Operazione Hunting - Quarta parte: Sul filo del rasoio

di Darik
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo ***


OPERAZIONE HUNTING - 4° PARTE

SUL FILO DEL RASOIO

1° CAPITOLO

Il tenente colonnello Martin Sanders passava il tempo giocherellando con un elastico tra le dita.

Quel vizio gli era venuto da quando era un ragazzo, e non lo aveva più abbandonato.

Gli serviva a scaricare la tensione tutte le volte che era nervoso.

Ma forse mai come in quella occasione era stato cosi teso, al punto che aveva già rotto ben quattro dei suoi elastici.

L’uomo era seduto in un corridoio in attesa che uscisse il suo diretto superiore, l’ammiraglio Borda.

E quando l’ammiraglio uscì, con indosso la sua alta uniforme lustrata come uno specchio e in mano una cartellina, Sanders scattò in piedi come se qualcuno lo avesse morso sul sedere.

Fece il saluto militare.

“Tenente colonnello Sanders a rapporto, signore!”

“Riposo, tenente colonnello, riposo” rispose l’alto ufficiale.

Sanders obbedì prontamente.

“I preparativi sono stati ultimati?” domandò l’ammiraglio.

“Sissignore. L’elicottero e la scorta sono qui fuori che l’aspettano, signore”.

“Eccellente, ora muoviamoci. Si tratta di un appuntamento troppo importante per far attendere quei signori”.

Borda e Sanders uscirono sull’atrio interno di un palazzo che, sotto falso nome, era proprietà della Mithril nella città di Rabat, capitale del Marocco.

Ad attenderli un grosso elicottero blindato.

I due salirono, l’elicottero si alzò in volo, senza emettere alcun rumore, divenne invisibile e si allontanò nel cielo.

Solo chi fosse stato fornito di sofisticatissimi e rarissimi sensori anti-ECS, avrebbe potuto accorgersi di quell’elicottero e degli altri tre elicotteri da combattimento, più piccoli e anch’essi invisibili, che gli si affiancarono per fargli da scorta.

****

Il velocissimo e invisibile aereo, solcava a bassa quota i cieli italiani.

Yu Fan pilotava il mezzo dimostrando grande sicurezza e imperturbabilità.

Ma lo stesso non poteva dirsi per i tre membri della Mithril che stavano in cabina dietro di lei.

Sousuke, Melissa e Tessa, pur essendo abituati alle situazioni di tensione e capaci di ragionare sempre con lucidità, erano chiaramente in apprensione.

Il sottomarino su cui erano imbarcati solitamente, il Tuatha De Danaan, in quel momento si trovava chissà dove in navigazione, e al suo comando c’era un androide che era un sosia perfetto della giovane Tessa e che era mossa da chissà quali scopo.

Tutti e tre rabbrividivano all’idea di quello che poteva succedere col De Danaan che in pratica era nelle mani di Amalgam.

“Eppure il motivo mi sfugge” continuava a ripetere Tessa, che si era ripresa una mezz’ora prima. “Perché dirottare il De Danaan per poi liberarlo loro stessi, e metterci una mia sosia al comando?”

“Certamente per non farci nulla di buono. Dobbiamo assolutamente contattarli. KITT” Sousuke si rivolse all’eccezionale intelligenza artificiale che viaggiava con loro incorporata in quel mezzo “Quanto manca alla base italiana della Mithril?”

“Saremo a destinazione tra otto minuti, signor Sagara” rispose con voce profonda e calma il computer.

“Speriamo che non sia troppo tardi” aggiunse Melissa.

“Se posso permettermi” si inserì Yu Fan “quando arriveremo a destinazione, né io né KITT ci faremo vedere. E sarebbe meglio se anche Sagara non si facesse vedere”.

“Come? E perché?” replicò Sousuke.

“Per me il motivo è semplice: non mi fido della Mithril, e non entro nella tana del lupo.

Per Sagara invece, temo che se qualcosa dovesse andare storto mi occorrerà il suo aiuto. Il suo aiuto e quello dell’Arbalest. Tuttavia in questo momento la vostra amica Mao è ricercata dalla Mithril in quanto traditrice, giusto? Dubito che faranno i salti di gioia nel vederla. A Tokyo inoltre, io e KITT ci siamo sbarazzati del sosia di Sagara con l’aiuto di un certo Wraith. E’ logico presumere che quest’ultimo abbia anche fatto rapporto. E che cosa ha visto? Kaname Chidori in pericolo a causa di Sousuke Sagara. E anche se sapeva che non era lui, non è a conoscenza degli androidi. Perciò temo che neppure nel vedere Sagara farebbero i salti di gioia. Infine, tutta questa storia di androidi-sosia, basi nascoste in castelli sulle montagne, falsi dirottamenti e tutto il resto, non vi sembra un po’ troppo incredibile per prestarci fede subito?

Credo che la prima cosa che faranno sarà quella di chiuderci in una cella in attesa di vederci chiaro. E si tratta di tempo che non possiamo permetterci di perdere”.

Melissa fece per replicare ma fu bloccata da Tessa.

“La signorina Yu Fan ha ragione. Temo che dovremo aspettare un bel po’ prima che ci facciano parlare con un ufficiale a cui spiegare tutto. E nel frattempo chissà cosa può succedere. Persino adesso potrebbe essere troppo tardi.

Perché quelli della nostra filiale ci credano, è necessario che ci presentiamo direttamente. Ma non dobbiamo farlo tutti.

Melissa, tu ed io ci recheremo alla nostra filiale, e tenteremo di avvertirli del pericolo.

Sergente Sagara, lei e la signorina Yu Fan, resterete nascosti. E se dovesse accadere qualcosa che rischia di farci perdere tempo, partirete per intercettare il De Danaan. Dobbiamo solo…”

“Se pensi ad un modo per scoprire l’ubicazione del De Danaan, forse ho la soluzione” disse Yu Fan, che aggiunse “E non chiamarmi signorina”.

Intanto all’orizzonte appariva un piccolo cantiere navale.

La sede sotto copertura della Mithril.

A quel punto Tessa ebbe un presentimento: “Datemi un foglietto, presto”.

“Perché?” chiese Melissa.

“Se quel sosia è a bordo del De Danaan da una settimana, potrebbe aver fatto di tutto, compreso sabotare Dana. Vi trascriverò i codici per accedere alla sua memoria. Cosi potrete tentare di eliminare eventuali modifiche del nemico”.

****

Il piccolo branco di pesci si muoveva in maniera compatta nello spazio immerso dove l’azzurro del mare sfumava in un nero sempre più denso.

Improvvisamente avvertirono una fortissima perturbazione nelle correnti, provocata da qualcosa di immenso.

L’istinto li portò a temere una minaccia.

Quindi rapidamente, sempre in maniera compatta, si allontanarono nella direzione opposta.

La minaccia era un immenso scafo in lega metallica che si muoveva in direzione ovest.

“La navigazione prosegue regolarmente, colonnello Testarossa”.

“Molto bene, tenente. Alla via cosi”.

La giovane e brillante Teletha Testarossa sedeva imperturbabile sulla sua poltrona, coadiuvata da Mardukas in piedi affianco a lei.

Sul Tuatha De Danaan aveva ormai ripreso a scorrere la vita di sempre.

L’incubo del dirottamento e della prigionia nella base di Amalgam era stato messo da parte.

Restavano i dubbi sul fato di Melissa, ma i suoi commilitoni sapevano che comunque stessero le cose, dovevano andare avanti lo stesso.

Mardukas controllò l’ora sul suo orologio.

Nonostante il grosso orologio digitale posizionato sulla parete anteriore del ponte di comando in modo da essere visibile a tutti, mai Mardukas avrebbe rinunciato a guardare il suo buon vecchio orologio di marca inglese che teneva con se da ormai venti anni.

Per una sorta di questione affettiva e perché un po’ diffidava della tecnologia digitale.

Troppo delicata, quindi troppo facilmente soggetta a guasti.

“Sono le 16:32. Il summit comincerà tra un’ora e mezza. E sicuramente l’ammiraglio Borda sarà già in volo”.

“Non si preoccupi, comandante Mardukas, saremo a destinazione entro i tempi previsti per la nostra attività di sorveglianza” lo rassicurò Teletha sorridendo.

Mardukas assentì con un lieve cenno del capo.

A circa cento miglia di distanza, tra le isole Canarie e le isole Medeira, si erigeva un’isola di discrete dimensioni.

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Capitolo 2
*** 2° Capitolo ***


2° CAPITOLO

Il gruppo di operai stava lavorando intorno allo scafo di alcuni pescherecci bisognosi di riparazione.

“Sergio, passami il trapano” disse uno di quegli uomini, impegnato a puntellare un asta.

Il suo compagno sbucò da sotto la barca per passargli l’attrezzo, quando ad un tratto si bloccò e lasciò cadere il trapano per terra.

Il suo rumore attirò l’attenzione di tutti gli altri.

“Ma che diavolo fai?!” esclamò l’altro alquanto seccato.

Che poi si accorse che Sergio e tutti gli altri stavano guardando perplessi nella stessa direzione.

Due giovani e belle ragazze, una delle quali vestita come se avesse partecipato ad una festa in maschera, si stavano avvicinando al cantiere con passo calmo e deciso, e tenendo le mani bene in vista.

“E quelle due chi sono?”

Quando furono alla giusta distanza, la più grande delle due fece un cenno all’altra, che cominciò a parlare in italiano corretto, anche se con un chiaro accento straniero.

“Ascoltate, per favore. Siamo membri della Mithril come voi. Io sono il colonnello Teletha Testarossa, comandante del Tuatha De Danaan, e lei è il sergente maggiore Melissa Mao, membro dello SRT. Per piacere, chiamate subito i vostri superiori, c’è una grave emergenza in corso”.

Gli operai si guardarono un po’ perplessi.

Uno di loro si sparì dentro il cantiere.

E neanche cinque minuti dopo, due squadre di uomini in nero, armati fino ai denti, si materializzarono come dal nulla intorno alle due ragazze.

Che rimasero imperturbabili.

Sei uomini si strinsero su Melissa, ammanettandola e tenendola costantemente sotto tiro.

Tessa invece fu afferrata da due uomini per le braccia.

Una presa non brutale ma comunque ferrea.

Rapidamente vennero condotte dentro il cantiere.

In neanche dieci minuti era tutto finito.

Gli operai tornarono al loro lavoro come se niente fosse.


“Sono dentro. La Mithril quando vuole sa essere rapida. Però si sono scoperti molto facilmente” commentò Yu Fan dopo aver assistito a quella scena da un monitor.

“Non criticarli” gli rispose Sousuke al suo fianco “In condizioni normali quegli uomini neanche sotto tortura avrebbe ammesso che lì c’era una base militare. Ed è per questo che il colonnello ha parlato subito del De Danaan e dello SRT, per far capire che non era uno scherzo”.

“Comunque ora potremo seguire cosa succede tramite i sensori a infrarossi di KITT. E grazie al minuscolo microfono che Testarossa nasconde nell’orecchio, sentiremo cosa dicono”.

“Le basi della Mithril sono schermate contro le intercettazioni. Mi chiedo dove tu possa aver trovato tutte queste apparecchiature.

Quella volta ad Hong Kong hai mentito quando hai detto di averle rubate ad Amalgam”.

La voce di Sousuke era impassibile.

E Yu Fan replicò con la stessa impassibilità: “Si. E non vedo come la cosa possa stupirti. Dovresti saperlo che nella nostra vita si va avanti con le menzogne e le mezze verità. Quella sera ti dissi ciò che era necessario perché ti fidassi di me senza fare troppe domande”.

“E mi hai detto una menzogna. C’era pure una mezza verità?”

“Si. La scoperta del piano per dirottare il De Danaan è davvero avvenuta fortuitamente. Mi ero introdotta nella base per realizzare un sabotaggio, e ho scoperto le loro intenzioni.

Tuttavia non abbiamo potuto evitarlo perché non ne avemmo il tempo”.

“Se questa misteriosa organizzazione per cui lavori, è cosi in gamba, perché non le chiedi se può intercettare il De Danaan? Faremmo prima”.

“Purtroppo” si inserì KITT “il mio sistema di trasmissioni ha ancora dei problemi causati dall’attacco di Hela. E’ operativo, ma non è ancora in grado di comunicare sulle lunghe distanze. Comunque non dovrebbe volerci molto perché torni completamente operativo”.

“Quindi aspettiamo” concluse Sousuke.

Sul monitor videro avverarsi quanto previsto da Yu Fan: la base della Mithril era un bunker sotterraneo, dalla struttura molto complessa, ma grazie al segnale del microfono, KITT poteva localizzare Tessa, che veniva rinchiusa in quella che sembrava davvero una cella.

E anche se non era visibile, sicuramente la stessa cosa era successa anche a Melissa.


Il mare sottostante era estremamente calmo, quasi piatto come una tavola.

Ed era privo di isole, solo all’inizio della traversata vicino alla costa aveva visto qualche isolotto.

Forse un panorama perfetto per una cartolina.

All’ammiraglio Borda non interessava, i panorami non gli avevano mai detto granché.

Semmai era la famiglia che gli interessava.

A causa del suo lavoro, non aveva mai avuto tempo per farsi una famiglia.

Non era mai riuscito per troppo tempo a vedere al di là della sua uniforme.

E solo un tragico evento gli aveva permesso di capire l’importanza della famiglia: la morte del suo amico Testarossa, che per lui era come un fratello, e di sua moglie.

Una disgrazia che lo aveva colpito negli affetti, provocandogli un dolore infinitamente superiore a quello fisico a cui era ormai più che abituato dal suo essere un mestierante della guerra.

Dopo quell’evento, si era sentito investito dalla responsabilità di provvedere alla prole del suo caro amico.

Di difenderli dal mondo e allo stesso tempo di farli crescere senza che ci sbattessero contro.

Aveva fatto del suo meglio per accudire quei ragazzi, trattandoli come se fossero dei nipoti, rispettando a sua volta la volontà del padre.

Per questo aveva deciso di non tirarli fuori dall’ambiente militare in cui il loro padre aveva stabilito di farli crescere.

Del resto fu una decisione dettata dal desiderio di proteggerli meglio.

E per questo aveva voluto che Tessa, venendo coinvolta quasi inevitabilmente nella mischia in quanto Whispered, restasse al sicuro dietro una scrivania del quartier generale.

E si era opposto all’incarico di affidarle il De Danaan, che l’avrebbe portata in prima linea, anche se diversa da chi combatte in trincea.

Comunque, nonostante il suo desiderio di proteggerla, sapeva che non poteva certo comandarla a bacchetta, e quindi aveva sempre rispettato la sua volontà.

Perciò anche dopo il misterioso dirottamento della settimana precedente, aveva resistito alla tentazione di ordinarle il rientro a Sidney per un incarico d’ufficio.

I pericoli c’erano, e ci sarebbero sempre stati, ma in cuor suo l’ammiraglio non si rimproverava niente nei riguardi di Tessa.

Del resto anche durante la crisi del dirottamento, l’ammiraglio aveva dimostrato il suo affetto per la sua bella, coraggiosa e brillante nipote adottiva.

Non aveva potuto occuparsi di persona del caso perché le alte sfere gli avevano ordinato di occuparsi solo dell’incontro che sarebbe avvenuto quel giorno, un incontro cosi importante che l’ammiraglio non aveva neppure avuto tempo per visionare un confuso rapporto sulla misteriosa battaglia di AS svoltasi poco tempo prima a Tokyo.

Ma Borda aveva comunque fatto in modo che venisse scelto per le indagini il sergente Sousuke Sagara, il brillante Uruz 7 che Tessa in precedenza aveva appoggiato con grande risolutezza.

E che l’aveva spuntata anche grazie all’appoggio di Borda.

Sagara era perfetto per quella missione: non solo era abile ed esperto, ma conosceva personalmente sua nipote e teneva a lei, quindi Borda era sicuro che per ritrovarla ci avrebbe messo più impegno di qualunque burocrate o Rambo che la Mithril avrebbe potuto assoldare.

Molti avrebbero trovato riduttivo l’impegno di Borda, ma pochi potevano davvero rendersi conto di quanto difficile fosse barcamenarsi in quel intreccio di politica, famiglia e militarismo.

L’ammiraglio insomma si sentiva con la coscienza a posto, per quanto riguardava Tessa.

Tutt’altra cosa purtroppo era la faccenda di Leonard, il brillante fratello di Teletha.

Quando pensava a quel ragazzo, una sola parola veniva in mente a Borda: genio.

E non solo per il fatto che era un Whispered.

Perché Leonardo sembrava superiore anche a quelli che come lui avevano il dono, o la maledizione, dei ‘sussurri’,

Appariva semplicemente perfetto, capace oltre misura in qualunque campo.

Privo di difetti, di qualunque tipo.

Aveva persino una bella calligrafia.

Tutte le porte erano aperte per lui.

Finché un giorno scomparve.

Rapito dagli stessi che uccisero i suoi genitori, e chissà come avevano saputo di loro.

Per anni non si era saputo più nulla di Leonard.

Poi era apparsa dal nulla la ancora misteriosa Amalgam.

E ultimamente nell’ambiente erano cominciate a circolare delle voci su Amalgam.

Voci su un misterioso genio che lavorava spontaneamente per quella organizzazione criminale.

E siccome quest’ultima possedeva chiaramente la Black Technology, nella testa di molti, incluso Borda, era nato un sospetto.

Sussurrato a mezza bocca dando le spalle agli altri.

Che il genio di Amalgam fosse lo stesso genio scomparso anni prima.

Borda rifuggiva tale idea.

Per quale motivo un ragazzo brillante come Leonard avrebbe dovuto collaborare con quei criminali?

L’ammiraglio non ne trovava nessuno.

Poteva solo sperare in cuor suo che le voci fossero, appunto, solo voci senza fondamento.

“Mi scusi, ammiraglio”.

Sanders interruppe le riflessioni di Borda.

“Siamo arrivati” lo informò il collaboratore.

In lontananza si intravedeva una grossa isola, circondata da spiagge e alcune barriere di scogli.

Le spiagge erano piene di soldati e mezzi militari.

C’erano anche delle squadre di AS, che sembravano comandate da un M9 nero, che Borda sapeva essere della Mithril, per l’esattezza del maggiore Clouzot, Uruz 1.

E ben quattro navi da guerra pattugliavano le acqua circostanti.

L’elicottero della Mithril disattivò l’ECS e atterrò in una piazzola creata da poco.

Ad attenderli un gruppo di soldati e una jeep.

Borda e Sanders scesero, facendo il saluto militare al capo dei soldati.

Mentre salivano sulla Jeep, Borda osservò gli elicotteri che avevano scortato il suo mezzo andare ad unirsi alla già notevole difesa dell’isola.

“Un dispiegamento imponente” osservò Borda.

E Sanders aggiunse: “E lo sarà ancora di più quando le acque al largo saranno pattugliate dal De Danaan, signore”.


Tessa, seduta su una branda, aspettava nella cella in cui era stata rinchiusa.

Aveva detto a quegli uomini che voleva parlare assolutamente con qualche ufficiale per comunicare un pericolo gravissimo.

Per questo cominciava a spazientirsi, per tutto il tempo che ci stavano mettendo.

Possibile che in quella base della Mithril fosse cosi difficile trovare un ufficiale?

Poi sentì dei rumori dietro la porta.

Si aprì ed entrò un uomo sulla quarantina in uniforme.

Portava i gradi di maggiore.

L’uomo era scortato da due soldati, e si pose davanti a Tessa squadrandola.

Tessa percepì una certa tensione.

“Con chi ho l’onore?” domandò la ragazza.

“Sono il maggiore Marco Ottaviani. E lei chi è?”

“Sono il colonnello Teletha Testarossa, comandante del Tuatha De Danaan. Devo avvertirvi di un grave pericolo”.

“Che un suo sosia è adesso a bordo del De Danaan?”

Tessa trasalì: “Come fa a saperlo?”

“Siamo stati avvertiti per tempo dal quartier generale” rispose l’uomo.

“Ah, bene. Allora che provvedimenti prenderete?”

“Li abbiamo già presi. Lei, ‘colonnello Teletha Testarossa’, resterà qui in attesa di essere portata in qualche carcere dove verrà sottoposta ad interrogatori. Poi cercheremo di restituirle la sua vera identità”.

“CHE COSA?! Ma che sta dicendo?!” sbottò Tessa scattando in piedi.

“Semplicemente non siamo cosi ingenui come i suoi mandanti credono. Il quartier generale ha scoperto per tempo i loro piani, ci ha informato che avrebbero mandato dei sosia per tentare di sabotare le nostre operazioni avvertendoci di falsi pericoli. Il quartier generale ha ordinato di trattenerla. Lei e quell’altra, la disertrice Melissa Mao”.

“Ma è impossibile!!! IO sono il colonnello Teletha Testarossa!!! Quella vera!! La mia sosia è sul De Danaan, e chissà quale scopo ha! Mi faccia parlare con l’ammiraglio Borda!”

“Lei adesso resterà qui. E le consiglio di restare calma. Lei non è chi crede di essere, e solo una poverina che è stata rapita, sottoposta ad una plastica facciale e condizionata per credersi Teletha Testarossa. Le hanno incasinato la mente, proprio come hanno fatto con Mao”.

Inebetita Tessa si lasciò cadere sul letto.

Fu tentata di provare ancora a convincerli, ma nei loro occhi vide solo indifferenza mescolata a compassione.

Comunque Ottaviani ritenne conclusa la discussione, e uscì con i suoi uomini.

Tessa si prese il volto tra le mani.


“Ma che sta succedendo?! Il mondo è impazzito?! Come può il quartier generale della Mithril aver fatto questo?”.

Stupore e incredulità si alternavano sul volto di Sousuke.

E anche Yu Fan era rimasta non poco sbalordita per quello sviluppo del tutto inatteso che avevano seguito dal monitor e ascoltato tramite il microfono nascosto nell’orecchio di Tessa.

“Siamo rimasti fregati” commentò la ragazza cinese.


Tessa si sentì prendere dallo sconforto, le venne persino da piangere.

Ma trattenne le lacrime.

E subito dopo, ebbe un intuizione.

“Ma certo!” esclamò.

Si girò verso la parete, e si tolse il microfono dall’orecchio per parlare a Yu Fan e Sousuke.

“Sergente Sagara! Yu Fan! Voi non potete rispondermi, ma non importa. Ascoltate bene, perché temo di aver capito cosa è successo: quando siamo scappati, il nemico ha intuito che saremmo venuti qui. Perciò in qualche modo ha contattato questa base facendosi passare per il quartier generale, e ha rivolto le nostre informazioni contro di noi.

Ora tutto dipende da voi. Dovete assolutamente intercettare il De Danaan, e qualunque cosa abbia in mente il nemico, cercate di fermarla.

Non provate a liberarci, potreste anche riuscirci ma perdereste tempo prezioso. E poi io e Melissa non siamo in pericolo di vita, avete sentito Ottaviani. Ci ritengono delle vittime. Ora andate, e buona fortuna”.


Sousuke e Yu Fan ascoltarono gli ordini di Tessa.

Sousuke a malincuore annuì.

“Fermare il De Danaan ha detto. Ma non sappiamo neppure dove sia. Qualche idea?”

“KITT, il sistema trasmissioni non funziona ancora sulle lunghe distanze?”

“No, Yu Fan. Ci vogliono almeno due minuti”.

“E se provassimo ad avvertire noi la Mithril?” propose Sousuke.

“Non hanno creduto al tuo colonnello, figurati se crederebbero a noi. KITT, partendo dal computer di questa filiale puoi intrufolarti nel sistema informazioni della Mithril per scoprire l’ubicazione del De Danaan?”

“Questo posso farlo, ma ci vorrà del tempo”.

“Quanto?”

“Almeno un ora”.

“E’ troppo” obbiettò Sousuke.

“Si tratta di penetrare in uno dei computer più difesi al mondo. Una squadra di hacker normali ci impiegherebbe settimane, ma almeno un ora mi serve”.

Yu Fan ci rifletté sopra.

Alla fine prese la sua decisione, per quanto azzardata.

“Lascia stare. Impegna tutte le tue risorse per ripristinare al massimo il sistema trasmissioni. Devo parlare col maestro”.

“Il maestro? Ma…”

“Chi sarebbe questo maestro?” domandò perplesso Sousuke.

“Fidati di me. Ad Hong Kong è andata male, ma non è dipeso da me. Stavolta andrà meglio”

Rimasero in silenziosa attesa mentre KITT si impegnava al massimo per ripristinare a piena potenza il suo sistema di comunicazioni.

****

Nella grande sala, uno schermo olografico enorme troneggiava al centro, circondato da altri monitor più piccoli.

Decine di postazioni di controllo erano poste in fila davanti allo schermo principale, che mostrava elaborazioni digitali di immagini riprese al satellite di una zona al largo delle coste atlantiche del nord Africa.

Dietro a tutte le postazioni, Cameron mugugnava.

Non gli piaceva affatto l’idea che tra non molto si sarebbe svolta una battaglia di risonanza mondiale, e lui la doveva guardare da lontano, attraverso uno schermo.

Se si trattava di foto e filmati di vecchie battaglie, se ne faceva una ragione.

Ma quando la battaglia si svolgeva nel tempo presente, avrebbe fatto di tutto pur di assistervi in prima persona.

L’aveva anche chiesto ai suoi superiori, ma gli era stato ordinato di restare nella base H per coordinare l’operazione Hunting.

E anche se a malincuore, doveva obbedire agli ordini.

“Generale, una chiamata dalla base M-I” disse uno degli operatori.

“Bene, sapete cosa fare”.

L’operatore si mise una cuffia: “Parlate pure, base M-I, qui è il quartier generale di Sydney, codice 507”.

“Qui parla il maggiore Ottaviani. Il sosia del colonnello Testarossa e la disertrice Melissa Mao si sono presentate poco fa da noi, ed esattamente secondo le vostre informazioni, il falso colonnello ha raccontato una strana storia secondo cui sul TDD ci sarebbe una sua sosia. Seguendo le vostre istruzioni, le abbiamo collocate in cella. Siamo in attesa di ulteriori ordini”.

L’operatore si voltò verso Cameron, che gli ordinò di chiedere degli altri due fuggitivi.

“Maggiore, le due donne erano sole?”

“Affermativo, signore”.

“Mmm, sarebbe stato troppo facile sennò. Dì loro di trattenere le due prigioniere. Appena possibile manderemo una squadra a riprenderle”.

“E cosi avremo di nuovo la compagnia del colonnello Testarossa. E finalmente avrò grazie a quella Mao un nuovo angelo della guerra” pensò soddisfatto Cameron mentre l’operatore dava gli ordini.

“Ricevuto” rispose Ottaviani “Però, se mi consentite…”

Una certa incertezza si sentì nella voce dell’ufficiale italiano.

“Ecco, ma siete sicuri che quella ragazza sia solo una sosia? Voglio dire, le ho parlato e mi è sembrata estremamente sincera, convinta di quello che diceva”.

“Non si lasci impietosire, maggiore. Il nemico ha fatto un lavoro coi fiocchi, tutto qui. Esegua gli ordini”.

“Signorsì” concluse Ottaviani chiudendo il contatto.

“Ah, il destino. Peccato che non abbia reso le impressioni degli uomini infallibili. Se cosi fosse, quel tizio potrebbe mandare all’aria i nostri piani” commentò Cameron.

Il generale trovava davvero divertente come Amalgam riuscisse a gabbare la Mithril, facendole fare la figura della dilettante.

Ma del resto chi alla Mithril poteva immaginare che Amalgam fosse riuscita a decriptare tutti i codici di trasmissione del loro quartier generale a Sidney?

Controllare le comunicazioni di quel posto significava controllare le comunicazioni di tutta l’organizzazione nemica.

Che aveva ottime difese, pensate però per nemici dalla tecnologia inferiore alla sua, si trattasse pure di USA o URSS.

Amalgam invece era un nemico di pari forza, inoltre molto più spregiudicato e audace.

“Signore, una chiamata da parte di Mr.Silver”.

“Passa subito” ordinò Cameron, che si alzò mettendosi sull’attenti.

Davanti a lui si materializzò l’immagine elegante e rilassata del giovane capo di Amalgam.

“E’ un piacere, Mr. Silver”.

“Non sia cosi formale con me, generale. Volevo sapere l’esito della nostra operazione di recupero”.

“In buona parte è riuscita, signore. Abbiamo recuperato il colonnello Testarossa e il sergente maggiore Mao. Niente di fatto però per quanto riguarda Sagara e Yu Fan”.

“Oh, questo può essere seccante” commentò con una leggera punta di delusione Mr. Silver.

“E significa che abbiamo fatto bene a prendere quell’ulteriore precauzione” terminò il giovane.

****

L’ammiraglio Borda stava parlando con alcuni alti ufficiali tedeschi nell’enorme sala ovale che, insieme al piccolo palazzo che l’ospitava, era stata costruita a tempo di record in appena due settimane su quell’isola sperduta.

Ormai erano arrivati quasi tutti gli ospiti, mancavano solo i delegati francesi e canadesi.

Molti erano già seduti intorno all’ampio tavolo.

“Ammiraglio Borda” lo chiamò un uomo sulla sessantina.

“Generale Ulski” rispose l’ammiraglio andandogli incontro.

“E’ un vero piacere rincontrarla, ammiraglio”.

“Oh, lo è anche per me”.

“Immagino che per voi della Mithril questa sia un momento storico. Grazie a questi negoziati, la Mithril otterrà finalmente un riconoscimento ufficiale presso le grandi potenze, quindi non dovrete più preoccuparvi di agire in incognito”.

“Già, peccato che questo riconoscimento non potrà mai essere conosciuto nel mondo. Niente di ciò che accadrà su questa isola dovrà trapelare all’esterno”.

L’incontro sull’isola infatti era cosi segreto, che allo stesso equipaggio del De Danaan l’incarico era stato affidato solo due giorni prima.

“Che vuole farci, ammiraglio.” Proseguì Ulski “In fondo le grandi potenze sono stata in un certo senso costrette ad accordarvi questo privilegio, perché ormai siete di fatto una potenza, e tutto il mondo si può dire in debito con voi. Ma se si venisse a sapere, chissà quante altre organizzazioni non governative, vantandosi di essere soprannazionali come voi, pretenderebbero lo stesso privilegio. Perciò non se la prenda se quelli vogliono un po’ di segretezza. La Mithril ci guadagnerà solo da oggi.

Del resto, il fatto che il servizio di sorveglianza sia stato condiviso con la Mithril, dimostra la stima di cui gode”.

I due parlarono ancora, fino a quando non andarono a salutare il vice-presidente degli Stati Uniti, una delle molte personalità di spicco presenti sull’isola.

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Capitolo 3
*** 3° Capitolo ***


3° CAPITOLO

Yu Fan e Sousuke erano ancora in attesa.

Quei due minuti pesavano come sette ore.

Yu Fan sfogava il so nervosismo tambureggiando con un dito sulla cloche.

Ma la sua espressione era rilassata, come se sapesse che sarebbe arrivata una buona notizia.

Che finalmente arrivò.

“Yu Fan, il sistema trasmissioni è di nuovo pienamente operativo” avvertì KITT.

“Bene, mettimi in contatto col maestro”.

Dopo pochi secondi, sul monitor apparve il volto deciso e sereno di Xiu-Yu Zan.

“Yu Fan. Finalmente. Qui non poche persone erano in apprensione, dato che non ti facevi sentire da due giorni”.

“Abbiamo avuto molti problemi. Ma ora dobbiamo risolverne un altro: il sottomarino della Mithril, il Tuatha De Danaan, in questo momento è comandato da uno di quegli androidi, con le fattezze del colonnello Teletha Testarossa. Dobbiamo assolutamente cercare di intercettarlo, per fermare qualunque cosa abbia in mente il nemico”.

“Capisco. Vi richiamerò tra cinque minuti” rispose Yu Zan chiudendo il contatto.

“Ora aspettiamo”.

“E’ quello il tuo nuovo maestro?” chiese Sousuke.

“Si. E non farmi altre domande”.

“Una te la posso fare: perché hai preferito contattare lei piuttosto che tentare l’hackeraggio? Davvero pensi che in cinque minuti possa procurarci tutte le informazioni necessarie?”

“Lei una volta mi ha detto che se avessi avuto delle grandissime difficoltà, avrei dovuto chiedere aiuto a lei. Ora la prendo in parola” rispose semplicemente la ragazza.

“Definirlo un azzardo è un eufemismo” commentò Sousuke.

Dopo un po’, arrivò la comunicazione da Yu Zan: “Il Tuatha De Danaan si trova in un aerea posta molto al largo delle coste africane, tra le isole Canarie e Medeira. Stiamo per mandare a KITT le coordinate esatte. Il De Danaan è impegnato in una missione di sorveglianza. Su un isola disabitata si sta svolgendo un summit segretissimo tra la Mithril e i principali rappresentanti delle superpotenze mondiali. Ovviamente deve essere quello il loro bersaglio”.

Sousuke rimase a bocca aperta.

“Evidentemente” rispose Yu Fan senza badare a lui. “Ma chissà come intenderanno agire. Voglio dire, sono a bordo di un sottomarino, come faranno a colpire un isola? Tra l’altro sarà pure sorvegliatissima. E poi il droide è solo uno”.

“Il De Danaan è armato con missili a lunga gittata capaci di colpire bersagli posti anche ad enormi distanze. E non è da escludere che il nemico abbia attuato alcuni trucchi per assicurarsi il lancio del missile” spiegò la donna.

“Va bene. KITT, hai ricevuto le coordinate?”

“Certo. In un ora e mezza saremo lì!”

“Temo che sia una quantità di tempo eccessiva!”

“Infatti. Ma credo che qualcuno si darà da fare per impedire o quanto meno ritardare quel lancio infausto” replicò Yu Zan.

“E allora muoviamoci!”

“Buona fortuna a tutti e tre” concluse Yu Zan.

“Un momento” gridò Sousuke prima che la donna chiudesse il contatto “Ma lei chi è? Come ha fatto ad ottenere queste informazioni in cosi poco tempo? E questo qualcuno chi sarebbe?”

“Tu sei Sousuke Sagara, vero? Credimi, ci sono cose che è meglio se non le conosci. E’ una questione di prudenza. Ora andate, e cerca di non farti uccidere. Qui c’è una persona che non vede l’ora di rivederti”.

“Chidori!” comprese subito lui.

Ma Yu Zan, facendo l’occhiolino, chiuse il contatto.

“Maledizione!” sbottò Sousuke dando un pugno alla consolle.

Ora capiva la rabbia di Mao quando si sentiva raggirata da Kalinin.

“Recriminare è inutile. Abbiamo le coordinate. Muoviamoci, prima che sia troppo tardi”.

L’aereo decollò dalla radura e svettò alla velocità massima sul mare.

Sousuke tentò di sbollire la rabbia concentrandosi sulla missione: “Se il bersaglio è quel summit, mi chiedo perché vogliano usare il De Danaan. Ad Amalgam i mezzi non mancano, potrebbero benissimo assoldare qualcun altro perché faccia il lavoro sporco per loro”.

“Infatti. Generalmente la Mithril come si comporta negli incontri con le superpotenze?”

“A dire il vero questa è la prima volta che sento di un incontro del genere. La Mithril non appartiene a nessuna nazione, i contatti con le superpotenze del mondo sono rari e ufficiosi”.

“Questa allora è una prima volta. Una prima volta molto importante. Sarebbe un disastro se dovesse accadere qualche incidente, quando la sicurezza è affidata anche alla Mithril. Figurarsi poi se si scoprisse che a lanciare il missile è stato proprio il sottomarino della Mithril”.

“Si, sarebbe…. Un disastro!!!”

Nella mente di Sousuke tutti i pezzi del puzzle come per magia si ricomposero, dandogli una spiegazione concreta che una volta svelata appariva persino semplice.

Yu Fan lo guardò con un espressione interrogativa.

“Il loro piano è screditare la Mithril agli occhi del mondo!” spiegò Sousuke. “Pensaci: finora la Mithril è stata tollerata dalle superpotenze perché anche se non potevano controllarla, spesso combatteva contro nemici che potevano rivelarsi pericolosi anche per loro. Ma se Amalgam riesce a far credere al mondo che la Mithril è solo un organizzazione terroristica, che magari per tutto questo tempo ha solo finto in attesa di una grande occasione, allora si scatenerà una caccia globale alla quale dubito che la Mithril potrà sopravvivere. Come puoi fuggire se è tutto il mondo a darti la caccia?”

“Mmm… si, il ragionamento fila. Agire in modo che sia il mondo a sbarazzarsi della Mithril per conto di Amalgam. Del resto rientrerebbe nel modus operandi di Amalgam una cosa del genere: restare sempre nell’ombra lasciando che siano altri a lavorare per lei”.

“Speriamo di arrivare in tempo” concluse Sousuke.

Che si chiese anche chi potesse essere quel qualcuno capace di interferire col lancio del missile.

Doveva sicuramente essere un membro del equipaggio.

Ma chi?

****

Il Tuatha De Danaan era ormai giunto in posizione, e si preparava a pattugliare il tratto di mare al largo dell’isola dove sarebbe avvenuto il summit.

I sofisticati strumenti di rilevazione del sottomarino stavano all’erta, pronti a scattare alla minima anomalia.

“Comandante, come aveva ordinato, ho appena comunicato il nostro arrivo alle navi della marina americana che sorvegliano la zona” disse uno degli addetti al ponte di comando.

“Bene” rispose Teletha “Sarebbe seccante essere disturbati proprio dai nostri colleghi. Ci aspettano almeno tre ore di attesa, proprio nella speranza che non succeda nulla”.

“Varrà bene la pena di aspettare un po’, se dopo potremo finalmente smetterla di fuggire dai mezzi delle superpotenze come se fossimo noi i cattivi” aggiunse Mardukas.

“Ben detto, Mardukas, ben detto”.

****

L’aereo sfrecciava velocissimo sul mare.

Era passata ormai un’ora da quando avevano intuito le intenzioni di Amalgam, e ora, grazie alla straordinaria velocità del loro mezzo, Yu Fan, Sousuke e KITT avevano già lasciato le coste del Mediterraneo e sorvolato parte dell’Africa, e da poco sotto di loro si estendeva l’oceano Atlantico.

“Quanto tempo ci vorrà?” domandò Sousuke, teso ma non agitato.

“Stando alle coordinate, tra quaranta minuti saremo sul bersaglio. Ma il problema sarà individuare il De Danaan e…”

“Quello posso farlo io” si inserì KITT.

“Lasciami finire. Volevo dire che lo dovremo individuare, ma poi come lo fermeremo?”

“Se KITT riesce ad aprire un collegamento radio, cercherò di convincerli. D’altronde basterà chiedere loro di fare una piccola ferita sulla mano del falso colonnello per smascherarlo” spiegò Sousuke.

“Altrimenti abbatteremo qualunque missile lancino” concluse Yu Fan.

Poi scattò l’allarme radar.

“Situazione!” ordinò la ragazza.

“Un oggetto volante si sta avvicinando a noi dall’alto” rispose KITT.

“Come mai non l’hai rivelato prima?”

“Doveva essere munito di dispositivo anti-radar. Molto sofisticato”.

“Temo che Amalgam ci stesse aspettando” commentò Sousuke.

“E dovevamo aspettarcelo, visto quello che hanno fatto alla base italiana della Mithril. D’accordo, KITT, andiamo avanti!”

L’aereo continuò quindi a sfrecciare nella stessa direzione, mentre da alcune nuvole soprastanti sbucò un secondo aereo, più piccolo, di forma triangolare e di colore nero.

L’aereo si mise dietro il mezzo con a bordo i due ragazzi, e lanciò alcuni missili dalla parte inferiore.

I missili per un po’ stettero dietro all’altro aereo, che però era troppo veloce e cominciò a lasciarli indietro, incluso il mezzo che li aveva lanciati.

“Non sembra nulla di preoccupante” disse Yu Fan.

Finché i missili esplosero da soli.

E tutta la strumentazione di bordo iniziò quasi subito a impazzire.

“Che succede?!” esclamò preoccupato Sousuke mentre Yu Fan tentò di tenere in aria il mezzo che iniziava a sobbalzare e a perdere quota.

“Quei missili contenevano dei congegni che hanno saturato l’aerea circostante di scariche elettromagnetiche” spiegò KITT.

“Jamming!” conclusero insieme Sousuke e Yu Fan.

“Esatto. Io ne sono immune grazie alla mia corazza. In teoria anche questo mezzo dovrebbe esserlo, ma questo fenomeno di Jamming è più forte del solito” specificò KITT.

Yu Fan non si dimostrò troppo preoccupata: “Comunque l’effetto sta già passando”.

Il mezzo smise ben presto di tremare e la strumentazione riprese a funzionare.

“Una misura ben scarsa per fermarci” affermò Sousuke.

“In effetti… molto scarsa… anzi, troppo scarsa…” disse Yu Fan sospettosa.

E un istante dopo, l’allarme del radar risuonò ancora.

“Un altro oggetto sta cadendo sopra di noi. Più piccolo dell’altro” informò KITT.

E prima che si potesse attuare una qualunque manovra, una figura umana piombò sul vetro dell’abitacolo.

Una figura avvolta in un saio nero, che mosso dal fortissimo attrito si espandeva assumendo svariate forme minacciose.

E con una inquietante maschera di metallo come volto.

“Hela!!!” gridarono ancora insieme i due ragazzi.

Hela si teneva aggrappata con le mani, che avevano penetrato lo scafo in metallo come se fosse di burro.

Poi lasciò la presa di una mano, allentò l’altra presa e si lasciò trascinare da quello stesso attrito sopra il veicolo.

“Accidenti. Era lei la vera contro misura! L’attacco precedente era solo un diversivo!” esclamò Sousuke.

“Corretto. Infatti i fenomeni di Jamming mettono fuori uso sia gli strumenti di comunicazione che di rilevazione” aggiunse KITT con la sua voce sempre calma.

“Vediamo di liberarci del clandestino” disse Yu Fan che cominciò tutta una serie di manovre acrobatiche, facendo improvvise e violente impennate verso l’altro e il basso, spostandosi da destra a sinistra tramite avvitamenti anche di dieci giri.

Tutte manovre inutili però, perché Hela con una sola mano riusciva a reggersi cosi saldamente che sembrava fusa col loro mezzo.

Dentro di se la cyborg ammise che Yu Fan era una pilota davvero provetta, abile sia con gli AS, sia con le auto e gli aerei.

Dietro questi pensieri però non c’era ammirazione o un qualunque altro tipo di sentimento.

Era una semplice constatazione davanti ad un dato di fatto, niente di più.

E quel dato di fatto era durato abbastanza.

Con la mano libera afferrò una delle sue spade, la caricò con l’energia del Lambda Driver e la conficcò nel tetto dell’aereo.

Afferrò con entrambe le mani l’impugnatura della spada e si lasciò trascinare indietro insieme alla sua arma, che cominciò ad incidere il metallo e tutto quello che c’era sotto.

L’energia del Lambda Driver fece il resto, provocando tutta una serie di esplosioni all’interno del veicolo.

Raggiunta la coda, Hela lasciò completamente la presa, e cadde nel vuoto.

Il suo saio si aprì, diventando simile ad un aliante, e facendola planare, quasi volare, come se fosse un grande uccello nero.

Grazie a questo espediente e all’ECS, Hela aveva potuto lanciarsi dall’aereo nero e controllare la sua caduta in attesa che il trucco del Jamming abbagliasse il nemico fino a quando non sarebbe stato troppo tardi per evitarla.

L’aereo dei nemici era ormai ridotto ad una meteora di fuoco, che precipitava ad alta velocità verso il mare lasciandosi dietro una densa scia di fumo nero.

Infine impattò contro l’acqua, scivolando lungo la sua superficie per almeno un centinaio di metri, per poi fermarsi quasi di botto, esplose ed affondò nel giro di pochi secondi.

Hela fissava il gorgoglio di schiuma dove era affondato l’aereo.

Quei due difficilmente potevano essere sopravvissuti alla caduta.

E anche se fosse successo, si sarebbero ritrovati da soli in mezzo all’oceano, lontanissimi dalle coste.

Quindi ritenne la missione conclusa con successo.

L’aereo nero di Amalgam si avvicinò lentamente fino a piazzarsi sotto di lei.

Hela controllò la sua discesa fino a posarsi su di esso, e vi entrò tramite un portello laterale.

Concluso quell’incarico,un aggiunta rispetto alla destinazione originale, dovevano ora raggiungere il Tuatha De Danaan per dare eventuale assistenza alla seconda parte dell’operazione.

Ovvero affondare il De Danaan subito dopo il lancio dei missili per cancellare ogni traccia del complotto di Amalgam.

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Capitolo 4
*** 4° Capitolo ***


4° CAPITOLO

Mardukas controllò l’ora sul suo fido orologio.

“Ormai il summit sarà cominciato da almeno un quarto d’ora”.

“Si, e speriamo che non succede assolutamente nulla” aggiunse Teletha.

“In teoria non dovrebbe succedere nulla, abbiamo preso tutte le precauzioni possibili, ma si sa che il destino è imprevedibile, specialmente per noi militari. Basta pensare a cosa è successo poco più di una settimana fa. Eravamo prigionieri in una base nemica, a causa del tradimento di uno dei nostri elementi migliori”.

“Melissa Mao non è una persona cattiva, Mardukas, dovrebbe saperlo bene” replicò Teletha.

“Certo che lo so, anche se questa storia di lavaggi del cervello mi lascia quantomeno perplesso. Ai miei tempi non c’era niente del genere. Comunque, anche se è stata costretta, l’azione l’ha effettuata lei. Avevamo una serpe in seno, e cosa peggiore, lei stessa non sapeva di essere tale”.

“Si, è vero, comunque sono certa che questa situazione si risolverà per il meglio. Melissa Mao è una donna forte”.

“E’ quello che sperano tutti. Ma deve rendersi conto, colonnello, che forse la carriera del sergente maggiore Mao è bruciata. Anche se la recuperiamo, il rischio di rimasugli di quel lavaggio del cervello difficilmente le permetteranno di avere nuovi incarichi”.

“Per tagliare fuori Melissa, dovranno vedersela con me” rispose Teletha.

Il suo cervello sintetico, mentre parlava con Mardukas in una inutile conversazione che serviva solo a salvare le apparenze, stava calcolando quando sarebbe stato il momento esatto per avviare l’operazione.

E allo stesso tempo riceveva dati tramite particolari frequenze criptate provenienti dai suoi veri capi.

Cosi aveva appena saputo che il possibile intoppo costituito da Sagara e Yu Fan era stato eliminato.

Ormai era quasi tutto pronto: il summit era iniziato, il De Danaan era in posizione, gli AS sull’isola pure.

Solo una pedina doveva ancora posizionarsi.


Il caccia torpediniere Wilson della marina degli Stati Uniti, navigava solitario sulle acque dell’oceano, col compito di vigilare sui confini della zona rossa, ovvero l’aerea al cui interno si trovava l’isola del summit.

L’equipaggio non sapeva nulla di preciso sull’incontro che si stava svolgendo ad alcune centinaia di miglia.

Solo il capitano era stato avvertito, mediante un messaggio speciale proveniente dal Pentagono, che in quella zona si stava svolgendo un operazione segretissima in cui era implicata la misteriosa Mithril.

Un operazione dal cui esito potevano dipendere gli equilibri mondiali.

Quindi erano stati incaricati di svolgere con la massima diligenza possibile il loro lavoro.

Anche se l’attività di intercettazione in quella zona era molto semplice, in quanto era stata scelta perché poco battuta dalle rotte.

E i comandanti possedevano l’elenco di tutte le poche navi che avrebbero transitato lì vicino, quindi era facile capire se c’era qualcuno di troppo

Senza contare che sotto di loro si muoveva la misteriosa Toy Box, il sottomarino che ormai era diventato quasi una leggenda tra i marinai, e che godeva della fama di essere invincibile.

E sebbene fossero non pochi quelli nella marina statunitense che non si fidavano della Toy Box, il comandante Henry Pakula della Wilson non era tra di loro.

Avendo letto personalmente i rapporti sulle imprese di quel sottomarino, si era convinto che il suo equipaggio fosse composto da veri eroi.

Perciò si sentiva al sicuro sapendo che discretamente vigilavano sotto di loro.

Il capitano Pakula in quel momento si trovava in plancia, e si avvicinò all’addetto al radar.

“Guardiamarina, novità?”

“Nessuna, signore. Intorno a noi c’è solo un deserto d’acqua”.

“Molto bene” commentò il capitano, che si avvicinò al timone e iniziò a scrutare il mare con un binocolo.

“Oggi mi sento molto tranquillo. Sono certo che andrà tutto per il meglio”.

Purtroppo il destino, e Amalgam, avevano dei progetti per la sua nave.


Quando realizzi un piano per incastrare qualcuno, hai bisogno di prove.

E non c’è niente di meglio della testimonianza di un intera nave.

Cameron si sentiva cosi eccitato, ed era talmente strabiliato per la precisione dell’operazione Hunting, che aveva ormai dimenticato la sua frustrazione per non poter essere sul campo di battaglia.

Ora stava osservando sulla mappa olografica il Wilson che si avvicinava sempre di più alla posizione del Tuatha De Danaan.

In teoria non sarebbe dovuto succedere, ma una piccola modifica effettuata ai meccanismi di regolazione della rotta, avrebbe permesso al Wilson di trovarsi alla distanza giusta per vedere il De Danaan, unico sottomarino nella zona, lanciare un missile contro l’isola del summit, spazzandola via completamente.

Quel colpo mortale, inflitto alla comunità internazionale proprio da chi si era finalmente decisa ad accettare, avrebbe fatto scattare la condanna a morte per la Mithril.

D’altronde Hunting significava caccia: la caccia che in tutto il mondo si sarebbe scatenata contro la Mithril in seguito a questo vile attentato a tradimento.

E grazie a questa caccia, Amalgam avrebbe anche avuto la strada libera per catturare tutti i Whispered del mondo.

Per questo USA e URSS non sarebbero state un problema, perché entrambe le superpotenze sapevano dei Whispered, ma erano ben lontane dal possedere l’elenco di tutti i candidati, come invece lo avevano la Mithril e Amalgam.

La Mithril garantiva un ottimo sistema di protezione, per questo Amalgam non aveva mai potuto fare man bassa, ma una volta tolti di mezzo quei paladini della giustizia, tutti i Whispered sarebbero caduti in mano loro.

“Generale Cameron, il Wilson sta raggiungendo la posizione del De Danaan”.

“Eccellente. Vi siete collegati con i meccanismi di trasmissione del nostro inconsapevole complice?”

“Si, signore”.

“E allora…”

Cameron rimase in silenzio e chiuse gli occhi.

L’operatore, perplesso, lo guardò: “Signore?”

Cameron gli fece cenno di tacere.

Un semplice uomo come lui non avrebbe mai potuto godere della cosiddetta quiete prima della tempesta.

In fondo, è tradizione che i grandi eventi siano preceduti da momenti di assoluto silenzio, come se tutto l’universo, il tempo stesso, si bloccassero in un attesa carica di tensione emotiva.

Passato almeno un minuto, in cui erano udibili solo i flebili ronzii delle svariate apparecchiature che li circondavano, Cameron si passò la lingua sulle labbra.

“Cominciamo!”


“TDD, qui Uruz 1! TDD, qui Uruz 1!”

“Ti sentiamo, Uruz 1. Cosa succede?”

“Dovete subito mandare rinforzi, qui abbiamo un codice 8-1-1! Ripeto, abbiamo un codice 8-1-1!”

L’operatore si rivolse allarmato ai suoi due superiori: “Comandante, rilevo un codice 8-1-1 provenire dall’isola S!”

Sentendo questo, tutti i presenti nella plancia del De Danaan si irrigidirono.

Perché quel codice significava che un attacco nemico si stava svolgendo sull’isola.

“Ma come può essere? Non abbiamo ricevuto alcun segnale sull’avvicinarsi di navi nemiche!” sbottò Mardukas.

“Sto cercando di capirlo, signore” rispose l’operatore addetto al radar.

“Le comunicazioni che arrivano dall’isola sono molto confuse, signore. Ma sembra che dal nulla siano atterrati sull’isola degli AS giganteschi, alti almeno dieci volte il normale. Hanno una corazza molto massiccia, sono di colore rosso…. E…”

L’operatore cercò di capire bene le parole che gli arrivavano attraverso una serie di scariche elettriche.

“… e sono muniti di mitragliatrici di grosso calibro installate sul volto”.

Teletha schioccò le dita: “Ho capito! Sono dei Behemoth! Come quello apparso a Tokyo molti mesi fa”.

“Se le cose stanno cosi, allora le difese dell’isola non hanno scampo. Possono resistere agli attacchi di soldati, mezzi corazzati, elicotteri e AS, ma non di simili bestioni” commentò Mardukas.

“Concordo. Se solo potessimo usare l’Arbalest come l’altra volta” disse con amarezza Teletha.

“Purtroppo il sergente Sagara è a Tokyo, e non abbiamo certo il tempo di farlo venire qui. Vorrei sapere però come quei mezzi giganteschi siano arrivati su quell’isola”.

“Avranno usato l’ECS, per potersi avvicinare indisturbati. Come poi siano riusciti ad atterrare, lo ignoro. Ma adesso non è importante. Ora dobbiamo salvare tutte le personalità presenti sull’isola”.

“Giusto. Cerchiamo di avere un quadro della situazione. Attivate lo schermo satellitare, urge un quadro della situazione” ordinò Mardukas.

Subito dopo sullo schermo principale apparve una mappa vista dall’alto dell’isola.

Verso il centro c’era un quadrato bianco che indicava la sede del summit.

Tutto intorno e sui bordi dell’isola si trovavano dei puntini bianchi che convergevano contro tre punti rossi.

Le forze di difesa dell’isola che attaccavano i Behemoth.

E più questi ultimi si avvicinavano alla sede del summit, più i puntini bianchi scomparivano.

“Uruz 1 comunica che più della metà della forze di difesa è già stata annientata” comunicò accigliato l’addetto alla radio.

“Sono in tre. Ma valgono quanto un esercito” commentò duramente Mardukas.

“Mandare altri AS o altri mezzi sarebbe solo un suicidio” disse accigliata Teletha “Solo l’Arbalest avrebbe qualche possibilità, e non possiamo usarlo. Ordinate ai nostri di dare la priorità all’evacuazione dell’isola. Poi contattate il quartier generale per avere istruzioni ad evacuazione effettuata”.

“Signorsì!”

****

Kurz, seduto nella cabina del suo M9, si stava decisamente annoiando.

Ma la preoccupazione per la sorte della sua sorellina Mao gli impediva di esibirsi in sbadigli e nel suo solito sbuffare.

“Accidenti, sorellina, non pensavo l’avrei mai detto, ma quanto mi mancano i tuoi pugni e le tue reprimende con in bocca la tua immancabile sigaretta”.

“Uruz 6, non distrarti e fa il tuo lavoro”

La voce via radio di Clouzot, alias Uruz 1, lo fece sobbalzare.

Evidentemente Kurz aveva parlato soprapensiero senza accorgersene.

Facendosi purtroppo sentire da quel insopportabile di Clouzot, che per quanto in gamba, proprio non andava giù al giovane tedesco.

Kurz allora continuò il suo giro di pattuglia, incrociando intanto gli altri AS impegnati nella stessa attività.

Nonostante la consapevolezza della posta in gioco, un senso di sicurezza cominciava a diffondersi tra gli uomini della sicurezza, anche se ovviamente nessuno di loro avrebbe abbassato la guardia perché sarebbe stato troppo prematuro.

Il summit era cominciato da quasi mezz’ora e non era successo assolutamente nulla.

****

La situazione sull’isola si faceva sempre più disperata.

Ormai i puntini bianchi che simboleggiavano le forze di difesa erano stati quasi del tutto cancellati, e i Behemoth si avvicinavano lenti ma implacabili al loro obbiettivo.

La tensione era palpabile, e le uniche buone notizie provenivano da Uruz 1.

“Qui c’è un grande caos, ma siamo riusciti a far uscire dal edificio i responsabili del summit. Li stiamo trasferendo alla spiaggia X-3, in attesa di due elicotteri provenienti da una delle navi” comunicò il soldato della Mithril.

L’addetto alla radio riferì le notizie, e allora un certo senso di speranza nacque nella plancia.

Bastava che i mezzi per il rientro raggiungesse la spiaggia prima dei Behemoth, che certamente non si sarebbero limitati a distruggere l’edificio principale.

Mentre i minuti trascorrevano con una lentezza quasi insopportabile, i Behemoth raggiunsero il quadrato bianco e quest’ultimo dopo pochi secondi scomparve, distrutto.

I Behemoth rimasero fermi.

E allora giunse la comunicazione che finalmente gli elicotteri erano giunti alla spiaggia e avevano cominciato rapidamente a raccogliere tutti i delegati.

I Behemoth cominciarono a muoversi verso la spiaggia, ma data la loro lentezza non sarebbero mai arrivati in tempo.

A quel tempo la speranza divenne sollievo.

“Molto bene. Chiamate il quartier generale per sapere cosa fare adesso di quei bestioni” ordinò Teletha.

Dopo pochi secondi giunse la comunicazione dal quartier generale di Sydney.

“Ordinano di lanciare due missili a lunga gittata contro i nemici” disse l’operatore della radio.

“Mi chiedo se sarà sufficiente” commentò Mardukas.

“Gli ordini sono ordini. Ordinate ai soldati sopravvissuti di abbandonare l’isola e preparatevi per il lancio”.

In quello stesso momento Clouzot comunicò che tutti i delegati avevano lasciato l’isola diretti verso una nave americana.

E subito dopo iniziò la smobilitazione delle poche forze di difesa superstiti.


“Ah, perfetto! Perfetto!” esclamò tutto contento Cameron, appena ricevuta la risposta affermativa del sottomarino per il lancio dei missili contro l’isola.

Quegli stupidi del De Danaan erano caduti in pieno nella trappola, e ora avrebbero lanciato due missili contro la sede del summit, con quest’ultimo in pieno svolgimento, distruggendola e credendo di colpire degli inesistenti Behemoth.

Ormai l’operazione Hunting era giunta al suo culmine, e tutta quella lunga preparazione, l’invio di false informazioni satellitari al De Danaan, i sintetizzatori vocali per simulare la voce del loro ufficiale sull’isola, Clouzot, e il totale isolamento radio dai suoi alleati in cui era stato avvolto, avrebbero finalmente dato i suoi frutti.

E per la Mithril sarebbe stata la fine.


“La traiettoria è stata stabilita. Non è rilevato alcun ostacolo lungo il tragitto. Obbiettivo individuato”.

“Grazie all’apporto della marina statunitense, tutti i superstiti delle forze di difesa sono stati evacuati”.

“Bene, prepararsi al lancio” disse infine Teletha.

Sulla parte superiore del Tuatha De Danaan si aprirono due boccaporti blindati.

E due grossi missili di colore bianco cominciarono lentamente ad affiorare.

Nella plancia iniziò il conto alla rovescia.

L’androide osservava impassibile i numeri che a partire da venti scendevano inesorabilmente.

Ogni secondo corrispondeva ad un passo verso la fine della Mithril, cosi come volevano i suoi padroni.

E ritenne che la fase principale della sua missione fosse ormai conclusa.

Ma neppure gli androidi potevano permettersi di cantare vittoria troppo presto, come dimostrò una piccola e improvvisa esplosione nella sala macchina del Tuatha De Danaan, abbastanza potente da far tremare tutto lo scafo del gigante subacqueo.


“Signore, ricevo qualcosa” disse uno degli uomini della Wilson.

Pakula, che contemplava l’orizzonte sconfinato dell’oceano, si avvicinò: “Che cosa?”

“Non ne sono sicuro, signore. Ho rilevato un leggero rombo, simile a quello di un esplosione”.

“E dove?”

“A circa otto chilometri ad est. Il punto di emissione è sott’acqua, ad almeno venti metri di profondità”.

“Un sottomarino dunque”.

“Sembra proprio di si”.

Pakula trovò sospetta la cosa, in quella zona doveva esserci solo la Toy Box.

Forse aveva avuto un incidente a bordo.

Ordinò allora di usare la speciale frequenza criptata fornita dalla Mithril per comunicare col suo sottomarino.

Dall’altra parte giunse la risposta, fornita opportunamente da Amalgam, che a bordo del De Danaan c’era stato un incidente..

Pakula rifletté sulle varie possibilità, infine ordinò di passare dallo stato di allerta di secondo grado a quello di primo grado.

Si fidava della Toy Box, ma non degli incidenti che avvenivano durante le operazioni delicate.

E se c’era una cosa che l’esperienza gli aveva insegnato, era che in qualunque situazione non bisognava mai farsi trovare impreparati.

 

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Capitolo 5
*** 5° Capitolo ***


5° CAPITOLO

“Cos’è stata quell’esplosione?” chiese perplessa Teletha.

“Sembra che ci sia stato un’incidente in sala macchina” riferì uno degli operatori.

“Ci sono vittime?” domandò Mardukas.

“Sembra di no, signore, ma le informazioni che arrivano dalla sala macchine sono molto confuse. C’è un grande caos lì dentro”.

Mardukas si rivolse al suo superiore.

“Che facciamo colonnello?”


“Signore, sembra ci sia un problema sul De Danaan?”

Cameron saltò sulla sedia: “Che cosa?”

“Il nostro androide ci riferisce di un esplosione di tipo sconosciuto nella sala macchine. Stanno ancora valutando i danni. Anche il Wilson l’ha captata, ha chiesto informazioni e i nostri si sono fatti passare per il De Danaan e hanno spiegato che è stato un incidente. Ora però il droide ci chiede come deve comportarsi. Deve proseguire col lancio o andare a stimare i danni?”

Le scelte erano solo due, ma Cameron sapeva che dovevano essere valutate con attenzione: se proseguivano col lancio dei missili, avrebbero scatenato una reazione a catena che sarebbe culminata con la distruzione della Mithril, coronando cosi col successo l’operazione Hunting.

Però tutti sapevano che il colonnello Teletha Testarossa teneva moltissimo al suo equipaggio e alla sua nave, e sarebbe sembrato sospetto un suo totale disinteresse per quella misteriosa esplosione.

E il piano prevedeva che dopo il lancio dei missili, il loro androide guidasse il De Danaan con gli strumenti parzialmente accecati, proprio sotto il Wilson, testimone del lancio dei missili, in modo che venisse affondato dal cacciatorpediniere americano, cancellando cosi ogni traccia della manomissione operata da Amalgam.

Per questo era necessario che la copertura dell’androide restasse integra fino all’ultimo.

Se solo quella misteriosa esplosione fosse avvenuta prima della falsa evacuazione dall’isola, con il colonnello costretto dal falso attacco a restare al suo posto, o dopo il lancio dei missili quando ormai il più era fatto.

Invece adesso, con i delegati ritenuti ormai al sicuro, e i Behemoth che non erano certo in grado di defilarsi alla chetichella, sarebbe stato del tutto normale che il colonnello si prendesse qualche minuto per visionare di persona i danni alla sua nave e al suo prezioso equipaggio.

Quindi, a malincuore, Cameron prese la sua decisione.


“Sospendere il lancio dei missili. Mandare squadre di emergenza sul posto” ordinò Teletha.

Che si alzò dalla sua poltrona.

“Mardukas, a lei il comando”.

L’androide si recò con passo veloce verso la sala macchine.


Nella enorme sala contente il cuore energetico del De Danaan, era tutto un muoversi di uomini che gridavano ordini e indicazioni.

L’aria era piena di fumo bianco, e due uomini muniti di estintori spegnevano alcune fiamme intorno ad un condotto sventrato completamente.

A dirigere con mano sicura quel via vai di uomini, il maggiore Andrei Kalinin.

Che vide arrivare insieme alla squadre di soccorso munite di barelle, il colonnello Testarossa.

“Colonnello, sono qui” la chiamò il russo.

“Maggiore Kalinin, qual è la situazione?” chiese Teletha avvicinandosi.

“Stiamo ancora contando i danni, colonnello. Comunque non sembra essere nulla di grave. E’esploso uno dei condotti secondari per lo scarico di vapore delle turbine di riserva”.

“Be, buono a sapersi. Quello è un sistema accessorio, serve solo quando ci sono problemi alla turbina principale. Ci sono feriti”.

“Nessuno, solo alcuni uomini con qualche graffio”.

“Molto bene. E le cause dell’esplosione?”

“Le stiamo ancora valutando”.

Spente le fiamme, alcuni ingegneri cominciarono ad esaminare il condotto squarciato.

Ed esaminando la posizione delle lamiera contorte e la forma della macchia nera lasciata dall’esplosione, notarono subito qualcosa di strano.

“Maggiore Kalinin, guardi qui”.

Kalinin si avvicinò e guardò il punto indicato dagli ingegneri.

Si accorse subito di quello che avevano notato.

“L’esplosione è partita dall’esterno” commentò il russo.

“Esatto, come se dietro il condotto ci fosse stato un piccolo ordigno. Però è strano, se è stato un atto di sabotaggio, è servito a ben poco. Questo condotto riguarda un sistema non vitale. E poi quell’ordigno non doveva neppure essere molto potente, in fondo ha fatto più rumore che altro”.

Kalinin toccò uno dei bordi lacerati con le dita, e le annusò.

“Questo è odore di esplosivo infatti. Ordini a tutti di stare lontani da congegni e angoli nascosti, in attesa degli artificieri. Penseranno loro a rovistare la sala macchine in cerca di altri ordigni. Io Informo il colonnello” disse Kalinin.

Mentre l’ingegnere comunicava l’ordine del maggiore, quest’ultimo si strofinò le dita sull’altro polsino per pulirsele.

E a quel punto, sulla parte superiore del condotto ci fu una seconda esplosione, non molto forte, più fumo e rumore che altro, che diede il colpo di grazia al condotto già provato facendolo cadere.

“ATTENTI!” gridò qualcuno.

E Kalinin prontamente si gettò su Teletha per spingerla a terra.

Il breve momento di caso provocò un nuovo via vai agitato di uomini nella sala macchine, invaso da altro fumo.

“Sta bene, colonnello?” domandò Kalinin rialzandosi e aiutando Teletha a rimettersi in piedi.

“Si, sto bene. Accidenti, vorrei tanto sapere chi ha provocato tutto questo”.

“Anche io. Sarà meglio sospendere qualunque attività, fino a quando tutti i settori chiave del sottomarino non saranno stati controllati. Ah, colonnello, si è ferito”.

Kalinin notò che c’era un taglio verticale nella camicia di Teletha, nella zona dell’avambraccio destro.

“Oh si. Sarà stata una piccola scheggia, vado subito a cambiarmi” rispose Teletha coprendo lo strappo con l’altra mano.

“Un momento, potrebbe anche essere ferita, mi faccia vedere. Con le schegge non si scherza”.

“Non è necessario” ribatté il colonnello.

“La scheggia potrebbe aver reciso in maniera sottile e impercettibile dei vasi sanguigni”.

“Allora andrò in infermeria”.

“Certo, ma io ho una certa esperienza per ferite di questo tipo, potrei…”

“Per favore, maggiore Kalinin, lei mi sta facendo perdere tempo. Ora andrò subito in infermeria” concluse seccamente Teletha.

“Va bene, colonnello, ma…”

Kalinin fissò come ipnotizzato la mano di Teletha che copriva il taglio, perché da sotto stava sgorgando con la stessa fluidità del sangue un liquido… bianco!

Kalinin e Teletha si guardarono mutamente per un istante.

E un attimo dopo Teletha colpì con un calcio allo stomaco Kalinin facendolo volare all’indietro per alcuni metri.

Colti di sorpresa, gli uomini lì presenti si girarono e fecero giusto in tempo a vedere il colonnello correre via per il corridoio.

Soccorsero subito Kalinin, che si rialzò da solo ed estrasse la pistola.

“Non so cosa stia succedendo, ma quello non è il colonnello Testarossa!”

“Ma… maggiore…c-che dice?” mormorò uno degli ingegneri.

“Ha il sangue bianco! Non so cosa sia, ma credo sia meglio fermarla subito. Ordini l’allarme rosso, isoli tutte le sezioni chiave. Voglio squadre di sorveglianze a presidiarle e comunichi a tutti di armarsi. Se vedono il colonnello Testarossa, devo spararle subito, perché è solo un impostore” ordinò categorico Kalinin andando dietro al nemico.

L’ingegnere era riluttante, poi vide sul pavimento una piccola chiazza bianca, proprio dove stava il colonnello.

Che era scappato come fa un colpevole smascherato.

E poi il colpo che aveva dato al maggiore: da quando in qua il colonnello Testarossa era cosi forte?

Allora fece subito come aveva detto Kalinin.


Le sirene dell’allarme risuonarono per tutto il De Danaan.

“Che succede?” chiese prontamente Mardukas.

“E’ un allarme di tipo I, proveniente dalla sala macchina” gli risposero.

“Che cosa? Ma un allarme di quel tipo significa che c’è una minaccia interna. Cosa può essere?”

L’operatore chiese delucidazioni.

E un attimo dopo impallidì.

“S-signore…. Il maggiore Kalinin sta dando la caccia al colonnello Testarossa… sostiene che è un impostore..”

Tutti nella plancia si guardarono ammutoliti e increduli.

“Che sciocchezze stanno dicendo?” replicò Mardukas perplesso.

“Dicono… dicono che una scheggia ha ferito il colonnello al braccio, e da questa ferita è uscito del sangue… bianco! Il maggiore Kalinin se ne è accorto, il colonnello l’ha colpito mostrando una forza per lei spropositata ed è poi scappata!

Il maggiore ha ordinato di isolare tutte le sezioni chiave, di farle sorvegliare e di armare l’equipaggio per fermare l’impostore”.

Nessuno sapeva cosa dire.

Neppure Mardukas.

Che alla fine sospirò: “Spero tanto di non dovermene pentire”.

Ordinò di eseguire gli ordini di Kalinin, specificando però di sparare solo se veramente necessario, e non alle parti vitali.


Tutte le paratie blindate si chiusero in contemporanea sigillando l’accesso a tutte le zone più importanti, come la plancia, l’hangar e la santabarbara.

La maggior parte dei corridoi comunque erano ancora agibili, per permettere alle squadre di sorveglianza di muoversi.

Kalinin, con passo veloce e sicuro, correva tra questi corridoi, fermandosi ad ogni angolo e controllando con la pistola.

Dell’impostore però nessuna traccia.

I corridoi erano deserti, giusto ogni tanto incontrava qualcuno, anch’esso armato, che gli chiedeva se veramente era il colonnello Testarossa che dovevano stanare.

Kalinin si limitava ad annuire e proseguiva la sua corsa.

Alla fine giunse al corridoio che conduceva alla plancia.

Il corridoio era chiuso, e sorvegliato da ben otto uomini armati di mitra.

“Maggiore Kalinin, ma che sta succedendo?” gli domandò uno dei soldati.

“Non c’è tempo per le spiegazioni. Qui tutto a posto?”

“Sissignore. Lei è il primo che incontriamo qui da quando è scattato l’allarme”.

Kalinin si avvicinò al citofono di un telefono interno.

“Qui è il maggiore Kalinin. Tutto a posto nell’hangar?”

“Si, signore, tutto a posto”.

Kalinin ripeté la chiamata a tutte le zone importanti del sottomarino, ed era tutto in ordine.

Da lì l’impostore non sarebbe mai passato.

Ma se la sua destinazione fosse stata un’altra?


Cameron stava nuovamente esibendo la sua conoscenza del vocabolario esclusivo dei marines.

Gli era appena stato comunicato che il loro androide era stato smascherato, e che ora tutto il De Danaan gli stava dando la caccia.

Passato il momento peggiore della sfuriata, Cameron, ancora rosso in viso per la rabbia, tornò a sedere.

Cercò di calmarsi, pensando al fatto che Mr. Silver aveva elaborato quel piano pensando a qualunque evenienza.

Quindi anche a come fare nel caso il falso colonnello venisse scoperto prima del previsto.

“Scatta il piano B. E ordinate all’angelo della guerra di tenersi pronta ad intervenire subito dopo”.


Due uomini dell’equipaggio, armati di mitra, stavano passando in quel momento davanti all’ufficio del colonnello Testarossa.

Anche loro increduli come gli altri, non riuscivano a credere che la ragazza coraggiosa e responsabile che spesso lavorava fino a tardi lì dentro, fosse diventato un nemico.

“Ma tu ci credi?” domandò uno dei due all’altro.

“Non ci crederei neppure se lo vedessi, ma se gli ordini sono questi…”

“Meno male che non dobbiamo sparare per uccidere, perché uccidere il colonnello Testarossa mi sarebbe impossibile.”

“Anche per me”.

Proseguirono lungo il corridoio fino a svoltare all’angolo.

Improvvisamente uno dei due ebbe un sussulto e uno sbocco di sangue.

E l’altro con orrore si accorse che una mano da dietro aveva passato da parte a parte il petto del suo amico, che si accasciò al suolo inerte.

L’altro scattò in avanti ed incespicò cadendo a terra.

Il suo orrore aumentò quando vide l’assassino: il colonnello Testarossa.

La ragazza lo fissava in un modo davvero anomalo per la sua inespressività.

Il braccio sinistro era impregnato dal sangue fresco della sua vittima.

“Oh mio Dio! Oh mio Dio!” ripeté il soldato.

Che prese l’arma e sparò alcuni colpi, mirando alle gambe.

Il colonnello incassò quei colpi senza battere ciglio nei polpacci e nelle ginocchia.

E dalle ferite sgorgò del sangue bianco.

“Ma…. Ma non è umana!!!” esclamò allora l’uomo sparando all’impazzata.

Altre ferite si aprirono sul torace di Teletha, altro sangue bianco sprizzò e niente più.

A quel punto l’androide balzò sull’uomo e con un calcio al collo glielo spezzò di netto, mandando poi il corpo a sbattere violentemente contro la parete.

Lasciando dietro di se una scia bianca, l’androide si recò nel suo ufficio, entrò e si diresse alla cassaforte.

Compose la combinazione e tirò fuori il suo computer portatile, posandolo sulla scrivania.

Compose un codice e fece per premere il pulsante di invio.

Quando alcune raffiche di mitragliatrice si abbatterono sull’androide, che rapidamente fece cadere il computer a terra.

Altre raffiche di mitra colpirono l’androide, che cercò di reagire saltando sulla scrivania per balzare addosso al nemico, ma il suo assalitore, dopo averla crivellata al petto, passò alla testa.

Un infinità di buchi si aprirono nella testa dell’androide, facendo sprizzare ovunque sangue bianco.

I colpi risuonarono incessanti nella stanza, finché il falso colonnello non stramazzò davanti al suo nemico.

Il maggiore Kalinin.

Il russo aveva capito che, siccome l’impostore non si faceva vedere in nessun punto chiave, allora doveva avere un qualche asso nella manica.

E dopo la plancia il luogo più frequentato dal colonnello era il suo ufficio.

Kalinin esaminò cosa era rimasto dell’essere: il corpo era ancora grosso modo intatto, ma il viso era un macello: inondato da quel liquido bianco e pieno di buchi.

Impossibile pensare che fino a poco prima quel ammasso devastato aveva le delicate fattezze di Teletha Testarossa.

Per sicurezza l’ufficiale russo prese la sua pistola e rifilò all’impostore altri tre colpi in testa.

Kalinin poi recuperò il portatile, guardandosi bene dal premere qualche tasto.

Uscì dall’ufficio raggiungendo un altro citofono interno.

“Qui Kalinin al ponte di comando, ho neutralizzato il nemico. Mandate subito un tecnico informatico e due barelle, ci sono due vittime purtroppo”.

Improvvisamente un rumore lo fece voltare.

E una mano bianca lo spinse violentemente indietro.

Un’altra gli sottrasse il portatile.

“Maledizione!” imprecò in russo Kalinin.

L’androide si era rimesso in piedi!

E tra le ciocche di capelli argentei, su quel viso devastato, si vedeva un occhio che si muoveva ancora!

L’androide era consapevole della sua incredibile resistenza e che le pallottole non potevano distruggerlo completamente, quindi aveva buttato a terra il portatile per impedire che venisse distrutto, in attesa di un momento adatto.

Kalinin prese la sua pistola, mirando però al portatile.

Il grilletto e il pulsante di invio vennero premuti contemporaneamente.


Pakula stava ancora controllando il mare davanti a se.

Dopo quella misteriosa esplosione, non era accaduto più niente.

E forse si era trattato davvero di un semplice incidente.

Quando improvvisamente qualcosa eruppe dal mare a circa otto chilometri di distanza dal Wilson.

Sobbalzando Wilson scrutò col binocolo quel qualcosa che era uscito dal mare e ora puntava verso il cielo.

“Oh…. Santo cielo…” mormorò sbiancando.

Erano due missili.

 

Continua…

 

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