Ricercato numero S 00 999, serie SSX

di Smeralda Elesar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


1

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Halloween in campagna alla fattoria di Nonna Papera non era come in città: in quel sobborgo fuori Paperopoli tutto era più tranquillo e l’atmosfera era accogliente anche nella notte più paurosa dell’anno.

L’aria profumava di mashmallows, di mele caramellate e di popcorn sia dentro che fuori casa.

-Paperotto, hai preso il sacchetto per i dolci?-

-Non chiamarmi così, Nonna! Stanotte sono Capitan Quacklock, il pirata dello spazio! E sono pronto a partire con la mia ciurma alla ricerca di tesori da razziare. Faccio paura, non è vero?-

E intanto si aggiustava la benda sopra l’occhio destro.

Nonna Papera dovette mettere una mano davanti alla bocca per coprire il suo sorriso.

-Nessuno potrà resistere a te e agli altri pirati-

Il suo nipotino sorrise e corse fuori nella notte per raggiungere il gruppo di amichetti.

Nonna Papera non avrebbe mai immaginato che, anni dopo, suo nipote avrebbe completamente dimenticato il cartone animato di Capitan Quacklock ma avrebbe continuato ad andare in giro di notte con un mantello svolazzante, a caccia non di dolciumi ma di criminali.

 

*

 

-Paperino! Hai un minuto?-

-Puff! Pant! Non ora Lyla, ti prego-

Rispose il fattorino di 00 Channel da sotto una traballante pila di materiale d’archivio.

-Capisco. E invece Paperinik ha un minuto?-

-Ma che ne… oh! Oh, bè… vedrò che posso fare. Diciamo verso mezzogiorno?-

Mezz’ora dopo, durante la pausa pranzo, Paperino, Paperinik e Lyla erano allo stesso tavolo a parlare a bassa voce ma molto animatamente.

-Quindi capisci? Abbiamo a che fare con un criminale dalla mente estremamente complessa-

-Ma voi nel futuro dovreste avere tecnologie superiori. Non capisco perché vi servo io-

-È stato Odin Eidolon a chiedere espressamente di te. Lui dice che la nostra società si basa troppo sulle macchine e che per sconfiggere una macchina molto complessa serve proprio il punto di vista umano-

-Odin si fida molto di me. Va bene, mi hai convinto, verrò con te. Quando si parte?-

La giornalista bionda abbozzo un sorriso enigmatico.

-Quando? Dovresti sapere che per me il “quando” è un concetto molto relativo-

 

**

 

Alla fine il “quando” era stato alle otto di quella sera, che erano immediatamente diventate le otto di sera di un paio di centinaia di anni dopo grazie alla cronovela di Lyla.

Erano partiti da un punto della città attualmente abbandonato ma dove tra centinaia di anni sarebbe sorto il palazzo del governo della Paperopoli ultramoderna del futuro.

Appena arrivato Paperinik era stato accolto con una considerazione a cui non era assolutamente abituato: nel suo tempo lo consideravano uno sbandato invece nel futuro lui era un eroe.

Lyla rimase con lui tutto il tempo e gli fece da guida tra corridoi chilometrici ed ascensori che si muovevano in enormi tubi di vetro.

La città diventava piccola a vista d’occhio mentre salivano trasportati da una delle capsule trasparenti così in alto che presto le luci della città sottostante sembrarono un tappeto di diamanti.

All’ultimo piano c’era la sala delle riunioni, con un grande tavolo ovale ed un grande schermo concavo su una delle pareti.

Sulla porta lo accolse un uomo dall’aria distinta ed elegante. I capelli grigio cenere erano raccolti indietro in una coda bassa ed aveva occhiali dalle lenti colorate di blu ma trasparenti.

-Paperinik, benvenuto! Io sono Zacharias Zone, responsabile del settore controllo e supervisione degli androidi difettosi-

Paperinik si chiese se le lenti fossero un vezzo di stile o una necessità medica.

-Vi ringrazio per la fiducia che avete nei miei confronti-

-Ve la siete ampiamente meritata. Sedete, prego, tra poco potremo cominciare-

Poi si rivolse a Lyla con un tono molto più freddo.

-Grazie androide, adesso puoi andare-

Paperinik ormai la conosceva abbastanza bene da cogliere le sfumature delle sue espressioni e da capire che essere apostrofata in quel modo l’aveva ferita.

-Oh, no! Lyla è mia amica ed io insisto perché rimanga-

Il funzionario la squadrò a lungo con un’espressione molto attenta e quanto mai diffidente.

- La sua presenza non è appropriata, dato l’argomento della vostra convocazione-

-E invece io dico che..-

-Va tutto bene, PK-

Lo interruppe lei insolitamente pacata.

-Ma Lyla…-

-Ci vedremo dopo-

E lo salutò con un sorriso prima di allontanarsi.

Gli faceva male vederla ridotta allo stato di macchina che eseguiva degli ordini, e non capiva come in quell’epoca potessero trattarla come un oggetto e non come la persona straordinaria che era.

-Volete una comunicazione ufficiale o vi siete già accorto di aver ferito i suoi sentimenti?-

Chiese a Mr Zone.

-Sentimenti? Gli androidi non hanno sentimenti-

-Posso assicurarvi che non è vero. Gli androidi sono delle intelligenze, artificiali ma pur sempre delle intelligenze, e come tali vano rispettate-

Paperinik stava fissando negli occhi Mr Zone e non si accorse della presenza dietro di lui finché qualcuno non gli posò una mano sulla spalla.

-Ben detto, amico mio. Ed è proprio per questa vostra convinzione così radicata che io ho richiesto la vostra presenza in quest’epoca-

-Odin! Hem.. Mr Eidolon… ben ritrovato-

-Anche per me è un piacere rivedervi. Adesso sediamoci e diamo inizio a questa riunione-

Oltre a lui, ad Odin Eidolon ed a Mr Zone c’erano altre dodici persone.

Alcuni erano gli azionisti più importanti della Eidolon Enterprises dopo Eidolon stesso, gli altri erano vari esponenti del governo cittadino e due erano supervisori esterni inviati dallo Stato.

La faccenda doveva essere seria se c’erano degli addetti alla sicurezza statale, non era più un problema che riguardava solo Paperopoli.

Mr Zone rimase in piedi a lato del grande schermo, mentre Paperinik ed Odin Eidolon si sedettero negli ultimi due posti rimasti liberi.

-Signori, diamo ufficialmente inizio alla riunione. L’ordine del giorno è il problema di sicurezza pubblica rappresentato dal Androide difettoso di serie SSX, attualmente ricercato con il numero S 00 999 e che si presenta con il nome di Capitan Q-

Con un piccolo telecomando accese lo schermo e richiamò una serie di immagini ed articoli di giornale che si proiettarono come un ologramma in 3D sopra il tavolo.

La prima immagine fece sobbalzare gli spettatori ed immediatamente dodici sguardi preoccupati si puntarono su Paprinik.

-Hem… non so… posso chiamare in causa la genetica, giusto?-

Nessuno però rise del suo tentativo di rompere la tensione.

In effetti il ricercato S 00 999 era incredibilmente somigliante a lui: stesso mantello, stessa fisionomia, stessa altezza e struttura corporea.

A prima vista il mantello li faceva apparire identici, poi però si notavano le differenze: una benda che copriva l’occhio destro, una cicatrice sulla guancia sinistra, la cappa sulle spalle, una bandana nera al posto di un cappellino alla marinara ed un’arma che sembrava allo stesso tempo una spada ed un fucile.

-Ecco una delle prime immagini del ricercato- cominciò Mr Zone -Le informazioni su di lui sono molto scarse. Sappiamo solo che era un prototipo, il primo esemplare sperimentale di una nuova serie, e che è fuggito dai laboratori delle Eidolon Enterprises il giorno stesso della sua attivazione; prima di abbandonare il complesso è stato in grado di inserirsi nei database e cancellare tutti i file di progettazione che lo riguardavano.

Una mossa astuta senza dubbio, perché così non possiamo individuare eventuali punti deboli nella sua struttura-

Le immagini cambiarono e adesso al posto del papero in mantello c’erano varie immagini di quelli che sembravano assalti a delle astronavi.

-Per un periodo di tempo dopo la sua fuga non si è più saputo niente di lui, ma circa due mesi fa sono iniziati questi attacchi alle nostre astronavi portavalori. Il drone ribelle crede di essere un pirata, per questo assalta astronavi con un carico prezioso, ne immobilizza gli equipaggi e poi ruba tutti i beni. Oro, pietre preziose, metalli rari provenienti da altri pianeti sono il suo obbiettivo. Personalmente ritengo che ci sia stato un errore al momento dell’assemblaggio del software di autocoscienza che lo induce a compiere queste azioni-

Uno dei supervisori statali alzò la mano per chiedere la parola.

-Mr Zone, la prego di risparmiarci dettagli tecnici a cui non siamo interessati e di passare alla parte fondamentale, e cioè al piano d’azione che avete creato per eliminare questa minaccia-

Lo sguardo di Mr Zone si fece gelido dietro le lenti blu, per niente contento di quell’interruzione, tuttavia assentì.

-Subito signore. Vedete, il piano per fermarlo si basa sul fatto che gli androidi hanno tutti la stessa struttura base. Sono vulnerabili a particolari frequenze elettromagnetiche che impediscono la corretta trasmissione degli impulsi di movimento. Giusto per non indulgere in dettagli tecnici che voi non capireste, abbiamo progettato un telecomando che genera esattamente questo tipo di radiazioni e che, in concreto, immobilizza l’androide. Una volta immobilizzato verrà riportato sulla terra e riparato in modo che non possa più fare danni, e se ciò non fosse possibile verrà distrutto-

-Perché non lo avete già usato? Mentre voi state qui a parlare, le quotazioni in borsa crollano a causa di questi furti assurdi-

Ancora una volta Mr Zone dovette reprimere la sua rabbia.

-Datemi il tempo di spiegare, Mr Peredur. Questo telecomando è solo un prototipo ed è stato ultimato da poco. Inoltre per essere efficace deve essere azionato entro un raggio di azione molto ristretto. Molto vicino all’androide. Ed è per questo che Mr Eidolon ha richiesto la collaborazione di Mr Paperinik-

Tutti gli sguardi di nuovo si puntarono su di lui.

-Mr Eidolon ritiene che la persona più adatta ad affrontare l’androide sia l’eroe che in passato ha salvato la Terra dagli evroniani-

Per un attimo nessuno disse nulla, poi Mr Peredur diede voce al pensiero collettivo.

-Tutto ciò è assurdo! Noi abbiamo bisogno di risposte immediate e voi non solo ve la prendete comoda, ma pretendete anche di affidare la missione a qualcuno che somiglia a quel criminale come se fossero gemelli-

-Hei, hei, piano! Non vi hanno insegnato che non si giudicano le persone in base all’aspetto fisico?-

Tutti rimasero sorpresi a sentire come Paperinik si rivolgeva ad un ministro del governo.

-Voi fareste bene ad imparare a rispettare le autorità-

-Tecnicamente voi siete nati qualche centinaio di anni dopo di me, il che mi dà un certo vantaggio per diritto di anzianità, o sbaglio?-

-Sbagliate-

-Oh! Quindi io sono solo un tirapiedi da convocare quando avete delle castagne troppo bollenti per le mani, giusto?-

-Se proprio volete metterla in questi termini, sì-

La discussione stava per degenerare su toni troppo accesi, e prima che ciò accadesse Odin Eidolon si alzò in piedi per prendere la parola.

-Signori, vi chiedo di poter discutere in privato la questione con Mr. Paperinik-

Ci fu qualche borbottio astioso in sottofondo.

La posizione di Eidolon in quel consiglio era molto precaria perché era proprio una delle sue creazioni a minacciare l’ordine pubblico.

L’invidia verso l’impero di Mr Eidolon era trattenuta solo dal fatto che lui sembrava aver instaurato una sorta di empatia con Paperinik, cosa di cui Mr Zone si era accorto perfettamente, per cui se il fatto che il papero mascherato accettasse la missione dipendeva da un “colloquio privato” allora lui glielo avrebbe concesso.

Prima il problema principale, quel pirata, e poi Mr Eidolon ed il suo impero finanziario da smembrare tra azionisti e consiglieri dopo una causa che gli sarebbe costata milioni in risarcimenti.

-Confido che un’atmosfera più cordiale aiuterà Mr Paperinik a prendere la decisione più giusta- disse a nome di tutto il consiglio -Andate pure-

-Vi ringrazio. Mr PK, se volete seguirmi…-

Odin Eidolon lo fece uscire dalla sala e lo guidò di nuovo verso gli ascensori.

Paperinik stava per aprire becco per fare qualche commento acido quando Odin gli fece gesto di tacere ed aspettare, allora lo seguì in silenzio.

Oltretutto non gli sembrava che un corridoio fosse il posto più adatto a discutere un caso di sicurezza nazionale.

In ascensore Odin schiacciò il bottone “terrazza” e l’ascensore li portò al livello più alto dell’edificio: un’enorme terrazza protetta da vetri spessi cinque centimetri che permettevano di ammirare il panorama da un’altezza di svariate centinaia di metri senza rischio di cadere giù.

La terrazza era pavimentata, ordinata con un sentiero di ciottoli azzurri in rilievo ed in un angolo c’era un cafè all’aperto ben fornito frequentato dagli alti dirigenti, ingegneri ed azionisti delle Eidolon Enterprises.

In quel momento tutto era illuminato da neon colorati, soprattutto nell’angolo del bar ultramoderno e dall’aria costosa.

-Wow! Che posto spettacolare!-

Non poté impedirsi di esclamare Paperinik.

-Lo trovate bello? Eppure vi assicuro che il mio rifugio segreto è molto più bello. Vi vorrei portare lì, così saremo anche al riparo da telecamere indiscrete-

Ancora una volta Paperinik seguì il suo anfitrione fidandosi ciecamente. Era strano che in compagnia di Eidolon si sentisse perfettamente a proprio agio, come se in realtà avesse già conosciuto quell’uomo tanto tempo prima ma non riuscisse a ricordare dove. O quando.

Eidolon si guardò attorno per un momento, poi tirò fuori da sotto il colletto della camicia una catenella con una chiave come ciondolo, e con quella aprì… una porta per la manutenzione.

“Ma cosa vuol dire? Un rifugio segreto più bello di quella terrazza stratosferica e per raggiungerlo si passa da qui?”

E la sorpresa fu ancora più grande quando Eidolon gli fece cenno di seguirlo su per una minuscola scala di metallo.

La luce filtrava dall’alto da un’apertura tonda.

-Siamo quasi arrivati. Ne vale la pena, vedrete-

Salirono anche quella scomoda scaletta cigolante e quando furono fuori, Paperinik per un attimo non credette ai propri occhi.

Erano in una terrazza più piccola che era più incolta del suo giardino nella Paperopoli del passato.

Non c’era neanche una fonte di illuminazione, a parte una fioca luce arancione proprio sopra la botola da cui erano appena usciti, magari per essere sicuri di ritrovarla e di poter tornare al mondo civilizzato.

Paperinik guardò Eidolon sconcertato, in cerca della battuta finale in cui gli diceva che tutto quel tripudio di erbacce era solo un ologramma e che in realtà erano arrivati in un lussuoso lounge, invece lui sembrava tranquillissimo.

Si sfilò le scarpe costose prima di inoltrarsi sul prato.

-Ho viaggiato in molto posti su questo pianeta e anche su altri, ma non ho ancora trovato nulla che mi faccia stare bene come la mia oasi speciale-

“E tanti cari saluti al bar privato”

-Ti vedo perplesso Paperinik-

-In tutta sincerità, signore, ho visto in vita mia giardini pubblici abbandonati che avevano un aspetto migliore di questo posto-

Era convinto che Eidolon si sarebbe offeso e invece lui scoppiò in una risata.

-Oh, santo cielo! Ora che sei così scontroso sì che ti riconosco!-

-Mi sono comportato così male durante la mia prima visita qui?-

-No, no, è solo che… niente, non è importante, ne parleremo un’altra volta. Adesso il nostro argomento di conversazione è Capitan Q-

Ed Odin tornò immediatamente serio. La sua preoccupazione si percepiva anche se di lui si vedeva poco più che una sagoma nella penombra.

-Se tu non accetterai la missione verrà dato l’ordine di abbatterlo ed io non posso permetterlo. Non voglio che venga distrutto-

-Con tutto il rispetto Mr Eidolon, ma il piano di immobilizzarlo per riportalo sulla Terra come ha proposto Mr Zone al consiglio mi sembra un’azione vigliacca-

-Lo so e non piace neanche a me, ma almeno avrò una possibilità di riportarlo indietro. Meglio il rischio che la certezza di vederlo fatto a pezzi-

In effetti era un ragionamento convincente e non sembrava nascondere secondi fini.

Eidolon sembrava l’unico a trattare l’androide come un essere vivente e non come una minaccia per i capitali.

Paperinik cercò di prendere tempo.

-Anche ammesso che io lo riporti qui, che ne farete? Lo riprogrammerete? Allora sarebbe ugualmente come morto-

-No, no, assolutamente no!- protestò Eidolon -Non voglio azzerare il suo software di autocoscienza. Io voglio solo… curarlo-

Paperinik fu molto sorpreso di sentire una parola così umana pronunciata a proposito di un androide, specialmente con un tono di preoccupazione.

-Sembrate tenere molto a lui, Mr Eidolon-

-Io sono affezionato a tutte le mie creature. Creare un androide non è solo un assemblaggio di parti meccaniche ed io so che ognuno di loro sarà un’entità autonoma. Sono esattamente come dei figli per me. Li progetto al meglio perché possano vivere bene e non solo per eseguire i loro lavori. È un lavoro di pazienza lungo e faticoso, e tutto per un istante magico in cui aprono gli occhi per la prima volta e si rendono conto di essere vivi-

Odin fece una pausa e si passò una mano sul viso come a tentare di scacciare le preoccupazioni.

-Te lo chiedo per favore, PK. Riportalo da me-

All’improvviso quando Odin gli aveva dato del tu gli era sembrato di aver capito chi gli ricordava. Tempo di pensare “ecco chi è!” e già l’impressione era scomparsa.

Quell’uomo che indossava abiti di sartoria e poi amava rifugiarsi a piedi scalzi in un pezzo di terra incolto e nascosto dal mondo poteva anche essere parecchio eccentrico, ma sicuramente era sincero, e questo gli ispirava fiducia.

-E va bene, Mr Eidolon, accetto la missione. Ma ricordate che lo faccio per voi-

 

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Cantuccio dell’Autore

 

Salve a tutti, sono tornata in questa sezione!

Non so bene se questa mia storia è esattamente un crossover con Capitan Harlock.

In realtà sarebbe più Capitan Harlock in versione papera e nell’universo di Paperinik.

Forse ho osato troppo ^^

 

Prima di lasciarvi ecco alcuni chiarimenti:

 

1-   Mr Zone è un personaggio della Serie SSX di Capitan Harlock. Non è un tipo né amichevole né raccomandabile, e porta davvero occhiali con le lenti colorate di blu. Come Flavio Briatore.

2-   SSX, che io ho usato come numero di serie per il nostro prototipo ribelle, è il titolo di una delle serie di Capitan Harlock (menzionata al punto uno)

3-   S 00 999 è il numero da ricercato di Harlock sia nella serie SSX sia nel film in CGI del 2014

4-   Ovviamente, ma credo che lo abbiate già capito, Capitan Quacklock è la versione di Capitan Harlock se il cartone esistesse nell’universo Disney. Capitan Q è l’androide ribelle che si comporta come Quacklock/Harlock per motivi che non posso dirvi adesso, altrimenti non varrebbe la pena di leggere il prossimo capitolo.

 

            Makoto

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

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A Paperinik era capitato di sventare rapine, di affrontare rapinatori, persino di doversi difendere dall’accusa di essere lui il rapinatore… ma mai gli era capitato di essere l’oggetto rapinato.

Perché era propri così: lui si trovava in una cassa con un respiratore che riciclava l’anidride carbonica del suo respiro per ricavarne ossigeno, e la sua cassa, con impresso sopra un grade simbolo a forma di “D” iscritta in un diamante, era in mezzo ad altre casse simili a bordo di un’astronave da carico del governo che viaggiava con i motori al minimo per fare da esca; era in attesa di essere rapinata dal pirata dello spazio, l’androide primo ed unico della serie SSX.

Paperinik era entrato nella cassa destinata a lui non appena il capitano della nave su cui viaggiava aveva avvistato sul monitor un’altra astronave che batteva bandiera pirata.

Per un attimo, quando aveva visto la bandiera con il teschio e le ossa incrociate che sventolava mossa dalla forza del movimento dell’astronave, qualcosa si era smosso in fondo alla sua memoria ma lui non aveva avuto nemmeno il tempo di rendesi conto di cosa fosse.

Tempo per pensarci ne avrebbe avuto a volontà finché fosse rimasto là dentro.

L’ordine era di non muoversi assolutamente a meno di non essere certo di essere stato portato a bordo dell’astronave nemica.

I suoi contatti con la Terra erano stati azzerati fino alla riuscita della missione.

Paperinik ancora si chiedeva se avesse fatto bene ad accettare.

La soluzione di salire a bordo con l’inganno come un novello Ulisse, arrivare alle spalle di un essere vivente (perché lui lo considerava tale nonostante fosse un androide) ed immobilizzarlo per riportarlo dove gli avrebbero fatto un lavaggio del cervello, gli sembrava ancora un’idea meschina, ma d’altra parte, se si fosse trattato di un criminale umano che avrebbe fatto? Non avrebbe dovuto usare ugualmente ogni mezzo per fermarlo?

Si aggrappava alla parola di Odin Eidolon che non avrebbe resettato completamente la personalità dell’androide pirata e che sarebbe stato davvero come curare una persona che ha strane idee in testa.

Aveva un orologio con data che gli indicava lo scorrere del tempo, ma nella sua sistemazione a forma di scatola di scarpe lo scorrere del tempo aveva un significato molto relativo.

Gli serviva solo per non perdere completamente l’orientamento.

Quando sentì che la cassa veniva spostata seppe che l’arrembaggio era andato a buon fine e che lui era appena stato ufficialmente rapinato, e per un attimo l’idea di andare alla polizia a denunciare il furto di sé stesso lo fece sorridere.

Rimase immobile nella sua posizione con una mano pronta sulla tasca nella cintura dove si trovava il telecomando.

Il suo piano era semplice: non appena l’androide avesse appena sollevato il coperchio, lui avrebbe premuto il bottone che generava le interferenze ed avrebbe subito richiamato l’astronave di appoggio terrestre perché finissero quello scomodo lavoro.

Sarebbe anche stato un buon piano se non fosse stato per il fattore tempo, infatti Paperinik non aveva calcolato che avrebbe dovuto dormire prima o poi.

La mano pronta sul telecomando si stava anchilosando e tutto il suo corpo non avrebbe retto a lungo quello stato di allerta continuo.

E poi l’aria. Gli avevano garantito che il respiratore funzionava con un sistema simile a quello della fotosintesi delle piante per cui da una molecola di anidride carbonica ricavava l’ossigeno molecolare ed un atomo di carbonio che era una scoria, e questo sistema gli garantiva un’autonomia teoricamente illimitata; il limite concreto era rappresentato dalla sua resistenza mentale.

Se si fosse trattato di non fare nulla mentre era stravaccato sul suo divano Paperino ci sarebbe rimasto davvero per giorni e giorni, ma Paperinik era costretto all’immobilità dentro una scatola d’acciaio con un rivestimento al piombo, e la cosa era molto diversa.

Lasciò trascorrere altre due ore senza che dall’esterno provenisse alcun cambiamento.

In fondo non era neanche certo di essere stato imbarcato sulla nave pirata.

Forse lo avevano solo spostato e la nave del governo stava ancora facendo da esca.

“Basta! Non ne posso più di stare qui dentro!”

Fortuna che gli avevano dato anche un congegno che apriva la serratura magnetica dall’interno.

Non appena digitò la sequenza corretta un sottile fruscio di metallo contro metallo lo avvisò che le barre che chiudevano la cerniera stavano scorrendo per lasciarlo libero.

Già il pensiero di non essere completamente sotto chiave lo faceva stare molto meglio.

Resistette un’altra ora, poi davvero non ce la fece più: sollevò il coperchio pianissimo, un millimetro per volta, e si azzardò a sbirciare fuori.

Non vedeva niente di particolarmente degno di nota, primo perché c’era poca luce e secondo perché la sua cronica sfortuna gli aveva fatto aprire la metà di sportello che gli permetteva di affacciarsi solo su un muro.

Comunque fosse, non era più a bordo della stessa nave su cui era partito.

Provò a girarsi ed aprì l’altra metà del coperchio sperando in una visuale migliore, e trovò esattamente quello che cercava.

Il mantello nero non poteva ingannarlo: a pochi metri da lui, girato di spalle, stava il ricercato numero S 00 999.

Paperinik non aveva modo di vederlo in faccia ma ancora una volta ebbe l’impressione che gli ricordasse qualcuno di terribilmente familiare.

Ora avrebbe dovuto avvicinarsi di più per essere sicuro che il telecomando funzionasse al meglio, ma se fosse uscito dalla cassa avrebbe rovinato l’effetto sorpresa.

Decise di richiudersi lì dentro ed aspettare pazientemente che l’androide passasse vicino al suo nascondiglio.

Non poteva azionare il telecomando mentre era all’interno perché le pareti erano schermate, ma balzando fuori all’improvviso come un clown da una scatola delle sorprese aveva buone possibilità di farcela.

Tanto il pirata non immaginava di aver caricato a bordo un nemico, giusto?

-Credevo che volessi uscire finalmente-

No, sbagliato.

“Bè, tanti cari saluti all’effetto sorpresa!”

Pensò sconsolato PK.

-No… è che si sta così comodi qui. Sul serio, dovresti proprio provare-

Borbottò mentre tirava via il coperchio e finalmente poteva stiracchiarsi.

Il suo presunto nemico ancora non lo guardava, era girato di spalle e Paperinik ne intravide il viso solo quando si chinò a prendere qualcosa da una cassa simile a quella che aveva ospitato lui.

Anche la benda era inconfondibile. E l’espressione accigliata dell’occhio visibile gli fece correre un brivido lungo la schiena.

Il pirata era in piedi davanti ad un portellone aperto e il suo mantello ondeggiava leggermente, risucchiato verso il vuoto dello spazio infinito.

PK non capiva cosa stesse facendo, per cui decise di uscire dal nascondiglio che ormai non gli serviva più.

Si avvicinò di lato e vide che con una mano il pirata aveva raccolto una manciata di diamanti, e dopo averli gettati fuori dal portello verso lo spazio aperto li intercettava a metà del volo con un raggio laser della sua spada.

-Ma che fai?! Sono diamanti!-

Non poté fare a meno di protestare scandalizzato.

-Sono solo atomi di carbonio cristallizzati in un sistema cubico che conferisce loro straordinaria durezza e un colore trasparente. Non sono niente di speciale-

-Niente di speciale, eh?! Mah, non so… sai quanti gioiellieri non sarebbero d’accordo con te?-

-Le cose hanno il valore che noi gli attribuiamo-

Finalmente il pirata si girò a guardarlo direttamente e Paperinik rimase sconcertato dal trovarlo così incredibilmente simile a sé.

Solo l’espressione era molto più dura.

Era affascinante a modo suo, e adesso che si trovava faccia a faccia con lui Paperinik ne aveva la certezza: accettare la missione di riportarlo sulla Terra era stato un errore.

A quel punto lui avrebbe dovuto premere il bottone. Non sarebbe stato difficile, bastava una pressione al di sopra della tasca, ma per quanto il suo cervello gli dicesse che doveva farlo il suo istinto si ribellava in un modo troppo forte per essere ignorato.

-Perché distruggi i diamanti?-

Gli chiese tanto per prendere tempo.

-Per restituire all’universo quello che l’avidità dell’uomo gli ha tolto-

-Quindi non li rubi per rivenderli o cose simili?-

-Certo che no! Per chi mi hai preso?-

Sembrava che si fosse offeso quando gli aveva dato implicitamente del ladro.

-Accidenti quanto sei permaloso!-

-Vogliamo parlare di te invece? Chi sei? E perché ti sei imbarcato clandestinamente sulla mia nave? Dovrei trattarti come un topo di cambusa!-

-Hei, ehi, piano! Io sono Paperinik e non sono un topo di cambusa! Per tua informazione io sono un eroe: ai miei tempi ho sventato un’invasione extraterrestre!-

“Ho sventato un’invasione extraterrestre”

Non appena ebbe pronunciato le ultime parole successe qualcosa di terribilmente strano: ognuno dei due vedeva il proprio riflesso negli occhi dell’altro e per un attimo entrambi ebbero la certezza di “Io so che tu sai che io so” ma nessuno dei due riusciva a focalizzare cosa fosse questo qualcosa.

-Ora te lo chiedo di nuovo: cosa ci fai qui?-

Bella domanda.

-Io… ecco, è difficile da spiegare. Sono qui per convincerti con le buone a smettere-

Il pirata scoppiò a ridere.

-Hai fatto tanta strada ed attraversato le epoche per dirmi una cosa inutile?-

-Potrei passare alle cattive maniere e non ti piacerebbe-

-Invece mi piacerebbe molto-

Il pirata non finì neanche di parlare che sguainò la spada e gli sparò contro un fascio di energia.

Paperinik saltò di lato per scansarlo ma gli lasciò ugualmente come ricordo un buco nel mantello.

-Uack! E questo?! Sai che l’abbigliamento da supereroe costa?-

Accecato dalla rabbia sganciò il crasher e colpì in pieno l’androide.

Il pugno l’aveva praticamente spazzato via e Paperinik stava giusto pensando che era stato troppo facile.

Questo finché non si accorse che il pirata era raccolto attorno al pugno metallico e che per quanto lui ci provasse non riusciva a richiamare il crasher; se aumentava la trazione sul cavo d’acciaio il suo nemico non si spostava di un millimetro, anzi era lui ad essere trascinato nonostante puntasse gli stivali con tutta la sua forza.

Non aveva messo in conto la forza degli androidi.

-Nghh! Maledizione…-

Il pirata lo guardava con un sorriso divertito. Non era esattamente scherno ma ugualmente gli dette sui nervi.

Paperinik diede uno strattone più forte… e il pirata fece lo stesso.

Nel momento in cui le forze si sbilanciarono lui era l’elemento debole, quello che opponeva meno resistenza, per cui fu letteralmente sollevato da terra e trascinato via.

Non riusciva a frenare la sua corsa in nessun modo, se non quando la forza centrifuga si esaurì e lui si fermò proprio con le spalle al portellone ancora aperto.

E stavolta era il suo mantello ad essere risucchiato dalla corrente verso l’esterno.

Di solito gli eroi non hanno paura, ma in quel momento Paperinik avvertì un brivido lungo la schiena quando si accorse che all’androide sarebbe bastato lasciare la presa sul pugno dell’extrasformer per farlo precipitare fuori.

Lo guardò in faccia e sì, anche lui ne era perfettamente consapevole.

Invece quello diede un altro strattone e lo fece sbattere contro la parete opposta, dove rimase ammaccato ma fuori pericolo.

-Grazie per la delicatezza, eh!-

Si lamentò mentre si rialzava con una mano sulla schiena.

Non sapeva bene se attaccarlo di nuovo o no, perché dopotutto l’androide gli aveva salvato la vita.

-Adesso ti ripeto la domanda, eroe del passato. Che cosa vuoi da me?-

-Ed io ti ripeto la risposta: voglio che tu la smetta di fare arrabbiare i terrestri con queste tue scorrerie da pirata dilettante. Rubi i diamanti e poi li distruggi, che cosa vuoi dimostrare? Ti sembra di essere chissà quale eroe?-

Lo sguardo del pirata si fece ancora più duro.

-Sei un insolente. Forse avrei fatto meglio a sganciarti fuori dalla mia nave-

-Ormai è troppo tardi per ripensarci-

-E chi ti ha mandato?-

-Un intero consiglio di guerra-

-Solo per me? Ne sono lusingato-

-Ed Odin Eidolon. Credo che tu lo conosca-

L’accenno di sorriso che c’era sul suo volto sparì immediatamente.

-Eidolon. Sì. Sì, io e lui abbiamo una certa familiarità-

-Ho l’impressione che la cosa non ti piaccia, ho ragione, Capitan Ovvio?-

-Sei più perspicace di quello che sembri-

-Era un velato insulto alla mia intelligenza?-

-Assolutamente no-

Poi successe un’altra cosa che nessuno dei due si sarebbe mai aspettato: dissero esattamente la stessa cosa nello stesso momento e con lo stesso tono.

-Era un insulto chiarissimo-

Paperinik era così sorpreso che dimenticò di offendersi.

“Com’è possibile che abbiamo pensato la stessa cosa?”

Forse avevano un modo di pensare che era molto simile. E se fosse stato così, forse Odin Eidolon aveva chiamato lui proprio per questo.

Ma come faceva un androide costruito centinaia di anni dopo di lui a pensare in una maniera così simile?

Il pirata intanto lo studiava con attenzione, come se cercasse di capire qualcosa che gli sfuggiva.

Alla fine parlò lentamente.

-Perdona le mie maniere. Temo di non essere abituato a stare in società. Non ci siamo presentati-

-È necessario? Sappiamo quasi tutto uno dell’altro. Non vorrai dirmi che nel frattempo non hai fatto un giro su internet e scaricato un mucchio di file su di me?-

Lyla lo faceva.

Paperinik sapeva per certo che la sua amica androide, quando aveva un’aria particolarmente assorta, probabilmente stava guardando qualche serie TV direttamente in streaming dietro le palpebre socchiuse.

E sembrava sapere sempre tutto perché, tempo che qualcuno le facesse una domanda, lei aveva già scaricato tutto lo scaricabile sull’argomento da Quackpedia.

Ed era assolutamente certo che il suo nuovo nemico avesse fatto lo stesso già dalla prima volta che lo aveva visto.

Il pirata si mise a ridere di una risata sincera.

-Sei un tipo veramente interessante, lo sai? Ma l’educazione resta educazione, per cui…- rinfoderò la spada e gli tese la mano -Io sono Capitan Quacklock, onorato di fare la tua conoscenza-

Era troppo strano per essere vero. Un androide del futuro gli si presentava con modi d’altri tempi e con un nome che, accidenti, se solo si fosse ricordato perché gli era così familiare!

-Io sono Paperinik. I miei nemici mi danno altri nomi, me nessuno di essi è particolarmente lusinghiero, temo-

-Allora abbiamo un’altra cosa in comune-

E si strinsero la mano come se in realtà fossero vecchi amici.

-Sei qui veramente per chiedermi di smettere?-

Allora Paperinik sentì che era giusto giocare carte scoperte. Non sapeva perché, ma gli sembrava giusto essere onesto fino in fondo.

-No, in realtà no. Il piano originale era completamente diverso, ma a me piace cambiare programma all’ultimo minuto e improvvisare-

-E posso sapere qual era il piano originale?-

Paperinik estrasse dalla tasca il telecomando.

-Questo era il piano originale-

Dallo sguardo dell’androide ebbe il sospetto che sapesse perfettamente di cosa si trattava, per cui fece in fretta la sua mossa.

-Mi pare che tu abbia una buona mira, Capitano, ti consiglio di farne uso adesso-

E lo lanciò in aria più in alto che poteva. L’astronave aveva un soffitto alto e l’oggetto descrisse un’ampia parabola… prima di essere disintegrato a mezz’aria mentre cadeva.

-E adesso?- chiese il pirata.

-Adesso parliamo da persone civili-

-Io non sono una persona-

-Ed io potrei non essere tanto civile-

-Di sicuro non sai eseguire gli ordini. Mr Zone non sarà contento di sapere ce mi hai permesso di distruggere mesi delle sue ricerche e l’unica cosa in grado di fermarmi-

-Non devo dare conto a Mr Zone né a nessun altro di come mi comporto-

-Ah, no? Eppure sei qui perché ti hanno mandato loro. Se non esegui i loro ordini, che senso ha tutto questo?-

-Ha un senso. Lo so che è assurdo ma lo faccio per Odin Eidolon-

-Cosa vuole ancora da me? Io lo disprezzo e lui lo sa bene, e se ancora non l’ha capito vuol dire che non è intelligente come sembra-

-Forse lo stai considerando male. Lo sai che è stato Odin a battersi perché ti fosse concessa la possibilità di essere riportato sulla terra per provare a curarti? Il resto del consiglio sarebbe felice di usare direttamente i cannoni per polverizzare te e la tua astronave-

Il pirata gli rivolse un’occhiata colma di scetticismo.

-Questo dovrebbe impressionarmi? So cosa farebbero di me se tornassi, e credimi, preferisco i cannoni-

Paperinik non poté fare a meno di pensare che sì, aveva ragione, e probabilmente lui stesso avrebbe preferito finire in brandelli piuttosto che essere resettato.

Eppure doveva esserci un modo per fare cambiare idea a quella testaccia dura!

-Non puoi continuare così!-

-E a te che importa? Non ci siamo mai visti prima e non ci vedremo mai più, anzi mi viene voglia di riaprire quel portello e di defenestrarti a suon di calci nel portapiume-

-Provaci!-

Ognuno dei due dimenticò le rispettive armi perché quello era diventato un conto personale da regolare alla pari, per cui, come se avessero sentito suonare il gong d’inizio di un incontro di boxe, cominciarono ad azzuffarsi, dimentichi all’improvviso delle buone maniere e del contegno da super eroe.

L’androide era decisamente molto più forte ma Paperinik non aveva nessuna intenzione di mollare.

Era la proverbiale testardaggine di Paperino a tenerlo in piedi.

Peccato che la testardaggine da sola non bastasse a fargli anche da scudo, per cui dopo un paio di minuti era tutto ammaccato mentre il suo avversario stava benissimo e anzi non si era minimamente scomposto.

-Allora, finiamo qui o vuoi prenderne ancora, eroe del passato?-

-Perché, tu sei stanco?-

-La mia ultima offerta: prendi una scialuppa, tornatene sulla Terra e al tuo tempo e lasciami in pace-

-Se lasciarti in pace vuol dire che tu continui a giocare a fare il Robin Hood dello spazio no, non me ne vado-

Allora il pirata lo afferrò dal collo e lo tirò su di peso.

-Non hai ancora capito? Non voglio la tua pietà, né quella di Eidolon né di qualunque altro moralista che creda di riportarmi sulla retta via-

A quel punto Paperinik era nella posizione perfetta per urlargli praticamente sul becco, e fu esattamente quello che fece perché non apprezzava minimamente essere acchiappato in quel modo.

-Io non sono un moralista da strapazzo, razza di pirata della domenica, altrimenti perché ti avrei fatto distruggere il telecomando? Forse qualche infiltrazione di umidità ti ha danneggiato i circuiti, ma, in caso non lo avessi notato, io lo faccio anche per te! Dimmi se strozzarmi ti sembra un buon ringraziamento!-

Il pirata aprì la mano molto lentamente e finalmente Paperinik poté respirare.

Anche se forse più che la stretta era stato il suo sbraitare a privarlo dell’ossigeno.

L’androide lo guardava con una strana espressione.

-Perché dici che lo fai per me?-

Allora Paperinik perse completamente la pazienza, che già normalmente non era la sua dote caratteristica.

-Mi chiedi perché? Non ci arrivi da solo? Lo faccio perché tu sei speciale e non devi sprecare la tua vita a fare i dispetti a gente che ti considera una macchina difettosa. Tu puoi fare molto di meglio che questo. Hai un intero universo a disposizione, non puoi restare ad arrugginirti ronzando in un angolo attorno alla Terra. Lo capisci oppure no?-

Credette di vederlo sorridere e per un attimo credette di averlo convinto.

-Apprezzo il tuo interessamento, ma ti ho già spiegato che non mi rimetterò mai nelle loro mani-

E detto questo gli voltò le spalle. Il modo in cui il mantello nero con l’interno rosso si era mosso dietro di lui aveva fatto scattare qualcosa nella memoria di Paperinik, come se finalmente di fosse mosso l’ingranaggio giusto, ma non aveva il tempo di capire cos’era.

Gli corse dietro e praticamente lo placcò alle spalle facendolo rotolare a terra.

Riuscì a bloccarlo sul pavimento solo perché lui non se lo aspettava e sapeva di non avere molto tempo per costringerlo ad ascoltare.

-Allora non hai capito proprio niente! Ti sto dicendo che devi andartene perché loro ti daranno la caccia anche quando io non ci sarò più. E sarà peggio fidati: ti faranno a pezzi. Ed io…io non voglio!-

Il pirata se lo scrollò di dosso e si rialzò senza il minimo sforzo, Paperinik invece cadde a terra di portapiume.

-Mi suggerisci di scappare? Io non sono un vigliacco-

-Lo so che non lo sei, anche per questo ti suggerisco di impiegare meglio la tua vita-

Il suo nemico, che forse ormai non era più un nemico, rimase a guardarlo per un po', ed il suo era uno sguardo che racchiudeva un milione di cose.

Erano segreti, ricordi e tutte le cose straordinarie che doveva avere visto da quando era scappato nello spazio.

-Non credevo che qualcuno potesse interessarsi tanto a me-

-Finalmente ci sei arrivato. Se si usano ancora i premi Nobel in questo secolo ricordami di candidarti-

Per un attimo gli sembrò che avesse sorriso, ma sicuramente era stata solo un’impressione.

-Tu credi di avermi capito? Credi di sapere tutto quello che faccio e perché? Ebbene, voglio mostrarti una cosa-

Paperinik lo osservò incuriosito mentre si toglieva la bandana dalla testa e poi slacciava la benda che aveva sopra l’occhio destro.

Lui, da essere biologico, aveva supposto che sotto la benda ci fosse qualche cicatrice oppure un’orbita vuota.

Non era così.

Sotto la benda c’era un occhio artificiale.

La differenza era che il rivestimento superficiale era strappato e quindi si vedeva perfettamente tutto il movimento delle parti meccaniche al disotto, ad esempio quando la lente veniva spostata avanti e indietro per la messa a fuoco.

Era comunque impressionante, ma non era una menomazione come aveva creduto Paperinik.

-Purtroppo la funzione di autoriparazione di noi androidi non comprende il rivestimento esterno, quello che ci rende esteriormente simili alle creature biologiche. Questo è un ricordo di quando sono fuggito dal laboratorio, e per farlo aggiustare dovrei rimettermi nelle loro mani. Preferisco portare una benda piuttosto che dipendere da loro, anche se per una riparazione superficiale, e poi questo mi ricorda sempre quanto si più pagare cara la libertà e quanto sia preziosa-

Era un discorso molto toccante, ma il problema di Paperinik era un altro.

-Aspetta… ma tu sei cieco da quell’occhio oppure no?-

-No, non lo sono. Anche se lo copro posso usare la termocamera, i raggi infrarossi e gli ultravioletti, più ovviamente la visione notturna-

-Ah… capisco… dunque…- e stavolta fu Paperino ad esplodere in tutta la sua proverbiale irascibilità.

-Tu, razza di imbroglione! Ed io che mi sentivo in colpa perché credevo che tu non ci vedessi! Ma lo sai che hai una gran faccia tosta?-

E continuò su questo tono per un bel pezzo, mentre provava inutilmente a colpirlo ed il pirata rideva sinceramente divertito dal suo sfogo.

-Ah, ti diverte avermi preso per fesso? Guarda che ti faccio nero anche l’altro occhio-

Ma aveva un bel sbraitare, perché al capitano bastava un solo braccio per tenerlo a distanza e lui non aveva neanche lo scudo extrasformer.

Erano incredibilmente simili eppure opposti.

Il pirata lo lasciò andare solo quando lui fu completamente esausto.

-Ahahah! Sei incredibile, Paperinik! Non credevo che mi sarei mai divertito tanto! Adesso mi sembra giusto ringraziarti. Ce la fai a seguirmi?-

-Mi sai dando del pappamolla?-

-Non ho aperto becco, giuro-

-Seee… come no!-

Eppure lo seguì lungo il corridoio dell’astronave. Si fidava di lui, ed il fatto che il pirata lo avesse fatto arrabbiare per la storia l’occhio non c’entrava nulla con la stima che aveva di lui.

-Vedi, Paperinik, io rubo i diamanti e li distruggo perché non mi servono a nulla. Che bisogno ho di oro, argento o minerali colorati quando possiedo già…- Il corridoio si aprì all’improvviso in una grande sala in cui la parete era un'unica grande bolla trasparente ed il pirata indicò lo spazio che si vedeva perfettamente -… già tutto questo-

Era davvero uno spettacolo mozzafiato.

Si vedevano stelle, galassie lontane, nebulose, asteroidi, scie di comete. Ed in un angolo la Terra con la luna che le orbitava attorno, e più lontano ancora il sole.

Paperinik non fece la domanda stupida “Come puoi essere il padrone dello spazio?” perché aveva capito a istinto cosa volesse dire.

Il capitano voleva la libertà di vagare nell’immensità del cosmo senza dover rendere conto a nessuno.

Sì, Paperinik lo capiva e forse un po' lo invidiava.

-Tutto questo è bellissimo. Grazie per avermelo mostrato-

Disse alla fine.

-Credevo fossi la persona giusta per apprezzarlo. Ormai i terrestri guardano allo spazio solo come una via che li porta a nuove ricchezze, tu invece sei diverso-

Paperinik lo prese come un complimento.

-Ma se mi lasci andare, non hai paura che il consiglio che ti ha mandato possa arrabbiarsi con te?- gli chiese ancora il capitano.

-Sarà il nostro piccolo segreto. Dirò che eri troppo forte per me-

-Ti considereranno un debole-

-Non mi importa di loro. Figurati, io tornerò in un posto dove loro non sono neanche nati!-

Non riusciva a vedere l’androide al suo fianco ma era certo che stesse sorridendo.

Lui era ancora immerso nello spettacolo dell’universo con tutti i suoi corpi celesti che sembravano a portata di mano quando si sentì afferrare per la spalla e il pirata lo fece girare per guardarlo negli occhi.

-Perché non resti qui? Anche tu desideri la libertà e troppo spesso devi scendere a compromessi che non ti piacciono, non è vero? Resta sulla mia nave-

Per un attimo Paperinik fu tentato di accettare.

Sicuramente nello spazio non c’erano creditori che lo inseguivano, o kiwi ottusi che parlavano male di lui più per sport che per convinzione, oppure zii schiavisti…

-Io… mi dispiace. Io ho delle responsabilità-

-Verso la Terra?-

-Verso il mio tempo. E verso questo futuro-

Il pirata lasciò cadere la mano. Sembrava sinceramente dispiaciuto, e questo rendeva ancora più difficile a Paperinik restare fermo nella sua decisione.

-Capisco. Allora non ti tratterrò. Quando vorrai andare scegli un’unità singola e lei ti riporterà sulla Terra-

-Ti ringrazio, capitano-

-Anche io ti ringrazio, eroe del passato-

 

*

 

Passarono ancora del tempo a parlare del più e del meno.

Capitan Q gli faceva tante domande sul passato e sembrava che in realtà provasse nostalgia di qualcosa che aveva vissuto tanto e tanto tempo fa.

A Paperinik piaceva la sua compagnia.

Si sentiva come se avesse ritrovato un vecchio amico mentre parlava con lui ed era molto piacevole.

Aveva rinunciato a capire cosa fosse il ricordo che tentava di riaffiorare, e si limitava ad accettare la sensazione che eprovava; era un senso di appartenenza, come se fosse finalmente tornato a casa dopo un lungo viaggio.

Solo quando era già seduto nella navicella singola e lo stava salutando con un’ultima stretta di mano gli venne in mente che non gli aveva fatto una domanda importantissima.

-Aspetta! Questa nave! Come si chiama la tua astronave?-

-Non te l’avevo detto? Questa è l’Arcadia-

Quel nome mise tutto a posto.

Il mantello nero, un pirata dello spazio, la benda sull’occhio, il senso di familiarità…

-Capitano!-

Urlò Paperinik da dietro il vetro. Fu come se lo vedesse per la prima volta.

All’improvviso aveva un’immagine della memoria da sovrapporre a quella davanti agli occhi ed era lui, non potevano esserci altre spiegazioni: quell’androide del futuro era Capitan Quacklock, l’eroe del suo passato.

Ora che aveva capito c’erano tante altre cose che avrebbe voluto dirgli, ma ormai la navicella era partita ed il capitano diventava una figura sempre più piccola lontano nello spazio.

 

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Cantuccio dell’Autore

 

Salve a tutti amici pirati o pikapperi.

Questo avrebbe dovuto essere l’ultimo capitolo ma siccome mi sono dilungata troppo su certe cose adesso sono costretta a fare un epilogo corto a parte.

Ringrazio tutte le persone che hanno letto il primo capitolo e spero di non deludere con questo.

Alla prossima!

 

                           Makoto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Epilogo ***


Epilogo

---

 

-Capisci, Uno?! Era lui! Ed io… io… ah, come ho potuto dimenticarlo?!-

Nel piano segreto della Ducklair Tower del presente Paperino stava facendo il resoconto di una missione più strambo scoordinato e confusionario che Uno avesse mai registrato nella scheda audio.

-Hem… ti spiace cominciare dall’inizio? Non sto capendo nulla-

-Ora te lo faccio vedere. Cerca “Capitan Quacklock” in tutti i database delle reti televisive che riesci a raggiungere-

Uno ci mise un po' a trovare i files giusti, ma quando li trovò invece di chiarire le cose ci fu un’altra scenata semi isterica da parte di un eroe che aveva perso tutto il suo contegno.

-Bwaaa!!! Era lui! Ed io non l’ho riconosciuto! Sob! Avrei potuto avere un suo autografo!-

E intanto si aggrappava alla boccia verde in cui galleggiava l’ologramma di Uno, che se avesse avuto dei polmoni avrebbe fatto scoppiare la torre con i suoi sospiri.

La sigla del cartone animato che riempiva il piano segreto della Ducklair Tower non lo aiutava a capire, se invece di risvegliare i ricordi di Paperino gli procurava quegli scoppi di frustrazione in cui dava testate in giro alternando tutti gli squack del mondo a momenti di avvilimento totale.

E quindi dovette mettersi a scandagliare da solo quei files per scoprire qual era la vera storia del pirata dello spazio. Guardarono tutte le puntate, accompagnato dai frequenti “Questo me lo ricordo!” e “come ho potuto dimenticare?!” di Paperino.

Alla fine, dopo un paio di giorni in cui avevano finito di guardare insieme gli episodi, Uno riusciva a capire perché il suo amico fosse tanto affascinato da quel personaggio.

Aveva grinta, carisma, e quanto a testardaggine e insofferenza ai regolamenti se la batteva alla pari con Paperino ed il suo alter ego mascherato.

Solo che non riusciva a capire come mai un cartone animato di anni prima potesse esistere davvero nel futuro.

 

**

 

Più tardi, molto più tardi, centinaia di anni più tardi per la precisione, Odin Eidolon era in piedi nel suo rifugio segreto all’ultimo piano della ex Ducklair Tower.

Era come al solito a piedi scalzi sull’erba, con i lunghi capelli neri che ondeggiavano al vento; i suoi occhi erano fissi in cielo alla ricerca di una scia luminosa particolare.

Capì che invece di scrutare il cielo avrebbe fatto meglio a guardarsi le spalle quando sentì un fruscio dietro di sé.

Non ebbe bisogno di voltarsi per capire chi c’era con lui.

-E così alla fine era lui, non è vero? L’eroe del passato che avrei dovuto replicare-

Non si era aspettato una domanda così diretta, ma in fondo era meglio dare una risposta sincera una volta per tutte.

-Sì, era lui-

-Perché? Io gli somiglio ma sento che è diverso da me. Cosa è successo? Perché io sono così?-

“Questa è la parte brutta del software di autocoscienza: quando cominci a farti certe domande”

Pensò Odin. Lui era l’unico che potesse dare una risposta a quelle domande, e siccome sapeva gran parte di quello che era successo era colpa sua, si sentiva in dovere di essere sincero.

-Una volta, tanto tempo fa, un amico mi ha mostrato qualcosa che amava moltissimo. In sua memoria, io ho creduto di poter portare una parte di quella personalità che lui amava tanto in un vero essere vivente-

Alle sue spalle l’androide di serie SSX rimaneva in silenzio.

Non doveva essere piacevole scoprire che la propria personalità, una cosa che credeva unica ed irripetibile, era in realtà il risultato di un incrocio di caratteri deciso ancora prima che lui prendesse coscienza di sé.

Odin sapeva che era arrabbiato con lui, e in effetti si rendeva conto che ne aveva ragione.

In quel momento si sentì davvero in colpa per aver giocato con un’intelligenza.

-Ti chiedo scusa-

Disse d’impulso, anche se ormai non sarebbe servito a niente.

-Per cosa?-

-Per averti creato pensando di poterti programmare, senza tenere conto che tu avresti avuto una vita tua. Per averti fatto sentire solo una copia. Per non aver apprezzato quello che eri. E ti chiedo scusa per aver mandato Paperinik contro di te. Volevo che tu lo vedessi e ti rendessi conto di come avresti dovuto essere-

Non ottenne ancora nessuna risposta.

-Mi dispiace- disse ancora.

Stavolta si girò a guardarlo perché voleva rivedere i suoi occhi, così simili a quelli che lui avrebbe voluto ricreare.

Lo vede diverso. L’iride aveva una sfumatura castana che lui non ricordava di aver creato, ma forse era solo il riflesso delle luci rossastre della terrazza.

Era diverso da come lo ricordava lui e diverso da come aveva immaginato che sarebbe stato. Era davvero una creatura autonoma che aveva sviluppato una sua personalità, dopotutto.

Aveva anche un’espressione del viso diversa da quelle che aveva visto nelle foto dei rapporti di polizia; sembrava più consapevole in un certo senso.

-Hai creato me perché ti mancava lui, non è vero? Come padron Ducklair aveva fatto con te-

-Tu… tu lo sai? Sai che sono un droide anche io?!-

-Non temere, non andrò a dirlo in giro. Una vendetta così meschina non sarebbe nel mio stile-

Stavolta fu lui a rimanere in silenzio. Davvero non sapeva cosa dire, se non un “grazie” appena accennato.

-Non ringraziarmi. Lo faccio perché so che è un tuo amico e lui non vorrebbe-

Silenzio. Odin sapeva benissimo a chi si riferiva e mai avrebbe immaginato che Paperinik gli avrebbe salvato la vita in quel modo così contorto.

-In fondo non mi dispiace assomigliargli-

-Paperinik ha detto solo a me cosa è successo in realtà. Hai intenzione di mantenere la tua promessa di lasciare la Terra?-

-Ho dato la mia parola. E oltretutto lui è riuscito a convincermi-

-Ci rivedremo?- gli chiese ancora Odin. In fondo era affezionato a quella sua creatura così problematica e l’idea di perderlo lo rattristava.

-Non lo so. Forse un giorno mi verrà voglia di tornare qui, di trovare te e farti delle domande, ma non sarà tanto presto. Prima voglio costruirmi una vita-

Odin non rispose. In realtà non c’era nulla che avrebbe potuto dire.

Tempo di chiudere un attimo gli occhi e l’androide era sparito solo con un fruscio, esattamente come era arrivato, e lui poteva solo immaginare lo svolazzo del mantello che lo contraddistingueva.

Il miliardario, genio della tecnica ed androide in incognito nella società biologica, Odin Eidolon rimase da solo e tornò a scrutare il cielo, che adesso custodiva nella sua immensità un segreto in più.

-Allora arrivederci. E buona fortuna… Capitano-

 

 

Il mare dello spazio è il mio mare

Il vento dello spazio è il mio vento

L’oscurità dello spazio è la mia oscurità

La bandiera con il teschio e le ossa incrociate è la mia bandiera (*)

 

 

_____________________________________________________________________________________________________________________________

 

 

*sono i capoversi della sigla originale giapponese di Capitan Harlock

 

Cantuccio dell’Autore

 

Orbene, siamo giunti alla fine di questa storia tanto nostalgica.

Sono riuscita anche a creare un paradosso temporale ma non so se regge, fatemi sapere se vi convince (se ne avete voglia).

Io intanto saluto tutte le persone che hanno letto questa storia, le presenze silenziose che hanno fatto girare il contatore delle visite.

Grazie a tutti per aver letto anche questo capitolo.

 

                                          Makoto

 

 

 

 

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