Snippets of love and life

di FloxWeasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** uno ***
Capitolo 2: *** due ***
Capitolo 3: *** tre ***
Capitolo 4: *** quattro ***
Capitolo 5: *** cinque ***



Capitolo 1
*** uno ***


Queste drabble partecipano all'iniziativa del forum Torre di Carta "Corsa delle 24 ore- II Edizione"
(qui http://latorredicarta.forumcommunity.net/?t=58899339#entry416948463 )

I prompt sono quelli scritti in alto prima di ogni storia e... niente, buona lettura!




1.
Tu guarda nei miei occhi e trovaci un domani, e appena avrai finito prova a raccontarmelo, se puoi”
(La terra trema, amore mio, Luciano Ligabue)


“Guardarmi” avrebbe voluto urlargli, lì in mezzo a quella pista da ballo improvvisata, “Guardami negli occhi e dimmi che abbiamo un futuro, che lo vedi anche tu”.
Perché lei lo vedeva ancora, nonostante tutto.
Nel blu degli occhi di Derek vedeva i loro camici quando operavano insieme, scambiandosi occhiate complici da sopra le mascherine chirurgiche, e vedeva le onde del mare degli Hamptons rincorrere un paio di bimbi che ridevano a crepapelle, scappando sulle loro gambette malferme.
Vedeva i mirtilli insieme ai pancake la domenica mattina, le lenzuola preferite di Derek stropicciate dopo aver fatto l'amore.
Ma lui non la guardava e lei non gli urlava di farlo.
E, forse, tutto quel blu aveva finito per accecarla.

 


2.
Ombrello


Il giorno in cui era nata sua figlia pioveva a dirotto.
Non che fosse strano, a Seattle, ma Derek ricordava con chiarezza i tergicristalli che si muovevano come impazziti e la fatica che aveva fatto la jeep ad attraversare la strada sterrata che portava al molo dei ferryboats con tutto il fango che c'era, mentre sul sedile del passeggero Addison, tra una contrazione e l'altra, sibilava a denti stretti insulti contro la casa nel bel mezzo del nulla, Seattle e il suo tempo infausto e i temporali in generale.
Per l'agitazione, poi, aveva scordato l'ombrello: era stato un miracolo che sua moglie l'avesse lasciato entrare in sala parto.

 


3.
Litigare per una sciocchezza


“Non se ne parla”
“Dai, Addie, solo per una notte!”
Addison se ne stava in piedi in mezzo alla cucina della roulotte, le braccia incrociate al petto e la sua espressione più autoritaria sul viso.
“No, assolutamente no”
“Ma è la sua prima notte qui! Sarà spaventato”.
Derek non demordeva. Seduto sul pavimento, le braccia attorno al collo di Doc e il mento appoggiato al suo testone, sembrava fare a gara con il cane per gli occhi da cucciolo più supplichevoli.
“Ho detto di no. Non dormirà con noi”.

Quella notte si ritrovarono appiccicati nella stessa metà del letto, mentre nell'altra Doc russava beato.

 


4.
Brindisi


La sera del divorzio Derek si era ritrovato da Joe, con il vuoto dentro e il bisogno viscerale di riempirlo con qualcosa che lo facesse sentire di nuovo vivo.
Al primo bicchiere di scotch brindò ai matrimoni che finiscono.
Al secondo brindò alle mogli infedeli e al terzo ai migliori amici traditori, poi all'orgoglio e all'incapacità di perdonare, alle amanti dai capelli biondi e al profumo della loro pelle.
Brindò alle parole gridate con rabbia e all'amore che veniva dopo, ai morsi sul collo e agli abbracci quieti nella penombra di una camera da letto.
Brindò ad un vestito da sposa, ai sorrisi felici e alle illusioni.
L'ultimo brindisi, la mando tremante, lo fece al per sempre.

 


5.
"You used to lie so close to me oh oh
There's nothing more than empty sheets
Between our love, our love
Oh our love, our love"
(Just Give me a Reason, P!nk ft Nate Ruess)


Quando erano distesi l'uno accanto all'altro nello stesso letto, fissando lo stesso soffitto, condividendo lo stesso silenzio, Derek e Addison si sentivano lontani come non mai.
Pochi centimetri di lenzuola stropicciate dividevano i loro corpi e a vederli erano nulla, ma sulla pelle premevano come un vuoto incolmabile, come i 3865,27 km che li avevano separati per due mesi.
Il lato destro del letto era Seattle e Derek era di nuovo disteso accanto a Meredith, ascoltandola russare mentre la rabbia e un dolore sordo lo tenevano sveglio, e il lato sinistro era New York e Addison era nell'appartamento di Mark, lo scroscio di una doccia in sottofondo, a contare i propri errori mentre il senso di colpa le bagnava le guance.
Allungando un braccio si sarebbero sfiorati, ma nessuno dei due lo fece mai.

 


6.
Palla


Nel giardino di casa Shepherd i ragazzi si rincorrevano tra i fiori appassiti di Carolyn e le foglie secche, gridando e lanciandosi la palla da football per l'annuale partita del Ringraziamento.
“Dai, quella l'avrei presa anche io! Nancy, mi sa proprio che Colin ha bisogno di qualche dritta dallo zio” commentò Derek, seduto sotto il portico insieme al resto degli adulti, ridacchiando in direzione della sorella.
“Da te?” fece quella, scettica. “A quanto ricordo hai la tendenza a fingere un fallo al sesto minuto e defilarti dalla partita”
Addison, seduta sulle gambe del marito, rise della sua espressione offesa e gli baciò fugacemente le labbra.
“Non fare così, campione. Sei pieno di altre qualità”.

 


7.
Orecchini


Addison aveva indossato gli orecchini che le aveva regalato per il loro quarto anniversario di matrimonio, quelli con le perle piccole; Derek l'aveva notato quando si era legata i capelli sulla nuca in quel suo modo sbrigativo per aiutare la suocera a servire l'arrosto.
Era rimasto ad osservarla dallo stipite della porta, sorseggiando il bicchiere di vino che gli aveva versato Liz poco prima. Lei ad un tratto aveva alzato lo sguardo e gli aveva sorriso timidamente, tornando a tagliare la carne di Sophie con le guance un poco più rosse.
Quando si ritrovarono soli in cucina, i piatti sporchi in mano, non parlarono.
Derek le sfiorò un lobo con le labbra, e fu abbastanza.

 


8.
Fare un massaggio


Era una cosa che avevano sempre fatto, quando sapevano che un'operazione era andata particolarmente male: prendevano l'altro per mano, senza parlare, e lo guidavano nella stanza del medico di guardia più vicina.
Allora quello che aveva perso un paziente o aveva avuto una giornata particolarmente dura si sedeva sul bordo del letto e l'altro si posizionava alle sue spalle, cominciando a massaggiare delicatamente i punti che conosceva a memoria.
Una carezza per il senso di impotenza, una per il dolore della perdita.
Una pressione maggiore, sul collo, per la rabbia e la frustrazione.
Infine un bacio, a volte sulla spalla e a volte tra i capelli. Quello era per ricordare che si andava avanti sempre.


 

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Capitolo 2
*** due ***


9.
Berretto


Quando erano piccoli, Mark aveva un berretto degli Yankees che Derek invidiava da morire, di quelli con la visiera e il simbolo della squadra e tutto il resto: lo indossava continuamente, come un portafortuna, e la maestra doveva insistere per farglielo togliere quando cominciavano le lezioni, altrimenti l'avrebbe tenuto addosso.
Derek invece, che non navigava nell'oro quanto l'amico, si accontentava del berretto di lana un po' bitorzoluto che sua nonna gli aveva cucito per Natale, e si era stupito molto quando si era accorto che Mark guardava con malcelata invidia al suo regalo.
Poi però aveva capito: a lui mancava il prestigio di quel simbolino bianco, a Mark il calore di qualcosa fatto con amore.
Allora avevano fatto scambio.

 

 

10.
Spada


Il padre di Derek aveva fabbricato due spade di legno, una per sé e una per il figlio, non appena aveva scoperto che finalmente gli sarebbe nato un maschio.
Insieme ci avevano giocato fino allo sfinimento, inseguendosi con il fiato corto tra i panni stesi di mamma Carolyn, correndo a nascondersi nel capanno degli attrezzi non appena lei usciva a sgridarli e tornando a scorrazzare nel prato subito dopo, ridendo a crepapelle dietro le lenzuola fresche di bucato.
Quando smettevano gettavano le spade a terra e si sdraiavano sull'erba uno accanto all'altro, a guardare il cielo.
Chi fosse il vincitore non importava mai a nessuno.

 

 

11.
Giorno


L'amicizia con Derek aveva cancellato dalla vita di Mark la solitudine e la monotonia, perché ogni giorno era diverso e loro trovavano nuovi modi per riempirlo: giocavano a basket al campetto, si arrampicavano sugli alberi dei vicini a rubare la frutta e scappavano in sella alle biciclette, fingevano di essere supereroi e sgattaiolavano fuori, la sera, per incontrarsi al fiume.
Oppure rimanevano a casa a guardare qualche film da femmina insieme alle sorelle maggiori di Derek, fingendo di lamentarsi, o inventavano nuovi modi per far ridere la piccola Amelia.
La domenica, poi, gli Shepherd invitavano Mark a pranzo: quello era il giorno in cui il bambino si sentiva uno di famiglia.

 

 

12.
Specchietto da borsetta


Non era mai stato facile, per Amelia, spiccare in mezzo alle sue sorelle: per un po' era rimasta la bestiolina selvatica della famiglia, poi soltanto un maschiaccio e infine, con loro così grandi, sempre troppo piccola.
C'era Nancy con le sue gambe chilometriche, Liz con i suoi lineamenti eleganti e Kathleen con quelle labbra piene che facevano impazzire i ragazzi del paese.
Anche in confronto ad Addison si era sentita in soggezione, i primi tempi, ma poi la fidanzata di suo fratello l'aveva accompagnata a farsi i buchi alle orecchie e le aveva regalato il suo specchietto da borsetta.
“Così sai sempre quanto sei bella” le aveva detto.
E lei, per la prima volta, ci si era sentita davvero.

 

 

13.
Uscire per fare una passeggiata


Addison una volta aveva letto che sono i cani a portare fuori i padroni e non viceversa, e con Doc aveva scoperto che quella frase assurda era vera.
Era sempre lui a decidere la strada e dettare il ritmo: se trotterellava loro intorno, infilando di tanto in tanto il muso in un cespuglio, lei e Derek potevano chiacchierare nella quiete del mattino senza il nervosismo dell'ospedale, mentre se cominciava a correre e abbaiare, spronandoli a lanciargli una palla, finiva che le corse e le risate si concludevano con un abbraccio, o un lungo bacio.
Doc li portava fuori dall'asfissia della roulotte e della quotidianità e alla caccia di un amore da riscoprire.

 

 

14.
Trovare difetti in qualcuno


“Ma tu sei perfetto, Derek?” gli aveva chiesto una volta Amelia, un pigro pomeriggio di Agosto in cui erano seduti al tavolo della cucina, lei a disegnare e lui a studiare.
Derek aveva ridacchiato.
“No, Amy, nessuno è perfetto”
“Perché?”
“Perché tutti hanno almeno un difetto”
La bambina ci aveva pensato su per qualche secondo, il visino concentrato in una smorfia buffa.
“Papà era perfetto” aveva concluso infine, sorridendo sognante prima di tornare al proprio disegno.
Derek era rimasto in silenzio, poi aveva risposto piano:
“Sì, lo era”.
Ma era una bugia, perché suo padre un difetto ce l'aveva: era morto.

 

 

15.
Spiare qualcuno


Derek poteva negare quanto voleva, ma Addison era oltremodo sicura che lui la spiasse.
Di solito capitava quando si trovava in Neonatologia con un bambino tra le braccia: magari era di fianco al suo lettino di plastica, stava ondeggiando piano per farlo addormentare dopo averlo visitato, una mano dietro la testolina e una a sostenergli la schiena, e incrociava lo sguardo che Derek le rivolgeva da dietro una cartella.
“Oggi mi stavi spiando di nuovo. Si può sapere che hai?”
Di solito a quel punto il giovane cominciava a negare, ma quella sera si limitò ad arrossire e distogliere lo sguardo con aria imbarazzata.
“Non riesco a non immaginarlo, ok? Che il bambino tra le tue braccia sia nostro”

 

 

16.
Vorrei solamente riuscire a liberare un aereo notturno,
che scivoli sul blu di questa mia notte irraggiungibile”
(Notturno, Mia Martini)


Qualche volta uscivano sul tetto a guardare le stelle.
Se sua madre l'avesse scoperto le sarebbe preso un colpo, ma lui e Mark stavano ben attenti a farlo soltanto quando Carolyn era di turno in ospedale.
Uscivano dalla finestra del bagno del secondo piano e poi sgattaiolavano sul tetto del portico, scivolando come ombre nell'oscurità.
“Vorrei poter far volare un aereo nella notte” aveva confessato una volta a Mark.
Quello lo aveva guardato incuriosito.
“Perché?”
“Per andare da mio padre. Riportarlo indietro”
Mark non aveva risposto subito, era rimasto a godersi la brezza della notte sulla pelle.
“Non provare ad andarci senza di me”.

 

 

17.
A si taglia accidentalmente, B lo medica


Dopo il trambusto della rissa sulla passerella dell'ospedale Addison aveva fatto cenno all'ex-marito di seguirla, portandolo lontano dagli sguardi curiosi e dai commenti di medici e infermieri.
Senza parlare gli aveva dato una borsa del ghiaccio per la mano e aveva avvicinato una luce, cominciando a suturargli con delicatezza il taglio sotto l'occhio destro.
“Devi smetterla di prendere a pugni la gente”
“Devi smetterla di tagliarti i capelli” aveva ribattuto Derek con un sorrisetto, evidentemente intenzionato a sviare il problema.
Lei aveva alzato sul suo viso uno sguardo serio.
“Voglio dire che avevi imparato a reagire in modo più sano”
Allora pure lui si era fatto più serio. Più triste, anche.
“Non se tu vivi in California”

 

 

18.
Ordinare da bere


Dopo qualche anno erano arrivati a farlo in automatico: al chiosco fuori dall'ospedale Derek ordinava un tè verde e un caffè macchiato, mentre Addison prendeva un bagel alla cannella e uno col sesamo.
Si sedevano al tavolo e mentre lui versava un quarto della bustina di zucchero nel tè e il resto nel caffè, Addison spalmava il formaggio nel bagel con il sesamo; poi lui le porgeva il suo tè e lei il bagel farcito.
A Seattle dovettero accontentarsi dei muffin, perché trovare dei bagel decenti fuori da New York era impossibile, ma Derek continuò a zuccherare le bevande di entrambi con millimetrica precisione.
La quantità di zucchero, dopo il divorzio, sembrò sempre sbagliata.





Note dell'autrice
Mhm... non è che abbia molto da dire, volevo solo fare un paio di chiarimenti sulle drabble: la 2 (nello scorso capitolo) è ovviamente una AU, così come in parte la 13 (anche se mi piace pensare che sia andata davvero così) e poi la 17, che vuole essere un finale alternativo alla puntata crossover di Grey's con Private Practice nella quinta stagione, quando Derek e Mark fanno a pugni.
Per il resto le drabble vanno avanti e indietro nel tempo: 9, 10, 11, 14 e 16 sono chiaramente ambientate nell'infanzia/adolescenza di Derek, mentre la 6, la 8, la 12 e la 15 si possono collocare nei primi anni di fidanzamento/matrimonio di Addison e Derek. 
La 7 si trova quando tra loro le cose cominciano a farsi difficili e la 1, la 3, la 4, la 5, la 13 e la 18 sono disseminate tra la seconda e la terza serie di Grey's, quando il rapporto tra Addison e Derek è piuttosto altalenante (infatti qualche volta lascio aperta la porta alla speranza, qualche altra la chiudo un po' a malincuore).

Se verrà concessa una proroga magari butterò giù qualcosa anche domani, ma per ora sono estremamente soddisfatta di queste 18 cosine: in genere non sono un'amante delle drabble ma mi è piaciuto cimentarmici.
Comunque lascerò la raccolta incompiuta, in modo da usarla per tutti gli esperimenti futuri :3

 

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Capitolo 3
*** tre ***


... e niente, ci hanno dato una proroga e quindi io ho deciso di continuare XD
Questa volta mi sono cimentata in due Teddy/Henry (la 19 e la 20), che è una coppia che adoro ma su cui non mi sento sicura a scrivere quanto sugli ormai collaudati Addek. Per quanto riguarda loro anche qui ci sono diversi periodi: la 21 si trova nella seconda stagione di Grey's, la 22 negli ultimi tempi a New York e la 23 all'università, i primi mesi in cui si frequentavano.

Volevo solo dire che a tutte le canzoni usate in questo capitolo tengo molto: Giudizi Universali di Samuele Bersani la conoscevo e adoravo già, mentre grazie ai prompt ho scoperto quella di Colapesce e quella dei Ministri di cui mi sono assolutamente innamorata.

Buona lettura!





19.
Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace”
(Giudizi universali, Samuele Bersani)


“Mi piacerebbero un maschio e una femmina, per la complicità che si crea”
“Henry...”
Sdraiato nella solita stanza d'ospedale, Teddy stretta al suo fianco nel minuscolo letto da paziente, Henry sussurrava alla notte i propri sogni.
“Per una bambina adoro il nome Emma, per un-”
“Henry” lo richiamò lei, questa volta con più decisione, alzando la testa dal suo petto per guardarlo negli occhi. “Sai bene che-”
“Lo so” la interruppe allora lui, lo sguardo triste. “Il 50% di possibilità, lo so”.
Sospirò e tornò a stringersi la moglie al petto, mormorando tra i suoi capelli biondi: “Ma tu lasciami sognare”.

 

 

20.
Vaso di rose


Sul tavolino da caffè c'era un vaso di rose.
Henry le aveva prese in un piccolo negozio di fiori uscendo dall'ufficio, una volta, e a Teddy quella semplice sorpresa aveva fatto tanto piacere che aveva continuato a comprarle ogni settimana, beandosi del sorriso di sua moglie quando rincasava la sera e appena entrata ne annusava il profumo nell'aria, correndo a baciarlo senza nemmeno levarsi il cappotto.

Sul tavolino da caffè c'era un vaso di rose.
Da quando Henry era morto nessuno si preoccupava di sostituire ogni settimana quelle vecchie con quelle fresche, e a Teddy il profumo di rose appassite cominciava a nauseare.

 

 

21.
Orsetto lavatore


“AAAARGH! DEREK!”
L'urlo di Addison era stato così improvviso e acuto che Derek per poco non si era rotto l'osso del collo con uno scivolone, tanto repentinamente si era precipitato fuori dalla doccia.
Certo la situazione, a vedersi, era più comica che mai: la donna se ne stava in piedi sul letto, stringendo una scarpa col tacco in una mano e fissando con orrore un punto sul pavimento mentre il marito, un asciugamano stretto in vita alla bell'e meglio, gocciolava copiosamente sul pavimento mentre la osservava confuso e con il fiato corto.
“Che succede?”
“C'È UN TOPO!”
Derek studiò per un attimo la fonte di tanto spavento, poi scoppiò a ridere.
“Addie, è solo un orsetto lavatore!”

 

 

22.
A dire il vero io volevo solo stare bene
Fare a meno di vederti quando fuori piove
convincere i vicini a fare l'amore
stare alla larga dai finali a crepacuore
Non muovere un dito per restare insieme
godermi l'equilibrio finché tiene
A dire il vero io volevo solo stare bene
ricordarmi che sei bella una volta al mese”
(Spingere, Ministri)


Derek si era reso conto di aver trascurato sua moglie e di essere stato parecchio assente, negli ultimi tempi, ma si era detto di averlo fatto per stare bene: non tornava a casa quando non aveva voglia di discutere, mandava Mark quando sapeva che avrebbe passato la cena soltanto a sbriciolare grissini tra le dita e rispondere a monosillabi e ignorava le gonne corte e il collo lasciato scoperto dai capelli raccolti quando era troppo stanco per fare un complimento.
Non voleva lottare per tenere insieme una relazione che si andava sfilacciando come un vecchio maglione, ma non voleva nemmeno metterle fine: il quieto vivere era davvero da considerarsi una colpa?

 

 

23.
Cerchiamo atlantide per un caffè.
Non ci credi? Colgo il tuo rossore
Commosso, sparo all'abitudine
Fuori moda come il tuo cappotto”
(Le foglie appese, Colapesce)


I primi tempi, finiti gli esami, si avventuravano per New York con l'euforia di chi scopre un posto vecchio in modo nuovo, perché mano nella mano con qualcuno ha sempre tutto un sapore diverso. I loro piedi sembravano instancabili, in ogni via e in ogni parco c'era un motivo per ridere e uno per rubarsi un bacio ed era tutto così diverso dalla quotidianità dell'università che anche trovare un posto in cui fermarsi per un caffè diventava una caccia al tesoro.
“La città è nostra” le diceva Derek tirandola per una mano e Addison arrossiva ogni volta, perché le sembrava la cosa più bella che le avessero mai detto.

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Capitolo 4
*** quattro ***


Questa drabble (una sola, stavolta U.U) è stata scritta per una missione del Gioco Estivo organizzato da “Il Giardino di EFP”
(pagina FB: https://www.facebook.com/Il-Giardino-di-Efp-1746939895520290/?fref=ts
Gioco Estivo: https://www.facebook.com/events/245536195822963/).

Non ho particolari note: il prompt questa volta era “Una canzone che parli d'amore” e io ho scelto Someone like you di Van Morrison, ma con una certa difficoltà vista la grande quantità di canzoni d'amore che conosco, sue e non :')

Ho inserito alcune parole della canzone nel testo, ma non sono comprese nel conteggio delle 110 parole della drabble. 
Consiglio a tutti di ascoltarla mentre leggete! (qui https://www.youtube.com/watch?v=tIrJK19dADI )

 

 

 

Someone like you


Era notte fonda, l'auto sfrecciava per le strade di Seattle riportandoli a casa dopo una giornata durata più del previsto. Derek giocherellava con le stazioni radio, Addison teneva la fronte appoggiata al finestrino, finché le note della canzone del loro primo ballo non avevano riempito l'abitacolo.

I've been searching a long time
for someone exactly like you
I've been travelling all around the world
waiting for you to come through

“Non cambiare”
Derek l'aveva guardata di sbieco, solo per un attimo. Nella luce dei lampioni gli era sembrato di scorgere di nuovo il velo da sposa sui suoi capelli rossi.
“Non volevo farlo”

Someone like you makes it
all worth while
Someone like you keeps me satisfied
Someone exactly like you

Allora erano rimasti ad ascoltare la canzone e nessuno aveva più detto una parola, nemmeno quando le loro dita si erano cercate e intrecciate sopra la leva del cambio.

 

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Capitolo 5
*** cinque ***


Qui la prima storia è una drabble (116 parole) scritta per un giochino sul gruppo Facebook “Il giardino di EFP” (https://www.facebook.com/groups/1691335601114703/): dovevo prendere una mia storia, vedere quale fosse l'ultima parola e scrivere una drabble usando quella parola come prompt. L'ultima parola de “Il cimitero sulla collina” era volte.

Le altre due sono una flashfic e una one-shot scritte per il Drabble Event del 14-15-16 Settembre 2016 indetto dal gruppo Facebook “We are out for prompt” (https://www.facebook.com/groups/756312397778464/) a partire da prompt che mi sono stati assegnati da altre partecipanti.

 

 


Prompt: volte
(Addion/Derek, seconda stagione)


A volte vorrebbe stringerla a sé per zittirla, strapparle con un bacio il fiato e le lamentele sulla roulotte troppo piccola e la natura selvaggia e le trote e Meredith e fare l'amore con lei contro la porta del bagno su cui ha sempre qualcosa da ridire, ma finisce per alzare gli occhi al cielo e andarsene senza ribattere.
A volte vorrebbe sorriderle e ridere con lei come un tempo, ma non è in grado di sostenere i suoi occhi vivaci.
A volte vorrebbe riscoprire il sapore delle sue labbra, ma si accontenta di sfiorarle una guancia e nulla più.
A volte sente di amarla, ma la maggior parte delle volte sa che non è abbastanza.

 

*



Addison/Derek, “Devo metterti in una piccola scatola se voglio andare avanti
ma non posso farlo se continui a comportarti da principe azzurro”


Prima c'era stato il caffè.
Derek aveva messo la testa dentro l'ufficio di Addison, l'aveva illuminata con il suo sorriso più smagliante e glielo aveva proposto: così, come se nulla fosse mai accaduto – Mark, Meredith, il divorzio, la vita.
Allora lei aveva accettato perché, in tutta onestà, quella notte era stata di guardia e Karev aveva come sempre fatto del proprio meglio per farle perdere la pazienza, e poi perché l'idea che Derek la guardasse con qualcosa di diverso dall'espressione di disgusto che le riservava dal giorno del divorzio – per non parlare di un sorriso vero – le dava un po' di speranza.

Siamo amici, Addison” le aveva spiegato lui mentre le passava una tazza di caffè particolarmente forte, rispondendo con un sorriso al suo sopracciglio alzato, “Non possiamo essere amici?”

Da amici c'erano quindi stati – nell'ordine – altri tre caffè, una cioccolata dopo un caso difficile, un paio di bicchieri da Joe una sera in cui nessuno dei due aveva avuto voglia di tornare a casa, e due – beh, due e mezzo, visto che durante l'ultimo il cerca-persone di Addison li aveva interrotti quando i contenitori del take-away erano ancora caldi – pranzi a folli orari da chirurghi.

Nel frattempo c'erano state altre cose, cose che ad Addison facevano venire voglia di prendere Derek per quei suoi stupidi capelli perfetti e scuoterlo fino a fargli ammettere che non erano amici nemmeno un po': imbarazzanti sfiorarsi di mani durati troppo a lungo, un quasi-bacio da Joe e molti, molti sguardi inopportuni e sorrisi indiscreti nascosti dietro le cartelle.

Poi... beh, poi c'era stato quel mercoledì pomeriggio nella stanza del medico di guardia.

“Addison? Sei qui?”
“Sì”
Derek mosse qualche passo nella stanza buia, avvicinandosi piano al letto a castello. Addison era rannicchiata sotto le coperte nella cuccetta di sotto e gli rivolse un debole sorriso quando lui le sedette accanto.

“Non mi sembravi molto in forma in sala operatoria” le sorrise l'ex-marito, mostrandole un bicchiere di carta e posandolo sul comodino vicino al letto. “È tè verde”
“Grazie. Sono solo stanca”

Derek le sorrise dolcemente e allungò una mano per sentire la temperatura sulla sua fronte. Le scostò una ciocca ramata dal viso, le carezzò una guancia, poi si fermò nuovamente sulla fronte.

“Sei calda, Ad. Dovresti tornare a casa” mormorò, le dita che le sfioravano piano il volto.
La donna sospirò profondamente e chiuse gli occhi, poi spinse via la mano.

“Non farlo, Derek”
“Cosa?”
“Essere carino e gentile. Devo metterti in una piccola scatola se voglio andare avanti ma non posso farlo se continui a comportarti da principe azzurro”

Derek restò immobile per qualche attimo, senza parlare. Poi un sorriso soffice gli curvò le labbra.
“Non voglio stare in una scatola”
E senza chiedere il permesso si chinò per baciarla.

 

*



Addison/Derek, What if: Derek non scopre mai il tradimento;
introspettiva angst dal punto di vista di Addison


Non avresti mai pensato di essere una di quelle persone. Una di quelle che tradiscono il marito e vanno avanti come se nulla fosse, buttano le lenzuola in lavatrice e si fanno una doccia e fingono che tutto vada bene.
Quando Mark ti ha baciata un'ultima volta ed è scivolato fuori dalla camera ti sei detta che Derek doveva sapere, doveva poter prendere una decisione: lasciarti, se non ti voleva più. Restare, se ti voleva ancora e riconosceva di avere la sua parte di colpa in quello che è successo.

Ma poi Derek quella sera non è tornato a casa e all'ospedale il giorno dopo ti ha salutata di sfuggita mentre correva accanto ad una barella e ti ha detto che no, non potevate pranzare insieme e che no, non sarebbe tornato a casa perché doveva monitorare un paziente importante, poi nel week-end è sparito con la sua canna da pesca e con lui un po' del tuo senso di colpa.

Si è infilato a letto all'una e cinquantaquattro di domenica notte – lo ricordi perché l'hai vista diventare lunedì dalla sveglia luminosa sul tuo comodino – e l'hai sentito stringerti a sé con desiderio, prima di lasciar scivolare una mano sotto la maglietta del tuo pigiama.

“Non mi va, Derek”
La mano è scesa un poco e tu ti sei scostata bruscamente, ripetendo: “Ho detto che non mi va”
Lui ha lasciato la presa e ha sciolto anche l'abbraccio – non che avesse bisogno di fingere che fosse rimasto qualcosa di diverso dal sesso, nel vostro rapporto, ma la cosa ti ha ferita comunque.

“Mark si comporta in modo strano” ha fatto, sbadigliando. “Sai che gli prende?”

Tu sei rimasta immobile a fissare il buio, le labbra sembravano bruciare di nuovo dei baci di Mark. Lui voleva che confessassi: non voleva mentire al suo migliore amico, diceva. Solo rubargli la moglie.
Ma tu non volevi Mark, volevi Derek.
E se Derek non riusciva nemmeno a vedere che qualcosa non andava con te, perché dargli la soddisfazione di essere sempre il migliore di tutti?
La povera vittima, il marito tradito.
No, non saresti stata tu a mettere fine ad un matrimonio a cui tenevi più di lui.

“È Mark, sai com'è fatto. Gli passerà”


E passa anche il senso di colpa.
Passa e poi torna: lo scarichi insieme alla colazione che rigetti ogni mattina nel bagno del tuo ufficio.
Torna e lo nascondi dietro casacche larghe di camici color salmone, insieme alla pancia che cresce sempre di più.
Torna e resta lì, annidato nel tuo corpo, e quando Derek la notte accarezza piano la curva sempre più accentuata del tuo ventre – sembra più partecipe e interessato, più innamorato anche, da quando gli hai detto del bambino – non sai se stia sfiorando il bambino o il tuo senso di colpa o se, in fin dei conti, le due cose non coincidano.
Resta e quando il bambino ti tiene sveglia la notte con i suoi calci e a fine giornata il solito mal di testa si annida tra le tue tempie pensi che sì, forse le due cose coincidono, perché un esserino così piccolo non può provocare tanti fastidi. Il senso di colpa, invece, sì.
Resta per tanto tempo che pensi di averci fatto l'abitudine, come hai fatto l'abitudine a rispondere ai baci di Derek senza più mostrarti impacciata e a ignorare le occhiate assassine che Mark rivolge a te e ai tuoi camici tesi al massimo per la gravidanza ormai avanzata.

Solo quando il tuo corpo è ormai insensibile al dolore e una specializzanda che non ti è mai piaciuta ti mette tra le braccia la neonata che hai passato le ultime trentadue ore a mettere al mondo ti rendi conto che no, le due cose non coincidevano: Rebecca ha guance lisce e ti guarda con i limpidi occhi azzurri di Derek e non assomiglia neanche un po' al senso di colpa.
La stretta allo stomaco che senti quando tuo marito ti bacia sulla fronte madida di sudore con una dolcezza riscoperta solo negli ultimi mesi, invece, ne ha tutte le caratteristiche.
E non lascerà mai il tuo corpo.

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