A life in the hidden world

di fera_JD
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 5-04-1963 ***
Capitolo 2: *** 22-02-1979 ***
Capitolo 3: *** 23-02-1979 ***
Capitolo 4: *** 7-07-1979 ***
Capitolo 5: *** 8-07-1979 ***
Capitolo 6: *** 19-09-1979 ***
Capitolo 7: *** 7-04-1980 ***
Capitolo 8: *** 8-04-1980 ***
Capitolo 9: *** 29-06-1980 ***
Capitolo 10: *** 13-05-1981 ***
Capitolo 11: *** 3-11-1981 ***
Capitolo 12: *** 9-12-1981 ***
Capitolo 13: *** 10-12-1982 ***



Capitolo 1
*** 5-04-1963 ***


A life in the Hidden World
 
Oh Sinnerman….
Where you gonna run to?
All along dem day
 
5 aprile 1963 22.50 PM
In quel momento, nell’ospedale di Knaresborough, in provincia di Harrogate, nel Nord Yorkshire in Inghilterra, nacque Barbara Martin.
Era una neonata in salute, dai vivi occhi marroni e sparuti capelli castani. Era appena venuta al mondo una vita, come tante altre per certi versi, il mondo era pieno di bambini che nascevano anche quella stessa notte senza luna.
Quindi perché una bambina in particolare doveva essere speciale? 
Infatti non lo era.
Barbara non era nobile, né ricca, non aveva poteri o specialità che la rendevano diversa da altri, non c’erano profezie  sul suo conto, lei non era importante.
Era solo una bambina come tante altre che era arrivata in questo bel mondo cattivo.
 
15 Novembre 1978 23.24 PM
Barbara aveva 15 anni e già aveva assaggiato la cattiveria del mondo vivendo in una famiglia poco presente e più attaccata ai piaceri della vita come alcool e droga per curarsi per davvero di una marmaglia di marmocchi. Ma Barbara ormai ci era abituata e ci sapeva convivere anche se la cura migliore era rimanere il più possibile fuori casa. Per questo era lì nella periferia di Knaresborough ormai in aperta campagna con l’unica compagnia delle sue sigarette.
Barbara aveva già sperimentato la cattiveria della vita, ma quella notte ci sarebbe rimasta affondata.
La luce della luna piena rischiarava la campagna, in quella notte fredda e limpida. Non c’era anima viva in giro ma Barbara non aveva paura, non era la prima volta che si addentrava per quei sentieri di campagna da sola e il buio non l’aveva mai intimorita. Sfilava un po’infreddolita su per quel sentiero di terra battuta con ai lati solo campi mezzi ghiacciati di terra smossa; ci si poteva perdere lo sguardo su per quei campi tutti arati che si perdevano all’orizzonte, sia a destra che a sinistra. Dietro di lei si vedevano ancora le luci del paese, ma Barbara voltava le spalle a quel mare di luci mentre camminava verso il buio della notte, verso il piccolo boschetto che ora, era solo una scura macchia nera nel buio. La ragazza stava ascoltando musica, un nuovo brano del Sex Pistols, band britannica che stava facendo il boom in quegli anni mentre si trovava ormai a pochi passi dall’inizio del bosco.
Ed è lì che le sembrò si sentire un rumore.
La ragazza si fermò togliendo le cuffie, guardandosi intorno stranita.
Poteva essere solo un coniglio o qualcosa del genere, non c’era ragione di preoccuparsi.
Eppure Barb non era tranquilla, sentiva come se qualcuno la stesse osservando. 
Si diede mentalmente della stupida, chi poteva mai esserci in giro a quell’ora? Scrollò le spalle ed entrò nel bosco, ma per qualche ragione preferì non rimettersi le cuffie.
Con i rami degli alberi che nascondevano la luce lunare, tutto era più buio e oscuro e più pauroso. Il cuore della ragazza cominciò a battere più forte. Barb cercò di scacciare quella sensazione, non era mai stata una fifona e sapeva che il sentiero era sicuro ma nonostante questo quella notte c’era qualcosa che non le tornava.
I rumori una volta entrata nel boschetto erano aumentati.
Niente di strano in fondo, sapeva che era presente della piccola fauna selvatica in quella regione, ma  in quel momento Barb sussultava ad ogni suono che percepiva, come se avesse l’impressione che quei rumori non facessero altro  che avvicinarsi a lei.
Alla fine decise che non poteva andare avanti per quella notte e forse era meglio tornare all’inferno di casa, piuttosto che morire di paura lì.
La ragazza fece appena in tempo a girarsi per tornare sui suoi passi che proprio davanti a lei si stagliarono due enormi occhi rossi.
Avvenne tutto velocemente, Barbara cercò di scappare ma la creatura fu più veloce. In una frazione di secondo si sentì lanciata per aria mentre un dolore sordo si propagava su per tutto il fianco. Atterrò malamente rotolando più volte sul manto erboso freddo di brina, graffiandosi volto e mani colpendo rovi e rametti sparsi per il terreno. Finalmente si fermò in una piccola radura che lasciava il cielo scoperto dai folti rami degli alberi, con la luna che faceva capolino da dietro le chiome di una vecchia quercia. Barb faceva fatica a respirare, non sapeva se per il colpo subito dalla bestia o per la caduta, ma era sicura che ci aveva rimesso qualche costola. Si issò sulle braccia, doveva andarsene da lì ma non riconosceva il posto e il terrore le ottenebrava la mente. Si guardò intorno cercando la creatura, avendo anche paura di trovarla.
Barbara non pensava ad altro che doveva muoversi, doveva scappare, correre via da lì.
Poi di nuovo quei due occhi rossi fecero capolino dal buio e il cervello di Barbara si spense. Era totalmente pietrificata dalla paura, non riusciva nemmeno a distogliere lo sguardo da quei due pozzi ardenti che si avvicinavano sempre di più e con una lentezza che la stava facendo impazzire.
Alla fine la creatura uscì alla luce della luna e la ragazza potè vedere chi o cosa la stesse cacciando quella maledetta notte; aveva un pelo ispido di un grigio topo che gli ricopriva tutto l’enorme corpo di due metri e passa, camminava su due zampe assolutamente animalesche mentre  le zampe anteriori erano molto più simili a braccia umane, anche se dotate di lunghi e acuminati artigli. Ma era il muso che non lasciava a fraintendimenti perché era quello di un lupo, un grosso e brutto lupo dagli occhi rossi.
Più si avvicinava, più Barbara si imprimeva la sua immagine nella retina in ogni suo particolare, come le cicatrici che aveva sul corpo: una lunga e frastagliata sul pettorale, un evidente segno di un morso sulla spalla sinistra e il brutto taglio sul sopracciglio destro. Quei segni, non li avrebbe mai scordati.
Al suo avvicinarsi, Barbara non indietreggiò, non urlò, non supplicò rimase solo lì ferma ad osservarlo, impaurita sicuramente ma  con qualcosa in più che non sapeva descrivere nemmeno lei.
Il lupo a quella vista sembrò ghignare fermandosi a pochi metri dalla ragazza e lei ingenuamente pensò per un attimo che non l’avrebbe attaccata. Erano speranze vane.
Un secondo dopo, la bestia si era lanciata su di lei e la ragazza aveva fatto appena in tempo a proteggersi il viso parandosi con il braccio sinistro che le zanne del mostro penetrarono la sua carne fino all’osso dell’avambraccio.
Lì Barbara urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni per il dolore, per la paura e per ciò che accadde dopo.
 Appena i denti del lupo lasciarono la presa un forte e doloroso calore cominciò ad irradiarle tutto il corpo. Barbara si sentiva bruciare ogni fibra del suo essere, come se la stessero bruciando viva.
Mai in tutta la sua vita provò un dolore peggiore di quello.
Dopo un tempo che a Barb parve infinito il fuoco che sembrava distruggerle ogni cellula cominciò a diminuire come la sua coscienza di sé. La vista cominciò ad offuscarsi, stava perdendo i sensi, lo sentiva e ne era grata, voleva solo dormire e dimenticare quella notte.
L’ultima cosa che vide fu il lupo che accovacciato a pochi metri da lei la guardava con un ghigno, ma non aveva più gli occhi tinti di rosso, ma per qualche strana ragione ora erano azzurri ed erano occhi umani.
 
16 Novembre 1978 5.42 AM
Il mattino seguente Barbara si svegliò nella radura, da sola e … stranamente non infreddolita, nonostante la brina coprisse ogni cosa intorno a lei. La ragazza si mise seduta stralunata cercando di mettere ordine nei suoi pensieri e nei ricordi della sera precedente. Non aveva dimenticato, era tutto vivido nella sua mente, ogni più piccolo dettaglio.  Non poteva essere stato solo un sogno eppure non sentiva più alcun dolore. Si tastò il fianco, facendo pressione lì dove era sicura si fosse rotta la costola, ma niente nemmeno un leggero fastidio. Le mani erano sporche di sangue ma sotto di esse non c’era alcun taglio o abrasione ed infine il braccio…
La manica del giaccone era strappata e sporca di sangue o meglio ne era totalmente imbrattata, ma non faceva male… all’improvviso Barb spaventata di quello che le stava succedendo o anche solo dall’ipotesi che si stava facendo largo nella sua mente si tolse la giacca con forza tirando su la manica del maglione ormai sbrindellato e lì lo vide.
Sul suo avambraccio sinistro si stagliava una grossa e frastagliata cicatrice del morso che il lupo le aveva fatto neanche poche ore prima.
Era il segno inequivocabile di quello che era successo, non era stato un incubo, ne un’allucinazione.
Barbara era stata attaccata e morsa da un lupo umanoide in una notte di luna piena.
Non c’erano molte altre conclusioni.
La bestia era un lupo mannaro.
 
9  dicembre 1978  18.00 PM
Ok, questo non è un diario. Mi rifiuto di definirlo un diario, come quelli di stupide ragazzine che ci scrivono su tutti i loro problemi da complessate o i loro tragici e spassionati commenti su questo o quel ragazzo. Quindi mettiamo in chiaro che io Barbara Martin non sto scrivendo un diario. Punto.
Ok, ora mi sento la coscienza più leggera.
Il motivo per cui ho preso questo plico di fogli è semplicemente per mettere scritto alcuni pensieri che se rimanessero rinchiusi nella mia testa credo che mi porterebbero alla pazzia, senza mezzi termini. Oltre al fatto che non mi arrischio minimamente a parlare di… “questa cosa” con nessuno. Mi darebbero della pazza!
Ok quindi, ora lo scrivo e diventa veramente una realtà, non è un sogno non sto impazzendo (spero): è la realtà. Ok va bene, ormai è inutile girarci attorno.
Io sono un lupo mannaro.
O almeno credo.
La luna piena sarà tra sei giorni e sono decisamente in ansia, ma non facciamoci prendere dal panico.
Ok facciamo la lista delle cose strane che sono successe, e mi stanno succedendo; oltre alla bella avventura di quella notte ovviamente, con annessione di cicatrice da film fantasy nuova di zecca sul braccio… addio magliette corte…
Comunque,per primo: non sento il freddo. Ieri ha nevicato un po’, sono uscita in pigiama con i piedi nudi e non sono congelata. Nel senso, sentivo il freddo ma molto meno di quello che avrei dovuto sentire. Nick (mio fratello) gli sono venuti i geloni perché ha tentato di imitarmi, mentre a me non è venuto nemmeno un raffreddore.
Secondo: fattore rigenerante, migliore di Wolwerine! Ok, questa è una vera figata! Mi sono tagliata mentre tentavo di cucinare qualcosa qualche settimana fa e certo ha fatto male ma il taglio si è assorbito neanche pochi secondi dopo, sotto i miei occhi!! Da sballo!!
Terzo:forza e agilità superumane! Fantastico!! Non avevo mai corso così, dovrei fare dei test per vedere a che velocità posso arrivare… La forza la devo controllare meglio… ho praticamente distrutto una porta a scuola mentre l’aprivo… si quella devo imparare a gestirla…
Quarto: questo è meno divertente. Mi arrabbio facilmente, troppo facilmente e l’istinto di staccare la testa a morsi alle persone sta anche diventando più forte negli ultimi giorni. Forse è perché la luna piena si sta avvicinando..
Ed arriviamo al problema principale, in questi ultimi giorni ho letto ogni cosa che ho trovato sui licantropi e altre cose strane. Non credevo che avrei mai passato tutto quel tempo in biblioteca in tutta la mia vita, ma a mali estremi, estremi rimedi. Comunque, non avrei mai immaginato quante cose strane succedono nel nostro paese, gente che sparisce senza lasciare traccia, strani eventi come giochi di luce, o boati di cui non si capisce la causa, aggressioni da persone o animali mai trovati, sicuramente licantropi (forse), o da altre creature… Di certo se esistevano i licantropi chissà cos’altro può esistere per davvero. Vampiri, fate, mostri, orchi, streghe e  bo… magari anche i draghi!
In ogni caso i vecchi giornali sono pieni di cose del genere, ma per qualche ragione nessuna ha  mai fatto un collegamento tra tutti questi fatti bizzarri…
Alla fine delle mie ricerche comunque non ho concluso molto, a parte farmi venire un gran mal di testa!
Ma la mia priorità rimane la stessa, sarò capace di controllarmi durante la luna piena? Molti racconti dicono che il lupo mannaro durante il plenilunio diventa un mostro assetato di sangue nella più completa furia animalesca, eppure più penso a quella notte più mi sembra che il tizio che mi ha attaccato fosse lucido. Non si comportava da pazzo, né da animale.. e questo spiega tutto sulla sanità mentale di quel tipo! A quanto pare attaccare e trasformale le ragazzine nei boschi è il nuovo hobby più trendy del momento! Lasciamo perdere!
Sta di fatto che più la luna si avvicina a diventare tonda, più mi sento irrequieta e nervosa come se ci fosse qualcosa sotto alla pelle che si muove per uscire. Non è un granchè come sensazione…
Ma mi sono preparata, ho trovato un posto abbastanza remoto e poco frequentato dove potrei andare a… trasformarmi. Santo cielo se mi sembra ancora strano!
Comunque per arrivarci dovrei fregare un auto, non ci sono autobus a quell’ora… prenderò quella della zia Kate, se le porto una bottiglia sarà troppo ubriaca per accorgersene…
 
15 Dicembre 1978 21.00 PM
La notte di luna piena era arrivata e Barbara come aveva pianificato, prese l’auto della zia e si recò nel luogo prestabilito. La fortuna di avere una famiglia totalmente irresponsabile era l’aver imparato a guidare a 14 anni, spesso con auto non necessariamente di loro proprietà.
Per sicurezza Barbara aveva fatto un controllo nei dintorni prima di scoprire qualcuno appartato nelle vicinanze del bosco ma grazie al freddo e al buio, non c’era anima viva per chilometri. Fu una vera fortuna perché appena la luna era sorta la trasformazione era iniziata.
All’inizio il dolore la investì con la forza di un camion lanciato a tutta velocità, si sentiva il corpo dilaniato dall’interno, le ossa cambiavano posizione , i muscoli si tendevano fin quasi a spezzarsi e la pelle era percorsa da formicolii insopportabili. Barbara capì subito cosa stava succedendo e si arrese all’evidenza, non c’erano più dubbi, né incertezze, lei era un lupo mannaro.
Ne fu quasi felice all’idea, era meglio saperlo una volta per tutte che brancolare nel buio del dubbio. Questa consapevolezza la colmò e all’improvviso sembrò che il dolore si stesse affievolendo fin quasi a scomparire. Barb sentiva ancora il suo corpo cambiare ma per qualche motivo non le faceva più male come prima, e di certo non poteva che esserne sollevata.
Neanche pochi minuti dopo davanti al finestrino della macchina  si specchiava un grosso lupo dal manto castano dello stesso colore dei capelli della ragazza e dai due grandi occhi che risplendevano di un luminoso giallo spettrale.
Barbara guardò il suo nuovo corpo e capì di averne il controllo.
La ragazza nel corpo del lupo sorrise felice.
Un nuovo lupo mannaro era appena nato.
 
Nota dell’Autrice
Ok questo è diventato il primo capitolo della storia di Barb!
Per chi non lo sapesse ed è arrivato su queste lande solo ora, inizialmente avevo postato un capitolo per ogni data che compare nello scritto, motivo per cui il testo era decisamente corto ad ogni pubblicazione. Ai tempi quando ho iniziato –santo cielo sembra che sto parlando del giurassico!!-  non era un grosso problema perché avevo in mente di pubblicare ogni giorno ma poi il lavoro, l’accademia e il blocco dello scrittore mi hanno detto che il mio piano era letteralmente impossibile! Quindi ora posto settimanalmente –di solito al giovedì- un testo degno di questo nome! A parte il secondo capitolo che è rimasto piccolino, perché non potevo fare altrimenti per i fini della trama.
Quindi ad ogni modo, da ora in avanti ogni capitolo riguarderà un preciso giorno della vita di Barbara e sperando che la storia vi abbia almeno un po’ incuriosito spero che continuerete a seguire me e la mia amica licantropa!
A presto
JD
 
PS: Questo è l’Url della mia pagina face book, dove se volete trovate alcune illustrazioni di Barb e company fatte dalla sottoscritta! Se volete vedere dei nuovi disegni di personaggi, paesaggi o altro inerenti alla storia basta chiedere!
https://www.facebook.com/Il-blog-di-Fred-454171808109877/?ref=aymt_homepage_panel

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Capitolo 2
*** 22-02-1979 ***


Oh Sinnerman, where you gonna run to?
​So I run to the river, it was bleedin'
​I run to the sea, it was bleedin'
​All along dem day

22 febbraio 1979 1.00 AM
Ok, è successa una cosa strana.. nel senso più strana della mia nuova quotidianità, in cui passo ad annoiarmi sui banchi di scuola a correre nei boschi con artigli e zanne sguainate per il puro piacere di farlo. La mia vita è una meraviglia! E non sono sarcastica! Strano ma vero e… sto divagando.
Sono tornata a scrivere su questo “diario” dopo mesi perché ciò che ho visto mi ha lasciato totalmente di stucco e quindi sempre per la stessa ragione dell’altra volta, lo scrivo qua per evitare di impazzire.
Allora sappiamo tutti che il vecchio Dungwort è un tipo strano, se ne sta sempre chiuso nella sua casa traballante in fondo al quartiere e non esce mai, tranne per rimproverare i bambini che gli tirano i sassi alle persiane delle finestre.
Mi ricordo che lo facevo anch’io:  avvicinarsi a quella casa è sempre stata la mia prova di coraggio preferita. Una volta ero riuscita a scavalcare la staccionata del giardino e fare qualche passo all’interno lasciato totalmente allo squallore prima che il vecchio uscì di corsa fuori di casa per scacciarmi dalla sua proprietà armato con un bastoncino di legno. Da quell’episodio nel quartiere ero rispettata;  la regina del giardino di Dungwort, mi chiamavano! Bei tempi!!
Ma comunque un paio di ore fa sono passata da lì dopo una delle mie “passeggiate” notturne e quando ho posato lo sguardo sulla casa del vecchio ho visto qualcosa di diverso.
No, l’intera casa era diversa! È diversa!!
Giuro che fino a poco tempo fa, -qualche mese (non passavo da lì da un bel po’)- quella casa era il top delle dimore diroccate, trascurata, sciatta e sembrava sempre che non ci vivesse nessuno per via di quelle persiane scrostate sempre chiuse. Ma oggi, ho visto un’altra casa! La struttura era la stessa ma era pulita, sembrava tinta di fresco, il giardino era curato… c’era pure un laghetto con delle carpe… roba di classe insomma! Ma soprattutto le persiane erano aperte e si sentivano rumori e voci all’interno, pure della musica. Orribile, ma era comunque musica!
Ok e ora arriva la parte peggiore, quando mi sono avvicinata per vedere dalla finestra, pensando che il vecchio Dungwort avesse tirato le cuoia e la casa fosse stata comprata da qualcun altro,  quello che vidi fu totalmente diverso…e strabiliante!
Gli oggetti stavano volando, non nel senso che qualcuno li stesse lanciando ma proprio nel senso che lievitavano! Erano dei piatti, delle forchette e altra stoviglia che volavano placidamente verso la cucina (se quella era la cucina). All’inizio ho pensato che avessi visto male, ma la mia nuova vista da lupo mannaro non sbaglia mai. Ho visto quello che ho visto.
Sono rimasta nascosta per un po’ per osservare la situazione, lo ammetto sono una gran ficcanaso, ma le stoviglie volavano!!
Ok quello che ho visto, oltre a gente davvero strana del calibro di Dungwort, vestita con cappelli impossibili che neanche la Regina può batterli, sono state luci strane di diversi colori che comparivano da quei bastoncini di legno che a volte Dungwort e i suoi ospiti brandivano come dei direttori d’orchestra.
Ma il bello era venuto dopo: quando quei tizi sono usciti dalla casa e hanno salutato il vecchio Dungwort dicendogli di stare attento per qualche ragione , loro non se ne sono semplicemente andati, sono come spariti nel nulla. Ce li avevo davanti agli occhi fino ad un secondo prima e poi boom! O meglio il suono era più simile ad un crack ma il punto è lo stesso:  scomparsi nel nulla!
Poi il vecchio è tornato in casa e le persiane si sono di nuovo chiuse (da sole! Tanto per precisare), facendo tornare il silenzio.
Non so bene cosa ho realmente visto ma voglio scoprirlo. Voglio scoprire cosa mi è sfuggito in tutti questi anni e soprattutto come è potuto accadere.

​Note dell'autrice
​Innanzitutto grazie mille ad amas95 per aver messo questa storia strampalata nelle preferite! Grazie ancora!! Mille grazie!!
​Grazie anche a tutti coloro che leggono e seguono me e Barbara!
​A domani!

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Capitolo 3
*** 23-02-1979 ***


Oh Sinnerman
where you gonna run to?
So I run to the lord, please hide me lord
Don't you see me prayin'?
Don't you see me down here prayin'?

23 febbraio 1978 14.30 PM
Barbara era uscita da scuola neanche un quarto d’ora prima e già si trovava appostata sul tetto della casa di fronte alla villetta di Dungwort. Si sentiva Spiderman in quel momento, così accucciata su un muro a scrutare il proprio obbiettivo.
“Dovrei trovarmi un nome da supereroina!” pensò Barb con un sorriso.
La casa del vecchio era rimasta uguale alla visione di due notti prima, non aveva nulla di decadente, era ancora la bella casa tinteggiata di fresco. Quello che aveva visto non era stato un sogno eppure, quando il giorno prima Barb aveva chiesto al fratellino minore Nick se avesse notato dei cambiamenti nell’abitazione di Dungwort  lui gli aveva risposto che era sempre la solita brutta casa.
Barb non capiva come fosse possibile che solo lei potesse vedere quella visione, quale fosse la vera realtà non riusciva a capirlo: la casa decadente o la casa “magica” che vedeva ora lei?
 Forse centrava qualcosa il fatto che adesso era un licantropo, ma allo stesso tempo si chiedeva cosa potesse centrare la sua nuova condizione di mannara con l’avere allucinazioni su case e gente strana.
Barbara non era una stupida, sapeva che c’era qualcosa in più in quel mondo da quando era stata morsa, le sue ricerche a riguardo parlavano chiaro. In Inghilterra e forse non solo, esisteva altro oltre alla realtà di tutti i giorni che lei aveva sempre vissuto, una specie di realtà nascosta alla maggior parte della gente. Una realtà che la ragazza pensava di farne parte ormai e forse anche il vecchio Dungwort.
Barbara scese dal tetto con un balzo -se lo avesse fatto prima del morso si sarebbe spaccata entrambe le gambe- e si diresse circospetta verso la casa circo navigandola per passare dal retro. Non provenivano suoni dall’interno e nemmeno usando l’udito da lupo Barbara riusciva a captare rumori; forse il vecchio era uscito o si stava facendo un pisolino. Rassicurata la ragazza scavalcò la staccionata in fretta per attaccarsi alla parete della casa prima di essere vista dalle finestre: i film d’azione insegnano.
Barb si mosse con circospezione cercando di fare il meno rumore possibile, finchè non arrivò ad una finestra lasciata aperta, posta proprio sopra alla sua testa. Per la via non c’era nessuno e la casa del vecchio era alla fine della strada perciò da quel lato dell’abitazione c’erano solo alberi a fare da testimoni al reato che stava per compiere. Dopo un’ultima occhiata in giro la ragazza si fece coraggio e con un piccolo salto si issò sul davanzale entrando finalmente nella casa. Barb si trovava in quello che doveva essere il salotto, era accogliente pulito e dal mobilio antico di un legno rosso che dava all’ambiente un aspetto raffinato e allo stesso tempo un po’ rustico. Era carino, ma certamente non potevano mancare gli oggetti strani: sul tavolino c’erano dei bizzarri marchingegni e boccette colorate di varia forma e consistenza. Da una di queste veniva fuori pure del fumo violaceo e sinceramente la ragazza non voleva sapere cosa fosse.
La libreria poi era imponente ma i volumi oltre a sembrar provenire dal secolo scorso avevano dei titoli piuttosto bizzarri: “Mille erbe per distillati perfetti” o “Ogni specie di Goblin europei” c’era anche uno che diceva “Banchetti in un minuto: questa si che è magia.”
In tutta la casa poi permeava uno strano odore dolciastro, lo aveva sentito anche quella notte ma tra tutte le bizzarrie di quella sera non ci aveva fatto poi così tanto caso.
Stava curiosando ancora tra la libreria che sentì distintamente dei passi dietro di lei che correvano veloci nella stanza adiacente. Fece appena in tempo a girarsi che il vecchio Dungwort comparve sulla porta armato di quel bastoncino di legno. Barb non fece in tempo a dire una parola che il vecchio pronunciando qualche parola strana che sembrava latino fece comparire un fascio di luce rossa dalla punta del bastoncino che volò dritto verso la ragazza. Se Barbara non avesse avuto i riflessi migliorati l’avrebbe colpita in pieno.
La ragazza si abbassò precipitosamente prima che l’incantesimo la colpisse andando invece a distruggere parte della libreria. Barb guardò il buco dove prima c’erano i libri spaventata, quei bastoncini non emettevano solo lucine allora.
Dungwort  comunque non si arrese e lanciò un altro di quei fiotti distruttivi che la ragazza riuscì a schivare, usando il divano come scudo.
“Merda!” esclamò la ragazza dandosi della stupida per aver avuto la pessima idea di entrare lì dentro. Ma non ebbe tempo di rammaricarsi perché il suo scudo era appena stato magicamente spostato lasciandola allo scoperto e per evitare la nuova serie di incantesimi si ritrovò  a correre per il resto della casa, rincorsa da fiotti di luce che facevano saltare per aria il raffinato mobilio del signor Dungwort.
“Signor Dungwort per favore…wua!!”
Cercare di calmare il vecchio sembrava un’impresa impossibile, era totalmente fuori di sé e continuava ad urlare delle ingiurie –piuttosto singolari per la verità- verso Barbara, l’aveva chiamata anche deatheaters (mangia morte).
“che diavolo di insulto era quello?” si chiedeva la ragazza.
I due continuarono così per una buona mezz’ora finchè al vecchio Dungwort cominciò a venire il fiatone, anche se Barb non era messa molto meglio, ma la differenza di età era dalla parte della giovane.
Dungwort era piegato con le mani sulle ginocchia sulla porta della cucina dove la ragazza si era nascosta dietro al tavolo ribaltato. Visto che c’era un attimo di calma Barb si arrischiò a guardare oltre il bordo del tavolo, il signor Dungwort sembrava troppo stremato per lanciare altri di quei “cosi” luminosi, -Barb non si arrischiava a chiamarli ancora incantesimi prima di averne la reale conferma, così provò a rischiare.
Prendendo un panno bianco caduto prima durante la lotta, la ragazza sporse il braccio oltre il suo nascondiglio sventolando lo straccio come una bandiera.
“Ehm signor Dungwort che ne dice di una tregua?” chiese sperando vivamente che il vecchio non decida di troncarle la mano seduta stante.
“Che cosa vuoi?” chiese gracchiante lui con ancora il fiato corto.
“Solo parlare… senza che lei mi attacchi, ovviamente. Ci sta?” chiese di nuovo Barb incrociando le dita.
Passarono alcuni secondi di silenzio in cui alla ragazza vennero i sudori freddi, non aveva voglia di un altro scontro. Se il vecchio avesse rifiutato, avrebbe rotto la prima finestra e si sarebbe lasciata per sempre quella casa alle spalle! Per fortuna, questo non successe.
“Va bene. Vieni fuori.” Rispose alla fine il vecchio e Barb ringraziò il cielo, alzandosi con le mani sopra la testa in segno di resa.
Dungwort aveva ancora il bastoncino in mano e lo puntava minaccioso verso la ragazza con espressione torva. “Se provi a fare qualche scherzo ti giuro che …”
“Non farò niente. Prometto.” Si intromise Barb facendo qualche passo in avanti, mentre il vecchio la scrutava da capo a piedi sospettoso.
“Chi sei? Chi ti manda?” chiese perentorio.
Barbara un po’ stranita rispose “Non mi manda nessuno, mi chiamo Barbara Martin abito due isolati più in su, signor Dungwort.”
“Impossibile, la famiglia Martin è totalmente muggle (babbana ) e nessun muggle può entrare qui dentro!”
“Ehi!” esclamò Barb mettendo le mani sui fianchi irritata “Senta, la mia famiglia ne ha presi di insulti e anche meritati a volte è vero, ma questa è nuova! Cos’è questo muggle?!”
“Cosa?” stavolta era toccato a lui rimanere stranito ma si riprese in fretta risaldando la presa sul bastoncino. “Se non sei un muggle che cosa sei?”
Barb a quella domanda sussultò, non aveva mai detto a nessuno della sua nuova natura e non era molto interessata a farlo ora. “Sono… una ragazza normale. Totalmente normale.”
Era suonato falsissimo, lo sapeva anche lei e ovviamente nemmeno Dungwort se la bevve.
“Nessuna ragazza normale riuscirebbe a schivare tutti quegli incantesimi a quella velocità. Quindi ripeterò la domanda: che cosa sei tu?”
Barb vagliò le varie opzioni: scappare? Impossibile finchè la teneva sotto tiro in quel modo. Cambiare discorso? Equamente impossibile, il vecchio era caparbio e mentire era inutile ormai. C’era solo la verità.
Barb sospirò sconsolata “Ok, ehm… non so se per gente come lei questo potrebbe essere normale o meno ma cerchi di non allarmarsi va bene?” chiese con un sorriso tirato.
Dungwort alzò un sopracciglio cespuglioso  in risposta guardandola ancora più stranito.
“Ok” esalò Barbara e prendendo un profondo respiro disse tutto di un fiato “Sono un lupo mannaro.”
Di colpo la ragazza indietreggiò di un passo aspettandosi una serie di incantesimi che però non arrivarono, il signor Dungwort era rimasto solo immobile a fissarla senza cambiare minimamente posizione, forse non le aveva creduto.
“è vero le dico” continuò Barb “è successo ormai più di tre mesi fa! Un’enorme lupo dagli occhi rossi mi ha attaccato e mi ha morso!” tirando su la manica del giaccone mostrando la cicatrice “E un mese dopo mi sono ritrovata a correre con zanne e artigli alla luce della luna piena. Ma non sono pericolosa! Mi so controllare, ogni istinto animalesco lo controllo davvero! Certo ora mi piace molto di più la bistecca al sangue ma è il minimo no? E poi è forte essere un licantropo, non ho mai corso così veloce e ho una forza strepitosa! Per non parlare dei sensi ipersviluppati! È una forza!! E…”
“Per Rowena, avevi davvero bisogno di parlarne.” Disse il signor Dungwort riponendo il bastoncino in una tasca di quella lunga tunica che indossava.
“Oh si, non immagini quanto!” rispose Barb che si sentiva all’improvviso molto più leggera.
“Si ora mi ricordo di te, signorina Barbara. Sei stata l’unica bambina che è riuscita a scavalcare la recinzione del mio giardino.” Disse Dungwort con un cipiglio falsamente severo.
Barb si grattò la testa imbarazzata “Oh..ehm se lo ricorda eh eh …”
“E a quanto pare non hai perso il vizio.” Disse lui rialzando una sedia caduta nello scontro e sedendosi stancamente per far riposare le vecchie gambe.
“Ecco, sì mi dispiace di essere entrata di nascosto ma è solo che l’altra notte sono passata di qui e ho visto che la casa, il giardino tutto era diverso e…”
“Si quello è per via di un incantesimo Confundus che tiene lontano i muggle.” La interruppe lui.
“E i muggle sono…”
“Coloro che non possiedono la magia. Perciò quando sei diventata… un licantropo, l’incantesimo non funzionava più su di te.”
“Quindi lei è un mago o qualcosa del genere?” chiese Barb con un sorriso entusiasta.
Dungwort sorrise benevolo davanti a quel luccichio curioso che vedeva negli occhi della giovane. “Si sono un mago, signorina Martin.”
“Barbara.” Disse senza pensare la ragazza.
“Cosa?” chiese il vecchio mago.
Barb si strinse nelle spalle “Nulla solo preferisco essere chiamata per nome.”
“Ci sono sempre quei problemi in famiglia?” chiese Dungwort “Se posso.”
La ragazza annuì scrollando le spalle. “Sì, ma nulla che non si possa gestire. Comunque non è per quello che non mi piace essere chiamata per cognome, è solo che lo trovo… non mio. Tutto qui.”
“Capisco, allora per essere equi puoi chiamarmi Bernard.” Disse il mago sorridendo e facendo sorridere a sua volta la ragazza.
“Ehm allora Bernard… se non è chiedere troppo non è che potrebbe spiegarmi come funziona?”
“Come funziona?”
“Sì, il mondo nascosto, cioè quello dove possono esistere maghi, licantropi e sinceramente sono curiosa di sapere cosa esiste oltre a noi!” esclamò entusiasta.
“Come funziona il nostro mondo? È una bella domanda Barbara.” Disse sospirando Bernard facendo comparire una bottiglia di liquore dal nulla. “Al momento mia cara funziona piuttosto male.”
“Uhm perché?”
“Sai perché prima ti ho attaccato? Perché pensavo fossi una Deatheaters travestita. Sono criminali” disse Dungwort anticipando la domanda della giovane a sentire quello strano nome “Maghi che perseguono un credo del sangue puro, cioè tutti coloro che non discendono da una famiglia di maghi sono considerati impuri e quindi dovrebbero essere sterminati o comunque sottomessi, o almeno secondo loro.” Disse lui prendendo un sorso del liquore ambrato che teneva in mano.
“Ugh, suona molto nazista.” Commentò Barb disgustata.
“C’è una guerra in corso nel mondo magico, tra gli Auror, i detentori dell’ordine della nostra comunità e i Deatheaters che fanno a capo ad un mago oscuro e davvero molto potente.”
“E chi è?” chiese Barb raddrizzando il tavolo di legno massiccio senza grande sforzo, prima di sederci sopra.
“Oh noi non pronunciamo il suo nome. Non è una buona cosa.”
“Perché ci è legato, non so qualche magia, per cui potrebbe essere pericoloso?” chiese Barb.
“Non mi sorprenderebbe se fosse così, ma è più per timore credo.”
Barb corrugò la fronte “Ma non è peggio fare così? Mistificare questo tizio fino a provare paura a solo pronunciare il suo nome non è controproducente se tentate di combatterlo?”
Il vecchio ridacchiò “Sì, forse hai ragione mia cara. Ma comunque immagino che avrai altre domande sul nostro mondo.”
“Un’infinità Bernard!” rispose allegra la ragazza.
“Va bene. Ma prima è il caso che ti dica una cosa. È una regola per tutti noi che viviamo nel “mondo nascosto” come lo chiami tu, ed è lo Statuto di Segretezza che ci impone di non far scoprire ai muggle della nostra esistenza. Se ciò avvenisse, soprattutto in questo periodo, le conseguenze sarebbero disastrose.” Disse Dungwort severo guardando Barb dritto negli occhi. “Hai capito?”
“Capito, terrò la bocca chiusa.” Rispose la ragazza a cuor leggero. Non aveva comunque nessuna intenzione di parlare della sua condizione con qualcuno, per nessuna ragione.
“Bene e in più… c’è un’altra cosa che mi sento in debito di dirti. I licantropi, non sono visti molto di buon occhio dalla comunità magica, mi sembrava giusto che tu lo sappia.” Disse il vecchio con rammarico.
Barbara era sorpresa e anche un po’ rattristata, ma non si fece buttare giù. “Perché?”
Dungwort sospirò prendendo un altro sorso “Il motivo è perché siete visti come creature pericolose e be’ anche contagiose.”
“Non siamo mica una malattia!” esclamò Barb risentita.
“Per certi versi sì, potete trasmettere la licantropia con un morso.” Disse Bernard e Barbara non potè evitarsi di toccarsi il braccio sinistro. Non le piaceva essere considerata contagiosa come una specie di virus, anche perché stava nascendo in lei il piacere e quasi l’orgoglio di essere un lupo mannaro e non le erano mai piaciuti i pregiudizi.
“Ma comunque” disse il mago strappando Barb ai suoi cupi pensieri “immagino avrai altre domande e immagino anche che per me questa  sarà una lunga giornata.” concluse lui versandosi un altro bicchiere.
Barb sorrise al vecchio mago. Era davvero una brava persona, si dispiaceva per come da bambina lo avesse preso in giro così tanto solo perché era diverso. Ora sapeva cosa significava essere diversi dagli altri. Era una cosa che spaventava, ma allo stesso tempo era anche esaltante.
Barbara sapeva che da quel giorno, quell’esatto giorno e non quello in cui era stata trasformata ma quello, la sua vita sarebbe totalmente e completamente cambiata.
Era entrata nel mondo nascosto, e non ci sarebbe mai più uscita.
“Ovvio!” esclamò la ragazza “ Ma non è che me ne daresti un goccio prima?” chiese  ghignante indicando la bottiglia.
“Scordatelo ragazzina.”

Note dell'autrice
​E finalmente arriva un po' d'azione e Barbara capisce un po' di più come è fatto il "mondo nascosto" o meglio il mondo magico! Grazie a tutti quelli che seguono e leggono la storia grazie davvero!
​Nel capitolo di domani arriveranno anche qualche personaggio che già conosciamo, chi sarà mai?!
​vi lascio qui sotto l'Url di una nuova illustrazione che ho fatto su Barb, spero vi piaccia.
https://www.facebook.com/454171808109877/photos/a.454764438050614.1073741828.454171808109877/519076564952734/?type=3&theater
​A domani!!
 

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Capitolo 4
*** 7-07-1979 ***


Oh Sinnerman
I run to the lord, please hide me lord
But the lord said, go to the devil
He said, go to the devil
All along dem day
 
7  luglio 1979  21.45 PM
Mancavano tre giorni alla luna piena e Barbara sentiva il lupo dentro di lei scalpitare, per questo era uscita per una corsa nei boschi. Con la sua nuova rapidità ed agilità raggiungeva facilmente la velocità di un’automobile, perciò dopo una corsetta di quasi un’ora non si sorprendeva di essere arrivata molto lontano dalla sua città. Era nei territori delle fattorie su a nord che venivano alternate solo da fitti boschi disabitati, lì era libera di essere sé stessa ovvero di essere una licantropa. Odiava nascondere la sua natura durante le sue noiose giornate, anche se dopo aver conosciute Bernard le cose erano migliorate. Poter parlare con qualcuno del suo segreto la faceva sentire un po’ meno sola, perché per qualche ragione si sentiva incompleta come se le mancasse qualcosa di importante.
Era davvero una brutta sensazione e il fatto che la luna piena si stesse avvicinando la faceva diventare parecchio irritabile e di conseguenza lo era anche il lupo, questo portava lo spuntare incontrollato di zanne e artigli nei momenti meno opportuni.  Per ciò Barb adorava correre nella natura, dominio naturale del lupo, lì se zanne e artigli decidevano di fare una capatina fuori dal guscio non era un problema per nessuno.
Barbara stava camminando tranquillamente tra gli arbusti godendosi la tranquillità di quei luoghi con la sola compagnia della luna che sembrava giocare a  nascondino tra le fronde degli alberi quando percepì un odore che sapeva di conoscere. Era dolciastro come di miele e fragole con una punta di qualcosa che non riusciva ancora a decifrare, ma sapeva a cosa appartenesse.
Odore di magia.
La ragazza si bloccò di colpo, fiutando l’aria e acuendo l’udito per cercare di capire da dove provenisse l’odore e all’improvviso lo sentì: un coro di schianti e boati proveniva da ovest lontano qualche centinaio di metri. Barbara avrebbe potuto andarsene standosene alla larga da quella probabile battaglia magica che stava avvenendo poco distante e con cui non aveva nulla a che fare. Avrebbe potuto voltare le spalle e tornare alla sua casa, dalla sua famiglia problematica, tornare nel mondo in cui era nata e cresciuta ma invece decise di correre verso quel profumo che sapeva di miele e fragole.
Quando arrivò a pochi metri dal luogo che aveva percepito rimase immobile dietro agli arbusti, spiazzata nel vedere ciò che le si parava davanti agli occhi. Un gruppo di giovani maghi stava combattendo nella piana brulla che si apriva dopo la fine del bosco in cui ancora lei trovava riparo. Erano in cinque e il combattimento sembrava farsi sempre più violento, lampi di luce colorata volavano per tutta la piana all’ordine perentorio dei maghi. Barbara non sapeva chi avesse di fronte, per quante ne sapeva lei poteva essere una battaglia contro dei Deatheaters anche se la giovinezza dei combattenti le faceva credere il contrario. Sembravano essere poco più grandi di lei, tutti ragazzi, anche se il loro vestiario particolare poteva essere fuorviante, ma in fondo erano maghi, il buon gusto nei vestiti non era tra le loro qualità.
Sembravano avercela tutti con un mingherlino vestito di nero che cercava di difendersi da ben quattro avversari. Non le piaceva quella situazione, perché prendersela in quel modo contro una sola persona?
Barbara scrutò i duellanti uno per uno, cercando di capire il motivo di un litigio così violento, ma oltre a sentire urli in quello strano latino, non si dicevano altro. I quattro erano riusciti ad accerchiare lo smilzo subissandolo di incantesimi e mettendolo seriamente in difficoltà. Il ragazzo però se la stava cavando bene, riusciva a parare la maggior parte dei loro incantesimi e non sembrava un’impresa facile. Ma per quanto poteva resistere?
A Barbara non piaceva quella situazione come non le piacevano gli scontri impari, non aveva nulla contro le risse ci era abituata visto che nel suo quartiere ne assisteva a parecchie. Una volta aveva pure partecipato e da quella esperienza ci aveva guadagnato solo un occhio nero, ma l’adrenalina della lotta era stata qualcosa di esaltante. Quindi poteva immaginare che per i maghi, uno scontro magico fosse l’equivalente di una rissa muggle, ma quella non era una rissa, era molto più simile a una trappola ai danni dello smilzo in nero.
Alla fine uno dei ragazzi, un tipo con gli occhiali e i capelli scompigliati, riuscì ad assestare un colpo allo smilzo che venne sbalzato a terra di un paio di metri. Non sembrava nulla di grave visto che anche se dolorosamente lo smilzo si stava rialzando, ma non fu quell’incantesimo andato a segno che fece infuriare Barb ma le risate di scherno che i quattro ragazzi rivolsero al loro avversario ora a terra.
La ragazza arrabbiata per un tale comportamento idiota decise impulsivamente di uscire allo scoperto.
“ Ehi!” esclamò a gran voce “Oh maghi deficienti!!”
I ragazzi non parvero sentirla troppo concentrati su il loro avversario che ormai era di nuovo in piedi pronto a fronteggiarli di nuovo. Barb era sempre più infuriata e alla fine fu il lupo a parlare per lei.
Un forte ruggito scosse l’aria facendo alzare in volo alcuni uccelli notturni dagli alberi dietro di lei e i suoi occhi brillarono della loro sinistra luce gialla.
I maghi spaventati  si accorsero della ragazza rivolgendo così la loro attenzione e le loro bacchette su di lei, ma Barb non mostrò paura e si avvicinò al gruppo a grandi passi.
“Quattro contro uno, non vi sembra uno scontro un po’ impari?” chiese la ragazza con espressione dura.
“Non sono affari tuoi ragazzina!” mi sbraitò contro uno dei ragazzi, un tizio alto e dai lunghi capelli ricci e neri che stranamente sapeva di cane.
Barb posò lo sguardo su di lui, tentando di non storcere il naso per l’odore, aveva occhi di un particolare grigio, sembravano due pozzi d’argento. Era un ragazzo affascinante ma il tono arrogante distruggeva tutto il suo fascino.
 “Vero” ammise lei scura in volto  “ma non mi importa. Non mi piacciono le battaglie impari.”
Il ragazzo con gli occhiali rise in un modo che poteva solo darle sui nervi, subito seguito a ruota da uno del gruppo, un tipo basso e grassottello la cui risata sembrava lo squittire di topo.
 “Allora che vuoi fare? Ti vuoi unire alla festa ragazzina?! Sempre se non te la fai sotto!” disse l’occhialuto puntandole contro la bacchetta.
Barbara ghignò, se pensavano di farle paura in quel modo, non stava funzionando. Erano loro a puzzare tutti di paura.
“James aspetta…” cercò di metterlo in guardia il quarto della compagnia, un tipo dall’aria malaticcia e dallo strano odore… ma era tardi. La sfida era stata lanciata.
La ragazza non smise di ghignare mentre le zanne spuntavano e il suo volto diventava più ferino, le mani della giovane si sostituirono ad acuminati artigli e infine gli occhi marroni di Barb cambiarono negli occhi gialli del lupo.
 I maghi spalancarono gli occhi a quello spettacolo visibilmente spaventati, tentarono di indietreggiare ma ero ormai troppo tardi.
“Con molto piacere” rispose Barb con una voce roca e gutturale.
La licantropa si lanciò prontamente all’attacco con un basso ringhio mentre i maghi rispondevano con incantesimi che però venivano schivati facilmente grazie ai suoi riflessi migliorati. A Barbara bastava solo osservare i movimenti delle loro bacchette per capire dove sarebbe stato lanciato l’incantesimo, l’unico problema era che doveva tenere sotto controllo quattro bacchette e lei purtroppo aveva solo due occhi.  Per fortuna però lo smilzo si rivelò un ottimo alleato e combattendo insieme riuscirono a tenerli a bada dividendo il gruppo in due e disperdendo così la loro forza.
Nello scontro Barb  perse di vista lo smilzo, intenta a combattere il ragazzo dagli occhi d’argento e il grassoccio, quest’ultimo non era forte e dopo che lo aveva scaraventato con un calcio giù per il pendio di una collina non era più tornato. L’altro invece si era rivelato una sfida maggiore, avvicinarsi per assestare qualche colpo era stato  difficoltoso. Il ragazzo aveva buoni riflessi ed era veloce nello scagliare incantesimi ma non abbastanza per schivare l’attacco di Barbara. La ragazza era ormai a pochi passi da lui e scartando di lato per schivare l’ultimo fiotto di luce, la mannara usò il tronco di un albero come punto di slanciò puntando direttamente al mago che non fu abbastanza svelto a scansarsi. Barb lo afferrò per il gilet di seta nera che indossava (maghi e il loro gusti discutibili) per spingerlo a terra assestandogli poi un pugno che lo fece andare nel mondo dei sogni.
In quel momento Barbara si permise di guardarsi intorno per vedere dove fossero gli altri e acuendo la vista riuscì a vedere i loro avversari distesi a terra e lo smilzo che camminava a grandi passi verso il ragazzo con gli occhiali che nello scontro aveva capito fosse il capo della banda. Il ragazzo era con la schiena appoggiata ad un albero e non sembrava totalmente in forma mentre il giovane in nero si avvicinava a lui minaccioso probabilmente per prendersi una giusta rivincita.
Il grassottello non si trovava, né lo percepiva più, forse era scappato, ma quello che stava per andare in soccorso del suo capo era il ragazzo malaticcio dallo strano odore e Barb non glielo avrebbe permesso.
La ragazza corse a quattro zampe attraversando la piana in pochi secondi scaraventandosi sul ragazzo affondando gli artigli nelle su spalle. Nell’impeto del momento Barb non si accorse che erano al limitare di un pendio scosceso e il suo attacco li fece ruzzolare giù per la collina per una decina di metri. Quando si fermarono Barb  lo bloccò a terra salendo a cavalcioni su di lui,  pronta a colpirlo di nuovo con gli artigli quando notò gli occhi del ragazzo, per una frazione di secondo si illuminarono di giallo, dello stesso giallo dorato che acquisivano i suoi occhi durante la trasformazione nel lupo mannaro.
“Tu sei come me….” disse più a sè stessa che a lui.
Capì che lo strano odore che possedeva quel ragazzo era quello di un licantropo, ma non era uguale a lei, aveva come una sfumatura più dolciastra, di miele e fragole. Avevo davanti un licantropo che era stato contaminato dalla magia.
La rivelazione la fece abbassare la guardia e il ragazzo ne approfittò.  Un incantesimo uscì dalla punta della sua bacchetta e la colpì in pieno petto  facendole fare un volo di più di dieci metri.
Barb non avrei accusato di molto il colpo, compiva balzi anche più lontani di quello senza farsi un graffio, ma atterrò proprio in mezzo al bosco e più precisamente andò a cozzare con la schiena contro il tronco di un albero da cui spuntava un ramo spezzato e acuminato. La ragazza si ritrovò ad urlare di dolore mentre un ramo le perforava la spalla tenendola praticamente impalata all’albero. La vista le si oscurò per il dolore ma già sentiva il suo corpo che tentava di rimarginare la ferita intorno al ramo che ancora la passava da parte a parte, doveva fare in fretta a toglierlo. Barb puntellò i piedi su dei rami sottostanti per farsi forza e impedire alla forza di gravità di distruggerle ciò che le rimaneva della spalla. La ragazza ansimava cercando di non farsi sopraffare dal dolore che le scuoteva il corpo come dei lampi di elettricità per tutti i suoi terminali nervosi.
Alla fine riuscì a spezzare la parte del ramo davanti a lei, ora rimaneva solo la parte difficile, cioè sfilarsi ciò che rimaneva dalla propria carne. Barb prese un respiro profondo e si staccò con un unico e repentino scatto cadendo così in avanti. Sentire il ramo che usciva dalla proprio corpo fu una sensazione orribile oltre che estremamente dolorosa e ancora una volta la ragazza era vicinissima dal perdere i sensi tanto che non riuscì ad arrestare la caduta andando a sbattere contro il terreno a metri di distanza ad di sotto di lei.
Barbara era atterrata sul manto erboso del sottobosco e già sentiva nuove ferite dovute alla caduta che si formavano e si rimarginavano, peccato che la stanchezza e il dolore non venivano riassorbite come le sue lesioni. Rimase sdraiata a terra per riprendere fiato per un paio di minuti prima di avere di nuovo la forza per alzarsi in piedi.
Faceva male anche solo a respirare e camminare era una tortura ma doveva vedere che fine avevano fatto gli altri. Non sentiva più il rumore degli incantesimi che venivano scagliati da una parte all’altra del bosco, cosa decisamente positiva visto la sua condizione. La ragazza espanse i suoi sensi cercando altre presenze umane nei dintorni, erano ancora tutti lì da qualche parte a parte il grassoccio, avrebbe dovuto percepire solo quattro presenze ma invece ne sentì distintamente cinque.  Barb aggrottò la fronte acuendo l’udito, il nuovo arrivato era una donna dalla voce limpida e giovanile e anche piuttosto alterata.
“Che cosa hai fatto?! Che cosa avete fatto! Siete impazziti!” stava urlando la voce femminile.
Qualcuno era nei guai, davvero grossi a quanto si sentiva dalla rabbia che usciva da quella voce.
“Lily io…” era la voce dello smilzo, aveva un tono affranto e dispiaciuto.
A Barbara non sembrava affatto che doveva dispiacersi per essersi difeso ma quelli non erano affari suoi se la cosa rimaneva sul piano verbale… o su quello fisico a quel punto. Nello stato in cui era ora non sarebbe riuscita a sostenere un nuovo scontro, lo smilzo doveva cavarsela da solo ormai.
“Non è colpa sua.” A rispondere però era stata un’altra voce, quella del ragazzo con gli occhiali. La sua voce era suonata con un tono piuttosto flebile, era probabile che ne avesse prese parecchie.
“Ben gli sta!” pensò Barb d’impeto, mentre tentava di risalire la collina.
“Ti stava aspettando al pub e noi l’abbiamo provocato. Volevamo spaventarlo.” Continuò il quattrocchi.
Barbara pensò che almeno quel tipo aveva avuto la decenza di prendersi le sue responsabilità, era già qualcosa.
“Che cosa ci facevi lì?” sentì di nuovo la voce della ragazza rivolta molto probabilmente allo smilzo.
Il ragazzo non parlò subito, e Barb sentì la sua risposta solo dopo un paio di secondi “Ero venuto per dirti che mi dispiace.”
La mannara si bloccò sul posto, il ragazzo aveva una voce intrisa di dolore e rammarico e Barbara non si sentì di ascoltare oltre. Non le piaceva origliare conversazioni private e preferì prendersi una pausa dalla scalata sedendosi tra gli arbusti per dare al proprio corpo il tempo di guarire, piuttosto che farsi gli affari degli altri.
Non passò molto che  Barb potè sentire distintamente i crack del teletrasporto magico che segnalavano la scomparsa dei loro vecchi avversari. L’unico rimasto nella piana era lo smilzo e così la ragazza decise raggiungere l’altura ora che sapeva che non c’erano più pericoli di un possibile nuovo attacco.
Barbara normalmente era piuttosto silenziosa quando si muoveva nella foresta, ma la perdita copiosa di sangue e la stanchezza si stava facendo sentire. La ragazza mise un piede in fallo facendo un gran rumore di sterpi spezzate e quasi cadde di nuovo giù per il pendio.
“Merda!” esclamò la ragazza per via del dolore alla spalla che era aumentato di colpo al movimento sbagliato.
Nell’istante subito dopo, poco sopra alla testa della ragazza lo smilzo era comparso con la bacchetta pronta puntata verso di lei, forse credendo che qualcuno era tornato indietro per avere la rivincita.
Barb alzò il braccio buono in segno di resa con un sorriso sul volto. “Wo, tranquillo sono solo io.” Disse lei con ancora il fiatone.
Lo smilzo abbassò la bacchetta anche se il suo sguardo rimase scuro e aggrottato.
“Non è che mi daresti una mano a salire?” chiese Barb allungando una mano verso di lui, era sporca di sangue come praticamente tutta la sua figura, in quel momento doveva sembrare la vittima di un film horror. “Scusa per il sangue.” Aggiunse lei con un mezzo sorriso.
Il ragazzo guardò quella mano tesa per un attimo, ma alla fine l’afferrò senza battere ciglio aiutando la ragazza ad arrivare in cima.
“Uff, grazie.” Disse Barb premendo subito la spalla che aveva ricominciato a sanguinare.
 Il ragazzo non potè non posare lo sguardo sullo squarcio che ancora si vedeva sul corpo della ragazza, era una ferita piuttosto disgustosa a  dire la verità ma lui non sembrò esserne molto impressionato.
“Sei ferita.” Constatò lo smilzo semplicemente
“Si, ma non è grave.” Disse Barbara riprendendo fiato “Qualche ora e tornerò come nuova. Una delle fortune di essere un licantropo: guarigione accelerata.” 
Lui la guardò stranito e confuso ma non aggiunse altro.
“Se ne sono andati tutti vero?” chiese pur sapendo già la risposta.
“Si, credo di si.” Rispose lui senza smettere di fissarla quasi truce. Barb alzò un sopracciglio davanti a quell’espressione  ma non ci rimase troppo tempo a pensare preferendo sedersi a terra per recuperare un po’ di energie prima di ripercorrere la strada di casa.
“Perché mi hai aiutato?” chiese di tutto ad un tratto lo smilzo.
La ragazza sorrise  a quella domanda rispondendo semplicemente “Perché no?”
Ma non fu una risposta che sembrasse soddisfarlo, infatti il ragazzo assottigliò lo sguardo guardandola ancora più male se questo poteva essere possibile. Quella faccia la fece ridere, cosa assai poco consigliata per la sua ferita e infatti finì a boccheggiare per il dolore.
“Ahia, cazzo! No comunque sul serio, ti ho aiutato perché volevo farlo, tutto qui.” Rispose Barb alla fine.
“Non è mai tutto qui.”
Lei lo guardai dal basso con un mezzo sorriso “Uhm sei un tipo diffidente né? Oh be’ puoi anche non credermi se preferisci.”
Lo smilzo rimase ancora un po’ a fissarla, la ragazza credette anche che le stesse leggendo nel pensiero, Bernard le aveva detto che alcuni maghi ne erano capaci… ma anche se così fosse stato non aveva niente da nascondere.
Alla fine però lo smilzo si limitò a sospirare quasi affranto prima di parlare.
“Sia come sia, ti ringrazio per quello che hai fatto.”
“Figurati” rispose lei facendogli l’occhiolino con il risultato di una faccia tra lo stranito e il quasi disgustato del suo interlocutore che le causò un’altra risata seguita da stilettate di dolore.
Lo smilzo scosse la testa probabilmente rassegnato prima di rivolgerle un veloce saluto e scomparire subito dopo con uno di quei sonori crack.
Barb non seppe mai se fece in tempo a fargli arrivare all’orecchio il suo saluto ma non importava, in fondo non credeva di certo che lo avrebbe  mai rincontrato in futuro.
“Ci vediamo Smilzo.”
 
Note dell’autrice
E sono arrivati anche loro, immagino che avrete capito chi siano il gruppo di maghi… sono ovviamente i Malandrini e Severus. Si c’è anche Lily, ma compare per poco e ne sentiamo solo la voce, quindi va be’.
Questo è il primo incontro di Barbara con alcuni dei personaggi della saga che tanto amiamo e tranquilli li rincontrerà di nuovo, o almeno alcuni di loro… quindi torneranno presto!
In realtà questa storia è nata proprio da questo capitolo che mi è stato ampiamente ispirato da un fantastico corto fan made “Severus Snape and the Marauders” che è davvero meraviglioso e consiglio a tutti di vederlo! (In più c’è anche sub ita!)
Vi lascio qui sotto il link!
https://www.youtube.com/watch?v=EmsntGGjxiw
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se sì o se no scrivetemelo nelle recensioni! (per favore fatemi felice!!)
Quindi per oggi è tutto, grazie mille a tutti quelli che leggono e mi seguono, A DOMANI!

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Capitolo 5
*** 8-07-1979 ***


Oh Sinnerman
So I ran to the devil, he was waitin'
I ran to the devil, he was waitin'
Ran to the devil, he was waitin'
All on that day
 
8 luglio 1979 8.30 AM
Barbara quella mattina si era svegliata con il sorriso e con il ricordo della sera precedente ancora vivido nella sua mente. Era stata un’esperienza incredibile, combattere contro dei maghi, trovare un altro licantropo, aiutare quello smilzo. Era davvero un tipo strano ora che ci pensava; anche nell’aspetto così nero sia per il vestiario che per i capelli e anche gli occhi lo erano, due pozzi di nera pece. Il contrasto con la pelle pallida era ancora più evidente in quel modo, chissà forse era una specie di mago-vampiro.
Barb si ritrovò a ridacchiare al pensiero, facendo mugugnare nel sonno la sua sorellina che dormiva nel letto sotto di lei. La mannara si sporse leggermente oltre il bordo del letto a castello per vedere la piccola Amy raggomitolata nelle coperte come in un bozzolo che le nascondeva anche la testa, solo un ciuffo dei suoi lunghi capelli ramati scappava dal nodo delle coperte.
Barbara dovette reprimere una risata per evitare di svegliarla. La ragazza si sdraiò di nuovo supina sul letto completamente sfatto per la notte agitata che aveva appena passato. Il dolore alla spalla se ne era andato ma le ci era voluto parecchio per rigenerarsi, per non parlare del casino che aveva fatto in bagno quella notte quando era tornata! La vasca era completamente sporca di sangue, sembrava che ci avesse ammazzato qualcuno lì dentro. Per fortuna i suoi fratelli minori erano già nel mondo dei sogni a quell’ora e i suoi genitori come suo fratello Josh, più grande di lei  di tre anni, erano fuori a fare chissà cosa.
La fortuna di avere una famiglia poco presente, se così si poteva dire.
A quel pensiero la ragazza non potè evitare di adombrarsi un po’ e capì che il sonno ormai non sarebbe ritornato. Barb sospirò guardando il poster dei suoi beneamati  Aerosmith attaccato sul soffitto a neanche un metro di distanza e scoccando un bacio a Steven Tyler, il cantante della band, scese dal letto con un balzo silenzioso. Altro che lupo mannaro, era un gatto pensò la ragazza con un ghigno.
Vestendosi in fretta e nel più completo silenzio scese al piano inferiore della casa trovando il salotto disordinato e ricolmo dell’odore del fumo, e quello non era solo puzza di tabacco. I suoi genitori erano lì, nella posizione in cui Barb li vedeva più spesso, suo padre Bob morto sul divano sfondato, in canottiera e mutande mentre sbava sul cuscino e sua madre Charlyn abbandonata sulla poltrona di pelle che ancora abbracciava la bottiglia di uno scadente Jack Daniels.
Quella stanza puzzava da morire e la visione non era da meno e Barbara preferì non vedere oltre. Afferrando una felpa leggera uscì di casa sbattendo volontariamente la porta, prima di allontanarsi a grandi falcate da quello squallore.
Respirando l’aria fresca di quel mattino d’estate, sentì la rabbia scemare volendo distrarsi il più possibile per evitare di pensare alla sua famiglia. La mente tornò di nuovo alla sera precedente e un leggero sorriso tornò ad adornare le labbra della ragazza, quel mondo nascosto cominciava a piacerle davvero. C’era sempre qualcosa di nuovo da scoprire, ogni volta che andava a trovare Bernard, lui aveva un nuovo racconto o informazione sul suo mondo da raccontarle.
Il mondo nascosto era quasi diventato il suo rifugio dai problemi che erano troppo insormontabili per essere aggiustati. Poteva combattere quattro maghi contemporaneamente, ma fare da babysitter ai suoi genitori era un compito che la faceva impazzire, tanto che ormai ci aveva rinunciato.
Barb scosse la testa con forza, scacciando il pensiero. Non ci voleva pensare.
Quando arrivò nei pressi della casa di Bernard senza che se ne accorgesse non si stupì più di tanto, il vecchio mago era diventato una specie di mentore per lei, sempre pronto a darle consigli e ad ascoltarla. Era davvero felice di averlo conosciuto.
La ragazza fece qualche passo verso la villetta di Dungwort con il sorriso sperando di trovarlo sveglio, voleva raccontargli degli eventi della sera prima. Chissà cosa avrebbe detto? Probabilmente le avrebbe dato della sconsiderata per essersi messa in pericolo in quel modo. Barb rise da sola al pensiero, a volte il vecchio si comportava proprio come un nonno.
Avvicinandosi la ragazza acuì l’udito cercando la presenza dell’uomo augurandosi di non sentire il suo russare ma invece sentì due voci sconosciute oltre a quella di Bernard.
“Dungwort, ma sei impazzito?!” stava esclamando una voce da uomo dal tono baritonale “Fraternizzare con un licantropo?! Con  i tempi che corrono?!!”
Barb si bloccò sul posto con gli occhi sbarrati a neanche pochi metri dalla recinzione del giardino. Stavano parlando di lei, non c’era dubbi.
“è una ragazza del quartiere Richard non ci sono pericoli.” Disse la voce di Bernard  in sua difesa.
“Dicevano così anche i Gould prima di essere sbranati da quella banda di assassini!!” continuò la voce di prima.
“Richard ha ragione.” Disse un’altra voce, anche questa maschile “Sono pericolosi e si dice che tanti di quella razza siano dalla Sua parte! Come fai a sapere che questa mannara non lo sia?”
Barb strinse i pugni affondando la testa nelle spalle, si sentiva accusata da quelle voci che nemmeno la conoscevano. Come si permettevano ad ingiuriarla in quel modo se non l’aveva mai neanche vista una volta, la insultavano solo conoscendo la sua natura, solo per quello che era diventata era considerata una specie di criminale. La ragazza sentì montare la rabbia ma cercò di quietarsi, sicuramente Bernard avrebbe spiegato loro la verità. Ormai si conoscevano da mesi, erano amici, la ragazza era sicura che non l’avrebbe tradita.
“Sì, forse avete ragione.” Disse la flebile voce del suo presunto amico “Sono stato sconsiderato a farla entrare in casa…”
Barbara non poteva credere alle sue orecchie. Gli occhi le si spalancarono mentre guardava allibita verso quella casa magica che era stata teatro di tante conversazioni amichevoli e a risate che di sincere ora avevano ben poco.
La vista le si appannò di un velo di lacrime non versate.
Perché si chiedeva, perché la stava tradendo?
Perché anche lui l’aveva abbandonata?
“Decisamente Bernard” stava dicendo la seconda voce maschile “Oltre al fatto che hai corso un grosso rischio! Poteva morderti!”
Barbara strinse i pugni rabbiosa, ecco che tornava alla ribalta il tema del contagio! Non era una bestia che pensava solo a dilaniare il prossimo, peggio di uno zombie!
“Esatto mio caro!” esclamò la voce da baritono di Richard “E poi davvero che compagnia poteva mai darti un lupo mannaro!? Sono degli animali!!” rise lui con una risata di scherno che le fece ricordare di quei quattro giovani maghi della sera scorsa.
Barb non ci vide più, il sangue nelle vene pompava come un ossesso e il lupo reclamava vendetta.
Con un potente balzo la ragazza sfondò la finestra del soggiorno nella sua forma ferina ruggendo verso i tre maghi rimasti totalmente di stucco. Ma fu solo un momento e subito dopo i due ospiti di Dungwort estrassero le bacchette cominciando ad attaccare la ragazza, ma lei fu più veloce di loro, forte per il combattimento magico della notte  scorsa che l’aveva allenata. In pochi minuti Barbara riuscì a strappare di mano le bacchette ai suoi avversari che rimasero inermi alla sua furia. Bernard era rimasto in disparte, totalmente stupefatto per fare qualsiasi cosa, non si aspettava l’arrivo della ragazza come non si aspettava di certo un suo attacco.
I due maghi intanto tentavano di arretrare stando il più possibile lontani da Barbara che li guardava infuriata come non mai.
“Volevate l’animale?!” esclamò nella sua voce roca tipica della mezza trasformazione in cui era “Bene, eccovelo servito!!” urlò lei ruggendo e scagliandosi contro i due. Non voleva fare loro del male, non veramente, ma la rabbia era troppa e non controllava bene la sua forza così quando afferrò i due uomini li fece volare per la stanza più e più volte, distruggendo il raffinato mobilio di legno rosso che ora le ricordava solo il rosso della furia. La ragazza avrebbe continuato la sua opera di distruzione se la voce di Bernard non accorse ad arrestare la sua rabbia devastante.
“Barbara fermati!!” urlò il vecchio mago quasi disperato.
La ragazza lo ascoltò anche se tremava ancora di rabbia ma cercò di ritrarre le zanne.
“Fermarmi dici?” chiese lei con tono adirato “E di fare cosa? Di essere me stessa?! Non sono altro che un animale vero?!” urlò verso l’uomo che aveva identificato come Richard e che ora sedeva tumefatto tra i libri distrutti di Bernard ai piedi degli scaffali. “Oh no che dico, sono una fottuta spia dei Deatheaters ovviamente!” continuò la ragazza questa volta guardando l’altro uomo che non ebbe il coraggio di mantenere il suo sguardo.
Bernard tentò di calmarla : “Barb, noi non volevamo…”
“Che cosa? Darmi del cane, della contagiosa, del mostro?!!” esclamò di nuovo lei con gli occhi lucidi. Era stanca, decisamente stanca di tutto. Aveva creduto che il mondo nascosto avrebbe potuto essere un luogo dove poteva essere sé stessa senza avere problemi, ma come il suo mondo normale non faceva altro che farla sentire in trappola.
“Sai che ti dico Bernard? Che voi, che tanto odiate i Deatheaters e condannate il loro credo di superiorità non siate poi così diversi. Certo non ve la prendete con altri maghi, ma non fate altro che puntare il dito su qualunque altra creatura che vi si pari davanti!!” finì urlando la ragazza con il fiato corto. “Siete solo un altro branco di arroganti e pieno di pregiudizi!!!”
Bernard non riuscì più a guardarla in viso e non sapeva cosa dire a quella valanga di parole che sapeva che dicevano la verità. Un teso e cupo silenzio scese nella casa, nessuno sembrava voler muovere un muscolo rimasti così impietriti davanti all’ira e alla sofferenza di quella ragazza licantropa che aveva riversato su di loro come un fiume in piena.
Alla fine Barbara stufa di quel silenzio di parole non dette, diede le spalle ai maghi andando verso la finestra in frantumi in un moto di rabbia. Subito dopo saltò giù dalla finestra dicendo “Andate tutti a farvi fottere!!”
La ragazza corse via con ormai le lacrime a bagnarle il viso, dovute alla rabbia per le parole dei maghi, per il comportamento dei suoi genitori, per ciò che era diventata, per la mancanza di una figura che potesse confortarla, per un futuro che non vedeva davanti a sé.
La vita sembrava aver chiesto troppo alle sue magre spalle di giovane sedicenne.
 
Note dell’autrice
Allora ringrazio ancora tutti quelli che leggono e seguono la storia davvero grazie!!
Qui sotto vi lascio il link di una nuova illustrazione legata al capitolo precedente che ieri non sono riuscita a finire in tempo! Ops…
https://www.facebook.com/454171808109877/photos/a.454764438050614.1073741828.454171808109877/519835201543537/?type=3&theater
A domani!!

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Capitolo 6
*** 19-09-1979 ***


Oh sinnerman, where you gonna run to?
Sinnerman, where you gonna run to?
Where you gonna run to?
All along dem day
 
19 Settembre 1979 18.45 PM
La scuola pubblica di Knaresborough non era mai stata rinomata o fosse famosa per il rendimento degli alunni e men che meno il prestigio dei professori. Era una scuola normale dove la priorità di ogni suo componente, alunno, insegnante o segretario che fosse era quella di sopravvivere senza perdere la propria sanità mentale. Per questo trovare i giusti agganci nella scuola era fondamentale per vivere in una specie di tranquillità ed essere nel gruppo dei cattivi ragazzi del paese aiutava. Barb non era propriamente una sbandata o una balorda, non facendo uso di droga e non esagerando con l’alcool per ragione più che ovvie, vedere ogni giorno come quelle sostanze avevano distrutto i propri genitori la facevano solo più ripugnare.
Ma in ogni modo, la reputazione della sua famiglia parlare per sé e la giovane Martin era stata accolta a braccia aperte nella banda dei ragazzacci e non ci stava poi così male a dirla tutta.
I cattivi ragazzi di Knaresborough erano soliti ritrovarsi nello sfasciacarrozze proprio dietro alla scuola per fare baldoria dove la musica hard rock veniva lanciata a tutto volume e gli spinelli la facevano da padrone.
Barb era seduta su un tettuccio sfondato di una ford arrugginita in compagnia di un paio di amici mentre osservava i ragazzi dell’ultimo anno lanciarsi in balli scoordinati nel piazzale di terra battuta davanti a loro.
“Sono completamente fatti!!” rise una ragazza al suo fianco con una bottiglia di birra quasi vuota in mano. “Ehi Barb perché non vai giù a fargli vedere come si fa?!” la incitò la ragazza mezza ubriaca.
“No, Margh oggi non ho molto voglia di ballare.” Disse atona lei.
“Hai la luna storta?” chiese l’altra guardandola attraverso la bottiglia di vetro, segno che anche lei non era tutta a posto.
Barb ridacchiò alla domanda, se avesse saputo come poteva essere interpretata quella frase e fortuna che la luna piena era appena passata. No, la luna non centrava con il suo malumore, ma non si era mai del tutto ripresa dal brutto litigio con il signor Dungwort con cui aveva totalmente tagliato i ponti da allora. Non era più andata alla casa del mago e lui non si era mai fatto vedere, probabilmente l’aveva già dimenticata. La ragazza aveva tentato di fare lo stesso, con il ritorno a scuola sperava di poter ricominciare  la sua solita vita quotidiana, ma il pensiero del mondo nascosto tornava sempre a farle visita per non parlare della trasformazione mensile che le ricordava puntualmente cosa fosse in realtà.
“Oltre al fatto che hai corso un grosso rischio! Poteva morderti!”
                        “E poi davvero che compagnia poteva mai darti un lupo mannaro!? Sono degli animali!!”
Le parole degli amici del mago le tornarono prepotentemente alla mente, facendo aumentare la rabbia dentro di lei. Barb in un scatto stizzito afferrò la bottiglia dalla mano dell’amica nonostante le proteste di quest’ultima e finì la birra in due lunghi sorsi gettando subito dopo il contenitore vuoto dietro di sé che andò a frantumarsi sopra alcune vecchie carcasse di metallo.
La mannara controllò l’orario accorgendosi dell’ora tarda che si stava facendo, avrebbe preferito rimanere con quella banda di sbandati ma aveva delle responsabilità da adempiere.
“Devo andare Margh o finisce che i miei fratelli non avranno la cena nemmeno stavolta.” Disse Barb all’amica che le sorrise comprensiva.
“Forse sarebbe meglio così, l’ultima volta che tua madre ha provato a cucinare non ha data fuoco ad una tenda?” rise l’amica al ricordo.
“Ci credo! Era sbronza!!” esclamò Barbara con un filo di rabbia nella voce, anche se al ricordo non poteva che farle sfuggire un sorriso divertito.
“è meglio che vada davvero allora, prima che ci riprovi davvero a mettere mano ai fornelli!” disse Barb saltando giù dall’auto e salutando il resto della banda che le rispose con saluti più o meno lucidi.
Barbara scosse la testa sorridendo verso quella compagnia di spostati che erano i suoi amici, incamminandosi verso casa alla luce dei lampioni che cominciavano ad accendersi in quel momento segno che le ombre della sera stavano cominciando a scurire il mondo.
La ragazza camminò senza fretta ripensando ai suoi amici, si trovava bene tra loro nonostante non approvasse quel genere di vita, forse perché  non la giudicavano per la sua famiglia o il suo modo di vestire e di approcciarsi. Non era mai stata una ragazza tranquilla, né una persona la cui massima aspirazione era quella di sposarsi e avere dei figli come in una di quelle pubblicità della classica famiglia borghese con cane scodinzolante nel giardino della villetta ben curata. Barb venne scossa da un brivido di disgusto all’idea di poter finire così, ma allo stesso tempo aveva paura di finire come i suoi genitori.
“Possibile che non esiste una via di mezzo tra le due opzioni?” si ritrovò a pensare la ragazza davanti alla porta di casa prima di prendere un profondo sospiro prima di tirare fuori le chiavi.
Non fece in tempo a varcare la soglia che la sorellina le corse praticamente fra le braccia cominciando a farfugliare qualcosa di incomprensibile ad una velocità impossibile per un umano.
“Amy, calmati! Mi stai facendo venire il mal di testa!!” la bloccò Barb premendole una mano sulla bocca per fermare il fiume di parole. La parlantina sciolta era una cosa che avevano in comune lei e la sorella, il problema era che quella di Amy era molto peggio della sua, quando cominciava non c’era verso di farla smettere se non si utilizzavano maniere drastiche come quella.
Per tutta risposta la bambina di nove anni la guardò dal basso dai suoi centotrentanove centimetri con uno sguardo furente ma a cui Barb ci era abituata.
“Ora, cerca di focalizzare ciò che mi devi dire in un'unica frase.” Spiegò Barb per l’ennesima volta nella sua vita “E Amy una frase, non cinque o sei. Una e concisa. Abbiamo capito?”
La sorellina annuì esasperata, quando quella che doveva alzare gli occhi al cielo doveva essere la maggiore, ma alla fine Barb la lasciò andare seppure titubante. Non sempre quel gioco funzionava alla perfezione.
“Allora? “ chiese la mannara.
“Il frigo è vuoto e noi abbiamo fame.” Rispose Amy sempre guardandola male.
“Come il frigo è vuoto?!” esclamò Barb. “E la dispensa?”
“Vuota anche quella.” Disse la voce di Nick, il fratello di dodici anni che proveniva dalla cucina.
Barb con ancora la giacca addosso attraversò la casa a grandi passi verso la voce del fratello che trovò seduto al tavolo vuoto con un’espressione tra il rassegnato e l’indispettito. Nick era solo un dodicenne ma ormai aveva capito l’andazzo di quella famiglia disastrata e non si stupiva più  per quelle situazioni assurde. Come assurda era quella cucina sporca e piena di spazzatura accumulata nel tempo e guarda caso c’erano più bottiglie vuote di birra e altri liquori che qualunque altra cosa. Barb volò verso il frigo aprendolo con forza e scoprendo l’ovvia e amara verità. Vuoto.
C’era solo una cipolla raggrinzita in fondo ad uno scomparto e sinceramente non voleva sapere da quanto tempo si trovasse lì. Barb sbattè l’anta dell’elettrodomestico mettendosi le mani sui fianchi cercando di prendere respiri profondo prima di perdere il controllo delle sue emozioni e di conseguenza del suo aspetto umano.
“Cavolo! Avevo detto a mamma di andare a fare la spesa oggi!” esclamò lei arrabbiata.
“Oh c’è andata sorellona.” Disse Nick facendo voltare Barb verso di lui “Solo che credo che abbia comprato qualcos’altro piuttosto che del cibo.”
La rabbia di Barb aumentò quasi al punto di sentire le zanne premergli sulla mandibola ma scemò in fretta. Quella non era una novità per loro, lo sapevano. Aveva solo sperato che non spendesse tutti i soldi in droga o alcool e comprasse almeno qualcosa da mangiare! A quanto pareva era stata troppo ottimista.
“Prendiamo qualcosa da asporto?” chiese Nick.
Barb sospirò di nuovo “Sì, per forza. Ma io non ho un soldo… proviamo a chiedere ai due idioti.” Disse la ragazza diretta in salotto seguita dai due fratelli minori. Appena varcarono la soglia a Barb le si attorcigliò lo stomaco in disgusto e rabbia, i suoi genitori erano sempre nelle loro classiche posizioni. Il padre addormentato sul divano e la madre stravaccata in poltrona con almeno quattro bottiglie ad incorniciare la sua figura sparse intorno a lei come una specie di cornice di degrado.
“Mamma, il frigo è vuoto che cosa mangiamo stasera?” chiese la ragazza richiamando la sua attenzione, voleva proprio sapere che cosa le avrebbe risposto.
Charlyn Martin si risvegliò dal suo torpore posando i due occhi color cioccolata sui figli che aspettavano una risposta. Un tempo la signora Martin doveva essere stata una bella donna, alta e slanciata con quei lunghi capelli neri come la pece che ormai risultavano spenti e crespi e anche un po’ ingrigiti per l’età che avanzava inesorabile. Charlyn non era lucida, si vedeva dagli occhi un po’ appannati e le pupille decisamente troppo dilatate e infatti la sua risposta non fu delle più brillanti.
“Ci sono delle birre in frigo, non è vuoto.” Disse lei con voce impastata.
“Non posso dare della birra come cena a due bambocci con il moccio al naso!!” esclamò infuriata Barb.
“Ehi noi non siamo…” stava tentando di protestate Nick offeso ma un gesto secco della mano della sorella maggiore lo fece zittire.
“Nick per favore!” disse Barb ancora irritata ms era inutile tentare di discutere con la madre, doveva trovare dei soldi. Spostò lo sguardo sul padre addormentata sul divano con la barba rossa incolta e i vestiti di tre giorni fa ancora addosso. Puzzava da morire.
Barbara scosse la testa, suo padre era un caso peggiore di Charlyn. La ragazza quindi si girò verso l’imboccatura delle scale che portavano al piano superiore.
“Josh!” chiamò Barb cercando il fratello maggiore che doveva essere rinchiuso in camera sua.
“Che c’è?!” si senti chiedere dal secondo piano.
“Hai dei soldi per la cena?” gli urlò  la sorella incrociando le dita.
“Niente, non mi hanno ancora dato lo stipendio!” fu la risposta lapidaria di Josh.
Barb si prese la radice del naso, sentiva che le stava arrivando un bel mal di testa. “O meglio, il tizio a cui porti le macchine rubate non ti ha ancora dato la tua parte.” Sussurrò la ragazza stancamente, prima di spostare di nuovo lo sguardo verso la madre. “Mamma evito anche di chiedere a te, vero?”
“Mi conosci bene tesoro!” disse Charlyn con un sorriso sguaiato che fece solo più infuriare la figlia.
“No, ora me lo devi spiegare! Come si fa a ridursi così?! Uhm me lo spieghi!?” esclamò la ragazza.
“La vita è dura, tesoro. Lo sai.” Rispose sua madre con un velo di tristezza negli occhi.
“Sì, lo so fidati!” esclamò Barb spalancando gli occhi esasperata “Ma allora se la vita è così tanto dura perché fare dei figli?!”
“Le cose capitano…”
“Ma visto che le cose sono capitate tanto vale provare quantomeno ad essere un genitore pressoché responsabile!” si ritrovò quasi ad urlare facendo sussultare i fratelli e svegliare il padre dal suo letargo.
“Non parlare così a tua madre…” disse lui sbiascicando e senza neanche aprire del tutto gli occhi.
“Papà, ti prego torna a dormire.” Disse Barb stizzita e lui non se lo fece ripetere due volte.
Charlyn ridacchiò a quella scena trovandola in qualche modo divertente prima di spostare lo sguardo verso la figlia ancora con un mezzo sorriso ad adornarle le labbra piene.
“E come pensi che sia un genitore responsabile, sentiamo?” chiese la donna.
“Che quantomeno si assicuri che i suoi figli abbiano qualcosa da mangiare!” esclamò di nuovo Barb.
Charlyn la guardò senza perdere il sorriso e per un attimo sembrò che il velo dell’alcool si fosse dissipato dai suoi occhi, mentre la osservava.
“Vuoi che faccia la madre responsabile? Va bene” disse alzandosi con una certa fatica dalla poltrona che sembrava aver ormai preso la sua forma “Ora ti svelerò il segreto per riuscire a cavarsela in ogni situazione.” Charlyn camminò barcollante fino al mobiletto dei liquori, che guarda caso quello era sempre ben fornito.
“Il segreto è: pensare sempre e solo a sé stessi.” Finì di dire Charlyn prendendo una nuova bottiglia di whiskey. Barb stranamente prese sul serio quelle parole a differenza di quasi ogni cosa che usciva dalla bocca di sua madre. Pensare solo a sé stessi, poteva essere una scappatoia egoistica per molte persone, ma per Barbara sarebbe stato una forzatura al suo animo. Non sapeva se fosse qualcosa di cui era capace, anche quella notte di luglio quando aveva aiutato lo Smilzo non aveva pensato a sé stessa. Da quello scontro sarebbe anche potuta morire, non aveva mai combattuto contro dei maghi e quella di certo non era una sua battaglia. Eppure ci era finita in mezzo, anzi ci si era lanciata a due mani e anche se fosse tornata indietro lo avrebbe fatto comunque. Non sapeva se considerarsi altruista o solo stupida.
“Non so se sarò capace di metterlo in pratica…” disse Barb più a sé stessa che ad altri, ma la madre la sentì comunque e sorridendo le disse “Oh lo so.” Richiamando la sua attenzione.
“Tu sei diversa da me e anche da tuo padre, che detto tra noi è una fortuna!” disse Charlyn facendo sorridere i figli “Sinceramente non so da chi tu abbia preso…” concluse lei con espressione confusa.
“Dal postino è ovvio!” esclamò il padre riemergendo dai cuscini in quel momento facendo ridere tutta la famiglia Martin.
Quella famiglia era completamente disastrata, ma era comunque la loro famiglia e Barb ci era affezionata nonostante tutto. La ragazza guardò la madre che si era nuovamente seduta sulla sua beneamata poltrona trovando i suoi occhi fissi su di lei mentre la osservava con un sorriso dolce.
Barbara le sorrise a sua volta. “Grazie mamma.”
In quel momento però Amy la tirò per la manica della giacca attirando la sua attenzione “Barb, ma allora che cosa mangiamo a cena?”
La piccola pragmatica Amy la fece tornare con i piedi per terra e al problema principale. La ragazza si grattò la testa non sapendo cosa rispondere, ma poi le venne un’idea.
“Forse ho un piano. Riuscite ad aspettare un’oretta?” chiese ai due fratelli minori che si guardarono confusi, ma alla fine annuirono.
Barbara sorrise furba prendendo la via verso la porta d’ingresso “Vado e torno ragazzi!” disse chiudendo la porta dietro di sé.
Un’ora e mezza dopo a casa Martin aleggiava un profumino delizioso che riusciva anche a sovrastare la puzza di fumo e alcool e grazie a quel profumo e al languore che portò Josh il fratello maggiore verso la cucina dell’abitazione.
Il ragazzo quando entrò trovò i due fratelli più piccoli con un sorriso largo quanto la loro faccia mentre apparecchiavano diligentemente la tavola, mentre Barb canticchiava tranquillamente ai fornelli mentre faceva rosolare qualcosa in  padella.
“Che stai cucinando?” chiese Josh avvicinandosi alla sorella.
“Conigli!” le rispose lei con un sorriso entusiasta.
Josh era confuso, in padella c’era abbastanza carne per tutti, dovevano essere almeno due conigli interi “E dove li hai trovati?”
La sorella ghignò in risposta “Tu non chiedere e io non ti mentirò.”
Il ragazzo ridacchiò alzando le mani in segno di resa “Mi sembra lecito.” Lasciando la sorella ai fornelli per aiutare i più piccoli con la tavola.
Barbara girò la carne nella padella continuando a ghignare e guardando rosolare le prede della sua caccia serale.
 
Note dell’autrice
Lo so, lo so sono in ritardo di ben quattro giorni!!! Lo so  mea culpa!!!! Ma gli esami si avvicinano e mi tocca studiare… la dura realtà che torna alla ribalta… uffa…
Ok questo capitolo volevo dedicarlo alla famiglia Martin, anche perché avevo solo detto che la povera Barb avesse una famiglia un po’ incasinata e quindi mi sembrava giusto dare un nome e un “volto” ai suoi componenti! Ed eccoli qui nella loro degradante bellezza!!
Vorrei riuscire a postare in giornata anche un altro capitolo perché nel weekend non ci sono e si perderebbero altri giorni… non prometto niente ma io ci provo ok!
Comunque un enorme grazie a chi segue la storia e soprattutto ad amas95 che mi recensisce sempre!! Ancora grazie mille!!!
Ps: se vi piacciono le illustrazioni ditemi in una recensione se volete vedere qualche particolare scena o personaggio della storia disegnato! Ci conto!!
A presto
JD

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Capitolo 7
*** 7-04-1980 ***


Oh Sinnerman
All on that day
   I cried  power!!!!!!!
Power to da lord
    Bring down
Power to da lord
     Power!!!
 
7 aprile 1980 0.15 AM
Era notte fonda e Barbara non era nel suo letto. Aveva scoperto che non aveva più bisogno di dormire come prima, riusciva a mantenersi vigile e attenta anche con solo tre o quattro ore di sonno e questo l’aveva portata a rimanere fuori casa anche in orari poco ortodossi. Stare fuori dall’abitazione dei suoi poi, le permetteva di respirare a pieni polmoni che con l’olfatto che si ritrovava la puzza stantia di casa sua le risultava difficile da sopportare.
La ragazza era nel bosco vicino alla città e sentiva ancora i rumori di Knaresborough che arrivavano fin lì; il ronzio dell’elettricità dei lampioni, un auto solitaria che percorrevano una strada, le voci delle persone che ancora non si erano arrese a Morfeo.
Rumore di civiltà.
Non era quello che voleva sentire in quel momento.
Si posizionò controvento dando le spalle alla città lasciando che gli odori della foresta la avvolgessero. Chiuse gli occhi e con un po’ di concentrazione richiamò dal suo animo l’abilità del Lupo, traendo così un’immagine della foresta e dei suoi abitanti grazie a tutti i suoi sensi. Sentì il lieve fruscio dei piccoli animali che zampettavano nel sottobosco: l’odore terroso di foglie in decomposizione e il profumo della resina di abete; quello di un topo di campagna ucciso da una donnola e sentì l’odore dolciastro della magia.
Barbara sussultò lasciando andare di colpo il Lupo e facendo tornare così i suoi sensi ai livelli di intensità umani. Sapeva di non essere molto distante dalla casa di Bernard, ma avvertire quel profumo così all’improvviso l’aveva sorpresa.
La ragazza volse lo sguardo verso la direzione dove sapeva fosse la casa del mago. Era passato quasi un anno dal loro litigio e ancora faceva fatica a dimenticarlo, come faceva fatica a dimenticare il vecchio Dungwort e tutti i suoi racconti.
Barb cominciò a camminare senza una meta precisa persa nei suoi pensieri.
Aveva compiuto giusto il giorno prima il suo diciassettesimo compleanno, non c’era stata una festa né grandi abbracci o auguri. Solo una birra con gli amici al pub e degli auguri che sapevano di circostanza dalla sua famiglia, anche se poteva scommetterci una mano che l’unica ad esserne davvero ricordata era la piccola Amy che si era premurata poi di informare il resto della famiglia. Un sorriso amaro emerse sulle labbra della giovane mentre la mente tornava ad uno di quei pomeriggi passati nel salotto dai mobili di legno rosso di Bernard.
I diciassette sono un compleanno importante nella comunità magica!” le disse il vecchio mago posando un vassoio di biscotti sul basso tavolino di vetro  “Segnano l’entrata del ragazzo nella vita adulta ma più importante non si è più soggetti alla Traccia.” Finì di dire Bernard ridacchiando.
“La traccia?” chiese Barb non capendo a cosa si stesse riferendo l’amico.
“è un incantesimo  che è su ogni giovane mago o strega che permette al Ministero della Magia di scoprire se un minorenne compie magie, magari davanti ai muggle, che è assolutamente proibito per via dello Statuto di Segretezza. Quindi per evitare effrazioni è stata insignita la Traccia sui ragazzi, solo a 17 anni si è liberi dell’incantesimo.” Spiegò Bernard con lo sguardo lontano perso nei ricordi, probabilmente stava ricordando la sua giovinezza quando era toccato a lui compiere diciassette anni.
Barb ghignò “Immagino  che tutti i maghi diciassettenni si diano alla pazza gioia con incantesimi e magie?!”
“Oh ci puoi scommettere! In ogni famiglia magica è un giorno davvero speciale!”
Speciale.
Per lei non  lo era stato. Ma in fondo, si diceva Barbara, non era una strega per lei quel giorno era stato come qualsiasi altro. La mattina si era alzata, era andata a scuola, era uscita con la propria compagnia a fare un giro in città e poi erano andati al pub. Infine era tornata a casa, aveva fumato una sigaretta sul balcone in compagnia del fratello maggiore e poi era andata a dormire. Fine del suo diciassettesimo compleanno.
Non era una strega, eppure faceva parte di quel mondo nascosto e segreto sia ai suoi amici che alla sua famiglia. Era stanca di mentire e di nascondere la sua natura, ma più di tutto era stanca di sentirsi costantemente sola e fuori posto.
Barb sospirò, fermandosi a pochi metri dalla fine del bosco, senza accorgersene era arrivata al limitare della casa di Dungwort. Il vecchio mago era stato l’unico suo appiglio verso quel mondo a cui sentiva di appartenere e perdendolo ora si sentiva come una barca smarrita in una tempesta.
La ragazza fece per girarsi con l’intenzione di tornare sui suoi passi per perdersi di nuovo nel cuore della foresta quando un urlo fendette l’aria, bloccando la mannara sul posto. Barb conosceva quella voce, era la stessa di quei caldi pomeriggi conditi di biscotti e tazze di tè in mezzo a strani alambicchi e libri che parlavano di magia. Era la voce di Dungwort e stava urlando di dolore.
La mannara richiamò il Lupo con la velocità di un nanosecondo ampliando i propri sensi come aveva fatto prima, ma questa volta non per bearsi della natura che la circondava, bensì per sapere su chi avrebbe dovuto affondare i suoi artigli.
In casa di Bernard c’erano altri quattro uomini, quattro maghi che puzzavano di marcio. Non era il solito profumo di fragole e miele, ma era come coperto di un orrido lezzo di uova marce o almeno era ciò che più gli si avvicinava.
La ragazza superò in pochi secondi i metri che la separavano dalla casa, dirigendosi verso la finestra del salotto che sapeva  essere priva di persiane. Quando guardò all’interno senza farsi vedere, le si gelò il sangue a quella visione. I quattro maghi che sapevano di uova marce, non sembravano essere degli ospiti graditi, portavano dei lunghi mantelli neri che nascondevano anche la testa in un cappuccio a punta, mentre il viso era coperto da una spaventosa maschera d’argento che ricordava vagamente la forma di un teschio. Ma il peggio era lo stato in cui si trovava Bernard: era ricoperto di sangue che gli imbrattava il viso e le mani che teneva chiuse a pugno vicino al petto.  Rannicchiato sul pavimento disseminato di tutti i suoi strani marchingegni completamente distrutti, era nel  mezzo dei quattro uomini incappucciati che rivolgevano verso di lui le loro bacchette.
Barbara non capiva cosa esattamente gli stessero facendo, era sicuramente una tortura magica per come il vecchio mago si contorceva sul pavimento ma alla ragazza era bastata quella visione e il sentire le sue urla di dolore per farle salire il sangue alla testa. Avrebbe voluto entrare senza pensarci due volte come aveva fatto in precedenza, quando aveva sentito il suo orgoglio venire ferito quel maledetto mattino di luglio ma qui non c’era in ballo solo lei, c’era la vita di Bernard e la ragazza non poteva permettersi passi falsi.
Doveva trovare una soluzione e in fretta: non sapeva quanto Bernard potesse resistere ad un trattamento del genere, ne sapeva il motivo di quell’attacco. Se quei tipi erano venuti solo per ucciderlo ogni secondo poteva essere quello che avrebbe segnato la morte del vecchio mago. Doveva entrare in casa, ma senza che se ne accorgessero, almeno così avrebbe avuto dalla sua l’elemento sorpresa.
All’improvviso si ricordò della portafinestra della cucina posta sul retro della casa. Quella porta si apriva con una pietra del giardino dove era inciso una runa o qualcosa del genere… la ragazza si ricordava che Bernard chiudeva la propria casa con degli incantesimi particolari apposta per proteggersi, ma la porta della cucina nonostante fosse protetta dagli incantesimi aveva anche quel metodo di accesso. Lo aveva fatto per lei, Dungwort aveva avuto paura che un giorno Barb avrebbe potuto scontrarsi contro uno dei suoi incantesimi protettivi nel tentativo di entrare in casa senza avvisarlo in anticipo e per questo le aveva inventato quel “rituale” per aprire la porta sul retro. La ragazza avrebbe solo dovuto prendere la piccola pietra incisa e accostarla alla serratura della porta, ma in realtà per tutto il tempo in cui erano rimasti amici Barb aveva sempre usato la finestra per entrare o uscire facendo scattare ogni volta l’allarme e causando il quotidiano infarto al vecchio mago. La ragazza lo faceva per fargli uno scherzo e perché era divertente vedere il vecchio Dungwort arrabbiato come nei suoi ricordi di bambina, ma ora un atroce dubbio si era insinuato nella sua mente. Se la sua continua intrusione in quel modo clandestino fosse diventato una quotidianità per Bernard e il vecchio mago avesse tenuto la guardia bassa quando aveva sentito suonare gli allarmi pensando che poteva essere lei? Se fosse colpa sua se lui, ora era in quella situazione incapace di difendersi da quei criminali? Barbara non voleva neppure pensarci. Con passi veloci e nel più completo silenzio la mannara si diresse verso il retro della casa pensando che se anche fosse stato così avrebbe rimediato, fosse stata l’ultima cosa che faceva.
Intanto nel soggiorno i quattro uomini in nero impegnati nella loro opera non si accorsero dei movimenti della ragazza fuori dalla casa, sicuri che nessuno avrebbe avuto l’ardire di affrontare dei Death Eaters quali erano loro. Dietro le argentee maschere i maghi ghignavano di piacere nell’infliggere dolore a quel povero vecchio la cui unica colpa era quella di essere imparentato con dei muggle, ma ancor peggio aveva compiuto il peccato di volersi opporre al loro Signore e Padrone. Quell’uomo meritava la morte ma questo non voleva dire che prima non si potevano divertire un po’.
All’improvviso però un rumore sordo mosse il silenzio della casa che prima era stato rotto solo dalle grida del signor Dungwort. Quel suono inaspettato fece distrarre i Death Eaters dando così al povero Bernard un attimo di respiro dalla loro tortura. Uno dei quattro si allontanò per controllare cosa avesse causato quell’interruzione sgradita, camminando fino alla cucina dove credeva di aver sentito provenire il rumore.
“Lumos” pronunciò il mago oscuro e un fascio di luce chiara si irradiò dalla punta della sua bacchetta illuminando l’ambiente. La cucina era deserta,immacolata e in ordine, nulla sembrava fuori posto anche le porte e le finestre erano chiuse. L’unica cosa che sembrava essere incoerente con il resto della stanza era una pietra posta al centro esatto del tavolo. Il mago si avvicinò per vedere meglio e scoprì essere una normale pietra se non fosse stata per la runa di apertura incisa sulla superficie.
Non fece in tempo a cogliere il significato di quell’oggetto che subito dopo un forte tonfo si sentì per tutta la casa, come quello di un corpo morto che cade pesantemente sul pavimento.
“Ehi Selwyn che stai combinando?!” chiamò uno dei Deatheaters dal soggiorno ma non ricevette alcuna risposta dal compagno.
“Tsk, quell’idiota! Vado a vedere dove si è cacciato. Tu non ti muovere feccia!” sputò il mago dando un calcio al povero Bernard ancora disteso a terra.
L’uomo si diresse verso il luogo dove aveva visto scomparire il compagno poco prima illuminando l’ambiente con l’incantesimo di luce, ma nonostante il lumos attivo vide quei due penetranti occhi gialli solo troppo tardi. Barb con un basso ringhio  si lanciò sull’uomo con gli artigli protesi verso di lui, il Deatheater non fece in tempo nemmeno ad urlare che la licantropa gli era già addosso.
I due complici rimasti al sentire quel ringhio provenire dall’oscurità e i conseguenti rumori dovuti alla colluttazione si allarmarono non capendo cosa stesse succedendo. La casa doveva essere deserta oltre a loro e nessuno aveva fatto scattare gli allarmi magici penetrando dall’esterno, quindi chi o cosa stava decimando la loro squadra.
“Ehi tu vecchio!” esclamò uno dei due a Dungwort ancora scosso da leggeri tremori per essere stato torturato con la maledizione Cruciatus fino a pochi minuti prima. “Che cosa sta succedendo?! Se hai piazzato delle trappole ti farò rimpiangere di essere nato!”
“No” disse una voce cavernosa e profonda quanto un abisso. I due Death Eaters si guardarono intorno freneticamente e spaventati, puntando le loro bacchette verso l’oscurità della casa in ogni direzione possibile.
Una risata bassa e ringhiante scosse il silenzio della casa, quella voce non sembrava provenire da nessuna parte precisa tranne forse dai più oscuri meandri dell’inferno. I due uomini cominciarono a sudare freddo dietro alle loro maschere, mentre i loro movimenti diventavano sempre più sconnessi più la risata si faceva più forte e più vicina.
Anche Bernard cominciava a spaventarsi, anche se sinceramente non poteva pensare che la sua situazione potesse peggiorare più di così. Poi due sinistri occhi gialli penetrarono il buio della notte e il cuore del mago sussultò.
“Sarete voi a rimpiangere di essere nati.” Disse Barb prima di balzare addosso ai due Deatheaters rimanenti, dilaniando carni e ruggendo di furia. Nel bel mezzo della lotta Bernard riuscì a rotolare in un angolo per sfuggire agli incantesimi dei due maghi che stavano lanciando in ogni direzione senza mai centrale il bersaglio. Trovato riparo dietro la parete dell’anticamera si arrischiò a guardare verso il proprio soggiorno che era diventata il campo di battaglia di due maghi oscuri e una licantropa arrabbiata. Bernard non credeva ai suoi occhi, tra tutti coloro a cui aveva pregato di intervenire da quando quella tortura era iniziata non aveva pensato minimamente alla ragazza, certo che anche se lo avesse sentito o visto se ne sarebbe giustamente andata. A buon ragione anche, per come l’aveva trattata non si meritava quello, non si meritava che Barbara combattesse per lui.
Il vecchio mago posò lo sguardo sulla giovane, era quasi irriconoscibile così stravolta dalla furia della battaglia. Gli occhi gialli ad illuminare il buio, le zanne che le stravolgevano i lineamenti dandole un’ aria selvaggia e animalesca, per non parlare di quegli artigli sporchi di sangue. Barb faceva paura, non si poteva negarlo eppure gli stava salvando la vita e lui non se ne sarebbe rimasto con le mani in mano.
Bernard riuscì ad alzarsi in piedi seppur traballante e all’inizio dovette appoggiarsi alla parete per non cadere, la tortura lo aveva sfiancato e non era più nei fiori degli anni. In qualche modo riuscì a raggiungere la cucina avendo capito come Barb aveva fatto ad entrare senza far partire l’allarme. Alla fine quella pietra era servita a qualcosa. In cucina trovò il corpo di un Deatheater  steso a terra inerme ma soprattutto con ancora la bacchetta in mano. Dungwort gliela strappò via e senza pensarci due volte si affrettò a raggiungere il soggiorno per dare manforte alla mannara. Appena varcata la soglia si trovò di fronte uno di quegli incappucciati di nero e fu con enorme piacere che il vecchio lo schiantò facendogli sfondare la parete opposta, ma purtroppo quei maledetti avevano la pelle dura.
Il Death Eater si rialzò pronto a combattere di nuovo, ma venne attaccato da Barb che lo atterrò con un calcio. In quel momento gli sguardi del vecchio mago e della giovane si incontrarono e per un attimo Bernard ne venne di nuovo pietrificato.
“Bernard giù!!” urlò Barb al vecchio mago giusto in tempo di evitare un incantesimo lanciato proprio dietro di lui. Il Deatheater, il secondo che era sparito nell’oscurità poco prima era rinvenuto ed era anche piuttosto infuriato.
“Lurida cagna! Ti ucciderò feccia!!” urlò lui cominciando a subissare di incantesimi, tutti oscuri, la ragazza che dovette cominciare una fuga a slalom per evitare quei fiotti di luce.
Dungwort intanto aveva trovato riparo dietro il divano ribaltato e da lì lanciava incantesimi verso gli altri due, ma non potevano continuare così. Alla fine Barb venne schiantata da uno dei tre verso la libreria posta esattamente dietro le spalle di Bernard, ora i due erano sullo stesso lato dell’abitazione: doveva approfittarne. Il più fretta che poteva il vecchio mago creò uno scudo magico, forte abbastanza per impedire ai loro incantesimi di colpirli, dove invece andavano a cozzare contro la barriera magica che li proteggeva formando dei brevi scoppi di scintille.
“Barb stai bene?” chiese Bernard con il fiatone, quell’incantesimo era complesso e gli bruciava parecchia energia.
“Dovevo colpire più forte quel pezzo di merda!!”disse Barb per tutta risposta guardando verso il Deatheater che l’aveva chiamata cagna. “Tu piuttosto ce la fai a camminare?”
“Non ne sono sicuro… di certo non ce la farò a scappare sulle mie gambe…” rispose lui mentre già gli tremavano gli arti per lo sforzo che ora stava facendo.
Barb si morse il labbro mentre si guardava intorno freneticamente alla ricerca disperata di un modo per uscire da quella situazione senza abbandonare Bernard in mano a quegli aguzzini. La ragazza posò lo sguardo sulla poltrona ribaltata a pochi metri di distanza da loro e le venne un’idea, anche se non era delle migliori.
“Bernard tieniti pronto!” esclamò la ragazza.
“A cosa?!”urlò a sua volta il mago, ma venne strattonato da Barb all’indietro e l’incantesimo che fino a quel momento era riuscito a tenere in piedi per miracolo crollò. Non fece però in tempo a chiedere spiegazioni che si vide volare la sua poltrona di raso ad un palmo dal naso diretta esattamente verso i tre Deatheater che li tenevano sotto scacco. Quella mossa non prevista li colse di sorpresa e dovettero in fretta spostare la loro attenzione verso il pezzo del suo mobilio prima di essere schiacciati. Bernard non vide la fine della corsa della poltrona perché con un rapido movimento Barb se l’era caricato in spalla come se fosse un bambino e stava correndo verso la finestra – chiusa- della stanza.
La licantropa sfondò la finestra con un unico balzo e mentre sentiva ancora le maledizioni dei maghi oscuri che venivano lanciate loro dietro scavalcò il giardino della casa di Dungwort e senza mai voltarsi indietro inoltrandosi nella foresta.
Barb corse alla sua massima velocità e al massimo che le sue gambe potevano dargli, non si fermò, nè rallentò, sempre con tutti i sensi vigili a captare ogni eventuale segno che li stessero inseguendo. Ne un odore o un suono però gli arrivò all’orecchio, c’erano solo loro due che schizzavano ad una velocità sovrannaturale per la foresta inglese.
Dopo svariati minuti di corsa all’impazzata, Bernard si arrischiò a parlare. “Barbara credo che ti possa fermare. Non penso che ci stiano inseguendo.”
La ragazza non era del tutto sicura, ma rallentò l’andatura cercando nel contempo di ampliare i suoi sensi come non aveva mai fatto, ma nessun lezzo di uova marce sembrava aleggiare nell’aria. Alla fine Barb si fermò vicino ad un grosso tronco caduto, era nel cuore della foresta, in pochi si arrischiavano a insinuarsi fino a quel punto. Dovevano essere al sicuro.
Senza dire una parola la mannara fece scendere Bernard che andò subito a sedersi sul tronco, le vecchie gambe non lo reggevano più. Era stanco e dolorante e l’unica cosa che avrebbe voluto era dormire dimenticando quella serata, ma non lo fece perché era in debito. Quella ragazza gli aveva salvato la vita nonostante lui l’avesse tradita proprio nel momento in cui avrebbe dovuto essere dalla sua parte, ma la paura e i pregiudizi alimentate dalle parole dei suoi amici gli avevano ottenebrato la mente da ogni logica e senso di buon cuore. Sapeva di aver sbagliato appena aveva lasciato che Barb uscisse per sempre da casa sua e si sentiva ancora di più un verme per non aver neanche tentato di rimediare nei mesi successivi. Non si meritava quel salvataggio, non da lei, ma allo stesso tempo le era incredibilmente grato per essere intervenuta e di non averlo lasciato morire.
“Barbara…” sussurrò lui richiamando il suo sguardo giallo su di sé. Quegli occhi gli facevano ancora paura, come quegli artigli e le zanne che spuntavano dalle labbra ma sapeva che non li avrebbe mai rivolti verso di lui. Ora lo sapeva.
“Grazie, per avermi salvato.”
Barb rimase per un po’ a fissarlo muta scrutando il viso del vecchio mago ancora sporco di sangue che andava a mischiarsi con le rughe che gli incorniciavano occhi ricolmi di rammarico e tristezza verso sé stesso.
La ragazza abbassò le palpebre con un sospiro tornando al suo aspetto umano, quando riaprì gli occhi erano di nuovo del suo caldo marrone scuro e un leggero sorriso le illuminò il volto.
“Non c’è di che.” Gli rispose Barb sedendosi al suo fianco sulla vecchia corteccia ricoperta di morbido muschio.
“Non me lo meritavo… per quello che ho detto io…” stava dicendo Dungwort ma Barbara lo bloccò alzando gli occhi al cielo.
“Il passato è passato Bernard. Delle scuse mi bastano e avanzano.” Disse la ragazza sorridendogli.
“Mi dispiace Barb, davvero scusami. Ho lasciato che i pregiudizi sulla tua razza mi impedissero di vedere la persona che c’era dietro. Io.. non so proprio come farmi perdonare…”
Il mago non potè continuare che venne ammutolito per il gesto improvviso della giovane. Barb in uno slancio l’aveva abbracciato lasciandolo di stucco. “Lo hai già fatto.” Disse la ragazza stringendo le magre spalle del vecchio amico. Le era mancato così tanto e la paura di perderlo in quel modo le aveva dilaniato il petto dalla paura. Era felice che tutto si fosse risolto per il meglio.
Dungwort era rimasto totalmente spiazzata per quel gesto di affetto inaspettato e non gli importava se sentiva dolore in ogni parte del corpo per via di quella stretta, anzi lui stesso strinse più forte quell’adorabile ragazza che non solo gli aveva colorato gli anni della sua vecchiaia con la sua freschezza ed esuberanza, ma gli aveva appena salvato la vita mettendo a rischio la propria. Non avrebbe mai potuto ringraziarla abbastanza.
Dopo un paio di minuti Barb sciolse l’abbraccio senza smettere di sorridere. “Allora qual è la prossima mossa? Di certo non puoi tornartene a casa come niente fosse” chiese la ragazza tornando al problema principale.
“Già, questo è sicuro. Immagino che avrai capito che quei maghi erano Death Eaters.” Disse Bernard tornando cupo.
“Si, lo avevo immaginato. Ma cosa volevano da te?”
Bernard sospirò prima di dire “Nel mio albero genealogico sono presenti alcuni componenti muggle. Non sono totalmente un purosangue come direbbero loro e questo è già un motivo per cui mi volevano morto ma è più probabile che volessero eliminarmi per il mio lavoro con gli Auror. Rifornisco i nostri, con pozioni particolari create appositamente per utilizzarle nella guerra contro di loro. Sono un pozionista piuttosto capace nonostante la mia età!” concluse Bernard con un mezzo sorriso d’orgoglio.
“Oh andiamo non sarai poi così anziano!” esclamò Barb sorridendo.
“Ti potrei stupire ragazzina!” disse furbescamente lui  “Comunque il punto sta nel fatto che ora conoscono la mia casa. Non sono più al sicuro lì.”
Barb perse un battito “Quindi te ne andrai?”
Non poteva credere che proprio ora, che lo aveva appena ritrovato, lo stava per perdere di nuovo. A volte la ragazza si chiedeva cosa avesse mai fatto per meritarsi certe sfortune.
“Sì” ammise Bernard “Ma non da solo.”
Il mago estrasse la bacchetta sotto lo sguardo confuso di Barbara, e con un movimento ampio della mano sussurrò la formula Expecto Patronum. All’improvviso dalla punta della bacchetta uscì un leggero fumo bianco che in pochi secondi andò a concretizzarsi in una bellissima civetta che sembrava risplendere di luce propria. La ragazza rimase incantata ad osservarla svolazzare intorno per un paio di secondi prima che questa volasse verso il suo evocatore che le consegnò il messaggio della loro posizione e di un veloce resoconto di cosa era successo.
“Che cos’è?” chiese Barb con gli occhi ancora piena di meraviglia.
“è un Patronus, un incanto molto difficile e creato dalla magia più pura perché scaturita dai tuoi ricordi più felici.” Disse il mago estendendo il braccio e lasciando volare via la civetta che in pochi secondi scomparse tra la luce delle stelle di quella notte che ora sembrava un po’ meno oscura.
“Era davvero bellissima…” sussurrò Barbara guardando sognante il punto in cui il Patronus era sparito. Bernard invece posò il suo sguardo sul volto della giovane chiedendosi se riuscisse ancora a vedere il suo incantesimo, nonostante lui con i suoi stanchi occhi di vecchio mago lo avesse perso di vista già da molto tempo. Barbara aveva un incredibile potere sulla sua nuova natura, non solo riusciva a trasformare il suo corpo, seppur non completamente, nella sua forma lupesca, ma possedeva abilità che non credeva che i lupi mannari potessero avere…
Solo in quel momento mentre scrutava la figura della mannara se ne accorse.
“Barb.” La chiamò lui agitato “Hai un… pezzo di vetro… lì sul petto…”
La ragazza abbassò lo sguardo su di sé vedendo solo in quel momento il pezzo di vetro, probabilmente della finestra, che le perforava pelle e maglietta posto poco sotto la  clavicola destra.
“Oh cazzo! Ecco perché faceva male!” esclamò la ragazza afferrando l’angolino dell’oggetto sporco di sangue che sbucava fuori dalla pelle e tirando fuori una scheggia di vetro di almeno sei centimetri. Dungwort era esterefatto per la naturalezza con cui quella ragazzina si era estratta quell’oggetto dal corpo ma lo stupore fu ancora maggiore quando vide la ferita rimarginarsi sotto i suoi occhi. Barbara gli aveva detto che guariva velocemente ma non avrebbe mai creduto che il processo avvenisse ad una tale rapidità.
“Sai che questo non è affatto normale vero?” disse Bernard con ancora gli occhi fuori dalle orbite.
“Davvero?!” esclamò sarcastica Barb “Pensavo che tutti potessero guarire a vista d’occhio, così si spiegava la sovrappopolazione globale!” ridacchiò lei.
“No, io volevo dire…” stava dicendo il signor Dungwort quando due sonori crack fendettero il silenzio della foresta. Subito dopo in un turbine di magia i due amici di Bernard comparvero a pochi metri di distanza. Erano già in posizione di attacco pronti con le bacchette alla mano nell’affrontare ogni nemico possibile ed immaginabile, peccato che puzzavano entrambi di paura. Barb storse il naso vedendo comparire proprio i due uomini che gli avevano portato via l’amico.
Bernard invece li guardò con sollievo e si alzò subito dal tronco anche se con una certa fatica per farsi  vedere dai due maghi.
“Richard, Patrick siamo qui!” li chiamò Bernard.
“Dungwort! Per Godric cosa è… Ugh quella è la mannara!” esclamò Richard con la sua classica voce baritonale e bloccandosi subito sul posto appena aveva visto la figura della ragazza.
Barbara si alzò anch’ella dal tronco affiancando Bernard a braccia conserte e senza smettere di guardarli male.
“La mannara ha un nome, stronzo.” Disse lapidaria la ragazza “Ma dovevi chiamare proprio ‘sti due idioti?” chiese rivolta al vecchio mago che tentava di fare da pacere.
“Barbara stai calma. Richard, Patrick state tranquilli. Siamo al sicuro… giusto?” disse lui un po’ titubante guardando verso Barbara. Aveva ancora paura che quei criminali potessero sbucare da un momento all’altro ed era un timore che si poteva ben comprendere dopo quello che gli avevano fatto.
La ragazza per tranquillizzarlo annuì, lasciando perdere i due maghi appena arrivati e allontanandosi dal gruppo.
Davanti all’indifferenza e all’apparente mancanza di ostilità da parte della licantropa i due uomini si arrischiarono ad avvicinarsi e Barbara li lasciò fare percependo che la loro vicinanza tranquillizzava Bernard.
I due maghi si premurarono di offrire a Dungwort le prime cure, facendo rimarginare buona parte delle ferite che quegli animali ammantati di nero gli avevano procurato e nel frattempo Bernard li metteva al corrente di quanto era accaduto.
“Se non fosse stato per Barbara sarei morto a quest’ora.” Concluse il signor Dungwort spostando lo sguardo sulla ragazza rimasta in disparte.
Partick a quella frase si fece coraggio e si avvicinò alla mannara con fare contrito e leggermente insicuro. “Grazie per aver aiutato Dungwort e scusaci per l’altra volta. Ti abbiamo giudicato male.”
“è vero.” Concordò Richard senza però guardarla negli occhi. “Ci siamo sbagliati sul tuo conto.”
A Barbara non le andava di perdonare così facilmente quei due, era solo colpa loro se i rapporti con Bernard erano finiti in quel modo. Avrebbe voluto rimandarli a quel paese ma incrociò lo sguardo del signor Dungwort, le stava praticamente chiedendo con gli occhi di accettare le loro scuse. Aveva un’espressione così supplichevole che non riuscì ad ignorarla.
Alla fine la mannara dovette dargliela vinta e con un sospiro disse ai due maghi “Va bene, scuse accettate. Ora che si fa? Immagino che porterete Bernard in un posto sicuro.”
“Sì, informeremo gli Auror di quanto accaduto al resto penseranno loro, anche alla sicurezza di Dungwort.” Spiegò Patrick.
“E anche alla tua sicurezza Barb.” Aggiunse Bernard.
“Come scusa?” chiese Barbara non capendo a cosa si riferisse.
“Barb devi venire con noi.” Stava dicendo il vecchio mago con sicurezza nonostante i suoi stessi amici si guardassero in modo confuso. “I Death Eaters ti hanno visto. Se scoprono chi se e dove vivi, daranno al caccia a te e alla tua famiglia.”
Quelle parole furono una doccia fredda per Barb.
La ragazza si pietrificò, non aveva pensato che la sua famiglia potesse rimanere coinvolta, non credeva nemmeno che lei stessa avrebbe avuto delle ripercussioni. Si dette della stupida per averlo creduto, era ovvio che avrebbero potuto risalire a lei, la mezza trasformazione non la rendeva irriconoscibile. Aveva pensato che solo perché non era una strega, non sarebbe stata oggetto di interesse per i Death Eaters, ma ora che li aveva sfidati…
Se l’avessero cercata desiderosi di una vendetta e l’avessero trovata in città o anche solo nei dintorni avrebbero scoperto chi fosse e avrebbe messo in pericolo la sua famiglia.
Non c’erano altre soluzioni, aveva voluto giocare con il fuoco e ne era rimasta scottata.
Doveva andarsene prima di trasformare quel fuoco in un incendio.
“Dungwort aspetta.” Disse Richard posando una mano sulla spalla del vecchio. “Non prometterle cose che non possiamo decidere noi. Non siamo sicuri che gli Auror proteggeranno un lupo mannaro anche se ti ha aiutato.”
“è assurdo Richard! Devono aiutarla! Non può restare qui senza protezione, la uccideranno!!” esclamò Bernard arrabbiato.
“Questo lo so ma non cambia il fatto che gli Auror non si arrischiano a proteggere chiunque con i tempi che corrono poi…” stava continuando a dire Richard nonostante l’espressione contrita.
“Non servirà.” Disse la voce di Barb richiamando l’attenzione dei maghi su di sé. La ragazza era immobile con la testa bassa e le mani chiuse a pugno in un evidente stato di tensione. “Me ne andrò da sola.”
“Barbara che stai dicendo?” chiese Bernard confuso.
“è da un po’ di tempo che ci stavo pensando. Andare via di casa… ho messo dei soldi da parte, non sono molti ma dovrebbero bastarmi per qualche mese… Andrò a nord, me lo hai detto tu Bernard  che gira voce che si siano dei branchi di licantropi nelle foreste della Scozia. Magari riesco ad unirmi a loro… così starò con i  miei simili.” Disse la ragazza con voce tremolante e un sorriso sbozzato.
“Barb…” sussurrò il vecchio mago avvicinandosi alla mannara a cui stavano diventando gli occhi lucidi.
“Non ti preoccupare Bernard, me la caverò e così se i Death Eaters mi cercheranno in città non mi troveranno e anche la mia famiglia non avrà problemi. No?” Barbara continuava a sorridere nonostante le lacrime avevano cominciato a solcarle il viso.
Bernard non si sprecò a parole, abbracciò quella ragazza che gli aveva salvato la vita mettendo in gioco il suo futuro e i suoi cari. Non le era passato neanche nell’anticamera del cervello che le sue azioni potessero avere conseguenze tanto gravi, l’unica cosa a cui aveva pensato quando aveva sentito l’urlo di Bernard era come fare per aiutarlo. Ancora una volta Barb si chiese se fosse una persona altruista o incredibilmente stupida, anche se in quel momento propendeva più per la seconda opzione.
“Barb, vieni con noi. Convincerò io gli Auror, non permetterò che rifiutino di aiutarti, solo perché…”
“Sono un licantropo.” Finì di dire per lui la ragazza allontanandosi dal mago e sciogliendo l’abbraccio. “Non ti preoccupare Bernard saprò cavarmela in qualche modo. Sono in gamba lo sai!” disse con più sicurezza la giovane e con una nuova fiducia negli occhi. “Poi non voglio creare problemi ai vostri poliziotti. Hanno già molto a cui pensare. Promettetemi solo di dire loro una cosa da parte mia.”
“Qualsiasi cosa ragazzina.” Rispose con voce ferma Richard.
Barbara sorrise a quelle parole, sembrava che Richard l’avesse accettata davvero per quello che era, ne era felice…
“Dite loro che li devono prendere. Fermate quei cazzo di bastardi fanatici!” disse Barb stringendo i pugni in un moto di rabbia repressa.
I tre maghi sorrisero a quella ragazza mannara che con il suo coraggio e altruismo, nonostante lei stessa lo credesse stupidità, aveva insegnato loro che la prima impressione non è sempre quella giusta.
Pochi minuti dopo Bernard e i suoi amici erano scomparsi lasciando dietro di loro solo raccomandazioni e consigli oltre ad una buona quantità di lacrime, anche Richard non era riuscito a trattenersi.
Barbara tornò in città che erano da poco comparse le prime luci del giorno e con l’animo pieno di dubbi ed insicurezze. La fiducia che aveva mostrato fino a poco prima davanti ai maghi era totalmente scomparsa appena l’eco della smaterializzazione si era diradato, lasciandola sola in  una foresta di domande senza risposta.
Nella sua vita non aveva mai avuto grandi certezze, né veri e propri piani per il futuro, si diceva che doveva solo andare avanti giorno per giorno, ma non aveva mai sperimentato una così totale mancanza di linee guida. Fino ad allora aveva comunque avuto la scuola, la sua famiglia, le sue abitudini quotidiane che la coprivano dal sentirsi totalmente allo sbando in quel vasto mondo. Ma ora…
Barb si trovava ferma sul ciglio della strada deserta con le ombre che pian piano si diradavano tutto intorno a lei e più la luce arrivava a scaldare il mondo più la ragazza si sentiva impreparata ad affrontarlo. Davanti a lei c’era solo un immacolato ed enorme foglio bianco; dove sarebbe andata? Cosa avrebbe fatto?
Sarebbe sopravvissuta?
Aveva paura di muovere il primo passo in quella gigantesca e pericolosa tela bianca, ma alla fine è la vita stessa che ti spinge ad andare avanti perché semplicemente non si può fare altro.
Così come sospinta da un vento immaginario Barbara fece quel passo che segnò l’inizio della sua nuova vita.
 
Note dell’autrice
UFF… questo capitolo non finiva più!! È molto più lungo dei miei soliti aggiornamenti, ma dopo che sono mancata per più di una settimana (colpa degli esami che finalmente sono finiti!! Libertà!!) mi sembrava d’obbligo regalarvi un capitolo degno di questo nome! Quindi questo sarà l’ultimo, no  non è vero, il penultimo capitolo che si svolgerà a Kanesborough dove Barb lascerà la sua città natale per cominciare la sua vita nel mondo nascosto!! E… rullo di tamburi tra un  paio di capitoli torneranno anche i personaggi della nostra cara zia Rowling!
Sperando che il capitolo vi sia piaciuto, io ora ringrazio sempre e comunque amas95 che mi recensisce ogni volta!! Grazie mille ancora!!!!
Un ringraziamento speciale va anche a aghy e Marika1505 che hanno messo questa storia tra le seguite!! Grazie grazie grazie!!!
Per ultimo, ripeto che se volete vedere il volto di qualche personaggio o una particolare scena o paesaggio o quello che volete, inerente alla storia scrivetemelo nelle recensioni e farò il possibile per disegnare ogni vostra richiesta! (che poi allegherò al capitolo successivo ovviamente!)
Per ora sto lavorando al disegno della famiglia Martin chiesto da amas95, che spero di finire per domani!!
A presto
JD

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Capitolo 8
*** 8-04-1980 ***


Oh Sinnerman…
Where you gonna run to?
Where you gonna run to?
All along dem day
 
8 aprile 1980  8.30 AM
“Josh!! Josh svegliati!”
Il maggiore di casa Martin si rigirò nel letto, nascondendo la testa sotto al cuscino, nel vano tentativo di ignorare le parole concitate del fratello più piccolo. Che ci faceva sveglio a quell’ora? Non gli importava voleva solo dormire…
“Se né andata! Cazzo Josh!!” esclamò Nick scuotendo il fratello con forza.
Il ragazzo sospirò affranto mentre si alzava a sedere controvoglia ancora con gli occhi chiusi, c’era troppa luce in quella stanza. Nick per svegliarlo doveva aver aperto le tende…
 “Ehi ragazzino che cos’è questo linguaggio?” disse con la voce impastata dal sonno “E poi di che stai parlando si può sapere?”
“Di Barb! Se né andata!” esclamò arrabbiato ancora il fratellino.
“Barb?” chiese confuso Josh.
Solo in quel momento il maggiore posò lo sguardo sul volto del fratello, era rosso di pianto con ancora gli occhi lucidi, nonostante cercasse di nasconderlo. Josh fu stupito di trovarlo in quello stato, Nick non era mai stato un frignone, né un bambino che si spaventava o arrabbiava per dei capricci. Anzi era sempre stato un ragazzino posato e tranquillo a differenza di tutti loro che facevano il diavolo a quattro per ogni minima cosa. Per questo quando Josh lo vide in quelle condizioni capì che doveva essere successo qualcosa di davvero grosso, non si trattava di uno scherzo.
“Nick, calmati ora e spiegami che cosa è capitato.” Disse il maggiore con voce ferma, nonostante lui stesso cominciava a preoccuparsi.
“Te l’ho detto, Barbara se né andata.” Rispose lui ancora con voce un po’ alterata.
“Andata? Dove?!” chiese Josh stranito.
“Non lo so! Il suo armadio è vuoto ed è sparita anche una borsa da viaggio e lei… non c’è….”disse tirando su col naso, cercando di reprimere le lacrime.
Josh rimase spiazzato, l’armadio vuoto non era un buon segno. Per di più gli era sembrato che la sorella si comportasse in modo strano, era anche venuta a trovarlo ieri pomeriggio al deposito di Krev, quando sapeva che odiava quel posto. Era più di un anno che lavorava per lui come meccanico, anche se non era un lavoro molto legale. Sapeva bene che le auto che smontava erano rubate, alcune di quelle le aveva fregate lui stesso. Barb odiava quel lavoro, come mal sopportava Krev e i suoi, ma pagavano bene e c’era sempre un posto gratis per lui alle loro feste.
Quel pomeriggio era venuta per fargli una specie di ramanzina, o almeno in quel momento Josh l’aveva interpretata così. Gli aveva dato dello stupito per aver sprecato il suo diploma, per rubare auto e lavorare per un criminale, dicendo anche che dava un pessimo esempio a Nick e Amy i loro fratelli più piccoli. All’inizio si era arrabbiato dicendole che neanche lei era una santa, andandosene in giro con quegli spostati dei suoi amici, ma invece di ribattere come si fosse aspettato Barbara si era adombrata dandogli ragione.
Sua sorella non gliela dava mai vinta, neanche quando era palese che avesse torto.
Gli era sembrato strano, come la frase seguente che gli aveva detto “So bene di non essere mai stata un granchè come sorella maggiore, o minore… ma non so, è che ho come paura che se scomparissi e non vi tenessi più d’occhio come ora potreste finire in chissà quali guai… e la cosa mi spaventa… tutto qui….”
Non aveva capito allora, gli aveva solo dato della stupida dicendole che non erano poi così idioti da aver bisogno della balia. Lei aveva sorriso seppur non gli era sembrato molto sincero. “Va bene allora, proverò ad avere fiducia in voi.” Aveva detto prima di andarsene voltandogli le spalle.
Lui aveva fatto spallucce e se ne stava per tornare al lavoro quando si era sentito abbracciare da dietro. Era rimasto totalmente stupito per quel gesto di affetto inaspettato, tanto da non riuscire a dire niente mentre la sorella minore lo stringeva nascondendo il viso nella sua felpa.
Ti voglio bene, fratellone!”
Quelle quattro parole che non gli aveva mai detto in diciassette anni di vita, fino al giorno prima in quel momento gli rimbombavano nella testa. Possibile che in quel momento, gli stesse dicendo addio? No era impossibile!
Josh sorrise al fratello minore che stava ancora lottando contro le lacrime. “Nick stai tranquillo, magari è partita solo per un breve periodo. Può capitare che una ragazza della sua età faccia scemenze simili! Vedrai che tornerà!”
Nick scosse la testa con espressione triste e tirando fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni una lettera “Ha lasciato una lettera per ognuno di noi. Tieni questa è la tua…
Josh la prese in mano guardandola come se fosse un sogno, o meglio un incubo. Se scappi di casa per fare un viaggio o una cazzata, come seguire un ragazzo o altro non lasci delle lettere per ogni membro della famiglia… no?  Perché se n’era andata? Sapeva che non aveva un fidanzato, i suoi amici erano tutti di Knaresborough, né aveva mai detto che volesse andarsene per seguire qualche folle sogno o altro… allora perché? Senza nemmeno accorgersene Josh espresse le sue domande ad alta voce.
“Ha scritto che è finita nei guai, con gente poco raccomandabile…” spiegò il fratello minore.
“Che cosa?!!” esclamò Josh allibito. Quali guai? Di chi stavano parlando??
“E ha scritto anche…” continuò Nick con le lacrime che ormai erano sfuggite al suo controllo “Che non potrà tornare a casa per molto tempo… e ha raccomandato a me e ad Amy che se diventiamo come i nostri genitori ci troverà e ce la farà pagare…”
A Josh scappò un sorriso “Tipico di Barb…”
“Si ma, se ci ha raccomandato questo vuol dire che non la rivedremo prima che diventeremo adulti!” esclamò Nick singhiozzando.
Josh non seppe cosa dirgli, sapeva che Nick era un tipo sveglio, ma a volte avrebbe preferito che lo fosse di meno e quella era una di quelle volte. Il maggiore sospirò dopo alcuni secondi di silenzio in cui il fratellino si era calmato dopo lo scoppio di pianto.
“Dov’è Amy?” chiese Josh.
“Si è chiusa in camera sua e non vuole più uscire…” disse lui passandosi la mano sugli occhi asciugandosi le lacrime.
“Ok, va bene… ora fatemi pensare e cercherò di trovare una soluzione…” disse il fratello maggiore.
“Non possiamo fare niente invece.” Disse Nick adombrandosi e Josh non volle smentirlo. Non voleva dargli false speranze. “Tieni.” Continuò il più piccolo dandogli una altra lettera in mano “Questa è la lettera di Barb per mamma e papà, gliela dai tu per favore?”
Josh annuì “Sì, tranquillo.”
Una volta che il maggiore ebbe preso la lettera, Nick uscì dalla camera chiudendo la porta dietro di sé, senza dire più una parola.
Josh rimasto solo nella stanza si prese la testa fra le mani, cosa poteva fare? Aveva detto che avrebbe trovato una soluzione, ma non aveva la minima idea di come comportarsi. Alla fine decise di aprire la lettera della sorella, dove gli spiegava come aveva detto Nick, di essere finita nei casini per cui era dovuta scappare anche per non coinvolgere tutti loro. Non aveva lasciato indizi su chi l’avesse messa con le spalle al muro, né aveva detto dove sarebbe andata da ora in avanti. Gli aveva anche chiesto di non cercarla, l’unica cosa che gli chiedeva era di prendersi cura della famiglia. Voleva soltanto che Nick ed Amy potessero avere una famiglia normale e un’ infanzia felice, ma soprattutto diversa dallo squallore in cui si trovavano ora. Josh si coprì il volto con una mano cercando di non lasciarsi andare alla tristezza, sua sorella gli chiedeva molto, e non sapeva nemmeno se ci fosse riuscito…
Alla fine si alzò dal letto prendendo la lettera dei genitori dirigendosi verso la loro camera. Non capiva ancora cosa o chi avesse spinto Barb a scappare così, sapeva solo che non lo aveva fatto per egoismo o solo per sfuggire ai loro problemi.
Il suo comportamento del giorno prima era stato chiaro, ora che ci pensava: era triste, dispiaciuta e non voleva fare quello per cui era stratta costretta. Non li voleva lasciare, o almeno non avrebbe mai voluto farlo in quel modo. Barb gli aveva detto che avrebbe avuto fiducia in loro e Josh si sentiva in dovere di fare in modo che la sua fiducia fosse ben risposta, così quando lei sarebbe tornata avrebbe trovato una bella famiglia ad aspettarla.
Ora era solo un sogno, ma voleva farlo diventare una realtà.
Il ragazzo aprì la porta della camera da letto dei suoi genitori trovando un ambiente buio e disordinato. I due stavano ancora dormendo sul letto sfatto in posizioni scomposte, sembravano due bambini troppo cresciuti e non due adulti con quattro figli al seguito.
Josh sospirò affranto entrando nella stanza; non sapeva se avrebbe potuto coinvolgere i genitori nei suo piano di rendere il desiderio della sorella realtà, non sapeva nemmeno se loro fossero disposti a collaborare. Ma in ogni modo il primo passo era che sapessero.
Josh si diresse verso la madre, sdraiata supina con i capelli neri sparpagliati sul cuscino a nasconderle anche il viso. Il ragazzo si sedette a bordo del letto scuotendo la donna leggermente.
“Mamma svegliati. Barbara se né andata di casa.” Disse con voce calma.
Charlin mugugnò qualcosa di incomprensibile prima di dire  con voce impastata “Non dire sciocchezze Josh.” Girandosi dall’altra parte.
Josh sospirò, immaginava una risposta del genere. “Ti lascio qui la sua lettera di addio.” Disse semplicemente posando la lettera sul comodino.
Subito dopo uscì dalla camera.
A Charlin le ci volle qualche minuto per capire cosa significassero davvero quelle parole, ma appena il concetto le arrivò alla mente, venne come colpita da un fulmine a ciel sereno. La donna sgranò gli occhi alzandosi di scatto non credendo a cosa le avesse detto il figlio, ma quando vide la lettera sul comodino, le sembrò di avere un infarto. Immediatamente accese la lampada, illuminando a giorno la stanza e facendo mugugnare in protesta il marito addormentata al suo fianco.
Charlin lo ignorò, strappando con forza la busta in cui era contenuta la lettera, sperando con ogni fibra del suo essere che quello fosse solo un brutto scherzo dei suoi figli.
Cara Mamma e Papà,
sono finita in un bel guaio.
Che schifo iniziare così, una lettera di addio ma sapete che preferisco andare dritta al punto nelle cose.
Ho fatto incazzare le persone sbagliate e perciò me ne devo andare o potrei mettere in pericolo anche voi se mi troveranno ancora in città. Probabilmente quando leggerete queste parole sarò già lontana;  non vi dirò dove sono diretta, meno sapete di tutta questa storia, più sarete al sicuro da quella gente.
Voglio essere sincera in questa lettera, ciò che sto per dirvi non l’ho scritta  a Josh o ai marmocchi e preferirei che non lo sappessero. Non voglio farli preoccupare.
Non so se potrò mai tornare… non so nemmeno se scappando in questo modo riuscirò a sopravvivere e a non farmi trovare da loro. Le persone a cui ho messo i bastoni fra le ruote è gente pericolosa e molto, per questo vi chiedo di non cercarmi, né di fare denuncia o indagare dove potrei essermi diretta. Probabilmente Josh non mi vorrà ascoltare e forse proverà a chiedere in giro per sapere che problemi potevo mai avere ma, primo sarebbe tutto inutile e secondo potrebbe essere anche pericoloso. Non so bene quanto o dove, questa gente abbia dei contatti o influenze, quindi vi prego, NON CERCATEMI.
Sinceramente, ho paura. Sono decisamente terrorizzata, ma il danno è fatto…
Ho anche paura per voi e non solo per colpa di quei criminali, ho il timore che lasciandovi potreste finire nei guai da soli, se continuerete a comportarvi come avete sempre fatto finora.
Mamma, Papà vi prego, cambiate.
Non so bene cosa vi ha portato ad annegarvi nell’alcool e nella droga, ma vi scongiuro cercate di uscirne. Se  no lo volete fare per voi, o per me, fatelo per Nick ed Amy, sono ancora piccoli e hanno bisogno di qualcuno che li guidi.
So che forse vi chiedo molto, ma almeno provateci!
Devo andare ora, più rimando la mia partenza più fa male. Oltre al fatto che se rimango troppo a lungo potrebbero trovarmi…
Vi voglio bene e ve ne vorrò sempre.
Anche se mi avete fatto impazzire in tutti i modi possibili ed immaginabili, ma sarete sempre la mia pazza e meravigliosa famiglia.
Addio
La vostra Barbara.”
Solo quando arrivò alla fine della lettera, Charlin si accorse di star singhiozzando mentre grosse lacrime le sbavavano il trucco formando fiumi neri che le solcavano le guance.
“La mia bambina… la mia bambina…” sussurrava la donna tra le lacrime.
Charlin continuò a piangere svegliando il marito che dovette scoprire da solo il motivo di quelle lacrime, visto che la donna era incapace di rispondergli. Finita la lettera, il signor Martin abbracciò la moglie in un cupo silenzio e condividendo il suo dolore che era anche il suo.
Entrambi i genitori avevano il pensiero altrove, verso quella figlia che era ormai lontana chissà dove e che stava per intraprendere la sua strada lontano da loro.
 
Note dell’autrice
Ok sono in ritardo lo so, ma i capitoli stanno diventando lunghi e non ce la faccio a postare ogni giorno… scusatemiiiiii!!!!!! Credo che da ora posterò a giorni alterni, (si spera) così dovrei avere abbastanza tempo anche per le illustrazioni…
Che tra le altre cose allego il disegno sulla famiglia Martin chiesto da amas95  che non rivedremo più per un bel pezzo! Quindi fate ciao, ciao  con la manina e adieu!!
https://www.facebook.com/454171808109877/photos/a.454764438050614.1073741828.454171808109877/532907460236311/?type=3&theater
Ora un ringraziamento speciale a Morgana_Altea e fatarosa che hanno messo la storia di Barb nelle seguite! Ancora grazie, grazie, grazie!
Ed è tutto per oggi!!
A presto
JD

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Capitolo 9
*** 29-06-1980 ***


Ok, si va bene sono una bastarda della peggior specie perché nell’ultima nota che avevo postato avevo detto che avrei pubblicato i capitoli a giorni alterni e invece sono passati mesi!!! Mio Dio, mi odio per questo! Ora mi sono rimessa a scrivere e ho già qualche capitolo già pronto, quindi onde evitare di rifare questa stronzata, ho deciso di pubblicare settimanalmente sempre di giovedì (o al massimo nel weekend se perdo tempo) così da non lasciare i pochi lettori rimasti totalmente a bocca asciutta… chiedo scusa ancora!!!
Ora torniamo a Barbara e alla sua fuga verso le foreste della Scozia!
 
 29 Giugno 1979 11.40 PM
Se un escursionista fosse passato per la brughiera scozzese a notte fonda avrebbe potuto essere spettatore di un isolato e surreale spettacolo: un grosso lupo dal caldo manto castano che correva fra i prati a gran velocità portando in groppa un grosso borsone da viaggio.
“Che cosa ci fa un lupo con una borsa?” avrebbe pensato l’escursionista, perché non avrebbe mai potuto immaginare che quell’animale in realtà era una ragazza sotto l’influsso della luna piena.
Il licantropo correva spensierato per la campagna beandosi della natura e della propria libertà, perché in quelle notti di corsa poteva permettersi di essere solo un lupo, allontanando così i pensieri e i problemi di quando era Barbara, l’umana.
La ragazza sapeva bene che al sorgere del sole tutti i suoi guai le sarebbero ripiombati addosso e per questo motivo aveva cominciato ad amare quelle notti di luna. In quel momento poteva prevalere l’istinto animale e la coscienza del lupo faceva da padrone, lei invece preferiva rimanergli solo accanto, spettatrice estasiata di una notte magica. Da badare bene che non è che non avesse alcun controllo sulla trasformazione, all’occorrente era in grado di intervenire nel caso per esempio incontrasse per sbaglio qualche persona durante quelle notti. Aveva scoperto che il Lupo, se lasciato troppo libero si comportava piuttosto aggressivamente verso gli altri umani come se li odiasse o peggio volesse trasformarli.
In quei mesi Barb si era lasciata piuttosto andare, non solo con il Lupo, ma anche con sé stessa. Erano passati quasi tre mesi da quando era scappata di casa e stava finendo i soldi per il cibo, figuriamoci per i motel, quelli poteva solo sognarseli. Ormai viveva per strada spostandosi ogni giorno, avendo troppa paura per rimanere nello stesso posto troppo a lungo. Sapeva che forse era solo paranoia, ma non voleva rischiare. Non sarebbe sopravvissuta da sola in uno scontro con dei Deatheaters. Quella volta con Bernard aveva avuto solo fortuna.
Quelle persone erano dei veri assassini spietati.
Barbara era però stanca di scappare, in più il suo senso di solitudine ed inadeguatezza che prima era solo una sensazione altalenante ora era onnipresente e triplicata di potenza. Ma non voleva pensare a questo in quel momento, non voleva rovinarsi le ore più felici che la sua vita le concedeva.
Desiderava solo correre e dimenticare.
Peccato che il Lupo decise di fermarsi proprio in quel momento.
Barb era stupita, di solito i suoi desideri erano affini a quelli del Lupo, quindi una così plateale discostanza da lei le era sembrata piuttosto insolita. Il Lupo annusò l’aria e alle narici di Barb arrivò un intenso odore penetrante che aveva un’ incredibile forza attrattiva. La ragazza non fece nemmeno in tempo a chiedersi cosa fosse che il lupo si era lanciato in avanti, correndo a perdi fiato verso l’origine di quell’odore. Barbara era curiosa, ma anche spaventata da quel genere di reazione. L’ultima volta che era successo una cosa simile anche se con forza minore, il Lupo l’aveva condotta in un campeggio. La Bestia era stata attratta dalla carne dell’uomo, ma grazie al cielo Barb si era opposta ed era riuscita ad allontanarsi prima che quelle persone potessero vederla.
Però questa volta il Lupo era molto più forte, se non fosse riuscita a fermarlo?
Se avesse ucciso qualcuno?
Non voleva neanche pensarci.
Lei non era un’assassina.
Intanto il Lupo li aveva condotti in una foresta e lì si era fermato guardandosi intorno, ma non in modo circospetto o come se fosse a caccia. Era curioso, Barb avrebbe quasi detto felice.
L’odore ora, era tutto intorno a loro anzi sembrava avvicinarsi, ma come era possibile che provenisse da ogni parte? All’improvviso Barb capì.
La stavano accerchiando!
La ragazza ora totalmente spaventata si impose con forza sulla coscienza del Lupo, doveva essere padrona di sé stessa se avrebbe dovuto combattere. Non c’era possibilità di scappare, chiunque o qualsiasi cosa appartenesse quell’odore ormai l’aveva messa in trappola. Barb si acquattò pronta ad attaccare se ce ne fosse stato bisogno, scrutando oltre il buio della notte in mezzo agli alberi  e agli arbusti che la circondavano.
Poi all’improvviso dal buio comparvero due occhi gialli.
Barb dalla sorpresa perse la sua aria da combattente e le sue orecchie volarono a rivolgersi verso quei due luci gialle. Erano uguali ai suoi, stesso colore e stessa luce spettrale.
Possibile che…
L’istante dopo dietro di lei sentì un rumore, come di rami spezzati. La mannara si voltò immediatamente ritrovandosi un secondo dopo completamente stupita. Davanti a lei, a qualche metro di distanza c’era un lupo anche lui dagli occhi gialli.
Non era uguale a lei, non completamente: aveva il manto rossiccio ed era molto più umanoide di lei. Le zampe posteriori erano quelle di un lupo seppur di dimensioni maggiori ma la parte superiore del corpo era molto simile al busto di un uomo. Quello era sicuramente un lupo mannaro.
Nel tempo in cui Barb aveva perso ad osservare il rosso licantropo molti altri occhi gialli erano usciti dal buio della notte, ora ovunque la ragazza posasse lo sguardo c’era un diverso lupo mannaro. Barbara era meravigliata, non erano tutti uguali, la luna piena non li trasformava tutti in grossi lupi troppo cresciuti come lei. A quanto pareva la luna influiva su ognuno di loro in modo differente, alcuni sembravano raggiungere solo la mezza trasformazione che lei acquisiva a piacimento ad ogni volta lo volesse, altri invece erano come il rosso, mezza bestia e mezzo uomo.
Quei Lupi non sembravano avere brute intenzioni, stavano solo lì ad osservarla. Barb non sapeva cosa fare, avrebbe voluto chiedere loro un sacco di cose ma le corde vocali dei lupi non erano fatte per l’inglese.
 Ma in qualche modo si sarebbe fatta capire.
Stava per avvicinarsi al lupo rosso, il primo che le si era mostrato quando tutti voltarono lo sguardo verso un'unica direzione. Di riflesso Barb seguì l’esempio e improvvisamente comparve un grosso lupo dal manto nero. Non lo avrebbe mai notato nel buio della notte se non avesse percepito l’aura che irradiava tutta la sua figura. Era potere, un enorme aura di potere che aveva come la forza di un vento impetuoso che ti schiacciava a terra pietrificandoti dalla paura e dalla meraviglia.
Meraviglia perché ciò che vedevano gli occhi di Barbara era stupendo, di una bellezza capace di atterrirti per la sua maestosità e fierezza. Proprio come se stessi osservando una tempesta nell’oceano, pericolosa e terrificante ma anche uno dei più bei spettacoli della natura.
Il lupo nero era esattamente questo per l’istinto di Barb che le impediva di pensare razionalmente, perché se fosse stata una normale ragazza sarebbe stata solo spaventata da un lupo alto due metri che si ergeva sulle zampe posteriori. Ma soprattutto la ragazza avrebbe avuto paura di quei due rubini fiammeggianti che la scrutavano fermi nel buio di quel muso ferino e sembravano studiarla per carpire ogni suo segreto.
Barbara riconosceva quel rosso, era lo stesso colore degli occhi del licantropo che l’aveva trasformata, ma colui che le stava di fronte non era lo stesso lupo, ma possedeva lo stesso potere se non maggiore.
Istintivamente Barb sapeva che aveva davanti il capo di quel gruppo… fu allora che il pensiero alla fine le arrivò chiaro alla mente: aveva trovato ciò che cercava.
Alla fine li aveva trovati, un branco di licantropi, i suoi simili, la sua famiglia.
All’improvviso quella sensazione di solitudine e inadeguatezza che l’accompagnava da quasi due anni sembrò scomparire.
Barb internamente sorrise….
Era a casa.
 
Nota dell’autrice
Sì, sono di nuovo io che ancora vi chiedo scusa per l’immenso e imperdonabile ritardo e sperando che non mi abbandoniate chi ancora segue e ringrazio i nuovi lettori che spero capiteranno su queste lande desolate! XD
Ringrazio chiunque legga e spero in una piccola recensione… anche se volete mandarmi a quel paese, perché so di meritarmelo…ops!
Ci vediamo alla prossima settimana con una vecchia conoscenza!
A presto!!

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Capitolo 10
*** 13-05-1981 ***


13 Maggio 1981 10.00 PM
Il Signore Oscuro era all’apice del suo  potere in quel periodo; il Ministero era ormai caduto… Lui lo aveva letteralmente distrutto. Gli unici che ancora gli si opponevano era qualche battaglione di auror e il gruppo segreto dell’Ordine della Fenice. Questa era la situazione ed io ero proprio al centro del ciclone.
A volte mi chiedevo cosa mi spingesse ad alzarmi la mattina per vivere in quell’inferno di pericolo e malvagità in cui ero caduto… ed il bello è che lo avevo voluto io.
Che sciocco che ero stato.
Come se entrare nelle Sue file avrebbe potuto sistemare tutti i miei problemi, con promesse di ricchezza e potere… ma in questo modo avevo perso la cosa più cara che la mia squallida e sfortunata vita mi aveva donato e che io stesso avevo messo in mortale pericolo.
Quella dannata profezia, maledetto il giorno in cui entrai in quel pidocchioso pub dal puzzo di capra!
Maledetto me stesso che non ero rimasto più a lungo per sentire l’intera profezia!
Se avessi saputo a chi realmente si riferiva io non avrei mai… ma è inutile ora rimpiangere il passato. Non lo potevo cambiare, potevo solo accettarlo e cercare in ogni modo di rimediare al mio errore e tenere lei al sicuro.
Questo era l’unico pensiero che riusciva a farmi alzare dal letto la mattina… lei, è sempre stata lei e lo sarebbe sempre stata.
Per proteggerla avrei fatto qualsiasi cosa, anche fare la spia tra le file del Signore Oscuro per una persona come Dumbledore, l’unico mago di cui Lui provi timore e anche un equivalente odio. Ero in una posizione estremamente pericolosa, se mi avessero scoperto niente mi avrebbe risparmiato una violenta e dolorosa morte, ma era necessario.
Per mantenerla al sicuro dovevo scalare le file dei suoi seguaci, arrivare alla cerchia stretta e diventare una sua persona di fiducia, quello era il mio obbiettivo.
Il problema era che per farlo dovevo cacciarmi in situazioni come quella: reclutare branchi di mannari su per le fredde foreste della Scozia.
Odiavo i licantropi, anzi a dirla tutta da quella notte del sesto anno ne ero terrorizzato. Vederne uno completamente trasformato dalla luna piena, in balia di quella furia omicida e selvaggia e sapere che io ero la sua preda mi aveva fatto gelare il sangue nelle vene e lo faceva tutt’ora al solo pensarci. Per fortuna quella non era una notte di luna piena, anzi di lune nel cielo non ce n’era nemmeno l’ombra. Una precauzione che avevamo voluto tenere, prima che uno di quegli ibridi decidesse di attaccarci.
Quelle creature mostruose dall’istinto selvaggio e assassino erano capaci solo di uccidere, era ovvio che Lui li volesse tra i suoi segugi. Assassini brutali come Greyback, che già si divertiva a dilaniare muggle e nemici del suo Signore per il solo piacere di farlo usando denti e zanne nonostante fosse comunque un mago.
Mi disgustava.
Eppure ero lì nel bel mezzo di una foresta, di notte con la sola compagnia di quell’idiota di Mcnair per incontrare il capo di un branco di mostri. Non poteva andarmi meglio.
La foresta era silenziosa per essere in primavera, cosa in realtà non molto strana vista la tensione che si percepiva tra quegli alberi. Deglutii teso, sapevo che ci stavamo avvicinando al luogo dell’incontro e la prova ne fu il sinistro apparire di una lunga fila di occhi gialli che illuminavano il buio della notte. Trattenni un sussulto per pura fortuna, anche perché ogni parte del mio corpo mi stava urlando di scappare via da quel luogo, ma dovevo resistere.
Io e Mcnair eravamo fermi in una radura mentre quegli occhi gialli ci circondavano in un silenzio innaturale. Strinsi più forte la bacchetta sotto al mantello, come se volessi stritolarne il legno, lei era la mia unica ancora di salvezza se le cose sarebbero andate male.
“Quali orrende creature.” Sussurrò Mcnair confermando l’idiota che era. Se lo avevo sentito io, di certo lo avevano udito anche dei lupi mannari! Infatti neanche un secondo dopo l’infelice uscita del mio compagno un coro di ringhi scosse la foresta. Di certo non si erano sentiti molto lusingati!
“Mcnair, cerca di dare un freno alla lingua.” Dissi cercando di nascondere il terrore nella mia voce.
Appena parlai uno di quelle paia di occhi fece un passo verso di noi.
Era un licantropo… no anzi una licantropa dalle forme umanoidi nonostante il suo corpo fosse ricoperto da un folto pelo castano e la testa era totalmente trasformata in quella di un lupo. Ero già pronto ad attaccare al minimo segno di aggressività sicuro che le trattative erano finite ancor prima di cominciare, ma non avvenne nulla. La mannara rimase ferma ai confini della radura a fissarmi in un espressione quasi sorpresa oserei dire. A momenti non respiravo neanche e dalla tensione continuavo a spostare lo sguardo dalle zanne a quegli artigli acuminati che aveva al posto delle mani, chiedendomi con quali delle due armi sarei stato dilaniato. Intanto Mcnair si era avvicinato a me circospetto anche lui con già la bacchetta in pugno.
“Ma questi mannari non si potevano trasformare solo nelle notti di luna piena?!” mi chiese sussurrando lui teso quanto me. “Porco Godric  se ci mordono siamo morti!”
Un basso ringhio provenne dalla lupa dagli occhi gialli che ora ci guardava con aria furente. Strinsi la bacchetta sempre più sicuro che non ce la saremmo cavata facilmente, ma Salazar dovette venire in mio soccorso quel giorno.
La rabbia della lupa sembrò chetarsi appena un uomo uscì dal buio della foresta e senza alcun timore posò la mano sul braccio peloso della mannara come se volesse tranquillizzarla e incredibilmente ce la fece. Infatti poco dopo la lupa indietreggiò tornando a nascondersi nel buio finchè i suoi occhi non furono solo un altro paio di luci gialle nell’oscurità.
Ora nella radura c’eravamo solo noi tre; l’uomo non aveva ancora proferito parola, era rimasto solo ad osservarci con aria truce a pochi passi di distanza. Sembrava tranquillo nonostante avesse davanti due Deatheaters e lui  non sembrava armato di nulla, né di bacchette, né di alcuna arma muggle. Poteva avere sui quarant’anni ma forse anche di meno per quel fisico invidiabile che sfoggiava in un abbigliamento leggero altamente sconsigliato per il clima scozzese.
Mcnair si schiarì la voce cercando di darsi un contegno. “Sei tu il capo di questo branco?”
L’uomo annuì rimanendo muto.
Era abbastanza ovvio che fosse lui, il modo in cui quell’immensa lupa lo aveva ascoltato senza battere ciglio era più che evidente, ma per il mio compagno a quanto pareva non era bastato.
“Come facciamo ad esserne sicuri? Noi non trattiamo con i sottoposti!”
Avrei voluto tappargli la bocca! Ma ci voleva entrambi morti quell’idiota?!
L’uomo strinse i pugni in segno di rabbia e ci si avvicinò di un passo e nel farlo i suoi occhi risplenderono di rosso. Un rosso che ricordava il sangue.
Istintivamente sia io che Mcnair indietreggiammo non solo per l’inquietudine che quel licantropo con il suo branco incuteva, ma perché non potemmo non collegare quegli occhi rossi a quelli ben più pericolosi del nostro Signore.
“è una prova sufficiente?” chiese l’uomo con una voce scura quanto quella notte senza luna.
“Certamente” dissi io preferendo prendere le redini della conversazione, visto i pessimi risultati che Mcnair aveva ottenuto fino ad ora. Stavo per parlare di nuovo quando l’uomo mi precedette.
“Quindi volete dirmi che cosa volete dal mio branco? Mi avete chiesto un colloquio e lo ho accettato, ma è ora di farla finita. Non ho tutta la notte.”
“La posso capire” risposi cercando di essere accondiscendente. “Ciò per cui vi abbiamo chiesto di incontrarci oggi è una proposta che vorremmo offrirvi e che sarà vantaggiosa per entrambi.”
“Ovvero?” chiese l’uomo per niente convinto.
“Vi proponiamo di unirvi alle schiere dell’Oscuro Signore.” dissi con solennità e un orgoglio che ormai era solo finzione. “È  un grande privilegio l’invito che vi offriamo.”
“Potreste essere tra i prossimi padroni del mondo magico e sareste dalla parte dei vincenti e dei purosangue. Cosa che per voi sarebbe un enorme salto di livello.” Continuò Mcnair con un tono decisamente più tranquillo rispetto a prima, si vedeva che ora era interessato solo alla riuscita della missione. Cosa che mi era assai gradita in quel momento.
“Proponete di rendere dei servi un branco che è libero per sua natura e volere.” Disse l’uomo contraendo i possenti muscoli delle braccia che già ben si notavano sotto quella maglietta fin troppo aderente. “Non vedo alcun vantaggio.”
“È vero sarete servi.” Dissi correndo ai ripari “Ma del mago più potente che il mondo abbia mai conosciuto e … oltre al privilegio che è anche solo servirlo.” Dissi spostando lo sguardo su Mcnair per un breve momento. Non doveva capire in nessun modo che non ero fedele all’Oscuro. “Una volta che Lui avrà conquistato l’intera comunità magica, voi sareste protetti da possibili… ripercussioni, essendo già dei suoi alleati e direi che questo è un ottimo vantaggio.” Conclusi guardando fisso negli occhi il licantropo cercando di dimostrare un coraggio superiore a quello che realmente sentivo di avere.
 “Allora qual è la vostra risposta?” chiese Mcnair impaziente.
L’uomo non rispose, si limitò a scrutarci con sguardo fermo, forse eravamo riusciti a convincerlo per davvero… non sapevo se esserne felice o meno. Passarono solo un paio di secondi prima che l’uomo parlò di nuovo, anche se mi parvero anni dalla tensione che si era accumulata in quel breve lasso di tempo. Poi in un istante tutto finì.
“No”
Due lapidarie lettere segnarono la reale fine delle trattative.
Avevamo fallito la missione e il mio cuore era decisamente più leggero.
 
Non ci poteva credere, conosceva quell’odore nonostante quel lezzo di uova marce che tentava di nasconderlo, ma non immaginava che l’avrebbe mai sentito di nuovo e di certo non avrebbe mai creduto che lo avrebbe ritrovato sotto certe vesti.
Vestiva ancora di nero ed era ancora magro come uno stecco, anzi forse era anche più sottile.
Il volto era coperto da un’orrenda maschera che ricordava un teschio umano, ma la voce non era cambiata, bassa e monotona con una punta di orgoglio e saccenza.
Non c’erano dubbi era lo Smilzo, il ragazzo che ormai due anni addietro aveva aiutato a combattere quegli altri maghi ragazzini. Non si era mai pentita delle sue azioni, ma ora cominciava a chiedersi se avesse fatto bene ad aiutare una persona del genere.
La licantropa rimase ad osservare la sua figura mentre spariva insieme al suo compagno nel fitto della foresta, dopo che il suo capobranco aveva rifiutato la loro proposta altamente fuori luogo. Quei bastardi avevano avuto anche l’ardire di chiedere a loro di appoggiare quel fanatico di un mago nazista! Incredibile!!
Sentiva la rabbia ancora ribollirle nell’ animo e per questo aveva ancora le sembianza del Lupo quando il suo branco cominciò a muoversi tornando in forma umana.
Aveva mille domande che le vorticavano per la mente su di lui e sulla sua fedeltà ai Deatheateras, ma sapeva che non avrebbero trovato una risposta, anche se la paura di aver aiutato uno di loro le faceva ritorcere lo stomaco. Mentre lei si arrovellava tra quei cupi pensieri un giovane uomo dai capelli rossi tagliati a spazzola si girò verso di lei con sguardo duro.
“Ehi Barbara, datti una mossa. Ce ne stiamo andando!” disse il rosso prima di seguire il resto del gruppo.
La grossa lupa si girò verso il compagno, abbandonando la visuale della schiena ossuta dello Smilzo che ancora riusciva a scorgere tra il folto della foresta. Con un fremito che le scosse tutto il corpo fece ritirare i peli all’interno della sua pelle, intanto che ossa e muscoli cambiavano forma e grandezza facendo sinistri rumori secchi come se si stessero rompendo e riassemblando velocemente. Neanche qualche secondo dopo l’immensa lupa aveva ceduto il posto ad una giovane ragazza appena diciottenne, dalla pelle olivastra e dai lunghi capelli castani e con due grandi occhi color cioccolato.
Senza una parola Barb corse verso il suo branco sicura ancora una volta che mai avrebbe rincontrato  di nuovo lo Smilzo, anche se adesso cominciava a sperarlo per davvero.
 
Nota dell’autrice
E no, non sono sparita stavolta! Come promesso rieccomi con un altro capitoletto dove finalmente è tornato anche Severus!
Ora un ringraziamento speciale a LovelylilTaiga che ha aggiunto la storia di Barb tra le seguite!! Ancora mille grazie!!
Ringrazio tutti coloro che ancora mi seguono e ai passanti che leggono e se ne stanno in silenzio (vi prego dai, una piccola recensione mi farebbe felicissima!)
Ah un’ultima cosa, se volete vedere un’illustrazione sulla storia o su un personaggio particolare basta chiedere! Non prometto che i disegni verranno postati sempre  una settimana dopo la richiesta, ma arriveranno!
È tutto per oggi, ci vediamo alla prossima settimana!

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Capitolo 11
*** 3-11-1981 ***


3 Novembre 1981 15.12 PM
Il Ministero era in fermento, avendo da poco riconquistato il suo legittimo posto sotto la city di Londra e per questo Dumbledore non si stupì per la confusione che albergava già nella sala dell’Atrium: un fiume di maghi e streghe sembravano correre da una parte all’altra e gli ascensori erano stracolmi di persone che non facevano che parlare tra loro a gran voce. Ma il vecchio professore poteva vedere con felicità che tutti quelle persone avevano sui loro volti la serenità aperta in un caldo sorriso che per così tanto tempo non si era visto in tutta la comunità magica. L’unica persona a non sorridere in quel momento era una strega di mezza età attorniata da un gruppo di maghi che si parlavano gli uni sugli altri in modo concitato. La donna vestiva elegantemente con un lungo mantello verde scuro e decorazioni in oro, i capelli erano raccolti in una morbida crocchia tranne per un piccolo ciuffo color mogano che le ricadeva davanti agli occhi celati da un paio di occhiali dalla montatura rettangolare. Intorno a lei si leggeva un aria di rispetto e potere anche se in quell’istante la donna sembrava avere un’aria davvero stanca da come si torturava la radice del naso. Dumbledore sorrise comprensivo mentre camminava verso quel drappello arrivando esattamente alle loro spalle.
“Signori” disse il preside di Hogwarts interrompendo ogni conversazione, mentre tutti si giravano verso la sua alta figura irrigidendosi tutti all’istante. Dumbledore aveva sempre incuto un buona dose di rispetto e reverenza a chiunque, che fosse stato suo studente o meno. “Chiedo scusa per l’intrusione, ma credo che alla Signora Ministro serva un attimo di tregua. Posso rubarvela?”
In un coro di scuse e frasi di circostanza il gruppetto si allontanò permettendo ai due maghi di scostarsi dalla confusione dell’Atrium.
“Oh Albus non so come ringraziarti! Credo che sarei impazzita se fossi rimasta ancora un minuto lì in mezzo!” esclamò il Ministro della Magia mentre entravano in un ascensore lasciato libero appositamente per loro.
“Non ce né bisogno Millicent, posso immaginare che il tuo lavoro non sia facile. In momento simile per di più.” Disse Albus aprendosi in un sorriso intanto che l’ascensore compiva la sua breve corsa verso l’ufficio del Ministro al primo livello.
“E pensare che questo ruolo poteva essere tuo Albus…”
“Appunto, mi hai salvato da tutto questo stress Millicent cara!” esclamò Dumbledore ridendo.
“Non scherzare Albus, in molti ti avrebbero voluto a capo del Ministero, ma tu preferisci la scuola e sinceramente non posso darti torto… anche se a volte anche a me sembra di dover trattare con dei bambini.” Disse lei entrando nel suo ufficio. “Accomodati pure, così potrai dirmi cosa ti ha portato qui nel bel mezzo di una giornata scolastica.”
“Sai per cosa sono venuto Millicent.”
La Ministra si sedette pesantemente sulla propria poltrona dietro ad una scrivania stracolma di scartoffie di ogni genere. “Albus, mi dispiace ma non posso impegnare gli auror più di così. Stanno già facendo più che gli straordinari per riuscire a catturare tutti i Suoi seguaci e sinceramente non c’è nessuno di libero… vorrei che fosse altrimenti fidati io…”
“Signora Bagnold!” esclamò un giovane mago entrando di corsa nell’ufficio come se avesse il diavolo alle calcagna. “Piccadilly Circus è…”
“Signor Goldberg!” esclamò a sua volta la Ministra arrabbiata per quell’entrata improvvisa. “Sono occupata come vedi!”
“Ah… ecco…sì, mi scusi…. Oh professor Dumbledore… ehm buongiorno… però ecco io….” Farfugliò il giovane impiegato ancora con il fiatone.
Albus ridacchiò “Nessun problema signor Goldberg, anzi credo che lei abbia qualcosa di molto più urgente da dire alla Signora piuttosto che il sottoscritto.”
Goldberg passò in rassegna i volti dei due maghi più e più volte come ad essere sicuro di non essere di nuovo rimproverato da nessuno dei due prima di decidersi a parlare. “Sì ecco… insomma a Piccadilly Circus si sta tenendo un enorme festa e molti maghi stanno usando la magia, ma è pieno di muggle lì. È un disastro signora Ministro, è totalmente fuori controllo!”
Il volto della donna venne totalmente stravolto dalla notizia “Chi è il fautore di tutto questo?!” esclamò tra la rabbia e lo sconcerto.
“Non si capisce, molti dei maghi presenti che sono stati fermati dicono che passavano da lì per puro caso e che la festa era già iniziata da un pezzo. In più …”disse Goldberg fermandosi non del tutto sicuro di voler continuare la frase “… si appellano al diritto inalienabile alla festa, affermato da lei Signora…”
Bagnold si prese la testa fra le mani con fare sconsolato. “Rimpiangerò quella frase per il resto della mia vita. Comunque sia Goldberg avvisa una squadra di Obliviatori e anche la Squadra Cancellazione della Magia Accidentale. Che se ne occupino loro.”
“Ma Signora… non è magia accidentale…”
“Lo so! Ma gli Auror sono impegnati, va bene! Non posso spostarli per sedare una festa, per Rowena!” esclamò Bagnold facendo letteralmente scappare il giovane Goldberg fuori dall’ufficio.
Dumbledore ridacchiò seguendo con lo sguardo la figura del giovane che era corso via lasciando la porta totalmente spalancata.
“Bene allora, è meglio che mi avvii anch’io.” Disse il vecchio professore, andando anche lui verso la porta.
“Vai di già Albus?” chiese la Ministra quasi rattristata.
Dumbledore si volse verso la donna che era già sulla porta con un sorriso quasi malandrino dicendo “Certo, non mi perdo mai una festa.”
 
Neanche qualche minuto dopo il vecchio mago si era materializzato ad alcune vie di distanza dalla famosa piazza londinese, più precisamente in un vicolo dietro al Criterion Theatre che si affacciava direttamente sulla piazza. Piccadilly Circus era famosa soprattutto nel mondo muggle, più che per quello magico per questo Albus era curioso di sapere di chi fosse stata l’idea di tenere una festa di tali proporzioni proprio in un luogo così affollato, perché come aveva detto il giovane Goldberg, la festa doveva essere davvero immensa se sentiva la musica fin da quel vicolo. Infatti appena ebbe svoltato l’angolo si ritrovò davanti ad una vera e propria folla di persone che ballavano e danzavano incuranti dell’ingorgo che stavano causando in tutta la piazza.
“Pressure pushing down on me
Pressing down on you no man ask for

Under pressure that burns a building down
Splits a family in two
Puts people on streets…
Non era musica della comunità magica, di questo poteva esserne sicuro. Non conosceva la canzone, come non conosceva i giovani che cantavano arrampicati sulla fontana di Eros che spiccava al centro della piazza e dove la festa era maggiormente sentita dai folleggianti. La presenza dei maghi era evidente, fuochi magici venivano lanciati a più riprese verso il cielo azzurro di quel soleggiato pomeriggio londinese ma contrariamente a ciò che Albus si aspettava quegli incantesimi non creavano sconcerto o paura da parte dei muggle, ma anzi ne erano entusiasti. Era strano ma anche piacevole vedere uomini d’affari armati di ventiquattrore scatenarsi insieme ad un mago in mantello e cappello a punta, senza chiedersi spiegazioni o storcere il naso per l’abbigliamento o le stranezze di quelle che per loro erano davvero delle particolari persone. Il merito di tutto ciò non era di una magia o di un’illusione, ma della musica e delle voci di quei ragazzi sconosciuti.
“….Chipping around
Kick my brains on the floor
These are the days
It never rains bui t pours
People on the streets…”
Dumbledore fissò lo sguardo su di loro: erano in cinque sulla fontana, quattro ragazzi erano arrampicati sul bordo della vasca mentre battevano le mani e cantavano coralmente insieme ad altre voci dal tono possente e baritonale appartenenti a cantori nascosti tra la folla.  Ma la voce che più si sentiva alta e potente era quella della ragazza che più in alto di tutti si stagliava tra le ali della statua di Eros, perfettamente in cima alla fontana.
“…Turned away from it all like a blind man
Sat on a fence but it don’t work
Keep coming up with love
But it’s so slashed and torn
Why  Love….”
Era una giovane ragazza, vestita malamente e con abiti fin troppo leggeri per il mese di novembre anche se il freddo non sembrava tangerla in alcun modo, ma anzi felice e apparentemente senza pensieri continuava ad intonare quella canzone che parlava di amore. Albus sorrise davanti a quella voce che sapeva di speranza e di gioventù, era proprio di quello che il mondo aveva bisogno maggiormente, e in fondo era anche uno dei motivi per cui aveva scelto di rimanere ad Hogwarts: arricchire le nuove generazioni, guidarli verso l’età adulta e renderli dei grandi maghi era ciò che lo rendeva più felice oramai. I tempi in cui ricercava il potere erano ormai finiti e lo sapeva….
“…Can’t we give ourselves
One more chance
Why can’t we give love
That one more chance
Why can’t we give love…”
La ragazza cantava ancora, liberando il vecchio mago dai suoi cupi ricordi. Albus tornò a guardarla: non era una strega questo lo aveva capito ma non credeva nemmeno che fosse una semplice ragazza muggle. Il preside di Hogwarts ricercava nel suo volto dalla carnagione olivastra, incorniciato in una cascata di scompigliati capelli castani il segno che cercava per capire chi fosse quel gruppo. Poi Albus notò che spesso i ragazzi sembravano rivolgersi verso l’alto, ma non come se cantassero verso il cielo in  modo simbolico ma si rivolgevano proprio verso un punto specifico:  il tetto del famoso palazzo dalle insegne luminose di Piccadilly Circus.
Proprio sopra ad una insegna blu della Philips tv video & hi-fi system, due figure si stagliavano solitarie mentre osservavano la festa sottostante. Il vecchio mago non riusciva a vedere bene chi fossero per via della distanza e anche della sua miopia –in fondo aveva comunque la sua età- ma poteva ben percepire il potere che proveniva da quel tetto.
“…It’s the terror of knowing
What this world is about
Watching some good friends
Screaming let me out
Pray Tomorrow gets me higher
Pressure on people
People on the streets….”
La festa continuava crescendo in esuberanza e volume perciò nessuno si accorse della sparizione di un vecchio signore vestito con una tunica viola e una lunga barba bianca nel bel mezzo della piazza, ma certamente i due occupanti del tetto di Piccadilly sentirono il sonoro crack della materializzazione proprio dietro di loro.
Appena Albus mise a fuoco l’ambiente, si ritrovò davanti una coppia di un uomo e  una donna, ma quest’ultima in quel momento aveva poco di umano. Era girata verso di lui in posizione di attacco, schiena portata in avanti, gambe larghe e artigli sguainati. Sì, perché al posto delle mani quella donna possedeva degli artigli acuminati che trasformava quelle mani sottili in armi letali. Anche il volto era trasformato, come se indossasse una maschera animale, zanne che cambiavano la struttura della mascella, occhi gialli e luminosi che esprimevano ferocia mentre i lunghi capelli biondi si stavano facendo largo sulla fronte e sulle tempie creando una peluria fitta sul suo viso.
L’uomo invece si mostrava tranquillo,  aveva volto verso Albus solo lo sguardo rimanendo in una posizione ferma e quasi autoritaria. Se ne stava in piedi, dritto con la schiena e le braccia incrociate mettevano in bella mostra i possenti muscoli dei bicipiti e del petto racchiusi in una leggera maglietta nera. Il volto dell’uomo era quadrato come la sua figura, il naso leggermente arcuato, i neri capelli tenuti rigorosamente all’indietro e il taglio duro degli occhi che lo scrutavano fermi senza sbattere ciglio. Albus preferì non muoversi per non mettere in allarme la coppia che ormai aveva capito trattarsi di due licantropi, limitandosi così a sorridere benevolmente.
Alla fine quel momento di stallo venne sbloccato dall’uomo. “Allison, va tutto bene.”
La donna, anche se non del tutto convinta ritirò le zanne e gli artigli tornando a mostrare il bel volto di una giovane donna, anche se rovinato da un’espressione dura e scorbutica.
Il vecchio mago si arrischiò ad avvicinarsi di qualche passo vedendo che i due mannari non sembravano essere infastiditi della sua presenza.
“è una bella canzone.” Affermò Dumbledore.
L’uomo si aprì in un sorriso mentre spostava lo sguardo nuovamente verso la folla sotto di loro. “Sì, i Queen si sono davvero superati questa volta.”
Albus aveva capito che erano stati loro ad iniziare quella festa e pian piano questa era cresciuta a dismisura, anche se non credeva che loro ne fossero molto dispiaciuti. Ma perché?
 “Posso chiedere qual è l’occasione di una festa così bella?” chiese il vecchio mago, posizionandosi al suo fianco.
“Lo sa bene il motivo.” Disse l’uomo. “La guerra è finita e i ragazzi volevano festeggiare.”
Albus osservò i giovani arrampicati sulla fontana e ancora il suo sguardo venne catturato dalla ragazza sulla statua. Aveva davvero una voce meravigliosa, forte e potente ma anche  calda e benevola. Quella voce riscaldava i cuori di tutti…
“...Cause love’s such an old fashioned word
And love dares you to care
For the people
On the edge of the night
And love dare sto change
Our way of caring about ourselves…”
“è particolare che anche voi siate così felici della fine dei conflitti.” Continuò Dumbledore.
A rispondere fu la donna “Non solo voi maghi avete avuto dei problemi in questi anni” disse lei scura in volto “Anche molti di noi sono dovuti scappare o combattere per colpa dei vostri criminali.”
“Allison stai calma.” La rimproverò benevolmente l’uomo “ L’importante è che sia finita, giusto?” concluse rivolto al mago, come a chiedere conferma.
Dumbledore sorrise “Già, l’importante è questo. Ma purtroppo devo dirvi che il ministero ha mandato degli agenti per calmare le acque, non è il caso di attirare troppo l’attenzione dei muggle.”
L’unica reazione del suo interlocutore alla notizia di un intervento del Ministero fu una leggera risata.  
“è un po’ tardi non trova.” Disse indicando la folla “Loro non sanno il motivo di tanta felicità ma ci sembrava giusto comunque coinvolgere anche loro nei festeggiamenti. In questa guerra molti normali hanno perso la vita, forse più dei maghi.”
“ In effetti è vero.” Disse Albus rattristandosi al pensiero “ Ma comunque non  mi sono ancora presentato. Albus Dumbledore piacere lei è…”
“Benjamin, signore.” Rispose lui semplicemente e senza aggiungere cognomi o appartenenze di nessun tipo, a nessun Clan o gruppo.
“ Siete il loro capobranco vero?” chiese il mago a bruciapelo.
Benjamin rimase in silenzio per qualche secondo prima di rispondere, mentre scrutava il mago come se volesse leggergli nel pensiero. Alla fine però decise di rispondergli con una risposta affermativa “è esatto Albus.”
Il mago sorrise nel sentirsi chiamare per nome.
“Comunque la festa è durata abbastanza, meglio evitare gli agenti del ministero.” Disse Benjamin salendo sul cornicione del tetto. La canzone era quasi conclusa, ma i ragazzi non sembravano volersi fermare. 
“…This is our last dance
This is ourselves
Under pressure…”
Benjamin però non urlò per attirare la loro attenzione, a guardarlo da dietro le spalle sembrava solo stare in piedi fermo su un cornicione senza far alcun gesto, ma per un licantropo non servivano mosse evidenti per richiamare il proprio branco. Benjamin illuminò solo i suoi occhi di una luce scarlatta, facendo così percepire il suo potere ad ogni mannaro presente nella piazza. Infatti subito dopo i ragazzi scesero in fretta dalla fontana andando a disperdersi nella folla ancora festante. Albus cercò di seguire i movimenti della giovane cantante, ma ben presto la perse di vista.
Benjamin  ed Allison poi, voltarono le spalle alla piazza e al vecchio mago camminarono verso la parte opposto del tetto che si affacciava sul retro del palazzo.  
“ Spero di rivederla Benjamin.” Disse Dumbledore fermando il mannaro che si volse a guardarlo.
I due uomini si scambiarono un sorriso e uno strano sguardo di intesa.
“Altrettanto” rispose Ben prima di saltare giù dal tetto insieme alla compagna e sparendo alla vista di Albus Dumbledore.
 
* Millicent Bagnold (appartenente alla casata di Corvonero) è stata Ministro della Magia nel periodo che va dal 1980 al 1990. (HP PM e JRK.com)
È conosciuta nel mondo magico perché lei era in carica quando Lord Voldemort venne sconfitto per la prima volta da Harry Potter, e perché lasciò che la comunità magica britannica, nei giorni successivi a quello, festeggiasse la caduta del Signore Oscuro senza contegno, nonostante le molteplici infrazioni dello Statuto di Segretezza, pronunciando la famosa frase "Rivendico il nostro inalienabile diritto a festeggiare".
http://www.potterpedia.it/?v=Bagnold_Millicent&s=Bagnold,%20Millicent#ixzz4eApQvfYx
 
*La canzone intonata dal branco di Benjamin è Under Pressure dei Queen e David Bowie.


Note dell’autrice
Sì, lo ammetto me ne stavo dimenticando di postare il capitolo nuovo ma, ehi meglio tardi che mai no?! Non linciatemi!!!
Ok in questo capitolo Barb  si è vista poco, anzi pochissimo ma per introdurre ciò che avverrà nei prossimi capitoli serviva un punto di vista più esterno. (ovviamente Barb è la ragazza che canta sulla fontana per chi non lo avesse capito.) La versione cantata da Barb di Under Pressure è stata ispirata dalla cover in Happy Feet 2 cantata da Pink!
Per finire un enorme grazie a  Mar_1704 che ha messo “A life in the hidden world” tra le preferite!!! GRAZIEEEEEEEE!!!!!!!!! Ancora grazie grazie grazie!!!
Un ringraziamento a tutti che leggono e che ancora mi seguono! E…..
….ok io ci riprovo a chiedere una piiiiiiicola recensione…. per favore…. Come regalino pasquale?
Va bene la pianto di ciarlare  e vi auguro buonanotte visto che è l’una passata…. Ops!
Come regalo di Buone Feste, ci vediamo domenica con un capitolo nuovo!!!!
Ciao a tutti
JD

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Capitolo 12
*** 9-12-1981 ***


Avviso: per chi già segue da un po’ la storia di Barb avrete notato che i capitoli sono stranamente diminuiti, ma non allarmatevi non ho cancellato nulla! Ho solo deciso di accorpare i primi cinque capitoli in un unico –che è quello iniziale- perché il testo di suddetti capitoli era davvero misero rispetto ai capitoli correnti. Bene ora che ho finito di ciarlare, io e Barb auguriamo a tutti una Buona Pasqua!!
Buona lettura!!
 
9 Dicembre 1981 5.00 PM
 “Quindi questi maghi vorrebbero che ce ne rimanessimo qui a fare la guardia alla loro scuola, nel bel mezzo del nulla?!” esclamò Barbara.
“Non a voler dare ragione alla novellina ma Barb non ha tutti i torti Allison.” Disse Tyson, un ragazzo vicino ai trent’anni dai corti capelli rossi tagliati a spazzola con espressione arcigna. “Non è una prospettiva piuttosto allettante… poi lavorare per i maghi…”
A rispondere fu una donna bionda che con portamento autoritario camminava a grandi passi su per la neve alta senza mostrare nessuna apparente fatica.  “Lavoriamo già per loro inseguendo i loro criminali.” Disse Allison senza voltarsi verso i due ragazzi che la seguivano
“Sì, per prendere i soldi della taglia! è un po’ diverso che fare la guardia del corpo di maghetti ancora con il moccio al naso!” esclamò Tyson gesticolando arrabbiato.
“No Tyson, invece è la stessa cosa.” Rispose Allison sempre senza fermarsi. “Si parla di soldi ed è quello che il nostro branco ha bisogno ora. I nostri risparmi stanno finendo e se non vuoi passare la tua vita a mangiare bacche e conigli dobbiamo sfruttare ogni proposta di lavoro. E poi non è completamente immersa nel nulla questa Hogwarts, c’è il villaggio. Ecco siamo arrivati.” Concluse la donna indicando il piccolo paesino che proprio in quel momento era comparso sotto i loro occhi appena il trio superò la collina innevata.
“Un villaggio… medievale….in pratica…” disse incredula Barb incapace di staccare lo sguardo dal pittoresco paesino dalle case dal tetto di paglia e dai comignoli fumanti.  “No sul serio sembra che il tempo si sia fermato a qualche secolo fa!!! Santo cielo guarda quelle case, sembrano una litografia dei tempi andati!”
“Per non parlare del fatto che saranno solamente una qualche decina di abitazioni…  chi ci vivrebbe mai in un posto del genere?!” esclamò Tyson ancora più incredulo di Barbara.
Allison sorrise ai due lupi più giovani prima di rispondere con un evidente tono quasi canzonatorio “Ovvio, quei pazzoidi dei maghi.”
Subito dopo Allison ricominciò a camminare verso quel villaggio medievale sotto gli sguardi stupiti e allucinati dei due ragazzi.
“Forza su datevi una mossa.” Li sollecitò la bionda lupa già a metà della collina.
Tyson sbuffò irritato ma non se lo fece ripetere due volte anche se non potè evitare di lamentarsi.
“uff… questa storia mi piace sempre meno…” sussurrò  a denti stretti il ragazzo andando a raggiungere la compagna.
Barbara rimase ancora un po’ a guardare dall’alto il villaggio di Hogsmeade, ne aveva sentito parlare dal suo vecchio amico mago in quel tempo che le sembrava ormai così lontano, come se appartenesse ad un’altra vita.  Invece erano trascorsi solo due anni da quando aveva lasciato la sua casa e il suo paese. A quei tempi aveva sentito molto parlare di quei luoghi e della scuola di Hogwarts, ma di certo  non avrebbe mai immaginato di visitarli… beh allora non avrebbe mai immaginato neanche che avrebbe fatto parte di un branco di licantropi eppure eccola lì. Barb corse per raggiungere i compagni per procedere tutti insieme per il villaggio, non era sicuro separarsi in un luogo con così tanti maghi nei paraggi. In quegli anni molte cose erano cambiate, come la sua visione dei maghi; non erano più solo delle strane persone dai gusti e dalle abitudini particolari, ma erano diventati un pericolo, gente da cui guardarsi e da cui mostrarsi diffidenti. La guerra aveva cambiato tutto, nessuno si poteva più fidare di uno sconosciuto: il branco era diventato l’unica realtà in cui sentisse di poter vivere.
I tre licantropi procedettero con passo svelto per la via principale del piccolo villaggio alla ricerca della locanda dove avrebbero trovato chi dovevano incontrare per discutere del lavoro. Il tragitto fu a dirla tutta piuttosto breve anche perché non fu difficile trovarlo, vista la scarsità di locali presenti ad Hogsmeade, ma allo stesso tempo i tre riuscirono a canalizzare su di loro tutti gli sguardi dei fattucchieri che incontrarono per la strada. La ragione era ovvia: tre persone sconosciute vestite con abiti muggle fin troppo leggeri per quel nevoso mese di dicembre che procedevano veloci con sguardi duri e anche piuttosto truci. Anche se la guerra era finita, gli anni trascorsi nel sospetto e nella paura avevano lasciato un segno profondo nei cuori e nella mente di tutti.
Nonostante gli sguardi della gente, però i tre lupi non desistettero nel raggiungere la loro meta il pub “Hog’s Head”,  posto quasi al limite ultimo del villaggio e leggermente scostato dalle altre case. Il nome del pub era quasi illeggibile per come quell’insegna di legno posta sopra la porta fosse vecchia e consunta: una testa di cinghiale mozzata con il sangue che cadeva su un panno bianco.
Non sembrava un posto molto raccomandabile.
Barb avvicinandosi non potè che storcere il naso per l’intenso lezzo di capra che già si sentiva dall’esterno di quel luogo che sapeva di lerciume e abbandono. Quasi non si capacitava che fosse ancora in attività.
Fu Allison ad aprire la porta del pub rivelando un ambiente angusto e scuro, solo la fioca luce di candele poste una su ogni vecchio tavolo rischiarava di poco il locale che era praticamente vuoto.
Gli uniche anime vive erano il barista, un uomo alto e magro dalla barba incolta che si premurò bene di fissarli con sguardo arcigno, e poi gli unici due avventori seduti ad un tavolo poco distanti dalla porta d’ingresso. Loro erano coloro che li avevano chiamati lì.
Erano due maghi, non c’erano dubbi, i lunghi mantelli e i cappelli improponibili erano una prova più che evidente. Un uomo e una donna anche di una certa età, soprattutto il vecchio mago la cui barba bianca era così lunga che aveva dovuto infilarsela nella cintura.   Stranamente quest’ultimo sorrideva con sguardo benevolo a differenza della sua compagna dal volto severo e quasi spazientito.
“Buongiorno, grazie per essere venuti.” Disse il vecchio mago alzandosi in piedi in gesto di saluto.  “Io sono il professor Dumbledore e lei è la professoressa McGonogall.”
“Allison” disse la mannara presentandosi  “Loro sono Tyson e Barbara. Possiamo sederci?”
“Certamente” rispose Albus sedendosi di nuovo al suo posto mentre i tre si avvicinarono seppur con circospezione. La tensione poteva essere tagliata con la punta di un coltello, sia Tyson che Barb non erano affatto tranquilli, pronti a scattare al minimo accenno di pericolo. Barbara sentiva quasi la pelle fremere, come se il Lupo premesse per poter uscire neanche fosse per il richiamo della luna.
“Potete stare tranquilli, non avete nulla da temere.” Disse Albus cercando di chetare gli animi di tutti “Non vogliamo attaccarvi.”
“Certo e io dovrei credere a un…” stava esclamando Tyson furente ma venne zittito da Allison, anche se questo non gli impedì di continuare a guardare in cagnesco i due maghi
“Chiedo scusa, ma non siamo soliti a dare fiducia tanto facilmente.” Spiegò Allison, in fondo nemmeno lei era totalmente tranquilla in quella situazione
“Ed è questo il motivo per cui non è venuto il vostro capo?” chiese Dumbledore con un sorriso sghembo “Nonostante di certo non sarebbe stata la prima volta che ci saremmo incontrati. Sapete che sono in trattativa con lui da più di un mese.”
Allison lo guardò di sottecchi per niente rassicurata da quelle parole. “Si lo sappiamo” disse “Per rispondere alla sua domanda, diciamo che è uno dei motivi per cui Benjamin non è qui. Ma comunque sarò io a fare le sue veci oggi, quindi ora parliamo d’affari. Perché vi serve una protezione da parte di un branco di licantropi? Non avete abbastanza incantesimi per proteggere la vostra scuola?”
Minerva sembrò rimanere piuttosto stupita dalla conoscenza della magia di quei mannari ma si disse anche che l’idea di una scuola di magia protetta da incantesimi fosse una soluzione piuttosto logica, quella domanda poteva non voler dire niente di meno e niente di più.
“Sì.” Rispose il Preside “Ma temo che potrebbero non bastare.”
“C’è un reale pericolo che la scuola possa essere attaccata?” chiese Allison aggrottandosi  “E se è così di quale potenza stiamo parlando?”
Albus prima di rispondere scambiò uno sguardo d’intesa con McGonogall, come se volesse sia rassicurarla sia assicurarsi del suo appoggio. “Diciamo che potrebbe esserci una forte probabilità che qualcuno, dei maghi, voglia attaccare la scuola per via di una credenza che all’interno si possa celare qualcosa di loro interesse.”
“E c’è?” chiese Allison.
Il vecchio mago si limitò  a sorridere a quella domanda ed Allison capì al volo l’antifona “Ok, cambiamo soggetto. Questi maghi che potrebbero attaccare la scuola, sa chi sono?
“è probabile che stiamo parlando di ex Deatheaters.” Rispose il preside.
A sentirli nominare Barb non potè evitare di mostrare il suo disgusto, cosa che non sfuggì affatto al vecchio mago prima che la sua attenzione venne di nuovo attirata dalla bionda mannara.
“Per quanto tempo vi servirà questa protezione?” chiese Allison
“finchè i sospettati non verranno presi e consegnati alla giustizia possibilmente, ma sarete pagati per i vostri servigi regolarmente visto che il contratto è a tempo indeterminato è il minimo.”
“No il minimo sarebbe sapere dove vivremo noi nel frattempo!” esclamò Tyson perdendo la pazienza “Allison sai che dormire nella foresta all’agghiaccio per qualche tempo non mi dispiace ma se questa cosa si protrae per anni, questo è un problema! E non credo di parlare solo per me.” concluse il rosso guardando verso Barb in modo evidente.
“In effetti…” cominciò la ragazza quasi in imbarazzo. “Siamo in inverno e ok che abbiamo una pelliccia ma  non sempre basta…. Sul serio non ci sarebbe un posto dove sistemarci? Anche perché non ho visto alberghi da queste parti…” chiese lei rivolta direttamente ai due maghi.
Albus ridacchiò benevolo “A questo penseremo noi. Non possiamo farvi alloggiare nella scuola…”
“Anche perché questo accordo deve rimanere segreto, come la vostra presenza, sia agli studenti che ai loro genitori.” Aggiunse Minerva seria.
Tyson sbuffò facendo una smorfia “Che non sia mai che un mago cerchi protezione da un lupo giusto?!” disse sarcasticamente maligno. “Siamo troppo rozzi e mostruosi per voi.”
Albus sospirò affranto “Mentirei se dicessi che molti nella comunità magica accetterebbero di buon grado questa cosa, è vero. Ma io riconosco il vostro valore e i vostri talenti e so che sareste perfetti per ciò che vi chiedo.”
“Quindi riguardo all’alloggio?” chiese Barb tornando al problema principale ma guadagnandosi un’occhiataccia gratuita da Tyson.
“Ne costruiremo uno nella foresta con tutti i confort…” stava dicendo Albus che venne però interrotto dalla giovane mannara che sembrava già entusiasta della cosa.
“ Be’, non sarebbe affatto male, potremmo portarci i ragazzi senza problemi…” disse Barb prima di essere rimproverata da Allison che la guardò arrabbiata intimandogli con lo sguardo di tacere.
“ Se accettiamo, quando dovremmo cominciare?” chiese Allison tornando ai due maghi con sguardo indifferente.
“Il prima possibile.” Fu la risposta del preside.
Allison annuì pensierosa “Al momento non siamo totalmente disponibili, dovremmo riunire il branco e ci vorrà come minimo una settimana, forse due sempre se partiamo subito.”
“Aspettate!” esclamò Minerva “Come facciamo a sapere che manterrete la parola sul fatto che tornerete indietro?”
I tre lupi si guardarono tra loro per trovare una soluzione e alla fine Allison e Tyson si soffermano a guardare Barbara in modo insistente, tanto che  la giovane ragazza non potè che capire ciò che quegli sguardi stavano tentando di comunicargli silenziosamente.
 “No, non ci pensate neanche a scaricarmi qui!” esclamò Barb spalancando gli occhi scandalizzata.
“Barb, hanno bisogno di una garanzia e né io né Tyson possiamo rimanere e lo sai.” Disse Allison con tono calmo per farla ragionare.
La ragazza incrociò le braccia al petto imbronciata “Sì lo so, ma in ogni caso non mi piace.”
 “Vi lasceremo Barbara” disse Allison ai due maghi nonostante l’evidente smorfia di disaccordo della giovane  “così saprete che torneremo per riprendercela.”
Minerva non era molto convinta di quella “garanzia” e stava giusto per aggiungere qualcosa ma Albus la precedette con un largo sorriso dipinto sul vecchio viso. “Perfetto, la signorina Barbara rimarrà nostra ospite fino ad allora.”
Tyson ed Allison si alzarono con un cenno del capo mentre Barbara rimane seduta ancora imbronciata, senza degnare di uno sguardo i proprio compagni.
“Bene abbiamo un accordo, saremo qui entro due settimane.” Disse Allison.
“E ci aspettiamo che l’alloggio sia pronto.” Aggiunse Tyson sempre con espressione arcigna.
“Lo sarà.” Rassicurò Albus prima che i due lupi cominciarono ad incamminarsi verso l’uscita del locale. Erano quasi alla porta quando Barbara richiamo l’attenzione del rosso licantrpo.
“Tyson” chiamò Barbara senza guardarlo in viso e rimanendo di spalle . “ Non tardare.”
Tyson ghignò prima di risponderle “Tranquilla novellina.”
Subito dopo Barb sentì l’aprirsi e il conseguente chiudersi della porta di quel pub maleodorante e poco a poco il lezzo di capra le fece perdere la scia dell’odore dei suoi compagni che l’avevano lasciata sola dopo un anno e mezzo in cui non si erano mai separati nemmeno una volta. Barb odiava quella sensazione di solitudine, ma non doveva perdersi d’animo, in fondo due settimane passavano in fretta doveva solo aspettare.“Bene” disse Barb riscuotendosi  “dove volete rinchiudermi in queste due settimane?”
Albus si limitò a sorriderle.
Mezz’ora dopo Barbara era davanti all’imponente visione della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts ed era ovviamente completamente sbalordita.
“E questa sarebbe una scuola????!!”
6.30 PM
La Sala d’Ingresso era così grande che ci sarebbe entrata comodamente l’intera casa della famiglia Martin, giardino compreso. Le pareti di pietra erano illuminate da torce fiammeggianti come quelle di quei film medievali di Hollywood, il soffitto era talmente alto che si scorgeva a malapena e di fronte a loro una sontuosa scalinata in marmo conduceva ai piani superiori.
Barbara si stava ancora guardando intorno troppo stupefatta per notare subito le due nuove figure che stavano sopraggiungendo a passo svelto da una grande sala che si apriva da una porta sulla destra. La prima era un ometto di davvero piccole dimensioni, arrivava a malapena ad un metro di altezza e correva verso di loro facendo svolazzare un lungo mantello… o almeno era lungo per lui. La seconda invece era un giovane uomo vestito totalmente di nero che seguiva l’altro senza l’ombra di un sorriso e facendo strusciare il mantello scuro per le lastre di pietra del pavimento in una lenta avanzata, tanto che sembrava scivolare piuttosto che camminare come se fosse un vampiro.
Il piccoletto non aspettò di averli raggiunti per chiedere l’esito dell’incontro. “Dumbledore allora come è andata?”disse con una vocina quasi stridula per l’ansia e la trepidazione. Barb pensò involontariamente che assomigliasse ad un chihuaha tremolante.
“Bene direi.” Rispose il Preside con un sorriso.
“Non so se definirei bene portare una bestia ringhiante dentro la scuola…” disse con voce melliflua il giovane uomo in nero senza spostare lo sguardo da Barbara che aveva tirato fuori gli artigli e lo fissava torva e pronta all’attacco.
 La mannara appena aveva posato gli occhi su di lui lo aveva riconosciuto all’istante.
“Che ci fa lui qui?” chiese con voce roca facendo saettare gli occhi color cioccolato su tutti i presenti nella stanza, sperando di non essere finita in una trappola.
Al contrario delle paure di Barbara, sia McGonogall che il piccoletto sembravano piuttosto sorpresi di quella sua reazione, solo Dumbledore mantenne la calma rimanendo razionale “Vi conoscete?”
“L’ultima volta che l’ho visto cercava di reclutare il mio branco nei ranghi di quel vostro pazzo criminale psicopatico di un nazista.” Rispose Barb guardando truce l’uomo in nero che era rimasto immobile ad osservarla a sua volta.
 “Lo so bene Signorina Barbara” spiegò Dumbledore “è appunto per questo che ho deciso di assumere proprio il vostro branco.”
“Cosa?!” esclamò Barb arrabbiata
“Vede il qui presente professore di pozioni, ai tempi era una mia spia infiltrata tra i Deatheaters e vi posso assicurare che è un uomo degno di fiducia. È stato lui a dirmi come il vostro capo è stato così fermo nel rifiutare l’invito del Signore Oscuro.” Continuò il Preside.
A quelle parole Barbara si rilassò totalmente rinfoderando gli artigli e allo stesso tempo un felice sorriso le illuminò il volto. “oh, ok allora è tutto a posto.” Disse la ragazza camminando verso il giovane uomo ammantato di nero.
Il mago fece per ritrarsi, non fidandosi della mannara che si avvicinava sempre di più, ma lei fu più svelta e dandogli una leggera pacca sulla spalla disse con un sorriso a trentadue denti “è bello rivederti Smilzo!”
“Smilzo?!” disse lui confuso e disorientato.
Ma Barbara lo  ignorò procedendo oltre e continuando a guardarsi intorno per la bellezza e l’imponenza dell’intera scuola, così diversa da ogni cosa a cui la ragazza era sempre stata abituata finora.
“Certo che voi maghi non vi fate mancare niente, a confronto la mia vecchia scuola è una discarica!” esclamò lei con una mezza risata.
“Oh andiamo non poteva essere così male…” disse il piccoletto cercando di essere gentile.
“Non hai mai visto una scuola pubblica vero?” chiese sarcastica Barb con un ghigno “Ma comunque la nostra aveva pure di fianco uno sfasciacarrozze quindi….”
“una che?” chiese il piccolo professore non sapendo ovviamente cosa fosse uno sfasciacarrozze, fatto che stupì non poco la licantropa.
“Sei serio? È serio?” chiese rivolta agli altri tre stranita.
Tutti preferirono non rispondere, limitandosi a leggeri sorrisi… anzi l’unico che sorrideva era Dumbledore.
Minerva sbuffando spazientita si avvicinò a Barbara dicendo “La signorina rimarrà con noi per il tempo in cui il suo branco si organizzerà per raggiungerci.” Tornando finalmente al vero problema principale  “Fino ad allora sarete alloggiata nel castello in una camera per gli ospiti.”
“Oh davvero?” chiese Barbara visibilmente sorpresa “Pensavo che mi avreste rinchiuso in qualche segreta e gettato la chiave.” Concluse guadagnandosi  un’occhiataccia dalla professoressa.
“Prego mi segua, vi presterò qualcosa da mettere per la cena di questa sera.” Disse Minerva ignorando le ultime frasi della giovane e cominciando a salire la scala di marmo.
Barb la seguì trotterellando senza però evitarsi di guardarsi i propri abiti chiedendo “Che hanno i miei vestiti che non va bene?!”
“Sono sporchi e strappati oltre che di pessimo gusto.” Sentenziò Minerva senza fermarsi.
La ragazza indossava un vecchio giaccone marrone, dei pantaloni larghi a vita alta un po’ rattoppati verso il basso per tutte le volte che li aveva strappati nelle corse nei boschi, degli stivali neri e sotto una maglia maschile a scollo a v. Ok non era proprio alla moda ma di certo i maghi non potevano parlare al riguardo, loro erano fermi alla moda del secolo scorso!
“Ehm ma ti sei vista tu allo specchio ultimamente? Senza offesa ovvio.” Disse Barb sparendo alla vista dei tre uomini appena salì l’ultimo gradino.
Nella Sala d’Ingresso il giovane professore di pozioni si avvicinò al suo preside con fare guardingo continuando a scrutare la scalinata come se credesse che Barbara sarebbe tornata giù di corsa per attaccarli.
“Possiamo fidarci?” chiese lui per niente tranquillo.
“Dimmelo tu, sembri conoscerla più di me…” rispose Dumbledore guardandolo di sottecchi con un messo sorriso.
L’altro rimase un po’ interdetto a quella frase “L’ho incontrata solo una… forse due volte nella vita e sono passati anni da allora…”
“Bene allora, se la signorina Barbara ti insospettisce tanto, tienila d’occhio. Consideralo un lavoro  supplementare.” Disse il vecchio mago procedendo verso la Sala Grande che si apriva sulla destra seguito a ruota dal piccolo Professor Flitwick.
“Cosa?!” esclamò lui esterefatto, ma Dumbledore non si fermò lascando Severus Snape solo in messo alla sala d’ingresso ancora pietrificato dalla sorpresa.
“Mi ha incastrato.”
7.30 PM
La sala grande era gremita di studenti che attendevano l’inizio della cena e l’atmosfera era colma dell’allegro chiacchiericcio dei ragazzi, ma i giovani maghi non erano gli unici intenti in discussioni concitate, anche il tavolo dei professori era in fermento. Tutti sapevano la decisione del professor Dumbledore di assumere come guardie un branco di licantropi fidato che avrebbe pattugliato i confini e anche se molti non ne erano entusiasti avevano deciso di chiudere un occhio perché troppo stanchi dei turni di guardia estenuanti che erano stati costretti a fare dalla fine della guerra fino ad allora. Ma ad ogni modo questo era comunque l’argomento sulla bocca di tutti, l’unico a non essere preso da alcuna conversazione era il giovane Professor Snape perso nei propri pensieri. Si chiedeva da quale scherzo del destino fosse stato colpito, possibile che fra tutti  i licantropi dell’Inghilterra doveva essere proprio lei, a stare sotto il loro stesso tetto come garanzia del suo branco. Snape non aveva mai creduto alle coincidenze, ma più ci pensava più non riusciva a trovare una spiegazione a quella strana sequela di eventi, o almeno non con le poche informazioni che aveva. Doveva scoprire di più su quella Barbara…
In quel momento fecero il loro ingresso, dalla porta laterale la professoressa McGonogall seguita dalla licantropa in un abito lungo dalle ampie maniche dallo smorto color verde acido e come unico ornamento una cintura di pelle stretta in vita. Barbara aveva un’espressione scocciata e leggermente disgustata mentre camminava dietro alla strega.
“Uff, mi sembra di essere a una ricostruzione di un banchetto medievale! Vi devo ricordare che siamo nel ventesimo secolo?!” sbuffò la ragazza  rivolta a Minerva che preferì non rispondere limitandosi ad alzare gli occhi al cielo incantato della Sala.
Le due donne si sedettero nei posti lasciati loro liberi a fianco di Dumbledore e di Snape e ovviamente Minerva si affrettò ad occupare la sedia di fianco al preside lasciando Barbara accanto all’ombroso professore di pozioni che non era affatto felice della disposizione decisa sicuramente da Dumbledore stesso.
“Ehi Smilzo!” lo salutò la ragazza sedendosi al suo fianco, mentre continuava a guardarsi intorno. Snape si ricordò di chiedergli da dove arrivava quel soprannome tra le domande che avrebbe dovuto farle.
“Certo che non si può dire che voi maghi non siate scenografici! Guarda che roba!!” esclamò lei guardando verso gli studenti che probabilmente si stavano accorgendo ora del loro nuovo ospite per via delle occhiate che sempre più frequentemente le rivolgevano dal basso delle tavolate. “Quanti studenti avete? Mi sembra di contarne qualche centinatio…”
“Sono 273” disse lapidario Snape.
“Capito, non è un numero impossibile da tenere d’occhio.” Rispose Barbara con un sorriso. “Certo non mi aspettavo una scuola di queste dimensioni! Sarà dura controllare un perimetro così ampio!” ridacchiò la lupa.
“Spero non così ampio da fare un lavoro mal fatto.” Sibilò Snape guardandola di sottecchi.
“Ehi! Guarda che quando facciamo una cosa la facciamo sempre al meglio! Non lasciamo mai le cose a metà!” esclamò Barbara quasi offesa.
Snape si soffermò ad osservarla, non era molto diversa dalla prima volta che l’aveva vista: era cresciuta questo era vero, il suo viso aveva un po’ perso l’aria infantile avviandosi ad un taglio più maturo, i capelli castani erano più lunghi e decisamente più scompigliati ma la luce in quegli occhi era sempre la stessa, forte, viva ed ovviamente irriverente. Era incredibile come ricordasse quella notte, di ormai tre anni addietro.  Alla fine Snape distolse lo sguardo dal viso della ragazza chiudendo il discorso con un semplice e categorico “Bene.” Barbara sembrava voler dire qualcosa quando la cena comparve magicamente nel suo piatto stupendola non poco e distraendola da qualsiasi cosa avesse voluto dire.
Barbara si lanciò sulla cena, dimostrando una fame non indifferente e in neanche pochi minuti il suo piatto era totalmente vuoto.
“Ah, non mangiavo un roast beef così buono da… sempre!” rise la ragazza ad alta voce.
“Oh suvvia  Signorina, certamente i nostri elfi sono degli ottimi cuochi ma non le sembra di esagerare?” ridacchiò il professor Dumbledore, posando i suoi occhi color zaffiro sulla giovane.
Barbara sorrise  e sempre con lo stesso sorriso tranquillo disse “Con i pochi esempi di buona cucina che ho avuto in vita mia, ti assicuro che è la completa verità!”
“Nemmeno dai tuoi genitori?” chiese Dumbledore con uno sguardo indagatore che a Snape non sfuggì, ma a Barbara invece anche se ne fosse accorta non sembrò importare molto.
“Soprattutto dai miei genitori! Se avevamo del cibo precotto in casa era già una festa!” ridacchiò Barbara prendendo un sorso di succo di zucca.“Aww troppo dolce…”
“Signorina Barbara non è che potrebbe dirci la sua età?” chiese la professoressa McGonogall sospettosa.
“Ne ho diciotto perché?” chiese Barbara in tutta innocenza.
“Albus! È poco più che una bambina!” esclamò Minerva verso il proprio capo.
“Ha solo tre anni in meno di Severus Minerva, non mi sembra così giovane.” Disse con un sorriso Albus mentre lanciava un’occhiata verso il diretto interessato.
“Severus?” chiese Barbara confusa.
“Sarei io.” Disse il professore di pozioni monotono. “Severus Snape.”
“Ma dai! Finalmente so il tuo nome Smilzo!” esclamò lei sorridente.
A Severus una vena cominciò a pulsare al suono di quel nomignolo. “A proposito di questo Smilzo, si può sapere da dove arriva?!”
“Be fino a pochi istanti fa non sapevo il tuo nome e dovevo pur chiamarti in qualche modo!”
“Be allora lo sai. Quindi ti prego di usarlo.”
“D’accordo Sev!”
Severus si sentì gelare il sangue nelle vene a sentire quelle tre lettere. Lei non poteva chiamarlo così, nessuno poteva…
“Non così.” Disse lui con lo sguardo nascosto tra i capelli neri che gli erano caduti davanti al viso.
Barbara si immobilizzò nell’atto di prendere un’altra porzione di roast beef. “Perché?”
“Perché no.” Sentenziò lapidario Severus lanciandole uno sguardo di minaccia a cui però la ragazza rimase totalmente indifferente.
Alla fine Barbara alzò le spalle, finendo di versarsi il suo amato roast beef. “Come vuoi. Ma come ti chiamo allora?”
“Chiamami Severus ovviamente.”
“No, non mi piace.” Disse storcendo il naso.
Severus era allibito oltre che irritato, quella ragazza lo faceva impazzire.“Chiamami Snape allora.” Disse esasperato
“Non chiamo la gente per cognome. È impersonale.” Disse la ragazza con un tono che non ammetteva repliche.
Severus dovette trattenersi da scagliarle una fattura seduta stante, quella ragazza era l’irritazione fatta persona. Ma lei incurante del pericolo a cui andava incontro non fece nulla per migliorare la sua situazione.
“Senti, non ti piace proprio Smilzo come soprannome? Per me ti si addice e ha un bel suono. Non pensi? E poi ormai sono abituata a chiamarti così nella mia testa quindi per me sarebbe più facile…” continuò a dire lei in un fiume di parole e più parlava più l’irritazione di Severus cresceva tanto che alla fine dovette scoppiare.
“Va bene!” esclamò Severus ad alta voce spaventando i propri colleghi che non erano abituati a sentirlo parlare ad un tono di voce così alto. “Come vuoi, chiamami come vuoi!”
Barbara si illumino in un largo sorriso, felice di averla avuta vinta.
Si, quella ragazza avrebbe di sicuro fatto impazzire Severus Snape.
Quella sera non si rivolsero più la parola e Barbara venne coinvolta nei discorsi di Minerva e Albus anche per tutta la durata delle portate successive. Erano verso la fine della cena quando Snape tornò a prestare attenzione alla ragazza.
Barbara aveva esclamato a gran voce e ancora era bloccata in uno sguardo di stupore mentre fissava un Albus Dumbledore che sorrideva sornione.
“Che cosa dovrei fare io adesso?!!” ripetè la licantropa.
“Cantare mia cara. Vi ho sentito quel pomeriggio a Londra, avete una voce davvero portentosa.” Disse Albus e Snape non potè non chiedersi di quale occasione stesse parlando il suo capo.
“Ehm grazie… ma non capisco perché dovrei cantare adesso, in questo momento?”
“Possiamo usare questo come scusa con gli studenti per spiegare il motivo per cui lei si trova qui. Come potete vedere ai nostri ragazzi non è sfuggita la sua comparsa, anche perché è insolito la presenza di ospiti esterni alla scuola.” Spiegò il professore.
“Be forse era davvero meglio che mi chiudevate da qualche parte per davvero allora.” Sibilò Barbara guardandolo storto. “A meno che non avevate in mente di cacciarmi in questo casino fin dall’inizio mister Babbo Natale?”
Albus ridacchiò “Mi avete scoperto Signorina.”
“Oh per favore, chiamami Barbara. Ma cosa dovrei cantare?!”
“Quello che volete.” Rispose il vecchio mago con un sorriso furbo.
Barbara sbuffò “Non è mica così semplice! Avete studenti di 11 anni e questo preclude un certo numero di canzoni troppo spinte per certi versi. In più siete maghi! Non posso usare parole che non conoscereste! Il vostro piccoletto non sapeva nemmeno cosa fosse uno sfasciacarrozze!”
Albus si prese il mento fra le mani pensieroso ma senza perdere il suo pacato sorriso. “Possiamo fare così allora. Possiamo annunciare un concerto per domenica sera dopo cena così avrai tutto il tempo per cercare le canzoni più appropriate.”
“Un intero concerto?!!” esclamò Barbara spiazzata.
“Si certo! E scommetto che sarà molto divertente!” disse alzandosi in piedi richiamando l’attenzione dei propri studenti, pronto a fare il suo tanto amato annuncio.
Barbara non potè che assistere alla sua totale sconfitta e sorridere in un completo imbarazzo mentre una folla di giovani maghi l’applaudiva entusiasta.
Severus la guardò di sottecchi mentre lei salutava con la mano gli studenti con un sorriso tirato.
“Mi ha del tutto incastrata…”
 
Note dell’autrice e saluti finali
Grazie a tutti di aver letto la mia storia e spero che continuerete a seguirmi!!!
A presto
JD

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Capitolo 13
*** 10-12-1982 ***


10 dicembre 1981 7.30 AM
Severus non poteva crederci, quella ragazza era sparita già dal primo giorno. Era andato nella camera a lei assegnata che era appena sorto il sole, pensando di trovarla addormentata vista l’ora, ma quando era arrivato davanti alla porta l’aveva trovata aperta e la stanza era vuota. Dove diavolo era andata quella ragazza? Subito si era lanciato per i corridoi ordinando ai personaggi dei quadri di cercarla in ogni anfratto del castello. Che cosa aveva in mente? Voleva attaccare gli studenti o rubare qualcosa all’interno della scuola?
Non passò molto che un personaggio di un quadro a cui stava passando di fianco lo bloccò per informarlo che la mannara era nella biblioteca. Severus si accigliò a quella notizia, di tutti i luoghi che avrebbe potuto immaginare quello era l’ultimo in cui l’avrebbe cercata. Che ci faceva una stolta mannara nella biblioteca di una scuola di magia? Mentre si dirigeva a grandi passi verso il terzo piano del castello non potè non maledire ancora una volta Dumbledore per aver avuto quella stupida idea di assumere un branco di licantropi!
Arrivato tra i grandi ed innumerevoli scaffali della maestosa biblioteca di Hogwarts per la prima volta in tutta la sua vita pensò quasi di odiare quel posto che era stato il suo rifugio preferito nei suoi sette anni scolastici. Quel luogo era troppo grande e ricco di anfratti dove potersi nascondere, ci avrebbe messo una vita a trovare quell’idiota lì in mezz…
“Buongiorno Smilzo!” lo salutò la protagonista dei suoi pensieri sbucando all’improvviso da un corridoio con un gran sorriso.
Severus per la sorpresa non potè evitarsi di indietreggiare, già con la bacchetta in mano in un involontario gesto di autoconservazione che più di una volta gli aveva salvato la vita negli anni precedenti.
Barb a vederlo così agitato scoppiò a ridere, con quella sua risata sguaiata e senza freni che tanto irritava il professore di pozioni.
“Come facevi a sapere che ero io?” chiese il mago ricomponendosi.
“Dal tuo odore.” Gli rispose la mannara con tutta tranquillità. “Ormai lo conosco!”
Snape era quasi disgustato, odiava quella razza così animalesca e selvaggia. Agivano solo ascoltando l’istinto senza tenere conto della ragione, senza pensare… in effetti era ciò che più si avvicinava all’indole di Gryffindor. Avrebbe voluto andarsene, magari affatturandola ma il suo compito di sua guardia personale non glielo permise. Odiava Dumbledore per quell’ingrato lavoro che gli aveva affibbiato.
“che cosa ci fai qui a quest’ora?” chiese lui alla fine.
“Non dormo mai fino a tardi. Quindi ho voluto fare un giro per la scuola, ero curiosa!” rispose la ragazza con un po’ di imbarazzo.
Severus non potè non notare il leggero rossore che imporporò momentaneamente le guance della più giovane. Ne rimase stupito in un primo momento, in quell’istante non sembrava nemmeno la bestia che in realtà era, ma il ricordo della notte in cui l’aveva vista trasformarsi, seppur per metà e scagliarsi contro Potter e quegli altri idioti se lo rammentava bene. Non doveva abbassare la guardia, quella non era una ragazza normale.
“Bene, ora che hai finito di fare il tuo giro turistico” disse con tono duro il mago “sarà meglio che torni nella tua stanza. Ti ci scorto.”
“Come di già? Andiamo, ho visto neanche la metà di questo posto!” provò a protestare Barb superando il mago e continuando a gironzolare per la grande biblioteca.
“Appunto!” esclamò a sua volta Severus seguendola arrabbiato “Hai visto anche fin troppo! Una come te non sarebbe mai neanche dovuta entrare in questo luogo!”
Barb si bloccò quasi in un sussulto.
Severus si chiese se avesse toccato un nervo scoperto, forse l’aveva fatta infuriare anche fin troppo… silenziosamente estrasse la bacchetta pronto nel caso la ragazza decidesse di passare alle mani o meglio agli artigli. Ma Barbara non aveva cattive intenzioni o almeno non immediate a quanto sembrava.
“Perché sono un licantropo o perché prima ero una normale?” chiese voltando la testa verso di lui con un ghigno maligno.
“Normale?”
“Muggle, come li chiamate voi.” Spiegò Barb storcendo il naso a pronunciare quelle parole, ma continuando a camminare per i corridoi dandogli le spalle.
“Perché voi non li chiamate così?” chiese Severus continuando a seguirla.
“Personalmente non mi piace come suona “muggle”, si sente che ricorda di molto il nomignolo per stupido. È piuttosto offensivo per me, prima del morso anch’io ero una muggle.” Spiegò Barb guardandolo di sottecchi.
Severus la osservò in silenzio, non capiva cosa realmente le passasse per la testa, cambiava umore e atteggiamento troppo velocemente. Non riusciva a capire se le fosse quasi simpatico da come si comportava e da come si rivolgeva a lui con quel fare amichevole e certamente irritante, oppure quella fosse solo una facciata per il suo odio nei confronti suoi e dei maghi. Non era raro che i licantropi non vedessero di buon occhio la comunità magica, cosa che aveva portato molti di loro a trasformare e uccidere  maghi e streghe che si erano trovati sul loro cammino. Quella ragazza e il suo branco non avrebbero dovuto essere però di un genere così violento, o almeno così diceva Dumbledore. Ma di certo Severus non si era affatto sognato quell’astio nella voce mentre Barb parlava dei maghi.
Severus era totalmente immerso in questi pensieri quando la protagonista dei suoi problemi si bloccò all’improvviso voltandosi verso un particolare reparto della biblioteca che il giovane mago conosceva bene.
“Guarda Smilzo, questo è il tuo settore!” esclamò la ragazza entrando tra i due alti scaffali di libri “Pozioni, giusto? Sei il professore di questa materia no?” chiese cominciando a scrutare i titoli dei libri all’altezza dei suoi occhi.
Sul volto di Severus si disegnò una smorfia tra l’irritazione e il disgusto. Come se una sporca mannara potesse anche solo immaginare di conoscere una qualsiasi nozione dell’arte di un pozionista, ma comunque decise di risponderle sperando di farla uscire da lì il prima possibile. “Sì, è esatto.”
“Deve essere forte fare l’insegnante qui dentro!” esclamò la ragazza continuando la sua esplorazione. “Di certo avrete studenti molto più collaborativi e studiosi di quelli che bazzicavano nella mia vecchia scuola.”
“Non lo posso assicurare, anche qui ci sono delle buone teste di rapa.” Rispose Severus incrociando le braccia al petto seccato. “Perché pensi questa cosa?” chiese senza riuscire a frenarsi.
“Vuoi scherzare?! Con materie come pozioni, incantesimi, trasfigurazione anch’io mi sarei messa a studiare seriamente!” rispose lei ridacchiando.
Severus sogghignò per niente stupito “Non eri una brava studentessa?”
“Non molto… ok va bene, per niente!” rispose Barb facendo morire il sorriso perdendosi nei ricordi  “Non lo so, tutto quello che mi insegnavano mi sembrava una così grande stronzata che alla fine facevo il minimo indispensabile solo per passare l’anno e poi… be la scuola non è stata più un mio problema.”
“In che senso?” chiese Severus stranamente incuriosito.
“Ho abbandonato per… be cause di forza maggiore. Diciamo così.”
Un sorriso amaro si disegnò sul volto della ragazza mentre in quegli occhi color cioccolato passava un velo di tristezza e di ricordi nostalgici, ma quel velo venne presto scostato e Barb tornò a sorridere nel suo classico modo irriverente che Severus aveva imparato a conoscere. “Comunque lei non mi ha risposto Professore.” Disse Barb sedendosi salendo sul tavolo che si frapponeva tra i due scaffali con fare furbo “Non mi vuoi qui perché sono un mannaro o perché ero un muggle? O è per entrambe le ragioni?”
Severus si incupì davanti a quel sorriso strafottente, quella ragazza lo infastidiva sempre di più. “Entrambi.”
Barb ridacchiò amaramente scuotendo la testa scompigliando ancora di più i lunghi capelli castani. “Voi maghi…” Sembrava voler aggiungere altro, ma preferì cambiare argomento. “Ma dimmi un po’ Smilzo, se ti sto così tanto sulle palle perché sei qui con me?”
Severus fece una smorfia al ricordo della sera precedente quando il suo datore di lavoro gli aveva lanciato addosso quella trappola. “Il professor Dumbledore mi ha ordinato di tenerti d’occhio.”
Il ghigno di Barb si allargò ulteriormente a sentir dire quelle parole “Quel vecchietto è davvero scaltro, diamine! Fa tanto il nonno benevolo quando invece è proprio un gran bastardo!” ridacchiò la mannara.
“Attenta alle parole!” sibilò indignato il mago.
Barb alzò le braccia in segno di resa. “Lungi da me dall’insultare Babbo Natale!” disse sempre ridacchiando.
A Severus stavano per saltare tutti i nervi. “Senti tu piccola…”
“No, non ci credo!” esclamò la ragazza saltando in piedi e precipitandosi con una velocità sovrumana verso un particolare libro posto a pochi metri da loro su uno scaffale. Barb sfilò il libro dal suo scompartimento con gli occhi che esprimevano sorpresa mentre accarezzava il nome del libro con dita tremanti. Severus si avvicinò per vedere che cosa aveva attirato tanto la sua attenzione: non era un volume molto antico, anzi era una pubblicazione piuttosto recente per i canoni di Hogwarts, “Mille erbe e decotti per pozioni di difesa e svelamento” di Bernard Edwin Dungwort. Severus conosceva di fama quel pozionista, era un personaggio importante nel loro campo, il giovane mago si ricordava anche di aver letto e studiato quel volume al suo quinto anno per una ricerca personale. Un libro decisamente interessante e di grande utilità per lui, ma cosa poteva mai importare ad una persona come quella mannara? Eppure sembrava sfogliarlo con vero interesse…
“Lo conosci?” chiese Severus non credendo in una risposta affermativa.
“Cosa?!” esclamò Barbara tra lo spaventato e il sorpreso, cosa che non sfuggì al mago.
“il libro intendo.”
“Oh! Ah, no… non proprio ma… ecco lo posso prendere in prestito?”
“Cosa?!” ora era toccato a lui rimanere sorpreso.
“Dai! Per favore, giuro che lo riconsegno sano e salvo!” supplicò Barb congiungendo le mani in segno di preghiera e guardandolo con un fare da falsissima bambina innocente.
Severus non sapeva cosa rispondergli, avrebbe voluto darle un secco no come risposta, ma allo stesso tempo era curioso di sapere cosa ci volesse fare con un manuale di pozioni quindi alla fine la sua curiosità ebbe la meglio. Dopo quasi una mezz’ora il mago riuscì a convincere la ragazza ad uscire dalla biblioteca e Barb fu contenta di seguirlo trotterellandogli dietro con il suo libro stretto al petto. Stavano scendendo le scale verso la Sala Grande, visto che l’ora della colazione si stava avvicinando quando Barb gli rivolse ancora la parola dopo qualche minuto di un beneamato silenzio. “Ehi Smilzo, mi sbaglio o questa scuola cambia da sola? Sono sicurissima che quella scala laggiù prima portasse da un’altra parte.” Chiese Barb continuando a guardarsi intorno dubbiosa.
“Hai ragione. Questa scuola è magica, armature e quadri come avrai potuto vedere si muovono, le scale cambiano spesso posizione e ad alcune scompare un gradino al centro, come questa quindi saltalo perché non ti prendo se ruzzoli giù per tre piani.” Disse Severus saltando lo scalino maledetto imitato subito dalla mannara che però non potè non fermarsi un attimo ad osservare quella piccola illusione affascinata. “Poi ci sono alcune porte che non si aprono se non glielo chiedi in modo cortese, ad altre devi fare il solletico nel punto giusto e…”
“Aspetta sei serio?!” lo interruppe la ragazza ridacchiando all’idea di dover fare il solletico ad una porta.
“Ovviamente.” Sibilò Severus “Attenta anche ai fantasmi, soprattutto a Peeves il poltergeist… lui beh lo capirai quando lo incontrerai.”
“Fantasmi? Ah si li ho visti un paio durante la cena di ieri. Ne avete parecchi qui, non ne ho mai visti così tanti e così amichevoli poi! L’unica volta che li ho incontrati,  non sono stati molto gentili… ci hanno letteralmente perseguitato finchè non abbiamo lasciato la foresta dove dimoravano! Piuttosto noiosi a dir la verità…” raccontò Barb con una smorfia.
Severus si ritrovò di nuovo ad osservarla mentre la ragazza era impegnata a ricordare la sua esperienza con i fantasmi; era più bassa di lui di una spanna, i capelli scompigliati le davano un aria sbarazzina e selvaggia, gli intensi occhi marroni e la pelle olivastra invece sembravano renderla quasi esotica… forse aveva origini mediterranee, si ritrovò a pensare il professore di pozioni. Severus non poteva negare che quella ragazza non lo incuriosisse, infatti non a caso dopo quella notte di ormai di tre anni addietro si era ritrovato spesso a pensare alla mannara che lo aveva aiutato. Era comparsa all’improvviso dal buio della foresta e senza pensarci due volte si era scagliata su Potter e i suoi, e per cosa poi? Uscirne fuori sanguinante e senza nessun profitto. Severus posò lo sguardo sulla spalla della mannara ora pulita e coperta dal pesante tessuto di velluto dell’abito della McGonogall che le aveva prestato, ricordandola invece come quel pezzo di carne maciullata e sanguinante. Era così che l’aveva lasciata, seduta a terra da sola in mezzo al bosco con la spalla in un lago di sangue e un sorriso irreverente sul volto. Quell’immagine lo aveva tormentato più volte le notti successive e il suo volto trasfigurato dalla trasformazione si era unito già all’ampia collezione di personaggi dei suoi incubi che in quel periodo continuavano a fargli visita nel sonno. Non era stato un bel periodo quello… non che ci fosse mai stato un bel periodo da allora…
“Certo che questa scuola è davvero enorme!” esclamò Barb riportando Severus nel presente “Non credo che riuscirò ad esplorarla tutta in due settimane…”
“Non farlo allora.” Disse lui tornando nella sua maschera di indifferenza e cupezza “Non ho voglia di rincorrerti per tutto il castello, ho delle lezioni e degli impegni oltre che badare a te.”
“Non devi mica seguirmi ovunque.”
“Sì, che devo.”
“Certo che sei proprio serio Smilzo!” esclamò la ragazza mettendosi le mani sui fianchi con fare da mamma mentre lo guardava di sottecchi anche se tradiva un mezzo sorriso di divertimento. I due erano arrivati alla fine della scala e stavano svoltando l’angolo per raggiungere l’altra rampa che li avrebbe condotti alla scalinata di marmo della Sala d’Ingresso, quando due studenti tagliarono loro la strada mentre correvano per il corridoio trafelati.
 “Voi due, non correte per i corridoi!” esclamò Snape con rabbia, rimproverando i due bambini che appena sentirono la sua voce si bloccarono allarmati sussultando.
“Ci…ci scusi Professor Snape!” balbettò uno dei due senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Erano del primo anno della casa di Humplepuff, due di quelle teste di rapa che si ritrovava come studenti. Oh era davvero una meraviglia insegnare in quella scuola! Come no! Avere a che fare ogni giorno con quegli idioti gli si rodeva lo stomaco… e pensare che era solo al suo primo anno di insegnamento…
“Mi sembrano un po’ disorientati non trovi?” gli chiese Barb con un sorriso comprensivo mentre camminava verso i ragazzini che erano rimasti immobili a tremare come due stupidi davanti alla sua figura. Severus osservò la mannara chinarsi leggermente verso i due undicenni con un sorriso benevolo sul volto, ben diverso da quello sbarazzino e strafottente che rivolgeva a lui  “Ehi ragazzi, vi siete persi?”
“Ehm… sì, chiedo scusa…” ammise uno dei due diventando rosso per la vergogna.
“Ma figurati, chi non si perderebbe in questo labirinto! Dove dovete andare?” minimizzò Barbara allargando il sorriso.
“In Sala Grande per la colazione, signorina.”
“Perfetto, allora basta che ci seguiate, anche noi stavamo andando lì. Non è vero Prof?” disse lei volgendosi verso Severus con un sorriso incoraggiante. Il mago si accigliò per essere stato preso in causa e allo stesso tempo si stupiva di non aver sentito quello stupido nomignolo che la mannara gli aveva affibbiato.
“Sì, è così.” Ammise alla fine sospirando per la frustrazione “Seguiteci voi due, ma che non si ripeta. Bisogna essere davvero stupidi per non riuscire a trovare la Sala Grande.” Disse il professore di Pozioni affiancando Barbara e procedendo spedito per il corridoio mentre i due piccoli Humplepuff li seguivano contriti e in silenzio. Barb al suo fianco ridacchiò attirando la sua attenzione.
“Decisamente troppo serio.” Gli sussurrò lei con un sorriso divertito senza farsi sentire dai due studenti.
Quando arrivano in Sala Grande i due ragazzini fecero in fretta a filarsela verso il loro tavolo lanciando un saluto a Barbara e ignorando il più possibile il loro professore, non che Severus non ci fosse abituato e comunque poco gli importava. L’unica cosa che ancora non gli era chiara era perché Barbara non lo aveva chiamato Smilzo. Era un soprannome denigrante questo lo aveva ben capito anche se di certo era migliore di Snivellus dei suoi anni scolastici, ma se quel nomignolo serviva a denigrarlo perché non usarlo davanti a tutti?
“Ehi Prof, si può sapere che hai? Perché mi guardi in quel modo?” chiese Barb confusa. La stava fissando muto da un minuto buono e non se n’era nemmeno accorto.
 “Perché non mi hai chiamato come tuo solito?” chiese senza pensarci.
“Oh ti piace così tanto il tuo soprannome?!”
“Affatto.” Rispose lapidario Snape causando però solamente l’ilarità della ragazza.
 “Comunque è ovvio che non posso chiamarti Smilzo davanti ai tuoi studenti” disse lei abbassando la voce “Perderesti la tua scura aria da professore autoritario.”
Severus rimase senza parole.
“E poi” continuò la ragazza camminando verso il tavolo dei professori quasi saltellando “Voglio tenermi ancora per un po’ l’esclusiva sul tuo soprannome! Mi piace come suona!”
Severus non se lo aspettava, tanto che era rimasto immobile a fissarla come se fosse stato pietrificato lì sull’ingresso della Sala Grande, quasi non sentiva nemmeno quello che Barb gli stava dicendo in quel momento.
“Ma davvero dovresti essere un po’ più flessibile con quei poveri bambini, cavolo stavano tremando come una foglia quando ti hanno visto!” stava dicendo Barb prima di accorgersi che Severus non la stava seguendo “Ehi Prof! Forza datti una mossa, comincio ad avere una certa fame anch’io!”
Severus dovette scuotere più volte la testa per tornare presente a sé stesso, quella ragazza l’avrebbe fatto impazzire. Cercò di ricordare quanto quell’essere sotto forma di diciottenne potesse diventare pericoloso, a quanto la sua razza fosse mostruosa e a quanto lo disgustasse. Irriverente, stupida e fastidiosa ragazzina ecco quello che era! Come potevano un paio di frasi cambiare tutto quello? Non potevano, ecco.
Severus decise così di ignorare quel solitario battito che aveva percepito provenire dal suo cuore freddo e straziato al suono di quelle parole e alla visione di quel sorriso luminoso rivolto verso di lui.
“Mi piace come suona!”
Tum-Tum
11.15 PM
Il cuore di Barb aveva saltato un battito quando aveva trovato quel libro in biblioteca quella mattina: il libro di Bernard. Tra tutti gli innumerevoli volumi che quell’assurda biblioteca conteneva lei aveva trovato proprio il libro del suo vecchio amico; che inconcepibile e fantastica coincidenza! Barb non aveva mai creduto nel destino, anzi aveva sempre pensato che le cose accadessero per una qualche ragione di causa ed effetto. In fondo era sempre stata una ragazza pratica e poco incline al sognare ad occhi aperti o a credere in cose come il fato oppure ad un qualche disegno superiore… anche se gli eventi di quegli ultimi due giorni l’avevano fatta pensare non poco. Non era solo per il libro, ma soprattutto per lo Smilzo. Quale assurdo scherzo o magia li aveva fatti rincontrare per ben tre volte di seguito? Non avevano nulla in comune, lui era un mago e lei una mannara, lui un professore di una scuola di magia, lei era solo una vagabonda. Pure i loro passati erano diversi, lui era stato una spia di guerra, roba da film d’azione mentre lei faceva la sbandata a Knaresborough. Come era possibile? Più Barbara ci pensava, più non trovava una risposta.
La ragazza sbuffò guardando oltre la finestra alta e stretta della propria camera, oltre il vetro si stagliava un paesaggio di montagna tipico delle alture scozzesi, ricoperto di neve fresca che ammantava anche i tetti di  Hogwarts. Al pensiero di quel castello la ragazza sorrise, si ricordava la prima volta che Dungwort gliene aveva parlato: il vecchio mago aveva gli occhi che si illuminavano nel raccontare le bellezze della scuola e degli anni giovanili passati come studente tra quelle mura. Ora capiva perché Bernard la ricordava con tanto affetto e meraviglia, quel posto era davvero incredibile! Bastava vedere la camera che le avevano dato, sembrava di essere in un hotel a cinque stelle a tema medievale, aveva pure un bagno personale! Non aveva mai avuto un bagno tutto per sé! Barbara si ritrovò a ridere da sola in quella camera di lusso con il camino acceso che scoppiettava allegramente in un angolo della stanza. Tutto era magnifico ed incredibile, anche la compagnia non era male. Quei maghi si erano rivelati più amichevoli di quanto avrebbe creduto… beh ad accezione dello Smilzo con i suoi musi lunghi ed occhiatacce che tanto la divertivano. Al contrario di ogni buon motivo, le piaceva quello strano ragazzo o come minimo la divertiva irritarlo. In più il suo comportamento scostante e di cattivo umore le sembrava di certo il più sincero lì dentro. Non riusciva a credere a quei sorrisi imbarazzati e alle parole gentili degli altri professori, loro sapevano chi e cosa fosse e lei conosceva la paura dei maghi verso le persone della sua razza. Non riusciva a fidarsi di quei sorrisi, li credeva tutti degli ipocriti senza spina dorsale,  ma lo Smilzo era diverso, lui non aveva mai finto davanti a lei. Barbara aveva letto disgusto, rabbia, irritazione sul suo viso e quelle erano emozioni reali, poteva credere a quello in modo sincero.  La ragazza sorrise triste accarezzando il libro di Bernard, l’unico mago che forse non la vedeva come un mostro.
Chissà cosa stava facendo ora?
La mannara scosse la testa per allontanare il pensiero. Era inutile porsi domande che sapeva non avrebbero trovato una risposta. Sfogliò di nuovo il manuale di pozioni, aveva finito di leggerlo da poco anche se molte delle cose che aveva letto non le aveva capite, era un libro di magia avanzato e lei che non aveva mai tenuto in mano nemmeno una bacchetta di certo non avrebbe potuto comprenderle. Però chissà magari poteva chiedere delle delucidazioni allo Smilzo l’indomani…
Domani….
Barb guardò fuori verso il cielo notturno incrociando lo sguardo con la luna, le mancava solo un piccolo spicchio al suo completamento.
Domani notte ci sarebbe stata la luna piena.
Il suo primo plenilunio senza il suo branco. Sapeva di non correre pericoli né per sé stessa, né per gli altri ma il pensiero che sarebbe stata sola le faceva stringere il cuore. Non era più abituata alla solitudine.
La ragazza si strinse il libro al petto mentre si rannicchiava sullo stretto davanzale mentre  la bianca luce lunare illuminava la sua figura; una piccola mannara persa in una scuola di magia.
 
Note dell’autrice
Ok , prima di tutto un GRAZIE  a caratteri cubitali a BorderCollie che ha messo la mia storia nei preferiti e a Fra_Black e missiswolf03 che l’hanno aggiunta nelle seguite!!! Ancora mille grazie!!!!
Sperando che il capitolo vi sia piaciuto, come il rapporto di odio/ribrezzo/amicizia o forse qualcosa di più –chi lo sa?!-  che si sta creando tra Severus e Barb, eh eh!!
Alla prossima
JD 

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