio a terra. Alzò il volto bruciato dal
sole, osservando il limpido cielo di Grecia sopra di lui. Un profondo
sospiro gli sollevò il petto ampio, mentre dondolava le braccia, inermi
lungo i fianchi.
-
Ahh, giorno nefasto! Il mio amato fratellino 'Lia è un debole frignone!
Ma a me va bene così, mi piace stringerti la notte quando fai
brutti sogni! - esclamò ad alta voce, portandosi una mano alla fronte.
Aiolia sbiancò.
-
Non è vero! Non dormo abbracciato a lui! Non sono un bambino!
-
Allora significa che sei un uomo! Questo vuol dire che non
giocheremo più con i pupazzi di tela?! - si lamentò mentre lacrime da
coccodrillo si affacciavano sugli occhi verde bosco. Strinse le spalle
strette del bambino fra le mani, gettando la testa all'indietro. -
Significa che non dovrò più cambiarti il letto quando ci farai la pipì
di notte?!!?? - Il volto del fanciullo passò diverse colorazioni del
rosso, del viola e del verde, mentre sentiva le risate sguaiate degli
altri ragazzi nell'arena. Si stavano tutti prendendo gioco di lui.
-
Aiolos maledetto smettila!
-
Non ti succhierai più il pollice? E non potrò più cantarti la
ninna-nanna che tanto ti piace?
-
Non oseresti... - sibilò il piccolo, assottigliando lo sguardo nella
speranza di risultare minaccioso e, quindi, far smettere il maggiore.
Ma questo non lo notò, dato che si abbandonò con la schiena contro una
roccia, la schiena curvata e le braccia alzate al cielo.
-
Ninna-nanna, ninna oh, questo bel bambino a chi lo do, lo darò a quel
bruttone di Saga, che magari non lo uccide in settimana, lo darò al suo
orsetto, che lo tiene stretto stretto...!
-
Ommiodio ho capito VADO! - Aiolos smise immediatamente la sua manfrina,
alzando la testa fino a poggiare il mento sul petto. Rivolse uno
sguardo indagatore al fratello.
-
Dove?
-
A scalare quel promontorio! Non sono un bambino idiota! Lo farò ad
occhi chiusi, vecchio balordo! - urlò paonazzo in volto, puntando un
dito contro il maggiore, l'ira accresciuta dai commenti divertiti dei
presenti.
-
Lo faresti anche con un braccio legato dietro la schiena? - chiese il
Sagitter alzando un sopracciglio indagatore.
-
CON TUTTE E DUE
LE BRACCIA LEGATE! - sbraitò il giovanissimo Saint,
iniziando a correre con gli occhi iniettati di sangue verso il
promontorio. Un sorriso privo di malizia distese i tratti di Aiolos
che, con un gesto sciolto, si rialzò in piedi. Si diede una rapida
pulita ai pantaloni impolverati, una sistemata alla fascia che gli
cingeva la testa, e iniziò a correre a correre dietro al fratellino,
diretto verso il promontorio.
Dei
tanti modi di iniziare una giornata, quello non era il peggiore.
Angolo
autrice: Nella mia mente, Aiolia da piccolo è la reincarnazione di
Satana. Un demonietto dai capelli biondi e grandi occhioni verdi,
capace di far tremare perfino il potente Aiolos di Sagitter. Forse,
avendo io stessa due sorelle più piccole, mi viene naturale
tratteggiare i fratelli minori come dei pendagli da forca. Chiedo
anticipatamente scusa a tutti i fratelli minori, so che non siete tutti
delle belve e che alcuni sono dei deliziosi pasticcini.
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Capitolo 2 *** 002. Middles ***
002.
Middles
Personaggi: Cancer
DeathMask, Pisces Aphrodite, Aquarius Camus,
Special
Guest: Helena
Rating: Verde
Parole:
1939
La
ragazza di fronte a lui non era particolarmente bella. Non aveva forme
da capogiro, nè era alta, il suo volto era abbastanza anonimo, e gli
occhi verdi non particolarmente profondi. Eppure, per qualche motivo
che esentava totalmente l'apparenza fisica, il Saint di Cancer si era
preso una sbandata vertiginosa per la fioraia di Asgard. Che poi, come
si facessero a vendere fiori ad Asgard manco Odino lo sapeva; ma ad
Antonio non interessava. Helena era andata fino in Italia, a Messina,
per guarire da una brutta malattia polmonare che la stava consumando.
Si erano incontrati per caso, al solito bar dove lui andava a far
colazione la mattina. Un locale piccolo, senza troppi fronzoli, a cento
metri dal porto e dalla fermata del tram. Si era sorpreso immobile, con
la sigaretta stretta fra le labbra e l'accendino mollemente tenuto fra
le mani, incapace di staccarle gli occhi di dosso. Lei lo aveva notato,
e gli aveva rivolto uno sguardo quasi spaventato. Lui era stato veloce
a scusarsi, facendo cadere la cicca a terra, senza preoccuparsi di
raccoglierla. M-mi
scusi, ma è così incantevole signorina che mi sono imbambolato. Posso
offrirle una brioche per scusarmi?
e si erano ritrovati a passeggiare sul lungomare, e lui le indicava gli
aliscafi e la statua della Madonna delle Lettere che proteggeva i
marinai. Lei, sfoggiando un italiano un po' stentato, ascoltava
ammirata tutto quello che l'affascinante giovane diceva, coprendosi
occasionalmente la bocca per parare qualche colpo di tosse.
Tornerò
il mese prossimo. Devo tornare dai miei fratelli e al mio negozio, ma
ho ancora bisogno del sole di Messina.
Ah,
allora se è così ti porterò a cena fuori in un posticino che conosco.
Oh,
abbiamo un appuntamento?
NOOO.
No. No, è solo... un.... un'uscita fra amici.
Seduto
al tavolino, Camus osservava
con uno sguardo indecifrabile i suoi compagni, le braccia incrociate e
le gambe elegantemente accavallate.
-
Spiegatemi bene perchè avete
dovuto metter su questo scempio. - La sala da pranzo dell'Undicesima
Casa era stata addobbata da una miriade di candelabri d'argento, vasi
di vetro di Murano e stoffe pregiate. Sul tavolino era stato imbastito
un vero e proprio banchetto, con taglieri di prosciutti e formaggi,
delicate salsiere e pane croccante da usare come base. Aphrodite,
avvolto in una svolazzante camicia bianca, si stava dando da fare per
finire una meravigliosa composizione floreale al centro del tavolino.
In piedi in un angolo Deathmask, un papillon stretto al collo,
osservava il tutto decisamente innervosito.
-
Antonio ha un
appuntamento, e mi ha chiesto qualche consiglio. Ma sono sicuro che
questo bruto riuscirebbe a travisare tutto quel che dico... Ecco perchè
ti ho chiesto di aiutarmi.
-
No, mi hai chiesto se potevi scendere un attimo qui.
-
E l'ho fatto - replicò freddamente lo svedese, prima di osservare
soddisfatto la composizione floreale appena finita. Gettò un occhio a
Deathmask, prima di riportare lo sguardo sul francese. - Questo lo
chiameremo "Simulazione
simil-realistica ed inaspettata in previsione
di un possibile appuntamento", ovvero,
simuleremo l'appuntamento con la tua bella. Io sarò Helena. - Il
silenzio scese
nell'undicesima casa. Camus aveva alzato un sopracciglio, facendo
oscillare lo sguardo di ghiaccio fra i due Saint, incapace di reagire.
Di contro, il cavaliere del Cancro aveva spalancato la bocca, prima di
esplodere in una risata sguaiata.
-
Tu... Helena... - Si
accasciò sul tavolino, battendo un pugno sulla superficie, mentre
alcune lacrime si affacciavano ai bordi degli occhi. La boccuccia
rosata di Aphrodite si socchiuse per lasciar passare uno sbuffo
irritato, mentre tentava di ignorare signorilmente la sceneggiata del
suo compare. Questo, con la voce strozzata e le spalle scosse dalle
risate, puntò un dito contro lo svedese, gli occhi strabuzzati come se
dovessero sgusciare fuori dalle orbite. - No perchè... ahahaha... tu
dovresti tipo farti crescere un paio di tette e... e... - Un
quartetto di Pirahna Rose volarono verso il siciliano, che le schivò
senza togliersi quel sorrisetto divertito dal volto.
-
Bene, iniziamo. - Aphrodite si era legato i capelli in una elegante e
voluminosa crocchia, intrecciandovi rose rosse e gigli bianchi, ed era
in piedi, vicino al tavolo, una borsetta stretta fra le mani. Antonio,
con la sua canotta macchiata di sugo e il papillon opaco per la
polvere, lo osservava trattenendo le risate a fatica. Si beccò
un'occhiataccia dal suo compare, uno sguardo in grado di far
rabbrividire anche il più impavido fra i Saints. Ma beh, non
sufficiente per spaventare un pendaglio da forca quale era Cancer
Deathmask.
-
Beh? - mugolò grattandosi la barbetta.
-
Ma come sarebbe a dire "beh"? Ho
detto che iniziamo, no? Quindi sbrigati. Cosa si dice per prima cosa ad
una signora?
-
Vattene di qui.
-
Zitto Camus! - esclamò irritato Aphrodite, puntando un dito contro il
francese, bellamente spalmato sul suo divano in stile Pompadour. Il
rosso ruotò gli occhi, immergendosi nuovamente nell'impegnativa lettura
del romanzo che stringeva fra le mani. - Tornando a noi. Antonio?
-
Ah, emh... sei... particolarmente carina stasera.
- Un sorrisetto si stampò sul volto niveo dello svedese, che iniziava a
vedere un barlume di concentrazione nel siciliano, fin troppo gretto. -
... mhh.... pffffAHAHAHAHAHAHAHA! Cazzo! Io proprio non ce la faccio
così! Camus, porca puttana, vieni qui e guardAHI! - la deliziosa
borsetta color cipria che Dite stringeva fra le dita si era abbattuta
con una violenza inaudita sulla faccia del povero malcapitato,
stampandogli la trama di perline ricamate sulla fronte. - Ma tu vuoi
ammazzarmi! Guarda che vado giù a chiamare Milo se non la smetti!
-
Concentrati, sciatto bastardo! Allora, qual'è la prossima mossa?
-
Umh... Ah sì! - Con un passo fin troppo sghembo, il saint del Cancro,
in quelle stretti vesti da damerino improvvisato, si diresse dall'altro
lato del tavolino, scostando l'enorme sedia imbottita per far sedere il
compagno. Questo, rivolgendo uno sguardo vittorioso a Camus (che se ne
fregava bellamente, totalmente preso dal libro), si sedette con fare
regale, osservando compiaciuto Antonio sedersi a sua volta di fronte a
lui.
-
Ora, gli antipasti. Un vero gentiluomo deve mostrarsi preparato in
campo culinario.
-
Allora, emh... - l'italiano osservò le pietanze preparate da Dite,
sbattendo le palpebre perplesso. Indicò un piatto, cercando di fingersi
convinto. - Qui abbiamo del pane bruciato..
-
Pane di segale.
-
Ah, sì sì quello. Sto schifo di pane di segale con salmone affumicato,
maionese...
-
Panna acida.
-
Ma mi vuoi avvelenare, con la panna andata a male? Eh vabbè, in caso di
emergenza ci imboschiamo nel recinto delle capre di Mu.
-
Continua. Puoi fare di meglio. - sibilò lo svedese, incrociando le
braccia. Antonio sospirò.
-
Ahhh, che palle. Allora, pane di segale con panna acida ed erba gatta...
-
Erba cipollina. CIPOLLINA. Ma scusa, sei siciliano dovresti saper
cucinare!
-
Eh minchia! Tu sei svedese, ma non mi pare che stai montando sgabelli
all'IKEA.
-
Sta zitto e continua. - Il Saint di Cancer dovette prendere un
profondissimo sospiro, racimolando la poca pazienza rimasta, e riprese
la manfrina con lo stesso tono di un bimbo delle elementari che,
costretto dalla madre, deve recitare la poesia del Natale di fronte a
tutti i parenti.
-
Tartine di salmone affumicato con panna acida ed erba cipollina...
-
Accompagnate con che vino? - chiese lo svedese con un luccichio
sinistro negli occhi. Tentando di non farsi prendere dal panico,
Antonio si guardò intorno, alla ricerca di un indizio. Diamine, a parte
il vino di 'Mbare Pino, che ancora pestava il mosto con i piedi
nonostante avesse da dieci anni un'infezione da funghi, non ne aveva
mai assaggiati altri. Con un dito allargò il vecchio papillon che Dite
gli aveva legato al collo contro il suo volere, sudando freddo.
-
Un.... mhhhh.... un Nero d'Avola. - L'espressione di Aphrodite, dopo
qualche attimo di tesa immobilità, si rilassò in un sorriso soddisfatto.
-
E bravo il nostro Antonio. Non ti sapevo esperto di vini. - Deathmask
si grattò la nuca, sorridendo sollevato. E per oggi, di morire
dissanguato non se ne parlava. L'atmosfera all'Undicesima casa si era
fatta leggera. Questo, almeno, fino a quando un pesante tomo non
atterrò sul piatto di tartine, facendole saltare ovunque. Gli occhi
azzurri di Aphrodite osservarono inorriditi il salmone maciullato
volare per aria, triturato dalla copertina ignobile di una raccolta di
poemi di Wordswoth in edizione integrale, assolutamente paralizzato
dallo schifo. Chi, chi aveva osato interrompere quel momento di
assoluta bellezza...?
- Mon
Dieu! Il Nero
d'Avola con il pesce? Sacre
Bleu! Devi
essere pazzo! - Se fino a poco prima era impossibile distinguerlo dal
divano, ora Camus era arrivato al tavolino, il volto stravolto come
quella volta in cui aveva sorpreso Milo nudo nella sua vasca da bagno.
Alle due e mezza di notte. In compagnia di due paperelle di gomma e una
rivista pornografica.
-
Certo che ci va il Nero d'Avola! Cosa vai mai dicendo? Non c'è modo più
bello di iniziare un pasto che sorseggiando un ottimo vino di prima
qualità! - Sbraitò Aphrodite, saltando in piedi come una molla. Il
francese sbattè le mani sul tavolino, facendo traballare i calici.
-
Tu non vieni in casa mia per dire queste corbellerie! Col salmone ci va
un vino bianco! Un Cortona Sauvignon è la scelta migliore!
-
Ma cosa ne sai tu di vini! Sei francese, e i vini sono tutti
italiani!
-
E tu allora? Non sapete nemmeno come è fatta l'uva in Svezia!
-
Perlomeno non ci mangiamo le lumache!
-
Ah, perchè il pane di segale è buono? La cuisine
française è la
migliore del mondo!
-
Ehi, scusate eh... - S'intromise con fare scocciato Deathmask,
appoggiando un gomito sul tavolino e alzando un sopracciglio. Essere
messo da parte, lui? Ma per favore. - Qui il protagonista della serata
sono io. Io, non tu,
non Dite, non quello schifo del pane di segale... Sentite, ma se
compriamo del Tavernello? O sento 'Mbare Pino se serve.
-
ZITTO! E TOGLI I GOMITI DAL TAVOLO! - esclamarono all'unisono i due,
con gli occhi fuori dalle orbite, mentre sbattevano le mani sul tavolo,
facendo fare un notevole salto a tutte le stoviglie presenti. Deathmask
strinse la testa nelle spalle, zittendosi controvoglia.
-
Fuori di qui! Non posso sopportare un simile affronto in casa mia! -
Urlò Camus spostando nuovamente l'attenzione sul suo nemico svedese,
indicandogli con fare imperioso la porta.
-
Ah, me ne vado anche subito! Non ho tempo da perdere con un
tråkmåns come
te.
-
Prego, come mi hai chiamato, bouffon?
-
Ti farò assaggiare le mie Pirahna Rose, maledetto!
-
Fatti sotto, ti rimanderò a casa con il deretano a stalattite!
Senza
farsi troppi problemi, Antonio si slacciò il farfallino, abbandonandolo
sul tavolo. Si alzò, e diede le spalle ai due, che sembravano pronti ad
uccidersi. Forse avrebbe dovuto fermarli, dopotutto le lotte fra Saints
erano proibite... Ohibò, proprio lui, la pecora nera dei dodici Gold, a
fare da paciere? Ma scherziamo? Uscì dall'undicesima casa, sedendosi
sulla scalinata. Si accese una sigaretta, osservando il cielo stellato
e ignorando totalmente il rumore di cocci rotti provenienti
dall'edificio dietro di lui.
Era
un problema, il suo allenamento si era interrotto proprio a metà
strada. Cosa avrebbe fatto con Helena? Non poteva mica ritrovarsi in
mezzo all'appuntamento senza sapere che pesci prendere. Magari poteva
lanciarle addosso un piatto al grido di "Cortona Sauvignon". E magari
lei l'avrebbe ucciso, e a ragione.
Nah.
Quando sarebbe tornata il mese prossimo, l'avrebbe portata alla
rosticceria sopra casa sua. Sarebbero andati alla spiaggia mangiando
pidoni e arancini, e si sarebbero seduti sulla sabbia fresca. Poi,
quando ci si sarebbe ritrovato in mezzo, lì sul momento, avrebbe saputo
da sè cosa fare.
* tråkmåns:
"stupido" in svedese.
** bouffon: "buffone" in francese.
Angolo
Autrice:
Eeeee
niente.
Non sono particolarmente soddisfatta del capitolo. Penso che, più che
far ridere, strappi giusto un sorriso. Ma va bene anche così, dopotutto
sono storie stupide, e il mio intento alla fine è di far passare un po'
di tempo.
Eccoci
quindi al secondo capitolo! Mi sono sempre chiesta come potrebbero
essere i rapporti lì all'Undicesima e Dodicesima casa. E da quanto ho
scritto, credo si sia intuito come siano tragici.
Ho
visto Soul of Gold da pochissimo (mea culpa), e sono rimasta
letteralmente affascinata. L'introspezione che ci regalano dei
personaggi è da sbavo. Beh oddio, nemmeno profondissima eh, ma sono la
generazione abituata ai lavori del Kurumada fatte di botte, lacrime e
zero psicologia. Quindi Sì, ho amato alla follia quel capitolo. Anche
perchè pure Aphrodite e Deathmask si dimostrano guerrieri cazzuti. E
che cazzo, alla fine sono pur sempre Gold Saint, va bene che sono stati
battuti da cinque stronzi, ma diamogliela un minimo di riconoscenza!
Ok,
finito lo sclero. Giuro.
Helena,
per chi non lo sapesse, è un personaggio di Soul of Gold. Una semplice
fioraia dal sorriso delicato e un cuore come un bon bon alla panna. Del
vero nome di Deathmask non si sa nulla, ma Kurumada specifica che il
nome con cui conosciamo il Saint di Cancer è un soprannome. Essendo lui
italiano, ho pensato a vari nomi. Ciro, Alessandro, Angelo, Carlo,
perfino Gennaro. Ma alla fine, Antonio mi sembra il più papabile.
Quindi, d'ora in avanti, quando ricomparirà, sarà chiamato Antonio. Che
vi piaccia o meno *linguaccia*
Spero
che questo capitolo sia riuscito perlomeno a farvi passare dieci minuti
di noia, ci vediamo al prossimo capitolo! *se ne va strizzando le
paperelle di Milo*
Black
Ink Velvet
PS: ah, fra parentesi. Ha ragione Camus, col
pesce ci va il vino bianco.
PPS: Scusate per la lunghezza infinita del
capitolo, ma il classico mi ha formata grafomane T.T
|
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Capitolo 3 *** 003. Ends ***
003.
Ends
Personaggi:
Aquarius Camus, Scorpio Milo
Rating:
Giallo
Parole: 1661
Le
notti estive al Grande Tempio erano un'atroce tortura per Camus, il cui
fisico era stato scolpito dai duri ghiacci siberiani. Si agitava fra le
coperte, il petto e la schiena percorsi da piccoli rivoli di sudore. Il
volto bellissimo si contrasse in un'espressione corrucciata, mentre le
folte ciglia vibravano impercettibilmente. Serrò le labbra sottili,
socchiudendole solo per permettere ad un lungo sbuffo di fuoriuscire.
Si rigirò per, probabilmente, la milionesima volta fra le lenzuola
ormai bagnate di sudore, che gli si appiccicavano addosso come un
secondo, scomodo strato epidermico. Un ciuffo di capelli rossi,
sfuggito alla coda in cui aveva raccolto la sua lunga chioma, gli
percorreva il collo ed il petto muscoloso, come se fosse un rivolo di
sangue. Spazientito, il francese si tirò su a sedere, scalciando per
liberare le lunghe gambe dalla loro prigione di lino, mentre scostava
la fastidiosa ciocca dal suo collo, sul quale si era attorcigliata come
un cappio. Nonostante avesse creato un sottile strato di ghiaccio che
avvolgesse la grande stanza, il caldo di quelle giornate era più che
sufficiente per scioglierlo. Non potendo certo mettersi a lanciare
Aurora Execution dentro casa -
sia mai rovinare la sua collezione di pregiatissimi formaggi francesi
d'importazione -,
non aveva potuto far altro che rinnovare ogni due ore la sua sottile
barriera e, al contempo, difendersi dai suoi colleghi che avevano
scambiato casa sua per una cella frigorifera. Troppe volte si era
ritrovato a buttare dalla finestra i quintali di chorizo che Shura
appendeva alle splendide travi a vista della sua cucina.
Doveva
essere stato il karma, ne era sicuro. Era lo scotto per essersi
presentato, alla festa di Halloween dell'anno prima, con una vaschetta
di gelato alla vaniglia e una nevicata artificiale per movimentare la
serata, distruggendo la brace per le caldarroste. Aiolia ancora
piangeva al ricordo delle bruciature da ghiaccio, e non aveva mai più
indossato il suo gonnellino da Tarzan da quella catastrofica nottata.
Era il karma, senz'altro.
Conscio
del fatto che ormai il dio Morfeo non lo avrebbe graziato con del sonno
ristoratore, il Cavaliere di Aquarius si alzò, diretto al suo comò di
legno di betulla, dal quale cavò fuori un paio di boxer. La temperatura
a sua avviso era talmente insopportabile da costringerlo a dormire
totalmente nudo, cosa che gli faceva ben sperare di non doversi mai
ritrovare in una situazione di emergenza nel bel mezzo della notte.
Sarebbe stato imbarazzante veder penzolare i suoi genitali da sotto la
cintura dell'armatura. Calzati i suoi boxer lindi e profumati, si
diresse trascinando i piedi verso la cucina, intenzionato a ficcare la
testa nella ghiacciaia. Sbadigliò rumorosamente, stiracchiandosi
sgraziatamente per rilassare le vertebre, quando un rumore lo bloccò
sul posto. Gli era sembrato di sentire uno sciabordio provenire dalla
sua stanza da bagno. Rimase fermo, i sensi in allerta. Ma il silenzio
che albergava nella sua casa lo tranquillizzò; probabilmente, si era
trattato di uno scherzo dettatogli dalle lunghe notti insonni che
ancora si portava sul groppone. Riprese a ciabattare verso la cucina,
quando un suono inconfondibile gli arrivò ai timpani. Si rizzò
improvvisamente, i sensi in allerta. Quello era un rumore di coccio
contro coccio. Qualcuno stava frugando fra le sue ampolle nel bagno. Ma
non avvertiva nessun cosmo; che il suo nemico lo stesse nascondendo? O
forse si trattava di un ladruncolo da quattro soldi? In ogni
caso, gli avrebbe costruito una bella bara di ghiaccio Made in Siberia.
Sfruttando i piedi nudi, che gli permettevano di calpestare il
pavimento di marmo senza emettere il minimo suono, il francese arrivò
fino alla soglia della sua stanza da bagno. Ora sentiva distintamente
qualcuno immergersi nella sua preziosa piscina di acqua fresca, sua
unica salvezza in quel clima torrido. Questo. Era. Troppo.
- Ehi tu!
- urlò irritato, irrompendo nella stanza spalancando la porta. Le sue
braccia erano già posizionate per usare la Diamond Dust, quando uno
squittio spaventato lo bloccò. Rimase immobile, e in mutande,
sull'uscio della porta, la bocca spalancata. Di fronte a lui, una
cascata di ricci biondi nascondeva parzialmente il volto conosciuto di
Scorpio Milo, stravolto dalla sorpresa. Era nudo, con l'acqua che gli
arrivava alle ginocchia, in proncinto di sedersi nella bassa piscina,
congelato - metaforicamente - in quella posizione sgraziata.
-
Cos.... COSA CI FAI TU QUI??! - urlò sbiancando pericolosamente, mentre
i suoi neuroni lo informavano in ritardo del fatto che Milo era
totalmente svestito. - e mon
Dieu,
copriti! Svergognato! - Milo emise un suono acuto, tuffandosi nella
piscina e raccogliendo attorno a sè quanta più schiuma possibile, nel
frenetico tentativo di nascondere le sue grazie. Si fermò, alzando gli
occhi perplesso, come se un'illuminazione l'avesse colto all'improvviso.
- Ma dai, mi hai già visto nudo, che sono queste scene?
- Zitto! Maniaco! Pervertito!
- Ohhh non fare la prima donna.
-
Sessuomane! Imbecille! - Continuò Camus, mentre un rossore diffuso si
diffondeva sulle guance cadaveriche, puntando un indice accusatore
contro il greco. - Non ricordo di averti mai visto nudo! E anche se
fosse, non significa che io voglia vederti in questo stato di nuovo!
- Ahh, allora ricordi anche tu di quando ci siamo dovuti fare la doccia
insieme. Ehehe, non te la scordi la mia "Cuspide Scarlatta"
eh? - disse con fare compiaciuto lo Scorpione, appoggiando i gomiti al
bordo della vasca. Il francese, d'altro canto, sembrava sul punto di
surgelare il suo migliore amico e scaraventarlo giù per le scalinate
del Tempio, quando si accorse di un rossore innaturale sulle gote
abbronzate dell'uomo, sicuramente abituato a quel clima, per non
parlare degli occhi lucidi.
- Tu... sei andato di nuovo a bere con
quegli ubriaconi di Rodorio? - disse disgustato Camus, ignorando
totalmente la frase spaccona dell'altro, mentre andava a recuperare un
asciugamano, determinato a mettere fine a quella visione pietosa. Quasi
strappò un morbido asciugamano da una mensola, mugnango minacce di
morte e sottili imprecazioni; quando si girò nuovamente verso il greco
lo trovò intento a galleggiare a pancia in giù nell'acqua, le mani
aggrappate al bordo della piscina, le gambe piegate e i glutei sodi che
affioravano dalla schiuma come due isole gemelle. - E copriti, che
cazzo! Ti si vede il sedere! - esclamò con i capelli ritti, gettando
irato l'asciugamano in testa a Milo. Questo, flemmatico, accolse la
biancheria in piena faccia, tornandosene seduto e guardando storto
l'amico.
- Se non ti piacciono non guardare. Ti sconvolgo al punto
da farti perfino dire "cazzo"? - rispose serafico appoggiando la
schiena alla parete piastrellata, arrotolando l'asciugamano e
appoggiandolo sulle spalle. Camus ringhiò, quando improvvisamente
l'occhio gli cadde su di una rivista appoggiata sul pavimento, accanto
ad una paperella di gomma che, era sicuro, non fosse sua. Incuriosito,
si diresse alle spalle del greco, impegnato a ridacchiare fra se e se,
raccogliendo la rivista. La copertina era totalmente nera, lucida, di
materiale scadente, il titolo illegibile. Sia mai che quel disgraziato
gli portasse dell'immondizia in casa. Senza pensarci, aprì il magazine.
-
Ehi, ehi quella è roba mia! Eddaiiii - si lamentò Milo accorgendosi
troppo tardi di ciò che stava facendo Camus. Alzò lo sguardo
sull'amico, che osservava con gli occhi spalancati la prima pagina
della rivista.
- ... IL Y EN A MARRE! -
gridò il francese sull'orlo di un attacco compulsivo di vomito. -
Questo è davvero troppo! Tu... Tuuuu, maledetto psicopatico - sibilò
con gli occhi iniettati di sangue al collega ubriaco, che lo osservava
confuso. - Tu sei venuto nella MIA casa, nella MIA vasca per... per...
- raccolse il fiato, tremando come una foglia, nel tentativo di
ricomporsi. Non era da lui fare quelle scenate, il gelido Aquarius
conosciuto per non mostrare mai i suoi sentimenti. Socchiuse gli occhi,
inalando più aria possibile, per rilasciarla con uno sbuffo. Sperando
di essersi calmato, portò gli occhi grigi su quelli azzurri di Milo,
pronto a fucilarlo senza pietà con un'Aurora Execution. - Tu sei venuto
qua per... masturbarti su un giornale pornografico? - sibilò mostrando
al biondo la prima pagina della rivista, dove figurava una signorina
poco vestita in una posa abbastanza esplicita. Milo osservò la pagina,
poi Camus, poi tornò a guardare la pagina, faticando a mettere a fuoco.
-
Ooohhh. Beh, hai ragione. Sennò perchè avrei portato la paperella? -
Appoggiò il mento sul palmo della mano, mentre ridacchiava tutto
contento.
- Basta così! Finita, è finita, capito?!!
- Finita cosa? - chiese con voce strascicata il greco, sfogliando la
rivista che Camus aveva abbandonato di fronte a lui.
-
La nostra amicizia, schifoso malato pervertito ubriacone che non sei
altro! E guardami quando ti parlo! - strillò con gli occhi fuori dalle
orbite il francese, lanciando irato la paperella contro il muro di
fronte a lui, senza tuttavia ottenere alcuna risposta dal compare.
Milo, d'altro canto, iniziò a sentire improvvisamente freddo. Che la
sbornia stesse scendendo...? Un improvvisa morsa gelata allo stomaco lo
fece gridare, mentre realizzava di essere improvvisamente bloccato dal
busto in giù. La superficie dell'acqua era totalmente ghiacciata, e in
quelle condizioni il Saint di Scorpio non poteva certo liberarsi.
Rabbrividì visibilmente, stringendo le braccia al petto e ficcando le
mani sotto le ascelle, cercando di dimenarsi da quella trappola
glaciale.
- Camus! Camus, amico mioooo... sono bloccato. Dai su, non
fare la carogna, liberami. Sto ghiacciando. E mi si è tutto ritirato.
Ahaha, beh almeno ora è di dimensioni normali... eheh... l'hai capita?
Se no te la spiego... - In piedi sulla soglia, il francese
mezzo
nudo lo osservava con un sorriso soddisfatto in volto. La Diamond Dust
ne dava di soddisfazioni, altrochè. Aggrottò le sopracciglia,
grattandosi il mento.
- Oh, pare proprio che tu abbia bisogno di
me... aspetta eh, ti aiuto io. - Allungò le braccia di fronte a sè,
concentrandosi attentamente. Dopodichè, fece alcuni movimenti convulsi,
come se stesse preparando un attacco. Milo lo osservava speranzoso,
certo che avrebbe frantumato quel ghiaccio in pochi millesimi di
secondo. Il rosso aveva steso i pugni in direzione del collega, con i
polsi rivolti verso l'alto. Un ghigno malvagio gli si dipinse sul
volto, mentre alzava i diti medi di entrambe le mani.
- Et voilà.
A domani, mon amis. - disse salutando l'amico ubriaco, chiudendo la
porta e dirigendosi di nuovo verso le sue stanze. E fino a domattina,
Milo era sistemato.
Angolo autrice:
Io....
non so che dire. Se non che questa è la seconda intrusione nella casa
del povero Camus, che in una vita precedente doveva essere stato un
brigante per meritare tante scocciature. E suvvia, chi da ubriaco non
ha combinato qualcosa di simile? Beh, io mi auguro nessuno perchè è
davvero davvero imbarazzante. Ahh, che senso di potere avere i goldini
alla mia mercè. Come magari avrete notato, avevo citato questo piccolo
episodio nel capitolo precedente. Ebbene sì, è altamente probabile che
io rifaccia lo stesso con tutti gli aneddoti che citerò; sono occasioni
troppo ghiotte per farsele scappare.
Ringrazio
tutti coloro che hanno recensito, messo fra le "Seguite", "Ricordate" e
"Preferite".
Alla prossima!
Black Ink Velvet
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