Take the risk

di Selene Black
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Behind the blue eyes ***
Capitolo 2: *** Baseball caps ***
Capitolo 3: *** Su di morale ***
Capitolo 4: *** Semplice ***
Capitolo 5: *** Tilt ***
Capitolo 6: *** Magnetised ***
Capitolo 7: *** Ice cream ***
Capitolo 8: *** 53 ***
Capitolo 9: *** Something ***
Capitolo 10: *** AVVISO! ***
Capitolo 11: *** Zelotypia ***
Capitolo 12: *** Confessioni ***



Capitolo 1
*** Behind the blue eyes ***


 

 

Lost in the light faceva da sottofondo alla sua pausa pomeridiana. 

Era tutto perfetto: le finestre erano spalancate e la luce del sole inondava la stanza attraverso le tende chiare; si poteva distinguere qualche cinguettio tra le note calme della canzone e lì, al quarto piano, i suoni della città giungevano attutiti e sembravano distanti. 

Melissa si stiracchiò, gli occhi ancora chiusi e un sorriso beato sulle labbra. 

Amava il suo rifugio. Amava fermarsi per un momento e godersi quella piccola meraviglia. Amava il suo appartamento e soprattutto amava la bow window che dava sul viale costeggiato dagli alberi. Che fosse estate o inverno, quello restava il suo posto preferito e lì avrebbe voluto trovarsi per la maggior parte del tempo, con una tisana fresca alla menta o una cioccolata calda, con un libro tra le mani o semplicemente sdraiata sui cuscini a rilassarsi.

Il suo stato di pace era talmente profondo che ci mise un attimo a realizzare che la musica era cambiata, che i toni calmi erano stati sostituiti da un suono persistente e quasi fastidioso e che quello era proprio il suo telefono che stava squillando. Aprì gli occhi controvoglia e mise a fuoco la stanza, cercando a tentoni di afferrare il cellulare.

“Pronto” disse scocciata.

“Dove diavolo sei?!” 

Amber. Quella voce squillante era decisamente di Amber. Il perché del suo tono adirato restava ancora un mistero.

“In che senso?” rispose cercando di tornare alla realtà e di capire cosa le stava sfuggendo di mente.

“In che senso?! Mel, sono le 4 dannazione! Dovresti già essere qui ad aiutarmi per la presentazione. Te l’avrò ripetuto almeno una decina di volte, e solo stamattina! Ti odio Melissa, ti odio, ti odio, ti odio!” sbraitò la sua collega e amica, rischiando di perforarle un timpano.

Merda. La presentazione. Avrebbe dovuto attaccare alle 3.30. Avrebbe dovuto sistemare i tavoli e assicurarsi che tutto fosse perfetto e se ne era completamente, irrimediabilmente dimenticata. 

“Berrie, sarò più veloce della luce lo giuro” sperava che il nomignolo addolcisse il tutto, mentre si passava una mano tra i capelli e afferrava la borsa, per poi uscire di casa e fiondarsi giù per le scale ripide.

“Ti odio comunque!”

 

Nel giro di un quarto d’ora era riuscita ad arrivare all’ Hemingway, aveva sorriso colpevole ad una Amber furente e sudata e si era messa subito all’opera. Amava anche quel locale, anche se ci era capitata praticamente per caso in cerca di lavoro. 

Dopo un anno e mezzo si era affezionata al caffè letterario e alle persone che ci lavoravano. Caffè letterario era un po’ troppo semplice come definizione, ma era ciò che ci si avvicinava di più: libri, cibo e bevande varie, qualche serata musicale, letture di poesie e presentazioni di romanzi e saggi. O fumetti, come nel caso di quella sera.

Non era un’appassionata di fumetti, non ricordava di averne letti nemmeno da piccola, ma quello lo conoscevano tutti. Probabilmente anche a prescindere dai film che erano stati tratti dalla storyline principale, Capitan America era ben noto a gran parte delle persone. 

 

Amber si rilassò non appena ebbero finito di sistemare tutta la sala e Melissa riuscì a scherzarci e ridere mentre andavano ad indossare le loro divise nere e i grembiuli, raggiunte da un altro paio di colleghi. I genitori di Amber, proprietari dell’ Hemingway, diedero loro le ultime direttive per la serata e accolsero l’autore, Nick Spencer, e il suo staff.

Melissa e le altre cameriere si occuparono dei primi clienti, ben presto gli ordini cominciarono ad arrivare e tè, birre e bicchieri di vino ad essere portati avanti e indietro per la sala.

Il locale era pieno e la presentazione in corso, alcuni clienti abituali erano riusciti a trovare un posticino, ma la maggior parte delle persone era lì principalmente per il fumetto e affollava la zona centrale del salone. 

 

“Scusa, puoi portarmi un Bourbon?”

Mel si girò nella direzione da cui proveniva la voce e abbassò il vassoio. L’uomo, seduto in un angolo, le gettò uno sguardo veloce da sotto un cappello blu per poi abbassare la testa. 

“Arrivo subito” rispose. Non le capitava spesso di servire Bourbon, forse qualche signore attempato e raramente ragazzi le avevano chiesto il whiskey americano, ma non era certo così popolare. La voce che aveva sentito le era sembrata giovane ed era un po’ sorpresa, per non dire incuriosita da quel ragazzo che si nascondeva. Perlomeno, l’intento sembrava proprio quello di volersi nascondere.

Appoggiò il Bourbon liscio sul bancone e sorrise al “grazie” che giunse da sotto il cappello. Proprio mentre stava per lasciare il tavolo del ragazzo misterioso, sentì un brusio farsi strada tra i clienti che seguivano la presentazione e si girò verso il centro della sala. Di sicuro era successo qualcosa, l’agitazione era palese, alcune persone si stavano alzando e sembravano.. indignate? 

Mentre qualche cliente lasciava i soldi sui tavoli e usciva dall’ Hemingway e altri sovrapponevano le proprie voci e cercavano di attirare l’attenzione dell’autore, cercò Amber con lo sguardo e la vide prendere parte alla discussione e sbattere il vassoio sul tavolo di Spencer. Sentì uno sbuffo provenire da dietro di lei.

“Cazzate.”

Mel si girò di nuovo verso il ragazzo, e lo guardò confusa.

“Cazzate?”

Lui alzò lo sguardo. Aveva gli occhi color ghiaccio, di un azzurro penetrante, e non si poteva certo dire che emanassero gioia. 

“Non sono un fan della cosa” le rispose, ridacchiando ironico.

“Scusa se casco dal pero, non ho seguito la presentazione mentre lavoravo. Che cosa?” 

“Tranquilla, hai fatto bene. La novità è che, così, all’improvviso, Capitan America risulta essere dell’ Hydra” 

“Uh capisco” disse Mel distogliendo lo sguardo. In realtà non capiva affatto. Hydra che? Cercò di ricordarsi i film, era quasi sicura di averli visti, di ricollegare il filo del discorso e apparire intelligente davanti a quei bellissimi occhi tristi. I secondi passavano inesorabili.

“I cattivi! Chiaro!” le venne un’illuminazione e non si curò di bloccare il collegamento cervello-bocca, pentendosene praticamente subito. Gettò uno sguardo imbarazzato al ragazzo, che le sorrise. Aveva un gran bel sorriso.

“Non sono molto ferrata” disse alzando le spalle. Agitò il vassoio e retrocesse verso il bar senza riuscire a smettere di lanciare occhiate a mr. occhi di ghiaccio, cercando di evitare il caos che aveva invaso la sala da pochi minuti. Sei una frana, si disse mentalmente.

 

Era sempre così. Bel ragazzo voleva dire bella figura di merda, nel dizionario di Melissa.

 

Ricominciò a portare conti e pulire i tavoli dei clienti che se ne erano andati, ascoltando i mormorii dei fan visibilmente delusi, incontrando anche una Amber furente e che borbottava tra sé e sé che Hydra-Cap non si poteva sentire. 

Aveva appena finito di passare lo straccio su un tavolo quando alzandosi si era ritrovata faccia a faccia con il ragazzo col cappello. Ragazzo che, così, in tutta la sua altezza, la superava di una spanna buona e che era veramente, veramente, ben messo a livello di muscoli. Aveva una barba ben curata e lei impazziva per la barba, le scombinava gli ormoni.

“Ehi” disse lui sorridendo e alzando le mani quasi a scusarsi “non volevo venirti addosso, anche se non ne sono dispiaciuto” aggiunse sollevando un sopracciglio.

Mel sorrise e sentì le guance arrossarsi: di solito le avance dei clienti le facevano spuntare un sorriso falso da paresi facciale, questa volta era sinceramente compiaciuta.

“Grazie per il Bourbon, anche se la serata non è stata delle migliori”. Le tese una banconota da 20 dollari.

Dio, quegli occhi la stavano facendo sciogliere. Quello sguardo triste la stava facendo sciogliere. Il sorriso appena accennato la stava facendo sciogliere. Il suo cervello era andato in cortocircuito.

Non puoi lasciarlo lì con i soldi a mezz’aria, Melissa. Sveglia, connetti.

“Senti il Bourbon the lo offro io” riuscì a biascicare, “sembri davvero giù e ehm.. mi dispiace”.

Il sorriso di lui si allargò e per un attimo gli accese anche gli occhi. “Nah, figurati, davvero. E tieni il resto”.

Pure la mancia. Mel voleva abbracciarlo.

“E grazie. Sei stata veramente gentile”

Se le avesse sorriso ancora un po’, gli si sarebbe buttata tra le braccia senza troppi problemi. Al diavolo il lavoro e il decoro, quel ragazzo era assolutamente attraente. 

Stettero lì a fissarsi per quelli che a Mel sembrarono secoli, ma che probabilmente furono pochi secondi, poi lui si girò e uscì dal locale, gettandole un ultimo sguardo prima di sparire. 

Oddio.


Per un motivo a lei ignoto, Melissa continuò a lavorare con un sorriso beota sulle labbra. E con lo stesso sorriso, finì il turno e uscì dall’Hemingway assieme ad Amber. La sua collega era di umore totalmente opposto, tra il furente e il deluso e non faceva altro che lamentarsi di quel Capitan America cattivo.

“… è inaudito! Insensato! Assolutamente impensabile! Ma come cavolo gli è saltato in mente che…”

Mel la lasciò parlare, si sentiva toccata dalla cosa solo perché intristiva il ragazzo dagli occhi azzurri e il fisico da urlo. Fecero un pezzo di strada assieme e cercò di nascondere il sorriso per non offendere l’amica, ma non riuscì a toglierselo dalla bocca nemmeno quando si buttò sul letto. 

Arrotolata nelle coperte, si addormentò con una strana sensazione di felicità addosso.

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Capitolo 2
*** Baseball caps ***


Mel strinse tra le mani il suo pumpkin spice latte, osservando il vapore che usciva dal coperchio di carta. Era una mattina insolitamente fresca, per un giorno di Maggio a Boston, e da brava freddolosa aveva colto l’occasione per fermarsi a prendere una versione take away della sua bevanda calda preferita. 
Col senno di poi, e con la lingua scottata, forse aveva azzardato qualcosa di troppo invernale, ma cercava di convincersi che fosse una sorta di premio per aver pulito tutto il suo appartamento e per essere straordinariamente in anticipo per il turno del pranzo. 
Si rese conto di quanto fosse caldo il latte solamente quando se lo ritrovò sulla maglietta bianca e lo senti scottare la pelle. Addio giornata perfetta.

“Dio! Aggh, ma che cavolo..” mentre elaborava il dolore, alzò la testa per vedere quale squilibrato si era permesso di sbatterle contro e rovesciarle addosso la sua adorata ricompensa.
“Oddio scusami,” disse il suddetto “scusa davvero, mi sono girato senza guardare e..” ripeté cercando di porre rimedio spazzando con le mani la macchia che si allargava sulla macchia.
Melissa lo guardava furente e continuò a farlo finché anche lui non si rese conto che stava carinamente poggiando le mani sul suo seno.
“Oh, cazzo, scusami! Non volevo!” 
“Ma cosa diamine ti passa per il cervello?!?”
“Perdonami, mi sono fatto prendere dal panico”

Mel non aveva parole. Era talmente sbalordita e scioccata che non riusciva nemmeno a riversare la sua rabbia sullo sconosciuto, continuava a scuotere la testa e muovere gli occhi dalla sua maglia, al bicchiere di Starbucks ormai vuoto, al volto dell’idiota. 
Idiota sul cui viso si stava allargando un sorriso. 
Idiota che si mise a ridere senza nemmeno curarsi di nasconderlo.
“Lo trovi divertente?! Sul serio?” gli chiese Mel sul punto di saltargli addosso e ucciderlo.
“Scusa” continuò a ridere. E di gusto.
La ragazza lo guardò impietrita. L’idiota era un uomo incredibilmente bello, ben piazzato e dai lineamenti netti. 
Questo non ti risparmierà dall’essere strozzato.
Aveva un cappello da baseball calato sui capelli scuri. Sorrideva tenendo chiusi gli occhi, ai cui lati si creavano delle piccole rughe di espressione che accentuavano la felicità che emanava. Mel stava scambiando quella felicità per derisione, ma ciò che la blocco dal fare a pugni proprio in mezzo alla strada fu la risata. La sua risata era estremamente, estremamente contagiosa. Neanche fosse stato un bambino, sprizzava gioia da tutti i pori, quando rideva. 
Non riuscì a sfuggire al contagio.
Abbiamo un problema coi bei ragazzi Mel, eh? La tua volontà va in pezzi di fronte a un paio di bicipiti come si deve e un sorriso splendente.

“Come posso sdebitarmi?” disse il lui cercando di placare le risate che ancora gli nascevano sulle labbra. “Ti offro il pranzo?”
Mel sorrise, e scosse la testa. “Sto andando al lavoro”
“Adesso? Che lavoro fai?” le chiese il ragazzo, sistemandosi il cappello.
Lo guardò negli occhi, incuriositi e di un blu intenso, chiedendosi se era il caso di dare informazioni all’idiota che le aveva rovesciato addosso il latte solo perché aveva una bellissima risata. E un bellissimo corpo.
“Ehm la cameriera. E devo davvero andare” cercò di sfuggire al suo sguardo e di individuare una via di fuga.
“Capito, capito. Come minimo ti devo un altro… caffè bollente?” disse il moro con una faccia da cucciolo “Posso rimediare stasera? Tipo uhm quando stacchi, se lavori”.
Ormai sarebbe stata in ritardo. Non aveva tempo per pensare troppo e doveva togliersi di mezzo, alla svelta. Provava fastidio nel fare quello che stava facendo, lei non prendeva decisioni affrettate e non correva rischi. 
Al diavolo, non ho tempo.
“Stacco alle 10, Hemingway, non ti aspetto per più di cinque minuti” disse velocemente, già camminando all’indietro e allontanandosi da lui.
“Ci sarò. E scusa.” alzò la voce per farsi sentire da Mel, che ormai era lontana e si stava girando. “Sono Sebastian comunque!” le urlò quando lei gli dava già le spalle. 


Mentre correva verso il locale, Mel viveva un conflitto interiore e si chiedeva se fosse stato il caso di starsene zitta e non dare informazioni a uno sconosciuto così. Una parte di lei si era sentita rassicurata dagli occhi sinceri del moro col cappello. 
Forse sono i cappelli che ti fanno andare fuori fase.
Avrebbe mai rivisto il ragazzo della sera prima? Quegli occhi azzurri si erano fissati nella sua testa. 
Sospirò e si diede mentalmente della patetica, sperando che concentrarsi sul lavoro le avrebbe azzerato tutti i pensieri su tutti gli uomini col cappello del mondo.


[…]

“Non ci crederai mai ma ho conosciuto una!”
“Non è una novità, Seb, non sono sorpreso”
“Ci sono andato addosso! Ero già pronto ad andare nel panico e ritrovarmi una fan o chissà quale mostro addosso e invece sbam: una ragazza bellissima! E stasera..”
“Le sei andato addosso?!”
“..ci esco! Dopo la bevuta che ti ho promesso, ovvio, ma..”
“Non ti seguo Seb"
“..credo che lei ci stia sai? Mi guardava in quel modo, capito?”
“Rallenta. Ci vediamo dopo o preferisci che ti lasci con la malcapitata?”
“Ci vediamo! Assolutamente! E so già dove, passo da te alle 8?”

[…]



“LISSA!” 
Mel sobbalzò e rischiò di rovesciarsi addosso le birre che portava sul vassoio. E dire che aveva già dato, col rovesciare.
“Oddio oddio oddio Lissa non hai idea, TU NON HAI IDEA.”
“Amber per l’amor di Dio lo sai che odio quel soprannome, calmati e respira normalmente!” 
Amber la guardò con gli occhi lucidi e un sorriso a trentadue denti, agitando le mani. Era visibilmente eccitata, tremava per la gioia e sembrava dover cacciare urletti da un momento all’altro. Le prese il vassoio dalle mani e lo appoggiò sul bancone, poi le afferrò un braccio e la tirò in cucina, lontano dalla sala.
Mel si lasciò trascinare e non poté fare a meno di fissare Amber come fosse una pazza quando questa le fece cenno di avvicinarsi dopo essersi guardata attorno circospetta. Si protese verso la sua amica problematica e attese. 
“Sì?”
“Mel. Non dirlo a nessuno, ma li ho visti. Ho servito loro i taglieri e le birre e, ommioddio.”
Melissa prese per le spalle Amber e la scosse. “Amber, chi. Chi hai visto?”
“Chirs Dorito Evans e Sebastian Stan orsetto d’Inverno! ODDDDDIOOOOO”
Chris Evans e Sebastian Stan. Attori. Per quello Amber era in fibrillazione. 
“Non ci posso credere” e arrivò l’urletto spacca-timpani. Mel alzò gli occhi al cielo e sospirò, Amber era un caso perso. 
Poco dopo che si erano conosciute, era capitato loro di avere il giorno libero in comune ed erano andate al cinema. Amber aveva insistito per vedere Captain America: the winter soldier, e Mel aveva ceduto anche se il genere non la faceva impazzire e non aveva visto altri film della saga. Era stato quasi imbarazzante. Aveva anche temuto che le buttassero fuori dalla sala ma, sfortunatamente, non era successo: la sua neo-collega aveva commentato tutto, cacciato urli acuti quando venivano inquadrati muscoli o bei fusti e pianto sonoramente nelle scene più sentimentali. Mel era stata divisa tra l’essere in imbarazzo e il sogghignare di nascosto. Appena era arrivata a casa aveva scritto tutto sul suo blog e si era ripromessa di andare a vedere un film con Amber se e solo se fosse stata una commedia e lei avesse avuto bisogno di ridere a crepapelle.

Adesso, a quanto diceva lei, due degli attori principali del film suddetto erano comodamente seduti all’ Hemingway. Fatto praticamente impossibile. Ma Amber aveva occhio, ed era fanatica, non poteva essersi sbagliata.
“Devi vederli, Lissaaaa! Sono così belli!” Mel alzò gli occhi e cercò di ignorare quelli a cuoricino dell’amica, mentre si faceva trascinare in sala. Seguì le indicazioni e vide due uomini ben piazzati che sorseggiavano birra e mangiavano salumi e formaggi dal tagliere.

Ci volle un attimo perché riconoscesse i ragazzi col cappello.
I suoi occhi color cioccolato si incontrarono con quelli azzurri dei due. 
L’idiota di quella mattina, Sebastian, alzò una mano e la salutò con un “Ehi!” nell’esatto istante in cui Chris, senza più il cappello della sera prima, le sorrideva e le faceva un cenno. Entrambi continuarono a sorridere quando distolsero lo sguardo dalla ragazza e si interrogarono a vicenda, stupiti.
Mel quasi non si accorse delle gomitate al costato che le stava tirando Amber, tanto era scioccata dalla scoperta. Se ne stette lì, con la bocca aperta, ancora più stranita degli attori seduti a pochi metri da lei.

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Capitolo 3
*** Su di morale ***


- La conosci?- Sebastian guardava l’amico sorpreso. 

Chris non gli rispose. Effettivamente no, non la conosceva. L’aveva osservata, sì, aveva apprezzato la sua gentilezza e quella sorta di empatia che aveva dimostrato nei suoi confronti, sì. Ma non la conosceva, non sapeva nemmeno il suo nome. 

Ridacchiò e scosse la testa, cercando di formulare qualcosa di coerente che non raggiunse mai le sue labbra. 

Si voltarono entrambi verso le cameriere e Seb si alzò andando loro incontro. Lui restò seduto a osservare la scena da lontano. Una delle due ragazze, quella coi capelli rossi e gli occhi chiari, scuoteva senza sosta la mano di Sebastian sorridendo come una forsennata e senza smettere di muovere le labbra e dirgli chissà che. Ghignò mentalmente al pensiero dell’amico alle prese con quella che sembrava essere una fan accanita. Poi spostò il suo sguardo sull’altra ragazza.

Come la sera precedente, non poté fare a meno di notare la sua bellezza. Era semplice, senza traccia di dubbio. Ma bella. Lui non era tipo da farsi abbindolare da trucchi, vestiti e parecchi esagerati. Non disdegnava un bel corpo che fosse valorizzato, ma non amava l’estremo o gli stereotipi. 

Un viso pulito e occhi color cioccolato, capelli castano chiaro, quasi dorato, non alta ma con tutte le curve al posto giusto. 

E quel sedere sembra così sodo…

Sì, decisamente bella. 

E stava parlando con Sebastian. Sentì una fitta di gelosia, ma in fondo non poteva vantare nessuna pretesa sulla cameriera e a quanto sembrava Seb la conosceva meglio. Aveva un’appuntamento con lei. Li vide avvicinarsi al tavolo e si preparò mentalmente alla rossa, che lo guardava con bramosia.

- Capitano! È veramente un piacere conoscerti! Sei bellissimo e fantastico! E sei all’Hemingway, qui! Davvero!- 

Ridacchiò nervoso e le rivolse un sorriso. Quel sorriso.

- Il piacere è tutto mio, ..?- alzò un sopracciglio, sempre guardandola fissa negli occhi.

- ..uh..Am-Amber-

-..Amber.- 

Un sospiro e basta, la rossa non emise più un suono. Sapeva come fare a gestire i casi come questo, senza troppa modestia, era la sua specialità. Bastava quel sorriso e uno sguardo un po’ più intenso del normale e l’encefalogramma piatto dell’interessata era garantito. Senti Sebastian ridacchiare, i due avevano testato varie tecniche e fatto a gara più volte. Sentì il proprio sorriso allargarsi con naturalezza e focalizzò l’attenzione sull’altra ragazza, che lo guardava decisamente poco impressionata dalla scena che aveva appena ammirato.

- Piacere, Chris- le disse senza provare ad ammaliarla, anche se l’istinto era forte.

- Melissa. Ieri non ti ho riconosciuto, scusa. E non ho riconosciuto te stamattina,- si rivolse al moro - ero troppo occupata a riconoscere il caffè bollente sulla mia maglietta.- disse alzando un sopracciglio.

Chris rise di gusto, buttando indietro la testa: sapeva il fatto suo, la cameriera! Si beccò un’occhiata di fuoco e mormorò uno scusa misto a risate trattenute a stento.

-Dobbiamo lavorare ora, è un onore ecc ecc ma esistono anche altri clienti. Ci vediamo dopo?- 

Si stava rivolgendo sicuramente a Seb, ma allora perché aveva guardato lui? 

Senza nemmeno dar loro il tempo di rispondere si trascinò via una Amber ancora imbambolata e sparì.

Melissa.

 

- Te l’avevo detto che era un gran bel pezzo di ragazza eh?- gli disse Boo Bear alzando la sua birra e portandosela alle labbra.

- Concordo appieno.- gli rispose sorridendo.

- Anche la rossa non è male no? Potreste venire con noi dopo, Chris, sarebbe fantastico!- 

Conosceva il suo amico e sapeva che stava già sognando ad occhi aperti. Sebastian non era di molte parole, vedeva il lato positivo di ogni cosa e persona e aveva un’ironia limpida e bonaria che non mancava di sorprendere e alleggerire i discorsi dopo pause che sembravano infinite.

E a differenza di tanti altre persone che aveva conosciuto, l’attore di origini rumene sapeva davvero ascoltare, dopo gli scherzi e le battute. Per questo lo aveva invitato nel suo paese natale, appena finito il tour promozionale del loro ultimo film. 

- Ti tirerà su di morale- disse Seb. Era serio e lo guardava speranzoso.


Appena arrivato a Boston, Sebastian si era accorto che qualcosa non andava. Gli ci era voluto poco per capire che Chris non aveva preso benissimo l’ultimo scossone che era stato dato al suo personaggio. Captain America che rivelava di essere un agente dormiente dell’Hydra era sembrato ridicolo a tutto il loro gruppo di whatsapp, che raccoglieva i cast dei film che avevano fatto assieme ed era fondamentalmente usato solo per cose ignoranti e auguri di compleanno. Ma tutti sapevano quanto impegno ci mettesse Chris nell’interpretazione di Steve Rogers e quanto volesse far filtrare attraverso gli schermi le qualità e i valori del suo eroe. Era stato un brutto colpo.

 

- Tirarmi su di morale la fangirl rossa?- Chris scoppio in una risata sonora. Cercò di contenersi e si guardò attorno per controllare se avesse dato troppo nell’occhio. -Mi tirerebbe solo matto. E sai che rischio ci corriamo? Potrebbe aver già postato su tutti i social network la nostra posizione. - scosse la testa e prese un sorso di birra. Sebastian era così ingenuo.

- Ma figurati! Non sembrano ragazze di quel tipo!- gli rispose l’amico.

- Seb, sai bene che tendi a non vedere i difetti della gente. Per te sono tutti buoni e simpatici, non ti ho mai sentito parlar male di nessuno.- 

- Dico sempre quello che penso!-

- È proprio questo che mi sorprende.- disse Chris soffocando una risata nella birra. 

Sebastian alzò gli occhi. 

- Cosa hai intenzione di fare dopo?- okay, non è che l’idea di avere a che fare con una fangirl lo entusiasmasse. Ma Boo Bear aveva ragione e lui doveva apprezzare gli sforzi che stava facendo. 

- Dovrei un caffè a Melissa, troviamo un posto carino e lo prendiamo, no? -

- Mmm. Okay.-

- Davvero? -

- Se quella posta foto di noi due o mi salta addosso sei morto, Boo Bear.-

Scoppiarono a ridere entrambi immaginandosi la scena.

 

 

Melissa era a disagio. 

Non così tanto a disagio come avrebbe dovuto essere così da sola con un estraneo, il fatto che fosse un attore famoso non toglieva quello che fosse uno sconosciuto per lei, ma abbastanza da non parlare troppo. Sebastian non incoraggiava il discorso, se non con qualche domanda qua e là a cui lei rispondeva cortesemente. Solo che lui non sembrava affatto a disagio. Anzi, era felice come una Pasqua.

Ovviamente caffetterie aperte nelle vicinanze non ne trovarono e finirono con il bere dei cocktail in un lounge bar poco distante. La ragazza tirò un sospiro di sollievo quando Chris e Amber li raggiunsero e si sedettero con loro. 

Amber portava avanti la conversazione senza mostrare cedimenti e con l’arrivo dell’alcool mise in scena un vero e proprio show, parlando senza sosta di film, trame, coppie e coppiette. Si mise addirittura a mimare le sue scene preferite, rendendo due o più voci diverse abbassando e alzando il tono della voce e mimando con enfasi schianti, pugni e rumori di mezzi di trasporto vari. Invece di essere annebbiati dai continui martini che ordinava, i suoi occhi azzurro chiaro brillavano come non mai.

I tre spettatori dello show erano piegati in due dalle risate. Sebastian, al suo quinto drink, lacrimava e aveva appoggiato la testa sul tavolo, biascicando commenti confusi sulla recitazione di Amber. Chris aveva rischiato di cadere dalla sedia almeno dodici volte, ogni volta che trovava qualcosa di particolarmente divertente si buttava all’indietro e si batteva la mano sul petto. Ed era solo leggermente brillo. 

Melissa non aveva bevuto che un paio di cuba libre, in generale reggeva l’alcool ma per quella sera bastava così, voleva assicurarsi che ci fosse qualcuno di lontanamente sobrio. Si stava incredibilmente divertendo, anche se si limitava a ridere e osservare.

- Sempre così taciturna?-  le chiese Chris tirandole una gomitata leggera e sorridendole.

- Ah signori miei! - rispose per lei Amber, seduta di fronte al suo Steve Rogers, - Mel non apre bocca se non dopo almeno due mesi di frequentazione - si interruppe per ridacchiare sconnessamente e riprese: - raccontatele tutti i vostri segreti e fino al prossimo autunno nessuno saprà nulla- concluse, rischiando di rovesciarsi addosso il martini.

Mel arrossì violentemente e scoccò un’occhiata di fuoco alla sua adorabile collega sbronza, che nel frattempo aveva cominciato a giocare coi capelli di Sebastian. Lui, la guancia premuta sul tavolo e le palpebre abbassate, farfugliava qualcosa su come non fosse un problema non parlare tanto.

-Va benissimo così.- disse Chris avvicinandosi e cercando di farle tornare il sorriso con un espressione assurda, sopracciglia alzate come non mai, sorriso da pubblicità di dentifrici e pollice alzato. Nonostante il rossore che sbucava sulla parte delle guance non coperta dalla barba, l’intensità dei suoi occhi azzurri lasciava capire quanto fosse più sobrio che brillo. 

Mel gli rispose borbottando indistintamente e restituendogli la gomitata di prima. Quegli occhi la deconcentravano.

 

- Assicurati che arrivi a casa, per favore-

- Chiamo un taxi e aspetto che ci salga, lo giuro- 

Amber rideva, abbarbicata al suo braccio, - Oh, capitaaanooo-.

- Io accompagno a casa la signora.- disse Sebastian girando i tacchi e cominciando a camminare lungo la via.

- Mi ha appena dato della signora?- chiese Mel mentre lo guardava ciondolare e allontanarsi.

- Non è messo molto meglio della tua amica qui, eh- le rispose Chris, cercando di staccare le dita di Amber dal suo polpaccio e guardandola imbarazzato.

Nessuno dei due era perfettamente sobrio, ma non erano ridotti come i loro “partner”. Quello che Melissa non si aspettava era di essere improvvisamente sommersa dall’abbraccio di Chris, a cui non reagì nemmeno, schiacciata com’era coi palmi sul suo petto. E che petto.

Si lasciò avvolgere dal suo profumo fresco.

- Ci si vede allora, buonanotte- disse, prima di lasciarla e recuperare la rossa che stava arrancando sul marciapiede, sfuggendo allo sguardo di Mel. 

- ‘Notte - rispose lei ancora sorpresa, girandosi e cercando di rincorrere Sebastian che, per inciso, non aveva nemmeno idea di dove lei abitasse e di dove stesse andando. 

Lo raggiunse e lo prese per un braccio.

- Tu come ci torni a casa?-

- Taxi?- 

- Chiamalo ora, digli di venire al 249 di Marlborough Street, Back Bay. -

- 239 Marolo Street, certo!- cercò di ripetere lui, sorridendole splendidamente.

Mel alzò gli occhi al cielo e chiamò.

Con non poche difficoltà dovute alle continue distrazioni che il ragazzo trovava per la strada, arrivarono di fronte all’ingresso della casa in cui si trovava l’appartamento, il taxi già parcheggiato esattamente di fronte. 

- Grazie Sebastian, hai rimediato al caffè.- gli sorrise, imbarazzata dal momento.

- Grazie Sebastian per essere un idiota che va addosso alle belle ragazze- le rispose lui. E in maniera sorprendente rapida, per uno che ha bevuto sei long island, si chinò su di lei. Le sollevò il viso con una mano e poggiò le labbra sulle sue. 

Erano morbide e sapevano di alcool. 

Mel si sentì invadere dal calore, perfettamente conscia che le sue guance fossero in fiamme. I polpastrelli dell’attore, le toccavano delicatamente la pelle del collo.

Pochi secondi dopo Sebastian si allontanò e sorridendo si avviò al taxi, senza aggiungere una parola, lasciandola confusa e stupita.

Non sapeva per quanto fosse stata immobile davanti alla porta, con una mano a sfiorarsi le labbra, il cuore che non aveva ancora accettato quel contatto improvviso e che faticava a rallentarsi, la sorpresa che dominava su qualsiasi altra sensazione e che non accennava a sparire.

 

 

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Ehi! Volevo ringraziare tutti i lettori silenziosi e dirvi che, niente, spero con tutta me stessa che quello che state leggendo vi piaccia anche solo un po'. È una vita che non pubblico nulla quindi se avete qualsiasi genere di commento e suggerimento, anche se vi fa tutto schifo, vi pregoo, fatemelo sapere in qualche modo! Non sono bravissima coi segnali di fumo, ma accetto anche quelli. Mi trovate a uccidermi di cibo e studiare come una pazza, 
un abbraccione
Sere

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Capitolo 4
*** Semplice ***


Aveva fatto in tempo a rientrare in casa appena prima che la pioggia cominciasse a scrosciare sonoramente, un primo anticipo delle piogge estive di Boston. Dopo la sua corsa mattutina e una doccia rinfrescante si era seduta sui cuscini sotto la bow window e aveva osservato le gocce picchiettare contro i vetri e scendere veloci in rivoli d'acqua disordinati. La voglia di uscire a fare la spesa le era passata totalmente.

Il lunedì era il suo giorno libero, di solito lo passava a fare tutte le commissioni che le potessero venire in mente, ad aggiornare il suo blog con qualche pensiero decente e a rilassarsi. A volte organizzava delle uscite con Adam, il ragazzo dell'appartamento di sotto, e i suoi amici. Con quel tempo, di andare fuori non se ne parlava proprio. Sospirò e si guardò attorno. 

Il suo mac era appoggiato sul letto, un invito a prenderlo e cominciare a digitare parole dopo parole. Ma cos'avrebbe potuto scrivere? Pensò con nostalgia agli anni in cui aveva viaggiato, fermandosi per due o tre mesi in ogni città e aveva scritto dei luoghi e delle persone, dei colori e delle sensazioni, del cibo e delle culture che aveva incontrato. Dei caldi pub e delle chiese di pietra in Inghilterra, del profumo del pane fresco e dei fiori di Parigi, delle biciclette veloci e delle torte di mele di Amsterdam, dei pasticci di patate e delle scogliere verdi dell'Irlanda.  Le sembrava ancora di sentire il rumore del mare in Sicilia e di quello ben più freddo che lambiva Stoccolma, la frenesia del traffico a New York e i grattacieli che la facevano sentire in cima al mondo. Aveva scritto di tutto questo e delle persone che l'avevano ospitata e aiutata, di quelli sconosciuti che l'avevano accolta ed erano entrati a far parte del suo lungo viaggio. 

Nell'ultimo anno da viaggiatrice inarrestabile era diventata sedentaria. Aveva sentito che era la cosa giusta da fare e aveva mantenuto la sua decisione, ritrovandosi di punto in bianco con ben poco da scrivere. Inizialmente.

Aveva perso alcuni dei suoi lettori, ma altri erano rimasti con lei, tenendole compagnia a distanza e assistendola nella trasformazione del suo blog, ora uno dei più seguiti sulla città di Boston. Scriveva di angoli nascosti che si lasciavano scoprire e di tutte quelle piccole cose che l'avevano convinta a restare. 

Continuò a guardare il computer senza nemmeno accennare a muoversi. Sicuramente, non poteva scrivere di aver incontrato due attori piuttosto famosi, non se la sentiva proprio. Raccontare al mondo cosa, poi? Che i due fusti scombinavano i suoi ormoni e che, al solo pensiero si sentì avvampare, Sebastian Stan l'aveva baciata?

Il suo cervello aveva concluso immediatamente la faccenda. Era sbronzo. Non c'era stato spazio per domande e dubbi, non c'era stato spazio per possibili "ma perché io?" o "e adesso?". La questione era semplice: non c'era nessun io e nessun adesso, era sbronzo e basta. Mel era bravissima a prendere tutti i pensieri e chiuderli in un cassetto e così aveva fatto. 

Stava per prendere il telefono e chiamare Adam per fare qualcosa assieme, quando sentì il campanello suonare. Sorrise e si alzò per andare ad aprire. L'aveva preceduta.

Ovviamente, non era il suo vicino. Ciuffi di capelli scuri scendevano sulla fronte di un Sebastian molto sorridente e molto bagnato, in piedi sulla soglia dell'appartamento della ragazza. 

-Ho portato da mangiare!- disse contraendo i muscoli delle braccia e alzando due buste bianche da cui proveniva un profumo invitante che Mel non riusciva però a identificare.

-Ehm, grazie, suppongo?- gli rispose facendolo passare, stranita e non del tutto conscia di quanto stesse succedendo.

-Non sapevo cosa ti piacesse, così ho preso tutto. Cinese, Thai, della Pizza e ali di pollo. Nel caso in cui fossi vegetariana o vegana ho degli hamburger di soia. - 

Sembrava che il contenuto dei sacchetti non finisse più, mentre lui appoggiava tutto ciò che nominava sul tavolo.

-Fai pure come a casa tua - disse Mel senza che ce ne fosse motivo, visto che lui si era ambientato in qualcosa come un millesimo di secondo, - e grazie. - aggiunse di nuovo.

Non è che fosse abituata a fare entrare le persone in casa sua così, affatto. Ma Sebastian faceva tutto con tanta naturalezza che sembrava si vedessero quotidianamente e che fosse normale passare un giorno di pioggia assieme. Neanche fosse stato il suo migliore amico da una vita. 

-Come ti sei ricordato dove abito? L'altra sera non eri esattamente lucido.- chiese lei mentre prendeva due piatti e cercava di decidere cosa mangiare. 

- Non lo so! - rise - Sono un genio, è sapienza infusa!- 

Come poteva dire una cosa così assurda e sembrarne veramente convinto? 

Mel giunse alla conclusione che non sembrava affatto, lo era.

Si sedettero sul divano e guardarono un film, brevi scambi di parole ogni tanto, qualche battuta, domande generali sulle loro vite. L'attore riusciva a farla ridere e parlare senza che si sentisse in per nulla a disagio o fuori luogo. In più non poteva certo dire che ammirare i suoi tratti definiti e quegli occhi azzurri così espressivi fosse anche solo lontanamente spiacevole. 

Sebastian era una persona incredibilmente semplice e positiva, emanava felicità e non si faceva nessun problema a diffonderla.

- Cosa ci fai a Boston?- 

- Ho raggiunto Chris per fargli compagnia- le rispose, con la bocca piena.

- Siete parecchio legati.-

- È come se fosse un fratello, forse di più. Ormai ci conosciamo da anni e andiamo parecchio d'accordo. Gli voglio un bene dell'anima.-

Mel ridacchiò, - capisco. Capisco perchè Amber abbia sogni segreti che riguardano una possibile relazione tra voi due. - gli strizzò l'occhio e esagerò il movimento.

- Gelosa eh?- rispose a tono lui, facendo cenni col mento e alzando ripetutamente le sopracciglia.

- Immensamente. Sta fermo, sei sporco di sugo - Mel si protese verso Sebastian che, esattamente come gli era stato richiesto, cominciò a muovere il capo senza lasciare che lei si avvicinasse di più.

-Sta fermo!- riuscì a dire la ragazza prima di scoppiare in una risata cristallina.

 

A metà pomeriggio a entrambi faceva quasi male la pancia dal ridere. Melissa si sentiva quasi raggiante come il moro che stava accompagnando alla porta, ed era felice che fosse passato a trovarla. 

Arrivato sulla porta lui si girò.

- Sì?- scosse la testa e rise, sicuramente stava per fare un'altra delle sue battute.

- Ti saluto come l'ultima volta, sappilo. - 

Mel aveva completamente rimosso quello che era successo quando erano tornati al suo appartamento poche sere prima. Il pensiero non l'aveva sfiorata nemmeno una volta. Senza rispondere e col sorriso ancora fermo sulle labbra, guardò il viso di Sebastian avvicinarsi lentamente a lei. 

Sentì una mano posarsi sul suo fianco, appena sopra la vita, e fare una leggera pressione per avvicinarla a lui. Lo sguardo di entrambi si spostò sulle labbra fino a quando si sfiorarono e non ci fu più bisogno della vista. 

Fu un bacio differente, più partecipato. Sebastian la stringeva sempre più a sè, muovendo le mani lungo la sua schiena, provocandole brividi di piacere. Lei portò una mano sulla mascella ben scolpita di lui e sentì la corta barba pungerle le dita, mentre le loro labbra si fondevano e le loro lingue diventavano via via meno timide. 

Si separarono, col respiro affannato e il battito accelerato. Gli occhi azzurri di Sebastian non le erano mai sembrati così intensi, e si chiese se anche dai suoi trapelasse qualcosa.

- Ci vediamo - le soffiò sulle labbra, il tono della voce più basso del solito. Con il suo consueto sorriso le diede le spalle e cominciò a scendere le scale.

 

 

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Ehi gente, grazie per aver letto fin qui. E non disperate, Chris tornerà molto presto.
Fatemi sapere qualsiasi cosa ne pensiate (anche se vi fa proprio schifo), che aiuta sempre a migliorare, un passettino alla volta
Baci stellari a tutti

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Capitolo 5
*** Tilt ***


-Miles, per favore, no! - 

Il bambino, ovviamente, non lo ascoltò ed entrò nel negozio di giocattoli. Una parte di Chris era già esausta, stare dietro ai due nipotini di gran lunga più stancante che ripetere per tutto il giorno la scena più difficile che gli fosse mai capitato di girare. Ma voleva loro talmente tanto bene da sopportare questo e altro. 

Gettò una rapida occhiata a Jack, il maggiore, che fissava meravigliato i nuovi videogiochi in un negozio specializzato poco distante: non si sarebbe spostato da lì.  Si buttò all'inseguimento del nano di quattro anni e mezzo che lo faceva letteralmente impazzire ogni volta. 

Non avrebbe mai voluto fare delle preferenze, ma si sentiva simile a Miles, più che agli altri due. Forse ci si rivedeva da bambino, forse semplicemente avevano un carattere molto simile. 

-Miles!- dove si era cacciato? Continuò a guardare tra le corsie piene di pupazzi colorati, Barbie e costruzioni varie, ma non riuscì a individuare il nipote fino a che non vide una macchia rossa passare fulminea in fondo a un corridoio. Dato il colore della maglietta e la velocità improbabile, le possibilità che si trattasse della piccola peste erano parecchie. 

Chris lo trovò davanti agli scaffali con le action figures della Marvel e gli scappò una risata. 

-Non sarebbe meglio trovare qualcosa di diverso dal solito, piccolo? Andiamo a vedere gli altri giochi, c'è una ruspa bellissima! - disse piegando le ginocchia e accovacciandosi accanto al bambino.

Miles lo guardò negli occhi, disapprovando palesemente l'idea proposta.

-Ma non mi piasce!- borbottò, corrucciato.

L'attore sorrise al difetto di pronuncia del nipote.

-Non mi piasce, io voglio questi! Mi piasciono i supereroi e mi piasce lo zio Steve! - squittì, indicando un modellino di Captain America.  

-Ma lo sai che posso portartene quanti ne vuoi di questi? Basta chiedere - gli rispose ridendo di gusto. 

Miles aveva una passione per i supereroi, in particolare per "lo zio Steve" e "zio fiamma". Per un po' aveva creduto che lui e i personaggi che interpretava fossero una cosa sola, sicuramente era stato strano vedere lo zio che prendeva fuoco a piacere e che interpretava un super soldato. Dopo le dovute spiegazioni e il tempo necessario, era riuscito a separare la realtà dalla finzione, ma i soprannomi erano rimasti.

Di fronte agli occhioni blu del bambino, la sua volontà fu piegata miseramente. Uscirono nel corridoio del centro commerciale con la confezione da tre action figures, una per nipote. Probabilmente Carly lo avrebbe ucciso, non voleva che il fratello viziasse i suoi figli, ma aveva scelto lei di abbandonarlo mentre faceva la spesa: la responsabilità sarebbe stata sua.

- Siamo un po' narcisisti, Evans?- sentì una voce femminile provenire dalle sue spalle e si girò per incontrare gli occhi marroni di Melissa, che gli sorrise e accennò al piccolo Captain America che aveva in mano. La ragazza aveva le guance leggermente arrossate, i capelli raccolti in una coda disordinata e teneva tra le braccia una scatola bianca.  

Un sorriso nacque spontaneo sulle sue labbra, mentre pensava a quanto fosse migliorata la sua giornata all'improvviso.

- Hey, ciao. - "Ehi ciao"? Davvero Chris? - Ehm sì lo so, mi sento parecchio idiota a starmene qui così.. - aggiunse agitando il modellino e scoppiando a ridere. Sentiti idiota per quanto blateri cose inutili e imbarazzanti.

Mel unì la propria risata allegra alla sua e sembrò notare in quel momento i due bambini al lato dell'attore. Continuando a ridacchiare, cominciò a spostare lo sguardo da loro a lui, il sorriso un po' paralizzato. Chris le fece un cenno per cercare di capire cosa stava pensando.

-Sono.. ecco, sono tuoi?- la voce le uscì un'ottava più alta del solito e fu chiaro come il sole cosa le fosse passato per il cervello. 

Cogliendo la palla al balzo, l'attore alzò gli occhi al cielo:

-Sì!- Un ghigno gli si allargò sul viso, mentre rispondeva,  -Lui è Jack, lui Miles. I miei piccoli - 

Poi la guardò come a dire non lo sapevi?

Sentì la soddisfazione e il divertimento crescere, mentre la giovane donna annuiva, sorrideva, alzava la mano e apriva e chiudeva la bocca per aggiungere qualcosa ma senza emettere alcun suono. Sapeva che il momento non avrebbe potuto durare ancora molto, sia perché era incredibilmente difficile trattenere le risate, sia perché con la coda dell'occhio vedeva la piccola peste fissare intensamente Melissa.

- Sei un'amica dello zio? - chiese Miles, lo sguardo colmo di curiosità, -Hai fatto qualche supereroe?-

- Zio? -

- Zio Chris - lo indicò candidamente, mentre questo si accarezzava la barba e poi scoppiava sonoramente a ridere, senza alcun ritegno. Gli sembrò di sentire un sospiro e riaprì gli occhi per vedere Mel che gli lanciava sguardi di fuoco, decisamente attenuati da quel meraviglioso sorriso sembrava essersi illuminato ancora più di prima. 

-Zio, eh? - lo rimbeccò, con un tono leggermente offeso.

-Sono i figli di mia sorella maggiore. - cercò di darsi un contegno e smettere di ridere, - sto dando loro un'occhiata mentre lei fa la spesa, sai sono molto responsabile e affidabile - aggiunse, fingendo di pavoneggiarsi. Come da copione, sorrise alla risata cristallina della donna.

- Sicuramente. Quindi hai una sorella?-

- La mia famiglia è molto, mooolto numerosa. - le rispose, alzando gli occhi al cielo. 

- E molto, mooolto crudele con gli zii che viziano i nipoti - 

Una voce differente si era aggiunta alla conversazione. Carly stava spingendo un carrello stracolmo verso di loro, il piccolo Tom seduto nel seggiolino. Si accorse subito che guardava la ragazza accanto a lui con una luce particolare negli occhi.

- Piacere, Carly - disse lei, porgendo la mano a Melissa, che ricambiò la presentazione.

- Sei amica di questo imbecille?- le chiese, scoccandogli uno sguardo bonario.

- Ehm, sì - Mel lo arrossì, poco sicura della risposta da dare. Si conoscevano appena. Si ritrovò a desiderare che non fosse così. 

- E qualcuno ti sta aspettando a casa in questo momento? - proseguì sua sorella, mentre richiamava i figli più grandi.

Non sapeva chi tra lui e Melissa fosse più stranito dalla domanda. Sposto lo sguardo dalla sorella agli occhi castani della ragazza, dubbiosi quanto i suoi.

- No.. io.. non c'è nessuno ad aspettarmi, no.- rispose dopo un attimo di incertezza.

Carly, cosa cavolo..

-Ottimo. Allora sei ufficialmente invitata a cena, e non accetto rifiuti. - 

stai facendo?

Chris rise nervosamente e cercò di creare una via di fuga per la ragazza. 

-Carly non è il caso. Non vedi che sta facendo delle cose, insomma- indicò la scatola bianca che lei teneva in mano.

- ..veramente, - cominciò a dire Mel, -ho solo fatto sostituire il caricatore del computer. - si bloccò, notando lo sguardo sconsolato che le stava mandando l'attore, mentre le gote le andavano in fiamme. Cercò di fargli capire con lo sguardo che non aveva intenzione di combinare disastri, ma il dado era tratto, oramai.

Furono quasi trascinati da Carly verso la macchina, al pari dei figli, mentre già raccontava a una Melissa intimidita quanto fosse innamorata del suo lavoro di insegnante e quanto i tre figli fossero al contempo la sua "condanna e salvezza", di quanto Christopher fosse un bravo zio, nonostante tutto, e di quanto fosse bello passare del tempo assieme.

Stretto tra il seggiolone e la portiera dell'auto famigliare di sua sorella, Chris sussurrò uno "scusa" frettoloso a Mel che accennò un sorriso e scosse la testa. 

Non poté fare a meno di pensare che fosse bellissima, anche così schiacciata contro il finestrino, con un sacchetto della spesa in braccio e l'espressione un po' tesa. Fece scorrere lo sguardo sul suo corpo, indeciso su quale parte di lei lo attraesse di più. Le gambe affusolate, la vita così stretta, le sue forme così giuste? Forse era la pelle, che sembrava essere così morbida. Forse quel neo sul collo, appena sopra la clavicola. 

Era bellissima e pericolosa. 

Anche se sentiva, d'istinto, che poteva fidarsi di lei, il suo cervello gli urlava di no. Per un milione di motivi: innanzitutto doveva seguire delle strette regole dettate dalla sua agenzia, una decina soltanto sullo stare attento alle fan e alla segretezza che prevedeva la sua posizione. Se anche solo Mel avesse detto a qualcuno dove Carly vivesse, sarebbe stata la fine della privacy della famiglia di sua sorella. E questo era solamente uno dei fatti che avrebbero dovuto tenerlo lontano.

Perlomeno lo aiutava il fatto che Sebastian fosse interessato a lei, anche se temeva fosse una delle sue solite cotte di qualche settimana. Come tutte le altre, alla fine della relazione, lei non se la sarebbe presa con l'attore rumeno: Sebastian ne usciva sempre immacolato e felice come al solito. Non perché riuscisse ad adulare le ragazze o a ingannarle, lui era proprio fatto così. Era praticamente impossibile odiarlo.

Passò il tempo del viaggio in auto a lanciare occhiate sfuggenti alla bellissima donna accanto a lui, ripensando a tutti i motivi per cui avrebbe dovuto inventarsi una scusa per riportarla a casa e trovando, per ognuno di questi, qualcosa che lo convinceva a fare il contrario. 

A correre il rischio.

 

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- Cambio il pupo, sistemate voi la spesa? - disse Carly, svoltando l'angolo e sparendo per le scale. 

Mel si guardò attorno spaesata. 

In realtà era spaesata da quando aveva adocchiato la figura alta di Evans al supermercato: le era bastato vedere la barba ben curata e l'usuale cappello da baseball per capire che fosse lui. Perché si fosse avvicinata e gli avesse rivolto la parola, non le era ancora ben chiaro. Da quel momento il suo cervello era ufficialmente entrato in tilt.

Non le era ben chiaro nemmeno da dove fossero saltati fuori i bambini e la donna un po' robusta che pochi secondi dopo averla conosciuta l'aveva invitata a cena. E nel giro di qualche minuto si era ritrovata davanti a una grande e bella villetta, di quelle che si vedono solo nei film. Era successo tutto troppo in fretta perché riuscisse ad elaborare.

Non si accorse di essere immobile in mezzo alla stanza, a guardarsi attorno con meraviglia e con una bottiglia di vino per mano, finché Chris non la riscosse.

- Hai intenzione di tenerle tutte per te, quelle? - le chiese ridacchiando. 

Le prese le bottiglie di mano, con gentilezza e le appoggiò sull'isola. 

- Scusa, per tutto questo. A volte Carly è un po' impulsiva e.. se vuoi tornare a casa ti porto subito, non preoccuparti. Davvero -

Quegli occhi. Quei dannati occhi azzurri la mettevano in difficoltà. Cercò di riprendere il controllo dei suoi neuroni e di rispondere decentemente. Aveva sentito l'imbarazzo e la preoccupazione nel tono dell'attore. 

- Non scusarti è stata molto carina a invitarmi, è solo che io ehm.. non sono abituata a queste cose e ecco, non voglio intromettermi. - gli rispose. Era la pura e semplice verità. 

- Se è solo questo il motivo per cui sei in tensione, allora non farti problemi. Ci fa solo piacere averti qui.- 

E qualcosa, nel suo sguardo, la fece tranquillizzare e dimenticare delle sue paure. Anche di quelle più lontane e che teneva nascoste in fondo al suo animo. 

 

La cena passò magnificamente. Melissa non avrebbe mai e poi mai immaginato che avrebbe trascorso così bei momenti. Si sentiva a suo agio e stare seduta al tavolo con i tre bambini, Carly e Chris era infinitamente diverso dai ricordi che conservava della sua, di famiglia. Cominciò a lasciarsi andare, rise di gusto mentre i piccoli le raccontavano di quanto fosse divertente lo zio e di come adoravano quando era "in vacanza" da loro. Invidiò profondamente li sguardi d'affetto che gli adulti rivolgevano loro, un affetto che traspariva anche quando Carly li rimproverava perché si erano rovesciati addosso qualcosa o perché stavano per alzarsi senza mangiare la frutta. Erano così amati.

Si sentiva così felice, e anche se cercava di dare la colpa al vino, sapeva che non era così. Chris, con i nipoti, era un completo idiota. Stravedeva per loro ed era così comico che anche lei fu piegata alle lacrime, quando fece delle scenette assurde per convincere i piccoli a mangiare l'insalata.

Quando finirono di mangiare tutto quel ben di Dio, Mel ringraziò più volte la padrona di casa ed elogiò le sue doti culinarie, i bambini salirono nella stanza dei giochi e la ragazza insistette per aiutare a sistemare piatti e stoviglie sporche

Quando finirono di mangiare tutto quel ben di Dio, Mel ringraziò più volte la padrona di casa ed elogiò le sue doti culinarie, i bambini salirono nella stanza dei giochi e la ragazza insistette per aiutare a sistemare piatti e stoviglie sporche. 

Carly diede uno spintone al fratello e non risultò affatto ridicola, pur essendo diverse spanne più bassa di lui.

- Lei aiuta te. Datti da fare, ricordati che sei un ospite anche tu. - e il suo sguardo diceva tutto, - Perdonami, Melissa, mi lasci andare a lavarmi di dosso questa giornata stremante, vero? Sai, lavoro davvero, non come qualcuno qui.. - aggiunse alzando gli occhi al cielo, ironicamente. 

Restarono soli, e ben presto i piatti da sistemare finirono. La luce della sala da pranzo entrava fioca in cucina, illuminando morbidamente lo spazio.

Mel si appoggiò all'isola con la schiena e accettò il calice di vino che lui le stava offrendo.

- Sei ospite anche tu, in che senso? - gli chiese, portando le labbra al bicchiere e prendendo un piccolo sorso. Chris era appoggiato al piano della cucina di fronte a lei, solo pochi metri a separarli.

- Sebastian sta occupando il mio appartamento. Gliel'ho lasciato quando ho saputo che stava venendo qui.- le sorrise, alzando le spalle, - Ma amo stare qui, non mi sembrava il caso di rientrare da mamma e papà, ma dare una mano a Carly con le tre pesti non mi dispiace affatto. -

- Si vede. - 

- Mi piace tornare a casa, mi aiuta a riconnettere, sai? A tornare ad una vita più.. normale. -

- Torni spesso qui?- disse lei, incuriosita.

- Appena posso. -

Si guardarono per un attimo in silenzio e poi lui fece la fatidica domanda, quella che Mel stava aspettando praticamente da quando si erano visti.

- Allora, Sebastian? - stava guardando il calice che teneva tra le mani, alzò gli occhi solo per un attimo.

- Sebastian cosa? - 

- Tu e Sebastian - gli angoli della sua bocca si incurvarono, in un tentativo di sorriso.

- Niente da dichiarare - rispose.

Lui alzò un sopracciglio. Mel non sapeva cosa dirgli. Lei e Sebastian? Potevano due baci e qualche incontro strano definire qualcosa? No. Senza contare che lei non voleva che ci fosse alcuna definizione. Decise di essere sincera. Sentiva di doverlo essere.

- Non lo so, - sussurrò, quasi un sospiro. - non ne ho idea, ma non è una cosa seria, credo. - si passò una mano tra i capelli, cercando di trovare qualche risposta, un qualche segno da parte dei suoi pensieri, ma niente. - Non da parte mia. -

Se da parte di Sebastian c'era qualcosa di più, allora Chris stava cercando di proteggere il suo migliore amico e di capire cosa ne pensava lei. 

Ma lei sapeva che da parte di Sebastian non c'era niente di più di quei baci e dell'attrazione fisica. Faceva tutto parte di quella semplicità strabiliante che permeava i suoi incontri con l'attore rumeno. Si baciavano e basta, sorridevano e basta, stavano bene e basta. Era Sebastian e basta.  Proprio per questo lei si sentiva così tranquilla, perché sapeva che non ci sarebbe stato nulla di più. Nessuna complicazione. 

Mentre realizzava quanto diceva alzò gli occhi, per vedere come Chris avrebbe reagito alla sua affermazione. Si aspettava disapprovazione, rimprovero o al massimo una risata.

Invece era terribilmente serio, il calice fermo a mezz'aria. Si era interrotto mentre lo portava alle labbra, poi lo abbassò lentamente. 

Gli occhi azzurri erano rivolti verso di lei, spostarono la loro attenzione sul suo corpo e poi di nuovo al suo viso e Mel sentì un brivido percorrerle la schiena.

Cercò di capire cosa stesse pensando lui, cercò di analizzare quella reazione inaspettata e di trovarci una spiegazione. Ma più i secondi passavano più perdeva il filo dei pensieri.

Lo vide fare un passo avanti e strinse leggermente gli occhi. Sotto la felpa grigia si potevano individuare i muscoli ben definiti. 

Erano a pochi centimetri di distanza, e Mel fu costretta ad alzare il viso per continuare a guardarlo. Sentì che lui allungava le mani ai lati dal suo corpo, appoggiando entrambi i loro calici sul piano dell'isola della cucina. 

Erano immobili, gli occhi incatenati gli uni agli altri, in un turbinio di marrone e azzurro. La ragazza sentiva il battito del proprio cuore accelerare e una parte di lei desiderare di scappare più veloce che poteva. 

Ma non riusciva a muoversi, non riusciva a fare altro che guardare intensamente il viso di Chris, immobile di fronte al suo. Non riusciva a distogliere l'attenzione da quegli occhi che sembravano volerla spogliare sul posto, da quelle labbra così invitanti, da quella barba che sottolineava meravigliosamente i lineamenti dell'attore.

Non resistette.

Non sapeva chi dei due si fosse mosso per primo. Non sapeva chi avesse chiuso gli occhi per ultimo.

Sapeva solo che le loro labbra si erano scontrate, avide. La passione li travolse come un'onda impetuosa, Mel aveva le braccia attorno al collo di Chris, che aveva una mano che le premeva con brama la schiena e una intrecciata ai suoi capelli. Sentiva le scie di fuoco che lasciavano le sue dita sulla pelle, e il calore che la stava bruciando dall'interno. Brividi di piacere le accarezzavano il collo.

Chris le strinse la vita, cercando di tirarla ancora di più a sé. Senza aver più alcun controllo sulle proprie azioni, Mel portò una mano sul petto dell'attore, mentre con l'altra risaliva lungo la nuca e stringeva alcune ciocche di capelli tra le dita. Non riuscivano a fermarsi, non riuscivano a saziarsi: ogni fibra del corpo dell'uno voleva essere più vicina a quello dell'altro.

Avevano il respiro spezzato, le loro labbra non si fermavano che per prendere fiato. Le lingue danzavano e facevano crescere il desiderio senza che sembrasse possibile che avesse fine. 

Sentì una mano di Chris scendere e chiudersi su uno dei suoi glutei, possessivamente. Lasciando scappare un gemito strozzato, capì che non avrebbe voluto fermarsi per nulla al mondo.

 

 

 

 

∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞

Scusatemi immensamente se ci ho messo così tanto a pubblicare, ma tra il lavoro, l'università e un paio di problemi famigliari, questa settimana non mi sono avvicinata al computer praticamente mai.

Spero di farmi perdonare con questo capitolo lunghetto. Le cose succedono in fretta, qui, senza spiegazioni, senza troppo tempo per i pensieri (spero di aver reso l'idea!). Ho cominciato ad accennare alcune cose che penso di sviluppare nei prossimi capitoli, il passato di Mel primo tra tutti. 

Sono andata troppo in fretta? Mi sono persa dei pezzi? Fatemelo sapere, pleeeasee

Nel frattempo, the only thing I can do

Nel frattempo, the only thing I can do

(e scrivere, scrivere, scrivere!) 

Spero di aggiornare il più presto, abbracci soffocanti a tutti

Sere

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Capitolo 6
*** Magnetised ***


" Ci vediamo quando stacchi ;) "

Lesse il messaggio di Sebastian e sorrise, poi guardò l'ora sul display. Pausa finita. Infilò il telefono nell'armadietto e spazzolò la divisa con le mani, assicurandosi che fosse tutto a posto prima di rientrare in sala.

Spense di nuovo il cervello non appena si ritrovò il vassoio saldo tra le mani. Ottimo.

Aveva dormito fino a tardi e non si era alzata che per andare all' Hemingway, evitando di fare qualsiasi cosa prima. Evitando la giornata intera. Non voleva pensare.

Non voleva lasciare alla sua mente neanche un attimo di tempo, perché sapeva che non appena fosse stata libera di vagare sarebbe corsa ai ricordi della sera prima. Ci si sarebbe proprio buttata.

Era sicura che sarebbe annegata in quel  "Non posso" che aveva sussurrato col respiro spezzato, nel panico che le era rimbombato nel petto quando il rumore dei passi di Carly sulle scale l'aveva riportata alla realtà, nel tocco leggero delle dita di Chris che sfregavano sulla sua pelle mentre lei fuggiva. Avrebbe ancora sentito quel dolore al petto, se avesse ricordato quello sguardo che non era riuscita ad evitare, due occhi azzurri feriti e confusi, ancora accesi dalla luce del desiderio.

Non sapeva se la spaventava più il dolore legato a quella separazione o il calore e la sicurezza che l'avevano invasa prima. Non era inusuale essere attratta da un uomo, un bell'uomo come lui poi. Ma non aveva mai sentito tutto quello

Era come se fosse stata travolta da uno tsunami, invasa da una forza terrificante e dolcissima. Era come se le avessero tirato addosso una secchiata di acqua gelida ma dopo qualche secondo non avesse sentito altro che calore ed energia nuova pomparle nelle vene. Come se tra quelle braccia forti che la stavano stringendo avesse trovato una nuova casa.

Era terrorizzata.

Sbalzata indietro nella realtà quando il momento perfetto si era interrotto, aveva fatto l'unica cosa che riteneva di saper fare veramente bene. Era scappata. Anche dai propri pensieri.

Quando Sebastian le aveva scritto, una parte di lei che non si era resa conto fosse tesa come una corda di violino, si era rilassata. Innanzitutto, Christopher non gli aveva detto niente. In secondo luogo, avrebbe potuto far finta di niente, avrebbe potuto lasciarsi cullare dalla felicità che emanava il moro e dalla semplicità immacolata che sembrava circondarlo. 

Per questo appena finito il turno, uscì col sorriso sulle labbra e la prospettiva di passare una serata tranquilla. Non appena alzò gli occhi, successero due cose.

Il suo cuore perse un battito, per poi cominciare a correre spaventosamente, rimbombandole nelle orecchie.

La sua espressione si congelò, mentre i pensieri che aveva tenuto a bada tutto il tempo la colpivano tutti in un colpo solo.

Chris Evans era appoggiato al muretto di fronte al locale, proprio dove si era aspettata di vedere Sebastian. Aveva le mani in tasca, una giacca leggera sulle spalle leggermente curve, la testa china. 

Paralizzata sul posto, considerò la possibilità di scappare o rientrare, finché non l'avesse vista. Ma gli occhi chiari del ragazzo non le lasciarono scelta. Lo aspettò, mentre avanzava verso di lei. Non riusciva a decifrare il suo sguardo.

- Seb mi ha chiesto di venire per non lasciarti da sola. Dovrebbe essere qui a momenti, ha ricevuto una telefonata dal suo agente. -

Mel lo guardò senza accennare a fare un solo movimento.

-Quando me ne sono andato stavano parlando da mezz'ora. - aggiunse allora lui.

Non riusciva a formulare nemmeno una risposta, quindi decise di stare zitta e elaborare ancora le informazioni confuse e i ricordi ben troppo chiari che le inviava la sua mente.

Si accorse che anche lui era nervoso, continuava a guardarsi attorno e a evitare di incrociare i suoi occhi, sospirando e stringendo la mascella ogni tanto.

- Quel muretto era comodo. - borbottò, dandole le spalle e tornando a sedersi dove si trovava prima. Dopo qualche attimo di esitazione, lei annuì e lo seguì.

Ora il suo cervello le stava scaricando addosso insulti in tutte le lingue che conosceva, perché non solo stava facendo la figura della stronza ma non stava reagendo in nessuna maniera. SVEGLIATI MELISSA.

Raccogliendo tutto il coraggio che riuscì a trovare, si voltò verso di lui e inspirò. Era pronta a parlare.

- Facciamo finta che non sia successo niente. - la anticipò lui, lo sguardo fisso davanti a sé e un'espressione neutra che non tradiva assolutamente nessuna emozione.

Mel sentì di nuovo reazioni contrastanti. Era sollevata. Razionalmente, fare finta di niente era perfetto. 

Ma allora perché le mancava l'aria? Perché le sembrava di essere stata schiacciata da un bulldozer?

- Okay. -

- Okay.-

Restarono in un imbarazzante silenzio ancora un paio di minuti, l'attenzione rivolta a punti imprecisati davanti a loro. Poi Mel sentì lo sguardo di Chris sulla sua nuca, e si voltò. Decise che se era così calmo e tranquillo, allora lei doveva essere all'altezza e fare lo stesso. O perlomeno forzarsi ad apparire come lui.

- Com'è andata al lavoro?- le chiese.

- Al solito. Non è stata una grande giornata. - eppure, quegli occhi chiari la facevano vacillare. Anche se ora erano impassibili e quasi spenti, rispetto alla luce che vi aveva visto la sera prima. La sera prima..

Mel distolse lo sguardo. 

- E quindi adesso vedi Sebastian per ..risollevarti? - Le labbra di Chris si erano tese in un sorriso appena accennato. Nel complesso, pensò la ragazza, c'era qualcosa che non andava. Era un sorriso triste? O si stava immaginando tutto? Scacciò i pensieri chiudendo gli occhi e scuotendo leggermente la testa.

- Sì. Sebastian è un po' come il sole. - disse, senza ancora connettere veramente.

- .. è una stella ed è.. giallo? -

Si girò a fissarlo. Cosa aveva appena detto? 

- No? - non poté fare a meno di ridacchiare e si accorse che anche lui stava facendo lo stesso. Quando riuscirono a fermarsi, il sorriso sul volto dell'uomo era decisamente più rilassato e Mel sentì un peso sollevarsi dallo stomaco.

- Il sole. Voglio una spiegazione. - le ripeté, senza smettere di sorridere.

- Lo sai com'è fatto. Sembra tutto così semplice con lui. - disse Mel e Chris annuì. -Mmm.. Riesce a trovare il lato bello di qualsiasi cosa. In questo senso è un po' come il sole.. illumina tutto. - 

- Adesso che lo hai detto, mi sembra il collegamento più naturale del mondo. Boo Bear è un sole. -

Ridacchiarono di nuovo. L'atmosfera si fece decisamente meno tesa.

C'era sempre qualcosa che non andava, una nota stonata. Ma Mel sapeva che era come se avessero fatto un enorme passo avanti e fossero usciti da una situazione di stasi che pesava su entrambi. 

Cominciarono a parlare più tranquillamente, seduti sul muretto. Ogni minuto che passava alleggeriva la situazione. Parlarono della giornata dell'attore, della palestra e del suo doversi tenere molto, molto in forma.

-Quanti anni hai? - le chiese a un certo punto Chris, serio.

- 28. Tu? -

- 34. - 

- Nato e cresciuto nella grande Boston, giusto? -

- E orgoglioso di esserlo. - disse alzando il mento. Poi scoppiò a ridere e aggiunse, - È così strano parlare con te. Di solito, a meno che siano attrici piene di sé e solo di sé, tutti sanno tutto di me. -

-Stai forse dicendo che dovrei farmi una cultura su di te, Evans? - gli rispose Mel, fingendosi offesa, - Guarda che non ci metto un attimo a chiamare Amber, se preferisci puoi aspettare Seb con lei. Io me la cavo benissimo da sola. -

L'attore le tirò un buffetto sulla spalla e rise di gusto.

- Tu di dove sei? Hai un accento strano. - 

- Sono italiana. - gli rispose, alzando gli occhi. - È così strano parlare con te. Di solito, a meno che siano attori pieni di sé e solo di sé, tutti capiscono che vengo dall'Italia. Con un nome così poi. -  Fargli il verso la divertiva infinitamente.

- Cominciamo a tirare fuori la lingua, eh?! E io che pensavo fossi timida e silenziosa. - Chris scosse la testa e emise qualcosa a metà tra lo sbuffo e la risata. - E come ci sei finita a Boston, bella? -

Mel era indecisa tra il ridere come una pazza per la sua pronuncia assurda o lo sciogliersi sul posto. Perché lo sguardo che le aveva lanciato mentre poneva quella domanda, avrebbe sciolto anche le pietre. Era perfettamente consapevole che fosse ironico e che stesse impersonando un qualche Don Giovanni immaginario. Ma il brivido di desiderio che le era risalito lungo il collo, quello non era affatto immaginario.

- Ho viaggiato. - sussurrò ancora mezza incantata.

- Perché? - chiese lui, candido.

Perché aveva viaggiato?

Dopo anni di silenzio, agli altri e a sé stessa, sentì le parole premere per uscire. 

Una parte di lei voleva lasciarsi andare, voleva raccontare tutto a qualcuno. Ma non l'aveva mai fatto. Preferiva scappare, quando cominciava a sentire di voler parlare così profondamente di sé a qualcuno. Preferiva scappare perché era la sua soluzione ai problemi.

Viaggiava per fuggire. Aveva sempre scritto nel suo blog che desiderava vedere il mondo e che per quello, ad intervalli di tre o quattro mesi, prendeva un treno, un aereo o un traghetto e si spostava in qualche nuovo posto. Ma la verità era che voleva andare il più lontano possibile dal suo paese d'origine, dalla sua famiglia, da qualsiasi persona che sembrava affezionarsi a lei e dalla violenza dei suoi ricordi. 

Si era fermata a Boston solo perché era incredibilmente stanca. Spossata dal poter fare affidamento solo sul suo zaino da viaggio. 

Cercò di smettere di pensare. Christopher doveva essersene sicuramente accorto, doveva aver notato il sorriso spegnersi sulle sue labbra e gli occhi riempirsi di panico. Mel non poteva permettersi di mostrarsi in quelle condizioni e quando incrociò lo sguardo preoccupato dell'attore, sentì l'agitazione interiore crescere ancora di più. 

Il suo intento era quello di apparire il più naturale possibile, quando disse a mezza voce - Per vedere il mondo. -

L'espressione di Chris non cambiò affatto, le poggio una mano sulla schiena e la ragazza sentì il cuore capitolare.

- Non sei una brava attrice. - sussurrò.

Mel considerò le uniche due possibilità che vedeva in quell'istante. La prima era alzarsi e correre. A perdifiato, senza una meta precisa. Correre e basta, il più lontano possibile.

La seconda era quella di cedere. Alle lacrime che sentiva formarsi, alla tentazione di farsi stringere di nuovo da quelle braccia e sentirsi al sicuro, a quelle labbra così vicine a lei. Qualsiasi fosse stata la sua scelta, sarebbe finita male.

 

Fu salvata da un Sebastian "ex machina".

- Non credo mi perdonerete mai, vero? - disse camminando verso di loro, e passandosi una mano nei capelli scuri. 

Chris allontanò la mano da lei e si alzo in piedi. Una sensazione di vuoto la avvolse, ma tentò di darsi una sistemata e tornare con i piedi per terra.

- Tranquillo, è tutto a posto? - gli chiese, avvicinandosi ai due uomini.

Seb le sorrise e la rassicurò, cominciando a parlare di qualche problema con alcuni provini che aveva fatto il mese precedente. Si fermò un attimo e le lasciò un bacio sulle labbra, per poi riprendere a parlare e spiegare la situazione. 

Mel non sentì che parole sparse. Non riusciva a distogliere lo sguardo dagli occhi azzurri di Chris, incatenati ai suoi e .. tristi? 

Non riusciva ad essere veramente presente, chiusa tra i suoi pensieri come in una campana di vetro. Sentì Seb blaterare allegramente di un cane e di Carly, ma non era sicura. Vide Chris avvicinarsi all'amico e dirgli qualcosa, abbracciandolo. Forse lo stava salutando, perché poi salutò anche lei con un bacio sulla guancia. 

Lo guardò allontanarsi e ogni passo che lo portava lontano da lei rendeva più chiaro tutto quanto. 

Melissa scappava. Sempre. Era la sua natura, ancor più che un'abitudine.

 Ma questo attore sbucato dal nulla la attraeva come fosse un magnete, e non aveva mai affrontato niente di simile negli ultimi anni. La sicurezza che aveva provato mentre Chris la stringeva a sé, era qualcosa di nuovo.

Non poteva fuggire, perché una parte di lei desiderava profondamente stare lì. 

 

 

 

∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞

Okay, forse pubblicare col febbrone non è la cosa che mi conviene di più, ma credo di avervi fatto aspettare abbastanza. Prometto solennemente che appena starò meglio rileggerò tutto alla ricerca di errori che sono sfuggiti alla vista appannata e per niente lucida che ho ora.

Se li trovate prima di me, stigmatizzatemi

Sere

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Capitolo 7
*** Ice cream ***


- Pensare che tra una settimana dobbiamo andare a Philadelphia per il Comic Con mi abbatte un po' - borbottò Seb, una gamba a penzoloni dal divano e un braccio piegato sulla testa, appoggiato sopra gli occhi. - Sarà molto divertente, come sempre! Ma questo far niente mi piace un troppo. - Aggiunse, lasciandosi sfuggire un mezzo lamento.

Chris guardò l'amico, comprensivo. Forse per il caldo umido di quella giornata, forse per una generale stanchezza, erano entrambi abbandonati sui divani chiari del suo appartamento, dove Sebastian alloggiava da un paio di settimane. Poteva capire perfettamente cosa intendesse. 

Andare al Comic Con era sempre fantastico. Potevano rivedere la maggior parte delle persone con cui avevano lavorato ma in un ambiente rilassato, che non prevedesse abito da sera e facce semi-serie pronte all'attacco dei paparazzi. Stare a contatto con i fan, poi, era piacevole e molto, molto gratificante. Superata l'ansia iniziale, l'autostima di Chris si alzava sempre di un paio di spanne, quando tramite espressioni felici, sguardi lucidi e conversazioni brevi, ma che rimanevano ben impresse nella sua mente, capiva quanto il suo lavoro potesse trasmettere emozioni e essere apprezzato. Erano ricordi a cui si aggrappava quando sentiva crescere gli attacchi di panico e l'ansia da prestazione. Per quanto riguardava l'autostima di Sebastian, restava tale e quale a quella di tutti i giorni. Ma guardarlo tirare fuori il suo lato più serio, e quello più sensuale, era uno spettacolo senza eguali.

Tuttavia, quella volta, sembrava che nessuno dei due sentisse l'entusiasmo che solitamente precedeva la convention. Era abbastanza convinto che Boo Bear si stesse godendo appieno l'ozio di quelle settimane, e che non ci fossero altri grandi motivi. 

Chris pizzicò svogliatamente le corde del suo ukulele e sospirò. Per quanto riguardava la propria mancanza di entusiasmo, era assolutamente conscio del perché. 

- Problemi, Jimmy Stewart? - chiese Seb, facendo leva su un gomito e alzandosi leggermente a guardarlo.

Scosse la testa e sorrise al soprannome, cercando di rassicurare il moro. Non era sicuro della reazione che avrebbe avuto, venendo a sapere cosa gli stava passando per la testa. Non era sicuro che avrebbe gioito del fatto che il pensiero della ragazza con cui lui si stava frequentando, o qualsiasi altra cosa fosse quel baciarsi e passare tempo assieme, lo tormentasse da giorni.  

Non riusciva a dimenticare quello che era successo in casa di sua sorella. Le sensazioni che aveva provato, il calore che lo aveva invaso con prepotenza, il dolore che gli aveva attraversato le membra quando lei si era allontanata, niente di tutto questo aveva perso importanza, nella lista dei suoi pensieri. Come avrebbe potuto? 

Melissa gli aveva fatto toccare il cielo con un dito e poi lo aveva scaraventato a terra, lasciandolo precipitare in caduta libera. Si era sentito straordinariamente vivo, quando si era avvicinato a lei e si era reso conto che li separavano pochi, fragili centimetri. Aveva provato un desiderio irrefrenabile: voleva sentire quella pelle leggermente abbronzata sotto le sue dita, voleva sentire più intensamente il suo profumo dolce, voleva stringere la sua figura esile e scoprire quale sensazione sarebbe seguita. Aveva chiuso la distanza tra di loro come trascinato da una forza più grande di lui ma, invece di abbandonarvisi, l'aveva volontariamente seguita. E quel briciolo di paura, riguardo alla reazione che lei avrebbe potuto avere, non aveva fatto altro che aggiungere adrenalina a quella pazzia. 

Paradiso. Inferno. Non poteva appartenere a quel mondo l'intricato insieme di ciò che aveva sentito quando si era reso conto che lei gli era andata incontro. Aveva realizzato immediatamente che c'era qualcosa in più che mera attrazione fisica. Per quanto sentisse il corpo bollente sotto le proprie mani e le sue labbra appassionate lasciargli baci incandescenti, per quanto sentisse l'eccitazione crescere e farsi spazio, una sensazione di pace e libertà assoluta lo stava pervadendo e avvolgendo. 

Il "Non posso" mormorato con il respiro affannato da Melissa, aveva spezzato quel momento e lo aveva riportato come un'elastico alla realtà. Un impatto violento che lui non si aspettava e che aveva inizialmente faticato a capire. 

Lui, Christopher Robert Evans, avrebbe potuto giurare di aver provato raramente qualcosa di così intenso, nel corso della sua vita. Niente del genere poteva essere eguagliato dalle sensazioni effimere e volubili che avevano accompagnato le sue relazioni precedenti. Era sconvolto e terribilmente felice allo stesso tempo e desiderava con tutto sé stesso continuare a sentirsi così.

Lei non la pensava allo stesso modo. Lei non aveva sentito lo stesso, era perfettamente possibile. Per lei doveva essere stato un bacio imbarazzante con un bell'attore. Doveva essersi resa conto che Sebastian era qualcosa di serio, a dispetto di quanto avesse detto prima. Doveva essersi sentita in colpa per essersi lasciata tentare. 

Lei non era attratta da lui nella stessa misura in cui lui lo era di lei. Fisicamente, psicologicamente. Lui non era abbastanza. Abbastanza solare, abbastanza qualcosa. Probabilmente non era il suo tipo e basta, si era ripetuto più volte.

Aveva accettato la cosa. Ci aveva anche messo meno di quanto immaginasse, ma l'aveva fatto. Liberarsi da quei ricordi e da quelle sensazioni, però, era impossibile.

Era stata dura nascondere tutto a Sebastian, gli era sembrata la cosa più giusta. Rivedere Melissa dopo così poco tempo era stato ancora peggio, anche se si era accorto che starle vicino non era poi così difficile. Al contrario, desiderava che fosse così. Questo fatto lo sconvolgeva e lo spaventava. Era paradossale. Conoscerla da così poco tempo, provare qualcosa di così forte, sapere di non poterla avere e desiderare di starle vicino lo stesso. Era assurdo, ma non poteva farci niente. 

Il movimento di qualcosa lo riportò al presente. Guardò Dodger salire sul divano di fronte al suo e accomodarsi su Sebastian, senza farsi intimorire dai "No!" e  ignorando platealmente  le proteste del moro. 

- Da ascolto solo al suo padrone, lo sai perfettamente. - disse scoppiando a ridere. Il suo cucciolo era beatamente seduto sullo stomaco di Sebastian e non aveva intenzione di muoversi.

Decise di alzarsi e andare a prendere del gelato dal congelatore in cucina. Non mangiava male, mantenere quei muscoli non era semplice, e doveva farlo per contratto. Ma il gelato era il suo tallone d'Achille. Sicuramente non poteva essere un degno sostituto di quello che desiderava veramente al momento, ma sentiva già il suo umore migliorare. Strinse il barattolo in una mano e afferrò due cucchiai con l'altra. Tornato in sala, si buttò sul divano di fianco a Sebastian, che cercava di tirarsi a sedere facendosi scivolare Dodger sulle gambe.

Il moro gli tese la mano per prendere il cucchiaio. Di tutta risposta ricevette un'occhiata stranita.

- È per Dodger. - disse tutto serio Chris. 

- D'inverno non avrai bisogno del riscaldamento. È una stufa. - gli rispose Seb, strappandogli il cucchiaio e affondandolo nel barattolo. 

Come se il cane avesse capito che non era gradito al suo ospite, si stiracchiò mettendosi più comodo. Nel giro di pochi secondi i due uomini avevano cominciato a muoversi freneticamente, trattenendo il respiro: stiracchiandosi, il cucciolo di 35 chili, aveva rilasciato del gas dall'odore per nulla piacevole. Sebastian se lo era scrollato dalle gambe ed aveva raggiunto Chris, che era fuggito accanto alle enormi finestre, agitando il cucchiaio come fosse un'arma di difesa.

- Un giorno di questi lo uccido.- soffiò il moro, senza azzardarsi a respirare, ancora.

- Non faresti del male a una mosca, lo sappiamo entrambi. - rispose Chris, la bocca piena di gelato.

- Mack Attack sarebbe d'accordo. - 

- Mm, rivedere Mack è decisamente un punto a favore del Comic Con. -

Godendosi la vista di Boston che si apriva davanti a loro, cercarono di elencare tutti i colleghi e gli camici che avrebbero rivisto, in un botta e risposta intervallato da gelato e borbottii di apprezzamento. Chris collegò solo in quel momento. 

- Ci sarà anche lei. - buttò lì, girandosi verso l'amico. Se non l'avesse conosciuto da anni e non gli fosse stato così vicino, non avrebbe mai notato l'attimo di esitazione che aveva attraversato Sebastian, mentre portava il cucchiaio alle labbra. Fu fulmineo, ma non impossibile da cogliere. 

- Mm. - aveva risposto, per poi sorridere e illuminarsi come di consueto, - E ci sarà anche Hayley, e Samuel e .. -

Boo Bear era un ottimo attore, non poteva negarlo. Ma per Chris era tutto più chiaro. Ecco perché Seb non aveva così tanta voglia di andare a Philadelphia. Come aveva fatto a non pensarci? 

 

 

 

Non era possibile. Doveva esserci un errore. Uno sbaglio. Poteva essere uno scherzo. 

Mel guardò il volto dell'uomo che le stava di fronte senza battere ciglio, in attesa che rettificasse quanto appena comunicato. Eppure l'espressione imbarazzata del proprietario del suo appartamento non stava variando, contrariamente alle sue aspettative.

- Mi dispiace, signorina Martini. Ha due giorni. - 

Non riusciva a muoversi, non riusciva a formulare una risposta. Sentì il mondo crollarle sotto ai piedi. 

- Ho..Ho pagato come al solito! Con una settimana di ritardo, ma ho pagato! Mr. Sullivan, non capisco..- balbettò, in preda al panico. Non poteva star succedendo davvero.

- Posso concederti al massimo una settimana, per sgomberare i mobili e il resto..-

Le parole cominciarono a rimbombarle nella testa. Doveva cercare di tranquillizzarsi e analizzare la situazione razionalmente. Non poteva perdere la calma. Non poteva perdere la sua casa.

- Ma vivo qui da un anno! E credevo che avessimo raggiunto un accordo, il mese scorso! - 

I prezzi degli affitti erano cresciuti esponenzialmente, nell'ultimo periodo. Due mesi prima, il proprietario del piccolo condominio a Back Bay in cui viveva Melissa le aveva inviato una lettera in cui la informava che il costo del suo appartamento sarebbe aumentato di 800 dollari. Le si era gelato il sangue nelle vene, leggendo. Non poteva assolutamente permetterselo, con il suo stipendio da cameriera. Non avrebbe potuto permetterselo neanche lavorando come una pazza.

Aveva contrattato, combattuto, e si erano accordati su un'aumento di 450 dollari al mese. Lei aveva cominciato a fare il turno del pranzo e della cena per quasi tutta la settimana, arrivando a casa esausta a giorni alterni. Ma, almeno, una casa ce l'aveva. 

Perlomeno fino a quel momento. 

- ..ma dovrai smettere di stare qui entro due giorni, devo far vedere l'appartamento ai possibili nuovi inquilini.. - 

Ogni parola del signor Sullivan era come uno schiaffo, le stava venendo una forte sensazione di nausea e fu costretta ad indietreggiare e ad accasciarsi su una sedia, mentre contrastava i capogiri.

- .. è tutto scritto qui. -

Con la mano tremante, agendo quasi in automatico, Mel prese la lettera di sfratto e la fissò sconvolta. Restò in stato di shock per un tempo che le parve infinito, i battiti del cuore che le rimbombavano nelle orecchie e il cervello che le proponeva le possibilità che aveva inframmezzate da ricordi di bei momenti passati nell'appartamento. Non prestò attenzione a Mr. Sullivan che usciva e si chiudeva la porta alle spalle.

Man mano che i minuti passavano, lo shock si trasformò in rabbia e tristezza, mentre sempre più domande le vorticavano in testa. Come poteva abbandonare quel luogo che era diventato così familiare? Dove avrebbe letto i suoi libri e scritto sul suo portatile? Come avrebbe fatto senza la sua bow window e la vista sul viale alberato? Dove sarebbe andata? Aveva solamente due giorni. Ogni secondo passato a guardarsi attorno l'avvicinava al momento in cui avrebbe dovuto lasciare il suo rifugio felice.

Per la prima volta dopo quella che le sembrava una vita, pianse. Si ritrovò a singhiozzare sonoramente, accoccolata sui cuscini, la lettera di sfratto spiegazzata e stretta fra le mani.

Quando si vestì per andare all'Hemingway, si sentiva svuotata. Si era legata i capelli e lavata, come un automa. Non aveva neanche cercato di nascondere le tracce del pianto sui suoi occhi gonfi e rossi, non aveva importanza. Passando accanto al tavolo si era resa conto che il barattolo di gelato che stava mangiando, prima che il signor Sullivan suonasse il campanello, era ancora lì. Si era sciolto. Pulì e buttò via tutto. 

Aveva deciso di chiedere ad Amber una mano. Sperava che l'avrebbe lasciata dormire da lei per il tempo necessario a trovare un nuovo appartamento, un'occasione che si sarebbe potuta permettere. Ovviamente avrebbe pagato in qualche maniera, per il disturbo. 

Era arrabbiata con sé stessa, perché la vecchia Mel era abituata a molto peggio. Nei suoi viaggi aveva chiesto ospitalità, dormito in bettole e su letti scomodi, si era accontentata anche di un pavimento di legno, con i nodi delle travi che le premevano sulla schiena. Se l'era sempre cavata con i mezzi a cui aveva accesso, con gli stipendi magri dei lavori che riusciva a trovare. E in quel momento, i momenti passati le sembravano distanti anni luce, distrutta perché doveva abbandonare qualcosa a cui si era affezionata. Quello era stato il suo più grande errore.

 

 

 

Aveva seguito Sebastian controvoglia, anche se una piccola parte di lui aveva provato un moto di eccitazione. L'avrebbe rivista. 

Erano entrati all'Hemingway e si erano seduti ad un tavolo. Melissa dava loro le spalle, distante, mentre serviva altri clienti. Quando si era girata avevano notato entrambi che qualcosa non andava. Il sorriso che aveva rivolto al tavolo di fronte a lei si era spento in un istante, e l'espressione di falsa gioia era scomparsa, mentre sistemava il vassoio e si avvicinava al bancone del bar per prendere un nuovo ordine. Aveva gli occhi spenti, gonfi. Aveva pianto. 

Non poté fermare la preoccupazione, ne fu travolto. Si agitò sulla sedia e si chiese cosa potesse essere successo, mentre sentiva il proprio respiro farsi pesante. Guardò Seb, cercando di non far trasparire quello che gli stava attraversando il cervello, e vide che anche l'amico era impensierito. 

Lei li notò, accennò un saluto e fermò subito la ragazza con i capelli rossi, che le stava passando di fianco in quel momento. Le disse qualcosa, impercettibile a quella distanza, e poco dopo videro Amber avvicinarsi, un sorriso entusiasta sulle labbra. 

Chris era turbato dal fatto che Melissa non fosse andata da loro e non le staccò gli occhi di dosso, mentre la rossa li salutava, blaterava qualcosa su quanto fosse felice e chiedeva cosa desiderassero. Sentì Seb risponderle cortese e borbottò un "anche per me" senza nemmeno sapere cosa avesse preso.

Era inquieto, voleva sapere perché quegli occhi castani erano ridotti in quello stato. Doveva sapere.

- Cos'è successo a Melissa? - chiese, spostando l'attenzione su Amber, l'espressione tesa. Si accorse che Seb lo stava scrutando attentamente, per poi abbozzare un sorriso.

- Sai qualcosa, Amber? Sembra giù di morale. - domandò il moro, il tono molto più gentile. 

Al diavolo. Lui aveva bisogno di sentire cosa fosse accaduto. Non aveva intenzione di usare tatto o far finta di niente e sicuramente più tardi si sarebbe pentito dei propri modi, della fretta che sentiva di avere e della scena che stava offrendo a Sebastian e Amber. Se avessero nutrito dei sospetti, se ne sarebbe occupato dopo. In quell'istante non poteva contrastare la preoccupazione e l'urgenza di sapere, a costo di alzarsi e chiedere direttamente all'interessata.

- Un disastro. È stata sfrattata. Credo starà da me per un po', anche se non ho idea di dove farla dormire.. - rispose Amber, gettando uno sguardo compassionevole alla collega. 

Chris si rilassò leggermente, non era niente di grave. La voglia di alzarsi e andare ad abbracciare Melissa, però, non accennava a passare. 

- Chris. - 

Si voltò verso Sebastian. Lo sguardo del suo amico era puntato sulla ragazza, qualche tavolo più in là. Capì subito che stava architettando qualcosa. Si lasciò sfuggire un sospiro e attese.

- Potrebbe stare nel tuo appartamento. - concluse, guardandolo, il suo sorriso luminoso bene in vista. 

- Con te?! - 

Si rese conto troppo tardi di stare esprimendo a voce alta il proprio pensiero. Sebastian e Melissa nel suo appartamento. Sentì una fitta di gelosia, tremenda, stringerli il petto. Voleva aiutarla, non c'erano dubbi. Ma lasciarla da sola col moro. Lasciarli convivere. 

Come a volergli ricordare quale fosse il suo posto, la frase che Melissa gli aveva detto prima di sfuggire alle sue braccia cominciò a risuonargli nella testa.

"Non posso."

 

 

 

∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞

Heeeyyy, everyone. Adoro lasciarvi sulle spine così, fatemelo dire.

Impressioni su quanto successo in questo capitolo (e sulla sua lunghezza, troppo, troppo poco)???

Tralaltro ho sganciato una bomba su Sebby, buttando lì quel "Ci sarà anche lei." Lei chi? Who knows. Letteralmente: non so ancora a chi affidare l'importante compito. Ho una storia ben delineata in mente, ma dubbi sull'aspetto fisico dell'interessata. Pensavo a Gal Gadot o Rebecca Ferguson, ma sono aperta a suggerimenti :D

Un bacione, 

Sere
 

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Capitolo 8
*** 53 ***


Il suono secco del nastro adesivo che si srotolava, mentre chiudeva l'ultimo scatolone sembrò rimbalzare sulle pareti e arrivare alle sue orecchie più forte di quanto fosse in realtà. Si guardò intorno. Il dolore era come ovattato e spento rispetto ai giorni e, soprattutto, alle notti precedenti. 
Vedere il suo appartamento, il suo rifugio, così vuoto le metteva malinconia. Niente più libri sugli scaffali bianchi, niente più cuscini in ogni angolo, niente più portatile abbandonato sul letto. Sentì come se una parte di lei si fosse rimasta nascosta lì da qualche parte, destinata a rimanere fuori dagli scatoloni e ad essere lasciata indietro. 
- È l'ultimo? -
Non si girò, temendo di lasciarsi scappare qualche lacrima, e rispose a Sebastian. Lui si avvicinò senza dire una parola, prese lo scatolone e si avviò verso le scale. Si era offerto di aiutarla e lei non aveva potuto che accettare, davanti al suo sorriso rassicurante e a quegli occhi quasi blu che sembravano diffondere felicità in ogni dove.
Seb aveva capito che non sarebbe stata di molte parole, mentre sgomberavano l'appartamento e caricavano il camion noleggiato per mezza giornata. Come sempre, aveva accettato la cosa con semplicità e naturalezza, adeguandosi ai ritmi della ragazza e lasciandola di sopra da sola un'ultima volta, prima di partire. Mentre avevano riempito le scatole, Mel aveva provato una fastidiosa fitta di invidia nei confronti dell'attore e si era chiesta se fosse mai triste o abbattuto. Di certo, non lo dava a vedere.
Chiuse la portiera del pick-up e inspirò sonoramente. Il moro le sorrise e, senza che aprisse bocca, capì che le stava tacitamente chiedendo l'autorizzazione a partire. Cercò di ricambiare il sorriso e fece un piccolo cenno. Lui accese la radio e, mentre il fragore del motore e le note di "Mess is Mine" di Vance Joy si mescolavano, si allontanarono dal 249 di Marlborough Street. Chris li stava aspettando. 
 
Quando Sebastian le aveva chiesto di andare a stare da lui, da loro, nell'appartamento di Chris, non aveva neanche considerato la possibilità. Era fuori questione a prescindere. Per quanto gentile e inaspettata fosse la proposta, non poteva accettare. Non li conosceva poi così tanto, ma in primo luogo non era necessario: avrebbe dormito sul pavimento da Amber, senza creare ulteriori problemi ad altre persone. Si sentiva già abbastanza in colpa. Senza contare che non sapeva ancora come gestire quanto successo con Christopher, anche se entrambi sembravano comportarsi come se nulla fosse.
Tuttavia, quando si era resa conto che la sua amica non era così propensa ad ospitarla, per questioni di spazio, aveva cominciato a cedere. Dopo aver chiarito che non si sarebbe fatta notare, che non pretendeva niente di più che un angolino dove dormire e la possibilità di utilizzare il bagno e che si sarebbe in qualche maniera sdebitata, si era assicurata che per Evans non fosse un problema. L'aveva interrogato con lo sguardo, quasi timida, come a chiedere il permesso. 
Lui aveva la mascella tesa, si poteva notare anche sotto la barba dai riflessi ramati. Ma non era riuscita a vedere disapprovazione o fastidio, nei suoi occhi chiari. E, anche se il solo fatto di sentire il proprio sguardo ricambiato le faceva sentire un piacevole calore diffondersi nel petto, aveva cercato di mostrarsi indifferente.
- Dovresti accettare. - le aveva detto, accennando un sorriso. 
 
Si fermarono sotto un grattacielo di lucide vetrate e a specchio, e Mel sentì lo stomaco chiudersi. Quello non era affatto il suo ambiente. Scesero dal pick-up, Sebastian con il cappello da baseball ben calato sulla testa, e presero uno scatolone a testa. 
- Ti piacerà da matti, vedrai. È da paura.- le disse il moro, decisamente più eccitato di lei, che invece sentiva l'ansia e il disagio farsi strada e cominciare a pervaderla. 
Considerò la possibilità di inventare che un’amica le avesse appena offerto di stare da lei, di scusarsi e correre sotto un ponte con la scatola ancora stretta tra le mani. Ma ormai era in ballo e doveva ballare. 
Usciti dall'ascensore, al cinquantatreesimo piano, avevano varcato la soglia dell'appartamento. Chris era in piedi di fronte a loro, le mani nelle tasche dei pantaloni scuri. Sorrise.
Inizialmente Mel non vide altro. Mentre lui si avvicinava velocemente e le prendeva lo scatolone dalle mani non riuscì a pensare a nulla che non fosse "quanto è bello". 
Distolse lo sguardo, imbarazzata dal suo stesso pensiero e si guardò attorno meravigliata. Era un enorme open space, arredato in maniera molto semplice e con mobili dai toni chiari.  Ma la cosa che la lasciò letteralmente a bocca aperta fu la vista. 
Le grandi vetrate offrivano uno spettacolo di cui aveva potuto godere solo un paio di volte, da quando si era fermata lì. Boston era splendida. Poteva vedere chiaramente i due grandi parchi pubblici della città e il fiume Charles oltre il quale, in lontananza, si scorgeva la skyline della zona universitaria del MIT. Spostando lo sguardo verso destra si accorse che i vetri facevano angolo e si avvicinò anche al secondo lato dell'appartamento, lo stupore e la meraviglia che crescevano ad ogni passo: tra gli altri grattacieli riusciva a vedere la banchina e i lunghi pontili nel North End, fino al punto in cui il Charles e il Mystic si univano per sfociare nell'oceano.  
Si sentì una bambina a cui avevano appena comprato un cono di gelato dei suoi gusti preferiti. Poteva vedere tutto da lassù. Il sole che scintillava sull'acqua, la città che si estendeva sotto di lei, l'orizzonte delineato e il cielo azzurro che abbracciava e illuminava tutto quanto.
Si perse ad osservare i dettagli del paesaggio, fino a quando si accorse di essere a sue volta esaminata ed annusata da un cane di taglia media, con il pelo fulvo e parte del muso e delle zampe di un bianco pulito. Si accovacciò sulle ginocchia e lentamente porse al cucciolo la mano, aspettando che lui decidesse cosa fare. Pochi secondi dopo, superato il "test", si ritrovò con il sedere sul parquet chiaro, sommersa da scodinzolii e tentativi di leccarle il viso. 
- Hey, piccolo! Hey! Calmati - cercò di dire, tra una risata e l'altra.
- Dodger! Vieni qui!- lo chiamò Chris, rientrato in quel momento con Sebastian e gli ultimi scatoloni. Neanche il tempo che il cane recepisse il richiamo, che entrambi gli attori erano piegati in due dalle risate. 
- Perdonalo, è ancora un cucciolo ed ha un paio di problemi a gestire la felicità. - 
- Tranquillo, è un tesoro. - rispose lei, tentando di tirarsi su dal parquet, conscia di quanto doveva sembrare stupida seduta a terra così.
- Anche le sue flatulenze sono un tesoro, vero? - chiese il moro con un sopracciglio alzato, rivolgendosi all'animale. 
- Non ascoltarlo, Dodgie. - disse Chris con un tono di voce dolce e ridicolo, quello che si usa con i cuccioli e i bambini. Scosse affettuosamente le guance del cane, - Tu profumi di violetta, mm? - 
Questa volta fu Melissa a riempire la stanza con la sua risata. Non riuscì a trattenersi, vedendo quell'uomo tutto muscoli andare in brodo di giuggiole per Dodger. Chris le sorrise e cercò di darsi un contegno.
-Ehm, ti faccio vedere la tua stanza. Che sarebbe la mia, dal momento che Boo Bear ha invaso quella degli ospiti - 
Mentre si guardava attorno, Mel si chiese egoisticamente se lo sfratto fosse stato una condanna o una fortuna. Avrebbe dovuto smettere di stupirsi, ma non riuscì a controllarsi quando vide il grande letto matrimoniale al centro della stanza.
- È tutto meraviglioso. - sussurrò, - Non credo che vi ringrazierò mai abbastanza.. - 
Non riusciva a esprimere a parole la profonda riconoscenza che provava, ma sperò che almeno una piccola parte riuscisse a raggiungere i due uomini di fronte a lei. Sorrise loro, grata e leggermente imbarazzata, come se fosse a disagio in quell'ambiente così diverso da ciò a cui era abituata.
Sebastian le si avvicinò, il solito sorriso che gli illuminava il volto e ammorbidiva i suoi lineamenti. Sentì un braccio passarle sopra le spalle e stringerla teneramente, mentre riceveva un bacio sulla fronte. 
- Non ti preoccupare, piccola. -
Se, fino a pochi giorni prima, le dimostrazioni di affetto da parte dell'attore rumeno non sortivano altro effetto che farla sentire semplicemente felice, in quel momento provò qualcosa di diverso. Si sentiva ancora irradiata dal calore di Sebastian, sentiva di poter riflettere la sua "luce". Ma non era più abbastanza.
Chris si irrigidì e si avvicinò alla porta.
- Un' ultima cosa, e vale soprattutto per te Sebby: Niente porcate nel mio letto. - disse con un tono indecifrabile, piatto. 
Mel sentì le guance imporporarsi e il battito del cuore accelerare prepotentemente. Pensò di ribattere in qualche modo, ma era come paralizzata, certa che anche la punta delle orecchie fosse arrossita e il mondo intero se ne fosse reso conto. Se avesse potuto avrebbe abbassato gli occhi, ma non riusciva a staccarli da Chris, che invece restava impassibile.
- Tranquillo! - sentì dire da Sebastian mentre si staccava da lei e rispondeva - Noi non abbiamo quel tipo di rapporto. - 
Li guardò con le sopracciglia appena sollevate e un sorriso incredulo sulle labbra, i denti bianchi in bella vista. Come se avesse appena detto qualcosa di talmente ovvio da essere scontato e fosse sorpreso dal fatto che per loro non fosse così, ridacchiò e uscì dalla camera. 
La confusione si specchiava sui volti di Christopher e Melissa, mentre entrambi spostavano lo sguardo dalla porta agli occhi l’uno dell’altra.

 
“Noi non abbiamo quel tipo di rapporto!”
Cosa voleva dire? Cosa intendeva Boo Bear con quell’espressione sorpresa?
Guardò Melissa e la vide stranita tanto quanto lo era lui. Non avevano quel tipo di rapporto nel senso che non avrebbero fatto porcate o che Seb non era interessato a lei sotto quel punto di vista?
E come era possibile non essere interessato in quel senso a quel corpo, quelle curve, quella sensualità così semplice e innata?
- Macedonia e gelato per tutti? -
La voce del moro, che aveva urlato probabilmente dalla cucina, li riscosse entrambi.
- Sì... - si sentì rispondere, mentre ancora cercava di fare chiarezza su quanto appena successo.
- Sì! - disse Mel, sfrecciandogli davanti agli occhi e sparendo dalla sua vista.
La seguì, l’espressione ancora corrucciata e un vortice di pensieri disordinati che gli frullavano in testa. Si sentiva eccitato, una scintilla di speranza che gli scaldava il petto e un milione di “se” e “ma” che si ripetevano sconnessi dentro di lui.
- Chris?!-
Si girò verso Sebastian e lo fissò interrogativo. Perché l’aveva chiamato con quel tono arrabbiato?
- Hai finito il gelato?! -
Il gelato.
La colpevolezza che gli si dipinse sul volto doveva essere stata una risposta sufficiente, perché il moro alzò gli occhi al cielo e andò a prendere il suo cappello.
- Non ho parole. - disse, gettando un’occhiata allo specchio e sistemandosi i capelli. Soddisfatto di ciò che vide, aprì la porta e si fiondò fuori. - Torno subito! -
Non ebbero tempo di protestare e fermarlo, la porta si chiuse con uno schianto e sobbalzarono entrambi. Melissa era davanti all’isola della cucina, con una mela in mano. L’aveva già osservata a dovere, fin dal momento che aveva messo piede nell’appartamento con una grossa scatola tra le mani. Ma non poteva fare a meno di gustarsi ogni più piccolo dettaglio di lei, e di desiderare di più. Avrebbe voluto chiudere la distanza tra di loro e stringerla fra le braccia.
 
Sembrava stanca, quel giorno. Aveva pensato di trovare tracce di lacrime nei suoi occhi marroni, sapeva che doveva essere stato duro lasciare la sua casa, ma non ne aveva visto che l’ombra, dietro la meraviglia e l’insicurezza che aveva mostrato mentre si guardava attorno. Si era sentito sollevato mentre il sorriso si era allargato sulle sue labbra: prima di fronte alla vista che si apriva davanti a loro e poi a terra, sommersa dalle feste di Dodger. Aveva sperato con tutto sé stesso che le piacesse, come se dovesse giudicare una parte di lui.
 
- E così ti piace il gelato? - gli chiese, alzando gli occhi e distogliendo subito lo sguardo.
 
Controllarsi gli costava una fatica immensa, e non l’avrebbe mai immaginato. Era definitivamente un bene che dovesse stare a casa di Carly e non lì con loro, perché non avrebbe saputo resistere. Le sorrise, avanzando verso di lei e cambiando traiettoria solo all’ultimo, superandola e aprendo il frigo.
- Assolutamente. A chi non piace il gelato? - le rispose.
Preparò due bicchieri di succo quasi ghiacciato e ne fece scorrere uno verso di lei.
- È all’arancia ed è attualmente l’unica cosa che Seb ha lasciato nel frigo, a meno che tu non voglia una birra adesso. Se non ti va lo bevo io. -
- Va benissimo, grazie. -
Andò a sedersi sul divano e lei lo seguì, optando, maledizione, per il posto di fronte a lui.
- Mm! - esclamò allora, abbassando il proprio bicchiere e deglutendo rumorosamente. Lei lo guardò interrogativa e divertita dal fatto che si fosse quasi strozzato.
- Settimana prossima io e Seb dobbiamo andare al Comic Con a Philadelphia. Lui voleva invitarti, ti ha già accennato qualcosa? -
Era curioso di sapere cosa avesse deciso la ragazza, sia per capire quanto effettivamente fosse legata a Sebby, sia per vedere se avrebbe acconsentito ad entrare a far parte del loro mondo. Certo, il Comic Con non era che un piccolo assaggio di una realtà fatta di prime, conferenze stampa, giornalisti, servizi fotografici assurdi e mesi di riprese sfiancanti. Provava una punta di paura a immaginare Mel in mezzo a tutto quello. Temeva che non avrebbe potuto accettarlo o che, possibilità di gran lunga peggiore, la sua purezza rimanesse contaminata dall’importanza delle apparenze che permeava l’industria cinematografica. Sebastian non si era posto questi problemi.
- Me l’ha chiesto, sì. Ma non credo che sia possibile, insomma devo lavorare. E non potrei mai, comunque. - continuava a scuotere la testa, e i capelli seguivano il movimento ondeggiando attorno al suo viso. Era palesemente in imbarazzo.
- Cioè mi fa piacere che me l’abbia chiesto, ma io? Mi state già facendo un favore immenso, stare con voi in mezzo a tutte quelle persone famose ecco... voi siete degli attori! -
Chris cominciò a ridacchiare, senza che lei se ne accorgesse. Era bellissima, con le guance leggermente rosse e quell’aria così imbarazzata, la mano sinistra che si muoveva nell’aria in un ricordo del gesticolare tipico degli italiani e gli occhi che si alzavano e abbassavano in continuazione, quasi nascosti dalle lunghe ciglia scure. Il fatto che ricordasse solamente a tratti che lui e l’amico fossero due attori più che conosciuti e che invece per la maggior parte del tempo non li considerasse tali, lo stupiva e affascinava profondamente. Era raro che qualcuno li guardasse senza pensare alla popolarità, ai film, ai soldi.
- Amber mi ucciderebbe. - concluse, sospirando nervosa.
- Capisco - rise, - ma pensaci, potresti prenderti un paio di giorni dal lavoro. Ti assicuro che è divertente, molto divertente. E ci farebbe piacere. -
Lei annuì lentamente, come se dovesse assimilare una qualche informazione appena ricevuta.
Fu in quel momento che gli venne l’illuminazione. Si alzò in piedi e cominciò a cercare il telefono freneticamente.
- ...che c’è? - gli chiese, alzandosi a sua volta e cercando di stargli dietro.
- Sarebbe perfetto! Lavoreresti e staresti con noi, allo stesso tempo! - disse sorridendo e cercando tra i contatti.
- In che senso? -
- Sono un genio, un genio! -
Scrisse in fretta, senza curarsi dei possibili errori. Inviò e rise, se avesse potuto darsi una pacca sulla spalla l’avrebbe fatto. Ma fu una mano decisamente più leggera e più piccola della propria, quella che si lo colpì sul braccio in un tentativo di attirare l’attenzione.
- Chris. -
Alzò gli occhi e incontrò quelli di Melissa, confusi, le sopracciglia scure aggrottate.
- ...potresti lavorare per la mia agenzia, credo... - sussurrò, cercando di rimanere con i piedi per terra e non perdersi nel mare cioccolato dei suoi occhi. Non l’aveva mai chiamato direttamente, fino a quel momento. E quelle erano lentiggini? - Abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a seguire gli impegni della giornata e che ci stia letteralmente dietro... - erano decisamente piccole lentiggini, sparse sul naso fino agli zigomi, appena accennate sulla pelle abbronzata. - ...qualcuno che ci porti il caffè, che ci ricordi di mangiare e di essere al posto giusto nel momento giusto. -
Come ci era arrivata così vicina a lui? Quando le sue labbra piene erano diventate così poco lontane, così tanto allettanti?
Si accorse di avere il respiro corto e tornò a guardarla negli occhi. Restarono qualche istante così, tesi ed immobili, come un predatore prima di scattare.
Quando lei si mosse impercettibilmente indietro, Chris si ritrovò a fare lo stesso, cercando di calmare i suoi bollenti spiriti. Si passò una mano sul viso, tra la barba, si sfregò le labbra come se potesse allontanare quel desiderio folle.
Era incredibile quanto si ritrovasse attratto da quella donna, incredibile quanto facilmente perdesse il controllo con lei.
- Stai facendo fin troppo per me. - gli disse, senza distogliere lo sguardo.
- Se non ti va posso capirlo. Ma mi farebbe piacere. -
Non si rese conto di aver già detto quella frase in precedenza, sebbene leggermente diversa. A lei però non sfuggì.
- Ti? -
Non cercò di negare, la guardò in silenzio, le labbra che provavano a tendersi in un sorriso, senza successo.
Melissa si girò e, dandogli le spalle, si allontanò da lui. Guardò fuori dalle vetrate, incrociando le braccia e stringendole a sé.
La speranza che si era accesa quando Seb aveva tirato fuori la sua frase assurda, insinuò in lui il pensiero che anche la ragazza si fosse trattenuta e stesse cercando di mantenere un controllo, che anche lei sentisse quella forza che li spingeva ad avvicinarsi come due magneti.
- Potrei pensarci. -
Fu un sussurro. Non era affatto certo che avesse veramente pronunciato quelle parole e che non fossero frutto della sua immaginazione, ma non portò oltre l’argomento per paura che quell’illusione si spezzasse.
Poco dopo Sebastian rientrò nell’appartamento con quattro barattoli di gelato e un sorriso soddisfatto sul volto.
 
Parlarono a lungo, per lo più lui e il moro. Riuscirono a strappare qualche parola a Mel e a farle raccontare episodi sparsi dei suoi viaggi, scoprirono che aveva un blog ma non ci fu modo di saperne il nome. Sebastian, stupito che lei non conoscesse che un solo film in cui loro avessero recitato, le fece un riassunto neanche troppo breve delle loro imprese cinematografiche.
Sarebbe stato tutto molto noioso, se non avesse correlato il racconto di fotografie e video dei bloopers trovati sul web: risero fino alle lacrime, per i commenti secchi che la ragazza faceva sui loro personaggi o sulle trame rappezzate che Seb cercava di accorciare il più possibile, facendone perdere del tutto il senso. Chris si godette il silenzio che avvolse Mel di fronte alle immagini di una delle commedie romantiche a cui aveva partecipato e in cui era stato in boxer per la maggior parte del tempo. Provò una fitta di gelosia quando si rese conto che, nella stessa misura in cui non conosceva lui e il compare, aveva invece ben idea di chi fossero Robert e Tom, per ruoli esterni all’universo Marvel.
Troppo presi a ricordare momenti passati assieme sul set, si accorsero troppo tardi che la ragazza si era addormentata sul divano, accoccolata, i capelli sparsi attorno al viso in modo disordinato. L’espressione pacifica e rilassata strinse entrambi in una morsa di tenerezza.
Chris vide l’amico alzarsi e, con cautela, prendere tra braccia Mel per portarla a letto. Abbassò gli occhi quando si rese conto di desiderare con tutto sé stesso di essere al suo posto, per poterla stringere a sé e proteggere, per poter guardare i tratti del suo viso mentre sembrava così indifesa. Mentre ancora una volta si stupiva di quanto forti fossero le sensazioni che lo avvolgevano quando si trattava di Melissa, spostò lo sguardo sulle vetrate e guardò la notte calare su Boston, in bella vista dal cinquantatreesimo piano del grattacielo.







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Ciao a tutti voi meravigliosi lettori e lettrici, a quei tre angeli che sono AndyLyse83tinkerbell 1980 e Rinoa Heartilly Vengeance che mi fanno sentire felice come una Pasqua ogni volta che recensiscono (scusate se non vi ho risposto in questi giorni, davvero), e a tutti quelli che hanno inserito la storia tra i seguiti, i preferiti e i ricordati.
Questa settimana, forse a causa di un esame andato male e dello stress del lavoro, ho avuto la terribile esperienza del blocco: ho finito di scrivere il capitolo Mercoledì, ma ogni volta che rileggevo trovavo tutto noioso, mal scritto, privo di emozioni e con descrizioni dei personaggi che non rendevano loro giustizia. Pubblico quasi in preda alla disperazione, perchè so che non sarò mai soddisfatta del risultato.
Il fatto che Chris abbia fatto la sua prima uscita ufficiale con la sua nuova ragazza, mi ha messa un po' in crisi. Adoro e stimo tantissimo Jenny Slate, trovo che siano una coppia favolosa e, davvero gente, JENNY SLATE (dovreste vedere i miei occhi a forma di cuore). Ci ho messo qualche secondo a realizzare che ciò non influisce sul fatto che io lo "shippi" con la mia creazione, Mel. 
Detto ciò, spero vi sia piaciuto quello che state leggendo, i prossimi capitoli saranno un susseguirsi di bombe di informazioni e di cose che succederanno quindi.. brace yourself.
Baci stellari a tutti

Sere

 

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Capitolo 9
*** Something ***


Fu una settimana strana, principalmente perché vivere con un’altra persona non rientrava nella normalità di Mel. Era certa che il fatto che questa persona fosse Sebastian Stan le facilitasse il compito, chiunque altro avrebbe faticato all’impatto con i ritmi e la routine di un nuovo coinquilino.
Non lui. Niente aveva turbato l’attore di origini rumene: non la colazione mattiniera prima della corsa, non il il disordine che travolgeva ogni cosa quando era in ritardo al lavoro, non i momenti infiniti che passava davanti alle vetrate dell’appartamento, con le cuffie nelle orecchie e la musica ad isolarla dal mondo.
La stessa cosa non si poteva dire di lei. Non provava fastidio, semplicemente non riusciva ad evitare di stupirsi o di presentare un encefalogramma piatto di fronte ai comportamenti di Sebastian.
Così era stato quando si era resa conto che la sua tenuta da casa e relax consisteva in un paio di boxer. Solo in un paio di boxer. Più di una volta le era capitato di doversi ricordare mentalmente di chiudere la bocca e distogliere lo sguardo dai muscoli scolpiti.
E aveva sobbalzato almeno le prime dieci volte che dal nulla, nel silenzio più totale, Seb aveva cominciato a cantare qualcosa. Partiva canticchiando, in falsetto o con la bocca chiusa. Oppure iniziava già a piena voce, mettendo enfasi nel pezzo. Dopo un primo imbarazzo, scoprì che era piacevole ascoltarlo.
Passarono parecchio tempo assieme e, quando lei non era al lavoro, riuscirono anche a vedere alcune possibili nuove sistemazioni per Mel, scartate una dopo l’altra.
Non ci fu bisogno di chiedere cosa avesse inteso Seb con la frase che aveva lasciato lei e Chris di stucco, perché col passare delle ore di convivenza, le fu tutto più chiaro.
Erano attenti l’uno all’altra. Lui era affettuoso nei suoi confronti e lei ricambiava appieno, avevano perfino guardato un paio di film abbracciati, quando l’imbarazzo e l’iniziale rigidità di Mel si erano fatti da parte. C’era stato anche qualche altro bacio a fior di labbra, ma entrambi si erano resi conto che, come affermato esplicitamente, tra loro non c’era quel tipo di rapporto.
Non fu solamente Sebastian ad accogliere il cambiamento con disinvoltura: era così limpido e autentico che quando Mel se ne accorse lo accettò immediatamente e spontaneamente. Non poteva negare di essersi affezionata al moro e le sembrava terribilmente sbagliato allontanarsi da lui, ma provò sollievo nel sentire che non era un legame da considerare pericoloso.
Pericoloso come quell’attrazione che provava nei confronti di Chris.
 
Seb prese il volo per Philadelphia un giorno prima che lo raggiungessero gli amici. Era a dir poco eccitato all’idea che la ragazza li raggiungesse e che potesse anche lavorare, senza perdere preziosi giorni di paga. Aveva sognato ad occhi aperti e pianificato cose “divertenti e imperdibili” da fare in quel lungo weekend, ed era partito dopo aver stritolato Mel in un abbraccio soffocante ed essersi raccomandato più e più volte che non perdesse il volo, il giorno successivo.
 
Era andata in aeroporto con qualche ora di anticipo, non sarebbe comunque riuscita a dormire e non voleva correre rischi. Rilesse l’agenda che l’agente di Chris le aveva inviato per mail e ripeté tutto per l’ennesima volta. La paga era incredibilmente buona e non aveva intenzione di fare brutta figura o combinare qualche disastro, anche perché se fosse successo qualcosa sarebbe stato tutto sotto i riflettori e in pasto ai giornalisti nel giro di pochi secondi.
Inspirò ed espirò lentamente più volte, cercando di placare l’ansia.
Chris arrivò perfettamente puntuale, all’orario che avevano stabilito per messaggio.
Non lo vedeva da una settimana, tutte le volte che era passato da casa sua lei era al lavoro o fuori. Si era chiesta se stesse facendo apposta e se la stesse evitando, ma aveva scacciato il pensiero: non doveva curarsene.
Quando se lo ritrovò di fronte, per un attimo, nessuno dei due mosse un muscolo e restarono immobili come statue di cera. Avrebbe dovuto stringergli la mano? Fargli un cenno? Abbracciarlo? Perché non si muoveva? Perché era tutto così imbarazzante?
Fu Chris a spezzare quel momento di stasi e ad abbassarsi per baciarle la guancia. Quel solo contatto le fece venire voglia di fare retro front e tornarsene a casa. Ma desiderava di più.
- Pronto? - gli chiese, dopo essersi schiarita la voce.
Lui le sorrise passandosi una mano tra i capelli perfettamente pettinati e ridacchiando nervoso.
- Lo spero proprio. -
 
Quando salirono sull’aereo e sentì il sedile sotto di sé, le sembrò che tutto avesse senso. Ignorò del tutto la strana comodità del proprio posto, erano in business class, e avvicinò subito il viso al finestrino, le prime luci dell’alba che tingevano di rosa ed arancione la pista dell’aeroporto.
- È la prima volta che volo, da quando sono arrivata a Boston. - disse, l’eccitazione palpabile.
- Ed è un bene o un male? - le chiese Chris, sporgendosi dal suo posto verso il vetro e verso di lei.
Mel si girò di scatto, e il sorriso a trentadue denti le si paralizzò sulle labbra. Poteva quasi sentire la barba dai riflessi rossastri dell’uomo solleticarle il mento. Il suo cervello cessò di funzionare.
Chris si rese conto della pericolosità di quella vicinanza e si ritrasse, facendo aderire la schiena contro il proprio sedile. Se non le avesse lanciato quell’occhiata così penetrante, prima di allontanarsi, il cuore di Mel avrebbe continuato a battere normalmente, senza impazzire e cercare di uscire dalla cassa toracica come invece stava facendo.
- Decisamente un bene. Amo volare. - si ricordò di rispondere, mentre ricominciava a respirare.
- Anche io. Mi piace guardare le nuvole. - disse lui, senza guardarla. Sembrava assorto nella lettura del giornale di bordo.
- A me piace il decollo. È il momento migliore. -
Lui alzò un sopracciglio e puntò gli occhi azzurri nei suoi.
- Quando ti rendi conto che non sei più a terra. - continuò la ragazza.
- Vorrei essere d’accordo, ma preferisco quando non sei più schiacciato contro il sedile per la velocità. Decisamente meglio le nuvole. - le disse mostrando la sua migliore espressione da “so tutto io”. Mel rise.
 
Quanto era comodo quel posto. Quanto era tremendamente comodo.
Avrebbe rimpianto per sempre la prima classe e avrebbe trovato inaccettabile qualsiasi sedile dell’economy da lì in avanti. Ancora intorpidita, si lasciò sfuggire un mugolio di sconforto.
E il sedile si mosse sotto la sua guancia.
Aprì gli occhi di scatto.
Notoriamente, i sedili degli aerei non hanno la capacità di muoversi. Tantomeno quella di essere caldi.
Le ci vollero pochi secondi per realizzare che era scivolata verso il basso e che gran parte del lato destro del suo corpo era appoggiato a quello di Chris. Aveva il capo abbassato sulla sua spalla e lui, a sua volta, la stava usando come cuscino. La prima reazione fu quella di allontanarsi.
Appena si rese conto di non poterlo fare, sentì ogni parte di sé a contatto con il corpo dell’uomo andare a fuoco. Percepiva perfettamente il suo respiro calmo e la sua guancia premerle sulla testa. Se solo si fosse spostata l’avrebbe svegliato, sicuramente.
Il panico cominciò a farsi strada dentro di lei. Come era possibile che si fossero addormentati entrambi in un volo di un’ora e mezza? Quanto mancava all’atterraggio? Cos’avrebbe pensato Chris una volta sveglio? Perché aveva un profumo così buono? Perché avrebbe voluto stringersi a lui e concentrarsi solo sul suo respiro ritmico?
Distolse lo sguardo dal torace dell’uomo che si alzava e si abbassava sotto di lei e, sospirando, girò leggermente la testa. Si maledisse immediatamente, gettando uno sguardo preoccupato verso l’alto. Chris cominciò ad aprire gli occhi, sbattendo le ciglia incredibilmente lunghe più volte per adattarsi alla luce.
Merda.
Quando gli occhi confusi si puntarono nei suoi sentì il sangue salirle alle guance e imporporarle. Doveva sembrargli davvero ridicola, lì a fissarlo dal basso, spalmata contro di lui, con la faccia da sonno che era totalmente sicura di avere. La realizzazione gli passò come un lampo nelle iridi chiare.
Cercò subito di allontanarsi. Ovviamente fu un disastro.
I capelli di Mel si erano incastrati e ingarbugliati perfettamente tra i riccioli della barba di Chris, e resero la separazione un insieme disordinato di “scusa” e “ahi!” che fece ridacchiare qualche passeggero vicino.
Quando anche l’ultimo filo ambrato fu liberato, si ritrovarono entrambi imbarazzati e accaldati e non pronunciarono una sola parola fino all’atterraggio.
 
- Dovrebbe esserci qualcuno ad aspettarci. Dobbiamo lasciare i bagagli e andare direttamente alla convention. Alle 10 c’è l’evento di apertura con Sebby. - disse tirandosi dietro la valigia e cercando tra la folla un qualcuno che fosse lì proprio per loro.
- Hai studiato, eh? - lo sentì ridere alle proprie spalle e si girò a dargli un’occhiata. Con il cappello e gli occhiali da sole era comunque ben riconoscibile. Scosse la testa e sospirò.
- Faccio bene il mio lavoro, io. -
Una volta abbandonati i bagagli, che avrebbero ritrovato direttamente in albergo quella sera, furono portati al centro. Durante il tragitto Mel si rese conto di quanto entrambi fossero bravi ad ignorare le situazioni imbarazzanti e comportarsi come se nulla fosse.
Quando arrivarono le fu consegnato il badge per l’accesso e, mentre Chris raggiungeva Sebastian e quello che doveva essere Anthony Mackie, lei fu trattenuta e istruita assieme ad altre persone. Cercò di prestare la massima attenzione, ma aveva già letto e riletto tutto quanto nelle mail e le risultò difficile seguire ogni parola. Era molto più interessante cogliere con la coda dell’occhio i movimenti dei tre attori. Si erano abbracciati, con tanto di pacche sulle spalle e gomitatine, avevano parlato di qualcosa gesticolando e poi si erano voltati verso di lei.
Continuò a fingere di ascoltare, sicura di avere tre paia di occhi puntati contro, fino a quando furono congedati. Gli altri assistenti si presentarono e Mel si dimenticò di ogni nome pochi secondi dopo che era stato pronunciato. Ringraziò mentalmente l’identificazione a caratteri cubitali sui pass, altrimenti avrebbe dovuto attirare l’attenzione dei suoi colleghi con cenni e ridicoli “ehi tu”.  
Cominciarono tutti ad allontanarsi verso i rispettivi ospiti e la ragazza non fece in tempo a sistemare i fogli del programma nella borsa a tracolla che si ritrovò stretta tra le braccia di Sebastian, la fronte premuta contro la sua guancia ispida. Le sembrò che tutti ce l’avessero con i suoi capelli, quel giorno. Fortunatamente, dopo l’avventura sull’aereo, li aveva raccolti in una treccia morbida.
- Mi sei mancata, piccola. -
Mannaggia a lui e al suo essere un orsacchiotto gigante.
- Mi sei mancato anche tu, Seabass. -
- Vanilla Ice, lasciane un po’ anche per me! -
Anthony era qualche centimetro più basso degli altri due, ma era ugualmente ben piazzato. Aveva un sorrisetto affettato e smagliante, che risaltava sulla sua pelle d’ebano, e una voce calda e avvolgente.
- Anthony, giusto? - disse, sciogliendosi dall’abbraccio di Seb e tendendogli la mano.
- Esatto, bellezza. So già tutto di te. - le rispose. Invece di stringerle la mano, la prese e sa la portò alle labbra, alzando un sopracciglio e baciandogliela. Mentre lei arrossiva vistosamente, Chris e Seb scoppiarono a ridere.
Nei pochi minuti prima che cominciasse il panel capì che quei tre erano elevavano le battutine all’ennesima potenza quando erano assieme e che sarebbero facilmente riusciti a farle mancare il fiato dalle risate.
 
L’ultimo a essere chiamato sul palco della sala fu Chris. Lo vide inspirare a pieni polmoni, stringere convulsamente le mani e chiudere gli occhi, prima di uscire.
Fu un’intervista a tratti profonda, a tratti immensamente stupida e Mel passò gran parte del tempo con la bocca spalancata. Sebastian tirò fuori una parte di lui che era emersa raramente, a Boston: lanciò delle occhiate che avrebbero sciolto chiunque, riuscì a sembrare incredibilmente serio, sorrise in un modo sghembo e sensuale che le fece venire una vampata di caldo. Poi la risata sonora e il modo in cui gonfiava le guance lo fecero tornare ad essere il solito Boo Bear. Lui e Mackie continuarono a lanciarsi frecciate e a fare battute.
Dei tre, Chris risultò il più taciturno e posato, se così si poteva dire. Da dietro le quinte, lei non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, anche quando la domanda non era rivolta all’interprete del grande Captain America, la sua attenzione tornava a lui come se vi fosse legata da un elastico.
Era teso. Lo capiva dalla mascella contratta e da quella risata trattenuta, così poco da Chris. Continuava a lanciare occhiate strane alla folla davanti a lui, ed era chiaro come il sole, perlomeno a lei, che stesse cercando di regolare il proprio respiro.
Scrosci di applausi le riempirono le orecchie mentre i tre attori lasciavano il palco e tornavano verso di lei. Fece un cenno distratto a Seb, che fu portato via velocemente dalla sua assistente, e attese che Chris la raggiungesse. Si fermò a qualche passo da lei, senza guardarla.
Fu lei ad avvicinarsi. C’era qualcosa che non andava e non riusciva a contrastare la voglia di sapere, di essere d’aiuto.
Si sporse leggermente verso di lui, ignorando tutto ciò che li circondava e cercando i suoi occhi, dal basso.
- Ehi. - gli sussurrò. In tutta risposta lui fece un sorriso tirato e scosse leggermente la testa senza dire nulla. Stava ancora tentando di controllare la respirazione.
Mel sentì lo stomaco stringersi e formarsi un peso sul petto, opprimente. C’era definitivamente qualcosa che non andava in Christopher e questo qualcosa la faceva stare male di rimando.
Al diavolo il programma e i pensieri che era sicura l’avrebbero assalita dopo. Agì e basta.
Afferrò il polso dell’uomo e cominciò a farsi strada tra le persone, cercando un qualche posto dove andare. Non aveva idea di dove si trovassero, né di quale potesse essere la loro destinazione. Sentiva solo il battito accelerato del cuore di Chris raggiungerla e pulsarle contro le dita. Imboccò corridoi a caso, marciando tra banchetti e stand ancora vuoti, trovò un varco tra le tende blu che celavano le pareti della struttura e arrivò di fronte a una porta con il maniglione antipanico. La spinse e una ventata di aria fresca li travolse.
Mel lasciò la presa sul polso di Chris, guardandosi attorno.
Erano finiti sul retro dell’edificio.
Convinta di essere già passata per pazza, salì sulla scaletta di un container appoggiato contro il muro e una volta in cima si sedette.
Sentì i passi di Chris far cigolare il metallo, mentre la raggiungeva e si sedeva vicino a lei. Entrambi guardavano verso il muro di cinta e il sole scaldava loro il viso.
- Soffro di ansia sociale. -
Lei non disse niente, dandogli il tempo di elaborare e farsi avanti. Si concentrò sul suo respiro e lo ascoltò regolarizzarsi e calmarla, sollevandole quel terribile peso dal petto.
- Tutta quella gente… tutte quelle persone che mi guardavano e volevano vedermi essere perfetto e… con le telecamere è diverso. È come se lo schermo mi proteggesse. Ma stare di fronte a loro… mi sale il sangue alla testa, mi sento tachicardico e se cerco di controllarmi peggioro la situazione. - mentre parlava appoggiò le braccia sulle ginocchia e piegò il collo.
Calò il silenzio e Mel si ritrovò a guardare il trentacinquenne che nascondeva la testa tra i bicipiti scolpiti. C’era qualcosa, dentro di lei, qualcosa che l’aveva fatta correre via trascinandoselo dietro, qualcosa che le faceva desiderare con tutta sé stessa di alleviare l’agitazione che trasudava dalle parole di Chris, di porre fine al suo dolore, di fargli evitare anche il più debole attacco di panico.
- Ti sembrerò un’idiota… - ridacchiò nervoso, la voce ovattata - un fantoccio problematico e spaventato. -
Sentire la vergogna nel suo tono, fu come ricevere una stilettata al cuore. Qualcosa la portò a parlare di getto, senza potersi fermare, senza poter evitare che parte dei muri che aveva costruito per anni, per sé e per gli altri, crollasse irrimediabilmente dentro di lei, rendendola nuovamente vulnerabile.
- Ho viaggiato per fuggire, non per girare il mondo. Per fuggire dalle persone, dai legami. - ogni parola le sembrava una pietra di una tonnellata. Ogni respiro una difesa che cadeva. Sapeva che il buco nero dei suoi ricordi stava per riaprirsi e per risucchiarla al suo interno, tirandola a sé con una forza incontrastabile.
Chris aveva alzato la testa e la stava guardando, sentiva il suo sguardo sulla nuca. Non si girò, perché se avesse incontrato i suoi occhi sarebbe precipitata definitivamente.
- So che rovinerei qualsiasi rapporto, perché ce l’ho nel sangue. Non voglio… far del male a nessuno. Se mi fermo troppo a lungo creo un legame. Non posso farlo. -
Sentì la propria voce affievolirsi. Era la prima volta che ripeteva quel suo mantra a voce alta. La prima volta che qualcuno la ascoltava.
Guardò Chris e lo vide serio e colpito, anche se non poteva aver compreso, non poteva sapere tutto. Fu sorpresa di non trovare altro che determinazione e calore nel suo sguardo. Si aspettava di vederci pietà, compassione. Ma quegli occhi azzurri erano limpidi e intensi, nulla di più.
- Grazie. - le disse, senza muovere un muscolo.
Lei sorrise.
Era tutto sbagliato. Non avrebbero dovuto essere lì fuori, non avrebbero dovuto mandare all’aria il programma, non avrebbero dovuto parlare e aprirsi l’uno con l’altro. Lei non avrebbe dovuto scoprire le proprie carte, non avrebbe dovuto indugiare con lo sguardo così a lungo sul suo viso, non avrebbe dovuto sentirsi così sicura al suo fianco. Non avrebbe dovuto desiderarlo così intensamente.
- Dobbiamo… - cominciò, stringendo gli occhi per tentare di tornare lucida.
- Dobbiamo andare. - terminò lui, alzandosi in piedi, quasi le avesse letto nel pensiero. Le tese la mano, sorridendo debolmente.
Mel accettò l’aiuto e Chris la sollevò facilmente e la tirò a sé. Troppo vicini.
Sapevano cosa stava per succedere, perché furono attraversati dalla stessa scossa, dagli stessi brividi, come un preludio al calore che stava già facendosi spazio tra loro. Lo sapevano e lo lessero l’uno negli occhi dell’altro, perfettamente consci che il contatto tra le loro mani non fosse abbastanza.
Lentamente e delicatamente, lui le scostò una ciocca ambrata che le era scivolata sul volto.
- Posso capire…- le soffiò sulle labbra, senza distogliere lo sguardo, - se non vuoi. Se non puoi. -
Le stava chiedendo il permesso. Le stava dimostrando di aver ascoltato quello che gli aveva detto, anche senza sapere il perché, senza aver capito profondamente la questione. Non avrebbe fatto nulla che lei non avesse voluto.
Fu quello a farle decidere di chiudere lo spazio tra loro.
E quando lo sentì rispondere al bacio, quando sentì le sue labbra avvolgerla e le sue braccia stringerla, i suoi muscoli tendersi sotto le proprie dita, quando i loro respiri si furono mischiati, fu invasa di nuovo da quella sensazione di sicurezza che tanto non avrebbe dovuto provare. C’era qualcosa di più dolce della volta precedente. Qualcosa che, assurdamente, era allo stesso tempo più forte e delicato. Si stavano aggrappando l’uno all’altra come se volessero guarirsi a vicenda, come se potessero salvarsi a vicenda.
 
La porta si aprì violentemente, stridendo. Si bloccarono e si allontanarono leggermente l’uno dall’altro, senza che il palmo di Chris abbandonasse la sua schiena.
Una donna era uscita correndo e si era passata la mano tra i capelli scuri.
- Ti prego, Gem! - urlò qualcuno, prima di comparire dall’interno dell’edificio. Una voce ben nota ad entrambi.
Sebastian si fermò a pochi passi da dove si trovavano, il fiato corto. La donna si girò e fece per parlare, ma si bloccò non appena si accorse della loro presenza. Immediatamente il moro seguì il suo sguardo e Mel sì sentì sprofondare quando vide un’espressione confusa farsi spazio sul suo volto.
“Gem”, o qualunque fosse il suo nome, approfittò della distrazione di Sebastian per oltrepassarlo a grandi falcate e sparire oltre la porta.
- Cosa diamine ci fate su un container?! -






∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞
*Sinfonia n. 5 di Beethoven in sottofondo*
Non so cosa possa essere più disturbante di questo capitolo: Gemma che irrompe e rovina il momento dei protagonisti incasinati e problematici, Chris e Mel che sono così infinitamente Chris e Mel o il fatto che io non sia capace di rendere Anthony Mackie simile all'adorabile idiota che è in realtà. Spero di non avervi confuso le idee e di essere riuscita a dare qualche indizio qua e là su come andrà avanti la storia e sul passato della nostra Mel. Ancora una volta ringrazio con tutto il mio cuori vecchi e nuovi lettori (ノ◕ヮ◕)ノ*:・゚✧ tanto ammore a tutti quanti  
se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate, anche le critiche sono più che ben accette!
Sere

 
(Non è un tentativo di corrompervi eh, ma voglio concludere con questa chicca perchè ve lo meritate.)

 

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Capitolo 10
*** AVVISO! ***


Ciao a tutti, purtoppo a causa di una frattura al polso destro e al conseguente gesso, scrivere mi è quasi impossible. Sono sfigata, lo so, ho mandato all'aria le vacanze, la piscina e tutto quanto. 
Sto cercando di continuare i prossimi capitoli usando la mano sinistra e il cellulare, ma vi devo comunque chiedere perdono per il ritardo delle pubblicazioni che avverranno nel prossimo mese e mezzo. Farò comunque il più in fretta possibile, ma non dispongo di un dattilografo personale ༼ ༎ຶ ෴ ༎ຶ༽ 
Sappiate che il caldo tremendo che caccia il gesso è già una buona punizione, non vogliatemene troppo a male.
la vostra clumsy

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Capitolo 11
*** Zelotypia ***


La questione era stata risolta velocemente: Sebastian non aveva intenzione di spiegare cosa fosse successo con “Jen”, Mel e Chris si erano rifiutati di approfondire il motivo del loro trovarsi in piedi su quel container.
Erano rientrati alla convention senza che nessuno avesse soddisfatto la propria curiosità nei confronti dell’altro e ben presto il ritmo ferrato delle rispettive agende li aveva trascinati lontano da quanto successo quella mattina. Perlomeno apparentemente.
 
Melissa si era tirata dietro l’affascinante bostoniano di cui era responsabile per stand e palchi, con la fermezza di un caporale, spuntando gli impegni dalla una lista immaginaria man mano che passavano le ore. Era riuscita a essere seria e responsabile, aveva sorriso cortesemente agli altri assistenti e scambiato qualche parola con loro. Fortunatamente le conversazioni che aveva dovuto tenere erano state tutte brevi e poco impegnative, la giornata era stata piena e non le aveva permesso di riflettere troppo su quanto successo.
Avere Chris così vicino era allo stesso tempo una condanna e una benedizione.
Con sua grande sorpresa e rassicurazione, non provava imbarazzo né per il momento di sincera apertura che avevano avuto né tantomeno per il bacio. Sentiva una timida paura insinuarsi in lei, quando realizzava che aveva cominciato ad abbattere le proprie difese e che avrebbe potuto continuare a farlo fin troppo facilmente. Ma, ogni volta che incontrava gli occhi azzurri dell’uomo, le sensazioni che aveva provato sopra il container si risvegliavano e non riusciva a trattenere un sorriso.
 
Chris affrontò la giornata con il cuore decisamente più leggero, dopo il tempestivo intervento della sua assistente e lo sfogo liberatorio. Si sentiva fresco e felice, terribilmente felice, al pensiero di essersi riuscito a calmare e di aver fatto breccia nel consueto mutismo di Melissa riguardo le informazioni più personali. Per non parlare del bacio.
Più passava il tempo, più si rendeva conto di quanto diverso stesse diventando quel comic-con per lui. Aveva sempre immaginato l’ansia come corde che lo legavano e lo immobilizzavano, soffocandolo a ogni tentativo di liberarsene. Poteva sentirle apparire e sfiorarlo, mentre firmava foto con dediche meravigliose, complimenti e aspettative sul suo personaggio e sui prossimi film. Sapeva che non appena avesse ceduto, se solo avesse notato un fan poco convinto o deluso dall’eroe che si ritrovava davanti, l’ansia lo avrebbe stretto nella sua morsa.
Ma quel giorno, non era da solo. Gli bastava far scivolare lo sguardo su Melissa e ancorarsi a piccoli particolari. La treccia ambrata che le cadeva sulla spalla quando si abbassava sul tavolo dello stand a organizzare gli album del film. Le dita che tamburellavano nervose, quando aveva incrociato le braccia sotto il seno e gli aveva scoccato uno sguardo di fuoco perché erano arrivati in ritardo sul set fotografico. Le risate che aveva inutilmente cercato di trattenere mentre lui e gli altri attori dell’universo Marvel avevano improvvisato pose buffe e assurde con i fortunati fan.
Gli aveva reso tutto più semplice, non era stato teso e i risultati si potevano vedere sui volti felici di chi gli stava attorno e soddisfatto stringeva tra le mani una fotografia.
Quando si voltò verso Melissa, che lo guardava sorridendo, si sentì sommergere dalla felicità.
 
- Mi dicono che al capitano piacciono i container, uh? -
Dopo un primo momento di shock dovuto in parte alla gomitata a tradimento che gli era arrivata nelle costole, in parte allo sguardo malizioso di Mac e in parte al fatto che lui sapesse anche solo qualcosa di quanto era successo sul retro, Chris sorrise e si passò una mano tra i capelli.
- Cosa intendi? - gli chiese incespicando sulla prima parola e parlando troppo velocemente perché riuscisse a passare per quello innocente. Sperò che Melissa non tornasse proprio in quell’istante e che la barba mascherasse il rossore che doveva stargli colorando le guance. Si sentiva andare a fuoco.
- Mi piace - rispose Anthony, scoppiando a ridere e scuotendo leggermente la testa. - Mi piace. -
Prese un sorso dalla sua bottiglietta d’acqua e, dopo aver sfregato il polso sopra le labbra, aggiunse:
- Mm, dovresti portarla a cena stasera. -
Doveva uccidere Sebastian. Avrebbe semplicemente potuto tenersi la cosa per sé, senza spifferare subito tutto all’altro componente del trio, senza contare che né lui né la ragazza avevano dato spiegazioni. Cosa sapeva esattamente Mac? Cosa si era inventato quel pazzo del suo migliore amico?
Cercò poi di immaginarsi Melissa in mezzo a una banda di attori svitati, pettegoli e affascinanti come quelli con cui sarebbe dovuto uscire a cena. Correva il rischio di essere tempestata di domande e di essere paparazzata con loro. Probabilmente si sarebbe anche trovata a disagio o, possibilità di gran lunga peggiore, avrebbe potuto trovare alcuni di loro troppo snob.
Una parte di lui, tuttavia, la trovava la proposta allettante.                                                                        
- Ti hanno mangiato la lingua, Evans? - Mac interruppe il filo dei suoi pensieri, scoppiando in una calda risata.
- Potrebbe essere, sì- rispose ridendo.
-Capito, non vuoi proprio parlare. Chiamo Sheletta e le tre pesti e poi vado in albergo, ci vediamo dopo. - aggiunse, facendogli l’occhiolino e allontanandosi senza smettere di ridacchiare.
Chris continuò a riflettere, mentre aspettava la ragazza. Punto a favore dell’idea di Anthony: se Mel avesse cenato con loro, avrebbe anche riavuto il solito Sebastian, cosa che non sarebbe stata affatto male.
Per quanto si fosse sforzato di apparire solare e sorridente, a lui era più che chiaro che ci fosse qualcosa che non andasse nel suo migliore amico. E sapeva perfettamente cosa, o meglio chi, fosse il motivo di quelle impercettibili fratture nell’umore di Seb. Aveva visto Jenna e aveva tentato di parlarle.
Il tentativo si era risolto, in un modo che gli era ancora oscuro, con la fuga della collega e con la scena a cui lui e Mel avevano assistito poche ore prima.  
Decise di raggiungere Sebastian, che aveva appena finito di salutare gli ultimi fan, e cercare di capirci qualcosa.
- Seb. - disse in tono serio, poggiandogli una mano sulla spalla.
- Chris? - il moro lo guardò e strinse gli occhi, sospettoso.
- Sei un ottimo attore, - cominciò allora, cercando un modo carino per chiedergli come avesse preso la reazione di Gemma.
- Grazie, bud. -
- ma riesco ancora a capire quando c’è qualcosa che non quadra. Dai, dimmelo. -
Sebastian sbuffò sonoramente, guardandolo storto.
- Ce l’ha ancora con me. Non è un problema comunque, tutto a posto. - alzò le spalle e le mani, sporgendo le labbra in una smorfia che doveva essere un qualche modo per mostrarsi disinteressato a quanto successo.
Chris scosse la testa, sapendo perfettamente quanto in realtà non fosse neanche lontanamente disinteressato.
 
Trovarono Mel poco lontano, mentre conversava con Tom Hiddleston.
Più che conversare, stava fornendo un ottimo esempio di come Tom riuscisse a far cadere ai propri piedi qualsiasi sventurata fanciulla che gli capitasse a tiro. Accento inglese, voce sensuale, sorriso affettato, occhi di un azzurro poco probabile e una straordinaria gentilezza innata.
Il modo in cui la ragazza lo stava guardando mostrava quanto, anche quella volta, il fascino del britannico fosse andato a segno. Chris si sentì stringere il petto. Il fatto che Tom fosse uno dei pochi attori noti a Mel per film esterni all’universo Marvel, non fece che peggiorare la situazione.
Senza accorgersene accelerò il passo per raggiungerli, distanziando di poco un Sebastian ridacchiante.
- Mel. - le disse sorridendo, la mascella tesa.
Lei si girò verso di lui, e lo lasciò senza parole per l’ennesima volta. Gli occhi le brillavano per l’eccitazione, era luminosa e ancora più bella.
Tutti attorno a lui dovettero capire, perché non riusciva proprio a smuoversi e a cambiare posizione, a dire una sola parola, non staccò lo sguardo estasiato nemmeno quando Sebastian la soffocò in un abbraccio stritolante, mugugnando che avrebbe voluto averla lui come assistente.
- Non so dove tu l’abbia trovata, Chris, ma è veramente incantevole. - disse Tom, spezzando la trance.
- Siamo stati fortunati. - rispose lui, cogliendo con la coda dell’occhio il rossore che aveva imporporato le guance di Mel. Decisamente fortunati.
Chiacchierarono per qualche minuto con l’attore britannico, tanto quanto bastasse a Chris, chiuso in un silenzio strano, per capire che era geloso e che doveva cercare di non farlo trasparire troppo. Quando finalmente riuscirono a staccarsi da mr. perfetto gentleman, uscirono dal padiglione e salirono in macchina per essere riportati in albergo. Dopo qualche domanda di rito riguardo le prime impressioni sul comic-con, fu Sebastian ad aprire il discorso cena.
- Allora stasera tutti al Pesto? - disse con nonchalance mentre picchiettava un dito contro il vetro.
- Scusa? -
- Chris non te ne ha parlato? -
Due paia di occhi, sorpresi e confusi quelli di Mel e maliziosi quelli di Sebastian, si posarono su di lui e cercò di dare una spiegazione, maledicendo con il pensiero i suoi due cari amici.
- Mac mi ha chiesto di chiederti se stasera vuoi uscire con noi, a cena. - sei ridicolo, Evans - Ci saremmo noi e altri colleghi. Il Pesto è un ristorante italiano, di solito poi prendiamo un drink al lounge bar dell’albergo. -
- Verrai vero, doll? -
Leggermente infastidito dall’appellativo che aveva usato Sebastian, Chris sperò che la ragazza dicesse di no. Per quanto la volesse con sé, quella sera ci sarebbe stato anche Tom e no, non poteva permettere che la stregasse con le sue adorabili fossette.
- Non sentirti costretta. - aggiunse quindi, mordendosi il labbro inferiore.
- Ecco, avevo pensato di restare in camera. -
Chris tirò un sospiro di sollievo, che cercò di mascherare con uno sbadiglio. Scampato pericolo. Certo, saperla in albergo da sola… avrebbe potuto restare con lei, inventarsi una scusa.
Poi notò che Seb stava cominciando a fare gli occhi da cucciolo e capì che da lì a poco la ragazza avrebbe ceduto.
- Dai, Mel. Ti divertirai, non siamo così male. -
- Sono un po’ stanca… -
- Torniamo presto, domani dobbiamo alzarci tutti di buon’ora. -
- Sarei di troppo. Insomma, siete tutti attori. Finirei per fare quella... mm strana. Fuori posto.  -
- Punto primo: sono profondamente convinto di essere più strano di te. Punto secondo: piaci a tutti. - Seb si girò sul sedile, per guardare meglio la ragazza, sfoderando il suo sorriso più splendente. Benché avesse platealmente alzato gli occhi al cielo, Mel cominciò a tentennare: aveva le guance rosse e sembrava stare pensando a tutte le possibili scuse da rifilare. Sapeva perfettamente che l’amico stava preparando l’attacco finale.
- Seb, se non vuole... - cercò di azzardare.
- Ci sarà anche Tom. -
Ecco. L’asso nella manica. Inconsciamente, trattenne il respiro.
Mel sembrò prendere seriamente in considerazione la proposta.
- Posso venire in t-shirt? -
 
 

 


Si guardò allo specchio per controllare che fosse presentabile.
Quando era uscita, quella sera, aveva cercato di mascherare con il trucco i segni del pianto liberatorio. Gli occhi erano ancora gonfi, le sembravano un cartello luminoso che segnalava al mondo intero “JENNA HA PIANTO”. Fece una smorfia e mosse con le mani le ciocche di capelli che le ricadevano ai lati delle tempie. Totalmente insoddisfatta, uscì dal bagno e tornò a sedersi al tavolo.
Non era stata pienamente presente fino a quel momento e non aveva intenzione di cominciare proprio allora. Avrebbe lasciato che le conversazioni le scivolassero attorno, un vociare poco distinto a cui doveva fingere di prestare attenzione, annuendo e ridendo quando anche gli altri lo facevano. Era una persona piuttosto socievole, di regola, e avrebbe seguito con piacere anche un discorso di uno sconosciuto. Non era mai gentile per mera cortesia: le piaceva esserlo.
Ma quella sera dovette mettere a frutto le sue capacità di attrice, per nascondere quanto fosse di cattivo umore. Si sentiva così sbagliata, lei che di norma era estroversa e solare, che dava a voce ai propri pensieri con naturalezza, ora così taciturna e spenta. Il fatto che nessuno dei suoi amici fosse con lei non la aiutava affatto ad uscire dallo sconforto. Terra straniera, nuovo ruolo, nuovo mondo. Una parte di lei si pentì di aver accettato di interpretare Kitty Pryde e di essere partita alla volta del tour promozionale, anche se le riprese non sarebbero cominciate prima di tre mesi.
Giocherellava con il proprio bicchiere da un numero imprecisato di minuti, osservandone le sfaccettature e i riflessi che producevano, quando si accorse di Sebastian.
Come e quando fosse arrivato nel lounge bar dell’albergo in cui alloggiava, le rimase un mistero. Gli gettò uno sguardo veloce e lo vide ridere davanti al bancone, con i colleghi che avevano preso parte ai film della Marvel.
Sentì il proprio cuore accelerare i battiti, inevitabilmente, mentre un miscuglio di rabbia, tristezza e ansia le stringeva lo stomaco. Accertato che non ci fosse alcuna via di fuga, cercò di appiattirsi contro i cuscini del divanetto, nascondendosi dietro alle altre persone e scoccando occhiate furtive verso il bancone per controllare di non essere stata vista. Solamente in un secondo momento notò la ragazza.
Era piuttosto sicura che fosse la stessa che stava sul retro del centro congressi con Evans, ma non l’aveva osservata bene e non poteva saperlo con certezza. Avrebbe detto che, quella mattina, i capelli fossero di un castano leggermente ambrato mentre ora sembravano rossi, forse per effetto delle luci soffuse del bar, forse perché era davvero un’altra persona.
Ma ciò che era rilevante, ciò che aveva attirato l’attenzione di Jenna, era che il braccio di Sebastian le stava circondando la vita.
Con il cuore che le rimbombava nelle orecchie e senza riuscire a distogliere lo sguardo, notò quanto fosse carina. Indossava una maglietta a maniche corte e una semplice gonna nera, ma era più bella della maggior parte delle donne agghindate ed eleganti presenti nel locale. Donne come lei.
Sorrideva, le guance arrossate, e Sebastian sembrava pendere dalle sue labbra.
Non sapeva da quanto tempo li stesse fissando, ma quando lo vide stringerla a sé e baciarla teneramente sulla fronte, sentì una lacrima scenderle su una guancia. E la lacrima la smosse.
Jenna Coleman, incurante di aver attirato l’attenzione di tutti i presenti alzandosi di colpo, si fece strada verso la porta del locale, diretta alla hall. Ignorò gli sguardi preoccupati o stupiti e corse verso le scale, evitando l’ascensore perché sapeva che sarebbe scoppiata troppo presto, troppo lontano dai muri sicuri della sua stanza. Si sentì invadere dalla tristezza che le portavano i ricordi e dalla rabbia per aver pensato di dare ascolto a Sebastian mentre si scusava, per aver creduto che potesse cambiare, per aver indugiato troppo a lungo su lui e sulla sconosciuta.
Se solo avesse osservato più attentamente, senza farsi prendere dalla gelosia, avrebbe notato che quella sconosciuta sollevava l’interesse, ricambiato, di qualcun altro.



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Sono tornata 
Non so nemmeno se starete ancora qui a leggere, ma scusatemi, davvero. Ho appena tolto il gesso e mi sembra che la mia mano destra sia regredita alla mano di un bebè. Ho ancora qualche problema a scrivere, ma eccomi qui. Ho già nel cassetto un paio di capitoli, scritti tra sinistra e lentissime sessioni di smarphone, non voglio pubblicarli subito perchè temo di non riuscire a starci dietro dopo 
Volevo ringraziare particolarmente  
Rinoa Heartilly Vengeance , Lois Lane 89 e tinkerbell 1980 perchè i loro abbracci virtuali e incoraggiamenti mi hanno spronato ad andare avanti a scrivere quando, tra sconforto e fastidio, avevo pensato di mandare all'aria tutto.
Questo capitolo è un po' una prova, perchè ho inserito Jenna come "voce narrante" e vorrei davvero davvero sapere cosa ne pensate. Posso usarla come punto di vista o preferite che mi concentri solamente su Mel, Chris e Sebby?
Per quanto riguarda la coppia del container, sono conscia che sia molto fluff e poco arrosto (espressione coniata da me©) ma le cose si scalderanno e si faranno presto più interessanti. 
Fatemi sapere, un abbraccione enorme
la figliol prodiga 

Sere


p.s.

Non pensate che io sia impazzita: so che nell'ultimo capitolo avevo scritto Gem maaaaa ho cambiato idea (opsie)
La mia prima scelta era Gemma Artenton, ma riguardandola mi è sembrato che fosse troppo matura per Seb. Spero che Jenna vi piaccia quanto piace a me. E sappiate che ha lavorato davvero con Chris e Seb, anche se solo per una frazione di fotogramma ;)

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Capitolo 12
*** Confessioni ***


Guardò Sebastian accasciarsi e appoggiare la guancia al bancone e sì lasciò scappare una risata.
 
Nonostante l’impaccio iniziale, aveva passato una bella serata. Cena in un ristorante che non si sarebbe mai potuta permettere, con attori che fino a quel momento aveva visto solo ed esclusivamente sullo schermo del proprio pc (perlomeno quelli che conosceva), ottimi drink, appollaiati sugli sgabelli del bar. Cosa avrebbe potuto volere di più?
Parlare. Okay, non era stata sicuramente la più socievole della situazione. Sia Christopher che Sebastian si erano ricordati del fatto che se ne stesse sulle sue e tendesse a non aprire bocca, quando non conosceva la compagnia, e erano riusciti a farla sentire parte delle conversazioni senza che sentisse troppa pressione. Il primo, in particolare, si era assicurato di farla sentire a proprio agio in ogni momento. L’aveva presentata a Hayley Atwell, con cui era riuscita a parlare delle trasposizioni cinematografiche della Austen.
C’era stato un momento, nel corso della cena, in cui credeva di aver visto Chris improvvisamente teso: lei aveva detto di avere un blog e nel momento in cui ne aveva svelato il nome Tom, lui solo, aveva detto di conoscerlo e aveva cominciato a farle complimenti sul suo modo di scrivere, sui viaggi e sui particolari che riusciva a scoprire e descrivere meravigliosamente. Allora aveva avuto l’impressione che Evans fosse in qualche modo scocciato dal fatto che il bell’inglese avesse monopolizzato la sua attenzione perché aveva cercato in ogni modo di sviare il discorso. Non era riuscita a trattenere un sorriso compiaciuto, ma poi si era convinta che fosse tutto frutto della sua immaginazione.
Sebastian, tornato alla normalità rispetto allo showman che era emerso sul palco della convention, si era comportato da perfetto orso affettuoso sommergendola di abbracci non appena erano usciti dal Pesto, complici qualche bicchiere di vino di troppo e probabilmente l’accaduto di quella mattina. Non se l’era sentita di rifiutare tutto quell’affetto: dagli sguardi premurosi che Chris gli lanciava di tanto in tanto, aveva capito che c’era sotto qualcosa di serio.
 
Chris fece tentennare il ghiaccio nel proprio bicchiere. Era appoggiato al bancone con un gomito e la guardava.
Era dannatamente bello. Cercando di sostenere l’intensità degli occhi azzurri, Mel gli sorrise.
- Che c’è? - chiese. Indugiò con lo sguardo sul viso di lui, desiderando passare le mani sulla barba folta e tirarlo a sé per poterlo osservare più da vicino. Il bacio di quella mattina le stava dando alla testa.
Un sorriso sghembo si fece strada sulle labbra di Chris, quasi come se le avesse letto nel pensiero, e dopo qualche attimo di pura tortura si decise ad aprire bocca, facendo un cenno in direzione di Sebastian.
- È andato. -
Mel fece ruotare lo sgabello e vide che Sebastian aveva chiuso gli occhi. Lentamente gli tolse il bicchiere dalla mano, abbandonata anch’essa sul bancone.
- Dobbiamo portarlo in camera. -
- Mh. -
- Non vorrai lasciarlo qui così?! -
- Devi ammettere che è una bella scena. - le rispose scoppiando fragorosamente a ridere. Di tutta risposta, Sebastian mugugnò qualcosa di incomprensibile.
- Okay, andiamo. - senza smettere di ridacchiare si alzò, oltrepassò la ragazza e cominciò a sollevarlo, infilandosi sotto il braccio dell’amico. - Guarda che devi aiutarmi. -
- Se me lo lasci cadere addosso te la faccio pagare Evans. - rispose Mel, passandosi l’altro braccio sulle spalle. Non era del tutto convinta di essere d’aiuto vista la differenza di altezza tra lei e Chris, ma stava comunque facendo fatica. Dovevano essere davvero comici, un trio che barcollante e instabile.
- Giochiamo alla famiglia? - borbottò Sebastian, la voce impastata e spezzata dalle risate.
- Chiudi il becco, Boo Bear. -
Riuscirono ad arrivare all’ascensore e ad arrivare di fronte alla porta della camera dell’attore rumeno.
- Seb. La chiave. -
- Che chiave? -
- Quella della tua camera, Sebby. -
- La lampada prego. - disse lui gracchiando. Mel e Chris si guardarono confusi. - La chiave prego. -
- Coma abbiamo fatto a farlo ridurre così? -
 
Sebastian non aveva la chiave in nessuna tasca. Dopo averlo fatto sedere con la schiena contro il muro del corridoio, Chris scese a tentare di recuperare una seconda chiave in reception.
Mel si sedette accanto al moro, piegando le ginocchia e appoggiando il capo contro la tappezzeria della parete. La stanchezza accumulata in quella giornata piena di eventi cominciò a farsi sentire.
- Sei un disastro, Seabass. -
- Mmm. - mugugnò lui mentre lasciava cadere mollemente la testa sulla spalla della ragazza. - Lo so. -
- Me ne vuoi parlare? - il tono era dolce e tranquillo, non voleva farlo sentire obbligato. Era ormai ovvio che sotto la facciata allegra dell’uomo si nascondeva qualcosa di più, qualcosa di importante e che lo aveva portato allo stato in cui era.
- Ho fatto un casino con una ragazza. -
Seb chiuse gli occhi è sospirò sonoramente. Le si stringeva il cuore a vederlo così abbattuto. Sollevò una mano e gli accarezzò i capelli, appoggiando la guancia sulla testa di lui.
- Non credo di poter rimediare. Insomma, non mi vuole parlare ed è una vita che va avanti così. -
- Hai intenzione di lasciar perdere? -
Lui aspettò un attimo prima di rispondere.
- Non lo so. -
- Io... io non sono la persona più adatta a dare consigli su questo genere di cose, ma… -
- Lo so, ice woman. - Mel gli tirò una gomitata e continuò da dove l’aveva interrotta.
- … quanto ci tieni a lei? -
- Abbastanza. -
- Lo sa? - 
- Non lo so. -
- Fai in modo che nei sia certa. Seb, se io sono - alzò gli occhi al cielo mentre lo diceva, cosciente del fatto che fosse perfettamente azzeccato - ice woman, allora tu sei qualcosa come... super sunshine? -
Scoppiarono a ridere entrambi, cercando di trattenersi e non svegliare tutto il piano.
Quando le porte dell’ascensore si aprirono e Chris se li ritrovò davanti, si fermò un attimo a fissarli. Sorrise e scosse il capo, avvicinandosi.
- Boo Bear, è ora di andare. - disse mentre apriva la porta. Aiutò Mel a tirare su l’amico e assieme lo portarono fino al letto dove, tra le risate, lo lasciarono cadere. Con la faccia premuta sui cuscini e le mani aperte a croce, Sebastian bofonchiò confusamente qualcosa che interpretarono come un “vi voglio bene”.
 
 
Arrivata di fronte alla porta della sua stanza sentì l’agitazione crescere all’improvviso. Lei e Chris erano veramente soli per la prima volta da quella mattina. Cosa avrebbe dovuto fare?
Una parte di lei era ancora terrorizzata a morte da quanto era successo, da come si era lasciata andare e da quello che gli aveva accennato senza problemi. Seguire l’istinto di proteggersi avrebbe voluto dire liquidare la questione con qualche parola, finire il lavoro e poi allontanarsi il più possibile da lui, da quella sensazione strana che le stringeva lo stomaco quando stavano assieme, dal legame che aveva con lui.
Si girò, dando le spalle alla porta e fronteggiandolo, il cuore che le batteva a mille. Come avrebbe potuto dire di no a quei suoi occhi azzurri che la facevano sentire così bella, così importante?
Aveva sempre considerato una relazione come qualcosa di pericoloso. I suoi genitori ne erano stati esempio e monito.
Allora perché si sentiva così attratta e al sicuro?
 
Chris le sorrise e infilò le mani in tasca.
- È stata una bella giornata. -
- Sono d’accordo. - gli rispose, gli angoli della bocca sollevati di poco, in un sorriso timido.
- Grazie. -
Entrambi sapevano che quel semplice scambio di parole aveva un significato ben più profondo. Mel scosse la testa e ridacchiò, cercando di non sembrare troppo nervosa. Chris sollevò un sopracciglio, senza smettere di sorridere.
- Chasing life, mm? -
- Già. Non riesco a credere che Tom sia riuscito a farmelo dire. - un lampo di fastidio passò negli occhi azzurri dell’uomo. - Ero riuscita a farvi restare lontani dal mio blog, fino ad ora. -
- Appena arrivo in camera mi metto a leggere. Sei avvisata. -
- Imbarazzante. - disse passandosi una mano sugli occhi.
- Hai... - cominciò lui, improvvisamente nervoso, - hai scritto di noi? -
Mel lo guardò, fintamente scioccata.
- Stai insultando la mia intelligenza, Evans. -
- Deformazione professionale. - si difese lui, ridendo e alzando le mani. - Ho il terrore che i paparazzi rendano la mia vita un inferno. -
- No. Non direttamente almeno. -
- Non direttamente? -
- Ho scritto un pezzo sui nuovi incontri e sul fatto che ho dovuto lasciare la mia casa. E su Boston vista dall’alto. Ho fatto in modo che non si capisse che le foto sono state scattate dal tuo appartamento. Non per darmi delle arie, ma sono piuttosto brava. -
La risata mal trattenuta di Chris accompagnò la sua, quando le pizzicò un fianco e cominciò a farle il solletico. Mel cercò di lottare e spingerlo lontano.
- Non per darmi delle arie… - la scimmiottò. Era una lotta impari, non avrebbe mai potuto competere con la sua massa, i muscoli che si flettevano e la intrappolavano in una stretta inespugnabile.
 
Fu questione di secondi. Niente più risate, niente più spinte scherzose. Nel corridoio calò il silenzio, rotto solamente dai loro respiri. Entrambi sapevano di essere troppo vicini, le mani di Chris strette sui suoi fianchi, quelle di Mel aperte sul suo petto, senza più opporre resistenza. Chiusero lo spazio che li separava lentamente, senza distogliere lo sguardo l’uno dall’altro fino all’attimo in cui le labbra si sfiorarono.
 
Si baciarono dolcemente, con una delicatezza che non avevano ancora sperimentato, allontanandosi dopo poco.
- Scriverai anche stasera? - le chiese, accarezzandole una guancia.
- Forse. - rispose lei sottovoce. Il comic-con era un ottimo argomento e si sentiva così assurdamente felice che avrebbe potuto scrivere tutta la notte.
Il sorriso di Chris si allargò. Fece scivolare una mano sulla sua schiena e la tirò ancora a sé.
- Buonanotte, allora. - mormorò, prima di lasciarle un ultimo bacio a fior di labbra, la barba che le solleticava la pelle.
Mel non riuscì a rispondere quando lui si allontanò facendo qualche passo indietro, per poi voltarsi e camminare verso l’ascensore. Sbatté le palpebre più volte prima di smuoversi ed entrare in camera, chiudendosi la porta alle spalle.
Si sentiva avvolta da una sensazione strana, calda, nuova. Cercò di identificarla ma non riusciva ad associarla a niente di quello che aveva provato in precedenza. Era così dolce, così confortante, sembrava che le scorresse nelle vene e raggiungesse ogni punto del suo corpo.
Dopo aver tirato fuori il computer dalla valigia e averlo acceso, seduta a gambe incrociate sul letto, sfiorò la tastiera in attesa dell’ispirazione e si rese conto di non aver smesso di sorridere nemmeno un attimo. Non avrebbe potuto scrivere niente di condivisibile con un pubblico, quella sera. Era tutto troppo personale.
Chiuse il computer con una mano e si avvicinò di nuovo alla valigia, frugando fino a trovare il vecchio diario che l’aveva accompagnata per tutti quegli anni.
 
 

 
 
 
- Dormito bene? - chiese a Sebastian, tirandogli una vigorosa pacca sulla spalla.
Era riposato e felice, si era svegliato presto ed era andato a correre nel parco poco distante dall’hotel. Dopo essersi fatto una doccia fresca era sceso nella hall, dove lui, l’amico e Melissa si erano dati appuntamento per andare a fare colazione assieme.
Scosso dal colpo ricevuto, Seb alzò gli occhiali da sole che indossava e gli lanciò uno sguardo tra l’omicida e il distrutto, mostrando le occhiaie come risposta alla sua domanda.
- Perché mi avete lasciato bere così tanto? - il tono era lamentoso, come quello di un bambino che aveva fatto un’indigestione di zuccheri.
- Perché dovresti essere in grado di reggere l’alcool, con tutti questi muscoli. - disse Mel, comparendo alle sue spalle e dandogli un leggero pugno sul braccio.
- Potete almeno smetterla di picchiarmi? - mugugnò lui scatenando la risata della ragazza.
Chris si sentì il cuore esplodere, mentre la osservava ricambiando il suo sorriso. Aveva i capelli raccolti in uno chignon disordinato, un top grigio che sottolineava la vita stretta e un paio di jeans a vita alta, strappati appena sotto i glutei. Percorse con lo sguardo tutta la lunghezza delle gambe, per poi tornare al viso. Alzò un sopracciglio e piegò le labbra in un ghigno, mentre Mel arrossiva e si trascinava Sebastian fuori dall’albergo, diretta a uno Starbucks poco distante.
 
- Niente spice pumpkin coso oggi, doll? - le chiese Sebastian, senza smettere di masticare un pezzo del suo enorme muffin al cioccolato.
- Volevo evitare che me lo rovesciassi di nuovo addosso. -
- Probabilmente non saresti qui se non l’avesse fatto, quindi - disse Chris, alzando la forchetta che stava usando e facendo un cenno all’amico. - grazie Boo Bear. Gran bella mossa. -
Scoppiarono a ridere tutti e due, mentre Mel alzava gli occhi al cielo accennando appena un sorriso divertito. Il tempo che impiegarono a fare colazione trascorse così, tra risate e battutine. Alla fine dovettero praticamente cacciare Seb, enormemente in ritardo per il suo panel a cui arrivò stringendo ancora tra le mani il bicchiere di cartone stracolmo di cappuccino.
Scuotendo la testa Mel si girò verso di lui e gli sorrise. Era bellissima.
- Okay, in quanto tua assistente personale devo ricordarti che sei libero esattamente fino alle 20 di questa sera, party di chiusura nella sala conferenze mezz’ora dopo. - gli disse, stringendo gli occhi mentre ricordava l’orario preciso. Lui si fece coraggio e tirò fuori l’idea che gli girava per la testa dalla sera prima.
- Ti andrebbe di fare un giro per la città? -
Trattenne il respiro, guardandola prendere in considerazione e valutare la proposta. Non sapeva cosa aspettarsi, non lo sapeva mai con lei e una parte di lui temeva sempre che si sarebbe chiusa a riccio pensando che stesse pretendendo troppo o andando troppo veloce. Ogni volta gli tornava in mente quello che gli aveva detto sul retro, la mattina prima. Doveva agire con cautela, guadagnarsi la sua fiducia un passo alla volta.
- Solo se ti fai offrire il pranzo. - gli rispose, sbuffando, e lui riprese a respirare normalmente, sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
 
 
Non si era mai divertito così tanto a Philadelphia, nemmeno quando era andato con Bradley ad una partita degli Eagles. Girarono quasi tutto l’Independence National Historical park, approfittando della giornata di sole che era capitata loro. Passarono sotto l’enorme LOVE di Robert Indiana, che Mel snobbò con una smorfia, e andarono a mangiare al Reading Terminal Market, un enorme mercato coperto pieno di piccoli ristoranti di strada, colorati e invitanti. Alla fine si erano fatti tentare dai cheesteaks, tipici della città, e li avevano divorati senza riuscire ad evitare di macchiarsi le magliette e ridere fino a star male.
Nel pomeriggio passeggiarono sulla nona, nella zona dei locali italiani. Parlarono tutto il tempo: Mel si informò sulla sua carriera, su come si fosse avvicinato al cinema e sugli altri componenti della numerosa famiglia Evans; lui, fiero di essere riuscito a superare definitivamente la fase “non parlo molto” della ragazza, le chiese di alcune parti dei suoi viaggi, mostrando di aver letto con attenzione il blog. La guardò rapito mentre parlava entusiasta delle meraviglie che aveva visto e delle persone che aveva conosciuto sulla strada, cogliendo piccoli particolari a cui non aveva ancora fatto caso. La sua storia era infinitamente interessante.
 
Lasciò il meglio per ultimo.
Si fermarono al centro esatto della grande scalinata che portava all’Art Museum e si mise a canticchiare la musica di Rocky, alzando la guardia e sferrando pugni al vuoto. Sarebbero arrivati in cima e avrebbero ammirato la città da lassù, una vista mozzafiato.
Mel trasalì quando fece finta di colpirla. Di colpo Chris si rese conto che non era neanche lontanamente felice. Aveva lo sguardo vacuo e la mascella tesa, non lo guardò quando le appoggiò una mano sulla schiena e si chinò su di lei.
- Non sei una fan di Balboa, immagino - le sussurrò, cercando i suoi occhi.
Lei deglutì e si schiarì la voce prima di parlare.
- Erano i film preferiti di mio padre. -
Chris si pentì di averla portata lì. Non parlava mai della sua famiglia e aveva immaginato che i suoi fossero venuti a mancare o che non avesse più rapporti con loro. La sua reazione ne era la conferma.
- Possiamo andare da qualche altra parte… - disse, premendole leggermente sulla schiena e sfiorandole un braccio. Mel si divincolò dalla sua presa e mise un piede sul primo gradino.
- Saliamo. -
 
Restò fermo ad osservarla per qualche secondo dal basso, la figura esile che si allontanava da lui a quello che sembrava quasi un passo di marcia. Scacciando ogni pensiero su quanto quella posizione gli permettesse di ammirare il fondoschiena della ragazza, cercò di capire cosa stesse accadendo e si riscosse per raggiungerla, facendo i gradini a due a due.
Rallentò, una volta arrivato al suo fianco. Mel era ancora tesa, guardava fisso davanti a sé, con gli occhi lucidi e i pugni chiusi. Era chiaro che stesse affrontando un qualche conflitto interiore, che salire quella scala fosse molto più che un mero sforzo fisico per lei, che si stesse facendo forza per non andarsene e continuare. Erano arrivati a metà scala e Chris non riusciva a staccare lo sguardo da lei, che sembrò vacillare. Si bloccò, prendendo grossi respiri e sbattendo le palpebre velocemente.
Qualsiasi cosa stesse fronteggiando, non doveva farlo da sola. Sperando con tutto sé stesso di non essere respinto, le si avvicinò e lentamente le prese la mano, intrecciando le sue dita con le proprie.
Mel si voltò verso di lui, paura e confusione che trasparivano dai grandi occhi castani. Strinse leggermente la presa in un muto incoraggiamento, pur senza sapere il motivo di quello che stava succedendo.
 
Ricominciarono a salire. Gradino dopo gradino, come se fossero soli in mezzo alla città. Mano nella mano, un passo alla volta, sempre più in alto, sempre più leggeri.
E quando arrivarono in cima si fermarono assieme, guardando le colonne della facciata del museo alzarsi di fronte a loro. Quando Mel interruppe il contatto per voltarsi e sedersi sull’ultimo gradino gli sembrò assurdo non sentire più il calore della sua mano e restò qualche secondo intontito prima di fare lo stesso e prendere posto di fianco a lei.
Ai loro piedi le macchine e gli autobus continuavano le loro corse, una coppia camminava nel parco, un gruppo di turisti ascoltava la guida sotto la statua equestre, altri scattavano foto ricordo mentre salivano le scale.
- Avevo quindici anni. Quando arrivò la chiamata della polizia ero a casa con mio fratello, lui stava guardando i cartoni. - disse Mel, senza guardare niente in particolare, la voce bassa. - Era normale, stavamo spesso da soli e stavamo meglio così. Quando loro erano in casa bastava poco per essere sgridati e ricevere una punizione. -
Chris annuì, senza dire nulla. Le avrebbe dato tutto il tempo del mondo, assorbendo ogni notizia, ogni particolare, ogni tremolio delle sue labbra.
- Non so chi dei due fosse più forte. I loro schiaffi facevano male nello stesso modo e quando litigavano tra loro sembravano essere sempre in parità. Lui tirava pugni, ma lei mordeva. Erano sempre segnati entrambi. Ho riflettuto a lungo sul perché, ma non l’ho mai capito, non so come fossero cresciuti, non so perché fossero finiti assieme. Forse proprio perché erano così simili. Ma si amavano. E quello era parte del loro amore. -
Si girò un attimo verso di lui, come a controllare che effetto facessero le sue parole. Come se dovesse accertarsi di aver fatto la scelta giusta, prima di andare avanti. Confessioni che la stavano avvicinando a lui come a nessun altro.
- Trovarono la macchina fuori strada, ribaltata. Non mi sono mai interessata ai particolari. L’unica cosa che ritenni veramente importante era il perché. Stavano litigando, di nuovo. La polizia, i magistrati, i periti ricostruirono i fatti in qualche modo, le ultime spinte, i colpi precedenti all’impatto. Capì che la loro violenza, loro e solo loro erano i responsabili della loro morte. E l’avevano trasmessa a noi. - strinse i pugni convulsamente, fissandosi le mani. - Le discussioni tra me e mio fratello erano all’ordine del giorno, eravamo bambini, credevo che fosse normale. Ma anno dopo anno, mi rendevo conto di quando di loro io vedessi in noi. Ogni volta che lasciavo un livido a mio fratello o ne vedevo uno sulla mia pelle, aumentava la certezza che fosse parte di noi. Anche mia nonna, siamo stati da lei dopo quello che era successo, anche lei non esitava a batterci con quello che le capitava a tiro quando ci comportavamo male. Un cucchiaio di legno, uno straccio, i libri di scuola. Ti sembrerà assurdo, ma affetto e violenza sono strettamente legati, sono…-
Chris cominciò a capire, in parte scioccato dalla mole di informazioni di cui stava venendo a conoscenza, in parte rapito dal racconto che gli stava dando una nuova chiave di lettura dei suoi comportamenti.
- È un tratto di famiglia, e ho cercato di tirarmene fuori. Ho smesso di reagire alle provocazioni e alla rabbia, ma poi mio fratello è cresciuto. Il suo carattere irascibile è esploso appena iniziata l’adolescenza e smettere di ribattere mi ha portato solamente nuovi lividi. Ho aspettato che diventasse maggiorenne e sono partita. -
Smise di parlare, le mani che tracciavano disegni invisibili sulla pelle lasciata scoperta dagli shorts.
Lui si sentiva travolto dalle emozioni. Non sapeva cosa fare.
- Hai ancora contatti con lui? -
- No. -
Cercò il suo sguardo ma lei non ne voleva sapere di alzare la testa. Una goccia cadde sulle sue gambe, seguita da una seconda poco dopo. Cercando di essere il più gentile possibile Chris le sollevò il viso, il palmo aperto sulla sua guancia rigata di lacrime.
- Ho paura. - sussurrò Mel, la voce rotta. - Sono scappata per tutto questo tempo, da qualsiasi cosa cominciasse ad essere troppo importante per me. Da qualsiasi cosa avrei potuto rovinare e che avrebbe potuto rovinare me. Da ogni genere di legame. E adesso… - abbassò gli occhi.
Parlarle non avrebbe avuto senso. Non sarebbe stato abbastanza, non avrebbe reso il tumulto che sentiva dentro. Spostò la mano sulla sua nuca e con l’altra la tirò a sé, avvolgendola in uno stretto abbraccio. Mel si aggrappò alla sua maglietta con entrambe le mani e la sentì rilassarsi, lasciarsi andare a un pianto liberatorio contro il suo petto.
Poggiò le labbra sui suoi capelli, chiudendo gli occhi e chiedendosi perché un essere così meraviglioso avesse dovuto soffrire tanto. E mentre lei singhiozzava e le lacrime gli bagnavano la maglietta, la strinse più forte e si rese conto di desiderare che lei fosse felice, a qualsiasi costo.







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Hey hey hey, eccomi qui con un capitolo che è un casino completo, tra scene scioglicuore e strappalacrime (?)
Finalmente è saltato fuori il passato di Mel, che è più incasinata di quanto credessimo. È un argomento che mi sta molto a cuore per motivi personali e spero di avergli reso giustizia (in nessun modo voglio sminuirne l'importanza o fare un torto a qualcuno che ha vissuto situazioni simili. Chiunque fosse infastidito o offeso in qualche maniera può scrivermi in privato e farò in modo di migliorare)
Posso dire quasi con certezza che Chris sia cotto marcio. Il rapporto tra lui e Mel sta diventando più profondo di quanto credesse all'inizio (e la cosa gli piace). 
Il prossimo capitolo è incentrato principalmente su quel disastro di Seabass, che (forse) ha una nuova strepitosa ragazza in real life, e che deve fare qualcosa per riprendersi Jenna qui. Forse però unirò due capitoli e ci sarà anche un po' di Chrissa (?WTF? fermatemi)

Voglio ringraziare con tutta me stessa 
AirDustLois Lane 89 e Lois Lane 89 che hanno recenensito l'ultimo capitolo. Grazie, grazie, grazie, anche a chi ha messo la mia storia tra le seguite/ricordate/preferite. Siete tutti importanti per me!
Un abbraccio virtuale a tutti

Sere




 

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