Intro

di Raeiki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro n°1 - Artista ***
Capitolo 2: *** Intro n°2 - Colibrì ***
Capitolo 3: *** Intro n°3 - Fratelli ***
Capitolo 4: *** Intro n°4 - Vendicatore ***



Capitolo 1
*** Intro n°1 - Artista ***


Filmato della telecamera di sicurezza di un parcheggio, America 6.

Urla. Urla strazianti aprono il video, insieme a un fastidioso statico che appare a intervalli. 
Dopo qualche secondo di urla e colpi violenti, una figura entra nell'inquadratura strisciando a terra, trascinandosi per le braccia e lasciando dietro di lui una scia di sangue. 

"TI PREGO! TI PREGO! NON TI HO FATTO NULLA! TI PREGO, LASCIAMI STARE!" 
Una voce fuoricampo urla: "ZITTO! TACI, INTERROMPI IL RITMO, ZITTO!"

La stessa voce fuori campo canticchia un motivetto, reso irriconoscibile dall'audio disturbato della registrazione.

"Non hai apprezzato la mia arte...bah, tutti uguali voi produttori moderni. Non capite nulla di musica...non capite nulla di cosa è la VERA musica."

L'uomo che striscia volta la testa verso l'aggressore: "T-tu...tu..."
"Io? Oh, io sono la perfetta fusione tra artista e arte stessa. SONO UN GENIO UNICO NEL MIO GENERE, CAPISCI?! Ma tu, misero idiota..."

L'aggressore entra nell'inquadratura: una maschera nera copre metà della sua faccia, lasciando scoperta solo la bocca. Capelli lunghi, vestiti neri senza nulla di particolare. Muove la mano destra come a imitare la bacchetta di un direttore d'orchestra, e nella sinistra stringe un oggetto metallico che lascia strisciare a terra, simile a una chitarra. Osservando meglio la registrazione, si può notare che l'oggetto in questione è effettivamente una chitarra circondata da una sorta di esoscheletro di ferro, sottile e affilato. 

L'assalitore colpisce violentemente la schiena della vittima per tre volte, canticchiando ad alta voce il motivetto. Poi si abbassa verso la sua testa, e gli dice qualcosa di appena comprensibile:
"...tu puoi chiamarmi Reese, l'Artista." 
L'assalitore si allontana suonando la sua chitarra e continuando a cantare il motivetto, finchè non esce dall'inquadratura. 

Dopo qualche secondo di statico ritorna indietro, si ferma guardando dritto nell'obbiettivo della telecamera, e fa un inchino dicendo: "Grazie pubblico, questa sera siete stati veramente calorosi. Ci rivedremo presto...spero." 

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Capitolo 2
*** Intro n°2 - Colibrì ***


"Ricorda Colibrì, sii sempre più veloce. Per quanto forte gli altri ti colpiscano, tu devi essere abbastanza rapido da schivarli e contrattaccare prima che capiscano i tuoi movimenti. Devi essere indecifrabile, intoccabile. Ricordalo sempre, Colibrì."

Non smetteva mai di ricordarglielo. Gordon "God" Lee era il migliore in quello che faceva, quindi era meglio ascoltare i suoi consigli. Subito dopo di lui si trovava il suo migliore allievo, che aveva sempre trattato come un figlio. Il ragazzino più veloce, più freddo e calcolatore che abbia mai messo piede nel suo dojo. 
Jésus Roberto Alvarez era orfano dalla nascita, e secondo i documenti della polizia il resto della sua famiglia era morta a causa di una lunga faida con un'organizzazione criminale sudamericana. Gordon Lee era un grande amico del padre del ragazzino, e prese sotto la sua custodia Jésus. 
 

Lee si guadagnò il soprannome di "God" nei vari dojo sparsi per l'America grazie alla sua inarrivabile bravura nel jeet kune do. Il suo idolo e "mentore" ideologico nel corso dei suoi insegnamenti era ovviamente Bruce Lee, inventore dell'arte marziale. 
Da quando aveva iniziato a praticare, Jésus si era sempre mostrato impeccabile in ogni allenamento, fisico o psicologico. Era noto per la sua velocità anomala, che portava i suoi compagni e il suo maestro a chiamarlo il Colibrì. 

Dopo la morte prematura del maestro, presumibilmente a causa dei criminali responsabili della strage della famiglia Alvarez, Jésus sparì dalla circolazione per tre anni. Tornò sui dossier della polizia improvvisamente, con il nome di Lee Jesus. 
Attualmente lavora per un cartello criminale rivale dell'associazione che uccise i suoi e il suo maestro. Le forze dell'ordine sono sulle sue tracce da quando è tornato in circolazione. 

America 2, quartiere periferico

"La vedi la fabbrica laggiù, Jesus? Sono lì dentro. Non tutti, ma il loro capo c'è di sicuro. La spia ha parlato ed è ancora nella nostra base, se ha mentito la faranno fuori i ragazzi. Pensi di farcela?"
"Io sono assolutamente sicuro di farcela. Sarà uno scherzo."
Il criminale abbassò il binocolo, guardando il suo compagno: "Lee, secondo me fai troppo affidamento all'avatar."
Lee Jesus si mise l'antiproiettile e i tirapugni di ferro con l'aggiunta di una spina dello stesso materiale per ogni nocca, per rendere i suoi pugni letali al 100%, e rispose senza distogliere lo sguardo dalla fabbrica in lontananza: "È da quando hanno ucciso anche il maestro che aspetto questo momento, Wade. Sono un pericolo per loro anche senza avatar, figuriamoci con."
Wade scosse la testa ridacchiando: "Tsk...borioso figlio di puttana. Dai, ti aspetto qui. Ricorda, se è una trappola torna indietro, non fare l'eroe."

Eroe...
Lee pensò a quella parola per tutto il tragitto. Che cos'era lui? Un semplice criminale? No, lui si considerava più un giustiziere. Si era sempre ripromesso che tutto ciò che faceva era a fin di bene, e che una volta ucciso il capo dei Rojos si sarebbe ritirato. Si fermò davanti al portone: era davvero così sicuro di sé? In ogni caso era tardi per porsi quel genere di domande, quindi si tirò il cappuccio coprendo i capelli corti e castani e mise la bandana verde davanti alla bocca. Colpì la porta con un calcio, aprendola al primo tentativo. Non era bloccata? Strano.
Entrò e azionò l'interruttore di fianco a lui, accendendo le luci. Almeno venti persone emersero dal buio, le armi puntate contro di lui. Al piano superiore un uomo vestito elegantemente sorrideva: "A quanto pare sei venuto davvero, Colibrì. Come va la vita?"
Lee si chiuse la porta alle spalle: "Non scapperai.". Gli uomini risero, e il loro capo fece lo stesso: "Oh, diamine, non riuscirò a scappare dal moscerino con i tirapugni. Aspetta, e questi chi sono? Giusto, i miei venti uomini armati di mitra che ti bucheranno come un colapasta. Fai la tua mossa, Alvarez."

Lee squadrò gli uomini uno a uno, e per lui il tempo sembrò rallentare. 
"Sii sempre più veloce."
Scattò contro quello più vicino coprendo la distanza di almeno tre metri in un battito di ciglia. Sferrò un pugno tra il collo e il petto dell'uomo conficcando le spine nella carne. Tempo: 2 secondi tondi. Giusto il tempo che avevano gli altri per reagire. 
fecero fuoco all'unisono, ma Lee spostò il criminale davanti a sé usandolo come scudo. Caricò in avanti, per poi scattare su un altro criminale. Colpì un occhio con la mano destra e con la sinistra prese il mitra, sparandogli in testa. Tempo: 5 secondi. I primi protiettili iniziarono a conficcarsi nell'antiproiettile, doveva finire in fretta. 

Il suo avatar non aveva grandi equipaggiamenti: solo un antiproiettile spesso e due tirapugni. L'unica caratteristica che lo distingueva era la sua velocità. Non era una velocità prolungata, come in una corsa, erano più scatti compiuti in spazi di tempo brevissimi. La stessa cosa valeva per i suoi colpi di arti marziali. Una scarica di pugni di Lee Jesus era l'equivalente della smitragliata di un fucile d'assalto. Con meno rumore. 
 

Il Colibrì era abituato a movimenti molto più veloci intorno a lui, e si era allenato a coglierli tutti. Durante i combattimenti era come se il tempo rallentasse abbastanza per farlo pensare a cosa fare per difendersi o attaccare. Vide una fila di uomini davanti a lui, e gli scagliò contro il cadavere per creare scompiglio; appena vide i suoi bersagli abbassare lo sguardo alzò il mitra sparando alle loro teste come in un tiro al bersaglio. Le colpì tutte sbagliando l'ultima: errore imperdonabile. Tempo: 8 secondi. Scattò verso il sopravvissuto colpendolo con un pugno alla tempia: sentì il cranio distrutto dall'impatto. Non gli interessavano gli altri, solo il capo. Saltò su una colonna e si diede una spinta verso la scala. Corse di sopra inseguendo il capo dei Rojos, che stava entrando in una sorta di cabina: Lee saltò contro la porta calciandola con entrambi i piedi, e il criminale fu sbalzato a terra. Il Colibrì fu più veloce ad alzarsi, e si avventò contro l'uomo a terra, alzandolo per la collottola. Prima che la vittima potesse dire qualcosa, lui la colpì allo stomaco con tutta la sua forza. Il pugno fu seguito da molti altri, un numero incalcolabile a causa dell'elevatissima velocità con cui furono sferrati. L'ultimo fu diretto al viso, frantumato dalla violenza del tirapugni. Appena il capo fu a terra, Lee lo squadrò, per poi guardare il suo operato dalla finestrella della cabina. Tempo: 25 secondi. Non era riuscito a battere il suo record di 20, peccato. Fuggì dalla fabbrica dopo aver ucciso i restanti criminali, per poi tornare da Wade: "Non hai battuto il record, ma non ti smentisci mai. Allora?"
"Era una trappola, fate fuori la spia."
Wade sbuffò: "Va bene, ma perchè non sei tornato prima come ti avevo detto?"
Lee lo guardò per un attimo, poi sorrise: "Flores è morto."

Il suo lavoro era finito, ma il cartello non lo avrebbe lasciato andare così facilmente. Ma, nel caso, dove sarebbe andato? Non aveva più nè una famiglia, nè un maestro. Quindi preferì rimanere con i suoi colleghi, almeno fino a quando non avrebbe trovato il modo per andarsene. 

Era solo questione di tempo.

"Ricorda Colibrì, sii sempre più veloce. Per quanto forte gli altri ti colpiscano, tu devi essere abbastanza rapido da schivarli e contrattaccare prima che capiscano i tuoi movimenti. Devi essere indecifrabile, intoccabile. Ricordalo sempre, Colibrì."

Non smetteva mai di ricordarglielo. Gordon "God" Lee era il migliore in quello che faceva, quindi era meglio ascoltare i suoi consigli. Subito dopo di lui si trovava il suo migliore allievo, che aveva sempre trattato come un figlio. Il ragazzino più veloce, più freddo e calcolatore che abbia mai messo piede nel suo dojo. 
Jésus Roberto Alvarez era orfano dalla nascita, e secondo i documenti della polizia il resto della sua famiglia era morta a causa di una lunga faida con un'organizzazione criminale sudamericana. Gordon Lee era un grande amico del padre del ragazzino, e prese sotto la sua custodia Jésus. 
 

Lee si guadagnò il soprannome di "God" nei vari dojo sparsi per l'America grazie alla sua inarrivabile bravura nel jeet kune do. Il suo idolo e "mentore" ideologico nel corso dei suoi insegnamenti era ovviamente Bruce Lee, inventore dell'arte marziale. 
Da quando aveva iniziato a praticare, Jésus si era sempre mostrato impeccabile in ogni allenamento, fisico o psicologico. Era noto per la sua velocità anomala, che portava i suoi compagni e il suo maestro a chiamarlo il Colibrì. 

Dopo la morte prematura del maestro, presumibilmente a causa dei criminali responsabili della strage della famiglia Alvarez, Jésus sparì dalla circolazione per tre anni. Tornò sui dossier della polizia improvvisamente, con il nome di Lee Jesus. 
Attualmente lavora per un cartello criminale rivale dell'associazione che uccise i suoi e il suo maestro. Le forze dell'ordine sono sulle sue tracce da quando è tornato in circolazione. 

America 2, quartiere periferico

"La vedi la fabbrica laggiù, Jesus? Sono lì dentro. Non tutti, ma il loro capo c'è di sicuro. La spia ha parlato ed è ancora nella nostra base, se ha mentito la faranno fuori i ragazzi. Pensi di farcela?"
"Io sono assolutamente sicuro di farcela. Sarà uno scherzo."
Il criminale abbassò il binocolo, guardando il suo compagno: "Lee, secondo me fai troppo affidamento all'avatar."
Lee Jesus si mise l'antiproiettile e i tirapugni di ferro con l'aggiunta di una spina dello stesso materiale per ogni nocca, per rendere i suoi pugni letali al 100%, e rispose senza distogliere lo sguardo dalla fabbrica in lontananza: "È da quando hanno ucciso anche il maestro che aspetto questo momento, Wade. Sono un pericolo per loro anche senza avatar, figuriamoci con."
Wade scosse la testa ridacchiando: "Tsk...borioso figlio di puttana. Dai, ti aspetto qui. Ricorda, se è una trappola torna indietro, non fare l'eroe."

Eroe...
Lee pensò a quella parola per tutto il tragitto. Che cos'era lui? Un semplice criminale? No, lui si considerava più un giustiziere. Si era sempre ripromesso che tutto ciò che faceva era a fin di bene, e che una volta ucciso il capo dei Rojos si sarebbe ritirato. Si fermò davanti al portone: era davvero così sicuro di sé? In ogni caso era tardi per porsi quel genere di domande, quindi si tirò il cappuccio coprendo i capelli corti e castani e mise la bandana verde davanti alla bocca. Colpì la porta con un calcio, aprendola al primo tentativo. Non era bloccata? Strano.
Entrò e azionò l'interruttore di fianco a lui, accendendo le luci. Almeno venti persone emersero dal buio, le armi puntate contro di lui. Al piano superiore un uomo vestito elegantemente sorrideva: "A quanto pare sei venuto davvero, Colibrì. Come va la vita?"
Lee si chiuse la porta alle spalle: "Non scapperai.". Gli uomini risero, e il loro capo fece lo stesso: "Oh, diamine, non riuscirò a scappare dal moscerino con i tirapugni. Aspetta, e questi chi sono? Giusto, i miei venti uomini armati di mitra che ti bucheranno come un colapasta. Fai la tua mossa, Alvarez."

Lee squadrò gli uomini uno a uno, e per lui il tempo sembrò rallentare. 
"Sii sempre più veloce."
Scattò contro quello più vicino coprendo la distanza di almeno tre metri in un battito di ciglia. Sferrò un pugno tra il collo e il petto dell'uomo conficcando le spine nella carne. Tempo: 2 secondi tondi. Giusto il tempo che avevano gli altri per reagire. 
fecero fuoco all'unisono, ma Lee spostò il criminale davanti a sé usandolo come scudo. Caricò in avanti, per poi scattare su un altro criminale. Colpì un occhio con la mano destra e con la sinistra prese il mitra, sparandogli in testa. Tempo: 5 secondi. I primi protiettili iniziarono a conficcarsi nell'antiproiettile, doveva finire in fretta. 

Il suo avatar non aveva grandi equipaggiamenti: solo un antiproiettile spesso e due tirapugni. L'unica caratteristica che lo distingueva era la sua velocità. Non era una velocità prolungata, come in una corsa, erano più scatti compiuti in spazi di tempo brevissimi. La stessa cosa valeva per i suoi colpi di arti marziali. Una scarica di pugni di Lee Jesus era l'equivalente della smitragliata di un fucile d'assalto. Con meno rumore. 
 

Il Colibrì era abituato a movimenti molto più veloci intorno a lui, e si era allenato a coglierli tutti. Durante i combattimenti era come se il tempo rallentasse abbastanza per farlo pensare a cosa fare per difendersi o attaccare. Vide una fila di uomini davanti a lui, e gli scagliò contro il cadavere per creare scompiglio; appena vide i suoi bersagli abbassare lo sguardo alzò il mitra sparando alle loro teste come in un tiro al bersaglio. Le colpì tutte sbagliando l'ultima: errore imperdonabile. Tempo: 8 secondi. Scattò verso il sopravvissuto colpendolo con un pugno alla tempia: sentì il cranio distrutto dall'impatto. Non gli interessavano gli altri, solo il capo. Saltò su una colonna e si diede una spinta verso la scala. Corse di sopra inseguendo il capo dei Rojos, che stava entrando in una sorta di cabina: Lee saltò contro la porta calciandola con entrambi i piedi, e il criminale fu sbalzato a terra. Il Colibrì fu più veloce ad alzarsi, e si avventò contro l'uomo a terra, alzandolo per la collottola. Prima che la vittima potesse dire qualcosa, lui la colpì allo stomaco con tutta la sua forza. Il pugno fu seguito da molti altri, un numero incalcolabile a causa dell'elevatissima velocità con cui furono sferrati. L'ultimo fu diretto al viso, frantumato dalla violenza del tirapugni. Appena il capo fu a terra, Lee lo squadrò, per poi guardare il suo operato dalla finestrella della cabina. Tempo: 25 secondi. Non era riuscito a battere il suo record di 20, peccato. Fuggì dalla fabbrica dopo aver ucciso i restanti criminali, per poi tornare da Wade: "Non hai battuto il record, ma non ti smentisci mai. Allora?"
"Era una trappola, fate fuori la spia."
Wade sbuffò: "Va bene, ma perchè non sei tornato prima come ti avevo detto?"
Lee lo guardò per un attimo, poi sorrise: "Flores è morto."

Il suo lavoro era finito, ma il cartello non lo avrebbe lasciato andare così facilmente. Ma, nel caso, dove sarebbe andato? Non aveva più nè una famiglia, nè un maestro. Quindi preferì rimanere con i suoi colleghi, almeno fino a quando non avrebbe trovato il modo per andarsene. 

Era solo questione di tempo.

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Capitolo 3
*** Intro n°3 - Fratelli ***


Terzo dossier dei ricercati in zona rossa, ovvero pericolosi. Questa volta si tratta di due persone, tra loro parenti. I nomi sono Makura Onewaka e Shingen Onewaka. Nazionalità giapponese, figli di Hazamaru Onewaka, capo di un gruppo della Yakuza in America 8. 

Pare che i due siano dei rinnegati e si siano ribellati al loro stesso padre uccidendolo, trovandosi di conseguenza addosso tutta la mala giapponese nelle Americhe. Però c'è qualcosa di particolare sul loro conto. E l'interrogatorio di uno dei criminali sopravvissuti a un loro assalto ce lo racconta.

"Beh, i due fratelli Onewaka erano...intoccabili. Sia nel gruppo che fuori. Tutti conoscevano la loro importanza, o meglio, l'importanza di Hazamaru, quindi nessuno osava avvicinarsi. Il giorno della ribellione ero presente, ed è stato uno spettacolo agghiacciante. 
Hazamaru aveva scoperto dei piani a suo danno escogitati dal figlio maggiore, Shingen, e per punirlo in modo esemplare davanti agli altri sottoposti gli ha tagliato un braccio. Makura è impazzito dalla rabbia e attaccò suo padre. Sa, la sua arma erano dei cestus pesanti...ma si, dei guanti da combattimento appesantiti da parti in metallo. Makura è molto più robusto rispetto a Shingen, quindi non ha problemi a maneggiarli.

Insomma, Makura ha attaccato Hazamaru, e Shingen gli venne dietro con un braccio solo. Il vecchio morì prima di una reazione di noi altri: eravamo pietrificati. Io non attaccai, ero terrorizzato dalla furia cieca di Makura, e pensai a scappare.
Qualche tempo dopo sono venuti a farci visita, ed erano cambiati. Il braccio destro mancante di Shingen era stato sostituito da un arto meccanico, e il sinistro di Makura era coperto anch'esso da un esoscheletro d'acciaio. Le armi erano le stesse: la Kami Katana di Shingen, una katana tradizionale della famiglia Onewaka, e i Kami Cestus di Makura. Però...lì iniziò il vero incubo. I due strinsero i pugni di ferro nello stesso istante, e...*pausa di qualche secondo, l'interrogato non riesce a continuare. Appena si riprende continua il racconto*

Scusate...dicevo. Strinsero i pugni di ferro e si creò in qualche modo arcano un'armatura intorno a loro. Dal nulla! Un'armatura meccanica creata dal nulla! Subito non mi spiegai il fatto, ma poi ricordai di un programma di cui mi avevano parlato prima della ribellione, che consentiva all'utente di portare in vita il proprio avatar. Volevano usare quello per uccidere Hazamaru. Cosa? Il nome...uhm...No, mi dispiace, ma non riesco a ricordarlo.
È tutto? Posso tornare a casa adesso?"

Bassifondi di Campbell, America 8.

"Fantastico, Shin! Sapevo che questo Login 'n Kill non ci avrebbe delusi." 
Shingen Onewa premette l'interruttore sul braccio e l'armatura si ritirò: "Già, Maku. Se solo fossimo riusciti a usarlo prima, magari il mio braccio..."
"Non pensarci, fratello...". Makura diede una pacca sulla spalla all'altro: "Piuttosto ora guardiamoci le spalle. Probabilmente la polizia inizierà a cercarci, se non ha già iniziato."
"Si, probabile. E poi non so, ma...ho un brutto presentimento riguardo a questo sito."
Makura fece un'espressione accigliata: "In che senso?"
Shingen guardò un punto indeterminato, con lo sguardo cupo: "Non so...come se qualcuno ci stesse controllando tramite esso. Come hai detto tu prima...
...Guardiamoci le spalle." 

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Capitolo 4
*** Intro n°4 - Vendicatore ***


A tutti prima o poi viene strappato via qualcosa. Inevitabilmente, sempre, è il corso della vita.
Anche a Caleb Ray era stato strappato qualcosa. Non c'era notte senza incubi da quel giorno. Non fece che pensarci, e ripensarci, per giungere sempre alla stessa conclusione: la colpa era soltanto sua. 
Ma il suo errore non sarebbe stato irreversibile, avrebbe finto il suo...no, il LORO lavoro. 

Mentre camminava verso la casa abbandonata la sua mente ripercorreva cosa era successo quel giorno: era insieme a Joseph, suo migliore amico e fratello spirituale da ormai molto tempo. Il loro gruppo usava gli avatar di quello strano sito per compiere razzie e fare casini in città. "Un branco di sciacalli in cerca di fama e soldi", così li aveva definiti lo stesso Joseph. Lui e Caleb erano sempre più restii nel partecipare ai colpi o nella collaborazione con il resto della compagnia. Finché un terzo non comunicò loro che il capo, Stan Wilder, aveva deciso di ucciderli per non rallentare il gruppo. Ovviamente la spia fu scoperta e uccisa subito, ma i due ebbero tempo di scappare e nascondersi: così avrebbero avuto tutto il tempo di escogitare un piano per fermare i loro aggressori. 

"Cal, nel caso non dovessimo farcela, tu scappa. Non pensare ad altro se non a scappare e a rifugiarti. Sei più giovane, hai più vita da vivere...". Joseph ridacchiò e si accese una sigaretta. Lui aveva 25 anni, mentre Caleb 19. 
"Non dire stronzate, Joe. Noi li faremo fuori e ce ne andremo da questa situazione di merda."
Il ragazzo più grande guardò l'amico e sorrise: "Sei proprio testardo."
Sentirono violenti colpi alla porta, che stava per cedere. Caleb tirò fuori le sue armi; erano due tonfa neri, bastoni simili a manganelli con una punta sulla base per poter infilzare gli avversari. Joseph invece prese il suo fedelissimo pugnale, e si preparò a usare l'arma segreta del suo avatar. 
La porta fu sfondata dopo qualche secondo ed entrarono delle persone armate seguite da Stan Wilder in persona: "USCITE! LO SO CHE SIETE QUI!". Joseph si alzò dal suo nascondiglio e si parò davanti al gruppo di persone. In un attimo studiò la situazione: davanti al capo c'erano i più grossi, e dietro i tiratori. Erano organizzati come sempre, non c'erano variazioni. Joseph ghignò: "Stan, sei prevedibile come sempre.". Il ragazzo aprì la sua giacca di scatto rivelando agli avversari due bombole all'interno, che si aprirono rilasciando un gas lacrimogeno. Aveva guadagnato un po' di tempo. Richiuse la giacca, non poteva finire tutto il gas. Ne aveva bisogno per eventuali emergenze dopo. I quattro colossi si chiusero intorno al capo per difenderlo; Joseph scagliò il pugnale in mezzo agli occhi del primo, per raccoglierlo e scattare dietro di loro. Sentì degli spari confusi in mezzo al fumo, quindi si calò il visore termico e uccise due dei tiratori evitando più proiettili possibili. Uno lo colpì a una spalla e l'altro alla gamba sinistra. 

Caleb uscì allo scoperto, colpendo in pieno viso due dei colossi con i tonfa, e uccidendo il terzo conficcando entrambe le lame al limite del bastone nel suo stomaco. Corse direttamente verso Wilder, ma fu bloccato dai due colossi che si erano ripresi. Il capo gli puntò la pistola alla testa, e Joseph li vide: "NO!". Si lanciò verso Wilder placcandolo e gettandolo a terra, ma il capo alzò il braccio armato verso di lui sparandogli tre colpi, che purtroppo andarono tutti a segno. Joseph sputò sangue: "M-merda...". Cadde a terra sanguinante sotto gli occhi di Caleb, che urlò con tutto il suo fiato. Senza farsi vedere, il morente Joseph prese una delle due bombole e ci piantò il pugnale dentro con le forze rimanenti. La bombola esplose in una nuvola di fumo densissimo, e i due gorilla lasciarono andare Caleb per coprirsi gli occhi. Joseph balbettò con la poca voce rimasta: "Ricorda...quello che...ti ho...detto...prima...". Caleb ricordò: scappare in caso uno dei due non ce l'avesse fatta. Con le lacrime agli occhi si voltò e scappò dall'edificio, sentendo delle voci dietro di lui. 

Caleb guardò l'abitazione abbandonata. Il suo avatar aveva subito delle modifiche in ricordo del suo migliore amico, ed era pronto a testarle sui suoi avversari. Era riuscito a rapire uno del vecchio gruppo, e torturandolo aveva scoperto il nascondiglio di Wilder. 
Sfondò la porta con un calcio. I presenti si voltarono allarmati verso di lui; erano tutti armati, e in mezzo a loro uno stupefatto Stan Wilder si alzò in piedi: "Sei venuto al macello, Caleb?"
Il ragazzo restò impassibile. Cominciò a camminare in direzione del capo, e ovviamente tutti cominciarono a sparagli. Ma nemmeno un colpo andò a segno. Infatti la giacca dell'avatar di Caleb se attivata rilasciava un campo magnetico che deviava i proiettili appena si avvicinavano a lui. Prese le due bombole di gas, che aprì e gettò a terra. Appena la fitta nebbia si alzò, lui si abbassò il visore sugli occhi, che si illuminò di rosso. Cominciò a correre verso Wilder, colpendo e uccidendo tutti gli ostacoli che gli si paravano davanti. Roteava i tonfa a una velocità incredibile, spezzando le ossa degli avversari. Aveva circa un minuto di tempo prima che le bombole si svuotassero del tutto. Il visore notò che Wilder stava cercando di scappare da un'uscita sul retro, e Caleb lo inseguì. Appena fu abbastanza vicino gli colpì la gamba con il tonfa facendolo cadere a terra. Lo colpì un paio di volte alla schiena per sfizio, per poi voltarlo. Cadendo di faccia si era rotto il naso, e la sua faccia era piena di sangue. 
"C-Caleb, ascolta, ASCOLTAMI, EHI! SIAMO COLLEGHI ALLA FINE!"
Caleb Ray si abbassò portando la faccia vicina a quella di Wilder: "No, non lo siamo. Non da quando hai ucciso Joe."
"Era legittima difesa, ha cercato di uccidermi prima lui! Ascolta, possiamo collaborare, posso darti un altro partner, dimentica il tuo passato, Cal! DIMENTICA IL TUO PASSATO!"
Caleb posò a terra i due tonfa e prese dalla tasca della giacca un oggetto: era il pugnale di Joseph, che era riuscito a recuperare scappando dalla casa quel giorno. 
"Non ho molto tempo, adesso. Il passato, dici? Pensa, sarà proprio il passato a ucciderti. Lui avrebbe sicuramente voluto che fosse stata la sua lama a ucciderti. Lo accontenterò."
Wilder urlò ancora qualche supplica, ma Caleb conficcò più volte il coltello nel petto dell'avversario, fino a raggiungere il cuore. Lo tirò fuori dalla carne del capo deceduto, e scappò da una finestra.

Non era finita, lo avrebbero cercato e lo avrebbero fatto fuori. Ma dopo un centinaio di metri qualcuno lo fermò. Aveva un elmo di ferro, di un rosso scolorito, e le cifre 6 e 1 scritte sui due lati. La sua pelle aveva una carnagione strana, grigiastra, e aveva due braccia robotiche oltre a quelle normali. Le sue mani sembravano fatte di un materiale strano, simile al diamante ma di un rosso spento, simile al sangue raggrumato. Quando parlò, la sua voce resa robotica dall'elmo fece rabbrividire Caleb: "Caleb Ray, giusto? Ho visto le potenzialità del tuo avatar. Niente male. Sai, anch'io una volta lo ero, ma adesso sono qualcosa di...di più, ecco. Oh, non mi sono presentato...mi chiamo 61, e ho un affare da proporti. Scommetto che vuoi liberarti di quei criminali una volta per tutte, no?"
Caleb annuì, facendo un breve passo indietro. 61 incrociò le braccia normali, e rispose: "Beh, posso aiutarti. Anzi, la mia organizzazione può. Siamo la Legione, un gruppo organizzato che raccoglie gli avatar più forti nelle Americhe e li raggruppa. Possiamo aiutarti nel tuo progetto, Caleb."
Il ragazzo indietreggiò di un altro passo: "Spiacente, 61, ma lavoro da solo."
Il virus abbassò la testa: "Capisco. In ogni caso, se sarai interessato tornerò. E credimi..."
Si voltò e iniziò a camminare: 

"...ne avrai bisogno. Molto, molto presto."

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