Fowlerthorpe

di Slytherin Nikla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


momentaneous

La notte era limpida, rischiarata dalla luce asettica della luna piena, e fredda come da tempo non se ne verificavano; microscopiche gocce di rugiada certo si irrigidivano in cristalli ghiacciati che al comparire della luce del giorno avrebbero fatto sembrare la campagna uno spettrale paesaggio diamantato, mentre il silenzio era rotto dal ritmico, forsennato galoppo di due cavalli i cui zoccoli percuotevano con foga il terreno indurito e forse già gelato della strada, e dall'inconfondibile gamma di cigolii e scricchiolii che solo una carrozza lanciata a folle velocità può produrre.

L'uomo seduto a cassetta aveva perso da tempo ogni percezione del proprio volto, sentiva la sensibilità delle mani abbandonarlo gradatamente e non aveva dubbi su quel che a breve sarebbe certo potuto accadere se non si fossero fermati al più presto. Tuttavia teneva per sé quei pensieri: il suo padrone non era uso ad accettare richieste o pareri, e senza dubbio avrebbe risposto con una noncurante alzata di spalle anche se gli avesse fatto presente che i cavalli stessi erano allo stremo. Senza contare poi che la fretta con cui quella partenza era stata decisa non lasciava presagire nulla di buono. Tentò di riattivare la circolazione sanguigna nel viso con una lunga serie di smorfie che non produsse risultati, prima di assestare il cappello nero sulla testa e spronare un'altra volta gli animali esausti.

Il passeggero della carrozza in realtà non se la passava meglio. Gli spifferi dovuti alla velocità e alla non ottima qualità del mezzo – non c'era stato tempo a sufficienza, per far preparare la carrozza migliore, e ad ogni modo quella in cui si trovava restava di gran lunga la più leggera e veloce – erano un tormento, facevano volare le tendine in continuazione e rendevano la temperatura gelida quasi quanto quella esterna. Forse un altro uomo, meno convinto della propria infallibilità e più incline a riconoscere i propri errori di valutazione, avrebbe concesso almeno a se stesso di ammettere che posticipare all'indomani mattina la partenza sarebbe stata un'idea quantomeno da prendere in considerazione... Ma lui no.

I cavalli avevano rallentato notevolmente l'andatura, al punto che affacciarsi al finestrino per domandare spiegazioni al cocchiere non sarebbe più stato inutile come fino a poco prima, quando il frastuono degli zoccoli sulla strada dura avrebbe reso inutile la voce più possente. L'uomo seduto nella carrozza scura si sporse un poco, battendo con la mano aperta sul legno della vettura.

« Siamo quasi arrivati, milord, vedo le luci della villa ».

Lord Spencer Drake – orgoglioso discendente del nobile corsaro di Sua Maestà – sistemò con gesti meccanici e precisi il nodo del fazzoletto di seta nera che portava al collo, raddrizzò i gemelli e spolverò dal risvolto della giacca ogni inesistente residuo del viaggio. Lo attendevano incombenze pesanti, eppure – senza sapere perché – non riusciva a sentirsi afflitto quanto avrebbe dovuto e desiderato. Ma forse, pensò un attimo prima che la carrozza si fermasse, quella era solo la naturale, gradevole conseguenza di una vita intera trascorsa a controllare con ferrea disciplina se stesso e le proprie reazioni emotive.

« Milord ». La giovane donna, coi capelli rossi raccolti severamente, era uscita ad accoglierlo senza neppure uno scialle a ripararla dal freddo ingrato di quella notte. Subito accanto a lei era comparsa una serva, che aveva il suo buon daffare a mantenere acceso il lume ad olio; lord Spencer sfruttò per un breve istante l'apparizione di quella fonte di luce per scrutare senza essere scoperto l'aspetto della padrona di casa: era in una certa misura impressionante, prima ancora che doloroso, vederla tremare, con ostinata dignità, vestita solo dell'abito vedovile e senza null'altro a ripararla dalla bassa temperatura, come era doloroso, questo sì, vedere sul suo viso la prostrazione e la stanchezza per gli avvenimenti di quelle giornate. Si avvicinò a lei senza appoggiarsi al bastone, che portava più per vezzo – e per difesa, giacché nascondeva una lama affilata come era in voga all'epoca – che per necessità, e senza rispondere al saluto saltò subito ai rimproveri.

« Non avresti dovuto uscire per accogliermi, e specialmente in queste condizioni. La padrona di casa attende all'interno i suoi ospiti, ben al caldo e al riparo della sua dimora »

« Sono mortificata », si scusò lei, docilmente, rialzandosi dall'inchino di benvenuto « Ma attendevo tanto il vostro arrivo, che... Non ho riflettuto, milord; domando scusa se il mio comportamento è stato avventato ». Chinò appena la testa, senza tuttavia abbassare lo sguardo né allontanarlo da quello dell'uomo. Che di fronte al tono di quel “se” si produsse in una sorta di sorriso.

« Almeno questo lo ricordi ancora. Ne sono lieto ».

L'atrio della villa era sempre stato molto grande, forse eccessivo, e non gli era mai piaciuto; numerosi lumi rischiaravano l'ambiente quasi a giorno, comunicando a chi entrava la sensazione di una certa composta opulenza. I due grandi specchi alle pareti laterali erano coperti ciascuno da un lenzuolo di lino ricamato: era la consuetudine, fino a quando il corpo del defunto non veniva consegnato alla pace della terra, per evitare che lo spirito, lasciando il mondo, potesse perdere la strada. La donna fece per introdurlo nella stanza preparata per l'ultimo saluto, ma lord Spencer la trattenne per un braccio.

« Posso fare da solo. Tu va' a riposare, ti raggiungerò più tardi ».

Charity McElroy si ritirò nel proprio salotto privato, al piano superiore, ignorando – o fingendo di farlo – le pie donne che l'attendevano nel salone del pianterreno per consolarla in quell'ora di dolore; si lasciò cadere rigidamente in poltrona, stirò le gambe e gettò indietro la testa contro lo schienale. Era stata una giornata davvero molto faticosa, e solo l'idea di analizzare gli avvenimenti le dava la nausea.

« Hai dato disposizioni riguardo il funerale? » La giovane tremò violentemente come se qualcuno l'avesse scossa a forza: non aveva idea di come o quando fosse successo, ma doveva essersi addormentata...

« Non ancora ma pensavo di svolgerlo domani stesso, se sarà possibile. Quella ferita non consente di tenere il corpo a lungo dentro casa... » Lord Drake assentì con un movimento grave della testa, per poi accendere la pipa con la mente in apparenza altrove.

« È stato un incidente, Charity? » La donna, che fino a quel momento aveva seguito con affettuosa nostalgia i gesti familiari dell'uomo che le stava seduto di fronte, ebbe come l'impressione che quelle parole, nell'atmosfera sonnolenta della stanza, avessero spezzato un incantesimo. Ogni briciola di stanchezza sembrava sparita.

« Così mi è stato riferito da chi era con lui, milord. Un assurdo incidente di caccia ». Drake la scrutò impassibile tra una boccata di fumo e l'altra.

« E tu lo credi? »

« Per la verità non mi sono neppure presa la pena di pensarci, con le mille cose che ho dovuto affrontare in questi giorni. Ma resta vero che vostro nipote non era un uomo senza nemici, e lo sapete meglio di me ». Di nuovo quel lento movimento del capo.

« Ti trattava come un gentiluomo? » Charity sorrise, ed ebbe l'impressione che fosse il primo vero sorriso da giorni; in effetti da quando il marito era stato ferito durante la battuta di caccia del sabato precedente non aveva più avuto alcun motivo per farlo, e ormai era trascorsa quasi una settimana.

« Proprio come il mio tutore gli aveva chiesto di fare ». Spostò per qualche istante lo sguardo per la stanza quindi congiunse le mani in grembo con un gesto deciso, come se avesse appena preso una difficile risoluzione. « Quindi secondo voi il ferimento di Jonathan non è stato accidentale ». Lord Spencer Drake emise alcune nuvole di fumo prima di esprimersi, e anche alla fine lo fece con cautela.

« Desidererei rifletterci ancora, ma ci sono alcuni dettagli che non corrispondono... Non sono convinto, diciamo così, ma tu non preoccuparti di nulla ». Si alzò appoggiandosi al bastone – era incredibile come quell'uomo potesse cambiare, nel giro di un paio d'ore – e la fissò con calma « Forse sarebbe opportuno congedare le donne in salone, Charity »

« Non se ne andranno. Hanno una gran paura di potersi perdere qualche particolare succulento... Farò servire qualche tramezzino e del tè anche se l'ora non è delle migliori, sono certa che non rifiuteranno. E se Dio vuole, con la bocca piena faranno un po' più di silenzio. O magari saranno assalite dal sonno...» Spencer Drake rise di gusto, si chinò su di lei e la baciò sulla fronte.

« Tirarti su con tutti con tutti i crismi è stata un'impresa... Ma ne è valsa la pena, bambina ». Charity chinò il capo compiaciuta, le mani abbandonate sui braccioli della poltrona a conferirle un aspetto quantomai solenne.

« Questo perché siete stato il migliore dei maestri, milord ».

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Charity McElroy aveva diciotto anni e un patrimonio in sterline ed immobili da fare invidia a più di una famiglia, nel Kent, quando nell'anno 1817 la sua strada aveva incrociato quella di Lord Spencer Drake. Cresciuta senza vincoli né regole dai genitori, convinti sostenitori delle teorie di Rousseau e compagni sull'educazione, a diciotto anni ancora non era sposata, né fidanzata, né tanto meno era stata introdotta in società come la consuetudine avrebbe richiesto: e il patrimonio dei ricchissimi quanto eccentrici McElroy, che pure a tanti faceva gola, non sembrava essere uno stimolo abbastanza forte perché i giovani della regione desiderassero affrontare una sfida ardua come mettere argini a quella vulcanica ragazza. Né sir Jacob né sua moglie Nancy parevano trovare in questo – che avrebbe trascinato nel baratro della disperazione, quando non del disonore, qualsiasi famiglia dotata di buon senso – motivo di afflizione o di cruccio: al contrario, non perdevano occasione per magnificare, e soprattutto in pubblico, la sete d'indipendenza della figlia.

Poi era accaduto l'irreparabile, i McElroy avevano perso la vita nel terribile incidente ferroviario di Dartford, e il 19 dicembre 1817 Charity era rimasta orfana, con una immensa fortuna da amministrare, neppure una persona di fiducia, la nomea di ragazza capricciosa e pericolosamente stravagante e per tutore uno degli uomini più austeri e conservatori che all'epoca vi fossero tra i sudditi di Sua Maestà Britannica.

L'educazione e la formazione di quella fanciulla abituata alla totale libertà, a dire il vero, era parsa fin da principio un'impresa faraonica; lord Spencer aveva deciso, per sicurezza, di occuparsene di persona, senza delegare neppure i dettagli a un precettore – tutti damerini che, era più che ragionevole presumerlo, Charity avrebbe distrutto a suon di quella logica cui era stata preparata fin dall'infanzia e di cui a detta di tutti sapeva dare ottime prove.

Un lavoro faticoso, ininterrotto, senza requie. Un calvario durato per quasi cinque anni, al termine del quale la vecchia Charity McElroy era quasi del tutto scomparsa, radicalmente cambiata, fino a lasciare il posto alla nobile e perfetta padrona di casa che ora tutti compativano per la morte del marito e di cui lodavano la matura compostezza in quel frangente.

Aveva recuperato in tempi brevissimi, raggiungendo in fatto di eleganza e di misura i risultati cui le altre ragazze approdavano dopo un'intera vita di preparazione e autocontrollo; ma quell'insopprimibile desiderio di autonomia, non potendo scomparire nel nulla, si era soltanto mitigato, temperandosi nel grintoso spirito d'iniziativa per cui Charity McElroy era ormai tanto famosa. Una perfetta gentildonna, finalmente all'altezza della propria fortuna e che mai e poi mai avrebbe rinunciato a pensare con la propria testa.

A quel punto lord Drake, riconoscendo che nessun essere umano avrebbe potuto raggiungere un livello migliore di quello ottenuto da Charity, e che l'età della ragazza era ormai al limite per garantirle un matrimonio consono al suo rango, da uomo saggio quale era aveva finalmente – era il 1822 inoltrato – dichiarato chiusa la fase preparatoria della sua protetta.


« Sei riuscita a riposare? » Charity guardò da sopra il bordo della tazza l'uomo che era stato il suo tutore e a cui tanto doveva della donna che oggi tutti le riconoscevano di essere.

« Non molto, milord. Non molto ». Aveva risposto scuotendo appena la testa, con un sospiro rassegnato e un gesto ovattato della mano, rivolto verso il salone. « Inizio a temere che non se ne andranno mai... E non ne posso più, della loro pia sollecitudine! »

Spencer Drake, inappuntabile nel completo nero dal cui taschino faceva mostra di sé un fazzoletto bianco piegato in maniera perfetta e quasi maniacale, soffocò una risatina in un perfetto accesso di tosse, ma la mano davanti alla sua bocca non era un ostacolo abbastanza casuale perché la donna – che tanto bene lo conosceva – potesse credere seriamente a quel tentativo.

« Dovresti provare ad essere un po' più tollerante, mia cara ».

Charity prese con le molle una zolletta di zucchero e la depose sul fondo di una tazza da tè, prima di porgerla all'uomo seduto di fronte a lei.

« Per l'amor di Dio, non scherziamo! Le allegre comari, di là, stanno semplicemente cercando di fare l'inventario di quanto questa casa contiene. Solo questo. E voi lo sapete quanto me », concluse infine, alzando l'indice in segno di ammonimento.

« Ammettiamo pure che la cosa è molto probabile, » concesse lord Drake, con un gesto magnanimo della mano « ciò tuttavia non toglie che si siano date da fare, per renderti meno difficili queste giornate. Questa torta poi è davvero buonissima ».

Charity lo guardò masticare un pezzo di torta alle nocciole, il cavallo di battaglia di Madge Carvey, e venne assalita dalla nostalgia. Quante giornate erano iniziate in quel modo, con una pacifica discussione sopra una fetta di torta e del buon tè... Una gradevole abitudine cui purtroppo Jonathan, contrariamente allo zio, si era sempre dimostrato indifferente, se non del tutto refrattario. La donna cacciò indietro una lacrima, senza darsi pena di capire se fosse dipesa dal pensiero di Jonathan o dal ricordo di quegli attimi familiari ormai lontani e forse sepolti per sempre.

« Mi sono permesso di dare le ultime disposizioni per il funerale al posto tuo... » Charity, contrariamente a quanto lei stessa avrebbe pensato, accolse la notizia con un sorriso.

« Grazie. Mi avete tolto un peso ». Quelle parole tuttavia ebbero il potere di bloccarla, sia pure per un istante prima di ritornare perfettamente padrona di sé. Occuparsi del funerale di Jonathan, un peso? Non si concesse il lusso di una risposta.


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