Not all heroes wear capes (Gold Saints 100 Prompt Challenge)

di BlackInkVelvet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 011. Beginnings ***
Capitolo 2: *** 002. Middles ***
Capitolo 3: *** 003. Ends ***



Capitolo 1
*** 011. Beginnings ***


Ebbene. Sapevo non avrei resistito a scrivere qualcosa di comico. E quindi eccomi qui, alle prese con una Prompt Table da 100.  Ahimè, avrei voluto fare una raccolta di drabble nel vero spirito della challenge, ma sono grafomane. Perdoname lettore por mi vida loca. I protagonisti indiscussi saranno i Goldini, i nostri eroi dalle scintillanti armature dorate e l'aura di puro testosterone. Beh insomma, mica tutti. Questa mia raccolta si prefigge essenzialmente come farmaco per alleviare i momenti di buco fra la pubblicazione dei capitoli della mia Long-Fic Cronache della Seconda Guerra del Peloponneso (che potete leggere qui se volete), pertanto non posso assicurare nè una cadenza regolare nè una qualità troppo alta. Ma per passare il tempo e farsi quattro risate va benissimo così. Vi lascio alla lettura.
Credits: La tavola con i prompt è stata presa da QUI

Prompt 001. Beginnings

Personaggi: Aiolia Leo, Aiolos Sagitter

Parole: 875

Rating: Verde


- Allora  'Lia!
- Lia è un nome da femmina. Non voglio che tu mi chiami così, sono Aiolia! AIOLIA!
- 'Lia! Oggi ci eserciteremo nel corpo libero. - Il piccolo Aiolia osservava il fratello maggiore con superbia, eretto orgogliosamente in tutto il suo metro e sette centimetri, lanciando sguardi di fuoco dagli occhioni verdi. Di rimando, Aiolos ostentava un sorriso a trentadue denti, gli occhi che brillavano come un bambino in un negozio di caramelle. Sistemò meglio i lacci dei suoi sandali alla schiava, prima di indicare il promontorio dietro di sè.
- Oggi ci arrampicheremo lì!
- ..Intendi proprio quel promontorio? - Aiolos si appoggiò le mani sui fianchi, ostentando un non troppo celato orgoglio.
- Esattamente, la stessa scalata che ho fatto io da bambino.
- Quel promontorio mortale per il quale sono morte centinaia di persone nel tentativo di scalarlo. Proprio quello lì.
- Già. Sarà un ottimo allenamento per te. - Il piccolo storse la bocca, non troppo convinto della scelta. Il fratello lo notò, dipingendo un'espressione di sommo disappunto sul volto giovane.
- Ohi ohi, non starai mica dicendo che ti rifiuti?
- Sì. Io lì non voglio andarci! Non sono pronto per quello, ho solo otto anni! - Esclamò convinto alzando sei dita, puntandole in faccia al maggiore. Questo ruotò gli occhi, cercando di non pensare a quanto disastroso fosse Aiolia a contatto con la matematica.
- Ok, non sarai il nuovo Einstein, ma sono sicuro che la parete puoi scalarla! Hai i miei stessi geni dopotutto!
- Sono duecento metri! Sai quanto è un metro? - Aiolia indicò se stesso, poi una roccia posta all'incirca a una ventina di passi da lui. - Da qui a lì! Per duecento volte! No, non lo faccio! - Aiolos sbiadì. Per quanto paffutello, adorabile e piccino fosse il suo amato fratellino, quando puntava i piedi subiva una trasformazione; da delizioso micetto a bestia di Satana. Il tono di voce alto del ragazzino aveva già richiamato alcuni dei presenti nell'arena, che interruppero i loro allenamenti per osservare, chi allibito, chi divertito, il cavaliere di Sagitter in balia di un mostriciattolo alto quanto il suo ginocchio. Il Sagitter stavolta pensò che no, non poteva permetterlo. Non ancora. Aiolia strepitava, sbatteva i piedi a terra, il volto furioso, ma si fermò nel constatare che sul volto del maggiore vi era un'espressione di profonda amarezza.
- Hai ragione. Sei troppo piccolo per questo. E debole. E molliccio.
- Ehi... - il Leoncino era pronto a tirar fuori gli artigli, per difendere il suo orgoglio di uomo, ma Aiolos non gliene diede modo, poichè si accasciò in ginocchio a terra. Alzò il volto bruciato dal sole, osservando il limpido cielo di Grecia sopra di lui. Un profondo sospiro gli sollevò il petto ampio, mentre dondolava le braccia, inermi lungo i fianchi.
- Ahh, giorno nefasto! Il mio amato fratellino 'Lia è un debole frignone! Ma a me va bene così,  mi piace stringerti la notte quando fai brutti sogni! - esclamò ad alta voce, portandosi una mano alla fronte. Aiolia sbiancò.
- Non è vero! Non dormo abbracciato a lui! Non sono un bambino!
- Allora significa che sei un uomo! Questo vuol dire che non giocheremo più con i pupazzi di tela?! - si lamentò mentre lacrime da coccodrillo si affacciavano sugli occhi verde bosco. Strinse le spalle strette del bambino fra le mani, gettando la testa all'indietro. - Significa che non dovrò più cambiarti il letto quando ci farai la pipì di notte?!!?? - Il volto del fanciullo passò diverse colorazioni del rosso, del viola e del verde, mentre sentiva le risate sguaiate degli altri ragazzi nell'arena. Si stavano tutti prendendo gioco di lui.
- Aiolos maledetto smettila!
- Non ti succhierai più il pollice? E non potrò più cantarti la ninna-nanna che tanto ti piace?
- Non oseresti... - sibilò il piccolo, assottigliando lo sguardo nella speranza di risultare minaccioso e, quindi, far smettere il maggiore. Ma questo non lo notò, dato che si abbandonò con la schiena contro una roccia, la schiena curvata e le braccia alzate al cielo.
- Ninna-nanna, ninna oh, questo bel bambino a chi lo do, lo darò a quel bruttone di Saga, che magari non lo uccide in settimana, lo darò al suo orsetto, che lo tiene stretto stretto...!
- Ommiodio ho capito VADO! - Aiolos smise immediatamente la sua manfrina, alzando la testa fino a poggiare il mento sul petto. Rivolse uno sguardo indagatore al fratello.
- Dove?
- A scalare quel promontorio! Non sono un bambino idiota! Lo farò ad occhi chiusi, vecchio balordo! - urlò paonazzo in volto, puntando un dito contro il maggiore, l'ira accresciuta dai commenti divertiti dei presenti.
- Lo faresti anche con un braccio legato dietro la schiena? - chiese il Sagitter alzando un sopracciglio indagatore.
- CON TUTTE E DUE LE BRACCIA LEGATE! - sbraitò il giovanissimo Saint, iniziando a correre con gli occhi iniettati di sangue verso il promontorio. Un sorriso privo di malizia distese i tratti di Aiolos che, con un gesto sciolto, si rialzò in piedi. Si diede una rapida pulita ai pantaloni impolverati, una sistemata alla fascia che gli cingeva la testa, e iniziò a correre a correre dietro al fratellino, diretto verso il promontorio.
Dei tanti modi di iniziare una giornata, quello non era il peggiore.


Angolo autrice: Nella mia mente, Aiolia da piccolo è la reincarnazione di Satana. Un demonietto dai capelli biondi e grandi occhioni verdi, capace di far tremare perfino il potente Aiolos di Sagitter. Forse, avendo io stessa due sorelle più piccole, mi viene naturale tratteggiare i fratelli minori come dei pendagli da forca. Chiedo anticipatamente scusa a tutti i fratelli minori, so che non siete tutti delle belve e che alcuni sono dei deliziosi pasticcini.

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Capitolo 2
*** 002. Middles ***


002. Middles 


Personaggi: Cancer DeathMask, Pisces Aphrodite, Aquarius Camus,
Special Guest: Helena
Rating: Verde
Parole: 1939

La ragazza di fronte a lui non era particolarmente bella. Non aveva forme da capogiro, nè era alta, il suo volto era abbastanza anonimo, e gli occhi verdi non particolarmente profondi. Eppure, per qualche motivo che esentava totalmente l'apparenza fisica, il Saint di Cancer si era preso una sbandata vertiginosa per la fioraia di Asgard. Che poi, come si facessero a vendere fiori ad Asgard manco Odino lo sapeva; ma ad Antonio non interessava. Helena era andata fino in Italia, a Messina, per guarire da una brutta malattia polmonare che la stava consumando. Si erano incontrati per caso, al solito bar dove lui andava a far colazione la mattina. Un locale piccolo, senza troppi fronzoli, a cento metri dal porto e dalla fermata del tram. Si era sorpreso immobile, con la sigaretta stretta fra le labbra e l'accendino mollemente tenuto fra le mani, incapace di staccarle gli occhi di dosso. Lei lo aveva notato, e gli aveva rivolto uno sguardo quasi spaventato. Lui era stato veloce a scusarsi, facendo cadere la cicca a terra, senza preoccuparsi di raccoglierla. M-mi scusi, ma è così incantevole signorina che mi sono imbambolato. Posso offrirle una brioche per scusarmi? e si erano ritrovati a passeggiare sul lungomare, e lui le indicava gli aliscafi e la statua della Madonna delle Lettere che proteggeva i marinai. Lei, sfoggiando un italiano un po' stentato, ascoltava ammirata tutto quello che l'affascinante giovane diceva, coprendosi occasionalmente la bocca per parare qualche colpo di tosse.
Tornerò il mese prossimo. Devo tornare dai miei fratelli e al mio negozio, ma ho ancora bisogno del sole di Messina.
Ah, allora se è così ti porterò a cena fuori in un posticino che conosco.
Oh, abbiamo un appuntamento?
NOOO. No. No, è solo... un.... un'uscita fra amici.


Seduto al tavolino, Camus osservava con uno sguardo indecifrabile i suoi compagni, le braccia incrociate e le gambe elegantemente accavallate.
- Spiegatemi bene perchè avete dovuto metter su questo scempio. - La sala da pranzo dell'Undicesima Casa era stata addobbata da una miriade di candelabri d'argento, vasi di vetro di Murano e stoffe pregiate. Sul tavolino era stato imbastito un vero e proprio banchetto, con taglieri di prosciutti e formaggi, delicate salsiere e pane croccante da usare come base. Aphrodite, avvolto in una svolazzante camicia bianca, si stava dando da fare per finire una meravigliosa composizione floreale al centro del tavolino. In piedi in un angolo Deathmask, un papillon stretto al collo, osservava il tutto decisamente innervosito.
- Antonio ha un appuntamento, e mi ha chiesto qualche consiglio. Ma sono sicuro che questo bruto riuscirebbe a travisare tutto quel che dico... Ecco perchè ti ho chiesto di aiutarmi.
- No, mi hai chiesto se potevi scendere un attimo qui.
- E l'ho fatto - replicò freddamente lo svedese, prima di osservare soddisfatto la composizione floreale appena finita. Gettò un occhio a Deathmask, prima di riportare lo sguardo sul francese. - Questo lo chiameremo "Simulazione simil-realistica ed inaspettata in previsione di un possibile appuntamento", ovvero, simuleremo l'appuntamento con la tua bella. Io sarò Helena. - Il silenzio scese nell'undicesima casa. Camus aveva alzato un sopracciglio, facendo oscillare lo sguardo di ghiaccio fra i due Saint, incapace di reagire. Di contro, il cavaliere del Cancro aveva spalancato la bocca, prima di esplodere in una risata sguaiata.
- Tu... Helena... - Si accasciò sul tavolino, battendo un pugno sulla superficie, mentre alcune lacrime si affacciavano ai bordi degli occhi. La boccuccia rosata di Aphrodite si socchiuse per lasciar passare uno sbuffo irritato, mentre tentava di ignorare signorilmente la sceneggiata del suo compare. Questo, con la voce strozzata e le spalle scosse dalle risate, puntò un dito contro lo svedese, gli occhi strabuzzati come se dovessero sgusciare fuori dalle orbite. - No perchè... ahahaha... tu dovresti tipo farti crescere un paio di tette e... e...  - Un quartetto di Pirahna Rose volarono verso il siciliano, che le schivò senza togliersi quel sorrisetto divertito dal volto.

- Bene, iniziamo. - Aphrodite si era legato i capelli in una elegante e voluminosa crocchia, intrecciandovi rose rosse e gigli bianchi, ed era in piedi, vicino al tavolo, una borsetta stretta fra le mani. Antonio, con la sua canotta macchiata di sugo e il papillon opaco per la polvere, lo osservava trattenendo le risate a fatica. Si beccò un'occhiataccia dal suo compare, uno sguardo in grado di far rabbrividire anche il più impavido fra i Saints. Ma beh, non sufficiente per spaventare un pendaglio da forca quale era Cancer Deathmask.
- Beh? - mugolò grattandosi la barbetta.
- Ma come sarebbe a dire "beh"? Ho detto che iniziamo, no? Quindi sbrigati. Cosa si dice per prima cosa ad una signora?
- Vattene di qui.
- Zitto Camus! - esclamò irritato Aphrodite, puntando un dito contro il francese, bellamente spalmato sul suo divano in stile Pompadour. Il rosso ruotò gli occhi, immergendosi nuovamente nell'impegnativa lettura del romanzo che stringeva fra le mani. - Tornando a noi. Antonio?
- Ah, emh... sei... particolarmente carina stasera. - Un sorrisetto si stampò sul volto niveo dello svedese, che iniziava a vedere un barlume di concentrazione nel siciliano, fin troppo gretto. - ... mhh.... pffffAHAHAHAHAHAHAHA! Cazzo! Io proprio non ce la faccio così! Camus, porca puttana, vieni qui e guardAHI! - la deliziosa borsetta color cipria che Dite stringeva fra le dita si era abbattuta con una violenza inaudita sulla faccia del povero malcapitato, stampandogli la trama di perline ricamate sulla fronte. - Ma tu vuoi ammazzarmi! Guarda che vado giù a chiamare Milo se non la smetti!
- Concentrati, sciatto bastardo! Allora, qual'è la prossima mossa?
- Umh... Ah sì! - Con un passo fin troppo sghembo, il saint del Cancro, in quelle stretti vesti da damerino improvvisato, si diresse dall'altro lato del tavolino, scostando l'enorme sedia imbottita per far sedere il compagno. Questo, rivolgendo uno sguardo vittorioso a Camus (che se ne fregava bellamente, totalmente preso dal libro), si sedette con fare regale, osservando compiaciuto Antonio sedersi a sua volta di fronte a lui.
- Ora, gli antipasti. Un vero gentiluomo deve mostrarsi preparato in campo culinario.
- Allora, emh... - l'italiano osservò le pietanze preparate da Dite, sbattendo le palpebre perplesso. Indicò un piatto, cercando di fingersi convinto. - Qui abbiamo del pane bruciato..
- Pane di segale.
- Ah, sì sì quello. Sto schifo di pane di segale con salmone affumicato, maionese...
- Panna acida.
- Ma mi vuoi avvelenare, con la panna andata a male? Eh vabbè, in caso di emergenza ci imboschiamo nel recinto delle capre di Mu.
- Continua. Puoi fare di meglio. - sibilò lo svedese, incrociando le braccia. Antonio sospirò.
- Ahhh, che palle. Allora, pane di segale con panna acida ed erba gatta...
- Erba cipollina. CIPOLLINA. Ma scusa, sei siciliano dovresti saper cucinare!
- Eh minchia! Tu sei svedese, ma non mi pare che stai montando sgabelli all'IKEA.
- Sta zitto e continua. - Il Saint di Cancer dovette prendere un profondissimo sospiro, racimolando la poca pazienza rimasta, e riprese la manfrina con lo stesso tono di un bimbo delle elementari che, costretto dalla madre, deve recitare la poesia del Natale di fronte a tutti i parenti.
- Tartine di salmone affumicato con panna acida ed erba cipollina...
- Accompagnate con che vino? - chiese lo svedese con un luccichio sinistro negli occhi. Tentando di non farsi prendere dal panico, Antonio si guardò intorno, alla ricerca di un indizio. Diamine, a parte il vino di 'Mbare Pino, che ancora pestava il mosto con i piedi nonostante avesse da dieci anni un'infezione da funghi, non ne aveva mai assaggiati altri. Con un dito allargò il vecchio papillon che Dite gli aveva legato al collo contro il suo volere, sudando freddo.
- Un.... mhhhh.... un Nero d'Avola. - L'espressione di Aphrodite, dopo qualche attimo di tesa immobilità, si rilassò in un sorriso soddisfatto.
- E bravo il nostro Antonio. Non ti sapevo esperto di vini. - Deathmask si grattò la nuca, sorridendo sollevato. E per oggi, di morire dissanguato non se ne parlava. L'atmosfera all'Undicesima casa si era fatta leggera. Questo, almeno, fino a quando un pesante tomo non atterrò sul piatto di tartine, facendole saltare ovunque. Gli occhi azzurri di Aphrodite osservarono inorriditi il salmone maciullato volare per aria, triturato dalla copertina ignobile di una raccolta di poemi di Wordswoth in edizione integrale, assolutamente paralizzato dallo schifo. Chi, chi aveva osato interrompere quel momento di assoluta bellezza...?
- Mon Dieu! Il Nero d'Avola con il pesce? Sacre Bleu! Devi essere pazzo! - Se fino a poco prima era impossibile distinguerlo dal divano, ora Camus era arrivato al tavolino, il volto stravolto come quella volta in cui aveva sorpreso Milo nudo nella sua vasca da bagno. Alle due e mezza di notte. In compagnia di due paperelle di gomma e una rivista pornografica.
- Certo che ci va il Nero d'Avola! Cosa vai mai dicendo? Non c'è modo più bello di iniziare un pasto che sorseggiando un ottimo vino di prima qualità! - Sbraitò Aphrodite, saltando in piedi come una molla. Il francese sbattè le mani sul tavolino, facendo traballare i calici.
- Tu non vieni in casa mia per dire queste corbellerie! Col salmone ci va un vino bianco! Un Cortona Sauvignon è la scelta migliore!
- Ma cosa ne sai tu di vini! Sei francese, e i vini sono tutti italiani! 
- E tu allora? Non sapete nemmeno come è fatta l'uva in Svezia!
- Perlomeno non ci mangiamo le lumache!
- Ah, perchè il pane di segale è buono? La cuisine française è la migliore del mondo!
- Ehi, scusate eh... - S'intromise con fare scocciato Deathmask, appoggiando un gomito sul tavolino e alzando un sopracciglio. Essere messo da parte, lui? Ma per favore. - Qui il protagonista della serata sono io. Io, non tu, non Dite, non quello schifo del pane di segale... Sentite, ma se compriamo del Tavernello? O sento 'Mbare Pino se serve.
- ZITTO! E TOGLI I GOMITI DAL TAVOLO! - esclamarono all'unisono i due, con gli occhi fuori dalle orbite, mentre sbattevano le mani sul tavolo, facendo fare un notevole salto a tutte le stoviglie presenti. Deathmask strinse la testa nelle spalle, zittendosi controvoglia.
- Fuori di qui! Non posso sopportare un simile affronto in casa mia! - Urlò Camus spostando nuovamente l'attenzione sul suo nemico svedese, indicandogli con fare imperioso la porta.
- Ah, me ne vado anche subito! Non ho tempo da perdere con un tråkmåns come te.
- Prego, come mi hai chiamato, bouffon?
- Ti farò assaggiare le mie Pirahna Rose, maledetto!
- Fatti sotto, ti rimanderò a casa con il deretano a stalattite!

Senza farsi troppi problemi, Antonio si slacciò il farfallino, abbandonandolo sul tavolo. Si alzò, e diede le spalle ai due, che sembravano pronti ad uccidersi. Forse avrebbe dovuto fermarli, dopotutto le lotte fra Saints erano proibite... Ohibò, proprio lui, la pecora nera dei dodici Gold, a fare da paciere? Ma scherziamo? Uscì dall'undicesima casa, sedendosi sulla scalinata. Si accese una sigaretta, osservando il cielo stellato e ignorando totalmente il rumore di cocci rotti provenienti dall'edificio dietro di lui.
Era un problema, il suo allenamento si era interrotto proprio a metà strada. Cosa avrebbe fatto con Helena? Non poteva mica ritrovarsi in mezzo all'appuntamento senza sapere che pesci prendere. Magari poteva lanciarle addosso un piatto al grido di "Cortona Sauvignon". E magari lei l'avrebbe ucciso, e a ragione.
Nah. Quando sarebbe tornata il mese prossimo, l'avrebbe portata alla rosticceria sopra casa sua. Sarebbero andati alla spiaggia mangiando pidoni e arancini, e si sarebbero seduti sulla sabbia fresca. Poi, quando ci si sarebbe ritrovato in mezzo, lì sul momento, avrebbe saputo da sè cosa fare.


*
tråkmåns: "stupido" in svedese.
** bouffon:
"buffone" in francese.

Angolo Autrice:
Eeeee niente. Non sono particolarmente soddisfatta del capitolo. Penso che, più che far ridere, strappi giusto un sorriso. Ma va bene anche così, dopotutto sono storie stupide, e il mio intento alla fine è di far passare un po' di tempo.
Eccoci quindi al secondo capitolo! Mi sono sempre chiesta come potrebbero essere i rapporti lì all'Undicesima e Dodicesima casa. E da quanto ho scritto, credo si sia intuito come siano tragici.
Ho visto Soul of Gold da pochissimo (mea culpa), e sono rimasta letteralmente affascinata. L'introspezione che ci regalano dei personaggi è da sbavo. Beh oddio, nemmeno profondissima eh, ma sono la generazione abituata ai lavori del Kurumada fatte di botte, lacrime e zero psicologia. Quindi Sì, ho amato alla follia quel capitolo. Anche perchè pure Aphrodite e Deathmask si dimostrano guerrieri cazzuti. E che cazzo, alla fine sono pur sempre Gold Saint, va bene che sono stati battuti da cinque stronzi, ma diamogliela un minimo di riconoscenza!
Ok, finito lo sclero. Giuro.
Helena, per chi non lo sapesse, è un personaggio di Soul of Gold. Una semplice fioraia dal sorriso delicato e un cuore come un bon bon alla panna. Del vero nome di Deathmask non si sa nulla, ma Kurumada specifica che il nome con cui conosciamo il Saint di Cancer è un soprannome. Essendo lui italiano, ho pensato a vari nomi. Ciro, Alessandro, Angelo, Carlo, perfino Gennaro. Ma alla fine, Antonio mi sembra il più papabile. Quindi, d'ora in avanti, quando ricomparirà, sarà chiamato Antonio. Che vi piaccia o meno *linguaccia*
Spero che questo capitolo sia riuscito perlomeno a farvi passare dieci minuti di noia, ci vediamo al prossimo capitolo! *se ne va strizzando le paperelle di Milo*
Black Ink Velvet


PS: ah, fra parentesi. Ha ragione Camus, col pesce ci va il vino bianco.
PPS: Scusate per la lunghezza infinita del capitolo, ma il classico mi ha formata grafomane T.T

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Capitolo 3
*** 003. Ends ***


003. Ends


Personaggi: Aquarius Camus, Scorpio Milo
Rating: Giallo
Parole: 1661



Le notti estive al Grande Tempio erano un'atroce tortura per Camus, il cui fisico era stato scolpito dai duri ghiacci siberiani. Si agitava fra le coperte, il petto e la schiena percorsi da piccoli rivoli di sudore. Il volto bellissimo si contrasse in un'espressione corrucciata, mentre le folte ciglia vibravano impercettibilmente. Serrò le labbra sottili, socchiudendole solo per permettere ad un lungo sbuffo di fuoriuscire. Si rigirò per, probabilmente, la milionesima volta fra le lenzuola ormai bagnate di sudore, che gli si appiccicavano addosso come un secondo, scomodo strato epidermico. Un ciuffo di capelli rossi, sfuggito alla coda in cui aveva raccolto la sua lunga chioma, gli percorreva il collo ed il petto muscoloso, come se fosse un rivolo di sangue. Spazientito, il francese si tirò su a sedere, scalciando per liberare le lunghe gambe dalla loro prigione di lino, mentre scostava la fastidiosa ciocca dal suo collo, sul quale si era attorcigliata come un cappio. Nonostante avesse creato un sottile strato di ghiaccio che avvolgesse la grande stanza, il caldo di quelle giornate era più che sufficiente per scioglierlo. Non potendo certo mettersi a lanciare Aurora Execution dentro casa - sia mai rovinare la sua collezione di pregiatissimi formaggi francesi d'importazione -, non aveva potuto far altro che rinnovare ogni due ore la sua sottile barriera e, al contempo, difendersi dai suoi colleghi che avevano scambiato casa sua per una cella frigorifera. Troppe volte si era ritrovato a buttare dalla finestra i quintali di chorizo che Shura appendeva alle splendide travi a vista della sua cucina.
Doveva essere stato il karma, ne era sicuro. Era lo scotto per essersi presentato, alla festa di Halloween dell'anno prima, con una vaschetta di gelato alla vaniglia e una nevicata artificiale per movimentare la serata, distruggendo la brace per le caldarroste. Aiolia ancora piangeva al ricordo delle bruciature da ghiaccio, e non aveva mai più indossato il suo gonnellino da Tarzan da quella catastrofica nottata.
Era il karma, senz'altro.
Conscio del fatto che ormai il dio Morfeo non lo avrebbe graziato con del sonno ristoratore, il Cavaliere di Aquarius si alzò, diretto al suo comò di legno di betulla, dal quale cavò fuori un paio di boxer. La temperatura a sua avviso era talmente insopportabile da costringerlo a dormire totalmente nudo, cosa che gli faceva ben sperare di non doversi mai ritrovare in una situazione di emergenza nel bel mezzo della notte. Sarebbe stato imbarazzante veder penzolare i suoi genitali da sotto la cintura dell'armatura. Calzati i suoi boxer lindi e profumati, si diresse trascinando i piedi verso la cucina, intenzionato a ficcare la testa nella ghiacciaia. Sbadigliò rumorosamente, stiracchiandosi sgraziatamente per rilassare le vertebre, quando un rumore lo bloccò sul posto. Gli era sembrato di sentire uno sciabordio provenire dalla sua stanza da bagno. Rimase fermo, i sensi in allerta. Ma il silenzio che albergava nella sua casa lo tranquillizzò; probabilmente, si era trattato di uno scherzo dettatogli dalle lunghe notti insonni che ancora si portava sul groppone. Riprese a ciabattare verso la cucina, quando un suono inconfondibile gli arrivò ai timpani. Si rizzò improvvisamente, i sensi in allerta. Quello era un rumore di coccio contro coccio. Qualcuno stava frugando fra le sue ampolle nel bagno. Ma non avvertiva nessun cosmo; che il suo nemico lo stesse nascondendo? O forse si trattava di un ladruncolo da quattro soldi?  In ogni caso, gli avrebbe costruito una bella bara di ghiaccio Made in Siberia. Sfruttando i piedi nudi, che gli permettevano di calpestare il pavimento di marmo senza emettere il minimo suono, il francese arrivò fino alla soglia della sua stanza da bagno. Ora sentiva distintamente qualcuno immergersi nella sua preziosa piscina di acqua fresca, sua unica salvezza in quel clima torrido. Questo. Era. Troppo.
- Ehi tu! - urlò irritato, irrompendo nella stanza spalancando la porta. Le sue braccia erano già posizionate per usare la Diamond Dust, quando uno squittio spaventato lo bloccò. Rimase immobile, e in mutande, sull'uscio della porta, la bocca spalancata. Di fronte a lui, una cascata di ricci biondi nascondeva parzialmente il volto conosciuto di Scorpio Milo, stravolto dalla sorpresa. Era nudo, con l'acqua che gli arrivava alle ginocchia, in proncinto di sedersi nella bassa piscina, congelato - metaforicamente - in quella posizione sgraziata.
- Cos.... COSA CI FAI TU QUI??! - urlò sbiancando pericolosamente, mentre i suoi neuroni lo informavano in ritardo del fatto che Milo era totalmente svestito. - e mon Dieu, copriti! Svergognato! - Milo emise un suono acuto, tuffandosi nella piscina e raccogliendo attorno a sè quanta più schiuma possibile, nel frenetico tentativo di nascondere le sue grazie. Si fermò, alzando gli occhi perplesso, come se un'illuminazione l'avesse colto all'improvviso.
- Ma dai, mi hai già visto nudo, che sono queste scene?
- Zitto! Maniaco! Pervertito!
- Ohhh non fare la prima donna.
- Sessuomane! Imbecille! - Continuò Camus, mentre un rossore diffuso si diffondeva sulle guance cadaveriche, puntando un indice accusatore contro il greco. - Non ricordo di averti mai visto nudo! E anche se fosse, non significa che io voglia vederti in questo stato di nuovo!
- Ahh, allora ricordi anche tu di quando ci siamo dovuti fare la doccia insieme. Ehehe, non te la scordi la mia "Cuspide Scarlatta" eh? - disse con fare compiaciuto lo Scorpione, appoggiando i gomiti al bordo della vasca. Il francese, d'altro canto, sembrava sul punto di surgelare il suo migliore amico e scaraventarlo giù per le scalinate del Tempio, quando si accorse di un rossore innaturale sulle gote abbronzate dell'uomo, sicuramente abituato a quel clima, per non parlare degli occhi lucidi.
- Tu... sei andato di nuovo a bere con quegli ubriaconi di Rodorio? - disse disgustato Camus, ignorando totalmente la frase spaccona dell'altro, mentre andava a recuperare un asciugamano, determinato a mettere fine a quella visione pietosa. Quasi strappò un morbido asciugamano da una mensola, mugnango minacce di morte e sottili imprecazioni; quando si girò nuovamente verso il greco lo trovò intento a galleggiare a pancia in giù nell'acqua, le mani aggrappate al bordo della piscina, le gambe piegate e i glutei sodi che affioravano dalla schiuma come due isole gemelle. - E copriti, che cazzo! Ti si vede il sedere! - esclamò con i capelli ritti, gettando irato l'asciugamano in testa a Milo. Questo, flemmatico, accolse la biancheria in piena faccia, tornandosene seduto e guardando storto l'amico.
- Se non ti piacciono non guardare. Ti sconvolgo al punto da farti perfino dire "cazzo"? - rispose serafico appoggiando la schiena alla parete piastrellata, arrotolando l'asciugamano e appoggiandolo sulle spalle. Camus ringhiò, quando improvvisamente l'occhio gli cadde su di una rivista appoggiata sul pavimento, accanto ad una paperella di gomma che, era sicuro, non fosse sua. Incuriosito, si diresse alle spalle del greco, impegnato a ridacchiare fra se e se, raccogliendo la rivista. La copertina era totalmente nera, lucida, di materiale scadente, il titolo illegibile. Sia mai che quel disgraziato gli portasse dell'immondizia in casa. Senza pensarci, aprì il magazine.
- Ehi, ehi quella è roba mia! Eddaiiii - si lamentò Milo accorgendosi troppo tardi di ciò che stava facendo Camus. Alzò lo sguardo sull'amico, che osservava con gli occhi spalancati la prima pagina della rivista.
- ... IL Y EN A MARRE! - gridò il francese sull'orlo di un attacco compulsivo di vomito. - Questo è davvero troppo! Tu... Tuuuu, maledetto psicopatico - sibilò con gli occhi iniettati di sangue al collega ubriaco, che lo osservava confuso. - Tu sei venuto nella MIA casa, nella MIA vasca per... per... - raccolse il fiato, tremando come una foglia, nel tentativo di ricomporsi. Non era da lui fare quelle scenate, il gelido Aquarius conosciuto per non mostrare mai i suoi sentimenti. Socchiuse gli occhi, inalando più aria possibile, per rilasciarla con uno sbuffo. Sperando di essersi calmato, portò gli occhi grigi su quelli azzurri di Milo, pronto a fucilarlo senza pietà con un'Aurora Execution. - Tu sei venuto qua per... masturbarti su un giornale pornografico? - sibilò mostrando al biondo la prima pagina della rivista, dove figurava una signorina poco vestita in una posa abbastanza esplicita. Milo osservò la pagina, poi Camus, poi tornò a guardare la pagina, faticando a mettere a fuoco.
- Ooohhh. Beh, hai ragione. Sennò perchè avrei portato la paperella? - Appoggiò il mento sul palmo della mano, mentre ridacchiava tutto contento.
- Basta così! Finita, è finita, capito?!!
- Finita cosa? - chiese con voce strascicata il greco, sfogliando la rivista che Camus aveva abbandonato di fronte a lui.
- La nostra amicizia, schifoso malato pervertito ubriacone che non sei altro! E guardami quando ti parlo! - strillò con gli occhi fuori dalle orbite il francese, lanciando irato la paperella contro il muro di fronte a lui, senza tuttavia ottenere alcuna risposta dal compare. Milo, d'altro canto, iniziò a sentire improvvisamente freddo. Che la sbornia stesse scendendo...? Un improvvisa morsa gelata allo stomaco lo fece gridare, mentre realizzava di essere improvvisamente bloccato dal busto in giù. La superficie dell'acqua era totalmente ghiacciata, e in quelle condizioni il Saint di Scorpio non poteva certo liberarsi. Rabbrividì visibilmente, stringendo le braccia al petto e ficcando le mani sotto le ascelle, cercando di dimenarsi da quella trappola glaciale.
- Camus! Camus, amico mioooo... sono bloccato. Dai su, non fare la carogna, liberami. Sto ghiacciando. E mi si è tutto ritirato. Ahaha, beh almeno ora è di dimensioni normali... eheh... l'hai capita? Se no te la spiego... - In piedi sulla soglia, il francese mezzo nudo lo osservava con un sorriso soddisfatto in volto. La Diamond Dust ne dava di soddisfazioni, altrochè. Aggrottò le sopracciglia, grattandosi il mento.
- Oh, pare proprio che tu abbia bisogno di me... aspetta eh, ti aiuto io. - Allungò le braccia di fronte a sè, concentrandosi attentamente. Dopodichè, fece alcuni movimenti convulsi, come se stesse preparando un attacco. Milo lo osservava speranzoso, certo che avrebbe frantumato quel ghiaccio in pochi millesimi di secondo. Il rosso aveva steso i pugni in direzione del collega, con i polsi rivolti verso l'alto. Un ghigno malvagio gli si dipinse sul volto, mentre alzava i diti medi di entrambe le mani.
- Et voilà. A domani, mon amis. - disse salutando l'amico ubriaco, chiudendo la porta e dirigendosi di nuovo verso le sue stanze. E fino a domattina, Milo era sistemato.



Angolo autrice:
Io.... non so che dire. Se non che questa è la seconda intrusione nella casa del povero Camus, che in una vita precedente doveva essere stato un brigante per meritare tante scocciature. E suvvia, chi da ubriaco non ha combinato qualcosa di simile? Beh, io mi auguro nessuno perchè è davvero davvero imbarazzante. Ahh, che senso di potere avere i goldini alla mia mercè. Come magari avrete notato, avevo citato questo piccolo episodio nel capitolo precedente. Ebbene sì, è altamente probabile che io rifaccia lo stesso con tutti gli aneddoti che citerò; sono occasioni troppo ghiotte per farsele scappare.

Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, messo fra le "Seguite", "Ricordate" e "Preferite".
Alla prossima!
Black Ink Velvet


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