My lovely crazies

di I_love_villains
(/viewuser.php?uid=857483)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prime impressioni ***
Capitolo 2: *** Visite mattutine ***
Capitolo 3: *** Visite pomeridiane ***
Capitolo 4: *** Visite mattutine - giorno due ***
Capitolo 5: *** Visite pomeridiane - giorno due ***
Capitolo 6: *** Colloquio con il direttore ***
Capitolo 7: *** Ora d'aria ***
Capitolo 8: *** Il sei vale tre ***
Capitolo 9: *** Interrogatorio ***
Capitolo 10: *** Scoprirsi ***
Capitolo 11: *** Miglioramenti ***
Capitolo 12: *** Due pipistrelli ***
Capitolo 13: *** Terapia di gruppo ***
Capitolo 14: *** Una lunga notte - parte uno ***
Capitolo 15: *** Una lunga notte - parte due ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prime impressioni ***


Il nuovo dottore era arrivato da meno di una settimana e anche se non aveva parlato ancora con nessun paziente, i detenuti di Arkham lo avevano già preso in antipatia o simpatia.
Per la modesta opinione della sezione femminile, il giovane psicologo era il più bell’esemplare maschile che avessero mai visto. Il ragazzo aveva una carnagione chiara, capelli neri perennemente arruffati e ammalianti occhi scuri. I tratti del viso erano perfetti e decisamente attraenti.
Secondo lo Spaventapasseri, però, ciò che aveva colpito le signore era l’eccentricità del nuovo arrivato. Infatti il giovane non indossava un comune camice bianco, ma un trench nero sopra a un gilè bordeaux e una camicia nera. Anche i pantaloni e le scarpe erano nere. Inoltre, sicuramente per fare scena, girava sempre con uno strano bastone da passeggio. Esso era scuro, di mogano, ma ciò che attirava l’attenzione era il pomello: un teschio caprino in avorio con dei rubini incastonati al posto degli occhi.
“Quando è che quel bellimbusto comincerà le visite?” domandò l’Enigmista.
“Lunedì” rispose laconico il Pinguino.
Era l’ora d’aria e i due osservavano il giovane dal cortile.
“Sai anche con chi?”
“Non ne ho idea e non mi interessa, ma ho saputo che prima o poi intende parlare con tutti. Non con la stessa frequenza, però.”
“Sei sempre una fonte inesauribile di informazioni, Ozzie.”
“Umpf” mugugnò il Pinguino.
Il suo sguardo si era spostato sulle ragazze, che avevano occhi solo per il nuovo dottore.
“Magari è gay” gracchiò.
“Ahaha! La tua è solo invidia” lo derise Edward.
“Scommettiamo?”
“Ci sto, ma glielo devi chiedere tu.”
“Facciamo mille?”
“Sono così sicuro che accetto.”
“Perfetto.”
“Tu che ne dici?” chiese l’Enigmista rivolgendosi a Due Facce.
Harvey lanciò la monetina, guardò il risultato ed annunciò: “È etero.”



***Angolo Autrice***
L'ho fatto: ho pubblicato il primo capitolo di una storia che per ora esiste solo nella mia testa. Quindi non aggiornerò molto di frequente.
Intato mi dite se vi è piaciuto l'incipit?
E chi voltete che siano i primi quattro detenuti a essere psicoanalizzati?
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Visite mattutine ***


Il nuovo dottore si presentò a tutti nello stesso modo: entrò nelle loro celle salutandoli allegramente, disse di chiamarsi Alex Storm e domandò loro se potevano darsi del tu. Cambiarono le reazioni, e secondo il dottor Crane quella era già una piccola analisi, soprattutto perché al dottore interessava sapere come volevano farsi chiamare i suoi nuovi pazienti.

Il primo a scoprire che Alex aveva una voce suadente e armoniosa fu il Joker, anche se naturalmente il pagliaccio non badò a simili particolari.
“Hai voluto cominciar con la miglior attrazione di Arkham, dottore?” chiese Joker con il solito tono allegro.
“Beh, ho sentito molto parlare di te e desideravo conoscerti” rispose Alex serio.
Si sedette sulla sedia che era stata portata lì apposta per lui e fissò attentamente il pagliaccio.
“Ne sono onorato. Mi spiace per l’accoglienza, però. Come vedi non mi permettono di vestirmi elegantemente.”
“Lo so, ma io intendo cambiare le cose.”
“Uhm?”
“Non capisco perché voi non possiate esprimere la vostra individualità vestendovi come vi pare. Non credo che indossare divise carcerarie vi impedisca di avere addosso delle armi o di essere pericolosi.”
“Mi stai dicendo che posso riavere il mio adorato costume?” domandò Joker sbalordito.
“Sì. Perché ti trovi qui?”
“Sono un incompreso. O forse è proprio perché mi comprendono che hanno deciso di rinchiudermi.”
“Uhm, stando alla tua scheda psichiatrica, risulta che non sei capace di distinguere il bene dal male.”
“Sciocchezze. Mi è stato detto che uccidere è sbagliato, ma senza adeguate motivazioni. So benissimo cosa è male, ma scelgo di farlo.”
“Scegliere è molto importante …”
“Vero? Però c’è gente che limita le nostre decisioni, gente come voi dottori.”
“Oh, io sicuramente no. Credo che il libero arbitrio sia ciò che fa di un uomo un uomo. Ed è per questo che sono qui: per studiare voi, che di certo lo esercitate meglio di molti altri.”
“Ahahaha! Io faccio sempre tutto quello che mi pare!”
“E nessuno avrebbe niente da ridire, se il fare ciò che vuoi significherebbe aiutare gli altri.”
“Perché, forse gli altri si aiutano fra loro?”
“Talvolta. Ma essere egoisti non li ha fatti rinchiudere in un manicomio. Un manicomio criminale, se vogliamo essere precisi.”
“Oh, ciò non toglie che siano pazzi anche loro. Siamo tutti pazzi. Tutti si concentrano su di me, sono il loro capro espiatorio. Sono sicuro che se psicoanalizzassi il primo che incontri …”
“Perché mi dovrei occupare di uomini grigi che non sono né carne né pesce? Io trovo voi molto più interessanti.”
“Siamo speciali, eh?”
“No, non più che altri. Tutti siamo speciali, è questo che ci rende ordinari. Ciò che apprezzo di voi sono alcune caratteristiche non presenti in altri.”
“Questa chiacchierata si sta facendo troppo seria. Vuoi sapere come mi sono fatto queste cicatrici?”
“Magari la prossima volta. Prima che me ne vada, però, vorrei che mi dicessi qualcosa su Batman.”
“Oh, io e Batsy siamo molto legati. Quando sono qui non mi viene mai a trovare, ma appena esco non riesce a staccarsi da me. Sono il suo chiodo fisso! Ahaha!”
“E ciò non ti dà fastidio? Non hai tentato più volte di ucciderlo?”
“Beh, sì, ma, sai, anch’io ho le mie tesi, e sto cercando di dimostrare che lui non è molto diverso da me, o da chiunque altro.”
“Come?”
“Facendomi uccidere da lui! Ahahaha!”
Quest’ultima esclamazione fece sorridere Alex e un lampo illuminò i suoi occhi.
“Arrivederci, Joker.”
“A presto, dottore! Ahaha!”

Il secondo internato ad essere visitato da Alex fu lo Spaventapasseri.
“Oh, e qui abbiamo quello fissato con la paura.”
“Questa affermazione non è molto professionale, dottor Storm.”
Il giovane dottore fece segno con la mano di non badarci e si sedette di fronte a Crane.
“Da domani tutti avrete la possibilità di scegliere altri vestiti, compresi i vostri cari costumi. Sempre che non vogliate tenere le divise carcerarie …”
“Ah, sì? Io mi vestirò da Spaventapasseri. Da questo cosa deduce?”
“Che preferisce essere lo Spaventapasseri piuttosto che il dottor Jonathan Crane.”
“Preferisco … è ciò che sono.”
“Perché si trova qui?”
“Perché la sperimentazione su cavie umane è giudicata illegale. E poi c’è quella fissazione.”
“Me ne vuole parlare?”
“Perché no? In un modo o nell’altro l’ora deve passare. Io credo che la paura sia l’emozione che più di ogni altra influenzi le nostre scelte.”
“Quindi io sarei qui perché ho paura di qualcosa?”
“Per quanto ne so, sì. Se la conoscessi meglio, individuerei la paura specifica.”
“Usando il suo gas?”
“Oh, no, non dimentichi che anche io sono uno psichiatra. No, quello serve a visualizzare la sua paura più grande.”
“Non ne ho.”
“Dicono tutti così …”
“A che serve studiare la paura? Qual è il suo scopo?”
“In un mondo dominato dal terrore solo chi è immune può essere al comando.”
“Dunque lei unisce il fascino personale alla conquista del mondo?”
“Mi accontento di una città. In qualità di scienziato, la voglio esaminare e diventarne il padrone.”
E nulla più.”
“E nulla più, già” ripeté Crane con un sorriso.
“Prima ha accennato alla sua carriera da psichiatra. Riesce a fare delle autoanalisi?”
“Se potessi non sarei qui, le pare?”
“Allora l’aiuto io. Quando uscirà il dottor Crane? Mai più.”
“Non si azzardi a usare Poe contro di me. Appena uscirò da qui vedremo se davvero non ha paura di niente.”
“Vedremo … e vedremo quanto ci impiegherà Batman a riacciuffarla.”
“Come osa …?!”
Lo Spaventapasseri si avvicinò minaccioso al vetro che delimitava la sua cella e fissò con astio Alex. Quest’ultimo gli rivolse un sorrisetto divertito che voleva essere di scuse.
“Pardon, a volte sono poco professionale.”
“Ho notato.”
“È che ho un caratteraccio … comunque, lei mi ricorda due persone: una perché le somiglia, l’altra perché potrebbe resisterle.”
“Me ne vuole parlare?”
“La seconda viene soprannominata l’uomo senza paura …”
“Impossibile.”
“La prima è anche lui uno Spaventapasseri. Lei avverte l’irresistibile voglia di bagnare il suo Trusty Rusty?"
Crane lo fissò stupito.
“È sicuro di stare dalla parte giusta del vetro?”
Alex sorrise di nuovo, alzandosi. Quei ghigni risultavano già odiosi allo Spaventapasseri.
“Devo andare. Buona giornata.”

Fu il turno di Poison Ivy.
“Attendevo con ansia questa visita, dottoressa Isley.”
“Ah, sì? Perché?”
“Beh …”
Alex la squadrò dalla testa ai piedi con uno sguardo decisamente lusinghiero.
“Mi piacciono molto le rose. Solo quelle rosse, però” disse infine.
“Sono i miei fiori preferiti.”
“Mi piacerebbe osservarla mentre le crea, ma so che le iniettano qualcosa che tiene a bada i suoi poteri. D’altronde, se non lo facessero, lei li userebbe per scappare.”
“Certo; chi vorrebbe stare qui di sua spontanea volontà?”
“Qualcuno che sa di avere un problema.”
“Io sto bene! Solo perché difendo le mie bambine …”
“Credo che anche gli ambientalisti più convinti avrebbero qualcosa da ridire riguardo i suoi metodi.”
“Talvolta ti obbligano a usare la forza.”
Passò qualche attimo di silenzio.
“Da domani potrà riavere il suo costume, se vuole.”
“Davvero? Anche gli altri?”
“Sì, però confesso di essere interessato di più al suo.”
Ivy sorrise e si avvicinò sensuale al vetro.
“Al vestito in sé, o per come mi sta?”
“La seconda opzione.”
Alex si alzò e si avvicinò a Poison Ivy.
“Perché non apri la porta?”
“Oh, sono molto tentato, ma sarebbe un’azione imprudente e non mi permetterebbero di tornare da te.”
“Sarebbe un vero peccato.”
“Già. Meglio aspettare. Mi fa piacere che ci diamo del tu.”
“Anche a me non dispiace, Alex.”
“Però ora non so se chiamarti Ivy o Pam.”
“È uguale.”
“Posso farti una domanda personale prima di andare, Pam?”
“Sentiamo.”
“Sei occupata?”
“Ahaha! No, sono single. Ma ti sconsiglio di creare una relazione con una tua paziente.”
“Non preoccuparti. A presto.”
“A presto.”

L’ultimo paziente della mattina era il Pinguino.
“Dopo le precedenti visite lei risulta un po’ noioso, signor Cobblepot.”
“Chi ha visitato?”
“Joker, lo Spaventapasseri e Poison Ivy.”
“Di fronte alla dottoressa Isley siamo tutti poco interessanti.”
“È vero. La informo che da domani le sarà possibile recuperare frac, cilindro e un ombrello, purché sia innocuo.”
“Perché?”
“Trovo che sia un delitto privare un uomo della sua individualità.”
“Lei è un idealista?”
“Non proprio. Cerco semplicemente di realizzare ciò che io credo essere giusto. Ma parliamo di lei. Perché si trova qui?”
“Immagino che Blackgate sia sovraffollata. Io non sono pazzo.”
“No, ma non tutti avrebbero pensato di fare di un ombrello un’arma. La criminalità non è un disturbo psichiatrico, ma una buona seduta potrebbe sopire questi desideri.”
“E una buona mazzetta potrebbe aiutare a giudicare positiva tale seduta.”
“Ahaha! Non ho bisogno di soldi.”
“Lei non è di Gotham, vero?”
“Già. Fra quanto crede di poter uscire?”
“Un mese, al più tardi.”
“E fra quanto ritornerà?”
“Mai, con un po’ di fortuna.”
“Non c’entra la fortuna, quanto la sua forza di volontà.”
“Bah.”
“Dovrebbe essere più collaborativo.”
“Fra meno di un mese sarò lontano da qui, non c’è bisogno che perde tempo con me.”
“Uhm, forse. Direi di chiudere qui, per oggi.”
“Aspetti … prima devo chiederle … sa, per una scommessa … lei è etero?”
“Sì. Mi spiace per un’eventuale delusione, signor Cobblepot.”
“Cosa? No, io …”
Alex se ne andò ridendo.



***Angolo Autrice***
Sì! Sono riuscita ad aggiornare prima delle feste!
Buon Natale! Auguri!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Visite pomeridiane ***


Otto ore al giorno. Un orario abbastanza lungo, per gli standard di Arkham. Tuttavia era solo il primo giorno e il dottor Storm non era per niente stanco. Quel pomeriggio tornò al manicomio con la stessa grinta della mattina. Iniziò quel giro nell’ala femminile, precisamente con Harley Quinn.
“Sai, mi piace molto il tuo nome.”
“Grazie, mister A. come sta mister J?”
“In splendida forma, come te” rispose Alex squadrandola come aveva fatto con Poison Ivy. Continuò: “Adesso capisco perché il Joker è qui.”
“Perché?”
“Perché non bada a te.”
“Ahaha! Grazie, mister A. Però è vero. Sniff, mi farebbe piacere se il mio budino mi considerasse di più.”
“Forse a uno come lui non interessa l’amore. Forse non sa nemmeno cos’è.”
“Non è vero! Sicuramente il mio J ha sofferto per un’avventura giovanile e gli ci vuole tempo per riprendersi.”
“Questo l’hai ipotizzato quando eri ancora una psicologa?”
“No. A quei tempi mister J era impenetrabile. Parlava molto, ma non come i pazienti normali.”
“Capisco ...”
“Comunque anche io voglio sapere delle cose da te. Pam mi ha detto che ti piace. È vero?”
“Può darsi. Apprezzo molto il suo aspetto fisico, ma è troppo presto per capire se …”
“La ami, la vuoi sposare e starci insieme per tutta la vita?”
“Ahaha! Sì, decisamente troppo presto per questo.”
“Vuoi fare la procedura di Hannibal Lecter?”
“Cioè?”
“Qui pro quo.”
“Oh. Va bene. Direi che tocca a me. In molti hanno cercato di dissuaderti da frequentare Joker e hanno fallito miseramente. Io non tenterò di farlo, perché sarebbe come dire che tutti gli innamorati sono pazzi, pazzi nel senso negativo. Inoltre non è certo per colpa sua se tu adesso ti trovi qui. Joker ti avrà manipolata, ma è impossibile creare qualcosa dal nulla ...”
“Qual è la domanda, mister A?”
“Non lo so, Harleen. Il tuo è un problema di cuore. Prima eri innocua, ora non lo sei più. Farti uscire da qui è impossibile se non lo vuoi tu, e finché desidererai Joker …”
“… tornerò sempre ad Arkham. Ma io non posso farci niente! Ho provato ad allontanarmi, ma … lo amo. Non hai mai provato niente del genere?”
“Sì, ma per fortuna non si trattava di criminali. Mancano ancora dieci minuti, ma davo scappare. Il prossimo paziente è abbastanza puntuale.”
“Oh. Arrivederci, mister A!”
“Arrivederci, Harley.”

“Giusto in tempo, direi!” esclamò Alex sedendosi davanti alla cella del Cappellaio Matto.
Stavolta accanto alla sedia era stato sistemato un tavolino con sopra una tazza di tè e una zuccheriera. Jervis posò la sua tazzina e gli fece un gesto di benvenuto con le mani.
“Qui ho anche i pasticcini” annunciò in tono salottiero.
“Grazie, ma non mi piacciono molto. Preferisco i biscotti al cioccolato. Sono stato puntuale all’ora del tè?”
“È sempre l’ora del tè.”
“Immaginavo che lo avresti detto. E naturalmente lo prendi perché il tuo orologio è fermo …”
“Certo. Ci ho anche messo del burro. O forse mi hanno fatto credere che fosse burro ed era margarina, visto che l’orologio non funziona ancora.”
“Beh, tanto non ti serve, qui. Loro decidono cosa devi fare e quando, giusto?”
“Mi interessa sapere l’ora, così posso prepararmi per quando verrà a trovarmi Alice.”
“La ragazza che ami?”
“Esattamente! Tu la conosci?”
“No. Mi domando, perciò, perché ti piace.”
“Beh, per gli occhi azzurri … e i capelli biondi … ed è così gentile.”
“Perché somiglia ad Alice, insomma.”
“Sì. Questo è il momento in cui dici che lei non verrà mai a trovarmi.”
“Non intendevo dirlo, ma è vero, non credo che quella ragazza verrà mai a trovarti. Non puoi cercarne un’altra?”
“Non è facile trovarne di simili a lei. Oh, non ti ho ancora fatto gli auguri: buon non-compleanno.”
“Grazie, anche a te. Un vero peccato che la tua Alice avesse già il ragazzo. Se fosse stato altrimenti, sono sicuro che non saresti mai finito qui.”
Un’esplosione impedì al Cappellaio di rispondere. Alex lo congedò in fretta, ansioso di sapere cosa fosse successo. Glielo spiegò un’infermiera.
“Mr. Freeze ha fatto esplodere il suo laboratorio ed è fuggito con Nora.”
“Ho sentito parlare di persone poco socievoli, ma finora nessuno era fuggito pur di non vedermi.”
“Anche il signor Fries è un suo paziente?”
“Beh, lo era. Non importa, stasera avrò un’ora libera.”
Alex tornò da Jervis, lo informò dell’accaduto e lo salutò.

L’ultima paziente del giorno era Mary Louise Dahl, meglio conosciuta come Baby Doll.
“Sei un mio fan?”
“In realtà non ho mai visto nemmeno un episodio del tuo show.”
“E allora perché sei qui?”
“Per cercare di renderti idonea agli occhi della società.”
“Ahaha! Come se fregasse a qualcuno. Hai visto cosa è successo, no? Finito lo show, a nessuno è fregato di cosa fosse successo alla piccola Baby Doll.”
“Come puoi pretendere che un mucchio di estranei si interessi di te? Non hai nessuno che ti sia realmente caro?”
“Beh, c’è Miriam, ma credo che adesso si trovi a Blackgate.”
“Mi hai chiesto perché sono qui. Ti faccio la stessa domanda: perché sei qui?”
“A quanto pare essere affetta di ipoplasia sistemica congenita mi ha resa un’adorabile psicopatica.”
“Questo solo dopo che hai rapito i tuoi ex – colleghi,. Prima la tua malattia ti ha causato problemi?”
“Somigliare a una bambina di cinque anni ti fa avere degli sconti, ma non ci sono poi molti vantaggi. Il problema più grande sta nel trovarmi un ragazzo.”
“È un vero peccato. Tuttavia per tutti è difficile trovare l’anima gemella.”
“Ma il mio è un caso disperato. Detesto sentirmi sola” gemette Mary con gli occhi lucidi.
“Se ti può consolare, io non avrei problemi a mettermi con una affetta dalla tua malattia.”
“Però non con me, eh?!”
“Non è colpa mia se non sono attratto dalle bionde. Tu poi hai anche gli occhi azzurri …”
“Dovrei essere fra le più desiderate” replicò Baby Doll con un sorriso.
“Bah, a me piacciono le more. Talvolta anche le rosse, ma voi bionde con gli occhi azzurri sembrate degli angioletti.”
“Ahaha! Io ho anche i boccoli. Ok, tra noi non può funzionare. Dici che se mi trovo un ragazzo posso uscire da qui? Ma come lo trovo se sono qui?”
“Non necessariamente un fidanzato, ma qualcuno da amare, che ti capisca e ti stia vicino. Basta un amico, o un cane.”
“Sarà un cane, allora.”
“Domani chiederò alla direzione se è possibile portare animali nel manicomio. Oh, hai saputo che potrai indossare qualcosa di diverso da quella brutta divisa?”
“Sì, la notizia si è diffusa in fretta.”
“Buon pomeriggio, Mary.”
“Altrettanto, Alex.”

Il dottor Storm usò l’ora che avrebbe dovuto passare con Mr. Freeze per fare il punto della situazione. Accese un piccolo registratore e parlò: “Ho sentito molto parlare del Joker; finalmente oggi l’ho conosciuto. Si è mostrato abbastanza cordiale con me, ma si tratta di un paziente lunatico, quindi la prossima volta potrebbe essere più violento. Comunque la prima visita è stata soddisfacente. Spero che si mantenga costante ancora per un po’. Non mi aspetto certo di curarlo, ma qualcosa di buono si può fare.
Il dottor Crane … sapevo che sarebbe stato un osso duro. A complicare le cose c’è un’antipatia reciproca. Perché? Non lo so. Capita a tutti di giudicare le persone con una sola occhiata, e purtroppo noi abbiamo subito capito che non andremo mai d’accordo. Per fortuna si tratta di un solo paziente.
Poison Ivy sembra essere collaborativa, al momento. Se riesco a convincerla ad usare i suoi poteri nel modo giusto, non ci vorrà molto perché esca da qui.
Sempre più tardi di Cobblepot … non mi è particolarmente simpatico, ma è relativamente innocuo, se confrontato con gli altri pazienti. Mi dedicherò a lui finché la prossima mazzetta non lo farà uscire.
Harley Quinn sa bene qual è il suo problema, peccato che si tratti di un grosso problema. Io proverò ad aiutarla, ma da parte sua serve un grande sforzo di volontà.
Anche Jervis soffre di mal d’amore, ma nel suo caso si tratta di un’ossessione con l’aggiunta di una profonda passione per Lewis Carroll. Tenterò di fargli passare la prima e di rendere innocua la seconda.
Infine c’è Baby Doll. Lei mi sta simpatica. Sarà che sembra una bambina … al momento è il mio paziente più facile.
Domani conoscerò altri otto pazienti. Secondo il mio calendario, lunedì e martedì faccio otto ore, mercoledì e venerdì cinque, giovedì quattro e ho il fine settimana libero. Domani potrò assegnare un paziente ad ogni ora, così ci sarà più organizzazione e loro saranno pronti alla mia visita. Passo e chiudo.”



***Angolo Autrice***
Ok, devo ancora scrivere i prossimi due capitoli, ma prima o poi lo dovevo chiedere, quindi: come vi sembra la coppia Cappellaio Matto/ Baby Doll? Starebbero bene insieme? Non si sopporterebbero? Fatemi sapere che ne pensate (lo so che è strano).
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Visite mattutine - giorno due ***


Alex Storm fissò impressionato il colosso che gli stava di fronte. Bane lo osservava dall’alto in basso. Non aveva risposto al saluto del dottore e sembrava non avere alcuna intenzione di parlare.
“Questa terapia serve a te, non a me, te ne rendi conto? Posso darti del tu,vero? Beh, chi tace acconsente. Leggendo la tua cartella clinica, sono stato colpito dalla tua grande determinazione e forza di volontà. Sono doti che apprezzo molto, ma non capisco verso cosa le rivolgi. Solitamente le persone le usano per raggiungere i loro obiettivi, per seguire i loro sogni. Tu non desideri niente. Combatti e basta, vendendo i tuoi servigi al miglior offerente.”
Alex attese una reazione che non avvenne.
“Per alcuni pazienti è difficile capire come o perché è subentrata la pazzia, con te è più facile. Tutti diventerebbero degli psicopatici pluriomicidi se fossero torturati da piccoli.”
“E questo come lo sai?”
“Oh, nella cartella sono segnate numerose fratture e cicatrici anche molto vecchie. Il medico ha supposto che fossi molto giovane quando ti furono inflitte, e a quanto pare ci ha visto giusto.”
Storm si zittì, ma il mercenario si barricò nuovamente nel suo silenzio.
“Sembra che solo il passato riesca a scuoterti. Vuoi parlarmi di Santa Prisca?”
“Questo non c’è nella mia cartella clinica” esclamò Bane calmo.
“Vero.”
“Come lo sai?”
“Lo so. Per me è facile sapere le cose. Da come guardi il vetro, ad esempio, è chiaro che hai pensato più volte di romperlo, ma devi aver già tentato, visto che non l’hai fatto.”
“Ho la maschera” scandì Bane, cercando di usare un tono neutro.
Alex sorrise di fronte all’inquietudine dell’altro.
“Che tu parli o meno con me per un’ora non fa differenza per Arkham: lui ti vuole qui dentro ed io vengo pagato lo stesso. Ma io mi annoio a stare in silenzio così a lungo senza altro da fare che guardare te, perciò cerca di essere più collaborativo la prossima volta.”

Killer Croc era certo più loquace di Bane, forse perché era più stupido.
“Chiamami Killer Croc!” gridò quando Alex glielo chiese.
“Va bene. A te fa piacere stare qui?”
“Sì. Sono un alligatore nelle fogne! Ahaha!”
“Perché ti trovi ad Arkham?”
“Dico, ma mi hai visto?”
“Sì. Il tuo aspetto dovrebbe giustificare la tua brutalità?”
“Ci sono nato così. Tutti mi hanno sempre trattato come un mostro. Se non fossi stato vittima dei pregiudizi, io …”
“Hai la minima idea di quante persone vengono considerate diverse? Tu hai permesso loro di lasciarti trattare così.”
“Sono solo diventato il mostro che volevano.”
“E che volevi anche tu. Ti sei lasciato dominare dal tuo istinto convincendoti che la colpa fosse degli altri. In parte lo è, ma non per il tuo aspetto. Homo homini monstrum.”
“Eh?”
“L’uomo, per l’uomo, è un mostro. Sai chi l’uomo considera diverso, alieno, un mostro? Chiunque non è sé stesso.”
“Ehm … non ho capito chi ha la colpa.”
“Nel tuo caso, è sfruttare il tuo aspetto per fare ciò che vuoi e non tentare nemmeno di contrastare la tua parte animale.”
“Già, come no? Se …”
“Hai mai usato i tuoi poteri per aiutare qualcuno? Hai mai fatto qualcosa per dissuaderli dalla loro opinione?”
Croc tacque.
“Buona giornata, signor Jones.”
Killer Croc trasalì nell’udire quel nome.

“Dottor Langstrom, avrò il piacere di vederla come Man-Bat?”
“Spero di no, dottore” rispose Kirk, sorridendo alla battuta.
“Parliamo del suo siero. Lei ne è dipendente?”
“No, non provoca assuefazione.”
“Non fisica …”
“No, non lo bevo perché sento di averne bisogno. La trasformazione è un difetto collaterale.”
“Sì, però lei rischia volentieri di diventare un uomo pipistrello per guarire la sua sordità.”
“Devo … non voglio essere considerato un disabile …”
“Non vuole che gli altri la prendano in giro?”
“Beh, anche. Solo, ho una figlia e non sempre sento con questo dannato apparecchio. Oggi è uno di quei giorni in cui mi tocca leggere le labbra, per esempio.”
“Uhm, se lei stesso è così duro riguardo la sua malattia, in un certo senso giustifica le possibili opinioni degli altri. Direbbe la stessa cosa se fosse cieco?”
“Se lo fossi dalla nascita forse no, ma chi perde qualcosa ne sente la mancanza e desidera tornare normale.”
“Normale … cosa o chi è normale? Credo che in queste sedute lasceremo da parte Man-Bat, che in fondo è figlio della sua incapacità di accettare la sua malattia.”
“Non è solo un problema mio. Se trovo una cura, aiuterò un sacco di altre persone!”
“Una volta ho conosciuto una bambina sulla sedia a rotelle. Lei non aveva mai neppure pensato che potesse desiderare di poter camminare. Era felice così. Alcune persone, soprattutto chi non la conosceva, poteva fare commenti sul suo stato, ma per lei e per chi la conosceva era normale. Guardi, a poco a poco anche i bambini hanno smesso di additarla, e sì che sono fra i più crudeli, non trova?”
Langstrom lo scrutò pensieroso.
“Normale è ciò che si è abituati a vedere. Abbiamo l’idea che tutto debba essere in un certo modo solo da adulti. Lei continua a cambiare, per questo non ha ancora raggiunto la sua normalità. Una volta che avrà deciso se essere per sempre un sordo o Man-Bat, sarà normale.”
“Non è solo un problema mio …” sussurrò Kirk.
“Normale è ciò che si è abituati a vedere. Gli faccia fare un giro. A Gotham i mostri sono di ben altra specie. Arrivederci.”
Langstrom non rispose al saluto del dottore. Lo fissò sorpreso: aveva forse alluso ad Aaron?

L’ultimo paziente della mattina era Clayface. Il metaumano assunse le sembianze di Alex nel presentarsi.
“Cambiare forma è una cosa che piacerebbe a molti. Per lei è facile?”
“Abbastanza. Ma devo essere concentrato, altrimenti posso solo avere questo aspetto.”
Karlo torna ad essere un mostro fangoso.
“Lei però non si trova qui per questo. I suoi problemi sono precedenti alla trasformazione.”
“Quelli sono risolti.”
“Già, ormai non è più ricordato per la sua carriera cinematografica, ma per quella criminale.”
“L’importante è aver raggiunto la fama.”
“Non le è proprio passato per la testa di poter fare il supereroe?”
“Per questa gente? Lo può dire solo chi viene da fuori.”
“Eppure c’è Batman.”
“Tutta Arkham lo odia. Prima o poi qualcuno lo farà fuori.”
“Vuole essere lei? Non ha mostrato rimorsi nell’uccidere.”
“Solo chi si metteva sulla mia strada. Non sono Joker, non uccido per capriccio.”
“La necessità può spingere l’uomo a infrangere la legge, come un padre che ruba per dar da mangiare alla propria famiglia. Per lei era davvero necessario spezzare quelle vite?”
“Sì! Se lo meritavano!”
Clayface si scompose e si infranse violentemente contro le pareti della sua cella.
“È stato un gesto volontario?”
“Più o meno.”
“Vuole proporre lei un argomento di conversazione?”
“Fra quanto uscirò di qui?”
“Quando sarà pronto.”
“Quando deciderà che sono pronto?”
“Non è una cosa che decido io, dipende da lei. Adesso devo andare.”



***Angolo Autrice***
Alex è venuto un po' aggressivo e filosofico ...
Nel prossimo chappy ci sarà sicuramente Eddy. Volevo metterlo oggi, ma Langstrom gli ha soffiato il posto visto che a volte non è umano.
Cercherò di postare almeno una volta a settimana, ma dopodomani inizia la scuola, la mattina non posso più scrivere e potrebbe saltare qualche pomeriggio.
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Visite pomeridiane - giorno due ***


“Sa cosa mi interessa di lei signor Dent?” domandò Alex dopo le presentazioni.
“La doppia personalità, suppongo.”
“No. Essere sfigurati destabilizzerebbe chiunque, anche se in modi e tempi diversi. No, io sono interessato alla moneta. Che cosa rappresenta?”
“Ciò che muove questo mondo: la fortuna.”
“O la sfortuna ...”
“Ogni moneta ha due facce.”
“Tuttavia lei si riferisce al caso. Esso verrà chiamato fortuna o sfortuna dopo che l’evento è accaduto, sotto un punto di vista umano.”
“Sì, il Caso. Non crede che sia Lui a governarci?”
“Governarci non è la parola esatta. Credo che abbia delle cose in serbo per noi e che molte dipendano dalle nostre scelte. Come a un bivio: scegli destra e ti capita questo, scegli sinistra e chissà … magari la stessa cosa. È imprevedibile.”
“Imprevedibile, giusto. Che senso ha allora scegliere il bene o il male quando un singolo evento può spazzare via tutto ciò in cui credevi fino a quel momento?”
“Quindi l’ultima decisione che ha preso da solo è stata quella di non scegliere più niente e affidarsi alla sorte?”
“Sì.”
“In questo modo lei può accusare il caso per ogni azione sua o di chi le sta intorno. Mi sembra una cosa da codardi non assumersi la responsabilità delle proprie azioni.”
“Ha detto anche lei che le nostre scelte sono insignificanti in confronto a …”
“Forse lo sono, ma privarsene completamente non ha senso. Fare il procuratore distrettuale le piaceva, ma le piace anche fare il criminale. In questo caso lei lancia la moneta perché non sa scegliere. Ci sono invece episodi in cui non vuole scegliere, però avrà desiderio che la moneta mostri una faccia o l’altra.”
“Sì e no. Non trova affascinante questo continuo alternarsi di possibilità? Bianco o nero, eroe o mostro, ricco o povero, e tutto è dovuto al caso, insondabile ed equo.”
“Siamo artefici del nostro destino. Un povero può rassegnarsi e vivere da povero, ma può anche rimboccarsi le maniche e diventare ricco. Stessa cosa vale per un mostro. Tutto cambia o è indeciso e il grigio è il colore più comune. Le nostre azioni determinano ciò che siamo, quale che siano le prove che il fato predispone per noi. Arrivederci, signor Dent.”

Mente Due Facce indossava ancora la divisa carceraria, forse perché era uscita la faccia bruciata della moneta, l’Enigmista apparve ad Alex nel suo verde costume.
“Mi fa piacere poter esprimere la mia personalità attraverso ciò che indosso, ma manca qualcosa …”
“Spiacente, signor Nigma, non può riavere il suo bastone.”
“Teme la concorrenza?” domandò Edward indicando il bastone del dottore.
“No, il mio è senza alcun dubbio più figo. Semplicemente non voglio che lei usi certi gadget. Il nostro sarà un rapporto basato sulla sincerità, giusto?”
“Cosa glielo fa credere?”
“A quanto mi risulta, lei soffre di un disturbo compulsivo che la spinge a dire sempre la verità, anche se magari sottoforma di enigma.”
“Eh, sì, ho questo difetto …”
“Non lo definirei così. Ritengo che la verità causi molti più problemi delle bugie, perché non può essere smentita.”
“Prima di continuare, un indovinello! Strappane uno e grattane la testa, ciò che rosso era nero resta.”
“Il fiammifero. Credevo che uno con l’intelligenza del suo calibro sapesse ideare di meglio.”
“Questi dannati psicofarmaci tentano di inibire i miei geniali impulsi. Stavamo parlando di quanto sono intelligente?”
“E infantile. Ed egocentrico … lei segue Big Bang Theory?”
“Non so di cosa stia parlando.”
“Peccato …”
“Altro indovinello: noi otto andiamo sempre avanti ed indietro mai per salvare i nostri regnanti da pericoli e guai.”
“I pedoni degli scacchi. Certo lei ha una grande abilità nel risolvere enigmi, in campo informatico e meccanico, in escapologia ed è anche bravo nel fare deduzioni, ma cosa le fa credere di essere il migliore?”
“Facile: perché lo sono.”
“Bah … molte persone non hanno queste capacità, ma questo non significa che sono degli idioti. Siamo tutti ignoranti, solo su argomenti diversi.”
“Con questa citazione ha vinto un altro indovinello: siamo piccole cose di uso quotidiano e ci trovi tutte in un campo da tennis.”
“Le vocali.”
“Ehi, questo era più difficile!”
“Il nostro tempo è quasi scaduto. Adesso le proporrò un indovinello e lei mi potrà rispondere la prossima volta.”
“Pff. Appena l’avrà terminato …”
“Indovina indovinello …” cominciò Alex alzandosi e interrompendo Nigma.
“… perché vince sempre il pipistrello?”
“Ma è un indovinello vero? Voglio dire, esiste una risposta esatta o vuole solo le mie supposizioni? Ehi!” chiamò l’Enigmista, ma Alex uscì subito dopo aver posto l’indovinello.

“Spero che tu non sia un tipo silenzioso come Bane, Victor” disse Alex a Zsasz.
“No, dottore.”
“Allora perché non mi hai risposto quando ti ho domandato come chiamarti?”
“Lascio fare a te. Per me non ha alcuna importanza.”
“Sembrerà strano, ma tu sei uno dei pazienti più comuni del manicomio.”
“Ah sì?”
“Sì. Alcuni internati hanno manie particolari, ad altri sono accaduti fatti inconsueti per farli ammattire. Tu invece sei il tipico psicotico che crede di liberare la gente dalla sofferenza uccidendola.”
“Non dalla sofferenza, ma dalla vita, perché non ha nessun significato.”
“Solo perché tu non riesci a trovarlo non vuol dire che non esista ... Ce lo ha forse la morte?”
“In molti sostengono che dopo la morte ci attende la vera vita. Non so se sia vero, o se dopo c’è il nulla eterno, in ogni caso la vita di adesso è superflua.”
“E sei così altruista che hai deciso di pensare agli altri prima che la tua giunga a termine.”
“Ho scoperto il mio talento poco prima che stessi per metterci fine io stesso.”
“Consideri il saper uccidere un talento?”
“Oh, sì. E non sono il solo. Chiedi a chiunque decide di servirsi di me.”
“Hai mai pensato che la tua concezione della vita dipende dalla tua personale esperienza?”
Zsasz non rispose subito.
“Immagino che se le cose fossero andate diversamente non sarei giunto a questa conclusione e vivrei come una persona normale. La mia visione però non è errata.”
“E se ti dicessi che la vita ha senso?”
“Ahaha! No, dottore, non basta un ragionamento filosofico o quel che è per farmi cambiare idea. La sua ipotesi vale quanto la mia.”
“No, io ho una visione molto più ampia. Te ne accorgerai. Arrivederci.”

“Lei è nuovo qui, signor Evans?”
“È la prima volta che mi rinchiudono, se è questo che intende.”
“Perché ha chiesto l’infermità mentale?”
“Chiesta? Ahaha! Coff coff!Ho ucciso mia moglie, non lo trova un motivo sufficiente per essere qui?”
“Lei non è pazzo, lo ha fatto per interesse.”
“Sul giornale dicono che …?”
“Greg, sono uno psichiatra, so distinguere fra un uomo sano e uno disturbato.”
“Cos’è tutta questa confidenza? Sa chi sono io?”
“Un uomo d’affari con manie di grandezza e un impellente bisogno di soldi. Quanto devi a Maroni?”
“C- come fa lei a … coff coff?”
“Tranquillo, non lavoro né per lui né per qualche altro capo mafioso.”
“E allora come sa …?”
“Non importa, non a te. Hai una brutta tosse.”
“È cominciata nel pomeriggio. L’infermiera mi ha dato qualche pastiglia.”
“Passerà.”
“Dice che è un’influenza passeggera?”
“Sì. Entro domani non tossirà più. Addio, Greg.”
“Cosa? Coff coff ... voglio cambiare dottore!”

Come il giorno precedente, Alex Storm accese il piccolo registratore.
“Bane appare poco collaborativo. Credo di aver risvegliato il suo interesse,però. Attendo la prossima visita come conferma.
Killer Croc può migliorare. Per uno con le sue doti cambiare stile di vita non è impossibile. Quando lo capirà sarà arrivato a metà dell’opera.
Il dottor Langstrom non dovrebbe essere qui. Appena gli effetti residui del siero spariranno, potrà uscire.
Clayface è instabile … letteralmente. Il controllo del suo corpo dipende molto dalle sue emozioni, che sono fortemente negative. Che terapia usare con lui? Mi serve ancora un po’ di tempo per saperlo.
Il signor Dent riesce a desiderare cose opposte con pari intensità. Devo trovare qualcosa che gli faccia assumere una sola identità …
Il caso dell’Enigmista è simile a quello di Croc. Ovviamente per Nigma cambiare vita sarebbe molto più facile. Non gli servirebbe nemmeno rinunciare alle sue compulsioni, solo indirizzarle verso qualcosa di costruttivo.
Il signor Zsasz … non so che fare. È fermamente convinto della sua idea. Attendo eventuali sviluppi per capire come muovermi.
Infine c’è il signor Greg Evans. Oh, lui è un caso semplice. Non rappresenterà alcun problema. Credo che potrebbe addirittura aiutarmi con qualcuno degli altri. Passo e chiudo.”



***Angolo Autrice***
Puff finalmente ce l'ho fatta!
Gli indovinelli posti da Eddie provengono da Batman Forever, un film abbastanza divertente, tutto sommato.
Non credete anche voi che l'Enigmista somigli a Sheldon Cooper? XD
Voi sapete risolvere l'indovinello di Alex? A proposito, vi sta interessando come personaggio?
E naturalmente l'ultimo paziente l'ho inventato io.
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Colloquio con il direttore ***


“Il suo lavoro procede bene, dottor Storm?” domandò Jeremiah Arkham.
Il direttore era seduto dietro la sua scrivania, mentre Alex era in piedi e guardava fuori dalla finestra dell’ufficio di Arkham.
“Abbastanza, sì. Dipende dai pazienti …”
“Non dica così. È vero che esistono casi facili e casi difficili, ma saperli risolvere dipende dalla bravura del medico. L’ho convocata per avere notizie generali sui suoi pazienti … in particolare su Greg Evans.”
“Perché?”
“È avvenuto un cambiamento radicale in lui. Gli è stata pagata la cauzione, tuttavia ha insistito per restare. Il suo avvocato è stupefatto e, a dir la verità, anche io sono perplesso. Come ha fatto? Si tratta di elettroshock? Lobotomia? Nuovi farmaci?”
Storm lanciò un’occhiata indignata ad Arkham.
L’uomo non concede se stesso agli angeli e nemmeno interamente alla morte, se non quando s’indebolisce la sua volontà” recitò.
“Non la seguo.”
“Forse Crane sì …”
“È una citazione di Poe?”
“Beh, si trova in Ligeia, ma non è propriamente sua. Il racconto insegna che l’uomo, con la sua forza di volontà, è in grado di sconfiggere persino la morte. Il signor Evans desidera rimanere per guarire completamente. E si è mostrato così collaborativo che intende aiutare i suoi compagni.”
“Ma lei come ha fatto a indurlo a desiderarlo?”
“Questo è un segreto professionale.”
“Passiamo agli altri” sospirò Arkham intrecciando le dita sulla scrivania. “E cominciamo da Crane. Le sembra prudente provocarlo?”
“Gli sto solo dimostrando che non ho paura di lui.”
“Già, e chi crede cercherà durante una possibile evasione?”
“In quel caso avrebbe da temere più lui che io …”
Il direttore parlò quando comprese che Alex non intendeva proseguire.
“Quindi in lui nessun miglioramento?”
“No, è un paziente difficile. Loro devono aver voglia di cambiare. Se non si rendono conto dei loro errori e non desiderano risolverli, io posso fare ben poco.”
“Immagino allora che il signor Cobblepot e il dottor Langstrom abbiano appianato i loro errori, visto che usciranno la prossima settimana.”
“Cobblepot no. Comunque non ha problemi mentali, quindi non ha ragione di essere qui. Quanto a Langstrom … vedremo se riuscirà a resistere alla tentazione di testare su di sé una nuova cura per la sordità. Ha dimenticato di nominare Mary fra i pazienti che saranno fuori di qui a breve.”
“Intende Baby Doll? La signorina Dahl è altamente instabile e …”
“No, direttore. Mary è migliorata molto; se la caverà benissimo. Pensi che ha già un lavoro che l’aspetta: sarà la receptionist di un hotel.”
“Ma che bella notizia …”
“Sì, è sempre bello quando il proprio lavoro dà buoni frutti. Ci sono anche altri pazienti che migliorano, tuttavia la loro riabilitazione sarà più lunga. Mi riferisco a Pamela, Harleen, Jervis, ed in parte persino Nigma e Killer Croc. Il signor Dent, Joker e Clayface si mantengono stabili, ma almeno non sono ostili. Viceversa, Bane e Zsasz sono coriacei come Crane.”
“Beh, i risultati che sta ottenendo sono molto promettenti. Mi tenga aggiornato e naturalmente può rivolgersi a me se le serve qualcosa.”
“Grazie, direttore. Arrivederci.”
Alex si diresse verso l’uscita, pensieroso. Arkham gli era sembrato strano quando gli aveva chiesto cosa usasse per rendere più malleabili i suoi pazienti. Evidentemente voleva esserne capace anche lui …
Il dottore sorrise. Qualcuno lo chiamò.
“Quanto ci vuole ancora?” domandò rudemente Greg Evans.
“Hai fretta?”
“È noioso stare qui, senza …”
“Devi avere pazienza. Ora devo andare.”
“Aspetta. Posso sapere perché è toccata a me? Scommetto che è per il nome.”
“Sì, sono un perfezionista. Ci si vede.”
Quando fu fuori dal manicomio, Alex si accese una sigaretta e contemplò distrattamente la struttura.
Non ci vorrà molto … solo tre ne resteranno fuori … forse. Se c’è una cosa che ho imparato degli internati di Arkham, è che prima o poi tornano sempre.”
Storm si allontanò, fumando e canticchiando.



***Angolo Autrice***
In una storia su Arkham, non poteva mancare il caro Jeremiah.
Mi spiace aggiornare dopo tanto tempo, senza dare una data, ma faccio l'ultimo anno dello scientifico ed è dura. Comunque non mi sono pentita di aver pubblicato una storia ancora da scrivere.
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Ora d'aria ***


Jonathan Crane approfittò del breve lasso di tempo che gli concedevano giornalmente per parlare con tutti i pazienti del dottor Storm. Per ovvie ragioni, Killer Croc, Zsasz e Clayface erano assenti. Aveva deciso di riunirli proprio quel giorno perché l’indomani Pinguino, Baby Doll e il dottor Langstrom sarebbero usciti e lo Spaventapasseri voleva raccogliere più testimonianze possibili per farsi un’idea precisa di Alex. Qualcosa del nuovo dottore non lo convinceva …
“Ci siamo tutti?” domandò.
“Faccia in fretta, dottor Crane. Preferisco passare quest’ora vicino alle mie bambine” disse Poison Ivy.
“Manca il signor Evans” rispose Due Facce.
“Non l’ho chiamato io. Di lui non mi fido” spiegò Crane.
Prese la parola Oswald: “Allora non sono l’unico che trova strano che un distinto uomo d’affari scelga di indossare vestiti di pelle come un comune rockettaro.”
“Sono l’unico a cui non interessa?” intervenne Nigma.
“Non importa neanche a me” affermò Baby Doll. “E nemmeno ad Antonio e Cleopatra” aggiunse indicando una boccetta con dentro due pesci rossi. Alex non era riuscito a procurarle un cane, così Mary si confidava con quei due pesci.
“Oh, li hai chiamati come l’enigma.”
“Eh?”
“Ma sì, dice che loro due sono morti e che …”
“Signori, il nostro tempo è limitato. Vorrei sapere che impressione vi ha fatto il dottor Storm.”
“Beh, trovo strano che sappia molte cose su di me, ma mi sembra a posto” disse Langstrom.
“Sa troppe cose su di me, e non ho idea su come le abbia reperite” rispose Bane.
“Risponde in fretta ai miei enigmi. Molto in fretta … secondo voi sa leggere nella mente? Ma sarebbe barare? O no?”
“No” annunciò Harvey dopo aver lanciato la monetina.
“Tutto questo è assurdo: la telepatia non esiste” protestò Ivy.
“Strano che lo dica proprio tu che hai dei poteri, Pam” notò Harley.
“Li ho avuti a seguito di un incidente!”
“La dottoressa Isley ha ragione. Sto cercando ipotesi razionali, vi pregherei quindi di non spaziare nel fantascientifico o nel soprannaturale.”
“Ma Jonathan, tutto è possibile” obiettò il Cappellaio Matto.
“Infatti. Se vuoi un quadro completo devi considerare anche le ipotesi più inverosimili: eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità” fece Nigma.
“Storm ti ha contagiato con le citazioni?” replicò lo Spaventapasseri.
“Senti chi parla … quante volte hai citato Poe?”
“Ok, ok, stiamo perdendo di vista lo scopo di questa riunione” lo interruppe Crane.
“Non è che abbiamo finalmente trovato uno psichiatra competente e tu sei geloso?” lo punzecchiò Joker, che fino a quel momento era stato in silenzio.
“Questo sì che è assurdo. Al mondo ci saranno centinaia di buoni psichiatri, ma nessuno …”
“Vi rimbeccate come dei bambini” si intromise Bane.
“Ricominciamo” sospirò Jonathan massaggiandosi una tempia. “Ditemi cosa avete trovato di strano in Storm. E attenetevi ai fatti materiali. Se avanza tempo ascolterò le vostre supposizioni.”
“L’unica cosa singolare che mi ha colpito è che non ha accettato le mie mazzette. Non essere corrotti a Gotham è raro, ma non impossibile. Ciò che realmente non mi convince è ciò che è accaduto al signor Evans. Appena uscirò di qui farò delle ricerche ...”
“Grazie, Cobblepot. Langstrom?”
“Non lo so … immagino che le cose che sa su di me le abbia dedotte in quanto abile psichiatra. Ma non escluderei a priori la telepatia, sempre che ci sia una base scientifica che la supporti.”
“Come io ho trovato il modo di controllare la mente, lui può aver scoperto come leggerla” concordò Jervis.
“Ma noi gli abbiamo parlato dietro ad un vetro. Non ha introdotto niente nelle nostre stanze; né sostanze chimiche, né carte da gioco” gli fece notare Poison Ivy. “A me la vostra sembra solo paranoia.”
“No, dottoressa Isley. Ha scavato troppo a fondo sul mio passato. Anticipa sempre ogni mia mossa. Lei vuole teorie razionali, dottor Crane. Per me Storm può essere un membro della Setta delle Ombre.”
“Finalmente un’ipotesi possibile …”
“Alex è a posto. Che importa come riesce a fare quello che fa?” domandò Baby Doll, infastidita.
“Perché potrebbe essere un indizio per individuare il suo vero scopo” le rispose Due Facce.
“E poi non sei curiosa di sapere se davvero si tratta di telepatia?” le chiese l’Enigmista.
“Oppure ci ipnotizza … magari è un vampiro!” saltò su Harley.
“Non dire sciocchezze!” la rimproverò Joker. “Lui cammina tranquillamente alla luce del sole.”
“E non sbrilluccica” aggiunse Jervis.
Tutti lo fissarono.
“Che c’è? Conservo argomenti di conversazione per quando incontrerò Alice e alle ragazze piace Twilight.”
“Però l’ipnosi non è da escludere …” mormorò Jonathan.
“Sì! Posso aver indovinato!” festeggiò Harley.
“Lei cosa mi dice, dottoressa Quinzel?”
“Con me Alex è molto gentile e simpatico. È carino anche con Pam e Mary. Finora non ha fatto niente che possa preoccuparmi. Ammetto che se non avvessi mister J sarei gelosa di Pam. Ahaha!”
“Anche con me è gentile” disse il Cappellaio.
“Sì, è molto comprensivo. Non credo che sia una cattiva persona” dichiarò Kirk.
“A me non piace” decretò Harvey.
“È una tua sensazione o ti basi sulla moneta?” lo canzonò Joker.
In quel momento suonò la campanella.
“Peccato, la ricreazione è finita” si lamentò il pagliaccio.
Il gruppetto si disperse. Una pietra colpì il braccio di Crane. Lo Spaventapasseri si trovò di fronte a Greg Evans.
“Bel conciliabolo” commentò bonariamente.
Il sorriso non si estese agli occhi neri, piccoli e duri.
“Ha origliato?” domandò freddamente Jonathan.
“Non vi ho sentiti, però non mi è sfuggito il senso dell’incontro. Lei ha molta poca fiducia nel prossimo.”
“Sarà che so bene che il prossimo non ha buone intenzioni. Mi prendo come esempio.”
“Ahaha! Bella questa. È vero, non si sa mai chi si può incontrare.”
“Mi voleva dire qualcosa?” domandò Crane bruscamente. Non vedeva l’ora di allontanarsi da quel tizio.
“In effetti sì. Voglio darle un consiglio da amico: non stia troppo a rimuginare su chi sia davvero Alex. Prima di andarsene glielo svelerà, quindi non ha senso scervellarsi adesso. Ma se riesce a scoprire la verità, mi levo il cappello davanti al suo acume.”
Jonathan lo fissò attentamente, cercando di interpretare il senso di quel discorso.
“La saluto, dottor Crane.”
Greg Evans lo precedette lungo la fila per entrare.



***Angolo Autrice***
Quando i villains stanno insieme non può mancare una certa dose di comicità XD
Salutiamo Langstrom, Baby Doll e il Pinguino; non compariranno più attivamente, anche se sentiremo ancora loro notizie.
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Il sei vale tre ***


Storm era seduto di fronte ad Ivy. Nella stanza della rossa era stato portato un tavolino da ristorante. I due stavano mangiando.
“Sei stato molto gentile, Alex. Non ricordo più l’ultima volta che ho cenato con qualcuno.”
“È un piacere stare con te, non devi ringraziarmi.”
Pamela sorrise.
“Avrai dei nuovi pazienti, visto che ieri ne hai persi tre.”
“Sì, ma non sono come voi. Mi hanno affibbiato dei veri malati mentali, incapaci di ragionare. Guarda, Mary mi ha mandato una lettera in cui dice di aver ottenuto il posto da receptionist.”
Ivy lesse la lettera e osservò la foto allegata: Baby Doll con indosso una divisa rossa.
“Sono contenta per lei.”
“Adesso basta parlare degli altri.”
Alex spostò la sedia accanto a Poison Ivy.
“Sai che questo è il nostro terzo appuntamento?”
“Ma no, ci siamo visti più volte” rispose ridacchiano la rossa.
“Sei, per la precisione. Ed erano appuntamenti a metà, quindi questo è il nostro terzo appuntamento. Ora, sai che succede al terzo appuntamento?” le domandò maliziosamente Alex.
Pamela lo aveva ascoltato leggermente divertita. Il sorriso scomparve all’ultima richiesta.
“Alex …” cominciò, a disagio. “Sai che succede se bacio una persona.”
“Sì, lo so. Ma con me non accadrà. Ti fidi di me?”
Ivy lo guardò negli occhi, turbata. Si lasciò incantare dai suoi occhi scuri. Senza quasi accorgersi, lo stava baciando. Si staccò lentamente da lui.
“Sei … immune ai miei poteri?” chiese stupita.
“Fra le altre cose” rispose il moro, sorridendole.
“Ma com’è possibile?”
“Non è questo il momento delle domande …”
Alex la baciò di nuovo, appassionatamente. Pamela ricambiò. Gli permise di slacciarle il vestito. Era passato troppo, troppo tempo dall’ultima volta …
“Piangi?” le domandò sommessamente Alex.
“È solo che … credevo non fosse più possibile.”
Storm la strinse dolcemente a sé.
“Sei un metaumano?” chiese Ivy, più tranquilla.
“No.”
“Cosa, allora?”
“Lo saprai quando arriverà il momento. Lo dirò prima a te, te lo prometto.”
Pamela guardò soprappensiero la sua rosa.
“Sei un telepate?” domandò ancora.
“Fra le altre cose …” ripeté lui.
“Quali altre cose?”
Questa volta Alex non rispose.
“Cosa vuoi da me … da noi?”
“Niente e tutto. Lo scoprirai. Lascia tempo al tempo. Pensa solo a noi. Io non credo di amarti nel modo in cui Harley ama Joker, ma ci tengo a te.”
“E tu sei importante per me, ma sei troppo misterioso. Non so che pensare di te.”
“Per ora sono il tuo amante segreto.”
Pamela rise con lui.
“Sei un tipo davvero bizzarro” sentenziò.
“Spero in senso positivo. Adesso è meglio che vada …”
Alex si rimise il trench.
“Prima, però, ti faccio un regalo. Osserva.”
Le indicò il vaso con la rosa rossa. Accanto ad essa spuntò uno stelo, crebbe, si formò un bocciolo e fiorì una rosa nera.
“Al contrario dell’altra, non appassirà mai, nemmeno se la togli dal vaso. Starebbe benissimo fra i tuoi capelli. Arrivederci, piccola.”
Storm la baciò velocemente e se ne andò.
Poison Ivy si sedette sul letto a riflettere, fissando il vaso con le due rose.

Il dottor Storm non era stato l’unico a ricevere corrispondenza dall’esterno. Quel pomeriggio un secondino aveva passato a Crane delle carte riguardanti Greg Evans. Ozzie era stato veloce e accurato.
Lo Spaventapasseri sfogliò il dossier in cella, esaminò attentamente ogni foglio, sperando di trovare un indizio che gli facesse capire cosa lo avesse fatto cambiare e quale fosse il suo rapporto con Storm. Avere direttamente notizie di lui così in fretta era impossibile, visto che non era di Gotham e di lui non sapevano quasi niente.
Terminata la lettura del fascicolo, Crane dovette ammettere che non c’era niente di strano.
Era seduto sul letto, con i gomiti sulle gambe e la testa appoggiate sulle mani, quando lo notò. Era sempre stata davanti ai suoi occhi, in prima pagina, una foto di Evans con un abito firmato. Crane afferrò precipitosamente le carte per osservarla meglio. Non si era sbagliato: Greg Evans aveva gli occhi verdi.



***Angolo Autrice***
Il mistero si infittisce ...
Crane è l'eroe o l'antagonista di questa storia? La stessa domanda vale per Alex ...
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Interrogatorio ***


Il giorno seguente alla sua scoperta, lo Spaventapasseri si avvicinò a Greg Evans.
Greg era in un angolo del cortile a costruire una pila di pietre. Crane aveva già notato questa sua fissazione. Ogni volta che uscivano in cortile, il signor Evans si appartava a giocare con sassi e pietre.
“Buongiorno, signor Evans.”
“Salve, dottor Crane.”
“Posso?” domandò Jonathan indicando la sedia vicino a quella di Evans.
“Oh, si accomodi pure. Non mi dispiace parlare con qualcuno, ogni tanto.”
Greg continuò lo stesso ad impilare pietre. Toccò a Crane rompere il silenzio.
“Le piacciono le pietre?”
“Gli antichi sostenevano che il mondo è composto da quattro elementi. La terra è uno di questi.”
“Già … terra, aria, acqua e fuoco.”
“Sono tutti potenti. Se si scontrassero fra loro non ci sarebbe un vincitore.”
“Secondo lei la Terra è formata solo da questi elementi?”
“Oh, no. Ce ne sono altri tre: luce, oscurità e verdura. Sarebbe natura, ma io dico verdura. Ahahaha! Il sette è un numero magico.”
“Arkham l’ha cambiata, signor Evans.”
A queste parole Greg rise così forte da rischiare di far crollare la sua collinetta.
“Ahaha! Può dirlo forte! Ahaha!”
“E c’entra il dottor Storm?” domandò ancora Crane, usando lo stesso tono laconico e freddo.
“Eccome! Ma non ha certo fatto tutto da solo. Se non avessi voluto, non si sarebbe fatto niente.” Evans parve rabbuiarsi. “E in effetti non volevo, ma … Alex … sa essere molto persuasivo.”
“Nessuno vorrebbe essere rinchiuso qui per mesi …”
“Infatti. Mi annoio.”
Jonathan decise di essere più esplicito.
“Come ha fatto a cambiare il colore degli occhi, signor Evans?”
“Gli occhi sono lo specchio dell’anima …” rispose lui, dopo un attimo di silenzio.
“Che vuole dire?”
“Quello che ho detto ...”
“Che ha fatto Storm per convincerla?” tentò ancora Crane, dopo una pausa.
“Mi ha promesso l’ala est. Non aveva accennato, però, a quando avrei potuto averla. Mi sono lasciato ingannare come un pivello … ma non per niente lui è il capo, giusto?”
“Capo … di una banda?”
“Ahaha! Diciamo …”
La campanella suonò.
Evans contemplò la sua opera, poi la distrusse con un calcio.
“Vuole sapere altro, dottor Crane?”
“Perché mi ha rivelato queste informazioni?”
“Perché tanto non ci caverà un ragno dal buco. Ha dei paraocchi che non le consentono di vedere al di là del proprio naso. È stato un piacere parlare con lei, dottor Crane. Ahaha!”
Lo Spaventapasseri ebbe molto su cui rimuginare, quel giorno, nella sua cella.
Non era l’unico che si faceva domande su quello strano dottore, ma nessuno ne era preoccupato come lui.
Edward voleva sapere come facesse a rispondere tanto in fretta ai suoi enigmi;
Bane come avesse reperito informazioni sul suo passato;
Killer Croc se aveva un buon sapore;
Harvey Dent quanto era vero quello che diceva sul destino;
Zsasz il metodo più conforme per ucciderlo.
Cobblepot non era più un suo paziente, ma indagava lo stesso. Così, se avesse trovato qualcosa sul suo conto, l’avrebbe potuto ricattare. Non gli piaceva chi gli frugava nella testa …
Langstrom e Baby Doll non lo avevano dimenticato, solo si godevano troppo la loro vita per pensare a lui.
Tutti gli altri non si chiedevano niente.
Pamela sapeva più cose, ma non sapeva come usarle. Aveva passato la sera del loro sesto appuntamento a riflettere e alla fine aveva deciso di aspettare.



***Angolo Autrice***
Pubblico due volte in una settimana ... miracolo.
In questo capitolo ho lasciato un po' di spazio a Evans. Stavolta è toccato a Crane psicoanalizzare qualcuno ... riuscirà a decifrare le risposte o ha davvero i paraocchi?
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Scoprirsi ***


“Ahahaha! Ahahaha!”
Più di quaranta minuti trascorsi così, ad ascoltare le risate del Joker. Alex distolse lo sguardo dal piccolo televisore che proiettava alcuni crimini del pagliaccio e lo rivolse al suo paziente.
“Se ti diverti così tanto a guardare, puoi smettere di scorrazzare per la città senza problemi” commentò.
“Oh, no, dottore. Mi diverto solo se sono io il protagonista. Mi piace recitare! Ahaha!”
Alex sospirò. Quel clown gli stava facendo venire il mal di testa. Non era stato zitto per un minuto. Dovette ammettere che alcuni suoi commenti erano stati divertenti, soprattutto se guardavi il video pensando che si trattasse di un semplice film e non di scene accadute nella vita reale.
Intanto Joker stava ancora parlando di recitazione, teatro e cinema.
“Lei dove mi vedrebbe, dottore?”
“Su una sedia elettrica.”
“Ahaha! Sì, su ... eh?”
Storm spense il televisore. Joker lo fissava sorpreso.
“Lo so, oggi va di moda l’iniezione letale – in alcune pari del mondo la fucilazione – ma io sono legato ai metodi tradizionali: sedia elettrica, impiccagione, decapitazione …”
Joker batté le mani saltellando per la cella.
“Non sa quanto mi rende felice, dottore! Avevo temuto che lei fosse uno di quelli che si credono sani, invece anche lei …”
“No, no, no. Se un uomo abbaia e ulula gli dai del pazzo, ma se lo fa un cane lo consideri normale.”
“Non sono Edward …”
“Non posso spiegarmi meglio di così. Arrivederci.”

“Ho una botte, più la riempio più il suo peso diminuisce. Di cosa la …?”
“Di buchi.”
“Conosceva già questo indovinello?” chiese Nigma, irritato.
“No, non passo le mie giornate a risolvere enigmi” rispose Alex, composto.
“Allora lei ha letto la mia mente!”
“No. O almeno, non volontariamente. A volte le cose sono proprio lì, in bella vista, ed è impossibile non notarle.”
“Ha … appena ammesso di essere un telepate?!”
“Ho detto che sono in grado di leggere la mente, non di saper fare solo questo.”
L’Enigmista passeggiò avanti e indietro nella sua cella, agitato.
“Ma non sono qui per parlare di me. Crede davvero che risolvendo rebus ed enigmi, per quanto difficili o intricati essi siano, la gente la ammirerà?”
“Solo quella giusta … abbastanza intelligente da rendersi conto delle mie infinite potenzialità …”
“Quasi tutti, credo, provano piacere nell’essere al centro dell’attenzione e nel ricevere complimenti. Il suo problema, signor Nigma, è che non si accontenta mai. Cerca di perfezionarsi sempre di più, aspirando a uno stato irraggiungibile di supremazia mentale. Tutto questo per dimostrare qualcosa a una persona che non c’è più …”
“Irraggiungibile? Come fa a saperlo se nessuno ha mai tentato? Potrei essere il primo, se non l’unico, in grado di …”
“Ammettiamo pure che raggiunga il suo ideale di perfezione. Ciò che brama maggiormente è la stima degli altri …"
“Come le ho già detto, solo la gente giusta mi apprezzerà!”
“Chiunque non l’apprezzi è uno stupido?”
“In confronto a me, sicuramente!”
“La sua visione del mondo è deprimente … io mal sopporto la stupidità, non riuscirei a vivere in un mondo pieno di gente che considero stupida.”
“Posso sapere di più riguardo i suoi poteri? Sto facendo il bravo.”
“Purtroppo ho lasciato i croccantini a casa Edward. A presto.”
L’Enigmista lo guardò andarsene indispettito. Non riusciva ad anticipare le sue mosse e gli bruciava non avere l’ultima parola. In compenso aveva un nuovo obiettivo: riuscire a spuntarla su un telepate.

“Giuro che oggi non parlo finché non inizi tu la conversazione” annunciò Alex a Bane.
Il colosso stette zitto per qualche minuto, sostenendo lo sguardo di sfida del dottore, poi chiese: “Fai parte della Setta delle Ombre?”
“Ahaha! No, certo che no! Cosa te lo ha fatto pensare?”
“Sai troppo di me.”
“No, detesto stare al servizio di qualcuno, non accetterei mai di servire Ra’s Al Ghul, che si tratti della testa o del demonio intero … tu sei un bravo osservatore, forse lo avevi già intuito.”
“L’alternativa era meno plausibile.”
“Ma forse più vera …”
Bane lo fissò soprappensiero. Storm non poteva essere una creatura soprannaturale. Probabilmente aveva dei poteri, una buona retorica, teatralità e una brillante intelligenza, ma nulla di più.
“No, certi esseri non esistono.”
“Quali esseri? Conosci diverse culture … ti riferisci ai djinn o ai demoni?”
“Entrambi non esistono.”
Alex sorrise.
“No, dici?”
Bane provò una strana inquietudine. A che scopo fare certi discorsi? Cosa c’entravano con la sua terapia?
“Forse è così”, continuò Storm, “però se tu ci credessi ti comporteresti meglio, giusto?”
“Mi stai suggerendo di guarire grazie alla religione?”
“Beh, aiuta molta gente. Se sai cosa ti aspetta dopo la morte, cerchi di condurre le tue azioni terrene in modo che ti facciano finire nel Regno dei Cieli. Chi sceglierebbe consapevolmente l’Inferno?”
“Un’anima dannata.”
“Non esiste dannazione senza morte. Della serie finché c’è vita c’è speranza.”
“Sei un tipo religioso?”
“Mi definirei più un credente. Alcune cose esistono per il semplice fatto che si crede in loro. Chiacchierando il tempo è trascorso più velocemente, non trovi? Ci si vede.”

“Come sta la mia creatura d’argilla preferita?” domandò allegramente Alex.
“Nonché l’unica che lei conosce …” brontolò Clayface.
“Vero … però, chissà, se un giorno incontrassi un Golem …”
“Non mi posso lamentare.”
“Eppure il suo tono lo assocerei a qualcuno che ha parecchie lamentele da fare.”
“Beh … è la solita solfa. Non ne posso più di stare rinchiuso qui. Pensi ai miei fan!”
“Se si trova qui la colpa è sua …”
“Questo l’ha già detto … e ha anche detto che sarei uscito di qui quando fossi stato pronto. Io mi sto impegnando, sa?”
“Lo so, ma in un modo che non è esattamente quello giusto.”
“Che vuole dire?”
“Lei cerca di imitare una persona normale. Sta recitando, forse inconsciamente, forse no, una parte: se stesso prima dell’incidente. Il problema è che non si sente così, si tratta di finzione.”
“Non posso fare finta che non sia successo niente!”
“Però può metabolizzare l’incidente, rielaborarlo per renderlo accettabile … gestibile. Se riuscisse ad assumere il suo vecchio aspetto senza troppi problemi non sarebbe tanto grave, giusto?”
“Forse, ma, ad essere realisti, ho questo. Se anche metabolizzo l’incidente la gente mi vedrebbe come un mostro.”
“La cosa è associata più alle sue azioni che al suo aspetto, per quanto questo non aiuta nel conquistare l’opinione pubblica. Ma lei intende guarire per lei o per gli altri?”
Clayface restò in silenzio.
“Capisco il problema dell’aspetto. Troppi pregiudizi, ha questa umanità … che coinvolgono anche me, sa?”
“Non mi sembra …” replicò Karlo a metà fra lo stupito e l’imbronciato.
“Le assicuro di sì. Questa forma non è male, ma preferisco di gran lunga la mia.”
“Forma? Lei è in grado di mutare aspetto?” domandò Basito Clayface.
“Fra le altre cose … la prego di riflettere sulla nostra chiacchierata, signor Karlo, e di scegliere cosa essere.”

“Salve, Victor. Oggi voglio provare qualcosa che faccio già con altri pazienti: entrerò nella tua cella!”
“Di certo non ti scoraggerò, dottore.”
“Perfetto.”
Alex inserì il codice per sbloccare la porta. Entrò. Zsasz fu subito su di lui. Storm lo spinse, facendolo sbattere contro il muro opposto.
“Alquanto prevedibile …” commentò Alex, per nulla turbato.
Zsasz si rimise in piedi, squadrandolo sospettoso.
“Ma … mi hai toccato?”
“Irrilevante. Piuttosto, perché mi hai assalito?”
“Non è ovvio?”
“Per uccidermi. Non per scappare … proprio per uccidere …” rispose sommessamente Alex.
Victor continuò a tenersi a debita distanza dal dottore. Adesso che non c’era più un vetro a separarli, avvertiva che c’era qualcosa di strano in lui.
“Perché hai scelto di uccidere. Ma io non sono uno dei tuoi zombie …”
Storm avanzò lentamente verso di lui. I loro occhi si incontrarono.
“... quasi poetica la definizione che dai alle tue vittime … gente morta dentro …”
Alex ormai gli stava di fronte, a meno di trenta centimetri di distanza.
“Cosa sono io, Victor?”
“Non sei uno zombie” mormorò Zsasz.
Non riusciva a distogliere lo sguardo dagli occhi del dottore. Gli sembrava di scorgere qualcosa.
“E tu?”
“Anche io sono un robot … ma io ho capito la verità … solo nella morte c’è salvezza.”
“Allora perché si vive?”
Zsasz scosse impercettibilmente la testa.
“Per capire dove finirai da morto. La vita è in funzione della morte, è subordinata ad essa. Ma è necessaria. Tu dove credi che finirai, Victor?”
Gli occhi sembravano incandescenti. Erano soddisfatti, divertiti, malvagi.
“Hai ripetuto più volte che la vita è vacuità … ne consegue che la morte è pienezza … tu cosa hai accumulato in tutti questi anni?”
La voce di Storm era proprio come i suoi occhi.
“Non ci hai mai pensato, vero? Troppo occupato a liberare gli altri. Continua pure a rendere questo servigio all’umanità, ma ti prego di scegliere con maggior accuratezza le tue prede. Per fortuna si trovano facilmente a Gotham: gente corrotta, depravata, meschina … insomma, evita gli innocenti. Puoi farlo, vero?”
“Non lo so …”
“Pensaci. Ti sarà tutto più chiaro fra poche settimane.”
Alex si voltò. Zsasz scivolò sul letto, come se fosse stato il contatto visivo con Storm a mantenerlo in piedi. Alex chiuse la porta e lo salutò mentre si avviava lungo il corridoio.

“Dottor Crane, invertiamo i nostri ruoli?” domandò Alex. Era seduto al contrario, con le braccia incrociate sullo schienale della sedia e la testa poggiata sopra di esse.
“Cioè?” chiese a sua volta Jonathan, seduto sulla sua branda.
“Lei fa lo psichiatra e io il paziente.”
“E risponderà a tutte le mie domande sinceramente?”
“Naturalmente” rispose Storm con un sorriso.
“Bene. Dove ha studiato?”
“Da nessuna parte.”
“Con quali credenziali esercita qui, dunque?”
“Si riferisce a fogli di carta? Non ne ho.”
“Come è stato assunto?”
“Mi sono presentato, ho detto che volevo lavorare come psichiatra ed ora eccomi qua.”
“Immagino che si sarà servito dello stesso trucco usato con Evans per farsi obbedire.”
“Oh, no. Con il direttore e lo staff si è trattato di semplice controllo mentale.”
“Evans era suo complice sin dall’inizio?”
“È da un po’ che Greg Evans non è più fra noi. Quanto a chi c’è adesso nella sua cella, sì, possiamo dire che è un mio complice.”
“Che parla di magia e altre stupidaggini! Però ha detto anche qualcosa di sensato: lei è il suo capo e gli ha promesso l’ala est. Che significa?”
“Che quando me ne dovrò andare lui potrà uccidere alcuni detenuti di quella sezione.”
Crane sbarrò gli occhi. Non sapeva se essere più stupito per quelle informazioni o per il tono noncurante con cui gli venivano riferite.
“Perché?”
“Per lavoro … ma anche perché è divertente. Sa cos’altro è divertente? Spaventare la gente. C’è però una differenza fra me e lei: lei fa vedere alle sue vittime il loro peggiore incubo, io lo divento.”
“Sta cercando di farmi paura?”
“Licenziato, radiato, rinchiuso … brutti momenti …”
Jonathan lo fissò sorpreso: gli occhi del dottore erano incandescenti, non luminosi o brillanti di piacere, ma proprio incandescenti, quasi rossi. Lo Spaventapasseri udì delle voci. Voci passate che riconobbe subito. Appartenevano ai suoi ex-colleghi, ad Arkham, ai suoi ex-studenti. Tutti lo accusavano di essere un mostro, un maniaco, un folle, un criminale, un sociopatico. Il volume delle voci aumentava. Crane si portò le mani alle orecchie. Adesso gli sembrava persino di rivedere alcune scene. Chiuse gli occhi, ma le immagini si fecero più nitide. Gli episodi si ripetevano in un loop infinito, diventando vorticosi e frastornanti.
“Basta! La smetta!”
Tutto finì. Crane aprì gli occhi. Alex lo fissava compiaciuto.
“Esistono diverse versioni dell’Inferno … secondo alcuni sarebbe l’eterna ripetizione di certi avvenimenti, magari non proprio piacevoli. Lei che ne pensa?”
Jonathan abbassò le braccia, troppo confuso per rispondere.
“Tortura psicologica … inutile lì. Qualsiasi cosa passata sulla Terra è preferibile a quell’infelice luogo. Ha finalmente capito chi comanda qui? Mi auguro di sì; il tempo sta per scadere. Buona giornata.”
Alex se ne andò. Crane rimase immobile, tentando di trovare una spiegazione razionale a ciò che era appena accaduto.



***Angolo Autrice***
Ad ogni paziente Storm ha rivelato qualcosa di sé, ma tutto è ancora confuso. Nei prossimi capitoli la situazione si chiarirà o si oscurerà maggiormente?
A presto!
P. S.: mi sono finalmente decisa a correggere alcuni errori: Crane è tornato psichiatra e Harley psicologa XD

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Miglioramenti ***


“Vuoi altro tè?” domandò il Cappellaio a Storm.
“Sì, grazie, Jervis.”
Tetch versò il tè al dottore, che lo sorseggiò lentamente.
“Pensi che presto potrò vedere Alice?”
“No … Jervis, tu la ami molto, vero?”
“Con tutto me stesso!”
“E desideri che sia felice, giusto?”
“Sì, naturalmente!”
“E se la sua felicità dipendesse dalla tua assenza?”
“I- impossibile. Noi dobbiamo stare insieme.”
“Dai molta importanza a ciò che vuoi tu, ma per rendere felice Alice devi concentrarti su cosa vuole lei.”
“P- perché non dovrebbe d- desiderare stare con me? Cosa c’è di meglio che essere con chi ami?”
“Oh, niente, credo. Ma … come fai a essere così sicuro di ciò che prova per te? Non mi sembra che le tue visite siano momenti di gioia, per lei.”
Il Cappellaio si portò la tazzina alle labbra, tremando, e bevve facendo schizzare alcune gocce per terra e sui suoi abiti.
“I- io … la amo. Voglio solo il suo bene. A- alice lo sa, questo.”
“Uhm … ne dubito. Però non è troppo tardi.”
“Che vuoi dire?”
“Niente è irreparabile. Lei ti teme per ciò che sei ora. Ma se tu riuscissi a dimostrarle che puoi tornare a essere l’amico che eri un tempo …”
“Come un tempo …” sussurrò sognante Jervis. Scosse con forza la testa. “No, preferì quell’altro ragazzo. Poteva addirittura sposarlo!”
“Una tragedia …” commentò ironicamente Alex.
“Dovevo intervenire! Forse hai ragione, Alice non sa quanto ci guadagnerebbe a stare con me. È mio dovere farglielo capire … capisci?”
“Capisco.”
“Davvero?”
“Sì. So come ci si sente quando si desidera ardentemente qualcosa ma non si può averla. È molto frustante … la tua soluzione sarebbe metterle una carta fra i capelli?”
“Beh … sì” sospirò Jervis, sconfortato.
“La tratteresti come una regina, e lei non capirebbe. Sarebbe una bambola di carne senza alcun sentimento autentico.”
“Cos’altro posso fare? Senza carta … non ho speranze.”
“No, ma nemmeno con la carta ne hai. Te ne rendi conto?”
Il Cappellaio abbassò la testa, fissando un punto imprecisato del pavimento mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.
“Stai facendo progressi, Jervis. Riesci a parlare di Alice senza rifugiarti nel tuo mondo e oggi non mi hai neanche fatto gli auguri di buon non - compleanno.”
Tetch rialzò la testa, sorpreso, non sapendo come reagire a quella notizia. Incontrò lo sguardo di Alex, che gli sorrise incoraggiante. Ricambiò timidamente il sorriso.

“Hai meditato su ciò che ti ho detto, Croc?”
“Sì, dottore. Devo imparare a controllare il mio istinto.”
“Bravo. Sai già come fare?”
“No …”
“Beh, ci sono diversi metodi. Puoi contare fino a dieci, concentrarti su altro, sfogarti con qualcuno … Ecco, questo in particolare è molto efficace. Come anche strapazzare qualcosa fra le mani.”
“Come le palline antistress?”
“Esatto.”
“Mi servirebbe un pallone bello grande e resistente. E magari masticabile. Ma come funziona?”
“Diciamo che c’è un tizio che ti sta antipatico e ti viene voglia di morderlo. Sai che è sbagliato ma l’impulso è troppo forte per resistergli. Tu allora non reprimi questo desiderio ma lo sfoghi su qualcosa di inanimato fatto apposta.”
“Uhm … ed è davvero efficace?”
“Per me, sì.”
“Mordi la gente?” sghignazzò divertito Killer Croc.
“Cosa? Oh, no” rise Alex. “Solo che uso un metodo simile per controllare la rabbia.”
“Non si direbbe che ne abbia bisogno …”
“Perché sono migliorato molto da quando conosco una certa persona. Parlare con lui mi è d’aiuto, ma è particolarmente rilassante anche giocherellare con il metallo.”
“Ah …”
“Davvero strano come smolecolarizzarlo mi calmi … sarà l’effetto delle particelle sugli artigli …” disse sommessamente Alex, come parlando a se stesso.
“Cosa?” fece Croc, che l’aveva sentito perfettamente ma non aveva compreso il senso della frase.
“Niente. Trova il metodo adatto a te, Waylon, e presto arriverà il giorno in cui potrai uscire di qui.”
“Ci proverò, dottore.”

“Hola, Alex.”
“Ciao, Harley. Ti vedo particolarmente felice.”
“Durante l’ora d’aria sono riuscita a vedere mister J.”
“E?”
“E niente. L’ho salutato con la mano e lui mi ha ignorata, allora non sono corsa ad abbracciarlo.”
“Sarà dipeso dal fatto che Pam ti tratteneva …” le ricordò Storm, divertito.
“Oh … ehm … può darsi” disse Harley imbarazzata. “Ma gliel’avevo chiesto io!”
“Il tuo impegno è lodevole.”
“Sì? Lo pensi sul serio?”
“Sì, sul serio. Non è facile mantenere le distanze dalla persona amata, soprattutto se si condivide lo stesso tetto.”
“Beh, grazie. Arkham poi facilita le cose … mi chiedo se fuori sarò altrettanto brava …”
“Devi solo volerlo, Harleen. Sei fortunata ad avere un’amica come Pam, che ti può aiutare.”
“Già! Come procede fra voi?”
“Nessun matrimonio in vista.”
“Ahaha! Sai che sei simpatico?”
“Sì!” rispose Alex.
Risero entrambi.

“Salve, dottore.”
“Signor Dent … allora, con quale personalità mi intratterrò oggi?”
“Con la cattiva.”
“Seguendo il volere della monetina …”
“Naturalmente.”
“Proprio non riesco a convincerla che niente è premeditato?”
“Che esista un Fato premeditato o che tutto sia governato dal Caso alla fine è lo stesso.”
“Vero … purché lei non prenda una decisione. D’altra parte, scegliendo di non scegliere ha fatto una scelta.”
Arancia meccanica.”
Storm sorrise.
“Più o meno. Alex era obbligato a fare il bene, perdendo la moralità, ma almeno operava per il meglio. Lei non solo perde la moralità - cosa che succederebbe scegliendo deliberatamente di fare del male - ma fa anche il male . Lei è il più difficile dei miei pazienti …”
“Credo di darle meno problemi di altri.”
“Sì, ma loro almeno sanno da che parte stanno. Quando si sceglie si compie sempre un azzardo, si deve rinunciare a qualcosa per qualcos’altro.”
“Che importanza ha se lo faccio con la mia testa o con la moneta?”
“Importa! È come investire qualcuno con intenzione o per un incidente.”
“I miei sono tutti incidenti …”
“No, perché ci ha preso gusto. Se a una persona perbene capitano troppi incidenti questi non possono più essere considerati tali. Ho un’idea … vuole rinunciare a ogni futuro lancio della moneta con uno di adesso?”
“Si spieghi meglio.”
“Lei non sa chi essere e attende che la moneta le mostri cosa fare in determinate circostanze. Beh, tagliamo la testa al toro. Lanci la moneta: se esce la faccia integra sarà buono, altrimenti sarà cattivo. In questo modo saprà come comportarsi in anticipo.”
“Lei rischia molto, sa?”
“Mai quanto lei.”
Harvey fissò la moneta, indeciso.
“Oh, non ci provi!”
“A far che?”
“A dire che vuole lanciare la moneta per decidere se lanciare la moneta.”
“Io sento che devo farlo.”
“Non prova la stessa sensazione quando si trova di fronte a un bivio? Meno forte, magari?”
Due Facce rimase in silenzio.
“Il tempo è scaduto ma le dico un’ultima cosa prima di andarmene: tutti convivono con una parte cattiva e una buona che prevalgono a seconda dei casi. La differenza e che poi gli altri riflettono su ciò che hanno fatto, sanno se si è trattato di un capriccio o se lo desideravano, lei non si pone queste domande. Dovrebbe cominciare.”

“Fra non molto me ne andrò, Pam” annunciò Alex a Ivy.
“Cosa? Perché?” fece lei, colta di sorpresa.
“Perché state maturando. Fra poco sarete pronti …”
“Per uscire da Arkham?”
“No, questo lo giudicherà chi ci sarà dopo di me.”
“Non sarà come te! Non ci capirà come fai tu!”
“Già, ma io non sono venuto per guarirvi.”
“Per cosa, allora?”
“Per compiere un altro tipo di giudizio.”
“Basta con i giri di parole!”
Storm si limitò a scuotere la testa.
“No? Quindi hai mentito quando hai detto di tenere a me!” esclamò Ivy allontanandosi da lui.
“No. Sei diversa dagli altri. Ti chiedo solo di pazientare un altro po’. Vuoi?”
Alex le si avvicinò, accarezzandole le spalle.
“Vedrai … ti dico solo … che quando me ne andrò potresti venire con me.”
Pamela si voltò, fissandolo dritto negli occhi.
“Davvero?”
“Sì. Io te lo chiederò, starà a te decidere se seguirmi o meno.”
“Perché non dovrei?”
Storm le baciò delicatamente.
“Non si sa mai … esistono posti peggiori di Arkham …”

“Ti vedo felice” commentò Greg quando Alex entrò nella sua cella.
“È questione di giorni, ormai.”
Evans si alzò dalla branda, esultante.
“Finalmente! Detesto questo posto.”
“Credo che in molti abbiano la tua stessa opinione.”
“Oh, se non ci fossi rinchiuso mi piacerebbe.”
“Stasera chiama gli altri due idioti.”
“Ma, anche loro …?”
“Sì, come te.”
“Ma loro non hanno fatto niente!”
“Perché non c’è stato nessun tentativo di evasione.”
“Non sottoforma di rivolta … ti ricordo che mancano quattro dei tuoi originali pazienti.”
“L’unico che meritava di stare ancora dentro è Cobblepot, gli altri tre non servono. Suvvia, Greg, avrai notato che l’ala est è la più proficua.”
“Odio quel nome” ribatté immusonito l’altro. “È per questo che sono qui, vero? Se il tipo si chiamava Willy o Abe …”
“Tu sei il più adatto, il nome è stata una coincidenza.”
“Posso sapere perché non facciamo tutto nel solito modo?”
“Sono cresciuto.”
“Cresciuto … hai passato le ore dedicate alla mia cura a cantare!”
“E allora? Con una voce come la mia sarebbe un delitto non farlo.”
“Cresciuto non è la stessa cosa di maturo, eh?” ridacchiò Greg.
“Può darsi. Ora vado, ho bisogno di scorrazzare liberamente per la città.”
“Quanto sei carino a dirmelo … quindi davvero fra pochi giorni …”
Alex rispose cantando l’ultima strofa di Ex Lover’s Lover mentre usciva. Greg rise.
“Die die die die die die
Die die die die die die die
Watch them die.
Die die die die die die
Die die die die die die die
Watch them die.”




***Angolo Autrice***
Ora tutti i detenuti hanno un tassello del puzzle. Riusciranno a ricomporlo?
Il prossimo capitolo risponderà alla domanda che in molti si saranno fatti: comparirà Batman in questa fic? Beh ... nì.
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Due pipistrelli ***


Storm sedeva nella sala d’aspetto del manicomio, giocherellando con il suo bastone. Avrebbe preferito di gran lunga trovarsi con uno dei suoi pazienti piuttosto che incontrare un benefattore miliardario. Era pur vero che la maggior parte del lavoro era stato fatto e fra non molto avrebbe dato i suoi frutti.
I pensieri di Alex mutarono radicalmente quando il signor Wayne entrò ad Arkham e gli strinse la mano. Il dottore, non essendoci state sommosse, aveva creduto che sarebbe tornato a casa dalla sua gita a Gotham senza avere la possibilità di vedere Batman … e ora lo incontrava, seppure in borghese.
“È un piacere incontrarla, dottor Storm” disse Bruce.
“Il piacere è mio. Non sono molti gli uomini facoltosi che seguono costantemente gli effetti della loro beneficenza.”
“Non sono molti gli psichiatri che sono resistiti ad Arkham così a lungo senza incidenti. È gratificante osservare il prodotto di denaro ben speso.”
Alex sorrise.
“Sono nuovo … di solito le fanno fare un giro?”
“Sì, mi mostrano le migliorie apportate al sistema di sicurezza o cose del genere.”
“Uhm … beh, mi segua. Se ci sono stati cambiamenti lo capirà.”
Storm guidò Bruce lungo i corridoi di Arkham. Si fermarono davanti a una cella vuota.
“Non mi sembra cambiato granché. D’altronde, se una cosa funziona perché aggiustarla?”
“Ha ragione.”
I due uomini proseguirono, dirigendosi verso la sala di controllo.
“Mi dica dei pazienti … con loro come procede?”
“Molto bene. Saprà che tre sono stati rilasciati. Credo che fra non molto altri si guadagneranno la libertà ma … ci sono pazienti, come Joker, che, beh, non saranno mai adatti alla vita sociale.”
“Un vero peccato …”
“In fondo ottengono ciò che si meritano, non trova?”
“Penso che tutti si meritino una seconda possibilità.”
“Oh, sono d’accordo. Ma con il clown siamo arrivati alla millesima.”
“Con lui non ci sono progressi?”
“No. Comincio a condividere il pensiero di molti gothamiani: meglio morto che vivo.”
“Se mai morirà, sarà per mano sua.”
“Se mai morirà? Prima o poi tutti muoiono.”
“Intendevo di morte violenta. Se qualcuno lo uccidesse, la vittoria sarebbe sua.”
“Bah, la polizia uccide i criminali e lo stesso fanno i criminali fra loro. Lui non è speciale.”
“Ammetterà che è particolare.”
“No … lui pensa questo di sé e vuole che lo facciano anche gli altri. Basta non stare al suo gioco.”
Bruce rifletté su quella frase.
“Lei è lo psichiatra …” commentò.
“Comunque, Joker non è l’unico che ha sprecato tutte le sue seconde occasioni. Il vostro vigilante non lo capisce questo?”
“Allude a Batman?”
“Sì. Ammirevole la sua scelta di non uccidere, molto umana, ma inefficace. Alla maggior parte dei miei pazienti bruciano le sconfitte più che finire qui. Ormai conoscono bene questo posto, sanno come evadere. Arkham non è la soluzione dei loro problemi.”
“Credo che l’abbiano capito tutti.”
“Eppure nessuno provvede.”
“Lei cosa suggerisce?”
“Non saprei, non mi intendo di legislatura. Io faccio del mio meglio per guarirli, ma fra non molto dovrò tornare al mio paese. Se la terapia funziona nessun problema, altrimenti il problema si ripresenta, sempre uguale. Il vostro Cavaliere Oscuro tiene più alla sua nobiltà che ad apportare una soluzione drastica ma decisiva, forse inevitabile.”
“Non credo si tratti di preservare la sua nobiltà. Se uccidesse, si abbasserebbe al loro livello.”
“Vogliamo fare il conteggio delle vittime? Non dei crimini, quelli sono numerosi, anche accettabili. Naturalmente se Batman cominciasse a uccidere ogni criminale diventerebbe come loro, ma se si occupasse solo di quelli inconvertibili … farebbe qualcosa in più per Gotham.”
“Parlare con lei è un piacere, ma ho molti impegni.”
“Oh, la capisco. Buona giornata.”
“A lei.”
Bruce strinse nuovamente la mano a Storm. Tornando alla Wayne Manor, meditò sulle parole del dottore. Decise di fare ricerche su di lui, per capire cosa lo spingeva a parlare in quel modo.

Alex lo guardò andar via, poi rientrò nel manicomio.
Finito il suo turno, uscì da Arkham e raggiunse a piedi la periferia di Gotham. Lì si trasformò. Salì sul tetto di un palazzo, poi su quello successivo e così via, in una particolare passeggiata per la città. Arrivato all’ Iceberg Lounge si fermò. Poteva avvertire le centinaia di persone che si trovavano nel locale. Chiuse gli occhi e si concentrò sul Pinguino. In quel momento Oswald stava accarezzando un volatile mentre leggeva un contratto da firmare.
Storm riaprì gli occhi e proseguì. Si fermò davanti ad un albergo. Spostandosi, riuscì a scorgere Baby Doll da una finestra. Mary si stava lamentando con i pesci riguardo la sua solitudine. Alex si sentì un po’ rattristato per lei, ma non poteva aiutarla in alcun modo.
Gli mancava solo una visita. Raggiunse la casa dei Langstrom, apprezzando la sua lontananza dal resto degli edifici. Le luci erano spente, ma non tutti i membri della famiglia stavano dormendo. Aaron stava svolazzando attorno alla casa. Alla fine si fermò con una cavalletta in mano e la mangiò.
Alex sorrise, pronto ad andarsene, ma il piccolo lo notò. Si alzò in volo, titubante. Storm riacquistò la sua forma umana.
“Ciao” lo salutò.
Aaron atterrò accanto a lui, fissandolo diffidente.
“Tu non sei umano” sentenziò.
“Vero” ammise Alex.
“Che ci fai qui?”
“Niente, osservavo solo come se la passa il mio ex- paziente.”
“Ex- paziente? Papà?”
“Sì. Io gli ho dato il permesso di uscire, sai?”
“Sei un dottore?”
“Una specie, sì.”
“Loro non vengono di notte.”
“Non sono qui per visitare tuo padre, solo per osservare che proceda tutto bene. Se sapesse che sono qui, non si comporterebbe normalmente, capisci?”
Aaron annuì. Il suo intuito gli diceva che poteva fidarsi di quello strano dottore.
“Come mai in piedi a quest’ora, giovanotto?”
“Spuntino di mezzanotte.”
I due rimasero in silenzio per un po’, studiandosi con curiosità.
“Non ti faccio paura?” domandò infine il bambino.
“No.”
“Mi vuoi analizzare come una cavia?”
“Certo che no!”
“Papà non vuole che vada in giro perché gli altri direbbero che sono un mostro.”
“Probabile. Ma tenerti nascosto qui non serve a niente. Dovrebbe abituare la gente a te.”
“Quindi per te non sono un mostro?”
“No. E in molti, soprattutto bambini, non penserebbero questo di te.”
“Posso vedere come sei davvero?” domandò Aaron dopo qualche esitazione.
Alex annuì. Assunse il suo vero aspetto. Il bambino lo osservò a lungo. Per la prima volta immaginò come lo dovessero vedere le persone normali. Una cosa diversa,che poteva essere pericolosa. Era come trovarsi davanti per la prima volta un animale mai visto prima. All’inizio poteva fare paura, ma dopo un po’ ci si abituava al suo aspetto, si cominciava ad apprezzarlo e ad andare oltre quello.
“Cosa sei?”
“Qualcuno che dà agli altri ciò che si meritano.”
“E cosa si merita il mio papà?”
“Di essere felice con la sua famiglia.”
Aaron sorrise per la prima volta all’essere.
“Il problema è che a volte si dimentica di quanto possiede e pensa a ciò che gli manca. Tu potresti aiutarlo.”
“Ci provo, signore.”
“Sei un bravo bambino, Aaron. Continua così.”
Aaron sorrise nuovamente.
“Ora però devo andare.”
“Posso farti un’ultima domanda, prima?”
“Spara!”
“Credi davvero che un giorno potrò uscire liberamente? Senza preoccuparmi di essere visto?”
“Piccolo, io non sono capace di prevedere il futuro. So solo che rimandare non è utile. Farti vedere comporta dei pericoli, che tu ti mostri adesso o fra cinquant’anni. L’umanità può progredire scientificamente, ma rimane fondamentalmente la stessa. Ci sarà sempre chi ti apprezzerà e chi ti considererà un mostruoso ratto volante. Dipende dai singoli individui.”
“Quindi mi consigli di non nascondermi …”
“Esatto. Ciao ciao.”
“Ciao” lo salutò il bambino agitando la mano mentre l'altro scompariva.



***Angolo Autrice***
Ora anche Batman si interessa al nuovo dottore. Chi scoprirà per primo la sua vera identità? O lui si mostrerà prima che gli altri ci arrivino?
Per scoprire il vero aspetto di Alex Storm dovrete aspettare altri due capitoli.
Scusate lo spaventoso ritardo di un mese, ma si sono messi di mezzo il terrore psicologico per la simulazione di terza prova ( se Crane vuole il vero terrore non deve far altro che entrare in una classe di maturandi), malattia, Pasqua e nuovamente la scuola.
Odio metterci così tanto a scrivere ... :(
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Terapia di gruppo ***


Erano circa le sei del pomeriggio quando i pazienti del dottor Storm furono scortati in un’ampia sala di Arkham con delle sedie disposte in circolo. Il direttore aveva forti dubbi riguardo la necessità di una tale terapia. Temeva che qualcuno dei detenuti ne approfittasse per evadere. Alex cercò di rassicurarlo: a tutti aveva accennato di quell’incontro, ma non aveva rivelato a nessuno quando e dove si sarebbe tenuto, ergo non potevano aver preparato nessun piano d’evasione.
Tutti si sedettero, incatenati o meno.
“Vi ricordo che i miei uomini sono qui fuori” intimò loro Bolton. “E sono attrezzati anche per affrontare voi bestioni” aggiunse, indicando Bane e Killer Croc. “Quindi vedete di comportarvi decentemente, se intendete tornare sani e salvi nelle vostre celle.”
Il capo della sicurezza uscì, lasciando il dottor Storm solo con i suoi dodici pazienti.
“Bene, signori e signore, vi conoscete già tutti, vero?” chiese Alex.
“Ma naturalmente!” rispose subito Joker.
“Purtroppo” sospirò Ivy.
“Bell’idea indirre una riunione, dottore. Di cosa dobbiamo parlare di bello?” fece il clown, ignorando Pamela.
“Oh, avevo pensato di cominciare raccontandovi una storia …”
Joker battè le mani, agitandosi sulla sua sedia.
“Ahaha! E poi a letto a dormire!”
“Dove andrà a parare, secondo te?” sussurrò Nigma allo Spaventapasseri.
Crane si limitò a stringersi nelle spalle. Si mise in posizione di ascolto, a braccia conserte.
“Un tempo c’erano due cavalieri, Galahad e Lancelot. Galahad era molto buono; la bontà sembrava essere parte di lui, tanto che gli veniva naturale comportarsi come un santo. Lancelot, invece, aveva qualcosa di cattivo dentro di sé che lo costringeva a sforzarsi per essere buono. E questo lo rendeva perfino migliore. Ora, tutti gli uomini sono come Lancelot, ma non tutti provano a sconfiggere la malvagità che c’è in loro. È molto più facile cedere ad essa, sottomettersi con la scusa che non possono farci niente, è nella loro natura, piuttosto che contrastarla.”
Il dottore smise di parlare.
“Questa storiella ha a che fare con il fatto che devo controllare il mio istinto?” domandò Croc.
“Sì, Waylon.”
“Galahad e Lancelot non erano cavalieri della Tavola Rotonda?” volle sapere l’Enigmista.
“Sì, ma non sono importanti i nomi. Il messaggio è chiaro, no?”
“Scegli me! Lo dico io!” gridò Joker alzando una mano.
“Uhm?” fece Storm, guardandolo.
“Tutti siamo ugualmente pazzi! La follia può portarci a fare di tutto, da ciò che viene considerato buono a ciò che è invece distruttivo. Non bisogna arrestare i propri impulsi, ma assecondarli! Vuoi fare qualcosa? Falla! Non pensare a conseguenze e altre sciocchezze.”
“Qualcun altro vuole rispondere?”
“Assecondare i miei istinti mi ha portato solo all’infelicità. Farò tutto ciò che è necessario per rivedere Alice” affermò Tetch.
“Bravo, Jervis” si congratulò Alex.
“Bisogna sapersi controllare” quasi bisbigliò Zsasz.
“Esatto, Victor. Un buon controllo di sé stessi aiuta a conoscersi meglio. E a capire ciò che si desidera.”
“Ritorna quella cosa della volontà?” chiese timidamente Harley.
“O della scelta?” domandò Harvey.
“Entrambe. Bisogna scegliere che strada seguire nella vita e serve una forte volontà per non deviare.”
“Io l’ho fatto!” esclamò entusiasta Joker.
“In questa stanza non ci sei solo tu …” gli fece notare Alex.
“Quindi approvi ciò che fa?” intervenne Bane.
“Sì e no.”
“Io ho scelto di dedicarmi alla ricerca scientifica e ora sono qui. Come lo spiega?” chiese Jonathan.
“Beh, non tutte le scelte che si fanno sono giuste. L’importante è esere convinti di quello che si fa.”
“Anche se gli altri lo considerano sbagliato?” domandò Ivy, sorpresa.
“Sì.”
“Eppure durante le sedute dicevi che i miei metodi …”
“I metodi, non la causa per cui combatti” la interruppe Storm.
“Io vorrei tornare nel mondo del cinema, ma va bene anche il teatro” affermò Clayface.
“L’ultima volta che ho parlato di cinema il dottore ha detto che mi ci vedrebbe bene su una sedia elettrica” annunciò contento Joker.
“Non è l’unico” mormorò Evans.
“Dottore, ma se è in grado di leggere le nostre menti, non può … che ne so, far sparire ciò che ci rende un pericolo pubblico” si informò Edward.
“Ma voi non siete malati, quindi non potete guarire.”
Tutti, tranne Greg, lo fissarono stupiti.
“Ma le sedute non servivano a curarmi? Per poter uscire e rivedere Alice?” si agitò Jervis.
“Dipende da cosa intendi per curare. Che hai tu che non va? Ami una persona alla follia. Non posso far sparire l’amore, la malattia che ti ha fatto diventare così.”
“Veramente …” cominciò Crane, ma fu interrotto da Alex.
“No, non mi interessa cosa hanno detto gli altri psichiatri su di lui o su di voi. L’unico qui che mi causa qualche problema è il signor Dent, ma non importa. La faccia cattiva prevale sulla buona, credo.”
“Come?” fece Due Facce.
“Che ne dite se ora vi lascio chiacchierare da soli?”
“Sentirà comunque ciò che diciamo” disse Bane.
“Non intendo spiarvi. Prendetelo come un bonus per buona condotta. Greg, andiamo.”
Evans seguì il dottore.
“Crede ancora che la mia sia solo paranoia, dottoressa Isley?” domandò Crane.
“Io … io non lo so. Mi ha detto che non è venuto qui per guarirci, ma per giudicarci …”
“A me ha detto di essere un telepate” esclamò Nigma.
“Sa fare anche altre cose” annunciò Pam, confusa.
“Cambiare forma” ricordò Clayface.
“O fare strani giochetti mentali” rifletté Spaventapasseri. “Qualcun altro sa qualcosa?”
“Giochetti mentali? Oh, no ... Credo che si tratti di molto di più” disse Zsasz.
“Che intendi?” gli chiese Crane.
“Non è umano” rispose Victor.
“Fa strani discorsi su mostri religiosi …” disse Bane.
“Va bene, è strano, misterioso, ciò che volete” intervenne Harley, “ma sta dalla nostra parte, giusto?”
“Prima lo credevo, ora non lo so più” le rispose Pam.
“Certo che sta dalla nostra parte!” esclamò Joker. “Ha chiaramente detto che possiamo fare ciò che ci pare, basta che ne siamo convinti.”
“Ha anche detto che ti vuole morto” gli fece notare l’Enigmista.
“E allora? Nessuno qui ha desiderato morto qualcuno?”
“Quindi che facciamo? Smettiamo di ascoltarlo e lo facciamo fuori?” volle sapere Jonathan.
“Fra non molto andrà via” svelò Ivy.
“A me sta simpatico” rispose Jervis.
“Fate come vi pare” disse Croc.
“Cioè ignoriamo tutto quello che ci ha detto?” domandò Harley.
“Perché, è servito a qualcosa?” la rimbeccò Crane. “Abbiamo fatto delle belle chiacchierate inutili.”
“Vero” concordò Dent.
“Prima però vorrei capire come riesce a fare quello che fa” disse l’Enigmista.
“Lo si può capire meglio su un tavola da laboratorio” replicò cupo lo Spaventapasseri, facendo ghignare Nigma.
“Volete eliminarlo …” meditò Zsasz. “Non so se potete davvero fare qualcosa.”
“Io mi astengo” dichiarò Clayface.
“Io no” annunciò Harvey dopo il consueto lancio della monetina.
“Che ne dite se organizziamo una bella evasione in onore della sua dipartita?” chiese Joker.
“Per quanto riguarda l’evasione, ci sto” acconsentì Bane.
“E che vorreste fare? Un’assassinio di gruppo?” domandò Poison Ivy.
“Cielo, no. Poi come lo esaminiamo se Croc lo sbrana?” esclamò Edward.
“Io qui avrei una fiala con del distillato del mio gas” rivelò Crane. “Mi tolgo la soddisfazione di vedere se davvero non ha paura di niente.”
“Non ti hanno perquisito?” chiese Due Facce.
“Sì, ma è come cercare un ago in un paiaio” sghignazzò Jonathan.
In quel momento la porta si aprì, permettendo al dottore di entrare. Lo Spaventapasseri agì rapidamente: si alzò dalla sua sedia, estrasse la fiala e iniettò il suo contenuto nel collo di Storm. O meglio, questo sarebbe stato l’esito se l’ago non si fosse spezzato a contatto con la pelle del dottore, che fissò scontento Crane.
Nemo me impune lacessit” scandì, squadrandolo malevolo.
Poi sorrise, a lui e agli altri.
“Potete tornare nelle vostre celle, signori” annunciò finalmente.
I detenuti non obbedirono subito. Jonathan esaminò allibito l’ago.
“Era Poe?” chiese Jervis.
“Sì, Poe. Il barile di Amontillado.”
“Traduzione, please” fece Joker.
“Il mio latino è un po’ arrugginito, ma dovrebbe essere: nessuno mi sfida impunemente” spiegò Edward.
“Mi sa che è arrabiato” mormorò Zsasz.
Dopodiché le guardie li riaccompagnarono nelle loro celle.
“Domani” disse Storm.
“Era ora!” esclamò Greg, felice. “Immagino che devo avvisare io gli altri.”
Alex lo guardò male.
“Non era una lamentela …”
“Fatevi trovare sul tetto a mezzanotte.”



***Angolo Autrice***
E dopo un bel po' di capitoli riflessivi, sta per arrivare l'azione. Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Una lunga notte - parte uno ***


Storm era sul tetto; da lì poteva vedere ogni parte del manicomio, percepire ogni anima che lo abitava. Tre figure si materializzarono dietro di lui.
“Puntuali, bravi” si complimentò il dottore.
“Ora possiamo scatenarci?” gli domandò Evans.
Per tutta risposta Alex assunse la sua vera forma: la sua statura aumentò; la sua massa muscolare crebbe; una folta pelliccia nera lo ricoprì. Al posto dei capelli apparvero numerosi tentacoli, simili a delle trecce rasta. Una lunga coda prensile si agitò fra i suoi piedi, grandi e con tre dita ciascuno.
Il suo volto, privo di bocca e naso ma con grandi occhi rossi, era rivolto verso nord, dove lo attendevano le sue prede.
“Blackheart?” lo chiamò Greg.
“Sì, ho sentito. Assaporavo la calma prima della … battaglia. Trasformati.”
L’essere abbandonò le sembianze del defunto Greg Evans: ringiovanì, assumendo un aspetto più tonico e gradevole. I capelli tornarono a essere corti e biondi, e i suoi occhi azzurro ghiaccio. Cambiarono anche i vestiti. Il ragazzo indossava pantaloni e camicia beige sotto un trench squamato.
Anche gli altri due esseri lì presenti sembravano umani. Quello alla destra di Evans aveva capelli neri, lunghi e arruffati. Il suo trench era nero e una pelliccia lo ricopriva lungo i bordi. Quello alla sinistra aveva capelli lunghi, lisci e bagnati. Indossava un trench verde foglia sopra camicia e pantaloni di un colore simile.
“Abigor …”, disse la creatura girandosi leggermente verso l’essere con i capelli arrufati. “Gressil …” proseguì guardando il suo finto ex- paziente. “Wallow …” continuò, osservando l’infradiciato. “Sia fatta la mia volontà” concluse, alzando le braccia davanti a sé. Tutte le porte di Arkham si aprirono.
Abigor, Gressil e Wallow scattarono ognuno verso la sezione a loro assegnata.
Ben presto il manicomio si riempì delle urla dei suoi internati.
Abigor, il demone dell’aria, si divertiva a creare piccoli tornado nell’ala ovest, facendo sbattere i detenuti sui muri o per terra; Gressil, il demone della terra, preferiva creare stalagmiti dove infilzarli; Wallow, il demone dell’acqua, li annegava.
Blackheart rimase sul tetto ad osservare compiaciuto il loro operato , poi lievitò verso nord.
“Scusa se non mantengo la mia promessa, Pam” mormorò. “Devo prima risolvere una questione.”

Lo Spaventapasseri era sveglio quando la porta della sua cella si aprì. Si alzò stupefatto e si affacciò verso il corridoio. Gli altri erano sorpresi quanto lui. Se qualcuno aveva organizzato un’evasione di massa, perché non aveva avvertito?
Gli internati non si soffermarono più che tanto su questo dettaglio. Uscirono dalle loro celle e corsero verso l’uscita. Crane non li seguì. Qualcosa non andava. Grida di dolore provenienti da ogni parte confermarono la sua ipotesi. Jonathan rimase accanto alla sua cella a rimuginare. Improvvisamente le luci si spensero: non era più solo.
“Dottor Crane” lo salutò Blackheart.
La sue voce era meno umana, ma riconoscibile.
“Dottor Storm” rispose infatti Spaventapasseri.
“Sono venuto a sincerarmi che qualcosa che le appartiene un giorno sarà mio.”
“Ah sì? Cosa?”
Crane si guardava intorno, timoroso di un eventuale attacco da parte del dottore. I suoi occhi si abituarono al buio. Scorse qualcosa al centro del corridoio, ma non poteva essere Storm. Le luci si riaccesero. Jonathan si voltò bruscamente dall’altra parte.
“No … un’ illusione …” disse fra sé, turbato.
“Non importa in cosa credi. Sono qui, reale, tangibile.”
Blackheart avanzò.
Spaventapasseri restò fermo in quella posizione, fino a che la creatura lo afferrò per il costume e lo portò alla sua altezza. Crane chiuse gli occhi, facendo sorridere Blackheart, che commentò: “Fedele alla scienza, neghi ciò che ti sta davanti. Non dovresti essere curioso? Io lo sono.”
“Sparisci! Tu non esisti! Sei …!”
“Un demone. E, perdona il cliché, voglio la tua anima.”
Blackheart lo lasciò andare. Crane cadde per terra. Aprì gli occhi, ma si limitò a guardare l’ombra della creatura.
“Sei qui per uccidermi?”
“No …”
Il demone fece apparire un contratto e una penna.
“Devi firmarlo, Jonathan. Fallo, e non ricorderai niente di tutto ciò, come se non fosse mai esistito.”
“E poi che succederà?”
“Continuerai la tua vita. Un giorno, quando giungerà la tua ora, la tua anima finirà nel mio inferno.”
Spaventapasseri guardò il foglio, scritto in una lingua sconosciuta. L’unica cosa comprensibile era la parola firma. Crane prese la penna e provò dolore.
“Sono solo piccoli aghi …” lo rassicurò Blackheart.
Jonathan firmò con il suo sangue, ripetendosi: “Tutto ciò non è vero. Lui non è reale. Ti ha fatto qualcosa.”
Il demone rise, divertito.
“Scusa se non mi trattengo, ma ho altra gente da visitare. Alla tua dipartita.”
Lasciò Crane seduto per terra ad autoconvincersi che l’accaduto fosse stato frutto dei suoi psicofarmaci.

Poison Ivy dormiva. Le urla la svegliarono. Si alzò insonnolita e si sorprese molto nel trovare la sua cella aperta. Che il Joker avesse progettato, o improvvisato, un’altra strampalata evasione?
Come le sue colleghe, Ivy fu presto in cortile.
“Pamela” la fermò una voce.
“Alex?” fece lei, titubante.
“Sì …”
Improvvisamente si ritrovò sul tetto.
“Ma che …” si domandò, cercando di capire cosa fosse successo.
Guardò di sotto e sbarrò gli occhi, shockata.
“Non temere, Pam. A te non accadrà” la rassicurò Blackheart, apparendo accanto a lei.
Ivy indietreggiò con un urlo.
“Sono io.”
Il demone si mostrò per un attimo nelle sue sembianze umane.
“T- tu … tu … e io ti ho …” balbettò Pam, rabbrividendo.
Ciò che chiamiamo rosa, anche con un altro nome, serberebbe lo stesso dolce profumo.”
“No!” gridò Ivy. “Non puoi!”
“Non posso cosa?”
“Farmi questo” singhiozzò la rossa.
“Non voglio farti del male. Capisco che dal tuo punto di vista questo è un orrore, ma consolati pensando che quella gente lo merita.”
“Io no?” chiese lei con voce flebile.
“No.”
Blackheart le si avvicinò, ma lei si scostò.
“Pam” sospirò l’essere. “Ti piacerebbe avere più potere? Diventare immortale? Rimanere bella per sempre? Al nostro gruppo manca Madre Natura …”
“Cosa?”
“Vieni con noi e capirai che ciò che sta succedendo oggi è giusto. Potrai fare quello che vuoi, nessun vincolo.”
“No … siete dei mostri.”
“Siamo demoni. Facciamo il nostro lavoro.”
“Ma io non voglio. Lasciami stare!”
Blackheart la guardò, deluso, poi fece comparire penna e contratto.
“Va bene … accordo standard, allora.”
“C- come?”
“Lo sto facendo firmare ai miei pazienti. Dice che quando morirai la tua anima finirà nel mio regno.”
“Che succede se non firmo?”
Blackheart guardò di sotto. Pam abbassò la testa, confusa.
“Sempre che tu continui a comportarti così …”
Ivy alzò lo sguardo su di lui.
“Se cambi vita potresti finire in Paradiso, io non lo so fra quanto morirai e se cambierai. Capisci ora che ti sto offrendo un buon affare?”
“Davvero non influenzerà in alcun modo la mia vita?”
Stavolta Pam gli permise di avvicinarsi. Alzò la testa per poterlo guardare negli occhi.
“Sì. Semplicemente, se sarai destinata all’inferno, finirai nel mio.”
Ivy trasse un lungo respiro, prese la penna e si lasciò sguggire un gemito. Rivolse lo sguardo alla creatura.
“Puoi fidarti di me, Pam. Finora non ti ho mai mentito, lo sai.”
Ivy firmò, rendendosi conto che l’inchiostro della penna era il suo sangue. Il contratto svanì.
“Non hai pensato che ora che sappiamo cosa c’è dopo la morte, cambieremo vita per non finirci?”
“Sì, naturalmente. Non ricorderete niente di questa notte. È tutto molto equo, non ti pare?”
“Non lo so …” mormorò sconsolata Pam.
Blackheart le pose un dito sotto il mento, alzandole delicatamente la testa. Pam lo fissò sorpresa.
“Una persona mi ha detto che si può essere migliori di così. Forse per te è difficile crederlo, ma sono migliorato rispetto a come ero prima. E se l’ho fatto io, per un’umana è una sciocchezza.”
Ivy sorrise debolmente.
“Grazie. Ora però voglio stare da sola.”
“Certo … e io devo finire il mio lavoro. Arrivederci. O addio.”
Pamela si ritrovò nella sua cella. Si asciugò le ultime lacrime e si stese sul letto. Lo sguardo le cadde sulla rosa nera che le aveva regalato Alex. Non avrebbe ricordato niente di quella notte, forse però la rosa poteva servirle da monito. Si addormentò con quesl pensiero, speranzosa.



***Angolo Autrice***
Così Crane e Ivy sono stati i primi a firmare. Lo faranno anche gli altri?
Se Alex poteva essere considerato un mio OC, Blackheart appartiene alla Marvel. Come anche gli altri tre demoni, che compaiono nel film Ghost Rider. Sono l'unica cosa buona del film ...
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Una lunga notte - parte due ***


Il suolo di Arkham era ricoperto di sangue e cadaveri. I tre demoni in grado di controllare gli elementi naturali si stavano divertendo un mondo nel massacrare le loro vittime. Nonostante l’euforia, erano ben attenti a non toccare nessun innocente: il loro capo, altrimenti, li avrebbe puniti.
Nel frattempo Blackheart si era diretto da Harley Quinn.
Harleen era corsa subito fuori quando le celle si erano aperte, sperando di riabbracciare il suo pasticcino; invece era stata accolta da uno spettacolo troppo feroce anche per i suoi gusti. La bionda si coprì gli occhi e tornò in fretta sui suoi passi, seguita da qualche altra ragazza.
“Ciao, Harley” la salutò cordialmente il demone, avanzando nella sua vera forma verso il gruppetto.
Le altre detenute strillarono e corsero via, mentre Harley indietreggiava precipitosamente.
“Non scappare. Non voglio farti del male, siamo amici.”
“A- ah sì? P- purtroppo non posso trattenermi. Sai, ho un impegno urgente e …”
Blackheart comparve davanti a lei prima che tentasse la fuga. Harley ci sbatté contro. Si allontanò rapidamente, fissandolo terrorizzata.
“E- ehy, a- amico, voglio solo …”
“Scappare, da me e da questo posto, lo so. Libera di farlo, ma prima mi serve una firmetta.”
Il demone le porse penna e contratto. Harley li prese confusa. Lasciò cadere di scatto la penna.
“Ahia! Mi ha punta.”
“Serve per l’inchiostro …”
La ragazza recuperò la penna da terra, preparata al lieve dolore. Si concentrò sul documento, trovandolo illeggibile.
“M- ma …”
“Tranquilla. Non ti fidi?”
“Ehm … va bene … ma mi serve …”
Non ci fu bisogno che ultimasse la frase: un tavolo, più una sedia, comparvero accanto a lei. Harley rise nervosamente e si sedette guardando il demone, che la osservava divertito. Firmò, affranta, senza sapere a cosa andava incontro.
“Grazie mille, Harleen.”
“Alex … o chiunque tu sia … cosa mi capiterà adesso?”
“Un bel niente.”
“Come niente?!”
“Quello è per quando morirai … e non so quando accadrà. Ora puoi evadere, cara.”
Harley si alzò, tremendamente confusa. Il demone sparì. La ragazza scosse la testa, decidendo di lasciar perdere, ed evase.

Joker stava osservando Abigor quando Blackheart andò da lui.
“Voi ragazzi siete fantastici” si complimentò.
“Felice che tu lo pensi. Un giorno potrai essere come noi.”
“Ahaha! Dimmi solo dove firmare e …”
“Qui” lo interruppe il demone, facendo apparire il contratto.
Joker prese una penna dal suo taschino. Provò a scrivere, ma il foglio rimase bianco. Si mise a scuotere la penna.
“Scusa, deve solo essere incoraggiata.”
“Le penne normali non funzionano su quello. Prova con la mia.”
Il clown usò la penna del demone, firmando con il suo stesso sangue.
“Bene, e ora?”
“Ci sentiamo quando muori.”
“Devo aspettare così a lungo?” ironizzò Joker.
“Dipende da quanto rapidamente riesci a convincere Batman.”
“Batman? Che c’entra Batsy?”
“Se è lui ad ucciderti hai … punti bonus, diciamo. Ora mi devo proprio congedare.”
Blackheart sparì. Joker tornò ad osservare l’operato di Abigor. Ghignò: l’essere gli aveva chiesto di fare esattamente ciò che voleva.

“Hai fretta, Edward?”
L’Enigmista si fermò bruscamente. Guardò il demone, stentando a credere ai propi occhi.
“Devono avermi dato gli psicofarmaci sbagliati” commentò.
“Perché dubiti dei tuoi sensi? Mi vedi, mi senti, percepisci il mio odore … e ora toccherai questi.”
Edward fissò scettico penna e contratto.
“Sei tu il dottor Storm, giusto? Quello vero.”
“Esatto.”
“E cosa saresti?”
“Un demone.”
“Oh, certo! Sei un demone e vuoi la mia anima! Chissà perché questa ipotesi non mi è mai venuta in mente!”
“Sì … adesso firma.”
“Altrimenti?” domandò stizzito Nigma.
“Beh, le urla si sentono anche da qui.”
Edward non sapeva davvero che fare.
“La mia non è una condanna, Edward” lo blandì Blackheart. “Nel caso tu debba finire all’inferno ti troverai nel mio. E no, ti scorderai tutto di questa notte” lo anticipò.
“Perché è così importante che firmi?”
“Ci sono anime più adatte di altre a svolgere certe mansioni. Basta chiacchiere.”
Nigma sospirò. Dimenticare tutto sarebbe stato un sollievo. Prese la penna, ignorando la puntura, e firmò.
“Bene. Ora sei libero di andare.”
“Libero non è la parola che userei” disse fra sé l’Enigmista quando il demone fu scomparso.

Killer Croc scansò l’ennesimo cadavere. Trattenne l’impulso di divorarlo e continuò a correre alla ricerca di un varco.
“Spiacente di dover interrompere la tua fuga, Croc, ma non te ne puoi andare senza una firma.”
Waylon si voltò. Non aveva mai visto prima quella creatura nell’ala methaumani.
“Non ero un internato, ma il tuo psichiatra.”
“Oh …” mormorò Croc quando Blackheart gli mostrò la forma con la quale gli si era presentato nelle ultime settimane.
“Per questo non avevi paura di me e degli altri.”
“Già, per questo.”
Il demone, da routine, gli porse penna e contratto.
“Il tuo rilascio” spiegò il demone sorridendo. “Firma, anche con una X, e sarai libero.”
Nel muro di fronte al quale si trovavano i mattoni si spostarono creando un passaggio adatto all’enorme stazza dell’alligatore.
“Beh …” tentennò lui.
“Lo stanno facendo tutti, non vorrai essere da meno” lo incoraggiò Blackheart.
“Sai, il mio istinto dice che mi devo fidare … però anche che non mi devo fidare.”
“Ascolta la parte più fiduciosa …”
Waylon prese la penna, ringhiando per la puntura, e si sbrigò facendo una grande X sul fondo del foglio.
“Mille grazie, Croc. Puoi andare.”
“Ci rivedremo?”
“Chi può dirlo?” rispose serafico il demone.
Killer Croc uscì dalle mura di Arkham. Blackheart non chiuse il passaggio, non gli importava se altri detenuti scappavano. Quelli ancora in vita, almeno.

Il Cappellaio strinse ancora di più le mani sulle orecchie. Non gli piaceva per niente ciò che stava accadendo. Qualcosa entrò nella sua cella.
“Signor Tetch, lei non è interessato all’evasione?” domandò premurosamente Blackheart.
Jarvis non rispose. Il demone si sedette davanti a lui.
“N- non mi dai p- più del tu?” domandò tremante il Cappellaio.
“Hai ragione. Noi siamo amici” rispose Blackheart, lieto di essere stato riconosciuto. “Per questo sono qui.”
“Io c- credevo in quelo c- che mi dicevi …”
“Bravo. Continua a farlo, perché non ho mai mentito.”
“M- ma …”
“Trovi inconciliabile il lascia Alice con il fa ciò che vuoi. Sono entrambi consigli validi, dipendono da ciò che hai deciso di essere. Io sono più per la seconda strada. Guarda quello che sta succedendo qui: tutto per la mia volontà.”
“Io voglio solo essere felice …” mormorò Tetch.
“Un ottimo proposito. Jarvis, non ti serve che ti dica io che questa notte è la migliore per uscire. I tre demoni là fuori non ti faranno niente. Devi solo firmare e poi potrai interamente concentrarti su Alice.”
“Diventerà mia?”
“Non prevedo il futuro …”
Jarvis afferrò la penna comparsa magicamente, ignorando il dolore, e appose la sua firma nello spazio indicato.
“Hai fatto la scelta giusta, Cappellaio Matto” si complimentò il demone prima di sparire.
Tetch sospirò nella sua cella, poi si riscosse e si dedicò all’evasione.

Bane, per evitare problemi, fuggiva dal tetto.
“Posso rubarti un minuto?”
Il colosso si immobilizzò.
“Lo prendo per un sì.”
“Vattene, diavolo!”
“Preferisco demone e sarò felice di accontentarti se prima firmi.”
“Perché dovrei farlo? Io …”
“Perché tanto la tua anima finirebbe lo stesso all’inferno. Voglio solo che tu stia da me.”
“Che pensiero carino. Se avessi con me dell’acqua santa ti ringrazierei.”
Blackheart rise.
“Oh, mi sarebbe piaciuto vederti tentare. Ma basta chiacchiere, firma.”
Bane rimase fermo.
“Questo è il miglior affare che ti sia mai capitato. Non devi fare assolutamente niente ed è tutto ipotetico.”
“Allora perché me lo proponi?”
“Mi piace arrivare prima degli altri. A volte quando morite si litiga per il possesso delle vostre anime. Meglio mettere subito le cose in chiaro, no?”
Bane firmò. Aveva altra scelta?

Appena la sua cella si era aperta, Clayface aveva assunto l’aspetto di una guardia. Poi però, notanto che non ce n’erano, era tornato a quello consueto. Lo spettacolo in cortile lo aveva spaventato. Aveva quindi deciso di aspettare che tutto finisse in una stanza vuota. Quando la stanza non fu più vuota …
“Signor Karlo.”
“D- dottor Storm. Che sta succedendo là fuori?”
“I peccatori vengono puniti. Con Ghost Rider sarebbe stato peggio. Lo so, l’ho visto lavorare in una prigione.”
“Non capisco di cosa sta parlando …”
“Non importa. Sono qui per la sua firma.”
“Per cosa?”
“Per avere la sua anima quando morirà.”
“Oh … non è che in cambio potrebbe farmi tornare normale?”
“Signor Karlo, lei è un attore. Può essere quello che vuole.”
“Lo credevo anche io. Ma poi Batman …”
“Può trasferirsi. In fondo Gotham non è questo gran posto.”
“E potrei perdere il controllo.”
“Servono allenamento e autodisciplina. Ora, per favore …”
Clayface prese titubante la penna e firmò con la sua argilla.
“Lei dà ottimi consigli; posso sapere se vuole che restiamo criminali o se diventiamo onesti cittadini?”
“Per lavoro che restate criminali, personalmente me ne frego.”
Blackheart se ne andò. Basil rimase in quella stanza.

Harvey era nella sua cella, dietro consiglio della moneta.
“Signor Dent, con lei ci sbrigheremo” esordì Blackherat, materializzandosi.
Due Facce lo guardò stupito, ma non si scompose più che tanto.
“Lanci la moneta e scopra se può firmare il contratto.”
“Lei sembra sicuro del risultato che otterrà.”
“Oh, per le scelte che riguardano me la moneta dà sempre le risposte che mi aspetto.”
Stavolta Harvey era shockato.
“Lei … lei ha interferito con la Sorte!”
“Beh, in questo momento io dirigo Arkham e il destino di chiunque vi sia rinchiuso, lei compreso. Perciò ho fatto solo il mio dovere. Quando me ne andrò la moneta tornerà a lavorare per il Caos.”
Due Facce riflettè, giocherellando con la monetina. Alla fine la lanciò e sospirò al risultato ottenuto.
“D’accordo, mi dica dove devo firmare.”
Il demone fu felice di mostrarglielo. A differenza di molti altri, Harvey firmò dopo aver letto. Lanciò la moneta per decidere se dire addio o arrivederci, ed essa cadde di lato.
“Potremmo vederci anche prima della sua morte” disse Blackheart.
La moneta mostrò la faccia bruciata.
“Arrivederci” mormorò Harvey.

Blackheart volò dall’ultimo paziente: Zsasz. Victor era seduto in cortile e guardava affascinato il massacro compiuto da Gressil.
“Salve” salutò appena il demone gli fu vicino.
“Ciao, Victor. Fra poco noi andiamo. Prima ci serve la tua firma.”
“Va bene. Sono contento di avere avuto sempre ragione. Ora ne ho la prova!”
“Molto bello, sì. Tieni.”
Zsasz firmò meccanicamente.
“Quando morirò sarò come voi?”
“Continua così ed hai alte possibilità di diventarlo. Ah …” continuò il demone, cogliendo un suo pensiero. “Non potrai ricordarti gli atti che vanno da l’una ad ora, ma qualcosa ti rimarrà.”
“Va bene, padrone.”
“Questo ragazzo mi piace. Ehi, voi, avete finito?”
“Sì!” risposero i tre demoni.
“Allora a casa!”
I demoni volarono via, lasciando vivi solo chi aveva firmato il contratto, le guardie, Strange e i pochi innocenti rinchiusi ad Arkham.



***Angolo Autrice***
Ho scritto questo capitolo a singhiozzo, purtroppo l'ispirazione va e viene. Manca solo l'epilogo e la storia è finita; è stata la più difficile da scrivere.
A presto (spero)!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Epilogo ***


Batman arrivò ad Arkahm un paio di ore dopo la conclusione dei fatti, e non certo perché avvertito da qualcuno: le guardie si erano sì risvegliate, ma ciò che avevano trovato al risveglio le aveva fatte cadere in uno stato confusionale causato dallo shock. Tutto ciò che riuscirono a fare fu radunare i detenuti ancora vivi.
Il Cavaliere Oscuro trascinò entro le mura del manicomio Mister Freeze e si bloccò assieme al prigioniero.
Che razza di evasione c’era stata? Batman affidò Freeze a un paio di secondini per occuparsi personalmente dell’interrogatorio. Incredibilmente, lo Spaventapasseri, Poison Ivy, Due Facce, Zsasz e gli altri non ricordavano nulla. E la cosa più stupefacente era che non mentivano.
Bruce si rese conto di chi mancava. Che la spiegazione fosse il Joker? Sarebbe stato capacissimo di usare un particolare gas per far perdere la memoria, ma poi perché uccidere detenuti e non le guardie? La cosa era troppo folle anche per lui o lo stava sottovalutando? Quegli interrogativi continuarono a tormentarlo per tutti i giorni nei quali si dedicò a riportare dentro tutti gli evasi.
Pian piano la vita ad Arkham si riavviò e i cittadini, stupefatti dalla carneficina nei primi giorni, archiviarono la faccenda nelle loro menti. Quanto a chi aveva firmato il contratto, nessuno fu sorpreso quando il dottor Storm annunciò la sua partenza da Arkham, ma tutti ne furono sollevati inconsciamente, che si trovassero o meno all’interno del manicomio.
Il demone non tornò più a Gotham, aveva avuto ciò che voleva. Ogni tanto osservava i suoi internati favoriti dall’inferno e si chiedeva se la loro anima si sarebbe aggiunta alla sua vasta collezione.



***Angolo Autrice***
Finito!
L'epilogo è corto, ma senza la storia non era completa.
Ringrazio chiunque abbia letto la mia fic, in particolar modo Treasterischi e Robinshapeshifter che mi hanno aiutata a migliorarla.
Adios!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3329912