Cold Night -Vkook Collection

di Dihanabi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cold Night - Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** 4D Alien ***
Capitolo 3: *** Laugh and Coffè ***
Capitolo 4: *** The sounds of our kisses ***
Capitolo 5: *** Your smile. Your voice ***
Capitolo 6: *** Di sogni e ciccolata ***



Capitolo 1
*** Cold Night - Capitolo 1 ***


Cold night

(numero 1)

 

 

Le parole uscivano soffici, come nuvole a volteggiare nell'aria. I suoni lasciavano le sue labbra piano, come un sussurro, sino a diventare più forti, sempre di più.
Teneva gli occhi chiusi, abbandonato alla musica. Il collo esposto e il capo reclinato all'indietro, sul bordo del letto, quasi sospeso nel vuoto.
Era persa la sua mente; solo note musicali e silenzi da riempire. Non esisteva un mondo al di fuori.

But are we all lost stars, trying to light up the dark?

Cantò con tutta la sua anima quell'ultima strofa, scandendo quelle sillabe un'ultima volta. 
Era come se la realtà gli fosse ripiombata addosso, senza nessuna melodia a cullarlo in un'altra dimensione.
Riaprì gli occhi lentamente.
Ci furono lunghi secondi i cui percepì soltanto il proprio respiro e il battito del suo cuore.
L'oscurità lo mangiava, facendolo diventare un fantasma in uno spazio vuoto.
Smetteva di esistere e gli piaceva.

Fu un piccolo suono appena percepibile e suggerirgli di non essere completamente solo in quel nulla. Era uno di quei suoni notturni che terrorizzano i bambini e fanno credere che quei mostri sotto al letto non sono solo immaginazioni.
Lui però era un uomo, o quasi.
L'unica fonte di luce erano i piccoli punti luminosi, le vite nella città notturna, visibili dall'enorme vetrata della camera del dormitorio.
“Da quanto sei qui?” chiese in un sussurro, con la voce più roca di quanto dovrebbe.
“Un minuto, forse poco più.”
Taehyung si avvicinò a lui, passo dopo passo, sino a raggiungere il letto e sedersi accanto a lui.
“Stai piangendo.” constatò Jungkook.
“No.”
Mentiva. I suoi occhi erano rossi, così come la punta del suo naso.
“Sei stato bravo.” sviò invece, riferendosi alla canzone di prima.
Jungkook si limitò a spostarsi, posando la testa tra i cuscini e portando l'altro con se.

Non erano abituati a quel tipo di cose, nessuno dei due. Stare in silenzio, semi abbracciati, non rientrava nella loro routine. Erano molto casinisti loro. Gli piacciono i rumori, le grida e le risate. Gli piacciono le canzoni forti a volumi improponibili.
E invece ora erano lì, persi tra i loro respiri.
Poi Jungkook riprese quella canzone, stavolta senza base. Fu la sua voce a squarciare quel silenzio.
Forse un po' più lenta, con un tono leggermente più assonnato, ma ugualmente affascinante.

 

Best laid plans sometimes it’s just a one night stand
I’d be damned Cupid’s demanding back his arrow
So let’s get drunk on our tears


“Mi piace.” biascicò Taehyung, strofinando il capo sul busto di Jungkook, prima di chiudere gli occhi.
“Pensi sia così? Siamo solo stelle nel buio, incapaci di illuminare?”
“No, non lo penso.”
“Come si può davvero brillare nell'oscurità?” chiese a bassa voce, più a se stesso che all'altro ragazzo.
“Tu lo fai sempre, sul palco.” rispose pacato Taehyung, come fosse la cosa più ovvia del mondo e il maknae non ci arrivasse da solo.
“Ho freddo.” sussurrò Jungkook. Il maggiore lo sfiorò appena, sentendo come la sua pelle fosse effettivamente ghiacciata.
Non è un azione che avrebbe compiuto di solito, quella di intrufolarsi all'interno della coperta blu e stringere l'amico, me in quel momento gli parve la cosa giusta da fare.
Capì di non aver sbagliato quando il più piccolo, invece di ridere di quell'imbarazzante gesto, si strinse a lui.
Taehyung pensò che forse, quel gelo che sentiva, non era solamente l'inverno.


“Ho ancora freddo, hyung.”
“Sei un idiota.”
Lo riconosceva di più ora, il suo hyung spiritoso che stava sempre a scherzare. Eppure la nota sempre, quella differenza drastica nel suo carattere, quando è serio e quando è normale. Sempre uno sciocco, per lui; in senso affettuoso però.
“Grazie.” gli disse Jungkook.
Quel freddo che gelava l'aria all'interno dei suoi polmoni si era dissolto almeno in parte. Le parole di Taehyung avevano avuto effetto.
Sorrise.
Forse lui brillava davvero.
Forse.
Il dubbio c'era sempre. Le sue scelte erano quelle giuste? La sua strada era quella gusta?
Taehyung strofinò il naso sul suo collo, quasi come un gatto, prima di posarvi le labbra una, due, tre volte.
Il maknae si lasciò scappare involontariamente un sussultò, simile ad un gemito.
“Scusami.”
“No...No. Tranquillo.” sussurrò imbarazzato spingendosi di più sul petto del compagno e esponendo maggiormente il collo.
Si disse che era il freddo, l'atmosfera o altre mille scusanti, ma dentro di se sapeva che le mille luci della notte illuminavano il viso del maggiore in un modo così affascinante e artistico che il suo cuore batteva immediatamente più forte solo nel lanciargli un'occhiata. Sapeva che aveva sempre trovato Taehyung fin troppo bello per la sua eterosessualità. E sapeva anche che a quell'odore dolce del suo bagnoschiuma non poteva resistere.
E si chiese se quelle cose le aveva sempre pensate, ma al momento le labbra del più grande sulla sua pelle lo distraevano fin troppo per ragionare su simili sciocchezze.
Taehyung fissò le labbra chiare del più piccolo per troppo tempo prima di prendere una decisione e così era stato Jungkook a non reggere quell'attesa. Erano così vicini, che sentiva il suo cuore esplodere, eppure non aveva il coraggio di muovere un solo muscolo. Sarebbe stato giusto appropriarsi di quelle labbra? Cosa sarebbero diventati? Perché lo voleva così disperatamente?
Taehyung chiuse gli occhi, capendo forse i suoi dubbi. Poi sorrise, di uno di quei sorrisi ampi e un po' squadrati, con accenno di risata, roca e bassa. Poi accarezzò il capo dell'altro ragazzo, intrecciando le lunghe dita ai capelli corvini, in completo contrasto con la sua pelle.
“Resterò con te.” gli disse. E quelle parole non sarebbero state una promessa, un dato certo. Jungkook era convinto che il loro scopo fosse solo quello di alleggerire il peso che attanagliava il cuore del più piccolo, e, quasi involontariamente, funzionò.

Taehyung era solito scherzare, sempre, tanto che molte persone non riuscivano a distinguere quando per lui iniziasse il gioco e la vita vera. Aveva un carattere particolare, ed era impossibile capire cosa passasse per la sua mente. I suoi grandi occhi scuri lasciavano passare tutte le sue emozioni, ma queste, agli occhi di molti, erano indecifrabili. Ma non agli occhi di Jungkook. Lui lo conosceva. Nessuno lo conosceva meglio di lui. Sapeva esattamente dove si fermavano le frasi di cortesia, gli battute sciocche, e quello che vi era davvero sotto la maschera di alieno pazzo.
Quasi lo spaventò, quando Taehyung riaprì gli occhi, constatare quanto quelle parole per lui fossero vere.
E non c'era più bisogno di alcuna promessa, e di nessun per sempre.
“Grazie.” sorrise.

Erano fredde, le notti, in Corea. Il bianco della candida neve era illuminato a tratti dalle luci dei giganteschi palazzi di Seoul. Il vento si era calmato, è vero, ma il gelo sembrava essersi intrufolato all'interno delle case. Jungkook odiava il riscaldamento troppo alto di quel luogo, e lo aveva spento. Non se ne pentì quando fu costretto a dormire stretto al suo hyung per non tremare.

 

 

 

__

NDA
Questo era il primo capitolo. L'ho scritto di getto un po' di tempo fa e ho preferito non cambiarlo, lasciandolo esattamente come era stato pensato inizialmente.

Come scritto nell'introduzione questa è una raccolta di One shot. Vorrei chiarire che per il rating ho messo arancione per sicurezza, ma non so se poi cambierà in giallo, o diventerà rosso. In base a come usciranno i capitoli successivi, ma non credo dovrebbe cambiare.

Ringrazio tutti quelli che sono giunti sino a qui, e mi scuso per quelli che hanno trovato questo primo capitolo pesante o noioso.

Spero di ricevere una vostra opinone e sapere se continuare questa mia impresa ehehe.

 

Alla prossima

Bye

Dihanabi

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Capitolo 2
*** 4D Alien ***


 

 

4D Alien

Tutti definivano Taehyung un alieno, e questo già da prima del loro debutto. Sin da quando era bambino, il piccolo Tae, risultava strano agli occhi degli adulti e, crescendo, anche a quelli dei suoi coetanei.
Nessuno sapeva bene cosa ci fosse di davvero particolare in lui, ma lo percepivano.
Forse era il suo modo di guardare il mondo, con quei grandi occhi curiosi che si posavano qua e là. Il suo sguardo era davvero particolare, sembrava non essere familiare alla vita comune, come un pesce fuor d'acqua o, appunto, un alieno tra gli uomini.
Jungkook non lo aveva mai considerato in questo modo, a lui sembrava speciale. A quel suo strano modo di fare e quel suo sguardo una persona qualunque si chiedeva cosa gli passasse per la testa, ma Jungkook no. Lui preferiva concentrarsi sul bagliore dei suoi occhi, più luminosi di quelli di chiunque altro, e sulla sua voce profonda.


Erano davvero in pochi, per questo motivo, a conoscere il vero Kim Taehyung. Al di fuori dei suoi compagni di band solo la madre lo capiva almeno in parte. Questo, almeno, prima del loro debutto.
Jungkook ricorda benissimo quei mesi di preparazione, pieni di stress e di paure.
Si era fatto carico di troppi pesi che le sue spalle non riuscivano a tenere da solo. Fu grazie alle stranezze di Taehyung che riuscì a superare il tutto.
Il maggiore era un completo idiota, ma un suo sorriso bastava ad alleggerire quel peso almeno in parte. “Andrà bene.” gli diceva quando Jungkook passava ore extra in sala prove o a registrare mille volte lo stesso pezzo, mai soddisfatto.
“Andrà bene.”
Bastavano quelle due parole e per mettere fine all'argomento. Jungkook non replicava, si limitava a tornare in camera e riposarsi, Taehyung allora lo seguiva e si impegnava a distrarlo facendolo quasi soffocare dal ridere.
Non erano rare le notti passate solo loro due a giocare ai videogiochi, almeno quando i loro impegni glielo permettevano. E la mattina erano costretti a sorbirsi la sgridata di Jin perché le loro risate non lo avevano fatto dormire.
Le loro giornate erano fatte di imitazioni di film e cantare a squarciagola.


C'erano delle volte però, che Taehyung mostrava un altro lato di se, quello più segreto che solo a pochi era concesso vedere. Si perdeva con lo sguardo in punti definiti, lontani, e dava voce alle sue paure. Jungkook era felice di poter essere lì per lui, in quei momenti. Si sentiva orgoglioso che il suo hyung parlasse con lui e non con il leader o un altro dei loro compagni.


Taehyung spesso si chiedeva come sarebbe stato se non fosse stato tanto fortunato da riuscire a entrare alla bighit. Non lasciava mai a Jungkook il tempo di rispondergli che quella non era stata fortuna ma impegno, che non era destino ma un sogno da inseguire. Allora il più piccolo ascoltava, iniziando a pensare che forse Taehyung aveva ragione ed era il destino a volerli lì.
Gli disse che la sua vita prima dei Bangtan non aveva un senso, solo un accozzaglia di momenti felici e di momenti tristi.
Jungkook aveva sempre visto il suo hyung come una persona allegra, circondata da persone che lo ammirano e gli vogliono bene. Fu doloroso per lui scoprire che non era sempre stato così.


Taehyung gli raccontò di un'altalena in cui passava i suoi pomeriggi. Da lì osservava gli altri bambini giocare e si sentiva diverso. Diceva cose diverse, agiva in modo diverso. Lui non capiva gli altri e gli altri non capivano lui.
Gli disse che gli faceva male quel ricordo, che forse da raccontare era stupido, che ci sono cose peggiori nel mondo, ma per lui era importante. Quella sensazione lo aveva fatto crescere, aveva segnato il suo essere e il suo futuro.


Jungkook, però, quello sguardo negli occhi di Taehyung non lo avrebbe voluto vedere.


Non ci volle molto per il maggiore a cambiare argomento, non lasciandogli tempo di ribattere. Tornò a ridere e dire cose stupide, agendo come un bambino di appena 5 anni.


Jungkook non rise a quelle battute. Gli si avvicinò e gli scompigliò i capelli tinti di un tenue lilla. Lo trattò come un piccolo tesoro, come di solito era l'altro a fare a lui.
“Non sei solo, ora.” gli sussurrò con il cuore che gli batteva a mille nel petto.
Taehyung sorrise. Non c'era bisogno di parole.


Anche Jungkook si sentiva insolitamente solo, prima dei Bangtan. Poi erano arrivati quei sei ragazzi e il solo amore per la musica.
Ringraziò neanche lui sa chi o cosa, perché senza tutto quello il suo impegno non aveva senso, senza gli altri lo stress lo avrebbe ucciso, e senza tutto questo Taehyung non avrebbe sorriso.
E lui amava quel sorriso un po' squadrato.




Ormai era diventata un abitudine, per Taehyung, intrufolarsi la notte nella camera di Jungkook, tanto che quest'ultimo lo aspettava sveglio.
Gli altri, forse, li avrebbero presi in giro se li avessero visti, o forse avrebbero capito.
Loro non se ne preoccupavano però, preferivano che questo fosse il loro piccolo segreto. Spesso, se le sere si mitigavano, quando il vento non soffia troppo forte, se ne andavano sul tetto ad osservare la città.
Cantavano nella notte. La voce dolce di Jungkook a contrasto con quella più profonda di V. Era bello il modo in cui si fondevano insieme, in un suono completamente unico: un insieme di anime e battiti cardiaci, di sangue nelle vene e nasi rossi dal freddo.
Stavano vicini, con le gambe a sfiorarsi e le dita intrecciate.
Gli occhi ad osservare un cielo privo di stelle.

Just like a star across my sky
Just like a bird flying at dawn
I have a dream of the freedom
Feel like I’ll never be the same
Just like a dream of last night
Just like pictures in my head
Oh I can’t realize that
Still I wonder why it is

 

Taehyung pensò che la libertà non esisteva, nessuna stella attraversava il suo cielo, illuminato solo dalle luci di Seoul. Però la scorsa notte aveva sognato, aveva immagini nella sua testa.
Jungkook.
Jungkook aveva attraversato il suo mondo come la più brillante delle sue stelle, come un uccellino all'alba che porta un sogno di libertà. E allora cantò anche lui quella strofa, ancora e ancora. Fino alla fine di quella notte buia, stringendo le dita del ragazzo accanto a se pur sapendo che quest'ultimo non sarebbe scappato mai.


L'alba arrivò senza i suoni degli uccellini. La giornata iniziò con il rumore delle auto che sfrecciano veloci e la vita di milioni di persone di corsa, anime perse che credono di avere una metà. Taehyung l'appezzò lo stesso, solamente per il tenue lilla che si trasformava in rosa.
Delle volte si diceva che le rispose ai grandi dubbi sono nelle cose più ovvie, come i colori caldi della mattina. Vale la pena vivere momenti come questi, che sia dura o no, e continuiamo ad andare avanti. Era bello. Lo era anche di più la luce dolce che illuminava il viso di Jungkook, ancora addormentato.
“Jeonggukkie-” sussurrò accarezzandogli i capelli.
Jungkook emise un gemito basso, aprendo leggermente gli occhi.
“È già mattina?” chiese sbuffando, ma invece di sentire la risposta afferrò il braccio di Taehyung e lo tirò giù, facendolo sdraiare nel loro letto improvvisato con qualche coperta.
Il maggiore doveva ricordarsi quanto Jungkook fosse più forte di lui, ma ormai era finito stretto tra le sue braccia, intrappola. Sorrise nel trovarsi a quella poca distanza dalle sue labbra, ma non se ne preoccupo perché tra loro succedeva sempre.

Era tutto così giusto e normale tra di loro, che nessuno dei due si faceva domande sul loro rapporto.
E allora Taehyung rise piano, ricambiando l'abbraccio.
Decisero di alzarsi solo quando sentirono la voce di Jin che li cercava. Corsero dentro l'edificio cercando di non farsi beccare, perché volevano che tutto quello restasse tra loro.
Si guardarono complici, una ghigno infantile dipinto sui loro volti prima di entrare nella stanza con tutti gli altri.
Jungkook unì le loro dita sotto il tavolo durante la colazione, nessuno se ne accorse, ma i loro sorrisi quella mattina erano più brillanti di sempre.

 

 

 

 

NDA

 

Ecco un secondo e molto nonsense capitolo di questa collection. Spero di non avervi annoiato. Dal prossimo capitolo dovrebbero iniziare a esserci cose più decenti, ma non vi assicuro nulla.
Alla prossima
Bye
Dihanabi

 

 

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Capitolo 3
*** Laugh and Coffè ***


Laugh and Coffè

 

Namjoon, ogni mattina, sedeva su uno sgabello, in attesa. Le gambe erano lasciate pigramente penzolare. Giocava con i vari oggetti che trovava sul banco da cucina, oppure muoveva il piede seguendo il ritmo della musica pompata nelle orecchie. Delle volte il resto della band doveva persino stare attenta che non rompesse nulla o si facesse male durante quei pochi minuti in cui non era occupato e gli oggetti della cucina erano tutti a sua portata..
Le prime luci del giorno illuminavano la stanza di un candido rosa, rendendo i suoi capelli, originariamente argentei, quasi rosati. Un forte odore di caffè invadeva la stanza, facendolo sorridere.
Namjoon amava il caffè, preferibilmente amaro, soprattutto quando era Jin a prepararglielo. Così ogni mattina aspettava che quest'ultimo gli portasse una tazza fumante da bere insieme.
Si sedevano uno di fronte all'altro e con un piccolo sorriso iniziavano la giornata nel migliore dei modi, con il liquido bollente che gli scorreva giù per la gola.
Jungkook li ammirava in quei momenti. Gli sembravano così adulti, così diversi da lui.
Delle volte gli dava fastidio essere il più piccolo, per quanto non lo sembrasse affatto. Si impegnava sempre per non essere un peso e non sembrare stupido, ma essere giocoso, e forse un po' infantile, era nella sua indole, sopratutto quando Kim Taehyung era nei paraggi..

 

Una di quelle rare mattine libere di impegni, in cui non bisognava correre e prepararsi all’alba per chi sa quale attività, il dormitorio si era lentamente svuotato. I più grandi del gruppo erano usciti, godendosi quel po’ del loro tempo. L'unico ad essere rimasto era Taehyung, che ancora godeva del morbido e caldo letto e non sembrava avere l’intenzione di alzarsi troppo presto..

Il silenzio regnava sovrano. Era in quei momenti che Jungkook si rendeva conto di quanto non fosse abituato all’assenza degli hyung.
Decise ugualmente di approfittare di quella situazione invece di annoiarsi, o, peggio ancora, di sentirsi solo. Nella sua mente si proiettò l’immagine dei due ragazzi che bevevano caffè e, quasi come il capriccio di un bambino che vuole sentirsi grande, decise di sperimentare.

A lui non piaceva il caffé. Non gli era mai piaciuto. Soprattutto amaro. Però in quel momento gli sembrava una cosa geniale da fare. E allora provò.
Inutile dire che si sentiva emozionato nel fare quello che i suoi hyung fanno sempre. In quel momento, poi, nessuno avrebbe potuto ridere di lui per una cosa apparentemente così sciocca. Se a lui piaceva poi, cosa c’era di male?

Il forte aroma aveva ormai riempito le stanza. Il Golden Maknae sembrava soddisfatto del risultato, per quanto si rendesse conto di aver forse esagerato nella quantità. D'altronde era abituato a vedere Jin che ne preparava sempre un po’ di più, sia per lui che per il leader.
Non si era mai preoccupato di mettersi ai fornelli, ma a quanto pare era in grado di fare almeno un azione tanto elementare.

Stava accuratamente versando la sostanza nella sua tazza dell’Attacco dei giganti quando la voce di Taehyung lo colse all’improvviso.
Sembrava assonnato mentre si strofinava il pugno chiuso contro un occhio. Indossava ancora il “pigiama” composto da un enorme maglia bianca e i boxer e camminava scalzo verso di lui.
“Che fai, Kookie?” gli chiese, con la voce ancora impastata.
“Il caffè.” rispose, con un tono che lasciava intendere l’ovvio, indicando la tazza fumante.
Dallo sguardo sbigottito che Taehyung gli rivolse a quelle parole Jungkook capì quanto l’intera situazione sembrasse assurda.
“Da quando bevi il caffè!?”
“Da...oggi?” suonò esitante la voce del minore.

Taehyung rise, ben conscio dell’ilarità della situazione, e prese una tazza, accingendosi a versarsi il liquido bollente. Poi frugò nelle mensole, alla ricerca della zuccheriera di metallo, per poi portarsela appresso non appena trovata.
Jungkook lo osservò in silenzio finché il maggiore non si sedette proprio di fronte a lui e iniziò a mettere, una dopo l’altra, le zollette dentro la tazza.
“Quello non è caffè con lo zucchero, ma zucchero con il caffè!” lo sgridò Jungkook.
Questo servì solo a far nascere un sorriso un po’ squadrato sul viso del maggiore, che, con la sua solita risata bassa, gli rispose “Ma così è più buono…”

Taehyung aveva lo sguardo fisso sulla zolletta che si stava sciogliendo, mentre, con un cucchiaino, girava in cerchio, facendola sciogliere lentamente. Passò un minuto intero prima che si decise a portare la tazza alle labbra, sicuro che altrimenti si sarebbe scottato.
Jungkook fece lo stesso, e, contemporaneamente, presero un primo sorso. Si guardavano negli occhi, quasi quella fosse diventata una delle loro tante sfide.
Il minore fece una piccola smorfia al sapore forte e amaro, non riuscendo proprio a trattenerla. Il ragazzo seduto davanti a lui manteneva il suo sorriso, in un’espressione fintamente saccente.
“Te lo avevo detto.” si prese gioco di lui.
“Ma...” iniziò Jungkook. Avrebbe voluto dire che quello che l’altro stava bevendo ormai non era più caffè. Avrebbe voluto fargli notare quanto in quel momento sembrasse infantile con quell’espressione allegra, e fin troppo adorabile. Poi si rese conto di sembrare anche più infantile di lui.
Stava per ridere, una delle solite risate dolci e accennate, simile a quella di un bambino birbante, ma non fece in tempo.
Taehyung si alzò leggermente, sporgendosi verso di lui e posando le labbra sulle sue. Le mosse piano, per poi passarvi la lingua. Per Jungkook aprire la bocca fu un gesto istintivo, ma del tutto inutile. Taehyung, infatti, gli lasciò un ultimo piccolo bacio, per poi allontanarsi e tornare al suo posto con il sorriso ancora stampato in viso.

Jungkook era confuso, fin troppo confuso da quel gesto improvviso e inaspettato. Eppure felice.
Richiuse le labbra, e poi le leccò, sentendo il sapore del caffè zuccherato di Taehyung.
“È più buono dolce, vero?” gli chiese, piegando la testa da un lato.
“Si. Hai ragione.” disse, leggermente imbarazzato.

Il rossore sulle sue guance, però, non gli impedì di appropriarsi nuovamente delle labbra di Taehyung non appena questo prese un altro sorso dalla sua tazza.

Si stupì leggermente di come tutto quello gli sembrasse naturale, e l’ansia che li aveva colti in un primo momento fosse scemata in pochi istanti. Era tutto così giusto, mentre le lunghe dita di Taehyung si infiltravano tra i suoi capelli, mentre si baciavano.
Le sue mani libere trovarono spazio tra i fianchi del maggiore, stringendogli le ossa, per poi salire alle sue spalle, e ad accarezzargli il collo.
Non si sarebbe mai voluto staccare da quelle labbra, ma il bisogno di ossigeno li costrinse ad allontanarsi. Restarono vicini, vicinissimi. Con Jungkook che riprendeva fiato sulle sue labbra.
Poi le dita di Taehyung si intrufolarono tra di loro, portando una zolletta alle labbra del minore, strofinandola su tutta la carne, prima si premerla all’interno. La lingua del minore non esitò a circondarla e bagnarla sotto lo sguardo di Taehyung che non lo aveva abbandonato un secondo. Poi quest’ultimo lo baciò, facendo sciogliere la zolletta tra di loro.

Quando il baciò terminò si guardarono per alcuni istanti, prima di ridere felici. Le mani del maggiore posate sulle sua guance.

 

Quando gli altri ragazzi tornarono a casa non potevano immaginare quello che era successo. Trovarono semplicemente del caffè ormai freddo sul banco da cucina e la zuccheriera completamente svuotata.
Jungkook e Taehyung apparivano come sempre, legati da una forte solida amicizia. Nessuno, al di fuori di loro, sapeva se c’era di più.
“Forest of Dreams” rimbombava per tutto il dormitorio, mentre i due ragazzi cantavano a squarciagola.
Tutto come sempre agli occhi degli altri, ma non per i due ragazzi che ridevano beati.

 

 

 

 

NdA

Ogni volta che finisco un capitolo di questa collection sento che è inutile. Non chiedetemi perché.

Spero che almeno a voi piaccia, e di non aver fatto un completo fallimento.

 

ps

Forest of Dreams è una canzone coreana che i Vkook adorano e hanno cantato insieme in una bangtanbomb in hotel in Cina

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** The sounds of our kisses ***


The sounds of our kisses

Taehyung era diverso, e questo, Jungkook, lo aveva sempre saputo.
Non era uno di quei ragazzi che si vantava di esserlo, quasi a farlo per moda, come ormai facevano la maggior parte degli adolescenti per sentirsi speciali. Non era nemmeno uno di quelli che si preoccupava del suo modo di essere.
Lui, in realtà, non se ne era mai nemmeno reso conto, o semplicemente non ci aveva mai pensato.
Taehyung era semplicemente se stesso, e forse questo era il motivo per cui Jungkook si stava lentamente innamorando di lui.

Lo osservava, in maniera forse leggermente indiscreta. La sera stava calando e tutti i ragazzi erano stanchi. C’era chi, come Jimin, schiacciava un pisolino sulla spalla di Hoseok, e chi, come Namjoon, non proferiva più una parola, con le cuffie alle orecchie.
Poi c’era Taehyung, che cercava di trattenere una risata altrimenti troppo rumorosa, mentre confabula su cosa Jungkook non sa insieme a Hoseok.

Jungkook, semplicemente, li osservava.

Spesso si chiedeva dove trovassero le energie, quei due, sempre pronti a fare casino in qualunque istante della loro vita. Eppure Jungkook era così stanco, quel giorno, con la mente così pesante e ogni parte del corpo indolenzita.
Quando arrivarono finalmente in hotel gli sembrava fosse passata una vita in quel lungo viaggio in macchina, e quasi si immaginò di ritrovarsi con i capelli bianchi e le rughe sul viso mentre si accingeva ad uscire dal veicolo. Il suo cellulare, però, sembrava contare appena un quarto d'ora in più.
Jungkook si sbrigò ad entrare, senza pensarci due volte prima di andare nella sua camera. Taehyung gli si affiancò, seguendolo, e lasciando indietro gli altri.

Delle volte, a Taehyung, sembrava che Jungkook fosse sempre un passo avanti a tutti. Si sentiva frustrato per questo motivo. Non che lo invidiasse o cose del genere, semplicemente non voleva essere lasciato indietro da lui, e se per questo avrebbe dovuto correre lo avrebbe fatto senza pensarci due volte.

Jungkook gli sorrise, ne vederlo. Condividevano la stanza, come nella maggior parte dei casi quando erano costretti a sostare in hotel.
Gli altri si erano tutti separati tra le loro stanze, senza lasciare più alcuna traccia. Il minore non ci pensò due volte ad entrare in bagno e farsi una doccia. Quando ne uscì, con indosso un accappatoio e i capelli gocciolanti, trovò Taehyung seduto sul letto, a gambe incrociate e il cellulare stretto tra le mani, che fissava il vuoto.

Jungkook si perse nelle iridi scure senza neanche la minima voglia di mantenere il controllo. Taehyung però non se ne accorse, perso com’era nel suo mondo.
Jungkook spesso si chiedeva cosa passasse per la sua mente in quei momenti, ma era una cosa che probabilmente non gli era data sapere. Allora fissava quegli occhi cercando di capire, ma vi trovava solo il vuoto.
Quando erano trainee gli avevano dato “blank tae” come soprannome proprio per questo motivo.
Non era mai riuscito, Jungkook, in tutti quegli anni, a decifrare quel particolare sguardo.
Osservava solo le folte ciglia svolazzare e il taglio perfetto dei suoi grandi occhi, senza mai capire cosa stessero cercando di dire.
Solo vuoto.

“Tae.” lo chiamò a bassa voce, rendendosi conto solo dopo di averlo sussurrato, per poi chiamarlo più forte.
Il più grande sembrava non sentirlo, e lui aveva quasi paura di rovinare la quiete in cui quest’ultimo era finito solamente per dirgli che la doccia era libera.
Non disse nient’altro, e optò per sistemare la sua roba e stendersi sul letto, sentendo immediatamente il corpo rilassarsi.
Poco prima di addormentarsi sentì l’acqua scorrere, e capì che Taehyung era finalmente in bagno. Chiuse gli occhi, e non li riaprì per un bel po’.

Non fu la canzone rumorosa che avevano impostato come sveglia, a rovinare il suo sonno, bensì delle mani sul suo braccio che lo scuotevano leggermente e una voce profonda chiamare il suo nome.
Istintivamente si girò dall’altra parte, cercando di ignorare il suo fastidioso compagno di camera che disturbava il suo tanto calmo dormire.
Non servì a niente, però. Avrebbe dovuto ricordarsi quanto Taehyung poteva risultare testardo e insistente quando aveva qualcosa in mente.
Un richiamo più forte, proprio a due centimetri dal suo orecchio, lo fece saltare improvvisamente.
Si girò intorno, spaesato, solo per incontrare il sorriso un po’ squadrato di Taehyung.
“Che cazzo Tae, lasciami dormire.” rispose seccato, cercando di tornare con la schiena sul materasso, ma fallendo, perché V afferrò immediatamente il suo polso, strattonandolo e costringendolo ad alzarsi.
“Questo hotel ha un tetto bellissimo, sai.” disse il maggiore, come ad invogliarlo a fare quello che lui voleva.
Jungkook, però, sembrava davvero disinteressato in quel momento, troppo stanco e assonnato anche solo per capire le sue parole.
Taehyung però continuava a tirarlo e alla fine si ritrovò in piedi contro la sua volontà.
I corridoi dell’hotel sembravano tutti uguali, contornati da porte del medesimo colore. A Jungkook sembrava surreale quel momento, come staccato dalla realtà. Vedeva sfocato, macchie di colore in movimento, mentre il più grande lo trascinava velocemente.
In tutto quello, percepiva soltanto le lunghe dita di Taehyung strette alle sue. Non sentiva le sue gambe, il suo respiro, o il suo cuore. Non sentiva l’aria o le terra sotto i piedi.
Solo quella sensazione al petto e le dita del più grande gli arrivavano forti e chiare.
Si sentiva come in un sogno che andava sbiadendo. Irreale. Fluttuante. Inesistente.
Pensò di stare ancora sognando, dormiente nel letto della camera di hotel.

Quando Taehyung aprì una porta più spessa delle altre, che dava verso un’uscita, Jungkook percepì un sottile strato di freddo avvolgerlo completamente.
L’aria era forte e pizzicava sulla sua pelle scoperta, procurandogli qualche brivido.
A lui piaceva però. Per quanto tutto quello sembrasse solo un sogno lontano, lo faceva sentire vivo.
Gli erano sempre piaciute le sensazioni forti. Gli piaceva il freddo pungente delle notti di neve, il caldo asfissiante di luglio, i muscoli indolenziti dopo gli allenamenti, il sudore sulla pelle. Gli piaceva fare l’idiota e ridere sino a star male, e anche piangere come un disperato per qualche anime. Più di ogni altra cosa, in realtà, gli piaceva stare sul palco. Quella, però, era un’altra storia.

“Guarda!” gridò Taehyung entusiasta, come un bambino che vede per la prima volta un arcobaleno, mentre indicava la vista della città di notte.
“Dovevi vederlo. Scusa se ti ho svegliato.” sussurrò invece, quasi in un piccolo broncio infantile.
Jungkook scosse la testa, sorridendo. Non gli dava fastidio, tutto sommato.
Amava avere quei piccoli momenti solo che Taehyung, e sentiva il cuore gonfiarsi ogni volta che il maggiore, tra tutti, scegliesse proprio lui per vivere certe cose.

L’aria era comunque orribilmente inquinata, non permettendogli di vedere alcuna stella nel cielo buio.
La città, invece, era piena di migliaia, forse milioni, di luci tutte diverse.
Taehyung aveva ragione, era di sicuro uno spettacolo da non perdere. L’hotel era composto da un palazzo davvero, davvero, alto e permetteva di vedere molto in quella, seppur buia, nottata.

Il profilo di Taehyung risultava così perfetto illuminato dalle flebili luci, che avrebbe fatto invidia a qualunque divinità. Jungkook si rese conto che l’impulso di baciarlo stava crescendo sempre più forte dentro di lui.
Non aveva mai trovato quel sentimento sbagliato. Non gli importava se Taehyung fosse un uomo, o se fosse il suo migliore amico. Quando il suo cuore batteva in quel modo si sentiva così giusto, così vivo.
Non si era mai preoccupato di dare una definizione a quei suoi sentimenti, o al loro rapporto, e Taehyung non aveva mai detto nulla a riguardo.
Gli sorrideva. Di quel bellissimo sorriso un po' squadrato che mozzava il fiato a tutte le loro fan, e anche al giovane Jungkook. E a lui andava bene.
Non aveva bisogno di definizioni, di certezze, o di promesse. Voleva solo quel sorriso nella sua vita, e lo aveva.
Si rese conto di fissarlo con un sorriso ebete dopo davvero troppi minuti. Taehyung lo guardava con un sorriso sfrontato, e lui non riusciva a distogliere lo sguardo. Anche perché quei grandi occhi brillavano di mille sfumature diverse, ed erano bellissimi.

I loro visi si avvicinarono ad una lentezza quasi esasperante, ma allo stesso tempo gradevole. Non avevano nessuna fretta, solo tanta voglia di assaporare quell’attimo fino a che gli era possibile.
Le labbra di Jungkook erano umide e morbide, come si poggiarono su quelle dell’altro ragazzo.
Lo sentì ampliare ancora di più il sorriso, mentre lo baciava, e inevitabilmente sentì una stretta al cuore.
Taehyung teneva una mano sulla sua guancia, delicata, un tocco fantasma che gli mandava a fuoco l’intero viso.
Si sentiva ancora un po’ impacciato, il più piccolo, troppo inesperto per azzardare grandi cose, eppure non esitò a socchiudere le labbra sotto la pressione della lingua dell’altro.
Era così bella, la sensazione delle ciocche morbide del ragazzo tra le sue dita, della mano sulla sua anca e l’altra ad accarezzare il volto. Erano così morbide le labbra e belli i piccoli suoni che producevano i loro baci.
Taehyung rise, della sua risata bassa e naturale, mentre poggiava la fronte alle sua. Gli occhi che non si staccavano dai suoi e i capelli completamente scompigliati.
Jungkook respirò sulle sue labbra, prima di congiungerle ancora, e ancora, con l’intento di andare avanti così fino al sorgere del sole.

 

 

Nda
E poi devono tornare a staccarsi e vivere la loro vita da idol, sigh.
Mi scuso per il capitolo molto brutto, cercherò di farmi perdonare con il prossimo.
Alla prossima
Bye

Dihanabi

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Capitolo 5
*** Your smile. Your voice ***


Your voice. Your smile

 

Jungkook si ricordava chiaramente della prima volta che aveva incontrato Taehyung. Era solo un ragazzino, e ripensandoci ora, era cambiato molto in tutto quel tempo con i ragazzi.
Si erano incontrati in una nottata d’inverno, Jungkook aveva appena finito la sua lezione di canto quando lo aveva visto. Non lo conosceva ancora, ma sapeva chi era. Lo saluto con un inchino e non disse più una parola. Era così timido all’epoca, che davvero non ne aveva avuto il coraggio. Taehyung, poi, era così bello anche all’ora. Lo era sempre stato, in realtà.

Jungkook si adattò in fretta al resto della band, abituandosi al loro carattere e alle loro abitudini.
Tutti erano cambiati in un breve lasso di tempo. Hoseok era diventato più allegro dopo il debutto, con un sorriso perenne che dimostra il suo nome “Jhope”; Yoongi aveva buttato giù quel muro di ragazzo freddo, almeno con loro, e si era rivelato per la bellissima persona che era; Jimin aveva imparato a seguirli nelle loro follie senza imbarazzo; Namjoon aveva fatto uscire il leader dentro di se e Jin aveva iniziato a prendersi cura di tutti loro, comportandosi comunque in quel suo modo infantile e carino.
Poi c’era Taehyung, che era rimasto il solito ragazzo con lo sguardo perso nel vuoto e la mente vagante tra follie e cose serie, ma anche lui era cambiato da quel loro primo incontro. Aveva accettato se stesso, stando con quei ragazzi. Aveva capito di dover seguire l’istinto senza la paura di essere definito strano, e aveva imparato a divertirsi a cuor leggero, senza nessuno sguardo sbigottito su di lui e commenti sul suo comportamento.

I loro cambiamenti non erano evidenti, forse neanche loro se ne sarebbero accorti in condizioni normale, eppure Jungkook li percepiva forti e chiari dentro di se.
Ora non era più timido, non aveva più paura, non era più un ragazzino.
Ora era cresciuto, come era giusto che facesse.
Aveva coltivato il più bel rapporto di amicizia che avrebbe potuto anche solo lontanamente sognare, e aveva trovato la sua famiglia. La sua ragione di essere.
E non esisteva più quel ragazzino spaventato da se stesso e dalla vita, ma solo Jungkook, maknae dei BTS.

E poi c’era Taehyung, con i suoi sorrisi squadrati e sciocchi, più stupidi di ogni cosa esistente al mondo, persino dei balli di Hoseok, che lo aveva fatto innamorare.
C’era Taehyung e i suoi occhi persi che osservavano il mondo in quel modo particolare e unico, che solo lui possedeva.
C’era Taehyung e le lunghe dita, le mani bellissime che gli accarezzavano la pelle facendola bruciare, con le braccia strette intorno al suo corpo in un abbraccio familiare.
C’era Taehyung e quelle notti sotto le stelle, solo loro due, con la luce quasi inesistente che illuminava solo a tratti i loro visi.
E Taehyung semplicemente c’era.

E Jungkook, con quei pensieri per la testa, avrebbe anche potuto piangere di gioia.
Era felice.
Solo felice.

Non aveva neppure provato ad aprire gli occhi, seppur ben conscio del sole che entrava dalle finestre e dei rumori nel dormitorio. Aveva seriamente paura che sbattendo le ciglia le lacrime sarebbero uscite. Allora restò immobile, aspettando di calmarsi. Sentiva un caldo corpo premuto contro il suo e il respiro di Taehyung sfiorare la palle del suo collo eliminando ogni sua voglia si muoversi.
Riusciva a sentire la voce dolce di Jimin dire qualcosa in un sussurro, sicuramente a Hoseok visto che quella era la loro stanza, e poi sentì dei passi allontanarsi e il cigolio leggero della porta, che gli fecero capire che probabilmente erano usciti.
Capitava spesso che Jungkook passasse del tempo nella loro stanza. In realtà ci stava talmente tanto che Namjoon si era abituato ad avere una camera tutta per se, e questo non gli dispiaceva affatto.
Quando poi, dopo una nottata di videogiochi, Jungkook crollava addormentato sul letto di Taehyung nessuno diceva niente. E non lo avrebbero fatto comunque, visto che al mattino il minore trovava il letto di Jimin intatto e quello di Hoseok che, troppo piccolo per due persone, nascondeva i corpi avvolti nelle coperte. E nessuno aveva nulla da dire.
Taehyung si spostò leggermente, stiracchiandosi sul posto, ma senza mai mollare la presa su Jungkook. Poi strofinò il capo sulla sua spalla, e il maknae lo trovò adorabile come gattino assonato.
Il minore si girò sul posto, voltandosi a guardare il viso parzialmente addormentato del suo hyung.
Ci volle qualche minuto poi quest’ultimo socchiuse leggermente un occhio, cogliendo l’altro nell’atto di fissarlo.
Taehyung non si imbarazzò come invece fece Jungkook, almeno impercettibilmente, ma esplose in una risata bassa che faceva sembrare la sua voce più roca del solito, nonché bellissima.
Come riuscisse a rendere ogni cosa esilarante, anche la più semplice, Jungkook non lo aveva mai capito, ma si ritrovò a sorridergli indietro, felice. Taehyung non esitò ad avvicinarsi a lui ancora di più, sino a passare le mani sulla sua schiena ed accarezzarla, i loro nasi che si sfioravano.
Poi i tocchi si fecero più frequenti, più rapidi, sino a trasformarsi in un solletico, con Jungkook che si contorceva sotto quelle dita e cercava di rispondere a quell’assalto.
Ridevano, rumorosamente, forse troppo. Infatti pochi attimi dopo il leader fece l’ingresso nella stanza, avvertendoli di alzarsi in fretta.
Jungkook si pentì quasi subito, perché avrebbe volentieri fatto finta di essere troppo stanco per muovere un muscolo e restare lì con Tae tutta la mattina, come non facevano da un po’ visto il mare di impregni.
Ma avevano la pratica e un sacco si lavoro da sbrigare, e per quanto quella giornata la avrebbe voluta passare con i videogiochi e qualche anime fu costretto a fare il suo dovere, come faceva sempre.
Taehyung lo vide alzarsi lentamente e spogliarsi, ma non sembrava voler fare lo stesso.
“Tu non ti muovi?” gli chiese il minore, impegnato nell’infilarsi i pantaloni della tuta.
“Non mi va.” si lamentò rumorosamente.
“Tae...”
“Lo so, lo so. Ma...UFFA.” iniziò a mugugnare senza senso, rotolandosi nel letto ormai vuoto e completamente incasinato.
“Non dovevi registrare il tuo solo oggi?” chiese Jungkook, sinceramente curioso, accorgendosi subito dopo del cipiglio scuro che era apparso sul viso di Taehyung.
“Uhm, è quello il problema.” rispose, con un tono di voce più basso, quasi impercettibile, ma che il minore sentì chiaramente.
“Fidati della tua voce, hyung.”

A Taehyung non era mai piaciuta troppo la sua voce. Delle volte aveva paura di sbagliare, o che suonasse troppo grave e bassa. Lui amava la voce del piccolo Kookie, invece. Dolce e delicata. Sarebbe stato capace di ascoltarlo cantare per il resto dei suoi giorni senza mai stufarsi.
Ovviamente il minore non era d'accordo con questo, e mai lo sarebbe stato. Per lui la voce di Taehyung era poesia pura, con quei toni bassi e graffiati. Così diversa da tutte le altri voci che avesse mai sentito.

 

Jungkook passò da lui dopo gli allenamenti. Entrò nel piccolo studio con ancora con il fiatone e il sudore che scorreva lungo il collo. Taehyung nemmeno se ne accorse, troppo occupato a sentire le registrazioni con le cuffie.
Il minore aspettò, osservandolo lavorare concentrato, con la lingua stretta tra i denti. Ci vollero parecchi minuti prima che si decidesse a togliersi le cuffie e staccarsi dal monitor, ma neanche a quel punto lo notò. Andò dritto verso la cabina a registrare ancora.
Jungkook allora si mise seduto sulla sedia precedentemente occupata e si lasciò trasportare dalla voce del suo hyung.
Lo vedeva incerto mentre registrava, troppo preoccupato.
Jungkook stoppò la musica, e allora Taehyung finalmente si voltò, confuso, rendendosi conto della sua presenza.
“Fidati della tua voce, hyung.”
Quelle parole sembrarono bastare, perché la registrazione dopo fu perfetta. La sua voce suonò potente, carica di sentimento in ogni singola parola, tanto che a Jungkook venne la pelle d’oca.

La canzone era finita. Le insicurezze di Taehyung ancora lì.
Fissava il file pronto, indeciso sul da farsi. Il manager diceva che andava bene, Bang PD-nim aveva dato la sua approvazione. Non mancava che caricarlo.
Fu un click. Rapido e indolore.

Jungkook non ci pensò due volte a scaricarla sul cellulare senza dire niente a Taehyung.
Aveva tenuto le cuffiette tutta la sera, con quella stessa canzone in play e la voce di Taehyung come una melodia continua.
Osservava Jimin e Jhope intenti in una danza di qualche gruppo femminile, e Taehyung che rideva spensierato, finché quest’ultimo gli si avvicinò, sfilandogli un auricolare e portandolo al proprio orecchio.
Jungkook non disse niente, semplicemente osservò la sua espressione mutare da quella giocosa a una più sorpresa. E il minore gli sorrise, dolce, in un tenero incoraggiamento.

 

I respiri lenti di Hoseok e Jimin gli avevano fatto capire che si erano addormentati da un pezzo, in quella notte tranquilla. Le labbra di Taehyung erano soffici e dolci sotto le sue. Così soffici e dolci che si sarebbe potuto dimenticare il proprio nome.

 

 

Nda
Il primo incontro tra Jungkook e Tae è andato davvero così. Il Golden Maknae lo disse in un programma radio, dicendo, appunto, di averlo incontrato dopo il corso di canto e che all’epoca era timidissimo. Taehyung spiegò che Jungkook non gli disse una parola, e il più piccolo rispose “sono diventato così stando con loro.”.
Anche la frase “fidati della tua voce, hyung” è presa da un momento reale (in una bangtan bomb se non erro), in cui Kookie glielo disse e poi spiegò che a Taehyung non piaceva la sua voce ma invece Jungkook l’amava.
Niente, stavo scrivendo e i ricordi hanno preso possesso della mia mano.
Chiedo venia, sia per questo che per il capitolo non-sense.
Se notate errori fatemelo notare.
Alla prossima
Bye

Dihanabi

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Capitolo 6
*** Di sogni e ciccolata ***


Di sogni e ciccolata 



Non ricorda come tutto quello fosse iniziato, ma ne è più che felice ora. Felice che sia così, e in parte sicuro che lo sarà per sempre.

Jungkook lo guarda, quello sguardo complice, d’intesa, che alberga sempre tra di loro. Gli lascia un piccolo sorriso, appena accennato, e Jungkook sembra capire al volo.
Gli piace questo, gli piace non doversi servire si parole futili, o di frasi scontate. Basta uno sguardo, un piccolo sorriso.

Jin sta preparando la cena e non gli presta molta attenzione, l’unica cosa che scorge è Taehyung con uno sguardo triste sul viso e quando si gira trova i maknae in ginocchio, che si guardano drammatici prima di esplodere in una risata sonora.
“Ragazzi di nuovo?” chiede fingendo un tono esasperato, ma non riesce a celare la risata.

Era stato un gioco solo di Taehyung. Quando era solo recitava, lo aveva sempre fatto.

Aveva sempre amato recitare. Non c’era stato un momento preciso nella sua infanzia in qui aveva scoperto questa sua passione, era sempre stato così. Non c’era stata una fonte di ispirazione come avviene nella maggior parte dei casi: un attore particolarmente bravo, un piacere incondizionato per i film… Non era partito da niente di tutto questo, anzi, era avvenuto il contrario.
Taehyung credeva di essere nato così, e forse era vero.
Gli piaceva, gli piaceva dannatamente tanto recitare.

Delle volte si rendeva strano agli occhi della gente e spesso veniva criticato per questo. Mentiva quando diceva che non gli importava. Lui credeva troppo nella recitazione per permettere di essere criticato per questo.

Jungkook era sempre stato diverso, non lo aveva mai giudicato. Non aveva mai, neppure una volta dal loro primo incontro, messo il comportamento di Taehyung sotto giudizio. Non gli era mai passato per la mente di paragonare le sue azioni ad altre più normali, perché per lui Taehyung era sempre stato solo Taehyung.
Sapeva che il ragazzo era diverso, fuori dal comune, ma ai suoi occhi non appariva strano, ma speciale.

Taehyung aveva preso questa abitudine di provare piccoli sketch quando era solo, però gli capitava di passare tutto il suo tempo con i ragazzi e alla fine con loro poteva non vergognarsene. Era parte di se e i suoi amici non avrebbero certo potuto criticarlo per questo.

L’appoggio dei bts era sempre stato importante per lui, ma Jungkook… Lui gli aveva dato di più.

_

Era stata una sera al dormitorio, una di quelle tranquille se non per le grida provenienti da una stanza dove i ragazzi giocavano ai videogiochi.
Taehyung invece era in salotto, seduto sul divano, e provare qualche battuta dal drama che mandavano in onda in quel momento.
La recitazione di questo, in realtà, non era buona, ma Taehyung poteva fare di meglio e recitava ogni farse come fosse più vera.

Era convinto di essere solo, e ormai era talmente preso da questa sua abitudine di non accorgersi della presenza di un altro ragazzo nella stanza finché non sentì una mano sulla sua spalla.
“Jeongguk-ah!” disse con un sorriso ampio che compariva sul suo viso, senza neanche bisogno di voltarsi a vedere chi fosse.
Il più piccolo gli scivolò accanto, dicendo qualcosa sul non starsene per conto suo, e rivolgendo lo sguardo allo schermo.

Era stata quella la prima volta. Presa da una scena di un drama mediocre di cui nessuno dei due ricorda il nome.
Taehyung lo aveva guardato triste, come l’attore nella sua performance, e in contemporanea erano caduti in ginocchio, sul pavimento del dormitorio. La scena sembrava più intensa a loro, che ormai avevano dimenticato di seguire le battute o i movimenti, che ormai avevano dimenticato fosse un gioco.

“Hyung.” sussurrò Jungkook, e suonò come un film romantico, con quella sua voce dolce e il suono che andava a sfumare. Al maggiore era sempre piaciuto come il suo nome suonasse quando erano quella labbra a pronunciarlo.

Taehyung realizzò di essersi avvicinato tanto solo quando si rese conto di poter scorgere ogni singola ciglia e ogni piccola luce che attraversava gli occhi del ragazzo.
Le sue dita si mossero naturalmente verso il collo del minore, intrecciandosi tra le ciocche corte dei suoi capelli.
Taehyung era impulsivo, spesso, e non pensava, tanto che neanche lui sapeva quello che stava facendo. Forse perché con Jungkook era sempre stato tutto automatico, giusto. Era come vederlo succedere da fuori: le sua mani che accarezzavano il collo del minore, stringevano le ciocche castane, i loro visi che si avvicinavano, ma la sua mente era completamente vuota.

Quando le loro labbra si collegarono la prima cose che sentì fu un sapore dolce, simile a cioccolata, mischiata alla dolcezza naturale di quella bocca. Taehyung pensò che quel sapore fosse adatto alla sua voce. Aveva sempre trovato che la voce di Jungkook somigliasse la cioccolata.
Ricorda quando, nelle notte d’inverno, il più piccolo cantava qualche canzone lenta e una cioccolata calda era stretta tra le loro mani, a scaldarli. Ma le parole che, soffici e delicate, si liberavano nell’aria in quella melodia scaldavano il cuore di Taehyung molto più a fondo.

La seconda cosa che sentì era il sorriso sulle sue labbra, abbinato a quello sul viso di Jungkook.
E dio era così giusto...e perfetto.

Si sporse in avanti ancora di più, poggiandosi contro il corpo dell’altro. Le braccia di Jungkook lo avvolsero e Taehyung dovette ammettere che amava sentirle intorno al suo corpo, percepire i muscoli che lo ingabbiavano contro di lui. Amava sentirsi protetto nonostante fosse il più grande. Lui era lì a prendersi cura di Jungkook, ma Jungkook era forte per lui.

Le dita si infiltrarono nella chioma castana, alzando la frangia e tuffandosi in mezzo, tenendolo fermo ma senza fargli male. Erano mosse le ciocche, ancora disordinate dalla doccia di qualche ora prima, eppure così morbide, e così profumate… così Jungkook.

Quando il bacio fu interrotto restarono a pochi centimetri di distanza, i nasi che ancora si sfioravano. I loro sorrisi erano ancora lì.
Una colonna sonora giocava in sottofondo, una scena di un bacio finto nello schermo del televisore. Non ci avevano neppure fatto caso, perché il loro di bacio era vero, tanto quanto i loro sorrisi, tanto quanto le loro risate leggere, affatto imbarazzate.

Era sempre stato così tra loro.
Fare gli idioti insieme, ridere, una carezza, un sorriso. Delle volte, quando erano soli, dei baci, e di nuovo quei sorrisi e quelle risate felici.
Jungkook e Taehyung. Taehyung e Jungkook. Questo era quello che erano.

 

 

Nda.
Per quanto può sembrare strano ogni volta che Tae guarda Kook triste per gioco si inginocchiano per davvero e la frase di Jin l’ha detta veramente. Ora, dato che questa cosa è mooolto strana, l’ho spiegata con il drama, ma non so come sia iniziata ok? Anche perché Tae ha detto “per esempio lo guardo triste”...
Ah, e per chi non lo sapesse il sogno di Tae è sempre stato quello di recitare e si offende molto se lo prendono in giro, infatti anche la cosa che recita quando è solo, ma anche con kook, è vera, e una volta di è offeso con Jimin perché ha riso di questo. Amore bello TaeTae.
E niente, quei due che recitano insieme sono tanto fluff.
Vkook is killing me…
Scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare ma i capitoli che avevo scritto sono andati persi.

Alla prossima
Dihanabi

 

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