Gli amanti del destino

di LittleGinGin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il salice piangente ***
Capitolo 2: *** Gocce di pioggia ***
Capitolo 3: *** Le ombre del destino ***
Capitolo 4: *** Realtà o sogno? ***
Capitolo 5: *** Un risveglio travolgente ***
Capitolo 6: *** Ha inizio lo scontro con il destino ***
Capitolo 7: *** Passione, amore, dolore ***
Capitolo 8: *** La vittoria del destino? ***
Capitolo 9: *** Un cuore in tempesta ***
Capitolo 10: *** Cuore che batte ***
Capitolo 11: *** Missione ***
Capitolo 12: *** Chiarimenti ***
Capitolo 13: *** Sensazioni ***
Capitolo 14: *** Illusione ***
Capitolo 15: *** Dottore ***
Capitolo 16: *** Preparazione ***
Capitolo 17: *** Il Re Sole ***
Capitolo 18: *** Vuoto ***
Capitolo 19: *** Inizia il conto alla rovescia ***
Capitolo 20: *** No time ***



Capitolo 1
*** Il salice piangente ***


(Fanart di LadyGT)
Eccomi tornata con una nuova fanfiction! Questa volta si tratta di una storia con più capitoli. Forse sarete in pochi a leggerla per via dell'abbondanza di ff nh e ss ....
Comunque il primo capitolo è anticipato da una piccola introduzione ed è abbastanza corto, ma tranquilli piano piano saranno semprepiù lunghi ^^
Premetto che quando l'ho scritta non conoscevo ancora la fine dal manga anche perchè il primo capitolo l'ho pubblicato il primo giugno, il giorno prima di essermi fidanzata *^* E pensare che io e il mio ragazzo assomigliamo molto a Naruto e Sakura e la fanfiction è ispirata alla nostra storia. Ok, riprenditi ragazza! Non frega niente a nessuno XD Ok vi lascio alla lettura e vi posto anche il link dove ho pubblicato la storia (anche lì ancora incompiuta, anche se più avanti). Fateci un salto, non solo per leggere la ff, ma anche se siete innamorati della coppia NaruSaku è il forum che fa per voi!
http://narusaku.forumfree.it/?t=68888053




Questa é la storia di due ragazzi le quali vite si sono intrecciate fin dal loro primo incontro. Ma il destino é sempre stato loro avverso, perché essi hanno saputo andar oltre le sue leggi e decidere il loro futuro senza averne il suo consenso. Hanno intrecciato le loro vite con il filo rosso, ma esso venne più volte reciso. Nonostante questo, un sottilissimo filo li legava ancora l'uno all'altra e la loro volontà di seguirlo era più forte dello stesso destino.
Ed é così ebbe inizio la loro distruzione.

I capitolo - Il salice piangente
"Aaah che caldo che fa" seduta su di una panchina verde, Sakura dondolava i piedi all'ombra delle fronde di un salice mentre l'afa di quel pomeriggio costringeva chiunque a rimanere nelle proprie abitazioni. Il frinire delle cicale era sempre più intenso e la ragazza era ormai stanca di ascoltarlo. Erano passate ore dall'orario prestabilito per l'appuntamento, ma nessuno si era presentato. Eppure rimaneva lì, ad aspettare, a contare gli uccelli che passavano, o le gocce di sudore che cadevano al suolo. Passarono ben 4 ore e le cicale iniziarono ad abbassare la loro stridula canzone, come se anch'esse fossero stanche di aspettare quella persona che non sarebbe mai venuta. Sakura lo sapeva bene. Le era già successo altre volte di rimaner sola. Non si aspettava di vederlo correre stanco e accaldato verso di lei per scusarsi dell'enorme ritardo. Lo sapeva fin dall'inizio che non sarebbe arrivato, eppure sedeva ancora su quella panchina, prima in un modo, poi in un altro, ad aspettare chi sa cosa.
"Sakura-chan?" disse una voce familiare. Girò la testa verso di lui e con un sorriso, né dolce né triste, lo salutò. "Ciao Naruto." "Cosa ci fai qui?" "Oh beh, prendo un po' d'aria fresca." sbuffò la rosa portandosi una mano alla bocca. Naruto la guardò con occhi tristi. Sapeva benissimo che non era lì a prender aria, soprattutto in una giornata afosa come quella di oggi. Sapeva benissimo che era rimasta lì tutto il giorno ad aspettare Sasuke. "Te dove vai?" disse con voce pacata asciugandosi il sudore sulla fronte "Sto andando da Hinata ..." un leggero silenzio li separava l'uno dall'altra. "allora non ti trattengo!" Si alzò stirando le braccia e incamminandosi verso la strada "ci vediamo Naruto." fece un veloce cenno con la mano senza guardarlo negli occhi. Naruto la guardò andar via mentre il cuore lo pregava di fermarla, ma la testa gli fece uscire soltanto un patetico "ciao." dalle labbra.
I due non si parlavano più molto e quando lo facevano, le loro conversazioni erano semplici, dirette, piene di malinconia e con il cuore come racchiuso in una morsa, sostituito da un buco nero che non faceva altro che allargarsi dentro di loro. Questa situazione, questa loro lontananza, si era creata dopo la fine della quarta grande guerra ninja mentre Hinata aveva nuovamente dichiarato ciò che provava al biondo e Sasuke aveva espresso la voglia di ridar vita al proprio clan con Sakura. Alla richiesta dell'amico, Naruto non aveva avanzato nessuna opposizione, dando per scontato i sentimenti della ragazza e mettendo da parte ciò che lui provava.

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Capitolo 2
*** Gocce di pioggia ***



Buongiorno a tutti!! Sono tornata con il secondo capitolo di questa fanfiction! Spero vi ppiaccia (dovrebbe essere anche un tantino più lunga...) Il tempo stranamente coincide con quello che c'è in gran parte dell'Italia: di mer- *coaf!* *coaf!* volevo dire che chissà cosa succederà in questa storia grazie al meteo. Beh sta a voi scoprirlo leggendola ^^
Spero vi piaccia *^*







Capitolo II -gocce di pioggia-
Era un altro giorno come tanti. Il sole mattiniero iniziava già a scaldare le vie del villaggio costringendo molti a far le spese rapidamente per andarsi subito a riparare al fresco. Sakura si trovava all'ospedale, aveva quasi finito il suo turno, ma non aveva per nulla voglia di tornare a casa e sarebbe rimasta a dare una mano come molte altre volte. Con quelle dita sottili faceva scorrere l'inchiostro sui fogli della cartella del nuovo paziente. "Oi fronte spaziosa!" "Ciao Ino" rispose alzando il capo per poi riabbassarlo immediatamente. "Quando finisci il turno?" "Beh veramente volev-" "Anche oggi?!" "Eh eh si.." sbuffò intimidita dalla reazione dell'amica. "Ma non ti stanchi mai di stare qui dentro? Prima o poi ti vedremo trasferire qui" "Ah! Ma come sei esagerata! Comunque, cosa vuoi?" disse riposando la cartella clinica del paziente e sistemando la biro nel taschino. "Cosa cosa?! Non posso venire a trovare la mia migliore amica solo perché ho voglia di vederla?!" la bionda Yamanaka incrociò le esili braccia al petto e voltò, con uno scatto, il capo. "Lo sappiamo entrambe che non é cosi" puntigliò la rosa. "Eh eh, come sei antipatica" "Senti chi parla!"

*PLFF* Ino sorseggiò la sua bevanda fresca sulle gradinate dell'ospedale. Sakura teneva la lattina con tre dita mentre osservava le gocce di condensa scivolare lungo l'alluminio colorato.
"AAH! Ci voleva proprio!" disse soddisfatta. "Ino c'é qualcosa di particolare che mi dovevi dire?" Sakura continuava a fissare con occhi persi le gocce che una a una cadevano sul suolo. Ino la guardò tristemente, sapeva che la sua amica non stava più bene da quando era finita la guerra anche se continuava a farsi vedere forte per non pesarle troppo visto che aveva perso suo padre. "Ei Sakura..." "Mh?" "Oggi devi vedere Sasuke?" "No, non ci vediamo da un po'. É tutto concentrato...per non so quale cosa..." "Quindi questa sera saresti libera?" "Beh si..-prese un sorso della bevanda- penso di si." Ino chiuse gli occhi per una frazione di secondo, poi, preso un gran respiro, scattò d'avanti l'amica e la indicò. "Allora non accetto rifiuti! Questa sera andiamo tutti fuori a cena!" "M-ma.." "Niente ma signorina!" quando ci si metteva...sembrava proprio sua madre. "Ora vai a casa, ti prepari, e vieni subito da me!" "E-eih..." "Capito?!" "Si..." "Bene." sorrise la bionda. "Ora vado a casa, devo aiutare mia madre con il negozio, te vieni dopo pranzo ok?" fece per andarsene. "Ei Ino..." "mh?" "Grazie" Sakura sorrise dolcemente all'amica che non poté far altro che ricambiare.
Il cielo si stava rannuvolando. "Forse é meglio che rientri..." penso Sakura alzandosi con fatica dai gradoni grigiastri. "Sakura! Finalmente ti ho trovata!" "Che succede?" "Dovresti andare subito dalla damigella Tsunade. Sono arrivate le pergamene importanti." "Si, vado subito."

Toltasi il camice, Sakura si era catapultata nello studio dell' Hokage. Bussò freneticamente alla porta. "Avanti. Oh Sakura, sei tu." "Tsunade-s'ama mi hanno detto che aveva ricevuto la pergamena..." "Si esatto, devo solo ... Ah! Ci sono troppe carte" "Eh eh..." "É permesso?" la porta si aprì e Sakura rimase pietrificata nel sentire quella voce. "Oh Naruto entra pure" "per cosa mi vo-leva..." sussurrò le ultime due sillabe... Non era abituato a vedere Sakura spesso, ma quando succedeva l'aria diveniva improvvisamente pesante. "C-ciao...Sakura-chan..." alzò una mano per fare un breve cenno. "Naruto..."
La stanza rimase avvolta da un silenzio pungente mentre l'unico suono che si percepiva era il fruscio delle carte che venivano smistate in fretta e furia alla ricerca della pergamena.
Intanto i due rimasero a fissarsi negli occhi con un non so che di malinconico. Sakura distolse lo sguardo, qualche lacrima stava per fuoriuscire senza un motivo preciso. Naruto, vedendo quegli occhi smeraldini distogliersi dai sua con forza, sentì che il suo cuore aveva smesso di battere per qualche secondo, per poi stringersi in una morsa opprimente.
"Eh eh..." la risata nervosa della signorina Tsunade riportò l'attenzione dei due. "Scusami Sakura...ti ho fatto venire senza motivo, l'avevo già fatta portare." "Oh, meglio così." si sforzò di sorridere. "Beh allora i-" "FERMA!" ogni pelo della rosa si drizzò. "E-ehm... Vecch-" Naruto venne immediatamente fulminato dallo sguardo di Sakura. "V-volevo dire...signorina Tsunade...i-io...eh eh...posso and-" "CERTO CHE NOO!" i due ragazzi si avvicinarono impauriti stringendosi in un abbraccio. "AAAHH!" La signorina Tsunade li guardò negli occhi con il suo solito sguardo terrificante, incrociò le braccia e sorrise. Con uno scatto si alzò e batte i palmi sulla scrivania "Andate!!" "AAAH!!!" i due ragazzi si catapultarono fuori dalla stanza travolgendo la povera Shizune e il piccolo maialino. "C-cosa sta succedendo Tsunade-sama?!" "Nulla di cui preoccuparsi Shizune, finalmente le cose si aggiusteranno." "?"

*ANF!* *ANF!* "Aaaah!*anf!* che pa*anf*ura.." "Ah ah*anf!*già.." piegati su se stessi, cercavano di riprendere tutto il fiato perso nella corsa sfrenata che li aveva condotti fino alle porte del grande ingresso. Passarono un bel po' di minuti, ma finalmente si rimisero dritti sui loro piedi asciugandosi qualche goccia di sudore e sistemando i vestiti spiegazzati. "La vecchia era spaventosaa!" "Naruto! Non la chiamare cosi!" gli rifilò un sonoro pugno su quella zucca gialla. "Ai! Mica ci sente da qua giu!" fuori intanto veniva giu il mondo. L'acqua cadeva con insistenza sul terreno. "Beh...allora Sakura-chan...ci vediamo..." il biondo spinse la porta di legno e il gelido tempo lo invase. "Merda! Perché quando piove non ho mai l'ombrello con me?!" un ombrello rosso lo colpì forte in testa. Naruto si piegò leggermente sotto la pioggia, portando le mani al capo "A-ai! S-sak-" la fissò per qualche secondo. "Che c'é?" disse impacciata con le guance leggermente arrossate. "..." "Se preferisci bagnarti brutto idiota basta dirlo?!" "A-AH!! CERTO CHE NO!" e così si incamminarono per la strada, sotto l'ombrello color peperoncino. I due rimasero in silenzio, senza guardarsi, mentre i loro pensieri vagavano irrequieti. Fu Naruto a rompere il ghiaccio. Strinse i pugni, fece un bel respiro e finalmente parlò: "Sakura-chan...non mi va che torni da sola a casa...quindi ti accompagno,ti va bene?" la rosa si girò rossa in volto. Non si aspettava una tale richiesta! Potrà sembrare una cosa normale agli occhi del lettore, ma era da tempo che i due ninja non stavano da soli ed era da molto tempo che Naruto non la riaccompagnava a casa o le chiedeva incostantemente di uscire di qua e di là. "Però tu dopo ti bagnerai." ovviamente il biondo non ci aveva pensato. "Eh eh, già...ma non importa! Dopotutto sono l'eroe di Konoha, riuscirò a resistere ad un po' d'acqua" "Ei Naruto, non fare tanto lo sbruffone." disse Sakura avvicinandosi a lui per guardarlo storto. "Io non lo sto facendo!" "Ah no? E cos'é questo: "Dopotutto sono l'eroe di Konoha, riuscirò a resistere ad un po' d'acqua."?" come in teatro ripeté i versi a pappagallo. "Ma che dici io-?!" *SPLASH!* "Naruto?! Naruto stai bene?" Il biondino era cosi impegnato a difendere la sua posizione che era scivolato su un enorme pozzanghera e adesso si ritrovava sdraiato sul terreno bagnato con i capelli inzuppati d'acqua e fango. "Ai ai..." Sakura rimase piegata su di lui a fissarlo mentre con l'ombrello rosso riparava il povero biondino. Quando Naruto fece per rialzarsi, immancabilmente i suoi occhi sprofondarono tra gli smeraldi della compagna. Rimasero qualche secondo cosi, immobili, senza considerare la pioggia che aumentava, senza considerare che erano per strada. Esistevano solo loro due, Lui e Lei. Finché non li riportò alla realtà il suono di una mamma che sgridava il proprio figlio perché si stava bagnando e rischiava di ammalarsi. Osservarono i due passargli accanto mentre la scena proseguiva un po' malinconica agli occhi di Naruto che avrebbe desiderato tanto sentirsi sgridare dalla propria madre. "Ei sbruffone." "?" ovviamente la rosa non era indifferente al dolore dell'amico e cercò di ritirarlo su di morale. "Vuoi che ti dia anche una paperella o il bagno ti va bene cosi?" fece una smorfia. "Ei!" "Ahah!" la rosa scattò in piedi. "Parlavi tanto ma alla fine ti sei bagnato. E guarda anche la faccia é tutt-EIII!" Naruto, che subito si era rialzato, aveva regalato all'amica due belle ditate di fango sulla guancia. "Dovresti provare i bagni di fango, sai?" "Brutto cretino!"
E cosi proseguì la lunga camminata verso l'abitazione Haruno tra schiamazzi e risate.
Arrivati sotto il portico, la pioggia cadeva ancora fitta e imperterrita sulle vie di Konoha, senza dar segno di voler cedere. I due ragazzi corsero sotto il piccolo tetto di legno che copriva l'entrata principale. "Beh...ci siamo" disse Naruto guardando la figura slanciata dell'amica precipitarsi su per quei pochi gradini e girarsi con un sorriso stampato sul volto che scomparve in quelle poche parole sostituito da uno più malinconico. "Sembra di si" sbuffò facendo muovere qualche ciuffo rosa. Rimasero qualche secondo cosi, senza dirsi nulla, senza volersi dir nulla, perché sapevano entrambi che se le parole fossero uscite dalle loro labbra avrebbero solo rotto quel legame che sembrava si fosse risaldato dopo tanto. Eppure dovevano, dovevano parlare. Erano pronti a questo?
"Beh.."sospirò Naruto stirandosi le braccia. "Sarà meglio che vada, non vorrei che aumentasse." si girò e alzò la mano.
Intanto da una finestra un occhio color menta sbirciava i due ragazzi.
"Allor-" "Aspetta!" quella parola uscì con forza, forte ma allo stesso tempo tra i singhiozzi trattenuti. Sia Naruto che la stessa Sakura si erano meravigliati nel sentirla pronunciare. Il biondi si avvicinò di più alla rosa che cercava in tutti i modi di nascondere quell'imbarazzo e soprattutto gli occhi lucidi. Non parlarono nuovamente per un po', ma Naruto era felice, era felice che la sua Sakura-chan l'avesse fermato. La guardava con un sorriso pieno di dolcezza e affetto, mentre la rosa teneva lo sguardo basso. "Ei Sakura-chan!" riprese allegro. "Questa sera...ti volevo chiedere se...beh...ahah, sembra strano ma...te vai alla cena con gli altri ragazzi?" Sakura sollevò il viso che diventò ancora più rosso di com'era. "Si.." "Bene!" sorrise pieno di vita il biondo, e sembrò che il cielo grigiastro fosse pieno di luce. "Allora ci vediamo stasera." "Ei Naruto.." "Mh?" "Prendi l'ombrello. Sarai anche l'eroe di Konoha ma ancora ti bagni come un bambino" trattenne una risata. "Ei! Sakura-chan!" rise dopo poco anche lui e afferrò l'ombrello rosso. Le loro dita si sfiorarono. Sarà cosa da nulla, direte anche qui, eppure in loro riaccese qualcosa che sembrava sopito da tempo. "Allora...a stasera" disse con voce profonda "Ciao Naruto." e si lasciarono con quel saluto che, a differenza di quell'altro che li avrebbe solamente aumentato la distanza tra loro due, questo lasciava intendere che il ponte fra cielo e terra stava tornando al suo antico splendore.
"Ah! La gioventù!" "Sono a cassa!" "Finalmente Sakura! Ti sembra questa l'ora di tornare?!"

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Capitolo 3
*** Le ombre del destino ***


Capitolo III -le ombre del destino-
La tarda sera era calata finalmente, concedendo quella lieve brezza ai poveri abitanti assolati. In questo periodo, dove il sole cuoceva di giorno, il momento che prendeva più vita era la dolce tenebra della notte che si riempiva di rumori, danze e risate, luci brillanti e musica soave.
"Non mi sento molto a mio agio..." sibillò la giovane rosa che camminava di fianco, ma leggermente più indietro, all'amica. "ahahah! Si vede che non sei abituata ad uscire. Da quant'é che non facevi qualche passo per le strade di Konoha?" "Veramente io ci cammino ogni giorno..." "Hai capito cosa intendo!" Ino tirò una pacca sulla spalla dell'amica e la tirò per un braccio affianco a se. "Eee di la verità...ti piace che tutti ci osservino. Ihihih." sorrise beffarda. "Se lo dici te." e infatti era come diceva Ino. Sakura non era mai stata molto estroversa, ma le mancavano queste uscite con l'amica e le attenzioni dei ragazzi che si fermavano ad ammirare. Le faceva più che piacere e si sentiva desiderata.
Arrivate al ristorante, ad attendere all'entrata c'erano Shikamaru, Choji, Tenten e Lee. "Oi! Ragazzi!" si salutarono allegramente tra abbracci e risate. "Chi deve ancora arrivare?" chiese Tenten "Io ho famee!" "Choji tu hai sempre fame..." sospirò Shikamaru. Gli occhi di Sakura intanto andavano irrequieti da un angolo ad un altro, alla ricerca di qualcosa, anzi, per meglio dire, alla ricerca di qualcuno. "Sak...Ei Sakura! Mi senti?" la rosa si scosse. "Tutto ok? A cosa stavi pensando?" Chiese l'amica curiosa. "A-ah nulla" "Comunque Sai, Kiba e Shino sono fuori in missione mentre Nar-" "OOOOIII!" *Anf!* *Anf!* una chioma bionda arrivò di corsa tra il gruppetto. "Ecco il ritardatario." disse Ino. "Ragazzi ora entriamo?" "Choji!" entrarono nel piccolo salone. Sakura fece passare prima tutti
"Buona sera signorina." Naruto fece un piccolo inchino. "ahahahah, ma che dici?" "Lo sa? É cosi splendida che le stelle vengono offuscate dalla sua luce." Sakura arrossì per quella specie di complimento che Naruto le aveva fatto. "Grazie signore" e i due scoppiarono in una risata fragorosa.
Al tavolo si sentiva lo scoppiettio della carne e delle verdure sulla griglia. Un tiepido fumo velato si estendeva tra le miriadi di persone sedute a quei tavolini di cedro. Risate fragorose, odore di carne succulenta; tutto gustato in bella compagnia. Sakura e Naruto sedevano l'uno accanto all'altra e non vi potete nemmeno immaginare quante risate. Chiacchieravano, ridevano, si prendevano in giro e si menavano. Quell'aria di gelida malinconia era stata sostituita da una molto più felice, la quale non si vedeva da un bel po'. Tutti ne erano consapevoli. Non mancarono gli sguardi sfuggevoli o le mani sfiorate, nonché i volti arrossati che venivano giustificati dal troppo calore.
Quella compagnia, quell'essere nuovamente cosi vicini, aveva fatto capire ad entrambi quanto il loro legame fosse fondamentale, quanto si volessero.
Usciti dal ristorante Naruto si era affiancato subito alla giovane fanciulla dai capelli color fiore di ciliegia. Il cielo notturno era di uno splendido blu intenso che veniva risaltato dal brillare delle stelle. Erano arrivati al centro della piazza di Konoha, le luci dei lampioni illuminavano gli edifici. "Ei Naruto aspetta!" disse la rosa afferrando la sua mano. Il biondo si arrestò di colpo. Da quanto tempo non stringeva quella mano così esile, ma allo stesso tempo così forte? Da troppo, e lo sapeva bene. "Andiamo a prendere un gelato?" scoppiò a ridere mentre l'amica lo guardava con occhi confusi. "Ragazzi noi ci fermiamo a prendere un gelatoo!" e in men che non si dica sparirono.
"Andiamo Sakura-chan!" intrecciò le sue dita massicce con quelle esili della ragazza per poi stringere la sua mano. Non voleva perderla, non un'altra volta.
"Sakura-chan.. Ti accompagno io a casa. Niente storie." disse stringendole la mano ancora di più. "Baka" sibillò tra le sottili labbra rosee.

La notte si faceva più avanti mentre la gente mano a mano tornava nelle proprie abitazioni. I nostri ninja erano seduti su vecchie panchine di legno scuro a chiacchierare non si sa più di quali argomenti. Ma le nuvole erano tornate a ricoprire quel cielo blu notturno e non solo...
Sakura era intenta ad urlare a quel baka di Naruto, quando una figura snella e un po' goffa, accompagnata da una più ferma e composta, si avvicinava con insistenza. La luce mostrò i loro volti e subito l'aria ripiombò nel gelo.
"N-Naruto-kun *coaff* *coaff*" "Hinata?!" la piccola Hyuuga si reggeva alle spalle forti del cugino che guardava con aria seria il biondo. "Cosa ci fai qui?! Sei malata!" "V-volevo stare con t-*coaff* *coaff*" il biondo era quasi impietrito mentre Sakura era diventata nuovamente cupa e seria. Teneva lo sguardo basso come se fosse colpevole di qualcosa. "Non ti devi sforzare Hinata é meglio se torni a riposarti. Naruto accompagnala a casa." non ci poteva credere, come tutti gli altri, di aver detto quella frase. Naruto la guardò con occhi sgranati per poi riabbassarli con velocità. D'altronde era il suo ragazzo, era suo dovere prendersi cura di lei... "Sakura, abbiamo visto Sasuke. Deve essere tornato dalla missione." quel nome scosse la rosa che si alzò veloce togliendo quella polvere che le si era posata sulla gonna. "Allora é meglio che vada..." "Hinata, Sakura ha ragione... Torniamo a casa..."
I due non si guardarono nemmeno per un istante, mentre il cuore si dilaniava dal dolore. Strinsero i pugni e presero un forte respiro pronti a ripiombare in quel baratro di dolore che li teneva separati.
Da quel giorno, non si riparlarono più, non gli riusciva... Quella notte era stata cosi intensa, aveva fatto sperare ad entrambi un qualcosa di irraggiungibile...
Le lacrime cadevano lungo la via di casa come la pioggia nel deserto.




Nota:Ed eccomi tornata ad annoiarvi con questo capitolo nuovo sulla mia fiction. Spero di essere riuscita a trasmettervi ciò che volevo e di non aver esagerato con gli errori XDD comunque grazie per aver sprecato un po' del vostro tempo per questo capitolo, grazie veramente <3

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Capitolo 4
*** Realtà o sogno? ***




"EH sì, riaggiorno! Sono tornata con il quarto capitolo della fiction! Spero vi piaccia, è anche più lungo del solito XD Beh non so molto che dire, però devo ringraziarvi per le vostre recenzioni, ma soprattutto perchè mi seguite! Grazie mille <3 "
Autore im:
http://suzuchun.tumblr.com/post/93511336364/if-i-cannot-reach-the-heavens-can-i-still-reach

 


Capitolo IV -realtà o sogno?-
Era passato quasi un mese dall'ultima volta che Sakura e Naruto erano usciti insieme. Da quel giorno i due non si erano più parlati, ad ogni loro incontro si concedevano un rapido scambio di sguardi e, salutandosi con un gesto di mano, cambiavano immediatamente strada. Passavano i giorni nella solita monotonia, con quel dolore che pervadeva il loro cuore, ma che ormai era diventato consuetudine nei loro di e nelle loro notti. Come ogni bravo ninja, avevano imparato a sopportarlo, nonostante questo crescesse sempre di più.
Naruto passava le giornate a compiere missioni, dalle più semplici, come aiutare una vecchia signora a fare la spesa, a quelle più difficili, come scortare uomini di alto rango da un paese all'altro o scongiurare chi sa quale attentato a qualche paese vicino. Era sempre stanco e mai di buon umore, ma cercava di non darlo a vedere. Passava, ovviamente, del tempo con Hinata, la portava fuori la sera o la aiutava con gli allenamenti. Cercava sempre di farla sentire a suo agio, non troppo in imbarazzo, ma bastava poco perché ella arrossisse o svenisse dall'emozione tanto che ancora non le aveva rubato nemmeno un bacio, si concedevano solo la mano.
Sakura si era quasi del tutto trasferita nella villa degli Uchiha, la maggior parte della quale ancora in costruzione. Comunque lavorava molto tempo in ospedale, più di ogni altro ninja medico, tanto che veniva costretta a tornare a casa. Allora lei andava alla villa e ripeteva ogni giorno le solite faccende: puliva i pavimenti, rifaceva i letti, sistemava gli armadi, lavava i vestiti, lucidava l'argenteria e il servizio da the. Sasuke non era quasi mai a casa e quando c'era si dedicava sempre ed esclusivamente alla ricostruzione della villa o al recupero dei reperti e oggetti dell'antico clan. Non si consideravano molto. L'Uchiha le rivolgeva poche e gelide parole, spesso erano rimproveri per qualche mancanza o imprecisione. La rosa avbassava sempre il capo e ascoltava senza reagire, ormai in capace di farlo. Era sempre stanca e triste, ma cercava di darlo a vedere il meno possibile.

L'estate stava mano a mano perdendo il suo fascino, le giornate ben presto iniziarono sempre più ad accorciarsi, il sole a star meno sveglio e a farsi meno intenso del solito per lasciar spazio all'autunno che si faceva sempre più avanti.

"Ti ho chiamato qui perché ho una missione estremamente importante da affidarti." porse un rotolo ingiallito di pergamena. Kakashi lo lesse con cura per poi riporlo sulla cattedra di legno di quercia. "Ho capito." e si dissolse in una nuvola.

Era sera, i ristoranti erano all'opera, indaffarati con le ordinazioni e i servizi. Odori di ogni genere si insinuavano tra i vicoli di Konoha mescolandosi tra di loro regalando aromi diversi e appetitosi.
Naruto passeggiava per una di queste vie con le mani portate dietro la nuca. Si guardava intorno con aria da estraneo, perso nei suoi pensieri che chi sa in quale assurdo mondo lo stavano conducendo.
Tra il fumo del cibo e le luci che annebbiavano la vista, riconobbe una figura rosa appoggiata alla parete di Teuchi.
"S-sakura-chan?!" il lieve fumo si dissolse lasciando i due in un silenzio di pietra. Si guardarono incapaci di reagire. "Naruto...sei qui per-" "Kakashi-sensei" rispose repentino non lasciando il tempo alla compagna di rispondere e tagliandole il fiato a metà. "Kakashi-sensei mi ha chiamato per parlarmi di una missione. Tu invece...?" Sakura abbassò lo sguardo e le sue labbra si mossero a formare un lieve sorriso, più un espressione di dolore represso che altro. "Kakashi-sensei a chiamato anche me per la missione." rimasero distanti, separati non solo fisicamente dall'ingresso della tavola calda, ma anche mentalmente da quell'abisso che ormai sembrava non avere più fine.
Passarono minimo dieci minuti, dieci minuti di totale silenzio rotto dalle chiacchere dei passanti e dal rumore delle stoviglie che si adoperavano nella preparazione del cibo.

Finalmente, dopo una mezzoretta buona...
"Yo! Scusate il ritardo, ma dovevo aggiornarmi sulla missione." "Ma che aggiornarti e aggiornarti! Come al solito sarai stato a leggere quei porno demenziali." disse Sakura incrociando le braccia "Eh..." "Su! Io ho fame! Offre lei vero sensei?" Naruto si fece spazio tra le tendine. "Ovvio." rispose Sakura seguendo il compagno.

L'atmosfera del Teuchi ramen era sempre la solita da chi sa quante generazioni: allegra, solare, insomma chi mangiava li si sentiva subito a casa.
Naruto e Sakura sedevano di fianco, non essendo riusciti a prendere i posti distanti. Non si guardavano ne si parlavano, cercavano il più possibile di reprimere il dolore che adesso chiedeva di uscire per liberarsi di quella prigionia a cui era stato costretto.
"Allora vi ho chiamati qui per parlarvi di una missione" iniziò Kakashi spezzando le bacchette per poi riposarle subito sulla ciotola di ramen. "Dobbiamo scortare un carico di lingotti d'oro dal confine tra il paese del fuoco e quello della pioggia fino al villaggio del fiume." "E perché la vecchia ci doveva affidare una missione cosi scabrosa?" Naruto guardò il sensei con sufficienza mentre aspettava la seconda porzione di ramen. "Dovete sapere che il villaggio del fiume é un luogo nascosto e non accettano tutti i ninja che si presentano alle loro porte. Fortunatamente io conosco qualcuno dei piani alti li che ci farà passare senza batter ciglio. L'ho già informato del nostro arrivo."
Sakura non aveva aperto bocca. Guardava ora il sensei ora la ciotola di ramen vuota. "Secondo me poteva andarci chiunque" ribatté il biondo. "Naruto smettila di fare tante storie." "Sensei! Ormai siamo grandi, perché dobbiamo fare queste missioni?" "Su su, non te la prendere tanto. L'Hokage ha chiamato noi, avrà i suoi buoni motivi. Poi ci pagheranno molto bene alla fine. Potrai riempire quella ranella che hai sempre vuota." Naruto inghiottì la saliva. All'idea di tanti soldi era felicissimo, poteva comprare tutto il ramen che voleva. "Sensei se non c'é altro io torno a casa. Penserò a preparare gli zaini con l'occorrente." "Ok Sakura." Naruto abbassò gli occhi mentre Sakura non lo guardò nemmeno, piena del dolore che era pronto a uscire come un vulcano. "Allora ci vediamo alle porte alle 8:00" Sakura uscì e corse verso casa. Le lacrime fuoriuscivano senza sosta. L'unica cosa che la rincuorava era il fatto che non ci fosse a casa Sasuke.
"Vado anc-" "Sensei deve pagare." "Accidenti... Ok ok." posò i soldi sul bancone e spostò le bianche tendine con il braccio. "Sensei!" "Cosa?" "...No, nulla."
Naruto rimase da solo, a sedere, con il vapore che gli bruciava leggermente gli occhi diventati rossi e lucidi. Sfortunatamente non era quella la vera motivazione. Si accasciò sul bancone nascondendo la faccia tra le braccia, poi alzò una mano. "un'altra ciotola."

Erano le otto meno un quarto, Naruto si trovava di già al luogo prestabilito. Quella notte non era riuscito a prender sonno, non per il caldo che ormai era sempre meno intenso, ma per i pensieri, i pensieri che pulsavano nella mente senza sosta, senza limite. I raggi riscaldavano il suo viso mentre la dolce brezza rinfrescava l'aria, delle volte lasciando qualche brivido.
Naruto non riusciva a far altro se non a pensare a ieri sera, a come l'aria, nonostante il calore del fuoco alto, fosse stata cosi fredda; a come il distacco tra lui e Sakura fosse sempre più abissale; a come l'aveva lasciata andar via senza fermarla.
"Sono in ritardo?" una voce pacata interruppe i suoi pensieri. "S-Sakura... N-no... Tanto come sempre il sensei é in ritardo." La rosa si appoggiò al lato opposto della porta fissando il cielo senza nuvole. "Naruto senti..." "Mh?" "No, lascia stare." Abbassò lo sguardo nascondendolo tra i capelli. Con le esili dita li portò dietro le orecchie e poi si avvicinò al biondo. "Tieni, questo è il tuo zaino." "Grazie."
Dopo una mezzoretta buona, mentre il cielo si andava ricoprendo di nuvole, finalmente arrivò il sensei con quel libraccio in mano e l'occhio impegnato più nei kanji che nei passi dei piedi. "Yo. Scusate il ritardo ma dovevo sistemare altre scartoffie." "il sensei non si smentisce mai." "Trova sempre una scusa." dissero i due ninja con aria distaccata, come se fossero spettatori di uno show televisivo intenti nel commentare ogni singolo movimento dei personaggi. "Non mi ascoltano nemmeno più..." pensò con rammarico. "Ok, mettiamoci subito in marcia, il cielo é sempre più scuro."

Ad arrivare al confine ci volle un attimo, in fondo erano ninja che saltellavano da un ramo ad un altro, combattevano con i nemici più stravaganti, per loro quei chilometri sarebbero stati una passeggiata, insomma, come fare una passeggiata. Eppure in quel viaggio c'era decisamente qualcosa che non andava. Mentre il cielo si faceva sempre più tetro e scuro, i ninja erano già al ritrovo dal quale sarebbe partita la missione. Sakura e Naruto rimasero ritti dietro il sensei impazienti. Si trovavano in un piccolo paesino non trascurato, chi viveva li insomma, non se la cavava male. Dal portone principale, sorvegliato da due uomini ricoperti di latta, uscirono 5 carri contenenti i lingotti (sia chiaro, non in tutti e 5) e ciascuno era trainato da 2 bellissimi e possenti cavalli.
Kakashi dovette firmare un paio di carte prima che la missione potesse iniziare. "Bene, ci siamo. Sakura, Naruto, lui é il responsabile del carico Fujimato Seku. Ci condurrà fino metà strada e metterà a disposizione i suoi soldati che ci scorteranno. Da metà strada in poi dovremo cavarcela da soli. Anche i carri senza i lingotti faranno retromarcia quindi il nemico saprà benissimo quali attaccare. Per il momento faremo dei turni per sorvegliare visto che abbiamo il loro aiuto e sono nettamente superiori a noi di numero. Lo schema é semplice: loro faranno la guardia a terra, circonderanno tutto il carro, perciò noi a turni saliremo sopra i vari tetti e da li perlustreremo i dintorni. Se notate qualcosa di strano o anomalo dovete venire subito da me a riferirlo in modo da organizzarci. Tutto chiaro?" "Si!"

I carri partirono. Le ruote di legno giravano e balzavano ad ogni buca. La polvere ocra si alzava di carro in carro da sotto gli zoccoli dei cavalli, dai piedi dei soldati, dalle ruote del carro. I ninja si alternavano nei turni senza darsi un momento di pace. Sfortunatamente per Naruto e Sakura, adesso era il turno di Kakashi.
Si trovavano nell'ultimo carro. Le assi erano di legno scuro e duro ma si vedeva che era vecchio di un po' d'anni. Non c'erano finestre ne sedili comodi o qualche svago da poter fare durante il viaggio. I due sedevano opposti diagonalmente su due aste di legno e fissavano lo sguardo in un punto cercando di coglierne ogni suo minimo particolare. Era straziante stare lì dentro. Non si parlavano ne si guardavano, cercavano di evitarsi il più possibile anche se erano nello stesso spazio.
Fu Naruto il primo a cercare di rompere il ghiaccio. "Ei Sakura-chan... Come va con il lavoro..?" Non si aspettava questa domanda. Beh, non se ne aspettava nemmeno una. "Bene. É molto stancante però." "Ci credo Sakura-chan! Lavori troppo!" "Ma che vuoi anche te! Tutti a dirmi che lavoro troppo, che dovrei stare a casa! Ma non é vero!" "Guarda che ti fai solo del male!" "Come se stare a casa mi fa star meglio eh!"
Sakura aveva le lacrime agl'occhi, quel discorso le faceva sempre male. Non era mai riuscita a dire a nessuno ciò che provava e, come sempre, Naruto riusciva a tirarle fuori ogni segreto. "Scusami." il biondo si guardava la dita intrecciate tra di loro e strinse forte i palmi. La rosa si alzò e andò verso Naruto rifilandogli un bel pugno in testa. "Baka." si lasciò andare sulla trave, poggiando la schiena alle sue sue grosse spalle e sfiorandosi le mani come se lei la volesse stringere più di ogni altra cosa. "Hai ragione. Lavoro troppo." sospirò. Naruto non poté che non trattenere una risata. "Che c'é?!" tossì forte. "N-niente" l'avrebbe voluto abbracciarla, solo lei, lei soltanto, la sua Sakura-chan.
Kakashi bussò forte da sopra il carro. "Uscite. Siamo arrivati a metà."
I due ninja balzarono fuori senza farselo ripetere due volte e si accostarono al maestro. D'avanti a loro Fujimato Seku era circondato dalle sue guardie. "Bene. Da qui ve la dovrete cavare da soli, ninja di Konoha." "Stia tranquillo. Siamo professionisti. Non ci lasceremo sorprendere da nulla." l'uomo salì su uno dei carri vuoti e seguito dalle guardie e dagli altri carri, se ne tornò indietro. Un soldato si fermò all'improvviso, ed esitando, tornò indietro da Kakashi. "State attenti. Circolano voci su dei ninjia che si aggirano qui nei dintorni. Secondo molti sono ninja disertori di alto rango." "Staremo attenti. Grazie." cosi il guerriero traballò nuovamente nella sua posizione portandosi dietro il tintinnio di quell'armatura splendente. "Ok. Adesso inizia la missione. Dobbiamo difendere i carri fino a destinazione. Sakura tu sei l'unico ninja medico, perciò dobbiamo evitare di metterti in posizioni sfavorevoli. Sappiamo che sei abbastanza forte da affrontare dei nemici di alto livello, ma se noi veniamo feriti tutto girerà sulle tue spalle." "Capito." "Quindi starai con me sopra il tetto del secondo carro. Naruto, tu realizzerai quattro copie: due staranno in fondo ai carri, una su ciascun lato del secondo carro e l'originale in cima. Io realizzerò una copia che starà insieme a te d'avanti. Inoltre paku e gli altri cani perlustreranno il perimetro." "Ok!" "Voi continuate a muovervi con i carri." "Ok kakashi-sama."
"Bushin no Jutsu!"
"Kuchiyose no Jutsu!"
Così ripartirono. La tensione si faceva sentire sulla pelle. Le orecchie sempre tese, gli occhi sempre fissi, la mente sempre fredda.
"Ei Sakura é da un po' che non parliamo." "Che intende sensei?" "Beh non trovi che queste missioni sono nostalgiche? Era da molto che non ne facevamo qualcuno insieme. Poi non ci vediamo più molto da quando..." il volto di Sakura si incupì di colpo. "Scus-" "Da quando é tornato Sasuke. Lo dica pure sensei, è inutile nascondere i fatti." Kakashi la guardava con tristezza. Era la sua allieva e non voleva vederla in questo stato. "Senti Sakura. Non voglio chiedere quali motivazioni ti spingono a fare tutto questo, ma sappi solo che non puoi ingannare il tuo cuore per sempre. Quello che vuoi, la speranza che cerchi, é d'avanti ai tuoi occhi. Fregatene di tutto e vallo a prendere. Anche lui sta mentendo a se stesso, quindi.... Questa volta salvalo tu." Quelle parole risuonarono come campane nella sua mente. "Salvarlo...io...E come faccio? Sono sempre stata io quella salvata." "Non ti sottovalutare cosi tanto. Ricorda che sei stata te a ripore Sasuke dalla dimensione di Kaguya e sei stata te a salvare Naruto dalla morte a ristabilire le mie forze, a salvare Hinata e gli altri ninja durante lo scontro con Pain e molto altro." "Kakashi-sensei! C-cosi..." "Cosa? Ti imbarazzi ahahaahh!" Sakura tirò un pugno al proprio maestro mentre cercava di nascondere l'imbarazzo. "Aio...Diventa sempre più in gamba." le sorrise appoggiandole una mano sulla testa e scompigliandole i capelli. "S-senseiii"
"Kakashi! Abbiamo un problema!" una fitta nebbia avvolse i carri. "Cazzo. Cosa facciamo sensei?!" "Niente panico! Stiamo bene attenti." "Uh uh uh!" "Chi é?!" urlò Naruto "Uh uh uh! Uh uh uh uh!" "Chi cazzo sei?! Mostrati bastardo!" "Naruto smettila!" lo fermò la rosa. "Uh uh uh." la risata si propagava senza origine precisa tra gli alberi alti e la fitta nebbia. Le orecchie e gli occhi si spingevano al massimo per localizzare il nemico. Le mani pronte sui kunai.
Un latrato si disperse a gran suono, rompendo quel silenzio di tensione. Subito kakashi si fece avanti e dopo poco saltarono fuori 10 ninja, 10 ninja disertori. Iniziarono a combattere. Il suono delle lame a contatto, il rumore dei pugni scagliati, i piedi che scalpitavano da un suolo all' altro.
Erano forti; molto forti, più di quanto avessero immaginato. La polvere si mischiava alla fitta nebbia che ancora celava i volti degli avversari, i cavalli nutrivano e scalpitavano impazziti, i carrozzieri tremavano dalla paura. 5 dei ninja disertori circondarono Naruto all'improvviso e, senza dargli la possibilità di difendersi, lo colpirono con una strana tecnica nell'addome perforandoglielo.
Un rumore sordo, nessun gemito, solo un corpo pesante e immobile che cadeva sul terreno arido. "Narutooo!"

Buio

-
Il giovane riaprì subito gli occhi e, raccogliendo più forze possibili, fece forza sulle gambe e si rimise in piedi. Alcuni dei ninja disertori erano distesi inermi per terra. "Sakura - chan!" urlò Naruto mentre cercava di scorgerla tra la nebbia. La ferita bruciava, faceva male, ma non aveva tempo da perdere. Si scagliò contro altri ninja e riuscì a ritrovare il sensei. "Sensei! Dov'è Sakura - chan?!" "Non lo so. Dobbiamo sconfiggerli tutti in modo da dissolvere la nebbia."
I carri erano fermi, i cavalli scalciavano, i carrozzieri pregavano.
Ed ecco che l'ultimo ninja disertore cadde al suolo colorandolo di rosso. La tecnica iniziò a svanire mostrando l'ardua battaglia e le sue vittime. Poco più in là, sul ramo di un albero, penzolava una minuta figura dai capelli tinti di un intenso rosso porpora. "SAKURA - CHAN!!" il biondo si scagliò su di lei. Ormai il dolore intenso della ferita all'addome non gli faceva più male, ma una ben più grande gli aveva ferito il cuore.
"Sakura - chan! Sakura - chan ti prego rispondi! Apri gli occhi!" "Naruto calmati! Non strattonarla cosi o rischierai di peggiorare le sue condizioni." Kakashi le si avvicinò posandole due dita sul collo. "É viva. Aiutami a farla scendere di qui e mettiamo su un carro."

Dopo qualche ora i carri ripartirono. Ammaccati, distrutti, ripresero il loro viaggio di agonia. La sorveglianza era aumentata, l'attenzione era maggiore. Naruto sedeva accanto al corpo della rosa. Voleva fare qualcosa, ma cosa? Lei era il ninja medico della squadra, non lui. Fortunatamente era forte e il suo corpo si stava riprendendo senza bisogno di aiuto. Le teneva la mano e la guardava. Guardava i suoi capelli rosa e morbidi, guardava quel volto niveo e perfetto, guardava la sua fronte che tanto aveva amato e quelle labbra che tanto aveva bramato. Morbide, carnose, di un colore rosato. "N-Naruto?" "Sakura - Chan! Stai bene!" "Che é successo..." "Non ricordi nulla?" "Ricordo ... che ci avevano attaccati e ah-!" si portò un amano alla testa. "Non ti sforzare. Non importa se non ricordi, l'importante è che stai bene." tutto d'un tratto si sentì leggero e senza pensieri, il corpo terribilmente fragile. Era cosi felice che l'amica stesse bene. Amica? Che amica? Per lui non lo era mai stata. Era tutta colpa sua. Se solo non l'avesse spinta nelle braccia di un altro uomo.. "Sakura..." le prese il volto tra le mani. "Ti amo." lacrime iniziarono a rigare quel volto niveo sporco di terra e un sorriso si delineò tra esse. "Baka." pronuncio tra i flebili singhiozzi. Le due labbra si avvicinavano sempre di più. Finalmente. Finalmente sarebbero stati felici, insieme.
-
Naruto aprì gli occhi.

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Capitolo 5
*** Un risveglio travolgente ***



Bene, vi ho fatto aspettare un po' di più, lo so, ma spero mi possiate perdonare. Visto che non ho molta voglia di studiare in questo momento (quando arrivano le vacanze di Natale? >^<) vi pubblico il quinto capitolo (domani il sesto per rimanere al passo). spero tanto che vi piaccia, buona lettura ^^




Capitolo V -Un risveglio travolgente-

Naruto aprì gli occhi.

Era strano, tutto tremendamente strano.
Una luce opaca illuminava la stanza in cui si ritrovava. Il pavimento era composto da mattonelle di un bianco sporco e vecchio, le pareti avevano anch'esse uno strano colorito, probabilmente tutto questo era dovuto al fatto che si era appena svegliato e non ci vedeva ancora bene.
Fortunatamente la vista stava migliorando poco a poco e gli permise di scorgere altri dettagli in quella stanza sconosciuta: una finestra che dava non si sa dove, permetteva la vista del cielo ricoperto di nuvole, un divano posto in un angolo della stanza, dei tavolini, no erano diversi da i tavolini di legno che si trovano nelle case erano più comodini; li aveva già visti... Si, ma dove?
"Ei Naruto, mi senti? Naruto." il biondo si scosse con fervore. C'era qualcuno in quella stanza. Per tutto questo tempo non l'aveva notato? "S-sa-kura - Chan...?" lei gli sorrise con dolcezza e gli occhi stranamente lucidi. Naruto non capiva. Che stava succedendo? Loro due erano sul carro! Insieme! Lui le aveva confessato di- "Sakura - Chan...dove siamo?" la rosa si sistemò meglio sulla sedia. "Siamo a Konoha. In ospedale. Non ricordi?" non poté far altro che sussultare. I suoi ricordi erano diversi. Quando mai sarebbero tornati a Konoha? E perché lui era in ospedale? Forse per la ferita? Era tipo svenuto e per questo non si ricordava nulla? Naruto portò una mano sulla addome e con rapidità si alzò la maglia. Era bendato. Ora non c'era dubbio che era per quella che si trovava lì. "Sakura - Chan...io non ricordo. Non ricordo quando sono arrivato qui..." ci fu un attimo di silenzio. "Beh, dei ninja disertori ci avevano attaccato e ad un certo punto sei stato circondato e ti hanno colpito all'addome..." "Si, e poi mi sono rialzato e sono ven-" "Cosa? dopo che sei stato colpito all'addome, io e Kakashi-sensei abbiamo sconfitto i nemici e io sono venuta in tuo soccorso. Eri gravemente ferito. Avevi perso conoscenza e anche un'enorme quantità di sangue." "Cosa?!" "Fortunatamente eravamo vicini al villaggio, sicché ti abbiamo messo su un carro e siamo ripartiti subito. Eri stabile, emorragia si era fermata però avevi bisogno di una trasfusione di sangue immediata. Per fortuna l'ospedale ci ha aperto le sue porte e ti hanno curato. Siamo stati li un paio di giorni. Poi siamo tornati qui a Konoha, ma tu... Tu eri in coma." Naruto era pallido. Non ci poteva credere. Cosa stava raccontando? No, non poteva essere vero. Perché lui si ricordava tutt'altro? Forse si era addormentato. Forse tutto questo era un sogno. No, probabilmente quello che si ricordava lui era un sogno. Si, era cosi...
"Per quanto? Per quanto sono stato in coma?" Sakura lo guardò. "Un..." non ci riusciva. Non poteva dirglielo cosi. La gola si fece secca, le mani sudate e gli occhi sempre più lucidi. "un mese" quelle parole, quelle semplici parole. Un colpo. Erano come un colpo secco al cuore. Tutto quello che lo circondava, ogni idea, ogni immagine, tutto gli piombò addosso come un macigno. Gli occhi ceruli erano spenti, fissati in chi sa quale luogo sperduto; il volto pallido, giallognolo; i capelli sciupati, di un giallo spento. Cosa doveva fare? Come doveva comportarsi? Non sapeva nulla. Si era perso un mese, un mese di non sa cosa. Cos'era successo in quel mese? Anche se la vita fosse stata la solita di sempre, lui non l'aveva vissuta. No, l'aveva vissuta nell'illusione. Si sentiva confuso, vuoto dentro.
"Naruto." Sakura gli strinse la mano richiamando la sua attenzione. "Stai tranquillo. Non ti devi fare troppe seghe mentali. Hai dormito per un mese, ma questo non ti ucciderà." sbuffò mostrando un tenero sorriso sulle labbra secche. "Sakura-Chan..." le sue parole...era come se fosse riuscita a leggergli nella mente. "sei sempre il solito idiota." sorrise "il solito stupido." La guardava incuriosito dal suo atteggiamento. Cosi dolce e affettuoso. Forse lei, veramente... "Coglione pensavi di poter dormire per tutto questo tempo senza pagare le conseguenze?!" Naruto si ritrovò la mano racchiusa in una morsa. "Idiota! Ora devi metterti sotto e recuperare il tempo perso!" "S-sakura-Chan...l-la manoo..". "Ora dovrai fare la riabilitazione! Brutto stupido! E chi pensi si dovrà occupare di tutto?! Io! Sei un idiota senza cervello!" mentre Sakura continuava a sbraitare e a scuotere quel povero corpo indebolito, Naruto sorrideva, non poteva far altro che sorridere. Conosceva quella piagnona, sapeva che cercava di nascondere la sua preoccupazione e le lacrime con la violenza. E sorrideva. Era felice, felice che lei fosse cosi preoccupata per lui.
"Mi ascolti?! Ei idiota parlo con te!" "S-si Sakura-Chan..." "Ma io ti ammazzo!" "Aaaah!!"
La porta si aprì di scatto.
"disturbiamo?" "Sas'ke!" "Ei Naruto non farti uccidere da Sakura." "Ino, Shikamaru, Sai, ragazzi! Che ci fate tutti qui?" "Beh sai che giorno é oggi?." fece occhiolino Ten Ten. Sakura risistemò Naruto nel letto e bisbigliò un "Idiota, ti sei svegliato proprio per il tuo compleanno." "Oggi é il mio compleanno?!" "Sorpresa!" urlarono tutti mostrando i loro regali. Ogni cosa si illuminò nuovamente. La mente di Naruto era tornata la solita e doveva tutto ai suoi amici. La pelle riprese colorito, gli occhi tornarono del loro solito blu mare, i capelli biondi come il grano, la mente vuota e piena di scemenze come sempre. Tutti erano li a festeggiare il suo compleanno. Non poteva desiderare nulla di meglio. Si avvicinarono porgendogli i regali e incitandolo ad aprirli. Ridevano, scherzavano; arrivarono anche Kakashi, Gai e Yamato insieme ad altri sensei.
"E ora la tortaa!" gridò Choji con gli occhi luminosi. "Sake-kun accendi le candeline" bisbigliò Sakura."
Ornata con fiori e disegni, la torta era fatta con la panna e il nome di Naruto era stato scritto centrale con la cioccolata. Le candeline circondavano tutta la torta "Saske-kun muoviti" "Non ci posso fare nulla, l'accendino non fa." "Sakura-Chan spero che non sia opera tua. Non vorrei morire avvelenato." la rosa si girò di scatto. La rabbia che provava si sentiva a pelle. "Idiota!" *SPLAT* La bella torta di compleanno venne spiattellata in faccia al festeggiato mentre gli altri ridevano senza sosta compatendo la sua stupidità.
"Cos'hai detto Naruto? Non ti sento molto bene con la torta in faccia." "Ah si?" *Splat* E cosi anche Sakura si ritrovò tutta la faccia piena di panna. "ahahaahah!" "Questa me la paghiii!" Iniziarono a volare pezzi di torta ovunque.
Appena gli animi si placarono, la gente si liquidò di fretta per non rimanere a pulire il casino. Rimasero solo i membri del team 7 con Kakashi. "Hinata sarà felice di sapere che stai bene." sorrise Sakura "Già! Ma dov'é?" "É in missione. Sai, era cosi preoccupata per te che l'abbiamo dovuta forzare ad andare. Dovrebbe tornare domani o fra qualche giorno." "E tu?" chiese con voce pacata e occhi bassi "?" "Eri preoccupata per me?" La rosa rimase un po' spiazzata da quella domanda cosi improvvisa, beh lo rimasero un po' tutti. "Certo che no!" si alzò di scatto. "Ora vado, ho il turno. Ciao idiota." si infiló il camice bianco. "Ei! Puoi essere un po' più dolce! Mi sono appena svegliato." "Non si é mossa da questa stanza per tutto il tempo che sei rimasto in coma coglione." disse con la solita finezza l'Uchiha. "Cosa?" "Hai sentito bene cretino. Ogni giorno rimaneva nella stanza, accanto a te. Ti raccontava di tutto e di più e non smetteva mai di sperare nel tuo risveglio."
Naruto ascoltava allibito le parole che uscivano dalla bocca di Sasuke. Non ci credeva, gli sembrava impossibile. "E te Sas'ke... Come l'hai presa? Cioé non ti ha dato fastidio?" "Guarda che ci siamo lasciati." "COOOSAA?!!!" Ecco, questo era ancora più assurdo. "Coglione apri bene le orecchie perché non lo ripeteró una seconda volta..." sospirò. "Sakura, dopo che ti ha riportato qui, é tornata a casa. Era sera e si era messa a preparare la cena. Aveva un aria distrutta, probabilmente non dormiva da giorni. Non accennò una parola. Delle volte succedeva che passavamo serate intere in silenzio però quella volta era diverso, non so spiegartelo. Io la guardavo quando lei lasciò cadere il mestolo di legno per terra. So girò, ma invece di raccoglierlo mi guardò. Aveva gli occhi arrossati e leggermente lucidi, era tesa e sembrava che non stesse respirando. - Sas'ske-kun io...- non riusciva a continuare - scusami ma...io e te... Io e te non possiamo più stare insieme- e cosi ci lasciammo. In fondo era meglio per entrambi. Io non le piacevo, stava con me solo perché da migliore amica mi voleva aiutare con il mio clan. Come qualche IDIOTA a pensato di fare." scandì bene la parola fulminando con lo sguardo Naruto. "ci volle qualche giorno perché ci abituassimo alla cosa, però fu più facile del previsto. Infatti il nostro rapporto é migliorato. Ci parliamo di più e con più tranquillità e confidenza di prima, lei mi aiuta ancora con la casa del clan Uchiha e nulla." Naruto rimase pietrificato. Sakura aveva lasciato veramente Sasuke? Quindi, cioé...lei non lo amava come aveva sempre pensato? Era confuso, terribilmente confuso. Tutte quelle notizie in una sola volta...non si aspettava tutto ciò e non capiva più nulla. "Naruto riposati e non ti crucciare troppo. Non ti fa bene." disse Kakashi appoggiandogli una mano sulla testa. "Noi ce ne andiamo. Cerca di dormire."
La testa si aggrovigliava di mille pensieri incomprensibili che non facevano altro che accentuare il mal di testa che era subentrato alle troppe informazioni acquisite dal cervello simultaneamente. Mentre con le punta delle dita faceva pressione sul pulsante per immettere morfina, la ragazza dai capelli rosa si adoperava tra cartelle e pazienti. Era passato un mese e lei aveva deciso di prendere la spada e combattere.

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Capitolo 6
*** Ha inizio lo scontro con il destino ***



Ok, come promesso ecco il sesto capitolo già oggi! Sono curiosa di sapere cosa ne pensate e spero tanto che vi piaccia >^< Io intanto continuo a lavorare sull'undicesimo capitolo di questa storia (si esatto, sono più avanti XD) però è veramentedifficile scriverlo =.=
Buon lettura e grazie a tutti quelli che recensiscono le mie storie *^*


*Sclero time!*: Voglio la neveeee!! >^<



Capitolo VI -ha inizio lo scontro contro il destino-

Un mese. Era rimasto in un sonno perenne per un lungo mese. Quando aveva aperto gli occhi era tutto completamente diverso, come se fosse passata una vita. Gli occhi ceruli cercavano qualcosa, un colore, un oggetto, a cui aggrapparsi però sembrava tutto sconosciuto, tutto un mistero celato da una coltre di nebbia veramente troppo fitta.
Le foglie degli alberi si erano trasformate colorandosi di mille sfumature: marroni come l'ebano, gialle come le spighe, arancioni come il tramonto, rosse come il sangue. Alcune avevano già iniziato a d adagiarsi dolcemente sul suolo. L'erba era secca, marroncina, stava perdendo la vitalità della primavera passata. Il cielo, tintosi di grigio, si poneva sulla città con nuvole inquietanti. Il vento soffiava impetuoso, con veemenza, scompigliando quei capelli odoranti di ciliegia.
Sakura portò una mano alle tempie cercando di scostare dagli occhi quei ciuffi fastidiosi che le coprivano la vista. Teneva gli occhi smeraldini leggermente socchiusi e le labbra violacee e secche premute tra loro. Le dita snelle premevano sulla cinghia della tracolla verde che le pesava su un fianco sgualcendole quella parte dei vestiti.
Le era stato ordinato brutalmente da Tsunade-sama di tornare a casa a riposarsi senza fare troppe storie e ovviamente senza fermarsi da Naruto. In effetti era da un po' che non si faceva una bella dormita lunga più delle solite due ore su un letto che poteva essere definito come tale.
Infilò la chiave nella serratura facendo scorrere le mandate una a una. Spinse la porta di ferro e la richiuse dolcemente. Toltasi le scarpe, osservò casa sua come un estranea osserva un luogo appena conosciuto: le scarpe erano disposte ordinatamente nel piccolo ingresso, di fianco alla parete vi era un cassettone di legno scuro con sopra fiori dai colori e qualche fotografia senza cornice lasciata lì alla portata di mano nei momenti più nostalgici. Sakura non perse tempo a riporre gli stivali, ma li lasciò semplicemente dove ricadevano. Si catapultò in camera sua con una velocità stratosferica e un rapido saluto ai suoi.
Chiuse la porta alle sue spalle appoggiandosi come stremata ed osservò quella camera che da tempo era rimasta senza padrone.
La veranda abbassata lasciava penetrare solo qualche raggio di luce mattiniero che mostrava piccoli acari di polvere svolazzare da una parte all'altra della stanza. Le pareti color panna erano rallegrate da un albero di ciliegio in fiore dipinto all'angolo del muro dove vi era posto il letto appena rifatto. Piccole mensole si ponevano sulla parete opposta al letto sovrastando una scrivania ricolma, ma in modo ordinato, di fogli e fotografie di vecchia e nuova data.
Sakura si fiondò nel comodo letto nascondendosi sotto le soffici coperte.
-Chissà cosa succederà ora che Naruto si é finalmente svegliato- pensò prima che le palpebre si chiusero in un sonno pesante e finalmente tranquillo.

Il rumore dell'acqua corrente la risvegliò dal sonno pacificatorio. L'orologio segnava le sei del pomeriggio. Aveva dormito così tanto? Confusa dal risveglio e con i capelli spettinati aprì la porta e scese nel salotto. Sentì i genitori chiacchierare con una voce familiare e quando si avvicinò, capì subito che non sarebbe stato un incontro così piacevole. "Sakura, ti sei svegliata finalmente. Vuoi qualcosa da mangiare?" disse la madre poggiandole una mano sulla spalla. Il giovane fiore mugugnò qualcosa sistemando i vestiti sgualciti. "Ei fronte spaziosa!" "Ciao Ino-pig...cosa ci fai qui?" "Ero venuta a vedere come stavi però dormivi, ma i tua sono stati così gentili che alla fine mi sono trattenuta a chiacchierare." "Spero che non abbiate parlato di me..." sbadigliò cercando di fulminarla con lo sguardo. Le due presero il gelato che la madre di Sakura aveva portato e salirono nuovamente nella sua stanza. Sakura come prima cosa andò ad aprire la serranda facendo entrare più luce possibile, poi aprì la porta scorrevole che dava sul terrazzo e si rannicchiò sulla sedia. Ino la seguì fuori sedendosi di fianco a lei.
"Stai bene Sakura?" "Beh.." sospirò "Penso di sì o sicuramente sto meglio di prima." Ino emise una piccola risata. "Poco ma sicuro. Però sai...cosa pensi di fare quando lei arriverà?" Sakura guardava la ciotola di gelato e scelse i gusti da prendere per la prima cucchiaiata. "Sinceramente non lo so. Io non ho nessun diritto di intromettermi nella loro vita amorosa però vorrei essere sicura di quello che prova Naruto, voglio essere sicura che quello che fa non è semplice benevolenza ma qualcosa che prova veramente." l'amica la guardava con occhi seri mentre si gustava il gelato. Sapeva benissimo che la piccola Haruno provava forti sentimenti per il ragazzo. "Stai tranquilla Ino, Hinata è anche mia amica e non farei mai nulla con quell'idiota se é già impegnato. Non sono quel genere di ragazza." deglutì quella fragranza cremosa e terribilmente fredda. "Lo so, io mi preoccupo solo per te." "Non devi Ino, non più." e mentre le due ragazze si gustavano il buon gelato il sole aveva già iniziato a calare dietro il grande monte degli Hokage illuminando il villaggio di un intenso arancione abbracciato e unito a un dolce e determinato color rosato.

Non era stato facile per Sakura prendere in mano quella situazione così intrigata in cui si era ritrovata. Nel gomitolo rosso che teneva tra le mani si erano formati troppi nodi, troppi grovigli. In passato ogni volta che tentava di riporre rimedio, sentiva una stretta allucinante al cuore e lasciava subito perdere, forse per la paura di un ignoto futuro. Finalmente però si era decisa a riprendere quel gomitolo rosso che aveva riposto da tempo nel cassetto del suo cuore e aveva iniziato con calma a sciogliere ciò che prima parevano spine ma che alla fine si erano rivelati per quello che erano: solo nodi di un rosso gomitolo. E così iniziò l'ardua partita contro il destino, munita solo della forza di volontà e determinazione. Sapeva benissimo che sarebbe stato un avversario temibile, ma doveva farlo per se stessa. Così finalmente, dopo tutto il tempo che aveva giocato la partita solamente l'avversario, la rosa fece la sua prima mossa

<< Sas'ske-kun io... scusami ma...io e te... Io e te non possiamo più stare insieme.>>

Il sole aveva iniziato a fare capolino. Sakura si destò nel suo letto e con gran fatica riuscì a togliersi da sotto quelle comode e calde coperte. Nel mese in cui Naruto era in coma aveva spesso dormito all'ospedale e le poche volte che tornava a casa rimaneva sveglia tutta la notte, seduta fuori sul terrazzo, sonnecchiando per qualche oretta sulla sedia.
Erano le 6:00 del mattino e tra un ora sarebbe cominciato il suo turno all'ospedale. Nonostante Tsunade-sama avesse nuovamente insistito perché lei rimanesse a riposo, il giovane medico non poteva rimanere con le mani in mano per tutto il giorno.
Visto che tutti i suoi vestiti erano a lavare, indossò una vecchia maglia di suo padre. Era tutta nera e le stava grande, così la prese da un lato e l'annodò in modo da stringerla in vita. Poi indossò dei pantaloncini a metà coscia e scese di corsa in cucina. "Buongiorno Sakura" "Buongiorno!" disse la rosa addentando la fetta di toast che le aveva preparato sua madre. Prese la tracolla verde e indossò alla svelta le scarpe quando sua madre le urlò dalla cucina. "Sakura! Cos'é?! Hai deciso di non fare colazione?!" "Ok ok." la madre le porse un sacchettino dei sacchetti di carta da riporre nella borsa. "Qui c'é la colazione: pane tostato con marmellata e succo di pesca. Qui invece c'é il pranzo, questa volta te l'ho portato io: ho fatto il bento." "Ok grasskcziebf" disse con in bocca un toast. "Ricordati che prima di tornare devi andare a fare la spesa. Ti ho messo la listaaa!" Ma Sakura era già fuori per strada. Mentre si gustava la colazione, si sentiva più attiva. Quel giorno di riposo le aveva fatto proprio bene. Arrivata all'ospedale, indossò subito il camice bianco e come primo paziente prese ovviamente Naruto.
"Buongiorno" entrò nella stanza con in mano la cartella. Naruto dormiva come un angioletto. Aveva un volto sereno, tranquillo, si vedeva che si era già ripreso. Sakura inspirò l'aria nei polmoni ed alzò una mano. *SBAM!* "Buongiorno baka!" il giovane si piegò su se stesso dal dolore. Cos'era successo? Non lo capiva.
"AI!! MA COSA?! Sakura-Chan...!" mugolò cercando di svegliarsi completamente e di riprendersi da quella batosta improvvisa. "Su Naruto, non fare molte storie; devo farti gli esami e non posso perdere tempo. Sai, ci sono anche molti altri pazienti."
Mentre Sakura faceva ogni esame per accertarsi che stesse bene (si vedeva benissimo a occhio, ma i medici non possono lavorare in tal modo), Naruto vagava con la mente tra le pareti d'ospedale, tra le strade del villaggio eppure si soffermò sempre sulla solita ragazza dai capelli che hanno quel colore dei fiori di ciliegio. Sakura annotava sulla cartella clinica del paziente gli esami positivi. "Cosa c'é?" Naruto si era incantato nel guardarla. "Oh niente...mi ero solo...incantato! Mi ero solo incantato." perché la voce gli tremava? Aveva forse paura di essere picchiato dal peperoncino che si trovava accanto? "Quando mi dimettete?" "Non so, solitamente le persone normali non si riprendono così velocemente da un coma." "Quindi anche oggi?" "Ti dico che non lo so! Su alzati, dobbiamo vedere come stanno i tuoi muscoli." "Eh eh Sakura-Chan...quest-" "Pervertito" lo colpì con un pugno, ovviamente non forte, nello stomaco. "Quando uno é in coma non pratica attività e i muscoli si ritirano e perdono tonicità. Dobbiamo vedere il tuo stato." Naruto si tolse la maglia e a Sakura non uscì quasi il sangue dal naso! Arrossì completamente, il suo volto sembrava proprio un peperoncino. "M-ma sei scemo?! Non importava!" Naruto non poté far altro che scoppiare a ridere prendendosi dei bei pugni in testa. Dopo che si erano ricomposti, Sakura iniziò ad esaminarlo un po' ad occhio e un po' facendolo saltare e camminare per la stanza. Non riusciva ad aspettare gli esami di questo pomeriggio, era troppo curiosa di vedere se il chakra della volpe avesse provveduto anche a questo. "B-bene" tossì per schiarirsi la voce e ricomporsi; la faccia le tornò quasi normale. "Io ho finito, tu riposati." "Uff, di già?" "Non fare il bambino." Sakura fece per andarsene "Mi sarebbe piaciuto sentirmi raccontare altre cose su ciò che accade fuori." Si fermò sulla soglia della porta scorrevole. Aveva sentito bene? O se l'era solo immaginato? "Come fai a..." "Allora é vero quello che mi ha detto Sas'ke." Sasuke certo! Come aveva fatto a non pensarci prima. "Ts! Non ti fare strane idee capito?" incrociò le braccia dandogli la schiena. Naruto ebbe un impulso ed era da tempo che non dava più ascolto agli impulsi. "Ei mai che fai!" urlò Sakura rossa in volto. Naruto le stringeva saldamente la vita; il volto tra i vestiti sgualciti. "Eri preoccupata per me Sakura-Chan" "N-non é vero! Naruto basta! Naruto adesso mi devi mollare!" tra un pugno e uno strattone e le risatine scappate dalla bocca carnosa della ciliegina. Alla fine la mollò tra le risate; i capelli biondi come il grano spettinati e piegati da un lato. "Sei proprio un idiota!" Lui non rispose e la guardò uscire paonazza in volto.
Sakura uscì sorridendo per poi essere catapultata nella triste realtà: lui stava con Hinata e lei non aveva il diritto di intromettersi nella loro storia.
Doveva capire cosa Naruto provava per lei se una semplice amicizia, una cittadella passata che si fa risentire o qualcosa di più e a seconda della risposta lei avrebbe deciso cosa fare. Fece per tornare nella sua stanza e dirgli ciò che provava, ma subito scartò quell'idea bizzarra e tornò a lavoro.
Naruto fece le sue analisi seguite direttamente dall'Hokage: la massa muscolare non era stata danneggiata e non si era ridotta; il chakra della volpe é veramente incredibile. Sakura e Ino avevano organizzato una festicciola a casa di quest'ultima e sfortunatamente l'Uzumaki testardo e irrequieto aveva ascoltato ora, luogo e invitati tanto che, alle otto di sera, le infermiere si ritrovarono un bigliettino al posto del suo corpo con scritto: <>
e una faccina improvvisata che doveva assomigliare alla sua anche se si poteva dedurre solamente da sei scarabocchi su quello che doveva essere il volto.
 
***

Intanto qualche ora prima...

"Allora Sasuke ti va?" disse Ino rivolta all'Uchiha con occhi da cucciolo e mani congiunte mentre sussurrava "Ti prego!" e "daiii!" mugugnando. "E va bene." acconsentì scocciato guardando con occhi di disperazione l'amica dai capelli rosati che guardava la scenetta imbarazzata.
"Peró non dovrà esserci gente che non conosco e soprattutto Sakura dovrà supervisionarti." "Eh? E io che centro." "Mi fido più di te che di lei." bisbigliò arrossendo per quella specie di complimento o comunque cosa carina che aveva detto a Sakura che ne rimase impietrita ma compiaciuta. Lei ricambió con un dolce sorriso "Ok Sas'ke-kun, se proprio insisti" "Ts. La festa può iniziare dalle 23" lui se ne uscì dall'ospedale; ci era andato solo per sapere delle condizioni di Naruto che gli importavano chiaramente ma ovviamente il tenebroso e freddo Uchiha negava e avrebbe negato anche dalla tomba. Le due si salutarono compiaciute dell'operato e decisero di incontrarsi durante la pausa pranzo per decidere il tutto.
Organizzate le spese da fare e le persone da invitare, aspettarono la fine dei loro lavori per recarsi alla villa Uchiha dove si sarebbe tenuta una festa per la conclusione della ricostruzione della villa. Ino e Sakura iniziarono a disporre i cibi, le bevande, gli addobbi; posizionarono due grandi casse all'interno del salone gigantesco dove si sarebbe tenuta la festa e poi vi collegarono un pc ricolmo di canzoni. Poi Sakura chiuse determinate stanze dove ripose anche gli oggetti più preziosi e delicati. Ormai conosceva bene la casa e il suo arredamento e conosceva benissimo le preoccupazioni di Sasuke.
Stanchi e sudati si prepararono per la serata ed aspettarono l'ora prefissata. Finalmente arrivò qualcuno; c'erano i membri di ogni team ma senza i sensei a fare da guardia, c'erano i membri del team Taka che ormai si era trasferito qui a Konoha; mancava solo Hinata che era in missione, Naruto in ospedale e Neji, Sakura avrebbe voluto invitare anche Gaara Temari e Kankuro ma ovviamente avevano ben altro da fare che partecipare ad una festicciola del genere. L'atmosfera si riscaldò in poco tempo, la musica risuonava tra le mura della sala, il cibo veniva divorato e l'alcool ingurgitato. Era quasi mezzanotte, la porta si spalancò e una figura vi apparve. Alto, dai capelli spettinati e biondi, pelle bronzea e tre segni indelebili su ogni guancia simili a graffi o baffi di volpe. "Naruto!" urlò Sakura andandogli incontro. Sasuke avrebbe voluto raggiungere quell'idiota, ma una ragazza ormai donna dai capelli rossi come il fuoco ardente lo tratteneva fermamente.
"Ei Sakura-Chan!" "Naruto cosa ci fai qui?!" disse la rosa sbraitando e prendendolo per un orecchio. "Ai! Ai! Ai! Lasciami!" "Cosa ci fai qui? Dovresti essere all'ospedale!" "Beh ho saputo della festa e ... Ho pensato di venire a vedere un po'..." Naruto scrutò l'amica che si poneva su di lui con aria minacciosa:
Faccia seria, bocca imbronciata, braccia conserte sul petto, gambe tese e dritte. Ai piedi calzava tacchi a sandalo color porpora che la rendevano più alta e slanciata con gambe toniche e nivee che avrebbero ammaliato qualsiasi uomo; a partire da metà coscia un delizioso vestitino nero l'avvolgeva delicatamente evidenziando ed accentuando le sue forme, il vestito era retto da due lacci attorno al collo che sul petto si ricongiungevano in una profonda e bellissima, al parere di Naruto, scollatura; i capelli erano lasciati cadere morbidamente sulle spalle e dei braccialetti a cerchio color del sangue risuonavano al polso destro della ragazza. Ovviamente non poté non soffermarsi sul suo volte splendido. Occhi smeraldini brillavano tra le luci del salone e la notte al di fuori della porta e quelle labbra rosee erano semplicemente bellissime. Carnose, morbide, con un tocco di-
"Non é una buona scusa sai? Ei! Ma ti sei incantat-" "Hai il rossetto?" "C-cosa?!" la rosa indietreggiò imbarazzata e rossi in volto. Naruto si fece più avanti per scrutarla ben bene e senza accorgersene si avvicinò pericolosamente a quelle labbra ritratte in una smorfia "Idiota!" Naruto venne catapultato per terra da un fortissimo schiaffo mentre il cuore della giovane donna batteva all'impazzata. "Sakura-Chan! Perché l'hai dovuto fare?" mugugnò rialzandosi. "P-perché..." non sapeva che dire, la voce le tremava e si sentiva terribilmente accaldata. "Idiota." e se ne andò verso il tavolo dell'alcool. Afferrò una bottiglia di birra, la stappò e buttò giù un grande sorso. "Sakura-Chan guarda che non mi scappi questa sera." Naruto l'aveva afferrata per i fianchi e sussurrato quelle parole nell'orecchio e lei aveva rischiato di disputare ogni cosa! "N-Naruto.." lui le sorrise divertito e fortunatamente Sakura si riprese tornando la solita piperita di sempre.

Tra un drink e un altro, le risate e le chiacchiere, Naruto non riusciva a star lontano da Sakura. Qualcosa lo attirava a lei, con un infrenabile passione, ma non capiva cosa...
Il cuore gli batteva fortissimo e il solo incontrare i suoi occhi color menta piperita gli toglieva il fiato; Pensava che fosse solo l'effetto dell'alcool, ma non sapeva, o se lo negava in ogni modo, che quello che provava era qualcosa più forte persino dell'alcool.
"Ei Naruto! Non dovresti essere in ospedale?" gli chiedevano tutti. "Beh teoricamente" ridacchiava lui con una birra in mano. Tra quella folla di corpi che ballavano, ragazze ubriache che si davano alla pazza gioia e ragazzi che si buttavano dietro loro a capo fitto, nonché Sasuke che silenziosamente se ne spariva in una stanza della casa con la giovane rossa dalle perversioni più sfrenate, intravide una dolce testolina rosa danzare insieme alla sua amica tra due ragazzi. Naruto appena la vide ne rimase... Beh, non servono dolci parole per descrivere ciò che provava, semplicemente si era eccitato a vederla. Subito però si riprese e le corse in contro strappandola dalle mani di quei due opportunisti che si godevano lo spettacolo. "Ei che fai?" Naruto la portò a giro tra le stanze della casa accessibili, ma sfortunatamente erano tutte occupate. "Cosa vuoi fare Naruto?" "Tranquilla Sakura-Chan, non ti voglio fare nulla di male." le sorrise tranquillizzandola; lei si lasciò trasportare a giro quando un tacco si ruppe. Il giovane Uzumaki, senza pensarci due volte, la prese in collo e la baciò sulla fronte. "Dove la porto mia principessa?" "In un posticino tranquillo" scoppiarono a ridere.
Con le sue braccia al collo e il respiro sulla sua pelle, la portò fuori da quel casino disumano, nel giardino sul retro. "Eccoci qui mia principessa." "Grazie.."

La notte buia era illuminata dalla luna piena che brillava nel cielo notturno circondata da una miriadi di stelle luminose. I due sedevano su un dondolo sotto le fronde degli alberi antichi mentre venivano cullati dal vento. I due iniziarono a parlare e a parlare, ridendo e scherzando. "Sakura-Chan ma quanto hai bevuto? Ahahahah!" "Che te ne frega! Anche te hai bevuto!" disse puntandogli il dito sul petto e avvicinandosi al suo volto socchiudendo gli occhi come per essere più minacciosa ma risultando solamente più tenera. "Ahahahah! Sakura-Chan sei proprio carina sai?" disse prendendogli il volto tra le mani e premendo il suo naso contro il proprio. Rimasero entrambi spiazzati. Sakura non si aspettava una certa reazione e Naruto non si aspettava certamente di dirle ciò che pensava; anche se non erano ubriachi, l'alcool aveva solamente sciolto la lingua. "S-sakura-Chan..io..." la gola divenne improvvisamente secca, il corpo accaldato, il respiro affannato; le loro labbra erano terribilmente vicine.
<>
"Sakura-Chan...io...io t-" "Naruto-kun!"

Come una folata di vento gelido quella voce tagliò gli animi dei due protagonisti che rimasero come impietrito, congelati; il rumore di un filo rosso quasi reciso; un dolore incomprensibile.
Ed ecco che il destino aveva contrattaccato, impugnando la spada e puntandola contro i loro petti. Naruto abbassò le mani lasciando quel viso congelato dal freddo della notte. Si alzò barcollando per andare verso Hinata, ma la giovane Hyuga gli saltò addosso ributtandolo sul dondolo. Sakura era ancora lì, come Naruto l'aveva lasciata. Hinata teneva la testa sul suo petto e le braccia attorno al suo corpo. Lo strinse forte a se mentre piangeva senza sosta. Naruto invece era impassibile, più che altro quasi scioccato; il suo volto era diventato pallido, i suoi occhi persi in chissà quale dimensione e le labbra appena socchiuse come pronte a parlare ma incapaci di farlo. "N-naruto-kuuun...sono...sono così felice.." mugugnava tra le lacrime. "Avevo tan..tan..tanta paura...!" Sakura si alzò rivolse un mezzo sorriso a Naruto come per svegliarlo e se ne andò stringendosi nelle spalle per il freddo. Corse in casa, chiuse la porta, fece un bel respiro e prese il primo alcolico che gli capitò sotto mano; ne buttò giù un gran sorso. La gola gli bruciava da morire, allora lesse la bottiglia <>

Naruto, vedendo Sakura andarsene rivolgendogli un sorriso amaro, si risvegliò come da un sonno profondo. Si accorse di avere Hinata tra le braccia che piangeva e gli diceva paroline dolci. Ancora un po' intontito, le posò una mano sulla testa. "Ei Hinata..." non riusciva a dire altro, aveva come un groppo in gola. Lei si alzò asciugandosi lacrime e sedendosi al suo fianco. "Scusami Naruto-kun è che sono veramente felice di vedere che stai bene." "Eh eh..." si sentiva come rincoglionito. Hinata, la sua ragazza, era lì accanto a lui eppure non era felice, si sentiva male, e voleva un 'altra persona accanto a se. Prima era veramente felice, non era l'effetto dell'alcool o della confusione, era veramente felice perché era in compagnia di Sakura. Lui vole lei al suo fianco eppure...eppure eccolo che se ne stava sul dondolo con Hinata che lo teneva per un braccio e gli diceva quant'era felice tutta rossa in volto.
Naruto non capiva perché doveva sentirsi così strano. Lui era innamorato di Hinata no? Lei le aveva dichiarato il suo amore durante la guerra contro Pain e durante la quarta grande guerra ninja..e lui allora le aveva chiesto di uscire. Perché provava qualcosa giusto? Eppure al solo pensiero di quella ragazza dai capelli color confetto, con il carattere irrequieto e violento, il cuore impazziva. Quindi lui cosa provava? Cosa provava per Hinata? Cosa provava per Sakura? "Naruto-kun..." lo scosse leggermente. "Ho un po' di freddo.." "Oh! Vuoi che ti riporto a casa?" lei annuì.

Erano le due di notte. I mostri delle tenebre facevano capolino dai loro nascondigli e si insidiavano tra la gente per leggerne i cuori e nutrirsi delle loro sofferenze. Così Naruto se ne tornò a casa con Hinata mentre la sua mente se ne vagava alla ricerca di quella ragazza a cui era legato il filo rosso del destino.

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Capitolo 7
*** Passione, amore, dolore ***



Buongiornooo! Sì, sono proprio io, la vostra scocciatrice di turno :3 Sono qui con il settimo capitolo dellla fanfiction. Sono curiosa di sapere cosa ne pensate e se vi piace *^* Speriamo bene! >^<






Capitolo VII -Passione, amore, dolore-
Il sole di mezzogiorno entrava dalle persiane illuminando quella buia stanza intrisa d'alcool e cibo sparso qua e là. Sakura si svegliò rintontita sul divano con le gambe leggermente rialzate. Vedeva sfocato, si sentiva uno schifo e provava ancora nella gola una sensazione di calore tipica dell'alcool. Mise a fuoco la vista guardandosi più volte attorno: si trovava a casa di Sasuke, sul suo divano; bicchieri rossi risaltavano sul nero pavimento disposti in,modo disordinato e casuale, in alcuni tratti formando strane figure come messi lì di propria volontà, il cibo era sparso ovunque per terra, sul tavolo, sopra le casse, in un vaso e con diverse forme, intero, sbriciolato, a fettine, spappolato. Barcollò verso il bagno, ma quando lo aprì un odore sgradevole di vomito la invase. Richiuse velocemente la porta di legno e cercò di riprendersi da quell'odore nauseabondo. Il lungo corridoio che portava alle varie stanze era completamente al buio, gli occhi non riuscivano a distinguere le varie forme presenti nella stanza per loro non vi era nessuna porta, nessun muro, nessun tavolino con piccoli vasi e nessun quadro. Arrancando qua e là e aprendo varie porte e finalmente, quando gli occhi ormai si erano abituati a quel buio che divenne fortunatamente più nitido, trovò il secondo bagno.
 

***



Buio, opprimente, irrespirabile, fastidioso, che ti avvolge tra le sue braccia lasciandoti cadere in un vuoto infinito dove nessuna luce brilla, dove nessuno arriva. Così Naruto si risvegliò completamente confuso. Si guardò attorno per capire dov'era; mise bene a fuoco la vista. Era a casa sua, avvolto dal silenzio delle tenebre mentre tutto taceva attorno a lui e solo i pensieri risuonavano nella mente cercando di riportarlo alla realtà dei fatti. La testa gli scoppiava tremendamente, la gola bruciava, la lingua sapeva ancora di alcool. Certo, ieri sera dopo aver riaccompagnato Hinata a casa doveva essere tornato nella sua abitazione. Si alzò barcollando e andò in bagno. Afferrò un aspirina e la lasciò sciogliere nell'acqua. Le bollicine salivano con frenesia verso la superfice; una frenesia simile a quella di ieri sera che gli aveva preso l'animo quando teneva tra le mani quel piccolo volto infreddolito. Si guardò i palmi; adesso erano vuoti. E come era svanita quell'emozione inspiegabile, così le bollicine smisero di emergere. Prese il bicchiere e deglutì tutto in un sorso. La luce della lampadina lampeggiava opaca << devo decidermi,a cambiarla un giorno di questi.>> borbottò tra se e se, il suo sguardo poi ricadde sul riflesso dello specchio. Una ragazzo dai capelli scompigliati e l'aria di uno che si è appena svegliato dopo una sbronza. Aprì l'acqua del rubinetto e se la buttò sul viso. Continuò a fissare il suo percorso con gli occhi ceruli spenti mentre i ricordi di quella sera riaffioravano pungendogli la mente fortunatamente ormai già sotto l'effetto della compressa che annebbiava quei dolori. L'acqua continuava a scendere veloce dal rubinetto e a formare goccioline sui lati del lavandino dove l'acqua non l'aveva bagnato durante il suo circuito verso lo scarico.
Un brivido improvviso lo fece riprendere riportando il suo sguardo sul riflesso donatogli dallo specchio un po' opaco in alcune zone e finalmente notò un particolare che si era dimenticato.
Certo! Quella sera faceva freddo e lui... "Cazzo! La felpa l'ho lasciata a Sakura!"
 

***



Accese la luce che subito illuminò quella grande stanza delineando le varie forme degli oggetti lì presenti, ma provocando un gran fastidio agli occhi smeraldini della giovane che si dovette inizialmente coprire con una mano. Si soffermò sui vari particolari della stanza, cercando di distogliere la mente su pensieri non desiderati:
Le pareti erano composte da piastrelle quadrate di marmo bianco decorato da vari motivi floreali, il pavimento bianco come il latte smorzato dalla riga grigiastra che distingueva mattonella per mattonella, il lavandino che perdeva acqua, lo specchio immacolato sopra fi esso aveva una cornice d'oro di motivi floreali, si poteva intravedere qualche ramo di chi sa quale albero immaginario.
La mente sobbalzò ripercorrendo la serata di ieri:
Le fronde degli alberi del giardino sul retro, il dondolo posto sotto imponenti tronchi, lui, il suo calore <> si riscosse decisa puntando i piedi scalzi sul pavimento. Si doveva concentrare. Fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e assaporò l'aria entrarle nelle narici e poi giù fino ai polmoni per poi riuscire vibrando tra le labbra semiaperte.
Riprese l'accurata scannerizzazione degli oggetti: la doccia stava in un angolo, ad una parete vi era la vasca sormontata da una finestrella che dava su un suntuoso giardino, ma la luce non vi entrava con estrema facilità perché la stanza dava verso nord perciò bisognava tenere sempre le luci accese o il buio avrebbe avuto la meglio.
La notte stellata sopra di noi, un venticello che ci cullava, avevo freddo, il tuo corpo mi riscaldava, ti sentivo vicino, così terr- <> scosse ripetutamente la testa. Balzò in avanti verso la doccia e l'aprì, si fece per togliere il vestito quando si accorse di un particolare. Indossava la felpa di Naruto.
Perché la indossava? Forse gliel'aveva prestata ieri sera visto che aveva freddo, ma non se lo ricordava proprio. Si guardò nello specchio mentre l'acqua scorreva nella doccia, la guardò e la riguardò più volte come se fosse stato solo un miraggio e stesse aspettando che se ne andasse via dissolvendosi nell'aria. Nulla, la felpa era ancora lì e lei la stava indossando. Spostò lo sguardo sul suo viso stanco e si sistemò i capelli scompigliati. Fece un respiro e lentamente fece scivolare lungo il suo corpo la felpa e il vestito insieme alla biancheria provocante che aveva indossato per quell'occasione.
Infilata sotto l'acqua marmata, i pensieri non diminuirono, anzi!, continuavano ad aumentare come seguissero quel flusso. Non poteva proprio sottrarsi a quei pensieri eh? Quando finalmente pensò di essersi svegliata al punto giusto uscì. Cosa doveva indossare? Gli accappatoi erano nell'altro bagno e non gli andava di bagnare la felpa di Naruto. Perciò decise di indossare un asciugamano e poi ci avrebbe pensato dopo. <<Se solo avessi lasciato qui qualche mio vestito...>> ma ormai era inutile crucciarsi. Così si legò l'asciugamano intorno al seno, era lungo più o meno fino metà coscia o poco più in su.
Aprì la porta
 

***



Naruto aveva deciso di tornare dall'amico per la felpa. Aveva freddo e prima l'avrebbe ripresa e meglio sarebbe stato. <<Sakura sicuramente sarà già tornata a casa>> pensò tra se e se quindi non avrebbe avuto problemi di nessun tipo se non altro che la felpa l'aveva data proprio a lei! Sperava che la ragazza gliel'avesse lasciata da qualche parte almeno non l'avrebbe dovuta affrontare e sarebbe andato tutto liscio. Inevitabilmente il suo pensiero andò a ricadere in quella sera, quando la vide sulla soglia della villa, con quell'abitino che le stava da Dio e la sua espressione veramente divertente. Sbuffò e tra un pensiero e l'altro aveva finalmente raggiunto la meta. Bussò alla porta, ma nessuno rispose. Fortunatamente la porta era aperta ed entrò senza esitazioni. La sala era in un disastroso casino che avrebbe fatto incazzare di brutto Sasuke. Notò uno strano particolare; ai piedi del divano vi erano due scarpe con tacco. Bah, forse erano di Sakura o forse di un'altra, non doveva badarci tanto. Guardò in tutti gli angoli della sala ma della sua felpa non c'era traccia, così andò nel buio corridoio. Aprì la prima stanza, ma quello che si ritrovò era l'odore nauseante del vomito. Richiuse velocemente. Non importava se fosse stata lì o meno, lui non ci avrebbe messo piede. Aprì un'altra stanza, un'altra e un'altra ancora ma nulla; in una trovò addirittura l'inimmaginabile: Sasuke sdraiato nel letto con una donna dai capelli rossi e i vestiti ovviamente erano sparsi sul pavimento. Ghignò al solo pensiero di come l'avrebbe preso per il culo appena si fosse svegliato ed intanto si avviò verso l'ultima porta.
L'aprì.

Un rigolo di sangue iniziò a colargli dal naso mentre gli occhi non potevano che rimanere incantati d'avanti a quella visione. Non riuscì ad emettere fiato che si ritrovò disteso per terra con la faccia gonfia e qualche rigolo di sangue che colava con piccole gocce sul freddo pavimento. Si rialzò barcollando e timoroso portandosi preventivamente le mani avanti. Il rumore di una porta che si sbatte riecheggiò in tutto il corridoio vibrando tra le pareti sottili. "Sakura-chan..." mugugnò cercando di fermare il sangue. "Scusami..." appoggiò lievemente il palmo della mano sulla maniglia della porta, era freddo. "Ora entro capito?" fece pressione. Sakura era seduta e cercava di coprirsi il più possibile senza risultati. "Che c'é. Te lo sei meritato quindi zitto." lo fulminò con uno sguardo. Teneva le braccia incrociate sul petto per nasconderlo e le gambe accavallate. Naruto cercava di trattenersi con tutte le sue forze, ma non avrebbe resistito a lungo in quel modo. Si guardò alla svelta intorno alla ricerca di qualcosa che la potesse coprire abbastanza. Vide per terra la sua felpa e fu come i raggi caldi del mattino. La raccolse velocemente e, girando il volto per non vederla, gliela porse. "Tieni, indossala." ci fu un attimo di silenzio, di esitazione. La voce era tremante, il volto in fiamme, la gola la sentiva anfora secca e il respiro pesante. <<Resisti!>> Sakura l'afferrò senza emettere fiato. Lasciò cadere l'asciugamano lungo i suoi lineamenti corporei e con rapidità indossò la felpa. Rimase un attimo ad assaporare l'odore che emanava, era ancora calda e sapeva di ramen. Sorrise divertita. Si sentiva veramente bene con indosso quell'ammasso di stoffa cucita. "Idiota adesso ti puoi anche girare." Obbedì. Un formicolio gli invase la punta delle dita e subito dopo sentì dentro il sangue ribollire. <<Resisti cazzo, resisti!>>

Erano le dodici meno dieci. L'orologio ticchettava armoniosamente coperto dal rumore delle uova sul fuoco. Im questi anni in cui Sakura era stata con Sasuke aveva affinato la sua dote culinaria, ma sfortunatamente non più di quanto lei credesse. Naruto sedeva in silenzio, più per fame che per altro, sdraiato sul tavolo intento a fissare il fondoschiena della rosa non visibile per via della felpa ma che dava molto ad immaginare. "Ecco qua." porse un piatto con uova e pancetta a Naruto. Lui deglutì, non voleva mangiare, ma lei lo guardava con un sorriso stampato in faccia ed aspettava soltanto che lui assaggiasse. Si fece coraggio. Impugnò tremante la forchetta e prese un po' di uova strapazzate. Dall'aspetto non sembrava male, c'era solo qualche bruciata ma per il resto andava bene. Ingoiò.
Le labbra si restrinsero come rinsecchite, afferrò velocemente la brocca dell'acqua e la finì completamente. "Allora? Come sono?" cosa doveva dire? Se diceva che erano buone avrebbe dovuto continuare a mangiare e comunque Sakura se ne sarebbe accorta mangiando lei stessa, se le diceva che erano orribili si sarebbe offesa e sicuramente avrebbe ricevuto un bel destro. "Eh~h" la voce gli tremava. "Sono un po'...un po' salate..." O Dio! Aveva fatto bene? Avrebbe ricevuto un destro diretto? "A me non sembrava-" divenne paonazza, la brocca d'acqua era vuota. Quell'idiota l'aveva prosciugata! Bevve un bel po' d'acqua dal rubinetto. "AAH!" appoggiò le mani sul lavello fissando l'acqua che se ne andava giù per lo scarico. "Sono proprio incapace in cucina eh eh." Aveva provato a fare del suo meglio, voleva preparargli una buona colazione, credeva di essere migliorata almeno un po', si era tanto impegnata. Naruto la fissava, aveva capito che la dolce rosa si era veramente impegnata per fargli tutte quelle ... Cose! Sospirò; si sarebbe amaramente pentito di averlo fatto, ma... "Sakura-Chan ce n'é ancora?" allungò il piatto verso di lei. Aveva finito tutto. "Naruto non-" "Ne voglio ancora. Sono solo un po' salate tutto qui." cercò di sorridere mentre la bocca si ritirava e lo stomaco si rivoltava. E cosi mangiò un secondo, un terzo e un quarto piatto. Sakura lo guardava, guardava quel coglione che mangiava senza sosta quel piatto disgustoso solo per farla felice. "Era tutto buonissimo Sakura-Chan!" disse toccandosi la pancia piena. Avrebbe fatto questo e altro per lei.
Improvvisamente cadde. Aveva il volto paonazzo, la bocca ritirata e rinsecchita e un filo di bava colava dalle sue labbra. "Naruto!" Sakura si catapultò su di lui. Fortunatamente era cosciente! "Naruto tranquillo!" tutta colpa della sua colazione. Lo prese sotto le ascelle e lo trascina lungo tutto il corridoio fino a portarlo in bagno. Naruto sbavava sempre di più borbottando parole a caso come "Sale...Pancia...ancora..." entrata in bagno gli rivolse il volto verso il water e gli infilò due dita in gola. Rivomitò ogni cosa, anche l'anima. Lei intanto le passava delicatamente la mano sulla schiena sussurrandogli parole dolci di conforto e qualche insulto a fin di bene. Si asciugò con la maglia la bava che gli colava dal mento e fissò saldamente le mani alla tavoletta. La maglia nera era diventato uno schifo, puzzava di vomito, saliva e sudore. Se la tolse rapidamente schifato. La rosa tirò lo sciacquone e la sbobba giallognola venne risucchiata nelle profondità dello scarico, strappò qualche pezzo di carta igienica e prese il volto di Naruto tra le mani. Iniziò a passargliela lungo le labbra rinsecchite. I suoi occhi ceruli erano annebbiati dalle lacrime che brillavano alla luce della lampadina. "Sei veramente uno stupido." disse sorridendogli dolcemente. "Non ti dovevi sforzare a mangiare." "L~l'ho fatto ... volentieri ... S~Sakura-chan.." si sforzò di sorridere mentre gli occhi contratti avevano fatto scivolare le lacrime lungo le guance. Lo abbracciò, quell'idiota! quell'idiota era così dolce. "Naruto..." gli sussurrò all'orecchio provocandogli un brivido.
Era pronta a continuare, a confessarsi quando la porta si aprì bruscamente. Una figura si poneva sulla soglia "Naruto? Che ci fai qui?" Sakura sciolse l'abbraccio permettendo al biondo di girarsi. "E~eilà Sas'ke.." "Che ti é successo? Hai una brutta cera" "Eh eh" sorrise Naruto portandosi una mano dietro la nuca. "Ero venuto a riprendermi la felpa" lo sguardo corvino si posò sul corpo di Sakura provocandole un leggero imbarazzo "Eh~h non é come sembra.. Non avevo altro da indossare oltre a quello scomodo vestito..." "Non mi convin-" "SA-SU-KEEE~â¤" Una chioma rossa si catapultò sul giovane Uchiha che rimase impietrito e imbarazzato. "Allora andiamo a fare questo bagn- oh ciao!" sorrise. Karin indossava solamente un perizoma di pizzo nero. Il piccolo petto era premuto sui pettorali di Sasuke che intanto era diventato rosso dall'imbarazzo. Il colorito di Naruto si era completamente ripreso ed era diventato simile a quello di un pomodoro. Sakura rimase un attimo scossa da quella scena, ma quando poi vide il volto di Naruto e una leggera protuberanza, beh ... In quel posticino, sbottò. Naruto si ritrovò un bel gancio dritto sulla testa. "SEI VERAMENTE INCREDIBILE! SPORCO PERVERTITO!" Lo prese per un orecchio e lo condusse fuori dal bagno gridando "Aprite la finestra che c'é puzza di vomito!"

Il corpo di Naruto venne scaraventato con una terribile furia sul divano. Nei suoi occhi si poteva leggere la paura. Mugolava, piagnucolava, implorava pietà. Sakura era ricolma di rabbia, i suoi occhi parevano quelli di un demone. "Sei veramente incredibile Naruto! Prima stai tanto male e poi, appena vedi Karin, BOM! i tuoi ormoni vanno a mille." "Sakura-Chan ... Non volevo mic- Ei aspetta. Oooh ho capito." disse con sguardo malizioso poggiandosi sui gomiti. "Se gelosa." "Eh? Cosa? Ma stai scherzando?" "Si si Sakura-Chan tu sei gelosa." le puntò il dito fiero della sua deduzione. "Ma cosa dici Naruto! E perché dovrei esserlo?" incrociò le braccia "Lo sai tu questo." "Smettila allora di dire cavolate Naruto." "Forse..." si alzó avvicinandosi all'orecchio della rosa per sussurrargli. "Non è che sei gelosa perché beh... Prima si é mosso e quando ti ho visto no?" Sakura arrossì mentre Naruto scoppiò a ridere. Ma cosa diceva quel deficiente?! "Ma sei Coglione o cosa?! Io ti ammazzo!" Sakura si girò verso di lui e gli tirò uno schiaffo bello forte in viso e una piccola serie di pugni ben assestati. "Aaaah!! S-sakura-chann...i-io stavo. Aaaah! stavo scherzandoo!!!" E proprio quando Sakura allentò la presa, con una mano Naruto la prese per il polso con l'altra le cinse il girovita e la strinse a se facendola adagiare, anzi buttandola - non era stato molto fine nel compiere l'azione - di fianco a lui sul divano. Divenne rigida e le guance si colorarono ancora di più, sentiva lo sguardo di Naruto sul suo corpo mentre rideva compiaciuto. Era pronta a dimenarsi, tanto sapeva di essere più forte di lui, quando si accorse di un piccolo dettaglio che chissà come le era sfuggito forse presa com'era dai suoi sentimenti. Il suo petto era vicinissimo a quello del biondo che, diversamente dal suo, era nudo. La maglia! Già, la maglia sporca e puzzolente era rimasta in bagno. Naruto la teneva stretta a se cingendola saldamente per paura che scappasse e gliele desse di santa ragione, ma dopo poco aveva notato che la piccola testolina rosa aveva smesso di agitarsi e allentò la presa. Lei si rannicchiò ancora di più tra le sue braccia, quanto aveva desiderato quel momento, quanto voleva risentire quelle braccia stringerla. Il calore dei due corpi, una voglia irresistibile l'uno dell'altra. I loro sguardi si incrociarono, le labbra di Naruto si avvicinarono, si perse nella passione ardente che li avvolgeva, ma un odore sgradevole stonava con quell'atmosfera ardente. Doveva parlare, prima che fosse troppo tardi, doveva dire qualcosa, anche se contro la sua volontà. La gola era secca, non riusciva ad emettere suono, il cuore e pulsava in gola, le mancava il fiato. <> "N-NO!" Spinse via Naruto e cadde sul pavimento freddo. Lui si spinse istintivamente avanti. Aveva gli occhi spalancati come se si fosse solamente ora ripreso dall'accaduto, come se quello di prima non fosse lui. I due rimasero in silenzio a guardarsi. Sapevano di essersi fermati in tempo. Sakura fece per rialzarsi, ma era completamente svuotata, dentro di se non sentiva altro che l'eco sordo del cuore che pulsava ininterrottamente, incosciente delle cause che l'avevano spinto a pulsare più velocemente per quella frazione di secondo. Cosa avrebbero dovuto dirsi? Nessuno dei due lo sapeva Naruto si rialzò ondeggiando porgendo la mano alla giovane. Lei tentennò, poi l'afferrò e venne sollevata di peso. Aveva le lacrime agli occhi. Perché? In quel momento sentiva il cervello scollegato, non capiva più nulla, non ragionava con lucidità. Naruto si spostò silenziosamente verso il bagno e raccolse fuori dalla porta la maglia nera, tornò nel salotto. Sakura era ancora lì incapace di pensare e di muoversi, a stento si reggeva in piedi. "Sakura-chan adesso mi dovresti rendere la felpa." aveva un tono profondo e severo. Lei annuì e fece gesto di attendere. Barcollò verso il primo bagno. Fu avvolta da un odore di vomito insopportabile. Trattenne il fiato ed entrò. Si sfilò velocemente la felpa e indossò quel vestito scomodo della sera prima. Era stropicciato e si sentiva l'odore impregnante dell'alcool. Uscì fuori e porse la felpa a Naruto, poi raccolse le scarpe e uscì di casa senza salutare, senza guardarsi indietro. Quando la porta si chiuse rimase un attimo immobile con gli occhi chiusi. Alzò il naso verso il cielo ed inspirò l'aria fredda pomeridiana. Iniziò a correre lungo la strada mentre grosse lacrime le solcavano le guance arrossate. Il freddo le pungeva la pelle, i piedi le dolevano, ma stringeva i denti e correva, correva senza ascoltare il suo corpo, stringendo in una mano i tacchi che le aveva prestato Ino. Finalmente arrivò al pianerottolo di casa, i sua non c'erano. Raccolse la chiave di scorta nascosta bene e la infilò nella serratura. I piedi erano arrossati, intorpiditi e un rigolo di sangue scivolava da sotto la pianta. Entrò e fu avvolta dal calore, fece qualche passo poi si lasciò cadere sul pavimento di legno e scoppiò in un pianto fragoroso. Ringraziava il cielo che i sua non fossero lì in quel momento, aveva bisogno di stare sola lontana dai suoi problemi, dalle persone del villaggio e dal villaggio stesso, aveva bisogno di stare lontana da Naruto e fortunatamente quella sera sarebbe dovuta partire per una missione speciale.

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Capitolo 8
*** La vittoria del destino? ***


Ei Buongiorno!! Sono io e sono tornata con un nuovo capitolo Spero vi piaccia :3 Buona lettura e grazie per il vostro sostegno che mi rende ogni giorno sempre più felice e mi daà la voglia di scrivere sempre di più e sempre con più passione <3



Capitolo VIII - La vittoria del destino? -

Un dolore lancinante le premeva sulla tempia destra mentre i piedi arrossati dolevano al minimo movimento. Carponi sul pavimento, fece qualche passo per poi alzarsi e barcollare in camera sua. Si sentiva completamente vuota, privata di ogni suo sentimento, di ogni sua sensazione o pensiero. Entrò semplicemente nella stanza lasciando sbattere la porta dietro di se fragorosamente. Le serrande chiuse non permettevano a neanche un raggio di illuminare la stanza, immersa in un cupo buio grigiastro. Fece per andare ad aprire la finestra quando il suo sguardo cadde su una vecchia cornice poggiata sulla scrivania accanto a libri, vestiti e oggetti di vario tipo. Un' enormità di emozioni emersero dal più profondo oblio del suo cuore lasciandola spaventata e sconcertata. Sentì le gambe cedergli, il corpo le tremava. Rabbia, rancore, rimorsi, gelosia. << Quell'idiota di Naruto! Quello stronzo! >>
Con gesto veloce fece volare tutto sul pavimento. Lo odiava, lo odiava da morire. Il rumore dei vetri infranti la liberò da quella sensazione che le aveva annebbiato la mente, come fa l'alcool o la droga. "Cos'ho fatto!" si catapultò tra i vetri rotti della cornice cercando di risistemare tutto, ma si tagliò solamente un dito. Il sangue le scorreva lungo le falangi per poi cadere sul legno chiaro come gocce gravitazionali. Il sangue era di un colore rosso vivo. Intenso.
Raccolse la foto uscita dalla cornice e, premendo i palmi sulle cosce, si rialzò lasciandosi cadere supina sul letto. Con gli occhi distingueva ed analizzava ogni minimo dettaglio mentre con le dita premeva sugli angoli della foto facendo attenzione a non sciuparla ulteriormente.
Il suo sensei Kakashi, Sasuke e Naruto che si guardavano ringhiosi e lei che sorrideva... Già sorrideva.
Una miriade di immagini le passarono nella mente:
Sasuke che l'abbandonava, Naruto che si sacrificava per lei, Sasuke che le ripeteva di essere inutile e noiosa, Naruto che metteva da parte i suoi sentimenti per lei, lui che la proteggeva, che cercava sempre di farla sorridere, il giorno della sua promessa, la battaglia alla valle proibita, lo scontro contro pain, contro Orochimaru, lui trasformato in volpe, la falsa dichiarazione, ogni volta che lo aveva fatto soffrire e che non l'aveva protetto, ogni volta che lui rischiava tutto se stesso per lei.
Era una stupida, una stupida di prima categoria. Si era innamorata di un principe azzurro inesistente opera di una strana fantasia che le impedì di vedere chi veramente teneva a lei e adesso l'aveva perso; per sempre. Lui ormai apparteneva ad un altra e lei non ci poteva fare nulla. Quello che provava doveva seppellirlo e gettarlo via, non doveva esistere. Quei momenti cosi intensi fra i due, quell'intesa cosi piacevole, doveva essere solo un ricordo di un passato più o meno piacevole. Non doveva più commettere l'errore di quel pomeriggio a casa Uchiha, non doveva permettersi più nulla.
E mentre si rannicchiava su se stessa con la foto al petto e le lacrime sul volto, l'orologio continuava a girare incessantemente.

Uscita dalla doccia venne avvolta dal tepore del vapore che aveva annebbiato tutto il bagno. Si sentiva stanca, senza forze, come svuotata. Indossò gli abiti da ninja e il coprifronte, con le dita sfiorò leggermente la sua fronte e subito si ricordò di quella volta che Sasuke la voleva baciare, che le disse che aveva una fronte cosi bella che gli veniva voglia di baciarla; c'era qualcosa di strano in lui quel giorno, come se non fosse se stesso, era stato per la prima volta gentile. Si scosse schiaffeggiandosi. Perché le era tornata in mente quel fatto?
Uscì dal bagno rabbrividendo al contrasto di temperatura delle due stanze e, presa la borsa insieme a tutti gli accessori da ninja, uscì di casa dando un bacio ai suoi, che intanto erano tornati, e guardando per un ultima volta la sua dolce casa. "Su Sakura, sono solo 15 giorni." sospirò e se ne andò.

Le strade erano tutte illuminate dalla luce aranciata dei lampioni, non c'era molta gente a giro a quell'ora, molti erano rimasti a casa per il freddo, gli altri erano rintanati nei ristoranti e nei bar a far combriccola tra amici, a bere un bicchierino di sakè o anche due. La luna e le stelle non risplendevano quella notte, ma erano oscurate da nuvole grige che rispecchiavano perfettamente il suo umore. Nonostante tutto, era un serata tranquilla. Visto che era ancora presto, Sakura decise di passare dal sentiero del bosco per arrivare alle porte del villaggio, ma ben presto se ne pentì amaramente.
"Ciao Sakura-Chan" "Ciao Naruto." i due si guardarono con una tale freddezza da recidere l'aria. Immobili l'uno d'avanti all'altra, nascosti leggermente dalla notte, si chiedevano come comportarsi dopo tutto l'accaduto. "Che ci fai da queste parti?" le chiese curiosa. Lui fece il suo solito gesto di mettersi una mano dietro la testa gialla "Beh... Sto andando da Hinata." Sakura sussultò. Non si era ancora abituata a sentirselo dire? Doveva sempre farle così male? Eppure sapeva benissimo che quei due stavano insieme. Stupida... "Bene." si sentiva il cuore in gola e in bocca sentiva come un sapore amaro, molto fastidioso, anche se non aveva mangiato nulla di cosi forte a cena. "Te invece?" "Vado in missione." "Non me l'avevi detto e per quanto?" "quindici giorni." "Cosa?! E perché io non ne sapevo nulla?" "Mica devi sapere tutto." rimasero un attimo in silenzio: una con gli occhi immersi nel profondo nero del bosco alla sua destra, l'altro con gli occhi sgranati e fissi su di lei.
"E perché no? Non ti sembrava importante?! Sakura-Chan te ne vai per quindici giorni!" la sua voce era alterata. Non lo poteva sopportare. Perché non gliel'aveva detto? Quindici giorni erano veramente tanti! "E allora? Che ti importa?" "Che mi importa?! Cazzo te ne vai via per ben quindici giorni e io dovrei rimanere indifferente?!" "Beh non capisco tutto questo tuo improvviso interesse verso di me Naruto." "Non dire stronzate. Mi sono sempre preoccupato di te e anche adesso!" "A che scopo? Non sono la tua ragazza." "E per questo non dovrei interessarmi a te?!" "Esatto!" Adesso anche Sakura urlava. "Non dire stronzate!" "No qui sei tu quello che dice stronzate Narutl! Io chi sono per te?! Non sono Hinata! Non sono la tua ragazza!" "Smettila! Non c'entra nulla." "C'entra eccome idiota! Stai andando da Hinata adesso, non stavi venendo da me! Perché io non sono la tua ragazza, ma lei lo é. Eppure ti sei scordato di oggi?" "N-no..." "Cosa significava? Cosa cazzo significava per te?!" Naruto si scosse rimanendo come paralizzato. "Beh ... Io ... Non-" "Oh no. Non lo dirai. Voglio una fottuta risposta da parte tua. Voglio sapere se per te era normale una cosa del genere, se mi stavi prendendo per il culo o provi qualcosa per me." "Nulla. Non é stato nulla." "Nulla..." sorrise divertita. Non ci poteva credere. "Nulla... Ok, Naruto." abbassò gli occhi pieni di lacrime. Era arrabbiata, voleva pestarlo. Fece per andarsene ma Naruto la prese per il polso. "Ok? Che significa tutto questo?" "Scusa ma ho una missione, tu puoi andare da Hinata." si scosse riuscendo a staccarsi dalla sua presa, ma nuovamente Naruto la riafferrò. "Perché mi hai fatto quelle domande?" "Volevo solo capire se mi amavi ancora. Tutto qui." Naruto rimase sconvolto, non capiva il perché del suo interessamento su questo argomento, dopotutto, lui non era mai stato nulla per lei. "E perché ti interessava?" "Cosi" "Avanti rispondi." "A te che interessa?" "Voglio saperlo." "Quando é finita la guerra tu mi amavi, giusto? E allora perché" le tremava la voce "Perché mi hai lasciato a Sasuke?" Non si aspettava di certo una domanda come questa "Perché volevo che tu fossi felice con l'uomo che amavi." "Porca troia! Non ti sei mai posto la domanda: -E se i suoi sentimenti fossero passati?- No é?!" "Sai quante volte ho sperato che tu provassi qualcosa per me?! Eppure hai sempre scelto lui! Tu non mi hai mai amato! Ed io ero stufo di stare ad aspettare." Abbassò lo sguardo. Sakura sentiva di non poter trattenere a lungo le lacrime. "M-ma tu non mi hai lasciato scegliere quella volta." "Cosa?! Che cazzate spari! Ho sempre e solo voluto la tua felicità! Non ho mai voluto niente di più! Se amavi Sasuke l'avrei accettato, solo per la tua felicità." gli tremava la voce. " "Te ne sei andato da Hinata con un sorrisetto amaro. Hai lasciato chi amavi ad un altro." "Tu amav-" "Basta!" "Cosa cazzo vuoi?! Perché adesso mi vieni a fare la predica?!" Sakura teneva la testa bassa, le lacrime trattenute a stento, pronta a subire ogni colpo basao di quelle parole che non facevano altro che farla soffrire, ma forse se le meritava, se le meritava veramente.
"Dimmi cosa provi per Hinata! Dimmelo!" "Hinata é una ragazza dolce e sensibile." "Fottiti." "Smettila Sakura!" la prese per i polsi tirandola a se. Gli occhi di entrambi erano umidi e un magone terribile li opprimeva. "Non ti sopporto più! Non sopporto più di vederti con lei!" "Cosa?! Non vuoi che stia con te e non vuoi che io abbia una ragazza. Ma cosa cazzo vuoi da me?! Ti ho dato il mio cuore! Ho dato tutto per te e sarei sempre pronto a fare tutto per te. Quindi cosa cazzo vuoi Sakura-Chan?!" "Non ho detto questo idiota!" "Cosa cazzo vuoi allora! Rispondi! Rispondi!" era arrabbiato, veramente arrabbiato, ma anche molto triste. Le lacrime iniziarono a scivolare lungo le guance ma non se ne accorsero. "Allora?!" "Smettila! Lasciami andare!" Naruto le lasciò i polsi indietreggiando di alcuni passi. "Eccoti servita mia cara principessa." "Sei veramente un coglione! Finiscila adesso! Non ti sopporto più! Vai dalla tua cazzo di fidanzata e togliti di torno razza d'idiota." "Vaffanculo Sakura" Non ricordava mai di averlo sentito chiamarla senza suffisso. Si sentì morire. "Sei solo un idiota che non capisce nulla." "Non capirò nulla, ma di certo non é tutto. Almeno io non mi facevo sempre salvare." "Questo é un colpo basso stronzo." "Perché non é cosi? O forse ti sei dimenticata tutte le volte che ci siamo fatti il culo al posto tua?" Lo sapeva che in passato era stata inutile per il team, ma proprio per questo aveva deciso di cambiare. "Già, non ero molto brava come ninja. Ma sai puttanella? Anche io mi sono fatta in quattro per il team. Anche io mi sono allenata per migliorare e scusami tanto se non provengo da un clan importante o non ho poteri innati o una cazzo di volte nello stomaco!" "Che vuoi dire che per me è stata una passeggiata?" "Non sono cosi stupida da dirlo. So che anche per te é stato difficile." "Ma chi cazzo ha cercato di riportare Sasuke? Io o te? Chi é quasi morto pur di riuscire nel suo intento, nel mantenere la sua promessa?" "Sei uno stronzo." "Anche tu. E non ti voglio vedere mai più." "Tranquillo la cosa è reciproca." si guardarono negli occhi tutte e due carichi di ira. "Ti odio. "Ti odio." e dopo quelle parole, proseguirono per la loro strada mentre le lacrime solcavano le loro guance e le unghie affondavano nella carne dei loro palmi, mentre un enorme voragine si aprì nel cuore divorandolo in un vortice infinito. Piano piano quel sottile filo rimasto legato si sfilacciava sempre di più, fino a quando...

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Capitolo 9
*** Un cuore in tempesta ***


Salve! Finalmente riesco a metter mano al computer per pubblicare il capitolo! Voglio specificare alcune cose:
come avete visto dallo scorso capitolo Naruto può sembrare un po' OOC, però vorrei precisare che per me questo è il culmine dei suoi sentimenti, cioè (mi spiego meglio perchè non si intende 'na mazza XD) quelli che avete letto nei capitoli precedenti sono il frutto di sentimenti lasciati dentro di se e mai mostrati che alla fine sono arrivati all'apice portando più che una rabbia verso l'altro, una rabbia verso se stessi. (Ok...più o meno si può capire XD)
Seconda cosa, io sono arrivata a scrivere dieci capitoli e per questa ragione sono andata molto veloce con la pubblicazione, ma aspettatevi più in là un notevole ritardo. Eheh
Terza e ultima, poi vi lascio alla lettura del nono capitolo, mi sembra doveroso far pubblicità al forum NaruSaku e al suo sito facebook, così tutti i fan di questa coppia e anche non possono farci un salto se vogliono (no, dovete!!! Scherzo XD)
Bene e adesso buon-
No, non è vero vi dico un ultima cosa eheh:
Grazie a tutti quelli che leggono la fiction e per il vostro sostegno. Grazie infinite!!! *si inchina con le lacrime agli occhi*





Capitolo IX -Un cuore in tempesta-
Naruto voleva stare solo, lontano da tutti.
Non gli era mai capitato di sentirsi cosi, aveva sempre cercato la compagnia, ma quel giorno, quello schifosissimo giorno, voleva solamente rimanere nel suo appartamento, con le tapparelle abbassate e rintanato tra le coperte del suo letto. Invece eccolo che passeggiava insieme ad Hinata per le vie di Konoha seguendola con passo lento e svogliato, le mani in tasca, la testa bassa e uno sguardo cupo.
"Tutto ok Naruto-kun?" le chiese dolcemente soffermandosi ad aspettarlo. No che non é tutto ok. "Si..." sibillò tra i denti. Sapeva che non l'avrebbe convinta, ma almeno non avrebbe fatto domande, o cosi sperava. "É successo qualcosa?" si ritrovò Hinata ad un palmo dal naso. Non si era accorto che la giovane donna si era fermata e lui aveva continuato ad andare. Stupido! "No..." "Allora perché oggi sei cosi triste?" "Mi sono semplicemente svegliato male." disse gelido e con disinteresse verso la propria compagna. Hinata sapeva che ci doveva essere ben altro sotto, ma preferì non insistere e continuare la loro camminata. Dovevano arrivare in tempo al pranzo con gli altri. Forse stando tutti insieme si sarebbe risollevato.
Le nuvole ricoprivano il cielo con il loro manto grigiastro come se comprendessero l'irrequietezza del cuore di Naruto.
"Ciao Naruto! Hinata!" Urló a squarciagola Rock Lee, come sempre pieno di energia. "Adesso possiamo entrare!" "Finiscila Lee!" Ribatté seccata Tenten.
L'interno del ristorante era terribilmente luminoso e colorato, ornato con quadri di ogni genere, fiori stupendi e profumati, e un dolce odorino di carne cotta a legna con contorno di verdure miste. "Mnh~ pancia mia fatti capanna!" Choji non perse tempo a farsi venire l'acquolina in bocca. Loro si trovavano in una piccola stanzetta accogliente dove vennero accolti da una giovane donna. "Avete prenotato?" "Sí." Naruto era infastidito da tutto quello, avrebbe veramente voluto andarsene...
Mentre aspettavano fi farli accomodare, il giovane Uzmaki non pensava ad altro che questa giornata finisse alla svelta, non sopportava le risate e le chiacchiere dei suoi compagni. Si erano tutti riuniti per chissà quale motivo e per lo piú proprio quando gli giravano altamente.
C''erano proprio tutti; tutti tranne lei.
Il biondo cercava di annuire sorridente per ogni cosa. Sinceramente non aveva voglia di formulare una frase completa e articolata e inoltre voleva evitare piú domande possibili, per questo sorrideva, o almeno tentava di farlo. Perché era così difficile? Prime era cosi naturale per lui... Giá, prima rideva sempre, era allegro, spensierato, da quando aveva smesso di esserlo? Da quando era cambiato?
Cercó di allontanare quei pensieri cupi e di concentrarsi su quella particolare giornata; dopotutto era sempre un ritrovo tra amici. Andò verso Sasuke e Sai che erano intenti ad instaurare un rapporto di qualche genere. "Salve ragazzi!" "Ei Naruto" "Usuratokachi" "Spiritoso. Allora, avete fatto amicizia?" Al suono di quella parola 'amicizia' entrambi assunsero un'espressione disgustata, poi si strinsero tra le spalle e annuirono lievemente. Un risolino scappo da quelle labbra carnose. Almeno loro, a differenza sua, non erano cambiati. Non riusciva a sentir altro che quel dolore; cresceva, cresceva ogni secondo di più, incessantemente, senza mai una tregua. Faceva male, così male!
"Ei, stai bene?" Naruto venne scosso da quella domanda improvvisa. Cosa doveva dirgli? La veritá? "S-sí..." Sembrava che le parole non volessero uscire dalle proprie labbra come se il suo corpo si rifiutasse di mentire ancora e ancora, perché da troppo tempo stava andando avanti questo suo gesto autolesionistico. Sapeva di non essere stato abbastanza convincente e a differenza di Hinata loro non si sarebbero accontentati di un monosillabo.
"Avanti sputa il rospo." Infati... "Eh? Ma di che parli?" "Non siamo stupidi sai? Lo capiamo che stai male." "Ti sbagli Sasuke, vi sbagliate entrambi." Abbassó gli occhi. "Naruto siamo tuoi amici, ci puoi raccontare tutto." "Vi dico che non é successo niente!" Quelle parole uscirono fuori secche e pungenti e lasciarono i due mori quasi imbambolati, increduli. Naruto non aspettò nessuna loro reazione, semplicemente se ne andò.
Non ce la faceva! Non ce la faceva! Era una tortura immensa rimanere lí ed era sicuro che sarebbe impazzito. Prese per un braccio Hinata facendola leggermente arrossire e la portó un po' in disparte. "Hinata mi dispiace per oggi e per come ti ho risposto..." "Non fa niente Naruto-kun." "Senti..." Prese un bel respiro. "Io non ce la faccio piú a stare qui, mi sento soffocare e oggi non é proprio giornata. Perdonami." "Oh, b-beh...se vuoi veng-" "No. No...grazie, ma ho bisogno di stare da solo...Scusami." Rimasero un attimo in silenzio, Naruto con gli occhi cupi e rivolti verso il pavimento, Hinata che lo guardava in silenzio, senza dir nulla. "Ok, Naruto-kun, allora ci vediamo domani." Sorrise.

Il vento soffiava prepotente, il cielo pomeridiano si era ricoperto da folti nuvole nere che lo avevano trasformato nella notte. I lampioni cominciavano ad accendersi prematuramente per permettere ai passanti di vedere e di non scontrarsi. Naruto passeggiava senza meta con le mani in tasca e la testa bassa mentre i pensieri gli perforavano la mente. Pensava che un po' d'aria gli avrebbe fatto bene, l'avrebbe 'rinsavito' e invece niente. Niente di niente! Ancora i soliti stupidi pensieri, ancora i soliti stupidi tormenti.
Pensava e ripensava a ieri sera, quando incontrò Sakura. Oh, era cosí bella. E poi ad un tratto tutto precipitò. Lei non gli aveva detto che sarebbe andata in missione, che sarebbe stata via per ben quindici lunghissimi giorni e dopo tutto era peggiorato sempre di piú, ogni parola era una sofferenza, ogni parola era una ferita. Le aveva detto cose bruttissime, cose che nemmeno pensava. Si sentiva una merda. L'aveva abbandonata; lui che si era ripromesso di proteggerla sempre, l'aveva abbandonata.
- Ti odio. -
Ed ecco che nella sua mente riecheggiava quella frase detta con tanta rabbia da entrambi, quella frase che li aveva separati per sempre.
Si scosse. Perché stava pensando cosí incessantemente a lei? Perché proprio a lei? Non era la sua ragazza, lui stava con Hinata. Eppure non passava giorno che il suo pensiero ricadesse su quella figura femminile dai capelli rosati e gli occhi smeraldini. Smettila! Smettila Naruto! Basta pensare a lei! Basta! Ormai vi siete detti addio, a te non ti interessa piú.
Con ferocia, formata piú che altro da amarezza, iniziò a colpire uno dei bersagli del campo di addestramento del team 7. Era da molto che non vi tornava. Quanti ricordi riaffioravano nella sua mente mentre il sangue colava dalle sue nocche. Distrutto si accasciò in avanti mentre le lacrime scendevano copiose lungo le sue guance e stringeva i denti con forza per evitare di singhiozzare. Si alzó di scatto e cominciò a correre. Non sapeva dove stesse andando, e nemmeno gli interessava, l'importante era allontanarsi il piú possibile da quegli stupidi pensieri che lo stavano distruggendo. Perché? Perché doveva andare a finire così?
Una raffica di vento lo portò ad alzare lo sguardo e a staccarsi dalla lunga fila di pensieri che gli corrodevano il cervello. Gli ci volle qualche attimo prima di capire dove si trovavano. Era proprio di fronte alla casa di Sakura. La fissó con occhi pieni di malinconia e tristezza. Che merda. Perché tutto doveva andare in modo cosí schifoso? Le cornee divennero lucide. "Sakura-Chan..." Sospiró.
"Naruto?"

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Capitolo 10
*** Cuore che batte ***


Capitolo X -Cuore che batte-
 
La terra si tingeva di rosso sotto la pioggia di sangue. Ad uno ad uno venivano fatti a brandelli tra le urla strazianti di dolore.
 
***
 
"Naruto?" Sgranó gli occhi arrossati e si girò di scatto. "Che ci fai qui?" Chiese stringendo le buste della spesa. s-signora Haruno..." "Oh Naruto, quante volte te l'avrò ripetuto? Chiamami pure Mebuki." Disse sorridendo e avvicinandosi. Appoggiò le buste per terra e con delicatezza prese la mano del biondo che perdeva ancora sangue. "Che ti é successo?" "N-niente..." Si sfregó imbarazzato l'altra mano dietro la testa. "Su entra."
 
***
 
Grida, urla, lacrime, sangue.
 
***
 
Naruto non aveva mai avuto l'occasione di entrare in quella casa. Spesso ci passava quando riaccompagnava Sakura a casa la sera tardi prima della guerra, ma dopo di essa il loro rapporto si era distrutto e così anche la possibilità di entrare lí.
Era molto accogliente, non molto grande e luminosa. Nell'ingresso vie era un attaccapanni e un mobiletto con sopra un vaso di fiori rosa e una foto attaccata al muro: C'era Sakura con la veste di chunin e i suoi genitori sorridenti di fianco.
Naruto sorrise involontariamente. Era proprio bella la sua Sakura-Chan.
"Mmm, penso basti disinfettare la ferita e poi fasciarla." Scrutava la mano con aria pensosa. "Oh se ci fosse stata Sakura avrebbe fatto prima." Scoppió a ridere mettendosi comoda su di una sedia per curare Naruto. "Giá..." Le labbra si stesero in un amaro sorriso. "Naruto, lo so che non sono affari miei, ma cos' é successo?" Rimase in silenzio ad osservarla finire di medicarlo. "Beh, é complicato." Gli avrebbe realmente raccontato tutto? "Oh, nulla é mai semplice." Si alzó per riporre il chit di primo soccorso; Naruto la seguiva con lo sguardo. "Se fosse tutto facile, forse non ci sarebbe nemmeno gusto a vivere questa vita." Sbuffó divertita per la sua affermazione rimettendosi seduta. "Puó darsi, ma non sarebbe male poter fare alcune cose più facilmente." Sakura... "Ohoh certamente. Tutti siamo pieni di problemi, l'importante é non abbattersi e affrontarli. Forse se smettessimo di scappare da loro e decidessimo di provare a superarli, capiremo che dopo tutto non erano poi così impossibili e traumatici di come ci apparivano." Naruto fissava la fasciatura. Sakura, gli avrebbe curato la ferita in un battibaleno, l'avrebbe sgridato e picchiato, ma alla fine l'avrebbe aiutato comunque. Sorrise nuovamente. "Che c'é?" "Eh?" "A cosa pensavi?" "N-niente..." "Su su a me lo puoi dire, se pensavi a Sakura..." "C-Cos! NO! No no!"  Divenne rosso come un pomodoro. "Ahahah! Sei proprio come ti ha descritto." Sakura aveva parlato di lui..? "Sakura ha parlato di m-" "Certo. Non faceva altro che parlare di te. Naruto qui, Naruto lá, Naruto é un emerito idiota." Scoppiò nuovamente a ridere. "Suo padre la prendeva sempre in giro. Quando chiedeva di te gli diceva sempre - Come sta il tuo ragazzo?- ahahah. Dovevi vedere come diventava rossa!" E anche Naruto,sentendo quelle cose, non poté far altro che arrossire sempre di più sperando di aver fatto almeno buona impressione ai suoi genitori.
Ei! A cosa pensi idiota? Ti ricordo che é Hin-
"Sembrava veramente innamorata." Quelle parole gli fecero sgranare gli occhi e perdere il filo dei suoi pensieri autocritici e punitori. "Oh scusa Naruo, ti sto raccontando un monte di cavolate. Ahahah." "N-no..." Mebuki lo guardò con sguardo di chi capisce. I giovani...
"Ti posso chiedere una cosa?" Naruto annuí. "Perché vi siete allontanati dopo la fine della guerra?" Anche sua madre se n'era accorta?
Il giovane abbassò lo sguardo tristemente e una marea di sentimenti lo ricolmarono nuovamente. Strinse i pugni e quello ferito gli pizzicò leggermente. "Non lo so. É successo tutto improvvisamente." Perché era successo proprio a loro due? "Sai, io da giovane non sopportavo mio marito, anzi non lo consideravo proprio. Ero una teppistella e non pensavo di certo ai ragazzi."
Era proprio la madre di Sakura.
"invece quel demente si era innamorato perso di me. Non passava giorno che non mi chiedesse di sposarlo. Ahahah" il biondo la guardava come incantato dalle sue parole, era proprio felice mentre ricordava i tempi ormai andati. "E io ogni volta lo pestavo a dovere. Era ridicolo che mi chiedesse di sposarlo alla nostra etá e io di matrimonio non ne volevo proprio sentir parlare."
Sí, era la fotocopia di Sakura...
"Poi non ci siamo visti per ben due anni e entrambi siamo cresciuti. Io facevo parte di una banda e lui era un ghenin. E indovina un po', in una sua missione doveva catturare la mia banda. Ci scontrammo e combattemmo, ma io ero troppo piú forte fisicamente. Eheh" fece il segno del pugno. "Stremato e a terra, aveva ancora le forze per rialzarsi:
 
-Non sei stanco idiota? Non mi sconfiggerai mai.-
-Mi rialzerò sempre.-
-Ts. Stupido...-
-Ti posso chiedere una cosa?-
-?-
-Sposami.-
-Ancora con questa ridicola storia?! Sarà la decima volta che me lo chiedi durante lo scontro! Concentrati e smettila di incassare i pugni e basta!-
-Non posso far del male alla donna che amo.-
In quel momento rimasi stupita dalla sua determinazione e dalle sue parole, tanto che qualcosa dentro di me cambió. Ricordo ancora la sensazione di quel giorno. Le guance mi si colorirono e il cuore accelerò improvvisamente. Gli buttai il bottino rubato (i miei compagni erano stati tutti catturati e dovevo andarli a salvare). Lui mi guardó confuso e poi prendendo un bel respiro e sorridendo come non l'avevo mai fatto fare prima di allora urló:
-Allora mi sposi?!-
-Certo che no idiota!!- gli rifilai un sonoro pugno sulla testa. Poi gli sorrisi:
-Peró...possiamo uscire insieme qualche volta.-
Lui non disse nulla e io me ne andai. Quel giorno, dopo aver liberato i miei compagni, lasciai la banda e iniziai a frequentarlo. Beh poi il continuo penso tu te lo possa immaginare." Sorrise dolcemente. Naruto non aveva smesso di fissarla durante la sua storia, cercando di immaginarsi ogni cosa che usciva dalle sue labbra. "Quindi Naruto, non essere così triste, sei sempre stato un ragazzino vivace e pieno di grinta. Forza!"
E come se il suo corpo e il suo cervello si fossero ricaricati dopo un lungo stand-by, Naruto ritornò ad assumere il suo solito sorriso beota e ad essere raggiante. Si alzò improvvisamente e abbraccio fortemente Mebuki. "Grazie mille signora Haruno." "Ti ho detto di chiamarmi Mebuki!" Naruto la guardò sorridendo e poi uscì di corsa dall'appartamento.
"Ah, i giovani. Sono proprio incorreggibili. Guarda com'é tardi!"
Il sole stava calano, la sera si stava inoltrando e una luce luminosa si riaccese nel cuore di Naruto. Correva lungo la strada, saltava da una parte all'altra pieno di energia. Si sentiva benissimo, come rinato. Era come se dopo la guerra si fosse addormentato profondamente, fino ad oggi. Le sue labbra sorridevano, i suoi occhi risplendevano e la sua mente pensava solo ad una cosa:
Sakura-Chan.



Nota dell'autore:
Buongiorno! Esatto ho pubblicato un nuovo capitolo eheh ^^ Mi scuso per l'attesa e mi scuso in anticipo per quella che dovrete sopportare per il capitolo seguente, perchè mi trovo ad un punto morto =.=
Finalmente, e ne sono super felice anch'io, Naruto è tornao il solito ragazzo solare che non si perde d'animo. Spero vi sia piaciuto come capitolo e grazie per averlo letto :3
P.S. Adesso siete al pari con la storia che avevo iniziato molto prima (prima della fine di Naruto) sul forum Narusaku ----> http://narusaku.forumfree.it/

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Capitolo 11
*** Missione ***


Nota del fantasmino: Mi odiate, lo so e fate benissimo! Non ricordo nemmeno l'ultima volta che ho aggiornato. Beh, non ci sono scuse per il mio catastrofico ritardo, ma ho fatto una fatica bestiale per concepire questo cavolo di capitolo. L'ho scritto, corretto, cancellato, scritto ancora e di nuovo cancellato così tante volte che ho perso il conto.  Tra la passione per Naruto che sta drasticamente, e a mal in cuore, scemando e i vari impegni che non smettono di aumentare ho lasciato perdere questa storia per troppo tempo. Sicuramente non vi ricorderete nemmeno a che punto siamo arrivati e cosa suia successo prima. Non so come farmi perdonare per avervi fatto aspettare così tanto e prometto di impegnarmi affinchè questo non riaccada più. Inoltre sono tentata di far finire la storia male e mi odio per questo perchè vorrei per loro due una happy ending.
Sono una cattiva autrice T___________T



Capitolo XI -Missione-

Che stupida. Aveva veramente creduto che Naruto le avrebbe detto che l'amava ancora? Che quello che era successo a casa di Sasuke significasse qualcosa?
Stupida! Stupida!
Inizió a correre cercando di scappare da quei sentimenti che non facevano altro che farla star male.
Non sarebbe stato piú semplice non amarlo? Non poteva continuare a vivere nell'illusione di amare la solita persona di quando aveva dodici anni?
Non ce la faceva piú.
Era stanca, stremata, non voleva piú combattere per qualcosa che aveva ormai perso, per qualcosa di irraggiungibile, che la faceva solo star male.
Eppure non riusciva ad abbandonare quel sentimento, così profondo da aver piantato radici ben più solide di quelle che credeva.
Partí per la missione quella stessa notte tra le oscure tenebre e le ferite ancora dannatamente aperte. Ma non le importava. Ciò che voleva era solo prendersi una pausa da tutto, una pausa da lui. Doveva dimenticarlo, lo sapeva, ma come poteva fare? Non era facile cancellare i solchi profondi che aveva lasciato nella sua vita, eliminare tutto quello che era stato, perché voleva dire eliminare una parte di lei. Tante volte aveva pensato che andarsene sarebbe stata la cosa migliore, per entrambi. Il problema più grande però era, non solo lasciare il ricordo e tutto quello che era stata una persona speciale, ma bensì lasciare ogni cosa che aveva sempre conosciuto e imparato ad amare: Konoha, il monte degli Hokage, Tsunade, Ino, i suoi genitori. Fortunatamente questa missione era ció che ci voleva per schiarirsi le idee e non pensare a nulla. Sospirò stremata asciugandosi le ultime lacrime, fortunatamente nessuno se ne accorse.
 
Visto che era notte e non vi era nemmeno il bagliore della luna ad illuminare il loro cammino, ad aspettarli davanti alle porte della città vi era una carovana di legno, trainata da due cavalli possenti, uno bianco con una folta criniera setosa che scivolava delicatamente sul suo splendido manto e una arruffata frangia ricadeva su quegli occhi neri e profondi, l'altro era nero e possente, la criniera maestosa e lo sguardo fiero e cristallino. Salirono e si mossero all'istante.
Per circa un paio di chilometri, forse di più o forse di meno, l'aria fredda e vuota era storpiata solamente dalla soffice luce della lanterna che li affiancava. Erano in tutto in cinque, due ragazze e tre ragazzi, ninja come lei, con le proprie vite e le proprie storie. Un giovane ragazzo, dal corpo mingherlino e slanciato e i capelli rossi arruffati, fu il primo a rompere il ghiaccio.
"Mi chiamo Gwaine." Lo osservarono senza proferir parola, spiazzati.
"Io Jasmine." Disse una ragazza dietro un paio di spessi e grossi occhiali neri mentre si torturava una ciocca di capelli neri.
"Sakura." Proferí Sakura raccogliendo coraggio e decidendo di eliminare la timidezza che non era appropriata per lo svolgimento di una missione.
"Oh finalmente si parla un po'! Io mi chiamo Sui e lui é il mio amico Tadashi!" Tiró una pacca ben assestata sulle spalle del suo compagno che timidamente teneva la testa bassa mormorando un' offesa all'amico che se la rideva beatamente. Sakura non poté far altro che sorridere. Non li aveva mai visti a Konoha quei ragazzi, non aveva mai fatto veramente caso alle altre persone che non rientravano nella loro quotidianità, in quel vecchio gruppo di ninja novellini con il desiderio di imparare e mettersi alla prova. Raccolse il proprio coraggio con meno forza di quanto credesse e, sempre von il sorriso sulle labbra, strinse le cosce attorno alle mani per riscaldarle.
"Io sono un ninja medico, e voi?"
La ragazza seduta di fianco a lei, Jasmine, sistemò con l'indice gli occhiali sul naso stringendosi a lei. Era così minuta.
"Specialista nell'analisi."
"Io un Jonin speciale, mentre questo qui - conficcó il gomito tra le costole dell'amico - un jonin a pieno titolo."
"Io uno specialista della difesa." Proferí fiero l'altro.
"Secondo voi perché l'Hokage ha scelto un gruppo di ninja così..." Disse gesticolando il ragazzo che ancora non aveva parlato senza che l'ultima parola gli uscisse dalle labbra.
"Sconosciuti tra loro?" Annuí Gwaine, seduto alla sua sinistra.
"Beh... Sinceramente non ne ho idea." Sbuffó rilassando il proprio corpo su quella stretta panca di legno.
"É strano." Intervenne Sakura portandosi le dita alla bocca pensante.
"Oi oi fermi tutti!" Si bloccò il ragazzo di nome Sui, era muscoloso e un po' scemo, ma sembrava molto tenero. "Non iniziamo a pensare a cose inutili già da adesso." Si portò le dita sugli occhi strofinandoseli.
Il carro son alzava ad ogni buca provocandole un leggero dolore che ormai si era amplificato a causa delle varie ore di viaggio. Non sapeva di preciso che ore fossero, il vento soffiava leggero nella notte rinfrescandola e loro si erano persi in inutili chiacchiere e risate sommosse. Sakura doveva ammetterlo, quella missione era iniziata realmente bene.
Le luci dell'alba si facevano prossime mentre i contorni degli oggetti prendevano forma e colore. L'aria si era fatta più gelida e si insinuava fastidiosamente tra gli abiti, penetrando nelle ossa. Il viaggio era ancora lungo e sfortunatamente non avrebbero avuto soste neanche per sgranchirsi le gambe. La sua mente vagava leggera tra i paesaggi che accoglievano quel leggero calore donatogli dalla mattina mentre la brina brillava aggraziata regalando uno splendido spettacolo.
"Quanto pensate che manchi?" Si lamentó sbuffando mentre giocherellava con una ciocca di capelli rossa. Sakura fece spallucce guardando gli altri che non seppero dare una risposta, esclusa Jasmine ovviamente.
"Se la carovana continua con questa andatura e non incontra intoppi lungo il cammino..." Prese fiato "Beh direi al massimo arriveremo al villaggio per quando il sole sarà alto."
Gwaine lasciò andare un gemito di sofferenza sprofondando in quell'agognante posizione a cui era stato costretto per tutta la notte. Il timido Tadashi tamburellava spasmodicamente irritando Sakura. Di solito non si infuriava per certe inezie, ma era stanca e scomoda, era rimasta nella stessa posizione per ore e il suo livello di sopportazione era drasticamente calato.
Fortunatamente riuscirono a trovare qualche argomento di cui parlare, per conoscersi meglio, e qualche stupido gioco da fare nell'attesa che il sole salisse nella sua vetta più alta e i nitriti dei cavalli annunciavano il glorioso arrivo al villaggio. Silenziosamente e furtivamente Sui le si avvicinò.
"Ti ho già visto per caso?" Strinse gli occhi scrutandola nei minimi particolari, registrando ogni suo lineamento e provocandole una seria irritazione.
"Non penso..." Mormorò Sakura cercando di trattenere l'impulso di spingerlo violentemente via e dargliele di santa ragione.
E quella sensazione fece solo riaffiorare vecchi e dolorosi ricordi.
Scosse il capo cacciando quel pensiero, quella cosa che malignamente era diventata un tarlo e non le dava pace.
"Eppure..." Insisteva mettendo a prova il suo autocontrollo.
"Giusto!" Batte il pugno sul palmo della mano mentre i grandi occhi verdi si illuminarono e un sorriso ampio e orgoglioso si stampava sul suo volto.
"Tu sei l'allieva dell'Hokage! Haruno Sakura giusto?" Tutti la fissarono e lei non desiderò altro che sprofondare in una fossa per non uscirne mai più. Strinse le gambe e abbassò lo sguardo mentre le guance si imporporavano.
"Tu eri nel team con Naruto e Sasuke?!"
Non si accorse chi li nominò, non fece caso al timbro della voce con cui la frase era stata pronunciata, non si accorse nemmeno che la carovana aveva preso un grosso dosso ed erano sobbalzati tutti ritrovandosi leggermente accartocciati gli uni sugli altri. Quei nomi rievocavano ricordi troppo dolorosi e non abbastanza dispersi in un passato chissà quanto distante. Le ferite erano fresche, aperte e nonostante il viaggio avesse anestetizzato quel dolore rendendolo impercettibile, era tornato a bussare alla porta del suo cuore ormai distrutto, ormai inesistente. E poi non solo. Oltre al ricordo di un passato troppo diverso dal presente, c'era anche l'amara delusione che dovette ingoiare difficilmente. Ovvero che lei era solo un'inutile soprammobile, inesistente al resto del mondo, visibile solo grazie alla loro luce. Già, perché se lei era conosciuta non lo doveva alla sua bravura da medico, non lo doveva al sacrificio costante a cui si era sottoposta in battaglia, in quella battaglia che le aveva portato via più di quanto credesse, ma perché era stata semplicemente la compagna di quelli che ora erano gli eroi del villaggio.
Sentì un magone pesante opprimerle l'esofago e la retina bruciarle fastidiosamente. Le parole le morirono in gola, nonostante i suoi sforzi per parlare. Avrebbe voluto sorridere e proferire allegramente con un , ma non ci riusciva, non ci riusciva proprio. Lei era un'ombra, inesistente, insignificante, lei era-
"Tutto bene?" Alzó lo sguardo verso quella voce mentre il carro si fermò e il nitrito dei cavalli interruppe quel silenzio asfissiante. Si alzò come di riflesso mentre lo sguardo pensieroso e preoccupato di Suk la osservava da dietro le spalle. Scesero senza neanche ripeterselo due volte, alzando le braccia al cielo. Si senti posare una mano sulle spalle e si giró sussultando. Sui non disse niente, la guardava nei suoi occhi verdi smeraldo, per poi eliminare quel contatto.
"Finalmente!" Urló dirigendosi verso il suo amico che non si era scomposto nemmeno un secondo. Jasmine subito le si affiancò come ormai faceva sempre sulla carovana, quasi la tranquillizzasse. Sakura sospirò ricacciando con forza quei sentimenti opprimenti e, scuotendo la testa, sorrise dolcemente riportandosi la tracolla sulla spalla.
"Adesso andiamo."
 
Il villaggio era molto piccolo, ospitava si e no mille abitanti ed aveva un'aria molto vecchia e classica. Sakura poteva avvertire un odore di polvere nell'aria e nei passanti, in ogni cosa che facesse parte di quello strano paesaggio. I paesani indossavano strani abiti rendendo i ninja facilmente visibili. Un senso di inadeguatezza li colse per poi sciogliersi lungo la spina dorsale.
"Dire che é meglio cercare il capo villaggio." Deglutí a vuoto sistemandosi la montatura sul naso. Si incamminarono verso una meta non molto precisa, mentre giovani donne chiacchieravano allegre e pettegole, i bambini scorrazzavano agitati e incontenibili, gli anziani sedevano sotto il portico per bearsi dei piccoli sorsi d'ombra in quel caldo pomeriggio.
Più si addentravano nel cuore della città, più la gente si accalcava e si animava. Alla fine arrivarono davanti ad un grande tempio, maestoso e , probabilmente, secolare. Entrarono quasi timorosi, un po' incerti, lasciati spiazzati da quel grosso monumento architettonico di straordinaria bellezza che si scontrava con l'umile paesino, ma che allo stesso tempo lo armonizzava perfettamente. Furono accolti da quelli che all'apparenza sembravano monaci: Pelati, indossavano una lunga tunica arancione, tenevano giunte le mani come in preghiera. Un particolare attirò la loro attenzione, beh se non quella di tutti almeno la maggior parte di loro, tatuaggio di esimia bellezza ricoprivano i loro corpi in diversi luoghi e con strane forme. Non tutti i monaci avevano i soliti disegni sul corpo.
"Benvenuti nel nostro umile villaggio." Si fece avanti un anziano signore dalla barba lunga e bianca, il tipico saggio narrato nelle leggende o nei racconti. Si inchinò leggermente mentre i ninja della foglia facevano altrettanto.
"Siamo i ninja che avete richiesto." Proferì Sakura sbilanciandosi leggermente in avanti.
"Sí" sorrise loro pacato con sguardo sereno. "Se volete seguirmi ..." Spostò il proprio corpo di profilo indicando loro la strada. Entrarono in una piccola sala circondata da scaffali altissimi contenenti chissà quanti libri e chissà quanto antichi. Una finestrella dava sulla piazza principale e irradiava la stanza nutrendosi dei raggi solari che filtravano dolcemente rivelando i vari acari di polvere che risedevano in quel luogo così ... Intelligente? Beh, non so come si possa definire un luogo pieno di libri antichi e conoscenza. Sapeva di vecchio.
Quando Sakura varcò quella soglia, i suoi neuroni inviarono uno strano impulso al proprio cervello richiamando alla mente stupidi ricordi che alla fine non erano poi così collegati a quell'ambiente. Si ricordò che anni e anni prima, lei, Naruto e Rock lee furono inviati dall'Hokage al cospetto di una sacerdotessa di una religione antica - non si ricordava perfettamente di cosa era sacerdotessa la fanciulla - e delle prodezze del suo giovane compagno dal carattere irrequieto e iperattivo. Sentí una fitta mordergli il petto e inconsapevolmente si portò una mano sul cuore attirando l'attenzione di Sui che subito le si affiancò.
"Tutto ok?" Bisbigliò ponendosi una mano sulle labbra. Sakura annuí sorridendo, addolcita dal comportamento dolce che le dimostrava il compagno nonostante si fossero conosciuti neanche da un giorno.
"Abbiamo richiesto il vostro aiuto per indagare su ció che sta accadendo nelle foreste che circondano il villaggio. Cinque lune fa una donna del villaggio si é svegliata nel pieno della notte urlando come una forsennata. Suo marito, preoccupato, l'ha portata immediatamente da noi. Quando siamo riusciti a calmarla ci ha raccontato di un sogno che aveva fatto e di quanto fosse stato realistico. Ci raccontò di mostruose figure che albergavano nei nostri boschi. Erano di anima malvagia e demoniaca. Non ricordava nulla di loro se non gli occhi rossi come il sangue che brillavano nella notte. Tre lune fa una giovane ragazza si é svegliata in preda al panico. Sua madre l'ha portata da noi e come l'altra donna, ci raccontò il suo sogno: Bestie orribili e disumane sostavano nei boschi vicini al nostro villaggio aspettando il momento giusto per attaccarci. Di loro si ricordava solo che avevano zanne affilate e bianche come la luna." Teneva lo sguardo verso un punto indefinito mentre passeggiava su e giù per la stanza. La sua preoccupazione era palpabile.
"Saranno stati solo degli incubi. La prima donna avrá raccontato il suo sogno a giro e la povera ragazza si sarà lasciata condizionare dal racconto." Si prestò a dire Tadashi, ma il saggio scosse la testa stringendo le sottili labbra.
"Dopo che si era tranquillizzata le abbiamo dato delle erbe per farla dormire e le abbiamo chiesto di non proferir parola con nessuno di quello che era successo, di dire ai più curiosi che l'avevano vista portare qui in lacrime dal marito che aveva avuto un incubo, niente di più e che noi le avevamo dato delle erbe per farglielo dimenticare e dormire. Così anche per la seconda. Queste ragazze, queste donne, nella nostra religione vengono chiamate nella vostra lingua Voci del vento, perché sono in grado di comunicare con gli spiriti, la loro mente é ampia e vede oltre il sole. Queste donne sono scelte dagli dei come messaggere."
Rimasero con il fiato sospeso, tra la meraviglia e l'incredulità. Il suono della vita nella grande piazza rompeva quello strano silenzio. Ognuno rimase immobile nella posizione in cui si trovava con il sospiro tagliato a metà nella gola. Il sacerdote congiunse nuovamente i palmi e si fece loro vicino.
"Beh spero ci vogliate comunque aiutare. So che per voi può sembrare strano, ma per noi ... tutto questo è segno di cattivo presagio."
"Certamente." 
"Ottimo. Vi abbiamo preparato una stanza dove pernottare. Non siamo abituati a ricevere tanti viaggiatori, é raro che qualche nuova anima passi nelle nostre vicinanze e in più le poche stanze disponibili sono tutte occupate - tranne una - da alcuni malati." Annuirono seguendolo fino ad arrivare alla stanza designata al loro riposo.
"Grazie ancora da parte di tutto il villaggio." Si inchinò il vecchio sacerdote. I ragazzi fecero altrettanto per poi entrare nella stanza. Era spaziosa, spoglia, una piccola finestra faceva passare l'aria e candele sparse un po' ovunque permettevano di illuminare la stanza quando il sole calava ad oriente. Al centro della stanza vi erano i classici letti giapponesi, un velo di qualche stoffa pregiata separava i letti delle ragazze da quelli degli uomini. Posarono le loro cose. Il viaggio era stato lungo e scomodo e nessuno di loro aveva intenzione di cominciare già qualche ricerca. Si sedettero in cerchio.
"Che proponete di fare?" Disse pensierosa Jasmine.
"Potremo ascoltare cosa le Voci del vento hanno da dirci in merito a questa faccenda." Rispose Gwaine stiracchiandosi le braccia.
"Di la verità. Vuoi vedere se sono carine o meno. Ti conoscerò da poco ma sono sicuro che sia così." Lo ammonì Tadashi provocando risate generali mentre Gwaine gli scoccó un' occhiata gelida.
"Per me in quella specie di biblioteca dove siamo stati prima ci potrebbe essere qualcosa su questa specie di entità demoniache." Riferì Sakura conle dita sul mento.
"Beh però non so voi, ma io opterei per iniziare le ricerche domani. Siamo stanchi per colpa del viaggio, anche se avessimo degli indizi sotto il naso non ce ne accorgeremo."
Sui aveva ragione, erano stanchi e doloranti. Tutto quello a cui Sakura riusciva a pensare era al letto comodo di casa sua e a ... Sfortunatamente a cosa aveva lasciato prima di partire da Konoha, Nar-
"Sakura potresti dormire tu vicino alla tenda?" Bisbigliò timidamente Jasmine sistemandosi la montatura degli occhiali sul naso. La giovane Konuichi si riscosse annuendo. Si morse un labbro. Era di nuovo incappata in- No! Non doveva pensarvi assolutamente. Dopo aver deciso di prendersi un attimo di riposo dovevano decidere cosa ne avrebbero fatto del tempo libero.
"Che ne dite di visitare un po' il paese?" Disse allegro Sui come se l'avesse letta nel pensiero.
"Perché no."
 
Quel paesino semplice e pacato, immerso nella natura più selvaggia, sembrava totalmente astorico, come se lí il tempo scorresse con più calma e tranquillità. Non disponevano di grandi tecnologie, non erano ninja né soldati, praticavano un'antica religione e vivevano una vita semplice ma piacevole. Erano molto amichevoli e loquaci e per far sentire a loro agio gli ospiti, considerati come qualcosa di prezioso, avevano organizzato un banchetto al calar del sole, ricco di musica e intrattenimento. Fu una serata piacevole dove la squadra ebbe l'opportunità di conoscersi meglio e di prendere piú familiarità con il posto. Risero, scherzarono e alzarono anche un po' il gomito e Sakura per una sera ritrovò quella pace e quella serenità che da tempo l'aveva abbandonata sostituita da un macigno enorme che pareva irremovibile. Fortunatamente, mentre Jasmine si era ubriacata con nemmeno mezzo bicchiere di vino, non aveva pensato a ciò che era stato e a quello che l'aspettava alla fine di quella missione, ma riuscì a godersi quel momento.
Rientrarono nella propria stanza quando ormai la notte era inoltrata e la luna splendeva meravigliosamente circondata da miliardi di stelle. Una leggera brezza soffiava rinfrescando il volto arrossato per l'alcool. Jasmine era crollata quasi subito dopo aver bevuto, non reggeva per niente! Gwaine aveva dato il meglio di se trascinando pure il silenzioso e pacato Tadashi che dopo qualche drink di troppo e serenate stonate si era addormentato. Sui e Sakura erano gli unici rimasti con un po' di lucidità e, presi tra le braccia i festaioli, erano tornati nelle loro stanze. Posata Jasmine nel letto, rimase un attimo a guardarla scostandole un ciuffo corvino posatosi sugli occhi abbandonati al sonno.
"É stato molto divertente." Spaccò il silenzio con la sua dolce e, ma allo stesso tempo, forte voce posando l'ultimo dei due.
"Giá. Chi si aspettava un'accoglienza così?" Trattenne una risata.
"Hai visto come cantava Tadashi? Ahahah! Non l'avevo mai visto così estroverso in tutta la sua vita!"
"L'alcool fa di queste prodezze." Ammiccò coricandosi tra le morbide coperte, ma senza aver l'intenzione di dormire. Lo vedeva da dietro quel setoso velo che separava i ragazzi dalle ragazze.
"Veramente." Disse facendo altrettanto. Si osservarono per quelli che poterono essere cinque secondi, ma che durarono un'eternità. Forse era vero che lí il tempo scorreva lentamente. Sakura si sentì avampare e nascose la testa tra le coperte .
Sicuramente era per via dell'alcool. Non c'era altra spiegazione.
"Sei una ragazza strana." Sbuffó ghignando e avvicinandosi maggiormente a quel velo che li separava.
"Che vorresti dire?!" Lo squadrò imbronciata provocando un attacco di ridarella all'altro e un sonoro pugno nel braccio.
Era da tempo che non si esponeva così tanto con una persona, che non si mostrava per quello che era senza nascondersi dietro una maschera. Aveva paura, realmente. Non sapeva quello che poteva pensare, la sua reazione. Il terrore si faceva largo nel suo corpo mordicchiandola incessantemente. Velocemente si giró dalla parte opposta del letto mormorando uno scusa a fior di labbra. Un pesante silenzio piombó nella stanza.
Cazzo
"Sakura?" Le toccò la spalla con le punte delle dita. "Tutto ok?"
Non voleva girarsi. Non voleva vedere il suo volto. Si vergognava tremendamente e non voleva mostrare il suo imbarazzo. Prese un bel respiro e lo guardó per poi pentirsene subito.
"Perché ti sei scusata?" Le parole le morirono in gola.
Sui sorrise dolcemente per poi afferrarla per le spalle e scuoterla violentemente.
"Ma che fai?!" Si ravvivò tutta facendolo scoppiare a ridere.
"Ecco la mia Sakura!" Quel mia la distrusse ed entrambi ricaddero in uno sconvolgente silenzio. Sui voltó il volto coprendosi gli occhi. Era stranamente silenzioso.
"Non mi capita di ... Espormi così tanto ..." Gesticoló attirando la sua attenzione. "Solitamente tento a ... Nascondermi." Lui l'afferrò per un polso. Un leggero battito risuonò in quel vuoto oscuro.
"Perché ti dovresti nascondere? Sei fantastica." Erano vicini, troppo vicini.
Tante emozioni, tanti ricordi.
La mente annebbiata dall'alcool, le sensazioni amplificate, le emozioni più intense, lo stomaco in subbuglio, il petto congelato riscaldato, gli occhi lucidi e appannati.
Le labbra così vicine e-
Gwaine tiró un calcio nella schiena di Sui facendolo sussultare e imprecare.
"É anche insopportabile mentre dorme." Si staccarono mentre l'imbarazzo si disegnava sui loro volti.
"Beh é parecchio tardi, penso sia meglio dormire."
"S-sí. Buonanotte Sakura."
"Buonanotte Sui."
E così si voltarono dandosi la schiena mentre nella mente non c'erano altro che le immagini di quel momento e di ciò che sarebbe potuto succedere. Il cuore batteva all'impazzata e le guance bruciavano intensamente.
Eppure a Sakura faceva male. Tanto male.

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Capitolo 12
*** Chiarimenti ***


Note dell'autrice stranamente ancora viva: Salveee! Sono passati due mesi ed eccomi qui con il nuovo capitolo. C'ho messo decisamente meno tempo dell'ultima volta eheh. Ho notato che siete stati molti meno a recensire l'altro capitolo e un po' mi dispiace, però penso sia dovuto al fatto che c'ho messo una vita per pubblicarlo. Comquneu spero vi ppiaccia anche questo capitolo e ce la metterò tutto per continuare a scrivere una storia che vi possa piacere e pubblicarla in tempi decenti :) Grazie a tutti per il vostro sostegno, è molto importante per me <3


Capitolo XII – Chiarimenti -
Si alzarono all'alba mentre il freddo pungente della notte era ben palpabile sulla propria pelle, la città ancora immersa nell'abbraccio di Morfeo e le loro menti devastate, chi per un motivo chi per un altro.
 
"Chi me l'ha fatto fare?" Mugolò Jasmine mentre con la mano premeva sulla tempia. Sakura le passò una compressa e un bicchier d'acqua per poi immergersi nuovamente tra la polvere e l'inchiostro di quella vastissima biblioteca.
"Passerà tranquilla."
"Non avevo mai bevuto. Perché l'ho fatto proprio durante una missione?!" Soffiò con violenza su un antico tomo alzando una quantità spropositata di polvere che la fece starnutire.
"Almeno adesso sappiamo che non lo reggi." Rise Sakura. "E poi c'è chi é messo peggio di te."
"Già ... Senti, non é sembrato anche a te che questa mattina Sui fosse particolarmente strano?" Sakura sussultò.
"N-no, perché?"
Fece spallucce aggiustandosi la montatura. Quel nome fece riaffiorare nella giovane Konuichi un sacco di ricordi, ricordi ovattati dal calore e dall’ebbrezza dell’alcool che l’avevano inseguita anche nel sonno, impedendole di riposare.
Con una smorfia si massaggiò la parte del collo indolenzita.
"É successo qualcosa?"
"Mh?"
"Nel senso, sia tu che Sui siete particolarmente strani oggi. Te hai dormito visibilmente male e lui è stranamente silenzioso."
Nonostante si conoscessero da poco più di un giorno, Jasmine era riuscita a cogliere ed elaborare ogni gesto dei suoi compagni con estrema facilità e precisione. Una precisione disarmante.
"Ho semplicemente dormito male ... Per il freddo, tutto qui." Cercò di spiegare Sakura liquidando velocemente la conversazione.
Era sollevata di non avere Sui vicino in quel momento. Quella mattina non aveva fatto altro che sfuggire al suo sguardo mentre una miriade di domande le intasavano la mente aggrovigliandosi tra di loro. Fortunatamente nessuno dei due aveva avuto la brillante idea di discutere di quello che era successo.
Era stato un errore causato dalla leggera eccitazione dell'alcool. Anzi, non era successo assolutamente nulla perciò di nulla dovevano parlare!
Sorrise istericamente cercando di convincere se stessa e il suo cuore che batteva all'impazzata tra le parole sfocate che come un eco andavano sciogliendosi.
 
Sui si passò una mano tra i capelli bagnati leggermente dal sudore. Erano fuori dalle prime luci dell'alba e non erano ancora riusciti ad incontrare le donne protagoniste di quegli strani sogni. Aveva dormito male, decisamente male, e la sua mente non voleva donargli pace tanto da farlo sentirlo soffocare, come se qualcosa di invisibile gli comprimesse il torace.
Si erano divisi in due gruppi per cercare informazioni sull’accaduto. Era grato a qualsiasi divinità di non essere capitato insieme a Sakura, magari da soli, in biblioteca, tra i vecchi libri e la polvere, mentre con dolcezza lei sfiorava le pagine ingiallite, gli occhi smeraldini attenti, le labbra socchiuse e secche, la lingua che con grazia le andava a reidratare e la pelle nivea leggermente sudata, e il suo sguardo si sarebbe incantato su una goccia di sudore che le percorreva il collo scoperto e-
*SBAM* si diede due schiaffi sul volto arrossato. Come poteva pensare a cose del genere? Era sicuramente colpa del caldo di mezzogiorno.
"Chi siete?" Chiese una giovane ragazza dai dolci lineamenti.
Sui realizzò di trovarsi di fronte alla casa di una delle due donne, per l’esattezza la seconda che ebbe gli incubi.
"Io mi chiamo Tadashi e loro due Sui e Gwaine. Siamo ninja di Konoha. Chiamati dal vostro ... "
"Sacerdote." Lo aiutò Gwaine.
"Oh..." La giovane sospirò indugiando per qualche secondo.
"Tu sei-"
"Entrate." Fece loro segno di seguirla e .
"É quasi ora di pranzo."
"Ci dispiace ma non l'abbiamo trovata questa mattina in casa." Si affrettò a dire Gwaine.
"Avevo delle commissioni. Comunque se vi va potete rimanere a pranzo." Indossó un grembiule roseo. "Così possiamo parlarne con calma."
 
Un dolce profumino riscaldava la tiepida aria dell'abitazione facendo risuonare gli stomachi affamati dei ninja di Konoha che pazientemente aspettavano a tavola.
"Ecco a voi!" Sorrise dolcemente intavolando la pietanza. Ringraziata per la gentilezza iniziarono a mangiare in un silenzio imbarazzante.
"Volevate chiedermi qualcosa?" Ruppe il silenzio la giovane donna.
"Beh, le volevamo fare qualche domanda signorina ..."
"Suzume."
"Volevamo farle qualche domanda sul suo sogno, avvenuto alcuni notti fa."
Proferì Gwaine deglutendo il riso. Il volto solare della ragazza si incupí drasticamente mentre gli occhi scintillarono alla luce del sole. Congiunse le mani sul grembo e, a testa bassa, iniziò a raccontare.
"Questi sogni ... Dopo la prima volta mi si ripresentano ogni notte, ma grazie ai sacerdoti e a delle gocce riesco a dormire e a sognare solo qualche immagine vaga."
"Prima di quel sogno hai avvertito nulla di strano?" Chiese Sui guardandola attentamente. Lei sollevò leggermente il capo annuendo dolorosamente.
"Già dal risveglio avvertii qualcosa di strano ma non riuscivo a capire cosa fosse. Ero distratta e nervosa, ma lo attribuii alla possibilità di aver dormito male quella notte."
"Ed era così?" Chiese Tadashi sistemandosi la montatura sul naso.
"Beh era la risposta più plausibile, ma in tutta la mia vita non mi era mai successo di dormire male e inoltre non avevo dolori, solo quelle strane sensazioni che mi facevano star male. E poi ... Quella notte ..." Strinse la stoffa della veste tra le mani mentre cercava visibilmente di non scoppiare a piangere. Sui, Gwaine e Tadashi la guardarono in silenzio lasciandole il tempo di continuare.
"Quelle bestie che ho visto ... Erano raccapriccianti e ero, anzi lo sono tutt'ora, pervasa da un senso di paura incredibile. Lo stomaco mi si attorcigliava al resto degli organi. Una sensazione impossibile da descrivere." Espirò rumorosamente ma in modo composto. La sua agitazione era palpabile con le mani, aveva impregnato l'aria circostante. "Avevano zanne affilate e bianchissime. La cosa più orribile é che si trovavano nel nostro bosco. L'ho riconosciuto perché tra le fronte degli alberi fitti e contorti c'era una grande quercia illuminata dalle lucide delle stelle. É il nostro albero sacro. Fortunatamente queste creature non sono riuscite ad avvicinarsi. Sapete ... É molto potente, é protetto dagli spiriti dei nostri antenati."
Deglutirono all'unisono incapaci di parlare o di emettere qualsiasi tipo di suono. Non sapevano proprio cosa dire e perciò osservarono la pietanza ancora nel piatto che lentamente perdeva il suo calore che si disperdeva nella stanza con ghirigori di fumo. Suzume rilasció le mani e rialzó finalmente il volto sorridendo agli ospiti.
"Scusatemi, non volevo rovinarvi l'appetito."
"Per niente!" Disse Gwaine fiondandosi sul cibo e strappando a tutti un sorriso. Ripresero a mangiare e l'atmosfera si fece più leggera e solare. Proseguirono il pranzo chiacchierando e ponendole altre domande meno pesanti e opprimenti. Così la giornata passò rapidamente e dopo il pranzo si diressero anche dall'altra donna che diede più o meno le stesse informazioni con la medesima angoscia della giovane ragazza. Quello che avevano provato e vissuto le aveva segnate nel profondo marcandole indelebilmente.
Il sole tingeva il cielo di rosso e una leggera brezza rinfrescava i corpi stanchi e le menti spossate dei paesani che tornavano da una dura giornata di lavoro nelle loro abitazioni accolti dal dolce calore familiare. Cosí anche i nostri ninja tornavano sfiniti verso il tempio dove li aspettavano una vasca d'acqua calda e un buon pasto consumato tra amici. Eppure Sui non riusciva a togliersi dallo stomaco quella sensazione di disagio e imbarazzo che violentemente gli si era presentata quella mattina al risveglio. Aveva dormito in preda ai tormenti della propria mente senza trovare concilio neanche nel sonno. Oppresso e sfinito da quell'assurda e quasi irreale situazione, non trovó altra soluzione che scappare da essa, da lei. Ma alla fine, nonostante la sorte avesse giocato dalla sua parte facendo si che i due non si vedessero per tutto il giorno, il pesante macigno che gli gravava sul petto era rimasto lí con lui, a ricordargli costantemente che non poteva scappare da quello che - non - era successo. E adesso si ritrovava a camminare al chiarore del sole calante, con il sudore ormai freddo sulla pelle, e il terrore per un qualcosa che sicuramente non significava niente.
 
Quella serata era proceduta senza intoppi,tra risate genuine e figuracce immancabili. La cena si era consumata come di consueto e, dopo un inchino e un ringraziamento verso i gentilissimi padroni, tutti e cinque si diressero nella propria stanza pronti ad accogliere un dolce sonno ristoratore. Sfortunatamente questo non accadde per tutti.
Sakura si svegliò sudata nel bel mezzo della notte. Non ricordava come avesse fatto a prendere sonno, ma tanto era stato inutile visto che stava anche peggio. Fissó per qualche istante l'ombroso soffitto mentre il cuore tornava ad un battito regolare e stabile. Si passó una mano sul volto stravolto mentre i pensieri si andavano affievolendo riacquistando un andamento piú sopportabile per la propria mente.
Sbuffò indispettita. Non poteva credere che quell' evento non accaduto l'avesse messa in una crisi così mostruosa. Nelle orecchie risuonava il ‘‘dolce’’ russare della tenera Jasmine - beata lei che dormiva così profondamente! - e, senza capirne il motivo, voltò il volto verso il divisore notando che all'appello mancava l'oggetto dei suoi tormenti.
 
La brezza notturna congelava i polmoni regalando una sensazione inebriante e rigenerante immediata. Socchiuse gli occhi lasciandosi andare completamente a quella percezione concentrandosi su ogni minimo dettaglio, solo per distrarre la mente infingarda, solo per non pensare a quel tormento continuo. Eppure, quasi come se il destino si volesse prendere gioco di lui, mentre il vento soffiava sulla sua pelle rendendola più sensibile e il profumo dell'aria nuova si insinuava dispettosa nelle narici, l'oggetto dei suoi tormenti si materializzò a qualche passo da lui.
Non lo chiamò, non attirò la sua attenzione in alcun modo, semplicemente rimase lì immobile a fissarlo, e lui fece altrettanto. Precisamente nessuno poté dire quanto tempo avessero passato in silenzio e chi fra i due avesse rotto quell’atmosfera pungente.
"Come mai sei sveglio a quest'ora?"
"Penso per il tuo stesso motivi ..." Sospirò Sui abbassando lo sguardo.
"Non riuscivo a dormire."
"Nemmeno io." Le parole, i lunghi discorsi preparati nel corso della giornata, le torture mentali, non erano servite a nulla perché adesso tutto si era cancellato lasciando una tavola vuota, e probabilmente tale sarebbe rimasta.
"Lo sai vero che ..." Cercó di accennare Sui, ma le parole gli morirono in gola. Sakura annui avvicinandosi con sguardo basso e triste. L'imbarazzo e l'angoscia erano palpabili a mani nude e, se tendevi l'orecchio e ascoltavi con attenzione, udibili erano le parole non pronunciate.
"Cosa ..." Cosa ti dovrei dire? "Cos'era esattamente quello ?" Provó Sakura mentre sentiva uno strano nodo allo stomaco stringersi con forza. Quei lunghi silenzi graffiavano stridenti i loro corpi, ma erano inevitabili, perché ancora nessuno dei due era riuscito a dare un nome a quella vicenda, a quei sentimenti, a ció che non era successo.
"Sinceramente non lo so."
"E tu cosa ..." Tentò anche lui fermandosi a metà. Sakura alzò le spalle sospirando.
Perché doveva essere così difficile? Non poteva essere piú diretto e veloce? Meno fatto di indugi e piú botta e risposta, litigate insulse, violenza irruenta?
No, perché lui non er-

"Tu mi piaci." Ammise Sui tutto d'un fiato voltando gli occhi al cielo mentre un sorriso agrodolce si disegnava sul suo volto. Sakura rimase a bocca aperta mentre l'eco di quello parole si incastrava tra le pieghe del proprio cervello e un nodo alla gola le impediva di parlare o dire qualsiasi cosa.
“Cioè sei una ragazza carina e intelligente e diciamo che per te … provo una certa attrazione.” Sorrise guardandola. Perchè?
"E per te, cos'é stato?" La spiazzò mentre una fitta dolorosa le colpiva il cuore, stretto in una morsa metallica che non faceva altro che stringere e stringere. Sapeva che gli doveva una risposta sincera, nonostante volesse dire farlo soffrire.
In passato aveva detto troppe bugie - anche se alcune a fin di bene - e adesso ne ripagava le conseguenze dolorose.
"Io ... Quella sera ...-" un conato di vomito la colse improvvisamente, ma lo trattenne. "Ho provato realmente qualcosa." Esordì guardandolo finalmente negli occhi leggermente lucidi - e se avesse potuto vedere i propri, avrebbe notato quanto a stento le lacrime reggevano -. "Ma ... Io non ... Mi dispiace." Singhiozzò. Il pianto si faceva più inteso e le prime lacrime le rigarono la nivea pelle.
Sui l'abbracciò stringendosela al petto, accarezzandole lievemente la testa per rassicurarla.
"Lo sai che tra i due quello rifiutato sono io?" Scoppiò a ridere d’improvviso. "Perciò comprendi che quello che dovrebbe piangere disperato non dovresti essere tu, ma il sottoscritto?" Disse spostandola lievemente per guardare il suo volto che per un attimo sorrise e, velocemente, Sakura s'asciugò quelle lacrime ribelli. Rimasero cosi, a guardarsi negli occhi, senza bisogno di parlare perché tutto si stavano dicendo, senza bisogno di lacrime, perché scorrevano nei loro occhi.
"Ti ... Scusa per la domanda ma, sei innamorata di un altro?" Chiese Sui imbarazzato mentre Sakura abbassava il viso scarlatto strappandogli un riso.
"Allora questo ragazzo é molto fortunato." Lei scosse la testa e volgendo nuovamente gli occhi a lui, ricolmi di lacrime, sussurrò.
"Lui non mi ama, non più." Dopo quelle condivisioni entrambi si sentirono più leggeri e liberi e si strinsero in un ultimo e nuovo abbraccio prima di coricarsi con tranquillità nella propria stanza e darsi la buonanotte. Così, almeno per una notte, Sakura riuscì a dormire serena.
 
Affermare nuovamente cosa provava era stato difficile, perché aveva sempre cercato in tutti i modi di nascondere quella consapevolezza nella speranza che cancellandola dalla sua vista pian piano sarebbe sparita realmente. Quella notte non fu tormentata né agitata, per le poche ore di sonno che si concessero, riuscirono a godere di un profondo sonno ristorato. Risvegliarsi l'indomani fu più complicato, ma almeno adesso potevano lavorare come si deve, concentrati e determinati, il cuore tranquillo e lo stomaco meno in subbuglio. E la forza di andare avanti.

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Capitolo 13
*** Sensazioni ***


Capitolo XIII -Sensazioni–

Il giorno dopo tutti si misero alla ricerca di qualsiasi tipo di indizio o informazione utile alla loro missione: Sakura e Jasmine tornarono a setacciare i polverosi libri della biblioteca mentre i ragazzi setacciarono i confini della città e chiesero informazioni ai paesani su ciò che c’era al di là del confine, nel fitto bosco.
 
Sakura, se da una parte aveva finalmente l’anima in pace ed era riuscita a dormire tranquillamente per qualche ora la sera precedente, dall’altra aveva risollevato sentimenti che aveva cercato di scacciare e di nascondere al proprio cuore. Aver ammesso che Naruto era ancora, e lo sarebbe sempre stato, una parte importante di sé era stato doloroso e difficile e quel “lo sarebbe sempre stato” la spaventava a dir poco.
Cosa sarebbe successo se non fosse riuscita a dimenticarlo? Se non fosse riuscita ad andare avanti?
Nascondere nuovamente quello che provava era impossibile e altrettanto lo era ignorare il problema.
Affrontarlo?
Fuori discussione! Naruto era fidanzato, stava con una ragazza bellissima e che lo amava. Non poteva certamente arrivare lei e rovinare quel loro quadretto perfetto e idilliaco con le proprie insicurezze e i propri desideri.
Per una volta sarebbe stata egoista, l’avrebbe lasciato andare e forse col tempo l’avrebbe realmente dimenticato e avrebbe potuto ricordarlo come la persona più importante della sua vita senza perdere un battito.
 
Nel tardo pomeriggio, i giovani ninja si riunirono per discutere su come procedere con la missione che per molti aspetti era ancora sconosciuta.
“Cosa avete scoperto dalle testimonianze delle donne?” Chiese Sakura sistemandosi su una sedia.
“ Beh” intervenne Sui “Abbiamo scoperto che questi mostri si annidano nel nucleo della foresta attorno nelle vicinanze di un particolare albero sacro, una quercia, e sono dotati di lunghe zanne bianche e affilate.” Gli altri annuirono in silenzio.
“L’albero si chiama ملكة الغابة ovvero ‘Regina dei boschi’ è il loro albero sacro, fulcro della vita passata presente e futura. Un meraviglioso intreccio di rompicapi costruiti dalla curiosità dell’uomo mortale e dal desiderio di una vita migliore. E’ simbolo di vita, considerato il ponte fra cielo e terra, insomma è un’entità sacra e rispettata. ” Trillò Jasmine stringendo fra le esili braccia il tomo dal quale aveva acquisito l’informazione.
“La posizione dell’albero è sconosciuta, ma fortunatamente siamo riusciti a ricavare buone informazioni sulla struttura e l’estensione del bosco.” Intervenne Tadashi estraendo una cartina del perimetro. “Sappiamo che i boscaioli non si sono addentrati più di così, ma non hanno mai visto questa leggendaria Quercia.”
Ascoltarono attenti elaborando ogni piccola informazione cercando un indizio, una pista da cui partire, ma c’erano ancora troppe questioni in sospeso, troppi pezzi mancanti tra le loro considerazioni bloccando così ogni azione sul nascere. Non conoscevano il loro nemico né se questo esisteva realmente, non conoscevano la sua posizione né il motivo della loro comparsa.
Nemici? Amici? Fantasia?
Cos’erano in realtà quelle creature e cosa volevano dal villaggio? Mentre tutte queste considerazioni e ipotesi si accalcavano per penetrare nella mente della konuichi, questa si illuminò.
“C’è qualcosa che non torna.” Soffiò a fior di labbra Sakura.
“Cos’hai detto?”
“N-niente …”
Qualcosa le sfuggiva, la percepiva distintamente ma ogni volta che provava a coglierla essa sfuggiva alla sua mente. Era solo una sensazione e non voleva per questo mettere in allerta gli altri suoi compagni, ma certamente lei avrebbe tenuto gli occhi ben aperti sul posto che la circondava.
“Perciò … cosa facciamo?” Chiese Gwaine con il volto spalmato sul tavolo e il sole bianco e afoso si tramutava in una palla di fuoco rossiccia e ammaliante.
“Sappiamo poco o nulla su questa missione e sui nostri nemici, ma dobbiamo agire, le informazioni non pioveranno dal cielo magicamente.” Espirò rumorosamente Sakura. “Domani cerchiamo di raccogliere in mattinata delle informazioni e di pomeriggio, quando il sole sarà meno caldo, perlustreremo l’aria del bosco percorsa dai cacciatori dividendoci in due gruppi.”
Gli altri annuirono silenziosi e dopo qualche ora il suono della campana annunciò l’ora del banchetto serale.
 
Il mattino seguente era arrivato senza preavviso. Quella stessa mattina sarebbero cominciate le indagini, ma già qualcosa maturava e prendeva forma, anche se molto lentamente e con difficoltà, nella mente di Sakura. Risuonavano confuse le parole dei monaci, quasi maligne. I loro sguardi calcati profondamente tra le pareti celebrali, taglienti e bramosi. I sorrisi dolci nascondevano inquietanti ghigni inspiegabili.
Eppure il senso di tutto questo fuggiva ogni volta.
Chissà se anche al loro arrivo quei sorrisi amorevoli, quelle parole gentili, erano le maschere di uno sconosciuto spettacolo.
Ciò che la rendeva titubante nell’avanzare ipotesi era che i suoi compagni non si erano accorti minimamente di queste sfumature, o, come lei, fingevano di non averle notate raccogliendo così qualche informazione. Allora avrebbe dovuto svelarsi? Meglio di no. E se Jasmine, Sui, Tadashi e Gwaine sapessero qualcosa che lei non sa? Ma se non lo sapessero? La prenderebbero per pazza? Per idiota?
Doveva condividere quelle informazioni, ma per una strana e inspiegabile sensazione di disagio, tacque per quella volta.
 
Non raccolsero molte informazioni utili al progredire della missione. I cittadini sembravano ignoranti in materia, non capivano le domande, faticavano a rispondere. Molti fuggivano con una scusa, altri celavano disprezzo ingiustificato. Il cervello dell’Haruno si arricchiva di quei particolari non detti, eppure non vedeva il filo logico che univa i tasselli. Anche la perlustrazione non diede nessun risultato. Il bosco risultava calmo e taciturno, quasi disabitato.
“Tutto ok?” Chiese Sui preoccupato interrompendo per un istante il flusso dei suoi pensieri. Riuscì solo a mugolare un tiepido sì mentre essi tornavano nuovamente ad invadere il suo cervello con arroganza. Troppe cose non tornavano, troppe incognite irrisolte. Com’era possibile che non conoscessero nulla della missione? Cosa avrebbero dovuto fare se ogni passo era un brancolare nel buio?
Ormai la palla di fuoco si accingeva a calare quando arrivarono al limite del bosco conosciuto. Gli altri insistevano per tornare indietro, ormai la luce fioca del tramonto stava cedendo alle tenebre della sera, ma qualcosa di terribilmente inconsueto e sfortunatamente invisibile, si nascondeva tra gli alti abeti.
Fu il tempo di allungare la mano verso quella zona sconosciuta che una strana energia la fece tremare. Poi si girò per raggiungere gli altri.




Note dell'autore:
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento.Inizialmente le cose sembravano andare un po' a rilento e l'idrea di lasciarvi con un pugno di sabbia in mano mi stuzzicava, poi però ho cambiato idea decidendo di aggiungere qualche altra riga in più per farvi scorgere qualcosa sulla missione. Nel prossimo capitolo penso proprio che arriveremo ad un momento un po' cruciale della missione. Spero di non avervi fatto attendere troppo.
Inoltre, ad Agosto sarò via per quasi tutto il mese quindi ho pensato di pubblicare almeno un'altro capitolo o due in questo mese.
Mi piacerebbe riavere le recensioni di prima. Dopo la mia lunga pausa siete diminuiti in parecchi e un po', devo essere sincera, mi dispiace.
Comuqnue sia, buone vacanze a tutti quanti!!

 
Campagna di Promozione Sociale -MESSAGGIO No Profit:
 
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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

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Capitolo 14
*** Illusione ***


Capitolo XIV –Illusione-

Quella sensazione era indimenticabile. Non la voleva abbandonare. Il corpo fremeva ancora. Fu la sensazione di un attimo. Eppure aveva percepito distintamente le molecole del proprio chakra vibrare. Nella sua mente si stagliò l’immagine di una barriera che racchiudeva il nulla, ma le era incomprensibile e si lasciò ricadere sul proprio giaciglio. Avrebbe voluto raccontare l’accaduto agli altri, i propri dubbi, ma, come se conoscessero le sue intenzioni, al loro rientro i sacerdoti avevano organizzato una serata piena e stancante da farli crollare appena tocca una superficie morbida su cui dormire.
 
Un rumore assordante la fece sobbalzare dal dolente sonno mentre i raggi opachi del primo sole si frastagliavano sulle pareti giallognole della stanza.
“Scusate, vi ho svegliato?” Proferì una voce da dietro la porta socchiusa. Sakura rimase in silenzio, confusa, e prima che potesse emettere alcun fiato la porta si chiuse seguita da un “Stanno ancora dormendo.” e lo scricchiolio di passi.
Subito si catapultò alla porta cercando di seguire i movimenti di chiunque avesse parlato tirando un calcio alla povera e addormentata Jasmine che si svegliò frastornata. Riuscì a percepire solamente risate lontane.
“Cosa succede?” Chiese stropicciandosi un occhio e avvertendo un leggero pizzicore all’addome – colpito -. Con un balzo si precipitò a tappargli le labbra per poi far cenno agli altri di stare in silenzio. Tutti la guardavano straniti e quasi spaventati, ma seguirono i suoi comandi.
Avrebbe finalmente avuto l’occasione di parlare con loro senza orecchie indiscrete forse per un’oretta. Il tempo era poco e non l’avrebbe sprecato.
Così si accinse a raccontare di ogni dubbio che le era affiorato negli ultimi giorni mentre gli altri l’ascoltavano in religioso silenzio con un orecchio attento al suo discorso e uno vigile ad ogni movimento.
“Cosa pensi voglia significare?” chiese trai fischi del vento Gwaine. Sakura scosse la testa.
“Non ne ho proprio idea, credo che sia opportuno svolgere delle indagini all’interno, con la massima riservatezza. Fingeremo di perlustrare il bosco mentre due di noi rimarranno qui a cercare qualsiasi cosa nascondino.”
E fu dopo un tacito acconsentimento che la porta si aprì cigolante.
“Buongiorno.” E i ninja si svegliarono dal sonno.
 
Era stato particolarmente strano che fossero andati a svegliarli quella mattina. Non l’avevano mai fatto, quel’era il motivo di questo nuovo interesse?
Informarono i sacerdoti che quel pomeriggio sarebbero usciti per una nuova ispezione e che non avrebbero pranzato con loro. Nonostante le ripetute richieste di cenare insieme al loro ritorno - semplice cortesia o qualcosa di più? -, riuscirono a convincerli e dopo pranzo prepararono un piano in pochi minuti.
La missione avrebbe avuto luogo nel bosco alle due e mezzo del pomeriggio. Tutti e cinque i ninja si sarebbero diretti lì e solo dopo si sarebbero separati. Sui e Tadashi, i più adatti per quest’operazione per la loro affinità e l’esperienza di lavorare in squadra oltre che specialisti di tale campo, sarebbero tornati di nascosto nel tempio per cercare ogni possibile indizio. Avrebbero mantenuto un contatto grazie agli auricolari ricalibrati da Gwaine per trasmettere su di una rete sicura. Intanto gli altri avrebbero continuato a perlustrare il bosco per ricanalizzare ogni possibile particolare allora sfuggito.
Il sole era alto, tingeva di radiosa lucentezza i vermigli spioventi, il cielo cristallino, privo di alcuna macchia, si specchiava tacito sul fondo di un pozzo, le cicale frinivano tra i sottili fili d’erba scandendo il tempo secondo per secondo mentre il caldo cingeva il corpo niveo della giovane konuichi.
“Che caldo.” Sospirò. La candida pelle imperlata di gocce di sudore, i capelli rosei schiacciati sul corpo come se volessero incorniciarlo.
“In questi momenti rimpiango il mio amato.”
“Sei fidanzata Jasmine?”
“Sì, con il mio ventilatore.” Lasciò ricadere la testa in avanti mentre i capelli corvini la ricoprirono fastidiosamente.
Gli animali ancora tacevano, ma Sakura non vi dava importanza, troppo concentrata sul caldo insopportabile che l’avvolgeva in un abbraccio di fuoco. Con gesto veloce, e quasi disperato, sistemò i fili rosati in un’alta coda sentendosi riavere per un attimo.
“Vi lamentate troppo voi donne.” Sospirò grondante Gwaine faticando a trascinare i suoi stessi piedi.
Nessuna delle due rispose, non per la veridicità della cosa – no, Sakura l’avrebbe certamente ucciso -, ma perché il parlare e il pensare equivalevano a uno spreco di energia inutile, soprattutto se utilizzate per un idiota simile.
<> proruppe la voce di Sui. Subito scattarono sull’attenti.
“Sì, ti sentiamo benissimo.”
<>
“Qualcosa di anomalo?”
<> E la conversazione si concluse. Sakura sospirò rilassando i nervi. Doveva calmarsi. Era tutto così dannatamente calmo che la irritava.
Calmo?
“Ei Sakura! Vuoi rimanere lì tutto il giorno?” Chiese Gwaine agitando la mano. Si era fermata senza rendersene conto. Scosse la testa stringendo le sottili labbra per poi correre verso i compagni.
Nonostante i raggi non riuscissero a penetrare nel folto bosco, se non in vie eccezionali, l’afa di quel pomeriggio era insostenibile. Avrebbe tanto desiderato tuffarsi nelle acque cristalline e salmastre del mare o in quelle clorose delle piscine. Granite ghiacciate, condizionatori funzionanti, ventagli meravigliosi, le passavano a turno nella mente torturandola crudelmente.
<< Mi sentite? >> tuonò flebile una voce dall’auricolare.
“Sì Tadashi, che succede?”
<< Stiamo perlustrando alcune camere. Probabilmente ci dormono i monaci. Per ora non abbiamo trovato nulla di rilevante o di sospetto. >> Sakura annuì. Il fiato sospeso nel vuoto.
<< E questo … >> il rumore di qualcosa che si rompe. << Cazzo! C’è qualcuno. >> Urlò tra le labbra Sui. << Merda. Merda! >>
“Ei! Che cosa sta succedendo?” Chiese spaventata la konuichi, ma udiva solo un rumore gracchiante in sottofondo. Poi il contatto si chiuse.
“Sui! Tadashi! Rispondete! Merda!” si lasciò ricadere a terra con violenza, le mani sorreggevano il volto sconvolto.
“E ora cosa facciamo?” Chiese tremante Gwaine.
Sakura alzò lentamente i propri occhi. Anche gli altri erano spaventati. Jasmine tremava notevolmente e la pelle era di un pallido cadaverico mostruoso. Gwaine fissava incerto il vuoto mentre con smaniosa preoccupazione si toccava ripetutamente i capelli.
Stai tranquilla Sakura. Ragiona. Ragiona!
Provò a rialzarsi notando che le era difficile. Le gambe, le braccia, l’intero corpo era privo di forze, svuotato.
“Non sappiamo con precisione cosa sia o sta succedendo, perciò andare da loro è un rischio enorme. Potremmo far saltargli la copertura o metterci nei pasticci. Aspettiamo ancora un po’ e vediamo se riusciamo a ristabilire un contatto, in caso contrario” Prese un bel respiro. “Interverremo.”
 
Camminarono con gli occhi bassi, fissi sull'erba, in silenzio, senza emettere alcun fiato, alcun suono. Le orecchie ascoltavano con scrupolosa attenzione l’auricolare muto da qualche minuto nell’attesa, e nella speranza, che qualche suono tornasse udibile. L’attesa era snervante e insopportabile, i muscoli rigidi e appesantiti rendevano difficoltoso il cammino, ma ormai non aveva più senso. Era inutile continuare l’indagine se non gli prestavano attenzione. Era uno spreco di energie e nemmeno un’ottima distrazione.
Circondati da uno sconosciuto nemico, senza volto, senza nome, vagavano disorientati per un bosco straniero con il caldo rovente sopra le loro teste a ricordargli che non erano spiriti deliranti, ma carne e sangue.
<< Prova, mi sentite? >> trillò tremolante una voce dall’altro capo dell’apparecchio.
“Sì!” Urlò con ringraziando il cielo Sakura. “Cos’è successo? State bene?”
<< Tutto ok. C’è mancato poco che ci scoprissero. >> un sospiro sollevato si mischiò a quello del vento. Un po’ di ristoro. Era come se il tempo mutasse insieme al comportamento della konuichi.
<< Io e Tadashi stiamo ultimando le ricerche, ma qui non c’è nulla di strano. Non stanno facendo nulla di diverso da quello che dovrebbero fare dei monaci. Non possiedono niente d’illegale, né armi, né droga. Niente che li possa immischiare in questo groviglio senza capo e senza fine. >> Sakura ascoltava in silenzio, ammutolita. Si lasciò ricadere su di una roccia coperta di muschio scostandosi quei ciuffi ribelli che le coprivano gli occhi. Il suo corpo era tutto un fascio di nervi. Voleva tornarsene a casa.
“Ok, appena finite tornate immediatamente qui. Ci vediamo al punto di partenza.” La conversazione terminò e tutti si lasciarono andare alla spossatezza. L’agitazione ancora palpabile nell’aria umida.
“Incamminiamoci.” Riprese Gwaine sistemandosi la tracolla sulla spalla. Jasmine li andò dietro annuendo, ma Sakura non si alzò.
Lo sguardo smeraldino perso nel vuoto, le labbra socchiuse rilasciavano dolcemente l’anidride carbonica all’esterno, le dita intrecciate tra di loro sotto il mento e i pensieri persi in chissà quale groviglio di nodi.
“Sakura?” Insisterono scuotendola per una spalla. Con un balzo s’issò in piedi.
“No, devo fare prima una cosa.” Sentiva il sangue scorrere con forza e violenza nelle vene, il cuore pompare a un ritmo più forte ad ogni passo, i piedi scattavano come se volassero sull’erba sempre più frenetici, sempre più scattanti. In un attimo il suo corpo fremeva e correva con il fiato smorzato e trattenuto, il cuore pulsava adrenalina in ogni cavo, il cervello elaborava informazioni a ruota libera. Finalmente, anche se in maniera inspiegabile, quella confusione che l’aveva sempre circondata e ottenebrata stava svanendo, come risvegliati da un lungo sonno.
Intanto voci acute, quasi grottesche, si scagliavano sul suo corpo in lontananza. La chiamavano frenetiche, preoccupate, spaventate.
“Sakura dove stai andando?”
“Sakura torna indietro!”
Il suo nome risuonava tra i tronchi possenti di quel bosco sconosciuto. Vuote parole, insensibili all’udito della ragazza.
Si fermò e con essa il tempo riprese a scorrere lentamente e minuziosamente, secondo dopo secondo, minuto dopo minuto. Con il respiro affannato che le usciva a fior di labbra, scrutava quel luogo indefinito, ignoto.
“Sakura, cosa vuoi fare?”
“Qui …” Non riuscì a pronunciar nient’altro. Troppo indaffarata a calcolare e rielaborare informazioni.
“Dobbiamo tornare indietro.” Gwaine le sfiorò il braccio ma Sakura se lo scrollò di dosso seguitando con un cenno di negazione.
“Qui … la risposta deve essere qui.”
“Di che stai parlando?”
E come appena tornata in sé, come catapultata in questo modo da chissà quale sconosciuta dimensione, si girò a occhi sgranati e un mezzo sorriso di soddisfazione sulle labbra. “La risposta a questo enigma senza fine! Ogni cosa, ogni situazione strana deve per forza avere una spiegazione. E, non so come, sento che la scoprirei soltanto … qui …”
“Non dire stupidaggini Sakura.”
“Non dico stupidaggini Jasmine! E’ come se … non riesco a spiegarlo maledizione! Dovete fidarvi di me.”
La guardavano con occhi di ghiaccio, forse nemmeno la guardavano. I loro lineamenti si erano tramutati improvvisamente in lastre di pietra marmoree. Ogni loro muscolo si era irrigidito.
Sakura fece per avvicinarsi a quella cosa invisibile che il giorno prima le aveva provocato quelle strane sensazioni sotto la pelle.
“Adesso basta Sakura. Dobbiamo tornare indietro.” Disse Gwaine riafferrandola, con più forza e violenza, per il braccio.
Che cavolo gli prende?
Negò silenziosamente, la bocca rosea aperta in un punto di domanda. Jasmine guardava impassibile come una macchina. L’aria si era fatta improvvisamente più pesante e calda.
“Ho detto andiamo.”
“No!” Con un colpo secco si tolse dalla presa di Gwaine e con la punta delle dita sfiorò la barriera invisibile.
Una scarica di non si sa bene cosa la pervase per un istante facendola ammutolire. Sentiva il proprio chakra reagire stimolato da quel flusso che scorreva nel suo corpo.
Che cos’era?
“Sakura andiamocene via!” Urlò Jasmine in preda ad un attacco d’isteria. La giovane konuichi la guardò sbigottita da quella reazione. Non l’aveva mai vista così –beh, non si conoscevano da molto in effetti -.
“Non siamo al sicuro! Andiamocene!” Lacrime violente uscivano da quegli occhi carbone.
“P-perché?”
“Andiamocene e basta!” Continuò a urlare gettandosi su di lei per afferrarla. Sakura la scostò diffidente e incapace di mettere dei pensieri in fila.
Cosa cazzo stava succedendo qui?!
“N-no Jasmine! Perché non siamo al sicuro?”
“Perché devi rendere tutto così difficile?!” Sbottò improvvisamente Gwaine. Gli occhi infiammati di collera. Sakura era disorientata, stordita, tutto le stava sfuggendo di mano e non sapeva più che fare, come doveva comportarsi.
“No, no e no cazzo!” spinse via Jasmine tirando un gancio destro al compagno che le stava andando incontro. Poi, seguendo il suo corpo e il suo istinto, si girò per capire cos’era quel cazzo di barriera o altro che divideva, circondava, il bosco.
Protese le mani in avanti fino a quando esse non toccarono una superficie rigida e il suo corpo fu invaso da-
“Chakra?”
Gemette ritrovandosi carponi per terra. Gwaine l’aveva colpita alla testa.
“Ma che ca-“ con un calcio alla bocca dello stomaco la fece sobbalzare sputando un impasto misto a bile e sangue. Ne susseguì un altro e un pugno dritto sulla testa.
Accadde tutto velocemente. Il tempo di ragionare o almeno concepire cosa stava succedendo era inesistente. Gwaine sferrò un altro calcio, questa volta puntato in pieno volto, che Sakura riuscì a bloccare. Lo guardò un istante, poi un crack fece tremare le foglie e un urlo gutturale scuotere il terreno. Uno spintone e il compagno si ritrovò a gambe all’aria, digrignando i denti. Sakura si era rialzata, la vista leggermente appannata, un disgustoso gusto amarognolo tra le labbra, fitte dolorose alla testa e allo stomaco. Mise a fuoco meglio l’immagine dell’aggressore ancora carponi. Non ci voleva credere. Gwaine, il suo compagno di squadra, ninja di Konoha, l’aveva aggredita sotto gli occhi impassibili di Jasmine.
“Che cazzo vi prende?!” Chiese con voce tremante. Non risposero. Era confusa, terribilmente scossa. Le idee le vorticavano nella mente impedendole di concentrarsi su una per metterla a fuoco.
Poi ricordò quella quantità enorme di chakra estraneo che aveva percepito nel suo corpo - diramandosi dalle mani risaliva tutto il busto fino a defluire lungo le gambe e la mente – subito dopo aver toccato quel qualcosa di invisibile.
Cos’è questa barriera?
“Dobbiamo andarcene!” Gridò improvvisamente Jasmine trasudando da ogni parte. Aveva i pugni stretti lungo il corpo, i muscoli del coso tesi, leggermente in avanti, le labbra serrate, gli occhi di pece spalancati, strabuzzanti, il volto grondava di sudore.
Sakura scosse la testa e si appoggiò nuovamente alla parete percependo di nuovo un grande quantitativo di chakra.
“Adesso mi dovete spiegare cos’è questa storia.” Chiese mentre il caldo si faceva più soffocante e opprimente. “Cosa vi è preso? Perché mi avete aggredito?” E intanto cercava di analizzare, al massimo delle sue capacità, quell’incognita che racchiudeva un enorme segreto.
“Dobbiamo andarcene via, subito.”
“Perché?!”
“Perché non possiamo stare qui!” Sputò Gwaine barcollando, il piede rotto appoggiato dolente sul terreno.
“Spiegatemi il motivo! E poi cos’è questa barrier-“ Jasmine le lanciò un kunai nella mano destra, quella che riceveva il chakra esterno, e Sakura gemette piegandosi in avanti.
Estrasse l’arma appuntita, sperando che non fosse avvelenata, per poi stringerla con forza e violenza. Non accettava questo loro comportamento. Erano i suoi compagni, erano diventati amici!
“Non vi capisco …” balbettò abbassando il volto. Le lacrime le offuscarono la vista, ma doveva restare lucida e impassibile, come un ninja deve essere, perché nonostante fossero suoi amici, in questo momento la volevano uccidere.
“Cosa c’è da capire?”
“Tutto! Perché vi comportate così? Eravamo compagni, eravamo amici! E adesso … adesso siete come altre persone. E ogni volta che mi guardate mi sembra che non mi vediate nemmeno, come se foste sotto l’effetto …” E la sua voce scemò in silenzio, mentre le labbra si muovevano senza far trapelare alcun suono e gli occhi smeraldini si sgranavano impietriti.
“Non può essere …” Sospirò infine dopo una lunga pausa staccando la mano ferita dal muro che delimitava l’area del bosco.
Come può essere possibile? N-non ha senso! Poi perché una cosa del genere? Con quale scopo?
Gli occhi, puntati sul terreno, sgranati, il corpo rigido tremava sotto il peso di quelle rivelazioni così impossibili e insensate. Nessuno si mosse, nessuno disse nulla. Poi alzò con decisione lo sguardo smeraldino, le labbra serrate in un impeto di rabbia e fervore, il crescente pulsare del cuore.
“Siamo sotto illusione.”
Le parole risuonarono come un vento gelido e improvvisamente l’atmosfera cambiò, divenne tutto più grigio e cupo, come se il sole fosse coperto da nubi, ma il caldo divenne invece più opprimente e schiacciante, da rompere il fiato, la leggera brezza che scorreva lenta fra i fili ingialliti del prato si fermò di colpo.
Non risposero.
“Questa barriera è semplicemente il limite dell’illusione, il confine al di là del quale non c’è niente, non è stato creato niente!”
Non parlarono.
“Perché? A che scopo?”
“Non sono affari tuoi.” Proferì solenne la voce del sacerdote. La guardava con occhi di pietra, le mani giunte, il mento alto. Dietro di lui si apriva una schiera di monaci inferiori.
Sakura ghignò divertita.
“Immagino ci siate voi dietro tutta questa storia. La missione, le visioni, tutta una finzione per attirarci qua. A quale scopo? Per imprigionarci sotto il vostro controllo? Per questo Jasmine e Gwaine mi hanno attaccato?” Lui non rispose limitandosi a un modesto sorriso.
“Piccola ragazzina ingenua.” Sakura si accasciò al suolo tremante guardando impietrita la spada che le perforava lo stomaco. Al suo fianco Sui, imbrattato di quel sangue.
Lui e Tadashi erano finiti sotto l’effetto di quel inganno? Perché lei era l’unica ad esserne scampata?
“S-sui …” Ogni respiro le doleva tremendamente, ma doveva resistere, per loro.
Con una mano cominciò a curarsi la ferita, con l’altra cercò di far leva sul terreno riarso.
“Mi ero dimenticato che eri un ninja medico. Poco male.”
Perché tutto quel casino? Cosa diavolo aveva in mente questa cittadina sconosciuta.
Piegando la testa di lato, mentre la ferita si era rimarginata abbastanza in modo da non essere mortale, sorrise amaramente affiancandosi alla recinzione invisibile.
“Siete solo dei luridi bastardi.” Gridò con la voce tremante e le lacrime trattenute a stento in quegli occhi smeraldo pronte a scattare rabbiose. Con tenacia e labbra serrate sferrò un colpo secco a ciò che reggeva quell’illusione. Il terreno tremò leggermente mentre le espressioni dei suoi compagni, anzi, le espressioni di quei fantasmi diventavano sempre più corrugata e violenta e il caldo non le lasciava respiro, come in una morsa, come quella volta.
Perché? Perché?!
Si sentiva una stupida. Una stupida che c’era cascata un’altra volta. Finiva sempre così. Perché! Non durava nulla nella sua vita, ogni cosa bella, ogni cosa che contava per lei, era stata presa e distrutta, ogni volta. Se lo meritava veramente tutto quel dolore infinito? Quella continua presa per il culo? Quel dolore che sembrava ormai aver messo radici dentro di lei.
Eppure lei ci aveva creduto, ci aveva creduto veramente che qualcosa finalmente sarebbe cambiato, che avrebbe ritrovato la felicità e il sorriso, che avrebbe sentito pulsare nuovamente quel cuore spezzato e distrutto da chissà quanto, calpestato innumerevoli volte. Ci aveva sperato, e il risultato era che veniva nuovamente distrutto.
Sferrò un altro pugno. Le nocche iniziavano a dolerle, ma non ci fece caso. Non era nulla in confronto a quello che provava adesso.
“Che cosa pensi di ottenere così?” Sputò con voce bassa Sui guardandola freddamente, senza vederla. Un groppo le si formò in gola. Sorrise amaramente sferrando un altro colpo.
Quindi era tutto finto quello che lui, lei, loro due avevano provato quella sera? Quelle parole che le avevano dato speranza? La loro amicizia, il rapporto creatosi, era tutta una stupida stronzata?
Stupida.
Sferrò un altro colpo.
Stupida.
Un altro.
Stupida!
La parete iniziò a incrinarsi, a ogni colpo, a ogni doloroso pugno. Piccole incrinature s’iniziarono a formare sul nulla mentre una luce accecante fuoriusciva da quelle fessure. Piccole gocce rosse e sferiche macchiavano l’arido terreno.
Fanculo! Fanculo! Fanculo!
Il sangue si faceva più intenso, le percorreva le nocche e le macchiava i vestiti. Le lacrime calcavano le guance sporche di terra.
“Shanarroooo!” Un pugno, un grido, un dolore insopportabile, la rabbia, la tristezza, il disgusto, l’odio, il terrore. Un boato. Una luce accecante.
 
***
 
L’orologio segnava le quindici meno dieci, il sole bruciava ancora nel cielo limpido, ma così stranamente grigio. Sdraiato sul letto, il ventilatore puntato sul volto, il sudore che gocciolava lentamente giù dalle sue tempie, Naruto aveva passato così quella sua giornata.
Sakura mancava da cinque giorni e lui non sentiva altro che il desiderio di rivederla, di rivedere i suoi occhi verde speranza - la speranza che gli donava a ogni sguardo -, il suo dolce sorriso – quelle labbra dal sapore ancora non assaggiato -, quella fronte spaziosa che la caratterizzava – e che avrebbe tanto voluto baciare -. Gli mancava ogni cosa di lei, della sua Sakura-chan. C’era qualcosa che lo tormentava, che non gli dava pace nemmeno nel riposo del sonno, lo seguiva ovunque andasse. Ma cos’è? Eppure non sapeva definirlo, identificarlo. Sapeva solo che c’era.
Si alzò frastornato, il bastoncino del ghiacciolo ancora tra le labbra. Indossò i primi vestiti che trovò non troppo sporchi e puzzolenti e uscì. La luce abbagliante del sole lo colpì in pieno viso costringendolo a stringere gli occhi azzurri. Iniziò a camminare senza meta per il villaggio, alla ricerca di quella risposta nascosta. La gente gli passava accanto senza neanche vederlo, i bambini giocavano, gridavano allegri, ridevano con quella vocina stridula, piangevano per una sbucciatura, le mamme li sgridavano, li tenevano stretti per mano, li offrivano dolcetti. Il villaggio viveva un giorno come un altro, ma Naruto si sentiva così estraneo a tutto questo.
Non sentiva Sakura da un bel po’ e l’ultima volta che si erano visti non si erano salutati nel migliore dei modi.
“Ti odio!”
Strinse una mano al petto ricordando le parole che si erano urlati contro, con tanta rabbia. Era così strano che fosse partita per una missione così lunga – quindici giorni cavolo! – e senza nemmeno la possibilità di contattarlo – o contattare i suoi genitori, non per forza me …. -. Era troppo strano!
Improvvisamente si riscosse trovandosi di fronte al palazzo dell’Hokage.
Perché sono venuto qua?
Fece spallucce e, seguendo il proprio istinto, entrò nella grande struttura. Avrebbe chiesto a nonna Tsunade cos’era quella storia della missione. Le avrebbe chiesto qualche informazione più precisa: dove si trovava, cosa faceva, perché doveva stare via così a lungo e non poteva contattare nessuno.
“Avanti.” Disse una voce da dietro la porta. Quando cavolo avrei bussato? Si sorprese girando la maniglia e facendo come gli era stato detto. Certo che quel giorno era proprio strano.
“Naruto! Cosa ci fai qui?” Chiese Tsunade tra le montagne di carte guardandolo di sbieco mentre continuava a firmare qualche cosa.
“Beh io …” Ammutolito, stava davanti a lei come se non sapesse perché si trovasse lì – in effetti, non ne aveva idea -.
Tsunade continuava a leggere e a dividere fascicoli, scrivere qualcosa, firmare, siglare, timbrare, cestinare. “Allora Naruto il gatto ti ha mangiato la lingua?!”
“C-cosa?” tremò il ragazzo come risvegliatosi da un sogno.
“Ti sto chiedendo cosa vuoi. Sei lì impalato da minuti! Che succede?”
“Ah …” balbettò portandosi una mano dietro la nuca. “Si tratta di Sakura-chan …” Tsunade incrociò le braccia guardandolo seriamente.
“Volevo sapere … qualcosa su di lei …” Che aveva detto?
“Intendi come sta? Non si vede all’ospedale da un po’, penso si sia presa finalmente del riposo. Gli ci vol-“
“Che?!” Gridò sbattendo le mani sulla cattedra di legno d’acero lasciando perplessa l’Hokage.
“Ho detto che si deve essere presa qualche giorno di vacanza per …”
“N-non è possibile! Nonna Tsunade se questo è uno scherzo … mi può dire la verità! Anche se è una missione speciale, lei è mia amica e sono preoccupato!”
“Ma di cosa stai parlando?” Naruto barcollò indietro sotto lo sguardo incognito di Tsunade che lo analizzava senza capir bene cosa stesse dicendo il ragazzo.
“C-come di che cosa sto parlando … Sakura-chan! Parlo della sua missione!”
“Quale missione?”
 
***
 
Aprì gli occhi.




Note dell'autore: Scusate l'attesa, pensavo di risuscire a finirlo prima ma a quanto pare eheheh ^^'' Comuqnue ho scritto un capitolo lunghino devo dire e spero che vi sia piaciuto. Ho messo in gioco tante emozioni e tante controversie, spero di avervi trasmesso bene cosa provano i personaggi ed essere riuscita a farvi entrare nella storia. Beh, come promesso, ecco Naruto! Finalmente,a cnhe se per poco, è tornato a farsi vedere. E' stato strano ahahah! Non so perchè, sarà stato perchè non lo riprendevo da un po' ed ero abituata a scrivere con Sakura.
Comuqnue ... che altro dire? Niente. Vi ringrazio di aver letto anche questo capitolo, di seguirmi e di recensire i miei capitoli. Il vostro sostegno è importante, grazie di cuore 
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Capitolo 15
*** Dottore ***


Note dell'autore: Salveee! Finalmente sono tornata dalle vacanze e ovviamente non mi sono scordata di voi e della promessa che vi avevo fatto :) . Infatti ecco qui, fresco fresco di correzione ( sperando di aver corretto bene eheh ^^'' ), il nuovo capitolo, il 15esimo!, della storia " Gli amanti del destino " !
Beh penso sia finita l'ora delle chiacchiere e degli indugi, e direi di lasciarvi ad una, speriamo, buona lettura ~ 




Capitolo XV -Dottore-

Aprì gli occhi.
Un abbagliante e accecante bagliore le riempiva le iridi costringendola più volte a sbattere le palpebre mentre un suono sordo le invadeva il cervello in maniera confusa. Lentamente la luce giallastra si tramutò in una lampada scialitica posta a qualche metro dal suo volto. Cosa ci fa qui una lampada di questo genere? Si sarebbe chiesta Sakura se solo fosse riuscita a ragionare nel disorientamento dei suoi sensi, ma la confusione faceva ancora da padrone nel suo cervello, stordita, non riusciva a capire dove si trovasse e cosa la circondasse. Sentiva il proprio respiro, affannato e secco, grattargli la gola riarsa, le orecchie fischiare in sottofondo, tra i battiti accelerati del proprio cuore. Passò un aggrovigliato lasso di tempo prima che Sakura potesse riprendere il controllo, un po' arrancato, del proprio corpo.
Attirò la sua attenzione un suono già sentito milioni di altre volte e certamente inconfondibile per un medico: Il rumore del monitoraggio dei parametri vitali. Quel bip le straziava le orecchie.
Man mano che riacquistava sempre più capacità, sia cognitive sia motorie, scopriva con orrore numerosi macchinari di utilizzo medico, sacche piene di chissà quale fluido, cavi e fili e tubi di ogni genere, lunghezza e larghezza. Si sentì, al tempo stesso, a casa e sperduta; il luogo, o almeno, i macchinari, le erano familiari, oggetti che utilizzava ogni giorno, ma il dove si trovava non era catalogato dal proprio cervello come zona già vista o conosciuta.
La confusione aumentò ancor di più fin quasi a tramutarsi in panico, quando, per la prima volta, si accorse del proprio corpo: Una vestaglia vecchia e sgualcita racchiudeva un ammasso di ossa, carne e vasi sanguigni, disteso su di un lettino ospedaliero, nascondendo  numerosi elettrodi esploranti attaccati alla propria pelle insieme a qualche flebo.
Con quasi frenetica rabbia, scagliò lontano quella lampada insopportabile e, dolorante, si portò a sedere su quel lettino rigido e freddo come il metallo, ad osservarsi i piedi pallidi e leggermente olivastri, toccandosi con gli alluci come una bambina, e quelle gambe così ingrigite ricoperte in parte dalla vestaglia ormai logora.
La mente risuonava ancora di qualche rumore lontano, il corpo tenuto su con fatica, i capelli cadenti su quel viso smunto e morto, di un colore impoverito, le labbra secche, gli occhi spenti e persi. Un gusto impastato di sangue e saliva.
"Buongiorno." Il rumore metallico di una porta che si apriva; il suono rauco di una voce sconosciuta. Sakura si agitò cercando di ritrarsi a quell'ombra nascosta, cercando di scovarla nell'oblio della stanza.
Fu il rumore di ruote a delibera il suo percorso.
"Come ti senti?" Un uomo in camice bianco, ormai ingiallito e sporco, sedeva di fianco a lei, intento ad indossare guanti in lattice verde. Sakura non rispose, troppo scossa e ancora troppo disorientata.
L'uomo era sulla quarantina, di pelle scura leggermente macchiata. I capelli, color seppia, unti, erano lasciati alla posizione che più desideravano incorniciando due grandi occhi acuti, di un giallo vivo e fluido, che la squadravano curiosi, carichi del desiderio di conoscenza, sotto la montatura di un paio di vecchi occhialoni. Con le dita si pizzicò la barba incolta di un tenue rossiccio scuro.
"Ti senti confusa? Frastornata?" Sakura annuí deglutendo a fatica. Aveva la gola tremendamente secca e impastata. L'uomo si spostò con decisione verso un ripiano lontano. Il suono stridulo delle ruote che si spostavano.
"Bevi." Le porse un bicchiere. Sakura l'afferrò tremante con le mani rinsecchite e pallide osservandolo diffidente. "Puoi berlo. É semplice acqua."
Indugiò qualche secondo, osservando quel liquido trasparente che le era stato offerto. Le dolevano le braccia, la flebo le faceva un po' male, le tirava la pelle. Poi si decise, troppo assetata per rifiutare, e bagnò, prima, le labbra violacee, poi, trangugiò con smania quel fluido incolore.
L'ombra annotava con una vecchia penna masticata su alcuni fogli ingialliti. Sakura lo guardò curiosa.
"Cosa scrivi?" Domandò a fatica porgendo il bicchiere di plastica per chiederne ancora. Aveva molta sete.
Scrollò le spalle. "Appunti." Porse nuovamente il bicchiere pieno d'acqua, che subito la giovane konuichi afferrò con desiderio.
"Di che genere?" Chiese tra un sorso e l'altro.
"Medici."
"Su di me?"
"Su di te."
Ci fu un momento di silenzio, calcato dallo sfregare frenetico della punta  metallica della penna sul foglio di carta sottostante.
"Hai mal di testa? Vomito? Vertigini?" Chiese con il volto sempre abbassato, scrutandola da sotto le lenti opache. Sakura non rispose subito, tenendo con forza quell'unico oggetto sicuro in quel momento, il bicchiere di plastica bianca.
"Disorientata." Sbuffò flebile tra le labbra, stanca. L'uomo mugugnò un mmm continuando a scrivere parole.
"Dove mi trovo?" Non rispose. "Perché sono qui?"
Continuò a scrivere ignorando le domande. La mente, seppur in minor modo, era ancora circondata da quella tenue nebbia, la quale ti permette di vedere senza capire concretamente. Poi, all'improvviso, si alzò ricurvo dallo sgabello, sospirando a gran voce e sistemandosi la vecchia penna nel taschino a sinistra e sbatacchiando la cartellina sulle proprie ginocchia. Sakura si ritrasse immediatamente, spaventata, lui appoggiò una delle sue grosse mani, ruvide e rugose, sul lettino, guardandola.
"Presto arriverà qualcuno. Ti dovremo sistemare."
"Chi?"
"Ti dobbiamo sistemare." Ripeté melanconico dirigendosi verso la porta metallica - o cosí credeva, non potendola vedere a causa del buio -.
Quello che seguì al silenzio improvviso, fu il rumore violento e sgraziato delle informazioni che con violenza cercavano a tutti i costi di penetrare e essere catalogate nel cervello di Sakura, già molto disorientata e spaventata.
Cosa doveva aspettarsi? Chi sarebbe arrivato?
Ma già a quegli interrogativi se ne aggiungevano altri.
Dove mi trovo? Perché sono qui? Chi era quell'uomo? Perché scriveva annotazioni su di me? E questi cavi? Queste macchine? A quale scopo? Non ricordo nulla.
 
***
 
"Che vuol dire ... ?" Disse con labbra tremanti Naruto; si passò una mano tra i capelli. "S-Sakura ... Lei ... La missione ..."le parole uscivano disconnesse.
"Non capisco di cosa tu stia parlando Naruto e non ho tempo da perdere con simili bambinate." Tsunade riprese a leggere e firmare carte di ogni genere mentre Naruto, impassibile, immobile, rimaneva lì nel bel mezzo della sala, a non fare nulla né a pensare nulla. Poi, come riscosso, gridó:
"Non sto dicendo nessuna stupidata! E se lei non sa niente della missione allora Sakura non so che fine abbia fatto!" Aveva il fiato corto, smorzato, il cuore batteva a un ritmo irregolare e se non si fosse calmato al più presto, avrebbe rivissuto una vecchia esperienza crollando al suolo inerme - parlo dell'attacco di panico dopo la falsa dichiarazione -.
Riprese fiato. "Non le sembra strano che Sakura non sia più venuta a lavoro? Certo, lei pensa che si sia presa un po' di riposo, ma non é da lei non avvertire nessuno!"
Finalmente riacquistò l'attenzione dell'Hokage, la quale incrociò le mani sotto il mento.
"Quello che dici torna, ma non capisco cosa significa la fantomatica missione per la quale dovrebbe essere partita."
"Beh adesso non torna nemmeno a me! Sakura mi aveva detto che le era stata assegnata una missione di ben quindici giorni ed io ero venuto qui, apposta, per capirne di più."
"Ti ha detto questo?" Annuí serio, gli occhi ceruli lucidi.
"Io non le ho assegnato proprio niente. Se anche me ne fossi dimenticata, cosa impossibile, - ed iniziò a rovistare tra le missioni già assegnate e in quel momento in fase di svolgimento -, ecco! come pensavo non esiste nessuna missione di tale durata e lei non è registrata in nessun’altra."
"Forse tra quelle di livello S?" Ma Tsunade scosse la testa, non aveva ricevuto nessun incarico speciale e scarseggiavano anche quelli di livelli maggiori.
"Quando hai detto che é partita?" La tensione si faceva sentire sempre più forte, un senso di smarrimento e confusione li avvolgeva soffocante.
"Cinque giorni fa."
Sakura-chan ...
Sakura, la sua Sakura. Era chissà dove e chissà per quale motivo. Non dava notizie di se e, a quanto pareva, le notizie che gli aveva fornito erano false. Perché? Non era un comportamento da lei. Non gli avrebbe mai mentito.
Ti odio!
Quelle parole tornarono dolorose, in una ferita aperta. Forse gli aveva mentito e se n'era andata in vacanza, come diceva Nonna Tsu. Forse aveva mentito a lui, proprio perché non voleva che sapesse dove andasse e cosa facesse. Perché ormai il loro rapporto era rovinato. Aveva sbagliato. Aveva sbagliato in tutto. Si era comportato da idiota da Sasuke, quando, in preda all'istinto e ai desideri repressi, l'aveva quasi baciata, e si era comportato da idiota anche dopo, quella sera di cinque giorni fa, nel bosco, quando aveva dato sfogo a tutta la rabbia repressa senza pensare a ciò che diceva, senza ritegno. Aveva ignorato gli occhi di lei, spenti e tristi, ricolmi di lacrime trattenute, quando lui l'aveva freddata dopo che l'aveva allontanato per impedire un disastro, l'aveva guardata scappare infreddolita per la strada, scalza, con addosso un vestito da sera che puzzava di alcool e fumo, stropicciato, l'aveva osservata quella notte mentre la rabbia cresceva in loro, l'aveva osservata mentre essa sfociava in un impeto violento e senza freni e infine l'aveva osservata, per l'ultima volta, mentre pronunciavano all'unisono quelle tremendi parole.
Tsunade rovistava ancora tra le carte, sovrappensiero.
"Forse si é veramente presa un po' di riposo."
"Ma non avevi detto della missione?"
"Sí, ma ... - abbassò lo sguardo - forse mi ha mentito. Quel giorno abbiamo litigato e probabilmente ... Forse non voleva che sapessi dove andasse." Tsunade si rasserenò. Quella supposizione le era molto più gradevole.
"Chiederò ai suoi genitori." Ed uscì, più cupo di prima.
 
***
 
Ancora nessuno si era fatto vedere. Pian piano la mente si rischiariva, ma donandole solo dubbi che prima non aveva e non vedeva. Non aveva né un orologio né nessun tipo di riferimento per capire quanto tempo fosse passato dall'uscita di quell'uomo. Poi, di nuovo quel rumore metallico e improvvisamente le luci si accesero accecandola. Istintivamente Sakura si strinse a se parandosi il volto con le braccia indebolite. Erano di un color smorto, in alcuni punti risaltavano vividi ematomi violacei.
"Povera creaturina." Squittí una voce sconosciuta.
"La vestaglia é squallida." Intervení una voce più ferma e profonda.
"Dobbiamo sistemarla al più presto." Né intervenne un'altra che sembrava tutto naso.
"Per questo vi ho chiamate." Eccolo! Era lui! L'ombra!
Sakura abbassò le braccia. La luce era intensa ed illuminava tutto; dovette strizzare gli occhi. Quattro figure le si paravano d'avanti, tutte ombre sconosciute, meno una, tutte ancora non ben definite. Portó timorosa le braccia in avanti, verso l'unica voce che riconosceva. L'uomo la comprese e si affrettò a stringerle la mano. Tremava.
"Povera cucciola, trema tutta." Squittí nuovamente quell'ombra che, or ora, iniziava ad acquistare forma e colore.
"Vattene e lasciaci lavorare Dottore." Sputó acida una spaventando Sakura. Forse affidarsi ad uno sconosciuto non era la cosa più saggia e sicura da fare, non sapeva nulla di lui, ma in quel momento era l'unico appoggio sicuro che sentiva di avere, l'unica cosa conosciuta che aveva.
"Cagna! Non vedi che la spaventi?"
"Come ti permetti insolente! Sudicio!"
"Bada a come parli! Lo sai che posso-"
"Calmiamoci tutti quanti. Non vedete come trema impaurita? Non combineremo nulla così. E lui sta arrivando." Tutti si calmarono, accordando una sorta di tacida tregua. Sakura non aveva capito nessun discorso pronunciato, cercava solo di focalizzare quelle figure, prima sfocate.
Si trattava di tre donne:
La prima, quella dalla voce nasale, era una donna sulla trentina, di carnagione olivastra, i capelli rossi legati in un confusionario crocchio, piccoli occhi verdi sbucavano sopra un naso aquilino.
La seconda, quella che si trovava in mezzo, era la voce squittente. Aveva corporatura minuta, lunghi boccoli color miele le ricadevano con delicatezza sulle spalle, aveva due occhi da cerbiatto marroni e un nasino all'insù.
La terza, aveva ciglia folte e nere, aggrottate, che rimarcavano la piccola fossetta che si formava in mezzo a segno di v, due occhi aggraziati e di un profondo blu intenso regalavano a quel volto rude una deliziosa armonia fatta di contrasti, i capelli neri come la pece erano legati, unti, in una lunga e bassa coda.
Tutte indossavano una mascherina e un camice, di colore diverso per ognuna, in fila: celeste, rosa, viola.
Sakura guardò nuovamente l'ombra al suo fianco, che ancora teneva stretta la sua mano smorta in quella vigorosa e grande di lui. Con gli occhi chiedeva risposte e aiuto.
"Adesso ci pensiamo noi a te." Disse la seconda donna, appoggiando delicatamente le sue mani su quelle di Sakura. Ebbe un tremito.
L'uomo, il cosiddetto Dottore, se ne andò dalla stanza a passo lento e cadenzato mentre subito, quelle che parevano infermiere, le si accerchiavano attorno.
Un ultimo sguardo, poi uscì.
 
 
 
Le luci si accesero, l'aria divenne pesante, il cuore batteva violento, il respiro accelerava, il corpo fremeva. Era il momento. Strinse le labbra rosse vermiglio. Trattenne il respiro.
Alzó lo sguardo.













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Capitolo 16
*** Preparazione ***


Capitolo XVI –Preparazione-

Camminava placido per la strada, senza una meta precisa, lasciando la mente vagare di pensiero in pensiero senza soffermarsi su d'uno in particolare. Sentiva il corpo fremere ogni qualvolta sfiorava l’immagine di quel bocciolo di ciliegio, e sospirava stanco.
Lei saprebbe cosa fare.
Ma Sakura non c'era e forse non l'avrebbe più rivista, o forse lei l'avrebbe ignorato per sempre negandogli la parola, o avrebbe finto indifferenza – perché finta? Vera … - facendolo stare ancora più male. Cosa doveva fare? Cancellarla per sempre dai suoi ricordi? Cancellare ogni cosa che era stata per lui?
Di nuovo fu colto da un terribile senso di smarrimento. E quasi ne fu divertito, tanto che un sorriso beffardo gli spuntò sul volto, sotto quegl'occhi dolenti e vuoti, perché una persona era riuscita a stravolgerlo a tal punto da renderlo incapace di tutto.
 
***
 
Sedeva tremante e ignara di quel che sarebbe accaduto. Per la prima volta riuscì a guardarsi attorno: Si trovava in un'ampia stanza, vecchia, dai muri scoloriti, l’intonaco sparso a colorare quel pavimento verde petrolio; tutta la stanza volteggiava in un cupo sconforto marcato da quella luce a neon, così finta e innaturale. Attorno, il poco mobilio di cui disponeva, consisteva in strumenti di pratica medica. Le si rilevò d'improvviso l'intenso odore di candeggina.
"Stai tranquilla, non ti faremo del male." Non rispose, lasciandosi prendere per i lividi polsi per condurla in un angolo rabbuiato della stanza che non aveva notato; una porta scolorita si mostrava imponente. Il cigolio metallico della serratura che scattava le intasò le orecchie; strinse gli occhietti verdi.
Dopotutto, doveva arrivare “lui”.
“Lui” chi?
L'odore che ne fuoruscì era impregnato di una leggera muffa stantia, l’aria pungeva ogni suo lembo di pelle. Le luci si accesero improvvisamente, intense, abbaglianti, costringendo Sakura a coprirsi con un palmo della mano.
"Forza. Muoviti e vai avanti." Echeggiò severa la terza donna spingendola in avanti e facendola cadere. Il respiro smorzato, il dolore che si diramava per tutto il corpo. Era diventata così fragile? Barcollò ansimante, i denti stretti attorno al labbro inferiore, verso una sbarra di metallo.
Si reggeva a stento in piedi.
Non riusciva ancora a ragionare, a concentrarsi su un pensiero e analizzarlo, percepiva tutto in un suono ovattato mentre il sangue le pulsava nelle orecchie e il corpo fremeva di dolore. Era una sensazione a dir poco sgradevole. Le dava la nausea.
La donna dal camice celeste le si avvicinò, lo sguardo serio e distaccato, e l’afferrò per le esili braccia; sembrava così esile e fragile da poter essere rotta con un misero sospiro. La fece girare di schiena, senza spiegazioni, senza che potesse reagire. Sakura sentì le dita sfiorargli il collo, poi la stoffa che le circondava il corpo cedette e cadde al suolo, in un suono sfuggente. Sgranò gli occhi intimorita, un improvviso senso di disperazione e terrore la colse. Avrebbe voluto urlare, ribellarsi da quelle mani che la tenevano ancorata al muro, ma era troppo debole, il suo corpo eseguiva a malapena i comandi più semplici. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, un magone le bloccò la gola.
“Stai tranquilla.” E la lasciò andare. Sakura si volse a guardarla, stringeva tra le mani il sudicio camice. “Stai tranquilla.” Ripeté mentre si accostava alle altre due donne sulla soglia della porta.
Respirava affannosamente, il cuore pulsava spaventato, le gambe le tremavano prive di forze.  Cadde.
“Rialzati subito.” Disse la terza donna. Sakura inghiottì a fatica e, le braccia strette alla sbarra metallica, fece leva con tutte le forze che poteva raccogliere da quel gracile corpo, quasi morto.
Piegata in due, la saliva che le colava dalle labbra, i capelli sporchi le coprivano il volto. Uno strano rumore risuonò cupo e metallico nella stanza, poi un getto d’acqua gelata la sorprese. Si contorse sotto quelle lamine taglienti che la colpivano da ogni direzione mentre il fiato si arrestò a metà nella trachea. Non saprebbe dire quanto quella straziante tortura fosse durata, vedeva solo i loro occhi guardarla impassibili, mentre cercava pateticamente di sottrarsi al getto, al dolore, a tutto. E infine cadde, priva di sensi.
Le tenebre che la circondarono serene.
La prima cosa che percepì ancor di riaprire gli occhi, furono le voci strozzate e violente che si scagliavano le une contro le altre, in una lotta di ruggiti incessanti.
“Stupide idiote! L’avete fatta svenire!”
“Come ci hai chiamato?!” “Pezzo di merda!” “Non è colpa nostra!”
“Siete delle incapaci!”
“Dovevi occuparti tu della sua salute, stronzo!”
Riaprì gli occhi tentennante, le immagini sfocate in una nebbia di colori spenti, il sapore ferroso sulla lingua.
Cos’è successo?
Si guardò intorno. Era nuovamente nel grande stanzone, sul solito vecchio lettino. Aveva una flebo conficcata nel braccio destro.
Non mi ricordo …
 Improvvisamente il dolore si fece sentire invadendole il corpo e lasciando fuoriuscire un mugolio strozzato. Gli altri si girarono in silenzio a fissarla.
L’ultima cosa che ricordava era la straziante sensazione dell’acqua sulla sua pelle. Come lame affilate. Poi il buio intorno a lei. Era svenuta?
Il medico sospirò passandosi una mano tra i capelli unti. “Faremo dopo i conti della situazione, adesso dobbiamo pensare a lei. Il tempo è veramente poco.” Accordò con quelle parole, probabilmente più con l’ultima frase, un armistizio fra di loro.
“Come ti senti?” Le chiese avvicinandosi mentre le donne sparivano in altre direzioni.
Sakura non rispose.
“Sei svenuta mentre ti stavano lavando. Ti abbiamo portato qui e attaccato una flebo per farti stare meglio. Il tuo corpo ha bisogno di mangiare.”
“Il mio corpo ha bisogno di cure mediche.” Sibilò sprezzante.
“Ti dobbiamo preparare e rimettere in sesto, dovrai essere presentabile e al pieno delle tue forze. Le ragazze ti vestiranno, acconceranno e truccheranno. Intanto che aspetti mangia qualcosa. Io ti tolgo la flebo e ti faccio le ultime analisi.”
Il dottore le porse un piatto con del formaggio, miele, del pane e un po’ di frutta. Il suo stomaco gorgogliò a quella visione, nonostante non fosse oggettivamente invitante, e assecondo il suo istinto afferrando il piatto e ingurgitando ogni morso. Poteva essere avvelenato, poteva contenere della droga, ma se avevano intenzione di ucciderla avevano avuto più di una possibilità per farlo, quindi era scartato. Inoltre le infermiere l’avrebbero vestita e acconciata come se fosse una bambola, cosa insolita da fare alla tua vittima.
“Mangia piano o ti sentirai male.” L’ammonì, gli occhi puntati sulla flebo. Quando le sfilò l’ago, Sakura fece una smorfia.
Era tutto così dannatamente strano.
Prese una siringa e le prelevò una fiala e mezzo di sangue. Poi la guardò alzandole con due dita il mento.
“Hai ripreso un po’ più di colorito.” Notò soddisfatto e riprendendo a svolgere le sue analisi.
Sakura lo scrutava perplessa, gli ingranaggi del cervello in continuo movimento. Visto il suo scarso rendimento in quanto analizzare ciò che la circondava nella speranza di raccapezzarsi in quel completo disorientamento, decise di salvare e catalogare ogni minimo particolare che riusciva a cogliere e notare nella speranza che, raccolta al più presto un minimo di stabilità, riuscisse a mettere ogni cosa nel giusto posto.
“Ma quanto ci mettono quelle racchie?” Sussurrò velenoso lanciando un’occhiataccia verso la lontana porta principale.
“Sei veramente un medico?” Proruppe la konuichi spezzando il filo dei suoi pensieri. Lui la guardò un attimo confuso, non riuscendo a cogliere la domanda. Poi si svegliò, risistemandosi sulla sedia.
“Diciamo di sì.” Sakura inclinò la testa di lato riflettendo, o meglio, evidenziando nella sua mente quel diciamo così enigmatico.
“E quelle donne?”
“No.”
“Allora cosa fanno?”
“Assistenza.”
“A chi?”
“In questo momento a te.” Evitava sempre di rivelarle troppo. Sakura lo scrutava, seduta sul lettino. Girò il voltò verso il portone principale. Per un istante si sentì tornare bambina. Non per strane coincidenze con un vecchio ricordo del passato, semplicemente per l’ingenuità che sentiva trasudare dai suoi pori, per quella leggerezza che si sentiva nel petto.
Finalmente tornarono le infermiere, in mano stoffe di ogni colore, trucchi, spazzole e oggetti vari.
“Ce ne avete messo di tempo.”
“Non rompere stronzo, così hai finito senza lamentarti i tuoi esami e ora ti puoi togliere dalle palle.”
“Cagna portami rispetto.”
“Fottiti.”
“Calmiamoci!” si intromise la donna più pacata delle tre. “Ricordiamoci che c’è poco tempo e non dobbiamo sprecarlo in stupidi litigi.”
Silenzio. Poi il medico si decise a lasciare la stanza, a lasciare Sakura e un’improvvisa morsa le attanagliò lo stomaco. In quella confusione aveva trovato sempre cose nuove a cui appoggiarsi per superare ogni attimo: all’inizio vi era il bicchiere di plastica bianca, unico oggetto che riusciva a riconoscere e che l’aveva aiutata dissetandola, lentamente quella forma di rassicurazione era cresciuta trasformandosi nel dottore che le stava di fianco, che la monitorava preoccupandosi per lei. Era probabilmente il comportamento sbagliato, non doveva fidarsi di uno sconosciuto. Eppure non riusciva a vedere in quegli occhi giallo liquido, nascosti dietro due paia di occhialoni, se non che malinconia e sofferenza, in un banco di nebbia che li velavano incupendoli. E adesso se ne andava, lasciandola nuovamente sola, senza un sostegno, senza un appiglio. Avrebbe dovuto far affidamento sulle sue uniche forze.
Prese un bel respiro e chiuse gli occhi.
 
Il tempo era trascorso lento e greve sulle sue spalle. Le infermiere non le avevano mai rivolto parola se non per ordinarle di mangiare il piatto che le aveva recapitato il medico, senza preoccuparsi che si avventasse sul cibo per mangiarlo troppo in fretta. L’avevano vestita, pettinata, truccata. Tre bambine con la loro bambola preferita tra le mani. L’avevano fatta alzare, indossare dei sandali tradizionali giapponesi e l’avevano bendata rassicurandola senza che veramente gli importasse qualcosa. E ora si trovava in ginocchio, come le era stato ordinato, in una buia stanza. L’aria profumava di incenso.
Cosa stava aspettando? Perché si trovava lì?
Tutto era rigorosamente silenzioso, vuoto. Non si percepiva nessuno.
Le avevano dato una serie di rapide indicazioni “Resta in ginocchio. Non ti muovere per nessun motivo. Non parlare finché non ti verrà chiesto.” E nessuno si era preoccupato di spiegarle dove stavano andando e cosa stava per accaderle. E ora aspettava.
Un lieve rumore attirò la sua attenzione risuonando ed espandendosi nelle sue orecchi. Il cuore iniziò a battere più deciso. Un altro rumore, leggermente più forte, echeggiò nelle tenebre. Il respiro si fece più secco e veloce. Ne seguì un altro ancora più intenso, vicino. Era il momento.
Le luci si accesero illuminando ogni cosa. Sakura abbassò il volto, strizzando gli occhi sensibili a quel brusco cambiamento.
“Bene. Bene. Bene.” Una voce sconosciuta, nuova, profonda.
Alzò lo sguardo per dare volto a quel suono





Note dell'autore: Lo so, lo so. Vi avevo promesso che avrei publicato abreve il capitolo XII e invece quant'è passato da quando ve l'ho detto? Un mese? Mi scuso tantissimo per non essere riuscita a pubblicarlo in tempi ristretti, ma ho avuto un sacco da fare, la scuola è ricominciata, sono sorti alcuni problemi personali e non riuscivo più a riprendere in mano questo capitolo, l'avevo lasciato morente e incompleto nel compuer senza la forza di digitare alcun tasto. Oggi è stata una giornataccia, è una giornataccia, e sinceramente non credevo di riuscire alcuna parola tanto che mi dicevo di non voler più continuare. Però mi dispiaceva troppo lasciare questa storia incompleta, lasciare voi lettori, voi che mi state seguendo e sostenendo, con un pugno di mosche, nel bel mezzo del fulcro della storia, or ora che le cose si fanno più interessanti e molto ancora deve venire a galla. Perciò mi son detta "Adesso aprì quel maledetto foglio di world e inizi a scrivere! Anche una sola frase va bene." E invece ecco che ho finito il capitolo. Mi ero detta di metterci altre cose che non vi spoilero, ma da buona diavoletto ho deciso di lasciarvi ancora per un po' appesi a un filo. IHIHIH. Devo dire che questa mia caratteristica non la perderò mai, neanche nei momenti peggiori XD
E così .... beh ... spero vi sia piaciuto il capitolo. Mi scuso nuovamente per l'attesa e non vi promett nulla sul prossimo capitolo. Non so quando lo pubblicherò e vi avverto che potrebbe passare un po' di tempo. Cercherò di non metterci troppo, perchè alla fine mi piace scrivere e mi piace scrivere questa storia.
Perciò vi lascio con una """perla di saggezza""":
In ogni momento della vostra vita cercate sempre di fare ciò che vi piace. Anche nei momenti più duri e più tristi, quando non avrete voglia di alzarvi dal letto, ma non per la dolce pigrizia di stare in un letto caldo e morbido, ma perchè siete troppo stanchi mentalmente, perchè vi sentite a pezzi e persi, cercate di sforzarvi e fate ciò che vi paice di più Vedrete che vi sentirete subito meglio.
(Io infatti avrei dovuto fare i compiti, ma ero troppo distrutta per concentrarmi su quello, su qualsiasi cosa che mi son detta "Fai quello che ami e vedrai che starai meglio". Infatti è così ^^ )
Bacioni!! :*
 
Campagna di Promozione Sociale -MESSAGGIO No Profit:
 
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Capitolo 17
*** Il Re Sole ***


Capitolo XVII – Il Re Sole -
 
“Sakura Haruno.” Pronunciò ghignando beffardo, beandosi dell’immagine che aveva di lei, più sotto di qualche metro.
La konuichi si guardò in torno mentre la vista tornava a mettere a fuoco. Si trovava in un gigantesco stanzone, vuoto, completamente illuminato dalla luce artificiale dei neon attaccati al soffitto. Il pavimento era color grigio pietra, in tono con le pareti e il soffitto. Non vi era alcun genere di mobilio a ornare la stanza e nessun oggetto di qualsivoglia utilizzo. Era una semplice stanza vuota. L’unica cosa che dava risalto a quella scatola inutile era un piccolo balcone ornato di tende vellutate, color porpora, drappeggi d’orati rifinivano quel terrazzino, per esaltare la grande figura che si erigeva potente e maestosa su di esso. O almeno è quello che cercava di fare con tutto quello sfarzo concentrato su se stesso. Un uomo dai capelli ambrati, la pelle color nocciola e due occhi verdi intenso, la osservavano dall’alto di quella struttura, ponendosi come suo padrone, come colui che avrebbe dettato le sorti del suo destino. Sakura espirò.
“Il miglior medico della storia ninja.” Continuò non scostando mai lo sguardo dalla sua figura. Si prese una unga pausa di silenzio, inspirando l’aria di quel luogo, analizzandola in ogni sua particella.
“Spero che i miei assistenti ti abbiano trattato con il migliore dei modi.” Era tutto strano, tutto terribilmente assurdo e senza senso. Ma Sakura rimase impassibile nella sua posizione, gli occhi puntati su quella nuova figura priva di nome.
“Hai un bellissimo aspetto. Uno di questi giorni dovremo pranzare insieme.” Disse portandosi un indice sul labbro e alzando gli occhi. “Abbiamo ancora molto tempo da condividere. Spero che la tua compagnia sia di gradimento e porti un nuovo tono alle mie giornate.” Le sue parole suonavano leggere, impregnate di un odore antico, vintage.
Lo sconosciuto cominciò a passeggiare lungo il piccolo balcone, le braccia legate dietro la schiena, gli occhi fissavano un punto nella sua mente. Probabilmente stava pensando a qualcosa.
“Preferisci il pranzo o la cena?” La guardò di lato inclinando la testa. Sembrava un bambino. “Ah, non importa. Troverò il giorno adatto da passare con te.” E riprese a camminare, quasi saltellando, ridendo.
Chissà cosa pensa.
“Sei silenziosa. Hai paura? No, probabilmente no. Ti hanno detto come comportarti non è così? Sicuramente sarà così.” Camminava, gesticolava, parlava in un modo tutto suo, particolare, quasi ingenuo, nei suoi vestiti sfarzosi e il palchetto riccamente decorato.
Un piccolo bambino con la corona.
“Tu non ricordi nulla vero?” Le cheise improvvisamente fermandosi di fronte a lei, le braccia incrociate sul petto per donarsi un aura più regale. Probabilmente se ci fossero state delle finestre che lasciavano penetrare i dorati raggi del sole avrebbe fatto si che si sarebbero posati sulla sua figura, illuminandola.
Un piccolo re bambino.
“Me l’ha detto Chedric.” Chedric? Probabilmente questo era il nome del medico che le era stato tutto il tempo vicino, perché nessun altro si era interessato della sua salute e di come stava.
 “Vuoi sapere?” Pronunciò con voce baritonale. Sakura tremò. I suoi occhi smeraldini spenti da chissà quanto tempo si illuminarono per una frazione di secondo di un miscuglio di sensazioni e sentimenti indefinibili, ma che, dopo tanto tempo, la fecero sentire nuovamente viva. Annuì timorosa, un groppo le bloccava la gola impedendole di deglutire. Lui sorrise, gli occhi puntati dritti sul suo corpo, affilati, leggermente chiusi regalandogli uno sguardo più allungato.
Sorrise. Un sorriso da gelare il sangue all’istante.
“Ogni cosa, ogni persona, tutto … era una mera illusione.” Fu semplice e sintetico, tratteneva a stento una risata gutturale, i denti bianchi in bella mostra conficcati nel labbro inferiore roseo e pieno.
Sakura schiuse le labbra color porpora, il cuore le si fermò di colpo mentre la invasero una miriade di pensieri, di analisi, di teorie e ricordi. Come se fosse riuscita ad aprire quella porta che bloccava le sue attività cognitive. I palmi nivei, aperti sulle ginocchia, iniziarono tremare mentre l’aria nei polmoni si faceva sentire mancare costringendola a respirare affannosamente, alla disperata ricerca di ossigeno. Con solo quelle semplici parole aveva distrutto la barriera di vetro che il suo cervello si era costruito dopo il trauma, per cercarla di sottrarre a quel dolore straziante che le aveva lacerato ogni tessuto, ogni muscolo, schiacciato le ossa e spappolato gli organi. La testa le girò vorticosamente, lasciandola un attimo disorientata, mentre d’avanti ai suoi occhi vedeva solamente le immagini dimenticate. Finalmente poteva ricordare, ricordava tutto ciò che le era successo, ricordava la strana missione che le era stata affidata, quel criptico villaggio governato da strani sacerdoti, e infine la scoperta di essere sotto un’illusione e la rottura di quest’ultima. Dopo si era ritrovata su un lettino, collegata a dei macchinari, sconvolta, dolorante, terrorizzata dal buio della propria mente.
Gwaine, Jasmine, Tadashi … Sui!
“Dove sono i ragazzi?! Dov’è il mio team!” Urlò ignorando le stupide regole che le avevano imposto. Gli occhi leggermente lucidi.
“Non l’hai capito? Erano solo un’illusione. Non sono mai esistiti. Nulla di quello che hai vissuto da quando te ne sei andata da Konoha è mai realmente accaduto.” Quelle parole furono una sfilettata al cuore. Tutto quanto era solo opera di quest’uomo sconosciuto?
“Perché … Perché?!”
“Niente di personale tesoro, solo … curiosità scientifica, ecco.”
“Cosa?” L’uomo sorrise nuovamente sporgendosi dal balcone e porgendole dall’alto una mano.
“Adesso non ho tempo di spiegarti nulla, ma sarò felice di rispondere alle tue domande. Come ti ho già detto, abbiamo ancora molto tempo da passare insieme, io e te.” Detto questo socchiuse gli occhi, inspirando nuovamente l’aria della stanza, analizzandone i sapori. Sorrise. Probabilmente ne aveva dedotto qualcosa di piacevole.
“Al nostro prossimo incontro, mio dolce bocciolo.” E detto questo se ne andò.
Le luci si spensero e le tenebre la divorarono, lasciandola sola; il rimbombò dei pensieri lontano.
 
“Avanti.” La intimò un infermiera. Non aveva importanza quale. Gli occhi fissi d’avanti a se, sgranati, non vedevano nulla.
Sakura non seppe dire cosa successe in quel lasso di tempo delimitato dalla coltre di tenebre che l’avevano avvolta, dopo lo strano incontro con quell’uomo, e quello in cui percorreva nuovamente un ungo corridoio d’orato, ricco di quadri magnifici e oggetti preziosi, era come se si trovasse in una sorta di limbo. Il suo corpo vagava come cadavere, lasciandosi trascinare dalla corrente, e la sua mente osservava senza poter agire, impotente, in un luogo sperduto e oscuro. Quelle parole … quello che gli era stato detto l’aveva scioccata, distrutta. Tutto ciò che credeva e su cui faceva affidamento era solo una stupida e mera bugia, fatta da uomini che nemmeno conosceva e dai quali non sapeva cos’aspettarsi, cosa pensare.
Dopo quell’incontro venne portata in una nuova struttura, molto simile a una cella. L’avevano scaraventata all’interno richiudendo rapidamente la porta dotata solamente di una piccola finestrella con sbarre. Per tutto il tempo, e veramente non sapeva dire quanto fosse passato, se solo qualche minuto o addirittura giorni, era rimasta a sedere per terra, in un angolo, insensibile al freddo e alla fame, mentre il giorno e la notte si erano fusi in un’unica cosa sola. Il cadavere rimase immobile dove venne depositato mentre l’essenza della giovane konuichi cercava di analizzare la situazione da quell’altra dimensione, osservando la stanza, annotandone ogni minimo particolare e ogni minuscolo cambiamento. Sembrava in tutto e per tutto una prigione. Al fianco di una parete vi era una vecchia coperta sporca e consumata, una di quelle che solo alla vista sai che ti pruderanno fastidiosamente, dall’altra parte vi era un piccolo lavello arrugginito, probabilmente l’acqua non usciva nemmeno. Sul pavimento e sui muri grigiastri e impassibili, vi erano i solchi indelebili di unghie conficcate da qualcuno in preda alla disperazione. Chissà a chi appartenevano.
Improvvisamente la porta si aprì, rivelando una grossa e imponente figura sulla soglia, dietro, il tiepido colore aranciato di una torcia. Le si avvicinò a grandi falcate, ammanettandole mani e piedi, ordinandole di alzarsi tramite un brusco strattone che la fece cadere per terra. Sakura eseguì il tacito comando, domandandosi se l’enorme porta metallica fosse mai stata aperta in precedenza, per consegnarle del cibo o cos’altro, ma non se lo ricordava. Venne nuovamente lavata e acconciata – vogliono di nuovo giocare con le bambole-, segno che, molto probabilmente, avrebbe nuovamente incontrato quello strano individuo. E infatti si ritrovò a camminare lungo stretti corridoi, i piedi nudi che pressavano sul pavimento, il suono di una campanella, legata alla sua caviglia, scandiva il tempo di marcia con suono pungente e ferroso, il kimono pregiato, di un rosso corallo, ricamato con fili d’oro, ondeggiava armonioso sul suo corpo. Teneva la testa bassa, gli occhi fissi sui suoi piedi, le mani giunte, legate dalle catene. Attorno a lei, per quanto permettessero quei corridoi, si erano disposti sei uomini e sei donne.
La mente di Sakura vagava, vedendo il suo corpo muoversi indipendentemente dalla sua volontà, incapace di reagire a qualsiasi ordine o stimolo.
Fu il momento di un attimo.
La luce di una torcia riflessa su d’uno dei tanti vetri alle pareti attirò il suo sguardo. Sgranò gl’occhi e schiuse le labbra rosse e piene.
D’avanti a lei, finalmente ritrovò se stessa, riflessa in quello specchio.
Sentì l’aria bloccarsi in gola mentre il cuore batteva all’impazzata nel torace, quasi volesse sfondare la cassa toracica e scappare. Quando i suoi occhi toccarono il riflesso di quel corpo, fu come una doccia fredda. Sentì le mani tremare e la vita tornare a scorrergli nelle vene. Finalmente, la nebbia che le circondava la mente si era diradata, lasciando spazio ad un cielo più limpido, le idee impostate e visibili, palpabili. Poteva sentirne la consistenza. Sorrise divertita quando gli arrivò una spinta brusca da dietro.
“Oh!” Strinse le labbra imponendosi autocontrollo. Poteva sentire la rabbia cavalcarle nel petto.
Deve essere straniero. Dedusse dal tono dell’accento. Non che avesse importanza.
 
Giunsero d’avanti a un’enorme porta d’orata. Gelida si imponeva sulle loro teste, fiera e prepotente intimava loro di prostrarsi alla sua magnificenza. Sakura non avrebbe più abbassato lo sguardo.
 
“Il cibo è di tuo gradimento?” Chiese addentando, con minuziosa eleganza, la carne appena tagliata.
La konuichi annuì senza mai distogliere lo sguardo dall’interlocutore. Quando aveva varcato la soglia, fu immersa in una stanza ricca e sfarzosa che urlava con grazia il potere del proprio padrone. Sakura lo trovava disgustoso.
L’uomo, ancora sconosciuto, posò le posate ul piatto facendo segno alla servitù di portare via tutto.
Ripugnante.
“Immagino che tu abbia molte domande da farmi.” Inclinò leggermente la testa di lato, appoggiando il mento sul palmo di una mano.
“Chi sei.”
Socchiuse gli occhi, sistemandosi composto. “Un uomo alla ricerca della conoscenza assoluta.”
“Il tuo nome.”
“Mi hanno chiamato in così tanti modi che ormai ho dimenticato quale fosse l’originale.”
Sakura lo guardò fredda. Lui sospirò.
“Quello che più mi aggrada è … Taiyō, sì, decisamente Il Re Sole.” Gli occhi brillavano di una luce ambiziosa.
“Dove ci troviamo?”
“In una struttura di ricerca creata appositamente dal sottoscritto. Nessuno, al di fuori di pochi individui, ne è a conoscenza. Anche chi lavora qui non potrebbe risponderti. La maggior parte di loro sono prigioni che adesso lavorano sotto il mio comando perché ritenute utili le loro conoscenza. Tu non hai visto nulla di questo posto se non una parte infinitesimale. È gigantesco e ti potrebbero stupire le varie sezioni in cui è diviso.”
“Perché hai scelto proprio me.”
“Come ti ho già detto, nulla di personale. Eri solo il candidato più promettente, quello con più alte probabilità di successo. Prima di te molti altri sono stati sottoposti all’esperimento, ma nessuno è mai sopravvissuto, ciò indica che le ipotesi avanzate su di te erano giuste e i miei propositi ben riposti.” Sorrise come se le avesse fatto un complimento. Sakura strinse la stoffa del kimono.
“Come scegliete le vostre … cavie.”
“Oh, che brutta parola. Io preferisco chiamare quelli come te, prescelti. Non trovi che suoni molto meglio?” Sakura si lasciò scappare un ghigno.
“I prescelti vengono individuati da dei ricercatori, ovvero spie con il compito di individuare i modelli più adatti. Sono sparsi in tutto il mondo, questa struttura è solamente una fra le tante. I prescelti sono caratterizzati da una particolare situazione emotiva che li rende, più degli altri, compatibili alle nostre macchine e li agevola nella sperimentazione, diminuendo dello 0.0001% la probabilità di morte rispetto ai normali.”
“Non trovo che sia una percentuale così significativa.”
“Oh, invece lo è. Basti pensare che, prima della scoperta dei prescelti, venivano prese indistintamente le persone e queste spesso morivano poco dopo l’inizio dei test. Solo quelli come te hanno avuto una durata maggiore, anche se te sei l’unica che è stata in grado di sopravvivere.”
“Perché?”
“Questo ancora non lo sappiamo. Sono state avanzate solo ipotesi, ma credo che il fatto che tu sia un ninja medico abbia aiutato molto. Eri capace di curarti da sola, senza il nostra intervento, e quindi una maggiore resistenza.”
“Da quanto vanno avanti questi esperimenti.”
“Da più di quanto immagini e da molto prima di me.”
“A cosa servono.”
“Ricerchiamo la conoscenza.”
“Che tipo di conoscenza potreste mai trovare con gli esperimenti che conducete sulle persone?”
“La modalità dell’esperimento a cui sei stata sottoposto è solamente una delle tante. Tu sei la prima sopravvissuto in questa fase particolare, ma ciò non implica che in altre parti del mondo, in altre strutture, non vi siano sopravvissuti di altro genere. Noi ricerchiamo la conoscenza assoluta, ciò implica diverse tipologie di ricerca.”
“Non hai risposto alla mia domanda.”
“Non ne capiresti la risposta.”
Tacquero.
“Tutto quello che ho vissuto era un’illusione creata da voi?”
“Sì, ma non tutto è stato creato da noi.”
“Che vuol dire.”
“Noi abbiamo impostato l’ambientazione e la struttura della storia, ma alcune cose sono state create dal tuo cervello.” Sakura assottigliò lo sguardo. Non riusciva a capire cosa volesse intendere. “Noi, ad esempio, abbiamo creato il villaggio e i sacerdoti, attraverso i quali controllavamo e monitoravamo ogni tuo movimento. Il tuo subconscio, che aveva già capito che si trattava di un’illusione, a creato i tuoi compagni di squadra.” Sakura sgranò gli occhi.
“E’ stato qualcosa di unico nel suo genere, come del resto, ogni tua decisione e scoperta. In passato, ben pochi prescelti erano riusciti a capire, sempre a livello inconscio, dell’illusione creata, e ancor meno erano riusciti ad apportare qualche modifica alla nostra struttura. Tu invece, non solo fin da subito hai scoperto il nostro inganno, ma hai costruito diverse varianti nei dati da noi imposti fino a riuscire a smascherare la verità. È qualcosa di strabiliante, mai accaduto fino ad ora.”
Sakura lo guardò esterrefatto, le parole scorrevano come fiume nella propria mente, intorpidendole ogni senso. Era qualcosa di sconcertante, di incredibile e sentiva che ancora c’era molto da sapere. Sentì la testa girare vorticosamente, le immagini sfocarsi l’uno dietro l’altra.
Infine svenne.






Note dell'autrice: Ed eccomi di nuovo qui con il nuovo capitolo, molto prima di quanto credessi. Devo ammetere una cosa, la storia ha preso una piega del tutto inaspettata anche per la sottoscritta. Infatti la mia intenzione era quella di terminarla con massimo altri cinque capitoli e invece, come se avesse vita propria, la storia ha preso tutt'altra forma da come l'avevo immaginata, cambiando l'andamento dello stesso capitolo che, soprattutto alla fine, doveva essere totalemtne differente. Perciò mi dispiace, ma probabilmente vi romprerò ancora le scatole per un po' XD
Ed intanto che penso se ho altro da dirvi, vi lascio alcuni appunti sulla storia:

 
  • Il titolo "Il Re Sole" si riferisce all'appellativo con cui viene identificato quel particolare uomo di cui si è solo accennato in precedenza in modo non specifico e sempre enigmatico, (Dai capitoli precedenti: "Presto arriverà qualcuno. Ti dovremo sistemare." ; "Calmiamoci tutti quanti. Non vedete come trema impaurita? Non combineremo nulla così. E lui sta arrivando."  ; Dopotutto, doveva arrivare “lui”). In Giapponese, Re Sole si dice Taiyō-ō ( 太陽王 ) che la sottoscritta ha abbreviato in Taiyō. Ci tengo a precisare che quest'abbreviazione non è stata realizzata secondo precise regola, ma semplicemente per semplificare il nome.
  • Gli esseri umani sono stati suddivisi in tre categorie principali: i normali, comuni persone non idonee alla sperimentazione, i ricercatori, ancora sconosciuti, che hanno il compito di individuare i prescelti, i prescelti, coloro che grazie alle loro particolari caratteristiche, sono idonei alla sperimentazione. Sono sconosciute ancora la maggior parte delle loro caratteristiche, ma una cosa che li accomuna è la situazione psichica in cui si trovano al momento della reclutazione. Infatti, spesso le persone scelte, si trovano in un periodo della loro vita molto intenso e questa loro fragilità emotiva, permette un maggior controllo sulla mente del soggetto e una più elevato sopportazione dei dolori sia pasichici sia mentali a cui saranno sottoposti.
  • La struttura in cui si trova Sakura è molto più grande di quanto abbiamo visto ed è divisa in diverse sezioni (che probabilmente vi elencherò o spiegherò in seguito). Esistono strutture simili in tutto il mondo
  • Taiyō è il capo della ricerca, ma come ha detto già lui, non ne è il fondatore.
  • In uno dei capitoli precedenti, abbiamo visto che i compagni di Sakura l'hanno aggredita. Ma com'è possibile se questi sono stati creati dalla ragazza e non dell'illusione? Perchè in quel momento Sakura si trovava in uno stato di stress elevato e il suo cervello, non reggendo la pressione creatasi, ha perso il controllo lasciando quelle illusioni come dati incustoditi. Colui o coloro che stavano portando avanti l'esperimento hanno colto l'occasione per impadronirsene e rivoltarglieli contro. In precedenza, il team doveva esistere realmente e anche loro sarebbero stati intrappolati in quest'illusione, ma, a differenza della konuichi, sarebbero morti perchè inglobati dall'esperimetno stesso.
Ok, penso di aver chiacchierato a sufficienza. Mi limito a ringraziare tutti coloro che seguono la storia e che utilizzano il loro tempo per leggere i miei capitoli, il vostro sostegno è molto importante ed è proprio per voi che non ho molltato la storia anche quando avrei voluto nei momenti di crisi. Quindi una bacione enorme  Devo subito andare a fare i compiti!!

 
Leggete anche:
Gabbia dorata http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3234913&i=1

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Capitolo 18
*** Vuoto ***


Eccoci nuovamente qui con un nuovo capitolo da proporvi! Lo so, sono in ritardo ... è passato un bel po' dal mio ultimo aggiornamento e mi dispiace tanto. Partiamo subito parlando del titolo del capitolo: "Vuoto"
Non ha nessun significato specifico, anzi è vuoto di qualsiasi significato, sia perchè non sapevo che titolo dare al capitolo (e quindi lasciamo un vuoto), sia perchè rispecchia l'interno dei nostri protagonisti - e il mio - in questo momento della fan fiction.
E ora parliamo un po' di me, perchè se non mi sfogo qui e non vi rompo un po' le balls non sono contenta ;)

Sapete ormai che sono in un perenne periodo buio ... sono stanca, stremata da tutto, scuola, famiglia, sport, e sono arrivata al limite. La scuola mi pressa privandomi ogni respiro, mi sono sentita male, la mia autostima, già sotto i piedi, ha avuto la brillante idea di iniziare a scavare, non contenta della profondità a cui si trovava.
Mi sento vuota.
Sinceramente non so nemmeno cos'altro scrivervi, le parole mi appaiono tutte uguali e prive di valore.
Quindi vi lascio al capitolo, che, vi avviso, non è molto lungo.
Se vi va, lasciate una recensioncina a fine capitolo per farmi sapere che ve ne pare. Sono ben accette le critiche e i consigli.
Grazie mille in anticipo a tutti coloro che la leggeranno e ringrazio chi mi sta seguendo in questa folle impresa. Sfortunatamente per voi, dovrete sorbirvi ancora per un po' i miei scarabocchi insensati. Bacii 






Capitolo XVIII –Vuoto-

Quando riaprì gli occhi, ciò che vide fu un freddo e pallido soffitto. La testa le pulsava ritmicamente, il corpo stanco e spossato. Si prese del tempo per respirare, la mente vuota, priva di ogni pensiero. Inclinò leggermente la testa di lato.
Era di nuovo in cella.
Respirò profondamente, poi decise di provare almeno a sedersi. Si passò le dita sul volto stremato e i capelli scoloriti. Le immagini e le emozioni di qualche attimo prima – o forse di più, non sapeva quanto tempo fosse passato – la travolsero violentemente procurandole conati di vomito che fortunatamente riuscì a reprimere.
Le venne da sorridere, un sorriso tirato e nervoso, ironico e quasi malato. Tutta quella faccenda non aveva alcun senso, nessuna logica. Eppure eccola lì, al centro dell’occhio del ciclone, che osservava inerme ciò che la circondava, sopportando passivamente ogni tortura. Non sapeva cosa fare, né da dove poter raccapezzarsi per trovare una soluzione. I pensieri si accavallavano tra di loro con violenza, mentre gli occhi faticavano a rimanere aperti, la testa pesante e dolorante.
Il respiro accelerò mentre gli occhi cominciarono a bruciare, minacciati da lacrime furiose. Si portò una mano al petto.
Stai tranquilla Sakura altrimenti non riuscirai a capirci un bel niente di tutta questa situazione.
Strinse il piccolo materasso su cui sedeva fino a farsi sbiancare le nocche. Doveva riuscire a fare il punto della situazione e capire come muoversi. Ma ogni qualvolta provava ad afferrare un lembo di quei pensieri sconnessi e a tirarlo per analizzarlo singolarmente, gli altri si rovesciavano su di lei come le acque di un fiume in piena, celandolo ai suoi occhi con rabbiosa gelosia.
Sospirò affranta lasciandosi ricadere a peso morto su quella coltre spoglia, accantonando, per il momento, il desiderio di trovare una connessione logica a quei dati ammassati nel suo cervello, come se fosse una formica.
Spente le parole dei propri pensieri, Sakura fu avvolta da un pesante silenzio, nel quale nemmeno l’immaginazione poteva vivere. Il battito del suo cuore prese a scandire il tempo, ricordandole che era ancora viva. Chiuse gli occhi abbandonandosi al nulla, le labbra serrate in una linea sottile, fino a quando la mente non scivolò fra le braccia di Morfeo, stanca, stravolta, vuota. Le lacrime congelate dietro le palpebre socchiuse.
 
***
 
Sedeva su degli scalini in pietra, abbandonato contro la parete del muro, gli occhi socchiusi per nascondere un velo di lacrime, le labbra serrate per reprimere un grido di rabbia. Il sole era calato da un pezzo, il cielo brillava di pallide stelle, l’aria si tinse di una fresca brezza primaverile travolgendolo con i suoi profumi. Erano passati tre giorni dall’incontro con Tsunade e ancora non riusciva a darsi pace per quella sua vecchia compagna di team, scomparsa improvvisamente – o in vacanza, come continuavano a ripetere tutti -. Per tre giorni aveva camminato senza meta nel villaggio, la mente vuota da qualsiasi pensiero o troppo ingarbugliata per afferrarvi qualcosa. Non aveva avuto il coraggio di andare dai genitori della ragazza, spaventato per chissà quale ragione, forse perché temeva realmente che lei non volesse più vederlo e che gli avesse raccontato una bugia solo per il desiderio di non averlo fra i piedi. Così aveva passato il tempo torturandosi anima e corpo, diventando ogni giorno sempre più cupo e apatico, insensibile a ogni cosa. Aveva provato a mettere una pietra sopra tutta quella faccenda, a convincersi che non doveva più preoccuparsi per lei e che, in fondo, era meglio così. Aveva portato a cena Hinata, erano andati al cinema, alle bancarelle del mercato, avevano visto tutti i luoghi possibili e avevano fatto ogni genere di attività, ma tutto ciò che riusciva a fare era fingere, fingere di sorridere a qualche commento dolce della propria compagna, fingere di ricambiare quell’amore incondizionato che lei gli donava senza alcuna remora, fingere di desiderare quel corpo formoso e gemente sotto il suo mentre pronunciava il suo nome, ma ciò che vedeva era il corpo di un’altra. Aveva finto così tanto che non sapeva più cosa fosse reale.
Strinse i pugni in un moto di disgusto verso se stesso, quando sentì una mano calda e affettuosa posarsi sulla sua spalla.
“Figliolo, cosa ci fai qui?” Aprì di scatto gli occhi, ma dovette attendere per mettere a fuoco le due figure che si slanciavano sopra di lui.
Balbettò parole incomprensibili tremando, le lacrime trattenute a stento.
“Oh mio Dio. Che ti succede?!” chiese allarmata. “Forza, entra in casa.”
 
Il rumore del tè versato in una tazza gli riempì deliziosamente il timpano. Socchiuse gli occhi assaporandone il profumo. Vaniglia e arancia.
Quasi barcollando era entrato nell’abitazione sorretto dai coniugi Haruno che, allarmati, lo guardavano tenendolo per un braccio. L’avevano fatto gentilmente accomodare in cucina, anche se continuavano a sostenere che il divano era decisamente più comodo di quelle sedie di legno, e gli avevano servito una fumante tazza di tè con qualche biscotto appena comprato. Santi dei, quelli di mia moglie non li augurerei di assaggiare nemmeno al mio più acerrimo nemico. Ah!-
La signora Haruno gli aveva tirato uno scappellotto, le gote leggermente imporporate. Si sedette di fianco a Naruto posando, con una delicatezza e una premura tipiche di una mamma, una mano sul suo braccio.
“Cosa ti è successo? Sei così pallido e … è una mia impressione o sei dimagrito?” Naruto non riuscì a non sorridere osservando con quanta attenzione lo trattavano.
“Oh cara, non lo tartassare di domande o questo qui ci sviene, te lo assicuro!”
“Non lo sto tartassando! È solo che lo vedo così … e mi si stringe il cuore. Di la verità, non stai mangiando molto.” Il ragazzo alzò le spalle abbassando gli occhi.
“Beh non ho molta f-“
“Cosa?! E ci credo che poi ti ritroviamo per strada come un vagabondo mezzo morto! Se non mangi abbastanza ci lascerai le penne!” Urlò alzandosi di scatto dalla sedia e raggiungendo una credenza.
“Vediamo … cosa ti potrei cucinare?”
“Oh, n-non ce n’è bisogno! Sto bene …”
“Sciocchezze, ragazzo mio.” Disse il padre di Sakura battendogli una forte pacca sulle spalle. Naruto si passò una mano tra i capelli, imbarazzato per quella strana situazione.
“E poi, ora che non c’è quel maschiaccio per casa, ci sentiamo un po’ soli.”
“Se scopre che l’hai chiamata così in presenza di un suo amico … sai come ci urlerà dietro!” disse portando le mani al cielo per poi afferrare qualcosa.
“Ahahahah! Buon Giove! Allora Naruto te non dirle nulla, si infurierebbe come una bestia, ma credo tu lo sappia molto bene.” Rise portandosi le mani all’addome.
“Sfortunatamente …”
“Ahahahah! Ragazzo mio, dopotutto Sakura ha preso da quella furia di mia moglie.” Bisbigliò, ma subito fu congelato da un’occhiataccia dell’amata che, per sua amara sventura, aveva sentito ciò che aveva confidato al ragazzo.
“Oh cara, ma lo sai … si fa per ridere … e poi non stavamo parlando di Sakura?” tentò una via di fuga cambiando discorso.
Ci fu una breve pausa di silenzio interrotta solo dall’acqua che ribolliva sul fuoco. La signora Haruno corse a spegnerlo per poi portare in tavola una bella e piena scodella di ramen.
“Spero ti piaccia.” Disse porgendogli le bacchette. Naruto sorrise addentando un pezzetto di carne. Era il suo piatto preferito, ma il suo stomaco non ne voleva sapere.
“È buonissimo, grazie.”
“Ci fu un periodo dove Sakura non cucinava altro.” Ridacchiò il signore. “Era veramente negata ai fornelli – peggio di mia moglie, disse con un occhiata al ragazzo -, eppure continuava a tentare. Chissà perché?” Marcò l’ultima frase, quasi canticchiandola lasciando un Naruto confuso mentre si sforzava di gustare il ramen.
Era forse impazzito, o i genitori di Sakura stavano insinuando che lei provasse qualcosa per l-
“È da un po’ che non la sentiamo.”Naruto alzò lo sguardo puntandolo allarmato verso la signora. Aveva un’aria malinconica e affranta, si vedeva che le mancava la figlia.
“Vedrai che starà bene …” cercò di rassicurarla il marito ponendogli una mano sulle spalle e sorridendo, nonostante anche lui fosse preoccupato.
“Ma è passata ormai una settimana! So che la missione le avrebbe impedito di contattarci, ma … poteva trovare anche un momento per dirci che stava bene. Insomma, deve star via per quindici giorni!”
E tutto ciò che lo circondava perse colore mentre i suoni sfumavano in acri sussurri. 






Note:
  • Quando ho fatto quell'orribile paragone alle formiche " il desiderio di trovare una connessione logica a quei dati ammassati nel suo cervello, come se fosse una formica.uomo-formica stavo pensando all' di Bacone, filosofo francese del '600 che credeva che l'uomo che ricerca la conoscenza può essere paragonato o a una formica o a un ragno o a un'ape.
 

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Capitolo 19
*** Inizia il conto alla rovescia ***


No, non state avendo un allucinazione e sì, contro ogni aspettativa, a distanza di una sola settimana, ho pubblicato il nuovo capitolo. Sono sorpresa quanto voi XD e se devo essere sincera, era già pronto qualche giorno fa ma mancava solo il titolo che dovevo ancora trovare eche anche in questo momento, mentre sto scrivendo queste paroline a casaccio, manca. In questi giorni, avendo un po' più di libertà, mi sono messa al computer e ho scritto scritto e scritto - che bello -. E insomma eccoci qui! Con il diciannovesimo capitolo, contro ogni aspettativa, sia perchè solitamente passa minimo un mese da pubblicazione a pubblicazione, sia perchè nella mia idea iniziale doveva durare massimo fino al quindicesimo (mentre ora credo decisamente di più). Ma bando alle ciance ... vi lascio alla lettura, spero piacevole, di questa storiella e ringrazio tutti coloro che hanno recensito e chi non l'ha fatto, ma continua a seguirmi. Siete voi che mi date la forza per continuare la storia :*
PS. Sicuramente avrò scritto qualche cavolata, anche grossa. Voi non trattenetevi! Qualsiasi critica è ben accetta, perchè mi aiutano a migliorare.





Capitolo XIX - Inizia il conto alla rovescia -

Tutto intorno a lui aveva perso di consistenza e forma. Le forme divennero come nebbia sottile che si diradò tutta intorno a lui, cingendogli con forza la testa, ma senza procurarli dolore.
Non poteva sentire dolore, non poteva sentire nulla.
I suoni si persero in flebili sussurri, morendo sin un pressante silenzio non appena toccavano l’aria.
Non poteva sentire il loro lamento mentre si perdevano attorno a lui, non poteva sentire nulla.
Il corpo non era nient’altro che un vuoto contenitore, freddo e immobile, un pezzo di carne modellata secondo il piacere dell’artista.
Non poteva sentire la sua anima dilaniarsi tra grida soffocate dal pianto, non poteva sentire nulla.
Nulla sfiorava quella mente distrutta e stanca, nulla toccava quel cuore torturato e piangente, nulla lo toccava, nulla lo feriva, perché non si può ferire un corpo morto, non si può far provare dolore a un cadavere.
 
Tremò con violenza quando sentì delle mani scuoterlo con violenza, mentre voci conosciuto lo chiamavano smarrite e spaventate.
“Naruto … tutto bene?” Aveva gli occhi sgranati, lo sguardo immerso in una violenta tempesta, le labbra asciutte schiuse nel vuoto mentre le parole morivano nella laringe in sibili strazianti.
Quando aveva sentito quelle parole … quando aveva realizzato ciò che significavano e tutto quello che comportavano, i suoi sospetti, i suoi timori, i suoi incubi più profondi, era come sprofondato nel vuoto più totale, come morto. Le informazioni gli passavano la mente senza fermarsi, ogni sensazione era svanita, ogni ricordo polverizzato. Aveva sentito – sarebbe più appropriato non aveva sentito – la sua anima dissolversi come materia distrutta, aveva sentito ogni particella del proprio corpo sgretolarsi nell’aria volteggiando sopra ciò che rimaneva ancora di se prima che anche questa parte non seguisse le altre. Poi si era come risvegliato da un profondo coma. Aveva inspirato con foga quell’aria calda e aromatizzata torturandosi le mani smaniosamente, stringendo la stoffa della tuta tra i pugni serrati, temendo che tutto potesse scomparire nuovamente.
“Sei pallidissimo!” Naruto scosse la testa, alzandosi con forza e vigore, nonostante sentisse il proprio corpo sgretolarsi ad ogni respiro. Una goccia di sudore scese dalla sua tempia.
“Grazie mille per l’ospitalità.” Disse inchinandosi leggermente e andando alla porta.
“Aspetta Naruto!” gridò la madre di Sakura sbilanciandosi verso di lui con le punte dei piedi – quel ragazzino era decisamente cresciuto -. Portò l’indice in avanti, pronta ad ammonirlo severamente, quando incontro i suoi occhi profondi e blu come il mare. Erano carichi di qualcosa, carichi di molte cose che non seppe distinguere immediatamente, ma che le fecero chiudere le labbra rosee e abbassare la mano. Strinse quei petali scarlatti raccogliendo una grande quantità d’aria nei polmoni.
“Riportala da me.”
 
Corse con i denti stretti, un grido strozzato in gola. Corse con la vista appannata mentre l’aria si scagliava come lame sul suo volto. Corso con il cuore in gola e le gambe sempre più tremanti ad ogni passo incerto. Corse per la strada più veloce che poteva mentre la tenue luce dei lampioni si infrangeva sul suo corpo contratto e rigido.
Corse fino a perdere il fiato, perché non gli rimaneva altro.
Sbatté la porta di casa dietro le spalle, il corpo rigido, il respiro ansante. Si lasciò ricadere all’indietro mentre la tensione colava a fiocchi dal suo corpo trascinando con se la poca forza che aveva raccolto. Il petto si sollevava a ritmo incalzante, l’aria gli perforava i polmoni infiammandogli la gola riarsa. Sentì il corpo fremere mentre una morsa gli attanagliò lo stomaco provocandogli violenti conati di vomito. Lasciò ricadere la testa all’indietro, gli occhi socchiusi, la bocca impregnata di quel gusto nauseabondo.
Perché? Perché?!
I pensieri si accavallavano li uni sugli altri togliendogli il respiro, un cerchio stretto attorno alle tempie. Era stanco, stremato, distrutto da tutti quei sentimenti che non riusciva più a controllare, da tutti gli eventi che gli accadevano senza che lui li potesse comandare. Ormai non era più padrone di se stesso, non era più artefice della propria vita, solo suo succube. Si sistemò meglio contro la porta digrignando i denti per lo sforzo compiuto, i muscoli dolevano terribilmente. Si piegò nuovamente di lato, assalito da un altro conato che fortunatamente riuscì a trattenere. Cercò di rialzarsi, ma nessuna parte del corpo sembrava volergli dare ascolto mentre un senso di impotenza lo divorava rabbiosamente dall’interno, facendogli stringere i pugni nell’aria, il respiro ancora strozzato.
E si lasciò andare contro la notte, mentre le tenebre lo celavano al mondo e lacrime copiose calcavano ardenti quei suoi zigomi arrossati e sfregiati.
 
Fu svegliato da un caldo tepore. Un raggio di sole gli accarezzava la pelle richiamandolo alla chiarezza del giorno. Sbatté un paio di volte le palpebre affondando maggiormente la testa sul cuscino stringendosi con flebile forza le coperte attorno a sé. Si lasciò cullare ancora dalle nebbie sottili di Morfeo, in quella dolce ingenuità che precede ogni risveglio, dove i ricordi e i pensieri sono ancora relegati in un angolo della mente, famelici. Quando indugiare non fu più possibile e i primi segni del risveglio si fecero avanti, Naruto si alzò stirando le braccia trascinandosi in bagno.
Lo specchio fu testimone di tutti quei problemi e di tutti quei pensieri che lo avevano marchiato indelebilmente da molti anni. Sul volto pallido e spigoloso, facevano sfoggia grosse e pesanti occhiaie insieme a lividi giallognoli e cicatrici che col tempo stavano scomparendo per lasciare posto ad altre più nuove e fresche. Gli occhi ricolmi di un azzurro tormentato, distante, rotto da qualcosa di profondo, difficile da riparare – se non impossibile -. Le labbra increspate in un sottile ghigno verso la propria immagine, i capelli, di un giallo spento, smorto, ricadevano placidamente sulla fronte.
Si sciacquo con l’acqua gelida lasciandosi percuotere da piccoli brividi. Quando riposò lo sguardo su quel ragazzo sconosciuto, vide inciso col sangue tutti quei pensieri, tutte quelle paure, gli sbagli, le fughe, le malignità. Ogni azione, ogni pensiero, erano riportate su quel dannato specchio in modo chiaro e indelebile.
Andò in cucina scoprendosi indifferente al cibo, quasi nauseato, e allora si lasciò ricadere su una sedia, le mani al volto mentre quello che non aveva ancora voluto affrontare ricompariva tra i meandri della mente, reclamando attenzione, pretendendo ascolto.
Si rassegnò sbuffando e lasciando ricadere le braccia sul tavolo.
La sera prima, dopo aver lasciato libero sfogo alla frustrazione che da troppo tempo lo ricopriva come una coperta, era barcollato fino al bagno. Si era tolto malamente gli stracci, buttandoli poi da qualche parte nella stanza e lasciando che l’acqua gelida della doccia portasse via ogni cosa. Era rimasto lì sotto per un po’, con a stento la forza per tenersi in piedi, mentre rivoli di sangue cadevano sul pavimento e l’odore di vomito si intrecciava ai resti delle pesanti lacrime che avevano segnato quelle guance. Dopo era uscito, si era asciugato alla bene meglio e si era buttato tra le coperte, sperando che Morfeo lo accogliesse tra le sue braccia, regalandogli quell’attimo di pace tanto agognata.
Si guardò le mani piene di tagli – segni di quella corsa sfrenata -. Poteva sentire il sangue sottopelle mentre cercava di ricostruire quella lacerazione che si era andata a creare, quello strappo imperfetto nel suo corpo. Prese un bel respiro alzandosi a fatica dalla sedia e afferrando una penna e un block-notes.
Non poteva più starsene a guardare. Avrebbe dovuto tentare di ricucire quello strappo, di sistemare quei cocci abbandonati da una parte perché troppo codardo per riaggiustarli e troppo vigliacco per buttarli.
Iniziò a scrivere, un leggero bruciore alle mani, che ignorò senza pensarci mentre serrava le labbra fino a farle impallidire e la penna volava lasciando scarabocchi sulla carta stropicciata. Troppe cose non tornavano, troppe domande rimanevano senza risposta, volteggiando senza meta. Sentiva che qualcosa gli sfuggiva, che c’era qualcosa che non andava, Ma cosa?!, eppure non riusciva ad afferrarla. Poteva sentirla sfiorargli la pelle, ma ogni volta che provava ad afferrarla, quella scappava, diventando nebbia inconsistente.
Si alzò di scatto afferrando la giacca e precipitandosi fuori dalla porta di casa. Avrebbe chiesto in giro.
E così passò l’intera giornata a vagare per Konoha, da una zona all’altra del villaggio, chiedendo a questo e a quello se sapessero qualcosa, quando l’avevano vista l’ultima volta. Ma niente, alla fine non venne a capo di niente. Eppure correva a perdifiato, il foglietto stretto tra le dita, come l’unico appiglio sicuro in quella follia.
Corse, perché per troppo tempo era rimasto immobile.
“Tsunade!” Urlò spalancando la porta, il sudore che scendeva lungo la tempia.
“Naruto! Ti sembra questo il modo di entrare?!” Strillò Shizune buttando, preoccupata, qualche occhiata in direzione dell’Hokage.
“Non c’è più tempo da perdere! Dobbiamo partire seduta stante.”
“Ma di che stai parlando?” chiese la donna stringendo al petto il maialino. Tsunade lo osservava, le mani sotto il mento.
“Sakura è assente da troppi giorni e nessuno ha avuto più sue notizie.”
“Ti stai preoccupando troppo. Sarà rimasta a-“
 “I suoi genitori sapevano che sarebbe partita per una missione. Perché mentirli?!”
“Beh … forse voleva starsene tranquilla e non ha detto nulla.”
“Ma non ha senso!” Gridò, il fiato ancora corto per la corsa.
Perché si ostinano a non credermi?!
“Naruto, capisco che tu sia preoccupato, ma non c’è motivo di creare certi castelli solo perché-“
“Shizune ti dico che non è così! Accidenti, Sakura ha detto ai suoi genitori che sarebbe partita per una missione, ma non ha senso! Perché mentire a loro? Posso capire a me …” E la voce scemò in un sussurro mentre una morsa gli strinse il cuore facendogli portare una mano al petto.
Tsunade non aveva ancora proferito parola. Lo guardava con aria seria e cupa, il corpo rigido e la mandibola serrata, con quella tipica espressione di coloro che sono costretti a sopportare in silenzio un enorme peso. Ma Naruto era troppo travolto da tutte quelle emozioni ormai fuori controllo per accorgersene.
“E allora non ti viene da pensare che abbia chiesto anche ai suoi di mentirti? Di dirti, nel caso avessi fatto qualche domanda, che era partita per una missione?”
Si congelò. Quel dubbio lo penetrò con una tale violenza da fargli fermare il cuore. Aveva veramente organizzato una cosa del genere solo per tenerlo all’oscuro di tutto?
“Probabilmente è andata fuori città per rilassarsi, nulla di più.”
No, non poteva essere vero.
“In questo periodo il vostro rapporto non è dei migliori e se ciò che dicesti l’altra volta era vero … non ti ha informato della sua destinazione, perché non voleva.”
Impossibile. I genitori di Sakura non avevano potuto mentirgli, non dopo averlo trattato con così tanta premura.
“Ma …”
“Avanti Naruto, smettila. Qui abbiamo molto da fare.”
Lui aveva visto gli occhi di quella donna mentre da una furia giocosa si trasformavano in smeraldo liquido, disciolto nel più puro e tormentato dei dolori. “Riportala da me”
“Adesso esci.”
La porta si chiuse dietro le sue spalle, il proprio corpo immobile, rigido come pietra, mentre dentro ribolliva di lava incandescente, grida che ruggivano rabbiose. Se ne andò stringendo i pugni, le unghie affondate nella carne e lo sguardo cupo ma deciso.
 
- C’è mancato poco … -
- Non importa quanto può essere doloroso, ma dobbiamo impedirgli di continuare a scavare. Nessuno deve sapere che Sakura è stata rapita. -
 
Non avrebbe lasciato perdere.



 


 
Note dell'autore: Eh sì, questa volta il capitolo si concentra unicamente su Naruto. Non voglio dilungarmi troppo quindi scrivo solo qualche appunto che vi può rimanere utile per la completa comprensione del capitolo.
  • Le ferite sulle mani se le è procurate cadendo, più volte, quando correva
  • Credo si sia capito, ma lo ribadisco, Tsunade non parla mai quando c'è Naruto
  • Il discorso finale di Tsunade e Shizune, (quello tra - le liniette -), Naruto non lo sente
  • Ecco cosa scrive Naruto sul blocchetto:
Partita da 10 giorni di notte
Missione o vacanza? à ha detto anche ai suoi che andava in missione
Missione à(?)

Grazie a tutti coloro che hanno regalato il loro tempo a questo capitoletto :*


 
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Capitolo 20
*** No time ***


Perdono.
Vi chiedo umilmente perdono. Non ho scusanti per il tempo abnorme che vi ho fatto attendere per questo capitolo: vorrei poter dire di esere stata super impegnata, che lo studio, i diversi impegni e problemi che mi cercano manco avessi una calamita mi hanno impedito per tutto questo tempo di pubblicare, ma ... non è così (per quanto sia vero che la sfiga mi adori e la scuola mi risucchi la vita). Semplicemente, avevo perso la voglia di scrivere, la voglia di raccontare una storia su loro due.
Da quando è finito il manga - e tutti siamo consapevoli di che fine abbia fatto, indipendentemente dalle coppie -, ne sono talmente rimasta sconvolta e delusa e ferita che il desiderio di continuare è diventato sempre minore fino a scomparire del tutto. Non sapete quante volte ho desiderato disfarmi di ogni manga di questa serie. Però è stato impossibile, e ancora sono qui, a casa mia, percé non sono riuscita a trovare la forza per farlo. Dopotutto "Naruto" ha rappresentato molto per me.
Perciò, dopo un tempo pressocchè infinito - è passato quasi un anno!! - eccomi qui, che oso pubblicare un altro capitolo.
Non so in quanti di voi, vecchi lettori, ci saranno, ma spero che vogliate accettare le mie scuse più sincere. Mi sento veramente male se penso di aver abbandonato così tanto questa storia, non solo per il racconto in sè, ma anche per voi che siete stati così gentili da darmi il vostro sosteglio, sempre.
Quindi un grazie speciale a tutti coloro che mi hanno seguito nelle mie peripezie assurde e che leggeranno questo nuovo capitolo. Un grazie a tutti i lettori silenziosi e a chi recensiscerà, a chi ha aggiunto la storia nelle preferite/seguite/da leggere.
Non sarei niente, senza di voi.


PS. Vi consiglio di leggere ciò che seguirà ai fini di comprendere meglio la storia




 
TramaLa grande guerra ninja è terminata e una nuova pace sembra essere sbocciata dalle macerie di un sanguinoso scontro. Tra Naruto e Sakura si spacca qualcosa e le loro vite iniziano a prendere vie differenti. Sasuke torna al villaggio e Naruto si fidanza con Hinata, consapevole dei suoi sentimenti e della richiesta del cugino deceduto. Sakura si ritrova travolta da sentimenti incomprensibili e la vita del team pare non poter far altro che precipitare: Sakura parte per un'importante missione a tempo indeterminato con una nuova squadra di ninja mai conosciuti.
Dopo essere approdati a destinazione, un particolare villaggio racchiuso dalla fitta boscaglia: strane figure animalesche e demoniache sembrano aggirarsi nei pressi del bosco. Il team si mette immediatamente all'opera, ma più sembrano avvicinarsi alla risposta, più questa si allontana. Poi, decisi a scoperchaire le carte, escogitano un piano e si mettono all'opera. Ma le cose non vanno come previsto.
Sakura, stretta al limitare del villaggio, si ritrova a dover affrontare non solo gli anziani che presiedono al governo del paese ma, inspiegabilmente, anche il suo team. Dopo aver perso i sensi, la giovane ninja scopre di trovarsi in una strana struttura e che ogni cosa era frutto di una tecnica illusoria.
Qui si ritroverà prigioniera e cavia di strani esperimenti mentre Naruto non smetterà mai di cercarla. 

Nei capitoli precedentiDopo aver presenziato a un pranzo con "Il Re Sole" e aver ricevuto qualche vaga risposta sul perchè si trovasse lì, Sakura si ritrova rinchiusa in una cella dove passerà la maggior parte del suo tempo. Non ha contatti con nessuno e i suoi pensieri la divorano dall'interno, sfiancandola. Intanto Naruto, distrutto dal loro ultimo incontro, si ritrova a vagare per la città senza meta, a cercarla inconsciamente con lo sguardo. Quando incotnra i suoi genitori apprende che la ragazza non è partitaper una missione come voleva fargli credere. Così inizia una dura ricerca ostacolato, inspiegabilmente, dalla stessa Tsunade che sembra non voler credere alle parole del ragazzo.


Alcuni personaggi: "Il Re Sole", chiamato anche "Taiyō", è definibile come il capo di questa nuova combriccola. Non sappiamo nulla su di lui (nulla che vi possa dire in più) oltre che è, o almeno così a lu piace definirsi, un uomo di scienza, alla ricerca della conoscenza. Egli ha creato la struttura dove adesso si trova Sakura. Inoltre è il primo di una lunga sfilza di ricercatori che lo hanno preceduto. Adesso lui ne è a capo.

"Cherik", è il medico che si è occupato della sua salute durante e dopo il coma. E' la prima persna che ha visto al risveglio e, in un certo senso, Sakura ha proiettato su di lui una figura amica e di cui può "fidarsi" (ovviamente, non abbassa la guardia neanche con lui, ma tra tutte le persone incontrate fino ad adesso è quella che più gli ispira fiducia)


Note: Successivamente, troverete un unico
* al centro della pagina. Questo indicherà un cambio temporale nella storia, ovvero un "prima". Infatti, ogni cosa scritta dopo * staranno, in ordine cronologico, prima degli eventi letti all'inizio (sono la loro spiegazione dopotutto)







Capitolo XX – No time –
 


Il tempo.

Sakura non sapeva più cosa fosse.

Si era tramutato nel ticchettio irregolare di un vecchio orologio posto poche celle più in là, o nel vago ricordo di un evento passato, che, inspiegabilmente, si riaffacciava senza preavviso nella sua mente.

Eppure era fondamentale nella sua “nuova” vita, quasi parte di lei: mangiava a orari predefiniti, dormiva quando stabilito, si sottoponeva ai loro esperimenti quando era richiesto. E ognuno, lì dentro, correva dietro a quei numeri che non facevano altro che avanzare, irremovibili, padroni delle loro vite, senza aspettare nessuno.

Lentamente aprì gli occhi puntandoli deboli al soffitto.

A quell’ora, o meglio, in quel momento, quando le luci venivano spente e la guardia del piano faceva un ultimo sopralluogo prima che le luci si riaccendessero al turno successivo, sarebbe dovuta crollare nel vuoto del sonno. Invece, come sempre più spesso succedeva, si ritrovò a ricalcare con la mente le pieghe delle pareti oramai imparate a memoria.

Non pensò.

Non fece nulla, niente, perché niente andava fatto, niente andava pensato.

Si era limitata a esistere, Sakura. Si era limitata a eseguire gli ordini, a fare quello che le era stato chiesto di fare.

Vivere non era più un’opzione. Non lo era più da molti test fa, ovvero da ben 5 mesi a questa parte. Sakura aveva smesso di lottare, aveva smesso di resistere.

Le luci si riaccesero – non possiamo stimare dopo quanto – accompagnate dallo sgraziante suono della sirena tipico di ogni prima luce – mattina –.

Sakura si mise a sedere sulla branda e attese.

Qualcuno bussò alla sua porta con la colazione.

Rimase immobile mentre il vassoio scorreva traballante sul pavimento lurido.

Chiusa la cella lo aferrò. Ingoiò quell’ammasso grigiastro e gelatinoso che si trovava nel piatto.

Aspettò ancora.

 
Cosa ti resta quando non hai più nulla per cui combattere? Quando tutto ciò che hai amato ti è stato strappato via senza esitazione?

 
Sakura esisteva.
Nient'altro che un corpo vuoto.
 
*

 
Il primo esperimento a cui venne sottoposta, ebbe luogo terminati tre cicli, cioè tre giorni dopo l'incontro con il "Re Sole".

Non accadde nulla di quello che aveva pensato: niente strani interventi chirurgici per unire più specie, niente elaborati macchinari che decriptavano chissà quale segreto dal proprio DNA. Nessuna delle strane e articolate congetture che la sua mente era andata formando nel corso di quei giorni – segnati uno a uno su una parete – per occupare il tempo vuoto.

Dopo essersi svegliata al suono massacrante della sirena, invece di ricevere la sua solita dose di poltiglia informe, venne condotta in un'altra stanza grigia dove fu spogliata e lasciata lì, nuda, stretta nel suo gracile corpicino livido, immersa in un'oscurità profonda.

Le avevano ordinato di stare immobile, e così Sakura fece, senza realmente capire cosa le stesse accadendo.

Dopotutto non sentiva niente di strano al corpo, alcun dolore o formicolio sospetto che potesse indicare un loro attacco fisico, e nessuna allucinazione che ne indicasse uno mentale.

Abbandonata ai propri pensieri che oramai andavano sempre più a confondersi gli uni sugli altri, fu successivamente rivestita e riportata in cella senza alcuna spiegazione.

 
Prima del secondo esperimento passarono settimane.

I lividi causati dall' enorme sforzo fisico subito in precedenza erano quasi tutti spariti e fortunatamente anche la carnagione sembrava aver riassunto un più sano colorito.

Quella mattina la giovane kunoichi fu nuovamente condotta nella stanza grigia e lasciata, ancora una volta, priva di ogni straccio che la potesse coprire, raggomitolata al centro della buia stanza.

Sakura non vedeva nulla, nulla se non il nero profondo che la circondava.

Non aveva alcun senso. Nulla di quell'assurda e inimmaginabile situazione aveva un minimo di logica. E quel che era peggio è che più il tempo – per quello che ora significava – passava, più la sua mente perdeva il controllo.

Si  strinse le gambe al petto mentre una lacrima le rigava una guancia scarna.

Avrebbe voluto urlare, scalciare e mandare a fanculo ogni cazzo di essere esistente che si trovasse nel suo raggio d'azione, ma si costrinse a reprimere ogni impulso.

Affondò gli incisivi nel labbro. Doveva resistere, cercare di non cadere nella loro trappola, di non dargli ciò che volevano.

Ma cosa volevano esattamente?

Sakura non ne aveva la minima idea. Non sapeva nulla su del perché si trovasse lì, sul tipo di esperimenti che conducevano o su di lei o su gli altri "presunti" pazienti.

Cristo! Non sapeva nemmeno dove diavolo si trovava. Poi che cosa le facevano in quella stanza priva di luce?

Forse le scattavano qualche foto  o le giravano un video per poi vederlo a qualche malato pervertito? O la scannerizzavano con qualche apparecchiatura all'avanguardia ancora non sul mercato? Per quanto ne sapeva, l'Haruno poteva benissimo aver dormito per interi anni, in una sorta di coma indotto.

Altre lacrime presero a scorrere silenziose lungo il volto che rapido nascoste tra le ginocchia magre.

Era distrutta, era sfinita.

Cosa poteva fare, lei, da sola, contro un nemico sconosciuto?

Mamma ... Papà ...

Il cigolio metallico della porta che si apriva l'avvertì che poteva uscire. Scattò immediatamente in piedi e quasi si mise a correre dal desiderio di uscire da lì.

Quello che, però, non si sarebbe aspettata, era di trovare un uomo che aveva imparato a riconoscere abbastanza bene.

"Seguimi"

Sakura non aveva aperto bocca, si era limitata a fargli seguito pochi passi più indietro. Non sapeva cosa aspettarsi da quella visita inaspettata, era da molto che lei e il medico non si rivedevano e ciò poteva voler dire tutto.

I passi risuonavano severi nel silenzio che si era andato cementando tra di loro.

Conficcò lo sguardo smeraldo sulla sua schiena scrutandone l’andamento pesante, stanco, le pieghe del camice che si distendevano e riformavano seguendo il respiro.

Inforcarono una piccola porta e, non appena messo piede, fu travolta dall'odore forte e penetrante della candeggina. Si ritrovò per qualche secondo a barcollare, ma prontamente riacquistò quel poco controllo che aveva ancora su di sé.

"Tempo fa ..." e le venne da ridere, per come suonasse assurda adesso quella parola "mi avevi detto che eri un medico"

Si era lasciata condurre su di un rigido lettino, troppo stanca e stravolta per imporre qualsiasi tipo di resistenza. Chedric le si era seduto di fianco, in mano quella sua solita cartellina nella quale scribacchiava di continuo.

"Una specie" Borbottò inforcando gli occhiali color bottiglia

"Una specie. Cosa significa?" Inarcò un sopracciglio mentre lo sguardo prese a vagare per la stanza.

Era diversa dalle altre. Non che ne avesse viste molte, ma– c’era qualcosa, qualcosa che ancora non riusciva ad afferrare che le risultava strano, e … familiare?

"Che tecnicamente non lo sono" Con un gesto calcolato della mano le chiese di togliersi gli abiti "Tu sei un medico: hai studiato per esserlo. Io … lo sono diventato per sopravvivere qui dentro"

"Sopravvivere a cosa"

Tremava, Sakura. Tremava scossa dall’inquietudine che quelle parole gli avevano suscitato insinuandosi nella mente come vento gelido per poi schiantarsi con violenza contro il proprio cervello.

"Ho bisogno di sapere!" La voce risuonò più supplichevole e sconvolta di quanto avrebbe voluto.

"Dio! Dovrete pur dirmi qualcosa. Perché diavolo sono qui? A cosa vi servono?  Qualsiasi cosa è sempre meglio di questo assurdo silenzio!"

Gridava, in preda al panico, in preda a tutte quelle paure rimaste lì, ad attendere nell'ombra della sua mente, aspettando solo il giusto momento per attaccare. Aveva bisogno di sapere o rischiava di esserne divorata.

Chedric la guardò con occhi pieni di compassione e di scuse. Non le avrebbe detto nulla.

La kunoichi si passò una mano tra i capelli, le labbra pallide piegate in un amaro sorriso.

Rise.
Rise senza sapere bene il perché, scossa da quell’impotenza che le occludeva lo stomaco.

Fanculo!

Buttò la testa in avanti, nascondendo gli occhi velati di lacrime dietro i ciuffi rosati.

Sarebbe stata dura. Molto dura.

 
Dopo quell'inaspettato sfogo passarono pochi cicli, ma la mente del ninja faticava a rimanere lucida.

"Siediti" proruppe il medico senza staccare gli occhi da alcune carte.

Quando però il suo ordine non venne ascoltato, si vide costretto ad abbandonare il lavoro. Sakura rimase ferma sulla soglia.

"Cosa c'è"

"Voglio delle risposte"

Rimasero qualche attimo a fissarsi, la luce opaca e mal funzionante che friggeva in sottofondo.

Era decisa, non avrebbe ceduto così facilmente. Qualsiasi fosse il loro piano, il loro scopo, avrebbe lottato con i denti e con le unghie prima di piegarsi a loro.

Chedric sbuffo stremato, stringendosi con due dita il punteggio del naso.

"Che risposte vuoi? Così la facciamo finita con questa storia"

"Voglio sapere a cosa vi servo. Perché sono qui e cos'è questa maledetta struttura?"

Strinse i pugni dietro la schiena. Mantieni la calma…

"Non ti posso rispondere"

"Allora non-"

"Non posso, perché nemmeno io lo  so"

Si sentì raggelare. Il cuore, come il respiro e ogni altra funzione vitale parve arrestarsi all'istante.

Cosa intendeva?

Si alzò dalla scrivania, lisciandosi alcune pieghe del camice e si diresse verso di lei a grandi falcate. Si fermò di fronte, i piedi ben piantati per terra e gli occhi fissi nei suoi.

"Mi avevi chiesto da cosa dovevo sopravvivere" allargò dunque le braccia un melanconico e stanco sorriso a stravolgergli il volto "Ecco. Da questo"

Sakura veramente non riusciva a capire – ormai non era una novità che in quel posto ci fossero solo punti di domanda grandi come case per lei. Però non chiese spiegazione, aspetto che fosse chiunque lui fosse a continuare.

"Anche io, sai, sono stato catturato. Come le altre donne che hai visto, e molte delle persone che si trovano qui. Siamo tutti una sorta di carcerati. Delle pedine, che si muovono sotto i comandi di qualcuno più grande, più grande dei Kage" Aveva lo sguardo serio, di qualcuno che sa perfettamente cosa dice.

L'Haruno si ritrovò a trattenere il fiato, i pugni chiusi lungo i fianchi.

"E come ci sei finito qui? Perché ti trovi anche te qui dentro? Chi sono tutte queste altre persone di cui stai parlando e p-"

"Oi, oi. Vacci piano" sorrise portando le mani avanti. "Perché adesso non ti siedi e mi lasci fare ciò per cui sopravvivo? In cambio risponderò a quella sfilza di domande che mi hai rifilato e che sento ronzarti per la testa da quando ti ho conosciuta"

Si sistemò nuovamente allo sgabello afferrando l'inseparabile cartellina – a Sakura non piaceva affatto quella cartellina –. Messa alle corde, le labbra stirate in una linea dura, la kunoichi lo seguì, sedendosi a sua volta su di uno scomodissimo lettino in ferro.

"Dovresti toglierti il camice" indicò con un accenno del capo mentre afferrava uno stetoscopio che aveva visto decisamente tempi migliori.

"Non ho molti ricordi della mia vita passata. Credo che nessuno qui dentro ne abbia" Aveva un modo di fare così pacato e tranquillo che era naturale perdersi nel flusso delle sue parole. "Ricordo qualche voce, talvolta anche dei volti, più che altro colori dai toni freddi. Non so bene cosa significhino. Comunque, so che quando mi ritrovai qui, non ne fui spaventato. In un certo senso, me l'aspettavo"

Si bloccò, lo sguardo volto in un punto della stanza, assente. Sakura inspirò e espirò con forza dietro un suo accenno e finalmente il medico si ritrasse, posandosi lo stetoscopio sulle spalle.

"Che vuoi dire con me l'aspettavo?"

Sollevò le spalle, una smorfia a storcergli le labbra screpolate.

"Quello che ho detto. Non ricordo un gran che, però ho sempre avuto questa sensazione: come se non potesse essere diversamente, come se ciò che si celava nel mio passato fosse legato a tutto ciò. Poi le cose si sono evolute semplicemente: ho incontrato Lui che mi ha detto che sarei stato responsabile della salute dei suoi pazienti, e ho passato gli anni a stare dietro a loro, a monitorarne i valori vitali, le condizioni fisiche e psichiche, a tentare, invano, di salvarli quando inevitabilmente si spezzavano"

Aveva lo sguardo lontano, perso in ricordi spiacevoli che ne indurivano i tratti facciali. Sakura rimase ad ascoltarlo, il fiato trattenuto nei polmoni.

"Tu sei la prima, tra tutti, che non  si è rotta, che non si è lasciata sopraffare" La sua voce suonava così triste.

"Quanti sono morti?" Chedric sollevò le spalle.

"Ne ho perso il conto"

Un brivido scosse la giovane donna avviluppendosi nella gola fino a togliergli il fiato.

Quante vite erano stato distrutte?
Quanti erano morti a causa di questo gioco privo di senso?
Ma soprattutto, come mai nessuno si era preoccupato, o tantomeno accorto, di tutto quello?

“Taiyō–" vide il medico storcere la bocca contrariato. "Mi ha detto che solamente io sono sopravvissuta. Allora chi sono gli altri a cui ti riferivi?"
Lo vide tentennare e cercare di guadagnare tempo scarabocchiando qualche parola con la penna.
"Stenditi" disse afferrando alcuni elettrodi di una macchina per ECG "Intendevo gli altri che lavorano qui. Tutte persone senza ricordi della loro vita precedente, che per un motivo o un altro si sono ritrovati in questa struttura"

"So di non essere l'unica sopravvissuta" Ammise socchiudendo gli occhi, improvvisamente conscia di quanto tutto quanto le pesasse.

Non  aveva fatto altro che lottare contro un fantasma, soffocata dalla sua stessa paura e angoscia mentre sferzava inutilmente pugni nell'aria. Eppure era come se solo in quel momento si fosse accorta di quanta energia sprecava in una battaglia che non avrebbe mai potuto vincere. Almeno non adesso, non senza nessuna informazione o un volto da poter colpire.

Rimasero in silenzio per un po', il rumore costante della macchina a cui era collegata a fare da sottofondo.

"Non so niente di cosa succede all'infuori di qui" sibilò, distratto, gli occhi velati di una strana patina luccicante.

"Allora dimmi cosa accade qui dentro, perché io non ne ho la minima idea" Era calma, Sakura, calma come non lo era mai stata in quegli ultimi tempi.

Prima che potesse aggiungere qualsiasi altra cosa, la porta cigolò facendoli entrambi sobbalzare. Sulla soglia, una donna dalla stazza capiente dava loro le spalle.

"Abbiamo finito" Sakura lo guardò leggermente disorientata "Possiamo cominciare"

Non la guardò quando l’enorme energumeno la raggiunse, rigida e severa come un blocco di pietra, e la buttò giù dal lettino.

Non la guardò quando, una smorfia di dolore a tingerle le labbra, si richiuse la porta alle spalle.

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