I Gave My Heart To You

di LA dreamer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Our Lives Through My Eyes ***
Capitolo 3: *** Welcome Synyster Gates ***
Capitolo 4: *** Warmness On The Soul ***
Capitolo 5: *** The Party Takes Over Part I ***
Capitolo 6: *** The Party Take Over Part II ***
Capitolo 7: *** Everything's gonna be allright ***
Capitolo 8: *** Thank You For Lovin' Me. ***
Capitolo 9: *** Beside You. ***
Capitolo 10: *** Interlude ***
Capitolo 11: *** A new day has come. ***
Capitolo 12: *** California Dreaming ***
Capitolo 13: *** It's our fuckin' nightmare. ***
Capitolo 14: *** The End Of Rapture ***
Capitolo 15: *** It's cold and empty without you here ***
Capitolo 16: *** Unholy Confession ***
Capitolo 17: *** The Pasr Knocking On Our Door ***
Capitolo 18: *** Please Doc save her ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Dedico questa storia alla mia Shadz protagonista insieme alla sottoscritta di questa storia.
LA dreamer: Ashley
Dominil: Alice

Enjoy it!

Sono due anni che non vedo ne tanto meno sento mio fratello.

Due anni.

730 giorni che mi sento persa, fallita e senza nessuna speranza.

730 giorni che quel sorriso così dolce, tenero e affettuoso non si scontra con la mia faccia.

Eppure me l’aveva promesso. Mi aveva promesso che mi avrebbe portato via da tutto questo schifo, da questa città che illude, ma non regala niente di buono e io avevo vissuto una vita intera con quella promessa che un giorno il mondo intero mi avrebbe conosciuta e io stessa avrei conosciuto in tutta la sua bellezza, ma quel giorno non arrivò mai, per lui si, ma non per me.

Io ero ancora qui, in America, intrappolata in strade colme di macchine impazzite, segregata in rumori assordanti e immagini di terrore.

Da quel giorno di Giugno avevo smesso di vivere per colpa sua. Mi ero totalmente creata un mondo a cui non appartenevo, stavo con una persona che dicevo di amare, ma che non amavo e mi crogiolavo nel mio piccolo inferno privato fatto di rimorsi, di rinfacci e di una vita che non avrei mai voluto.

Sognavo i grandi corridoi dei backstage, sognavo di vederlo cantare su un palco enorme con la folla impazzita sotto di lui che li acclamava e urlava parole di odio contro la vita come loro scrivevano nei loro testi.

Ma mio fratello aveva inseguito quel palco e quei corridoi da solo senza di me. Cantava le nostre canzoni su un palco senza me che lo guardavo fiera della persona che era diventata, vedeva posti nuovi che insieme avevamo sempre sognato e incontrava persone nuove pronte a scoprire la stupenda persona che era.

Aveva scelto di lasciarmi qui da sola, senza più proteggermi, senza più sapere come stessi e cosa facessi.

In tutto questo avevo perso il mio migliore amico, il mio primo vero amore e due amici/fratelli acquisiti che mi rendevano viva ogni giorno della mia vita.

Alice era l’unica persona di loro che mi era rimasta.

Io e Alice ci sentivamo tradite e allo stesso tempo ferite per promesse infrante e mai mantenute. Lei poteva capirmi, infondo suo fratello, nonché mio migliore amico, aveva tradito tutte quelle aspettative senza tornare indietro. Ma era risaputo: Zacky Vengeance non tornava mai indietro quando aveva preso una decisione, ma in quella decisione aveva tralasciato il suo unico punto di riferimento che d’ora in poi non ci sarebbe mai più stato.

Da quel giorno io e Alice ci eravamo promesse che gli Avenged Sevenfold non sarebbero mai più esistiti per entrambe. E così accadde.

Ogni volta che la radio lanciava le loro canzoni noi cambiavamo la stazione radiofonica, ogni volta che la tv mandava loro immagini cambiavamo canale, le foto di quei momenti passati insieme erano state chiuse in una scatola buttata infondo a un armadio vecchio e le case che ci avevano visti protagonisti di feste, serate passate a parlare, dell’amore dei nostri ex ragazzi le avevamo abbandonate poco dopo lasciandoci alle spalle la bella e soleggiata California, lasciandoci alle spalle gli scheletri di Huntington Beach, lasciando alle spalle una vita che non volevamo ricordare.

New York era diventata la nostra salvezza, almeno in parte, ma a New York si sentiva comunque la mancanza di casa e di qualcosa che in quel momento era troppo lontano per essere raggiunto.

Quei cinque ragazzi che avevano costruito il nostro passato ora erano solo un ricordo passato, ora erano solo un ricordo amaro.

E se avete voglia commentate!
Un bacione

LA dreamer xxx

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Capitolo 2
*** Our Lives Through My Eyes ***


3 ANNI PRIMA

-Ashley ti vuoi muovere che faccio tardi al lavoro?.-il secondo pugno della mattinata arrivò come un boato nella mia testa. Dall’altra parte della porta la montagna umana che comunemente chiamavo fratello reclamava l’uso del bagno.

-Matt non dare i colpi alle porte che me le sfondi.-reclamò mia madre con il suo solito sorriso stampato in volto.

-E mamma TUA figlia non si muove.-protestò accentuando la parola tua. Io da dentro il bagno ridevo finendo di truccarmi.

-Ash tesoro dai fai entrare anche tuo fratello.-scossi la testa e allungai il braccio per aprire la porta. Lo sguardo furente di mio fratello mi fece scoppiare a ridere ancora di più mentre entrava in bagno dandomi un piccolo spintone per mettersi davanti allo specchio. E così mentre io mi truccavo e lui si metteva chili di gel nei capelli mi resi conto di quanto volevo bene a quel ragazzo. Matt per me era tutto, era un idolo, era il mio idolo personale, l’unica persona sulla faccia della terra che non avrei mai lasciato andare via. Amavo il suo carattere così spensierato e leggero, il suo sorriso vivo e pieno di sé con quelle fossette che avevo anche io.

Ci assomigliavamo parecchio alcuni addirittura ci scambiavano per gemelli, ma no non lo eravamo, eravamo solo complici stretti di un’intera vita passata insieme. -Non ti truccare troppo non ho voglia di venire a picchiare i tuoi compagni di scuola.-decretò mentre di controllare per bene allo specchio.

-Ma smettila scemo che in quella scuola non c’è nessuno che rompe o Johnny gli salta al collo come una scimmia urlatrice.

-Il nano fa il suo lavoro a quanto vedo.-sghignazzò perfido prima di avvicinarsi e darmi un bacio fra i capelli castani.-Comunque come sto?.-si indicò con l’indice destro facendo una piccola giravolta su se stesso. -Mmm si ci sta però secondo me è meglio una maglietta normale con le maniche e non così smanicata.

-Dici?

-Dico dico signore delle tenebre.-sorrisi dandogli un bacio sulla guancia.

-Ok mi cambio e poi vado, ti ricordi che siamo a cena da papà stasera-

-Certo che me lo ricordo.

-Ci saranno anche Alice e Zacky.-mormorò aggiustandosi la cintura dei pantaloni.

-Mi fa piacere,ma che centrano?.-chiesi sorridendo sapendo già quale sarebbe stata la risposta di mio fratello. -Zacky e la sua ossessione per le lasagne di Nora.-Nora era la nuova moglie di mio padre e anche se di solito i figli odiano le nuove mogli o gli eventuali nuovi mariti, io e Matt no, adoravamo Nora anche se non era nostra madre e una madre ce l’avevamo.

Ci piaceva come donna perché si era sempre imposta per ciò che era, non aveva mai voluto prendere il posto di nostra madre e si era sempre comportata correttamente sia con noi che con nostro padre. Insomma era stata al posto suo anche quando sia io che Matt ci rifiutavamo di conoscerla. Lei aveva pazientemente aspettato nell’angolino fino al giorno in cui ci presentammo a casa loro pronti per farla entrare nelle nostre vite.

Mamma e papà erano separati da anni ormai,ma avevano mantenuto un bel rapporto. Si vedevano e si parlavano senza nessuna litigata, quelle c’erano già state in passato e nessuno credo le avrebbe mai potute dimenticare. Volevo bene ad entrambi anche se in passato ci avevano fatto del male, ma ora le cose andavano molto meglio e la loro presenza era un punto importante per me e mio fratello.

Mamma era una donna libera e spensierata a cui non piaceva nessun vincolo,l’unica eccezione era stata mio padre,ma alla fine era scappata da quel vincolo. Mia madre amava l’avventura, amava viaggiare, amava essere libera; mio padre invece era più dettagliato, più ordinato nella sua vita e nei suoi progetti. Aveva la sua routine e guai a chi osava buttarlo fuori binario, valeva dire che avrebbe scatenato la pazzia di un uomo di quarant’anni. Se il detto dice che gli opposti si attraggono beh quel detto non andava bene per mia madre e mio padre.

Nora era come mio padre e insieme formavano una bella coppia.

-Immaginavo.-commentai prendendo in mano una brioche.-io vado ci vediamo dopo.

-Ciao tesoro saluta Alice e fai la brava.

-Sarà fatto mamma…Ciao Matt.

-Ciao piccola.-urlò dai piani alti mentre fischiettava una canzone a me sconosciuta.

Uscì di casa scontrandomi con l’aria calda e salata di Huntington Beach e come ogni giorno andai incontro alla mia vita.

Alla fine della strada la mia migliore amica mi attendeva a braccia aperte.

-Ciao amore.-la salutai dandole un bacio sulla testa -Ciao Stupida Johnny ci aspetta a scuola.

-Ho saputo della vostra presenza a casa di mio padre.

-Zitta che ucciderò presto mio fratello. Ha incontrato Nora in giardino gli ha fatto due moine e si è fatto invitare. Quel ragazzo fa schifo.-risi insieme a lei immaginandomi la scena, perché sapevo che il mio migliore amico poteva fare anche questo.

-Però sono felice.

-Uh sai che Jimmy forse ha trovato un primo chitarrista? -Scherzi?era ora.

-Si è un suo vecchio amico. Dopodomani alle prove lo porta. -E finalmente gli Avenged Sevenfold sono al completo.-urlai in mezzo alla strada mentre Alice sbarrava gli occhi e scuoteva la testa in segno di diniego.

Tenevamo a quel gruppo più che alle nostre vite, un giorno quel nome sarebbe diventato mondiale e noi stavamo solo aspettando che le porte della musica si aprissero per ospitarli.

Due in una botta sola!!!!

Kisses and Rock'n'Roll!

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Capitolo 3
*** Welcome Synyster Gates ***


Era arrivato il giorno delle prove.
Sia io che Alice non stavamo più nella pelle. Volevamo conoscere quel ragazzo così bravo con la chitarra da far rimanere tutti quanti a bocca aperta, quel ragazzo che avrebbe portato gli Avenged Sevenfold ad un livello più alto, un livello che gli avrebbe permesso di farsi conoscere nel mondo e nell'underground californiano.

La cena a casa di mio padre e Nora era andata divinamente. Zacky non aveva perso tempo nel raccontare i nostri aneddoti facendo arrossire Matt e mandare in catalessi sua sorella. Si proprio così Alice era follemente innamorata di Matt, ma Matt ancora non riusciva a capire cosa voleva dalla sua vita. Avrebbe continuato a stare con una persona che ormai non amava più o avrebbe preso tra le sue braccia quella piccola ragazzina che lo faceva sorridere come mai era successo prima?

A Matt piaceva Alice e parecchio anche, ma non riusciva a decidere quale duro destino doveva prendere, era una decisione difficile, una continua lotta interiore che lo portava a mille discorsi senza fine nel pieno della notte, con la sottoscritta che lo ascoltava mentre beveva litri di caffè. Matt non amava più Val, ma dopo tre anni di amore folle e puro era difficile abbandonare tutto e buttarsi a capofitto in una storia nuova.

Doveva solo trovare un movente,anche se sotto il naso ne aveva tanti, e poi non sarebbe più tornato indietro.

Tornando alla cena, ci eravamo divertiti, avevamo mangiato come maiali le gustose lasagne di Nora e avevamo passato una piacevole serata in veranda, fumando una sigaretta, e un sigaro per papà, mentre Nora ci raccontava della sua amata Inghilterra, di quanto le mancasse a volte quella pioggerellina fine e spesso fastidiosa, e di quanto le mancasse una Londra invasa e avvolta da una nebbia fitta.

Nora era inglese e si vedeva nel suo stile londinese molto posata e composta, ma con un animo che sarebbe stato capace di accontentare tutti quanti, era uno dei tanti motivi che mi portavano ad amarla come una compagna di vita e un'amica, non come madre però.

-Ashley è pronta la cena.-urlò mia madre dal fondo delle scale asciugandosi le mani in un vecchio strofinaccio.
-Ok arrivo.-risposi saltando giu dal letto. Spensi la musica e diedi una breve occhiata al mio riflesso allo specchio. Quella sera mi sentivo particolarmente bella e piena di vita.
Non riuscivo nemmeno io a spiegarmi il perchè era come se nell'aria stesse girando qualcosa di nuovo ancora sconosciuto, o più semplicemente perchè sapevo che nel profondo del mio inconscio qualcosa stava cambiando, quella serata stessa l'avrebbe cambiato. Sorrisi alla me stessa riflessa e aprì la porta della camera.

Vidi mio fratello correre nella mia direzione con un ghigno malefico che conoscevo fin troppo bene. Sbarrai gli occhi giusto in tempo prima di ritrovarmi a testa in giu sulla sua spalla.
-Matt cristo sei pazzo?
-Su fighettina andiamo che la cena è pronta.
-Ma so camminare anche da sola.-mi lamentai mentre lui continuava a ridere con la sua voce roca e un pò nasale che lo faceva sembrare ancora più bambino.
-Matt metti giu tua sorella non è mica un sacco di patate.-lo rimproverò mamma scuotendo la testa divertita. Questo senso di famiglia mi faceva sentire sempre bene, anche se a volte sentivo la mancanza di mio padre, ma noi tre insieme riempivamo la vita di diversi colori.-dopo andate alle prove vero?
-Si Jimmy porta il suo amico chitarrista si sa mai che stavolta ci siamo.
-Ma non lo conoscete di già?.-chiese ancora mia madre versandosi dell'acqua. A mia madre piaceva essere partecipe della nostra vita.
-Sisi l'avevamo già conosciuto solo che poi non ci siamo più visti perchè si era trasferito vicino ad Hollywood dove ha studiato chitarra.
-Non tornate tardi ok?va bene che domani è Sabato, ma sapete che non sono mai tranquilla con te al volante.-esordì la padrona di casa puntando una forchetta in direzione Matt facendolo ridere.

La cena si concluse con le risate di tutte e tre sui commenti stupidi di Matt riguardo a Zacky Jimmy o il povero Johnny preso di mira da tutti quanti per essere piccolo sia d'età che di statura,e mamma chiedeva sempre si faceva raccontare per ridere insieme a noi.

Dopo aver messo il mio piatto nel lavandino scappai, nel vero senso della parole, di sopra per cambiarmi, non volevo mettermi troppo in tiro infondo si trattava di un semplice venerdì di prove, volevo solo fare una bella figura con il nuovo chitarrista, giuro non avevo secondi fini.
Mi cambiai i pantaloni e ci aggiunsi una cintura nera con tre file di borchie e la maglietta lasciai quella che già indossavo. Era color panna con delle scritte viola e rosa, il collo a V lasciava spazio al mio ciondolo a forma di tirapugno che mi aveva regalato Alice due anni prima per il mio compleanno. Ripassai il trucco sotto gli occhi e guardandomi allo specchio mi decretai pronta per una serata folle con persone ancora più folli.
-Bambina cattiva ci sei?
-Si bambino rompi coglioni ci sono.-recuperai borsa, cellulare e portafogli e saltando sulle spalle del mio adorato fratellone uscimmo di casa.-che mi devo aspettare da questo ragazzo?.-chiesi allacciandomi la cintura.
-Ash è un ragazzo come gli altri a differenza che suona la chitarra come un Dio.
-Spero non se la tiri per questa cosa.
-No anche se farebbe bene perchè ne avrebbe tutte le ragioni.-mi rispose concentrato sulla strada. Le prove le facevano nel garage di Jimmy ormai da sempre. I genitori di Jimmy erano delle persone alquanto strane, ma che avevamo imparato a conoscere e prendere per ciò che erano. Si facevano vedere poco, ma quando c'erano si stava bene in loro compagnia. Erano un pò degli hippy mancati.
Jimmy ci aveva sempre detto che tutti e due avevano fatto il famoso 68 ed erano stati per due anni in Europa per le manifestazioni e le rivolte giovanili, quindi avevano mantenuto quello stile di vita una volta cresciuti.
Li ammiravo per questo.

Arrivammo davanti a casa di Jimmy quasi per ultimi come sempre. Una volta entrati nel garage vidi la mia amica diventare rossa mentre salutava Matt con i classici due baci sulla guancia, mentre gli altri erano sparsi qua e la per la saletta.
-Ciao amore mio.-salutai Alice strofinandole la testa affettuosamente.
-Ciao stupida, non dire niente ti prego.-mugugnò abbracciandomi.
-Ok sto zitta.-scoppiammo a ridere tutte e due insieme. Salutai anche Zacky che iniziò a tampinarmi subito e Johnny anche se non lo vedevo da poche ora visto che eravamo in classe insieme.
-Jimmy?.-chiesi non sentendolo far casino come sempre.
-E' arrivato Brian è andato a prenderlo.-annuì con la testa in direzione di Zacky e nel momento in cui sentì la porta aprirsi vidi tutto il mio mondo farsi piccolo e luminoso.

Nel momento in cui Jimmy entrò nella sala seguito da questo famoso Dio della chitarra capì il perchè di tutte quelle sensazioni il pomeriggio stesso. Brian Elwin Haner Jr era diventato il mio Dio personale nel giro di pochi secondi.

Nell'esatto secondo in cui i nostri sguardi si scontrarono scoprì tutto il mio universo rimasto chiuso per tutti questi anni. Erano gli occhi, lo sguardo, il viso più bello che avessi mai visto prima.
Rimasi folgorata, rimasi interdetta, rimasi immobile senza smettere di fissarlo, cosa che anche lui faceva con me. Non so perchè mi stessi comportando così, non volevo, non era da me, ma quel ragazzo mi aveva rapita e portata lontana.
La risposta era semplice, chiara e distinta, Ashley Sanders aveva capito cosa significava amare una persona che non fosse un amico un fratello o un parente. Ashely Sanders si era innamorata di un perfetto conosciuto con gli occhi più pronfondi del mondo, gli occhi dove avrei trovato tutta me stessa.

Ed eccomi qui scusate il ritardo ma lo studio mi uccide...La storia sta prendendo una giusta piega devo dire...A voi i commenti se ne avete voglia.

W/ Love

LA dreamer

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Capitolo 4
*** Warmness On The Soul ***


Rimasi interdetta per qualche minuto mentre lo vedevo avvicinarsi a me nelle mani di mio fratello. Sorrideva ed era la cosa più bella che potesse fare in quel momento. Il suo ghigno mi fece trasalire e tornare alla realtà.
Da quel momento capì che Synyster Fuckin' Gates non era altro che il solito ragazzo che si credeva un Dio sceso in terra, che poteva avere tutto, ragazze comprese. Cosa mi fece cambiare idea?
Semplicemente la battuta che tirò a Jimmy: << Sullivan ricorda che sono il Dio della chitarra ma sono il Dio in altre cose >>.
Tutti interpretarono quella frase come un semplice modo di scherzare, io no, la interpretai come un invito a stare lontano da lui anche se non volevo, perchè sentivo che parte di me, ormai, apparteneva a quel ragazzo di cui sapevo solo il nome.
-E questa è mia sorella Ashley.-sorrise mio fratello facendo comparire le sue meravigliose fossette e trasalire la mia migliore amica.
-Complimenti per la sorella. Ciao io sono Brian.-lo guardai con un sopracciglio alzato ignorando la sua mano tesa sorrisi antipatica.
-Si si piacere mio.-mi voltai e me ne andai tra le braccia del mio migliore amico cercando protezione da un qualcosa che non esisteva, ma soprattutto dovevo ritrovare la mia calma interiore.
Quel ragazzo mi stava facendo diventare pazza.
-Scusala a volte è un pò lunatica.-sussurrò mio fratello vedendo l'espressione di Brian.
-Fa nulla amico.-rispose senza togliere lo sguardo da me e per un pò riuscì anche a sostenerlo.
-Eih cos'è tutta questa dose di affetto?.-chiese Zacky ridendo e stampandomi un bacio tra i capelli.
-Se vuoi me ne vado.-lo guardai minacciosa prima di scoppiargli a ridere in faccia come sempre facevo.
Zacky per me era davvero tutto. Lo era lui come lo era sua sorella, erano la mia famiglia, la mia ragione di vita e la mia esistenza in questa città che tutti odiavamo per motivi a volte diversi a volte uguali. Non riuscivo ad immaginarmi una vita senza di loro, senza il mio migliore amico di cui un tempo era stata anche innamorata.
Era stata la mia prima cotta e infondo sapevo di esserne ancora innamorata, solo che lo consideravo più un fratello che un fidanzato. Ma per Zacky era differente perchè per lui rimanevo l'unica regina di cuori.
Non l'aveva mai detto apertamente, non me l'aveva mai detto, ma lo sapevo: Zacky era fottutamente innamorato di me.
Avrei voluto fermare tutto, fermare il tempo e tornare indietro per rimanere piccoli, per farci ritornare a quando non sapevamo cos'era l'amore, il sesso e la vita da adolescenti, a quanto ci importava di sognare il mondo dalla cima più alta di un albero in giardino, a quando il cielo sembrava così grande e le nuvole di panna montata, dove i sogni erano grandi e le paure piccole, dove il nostro cuore batteva all'unisono nel scoprire cose nuove anche le meno importanti.
Ma non avevo quel potere e così combattevo con me stessa per non far soffrire troppo Zacky, il mio tenero e dolce Zacky che anche nei momenti peggiori non mi aveva mai abbandonata, ma anzi mi aveva preso in braccio e protetta come sempre restando nel suo ruolo di migliore amico.
Non avevamo mai affrontato l'argomento, non sapevo come pensava ne cosa realmente provasse, sapevo solo che soffriva e, dato che la causa ero io, mi faceva male.
Ma Zacky aveva la fortuna di essere forte e continuava con la sua vita, con le sue storie d'amore fortunate e non, viveva nell'ombra di un qualcosa che non ci sarebbe mai potuto essere.
Ora aveva Gena una ragazza che stava ancora frequentando e con cui voleva andarci con i piedi di piombo, come ripeteva sempre, e io ero felice se quella ragazza avesse avuto il potere di chiudergli la ferita che gli anni insieme gli aveva procurato. Gena sembrava perfetta e Zacky felice, io speravo solo che tutto andasse nel verso giusto.
-Ragazzi iniziamo?.-la voce forte di mio fratello riportò l’ordine generale in sala e ognuno prese il suo posto. Io e Alice ci togliemmo le scarpe e ci accomodammo profondamente sul divano di pelle nera pieno di scritte e ricordi di giorni interi passati in quel garage.
Sorrisi alla mia amica mente stendevo le gambe sopra le sue, la nostra posizione migliore.
-E’ carino.-mi sussurrò avvicinandosi al mio orecchio.
-Se ripeti ancora che mio fratello è bello giuro che me ne vado e ti lascio qui con lui da sola.-alzai gli occhi al cielo e sbuffai in modo divertito ricevendo uno schiaffo amichevole da parte sua.
-Parlavo di Brian non di tuo fratello amica mal fidente.
-Ah ok allora te lo concedo.
-Continua a guardarti da quando è arrivato.-constatò puntando il mento verso il diretto interessato che riprese ad accordare la chitarra non appena lo guardai.
-Se vuole gli do una foto così dura di più.
-Ah si scusate Ashley Sanders non si fa amare da nessuno scusate vostra altezza reale non mi permetterei mai.
-Smettila scema.-dissi alzando un sopracciglio per assumere un espressione seria.
-Non ci provare tanto non mi intimorisci non sono mica Johnny che ha anche paura della sua ombra a momenti.
-Scommetto che se lo facesse mio fratello però ti darebbe parecchio fastidio.
-Se non vuoi morire giovane piccola Sanders taci, anzi fallo subito che sta per iniziare la mia canzone.-la vidi voltare la testa verso i ragazzi e chiudere delicatamente gli occhi nel momento esatto che mio fratello posò le mani sul suo pianoforte facendo partire la melodia di una ninna nanna, di una serenata d’amore, di una canzone che richiamava i pensieri comuni e privati di tutti.
Alice si distese del tutto sul divano puntando lo sguardo su Matt.
A cosa pensavi in quei momenti mia piccola Allie?cosa sentivi dentro il tuo petto ogni volta che quelle prime note tristi risuonavano per la piccola sala prove?
Conoscevo tutto di lei come lei conosceva tutto di me, ma quei pensieri profondi non li conoscevo e forse da una parte era giusto così perché erano cose troppo grosse, troppo importanti le parole li avrebbero solo rovinati, come si chiamavano?ah si sentimenti. Era l’amore di una ragazza giovane nel suo corpo da futura donna.
Ed era tutto vero, ogni volta che Matt la guardava c’era solo sincerità nei suoi sguardi c’era solo amore puro e lo stesso era per Allie.
Quanto dovevano aspettare ancora entrambi per poter dimostrare i loro gesti e le loro parole?
A Matt mancava solo una chiave e con quella avrebbe aperto il cuore di Allie con quella avrebbe potuto condividere con lei il suo piccolo mondo fatto di lui, della sua voce, delle sue canzoni, fatto di loro.
Quando Warmness On The Soul finì l’atmosfera che si era creata si ruppe in mille pezzi e tutto tornò alla normalità che c’era prima.
Allie riaprì gli occhi e mi guardò sorridendo e arrossendo di poco, le stampai un bacio sulla guancia prima di rimettermi le scarpe e prepararmi per tornare a casa.
-Brian sei dei nostri è deciso.-disse Zacky dandogli la mano.
-Grazie collega.-rise colpendomi come una secchiata d’acqua gelida in pieno corpo. Era perfetto in ogni momento in ogni piccolo particolare.
-Ash muovi il culo che andiamo a casa.-urlò mio fratello aprendo la porta e uscendo per fumare insieme agli altri.
Non appena fummo fuori dal garage Allie saltò sulle spalle di Zacky ridendo come una bambina.
-Vi aspettiamo domani a cena?.-disse rivolta verso di me che frugavo nella borsa.
-Contaci per le sette siamo li, devo portare qualcosa?
-Se volete il dolce.-mi disse Zacky dandomi una spallata.
-Vacci piano Baker.-risposi dandogli un bacio sulla guancia.-notte pazzi.
-Notte ragazzi ci sentiamo in questi giorni.-urlò Allie continuando a ridere col fratello. Mi avvicinai a Matt e lo guardai sorridendo e scuotendo la testa.
-Non dire niente mi sto dando dell’idiota da solo.
-Mi risparmi un sacco di fiato grazie. Andiamo innamorato?
-Si andiamo.-salutammo tutti quanti, o meglio Matt lo fece io risparmiai Brian lanciandogli uno sguardo cattivo. Lui non fece altro che sorridermi sornione senza smettere di guardarmi.
La lotta era appena iniziata, ma sapevo che in un modo o nell’altro ne sarei uscita vincitrice perché lo desideravo perché volevo amare ancora una volta e in qualche modo sapevo che lui era quello giusto, il ragazzo dei miei sogni che finalmente aveva non solo un nome, ma anche un volto e quel volto era il magnifico viso di Brian Haner.
-Vieni da me?.-chiesi a mio fratello non appena entrati in casa.
-Ok.-rispose semplicemente posando le chiavi nella vaschetta di vimini all’entrata. Salimmo in silenzio le scale e non appena entrati in camera mia ci buttammo in silenzio sul letto.-domani lascio Val.-disse nel silenzio della notte, ma capì dal tono della sua voce che la sua lotta interna stava per finire anche se non doveva essere facile. Lo abbracciai senza dire ne un mi dispiace, ne un: vedrai che poi sarà meglio, gli feci solo capire che per lui c’ero anche quella volta e che non l’avrei mai abbandonato perché lui era il mio eroe, lui era il mio uomo perfetto.

Chiedo scusa per il ritardo ma tra esami lavoro e trasloco il tempo è poco. Eccoci qui, cosa accadrà nei prossimi capitoli???maaaaaaaaaaa ihih
UN GRAZIE SPECIALE A TUTTI QUELLI CHE LEGGONO E RECENSISCONO, ANCORA UNA VOLTA LOVE QUESTO E' PER TE.

LA dreamer xxx

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Capitolo 5
*** The Party Takes Over Part I ***


RAGAZZEEEEEE...vi ricordate ancora di me???oddio spero di si, inutile chiedere scusa, ma davvero non avendo pc in casa nuova per me è difficile poter scrivere...spero che questo nuovo capitolo vi piaccia...
Chiedo ancora scusa e vi auguro una buona lettura.

Passò circa un mese da quella sera in cui Brian entrò a far parte ufficialmente degli Avenged Sevenfold, un mese in cui il mio cuore dava strani segnali che in tutti i modi cercavo di ignorare. Non volevo innamorarmi di lui, ma qualcosa dentro di me si era già impadronito della situazione.
Matt lasciò davvero Valary, dopo quasi tre anni di pura agonia la lasciò parlandole faccia a faccia, senza troppi giri di parole, semplicemente le disse che non l'amava più, che i tempi dei baci e dei messaggi dolci erano finiti, finiti forse per sempre.
Allie era felice, ma aveva paura,che cosa poteva succedere d'ora in avanti?
Tentavo in tutti i modi di immaginarmi un futuro non troppo lontano finalmente felici, ma la realtà purtroppo se ne andava per i fatti propri non lasciandomi il tempo di capire davvero le cose e stravolgendo le mie piccole fantasie.
Brian era sempre più presente nella mia mente e ormai occupava gran parte del mio tempo, avevo solo paura ad ammetterlo al mondo intero, anche se Allie l'aveva capito ormai da tempo e mio fratello pure.Come biasimarli, mi conoscevano troppo bene.
Era il giorno di Halloween. Johnny aveva organizzato una festa in casa sua visto che i suoi genitori erano fuori città per qualche giorno.
Ridendo e scherzando contavamo la presenza di quasi cento persone che come piccole formiche vagavano per la grande villa sulla spiaggia di quella che un tempo era la mia città. Conoscevo si e no la metà delle persone che entravano e uscivano dalla casa, ma nelle feste era sempre così, il passaparola era il gesto migliore da fare in quei casi. Allie e io ci eravamo incaricate di preparare tutte le schifezze possibili e immaginabili con ciò che la signora Seward ci aveva comprato per l'occasione. In quel momento ci stavamo cimentando in splendidi panini a prova di stomaco forte.
-Tieni Berry il tuo panino mega con salsiccia patatine insalata pomodori maionese e salsa chili.-gli disse Allie appoggiando la pietanza sul piattino a forma di zucca. Matt prese il suo piatto e guardò il panino con occhi sognanti mentre mentalmente mi chiedevo come e quando sarebbe riuscito a digerire una porcata simile.
-Se non vomita gli faccio una statua.-commentai prendendo la prossima ordinazione.-
-Nah non vomita quello è un pozzo senza fondo.Bene io la bionda e tu la mora, dimmi tutto.-si girò verso una ragazza dai capelli biondi,mentre alzando la testa mi trovai la visione più schifosa che potessi vedere.Brian,abbracciato alla ragazza mora che mi aveva indicato Allie,mi guardava dritta negli occhi senza muovere un singolo muscolo e Dio solo sa quanto fosse bello quella sera.Restai in quella posizione per non quanto tempo a guardare quegli occhi così profondi che mi portavano lontana e mi facevano sentire bene, quel viso perfetto come scolpito nel marmo, come la statua di un Dio greco, bello, potente, unico.
-Scusa?!.-la ragazza al suo fianco mi schioccò due dita davanti al viso facendomi tornare con i piedi per terra.Scossi la testa un paio di volte prima di sorriderle falsamente per accontentare la sua richiesta.
-Si dimmi tutto.
-Un panino con insalata pomodori e formaggio.-spero che ti va di traverso, commentai in silenzio mentre preparavo il panino per Miss Galassia sono figa solo io.
Brian non aprì bocca nemmeno per salutarmi.
-Ecco qui.-le porsi il piatto e voltai lo sguardo verso di lui. Era rimasto in quella posizione per tutto quel tempo, breve, ma a me sembrò un eternità.
-Tu amore non vuoi niente?.-Brian scosse la testa in segno negativo e prendendola per mano la portò lontana dal nostro banchetto.
A cosa pensi Brian?contro cosa stai lottando?perchè non smetti di pregare te stesso e agisci perchè so che è quello che vuoi.
-Allie vado a fumarmi una sigaretta.
-Okay tanto non c'è quasi più nessuno.-presi da sotto il tavolo la mia borsa e spintonando la gente riuscì a uscire per godermi un pò d'aria invernale.
Mi sedetti sul muretto di fronte al garage di casa Seward e mi accesi la sigaretta voltando il viso verso il cielo stellato di quella sera. Era bello, era romantico, era rilassante vedere tutte quelle stelle popolare il cielo, da piccola provavo con mio padre a contarle tutte, ma perdevo sempre il conto e mi arrabbiavo perchè dicevo che alcune scappavano per non farsi vedere, così il vecchio Sanders mi prendeva sulle sue gambe dondolandosi con me raccontandomi sempre storie diverse sulle stelle timide che scappano, ma che mi avrebbero protetto sempre ovunque fossi andata e alla fine mi diceva sempre la frase che più amavo,la frase che mi aveva fatto compagnia nei momenti più bui e più tristi: << non importa se loro scappano perchè le stelle più luminose e belle sono sulla terra >>.
Solo più tardi capì che si riferiva a me e Matt, eravamo noi quelle stelle, era lui la stella che accompagnava il mio cammino, così come io ero la sua.
-Sono troppe da contare Sanders.-Zacky arrivò al mio fianco porgendomi una bottiglia di birra e sorridendo con quel viso così bello e dolce, così ancora bambino.
-Lo so ma ci spero sempre a contarle tutte. Come mai fuori?
-Mia sorella non mi voleva fare il panino maxi e non ti ho più visto, sapevo dove trovarti, ormai sto muretto ha la forma del tuo culo.
-Stupido.-scherzai dandogli una pacca sulla spalla tatuata.-avevo voglia di silenzio.
-Attenzione Ashley Sanders non vuole fare festa, che succede baby?
-Nah niente Zacky davvero volevo fumarmi una sigaretta in tranquillità, ma questo non ti autorizza a lasciarmi da sola.-puntai un dito sul suo naso schiacciandolo appena.
-D'accordo signora rimango,stai così per Brian?.-mi chiese investendomi con quello sguardo di ghiaccio che aveva negli occhi. Tutti ma non lui, pensai vergognandomi un pò.-Eih è inutile che diventi rossa Ash mica abbiamo un patto che non puoi innamorarti di un altro ragazzo.-Perchè Zacky? perchè tu riesci sempre a capirmi, perchè nonostante tutto sei tu quello seduto vicino a me a consolarmi per le mie ferite. Tu non lo meriti.
-No è che...-sbuffai appena guardandolo.-non lo so Zacky non so che cazzo mi prende, ma vederlo con quella...-pensai ad un aggettivo cattivo, ma in quel momento non mi veniva in mente niente di davvero cattivo.-quella...quella e basta,non so mi mette addosso una rabbia assurda.
-Posso capirlo,ma allora perchè non la smettete di corrervi dietro a vicenda?
-Perchè sta con quella?O perchè non ho voglia di star male ancora una volta.
-Ash,Brian non è Damien,quello era un coglione che aveva solo voglia di scopare, Brian può sembrare così,ma è diverso, è migliore.
-Tu dici?.-chiesi appoggiando la mia testa alla sua spalla facendomi coccolare.
-Dico dico...Senti.-mi fece alzare la testa costringendomi a guardare i suoi occhi e il velo di tristezza che li ricoprirono.-ora entriamo, beviamo e ci divertiamo,cazzo Sanders è la nostra festa dobbiamo festeggiare.
-Ci sto.-dissi dandogli il cinque a mano aperta.-chiamiamo Allie?
-Ovvio mia sorella è d'obbligo.-ci alzammo dal muretto e rientrammo nella mischia. Vidi Brian seduto sul divano con la sua nuova fiamma seduta sopra di lui, persi in un bacio pieno di foga, pieno d'amore?non ci stavo capendo più niente.
-Lasciali perdere, recuperiamo Allie e iniziamo ad animare questa cazzo di festa.-scoppiai a ridere appoggiando la borsa sotto il bancone dei panini.Delegai due ragazze che conoscevamo di prendere il nostro posto e prendendo Allie per la mano, raggiungemmo, insieme a Zacky, il bancone degli alcolici, dove Jimmy e mio fratello si dilettavano in super cockstail stroncanti che ci avrebbero mandati tutti quanti in un altro mondo.
-Oh le paninare più sexy del mondo che vi faccio bellezze?.-ci chiese Jimmy già bello che ubriaco mentre scecherava come un ossesso.
-Troppo gentile, ma io voglio la specialità Sanders.-fece Allie voltandosi verso mio fratello, sorridendogli innocentemente. Era uno dei sorrisi più belli che avessi mai visto.
-Con molto piacere.-rispose Matt facendo roteare in aria un bicchiere per poi riprenderlo.-pronta per partire Alice?.-le chiese sornione.
-Accetto la sfida Sanders.
-E per te bionda?.-fece Jimmy rivolta a me.
-Mmm non so esiste una specialità Sullivan?
-Beh...si...-rispose aspettandosi qualche altra delucidazione che però non volevo sentire, volevo solo bere e lasciare alle spalle i brutti pensieri.
-Jim se le fai la tua specialità me la mandi al creatore.-rise Zacky servendosi da solo senza dover richiedere nulla di speciale.
-E allora fallo doppio Jimmy, Matt garantisce per me.-risposi appoggiandomi al bancone per vedere che cosa combinava.
-Col cazzo sorella se vomiti io non ti tengo la testa nel water come la scorsa volta...Ecco a te la mia specialità.-sorrise porgendo il bicchiere alla mia amica, brindando con lei a un qualcosa che stava nascendo.
-Troppo gentile bro.
-Ecco qui la specialità Sullivan mia cara.-iniziai ad assaporare quel liquido colorato di blu. Non riuscivo a capire cosa ci fosse dentro, capivo solo che era forte e stava inondando il mio cervello, contando anche le tre birre che già avevo in corpo.
Continuai a bere fino a notte fonda, ballavo insieme a Zacky e a Allie che nel frattempo abbracciava mio fratello. Eravamo totalmente ubriachi mentre urlavamo come ossessi le parole di Kickstart My Heart dei Motley Crue, eravamo totalmente ubriachi chiusi nel nostro mondo, solo noi e nessun altro, amici da sempre, complici di una vita insieme, protettori l'una dell'altra.

LA dreamer

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Capitolo 6
*** The Party Take Over Part II ***


-Shhh fai piano o siamo nella merda.-Zacky emise un risolino perso mentre mi teneva per il braccio impedendomi di andare a sbattere contro cose o persone.
Non ricordo bene cosa successe dopo che mi ero bevuta tre speciali Sullivan, solo che avevo saltato e cantato a squarciagola abbracciando Allie e tutti gli altri. La festa si era conclusa nel migliore dei modi, ci eravamo divertiti, ci eravamo svagati, ma soprattutto per una fottuta volta eravamo noi stessi e basta.
Avevo tenuto d'occhio Brian per tutta la sera così come lui aveva fatto con me, e tra un bacio e l'altro che si era scambiato con la sua "stupenda" ragazza, mi lanciava sguardi interrogatori e vaghi.
Ogni volta che sentivo il suo sguardo sulla mia pelle, brividi di passione mi percorrevano tutto il corpo giovane mandandomi scariche adrenaliniche assurde.Amavo quello sguardo, ma ora ero stufa di sognarlo in notti insonni e fantasie quotidiane, ora lo volevo solo per me. Così come ogni volta che la baciava provavo rabbia e risentimento, cosa c'era che ancora mi bloccava dal prenderlo e farlo mio?
Eppure, mi dicevo, in passato era già successo che mi prendessi, con la forza, ciò che volevo, ma con lui era diverso, con lui era amore.
Guardai l'ingresso di casa Baker e vidi le pareti ondulare come se fossi in un sogno. L'alchol iniziava a fare effetto sul serio, o forse l'aveva già fatto e queste erano le conseguenze, so solo che stavo bene e la vicinanza di Zacky mi rendeva ancora più euforica.
-Ma dov'è Allie?.-chiesi aggrappandomi alla sua spalla come se fosse il mio ultimo appiglio.
-Boh sarà da tuo fratello, se ne sono andati poco prima che Johnny cacciasse via tutti di casa.-sussurrò reggendo il suo peso e il mio al muro delle scale.-secondo te ci arriviamo di sopra?
-Domanda troppo difficile.-non era la prima volta che finivo a casa loro a dormire dopo una sbronza colossale, ma era la prima volta che non c'erano ne Matt ne Alice.Speravo solo per loro che questa sera portasse nei loro cuori la risposta definitiva a quella caccia di sguardi e di parole dolci,speravo per mio fratello quanto per la mia migliore amica, che tutto si concludesse nel migliore dei modi.
Per grazia di Dio arrivammo in camera di Zacky che si trovava all'ultimo piano della villetta vicino al centro di Huntington Beach.Da li si poteva vedere l'oceano, la spiaggia della nostra infanzia e la città illuminata sotto il manto buio della notte, quella visione mi aveva accompagnato in tantissime sere d'estate o notti passate a parlare con Alice.
Mi buttai sul letto continuando a ridere come una pazza per cose inutili, mentre Zacky chiudeva la porta e si toglieva la maglietta per metterne una pulita. Un gesto che di solito avrebbe impegnato solo cinque minuti, quella sera ce ne mise venti prima di trovare il verso giusto.
In quel momento il pensiero di Brian svanì del tutto dalla mia testa e mi incantai a guardare il mio migliore amico.
Avevo sempre reputato Zacky un bellissimo ragazzo, ma quella sera, dopo le parole che mi aveva detto prima di completare la nostra pazzia, mi sembrava ancora più bello. Amavo i suoi occhi azzurri, identici a quelli di Allie, amavo il modo in cui mi sorrideva e mi diceva che ero stupida, il modo in cui mi abbracciava e cercava di regolare il suo battito cardiaco.
Mi odiai in quel momento perchè ero in quella camera con lui da sola, mi odiai perchè la mia mente non riusciva a ragionare in modo lucido e mi lanciava forti impulsi sessuali nei suoi confronti.
-Eih macho man vieni qui.-sussurrai nel silenzio della notte guardandolo dritto negli occhi. Si avvicinò lento a me e si sedette sul letto incrociando le gambe, senza mai smettere di fissarmi.
-Perchè mi fissi Ash?.-chiese sorridendo imbarazzato sfregandosi un occhio col dito.
-Perchè sei bello.-mi uscì senza nemmeno volervo, lo stavo pensando e la mia bocca aveva agito per conto proprio.Sorrise ancora di più mostrando i denti bianchi e perfetti. Cosa stai combinando Ashley?non devi anche se vuoi, non puoi.
Mi avvicinai ancora di più a lui prendendogli le mani, iniziando a fare dei piccoli cerchi col pollice assaporando la sua pelle liscia e tatuata. Percorsi tutto il profilo del suo corpo con lo sguardo scontrandomi, alla fine, con i suoi occhi grandi, belli, dolci, immensi. Liberai la presa dalle sue mani e iniziai a disegnare il suo volto con l'indice della mano destra, la mascella contratta e rigida, il suo naso, gli occhi che teneva chiusi e amavo sentirlo sospirare preso dalla gioia e dall'impulso.
-Ash ti...ti prego...-mormorò sul mio dito dandogli un piccolo bacio.
-Baciami Zacky.-esclamai facendogli aprire gli occhi che mi illuminarono come dei fari.
-Non...non posso Ash.-mi avvicinai ancora tanto da poter sentire il suo alito misto di birra e nicotina, tanto da sentire il suo respiro percorrermi il collo mentre con una mano mi cingeva la vita e con l'altra mi teneva per il mento. Vidi nel suo sguardo la lotta contro se stesso che stava avendo pur di non baciarmi, vidi in lui la paura di cedere a quel desiderio e io volevo che cedesse, volevo quelle labbra, in quel momento, più di qualsiasi altra cosa, le volevo perchè mi piaceva, ma non lo amavo e stavo facendo questo solo perchè ero ubriaca, in una situazione normale non avrei mai agito così.
Lo stavo ferendo e non me ne rendevo conto.
Iniziò a baciarmi il collo, lasciando baci caldi su di esso fino alle mie guance. Mi baciò lo zigomo, dietro l'orecchio e sugli occhi, continuando a ripetere il mio nome.
Quando si avvicinò alla mia bocca presi in mano la situazione e mi avventai su quelle labbra afrodisiache e iniziai a giocherellare con i suoi piercings, sentendo il suo respiro farsi sempre più pesante e accellerato, sentendo il suo cuore correre come un treno in corsa e saltare di gioia.
Schiusi le labbra dando il benvenuto alla sua lingua, il suo fiato era caldo, le sue labbra erano morbide come cotone.
Preso da un momento di lucidità Zacky mi prese per i polsi e mi immobilizzò in una presa ferrea staccandomi lentamente da lui.Lo guardai negli occhi e vidi in lui delusione, amarezza, rabbia.
-Basta ti prego Ash.-mi implorò tenendomi ferma sia fisicamente che con lo sguardo.-non posso, non puoi, sarebbe peggio.
-Ma io ti voglio Zacky.
-No Ash è l'alchol che mi vuole non tu, non roviniamo tutto ti prego non riaprire in me la ferita che per anni ho cercato di chiudere.
-Ma tu mi ami Zack.-dissi con rabbia staccandomi dalla sua presa per cercare le sue labbra.
-SI CAZZO E' VERO TI AMO, MA NON POSSO.-urlò lasciandomi basita. Mai in vita sua mi aveva urlato addosso.-cazzo Ash non posso, io ti voglio come amica non posso avere di più.
-Stasera si.
-Stasera Ash e domani?domani tutto questo non sarà che un semplice ricordo.Ti prego...-sentì gli occhi farsi lucidi e pieni di lacrime, nel giro di qualche secondo scoppiai a piangere buttandomi fra le sue braccia. Uno sprazzo di lucidità aveva raggiunto il mio cervello e avevo capito che stavo sbagliando. Che cazzo stavo combinando?
-Scusami Zacky ti prego perdonami io...io non volevo.
-Shhh piccola è tutto a posto, stai tranquilla.-mi cullò dandomi piccoli baci sulla testa mentre spendevo tutte le lacrime che avevo in corpo.
Ci addormetammo abbracciati stretti come per paura di perderci ed ero contenta se quella sera non l'avevo perso del tutto.
Mentre io dormivo fra le braccia di Zacky, Matt e Alice riuscirono a dichiare il loro amore reciproco, Brian rimase tutta la notte a fissare il soffitto scosso da fremiti e da rimorsi, chiedendosi cosa dovesse realmente fare.

Et voilà, con un pò meno ritardo rispetto all'altra volta.Grazie mille a tutti quelli che hanno recensito e chi anche abbia soltanto letto la storia.

LA dreamer

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Capitolo 7
*** Everything's gonna be allright ***


Eccomi qui in diretta dal lavoro a scrivere per voi donne...

Stesa sul letto, stretta ad un cuscino, mi svegliai sentendo il mio viso invaso da un raggio di sole ladro che entrava dalla finestra della camera in cui mi trovavo, rovinando i miei sogni migliori.
Aprì prima un occhio per rendermi conto di dove fossi e solo quando vidi che la camera era quella di Zacky mi resi conto che fino a poco prima non avevo sognato quel bacio e quel momento di sbandamento, era successo davvero.
Mi alzai sul gomito destro, mentre con la mano sinistra mi reggevo la testa dolorante. Di Zacky nemmeno l'ombra, ma sentivo una musica provenire dalla cucina, forse era li, anche se dentro di me speravo di non doverlo incontrare, mi vergognavo troppo di ciò che avevo fatto.
Restai seduta sul letto per qualche minuto cercando di ritrovare tutte le facoltà mentali e l'equilibrio delle mie gambe. Solo quando la testa smise di girare vertiginosamente e lo stomaco trovò un pò di pace,mi decisi a scendere dal letto cercando di camminare rasente al muro per non cadere o inciampare in oggetti.
Aprì la porta della camera e mi diressi verso quella di Allie ancora vuota, preso un pezzo di carta dal suo blocco vicino al computer e con una calligrafia disordinata le lasciai un messaggio << voglio sapere tutto e sai bene che quando dico tutto è tutto...ti voglio bene...A.xxx >>.
Quando finalmente uscì dalla camera della mia amica mi ritrovai faccia a faccia con uno Zacky apparentemente sorridente.
-Oh buongiorno la colazione è giu se ti va.
-Io...No grazie vado a casa che è meglio.-sorrisi imbarazzata. Il sorriso di Zacky si spense nuovamente e annuì soltanto prima di entrare in camera e richiudere, in modo delicato, la porta. Sbuffai sonoramente e mi maledissi da sola prima di scendere le scale, recuperare la borsa e scappare da quella casa.
Non era vero che dovevo tornare a casa, o meglio non avevo problemi a stare ancora un pò fuori, semplicemente la vicinanza di Zacky mi rendeva nervosa e irrequieta. Avrei voluto parlarci, chiedergli ancora una volta scusa per quel gesto idiota che avevo fatto, ma ancora una volta non c'ero riuscita, le parole erano morte in gola e Dio sola sa dov'erano finite.
Camminando camminando, arrivai al pontile di Huntington Beach. Mi sedetti sulle travi di legno con le gambe a penzoloni sopra il mio oceano e iniziai a guardare l'infinito dell'oceano che si estendeva davanti ai miei occhi, con il sole caldo che si appoggiava delicatamente alle acque. Era una delle visuali più belle che avessi mai visto ed ero fiera della mia terra nonostante volessi scappare, ero fiera di quello che ogni giorno mi donava con quelle foto simili a cartoline.
Pensavo a Brian in quel momento, pensavo a quanto lo desiderassi, a quanto desiderassi poterlo amare senza doverlo più sognare e pensavo anche a Zacky, a quanto lo avevo ferito e speravo, con tutta me stessa, di non averlo perso per sempre.
-Aaah questa si che è comodità.-feci un salto e mi spaventai vedendo spuntare la testa di Jimmy sulle mie gambe. Ero talmente assorta nei miei pensieri che non mi ero accorta della sua presenza, e credetemi, è difficile non accorgersi che quel ragazzo è nei paraggi.
-Sullivan mi ha fatto perdere dieci anni di vita mannaggia a te.
-Eh dai ne hai ancora novanta da vivere.
-Certo come no.-iniziai ad accarezzargli i capelli e lo vidi socchiudere gli occhi con un sorrisino compiaciuto in volto. Jimmy era una persona semplice, senza troppe pretese, ma era difficile avvicinarsi a lui, toccarlo anche semplicemente con un abbraccio e essergli amica, ma una volta che ti permetteva tutto questo ed entravi nella sua cerchia, ti dava anche la vita se ne avevi bisogno.
-Allora piccola peste come mai qui a quest'ora del mattino?.-mi chiese aprendo gli occhi e puntandoli nei miei.
-Ho combinato un casino Jimmy.-mormorai appoggiandomi sulle mani per tenere l'equilibrio.
-Ovvero?.-mi chiese curioso.Lo guardai ancora un attimo prima di parlare.
-Ieri dopo la festa sono andata da Zacky, ero ubriaca fradicia e...-sospirai ancora.-e l'ho baciato Jim.-vidi i suoi occhi aprirsi ancora di più, strabuzzando come palle da biliardo.
-Tu cosa Ash?.-chiese scoppiando a ridere.
-E non ridere razza di un cretino è seria la cosa.
-No scusa tesoro è che hai realizzato il sogno di quel bimbominchia.Già mi immagino la faccia che ha fatto quando gli sei saltata addosso.
-Grazie tante eh.-incrociai le braccia al petto e misi il broncio.
-No no ok scusa ritorno serio. Stamattina com'era?
-Freddo come doveva essere?ho cercato di portarmi a letto il mio migliore amico sapendo che è innamorato di me.
-Dai vedrai che gli passa, Zacky non è capace di portare rancore a nessuno figurati se si tratta di te o di sua sorella, dagli il tempo di digerire il fatto e tutto torna come prima.
-Grazie Jim, sei un amico.-gli sorrisi stampandogli un bacio sulla fronte e scompigliandogli leggermente i capelli.
-Quando vuoi princess.Dai fammi andare che devo ancora tornare a casa.
-Non dirmi che sei appena uscito da casa di Johnny.
-Non solo, ho smesso di bere un'ora fa.-sorrise saltando in piedi. Quel ragazzo poteva avere in corpo litri e litri di alchol che non perdeva un colpo.-a stasera Ash fa la brava.
-Ciao Jimmy.-mi alzai anche io poco dopo e stavolta tornai sul serio a casa.
La macchina di Matt era parcheggiata alla cavolo sul vialetto come sempre e dalla finestra della cucina vidi compari mamma con in mano un libro di cucina e lo sguardo pensieroso. Adoravo quando mamma si inventava ricette nuove.
-Sono a casa.
-Eih amore ciao dormito bene?
-Tutto ok mamma, Matt è su?
-Si e ha un muso lungo fino a terra, ma come sempre non ha voluto dirmi niente quindi vedi se riesci a parlarci tu.
Annuì allarmata da ciò che aveva appena detto mia mamma e corsi subito di sopra. Che fosse successo qualcosa con Allie?speravo proprio di no. Bussai leggermente alla porta della camera e solo quando sentì la sua voce dire di entrare aprì la porta.
-Hey bro sono io.
-Oh ciao.-mi disse con aria ironica guardandomi male, quello sguardo mi spaventò.
-Se hai i coglioni girati torno dopo.-dissi schietta e fredda, odiavo quando mi trattava così senza alcun motivo o senza avermi prima detto il motivo.
-No rimani così mi spieghi che cazzo ti dice la testa Ashley.-solo allora una lampadina si accese sulla mia testa. Aveva parlato con Zacky e quindi sapeva.
-Matt ascoltami ero ubriaca.
-Non me ne fotte un cazzo Ash, quel ragazzo ti ama è perdutamente innamorato di te e tu l'hai usato solo per reprimere il fatto che non puoi avere Brian, ma vuoi ragionare ogni tanto?
-Che cazzo stai dicendo?cosa centra Brian?
-Credi che non l'abbia capito?mi hai deluso Ash, non dovevi farlo, non dovevi e ora puoi anche andartene.
-Quando tu riprenderai a ragionare col cervello e non col culo, fammi un fischio così ti posso spiegare che cazzo di schifo ho vissuto io.-sbattei la porta della camera ed entrai nella mia buttandomi sul letto.
Tempo cinque minuti e il telefono sul letto squillò.
-Pronto?
-Ashley?.-il mio cuore mancò un colpo.Brian.
-Si che vuoi?.-chiesi sbuffando, tentando di nascondere la mia felicità nel sentire la sua voce.
-Ti disturbo?
-Sto aspettando che mi chiami Allie quindi fai veloce.
-Devo parlarti, ci possiamo vedere fra due ore al pontile?
-Va bene cercherò di esserci.
-Grazie piccola a dopo un bacio.-rimasi interdetta da quell'ultima frase e iniziai a sfracellarmi la testa su ciò che doveva dirmi quel ragazzo strano, dalle mille sorprese.
Non appena chiusi la chiamata con lui, rialzai il telefono per sentire la mia amica.
-Hey peste ciao.-mi salutò euforica.
-Non mi odi vero?
-Zacky mi ha detto tutto...No non ti odio e lui nemmeno.
-Mio fratello si invece.-mi buttai sul letto inziando a giocherellare con una ciocca di capelli.
-Tuo fratello lo sistemo io.
-Avanti parla, sono curiosa.
Allie iniziò a parlare raccontandomi della serata con Matt.
Mi raccontò della passeggiata che avevano fatto in spiaggia, di quando le aveva dedicato Warmness On The Soul sotto il cielo della California e del bacio che le aveva dato promettendole il suo amore eterno, infine mi raccontò dell'amore che si erano scambiati in camera di mio fratello, del modo che in cui diceva il suo nome e le ripeteva che mai in vita sua aveva così tanto amato una persona. E io sapevo che tutto quello che mi stava raccontando era vero, nonostante fossi incazzata con mio fratello, ero felice per loro, per lui sapendo che tutto ciò che Allie mi stava dicendo era vero, perchè io per prima sapevo quanto mio fratello fosse innamorato di quella ragazza.
-Benvenuta in famiglia Allie.-le dissi sorridendo e facendola ridere.
-Grazie cognata.-le raccontai di Brian e della breve telefonata.
Per il resto del pomeriggio cercai di immaginarmi quell incontro fatato col mio principe azzurro.

Ed eccoci qui, non mi odiate, ma dovrete aspettare un attimo ancora prima di vedere che combinano quei due nel frattempo spero che vi piaccia...
GRAZIE A TUTTI PER AVER LETTO E RECENSITO. UN GRAZIE PARTICOLARE ALL'AMORE MIO CHE AMO ALLA FOLLIA!

LA dreamer

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Capitolo 8
*** Thank You For Lovin' Me. ***


Dai sono brava sto aggiornando spesso, ringraziate il pc del lavoro e il mio assistente che non dice niente, ma che si legge pure lui la storia auhauahuahua!

-Mamma esco un pò.-dissi entrando in cucina e recuperando la borsa dal mobile dietro la porta.
-Ok tesoro...E' tutto a posto?.-mi chiese accarezzandomi i capelli senza smettere di sorridere.
-Più o meno.
-Hai litigato con Matt vero?
-Si ma sai che tempo qualche ora e ritorna tutto come prima, non ti preoccupare.
-Ci sei a cena?.-mi chiese sistemandomi il colletto della camicia.
-Ovvio che si.Ciao mamy.-le diedi un bacio e uscì di casa.Decisi di prendere la macchina per arrivare al molo dove Brian mi aveva dato appuntamento, mi sarei rilassata nel breve tragitto con una sigaretta e un pò di musica facendomi una lista mentale delle cose che avrei dovuto sbrigare quel giorno stesso.
Parlare con Zacky.
Parlare con Matt.
Erano poche, ma importanti.
Parcheggiai all'inizio del lungomare evitando di investire mamme e bambine che circolavano con pattini e biciclette. Quella era l'ora peggio per girare in macchina ad Huntington Beach, soprattutto nei pressi del lungomare stracolmo di gente, di allegre famigliole e di coppie innamoratissime.
Iniziai a camminare con le mani in tasca e la musica nelle orecchie,col viso basso e un andamento regolare.
L'ombra delle palme mi facevano sentire in pace con me stessa e il pensiero che il mondo stesse andando avanti senza di me mi piaceva, era bello poter sentire solo l'emozione di sette note e trovarne il proprio significato mentre le altre persone si perdevano in discorsi senza fine a talvota inutili.
Passai davanti alla gelateria che spesso ci aveva ospitati durante i temporali estivi e non.
Passai davanti al bar, ex negozio di vestiti, che emanava profumo di burritos e hamburges.
Passai davanti al ristorante della mia infanzia.
Alla fine di tutto arrivai al bar sul molo e lo vidi li seduto, con il cappellino girato di lato e gli occhiali da sole fissi sul naso, una sigaretta tra le dita della mano e lo sguardo perso nel cielo azzurro di novembre.
Mi sistemai la borsa meglio sulla spalla e andai incontro al mio principe azzurro.
-Ciao.-mi sedetti al tavolo sbattendo la borsa sopra di esso. Brian mi guardò da sotto gli occhiali con il suo solito sorriso furbo stampato su quel viso che stavo amando ogni giorno di più.-perchè ridi?è il tuo compleanno?
-Non copiare le battute del nano.
-E' il nano che le ruba a me. Che vuoi Haner?
-Perchè devi essere sempre così stronza Ashley?.-mi chiese togliendosi gli occhiali e avvicinandosi pericolosamente a me. I suoi occhi mi stavano aprendo strade infinite.
-Perchè mi irriti Haner.-risposi sostenendo il suo sguardo senza paura anche se dentro di me le cose si stavano leggermente complicando. Miriadi di emozioni mi stavano sconvolgendo lo stomaco.
-Se ti irrito tanto perchè sei seduta qui con me?
-Perchè sono una persona educata. Ripeto la domanda: cosa vuoi da me?
-Un appuntamento.
-Pessimo modo di abordare una persona ti facevo meglio. La mora tutta curve e passionalità dov'è finita?
-E Zacky dov'è finito?.- TOUCHE'.
-Vedo che la voce si è sparsa in fretta, comunque quelli non sono affari tuoi.
-Ci esci con me?
-Direi anche di no.-si avvicinò ancora di più a me, riuscivo a sentire il suo fiato carezzarmi dolcemente il viso e i suoi occhi scoprire ogni singola parte del mio corpo. Amavo il modo in cui mi guardava, amavo il modo in cui mi sorrideva e in quel momento stavo amando lui nonostante il mio atteggiamento da perfetta stronza.
-Cosa vuoi sentirti dire Sanders?
-Non ti seguo.
-Cosa vorresti che ti dicessi?che sei bella? che mi piaci?
-Non serve che tu me lo dica.
-Sei troppo sicura di te piccola.
-Anche tu Brian.
-Se ti baciassi ora, cosa faresti?
-Non correre piccolo, mai giocare col fuoco.-presi in mano la borsa e scivolai dalla sua presa alzandomi.
-Non sempre si può vincere Ashley a volte è bello saper anche perdere.-disse prima di alzarsi e andarsene con lo sguardo serio e severo. Cosa voleva dirmi con quella frase?Perchè ancora una volta avevo deciso di vincere quando potevo benissimo perdere e lanciarmi tra le sue braccia?. Un'idea mi balenò in testa.
E la mia risposta era semplicemente una: Zacky.
Mi sentivo in colpa e prima avrei risolto, prima avrei potuto pensare a Brian e a cosa voleva esattamente da me.
Una semplice notte di sesso oppure un qualcosa di più?
Speravo nella seconda.
Scesi le scalette della spiaggia e togliendomi le scarpe iniziai a camminare verso la riva per poi sedermi sulla sabbia asciutta e riflettere.
Proprio nel momento in cui stavo per prendere il telefono per chiamare Zacky, il mio migliore amico mi si materializzò davanti con un sorriso dolce in viso.
-Posso?.-mi chiese indicando il posto accanto al mio.
-Tu puoi sempre.-raccolsi le gambe al petto e lo guardai sorridendogli.
-Ash...Non mi importa di niente di quello che è successo stanotte, non è cambiato nulla e non cambierà nulla, io ti voglio bene.
-Scusa ancora Zacky davvero non so cosa mi sia preso non dovevo, ha ragione Matt devo imparare a ragionare.
-Vieni qui piccola peste.-mi abbracciò forte dandomi piccoli baci sulla testa,avrei voluto piangere dalla gioia, ma non ci riuscivo, in quel momento non riucivo a fare niente.-che succede?
Lo guardai ancora un attimo prima di iniziare a raccontargli dell incontro con Brian. Zacky mi ascoltava con attenzione senza perdersi nemmeno una parola.
Quando ebbi finito mi guardò serio prima di darmi un buffetto sulla testa.
-Ash ascolta ti conosco, so che sei testarda, che sei orgogliosa e stronza, ma forse ora è il momento di dire basta e di buttarti. Ti ha praticamente detto che gli piaci ed è così. Quel ragazzo è cotto di te, più di me. Quindi non fartelo scappare va da lui.
-Perchè Zacky?
-Perchè cosa?
-Perchè ci riesci sempre a farmi ragionare?
-Perchè ormai ti conosco, so come prenderti e so che quella testolina sa ragionare quando vuole.-in quel momento Gena ci raggiunse con due gelati in mano.
-Eih ciao tesoro.-mi diede un bacio sulla guancia.
-Ciao bella.
-Che faccia scura che succede?.-raccontai brevemente anche a lei cos'era successo.-e che ci fai ancora qui con questo individuo, corri no?
-Stavo andando.-risposi alzandomi e facendoli ridere.-non ridete stavo andando sul serio.
-Facciamo finta di crederci.-sorrise Zacky strizzandomi l'occhio. Li salutai e iniziai a correre verso la macchina. Niente in quel momento valeva di più che arrivare a casa sua e dirgli tutto.
Sfiorando la morte e qualche omicidio, lottando contro il traffico di punta arrivare davanti a casa Haner con la sicurezza di ciò che stavo facendo. Bussai due volte prima che il fratello di Brian mi venne ad aprire. Erano praticamente identici.
-Eih ciao Brent, c'è Brian?
-Di sopra.-mi indicò le scale con la testa e sorridendo mi fece entrare in casa.
Lo ringraziai e con agilità arrivai al piano di sopra dove proveniva il suono della sua magica chitarra.
Bussai e quando sentì la sua voce che mi invitava ad entrare, feci il mio ingresso.
Brian mi guardò tra il perplesso e il felice.
-Ciao.-dissi sorridendo imbarazzata.-oh al diavolo Brian, non me ne frega niente di quello che pensi o che dici, si voglio uscire con te.
Si alzò avvicinandosi a me.
-Non potevi dirlo prima.
-Sono stronza lo sai mi diverto con poco.-dissi mangiandomi il labbro inferiore.
-Cosa devo fare con te piccola Sanders.-sospirò mettendo una ciocca dei miei capelli dietro all'orecchio.
Gli misi una mano sul cuore e guardandolo gli dissi: cosa senti Brian? Qui dentro cosa senti?
-Qualcosa di inspiegabile Ashley.Amore,emozioni,felicità,confusione.
-E cosa vorresti in questo momento?
-Solo stare con te.-passai le mie braccia intorno al suo collo e mi feci cullare dal dolce sapore delle sue labbra.

Ecco quiiiiiiiiiiiii!!!un grazie a tutti per aver letto e recensito, chiedo scusa se non lo faccio uno a uno, ma non riesco!!!
Un bacio

LA dreamer

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Capitolo 9
*** Beside You. ***


Ed eccomi qui con un nuovo capitolo..
Grazie a tutti quelli che leggono e che recensiscono questa storia, vi adoro!

Rimanemmo stesi sul letto per quasi tutto il pomeriggio, abbracciati stretti a ridere, scherzare e perderci in baci infiniti e pieni di noi.
Guardavamo il soffitto e ci perdevamo in discorsi a volte seri e a volte senza senso, disegnando una fuga immaginaria localizzando nel bianco del muro i luoghi che avremmo visitato insieme.
A volte ci guardavamo e stavamo li a contemplare l'immensità dei nostri sguardi, a volte ci sfioravamo con le labbra creando miriadi di brividi ed emozioni inspiegabili e solo quando le nostre labbra si univano capivamo di amarci veramente, che tutto quello non era un sogno, ma era realtà.
Brian teneva il suo braccio sulle mie spalle, disegnando dolcemente dei cerchi sulla mia guancia, mentre io nascondevo il viso tra il suo collo e la sua guancia inspirando a pieni polmoni il suo profumo così dolce e delicato.
-Venezia?.-mi chiese baciandomi i capelli.
-La città dell'amore.-sospirai teatralmente facendolo ridere. Mi incantai a guardare quel sorriso e faticavo ancora a credere che ora poteva essere mio, che ora tutto lui poteva essere mio. Amavo il suo sguardo, amavo il suo sorriso, amavo sentire il suo cuore battere veloce e innamorato.
-Guarda che sono serio.
-Anche io. Che fine ha fatto la mora?
-Le ho dato il ben servito, ieri sera tornando a casa ha iniziato a rompere le palle sulla festa, sul fatto che i miei amici non l'hanno integrata nel gruppo e che io guardavo solo te, a quel punto sono scoppiato e l'ho mandata a quel paese.
-Idea saggia, ha parlato male di me?.-chiesi con sguardo da finto interrogatorio.
-Abbastanza, è li che mi sono incazzato, nessuno può toccarmi la piccola Sanders.-sorrise dandomi un bacio sulla punta del naso.-e a te che ti è preso con Zacky?
-Non lo so.-sospirai ancora tirandomi un pò più su per guardarlo meglio e accarezzargli i capelli.-era urbiaca, arrabbiata con te perchè eri li con quella e mi sono buttata su lui, ho persino litigato con Matt.
-Ho parlato con Matt, si era decisamente fuori di se, ma ti perdonerà, ti vuole troppo bene e poi, eih, anche se Shads è tuo fratello non devo toccarti.
-Non fare troppo il duro Haner.-dissi scoppiando a ridere stringendolo forte a me. Mi sembrava un sogno essere li con lui, poterlo baciare quando ne avevo voglia senza dovermi più nascondere.
Mi strinse forte fancendomi scivolare sotto il suo corpo muscolo e ormai adulto. Appoggiò le mani sul letto per poi piantare i gomiti su di esso. Le mie mani inziarono a percorrere il suo corpo.
-Fai la brava Ash.-sussurrò baciandomi.
-Eih è mio diritto, sei il mio ragazzo ora.
-Si ma la carne è debole e tu sei troppo bella, prima di spaccare il letto vorrei aspettare ancora un attimo.
-Scemo.-esclamai dandogli una pacca sugli addominali scolpiti. Guardai l'orologio e sospirai per l'ennesima volta, ma stavolta in modo scocciato.
-Devi andare?
-Si sono le sei, tanto stasera ci sono le prove quindi ci vediamo no?
-Chi ti dice che non me ne sono andato dagli Avenged?
-Non lo faresti mai.-sorrisi dandogli un morso sulla spalla e mi alzai dal letto scivolando dalla sua presa ferrea.-Mi accompagni?
-Certo.-recuperai la borsa e le chiavi della macchina, quindi presi la sua mano e aprendo la porta inziammo a scendere le scale ridendo dei discorsi fatti in precendenza.
Arrivati davanti alla porta gli buttai le braccia al collo come per non dimenticarmi niente di lui, ma sarebbe stato impossibile amavo troppo quel ragazzo.
-Devi proprio andare?.-mi chiese con le labbra incollate alle mie.
-Devo parlare con Matt odio litigare con lui.
-Va bene allora ci vediamo da Jimmy alle nove.
-Alle nove.-ripetei in un sussurro prima di baciarlo ancora. In quel momento Brent passò per il corridoio fermandosi a fissarci con il disgusto scritto a caratteri cubitali in faccia.
-Era anche ora.-esclamò con le braccia conserte.
-Taci Brent.-dicemmo insieme senza fermare il bacio.
-A dopo.-lo salutai accarezzandogli la guancia. Salì in macchina con il sorriso più ebete del mondo.
Durante il tragitto ripensai a ciò che era successo nelle ultime ore, avevo litigato con Matt, risolto con Zacky, litigato con Brian, risolto con Brian. Mi mancava solo risolvere con Matt e poi avevo concluso al meglio la giornata.Iniziai a pensare al futuro, forse, penserete voi, era troppo presto, ma certe volte mi capitava di pensarci, di immaginare i tuor lunghi, i tour bus, i concerti e noi sempre li ad aspettarli, sedute sugli amplificatori pronte ad emozionarci dalla prima all'ultima nota. Non vedevo l'ora che tutto iniziasse, non desideravo altro che quello, per loro, per noi, per tutti noi.
Arrivai davanti a casa e scendendo mi resi conto che la macchina di Alice e Zacky era pargheggiata davanti al mio cortile. Pensai subito a Alice visto che ormai era ufficiale che quei due si erano fidanzati. Stavo per dire altro ma mi fermai.
-Mamma sono io.-mia mamma sbucò dalla cucina con della farina sulle mani.-che prepari di buono?
-Provo con la cucina italiana vediamo un pò che ne viene fuori. C'è Alice di sopra.-sorrise sorniona come se avesse fatto la scoperta del secolo.
-E' inutile che ridi lo sa mezza Huntington Beach che si sono messi insieme ed era anche ora non ne potevo più.
-Pensavo di avere l'esclusiva.-mormorò mettendo il broncio. Chiedetevi un pò da chi abbiamo preso io e Matt.
-Spiacente mamma.
-E per te posso avere l'esclusiva?.-mi chiese con un ghigno divertito stampato in faccia. Mia mamma non smetteva mai di sorprendermi.
-Matt ha già parlato vero?
-Devo pur sapere cosa combinano i miei bambini.-fece con aria innocente.
-Diciamo che io e Brian abbiamo messo fine alla guerra.
-Ah.-urlò applaudendo.-lo sapevo, brava mi piace quel ragazzo.-mi diede una pacca sulla spalla e rientrò in cucina canticchiando una canzone sconosciuta.
Scossi la testa divertita e iniziai a salire le scale. Dalla camera di mio fratello provenivano due voci conosciute che ridevano chissà per cosa. Bussai leggermente e feci il mio ingresso a testa bassa, colpevole e consapevole dei miei errori.
-Tesoro mio.-Allie mi buttò le braccia al collo schioccandomi un bacio sulla guancia.-Bene vado a vedere cosa fa tua mamma così voi due parlate.-Detto questo uscì di scena lasciando silenzio nella camera.
Matt guardava per terra battendo il tempo col piede.
-Mi spiace, ho fatto una cazzata e me ne sono resa conto solo dopo, so che non ho scuse, ero ubriaca e stavo male per Brian, ho parlato con Zacky e abbiamo risolto...
-Scusa tu Ash non dovevo reagire così, solo che voglio bene a te come voglio bene a Zacky e non voglio che succeda niente, sono sempre stato troppo protettivo con te, volevo sempre avere tutto sotto controllo, ma mi sono reso conto che a volte non posso e non devo, tu devi farti la tua vita e devi fare i tuoi errori.
-Mi piace quando sei ultraprotettivo nei miei confronti.-sorrisi facendo sorridere anche lui. Mi avvicinai fino a sedermi sul letto davanti a lui.-e mi piace vederti sorridere davvero.
-Stiamo bene insieme?.-mi chiese imbarazzato.
-Più di quanto sembra, sono felice.
-Grazie tesoro.-mi abbracciò e risposi a quella stretta che sapevo non mi avrebbe abbandonata mai almeno lo speravo.-e tu?finito di fare danni?
-Ho risolto anche con Brian.
-Devo fare un discorsetto a Gates.-fece con fare maligno strofinando le mani.
-Devi ricordarti cos'hai appena detto sul fatto dell'essere troppo protettivo?
-Ho detto solo che devo parlarci, mica devo menarlo.
-Matt...-ridussi gli occhi a due fessure e lo guardai male.
-Va bene sto buono e zitto.
-Ecco sarà meglio testone.
-Posso?.-chiese Alice spuntando dalla porta.
-Non devi nemmeno chiederlo.-le disse Matt facendola sedere sulle sue gambe.
-Quanto siete belli!!!.-esclamai con voce stridula facendoli ammutolire.-scusate!.-mi feci piccola piccola alzando le mani in segno di resa.
Alice e Matt scoppiarono a ridere, io li seguì poco dopo senza smettere di pensare a quanto era bella la mia vita, a quanto amavo quelle persone, a quanto avrei voluto non dovermici ma separare.

W/ love
LA dreamer

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Capitolo 10
*** Interlude ***




Ero piccola, forse ancora immatura su certe cose, ma attenta e sveglia per capire cos'era successo, cosa non sarebbe più successo


Avevo solo 18 anni e nel giro di pochi minuti la mia vita era diventata completamente vuota e senza più un senso.


Provavo in tutti i modi a dirmi che era solo un brutto sogno, ma c'era una parte di me che non riusciva a convincersi.


Persino la stanza era fredda anche se era Giugno pieno.


Non sapevo cosa pensare, ne tanto meno cosa fare, le gambe era immobili, la mia mente sconnessa e il mio volto di pietra.


Quel giorno, per la prima volta in tutta la mia vita, provai cosa volesse dire "ODIARE" una persona e quel suono sordo che provenì dal mio petto mi fece rendere conto che era il mio cuore che aveva mancato un colpo, uno dopo l'altro.


Ancora ora se ci penso, sento quel colpo sordo, sento la ferita sanguinare, sento la ferita bruciare come alcool sulla carne viva.


Ancora ora sento il mio corpo svuotarsi e privarsi di qualsiasi organo, emozione, sentimento.


Solo dolore...Nient'altro che dolore...

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Capitolo 11
*** A new day has come. ***


Eccomi tornata dopo seeeeeeeeeecoli, chiedo scusa ma come sempre sono senza un pc.. Comunque mandiamo un pò avanti questa storia e vediamo un pò che combina questa gentaglia malefica.

<< Giorno bimbe malefiche qui i fratelli Berry che vi parlano. Abbiamo bisogno del vostro aiuto. Gli Avenged devono riprendere i concerti e voi due dovete trovare date e locali nella zona, anche LA va bene. Datevi da fare e usate le vostre armi migliori. Confidiamo in voi. Vi vogliamo bene. M&J. >>
La giornata iniziò con questo messaggio ricevuto nel bel mezzo di una noiosissima lezione di algebra.
Sia io che Alice ci illuminammo come due lampadine nel leggere che le cose per i ragazzi stavamo iniziando a muoversi e noi eravamo loro complici come sempre.
-Vieni da me?.-le chiesi riponendo il cellulare nella tasca dei pantaloni.
-Si arrivo verso le cinque prima devo aiutare mia madre a non so fare che cosa. Arrivo prima che Zacky irrompa in casa o non mi molla più.
-Perfetto.- mi voltai per riferire a Johnny del messaggio dei gemelli Berry, ma lo trovai letteralmente addormentato e sdraiato sul banco con la testa appoggiata al braccio e la bocca leggermente aperta. Diedi una piccola gomitata a Alice che subito si voltò nella mia testa direzione. Iniziammo a ridacchiare a bassa voce prendendolo in giro. Quel ragazzo era sempre più buffo.
-Dici che si accorge che il professore si sta avvicinando?.-le chiesi guardando il signor Crawl avvicinarsi con aria incazzata e leggermente irrascibile.
-Quello non si accorge di niente quando dorme, nemmeno se Mike Portnoy entrasse da quella porta.- mi rispose Alice mettendosi comoda per godersi una scena che ormai conoscevamo a memoria, ma che ogni volta ci faceva ridere fino alla fine della giornata. Il risveglio di Johnny per mano di un professore era una barzelletta che veniva raccontata ormai da anni.
-SEWARD.- tuonò il signor Crawl battendo la mano sul banco.
Johnny saltò sulla sedia cacciando un urlo da film horror e si stropicciò gli occhi guardandolo male.
-Seward mi spiega che cosa ci fa lei a scuola?
-Me lo chiedo spesso anche io.- rispose svogliato lanciandoci sguardi divertiti.
-Ecco allora cerchi di seguire visto che tanto il banco è suo fino alla fine dell anno. Grazie.
-Quando vuole.- l'intera classe scoppiò a ridere. Johnny ci lanciò una penna addosso e appoggiò la testa sul banco continuando a sbadigliare.
Mi voltai verso la lavagna e appoggiando il libro sulle gambe ripresi il cellulare. Aprì la cartella dei messaggi e lessi il nuovo in arrivo.

<< Buongiorno principessa >>

-Ok io direi di fare così. Tu prendi questo giornale e segni tutto il possibile, io mi attacco a internet e di conseguenza al telefono.- lanciai a Alice il giornale locale con il pennarello rosso attaccato alla prima pagina e sedendomi alla scrivania della mia camera accesi il computer.
-Perfetto quando ho qualcosa ti passo il numero. Tu sei più faccia da culo di me in queste cose.
-Ti voglio bene anche io Alice.- feci partire un pò di musica non troppo alta e iniziai a spulciare le infinite pagine di internet che riguardavano i locali della zona. Erano tantissime, ma con un pò di fiducia cominciai a trovare qualcosa che facesse al caso nostro.
Dopo nemmeno un'ora avevo già fissato tre concerti e due appuntamenti di conferma non appena le demo fossero arrivate al locale.
Alice nel frattempo aveva trovato altri posti nella città che non dorme mai. Nella bellissima Los Angeles.
-Va bene entro dopodomani riceverà la demo del gruppo. Perfetto grazie mille.- chiusi il telefono e mi buttai sul letto vicino alla mia migliore amico. Sospirai soddisfatta.
-Che fatica porca miseria a momenti dovevo pregarlo questo per farmi dare una risposta.
-A quanto siamo?.-mi chiese Alice lanciando il pennarello e il giornale sul tavolo.
-Tre sicuri e tre da confermare. Sei date nel giro di un mese mi sembrano più che sufficienti.
-Direi di si. Natale si avvicina.
-Si ma quest anno sarà diverso cara Alice.-le sorrisi accarezzandole i capelli.
-Sarà speciale vorrai dire.- arrossì lievemente e appoggiò la testa al cuscino.
-Sicuramente e ne sono felice, ci voleva un pò di diversità in questa vita.
-Questa era pessima.- mi diede una spallata scoppiando a ridere e di colpo calò il silenzio. Con Alice era così. C'erano momenti euforici, momenti seri e momenti di silenzio, ma era un silenzio che non aveva bisogno di essere riempito perchè sapeva farci compagnia e restare cauto.
In quel momento pensai al messaggio di quella mattina.
Semplice come lui.
Infinito come noi.
Amavo davvero quel ragazzo che per settimane avevo odiato? La mia risposta era SI. Decisamente. Lo amavo, amavo tutto di lui e il solo pensiero che ogni singola parte del suo corpo, del suo viso, ora era mia faceva crescere in me una sensazione che non riuscivo a spiegare. Sentivo brividi lungo tutta la schiena ad ogni suo tocco. Sentivo il cuore perdersi in battiti accellerati a ogni sguardo che mi dedicava, ad ogni nota che mi regalava.
Ed ero felice in quel momento.
Avrei voluto che non finisse mai.
Avrei voluto fermare il tempo e lasciarlo fluttuare senza mai far ripartire il tasto play.
Ma quei momenti che tanto amavo, che tanto avevo sognato,avrebbero finito per scoppiare come una bolla di sapone a contatto con uno spillo.
Il mondo reale aveva preservato per me un altro destino, un'altra fine.
-E' arrivato Matt.- dissi a bassa voce. Alice annuì, ma non si mosse dalla sua posizione.
-Adesso vado.-sospirò senza voltarsi.
Perchè nonostante fossi felice in quel momento, nonostante la mia vita stesse andando a gonfie vele, c'era qualcosa in me che non andava? Sentivo che qualcosa non era al suo posto, ma in quel momento non riuscivo ad arrivare ad una soluzione. E quando Alice mi guardò, vidi nei suoi occhi la stessa sensazione.
Le sorrisi cercando di nascondere quel presentimento, ma non potevo e non sapevo nasconderle le cose, mi conosceva troppo bene, conosceva ogni mia singola emozione ed espressione.
-EIh brutte.- Matt entrò in camera lanciando il berretto sulla sedia.
-Bentornato idiota.- risposi continuando a guardare il soffitto.
-Ciao amore.- Alice si alzò facendogli spazio e dandogli un bacio a fior di labbra.
-Che fate?
-Vi abbiamo organizzato un pò di date sotto minaccia dei gemelli Berry.- rispose Alice per entrambe.- tre date confermate e tre da confermare.
-Ah le mie tour manager preferite.- esclamò Matt abbracciandoci tutti e due.- sono fiero di voi.
-Lecca culo.- boffonchiai contro la sua spalla.
-Tu non devi andare da Brian?.-mi chiese in tono indifferente mentre tormentava i capelli di Alice.
-No è al corso di chitarra e comunque si da il caso che sia camera mia quindi non sono io a dover sloggiare.
-Stronza di una sorella.
-Cretino di un fratello. Vado a farmi un panino vedete di non procreare sul mio letto grazie.- mi tirai su dal letto sotto gli insulti dei due innamorati e feci la mia uscita dalla camera in modo teatrale.
Una volta chiusa la porta alle mie spalle, tirai un sospiro stanco e guardai il soffitto.
Cosa c'era che non andava in tutto questo?

Si lo so è penoso come capitolo, ma sono piena di confusione in testa che non vedo l'ora di arrivare al pezzo cluuuu della storia.
Chiedo scusa per l'obrobrio ma spero in qualche recensione.
Good rock'n'roll night.
LA dreamer

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Capitolo 12
*** California Dreaming ***


Ed eccomi qui con il mio solito ritardo catastrofico,ma non ho mai modo di aggiornare.
Spero che qualcuno leggerà ancora questa storia e la recensisca.
Io vado avanti poi ditemi voi =D.
Prima di iniziare ricordo e ribadisco che i personaggi non mi appartengono e che tutto ciò che viene scritto è pura immaginazione e frutto della mia mente /fantasia.
Grazie.

Passarono tre mesi da quando la mia vita aveva incominciato a prendere una piega diversa.
Tre mesi da quando avevo donato il mio cuore a Brian Haner e lui aveva donato il suo a me.
Ogni giorno che vivevo e passavo con lui era sempre nuovo e diverso,come in un sogno d'America,vivevo la mia storia senza pensare al domani,ma giorno per giorno per come Dio me la presentava.
Cercavo in tutti i modi di non pensare al futuro,ma qualche volta quella strana sensazione che mi prendevqa lo stomaco tornava a farmi vivere. Non ne parlai mai con nessuno se non con la mia coscienza,ma nemmeno lei riusciva a darmi delle risposte,così decisi di ignorarla,di non darci peso e se qualcosa fosse successo era semplicemente perchè doveva succedere.
Forse era un ragionamento non del tutto razionale,ma non riuscivo a pensare ad altro che a stare bene con Brian,con Alice e con tutti gli altri.
Sognavo un amore così da anni,sognavo di stare bene e finalmente avevo raggiunto il mio obiettivo.
Passò anche Capodanno che festeggiammo in uno dei tanti appartamenti che la zia di Brian metteva a disposizione per feste private o conferenza agli altolocati di Hollywood.
Quell anno però Brian le aveva chiesto di non affittarla e di darcela a noi come rifugio personale.
Fu una festa stupenda. Non eravamo in tanti,ma ci divertimmo come se fossimo in mille persone.
E ancora più bello fu il conto alla rovescia,l'attesa più stramba che esista nelle tradizioni degli esseri umani,il sapere che una volta scoccata la mezzanotte potevo abbracciare e baciare qualcuno di diverso da mio fratello o dagli altri miei amici,non che gli anni prima mi facesse schifo questa cosa,anzi,ma quando il grande orologio di quella casa segno la mezzanotte spaccata mi sentì come rinascere stretta tra le braccia del ragazzo che amavo.
I propositi per l'anno nuovo non erano tanti,ma la condizione più importante era l'amarsi per sempre.
In quei momenti credevo ancora in quella parola.
Credevo ancora che Brian sarebbe stato per sempre al mio fianco,aiutandoci nei momenti peggiori,esultando in quelli migliori. In quel momento mi sembrava la cosa più bella in cui credere.
Alle cinque del mattino ci ritrovammo tutti quanti sfiniti sul pavimento appiccicoso dell'appartamento. Ridevamo senza motivo,ma come sempre non ci importava,ognuno di noi sapeva tutto dell'altro,ognuno di noi aveva imparato ad accettare ogni singolo di quel gruppo e questo era apprezzabile in ogni situazioni che si veniva a creare nel corso delle nostre vite.
I difetti a volte facevano male,i pregi sempre facevano vivere.
Quella sera io e Brian ci unimmo ancora di più.
Per la prima facemmo l'amore sul materasso che avevamo portato da casa per non dover dormire completamente per terra.
E così mentre Jimmy si era addormentato sul tavolo,Johnny sul soppalco sotto la grande finestra che dava sul Sunset Boulevard,Matt e Alice stretti l'uno all'altro come se avessero paura di perdersi,io e Brian scoprimmo i rispettivi corpi sotto la luce della passione pura e del piacere idilliaco dell'atto sessuale.
Spiegare cosa provai in quei momenti fu difficile.
Non era la mia prima volta,ma con Brian è come se lo fosse.
Fu tutto dannatamente dolce e senza troppe pretese.
Il mio corpò impazzì letteralmente sotto le sue mani che mi toccavano,mi scoprivano e mi toglievano ogni singolo indumento che avevo addosso.
Quando vidi il suo corpo nudo sopra il mio aderire perfettamente sentì il mio cuore iniziare una corsa senza tempo incontro la felicità assoluta.
-Ti amo Ashley.-sussurrò accarezzandomi il volto. Una lacrima scivolò dai miei occhi e nel momento in cui la baciò raccogliendola tra le sue labbra,entrò in me con dolcezza.
Sorrisi nel baciarlo e iniziai a muovere il mio bacino per rendere quel ritmo ancora più bello e afrodisiaco. Andai incontro alle sue labbra assaporandole per non lasciare nemmeno uno spazio insapore,godendomi i suoi movimenti delicati,percependo ogni singola cellula del suo corpo danzare insieme alle mie.
-Ti amo Brian.-ti amavo davvero.

Rimanemmo in quella casa per una settimana intera. Uscivamo giusto per fare un pò di spesa e comprare le sigarette,per il resto stavamo li a ridere a parlare e a guardare vecchi film.
Non c'era niente che non andava in momento.
Quando tornammo indietro a Huntington Beach le nostre vite ricominciarono con la solita routine di sempre.
Io Alice e Johnny ritornammo a scuola. Matt continuò a lavorare come magazziniere ai grandi magazzini,Jimmy dava lezioni di batterie ai ragazzi del quartiere,diceva che si divertiva,ma soprattutto voleva dare una possibilità a quei ragazzi di non crescere sulla strada,ma di crescere con la musica,come lui stava facendo.
Zacky dava una mano suo padre col negozio di articoli sportivi per tirare su qualcosa.
Brian invece non si staccava un minuto dalla sua chitarra frequentando la scuola a Hollywood,era bello vederlo tornare a casa la sera,stanco ma sempre di più entusiasto e appagato del lavoro giornaliero.
E così anche quella sera lo aspettai alla finestra della cucina di casa mia.
Erano le sei e mezza,a minuti la sua macchina sarebbe comparsa sul vialetto di casa mia e in quel momento mi sembrai tanto una moglie che aspettava il marito al ritorno dal lavoro. Non eravamo poi così penosi,però mi piaceva sentire com'era andata la sua giornata.
-Sembri una pensionata.-Matt entrò in cucina ridacchiando come suo solito.
-E tu uno scimmione con le fossette.-lo presi in giro finendo il mio bicchiere di succo.
-Dai che ora arriva sorella.-nell'esatto momento in cui Matt pronunciò quelle parole,la cadillac nera di Brian fece il suo grande ingresso.-io che ho detto?sono un mago.
-Si Harry Potter tiratela di meno e fammi aprire.-sorrisi mentre aprivo la porta e lo guardavo camminare verso di me.
Qualsiasi cosa indossasse o avesse addosso mi faceva venire dei brividi assurdi.
-Eih principessa buonasera.-posò la chitarra vicino alla porta e mi cinse i fianchi con le braccia.
-Mmm desidero subito un bacio.-chiesi come se fossi una bambina. Mi accontentò senza troppi perchè sorridendo.
Quanto eri bello in quei momenti. Quanto tutto era così perfetto e magico Brian.
-Altro signorina?
-Per ora sono a posto ma potrebbero venirmi altre voglie nel corso della serata.-scoppiammo a ridere insieme e prendendolo per mano lo portai in sala dove mio fratello inveniva contro la tv e la partita di basket.
-Hey Bri ciao.
-Ciao Matt.-si diedero il cinque e un abbraccio veloce e fraterno.-come vanno?
-Uno schifo stanno facendo cagare.Prendi un tramezzino tanto per la cena bisogna aspettare mia madre che non si sa dove sia finita.
-A fare la spesa stupido.-lo presi in giro rubandogli la birra dalle mani.Ne portai una anche a Brian e sistemandomi meglio sul divano mi preparai ad una serata in totale traquillità.
Perchè tutto doveva finire?

Eccoci qui,fine capitolo,si lo so vi starate chiedendo: ma quando arriva il momento in cui la storia si rianima?avete ragione(per chi leggerà),ma ci siamo quasi dovevo solo tirarla un pò alla lunga per non arrivare subito al dunque.
Beh commentate se ne avete voglia e ditemi se c'è qualcosa che non vi piace o qualcosa che non va insomma sono aperta a qualsiasi critica.

un bacione
LA dreamer

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Capitolo 13
*** It's our fuckin' nightmare. ***


Ed eccomi tornata con un bel pò di ritardo come mio solito, ma so che mi perdonerete.
Finalmente siamo arrivati al punto cruciale della storia, movimentiamo un pò questi esserini e facciamoli penare un pò.
Buona lettura a tutti (per chi ancora legge).

Attimi di terrore in uno sprazzo di luce.
Le gambe tremanti.
Il cuore che cessa di battere.
Sento la terra sotto i miei piedi mancare.
Sento il respiro corto pronto a fermarsi.
Ti cerco. Vi cerco. Non vi trovo.
I miei occhi hanno per un momento deciso di chiudersi per poi non riaprirsi più.

I giorni passavano lenti,
Le ore sembravano prendersi gioco dei miei respiri.
Vivevo la mia vita come sempre, pensando che, però, stavolta, avevo un qualcosa in più. Avevo lui.
Studiavo, seguivo i loro successi, organizzavo insieme a Alice i loro concerti e aspettavo ogni sera il suo arrivo sulla porta di casa, pronta a riceverlo tra le mie braccia.
Ogni sera quella piccola routine mi faceva stare bene nonostante odiassi la routine, amavo il rischio, amavo le novità.
Mi bastava poco per stare bene. Mi bastava alzarmi la mattina e vedere Matt che si preparava per il lavoro, vederlo dormire al mio fianco o ridere con quella voce nasale e a volte un po’ roca,ma così bassa e profonda.
Mi bastava sapere di arrivare alla fine della via di casa mia per trovare il sorriso dolce di Alice che mi guidava nelle mie giornate senza mai lasciare la mia mano,esattamente come c’eravamo promesse tanti anni fa.
Mi bastava aprire la porta alle 7 di sera per vedere la mia gioia più grande camminare verso di me pronto a risvegliare ancora una volta il mio cuore. Brian era la mia follia più grande.
Mi bastavano Zacky Jimmy e Johnny a riempire la mia vita.
Aspettavo solo la fine della scuola per poter chiudere la mia vita in una valigia e partire pronta a conoscere il mondo, a presentarmi al suo scoppetto sorridendogli come una bambina sorride alla vita infantile. Ero pronta a non dover più tornare e più i giorni passavano più sentivo in me crescere quel brivido immenso che mi percorreva la schiena arrivando al mio cuore, creando vortigi di emozioni che faticavo a spiegare. Mamma mi guardava e sorrideva ogni volta che ci provavo e alla fine mi diceva sempre: non puoi spiegarlo Ash, devi viverlo.
Aveva ragione,ma come potevi sapere tu mamma che tutto questo non l’avrei mai vissuto che avresti visto lentamente tua figlia morire nel suo dolore senza riuscire a salvarla da un inferno senza uscite?
Potevi tu mamma,quel giorno, salvarmi dal lento oblio che mi stava lentamente avvolgendo tra le sue braccia ingannevoli, ghignando con fare meschino?
NO.
Non potevi mamma.

Quel giorno apparentemente poteva essere come qualsiasi altro giorno di Giugno ad Huntington Beach.
Mi alzai alle 8.30 come sempre. Avevamo finito gli esami e di conseguenza il liceo eravamo liberi da ogni vincolo, da qualsiasi obbligo nei confronti dell’istruzione. Avrei voluto fare l’università ma in questo momento la mia priorità stava negli Avenged Sevenfold.
Per festeggiare la fine della scuiola e degli esami andati a buon fine organizzammo a casa di Brian una festa memorabile, come tutte quelle che eravamo soliti organizzare. Ormai eravamo conosciuti a Huntington Beach per le nostre feste e ogni volta che ce n’era in programma una tutti quanti iniziavano a prepararsi settimane prima. Non ci importava selezionare chi poteva venire e chi no, la porta era aperta per tutti, proprio per questo eravamo così tanto considerati e ammirati. A noi non importava di chi fosse presente, l’importante è che ci fosse.
Andai in bagno come sempre per lavarmi la faccia e i denti. Il sole caldo di quella mattina mi teneva compagnia negli spazzi casalinghi dove riusciva a infiltrarse attraverso le tende. Mi accarezza dolcemente la pelle ancora poco colorita e mi faceva sentire ancora di più a casa.
Passai dalla camera di Matt stranamente in ordine. Il letto era rifatto e non c’era traccia di alcun vestito fuori posto, mi sembrava strano, ma in quel momento non ci pensai più tanto, tanto quanto dovevo invece.
Scesi in cucina e feci colazione con calma. Avevo deciso di lavorare per quel poco tempo che mi divideva dalla nostra partenza, convinta che sarei partita. Avevo bisogno di qualche soldo per non dover pesare ne su Brian ne su mio fratello e quale lavoro migliore in un bar poteva fare al caso mio in quel momento? Lavoravo solo mezza giornata eppure mi appagava ugualmente, l’ambiente mi piaceva e la vicinanza così stretta al mare mi faceva ricordare quanto potesse mancarmi quel blu così intenso e quel profumo di salsedine con cui ero cresciuta. Ma sarei ritornata in quella cittadina che mi aveva aiutato a crescere.
Mandai, come d’abitudine, un messaggio a Brian a cui non ebbi mai risposta, anche quello doveva risultarmi strano, ma non riuscivo a farci più di tanto caso.
Iniziai la mia giornata lavorativa, pensando alla sera quando avrei aperto la porta di casa trovandolo sotto il mio portico, sorridente e stanco della sua giornata di musica e di studio. Sorridevo e lavoravo, parlavo con le mie colleghe e gli raccontavo di quanto ero impazziente del loro successo solo per sentirmi felice insieme a loro. E loro mi ascoltavano e mi invidiavano quasi come se stessi parlando del loro gruppo preferito. Per me lo erano e giuro che non ero di parte.
Non appena uscì dal locale fui invasa ancora una volta da quella strana sensazione di angoscia. Mi fermai un attimo a lato della strada con la macchina e presi due boccate d’aria fresca. Cercai di calmarmi senza dare troppo nell’occhio. Presi in mano il cellulare e non trovai nessun messaggio, quel giorno Johnny non era nemmeno passato dal bar, un altro piccolo particolare che mi sfuggì in quel momento, ma che a lungo andare mi stava facendo sempre di più agitare.
Solo allora mi resi conto che c’era qualcosa che non andava, solo in quel momento riuscì a mettere insieme tutti i vari pezzi non capendo ancora cosa stesse succedendo alla mia vita, troppe cose stavano andando in un verso che io non avevo scelto, troppe conti non tornavano.
Cercai di non pensare troppo in negativo, ma in quel momento mi venne in mente lo sguardo di Brian la sera prima, era diverso, era vicino, ma allo stesso tempo mi stava chiedendo scusa e io non avevo capito nulla, mi ero solo lasciata incantare dal suo sorriso sforzato. Mi guardava come se fosse l’ultima volta, mi osservava come a voler ricordare tutti di me. Il bacio che mi diede prima di andare a casa era stato in qualche modo diverso dai soliti, era stato lungo e disperato, quasi come se fosse l’ultimo.
Ricominciai a guidare cercando di ignorare tutte queste emozioni che mi stavano rapendo il corpo non facendolo più ragionare, nel momento in cui arrivai a casa quella sensazione aumentò a dismisura, guardai la porta d’ingresso, guardai il giardino, guardai le finestre e qualsiasi particolare la componesse e mi resi quasi conto di non conoscerla più, come se fosse la prima volta che mi trovavo davanti ad essa, era come se non volessi più riconoscerla come casa, ma come un incubo che stava per avere inizio.
Le nubi che si stavano formando in cielo aumentavano le mie paure.
Il primo temporale estivo di Huntington Beach stava per scatenarsi in concomitanza con i miei sentimenti.
Entrai in casa di corsa e la trovai nel suo solito silenzio, un silenzio che mi stava uccidendo, come il silenzio del mio cellulare che non aveva intenzione di suonare, come il silenzio di Brian di ieri sera.
Lasciai la borsa all’ingresso e corsi su per le scale trovandomi davanti alla camera di Matt. Avevo paura di aprire la porta e rendermi conto che tutte le mie sensazioni e i miei sospetti stavano per rivelarsi veri. E lo feci. Aprì la porta e trovai la stanza esattamente come l’avevo lasciata questa mattina: in ordine, in silenzio, anonima. Corsi verso l’armadio e l’aprì con un gesto secco; in quel momento mi resi conto che l’incubo era iniziato. L’armadio era vuoto, la scrivania era deserta, mancava il computer portatile di Matt, mancavano i suoi quaderni, le sue mille scartoffie, mancava persino la sua felpa perennemente sulla sedia.
Non c’era nemmeno più il suo profumo dolce. La stanza aveva assunto un aspetto completamente desolato. Tutto il suo ricordo era svanito insieme al suo corpo.
Mi allontanai in preda al terrore portando le mani alla bocca per evitare di urlare e scatenare la mia ira.
Non riuscivo a crederci, non potevo crederci: se n’era andato senza di me, tutti quanti loro erano scappati lasciando me e Alice qui a combattere da sole contro il mondo.
Con lo sguardo perso e senza più uno straccio di emozione tornai in camera mia trovando sul letto due buste. Riconobbi subito la calligrafia di Matt e di Brian. Mi avvicinai a loro lentamente, intimorita e confusa. Una parte di me voleva aprirle, l’altra si rifiutava di sapere cosa ci fosse scritto, quale scusa patetica ,nel tentativo di non farsi odiare, avessero cercato e scritto su un inutile foglio di carta bianco.
Mi sedetti sul letto e aprì la prima lettera. Quella di Matt.

Mia piccola Ashley, non riesco a trovare le parole per dirti quanto in questo momento mi sento in colpa per ciò che ho fatto.
Ti avevo promesso che ti avrei portato via da quel posto e invece me ne sto andando da solo, come un ladro che scappa dopo una rapina, senza nemmeno poterti parlare un’ultima volta negli occhi, stringendoti un’ultima volta facendoti sentire che nonostante tutto io per te ci sarò sempre.
Non posso immaginarti in questo momento di puro dolore, ma credimi, anche se è difficile, che per me è lo stesso. Ti chiedo scusa Ashley, ti chiedo di scusarmi per non averti detto la verità per non aver avuto il coraggio di dirti che me ne sarei andato senza di te e Alice. Non abbiamo avuto scelta credimi.
Ma un giorno tornerò e in quel momento ti porterò via con me, tornerai a far parte della mia vita senza nessun ostacolo.
Prenditi cura di te stessa sorellina mia.
Scusami.
A presto.
Matt xxx.

Lasciai cadere sul pavimento quella lettera senza riuscire a dire nulla, senza riuscire a versare una sola lacrima.
Aprì la lettera di Brian prendendo a pugni il mio cuore.

Amore mio,
Mio piccolo e dolce angelo. Non ho scuse, non ho parole, non posso permettermi di averne in questo momento. Faccio fatica anche solo a guardarmi allo specchio dopo ciò che sto facendo, dopo che solo ieri sera ho assaporato per un ultima volta le tue labbra, ho chiuso dentro il mio cuore i tuoi occhi verdi e fatto mio il tuo sorriso così innocente e splendido.
Non ti chiederò di perdonarmi, non me lo merito,non farti del male, non cambiare mai, non smettere mai di essere ciò che sei davvero, perché sei la persona più bella che abbia mai conosciuto.
Ti chiedo solo una cosa: non dubitare mai del mio amore per te. Ti ho amata davvero e mai smetterò di farlo. Tutto questo è sbagliato lo so, tutto questo è strano, ma credi a Matt quando dice che non abbiamo avuto scelta.
Non scorderò mai ogni momento insieme, noi che abbiamo saputo trasformare il nostro dolore in amore puro. Per favore perdonami, non smetterò mai di amarti.
Addio amore mio.
Ti amo.
B. xxx

Corsi fuori dalla mia camera, scesi le scale come un razzo e aprendo la porta mi fiondai in mezzo alla strada con ancora quelle lettere in mano. Pioveva a dirotto mentre versavo le prime vere lacrime di quella che non sembrava più una giornata come le altre.
Iniziai a guardarmi intorno nella speranza di vederli tornare indietro, di vedere il tour bus allontanarsi così da poterlo seguire, volevo che tutto questo fosse uno stupido scherzo, ma non fu così.
Urlai con tutto il fiato che avevo in gola la mia disperazione.
-DOVE CAZZO SEI?.-era tutto ciò che riuscivo a dire in quel momento. Continuavo a ripetere quella frase come un disco rotto, come se qualcuno mi avesse impostato il tasto di ripetizione.
Mi giravo da tutte le parti in preda al terrore, al panico più grande, non potevo e non volevo credere a quello che era successo, solo quando vidi Alice correre verso di me con in mano due lettere della stessa carta e di calligrafie simili, mi resi conto che tutto quello che stavo vivendo era vero, reale, suggestivo e parecchio doloroso.
Mi fermai dall’urlare incessantemente respirando affannosamente, lasciando che le gocce di pioggia bagnassero i miei vestissi, investissero prepotentemente il mio viso distrutto. Quando Alice mi raggiunse vidi i suoi occhi completamente spenti, vuoti, privi di qualsiasi emozione. Passarono pochi minuti prima che ci aggrappammo l’una all’altra scivolando sempre di più in un vuoto che difficilmente avremmo superato e da cui daremmo uscite. Ci inginocchiammo sulla strada stringendoci a vicenda lasciando libere nell’aria e nella pioggia quelle lettere. Le accarezzavo i capelli cercando di tranquillizzarla, ma io per prima non potevo essere calma, guardavo la strada davanti a me, pensavo a quante volte avevo sognato di percorrerla con loro, pensavo sempre che alla fine di quella strada c’era un mondo intero che aspettava di conoscermi, invece, da quel momento, infondo a quella strada non ci sarebbe stata altro che un’altra strada uguale a tutte le altre.
Tenevo ancora Alice tra le braccia senza smettere di piangere, scatenando la nostra ira, il nostro dolore insieme alla pioggia, quando mia madre corse fuori con un ombrello per farci scudo e portarci al riparo. Tutti quanti erano alla finestra guardando quella scena pietosa, due ragazze in mezzo ad una strada che piangevano e urlavano.
Alzai la testa e lo sguardo fino a quando non incontrai quello di mia mamma che mi fissava. Nei suoi occhi, auguali ai miei, così simili a quelli di Matt, leggevo dispiacere, leggevo anche in essi dolori, non sorridevano più, ma la stessa compressione che avevo imparato a ritrovare in loro, la trovai anche in quel momento.
-Andiamo in casa.-disse con tono solenne, chiuse l’ombrello e ci aiutò a tirarci in piedi, strette nelle sue piccole braccia corremmo fino in casa. Fece sedere me in cucina coprendomi le spalle con una coperta pesante visto che tremavo come una foglia, ma non era il freddo che mi faceva questa reazione, era la solitudine che prendeva possesso di me.
Portò Alice di sopra per farle indossare qualcosa di pulito e asciutto e mentre lei si cambiava singhiozzando in silenzio, mia madre chiamò la mamma di Alice dicendole di venire a prenderla.
Anche in quel momento vidi in mia madre una forza così grande da lasciarmi stupita nonostante la mia mente fosse completamente vuota e senza più un senso logico; mia madre ancora una volta si stava mostrando la grande donna che avevo imparato a conoscere nel corso della mia vita, forse soffriva anche lei per la partenza di mio fratello, per il dolore di sua figlia, ma non lo dava a vedere, in quel momento eravano più importanti due ragazzine strazziate dal dolore che il suo.
Alice scese dalla scale abbracciata a mia madre con in dosso una mia tuta e i capelli quasi asciutti. Mi guardò dritta negli occhi senza dire niente. Capì quel suo sguardo, era una promessa silenziosa che saremmo andate avanti che da quel momento in poi loro non avrebbero più fatto parte di noi, ci eravamo rese conto che loro non ci sarebbero più stati.
-Vieni che è arrivata tua mamma.- le sorrisi debolmente mentre mia madre l’accompagnava fuori, sentì che scambiava qualche parola con la signora Baker, ma non riuscivo, o forse non volevo, ascoltare veramente le loro parole, mi bastava la realtà.
Mi levai la coperta dalle spalle appoggiandola sulla sedia, guardai un’ultima volta la cucina e dandole le spalle percorsi le scale che portavano al piano di sopra. Ignorai le foto appese alla parete che ritraevano la mia vita, chiusi a chiave la camera di Matt senza nemmeno guardarla per un ultima volta e mi chiusi in bagno; sotto la doccia con l’acqua calda che scivolava sul mio corpo spesi tutte le lacrime che avevo nel mio giovane corpo. Ripensai a tutti i momenti che avevo vissuto con Matt, da quando ero piccola e i primi ricordi iniziavano a farsi largo nella mia memoria, a quando eravamo un po’ più grandi e sempre più uniti, a tutto ciò che avevamo passato insieme sempre senza mai lasciarci, ma ora tutte quelle promesse erano state infrante nel momento in cui mio fratello era uscito dalla porta di questa casa che ormai mi sembrava estranea.
Dedicai un pensiero ad ognuno di loro, ma nello stesso momento in cui uscì dalla doccia e mi guardai allo specchio, scacciai qualsiasi tipo di pensiero di loro, tolsi le utlime lacrime dalla mia faccia e mi ripromisi che non avrei mai più permesso a niente e nessuno di farmi ancora del male.
Guardai i miei occhi arrossati, li vidi spenti e vuoti, privi di ogni emozione, anche il mio volto non aveva più nessuna espressione, avevo completamente cambiato faccia. Affilai lo sguardo scrutando la me stessa persa e diversa, non mi riconoscevo già più, ma non importava, ora ero questo. Ora toccava a me prendere la rivincita su questa vita bastarda,
In quel bagno ripromisi a me stessa che gli Avenged Sevenfold per me non sarebbe mai più esistiti.

Ringrazio tutti per le recensioni e per chi ancora ha il coraggio di leggere questa storia.
Grazie all'amore mio che, nonostante rompe le palle tutti i santi giorni, mi sostiene sempre. TI AMO STUPIDA!

Kisses
LA dreamer.

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Capitolo 14
*** The End Of Rapture ***


E dopo secoli tornò con il capitolo nuovo. Chiedere scusa è inutile spero solo che chi ha sempre letto e recensito continui a farlo.
Inutile dire che gli Avenged non mi appartengono e tutto ciò che scrivo non ha scopo di lucro.
Ringrazio chi ha recensito e i bei complimenti ricevuti.
Enjoy it girls.

3 ANNI DOPO. Time Square nell’ora di punta era qualcosa di invivibile soprattutto se si decideva di percorrerla in macchina,schivando le leggi fisiche e qualsiasi tipo di catastrofe naturale.
Le persone diventavano parecchio irritate durante quell’ora, ed era, da una parte, capibile, c’è chi voleva tornare a casa dopo una lunga ed estenuante giornata di lavoro, o chi all’ultimo si era ricordato qualche commissione che non poteva aspettare il giorno dopo, così quella strada così bella e piena di vita, diventava la meta della maggior parte della popolazione di New York che si prendeva a gomitate per passare avanti anche a costo di fare un incidente.
Io avevo abolito l’auto, preferivo andare e venire dal lavoro con i mezzi oppure, come oggi, preferivo i miei piedi e mi perdevo in camminate lunghe e solitarie per queste strade così diverse tra loro, piene di odori diversi, piene di immagini e colori diversi che faticavo, spesso, a ricordarmi tutti i suoi particolari.
New York era diventata la mia nuova realtà, la mia piccola via di fuga da un dolore che non voleva abbandonarmi.
Dopo quel giorno qualcosa cambiò radicalmente nelle vita mia e di Alice,ci eravamo promesse che niente e nessuno avrebbe potuto abbatterci ancora, che loro avrebbero smesso di farci del male con false promesse e canzoni che insieme avevamo visto nascere, crescere ed esplodere dentro una sala prove di un garage ormai abbandonato e sostituito con grossi studi di registrazioni. Avevamo cercato in tutti i modi di rifarci una vita da zero, ma il passato,spesso,tornava a farci lunghe visite e nonostante provassimo a non farlo entrare, lui risultava sempre più forte e tornava a tormentarci con ricordi dolorosi che ci laceravano l’anima facendo pulsare di nuovo la ferita che il nostro cuore sopportava da tre anni a questa parte.
Quando decidemmo di partire avevamo appena diciotto anni, pochi soldi in tasca e tanto odio nell’anima, ma facemmo il passo più grosso della nostra vita per poter ricominciare dal nulla, come se prima non fossimo mai esistite. E così accadde. Appena arrivate a New York trovammo un lavoro grazie a piccole conoscenze dei nostri genitori. Io iniziai a lavorare in un giornale locale, mi occupavo di vendita di spazi pubblicitari e anche se non era esattamente ciò che volevo fare, me la cavavo alla grande ricevendo complimenti e ricompense alte da parte del mio capo. Alice invece si dedicò alla fotografia trovando lavoro in uno studio fotografico inizialmente come aiutante per poi diventare, come si suol dire, il braccio destro del suo capo.
Riuscimmo a trovare un piccolo appartamento sulla quinta strada che aredammo con naturalezza e semplicità e una volta finito ci sentimmo un po’ più a casa. Avevamo abolito, di comune accordo, la musica dalla nostra vita, qualsiasi band musicale, qualsiasi canzone non ne avrebbe fatto più parte. Con quella vita noi non centravamo più niente. Ashley Sanders e Alice Baker non erano più quelle di una volta e nessuno avrebbe saputo chi davvero fossero state e da dove venissero, il passato rimase un angolo oscuro delle nostre personalità. Alle persone era dovuto sapere poco e quanto bastava.
Questo discorso valeva anche per i nostri ragazzi.
Avevamo cercato di escludere anche l’amore dalle nostre vite, ma quando conobbi Danny al bar una sera dopo il lavoro, trovai in lui una nuova speranza, trovai in lui una nuova luce da seguire, ma ben presto mi resi conto che Danny, per me, era solo una scusa per non pensare a ciò che ancora mi tormentava, esattamente come Josh lo era per Alice.
Danny e Josh conoscevano le nuove Alice e Ashley, Sapevano ben poco del nostro passato. Sapevano che venivamo dalla California, che eravamo scappate per un sogno chiamato New York e sapevano che eravamo figlie uniche, per il resto loro non chiedevano e noi non ci spingevamo oltre con spiegazioni del tutto inutili da sapere.
Eppure nonostante i nostri propositi erano ottimi, c’erano momenti in cui ci guardavamo in faccia e scoppiavamo in un lungo pianto senza fine e pieno di orrore. In quei momenti ci stendevamo abbracciate nel letto senza dire niente, solo i singhiozzi e i nostri respiri profondi facevano da padrone alla situazione. E li, come sempre, promettevamo l’una all’altra che ce l’avremmo fatta che presto i fantasmi del passato ci avrebbero lasciato libere e spensierate, che un giorno non avremmo più sentito il nulla dentro di noi, ma un nuovo sentimento chiamato rinascita.
Aspettavamo quel giorno da tre anni e ancora ora la notte mi svegliavo sudata e col panico addosso rivivendo quella scena, rivedendo la me stessa piccola e indifesa in mezzo ad una strada che implorava il loro ritorno.
Se solo avessi potuto vederci quel giorno, se solo avessi sentito il nostro dolore avvolgerci, saresti o sareste mai tornati indietro sui nostri passi?
In questi anni vi siete mai chiesti come stavamo? Se eravamo ancora vive?
E ancora mi stupisco di come possa farmi certe domande cercando una risposta, cercando un qualcosa che mi faccia capire che qualcosa ancora contiamo per voi, che non siamo solo un vecchio ricordo dimenticato nell’angolo più scuro di un armadio, perché per noi questo siete, un ricordo amaro, un ricordo scomodo da tenere in testa. Abbiamo cercato di andare avanti come potevamo, ma non potevamo negare a noi stesse che voi eravate la nostra vita, che contavamo su di voi per tutto e forse , da una parte, questo era terribilmente sbagliato, ma quegli anni che ci hanno costruito, hanno lasciato in noi uno vuoto immenso che nessuno potrà mai colmare.
Avevamo chiesto I GAVE MY HEART TO YOU. Attimi di terrore in uno sprazzo di luce.
Le gambe tremanti.
Il cuore che cessa di battere.
Sento la terra sotto i miei piedi mancare.
Sento il respiro corto pronto a fermarsi.
Ti cerco. Vi cerco. Non vi trovo.
I miei occhi hanno per un momento deciso di chiudersi per poi non riaprirsi più.

I giorni passavano lenti,
Le ore sembravano prendersi gioco dei miei respiri.
Vivere la mia vita come sempre, pensando che, però, stavolta, avevo un qualcosa in più. Avevo lui.
Studiavo, seguivo i loro successi, organizzavo insieme a Alice i loro concerti e aspettavo ogni sera il suo arrivo sulla porta di casa, pronta a riceverlo tra le mie braccia.
Ogni sera quella piccola routine mi faceva stare bene nonostante odiassi la routine, amavo il rischio, amavo le novità.espressamente ai nostri genitorni di non nomirarli, di non farci sapere niente, di tenere per loro qualsiasi notizia e loro avevano esaudito il nostro desiderio. Quando parlai l’ultima volta a mia madre prima di partire non piansi, in quelle parole c’era tutta la mia immensa tristezza, nei miei occhi si poteva vedere il nulla più totale, ma vedevo nei suoi il dolore e cercai in tutti i modi di tranquillizzarla, di non farle vedere come realmente stavo, ma mi era impossibile, mia madre aveva capito, aveva accettato la mia decisione di partire e non mi aveva ostacolato, esattamente come aveva fatto con mio fratello. Erano tre anni che non tornavo ad Huntington Beach, erano tre anni che mia madre, mio padre e i genitori di Alice venivano a New York per vederci trovando ogni volta un cambiamento in più nelle nostre personalità.

Quel giorno uscì presto dall’ufficio, avevo portato a termine tutti i miei appuntamenti con probabile clienti e mi ero data da sola il permesso di uscire prima e godermi il tragitto a casa senza pensare che un altro giorno stava terminando e la notte era vicina. Salutai i miei colleghi con un sorriso cordiale e finalmente mi feci avvolgere dalle braccia di una New York alle cinque della sera.
Presi un caffè macchiato doppio alla caffetteria sotto l’ufficio e iniziai a camminare in direzione casa, concedendomi una deviazione per allungare la strada, Alice non sarebbe rientrata prima delle sei e di andare a casa da sola dovendo dare spiegazione a Danny dell’ennesimo incubo notturno non ne avevo proprio voglia. Per quanto cercassi di tenere la musica fuori dalla mia vita mi era impossibile visto che il mio compagno faceva il giornalista in una rivista di musica Rock Metal e il compagno di Alice il fotografo per lo stesso giornale. Questo significava che ogni santo giorno c’era un gruppo nuovo da ascoltare, un concerto a cui dover presenziare, ma riuscivo a starne fuori prolungando le mie ore lavorative o le mie uscite con Alice per qualche incontro extra con i propri capi. Erano bugie lo so, non dovevo dirne a quel ragazzo che era perdutamente innamorato di me, ma non potevo perdere tutto ciò che, con fatica e devozione, mi ero ricostruita, non potevo permettermelo.
Guardai le vetrine illuminate di Time Square che riflettevano la loro luce sul mio volto stanco e assonnato, mi incantai davanti a un negozio per bambini così pieno di giochi, ricordando la mia infanzia felice e ormai lontana, a quanto speravo di trovare i miei giocattoli preferiti sotto l’albero ogni Natale, rimanendo contenta o delusa allo stesso tempo. Avevo sognato un intero futuro con lo stesso ragazzo che nel giro di ventiquattro ore mi aveva abbandonata con una misera lettera codarda e senza un vero perché. Forse avevo viaggiato troppo con la fantasia, ma credevo davvero in quel futuro.
Non appena ricominciai a camminare, qualcosa tornò a vivere in me. Quella strana e ossessionante sensazione che mi aveva accompagnato durante tutto quel giorno tornò viva e feroce a farmi visita. Mi fermai di scatto, facendo inferocire i passanti, con il bicchiere a mezz’aria che poco dopo cadde dalla mia mano spargendo il caffè per tutto il marciapiede. Mi guardai intorno in preda al panico, mi sentivo osservata e seguita, ma cercavo di convincermi che era solo una fottuta sensazione. Credevo di essere al sicuro invece non era così e lo sapevo solo non volevo rendermene conto. Accellerai il passo trovandomi al semaforo che mi avrebbe permesso di attraversare quella strada, uscirne viva, ma soprattutto farmi raggiungere la strada di casa.
New York era grande e affollata, piena di gente che viene e che va, chi si ferma per sempre o chi è solo di passaggio, pensavo di essere al sicuro, ma avevo messo in conto che per quanto fosse grande tutto ciò da cui ero scappata mi si sarebbe ripresentato davanti agli occhi in carne ed ossa e quel giorno era arrivato.
Alzai di scatto la testa come se qualcuno mi avesse chiamata e dopo tre anni di totale silenzio e di fatica per dimenticare quel e quei volti, rividi quegli occhi in cui tante, e forse troppe volte avevo trovato la mia felicità. Dall’altro lato della strada mio fratello mi stava osservando nascosto dietro i suoi classici rayban a specchio. Rimanemmo in quella posizione per non so quanto tempo, il semaforo aveva fatto in tempo a diventare due volte verde, che noi eravamo ancora li a fissarci come se fosse la prima volta che ci vedevamo. Lui con le mani in tasca, io con le mie che stringevano la tracolla della borsa cercando di fermare tutte le emozioni che era scoppiate nel mio corpo. Volevo piangere e allo stesso tempo ridere, avrei voluto corrergli incontro e abbracciarlo come facevo come quando ero più piccola, ma l’altra parte di me mi diceva di scappare e ignorare quella persona che in poco mi aveva completamente agnentato, distruggendo la ragazzina che stava crescendo in me, costringedola a diventare una donna troppo presto.
Scossi i miei pensieri tornando alla Ashley che ora New York conosceva e aveva aiutato a diventare così. Lo guardai ancora una volta cercando di fargli arrivare tutto il mio odio e prima di andarmene pronunciai quel nome che tanto avevo amato in passato, un nome che da tre anni a questa parte non riuscivo nemmeno a pensare. Sistemai la borsa sulla spalla e voltandomi cercai di allontanarmi il più veloce possibile da quel maledetto semaforo, da quella maledetta realtà. Sentivo il cuore pulsare e la mente troppo piena di ricordi che mi facevano male e ad ogni passo la mia ferita squarciava la mia anima provocandomi dolore, un dolore che avevo cercato di dimenticare. I fantasmi del passato erano rientrati in me facendomi sprofondare nel buio più nero e profondo.
Ma sapevo che mio fratello non era uno che lasciava correre, Matt era più testardo di me quando voleva e in quel momento volle esserlo ancora una volta. Cercai di camminare più veloce che potessi, ma i tacchi impedivano la mia disperata fuga. Tutto si scatenò quando la sua mano arrivò a toccarmi la spalla facendomi girare, trovandomelo a pochi centrimetri dal mio corpo avvolto da spasmi di rabbia. Il suo profumo tornò tra i ricordi che avevo cancellato.
-Che diavolo vuoi?.-gli chiesi spostandogli il braccio con rabbia.
-Ashley.-soffiò il mio nome togliendosi gli occhiali da sole. I suoi occhi così uguali ai miei. Gocce marroni in un infinito verde.
-Oh che strano ti ricordi di me.-commentai acida.
-Mio Dio sei…sei cambiata tantissimo.-sorrise imbarazzato guardandomi da capo a piedi. Era vero ero cambiata, non ero più la ragazzina tutta rock’n’roll che lui stesso aveva cresciuto, ora ero una giovane donna chiusa in vestiti che non amavo e in scarpe troppo eleganti per me, ma il mio lavoro lo richiedeva e io avevo dovuto adattarmi a tutto ciò anche per cancellare il mio passato.
Non risposi a quel commento mi limitai solo a fissarlo.
-Come stai?.-mi chiese ancora notando il mio silenzio.
-Non sono cose che ti riguardano e ora scusa ma devo andare.
-Ash.-tremai davanti a quel nomignolo.-ti prego aspetta.
-No Matthew non aspetto e men che meno ho voglia di ascoltarti, quindi risparmia il tuo fiato e sprecalo con chi ha voglia di farsi prendere per il culo da te. Io ho avuto già abbastanza.
-Scusami Ashley.-abbassò la testa torturandosi le mani. Erano lacrime quelle che stavano per uscire dai suoi occhi?
-E’ troppo tardi Matt per le scuse, non me ne faccio nulla, sono passati tre anni, io e Alice abbiamo cambiato vita.- a quel nome Matt alzò la testa guardandomi.- siamo cambiate noi, abbiamo ricominciato da zero dimenticando il passato.-risposi convinta con la stessa rabbia nella voce. Non volevo cedere, non dovevo farlo, volevo solo andarmene da li.
-Ashley non potevamo fare diversamente.
-Ho detto che non mi importa.-alzai un po’ la voce, ora iniziava a farmi arrabbiare davvero.-non me ne frega un cazzo di quello che hai da dirmi. E ascoltami bene, ora me ne andrò e farò finta di non averti mai incontrato, cerca di fare lo stesso, perché per me tu come tutti gli altri non siete altro che uno fottuto ricordo dimenticato, tu per me non sei altro che un signor nessuno, uno sconosciuto. Ah un’ultima cosa, non vi azzardate a cercarci, continuiamo come in questi tre anni, ignoriamoci a vicenda tanto in questo sei bravissimo.-mi voltai e feci per andarmene, ma ancora una volta Matt mi fermò per un braccio.
-Ashley…
-HO DETTO DI LASCIARMI.-urlai forse un po’ troppo questa volta attirando non solo gli sguardi curiosi dei passanti, ma anche l’agente di polizia che se ne stava appoggiato al cofano della macchina con un giornale aperto in mano. Lanciò il giornale in macchina e sistemandosi la cintura si avvicinò a noi.
-Signori è tutto a posto?.-ci chiese con tono professionale.
-Si ci scusi agente.-rispose Matt grattandosi il braccio. Quando era nervoso lo faceva sempre.
-Signorina questo ragazzo la sta importunando?.
-No agente.
-Mi scusi agente, cercavo solo di parlare con mia sorella.-continuò Matt cercando di risultare il più innocuo possibile.
-Me lo conferma signorina che questo ragazzo è suo fratello?
-No agente, questo signore non è mio fratello, io sono figlia unica, ha sbagliato persona.-dissi queste parole fissando Matt negli occhi, vidi nei suoi occhi disperazione e tristezza. Me ne andai ignorando ciò che si stavano dicendo, ignorando la sua figura e i suoi occhi che mi pregavano di tornare indietro e ascoltarlo, ma non volevo, non volevo più scuse o tentativi di ricucire un qualcosa che da tempo era rotto e irreparabile. Mi allontanai velocemente da Time Square, corsi, per quel poco che potevo, fino alla metropolitana per fare poche fermate. In tutto quel tragitto non riuscì a pensare a nulla se non a quell’incontro, a quel momento, a lui e di conseguenza a tutti loro. Non sentivo il vociare sommesso delle persone presenti sul vagone della metro, non vedevo il paesaggio che scorreva davanti ai miei occhi, niente di tutto ciò che era reale veniva percepito dalla mia persona. In quel momento rividi la mia vita in California, tutta la mia vita con loro fino a quel giorno di Giugno in cui tutto quanto morì sotto il primo temporale estivo di Huntington Beach.
Nel momento in cui entrai nel portone del palazzo in cui vivevo, mi appoggiai alla parete fredda e umida lasciandomi scivolare fino a terra, scoppiando in un pianto silenzioso, liberandomi, finalmente, dopo tanto tempo, di tutto il dolore che aveva avvolto il mio cuore e la mia mente.

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Capitolo 15
*** It's cold and empty without you here ***


Eccomi qui ragazzuole, dai stavolta ci ho messo poco a postare e vi dirò ne posto tre di fila per farmi perdonare e per non lasciarvi troppo sulle spine. Ebbene si nello stesso momento tre capitoli diversi. Ovviamente voglio un parere su tutti e tre che ho scritto nel giro di un giorno presa da una foga di ispirazione .
Ci vediamo sotto e buona lettura.

L’atrio del palazzo in cui abitavo era avvolto nel silenzio più totale, esattamente come mi aveva accolto quando ero riuscita a scappare dalle grinfie di New York e del mio passato che mi inseguiva come un vampiro assetato di sangue e di vendetta.
Avevo cercato in questi anni di mettere in conto che in un momento,lontano o vicino che fosse,questo sarebbe tornato a fare i conti. Quel momento era arrivato così tanto velocemente che non ebbi nemmeno il tempo di prepararmi fisicamente e psicologicamente,magicamente si era presentato davanti ai miei occhi facendo sanguinare la mia ferita.
Ma per quanto feci parlare la mia corazza protettiva e incazzata non potevo negare a me stessa che ero ben consapevole di non aver chiuso nessuna porta col passato, ero a conoscenza di quanto quei cinque ragazzi fossero importanti per la mia vita.
Così accucciata in un angolo oscuro di quella grossa entrata del palazzo,nella penombra delle sei del pomeriggio, aprì il mio cuore e la mia mente a quelle cinque persone che mi avevano dato tutto in 18 anni di vita,togliendomi lo stesso tutto nel giro di poche ore o forse pochi minuti. Per quanto facesse male mi liberai di tutti i ricordi e di tutti i dolori spendendo per ognuno ciò che meritavano di ricevere da me stessa.
Il mio primo pensiero andò a Matt. Forse perché era mio fratello, forse perché averlo rivisto dopo così tanto tempo aveva avuto un potere autodistruttivo maggiore sulla mia sensibilità e sulla mia psiche. Ricordavo ogni singolo momento insieme, ricordavo ogni suo singolo sorriso o parola che ogni giorno mi dedicava, ricordavo i suoi abbracci e il modo in cui mi diceva che ero stupida arricciando il naso come un bambino piccolo,facendo comparire sul suo volto quelle due fossette che caratterizzavano il suo volto.
Ma la cosa che più di tutte ancora mi riempiva il cuore era la forza, la tenacia che ci aveva aiutato entrambi a superare i periodi peggiori della nostra vita quelli dove ti senti il peso di tutto il mondo sulle spalle e non riesci a vedere più in la di un semplice passo. Il divorzio dei nostri genitori, per quanto poi risultò pacifico e amichevole, ci portò in un periodo di totale abisso, ma riuscimmo a venirne fuori spalleggiandoci a vicenda, tenendoci stretti per mano senza mai lasciarci. Mai, mai tranne che da quel giorno in avanti, Matt aveva smesso di lottare al mio fianco.
Man mano i miei pensieri su Matt scemarono e un nuovi volti comparirono, o per meglio dire ricomparirono, nella mia mente. La voce squillante di Jimmy che ripeteva il mio nome urlandolo come un ossesso mi colpì così tanto da farmi scivolare del tutto a terra come se fosse di fianco a me. Iniziai a ridere e a piangere nello stesso momento come se fossi una pazza e forse in quel momento lo ero. Jimmy era la persona che maggiormente aveva occupato la mia vita e quella di mio fratello. Forse più di Zacky e Alice. Loro erano arrivati in un secondo momento. Jimmy era cresciuto con noi, in mezzo ad una strada, sfuggendo a una vita che non volevamo, trovando conforto nella musica e a volte nell’alcool. Lui non era fatto per questa vita, lo diceva sempre, era sempre un passo più in alto rispetto agli altri, era diverso dalla media dei ragazzi della sua età e nessuno lo capì se non chi realmente lo conosceva eppure ogni volta che io e Matt volvevamo evadere dalla realtà lui era il primo ad apire la porta di casa sua e ospitare due poveri ragazzi alle prese con una vita che non avevano scelto ma che gli era stata imposta.
Jimmy era semplicemente Jimmy con la sua pazzia più stramba, con quel sorriso così innocente e sincero se realmente voluto, con quella faccia pronta a prenderti in giro nel migliore dei modi senza nemmeno che tu te ne renda conto. Quante volte ci ero cascata e mi ero fatta fregare dal suo modo così naturale di essere schietto e furbo, ero la sua preda più facile, così diceva lui, ma non importava se lo fossi realmente ero felice così.
La risata di Jimmy sfumò come la fine di una canzone e il dolce viso di Zacky fece capolino alla mia mente bussando alla soglia dei miei ricordi. Tremai pensando a lui, tremai rivedendo i suoi occhi verde-azzurri. Tremai ripensando all’amore incodizionato che avevo provato per lui per anni a tutti i sorrisi che mi aveva dedicato, a tutte quelle volte che aveva sofferto in silenzio solo per starmi vicino e aiutarmi quando più ne avevo bisogno. Zacky Vengeance mi fece piangere ancora di più seduta e nascosta in quell angolo buio. Come dimenticare la sera della festa quando tentai in tutti i modi di portarmi a letto il mio migliore amico, risi da sola e la mia voce fece eco per tutta la tromba delle scale salendo fino in cima liberandosi nell’aria. Non riuscì nemmeno io a capire se fu una risata liberatoria, una risata felice o solo l’ombra di quella che un tempo poteva essere chiamata una risata. Forse tutte e due ma in quel momento sentì il bisogno di ridere anche se potevo risultare isterica.
Mi vennero in mente tutti i momenti con lui, le bevute di grande stile, le feste che organizzavamo, le sere passate su un tetto a guardare le stelle e immaginare un futuro con gli Avenged Sevenfold, un futuro che a noi era stato negato. MI parlava sempre di una strada lunga e dalle sembianze infinite, in mezzo al deserto, che attraversava i confini di stato lasciando alle spalle una vita per incontrarne una sempre diversa e anche se si poteva sentire la mancanza di casa era davvero ciò che lui e gli altri desideravano. Era un sogno ricorrente per lui e l’unica soluzione che trovammo era che quella strada poteva essere in qualsiasi stato americano o europeo semplicemente simboleggiava la strada per la libertà, una via di fuga definitiva per tutti. Per tutti loro.
Ripensai agli anni del liceo, all’inferno vissuto in mezzo a gente vuota che inseguiva ideali troppo comuni e abbastanza scomodi, c’erano le cheerleaders, c’erano i giocatori di football, c’erano i secchioni e poi c’eravamo noi, la categoria più disprezzata, i rockers. In quegli anni Johnny aveva lottato al fianco mio e di Alice facendoci un po’ da guardia del corpo e da amico fedele che ci seguiva e sceglieva materie e corsi a cui non era interessato solo per essere in compagnia. Ho sempre visto Johnny come un fratello minore nonostante la stessa età.l’ho sempre visto come una piccola mina vagante pronta a fare danni irreparabili, e credetemi, Johnny ne era capace. L’ho sempre visto come un cucciolo indifeso da proteggere anche se lui spesso era il primo a salvare noi dalle grinfie della gente ricca e spaccona di Huntington Beach. JC non era capace di far soffrire nessuno, non era capace di far del male a nessuno se non a se stesso, ma era capace di creare catastrofi naturali a volte irreparabili, come incendiare il laboratorio di chimica creando un mix di acidi contrastanti tra loro. Piccolo nano malefico.
Sorrisi anche per lui portando una mano alla bocca tentando di fermare i singhiozzi che mi facevano sussultare ogni volta che ne stava per arrivare uno. Appoggiai la testa al muro come se volessi temporeggiare perché il male peggiore stava per valcare le porte della mia mente sensibile e sull’orlo di una crisi. Presi due grossi respiri e finalmente riuscì a pronunciare mentalmente il nome di Brian.
Sentì una fitta al cuore così forte da dover bloccare con la forza un urlo in gola. La ferita bruciava,pulsava e faceva male, gli spiriti del passato ridevano di me con fare meschino, sentivo le mie forze abbandonarmi alle tenebre di quel pensiero così lontano, ma dovevo, dovevo vincere anche i fantasmi del passato che si stavano beffando della mia sensibilità già messa a dura prova.
Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare da tutto ciò che apparteneva alla mia disgrazia più grande.
Brian Elwin Haner Jr fu l’amore e il dolore più grande della mia intera esistenza. L’unico che riuscì a rapire il mio cuore e farlo suo con una prepotenza così dolce che nemmeno mi resi conto che lentamente stavo cadendo nella sua trappola mortale fatta di un amore così profondo da farmi dimenticare, ogni volta che ero con lui, il resto della realtà che ci circondava.
il mio cuore batteva ancora per lui anche se non volevo ammetterlo ne tanto meno darlo a vedere, ma non riuscì mai a dimenticare il suo sorriso, i suoi occhi così neri e profondi, i suoi capelli sempre in preda alla pazzia più totale, il suo profumo così forte che rimaneva impresso non solo nella mia mente, ma anche sui miei vestiti ogni volta che mi abbracciava o che ci rifugiavamo l’una nelle braccia dell’altro.
Avevo messo da parte tutti i particolari del suo viso e del suo essere così sensuale e bello, li avevo letteralmente nascosti, insieme agli altri, nell’angolo più buio e triste della mia mente. Ma in quel momento azzardai ad andare ancora più in la ignorando le suppliche del mio cuore di smettere di farlo soffrire ancora una volta, vagai ancora alla ricerca più disperata di ciò che stavo realmente cercando e arrivai all’immagine dell’amore, nell’atto fisico e sentimentale, che ci eravamo dimostrati per tutto quel tempo.
I nostri corpi giovani e nudi avvolti, avvinghiati, stretti tra loro che combiaciavano perfettamente come se fossero un pezzo importante di un puzzle. Ogni volta che il corpo di Brian sfiorava, anche involontariamente, il mio erano scariche di adrenalina pura che ci portava a desiderare ardentemente entrambi. Faticavamo a stare lontani e tante volte avevamo il bisogno di stare così vicini da esaudire ogni nostra fantasia. Con Brian era erotismo allo stato puro per il modo in cui sapeva prendermi e farmi sua, con dolcezza certo, ma allo stesso tempo con decisione.
Brian sapeva mescolare sesso e amore in un unico momento di puro piacere, scindendo le due cose facendo prevalere l’amore che provava nei miei confronti così come io nei suoi.
Brian Haner fu il primo ragazzo che amai realmente e non per gioco, fu il primo e unico ragazzo con cui feci l’amore, con cui sperimentai nuove cose e con cui avevo progettato un’intera vita insieme.
Non mi resi nemmeno conto del tempo che stava passando in silenzio. Guardai l’orologio e vidi che era le sette passate. Mi alzai lentamente da terra evitando bruschi giramenti di testa. Camminai rasente al muro per non cadere e lentamente tornai alla luce dell’androne del palazzo, recuperai dalla borsa il mio specchietto e portandolo all’altezza della faccia notai lo scempio che la mia faccia aveva subito in quell’ora di pianto ininterrotto; gli occhi erano completamente circondati dal nero del mascara che avevo tracciato sopra e sotto, le guance erano rigate di marrone opera della matita per gli occhi che usavo quotidianamente, ma vidi in me un qualcosa che erano anni che non vedevo: i miei occhi per quanto rossi e distrutti dal pianto avevano la compagnia di quella scintilla che prendeva possesso di essi ogni volta che parlavo degli Avenged Sevenfold. Non volevo cambiare la mia idea, volevo e dovevo cercare in tutti i modi di tenerli fuori dalla mia vita, ma volevo poterli ricordare senza dover soffrire, una cosa che avrebbe impiegato anni e sforzi disumani per accadere.
Cercai di darmi un sistemata nel migliore dei modi, ma arrivata ad un certo punto mi importava poco di farmi vedere perfetta come una statua di marmo, indistruttibile come un muro di cemento. Presi l’ascensore stremata da quella giornata, da quell’incontro, da quel momento di ricordi, sentivo le gambe stanche che tremavano implorando un letto comodo e caldo.
Presi le chiavi di casa dalla borsa e entrandoci per poi richiudere la porta alle mie spalle, chiusi con quella giornata così pesante. Dovevo parlare con Alice e raccontarle tutto, ma ero così scossa e a pezzi da non aver nemmeno le forze per togliermi la giacca.
Dalla sala proveniva della musica in lontananza, pensai subito a Danny che stava ascoltando qualche gruppo che avrebbe dovuto poi intervistare, gli veniva più facile scrivere domande sensate, ma a me solo l’idea di sentire il suono di una chitarra mi faceva drizzare i capelli e stringere lo stomaco.
Dalla cucina invece provenivano rumori di pentole e stoviglie che sbattevano l’una contro l’altra o sul marmo del pianale. Pensai a Josh di solito era lui l’addetto alla cucina anche se non abitava con noi, ma era una cosa che gli riusciva parecchio bene e Alice stava li a guardarlo per imparare, ma i tuoi occhi Alice non erano per lui, non sarebbero mai potuti essere per una persona che ti amava, ma che non sapeva farti sognare come faceva un tempo Matt e di questo solo io e te ne eravamo a conoscenza.
Guardai l’entrata di casa mia non so esattamente il perché, ma tutto quello mi sembrava tremendamente sbagliato, tremendamente inutile. Affilai lo sguardo cercando un qualcosa che potesse darmi un po’ di pace interiore, ma non la trovai. Ero sull’orlo di cadere a terra lasciandomi andare completamente, eppure riuscivo a rimanere in piedi con le chiavi di casa in mano e la borsetta adagiata sulla spalla. Mi sentivo completamente vuota ,un solo corpo senza nemmeno un organo.
Nel momento esatto in cui provai a fare un passo per raggiungere la porta della camera. Alice comparve dalla cucina con un sorriso che si spense non appena mi guardò in faccia.
Non tentai nemmeno di sorridere, non ne avevo ne la voglia ne tanto meno la forza, guardai la mia migliore amica come se fosse la prima volta che la vedevo.
Si avvicinò a me lentamente facendo cadere lo strofinaccio della cucina per terra, incurante di ciò che stava facendo e della voce di Josh che la richiamava a grand voce ridendo ignaro di tutto. Quando Alice fu davanti a me piantò i suoi occhi, così uguali a quelli di Zacky, nei miei verdi come quelli di Matt, il dolore più grande di Alice, e bastarono pochi secondi perché lei capisse. In quel momento fu come un deja-vu, non era più il nostro appartamento di New York, quella di sottofondo non era musica sconosciuta e rumore di stoviglie casalinghe, era la strada di casa mia, era il primo temporale estivo ad Huntington Beach, era la fine di una vita intera per due ragazzine troppo prese dai sogni e dal futuro.
Continuai a fissare Alice come un automa, non riuscivo a muovere nessun muscolo, mi chiedevo ancora come ero riuscita ad arrivare a casa senza lasciarmi cadere a terra. I suoi occhi si fecero lucidi come cristalli e una prima lacrima solitaria cadde dai suoi occhi così dolci.
-Di…Dimmi che…che non è vero.-mi chiese disperata nel vano tentativo di non volere credere a ciò che sarebbe stata la mia risposta. Respirai profondamente prima di annuire con la testa e con lo sguardo.- Oh mio Dio.- si portò una mano alla bocca e iniziò a tremare come una foglia.
All’improvviso mi riscossi dal mio stato incosciente e non reale e vidi la realtà evidente che stava proprio sotto i miei occhi. Alice stava tremando visibilmente e fiumi di lacrime scendevano dai suoi occhi, ci guardavamo come a trovare una certezza nei nostri movimenti e nei nostri pensieri, ma nulla in quel momento aveva una certezza, tutto quello che con fatica e devozione ci eravamo ricostruite era miseramente crollato nel giro di qualche ora. Presi Alice per un braccio e ci chiudemmo in camera mia, diedi due giri di chiave e finalmente riuscì a togliere la borsa dalla mia spalla e il cappotto dal mio corpo posandolo sulla poltrona. Alice si sedette sul letto continuando a fissare un punto indefinito davanti a se.
-Chi era.-chiese solamente alzando di poco lo sguardo su di me seduta sulla mia poltrona con la testa rivolta al soffitto.
-Matt.-Alice sobbalzò nel sentire quel nome, ma soprattutto la freddezza tagliente con cui lo dissi.
-Com’è successo?
-Stavo camminando e ci siamo visti.
-Cosa…Cosa vi siete detti?
-Niente in particolare Alice, gli ho chiesto di non cercarci, di continuare a ignorarci come abbiamo fatto in questi anni. Ma conosco lui come gli altri, non lasceranno stare e dobbiamo essere pronte Alice come ci siamo promesse in questi anni.
-Tu eri pronta Ashley?.-chiese piantando i gomiti sulle sue ginocchia per poi chiudere le mani a pugno e adagiare il suo mento. Se non fosse distrutta da quella verità potevo scommettere che quella domanda aveva un fondo di sfida nel tono in cui era stata fatta.
-Certo che no Alice, ma avevo messo in conto che prima o poi sarebbe successo.
-Sei distrutta Ashley te lo si legge in faccia, ti sei svuotata ancora una volta.- la guardai con uno sguardo tagliente, odiavo essere smascherata, ma lei, la mia piccola e dolce Allie, mi conosceva meglio di quanto potesse conoscere se stessa.
-Lo so.-ammisi alla fine senza darle troppo credito anche se il sorrisino che spuntò sulle sue labbra mi fece capire che stava avendo la ragione dalla sua parte ancora una volta. Non mi andava di dire che tra le due ero io il punto di forza, perché tante volte era stata Alice a tirarmi su quando stavo per cedere a tutto, ma tra le due io ero quella più determinata in tutto questo, Alice avrebbe buttato tutto all’aria se solo si fosse imputata di farlo. Alice sperava ancora in un ritorno al passato come se niente fosse, o meglio, avrebbe fatto carte false per riavere ciò che gli era stato tolto, io invece era più vendicativa e per quanto avrei voluto avere una macchina del tempo per tornare indietro e impedire tutto, ora nel presente ero decisa a ignorare, per quanto difficile, quei cinque ragazzi come se non fossero mai esistiti.
-RAGAZZE LA CENA è E’ PRONTA.- la voce di Josh ci fece sussultare e tornare al presente. Ci guardammo in faccia complici ancora una volta dei nostri segreti.
-Vado a lavarmi la faccia. Alice è tutto a posto ok?
-Lo è davvero Ash?
-Non lo so Allie, ma sto cercando di convincermi anche se dentro sento un qualcosa che erano anni che non provavo. E’ odio puro, ma è leggero, fluttua nella mia anima come se fosse felice. < br> -E’ come se stessimo riprendendo vita.- Alice finì la frase per me. Annuì ancora una volta lasciando che quelle parole riempissero la mia stanza. Uscì evitando di farmi vedere dai due ragazzi e mi chiusi in bagno. Alice si avvicinò al mio armadio e aprì un anta solo per metà. Infondo nascosta da cose vecchie e inutilizzate spuntava l’angolo di una scatola che conteva i nostri fantasmi del passato.
In quella scatola regnava il nostro inferno privato fatto di foto, oggetti, lettere, bigliettini e via dicendo. Le sorrise come se risplendesse di vita propria e chiudendo l’anta dell’armadio si ripromise che un giorno l’avrebbe aperta e avrebbe riso felice di quei momenti. -Eih eccovi.-esclamò Danny sorridendo. Cercai in tutti i modi di cambiare faccia e non dare a vedere come stessi realmente.
-Scusateci dovevamo parlare di cose di casa.-sorrise Alice stupendomi ancora una volta. Avrei voluto essere come lei in quel momento, aveva il potere di passare dalla disperazione all’ignorare tutto così senza dare nell’occhio.
-Non avevamo dubbi dai mangiate che se no si fredda.-Josh posò la pentola sporca nel lavandino e si sedette a capo tavola esattamente davanti a Danny che sedeva dall’altro lato. Guardai nel piatto, la pasta al forno con verdura di Josh era favolosa, ma in quel momento il mio stomaco si rifiutò totalmente di riceve cibo. Alice mi lanciò uno sguardo intimidatorio, scossi la testa e presi in mano la forchetta obbligandomi a mangiare qualcosa.
-Ragazze domani sera concerto e stavolta non si rifiuta perché agli scorsi tre non siete venute e questo è davvero da non perdere.-esclamò Danny versandosi della birra. Io e Alice ci guardammo ancora, stavolta non potevamo sfuggire,avevamo declinato i tre passati con scuse patetiche ma ben riuscite, stavolta non potevamo inventare altro, questa volta eravamo più in trappola di quanto pensavamo.
-Dobbiamo?.-chiesi con freddezza.
-Eddai tesoro è per passare una serata diversa e insieme, Danny intervista, io faccio le foto e voi vi godete un po’ di buona musica.-cercò di convincercmi Josh con scarsi risultati.
-Guarda ho già preparato le domande leggile così mi dici cosa ne pensi.- Danny si alzò dalla sedia come una furia correndo in sala per recuperare il suo block notes doveva buttava giu ogni domanda che gli veniva in mente per i gruppi che doveva intervistare. Quanta passione metteva nel lavoro che svolgeva che tante volte ignoravo tutto ciò per pura invidia, perché anche io avevo un sogno che è stato infranto con il solo scocchio delle dita.
-Danny non possiamo fare domani?.-chiesi esasperata mentre Josh rideva di gusto e Alice si era totalmente persa nel suo bicchiere di vino.
-Dai ci metti due secondi a leggerle non ti lamentare sempre.-mi diede il blocco e iniziai a leggere le domande. Le prime erano le classiche domande, da dove venite, come vi siete conosciuti e via dicendo, poi iniziavano quelle più specifiche, diedi una lettura veloce e alzando lo sguardo trovai Danny a fissarmi come se stesse aspettando l’approvazione del secolo.
-Vanno bene bravo.-gli diedi un contentino concedendomi un sorriso per poi tornare alla mia cena.
-E chi sarebbero questi?.-chiese Alice ritornando tra di noi.
I secondi che passarono furono i più lunghi della mia vita. Tutto sembrò andare avanti con una lentezza spropositata. Vidi Danny alzarsi di nuovo dalla sedia andare in sala, Josh prendere i piatti sporchi e posarli nel lavandino pronti per essere lavati, vidi Danny tornare dalla sala e posizionare sul tavolo i pass che ci avrebbero permesso di entrare nel palazzetto centrale di New York senza fare file e farsi spintonare dalle persone e infine io e Alice avvicinarsi al centro del tavolo per leggere il nome, quel nome. AVENGED SEVENFOLD VIP PASS FOR ALL AREA.
Ci guardammo negli occhi con lo stesso terrore di sempre. Non potevamo rifiutare ormai non potevamo più tirarci indietro. Avevamo appena accettato l’invito del diavolo a presenziare al suo tavolo come pietanza principale della serata.
Saremmo state a quel concerto, avremmo rivisto tutte le cause dei nostri dolori e avremmo dovuto tacere senza far trapelare nulla di tutto ciò che dentro portavamo e sentivamo. La fine di tutte le nostre muraglie di protezione era appena entrata in scena alla sola vista di quel nome porgendoci un biglietto di sola andata.

RINGRAZIO LE MIE LETTRICI PER SEGUIRMI NONOSTANTE I RITARDI E TROVARE SEMPRE IL TEMPO PER UNA BUONA RECENSIONE.

Grazie infinito a Pubblic Enemy per la recensione e per le belle parole, davvero sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo e che ti ho saputo trasmettere ciò che Ashley prova nel rivedere suo fratello. Chiedo ancora perdono per i ritardi ma con i prossimi tre capitoli ho il pass per il perdono ahahahah.

BBBlondie: ciao cara hai ragione passa sempre troppo tempo e credimi cerco di tardare il meno possibile, ma senza internet fisso in casa purtroppo vado a scrocco di pc e non sempre riesco a postare. Dai tre capitoli anche per te. A presto.

Jessromance: ahahah tesoro tu mi fai sempre morire con le tue recensioni, ti ringrazio come sempre per i bei complimenti e ora non sclerare e beccati questa full immerSSSSSion di nuovi scoooop!!! Un bacione.

LA dreamer xxx

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Capitolo 16
*** Unholy Confession ***


FLASHBACK

Jimmy si sedette sul divanetto facendo roteare le bacchette tra le dita con facilità e scioltezza. Le fece roteare due volte prima di riprenderle per il verso giusto e farle battere sulla stoffa dei suoi pantaloni. Chiuse gli occhi prima di iniziare con un ritmo abbastanza veloce, nella sua mente tutti i tempi delle canzoni che dovevano suonare quella sera.
Johnny era sdraiato, per quanto riuscisse, su una sedia con in grembo il basso ripulendolo da macchie invisibili, fischiettando una qualche canzone sconosciuta osservando il nulla davanti a se.
Zacky era impegnato a scommettere con Alice che riusciva ad aprire una bottiglia di birra con la suola delle scarpe, mentre Matt compilava il borderaux con i titoli delle loro canzoni,scrivendo poi su un altro foglio con un pennarello a punta grossa la scaletta da consegnare agli altri. Ogni tanto rideva sentendo litigare i due fratelli su cose talmente inutili, che loro riuscivano a farle risultare serie e degne di una discussione.
Più la guardava e più si innamorava di lei. Se quella sera erano in quel locale a suonare era anche grazie a lei e a sua sorella.
Il Martini Blues era uno dei locali più lanciati del momento a Los Angeles.
Alice si voltò verso Matt come se avesse sentito i suoi pensieri, gli sorrise dolcemente per poi fargli un occhiolino malizioso. Matt fece un sorriso sghembo che fece tremare di piacere il giovane corpo di Alice. Si avvicinò lentamente sfiorando le labbra umide del ragazzo,provando un piacere innato salirle su fino al cuore facendolo battere ancora più forte. Se ne andò lasciandolo con un sorriso soddisfatto sulle labbra, si voltò ancora una volta sorridendogli provocante prima di tornare da Zacky e concludere la loro stupida discussione.
In un angolo un po’ nascosto e un po’ privato Brian teneva sulle sue gambe Ashley e di conseguenza la sua chitarra. Era come se il resto non esistesse, lei la sua medicina nei momenti di dolore, lei la sua calma prima di un concerto.
-Non così forte che mi spacchi una corsa.-sussurrò Brian sul collo della ragazza che sospirò lievemente di piacere.-e se me la spacchi potrei farti molto male Sanders.
-Non oso immaginare come Haner.-Ashley si voltò fino a incontrare le labbra di Brian. Gioco un po’ con la sua carne così morbida e succulenta, prima di iniziare a far danzare le loro lingue in un walzer di piacere.
-Sanders sto per perdere il mio autocontrollo se non la finisci di provocarmi in questa maniera.-parlò sulle sue labbra lasciandole lievi baci pieni di passione.
-Ho voglia di te.-Ashley piantò i suoi occhi magnetici in quelli profondi di Brian, mormorando quella frase che fece tremare il ragazzo così tanto che dovette chiudere gli occhi e respirare profondamente per non farsi travolgere dal piacere sessuale.
-Stasera non la scamperai piccola.-lo disse in un finto tono minaccioso che fece ridere Ashely in modo così tanto spensierato da sembrare una bambina.
-EIH BRUTTI STRONZI DUE MINUTI E SI VA IN SCENA ALZATE IL CULO E PREPARATEVI.-Matt Barry irruppe nella stanza facendo scoppiare la bolla magica che ognuno dei presenti aveva creato per escludere l’agitazione che stava prendendo possesso dei loro animi.
Alice si attaccò al collo di Matt facendosi cullare in una lenta melodia agli altri sconosciuta. Ashley di alzò dalle gambe di Brian porgendogli la chitarra e concedendogli un ultimo bacio passionale.
Zacky diede il cinque a Johnny e Jimmy,scaricando poi la tensione agitando le braccia verso il basso. Jimmy fece due saltelli urlando un VAFFANCULO all’aria carica di energia. Johnny rise infilandosi gli occhiali da sole per la scena del bassista anonimo e perso nel suo mondo. Dopo di che si riunirono tutti quanti al centro della stanza posizionando le mani al centro, una sopra l’altra.
-Dobbiamo spaccare il culo a tutti i presenti in sala.-Matt parlò con decisione ricevendo approvazione dagli altri.
-Sarà fatto Sanders.-constatò Brian.
-Siamo i migliori. MERDA.-urlò Jimmy seguito dai restanti.
Ognuno con i propri strumenti uscì dallo stanzino e attraverò il corridoio pieno di scritte e di odore di chiuso fino a che non raggiunsero la luce del palco che li attendeva a braccia aperte. Jimmy si posizionò alla batteria dando due colpi alla gran cassa. Brian fece scorrere le sue dita sulle corde della chitarra facendola stridere impaziente di iniziare a suonare.
Matt salì insieme a Zacky e Johnny su una cassa salutando il pubblico in delirio di Los Angeles.

FINE FLASHBACK

Il palazzetto dello sport si ergeva davanti ai miei occhi con fare prepotente. Lo guardai in tutto il suo splendore e la sua ampiezza impaurita di entrare e andare tra le braccia del nemico,ma ormai non potevo più tirarmi indietro. Alice camminava di fianco a me in perfetto silenzio avvolta nella sua sciarpa color bianco panna, tenendo la testa bassa nascosta dalla visiera del cappellino.
Avevamo scelto un look abbastanza anonimo senza troppe pretese, ma tutte e due avevamo scelto senza nemmeno dovercelo dire di indossare un cappellino per nasconderci da eventurali incontri.
Danny era al massimo della sua carica da piccolo giornalista musicale, era nervoso, ma allo stesso tempo euforico come un bambino il giorno di Natale. Teneva la mia mano così stretta nella sua da farmi male e mi trascinava a destra e sinistra come se fossi un oggetto, decisi di lasciar correre e di non dare peso a quel suo comportamento di protezione nei miei confronti e mi lasciai trascinare come se fossi una piuma spintonata dal vento.
-Salve voi siete?.-l’enorme uomo davanti a noi ci fermò con uno sguardo facendo risultare Danny e Josh due formiche in confronto ai suoi muscoli.
-Oh si mi scusi ecco qui i pass.-con un gesto atletico Danny tirò fuori dalla sua tracolla nera i quattro pass. Più li guardavo più sentivo il mio stomaco stringersi come se qualcuno lo stesse accartocciando con la stessa facilità con cui si appallottola un foglio di carta. In quel momento una canzone tornò nella mia mente facendomi ricordare così vivo e sincero il volto di Brian. Era in qualche modo la nostra canzone anche se non era nei nostri generi musicali preferiti, avevo quasi dimenticato quanto potesse essere bella la musica soprattutto quando ha il potere di farti ricordare.
-Prego ragazzi seguite pure Thomas vi porterà nell’aerea addetta, buon concerto.-stavolta ci sorrise amichevolmente aprendoci le porte del palazzetto. Thomas faceva meno paura rispetto al collega e premendo sull’auricolare annunciò a qualcuno il nostro arrivo.
Alice si mise alla mia altezza stringendomi la mano. Mi voltai a guardarla mi regalò un sorriso triste e sospirando continuò a camminare in silenzio, sapevo bene a cosa stesse pensando, un tempo passato avevamo sognato tutto questo, invece ora era un fottuto incubo vissuto ad occhi aperti.
-Le ragazze possono fermarsi qui se vogliono.-Thomas sorrise guardandoci e aspettando una nostra risposta.
-No loro vengono…
-No Josh noi restiamo qui fate il vostro lavoro ci vediamo quando avete finito.-risposi anche per Alice sorridendo ai ragazzi.
-Sicure?
-Si andate davvero.-ci salutarono ancora una volta prima di sparire oltre le porte dei backstage. Potevo immaginarli tutti quanti senza dovermi sforzare, conoscevo le loro abitudini prima di un concerto, conoscevo il loro modo di scaricare la tensione e ripassare insieme i pezzi da fare. Se solo chiudevo gli occhi li vedevo, li vedevo nitidi e reali, ma non volevo chiuderli non volevo provare dolore perché già essere in quel posto era tremendamente difficile e sbagliato.
Thomas ci fece accomodare su un piccolo rialzo a lato del palco dove la visuale era ottima e anche fin troppo vicina, sul tavolo i nostri nomi con tanto di prenotazione riservata a Danny e Josh.
-Vi mando subito qualcuno per ordinare da bere.-Sorrisi a Thomas e alla sua gentilezza e sedendomi mi tolsi solo la giacca.
Alice si guardava intorno con aria innocente ma fin troppa attena a qualsiasi figura presumibilmente familiare che potesse fare capolino davanti ai nostri occhi. Eravamo tutte e due tese come due corde di violino pronte a scattare a qualsiasi pericolo incombesse in quel posto. Erano finiti i tempi del Martini Blues di Los Angeles per gli Avenged Sevenfold, erano finiti i tempi dei tour in California dormendo in qualche ostello o qualche centro sociale dentro sacchi a pelo in mezzo a gente che non conoscevi e che mai avresti rivisto, ora era tempo di grossi tour bus, di alberghi a cinque stelle e di tutti i confort di cui le Rock Star godono.
-Ciao volete qualcosa?.-la ragazza che arrivò al nostro tavolo ci spaventò facendoci sussultare visibilmente.
-Una birra chiara.
-Due grazie.-le sorrise Alice rilassando di poco le spalle.-prima finisce e prima torno a respirare.
-Ho una brutta sensazione Alice. C’è qualcosa che non sta andando per il verso giusto.
-Lo so Ashley non può andare bene visto il posto in cui siamo, è scontato se succede qualcosa e ormai deve succedere, non potevamo stare nascoste in eterno, il mondo è grande ma non così tanto da evitare certi incontri e tu ne sei la prova vivente.-mi stupì di quelle parole usate da Alice in tutti questi anni era stata fin troppo razionale a riguardo, ma in quel tono appena usato traspariva tutta la sua rabbia e la sua frustazione nei confronti di quelle persone e del loro gesto. Guardai per un attimo il palco, la batteria di Jimmy era appena stata montata e Jason Barry sedeva sullo sgabello dando colpi forti e casuali sulla pelle tirata per constatare se era tirata a sufficienza. Matt Barry invece, come sempre, correva da una parte all’altra del palco attaccando cavi e scalette qua e la, era il suo compito principale oltre quello di accordare le chitarre di Zacky e Brian e il basso di Johnny, ma lui si divertiva così, con poco e con la frenesia del montare un palco e far si che tutto funzionasse alla perfezione. Anche loro rientravano nei miei ricordi amari seppur con una figura diversa, ma pur sempre importante. Alice li guardò con uno sguardo malinconico.
-Non imparerà mai che il cavo del microfono della batteria va al primo amplificatore e non all’ultimo.-mormorò Alice sospirando per poi riappoggiarsi alla sedia e sorseggiare la sua birra.
-E Jason non imparerà mai che le scalette le vogliono incollate a terra e non sull’amplificatore che fa da spia.-feci eco bevendo una grossa sorsata di birra per dissetare la mia voglia di urlare e scappare di li.
Non riuscimmo a dire altro anche se di cose da dire ce n’erano parecchie, avevamo circa una vita intera da ricordare e da far uscire liberamente dalle nostre menti e dalle nostre bocche, ma ancora una volta ci bloccammo a quel misero ricordo sugli errori dei nostri due piccoli amici e tecnici degli Avenged. Continuai a guardare il via vai di gente che girava per il palco finchè le grandi porte del palazzetto di aprirono riversandovi all’interno una moltitudine di persone che correreva per prendersi la prima fila. Da li sopra potevi vedere qualsiasi tipo di persona, c’era chi aveva lo stesso taglio di capelli di Zacky, chi il cappello come quello di Brian, chi due manette tatuate sul collo come Jimmy, chi addiruttra gli occhiali di Matt gli impeccabili ray-ban a specchio e chi invece si era tinto i capelli come Johnny, biondi e neri. Non riuscivo e non potevo credere a quanto facessero bene alla gente finchè dietro di me sentì le voci di due ragazzine che parlavano tra loro.
-Chissà se la fanno Warmness On The Soul.-disse la prima. Guardai Alice, Alice guardò me impassibile.
-Non lo so di solito non c’è in scaletta, ma sarebbe stupendo. Pensa l’assolo fatto da Zacky e Syn.-rispose la seconda ridendo spensierata. Chiusi gli occhi ripensando a quell’assolo stremata da ogni forza, ormai mi avevano completamente abbandonata, non avevo più voglia di lottare ero completamente perdente di una lotta interiore che durava da tre lunghissimi attimi.
-Sono così emozionata è la prima volta che li vedo, per me loro sono tutto.-riprese la prima con voce e aria sognante. Anche per noi lo erano, erano davvero tutto il nostro mondo.
-Stanno arrivando Danny e Josh.-disse Alice rimettendosi composta e assumendo un aria tranquilla, cercai anche io di farmi forza e risultare il meno antipatica possibile, ma a differenza della mia amica io non ero capace di nascondere il mio stato d’animo.
-Eccoci qui, tutto ok?.-mi chiese Danny sedendosi e sistemando la videocamera nella borsa apposita.
-Si sono solo stanca tranquillo.
-Volete vedere le prime foto?.-ci chiese Josh tutto gasato all’idea.
-NO!.-esclamammo io e Alice all’unisono facendo tacere i nostri ragazzi che ci guardarono tra l’allibito e il deluso.
-No beh vogliamo vederle quando sono finite e ritoccate.-cercai di salvare la situazione con la prima scusa plausibile. Josh si rilassò sorridendo e spegnendo la macchina fotografica, ma senza metterla via, durante il concerto doveva scendere sotto il palco e fare le foto del live.
-Si può sapere che vi prende a voi che siete tese come non so cosa? Capisco che non siete amanti della musica, ma non morite mica se per una sera vedete un concerto, potreste avere anche una faccia diversa.-convenne serio Danny appoggiando le mani sul tavolo e guardandoci con aria leggermente scocciata. Aveva ragione, ma se solo avessi saputo caro Danny forse non avresti fatto questa sparata inutile e priva di interesse.
Stavamo per rispondere a quella provocazione quando le luci si spensero del tutto, un boato partì da parte di tutto il pubblico e il rumore della pioggia e di un temporale riempì l’aria di tutto il posto. Josh si alzò e senza dire niente se ne andò sotto il palco, proprio quando svanì inghiottito dal semi buio della sala, al centro del palco comparve Brian in piedi su una delle casse con in braccio la sua chitarra nera e bianca, facendo scivolare sulle corde tirate e lucide le sue dita lunghe e affusolate. To End Of Rapture fu uno schiaffo morale a tutti i miei buoni propositi. Quell’intro era un qualcosa di indescrivibile, esattamente come lo era Brian sopra quel palco con una sola luce puntata addosso. A poco a poco tutte le luci del palco si accesero facendo comparire, come per magia, tutti i componenti del gruppo. Jimmy iniziò a picchiare duro sulla sua batteria, Zacky spalleggiò Brian nell’assolo guardando verso il pubblico sotto i suoi occhiali enormi e dalla montatura bianca, Matt si intrufolò tra i due stringendoli per le braccia. Johnny sorrideva salutando la prima fila con una linguaccia degna di essere chiamata tale.
Danny si alzò senza degnarmi di uno sguardo e si appoggiò alla ringhiera del balconcino riservato a noi, mentre io e Alice, di conseguenza, rimanemmo incollate a quelle sedie senza riuscire a muovere nemmeno un muscolo. Era tutto finito, ormai eravamo completamente disarmate da qualsiasi corazza protettiva, la musica, la loro musica, era tornata a vivere in noi, così come le loro voci, i loro volti, i loro ricordi e via dicendo. Al solo vederli sopra quel palco aveva fatto si che annientassero tutto il nostro essere così dure e così combattive.
Sbirciai il palco dalla ringhiera che mi rimaneva all’altezza del volto. Mi soffermai a guardarli uno ad uno, erano i soliti di sempre, ma stavolta erano ancora migliori di un tempo, erano più in forma che mai, avevano una carica che sprigiovano su tutto il pubblico mandandolo in completo delirio, esattamente come stavano mandando in delirio me e tutto ciò che dentro di me si stava muovendo al ritmo di quelle canzoni troppo conosciute e troppo amate.
-Wow ragazzi siete i migliori.-urlò Matt al microfono. Alice si voltò di scatto verso il palco come se l’avesse chiamata a gran voce.-e ora abbiamo una sorpresa per voi. Non l’abbiamo mai fatta ma questa è una data speciale per noi, stiamo suonando a New York una città che ci sta a cuore.-guardai Alice impaurita, sapevo cosa stava per accadere.-e vogliamo ringraziare questa città, così vogliamo chiudere questo concerto da urlo con una canzone che non abbiamo mai fatto prima live e che oggi vogliamo far tornare a vivere.-Matt e Jason Barry portarono sul palco un grosso pianoforte a coda nero lucido posizionato su delle ruote che permetteva uno spostamento facile senza indurre danni al pianoforte, tra cui farlo scordare. Tutto il pubblico applaudì incredulo, ma mai quanto potevamo esserlo noi due. Le luci di spensero tutte, tutte tranne quella posizionata sopra Matt e il pianoforte. Erano anni che non vedevo mio fratello posare le dita su quello strumento. E così lentamente le prime note di Warmness On The Soul iniziarono a danzare nell’aria, nelle nostre menti e nei nostri cuori caldi e pulsanti. Quando Matt iniziò a cantare fu davvero la fine.
Alice iniziò a piangere sussurrando le parole una ad una. Quella canzone infondo era stata scritta per lei. Io chiusi gli occhi allontanandomi dalla realtà chiudendo le porte al presente, tornando di getto al passato, a quel garage, a quei momenti e a quel testo che io e Matt avevamo scritto insieme.
Solo quando fu il momento dell’assolo li aprì vedendo il palco illuminarsi di getto. Brian e Zacky erano in piedi sul pianoforte spalla contro spalla suonando con gli occhi chiusi, mentre Johnny era seduto a penzoloni sul palco con di fronte millioni di sguardi sognanti e sbalorditi da quella canzone, da quel momento e da tutto ciò che si poteva esprimere con quella musica. Jimmy completava la perfetta sincronia di un ritmo così dolce e malinconico che sapeva di amore vecchio e maturo, che sapeva di un passato difficile da dimenticare e lasciare indietro. Tutti quanti in quel momento, in quei quattro minuti e venti di canzone ci riunimmo in unico battito di cuore, uniti ancora da un legame così profondo da non poter ignorare.
Quando la canzone finì, tutta quella magia svanì insieme alle ultime note di pianoforte. Gli Avenged Sevenfold salutarono il pubblico lanciandogli plettri e bacchette, facendo così la loro uscita teatrale come solo i migliori attori sanno fare. Alice si asciugò velocemente le lacrime strofinandosi gli occhi come se fosse stanca. Danny tornò a sedersi restando in silenzio e da una parte fu meglio così. Poco dopo Josh ci raggiunse con la telecamera al collo.
-Com’è andata?.-chiese Danny
-Indescrivibile, sono dei soggetti stupendi, sono venute quasi tutte da Dio.
-Ah prima i ragazzi ci hanno chiesto se a fine concerto ci andava di bere qualcosa con loro, ma immagino che voi non siate d’accordo.-Danny si rivolse a noi con aria stanca e stizzita.
-Facciamo che voi andate a quel fottuto after show e noi ce ne andiamo a casa in taxi.-si innervosì Alice alzandosi in piedi e recuperando la giacca la infilò con gesti secchi.
-Perché dovete fare così?.-incalzò Josh allargando le braccia esausto dalla tensione che c’era nel gruppo.
-Niente, ce ne stiamo andando, voi godetevi pure la serata, ci vediamo domani.-risposi prendendo la borsa e imboccando le scale per scendere in mezzo alla mischia.-ora mi hanno rotto tutti e due.
-Non hanno torto Ashley stanno solo cercando di capire cosa c’è che non va.
-Lo so bene Alice, ma sono stufa di dover scappare dal mio passato e di dover mentire al mio presente,stufa marcia.-dissi a dentri stretti prendendola per mano per non perderla in mezzo a quel delirio con le sembianze dell’inferno. Andò tutto bene finchè un ragazzo con in mano uno scatolone mi venne addosso facendomi sbattere contro il muro e trascinando in quell’impatto anche la mia amica che si lamentò tenendosi il gomito.
-Cazzo ma guarda dove cammini idiota.-urlò Alice in preda all’isteria. Se c’era qualcuno che voleva impedirci di uscire di la, beh ci stava riuscendo alla grande.
-Scusate andavo di fredda.-mi bloccai all’istante sentendo Alice irrigidirsi al mio fianco. Quando il ragazzo si alzò e i nostri sguardi si incontrarono, lo vidi spalancare la bocca e strabuzzare gli occhi incredulo di quell incontro.-Ashley?Alice? Cristo ma…
-Ciao Jason.-dissi fredda e impassibile, stava tornando in me la Ashley di sempre.
-Oh mio Dio quanto tempo.
-Tre anni Barry e ora scusa siamo di fretta.
-Se sei di fretta Sanders perché eri al concerto?.-quella frase mi e ci investì come una secchiata d’acqua fredda in piena schiena.
-Questi non sono affari che ti riguardano Barry e ti chiedo un favore, fa tacere quella tua bocca del cazzo e fai finta di non averci mai incontrato chiaro?
-Non potete scappare per sempre ragazze, gli mancate.
Io e Alice scoppiammo a ridere gelide come la morte tanto che Jason fece un passo indietro impaurito e non più spavaldo.
-Tieni la bocca chiusa Barry facci questo favore.-chiuse Alice la conversazione e finalmente dopo mille intoppi uscimmo da quel posto scappando a gambe levate, salendo sul primo taxi senza mai guardarci alle spalle anche se potevamo sentire i nostri fantasmi che ci rincorrevano per le strade buie e fredde della grande Mela, ridendo malignamente.

BACKSTAGE

Jason arrivò nel camerino degli Avenged Sevenfold schivando tutti gli ostacoli che aveva incontrato dall’entrata del palazzetto e dietro nei corridioi, saltando cavi attorcigliati e persone che si occupavano di smontare il palco e le strumentazioni. Aveva rischiato due o tre volte di ammazzarsi, ma doveva arrivare il prima possibile dentro quella fottuta stanza e parlare con i suoi amici.
Quando aprì la porta fu felice che nessun tipo di meet’n’greet o after show fosse ancora iniziato. Cinque figure stanche e sudate puntarono la loro attenzione sul ragazzo piegato in due e in preda al fiatone post corsa.
-JB te lo diciamo sempre non hai più il fisico per fare certe corse.-lo schernì Brian avvicinandosi al ragazzo che stava lentamente riprendendo fiato.- ci sei?
-Qu..quasi.-fece due respiri profondi e finalmente si alzò rubando la birra dalle mano di Zacky e bevendone una grossa sorsata.
-Oh si fai come se te l’avessi offerta.-fece stizzito il chitarrista andando ad aprirsene un’altra stando a debita distanza dall’amico.
-Beh ora che ti sei ripreso vuoi dirci il motivo della tua corsa?.-chiese Matt impazziente.
-Le ho viste.-riuscì a dire ancora con il fiato corto.
-Chi? Ma che cazzo stai dicendo Jason ti sei drogato?.-sbuffò Jimmy lasciandosi cadere sul divanetto di pelle rossa.
-Oh cristo Ashley e Alice, ho visto Ashley e Alice.-il silenzio calò di colpo per tutta la stanza. Jason si sentiva dieci occhi allibiti puntati contro e aveva paura in quel momento, paura di qualsiasi tipo di reazione dei suoi amici.
-Tu cosa Jason?.-chiese Zacky avvicinandosi lentamente come se avesse paura che fosse tutto uno scherzo di cattivo gusto.
-Stavo portando di qua le magliette avanzate e gli sono finito contro. Solo quando mi sono rialzato ho visto chi avevo urtato e tua sorella.-si voltò verso che Matt che non aveva mosso un muscolo da quando Jason aveva pronunciato quei due nomi. Brian aveva del tutto smesso di respirare.-mi ha gentilmente detto, con le sue solite maniere carine e gentiili, di farmi i cazzi miei e non dire niente, ma non potevo ignorare tutto e sono venuto a riferiverlo.-Matt sorrise impercettibilmente a quelle parole, la sua piccola Ashley non cambiava mai sotto certi aspetti.-ecco tutto.
-Non le hai fermate? Perché cazzo non le hai fermate?.-urlò Zacky disperato.
-Oh certo me le caricavo in spalla e le portavo qui, come se avessi avuto la meglio, ti ricordo solo che tua sorella anni fa mi fece un occhio nero solo per essermi rifiutato di portarla in spalla perché era stanca di camminare.-fece Jason incrociando le braccia al petto come un bambino offeso.-ci tengo alla mia incolumità.
-Zacky.-intervenne Matt con un tono di voce che non ammetteva repliche.-Jason ha ragione non sarebbero mai venute qui.
-Però erano al concerto.-disse Brian con la faccia rivolta al pavimento e la testa tra le mani.
-Lo so Bri.-Matt sospirò ancora una volta prima di porre fine a quello strazio e fare la sua richiesta all amico.-Jason fai quello che ti ho chiesto l’altro giorno trovami dove abitano.
-Matt non ci vorranno mai vedere e tu lo sai bene.-Jimmy si alzò andando vicino all’amico per dargli conforto e trovarne lui per primo, infondo si parlava delle sue due migliori amiche che aveva abbandonato in silenzio senza nemmeno una misera spiegazione e per quanto in quella storia i più coinvolti erano Matt Zacky e Brian, anche per lui era stato difficile lasciare quella vita e lasciare loro nel ricordo di quegli anni insieme.
-Ti ha chiesto di non cercarle Matt rispetta la loro decisione. Anche noi vorremmo vederle e so benissimo che si tratta di tua e di sua sorella.-Johnny indicò Zacky con il mento.- ma ha ragione Jimmy non vogliono più saperne di noi, hai, avete e abbiamo fatto una scelta tre anni fa.
-Non mi importa Johnny, è mia sorella ed è Alice, a costo di farmi sbattere la porta in faccia devo vederle.
-Jason fai come ti ha detto Matt.-lo implorò severo Zacky acconsentendo la richiesta del suo amico.
-Cerco di fare il possibile.-Jason sorrise prima di chiudersi la porta alle spalle e tornare a fare il suo lavoro.
-Sarà dura.-sentenziò Brian guardando i presenti in sala.-Sarà dura.

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Capitolo 17
*** The Pasr Knocking On Our Door ***


Dunque se hai schiacchiato il pulsante “ultimo capitolo” hai sbagliato, torna al capitolo 15 prima di leggere questo, ne ho postati tre di fila quindi deve leggerne due prima di questo .

Due giorni più tardi del concerto Jason aveva ottenuto tutto ciò che gli serviva. Certo cercare una persona a New York era come cercare un ago in un pagliaio, ma alla fine era riuscito a sapere le informazioni fondamentali che gli erano state richieste dai suoi amici. Non era una cosa che lo rendeva particolarmente felice anche perché aveva dovuto sudare e faticare per farsi dare tutte le varie informazioni, non era stata di certo una passeggiata soprattutto quando una persona non vuole farsi trovare. E Ashley Sanders e Alice Baker non volevano farsi trovare per nessun motivo al mondo. Aveva cercato di far desistere Matt da quella ricerca senza un reale punto di partenza, ma ormai si era, anzi, si erano impuntati che dovevano trovarle, anche se Jason sapeva benissimo che se fosse stato per quelle due ragazze avrebbero cambiato nome, cognome e faccia solo per non far risultare da nessuna parte chi fossero e da dove venissero e da una parte le poteva anche comprendere.
Entrò nella hall dell’albergo fischiettando solo per il gusto di non far notare ai presenti che dentro l’angoscia lo stava letteralmente distruggendo. Recuperò la chiave della camera dal ragazzo della reception e si concesse di prendere l’ascensore solo per temporeggiare ancora un po’.
Una volta dentro schiacciò il tasto 10, si appoggiò alla parete e aspettò che lentamente l’ascensore facesse la sua salita,si rigirò tra le mani la cartellina con tutto ciò che aveva raccolto da dare agli amici. Quando le grandi porte dell’ascensore si aprirono fece due respiri pronfondi incamminandosi verso camera di Matt dove probabilmente lo stava aspettando con una sigaretta in bocca e il nervoso a mille. Rimaneva sempre meno convinto di quello che aveva accettato di fare e sapeva che se solo Alice o Ashley fossero mai venute a sapere che grazie a lui, gli Avenged Sevenfold le avevano trovate, avrebbe dovuto iniziare a dire le sue ultime preghiere, perché di certo non gli avrebbero risparmiato la vita. E avevano ragione, quello era il punto tragico di tutta quella storia.
Quando ebbe sciolto un po’ di nervoso bussò alla porta due volte vicine, una sorta di segnale tra loro della crew. Matt spalancò la porta sorridendo in modo nervoso, cosa che fece un po’ spaventare Jason. Lo invitò ad entrare e solo quando ebbe tutta la visuale della camera si rese conto che tutti quanti erano li ad aspettarlo come se stesse per proferire la soluzione per salvare il mondo da un imminente crollo.
-Eih JB tutto ok?.-gli chiese il cantante dandogli una pacca amichevole sulla spalla, mentre Zacky gli porgeva una birra che accettò di buon grado, all’improvviso aveva una sete assurda e la gola gli si era seccata totalmente.
-Si tutto bene. Oh cazzo mi sembrate la Santa Inquisizione.-fece esasperato da tutta quella tensione che si era creata nel gruppo e in quella camera. Dei risolini partirono da parte di tutti i ragazzi e in quell’istante Jason li osservò attentamente prima di parlare. Vide in loro non solo gli amici di sempre, vide in loro degli esseri umani con dei sentimenti e con un cuore da salvare. Ognuno di loro voleva ritrovare quelle due ragazzine fuori di testa per i propri motivi. Chi come Brian e Matt per amore, chi come Zacky e Matt per un rapporto familiare così stretto da non essere sempre capito a pieno e chi come Jimmy e Johnny per un’amicizia profonda e sincera e per quanto ancora non era del tutto convinto della sua collaborazione nella ricerca, però riusciva a trovare un lato positivo per i suoi amici.
-Allora?.-chiese con insistenza Brian accavallando le gambe. Jason si rilassò e si avvicinò al centro della stanza.
-Per prima cosa ho dovuto penare come non so cosa, quelle due hanno fatto di tutto per non far risultare niente a nome loro. Nemmeno la macchina è intestata a una delle due.
-Sono furbe Jason lo sono sempre state.-disse Matt sospirando.-vai avanti.
-Abitano sulla seconda traversa della quinta strada, palazzo B piano terzo, l’affitto della casa è intestato a tuo padre Zacky e i soldi arrivano dal suo conto corrente, ma tuo padre Matt da la sua parte.-tutti e due annuirono seri in volto.-poi, la macchina è intestata a un certo Daniel Jay Devoi.
-Che sarebbe?.-chiese Brian corrucciando le sopracciglia.
-Lo vuoi proprio sapere Syn?.-Jason rispose con un’altra domanda guardando dritto negli occhi l’amico.
-Magari dopo.-sbuffò tornando a sedersi compostamente, o per quanto gli riuscisse.
-Poi ci spieghi dove cazzo sei andato per sapere tutte ste cose?.-rise Jimmy sorseggiando la sua birra sempre più interessato all’argomento.
-Alla sede centrale del comune di New York, mio cugino mi ha mandato un autorizzazione ai dati personali con tanto di carta stampata del FBI nessuno ha fatto domande e ho ottenuto tutto questo.-lo disse con una naturalezza che fece sbalordire il suo piccolo pubblico. Sapevano bene che Jason ovunque andasse riuscisse a ottenere ciò che voleva, ma arrivare a tanto non se lo sarebbero mai immaginato.
-Tu sei pazzo.-soffiò Johnny.-tu sei un fottuto pazzo.-si schiaffò una mano in faccia stropicciandosela per poi riprendere la birra e berla come se avesse appena visto un fantasma, tutta quella storia lo spaventava.
-Grazie JC per il complimento lo accetto. Andiamo avanti hanno un telefono fisso in casa intestato a Joshua Andrè Carter, ma questi due giovani aitanti non vivono nell’appartamento regale, hanno solo queste due cose intestate a loro nome e ogni mese la società telefonica e l’assicurazione riceve i soldi con quei nomi come beneficiari.
-Ok questo può bastare per il resto?.-chiese con insistenza Matt, sapevano dove abitavano, sapeva che c’erano quei due nomi a lui sconosciuti che facevano parte della loro vita, ora mancava solo uscire da quell’albergo e andare a cercarle.
-Ashley lavora per il New York Times vende spazzi pubblicitari mentre Alice lavora in uno studio fotografico e spalleggia il capo nella fotografia di sfilate di moda e via dicendo. Hanno chiuso qualsiasi conto o rapporto con la California, risulta solo che ci sono nate e che ci hanno vissuto per il resto è come se prima non fossero mai esistite ragazzi. La loro vita riparte da New York come se fossero appena nate.
-Hanno realmente fatto ciò che hanno sempre detto.-mormorò Zacky puntando il suo sguardo di ghiaccio in quello di Jason che annuì abbassando la testa in segno di scuse.
-Le conoscete sapete che ciò che dicono poi fanno. Comunque ci sono delle foto decidete voi se vederle o no.-Jason le appoggiò sul tavolino facendo due passi indietro e lasciando spazio ai ragazzi. Jimmy prese in mano le buste col consenso silenzioso di tutti quanti. La aprì lentamente e iniziò a guardare le foto finchè non sbarrò gli occhi immobilizzandosi di colpo come se qualcosa lo avesse colpito in piena faccia.
-Jimmy?.-fece Johnny preoccupato.
-GRANDISSIMO FIGLIO DI PUTTANA.-esclamò guardando la foto da varie angolature per poi passarla a Johnny, il più vicino a lui. Anche il bassista ebbe la stessa reazione.
-Si può sapere che diavolo vi prende a voi due?.-chiese Matt tra i denti strappando la foto dalle mani dell’amico per guardarla. Sentì il cuore perdere un colpo e lo stomaco chiudersi del tutto, Zacky e Brian lo affiancarono sentendo la rabbia salire fino alla cima dei capelli.
-Ma quello non è quello che ci ha intervistato l’altra sera?.-chiese Zacky a gran voce.
-E quello non è quello che ci ha fotografato?.-Brian era sconvolto.
-Uno è l’intestatario della macchina e l’altro del telefono.-suggerrì Jason ricevendo sguardi poco graditi dagli amici.-era solo per concludere il quadro.
-E loro sono quelle due fidanzate che non si sono volute trattenere per un after show con gli Avenged Sevenfold, quelle che tu hai travolto con lo scatolone.-concluse Matt lasciandosi cadere sulla sedia, mentre Zacky lo seguiva a ruota libera ricadendo sul letto e Brian usciva sul balcone per fumare una sigaretta.
-Che vi aspettavate ragazzi? Che vi aspettassero a braccia aperte per tutta la vita?.-chiese Jason sistemando le foto e tutte le informazioni che avrebbe voluto presto bruciare e far sparire.
-No Jas, ma fa comunque male.-rispose Matt puntando gli occhi verdi sul soffitto.-vado da loro.-si alzò di colpo sotto gli sguardi allibiti degli amici.
-Matt.-cercò di fermarlo Jason, ma l’occhiataccia che gli lanciò lo fece bloccare a terra.
-Vengo con te.-Zacky si unì a Matt dandogli un cinque, mentre Brian rientrava nella camera prendendo la giacca di jeans e infilandola senza proferire parola.- voi che fate?.-Zacky si rivolse al bassista e al batterista con un sorriso bambinesco in volto.
-Se ci presentiamo in cinque alla loro porta altro che colpo, crepano all’istante, andiamoci con i piedi di piombo per quanto sono il primo a voler rivedere quelle due gnome.-sorrise Jimmy alzando la bottiglia di birra in segno di brindisi.- andate voi, noi facciamo la nostra entrata più tardi.
-Concordo con lui.-Johnny si unì al pensiero di Jimmy facendo ridere gli altri tre impazzienti di partire.
-A dopo ragazzi.-Brian li salutò e con passo deciso uscì dalla camera sotto lo sguardo implorante di Jason.
-NON FATE DANNI E NON FATE USCIRE IL MIO NOME.-urlò sulla porta prima di chiuderla e sbuffare esasperato.-ma a chi lo dico di non fare danni che quelli sono dei danni viventi.-si diede un colpo sulla fronte prima di recuperare la sua birra e andarsene in camera sua.

NEW YORK 2.30 p.m.

Erano passati due giorni dal concerto e pian piano le cose erano tornate alla normalità. Il giorno dopo, quando Danny e Josh entrarono in casa, nessuno fece domande o parlò della sera del concerto e ne io ne Alice facemmo riferimento a quando accaduto. Quell’espisodio venne completamente ignorato dai presenti in casa.
Quella Domenica pomeriggio di Aprile stava trascorrendo nell’assoluta tranquillità di casa. Avevo appena finito di pulire la cucina, mentre Alice stava sistemando alcuni scatti dell’ultima sfilata a cui aveva presenziato con il suo capo. Danny era impegnato a controllare la sua mail su eventuali interviste, Josh invece si godeva una partita di football con una birra in mano, invenendo contro la televisione quando qualche giocatore sbagliava un passaggio. Non riuscirò mai a capire perché i ragazzi ci perdono così tanto tempo dietro ad un gioco per me totalmente inutile, soprattutto urlando contro un oggetto che non può risponderti.
Stavo finendo di asciugare le ultime stoviglie quando qualcuno suonò alla porta.
-Ash puoi andare tu?.-urlò Alice dalla camera
-Si spero solo non sia la vicina o giuro che stavolta la insulto.-alzai gli occhi al cielo divertita asciugandomi le mani e posando lo strofinaccio mi avviai verso la porta respirando profondamente.
Poggiai la mano sulla maniglia e aprendo la porta il mio cuore mancò un battito. Davanti a me tutte le cause del mio dolore più grande. Matt in mezzo con a destra Zacky e a sinistra Brian mi guardava come se volesse ricordare tutto del mio volto. Spostai freneticamente lo sguardo su tutti e tre prima di tornare a respirare e quel primo respiro provocò in me un dolore così forte che non riuscì a capire se era il mio cuore che pulsava troppo forte il sangue o i miei polmoni che richiedevano ancora e ancora aria. Iniziai a respirare affannosamente, mentre leggevo in ognuno di loro emozioni e stati d’animo diversi. C’era rabbia, c’era sorpresa, c’era paura e forse c’era amore?
-Che cosa volete?.-chiese gelida facendoli trasalire e tornare persone vive e non più statue di ghiaccio.
-Ashley ti prego non chiudere questa porta.-Matt fu il primo a parlare, ma i miei occhi erano attratti da un paio di occhi neri e profondi in cui era custodita tutta la mia anima. Brian mi stava rapendo ancora una volta nonostante non volessi farmi rapire da lui.
-Ash ma chi…-Alice comparve dietro di me immobilizzandosi scossa da dei tremori che non riusciva a controllare. Se non fossi stata così tanto accecata dalla rabbia avrei scommesso che quel rumore di tamburo continuo era il cuore di Matt che tornava a battere all’unisono con quello di Alice. Lentamente la mia amica si avvicinò alla porta affilando lo sguardo, soffermandosi su Matt, poi su Brian e infine su quello che fino a tre anni fa era il suo compagno di vita: Zacky.
Brian fece un passo avanti costringendo gli altri ad avvicinarsi e così feci anche io fronteggiandoli per non farli entrare.
-Dove pensi di andare Haner?.-mormorai a denti stretti evitando di urlare tutto il mio odio represso.
-Dobbiamo parlare Ashley.
-Noi…NOI COSA BRIAN? DOBBIAMO PARLARE?.-non riuscì a trattenermi e stringendo la maniglia della porta urlai così forte da far scattare tutti quanti sull’attenti. Alice mi si avvicinò poggiando la sua mano fredda sul mio braccio, mentre Josh abbassava la televisione e insieme a Danny raggiungevano l’ingresso di casa rimanendo allibiti e allo stesso tempo scandalizzati da quella scena.
-Ashley, Alice?.-Danny ci richiamò facendoci girare.-Perché gli Avenged Sevenfold sono sulla porta di casa vostra?
-Loro non sanno niente?.-Zacky sputò le parole con un tale sgomento che mi fece quasi paura.
-Che cosa dovrebbero sapere Zachary?.-chiese Alice con tanto di quel veleno nella voce che spaventò il fratello.
-Gia cosa dovremmo sapere ragazze?.-stavolta fu Josh a parlare incrociando le braccia al petto.-credo che una spiegazione ce la meritiamo.
-Prova a fare due calcoli se ne sei capace Joshua, prova a ricordare il loro cognome e il nostro vedi se riesci ad arrivare ad una soluzione. Non è difficile, ti do cinque minuti di tempo.-fece sarcastico Matt guardando il ragazzo trasmettendogli tutto l’odio del mondo.
-Piantala Matthew.-lo rimproverò Alice dandogli le spalle per tornare in sala, la seguì anche io ritrovandomi con le spalle alla finestra e cinque figure che ci fissavano in piedi davanti a noi.
-Cazzo!.-esclamò Danny come se avesse appena avuto un’illuminazione.-Cristo Ashley è tuo fratello e e Zacky è tuo fratello Alice.-la sua faccia era un enorme punto interrogativo.
-Un punto a Daniel.-rise amaro Brian a modi sfottò.
-Non prendermi per il culo Haner io ci sto capendo decisamente poco. Perché non ce l’avete mai detto?.-mi guardò avvicinandosi e accarezzandomi una guancia. Il mio sguardo cadde su Brian che chiuse le mani a pugno tremando mentre Zacky gli poggiava una mano sulla spalla per farlo stare calmo.
-Perché non meritavano nemmeno una parola.-gli tolsi la mano in malo modo dalla mia faccia facendolo rimanere male.-perché è troppo comodo tornare dopo tre fottuti anni e far finta che non sia successo niente, pretendendo di parlare. Te l’avevo chiesto espressamente Matt di non cercarci di non venire a sconvolgere di nuovo le nostre vite, ma no tu devi sempre fare di testa tua.- sbraitai in preda alla rabbia. Non riuscivo a piangere, volevo solo urlare e vomitare addosso a quei tre tutto il mio dolore.
-Vi siete già visti qui a New York?.-chiese Josh dall’altro lato della sala distogliendo lo sguardo dalla sua ragazza e puntandolo nella mia direzione.
-Per puro caso e smettetela con questo interrogatorio perché non vi dobbiamo spiegazioni sul nostro passato.
-No Ashley arrivati a questo punto ce ne dovete eccome.-intervenne Danny
-Danny finiscila.-lo ammonì Alice alzandosi in piedi e mettendosi di fianco a me.-avanti parlate.
-Ci dispiace ok? Siamo stati male per mesi, ci siamo dati della merda per anni per avervi piantato in asso in quella maniera, ma non avevamo scelta dovevamo partire e subito, non potevamo portarvi con noi, è stata l’unica scelta che abbiamo potuto prendere.
-Non ci basta Zacky non basta a far sparire tutto il dolore che ci avete causato, non avete la minima idea di come cazzo siamo state in questi tre anni, di quanta fatica abbiamo sprecato per dimenticarci di voi, per provare a ricominciare e quando pensavamo di avercela fatta, voi saltate fuori come se niente fosse pensando di risolverla con delle misere scuse.-fece esasperata Alice dando un pugno al tavolo. Quegli occhi, quella voce, quel volto la stavano mandando fuori controllo.
-Non sono misere scuse è la verità Allie.
-Non mi chiamare con quel nome Zachary. Ero tua sorella cristo, ero la tua ragazza.-si voltò verso Matt facendo boccheggiare Josh.- ero la donna che dicevi di amare, a cui hai dedicato una canzone. Cazzo Matt lei era tua sorella, quella con cui hai lottato per una vita intera, era la tua migliore amica Zacky, era la tua ragazza Brian, quella ragazza che ti ha fatto scoprire un mondo diverso, che ti ha fatto rinascere, come cazzo avete potuto?.-urlò sull’orlo delle lacrime continuando a prendere a pugni il tavolo. Josh cercò di fermarla, ma lei lo respinse con rabbia. In quel momento la mia vista iniziò a ondeggiare come se fossi su una barca nel bel mezzo di una tempesta. Il mio respiro si fece sempre più pesante e sentì che lentamente la mia gola si stava chiudendo impedendomi di deglutire e respirare in modo decente. Cercai di calmarmi da sola, provando a convincermi che era solo uno stupido attacco d’ansia, ma nel momento in cui sentì il sapore di sangue in bocca e le orecchie fischiare capì che non era un sempre attacco di panico, era il mio male peggiore che si stava risvegliando e stava tornando a vivere in me.
Iniziai a tossire sempre più forte fino a quando non tossì troppo forte sputando piccole gocce di sangue. Matt sbarrò gli occhi facendo un balzo verso di me, gli tirai una gomitata che aveva la potenza di uno schiaffo di un bambino, mentre Alice si fiondava sul mio corpo per proteggermi e farmi sdraiare.
-Ashley, Ashley calmati non è niente.- mi diceva tenendomi la fronte mentre il sangue fluiva velocemente dalla mia bocca. Brian e Zacky si avvicinarono prendendomi per le spalle in modo da non farmi sbattere la testa. Danny corse a prendere un panno bagnato dalla cucina.-Ashley respira cristo santo, non farmi questo.
-Cosa le sta succedendo?.-chiese allarmato Brian guardando la ex amica negli occhi. Alice non rispose.-Alice che cazzo sta succedendo?
-Haner abbassa la voce con me. DANNY DATTI UNA CAZZO DI MOSSA.-Danny arrivò di corsa dando il panno a Alice che lo ripose dolcemente sulla mia fronte.-Josh chiama l’ambulanza.
-Alice dimmi che cosa sta succedendo. Ora!.-Matt la guardò duramente e quando si guardarono sentì il suo cuore accellerare i battiti, non capiva se era perché stava per sapere la verità su sua sorella o perché la fonte del suo desiderio e del suo amore infinito era finalmente in carne ed ossa davanti a lui.
-Tua sorella è malata Matt. E’ malata di leucemia da due anni e questa è la crisi che nessuno stava aspettando.
-Alice.-sussurrai con un filo di voce. Alice si avvicinò a me sorridendo, un sorriso ricco di lacrime.
-Sono qui tesoro, non ti preoccupare adesso ti porto in ospedale e tutto passa.
Annuì con le poche forze che mi rimanevano in corpo. Sorrisi appena guardando i tre volti sopra la mia testa. In quel momento non riuscì a riconoscere la rabbia come sentimento principale, provai solo sollievo come se tutto realmente stesse finendo, come se stessi scivolando in un vuoto così piacevole da sentirmi cullata come una bambina piccola.
-Scusa lil’ Allie.-sussurrai e senza nemmeno rendermene conto strinsi con la mano destra quella di Matt, con la sinistra quella di Brian e lentamente appoggiai la guancia alla mano di Zacky ritrovando per poco, finchè non persi del tutto i sensi, il calore della mia vera famiglia.

SORPRESA!!!!!!!!!! 3 in una botta sola, sono o non sono bravissima??? Spero che vi siano piaciuti. E spero che qualcuno legga che ce ne sono due prima di questo ahahahah.
VI ADORO!!!

LA dreamer.

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Capitolo 18
*** Please Doc save her ***



FLASHBACK

Matt si diede un’ultima spinta col piede destro sullo skateboard prima di toccare il legno massiccio e secco del pontile. Davanti a lui l’oceano sull’orlo del tramonto.
Dietro di lui sentì le ruote di una bicicletta scivolare delicate sul pavimento del pontile e quella vocina inconfondibile che lo faceva sorridere.
-Dovevi aspettarmi Matthew.-Ashley fermò con un gesto secco la bicicletta puntando i piedini a terra e spostandosi un ciuffo di capelli ribelli, portò le braccia al petto respirando affannosamente; Matt sorrise ancora di più facendo comparire le sue fossette angeliche a lato della bocca. Le strofinò i capelli affettuosamente e aiutandola a scendere dalla bicicletta la fece sedere sulla staccionata del pontile tenendola stretta per la vita sottile e ancora infantile.- se la mamma sa che siamo qui ci mette in castigo come minimo per un mese.
-Non lo saprà perchÈ sarà il nostro segreto.
-Mi piace qui Matt.-sorrise ancora una volta Ashley appoggiandosi al petto del fratello stringendo forte la felpa per paura di cadere, ma si fidava troppo di quel ragazzo che aveva il suo stesso sguardo, lo stesso sorriso, lo stesso sangue che scorreva nelle vene. Non sapeva ancora nulla della vita, era fin troppo piccola per sapere certe cose, sapeva solo che non avrebbe mai potuto fare a meno di suo fratello, perchÈ anche con gesti piccoli, come tenerla stretta per non farla cadere, le dimostrava ogni giorno, da quando era nata, che per lui era importante quanto lui lo era per lei.
Ashley sospirò quasi come una persona adulta puntando i suoi occhi verdi verso l’infinito dell’oceano e di quel sole che stava per scomparire nelle acque profonde e scure. Guardò Matt con la coda dell’occhio e vide i suoi farsi quasi lucidi, ma in qualche modo stavano sorridendo, non poteva capire come mai suo fratello avesse quella reazione, ma sapeva, in cuor suo, di doverlo salvare dal dolore.
-Guarda Matthew, guarda il sole sta per scomparire.-esclamò Ashley con una tale sorpresa che fece ridere di gusto Matt.-non ridere guarda.
-Sto guardando Ash, vedi quello è esattamente il momento in cui il sole tocca le acque dell’oceano, lo riscalda e lo accoglie per la notte.
-Quindi domani torna dall’acqua?.-chiese ancora più incuriosita da quella storia così affascinante e surreale.
-Si piccola tornerà dall’acqua, andiamo o mamma ci da davvero per dispersi, dovevamo solo prendere un gelato.- con un gesto leggero Matt fece scendere la sorella dalla staccionata del pontile prendendo lo skate in mano e con l’altra la mano di Ashley.
Ashley prese a spingere la bicicletta guardando per terra.
-Tutto ok Ash?
-Si, sai Matt un giorno diventerò il presidente di Huntington Beach e farò chiamare questo pontile come me.
-Però hai le idee chiare.-scoppiò a ridere Matt dandole un buffetto sulla guancia rosea.
-Non ridere stupido ho dieci anni ormai sono grande devo pensare a certe cose.
-Hai già abbandonato l’idea di diventare una rock star?
-Si perchè tu e Zacky mi avete rubato l’idea.-si imbronciò mostrando il labbro inferiore con la sola conseguenza di far ridere ancora di più il fratello.
-Ti chiedo scusa a nome di entrambi. E oltre a questo cosa farai da grande?
-Sposerò Zachary James Baker.-proferì come una promessa solenne portandosi la mano sul cuore.
-No parente di Zacky no ti prego.
-Non si discute ormai Ë deciso.
-E lui lo sa, o meglio è d’accordo?.-incalzò Matt aprendo il cancelletto di casa e aiutando Ashley a portare la bicicletta in garage.
-No, ma lo sarà.-Ashley fece un sorriso a 32 denti e scappò in casa. Matt la guardÚ correre in casa con un sorriso che lo fece sentire così bene da dimenticare il momento di debolezza sul pontile. Quella bambina era tosta, fin troppo per la sua età e per la media delle bambine di quell’età e sapeva bene che in futuro sarebbe stata una testa dura che non si sarebbe fermata davanti a nulla se non alla morte, ma forse anche in quella occasione avrebbe lottato a testa alta per salvare e tenersi stretta ciò che era suo e a cui teneva.
FINE FLASHBACK

MATT P.O.V.*

L’immagine di me e Ashley su quel pontile non mi lasciò in pace nemmeno un momento. Ricordavo perfettamente tutti i miei pensieri, quello scambio di battute nel tragitto fino a casa e quell’ultima visuale di lei che correva in casa felice e spensierata con le sue idee ben chiare e salde nella mente.
Non era diventata il presidente di Huntington Beach, non era diventata una rock star ne un’astronauta e forse non aveva sposato Zacky, ma si era innamorata di lui facendolo cadere ai suoi piedi esattamente cinque anni dopo. Fu una storia che durò poco, ma posso dire che fu un amore reale e non casuale, Zacky la trattò come si suol dire con i guanti e Ashely era felice, finchË tutti e due si resero conto che erano come due fratelli e che quell’amore era solo un sentimento fraterno.
Ashley la superò in fretta come qualsiasi vicenda brutta e dolorosa, lei soffriva in silenzio e andava avanti. Zacky invece ci mise di più, Zacky, anche se non lo ammetteva, amava ancora quella ragazzina completamente pazza e testarda e forse ora avrebbe amato ancora quella piccola donna cresciuta troppo in fretta.
Sorrisi impercittibilmente senza farmi vedere, anche se l’occhiata che mi lanciò Syn mi fece desistere dal tentativo di ricordare senza avere intrusi. Ricordavo ogni singolo momento passato con lei, ogni singolo ricordo era custodito nella mia mente e nel mio cuore come quel giorno in cui le presentai il tramonto sull’oceano con la visuale dal pontile, la migliore di tutta Huntington Beach; da quel momento Ashley si innamorò talmente tanto di quel momento, che durava si e no cinque minuti, che ogni volta che poteva scappava su quel pontile per pensare, per piangere, per sfogare la sua rabbia verso la vita e il mondo che a detta sua andava sempre nel verso sbagliato. E così scappava da tutto e da tutti, anche per ore le volte e se non tornava bastava andare su quel pontile e la trovavi con lo sguardo perso nel vuoto, le gambe a penzoloni sull’oceano e il mento appoggiato alle braccia incrociate sul caldo legno della barricata aspettando il momento in cui il sole avrebbe toccato le acque riscaldandole per poi farsi accogliere da esse per la notte.
Fui scosso dai penseri quando Zacky si materializzò davanti a me porgendomi un bicchiere di caffè con latte freddo, annuÏ prendendo il bicchiere e lo ringraziai con lo sguardo, nei suoi occhi il vuoto più totale. Guardai verso Brian che invece era rimasto immobile nella stessa posizione da quando eravamo arrivati, con la testa appoggiata al muro fissando il soffitto. Brian era identico ad Ashley su molte cose, soprattutto per il fatto che anche lui soffriva in silenzio senza fiatare, ma avrebbe ceduto e io lo sapevo conoscendolo ormai come le mie tasche, prima o poi Brian Haner sarebbe scoppiato in mille pezzi facendo trapelare tutto il suo dolore.
Alice invece rimaneva seduta lontana da tutti quanti. Persino Danny e Josh le stavano lontani ed era persa, persa nei suoi pensieri in quell’espressione che mi aveva fatto innamorare di lei dalla prima volta che l’avevo vista, non so a cosa pensava, ma avrei pagato con la vita pur di poterlo sapere di nuovo, esattamente come quando stavamo insieme, tra noi non c’erano segreti, tra noi non c’erano bugie e ogni singolo pensiero era reso pubblico. Ma ora, ora nulla era come prima e io ne ero la causa.
Zacky si avvicinò alla sorella porgendole amichevolmente il caffè, Alice lo prese con un gesto secco buttandolo nel cestino per poi alzarsi e camminare per il lungo corridoio con le braccia conserte mordendosi in modo nevrotico le labbra sottili, uno dei tratti che caratterizzava quella ragazza e che la differenziava dalla somiglianza con Zacky.
Solo nel momento in cui le porte della camera di Ashley si aprirono, facendone uscire un dottore abbastanza giovane e dal camice bianco, incominciai a respirare. Improvvisamente tutti quanti si rianimarono, ma solo Alice si fiondò sul dottore abbracciandolo. Io e Zacky ci scambiammo uno sguardo interrogativo, ma in quel momento la priorità era un’altra. Brian mi fece un cenno con la testa di andare a parlare col dottore e come se fossi guidato da dei fili invisibili e un burattinaio immaginario, mi incamminai nella direzione delle due figure che parlavano a bassa voce.
-Dottor Robinson la prego mi dica che va tutto bene.
-Alice ascolta calmati.-arrivato davanti a loro il dottore mi guardò da capo a piedi soffermandosi sulla mia faccia. Sorrisi educatamente e porsi la mia mano che venne stretta in una presa ferrea.
-Matthew Sanders sono il fratello di Ashley.
-Buongiorno signor Sanders sono il dottor Robinson, mi sto occupando di sua sorella dall’inizio.- Alice sbuffò visibilmente roteando gli occhi con fare scocciato e ora iniziava a scocciare anche me il suo comportamento, non era il momento di fare certe scene, non in quella situazione troppo delicata.- Alice senti so benissimo la situazione e so anche che tu hai la delega dei genitori di Ashley per qualsiasi cosa in loro assenza, ma in questo momento c’è qui suo fratello e volente o nolente è un parente, quindi ho l’obbligo e il dovere di parlare anche con lui.
-Troppo comodo.-commentò acida Alice
-Lasciamo le questioni personali alla fine, ora se volete seguirmi nel mio studio, possiamo parlare di tutto.- Il dottor Robinson pronunciò quella frase con tono autoritario come se stesse parlando a due bambini che litigano per un gioco. Annuimmo entrambi e lo seguimmo stando a debita distanza, lei per disgusto io per paura di non riuscire a resistere all’impulso di abbracciarla e sentire di nuovo il suo dolce profumo di fresco e di fiori.
-Stammi lontano Sanders.
-Non c’è problema Baker.-e invece di problemi ce n’erano e anche tanti. Mi sedetti alla destra della scrivania, mentre Alice spostava la sedia ancora più verso sinistra, il più lontano possibile da me. Era solo disgusto quello che provavi piccola Allie?
-Dunque la situazione per ora è stabile, siamo riusciti a stabilizzare la crisi riportando i valori ad uno stato abbastanza normale, non tutti sono stabili è ovvio, ma almeno l’abbiamo salvata da un emoraggia interna.-annuimmo entrambi trattenendo il respiro.- in questo momento Ashley si trova in uno stato di semi coma farmacologico.
-Cosa significa?.-lo interruppi, precedendo la domanda che stava per fare Alice, mi guardò male colpendomi in pieno con il suo sguardo, ma non mi feci intimorire, sorrisi quasi beffardo, un punto a me.
-Ve lo spiego nel modo più semplice e forse stupido che esista e con questo non voglio offendervi.-precisò subito sorridendo.- Ci sono due modi di definire una persona in coma. Può avvenire in modo spontaneo, ovvero è il fisico che lo decide, oppure esiste il coma farmacologico ovvero uno stato indotto da farmaci,in genere forti sedativi, per ridurre al minimo le funzioni nervose e celebrali, per permettere al corpo ( o al sistema nervoso ) di "dedicarsi" esclusivamente alla guarigione o alla migliore ricezione di farmaci senza ulteriori dispendi di energie o stress. Ashley Ë in uno stato di semi coma farmacologico cioè per il 50% Ë in coma naturale e per il restante 50% l’abbiamo portata noi per studiare il livello a cui Ë arrivato il tumore e vederne la reazione a contatto con i farmaci.-Era affascinato da quella spiegazione e allo stesso tempo impaurito, cosa sarebbe successo se il 50% di quel coma naturale non si fosse più svegliato, c’era questa assurda e impessabile possibilità?
-Ok detto questo, la domanda sorge spontanea.-Alice prese un grosso respiro prima di fare la domanda a cui nessuno voleva pensare, ma di cui tutti volevano conoscere la risposta.- Si risveglierà?
Robinson portò le mani alla bocca come se stesse pregando e ci fissò per qualche istante prima di rispondere. Stava calibrando le parole, stava temporeggiando, stava per farmi innervosire più dell’ostilità di Alice.
-Voglio essere sincero con voi due, quello che è successo oggi non era previsto e non doveva essere previsto e non mi importa dei vostri casini sentimentali o delle vostre divergenze passate, Ashley non era pronta a questa crisi e forse non ci sarebbe nemmeno mai arrivata e se non fosse stata messa cosÏ tanto sotto pressione. Alice tu sapevi la sua situazione era anche dovere tuo evitare il tutto.
-Lo so dottore e mi sento abbastanza in colpa per questo.-Alice abbassò lo sguardo sulle sue mani sospirando profondamente.
-No dottore è colpa mia.-ammisi con tono serio.
-Oh finiscila Matt di fare la vittima che nessuno ti premia per questo.-scoppiò Alice agitandosi sulla sedia.
-Non sto facendo la vittima mi sto prendendo le mie colpe e le mie responsabilità Alice.-risposi secco guardandola e sostenendo il suo sguardo cosÏ freddo da farmi rabbrividire.
-No certo. Troppo comodo tornare e fare il fratello interessato e premuroso solo per far bella figura Matthew davvero troppo comodo e questo discorso vale per te come per tutti quelli li fuori
-Alt basta.-Robinson picchiettò la matita sul tavolo per far tornare l’ordine nello studio.-non volevo scatenare questa lite, cercavo solo di farvi capire la situazione, comunque risponderò alla tua domanda Alice, dicendoti che la notizia positiva è che se si sveglia, abbiamo un donatore pronto e l’ok per l’operazione, ma non so dirti quando si sveglierà.
-Cosa vuole dire con questo dottore?.-chiesi ancora di più col panico addosso.
-Che può svegliarsi tra un giorno, tra una settimana, tra un mese oppure può non svegliarsi signor Sanders.- a quella frase Alice si alzò di scatto dalla sedia facendo trasalire anche me, recuperò la felpa e uscì dallo studio sbattendo la porta. Guardai il dottore con la paura scritta a caratteri cubitali, incontrando sul suo volto un po’ di compassione e di comprensione.- le chiedo solo una cosa, lasciate questi litigi fuori da quella camera, anche se sua sorella è in coma sente e percepisce tutto.
-Non si preoccupi ha la mia parola.-mi alzai e gli strinsi di nuovo la mano. Quando aprì la porta dello studio mi trovai a fronteggiare Zacky e Brian che mi aspettavano in preda all’ansia.
-Che cazzo è successo Matt?.-urlò Brian avvicinandosi ancora di più a me.- Alice è uscita da qui ha preso la borsa ed è scappata urlando di non provare a rivolegerle la parola perchè tanto c’è il fratello premuroso che si occupa di tutto.-sospirai esausto della situazione cercando di non ricordarmi che eravamo solo all’inizio di tutto quell’incubo.
-Niente solite discussioni Brian.
-Che cosa ha detto il dottore?.-insistette Zacky mordendosi il piercing al labbro.
Mi passai una mano sulla faccia prima di iniziare a parlare:
-Ashley è in uno stato di semi coma farmacologico, in parole povere metà in modo naturale e metà per mano dei farmaci, se si sveglia possono farle un trapianto hanno già un donatore.
-Ma si sveglierà vero Matt?.-Brian mi pose quella domanda come un bambino piccolo che cerca sicurezza negli occhi di sua madre e in quel momento vidi il Brian indifeso che aveva bisogno di qualcuno che non lo facesse scivolare nel dolore più totale.
-Può svegliarsi in qualsiasi momento come può non svegliarsi Bri.
-St..Stai scherzando Matt?.-balbettò Zacky cercando di tenere a bada il tremore del corpo che aveva preso possesso di tutti i suoi muscoli.
-Purtroppo no Zack.-confessai abbassando la testa, Zacky si voltò dandomi le spalle mettendo le mani in tasca e alzando il volto verso il soffitto cercando in tutti i modi di reprimere la voglia di spaccare tutto e di piangere tutte le lacrime che un essere umano possiede in corpo. Brian mi spaventò in quel momento. Passarono pochi secondi in cui non lo vidi respirare e prima che potessi fare o dire qualcosa, il suo corpo tremò e il suo braccio, come se guidato da una forza innata, si alzò sferrando un pugno alla porta del bagno.
-FANCULO.-urlò accompagnando quel gesto, non so se lo fece per il dolore che provò alla mano oppure per quella notizia che gli avevo appena dato. Brian stava decisamente crollando.
-Cristo Bri vuoi stare calmo.-gli presi la mano costatando la gravità della cosa. Se la sarebbe cavata con un po’ di ghiaccio e un cerotto.
-Non ci riesco ok? Non posso stare calmo cazzo Matt e tu lo sai.-in quel momento Alice tornò guardando me e poi Brian con sguardo preoccupato, non osavo immaginare quale forza le stava impedendo di correre dal suo amico per curarlo come sempre aveva fatto. Scosse la testa e passando dritta tornò a sedersi sulla stessa sedia di qualche ora prima. Danny e Josh si avvicinarono per chiederle se c’erano novità. Li liquidò con poche parole e in quel momento mi sentÏ in colpa nei loro confronti perchè gli avevano scosso la vita così in maniera devastante da non avergli dato nemmeno il tempo di realizzare, eravamo entrati nelle loro vite con una tale prepotenza che non riconoscevo nei nostri caratteri. Mi scusai mentalmente con loro appuntandomi di parlarci prima o poi.
-Zacky accompagna Brian a farsi dare del ghiaccio.
-Non lo voglio.-protestò peggio di quando Ashley da piccola doveva prendere le medicine.
-Non rompere il cazzo Haner e vai a farti medicare.
-Sta arrivando Jimmy con Johnny.-mi disse Zacky incamminandosi con un Brian dolorante, mentre Alice sussultò all’udir di quei due nomi e proprio quando stavo per sedermi per riposarmi vidi sbucare quelle due figure famigliari dal fondo del corridoio. Jimmy camminava con le mani nel giubbotto di pelle e gli occhiali ancora calati sul viso, mentre Johnny controllava il telefono prima di alzare la testa e incrociare i nostri sguardi. Rallentò il passo lasciando che fosse Jimmy a fare o dire la prima parola, Johnny aveva paura e forse soffriva, Johnny si sentiva terribilmente in colpa per quel gesto di tre anni fa, non potevo biasimarlo, ma lo compativo perchÈ anche io avevo avuto paura bussando alla loro porta.
-Ciao Shadz.-Jimmy mi abbracciò dandomi due pacche sulla schiena.-Alice.-le sorrise facendo un piccolo inchino. Jimmy invece mi stupiva sempre di più, sapeva bene quali fossero i pensieri della ragazza, il suo sguardo diceva tutto, sapeva che se solo avesse potuto Alice avrebbe vomitato parole di odio puro anche nei suoi confronti, eppure non si risparmiava questi gesti, come se non fosse mai successo nulla, come se fossimo ancora il gruppo di sempre.
-Sullivan, Seward.-pronunciÚ con serietà i loro cognomi facendo comparire sul suo volto un sorriso sadico e talmente malizioso che dovetti distogliere lo sguardo dalla sua bocca.
-Ciao Alice.-anche Johnny provò a sorridere, ma il risultato fu ben diverso da quello che Jimmy era riuscito a sostenere. Johnny era troppo sentimentale quando si trattava di Alice e Ashley.
-Ciao giornalista e fotografo.-Jimmy si rivolse a Danny e Josh assumendo la sua solita faccia da presa per il culo, non prima di avermi strizzato l’occhio, si stava divertendo troppo in quel momento e glielo si poteva leggere in faccia da quanto era gonfio di orgoglio. Alice fece un sorrisino quasi divertito prima di tornare seria vedendo tornare Zacky e Brian con la mano fasciata e il ghiaccio sopra di essa.
-Vedi a fare il cazzone Haner cosa succede? Ci si fa la bua.-lo prese in giro Jimmy accarezzandogli i capelli ed evitando una gomitata nello stomaco. Ringraziai qualsiasi divinità esistente per aver fatto arrivare Jimmy a salvare quella tensione.
-Alice noi dobbiamo andare in ufficio. Ci tieni aggiornati?.-Danny si alzò seguito da Josh infilandosi la giacca e il cappellino.
-Andate tranquilli piccolini miei, ci siamo noi qui non c’è da preoccuparsi.-disse Jimmy sistemandosi meglio sulle sedie dell’ospedale, sorridendo in modo divertito e strafottente.
-Grazie Sullivan per aver chiarito il punto.-rispose Danny acidamente mentre ci passava davanti senza guardare in faccia nessuno.
-Quando vuoi Devoi.-lo salutò a mo soldato prima di far eccheggiare la sua risata in tutto il corridoio. Josh si avvicinò a Alice dandole un bacio sulla fronte, spostai subito lo sguardo verso il muro provando un senso di gelosia improvviso e enorme. Avrei voluto alzarmi e spaccargli la faccia impedendogli di toccare ancora una volta la sua pelle, di toccare qualsiasi cosa le potesse appartenere. Quel gesto sembrò durare un’infinità e solo quando le sue labbra si staccarono dalla sua fronte, sentÏ la rabbia scivolarmi addosso. Josh passò davanti a noi senza salutarci e non mi stupì questo suo gesto anzi me lo sarei quasi aspettato.
Quando anche loro se ne andarono il silenzio tornò a fare pressione sui nostri stati d’animo, avrei voluto dire qualcosa, anche una singola cosa, ma non sapevo che cosa, avrei voluto far si che tutto tornasse al suo posto, avrei voluto convincere Alice che ero ed eravamo realmente pentiti del nostro gesto, che la amavo ancora così profondamente da non riuscire più a tenerlo chiuso dentro di me, ma non sarebbe servito a nulla, lei non aveva più orecchie per ascoltarmi, non aveva più occhi per guardarmi, aveva solo una bocca pronta a sputare veleno su me e tutti i presenti in sala.
Recuperai il cellulare dalla tasca dei jeans e senza nemmeno guardare chi era risposi. La voce di mia madre riempì un po’ il vuoto che mi stava avvolgendo lentamente.
-Eih mamma.-Alice alzò di colpo la testa fissandomi speranzosa.-si ok vi vengo incontro. Ah va bene siamo al sesto piano, appena entri nel reparto segui le indicazioni per la rianimazione, appena aprì le porte ci vedi. Ci siamo tutti. Si è qui. Si è tutto uno schifo mamma. Vi aspetto.-spensi la chiamata e appoggiai la testa al muro. Non avevo più forze.
-I tuoi?.-chiese Brian buttando via il ghiaccio e ricevendo sguardi poco graditi da parte di Jimmy.
-Stanno salendo.
-C’è anche Norah?
-Non credo, non lo so Brian non so più un cazzo.-mi alzai dalla sedia appoggiandomi alla finestra. Il sole stava calando lentamente lasciando il cielo di un color arancione intenso. Lentamente spariva e si accucciava dietro ai grossi grattacieli di New York e anche se quello era un tramonto, non riuscÏ a farmi sorridere come sempre ci era riuscito. Cercai il punto più lontano che l’occhio umano riuscisse a vedere, ma ero troppo distratto per poterci riuscire, cercai il punto in cui il sole toccava le acque, ma da quella postazione non mi era possibile, non trovai una sola cosa che potesse darmi un po’ di tranquillità visto che l’unica persona che in quel momento avrebbe potuto darmi sollievo era seduta a pochi passi da me e mi odiava, mentre l’altra persona, mia sorella, era stesa su un letto bianco in una stanza anonima persa in chi sa quale mondo sognante; Quando le porte si aprirono Alice scattò in piedi correndo verso mia madre per poi gettarsi tra le sue braccia. Mia madre la cullò per un po’ accarezzandole i capelli lunghi e scuri.
Nel momento in cui incrociai gli sguardi pieni di dolore dei miei genitori, mi sentì come un bambino, feci un tuffo nel passato cercando di ricordarmi come fosse essere coccolato dalla propria madre e trovarne conforto nel semplice gesto di un abbraccio.

Non ho scuse per il ritardo catastrofico, spero solo che qualcuno legga ancora la mia storia e INVOCO PERDONO.

LA dreamer

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