Shadow Tears

di Cristal_Lily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro; ***
Capitolo 2: *** Rimediare; ***
Capitolo 3: *** Un cambiamento inaspettato; ***
Capitolo 4: *** Forse è arrivato il tempo di cambiare; ***
Capitolo 5: *** Una giornata che si prospetta a dir poco infinita; ***
Capitolo 6: *** Non puoi scappare, non ti permetterò di fare quello che vuoi; ***
Capitolo 7: *** Stare al proprio posto; ***
Capitolo 8: *** Maturare; ***
Capitolo 9: *** Adattarsi; ***
Capitolo 10: *** Migliorarsi, partendo da te; ***



Capitolo 1
*** Incontro; ***


Quel giorno faceva particolarmente freddo. 
Il cielo era grigio, ricoperto di grossi nuvoloni chiari. Presto sarebbe arrivata una tempesta, ne era certa. Se lo sentiva dentro. 
Ma non era dispiaciuta di ciò, quella era una manna del cielo in realtà, Anne non poteva che esserne grata. Finalmente quel caldo soffocante sarebbe stato lenito dall'arrivo del freddo invernale. 
Sfortunatamente nelle loro terre quello che un tempo veniva definito "inverno", in realtà non durava meno di un mese. Era il caldo a predominare la loro regione, creando forti siccità e carestia. Ecco perché erano settimane che pregava affinché la pioggia arrivasse. Non solo per lei, ma per tutto il popolo. 
Lo sguardo puntato al cielo, la fronte imperlata di sudore, la giovane sospirò appena prima di piegarsi nuovamente e tornare ad osservare quella porzione di pavimento che, oramai, brillava da quanto l'aveva lucidato. 
Perfezione. Ecco cosa richiedevano lì a palazzo.
Non poteva fermarsi troppo a lungo, altrimenti se ne sarebbero accorti. Non c'era possibilità di errore, un bel peso per le sue esili spalle.
Ma, alla fine, lei poteva ritenersi fortunata: molti non avevano la fortuna di avere un lavoro fisso. La paga non era il massimo, ma almeno riusciva a sopravvivere senza dover vivere lì a palazzo. 
Quasi tutte le ragazze infatti, generalmente, preferivano abitare sotto quelle alte e lussuose mura. Certamente i loro alloggi erano ben lontani anche solo dalla zona pubblica, quella ove risiedeva la nobiltà, ma erano pur sempre più belli di tutte le case costruite al di fuori della proprietà reale, ove la popolazione viveva. Spaziosi, caldi e confortevoli: un lusso che soltanto chi lavorava a palazzo si poteva permettere. 
In realtà i primi tempi ci aveva provato a vivere lì, assieme a tutte le altre ragazze, scoprendo così quanto meravigliosi fossero: letti caldi e morbidi, grandi ed ampie docce e cibo a dir poco delizioso. E non erano neppure minimamente paragonabili alle stanze della nobiltà. Oh, no, era totalmente un altro mondo, ma era pur sempre di quelle piccole stanzette fredde e umide ove viveva. Un sogno che praticamente nessuno del popolo poteva permettersi. Ma aveva capito che non era una cosa per lei, doveva tornare a casa. Non aveva la possibilità di stare troppo lontana, aveva una famiglia di cui occuparsi, come poteva stare fuori giorno e notte per tutta la settimana, tornando solamente una o due ore a settimana? No, non se lo poteva permettere. Ma non se ne lamentava. Come si ripeteva sempre, era fortunata. Non aveva bisogno di vivere nel palazzo per sentirsi soddisfatta o per credere di avere una vita migliore degli altri. Era una donna realista, al contrario di molte sue colleghe. 
Dalle labbra le uscì un lieve sospiro, doveva smettere di perdersi nei suoi pensieri, non poteva distarsi a pensare al tempo, aveva un lavoro da finire. 
Ancora un'ora e sarebbe tornata a casa. Non era tanto no? Sapeva che il suo turno sarebbe finito quando, allo scoccare dell'ora, sarebbero suonati sei rintocchi dalla pendola che aveva pulito quante volte quel giorno? Cinque, e soltanto perché Edmund, il capo cameriere, era convinto che lo avesse pulito male. 
Ma la colpa non era sua, la piccola Sophia - la sorella minore della Principessa - era una piccola peste e ogni qual volta che veniva pulito qualcosa lei ci metteva le dita sporche sopra. Oh, sapeva che non lo faceva con intenzione, semplicemente non capiva la fatica che lei e tutte le altre ci mettevano nel loro lavoro. Era una bambina, era normale per lei giocare, toccare le cose e combinare guai. Tutti i bambini in realtà lo facevano, ma la principessina aveva un'altro problema. Quale? Era estremamente viziata. 
Ma la colpa non era sua, era di tutti i suoi tutori e insegnanti che le lasciavano far tutto, senza mai rimproverarla. Era una cosa che accadeva spesso alle giovani ragazze di buona famiglia: non sapevano impartir loro una buona educazione. No, in realtà la loro educazione era ottima, erano dotate di un ottimo bon ton e di movimenti aggraziati, quasi angelici, eppure i loro caratteri..erano terribili. La principessina era solita a impartire ordini con la sua vocetta alta e soave, rivolgendosi alla servitù in modo brusco e arrabbiandosi quando qualcuno le diceva no, minacciando addirittura di far licenziare chi aveva osato chiederle di attendere un secondo. Tutti la odiavano, parlavano male alle spalle della piccola, ma lei no. Lei era una persona più riflessiva, sapeva che non era colpa della bambina in sé, semplicemente, le avevano fatto capire che poteva avere tutto anche solo con uno schiocco di dita.  Questo mai aveva fatto bene ad una persona, soprattutto se di una certa età. Non era in grado di capire che tutto quello fosse sbagliato e anche se certi suoi comportamenti la infastidivano, non aveva alcun diritto di lamentarsi. 
Tornò a pulire il pavimento dai toni del rosso e del verde ambra, quei grandi rombi in marmo pregiati, fin troppo delicati per essere anche soltanto guardati. Era sola in quel momento, nessuno c'era nei dintorni. Ecco perché, senza aprir bocca, canticchiava. Non amava farlo quando c'era qualcuno vicino a lei, anche perché generalmente loro dovevano essere silenti e sempre in perfetto ordine, eppure l'aiutava a far passare il tempo. 
Non che il lavoro non aiutasse, ne aveva talmente tanto che il tempo volava, letteralmente, e la cosa le piaceva molto. Quando lavorava lei riusciva ad estraniarsi, letteralmente. La sua mente si perdeva nei meandri dei suoi ricordi, o tra le sue fantasie di una vita differente e...si metteva semplicemente a lavorare. Anne trascorreva così ore e ore a pulire diligentemente mentre si immaginava in viaggio chissà dove. Anche quando c'era bisogno di concentrarsi lei si perdeva tra i suoi pensieri, non era distratta, semplicemente..impiegava il suo tempo in più modi. Non era tanto impacciata da non riuscire a compiere entrambe le cose contemporaneamente, era molto efficiente e nonostante non potesse sembrare, era molto attenta. 
Ecco perché quando ad un tratto un rumore di tacchi si fece sempre più vicino, Anne smise di canticchiare e abbassò il capo, bloccando le mani in segno di rispetto. Erano pochi quelli che nel palazzo giravano con i tacchi, e sicuramente non facevano parte della servitù. Sapeva che doveva essere qualcuno di importante. E quando qualcuno di importante passava, tutti dovevano interrompere qualsiasi cosa stessero facendo e inchinarsi, in segno di rispetto.
Rimase immobile con il capo chino, e si rese subito conto che quel ritmo era incalzante, duro e veloce. Non era la classica camminata, era..diversa dal solito. Ecco perché, forse quasi ingenuamente, alzò appena lo sguardo, incappando nella figura della principessa che, scura in viso, camminava frettolosamente, senza guardare niente e nessuno. 
Prima che la donna potesse rendersene conto, la giovane aveva già abbassato lo sguardo, senza guardarla nonostante fosse riuscita ad imprimersi in mente la sua figura alta e longilinea. A volte, la sua memoria fotografica, era una maledizione. Immagazzinava così tante informazioni visive che, spesso, la notte,  i suoi sogni erano affollati da scene assurde, senza senso e molto realistiche. 
E ora aveva fissato nella mente l'immagine della sua bellissima regnate. I lunghi capelli corvini erano neri come la notte più profonda, ed entravano in contrasto con quella pelle diafana e perfetta che possedeva. Gli occhi erano di un colore assai particolare, ognuno restava incantato dalla peculiarità di quello sguardo: uno era di un intenso blu, come gli oceani più profondi, mentre l'altro era color del ghiaccio, talmente chiaro che, se non fosse stato per il bordo più scuro attorno all'iride, quasi non si sarebbe notata la differenza con la sclera. Erano stupendi e molto apprezzati dagli artisti del paese, tutti desideravano ritrarli.
Era molto alta e snella, non indossava mai gli abiti delle nobildonne, o per lo meno, quando girava per il palazzo di rado l'aveva vista con le lunghe gonne e i corsetti che mozzavano il fiato alle donne dell'alta società. Preferiva vestirsi in modo più..maschile. Eppure, nonostante i pantaloni neri con quei fori sulle cosce legati soltanto con del nastro celeste, gli stivali alti in cuoio e la giacca in pelle finemente decorata, emanava una femminilità disarmante che lasciava spiazzati tutti. E che, soprattutto, faceva innamorare tutti di sé. Anche se dubitava che la regnante se ne rendesse conto. 
Non che Anne fosse rimasta abbagliata da tale bellezza, la regina era bellissima, ma lei non si perdeva a fantasticare su di lei come tutte le altre serve, o dalle donne e gli uomini dell'alta società, lei pensava soltanto al suo lavoro. 
E, parlando di esso, il pavimento doveva essere lucidato nuovamente. 
La principessa non doveva essere di buon umore, ma di rado lo era. Non doveva avere vita facile, e Anne immaginava che dovesse essere normale essere sempre sotto stress quando tutto il popolo dipendeva dalle sue mani. Anche in quel momento chiaramente non stava bene, lo capiva dal suo passo ora che le stava passando accanto con quella camminata frettolosa. La principessa era chiaramente distratta, tanto che il secchio pieno d'acqua che aveva al suo fianco, venne urtato dal piede della donna, bagnandole tutta la gonna, le calze e le calzature, oltre che il pavimento appena lucidato. 
Subito la regnante si bloccò di colpo e la giovane sentì su di se lo sguardo penetrante della donna, cosa che le fece provare un forte imbarazzo. 
- Dovresti stare più attenta a dove lasci la tua roba - disse duramente, sprezzante e alterata, immobile anche. Anne non si azzardò ad alzare lo sguardo, chiaramente mortificata, conscia che sì, la colpa era sua. A palazzo la colpa andava sempre alle domestiche, potevano anche essere state impeccabili, potevano essere prive di colpa, ma mai qualcuno si sarebbe anche solo azzardato a dare la colpa ad uno della nobiltà. 
- Mi scusi - sussurrò piano, afferrando lo straccio che, miracolosamente, era rimasto asciutto; iniziando così a pulire il pavimento inumidito dall'acqua sporca. 
- Ma dove li trovano questi soggetti? - sapeva che la principessa stava parlando tra sé e sé, ma ciò non tolse che si sentì estremamente umiliata. Lei viveva per quel lavoro, e non c'era nulla di peggio che deludere non solo il capo dei maggiordomi del palazzo, ma addirittura la principessa. 
Probabilmente, un'altra al suo posto, si sarebbe ritrovata a pensare che non era propria la colpa, probabilmente, finito il turno, si sarebbe lamentata con le altre serve perché veniva trattata in modo orribile, ma non lei. E non perché le piacesse sentirsi umiliata, ma semplicemente perché probabilmente aveva ragione. Il secchio era in mezzo al passaggio, non aveva pensato all'eventualità che qualcuno, passandoci accanto, vi andasse addosso. Era stata ingenua, e sapeva riconoscere quando, effettivamente, non era stata impeccabile. 
Forse a volte Anne tendeva ad essere troppo..servizievole e perfezionista, tutti glielo ripetevano. Troppo buona, troppo gentile e soprattutto troppo silenziosa. Lei non si fermava mai alla fine del turno per chiacchierare con le colleghe, lei svaniva nel nulla, lasciando tutti all'oscuro sulla propria vita, cosa che faceva parlare molto dietro alle proprie spalle. Non sapeva con esattezza cosa dicessero in sua assenza, ma era sicura che non era nulla di piacevole. Eppure lei non ci vedeva nulla di male in tutto ciò, amava avere la sua privacy, non poteva andare a parlare della propria vita privata soltanto per farsi accettare dalle sue colleghe. Era una cosa che mai avrebbe fatto in vita sua. 
La giovane sentì nuovi passi e alzò lo sguardo soltanto per osservare la regnante allontanarsi e voltare l'angolo, lasciandola nuovamente sola. L'umore era cambiato, si sentiva veramente in imbarazzo. Temeva, inoltre, che uno scherzo del genere le costasse il lavoro. A volte a palazzo erano estremamente severi, tanto da mettere il terrore un po' a tutti di errare. Una volta, ad esempio, una ragazza era stata cacciata perché aveva rotto una semplice tazza. Certo, non era stata una porcellana da poco: era antica, pregiata e raffinata. Una piccola opera d'arte da maneggiare con premura e attenzione, cosa che la donna non aveva avuto. Non erano permessi errori. 
L'idea la faceva rabbrividire, eppure non voleva pensarci. Per quanto fosse difficile togliersi dalla mente l'espressione infastidita della principessa, lei doveva sistemare il danno.
La giovane donna si alzò velocemente da terra, e prima di dirigersi verso il suo cestino in metallo e paglia intrecciato, si sfilò le calzature, abbandonandole, per un istante, a ridosso della parete per evitare di sporcare ulteriormente il pavimento.
Presi i nuovi stracci, la donna si premurò di asciugare e lucidare ove l'acqua sporca era scivolata, rendendo il tutto nuovamente lucido e splendente.
Cercò di fare veloce per impedire a qualcun altro di vedere il macello che aveva fatto e, nell'istante esatto in cui rialzò lo sguardo, sentì l'orologio suonare, annunciandole che il suo turno era finito. 
Sospirò di sollievo, alzandosi da terra attenta a non combinare nuovi disastri. Raccolse il cesto, le scarpe e gli stracci e, con grazia, si diresse verso lo spogliatoio ove posò tutta la sua roba e raccolse la sua borsa. 
Quel giorno si sarebbe cambiata a casa, infondo doveva lavare la sua divisa, dunque perché cambiarsi? No, preferiva correre a casa il prima possibile anche se, tecnicamente, non sarebbe stato accettabile. Nessuno poteva uscire vestito con la divisa in uso in palazzo, ma spesso, su quella regola, chiudevano un occhio. Le serve che lavoravano a palazzo dovevano mantenere una certa privacy, nessuno poteva sapere chi lavorava a palazzo, né i cittadini né i nobili all'interno del palazzo, ecco perché generalmente era meglio arrivare ed uscire con abiti comuni. Ma dato che spesso le mandavano fuori a fare qualche commissione, di tanto in tanto si poteva tornare a casa con la divisa, l'importante era che venisse ben coperta dal soprabito. 
- Ehi, Anne! Cosa ti è successo? L'abito è tutto bagnato! - la voce squillante ed invadente di Rinys la fece bloccare e voltare leggermente il capo, prima di puntare lo sguardo verso il basso ed osservare i propri piedi coperti soltanto da quelle strambe calze a righe bianche e nere, per non parlare dell'orlo del vestito in semplice pizzo nero che, per via dell'acqua, si era scurito ulteriormente e aveva perso la sua solita lucentezza. 
Solo dopo aver constatato per una seconda volta quanto fosse in disordine, rialzò lo sguardo e osservò la collega che, come sempre, aveva la divisa impeccabile. 
Il corpetto scuro era stretto al punto giusto, il bordo delle maniche in pizzo non era fradicio; così non erano tutti sgualciti come la gonna a palloncino indecentemente corta - che riusciva a mantenere la sua piega e la sua rigidità grazie alle stecche in ferro, scomode ma necessarie da quello che aveva detto loro lo stilista del palazzo - e il lungo nastro colorato che le arrivava alle ginocchia. Lei era perfetta, al contrario suo, tanto che le provocava un moto di fastidio per quel suo maledetto errore.  
- Nulla di che. Mi spiace ma devo andare a casa - le sorrise con gentilezza prima di sfilarsi la maschera rigida dal volto, infilandola nella borsetta prima di indossare il suo lungo cappotto beige, di terza mano, l'unico che si era potuta permettere. Lì a palazzo era divenuta regola oramai da anni dover indossare quella maschera per celare la propria identità, proprio per evitare che qualcuno sapesse chi avesse davanti. I nobili non dovevano interessarsi all'identità delle serve, e dunque loro indossavano quella creazione fatta da mille fili sottili in ferro e pizzo nero per impedire a tutti di vederle per bene in volto. Particolare e scomoda in realtà dato che riduceva notevolmente la loro visibilità, ma non era ciò che importava. L'importante era che fossero belle, eleganti e raffinate: la comodità era un fattore secondario. 
Sorrise alla collega, gentilmente, e le fece un cenno con la mano, per salutarla. Non voleva essere maleducata ma voleva veramente tornare a casa prima di fare qualche altro danno. 
- Come sempre eh? Ma prima o poi ti becco Anne, e non mi sfuggirai - disse scoppiando a ridere, facendole l'occhiolino prima di voltarsi e spogliarsi. 
La giovane colse quell'occasione per voltarsi e correre fuori prima che qualcun altro iniziasse a farle un interrogatorio. Per quanto potessero essere simpatiche, le cameriere lì dentro erano molto insistenti e, soprattutto, curiose. Volevano sempre sapere tutto e lei con quell'atteggiamento non si trovava a suo agio. Ecco perché scappava sempre via il prima possibile.
Anne non si voltò indietro sino a quando le alte mura non furono superate e ben lontane; soltanto allora decise di rallentare e iniziare a camminare per la città, diretta a casa. 
Alle sette di sera non c'era quasi nessuno, per lei era il momento perfetto per tornare alla propria dimora. 
Il cielo, quel giorno, non era stato limpido e, infatti, ora stava imbrunendo sempre più velocemente. I grossi nuvoloni erano sempre più vicini e minacciosi, ma non la preoccupavano. Era maggiormente interessata a guardare dritto di fronte a sé, senza badare gli ultimi mercanti che, dalle loro piccole bancarelle, cercavano di attirarla per farle comprare qualcosa. Fortunatamente non erano loro troppo molesti, se doveva essere sincera era molto più preoccupata dagli ubriaconi che, presi dai fumi e le sostanze alcoliche fin troppo utilizzati negli ultimi tempi, perdevano il senno e tendevano ad esagerare sempre. Ma per fortuna per lei era ancora presto, Anne usciva giusto in quell'orario in cui i malviventi erano ancora nei loro covi, mentre le persone comuni rincasavano, permettendole così di tornare a casa evitando la folla che, durante le ore diurne, brulicava costantemente per la città. Ammetteva che l'idea di stare in mezzo ad un grosso gruppo di persone la intimoriva, si trovava estremamente a disagio quando la gente l'attorniava e la sfiorava troppo, ecco perché preferiva sempre partire un poco prima la mattina, proprio per evitare quella situazione. Non era esattamente l'anima della festa, lei..era diversa da tutte le persone che vivevano nella loro grande città. 
Non aveva stretto amicizia con nessuno, non si fermava mai a chiacchierare con i passanti che cercavano di rivolgerle anche solo un semplice saluto, non usciva mai la sera per andare a bersi un sidro assieme a qualche amico. Era fatta così, e non aveva intenzione di cambiare soltanto perché la trovavano strana. Per sua sfortuna, i suoi lunghi capelli rossi attiravano molto gli sguardi altrui: era l'unica ad avere un colore di capelli tanto intenso e marcato da attirare l'attenzione. Dunque tutti sapevano chi era, di vista per lo meno. Era per quel motivo che generalmente usciva con i capelli raccolti, il più nascosti possibile, e il capo abbassato, lo sguardo che puntava verso i ghirigori creati dai colori differenti dei ciottoli che c'erano a terra.
Oh, la sua città davvero bella. Era un peccato non rimirarla sempre, lei l'amava. Aveva uno stile strano, diverso da quello che lei aveva udito dai forestieri che di tanto in tanto venivano a farsi un giro. Quella città era unica nel suo genere. 
Le strade in pietra particolareggiate per l'appunto da quei disegni che oramai lei conosceva a memoria, le case color sabbia a uno o due piani, decorate da mille ghirigori in ferro battuto, i grandi alberi potati affinché potessero creare forme particolari, innaturali in realtà..tutto quello rendeva la città quasi fatata. La notte, inoltre, era ancor più magica: era illuminata dai quei grandi lampioni in ferro battuto, molto belli e decorati, messi ai margini della strada: erano quasi più decorativi che utili dato che la luce era fioca e quasi del tutto inesistente. Per non parlare che quella era una delle poche città che poteva permettersi la corrente elettrica, cosa che la rendeva ancor più particolare agli sguardi dei forestieri. Ma quello che percorreva in quel momento, quella parte di città amata e conosciuta da tutti, non era altro che il quartiere ricco, ove i mercanti di lusso si appostavano strategicamente per poter ricavare il maggior guadagno, spillando al ceto medio-alto tutto il denaro che potevano, spacciando stoffe e oggetti come pregiati e rari.
Lei, invece, abitava nel quartiere più povero della città. Con il suo stipendio di certo non poteva permettersi quelle belle case singole a più piani, magari con un poco di giardino sul retro. No, lei abitava in una di quelle case popolari nel quartiere industriale, aveva un piccolo appartamentino in quelle case in pietra e ferro annerite dai fumi che, nonostante tutto, avevano un fascino tutto loro. Nessuno amava abitare lì, tutti sognavano di fare fortuna e potersi trasferire, quanto meno, in una casa più grande, ma era un pensiero che lei non approvava. Anne era felice di vivere lì, le piaceva casa sua. Certo, non era perfetta, mancavano molte cose, ma era casa, era quello che le importava. 
Sorrise mentre pensava alla sua piccola dimora e continuò con il suo passo spedito, attraversando quella piccola metropoli di pietra e ferro, senza guardare nessuno in viso, sino a quando finalmente non varcò il piccolo cancellato della sua casa. 
Fece i tre gradini per arrivare alla porta e l'aprì senza usare la chiave, non aveva alcun sistema di sicurezza, lei non temeva i ladri, cosa potevano portarle via? 
- Sono tornata - disse a voce alta, togliendosi lentamente il soprabito che posò sulla poltrona in paglia, proseguendo verso la piccola cucina da cui proveniva un profumino particolarmente invitante. 
- Oh, tesoro, ben tornata. Ma cosa ti è successo? - il viso paffuto di Clarinda spuntò fuori dalla cucina e Anne si bloccò di colpo, osservandola per un istante, sorpresa dalla sua presenza. Come sempre portava i lunghi capelli grigi raccolti in un'alta crocchia, e il vestito che indossava l'anziana signora era largo e sfatto. Ma nessuno in quel quartiere poteva permettersi i lussuosi vestiti, forse anche fin troppo esagerati, della classe borghese. 
- Nulla, cosa ci fai qui? - chiese alla vicina che si aprì in un grande sorriso prima di mostrarle un vasetto in vetro. 
- Ti ho portato un po' di marmellata di Giglio. Una delizia cara. E poi stavo facendo un po' di compagnia a Selina - le spiegò, facendola aprire in un tenero sorriso. Come sempre era molto gentile e la ringraziò con un sorriso mentre la donna dalle mani raggrinzite le carezzava il volto, in modo quasi materno. - E..tesoro? - la voce della donna si fece più bassa, lo sguardo che rifuggiva dietro di sé, ove una folta chioma arancione sembrava intenta a cucinare. - E' successo di nuovo. Sai che non mi piace farmi gli affari tuoi ma non credi che sia il caso di... - Anne bloccò con una mano il fluire delle parole dell'anziana signora e la guardò negli occhi, un sorriso amareggiato ma, al contempo, determinato, dipinto sul volto. 
- Grazie Clarinda. Ora ci penso io - la congedò, lasciando l'anziana signora dispiaciuta, ma lei non ce la faceva più ad ascoltare i suoi mille consigli, era stanca di sentirle dire quel che, a suo dire, avrebbe dovuto fare con la ragazza con cui divideva la casa. Accompagnò gentilmente Clarinda, aprendole la porta affinché potesse uscire dalla propria casa prima di avvicinarsi alla cucina e posarsi sullo stipite, lo sguardo posato sulla giovane fanciulla che sembrava completamente concentrata sul grande pentolone che aveva di fronte. 
Lei non voleva i consigli di nessuno. Non ne aveva bisogno. Doveva soltanto trovare le forze per andare avanti. Solo quello.

 

* * *


Eccomi qui con una nuova storia. Lo so, sono fuori dato che ne ho altre bloccate, ma di queste ne ho già un po' di capitoli pronti e..beh, mi piace parecchio. 
E' diversa dal mio solito, cioè, è sempre romantica, ovviamente, ma ha un ambientazione sul fantasy, e diciamo che la storia romantica non sarà fin da subito al primo posto, ci sarà..una trama leggermente più complessa - almeno lo spero XD -
Che altro posso dire? Spero che vi piaccia, se vi va di lasciare qualche recensione, sono sempre ben accette, anche per capire se vi può piacere questo genere XD 
Alla prossima ;)

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Capitolo 2
*** Rimediare; ***


Aveva soltanto voglia di urlare. Quella giornata poteva concludersi in modo peggiore? Probabilmente no. 
Nessuno poteva permettersi di dirle cosa doveva fare, lo odiava, soprattutto quando questo andava ad intaccare la sua vita personale. 
Potevano ordinarle di andare in guerra, potevano chiederle di impugnare la spada e buttarsi tra cento soldati armati ed ucciderli tutti, lo avrebbe fatto senza alcun timore perché, se era per la salvezza del suo popolo, lo avrebbe fatto volentieri. Ma non quello. Non un fottuto matrimonio. Si rifiutava di farlo. 
Assolutamente. 
Come era potuto venire in mente a Lacrit che lei potesse anche solo considerare il fatto di sposarsi con uno sconosciuto?? E per cosa? Per il regno? Lei lo governava perfettamente da sola e non le andava di sposarsi per creare una stupida tregua. Di cosa aveva paura? Di una guerra? L'avrebbero vinta sicuramente, lei era invincibile, era stata addestrata dai migliori maestri di spada in circolazione e, accompagnata dal suo fucile, nessun nemico riusciva a scappare alla sua precisione, alla sua bravura ad usare le armi da fuoco. Lei era letteralmente imbattibile, era sempre uscita illesa - o quasi - da una battaglia, a cosa le serviva una tregua? 
Certo, il popolo soffriva, lo sapeva perfettamente. La crisi non aiutava minimamente l'economia e lei non era esattamente portata per la politica dunque...si, forse l'unico errore che stava compiendo era quello di lasciare il proprio paese allo sbaraglio. Lo sapeva difendere ma governare? No, quello era molto più difficile. Ed ecco perché tutti la spingevano a sposarsi con quel purosangue. Era un inutile ragazzotto di palazzo che neppure sapeva cosa fosse un fucile a pompa, l'unica cosa in cui poteva aiutarla era l'economia, ma lei non si fidava. Come poteva farlo? Neppure lo aveva mai visto in faccia! No, l'idea decisamente non le piaceva. Non poteva dare il suo amato regno in mano ad il nemico. Non si fidava. 
E poi quella sciocca serva! Si, le aveva dato estremamente fastidio ritrovarsela tra i piedi. Perché non era stata più attenta? Non era di certo lei che doveva accertarsi che il corridoio fosse sgombro no? Era la Principessa del regno, non doveva guardare dove metteva i piedi pure dentro al suo palazzo, non poteva stare sull'attenti anche dentro a casa sua. Se poi, si teneva conto che era estremamente nervosa, il tutto non l'aveva aiutata. 
E così se l'era presa con quella poveretta che neppure aveva alzato lo sguardo. Era incazzata pure con lei perché, per quanto poco, a lei piaceva trattare decentemente chi lavorava per lei ma no, quella ragazza aveva dovuto...mettersi in mezzo. 
Perfetto, ora si sentiva in colpa veramente. Del resto era davvero nervosa, non poteva prendersela con tutte. Ma..in quel momento non riusciva a dimenticarlo. Gliene erano successe troppe quel giorno.
Sephira osservava la vastità che aveva di fronte agli occhi. La terrazza che s'affacciava sul giardino era piccola, ma era il suo piccolo porto sicuro. Quando aveva bisogno di stare da sola si chiudeva i vetri dietro di sé e rimaneva semplicemente lì, i gomiti posati sulla fredda pietra, lo sguardo assente puntato altrove. 
Il giardino era perfetto, magnifico nella sua interezza. La grande fontana al centro era l'unico vero stacco che si aveva tra quella vastità verde. C'era anche un piccolo gazebo in realtà ove lei andava di rado, quando aveva voglia di stare fuori in giardino. Non ci andava spesso fuori, del resto lei preferiva passare il suo tempo in armeria a controllare le sue armi, ricalibrarle, allenarsi e..basta. Era quello che le piaceva veramente. Lo trovava rilassante. 
E poi il giardino era pieno della nobiltà, sia quella che abitava lì con lei a palazzo, sia quelli che venivano da fuori. Quegli esseri pomposi, forse troppo impreziositi da vesti e gioielli esagerati, cercavano sempre di entrare nelle proprie grazie, e per quel motivo? Per arricchirsi ulteriormente. Che sciocchi, non avevano ancora capito che lei era differente dai suoi predecessori? Non era come i vecchi regnanti, lei non era tanto frivola, non era un oca giuliva. Lei era una guerriera, e odiava tutto quello che riguardava il suo mondo. Ironico, ma era la verità.
Socchiuse gli occhi e lasciò che un leggero sospiro uscisse dalle proprie labbra. A peggiorarle l'umore c'era anche l'arrivo imminente delle piogge. Era una manna dal cielo, poco ma sicuro, ma ciò non toglieva che non la sopportasse. Odiava la sensazione di bagnato, l'idea di non poter uscire liberamente perché quelle delicate gocce d'acqua le offuscavano la vista, rendendole difficili anche gli scontri più facili. 
Sarebbe stato un lungo mese. Aveva bisogno di una vacanza, staccare per un po' da tutto e da tutti. Ne sentiva il bisogno, ma nonostante non amasse essere la regnante, mai avrebbe abbandonato la sua gente. Ci teneva. 
Scosse il capo e, alla fine, rientrò, leggermente infreddolita. Era inutile restare fuori a gelare, era stanca, voleva dormire. 
Velocemente si spogliò, gettando i vestiti a terra prima di lasciarsi cadere nuda sul letto morbido e fin troppo spazioso per una persona. Ma chi aveva voglia di dividerlo? Stava magnificamente sola, senza un uomo. Non voleva dividere il proprio spazio con nessuno, voleva stare da sola. Ma non poteva permettersi di irritarsi ulteriormente, voleva dimenticare la faccenda del matrimonio, almeno per qualche ora. 
La principessa, stancamente, si voltò di lato e chiuse gli occhi, nella speranza di addormentarsi. Quella giornata era finita, eppure non riusciva a togliersi quella sensazione di frustrazione e rabbia che aveva addosso. Doveva fare qualcosa ma, dato che non poteva impedire alla pioggia di cadere, e, al momento non aveva voce in capito per quello stupido matrimonio, avrebbe cercato quella serva, per scusarsi. Odiava farlo ma..almeno avrebbe potuto rimediare a qualcosa che la faceva sentire in colpa. 

Come la notte era passata velocemente, anche tutta la mattina era volata. 
Aveva fatto colazione assieme a sua sorella e poi era letteralmente scappata in armeria dato che la piccola di sei anni aveva iniziato a parlare del matrimonio. Lei sembrava più eccitata all'idea del proprio matrimonio, aveva passato tutto il tempo a raccontarle tutti i dettagli che le sarebbe piaciuto vedere, aggiungendo inoltre che non vedeva l'ora di fare la pagetta. Ma perché non si sposava lei se ne era tanto entusiasta?
Era rimasta basita dal comportamento della sorella, stravolta. Erano totalmente gli opposti, e spesso si chiedeva come potesse essere possibile essere imparentate, la piccola principessina era..diversa. A lei metteva i brividi anche solo l'idea di doversi legare per tutta la vita con un cretino del genere! Mentre la piccola non sembrava voler altro che quello, probabilmente già sognava il suo matrimonio. Ma forse il problema era suo dato che la Principessa era nota per andare contro la massa. Forse era proprio quello ad interessare tanto tutti gli altri. 
Ma preferiva non pensarci, si era appena calmata, di certo non ci teneva a distruggersi i nervi per quella cosa, ora doveva fare altro. 
La giovane donna, oramai, era già da un oretta che girava per i corridoi in cerca della ragazza, della serva del giorno prima. 
Non era facile in realtà, erano tutte vestite uguali e indossavano tutte quella stupida maschera che copriva loro il viso. 
Per cosa poi? Per celare la loro identità? 
Lo trovava stupido, ma non aveva fatto lei le regole e, nonostante fosse la regnante, non poteva cambiarle, non tutte per lo meno. Lei non si occupava di quelle cose, aveva molti consiglieri che si occupavano di determinate cose li nel palazzo, così da alleggerirle il fardello che doveva portare sulle spalle. Dunque no, lei non si occupava di come venisse gestito il castello, o in quel caso, l'abbigliamento delle serve. Sarebbe stato soltanto una perdita di tempo. C'era inoltre da dire che loro non si lamentavano, da quello che aveva capito molte si sentivano molto più tranquille in quel modo, più al sicuro. Decisamente avevano una strana mentalità. Di cosa avevano paura? Di essere aggredite? Era impossibile, dunque..non le capiva.  
La Principessa, in realtà, non aveva idea di come riconoscere la donna incontrata, l'unica cosa che si ricordava era la pelle chiara e le ciocche raccolte che, se non si sbagliava, erano di un forte rosso cremisi. Ah, non era brava in quelle cose, l'aveva appena intravista il giorno prima, come poteva riconoscerla così quando le sembrava di essere finita in mezzo a mille cloni tutti uguali? L'unica cosa che si differenziava, per l'appunto, erano i capelli dai colori diversi e dalle acconciature più stravaganti. Certe cercavano di seguire la moda dei nobili, raccogliendoli in malo modo per avere capelli vaporosi e pomposi, altre invece optavano per qualcosa di più semplice, di gran lunga migliore. Pure lei non perdeva tempo a sistemarseli, ogni mattina si faceva una semplice coda o una normalissima treccia e basta, usciva in quel modo. Certo, nelle occasioni importanti, solitamente, cercavano di sistemarle quelle ciocche lisce, ma lei permetteva loro soltanto di lasciarli liberi, nessuna acconciatura ridicola e da miss, non le sopportava. 
Non capiva perché dovesse andare di moda l'esagerato. Ma quella cameriera le era sembrata tutto tranne che esagerata anche se non era una grande osservatrice, non quando si trattava di stare dentro le mura del palazzo. Era sempre stata una donna attenta ma li a palazzo era sempre talmente esasperata che non prestava minimamente attenzione agli altri. 
E dopo un lungo cercare, in cui cercava di capire soltanto osservando la schiena delle lavoratrici, era stata costretta a chiedere al maggiordomo capo qualche informazione. Era un'impresa impossibile, erano tutte uguali, e dato che, magari, quello poteva essere il giorno libero della fanciulla, optò per semplificarsi il tutto. Lo aveva raggiunto nel suo ufficio e gli chiese chi era stata in servizio il giorno prima, chi aveva pulito il lungo corridoio in marmo lucido che portava alle sue stanze, e dopo un primo irrigidimento da parte dell'uomo, timoroso che lei si fosse in qualche modo ritrovata offesa, le aveva semplicemente indicato che la ragazza soprannominata Anne si trovava al secondo piano, incaricata di pulire il grande salotto al primo piano. 
Ricevuta l'informazione ringraziò l'uomo e, velocemente, si incamminò. Era stupido, ma voleva sbrigarsela il prima possibile così da poter tornare alle sue cose. Oramai era divenuto di vitale importanza scusarsi con quella serva, mica poteva fare una tale figura! Certo, li dentro tutti sapevano che lei aveva un carattere mutevole e che era relativamente scorbutica, di rado dava confidenze, ma per lo meno cercava di non rispondere male a chi lavorava li dentro. Alla fine la ragazza non aveva veramente fatto nulla di male, stava facendo semplicemente il suo lavoro. Lei era stata distratta, e dato che aveva avuto i nervi a fior di pelle, se l'era presa troppo per una sciocchezza simile. Era una cosa che doveva fare. 
La regnante salì la grande scalinata in marmo nero lucido, splendente e raffinato, carezzando la pietra preziosa in giada con cui era stato creato lo corrimano. Si, quel palazzo ostentava una ricchezza quasi sfacciata a suo dire, eppure non le dispiaceva. Certo, non si sarebbe lamentata se si fosse ritrovata in un palazzo anche meno..sfarzoso, ma alla fine sapeva apprezzare la magnificenza di ciò che la circondava. 
Carezzò con delicatezza la pietra che veniva lucidata quasi immediatamente da una delle serve che, appostata al piano terra, attendeva che lei se ne andasse per poter lucidare ove lei aveva toccato. Quasi le spiaceva, ma era il suo lavoro, non poteva stare anche attenta a ciò che faceva per compassione. Veniva pagata, almeno non restava immobile a non fare nulla no? Anche se forse, in realtà, era un lavoro inutile. 
Arrivò al secondo piano e dopo qualche passo, si ritrovò di fronte al portone aperto del salotto. Di rado le porte - quando c'erano - restavano chiuse. Nel suo regno c'era un concetto abbastanza..particolare di privacy. Le porte generalmente servivano soltanto all'entrata, per proteggere la casa, o nelle camere da letto per poter dormire tranquillamente o, chi se lo poteva permettere, anche nei salotti o nelle sale da riunione affinché certi affari venissero discussi liberamente, senza preoccuparsi di chi poteva entrare o chi poteva sentire quel che andava detto. E infatti, quando tali stanze erano vuote, la porta restava aperta. 
Fece piano nell'entrare, e subito notò una figura allungata, intenta a pulire i vetri del grande finestrone finemente decorato. Si avvicinò, facendo qualche passo verso la giovane intenta a pulire, senza fare rumore. Il suono dei suoi tacchi era attutito grazie al grande tappeto morbido rosso scuro che ricopriva quasi tutta la stanza. 
Silente, osservò la figura minuta che continuava a pulire le finestre, canticchiando un motivetto a labbra serrate, una melodia leggera e rilassante. 
Aveva veramente i capelli rossi come ricordava, e li teneva legati in modo semplice: due crocchie al lato della testa, con qualche ciocca più corta che scivolava giù, solleticandole il collo niveo e allungato. 
Come tutte le altre era vestita nello stesso modo di sempre: il vestito era di tonalità chiara, ed era di buona fattura. Per quanto poco, vestivano tutte le serve che lavoravano li a palazzo in modo a dir poco sublime, anche se un po' troppo svestite per i suoi gusti. Era quasi indecente la gonna ampia che indossava la ragazza, e se non fosse stato per quel leggerissimo velo in pizzo scuro che ricadeva delicatamente dalla gonna sino alle cosce chiare, era certa che avrebbe visto le sue grazie. Doveva essere stato stato un uomo a concepire quelle divise: lì erano tutti dei maiali che tendevano sempre ad allungare l'occhio, convinti che, essendo serve, potessero essere osservate sfacciatamente, senza doversi preoccupare del pudore che poteva avere data persona. Era una cosa che non sopportava. A lei piaceva la nobiltà d'animo, odiava chi credeva di poter fare tutto quel che voleva soltanto perché era ricco sfondato. Certo, forse di tanto in tanto anche lei si divertiva alle spalle di qualcuno ma..comunque era sempre rispettosa, e se faceva qualcosa che arrecava fastidio, era prontissima a scusarsi. Lei non faceva nulla con cattiveria, non era un maiale interessato soltanto a guardare il corpo femminile, a bramarlo, soprattutto se davanti avevano una bella ragazza come la rossa che aveva di fronte.
Aveva un fisico asciutto, magro, una vita sottile e i fianchi larghi il giusto. Aveva delle belle curve per una donna, non era troppo magra come certe cameriere, e neppure troppo in carne come le nobildonne che non facevano altro che abbuffarsi dato che di cibo ne avevano in abbondanza. Le cosce erano coperte in parte da quelle calze in pizzo che facevano risaltare la lunghezza delle gambe, slanciando forse ancor di più la figura che aveva davanti. Era davvero bella, anche se probabilmente lo sarebbe stata ancor di più se avesse avuto i capelli sciolti. Chissà quanto lunghi erano? E risplendevano anch'essi come il sangue che zampillava dalla ferita di un nemico? 
Quasi le sembrava di essere di troppo in quel momento. Era ovvio che lei non si fosse accorta della propria presenza, era stata silenziosa appositamente per non farla girare, soprattutto perché non desiderava che cadesse per la sorpresa. Eppure sembrava talmente immersa nel suo lavoro e nella sua melodia appena udibile, che quasi le spiaceva interromperla. Quasi.
Rimase a lungo immobile, ad attendere, e si fece avanti  solamente quando la vide scendere dalla scaletta, così da poterla spostare e pulire la nuova finestra. 
Sephira fece un passo in avanti, toccando con il tacco il marmo che fece il rumore necessario per far voltare la ragazza. La vide voltarsi velocemente, e non riuscì a fare a tempo a guardare il viso che subito si era piegata, le mani che tenevano lo straccio posate sulle cosce. 
- Mi scusi, non mi ero accorta della sua presenza - il giorno precedente non si era resa conto che la voce della ragazza fosse tanto bassa e melodiosa. Non che fosse un dettaglio importante, ma non aveva una voce ruvida, rovinata dalle troppe chicchere, dai fumi o dalle sostanze stupefacenti che, sfortunatamente, venivano abusate li nel suo regno. La sua sembrava quasi non essere mai usata, fresca, cristallina. Erano pensieri strani, ma le capitava spesso di soffermarsi a pensare a cose tecnicamente futili. 
Fece un nuovo passo in avanti, senza aprire bocca, osservandola. Sentiva chiaramente l'agitazione della serva, eppure non le disse più nulla. Era educata, e probabilmente le avevano insegnato che non le era permesso iniziare a chiacchierare di sua iniziativa. Una regola in realtà piacevole dato che la maggior parte di quelle ragazze altrimenti avrebbero riempito i corridoi con il loro chiacchiericcio e, ad essere sincera, Sephira non lo apprezzava. Preferiva il silenzio, o, eventualmente, il suono della suo fucile quando sparava. Oh, quella si che era una melodia meravigliosa.
La serva rimase immobile, senza aprir bocca. Il suo sguardo bicolore era puntato sulla sua figura, su quelle ciocche color del fuoco che risaltavano parecchio rispetto all'ambiente circostante. Strano che non se ne fosse accorta prima, lei amava il rosso, era il colore della guerra, della passione e del sangue. Era il suo colore preferito nonostante molti non approvassero. Ma lei se ne fregava. 
Lasciò che i minuti passassero, lenti, e soltanto dopo aver lasciato la ragazza a crogiolare nell'incertezza, decise di aprir bocca. Una tortura forse fin troppo maligna dato che era andata li a scusarsi, ma aveva voluto testarla. 
- Non volevo che tu mi sentissi, ecco perché non ti sei accorta di me - quelle furono le prime parole che le uscirono dalle labbra, e l'unica risposta che ebbe da parte della serva fu un lieve cenno del capo, d'assenso. Era silente ora eh? 
- Sono venuta qui per parlare di ieri - aggiunse, interrompendosi quando notò la giovane donna irrigidirsi, le mani che si erano leggermente contratte attorno a quel panno stranamente candido. Dovevano pulire talmente spesso che la polvere non aveva neppure l'occasione di depositarsi in giro. 
- Mi permetta di dimostrarle il mio rammarico e mi permetta di scusarmi nel modo più appropriato - chiese, senza alzare il capo. Avrebbe mai alzato la testa, per guardarla? Oh, sapeva che non era permesso, le serve di quel palazzo avevano molte restrizioni, eppure a lei piaceva stuzzicare, le piaceva spingere sino al limite gli altri, era un gioco cattivo forse, ma era semplicemente un test per valutare chi aveva davanti. 
- No - disse con un ghigno sulle labbra, una parola secca, che tecnicamente non permetteva all'altra di poter rispondere. E finalmente la vide alzare il viso, lasciando alla regnante così la possibilità di poter osservare quei lineamenti delicati mal celati dalla maschera che si limitava a nascondere gli occhi e la fronte. Come potevano lavorare con quella cosa addosso? Ci vedevano? 
- Ma... - la ragazza schiuse le belle labbra struccate, emettendo quel flebile  e singolo suono che morì ben presto nel silenzio della stanza. Da quello che vedeva nei suoi gesti e nei suoi lineamenti c'era una forte determinazione, le sembrava inaccettabile che lei, la Principessa, non accettasse le proprie scuse. Una determinazione che però ben presto scemò, facendo tornare subito la ragazza piegata, docilmente, come un cagnolino ben addomesticato. Forse stava esagerando, ecco perché le si fece ancor più vicino e si fermò a qualche passo da lei. 
- E' stata colpa mia. Ero arrabbiata e non ho guardato dove mettevo i piedi - non erano proprio delle scuse, ma non gliele avrebbe mai dette formalmente, amava parlare poco, ed era molto orgogliosa. Mai si sarebbe sprecata a chiedere scusa, anche se la colpa era palesemente propria. Era lì soltanto perché aveva passato la notte in bianco, e tra tutte le sue frustrazioni, quella era la più semplice da risolvere. 
- Vostra signoria è premurosa a prendersi la colpa, ma di fatto è stato un mio errore. Dovevo pensare alla possibilità che qualcuno passasse e non si accorgesse del secchio. Avrei dovuto tenerlo contro il muro, e non in mezzo al passaggio - la donna non alzò il capo nuovamente, in realtà lei lo trovava frustrante. Quella mattina aveva scoperto tutte le altre serve a spiarla, alzando il capo ogni qual volta che credevano fosse distratta. Poi c'erano quelle più sfacciate che le rivolgevano sorrisi smaglianti, forse nella speranza di ottenere qualche trattamento di favore. Lei invece restava imperterrita con lo sguardo fisso a terra, e non le si rivolgeva in modo diretto, malizioso, continuava a parlarle in modo composto. Non le sembrava quasi vero. Oramai il suo regno aveva perso quella che era l'educazione, tutti si comportavano in modo sfacciato, era per quello che avevano istituito certe regole al palazzo, eppure lei stessa non le rispettava. 
- Non avrei dovuto urlarti contro - disse dura, quasi infastidita. Forse non era l'atteggiamento ideale, ma stava iniziando veramente a scocciarsi. Non le piaceva quell'atteggiamento così remissivo. 
- Lei è la Principessa. Può fare ciò che vuole, sempre e comunque - sussurrò, tutto sommato era testarda, non si piegava e probabilmente Sephira avrebbe potuto insistere all'infinito e la donna non lo avrebbe accettato. Ma per loro fortuna lei non era tanto paziente. 
Arricciò le labbra, con fare pensieroso, studiando la ragazza che sembrava voler tornare al suo lavoro. 
- Tu non sei interessata a parlare con me eh? - chiese con ironia, andandosi a sedere, tranquillamente, le gambe incrociate, le braccia aperte posate sullo schienale. Si era accomodata e si, non aveva intenzione di andarsene, per il momento. 
Alle proprie parole la ragazza comunque, sembrava aver reagito. Infatti il suo capo si era alzato e l'aveva guardata. Subito la principessa aveva notato un certo rossore su quella pelle tanto chiara, un lieve imporporamento che era raro vedere nelle donne oramai. Erano tutte prese dalla loro malizia, dai loro desideri che non c'era più nessuna che avvampava, un vero peccato. Per quanto lei fosse un maschiaccio era fermamente convinta che le donne, quelle che potevano essere definite tali, non erano quell'ammasso di trucco, di risate di scherno, di cattiveria e di provocazione: una vera ragazza doveva essere gentile, dolce e carina. Certo, mai e poi mai avrebbe sostenuto che una donna dovesse abbassarsi e farsi sottomettere, il discorso che faceva lei era ben diverso. Ma alla fine a lei che interessava? 
- Vorrei soltanto tornare al mio lavoro. Non ci è permesso intrattenerci con nessuno durante il lavoro - disse semplicemente, dunque solo per quello non le parlava? Perché doveva lavorare? Bene, avrebbe risolto tutto. 
- Perfetto, allora aspetterò che il tuo turno finisca così poi potremo parlare tranquillamente - disse con un ghigno maestoso sulle labbra, certa di averla fregata. In realtà non c'erano regole che vietassero certe cose, dunque poteva perfettamente intrattenersi e chiacchierare con lei no? Non perché avesse voglia veramente di parlarle, si stava divertendo a metterla nel sacco. 
Le labbra della serva si schiusero, per la sorpresa, restando per qualche istante in silenzio.  - Non posso, mi spiace, devo tornare a casa - sussurrò semplicemente, afferrando delicatamente la scala che iniziò a spostare lentamente. Per essere tanto mingherlina era forte eh? E comunque quella non era la risposta che desiderava. 
- Devi tornare dal tuo uomo? Non sa stare senza di te o senza che tu gli faccia la cena? - le sue parole furono intenzionalmente cattive, e vide la schiena della ragazza irrigidirsi, tanto tesa che subito si rese conto che forse, come al solito, aveva esagerato. Ma lei era fatta così.
In quel momento sentii dei passi farsi vicini e notò il capo cameriere avanzare, chiaramente diretto lì. 
Subito la rossa tornò a salire sui piccoli pioli in legno, una bacinella stretta sul fianco che posò una volta arrivata in cima. E una volta inumidito lo straccio, la vide protendersi verso la finestra che ricominciò a pulire, silente. 
 - Va tutto bene? Ha trovato ciò che cercava? - una volta che l'uomo fu entrato puntò lo sguardo sulla serva che studiò con attenzione, quasi cercasse anche solo un minimo dettaglio fuori posto. 
E infatti le si avvicinò lentamente, portandosi sotto la giovane che continuava a lavorare duramente anche sotto lo sguardo penetrante dell'uomo. 
Era un uomo sulla cinquantina, aveva ancora i capelli scuri ma lei era certa che fossero tinti. La schiena era dritta, tanto che sembrava quasi che qualcuno gli avesse infilato un bastone su per..beh, forse non era il caso che fosse così volgare. Nonostante fosse girato, vedeva perfettamente la sua mano destra posata sul mento mentre si accarezzava quel assurdo pizzetto mentre l'altro braccio era piegato, dietro la schiena. Osservava la serva con sguardo valutativo, o forse c'era qualcosa di più? Sicuramente da quella posizione doveva avere un bello spettacolo, una cosa..disgustosa. 
- Si, Anne è un serva impeccabile, lodevole direi quasi - disse, così da aiutarla. L'aveva messa a disagio, e sicuramente non voleva metterla nei guai. Non sapeva come trattassero li il personale, ma preferiva non farla licenziare, allora sì che si sarebbe sentita in colpa. 
Finalmente l'uomo si voltò e puntò il suo sguardo acquoso sul proprio per qualche istante, l'espressione tirata prima di sciogliersi in un sorriso talmente falso che quasi le veniva voglia di tirargli un pugno.
- Mi fa piacere allora. Anne puoi andare. Per oggi può bastare così - finalmente la rossa tornò risvegliarsi e bloccarsi dal suo strofinare, voltandosi sorpresa, osservando l'uomo con un espressione indecifrabile. 
- Ma il mio turno finisce tra due ore - riabattè timidamente, ricevendo così un occhiata fin troppo severa e sprezzante. - Ho detto che hai finito per oggi. Andiamo - disse e lei si ammutolì, annuendo soltanto. Lentamente scese dalla scala e posò a terra la bacinella che prese in mano l'uomo mentre la serva afferrava la scala, molto più pesante ed ingombrante, e si avviava accanto all'uomo, lo sguardo a terra. 
- Buona giornata, e lunga prosperità al regno - entrambi si piegarono di fronte alla regnate che osservò con cura i due prima che quelli si rialzassero e sparissero, assieme, dalla sua vista. 

 
* * *

Eccomi qui con il secondo capitolo.
Non so neppure se c'è qualcuno qui che la legge, o che l'apprezzi, ma io continuo =)
Dunque, come avrete capito da questo secondo capitolo, le protagoniste di questa storia saranno Anne "la serva" e Sephira la "principessa". 
Hanno due caratteri completamente differenti, da una parte c'è Anne che è una cameriera molto ligia al lavoro e dall'altra Sephira che desidera soltanto fare quel che vuole lei, ama il suo regno ma non vuole essere lei ad amministrarlo, è una guerriera. 
Ma non è così stronza come può sembrare ^-^
Ehh, basta, non dico altro, non vi voglio annoiare.
 Spero che vi piaccia questo capitolo, o questa storia e si, qualche recensione magari mi aiuterebbe a capire che c'è qualcuno che legge o a cui piaccia XD 
Beh, a presto ;)

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Capitolo 3
*** Un cambiamento inaspettato; ***


Alla fine la pioggia era arrivata.
Il cielo, divenuto di un particolare grigio tendente al verdastro, aveva annunciato la tanto agognata pioggia con un forte suono, un tuono, seguito da una luce intensa che aveva illuminato la città, accecandone la popolazione che, nell'istante dopo, era corsa subito ai ripari. 
In quel preciso istante, la prima goccia d'acqua era caduta proprio sulla giovane rossa che, dopo essere stata congedata prima del tempo dal maggiordomo, si era ritrovata in mezzo al primo diluvio della stagione senza nulla a proteggerla. 
La pioggia era arrivata, portando così il buon umore e la felicità per i contadini ma il malcontento tra i nobili che, come sempre, se ne lamentavano. Loro non comprendevano la necessità di quel mese di piogge, non comprendevano perché i contadini fossero tanto lieti di quel periodo a loro nefasto. Li trovavano sciocchi, dei guastafeste. 
Generalmente, quasi tutti quelli che facevano parte della nobiltà, passavano quel periodo dell'anno al riparo dentro al castello, a lamentarsi con tutti di quanto fosse scomoda la pioggia. I loro vestiti, fatti con quelle pregiate stoffe che solo loro potevano permettersi, rischiavano soltanto di rovinarsi, e, ovviamente, ciò li rendeva nervosi, cosa che andava a discapito della servitù del palazzo. 
Facevano infatti lavorare il doppio le serve che, oltre a dover lucidare maggiormente i pavimenti macchiati di fango e acqua, si ritrovavano a dover lavare con perizia e premura i loro vestiti con gli orli bagnati e lievemente sporchi di terra. No, non era un periodo semplice per loro.
Erano passati oramai tre giorni da quando la prima goccia d'acqua era caduta e da allora non aveva più smesso. Alla giovane però sembrava passato molto più tempo, come se quel tempo perdurasse da oramai secoli e secoli. 
Finalmente l'aria si era rinfrescata, dando così sollievo alla popolazione abituata al caldo soffocante. Ma con il freddo, la necessità di coprirsi era tornata e lei, come tutti, aveva dovuto aprire il vecchio scrigno contenente tutti gli indumenti caldi e le coperte pesanti. 
Il baule era un oggetto antico, appartenuto da sempre alla sua famiglia. Se avessero avuto qualche soldo in più, probabilmente, lo avrebbe fatto lucidare ma non ne avevano la possibilità. Ma non aveva importanza, era magnifico anche nella sua devastazione. 
Gli intarsi in ottone erano leggermente opachi, le cinghie in cuoio reggevano a mala pena, ma faceva il suo compito di mantenere all'asciutto e protetto ciò che serviva loro per quel breve periodo di piogge.  
Per quanto fosse felice dell'arrivo della pioggia, ammetteva che già non vedesse l'ora che finisse. Era un forte disagio per lei arrivare a lavoro sotto quel diluvio, senza contare che lei aveva un insana paura per i lampi e fulmini. Sapeva che era irrazionale, eppure era una cosa che non riusciva a sopportare, a superare. 
Erano stati tre giorni lunghi e anche molto strani. Come sempre era andata a lavorare, comportandosi come il suo solito, solo che gli altri sembravano...differenti. Ryasmond, il capo maggiordomo, dal giorno in cui lei aveva dialogato con la Principessa non l'aveva più lasciata sola. Non aveva compreso per quale motivo l'avesse congedata ed aveva temuto fortemente di essere stata licenziata. Aveva infatti passato tutta la notte sveglia, nervosa, a guardare dal suo letto in paglia la pioggia cadere, accompagnata da quei fulmini che illuminavano a giorno la città. Tutto il metallo che c'era tutto attorno a loro ovviamente non aiutava dato che i fulmini sembravano attratti da esso e dunque lei non riusciva quasi ad avvicinarsi alla finestra, ma doveva sopportare. Un mese e sarebbe tutto finito. 
Dal giorno successivo dall'arrivo delle piogge, la serva si era ritrovata sempre più occupata a palazzo. Non le avevano più detto nulla, non le avevano spiegato nulla, semplicemente le avevano dato un carico maggiore di lavoro, quasi sempre accompagnato da un'altra serva, se non dal maggiordomo capo in persona. Non le avevano più permesso di stare da sola. 
E lui non era l'unico a comportarsi in modo anomalo. Aveva notato che, sempre da quel giorno, la Principessa non era più uscita di casa. Sapeva che la regnante fosse solita ad uscire, era raro vederla girare per i corridoi della casa, preferiva stare all'aperto. Eppure non lo aveva più fatto. Generalmente neppure le piogge la fermavano, era una donna impavida e forte, che non si lamentava di qualche goccia d'acqua, eppure era rimasta in casa e più volte le era passata accanto, senza però dirle nulla. Probabilmente era tutta una sua fantasia, causata da quel particolare dialogo che avevano avuto tra loro. Continuava a ripensarci, senza un preciso motivo; semplicemente non riusciva a capire cosa fosse accaduto. 
Si era scusata con lei. Per la prima volta Anne aveva ricevuto delle scuse da parte di un nobile. Loro erano altezzosi, spavaldi e orgogliosi, mai si sarebbero abbassati a chiedere scusa. Non lo facevano tra di loro, con le serve lo facevano ancor meno. Eppure lei lo aveva fatto, cogliendola alla sprovvista. Era rimasta lì a parlarle, le aveva anche proposto di prolungare la sua permanenza dopo la fine del proprio turno! Vi era rimasta basita e li..li non aveva più saputo cosa fare. 
Non si era mai sentito che la Principessa chiedesse ad una serva di intrattenerla, e per quanto sapesse che non avrebbe mai potuto rifiutare una cosa del genere, le regole allo stesso tempo vietavano di parlare direttamente alla donna, dunque lei, tecnicamente, era già nei guai. Forse era per quello che era tenuta sotto controllo, era per quello che le avevano dato talmente tanto lavoro che non aveva neppure quasi la forza di tornare a casa. 
Eppure lei andava avanti, nonostante il poco riposo e la stanchezza del lavoro, lei tornava a casa sorridente. Per lei. 
- Piove - la giovane ragazza dai capelli pel di carota non aveva alzato lo sguardo dal grande pentolone ove era solita stare tutto il giorno; continuava a mescolare il contenuto, concentrata, eppure persa chissà dove. 
- Sì. Devo andare a lavorare - sussurrò, avvicinandosi alla giovane a cui appoggiò un vecchio mantello sgualcito, color mattone, che l'avrebbe riparata dal freddo della casa. Non poteva permettersi il riscaldamento, solamente il fuoco rendeva vivibile l'ambiente, ma era comunque troppo poco e non voleva che si ammalasse. 
- Buona giornata - la voce atona della giovane la fece sospirare e dopo un bacio leggero tra quei crini vellutati ma scompigliati, Anne si legò al collo la sua mantella viola scuro, mettendosi il cappuccio prima di uscire sotto la pioggia torrenziale. 
C'era talmente tanta acqua che le strade erano già allagate, non si vedeva nulla ad un metro di distanza e la strada era libera, sgombra. Tutte le bancarelle erano sparite, i proprietari non potevano rischiare di ritrovarci con maggiori danni che introiti. 
Fu con un gemito basso a seguito di un tuono particolarmente forte che iniziò a correre forte, veloce, così da arrivare al palazzo il più velocemente possibile. 
Ci mise parecchi minuti, come sempre, eppure non si fermò neppure un istante, per non essere in ritardo. 
Con quel tempo tutte le serve erano obbligate a presentarsi un'ora prima, per permettere a tutte di farsi una doccia calda e prepararsi a dovere. No, tutto quello non era fatto per timore che si ammalassero. Chi amministrava il tutto non aveva a cuore la loro salute, semplicemente le voleva sempre perfette e profumate. I nobili non dovevano vederle bagnate, mal truccate e tutte sgualcite, dovevano essere perfette.
Generalmente, durante gli altri mesi, la giovane si prendeva il suo tempo per arrivare al palazzo: osservava l'architettura della città, gli alti palazzi ingrigiti dal tempo, i passanti vestiti in modi stravaganti, e, infine, si perdeva qualche minuto a guardare la facciata del palazzo in cui lavorava. 
I grandi cancelli impedivano a chicchessia di entrare, erano alti e in ferro battuto. Spesso la giovane aveva accarezzato gli intarsi, i decori arricchiti da scaglie d'oro che rendevano brillante quell'alta inferriata che, al centro, aveva lo stemma della casata reale. 
Da dietro quei sottili ricami in ferro battuto c'era un grandissimo giardino verde e sempre in fiore, siepi che creavano mille labirinti e strade pavimentate in pietra chiara così da essere ben visibili in mezzo a tutto quel verde. Era un posto magnifico ove rilassarsi e intrattenersi con gli altri, ma solamente i nobili avevano quella possibilità. 
E infine, Anne lasciava che lo sguardo corresse verso la facciata del palazzo imperiale, possente, magnifica. Il portone sempre aperto era rialzato e, per raggiungerlo, c'erano due scalinate in pietra bianca che partivano dai lati. L'edificio aveva un colore molto chiaro, arricchito da affreschi e ghirigori dai colori sgargianti, e veniva ridipinto ogni mese per evitare che si riducesse come tutte le case nei dintorni, sporche ed ingrigite dai fumi delle fabbriche. 
Grandi finestre si stagliavano su tutta la facciata, tutte quelle finestre che generalmente lei era solita pulire di giorno, minuziosamente. Non le dispiaceva in realtà doverlo fare tutti i giorni perché così aveva l'occasione di sbirciare il giardino e la vita dei più ricchi, era una cosa che le piaceva. 
Peccato che però, in quei giorni di pioggia, il palazzo fosse praticamente invisibile a causa di quel muro d'acqua. E poi, anche se non le fosse stato invisibile, sinceramente non aveva intenzione di restare sotto la pioggia soltanto per osservare quella magnificenza, preferiva entrare subito al caldo e all'asciutto.
Ci mise abbastanza, ma alla fine ce la fece a varcare il piccolo cancello riservato alla servitù. Arrivata finalmente dentro però, la ragazza si rese conto che l'atmosfera era più tesa del solito. 
- Salve a tutte - salutò come al suo solito, ma l'unica cosa che ricevette furono sguardi infastiditi, freddi, distanti. 
Automaticamente la ragazza si chiese se ci fosse qualcosa che non andasse, era accaduto qualcosa all'interno delle mura che aveva reso tutte nervose? Non ne aveva idea, ma non indagò, andò semplicemente a spogliarsi di fronte al suo armadietto e si avvolse con quel morbido asciugamano prima di entrare nella grande stanza ove ci si poteva lavare sotto delle piccole docce posizionate le une accanto alle altre, senza nessun paravento dato che non c'era un vero e proprio concetto di pudore. A lei la cosa non piaceva, avrebbe preferito non essere a stretto contatto con le altre domestiche tanto curiose ed impiccione, ma non poteva di certo chiedere un trattamento di favore perché non le piaceva essere osservata no? 
La cosa positiva però era che la stanza era munita di tutto, c'erano prodotti per pulirsi il corpo dalle impurità, per rendere lucidi i capelli e un efficiente apparecchio che andava a vapore che rendeva l'asciugatura dei capelli semplice e rapida. 
Tutti quei prodotti si trovavano nell'angolo accanto alla porta, impilati ordinatamente su di un piccolo scaffale in metallo. Lei, come sempre, prendeva i prodotti che presupponeva costassero poco perché non era interessata a rendere la propria pelle lucente e priva di scorie, non cercava il profumo più invitante, lei sceglieva sempre gli aromi alla fragola e vaniglia perché più delicati. L'unica cosa che curava veramente erano i suoi capelli che avevano bisogno di essere nutriti per far si che non fossero spenti e crespi. 
Prese qualche boccetta profumata e si diresse verso uno delle ultime docce che, non appena si mise sotto, si accese. L'acqua tiepida le carezzò la pelle delicatamente, facendola sorridere appena, ritrovandosi a tremare leggermente. Durante quel periodo amava lavorare a palazzo solamente perché lì faceva caldo e si stava sempre bene. Amava farsi quella doccia prima di mettersi a lavorare, ogni volta sembrava riportarla in vita. Era magnifica, e rinvigorente. 
Posò i prodotti per il corpo sulla piccola mensola al suo fianco e prese il primo flacone per lavarsi quando un roco colpe di tosse la fece irrigidire e voltare. 
Ryasmond era lì, il suo sguardo sul proprio corpo nudo e le mani cariche di nuove boccette dai colori sgargianti e differenti dai classici. Anne lottò con tutte le sue forze per non coprirsi il corpo con l'asciugamano, o almeno con le mani, non amava gli sguardi sul proprio corpo nudo. Sopportava quelli delle sue compagne ma quello maschile era differente, era ancor più imbarazzante ma dato che il concetto di nudità li dentro era..differente, evitò di fare qualsiasi cosa, non voleva essere punita. Se una serva infatti tentava di nascondersi, se cercava di celarsi, la si vedeva come una mancanza di rispetto. Loro dovevano adattarsi, sempre. Era abituata a vedere le proprie compagne nude, ma era raro che un uomo entrasse nelle loro docce. 
- Oggi userai questi prodotti - disse, semplicemente, sostituendo le boccette prese con quelle che aveva in mano, lasciandola leggermente basita. Non poteva in realtà replicare, come sempre loro non avevano una grande libertà, ma si poteva tentare. 
- Grazie, lo farò. Potrei sapere per quale motivo? - chiese educata, lo sguardo che si era abbassato leggermente. Ryasmond aveva un grado maggiore rispetto a tutte loro e le serve dovevano chinare il capo sempre quando di fronte avevano qualcuno gerarchicamente più altro, ovvero praticamente tutti li dentro. 
- Da oggi sarai tu ad occuparti della stanza della Principessa. Dovrai pulire il pavimento e le finestre minuziosamente, cambiare i fiori ogni giorno, scegliendo i più profumati e graditi alla sovrana. Rifarai il suo letto, liberarti della polvere tre volte al giorno: la mattina, a pranzo e la sera. Ti occuperai dei suoi bagni personali, rendendo quella stanza più lucente di uno specchio - le parole dell'uomo la lasciarono perplessa. Cosa..le stava dicendo? 
Aggrottò la fronte leggermente, eppure non rialzò il capo. 
- Mi scusi, non voglio sembrarle maleducata, ma non è Cyne ad occuparsi della stanza della Principessa? - Cyne era una giovane ragazza, aveva iniziato a lavorare a palazzo fin da quando aveva cinque anni e ora che ne aveva quasi trenta, era la più rispettata e più amata tra tutte. Si occupava di quella stanza in realtà soltanto da un anno, ma era la migliore da quello che le avevano riferito. Non l'aveva mai vista dato che, chi si occupava direttamente della Principessa, aveva un trattamento leggermente differente. Non di molto, ma aveva orari differenti, e soprattutto era costretta a seguire un diverso comportamento e regime. 
- Hanno deciso che lei d'ora in poi si occuperà della principessina che necessita di una balia e Cyne è la più adatta. Ma non ti devono importare queste cose. Alcune regole di base: il tuo turno inizierà più tardi, entrerai nelle stanze della Principessa quando si sarà alzata, alle sette. Avrai turni più lunghi, ma avrai delle pause che ti daranno il tempo di risistemarti. Dovrai essere sempre impeccabile e puntuale. Non puoi lamentarti, distrarti o creare disturbo. Starai in silenzio sempre e dovrai assecondare tutti i bisogni della Principessa. Dovrai utilizzare questi prodotti per il tuo corpo, hanno profumi più intensi per coprire l'odore della tua pelle. Tutto chiaro? Se hai bisogno di altre delucidazioni, avrai la possibilità di chiamarmi e allora ti insegnerò ciò che non sai. Ma dovrai imparare in fretta - la voce dell'uomo era tranquilla, e mentre le parlava sentiva il suo sguardo su di sé. Non le piaceva, ne lui, ne quella situazione. Non riusciva a capire se fosse una cosa positiva o meno, ma di certo era preoccupata. 
- Si signore - si limitò a dire, piegando maggiormente il capo. E poi sentì la mano calda di lui sul proprio viso, due dita sul proprio mento affinché lei potesse alzare lo sguardo. Fu allora che, nuovamente, i loro occhi si incontrarono. 
- Comportati così e manterrai il tuo lavoro. Rispetta le regole e non accadrà nulla. Ti terrò d'occhio e ti valuterò. Sbrigati - sibilò, carezzandole la guancia delicatamente prima di voltarsi e sparire, lasciandola con il cuore che batteva all'impazzata. Era tutto talmente assurdo, fuori dalla realtà che le sembrava più un sogno che altro. Eppure non aveva il tempo per assimilare tutto, doveva semplicemente limitarsi a sbrigarsi. 
Afferrò le nuove boccette e, sin dal primo istante, si rese conto che già le odiava. Quell'odore era orribile, forte e fin troppo penetrante, eppure si ritrovò costretta ad usarlo. 
Si lavò in fretta e uscì dalla doccia, correndo ad asciugarsi i capelli prima di vestirsi. I suoi abiti in realtà non erano cambiati molto, l'unica cosa che ora c'era di differente era la maschera che, oltre al pizzo nero, aveva un secondo strato al di sotto, in pizzo sempre, ma verde scuro, screziato da qualche sfumatura dorata che rendevano la maschera leggermente più colorata. Anche il fiocco era cambiato, invece di essere viola, gliene avevano dato uno verde scuro. Era strano vedersi in quel modo, e una volta che legò i lunghi capelli rossi come al solito, si guardò allo specchio, per un lungo istante, notando ancora una volta lo sguardo di ghiaccio delle colleghe, rendendosi finalmente conto il motivo del gelo incontrato appena era arrivata poco prima. Loro sapevano. Dovevano essere state informate probabilmente poco prima del proprio arrivo. Anne però non si sarebbe lasciata piegare, non si sarebbe sentita mortificata, lei non aveva mai desiderato quel lavoro. Per lei quell'impiego era maggiormente scomodo: del proprio lavoro amava l'essere anonima, il poter starsene tranquilla, senza doversi sentire gli sguardi di tutti gli altri addosso, attenti, inquisitori. Con le nuove mansioni invece tutti l'avrebbero notata, le avrebbero occupato maggior tempo e, in proporzione, avrebbe avuto più lavori da fare e più responsabilità. 
Finalmente pronta, uscì dalla stanza, incamminandosi verso le stanze della regnante, con un certo passo sostenuto. Ancora non capiva come fosse possibile che avessero scelto lei, eppure non poteva rifiutarsi di farlo, doveva semplicemente..adattarsi.
Arrivata di fronte alla camera della Principessa, controllò l'ora prima di schiudere appena la porta ed entrare, senza fare alcun rumore. Quella era la regola, non doveva farsi notare. La stanza era già illuminata, le tende erano state tirate, lasciando così che la pallida luce del giorno entrasse nella stanza. Eppure non bastava, quel tempo rendeva la visibilità più scarsa, ecco perché erano state accese le abat-jour, permettendo così che la stanza fosse maggiormente illuminata. 
Della Principessa nessun segno, forse era già uscita per fare colazione, o per allenarsi. In parte era meglio dato che voleva iniziare subito. 
Si avvicinò al letto e delicatamente prese tutte le coperte, pesanti e soffici, così da poterle sostituire. Lei si sognava stoffe così pregiate: il colore era acceso, vivido, luminoso quasi, ed erano talmente lisce e profumate che quasi le sembrava di essere in un sogno. Non erano minimamente paragonabili a quelle in lana grezza che possedeva; prudevano ed erano di colore smorto ma permetteva loro di dormire tranquillamente, senza gelare. 
Le piegò, accuratamente, una per una - leggermente in difficoltà data la grandezza del letto e, di conseguenza, delle stoffe -, e le posò a terra, accatastandole sino a quando non ebbe levato anche le federe dei cuscini. Solo allora prese tutto e si guardò attorno, individuando subito ove avrebbe potuto gettarle, un condotto che portava direttamente alla lavanderia. 
Nonostante fosse il suo primo giorno, sapeva cosa fare, l'unico problema che aveva era il capire ove poter trovare il cambio per il letto. Ecco perchè lentamente iniziò ad aprire un cassetto alla volta, leggermente impacciata, richiudendolo immediatamente quando notava che erano i cassetti personali della principessa, da non toccare mai più.
- Non pensavo che ti interessasse tanto frugare tra la mia roba - la voce ironica della regnante la fece sobbalzare e si voltò, di scatto, gli occhi sgranati e il viso rosso. Perchè ogni volta che era in compagnia della regnante lei si ritrovava in una posizione sgradevole? 
- Sai, se apri il prossimo trovi la mia biancheria intima, se ti interessa - la serva abbassò il capo subito, allontanando le mani da quella cassettiera in legno di tasso, lavorato e lucente. 
- Mi scusi, stavo cercando le lenzuola - disse piano, rossa in viso, sentendo i passi attutiti della donna. Era normale che non l'avesse sentita, tutta la stanza era ricoperta da una moquette soffice e chiara, che attutiva i passi d chi vi passava sopra, forse proprio per non creare disturbo alla principessa mentre riposava. 
Tutto li dentro era magnifico ovviamente, dal letto a baldacchino che aveva affianco, ai mobili in legno di tasso, lavorati e lucenti, che avrebbe dovuto lucidare e pulire ogni giorno per impedire alla polvere di renderli opachi. Le pareti erano di un colore intenso, un verde bottiglia, impreziosito con dei decori dorati. Le tende erano dello stesso colore del pavimento, un verde pallido, chiare, per donare lucentezza alla stanza. Infine, al centro della stanza, sul soffitto, c'era un grande lampadario decorato sempre con degli intarsi in oro e pietre preziose che creavano effetti di luce magnifici. Avrebbe osservato quella meraviglia tutto il giorno se non avesse avuto tutti quegli impegni. 
- Sono dentro all'armadio - disse la Principessa, ferendo l'orgoglio della serva che, senza dire nulla, si avvicinò al mobile e aprì le ante pesanti, trovando lì tutte le lenzuola e le coperte. Come iniziare male il primo giorno di lavoro, eh? Si, si sentiva mortificata, sicuramente l'avrebbero licenziata. Forse era fatalista, ma odiava sentirsi..incapace ed inetta, soprattutto di fronte ad un'altra persona.
Velocemente tornò al letto e iniziò a preparare il letto in un rigoroso silenzio, lisciando ogni piegatura, iniziando ad imbandire il letto strato dopo strato mentre sentiva lo sguardo della Principessa su di se. Doveva ammettere che, ogni volta, si sentiva in soggezione, era..imbarazzante. Cosa c'era di tanto interessante nel guardarla lavorare? 
- Come al solito non sei una grande chiacchierona eh? Guarda che puoi rilassarti qui, sei in camera mia, nessuno ti vede o ti sente - le parole della donna la sorpresero, eppure continuò con il suo lavoro, non capiva se la Principessa si divertisse a riprenderla ogni volta che ne aveva l'occasione. 
- Sto rifacendo il letto - si limitò a dire, sentendo chiaramente uno sbuffo provenire dalle labbra della principessa che ricordava carnose e sempre incurvate in un sorriso divertito, per lo meno quando si rivolgeva con quel tono alle persone. Per il resto le era sempre sembrata molto..distante e triste. Ma era una sua impressione.
- Si, me ne ero accorta. Ma non scappa via, puoi anche voltarti, guardarmi in faccia e sorridermi, dandomi il buongiorno, chiedendomi come sto o come ho dormito, e poi rispondere quando porrò io a te queste domande - tali parole bloccarono la giovane che si fermò per un istante, le mani tese e il ginocchio posato sul grande letto. Si rialzò lentamente, attenta a non fare movimenti troppo bruschi, infine si voltò, ma non rialzò lo sguardo. 
- Non posso. Sono tenuta a stare in silenzio e lavorare senza sosta, mi devo fermare solamente nell'istante in cui ricevo un ordine diretto da voi, Principessa - rispose piano, non voleva offendere la regnate ovviamente, ma non poteva mettersi a chiacchierare del più e del meno solamente perché...beh, non ne sapeva neppure il motivo. Non aveva mai sentito che la Principessa si fosse intrattenuta con qualche altra serva, forse lo tenevano ben celato, ma le risultava difficile da credere dato che erano delle grandi chiacchierone. 
- Mi vuoi costringere a importi una conversazione? Non sarebbe meglio se semplicemente ci intratteniamo in una conversazione come persone normali? - la voce della donna era tranquilla, non c'era rabbia, forse un pizzico di impazienza ma..era strano. 
Alzò lo sguardo, intimidita, senza però guardare direttamente la principessa, quello proprio non riusciva a farlo. 
- Voi non siete una persona normale. Una serva non può parlare liberamente qui dentro, siamo tenute a fare il nostro lavoro, possibilmente in silenzio - disse assertiva, le mani posate sulla gonna che continuava a lisciare in un gesto di nervosismo, se ora il capo maggiordomo fosse entrato sarebbe finita nei guai, non lo capiva? Lei non era libera di fare ciò che desiderava. 
- Ma che vada al diavolo quel bacchettone, pensi che mi interessi? Sono io a comandare qui dentro, se ti dico di parlarmi, vuol dire che puoi farlo e che non finirai nei guai - disse bruscamente, forse aveva ragione da una parte, ma per lei non era facile. Anne non era come le altre che non aspettavano che un pretesto per parlare e fare ciò che volevano, lei voleva soltanto lavorare, era tanto difficile da credere? Non sapeva cosa spingesse la Principessa a comportarsi in quel modo, forse lei era semplicemente l'ennesimo giocattolo anche se mai l'aveva vista prendere in giro qualcuno, eppure ora era incastrata, non poteva fare altro che ubbidire perché, come aveva detto lei, era lei a regnare, lei non era che l'ultima ruota del carro. 
- Buongiorno allora, come sta? Spero abbia dormito bene - disse, rispettando la sua richiesta, stava tenendo anche il viso alto ed era immobile, anche se l'unica cosa che voleva fare era tornare a lavorare. 
Vide con la coda dell'occhio la donna avvicinarsi e andarsi direttamente a sedere sul letto ancora sfatto, facendole uscire un leggero gemito di disapprovazione, non le piaceva lasciare le sue mansioni incompiute. 
- Siediti - le disse semplicemente, ma lei lo prese come un ordine e, lentamente, si accomodò sull'angolo del letto, le mani posate sul proprio grembo, attenta a non pesare troppo su quella superficie fin troppo morbida per essere vera. 
- Sto bene grazie, ho dormito magnificamente. Tu? - Anne non si trovava a suo agio in quella situazione, per nulla, eppure doveva continuare ad assecondarla nonostante il suo pensiero continuasse ad andare a tutte le mansioni che si stava attardando a fare. 
- Bene, grazie - si limitò  a rispondere, senza sapere cos altro aggiungere. Anche se avesse voluto intrattenersi veramente in una conversazione non aveva idea come fare, non lo faceva mai, né con le sue colleghe, né con i propri vicini. Non aveva una vera amica, ma infondo la sua vita non era altro che casa e lavoro, non c'era molto da fare. 
- Non ti piace proprio parlare eh? Sei li che non vedi l'ora di tornare a lavorare, al contrario di tutte le altre che pagherebbero oro per essere al tuo posto. Sei strana - sentenziò la Principessa, non sembrava arrabbiata, stava semplicemente constatando un fatto e sì, aveva decisamente ragione. 
- Mi spiace. Andrò subito a riferie al capo maggiordomo di chiedere un cambio - disse servile, alzandosi lentamente, con grazia, eppure con una certa urgenza. Le spiaceva deludere la Principessa, ma lei non era fatta per quelle cose. 
Era pronta ad uscire, eppure una mano calda si strinse attorno al proprio polso che la fece girare, ritrovandosi così di fronte alla regnate che si era alzata in piedi e ora la sovrastava, tanto vicina da poterne sentire il profumo. 
- No. Resti tu. Non ho voglia di avere delle stupide oche attorno - disse severa, squadrandola quasi fosse offesa anche solo dalla possibilità che lei potesse andarsene. 
- Ma... - sussurrò, quasi basita. Prima le diceva che era diversa, che non era come le altre dato che non cercava un dialogo, e poi non voleva qualcuna che fosse più socievole? Era..incoerente. 
- Niente ma. Resterai qui, se ti farà stare meglio mentre parliamo potrai svolgere i tuoi compiti - disse lasciandole andare la mano, permettendole così di fare un passo indietro, il viso imporporato e il cuore che le batteva all'impazzata nel petto. Non era mai stata tanto vicina alla Principessa ed era stato..assurdo. 
- Va bene, grazie - disse piegandosi appena, facendo alzare al cielo gli occhi della Principessa che andò ad accomodarsi su di una grande e comoda poltrona mentre lei, molto più rilassata, tornava a rifare il letto, un leggero sorriso che però teneva nascosto alla Principessa. 
- Comunque..hai cambiato profumo? - un'altra domanda che riuscì a sorprenderla, Anne non riusciva proprio a capire come ragionasse la Principessa, sicuramente quella era una domanda fuori luogo, che non centrava poi molto con tutto il resto. 
- Si, questa mattina mi hanno dato nuovi prodotti per la pelle e i capelli - disse, senza però voltarsi, continuando a fare il suo lavoro. 
- Beh, torna a quelli di prima. Questi mi danno alla testa, sono troppo forti e se ti avrò in camera tutto il giorno, voglio che profumi come prima - lei si morse il labbro, anche la Principessa preferiva il suo vecchio profumo? Per fortuna non era l'unica, ma dunque perché l'avevano costretta a cambiare? 
- Mi piacerebbe ma... - non terminò la frase, non poteva mettere in cattiva luce ovviamente il capo maggiordomo ma effettivamente era stato lui ad ordinarle di usare quel profumo, perché più consono. 
- Sempre con i tuoi ma. Immagino che quel pezzo di legno te lo abbia ordinato vero? Beh, farò recepire il messaggio, non ti preoccupare. Sai, non mi dispiacerebbe sapere che cosa fate voi serve qui, non ho mai capito come viene gestito tutto..questo - replicò la donna, parlando pacatamente. Davvero non ne sapeva nulla? Ma lei era la regnante, non era lei che decideva il tutto? Ogni sua parola era legge, per lei era sempre stato ovvio che fosse lei a fare le regole ma forse..si sbagliava? 
Finì di preparare quel letto, lisciando anche le ultime pieghe prima di sorridere soddisfatta, era quello che le piaceva, l'ordine. 
Ed era ora di passare lo straccio su tutti i mobili, lucidare e poi pulire le finestre. Avrebbe fatto tutto, e se la Principessa desiderava restare, lei non la poteva cacciare anche se non riusciva a capire come potesse tanto essere interessata a lei. 
- Non dovrebbe sapere ciò che succede qui? - chiese ingenuamente, soprappensiero, mentre si voltava e si avvicinava alla porta che aprì, per recuperare i prodotti per pulire la stanza. Non portò dentro tutto ma semplicemente una bacinella d'acqua già colpa di quel liquido tiepido e i prodotti che le servivano per lucidare, qualche straccio e nulla di più. 
Si avvicinò al primo mobile e, lentamente, prese con delicatezza i soprammobili che spostò accuratamente, così da togliere la polvere prima di lucidare tutti quegli oggetti e rimetterli esattamente nella posizione in cui li aveva trovati, per quello non aveva problemi grazie alla sua memoria fotografica. 
- No - tagliò corto la Principessa con tono duro, cosa che le fece capire di aver parlato troppo. Ovviamente. 
- Non volevo essere invadente, mi spiace - disse semplicemente, non le era sembrava una domanda strana ma forse..forse si era sbagliata. Si voltò appena, intravedendo appena la figura della regnante che stava osservando la finestra, l'espressione dura. Sicuramente aveva esagerato. 
- Si, certo. Ma non sono affari tuoi - disse secca, vedendola alzarsi di colpo. Anne si bloccò, per un istante, prima di affrettarsi e tornare a lavorare mentre sentiva i passi attutiti della donna allontanarsi. Poi sentì i cassetti aprirsi e chiudersi, e solo infine tornò il silenzio. La serva non si azzardò più a parlare, né a voltarsi; continuò in rispettoso silenzio pulire la stanza, attenendo in realtà qualcosa. Non ci era abituata ma dopo tutto quel chiacchierare voleva capire cosa avesse fatto di sbagliato anche se aveva un certo sospetto. 
La stanza rimase ancora a lungo nel silenzio più totale e soltanto dopo svariati minuti, nel mentre lei era passata a pulire altro, sentì la porta della stanza aprirsi e poi chiudersi con un colpo talmente forte che la fece sobbalzare ed irrigidire. 
Finalmente permise ai suoi polmoni di respirare normalmente, nell'attesa di qualcosa lei aveva cercato anche di respirare il meno possibile, quasi temendo una sfuriata dalla Principessa per un respiro troppo rumoroso. Forse aveva funzionato, ma di certo non si era aspettata una reazione del genere. 
Finalmente libera di muoversi più liberamente puntò gli occhi chiari alla porta e la osservò a lungo prima di sentire le proprie spalle abbassarsi, quasi fosse...delusa. Ma si, lo era. Delusa da se stessa perché la Principessa aveva voluto chiacchierare, ma lei, incapace di sostenere una qualsiasi chiacchiera occasionale, era riuscita a renderla nervosa Eppure la giovane l'aveva informata che non era una buona compagnia. 
Si sentiva in colpa, ma non poteva farci molto. Poteva semplicemente..fare il suo lavoro e cercare di rendere la stanza splendente, esattamente come uno specchio. 
* * *

Eccomi qui con il terzo capitolo. Per fortuna sono già scritti e devo solo correggerli XD
Coomunque, che posso dire? Anne non si aspettava quel cambiamento, quella "promozione" a lavoro, mentre la Principessa ne sembra lieta anche se è "leggermente" instabile. Cambia umore molto facilmente ahaha XD
Eeeh, beh, dai, non saprei davvero che altro dire. Sono esausta, spero soltanto che questa storia vi piaccia. Ribadisco, come sempre, è differente dal mio solito genere, è totalmente inventata, è un mondo diverso da quello "normale" e dunque mi perdo un po' di più sulle descrizioni XD
Dunque, se vi è piaciuta, se c'è qualcosa che non vi convinta, qualsiasi cosa..recensitela pure, a me ovviamente farebbe molto piacere =)
Alla prossima - che sperò non sarà tra troppo dato che inizio a lavorare e non so se riuscirò a pubblicare, ma mi impegnerò - 

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Capitolo 4
*** Forse è arrivato il tempo di cambiare; ***


La Principessa si rendeva perfettamente conto di non essere una persona semplice da gestire. Ma del resto lei non si era mai ritrovata interessata ad interagire con qualcuno, ed ora che lo stava facendo, non aveva idea di cosa fare, o come comportarsi. 
Perché poi, continuava a chiedersi, lo stava facendo? Quella serva chiaramente non desiderava intrattenersi con lei, sembrava essere interessata soltanto a portare a termine il suo compito, esattamente come avrebbero dovuto fare tutte. 
Eppure era proprio quella diversità, quella particolarità che la invogliava a chiacchierare con quella serva, non tanto perché avesse voglia di parlare effettivamente con qualcuno, ma per passare il suo tempo con qualcuno di diverso. Odiava tutti gli altri, quel mondo fatto di ipocrisia era un qualcosa che odiava, immensamente. Era per quello che amava generalmente stare fuori, a combattere, piuttosto che dentro a palazzo, tra tutti quei nobili rompi palle. 
Molti pensavano che lei detenesse, di fatto, il potere e sì, tecnicamente lei aveva la possibilità di cambiare le cose ma..non le andava. Avrebbe potuto fare molti cambiamenti li dentro, cacciare chi le dava particolarmente noia - ovvero tutti - e magari dare maggior libertà a chi non ne aveva abbastanza ma...no, non lo aveva mai fatto e non voleva farlo. 
Non voleva ritrovarsi con una manica di nobili che si lamentavano perché lei vietava loro l'accesso al suo palazzo, non le andava di rifare da capo quelle regole non scritte ma che tutti conoscevano a menadito. Era da secoli che i nobili praticamente convivevano con i regnanti, era normale tenere il palazzo aperto ai più ricchi. Anche sua sorella, per quei pochi mesi che aveva regnato con saggezza e abilità, non si era mai lamentata di tutta quella gentaglia. E ogni volta che le aveva chiesto perché sopportasse tutti quegli emeriti idioti, le aveva semplicemente detto che, così, almeno poteva ricavare il denaro necessario per mantenere il resto della popolazione.
Lei sì che era stata un ottima regnante. Una combattente, eppure una perfetta nobildonna, giusta e leale. Lei invece? L'aveva sostituita già da svariati anni e...non aveva combinato niente, se non portare alla vittoria il proprio regno. Ma da quel giorno, nonostante tutto, la crisi sembrava crescere sempre più e lei non sapeva cosa fare. 
Ma no, tutto sommato..per la prima volta qualcosa lo aveva fatto. Per lei. Assurdo ma lo aveva davvero fatto.
Era stata propria, infatti, la decisione di far "avanzare" di livello la serva, permettendole così di lavorare solo ed unicamente nella propria camera. 
In quei giorni l'aveva osservata, da lontano, notando quanto fosse efficiente eppure tanto silenziosa. Non era una scansafatiche come molti, le altre generalmente lavoravano lentamente o comunque si perdevano via in sciocche chiacchiere tra loro. Lei no. 
Aveva però notato un'altra cosa della rossa che da qualche tempo studiava. Si comportava in quel modo solamente quando era c'era qualcuno nelle vicinanze, altrimenti la domestica era solita canticchiare con le labbra serrate qualche melodia leggera, tanto delicata che più di una volta si era incantata a lungo nell'ascoltarla, celata nell'ombra. Cosa che non aveva mai fatto. Era una ragazza particolare, che nonostante tutto, non sembrava interessata a dialogare con lei, anzi, la propria presenza sembrava metterla a disagio, cosa a cui non era minimamente abituata dato che li dentro tutti sembravano agognare anche solo una sua piccola attenzione. Forse era stato proprio quello a spingerla a farla lavorare nella propria stanza, sapeva che così sarebbero state sole e se avesse desiderato, avrebbe potuto cercare di capire qualcosa di più sul suo conto. Con quel rompi palle del maggiordomo era praticamente impossibile, non capiva proprio perché dovesse starle tanto appresso. 
La regnante non si fidava di lui, c'era qualcosa che non le piaceva nello sguardo di quell'uomo, lo trovava viscido e tremendamente disgustoso anche se, in realtà, non era che una sensazione. Ma generalmente lei non si sbagliava mai. 
Nonostante tutto però, per quanto desiderasse un futuro migliore per il suo stato, nonostante desiderasse sapere ciò che accadesse un po' ovunque, non riusciva a mettere la testa a posto, prendendo così le redini del proprio stato. Non lo aveva mai fatto da quando era salita al trono, ed era anche per quello che si era irrigidita quando la serva le aveva chiesto innocentemente se avesse avuto idea di cosa accadeva almeno all'interno delle mura del proprio palazzo. 
Sephira non ne aveva la più pallida idea, aveva lasciato tutto nelle mani dei suoi sottoposti, certa che facessero il loro lavoro, del resto non aveva mai notato qualcosa che non andasse all'interno di quelle mura. Sapeva che fuori la situazione era..particolare, non era semplice, la sua gente stava vivendo una grande crisi ma lei non sapeva neppure come risolverla. Politica, economia..erano parole che non esistevano veramente nel suo vocabolario. 
E poi si fidava di chi lavorava per lei: era certa che, semplicemente, Alkator, l'uomo che si occupava della tesoreria e delle principali faccende dello stato, facesse quello che doveva essere il bene per tutta la popolazione. 
Lei era una guerriera, una combattente, non voleva sedersi su di un trono o essere obbligata dietro ad una scrivania a leggere stupide carte, noiose e che neppure le interessavano. 
Era un comportamento sbagliato per una regnante, ma lei stava affrontando tutto quello in quel modo. 
Non si pentiva però di essersene andata, lasciando la donna al suo lavoro, si era innervosita e non voleva..aggredirla ancora una volta. Lei era instabile, era meglio che si bloccasse prima di fare qualche disastro. Stranamente..desiderava veramente conoscere la rossa, era interessante. Certo, trovava snervante il modo quasi maniacale in cui rispettava le regole, ma non era forse proprio quello che l'aveva attirata all'inizio? 
Scosse il capo e impugnò il fucile, stringendolo delicatamente tra le dita, il capo inclinato, un occhio chiuso mentre mirava la statua che aveva di fronte a sé. Era un bersaglio piccolo, in movimento, lontano, ma lei non avrebbe avuto problemi a colpirlo. Prese un respiro e premette il grilletto, centrando la testa della statua, con un colpo suo. Centro perfetto. Eppure non si fermò, no. Continuò a sparare, ripetutamente, concentrata, sino a quando l'oggetto non fu completamente distrutto.
Era arrivata da qualche ora nella sua personale armeria privata che si era fatta fare su misura per sé. I soldati avevano il loro luogo ove allenarsi, mentre lei aveva preferito farsi costruire quella parte dedicata soltanto alla sua persona, così da non disturbare nessuno quando, nervosa, aveva voglia soltanto di distruggere qualcosa. Esattamente come in quel momento. Lì generalmente passava il suo tempo durante il mese delle piogge, per allenarsi, amava tenersi sempre in forma.
Quello però non era un vero allenamento, a lei piaceva avere più bersagli, destreggiarsi tra la spada e il fucile nello stesso momento perché la coordinazione era tutto per sé. Voleva migliorare i propri tempi, essere più veloce a cambiare arma, ma non in quel momento. Sephira aveva semplicemente avuto bisogno di scaricare la tensione e l'irritazione, svuotando la mente mentre sparava a qualche stupido oggetto. Ed aveva funzionato, come sempre. 
Soffiò sulla canna fumante e mise via il suo fucile, sorridendo soddisfatta. Decisamente stava meglio. Ah, era veramente magnifico, tutto quello la faceva sentire euforica, bene.
Ecco perché delicatamente ripose le sue armi al loro posto prima di stiracchiarsi leggermente, inarcando la schiena all'indietro, gli occhi chiusi. 
Bene, ora che era più tranquilla aveva altro da fare, come trovare quell'idiota. 
Beh, il parlare con Anne l'aveva..incuriosita in parte. Non che ora avesse intenzione di mettersi a dirigere quel posto, ma voleva capirci qualcosa in più. Le sembrava assurdo che avessero imposto alla serva pure il profumo: poteva capire le divise e le regole create proprio per non darle noia o comunque per preservare la loro privacy, ma le sembrava..stupido fissarsi tanto su tali dettagli, insignificanti. E poi, aveva avuto un'altra sensazione. Le era sembrato che la rossa fosse stata quasi..intimorita da quell'uomo. Forse si sbagliava, forse semplicemente era talmente dedita a seguire ciò che le ordinavano che era nella sua natura dato che tutte le altre donne non si comportavano come lei, ma..le sembrava sospetto. Doveva esserci qualcosa sotto no? 
Ma forse era semplicemente paranoica, la mancanza della guerra si faceva sentire. 
Certo, era felice di averla vinta, anzi, di essere arrivata a quella tanto agognata tregua, ma...le mancava il campo di battaglia, lo sfogarsi contro qualche nemico corazzato e che poteva ucciderla. Si, l'adrenalina che derivava da un combattimento era come una droga a cui non riusciva resistere.  
Eppure ora che ne era stata privata, aveva bisogno di qualche distrazione, voleva aiutare qualcuno. Dunque, per ora, le sue energie si erano concentrate sul maggiordomo dal nome a lei sconosciuto e la serva che ora le stava rassettando la camera. 
Pronta, uscì dalla sala dell'addestramento e si incamminò lungo i corridoio. Ogni qual volta che incontrava qualcuno, una sfilza di complimenti, di avance e di inchini le venivano recapitati con fin troppa insistenza, cosa che le dava ogni volta sui nervi. E poi ci si chiedeva perché era sempre di cattivo umore? Lei non era una grande chiacchierona, era una persona chiusa, un po come Anne, dunque non aveva voglia di sentir tutto quel chiacchiericcio da parte dei nobili. Eppure era impossibile zittirli, doveva soltanto stare in silenzio e lasciar correre, tanto aveva la sua sala per sfogarsi, no?
- Lunga vita alla regina! - le urlò una signorotta all'improvviso, una nobile vestita con un enorme vestito giallo canarino, la gonna e le spalline gonfie come un tacchino, il corpetto talmente stretto che le veniva naturale chiedersi come potesse respirare. 
- Principessa, per me sarebbe un onore poter ricevere un'udienza, sono certo di avere molte idee da proporle per il regno - l'inchino troppo profondo del giovane prestante, gli fece quasi perdere il parrucchino che aveva in testa, cosa che l'aveva fatta quasi scoppiare a ridere. Indossava un vestito color porpora che lo ingrassava terribilmente, i erano calzoni tanto stretti da creare quasi un cuscinetto di grasso ove, tecnicamente, neppure ci sarebbe dovuto essere, e dei guanti terribilmente disgustosi che però, in quel periodo, andavano tanto di moda. 
Le sembrava quasi che facessero la gara a chi si vestisse peggio, ovvero esageratamente gonfi ed esageratamente visibili. In un campo di battaglia sarebbero stati bersagli anche fin troppo semplici da individuare. Che sciocchi.
- Oh, la Principessa! Quant'è bella, quanto mi piacerebbe poter avere anche solo l'onore di essere osservata, o...non sarebbe magnifico se mi tendesse la mano? - il sussurro di una delle cameriere le arrivò forte e chiaro, tanto che si ritrovò a voltarsi ad osservare la mora che, quando notò il proprio sguardo su di sè, si illuminò e si alzò, lisciandosi il vestito, come se avesse sperato in..cosa? Una chiacchierata? Un complimento? Cosa?
Decisamente tutte le altre serve erano differenti da Anne, loro non avevano pudore, non avevano rispetto per le regole, credevano di essere li per poterla distrarre? Lei non aveva tempo per le loro paranoie, per i loro desideri. Lei non voleva proprio sentire tutte quelle chiacchiere che trovava davvero inutili. Almeno la rossa non ci provava spudoratamente con sé, o comunque non tentava di ingraziarsela. 
Si voltò, di scatto, e ricominciò a camminare, continuando ad ignorare il proprio popolo e le loro parole, non lo faceva con cattiveria, ma non le piaceva essere così tanto al centro dell'attenzione. Che cosa ridicola no? Lei, la regnante, che voleva essere..invisibile. Però le sarebbe piaciuto molto.
Ed ecco perché, nel momento in cui poté rinchiudersi dentro il piccolo ufficio di quell'essere, si sentì meglio. Nessuno sguardo, nessuna parola: la pace. 
- Principessa, quale onore. Tre volte in meno di una settimana, a cosa devo l'onore? - chiese diligente il maggiordomo che, accortosi della propria entrata, si alzò e si portò di fronte alla sua piccola scrivania, piegandosi per rispetto. Tutti, alla fine, dovevano farlo. Sempre. E quello..beh, non le dispiaceva. 
Sephira si guardò attorno, senza neppure degnarlo di attenzione all'inizio, limitandosi a notare che la stanza in cui era appena entrata era abbastanza grande e luminosa. I colori erano tenui, nulla di troppo esagerato. Era carica di librerie, eppure sopra non vi erano libri, ma fascicoli e fascicoli, rilegati con cura. Chissà cosa vi era scritto dentro? Forse erano tutti i documenti riguardanti le serve e le loro vere identità? 
Per il resto non c'era molto, era molto ordinata, semplice. Era essenziale, strano dato che tutto dentro al proprio palazzo era..esagerato. Forse anche fin troppo, eppure quando provava anche solo a proporre una piccola riduzione, il suo designer sbiancava e scuoteva il capo, insistendo che dovesse esser ancor più sfarzoso, ancor più esagerato. Ogni volta che lo sentiva urlare per qualche modifica le veniva un gran mal di testa e dunque, pur di non sentirlo, gli dava carta bianca. 
- Curiosità per di più, voglio delle delucidazioni - disse semplicemente, guardandolo negli occhi, andandosi direttamente a sedere sulla sedia mentre l'uomo rimaneva ritto in piedi, il capo chino eppure non tanto quanto le serve che lavoravano li dentro. 
- Ma certamente. Mi dica tutto - disse, e lei annuì. Non avrebbe girato attorno al tutto, le sembrava..inutile. Lei era una tipa diretta, che non amava temporeggiare. Era una guerriera, non era il tipo di donna che cercava di indorare la pillola, non voleva che le mentissero, voleva semplicemente la verità. 
- Voglio capire esattamente come viene gestito qui dentro. Immagino che sia lei ad occuparsi della servitù no? Bene, vorrei capire com'è possibile che le serve che rispettano le regole, siano quasi terrorizzate dal fatto di potervi disubbidire, c'è forse un qualche tipo di punizione di cui non sono a conoscenza? E vorrei capire meglio quali sono le regole di base per tutte loro - disse diretta, e subito notò un leggero sorriso nell'uomo che aveva di fronte. 
- Si, sono io che amministro tutto qui. Assumo e licenzio, do e tolgo incarichi, gestisco le sezioni e mi assicuro che tutto vada per il meglio - disse amabile, voltandosi e andandosi a sedere sulla sua sedia. Posò i gomiti sulla scrivania, lentamente, ed incrociò le dita davanti a sé, lo sguardo puntato al soffitto. Sembrava pensieroso, quasi le sembrava di sentire le rotelle del suo cervello girare, incastrarsi tra loro. Era un uomo intelligente, doveva esserlo per essere lì, a dirigere tutta quella sezione. Chissà chi lo aveva scelto? Lei non di certo. 
- Non ci sono molte serve che..come dice lei, hanno questa insensata paura. Tutte le donne che lavorano qui, lo fanno per mantenere il palazzo in ottime condizioni. E' raro che qualche inserviente che lavora da tanto qui dentro venga licenziato. Come deve aver notato, la maggior parte delle ragazze che lavora tra queste mura, sono molto rilassate, tranquille. - iniziò, pacato, abbassando finalmente lo sguardo, senza però incrociare direttamente il proprio. Senza il suo consenso, in realtà, nessuno poteva guardarla direttamente negli occhi. - C'è chi dedica anima e corpo nel proprio lavoro, chi non vuole perderlo, e dunque teme di poterlo perdere magari perché, essenzialmente, ne ha fortemente bisogno. Del resto, esistono molte persone insicure al mondo, Principessa - la sua voce era molto tranquilla, sembrava quasi essersi studiato il discorso a lungo, conscio che lei sarebbe arrivata, un giorno. Possibile? Beh, non era il tipo di persona che scartava ogni opzione, e dato che lei non si fidava di lui, era quasi del tutto certa che lui sì, si fosse preparato quel discorso anticipatamente. - Non pensa invece che l'atteggiamento di determinate ragazze sia..esagerato? Forse non sono tutte le serve che sbagliano, forse è soltanto una. No, mi scusi, alcune giusto? Perché non stiamo parlando di una certa serva, deduco - insinuò, sorridendole ammagliante, impedendole di ribattere grazie ad una logica..beh, inattaccabile. 
Aveva ragione in realtà, nessuna, tra tutte quelle ragazze, sembrava così timorosa di perdere il lavoro eppure Anne..le sembrava veramente troppo intimorita. Non capiva perché si fosse tanto fissata con quella rossa, forse proprio perché vedeva in quella persona una creatura da proteggere? Lei era fatta per quello, combattere e proteggere la gente, e ora che non aveva veramente nulla da fare..magari si era fatta trascinare da tutto quello proprio per quel motivo.
- Non ci sono mai state minacce, al massimo richiami. Nulla di più - concluse, tornando ad osservarla negli occhi per qualche istante prima di tornare ad abbassare leggermente lo sguardo dato che neppure lui poteva permettersi di osservarla negli occhi, non direttamente. Chiaramente l'uomo aveva capito che stava parlando della rossa, non era uno stupido, e nonostante tutto, non le piacque il modo in cui si rivolse a lei. Eppure poteva forse dirgli qualcosa? Lui aveva ragione tutto sommato, lei non aveva sentito nulla dalle altre ragazze, non si era mai accorta di qualche problema tra la propria servitù. Nessuno si era mai lamentato, neppure Anne, in realtà, lo aveva fatto direttamente. Non poteva insinuare davvero niente. Ma quello immaginava che le ragazze non potessero farlo, no? Se avessero avuto il diritto di lamentarsi, magari molte avrebbero fatto notare qualcosa di sbagliato in quella amministrazione. Ma, al momento, non poteva provare nulla.
- Ed infine, le regole base. Ce n'è una che si erige tra tutte. La perfezione. Non deve esserci nulla fuori posto perché sarebbe incredibilmente antiestetico, non crede? Ecco perché le divise devono sempre essere in odine, ecco perché i capelli sono sempre raccolti accuratamente. Inoltre, di fondamentale importanza, è l'anonimato. Nessuno deve conoscere la vera identità delle serve, soltanto tra di loro possono stare senza maschera, ma non hanno la concessione di chiacchierare e raccontarsi fatti personali, non vogliamo cameratismo - se doveva essere sincera, trovava il capo maggiordomo fin troppo fissato, davvero. Era esagerato. Lei non credeva che servisse tutto quel lavoro per rendere la sua casa perfetta, non era di vitale importanza, a cosa serviva? Lei non aveva mai cercato la perfezione, conscia che non esistesse in realtà, ma dentro il palazzo sembrava tanto importante. Ma importante per chi? Chi sentiva la necessità di ritrovarsi in un luogo apparentemente perfetto? 
Lei non ne sentiva il bisogno, a lei non piaceva. Eppure li dentro tutti sembravano felici. 
Poteva starci per l'anonimato, o per lo meno lo immaginava. Beh, sicuramente Anne era felice di quella regola dato che sembrava irrigidirsi sempre ogni qual volta che si cercasse di sviare il discorso su altro, al di fuori del lavoro del palazzo. Anche se Anne non sembrava apprezzare proprio niente, quello era il problema. Quale era la verità? C'era davvero un problema di fondo? 
Se lei pensava alle serve che lavoravano all'interno di quelle alte mura, con tutte quelle regole che dovevano seguire, non sembravano infelici, o comunque frustrate. Loro sembravano allegre, quasi felici. Anche Anne non sembrava disprezzarlo, anzi, le piaceva rendere perfetto ciò che aveva attorno. E tutti gli altri, i nobili, i domestici di grado superiore, sua sorella..tutti sembravano apprezzare quell'aria di perfezione che aleggiava lì dentro, dunque, riflettendoci, valeva davvero la pena modificare qualcosa? 
- Però se qualcosa non andasse bene alle serve, non hanno la possibilità di lamentarsi, no? - chiese, alla fine lei era arrivata sin li per quale motivo? Perché aveva notato il forte disagio di Anne nel disubbidire. Al solo pensiero di andare contro ad una regola, o provare anche solo a parlare con lei..beh, le era sembrata parecchio intimorita. 
Lui si sistemò maggiormente sulla sedia, rizzando la schiena, le mani ben posate sulla scrivania in mogano, impettito, come sempre. Aveva bisogno di sciogliersi, anche lui era vestito fin troppo..bene. Non esagerato, come gli altri, aveva addosso soltanto una giacca scura, una camicia chiara e dei pantaloni dello stesso colore della giacca, ma..sembrava così impettito con quegli indumenti. 
- Ovvio che no. Sarò chiaro con lei Principessa. Chi lavora qui, fin dal primo giorno conosce le regole. Chi non le rispetta, viene licenziato. Sanno quali sono i canoni che noi cerchiamo, ciò che noi vogliamo. E se io ritengo giusto che venga imposto un certo rigore, se io desidero che una di loro faccia determinate cose, devono essere rispettate le mie richieste, altrimenti non ho alcun problema a sostituire chi di dovere - disse semplicemente. Dunque..era così. Era per quello che Anne si comportava in quel modo? Necessitava davvero così tanto di avere quel lavoro? Era soltanto per quello che non si lasciava andare come le altre? 
Semplicemente lei doveva ubbidire, nulla di più. E dunque..sapendo quali fossero le regole, si sentiva a disagio. Doveva essere così.
Eppure lei era la Principessa, lei era al di sopra di tutto. 
- E se a me desse fastidio qualcosa? - chiese, incrociando le gambe, nella voce una chiara sfida.
- Lei è la Principessa, ogni suo ordine non può essere negato. Le mie regole possono essere messe da parte, senza però eccedere troppo - disse, semplicemente. Alla Principessa, in realtà, quelle parole sembrarono più una sfida che altro: quel tono..non le piaceva. Non poteva eccedere? Era una cosa ridicola. Se lei voleva una cosa, doveva ottenerla no? 
Si alzò, di scatto, innervosita e lo stesso fece il maggiordomo che si piegò in segno di rispetto. Lei si limitò a voltarsi e ad aprire la porta della stanza prima di tornare a squadrarlo, per bene, per un ultima volta. Come al solito voleva andarsene. Voleva soltanto tirare un pugno a quell'essere che sembrava credersi chissà chi. Anche lui era sostituibile, forse non lo credeva possibile? Se solo lei avesse avuto voglia di mettersi di impegno, lo avrebbe cacciato, eppure sapeva che avrebbe dovuto giustificare quella decisione. Peccato che, in quel momento però, non ne aveva una veramente tangibile, non poteva iniziare a licenziare la gente perché gli stava sulle palle. Dunque, come sempre, era meglio andarsene prima di fare qualche disastro. Era pessima quando si trattava di dover parlare, discutere. Tutti vi avevano rinunciato oramai.
- Mi da fastidio il profumo che indossa la nuova serva, voglio che sia lei a decidere qualcosa di più sobrio - disse freddamente, incazzata. 
- Va bene, sarà fatto - rispose lui con voce vellutata, infastidendola soltanto. Eppure Sephira non aggiunse altro, altrimenti era certa che lo avrebbe ucciso all'istante, dunque si limitò a varcare a grandi passi la porta, chiudendola dietro di sé, ripercorrendo a ritroso il lungo corridoio immacolato che qualche serva stava pulendo. Era diretta verso la sua camera, un'idea in testa. 
Lei aveva diritto di far fare a chiunque ciò che voleva. Sapeva che Anne non poteva risponderle in modo negativo, se lei avesse voluto qualcosa. Poteva tentare di dissuaderla, ma neppure troppo, non le era permesso. Ogni sua parola era legge no? 
Sorrise a quell'idea, e in breve arrivò nella propria camera. 
Erano passate molte ore, si domandava se fosse ancora lì. Ma era sciocco chiederselo, la risposta era scontata. Infatti, una volta entrata, vide la rossa ancora li, piegata a terra mentre lucidava il pavimento del bagno. Da dove era lei in quel momento, riusciva a scorgere la porta del bagno spalancata, la giovane serva china, lo sguardo concentrato, e ancora una volta quella leggera melodia che usciva da quelle belle labbra schiuse, dolce e delicata. 
Sapeva che era folle, non aveva neppure senso "accanirsi" contro quella poveretta, forse non era neppure giusto, ma aveva una sensazione, un presentimento. Voleva a tutti i costi conoscerla, capirla, e si, farla aprire. Oh, era la persona errata in realtà dato che generalmente non dava confidenza a nessuno, ma forse semplicemente le sembrava di essere, a modo suo, tanto simile alla serva. Anche lei era dedita al suo lavoro, era dedita alla guerra e alla difesa del proprio popolo, e anche lei tendeva a concentrarsi e a non lasciarsi distrarre da futili chiacchiere. Forse non le stava veramente portando rispetto, ma in quel momento si sentiva egoista. Lei..lo era. Se lo meritava! Aveva salvato dagli invasori, dalle ombre, il regno. Si era sacrificata per permettere alla propria gente di vivere relativamente bene. Sapeva che la minaccia ancora incombeva, se ripensava a quel giorno...ancora si sentiva travolta dalle emozioni, da ciò che provava, ma era proprio per quello che si stava allenando ancor più duramente. Non poteva permettere che il regno venisse conquistato, divorato da quegli esseri terribili, privi di corpo, che portavano solamente distruzione. 
E dunque, dopo tanti allenamenti, non era forse giusto che lei facesse qualcosa anche per se? Quella serva ne sarebbe dovuta essere solamente felice. Certo, nessuno ancora sapeva che il regno era ancora in pericolo, ma ci stava lavorando. Si meritava una pausa. 
Si avvicinò alla donna, lentamente, tranquillamente, senza preoccuparsi di fare troppo rumore. E infatti ben presto la serva si accorse della propria presenza e si alzò in piedi, piegandosi delicatamente, restando immobile in quella posizione. Decisamente doveva schiudere quel tenero bocciolo di rosa, voleva vederlo fiorire e soltanto per sé, voleva avere una persona con cui poter parlare, disinteressata, e per nulla bramosa di avere qualcosa in cambio dalla propria persona. 
- Salve, ben tornata. Ho quasi finito con il bagno. Poi, se non ha bisogno di altro, avrei finito per oggi - disse gentile, forse leggermente titubante, e la Principessa era certa che il motivo fosse per quella mattina. 
- In realtà no, non credo tu abbia finito per oggi - disse tranquillamente, posandosi sullo stipite della porta, osservando il dubbio che si formò sulla fronte della giovane. 
- Ho dimenticato qualcosa? - chiese docilmente, osservandosi attorno, eppure Sephira non disse nulla, si limitò ad osservarla, con un grande sorriso sulle labbra. Già si stava immaginando l'espressione della donna per le sue prossime parole, e si, già ne stava godendo. 
- No. Ma resterai qui qualche ora extra in cui parleremo, e mi dirai qualcosa di te. Come ti avevo chiesto qualche giorno fa - disse quasi soave, ghignando dall'espressione incredula e forse anche leggermente contrita della giovane. 
Eppure prima che potesse aprir bocca, la fulminò con lo sguardo, la mano alta per bloccare ogni sua parola. 
- Ed è un ordine - sentenziò semplicemente, infine, lasciando così morire ogni speranza alla giovane di andarsene. 
Sarebbe rimasta, perché lei glielo ordinava. 
* * *

Ed eccomi qui, di nuovo! 
Che dire? E' tardi, sono stanca, ho lavorato un casino dunque spero vivamente di averlo corretto decentemente questo capitolo XD Se non capite qualcosa..perdonatemi! 
Beh, qui diciamo che non c'è un vero e proprio rapporto tra Sephira e Anne, infatti è concentrato maggiormente sulla Principessa e su quel che pensa, su come vive. E si conosce un pochino di più il capo maggiordomo XD
Spero il capitolo comunque vi piaccia, non saprei che altro dire, sono in coma. 
Come sempre mi piacerebbe sapere che ne pensiate, almeno per capire se la storia vi piace o meno. E'..boh, diverso dal mio solito genere, ma forse questo continuo a ripeterlo ahaha XD
Dunque, senza rompere troppo con queste note inutili...beh, alla prossima! 

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Capitolo 5
*** Una giornata che si prospetta a dir poco infinita; ***


Una giornata che si prospetta a dir poco infinita;

Anne guardò la Principessa dritto negli occhi forse per la prima volta in tutta la sua vita. La guardò e si ritrovò paralizzata, senza sapere cosa fare.
Restare.....
Lei non voleva restare. 
Non poteva farlo. Il solo pensiero le faceva venire i brividi lungo il corpo.
Già le sembrava strano che la regnante desiderasse proprio lei per parlare, ma...no, non era quello il problema principale. Anne doveva tornare a casa per lei, per Selina, non poteva lasciarla sola. Era abituata a vederla rincasare all'incirca ad un certo orario, non osava neppure immaginare cosa avrebbe fatto se non l'avesse vista tornare.
Eppure non poteva neppure rifiutare, quello era un ordine, chiaro e preciso, e lei non poteva di fatto disubbidire. 
Certo, esisteva un'altra regola che le impediva di parlare praticamente con chiunque, soprattutto con le personalità di spicco all'interno del palazzo, dunque non avrebbe potuto parlare con lei. Quindi di fatto lei non aveva la possibilità di restare con lei se avesse dovuto seguire il regolamento...soltanto che quella regola non scritta non valeva se la Principessa in persona le ordinava di restare. 
Abbassò lo sguardo, sconfitta in partenza, lei non sapeva neppure di cosa avrebbero potuto discutere. Quando lo avevano fatto quella stessa mattina aveva finito con l'infastidire la regnante che era sparita per tutto il giorno, forse credeva che sarebbe andata in modo differente? Lei non ne era certa, eppure non aveva l'occasione di dire nulla, non poteva tirarsi indietro, ne era conscia. Magari avrebbe fatto tutto la donna, magari aveva semplicemente voglia di sfogarsi con qualcuno e trovava in lei un'ascoltatrice perfetta? No, impossibile dato che le aveva appena detto che doveva dirle qualcosa sulla propria persona. L'idea la metteva in soggezione, non amava particolarmente parlare di sé, eppure la donna la stava obbligando. 
- Come desidera - sussurrò, demoralizzata, raccogliendo lo straccio e il secchio colmo d'acqua, così da portarli fuori. 
Passò accanto alla donna, silente, ripensando al suo volto, a quando l'aveva guardata dritto negli occhi. Quel sorriso..l'aveva spiazzata. Oh, ce lo aveva impresso a fuoco nella memoria, non aveva mai visto la regina sorridere, anche se forse non lo poteva veramente definire tale. Le labbra incurvate in quel modo le risultavano maggiormente più simili ad un ghigno: la Principessa sembrava saper di aver vinto ancor prima di far partire la battaglia, e forse era quella la cosa che maggiormente l'atterriva. 
Aprì la porta della stanza e svuotò il secchio lungo un tubo che sarebbe arrivato direttamente all'esterno, prima di riporre tutto con cura nell'armadietto antico, in legno, messo apposta per i prodotti che servivano per la stanza della regnante. Era posizionato poco distante dalla camera da letto, così da poter avere tutto sotto mano. Ovviamente era elegante come tutto  il resto, doveva apparire quanto meno perfetto alla vista, non doveva essere un elemento di disturbo come i mobili in ferro che si trovavano nei loro spogliatoi. 
Lo chiuse accuratamente prima di tornare indietro, chiudendo la porta, rimanendovi però davanti, senza sapere veramente cosa fare. Si sentiva estremamente a disagio. 
- Accomodati pure sulla poltrona - le disse la donna, facendola annuire. Avrebbe preferito la sedia in legno, ma in quel momento non voleva irritare la Principessa e dunque avrebbe fatto tutto ciò che le avrebbe chiesto. Si avvicinò e con grazia si sedette sul bordo, le gambe unite, strette e piegate leggermente di lato, le mani accuratamente posate sul proprio grembo e la schiena rigida. In realtà, in un primo momento, la serva si sentì leggermente spiazzata dalla morbidezza del cuscino, le sembrava di sprofondare in una nuvola leggera. E la stoffa era talmente pregiata che la pelle a contatto direttamente con essa era pervasa da brividi, le sembrava di essere carezzata da una mano di bambino da quanto soffice fosse il tessuto. 
Lei, a casa propria, non aveva cose del genere. Le sedie erano dure, fatte in paglia, e anche il letto era fatto dello stesso materiale. Non era comodo, non se provava a paragonarlo a quello della regnante, eppure le piaceva, la faceva semplicemente sentire a casa. Era una persona semplice che non aveva bisogno di tutte quelle comodità. Le sarebbe piaciuto vivere in quella stanza? Forse, ma non si poneva davvero il problema, non sarebbe mai accaduto, dunque era felice di quel che aveva. Almeno aveva un tetto sopra la testa e delle coperte che la scaldavano durante la notte. Molti non si potevano permettere neppure quello. 
- Come siamo rigide! Rilassati, vuoi andarti a cambiare? - le chiese con un pizzico di ironia, facendole scuotere però il capo con vigore. No, non si sarebbe mai cambiata, si sarebbe solamente sentita denigrata. Le stoffe dell'abito che in quel momento aveva addosso erano pregiate, erano meravigliose e sempre perfette; i suoi vestiti al contrario erano stracci se paragonati ad essi. 
Era arrivata con un maglione grosso, fatto a mano, di colore verde, con qualche buco sulle maniche che mai era riuscita a rammendare dato le giornate piene. 
Sulle gambe invece si era messa dei pantaloni grezzi, in tessuto scuro, che grattavano parecchio. Non erano neppure puliti. I suoi vestiti, per quanto li lavasse, non avrebbero mai potuto prendere il profumo della biancheria di corte: in confronto lei puzzava se si fosse avvicinata alla regnante senza prima farsi la doccia e senza essersi cambiata. 
- No, va bene così - disse, senza guardare la donna. Si stava sforzando di essere educata, di non sembrare...agitata, ma lo era perché non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva cosa fare e voleva tornare soltanto a casa. 
- Ma ti sto così antipatica? Non che mi interessi, ma mi infastidisce il fatto che sembra quasi che per te sia una tortura restare qui con me - ancora quel tono infastidito che fece agitare ancor di più la serva che scosse il capo, mordicchiandosi leggermente il labbro. Oh, la Principessa non riusciva a capire, ma probabilmente non poteva veramente farlo. 
Non era come le altre ragazze, Anne, oltre ad essere più responsabile e matura, non era una grande chiacchierona. 
- Non mi potreste mai stare antipatica. Non amo semplicemente rincasare troppo tardi - quella non era tutta la verità, ma non le avrebbe mai potuto parlare di Selina, sarebbe stato troppo intimo. Non avevano quel rapporto, e sinceramente dubitava pure che alla regnante potesse interessare cosa o chi l'aspettasse a casa.
- In questo caso allora ti farò riaccompagnare, ho molti mezzi di trasporto che potranno riportarti a casa in pochissimo tempo - la giovane sgranò gli occhi e scosse il capo agitata, assolutamente no! 
- Non ne ho bisogno, sono in grado di tornare a casa mia da sola - forse era stata troppo dura e secca, eppure l'idea che qualcuno potesse anche solo scortarla a casa non le piaceva. Certo, il tempo non era dei migliori, la pioggia cadeva ancora forte, creando un sonoro ticchettio contro il vetro, eppure non voleva l'aiuto di nessuno. Soprattutto perché non voleva che qualcuno del palazzo sapesse ove abitava. Dubitava che a qualcuno potesse davvero interessare, ma lei nonostante tutto preferiva mantenere una certa privacy, anche su un dettaglio che molte avrebbero ritenuto insignificante. 
Anne si aspettò una sfuriata da parte della donna, eppure l'unica cosa che uscì dalle labbra della regnante fu una sonora risata, divertita. 
- Sei testarda, forse quanto me serva. Bisogna sempre ricordarti le regole per farti fare le cose, è assurdo - disse ridendo ancora, lasciando leggermente spiazzata l'inserviente che non fece altro che..arrossire. Sapeva di essere testarda su certe cose, quando decideva di fare qualcosa nessuno poteva chiederle di fermarsi, eppure era allo stesso tempo molto ubbidiente: quando si trattava di lavoro lasciava semplicemente che le cose accadessero, anche se non le andavano a genio. Ma del resto, se si fosse anche solo permessa di lamentarsi, l'avrebbero cacciata. 
- Ma non parliamo di queste cose, parliamo di te. Su, raccontami qualcosa - le disse, semplicemente, come se potesse essere una cosa..semplice o normale. 
Forse lo era in realtà, Anne si stava immaginando tutte le sue colleghe che avrebbero pagato oro per essere al suo posto. Loro amavano parlare, spifferare quel che era la loro vita, ma lei non era così. 
Non era un fattore di timidezza, bensì di riservatezza. Alla giovane piacevano le regole del palazzo tutto sommato, almeno così se qualcuna tentava di chiederle qualcosa poteva appellarsi a quelle. Ma in quel momento sapeva di non poterlo fare, altrimenti la Principessa le avrebbe ordinato chiaramente di parlare. Inoltre dubitava che la Principessa Sephira potesse comprendere a pieno il suo forte disagio in quella situazione. Quelle non erano cose che accadevano tutti i giorni, non alle serve come lei. Loro erano abituate ad essere relativamente ignorate e alla rossa andava benissimo, dunque era normale, per lo meno sotto il suo personale punto di vista, ritrovarsi così tanto intimorita dalla situazione.
- Senza mancarle di rispetto, non saprei cosa raccontarle - disse veritiera: la propria vita non era entusiasmante, non accadeva nulla di interessante. Si alzava, mangiava, andava al castello per fare il proprio lavoro e poi rincasava. Nulla di più. 
- Oh, suvvia, qualcosa ci sarà. Come ad esempio....cosa fai a casa? O qualche tuo hobby? Partiamo da cose non troppo intime, non voglio sapere tutta la tua vita - il tono della donna sembrava conciliante, cercava di spingerla a parlare, cercava di essere più gentile forse. E si, forse quelle parole l'aiutarono un pochino a rilassarsi, tanto che la rossa abbozzò un lieve sorriso e le sue spalle si sciolsero giusto un poco. Non doveva parlare della propria vita intima, privata, e le andava benissimo. Non voleva parlarle di Selina, o della sua vita. 
Anche se..beh, a quella domanda non poteva che rispondere in un modo.
- Nulla Principessa. Mangio, pulisco quel poco che riesco e poi mi riposo - le spiegò, gentile, senza però guardarla. Anne non aveva hobby, forse ne aveva avuti da bambina ma..quel periodo era così confuso...così lontano...
La sua vita era talmente frenetica, talmente piena che no, non aveva la forza di pensare al suo passato o a quelli che erano stati i suoi divertimenti un tempo. 
- E nei giorni di riposo? Mica pulirai casa tutto il giorno no? - la giovane abbozzò un sorriso triste sentendo la voce ironica della Principessa, ritrovandosi a scuotere appena il capo. 
- Io non ho giorni di riposo. Preferisco lavorare tutti i giorni - Anne spostò lo sguardo verso la finestra, così da poter guardare fuori, osservando la pioggia che cadeva forte, il cielo di tanto in tanto illuminato da qualche lampo sporadico. Lei non poteva permettersi il giorno di riposo, decisamente. Ma Anne non voleva che la Principessa provasse pietà per sé, cosa che accadeva generalmente con gli altri quando scoprivano i propri ritmi lavorativi. 
Più volte le proprie compagne l'avevano spinta a prendersene uno, del resto tutte le serve ne avevano il diritto, soltanto che lei preferiva lavorare sempre. Non lo faceva tanto perché volesse stare fuori di casa, di tanto in tanto le sarebbe piaciuto poter stare un  po' con Selina ma..almeno così veniva pagata un pochino di più rispetto le altre. 
La Principessa, però, non fece a tempo a dirle nulla, dato che, ad un tratto, vennero interrotte, facendo tirare un sospiro di sollievo alla rossa. Si era risparmiata una spiegazione almeno su quell'argomento, un piccola vittoria a suo favore. 
Non appena bussarono alla porta, infatti, la giovane scattò in piedi e andò ad aprirla, diligente, facendo sbuffare appena la Principessa. Eppure lei non le presto molta attenzione, limitandosi ad osservare la propria collega che la stava guardando con fare curioso. Beh, tutte sapevano che il proprio turno, ora, finiva molto prima di tutte le altre, eppure Anne era ancora li, nella camera della Principessa, con la sovrana presente tra l'altro. Non era una cosa che accadeva molto spesso. 
- Scusate se vi disturbo ma dovevo consegnare una cosa ad Anne, se non le da fastidio - la sua compare si piegò di fronte alla Principessa, e, quest'ultima, si limitò a fare un cenno con la mano, leggero.
- Fate pure - disse soltanto, distogliendo l'attenzione dalle due. Eppure Anne si era incuriosita, ecco perché guardò la ragazza con il capo leggermente inclinato, lo sguardo che sosteneva la più piccola delle serve. 
- Ecco, questo è per te. Sei stata...richiesta - l'ultima parola fu sussurrata talmente lievemente che pochi l'avrebbero udita...eppure Anne capì immediatamente di cosa stesse parlando. 
Sbiancò leggermente e guardò titubante quel piccolo pezzo di carta che la serva teneva in mano, che le stava tendendo e che lei non aveva il coraggio di afferrare. 
Senza dire nulla fece un passo in avanti e socchiuse la porta dietro di sé, così da avere qualche istante di privacy. 
Nessuno doveva sapere di quella cosa, non sapeva se la Principessa fosse al corrente di quel che accadeva, non sapeva se fosse a conoscenza di quel divertimento dei nobili, ma una delle regole di quel "gioco" era che nessuno doveva farne parola con nessun altro. 
Deglutì con forza, guardando Jani negli occhi anche se in realtà non riusciva ad intravederli per via della maschera che la piccola portava. Anche lei, nonostante fosse più piccola di parecchi anni, era stata da poco introdotta a quel gioco, e sapeva che la biondina stava comprendendo il disagio che Anne provava.  
- Mi spiace, so quanto lo odi - le sussurrò, cercando di confortarla con quelle poche parole. Tutte, del resto, sapevano che era una cosa che non sopportava, che le causava un forte moto di disgusto e che, se avesse avuto la possibilità di rifiutare, vi avrebbe fatto volentieri a meno. Non che fossero in molte ad apprezzare quel maledetto gioco, anzi quel...come poteva definirlo? Lavoro extra? 
Certo, con ciò che le chiedevano di fare poteva guadagnarci qualche spicciolo in più, ma anche se non fosse stato così, non poteva tirarsi indietro. L'essere serva comportava dover fare di tutto, senza mai tirarsi indietro. 
Abbozzò un lieve sorriso alla compagna e prese il foglietto, la mano tremante, stringendolo tra le dita prima di sbirciare e notare che l'appuntamento era stato fissato per la sera del giorno seguente. Avrebbe tardato nuovamente a casa. Altra cosa negativa. 
Quegli "appuntamenti" del resto non le portavano via ore di lavoro, no, le portavano via le ore libere ove avrebbe potuto fare altro. Come, ad esempio, tornare a casa. Generalmente, le prime volte, aveva provato a restare a palazzo dopo il suo "appuntamento" serale dato che ne era uscita sempre distrutta, esausta. Alla fine però aveva capito che, nonostante tutto quello la facesse rincasare ad un orario indecente, preferiva tornare nel proprio letto, al sicuro, lontana da quelle mura che non facevano che ricordarle quel che era appena avvenuto. 
- Grazie, sei stata gentile a consegnarmelo - si limitò a dirle, che altro poteva fare? Nulla, il solo pensiero che la sera successiva sarebbe stata rinchiusa per delle ore in una stanza ancor più piccola e angusta di quella della Principessa le metteva agitazione. Lo odiava. 
- Sai, l'ultima volta non è stato male. E..alla fine passerà in fretta il tempo - disse Janni, provando probabilmente a tirarle su il morale, e lei apprezzava la cortesia, ma sapeva che era una fandonia. Quelle ore passavano con estrema lentezza, e quando ne usciva si sentiva talmente nauseata che aveva soltanto voglia di farsi una doccia lunga ore ed ore. 
- Si, hai ragione. Grazie - mentì, abbozzando un nuovo sorriso prima di voltarsi e rientrare nella camera da letto della Principessa, il foglietto già nascosto nella tasca che c'era sotto il grembiule. 
Si ritrovò però sorpresa nel ritrovarsi la regina di fronte, a pochi passi da sé, le braccia conserte e il volto inespressivo: nessuna emozione traspariva da quei bei tratti regali. 
- Cos'è successo? - le chiese soltanto, le braccia incrociate al petto, attendendo una spiegazione. Anne, se doveva essere sincera, anche se non ci fosse stata la regola del "non parlare", mai ne avrebbe fatto parola ad anima viva. Neppure a casa sua, Selina, sapeva ciò che succedeva con esattezza all'interno di quelle mura: lei teneva gelosamente per sé i ricordi che, per via di quella maledizione, ogni volta restavano impressi a vivo nella propria testa, facendole rivivere quelle scene orribili durante la notte, sconvolgendola e facendola svegliare tremante e con l'orribile sensazione di essere ancora lì dentro. Non riusciva a togliersi dalla testa neppure l'odore di quella stanza, era un profumo particolare eppure troppo forte, intenso, che la nauseava. 
- Nulla, mi hanno informato che domani sera sono stata assegnata anche ad un'altra mansione - disse conciliante, sorridendo alla Principessa che però non si mosse. 
- E credi che io me la beva? Allora perché tutta questa segretezza? Che lavoro è? - chiese duramente, facendo un passo verso di sé. Sembrava ancora una volta infastidita dalla propria riservatezza, ma Anne era certa che, in quell'occasione, mai le avrebbe rivelato quello che doveva fare. Neppure se glielo avesse ordinato. Non si sarebbe umiliata tanto. 
- Non è stata una questione di segretezza Principessa, certe cose non possiamo discuterle di fronte a voi - cercò di rabbonirla, mentendole. Non le piaceva farlo in realtà, però non voleva rivelarle quel che doveva fare. Non voleva che la donna scoprisse che anche lei facesse parte di quel gioco, che anche lei fosse obbligata a fare quelle cose. Non aveva idea se la regnante di tanto in tanto anche lei richiedesse qualche ragazza, o qualche ragazzo, ma..non gliene avrebbe parlato. E poi, in parte, quello che le aveva detto era la verità: quelle questioni non potevano essere discusse davanti a nessuno, neppure ad altre serve. 
- Bene, allora mi dirai dov'è e cosa farai - Anne in realtà non capiva, perché si stava tanto impuntando su quella faccenda? Non capiva che lei non ne voleva parlare? Non ne poteva parlare! Neppure con lei che era la Principessa! Non lo capiva che certe cose non potevano essere semplicemente dette?
- Devo pulire le celle - si inventò prontamente, senza battere ciglio. Era certa di essere stata convincente, almeno così, forse, le avrebbe dato tregua. Temeva però che non sarebbe stato così semplice.
- Le celle?? Starai scherzando vero? Tu laggiù non ci vai, nessuno dovrebbe andarci, li si tengono i prigionieri di guerra, e sono pericolosi - quell'affermazione, in parte, sorprese la giovane dai capelli rossi, tanto che sgranò gli occhi e alzò leggermente il capo verso la donna: si stava davvero preoccupando per sé? Era strano, non era abituata a tutte quelle attenzioni e preoccupazioni, e se doveva essere sincera, ammetteva che era dolce da parte della regnante, eppure...lei non poteva fare proprio niente per sé. 
- Non si deve preoccupare, siamo scortate dai soldati, non corriamo pericoli - rincarò la dose, nella speranza di una resa da parte della regnante, certa però che non sarebbe avvenuta e, infatti...
- Bene, allora verrò anche io. Quand'è? - le chiese, ma la serva scosse il capo, senza neppure guardare la Principessa negli occhi. 
- Lei ha i suoi impegni, non può seguire me perché vado nelle celle, altrimenti dovrebbe farlo con tutte, non crede? - chiese, diretta, e la sua frase fece ammutolire la regnante che, infatti, non replicò. 
Scese il silenzio tra loro e per molto nessuna delle due lo riempì. Anne era ancora di fronte alla porta, si era posata con la schiena, senza sapere cos'altro fare, mentre la Principessa si era lentamente allontanata e si era andata a stendere sul letto, come se lei non ci fosse stata. Era decisamente il momento di ritornare a casa. Forse,l'aveva fatta arrabbiare nuovamente, ma non poteva sapere tutto sulla propria vita, non poteva costringerla davvero a rivelare anche quello. 
- Ora vado a casa se per lei non è un problema - disse, gentile, ma la regnante ancora non le diede alcun cenno di vita, rimase con gli occhi chiusi e il braccio posato sopra quelle gemme bicolore che affascinavano tutti lì dentro. 
- Principessa? - chiese, titubante, e questa alzò la mano, facendolo intuire che si, era libera di andarsene. Tirò un sospiro di sollievo e si chinò, per salutare la regnante anche se non la poteva vedere. 
- Grazie, buonanotte - le augurò prima di uscire e incamminarsi verso lo spogliatoio, con una certa fretta. Voleva tornare a casa, era in ritardo di più di due ore, e non era riuscita ad avvisare Selina, chissà come aveva reagito! 
Sospirò e aprì la porta dello spogliatoio: a quell'ora non c'era più nessuno dato che le cameriere del turno diurno erano a casa da un pezzo, mentre quelle che lavoravano durante la notte erano già in giro, a pulire, a rammendare e a tenere in ordine la casa. Il loro era un lavoro duro, eppure a lei non era mai pesato. Quasi le piaceva.
Velocemente si sfilò la divisa e la appese con grande cura, lisciandola più volte prima di mettere via anche la maschera. Sbatté un paio di volte le palpebre, accecata quasi dalla luce dato che, per quanto potesse essere utile, quel mezzo per celare la loro identità le oscurava in parte la vista. Era come se avesse avuto perennemente di fronte agli occhi un velo più scuro che lei privava così di godersi a pieno la bellezza dei colori che vi erano a palazzo. Forse lo facevano apposta, forse volevano impedir loro di perdersi troppo dietro alla magnificenza del cavallo. Un po' come i paraocchi dei cavalli: le volevano mantenere attente sul loro percorso, sui loro lavori.  
Si rimise i suoi abiti, vecchi ma caldi, e si strinse nel cappotto prima di uscire dalla porta di servizio, stanca ed esausta. Finalmente poteva rincasare, anche se il viaggio non sarebbe stato breve o piacevole.
Fuori sembrava piovere sempre di più, per non parlare del gelo che diveniva sempre più persistente. Quel tempo durava talmente poco, eppure in quei trenta giorni l'aria si raffreddava talmente tanto che era facile ammalarsi. Tutti dovevano prestare molta attenzione e coprirsi, nessuno poteva permettersi di ammalarsi, soprattutto chi doveva lavorare dentro il Palazzo. Non vi erano i permessi di malattia, nessuno poteva stare a casa perché raffreddato o malato, si rischiava soltanto di essere sbattuti fuori. Non potevano fermarsi, mai.  
La pioggia incombeva su di sé, la voglia di ritornare al caldo era forte, e sì, se non fosse stato per Selina probabilmente avrebbe dormito lì quella notte, ma dato che non poteva lasciarla a casa da sola, si fece coraggio e iniziò a correre, sotto la pioggia insistente. 
Il vento le sferzava il viso, le raffreddava le gote, il naso che perdeva sempre più velocemente la sensibilità. Quanto faceva freddo! Eppure non poteva neppure pensarci, doveva soltanto pensare al caldo della propria casa. 
Superò i cancelli, e continuò la sua corsa, rallentando leggermente dato che, più stava sotto quella pioggia incessante, più sentiva i suoi arti irrigidirsi. Le gambe urlavano quasi per lo sforzo che stava obbligando loro di compiere, e le dita le facevano male da quanto freddo stava provando. Pioggia e vento non erano mai una buona accoppiata, eppure non le aveva mai provate di notte. 
Generalmente, quando tornava a casa, il sole stava tramontando e dunque le temperature non erano tanto basse come in quel momento. La notte invece, in quel momento, era inoltrata, e dunque l'aria non era tiepida, bensì ghiacciata. 
Arrivò con il fiatone a casa, e non appena varcò la porta in legno, si sentì leggermente meglio. 
Si richiuse la porta dietro di sé e si concesse due secondi per permettere al proprio corpo di adattarsi alla nuova temperatura: non era caldo come a palazzo, ma, nonostante le infiltrazioni, si stava meglio rispetto all'esterno. Molto meglio. Almeno non entrava il vento gelido del Nord.
Per evitare di bagnare il pavimento, Anne si levò i vestiti come tutte le sere di fronte alla porta e li gettò in una tinozza in legno piena d'acqua che preparava personalmente la mattina, prima di partire, per la sera. Avrebbe lasciato ammorbidire e profumare leggermente gli indumenti bagnati assieme agli altri capi per un poco prima di strizzarli e metterli ad asciugare di fronte al fuoco in cucina. 
La cucina era la stanza più calda grazie ai fornelli sempre accesi: non avevano un caminetto ove potersi rannicchiare in quelle serate gelide, ma andava bene così. 
Una volta che i vestiti furono gettati nell'acqua accanto alla porta, si slegò i lunghi capelli rossi e afferrò il grande asciugamano che appendeva sempre assieme ai vestiti per la sera e li frizionò come meglio poté prima di afferrare la maglietta a maniche lunghe, il maglione e i pantaloni che indossò velocemente, sfregandosi successivamente le mani per ridar loro un poco di sensibilità mentre si incamminava verso la cucina. 
Come al solito Selina era lì, immobile, di fronte ai fornelli. Spesso Anne si chiedeva se passava veramente tutto il giorno li davanti. Essendo sempre a lavoro, senza mai un giorno di vacanza, non aveva idea di cosa facesse durante la giornata. Immaginava però che si, Selina restasse sempre lì davanti, cosa positiva in realtà. Almeno sapeva che era al sicuro e, soprattutto, al caldo. Forse non era una cosa normale, ma..lo trovava in parte rassicurante che lei stesse a casa, non voleva che uscisse da sola.
Certo, non era una cosa che aveva sempre fatto, c'era stato un tempo in cui la giovane era stata diversa. Prima che Anne si fosse ritrovata costretta a trovare un lavoro per mantenere entrambe, Selina era differente, più aperta, sorrideva sempre ed era una grande chiacchierona. Ma le cose erano cambiate, improvvisamente, in quel giorno di tanti anni prima quando le loro vite avevano preso una svolta terribile, e inaspettata, ritrovandosi sole e senza sapere cosa fare. 
Ma quei ricordi..non voleva rievocarli: il passato faceva male, e rimembrandolo, non avrebbe cambiato quello che era il presente. Non voleva pensare ai tempi in cui era una ragazza spensierata come molte altrimenti il dolore al petto che tentava la maggior parte del tempo di soffocare sarebbe riapparso, e lei non voleva provarlo ancora. Preferiva tenerlo rinchiuso in un cassetto del proprio cuore. 
Si avvicinò alla ragazza e le posò le mani delicatamente sulle spalle, sporgendosi appena per carezzare la sua guancia con le proprie labbra in un fugace bacio, dolce e premuroso. 
- Sei in ritardo - disse la donna con aria distante, senza neppure voltarsi, continuando semplicemente a mescolare con il suo grande mestolo in legno bruciato quel brodo che sobbolliva tutto il giorno. 
- Mi spiace, mi hanno trattenuta. E anche domani sera torno tardi - l'avvisò gentile, carezzandole quelle lunghe fronde vivide, pettinandogliele appena con le dita affinché fossero leggermente più ordinate. Da quando era uscita, quella mattina, non era cambiato nulla: Selina era ancora in piedi nella stessa posizione, con la stessa mantella scura che le aveva posato sulle spalle. Quando avrebbe avuto del tempo l'avrebbe aiutata a farsi un bel bagno e magari le avrebbe fatto anche una lunga treccia, come aveva sempre fatto fin da quando era bambina. 
La più piccola non rispose alle proprie parole, si limitò a continuare con il suo "lavoro", ma la rossa non era sorpresa da ciò, vi era abituata al suo perenne silenzio. 
- Hai cenato? - le bastò vedere il lieve cenno del capo di lei per capire che no, non lo aveva fatto. L'aveva aspettata. 
Sorrise a quel pensiero e, con estrema dolcezza, la scostò dai fornelli. Con attenzione la portò a sedersi sulla sedia, doveva stare attenta, lei non amava essere separata dalla sua postazione, era..come un porto sicuro. Non ne capiva il motivo, aveva pure provato a chiedere ad un vecchio amico di famiglia che faceva il dottore se avesse una spiegazione ma nulla, non era riuscito a capirvi nulla. Le aveva proposto di portarla in un centro di accoglienza e lasciarla li, ma oltre a non avere i soldi, mai si sarebbe separata da lei. 
Il solo pensiero di vivere la propria vita senza Selina le faceva venire l'angoscia: le piaceva tornare a casa e vederla, le faceva bene. Era soltanto per lei che si stava tanto impegnando, era soltanto per lei che andava avanti, altrimenti avrebbe ceduto molto tempo prima. Il peso della responsabilità gravava sulle proprie spalle, ma non le faceva male, al contrario l'aiutava a continuare ad andare avanti. Dunque mai e poi mai si sarebbe separata dalla giovane donna, forse non era più come un tempo, ma non l'avrebbe eliminata soltanto per vivere una vita più rilassata, per avere una casa più grande o trovarsi un marito. Lei stava bene con lei, erano loro due contro tutto il mondo. 
Selina si lasciò andare sulla sedia e si sedette con ben poca grazia, eppure rimase immobile, in attesa, le mani sul grembo. Doveva avere tanta fame per non ribellarsi come generalmente faceva e per questo si sentì in colpa. L'aveva attesa, nonostante tutto quello che le dicevano gli altri, Selina ci teneva ancora a sé, tanto da arrivare ad aspettarla per mangiare. Era una cosa da poco forse, ma per lei era una cosa importantissima, le faceva capire che l'affetto della più piccola non era sparito, era sempre lì, soltanto che glielo dimostrava in modo differente. 
Per la sera successiva avrebbe domandavo all'anziana vicina di farla cenare, così da non farla preoccupare troppo. 
Nonostante fosse stanca, preparò il tavolo velocemente mettendo di fronte a Selina e al proprio posto un cucchiaio, un tovagliolo e un bicchiere. Poi prese delle piccole ciotole malandate e le riempì con la zuppa di erbe fumante, servendole per prima alla giovane e soltanto successivamente a sé stessa. 
Spense il fuoco con un piccolo cilindro in metallo che sembrava quasi risucchiare la fiamma, e, soltanto dopo che fu sicura di averlo spento completamente si accomodò e prese il cucchiaio. 
- Buon appetito - sorrise e subito assaggiò la zuppa. Per quanto poco, Selina era un ottima cuoca. Era in grado di rendere saporite anche quelle erbe insipide e amare che comprava al mercato la mattina presto o la sera prima di tornare. 
Non potevano permettersi la carne, o i dolci, ma ogni volta che si procurava qualche ingrediente per la più piccola, lei riusciva sempre a trasformarlo in un delizioso pasto caldo. Sarebbe stata un'ottima cuoca se non fosse accaduto tutto quello, ne era certa. 
Mangiò in silenzio, sentendosi sempre meglio, il corpo che lentamente riprendeva calore, così come le sue gote che, nel giro di pochi istante, tornarono del loro roseo colorito. Il calore del pasto la stava aiutando a riprendersi, e una volta che ebbe finito, si leccò le labbra, non ancora del tutto sazia. Ma non fece il bis, e neppure Selina. 
Si versò un bicchiere d'acqua dalla brocca e ne bevve un piccolo sorso prima di rialzarsi e lavare tutto. Per lei era così ogni giorno, Anne non si fermava mai, poteva riposare solamente di notte, ma generalmente anche dunque il sonno non riusciva a fermare mai il cervello, tutte le immagini immagazzinate durante il giorno la tormentavano durante i suoi sogni e dunque riposava male. Ma non si lamentava, era già grata di poter dormire qualche ora, non come molte delle altre serve che spesso, per sopravvivere, dovevano fare turni di ventiquattr'ore. 
Prese poi Selina per mano, e dolcemente l'accompagnò in camera da letto, ove l'aiutò a cambiarsi e a mettersi sotto le lenzuola. La maggiore guardava il viso della più piccola, vuoto, apatico, gli occhi nocciola lontani e inespressivi che guardavano un punto dietro le proprie spalle. Si domandava spesso in che mondo fosse, almeno li era felice? Se lo augurava vivamente. 
La coprì attentamente con le coperte, e le carezzò i capelli prima di posare un bacio sulla sua fronte, gli occhi chiusi, l'animo in tumulto. Le sembrava quasi di tornare indietro, quando la metteva a letto tanti anni prima, ma non perché non ne fosse in grado, ma per semplice affetto, semplicemente perché aveva voglia di fare qualcosa di carino per lei. E poi c'erano tutte quelle notti di cui custodiva gelosamente il ricordo in cui la più piccola si alzava e la raggiungeva sotto le coperte, soltanto per stringerla e accoccolarsi al suo fianco, per tenerle compagnia, o per rassicurarla quando il temporale diveniva più forte. 
E ora? Dove era sparita quella magnifica persona che tanto aveva amato? A volte la vita era ingiusta..perché era accaduto a Selina? Lei era sempre stata così gioiosa..era sempre stata la più vivace e allegra tra le due, mai si sarebbe aspettata un cambiamento simile. 
Ma tutti, del resto, reagivano ai lutti in modo differente. 
- Buonanotte Selina, ti voglio bene - le sussurrò all'orecchio prima di alzarsi e uscire dalla piccola cameretta che chiuse, così da non farla raffreddare troppo. Le aveva lasciato ovviamente la stanza più calda: era la più piccola piccola e, grazie a ciò, si scaldava velocemente e si raffreddava con estrema lentezza. Lei invece aveva preso la stanza leggermente più grande e lontana dalla cucina, era fredda, ma dormiva con più coperte per non gelare troppo.  
Prese i panni da stendere, e dopo averli appesi al lungo filo che le passava sopra la testa, si lasciò andare in un sospiro di sollievo. Finalmente la giornata era ufficialmente finta. 
Lentamente si trascinò verso il letto, trascinando appena i piedi, attenta però a non fare troppo rumore per non disturbare l'altra ragazza. 
Aprì la porta della propria stanza e tremò leggermente per il gelo che vi era, ma come sempre non si lamentò e aprì lo scrigno ove prese un nuovo maglione che si mise addosso prima di andarsi a rifugiare velocemente sotto le coperte ruvide e calde. 
Le sembrò di sognare non appena la nuca si posò sul cuscino sottile e, involontariamente, sorrise. La stanza era già immersa nel buio, non avevano una grande illuminazione all'interno della casa, ed era solita usare i lumini per farsi strada nel buio. Cercava di usare la corrente il meno possibile, costava troppo, e non voleva sprecarla inutilmente. 
Anne chiuse gli occhi e si raggomitolò su sé stessa, stringendosi per non provare troppo freddo. Era stata una giornata intensa, e nonostante quel letto non fosse minimamente morbido paragonato anche soltanto al tappeto che la Principessa aveva in camera, lei si addormentò subito, perché non aveva bisogno del lusso per riposarsi, le bastava avere un tetto sopra la testa. 

In realtà, quella notte, si svegliò molte volte. 
Si era alzata più volte durante il corso della nottata per prendere nuove coperte, per mettersi qualcosa di caldo addosso, eppure più si copriva, più sentiva il gelo nelle ossa. Non le era mai capitato, ma attribuì tutto quello al semplice fatto che quella fosse una notte parecchio mite. Era arrivata anche al punto di tornare da Selina per coprirla con nuove coperte dato che temeva che la più piccola prendesse freddo. Eppure lei sembrava stare bene, non tremava sotto le coperte. Anne però aveva preferito aggiungerle qualche coperta lo stesso dato che non voleva rischiare. 
E quando arrivò la mattina, Anne si alzò dal letto alle prime luci dell'alba, ancora stanca e spossata. Generalmente, per quanto poco, dormiva relativamente bene, non era mai tanto esausta. Ma era certa che la colpa fosse del cambiamento avvenuto a palazzo: non era abituata ai nuovi ritmi, era certa che le sarebbero voluti più giorni per abituarsi. Le era successo anche durante i suoi primi giorni di lavoro, tanti anni prima, ove era stata stanca e spossata perché non abituata ai ritmi lavorativi. 
Sapeva che poteva iniziare più tardi e che dunque sarebbe potuta restare a letto ancora a lungo, ma stare a letto in quelle condizioni la faceva stare soltanto peggio. 
Si avvolse nelle coperte e lentamente aprì la porta della sua stanza, trascinandosi verso la cucina. Quella sapeva che sarebbe stata una lunga giornata. Terribile, probabilmente, dato quello che le aspettava la sera, ma non voleva pensarci. Era meglio.
Riaccese i fornelli e scaldò la zuppa della sera prima oltre a mettere a bollire un poco d'acqua per fare del the. Prese del pane vecchio, leggermente ammuffito, e grattò via la leggera muffa verde che si era formata, prima di metterlo a scaldare in una piccola piastra, così da renderlo caldo e croccante. In realtà quella mattina non avrebbe mangiato, non aveva fame, stava preparando tutto per Selina. 
Si sarebbe limitata a bere del the al momento; avrebbe mangiato qualcosa di più sostanzioso a palazzo nel momento in cui le fosse tornato l'appetito dato che li le davano sempre un pranzo abbondante, così da dar loro le energie necessarie per finire la giornata.
Si andò a sedere sulla sedia mentre aspettava che la colazione fosse pronta, e chiuse gli occhi per qualche istante, così da poter riposare qualche altro minuto. Aveva proprio voglia di continuare a dormire. 
Rimase immobile, assopita per chissà quanto tempo, prima di sentire un forte rumore che la fece sobbalzare sulla sedia. 
Aprì gli occhi di scatto e si guardò attorno, e sorpresa, ritrovandosi Selina accanto mentre le serviva la colazione. 
- Da quanto sei qui? - chiese stupita, senza però ritrovare lo sguardo della giovane che continuava a guardare altrove. 
- Da un po' - le disse semplicemente, sedendosi ed iniziando a mangiare in silenzio. La rossa la guardò a lungo pensierosa: non si era resa conto di essere crollata sul tavolo e chissà quanto aveva dormito. Chissà da quanto la più piccola era sveglia!
Alzò lo sguardo sull'orologio, constatando che, fortunatamente, non era ancora in ritardo. Ma se non si fosse sbrigata, sarebbero stati guai. Ecco perché soffiò sopra il the caldo e bevve velocemente ciò che vi era nella tazza, scottandosi leggermente la lingua nel finire il liquido ambrato.
- Mi preparo e vado che è tardi. Stasera torno tardi, non serve che mi aspetti per la cena - le disse dolcemente, carezzandole le ciocche chiare prima di andare nella piccola anticamera della casa ove teneva la bacinella d'acqua, così da potersi cambiare con una nuova maglia calda ed un paio di pantaloni larghi e lisi. Non aveva neppure guardato cosa aveva preso, ma in quel momento non aveva voglia di cercare qualcosa di decente da indossare, nessuno l'avrebbe vista. 
Si mise il cappotto, ma prima di uscire prese una piuma vecchia e malandata, così da poter scrivere un biglietto alla vicina. Non c'era scritto nulla di che, le chiedeva semplicemente di tener compagnia alla ragazza sino a quando non fosse tornata dato che avrebbe fatto tardi. Sapeva che la donna si sarebbe presa cura della sorella, era sempre molto disponibile, e gliene era davvero grata. Avrebbe dovuto comprarle qualcosa, prima o poi, e lo avrebbe fatto nel momento in cui fosse riuscita a risparmiare tanto da poterla ripagare in qualche modo.  
Uscì di fretta e chiuse la porta dietro di sé, saltando goffamente la ringhiera che la separava dalla vicina. Le infilò la lettera sotto la porta e poi semplicemente si mise a correre sotto la pioggia. 
In realtà sembrava meno forte della sera prima, eppure il vento era forte e le scompigliava i capelli rossi che le ricadevano scompostamente davanti agli occhi, rendendole ancor più difficile capire ove andare. 
Ci mise più del solito a raggiungere il castello, si era ritrovata intralciata dal vento e dalla spossatezza che provava, eppure non si era fermata sino a quando non fu dentro alla stanza ove avrebbe potuto cambiarsi. Era stata dura, ma era arrivata. 
Le ragazze erano già tutte sparite, ma ora che aveva il turno che iniziava un'ora più tardi, sapeva che non doveva preoccuparsi di ciò. Anzi, forse era meglio, così sarebbe rimasta un poco da sola. 
In realtà le mancava, in parte, sentire l'allegro chiacchiericcio delle colleghe, ma da quando era stata "promossa" tutte la guardavano in malo modo, giudicandola quasi con i loro sguardi freddi, glaciali. Anne non ne capiva il motivo, che aveva fatto di male? Nulla, lo sapeva, non si voleva sentire in colpa per un qualcosa che non aveva voluto. Non lo aveva di certo chiesto lei quel cambiamento! Anzi, lo trovava parecchio imbarazzante dato l'atteggiamento della sovrana.
Si spogliò velocemente e appese i vestiti nell'armadietto: sapeva che per la sera si sarebbero asciutti, anche se forse era inutile dato che poi comunque si sarebbero bagnati nuovamente. Ma almeno li avrebbe indossati da asciutti dato che non amava molto la sensazione di bagnato sulla pelle. 
Si diresse verso le docce e prese i flaconi che le aveva "consigliato" Ryasmond, eppure prima che potesse dirigersi verso le docce, una mano calda si posò sulla propria spalla, grande e dalla presa salda che la fece girare senza poi molta gentilezza. 
Si ritrovò così a guardare il capo maggiordomo negli occhi, cosa che la lasciò leggermente perplessa. Ancora? Cosa aveva fatto quel giorno da richiedere una sua seconda visita? Mentre era senza vestiti, tra l'altro. 
- Ben arrivata. Volevo solamente avvisarti che la Principessa non gradisce quelle fragranze, ha detto che puoi utilizzare quelle che preferisci basta che non siano troppo forti - Anne sgranò i grandi occhioni chiari e schiuse le labbra, sorpresa, mal celando probabilmente il proprio stupore per quelle parole. La Principessa aveva fatto quello per lei? Era stata..gentile? Beh, almeno non avrebbe puzzato in modo orrendo per tutta la giornata. Era stata premurosa, o forse neppure tanto. Lo aveva fatto soltanto perché neppure lei apprezzava il profumo scelto dal maggiordomo capo. Se alla Principessa quei profumi fossero piaciuti, probabilmente, non avrebbe potuto cambiarli. Non potevano mai decidere niente da sole, potevano fare soltanto quel che le autorità dicevano loro di fare. 
- Grazie - sussurrò piegandosi, pronta ad andare. Eppure la mano dell'uomo era ancora lì, ferma, che stringeva con forza la pelle diafana e delicata, tanto facile da macchiare con qualche livido violaceo. 
- Vedi di fare qualcosa per la tua faccia, è orribile - la informò freddamente prima di allontanarsi, lasciandola lì, leggermente infreddolita. Si vedeva così tanto che aveva dormito male? Davvero? Sospirò, abbassando appena le spalle, conscia di quel che avrebbe dovuto fare: per quel giorno avrebbe usufruito dei trucchi, anche se odiava utilizzarli.
Scosse il capo e, senza far altro, si diresse semplicemente verso le docce con nuove fragranze, delicate e dal profumo meno persistente. Le piaceva poter tornare, almeno sotto quel punto di vista, alla normalità.
La doccia fu rilassante e in parte l'aiutò a riprendersi. Aveva particolarmente freddo quel giorno, ma l'acqua calda l'aveva subito rinvigorita, donandole calore e vigore.
Una volta che fu uscita, si portò davanti ad uno specchio e fissò il proprio riflesso. Effettivamente, non aveva una bella cera. 
La pelle era più pallida del solito, cosa difficile dato il chiarore del proprio incarnato, per non parlare che il viso non aveva la solita lucentezza, sembrava in qualche modo spento, e così lo erano i capelli. Profonde borse scure le appesantivano lo sguardo, e gli occhi grigi erano particolarmente lucidi e rossi, sembravano quasi rispecchiare la tempesta che imperversava fuori dalle mura. 
Dormire poco le faceva male. Decisamente.
Si voltò leggermente e allungò la mano verso l'armadietto ricolmo di trucchi. Affianco allo specchio, inserito in una grande cassettiera, vi si trovava ogni sorta di trucco, messo appositamente per le serve del palazzo. Quella era una postazione ove ogni serva poteva sedersi e risistemarsi, anche se generalmente veniva utilizzata maggiormente dalle più vanitose. Erano ragazze a suo dire folli, arrivavano ore prime per potersi truccare con quelle pregiate polveri dato che, ovviamente, non se le potevano permettere. Lei non ne capiva veramente il senso, ma lei del resto si truccava soltanto quando era necessario, non sentiva la necessità di farsi bella dato che non credeva minimamente di esserlo. Un po' di rossetto o ombretto non l'avrebbero di certo resa più bella, ne era sicura.  
Prese la polvere più chiara che trovò -  quella che andava bene per il proprio incarnato - , e se la mise sul viso attraverso l'utilizzo di una piuma delicata, cercando così di dare una certa lucentezza alla propria pelle. Prese anche un lucido che le ridiede una leggera vividezza alle labbra screpolate e mise una crema particolare, ricavata direttamente dalle sabbie di un lago molto lontano e difficile da raggiungere, sotto agli occhi, così da poter coprire quelle ombre violacee. In realtà quelle non le avrebbe notate nessuno grazie alla maschera, ma non voleva rischiare. 
Infine, con estrema delicatezza, prese una spazzola e se la passò sulle lunghe ciocche rosse oramai asciutte prima di raccoglierle come faceva sempre. 
Solo allora si guardò interamente allo specchio e..beh, si rese conto che non era poi così brava a truccarsi. Eppure aveva un aspetto leggermente migliore rispetto a poco prima, anche se nessun trucco le avrebbe mai tolto quella spossatezza che il viso mostrava. 
Ma dato che non poteva fare poi molto, si alzò semplicemente e si vestì, infilando per ultima la maschera che come sempre le coprì la visuale. 
Finalmente pronta, ripartì alla volta della stanza della Principessa, il passo lento e delicato, silente. 
Aperta la pesante porta, subito individuò la regnante seduta sulla poltrona mentre leggeva un libro. Anche quel giorno l'avrebbe avuta attorno? Non era certa che fosse una cosa positiva dati i trascorsi del giorno prima, ma non la poteva di certo cacciare no?
- Buongiorno - la salutò, piegandosi profondamente, ignorando la forte voglia di avvicinarsi al letto e riposarsi ancora. In quel momento la giornata le sembrava..infinita. Ce l'avrebbe veramente fatta a fare tutto? Perché in quel momento le sembrava così...difficile e faticoso.  Oh ne aveva davvero troppe da fare e no, non aveva le forze necessarie per portare a termine il tutto. Ma non poteva chiedere un giorno di riposo, per cosa poi? Perché aveva dormito poco? Le avrebbero riso dietro. Doveva semplicemente stringere i denti e sperare che la giornata passasse, velocemente. 
- Ah, buongiorno e ben arrivata - la salutò la donna che alzò appena lo sguardo su di lei prima di tornare a leggere. Anne prese quello come un segnale e senza alcun indugio, recuperò ciò che le serviva per lucidare, per prima cosa. Forse quel giorno non si sarebbe dovuta intrattenere con chiacchiere che la mettevano a disagio? Beh, quello sarebbe stato sicuramente un bel passo in avanti.
Una volta che la tinozza d'acqua e la pezzuola furono pronte, Anne iniziò a lucidare tutti i mobili e soprammobili, esattamente come faceva ogni giorno. Quella era la prima cosa che faceva, poi avrebbe aperto le finestre per arieggiare l'ambiente. Non era l'ideale in realtà farlo con quel tempo, ma per fortuna i tecnici del palazzo avevano inventato un particolare attrezzo che, se acceso, impediva all'acqua di entrare. Era come..una barriera trasparente. Non sapeva come funzionasse, sapeva soltanto che respingeva l'acqua e che soltanto i più abbienti se lo potevano permettere. Ovvero era installato solo lì a palazzo e forse in qualche villa in giro. 
- Com'è andato il rientro? - chiese ad un tratto la regnante, facendola leggermente saltare dalla sorpresa. Erano passati minuti interi in cui la stanza era rimasta completamente nel silenzio più totale, gli unici rumori erano stati quelli della pioggia, del suo sfregare e del movimento delle pagine del libro della Principessa che lentamente voltava. 
Finse però che non fosse accaduto nulla e, tranquillamente, continuò a pulire. 
- Bene, grazie - non era successo nulla, aveva fatto una corsa e si era bagnata come sempre, era rientrata e aveva mangiato. Nulla di strano, o di diverso dal solito. Apparte che non aveva quasi chiuso occhio, ma non le aveva chiesto ciò.
La stanza ripiombò nel silenzio più totale, eppure alla cameriera non infastidiva, anzi! A lei faceva piacere, lavorava meglio quando c'era il silenzio attorno a se. 
Finì ben presto di lucidare i mobili e i soprammobili, passando così alle finestre che per prima cosa passò delicatamente con lo straccio, lucidandole con perozia e attenzione. Soltanto poi si voltò verso la regnante che ancora non si era mossa dalla poltrona, cosa che in parte la metteva in soggezione. 
- Posso aprire o le da fastidio?  - chiese con educazione, e subito la Principessa rispose con un cenno della mano, semplice, d'assenso, e lei dunque si allungò per aprire le grandi vetrate. 
Subito l'aria gelida della mattina entrò nella camera, facendola tremare e venire profondi brividi lungo la schiena. Preferiva decisamente quando le finestre erano chiuse, ma doveva far circolare l'aria per qualche minuto, doveva resistere. 
Evitò di stringersi sulle spalle solamente perché c'era la Principessa, cercò di non far battere i denti gli uni con gli altri per via del gelo, e tornò alle sue mansioni che, per lo meno, l'aiutavano a scaldarsi. Non completamente, ma era meglio di nulla. 
- Freddo oggi. Stai tremando - la voce della Principessa tanto vicina la fece sobbalzare nuovamente e, nel voltarsi, si rese conto che la donna si era alzata con grazia, aveva posato il libro ancora aperto sulla poltrona e si era avvicinata tanto da esserle, ora, a qualche centimetro di distanza. E lei neppure se ne era accorta, cosa ovvia dato che, per via del tappeto, tutti i rumori erano attutiti, e dunque, tra il fischiare del vento e il rombo lontano dei tuoni, era ben difficile sentire qualche fluido e silenzioso passo. 
- S-sto bene - sussurrò, senza riuscire a non far trapelare dalla voce che si, effettivamente, stava gelando. Ma era normale, lei era abituata a coprirsi quando faceva particolarmente freddo: generalmente le serve potevano mettersi una mantella coordinata alla divisa quando dovevano aprire le finestre in tutto il resto del palazzo, ma non le avevano dato nulla da indossare nella camera della Principessa e dunque in quel momento era praticamente svestita. La divisa non era minimamente pesante, dubitava che fossero fatte per essere comode o comunque calde. 
- Vallo a raccontare a qualcun'altra. Perché non ti siedi, non ti copri con questa coperta e ti bevi un bel the caldo con me? - le propose, ma il solo pensare di potersi fermare per..bere del the durante il suo turno di lavoro le faceva accapponare la pelle, e non per il gelo. 
- N-no! Sto bene, tra poco chiudo - disse soltanto, restando però a guardare la Principessa che, senza quasi neppure degnarla d'attenzione, si era avvicinata alle finestre e si era messa a chiuderle, da sola. 
- Tu intanto vai a prendermi del the e dei pasticcini. Due tazze, non pensare di fregarmi - le disse con il sorriso sulle labbra e lei..avvampò. Per quanto poco parlassero, la Principessa sapeva perfettamente come fosse fatta. Beh, non era difficile no? Lei voleva soltanto portare a termine il suo lavoro, mentre la Principessa sembrava far di tutto affinché lei si prendesse del tempo per stare assieme, parlare e...cos'altro? La pagava per fare il proprio lavoro, non per stare sedute assieme a chiacchierare, non lo sapeva?  
- Come desidera - cedette, piegandosi in un profondo inchino prima di uscire dalla porta, ritrovandosi nuovamente immersa nel calore del corridoio. La stanza ora era leggermente più fresca, non ci avrebbe messo molto a scaldarsi, ma era talmente piacevole il calore che le carezzava la pelle in quel momento che rallentò giusto di un poco il passo, camminando lentamente verso le cucine. 
Quelle stanze erano al piano terra. Per raggiungerle doveva attraversare parecchi corridoi poiché la strada diretta, che andava dalla sala da pranzo alle cucine, poteva essere utilizzata soltanto dalle cameriere che portavano il cibo. Il resto delle serve dovevano fare il giro lungo, Anne infatti ci mise parecchi minuti a raggiungerla.
La cucina era ancor più calda del resto del castello. 
I fuochi scoppiettavano allegramente sotto delle grandi pentole e padelle, l'acqua bolliva e creava una leggera condensa fastidiosa che aleggiava per tutta la stanza e, il tavolo, era ricoperto di carni e verdure che venivano minuziosamente tagliate finemente dai garzoni. I cuochi mai e poi mai si sarebbero abbassati a fare quel lavoro, loro creavano prelibate pietanze, non volevano sporcarsi le mani con mansioni del genere. Anche lì dentro c'era una dura gerarchia, glielo aveva rivelato una ragazza che, un giorno, aveva incontrato nello spogliatoio, le dita tutte tagliate e coperte di garze macchiate di sangue. Forse era meglio pulire che stare lì dentro, si stava al caldo e si poteva saggiare tutto quello che preparavano ma..a che prezzo? Erano trattate ancor peggio rispetto alle altre, Anne preferiva il proprio lavoro.
La cucina, comunque, era molto bella sotto il suo punto di vista. Le pareti erano composte da grossi mattoni rossi, cosa che donava alla stanza un'atmosfera rustica che le ricordava quei vecchi ritratti che poteva ammirare in giro per il palazzo. Essi raffiguravano un'epoca differente, più campagnola, più..solare quasi. 
Non che la cucina avesse materiali antichi o comunque una tecnologia obsoleta. Se si guardava attentamente si poteva notare che quello non era che il norplusultra della tecnologia, i macchinari erano all'ultima moda e avevano tanti di quegli accessori che lei non avrebbe neppure saputo da dove iniziare per cucinare un semplice brodo. Eppure, se non ci si concentrava su quei macchinari in ferro, tutto il resto le faceva fare quasi un passo indietro nel tempo, ed era meraviglioso. Non che li avesse vissuti sulla propria pelle quegli anni, ma glieli avevano raccontati, molto spesso, e lei ne era rimasta incantata. Era sicura che avrebbe preferito vivere in un'epoca differente da quella, dominata da vapori nocivi e macchine chiassose. 
Le piaceva stare lì dentro, il calore dei vapori le aveva fatto dimenticare il gelo provato poco prima ma, il profumo del cibo, per quanto buono fosse, le stava soltanto facendo venire una forte nausea.
Ecco perché si sbrigò a chiedere un vassoio con due tazze, una teiera con l'acqua calda, l'infusore del the e dei biscotti. Una volta che ebbe recuperato tutto lo prese in mano e tornò nella camera della Principessa. 
La regnante si era accomodata tranquillamente di fronte al suo scrittoio e, quando la vide, le fece cenno di posare tutto sul comodino. Lentamente la serva si avvicinò al mobiletto e posò il tutto, preparando immediatamente la tazza per la Principessa. 
Socchiuse gli occhi quando sentii la la ceramica preziosa a contatto con la propria pelle: scottava, parecchio, eppure era talmente piacevole che sorrise e si riscaldò per qualche istante le falangi prima di versare l'acqua trasparente nella tazza prima di prendere il piccolo infusore ricolmo di foglie del prezioso the ed immergerlo, così da colorare l'acqua trasparente. 
- Sei testarda come un mulo. Prendi quella tazza e siediti sul letto, forza - le ordinò la Principessa e lei..non poté far altro che sedersi con la tazza fumante tra le dita. 
La guardò leggermente in apprensione mentre la donna, al contrario, sembrava quasi divertita. Perché faceva così? Sapeva che per lei non era gradevole tutto ciò, no? Non lo aveva ancora capito? 
Delicatamente, quando se la ritrovò davanti, le porse la tazza, eppure la Principessa scosse il capo e si piegò sulle ginocchia, osservandola così negli occhi coperti dalla maschera. Era imbarazzante avere la Principessa tanto vicina, e le sue mani calde posate sulle proprie cosce le creavano un forte disagio: erano piacevoli, morbide e delicate, le stava regalando delicate carezze, eppure lei non si sentiva a suo agio. 
- Sei gelida - sussurrò, avvicinando il viso al proprio, lentamente, facendola irrigidire. Non si scansò soltanto perché era la Principessa e le era vietato evitare i contatti se qualcuno li voleva approfondire, eppure Anne si sentiva sempre molto a disagio in quelle situazioni. Odiava essere toccata e, sfortunatamente, le accadeva anche fin troppo spesso.
- E sei pallida - ancora? Il trucco non le aveva coperto a dovere  il leggero pallore che possedeva quella mattina? 
Sospirò delicatamente e abbassò lo sguardo, cercando di non guardare in viso la regnante, cosa difficile dato che le era tanto vicina, tanto da farle battere il cuore all'impazzata nel petto. 
Quasi a rallentatore, la vide allungare la mano, e lei istintivamente chiuse gli occhi, tremando appena. 
In realtà il profumo inebriante della Principessa non le dava il disgusto, era piacevole da avvertire al contrario di quello degli altri, e forse le stava dando leggermente alla testa dato che sentiva un leggero capogiro. Ancor di più desiderò che la donna non si avvicinasse ulteriormente, non  perché le desse fastidio che ora, una delle sue dita, stavano giocando con una delle ciocche rosse lasciate libere per incorniciare il viso, ma perché non aveva idea di cosa fare. Aveva l'istinto a scappare, odiava sentirsi in quel modo, eppure rimase zitta, le mani che avevano iniziato leggermente a tremare. 
- Bevi, così ti riscaldi - quel sussurro sembrò quasi carezzarle il viso e lei, pur di non arrecarle fastidio, si portò alle labbra la pregiata ceramica e bevve un piccolo sorso di the. 
Era...buonissimo. Non aveva mai saggiato nulla di tanto delizioso,ed era così caldo che sentì subito il corpo scaldarsi, lentamente, facendola stare in parte meglio ma, allo stesso tempo, peggio.
Sorso dopo l'altro infatti la serva si sentiva sempre più spossata, sempre più stanca, l'unica cosa che desiderava era mettersi a riposare. 
Finito il liquido ambrato, posò la tazza sulle proprie cosce e si morse il labbro, delicatamente. E ora?
- Ti senti meglio? -  le chiese impacciata la donna, allontanando tutto d'un tratto le mani, permettendole nuovamente di respirare. 
- Si, grazie - mentì spudoratamente, non avvertiva più il gelo nelle ossa quello si, eppure non aveva più la carica per andare avanti. E lei ne aveva bisogno. Avrebbe mangiato soltanto per donarsi energie, e non per semplice fame. 
- Posso tornare a lavorare ora? - chiese attenta a non infastidire la regnante e questa, come risposta, si alzò, semplicemente. 
- Sisi, fai pure. Ora devo uscire, tornerò stasera. Vedi di riprenderti - le disse, voltandosi ed uscendo, sparendo nel nulla, lasciando la donna sola, la tazza in mano e lo sguardo che ora fissava il vuoto. 
La Principessa era rimasta soltanto per assicurarsi che lei stesse bene.
 

* * *

Sono qui di nuovo! Dovevo pubblicare altri capitoli ma sono stanca e un po' malaticcia indi per ora correggo quello che ho e pubblico i capitoli già pronti.
Beh, è leggermente lungo - poco poco eh? - ma è venuto così, spero soltanto di non avervi annoiato.
Con questo capitolo spero abbiate capito qualcosa di più sulla vita di Anne, e probabilmente ho anche messo nuovi punti di domanda, mi diverto a farlo, lo ammetto XD
Sephira, dall'altra parte, si vede che è leggermente preoccupata per lei anche se non glielo dice apertamente. Usa i suoi soliti mezzucci per farle fare le cose, che brava eh? XD
Beh, non so che altro dire, spero che il capitolo vi piaccia, come sempre se mi lasciate le recensioni mi fate sempre piacere =)
Alla prossima =) 

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Capitolo 6
*** Non puoi scappare, non ti permetterò di fare quello che vuoi; ***


Non puoi scappare, non ti permetterò di fare quello che vuoi;


Quella ragazza era cocciuta come un mulo. Sarebbe mai riuscita a capirla? Probabilmente no, per lei era un mistero, ed era frustrante. Non vi era abituata, generalmente capiva fin da subito chi aveva davanti, ma quella ragazza era..un mistero. E poi li qualcosa non le quadrava. 
Quando la sera prima se ne era andata, aveva passato la notte in bianco, a guardare il soffitto. Voleva capirci qualcosa di più su ciò che era accaduto. Non aveva ben chiara la faccenda del pulire le celle. Si, in realtà non le aveva creduto minimamente, ecco perché era rimasta tutta la notte sveglia, cercando così di capire cosa accadesse. Quando poi la mattina era arrivata, si era ritrovata senza nulla in mano, non le era venuto in mente assolutamente nulla. Alla fine che potevano farle fare? 
Inizialmente aveva subito immaginato qualcosa di orribile, ma poi il pensiero era sfumato dalla mente perché si era resa conto che in realtà la serva tendeva a..reagire in modi leggermente esagerati, come le aveva fatto notare il giorno prima il capo cameriere. 
Era una donna strana, e dato che comunque non le era sembrato che le altre cameriere si fossero mai preoccupate quanto lei..aveva supposto, quando si era alzata dal proprio letto, che non era nulla. Eppure era mortalmente curiosa. 
Non si sentiva in realtà stanca nonostante la notte in bianco e dato che non era arrivata ad alcuna conclusione, nel momento in cui era sorto il sole si era alzata, aveva fatto colazione e si era messa a leggere. In realtà aveva tentato di far passare il tempo, così da poter attendere la serva. 
Lei era arrivata in orario, come sempre, soltanto che aveva qualcosa di differente. Non aveva idea cosa, ma se ne era accorta subito.
L'aveva lasciata in pace sino a quando non l'aveva vista tremare, letteralmente, per via dell'aria fredda che entrava. Lei non provava tanto il freddo, ma era molto più vestita della giovane che, al contrario, non aveva nulla che si potesse definire di caldo, o coprente. Si domandava perché anche con quelle temperature quelle ragazze girassero mezze svestite, non aveva senso, eppure nessuna se ne lamentava. 
Alla fine, comunque, Sephira si era ritrovata costretta a ordinarle di bere quel the dato che, come sempre, la giovane si era rifiutata di fermarsi. Era testarda, davvero troppo, ma ce l'aveva fatta e dunque era riuscita ad andarsene senza più doversene preoccupare. Si, di fatto era rimasta in camera soltanto per controllare come stava la giovane prima di iniziare quella che sarebbe stata lunga e noiosissima giornata, già lo sapeva. 
Durante la mattinata aveva un udienza con il popolo organizzata dal suo vice. Non aveva neppure idea di cosa avrebbero discusso, ma non le andava. Trovava quelle cose estremamente noiose, non era quel tipo di persona. Sua sorella, oramai defunta da un po’, lei sì che era brava in quelle cose. Ah, quanto le mancava! Ma nulla gliel’avrebbe portata indietro, dunque non poteva far altro che provarci. Probabilmente la stava deludendo, ma lei, tutto sommato, ci stava provando, non era quello l’importante?
Sfortunatamente, la propria giornata non sarebbe finita con quell’evento. Infatti doveva pensare al suo futuro matrimonio dato che le avevano fissato un appuntamento con l'organizzatore della cerimonia. Non lo aveva deciso lei, ovviamente, lei proprio non voleva quella maledetta unione. Ma almeno così avrebbe potuto dire la sua, era l’unico motivo per cui non aveva deciso di saltare quell’incombenza. Non aveva neppure mai visto quello smidollato, non lo avrebbe sposato così, su due piedi. Ne avevano di tempo! Dunque avrebbe parlato per bene a tutti, e dato che era la Principessa, non le avrebbero detto di no. 
Per fortuna nel pomeriggio aveva qualche ora libera, e dunque si sarebbe rilassata. 
Per l'occasione aveva indossato un paio di pantaloni eleganti, neri. Degli alti stivali bianchi con un piccolo accenno di tacchi le arrivavano a metà coscia, erano in pelle, caldi e resistenti. Erano decorati in oro con dei piccoli disegni raffiguranti fiori probabilmente, lei non aveva guardato così attentamente. Non era lei di fatto che sceglieva il proprio abbigliamento, si limitava ad approvare quello che le proponevano, nulla di più. 
Sopra indossava un corpetto rosso, in velluto. Data l'occasione, sapeva che doveva vestirsi in modo consono, e i vestiti militari non erano ammessi a quelle riunioni. Per quell’occasione, in realtà, avrebbe dovuto indossare l’abito adatto per l'occasione, che avevano disegnato apposta per lei, ma lei odiava indossare gonne, preferiva evitarle sempre, ecco perché aveva cercato di crearsi un look tutto suo, tanto nessuno poteva rimproverarla. E dunque no, non lo avrebbe indossato. Neppure al suo matrimonio probabilmente avrebbe indossato un vestito! 
Il corpetto riprendeva i disegni floreali degli stivali, solamente che le linee erano più sottili. Lo aveva legato sul davanti e la giacca scura sopra le copriva le spalle, affinché non girasse mezza nuda per palazzo. Odiava vestirsi in quel modo, non si sentiva così a suo agio, ma per lo meno non era costretta a mettersi quei vestiti ridicoli che generalmente avrebbero cercato di farle mettere e che a corte andavano tanto di moda. Lei non era quel tipo di donna, preferiva la comodità all'eleganza, le sembrava logico. Lei era una guerriera, sarebbe stato ridicolo se si fosse presentata al campo di battaglia con una sottana e un corpetto che le mozzava il fiato no? Sua sorella aveva sempre indossato quegli indumenti femminili, ma la più grande era sempre stata più femminile di lei. Di fatto, Magnolia, era sempre stata l’unione perfetta tra se stessa e la loro sorellina più piccola. Femminile ma, allo stesso tempo, un’ottima guerriera. 
Si incamminò per i corridoi vuoti, tutti sembravano essere spariti, e fu bello in realtà poter camminare tranquillamente senza avere troppi occhi su di sé. Ma ben presto se li ritrovò tutti davanti, dentro la stanza del trono. 
Era una stanza molto grande, al suo interno ci sarebbero potute stare più di un centinaio di persone. 
Le pareti erano alte e dai colori chiari, leggeri. Le grande vetrate davano sul giardino sul retro, eppure mai nessuno si affacciava per guardare il panorama perché, esattamente di fronte alle vetrate, c'era il proprio trono. Grande, imponente e appariscente: tutti preferivano guardare lei seduta su tutto quello sfarzo che ammirare la bellezza della natura che aveva dietro alle spalle.
Di fronte a sé c'era un lungo tappeto rosso che la portava direttamente alla piccola alzata, il trono spiccava al centro di tutto e sembrava veramente imponente. Le persone si erano disposte ai lati del tappeto, in piedi, e sembravano eccitate, neppure fosse stata una celebrità. Eppure lì lo era, tutti volevano parlarle, volevano avere udienza con la Principessa. Sephira, però, non dava mai soddisfazione a nessuno, si limitava a fare il minimo indispensabile e così doveva andare bene a tutti. 
Non appena varcò il grande portone, le guardie si irrigidirono e la loro mano si allungò sopra il capo, salutandola. Fu il segnale per tutti di fare silenzio, e infatti il chiacchiericcio fastidioso cessò immediatamente, portando con se però sguardi anche fin troppo invadenti.
La giovane regnante, sospirò piano, e lentamente avanzò tra la gente, andandosi ad accomodare al proprio posto, le gambe incrociate, il gomito piegato e la testa posata con fare annoiato sulla mano.
- Iniziamo - disse con uno sbuffo, spazientito, preparandosi mentalmente a quelle ore di agonia. 

E finalmente i suoi impegni ufficiali furono conclusi. 
Era esausta. Non aveva fatto poi molto in realtà, ma prendere decisioni era molto più difficile di quanto potesse sembrare. Doveva pensare, ponderare eppure cercare di dare una risposta il più velocemente possibile, non poteva prendersi una giornata intera per una sola domanda, bensì era costretta a decidere tutto in cinque minuti, nella speranza di non aver detto qualche sciocchezza. 
Era talmente stanca che decise di non andare ad allenarsi, aveva soltanto voglia di rilassarsi con un bel bagno caldo e magari osservare la serva lavorare. Poteva sembrare..invadente, ma dopo tutte quelle parole, dopo tutti quei desideri, voleva soltanto stare nel silenzio più totale. La serva dunque non le avrebbe dato fastidio, anzi, almeno si rincuorava del fatto che qualcuno sano di mente c'era ancora. Si, lei era l'unica che si faceva gli affari propri, non le dava mai noia, anzi, era Sephira a dover insistere per chiacchierare un poco con lei. Era frustrante, ma le sembrava che l'unico dialogo normale lo potesse avere soltanto con quella donna dai capelli rossi. 
Si diresse dunque verso la sua camera e non appena aprì la porta, cercò con lo sguardo la serva che però non c'era. Dove era? 
Alzò lo sguardo sull'orologio enorme che le avevano appeso sul muro di fronte al letto: era sfarzoso come tutto, ricamato d'oro e di metallo, tanti di quegli intarsi che spesso faticava a leggere l'ora. Erano le tre. Ripensandoci non aveva neppure mangiato a pranzo, ma le era passata la fame con la storia del matrimonio. Disgustoso, l'unica cosa che voleva era farsi un bagno. 
Si levò la giacca scura in pelle e la gettò sulla poltrona, sentendosi già più libera. Pure gli stivali fecero ben presto la stessa fine, e infatti li abbandonò a terra senza alcun remore, anzi! Era certa che avrebbe reso felice la serva se le avesse lasciato qualcosa in più da fare. 
Certo, continuava a domandarsi che fine avesse fatto..le sembrava strano, a quell'ora tutte lavoravano, la pausa pranzo era finita da un pezzo. 
Aveva iniziato a slacciarsi quel fastidioso corpetto, la mente assente, quando un rumore dietro di sé la riscosse, facendola girare di colpo, ritrovando così la porta aperta e la serva che giusto in quel momento stava rientrando. 
Non ebbe l'occasione di vederla molto in viso dato che, prima ancora di collegare il tutto, la donna aveva piegato il viso, nascondendoglielo come al suo solito. 
- Buon pomeriggio. Mi scusi l'intrusione, vuole che..esca sino  quando non si è cambiata? - le chiese cortese, eppure Sephira non pensò molto ai suoi vestiti. Non aveva poi un così grande senso del pudore, erano tra donne, non si sarebbe imbarazzata se lei l'avesse vista nuda. E poi che le avrebbe cambiato? Probabilmente la serva neppure avrebbe alzato il viso, dunque non aveva nulla di cui preoccuparsi. 
- Nono, fai pure. Stavo per prepararmi un bagno - le disse tranquillamente, osservandola ancora, senza però continuare a spogliarsi. Beh, era più interessata a cosa le fosse successo. 
- Glielo preparo subito Principessa - non fece a tempo a chiudere la porta che la serva già si era incamminata verso il bagno, più lentamente del solito, l'andatura leggermente instabile, cosa che la incuriosì parecchio. Oramai la conosceva, non poteva vantare di avere un'accurata conoscenza con la serva, ma l'aveva studiata abbastanza da capire che qualcosa non andava. Generalmente correva, quando c'era qualcosa che sentiva in dovere di fare subito, accelerava il passo, mentre in quel frangente sembrava andare più piano del solito, i pugni chiusi, le braccia tese e rigide. Tutto il suo corpo lo era.
La seguì verso i servizi e si appoggiò allo stipite della porta, come faceva spesso, mentre la osservava piegarsi e allungarsi verso la piccola manopola in ottone che, una volta girata, fece uscire dell'acqua dal tubo altamente decorato. 
Osservò come quelle dita pallide, affusolate e candide carezzavano l'acqua quasi, probabilmente per scegliere la temperatura più adatta, e poi abbassarsi ancor di più e chiudere l'altro tubo da cui l'acqua poi sarebbe stata scolata. 
La vasca iniziò a riempirsi velocemente, e soltanto quando fu a metà la serva si alzò per prendere i sali e i profumi che avrebbero ammorbidito e profumato la propria pelle. 
- Cosa desiderate oggi? - le chiese con voce bassa, quasi un soffio che lei dovette sforzarsi per poter cogliere. La serva era immobile di fronte ad un piccolo mobiletto, si era inginocchiata di fronte ad esso e le mani erano immerse tra mille boccette colorate che avrebbero creato una folta schiuma dai mille colori, un invenzione che avevano creato per chissà quale motivo. A lei sembrava utile soltanto per i più piccoli, a lei che poteva importare di stare immersa nell'acqua celeste e la schiuma rossa? L'unica cosa che  le interessava era il profumo. Ma non in quel momento. 
Ecco perché con estrema calma chiuse la manopola dell’acqua nonostante la vasca fosse ancora per metà vuota, ed ecco perché si sedette sul bordo, tranquillamente, come al suo solito, le gambe incrociate e lo sguardo attento, leggermente strafottente anche dato che immaginava già la reazione della piccola.
La serva dunque si voltò leggermente, alzando quel poco lo sguardo per poter osservare lo stato dell'acqua, e la vide sospirare silenziosamente, chiaramente in disaccordo con quello che lei aveva appena fatto. 
- La vasca non è ancora pronta - disse piano, quasi stanca. Eppure lei non si fece impietosire, non le importava. 
- Non mi interessa. Che cos'hai? - le chiese diretta, e chiaramente doveva aver infastidito la serva dato che, a quella domanda, l'aveva vista irrigidirsi. 
- Nulla Principessa, vorrei soltanto prepararvi il bagno - le disse semplicemente, tirando fuori qualche boccetta per metà vuota. Beh, era quelle che generalmente usava, lei se lo ricordava? O lo aveva intuito dallo stato consumato del sapone? Non ne aveva idea ma era palesemente impressionata. Aveva fatto bene i compiti la rossa. 
- Pensavo che avessi capito che io odio ripetermi, dunque, rispondi alla mia domanda. Cosa succede? - le chiese nuovamente, perentoria, eppure,nonostante la voce forte e autoritaria, non sembrò riuscire nel proprio intento e scuotere la serva da quella sua maledetta testardaggine. 
- Nulla, non capisco cosa dovrei avere - le disse, voltandosi appena e posando le mani sulle cosce magre e sottili, aiutandosi così ad alzarsi. La vide perdere leggermente l'equilibrio, eppure si riprese subito, appoggiandosi quasi con nonchalance sul mobiletto, soltanto poi prese le boccette e le si avvicino. 
- Per favore, che fragranza desiderate oggi? - le chiese ancora, con estrema pacatezza, mostrandole le tre boccette dai colori neutri. In realtà la sua voce, in quel momento, sembrava tesa. Le rispondeva educata soltanto perché era la Principessa, aveva quasi la sensazione che se fosse stato qualcun altro, del suo stesso livello, non sarebbe stata altrettanto gentile. 
- Dove eri? - ignorò completamente la sua domanda, ponendogliene un'altra, differente. La Principessa alzò lo sguardo divertito e notò le labbra della giovane strette, tanto da essere quasi bianche, una linea sottile che non le si addiceva. I lineamenti erano tirati, e notava dal leggero tremore delle mani che doveva essere arrabbiata. Era la prima volta che la vedeva alterata! Beh, per quanto non potesse essere affascinante, almeno era grata di sapere che la serva provasse qualcos’altro oltre che la dolcezza e la sua abitudine a prostrarsi per qualsiasi cosa. 
- Ero uscita un attimo - disse stancamente, senza guardarla. Però non le aveva risposto alla domanda, ma di cosa si stupiva oramai? 
- Non hai risposto. Dove eri? - le chiese, ancora, provocandola, alzandosi e avvicinandosi appena a lei. Sembrava quasi frustrata, ma poteva stare certa che lei lo era molto di più. Odiava quando non le si rispondeva e lei non lo faceva mai. Tutto sommato…era quasi una maniaca del controllo. Lei non chiedeva mai molto, ma quando lo faceva voleva che la gente le prestasse attenzione e che non le dicessero no. Ecco perché la questione del matrimonio la stava mandando fuori di testa: per la prima volta non le lasciavano fare quello che voleva e lo trovava frustrante. Ma poteva rifarsi sulla giovane rossa.
La serva, notato che la Principessa non le dava retta, scosse il capo e, rigida, si voltò dall'altra parte. 
- Capisco, non desiderate che vi prepari il bagno. Continuerò a pulire la stanza - disse soltanto, rimettendo a posto tutti i prodotti, facendola..irritare. Eh no, non poteva andarsene così. Come si permetteva? 
La bloccò, afferrandola per il polso, affinché non se ne andasse. La prima cosa che notò, in quel lieve tocco, era che stranamente era fredda; la sua pelle era ghiacciata, eppure aveva notato un certo rossore alle gote. 
La vide bloccarsi e irrigidirsi, tremare quasi, il capo ancora chino e il corpo ancora voltato. 
- Per favore, mi lasci- sussurrò flebile, eppure lei non l'ascoltò. La obbligò a voltarsi e la bloccò contro la parete, indifferente. Non le importava ciò che voleva la sua serva, doveva soltanto risponderle. Non era che una semplice domanda. 
- Rispondi - le ripeté duramente, facendo alzare così il capo della rossa che sembrava spiazzata da ciò che aveva appena fatto. Ma non le importava, ora voleva soltanto delle risposte. 
- Mi sono presa una piccola pausa per prendere qualcosa di caldo - la vide sospirare piano e accasciarsi quasi contro la parete. Per il resto rimase immobile, come una statua, neppure avesse temuto chissà cosa. Non le avrebbe fatto del male, voleva soltanto una risposta. Lei era fatta così, era una persona diretta, e a volte fisica. La sua esperienza militare di certo non l'aiutava, lei doveva avere ciò che le serviva, sia con i modi gentili, che con la forza. 
E dato che ora le aveva dato ciò che voleva, poteva lasciarla andare.
Le sorrise e le lasciò il polso, facendo un passo indietro, liberandola, allungando la mano per carezzarle delicatamente la guancia. 
- Era tanto difficile? Mica voglio punirti perché ti sei assentata - le disse, restando sorpresa quando, al proprio tocco, la serva tentò di ritrarsi. Voltò il capo e cercò di allontanarsi, ma la Principessa la bloccò di nuovo. 
- Aspetta, tu sei calda - senza chiedere il suo consenso, posò due dita sotto il mento di lei e le alzò il viso, delicatamente, così da poterla guardare meglio. Si accorse subito, nonostante la maschera, che le gote erano decisamente rosse, ma il resto del viso sembrava quasi..cadaverico. Le labbra schiuse erano screpolate nonostante il lucido che tentava, probabilmente, di celare malamente lo stato di quelle estremità carnose. 
- Hai la febbre? - le chiese, sorpresa, riconoscendo immediatamente i sintomi. Sua sorella minore era delicata, spesso si ammalava e era impossibile per lei, oramai, non riconoscere i sintomi della malattia, cosa che la sorprese. Stava male? E per quale motivo era lì, a lavorare? Era impazzita forse?  
La rossa si irrigidì e scosse il capo in un cenno di diniego, cosa che ovviamente non le fece cambiare idea. La credeva sciocca? 
- Per favore, vorrei soltanto finire il mio lavoro - sussurrò, piano. Oh, no, lei non avrebbe continuato un bel niente!! La prese di peso e la sollevò senza alcun remore o imbarazzo. Era leggera come una piuma, fragile come un fuscello, tanto che sapeva che non sarebbe riuscita a reagire, ne normalmente, tantomeno che con la febbre. La giovane ansimò appena e la sentì aggrapparsi a sé, le sue esili dita che stringevano le proprie spalle scoperte, i grandi occhioni coperti sgranati, l'espressione sorpresa. La condusse sul proprio letto ove la fece sedere per poi abbassarsi affinché i loro visi si potessero incontrare. 
- Tu non finisci un bel niente. Ora ti riposi - le ordinò, eppure, nonostante l'ordine, lei sembrò quasi sgranare gli occhi e scuotere il capo, cercando immediatamente di rimettersi in piedi. Cosa impossibile dato che non aveva intenzione di spostarsi da lì. La ragazza aveva il busto lievemente all’indietro, così da mantenere una certa distanza tra loro dato che la Principessa, totalmente indifferente all’imbarazzo della ragazza, aveva un ginocchio posato tra le cosce aperte della serva e le braccia appoggiate al proprio letto, protesa in avanti così da poterla guardare per bene in viso. Era la prima volta che erano tanto vicine, ma lei lo stava facendo soltanto per quella sciocca che non riusciva quasi neppure a stare in piedi.
- N-no, io non posso. Ho così tanto da finire... - il proprio sguardo si indurì e il suo dito si andò a posare su quelle labbra secche eppure allo stesso tempo morbide, affinché si zittisse. Non aveva proprio capito che lei non accettava alcun no? 
Lei avrebbe riposato, lì, e non poteva fare nulla per sottrarsi al proprio volere. 
- Finirai più tardi, o domani. Anche se la mia stanza non risplende per una notte, non morirò di certo - disse strafottente, pensando veramente a ciò che diceva. Effettivamente, tutta quella mania della pulizia la trovava esagerata, capiva il voler vivere in un ambiente sano, ma erano diventati quasi maniacali, e dunque non sarebbe morta se, per esempio, l'orologio appeso al muro fosse rimasto leggermente impolverato per una notte. 
Era più preoccupata per la serva, le malattie non andavano mai prese alla leggera. Erano pericolose e se non curate potevano portare alla morte, e sinceramente l’idea non le piaceva. Non voleva che l’unica persona decente che lavorava li dentro svanisse soltanto perché era tremendamente testarda. Era per il suo bene. 
- Principessa, non posso restare qui - sussurrò, e, in realtà, Sephira poteva immaginare il motivo di tutta quella preoccupazione: non voleva finire nei guai. Per quanto ne sapesse poco niente delle regole all’interno del palazzo, era ovvio che alle serve non fosse permesso riposare durante il turno, soprattutto sul letto di uno dei nobili, o il proprio. Ma era lei a regnare lì dentro, dunque poteva decidere chi poteva riposare o meno, o comunque chi poteva restare con sé o chi doveva andarsene. 
- Devo forse darti il preciso ordine di chiudere gli occhi e riposare? - le chiese con ironia e, finalmente, la vide cedere, facendola sorridere vittoriosa. Sentì le braccia tese della giovane, che sino a quel momento l'avevano sorretta con il busto dritto, tremare, e bastò un lieve tocco da parte propria affinché la giovane si abbandonasse sul letto, ricadendo morbidamente tra le pesanti coperte. Si era arresa, finalmente. Ma Sephira sapeva che sarebbe andata così, alla fine otteneva sempre ciò che voleva. 
- Come desiderate - mugugnò, eppure prima di mettersi comoda la vide  tentare di sfilarsi le calzature, cosa che non le permise dato che le posò una mano sul petto, sorprendendo la serva che si immobilizzò, permettendole così di toglierle quelle stupide scarpette con il tacco che gettò sul pavimento, incurante che non fossero al loro posto. La giovane dai capelli rossi sembrava imbarazzata e, alla fine, Sephira decise di allontanarsi giusto quel poco per permetterle di rilassarsi, del resto il suo scopo lo aveva ottenuto. 
- Puoi toglierti anche la maschera, anzi, ti do un cambio - le propose, ma la serva scosse il capo. 
- No, preferirei non farlo. Sono comoda, lei è anche fin troppo gentile a lasciarmi qui - le disse, e la giovane decise di non insistere, non le sembrava il caso. Non voleva stressarla, chiaramente aveva bisogno di tanto riposo. A lei, tutto sommato, bastava che riposasse un poco, poteva sorvolare sui vestiti.
Impacciata, allora, scostò le coperte e attese che la ragazza vi andasse sotto prima di rimboccargliele, neppure con la sua sorellina si era mai comportata in quel modo. Se doveva essere sincera con sé stessa, erano rare le volte che le due sorelle si trovavano assieme, nelle rispettive camere. Ma non era colpa sua, erano così diverse! Per non parlare che alla fine era sempre stata Magnolia, la maggiore, ad avere un buon rapporto con entrambe. Loro due non erano mai state a stretto contatto, sapeva che sua sorella minore non avvertiva la propria mancanza. Quasi non la vedeva come una parente stretta. Orribile, lo sapeva, ma non aveva tutto quel tempo, cercava sempre di passare qualche ora della giornata con lei, ma più cresceva, e più capiva che stavano divenendo diverse, troppo agli antipodi per poter avere un vero e proprio rapporto. 
- Grazie - le sussurrò la ragazza, in imbarazzo. La Principessa, non sapendo cosa fare, rimase lì, semplicemente, in piedi, davanti al letto, ad osservare tutto tranne che la donna stesa sotto le coperte. Per lo meno lo fece sino a quando non sentì il respiro di lei regolarizzarsi: doveva essersi addormentata. 
Trasse un sospiro di sollievo e finalmente tornò a respirare. Bene, ora..che fare? La giovane in realtà non sembrava stare così bene, la vedeva agitarsi, mugugnare appena, il respiro che, di tanto in tanto, si faceva più affannoso. 
Si piegò sulla giovane, e posando una mano sulla sua fronte, la sentì andare quasi a fuoco. La febbre era alta. Continuava a domandarsi come avesse potuto lavorare tutto il giorno con quel malanno in corpo, Sephira era stata male una sola volta in tutta la sua vita ed era stata una sensazione sgradevole: il freddo e il caldo, il mal di testa, la spossatezza e la voglia perenne di dormire. Come aveva potuto reggere ad una giornata lavorativa? Di certo poteva affermare che la ragazza aveva una grandissima forza di volontà, sotto quel punto di vista l’ammirava parecchio. 
Con un leggero sospiro, infastidito dato che preferiva passare il suo tempo con la donna in forma, andò in bagno e recuperò una piccola bacinella che riempì con acqua fredda. Chiamare il dottore le sembrava avventato, se non fosse passata la febbre durante la notte, allora si sarebbe premurata di farle ricevere qualche visita, ma per ora preferiva aspettare, le sembrava la cosa più giusta. 
Prese un piccolo panno e tornò nell'altra stanza, si sedette sul letto e immerse le mani nell'acqua gelida, la stoffa morbida stretta tra le dita. Bagnò il panno per bene e, una volta strizzato attentamente, si sporse per posarlo sulla fronte della giovane, constatando però che la maschera era leggermente d'intralcio. Sapeva che le aveva detto che non serviva, ma era certa che, con quella cosa addosso, era scomoda, e poi...che male c'era se gliela toglieva? Per lo meno si sarebbe tolta lo sfizio di vederla senza. 
Ecco perché con premura e attenzione, alzò quel pizzo pregiato, e lo posò sul comodino, tornando subito curiosa ad osservarla. 
Per la prima volta, la Principessa, riuscì a vedere senza alcun impedimento il giovane volto della ragazza. 
Gli occhi, da quel che poteva notare, erano grandi: lunghe e folte ciglia nere li incorniciavano e ciò le fece nascere il desiderio di vederla con gli occhi aperti. Di che colore erano quelle gemme? Le proprie erano di due colori differenti, una rarità che piaceva molto agli abitanti del regno, ma che a lei aveva causato più di qualche..problema. Aveva sempre odiato quella particolarità, due colori non erano normali, non la facevano sentire più bella, ma soltanto ridicola. Ma non lo aveva mai rivelato a nessuno. 
Posò lo straccio fresco ed umido sulla fronte dalla ragazza e, dopo qualche istante, la vide già rilassarsi, tanto da far nascere un lieve sorriso su quelle labbra carnose e rosee. Bene, quello aveva alleviato in parte il malore altrui. Ora poteva rilassarsi e  cambiarsi senza neppure pensarci, così da prepararsi per la notte. 
Certamente non aveva intenzione di passare tutta la notte a vegliarla, certo, l'avrebbe tenuta sotto controllo, ma non voleva passare la notte in bianco, era stanca, era stata una giornata lunga e intensa, e non avrebbe di certo rinunciato al proprio letto. Era abbastanza grande da contenerle entrambe, e non temeva di ammalarsi, era di costituzione forte.
Ecco perché andò a cambiarsi, tranquillamente, sfilandosi i vestiti che posò sulla grande poltrona prima di afferrare una maglietta semplice, bianca, che si legava sul davanti attraverso dei nastri in cuoio, abbastanza lunga da coprile giusto l'alto fondoschiena. Non dormiva con i pantaloni, amava la comodità. Dormiva sempre così, lei non era il tipo da indossare lunghe vesti, merletti e pizzi vari. Le davano prurito, preferiva di gran lunga la comodità. 
Si sciolse anche la lunga treccia che tutte le mattine si rifaceva prima che la serva arrivasse e, una volta che le fronde scure furono sciolte, si andò a stendere sul lato del letto ove abitualmente dormiva, infilandosi sotto le coperte. 
Si voltò verso la ragazza, con il capo, e per qualche istante si perse nei suoi pensieri, osservando il profilo perfetto del volto altrui. Soltanto l'abat jour illuminava quei lineamenti delicati, regalando anche a quei capelli color del fuoco una sfumatura più scura, intensa. Era davvero molto bella, e nonostante stesse male, era comunque una bellezza che non aveva mai visto in nessun’altra donna. Era così semplice in quella perfezione, non era esagerata come tutte le altre, e chiaramente non era solita a conciarsi come tutte le altre serve, tanto truccate da darle quasi il voltastomaco.  
La Principessa, da quando aveva capito che c’era qualcuno di importante nella vita della giovane, si domandava quale fosse l'uomo fortunato ad averla avuta. Sicuramente doveva esserci un uomo nella sua vita, oltre alla bellezza, la giovane aveva sempre quel bisogno di tornare a casa, quasi temesse che lui si preoccupasse. Dovevano essere una bella coppia. Se la immaginava quasi, gentile e premurosa a prendersi cura del suo uomo e magari, di un possibile figlio. Era giovane, ma era normale creare prole fin in giovane età, e almeno così si sarebbe spiegato il motivo per cui ci tenesse tanto a lavorare. Doveva sicuramente mantenere, assieme al marito, una deliziosa bambina dai capelli rosso fuoco. Quasi le dava noia l’idea però che stesse assieme a qualcuno, con un figlio. Il motivo? Beh..non ne aveva idea. Forse perchè la vedeva troppo giovane, o semplicemente, in modo molto egoistico, ora come ora, la voleva tutta per se e voleva che tutte le energie della ragazza fossero usate per stare con sè e compiacerla. 
I suoi pensieri però furono interrotti dal  lieve bussare alla porta. Sbuffò spazientita e attentamente si mise in piedi e si avvicinò alla porta che aprì appena, infastidita. 
- Che vuoi? - sbottò sprezzante, guardando male la giovane ragazzina che non doveva avere più di quattordici anni alla porta. La vide ritrarsi appena, sbiancare e fare anche un passo indietro, le mani al petto e il disagio sul volto. Beh, non le importava, lei era stanca, e aveva Anne che doveva riposare. 
- Volevo sapere se Anne è ancora qui ma credo che...beh, deve essere da qualche altra parte - sussurrò la giovane, notando ovviamente il proprio abbigliamento. Ma la Principessa, senza alcun timore, scosse il capo e si sporse maggiormente verso la biondina. 
- No, è qui. Questa notte la passerà con me dunque qualsiasi impegno avesse, è annullato, è un mio ordine. E informa qualcuno di avvisare chi abita con lei che non farà ritorno - alle proprie parole la biondina si imporporò, dalla testa ai piedi, e vide grazie alla luce, il viso della giovane alzarsi quel tanto da notare le proprie gambe scoperte prima di tornare ad abbassare il capo, come facevano tutte. 
- Certamente, non volevo disturbarla, mi scusi. Informerò chi di dovere - sussurrò piano, in imbarazzo, prima di inchinarsi e poi scappare quasi via. Sephira scosse il capo, non le interessava cosa avrebbero pensato, voleva soltanto tornare sotto le coperte e dormire un poco, ecco perché chiuse la porta e tornò a letto. 
Si sistemò tranquillamente, coprendosi sino a metà busto dato che li dentro faceva tanto caldo da non aver bisogno di stare avvolta nelle coperte. 
Sbadigliò leggermente e decise di chiudere la luce, e, in pochi istanti, si addormentò, esausta da quella giornata. 

La notte passò velocemente. Le tende, la notte precedente, si era dimenticata di tirarle e dunque la luce dell'alba la ridestò dal proprio riposo. 
Aveva dormito stranamente bene, anche se, in realtà, aveva avuto leggermente caldo. 
Eppure qualcosa..qualcosa stonava. C'era qualcosa che non le tornava, c’era qualcosa di diverso dal solito. 
Lentamente la Principessa aprì gli occhi, sbadigliando leggermente. Provò a portarsi la mano alla bocca, ma il suo braccio era bloccato, cosa che la mise quasi subito in allarme. 
Gli occhi ancora appannati, la mente che risentiva da quel risveglio, ci mise qualche secondo in più a rendersi conto che, durante la notte, si era fatta più vicina alla serva. 
La giovane era ancora addormentata, beata, il suo viso aveva ripreso colorito e la pezzuola oramai asciutta, era abbandonata sul cuscino morbido. Le labbra erano schiuse, il corpo era leggermente proteso verso il proprio. Il suo braccio era bloccato per colpa della nuca della giovane che si era quasi accoccolata contro di sè, la mano sul proprio petto, le gambe fresche che sfioravano le proprie. Si irrigidì di colpo quando si rese conto che erano abbracciate, e quel movimento, sfortunatamente, fece riaprire gli occhi alla serva. 
Ancora assonnata, la vide alzare appena il capo prima di stiracchiarsi, e incurvarsi proprio verso di lei. Fu probabilmente quell'ulteriore contatto che riportò alla realtà la ragazza che, tutto d'un tratto, alzò il capo in propria direzione, guardandola così negli occhi. 
Quelle gemme dal colore del cielo in tempesta si sgranarono e non passarono che pochi istanti prima che la serva si ritrasse, allontanandosi da lei con un gesto rapido e imbarazzato, liberandola così da quell’abbraccio del tutto inaspettato. 
- M-mi spiace. Sono mortificata - sussurrò, abbassando il capo e mettendosi seduta, eppure la Principessa non la stava neppure ascoltando. Era rimasta colpita da quel colore tanto particolare, non aveva mai visto occhi del genere. Il grigio non era un colore che generalmente possedevano le persone normali, soltanto qualche straniero che veniva in visita da altri regni lontani aveva gli occhi grigi, eppure erano..differenti. Spenti, opachi, non brillanti come quelli di lei. 
Rimase a fissarla mentre la ragazza si alzava dal letto sicura: sembrava essersi ripresa, tanto che iniziò a sistemarsi i capelli lievemente spettinati, sino a quando non vide quelle dita sfiorarsi lo zigomo e bloccarsi. 
- La mia maschera...dov'è? - chiese, agitata, guardandosi attorno. - Perché sono senza? Le avevo detto che non volevo toglierla! - quel tono non le piacque e, infatti, alzò gli occhi al cielo e con un gesto brusco le indicò il comodino ove l'aveva poggiata la sera prima. 
La serva subito si affrettò a prenderla e a coprirsi, lasciando che un sospiro di sollievo uscisse da quelle labbra. 
- Esagerata - disse soltanto, alzando appena le spalle, eppure..la giovane non sembrò gradire quel commento, tanto da fare un passo verso di lei che, al suo posto, era tranquillamente seduta, i lunghi capelli abbandonati sulle spalle, la gamba destra piegata al petto, mentre la sinistra era abbandonata sul letto, rilassata. 
- N-no. Non sono esagerata, la maschera ci serve per proteggere la nostra identità, ci copre il viso abbastanza da non permettere agli altri di vedere il colore dei nostri occhi o i lineamenti della parte alta del viso. E' per proteggerci, per evitarci molti problemi e non aveva alcun diritto di togliermela. E' la Principessa ma dovrebbe avere quanto meno rispetto per..la mia persona - disse quasi arrabbiata, e quella grinta da dove l'aveva tirata fuori??
Se doveva essere sincera Sephira non era minimamente in imbarazzo per quel che aveva fatto, anzi, ne era felice. Almeno l’aveva vista senza maschera e poteva affermare che fosse davvero la donna più bella che avesse mai visto. Era una rarità, ora ne era certa. Era strano che qualche ricco magnate non l’avesse sposata date quelle peculiarità che sicuramente la facevano spiccare tra le altre giovani fanciulle. 
- Di cosa hai paura esattamente? Credi forse che vedendoti in viso possa farti qualcosa? Che possa cambiare qualcosa la situazione? E ti ricordo che sono la Principessa, non mi interessa minimamente quel che pensi. Faccio quello che voglio, e quasi quasi potrei provvedere affinché tu lavori qui senza quella stupida cosa - disse, con un ghigno sulle labbra. Si divertiva a stuzzicarla ma forse aveva leggermente esagerato dato che vide la ragazza schiudere le labbra e guardarla negli occhi, stravolta, mentre scuoteva il capo. 
- No! Non si permetta! Non ha il minimo rispetto per quello che voglio io? - chiese, la voce spezzata, dalla rabbia probabilmente. 
- No, perché credo che tutto questo sia esagerato. Datti una calmata, non fare la sciocca, non è successo nulla. Anzi, dovresti ringraziarmi dato che ora stai meglio - le disse, sfacciata, stiracchiandosi come se quella discussione fosse finita. E per lei lo era. La serva stava davvero esagerando, non se ne rendeva conto? Prendersela per così poco? Era da sciocchi, davvero.
- Non volevo restare io, ma infondo non sono che una sciocca serva che deve soltanto essere grata di essere qui - sentì la voce della giovane nuovamente spezzata, ma non sembrava più arrabbiata, bensì sembrava che stesse per mettersi a piangere, cosa che la lasciò sorpresa. Quelle parole, infatti, l’avevano colpita e subito si voltò verso la ragazza che le stava dando le spalle e che tremava. Ok, forse aveva esagerato a definirla sciocca, ma non aveva mai dovuto preoccuparsi di frenare la propria lingua. 
Schiuse le labbra per poterle parlare, ma si dovette bloccare quando bussarono alla propria porta. 
La rossa si affrettò immediatamente ad aprire la porta e la vide bloccarsi e fare un passo indietro, servizievole come sempre. Immediatamente vide Alkator entrare nella propria stanza ed abbassare il capo quando notò il proprio vestiario.
- Mi scusi se entrò così senza avvisare, ma qui fuori c’è il suo promesso sposo che è venuto personalmente a trovarla. Ha fatto un lungo viaggio per incontrarla - Sephira sgranò gli occhi e si alzò, di scatto. Cosa? Era venuto quello smidollato?? No, stava scherzando. 
- Cosa?? Perché? - chiese, sconvolta, guardando l’uomo che continuava a osservare il tappeto. 
- E’ stata una sorpresa anche per noi. Ed è impaziente di vederla, le ha chiesto udienza nelle proprie stanze se…beh, si vestisse lo farei entrare - disse, chiaramente a disagio, e Sephira scosse il capo. No, la stava prendendo in giro? Era…troppo presto, non dovevano vedersi prima di un mese! 
- Ma…. - sussurrò stravolta, pallida anche in volto, non era pronta. Minimamente. 
- Me ne rendo conto. Ma non possiamo cacciarlo. Per favore Principessa - sussurrò cercando di convincerla e lei, alla fine, non poté che annuire. 
- Bene, ma ci incontreremo nel salone, non ho intenzione di farlo qui. Faremo colazione assieme - sbottò irritata e sconvolta allo stesso tempo. Non riusciva a crederci, quel matrimonio dunque stava diventando reale? 
Rabbrividì per un istante e si avvicinò a passo di carica all’armadio, bloccandosi quando si ricordò di Anne. Era ancora nella stanza, il capo chino, affianco alla porta. Schiuse le labbra, ricordandosi del loro scambio di battute, ma subito il proprio sguardo si andò a posare sull’uomo al suo fianco. Non poteva parlare tranquillamente con lui nella stanza, dunque scosse il capo.
- Puoi andare e sistemare la camera una volta che sono uscita -  le disse, il tono incolore. Lei si inchinò appena ed annuì leggermente, avviandosi verso la porta quando sentì Alkator bloccarla. 
- Sii gentile, accompagna il nostro ospite che attende qui fuori in sala da pranzo - le chiese in modo gentile, del resto lui era sempre molto cordiale con tutti, serve comprese. Probabilmente era l’unico che trattava tutti in modo equo, era felice tutto sommato di averlo al suo fianco.
- Certamente, come desidera - sussurrò la giovane, ancora ferma in realtà sulla soglia della porta. 
- Grazie per quel che ha fatto per me Principessa - aggiunse la serva, nonostante il tono servizievole, Sephira sentiva che c’era una nota di frustrazione in quelle parole, e la cosa che le diede maggior fastidio fu che non poté rispondere. Si limitò ad osservarla uscire dalla stanza, sentendo la sua voce flebile fuori dalla porta prima che quella venisse richiusa, per darle un poco di privacy, il suo vice ancora lì, ad attendere che si vestisse.
Perché Sephira aveva come la sensazione che quella giornata sarebbe stata anche peggiore di quella precedente? 
Sospirò e, riprese a vestirsi, in fretta e furia, vincolata, infastidita e frustrata. Aveva soltanto voglia di scappare. 

* * *

In primis, mi spiace per il ritardo. Ho sfortunatamente avuto dei problemi personali, e dunque riesco a scrivere poco. Ringrazio che questo capitolo fosse per trequarti completo, altrimenti sarei stata perduta. 
Oddio, in realtà non so se a qualcuno interessi questa storia, continuo a pensare che sia tanto diversa dal mio solito stile ma…vabbè. Io ho voglia di scriverla, dunque continuerò. 
Spero che comunque il capitolo vi sia piaciuto.
Qui si vede una Sephira leggermente più premurosa, ma allo stesso tempo un poco stronza date le ultime battute con la serva. Ma c’è anche una Sephira totalmente terrorizzata dall’incontro con il suo futuro marito. Che ne pensate? Come credete che andrà a finire? E Anne? Come starà ora? 
Beh, se vi è piaciuto, mi farebbe piaciuto saperlo, le recensioni sono sempre ben accette ovviamente =)
Dunque..beh, non mi dilungo ulteriormente, spero davvero che vi sia piaciuto.
Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Stare al proprio posto; ***


Stare al proprio posto;


Anne aveva soltanto voglia di piangere. 
Si sentiva talmente…umiliata! Come aveva potuto trattarla in quel modo? Certo, era la Principessa ma credeva che rispettasse quanto meno il suo volere e invece….
Era stato mortificante.
Eppure non poteva permettersi di prendersi neppure un minuto per sé, per ricomporsi, dato che aveva già un altro compito. Poi, comunque, avrebbe dovuto ricominciare a lavorare, non poteva prendersi davvero un oretta di pausa. Doveva essere rapida a tornare in camera della Principessa, anche se l’unica cosa che desiderava era tornare a casa. 
In realtà era preoccupata per Selina, voleva contattarla per sapere come stesse, ma non poteva ignorare gli ordini di Alkator, era una grande autorità nel regno, e dunque non poteva lasciare solo quello che sarebbe stato il futuro principe del regno.
Ammetteva che non si aspettava un tale sconvolgimento da parte della regnante: la Principessa non sembrava felice, e forse sotto sotto la poteva capire. Non sembrava avere scelta, sembrava obbligata ad accettare quello straniero, anche se non ne era certa. Sicuramente la serva aveva capito che la donna non era felice che lui fosse lì, e che nonostante tutto non lo potesse cacciare. Ma di più non sapeva, del resto lei non aveva idea di quel che accadeva, le dinamiche politiche non le erano mai interessate particolarmente e dunque non se ne era mai interessata. 
Ma non voleva provare apprensione per la Principessa, non dopo quello che le aveva detto. 
L’aveva umiliata, ferita e fatto capire che lei non era che una bambola nelle sue mani. 
Quanto avrebbe voluto chiedere un cambio di ruolo! !uanto avrebbe voluto tornare al suo vecchio lavoro…non era certa di poter reggere ancora a lungo il comportamento dispotico della donna. 
Era stata gentile, certo, questo lo ammetteva, ma..aveva esagerato. La Principessa proprio non capiva che lei non era come tutte le altre ragazze? Che lei non era felice se riceveva tutte quelle attenzioni, e che se era venuta a lavorare malata, era perchè ne era in grado? Ok, non era stato per nulla semplice reggere per tutto il giorno, ma ce l’aveva fatta, aveva retto sino a quasi alla fine del proprio turno. 
Imbarazzata ancora al pensiero di quanto fossero state vicine, al fatto che si fosse risvegliata addosso alla Principessa, in realtà tutto quello non andava che in secondo piano se ripensava a quelle parole. Lei era una sciocca. Ovvio. Tutti lo pensavano lì a palazzo, e per quale motivo? Perché tentava di rispettare le regole, perché era riservata. 
La Principessa, per quanto fosse importante e al di sopra di tutti, avrebbe dovuto quanto meno tentare di rispettare la propria volontà no?
Era stato uno shock risvegliarsi senza la maschera che le proteggeva il viso, era la prima volta che si era sentita tanto umiliata da quando lavorava lì dentro. Erano in pochi ad averla vista senza, ma erano tuttecolleghe o il capo maggiordomo, mai si sarebbe immaginata che qualcuno, al di fuori di quella ristretta cerchia, l’avrebbe mai notata. Trovava imbarazzante l’idea di essere vista senza quello che per lei era un accessorio fondamentale, quella era una delle poche cose che amava della propria divisa. Odiava sentirsi al centro dell’attenzione, odiava quando qualcuno la guardava direttamente negli occhi, era..imbarazzante. Non le piaceva il colore dei propri occhi, tutto in lei sembrava urlare diversità, un qualcosa che lei mai aveva voluto. Per la giovane era già un problema quel maledetto rosso sgargiante che brillava alla luce del sole; i propri capelli la facevano sentire esposta, se poi le persone notavano anche il colore dei propri occhi…
No. Non voleva pensarci. 
Aveva un lavoro da portare a termine, e non voleva distrarsi con tutti i propri problemi. Aveva tutto il giorno per ponderare su quel che le era accaduto quella mattina, infondo..dubitava che la Principessa sarebbe tornata presto nelle sue stanze. Per grazia divina. 
Uscì dunque dalla camera, velocemente, e notò subito l’alta figura poco distante dalla porta.
L’uomo era molto slanciato, non particolarmente muscoloso, ma non possedeva neppure il ventre gonfio come quasi tutti i nobili che gironzolavano per palazzo. 
Era giovane, i capelli erano chiari, le ricordavano il grano dorato che mai aveva visto dal vivo ma soltanto in quadro. Era vestito elegante, ma non era esagerato. Veniva da un altro regno, probabilmente lì erano soliti a vestire in modo più sobrio, cosa che alla giovane serva piacque immediatamente. Non le piaceva la moda del loro regno, la trovava veramente un esagerazione e, per grazia divina, la propria divisa non era così terribile come molte vesti delle nobil donne, “famose” per i colori accesi e sgargianti che attiravano l’attenzione di tutti. 
Il principe aveva una giacca verde scuro che si chiudeva con un doppio petto sul davanti, i bottoni sembravano riccamente intagliati ed erano perfettamente lucidati. Era corta sul davanti mentre, sul dietro, era più lunga, a formare quasi una punta che gli arrivava alle ginocchia. I pantaloni erano lievemente gonfi verso il basso ed erano chiari, di stoffa pregiata. Infine ai piedi aveva degli stivali a metà ginocchio che riprendevano il colore della giacca. Era elegante, e si vedeva che, nonostante la diversità con l’alta nobiltà, fosse un uomo importante. 
Anne gli si fece vicino lentamente con passo silente, il capo chino, così da non guardarlo in viso, in segno di rispetto. L’uomo guardava fuori dalla finestra, le mani coperte da dei sottili guanti chiari, le dita intrecciate tra loro dietro la schiena. Sembrava rilassato, tranquillo. 
- Salve - fece un profondo inchino e così rimase, con il capo basso, lo sguardo praticamente puntato al pavimento tirato a lucido da chissà quali delle proprie colleghe. - Mi spiace disturbarla ma mi hanno chiesto di scortarla nel salone ove potrà incontrare la Principessa - sussurrò gentile, riverente, restando immobile, attendendo un cenno da parte del principe per tornare ritta, in piedi, così da poterlo accompagnare a destinazione. 
- Credevo ci saremmo incontrati nelle sue stanze - disse, semplicemente, rammaricato quasi. 
- Mi spiace, non so darle una risposta esauriente. Mi hanno semplicemente chiesto di accompagnarla - cercò di essere gentile, del resto non poteva nè obbligarlo, nè lasciarlo lì dato che praticamente avrebbe disubbidito ad un ordine e in quel momento non se lo poteva proprio permettere.
- Certamente. Grazie. Fammi pure strada - la voce gentile dell’uomo era bassa, cordiale, e subito Anne si rimise ritta in piedi, facendo un passo in avanti, così da potergli indicare la via. Attese giusto il tempo di sentire il tacco dell’uomo posarsi a terra, segno che si stava a sua volta muovendo, per poi riprendere immediatamente a camminare, con passo lento e ponderato, le mani rigorosamente posate sul proprio grembo, lo sguardo alto quel poco per poter vedere dritto davanti a sè e non andare addosso a nessuno. 
- Piacere comunque, sono Thyeran, il Principe del regno confinante il tuo. Con chi ho il piacere di passeggiare? - le chiese, affiancandosi a sè senza imbarazzo, il capo rivolto in propria direzione. 
Subito la giovane si irrigidì e voltò quel poco il capo per poter osservare il petto dell’uomo, le stava davvero chiedendo come si chiamava? 
- Mi chiamano Anne, mi occupo delle stanze della Principessa - sussurrò impacciata, imbarazzata dal fatto che non potesse sottrarsi da quello che sembrava un nuovo interrogatorio. Quel ragazzo però sembrava gentile, e cordiale. Non c’era ilarità nelle sue parole. Non come lei
- Ah, dunque sei la sua domestica? - chiese cordiale, nuovamente, cosa che la fece bloccare per un istante, la fronte aggrottata, incerta. “Domestica”? 
Sbattè le palpebre più volte, incerta, prima di scuotere il capo e riprendere a camminare, lentamente. Lui la seguiva, con la stessa andatura, sembrava veramente interessato a parlare con lei. Probabilmente non conosceva le usanze del palazzo. 
- Mi scusi l’ignoranza, ma cosa sarebbe una “domestica”? - chiese, imbarazzata, non aveva mai sentito quella parola. Era..strana, non l’aveva mai sentita nominare all’interno di quelle mura. Ed era veramente curiosa, anche se non le piaceva essere presa per ignorante, per quanto poco cercava sempre di tenersi..aggiornata. Non sulla politica, certo, la trovava terribilmente noiosa e dunque l’aveva sempre evitata, ma per il resto aveva sempre cercato di imparare il più possibile. Beh, era da molto che non leggeva un libro, se doveva essere sincera. La cosa le spiaceva, ma con tutto il lavoro che aveva non aveva le forze, una volta arrivata a casa, di perdersi in qualche lettura interessante. Preferiva fare le faccende di casa e coricarsi il prima possibile. 
- Non mi hai appena detto che ti occupi delle stanze della Principessa Sephira? - sembrava paziente, in realtà…non sembrava prenderla in giro come, sicuramente, avrebbe fatto la regnante o qualche nobile del palazzo. Tutta la nobiltà sembrava trovare particolarmente ilare prendere in giro chi trovava più ignorante di loro. Non che molti fossero poi così istruiti, soltanto i più scaltri e furbi si impegnavano ad avere una preparazione adeguata su tutto quello che riguardava l’istruzione; gli altri si limitavano semplicemente ad atteggiarsi soltanto perchè possedevano il favore della casa reale grazie ai loro soldi guadagnati a discapito delle classi meno agiate. 
- Si.. - sussurrò, impercettibile. - Sono la serva che si occupa di pulire e rassettare la camera della regnante - spiegò, con calma, anche se leggermente incerta. E le proprie parole fecero scattare una sonora risata all’uomo al suo fianco che la lasciò sorpresa, tanto che schiuse le labbra e alzò quel tanto lo sguardo per vedere il petto altrui scosso da quella risata fragorosa, divertita, priva però di cattiveria o malignità. 
- Ah, vi chiamano così qui? Beh, da noi le chiamiamo domestiche. Lo troviamo più fine. Le serve sono altre, generalmente sono le prigioniere di guerra. E, comunque, non le facciamo vestire in questo modo, ma è risaputo che la moda del vostro regno è davvero.. curiosa e interessante - Anne rimase sorpresa, e in parte abbagliata da quelle parole che le parlavano di un mondo nuovo e diverso. Lei non conosceva altro se non la cultura ove era cresciuta, non ricordava bene la sua infanzia nonostante la propria “maledizione”: i ricordi erano pochi e confusi, dunque per quel che ne sapeva, lei aveva vissuto in quella città da sempre. 
Non era mai andata oltre al limitare della città, al massimo, quando ancora era bambina, era arrivata poco fuori dalle mura assieme alla famiglia, ove c’erano grandi pianure soleggiate che si stagliavano a perdita d’occhio. Non si erano mai spinti troppo lontano dato che le strade esterne erano campeggiate da briganti, dunque..no, non conosceva nient’altro. 
- Capisco. Grazie per la delucidazione - ringraziò, senza più aggiungere altro, lasciando che il silenzio cadesse tra di loro. Non poteva di certo intrattenersi con il principe! Oltre ad essere proibito, Anne non era di certo una grande chiacchierona. 
Riusciva però perfettamente ad immaginare che, un’altra ragazza, al proprio posto, avrebbe sicuramente esultato internamente per l’occasione, agognando attenzioni da parte dell’uomo e, magari, cercando anche di fare breccia nel cuore altrui. Cosa sciocca dato che quello non era che il futuro sposo della Principessa. Eppure queste cose non fermava mai nessuna. 
- Non sei una grande chiacchierona eh? - ad un tratto, l’uomo, interruppe il silenzio che si era creato tra di loro, parlandole con simpatia e allegria, lasciandola nuovamente perplessa per quel suo modo di fare tanto cordiale. Non era ovvio che non lo fosse? 
- Noi non possiamo intrattenerci con la nobiltà, dobbiamo essere silenti ed efficienti - quella situazione, se doveva essere sincera, non le piaceva. Non voleva far la figura della saputella, che voleva insegnare le regole del palazzo al principe, non era un suo compito, ma non poteva neppure stare in silenzio quando le veniva posta una domanda. Si sentiva talmente tanto in difficoltà! 
- Davvero? Che regole assurde avete qui dentro!  Da noi ci intratteniamo tranquillamente con le ragazze e i ragazzi che lavorano con noi. Magari non ci potremmo considerare intimi, ma non vietiamo a nessuno di parlare. E’ un diritto di tutti parlare liberamente - nuovamente, Anne, rimase affascinata dalle parole dell’uomo. Il luogo che le stava descrivendo sembrava così…diverso eppure interessante e meraviglioso, davvero. Non perchè le interessasse particolarmente intrattenersi con qualcuno, ma tutto sembrava più..libero, sembrava quasi che non ci fossero tutti i vincoli che invece avevano lì a palazzo. Vestiti più semplici, gentilezza, cordialità…per un istante Anne tentò di immaginarsi quell’ambiente, ma non ci riuscì. Era talmente abituata a tutte quelle regole e restrizioni che le sembrava impossibile che da qualche parte le ragazze come lei fossero più libere. 
Senza che la giovane dovesse aggiungere altro, arrivarono nel grande salone riccamente decorato. L’aria era calda a dispetto dall’esterno, le grandi vetrate erano ancora coperte dalle pesanti tende, probabilmente per non far vedere la desolazione che vi era all’esterno. Il grande tavolo in legno scuro era molto lungo ed era stato posizionato esattamente al centro della stanza. Era coperto da della stoffa bianca, riccamente ricamata per creare dei meravigliosi disegni floreali e molto colorati. Tutto era già apparecchiato, per la sovrana, la piccola principessina e anche il principe. 
- La Principessa arriverà a minuti - Anne si inchinò, profondamente, con rispetto, così da poter salutare in modo esemplare il regnante. Il suo lavoro lo aveva fatto, non c’era altro che la tratteneva lì. 
- Aspetta. Alza il volto, per favore - le chiese all’improvviso il principe, facendola irrigidire immediatamente. Oh, qualcun altro che voleva guardarla in volto? In minima parte, quell’uomo, quasi le ricordava la Principessa, soltanto che con modi molto più gentili e cordiali. Entrambi cercavano di dialogare con lei, entrambi volevano guardarla e intrattenerla e, se doveva essere sincera, Anne proprio non ne capiva il motivo. Cosa poteva avere di tanto interessante? Forse semplicemente era capitata nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. Forse, sarebbe accaduto anche ad un altra se il fato avesse giocato le proprie carte in modo differente. 
La giovane, comunque, non se lo fece ripetere una seconda volta per non mancare di rispetto all’uomo, alzando appena il volto, così da intravedere appena la forma degli occhi. In realtà lo sguardo di Anne era puntato altrove, un punto giusto dietro il capo dell’uomo, ma lui non lo poteva sapere. 
- E’ stato un piacere Anne. Immagino che ci rivedremo presto - e senza aggiungere altro le prese la mano, delicatamente, portandosela alle labbra ove vi depositò un dolce e gentile bacio prima di lasciarla andare. 
Anne barcollò appena con grandi occhi sgranati, iniziando a guardarsi attorno, speranzosa che nessuno li avesse visti ma…ovviamente, non era così. Vide il chiaro stupore sui volti di tutti i presenti, sembravano essersi tutti congelati, immobili, esattamente come lo era lei. 
Cosa aveva fatto quell’uomo? Un bacio? Quello era totalmente sbagliato e inappropriato. 
Non lì, non davanti a tutti. 
In realtà non sarebbe andato bene neppure se fossero stati soli ma lì? Oh, sapeva che quello non avrebbe portato altro che altri problemi, ne era certa. 
- Grazie - sussurrò prima di voltarsi e affrettarsi ad uscire, il cuore che le esplodeva nel petto. Tutti li avevano visti. Lui..lui le aveva rivolto le attenzioni che generalmente i nobili davano a quelli del loro rango. Loro non venivano mai trattate così. Mai. 
Una volta fuori dal grande salone, accelerò il passo, così da poter affrettarsi ad andarsi a rinchiudere nello spogliatoio, il fiato spezzato e la voglia di urlare. Quella maledetta giornata era appena iniziata e lei già voleva tornare a casa.

Selina! 
Improvvisamente, Anne, al ricordo di casa, si ricordò che, tra l’altro, non era rincasata e non aveva avvisato la sorella che non sarebbe tornata. 
Agitata si sfilò la maschera e, con passo tremante, andò verso il suo armadietto. L’aveva lasciata sola tutta la notte, non l’aveva neppure avvisata. Era stata una sconsiderata.
- Selina…come ho potuto? - sussurrò, a voce bassa, scuotendo il capo, come..come aveva potuto dimenticarsi di lei?? Si sentiva così in colpa! Era stata pessima, aveva pensato a sè stessa, senza pensare alla giovane a cui teneva più della propria vita. Doveva rimediare. Ma come?
- Anne! - una vocetta stridula, giovanile e parecchio alta, rieccheggiò nell’aria tutto ad un tratto, facendola voltare di scatto. Subito si trovò davanti la piccola Josphine, una deliziosa ragazza di appena quattordici anni, considerata da tutte molto bella e graziosa. E anche lei lo pensava. Era davvero bellissima. 
- Ieri sera sono venuta a cercarti ma la Principessa non mi ha neppure fatta entrare per parlarti! Sono tutte curiose di sapere cos’è successo! - disse eccitata, oh, lei sembrava così innocente in quel momento, con le paffute gote imporporate, gli occhi celesti brillanti e l’eccitazione nel corpo. Per la piccola, e probabilmente per tutte le altre, sarebbe stato entusiasmante essere al proprio posto, ma..no, Anne al contrario odiava tutte quelle attenzioni. E l’idea che tutte, ora, sapessero che aveva passato la notte nelle stanze della Principessa le faceva venir voglia di sparire. Per sempre. 
Ma non era il momento, doveva pensare a Selina. 
- Scusami Josphine, ma devo mandare un messaggio a casa e scusarmi se non sono rincasata - sussurrò, stancamente, ma prima che potesse avvisarsi vide la piccola scuotere il capo e prenderle mani, mettendosi sulle punte dei piedi, nello sguardo una nota di orgoglio.
- L’ho mandato io! La Principessa mi ha detto di informare a casa che non saresti tornata e allora ho scritto un biglietto e ho inviato il messaggero. Va tutto bene, dunque puoi raccontarmi tutto! - disse fiera di sè e, per un istante, la rossa si rilassò, chiudendo gli occhi e lasciando che un sospiro di sollievo uscisse dalle proprie labbra. Grazie al cielo erano stati avvisati! Avrebbe dovuto fare un regalo alla propria vicina che, probabilmente, doveva essere rimasta tutta la notte a casa propria. Era già accaduto, ovviamente, in passato dunque era certa che la ragazza non aveva passato la notte da sola ed era grata, in realtà, di avere dei vicini tanto gentili e disponibili.  
La piccola però non le dava tregua, continuava a scuoterla, chiedendole di dirle cosa era successo, cosa avevano fatto, ma lei sinceramente non sapeva cosa dire. Doveva dire che era stata male e che la Principessa l’aveva fatta dormire in camera propria perché non si reggeva in piedi? No, non poteva. Sarebbe sembrata poco professionale. 
- Ecco..nulla davvero. Scusami ma devo sistemarmi e tornare a lavora…- non riuscì a terminare la frase che sentì la porta dello spogliatoio aprirsi e molte ragazze entrare, un lieve brusio che le accompagnava allegramente. Lei si voltò, improvvisamente, osservandole, per nulla pronta a nuovi interrogatori. Il silenzio cadde tra di loro; sguardi di puro gelo e odio le vennero rivolti impudicamente, mentre sorrisetti maliziosi e cattivi incurvarono le labbra di molte delle serve che stavano terminando il turno. Ecco, quella era una cosa che voleva evitare. Assolutamente.
- Oh, ma guardate chi c’è? La favorita. - Anne sbiancò improvvisamente a quelle parole, non era pronta ad affrontare tutte quelle persone, non aveva né il tempo, né la voglia di inimicarsi tutte. Non aveva proprio la forza necessaria ad affrontarle. - Allora? Siamo tutte curiose di sapere cos’è successo tra te e la Principessa -  la rossa si morse il labbro, lo sguardo che subito era rifuggito, alla ricerca di uno sguardo amico, o di una possibile distrazione che l’aiutasse a cambiare argomento. Anne sapeva perfettamente che le colleghe non erano contente del fatto che lei fosse “avanzata” di ruolo per motivi ignoti, ed era certa che ora di certo l’avrebbero odiata profondamente. Ma perchè? Lei avrebbe fatto cambio con una di loro anche subito! Odiava quella posizione, odiava che ora tutti la guardassero con quello sguardo glaciale. Certo, non era mai stata una grande chiacchierona ma..non era felice di essere mal tollerata. Voleva un rapporto civile con tutti. Ma oramai quello non sembrava altro che un sogno lontano.
Fece un passo indietro, cercando di mantenere una certa distanza tra lei e tutte le giovani ancora vestite di tutto punto che lentamente si facevano vicine, le labbra serrate, le espressioni malamente celate dalla maschera che tutte indossavano ancora. 
Si ritrovò ben presto accerchiata e, bloccata con le spalle contro gli armadietti in metallo, Anne non potè far altro che sperare che tutto quello finisse presto. 
Per sua fortuna, o meno, un colpo di tosse, impedì alle giovani di iniziare ad inveirle contro, bloccandole e facendole mettere tutte sull’attenti. 
Si voltarono tutte e sotto lo sguardo glaciale del maggiordomo capo, tutte si allontanarono da Anne.
- Ora si fa comunella alla fine del turno? Preparatevi e andate a riposare, vi voglio tutte pronte per il prossimo turno - il capo maggiordomo, comparso chissà quando, riprese tutte che, grazie alla sua venuta, diedero tregua alla rossa che però, dallo sguardo dell’uomo, non si sentiva minimamente più tranquilla. Perchè aveva il timore che lui fosse lì proprio per lei? Era mai possibile che quella giornata fosse tanto infinita?
- Anne, vieni con me - la giovane non si sorprese di quelle parole dal tono incolore, trasalendo quando vide il cenno della mano di lui che la invitava a seguirlo. 
La rossa abbassò il capo, desolata, certa che i suoi problemi non fossero ancora finiti. 
Non fiatò però, si avviò diligentemente e uscì dalla porta, la maschera abbandonata nel proprio spazio e le serve che, subito, ricominciarono a parlare tra di loro, probabilmente di lei. Ma la serva non era tanto preoccupata per le malelingue che le si potevano rivolgere, aveva ben altro in mente in quel momento. Ammetteva di avere il terrore di dover affrontare quell’uomo, lo sentiva come una presenza inquietante dietro di sé, e aveva come la sensazione di non avere via di fuga. Non le era mai piaciuto, si era sempre sentita molto in soggezione in sua presenza, e l’idea di essere finita di fronte al suo cospetto così tante volte le faceva venire il terrore che, ben presto, sarebbe stata cacciata. 
Lui la scortò nel piccolo ufficio, sempre molto ordinato e pulito, e quando furono entrambi dentro, sentì la porta chiudersi dietro di sè con un rumore sordo e forte, che la fece tremare appena. 
La giovane donna non riuscì neppure ad aprire bocca che subito l’uomo iniziò a parlarle, la voce fredda e apparentemente calma, ma che mal celava dietro a quel tono mellifluo, una rabbia tale che le faceva rimpiangere quasi la Principessa. Si, odiava quando la donna la obbligava a parlare o a restare dopo il turno ma almeno..lei non le faceva tanta paura come quell’uomo. Tutte ne erano intimorite, era molto severo. 
- Mi stai creando più di qualche problema ultimamente, serva - disse, freddo, camminandole davanti, lento, inesorabile. Vedeva con la coda dell’occhio il portamento impeccabile, la schiena dritta e le braccia unite dietro la schiena; il viso, però, le era totalmente invisibile data la propria posizione. Lei, infatti, si limitava a guardare quelle scarpe scure andare avanti e indietro, il capo chino e le mani strette le une alle altre, tanto strette da far divenire la pelle delle nocche tanto bianche come la luna che brillava alta nel cielo. 
- Passi questa insana fissazione che la Principessa sembra provare per te, non so come mai ma sembri starle molto…a cuore. Non è stato divertente calmare le lamentele di serve molto più anziane e preparate di te sul fatto che ora sei di servizio nella stanza della regnante, ma ero riuscito a calmarle. Ma ovviamente non poteva essere finito qui vero? - le chiese con voce quasi dolce eppure tanto velenosa da colpirla direttamente al cuore. Anne deglutì lievemente, irrigidendosi quando lui si fermò improvvisamente, avvicinandosi repentinamente a se stessa, prendendole rudemente il mento tra le dita ed alzandoglielo, facendo così incrociare i loro sguardi. Sembrava talmente furioso! E la giovane non lo aveva mai visto in quel modo. Nonostante tutto lui si era sempre mostrato calmo, preparato a tutto, diretto e conciso. Si sapeva che era un uomo che non amava i cambi di programma, ma mai si era lasciato trasportare dai sentimenti negativi, gli occhi lampeggianti e le labbra tanto tirate da essere quasi bianche. Alla giovane serva quasi sembrava di vedere una vena pulsare pericolosamente sulla tempia dell’uomo, una visione che la metteva chiaramente a disagio.
- Questa notte molte sono venute da me, lamentandosi dal fatto che sei rimasta con la Principessa. Ma del resto sono certo che fossero ordini della regnante, nessuno poteva fare qualcosa. Di questo te ne do atto - continuò, stringendole con forza il mento, facendole male. - Ma prova ad immaginare in quale situazione mi sono ritrovato quando, chi ti aveva richiesta, si è ritrovato ad attenderti inutilmente. Credi che fosse molto felice? Credi che sia stato facile placare la sua rabbia? - sibilò, piano, guardandola negli occhi. - Non mi interessa se la Principessa vuole passare la notte con te per placare le sue voglie, non deve accadere quando sei stata già prenotata, lo capisci? - le chiese, liberandola dalla sua presa bruscamente, ed allontanandosi, dandole così le spalle. Anne lo guardò stupita, senza parole. Non era colpa sua! Come poteva pretendere che lei..avesse qualcosa a che fare con tutto ciò? Era felice, in realtà, di non aver dovuto prendere parte a quel suo scomodo impegno, ma non lo aveva fatto di certo con intenzione. Lei non poteva dire di no alla Principessa, e lui lo sapeva bene. Non lo avrebbe mai disatteso, se non fosse stato per un ordine diretto. Lei era stata totalmente impotente. 
- Io..ho provato… - tentò di giustificarsi, con voce tanto flebile da non essere quasi udibile, ma lui alzò la mano, zittendola con quel semplice gesto.
- Non mi interessa. Non doveva accadere. E forse non è neppure il caso che accenni a quel che è accaduto questa mattina con il principe, vero? - un brivido le percorse la schiena a quell’accusa velata e tornò ad abbassare il capo, colta in flagrante. Sapeva che aveva ragione, sapeva che le conseguenze sarebbero ricadute sulle proprie spalle. La Principessa non si rendeva conto in che guaio l’aveva cacciata, ma alla fine, l’unica che si sarebbe presa la colpa, era lei. Anne aveva soltanto voglia di uscire e piangere. Non era mai stata il tipo di persona che si lasciava andare a pianti isterici, non le piaceva in realtà neppure lasciare che quelle delicate perle d’acqua le solcassero il viso ma, in quel momento, si sentiva totalmente sopraffatta. 
- Ora, io non posso licenziarti. Non ho intenzione di avere altri problemi con la Principessa. Ma capisci che non posso neppure lasciare che questo comportamento resti impunito, vero? - continuò ed Anne, alzando appena lo sguardo, lo vide aggirare la scrivania, molto lentamente, le dita che carezzavano il legno del mobile pieno di carte. La giovane distolse lo sguardo, non voleva più guardare, non ne voleva più sapere. Le avrebbe ridotto lo stipendio? L’idea la faceva rabbrividire, non se lo poteva permettere, faceva anche fin troppi straordinari per poter sopravvivere, non poteva perdere anche metà della paga. Ma del resto che altro poteva farle? 
- Potrei fare molte cose. Potrei ridurti lo stipendio - sussurrò cattivo, senza però fermarsi. - Farti fare le mansioni peggiori, facendoti lavorare anche tutta la notte, senza sosta. Tutti i giorni, sino a quando non sarai talmente esausta che sarai tu a supplicarmi di licenziarti - sembrava quasi divertito da quella possibilità, ma la giovane sperava, con tutto il cuore, che non si comportasse veramente in quel modo. -  Ma non credo che questo sia sufficiente - disse, tornando verso di sè, con quella lentezza che lo caratterizzava sempre, cosa che agitava maggiormente la rossa. Sentì i suoi passi farsi sempre più vicini, lenti e misurati e per un attimo, le sembrò che il cuore le si fermasse. 
- Guardami - le impose e subito Anne, ubbidiente, lo fece, notando immediatamente il luccichio maligno nello sguardo altrui. 
- Magnolia, la grande regina, aveva abolito le punizioni corporali. Le trovava poco fini. - lo guardò mentre scuoteva il capo, cercando di capire ove volesse arrivare anche se, in minima parte, nella sua anima forse già sapeva cosa sarebbe accaduto. - Da quando è deceduta, però, le cose sono cambiate. Sono io che mi occupo delle regole di voi serve, visto che la Principessa non vuole farsi carico di voi. Cosa che ovviamente a me va più che bene, infondo la regnante ha molte cose a cui pensare - sussurrò, sorridendo, sembrava quasi un cobra, pronto a colpirla, a lacerarla, a dilaniarla. - Ho dunque immaginato che fosse arrivato il momento di ristabilire queste punizioni. - Anne in realtà quasi non riusciva a seguire il filo delle parole dell’uomo. Era talmente sopraffatta che lo guardava senza capire veramente le intenzioni di lui. - Le mani - per un istante la giovane trattenne il respiro e tremò quando comprese, infine, le sue intenzioni. Deglutì pesantemente ed abbassò quel tanto lo sguardo per osservare una sottilissima bacchetta in legno, laccata perfettamente, lucida, stretta dolcemente dalle dita lunghe ed affusolate dell’uomo. 
Tremante, la giovane alzò le mani, e trattenne un singhiozzò quando sentì la stecca abbassarsi rapidamente sul dorso della propria mano, fischiando mentre sferzava l’aria.
- Non devi mai più saltare un appuntamento - disse, malignamente, alzando nuovamente l’oggetto e preparandosi per il prossimo colpo. 
- Non devi più causarmi problemi - continuò, senza sosta, ripetendo quelle parole come un mantra mentre lei lo guardava, trattenendo il respiro per non scoppiare davanti a lui. Anne non si lasciò sfuggire neppure un gemito, neppure un fiato, si limitava a sussultare e a chiudere gli occhi quando il dolore diveniva troppo acuto. 
Fortunatamente, non durò a lungo, ma nonostante non fosse stata una punizione duratura, quando finalmente potè portarsi le mani al petto, si rese conto che riusciva a malapena a piegare le dita.
- Per questa volta, basta così. Non costringermi a ripeterlo - disse, freddamente, voltandosi e andando a riporre la bacchetta al suo posto. Poi tornò da lei e le porse dei lunghi guanti, in pizzo, che le posò tranquillamente sulle mani ancora alte, tremanti e soprattutto dolenti.
- Indossa questi. Nessuno deve venirlo a sapere, soprattutto la Principessa, hai capito? - chiese, perentorio e la giovane non potè fare altro che annuire, piegata dal volere altrui, infilandosi lentamente e con qualche difficoltà i lunghi guanti che le arrivavano al gomito. Il pizzo sfregava contro la pelle arrossata, non era piacevole, ma non emise un fiato. Non lo avrebbe mai fatto, non davanti a lui. Almeno non voleva dargli quella soddisfazione.  
- Puoi andare - la congedò e subito Anne, senza farselo ripetere nuovamente, si voltò e uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle, permettendosi finalmente di lasciarsi andare al dolore.
Sibilò appena mentre carezzava piano il dorso della mano, gemendo per il dolore acuto. Come avrebbe fatto a lavorare tutto il giorno in quello stato? Non l’aveva in realtà ferita, e non le aveva rotto nulla ma sarebbe stato doloroso fare una qualsiasi cosa, ne era a conoscenza. 
Perchè stava accadendo tutto a lei? Perchè tutte quelle attenzioni non potevano finire? Anne era così stanca di ritrovarsi al centro di tutto, perchè la Principessa non la lasciava stare? Perchè voleva proprio lei?
Era devastata, nonostante quella notte avesse dormito magnificamente, aveva soltanto voglia di tornare a letto. Nel proprio letto. Era duro, freddo e scomodo, ma era il suo porto sicuro, ove poteva rifugiarsi, nascondersi quasi da quel mondo che lentamente la stava divorando dall’interno. 
Si sentiva gli occhi gonfi, lucidi, voleva soltanto lasciarsi andare e nascondersi, sparire nel nulla, piangere e sfogarsi con qualcuno. Aveva così bisogno di parlare, per una volta avrebbe tanto voluto essere quel tipo di persona che si confidava, che si permetteva di possedere un’amica che l’aiutasse e la confortasse ma..sapeva che non sarebbe mai accaduto. Lì non c’erano vere amiche, ma serpi pronte a ferire non appena avesse voltato le spalle. Inoltre, tutte ora la odiavano, le sarebbe stato totalmente impossibile anche solo pensare che qualcuna volesse ancora rivolgerle la parola. Era totalmente isolata. 
L’unica cosa che la faceva andare avanti, in quel momento, era Selina. Se non fosse stato per lei, probabilmente, se ne sarebbe andata, magari scappata lontana, in quel regno che il principe le aveva descritto e che l’aveva fatta sognare per qualche istante. Ma la realtà era diversa, Selina aveva bisogno di lei e non poteva portarla via dalla loro piccola casetta. 
Quella giornata, per quanto le sembrasse infinita, non era che agli inizi. Erano passate non più di un paio d’ore da quando aveva aperto gli occhi quella mattina e, davanti a se, aveva ancora un lavoro da portare a termine. 
Non poteva fermarsi.
Cercando di mantenere una certa dignità, tornò indietro, il capo chino e le braccia lungo il corpo, inermi.
Non aveva intenzione di farsi vedere debole, per quanto in quel momento si sentisse soltanto un bersaglio, non aveva intenzione di demordere. Avrebbe portato a termine quella giornata e sarebbe tornata a casa a testa alta. Nessuno poteva impedirglielo.  
E già non vedeva l’ora di rivedere la sua amata e adorata Selina. 
 
* * *

Ehhhh eccomi qui. Il capitolo è tipo scritto da una settimana ma non avevo la forza di rileggerlo e controllarlo! 
Behhh..c’è stato un bel colpo di scena, o forse di più? 
E’ stato, finalmente introdotto, il futuro sposo di Sephira. Non sembra malaccio è? E racconta alla bella Anne del suo paese, ove le serve vengono trattate con rispetto e gentilezza, un vero e proprio sogno ad occhi aperti per la giovane che, però, passa una mattinata tutt’altro che tranquilla!
Forse è esagerato ma..ho voluto cercare di adattare al meglio la storia al contesto che ho creato e dunque…spero che vi piaccia!
Che altro dire? E’ già in forno il prossimo capitolo, agli inizi, ma almeno qualcosa è già scritto ahaha!
Spero dunque che il capitolo vi sia piaciuto, come sempre, ovviamente, le vostre opinioni mi farebbe piacere riceverle e dunque…
Che altro dire se non alla prossima?? 

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Capitolo 8
*** Maturare; ***


Maturare;

Quello era un incubo che diventava realtà.
Ancora non riusciva a credere che fosse venuto così, di sua iniziativa. 
Non si era rilassata un istante da quando aveva ricevuto quella notizia a lei nefasta qualche giorno prima e neppure in quel momento che si era vestita di tutta fretta perché c’era Thyeran ad attenderla, si sentiva meglio. 
Il suo desiderio più grande, al momento, era quello di tornare a letto, magari con Anne al suo fianco, così da poterla stuzzicare all’infinito. Farlo le movimentava le giornate, la distraevano, anche se probabilmente la Principessa, quella mattina, l’aveva offesa. Anzi, doveva essere così. 
Sephira non era così sciocca, si rendeva conto quando spingeva una persona sino al suo limite. Ma, dal canto suo, la principessa era certa che per la rossa non fosse un male. Era dell’idea che almeno così la serva le avrebbe mostrato la sua vera essenza. Lei voleva disintegrare quell’immagine che la giovane sino a quel momento le aveva mostrato, ovvero quella di una creatura fin troppo docile e riverente. Era certa che sotto sotto si celava un carattere forte e determinato. 
Era davvero certa di farlo? La risposta era scontata. Sephira voleva vedere come fosse davvero quella ragazza, non poteva credere che stuzzicandola, alla fine, non avrebbe ceduto. Dunque avrebbe continuato, anche per i mesi avvenire, se fosse stato necessario. 
Lei non aveva limiti, non se ne era mai posti. La regnante infatti non si era mai preoccupata di ferire le persone. Inoltre non capiva proprio cosa ci fosse di sbagliato nel proprio atteggiamento, non stava facendo nulla di male.
Di cosa si poteva preoccupare una serva come Anne? L’aveva vista negli occhi, dunque quali problemi c’erano?  Quale tragedia poteva mai essere? 
Forse si vergognava del suo aspetto? Di ciò non se ne doveva preoccupare in realtà: Anne infatti era una bellissima donna e sì, in tutta onestà stava veramente valutando di farla lavorare senza quell’insulsa mascherina. Poteva trovare un espediente, o, semplicemente, poteva ordinarglielo. Era lei che faceva le leggi lì dentro. 
La principessa, inoltre, non riusciva proprio a capire l’atteggiamento altrui. La serva non aveva vere e proprie preoccupazioni nella sua vita, lei non doveva portare avanti un regno che non sentiva proprio, non doveva sposare un uomo che non conosceva per portare la pace nel proprio paese. Lei non doveva fare nulla di tutto ciò, dunque doveva cercare di darsi calmata. Sephira stava per conoscere il proprio futuro marito, e dato che era un qualcosa che le dava letteralmente il voltastomaco, sicuramente la propria situazione era peggiore di quella di una normalissima serva. Probabilmente l’unica cosa a cui doveva pensare la ragazza era pulire casa e servire il proprio marito. Nulla di più. 
A volte, se doveva essere sincera, la Principessa si immaginava in un’altra vita, una più semplice, ove poteva fare tutto quel che desiderava. Nessuna limitazione o costrizione, libera, come un fringuello. Avrebbe preferito una vita di miseria piuttosto che quella che stava vivendo. Non amava del resto il lusso, lo manteneva soltanto perché non voleva avere problemi con i nobili tanto fastidiosi. Altrimenti, fosse stato per lei, avrebbe dispensato al popolo tutto quel che possedeva. Ma erano generazioni che la propria famiglia viveva in quel palazzo, poteva forse lei venire meno alle tradizioni? Aveva già deluso abbastanza le aspettative della propria famiglia, non voleva peggiorare la propria situazione.
Sephira finì di allacciarsi la giacca sul petto, e si studiò allo specchio. Non aveva indossato nessun vestito femminile, nessuna gonnella o scollatura. Voleva impartire, a modo suo, una grande lezione a quell’uomo: lei non era una principessina interessata al matrimonio, era una guerriera. Probabilmente, per sottolineare quell’aspetto, aveva esagerato un poco. Difatti, quando Alkator la vide sospirò appena, scuotendo il capo, chiaramente insoddisfatto.
- E’ sicura di volersi presentare con quelle vesti? - le chiese, conciliante, ma lei annuì fermamente e tornò a guardarsi allo specchio, così da poter legare i lunghi capelli corvini nella loro abituale treccia. 
Per l’occasione aveva indossato una camicia che aveva abbottonato sino al collo, una giacca nera sopra, molto semplice, e un paio di pantaloni stretti e lunghi. Niente tacchi o scarpette da damina, bensì aveva scelto dei semplici stivali, bassi e comodi, perfetti per la battaglia. 
E per lei quella era una battaglia. Era pronta ad andare in guerra. Contro lo straniero.
- Pronta. Andiamo, togliamoci il pensiero subito - sbottò, sinceramente non aveva intenzione di passare la giornata con quel damerino. Non lo aveva ancora visto ma già sapeva che non le sarebbe piaciuto. Non era interessata a nessuna relazione, e l’idea di dover dividere il proprio regno con qualcun altro, per quanto non le dispiacesse, non le andava. Non voleva che nel suo regno si insediasse una persona esterna che senza neppure domandare, era arrivato senza neppure avvisare insinuandosi nella propria vita all’improvviso. Lei accettava di buon grado chi voleva prendere le redini del comando dato che non le interessava, ma non voleva che fosse uno straniero a salire sul trono. Non si fidava. Non degli “esterni”.
- Bene, allora andiamo - sentì l’uomo sospirare e lei sorrise soddisfatta, non poteva di certo perdere sull’argomento vestiario! Non era mica una bambolina a cui veniva ordinato come vestirsi! Era ancora la maledetta Principessa di quel regno no? Almeno il proprio abbigliamento lo poteva scegliere da se. Per fortuna.
Partì a passo di carica, senza guardarsi attorno, lo sguardo fiero puntato dritto davanti a sé. Non sapeva cosa aspettarsi da quell’essere e in realtà era parecchio ostile nei suoi riguardi. 
- Per favore Sephira, cercate di essere quanto meno diplomatica - la voce gentile del proprio fido vice la fece trasalire appena dai propri pensieri e lo guardò appena mentre le camminava accanto, piano e con una tranquillità ed eleganza che di certo nessuno poteva invidiare. 
- E perché dovrei farlo? Questo arriva e si presenta a casa mia senza neppure avvisare. Non sarei io la prima ad essere stata maleducata. Da quel che ricordo dalle lezioni di galateo bisogna sempre avvisare del proprio arrivo. O mi sbaglio? - chiese, conscia di aver ragione. Lei non era per il galateo, non lo era mai stata, ma glielo avevano fatto studiare. Certo, che poi quegli insegnamenti li avesse letteralmente abbandonati non era importante, ma le regole se le ricordava perfettamente. 
L’uomo sospirò pesantemente e accelerò quel tanto per potersi portare di fronte a sé, bloccandola con una supplica nello sguardo. 
- Sephira, permettimi di parlarti come faccio nel campo di battaglia.  - iniziò seriamente, incrociando le braccia al petto. - Sarò chiaro, diretto e conciso. Il regno ha bisogno di questa unione. Credi che mi faccia piacere spingerti a sposare quello che probabilmente è un idiota? Stiamo passando una profonda crisi, il regno soffre. Tu non ascolterai le lamentele, ma io lo faccio ogni giorno. Metti da parte per una volta il tuo orgoglio e almeno cerca di essere gentile. Non ti chiedo di inchinarti a lui, o di mostrarti disponibile, ma di essere cordiale. Per il bene del popolo. Se non lo vuoi fare per te, o per il regno, fallo in memoria di tua sorella. Ha lottato per farlo sopravvivere, non mandare tutto all’aria per un capriccio - disse grave, guardandola dritto negli occhi, cosa che di rado faceva. 
Lo aveva fatto soltanto nel campo di battaglia perché sì, lui l’aveva accompagnata spesso nelle proprie guerre. Era stato un fedele compagno, e le aveva sempre portato rispetto anche se, in certi casi, le aveva letteralmente dato uno schiaffo in viso per farla tornare a ragionare. Probabilmente, se fossero stati nel campo di battaglia, lo avrebbe fatto anche in quel momento. 
Sephira sbuffò spazientita e batté il piede a terra, nervosamente. Sapeva che Alkator aveva ragione, sapeva che lui non l’avrebbe mai data in matrimonio ad un totale stupido se non fosse stato strettamente necessario. Tutto sommato comprendeva il suo punto di vista.
Tra di loro c’era sempre stata una profonda amicizia e anche se agli occhi di tutti lui non era che un suo subordinato, la principessa lo rispettava profondamente. Lo considerava alla stregua del suo migliore amico, l’unico di cui probabilmente si fidava ciecamente. Ecco perché aveva dato a lui il compito di ascoltare le lamentele del popolo, sapevo che le avrebbe riportato sempre tutto onestamente, senza fare gli interessi dei nobili. 
- Non mi piace. Ma ci proverò se ci tieni tanto. Ma non ho intenzione di passare tutta la mia giornata con lui - disse, irritata, notando immediatamente quando nacque un lieve sorriso sul volto dell’uomo. Sapeva che non poteva chiederle di più. Aveva un animo mutevole ed essendo una combattente, rischiava di far del male al Principino se si fosse innervosita troppo. E non potevano correre quel rischio, no?
- Certamente Principessa - sussurrò con voce lievemente ironica prima di scostarsi e tornare al proprio fianco, così da poter riprendere la loro marcia. 
Non aveva voglia di sorbirsi quella chiacchierata, ma tutto sommato la giovane regnante capiva che effettivamente il suo fido compagno aveva ragione. Lei non era fatta per governare. La regnante voleva che il proprio popolo vivesse in prosperità, ma non era in grado di far avverare tutto ciò, non da sola per lo meno. 
Era perfetta come soldato, non come comandante. 
Camminarono piano, eppure con decisione, e quando finalmente entrarono nella sala da pranzo, sentì il brusio cessare improvvisamente. 
Gli occhi si fermarono su di sé e il nervosismo corse lungo il corpo della giovane donna. Non voleva dare alcuno spettacolo, non voleva tutta quella gente lì, a studiarla. 
- Quest’oggi avrò un ospite, dunque gradirei fare colazione con lui da sola - alzò la voce che risuonò nella grande sala e tutti, senza fiatare, si alzarono ed uscirono lentamente, senza protestare. Non gli era permesso farlo. 
Piano piano la sala si svuotava, ed oramai erano rimasti soltanto il Principe, Alkator e la propria sorellina che guardava con occhi sognanti il giovane uomo. 
Probabilmente si erano intrattenuti assieme sino a quel momento dato che erano seduti l’uno accanto all’altra, e la cosa le diede noia. Forse, per il bene del regno, lei sarebbe dovuta essere maggiormente come la sorellina più piccola. Lei era esattamente tutto ciò che il popolo desiderava in una principessina. Era quasi del tutto certa che sino a quel momento, i due avessero parlato del tempo, del futuro e…chissà di quale altra sciocchezza. Lei non ne aveva idea. 
Non sapeva come si intrattenesse un ospite, non lo aveva mai fatto. Lo facevano gli altri per lei, generalmente. Ma non poteva più delegare, era arrivato il momento di prendersi le proprie responsabilità. 
- Sophia, per favore, anche tu. Ho bisogno di un po’ di privacy - si avvicinò alla piccola principessa che, a quelle parole, sgranò i grandi occhioni celesti e scosse il capo, con vigore, facendo così ondeggiare i morbidi boccoli castano chiaro che le incorniciavano dolcemente il viso.
- Noooo! Voglio restare! Per favoreeee - si alzò dalla sedia e si avvicinò alla sorella più grande per poterle prendere le mani, così da supplicarla con lo sguardo. Desiderava restare e avrebbe usato tutte le sue armi per non andarsene.
Soltanto che la più grande rimase ferma nella propria decisione. Non voleva assolutamente che sua sorella restasse, non era certa di poter reggere il confronto con la più piccola. Certo, almeno così il principe avrebbe compreso che erano agli opposti, che lei non era fatta per regnare ma..in quel momento preferiva cercare di essere lucida, e dunque la sorella non poteva restare. 
- Sophia, non farmelo ripetere. Per favore - disse, severa, notando immediatamente quando i grandi occhioni le divennero lucidi, tanto da farle presumere che da lì a poco sarebbe scoppiata a piangere. Eppure non versò neppure una lacrima, non di fronte al Principe. 
- Va bene.. - sussurrò piano, ricomponendosi subito, sbattendo le grande ciglia, così da dissipare quelle piccole perle salate. Poi si voltò leggermente e fece una bella riverenza al Principe, per salutarlo. 
- E’ stato un piacere, spero di poterla incontrare presto. Buona colazione - disse con grazia e dolcezza, usando una voce tanto caramellosa che fece tremare appena le ginocchia a Sephira. Come poteva essere così con uno come lui? Come poteva fidarsi di Thyeran? Non riusciva proprio a capire. Forse il problema era proprio? Era lei che vedeva del marcio in quell’uomo? 
Forse sì. 
- Il piacere è stato mio. A presto, Principessina Sophia - anche l’uomo si inchinò, facendo così sorridere la piccola che, ridendo felice, fece una piroetta ed uscì allegramente dalla stanza, lasciandoli soli. Soltanto Alkator rimase, probabilmente per assicurarsi che lei facesse la brava. Del resto lui era l’unico che riusciva a calmarla e a farla ragionare, ecco perché tutti gli delegavano quell’incombenza. 
La donna si andò a sedere con fierezza al proprio posto, e non appena lo fece, pure il Principe si accomodò, alla propria destra. Il proprio vice, invece, rimase in piedi, dietro di sé, senza accennare a spostarsi. Del resto era un soldato, non si sarebbe mai accomodato a far colazione con lei, le regole glielo impedivano e soltanto se Sephira glielo avesse ordinato, lui lo avrebbe fatto. Ma con Alkator, la Principessa, aveva giocato anche abbastanza. Preferiva farlo con un’altra persona al momento, che però in quel momento, probabilmente, era nella propria stanza a rassettare e a sistemare. Quasi fremeva dal desiderio di tornare in camera sua. Almeno si sarebbe divertita. 
- E’ un piacere fare finalmente la vostra conoscenza Principessa Sephira. E mi scuso immensamente per il mio arrivo inatteso, ma volevo conoscervi e dato che ero qui vicino ho pensato di passare - chissà come mai la regnante pensò subito che quella fosse una bugia. Infondo…cosa poteva spingere un uomo come lui tanto lontano dai propri confini? Nulla, ecco la risposta. L’unico motivo per cui si trovava lì, sicuramente, era per disturbarla. 
- Si, certamente - disse, freddamente, prendendo una fetta di pane morbido, ancora caldo, che tagliò per poterlo farcire, iniziando così a fare colazione
Il silenzio cadde tra loro, immediatamente, ma a Sephira non importava. Anzi, trovava piacevole quella calma piatta, quel silenzio meraviglioso che le regalava pace e sollievo. Le sarebbe piaciuto fare colazione sempre così, nella quiete più totale, senza nessuno che la guardava o le parlava. 
Un sogno. 
Certo, in quel momento non era sola, ed era certa che la pace non sarebbe durata a lungo.
Difatti, quel silenzio non durò a lungo dato che Alkator, con un lieve colpo di tosse, le rammendò che doveva cercare di comportarsi bene e, dunque, cercare di creare almeno una comunicazione decente con lui. 
- Hmmm…com’è andato il viaggio? - non aveva proprio idea di come intrattenere un’ospite, era parecchio impacciata, tanto che neppure lo guardò in viso. Continuò a guardare il tavolo davanti a sé, a disagio. Avrebbe voluto essere ovunque, tranne che lì.
La risata di lui che colmò la stanza dopo le proprie parole, le fecero alzare per la sorpresa lo sguardo, così da poter guardare lo straniero con sospetto. Cosa aveva da ridere? 
- E’ stato un viaggio lungo, ma sono lieto di averlo compiuto. Avete un regno meraviglioso e il vostro popolo è molto gentile e cordiale - disse, sorridendole pacato. In realtà non sembrava una persona ostile, e nonostante fosse vestito come un perfetto nobil uomo, sembrava..normale. Non come tutti gli uomini che popolavano il palazzo, pomposi e egocentrici, Thyeran sembrava quasi semplice. Un punto a suo favore. 
- E di grazia per quale motivo ridete se il mio regno è di vostro gradimento? - chiese, in realtà indispettita dall’atteggiamento altrui. Non le piaceva quando gli altri si prendevano gioco di lei, era una persona molto permalosa.
In risposta il principe del regno vicino le sorrise affabile e portò una mano sul petto, piegano appena il capo, prima di tornare a guardarla. Ancora non aveva accennato a toccare il proprio pasto. 
- Mi sembrava una domanda molto forzata Principessa. Vedo l’ostilità nel vostro sguardo, e nonostante lo possa capire, me ne rammarico. Vorrei che capiste che non sono venuto per rubarvi il regno, volevo soltanto conoscervi - disse galante, ma quelle parole non la fecero sciogliere come probabilmente avrebbe fatto con tutte le altre donne sul regno. Sephira continuava a vedere la menzogna, continuava ad avere il sospetto che non fossero altro che parole a vuoto, sentenziate soltanto per rabbonirla, per farla cadere nel proprio giogo. 
- Questo lo scopriremo soltanto con il tempo, Principe - disse rigidamente, posando sul piatto il proprio pasto. Aveva perso l’appetito per il nervoso, ovviamente. 
Però non poteva ancora alzarsi, dunque prese una tazza fumante di the caldo, e se la portò alle labbra, così da poter tenere a freno la lingua che tanto bramava di essere lasciata sciolta. Doveva trattenersi, per il bene di tutti, ma era talmente difficile!
- Vi dimostrerò in questi giorni che sono un ottimo partito, e che non voglio altro che il bene per i nostri regni - a quelle parole, Sephira, quasi non sputò quel che stava bevendo. Mandò giù a fatica il the caldo, ustionandosi così il palato e la lingua, ma la rabbia che le stava montando dentro era talmente vivida che non sentì il dolore.
Si limitò a guardarlo, furente, stringendo i pugni sul tavolo, bramosi di colpirlo. Doveva stare calma ma..come poteva? 
- Dunque restate? Una seconda notizia inattesa - disse, gelida. Oh, quell’uomo non era sciocco e sicuramente comprendeva che quella notizia non la rallegrava minimamente. Oh, come poteva? Non lo voleva tra i piedi maledizione, sperava che fosse una visita veloce, e che l’uomo ripartisse al più tardi l’indomani, ma, dalle sue parole, chiaramente non sarebbe andata così. 
- Sono stato invitato a restare, speravo che fosse una notizia a voi nota ma, soprattutto, gradita - continuava a parlare con quel tono pacato e gentile che le dava sui nervi. Come poteva resistere dal prenderlo a schiaffi? Era..insopportabile. 
- Chi? - chiese, ma non si rivolse al principe, bensì si verso il proprio vice. Era rigido, e la guardava cauto, perfettamente conscio che lei stava per esplodere. Le nocche delle proprie mani erano talmente bianche per la propria presa sul tavolo che ricordava il pallore della morte. Ma forse, quel chiarore innaturale della propria pelle, non era causato soltanto da quella presa salda sul pregiato legno, forse la giovane era impallidita anche per la rabbia. 
- Io e Lacrit abbiamo concordato che sarebbe stato scortese mandare via il Principe durante questo periodo nefasto, dunque gli abbiamo proposto di restare sino a quando le piogge non fossero concluse, così da tornare nel proprio regno senza nessun problema - se possibile, Sephira, sbiancò ancor di più, incredula. 
Sarebbe rimasto per tutto il periodo delle piogge? Erano impazziti? Era un lasso di tempo troppo lungo, cosa avrebbe dovuto fare? Non sarebbe mai riuscita ad evitarlo, non poteva neppure uscire per andare a combattere e sfogarsi di conseguenza! 
Ma probabilmente lo avevano fatto apposta, almeno così sarebbe stata obbligata a parlare con l’uomo, a conoscerlo. Speravano che quell’espediente le avrebbe fatto cambiare idea? Non sapevano quanto si sbagliavano. 
- Magnifico - disse, con ironia, alzandosi di scatto dalla sedia. Quella notizia era abbastanza grave da poterle dare il diritto di andarsene. Ora sì che voleva tornare in camera, e poi magari, al poligono di tiro. Del resto, avevano molti giorni dinnanzi a loro per poter parlare, giusto? 
- Ora se volete scusarmi, vorrei andare nelle mie stanze. Mi è venuto un forte capogiro - disse, rigidamente. Nessuno poteva obbligarla a stare lì e quella notizia..l’aveva davvero lasciata senza parole. Non sapeva cosa dirle, l’unica cosa che voleva fare era colpire il Principe e poi urlare, o forse il contrario. Ma di certo, quell’opzione, non era comunque fattibile.
Il principe si alzò, elegantemente, e in un gesto probabilmente galante, le prese la mano così da poterle carezzare il dorso delicatamente con le labbra; cosa che la fece rabbrividire. Come si permetteva ad avere l’ardire di toccarla? Con poca grazia e cortesia, Sephira ritirò subito la mano, fulminandolo con lo sguardo, cosa che fece immediatamente capire alll’uomo che non era il caso avvicinarsi ulteriormente. Riportò il braccio dietro alla schiena, e dissimulando l’imbarazzo, si piegò.
- Spero vi riprendiate. A presto, Sephira - disse, inchinandosi, e lei senza neppure pensarci, girò sui tacchi ed uscì da quella stanza. Evitò di correre soltanto per non far capire a quell’uomo quanto si sentisse fragile, destabilizzata. 
In quel momento..le sembrava di soffocare. Quello sarebbe stato un lungo mese. Ma avrebbe trovato il modo di evitarlo, non aveva intenzione di aver troppo a che fare con quel pomposo.
Nel momento esatto in cui la porta alle proprie spalle si chiuse, lasciandosi dietro il proprio vice e il principe, Sephira si ritrovò davanti a nobili e servitori. Cercavano tutti di celare quel che avevano tentato di fare sino a quel momento, senza però riuscirci, minimamente. Avevano infatti cercato di ascoltare quel che loro due si erano detti, ma la Principessa era certa che, sicuramente, nessuno fosse riuscito ad  udire le proprie parole. Le porte erano spesse, e i muri altrettanto, era impossibile che le loro voci si fossero fatti largo sino alle stanze attigue.
La giovane donna se ne infischiò del rossore nelle gote dei commensali colti in flagrante, invece, continuò per la propria strada, diretta nell’unico posto ove nessuno poteva entrare senza il proprio permesso. 
Si affrettò a raggiungere la propria camera e, una volta giunta a destinazione, subito individuò la figura minuta della serva dai capelli rossi che stava sistemando con gran cura la stanza. 
Era incredibile come il poter anche solo osservare quella figura la facesse sentire meglio. Quella donna, senza rendersene conto, esercitava un forte potere sulla propria persona, anche se tutto ciò, ovviamente, Sephira mai lo avrebbe ammesso a voce alta. Si perse ad osservare Anne, distrattamente, notando però che c’era qualcosa di nuovo nella sua figura; un elemento che le giungeva nuovo, che però non riusciva ad identificare. Forse, semplicemente, era la sua espressione più riposata. 
L’incarnato di Anne, infatti, era migliorato. Il pallore naturale di quella pelle diafana era tornato della sua bellezza, e così anche la lucentezza di quei capelli color del fuoco. 
Eppure, come sempre, la giovane sembrava troppo intenta a sistemare e a rassettare, così dedita al proprio lavoro che la Principessa avrebbe sbuffato volentieri. 
- Che stranezza vederti qui, a lavorare. Avresti dovuto prenderti un giorno di riposo dopo il malanno di ieri - le disse severamente, cosa che però, stranamente, non sembrava aver sortito nessun effetto nella giovane donna. 
Continuò difatti a lavorare a testa china, dandole le spalle, senza darle alcuna risposta, cosa strana, in realtà, dato che generalmente aveva sempre la cortesia di risponderle.
La giovane era tesa lungo il proprio letto mentre rimboccava le coperte fresche, pulite, le dita leggermente tremanti, rigide anche. Sembrava quasi distratta, o forse aveva voluto ignorarla di proposito?
Sephira, per un istante, si soffermò su quelle dita lunghe e sottili, e fu soltanto allora che si rese conto dei lunghi guanti in pizzo che le adornavano, ulteriormente, quel vestito ridicolo. 
- Carino il tuo nuovo accessorio - disse con ironia, sorridendo soddisfatta quando notò finalmente la rigidità che provocarono le proprie parole alla rossa. Ora, sicuramente, l’aveva sentita. O forse le dava noia che avesse notato il nuovo indumento che, come tutto il resto, alla principessa risultava inutile?
- Grazie - sussurrò fievole, continuando a lavorare, cosa che diede noia alla regnante. Dunque non aveva ancora compreso le parole che si erano rivolte più e più volte? Anne non doveva sentirsi così sotto pressione, non in camera sua, chi poteva vederle? Lei voleva parlare con lei, e quando le rivolgeva la parola, la serva doveva fermarsi. Non le sembrava una cosa tanto difficile da comprendere.
- Fermati un attimo di lavorare e voltati verso di me - disse, spazientita. Era stanca e nervosa per quel che le era successo, voleva almeno vederla in volto. Ne aveva bisogno. In realtà il suo desiderio era strapparle quella ridicola maschera dal viso e deliziarsi dei suoi lineamenti delicati, ma si trattenne, soprattutto perché, senza neppure protestare, la rossa decise di voltarsi. Avvenimento strano, dato che generalmente la giovane tendeva sempre ad obbiettare, in qualche modo. 
Lentamente la regnante si avvicinò alla donna, e con fare gentile le prese il volto, così da poterglielo alzare e guardarle il volto. 
Non le serviva vederla in viso senza quella maschera per capire che la ragazza non era felice di quel suo avvicinamento. Inoltre, data la posizione del viso e del collo, sapeva che nonostante tutto non la stava guardando negli occhi. 
- Sei ancora offesa per questa mattina? Pensa che c’è chi sta passando una giornata peggiore della tua - disse, ironica, eppure veritiera. Cosa doveva mai fare? Pulire la sua stanza e poi? Se ne sarebbe tornata a casa, senza più alcuna preoccupazione. Sarebbe tornata dalle persone che amava, felice. Lei invece? Non poteva scappare dalla sua vita, non poteva fermarsi, vivere come desiderava. Non sarebbe mai andata così. Era in trappola. In una meravigliosa gabbia dorata.
Alle proprie parole avvertì un fremito percorrere il corpo altrui, talmente inconsistente che nel giro di pochi istanti era svanito, ma la regnante lo aveva sentito, forte e chiaro. 
- Vuoi forse dirmi il contrario? - chiese, strafottente, cercando di spingerla a parlare. 
- Lei può dirmi quel che vuole. E’ il suo pensiero e lo accetto. E’ la principessa, tutto quel che dice è legge. Dunque sì, ha ragione, lei sta passando una giornata peggiore della mia - disse, pacata, anche se sotto quella voce gentile sentiva una certa ostilità, una piccola nota di sarcasmo che la colpì. Sapeva che sotto quel visetto d’angelo c’era una donna orgogliosa. Doveva soltanto riuscire a tirarla fuori.
- Non mi sembri sincera - le sussurrò all’orecchio, era sicura che le stava mentendo, eppure non era arrabbiata come sarebbe stata solitamente. Quello scambio di battute le stava facendo dimenticare quella mattinata infernale, dunque in quel momento, era felice di discutere con la rossa.
- Un’altra sua opinione che rispetto - sembrava differente, in realtà, da quella mattina, quando si erano svegliate assieme. La conosceva poco eppure era solita vederla combattere, e non accettare semplicemente quel che lei le diceva, o le faceva. Era certa che il giorno prima, se le avesse ripetuto le stesse parole, le avrebbe risposto in modo differente. Avrebbe tentato di allontanarsi, le avrebbe ripetuto che doveva lavorare, che non poteva perdere tempo a parlare con lei. Invece, ora, quasi sembrava reggerle il gioco. Cosa, che ovviamente, la insospettì.
- Cosa succede Anne? - le chiese dunque, improvvisamente seria, carezzandole il bel volto con il pollice, gentile, quasi premurosa. Dubitava di essere capace di portare conforto, però ci poteva provare. 
- Vorrei soltanto tornare a lavorare. E’ una lunga giornata, e se non le dispiace vorrei rimettermi in pari con le mie mansioni - nonostante quelle parole, Sephira non disse nulla e rimase immobile, vicino al corpo altrui. Continuava a guardarla, sentendo il petto altrui alzarsi ed abbassarsi, al ritmo del suo respiro. Nonostante l’immobilità, Anne sembrava assente, non cercava di allontanarsi, subiva semplicemente la loro vicinanza. - Sto bene, veramente. Vorrei soltanto lavorare - ripeté dopo un infinità di tempo ove le due giovani erano rimaste immobili, l’una accanto all’altra, silenti. 
Le voleva credere? No, lei non riusciva proprio a farlo. La serva era troppo strana in quel momento.
- Ripetimelo senza quella maschera - disse, allungando piano l’altra mano, quella che era rimasta lungo il proprio corpo per tutto quel tempo.
Si muoveva con lentezza studiata, così da poter carpire lo stato d’animo della serva che, nonostante il suo risentimento quella mattina per averla vista senza maschera, ora neppure cercava di dissuaderla. Rimaneva immobile, il respiro veloce che fuoriusciva da quelle labbra carnose, appena socchiuse. Era agitata, eppure non si muoveva.
Sephira non si fermò, rapita da quel momento di potere, continuando così la sua avanzata e, quando le lunghe dita si strinsero attorno al pizzo nero e delicato, avvertì la rossa trattenere il respiro, per un solo istante. 
Eppure ancora non la fermò, la lasciò fare, lasciandola nuovamente interdetta. Non si stava ribellando, non era abituata ad averla vinta con lei. In realtà, avrebbe commentato il fatto, se non fosse stato per il fatto che rimase, ancora una volta, abbagliata da quei lineamenti tanto perfetti, meravigliosi. 
Era davvero bellissima, e ora, finalmente, poteva gustarsela con tutta calma.
Le sfilò con delicatezza estrema la maschera e la lasciò cadere a terra, senza premurarsi di poggiarla da qualche parte. Era troppo distratta in quel momento per pensare a certe sciocchezze.
Come aveva immaginato, Anne teneva lo sguardo rivoltò al soffitto, ostentava il fatto che non volesse ricambiare lo sguardo. Eppure la regnante riusciva a guardare quelle gemme chiare, di un colore tanto pregiato che non riusciva a capacitarsi come lei potesse fare la serva. Con quella bellezza, non sarebbe stato difficile trovare un marito ricco, che la poteva mantenere. E invece era lì. Beh, questo andava a suo vantaggio.
- Sto bene - ad un tratto la giovane parlò, distogliendola dai suoi pensieri e, inavvertitamente, Sephira sorrise per quel suo modo di fare. Le aveva chiesto di dirglielo senza la maschera, e lei lo aveva fatto. Ma non era ancora soddisfatta.
- Guardami negli occhi e dimmelo - ribadì, sapendo che l’avrebbe messa ulteriormente in difficoltà. Ma non le importava. Voleva che la guardasse negli occhi. Voleva perdersi in quegli occhi brillanti e avvolgenti.
Passarono svariati minuti ma, quando finalmente il suo desiderio venne accolto dalla rossa che, con estrema lentezza, puntò gli occhi nei propri, si ritrovò spiazzata da quel che vide in quello sguardo. Si era aspettata fastidio, o comunque quella pallida timidezza che ostentava fin troppo spesso; invece quelle gemme iridescenti erano  rosse e gonfie, come se avesse pianto. O se si fosse trattenuta dal farlo. 
Il trucco era ancora perfetto, immacolato, dunque non doveva essersi lasciata andare, eppure sembrava sull’orlo del baratro, come se il destino di quelle lacrime fosse dipeso da una parola sbagliata o meno.
Ma non leggeva soltanto ciò in quegli occhi. Vedeva anche fierezza, orgoglio, sfida. Non avrebbe abbassato gli occhi, e sapeva che avrebbe continuato a dirle che stava bene. Era testarda, almeno quanto lei.
- Sto bene. Lasciatemi lavorare adesso, per favore. Non infierite ulteriormente - sussurrò, conscia probabilmente che la Principessa avrebbe capito il suo stato d’animo. Sembrava devastata. E Sephira non se lo aspettava.
D’un tratto la Principessa liberò il volto altrui, allontanandosi dalla fanciulla, come se fosse stata colpita da una scossa. La guardò mentre la serva, lentamente, si piegava, tremante, la mano tesa verso la maschera che era caduta a terra. 
Non aveva mai visto due gemme tanto belle eppure tanto tristi. Sembrava..vuota. Sembrava stanca, amareggiata dalla propria vita. Non si aspettava di vedere tutta quella tristezza in quel volto perchè non riusciva a capacitarsi come una ragazza come lei potesse vivere una vita infelice. Sembravano quasi cambiati da quella mattina, come se quel che fosse successo tra loro l’avesse segnata, nel profondo. Era forse colpa sua?
- Io..devo andare - disse, scombussolata, voltandosi e uscendo di fretta dalla stanza. 
Si sentiva strana, scossa. 
Non si era aspettata quella reazione, ma non si era neppure aspettata di trovarsi Anne ridotta in quello stato. 
Eppure, nonostante sembrasse che un’antica sofferenza le appesantisse l’animo, la serva aveva la forza per affrontarla, per continuare a fare il suo lavoro. Non si era abbattuta, non si era lamentata una sola volta.
Sembrava una persona che aveva sofferto molto, eppure forte, incapace di piegarsi. E forse era così. O forse no. Del resto non la conosceva così bene, lei non si apriva mai.
Sephira, in quel momento, sentiva il bisogno di schiarirsi le idee. Doveva stare sola, le sembrava che quella mattina non potesse andare peggio e voleva solitudine. Alla fine, Anne, aveva peggiorato il suo umore, non migliorato. Doveva sfogarsi. E sapeva esattamente ove andare. 
* * *
Dunque..cosa dire? 
Mi spiace immensamente per questo ritardo, ma ho iniziato a lavorare e ho passato un periodo un po’ buio, dunque non avevo la forza di scrivere. Ora speero di riuscire a pubblicare in tempo, di non farvi più aspettare tanto.
Ma passiamo al capitolo, ove la protagonista è Sephira.
Avrà un lungo mese davanti, dovrà per forza di cose affrontare il principe, deve maturare e cercare di andare d’accorto con lo straniero, eppure non riesce ad accettarlo. Dall’altra parte, scopre un Anne che, improvvisamente, sembra cambiata, del resto quel che le è successo non è da poco no? 
Eppure non sa nulla, non la conosce, e presto sentirà sempre più il bisogno di conoscerla. 
Beh, spero vi sia piaciuto questo capitolo, ora vado a letto. I commenti sono sempre graditi e prometto che cercherò di non farvi più aspettare tanto! 
Un bacio :*

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Capitolo 9
*** Adattarsi; ***


 

Adattarsi;

Tremava.
Nel momento in cui la Principessa se ne era andata, Anne aveva iniziato a tremare, un fremito incontrollabile che la scuoteva, dall’interno.
Durante l’assenza della regnante, la giovane aveva preso una decisione. Per quanto fosse una scelta a lei non congeniale, che l'avrebbe messa ulteriormente in difficoltà, aveva deciso di non ribellarsi più alla donna. Avrebbe sempre accettato tutto quello che le avrebbe detto, chiesto o fatto.
Il motivo? Era stanca. Distrutta.
Sino a quel momento si era comportata come, ragionevolmente, avrebbero dovuto fare tutte le serve in quel palazzo. Aveva seguito le regole, aggrappandosi al buon senso e alla speranza di non avere problemi di alcun genere. Non si era mai lamentata, non aveva mai guardato nessuno in viso, ed era rimasta in silenzio, senza mai intrattenersi come facevano le sue colleghe. Le era sembrato giusto seguire quella via. Ma cosa aveva ottenuto in cambio? In quegli ultimi giorni si era ritrovata protagonista di attenzioni che mai avrebbe voluto, che le avevano procurato conseguenze a lei indesiderate. Per quanto le altre serve la invidiassero, se fossero state nella propria situazione, sicuramente si sarebbero ricredute. La prova erano le dita che dolevano ad ogni minimo movimento, quei guanti che carezzavano come spine la pelle arrossata, la stanchezza fisica e psichica che le toglievano completamente l'energia dal corpo.
Cosa aveva fatto per meritarsi quelle attenzioni che lei mai aveva bramato? Era partito tutto dalla Principessa che, per un motivo a lei ignoto, aveva deciso di dedicarle tutte quelle attenzioni, seguita poi dal Principe che, nel giro di una mattina, aveva già fatto parlare tutto il castello. Avevano forse deciso di unirsi contro di se? Forse nella noia di quelle loro vite perfette, fatte di ricchezza e tranquillità, avevano deciso di distruggerle la vita e la sanità mentale?
Però aveva deciso. Non poteva continuare così e, se l'unico modo per evitare tutto ciò era quello, semplicemente non avrebbe più esitato, e non si sarebbe mai più tirata indietro di fronte alle loro richieste. Non ne valeva la pena. Voleva rabbonire la regnante, assecondarla, così, forse, i suoi problemi sarebbero finiti, spariti.
Ma non era stato per nulla semplice.
Nel momento in cui era entrata la Principessa lei si era ritrovata estraniata, spaventata quasi.
La sua mente non aveva smesso di darle tregua, intimorita dalla possibilità che la donna notasse quei guanti di pizzo, e che ciò, come al solito, la portasse ad indagare su quel nuovo capo d'abbigliamento indossato. Forse le sarebbe risultato sospetto, poteva forse accorgersi che le sue mani si muovevano con maggiore difficoltà? Che le dolevano tanto da portarla quasi alle lacrime? Sarebbe arrivata a strapparle via quei guanti, come quella notte aveva fatto con la maschera di pizzo che adornava il viso? Se lo avesse fatto, la giovane dai capelli di fuoco temeva la reazione della regnante di fronte alle sue mani ora piene di lividi, dolenti. Avrebbe indagato, e lei come poteva semplicemente dissimulare l'accaduto? Quale falsità avrebbe potuto raccontarle? Inventare una possibile motivazione, quale fosse una caduta, o un incidente dettato dalla stanchezza, non sarebbe stato facile. Le avrebbe creduto o avrebbe capito che dietro tutto quello c'era il capo maggiordomo? Sarebbe riuscita a dissuaderla dall'indagare ulteriormente? Anne sapeva che doveva tener l'uomo fuori dalla questione, lui era stato molto chiaro: non poteva proferire parola a tal riguardo, altrimenti le conseguenze sarebbero state ben peggiori di quelle che già aveva subito. E sì, per quanto poco la serva gli credeva, sfortunatamente.
Certo, se avesse voluto dar una possibilità alla logica, se avesse rivelato tutto alla Principessa, di fatto, i suoi problemi con l'uomo forse sarebbero finiti, all'istante. Lei era la regnante, lei dettava legge, era lei la personalità più influente, quella persona che poteva cambiare le cose, all'interno del palazzo. Se la donna avesse voluto, l'avrebbe potuta difendere, e forse, l'avrebbe anche aiutata.
Anne aveva inoltre la consapevolezza che, se la Principessa avesse anche solo sospettato che dietro quei segni ci fosse la figura di Ryasmond, sarebbe partita alla carica, come al suo solito, cercando così delle risposte. Eppure....era certa che il capo maggiordomo avesse le capacità di far credere alla regnante che quella pazza fosse lei, che tutto quello non fosse che una macchinazione per macchiare il buon nome del maggiordomo.
Per quello la sola possibilità di poter raccontare alla regnante l'accaduto era a dir poco ridicolo, Anne, anche se non avesse temuto le conseguenze dell'uomo, non si sarebbe mai azzardata a proferir parola. Del resto, chi avrebbe mai potuto credere ad una serva? Se l’uomo avesse affermato che fosse stata tutta una sua fantasia, nessuno avrebbe parteggiato per se stessa, e dunque sarebbe stata ancor più nei guai.
Del resto, la Principessa, per quanto potesse averla presa in simpatica - fatto che ancora non riusciva a comprendere completamente - alla fine non le avrebbe creduto. Era così che andavano le cose, lì dentro. L'uomo avrebbe trovato molti testimoni che avrebbero finto di averla vista cadere, o comunque farsi del male da sola. Avrebbe portato alla donna prove contraffatte, perché lui ne aveva il potere. Lei dunque, cosa avrebbe potuto fare? Nulla. Quella era la realtà dei fatti.
Aveva dunque continuato a lavorare, senza muoversi, mandando, in parte, in malora i propri buoni propositi quando lei l'aveva salutata. Non era riuscita a voltarsi, a bloccare i propri lavori come generalmente la regnante desiderava che facesse.
La donna, quando entrava nelle proprie stanze, desiderava che Anne si sedesse, si intrattenesse con lei, neppure fosse stata una dama da compagnia. Eppure la rossa era entrata totalmente nel panico, nel momento in cui aveva udito la sua voce e, con il terrore che lei le guardasse le mani, l’aveva ignorata, fingendo di non averla sentita.
Soltanto quando la sentì accennare qualcosa riguardante i guanti, si ritrovò paralizzata, lo sguardo spaventato sulle proprie mani tremanti.
I guanti in pizzo erano una vera tortura, grattavano la pelle sensibile, senza darle tregua, eppure lei non voleva dare il minimo cenno di cedimento. Sapeva che poteva farcela, come sapeva che, nonostante tutto, la sera era ancora lontana.
Ed ora, ora che la regnante sapeva di aver catturato la propria attenzione, Anne non poté fare altro che seguire il buon senso, e dunque smettere con i lavori e dedicarle le attenzioni tanto bramate. Aveva, finalmente, messo in atto quei buoni propositi che si era decisa ad attuare quella mattina, e fare tutto quel che lei voleva. E così aveva fatto, infine. Non aveva tentennato neppure una volta, neppure quando le si era fatta tanto vicina, facendole provare un lungo brivido lungo la schiena, il ricordo di quando si era ritrovata quasi stretta alla donna, quella mattina, ancora vivido nella mente. Anne del resto doveva ammettere che era stato strano quanto piacevole risvegliarsi in quel modo, con il profumo deciso eppure inebriante di quella donna dai lunghi capelli corvini. Pensiero che, ovviamente, la metteva a disagio e in imbarazzo, ma che non riusciva semplicemente a controllare. Per quanto l'avesse umiliata, averla nuovamente tanto vicina le faceva provare sensazioni contrastanti a cui, però, non voleva dedicare attenzioni. Doveva restare concentrata.
Socchiuse appena gli occhi quando, le dita altrui, avevano sfiorato delicatamente il proprio viso. Non si era irrigidita, aveva semplicemente permesso alla donna di alzarle il viso, facendosi guidare sino a quando i loro volti non fossero stati alla stessa altezza. Eppure non l’aveva guardata, quello no. Non lo avrebbe fatto, non sino a quando la donna non glielo avesse richiesto espressamente.
Anne aveva guardato per tutto il tempo il soffitto chiaro, candido, e non si era tirata indietro neppure quando, con gesti lenti e studiati, la donna le aveva sfilato la maschera, lasciandola priva di quella che lei trovava la sua ancora di salvezza in quel posto comandato da uomini e donne vanesi, convinti di poter avere tutto dalla vita.
Aveva sentito il cuore perdere un battito, aveva sentito le gambe cedere, eppure era rimasta impassibile. Dopo tutto quello che le aveva detto, che le aveva fatto, e dopo quel che era accaduto con il capo maggiordomo, quella era l’ultima cosa che desiderava. Non si sarebbe più ritratta. Non voleva essere mai più ripresa.
Eppure, nonostante tutto, a giovane donna non voleva che la guardasse negli occhi. Sapeva che quelle gemme maledette, dal colore del cielo in tempesta, avrebbero rivelato la verità alla regnante: avrebbe capito immediatamente quanto lei stesse male, quanto fosse esausta e provata da quella vita, in quel momento.
Era talmente stanca di quella situazione che aveva finto di essere concorde con lei quando la regnante l’aveva ammonita, poco prima. La maschera l'aveva aiutata a celare la disapprovazione che aveva provato nel sentire quelle parole, trattenendosi dal contraddirla.
La principessa le aveva spiegato che quel che stava passando era tutt’altro che lieto, stuzzicandola quasi, provocandola mentre affermava con saccenza che la serva non poteva avere l'ardire di poter pensare di avere una giornata peggiore della propria. Ma...come poteva dirlo? Cosa ne sapeva lei della propria vita?
Anne non poteva sapere cosa fosse accaduto alla regnante, effettivamente sembrava sconvolta, turbata, eppure non aveva il diritto di dirle come si dovesse sentire. Sephira non aveva idea di come si sentisse, quel che stava passando in quel momento. Si sentiva intrappolata in un fato che non aveva idea di dove l'avrebbe condotta, le sembrava che il proprio destino fosse mosso da redini invisibili, come se un giocattolaio maligno si stesse divertendo a giocare con la propria vita.
La malattia, la debolezza che l'aveva condotta a dormire con la donna di fronte a se, il mancato rispetto che aveva avuto la regnante per i propri desideri….il principe e le punizioni corporali: come poteva fingere che quella giornata stesse andando per il verso giusto?
Erano tutti avvenimenti che l’avevano scossa, che le avevano fatto desiderare, dopo tanti anni, di sparire, inghiottita dalle tenebre. Se non fosse stato per Selina, avrebbe abbandonato il lavoro, se ne sarebbe andata, pronta ad affrontare quel che la vita le poteva riservare al di fuori di quel regno. Ma lei stessa sapeva che non poteva permetterselo.
Anne sapeva che tutto sarebbe andato bene, se la Principessa non avesse desiderato sfilarle dal viso quella maschera. Sapeva che i propri occhi avrebbero dimostrato tutta la stanchezza, lo sconforto che provava dentro.
Aveva titubato per un istante quando le aveva chiesto di guardarla negli occhi, ma poi, alla fine, l’aveva guardata, accontentando i desideri della donna, accorgendosi immediatamente che la donna aveva compreso quel che stava passando.
La Principessa ne era rimasta, se possibile, sconvolta. La sua espressione era mutata, portandola ad allontanarsi, senza proferir parola.
Liberata dalla presa, Anne fu lieta in realtà che la Principessa se ne fosse andata, lasciandola finalmente sola.
Aveva tirato un sospiro di sollievo e si era permessa qualche istante per riprendersi. Ogni volta, gli incontri con la donna, la lasciavano totalmente priva di energia.
Ed ora, lì, con gli occhi chiusi, cercava di far si che quelle sensazioni scivolassero via, liberandola da quella pesantezza che le attanagliava il corpo. Ne aveva bisogno come i polmoni avevano bisogno di ossigeno; come la terra necessitava dell'acqua per tornare rigogliosa: voleva solamente riprendere il controllo di sè stessa.
Non attese a lungo, in realtà. Conscia che non poteva permettersi di restare troppo indietro con i propri lavori, nonostante non fosse ancora psicologicamente pronta, decise di riprendere le proprie mansioni.
Almeno così la giornata sarebbe passata con maggiore rapidità.
Finì di sistemare il letto, affinché non vi fosse neppure una piega, e solo poi si dedicò a tutto il resto.
Le ore passarono veloci, solitarie. La Principessa non sembrava voler ritornare in camera, ma di ciò la giovane serva era lieta: non avrebbe sopportato un ulteriore incontro, un nuovo “attacco” da parte della regnante. Era arrivata veramente al limite.
E no, non aveva la forza psicologica di affrontarla ancora.
Ad un tratto, quando un lieve bussare si fece presente, la giovane dai lunghi capelli rossi alzò lo sguardo e, velocemente, si affrettò ad aprire la porta. Non poteva essere Sephira, lei non avrebbe mai bussato per entrare nella propria camera. Dunque, probabilmente, doveva essere una serva che voleva parlarle, magari per informarla che era nuovamente nei guai. O che era stata nuovamente richiesta, dato che la sera prima aveva mancato i propri doveri di serva. L’idea la faceva rabbrividire, eppure andò comunque ad aprire.
Ma, nuovamente, la giovane si ritrovò sorpresa. Sorpresa perché, davanti a sé, non c’era nessuna serva, bensì il Principe del regno vicino, ritto in piedi, maestoso, un grande sorriso sulle labbra.
Subito Anne abbassò il capo e si piegò, profondamente, per rispetto, e rimase in quella posizione dato che non aveva il diritto di stare ritta in piedi, di fronte a lui.
- Oh, salve. La Principessa Sephira non c’è, mi spiace - gli disse, riverente, senza accennare minimamente a rialzarsi. Lui non fece una piega, non sembrava volersi muovere. Non sembrava intenzionato a voltare le spalle e andare alla ricerca della donna, la sua futura compagna.
- Non cercavo Sephira. Cercavo proprio te - sussurrò l’uomo, facendo un passo in avanti, avvicinandosi alla giovane così da poterle prendere il viso e alzarglielo.
La serva si irrigidì, immediatamente, e fece un passo indietro, senza quasi rendersene conto. Sentiva il volto andare in fiamme, l’impronta calda di quel tocco delicato e vellutato che ancora le sfiorava la pelle.
Perché voleva proprio lei? Cosa poteva desiderare un Principe proprio da una serva come lei?
- Credo di non capire - sussurrò, incerta, lo sguardo basso, nonostante tutto. Non voleva trasgredire a quella regola, in realtà l’unica cosa che desiderava era tornare ai suoi lavori e far si che la sera arrivasse. Voleva tornare a casa, godersi la sua dolce Selina e poi dormire sul proprio letto. Forse non era morbido come quello della Principessa, ma era il suo porto sicuro.
- Volevo chiacchierare un poco con te. E’ così strano? - chiese, con voce sincera, come se per l’uomo fosse normale quella richiesta fuori luogo. Davvero credeva che fosse la normalità poter semplicemente parlarle? Li? Nella camera della sua futura sposa? Non capiva che non avrebbe fatto altro che metterla, ancora una volta, nei guai? Se il maggiordomo lo avesse scoperto, cosa sarebbe accaduto? Cosa le sarebbe accaduto? Non voleva intrattenersi con il giovane, non perché non le andasse, ma perché aveva un lavoro da compiere, perché aveva dei doveri e delle regole da rispettare.
- Mi onorate, ma io sto lavorando. E voi siete il Principe, non possiamo farlo - disse, cercando di evitare la maleducazione, sperando dentro il proprio cuore che capisse, e la lasciasse sola. Ma sarebbe accaduto? Ne dubitava, fortemente. Non le sembrava il tipo di persona disposta a cedere, ad arrendersi, soprattutto perché da quel che aveva compreso, per lui era inconcepibile quasi il loro rigore, le loro regole tanto rigide.
- Oh, suvvia, per due chiacchiere? Da noi si può fare, e dubito che qualcuno si possa offendere. Chi ci può vedere? Non mi sembra che vi sia qualcuno con gli occhi puntati su di noi, pronto a separarci o ad insinuare che non possiamo farlo - disse, ridendo, eppure Anne non era poi così sicura che non vi fossero sguardi indiscreti. Iniziava a temere che il capo maggiordomo avesse messo delle spie in ogni angolo della casa per sorvegliarla, solo per il puro piacere di coglierla in errore e punirla nuovamente con quelle tecniche antiquate che sembravano tanto rallegrare la sua giornata.
- Sono molto indietro con il lavoro - sussurrò, determinata, non avrebbe smesso di pulire, non era riuscita a farlo il giorno prima, dunque doveva rimediare: doveva rendere quella stanza impeccabile. Ciò significava che aveva un lungo lavoro di fronte a sé.
- Va bene, e allora mentre tu rassetterai questa stanza praticamente perfetta, ti farò compagnia - Anne alzò lo sguardo per un istante e lo osservò, le labbra schiuse per la sorpresa, notando immediatamente il grande sorriso che incurvava le labbra al giovane. E dunque sarebbe rimasto?
Oh, le ricordava incredibilmente il modo di fare della Principessa. Anche la donna lo aveva sempre fatto, si era sempre comportata così, e ad Anne venne naturale chiedersi cosa avesse di tanto speciale nel portare quelle due personalità di spicco il desiderio di intrattenersi con la propria persona. O meglio, quale maledizione aveva per indurre quelle persone a voler la propria compagnia? C’erano così tante ragazze, molto più inclini al dialogo, molto più entusiaste nell’avere due figure di tale rilievo interessati alla propria compagnia.
Lei era diversa, da tutti, lo era sempre stata. Eppure quella diversità era sempre rimasta celata, mai nessuno era sembrato interessarsi a lei. Da quando invece aveva commesso l’errore di lasciare il secchio in mezzo al corridoio..le cose avevano preso un cammino che la giovane avrebbe desiderato modificare. Radicalmente.
- Perché? Perché vuole parlare con me? Ci sono così tante nobil donne, o altre serve desiderose della sua compagnia. Perché io? - chiese, la voce candida che mal celava il dubbio e la curiosità, senza capire davvero il motivo per cui lui e la Principessa la desiderassero tanto.
Lui sorrise quasi con dolcezza, ma non si riavvicinò. Aveva tentato di fare un passo verso di sé, ma Anne si era allontanata, a sua volta. Sperava che capisse che non gradiva il contatto fisico. Non era un qualcosa che riusciva a farla sentire maggiormente a proprio agio, anzi! Al contrario non faceva che farle salire la brama di mettere spazio tra sé e l’altra persona.
- Ma tu non sei esagerata. Non guardi nessuno con malizia, non cerchi di conquistare il mio favore. Sei una persona semplice, e gentile. Preferisco dialogare con persone simili, che con uomini o donne sgradevoli e interessati, chiaramente, al mio rango. - le spiegò, con una logica inattaccabile. Effettivamente anche lei avrebbe preferito intrattenersi con una persona non troppo invadente, se fosse stata dall'altra parte. Se fosse stata una delle ospiti di quel palazzo, difficilmente avrebbe accettato tutti gli attacchi da parte della nobiltà e della servitù che tentavano, in tutti i modi, di aggraziarsi tutti i presenti per ottenere, ovviamente, qualcosa in cambio.
- Posso immaginare – sussurrò piano la giovane, restando immobile, incerta sul da farsi. Desiderava ricominciare le mansioni, eppure la presenza dell'uomo la metteva in forte imbarazzo.
- Continua pure, non ci sono problemi – nonostante alcuni punti in comune con la regnante, la gentilezza di Thyeran lo rendeva totalmente differente dalla donna, molto più rude e sfacciata rispetto al ragazzo che con occhi gentili la guardava. Non la giudicava, non le impartiva ordini a lei scomodi, voleva semplicemente chiacchierare, ed era disposto a farlo mentre lei compiva le proprie mansioni.
Con una lieve riverenza, Anne si voltò, riprendendo il proprio lavoro, senza in realtà proferire parola in quanto lei non era esattamente portata al dialogo.
- Mi incuriosisce il fatto che la Principessa non sia qui. Credevo che fosse venuta nelle proprie stanze per evitarmi, ma a quanto pare, non è neppure qui - sembrava quasi divertito dal fatto che, chiaramente, Sephira non gradisse la sua presenza. Anche il Principe del regno vicino doveva aver compreso che la futura regina non fosse minimamente interessata a passare il suo tempo con lui. Eppure era così cordiale, gentile...per quale motivo non sopportava la presenza del bel giovane?
Era stata fortunata, in realtà, non se ne rendeva conto? Non capiva che avrebbero potuto prometterla in sposa ad un bruto, o ad un uomo totalmente disinteressato, scortese e dai modi irruenti da portarla alla pazzia? Certamente poteva immaginare che non fosse piacevole ritrovarsi promessi ad un uomo, non doveva essere facile non aver la possibilità di scegliere il proprio compagno come potevano fare molti altri eppure...era stata fortunata. Anne, del resto, lavorando tra quelle mura, aveva visto donne meravigliose piangere, nascoste negli angoli della reggia, soffrendo per la vita che era stata loro imposta. O uomini pronti a tradire le proprie spose, semplicemente perché non erano mai sazi dei corpi di chi non poteva dir loro di no. Era un mondo squallido e Anne, se si fosse dovuta soffermare attentamente su quella vita, avrebbe desiderato non farvi parte. Neppure come serva. Del resto..odiava quando veniva richiesta, quando doveva passare lunghe ore rinchiusa in una stanza, senza aver la possibilità di rifiutare. Quel che le pesava maggiormente di quel lavoro, infondo, non era dover pulire e rassettare. Quello quasi le piaceva, anche se la faceva arrivare a fine giornata distrutta.
- Mi spiace, non ho idea di dove sia andata – sussurrò, mentre con estrema delicatezza passava tutto il mobilio con una pezza umida tra le dita, così da poter rimuovere ogni traccia di polvere che si era formata nel giro di quei due giorni.
- Non devi scusarti. Non è colpa tua. Mi spiace non riuscire a passare un po' di tempo con lei, sono qui per conoscerla, infondo un giorno ci sposeremo. Ma..almeno ho trovato una degna sostituta – quelle parole fecero arrossire la rossa, oh, perché quella voce candida, gentile, le provocava quel tremendo rossore sulle gote pallide? Forse, semplicemente, non era abituata a parole tanto gentili. La Principessa non era cattiva, per la maggior parte del tempo, eppure si poneva a lei con una superiorità tale che la faceva sentire piccola, inutile. E forse, tutto sommato, aveva anche ragione. Chi era lei messa a confronto con quella bellezza dagli occhi tanto peculiari?
Ed era strano, ricevere tali attenzioni, essere lusingati in tale maniera. Non le era mai accaduto, e la cosa la metteva in parte a disagio, ma in parte non poteva dire di essere lusingata. Era piacevole, per una volta, essere trattati in quel modo.
- Credo anche che staresti molto meglio nel mio regno. Tutte qui, per quanto poco, sembrano sentirsi a loro agio. Mi è bastato passare qualche ora all'interno di queste mura e sono già esasperato da tutte le attenzioni che mi hanno rivolto le altre domestiche. No, scusa, qui vi chiamano serve, giusto? - la rossa, annuì, e si voltò leggermente, per guardare quel uomo che, nuovamente, aveva ripreso a parlare di quel regno che Anne avrebbe tanto voluto visitare. - Tu invece sei tranquilla, e nonostante siamo qui, da soli, pensi solamente a rassettare questa stanza. Non credo che le altre si sarebbero comportate come te. - su quello Anne non poteva che dargli ragione. Sapeva che le altre non avrebbero fatto che lusingarlo, probabilmente bramose di poter avere almeno qualche minuto di attenzione su di sé. Il sogno di quelle donne era essere notate da qualche bellimbusto o, in alternativa, da qualche nobile disposto a strapparla da quella vita per regalargliene una migliore. Era accaduto, a qualche ragazza, ma quelle donne erano state estremamente fortunate. La maggior parte di loro venivano usate e poi gettate via, come degli stracci. Infondo...loro non erano che la feccia, gli scarti della società.
Riprese a pulire, lo sguardo chino, la bocca ben serrata. La rossa desiderava con bramosia chiedere al Principe di parlarle del suo regno, in ogni minimo dettaglio, così da poter sognare un mondo migliore, diverso, in cui, probabilmente, avrebbe vissuto una vita molto più felice, e tranquilla. Forse anche Selina sarebbe stata meglio, se fosse cresciuta in quel regno. Se la vedeva, sorridente, gli occhi accesi, le gote arrossate per le risate, la felicità nel volto. Sarebbe stato bello, vivere in quel modo.
Ed era tanto distratta da quelle sue fantasie che non si era neppure accorta che lui si era alzato e, quando lo ritrovò al proprio fianco, leggermente piegato, il suo viso che la osserva pensieroso, sobbalzò lievemente, allontanandosi di un passo, lo straccio ancora stretto in mano.
- Mi piacerebbe parlarti del mio regno. Se non è per te un problema. Vorrei capire le differenze tra il mio e il vostro mondo. Ti andrebbe? Credo che tu sia l'unica con cui possa parlarne - quel grande sorriso sembrava tanto sincero e genuino, non sapeva se quella richiesta gliela avesse posta solamente per puro piacere personale o perché avesse intuito che lei bramava con ogni cellula del proprio corpo conoscere quel regno lontano, dall'aspetto tanto invitante.
Anne non poteva e non voleva rifiutare quella proposta. Lei voleva sapere tutto quel che riguardava quel paese a lei ignoto. E sì, era pronta a dirglielo, a chiedergli, quasi timidamente, di raccontarle come si viveva, laggiù; ma una voce li interruppe, all'improvviso.
- Che scena tenera. E che tattica impeccabile. Immagino che da voi funzioni. Beh, anche qui dato che tutti sembrano affascinati dal nuovo principe, tanto gentile e ben educato, per nulla malizioso o invadente. Ma gradirei che non vi intratteneste con la mia serva. Se non erro siete venuto per me, o mi sbaglio? - l'aria gelida che scese nella stanza paralizzò la rossa che si piegò immediatamente di fronte all'arrivo della Principessa che sembrava infastidita dalla presenza del principe nella propria stanza.
Non gradiva che lui fosse entrato nelle proprie stanze senza chiederle il permesso? Forse non le piaceva che stesse parlando con sé? O, quel gelo era provocato semplicemente perché dedicava le sue attenzioni ad un'altra persona, una semplice ed inutile serva? Quello, Anne, non lo sapeva, e non voleva neppure scoprirlo. Perchè si sentiva in colpa, quasi colta in flagrante, di fronte allo sguardo gelido della donna? Sephira l'aveva guardata con tale disapprovazione da farle contorcere le membra, le labbra pronte a schiudersi per poterle rivolgere delle sincere scuse per il proprio atteggiamento. Ma...Anne si doveva sentire realmente in torto, in quella situazione? In cosa, in quell'occasione, aveva peccato?
- Trovo tenero il fatto che vi dia fastidio che mi intrattenga con Anne. Non credevo potesse essere un problema, non sapevo fosse la vostra serva, una vostra personale proprietà – la giovane si sentiva a disagio, in quel momento, si sentiva quasi tra due fuochi, e quando Sephira, a passo di carica, si avvicinò a loro, fermandosi a mezzo centimetro dal principe, il petto in fuori, lo sguardo alterato, Anne, fece un ulteriore passo indietro, in difficoltà.
- Per oggi hai finito. Lasciaci soli, tornatene a casa. Se qualcuno si azzarda a lamentarsi, mandalo da me. E' un ordine -  la voce dura della donna le fece passare completamente la voglia di ribellarsi a quell'ordine. Non aveva ancora finito lì dentro, aveva ancora tanto da fare, eppure non volle contraddirla.
- Come desiderate, a domani – con una profonda riverenza, la giovane uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle con una certa impellenza. Non sapeva cosa sarebbe accaduto, ma tutto sommato, era felice che la giornata fosse finita. Poteva tornare a casa, dalla sua Selina. Anche se, non aveva idea, di cosa sarebbe accaduto l'indomani, se quella discussione avrebbe portato ulteriori conseguenze.
Con passo lento andò negli spogliatoi ancora, ovviamente, vuoti. A quell'ora tutte lavoravano, e per lei quello era un bene. Non avrebbe dovuto spiegare nulla, non avrebbe dovuto ritrovarsi nuovamente circondata da quell'ostilità che oramai le rivolgevano tutte le sue colleghe.
Si cambiò velocemente, sospirando di sollievo quando si sfilò i guanti che le avevano irritato la pelle per tutta la mattina. Voleva tornare a casa così da potersi riposare e, magari, cercare qualche vecchio unguento che la facesse sentire meglio. Ecco perché prima che qualcuno potesse anche solo provare a bloccarla, uscì dalla porta secondaria, quella che le avrebbe permesso di tornare a casa.
La pioggia cadeva ancora incessante, il suo profumo intenso fu quasi un balsamo per la giovane. Anne sorrise, beandosi di quelle gocce fresche che le scivolavano lungo il viso che le tolsero la stanchezza provata sino a quel momento. In realtà sperava vivamente di non ammalarsi nuovamente, non se lo poteva permettere, ma per un istante..voleva solamente godersi un minuto in totale solitudine. Rimase ferma sotto la pioggia per qualche minuto, in silenzio, godendosi il fragore delle gocce fresche che picchiettavano tutto attorno a sé e, solamente dopo poco decise che era il momento di rincasare.
Anne, coperta con quegli abiti logori, iniziò finalmente a correre sotto la pioggia, senza guardare nessuno, senza intrattenersi ad osservare la pace della città in cui era avvolta grazie alla pioggia.
Corse senza mai guardarsi indietro, sentendo la pioggia gelida penetrare attraverso i vestiti, il vento freddo che le sferzava il viso. Le dita dei piedi e delle mani avevano perso completamente la sensibilità, eppure, non si fermò.
Quando finalmente varcò la porta di casa, non si fermò come al solito a cambiarsi, di fronte alla porta, così da non sporcare la piccola casa dal fango e dall'acqua. No, varcò la porta della cucina e, senza riuscire a trattenersi, andò ad abbracciare la sua dolce Selina, avvertendone il dolce tepore attraverso gli abiti umidi. Le era mancata.
- Scusami se non sono tornata - sussurrò mentre sentiva la stress venire meno, mentre la tensione finalmente se ne stava andando. Era tornata, era con lei. Finalmente, era a casa.

****

Sono tornata. Lo so, è passato un anno? Non lo so, sinceramente ho paura a guardare quando è stata la mia ultima pubblicazione. E mi spiace. Mi scuso con tutti per la mia assenza. E' una cosa che io stessa odio ma se l'anno scorso ero sparita per vari problemi, diciamo pure che le cose sono peggiorate.
In realtà avrei potuto continuare a pubblicare, certo, però...non riuscivo a scrivere. Quello che scrivevo era privo di sentimento, scrivevo senza quasi sapere cosa stessi facendo e non me la sentivo di pubblicare una cosa del genere. Ci ho messo tanto, ma ora mi sento meglio. Giuro che ora mi impegno, lo prometto. Mi è tornata la voglia di pubblicare, da un giorno all'altro e dunque..beh, diciamo che questo l'ho scritto in un paio di ore.
Dunque, passando alla storia, vera e propria. In realtà temo di star allungando il brodo, se così posso definirlo, però..continuo ad aggiungere capitoli, e spero che la cosa non sia un problema.
C'è Anne come protagonista, un Anne che ha deciso di non opporsi più a nessuno, dato che farlo non le ha portato nulla di nuovo. Si nota che il principe ha un particolare interesse nel parlare di lei, e che la cosa, chiaramente, a Sephira non piaccia.
Spero che vi piaccia, che ne sia valsa la pena aspettare – se mi avete aspettato, non che io lo abbia voluto, ma ovviamente se seguite ancora questa storia, a me fa e farà piacere, ovviamente – e dunque se vi va, lasciatemi pure un commentino, anche solo per mandarmi al diavolo per la lunga attesa XD

Beh, a presto - e questa volta per davvero - 

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Capitolo 10
*** Migliorarsi, partendo da te; ***


Migliorarsi, partendo da te;


Sephira si sentiva particolarmente infastidita dalla presenza dell'uomo. La regnante forse stava esagerando eppure il fatto che lui rivolgesse tali attenzioni ad Anne non era un qualcosa che riusciva a sopportare.
Non sapeva cosa le stesse prendendo in realtà, l'unico desiderio che aveva in quel momento era di esiliarlo dal palazzo e dal proprio regno, rompendo così quell'impegno che l'avevano costretta a sottoscrivere con l'uomo. Non le piaceva, lei non si fidava di lui. Per quale motivo farlo, di grazia? Non la convinceva tutta quella gentilezza, quella cordialità che rivolgeva a chiunque lì a palazzo..
Certamente la regnante non aveva idea degli atteggiamenti comuni di quel regno confinante al loro con cui avrebbero stretto quell'alleanza, eppure Sephira poteva vantare di conoscere molto bene l'animo umano. Poteva affermare con certezza che nessuno del loro rango si comportava con cotanta gentilezza senza bramare qualcosa in cambio.
Lei stessa si comportava in tale modo con la serva. Per quale motivo intrattenersi con la fanciulla, se non desiderava un ritorno in cambio? Sephira non si vergognava ad affermare che la usasse, per il semplice gusto di passare le sue giornate in compagnia. Generalmente la regnante mal tollerava la presenza altrui, eppure la giovane riusciva a distrarla dalla sua vita, a farla sentire una persona quasi..differente. Inoltre doveva ammettere che la divertisse parecchio metterla in difficoltà. Era forse maligno da parte sua, eppure le piaceva quando era la vedeva titubante, pronta a ribellarsi eppure tanto piegata dalle regole da non ribellarsi ai suoi desideri.
No. In realtà Sphira si rendeva conto che quello non era completamente vero. Tal volta era capitato che, dopo le sue azioni scorrette agli occhi altrui, il suo animo fosse stato turbato dal senso di colpa. Era una menzogna dire che le piacesse mettere sempre in difficoltà la giovane ragazza. Difatti, nel momento in cui la regnante le aveva tolto quella ridicola maschera in pizzo e aveva notato che quelle magnifiche gemme erano gonfie, arrossate, tanto vicina all'orlo delle lacrime, aveva provato una forte repulsione per le sue azioni tanto scorrette.
Per la prima volta aveva capito di essere stata totalmente egoista nei confronti della giovane, mettendo come faceva sempre i propri bisogni di fronte a quelli altrui. Non era un comportamento da Principessa, eppure era nella sua indole egocentrica comportarsi in tale maniera. Alla fine, Sephira aveva abbandonato la stanza per quel motivo, senza proferire parola. L'aveva lasciata sola, affinché potesse proseguire con le sue pulizie.
La futura regina aveva deciso di uscire dalle mura del suo palazzo, sotto la pioggia, la mente lontana, persa nei pensieri. Le sarebbe piaciuto essere una donna diversa, molto più gentile e compassionevole come era sempre stata sua sorella Mangolia. Lei, quella sorella maggiore che era spirata fin troppo prematuramente per la sua età, era sempre stata la regina perfetta, la donna che tutti desideravano e quella che tutti compiangevano, ogni giorno, dopo la sua morte. Ogni giorni Sephira sentiva sussurri che rimpiangevano la meravigliosa governante dalla pelle ambrata e gli occhi verde smeraldo. Ancora tutti si domandavano come fosse potuto accadere, cosa le fosse accaduto per spirare così giovane. Si domandavano perchè fosse accaduto proprio a Magnolia. E Sephira sì, dentro al proprio cuore sapeva che tutti nel regno avrebbero preferito la sua morta a quella della sorella maggiore.
Del resto Sephira non era mai stata adatta per quel ruolo, tutti ne erano a conoscenza ma nessuno aveva il coraggio di ammetterlo a voce alta.
Era sempre stata una guerriera, fin dalla giovane età. La giovane era stata cresciuta per vincere la guerra, per combattere, non per governare un regno. I suoi genitori, quando l'avevano concepita, avevano decretato fin da subito che lei fosse tagliata per le armi, per il confronto corpo a corpo con il nemico. Per questo mai l'avevano spronata ad essere maggiormente diplomatica, a sacrificarsi per il proprio regno. O meglio, le avevano insegnato un tipo di sacrificio, come arrivare alla morte, pur di difendere il proprio popolo. E la giovane guerriera preferiva una valorosa morte in battaglia, piuttosto che doversi sposare con il saccente principe del regno di Pyos.
Quella responsabilità era un fardello a lei non indifferente, che le gravava sul capo, pronta a condannarla ad una vita che mai aveva desiderato. Era talmente presa da sé, era talmente egoista che Sephira era fermamente convinta del fatto che lei fosse l'unica a soffrire, testardamente certa che nessuno potesse trovarsi in una situazione peggiore della sua.
Eppure in quegli occhi aveva letto una tristezza che mai prima di allora aveva scorto negli altri. C'era il vuoto dentro la giovane serva, come se l'anima all'interno di quel corpo fosse stanca di lottare per sopravvivere, per continuare quella vita fatta da sacrifici. Per un istante Sephira aveva temuto che Anne fosse sull'orlo del baratro. E per lei era impossibile comprendere come potesse una giovane creatura come lei essere così devastata, così stanca da quella vita.
Cosa le nascondeva quella bellissima fanciulla? Sephira si era sempre immaginata una vita relativamente dignitosa per la ragazza, circondata da amore e armonia, fatta da una piacevole monotonia che a lei mancava. Ma vedendola in quello stato d'animo le veniva naturale domandarsi come fosse veramente la sua vita. La futura regina del regno del resto non aveva informazioni su di lei, non aveva mai indagato a fondo sulla vita della giovane, la conosceva solamente in quel contesto lavorativo. Per Sephira la giovane era semplicemente una ragazza gentile e silente, forse fin troppo legata a delle sciocche regole che la rendevano rigida, tanto da sconvolgerla perchè le aveva tolto quella maschera durante il sonno. Ma doveva esserci molto di più, legata, probabilmente, alla sfera familiare.
La Principessa, dunque, mentre lasciava che quel maltempo tanto odiato le rovinasse gli abiti, bagnata dalla forte pioggia che cadeva con sempre maggiore intensità, si era ripromessa di conoscere meglio la fanciulla dai capelli rossi. Si era ripromessa di trattarla in modo migliore, di essere maggiormente gentile solamente per farla stare meglio, sperando, quasi, di riuscire ad instaurare un vero rapporto con la più giovane. Voleva cercare di rendere felice almeno lei. Infondo Anne poteva ambire alla libertà che a lei era stata preclusa, per il bene del regno. Voleva..fare qualcosa per la serva. Per una volta, voleva essere una persona migliore. Forse quello era il primo passo che le avrebbe permesso di divenire una regnante migliore.
Sephira sentiva un forte desiderio di protezione nei confronti della ragazza oramai impressa nei suoi pensieri, voleva proteggerla da qualsiasi cosa che potesse arrecarle danno. Ecco perché non voleva che lui le si avvicinasse. Non voleva che lui le parlasse, che la traviasse. Oh, poteva immaginare che alla rossa potesse piacere l'idea di un mondo ove le serve fossero trattate in modo differente, ove la moda era molto più sobria, in cui le persone potessero parlare tranquillamente, senza soffermarsi sul ceto sociale. Ma, la domanda che sorgeva spontanea alla Principessa era: le cose erano realmente come lui le narrava? Aveva forse delle prove?
Agli occhi della regnante le parole di Thyeran potevano essere vere, come potevano essere una mera menzogna per far colpo agli occhi della serva. Chiaramente Anne bramava una vita differente, e forse la Principessa poteva capirla. Qual'era la donna che si poteva sentire appagata lavorando in quel mondo esagerato, fatto di sciocche regole non scritte, ove doveva lavorare per lunghe ore, rassettando camere a dir poco perfette? E da quel poco che aveva udito, lui le aveva narrato di come le cose fossero completamente differenti da lì, dalla moda all'atteggiamento che i nobili avevano nei confronti dei servitori. Ma la realtà era veramente quella?
Era semplice mentire quando il suo regno era tanto lontano e lui l'unico esponente presente all'interno del palazzo. Dunque sì, la Principessa non si fidava e non voleva in alcun modo che lui gli si facesse vicina, che la ingannasse. Voleva proteggerla, da qualsiasi cosa che potesse nuocere la sua salute. Sephira voleva che quella ragazza, per quanto poco, potesse essere felice. Dopo quel che aveva notato in quelle gemme dal colore dell'argento, desiderava solamente farla stare meglio, anche se molto probabilmente l'infelicità che provava era causata dalla Principessa stessa. Eppure non poteva farvi nulla, lei..era una persona difficile da capire, da comprendere. Lei pretendeva sempre, ma solamente perché non era abituata a mostrarsi in modo differente. Una guerriera, nel campo di battaglia, non era gentile, non poteva permettersi certe sciocchezze. Non era come il rampollo che aveva di fronte, privo di spina dorsale, che la guerra neppure sapeva cosa fosse. Lei era nata per difendere il proprio paese, non poteva semplicemente decidere di snaturarsi completamente solamente per cercare di migliorarsi come persona.
Aver visto assieme la sua serva e il principe che doveva sposare, l'aveva innervosita. Era per quello che l'aveva cacciata dalle proprie stanze in quel modo. Era rimasta delusa dall'atteggiamento della bella rossa, sembrava quasi lusingata dalle attenzioni del Principe e, anche se era rimasta silente, aveva visto una tranquillità che con lei non c'era mai stata.
In parte l'aveva sorpresa il fatto che Anne non avesse detto nulla, che non si fosse ribellata al suo ordine che le impartiva di andarsene. Non sapeva se per mancanza di coraggio o semplicemente perché fosse una situazione a lei scomoda, ma se ne era andata, lasciando i due soli.
La donna guardava l'erede dell'altro regno con aria di sfida, i loro petti tanto vicini, i loro visi alla stessa altezza in quanto la mora era sempre stata di alta statura, tanto da poter reggere il confronto con il biondino senza alcun problema.
Lui non sembrava intimorito in realtà, ed era un punto a favore che, sfortunatamente, la regnate doveva concedergli. Molti nella sua situazione si sarebbero semplicemente scusati, mortificati, sparendo probabilmente dalla vista, senza aggiungere altro. Lui no, non sembrava essere in difficoltà.
Lo credeva molto più codardo, più incline a nascondersi sotto le gonnelle proprio dell'esercito in quanto incapace di utilizzare una qualsiasi arma. Infondo era risaputo che tutti i nobili componenti del regno di Pyos erano molto più portati per l'economia ed il commercio. Non avevano un esercito forte, unito. Certo, avevano la possibilità di difendersi, ma era grazie a tutti i mercenari che erano stati costretti a reclutare per andare in supporto a quegli esseri deboli e totalmente incapaci che loro possedevano come soldati.
Ma l'assenza di un esercito equilibrato non era mai stato un loro punto debole. Grazie alle menti brillanti che comandavano Pyos, grazie alla loro innata capacità di fare affari con tutti i regni confinanti, il loro regno prosperava, al contrario di quello di Sephira che stava soffrendo. La giovane guerriera aveva preferito spendere il denaro per la guerra, affinché la città non crollasse di fronte all'arrivo della battaglia, ma ciò aveva portato il bilancio in una situazione critica, tanto che il popolo moriva di fame, e lei non aveva idea di come aiutarlo. Era per quello che stavano organizzando quel matrimonio, era per quello che la Principessa non poteva sottrarsi a quell'unione. Doveva farlo se non voleva ritrovarsi a capo di un popolo decadente, pronto alla ribellione.
- Sephira, per favore, non voglio alcuno scontro con voi. Sappiamo entrambi che non vi sfiderei mai ad un combattimento, soprattutto perché non sarebbe un inizio ideale per il nostro futuro accordo matrimoniale – in qualche modo Thyeran cercava di risolvere in modo pacifico quel loro scontro, ma non capiva che, se non si fosse fatto da parte, lei non si sarebbe arresa. Lei non avrebbe accettato tanto semplicemente una tregua: doveva capire con chi aveva a che fare in quanto presto sarebbero stati sposati. E, a tal proposito, se davvero fossero arrivati a quel passo, la regnante doveva mettere ben in chiaro che mai e poi mai avrebbe permesso all'uomo di avvicinarsi alla giovane dai capelli rossi come le lingue ardenti del fuoco.
- Allora non vi avvicinate più e non intrattenetevi più con la ragazza. Abbiamo una vastità di giovani fanciulle che possono intrattenervi con gioia. Scegliete una di loro e state alla larga da Anne – gli sibilò, in viso, lo sguardo truce. Non stava scherzando, non avrebbe permesso a nessuno di avvicinarsi alla giovane. Certo, per quel che ne poteva sapere aveva già un uomo nella propria vita, che l'aspettava a casa, che l'amasse e che la facesse sentire la creatura più importante del mondo, come infondo meritava. Eppure non le interessava, non voleva che nessuno del palazzo le desse noia, che le procurasse ulteriori problemi. Bastavano quelli che le arrecava la regnante stessa. Era l'unica che poteva permettersi di vederla senza maschera, che potesse stuzzicarla, darle il tormento.
- Non sapevo di questo vostro interesse per la giovane. Vi piace parecchio dunque – il sorriso di lui la fece irrigidire e, con uno scatto, la Principessa indietreggiò e gli diede le spalle, così da non mostrargli quel lieve rossore che le aveva imporporato, per la prima volta forse in vita sua, le gote. Lei? Piacerle? No, non era quello. Lei non era interessata a quella bellissima donna solamente per un mero desiderio di possessione, come l'uomo chiaramente aveva inteso in quel momento.
- Nessun interesse, la dovete solamente lasciare stare. Se volete che questo matrimonio vada in porto ovviamente – era sulla difensiva, eppure non avrebbe demorso. Avrebbe continuato, non gli avrebbe mai permesso di averla. Si avvicinò alla finestra e, con un lieve imbarazzo, guardò ostentamene fuori dall'alta finestra, fingendosi particolarmente interessata alla pioggia che cadeva sul giardino del palazzo. Non voleva mostrare al Principe quel rossore che non riusciva a far sparire dal proprio volto.
- Non vi interessa, eppure siete pronta a portare alla rovina il regno purché io non mi avvicini a quella ragazza. Rifletteteci, perché se la vostra richiesta non mi è stata posta per gelosia o possessione nei confronti di Anne, non vedo il motivo per cui dovrei privarmi della sua piacevole compagnia. Buon pomeriggio – con quelle parole, l'uomo uscì dalla grande stanza riccamente arredata, lasciandola così sola, le labbra schiuse e la voglia di estrarre la propria spada per poterla far trapassare tra quelle carni inutili, odiose. Come osava?
Non gli piaceva, più il tempo passava e più Sophira mal tollerava il Principe e dubitava fortemente che quel matrimonio potesse andare in porto.
Forse ne doveva parlare con Alkator. Lui sicuramente avrebbe trovato una soluzione, l'avrebbe aiutata a ragionare, a capire se potersi veramente fidare di quell'uomo. Perché era inutile, Sephira, più il tempo passava, e meno si fidava del rampollo del regno attiguo al loro. Non le piaceva, aveva qualcosa di sospetto, che non la convinceva.
Scosse il capo e, senza pensarci, si cambiò frettolosamente, asciugandosi lievemente i capelli che, in parte, erano ancora umidi per via della pioggia che aveva preso poco prima.
Nessun vestito formale, nulla di troppo elaborato. Generalmente doveva curare il proprio aspetto per vagare per il palazzo, ma in quel momento non aveva né la voglia, né il tempo per porre attenzione sul cosa indossare. Del resto non voleva far altro che far visita al suo vice, al suo secondo in comando. Aveva bisogno di lui, Sephira sentiva la necessità che lui indagasse, che controllasse il passato dell'uomo che presto avrebbe dovuto sposare.
Si affrettò, tra i corridoi, evitando quelli maggiormente affollati dai nobili, muovendosi agilmente per le ali del palazzo meno frequentate. Quel palazzo era molto grande, tanto che c'erano passaggi utilizzati solamente di rado, vuoti, ove vi si poteva incontrare solamente le serve intente a spolverare i soprammobili. Le serve erano le uniche che mai avrebbe potuto evitare: dovendo tenere tutto in perfetto ordine per rispettare i canoni imposti da chissà chi lì dentro, le si trovava in ogni stanza della reggia. Ma oramai si era abituata alla loro costante presenza, tanto che molto spesso non si accorgeva neppure di passare accanto ad una di quelle fanciulle.
Quando la regnante entrò finalmente nell'ufficio del suo vice, non bussò, né si presentò. L'uomo, in realtà, era abituato ai modi bruschi della Principessa. Quando infatti la regnante aveva fatto il suo inatteso ingresso, non era rimasto basito da quel suo comportamento così poco signorile. Al contrario, era certa che il giorno in cui
i suoi comportamenti si fossero resi più malleabili, maggiormente delicati, portandola a comportandosi come una di quelle madamigelle da compagnia, avrebbe temuto il peggio.
- Dobbiamo parlare – disse, brusca, avvicinandosi alla scrivania in legno chiaro, appoggiando le lunghe ed affusolate dita sulla superficie pregiata ricoperta di carte e documenti reali.
Alkator passava gran parte del suo tempo all'interno di quell'angusta stanza che Sephira trovava soffocante, sempre sommerso da molteplici documenti dall'aspetto importante. Non era un lavoro per un guerriero tanto dotato come lui, e molto spesso la regnante lo aveva udito lamentarsi che preferiva di gran lunga la battaglia con le tenebrose creature oscure pur di restare relegato a vita all'interno di quella stanza soffocante.
Se non fosse stato per quella piccola finestra alle sue spalle che lo collegava al mondo esterno, probabilmente l'uomo sarebbe totalmente impazzito.
Eppure era quello il lavoro che ora doveva compiere, Sephira non poteva farvi nulla. Forse, avrebbe potuto alleggerire il peso che portava sulle spalle, aiutandolo a compilare la maggior parte di quei documenti di cui chiaramente doveva occuparsi lei, eppure non era in grado di assumersene la responsabilità. Sephira non faceva altro che delegare, nella speranza che, un miracolo, la salvasse da quel destino che oramai odiava. Lei non voleva divenire regina, eppure...sapeva che quella sarebbe stata la sua strada, e che presto o tardi, avrebbe dovuto essere incoronata, e prendere così definitivamente il posto di sua sorella.
- Dimmi, cosa ti turba quest'oggi Sephira? - le chiese, bonariamente, appoggiando l'elegante piuma che teneva tra le dita, il capo inclinato, osservandola con attenzione. Lui la conosceva meglio di chiunque altro, all'uomo bastava un istante per capire che la regnante era particolarmente stressata e che aveva bisogno di un favore.
- Devi indagare ancora su Thyeran. Voglio sapere tutto quello che riguarda lui e Pyos, il suo regno. Voglio sapere gli usi del suo regno, comprendere come viene governato il suo palazzo. Voglio sapere le sue fantasie più recondite: tutto. Voglio sapere con chi abbiamo a che fare. Non mi fido, e più si mostra così...disgustosamente cordiale e gentile, e meno mi fido. Ci nasconde qualcosa – disse, sicura delle proprie parole, convinta che il suo vice l'avrebbe seguita, come del resto aveva sempre fatto, pronto a sostenerla, in qualsiasi situazione.
Lo guardava, i lunghi capelli raccolti che le scivolavano di lato, sulla spalla sinistra, mentre le dita picchiettavano, incessantemente, su quel tavolo pregiato. In quel momento aveva bisogno di dar sfogo alla sua rabbia: Sephira provava il forte desiderio di uscire per potersi allenare o, in alternativa, trovare qualche malfamato individuo da poter stendere e rinchiudere nelle prigioni.
- Ancora? Sai che abbiamo indagato, altrimenti mai te lo avremmo proposto. Credi che sia il primo rampollo che ci è capitato tre le mani? Ne abbiamo esaminati centinaia, e alla fine lui era il partito migliore. - non vi era cattiveria nella sua voce, Alkator, come sempre, le rivolgeva un grande rispetto. Eppure la donna capiva, dalla sua voce, che non comprendeva a pieno il suo bisogno di ulteriori indagini. - Dammi una buona motivazione per questa tua richiesta, perchè vuoi che le spie tornino laggiù per continuare ad indagare? - chiese, sull'attenti, pronto ad ascoltarla, e a supportarla, se le motivazioni fossero state valide. Sephira sbuffò, pesantemente, senza però proferire parola. La regnante era consapevole che, se fosse entrata nel dettaglio, l'uomo non avrebbe compreso. Certo, la conosceva, ma non così a fondo. Lei stessa non era in grado di comprendere il suo morboso desiderio di tenere quell'uomo lontano da Anne, non sapeva come potergli riferire quel suo stato d'animo. Ne provava imbarazzo ma non era certa di come potergli spiegargli le sue motivazioni senza che ci fossero ulteriori fraintendimenti. Inoltre era riservata, per l'uomo non doveva essere importante il perchè, ma semplicemente che lei voleva nuove indagini.
Si rifiutava di dirglielo.
Eppure lui sembrava aver intuito qualcosa, aveva notato nel proprio sguardo quella titubanza nel volersi confidare, cosa che mai, prima d'ora, era accaduta.
- Ti prego, dimmi che non centra quella serva tanto discussa negli ultimi giorni e che sta facendo impazzire tutti nel palazzo. Dimmi che non sei mossa da un'assurda gelosia nei confronti di quella ragazza dai capelli rossi - Sephira scattò, immediatamente, ritirandosi da quella piccola scrivania, neppure se quelle parole l'avessero colpita, come uno schiaffo in pieno viso. Incrociò le braccia al petto, e, mantenendo quel silenzio che avrebbe fatto impazzire Alkator, iniziò a camminare nervosamente per la stanza, il rumore dei tacchi degli stivali che riecheggiava nello studio del bell'uomo.
Sephira non riusciva a guardarlo negli occhi, non riusciva a fermare quella camminata, lo sguardo che rifuggiva in ogni direzione per poter evitare gli occhi penetranti dell'uomo a lei tanto caro. Sentiva quelle gemme celesti perforarle la schiena, attendendo semplicemente che la Principessa trovasse il coraggio di parlare.
- La motivazione non deve essere di tuo interesse Voglio ulteriori indagini. E' un ordine della tua futura regina – gli impose tagliente, fermandosi, senza guardarlo ancora. Lei era la Principessa, non era tenuta ad esporre le proprie motivazioni .Quel che lei chiedeva, doveva essere solamente eseguito, senza tentennamenti.
- Sephira... - quel sussurro, appena accennato, quella voce bassa e imponente che in una supplica le chiedeva di aprirsi, di sfogarsi, la fece voltare e, nel momento esatto in cui la guerriera notò l'apprensione nel volto del suo compagno, si sciolse appena, abbandonando quella maschera di rabbia e cocciutaggine che aveva eretto per tenerlo lontano da quell'ammasso confuso quale erano i suoi sentimenti.
Piano si appoggiò al muro, lo sguardo appena spento, le braccia abbandonate lungo il corpo. Lo sconforto stava prendendo il possesso del suo corpo, tutto quello la stava destabilizzando ed era certa che le sarebbe bastato poco per esplodere.
- Fallo e basta, ti chiedo solo questo. Devo sposarlo, non posso farlo se non sono sicura al cento per cento di chi sia. Voglio capire con chi ho a che fare, non riesco a credere che sia davvero così – nonostante tutto, c'era sincerità in quelle parole, in quella richiesta che gli aveva fatto. Non era l'unica motivazione che la spingeva a chiedergli tutto ciò, però lo richiedeva anche per quello.
Sephira non aveva la forza di sposare quell'uomo se non avesse saputo tutto su di lui. Sapeva perfettamente che, se dalle indagini fosse emerso qualcosa di sospetto in lui, comunque avrebbe dovuto renderlo il proprio compagno ma, almeno, lo avrebbe tenuto maggiormente sotto controllo. Avrebbe saputo come rapportarsi veramente a lui.
- Va bene. Farò quest'ultima indagine, per te. Poi basta - la Principessa annuì e, semplicemente, si voltò, pronta a tornare in camera sua, esausta. - Sai che se potessi ti libererei da quest'incombenza. Sai che se fosse nelle mie capacità io... - Sephira non gli permise di continuare. Alzò appena la mano, e, voltando il capo, gli rivolse un lieve sorriso. - Lo so. Grazie – replicò, prima di chiudersi la porta alle spalle.

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Quella ragazza aveva qualcosa di speciale. La giovane dalla pelle diafana e i capelli dal colore del fiore del fuoco aveva un potere recondito, nascosto dentro di sé, che il principe voleva carpire così da poterlo utilizzare a proprio vantaggio.
Lo sentiva. Non era un grande esperto di magia, del resto non gli era mai stato possibile approfondire i propri studi per quel che riguardava le arti occulte: nel suo regno erano pochi che possedevano quella dote naturale che li rendeva speciali, unici. Ed erano ben nascosti, attenti quasi a non farsi scoprire. Temevano di essere studiati, come cavie, ingabbiati in qualche oscuro sotterraneo sino alla fine dei loro giorni. Ed avevano ragione a temere una cosa simile.
Il principe, in realtà, non era arrivato per caso in quelle terre. Era arrivato appositamente da Pyos in quella terra desolata, devastata dalle guerra e resa grigia dalle piogge e, quando era giunto di fronte al palazzo della Principessa Sephira, si era calato nella parte, fingendo di essere arrivato lì per mera coincidenza. No, lui era arrivato lì solamente per un motivo: conoscere meglio la sua futura sposa.
La conosceva solamente grazie alla sua grande fama di guerriera, ed aveva accettato quel matrimonio combinato solamente perchè poteva essergli utile, un giorno. Ancora non sapeva come, ma lui non lasciava mai nulla al caso.
Eppure, quando era arrivato in quel palazzo popolato da creature vestite come i peggiori pagliacci di corte, tanto superficiali da non rendersi conto che la loro via fosse futile, inutile, era convinto che mai avrebbe trovato qualcuno da poter essere definito interessante, tanto da poter accendere la sua curiosità.
Ammetteva che Sephira fosse bellissima, i racconti che aveva sentito sulla bellezza peculiare della regnante del popolo caduto oramai in disgrazia erano veri.
I lunghi capelli scuri creavano un interessante contrasto con la pelle chiara, diafana, e quegli occhi, che nel proprio regno erano presagio di morte e distruzione, donavano alla donna un tocco mistico che lui apprezzava sempre.
Thyeran subito si era reso conto che non fosse semplice trattare con la Principessa: fin da subito aveva compreso che si trovava di fronte ad una donna forte, per nulla lieta di doversi sposare con quello che trovava uno straniero arrivato per distruggerle l'esistenza. Eppure era certo che, con la giusta pazienza, alla fine l'avrebbe fatta ricredere.
In quelli che erano i suoi piani, però, non credeva possibile incontrare quella ragazza dai capelli rossi, dal carattere introverso, eppure con il potere di rendere quasi succube la sua futura moglie. Sephira sembrava stregata dalla giovane, totalmente divorata dal desiderio di possessione nei confronti della giovane bellezza che conosceva appena. Thyeran poteva in realtà comprendere la futura Regina, era cristallino il motivo per cui la donna sembrava succube della serva. L'aspetto della giovane Anne era delizioso, tanto da ricordargli quei frutti che crescevano rigogliosi nelle proprie terre, succulenti eppure tanto rari che li si poteva raccogliere solamente ogni mille lune.
Non era invadente come tutte le serve che adornavano quel palazzo, fastidiose come quella pioggia che non avrebbe dato tregua al paese per un mese abbondante.
Era rispettosa, sapeva quale fosse il suo posto, e quasi sembrava a disagio quando qualcuno tentava di mettere in evidenza la sua persona. Gli piaceva. Aveva un fascino a lui sconosciuto che gli faceva quasi sospettare che, in quella giovane fanciulla, ci fosse molto più di quel che mostrava.
Voleva, anzi, doveva parlarci ancora. Non poteva accettare semplicemente l'ordine della regnante di quel paese, non aveva intenzione di tenersi lontano solamente perché Sephira glielo aveva imposto. Eppure sapeva che doveva trovare un modo per poter stare con lei, senza essere notato troppo. Non voleva mettere in pericolo il loro matrimonio per una serva che poteva rivelarsi bella quanto inutile.
Stava camminando per i corridoi di quel palazzo, la mente lontana, eppure le orecchie ben tese, pronto a captare ogni segreto di quella terra, quando avvertì due sussurri bassi, provenienti da una stanza poco distante.
Si fermò, immediatamente, appoggiandosi alla parete, le braccia conserte mentre, con nonchalance, carpiva la discussione che stava avvenendo tra quelli che sembravano due uomini, chiusi, o meglio, nascosti nella stanza.
- Chi hai scelto, dunque, per questa notte? - chiese, uno dei due, la voce carica di malizia e curiosità.
- Oh, c'è una servetta nuova, dai capelli biondi e dalle curve abbondanti. Dirò a Ryasmond che questa notte voglio lei – incuriosito dall'argomento, il Principe, entrò senza annunciarsi nella stanza meravigliosamente ammobiliata, zittendo immediatamente i due uomini vestiti in modo ridicolo, dai colori fin troppo vivaci per essere ritenuti di buon gusto. Si domandava come potessero non provare vergogna per quelle vesti e per quelle capigliature che avrebbero fatto perdere la libido anche alla donna più seducente del paese.
- Scusate il disturbo, spero di non interrompere nulla – si mostrò immediatamente sorpreso di incontrare i due nobili nella stanza e, con un cenno di scuse, si finse mortificato per l'interruzione. Ma del resto, se voleva capire meglio quel che quei due stavano disquisendo, in qualche modo doveva entrare nel discorso.
- Vostra grazia, è un onore – con una riverenza, si piegarono entrambi per un istante, prima di avvicinarsi, viscidi come pochi.
- Sapete, mi duole ammettere di aver avvertito le vostre parole, dietro quella porta. Stavo passeggiando, quando casualmente vi ho sentiti parlare di.. - si interruppe, facendo loro capire che, chiaramente, aveva udito i loro discorsi e, incuriosito, bramava conoscere l'argomento discusso in quella stanza in penombra.
Il Principe non si domandò per quale motivo le tendere di un intenso porpora fossero chiuse, come non si domandò per quale motivo quella stanza fosse stata chiusa. Aveva quasi notato un'avversione per le porte all'interno della grande reggia: erano poche le stanze che permettevano della privacy, all'interno del castello.
I due uomini si guardarono, a vicenda, silenzi, prima di richiudere la porta alle sue spalle. Gli fecero un lieve cenno, invitandolo a sedersi con loro sul grande divano che, aveva un colore simile al pesante tendaggio. Solo un lume, situato al centro di un piccolo tavolino posto accanto al soffice sofà, illuminava la stanza, creando inquietanti ombre tutto attorno a loro.
- Oh, non potremmo parlarne, però siamo sicuri che voi siete un ottimo intenditore, giusto? - con aria complice, i due si guardarono con quegli occhietti piccoli e privi di vita, iniziando immediatamente a ridere sguaiatamente, facendo sorridere appena il Principe che, con molta diplomazia, si fingeva interessato.
- Vedete, qui a palazzo ci sono regole molto rigide. Le serve non possono essere toccate, quando lavorano. Sarebbe sconveniente – l'uomo che stava disquisendo, dalla voce bassa, resa roca dai fumi che introducevano nel loro corpo, alzò appena gli occhi al cielo chiaramente in disaccordo con quella politica. - Ma, per chi è interessato, la sera alla fine del loro turno, ha la possibilità di richiederne una per..passare qualche piacevole ora. - il sorriso che allargò il viso quadrato del primo uomo, vestito di un blu acceso che lo rendeva ancor più paffuto di quanto già non fosse, disgustò Thyeran a tal punto che, in un primo momento, aveva avuto l'impulso di alzarsi ed uscire dalla stanza, così da liberarsi dal fetore che i due emanavano. Però, le sue parole, si rivelarono interessanti; tanto che decise di resistere così da poter continuare ad indagare.
- Qualsiasi serva? - chiese, soltanto, incuriosito dall'argomento. Se quelle parole erano veritiere, se poteva avere davvero la possibilità di domandare qualsiasi fanciulla tra la cerchia delle serve del palazzo, avrebbe potuto chiedere, o meglio, pretendere proprio lei, l'oggetto del suo interesse, per studiarla, lontano da occhi indiscreti. Dubitava infondo che qualcuno gli avrebbe negato quel desiderio, era il futuro re di quel popolo, perchè rifiutare tale proposta?
- Certamente. E potete farci tutto quel che desiderate, loro non dicono mai di no – aggiunse libidinosamente l'uomo più magro, le vesti tinte di un verde tanto invasivo da risultare quasi accecante anche nella penombra della stanza. I due uomini, convinti di aver la complicità di Thyeran, gli fecero l'occhiolino, un ghigno disgustoso sul volto.
Non aveva idea di come venissero gestite le cose lì dentro, come non aveva idea se la Principessa avesse idea di quell'usanza che, in realtà, in una situazione differente non avrebbe approvato. Trovava tutto ciò rivoltante, soprattutto quei due uomini che, chiaramente, usufruivano di quel servizio più volte. Eppure il principe rivolse loro un placido sorriso, e, con una lieve riverenza, si congedò, senza proferire parola, pensieroso. Camminava ora nuovamente per i lunghi corridoi finemente arredati di quel palazzo, un piano che lentamente stava prendendo forma nella propria testa.
Forse poteva ottenere quel che desiderava, e la soluzione, era lì, a portata di mano.
 

* * * 

Ed eccomi qui! Vi avevo detto che non avevo intenzione di sparire a lungo. Sì, l'ora, almeno per me, è indecente ma ho finito adesso la revisione.
Spero in realtà che vada tutto bene in quanto sono esausta e oramai mi si incrociano gli occhi, dunque se c'è qualche errore scusatemi immensamente ma volevo pubblicare il capitolo. Del resto è pronto da ieri, ed era praticamente già finito domenica sera, ma mi sono presa il tempo per rileggerlo. Ho aggiunto tanto e spero di non aver fatto qualche malanno. Oh, e scusate se è tremendamente lungo, me ne sono accorta solo ora in fase di pubblicazione.
Bene, qui ho voluto aggiungere, per la prima – e chissà, l'ultima volta? O forse no? - il punto di vista anche del principe. Il motivo? Beh, spero che sia chiaro.
Ma parliamo prima di Sephira. Chiaramente è gelosa. Non sopporta che il Principe dedichi tante attenzioni ad Anne, ed è molto infastidita che lei sembri apprezzare. E sospetta di lui. Crede che ci sia qualcosa di marcio in lui e nel suo regno.
E' in crisi perchè chiaramente non è da lei comportarsi così, e non sa come rapportarsi ad Anne in quanto è abituata a sentirsi al centro dell'attenzione.
Inoltre c'è il Principe, non è esattamente la persona gentile che vuole far credere a tutti. Ed è interessato a sua volta ad Anne, ma per motivazioni ben diverse da Sephira.
Beh, spero che il capitolo vi sia piaciuto, come sempre sono ben lieti i vostri commenti =)
P.s: voglio ringraziarvi ancora perchè, dopo un anno, siete ancora qui, a leggere la mia storia nonostante sia una disgraziata che vi ha fatto attendere a lungo. Non sapete quanto è stato bello leggere le vostre recensioni e ammetto che in parte ho cercato di pubblicare il più velocemente possibile anche per questo. Ora dovrò rallentare perchè, per chi lo sa, ho altre due storie ferme a cui vorrei dedicare un capitolo ma prometto che non sparisco! A presto e buona notte a tutti!

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