Idioti, vapori e ancora idioti

di serClizia
(/viewuser.php?uid=280275)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Idiota ***
Capitolo 2: *** Steam ***
Capitolo 3: *** Still an idiot ***
Capitolo 4: *** Muses and Needles ***
Capitolo 5: *** Di ragazze e cartelli-scudo ***
Capitolo 6: *** Cegueira ***
Capitolo 7: *** And I found love where it wasn't supposed to be (right in front of me) ***
Capitolo 8: *** Risposte ***



Capitolo 1
*** Idiota ***


Idiota

Fandom: Game of Thrones
Pairing: Arya/Gendry
Prompt: corsa per ripararsi dalla pioggia
Titolo: Idiota
Parole: 605

Arya stava tornando a casa, l’autunno le spazzolava via i peli di Nymeria dai vestiti con un soffio di vento.
Gendry, il suo stalker personale, la raggiunse correndo, come faceva ogni giorno.
“Sei in ritardo,” gli disse, fingendo di controllare un orologio che non aveva.
“Solo perché la biblioteca ti ha buttata fuori prima, stasera.”
Ed era vero. Non sapeva se fosse per le sue magliette piene di buchi e spille da balia o perché il custode, tale signor Tyrion, non sembrava badare particolarmente agli orari. Faceva un po’ come gli passava per la testa ogni giorno, cambiando di mezzore o a volte di ore gli orari di apertura o chiusura.
Secondo Arya, dipendeva molto da quanto aveva bevuto la sera prima. In ogni caso, questa imprevedibilità logistica la attirava e ormai quella biblioteca era la sua seconda casa.
E quel giorno, Tyrion era arrivato con una buona quarantina di minuti di anticipo a minacciarla di ritorsioni se non se ne fosse immediatamente andata, lei e tutti i suoi pendagli.
Gendry attirò la sua attenzione tossendo piano. “Ho letto quel libro che mi hai prestato, comunque.”
Arya inarcò un sopracciglio. Non gli aveva prestato nessun libro.
“Ok, quello che hai inavvertitamente lasciato in palestra perché lo trovassi.”
Beccata. Arya non amava l’ora di ginnastica. E non amava dover condividere lo spogliatoio coi maschi perché la scuola era troppo piccola per averne due.
Quello che amava segretamente, però, era trovare Gendry a petto nudo mentre si cambiava. Ovviamente roteava gli occhi e se ne andava blaterando dell’ingiustizia della condizione femminile, costretta a cambiarsi nei bagni mentre i maschi potevano usare il resto dello spazio, ma aveva notato perfettamente come quei muscoli sudati si flettevano sotto la luce giallastra dello spogliatoio.
Ma non aveva intenzione di lasciarsi attrarre dal fascino dell’atleta della squadra di basket. Non ora e non mai. Così aveva cominciato a disseminare libri, ogni volta su una panca diversa. Casualmente. Voleva vedere se avrebbe colto l’antifona. Lui, che aveva preso l’abitudine di seguire i suoi spostamenti e di accompagnarla a casa. Che diventasse un po’ acculturato, almeno.
“Ti è piaciuto?”, decise di ignorare l’accusa di sana pianta.
Gendry sorrise, interrompendo la camminata. Anche Arya si fermò, seppure un po’ confusa. Gli era piaciuto così tanto che doveva fermarsi per parlarne? Non si erano mai fermati, prima.
“L’avevo già letto. Ma hai indirettamente ammesso di averlo messo lì per me.”
Niente. Aveva aperto più volte la bocca ma non era uscito niente. Quando le guance presero a tingersi di rosso contro la sua volontà, gli prese a pugni la spalla.
“Sta’ zitto.”
Gendry si mise a ridere, coprendosi la spalla con la mano, mentre alcune gocce di pioggia avevano cominciato ad appiattirgli i capelli.
In pochi secondi si ritrovarono sotto uno scroscio incessante.
Gendry la infilò sotto la sua giacca - la giacca da giocatore di basket, dannazione – mentre correvano.
Sapeva un po’ di sudore, un po’ di lui. Un po’ di pioggia.
La pioggia, giusto. Si gettò di lato e spalancò le braccia, lasciando che le gocce le scivolassero addosso. Era come il suo cane, Nymeria, che si sdraiava a pancia in su durante i temporali.
Erano selvagge, un po’ pazze, estasiate dalla sensazione di bagnato sulla pelle.
“Sei matta, Arry?”
“Non chiamarmi Arry, idiota.”
“Ti chiamano tutti così.”
“Tu non farlo. È un soprannome stupido.”
Rimasero in silenzio, a fissarsi. Gendry si decise a lasciar ricadere la giacca sulle spalle e si unì a lei, aperto alla natura e alla broncopolmonite, probabilmente.
Alzarono entrambi gli occhi al cielo.
“Domani mi lascerai un altro libro, Arya?”
“Sì.”
“Perfetto.”
“E tu non fare tardi, idiota.”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Steam ***


Idiota

Fandom: Game of Thrones
Pairing: Jamie/Brienne
Prompt: Una scena nella vasca, dopo che Jamie le ha raccontato del perché uccise il Re Folle
Titolo: Steam
Parole: 424
Note: ERMAHGERD


 

 


Il vapore rendeva tutto nebuloso, e Brienne ne era grata. Se esisteva un Dio del vapore, al momento era la donna più devota di tutti i sette regni. Jamie aveva smesso di parlare, di raccontare come aveva salvato la vita di milioni di persone, di come nessuno si sia preoccupato di nient’altro se non di accusarlo di aver ucciso un pazzo pluriomicida.
E poi era svenuto.
Brienne era corsa fuori dalla vasca. Lo aveva preso tra le braccia, cullandolo. Completamente nuda.
Jamie riaprì gli occhi proprio mentre finiva di elucubrare sul vapore. Due zaffiri le si piantarono addosso.
“Jamie…”
Il nome le sfuggì dalle labbra. Era la prima volta che lo chiamava per nome. La prima volta che non lo vedeva solo come lo Sterminatore di Re. La prima volta che lo vedeva come un uomo.
Gli sfiorò una guancia, come se fosse fatto di argilla. Come se stesse per andare in pezzi.
“Non sei male quando sei preoccupata, sai?”
Brienne mollò la presa e batté in ritirata, pensando al toc che la sua testa aveva fatto contro il pavimento e sperando che si fosse fatto veramente male. Sì lanciò al riparo dell’acqua e del vapore, arrossendo fino alla punta dei capelli perché sicuramente l’aveva vista nella sua interezza. Testa contro pavimento o meno, l’aveva vista nuda. E non nuda nel senso di senza vestiti, quello era passato da quando si era alzata in piedi senza pensarci qualche minuto prima, no, aveva visto lei. Senza difese, senza armatura. Vulnerabile.
E ovviamente avrebbe attaccato. Come tutti gli altri.
Jamie si avvicinò al bordo massaggiandosi la nuca, con sua somma soddisfazione, ma non aveva quel sorrisino, quello sguardo sadico di chi ha scoperto il tuo punto debole e ha intenzione di affondare.
Si immerse nell’acqua, mentre lei cercava di fare tutto tranne guardare nella sua direzione, come per esempio fissare le onde che si creavano al suo passaggio, e le si sedette accanto.
“Dicevo sul serio.” Le prese il mento tra le mani e la costrinse a guardarlo negli occhi. “Non sei affatto male, Brienne.”
Il messaggero scelse quel momento per irrompere nella stanza e comandare che si vestissero, erano richiesti al piano di sopra.
Si alzarono entrambi con una lentezza disarmante. Si vestirono da un capo all’altro della stanza, sotto lo sguardo severo dell’uomo. Ogni volta che Brienne si voltava nella sua direzione, come attirata da una calamita, Jamie stava facendo lo stesso.
Salirono le scale sfiorandosi appena le spalle per colpa del passaggio stretto.
Brienne si domandò in cosa si era andata a cacciare.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Still an idiot ***


Idiota

Fandom: Game of Thrones
Pairing: Arya / Gendry
Prompt: quella scalmanata di Arya è troppo occupata a tramar vendetta nei confronti di mezza Westeros per rendersi conto che i sentimenti di Gendry nei suoi confronti stanno prendendo una piega inequivocabile. Così, lui le forgia una nuova spada. (rating che vuoi)
Titolo: Still an idiot
Parole: 100
Note: sono riuscita a fare una drabble in un drabble event! Miracolo!








Clonk – clonk- clonk – clonk.

Il martello di Gendry si abbatte furioso sul ferro rovente.
Arya si allena davanti a lui con la spada di Jon, infilzando nemici immaginari.
“Li ucciderò tutti, vedrai.”
“Mmh, mmh.”
“Dico sul serio. Dal primo all’ultimo. Cersei.” Affonda. “Joffrey.” Schiva. “Il Mastino.”
Gli scappa uno sbuffo di risata. “Con quello stuzzicadenti?”
“Ago non è uno stuzzicadenti, idiota!”
“No, hai ragione. È peggio. Non lo graffieresti nemmeno, con quello.”
Sta per ribattere ma Gendry la anticipa. Le porge il suo ultimo lavoro.
“Cos’è?”
“La tua Spada, ser Arry. Quella forgiata per ucciderli tutti.”

(“Rimani comunque un idiota.”)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Muses and Needles ***


Only when we're alone

 

 

 

Image and video hosting by TinyPic

Fandom: GoT
Pairing: Arya/Gendry.
Prompt: Modern!AU, Arya va di nascosto a farsi fare un tatuaggio, Gendry è un tatuatore alle prime armi. Appena lo vede, la ragazza decide che forse il tatuaggio lo vuole subito sopra l'inguine. (le mie nozioni di anatomia sono abbastanza pessime: per capirsi, giusto sopra il bordo delle mutande.) La cosa mette tremendamente a disagio il malcapitato, che forse troppo malcapitato non è.

Titolo: Muses and Needles
Parole: 780

Note: I loved it! Grazie per questo bellissimo prompt *^*

 

 

 

 

“Lo voglio qui.”
Mi è uscito di bocca senza esitazione, sono fiera di me. Non mi tremano né le mani né la voce mentre alzo il bordo della maglietta.
Saranno i Muse in sottofondo che mi danno la carica, ho talmente tanto caldo che il lettino freddo sotto di me non lo sento nemmeno.
Il tatuatore fa una leggera pausa, prima di annuire e distogliere lo sguardo velocemente dal bordo delle mie mutande. Ha dei bellissimi occhi blu, ancora più belli da vicino.
Ha già i guanti e tutto, macchina in mano e pronta a colpire.
“Mi piacciono gli aghi,” gli dico, che non si sa mai. Magari uno pensa che una nana come me si spaventi per le cose appuntite, e non è così. “Quindi non ti fare problemi.”
“A-ha,” inarca un sopracciglio, come se non fosse convinto. Come se avesse visto milioni di persone arrivare baldanzose e poi piangere non appena l’ago tocca la pelle.
Si dovrà ricredere su di me, perché non sono così. Sansa, sicuramente, anche se ha già tre tatuaggi. Se li è fatti per quella bestia del suo fidanzato motociclistica, ma tanto lo so che ha pianto come una bambina. Me l’ha detto zio Petyr, e lui sa sempre tutto.
“Sono seria,” ribadisco. “Anzi, gli aghi sono la mia specialità. Mi sono fatta tutti i piercing da sola.”
“Ma davvero,” commenta, piatto, mentre mi stende qualcosa sulla pelle – odora di disinfettante.
“Davvero. E il tuo?”, punto il dito al cerchietto che porta al labbro. Che attira come una calamita, tra le altre cose.

“Me lo sono fatto da solo, ma è il mio lavoro. Ora sto per cominciare. Sta’ ferma, ok?”
“Ok.”
La macchinetta comincia a ronzare e l’ago comincia a bucare. Non fa male. Punzecchia.
Ok, un pochino fa male, ma è sopportabile.
“Ti piacciono i Muse?”, mi chiede di punto in bianco.
“Mh?”
“Stai canticchiando la canzone.”
“Ah, beh… sì. Alla gente che viene qui dentro piace, di solito, no?”
“Non proprio. Troppo fighetti per loro,” non distoglie mai lo sguardo dalle sue mani mentre parla. Peccato. “Conoscono solo i singoli più famosi, comunque.”
“E io stavo cantando qualcosa che non è Time is Running Out, capito.”
“Esatto.”
Non aggiunge altro. Il silenzio si protrae ancora un po’.
“Si da’ il caso che Absolution sia il mio album preferito, comunque.”, gli dico. Mi piace il suono della sua voce. E potrei parlare per ore di musica – tanto non è che abbia altro da fare per un po’, no?

“Miglior canzone?”
“Dell’album o in generale?”
La domanda gli strappa un sorriso. “Ho la sensazione che sarebbe una conversazione molto lunga se dovessimo parlare in generale.”
“Giusto. Di Absolution… Stockholm Syndrome.”
Si sposta leggermente, muovendo la sedia con le ruote per fare qualsiasi cosa stia facendo leggermente più a destra. Ho deciso di guardare il soffitto – o lui – per non rovinarmi la sorpresa fino alla fine.
“Banale. Prevedibile,” commenta, piatto.
“Mi stai prendendo per il culo?”
Alza lo sguardo su di me per farmi un sorriso di quelli grandi – di quelli che spingono le persone a entrare dentro un negozio e farsi un tatuaggio solo per vederlo. “Solo un po’.”
Alzo il dito medio, e lui torna al lavoro. Ci mette un po’ a smettere di sorridere, però.
“Qual è la tua preferita, allora?”
“Non è ovvio?”
“Se lo fosse, te lo starei chiedendo? Cosa sei, idiota?”
“Ti voglio ricordare che il futuro della tua pellaccia è nelle mie mani, al momento.”
“Fanculo. Giusto. Allora, qual è?”
“Hysteria.”
“Banale, prevedibile.”
Sorride di nuovo. Potrei anche abituarmici, peccato che non mi abbia guardato stavolta. Sono invidiosa del lavoro che sta facendo sul mio stesso corpo. Devo essere scesa a un nuovo livello di pazzia.
Il silenzio scende di nuovo. Cerco nella mia mente qualcosa da dirgli, ma non viene niente. Non posso usare di nuovo la scusa dei Muse…
“Perché ti stai facendo questa cosa?”, mi chiede, sorprendendomi in mezzo alla riflessione. Ho come l’idea che anche lui stesse cercando qualcosa di cui parlare, perché davvero… è un argomento idiota di cui parlare. E lui è il tatuatore di professione, lo sa che non gliene frega mai un cazzo a nessuno.
“Vuoi sapere perché mi sto facendo tatuare un lupo sopra le mutande?”
Ridacchia. “Sì, lo voglio sapere.”
Potrei dirgli la verità. Potrei dirgli che sono mesi che passo davanti a questo posto in cerca di un motivo per entrare. Potrei dirgli che non potevo chiedere una cosa idiota come una farfalla e che quindi avevo speso giorni a pensare e ideare il tatuaggio perfetto.
Ma non lo faccio.
“Perché mi piacciono davvero tanto i lupi,” rispondo. E in gran parte, è anche la verità.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Di ragazze e cartelli-scudo ***


Image and video hosting by TinyPic

Fandom: Game of Thrones
Pairing: Arya/Gendry
Prompt: In un AU un po' sessantottino, Arya milita in un gruppo femminista, impegnato a manifestare, tra le altre cose, a favore della masturbazione femminile. Gendry è un giovane operaio metalmeccanico che ha da poco abbracciato i movimenti di protesta, che rimane molto impressionato da quella turbolenta ragazzina e, ovviamente, dai cartelloni fin troppo espliciti che brandisce.
Parole: 630
Titolo: Di ragazze e cartelli scudo
Note: è un finale un po’ lasciato in sospeso, ma questa Arya mi piace troppo così e farle fare altro mi sembrava OOC, per quanto OOC potesse essere un pg che mi sono reinventata io in questo contesto, ma capiscimi XD

 
 
La mia prima manifestazione è una pazzia totale e allo stesso tempo meravigliosa.
Sono finito in mezzo alla strada - uno dei pochi rappresentati di sesso maschile di tutta la parata - circondato da ragazze urlanti, alcune molto poco vestite, ma cariche di un ardore che non avevo mai visto prima.
C’è una tipetta che urla più di tutte, e solo dalla voce mi sono accorto che in realtà non è un maschio.
È magrolina all’inverosimile, con una salopette tutta sbrindellata addosso, un cappello larghissimo da ferroviere sui capelli corti, e i lineamenti, francamente, di un ragazzino.
Mi punta due occhi azzurrissimi addosso. “Che hai da guardare?”
“Io? Niente.”
Mi squadra un pochino, poi si volta di nuovo verso le altre, incitandole ad urlare più forte. È da quando sono qui che fa così, incita, strepita, in un paio di occasioni strappa il microfono di mano al tizio che tecnicamente dovrebbe essere il nostro portavoce e fa un’arringa sui diritti sessuali delle donne.
Si è lanciata in un discorso infinito sulla parità dei sessi basata sulla masturbazione femminile, e ad essere sincero mi sono un po’ eccitato. Probabilmente dovrei essere bannato da questa manifestazione, rappresento tutto quello che c’è di sbagliato in questa società maschilista, ma ho un’immaginazione molto fervida. Me la sono immaginata avvinghiata a un’altra ragazza, probabilmente la sua, a farsi cose a vicenda et voilà. Vorrei tanto non avere messo la tuta da lavoro, per venire qui. Si vede praticamente tutto, e sono costretto a coprirmi con un cartello – su cui ironicamente c’è scritto “Tenete i vostri peni fuori dal nostro sesso”. Il tizio o la tizia che li ha scritti deve essere un poeta.
La ragazzina salta giù dal carro e rimbalza di fianco a me. Mi porge un foglio, per la prima volta noto che ha le unghie laccate di rosso. La mia erezione per fortuna è sparita, posso muovermi liberamente, e mi infilo il cartello sotto il braccio.
“Cos’è?”
“Una petizione.”
“Per cosa?”
“Cos’è, ti sa fatica leggere?”
Le sorrido, divertito. Fa la dura, è una cosa carina. “Magari sì. Potrei essere analfabeta.”
“Se sei analfabeta non puoi scrivere, quindi perché prendere il foglio?”
“Magari la mia firma la so fare.”
Mi strappa il foglio di mano e se lo ficca in tasca, sventolandomi davanti il suo cartellone.
“Questo lo sai leggere?”
C’è una ragazza nuda, sdraiata su di un letto, a pancia in giù. I lunghi capelli neri sciolti sulla schiena. Le mani le spariscono sotto la pancia e ha un’espressione inequivocabile in volto.
Gesù. La tuta sta di nuovo per mostrare tutto.
“Sì,” rispondo, e il cartello scivola al suo posto davanti a me con non-chalance. “Sì, lo so leggere.”
Sorride. Ha un bellissimo sorriso, da gatta. Mi schiaffa il foglio in faccia. “E allora firma.”
Le lancio uno sguardo in tralice mentre firmo, e con mia sorpresa la becco mentre mi guarda. Si volta subito dall’altra parte, con aria colpevole. Mmh, forse sono stato affrettato ad immaginarla con un’altra ragazza. Le restituisco la petizione con il mio sorriso migliore. “Ecco qua. Gendry Waters, sono io,” picchietto sul mio nome. “E se vuoi il mio numero, basta chiedere.”
Lei mi guarda sbalordita per qualche secondo, poi scuote la testa.
“Sei un idiota,” borbotta, prima di andarsene.
Non mi si avvicina più per tutto il resto della parata, e sono un po’ deluso.

A fine manifestazione mi sorprende, apparendomi accanto dal nulla con una pacca decisa sulla spalla mentre sto mettendo via le mie cose in uno zaino.
“Arya,” mi passa un bigliettino ripiegato. “E questo è il MIO numero.”
Se ne va a lunghi passi, le mani infilate nelle tasche della salopette, senza aspettare che io formuli una risposta.
“L’idiota ringrazia!”, le urlo dietro.
Alza il pollice senza voltarsi, continuando a camminare.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Cegueira ***


ATTENZIONE: SPOILER per chi non ha letto i libri. Really, non leggete.
 

Fandom: Game of Thrones
Pairing: Arya/Gendry
Prompt: È cieca, la Gatta dei Canali. Ma quella voce la riconoscerebbe ovunque.

(What if immenso in cui Gendry è finito chissà come a Braavos.)
Bonus +1: con un po' s'impegno, potrebbe anche immaginare il leggero graffiare della sua barba contro i propri polpastrelli - ma ovviamente lui è un'idiota, e lei non ha la minima intenzione di immaginarsi una cosa del genere.

 
 
“Mi stai fregando, ragazzino?”
“Cosa? No, certo che no! È una spada, dannazione, è il suo prezzo!”
Arya - la ragazza, Beth, qualunque sia il suo nome, nella sua testa non riesce ancora a considerarsi Nessuno, continua a sentirsi Arya – si ferma di colpo.
“Nessun fabbro a Braavos forgia le spade a questo prezzo!”
“Beh, io sì!”
Sono passati anni, continenti di distanza, ma non ha alcun dubbio: Gendry è a Braavos. Riconoscerebbe quella nota roca e strascicata ovunque. Sta litigando con un uomo e dalla rabbia nella sua voce, Arya sa che sta per colpire Gendry e prendersi la spada senza pagare.
Come una gatta, silenziosa e felina, arriva alle spalle dell’uomo e lo stende con un colpo solo.
Vorrebbe poter vedere con gli occhi di Nymeria – come nei suoi sogni - per vedere l’espressione di Gendry, perché il silenzio si protrae, nessuno dei due dice niente.
Arya sente in qualche angolo della sua testa degli schiamazzi per l’uomo a terra insanguinato, gente che si agita, e agisce prima ancora di pensare.
Afferra Gendry per un braccio e si disperdono per i vicoli.
Quando finalmente si fermano, il ragazzo è senza fiato.
“Arya… sei davvero tu?”
“Sei proprio un idiota, certo che sono io.”
“Cos’hanno i tuoi occhi?”
Arya si rabbuia, un po’ perché non ha abboccato al solito amo del dargli dell’idiota, che avrebbe portato a uno dei loro soliti battibecchi e smorzato un po’ la tensione. Un po’ perché è andato subito a mettere il dito nella piaga. Un po’ perché non avrebbe voluto che la vedesse così.
“Sono cieca.”
“Cos’è successo?”
“Tutto. Tu come ci sei finito qui? Cos’è successo?”
Arya sente Gendry strusciare un po’ i piedi a terra. “Tutto.”
Quelle risposte, seppur vaghissime, lasciano intendere tutto l’universo che ci sta dietro. Arya lo capisce. È successo un sacco di schifo e non ne vuole parlare. Esattamente come lei, e sa che anche Gendry sta sentendo la stessa cosa, avendo lo stesso pensiero. Almeno questo non è cambiato, si capiscono ancora.
Arya vorrebbe vederlo. Ancora più di prima. Invoca con ancora più forza gli occhi del suo metalupo.
Senza pensarci, allunga le dita. Sforbiciano nell’aria un pochino finché Gendry non le prende e se le porta al viso. Ha le guance un po’ ruvide di barba, gli zigomi un po’ più sporgenti di quanto se li ricordasse.
Arya ritira la mano come se si fosse scottata. “Sei dimagrito,” è tutto quello che gli dice.
Non ha bisogno di vederlo per sapere che Gendry sta sogghignando.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** And I found love where it wasn't supposed to be (right in front of me) ***


GOT | Jamie/Brienne | SCHOOL Au| Può il "bello e dannato" di turno innamorarsi di una ragazza, decisamente non da "premio principessa del ballo" e sopratutto, può questa ragazza cedere all'amore anche se urla ai quattro venti che rifiuta l'amore stesso?

Jamie si stropicciava la camicia tra le dita, nervoso.
Aspettava che Brienne svoltasse l’angolo, diretta al suo armadietto, per placcarla e farle la fatidica domanda.
Apparve in quel momento, con la sua testa biondissima che svettava sulle altre, e la camminata mascolina. Jamie non sapeva quando aveva cominciato a vederla come una cosa adorabile, quando il loro primo incontro era stato quanto mai orribile. Lui, che l’aveva chiamata racchia per anni.
Che l’aveva derisa davanti a tutti.
Poi la sua media era calata – chi poteva biasimarlo, con il padre sempre con il fiato sul collo a fargli pressione quando lui voleva solo uscire con i suoi amici e respirare – e Brienne gli era stata assegnata come tutor.
Ci era voluto un po’, ad entrambi, per adattarsi alla presenza dell’altro. Litigate furiose in cui più di una volta si erano urlati che non sarebbero più tornati a studiare insieme, ma nessuno dei due aveva mai mantenuto la parola. A lui serviva per migliorare i voti, a lei servivano i crediti extra-scolastici per entrare al college.
Brienne arrivò all’armadietto, la lunga camiciona da uomo che le pendeva sui fianchi, lasciata aperta sul davanti. Era di nuovo nel periodo grunge, pensò Jamie con un sorriso.
Quando lei aprì il lucchetto, Jamie svoltò l’angolo e chiuse lo sportello con un gesto secco, facendola sobbalzare. “Ma che cazzo?!”, esclamò, cercando di spostarlo per riaprire il dannato coso.
Lo sguardo deciso che Jamie le puntò addosso la fece desistere.
“Cosa,” lo apostrofò.
Jamie si scostò i capelli dalla fronte con un movimento del collo, ma non disse ancora nulla. Stava radunando il coraggio.
“Se è per Fisica, ti giuro su Dio che se hai perso di nuovo i miei appunti ti faccio il culo.”
“Cosa?”, Jamie si accigliò. “No, non è per quello.”
“E allora cosa.”
Abbandonò la posa da figo contro l’armadietto per incrociare le braccia sulla camicia. A quadri. Evidentemente aveva preso le stesse abitudini di Brienne senza rendersene conto.
“Siamo all’ultimo anno,” esordì.
Lei roteò gli occhi. “Ma non mi dire, Sherlock.”
“E l’ultimo anno c’è l’ultimo ballo di fine anno.”
Brienne spalancò tutto lo spalancabile, per poi scoppiare a ridere. “Mi stai invitando al ballo, Lannister?”
Jamie non rispose. Rimase settato sullo sguardo penetrante.
Lei sbatté più volte le ciglia, confusa. Si fece più vicina, con una mano sull’armadietto, forse per farsi forza.
“Mi stai invitando al ballo?”, disse, a voce bassa, lanciandosi un’occhiata furtiva intorno.
Jamie ingoiò un po’ di saliva, strinse gli occhi. “Sarebbe un onore.”
Brienne lo osservò a lungo. Forse cercava di indovinare se fosse uno scherzo, una trappola. Jamie non disse nulla, sapeva che non sarebbe bastate delle parole a convincerla. Non dopo tutte le prese in giro e il bullismo che aveva subito. Impresse le sue intenzioni nel modo in cui stava mantenendo ferma la posa.
Quello che vide dovette convincerla. “Va bene,” sbuffò. “Ma non pensare di vedermi col vestitino di seta e cose del genere. Ci vengo vestita come mi pare.”
“Assolutamente,” Jamie concesse subito. Come se gli fregasse qualcosa di come si sarebbero presentati, anche così in camice abbinate gli sarebbe andata bene – quelle erano più cose che preoccupavano sua sorella Cersei.
“Grazie, lady Brienne,” le fece un finto inchino, prendendole la mano per soffiarle un bacio sulle nocche.
Lei sorrise – aveva un sorriso bellissimo. “Grazie, sir Jamie.”
Il modo in cui lo disse gli scaldò un po’ il cuore. Lasciò andare la mano con riluttanza.
“Ci vediamo al ballo,” cominciò a ripercorrere il corridoio camminando all’indietro. “Sarò quello vestito da principe azzurro.”
“Ci vediamo oggi pomeriggio in biblioteca,” gli urlò dietro. “Per fisica?”
“Giusto. Quello.”
“Idiota.”
L’aveva mormorato, ma Jamie gliel’aveva letto sulle labbra mentre scuoteva piano la testa, concentrata di nuovo sull’armadietto. Non gli sfuggì come non riuscisse a smettere di sorridere.
Jamie continuò a camminare all’indietro per poterlo vedere, quel piccolo sorriso, finché non fu costretto a girare l’angolo.
Sarebbe stata una bella giornata.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Risposte ***


Dal prompt: Jamie non capisce. Brianne non è neanche bella quanto Cersei, non ha la sua grazia, non ha la sua leggiadria e impugna una spada tanto bene quanto Cercei riesce ad essere bella. Eppure, Jamie non fa altro che pensare a lei.
Note: SPOILER  per chi non è in pari con la serie.
PS: ho divagato, ma mi è venuto questo. Hope you like it.


Jamie è sdraiato a letto, nella stanza padronale che prima apparteneva al Pesce Nero.
Ha conquistato il Castello, rinsaldato la presa del regno, e in più ha potuto pure prendere per il culo un paio di Frey. Non c’è quasi niente di meglio, al mondo.
Adesso dovrebbe dormire come un bambino, riposare dalla battaglia, seppure facile, seppur vinta prima di essere cominciata. Dovrebbe semplicemente chiudere le cazzo di palpebre e dormire.
I suoi occhi non sono d’accordo, e continuano a trovare il soffitto un’alternativa molto più invitante; il suo cervello a tormentarlo con un continuo bombardamento di immagini. Beh, di un’immagine sola, a dire il vero.
L’immagine di una barca che si allontana lentamente, inesorabilmente, lungo il fiume. Così Jamie sta lì, gli occhi spalancati verso un passato che gli mette più paura di quanto dovrebbe, perché potrebbe significare l’assenza di un futuro. Quel semplice saluto dalla distanza, potrebbe essere l’ultima volta che ha visto Brienne di Tarth. Stavolta per sempre.
Si stringe le nocche sull’incavo degli occhi, cercando di capire perché il pensiero lo lasci così… sconfitto.
Il sole si affaccia all’orizzonte, puntando l’alba e il suo sguardo sulla camera di Jamie, che ancora giace senza risposta.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3020758