Forbidden Love

di FreDrachen
(/viewuser.php?uid=238638)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** capitolo 40 parte 1 ***
Capitolo 41: *** capitolo 40 parte 2 ***
Capitolo 42: *** capitolo 41 ***
Capitolo 43: *** capitolo 42 ***
Capitolo 44: *** capitolo 43 ***
Capitolo 45: *** capitolo 44 ***
Capitolo 46: *** capitolo 45 ***
Capitolo 47: *** capitolo 46 ***
Capitolo 48: *** capitolo 47 ***
Capitolo 49: *** capitolo 48 ***
Capitolo 50: *** capitolo 49 ***
Capitolo 51: *** capitolo 50 ***
Capitolo 52: *** capitolo 51 ***
Capitolo 53: *** capitolo 52 ***
Capitolo 54: *** capitolo 53 ***
Capitolo 55: *** capitolo 54 ***
Capitolo 56: *** capitolo 55 ***
Capitolo 57: *** capitolo 56 ***
Capitolo 58: *** capitolo 57 ***
Capitolo 59: *** capitolo 58 ***
Capitolo 60: *** capitolo 59 ***
Capitolo 61: *** capitolo 60 ***
Capitolo 62: *** capitolo 61 ***
Capitolo 63: *** capitolo 62 ***
Capitolo 64: *** capitolo 63 ***
Capitolo 65: *** capitolo 64 parte 1 ***
Capitolo 66: *** capitolo 64 parte 2 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 1

Era una frizzante domenica notte di fine Settembre.
Un ragazzo uscì barcollando dalla porta di servizio del Feuer Bar, il locale più rinomato di Wilmington.
«Ehi Tod»lo chiamò un altro ragazzo, dai capelli castano scuro e occhi azzurri glaciali, del tutto sbronzo.«Vai già a casa?»
Tod annuì.
«Sono stanchissimo. E domani siamo di nuovo tra i banchi».
L'amico ridacchiò.«Da quando pensi alla scuola? Devi essere ubriaco fradicio. Se ti beccano gli sbirri…»
«Abito a pochi chilometri da qui idiota. Manco ci saranno».
«Sicuro di non volere un passaggio da Elena?Almeno siamo sicuri che non finirai ad abbracciare un albero».
Elena, loro compagna di classe, non beveva manco morta un bicchiere di vino, figurasi un super alcolico. Era lì solo per la compagnia.
Tod scosse la testa, rischiando di finire a faccia in giù sull'asfalto.
«Come vuoi Tod»si arrese l'amico, che rientrò barcollando nel locale.
Tod si avviò verso il vicolo cieco dove aveva parcheggiato lo scooter.
Tastò le tasche alla ricerca delle chiavi.
Che non trovò.
Cercò freneticamente a terra accanto ai suoi piedi. Nulla.
"Maledizione"pensò con rabbia.
Di tornare dentro a chiedere il passaggio era fuori discussione.
«Stai cercando queste?»domandò una voce alle sue spalle.
Tod si voltò, rimanendo senza fiato.
Di fronte a lui c'era una ragazza spaventosamente bella. Capelli biondi lisci, lunghi fino alle spalle incorniciavano un viso pallido picchiettato da sparute efelidi. Aveva occhi di una tonalità del tutto particolare: sembravano amaranto contornati da eyeline e ombretto nero.
Indossava un chiodo nero allacciato su un vestito rosso attillato che ne risaltava le curve. E che curve, si ritrovò a pensare Tod, mangiandosela con gli occhi.
Si riscosse notando le chiavi della moto brillare tra le dita affusolate della ragazza.
Gliele tirò, e Tod le prese al volo.
«Grazie»disse sollevato.
La ragazza scrollò le spalle, come se non fosse importante. La borsa che portava tintinnò.
Ma Tod non trovò la forza di girarsi e andarsene. C'era qualcosa in quella ragazza che l'attirava nel profondo.
Forse fu un gesto involontario. Si ritrovò a baciare quella ragazza bellissima e sensuale. Le sue mani percorsero il suo profilo delicato fino al sedere.
L'istinto gli suggerì però di staccarsi. Quando incrociò gli occhi con quelli di lei, raggelò. Brillavano fulgidi di un rosso sangue come fosse posseduta.
Provò a urlare, ma la ragazza gli poggiò un dito sulle labbra. Era incandescente.
«Shh. Non vorrai svegliare l'intero quartiere, vero?»
Tod deglutì. Era finito in un bel casino. Ma non disobbedì. Qualcosa, o qualcuno nella sua testa gli impediva di agire.
La ragazza le sorrise. I suoi canini brillarono alla tenue luce della luna che riusciva a raggiungere il vicoletto dove si trovavano.
Tirò fuori dalla tasca del chiodo un cutter. Ne rimirò la lama, e colpì con un colpo secco uno dopo l'altro i polsi.
Tod avrebbe voluto urlare, ma non aveva voce. Voleva scappare, ma non riusciva.
Teneva continuamente gli occhi puntati sulla ragazza, che tirò fuori dalla borsa due bottiglie di vetro. Erano loro che tintinnavano.
Raccolse il sangue che scendeva copiosamente dalle vene dei polsi.
Tod sentì le forze mancargli. Le ginocchia crollarono.
Ma non toccarono terra. La ragazza lo intercettò a pochi centimetri da terra.
La sua mano era incandescente come carbone ardente.
La fissò per l'ultima volta negli occhi.
Ora aveva perso il suo aspetto angelico, rivelando la sua vera natura. Velenosa come una vedova nera, e letale come uno scorpione.
«Mi sei stato di grande aiuto, umano»gli sussurrò all'orecchio. Il suo alito era caldo sulla sua guancia.
Lo mollò all'improvviso, e Tod si trovò agonizzante a terra. Diede un ultimo sguardo alla luna, prima di cadere nell'oblio.
Nello stesso preciso istante in cui l'anima di Tod lasciò il mondo , una colonna di luce venne giù dal cielo lasciando due individui pallidi e spettrali dall'altra parte della città.





Nda:benvenuti. Se siete raggiunti fino alla fine di questo capitolo vi devo fare i complimenti^_^
La ragazza che compare non ha bisogno di ulteriori presentazioni, più avanti la conosceremo meglio, così come la componente angelica della storia.
Che dire di più, alla prossima e buona lettura^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 2

Brinnn!!!!
Gabriele spense la sveglia con un gesto secco.
Si avvolse nelle coperte, e si girò dall'altra parte.
Partì la suoneria Happy Days del suo cellulare.
«Pronto?»biascicò con voce impastata dal sonno.
«Sveglia Gabriele. Ricordi? Hai una missione a portare a termine». La voce di Michael risuonò calma dall'altra parte della cornetta.
«Perché gli umani si devono svegliare così presto la mattina per le loro attività?»mormorò sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.
«è nella loro tradizione Gabriele. Ci farai l'abitudine. Tienici aggiornati dei progressi».
Michael riattaccò, lasciando Gabriele ancora assonnato nel suo appartamento nel centro di Wilmington.
Si alzò dal letto, per farsi una doccia ristoratrice.
Si contemplò allo specchio. Riccioli neri incorniciavano un viso pallido con occhi azzurro cielo. Il fisico non era paragonabile a quello degli atleti palestrati, ma ben messo.
Sotto il getto dell'acqua si sentì sicuramente meglio.
Un altro giorno nel mondo degli umani. A scovare i demoni che stavano creando scompiglio della cittadina.
Accese la tv, con i capelli ancora bagnati e una tazza di cereali e latte.
Trovò un telegiornale. Il cameraman stava inquadrando una giornalista a dir poco sconvolta.
«Stanotte si è verificato un altro omicidio del tutto simile agli altri cinque di questo ultimo mese. La vittima è Tod Brown, residente del quartiere tranquillo di Holly Tree Rd. La notte scorsa era andato in discoteca con gli amici. La madre, non trovandolo  a casa la mattina ha subito sporto denuncia. Il corpo è stato trovato da un netturbino in servizio».
Gabriele smise per un attimo di mangiare. Ora la telecamera inquadrava il corpo senza vita del ragazzo. Presentava le ferite tipiche di un rito demoniaco.
"Sicché avete colpito ancora maledetti"pensò con rabbia.
«Era un bravo ragazzo. Non meritava una fine così orrenda»stava dicendo una ragazza mora con il viso rigato di lacrime.
Spense la tv.
La situazione era ben più grave di quello che pensava.
«Buongiorno pelandrone»squillò una voce dall'ingresso.
Dalla porta del salotto fece capolino un visetto che esprimeva gioia da tutti i pori della pelle. Era Annabel, sua compagna di missione, appena tornata dalla sua corsa mattutina. Capelli mossi castani, pelle di porcellana e occhi nocciola dolcissimi.
«Ma come fai a essere così gioviale di primo mattino?»biascicò il ragazzo, tracannando una tazza bollente di caffè.
Annabel gli sorrise. I suoi denti erano di un bianco abbagliante. Come quella casa.
«è il nostro primo giorno nella scuola umana. Ti rendi conto?»domandò saltellando di gioia.
Gabriele la guardò sbilenco.«Ti ricordo che abbiamo una missione da portare a termine? E che andare a scuola non fa altro che tenere su la nostra copertura?»
Annabel sbuffò.«Come sei cinico Gabe».
Il ragazzo inarcò un sopraciglio.«Volevi che Michael affidasse a qualcun altro la missione?»
 
Erano stati convocati da Michael, uno dei sei Arcangeli.
«Ho una missione da affidarvi»aveva detto, con voce calma.
Annabel e Gabriele si erano guardati. Avevano iniziato il loro addestramento nell'esercito celeste solo due anni prima. Non si aspettavano una missione così presto.
Il compito era piuttosto semplice, se fossero stati guerrieri perfetti. Dovevano scovare i due demoni che stavano agendo nella tranquilla cittadina di Wilmington.
«Perché noi? Perché non angeli più preparati?»aveva domandato Gabriele.
Michael aveva sorriso amareggiato.«Perché, fratellino, noi arcangeli siamo impiegati a coordinare le truppe sparse in tutto il mondo. E i nostri compagni stanno combattendo contro l'esercito oscuro in più aree. I demoni stanno avendo la meglio, perché la gente non crede più in noi. E questo ci indebolisce Gabriele. Capisci?»
Gabriele annuì. Ma non era per niente sicuro.
«E ora fratellino»continuò Michael, poggiandogli la mano sulla spalla«Portate a termine con successo la missione. Le sorti del mondo dipendono anche dalla vostra vittoria».
Il ragazzo aveva abbassato il capo, in segno di deferenza.«Si, Mio Signore».
In fondo, pur essendo fratelli, rimanevano un arcangelo e un angelo semplice.
Erano stati teletrasportati davanti al palazzo che ospitava il loro appartamento nel centro di Wilmington. Non era particolarmente grande, ma c'era così tanto bianco da far male agli occhi, ma ricordava loro la patria. I Cieli.
Gabe ancora stordito dal viaggio, si era seduto sul divano.
Un quadrato nero si era improvvisamente animato trasmettendo un telegiornale. Gabriele si era avvicinato ammaliato. Cosa ci facevano delle persone prigioniere in una scatola?
Vicino aveva scorto un biglietto.
Era scritto con la calligrafia minuta e comprensibile di Michael.
"In questa casa troverete aggeggi tecnologici che non avete mai visto. La tv, il computer e i cellulari…"
Gabe osservò le foto degli oggetti. Si, in effetti si era seduto su quello che Michael aveva chiamato telecomando.
"Vi aiuteranno a integrarvi tra gli umani".
"Se lo dici tu Mike"aveva pensato Gabe poco convinto.
Erano appena arrivati e non avevano avuto il tempo di  familiarizzare con la città, di certo non paragonabile al caos delle grandi metropoli come New York, ma decisamente accogliente a prima vista. Se non fosse stato per gli omicidi che ne avevano macchiato la tranquillità.
Le prime erano state due ragazze, uccise a pochi isolati dalle proprie case. Gli ultimi, tre ragazzi, frequentavano locali notturni rinomati.
In comune non avevano altro che la scuola che frequentavano, la Wilmington Town of. Ed era da lì che dovevano iniziare. Per fortuna Michael aveva pensato a tutto. Si sarebbero presentati come studenti straneri.
 
La loro ultima vittima era stato Tod.
Gabriele rabbrividì. Cosa spingeva i demoni a odiare così tanto? Sarà per la loro natura ribelle? In fondo erano angeli come loro, che però avevano scelto coscienziosamente la via del male schierandosi con Lucifero, il Rinnegato.
«Pronto? Proonto. Terra chiama Gabriele».
La voce di Annabel lo riportò alla realtà.
«Mhm…dimmi?»
«è da cinque minuti buoni che fissi il vuoto. Sbrigati. Siamo in ritardo».






Angolo autrice:eccomi con un nuovo capitolo^_^
Sta volta avete conosciuto gli angeli:)
Ringrazio RayaFee, magicadark007, pietraghiaccio, AmandaMichelle e MandyCri che hanno recensito il primo. Spero di non avervi deluso con questo:)
Baci:)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 3

Uscirono in ritardo da casa, e ora stavano pedalando all'impazzata per strada con le loro bici.
«Perché dobbiamo andare in bici a scuola, e non con quei tranvicoli a due e quattro ruote?»protestò Annabel con il fiatone.
Gabriele sorrise compiaciuto.«Non sei tu che ti fai una sudata di primo mattino Ann? E comunque non usiamo moto e auto perché inquinano il pianeta. La bici è ecologica»le spiegò pazientemente tra una pedalata e l'altra.
«Ma ci vorrà un'eternità ad arrivare».
«Noi ci siamo abituati all'eternità Ann, ti pare?»domandò Gabriele con tono sarcastico.
Annabel mise su il broncio.«Ah. Ah. Molto spiritoso Gabe. Molto divertente».
«E inoltre»aggiunse gettandole un'occhiata.«Non avevi altro da metterti?»
Annabel indossava un vestito bianco con molti fiocchi, facendola sembrare una bambola di porcellana da collezione. Non proprio la tenuta adatta per andare in bici.
«è il mio vestito preferito Gabe. E andrebbe benissimo se andassimo in auto»replicò lei piccata.«E poi chi sei tu a criticare il mio vestiario? Non sei il massimo dell'eleganza».
Gabriele indossava una camicia a mezze maniche azzurra e un paio di jeans tutti tagliuzzati.
«Molto più comodi dei tuoi sicuramente. E ora smettila di frignare. Siamo arrivati».
La scuola si stagliò davanti ai loro occhi.
Non era un edificio particolarmente alto, ma tutto sommato carino. A base rettangolare, era di un beige tenue pieno di finestrelle. Sulla facciata un bassorilievo degli Stati Uniti.
Ai lati due enormi bandiere del loro stato.
Gabriele rimase a bocca aperta. Era sempre stato affascinato dall'arte umana. E ne aveva viste di cose. Con i suoi seicento anni suonati,ne aveva viste eccome.
Parcheggiarono nelle bici nell'area riservata.
Intorno alla scuola si estendeva un prato verdissimo e profumato.
Sentendosi gli occhi puntati contro, si sbrigarono a entrare nell'edificio. Dentro era molto simile all'esterno. Anche lì regnava il beige.
Si avvicinarono alla segretaria, una donna di mezza età con gli occhiali poggiati sulla punta del naso.
Gabriele si proruppe in un colpetto di tosse per attirare l'attenzione della donna, che alzò gli occhi dal monitor del computer.
«In cosa posso esservi utile?»
La sua voce era un po' roca, forse dal continuo urlare contro gli studenti "maleducati".
«Siamo Gabriele e Annabel Cortes».
«Oh»esclamò la segretaria, come ricordatosi improvvisamente di una cosa importante.
«Oh certamente. Benvenuti nella Wilmington Town of. Spero che vi troverete bene qui. Ecco. Queste sono le vostre combinazioni del lucchetto dei vostri armadietti, e questo l'elenco delle vostre lezioni».
Detto questo tornò al suo computer.
«Tipino simpatico la segretaria, eh Gabe?»commentò Annabel con tono sarcastico, non appena si furono allontanati.
«Non essere severa con lei»la rimproverò Gabriele.«Tod Brown è suo figlio. Era»aggiunse lugubre.«è ancora scioccata per quello che è successo».
«Come lo sai Gabe?»
Il ragazzo la guardò sorpreso.«Non hai letto nel suo animo il dolore che sta provando?» Annabel scrollò le spalle.«Non ho fatto tanto caso».
«E comunque»continuò la ragazza«non avremo l'armadietto vicino».
«E lezioni in comune. Peccato».
«Allora ci si  vede a pranzo Gabe». Annabel lo salutò con la mano, e sparì tra i ragazzi urlanti.
Gabriele raggiunse a fatica l'armadiettino metallico.
«Maledetto lucchetto»imprecò un ragazzo alla sua sinistra, intento a picchiarsi per aprire il lucchetto.
«Aspetta»intervenne Gabe.«Dimmi la tua combinazione».
Il ragazzo lo fissò per un po', alla fine si decise a bofonchiarla poco convinto.
Gabe ci mise pochi secondi, e l'armadietto si aprì con un cigolio.
«Ecco fatto».
«Grazie amico. Mi chiamo James Evans»affermò il ragazzo, porgendogli la mano.
«Gabriele Cortes»disse restituendo la stretta.
«Sei nuovo?»
«Mi sono trasferito qui da pochi giorni».
«Fico. Da dove vieni?»
Gabe ebbe un vuoto di memoria. Eppure aveva ripassato tutte le informazioni quando stava facendo la doccia. Da dove avevano deciso che veniva? Sul volto di James si stava dipingendo una sorta di dubbio.
«Da Barcellona»esclamò Gabe, nominando la prima città che gli era venuta in mente. La mente gli aveva giocato un brutto tiro. Era proprio da lì che veniva, prima di diventare un angelo.
Gli occhi di James scintillarono dall'emozione.«Io adoro la Spagna. mi insegneresti un po' di spagnolo?»
Gabe scrollò le spalle.«Perché no?». In fondo poteva insegnargli anche il cinese. Gli angeli erano tenuti a conoscere tutte le lingue del mondo.
«Mhm…come si dice:"Ciao amico, come va?"»
«Hola amigo, como te vas?»
«Figata. Mi insegnerai altro?»
Gabe sorrise.«Certo, amigo. Però prima dovrei raggiungere la biblioteca, per recuperare i libri».
«Ti ci accompagno io. Non è lontana».
Zigzagarono tra i ragazzi. Non appena la raggiunsero, il cuore di Gabriele perse un battito. Se esisteva un paradiso ulteriore da quello da cui veniva, doveva avere senz'altro le sembianze di una biblioteca.
Enormi scaffali torreggiavano su di loro. C'erano cartigli in pietra somiglianti a pergamene per segnare l'argomento che trattavano.
Fu la voce di James a riscuoterlo.
«Vieni Gabe. La signora White ci potrà essere d'aiuto».
Si avvicinarono in silenzio a quella che doveva essere la bibliotecaria, la signora White. Era la classica donna che ci possiamo aspettare a mettere in ordine libri:pelle olivastra, capelli castani con ciocche argentee, occhi grigi saggi dietro a un paio d'occhiali dalla montatura rossa. Vestita in stile anni 70' sembrava uscita da un romanzo.
«Mhm…Signora White?»
La donna alzò gli occhi dal libro che stava leggendo.
«Signorino Evans, le devo ricordare che deve restituire un libro di anatomia generale e "Le avventure del giovane Holden"»gracchiò.
«Glieli farò avere al più presto»si scusò James. «Oggi ho solo accompagnato il mio amico».
 «Il nuovo arrivato, Gabriele Cortes. Tieni. Qui c'è la lista dei testi di cui ha bisogno».
E s'immerse nella lettura.
«è un tantino acida, ma ci farai l'abitudine Gabe»lo rincuorò James quando raggiunsero gli scaffali.
«Ehm…James non dovremmo essere a lezione?»
«Abbiamo ora buca»rispose James, scrollando le spalle.
«Come sai che anch'io ho "ora buca"?»
«Ho controllato le tue lezioni. Le abbiamo tutte in comune, tranne le ore di letteratura. Peccato. Ecco…abbiamo finito».
Con l'aiuto di James trasportarono i pesanti libri fino all'armadietto.
Stava per riporli al suo interno, quando sentì un brivido gelido salirgli su per la spina dorsale.
Si guardò attorno.
I suoi occhi azzurri si incrociarono con quelli amaranto di una ragazza bellissima molto particolare. Indossava un top rosso sotto un gilet in pelle nero con borchie, una minigonna nera sopra a leggins nero infilati in anfibi neri pieni di lacci. Alle mani portava guanti in pelle senza dita, anch'essi pieni di borchie. Sembrava una cantante rock. Capelli biondi che sembravano un'aureola incorniciavano un visino pallido tonificata da eyeline e ombretto nero.
Quando il vicino, un ragazzo tutto sommato carino dai capelli castano scuro e occhi azzurri glaciali, le mormorò qualcosa all'orecchio distolse lo sguardo.
James seguì lo sguardo dell''amico.
«Lilith»mormorò.
Gabe si riscosse.«Cos'hai detto?»
Lilith era il nome di un Demone Superiore, capo del settimo cerchio. Eppure millenni prima era stato spodestato da Belial che aveva così ottenuto il potere. E ora era da quasi vent'anni che si risentiva parlare di questo Originario.
James indicò la ragazza che si stava allontanando per il corridoio.
«Si fa chiamare così, anche se il suo vero nome è Elisabeth Meyer».
«Ha un cognome…insolito».
«Sua madre è italiana, mentre il padre è della Baviera».
«Mi piacerebbe conoscerla»dichiarò Gabe sognante, incurante delle parole che gli erano appena uscite dalle labbra.
James scosse la testa.«Pessima idea amico. Sarà bella finché vuoi…ma c'è qualcosa di oscuro e malato in lei».
Gabe osservò ancora una volta il suo profilo, prima che svoltasse l'angolo e sparisse.





Angolo autrice:eccomi qui^_^
Per festeggiare l'addio al primo esame ho voluto pubblicare il fatidico incontro tra l'angelo e il demone.
Che ne pensate?
Nei prossimi ne vedremo delle belle, potete scommetterci:)
Buona lettura e alla prossima:)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 4

La prima ora fu di educazione fisica, un momento per Gabe piacevolissimo. Si sentiva infinitamente meglio se metteva in moto il corpo.
Corsa, percorsi a ostacoli… si poteva liberare completamente la mente.
Ma quello che gli piaceva di più erano le partite a volley. Essere un tutt'uno con i compagni di squadra lo faceva sentire vivo, per quanto potesse esserlo. Sentiva l'armonia serpeggiare tra i compagni e una sincronia perfetta come fossero una cosa sola.
Dopo dieci minuti dall'inizio della partita di volley però, Kevin, un ragazzo amante della musica e abbigliamento rap si slogò la caviglia per rispondere a un tiro impossibile. Il prof lo accompagnò in infermeria, e questo fece scattare le mani delle ragazze alle tasche per recuperare il cellulare. Un gruppo di maschi, tra cui Gabe e James, continuarono la loro partita. Mentre un altro si sistemò poco distante a discutere su dove avrebbero passato il sabato sera.
Tutto tranquillo, fino l'ultimo quarto d'ora dove gli eventi crollarono.
Thomas, un ragazzino mingherlino, colpì per sbaglio Raulf con il pallone da volley.
Tutti i presenti deglutirono. Raulf si girò lentamente. Pur avendo diciassette anni era enorme come un armadio e incuteva timore a chiunque.
«Cerchi guai nano?»domandò il gigante scroccando le dita.
«I-io? Ni-niente af-afat-tto»balbettò terrorizzato Thomas, bianco come un cencio.
«Cosa sta succedendo?»sussurrò Gabriele e James.
«Nulla che ti riguardi. Non ti devi mai immischiare negli affari di Raulf. Soprattutto quando cerca rogne. Rischi di non tornare a casa intero».
«Cerchi guai anche te secchione?»disse rivolto verso James che distolse lo sguardo.
«No».
Raulf annuì soddisfatto.«Ecco, bravo. Dov'ero rimasto con questo sfigato? Ah, si…»
Prese Thomas con la mano sinistra per il bavero sollevandolo da terra, mentre con l'altra mano caricò il colpo.
Nessuno ebbe il coraggio d'intervenire…eccetto Gabe. Non poteva lasciare che quel ragazzo venisse pestato a sangue.
«Adesso basta»dichiarò facendosi largo tra i suoi compagni e raggiungendoli.
Raulf lo squadrò da capo a piedi, e scoppiò in una grassa risata.
«Dimmi un po', ne vuoi anche tu femminuccia?»
Pochi secondi dopo si ricredette. Gli occhi azzurri di Gabriele fissi sui suoi emettevano una fievole luce azzurrina che nessun altro sembrava notare.
Sentì una voce nella sua testa, simile a una musica celestiale.
"Non credi che sia ora di finirla Raulf Hughes?"
Raulf si guardò attorno confuso. Gli altri ragazzi lo osservavano incuriositi dal suo strano comportamento.
"Lascia andare il ragazzo" ordinò la voce.
Raulf obbedì, quasi intimidito.
Lasciò la presa su Thomas che si rifugiò dietro le robuste spalle di Gabe fiero e dritto davanti al gigante.
Raulf indietreggiò e raggiunse di corsa gli spogliatoi.
Gabe si girò verso Thomas.«Tutto ok?»
«Grazie, grazie. Mi hai salvato dal pestaggio»rispose sollevato.
«Di nulla amico».
Non era solo intervenuto per salvarlo. Aveva sentito il male in azione.
Fu allora che capì. I Demoni erano tra loro.
 
Lilith assistette a tutta la scena in silenzio.
Aveva indotto quell'idiota di Raulf a pestare il nanerottolo per assorbirne il terrore che trasudava dalle sue membra. Non era nutrimento sostanzioso come il sangue, ma meglio di niente.
Tutto stava andando secondo i piani, fino a quando quell'insulso umano non era intervenuto. Perché non era rimasto al suo posto?
L'osservò meglio. Non si avvicinava minimamente a un Guerriero Angelico.
Somigliava tuttalpiù a un ragazzino con manie di protagonismo.
«La considero come una dichiarazione di guerra, umano»mormorò a mezza voce, senza farsi sentire da nessuno.
Nelle sue iridi vi fu un guizzo di rosso.
Thomas assunse un cipiglio arrabbiato.
«La prossima volta farò da solo»disse sgarbatamente a Gabe che rimase sorpreso.
Lilith sorrise.
Uno a zero per i Demoni.
 
Gabriele uscì confuso dallo spogliatoio. Non si era aspettato tanto astio da parte di Thomas.
«Sono arrivati i volontari della Croce Rossa?»domandò una voce sarcastica alle sue spalle.
Si voltò. Era Lilith appoggiata a un armadietto.
La fissò confuso.
«Perché?»domandò. Non era ferrato per la cultura umana. La sua era rimasta a quasi seicento anni prima.
Lilith ignorò la domanda.«Non hai niente di meglio da fare, Angioletto?»
Il cuore di Gabriele raggelò. Lo avevano scoperto?
«Non capisco»disse, facendo il finto tonto.
«Ti immischiavi negli affari degli altri anche da dove vieni?»
Gabe la guardò storto.«Interrompere una rissa è immischiarsi negli affari altrui?»
Lilith scrollò le spalle.
«Tu come lo definiresti Angioletto?»
«Senso morale? Sembra che a te manchi parecchio».
Lilith lo fissò con sguardo indecifrabile. Poi gli angoli della bocca si stirarono verso l'alto.
«Sono molte le cose che mi mancano»disse. Si allontanò. Ma giunta all'angolo si girò un attimo appena.
«Ci si vede Angioletto. E ho l'impressione che accadrà molto presto».
Gabe la vide sparire. Si sentiva lo stomaco in subbuglio. Nella sua forma originaria non aveva sensazioni così umane.
Nei suoi occhi aveva letto una miriade di emozioni. Indifferenza e dolore. Rabbia e odio. E qualcos'altro che la faceva sentire più simile a lui.
Nostalgia.
«Ecco dov'eri finito».
James lo raggiunse. «Non sei tu quello maniaco della puntualità? Sbrigati, siamo in ritardo per la lezione».






Angolo autrice:eccomi qui^_^
Finalmente i nostri due protagonisti si sono conosciuti. E che carattere che si ritrovano:P
Vorrei ringraziare Piccola Me e Dark_Angel_Sofy  per aver inserito la storia tra le preferite, e AmandaMichelle, magicadark007, MandyCri, Raya_Cap_Fee, Stella Cadente e Mariel_  per averla inserita nelle seguite.
Quasi non riuscivo a crederci che ci siete tutte voi a credere nella mia storia. Spero di non deludervi, nè ora nè in futuro^_^
Buona lettura:)



 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 5

Era un peccato che questa lezione non l'avesse in comune con James.
Così come tutte le ore di letteratura, del resto.
La prof non era delle migliori. Bassa dai capelli bruni striati d'argento, rugosa e con occhiali ridicoli sul naso da strega. E acida. Seppur essendo dotato di molta pazienza, non riuscì proprio a sopportarla dal primo secondo.
«Signor Cortes . Il primo giorno già in ritardo. Si affretti a prendere posto»gracchiò con la sua voce bassa e irritante.
L'unico banco disponibile era vicino a Lilith.
«Ti dispiace se mi siedo qui?»le domandò a bassa voce Gabe.
Lilith lo fissò con sguardo di sufficienza. Scrollò le spalle.
La prof aprì un quadernetto malconcio.
«Oggi parleremo di Charles Baudelaire».
«Prof, prima dobbiamo finire Oscar Wilde»s'intromise Kevin, subito zittito dall'occhiata intimidatoria della donna.
«Noto che siete stato ad ascoltare la scorsa lezione Signor Turner, ma da programma scolastico nazionale devo iniziare subito Baudelaire. Dunque Charles Baudelaire nacque a Parigi nel 1821…»
Gabe lasciò che il suo sguardo vagasse su quelli dei suoi compagni di classe. Sembravano concentratissimi a prendere appunti.
Gettò anche un'occhiata fugace a Lilith di fianco a lui.
Le sue labbra erano stirate in un mezzo sorriso, come se trovasse divertente la spiegazione della prof.
«Signor Cortes».
Gabe sobbalzò, l'adrenalina alle stelle.
Il viso della prof era a poca distanza da sé.
«Visto che non ascoltate Signor Cortes, illustrateci i concetti della raccolta di poesie di Baudelaire "Les fleurs du mal"».
Gabe deglutì, iniziando a sudare freddo. Essendo un angelo era tenuto a conoscere tutta la cultura umana. Ma Baudelaire era diverso. Le sue poesie erano così deprimenti che non aveva mai avuto la forza di sorreggere la loro lettura.
«Non lo so»mormorò imbarazzato e rosso come un peperone.
La prof lo guardò con sguardo severo.
«Iniziamo di male in peggio Signor Cortes. Per domani voglio una relazione sulla filosofia di pensiero di Baudelaire, e le parafrasi delle sue poesie più famose».
Detto questo ricominciò a spiegare.
La mente di Gabe registrò frasi spezzate.
"Il senso del libro è già tutto nel titolo…"
"I fiori, immagine allusiva della bellezza…"
"…al male della corruzione".
Come i Demoni. Sapevano apparire nelle forme più belle e sensuali che volevi, ma sotto non erano altro che creature corrotte dal male.
La campanella risuonò nell'aula.
«Bene. Domani leggeremo delle poesie di Baudelaire». I ragazzi uscirono di corsa dall'aula, mentre la prof rimase a mettere a posto i suoi registri e libri.
Gabe seguì la fiumana di gente fino al suo armadietto. Ma quando sarebbe finita quella giornata?
«Allora amico, sei sopravvissuto a letteratura?»
Al suo fianco si era materializzato James con un sorriso sulle labbra.
«Mi ha dato una relazione da fare su Baudelaire. Secondo te come è andata?»domandò retoricamente.
Ma non era colpa di James del suo umore nero.
James scrollò le spalle.«è solo il primo giorno. Non abbatterti amico».
«Io invece, fossi in te mi butterei giù da un burrone alla prima occasione»disse una voce alla sua destra.
Era Lilith con accanto un ragazzo carino, dai capelli bruni e gli occhi azzurri.
«Fottiti Lilith»gli rispose prontamente James.
«Oh che paura secchione. Ora mi sommergerai di discorsi filosofici privi di senso?». Il tono di Lilith era venato d'ironia.
James ignorò la frecciatina.«Non perdo tempo con una come te. Andiamo Gabe».
«Oh, non è dolce? Il secchione che prende le difese della matricola».
Il ragazzo sghignazzò malignamente.«Chissà, forse alla fine del semestre il vedremo come fidanzatini».
James ignorò nuovamente la frecciatina. Trascinò via Gabe.
«Ma quella lì pensa solo a prendere per i fondelli la gente?»
«Lilith dici? No, lei pensa a come persuaderli. è qui solo da un mese e già ha fatto cadere ai suoi piedi quasi metà scuola. Quanto a suo cugino Jake…bè per lui è così. Tutti sono inferiori e quindi da pigliare per il cosiddetto…immagino a cosa mi riferisco».
Gabriele annuì, pur non riuscendo a immaginare  di cosa stesse parlando.
Non era molto ferrato sui modi di dire dei ragazzi. In fondo lui era morto quasi ottant'anni prima della scoperta dell'America.
«In che rapporti sei con la chimica?»
«Me la cavo»minimizzò.
Non poteva di certo dirgli che aveva conosciuto di persona in Paradiso Avogadro e gli altri chimici e fisici famosi.
James sorrise.«Vorrà dire che con questo prof andrai d'accordo».
Si fiondarono nell'aula di chimica all'ultimo secondo. Il prof era già lì, un uomo di mezza età pelato e dagli occhi marroni vivi e saggi.
«Signor Cortes».
Il prof gli fece cenno di avvicinarsi.«Sei nuovo in questo corso, per cui alcune cose non ti saranno note. Ma per qualsiasi problema basta chiedere, e non preoccuparti di sembrare più indietro degli altri».
A differenza della prof di letteratura, quest'uomo lo prese in simpatia.
«Bene ragazzi, oggi parleremo di nomenclatura dei composti inorganici».
Un mormorio di disapprovazione si levò dai banchi.
«Tranquilli ragazzi. Non sono così difficili come sembrano. Basta capire il gioco».
Scrisse una formula alla lavagna.
«Basta conoscere le poche regole basilari, e in meche non si dica sarete in grado di dare un nome a qualsiasi sostanza in giro per casa. Prendiamo per esempio il sale da cucina. Il suo nome comune è questo, ma i chimici invece vogliono essere più precisi e dargli un nome che rappresenti la sua natura. Il nostro esempio, il sale ha formula chimica NaCl per questo si chiamerà cloruro di sodio. Il suffisso _uro si dà alla fine di ogni sale».
Elencate le regole fondamentali, scrisse un elenco di formule.
«Ora provate voi». Notando la titubanza nello sguardo dei suoi allievi aggiunse con un sorriso:«Non darò voto».
Questo li convinse perché cominciarono a scrivere sui lo quaderni.
Gabe fissò le formule. Le conosceva tutte, ma scrivendole correttamente avrebbe dato troppo nell'occhio. Così si promise a sbagliarne qualcuna.
Gettò uno sguardo fugace a James seduto al suo fianco. Scriveva freneticamente sul quaderno di chimica, concentrato.
Con un sospiro prese anch'esso la biro, e cominciò a scrivere nomi.
«Che stai facendo Gabe?»
James lo stava fissando in modo strano.
«Sto scrivendo i nomi dei composti, perché?»
«Sicuro?»
«Certo». Quando fissò il foglio il suo cuore raggelò.
Aveva ragione James. Aveva scritto, certo. Ma l'unico nome che spiccava sul foglio era Lilith.

 
 
 Angolo autrice:
Eccomi qui^_^ Povero Gabe questa giornata non finisce mai(tranquilli, finisce nel prossimo capitolo)^_^
Ringrazio tutti voi che seguite questa storia e anche lillila09, queenbee, luna scarlatta, Crow17 e Orchidea_ _99 per averla inserita tra le seguite(quest'ultima anche per averla inserita tra le ricordate):)
Quando ho visto tutti i vostri nomi stavo quasi per svenire...di piacere;)
Che dire di altro, alla prossima e buona lettura^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 6

«è assurdo».
Era in fila con Annabel in mensa. L'aveva aggiornata sugli eventi della mattina.
«Ho scritto per una ventina di volte il suo nome, Ann. Pensi che sia un segno?»
Annabel aveva una strana espressione sul viso. Gelosia e astio, sembravano. Perché mai Annabel doveva essere gelosa? Loro erano solo amici di vecchissima data.Erano quasi quattrocento anni che si conoscevano, e lei non si era mai comportata così.
«Può darsi. Forse i nostri superiori ci stanno dando qualche indizio da cui cominciare la nostra ricerca».
Fissò il ragazzo negli occhi.«Pensaci Gabe. Una ragazza dal comportamento strano, che porta il nome di un Angelo Caduto. Non ti bastano come indizi?»
«è anche mancina».
«Visto che ho ragione? La mano sinistra è del Diavolo».
«Non credi di esagerare nella superstizione?»
«Non dirmi che non credi al mio intuito»replicò Annabel irritata.
«Non dicevo quello».
Si sedettero a un tavolo arancione. Gabe lasciò vagare lo sguardo sui presenti. I suoi occhi si posarono su Lilith seduta a un tavolo con Jake, che stavano sorseggiando del liquido rosso. Sorrideva. No, sarà pure stata stramba ma non le sembrava un demone.
Lo fece notare a Annabel.
La ragazza trattene un sospiro di astio.«Non sei stato attento al nostro addestramento? I Demoni si presentano in forme piacevoli. Solo perché ti piace non significa che non sia un sospettato come tutti».
Gabe quasi sputò la bibita che stava sorseggiando.«Co-cosa?»boccheggiò.
Ann lo fissò con sguardo severo.«è inutile che lo nascondi. Rischi di perdere pezzi per strada da come le stai andando dietro».
«Ann, è impossibile che perda pezzi…»
«Sai cosa intendo Gabriele»lo liquidò Ann.«E se vuoi un consiglio lascia perdere. Lei non potrà mai stare con te. Quando la nostra missione sarà finita torneremo in Paradiso. La perderai. E vivrai con l'angoscia di non vederla mai più».
«C'è sempre la possibilità che alla sua morte salga in Cielo».
«Ti ricordo che noi Angeli viviamo separati dalle anime comuni».
Gabe sbuffò.«Non ti ricordavo così cinica Ann».
Annabel non si lasciò intimorire dal suo sfogo.«Ma sai tanto quanto me che ho ragione. Lo dico solo per il tuo bene».
Gabe neppure l'ascoltò. I suoi pensieri erano tutti per quella ragazza che gli aveva rubato il cuore.
 
Al pomeriggio lezione di musica. C'era anche Lilith messa un po' in disparte.
La prof aveva tutta l'aria di un soprano, con i capelli raccolti in un buffo chignon e con una tenuta in gonna e camicetta a fiori.
«Benvenuto Signor Cortes alla mia lezione»lo salutò con la sua voce da soprano. Aveva visto giusto.
«Bene ragazzi, prendete uno strumento a testa. Oggi cominceremo con Strauβ».
Gabe si avvicinò a un pianoforte coperto da una spessa coltre di polvere.
«E questo Señora Barker?»
La prof lo fissò con sguardo sconsolato.«Purtroppo Signor Cortes non abbiamo nessuno che lo sappia suonare».
«Io si».
Si sistemò sulla panca. La sua mente corse a quando era ancora bambino a imparare le scale per buona parte della giornata. Do, Re, Mi, Fa…per ore e ore.
Suonarlo ora era un gioco da ragazzi.
Le sue dita affusolate volarono sui tasti e una leggiadra melodia li avvolse.
Anche Lilith, assolta in chissà quali pensieri rimase ad ascoltare, come cercasse un qualcosa, una certezza.
Lo fissò a lungo, e Gabe temette di sbagliare qualche nota sotto quello sguardo. Ma la sua abilità di musicista non gli giocò brutti tiri.
Finita la musica, tutti i suoi compagni, compresa la prof, lo stavano guardando a bocca aperta.
«è stato memorabile Signor Cortes. E sia. Nella nostra orchestra voi siederete al piano forte. Ora ai vostri strumenti ragazzi».
Cercò con lo sguardo Lilith. Stava aprendo il pentagramma. Non lo stava guardando, ma capiva dal suo viso che sorrideva. Tirò fuori dalla custodia una viola.
La melodia di Strauβ si levò in ogni dove della scuola.
Gabe era piuttosto soddisfatto dei suoi compagni. Riuscivano a tenere una certa armonia e uniformità che non si aspettava.
Poi un suono stonato. Una nota mancata che rovinò la melodia.
«Signor Cortes, non era un SI, ma un MI bemolle»lo rimproverò la prof.
«Mi scusi»bofonchiò Gabe, visibilmente scioccato. Non aveva mai, MAI, sbagliato una nota in tutta la sua…vita.
Sentì lo sguardo penetrante di Lilith alle sue spalle. Sorrideva divertita.
Gabe sarebbe arrossito, se non fosse stato per la sua reputazione.
E ne sbagliò un'altra. E un'altra ancora.
«Signor Cortes»articolò esasperata la prof.«Potrebbe cortesemente fare più attenzione la prossima volta. Seguite le note del pentagramma».
Niente da fare. Sembrava che lo strumento fosse stregato.
Forse il Demone era proprio tra loro, e si divertiva a fargli fare la figura dell''idiota.
Ah, ma quando l'avrebbe scoperto gliele avrebbe fatte passare di tutti i colori.
Soprattutto perché l'aveva messo in ridicolo davanti alla ragazza che gli piaceva tanto.
 
La fine giornata venne accolta con sollievo da Gabe. Sperava con tutto il cuore che le future giornate non fossero faticose come questa.
«Gabe, aspettami»lo chiamò la voce di Annabel.
Quando si girò, pregò di sparire dalla loro vista.
«Gabe, vorrei presentarti le mie nuove amiche che ho conosciuto al corso di pittura. Rebecca»disse indicando una rossa con il viso pieno di lentiggini.«Savannah»una bionda dallo sguardo fiero e altezzoso.«E infine Emily»dichiarò indicando una mora alle prese con il cellulare.
«Piacere di conoscervi»disse con scarsità d'entusiasmo. A parte Rebecca, le altre gli sembravano delle ochette senza cervello.
Soprattutto Savannah che lo stava squadrando da capo a piedi, pensando di portarselo a letto quella sera stessa.
«Vieni Ann, abbiamo del lavoro da sbrigare, te ne sei dimenticata?» Ma quello che voleva in realtà dire era:"levamele dal davanti, altrimenti rischio di impazzire".
«Già Gabe»rispose Ann con il broncio. Non aveva capito l'umore dell''amico.«Ci vediamo domani ragazze».
Savannah gli gettò un'ultima occhiata adorante, prima di raggiungere il suo scooter fuxia.
«Scusa Ann, dove le hai trovate quelle? Nel reparto psichiatrico?»
Ann lo fissò con sguardo d'acciaio.«in verità Gabe le ho conosciute al corso di pittura».
«Davvero? Allora dovrei esonerarmi dal corso, altrimenti rischio di imbattermi in conoscenze come loro».
«Ma chi sei tu per giudicare con chi devo stare?»praticamente urlò, attirando l'attenzione di alcuni ragazzi lì vicino.
«Come tu hai giudicato male Lilith»le rinfacciò acido.
Ann annuì.«Ora capisco Gabe. Non è altro che un modo per rinfacciarmi ciò che ti ho detto in mensa. Molto bene. Se le cose stanno così».
Girò i tacchi e si affrettò a raggiungere le sue amiche.
Gabe rimase sorpreso dalla sua reazione. In Paradiso non era mai capitato. Gli aveva sempre dato ascolto quando l'aveva messa in guardia. E ora? Cosa stava cambiando tra loro?
 
«Ho sentito un'intensa energia angelica all'opera»dichiarò Jake. Erano nel loro appartamento poco distante dal centro. Buio e tenebroso dove il colore dominante era il nero.
Neri i letti.
Neri la mobilia.
Nere le porte.
Insomma, tutto interamente nero.
Si girò verso il suo Superiore.«Gli Angeli sono tra noi».
Lilith sorrise malignamente.«E noi saremo pronti ad accoglierli».
«Un modo per stanarli? Non vedo l'ora di assaggiare sangue angelico».
Lilith alzò gli occhi al cielo.«Pazienza Jake. Presto avrai tutto il sangue che vorrai, e io un nuovo sottoposto da comandare».
«A che pro aspettare. Cerchiamoli subito e attacchiamoli».
«Perché lo dico io Jake»lo liquidò Lilith con un'occhiata agghiacciante.
Jake tremò. Lilith era uno tra i demoni più spietati e assetati di sangue. Meglio non mettersi contro di lei.
Si vociferava che il loro Signore, Lucifero, la desiderasse come sua consorte, Regina degli Inferi.
Jake rabbrividì al pensiero. Essere comandati da lei era un vero e proprio supplizio.
«Come desiderate, Mia Signora». Si prostrò a terra.
Lilith sorrise compiaciuta.«Così va meglio Jake. E ora va a procurarti del sangue. Inizio ad aver molta fame».
«Come comandate».
Si congedò con un inchino.
"Un giorno non mi comanderete più"pensò con rabbia Jake, chiudendosi l'uscio dietro di sé.
Lilith sorrise soddisfatta. Quell'infido verme non aveva alcun diritto di darle ordini, o peggio ancora di disubbidirle. E vedere nei suoi occhi terrore la faceva sentire indubbiamente meglio.
Stesa sul letto ripensava con profonda soddisfazione a come aveva indotto i prof a prendersela con quello nuovo. Quante risate si sarebbe fatta nei prossimi giorni.
 
Non appena chiuse dietro di sé la porta, gettò in un angolo lo zaino.
Era ancor arrabbiato con Annabel per la scenata che aveva fatto mezz'ora prima.
Dannazione, perché l'aveva spinto a dire cose che non voleva?
«Donne»bofonchiò, prendendo una Fanta dentro il frigo.
Si stravaccò sul divano e accese la tv.
Voleva distrarsi un po'. Ma alla tv diedero solo notizie riguardanti incidenti o stragi.
Prosciugamento del Senna. I francesi ne dovevano essere contenti.
Piogge torrenziali in Indonesia.
Immensi campi di grano distrutti da un'ondata di caldo tropicale in Cina.
Invasione di meduse delle coste australiane.
Benissimo. Come chiudere in bellezza la giornata. O forse no.
Ricordò solo ora la punizione della prof di letteratura.
Si collegò a Internet e scaricò pagine su pagine da Wikipedia, sperando che le andassero bene.
Quando fu soddisfatto del proprio lavoro, notò che era ora di cena. Non aveva mai cucinato, per cui optò per una pizza che James aveva nominato quella mattina.
«Pizzeria "I due forni". In cosa posso esserle utile?»domandò la voce del pizzaiolo al telefono.
«Vorrei una pizza»esclamò orgoglioso Gabe.
«Non vendiamo hamburgher qui ragazzo»gli rispose cinicamente l'altro.«Come la vuole?»
Gabe rimase in silenzio. Ma quante pizze esistevano?«Quella che preferisce».
«Non conosco i suoi gusti». La voce al telefono si era fatta seccata.
«Quella con la mozzarella»provò a caso.
«Poteva dirmelo prima che voleva una margherita. La vuole a domicilio?»
Gabe non capì cosa volesse ancora.«Si».
«Dove abita?»
«Perché lo vuole sapere?»domandò ancora più dubbioso Gabe.
«Per portarvela». Il pizzaiolo stava per perdere la pazienza.
Dopo avergli dato l'indirizzo, l'altro gli sbatté il telefono contro.
Gabe rimase con il cellulare all'orecchio. Certo che gli umani erano troppo suscettibili. Non se li ricordava così, quando ancora era uno di loro.
«Devono imparare rimanere più tranquilli»sentenziò infine.
Il suono del campanello lo fece sobbalzare. Aprì la porta, ritrovandosi davanti un ragazzo con il casco da moto sul capo e una scatola in mano.
«Ecco la tua pizza. Sono 5 dollari».
Dollari? Perché doveva i soldi a quel ragazzo? Ma non fece domande e prese dal portafoglio la banconota e gliela porse.
«Sei stato tu a fare disperare Joes?»domandò divertito il ragazzo.
Joes? E chi era Joes?
«Non lo conosco questo SeñorJoes».
Il ragazzo scoppiò a ridere.«è il pizzaiolo che ti ha risposto al telefono. Gliele hai fatte passare di tutti i colori. Quando aveva messo giù era esasperato».
«Porga le mie scuse a questo Señor Joes da parte mia»si scusò Gabe.
Il ragazzo lo squadrò da capo a piedi.
Fece scoppiare con la bocca una bolla con il Big Bubbles.
«Ma da dove sei uscito? Da un corso di buone maniere?»
Con una risata si avviò alle scale, lasciando Gabe in compagnia alla sua fumante pizza profumata.
 
Il ragazzo raggiunse la moto parcheggiata in un vicolo.
Non ebbe il tempo di mettere in moto, che qualcosa, o qualcuno gli piombò addosso.
Cercò inutilmente di fare leva con le braccia, ma il suo aggressore fu più veloce.
Estrasse un cutter dalla giacca di pelle nera che indossava e gli tagliò la gola.
Jake girò a faccia in su la sua vittima.
Gli tagliò i polsi e riempì le bottigliette che si era portato.
Rimirò alla luce lunare il sangue che aveva raccolto.
Andava bene per massimo due giorni.
Poi, sarebbe dovuto tornare a caccia.
 
Annabel rincasò che ormai era buio.
Trovò Gabe appisolato sul divano con un cartone della pizza vuoto, e tre latine di Fanta accanto.
Peccato. Voleva scusarsi per il suo comportamento di qualche ora prima.
Aspetta un momento. No. Era lui che doveva scusarsi. Era lui che l'aveva messa in ridicolo davant alle sue nuove amiche.
Chiuse violentemente la porta sperando di aver svegliato il suo compagno.
Manco per l'anima. Gabe dormiva un sonno così profondo che non l'avrebbe svegliato neanche una bomba.






Angolo autrice:eccomi con la fine(finalmente, per Gabe) di questa luunga giornata:)
Ringrazio pietraghiaccio0608, mimilii per aver inserito la storia tra le seguite, e nihaltali99 per averla messa tra le preferite:)
A presto e buona lettura:)

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 7

Come il giorno precedente, alzarsi dal letto fu un vero e proprio supplizio.
Trasformato in incubo davanti alla tv.
«Ieri sera è stata rinvenuta la salma di un ragazzo in un vicolo del centro. I segni sul suo corpo sono uguali a quelli delle altre vittime. Wilmington sta piombando nel caos più assoluto».
Il cuore di Gabe perse un battito. Era il ragazzo che gli aveva consegnato la pizza.
«Proprio un bel pasticcio»sentì dire.
Si voltò. Era Annabel avvolta in un accappatoio azzurro, con i capelli sgocciolanti.
«Non abbiamo più tempo da perdere. Dobbiamo scoprire cosa c'è dietro tutto questo»dichiarò Gabe.
«Il cosa lo sappiamo. Il problema è chi».
Già. Dovevano scovare i Demoni al più presto.
«Idee?»
Annabel gli gettò un'occhiataccia.«Da quando senti i miei pareri Gabriele Cortes?»
Ahia. Quando lo chiamava per nome e cognome significava che era incavolata nera.
«Ce l'hai ancora per ieri?»
«Tu che dici?»gli rinfacciò acida.
Gabe si alzò dal divano scuotendo la testa.«Sei incredibile. Pensi alla tua reputazione quando gente innocente è sterminata da dei demoni. E poi l'hai detto anche tu. Quando torneremo in Paradiso non le vedrai più».
«Sai che è orribile sentirsi rivoltate contro le proprie parole?»
«L'hai voluto tu Ann».
Annabel entrò come una furia in camera sua, e gli sbatté la porta in faccia.
Quando raggiunse la scuola era più nero che mai.
«Gabe».
Ecco. Ora stava veramente per esplodere.
Savannah gli si avvicinò, mordicchiandosi il labbro con fare sensuale.
«Ieri non hai avuto modo di conoscermi meglio».
«Meglio così»replicò gelidamente Gabe sulla difensiva.
Savannah non demorse e gli si avvicinò di più.«Potresti cambiare idea quando ti avrò fatto salire la passione alle stelle».
Cosa? Aveva sentito bene? Quella ragazza era proprio pervertita.
«Non ci penso nemmeno a stare con una come te. Intesi?»
«Ma…» provò a ribattere, ma quando vide gli occhi di Gabe emettere un bagliore azzurrino si bloccò.
"Adesso mi lascerai in pace, Savannah" le sussurrò con il pensiero.
Savannah batté il piede a terra, come una bambina viziata.«No!»
Gabe entrò nel panico. I suoi poteri non avevano funzionato?
«Io ti avrò. Puoi starne certo».
E lo baciò sulle labbra con forza.
Qualcuno però gliela staccò con violenza.
«Datti una calmata Savannah».
Ringraziato il Cielo. Era James.
«E tu che vuoi secchione?»gli domandò Savannah infuriata.
«Lascia in pace il mio amico. O spargerò la voce su Facebook di cos'hai fatto in terza media».
Savannah gli lanciò un'ultima occhiata velenifera, ma si affrettò a entrare a scuola.
«Grazie James».
«Figurati. A che servono gli amici se non nel momento del bisogno?»
Gabe ancora stralunato si avviò verso l'entrata della scuola.
«Perché Savannah ti stava baciando? Pensavo ti piacesse Lilith»volle sapere James incuriosito.
Gabe arrossì.«Non ne ho la più pallida idea. Credo che voleva…ehm…portarmi a letto».
«Cosa?».Gli occhi di James lo fissarono stralunati.«Stai scherzando? Savannah è una svampita, ma non così tanto».
«Sembra che tu non la conosca fino in fondo»concluse Gabe con una scrollata di spalle.
«Non penarci amico. Conserva l'energia per l'ora di letteratura».
 
Lilith e Jake avevano osservato l'intera scena da dietro un albero.
Scoppiarono a ridere non appena James e Gabriele si furono allontanati. Quella Savannah era stata più utile del previsto. Aveva una mente debole e superficiale, per questo erano riusciti semplicemente a farla piombare in una sorta di trance, e a aizzarla contro la matricola.
«è stata un'idea fantastica».
«Quando capirai che le mie idee sono tutte fantastiche Jake? Ma non preoccuparti. Questo non era nulla a confronto di ciò che ho in mente. Credimi»disse gettando uno sguardo luciferino a Gabriele ancora shockato da ciò che era successo.«Il meglio deve ancora venire».
 
Ora di letteratura.
La prof non era ancora arrivata.
Gabe si sedette come il giorno prima accanto a Lilith, intenta a scribacchiare sul suo quaderno a spirale.
«Che fai?»domandò per fare conversazione.
Lilith gli rivolse un sorriso sghembo.
«Nulla che ti riguardi, Angioletto».
«è una poesia»lesse Gabe.«L'hai inventata tu?»
Lilith lo fissò per un istante e iniziò a recitare a memoria:
« Giovane, ero tutto un uragano tenebroso
qua e là attraversato da brillanti soli,
poi tuoni e piogge hanno devastato tutto
e il mio giardino non ha che qualche frutto rosso…
»
«è "Il Nemico" di Baudelaire se ti interessa»aggiunse con un sorriso.
«Non mi piace molto Baudelaire a essere sincero»si giustificò Gabe.
Lilith lo fissò di sottecchi.«Ho notato».
«è un poeta depresso. Non tratta di argomenti…come dire…felici, non so se mi spiego».
«La vita non è altro che un susseguirsi di dolore e rabbia, di rancore e odio».
«Non la penso così»affermò deciso Gabe.
Lilith sorrise, un sorriso carico di oscuri presagi.«Forse perché Angioletto non sei ancora cresciuto. Credi che il mondo sia tutto rose e fiori, dico bene? Bé, ti sbagli. Gioia e felicità sono mere e proprie illusioni».
Prima che Gabe potesse ribattere, la prof entrò in aula con espressione irritata.
«Signor Cortes».
Gabe la fissò sorpreso. Che aveva combinato ora?
«Le pare il modo di comportarsi?»
«Come…non capisco…»balbettò.
La prof estrasse un cutterino dalla tasca.
«Qualcuno ha rigato la mia auto nuova con questo cutter, e legga le iniziali del proprietario».
G.C.
Gabriele Cortes.
«Ha qualcosa da dire a sua discolpa?»
«Non è mio quel cutter. Non ne ho mai posseduto uno».
«Mente»si intromise Emily.«L'abbiamo visto io e Savannah. Dopo la discussione con la mia amica come un pazzo si è accanito sulla carrozzeria della vostra auto. è stato lui, siamo sicure».
Gabe era sempre più sorpreso. Non era vero ciò che dicevano.
«Ma cosa dite svampite. Non è stato lui»s'intromise Kevin.
«Ero a fumare fuori con i miei amici e abbiamo visto Gabriele e James entrare a scuola. Pochi minuti dopo è arrivata lei».
«Cosa ti sei fumato Turner? Marijuana? Oppio?»lo beffeggiò Emily con tono provocante.
«Ripetilo se hai il coraggio put…»
«Non voglio certi commenti in aula Signor Turner»lo rimproverò la prof.
Fu il caos.
I ragazzi incominciarono a insultarsi tra loro.
Gabe osservò Lilith. Sembrava divertita dalla scena.
«Credi che adesso intervenire sia da ficcanaso?»
Lilith sorrise.«Esattamente. Lasciali sfogare mio caro Angioletto. Lascia che manifestino la loro vera indole».
«Basta così!»tuonò la voce della prof. «Se non volete che vi mandi tutti in presidenza sedetevi subito».
Nominare il Signor Harber fece scattare tutti ai propri banchi.
«Peccato che sia tutto finito». La voce di Lilith era appena un sussurro, come pensasse tra sé e sé.
Gabe fissò la sua compagna di banco stralunato. Aveva sentito bene ciò che aveva detto?
La campanella fu accolta come un'ancora di salvezza.
I ragazzi schizzarono fuori prima di essere fermati dalla prof. E Gabe non fece eccezione. Si attardò per posare la relazione di Baudelaire sulla cattedra, e sparì tra la calca di ragazzi.









Angolo autrice:Eccomi qui^_^
Vorrei ringraziare Portuguese_D_Ace per aver inserito la storia tra le seguite e Zayn1D165616 per averla inserita tra le ricordate.
Buona lettura:D
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 8


Quando finì di aggiornare James si sentì quasi sollevato.
«Capisci? Qualcuno mi vuole incastrare. Non capisco chi sia ma soprattutto perché».
James scosse la testa.«Non ne ho la più pallida idea amico. La prof per fortuna non ha abbastanza prove per incolparti».
«Già»mormorò mentre si dirigevano verso gli spogliatoi per la lezione di educazione fisica.
«Spero che non scoppi un'altra rissa come ieri»dichiarò James arricciando il naso e indossando una divisa simile a una di basket.
«Spero anch'io»concordò Gabe, anche perché non era dell''umore adatto a usare i suoi poteri da Angelo.
«Sai che con quel completino faresti ridere l'intero universo?»commentò una voce ormai famigliare.
James sbuffò esasperato.«Non hai nessun altro a cui torturare l'anima?»
Lilith sorrise cinicamente.
Sorrideva spesso, notò Gabe. Ma sorrisi spenti, vuoti.
«Nein secchione. Con gli altri non mi diverto così tanto».
«Io invece credo di si». Si sfidarono a occhiatacce. Gabe non resistette, e fu il primo ad abbassare lo sguardo.
«Ehi voi tre! Non battete la fiacca. Forza dieci giri di corsa. Uno, due, tre…»
«Ci vediamo sfigati»urlò loro contro, scattando come una molla.
«Devo ammettere che è piuttosto veloce»ansimò James al sesto giro di corsa.«E non ha neanche il fiatone. Se non fosse così cinica mi farei rivelare il suo segreto».
«Pessima idea amico. Chissà cosa ti direbbe per prenderti in giro».
«Forse hai…»
«Scansatevi voi due!»urlò una voce.
Gabe spinse James, e lui stesso scartò di lato velocissimo.
Appena in tempo. Una delle grate delle lampade a neon della palestra si era scardinata e stava per cader loro sulla testa.
Il prof si proruppe in una serie di improperi.«L'hanno installata solo qualche mese fa. è assurdo».
«Che culo che avete avuto. Stava per flagellarvi»disse Kevin con un sorriso.
Fortuna? Gabe non credeva più nella fortuna da quando era morto. Per lui esistevano Bene e Male. Angeli e Demoni. E proprio uno di questi ultimi aveva attentato alla loro vita.
 
Cercò Ann a pranzo. Doveva parlarle urgentemente.
«Non ti voglio parlare Gabe. Per cui lasciaci sole»disse Annabel scoccandogli un'occhiataccia.
Emily e Savannah ridacchiarono civettuole. Rebecca invece continuò a fissare il piatto.
«Ann, è importante».
«Anche parlare dei nostri comodi è importante, mio caro Gabriele Cortes. Dato che vuoi fare tutto di testa tua, continua pure da solo. Intesi?»
«Ann, sembra una cosa importante dal suo tono. Va con lui. Ti promettiamo che ti aspettiamo a continuare il discorso»la cercò di convincere Rebecca. Gabe le regalò un sorriso di ringraziamento.
«Non farlo Ann, altrimenti squarterebbe anche te come l'auto dalla prof di letteratura»l'ammonì invece Emily, regalandogli un'occhiata velenifera.
«Non è vero ciò che dici Emily»ribatté Gabe piccato.
«Adesso basta. Gabe, non sei desiderato tra noi. Adios come ti piace dire».
E si murò in un ostentato silenzio.
Gabe alla fine si arrese e uscì dalla mensa. I corridoi erano silenziosi e vuoti.
O almeno così credeva prima di svoltare l'angolo.
C'era Lilith intenta a rovistare nel suo armadietto.
Certo che era proprio fissata con il nero e il rosso.
Estrasse una bottiglia di vetro con del liquido rosso. La stappò e tracannò quasi metà del contenuto.
Gabe non si accorse di una matita a terra. Gli tirò un calcio involontario.
Lilith si voltò verso di lui, con sguardo sorpreso.
Si affrettò a mettere e posto la bottiglia e a chiudere l'armadietto.
«Scusa, non volevo spaventarti. Stavo andando in bagno»mentì Gabe, con scarso successo.
«I bagni Angioletto sono dall'altra parte».
Pur avendola colta di sorpresa manteneva intatto il suo sarcasmo.
«Hai ragione. In verità non dovevo andarci»si scusò.«Volevo stare un po' da solo».
«La mora che ti tiravi dietro ieri che fine ha fatto?»
A chi si riferiva?
Poi capì.
«Intendi mia cugina? Lei non fa altro che passare il tempo con le sue nuove amiche. Sono delle oche senza cervello».
Lilith lo fissò comprensiva.«Le ho presente. Povera cugina. Tra qualche tempo diventerà come loro, stanne certo».
«Una parola carina mai, vero?»
Lilith scrollò le spalle.«A che pro? Illuderti che vada tutto bene quando è il contrario?»
Gabe atteggiò le labbra in una smorfia.«Spero che ti sbagli».
Lilith si liberò in una risata provocatoria.«Tutto ciò che dico mio caro Angioletto, si avvera sempre»disse lasciandolo solo nel corridoio.
 
Tornato a casa trovò una nuova e-mail sulla posta elettronica.
Era di Michael. Voleva essere aggiornato sui progressi.
Non che ne avesse fatti molti a dire il vero.
Sapeva solo che si nascondevano tra gli alunni della Wilmington Town Of. Nient'altro.
Scribacchiò una risposta e chiuse il portatile.
Si buttò sul letto ancora vestito.
Gli sarebbe piaciuto confidarsi con qualcuno. Già ma chi?
Annabel? No, ce l'aveva ancora con lui.
James? Non conosceva il suo numero di telefono.
Lilith…
Fu sorpreso a pensare al suo nome. Pur essendo a volte intrattabile e irritante la sentiva simile a lui. Stesso cinismo. Addirittura stesso sarcasmo.
Si addormentò cullato dal suo pensiero, dimenticando addirittura di mangiare.
 
I giorni successivi non furono altro che un susseguirsi di incidenti.
Durante l'ora di pranzo quasi una settimana dopo una delle cuoche si rovesciò addosso la friggitrice e si ustionò le gambe di brutto.
La settimana ancora dopo iniziò a uscire dai rubinetti del bagno femminile fango.
Savannah fu la prima vittima. Uscì dal bagno urlando isterica. I tecnici avevano assicurato che i tubi dell''acqua erano a porto e che il danno era a monte.
Gabe in realtà sospettava si trattasse dei Demoni.
E la settimana ancora ancora dopo fu la volta dell'impianto antincendio che era improvvisamente impazzito durante la loro ora di educazione fisica.
«Potevamo evitarsi questa doccia non desiderata»brontolò James asciugandosi i capelli ricci.
«Di che ti lamenti? Meno male che non è scoppiato un incendio».
La campanella suonò in quel momento per tre volte filate.
«Sei sicuro Gabe?»
La scuola fu interamente fatta evacuare.
Gabe cercò di convogliare i suoi poteri contro l'incendio che piano piano stava divorando l'ala ovest dell'edificio. I suoi occhi si illuminarono di una luce azzurrina.
Non si accorse di Jake che lo stava spiando.
I suoi sospetti erano fondati quindi.
Era lui uno degli Angeli che stavano cercando.
 
«Sei sicuro?»gli domandò Lilith annoiata.
«Stai scherzando? Ho visto i suoi occhi emettere quella nauseante luce azzurrina benefica, e tu mi chiedi se sono sicuro? Assolutamente si»replicò Jake piccato.
«Non è che va a finire come quando ti sei ubriacato di brutto e hai iniziato a vedere Angeli da tutte le parti?»
«Non ero ubriaco, e sono sicuro di quello che dico».
Lilith sorrise malignamente.«Vedremo allora se hai ragione. Ma sai cosa ti aspetta se quello che dici è falso, vero?»
Jake abbassò lo sguardo.«Non lo dimentico Mia Signora».
«Molto bene Jake. Inventiamoci un modo per attirarlo nella nostra trappola, e poi agiremo. Per ora…rilassati e goditi la serata».
Jake sorrise.«E io so già come».
Era da qualche tempo che frequentava una mora, una certa Elena. Una ragazza semplice che non dava molto nell'occhio. Ma che lui aveva notato subito.
«Jake, non mi avevi detto che avresti provato a sedurmi stasera».
Jake tornò a baciarla. L'aveva condotta in un vicolo buio. I suoi luoghi preferiti.
«Perché oggi per me è un giorno speciale».
«Mmm»mormorò la ragazza.«E cosa sarebbe?»
Jake sorrise.«Il giorno in cui finalmente posso saggiare il tuo sangue»disse affondando i canini nel collo delicato della ragazza che non riuscì a produrre nemmeno un lamento.
Quando fu sazio, si occupò a riempire le solite bottiglie di vetro.
Prima di svoltare l'angolo gettò un'occhiata di disprezzo verso il corpo riverso.
Quanto erano deboli gli umani.
 
«Mmm…lezione di letteratura in biblioteca?»
«è l'unica sistemazione che hanno trovato in così poco tempo Gabe».
Era il giorno dopo lo scoppio dell''incendio.
Il preside Harber era stato chiaro.
«Le aule di letteratura, fisica, pittura non sono agibili. Ma grazie al sindaco possiamo usufruire di luoghi comuni fino alla rimessa in sicurezza delle aule».
E così al loro era toccato andare in biblioteca, e cosa assolutamente assurda non potevano consultare i libri.
«Non puoi fare due cose contemporaneamente Gabe. Non puoi seguire la lezione mentre leggi un libro»lo ribeccò James.
«Preferivo quando non seguivamo questa lezione insieme James. Mi stavi molto più simpatico».
James alzò gli occhi al cielo, esasperato.«Dovrò chiedere alla prof di spostarmi. Sei impossibile quando sei in crisi d'astinenza da libri».
«E di che libri si tratta Angioletto? Cenerentola? Pollicino?»commentò Lilith nel banco davanti.
«Se vuoi te le posso venire a leggere per farti addormentare»replicò Gabe con un sorriso divertito.
James soffocò una risata.
Lilith neppure si girò.«Nein, preferisco Baudelaire».
«Baudelaire che si innamora di Cenerentola. Potrebbe funzionare».
«Signor Cortes, Signor Evans fate silenzio!»
Gabe la guardò storto, ma non replicò.
Non notò il sorriso luciferino passare sul volto delicato di Lilith.
Avrebbero agito quella sera.







Angolo autrice:Jake ha scoperto tutto. Non manca molto allo scontro tra Angeli e Demoni^_^
Buona lettura:)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 9

Il cellulare squillò.
«Pronto?»rispose James posando il libro di chimica sul comodino.
«Pronto, ciao James. Sono Gabe».
«Gabe? Come mai chiami a quest'ora?»
La voce di Gabriele risuonava tesa dall'altra parte della cornetta.«Devo parlarti urgentemente. è importante».
James sospirò Stava per andare a letto, ma il suo amico aveva bisogno di lui. «Dove ci vediamo?»
«Davanti al Feuer Barva bene?»
James sospirò.«Dammi cinque minuti».
 
«Strano Ann. James mi deve parlare di qualcosa d'importante, ma non mi ha detto di cosa si tratta»disse Gabe pensoso fissando per l'ultima volta lo schermo del cellulare.
«E perché ti sei trascinato anche me dietro?»
«Perché penso che tu sia un pochettino più sensibile di me in certi argomenti».
Annabel strabuzzò gli occhi.«Non dirmi che ci ha fatti uscire a quest'ora per quel motivo?»
Gabe sorrise divertito.«Calmati Ann. è possibile». Si guardò attorno.«Ann, sei sicura che il Feuer Bar si trovi qui?»
La ragazza gli scoccò un'occhiata agghiacciante.«Come se sono sicura? Non è la prima volta che ci vado Gabriele».
Ah, meno male. Ora lo chiamava solo per nome. Significava che stavano migliorando.
Un urlo interruppe la quiete della serata.
Gabe riconobbe subito quella voce.
«è James! Ed è nei guai».
Iniziò a correre in direzione dell''urlo, incurante di Annabel dietro di lui che lo chiamava.
Si fermò davanti a un vicolo cieco abbastanza largo.
C'era James in compagnia di una figura di spalle.
«James»lo chiamò Gabe.
Il ragazzo non si mosse, con espressione fissa nel vuoto.
La figura invece si girò.
Era Lilith. I suoi occhi brillavano pericolosamente di un rosso fulgido. Indossava un top nero con un cuore spezzato sanguinante, e una minigonna sui soliti anfibi pieni di lacci.
Così dannatamente bella. E pericolosa.
Gli sorrise luciferina.
«Mi aspettavo un altro intervento, ma a quanto pare dovrò accontentarmi di una doppia razione di sangue».
Gabe rimase impietrito. La ragazza che tanto gli piaceva era un Demone.
Dopo pochi secondi però si riscosse.«Lascialo andare Demone»ordinò indicando James ancora con lo sguardo imbambolato.
Lilith lasciò la presa sul bavero della camicia di James che crollò in ginocchio sbattendo le palpebre come risvegliato da un lungo sonno.
«E come pensi di fermarmi, umano?»gli domandò beffarda.
Il corpo di Gabe iniziò ad emettere luce.
«Non sono umano Lilith».
Enormi ali bianche piumate esplosero dalla sua schiena. Dal palmo della mano destra scaturì un proiettile di ghiaccio che scagliò contro Lilith, che lo scansò con la grazia di una ballerina.
«E dire che quando Jake mi ha detto che eri un Angelo quasi non gli avevo creduto»
Gabe sorrise.«Hai fatto male i tuoi calcoli Demone. Non ti aspettavi il nostro arrivo».
Lilith scosse la testa divertita.«Niente affatto. Mi aspettavo un vostro intervento, ma non una matricola».
Si vedeva così tanto che era alla sua prima missione?
Ma non si lasciò intimidire.
«No sarò un grande guerriero Demone, ma ti rispedirò comunque all'Inferno».
Lilith rise imperiosa.«è una sfida Angioletto?»
Non lasciò il tempo di rispondere a Gabriele, che già il suo corpo fu lambito dalle fiamme. Enormi ali piumate nere come la pece le esplosero alle spalle.
«E sfida sia».
Gli scagliò contro una fiammata potentissima bloccata a stento da un muro di ghiaccio evocato all'ultimo secondo.
Lilith non demorse e riprovò con un altro colpo più potente, bloccato nuovamente a stento dal ghiaccio di Gabriele.
L'Angelo gettò un'occhiata fugace all'amico rannicchiato in un angolo bianco come un cencio.
"Non temere"cercò di rincuorarlo con un pensiero mentale privato.
Vide James guardarsi attorno shockato.
"Non preoccuparti amico. Poi ti spiegherò tutto".
Se ne uscivano vivi da quella situazione.
Quando si preparò a contrattaccare nuovamente un'ulteriore fiammata, notò la figura di Jake materializzarsi dall'oscurità. Molto della sua natura era affiorata:le corna dalla fronte e le iridi rosso fiamma.
Teneva bloccata una ragazza che cercava invano di liberarsi.
«Lasciami andare subito lurido Demone!». Era Annabel.
«Guarda chi ho trovato che gironzolava in giro da sola»disse Jake con un sorriso malvagio sul viso.
«Lasciala andare!»urlò al demone sghignazzante.
«Non ci penso nemmeno nullità. Ho sempre sognato di assaggiare sangue angelico. Ah, a proposito ti è piaciuto il mio scherzetto telefonico?»
«Quale scherzo?»
«Ma fai sul serio? La voce del tuo amichetto. Un'idea geniale per quel che mi riguarda. Non pensavo che abboccassi così facilmente».
«Vuoi vedere quanto l'ho apprezzato?»gli urlò furente.
Fece per saltargli addosso ma un muro di fuoco gli si parò davanti.
Gabe iniziò a tossire.
C'erano fumo e fiamme ovunque.
Con gli occhi cercò di localizzare, senza successo, Lilith.
Un dolore lancinante alla schiena gli mozzò il fiato.
Era stato colpito. Cadde a terra ansimante. Cercò inutilmente di rimettersi in piedi. Un ginocchio premeva sulla sua colonna vertebrale.
Si arrese.
Due mani gelide che sapevano di morte lo afferrarono costringendolo a fissare ora il cielo.
Nel suo campo visivo apparve Lilith.
Seduta a cavalcioni sul suo petto lo teneva a bada con un pugnale demoniaco bellissimo illuminato dalla spettrale luce lunare.
«Sei arrivato a capolinea Angioletto. Un ultimo desiderio prima di diventare un servitore delle Tenebre?»
Gabe sgranò gli occhi. Che significava?
Lilith sorrise maligna di fronte alla sua espressione sorpresa.
«Non te l'hanno detto? Solo se esci vittorioso da un combattimento puoi tornare in Paradiso. Se fallisci ti attende la dannazione eterna. Diventate seguaci privi di coscienza e volontà nelle mani di Luci»
«Luci?!Stai scherzando vero? Non potete sul serio chiamarlo così».
Pur avendo ricevuto una rivelazione shock-in fondo si trattava di diventare schiavi per tutta l'eternità-trovò buffo quel soprannome dato al Rinnegato.
Lilith scrollò le spalle, come se le sue parole fossero state effimere.«Non ti importerà come lo chiamiamo noi. Per te sarà Signore Supremo».
Rinfoderato il pugnale, dalla mano destra scaturirono fiamme vermiglie.
Le avvicinò al petto ansimante del ragazzo.
Le urla disperate di Ann arrivarono ovattate alle sue orecchie.
Dunque, era tutto finito. Non era riuscito a compiere neanche la sua prima missione. Gli altri Angeli avevano ragione quando dicevano che non era tagliato a essere un guerriero.
Ripensò a Michael. Era l'unico che nutriva profonda fiducia nei suoi confronti. E adesso gli aveva dimostrato che era un buono a nulla. Non era riuscito a scovarli ed era caduto nella loro trappola.
L'ultimo pensiero andò al suo amato cielo. Non sarebbe più volato tra le distese candide di nuvole, né avrebbe rivisto la sua amata patria.
Tutto sarebbe finito in un vicolo buio e puzzolente. Se almeno fosse stata la spiaggia avrebbe gradito di più.
Ecco anche alla fine faceva del sarcasmo.
Di colpo la pressione sul suo petto scomparve.
Gabe ebbe il coraggio di aprire uno dopo l'altro gli occhi.
Lilith era in piedi davanti a lui, con sguardo indecifrabile. La fiamma era sparita.
«Lascia l'Angelo»ordinò a Jake.
«M-ma…Mia Signora li abbiamo in pugno»balbettò debolmente Jake.
«Ubbidisci, chiaro?»scattò Lilith adirata.
L'altro Demone si affrettò a liberare Ann che corse tra le braccia di Gabe.
Lilith voltò loro le spalle, e con il suo compagno scomparve.







Angolo autrice:ecco lo scontro con colpo di scena:P
Eh già...la storia va avanti:)
Ringrazio Bloodwriter98 e Clouds Jas per aver inserito la storia tra le seguite e 1234mari tra le preferite:)
Alla prossima:)


 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 10

«Si può sapere che ti è preso?»urlò Jake furente.
Lilith stava fissando il vuoto davanti a sé.
Jake la prese per le spalle e la scrollò violentemente. In quel momento non gli importava che fosse un suo Superiore.
«Perché te lo sei lasciato scappare?»
Lilith si decise a fissarlo negli occhi con espressione truce.
«Lasciami»sibilò furente.
Jake la lasciò, pur rimanendo a pochi centimetri da lei.
«Ti ricordi della missione, vero? Portare scompiglio e odio in questa città per far si che le anime degli abitanti finiscano nelle mani del Nostro Padrone. E che gli Angeli sono gli unici in grado di ostacolarci? Oppure hai perso qualche dettaglio?»
La fine della frase uscì dalla sua bocca come un rantolo.
Lilith l'aveva inchiodato al muro, stringendo la gola con le dita artigliate.
« Non ho dimenticato la missione miserabile. Ho risparmiato la sua insulsa vita e quella della sua amichetta per divertirmi ancora un po'». Strinse ancora di più la presa.«Ma questo è il problema minore per te. Ricordati bene chi sono. Sono un Tuo Superiore e mi devi trattare con rispetto. Mi basta poco per ucciderti lo sai».
Lo lasciò andare di colpo.
Jake tossì tastandosi la gola dove le unghie di Lilith avevano lasciato segni da cui scendevano rivoli di sangue nerastro.
«E ora alzati e va a procurarti del sangue, sottoposto».
Jake strisciò verso la porta. Prima di richiudersela alle sue spalle gettò un'ultima occhiata d'odio al suo Superiore.
Presto  gliel'avrebbe fatta pagare.
 
«The?»
James, seduto sul divano e avvolto in una coperta, osservò Annabel che reggeva una caraffa bianca a fiori.
Le porse la tazza che reggeva con mano tremante per la terza volta.
Bevve un sorso della bibita fumante ustionandosi nuovamente la punta della lingua. Decise di lasciar perdere e poggiò la tazza sul tavolo davanti a lui.
Doveva ancora metabolizzare gli eventi di quella serata.
Ok. Aveva visto combattere il suo migliore amico con Lilith. Ma la cosa che più lo impressionava era che avevano le ALI.
Impossibile. Assurdo. Eppure aveva visto con i suoi occhi. Non era un'allucinazione. Ne era certo.
Sconvolto ascoltò la verità uscire dalla bocca di Gabriele.
«Vediamo se ho capito bene»disse a racconto finito.«Voi due siete degli Angeli, giusto?»
Gabe annuì grave.
«Venuti qui per scacciare i Demoni che sono dietro agli omicidi che sono avvenuti negli ultimi mesi»continuò James cercando di convincere se stesso.
Gabe annuì nuovamente.
«E questi due Demoni altro non sono che nostri compagni di scuola. Ho tralasciato qualcosa d'importante?»
Gabe scosse la testa.«No. Hai assimilato tutto ciò che devi sapere». Gli mise una mano sulla spalla.«So che è difficile per te accettare questa nuova realtà».
James strabuzzò gli occhi.«Solo difficile? Per poco quella sanguisuga della nostra compagna non mi dissanguava. Non credo che sia solo difficile. è assurdo. Sconvolgente. Incredibile. Stupefacente. Impensabile, E assolutamente, assolutamente folle».
Gabe inarcò il sopraciglio.«Tutto qui?»
James sbuffò.«Come fosse poco».
«Senti James potrai crederci o meno. Ti chiediamo soltanto di non rivelarlo a nessuno».
«Non ho detto che non voglio crederci»lo interruppe il ragazzo.«è che sono tante informazioni da assimilare, tutto qui». Rimase in silenzio per un po'.«E comunque»aggiunse«il vostro segreto è in buone mani».
«Sai questo che significa James? Far finta che non sia mai accaduto. Nessun altro umano dovrà rimanere coinvolto in questa storia»gli ricordò Gabe.
James non l'aveva mai visto così determinato.
«Sarà difficile».
«Ma lo devi fare».
«Non sono stupido e neanche traditore. Quando do la mia parola la mantengo sempre».
Gabe sospirò sollevato.
James si alzò e cominciò a digitare il suo numero di casa.
«Avviso mamma che torno a casa. Sarà preoccupatissima».
«Chiedile se puoi rimanere da noi questa notte»gli consigliò Gabe.«Non si sa mai. Per oggi hai avuto troppe avventure».
James fece una smorfia.«Se tutte le avventure sono così, preferisco starmene buono a casa a leggermi il giornale».
Finì di comporre il numero. La madre rispose al terzo squillo.
Gabe sentì chiaramente il tono allarmato della donna dall'altra parte dell'apparecchio.
«Scusa mamma se non ti ho avvertito prima. Sto da un amico, non preoccuparti».
La madre dovette dire qualcos'altro perché James rispose:«Anch'io ti voglio bene. A domani».
Spense il cellulare.
«Sono a posto».
«Potrai dormire qui sul divano. Ti vado a prendere una coperta»si offrì Annabel sparendo in un'altra stanza.
«Avete fatto pace?»domandò James curioso.
Gabe fece una smorfia.«Non ancora. Non capisco quando finirà di tenermi il broncio. Donne, non le capirò mai».
L'amico sospirò.«A chi lo dici».
Annabel entrò in quel momento con un plaid multicolore.«Spero che ti tenga abbastanza caldo».
«Grazie»rispose James prendendo la coperta.
«Bene. Io vado a dormire. 'notte».
«Già,la tua amica è un tipino strano»concordò James stendendosi sul divano.
Invece Gabe andò nella sua stanza. Si gettò sul letto.
Ma non si addormentò.
La sua mente cavalcava a briglia sciolta.
Perché Lilith gli aveva risparmiato la vita?







Angolo autrice:ecco uno dei motivi per cui abbiamo ancora Gabe...tra i vivi^_^
Il motivo principale lo scoprirete più avanti:P
Ringrazio kerkira2000 per aver inserito la storia tra le preferite.
Bacio e alla prossima^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 11

Gabe si svegliò di buon mattino il giorno dopo.
Trovò James ai fornelli.
«Sai cucinare?»gli domandò non appena mise piede in cucina.
James si voltò.«Buongiorno. Eh già. è una passione che ho da quando sono bambino. Mia madre mi ha sempre consigliato di intraprendere la strada della cucina. Vorrebbe che diventi chef».
«E tu non vuoi?»domandò Gabe sedendosi a tavola.
«Non so cosa fare ancora della mia vita Gabe»gli rispose James poggiando il piatto sul tavolo.
Il profumo di bacon l'avvolse completamente. Lo stomaco brontolò davanti a quel piatto pieno di prelibatezze, dalle uova al tegamino al pane appena sfornato. Spazzolò via tutto in pochi secondi.
«Non ho mai visto nessuno mangiare a questa velocità. Potresti partecipare allo show dei record. Vinceresti di sicuro»disse James con un sorriso.
«Tu dici? Ma non hai ancora visto nulla. Annabel è più veloce di me».
«Davvero? Vorrei tanto vederla all'opera».
La porta della stanza di Annabel si aprì in quel momento.
«Non dovrai attendere molto»annunciò Gabe.
Ma il loro desiderio andò in fumo. Annabel era già vestita per andare a scuola.
«Siete ancora così?»domandò stupita.
Che c'era di strano? James indossava i jeans e la maglietta del giorno precedente, mentre Gabe era in pantaloncini e maglietta.
«Mmm…si, perché?»
«è tardi».
«Ma che dici? Sono ancora le sette e mezza. Abbiamo ancora mezz'ora».
Annabel gli mostrò il suo orologio.«In realtà manca dieci».
«Cosa?»domandò Gabriele schizzando verso la sua stanza per vestirsi.
A tempo di record erano già fuori casa e stavano correndo verso la scuola.
Fortunatamente arrivarono che i ragazzi non erano ancora entrati.
 
 
«Non è possibile. Dovrò essere a lezione con lei»brontolò Gabriele mentre prendeva il libro e il blocco a spirale di chimica.
«Di che ti lamenti? Almeno tu potresti difenderti se ti attaccasse»gli ricordò James.«E poi non mi sembra una stupida. Non colpirà in pubblico».
«James gli Originari sono capaci di fermare il tempo».
«Chi sono gli Originari? Non li hai menzionati ieri».
Gabe si guardò attorno.«è un po' complicato da spiegare. Sappi solo che sono quegli angeli che hanno seguito Lucifero e che ora sono i padroni degli otto cerchi infernali».
«Otto?»domandò James confuso.«Non erano nove?»
«L'ultimo è governato da Lucifero in persona»spiegò pazientemente.
«Ora devo andare. Ci vediamo dopo a educazione fisica»lo salutò Gabe prendendo il corridoio che portava all'aula di chimica.
«Già. è strano che abbiano cambiato le lezioni»commentò James.
«Ormai è fatto. A dopo».
Quando raggiunse l'aula tutti i posti erano occupati. Tranne uno.
Trattenne il respiro. Quello libero si trovava proprio accanto a Lilith.
«Prego Signor Cortes si sieda. Stiamo aspettando solo lei per iniziare»lo invitò il prof di chimica.
Gabe si sbrigò a sedersi.
«Bene ragazzi. Oggi parleremo di…»
Gabe non ascoltò neppure. Non riusciva a tranquillizzarsi seduto di fianco al suo peggiore nemico.
Però era strano. Non l'aveva neppure guardato quando si era avvicinato, e non gli aveva ancora scoccato sorrisi sarcastici.
Si mise a fissarla di sottecchi. Solo allora notò il pallore pronunciato della pelle diafana, i sottili tremori delle mani e il respiro affannato. Sembrava stesse male.
A metà lezione il prof si avvicinò al loro banco.
Gabe sussultò colto in fragrante. Non sapeva neanche di cosa stesse trattando la lezione.
Ma il prof non era lì per lui.
«Signorina Meyer, si sente bene?»
Lilith lo fissò negli occhi.
Sarà stata una sua impressione o erano più spenti del solito?
Scosse la testa.
«Vorrebbe uscire un momento?»
Senza rispondere Lilith si alzò e uscì dall'aula con passo incerto.
Quando finì la lezione la ragazza non si ripresentò in aula.
«Cos'è questa? Non l'ho messa io».
Gabe osservò la bottiglia, contenente liquido rosso, che James aveva estratto dal caos del suo armadietto e che ora reggeva tra due dita.
«James una bottiglia non può essersi materializzata magicamente nel tuo armadietto».
«Voi creature sovrannaturali ne sareste capaci?»
Gabe ci pensò su.«Credo che solo quelli più dotati possano farlo».
James la fece oscillare a pochi centimetri dal viso.
«Chissà cosa contiene».
«Dalla a me. Se si tratta di qualche trucchetto demoniaco, saprei come difendermi».
James ubbidì. Gabe fece per stapparla, quando si ritrovarono il prof di educazione fisica a pochi centimetri da loro.
«Signor Evans! Signor Cortes! In palestra a riscaldarvi, subito!»
I due ragazzi si affrettarono a ubbidire.
«Odio la ginnastica»bofonchiò James allacciandosi le scarpe.
Gabe non era però ad ascoltare le lamentele dell''amico. Stava rimirando la bottiglia dal contenuto misterioso che nella fretta aveva infilato nella tasca della felpa verde che indossava.
A chi apparteneva veramente?
 
Un violento giramento di testa la fece piegare in due.
Si tenne la testa tra le mani, come per contenere tutto il dolore che l'attraversava.
Non prese neanche in considerazione quell'insulso Angelo che la fissava preoccupato.
Ma che c'aveva da preoccuparsi? Manco fossero amici.
«Si sente bene Signorina Meyer?». La voce del prof arrivò ovattata alle sue orecchie.
Non era un comune malessere.
Sangue. Doveva nutrirsi.
Se quell'idiota di Jake ci avesse messo poco a procurarselo si sarebbe nutrita anche quella mattina stessa.
E invece quell'incapace era arrivato in ritardo.
A passi insicuri uscì dall'aula per raggiungere il prima possibile l'armadietto dove Jake le aveva detto di aver messo la bottiglia.
A fatica formulò la combinazione del lucchetto. Tentò un paio di volte, maledicendo debolmente l'inventore di quella dannata trappola metallica.
Quando, finalmente, riuscì ad aprirlo per poco non svenì.
La bottiglia…non c'era.
E adesso? Non aveva tempo a trovare quel… *dummkopf di Jake.
Doveva trovare del sangue al più presto.
Prese dei corridoi a caso. Si fiondò nei bagni, proprio quando la campanella suonò per annunciare la fine della lezione.
Attaccare qualcuno in pubblico era fuori discussione. La missione non era ancora finita.
E non aveva neppure la forza di fermare il tempo.
Imprecò più volte una serie di improperi a quel…**inept.
Ah, ma l'avrebbe pagata per la sua negligenza.
Se fosse sopravvissuta. Fu allora che una paura profonda iniziò a serpeggiare nel suo animo.
Morire privata dal sangue significava finire nella Fossa, nell'oblio eterno.
Uscì nel corridoio. Si aggrappò alla debole speranza che qualcuno fosse in ritardo per la lezione.
Un'altra fitta alla testa le mozzò il fiato.
Si accasciò a terra in preda al dolore puro.
I contorni sfumarono, e il mondo si tinse di nero…


* traduzione=imbecille
** traduzione=inetto





Angolo autrice:Gutten Morgen a tutti^_^
Vi ho lasciato in suspence, visto? Mi spiace^^" ma sono fatta così.
Le cose si mettono male per Lilith...
Per la traduzione di solito metto il significato in fondo al capitolo, se non vi ci trovaste fatemelo sapere che la prossima volta mi adeguerò:)
Vorrei ringraziare Violet Moons_S per aver inserito la storia tra le preferite, e chiarodiluna nelle ricordate.
Se volete lasciare un parere sono super accettissimi^_^
Bacio e alla prossima:)

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 12

Quando misero piede in palestra i loro compagni stavano già correndo per tutto il perimetro della stanza.
«Cos'è, avevate paura di rovinare le vostre scarpe nuove?»
Jake li affiancò con un sorriso irritante stampato in faccia.
Era così grande che per poco non sarebbe uscito dal viso. Qualcosa lo rendeva felice e non solo le sue battutine sarcastiche.
«Cos'è tutta questa felicità Demone?»l'apostrofò Gabe con cipiglio sicuro. Doveva mostrargli che non aveva affatto paura di lui.
Jake scoppiò in una gaia risata.«Nulla che ti possa interessare nullità». E allungò il passo superandoli.
Dopo dieci giri di corsa, sudati e affannati, si avvicinarono al prof intento ad aggiornare il registro. Sul viso aveva dipinto un'espressione dubbiosa.
«La Signorina Meyer è assente?»
Gabe scosse la testa.«Si è sentita male durante l'ora di chimica. Era uscita dalla classe, ma non ha fatto ritorno».
«Signor Cortes, si può assicurare che stia meglio?»
Gabriele rimase titubante. In fondo si trattava di un nemico, e questa poteva benissimo essere una trappola.
Però annuì. Fece una breve sosta negli spogliatoi per recuperare la felpa.
Passò di corridoio in corridoio. Con pudore entrò nel bagno delle ragazze. Per fortuna non c'era nessuno.
Dove si poteva trovare?
"In un luogo a tramare la tua morte, ecco dove"gli sussurrò la sua essenza di guerriero.
Svoltato l'angolo che portava al suo armadietto, il suo cuore perse un battito.
Lei era lì, accasciata a terra bianca come un cencio. La fronte era madida di sudore e il respiro rantolante. Sembrava soffrire di un dolore lancinante che la divorava dall'interno.
Gabe si guardò attorno. Non c'era nessuno.
I suoi occhi tornarono al nemico inerme a terra.
Quanto sarebbe stato facile ucciderla in quel momento. Sarebbe diventato un eroe e avrebbe indebolito le forze del male.
No. Non poteva farlo. Non doveva abbassarsi al livello dei suoi nemici. E poi non poteva negare che era ancora innamorato di lei, pur sapendo che non avrebbe mai trovato un lieto fine.
Per questo la raccolse tra le braccia. Il cuore di lei batteva così violentemente nel petto che temette potesse esplodere.
La portò in cortile,dove caso strano non c'era nessuno.
L'aria fresca però non sembravano giovarla. Era diventata se possibile ancora più pallida.
«¡Maldita sea!* »imprecò in spagnolo.
Se fosse stato un vero guerriero avrebbe saputo cosa fare.
Cercò di ricordare le parole di Michael durante l'addestramento sui demoni.
"I Demoni sono creature…"
No, non era questo ciò che gli serviva. L'aveva scoperto a sue spese com'erano.
"I Demoni si devono nutrire di sangue a intervalli regolari. un modo per sconfiggerli sarebbe prenderli per fame".
Rammentò i vari sintomi che presentavano. Combaciavano con quelli di Lilith.
E adesso? Ok, aveva scoperto di quale male soffriva. Ma dove trovava del sangue?
S'illuminò. Tirò fuori dalla tasca della felpa la bottiglia. Ecco cos'era. Ed era proprio capitato al momento giusto.
«Spero sia la quantità giusta»mormorò tra sé e sé.
La fece poggiare con la schiena contro l'immenso albero al centro del cortile.
La mano tremò nel stappare la bottiglietta.
La scosse un pochino. Per farle ingerire il sangue doveva essere cosciente.
«Lilith. Svegliati, svegliati».
La ragazza rimase però inerte sotto il suo tocco.
Maldiciòn**. Non funzionava.
Provò nuovamente stavolta con più forza.
«Maledizione,svegliati».
Lilith aprì appena gli occhi. Gabe rimase sorpreso nel vederli spenti colorati però da una sottile paura. Paura di morire.
«Gabriele»rantolò la ragazza, ma un violento colpo di tosse le mozzò il fiato.
Presto. Doveva fare presto.
«Va tutto bene. Tra poco andrà meglio»la rincuorò.
Le accostò la bottiglia alle labbra, facendole ingerire tutto il contenuto.
A operazione finita, Lilith richiuse gli occhi. La fronte corrucciata si distese e il respiro si fece più regolare. Ma rimase comunque pallidissima. Non aveva bevuto abbastanza sangue.
L'idea gli venne quasi spontanea.
Mai nessuno aveva donato il proprio sangue a un Demone.
Ma ormai non aveva senso tornare indietro.
Tastò le tasche del chiodo che Lilith indossava, sicuro che contenessero quello che gli serviva.
Sorrise. Eccolo.
Estrasse il cutter, quel famoso cutter che aveva segnato numerose vite.
Rimirò per un attimo la lama. Era ancora in tempo a cambiare idea.
Accantonò il pensiero nell'angolo più remoto della sua mente, e si incise il polso. Subito sangue vermiglio cominciò a scendere a fiotti. Per fortuna non sarebbe morto dissanguato. Loro Angeli guarivano in fretta le ferite che gli venivano inflitte.
Accostò il polso alle labbra appena socchiuse di Lilith.
«Tieni. Bevi»le sussurrò.
Sulle prime non accadde niente. Poi un dolore acuto si propagò dal polso a tutto il braccio.
Lilith aveva affondato i suoi canini acuminati e ora stava succhiando il SUO sangue. Fu lei a smettere dopo pochi secondi.
Chiuse gli occhi, finalmente serena.
Gabe si toccò con l'altra mano la ferita, e questa si cicatrizzò.
Poi portò la sua concentrazione sulla ragazza, osservandola con tenerezza realizzando solo in quel momento l'enormità di ciò che aveva fatto.
Aveva sfidato le Leggi.
Aveva salvato la vita a un nemico.
 
Aveva vinto!
Rideva, Jake, e pregustava il momento in cui avrebbe messo le mani sul settimo cerchio.
Per di più, il suo ex Superiore doveva già essere morta, uccisa dal suo umile sottoposto.
Era una vittoria su tutta la linea!
Tornato dalla missione finalmente si sarebbe potuto insediare nella tenuta di Lilith e realizzare il suo sogno. Diventare un Capo.
Non vedeva l'ora.
Fischiettando aprì la porta dell'appartamento che avrebbe visto solo la sua pallida presenza.
Quasi rimase senza fiato per lo stupore e lo shock quando una mano pallida uscì dall'oscurità agguantandolo per il collo inchiodandolo al muro.
 
*traduzione dallo spagnolo:dannazione
**Traduzione dallo spagnolo:maledizione










Angolo autrice:Hola a tutti^_^
Parto con il dire che io stravedo per il mio personaggio(non lo nascondo)^_^
Ringrazio nike97 per aver inserito la storia tra le seguite, e albaTH che ha iniziato a seguirla^_^
Grazie per il sostegno che mi date. Vi adoro*-*
Bacio e alla prossima:)

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 13

«Cos'hai fatto?»urlò Annabel più furente che mai.
Erano nel loro appartamento dopo scuola. C'era anche James.
Gabe era rimasto titubante nel rivelare o meno ciò che aveva fatto.
Tornato in palestra quella mattina aveva annunciato al prof che Lilith non stava molto bene e che quindi era tornata a casa. Il prof avrebbe replicato se il ragazzo non fosse intervenuto con i suoi poteri.
Ciò che aveva fatto in realtà l'aveva scosso parecchio.
Aveva desiderato ardentemente che Lilith raggiungesse il suo appartamento sana e salva. Con stupore la ragazza era sparita tra le sue braccia.
Era entrato nel panico. L'aveva forse polverizzata?
No. Si sarebbe dovuto trovare tra la polvere.
O forse…No. Impossibile. Solo gli Arcangeli ne erano capaci.
«L'hai teletrasportata? Ma non mi avevi detto che solo i più dotati ne erano capaci?»domandò James confuso.
Gabe annuì.«Lo credevo anch'io. E invece l'ho fatto».
«Questo è il minore dei nostri problemi Gabriele Cortes»si intromise Annabel.«Quello che non comprendo è perché hai risparmiato la vita a un nemico».
«è difficile da spiegare Ann»provò a dire Gabe, ma fu bloccato da un cenno della mano della ragazza.«Non la dai a bere a me Gabe. L'amore che provi per lei ti ha reso cieco alla realtà. Voi non potrete mai stare insieme».
Gabe la fissò furioso.«Trovami un modo per starle lontano e lo farò»sibilò.
Si alzò dalla sedia e andò in camera sua sbattendo la porta.
Annabel sospirò. Non andava per niente bene. Il piano di Jake era fallito. E ora?
Toccava a lei prendere in mano le redini.
«Io devo tornare a casa»dichiarò James alzandosi e raggiungendo la porta.
«A domani».
Annabel lo salutò con un cenno di capo.
Quando la porta si chiuse ritornò a concentrarsi. Se quella maledetta avrebbe messo le mani su Jake l'avrebbe spedita nella Fossa a calci.
Non poteva negare che come Gabe si era innamorata di un Demone.
Aveva partecipato al piano del giorno precedente. Sperava che Gabe avesse la meglio su Lilith, così sarebbe tutto finito in fretta.
Ma non era andata così. Avevano messo in atto il piano B, di nuovo sventato da Gabe.
Ripensò a quando aveva conosciuto veramente Jake qualche giorno prima…
 
Era in compagnia di Savannah, Emily e Rebecca al corso di pittura.
«è un quadro meraviglioso»aveva commentato una voce alle sue spalle.
Annabel si era voltata. L'aria si era fermata nei polmoni. Jake le aveva scoccato un sorriso ammaliante e provocatorio.
«Hai un grande talento»aveva proseguito.
«Gr-grazie»aveva replicato rossa in viso.
«Sei carina quando arrossisci». E si era allontanato.
Aveva sentito gli occhi di lui puntati addosso.
Ma Annabel si era imposta di non voltarsi.
Tre suoni prolungati della campanella l'avevano riscossa.
«Uscite dall'aula!». Il viso della segretaria aveva fatto capolino nel vano della porta. Lei e i suoi compagni si erano affrettati a ubbidire.
Quando furono in giardino aveva incrociato gli occhi con quelli di Gabe. Stava cercando di allentare il fuoco. Ma in quel momento non era quella la cosa importante.
Aveva cercato freneticamente tra i ragazzi Jake. L'aveva perso di vista a metà corridoio, sommerso dagli altri.
L'aveva notato a fianco della cugina, scura in volto.
Jake si era girato nella sua direzione, e le aveva rivolto una strizzatina dell'occhio amicante.
Aveva mormorato qualcosa all'orecchio di Lilith, e le si era avvicinata.
Il suo cuore aveva cominciato ad andare a mille.
«Spero non ti sia spaventata troppo madame».
Lei, francese d'origine, aveva sentito il suo cuore sciogliersi nel sentire un termine nella sua amata lingua, del tutto diversa dallo spagnolo di Gabriele a cui si era abituata.
Aveva scosso la testa.«Non sono tipo che si spaventa facilmente».
Jake era scoppiato a ridere.
Annabel aveva voltato lo sguardo.
Quando si era girata nuovamente aveva trovato Jake ancora al suo fianco sorridente.
«Che c'è?»aveva domandato in imbarazzo. Gabe non l'aveva coperta di così tante attenzioni.
«Vorrei conoscerti meglio. Mi sembri una persona interessante. Ti andrebbe di fare un salto con me al Feuer Bar?»
«Ma ci siamo conosciuti neanche un'ora fa»aveva provato a ribattere Annabel.
Jake aveva riso.«Per questo te l'ho chiesto. Te l'ho detto. Vorrei conoscerti».
Davvero?
«Alle nove va bene? Prima non posso. Devo fare…una cosa».
Annabel era tornata a casa con il sorriso sulle labbra. Non si era mai sentita così…bene.
Neanche Gabriele era mai riuscito a farle provare quello sfarfallio allo stomaco.
Si era preparata con cura. Per fortuna aveva chiamato Savannah, perché altrimenti ci sarebbe andata vestita con un abito a fiori, non proprio adatto per andare in un locale notturno.
Quando fu uscita di casa, si era contemplata davanti alla vetrina vicino al portone del suo condominio. Quasi non si era riconosciuta. Aveva indossato un top blu glitterato che le arrivava sopra l'ombelico, minigonna nera su calze a rete infilati in stivali neri in pelle. Si era pure messa un trucco abbastanza vistoso.
Ombretto blu con brillantini, matita spessa, e fard per dare un tocco di colore alla sua pelle pallida. Con stupore si rese conto di somigliare alla cugina di Jake, la ragazza che piaceva tanto a Gabe.
La odiava?
Gelosa, era gelosa. Era riuscita nell'impresa dove lei aveva rinunciato ormai da anni. Fare breccia nel cuore di Gabriele. Ci aveva provato per quattrocento anni, e ecco arrivare una novellina che c'era riuscita in poche ore.
Quando Jake si era accorto della sua presenza le aveva sorriso caldamente. Annabel si era sentita quasi sciogliere.
Si erano divertiti. Avevano ballato canzone dopo canzone corpo a corpo.
Non si era mai sentita così…felice.
«Si è fato tardi, madame»aveva detto Jake guardando lo schermo del suo cellulare.
«Ti accompagno io».
Erano usciti nell'aria pungente e fresca della notte.
«La moto l'ho parcheggiata qui nel vicolo»le aveva detto Jake in tono di scuse.
Svoltato l'angolo Annabel non aveva visto nessuna moto. Il vicolo era deserto.
«Jake sei sicuro che…». Si era girata  verso il ragazzo rimanendo di sasso.
I suoi occhi rossi l'avevano fissata come un cacciatore una preda.«Certamente tesorino. Non vedi? Là c'è la moto che ti condurrà nella patria del buio eterno».
Era apparsa una moto bicromatica rossa e nera con una fiamma sulla fiancata che emanava una strana luce spettrale.
Ma Annabel non si era fatta cogliere impreparata.«Non accadrà mai Demone». Le sue candide ali piumate si erano materializzate sulla schiena e si era gettata come una furia su Jake colto di sorpresa. L'aveva colpito  in pieno facendolo cadere a terra.
Gli si era seduto a cavalcioni sul petto.
Jake si era permesso una risatina sarcastica.
«Finchtre!*. Avrei dovuto capirlo che eri un Angelo, come il tuo amichetto».
Annabel lo aveva fissato colta in fragrante.«Cosa sai te di Gabriele?»
«Abbastanza da sapere che è un Angelo e che presto diventerà pasto mio e della Mia Signora».
Il dubbio aveva iniziato  a serpeggiare nella mente di Annabel.«Chi è il tuo padrone?»
«Lilith. La ragazza che piace tanto al tuo amichetto».
L'Angelo aveva notato solo in quel momento  il pugnale nascosto sotto il giubbotto di pelle che Jake indossava. Lo aveva sguainato e glielo aveva puntato alla gola.
Jake era scoppiato in una risata sincera.«Che hai da ridere Demone? Non sei in condizioni così fantastiche» l'aveva apostrofato Annabel irritata.
Jake l'aveva fissata intensamente.«Rido perché sei molto simile a me. Anch'io mi sono comportato così con svariati Angeli, tutti morti se ti interessa».
«Non credere che io sia da meno. Ma stavolta quello a morire sarai tu».
«E poi che farai? Ritornerai a sperare che Gabriele si accorga di te e capisca cosa provi per lui?»
Annabel l'aveva fissato sorpresa. Come faceva a saper che le piaceva Gabriele?
Jake le aveva regalato un sorriso mellifluo.«Ti leggo la rabbia e la frustrazione nel tuo cuore Annabel. Posso aiutarti a ottenere ciò che vuoi»
«Cosa ti fa pensare che abbia bisogno del tuo aiuto, Demone?»
Jake aveva sospirato.«L'unico ostacolo tra te e il tuo amico è Lilith. Io voglio ottenere il suo potere. Vedi? Abbiamo un nemico comune». L'aveva fissata negli occhi.«Ho un affare da proporti. Te mi aiuterai a eliminarla e in cambio…»
«…lascerai Wilmington alla morte del tuo Superiore».
Jake si era rabbuiato, ma solo per un istante appena.«E sia. Allora affare fatto?»le domandò porgendole la mano.
Annabel l'aveva fissato titubante. La morte di un Demone non avrebbe fatto altro che giovare a loro favore.
«Abbiamo un patto Jake».
 
Quella notte aveva apprezzato molto Jake. Non le sembrava il Demone egoista e egocentrico che le si era presentato lì nel vicolo.
Aveva modi cordiali e attenzioni che non centravano per nulla nel loro patto.
Gabriele era sempre stato cordiale, ma una cordialità fredda come dettata dall'etichetta. In fondo che altro si doveva aspettare dal figlio di un conte del 1400?
Sforzò al massimo i suoi neuroni.
Nulla. Non le venne in mente nulla.
Forse la soluzione migliore era aspettare.
Già. Avrebbe aspettato e avrebbe atteso con ansia il giorno in cui avrebbe messo fine alla vita-se si può chiamare vita-di Lilith.




*traduzione dal francese:accidenti.





Angolo autrice:Hola a tutti^_^
In questo capitolo abbiamo scoperto nuove verità celate, che influenzeranno moltssimo la storia.
Vorrei ringraziare SimoeG, BlackMind_Wawi per aver inserito la storia tra le seguite, e Cloud_Jas per averla messa anche tra le preferite:)
Bacio e alla prossima:)

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 14

La porta secondaria del Luna Rossa, uno dei locali più rinomati di Genova si aprì con un cigolio sinistro. Ne uscirono un ragazzo dai capelli oro e gli occhi amaranto abbracciato a una ragazzina che rideva civettuola.
Beth li osservò con disgusto.
Così Carlo dopo la sua morte non aveva faticato a trovare un'altra.
Fece un passo avanti. La luce l'illuminò ma nessuna ombra apparve ai suoi piedi.
Fu in quel momento che Carlo la notò. Sbiancò di colpo.
La ragazza, invece, la squadrò da capo a piedi.
«E tu chi diavolo sei?»
«La fidanzata di Carlo sgualdrina»rispose gelidamente Beth piantando i suoi occhi azzurri su quelli marroni di lei.
«Carlo, non avevi detto che era morta?». Quando notò l'espressione del ragazzo indietreggiò terrorizzata.
«M-ma al-lo-ra t-tu s-ei un fant-fant-asma?»boccheggiò a fatica.
Beth le si avvicinò.«Bu».
La ragazza corse via terrorizzata.
Beth si girò verso Carlo che nel frattempo aveva ripreso il controllo di sé.«Ma dove l'hai trovata quella? Al reparto psichiatrico?»
Carlo ignorò la domanda.«Cosa ci fai qui?»domandò invece.
Beth rimase spiazzata. Non era certo l'accoglienza che si aspettava.«Che domande fai? Vengo dall'oltretomba e tu mi accogli così».
«Come hai fatto a tornare? Non è così facile…»
«Ho trovato un portale»minimizzò lei con fare evasivo.«Sono venuta qui per rivederti Carlo. Mi sei mancato».
«Te neanche un pochino».
Per Beth fu come ricevere una pugnalata allo stomaco.
«Stai scherzando vero?»
«Assolutamente no»rispose Carlo gelidamente.
«Ma almeno hai la pallida idea di cosa ho passato per rivederti?»
Carlo le diede le spalle.«è stato inutile questa tua gitarella fuori programma. Cosa dirà il tuo Capo quando non ti troverà?»
Beth rimase scioccata.«Carlo…come sai dei Capi…»
Solo allora il ragazzo si decise a guardarla negli occhi. Beth indietreggiò terrorizzata. Le iridi del suo fidanzato brillavano fulgide di un rosso sangue e la bocca piegata in un sorriso demoniaco.
«Carlo…non capisco…»
«Davvero ragazzina non hai la più pallida idea di con chi hai a che fare? Vuoi sapere la verità Beth? Non ti ho mai amata. Il mio compito era impossessarmi della tua anima per accrescere il potere del Mio Signore»le confessò con sguardo luciferino.
Beth rimase scioccata da questa rivelazione.
«Carlo…non puoi dire sul serio…»
«Dimenticati Carlo. Carlo non è mai esistito. Il mio vero nome è Belial signore supremo del settimo cerchio dell''Inferno».
Solo allora Beth capì l'enormità della situazione.«Mi hai ingannata!»gli urlò furente.«Mi hai usata per i tuoi sporchi affari e quando non ti sono servita più mi hai gettato via come immondizia!»
Belial sorrise maligno.«Ci sei arrivata finalmente amorino»la prese in giro.
«Du bist einen Arschloch!*»gli urlò furente.
Belial si limitò a sorridere. Un sorriso da vincitore.
Beth non ci vide più. Non l'avrebbe mai data vinta a quel Demone. Fu una forza arcana a lei sconosciuta a darle la forza per fare ciò che fece.
Saltò addosso a Belial che non si aspettava una mossa simile da lei.
Raggiunse il collo e affondò i denti succhiandone il sangue nero e viscoso.
Il corpo di Belial si accartocciò a terra riducendosi in cenere pochi istanti dopo.
Beth lo fissò inorridita. Poi un dolore lancinante al petto le mozzò il fiato.
Si sentiva come fosse stata attraversata da energia elettrica.
Cadde a terra in ginocchio. Enormi ali piumate nere esplosero alle sue spalle aprendosi in tutta la loro ampiezza.
Quando il dolore finì si trascinò debolmente verso una pozzanghera lì vicino.
Scosse la testa in preda alo shock.
I suoi occhi azzurri come il cielo erano diventati rosso sangue. Dai tagli che Belial le aveva inflitto nel tentativo inutile di liberarsi, scendevano rivoli neri.
La testa le mandò improvvisamente una fitta che la lasciò disorientata. Rabbia, odio, rancore invasero la sua mente cancellando la ragazzina che era stata fino a quel momento.
Si rialzò in piedi tranquilla, ritrasse le ali e uscì dal vicolo.
C'era un ragazzo dall'altro lato della carreggiata. Questi, come spinto da una forza superiore, si era voltato nella sua direzione.
Era Leopold, suo cugino che attraversò la strada fermandosi a pochi centimetri da lei.
«Beth…sei proprio tu?»mormorò il ragazzo quasi non credendo alle sue parole e a ciò che stava vedendo.
Beth sorrise. I suoi canini si erano leggermente allungati come quelli dei vampiri, e brillavano alla luce lunare.
«Si Leo sono io. Non sei contento di rivedermi?»
Leopold scosse la testa indietreggiando.«Tu sei morta mesi fa…non puoi essere tu».
«E invece sono io. Non mi riconosci?»domandò con aria innocente.
Leopold allungò una mano e le accarezzò la guancia.
«Sei fredda»mormorò.
Beth gli si avvicinò di più.«è una serata frizzantina, non trovi?»
«I tuoi occhi»sussurrò ignorando ciò che aveva detto.«sono diversi».
«E non solo quello è cambiato Leopold». Il ragazzo fece per urlare ma Beth fu più veloce. Gli affondò i canini nel collo succhiandone il dolce sangue direttamente dalla carotide.
Quando ebbe finito lasciò cadere la carcassa rinsecchita a terra. Non si era mai sentita così forte.
«E questo non è che l'inizio, mia cara Elisabeth»disse una voce alle sue spalle. Si voltò. Era una proiezione di Lucifero, visto che non poteva lasciare fisicamente l'Inferno.«O forse dovrei dire Lilith».
 
Lilith si svegliò sul divano nel suo appartamento. La testa martellava ancora e i ricordi erano confusi.
Non ricordava come fosse arrivata fin lì.
Era stata male per mancanza di sangue. Poi? Che altro? Il suo vero nome sussurrato da una voce e un sangue dal sentore piacevolissimo giù per la gola. Basta.
Ma la cosa strana era che aveva ricordato quel giorno in cui la sua vita era cambiata completamente. Erano quasi vent'anni che non accadeva. Era come se diventando uno degli Originari avesse dimenticato la sua vita passata. Non i volti e i nomi delle persone conosciute, ma ogni sentimento diverso dalla follia, rabbia, odio.
 Invece adesso ricordava perfettamente tutto.
Era tornata. La vera Elisabeth era riemersa finalmente alla luce da quell'oblio di rabbia e odio.
Le parve quasi un miracolo.
Cos'aveva fatto di strano per far avvenire questo cambiamento?
Sarà stato forse il sangue che aveva bevuto? Certo che aveva uno strano gusto.
E ripensando al sangue le venne in mente il viso del suo salvatore. Gabriele. Era stato lui. E le aveva fatto bere il SUO sangue.
Lilith non capiva. Perché l'aveva fatto quando il giorno prima aveva tentato di ucciderlo?
Non ebbe il tempo di pensare ad altro. Qualcuno aveva inserito le chiavi nella toppa.
Rapida come un gatto si avvicinò alla porta. Nel vano comparve la figura di Jake sorridente.
Quel bastardo gliel'avrebbe pagata.
Scattò rapidissima afferrandogli il collo e sbattendolo contro il muro.
Sul suo viso lesse una nota di stupore.
«Voi Mia Signora…nonsiete…»boccheggiò in cerca d'aria.
«…morta»finì per lui Lilith stringendo la presa. «Sfortunatamente per te sono ancora viva. E pronta a infliggerti la punizione che meriti»continuò con sguardo carico d'odio.
 
*traduzione dal tedesco:sei uno stronzo!









Angolo autrice:ciao a tutti.
Spero di non avervi destabilizzato con questo capitolo:)
Ringrazio jdbsvoice e LumosLupo per aver inserito la storia tra le seguite^_^
Buona lettura e all prossima:)

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 15

Steso sul letto Gabriele non riusciva a prendere sonno.
Si girò e rigirò per trovare la posizione giusta.
Niente. Morfeo non ne voleva sapere di prenderlo tra le sue braccia. O forse perché era ancora su di giri per l'impresa che aveva compiuto quella mattina.
Nessun altro Angelo aveva varcato quel confine. E non aveva la più pallida idea di cosa sarebbe accaduto.
Per lui le cose erano nere e bianche. Non esistevano grigi. Un tempo non la pensava così, quando era ancora in vita.
Eppure, come Quel giorno, non aveva tentennato a seguire il cuore anziché la ragione.
Già. Quel giorno. Il giorno in cui cambiò tutto.
Quel gelido giorno d'inverno di seicento anni prima…
 
 
«Gabe! Gabe! Ha nevicato! Ha nevicato!»
Gabriele alzò gli occhi dal libro che stava leggendo.
«Mmm?»
«Gabe guarda fuori».
La loro tenuta era rivestita da uno spesso manto di neve.
«E allora?»
Luisa, sua sorella minore, mise su il broncio. Le assomigliava parecchio stessi capelli neri ricci che però a lei ricadevano sulla schiena selvaggi e stessi occhi azzurri come il cielo.
«Voglio andare al lago»brontolò. Gabe sospirò. Tenere a bada alla sorellina era un'impresa.
«Sai cos'hanno detto mamma e papà. Non possiamo uscire dalla tenuta fino al loro ritorno»disse risedendosi sulla poltrona.
«Per favore Gabe»lo implorò.
«La tua faccina non funziona più Luisa. La risposta è no». E con questo il discorso finiva lì per lui.
Ma non per Luisa.
«E io che faccio Gabe? Mi annoio».
Gabe senza staccare gli occhi dal libro ne prese uno sul mobiletto al suo fianco.
«Puoi leggerti questo».
La bimba lo prese tra le mani e se lo rigirò incuriosita.
«Gabe?»
Gabriele alzò gli occhi al cielo esasperato.«Che c'è ancora?»
«Ti ricordo che non so ancora leggere».
Accidenti. Non ci aveva pensato.
Di fronte all'espressione persa del fratello sorrise trionfante.«Allora mi porti al lago».
«Ma…»provò a ribattere lui, ma Luisa era già uscita dalla stanza per mettersi qualcosa addosso per coprirsi dal gelo.
«Odio le sorelle minori»borbottò chiudendo il libro.
«Addio Inferno di Dante. Continuerò a leggerti tra un paio d'ore»mugugnò poggiandolo sul mobiletto, e uscendo dalla stanza.
Trovò Luisa tutta vestita punto per punto.
«Muoviti Gabe. Andiamo».
Gabriele indossò velocemente una pelliccia di orso e seguì la sorellina sulla neve ghiacciata. Se almeno fosse stata quella soffice.
Mentre Luisa si divertiva come una matta a scivolare, Gabriele si ritrovò più volte a terra dolorante.
Quando raggiunsero il lago si liberò in un sospiro sollevato.
«Va bene Luisa. Fa quello che vuoi senza farti male».
«Si!»urlò felice lanciando sassi sulla superficie ghiacciata dello specchio d'acqua.
Gabe la fissò in modo strano, ma preferì non indagare.
Si sedette su un tronco lì vicino sguainando il pugnale che teneva nello stivale.
Sempre essere armati, gli diceva suo padre. E lui, figlio del conte, padrone del piccolo paesino che in futuro sarebbe diventata la bella e caotica Barcellona, seguiva il suo consiglio.
Se lo rigirò tra le mani osservandolo con cura. Il padre gli aveva insegnato come usarlo, anche se ancora non aveva visto una goccia di sangue.
«Gabe guardami!»lo chiamò la sorella.
Gabriele sorrise involontariamente. Si immaginava la superficie del laghetto piena di sassolini.
Sollevò lo sguardo. Con orrore trovò la sorella che cercava di tenersi in equilibrio sulla superficie ghiacciata.
«Luisa! Resta ferma!»
Il ghiaccio non era così spesso da sorreggere il peso anche solo di un bambino.
Gabe poggiò prima un piede poi l'altro sulla latra su cui iniziarono a comparire venature.
«Luisa. Vieni qui molto lentamente»sussurrò alla sorellina.
Luisa, una bambina tutt'altro che stupida, si affrettò a ubbidire al fratello.
Il ghiaccio però non resse. Luisa cacciò un urlo spaventata.
Gabriele agì d'istinto. Afferrò la manina pallida della bambina e con sforzo enorme riuscì a farle raggiungere la terra ferma.
Ma lui non fu altrettanto fortunato.
La lastra sotto i suoi piedi si spaccò del tutto e Gabe finì nell'acqua gelata.
Il ghiaccio vicino lo colpì in pieno intrappolandolo nell'acqua ghiacciata.
«Gabriele!». La voce disperata della sorellina arrivò ovattata alle sue orecchie.
Il suo corpo iniziava a intorpidirsi perdendo sensibilità. Poi il gelo ebbe la meglio e su di lui piombò il buio.
 
Bianco.
Si ritrovò nel bianco più assoluto.
Quando recuperò la vista scorse delle altissime guglie di marmo bianco.
Com'era finito lì?
«Benvenuto in Paradiso, Gabriele».
Quella voce. Si girò verso il suo interlocutore. Era Michael, il suo fratello maggiore morto durante un'imboscata ai sovrani spagnoli. Si era frapposto tra la sua regina e un brigante trovando la morte.
Lo aveva pianto molto quel fratello sempre visto come un eroe ai suoi occhi.
«Mike. Che ci fai qui? Sei morto».
Michael inclinò la testa di lato.
La gola di Gabriele si seccò.«Se tu sei qui, e anch'io…questo significa che sono…». Non riuscì a finire la frase.
"Morto" concluse la sua mente.
Michael annuì.«è dura da accettare Gabe. Sei morto per salvare Luisa, e questo ha fatto di te un Angelo».
«Un Angelo?»domandò sorpreso.
«Già. Quando si salva una vita con tutta la volontà possibile, si diventa Angeli».
«Anche tu lo sei?»
Michael distolse lo sguardo.«Io sono un caso particolare Gabe. Quando sono morto io, per pura coincidenza è morto per mano di un Demone anche l'Arcangelo da cui i nostri genitori hanno preso il mio nome. Per questo ora ho ereditato il suo posto».
Gabe fissò a terra. Dunque era tutto finito? E adesso come poteva finire di leggere L'Inferno?
Michael scoppiò a ridere.«Non c'è problema. Qui in Paradiso c'è una biblioteca con tutti i libri del mondo e di tutte le epoche».
Gabe lo fissò stupito. Come faceva a sapere che…
«Noi Arcangeli sappiamo leggere nel pensiero»gli spiegò pazientemente.
Il ragazzo mise su il broncio.«Bé allora smettila. La mia mente non è un libro».
 
 
Gabe ridacchiò a quel pensiero.
Gettò lo sguardo alla sveglia.
7:15
Accidenti, i ricordi l'avevano tenuto sveglio così tanto.
Scivolò fuori dalle coperte e andò in cucina a prepararsi la colazione, che consisteva solo in una tazza di latte con i cereali. Insomma la cosa più semplice da preparare.
Dalla stanza di Annabel non veniva alcun rumore. Forse era già uscita. Ma l'avrebbe dovuta sentire.
Preferì lasciar perdere. Recuperò lo zaino e uscì per andare a scuola.
 
«Ehilà Gabe. Non hai una bella cera»lo salutò James.
Era vero. Sembrava uno appena investito da un tir.
«Non ho dormito per niente questa notte»rispose stropicciandosi gli occhi.
«è per via di ieri? O per la festa di Halloween che ci sarà tra qualche giorno? Sembri uno zombie»
«Per ieri. Nessuno si mai spinto fino a quel punto. Sono solo James, e non so come comportarmi ora».
James rimase in silenzio. Tutta questa situazione andava oltre la sua capacità di comprensione.
«Magari ti puoi far aiutare da Annabel».
Gabe scosse la testa.«è ancora arrabbiata. Non so fra quanto tempo tornerà a riparlarmi».
«Potresti provare ora. Si sta avvicinando».
Era in compagnia delle sue amiche.
Non aveva neppure lei una bella faccia con quel vistoso paio d'occhiaie.
«Ciao Ann»la salutò con un sorriso.
Ma l'amica tirò dritto senza rispondere.
«Accidenti Gabe, sei messo più male di quanto pensassi»l'apostrofò James tirandogli una gomitata amichevole.
«Già. Andiamo a musica, che è meglio».
«Comunque prima non scherzavo. Potresti travestirti da zombie».
«Tu invece?»domandò Gabe divertito.
«è un segreto».
Presero posto tra gli strumenti. Gabe di nuovo al pianoforte, mentre James al violino.
Sta volta non ci furono intoppi e la prof ne fu soddisfatta.
Una strana sensazione attraversò le membra di Gabriele.
Si guardò attorno e con orrore notò l'assenza di Lilith.

 







Angolo autrice:spero di avervi regalato un capitolo strappalacrime ^_^
Beh...almeno ci ho provato XD
Ringrazio AnnitaB e Shattered_Girl per aver inserito la storia tra le seguite:)
Aspetto vostre opinioni ;P
Bacio e alla prossima:)

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** capitolo 16 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 16

«Sei sicura Ann di non venire alla festa?»
Annabel smise per un attimo di passarsi l'eyeliner.
«Ti ripeto per la centesima volta che oggi è il compleanno di Rebecca, e lei si aspetta che partecipi. Chiaro?»
Gabe alzò le mani in segno di resa.«Va bene, non ti scaldare».
Finalmente dopo giorni di mutismo era tornata a parlargli. Di quella stupida festa di compleanno tra ragazze.
«Come sto?»chiese la ragazza piroettando su se stessa. Indossava un abito color crema con la gonna lunga al ginocchio a balze.
Gabe la squadrò con occhio critico.
«Se ti sei fatta assumere al circo come clown vai benissimo».
Gli occhi erano contornati da una tonnellata di ombretto blu, le ciglia lunghissime erano appesantite dall'eyeshine e le labbra erano più rosse di una fragola.
Annabel mise su il broncio.
«Non sei divertente Gabe. E neanche utile».
Gabe sorrise malizioso.
«Sei tu che mi hai chiesto il parere».
«Allora ricordami di non chiedermene più». Detto questo Annabel prese i tacchi poggiati sulla sedia lì vicino e la giacca, e si chiuse di botto la porta alle spalle.
Gabriele rimase sorpreso. Poi scrollò le spalle rinunciando a capirla. Tornò ad occuparsi del suo travestimento per la festa di Halloween.
Dopo che si fu sistemato si contemplò allo specchio. Si, aveva fatto proprio un ottimo lavoro. Quella sera avrebbe fatto faville.
Gettò un'occhiata all'orologio. Era in ritardo.
 
La festa si svolgeva a casa di una ragazza di cui non ricordava il nome, poco distante dal lungomare.
Parcheggiò la sua bici a fianco alle moto cromate dei suoi compagni scintillanti alla luce dei lampioni.
Dalla casa, più che altro un'immensa villa a due piani con un immenso giardino sul retro, proveniva una musica assordante.
I suoi compagni erano già tutti lì, a ballare, bere, divertirsi travestiti nei modi più disparati. Scorse un paio di zombie, un licantropo, uno Spiderman, due fantasmi muniti addirittura di catene vere.
I primi che lo notarono rimasero a bocca aperta.
E come dargli torto.
Aveva deciso di materializzare le sue candide ali da Angelo, spacciandole per un'opera artigianale ben riuscita.
Indossando una camicia azzurra e pantaloni bianchi completò il quadro.
«Ehi amico. Sei venuto a fare conquiste?»
James si fece largo tra la folla imbambolata.
«Sei un pericolo pubblico tanto quanto Lilith»continuò.
Gabe sorrise.«Te invece? Hai deciso di terrorizzare la gente?»
L'amico si era travestito da vampiro:smoking nero su camicia bianca, mantello nero, addirittura occhiaie e dentiera finte.
«Io? Certamente. Non ho molte occasioni per succhiare il sangue della gente»dichiarò nascondendosi dietro il mantello e dileguandosi teatralmente.
Gabriele scoppiò a ridere. James ebbe il potere di cancella re dalla sua mente il litigio con Annabel.
Poi una brezza leggera. La gente che ballava intorno a lui si pietrificò.
E rimase solo con Lei.
 
Lo scorse da lontano. Aveva materializzato le sue piumate ali bianche. Le trovava affascinanti, ma non come le sue nere che aveva pensato di materializzare.
Sperava con tutto il cuore d'incontrarlo.
Doveva parlargli con una certa urgenza.
Un battito di ciglia e un battito d'ali che fermò il tempo, per tutti tranne che per Lui.
 
 
Incrociò gli occhi con Lilith.
Anche lei aveva materializzato le ali, rendendola ai suoi occhi ancora più bella. Indossava maglietta nera con un cuore ferito da rovi, una minigonna nera su anfibi neri.
«Sei stata tu?»trovò la forza di chiedere.
Lilith si limitò ad annuire seria.
«Perché l'hai fatto? Per finire ciò che hai interrotto l'altro giorno?» Voleva sembrare calmo, ma dentro di sé aveva una paura irrefrenabile. Non sarebbe mai riuscito a sconfiggerla.
Ma contro ogni aspettativa Lilith gli mostrò i palmi delle mani in segno di pace.
«Non sono qui per quello che pensi Gabriele».
Cosa? Aveva sentito bene? L'aveva chiamato con il suo vero nome anziché con il nomignolo che gli aveva affibbiato quasi un mese prima.
«Non ti credo Demone. Cerca di essere più convincente. Vieni qui, fermi il tempo, per cosa se non sbarazzarti di me in assenza di testimoni?»
Lilith lasciò che si sfogasse prima di parlare.
«Volevo solo…ringraziarti». Quest'ultima parola fu quasi un sussurro.
Da quando Lilith ringraziava qualcuno?
Era una ragazza orgogliosa che preferiva mostrarsi irraggiungibile.
«Per cosa?»domandò ancora sorpreso.
«Per avermi salvato la vita qualche giorno fa».
Gabe arrossì.«Ho fatto solo ciò che ritenevo giusto».
«Donandomi il tuo sangue. Nessuno l'avrebbe mai fatto»disse Lilith fissandolo intensamente negli occhi.«Sai chi mi voleva uccidere?»
Era una domanda retorica, lo sapeva. Però scosse la testa.
«Jake»dichiarò lapidaria.
«Tuo cugino?»
Lilith sorrise divertita. Niente sarcasmo o malizia in quel sorriso, solo sincero divertimento.
«Non è mio cugino. è solo un Demone comune, un sottoposto. Chiamalo come preferisci».
«E ora dov'è?»
«A casa a scontare la punizione che merita». Nel suo sguardo scorse un barlume di odio, che passò in fretta.
«Perché ti voleva uccidere?»
«All'Inferno, vige la regola del più forte. Gli Originari sono i Capi dei cerchi infernali, ma possono essere spodestati dai Demoni comuni quando vengono assassinati da quest'ultimi».
«Tu sei un Originario? Ma non erano tutti maschi?»
Lilith strinse il labbro inferiore.«Io sono un caso complicato Gabriele, di cui non ho voglia di parlare».
«Gabe»la interruppe il ragazzo.
Lilith lo fissò senza capire.
«Gli amici mi chiamano Gabe».
«E tu mi consideri un'amica?»
«Forse. Se ti facessi conoscere un po' meglio».
Lilith sorrise misteriosa.«Si vedrà…Gabe».
Gli si avvicinò.«Ora non ci resta che tornare». Schioccò le dita.
La musica riprese e i ragazzi si scatenarono.
Gabe rimase per un attimo stordito. Si era inventato tutto? La cercò con lo sguardo. E la vide. Stava ballando.
Quando lo notò sorrise. Il sorriso più bello del mondo, privo di ombre dominato da una profonda dolcezza.
«Eccoti qui? Ti sei messo in posa per una scultura?»lo prese in giro la voce di James. Era a braccetto di una rossa. Rebecca. Indossava un vestito corto azzurro tappezzato dalle quattro figure delle carte, facendola sembrare la figlia del Cappellaio Matto di Alice nel Paese delle Meraviglie.
«Non facevi la festa di compleanno?»domandò stupito Gabe.
Rebecca scosse la testa.
«Io?Ma se sono nata a Marzo. Ci vuole ancora un po' tempo».
Fu come ricevere un pugno allo stomaco. Ma allora, Annabel dov'era?
«Ti senti bene Gabe?»domandò preoccupata Rebecca.«Sei pallido».
«Si. Assolutamente si»mentì«con il vostro permesso»si congedò.
Zigzagò tra i ragazzi raggiungendo l'uscita. Afferrò la giacca dall'appendiabiti nell'ingresso e uscì al freddo notturno. Smaterializzò le ali nell'ombra per non essere beccato. Neanche si preoccupò di recuperare la bicicletta.
Prese vie a caso, senza meta precisa. Si ritrovò sul lungo mare. L'oceano altro non era che uno specchio scuro su cui si rifletteva la luna piena.
Ammaliato da tanta bellezza si fermò a contemplarlo.
Una mano poggiata sulla sua spalla lo fece sussultare.
«Gabe?»
Era Lilith. L'aveva seguito.
Si strofinò l'occhio prima che una lacrima scivolasse giù per la gote. Odiava sembrare debole davanti a lei.«Come mai qui? Non sei rimasta a divertirti?»
«Sei andato via con un viso sconvolto. Volevo assicurarmi che stessi bene».
Gabe ebbe un tuffo al cuore.
«Mi fa piacere che ti sia preoccupata per me. Sto benone, sul serio»mentì accennando un sorriso.
Lilith inclinò la testa di lato.«Sicuro?»
Non gli aveva creduto. Quegli occhi lo catturarono e lo inghiottirono nella loro profondità. In quel momento sentì che lei era l'unica persona di cui poteva fidarsi.
Per questo scosse la testa.«Sono preoccupato per Annabel. Mi aveva detto che sarebbe andata a una festa di compleanno di una sua amica. E poi che succede? Mi ritrovo faccia a faccia con questa ragazza che è pure nata a Marzo». Si prese la testa fra le mani.«Cos'ho sbagliato? Da quando siamo venuti qui il nostro rapporto è cambiato. Litighiamo in continuazione e ora ci si mettono in mezzo anche le menzogne».
Lilith si morse il labbro. Non era mai stata una ragazza sensibile e capace a consolare la gente. Però non poteva stare lì a guardare mentre lui era disperato. Il Suo sangue l'aveva cambiata. L'aveva resa di nuovo…umana.
«Gabe»iniziò, ma lui l'abbracciò con foga. Lei rimase all'inizio rigida. Alla fine si convinse a carezzargli la schiena per calmarlo.
Si staccò da lei dopo pochi minuti.
«Ora sto meglio»disse strofinandosi gli occhi.
«Per qualsiasi cosa Gabe…». Lui la guardò.«Sai chi cercare».
Gabe sorrise, un sorriso di liberazione.«Grazie».
 
Il corpo cadde a terra in un lago di sangue.
Annabel pulì il pugnale demoniaco con un panno che si era portata per poi gettarlo nella pattumiera.
Aveva raccolto abbastanza sangue perché gli durasse per alcuni giorni.
Maledisse nuovamente quella serpe di Lilith che aveva punito il Suo Jake incatenandolo nel loro appartamento e lasciandolo senza sangue per svariati giorni. Dico, lo voleva far morire di fame? pensò per la centesima volta Annabel salendo le scale del condominio dove alloggiavano i due Demoni.
Per fortuna lei non c'era. Era uscita per andare a quella stupida festa. Chissà forse aveva incontrato Gabe e l'aveva ucciso. Ora non gli faceva né caldo né freddo la sua presenza. Non aveva voluto amarla, e questo bastava.
Aprì la porta con il pensiero e entrò nell'appartamento. Era decisamente deprimente con tutto quel nero.
Entrò nella stanza dove era certa che avrebbe trovato il suo Jake.
Infatti eccolo lì incatenato ai polsi contro il muro. Il viso era cinereo e gli occhi cerchiati.
«Jake. Amore sono io, Annabel».
Lui aprì gli occhi. Erano vitrei, spenti, ma che si colorarono non appena la misero a fuoco.
«Annabel, cosa…»
«Ti ho portato del sangue»lo interruppe lei.
«Ann, se scopre che mi nutro, mi ucciderà»gemette il Demone. Doveva essere impazzito per credere una cosa del genere.
Annabel gli prese il mento e lo costrinse a fissarla negli occhi.«Non devi dargliela vinta così, capito? Non tutto è perduto. Riusciremo a disfarci di lei. Ma ora non devi mollare. Sono stata chiara?»
Jake annuì debolmente.
«Allora bevi»disse Ann con tono autoritario, avvicinando la bottiglia alla bocca di Jake.
«Credo che basti per qualche giorno»gli sussurrò dolcemente.«Quella maledetta quanto pensa di tenerti ancora incatenato così come un animale?»
«Finché ne avrà voglia»mormorò Jake appena appena  più lucido di prima.
«Spero smetti il prima possibile. Non ce la faccio più a starti così tanto tempo lontana».
Lo baciò con disperazione. Jake ricambiò con altrettanta foga.
«Ora devi andare»le sussurrò.«Se ti trova qui è finita».
«Non voglio abbandonarti»gemette Annabel in lacrime.
«Non morirò. Mi hai dato la forza necessaria per andare avanti Ann. E quando mi libererà architetteremo un nuovo piano per liberarci di lei…»
«…per sempre»concluse Annabel, con sguardo luciferino.








angolo autrice:eccomi qui con il capitolo 16^_^
Il vento è cambiato nella storia:)
Ringrazio Apotrophos per aver inserito la storia tra le seguite.
I vostri commenti sono tutti ben accetti^_^
Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** capitolo 17 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 17

«Cosa?»domandò qualche giorno dopo James a scuola.
Gabriele chiuse di scatto l'armadietto.
«Invece è accaduto tutto questo. Io e Lilith abbiamo deciso una tregua».
«E ti sei confidata con lei? E l'hai abbracciata?». James non riusciva a credere a una sola parola.
«So che è assurdo, ma in quel momento mi sono veramente sentito vicino a lei, credendo che fosse l'unica in grado di capirmi».
«Bah, se lo dici tu».
«Non dirmi che la pensi come Annabel a riguardo?»l'apostrofò Gabe.
La mattina dopo le aveva chiesto se si fosse divertita alla festa, mantenendo l'inganno. E lei si era inventata una storia così credibile che se non avesse saputo la verità, l'avrebbe presa per buona.
«No. O forse si…solo in parte»si giustificò James.«Però devi ammettere che si comporta in modo strano. Cioè prima tenta di ucciderti e poi diventa a tua migliore confidente».
Già. Gabe non ci aveva pensato. Però ripensando al suo viso, capì che ormai fidarsi di lei era diventato inevitabile.
«Io so che mi posso fidare»disse infine.«Avrebbe potuto uccidermi, e invece non l'ha fatto».
James alzò gli occhi al cielo esasperato.«Mi fido del tuo istinto Gabe. Ci vediamo dopo»dichiarò sparendo tra la fiumana di gente.
Gabe raggiunse l'aula di letteratura, rimessa in sicurezza durante il ponte dei morti.
La prof era già lì, ma pur essendo in ritardo, non lo degnò di uno sguardo.
Prese posto accanto a Lilith che stava scrivendo sul quaderno. Il suo aspetto era all'apparenza uguale a prima. Stessa maglietta con la scritta "Leave me alone", stessa minigonna sfrangiata e stessi anfibi pieni di lacci.
«Baudelaire?»le domandò incuriosito.
Lilith alzò gli occhi dal foglio sorridendo.
«Ja»rispose, chiudendo il quaderno.
«Che poesia è questa volta?»
«Senza posa al mio fianco dà in smanie il Demonio,
si libra intorno a me come un’aria impalpabile;
io la ingoio e la sento bruciare i miei polmoni
e colmarli di un desiderio eterno e colpevole
»recitò.
«Carina. E sarebbe?»domandò sarcasticamente.
«La Distruzione»rispose con un sorriso.
«E la conosci tutta?»
Lilith annuì.
«Recitamela».
«E da quando ti piace Baudelaire?»
«Da quando reciti le sue poesie con così tanta passione».
Lilith continuò:«A volte, conoscendo l’amore che ho per l’Arte,
prende forma di femmina, della più seducente,
e con qualche specioso e strisciante pretesto
abitua le mie labbra a certi filtri infami.

E così mi allontana dallo sguardo di Dio,
mi porta, ansante e rotto dalla fatica, al centro
delle pianure della Noia, profonde e deserte,

e getta nei miei occhi colmi di confusione
degli abiti lordati, delle ferite aperte,
l’apparato sanguinante della Distruzione
»terminò.
«Deprimente»commentò Gabe con una smorfia.
«Credo che tu abbia ragione»concordò Lilith.«Non capisco perché le trovassi adorabili fino a qualche giorno fa»aggiunse pensosa.
Con la fronte corrucciata per la concentrazione la trovò ancora più bella.
Solo allora si accorse che era già iniziata la lezione e la prof non li aveva ripresi.
« Non impressionarti troppo»disse Lilith notando l'espressione dubbiosa dipinta sul viso del ragazzo.«Fino a qualche giorno fa controllavo la sua mente. Volevo renderti la vita un inferno»gli spiegò arrossendo.
«Davvero? Mi odiavi così tanto?»domandò incuriosito.
«I Demoni non sono capaci di amare»spiegò«Forse i Demoni comuni mantengono qualcosa di umano. Per gli Originari è diverso. Loro sono Angeli Caduti, vissuti millenni di anni fa che hanno dimenticato la loro vita terrena».
«Non capisco, parli di loro in terza persona, quando anche tu sei un Originario».
Lilith assunse un'espressione dubbiosa.«Te l'ho detto. Io sono un caso complicato Gabe. Mi piacerebbe spiegarti tutto…»
«Stasera»disse di getto Gabe, realizzando un secondo dopo ciò che aveva detto.
«Perché stasera?»
Gabe scrollò le spalle.«Ci possiamo vedere, così potrai rivelarmi il tuo segreto».
«Lo devo prendere per un appuntamento? Non credi di correre troppo Gabriele Cortes?». Non sembrava turbata o arrabbiata, solo divertita.
«Prendila come un'uscita tra amici. In fondo è quello che siamo»rispose Gabe.
La campanella suonò in quel momento.
«Ne parliamo a pranzo Gabe»lo salutò Lilith uscendo dall'aula.
Già. Non avrebbe atteso altro.
 
Seduto ad un tavolo un po' in disparte con James, continuava a fissare la porta della mensa in attesa di Lilith.
«Che hai amico? Sembra che ti abbia morso una tarantola da quanto sei agitato. Calmati».
Ma Gabe non l'ascoltò. Si osservava attorno esasperato nella speranza di scorgerla. Jake non si era ancora liberato della punizione, e Annabel aveva avuto un attacco di febbre, o almeno così gli aveva detto. Quindi non avrebbe avuto alcun problema a stare con Lilith.
«La vedi?»gli domandò invece.
«è difficile da non notare Gabe».
«Allora dovresti cambiarti gli occhiali»lo prese in giro una voce alle sue spalle.
«Lilith».
La ragazza sorrise.«Piaciuta la mia entrata a sorpresa?»
James la osservò sospettoso mentre prendeva posto accanto a Gabriele, intento a mordere un hamburger.
«Tu non mangi Lilith?»le domandò.
Lilith sorrise.«Potresti darmi un po' del tuo sangue già che ci sei».
Notando che James si stava mettendo sulla difensiva si affrettò a aggiungere:«se avessi fame».
«Da quanto non mangi?»
Lilith alzò gli occhi al cielo facendo finta di fare a mente un calcolo difficilissimo.«Dal giorno in cui mi hai donato il tuo sangue Gabe».
La mente di Gabriele iniziò a ragionare a ritmo sfrenato.«Forse il mio sangue ti dona un resistenza alla fame maggiore del comune sangue umano».
James sospirò sollevato.«è una buona notizia per noi umani Gabe».
«Ma non per noi Angeli»sentenziò lugubre Gabe.«Se i Demoni lo venissero a sapere partirebbero in una caccia irrefrenabile e ci ritroveremo in mezzo a una sanguinosa carneficina».
«Non lo dirò a nessuno se questo è il problema»promise Lilith.
«E come facciamo a sapere se possiamo fidarci di te?»si intromise James.
«Avrei potuto uccidervi in qualsiasi momento. Avrei fermato il tempo e finirvi. Ma non l'ho fatto. Ti basta come prova?»
James annuì infastidito che la ragazza avesse ragione.
«Per quanto riguarda il mio sangue»continuò Gabe titubante«se servisse a farti nutrire meno volte e a evitare morti, sono disposto a donartelo».
Lilith lo fissò sorpresa.
«Sono disposto a sottrarmi poco alla volta del sangue per evitare altre vittime»spiegò più determinato.
«Jake continuerebbe a uccidere»precisò Lilith per nulla convinta.«E poi non voglio che tu ti privi del tuo sangue…per me».
Gabe la fissò intensamente negli occhi.«Ma tu saresti disposta a tornare a uccidere?»
Lilith lo fissò a lungo. No. Lui l'aveva cambiata. Nulla sarebbe tornato come prima. Adesso pensare all'agonia delle sue vittime le faceva venire la nausea.
Scosse la testa.
«Allora è deciso. Ogni intervallo regolare ti consegnerò il mio sangue».
James assistete a tutta la scena in silenzio.
Doveva essere veramente innamorato da pensare a una cosa simile.
«E per Jake non preoccuparti. Ho un piano»dichiarò all'improvviso Lilith con un sorriso.
James alzò gli occhi al cielo.«Chissà perchè mi suona folle. E sarebbe?»
 «Potrei ingannarlo. Andrò solo io a caccia,e...»
«One second. Gabe si offre per darti il suo sangue e tu torni a uccidere?»
«Lasciami finire James. In verità il sangue che mi procurerò sarà di animale. Non credo si accorgerà della differenza».
«è un'idea fantastica»approvò Gabe.
Si contorse le mani.«E per stasera…»cominciò.
«Stasera alle sette davanti a scuola».

 





Angolo autrice:ta ta dan ^_^
Si sta avvicinando il primo appuntamento tra i due XD
Ringrazio lime_ per aver inserito la storia tra le ricordate e Clarice Hai tra le preferite e seguite. E naturalmente tutti voi che seguite la story^_^
Bacio e alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** capitolo 18 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 18

L'aria era frizzante. In fondo cosa ci si doveva aspettare da una giornata di inizio novembre?
Gabe gettò un'occhiata all'orologio che portava al polso.
19:10
Sfregò le mani intorpidite dal freddo. Meno male che era una città costiera, altrimenti sarebbe andata benissimo sotto zero.
La scorse da lontano. Ma quando si avvicinò quasi non la riconobbe. Non si era truccata, se non un leggero tocco di matita sugli occhi. Non indossava il solito chiodo di pelle, sostituito da un caldo cappotto di panno nero, sopra a un paio di jeans. L'unica cosa uguale erano gli anfibi.
«Sei…sei bellissima»disse quando fu a pochi centimetri da lei.«Come mai questo cambiamento nel look?»
Lilith scrollò le spalle.«Avevo voglia di cambiare. E poi non eri tu a volermi vedere senza trucco?» Gabe rimase spiazzato.«Non ho mai detto che…»
«L'hai pensato»lo interruppe Lilith.«E io sfortunatamente so leggere nel pensiero, se la mente non è schermata»replicò con un sorriso.
«Allora»proseguì Lilith«dove mi porti di bello?»
Gabe andò ancora di più nel pallone. Accidenti, non ci aveva pensato.
«Ecco…io…»
Lilith alzò gli occhi al cielo, con espressione mista esasperazione e divertimento.
«Meno male che ci sono io. Vieni. Conosco il posto ideale».
«Non è il Feuer Bar, vero?»domandò subito Gabe.
Lilith scoppiò a ridere.
«Nein. Avevo optato per qualcosa di più…normale».
Lasciarono il caos del centro, per raggiungere il lungomare.
Il mare quella sera era particolarmente irruento infrangendosi contro la scogliera.
«Siamo arrivati».
Si fermarono a due isolati dalla scuola davanti a una pizzeria, "I due forni".
Gabe deglutì.«Sicura che tu voglia passare la serata qui?»
«Assolutamente. Il proprietario, Joes è napoletano da parte di padre,  e fa le pizze migliori in assoluto. Te lo dice una grande intenditrice di cibi italiani»lo tranquillizzò Lilith facendogli l'occhiolino.
«Non pensavo che voi Demoni mangiaste i cibi comuni».
Lilith rise.«è vero, ma non per questo ho rinunciato a mangiare certe prelibatezze».
«Scusa, ma quando voi Originari eravate vivi, non esistevano le pizze».
Lilith gli diede un buffetto scherzoso sulla guancia.«Tutto a tempo debito Angioletto troppo curioso. Andiamo».
L'interno la pizzeria era carinissima con i tavolini per due disposti in modo ordinato, ornati di fiori al centro tavola. Si respirava un profumo invintantissimo di pizze e anche di qualcos'altro che Gabe non riuscì a identificare.
«Qui fanno tutte le specialità italiane. Dalle trofie al pesto genovesi, alle rosette romane».
 «Pensavo fosse una pizzeria»balbettò Gabe confuso.
«Lo è. Ma Joes e la sua famiglia non vogliono dimenticare le loro origini».
«Chi mi ha nominato?»esclamò una voce alle loro spalle.
«è un piacere rivederti Joes».
Era un uomo di mezza età, dai capelli neri e aria gioviale.
«Oh, Lilith. Benvenuta nella mia modesta pizzeria».Squadrò Gabe da capo a piedi.«Un tuo amico, immagino».
«Già. Gabriele lui è Joes. Joes Gabriele».
«è un piacere conoscerla SeñorJoes»disse Gabe allungando la mano.
Joes si massaggiò il mento.«Mi pare di aver già sentito la tua voce…Bah, lasciamo perdere. Prego sistematevi dove più vi aggrada».
Seduti sulle sedie in vimini, riapparve Joes con i taccuino in mano.
«Cosa vi porto ragazzi?»
Oh, oh. Non aveva ancora familiarizzato con tutte le pizze esistenti. Per fortuna Lilith lo tolse dall'impiccio.
«Due margherite e due lattine di Coca Cola. Va bene Gabe?»
Gabe si affrettò ad annuire sollevato.
«Arrivano subito». E sparì in cucina.
«Grazie».
«E di cosa?»
«Non sono ancora molto pratico con la cultura umana. In più, Joes lo conoscevo già. L'ho fatto disperare quasi un mese fa al telefono»spiegò arrossendo.
Lilith scoppiò a ridere.«Povero Joes. Che pazienza che ha dovuto avere».
«Già. Mi sa che non sono capace a far niente. Gli altri Angeli avevano ragione a dire che sono un inetto».
«Non è affatto vero»replicò seria Lilith.«Sei una persona speciale che ha un grande cuore. Nessuno di loro avrebbe fatto ciò che hai fatto».
Gabe abbassò lo sguardo.«Ho tradito le Leggi, non sono capace ad adattarmi a questa vita neanche nella cose più semplici. Forse…forse dovrebbero mandare qualcun altro a terminare la missione».
«Un Angelo che mi vuole uccidere?»domandò Lilith inarcando un sopraciglio.
Non ci aveva pensato. No, non voleva che lei morisse.
«Hai ragione. Dimenticati quello che ho detto».
Lilith fece per replicare quando arrivò Joes con le pizze.
Gabe annusò la sua intensamente.«Mmm…ho già l'acquolina in bocca»esclamò ficcandosene in bocca un pezzo enorme.
Lilith sorrise divertita davanti a tanta voracità. Anche lei era così prima che la sua vita cambiasse.
Si guardò attorno volando con lo sguardo sui presenti.
Ad attirare la sua attenzione fu una coppia poco distante.
«E quando pensavi di dirmelo?»stava urlando una ragazza in lacrime.
Il ragazzo che era con lei, forse il suo fidanzato, replicò gelidamente.«Non ti ho mai amata…»
La mente di Lilith corse al vicolo e al viso sorridente di Belial.
"Non ti ho mai amata"le aveva detto.
«Lilith, ti senti bene?». Gabriele la osservava con apprensione, sinceramente preoccupato.
Non resse al ricordo. Si alzò e scappò velocissima fuori dalla pizzeria.
«Cosa…»fece per dire Joes, quando Gabriele gli porse il conto della cena.
Le corse dietro. Aveva un'espressione atterrita che l'aveva subito preoccupato.
"Accidenti se è veloce"pensò scansando la gente che passeggiava tranquillamente.
Oh, eccola là.
Si era fermata, ed era poggiata al parapetto. Avvicinandosi sentì che singhiozzava. Forse aveva pianto dalla pizzeria fino a lì.
«Lilith».
La ragazza si girò con gli occhi gonfi di pianto.
Gabe allargò le braccia senza dir niente. Sapeva che era di conforto di cui aveva bisogno.
Lilith nascose il viso nel petto del ragazzo, piangendo.
Lui le accarezzò dolcemente la schiena.
«Non è niente. Qualunque cosa fosse, è finita».
Lilith scosse la testa.«Non è così Gabe. Ho ricordato quello che avrei voluto dimenticare».
«Lilith…cosa…»
«Io non sono un Originario come lo pensi tu Gabe. Lo sono diventata con l'inganno»confessò tra le lacrime.
Gabe rimase sorpreso.
«Sembra che sia arrivato il momento di raccontarmi la verità».
Lilith annuì.
Si sedettero su una panchina.
«Un tempo non ero così. Ero una ragazza normale, con una famiglia, amici. E un ragazzo»disse con lo sguardo rivolto a terra.
«Un giorno si ammalò gravemente. I medici avevano subito scosso la testa. Non sarebbe sopravvissuto».
«Cos'aveva?»
«Meningite fulminante».
Si portò le mani al viso.
«Ero disposta a tutto per salvarlo. Nessuno era disposto ad aiutarmi tranne un eretico di una setta satanica. Mi propose uno scambio: la mia anima in cambio della salvezza del mio ragazzo. Accettai. Lui si salvò, e io mi ritrovai all'Inferno. Era il prezzo equo da pagare. Ma non riuscii a rimanere a lungo lontano da lui. Trovai per puro caso un portale e tornai sulla terra».
«E poi? Cos'è successo?»
«Quello che vidi mi lasciò senza fiato. Trovai lui che si baciava passionalmente con un'altra. Non resistetti e mi rivelai».
Gabriele ridacchiò.«Non l'avranno presa bene».
Lilith gli scoccò un'occhiataccia.
«Già. Sbiancò in modo vistoso, se ti interessa. Mentre la ragazza se la diede a gambe. Provai a parlargli, convincerlo che se ero morta l'avevo fatto per lui. Si era divincolato urlandomi che non mi aveva mai amato e che se stava con me lo faceva perché voleva dannare la mia anima. Non ci vidi più. Mi ci buttai addosso, e lo morsi al collo. Ne succhiai il sangue, finché non rimase una carcassa stecchita».
«Che schifo»obbiettò Gabriele arricciando il naso.
«Di che ti lamenti? Sai che noi demoni ci nutriamo di sangue»ribatté Lilith scrollando le spalle.
«Ma quello che non sapevo era che lui era Belial, un Originario»continuò amareggiata.
Gabriele ci mise un po' a capire.«Il Capo del Settimo Cerchio».
Lilith annuì.
«Bevendo il suo sangue ho ereditato il suo fardello. La sua anima-per fortuna-è tra le dannate di Caina, la prima fazione dell'ultimo cerchio infernale».
«E quindi tu sei diventata un Demone per puro caso».
«Già»sorrise, un sorriso amaro.
«Dopo la trasformazione persi anche me stessa. La mia memoria fu resettata e in me regnarono rabbia e odio per quasi vent'anni».
«E poi?»
«E poi sei arrivato tu. All'inizio ti avevo visto come una facile vittima con cui divertirmi. Alla fine mi sono ricreduta».
«E adesso? Cosa pensi di me Lilith?»
La ragazza scosse la testa.«Non lo so Gabe. Sono confusa. Non so che fare. Non riesco più a capire chi sono».
«Io lo so».
Lilith lo guardò intensamente.
«Sei la ragazza che mi piace e che mi ha rubato il cuore il primo giorno in cui l'ho vista».
«Beth»disse lei arrossendo.«Tutti mi chiamavano Beth».
Gabe sorrise.«Allora comincerò a farlo anch'io. Beth»disse gustando la parola.«Suona meglio che Lilith».
La ragazza alzò gli occhi al cielo.«Naturale. Lilith è un nome da Demone».
«Sai…non credo ci sia memoria di un appuntamento così bagnato come questo».
Beth ridacchiò tra le lacrime che continuavano a scivolare giù per le goti, asciugandosele poi con il dorso della mano.
«Vieni. Ti riaccompagno a casa»disse l'Angelo cingendole il fianco.
Camminarono l'uno stretto all'altro.
«Abiti qui?»domandò Gabe con il naso all'insù quando si fermarono.
«Cosa credi? Noi Demoni andiamo buon gusto».
Gabe sorrise sornione.
Rimasero a fissarsi in silenzio.
Fu lei a tradimento ad alzarsi sulle punte e a dargli un bacio sulla guancia.
Si ritrasse sorpresa dopo pochi secondi.«A domani Gabe»sussurrò aprendo il portone e sparendo al suo interno.
Gabriele si toccò là dove aveva sentito la morbidezza delle labbra di Beth. Sentiva un leggero formicolio piacevole.
Diede un'ultima occhiata al portone, e si incamminò verso casa.
 
Beth aprì la porta dell'appartamento con mani tremanti.
Perché gli aveva dato un bacio, proprio lei che era finita nei guai per colpa di quello stupido sentimento?
Di delusioni ne aveva avute troppe, e ne aveva abbastanza.
Ma se con Gabe fosse stato diverso?
Dentro di sé sentiva di potersi fidare, ma era la ragione a bloccarla.
Sapeva bene come sarebbe andata a finire. Lui con un'altra, magari quella mora senza cervello che si era portata dietro, e lei sola. Forse era destino che rimanesse sola.
«Quanto tempo ancora mi terrai qui?»le domandò una voce dall'altra stanza.
Beth entrò con viso funereo. Il suo sottoposto sembrava ancora in forma.
«Può bastare la tua punizione. Ma non credere che sarò così clemente in futuro». Non credeva molto a quelle parole ormai. Ma doveva farlo credere a Jake.
Tirò fuori dalle tasche le chiavi e cercò quelle del lucchetto delle catene.
Non appena libero, Jake si massaggiò i polsi doloranti.
«Siete stata molto clemente con me Mia Signora. Non accadrà più»disse prostrandosi a terra.
«Spero per te. ».
Non notò il sorriso allargarsi sul viso del suo sottoposto. E anche
« E inoltre ti è proibito andare a caccia di sangue d'ora in poi. Me ne occuperò personalmente»
«C-co-osa?»boccheggiò a fatica.
«Ha i capito benissimo. Ti è proibito andare a caccia».
Chinò il capo nuovamente.«Come desiderate Mia Signora».
Sul viso si dipinse un'espressione di frustrazione. Ben presto gliel'avrebbe fatta pagare.
Gabe rientrò nell'appartamento quatto quatto per non svegliare Annabel.
Richiuse delicatamente la porta di camera sua ripensando alla serata passata con Lilith…correzione con Beth.
Sentiva che era diversa dall'altro Demone, Jake.
Ma com'era stata nel passato? Era diversa dalla ragazza che aveva imparato a conoscere meglio?
Si addormentò cullato dal sorriso e dal bacio dolce di Beth.

 










Angolo autrice:ecco il loro primo appuntamento *-*
Il prossimo aggiornamento avverrà o già questo week end o la seconda metà della prossima settimana.
Alla prossima XD

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** capitolo 19 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 19

La sveglia cominciò a suonare.
Ma non aveva nessuno da buttare giù dal letto quella mattina.
Gabe era già in piedi davanti a un libro di cucina per preparare i muffin al cioccolato.
Pur avendo infarinato mezza cucina il risultato furono due caldissimi soffici, invitanti muffin.
Da leccarsi i baffi.
Uno se lo cacciò in bocca e lo finì in pochi secondi, l'altro invece lo mise in un sacchetto per impedire che perdesse l'aroma. Voleva fare la Beth una sorpresa alla Gabriele, inaspettata.
Bussò alla porta del bagno euforico.«Annabel sbrigati. è tardi»le urlò.
Non era vero. Era perché non vedeva l'ora di andare a scuola.
«Va avanti. Ti raggiungo»gli rispose.
Gabe scrollò le spalle. Meglio così. Una persona in meno in mezzo tra lui e Beth.
Partì a razzo con la sua bici. Era felice, come mai prima d'ora. Era bastata lei per cambiarlo del tutto. Sembrava essere tornato il ragazzo che era stato, quello che vedeva davanti a sé un futuro.
Aveva uno scopo finalmente. Poter vivere con lei per sempre.
 
Il cortile era già pieno di ragazzi che chiacchieravano a raffica.
Cercò con lo sguardo Beth. La scorse seduta sui gradini davanti all'entrata con le cuffie nelle orecchie.
La ragazza si accorse di lui quando furono a pochi centimetri di distanza.
Si tolse una cuffia.«Ciao Gabe. Non ti ricordavo così mattiniero»lo salutò.
Gabe sorrise.«è che non vedevo l'ora di rivederti. Tieni». Le porse il sacchettino.
Beth lo aprì lentamente. Un profumino invitante di muffin l'avvolse.
«Grazie Gabe. Ma come fai a sapere che vado matta per i muffin?»domandò emozionata.
«In verità non lo sapevo»confessò Gabe.«Però mi fa comunque piacere che ti sia piaciuto. L'ho fatto con le mie mani stamattina».
Beth strabuzzò gli occhi sorpresa.«Ma a che ora ti sei svegliato?»
«Mmm…alle cinque del mattino».
«E l'hai fatto…per me?»
Gabe si avvicinò ancora di più, fino a trovarsi a un soffio dal suo viso.
«Per te attraverserei gli oceani a nuoto, cavalcherei turbini, volerei tra i fulmini»dichiarò.
Beth lo fissò di sottecchi.«Attraverseresti anche l'Inferno?»
Gabe annuì.«Anche l'Inferno».
«Allora sei tutto matto Gabriele Cortes»dichiarò Beth scoppiando a ridere.
«Sono pazzo di te»corresse Gabe con un sorriso che quasi uscì dal viso.
Beth scrollò la testa e cambiò musica sul MP4.
«Cosa ascolti?»
Beth non rispose e gli porse l'auricolare.
" Dark Shines
Bringing me down
Making my heart feel sore
Because it's good "
stava cantando un ragazzo a tutto spiano.
«Cos'è?»
«Dark Shines dei Muse»rispose Beth atteggiando le labbra in un sorriso.
«E ti piacciono molto le loro canzoni?»
La ragazza annuì.«Riescono a rappresentare la mia essenza alla perfezione».
Gabe si fermò a osservarla. Non si curò della gente intorno a loro che li osservava incuriosito. «Gabe, mi stai osservando». La voce di Beth lo fece cadere dalle nuvole.
Arrossì violentemente.«Già…scusa…»bofonchiò in tono di scuse.
Beth scosse la testa divertita.
Suonò in quel momento la campanella, maledetta da Gabriele.
«Ci si vede a lezione Gabe»disse alzandosi e regalandogli un bacio con la mano.
Gabe la osservò allontanarsi.
«Ehi amico, guarda che se la fissi troppo rischi di consumarla»lo prese in giro James che lo raggiunse in quel momento. «Meno male che non vi siete scambiati effusioni in pubblico».
Gabriele arrossì di botto.«Ma che vai a pensare James?»
James lo guardò stupito.«Ma non siete fidanzati?»
«Non ti sembra che sia troppo presto per pensarci?»
L'amico scrollò le spalle.«Da come vi comportate sembrate una coppia abbastanza affiatata».
«Siamo usciti insieme una volta sola»protestò Gabe.«E non la conosco ancora così tanto per portare il nostro rapporto a quei…livelli».
«Vi siete baciati?»
Gabe lo fissò in modo strano.«Mi sembra di sentir parlare una delle amiche di Annabel. No…solo uno sulla guancia».
James scrollò le spalle.«Vedi. Tutti i rapporti incominciano così. Vedrai che nel giro di poco tempo sarai rovinato».
«Che vuoi dire?»domandò confuso Gabe.
«Che sarete innamorati persi l'uno dell'altra».
 
La prima ora era di arte.
«Bene ragazzi. Oggi vi lascio libera scelta del soggetto che volete disegnare».
Tutti si concentrarono sul loro lavoro.
Gabe fissò la tela bianca davanti a lui. Prese titubante la matita e cominciò a disegnare le linee base. Poi fu la volta dei colori. Il pennello scivolò sul foglio disegnando sinuose curve.
«Ora mostratemi cos'avete fatto»disse il prof dopo tre quarti d'ora.
Kevin aveva raffigurato un rapper modello graffite.
«Molto bene Signor Turner»annuì il prof.
Savannah aveva disegnato una boccetta di profumo.
«Mmm…n°7 Chanel?»domandò.
La ragazza annuì.
«Bene Signorina Price»osservò il prof alzando gli occhi al cielo.
Thomas invece aveva raffigurato un paesaggio di montagna, molto simile alle Dolomiti.
«Incantevole questo posto Signor Bennet».
Quando arrivò il turno di Gabe, il prof rimase a bocca spalancata.
«Incredibile Signor Cortes. Siete un artista nato»esclamò con stupore.
Gabe si riscosse. Aveva disegnato un Angelo con le ali spiegate, una magnifica spada bianca e celeste diafana in pugno. Un Angelo che somigliava in modo impressionante aBeth, il volto fermo e determinato di fronte a una schiera di Demoni.
"Calmati Gabriele. La tua mente è suggestionata perché sei innamorato di lei" pensò.
Una parte di lui però non era molto convinta su questo punto. E se quello non fosse altro che un presagio del futuro?








Angolo autrice:eccovi il post primo appuntamento(non unico XD)
Ringrazio Butterfly of the moon, Kalstar, Clarice Hai per averla inserita tra le preferite(Clarice Hai anche nelle seguite XD),MaryMangiaBiscotti nelle seguite, chiarodiluna e Dream Yolo tra le ricordate:)
Ditemi, che ne pensate?
Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** capitolo 20 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 20

Suonata la campanella dell'ultima lezione prima di pranzo si fiondò fuori dalla classe più veloce di un razzo.
Raggiunse in un lampo l'armadietto di Beth. Non era ancora arrivata.
La vide farsi largo tra la folla. Quando lo scorse rimase per un attimo stupita.
«Cosa sei diventato Gabe, il mio stalker personale?»domandò con un sorriso sulle labbra.
Gabe si appoggiò stancamente all'armadietto.«Se è per stare più tempo con te, assolutamente».
Beth ripose i libri.«Non correre troppo Angioletto».
Gabe non capì.«Correre dove?»
Beth scoppiò a ridere.«è un modo di dire. Intendo di andare cauti nel nuovo rapporto che stiamo costruendo».
Il ragazzo annuì.«Capisco».
«è dura per me»continuò Beth«ritornare a fidarmi di qualcuno, dopo quello che è successo».
Gabe le prese la mano.«Non ti deluderai Beth. Io non potrò mai, ripeto mai ferirti in alcun modo».
Beth si perse in quell'azzurro mare.
«Non promettere ciò che non sei sicuro di mantenere».
«Credi che possa farti questo Beth? Tradisti nel peggiore dei modi?»Si ficcò le mani in tasca.«Sarò anche ingenuo e a volte un po' stravagante, ma quando prometto mantengo sempre la parola data. Credimi».
Beth annuì sollevata. Lo prese per mano.
«Voglio fidarmi».
Lungo il corridoio Gabe si sentì gli occhi degli altri ragazzi puntati addosso. Beth era la ragazza più bella in assoluto, a parer suo e di molti altri. I loro sguardi trasmettevano una sorta di gelosia. Altri invece desiderio di poterla avere tutta per loro. Gabe li inceneriva tutti con lo sguardo. Non avevano alcun diritto di fissarla in quel modo.
Quasi giunti in mensa si fermarono.«Oggi c'è anche Jake»mormorò scura in volto Beth.
«E allora?»
«Se ti vedesse con me potrebbe ucciderci entrambi. Meglio che facciamo finta di nulla, sei d'accordo?»
«Se è per tenere al sicuro il nostro am…cioè la nostra amicizia va bene».
Accidenti. Stava per scappargli quella parola.
«A dopo Gabe»gli sussurrò, per poi raggiungere il tavolo a cui era seduto Jake.
Già. Dopo. Erano solo poche ore. Ma gli sembravano già un'eternità.
«Ehi amico. Sei ancora vivo»lo prese in giro al voce di James.
Gabe si voltò. Era a pochi tavoli di distanza seduto di fianco a Rebecca.
Scansò un paio di sedie, e si sedette al loro fianco.
«Come fossi io quello sparito»lo punzecchiò con un sorriso sulle labbra. Eh già. Al suono della campanella della seconda lezione, si era girato verso James. Ma era sparito. Si era osservato attorno, e l'aveva scorto più avanti con Rebecca.
Durante la festa di Halloween si era perso molte cose.
Una rissa tra Kevin e Raulf, conclusa con la vittoria inaspettata del rapper applaudito come fosse un divo. E la dichiarazione di James a Rebecca.
L'amico l'aveva sempre tenuto all'oscuro dei fatti. Eh, già. James aveva una cotta per Rebecca dal terzo anno. E non aveva mai avuto il coraggio di confessarglielo. Fino a quel momento.
Ora era difficile trovare James da solo. Erano una bella coppia affiatata.
Rebecca scoppiò a ridere alla battuta.
James la guardò storto.
La ragazza scrollò le spalle.«Mi spiace Jam, ma non era così male».
«Già Jam»continuò Gabe«hai visto che le ragazze prediligono il mio senso dell''umorismo?»
«Davvero? Allora perché non ti vedo a fianco di Lilith se lei adora tanto le tue battute?»
Non capiva?
Se Jake li avesse visti insieme sarebbe tutto finito. Li avrebbe uccisi entrambi.
Abbassò il capo. Non poteva spiegarlo davanti a Rebecca, seppur provasse un'intima simpatia nei suoi confronti.
Quello che uscì dalla bocca della ragazza pochi secondi dopo lo lasciò di sasso.
«è perché quel Demone di Jake vi ucciderebbe?»
A Gabe andò l'acqua di traverso.
Guardò l'amico nella confusione più totale.
James arrossì vistosamente.«Non sono riuscito a non rivelarle la verità. Scusa Gabe».
«T-tu le h-hai d-det-to la ver-verità?»boccheggiò a fatica.
«Terrò la bocca chiusa Gabe. Sembra una cosa molto pericolosa. E io non sono un tipo che ama il pericolo».
Gabe riuscì a riprendersi.«Grazie Rebecca»riuscì solo a formulare.
Accidenti. Nessun altro doveva venire a conoscenza del suo segreto.
«James».
«Mmm?»
«Fa che Rebecca sia l'ultima a cui lo dirai, intesi?»
 
Rincontrò Beth al pomeriggio, all'uscita.
«Stasera ci possiamo rivedere?»
Un lampo di stupore passò in quegli straordinari occhi amaranto che tanto aveva imparato ad amare.
Ma fu un istante appena.
Beth sorrise furbescamente.«Due appuntamenti in due giorni? Gabriele Cortes, sei veramente pazzo».
"Pazzo di te" avrebbe voluto dire. Ma si limitò a un:«Vorrei conoscerti un po' meglio. Se per te va bene».
«Davanti alla scuola come l'altra volta?»
Gabe sorrise.«Ci sto».
Beth lo salutò con la mano e si allontanò.
Gabe trattenne a stento un sorriso a trentadue denti. Avrebbe contato i secondi.
 
Rientrò a casa alle cinque.
Era rimasto bloccato in mezzo al traffico, respirando così tanto smog da fargli venire la nausea.
Sarebbe potuta essere una barzelletta divertente, se il protagonista non fosse stato lui.
Aprì il portatile, trovando la solita e-mail del mese del fratello.
E chi diceva che loro Angeli non erano tecnologici?
Voleva essere aggiornato sui progressi fatti.
Certo.
Avrebbe potuto scrivere qualcosa del tipo: "Ehilà Fratello. Non ho ucciso Lilith perché ne sono innamorato, e guarda caso le ho anche salvato la vita donandole il mio sangue".
Certo, come no.
Lo avrebbe rispedito in Paradiso, mandando qualcun altro a finire l'opera.
Scribacchiò due cose a caso, restando sul vago.
Soddisfatto della sua piccola bugia spense il portatile.
Andò a sedersi pigramente sul divano.
Non riuscì a concentrarsi sulle immagini che saettavano sullo schermo.
La sua mente era tutta presa da Beth, dal suo sorriso. E dalla dolcezza che era riuscito a far riemergere.
Il suo ritorno in Paradiso gli parve solo un vago ricordo che però ritornò prepotentemente nella sua mente.
Se fosse accaduto, cosa evidente, che avrebbe fatto?
Lui Gabriele sarebbe stato disposto a ritornare a vivere una vita senza di lei?










Angolo autrice:Hallo a tutti XD
Un secondo appuntamento attende i nostri due ragazzi...mah...secondo voi che succederà? ;)
Ringrazio Dream_Yolo e meme 1 per averla inserita tra le ricordate e Marargol tra le seguite.
Alla prossima XD

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** capitolo 21 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 21

Beth arrivò puntuale davanti alla scuola questa volta.
Non era in tenuta elegante con una felpa porpora sopra una dolcevita nera e un paio di jeans e All Star nere.
E questo la rendeva ancora più bella.
Anche lui aveva optato per qualcosa di semplice. Una maglietta grigia su jeans e Tiger nere e gialle.
Non appena lo raggiunse Beth ridacchiò.
«Che c'è?»domandò confuso Gabe.
«Non sei il massimo dell'eleganza vedo».
Gabe decise di rispondere alla frecciatina.«Neanche te».
Beth sorrise furbescamente.«Dove ti sto per portare non sarebbero stati il massimo tacchi alti e giacche in tinta».
«Ah, davvero? E dove mi porti esattamente?»
«Non è lontano».
Percorsero il perimetro della scuola per raggiungere il retro dove si trovava il campo da football.
Beth si avvicinò al cancello con il catenaccio. Appoggiò un solo dito che quello si aprì con uno schianto.
«Nel campo da calcio?»
Beth annuì.
«Di notte? Non è che il guardiano ci becca?»
«Hai paura di rovinare la tua impeccabile reputazione Gabe?»
«No. è solo che…»
«Tranquillo. Il guardiano non verrà. E se mai lo farà entrerò nella sua mente e lo costringerò a lasciarci in pace».
Gabe annuì poco convinto.
«E poi ho scelto questo posto per avere un po' di pace».
Gabe la fissò senza capire.
«Hai detto tu che vuoi conoscermi meglio».
Già. Era quello che aveva detto.
Si sedettero per terra sulla soffice erba sintetica.
«Possiamo farci una domanda a testa, che ne pensi?»
Beth scrollò le spalle.«Warum nicht?».
Di fronte all'espressione di smarrimento del ragazzo alzò gli occhi al cielo.
«E meno male che sei un Angelo e che sei costretto a conoscere tutte le lingue del mondo. Ricordami di insegnarti un po' di tedesco da adesso in poi. Significa "perché no"»
Gabe annuì.
«Qual è il tuo colore preferito?»domandò.
Beth non capì.«Perché questa domanda?»
Gabriele scrollò le spalle.«Sei stata tu a dire che dobbiamo conoscerci meglio. E questo mi sembra un buon inizio, non credi?»
«Mmm…viola».
Il ragazzo arricciò il naso.«Viola? Che lugubre».
«Sentiamo Angioletto, il tuo qual è?»lo beffeggiò scherzosamente Beth.
«Azzurro»
«Ci avrei scommesso».
Gabe sorrise.«Tocca a te».
Beth alzò gli occhi al cielo come per cercare ispirazione.«Musica preferita».
«Classica».
«Mozart o Beethoven?»
«Beethoven. Ma non vale hai fatto due domande di fila. Adesso tocca a me per due volte». Ci pensò un po' su.«Hobby».
Beth fissò a terra giocherellando con due ciuffi d'erba.«Prima di morire dici?»
Gabe si morse il labbro.«Scusami, io non…»
«Non fa niente Gabe. Non fa niente»mormorò.«Cosa mi piaceva fare…non ricordo…».
Strinse gli occhi.«Ci sono. Avevo la passione per il disegno e la lettura».
«Grandioso. E che genere?»
«Disegno…mmm…un po' di tutto in verità. I libri, invece…mmm…fantasy. Il mio preferito era La storia Infinita».
«Aspetta ma quando sei nata?»
«Nove aprile del 1974. Perché?»
«Non immaginavo che ci fossero libri fantasy all'epoca».
Beth sorrise.«Forse nella tua epoca non ce n'erano. I fan di Tolkien potrebbero fondare una campagna contro di te per quello che hai detto, sai?»
Gabe alzò le mani.«Ok, ok. Scusa».
«Bravo. Adesso tocca a me. Hobby».
Gabe si fissò la punta delle scarpe.«Essendo il figlio di un conte non avevo molto tempo libero per svagarmi. Ma si, forse per leggere. L'ultimo è stato metà Inferno di Dante Alighieri».
«Non l'hai finito? Non ti piaceva?»
«No. è solo che…quel giorno sono morto».
Beth si ritrovò a corto di parole.«Gabe…»
Gabe scrollò le spalle.«Non è niente. Era destino che morissi. L'ho fatto per salvare mia sorella. E non mi pento del mio gesto».
Fu in quel momento che gli salì la domanda, che uscì dalle sue labbra senza che la potesse fermare.
«A proposito di salvataggi. Perché la notte della nostra prima battaglia mi hai risparmiato la vita?»
Si pentì subito di quella domanda. Vide la spalle di Beth irrigidirsi.
Quando sentì la sua voce si stupì. Non pensava che gli avrebbe risposto.
«Quando sono diventata un Originario una parte di me non si è mai arresa nel diventare un servitore totale delle Tenebre. Quella notte, quando ti ho fissato negli occhi avevo in qualche modo pensato di aver finalmente trovato colui che mi poteva sottrarre una volta per tutte alla mia condanna». Lo fissò intensamente negli occhi.
«Non mi pento della scelta che ho fatto Gabe. Perché senza di te sarei ancora la macchina spietata a servizio dell'Inferno. E una parte di me non ha mai voluto esserlo».
Gabe rimase in silenzio. Credeva molto nelle sue capacità, al contrario di se stesso.
«E tu perchè il giorno dopo mi hai salvato?»
Gabe alla domanda divenne rosso paonazzo.
«Ecco…io…». Dannazione. Aveva sorpassato ostacoli peggiori, e non era capace di rispondere a quella semplice domanda?
«Mi sono innamorato di te dal primo giorno che ti ho vista nel corridoio»disse tutto d'un fiato.
Ecco. Adesso avrebbe riso di lui e l'avrebbe preso in giro per tutta l'eternità.
Quando alzò lo sguardo si ritrovò il viso di Beth a un nulla dal suo. I capelli dorati gli facevano il solletico sulla fronte.
Quasi non credette a ciò che accadde pochi secondi dopo.
Beth poggiò le labbra sulle sue. Gabe l'attirò a sé rispondendo con foga a quel bacio che aveva aspettato da tempo.
Finalmente si erano complementati. Non erano più un Angelo e un Demone, bensì un'unica cosa.
Quando Beth si staccò, Gabe l'attirò nuovamente a sé. Aveva un bisogno incontenibile di lei, del suo amore, dei suoi baci.
E Beth corrispondeva.
Gli parve fondersi con lei, come aveva desiderato da tempo.
Beth se le godette tutte. Il tocco caldo delle man di Gabe sulla sua pelle gelida le stavano ridando la vita, quella stessa vita di cui Belial si era impossessato con l'inganno.
Non era più Lilith.
Era la vera Elisabeth, la ragazza morta per amore a soli diciotto anni, che piano piano stava prendendo il posto del Demone.
«Ti amo»le sussurrò all'orecchio la voce di Gabe.
Beth lo strinse ancora più forte come se temesse potesse prendere il volo e sparire per sempre, come un sogno. Un piacevole sogno da cui però ti devi svegliare.
Sentirlo lì al suo fianco la caricava di nuova speranza.
«Come si dice Ti amo in tedesco?»domandò all'improvviso Gabe.
Beth lo fissò negli occhi.
«Ich liebe dich»disse.
«Davvero? Niente parole ostruse lunghe come una casa?»
Beth annuì.
«Non  mi stai prendendo in giro, vero?»
La ragazza alzò gli occhi al cielo.«Nein. Fidati Angioletto di scarsa fede».
Gabe sorrise.«Non ti scaldare demonietto. Ti credo».
La baciò a fior di labbra.«Ich liebe dich». La ribaciò.«Per sempre. Finchè…»
«…morte non ci separi, eh? Ti ricordi che lo siamo già?»
Gabe fece una smorfia divertita.«Non era quello che intendevo. Lasciami finire».
«D'accordo, d'accordo. Continua».
«Finché Inferno e Paradiso non ci separi».
Beth si rabbuiò.«Gabe?»
«Mmm?»
«Cosa faremo se dovremo separarci». Lo abbracciò.«Non voglio lasciarti».
Gabe la strinse fortemente a sé.«Non accadrà mai Beth. Finchè avrò forza in corpo lotterò per il nostro amore. Lo giuro su ogni cosa importante al mondo».
Beth lo fissò.«E io sarò al tuo fianco».
Rimasero abbracciati a lungo sotto la tenue luce lunare.
Inaspettatamente Gabe ridacchiò.
«Che c'è?»domandò confusa Beth.
«è una cosa stupida. Eri tu dietro allo scherzo del cutter?»
Beth arrossì.«La me di un tempo». Lo fissò sempre più confusa.«Perché ti fa ridere così tanto?»
«Niente, niente». La fissò intensamente negli occhi.«Tra me e te non ci saranno più segreti. Vero?»
«Niente più segreti»concordò Beth.
«Cos'hai fatto alle mie spalle oltre questo scherzo?»
Beth arrossì.«Mmm...ho aizzato comtro di te la prof di letteratura. Ho fatto rispondere in malo modo Thomas dopo che l'hai difeso da Raulf il primo giorno. Ti ho fatto quasi cadere in testa l'intonaco della palestra...Devo continuate?»
 «Insomma tutti gli incidenti che mi sono capitati alla fine,giusto?»
Beth annuì sconsolata.«Mi vergogno di averti fatto tutto questo. Se fossi venuta aconoscenza prima del sentimento che provo per te,forse...»
«Non ti sarebbe importato. Il Demone che c'è in te mi avrebbe ucciso e torturato comunque».
Beth si accoccolò al suo fianco.«Ma adesso è diverso. Ti amo Gabriele Cortes»
Gabe intrecciò la mano con quella della ragazza.
«Anch'io»
 
A malincuore, verso mezzanotte, dovettero avviarsi verso i loro rispettivi appartamenti.
«A domani, Gabe»lo salutò Beth con un cenno della mano.
Gabe l'attirò a sé e la baciò.
«Non riuscirò a sopravvivere tutta la notte senza di te».
Beth sorrise.«Possiamo tentare un contatto mentale»propose.
Gabe scosse la testa.«Solo gli Arcangeli ne sono capaci».
«Anche teletrasportare la gente è da Arcangeli. Eppure tu lo sai fare».
«Puro caso Beth. Non sono un Arcangelo. è già tanto che mi hanno mandato qui in missione».
Beth fissò il prato.«Allora ho visto bene. Sei alla prima missione».
«Già».
Beth si ficcò le mani dentro le tasche della felpa.«Nicht contatto mentale, allora. A domani Gabe».
Gabe rimase imbambolato davanti al portone del condominio. Pochi secondi dopo si riscosse e si avviò verso casa.











Angolo autrice:ehilà a tutti XD
Ecco il momento tanto atteso da buona parte di voi.
La storia sarà ancora abbastanza tranquilla per ancora un po' di capitoli, ma non per questo non ci saranno colpi di scena(nel prossimo ce ne sarà uno) XD
Ringrazio traum per averla inserita tra le seguite, e Victoria Brennan per aver recensito XD
E in ultimo, non per importanza cambierò la trama perchè non riesce più a rispecchiare la storia che sta nascendo ^^" Chiedo già scusa in anticipo.
E niente...aspetto il vostro parere XD
Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** capitolo 22 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 22

Le mani del Demone percorsero i fianchi dell'Angelo esperte.
Annabel non aveva mai potuto pensare di arrivare a ritmi d'eccitazione così. Jake era un vero mago a riguardo.
«Annabel»sussurrò il demone al suo orecchio.«Ricordami perché siamo qui a rilassarci e a non piantare un coltello nel ventre di Lilith».
Annabel sbuffò spazientita.«Sei senza pazienza Jake. Ogni cosa a suo tempo».
Si trovavano in un albergo dimesso di periferia per evitare di essere scoperti da Gabe e Lilith.
Solo l'ora prima Jake aveva portato a compimento il Rito. Il Daemon Ritus.
Quando Annabel gli aveva comunicato la sua scelta sul volto di Jale era apparso un sorriso.
«Non te ne pentirai Ann. Stare dal lato oscuro è molto meglio che sembrare buoni all'esterno e far soffrire la gente in silenzio»disse pensando a Gabriele.
Già. Forse era per quello che aveva deciso di sottoporsi al Daemon Ritus. Un modo per farla pagare a chi l'aveva fatta soffrire,e stare finalmente con un ragazzo che l'amava.
«Per prima cosa ci dobbiamo procurare del sangue umano».
Trovare una vittima non era stato difficile. Un ragazzino di quindici anni dai capelli rossi che aveva perso l'ultimo autobus per il suo quartiere nella periferia della città. Non aveva avuto paura davanti a una ragazza dalla bellezza quasi divina. Era arrivata fredda e palpabile quando si trovò conficcato un pugnale nero all'altezza del cuore. Annabel non provò alcuna emozione. L'aveva già fatto per tenere in vita Jake. E adesso per cambiare il suo destino.
«Ora che abbiamo il sangue dobbiamo raggiungere il cimitero».
Non era molto lontano. Lì si respirava un'aria umida impregnata di morte.
Jake tirò fuori dallo zaino che aveva in spalla un calice finemente elaborato nero con fregi rossi. Ci versò dentro il sangue del ragazzino.
Lo porse ad Annabel.
Jake alzò le mani al cielo.«Mio Signore Lucifero. Accogli la preghiera di questo tuo umile servo. Accogli tra le tue braccia questa sorella a lungo dispersa nelle tue ali di tenebra».
Guardò Annabel negli occhi.«Ora bevi il sangue». Annabel ubbidì,e Jake recitò la formula in latino:«DomineLucifer. Huius orationem servi tui,et humilis. Alter in armis diu Sororem in alis tuis tenebrarum».
Il cielo sopra di loro pur essendo notte si scurì fino a diventare nero pece.La scossa che l'attraversò fu atroce.
"Devo resistere"continuava a pensare Anna,stringendo la mano violentemente. Poi come era iniziato finì.
Ann si ritrovò a terra,quasi senza fiato. Jake le porse una mano per rialzarsi.
Non notò alcun cambiamento.
«Jake. Non mi sento diversa da prima. Hai sbagliato qualcosa nel rito?»
Jake sorrise sornione.«L'effetto non è immediato. Fossi stata umana mi sarebbe bastato morderti alla carotide. Lì si che sarebbe stata una trasformazione istantanea. Ma in quanto Angelo il processo avverrà lentamente. Più ti nutrirai di sague più risveglierai la parte demoniaca che ti ho piantato nell'anima».
Lentamente aveva detto Jake. Non voleva aspettare così tanto. Questo pensava tra le braccia gelide di Jake intorno alle sue spalle.
Quando sarebbe arrivato il giorno si sarebbe vendicata su Gabriele.«Devo adare»disse alzandosi di botto.
Jake la fissò sorpreso.«Di già Ann? Volevo passare la notte qui con te».
Ann strinse le labbra.«Lo voglio anch'io Jake. È solo che...ho un presentimento»
«Che riguarda il Paradiso?». Sputò quest'ultima parola con disprezzo.
«Già».
 
Nel suo appartamento Beth non riusciva a prendere sonno. Sulle sue labbra risentiva il tocco dolce di quelle di Gabe.
Seduta pigramente sul divano, con vicino una lattina e un bicchiere stracolmo di Coca Cola Beth era alla ricerca di un programma interessante. Si fermò istintivamente davanti un'edizione veloce di un telegiornale locale.
«Pochi minuti fa è stata nuovamente rinvenuta la salma di un ragazzo,morto nelle stesse circostanze delle vittime di quasi tre settimane fa».
Il bicchiere di Coca Cola che reggeva si ruppe in mille pezzi sotto la sua stretta ferrea. Le schegge le ferirono il palmo, non se ne curò molto.
Jake aveva contravvenuto i suoi ordini.
Ah. Ma l'avrebbe punito. Carina e tenera fino a un certo punto. Rimaneva pur sempre un Originario.
Aspettò con pazienza il rientro del ragazzo.
«Dove sei stato?»gli domandò con voce calma ma piena di sottintesi.
Jake non capì dove volesse andare a parare il suo Superiore.
«In giro»rispose vago. E per "in giro"indicava con Annabel.
 «in giro a contravvenire ai miei ordini,giusto?» Si avvicinò pericolosamente accanto al caminetto. Prese un attizzatoio e lo immerse nelle lingue vermiglie del fuoco.
Jake decise di giocare sporco.«non capisco Mia...». Le parole gli morirono in gola.
Berh l'aveva colpito con la punta dell'attizzatoio al fianco. Si sentì lo sfrigolio del contatto seguito dall'odore di carne bruciata.
Jake colassò a terra.
«Avete ragione Mia Signora»mormorò debolmente. Si maledisse per questo.«Abbiate pietà del vostro umile servo»
L'ira di Beth scemò pian piano. Lo fissò con disgusto. Gli ricordava fin troppo Belial.
Abbassò l'attizzatoio.«Finora sono stata troppo clemente con te miserabile». Sentì Jake trattenere il respiro spaventato.
«Ti darò un'ultima possibilità. Prova a contravvenire anche a un solo minimo ordine che non mi accontenterò della tua agonia. Esigerò anche la tua testa».
 
Gabe non riusciva a prendere sonno.
Sentì la porta di casa aprirsi con un ciglio seguito dal passo felpato di Annabel.
Decise di farle prendere un bello spavento.
«Ehilà Ann»la salutò comparendo all'improvviso dalla sua camera.
Annabel sussultò. Gabe l'osservò meglio. Le sembrava diversa da prima, ma in un modo inspiegabile. Aveva profonde occhiaie bluastre sotto gli occhi come se avesse bevuto troppo,e un andatura quasi ferina. Come Beth un tempo.
«Cos'è? Le tue amiche ti hanno dato buca?»domandò scherzosamente.
La vecchia Ann ci avrebbe riso sopra. Stavolta scattò furiosa.
«Fatti gli affaracci tuoi Gabriele. Lasciami in pace»
Gabe rimase spiazzato dalla sua reazione.«Ann...»fece per dire ma un raggio.di luce l'accecò per pochi secondi.
Quando a vista tornò a funzionare si ritrovò Michael seduto comodamente sul divano.
«Scusate l'interruzione della vostra chiacchierata amichevole»disse con un sorriso.
Meno male,pensò Gabe. Almeno il senso dell'umorismonon era sparito in Mike.
«Mike,cos'è successo? Ci sono guai in Patria?»
Gli Arcangeli lasciavano di rado la custodia del Paradiso.
Michael scosse la testa.«Il guaio è capitato proprio qui Gabriele. Un Demone ha compiuto un rituale qui a Wilmington».
Annavel distolse lo sguardo e schermò accuratamente la mente,per non lasciar trasparire i suoi pensieri a Michael. Gabe lo fissò confuso. Quando era avvenuto? Sicuramente sarà stata opera di Jake.
«Quando?»
«Neanche un'ora fa».
Era con Beth, e preso da lei non aveva fatto caso a ciò che capitava intorno.
«Non ho notato nulla di anomalo»disse sicuro.
Michael si girò verso Ann.
«Annabel?»
La ragazza alzò lo sguardo. Scosse vivamente la testa, lasciando subito dopo la stanza.
«Ha qualcosa che non va? Non mi sembra più la ragazza di un tempo».
Gabe scrollò le spalle.«Già. è da quando siamo qui che il nostro rapporto si è degenerato. Ora è proprio a pezzi».
Mike lo squadrò con occhio critico.«Anche te sembri diverso. Qualcosa che non va?»
Gabe trattenne il respiro. Non poteva di certo rivelargli che era innamorato di un Demone.
«Nulla. Non preoccuparti»mentì.
Michael lo fissò ancora un secondo dubbioso, prima di sparire in un lampo di luce.
Gabe sospirò.
Il suo amore per Beth era ancora al sicuro.
 
Inferno, Nono Cerchio
«Quando è previsto il ritorno di Lilith?»domandò per la centesima volta Lucifero.
Azazel,Originario Capo del Sesto Cerchio, alzò gli occhi al cielo esasperato.«Avete posto il termine tra qualche settimana,Luci»rispose.
A volte non capiva perchè così tanta apprensione del Suo Signore.
Lucifero si alzò dal suo scanno onice elaborato nei minimissimi dettagli in fregi.
«Non ero d'accordo su questa missione»
«Ma gliel'avete concesso».
Lucifero fissò fuori dalla finestra della sua colossale dimora. Fece un gesto pigro con la mano aumentando il vento gelido sul Lago Cogito. Le urla disperate delle anime dei traditori arrivò dolce come miele alle sue orecchie.
 «Un Demone come lei così fuori dal comune non arriva tutti i giorni. Belial non ha sbagliato del tutto a sceglierla».
Azazel sbuffò. Già,un'ottima scelta. Che gli era costata la dannazione nella Caina.
Il Signore dell'Inferno abbassò la mano facendo scendere una sottile neve,intervallo prima di una nuova buffera.
«Un Demone degno di diventare Regina».
Azazel quasi sputò il sangue che stava sorseggiando dal calice che teneva in mano.
«Non credo di seguirti Luci...la vuoi sposare?» Quasi non credette alle sue parole.
Lucifero sorrise nella penombra della stanza.«Esatto. E quando tornerà le farò la proposta di matrimonio».













Angolo autrice:Hallo a tutti XD
Come anticipato in questo capitolo abbiamo avuto delle belle sorprese :)
La storia vi ricordo continuerà abbastanza tranquilla per ancora un po', e poi...non avete idea di cosa vuole scatenare la mia mente. Per cui tenetevi pronti.
Volevo ringraziare America 35, canihavemoneyforcomics, DustFingers e Victoria Brennan per averla inserita tra le seguite.
E ora lascio la parola a voi XD

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** capitolo 23 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 23

Non riuscì a dormire quella notte. Appena entrava nello stato dormi-veglia si svegliava pochi minuti dopo.
Tutti i pensieri correvano a Beth. Ai suoi occhi, al suo sorriso. Tutto di lei risplendeva ai suoi occhi.
Si girò sul fianco.
Era così che si sentiva la gente innamorata?
Prossima a cadere da un'altezza vertiginosa e non risalire più?
Forse l'amore era questo.
Un susseguirsi d'emozioni che trascinano verso l'oblio.
Uno sgambetto beffardo del destino.
Davvero l'amore poteva essere un sentimento così potente da fargli quasi perdere la testa?
Mugugnò, girandosi sul fianco sinistro. Che pensieri pessimistici.
Ma allora cos'era? Si domandava nella sua mente continuamente.
Gettò un'occhiata alla sveglia.
7:00 lampeggiava.
Si alzò a fatica dal letto, trascinandosi pesantemente in bagno. Lì si gettò acqua gelida sul viso.
Rabbrividì.
Era fredda. Come la pelle di Beth.
Oh, insomma. Ecco che tornava a fare pensieri neri.
Optò per una colazione abbondante per dargli abbastanza energia per la giornata.
Annabel lo raggiunse visibilmente stanca.
«Ti sei svegliata dalla parte sbagliata del letto Ann?»
La ragazza gli rifilò un'occhiataccia, ma non gli rispose. Tirò fuori dal frigo una bottiglia di Gatorade all'arancia rossa.
Accidenti. Non voleva che la sua migliore amica rimanesse in collera con lui.
«Senti Ann. Mi spiace. Non volevo prenderti in giro». Sentì gli occhi marroni di Annabel puntati addosso.
«è solo che in questi mesi ci siamo allontanati. Litighiamo di continuo. Possiamo tornare come un tempo. Amici?»
La sua espressione era indecifrabile. Come aveva fatto a non accorgersi del suo cambiamento?
Inaspettatamente Annabel gli si avvicinò e lo strinse forte.
«Scuse accettate stupido angelo insensibile».
C'era ironia nel suo tono di voce.
Gabriele lo prese per un buon segno.
Non un possibile tradimento alle sue spalle.
Non si accorse dello strano sorriso che attraversò le sue labbra per un attimo, sparendo in un baleno.
«E ora andiamo»disse staccandosi e riacquistando un atteggiamento marziale.
Per Gabe fu come ricevere una pugnalata.
Era davvero così cambiata?
 
Arrivò in ritardo. I ragazzi stavano già entrando nelle aule.
Annabel alla fine si era presa un motorino nero ed era riuscita a sfrecciare tra un auto e l'altra infischiandosene dei cartelli stradali.
Invece Gabe era rimasto imbottigliato nel traffico.
Maledizione, aveva pensato.
Non gli bruciava il fatto di arrivare in ritardo per la prima lezione, ma di non vedere Beth.
Quando la scorse in corridoio tirò un sospiro di sollievo.
La vide corrucciare la fronte davanti all'armadietto e rimirare la bottiglia alla luce.
Fece un sorriso a trentadue denti mentre si avvicinò.
«Gabe…»fece per dire Beth, quando il ragazzo la prese per un polso, l'appoggiò delicatamente contro l'armadietto alle sue spalle e la baciò con trasporto.
«Ti amo Beth»le sussurrò.
Lei si divincolò giocosa.
«Da quando sei così Gabriele?»
Gabe la riacchiappò.«Da quando sono pazzo di te».
«Menti Angioletto. Il primo giorno non l'hai fatto»ribatté Beth.
«Solo perché volevi farmi passare per un idiota. Lo sai, niente bacetti alle ragazze dispettose».
Beth fece il labbruccio.«Non sapevo che voi Angeli foste così permalosetti»lo prese in giro.
Gli sventolò la bottiglia sotto il naso.
«Un tuo regalino immagino».
Gabe sorrise sornione.
«Un mio giochetto di teletrasporto d'oggetti».
Beth aggrottò la fronte.
«Mi stai dicendo che l'hai teletrasportata qui?»
«Esatto. Mi sono sottratto il sangue. E poi, stanco e pigro, ho provato a fare questo esperimento. Ha funzionato, per fortuna».
Beth sorrise.
«Cosa farei senza di te Gabe?»
Gabe si inchinò goffamente.«Sempre al tuo servizio».
Beth sorrise divertita, e si affrettò a raggiungere il laboratorio di chimica.
Cos'aveva lui? pensò Gabriele. Tirò fuori l'orario delle lezioni. Aveva il cervello così nel pallone che non ricordava nulla.
Letteratura.
No. Un momento. Non c'era assemblea in aula Magna?
La risposta arrivò quando notò i suoi compagni entrare nell'immensa aula e sistemandosi nei posti in fondo.
Meno male. Così aveva una scusa per distrarsi da Beth.
Si sedette a metà aula tra due ragazzi con cui condivideva la lezione di musica. Gente con cui aveva scambiato solo un timido ciao. E basta.
«Allora Angioletto, ti sei alzato dalla parte sbagliata del letto?»l'apostrofò la voce insolente di Jake.
Gabe si voltò di scatto. Jake sedeva comodamente alla sua sinistra, dove prima c'era il ragazzo al violino.
Ma questo era il minore dei problemi. Represse un moto di stizza. Era la stessa battuta che aveva fatto lui quella mattina.
«Non sono affari che ti riguardano»gli rispose con decisione.
Il sorriso si spense sul volto di Jake.
«Stai scherzando con il fuoco Angelo»sibilò.
«Non ho paura di te. Non ne ho mai avuta. Lo sanno tutti che è sempre il bene alla fine a trionfare».
Jake sogghignò.«Non credo Angelo. Non questa volta». Gettò lo sguardo alla vicepreside che tentava invano di far scendere il silenzio nell'aula per permettere al direttore di un college di procedere con la sua presentazione.
.«Non capisco cosa impedisca ala mia Signora di ucciderti in questo momento. Farti a pezzi, e a ridurti a uno schiavo».
«Strano. è la stessa cosa che sto pensando di te Jake. Non capisco come faccia a portarsi dietro una nullità come te».
Erano parole dure. Ma che si addicevano benissimo alla situazione.
Jake chiuse la mano a pugno.
«Forza colpiscimi Demone»lo stuzzicò Gabe.
Jake abbassò la mano e si voltò.
Gabe sospirò. Uno a zero per lui.
«Non è ancora finta Angelo»lo sentì mormorare.«Alla fine, nonostante tutto avrai ciò che ti spetta».
«Idem»gli rinfacciò.«Spero marcirai tra le fiamme dell'Inferno»aggiunse acido.
Jake sogghignò.«Non sono io quello che le dovrebbe temere».
 
La discussione mise addosso a Gabe una strana inquietudine.
Come Angelo doveva essere estraneo a sentimenti come odio e rabbia. Ma con Jake era diverso. Lo odiava dal più profondo del suo cuore.
Il suo cuore cantava ripensando alla sua fantasia di bruciarlo nel Fuoco Celeste,fonte di potere di loro Angeli e assolutamente letale per le creature corrotte come i Demoni.
Scosse con vigore la testa.
Stare con un Demone gli aveva instillato ancora di più pensieri macabri.
«Che seccatura di un Demone»concluse.
Non l'aveva ancora ucciso perchè sapeva che Beth non avrebbe approvato. Rimaneva pur sempre un suo simile. Subdolo ma pur sempre un suo sottoposto.
Sperava solo che lo punisse violentemente. Tanto bastava.
Si sedette sul divano armato di telecomando, patatine e Coca Cola. Insomma un pomeriggio di relax.
Fece per premere il dito sul tasto, quando il cellulare vibrò, per indicare l'arrivo di un messaggio.
B.
Era così che l'aveva nominata nella rubrica, per evitare i sospetti di Annabel.
"Che ne pensi di uscire stasera?"
Gettò un'occhiata all'orologio. Stasera indicava tra due ore.
"Dove ci vediamo?"
La risposta arrivò pochissimo tempo dopo, come se Beth fosse attaccata all'apparecchio in attesa.
"Dalla scuola, come al solito".







Angolo autrice:hallo XD
Piaciuto il battibecco tra Gabe e Jake? Spero di averlo reso bene^_^
Nel prossimo...Beth e Gabriele si incontreranno, e...surprise :D
Provate a indovinare di cosa si tratta?
Ringrazio Mizzy, Salomea e yle94 per averla inserita nelle seguite, e tutti voi che la leggete XD
Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** capitolo 24 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 24

Giunto davanti alla scuola, ora diventato il loro punto d'incontro, non la vide. L'unica nota che stonava era una Ferrari nera parcheggiata proprio davanti all'entrata.
Un colpo di clacson lo fece sobbalzare.
Il finestrino della Ferrari si abbassò.
«Forza Gabe, sali»lo incitò Beth.
Gabe salì sull'auto. James avrebbe dato fondo a tutti i suoi risparmi pur di salire su quel gioiellinoanche per qualche secondo.
Ma non è questa la cosa importante.
In auto?
Da quando Beth sapeva guidare?
«Bella macchina»commentò alla fine a corto di parole.
Beth sorrise sorniona.«Vero? Sai, quando si è Demoni si riesce sempre a convincere la gente».
«Hai convinto uno a venderti l'auto?»
Beth ridacchiò.«In verità regalata. Ma è stato all'inizio della mia missione qui».
«Ah…»annuì Gabe.«E sarebbe?»
Beth alzò gli occhi al cielo.«Portare scompiglio nella città con omicidi e alla fine appropriarci delle anime dei suoi abitanti».
Gabe deglutì.
«Tutto qui?»
Beth sbuffò.«Come fosse poco». Accarezzò il volante e lo stemma della famosissima casa automobilistica italiana.
«Ma non siamo qui per questo Gabe».
Il ragazzo annuì.«Lo so. Dove mi porti?»
«A New York».
Sgranò gli occhi. Aveva sentito bene?
«Mmm.  Domanda stupida? Perchè vuoi andare a New York?»
Beth si voltò verso di lui sorridendo.
«È il mio sogno da quando ero bambina. Desideravo vedere Rockefeller Center e il suo maestoso albero».
 «Beth,ti devo ricordare che siamo ancora a fine Novembre?»
«Sai come sono i newyorkesi. L'hanno già allestito».
«E come raggiungiamo New York?»
«Semplice. Andremo naturalmente con il mio tesoro»disse dando una piccola pacca al volante.
«Adesso?»
Beth sbuffò.«E quando? Salteremo solo domani di scuola, così avremo tutto il week end libero. Da passare insieme».
Non era un'idea così stupida.
Non voleva mollare.
«Jake ritornerà a uccidere se non gli procurerai il sangue di animale».
Beth sorrise.
«Ho fatto scorta. Ne avrà abbastanza per due giorni».
Gabe sospirò rassegnato.
«Vado a casa a fare la valigia».
Beth gli buttò le braccia al collo.«Sei un tesoro Gabby»
Gabe inarcò un sopraciglio.«Gabby? Da dove è uscito questo nomignolo?»
Beth sbuffò.«Come sei scarsamente romantico».
Sorrise, un sorriso da bambina birichina dipinta sul viso.«Allora da adesso in poi ti chiamerò Pucci pucci».
Gabe sgranò gli occhi.«Oh no. Va bene, mi arrendo. Gabby va bene. Chiamami come vuoi ma non Pucci pucci».
Beth fece il labbruccio.
«Ma era un soprannome così…dolce».
«Come te»rispose l'Angelo sporgendosi per darle un bacio sulla guancia.
«Ti ho mai detto che non potrei vivere senza di te?»le sussurrò.
«Menti. Hai vissuto anni in mia assenza»gli fece notare Beth.
Gabe sorrise.«Lo so».
La ribaciò.«E mi chiedo ancora come abbia fatto».
 
Gettò alla rinfusa un paio di magliette, due jeans, un po' di biancheria intima. E poi i documenti che Michael gli aveva consegnato all'inizio della sua missione. A quel tempo era solo un cinico Angelo che non credeva quasi più in un futuro. Quante cose erano cambiate.
Una più di tutte aveva sconvolto in meglio la sua vita. Beth.
Chissà come sarebbe rimasto se non l'avesse conosciuta.
«Che stai facendo?»
Gabe si girò, sentendosi per un attimo colpevole.
Annabel era ferma sull'atrio della porta con espressione indecifrabile.
«Passo il week end fuori. L'aria qui a Wilmington si è fatta un po' pesante»mentì.
Annabel inclinò la testa di lato.
«è per il battibecco che hai avuto con Jake?»
Per un istante le parve di scorgere sotto la nuova Annabel, la sua migliore amica. La sua confidente.
Annuì.«Voglio far calmare le acque. Starò via fino a sabato. Se non ti da fastidio a stare sola».
Annabel fece un gesto di noncuranza con la mano.«Ma la caverò alla grande Gabe. Va pure tranquillo…dove di preciso?»
«New York».
Annabel fece le spallucce, e si chiuse la porta alle spalle.
Gabe si grattò la testa.
"Dov'ero rimasto? Ah, si".
E ricominciò a  riempire la valigia.
 
Arrancò con la valigia fino a scuola.
Beth era ancora lì, con in mano un libro.
Gabe strinse gli occhi per leggerne il titolo.
«Beautiful…». Non riuscì a vederlo tutto.
Beth alzò gli occhi dal libro.«Beautiful Darkness»disse con un sorriso.
Annuì.«E di cosa parla?»
«Di un amore proibito, tra un umano e una maga». Lo chiuse riponendolo delicatamente nel finto sedile dietro.
«Un po' come il nostro»aggiunse.
«Non credo»ribatté convinto.
Beth rimase in silenzio a fissare la carizzeria della macchina davantu.
Si batté la mani sulle cosce.«Allora? Si parte?»
Beth sospirò di sollievo per questo cambiamento di argomento,e mise in moto e la Ferrari che emise il suo inconfondibile e musicale rombo.
«Si parte»confermò pigiando sull'acceleratore.
Lungo il tragitto Gabe fu sul punto di addormentarsi per ben quattro volte.
«Ripetimi il motivo per cui sei voluta partire a quest'ora. Sto dormendo in piedi».
Beth lo fissò di sottecchi per non perdere di vista la strada davanti a sé.
«Se tu ci teletrasportassi direttamente a New York potresti dormire comodamente in un letto».
Gabe strabuzzò gli occhi.«Io? Teletrasportare te, me, i bagagli e la macchina».
La vide annuire.«Sissignore».
Scosse la testa.«Piccoli oggetti ok. La ragazza della propria vita è un conto. Non credo di esserne capace».
«Come fai a sapere che non ci riesci, se non provi?»
«Rischio di materializzarci ovunque. Persino nelle profondità oceaniche, dove la pressione ci potrebbe spremere fino a ridurci…»
«Chiaro Gabe»lo interruppe Beth.«Per essere un Angelo sei veramente apocalittico».
«è che non voglio farti del male e mettere a rischio la tua vita»confessò Gabe.
Beth staccò una mano dal volante e la poggiò su quella di Gabe.«Mi fido di te. Ora tocca a te fidarti di te stesso».
Gabe sospirò, ma chiuse lo stesso gli occhi concentrandosi.
Aveva visto solo in foto la città di New York e non gli era sembrata così affascinante. Lui era più tipo da città d'arte come Roma, Firenze.
Ma se Beth voleva andarci, non sarebbe stato il suo scarso interesse a fermarla.
L'unica foto che gli era rimasta in mente era TimeSquare.
Strinse di più gli occhi.
TimeSquare. TimeSquare. TimeSquare.
Si ripeté come una cantilena.
E la loro Ferrari che correva sul setacciato dell''autostrada scomparve.









Angolo autrice:ta dan^_^
Ecco programmata per i nostri protagonisti una romantica vacanza a New York:)
Ringrazio AuraNera, Cristina Cuman,ki_ra per averla inserita tra le seguite, e _lalla27_ nelle preferite.
Vi invito come sempre, s evolete, a dirmi che ne pensate :D
Alla prossima settimana :)

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** capitolo 25 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 25

Sentì Beth trattenere il fiato di fianco a sé.
"Siamo finiti in fondo all'oceano, lo sapevo" pensò amareggiato Gabe con gli occhi ancora rigorosamente chiusi. Si sentiva un impiastro.
Inaspettatamente Beth lo abbracciò.
«Ist ein Genialität* Gabe. Ci sei riuscito.»
Cosa?
Aprì gli occhi. La Ferrari stava percorrendo lentamente le strade innevate. Davvero era New York?
Fissò lo sguardo all'insù di Beth, più emozionata che mai.
Dovette ammettere che non era affatto male come credeva.
Anche se le insegne erano troppo luminose per i suoi gusti. E non erano apparsi a Time Square.
Optarono per un albergo poco distante nella Broadway quasi all'incrocio con West 57 th Street. Beth si intrattenne in una lunga conversazione con l'inserviente. Gabe si guardava attorno con il naso all'insù percorrendo l'intero perimetro. Era decorato finemente con affreschi di chissà quale epoca. Al centro scendeva un enorme lampadario appesantito da un numero discreto di cristalli.
«Vieni Gabe».
La voce di Beth lo riportò con i piedi per terra.
Entrarono nell'ascensore e Beth pigiò il tasto numero 9.
All'interno padroneggiava il rosso e l'oro. Un piccolo tlin segnò l'arrivo a destinazione.
Beth controllò il numero delle stanze segnate sul portachiavi della chiave.
«Hai la stanza 909 Gabe»gli disse porgendogli la chiave.
«E tu?»
«Quella accanto. La 908».
Trascinò la valigia dentro la stanza abbastanza accogliente. Il letto a baldacchino dalle coltri rosse però assomigliava un po' troppo a una bara, constatò.
Alla sua destra un comodino basso su cui era poggiata una lampada e il telecomando della tivù posta esattamente lì davanti. A sinistra invece un piccolo frigo.
Almeno la portafinestra dava su un piccolo terrazzino. Quando aprì le imposte fu investito da una folata gelida. A Wilmington non faceva così freddo.
Il sonno era scomparso, sostituito dall'eccitazione per la sua impresa. I suoi insoliti poteri per un Angelo comune stavano aumentando.
"Chissà se ho ancora capacità nascoste"pensò tra sé e sé.
Si buttò pigramente sul letto, e accese la tivù.
Si fermò davanti a una giornalista al caldo in un morbido piumino da scii.
«Incredibile cari concittadini. Questa è senz'altro la bufera più intensa degli ultimi anni. E anche fuori stagione, come potete notare dal calendario».
 23 novembre2012. Senz'altro anomala.
«Per cui, consiglio degli esperti cercate di uscire nelle ore più calde e occupate il vostro tempo in compagnia di famigliari».
Il servizio si interruppe, dando il via a quello dopo centrato tutto sulle ultime notizie di gossip.
Represse una smorfia di disappunto. Non lo affascinavano per niente quelle ragazze ossigenate e dall'aria poco intelligente.
Spense la tivù. Poteva leggere un buon libro. Oppure chiamare Beth e passare un po' di tempo con lei. Fece per alzarsi dal letto quando la porta si aprì.
Sulla soglia apparve Beth vestita tutto punto.
Aveva optato per un cappotto di lana nera, un basco e anfibi. Si era legata i capelli in due trecce che le scendevano giù morbide dandole un aspetto sbarazzino.
«Andiamo Gabe?»
Gabriele gettò un'occhiata all'orologio alla parete.
Altro che ore più calde.
«Sono le nove di sera. Gli esperti hanno detto…»
«Ma Gabe»lo interruppe Beth impaziente.«Io vorrei vedere Rockefeller Center illuminata. Di giorno perde tutta la sua magia».
Gabe sospirò, ma prese comunque il suo piumino.«Andiamo a vederla veloce, e poi torniamo qui di volata».
Beth si alzò sulle punte per stampargli un bacio sulle labbra.
«Sei un tesoro d'un Angelo Gabe, lo sai?»
Gabe sorrise furbescamente.«Lo so. E me ne compiaccio».
 
Rockefeller Center  non era molto lontana dall'albergo. Percorsero le strade caotiche di New York mano nella mano, come una comune coppia innamorata. Che tanto normale non era.
«Eccoci Gabe. Siamo quasi arrivati»esclamò Beth tutta eccitata.
«Come fai a saperlo? Non sei mai venuta qui».
«Ho fatto le mie ricerche, Angioletto troppo preistorico. Sai che hanno inventato Google Maps».
Gabe alzò gli occhi al cielo divertito.«Hai vinto. Uno a zero per il Demonietto».
Beth sorrise.«Ja. Lo sai che io ho sempre ragione».
«Claro**».
«Gabe guarda!»urlò emozionata Beth all'improvviso.«Non trovi che sia favoloso?»
In effetti non era affatto male.
Notò in lontananza una fontana con una statua in oro,con alle spalle il famosissimo albero alto più di nove metri sicuramente.
Una fiumana di gente sciamava nella loro stessa direzione. Genitori che cercavano di calmare i loro figli urlanti ed eccitati. Coppie come loro che si tenevano stretti l'uno all'altra teneramente. Anziani con i loro nipoti. Insomma un'eterogeneità di età e culture. Una signora si aprì in un grande sorriso a Gabe che rispose impacciato.
"Se mi vedesse Raphael mi prenderebbe in giro a vita"pensò.
«C'è anche la pista da pattinaggio».
Questo interruppe il flusso dei suoi pensieri.
Pista da pattinaggio?
Oh no.
«Vieni Gabe».
Beth lo prese per mano e lo condusse dal chioschetto dove affittavano i pattini.
«Beth non credo sia una buona idea»disse a scatti, come per mancanza d'aria. Che veramente gli mancava.
«Non sai pattinare?»
Non era per quello.
«Ecco io…»
«Ti insegnerò io Gabe».
Non era per quello. Avrebbe voluto dire Gabe.
Come un condannato a morte osservò Beth nella sua conversazione con un tizio che le porse due paia di pattini argentati.
«Sarà divertente Gabe, lo giuro».
Gabe deglutì e annuì poco sicuro.
«Non mi metterò a ridere se finirai con il sedere per terra»aggiunse Beth allacciandosi i pattini.
Gabe la imitò. Pochi secondi dopo erano sulla lastra di ghiaccio. Intorno a loro saettavano ragazzi dall'aria da spaccone. Attaccati alle ringhiere quelli insicuri che facevano piano piano un passetto alla volta.
Fissò se stesso in bilico sulla superficie ghiacciata. Un senso di vertigine lo bloccò al suo posto. Il mondo prese a vorticare. Sentì a malapena di essere crollato sul ghiaccio.
«Gabe? Gabe! Che cos'hai? Gabe!»
La voce preoccupata e atterrita di Beth arrivò ovattata alle sue orecchie.
Non riusciva a risponderle. I ricordi invasero prepotentemente la sua mente cancellando ogni singola cosa.
Fu la mano gelida di Beth poggiata sulla sua spalla a farlo riemergere dall'oblio.
«Gabe». Sollevò lo sguardo. La vista gli si spianò piano piano. Si trovavano seduti su una panchina lì vicina alla pista. Beth aveva un'espressione di sincera preoccupazione.
«Sei pallido»gli disse poggiandogli una mano sulla fronte madida di sudore.
«S-sto bene»cercò di dire, ma le parole gli uscirono smozzate dalle sue labbra.
«No invece. Non stai per niente bene». I suoi occhi erano lucidi.
Gabe si portò le mani alla testa. Si sentiva ancora frastornato.
Sentiva debolmente Beth che al suo fianco mormorava:«è colpa mia. Ti ho trascinato io in tutto questo…»
«Beth…». Le mise una mano dietro la testa.«Sto bene. è che io e il ghiaccio non siamo in amore e simpatia»disse cercando di calmarla. Sul viso si dipinse un sorriso troppo sforzato.
«Gabe…»
Al diavolo. Non poteva tenerle nascosto questo segreto. Come le aveva promesso non ce ne sarebbero state altre verità nascoste.
Fisso a terra sconsolato.«La verità è che…sono morto intrappolato sotto il ghiaccio».
 
*trad dal tedesco:sei un genio…
**trad dallo spagnolo:chiaro.






angolo dell'autrice:ciao a tutti/e XD
Pur essendo in un periodo di fuoco, sono riuscita ad aggiornare puntuale^_^
Non so se il prossimo sarà altrettanto fortunato, dato che la prossima settimana avrò due appelli universitari.
Ma farò di tutto per dedicare un po' del mio tempo a scrivere :D
Ringrazio tutti coloro che seguono questa storia, siete tanti...e questo mi rende irrimediabilmente felice XD
L'immagine il pc non me la carica...quando si deciderà provvederò a inserirla^^"
Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** capitolo 26 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 26

«La verità è che…sono morto intrappolato sotto il ghiaccio»cominciò.
«La mia sorellina minore, Luisa era ossessionata da un piccolo laghetto vicino alla nostra tenuta,soprattutto d'inverno quando ghiacciava. Un giorno d'inverno mi chiese di accompagnarla al lago. Non so perchè l'abbia fatto,fu questione di un secondo e la trovai sulla lastra. Però era sottile e iniziò a venarsi sotto i suoi piedi. Non l'avrebbe retta ancora per molto».
Sospirò.«Non ci pensai neppure. Mi avvicinai a lei e cercai di spingerla verso la riva. Il ghiaccio non resse. Riuscii a salvarla. Io però non fui altrettanto fortunato. La lastra mi bloccò nell'acqua ghiacciata. E quando mi sono svegliato mi sono trovato in Paradiso».
Tirò sul il viso, incrociando i suoi occhi con quelli di Beth, grandi di stupore.
«Per questo mi sono sentito male sulla pista. Mi era tornato a galla questo ricordo».
«Gabe»disse Beth.«Non ti devi scusare per quanto è accaduto. è stato un gesto davvero eroico il tuo».
Gabe sorrise stancamente.«Infatti non me ne pento. Però se penso che…». Si bloccò.
«Che cosa?»
Sospirò.«Lei è madre di Hernan Cortes, l conquistador*che ha sterminato la popolazione aztecanell'attuale Messico».
«Hernan…Ho già sentito questo nome». Chiuse gli occhi, scavando nei suoi ricordi.
«Ora ricordo»esclamò riaprendoli di scatto.«Ja. è lui. Si trova dannato nel mio cerchio, girone dei Violenti contro il Prossimo».
Sorrise sorniona.«Che discendente che ti sei trovato Gabe».
«Già. Luisa ne è rimasta distrutta quando ha scoperto cos'ha combinato il figlio».
«Perché? Non lo sapeva?»
Gabe scosse la testa.«No. Lei è morta perché malata di varicella. Ha voluto un parto precoce per  salvare il figlio, e per lei è stata la fine».
Beth fece una smorfia.«La sfortuna si è accanita sulla tua famiglia a quanto vedo».
«Non credo. In fondo io sono un Angelo, mia sorella è entrata nella schiera degli Angeli Guaritori, mentre mio fratello Michael è uno dei sei Arcangeli.».
«Buono. Frena un attimo»lo interruppe Beth.«Sei? Non sono sette gli Arcangeli?»
Gabe annuì.«Di norma è così. Ma Gabriele, l'Arcangelo che ha il mio stesso nome, non si è mai manifestato dalla sua morte in nessun altro Angelo entrato nella schiera degli Arcangeli».
«E quindi?»
«E quindi niente. Il Bene viene sorretto solo da sei spalle anziché sette»disse Gabe scrollando le spalle.
Rimasero a fissare per un attimo le persone intorno a loro.
Nessuno doveva aver a che fare con quei problemi.
«Torniamo in albergo Gabe».
Gabe annuì in silenzio. Passeggiarono fianco a fianco. Non avevano bisogno di toccarsi per sentirsi vicini. In qualche modo stavano condividendo insieme lo stesso fardello.
 
«Perché siamo venuti qui a Savannah, Ann?»
L'espressione di Jake era piuttosto confusa.
«Perché ho bisogno di sangue umano per portare avanti il processo del Daemon Ritus. E dopo la tortura di cui sei stato vittima per mano di quella…bâtarde**dobbiamo procurarcelo fuori Wilmington».
Jake annuì.
Percorsero le strade mano nella mano. Non sentiva più il gelo della mano di Jake, segno che qualcosa dentro di lei stava cominciando a cambiare.
Finalmente.
«Perché non New York? è una città più accogliente. Senz'altro di più di questo buco».
«Perché a New York rischieremmo di incontrare Gabriele. Sai passerà la sua pausa di riflessione lì». Nel suo tono di voce Jake lesse una nota canzonaria.
«Quanto mi piacerebbe ucciderlo quel piccolo Angioletto bastardello»disse Jake con un sorriso sadico.
Ann sospirò.«Mi piacerebbe anche a me. Ma lui è il fratello minore di Michael».
«E allora?»
«Vuoi forse scatenare l'ira di un Arcangelo?»
Se la metteva su quel piano.
Liquidò l'argomento con un gesto di noncuranza.«E sia. Posticiperò la sua morte».
Annabel lo baciò.
«Bravo».
Si fermarono davanti al Blood  Local.
«Il nome prospetta bene»commentò Jake guardando l'insegna luminosa emettere bagliori lattescenti e sanguigni.
«Spero ci sia quello che detta l'insegna»aggiunse.
Ann si girò verso di lui con un sorriso divertito.«Su. Andiamo».
Dentro il locale prevaleva il nero assoluto.
Quando misero piede i ragazzi presenti smisero subito di ballare. Eppure si erano vestiti in maniera consona al luogo. Ann aveva optato per un top rosso tempestato di glitter, una minigonna sfrangiata e un paio di tacchi vertiginosamente alti. Jake un giubbotto in pelle con sotto una camicia rossa e jeans tracciati in più punti.
Jake lanciò loro sguardi di sfida. Vinse la gara, perché i presenti si affrettarono a volgere altrove i loro occhi.
Si fecero largo tra i ragazzi, sedendosi in un tavolo poco distante. Al loro fianco si materializzò una cameriera dai capelli biondi e dalle forme corpose. Sorrise civettuola a Jake, gesto che Ann trovò irritante.
«Cosa vi porto bellezze?»
«Due di vodka. Va bene Ann?»
La ragazza annuì distrattamente, con gli occhi ancora puntati sulla cameriera come volesse incenerirla con la forza del pensiero.
«Una preda perfetta»commentò Jake non appena la cameriera si allontanò.«Farò un pensierino a Baal. Gli farò arrivare una nuova concubina per il suo svago. Come se nel suo Girone ne mancassero». E ridacchiò per la battuta.
Baal era il capo del Secondo Cerchio, il Girone dei Lussuriosi.
«Perché no Jake? Magari potresti fartelo come alleato contro Lilith».
Jake sorrise soddisfatto.«Mi piace la tua mente fredda calcolatrice e spietata Ann. Quando diventerai un Demone a tutti gli effetti, avranno timore di te. Lo sento».
Ann sorrise.«Allora divertiti. Ti aspetto qui».
Jake, sinuoso come un gatto sgusciò tra la folla alla ricerca della cameriera.
Annabel si osservò attorno. Chissà che segreti custodivano i ragazzi lì presenti. Molti di loro sembravano abbandonati a loro stessi. Chi si fumava una canna, chi si perdeva in inutili gare di chi reggeva più bicchieri di super alcolici.
Annabel li osservò come disprezzo. Era per questo che esistevano i Demoni. Per purificare il mondo da quella…feccia e condannarli alla dannazione fino al Giudizio Universale.
Il bicchiere di vodka lo portò un ragazzino pieno di piercing.
Bevendo lentamente cercò di riportare a galla qualcosa dell''Annabel che era stata, quando ancora era in vita.
Era una sua caratteristica che la contraddistingueva dagli altri Angeli. Mentre i suoi compagni sembravano ricordare tutti il loro passato, lei sembrava averlo cancellato dalla mente.
Chissà. Aveva sentito dire che l'alcool aveva il potere di farti piombare in una sorta di trance. Forse quel superalcolico poteva aiutarla a scavare dentro le profondità della sua anima.
E ricordare finalmente chi era…
 
 
«A cosa devo la vostra contentezza, Mia Signora?»
Annabel alzò lo sguardo dal grembo, incrociando gli occhi della sua dama di compagnia intenta a pettinarle i lunghi capelli castani.
Sorrise.«Oggi rivedrò Lui».
La spazzola smise per un attimo di spazzolare.«Il borghese?»
«Esatto. Il mio unico e grande amore»rispose emozionata.
«Ma vostro padre…»
«Mio padre non mi impedirà di essere felice». Si alzò dalla sedia davanti alla specchiera.
«Aiutami a indossare l'abito».
La dama si affrettò a ubbidire. L'aiutò a indossare le varie sottogonne e la rete, infine le allacciò gli innumerevoli lacci dietro la schiena.
«Siete pronta, Mia Signora»annunciò chinando appena il capo.
Annabel si contemplò allo specchio. Il vestito rosso dalla fantasia a fiori intonava molto bene con i suoi capelli che creavano una cascata castana lungo la schiena. Come piaceva a Lui.
La maniglia della porta si abbassò. Il conte fece il suo ingresso nella stanza della figlia. I tratti volitivi erano più marcati, ma gli occhi erano castani. Come quelli della figlia. Basso e tarchiato, non si sarebbe detto un nobile. Eppure, lui era uno dei più potenti di tutta la Francia.
«Sei incantevole, figlia mia»annunciò con voce solenne, facendole un mezzo giro per ammirarla.
Annabel arrossì.«Grazie padre».
Il conte annuì compiaciuto.«A cosa devo questa eleganza? Alla fine hai deciso di dare udienza al duca?»
Annabel fece per rispondere, ma il conte la bloccò.«Ero sicuro che prima o poi gli avresti dato un'occasione. Sono…»
«Non è per il duca»lo interruppe.«ma per…lui»mormorò.
L'espressione gioiosa del conte tramutò in una d'astio.
«Quel borghese?»domandò sputando quest'ultima parola con disprezzo.
«Si»rispose determinata.«E intendo sposarlo».
«Non lo sposerai!»
La voce del padre fu repentoria.
Annabel cercò di scacciare indietro le lacrime.
«Ma io lo amo padre!»
«Un semplice popolano non può entrare a far parte della nostra stirpe, figlia mia. E poi sei già stata promessa al duca».
«è figlio di un ricco borghese di Parigi»controbatté.
«Non è di sangue nobile come noi Annabel. Non lo sposerai. E con questo il discorso finisce qui».
Annabel tenendosi alzata la pesante gonna del suo vestito elaborato aveva lasciato la stanza come una furia.
Lo avrebbe sposato. Che piacesse a suo padre o meno.
 
«Perché ci hai messo tanto Ann?»
La voce del suo amato le scese come miele sul cuore, facendole un attimo dimenticare la lite con il padre.
Cercò rifugio tra le sue braccia forti che sapevano di sicurezza. Quella che in quel momento era senz'altro carente nel suo cuore.
«Mio padre non vuole accettare il nostro amore». Alzò su di lui lo sguardo rigato dalle lacrime.
«Non so più cosa fare Jake. Desidero ardentemente di passare la mia via con voi».
Jake le accarezzò dolcemente la schiena indugiando sui capelli sciolti setosi.
«E così sarà mon cher***. Parlerò io con vostro padre. Vedrai che riuscirò a farlo ragionare».
Le asciugò le guance con il dorso della mano.«Ora non piangete. Vedrai, sistemerò ogni cosa».
«Tu»sibilò una voce alle loro spalle. I ragazzi si girarono sorpresi.
Il padre di Annabel emerse dalle ombre con un'espressione d'ira sul viso rendendolo irriconoscibile dal nobile a cui erano abituati a vedere.
«Tu viscido cane, leva le tue mano da mia figlia»sibilò avvicinandosi e strattonando violentemente Annabel, a cui sfuggì un leggero mugolio di dolore.
«Lasciatela stare»disse Jake mettendo la mano sul freddo manico della pistola che teneva alla cintura.
Il conte fu rapido a estrarre la sua e a puntarla contro il petto del ragazzo.
Jake fissò in preda al panico Annabel. Fece per avvicinarsi alla ragazza, quando arrivò la voce carica di disprezzo dell''uomo.
«Prova a fare un altro passo e giuro che ti ammazzo».
Jake non l'ascoltò. Come in un incubo Annabel vide il padre premere il grilletto.
Il colpo partì.
Non ci pensò neppure. Fu più veloce del proiettile.
Lo intercettò prima che colpisse in pieno Jake al petto. Il mondo si tinse di rosso. Il colore del sangue che iniziò a scenderle copioso dal cuore e macchiandole il vestito.
Non si accorse di toccare terra, né sentì le grida di dolore e disperazione di Jake.
Poi fu solo buio.
 
Annabel aprì gli occhi.
Ritrovò il viso di Jake a un nulla dal suo, la fronte corrucciata e gli occhi persi sul suo viso.
Sorrise quando incontrò i suoi occhi nocciola.
«Ben risvegliata dal tuo lungo sonno. Ecco»disse porgendole una bottiglia contenente liquido rosso.«Sangue per la mia futura consorte e Regina del Settimo Cerchio».
Annabel la prese con una certa riconoscenza.
Il viso del Demone si frappose un attimo a quello del ragazzo che aveva ricordato.
«Jake?»
«Mmm?»
«Chi eri prima di essere un Demone?»
Jake sbatté le palpebre.«Il figlio di un ricco borghese di Parigi sotto Luigi XIII. Perché?»
«Sei mai stato innamorato?»continuò. Voleva sapere. Non poteva essere una coincidenza la somiglianza con Lui.
Jake annuì.«Lei mi salvò dalla morte. Ma non dalla dannazione».
Quando parlò, non sembrava il Demone assetato di sangue, ma un semplice ragazzo.
«Ero io Jake»disse sicura.
Lui annuì stancamente.«Lo so».
Annabel lo fissò sorpresa.«Lo sapevi?»
«Perché credi ti abbia scelto tra tutte le donne che potevo avere?»
Annabel fissò davanti a sé il bicchiere vuoto.
«Perché non me l'hai detto subito?»
Jake inclinò la testa.«Ha davvero importanza chi siamo stati Ann? A me conta solo che ora siamo insieme».
«Cos'è successo?»
«Quando?»
«Dopo la mia morte».
«Davvero lo vuoi sapere Ann?»
Lei annuì.«Si».
«Non sarà piacevole»l'avvisò.
Lei strinse le labbra, poi fece un cenno con la testa. Era pronta.
Jake le poggiò il dito freddo sulla sua fronte. I ricordi di lui fluirono nella sua mente come un fiume in pena. Le emozioni di Jake divennero le sue emozioni.
E seppe infine la verità.
 
Quando la vide crollare a terra, sperò si trattasse di un incubo. Un orribile incubo da cui poi ti puoi risvegliare e riprendere.
«Annabel…»sussurrò, stupendosi della sua voce così flebile come una leggera brezza.
Le si inginocchiò accanto, prendendole la testa fra le mani dolcemente. Il pallore della sua pelle, le labbra appena socchiuse, gli occhi chiusi. La vita l'aveva già abbandonata.
«Che cos'hai fatto?»insorse lui contro il conte.
«è colpa tua miserabile se è morta!»gli urlò contro l'uomo.«Se non fosse stato per te mia figlia sarebbe ancora in vita. Siate maledetti tu e quel dannato giorno in cui hai intrecciato la tua inutile vita con quella della mia figliola».
Fu quella parola dannato a risvegliare in lui un odio selvaggio.
«Marcirai all'Inferno»infierì estraendo la pistola dalla cintola e sparando un colpo.
Sulla fronte si aprì un forame da cui iniziarono a scendere rivoli di sangue.
Ma nell'ultimo atto di vita il padre di Annabel riuscì a mormorare:«Ti sei appropriato della mai vita. Ma che tu sia maledetto e che la tua anima finisca tra gli Assassini della tua specie». Sparò l'ultimo colpo che colpì il ragazzo allo stomaco. Poi si accasciò a terra.
Jake sconvolto lasciò cadere a terra la pistola.
Accadde senza preavviso.
Ombre oscure si staccarono dal nulla circondandolo.
Come per magia presero somiglianze di donne, dalla carnagione violacea e occhi lattescenti. Una di loro allungò verso di lui le mani artigliate. Gli sorrise malignamente.
"Succubus"pensò con orrore Jake troppo tardi.
«Adesso verrai con noi piccolo insignificante umano».
Jake provò a scappare incurante del doloreche gli attraversava le membra, ma la Succubus gli fu addosso in un baleno. Provò a divincolarsi, ma la presa del Demone era ferrea.
«Dove credi di andare? Il tuo posto è nel Settimo Cerchio infernale, così come i tuoi compagni assassini»disse con tono beffardo.
«Lui è un assassino!»urlò indicando il corpo del conte steso mollemente a terra.«Annabel è morta per colpa sua».
«Ti farà compagnia, umano».
Il corpo di Annabel fu l'ultima cosa che vide prima di lasciare il mondo.
 
Annabel aprì gli occhi, offuscati di lacrime.
«Jake…»
Il Demone l'attirò a sé. Le loro labbra si toccarono.
I pezzi stavano tornando al loro posto. Neppure l'eternità ora li avrebbe divisi.
 
*trad dallo spagnolo:conquistatore
**trad dal francese:bastarda.
***trad dal francese:mia cara.
Savannah:città del South Carolina.







Angolo autrice:ebbene si...ce l'ho fatta anche adesso XD
Il pezzo di Ann e Jake è nato perchè rileggendo la storia mi sembrava fin troppo chiaro che Jake voleva raggirare la ragazza...in verità non doveva essere così...così è nato questo pezzo :D
Ringrazio Piccola Me per averla inserita nelle preferite, fantasy01, cascata_di_luce e Sermig4ever_green per averla inserita tra le seguite.
Alla prossima :D

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** capitolo 27 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 27

« Possiamo sempre andare a Central Park se ti va».
Era il giorno dopo.
Beth, seduta pigramente su una poltrona, alzò lo sguardo dal depliant  della città che teneva in mano.
«Mmm?»
«Niente. Dato che è ancora sabato mattina, possiamo andare a Centra Park e dalla Statua della Libertà,e domani dedicarci a…boh…quello che vuoi».
Beth sorrise divertita.
«Da quando ti piace New York? Pensavo il contrario sai».
«Infatti è così. E solo che…insomma a te piace e voglio sfruttare questi pochi giorni a visitarla insieme».
«Gabe sei un amore»disse intenerita.
«Vado a prepararmi»aggiunse fiondandosi fuori dalla stanza d'albergo.
Gabe sorrise, infilandosi il cappotto.
La trovò fuori già vestita di tutto punto.
«Forza Gabe, andiamo. Abbiamo molte cose da fare».
Per raggiungere Central Park seguirono le numerose indicazioni sparse per strada. La gente intorno a loro camminava spedita di negozio in negozio alla ricerca dei primi regali di Natale.
Fissò di sottecchi Beth. Chissà come sarebbe stato festeggiarlo con lei.
Immaginava la scena. Loro due seduti fianco a fianco davanti al caminetto bevendo una tazza di cioccolata calda.
«Gabe siamo arrivati».
Questo lo riportò alla realtà.
Gli alberi a Central Park sembravano vere sculture di ghiaccio luccicanti alla luce del sole.
A terra la neve era sparita, grazie ai volontari che l'avevano spazzata via la mattina presto.
"Così eviterò di ruzzolare a terra" si rallegrò Gabe.
All'improvviso Beth lo fece voltare.
«Forse è meglio cambiare zona Gabe».
Gabe ridacchiò.«Perché? è uno dei posti più importanti e conosciuti di New Yo…»
Si bloccò notando l'immensa pista di pattinaggio tra gli alberi.
«Questa è pura cattiveria»bofonchiò.
Beth sbuffò.«Te l'avevo detto Angioletto testardo».
«Meglio cambiare»approvò Gabe facendo dietro front.
All'ora di pranzo si fermarono a un chiosco ordinando due hamburger molto farciti. Gabe addirittura ne  ordinò un altro. Fu un miracolo quando riuscì a digerire due immensi panini farciti con due fette di pomodoro, una foglia d'insalata su cui stava adagiata una svizzera di carne di manzo. Il tutto accompagnato da una tonnellata di ketchup e maionese.
Messo a tacere lo stomaco, Beth tirò fuori dalla borsa una piantina della città.
«Per raggiungere la Statua della Libertà dobbiamo fare parecchi giri. Vedi».
E gli mostrò tutto il tragitto.
«E finita di girare mezza Manhattan ci toccherà pure prendere il traghetto».
Chiuse con un gesto secco la mappa stradale.«Non ce la faremo mai in un pomeriggio».
Gabe annuì.
«Interessante. E se ci teletrasportassimo per evitare tutto questo via vai?»
Beth lo fissò con gli occhioni.
«Davvero lo faresti?»
«Senza ombra di dubbio. Però preferirei un luogo abbastanza appartato. Per non destare sospetti e allarmare la gente».
Beth annuì e si avviarono verso un vicolo, uno dei tanti sparsi per New York.
«Questo può andare?»
Gli ricordava molto quello dove si era scontrato con Beth quando ancora era un Demone spietato.
«è perfetto»annuì sbrigativamente.
Prese la mano di Beth tra le sue.
Chiuse gli occhi e si concentrò, come aveva fatto il giorno prima con la Ferrari.
Quando li riaprì si ritrovarono ai piedi della Statua della Libertà.
«Non ci credo»sussurrò una voce alla loro sinistra che li fece sussurrare.
Seduto sulla panchina c'era un uomo con in mano una bottiglia da due litri di vino, quasi vuota.
«Siete comparsi dal nulla»continuò, quasi non credendo alle sue parole.
Beth gli si avvicinò.«Niente affatto Mein aufwändige*. Questo non è altro che frutto della tua fantasia»disse fissandolo intensamente negli occhi.
L'uomo annuì con espressione ebete, gettando un'occhiata alla bottiglia.
«Hai bevuto troppo, e ti sei immaginato due ragazzi che si sono materializzati al tuo fianco. Non siete d'accordo con me gentleman**?».
L'uomo annuì nuovamente allontanandosi.
Beth si girò soddisfatta di fronte a un Gabriele stupito.
Ma si riprese dopo pochi secondi.
«Devo dire che i tuoi poteri demoniaci sono utili, una volta tanto».
«Solo una?»
Gabe alzò gli occhi al cielo sorridendo.«Una volta che ne combinano una giusta, per una buona causa».
Beth sorrise pericolosamente.
«Per punizione mi accompagnerai in cima alla Statua».
Il sorriso si spense sul volto di Gabriele.
Seguì con lo sguardo l'immensa statua fino alle punte della corona.
«Fin lassù?»
«Ja. Te la sei cercata».
Notando la sua espressione turbata aggiunse:«Non dirmi che soffri anche di vertigini».
«Per fortuna no»bofonchiò.
«Allora cosa stiamo aspettando. Forza, andiamo».
Le scale che conducevano in cima sembravano infinite.
Circa a metà percorso, Gabe si ritrovò già a corto di fiato.
«Beth, non è che possiamo fare una breve sosta? Sono a pezzi».
Beth si voltò con un sorriso canzonario.«Nein. Devi smaltire i due panini che ti sei trangugiato a pranzo».
Il ragazzo sospirò. Pur essendo un Angelo soffriva la fatica come gli esseri umani. Almeno in quella forma.
"E se…" pensò.
Si concentrò al massimo, perdendo completamente la sua forma corporea. Fluttuando come suo spirito poteva fare raggiunse senza fatica Beth.
«Ritorna in forma umana Gabriele Cortes»gli disse con macerato divertimento, avvertendo la presenza dell''Angelo al suo fianco.
Gabriele sbuffò ubbidendo.
«Sono a pezzi Beth. Quando…»
La scale si aprirono in una piccola piazzola armata di parapetto.
Gabe e Beth si avvicinarono in silenzio religioso, affacciandosi.
Il panorama li lasciò senza fiato. Davanti a loro New York nel suo massimo splendore, con l'alternanza dei grattacieli e palazzi lussuosi. Il tutto contornato dall'oceano d'un azzurro quasi surreale. Era l'azzurro dei luoghi incontaminati, dei paesaggi che si potevano solo ammirare in cartolina.
«è bellissimo».
La voce di Beth al suo fianco lo fece tornare con i piedi per terra.
Le prese la mano.
«Nulla è bello, se paragonato a te».
«Dove trovi queste frasi mieliniche Gabriele?»lo prese in giro.
Il ragazzo mise su il broncio.«Vengono dal cuore, Elisabeth».
Beth si girò a guardarlo.«Lo devo prendere per un cattivo segno il mio nome intero, Gabby?»
L'attirò a sé.«Esatto».
E la baciò.
Là su in cima niente e nessuno poteva interromperli.
Tranne la voce gracchiante dell''altoparlante che indicava che l'orario di visita era terminato.
A malincuore dovettero tornare in albergo.
Lungo la strada recuperarono due pizze in una pizzeria locale, gestita anche lì da un ragazzo dagli antenati italiani.
«Buonanotte Beth»le sussurrò Gabe, prima che la ragazza scomparisse oltre la soglia della sua camera.
«Buonanotte, Angelo mio».
 
 
Savannah, South Carolina
«Torniamo a Wilmington Jake. Il nostro lavoro qui è finito»disse Ann.
Jake le sorrise luciferino.
«Ora non ci resta che portare avanti la missione a Wilmington. Quello per cui Lucifero ci ha mandato e che Lilith non vuole portare a termine».
Annabel chiuse gli occhi. In cuor suo sapeva già chi sarebbero state le sue vittime.
 
 
* trad dal tedesco:mio caro.
**trad dal tedesco:signore.








Angolo dell'autrice:eccomi con i nostri due innamortai :)
Staranno ancora nel prossimo capitolo ancora a New York, e poi...vedrete :D
>ringrazio tutti voi che seguite/preferite/ricordate/recensite la storia.
Alla prossima, sperando di riuscirlo a scrivere con tutto ciò che ho da studiare e gli appelli da superare^^"

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** capitolo 28 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 28

Il giorno ancora dopo optarono per la Saint Patrick's Chathedral, a pochi passi da Rockefeller Center e Central Park.
Aveva uno stile quasi gotico, eppure era stata costruita solo nella seconda metà dell''Ottocento per volere dell''arcivescovo Hughes.
Le guglie altissime sembravano quasi voler toccare il cielo. Il grande rosone sulla facciata che sembrava voler riprendere la fantasia gotica europea. E gli enormi portoni in bronzo sembrava voler catapultare i visitatori in un mondo a parte, dove si tornava indietro nel tempo e si poteva assaporare la fede impregnata in quelle quattro mura.
Gabriele aprì con energia le porte. Dentro era a dir poco fantastico. La luce era filtrata dalle numerose vetrate che riflettevano i loro fantasiosi colori ai piedi delle panche riservate per i fedeli. Proprio accanto al portone era adagiato contro la parete un enorme organo. Gabe ridacchiò al pensiero che quello strumento avrebbe potuto prendere vita da un momento all'altro.
E per finire addossato alla parete opposta all'entrata un baldacchino che sovrastava l'altare.
Non aveva mai visto niente di simile.
Si girò verso Beth.
«Beth. Hai visto che meravigl…».
La frase gli morì in gola.
Beth era poggiata allo stipite del portone bianca come un cencio.
Respirava a fatica, come se una mano invisibile le stringesse la gola.
Fu allora che Gabe capì. In quanto Demone non poteva avvicinarsi a luoghi sacri dedicati a Suo Padre.
La trascinò dall'altra parte della strada. Fu allora che Beth tornò a respirare normalmente.
«Stai bene?»
Lei annuì sbrigativamente, come volesse cancellare quel momento di pura agonia.
«Sarà meglio da adesso in poi evitare le chiese».
Beth fece un gesto affermativo con la mano.
«Allora che visitiamo?»
Beth represse un sorriso divertito.
«Il Museum of Mordern Art?»
«Stai scherzando?»
Gabe alzò le mani in segno di resa.
«ok, ok. Museo d'arte moderna scartato». Ci pensò ancora su.«Time Square?»
Beth sorrise divertita.«Time Square? Sicuro di poterne reggere le insegne enormi?»
«Credo di si. Spero di si»si corresse.
«Vada per Time Square».
Presero la Fifth Avenue e poi la West 43rd Street, sbucando a Time Square. Era vero. La vista di tutte quelle insegne pesantemente illuminate, era troppo da sopportare.
«Meglio l'albergo»propose Beth.
«Meglio l'albergo»concordò Gabe.
Si sistemarono nella stanza di Gabe.
Beth si buttò pesantemente sul letto. Ancora non si era ripresa da quello che le era successo alla Saint Patrick's Chathedral.
Fissò intensamente Gabe muoversi da una parte all'altra della stanza. Sussultò quando se lo trovò seduto accanto.
«Vado a prenderti da bere. Cosa vuoi?»
«Acqua»mormorò. Sapeva che il suo stomaco non avrebbe retto altro.
«Vuoi anche da mangiare?»
Beth scosse la testa.
«Torno tra pochissimo»le sussurrò dolcemente, sparendo dalla stanza.
Beth si raggomitolò sul letto.
Quello che era successo, non era altro che un'ulteriore prova dell''essere maledetta.
Forse stare con Gabe non era una buona idea. L'amava con tutto il suo cuore, ma non voleva che si macchiasse dalla dannazione. Voleva mantenerlo puro.
L'Angelo arrivò in quel momento.
«Acqua per la mia principessa»disse la voce gioviale di Gabe, porgendole il bicchiere pieno fino all'orlo.
Beth a fatica si tirò su, e mandò giù in un solo colpo il contenuto.
«Grazie Gabe».
Gabriele la fissò intensamente.
«Stai ancora male?»
Lei non rispose, ma dedusse che glielo lesse negli occhi, perché lui appoggiò la mano sulla sua fronte.
Una pace infinita l'avvolse. Gabriele stava usando i suoi poteri di guarigione su di lei.
La staccò pochi minuti dopo.
«Va meglio?»
Beth annuì. Mai prima d'ora aveva saggiato una pace simile.
 
Passarono l'intero pomeriggio in albergo.
«è ora di tornare a Wilmington»esclamò Beth circa alle sette di sera.
«Rimaniamo ancora un po'. Vorrei stare un po' con te»protestò Gabe.
Beth fuirremovibile.«Nein. Das pfeife zu tun*.Altrimenti dovrei guidare per tutta la notte. E non ne avrei molta voglia, sai?»
Certo che si vedeva lontano un kilometro che aveva sangue tedesco nelle vene. Aveva una grande abilità di farsi ubbidire dalla gente. Per questo Gabe annuì, e cominciò a preparare la sua valigia.
Fu questione di pochi minuti, e si ritrovarono a lasciare la città.
Raggiunsero National Park dove c'era l'attracco dei traghetti per Liberty Island, dove era situata la Statua della Libertà, e quelli per raggiungere Jersey City dove poi avrebbero imbucato l'autostrada che li avrebbe riportati a casa.
Il viaggio per mare fu breve, meno di dieci minuti.
Percorsero Jersey City abbastanza velocemente. In meno di un'ora e mezza, si trovarono in autostrada.
Gabe sbuffò.
«Quando arriviamo? Wilmington sembra lontana anni luce».
Anni luce. Gli piaceva come espressione.
Beth sospirò.«Ora capisci perché ho deciso di partire così presto? Almeno così arriveremo a un'ora decente».
Gabe fissò fuori dal finestrino. Non si vedeva più un accidente, solo i fari delle auto che sfrecciavano al loro fianco.
«E se ci teletrasportassimo come all'andata?»
Beth scrollò le spalle.«Puoi farlo. L'importante è che non ci fai comparire in fondo alla Falda di Sant'Andrea».
Gabe arricciò il naso.«Grazie per la tua scarsa fiducia».
Sentì Beth ridacchiare al suo fianco.
Non si lasciò sconcentrare, e chiuse gli occhi.
Wilmington. Wilmington. Wilmington.
Sentì il ronzio che ormai sapeva riconoscere, segno che i suoi poteri stavano funzionando.
Quando aprì gli occhi si ritrovò a osservare un paesaggio sconosciuto.
Erano davvero tornati a Wilmington?
«Dove siamo?»
Beth si sporse dal finestrino, leggendo un cartello stradale.
«Wilmington».
Sul serio?
Se la ricordava diversa.
«Ma non quello giusto».
«Cosa?» domandò Gabe sorpreso.
Quanti Wilmington esistevano?
«Sfortunatamente ce n'è uno a pochi kilometri da Filadelfia».
«Ah. Quindi ci siamo teletrasportati in quello sbagliato?»
"Bel colpo Gabriele"pensò amareggiato il ragazzo.
«Ci hai teletrasportato nel luogo sbagliato»lo corresse Beth.
Ritornò a fissare la strada.«Hai calcolato male la distanza Gabe»disse con un sorriso.
«Quanto manca?»
«Mmm…facendo bene i calcoli ci vorrà quasi tutta la notte»,
Gabe strabuzzò gli occhi.
«Stai scherzando?»
«Assolutamente no».
Dal suo tono scocciato, dedusse che quella era l'amara verità. Poggiò la testa sul cuscinetto del sedile, e chiuse gli occhi. Certo che come Angelo dai poteri strambi valeva meno di una cicca.
Se fosse stata Beth l'Angelo li avrebbe senz'altro teletrasportati in un batter di ciglia.
Peccato che non era così.
La fissò di sottecchi. Sembrava concentrata nella guida.
Sentì il senso di colpa attagliargli le viscere.
Non poteva ronfare allegramente mentre lei si faceva in quattro a rimanere sveglia.
«Raccontami dell'Inferno»
Beth alla guida ridacchiò.«Non lo vuoi sapere sul serio Gabe».
Gabriele alzò gli occhi al cielo.«Senti, non voglio dormire. Non con te che guiderai per tutta la notte. Per cui mi sembrava un'ottima idea stare sveglio sapendo qualcosa in più su di te, non credi?»
Sentì un sospiro.
«Bé, se mi vuoi sentire ronfare per tutto il viaggio fai pure. La mia era solo un'idea»aggiunse. Sapeva che era retorico, e che Beth gli avrebbe risposto…
«E sia Angioletto ricattatore»acconsentì Beth.
"Bingo"pensò Gabe.
Beth assunse un cipiglio didattico.«La struttura dell''Inferno non è così diversa da quella dantesca. è divisa in cerchi:limbo,  lussuriosi, golosi, avari e prodighi, iracondi e accidiosi, eretici, violenti, fraudolenti o Malebolge e per finire i traditori».
Fece una pausa.«Ognuno è governato da un Originario:Asmodeus il limbo, Baal i lussuriosi, Moloch i golosi, Samael avari e prodighi, Akibeel iracondi e accidiosi, Azazel gli eretici, io i violenti, Dagon i fraudolenti e per finire i traditori sono sotto il diretto controllo di Lucifero. Ad aiutarci a controllare le anime dannate abbiamo una schiera di Demoni Comuni».
«Come Jake?»la interruppe.
Beth acconsentì.
«Come ha fatto a diventare un Demone?»domandò curioso Gabe, pur immaginandoselo.
«Lui è precipitato nel mio girone quando ancora era sotto il controllo di Belial. è parecchio confusa la dinamica dei fatti. Me l'ha raccontato Azazel. Fatto sta che lui è riuscito a eludere la guardia di un Demone e l'ha attaccato. Mi ha riferito che urlava cose senza senso, del tipo:"devo tornare da lei", insomma cose così. Il Demone guardiano ha provato a fermarlo e Jake l'ha ucciso. Sfortunatamente è entrato in contatto con il sangue demoniaco che l'ha trasformato in quello che è tutt'ora».
Gabe rimase in silenzio. Non si aspettava altro da uno come Jake.
Ma più che la storia, gli era seccato un po' come aveva pronunciato il nome Azazel.
«E chi è Azazel?»gli scappò.
Beth ci mise un po' a rispondere.«è un…amico»minimizzò.
«Non pensavo che i Demoni avessero degli amici».
«Diciamo che io e Azazel abbiamo molto in comune»liquidò il discorso Beth.
In comune quanto?
Osservò il profilo di Beth accarezzato dalla luce lunare, trasformando i suoi capelli biondi in una sorta d'aureola. No. Se aveva qualcosa in comune con quel Demone, adesso era scomparsa. Doveva essere scomparsa.
Beth ruppe il silenzio che era sceso gravoso tra i due.
«Le anime vengono prelevate da Demoni che credo conoscerai, le Succubus».
Gabe annuì. Non le aveva mai viste, ma suo fratello e Raphael gli parlavano spesso di loro.
«Infine vengono divise in base alla loro colpa. Il compito spetta a Minosse che attorciglia attorno alla sua anima, corporea nell'Inferno per sentire meglio le punizioni a loro inflitte, la sua coda tanto quanto dovrà scendere di cerchio l'anima »continuò.
«Deve esserci molta confusione»commentò Gabe.
Beth scosse la testa.«Non è così Gabe. Le anime presenti o sono appena arrivate e cominciano a scontare la loro condanna, o sono coloro che hanno capito il loro sbaglio e che sono pronti ad essere giudicati». Fece una pausa.«Chi invece continua a credere di essere stato nel giusto, finisce nella Fossa».
«La Fossa?»domandò Gabe confuso.
«Si trova tra il Settimo e l'Ottavo cerchio. È un'immensa voragine, sul cui fondo brucia il Fuoco Infernale,quello che noi Demoni Superiori sappiamo evocare. Le anime perdono coscienzà di sè e volontà,spinte solo dagli ordini dei Demoni lì guardiani a scendere la ripida scalinata a chiocciola. Giunti in fondo vengono gettati nelle fiamme. Nessuno sa cosa veramente accade a quelle anime. E in più, è lì che Luci manda i Demoni che vengono uccisi dagli Angeli».
Gabe trattenne il fiato. Davvero l'Inferno era colpevole di simili cose?
Beth si morse il labbro.«Non avrei mai dovuto raccontarti queste cose Gabe. Ti vedo turbato».
«Non è come credi. Sto benone».
"Bugiardo"gli disse una vocina interiore.
«A volte mi dimentico che tu sei un Angelo, e che per te alcuni aspetti di noi Demoni di sono insoliti o tremendi».
«Tu non sei come loro»si lasciò scappare Gabe.
Beth distolse lo sguardo per un momento dalla strada.
«Sei la ragazza che amo»aggiunse.
Lei sorrise timidamente riportando la sua attenzione sul setacciato.
«Adesso tocca a te Gabe. Parlami del Paradiso».
«Non è complicato come l'Inferno, ad essere sincero. è diviso in cerchi amministrati a loro volta dagli Arcangeli: Raphael il secondo cielo, Uriel il terzo, Michael mio fratello il quarto, il quinto da Raziel, il sesto da Takiel, il settimo da Cassiel».
«E il primo?»
«In teoria dovrebbe essere in mano a Gabriele. Ma quando lui è morto nessuno ha preso il suo posto».
«E come è morto?»
«Chi?»
«Gabriele, l'Arcangelo intendo».
«Credo ucciso da un Demone»rispose dubbioso.«Ma non saprei dirti quale»aggiunse.
Beth rimase in silenzio.
«Non sono mai stati sfiorati dall'idea che potresti essere tu?»
«Non è così. Ci hanno pensato»mormorò.«Hanno creduto fortemente che potessi essere io. Insomma io sono morto nel suo stesso istante, erano sicuri che fossi io l'Angelo che doveva prendere il suo posto».
«Poi che è successo?»
Sospirò.«Non manifestai i poteri di un Arcangelo»confessò.
«E quali sarebbero? Personalmente nei rari casi in cui ho combattuto contro di loro, usavano solo le loro armi angeliche impregnate di Fuoco Celeste».
«Capacità di teletrasporto, telepatia, capacità illusorie, in comune con voi Originari e altri poteri secondari. E in più sono a contatto diretto con il Fuoco Celeste. Se, malauguratamente dovesse spegnersi i loro poteri scomparirebbero e il Paradiso potrebbe trovarsi vulnerabile a qualsiasi attacco».
Beth annuì.«Ho sentito che gli Arcangeli ne sono i Custodi».
«Non ne sono solo i Custodi, loro sono il Paradiso. Sono la sottile linea che lo separa dal mondo terreno e l'Inferno».
Beth rimase in silenzio.
«Se si dovesse spegnere sarebbe la fine di tutto»continuò Gabe scuro in volto.
«Non potrebbero ricrearlo?»
Gabe scosse la testa.«Anni fa, questo mi ha raccontato Uriel, esisteva un Angelo in grado di creare il Fuoco Celeste. Ma malauguratamente durante la prima Apocalisse, quella in cui Lucifero e i suoi compagni sono tutti esiliati dal Paradiso, morì. Credo per mano di Belial».
Beth rimase di nuovo in silenzo.
Non sapeva cosa dirgli.
«Luci intende riappropriarsi del Paradiso»si lasciò scappare.
Gabe la fissò stralunato.«Cosa?»
Beth annuì.«Già. Ma non ha ancora riacquistato al massimo i suoi poteri. Ci vorrà ancora molto. Per cui, state attenti». Non sapeva perché accidenti l'avesse detto, ma le era sembrato la cosa giusta da fare.
Gabe la fissò per un attimo in silenzio.
Se era vero ciò che diceva, allora erano veramente nei guai.
 
Wilmington apparve all'orizzonte punteggiata da una miriade di luci.
«Lasciami dalla scuola»disse Gabe rompendo il silenzio.
Beth annuì senza guardarlo.
Parcheggiò, e si girò verso di lui.
«Ci si vede Gabe».
L'Angelo annuì.«Si. Ci si vede».
Quando arrivò a casa erano le sei del mattino. Già. Un'ora l'avrebbe dormita molto volentieri.
«Ciao Gabe»lo salutò freddamente la voce di Ann, non appena mise piede nell'appartamento.
Gabe le rivolse un cenno con la testa.
«Ann».
L'amica era seduta sul divano reggendo un bicchiere che a prima vista sembrava aranciata rossa.
«Andrai a correre questa mattina?»
Ann annuì.«Come sempre. Perchè?»
«Mi sveglieresti quando è ora di uscire?»
Ann annuì nuovamente.
«Grazie»disse, chiudendosi la porta della sua stanza dietro di sé.
Si buttò sul letto, e si addormentò profondamente.
 
 
*trad dal tedesco:No. Niente da fare.











angolo autrice:eccomi qui...anche sta volta ce l'ho fatta :D
Ringrazio _Nikolas_, MartyRudolf, The_Black_Iris per averla inserita tra le preferite, Chiara99MooN e Bijouttina per averla messa tra le seguite:D
E naturalmente tutti voi che la seguite XD
Nel prossimo...vedremo gli effetti di Jake e Annabel anticipati nello scorso capitolo.
Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** capitolo 29 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 29

Annabel fu di parola, e riuscì ad arrivare a scuola puntuale, pur avendo le palpebre che facevano i salti mortali per rimanere aperte.
Tornare alla routine di Wilmington fu comunque piacevole.
Lì non regnava il caos della grande metropoli.
«Siete andati dove?»
James non riusciva quasi a crederci. Rebecca al suo fianco represse un sospiro sognante.
«New York. è stato bellissimo»ripeté per la centesima volta Gabe.
«Spero si sia trattato solo di una vacanza…».
Gabriele capì dove l'amico voleva andare a parare.
«Sei un pervertito James. Non abbiamo mai fatto niente del genere. Anche perché a noi non serve quell'intimità».
Rebecca diede una gomitata a James.
«Ehi»protestò il ragazzo.
«Io non vedo nulla di strano in tutta la faccenda Jam. Sono innamorati. C'est l'amour»disse con gli occhi che le brillavano.
«Lasciala perdere. Si è letta per tre volte consecutive Romeo e Giulietta»si scusò. Poi si coprì il fianco temendo una possibile vendetta da parte della ragazza.
«Perlomeno lei legge»gli lanciò la frecciatina Gabe.
Rebecca sorrise complice.
James sbuffò.
«E va bene. Avete vinto».
Gabe e Rebecca si diedero il cinque.
«Uno a zero per noi Becca».
«Ehi, adesso non montatevi la testa. E comunque non ho mica detto che è stata una pessima idea»disse in sua difesa. «Anche se io avrei preferito una meta come Gerusalemme, Roma».
«Io adoro Roma»s'intromise Rebecca.
James fece un sorriso a trentadue denti.
«Allora mi adorerai per questi»disse tirando fuori due biglietti dell''aereo.
«Non starai per dirmi che…»
«Proprio così. Ho prenotato l'albergo per una settimana».
Rebecca gli buttò le mani al collo.
«Jam sei un tesoro».
Gabe soffocò una risata.
E meno male che la loro breve vacanza era stata una pessima idea. Adesso addirittura lo copiava.
Si allontanò per lasciare un po' d'intimità ai due piccioncini.
Intravide la cascata di capelli biondi ormai famigliare a pochi metri da lui.
Sentiva il bisogno di vederla almeno per qualche minuto.
Con sua somma delusione, la trovò in compagnia di Jake.
Ah, già. L'unico lato negativo era che non poteva vedere Beth quando voleva. Non con Jake in mezzo ai piedi.
Quanto avrebbe voluto possedere una maxi matita e cancellarlo dalla faccia dell''Universo.
I suoi occhi si incrociarono per un attimo con quelli di lei. Sembravano volergli trasmettere la voglia di avvicinarsi, ma al tempo stesso lo inchiodavano al suo posto.
Non avrebbero potuto fare niente con Jake presente.
Come percepisse lo sguardo su di sé, Jake lo fissò negli occhi. Gli sorrise beffardamente.
Sapeva cosa voleva significare quello sguardo:"Prima o poi finirò la tua insulsa vita".
E lui contraccambiava.
Scostò lo sguardo, prima di fare qualcosa di cui si sarebbe pentito.
Li posò su una ragazza che aveva incontrato poche volte. Margaret si chiamava,soprannominata Meggy.
Aveva un'aria così triste.
Quando Beth e Jake si allontanarono, Gabriele si avvicinò alla ragazza. Il suo senso da Angelo gli sussurrava che c'era qualcosa che non andava bene.
«Stai bene?»
Margaret si girò.
Scosse la testa.
«Mio fratello si è suicidato».
Gabe sgranò gli occhi.
Il fratello di Meggy era Thomas.
«Quando è successo?»
«Sabato sera. Ieri abbiamo celebrato il funerale».
Sabato sera era con Beth a New York reduce di una giornata di scorrazzamento da una parte all'altra. Si sentì un po' in colpa per non essere andato al funerale dell''amico. Ma ciò che gli pesava di più, era che lui era finito dritto dritto nel Girone dei Suicidi, parte del Cerchio di Beth.
«Mi spiace»disse quasi a corto di parole.
Meggy scrollò la testa.
«Non m'importa. Non mi importa più niente».
Gabe sbiancò a quelle parole.
«Meggy, non crederai davvero a queste parole»sussurrò.
Se davvero lo pensava rischiava di finire tra gli accidiosi.
«Mai stata più convinta. E ora scusami Gabriele, devo andare»disse girandosi e avventurandosi tra i ragazzi che correvano nel corridoio, a testa china.
Gabriele si ficcò le mani in tasca.
«Meggy...»sussurrò. Poteva ancora salvarla,doveva salvarla.
La ragazza si girò. I suoi occhi si erano scuriti.«Cosa vuoi Gabriele ancora? Lasciami in pace».
Gabe annuì, ormai sconfitto. Un Demone aveva già preso possesso del suo corpo, e vi sarebbe rimasto fino alla fine della sua vita.
S'incamminò scuro in volto verso il suo armadietto, avendo dimenticato il quaderno.
«Quindi stasera tocca a te»sentì dire da un ragazzo alla sua destra poggiato con la spalla all'armadietto.
«Già. Te ci sei già stato?»
«La scorsa settimana. Giuro, non ho provato così tanto piacere come quella notte».
«Fico»rispose l'amico.«Certo che allora Savannah è un asso in questo».
«Assolutamente»approvò il ragazzo.
Gabe represse un moto di disgusto e stizza. Sapeva che Savannah pensava solo a quello. Se la sua anima non era già stata dannata, lo sarebbe stato al più presto.
Senza volerlo urtò la spalla di Raulf.
«Scusa»biascicò involontariamente.
Il ragazzo lo squadrò da capo a piedi con i suoi occhi scuri.
«Attento dove vai la prossima volta se non vuoi che ti spacchi il tuo bel faccino».
Gabe lo fissò con pietà. Anche lui era già finito nelle mani dei Demoni.
Com'era potuto accadere tutto questo?
Non poteva essere accaduto in un solo week end. O forse si?
Scrisse un messaggio a Beth, dato che non le poteva parlare direttamente.
"Stanno accadendo strane cose. Alcune anime dei nostri compagni sono state dannate".
Inviò il messaggio. Chiederle se ne sapeva qualcosa era come dirle che non si fidava di lei.
La risposta arrivò pochi secondi dopo.
"Accidenti, non farmi questi scherzi. Jake è qui di fianco a me, e se ci scoprisse è finita".
Lo sapeva.
"Non ti avrei contattata se non fosse stata un'emergenza. è vero ciò che ti sto dicendo".
Immaginò Beth davanti allo schermo alzare gli occhi al cielo.
"Cos'è accaduto esattamente?"
Gabe le scrisse in parole povere di Margaret, Savannah e Raulf.
"Per Savannah non mi spiace più di tanto. Andrò a parlare con gli altri. Poi ti saprò dire".
Gabe chiuse la pagina dei messaggi con un sospiro.
Sperò che il suo sesto senso si fosse sbagliato.
 
Beth terminò la conversazione.
«Bé, era un nuovo ammiratore segreto?»domandò con sarcasmo Jake.
Beth sorvolò sulla battuta del compagno. Quello che le aveva appena rivelato significava una cosa sola. Jake aveva portato avanti la missione a ritmo sfrenato.
«Hai dannato qualche anima negli ultimi giorni, o sbaglio?»gli domandò invece.
Jake fece un sorriso a trentadue denti.«Ho portato avanti la nostra missione. Ho dannato ben sei ragazzi. E altri lo saranno tra breve. Un ottimo lavoro, non trovi?»
Beth annuì brevemente.
Costringerlo a non uccidere più era stato piuttosto facile, ma impedirgli di dannare le anime l'avrebbe insospettito troppo, e questo non se lo poteva permettere.
Si allontanò da Jake a grandi passi, alla ricerca delle presunte vittime indicatole da Gabriele.
Trovò Raulf.
Quando fu a pochi passi, il ragazzo si girò.
Inchinò appena il capo.«Lilith»mormorò con tono deferenziale.
Conosceva il suo nome demoniaco, anche se questo non voleva dire nulla. Si faceva già chiamare così da inizio missione.
«Chi è il tuo capo?»
Se fosse stato ancora normale gli avrebbe risposto con un punto interrogativo stampato in faccia. Invece…
«Akibeel del Girone degli Iracondi».
Beth annuì, e si allontanò. Quindi Gabriele aveva ragione.
La stessa scena si verificò con Margaret e Savannah.
Scrisse un messaggio a Gabriele.
"È come hai detto. Jake ha dannato le anime  di alcuni nostri compagni".
Gabriele non rispose subito.
" :-C" mandò.
Beth capiva. Per un Angelo significava ammettere un vero e proprio fallimento.
Si infilò il cellulare in tasca. Doveva scoprire chi erano le altre sei vittime.
Ma il peggio doveva ancora venire.
 
Si ritrovò con James e Rebecca in mensa.
La ragazza era ancora su di giri per la vacanza progettata a Roma.
«Jam,cosa mi consigli di portare? Un cappotto in panno o un piumino?Il cappellino di lana o il basco? Maglione pesante o leggero?»
«Reb,siamo solo al 26 Novembre. E noi partiamo il 19 Dicembre sera»obbiettò il ragazzo.
«Devo già pensarci,così non mi riduco all'ultimo a fare le valigie».
Gabe ridacchiò,mentre James alzò gli occhi al cuelo.
«Capisco. Ma da come ne parli sembra che ti porti al polo nord»dichiarò accapparandosi una fetta di torta al cioccolato iper farcita.
Qualcuno però gliela strappò di mano.
«Ehi»protestò contrariato James.«È la mia torta preferita».
Il labro se la mise in bocca e la finì in pochi morsi. Era Ruth,un ragazzo con una notevole massa corporea. Il viso rotondetto era sporco di cioccolata e altri residui di cibo.
«Ora non l'hai più»rispose con la bocca ancora piena di quella prelibatezza pasticciera.
 «Gabriele trattienimi o rischio di fare qualcosa di cui potrei pentirmene»disse James incavolato nero.
Gabriele fissò negli occhi il ragazzo e vide riflesso il fuoco infernale.
E con lui facevano quattro vittime.
«Vieni Jam. Non è il caso».
James ancora arrabbiato si lasciò trascinare fino a un tavolo arancione.
«Se non ci fossi stato tu non so cos'avrei fatto»sibilò tra i denti.
«Non lasciarti coinvolgere dall'ira. È con queste circostanze che i Demoni riescono a dannare le vostre anime».
James lo fissò incuriosito. E così Gabriele lo aggiornò su quello che era capitato a quattro suoi compagni.
 «Ah. Questo spiega il comportamento di Emily» s'intromise Rebecca.
«Emily?Che ha fatto?»
«Mi ha fatto litigare di brutto con i miei»mormorò Rebecca chinando il capo. «Li ha convinti che io mi sia innamortata di uno spacciatore».
Tanto Gabe quanto James sgranarono gli occhi.
Seminare discordie era punito duramente facendo piombare l'anima nella nona Bolgia dell'Ottavo Cerchio.
Trovata la quinta vittima.
«Mi spiace».
Rebecca scrollò le spalle.
«Ma non saranno loro a fermarmi e impedirmi di andare a Roma con Jam».
«Ah. Potrebbe centrare anche Richard»
 «Richard?»
James annuì. «Un mio compagno del corso di pittura. Ho sentito dire da qualche suo amico che ha fregato la password del conto corrente dei suoi e l'ha letteralmente prosciugato spendendoli in marijuana»
Prodigo. Quarto Cerchio.  Quinta vittima.
«E quando un suo amico gli ha chiesto il motivo, lui ha semplicemente scrollato le spalle ritenendo che la vita va vissuta una volta sola, e che quindi bisogna spassarcela quanto possiamo».
L'Angelo abbassò lo sguardo. Essendo una creatura divina, sentire queste cose gli facevano male al cuore.
 «Gabe»sussurrò Rebecca notando il viso livido e scuro del ragazzo.«Va tutto bene?»
Gabe scosse la testa.«Sta andando tutti a rotoli».
"Mi spiace Gabby"
Quando sentì la voce di Beth quasi si spaventò.
"Non puoi fermare ciò che ormai è fatto. Sto cercando di farmi dire da Jake chi ha colpito. Quando lo saprò, sarai il primo a sapere".
"Grazie"rispose con il pensiero, pur sapendo che non l'avrebbe sentita.
"Prego"gli rispose a sorpresa.
Gabe strabuzzò gli occhi. Le aveva parlato con la mente. Assurdo, solo un Arcangelo…solo un Arcangelo poteva teletrasportarsi e parlare con la mente con Demoni e i suoi simili.
Fissò James consolare Rebecca accarezzandole teneramente la spalla. Lui sapeva chi fosse veramente. Un ragazzo innamorato immischiato in quella storia indirettamente.
Invece…invece lui chi era?
 
Il giorno dopo fu ancora più terribile e atroce.
Al telegiornale diedero la notizia di un piromane che aveva dato fuoco al boschetto poco fuori Wilmington.
Albert. La sesta vittima.
L'altra la scovò, il giorno ancora dopo, nell'ora di musica.
Martin armato di violino stava parlottando con il vicino.
«Adesso basta. Sono stufo di stare a sentire mia madre delirare con la sua fede. Io non ci credo, né a un'entità superiore, né l'immortalità dell''anima».
Gabe strinse gli occhi. Non dirlo, non dirlo…
«Eravamo terra e terra rimarremo».
Gabe alzò lo sguardo sempre più disperato.
L'ottava vittima si era appena condannata a un'eternità di fuoco.
L'ultima fu la peggiore.
In mensa, due giorni ancora dopo a Martin, Edward tirò fuori la pistola.
Le cuoche si lasciarono prendere dal panico.
«Zitte voi»le intimò puntando loro contro la pistola. Gabriele aveva al suo fianco James, e dall'altra parte Nora, la fidanzata di Edward.
«Ed, cosa ti prende?»
Nora era già in lacrime, terrorizzata.
«Libero il mondo dalle impurità tesoro»rispose con un ghigno puntandole la pistola contro e premendo il grilletto.
«A cominciare da te».
Gabriele non ebbe il tempo di spingerla da un lato, che nel torace di Nora si aprì un forame da cui fuoriuscì sangue vermiglio.
Il corpo cadde a terra, senza un lamento. Attonito Gabriele fissò con orrore la macchia scura stendersi anche ai suoi piedi.
Alzò lo sguardo e lo incrociò con quello di Edward illuminato da pura follia omicida.
Non poteva però permettergli di mietere altre vittime.
Si concentrò al massimo. Se era capace di teletrasportarsi e comunicare con la telepatia con i suoi simili, poteva benissimo bloccare la mente di quel Demone.
Fu proprio quello che fece. Il Demone che aveva preso possesso del corpo di Edward si ritrovò prigioniero di quella stessa mente di cui si era appropriato.
Lo controllò il tempo necessario per far intervenire la polizia che una delle cuoche aveva avuto la brillante idea di chiamare.
Quando scivolò fuori dalla mente, Edward cominciò a sbraitare come una furia parole incomprensibili.
«Il vostro tempo è finito dannati Angeli. Noi prevarremo!»
I poliziotti lo trascinarono via di peso.
Notò con la coda dell''occhio il volto di Jake soddisfatto, e quello sconfitto di Beth.
Ma la colpa non era sua.
Questo fardello apparteneva esclusivamente a lui, che non era riuscito ad adempire al suo compito di Angelo.
 
*trad dal francese:è l'amore.








Angolo dell'autrice:ciao a tutti.
Ho aggiornato oggi, perchè non sapevo se domani riuscivo^_^
Ecco cos'hanno combinato Jake e Ann.
Questi poveri dannati non li ho inseriti a caso...ritorneranno, ma più avanti nella storia XD
Ringrazio tutti voi che seguite questa storia :D
Alla prossima XD

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** capitolo 30 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 30

Era sabato sera.
Stava percorrendo la Hervey Ln, incurante della gente che le stava attorno. La sua mente era da tutt'altra parte.
Povero Gabriele. Aveva ricevuto un duro colpo. Capiva come si doveva sentire in quel momento. Un incapace, oppresso dal senso di colpa. Aveva chiuso dalla sua mente perfino lei. Un po' si sentiva in colpa anche lei. Non era riuscita in tempo ad avvertirlo.
Ma quello che gli pesava di più, era attuare il piano a cui aveva pensato negli ultimi giorni. Necessario, ma pesante come un macigno.
Come l'avrebbe presa Gabriele?
Una goccia scese dal cielo,scivolando lieve sulla sua guancia.
E un'altra. E un'altra ancora fino a trasformarsi in un violento acquazzone.
Fece per mettersi il cappuccio quando si ricordò di essersi messa il giubbotto di pelle.
"Damn"pensò.
Per sua sfortuna trovò tutti i negozi chiusi. Era per caso scatenata un'epidemia? Di certo non c'entrava lei. Il portone le parve un miraggio,lo stesso di uno assetato nel pieno del Sahara.
Tirò un sospiro di sollievo facendo scorrere il dito smaltato di nero sui nomi del citofono. L'occhio le cadde su un cognome.
Cortes.
Poteva essere qualsiasi Cortes. M l'istinto le diceva che si trattava proprio del Suo Cortes.
Mandò a farsi friggere l'ipotesi di ritrovarsi faccia a faccia con Annabel,e salì in fretta le scale fino al terzo piano.
Indugiò davanti al campanello.
"Massimo se non è Gabriele mi sbatteranno la porta in faccia"pensò.
Pigiò il campanello che produsse un leggero dlin dlon.
La porta si spalancò e sulla soglia apparve Gabriele in maglietta e pantaloncini.
«Beth»esclamò sorpreso e arrossendo di botto.«Che ci fai qui?»
Beth inclinò la testa di lato.«Che accoglienza calorosa Gabe. Se non mi vuoi me ne posso anche andare».
«Non intendevo quello, cioè sono felice di vederti. Il fatto è che non mi aspettavo una tua visita».
La ragazza sorrise furbescamente.
«Apri la porta a tutti conciato così?»domandò indicando gli shorts.
Gabe arrossì violentemente ancora di più.
«Si…cioè no. Stavo guardando un film in TV. E poi te l'ho detto, non mi aspettavo visite».
Eccolo che cercava un modo per distrarsi.
Beth gli si avvicinò.«Posso entrare? O c'è la tua amica
Disse quest'ultima parola con disprezzo. Non le era mai piaciuta Annabel. Sentiva che sotto quel suo sorriso da santerellina covava un serpente a sonagli pronto ad attaccarti nei momenti peggiori.
«Ann dici?»Scosse la testa.«Sembra che abbia copiato la nostra idea. Solo che la sua meta è Miami».
«Anche Jakeè partito»le scappò. Anche lui era partito.
L'Angelo annuì. Tanto meglio per loro.
«Lo so»disse Gabe all'improvviso, accennando un sorriso.
Beth non capì.
«Cosa?»
«Ho sentito come hai pronunciato la parola amica. Sei gelosa di Annabel, ammettilo».
«Io? Gelosa di quella?»disse puntandosi il dito contro il petto. «Perché mai dovrei essere gelosa di quella sgualdrina?»
Si accorse subito dopo delle parole che le uscirono dalla bocca.
«Senza offesa Gabe»si affrettò a dire.
Gabe liquidò tutto con una scrollata di spalle. Si accorse solo in quel momento che Beth batteva i denti infreddolita.
«Diamine, sei fradicia. Vieni dentro ad asciugarti».
«Sai Gabe, non l'avrei mai detto di esserlo. Grazie per avermelo fatto notare»lo prese in giro Beth.
«Beth». La voce di Gabe era misto divertimento e esasperazione.
L ragazza scrollò le spalle seguendo l'Angelo in casa.
Si guardò attorno. Ovunque posasse lo sguardo incontrava bianco. Bianchi gli armadi, il rivestimento del divano e delle due poltrone.
"Non oso immaginare in che condizioni sarà la cucina"si ritrovò a pensare. Scommetteva che anche la cucina a gas era bianca.
«Certo che voi Angeli siete fissati con il bianco»commentò.
Gabe emerse da quella che doveva essere presumibilmente la sua camera da letto.
«Ricorda molto il Paradiso. Come sai il bianco è il colore della purezza mentre il nero…»
La frase gli morì in gola.
Beth sorrise tristemente.«il nero è il colore della corruzione e del male. Ciò che sono veramente».
«Non è affatto vero»controbatté convito Gabe.«Un tempo forse ma adesso sei cambiata».
«Come fai a sapere come sono veramente?»
«Io vedo, so che sei diversa».
Si avvicinò e l'abbracciò.«Sei la ragazza di cui mi sono innamorato».
La baciò.«Ti amo Beth. E non smetterò mai di farlo».
Si staccò subito dopo.
«Ah, già sei bagnata fradicia. Tieni. Spero vadano bene mentre aspettiamo che i tuoi si asciugano»disse porgendole un paio di shorts e una maglia larghissima bianca con stampato sopra Superman.
«Spero ti piaccia Superman»disse quasi in tono di scuse.
Beth lo scrutò con occhio critico.
«Non è il mio massimo, ma più andare».
«A me piace»disse Gabe. E per piace intendeva che aveva cominciato a piacergli da quando James lo sommergeva dei suoi fumetti.
«E poi mi assomiglia»aggiunse gonfiando il petto.
Beth sorrise divertita.
 «Non sapevo che Superman fosse l'eroe del sarcasmo».
Gabe la prese tra le braccia.
«Io direi più il tuo eroe personale».
«E chi ti dice che avrò bisogno del tuo aiuto?»
«In futuro non si sa mai Beth».
Beth lo fissò intensamente. Voleva possedere anche lei quella sicurezza che lo predominava.
«Gabe».
«Mmm?»
«Mi devo cambiare».
Aveva interrotto un momento d'intimità.
"Stupida,stupida,stupida"imprecò mentalmente.
Gabe la lasciò andare di malavoglia.
«Fa presto Beth»le sussurrò all'orecchio.
Mentre Beth andò nella sua stanza a cambiarsi, Gabe si buttò di peso sul divano.
Ancora non riusciva a crederci di avere Beth qui a casa sua.
Dopo gli ultimi giorni di distanza che lo avevano svuotato, riaverla accanto era veramente ciò di cui aveva bisogno per tirarsi su.
Le assi del pavimento in moquet alle sue spalle scricchiolarono, e la porta della sua stanza si spalancò.
Beth era sulla soglia e infagottata nella sua maxi maglia e i capelli bagnati sembrava un pulcino.
Provò un'infinita tenerezza, e voglia di abbracciarla fortemente. In quel momento sembrava minuta e vulnerabile, e lui aveva una voglia irrefrenabile di scacciare e impedire ai mali di tormentarla.
Anche quelli interiori.
«Mi stai fissando»balbettò Beth.
Gabe annuì.«Sei bellissima».
Lei arrossì, e non proferì parola.
Gli piaceva da matti quando faceva così.
«Che stavi guardando?»gli domandò rompendo il ghiaccio, e sedendosi al suo fianco sul divano.
Gabe scrollò le spalle.
«Niente di speciale. Stavo facendo zapping tra i canali»disse pigiando i tasti del telecomando, per enfatizzare le sue parole.
Beth sorrise furbescamente.
«Fermandoti per puro caso sulla partita di calcio?»
Beccato. Il fatto era che aveva cominciato ad avvicinarsi a quello sport dopo il disastroso approccio con il volley il suo primo giorno alla Wilmington Town of.
«Ne sai di cose per essere una morta vent'anni fa»Beth si portò le ginocchia al petto.
«Ho avuto a che fare con Demoni di varie epoche Gabe, tra cui moltissime new entry di questo secolo».
Allora Michael non aveva esagerato quando l'aveva convocato per affidargli la missione. Davvero i Demoni stavano cominciando a prevalere e ad appropriarsi di molte anime umane.
«Capisco»riuscì solo a dire ricominciando a cambiare canali. Immagini su immagini iniziarono a sovrapporsi tra loro.
«Aspetta Gabe. Torna indietro di uno»lo fermò all'improvviso Beth.
Il ragazzo ubbidì, ritrovandosi sullo schermo l'immagine di un'immensa nave, molto antica per gli standard moderni.
Titanic spiccava sulla fiancata.
«Mi piaceva molto questo film».
E davanti allo sguardo spaesato di Gabriele, gli raccontò brevemente la trama.
«Un po' triste»commentò arricciando il naso.
«Sono come noi»si lasciò scappare Beth.
Gabe le prese le mani.«Non dirlo neanche per scherzo Beth. Troverò un modo per stare insieme a te per sempre. E se non esiste, lo inventerò».
Beth accennò un sorriso poco convinto.«Mi fa piacere che tu tenga a me Gabe. Ma guardiamo in faccia la realtà. Siamo troppo diversi. Peggio dei Montecchi e i Capuleti. Io sono un Demone, capo del Settimo Cerchio Infernale, tu un abitatore del Cielo e Messaggero di D…».
Oh, accidenti. Come Demone oltre a non avere libero accesso ai luoghi a Lui consacrati, non poteva neanche nominarlo.
«Ma Beth…»
«Il punto è Gabe»lo interruppe«che non è il nostro destino vivere insieme in eterno. Lo capisci, vero? Credimi, fa malissimo anche a me. Ma questa è la realtà».
Quelle parole lo colpirono come una pugnalata allo stomaco. Beth aveva ragione, Ma non poteva, non voleva arrendersi ai fatti.
L'attirò a sé, stringendola fortemente al petto.
«So che questa è la realtà, ma non sono un tipo che si arrende facilmente. Fidati di me. Troverò veramente un modo per starti accanto»disse determinato affondando il viso tra i suoi morbidi capelli.
Beth godette fino in fondo quell'abbraccio. Non poter più sentire il suo calore, il suo profumo, il suo cuore nel petto che batteva leggermente accelerato la faceva sentire malissimo.
Anche se la vita le aveva insegnato che nulla andava nel verso che volevi, questa volta decise di aggrapparsi a questa debole speranza.
«Ti credo Gabe»sussurrò.
Gabe la staccò delicatamente e appoggiò le labbra sulle sue, un bacio breve ma pieno di speranza.
Pochi minuti dopo si sistemarono comodamente sul divano. Gabe vicino al bracciolo destro e con le gambe poggiate sul tavolino davanti, mentre Beth sdraiata con la testa poggiata sulla gamba sinistra del ragazzo.
Fu un momento magico. Loro due soli, come lo erano stati a New York avvolti in un'intimità che apparteneva esclusivamente solo a loro.
Una volta Gabe aveva letto che le anime destinate a unirsi si sarebbero incontrate prima o poi. Gettò un'occhiata fugace a Beth concentrata sul film.
Pregò che quel momento non finisse mai.










Angolo autrice:eccomi qui.
Pubblico oggi il capitolo perchè non so quando riuscirò a rimettermi al pc ^^"
Dopo un po' di dannati ho preferito aprire questa piccola parentesi di romanticismo tra Beth e Gabe, che non drerà molto(ancora il prossimo).
Nel 32 arriverà una svolta che cambierà molto la storia...e porterà a un fatto più...catastrofico(ma questo arriverà più avanti XD)
Vorrei ringraziare Fu_11 e fofi_01 per averla messa tra le preferite(Fu_01 anche nelle seguite) XD e tutti voi che leggete questa storia :D
Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** capitolo 31 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 31

Si svegliò con le note dei titoli di coda del film. My heart will go on di Celine Dion.
Gettò un'occhiata all'orologio appeso alla parete.
Era quasi mezzanotte.
Beth dormiva tranquilla rannicchiata su se stessa. Gabe avvertì un moto di tenerezza. Quanto aveva voglia di accarezzarle i capelli, e la sua pelle morbida e gelida come il ghiaccio.
Arrossì al pensiero.
"Cosa vai a pensare Gabriele? Piuttosto cerca di raggiungere la tua stanza senza svegliarla" si rimproverò. A fatica raggiunse il cuscino poggiato sulla poltrona lì vicina, e a scivolare giù dal divano senza svegliare Beth. Infine la coprì con il plaid multicolore.
La contemplò ancora un istante. E le stampò un bacio sulla fronte.
Beth mugugnò, e si girò dall'altra parte, con un sorriso dipinto sul viso.
Gabe si richiuse dietro la porta della sua camera in religioso silenzio. Peccato che il divano fosse così scomodo da seduto. Si era alzato a malincuore.
Si sistemò sotto le coperte e piombò come un sasso in un sonno profondo.
 
Beth aprì gli occhi. Ciò che vide fu il bianco soffitto illuminato dalla fievole luce che passava debolmente dalle righe delle tapparelle.
Riconobbe subito alla sua sinistra la TV al plasma della casa di Gabriele.
Già…ma dove si trovava adesso lui?
Si alzò in punta di piedi e quatta quatta come un gatto aprì la prima porta che le capitò a tiro. Con la poca luce che c'era riconobbe a stento un mobile rosa, un comò con la specchio pieno di trucchi, e nella parete accanto una gigantografia dei Tokyo Hotel.
Beth fece una smorfia e richiuse la porta. Certamente non poteva essere la stanza di Gabriele.
Provò quella accanto.
Stavolta fu come ritrovarsi catapultati in Paradiso. Sulle pareti che non erano nascoste da un armadio a quattro ante, erano disegnate con un tratto di pittura bianca delle nuvole bianche che parevano quasi vere.
Entrò e richiuse la porta silenziosamente.
Gabe era sdraiato sul letto, la bocca semisocchiusa e qualche ricciolo nero ribelle a incorniciare il suo viso da ragazzino.
Beth si sistemò i capelli all'indietro, e lo baciò sulla fronte.
Nessuna reazione.
Poi sulla punta del naso.
Gabe brontolò ma continuò a dormire.
Un po' delusa si allontanò. O almeno l'avrebbe fatto se la mano di Gabe non l'avesse riacchiappata per il polso e non l'avesse attirata a sé.
«Perché te ne stavi andando?»le sussurrò.
La sua voce scese come balsamo sulla pelle di Beth.
«Stavi dormendo».
Gabe scosse la testa divertito.
«Niente affatto. Mi stavo godendo i tuoi baci». La baciò.«E mi sembra che ti sia dimenticata il posto più importante». Le loro labbra si ritoccarono. le emozioni furono le stesse del loro primo bacio.
«Resta con me stanotte»mormorò Gabe tra un bacio e l'altro.
«Sei proprio un pervertito Gabe».
«Non per quello. Intendevo solo dormire…insieme».
Beth sorrise e scivolò aggraziatamente al suo fianco sotto le coperte. Incastrò la testa sotto la spalla destra di Gabe. Il ragazzo la cinse con un braccio.
«Stai tremando di freddo»disse strofinandole la braccia.
Cosa?
Era quella la strana sensazione che l'aveva accompagnata da quando aveva lasciato il divano?
Freddo l'aveva definito.
ma lei era un Demone. Non sentiva il freddo, perché lo era dentro.
Decise comunque di non proferirne parola con Gabe. Non voleva che si preoccupasse inutilmente.
«Allora vorrà dire che ti dovrò trasmettere un po' del mio calore»aggiunse Gabe con un sorriso.
Beth gli si avvicinò ancora di più.«Non aspettavo altro».
 
La mattina per fortuna era ancora domenica.
Gabe fu il primo a svegliarsi.
Ore 11:00 segnava la sveglia.
Sbadigliò e liberò delicatamente il braccio prigioniero sotto la testa di Beth che dormiva tranquilla.
Voleva farle una sorpresa.
Se avesse potuto fermare il tempo le avrebbe potuto rifare i muffin, ma vista l'ora optò di prepararle il pranzo.
Tirò fuori dalla credenza un libro di ricette. Era pieno di segnalibri…tutti su ricette francesi. Gabriele fece una smorfia disgustata. Detestava la cucina francese con tutte le sue forze. Già gli veniva il voltastomaco a pensare a tutte quelle ricette a base di lumache.
Per fortuna il libro aveva anche una sezione di cucina italiana.
Adocchiò subito il pesto. Ripensò a quando gli aveva detto di essere genovese. Si. Era il piato perfetto.
Per fortuna qualche giorno prima aveva comprato il basilico da sfruttare in qualche piatto. Ecco l'occasione.
Dispose sul tavolo tutto l'occorrente:basilico, olio, noci, pecorino grattugiato, pinoli e uno spicchietto d'aglio. Perfetto. Non mancava niente.
Tirò fuori un piccolo mortaio in marmo sperando di non svegliare Beth quando l'avrebbe utilizzato.
Ci mise due ore, ma alla fine fu soddisfatto del suo risultato.
Quando sentì il rumore di due piedini sulla moquet sussultò.
Sulla soglia della cucina apparve Beth con ancora gli occhi semichiusi e i capelli in disordine.
Gabriele la trovò ancora più bella rispetto al solito.
«Che stai facendo Gabe?»domandò con la voce ancora impastata dal sonno.
«Ti ho preparato il pranzo»le disse scostando una sedia dal tavolo.
Beth si sedette incuriosita.
«Gabe cos'hai…». Si bloccò inspirando profondamente quel leggero aroma che regnava nella stanza.
«Hai preparato il pesto?»domandò emozionata.
Gabe arrossì.
« Mi hai detto che è uno dei tuoi piatti preferiti. Volevo farti una sorpresa».
Beth si alzò e gli andò incontro abbracciandolo forte.
«Danke* Gabe».
Lui le accarezzò delicatamente la schiena.
Con la mano la costrinse ad alzare lo sguardo.
Dato che la sovrastava di qualche centimetro, fu costretto ad abbassarsi per baciarla.
«¡Maldita sea!**»imprecò staccandosi di colpo.
L'acqua della pasta stava uscendo sporcando la cucina a gas.
Aiutato dai guanti scolò dalla pentola le trenette cotte al dente.
Beth assaporò fino in fondo quell'attimo di normalità. Non erano più un Originario e un Angelo, bensì due ragazzi alle prese con i problemi di tutti i giorni.
«Spero ti piaccia»dichiarò Gabe, poggiandole davanti il piatto fumante di trenette al pesto.
Beth le assaggiò.
Erano squisite, però decise di tenere un po' sulle spine il povero Gabe.
Alla fine sorrise.«Sono fantastiche».
Lui sospirò di sollievo, e si accomodò a tavola. Già. Doveva dire che aveva fatto un ottimo lavoro.
Finito il pranzo si accoccolarono uno di fianco all'altro.
«Hai la pelle d'oca»le disse Gabe sfregandole la braccia.«Stai bene?»
Beth sentiva il cuore in gola, nervosa e terrorizzata da quello che avrebbe fatto.
Abbozzò un sorriso forzato.
«Sto bene. Sto sempre bene quando sono al tuo fianco».
Ringraziò mentalmente Gabe che non indagò oltre.
Abbracciata a lui, la mente corse al suo piano.
"Riuscirai mai a perdonarmi Gabe?"
 
*trad dal tedesco:grazie
**trad dallo spagnolo:dannazione






Angolo autrice:ciao a tutti :D
Con questo capitolo posso affermare con soddisfazione che siamo arrivati alla fine della prima parte di questa storia.
Quale sarà il piano di Beth?
Ringrazio AriannaJones e I_Love_Taylor and Robert per aver inserito la storia tra le preferite, e tutti voi che seguite questa storia^_^
Alla prossima :D

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** capitolo 32 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 32

Non poteva andare oltre.
Prima o poi Lucifero l'avrebbe costretta a ucciderlo. E lei non ne avrebbe mai avuto il coraggio.
Per questo, con il pianto nel cuore, qualche giorno prima aveva deciso.
Lasciata la casa di Gabriele poche ore dopo, era tornata nel suo appartamento.
Era il 2 Dicembre. Il giorno in cui la sua missione giungeva a termine.
Jake era seduto pigramente sul divano, con in mano la X-box. Era appena tornato dal suo piccolo viaggetto, dato che indossava ancora i jeans e la maglietta nera, e non la solita tenuta casalinga.
«Prepara i bagagli Jake. Si torna a casa»ordinò con voce repentoria.
Casa. Quanto era vuota di significato se riferita all'Inferno.
Casa per lei ora significava Gabriele.
Jake la fissò sorpreso.
«Ma, Mia Signora…la missione…»
«Lucifero ha posto oggi come ultimo giorno»rispose scura in volto.
Non era per quello, pensò Jake. Doveva vedersi con Annabel mezz'ora dopo.
«Ma…»provò a ribattere, inutilmente.
«Non discutere stupido schiavo, e ubbidisci».
Jake scomparì nella sua stanza.
Beth lo seguì con lo sguardo, scostandolo quando si chiuse la porta dietro, lasciandola sola.
Sola.
Sarebbe tornata a essere sola. Forse, non era altro che il suo destino.
Solo allora si decise a scribacchiare la lettera. Quando fu soddisfatta del risultato, evocò le ali.
Aprì le imposte. Un balzo e fu fuori.
Raggiunse la Wilmington Town Of desertica. Entrare non fu difficile. Era nella sua forma incorporea, e passare dai muri era senz'altro facile, eh si anche divertente. Ma non in quel momento.
Trovò l'armadietto di Gabe, e infilò la lettera nella fessura.
Sorvolò con lo sguardo quelle quattro mura che le avevano permesso di conoscere Gabe.
Già, Gabe.
Non poteva partire senza salutarlo.
Sorvolò la città addormentata, come fosse sotto un potente incantesimo.
La finestra di Gabe era socchiusa, pur essendo abbastanza fresco. Insomma erano o no a Dicembre?
Ritrasse le ali ed entrò nella stanza.
Gabe dormiva profondamente. Sembrava ancora più vulnerabile eppure così determinato, accoccolato sotto le coperte. Quanto avrebbe desiderato rivedere le sue iridi azzurre un'ultima volta.
Beth gli si avvicinò in silenzio, e lo baciò sulla fronte scostando alcuni riccioli ribelli.
Gabe mugugnò, poi le sue labbra si stirarono in un sorriso beato.
Una lacrima solitaria incominciò a scenderle giù per la gote. Si era ripromessa di non piangere. Ma non ci riusciva.
Lasciarlo era così…insopportabile.
Ma non poteva fare altrimenti.
Lucifero non avrebbe capito questa titubanza nell'ucciderlo. Ma non le importava.
Sperò con tutto il cuore che Gabe capisse, quando l'indomani non l'avrebbe trovata.
 
Trovò Jake con le valigie fuori al palazzo. Aveva uno sguardo indecifrabile.
Beth alzò lo sguardo verso la finestra di quello che era stata la sua casa per quei tre mesi.
«è ora»mormorò, più a se stessa che a Jake.
Salirono sulla Ferrari, faticando a infilare i bagagli nel bagagliaio.
Quando raggiunsero la periferia, presero una stradina secondaria che portava vicino al cimitero.
«Aperite portas inferi*».
In mezzo alla strada si aprì una voragine dai bordi frastagliati simile a una bocca famelica. La Ferrari vi ci buttò a capofitto. Beth gettò un'ultima occhiata angosciata allo squarcio che si stava richiudendo dietro di loro.
Ormai era fatta.
Era di nuovo all'Inferno.
IL Portale li aveva portati direttamente nel Settimo Cerchio, il cui centro altro non era che una landa desolata illuminata da una pioggia incessante di fuoco contornata dalla foresta dei Suicidi e il Flegetonte, il fiume di sangue bollente in cui erano immersi i Violenti Contro il Prossimo.
Jake inspirò l'ari impregnata dall'odore acre della carne bruciata, la carne dei Violenti contro Dio, Natura e Arte.
«Odore di casa»mormorò.
Ma Beth non era della stessa opinione.
Il sangue di Gabriele l'aveva cambiata troppo per considerare quel luogo impregnato di sofferenza e morte, casa.
Solo quando all'orizzonte comparve Castel Tenebra, la sua dimora chiamata così da Belial, si permise di respirare più tranquillamente. Era arroccata su un picco da cui sia aveva la vista dell''intero Cerchio. Erano lì che erano alloggiavano anche i suoi sottoposti.
Chissà, forse in quelle mura si sarebbe riuscita a estraniare dalla sua vita che ormai apparteneva al passato.
Quando scese dalla Ferrari, venne accolta dai suoi Senz'Anima, coloro che erano morti per mano dei Demoni, ma che non avevano alcun peccato grave da espirare.
Tra loro suo cugino Leopold, che chinò il capo in segno di deferenza e sottomissione.
Quando ancora era del tutto Demone, le faceva un piacere indescrivibile veder umiliato così suo cugino. Adesso non provava altro che un moto di pietà.
Quando sentì il raspare di unghie sul terreno, la sua bocca sia aprì in un debole sorriso. Ed ecco comparire dalla porta della dimora una creatura deforme a quattro zampe, dalla pelle nera priva di peluria, zampe munite di artigli acuminati e una coda lunga e flessibile. Sugli occhi rossi come la brace spiccava una bocca irta di denti.
Una creatura spaventosa per chi non l'avesse mai conosciuta.
Ma per Beth, Meth rimaneva il suo cucciolo. Il suo piccolo cane infernale.
Si accucciò, e subito la bestiolina gli corse appresso, prendendosi tutte le coccole e le pacche sulla schiena.
"A Gabriele piaceresti"pensò.
Pensare a Gabe il suo cuore perse un battito.
Ma continuare a pensarci non l'avrebbe di certo aiutata.
L'unica soluzione era cercare di dimenticare, e considerare tutto come un bellissimo sogno, ormai infranto.
 
Quando si svegliò, si sentì addosso una strana inquietudine.
Di cosa si trattava?
Anche Ann non aveva un bell'aspetto, segno che anche lei aveva una strana sensazione addosso.
Ma nulla gli sembrava tremendo, con Beth al suo fianco.
Sulla sua bici si sentiva quasi privo di peso e con le ali ai piedi come Ermes.
Questo era il potere che esercitava su di lui Beth. Che non avrebbe tardato a vedere, dato che per fortuna avevano la prima lezione insieme.
Entrò in classe con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Che si spense quando notò l'assenza di Beth.
"Sarà in ritardo"pensò.
Quando però arrivò anche la prof, uno strano presentimento si fece strada nel suo cuore.
«Ho un a brutta notizia da annunciarvi. Elisabeth e Jake Meyer si sono ritirati dalla nostra scuola».
Sentì il mondo attorno a sé cadere a pezzi.
Non poteva essere vero.
«Se n'è andata?»domandò a voce alta.
«Si Signor Cortes. L'avevano già annunciato venerdì».
Si sentì ancora più male. Non aveva notato alcun cambiamento tra loro. Perché Beth l'aveva tenuto all'oscuro di tutto?
Perché questa decisione di punto in bianco?
Per tutta la lezione fissò il nulla davanti a sé. Nulla era importante in quel momento.
Raggiunse in fretta il suo armadietto, e trovò James stranamente da solo a cambiare i libri per la lezione dopo.
«Se n'è andata»disse tutto d'un fiato.
James rimase a fissarlo con lo sportelletto dell'armadietto aperto a metà.
«Chi?»domandò sorpreso.
«Beth. La prof ci ha informato che lei e Jake si sono ritirati».
«Forse solo dalla scuola. Secondo me sono ancora in città»cercò di rincuorarlo l'amico.
«Già Giusto». Il volto di Gabriele si illuminò. «Quando uscirò da scuola andrò subito da lei».
«Pessima idea amico. Ti ricordo che c'è anche Jake, e a quanto mi risulta non siete propriamente amici, se per amicizia intendete spararvi addosso fuoco e fiamme».
«All'Inferno Jake»protestò Gabe«Per me l'unica cosa importante è lei. Non sarà di certo un Demone come lui a fermarmi».
James sorrise divertito.«Inferno dici? Lo manderesti nel posto giusto».
Gabe aprì l'armadietto, animato da una nuova speranza.
Un biglietto cadde a terra.
Lo raccolse e se lo rigirò tra le mani.
Per Gabriele c'era scritto.
Riconobbe subito quella calligrafia. Era di Beth. Forse lì c'era la spiegazione di quella scelta così avventata.
L'aprì in fretta e furia, e la lesse.
Sicuro che la sua vista umana gli giocasse brutti scherzi la rilesse più volte, continuando a ripetersi che altro non era che un incubo, un sogno orribile.
Quelle parole gli rimasero incise sul cuore, e lo ferirono con la forza di una pugnalata.
 
"Caro Gabriele,
Quando avrai letto questa lettera, io sarò già lontana.
Eh, si. Ho deciso di tornare a casa, nel Settimo
Non credere che la mia scelta sia stata facile, lasciarti senza neanche una spiegazione e senza salutarti.
Avevo paura. Paura che Lucifero mi ordinasse di ucciderti.
Io ti amo. Senza di te sarei rimasta nient'altro che una macchina di morte, un involucro pieno solo di rabbia e odio.
Il tuo sangue mi ha cambiata, mi ha restituito me stessa.
Sono disposta a rinunciare a te, se è per salvarti la vita. Far finta che nulla di questi ultimi mesi sia accaduto.
Per questo con la tristezza nel cuore, ti dico addio.
Rimarrai per sempre nel mio cuore. Sempre.
Ich liebe dich.
Tua Beth."
 
«Gabe…»sussurrò James, preoccupato per l'espressione sul volto dell''amico.
«Se n'è andata per sempre». Alzò lo sguardo già rigato di lacrime.
«è tornata nell'Inferno».
 
*trad dal latino:apriti porta degli inferi.











Angolo autrice:ta dan :D
Si, lo so sono un po' troppo crudele con loro...dato che li ho appena divisi.
Il peggio deve ancora arrivare, per il momento seguiremo le loro vite ormai separate.
Cosa accadrà per rintrecciarle tra loro?
Ringrazio Giulia01g e His Dimples per aver inserito la storia tra le preferite...e naturalmente tutti voi che seguite questa storia :D
Alla prossima :D

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** capitolo 33 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO  33

Gabriele gettò il suo bagaglio sul letto.
La luce lo colpì al viso accecandolo un attimo appena. Con un  gesto secco chiuse le tende. La stanza piombò nel buio.
Pareva vuota. Come il suo cuore. Nella tasca teneva ancora la lettera di Beth.
Poche ore prima aveva scoperto tutto.
Beth se n'era veramente andata. Il suo appartamento era vuoto privo di vita.
Provò a contattarla con la mente. Nulla.
La missione dunque era finita. Non c'erano più Demoni da contrastare.
Salutare James e Rebecca era stata piuttosto dura. In fondo erano diventati grandi amici.
Rebecca lo abbracciò fortemente.«Torna a trovarci. E non dimenticarti di noi»
James si limitò a una pacca sulla spalla.«Buon viaggio di ritorno Gabriele,amico mio».
Aveva abbracciato entrambi con lo sguardo. Non si sarebbe mai e poi mai dimenticato. Anzi avrebbe vegliato su di loro dall'Alto.
Annabel li aveva osservati in silenzio,già pronta di tutto punto.
Lei non aveva nessuno da salutare. Aveva rotto con Rebecca da quando la ragazza stava con James. E le altre ormai erano ospiti nei vari gironi dell''Inferno.
«È ora»disse con voce atona.
Gabriele indietreggiò affiancandosi alla compagna.
James attirò a sè Rebecca giá con il volto rigato di lacrime.
Una colonna di luce cadde sui due Angeli avvolgendoli completamente.
Un attimo dopo si ritrovarono in Paradiso.
In religioso silenzio avevano raggiunto le rispettive camere.
Nessuno dei due voleva proferire parola.
Ma tanto sapevano che dovevano far rapporto a Michael e agli altri Arcangeli.
Gabriele si poggiò con le braccia contro la scrivania.
Perchè? si chiese.
Perché era accaduto tutto questo?
Era così malato e sbagliato l'amore che provava per Beth?
Sapeva che doveva liberarsi dalla trappola che questo amore aveva tessuto intorno al suo cuore.
Non riusciva,non poteva vivere senza Beth. Nemmeno fosse stata una vita breve mortale. Tutta l'eternità sarebbe sicuramente impazzito.
Poteva cancellare tutto e dimenticare.
Ma non poteva. Gli era rimasta nel profondo delle idee,come pezzo di una vita che non c'era. Come un ago nelle vene o una splendida bugia. Una ferita che ora mai non andava più via e non sarebbe mai guarita. E non sarebbe passata tanto facilmente.
Mandava giù le lacrime ripensando a lei. La stanza gli pareva così immensa ripensando alla notte che avevano passato insieme.
No, non poteva vivere senza di lei. Le mancava terribilmente. Per questo aveva chiuso le tende. Non poteva sopportare quel cielo blu o il rosso del tramonto. La sua mente rivedeva sempre e solo lei. Beth.
La rivedeva e rivedeva com'era e come la voleva. Era ancora un fuoco nel suo cuore  che bruciava come mai.
E ancora non riusciva a capacitarsi che l'aveva lasciato.
Forse doveva lasciarsi tutto alle spalle. Ricominciare di nuovo da zero. Perdersi nelle missioni future e addestramento.
Questa distanza era così pesante che non aveva parole per spiegare.
"Chissà ora cosa sta facendo? Starà torturando le anime come faceva un tempo? Assoggettava nuove vittime?"pensò. Erano pensieri macabri questi che tuttavia gli sembravano molto simili alla realtà.
Si era illuso, nient'altro. Aveva creduto in quel sogno fino alla fine, ma adesso in mano non gli rimanevano altro che le schegge, quelle di uno specchio infranto. Quelle erano del suo cuore.
Qualcuno bussò alla porta interrompendo il filo dei suoi pensieri.
Il viso di Ann fece capolino.
«è ora di andare dagli Arcangeli a fare rapporto».
Gabe annuì e con la compagna si sbrigò a raggiungere il Cielo della Luna, un tempo in mano all'Arcangelo Gabriele, morto ormai da secoli.
Ora era lì che era insediato il Consiglio degli Arcangeli, coloro che amministravano i cieli più lontani da Dio.
Le guardie lì appostate li fecero passare.
La sala era immensa, d'un bianco accecante.
Addossato nella parete opposta alla porta c'era un lungo tavolo a cui erano accomodati gli Arcangeli che si alzarono all'entrata dei due Angeli.
Michael regalò una strizzatina dell''occhio in direzione del fratello minore, che rispose con un sorriso impacciato.
Raphael invece lo fissò in modo beffardo. E come dargli torto. Gli aveva messo tra le mani abbastanza materia per prenderlo in giro a vita.
Takiel lo fissò impassibile con i suoi tratti orientali.
Raziel tenne lo sguardo fisso sul tavolo. Sapeva che all'addestramento l'avrebbe fatto sudare di brutto.
Cassiel mormorò qualcosa nell'orecchio di Raphael, che sorrise divertito.
E per finire Uriel che riservò loro un'occhiata fugace
Annabel e Gabriele si inginocchiarono a terra, come volevano le leggi.
Uriel annuì soddisfatto.
«Rapporto».
Gabriele fu scarno ma essenziale.
Dopo aver finito rimase in silenzio.
Aveva omesso molte cose nel suo rapporto. Primo tra tutti Beth. Sapeva che Uriel e gli altri non avrebbero approvato.
«E i Demoni?»
Gabriele deglutì. Doveva essere convincente. Raccontò loro che a parte uno scontro non avevano avuto occasione di nuove dispute.
In fondo era una mezza verità.
«Accidenti Gabriele»s'intromise Raziel.«Non ti ho insegnato nulla? Quando hai l'opportunità di uccidere un demone non devi lasciartela sfuggire».
«Calmati Raziel»lo ribeccò Uriel serio.«Se l'è cavata bene per essere solo alla prima missione».
Michael lo ringraziò con un cenno del capo.
«Potete andare»li congedò Uriel con un cenno della mano.
Per Gabriele fu come perdere un peso sullo stomaco. Non voleva mentire al fratello e agli altri, ma non aveva scelta.
L'amore che provava per Beth valeva più di qualsiasi altra cosa.
In fondo non era ciò di più sacro per Suo Padre?
«Ci si vede Gabe»sussurrò la voce di Annabel.
Gabe la salutò con un cenno del capo.
Chiuso nella sua stanza, sentiva la testa sull'orlo dell''esplosione.
Doveva rivelare a qualcuno il suo segreto.
Sorrise.
Sapeva già a chi.
Schizzò fuori come un razzo dalla stanza.
La sua meta erano i Cancelli del Paradiso.

 







Angolo autrice:
Eccomi qui con il ritorno in Paradiso di Gabriele, che sembra non stia molto bene.
Gabriele:ma dai? Sono stato appena mollato. Come dovrei sentirmi?
Io:ehm...1 a 0 per l'Angelo ^^"
Nel prossimo torneremo a Beth, e accadrà...un evento inaspettato :D
Ringrazio tutti voi che seguite questa storia...spero di non deludervi andando avanti.
Ho in serbo una sorpresa, ma i dettagli ve li darò nei prossimi aggiornamenti XD
Alla prossima <3

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** capitolo 34 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 34

Ritornare alla sua vecchia vita fu difficilissimo.
Il dolore delle anime impregnava ogni centimetro di quel luogo, creando in lei una sorta di disturbo.
Non le era mai successo.
Il filo dei suoi pensieri si ruppe quando qualcuno bussò alla porta della sua stanza.
Beh sussultò. Si trovava nella sua stanza a Castel Tenebra,la sua dimora interamente costruita in onice illuminata dall'incessante pioggia di fuoco che si abbatteva sui dannati. Meth accucciato al suo fianco emise un basso ringhio.
«Avanti»rispose in fretta.
Entrò una ragazza sui diciotto anni dai capelli ricci e mori. Presentava alcuni caratteri demoniaci come le corna corte e ricurve e le unghie affilate. Doveva essere arrivata massimo da pochi mesi.
Si inchinò come un sottoposto davanti al padrone.
«Volevo informarla che la festa per il vostro ritorno sta per cominciare».
Beth represse un sorriso divertito. Una festa organizzata da Lucifero in casa sua.
Non era questa la cosa importante in quel momento. Beth si accorse di un piccolo particolare.
«Non ti ho mai vista qui nella mia schiera»disse dubbiosa squadrandola da capo a piedi.
 «Sono Elena Clarke».
Notando l'espressione ancora confusa del suo superiore, aggiunse:«Sono stata con Jake per un breve periodo. Mi ha uccisa quasi una settimana prima di Halloween».
«Ah»disse Beth. Si. Si ricordava di lei. All'epoca però non le era importata della sua morte.
Ma c'era ancora qualcosa che non quadrava.«E cosa ci fai qui? Di solito le nostre vittime o finiscono in un Girone o Senz'Anima. Tu invece…»
Di tutta risposta Elena le mostrò due forellini sul collo all'altezza della carotide.
«Jake ti ha morso?»
Anche a inizio missione gli aveva proibito di mordere le loro vittime.
Ancora una volta aveva contravvenuto ai suoi ordini.
Scacciò questi pensieri.
«Avvisa che non parteciperò». Non se la sentiva di sentire i commenti pungenti dei suoi compagni,né di ballare con nessuno. Tutto questo era accompagnato da un'emicrania che la tormentava ormai da tre giorni. Quando aveva bevuto l'ultima volta un goccio del sangue di Gabriele che si era portata da Wilmington. Una bottiglia intera che le sarebbe bastata per settimane.
Il Demone arricciò involontariamente le labbra,in un gesto contrariato.
«Ma deve presentarsi. Il Nostro Signore si adirerà molto se non prenderete parte al banchetto».
Senza aspettare una risposta, Elena si avvicinò all'armadio e ne estrasse un vestito vermiglio lungo fino a metà polpaccio con una spaccatura laterale, una fascia che copriva le spalle che lasciava gran parte della schiena scoperta.
«Questo andrà bene. Non siete d'accordo Mia Signora?»
«Beth»la corresse senza pensarci.
Elena la fissò sorpresa.«Come dite Mia Signora?»
«Gli amici mi chiamano Beth».
«E voi mi considerate un'amica?»
Beth ebbe un tuffo al cuore. Era la stessa domanda che Gabriele le aveva rivolto alla festa di Halloween.
«Perché no?»
Elena cercò di nascondere il disagio.
«è che voi siete un Capo…mi hanno insegnato a comportarmi in modo deferente…»
Beth allora incrociò le braccia al petto.«Allora ti ordino di chiamarmi Beth e darmi del tu, solo quando saremo sole».
Elena si proruppe in un inchino piuttosto goffo.
«Come desiderate…cioè come desideri»rispose con un sorriso sincero.«Ma adesso lascia che ti aiuti a sistemarti».
L'aiutò a indossare il vestito con l'apertura sulla schiena. Poi fu la volta del trucco. Le passò una mano di matita intorno agli occhi e li spolverò con dell''ombretto nero. In ultimo un leggero tocco di rosso alle labbra.
Quando si ritenne soddisfatta, Elena si allontanò per esaminare il suo operato.
«Sei perfetta»annunciò con orgoglio.
Beth si decise a contemplarsi allo specchio. Vedersi così le faceva molto male.
"Come se non fossi cambiata. Come se Gabe non fosse mai esistito"pensò con angoscia.
Se Elena notò il suo turbamento non lo diede a vedere, e di questo si sentì rincuorata.
Si lisciò la gonna.«Andiamo»mormorò più a se stessa che a Elena. Si sentiva come un gladiatore che andava incontro alla morte.
 
Nel salone c'erano tutti gli Originari al completo. Riconobbe subito Baal, che si aggiustava il suo ciuffo ogni volta che un Demone femmina, al servizio suo o dei suoi compagni, gli passava davanti. Un gesto che ti potevi benissimo aspettare dal Capo del Secondo Cerchio.
Asmodeus era messo in disparte appollaiato su una seggiola con in mano un libro. Sembrava non gli importasse nulla di ciò che gli accadeva intorno, tutto preso dalla lettura.
Moloch invece era già appostato dal bancone, ad assaggiare tutte le pietanze possibili e immaginabili. Quel cibo era lì solo per proforma. Tanto tutti di Demoni si cibavano del sangue che assumevano dai loro Senz'Anima, appostati nei diversi angoli della sala immobili e pallidi come fantasmi.
Dagon che scherzava con Akibeel era una novità. Di solito nessuno poteva sopportare Akibeel, tanto era iracondo con tutti.
E per finire Azazel, che non appena incrociò lo sguardo con lei le rivolse un tenue sorriso. Beth lo ricambiò convinta. In fondo, poteva ancora contare su Azazel.
Piano piano anche gli altri demoni notarono la sua presenza, scoccandole sguardi beffardi.
Li ignorò uno a uno.
Partì un lento.
Beth alzò gli occhi al cielo. Solo uno poteva aver messo una simile litania.
Infatti, Lucifero le si avvicinò con fare sensuale. Era elegantissimo con la sua camicia bianca su pantaloni neri di velluto e scarpe lucide.
S'inchinò baciandole la mano.«Vuoi concedermi un ballo?»
Pur sembrando una domanda, sapeva perfettamente che era un ordine.
Prese la sua mano gelida e si lasciò condurre in mezzo alla pista, dove altre coppie avevano avuto la loro stessa idea.
Lucifero le poggiò le mani sui fianchi, mentre Beth gli cinse il collo con le braccia.
«Sai che mi sei mancata tantissimo in questi mesi Lilith»le sussurrò ammiccante tra una giravolta e l'altra.
Il cuore di Beth perse un battito. Gabriele. Nel suo cuore non c'era spazio per Lucifero, ma solo per Gabriele.
«Anche tu»mentì.
Lucifero sorrise seducente.«Sapevo che avrei scelto bene».
«Cosa?»domandò sorpresa Beth.
Lucifero, dopo l'ennesima giravolta, la fece fermare a un nulla dal suo viso.
«La mia Regina degli Inferi».
Fece per avvicinare le sua labbra e scoccarle un bacio, ma Beth, forse animata dalla disperazione, fu più tempestiva.
«Mi vai a prendere qualcosa da bere Luci? Ho la gola secca».
Lucifero si rabbuiò un istante appena, poi sorrise in modo affettato.
«Come la mia regina desidera».
Si fece largo tra la folla avvicinandosi al suo Senz'Anima, lasciandola sola. Beth distolse lo sguardo. Sapeva che con un cutter gli avrebbe inciso il polso e ne avrebbe tratto il sangue. Come un tempo faceva con le sue vittime.
«Lucifero ti ha piantato in asso, eh Lilith?»disse con tono beffardo una voce alle sue spalle.
Beth si girò verso il suo interlocutore.
«Non hai nessun altro da importunare Baal?»
Baal sorrise, i canini ben in vista.
«Come siamo velenosi oggi. Ti secca il fatto di non essere riuscita a uccidere neanche un Angelo in questa missione?»
Beth incassò la frecciatina, ma non proferì parola.
Non ne aveva il bisogno.
Infatti Lucifero arrivò in quel momento.
«Non importunare la mia futura consorte Baal»lo intimò minaccioso.
Baal si allontanò intimidito.
«Nessuno ti tratterà più in quel modo quando sarai regina. Prego»disse porgendole il bicchiere pieno fino all'orlo di sangue.
Beth lo ringraziò con un cenno di capo, anche se il suo stomaco si contorse.
Poggiò le labbra sul bordo del calice d'oro e ne bevve una sorsata.
Accadde così velocemente che non ebbe quasi il tempo di capirne la causa.
Fatto sta che si trovò a terra in preda a un dolore lancinante all'addome. Come quando si era trasformata in un Demone.
Sentì la voce di Azazel preoccupata, la presa ferrea delle mani gelide di Lucifero, sostituita poco dopo da una  più delicata sulle spalle.
Elena. Era Elena che la stava trascinando di peso verso la sua stanza.
Il Demone fece appena in tempo a chiudere la porta, che Beth crollò a terra urlando di dolore.
Sentì chiaramente la stoffa del vestito stracciarsi all'uscita delle ali che si distesero in tutta la loro ampiezza.
Un violento attacco di nausea le fece rigettare quel poco sangue che aveva ingerito.
Poi com'era venuto il dolore svanì.
Beth riprese fiato. Cos'era successo?
«Beth?»sussurrò la voce sconvolta di Elena.
Quando si voltò verso di lei la trovò bianca come un cencio.
Le indicò il punto dove si trovavano le ali.
«Le…tua ali…sono…»
Beth si voltò. Quello che vide la lasciò sconvolta. Le sue ali erano cambiate. Avevano perso la loro tonalità nera per lasciare spazio la bianco, tranne che nelle punte, rimaste del loro colore originario.
Si alzò da terra barcollante per verificare una cosa. Si piazzò davanti allo specchio.
Anche gli occhi erano cambiati. Non erano più rossi, ma neanche erano tornati azzurri come quando era viva.
No. I due colori si erano mescolati tra loro generando un tenue violetto.
Crollò del tutto.
«Cosa mi è successo?»riuscì solo a dire.
Qualcuno bussò alla porta, facendola sussultare.
«Lilith?»
Era la voce di Lucifero!
Se l'avrebbe vista in quello stato, l'avrebbe sicuramente uccisa.
Entrò nel panico. Indietreggiò urtando il comodino facendo un fracasso orribile.
«Che sta succedendo là dentro?» La voce del Signore delle tenebre era venata, adesso, di preoccupazione.
Elena fu rapida a prendere in mano la situazione.
«Beth. Devi darti una calmata»le sussurrò.
La ragazza neppure l'ascoltò. Aveva ancora sul viso un'espressione di puro terrore.
Elena la prese per le spalle, costringendola a guardarla negli occhi.
«Beth. Guardami».
Beth lo fece meccanicamente.
«Senti. Lucifero non ti farà niente, se adesso farai ciò che ti dico.Ok?»
Beth annuì.
«Bene. Concentrati a far sparire quelle ali».
La ragazza strinse gli occhi.«Non ci riesco»mormorò angosciata.
Elena alzò gli occhi al cielo.
«Si che ce la fai. Su, riprovaci».
Alla fine le ali si decisero a sparire.
«Ora infilati a letto».
Beth ubbidì con la diligenza di una bambina.
«Ora aprirò a Lucifero, e…»
«No»quasi urlò Beth di nuovo colta dal panico.«Se avessi di nuovo un attacco, e lui scoprisse tutto…non voglio morire…»
«Devi mantenere la calma».
Beth chiuse  gli occhi. Quando li riaprì, sembrava avesse riacquistato l'autocontrollo.
Elena annuì soddisfatta, e aprì la porta. Fuori dall'uscio c'era un Lucifero impaziente che stava battendo un piede per terra esasperato.
«Ce n'hai messo di tempo»commentò sgarbatamente.
Quando si avvicinò al letto, cambiò radicalmente. da uno dall'aspetto truce, si trasformò in un gentiluomo dai modi affabili.
Poggiò delicatamente la mano sulla fronte di Beth.
«Come va?»
Beth deglutì, la fronte madida di sudore.
«Bene»mentì, cercando di mascherare il tremito della voce.
Un nuovo brivido le percorse le membra.
Lucifero prontamente la coprì con una coperta.
Le ritastò la fronte.
«Sei madida di sudore»sussurrò.«Rimani a riposo per un po'. Vedrai che ti sentirai meglio».
Beth annuì frettolosamente.
«Fa che nessuno osi disturbare il riposo della mia signora»ordinò con voce tonante e cupa, a Elena che s'inginocchiò.
«Sarà fatto Mio Signore».
Quando il Signore degli Inferi se ne fu andato, Beth si permise di tornare a respirare normalmente.
Scacciò via le coperte. Doveva assolutamente scoprire cosa le stava succedendo. Prima che qualcuno scoprisse tutto.
«Dove credi di andare? Devi riposarti»la bloccò Elena , costringendola a ristendersi.
«Devo scoprire cosa mi sta succedendo».
Elena si morse il labbro.
«Non voglio che Lucifero mi punisca. Dimmi cosa ti serve e te lo procurerò».
Gli occhi di Beth si illuminarono di riconoscenza.
«Libri. Qualsiasi libro accenni qualcosa di simile alla mia situazione».
Elena annuì lasciando Beth in balia di mille dubbi.









Angolo autrice(di corsa ^^"):
Perdonate se non ho rispettato la data di pubblicazione ^^"
In questo capitolo vi presento una delle svolte che vi avevo promesso :D che porterà a eventi...mmm...che al momento non rivelerò ma che capirete nei prossimi capitoli XD
Ringrazio per aver messo la storia: Melinda96 (preferite), St_rebel(ricordate), FullMoonEris, marty_598, Lady Sin_eater, brontola410, shadow_night e giugiu8 (seguite) :D
Come promesso nel capitolo scorso vi annuncio la sorpresa che avevo in mente:ho intenzione di pubblicare in parallelo a questa storia una sorta di raccolta di one short con i momenti mancanti della storia :)
Si intitolerà "LIght into darkness"
Se avete in mente pezzi di storia che volete approfondire meglio non esitate a dirmelo, e io cercherò di accontentarvi :)
Per il momento è tutto,
alla prossima XD

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** capitolo 35 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 35

Doveva assolutamente confidarsi con qualcuno. Altrimenti avrebbe dato di matto.
Raggiunse sua sorella Luisa, ai cancelli del Paradiso. Come Angelo Guaritore, era compito suo e dei suoi compagni cancellare ricordi dolorosi a un'anima appena approdata nel Regno dei Cieli.
«Lu».
L'Angelo si girò, e gli sorrise dolcemente.
«Gabe. Qual buon vento ti porta qui da me? Com'è andata la tua prima missione?»
«è proprio di questo che ti dovrei parlare»disse con voce tremante.
Luisa finì il suo lavoro e gli si fece appresso.
«Dimmi Gabe. Ti ascolto».
«Non qui Lu. Possiamo andare in un luogo appartato?»
Come se in Paradiso esistesse un luogo così.
«Andiamo nella mia stanza».
Percorsero i corridoi fianco a fianco.
Gabe aveva sempre reputato Luisa una donna bellissima con i suoi ricci selvaggi neri e gli occhi come il cielo. Le sembrava anche una piuttosto matura. In fondo lei aveva vissuto più anni di lui. Infatti adesso i ruoli si erano invertiti. Adesso era lei la responsabile.
La stanza era uguale a qualsiasi altra dove alloggiavano gli Angeli. Bianca con solo un letto e un armadio. Nel caso di Luisa anche uno specchio alla parete.
«Dimmi Gabe. É successo qualcosa?».
Gabe si sedette sulla sponda del letto e si prese la testa fra le mani.
«Mi sono innamorato»disse d'un soffio.
Luisa ci mise un po' a metabolizzare la notizia.
«Ti sei innamorato di un'umana? Gabe. È contro le regole,e lo sai».
Gabe scosse la testa.
«Non è umana».
 «Cosa?»urlò scandalizzata.
«Mi sono innamorato di un demone»confessò alla fine Gabe.
«Gabe...»mormorò Luisa sconvolta.
«Non è stata una cosa voluta all'inizio. È successo e basta».
E le raccontò tutti gli avvenimenti dei mesi che aveva trascorso con Beth.
«Michael lo sa?»domandò a fine racconto Luisa.
Gabe scosse la testa.
 «Avrebbe mandato qualcuno a ucciderla. Per questo non ne ho fatto parola».
Luisa fissò intensamente il fratello negli occhi.
«Non ti devi scusare per quello che è successo Gabe. Innamorarsi fa parte della vita».
Soffocò una smorfia. Come se loro fossero vivi.
«Ma mi sono innamorato di un nemico»esplose Gabe.
Luisa rimase in silenzio.
«L'ho salvata dalla morte donandole il mio sangue»proseguì Gabe in un sussurro.
«L'ami così tanto?»
Gabe annuì.«Più della mia stessa…vita».
«Sei sicuro di poterti fidare di lei? Lo sai che i Demoni sono dediti solo all'inganno e perfidia. Potrebbe essere tutto un enorme raggiro».
Gabe scosse la testa.«Non la conosci. Io mi fido di lei, e so che i suoi sentimenti nei miei confronti sono puri».
«Gabe, un Demone non prova…»
«…sentimenti? Credimi, dopo che è entrata in contatto con il mio sangue è cambiata».
«Lo credi, o ne sei solo certo?»
Provò un'intima delusione. Sperava che Luisa lo capisse, ma così non era stato.
Abbozzò un sorriso.
«Devo andare Lu. Promettimi che ciò che ci siamo detti rimanga un segreto».
«Hai la mia parola…fratellone».
Gabe si allontanò, con ancora il dolce pensiero di Beth nella mente.
 
Inferno, Settimo Cerchio
«Come sarebbe a dire niente?»
Beth era a un passo dal collasso.
«Ho controllato e ricontrollato la biblioteca da cima a fondo. Ma non ho trovato niente».
Beth si lasciò cadere pesantemente sul letto. Si strinse nella maxi maglia di Superman che Gabe le aveva imprestato,e poi donato,l'ultimo giorno che avevano passato insieme.
«Morirò…Lucifero mi scoprirà e mi spedirà dritta nella Fossa».
«Ma non vi vuole come consorte? Secondo me vi ama. In un modo tutto suo»
Beth scosse la testa.«Non è così. Mi vuole al suo fianco perché sono un Demone potente…ero un Demone potente. Non so più cosa sono».
Elena abbassò lo sguardo sconsolata.
«Credo che tu abbia ragione Beth».
Beth continuò a fissare davanti a sé un punto non ben definito.
Non poteva arrendersi così facilmente.
«Ci sono!»esclamò eccitata.«Tobias. Devo andare da lui.  è l'unico che mi possa aiutare ad andare fino in fondo a questa storia».
 
Wilmington, Terra
Tornare sulla Terra gli avrebbe fatto bene.
Forse la sua cura si trovava tra i suoi amici a Wilmington.
Fu così che si teletrasportò nella cittadina manifestando la sua forma corporea che l'aveva accompagnato per mesi.
Il fragore delle onde contro gli scogli lo riportò alla realtà. Quando girò lo sguardo i suoi occhi furono catturati dall'insegna luminosa "Pizzeria due forni".
Il suo cuore sussultò. Era il luogo del suo primo appuntamento con Beth.
Forse non era una buona idea entrarci. I ricordi l'avrebbero travolto, ma non poteva fare altrimenti.
Un profumo che ormai sapeva di passato gli colpì le narici, avvolgendolo completamente.
Si sedette a un tavolo in disparte.
L'aria era satura del profumo invitante di pizza. Se non avesse avuto lo stomaco chiuso se le sarebbe volentieri fatte fuori fino a scoppiare.
Joes gli passò accanto passando uno straccetto umido sulla superficie.
«Wey guaiò*»disse notando l'espressione tombale di Gabe.
«Tutto bene? Hai l'aria di uno a cui è crollato il mondo addosso».
Più o meno era ció che gli era successo.
Il pizzaiolo si osservò in giro.«Dov'è Lilith?»
«Se n'è andata»sentenziò lugubre Gabe, il mento poggiato sul palmo aperto della mano.
Joes rimase in silenzio.
«Mi spiace guaiò.»commentò compassionevole Joes.«Tornerà. Fatti coraggio»disse dandogli una pacca amichevole alla spalla e allontanandosi.
Gabriele lo seguì con lo sguardo.
No. Non sarebbe tornata.
 
"Vediamoci ai  Due Forni" recitava un messaggio da parte di Gabriele.
James quasi cadde dalla sedia.
Il suo amico era tornato.
 
Il campanello sopra l'entrata tintinnò. Sulla soglia apparvero James e Rebecca. Si guardarono attorno, accorgendosi di Gabe pochi istanti dopo. Rebecca fu rapida a raggiungere il tavolo e ad abbracciarlo fortemente.
«Sei tornato!»urlò entusiasta.«Sapevo che l'avresti fatto».
Gabe sorrise, un timido e rapido sorriso che passò come un colpetto di vento di uns giornata afosa d'estate.
James si limitò a un cenno di capo.
«Qual buon vento ti ha riportato qui a Wilmington? Non riuscivi più a vivere in nostra assenza?»
La battuta di James gli tirò sù un poco il morale. Solamente un yoctosecondo**.
«Sono venuto per ricordare»mormorò.
Rebecca commossa gli si sedette accanto e l'abbracciò fortemente.
«Non la dimenticherai Gabe»gli sussurrò.
Una lacrima cominciò a scendere giù per la gote dell'Angelo.
«Prima di tornare qui sono stato da mia sorella. Lei è un Angelo Guaritore e ha il compito di cancellare i brutti ricordi dalle menti delle anime che giungono in Paradiso».
«Ti è stata d'aiuto?»
Gabe scosse la testa.«È rimasta innoridita da questa storia. E davanti alla sua espressione ho pensato di farmi cancellare dalla mente i momenti insieme a lei. Di dimenticarla».
«Gabe non puoi!»insorse a sorpresa Rebecca infuriata.«Non è dimenticandola che aggiusterai le cose. Non puoi cambiare ciò che è successo. Puoi solo andare avanti»aggiunse con più dolcezza.«Trovare per esempio un modo per ricongiungerti a lei».
Era la promessa che le aveva fatto il penultimo giprno che aveva passato con lei.
«Hai ragione»s'illuminò.«Non posso darla vinta al destino. Nessuno nè l'Inferno nè il Paradiso potranno fermarmi».
«È questo ciò che volevo sentirmi dire Gabe»approvò Rebecca con un sorriso.
«Grazie Becca per riavermi di nuovo riaperto gli occhi. Non mi fermerò fino a quando non saremo di nuovo insieme. Per sempre».
«Grande Gabe. Se hai bisogno d'aiuto sai su chi contare»disse James.
Gabriele guardò commosso i suoi amici. Pur essendo semplici umani e consapevoli dei pericoli che potevano correre erano pronti ad aiutarlo.
 «Grazie rag...»fece per rispondere,quando la vetrata della pizzeria esplose in una miriade di scheggie.
Dallo squarcio apparve un uomo dal volto coperto da un passamontagna che brandiva una pistola.
La puntò contro il torace di Joes. Aveva perso la sua simpatia innata ed era bianco come un cencio.
«Fuori la grana»lo intimò.
Atterrito il povero pizzaiolo si affrettò a ubbidire.
Qualche cliente cominciò a singhiozzare.
Il rapinatore cambiò obiettivo passando su ognuno dei presenti.
«State fermi. E se provate a chiamare gli sbirri vi ammazzo. Chiaro?»
Gabriele lo fissò intensamente. Poteva penetrare nella mente di quell'uomo e indurlo ad arrendersi.
Ma questo non accadde. Invece che trovarsi nella mente dell'uomo si ritrovò nel passato.
 
Joes si tormentava le mani nervoso.
La porta della pizzeria si aprì con un gesto secco.
Ne entrò un uomo simile a Joes ma dai tratti più grossolani e marcati.
Joes assunse un'espressione triste e impaurita.
«Allora Joes. Hai i soldi che mi spettano?»domandò con voce annoiata il tizio sconosciuto.
Joes scosse la testa. «Ben, lo sai che non gestisco un ristorante di lusso e non guadagno una cifra simile. Li sto raccimolando piano piano,e vedrai che...»
«Fratellino»lo interruppe il suo interlocutore,colui che Joes aveva chiamato Ben.«Ho aspettato abbastanza non credi?»
«Ho aperto questa pizzeria neanche un anno fa. Non ho ancora guadagnato una cifra simile,escludendo le tasse».
«La mia pazienza è finita Joes. O i soldi...o la morte. Sappilo»
Joes sgranò gli occhi sorpreso.
 «Ben non puoi dire sul serio...»
«Quei soldi mi spettano e mi servono urgentemente».
 «Hai di nuovo a che fare con il gioco d'azzardo?»domandò Joes ora serio.
«Non sono affari che ti riguardano Joes».
 «Invece si dato che nostro padre li ha raccimolati per una vita intera».
«Basta così. Sai cosa ti aspetta se non mi darai ciò che mi appartiene».
Ben gli regalò uno sguardo carico di oscuri presagi e lasciò Joes atterrito.
 
Gabe si riscosse. Osservando meglio il rapinatore ne riconobbe le fattezze di Ben.
Gettò un'occhiata a Joes ancora terrorizzato che svuotava la cassa contenente i pochi dollari che derivavano dalle pizze che vendeva. Un infinitesimo della somma che il fratello richiedeva.
Doveva aiutare il suo amico in un modo o nell'altro.
Fece un passo avanti per nulla intimorito.
Sentì gli sguardi dei presenti puntati addosso. Doveva sembrare pazzo ai loro occhi.
Il rapinatore gli puntò la pistola contro.
«Chi ti ha detto di muoverti?»l'apostrofò aspro.
«Non è il caso che tu te la prenda con tuo fratello Bennard».
Ben sghignazzò.«Faccio ciò che voglio ragazzo. E non sarà di certo uno come te a...».
Si bloccò.
Gli occhi di Gabriele avevano cominciato a emettere una luce azzurrina.
In un lampo entrò nella mente dell'uomo.
Sentì la presenza agitarsi."è inutile che ti agiti... Demone"disse con la mente.
Il Demone ridacchiò."E così mi hai scoperto Angelo. Ma non credere che questo possa fermarmi. Manca poco. L'anima di questo umano finirà all'Inferno"
"Questo non credo proprio. Se ci tieni a non finire nella Fossa"
"è una minaccia?"
Gabe sorrise pericolosamente. "Prendilo piuttosto come un consiglio"
Il Demone parve soppesare le sue parole."E se non lo farò?"
"Ti costringerò a uscire da questo corpo in un modo o nell'altro. Ho i miei metodi e non sono affatto piacevoli".
Bugia. Non aveva la più pallida idea di come tirarlo fuori. Ma se il Demone avrebbe creduto alle sue parole tanto meglio.
Per sua fortuna lo sentì sospirare sconfitto.
"Hai vinto...Angelo"
Gabe sorrise.
"Chi è il tuo Capo?"
"Samael del Quarto Cerchio"
"Molto bene. Digli che se prova a rimandare uno dei suoi qui a Wilmington dovrà vedersela con me. Chiaro?"
L'essenza del Demone deglutì."Cristallino"
"E adesso vattene"gli ordinò Gabe con voce repentoria.
Non appena il Demone lasciò la presa sulla mente di Ben,aprì gli occhi del suo corpo umano. C'era riuscito. Aveva salvato un uomo dalla dannazione.
Vide Ben guardare innoridito la pistola che ancora reggeva in mano. La gettò a terra il più lontano possibile da lui.
«Accidenti Gabe. Non fare più una cosa simile»esclamò Rebecca gettandogli le braccia al collo.
«Non ho paura degli umani. Loro non possono nuocermi in alcun modo. I Demoni sono gli unici che possono condannarci alla seconda morte. E viceversa»ribatté.
«Bè non farlo più lo stesso».
Gabe annuì solo però per calmarla. Il suo compito era proteggere gli umani dai Demoni. E gli incidenti non erano altro che i rischi del mestiere.
Con la coda dell'occhio intravide Ben avvicinarsi tendendo la mano amichevolmente.
«Grazie per quello che hai fatto per me»disse.
«Dovere Bennard»rispose.
Ben annuì e raggiunse il fratello. Chiacchierarono animatamente ma dalla pacca amichevole che Joes diede al fratello dedusse che si erano chiariti.
Gabe chiuse gli occhi. C'era ancora qualcosa che voleva fare. Sfruttando questo nuovo potere si concentrò. Nella sua mente apparve quel freddo giorno di Novembre. Il suo primo appuntamento con Beth. Vederla come spettatore esterno gli fece uno strano effetto,notando però tratti di lei che gli erano sfuggiti quel giorno. La timidezza e l'impaccio nei movimenti come se non fosse abituata a essere con qualcuno. O l'angoscia davanti alla scenata dei due fidanzati lì accanto.
In quel momento la sentì di nuovo vicino come non accadeva da giorni ormai.
Quando riaprì gli occhi intoro a lui non era cambiato nulla. I fratelli stretti in un abbraccio,James che cercava di calmare Rebecca ancora scossa.
Fu davanti a quei gesti d'amore che capì. Gli umani avranno si anche una natura violenta,ma in caso di bisogno erano determinati e non si arrendevano mai. Nulla avrebbe potuto spezzare i legami con i propri cari o l'amore.
Ringraziò tutti con il cuore perchè finalmente sapeva cosa fare.
No. Non si sarebve arreso.
E un giorno avrebbe potuto riavere Beth tra le braccia.
 
 
Paradiso, Primo Cielo
Tornare a una vita senza Jake era stato tremendo.
Qualche sera prima le era arrivato un messaggio lapidario da parte del ragazzo.
"Inferno" diceva.
E aveva capito.
Maledisse Lilith più volte. Era colpa sua se doveva separarsi dal Suo Jake.
E come poteva portare avanti il Daemon Ritus in Paradiso? Suo Padre l'avrebbe scoperta subito e l'avrebbe rinchiusa nelle celle. Per l'eternità.
Rabbrividì al pensiero. Ma forse se forse stata attenta avrebbe completato il processo con il sangue che le rimaneva.
Un leggero gracchiare attirò la sua attenzione. Ed ecco che nella sua stanza entrò un corvo nero come la notte e dagli occhi di brace.
Un corvo infernale.
Legato alla zampetta c'era un biglietto arrotolato.
Lo aprì con curiosità.
Il suo cuore perse un battito.
Scritto con una calligrafia ordinata spiccava:
"Non sei sola"
 
 
*trad dal napoletano:ehi ragazzo.
**yocto:prefisso e sottomultiplo di un'unità(per farvi capire,esempio yoctometro XD)ed equivale a 10EXP-24. (colpa della chimica che mi fa tirare fuori questi termini XD)
 










Angolo autrice:eccomi qui ad aumentare i vostri dubbi XD
Inanzitutto il nome Tobias(scoprirete nel prossimo di chi si tratta XD promesso), in secondo luogo chi ha mandato un corvo infernale(antisgammo a dirla tutta) da Annabel?
Ringrazio lime_per aver inserito la storia tra le seguite, e naturalmente tutti voi che leggete :D
Alla prossima :D


Ah...volevo avvisarti che la raccolta di one è già iniziata, per questo vi allego il link XD :
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2766070&i=1

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** capitolo 36 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 36

Azazel era l'Originario capo del Sesto Cerchio. La sua tenuta si trovava poco distante dalle Mura di Dite, circondata da tombe infuocate.
Sesto Cerchio. Città di Dite. Gli eretici.
I Demoni al servizio della città di Dite si misero subito al'erta non appena si avvicinò in groppa a Fobos, il suo cavallo infernale, una creatura dalle proporzioni simili a quelle di un equino terrestre, ma dalle fattezze quasi feline, come dimostrava la bocca munita di denti taglienti come rasoi e la peluria abbondante soffice come la criniera di un leone. L'aspetto che poteva inquietare di più erano i sei occhi che si ritrovava.
«Sono Lilith, Capo del Settimo Cerchio. Sono qui per chiedere udienza al vostro Signore»dichiarò con voce determinata.
Non le piaceva dimostrare la sua debolezza, neppure adesso che non era più del tutto un Demone.
Le guardie annuirono quasi intimidite, aprendo frettolosamente il portone vermiglio. Le salì un sorriso sulle labbra. Se avessero saputo che non era più il Demone sanguinario che era stata fino a qualche mese prima le avrebbero impalato la testa su una lancia ed esibita agli occhi di tutti come un trofeo.
Rabbrividì. Che pensiero macabro.
Venne scortata da un altro Demone fino allo studio di Az, fermandosi davanti a una porta nera.
Due colpi e la voce di Azazel risuonò dalla stanza.«Avanti».
Il servo aprì la porta, e Beth fu dentro.
Azazel era seduto alla scrivania intento a controllare le carte delle anime ospiti nel suo Cerchio.
Quando sentì la porta chiudersi, staccò gli occhi dal suo lavoro.
«Lilith. Mi fa piacere rivederti in ottima salute. Vieni. Accomodati»disse invitandola a sedersi.
C'era una leggera nota di preoccupazione nella sua voce. E come dargli torto. Per vent'anni aveva seminato il terrore anche lì all'Inferno, e della ragazzina che aveva salvato non era rimasto nulla, se non una debole scintilla in un mare di oscurità.
Beth ubbidì, tremante. Azazel se ne accorse subito.
«Lilith, stai male? Stai tremando…»disse alzandosi e andandola accanto.
Rimase sorpreso quando Beth gli buttò le braccia al collo piangendo disperata.
«Az sono nei guai. Guai seri»mormorò con la voce rotta dal pianto.
«Lilith, davvero non capisco…»
«Guardami negli occhi»lo interruppe Beth.
Azazel ubbidì. Sbiancò di colpo.
«I tuoi occhi…sono…»
«Cambiati»terminò per lui.«Ma c'è dell''altro».
Si tolse il chiodo nero che indossava, e diede le spalle al Demone.
«Quello che ti farò vedere sarà una cosa incredibile, che se non la vedessi con i tuoi occhi non ci crederesti mai»lo avvertì.«Promettimi che non ne parlerai con nessuno di quello che vedrai».
Azazel annuì poco convinto.
Beth si rilassò un attimo appena, evocando le ali. Per fortuna aveva avuto la brillante idea di indossare una canottiera che si allacciava dietro al collo lasciandole la schiena scoperta, per permettere alle ali di aprirsi con un leggero fruscio senza compiere danni.
Il volto di Azazel si fece se possibile ancora più pallido.
«Lilith…cos'hai fatto…».
«è una storia complicata Az. Credimi».
Gli raccontò tutto. Della missione a Wilmington, e di Gabriele.
«Dopo che Gabe mi ha donato il suo sangue, sono cambiata. Sono tornata la ragazza che ero anche se continuavo ad avere le mie doti da Originario. Non so cosa sia successo qualche giorno fa, ma so che mi ha lasciato in eredità questo»terminò indicando gli occhi e le ali.
Azazel si grattò il mento, pensoso.
«Non sapevo che il sangue angelico avesse queste proprietà»disse infine.
Si avvicinò alla libreria lì accanto traboccante di libri.
«Sai che potresti fare concorrenza ad Asmodeus con una libreria simile?»esclamò Beth facendosi scappare quelle parole involontariamente.
Azazel sorrise divertito.«Nemmeno se raccogliessi tutti i libri esistenti lo raggiungerei. è stato fortunato a beccarsi il Limbo. Avere scrittori come Virgilio e Omero che gli sfornano in continuazione nuove opere sarebbe il sogno di ogni Originario».
«Non credo Az. Ci vedresti Baal a leggere un libro?»
Az ci pensò su. Poi scoppiò a ridere contagiando anche la ragazza. Baal aveva un unico e solo punto fisso:portare a letto chiunque gli capitasse a tiro.
«O Moloch?»
«Moloch si»ribatté Az.«Libri di cucina si intende»aggiunse.
Beth alzò gli occhi al cielo.
Quella conversazione priva di senso aveva alleggerito un po' la tensione.
«Accidenti, dove l'ho messo quel libro? Perché non sono un maniaco dell''ordine?»bofonchiò tra sé e sé il Demone scostando i libri.«Ah, eccolo».
Tirò giù dal terzo scaffale un libro rilegato in pelle verde scuro consunto.
"Angelologia e Demonologia"citava la scritta dorata in carattere gotico sulla copertina.
«Che cos'è?»
Az alzò gli occhi dal volume.«Un libro che non dovrebbe esistere più da secoli ormai. Questa è l'ultima copia rimasta in tutto l' Inferno. Lucifero aveva dato l'ordine di bruciarle tutte».
«Perché? Cosa potrebbe mai fare un libro…»
«Sai benissimo che esistono molti dei nostri che non si sono arresi al loro destino di servire il male. In questo libro potrebbe trovarsi una loro possibile fuga da questo supplizio, oltre alla Fossa s'intende».
Percorse con il dito l'indice.
«Sangue angelico, sangueangelico, sangue angelico…ma dove…ah trovato».
Sfogliò le pagine sottili che scricchiolavano sotto il suo tocco, seppur delicato.
«Vediamo cosa c'è scritto. Dunque: "Il sangue angelico è mortale se viene ingerito da un Demone. Nel caso di un umano può conferire capacità fuori dal comune come l'aumento della prestazione muscolare e notevole velocità».
«Come mortale? Io l'ho ingerito e sono ancora qui»gli fece notare Beth.
Az alzò gli occhi dal libro.«Ti vedo un po' scossa Elisabeth».
«Sai com'è, secondo quel libro dovrei già trovarmi a nuotare tra le fiamme del Fuoco Infernale. Aspetta, mi hai chiamata Elisabeth?»
«Certo, il tuo vero nome»
«Te lo ricordi ancora?»
«Ricordo tutto di te Beth di com'eri prima che il sangue di Belial ti cambiasse. Adesso sei tornata a essere ciò che eri».
Distolse lo sguardo.«Dovrei ringraziare questo Gabriele per il miracolo che ha compiuto»aggiunse.
«Az, perché mi dici tutto questo?»
«Perché in fondo al cuore speravo che tornassi a essere ciò che eri. La vita da Demone si vedeva che non era fatta per te, e io volevo che vivessi la tua esistenza come volevi».
«Parli come mio padre, te ne stai rendendo conto?»domandò Beth con un sorriso.
Azazel scrollò le spalle tornando alla lettura.«Probabile». Ricominciò a sfogliare le pagine, fermandosi dopo circa quattro.
«"Questione diversa per il sangue d'Arcangelo. In esso sono racchiuse proprietà curative. Inoltre è materia contraria all'essenza demoniaca. Se ingerito da un Demone, può purificarlo dalla sua malvagità e mutarlo nel suo esatto contrario:un Angelo"»lesse d'un fiato.
Beth quasi cadde dalla sedia su cui era appollaiata.
«Impossibile. Gabriele non è un Arcangelo»ribatté.
«Rifletti Beth. Se fosse stato un Angelo comune il suo sangue ti avrebbe ucciso».
«Ci sarà senz'altro un'altra spiegazione a tutto questo».
Azazel si grattò il mento pensoso.«Parlami di lui, e non tralasciare il minimo dettaglio».
Beth fu ricca di particolari, partendo dal primo giorno che l'aveva visto e dell''ultimo quando gli aveva detto addio.
Azazel ricominciò a sfogliare le pagine, a racconto finito.
Dopo un po' sorrise senza staccare gli occhi dal foglio.
«Leggi qui»disse indicandole un punto a circa metà pagina.
«Gli Arcangeli sono i Guardiani del Paradiso. Essi hanno il controllo sui sette Cieli, ognuno dei quali è adibito a diversi tipi di anime:il primo è per quelle che non compiono voti nella loro vita terrena, il secondo di coloro che operano bene per conseguire onore e fama. Il terzo le anime che mutarono l'amore terreno in quello divino,il quaeto comprende le anime sagge. Il quinto le anime dei combattenti per la fede,il sesto le anime giuste e per finire,il settimo le anime contemplative. I nomi degli Arcangeli sono affiancati da un specifico astro:Luna,Mercurio,Venere,Sole,Marte,Giove e Saturno».
Alzò gli occhi dal libro confusa.«E questo cosa c'entra con Gabriele?»
«Continua a leggere»le rispose Azazel.
Lei continuò titubante.«Manifestano caratteri tipici in grado di discriminarli da un Angelo Comune: capacità di evocare il Fuoco Celeste, fonte del loro potere e assolutamente letale per i Demoni, capacità di assoggettare un Demone, capacità di teletrasporto, capacità telepatiche e la capacità di vedere nei tre nuclei temporali:passato, presente e futuro. Possono presentare anche rudimenti di poteri curativi»lesse sempre meno convinta.
«A parte il teletrasporto e la telepatia non ha mai manifestato gli altri poteri»dichiarò porgendo il libro al Demone.
«Sicura?»
«Assolutamente. Durante il nostro primo e unico scontro ha evocato il ghiaccio come un qualsiasi Angelo Comune e non Fuoco Celeste. Ti ho convinto?»
Azazel scosse la testa.«Gabriele era un Arcangelo fuori dal comune Beth. Non ha mai perdonato Michael e gli altri quando ha esiliato Lucifero e i suoi compagni».
Beth rimase di sasso.«Ma perché? Loro erano il male. è giusto ciò che hanno fatto gli altri Arcangeli».
«Non puoi capire Beth. Uno degli esiliati era Asmodeus, il fratello di Gabriele».
«E questo cosa c'entra con il mio Gabe? Suo fratello è Michael».
«Non il Michael originario»la contraddisse Az.«Comunque prima di appropriarsi della seconda vita dell''Arcangelo Gabriele, Asmodeus impedì alla sua essenza di legarsi a una nuova anima,il tuo Gabriele,morto per mano di un sacrificio volontario e voluto, e nel suo esatto momento».
«Quindi Gabriele ha ricevuto questi poteri perché l'essenza che si doveva legare a lui ha trovato finalmente il modo di farlo?»
Azazel annuì.«Tecnicamente si. Ma questo vale solo per i poteri,e non per i ricordi».
«ma perché adesso?»domandò.
Azazel rimase in silenzio.
«Az, tu lo sai, non è vero?»
L'Originario annuì.«Si. Tutto questo si è scatenato quando lui ti ha donato il suo sangue».
«Non capisco Az».
«Lui in qualche modo ha alterato l'equilibrio tra Paradiso e Inferno. Gli Angeli stanno guadagnando uno dei loro, mentre noi…noi stiamo perdendo un Originario, e questo ci ha indeboliti».
Beth si portò la mano alla bocca angosciata.«Oh Az…è tutta colpa mia».
Azazel le scompigliò affettuosamente i capelli.«No piccola. Doveva succedere prima o poi. Questo gioco d'inganni è durato fin troppo».
Beth si asciugò una lacrima sollevata.
«E adesso, cosa facciamo?»
«Continua ad assumere il sangue di Gabriele. Mi hai detto che ne hai ancora un po'».
Beth annuì.
«E non dare troppo nell'occhio. Dopo che ti sei sentita male, capiranno se ti vedranno un po' scombussolata».
«Grazie Az…cioè Tobias. Per tutto».
Azazel si limitò a un breve sorriso, che si spense non appena la ragazza uscì dalla porta.
Si sedette pesantemente alla scrivania, tirando fuori dalla tasca una foto ingiallita dal tempo.
Lui quando ancora era vivo, abbracciato a una ragazzina dai capelli rossi, una spruzzatina di efelidi e occhioni verdi.
Layla. La sua ragazza, morta barbaramente per mano di quel bastardo di Danel.
Suonò il campanello di richiamo per un Senz'Anima. Aveva bisogno assolutamente di nutrirsi.
Sapeva perfettamente il motivo per cui aiutava Beth in questa folle impresa.
La ragazza era così simile alla sua Layla, che le avrebbe scambiate per sorelle se non fossero vissute in diverse epoche e dall'altra parte del mondo.
La porta si aprì lentamente.
Il cuore di Azazel si strinse involontariamente.
Una chioma riccia rossa arruffata fece ilsuo ingresso nella stanza reggendo una bottiglia di sangue.
Dal collo scendevano rivoli lenti di sangue, da cui l'aveva sottratto.
«Ecco il sangue richiesto, Mio Signore».
La voce della ragazza era atona e priva di vita.
«Layla…»mormorò Azazel addolorato.
Layla non si accorse dell''umore del suo padrone.
Con un inchino uscì dalla stanza.
Una lacrima solitaria scese giù dalla gote dell''Originario.










Angolo autrice:
ta dan...eccomi qui con qualche risposta :D
Ringrazio per aver inserito la storia: Luna Werewolf(preferiti), Pandora_2_Vertigo (ricordate), ClaryMorgenstern1999(seguite).
Nel prossimo troveremo il nostro Gabriele...e nel 38...aspettatevi un colpo di scena :D
A presto <3


P.S:in allegato a questo capitolo vi metto il link della terza one short di Light into Darkness(l'appendice della storia), perchè tratta della storia di Tobias/Azazel :D
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2788348&i=1

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** capitolo 37 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 37

Sdraiato sul suo letto con le mani incrociate dietro la testa pensava.
Non poteva, non doveva dimenticarsi di Beth.
Forse…
Rivivere i suoi ricordi, e farli diventare propri?
Sorrise. Forse questo gliel'avrebbe resa più vicina.
Si proiettò a Genova.
Era questa la città natale di Beth.
Da Castelletto si aveva l'intera panoramica della città. In lontananza scorse la lanterna, il simbolo antico della città. Intorno a lui i bambini correvano spensierati, la madri parlottavano tra loro sull'ultimo elettrodomestico più bizzarro uscito sul mercato, ragazzi che fischiavano non appena una ragazzina carina passava davanti a loro.
Insomma una vita normale.
Si fermò davanti a un portone. Sul citofono trovò il cognome di Beth. Meyer.
Entrò senza problemi come solo uno spettro sapeva fare. Trapassò la porta senza esitazione dell'interno numero 9.
 La casa era deserta e in perfetto ordine.
Alle pareti erano appese innumerevoli fotografie. Di cui moltissime di Beth. Quando era bambina sul triciclo ai giardini.
Il suo primo giorno di scuola.
Imbronciata davanti a un quaderno con i compiti da fare. O semplicemente sorrideva.
In una la trovò con la sua famiglia al completo.
Era in compagnia di un ragazzino poco più grande di lei,senz'altro suo cugino Leopold,i suoi genitori,quelli del cugino e quella che doveva essere la nonna.
Vederla così normale gli faceva una strana impressione.
Scostò lo sguardo dalle foto e entrò in sala.
Trovò quella che doveva essere la madre appisolata su una poltrona. Era una donna sui cinquant'anni sicuramente passati, dai capelli ingrigiti con qualche ciocca più scura. Di sicuro i capelli biondi di Beth erano ereditati dal padre.
Gabe mise un piede su un'asse della moquet che scricchiolò.
La donna batté le palpebre,girandosi spaventata.
«Chi è là?»gracchiò con una venatura di paura.
Non voleva terrorizzarla. Quello era compito da Demoni. Per questo materializzò la sua forma corporea e le si avvicinò.
«Salve. Mi scuso di averla spaventata. Mi chiamo Gabriele Cortes»disse allungando la mano ed esibendo il sorriso più adorabile che sapeva fare.
La donna aggrottò la fronte.
«Che ci fai a casa mia?»
Già. Che ci faceva? Non gli veniva alcuna bugia plausibile.
«Ecco io...».
«Sei un serial killer? O magari un ladro? I miei risparmi sono nascosti in quel salvadanaio lassù»disse indicando l'ultimo ripiano di un mobile.
«Non sono qui per derubarla,né per ucciderla»la consolò.«Sono solo qui...per Beth».
Gli occhi della donna si inumidirono di lacrime.
«Mi spiace. Ma Beth è morta. Vent'anni fa».
«Lo so».
La donna aggrottò la fronte. Sicuramente lo stava prendendo per pazzo.
 «Ma lei c'è sempre. Lo so».
La Signora Meyer lo fissò sempre più confusa.
«Intendete in Paradiso? Sai nella mia vita mi sono sempre aggrappata all'idea che alla mia morte la potrò riabbracciare» .
Gabe deglutì. Doveva raccontarle la verità. E lo fece. Le raccontò di Belial che si era spacciato per un normale ragazzo,Carlo,che aveva deciso di sedurla e poi costringerla a vendersi all'Inferno con una menzogna. Infine le parlò di come fosse diventata un Originario e di come poi fosse cambiata dopo averle donato il suo sangue salvandola da una seconda morte.
La donna ascoltò in silenzio tirando su con il naso di tanto in tanto.
«Non può essere vero»disse infine.
«Sarò anche credente,ma tu non puoi aspettarti che creda a questa storia. Non voglio farmi illusioni. Ho sofferto moltissimo per la sua morte,e non voglio che quella ferita si riapra. Per cui ti prego cortesemente di lasciare questa casa»disse con tono calmo ma deciso.
«Ma è la verità. Deve credermi. Vostra figlia c'è ancora...»
 «Fuori di qui. O chiamerò la polizia»urlò la donna.
Non aveva altra scelta. Doveva giocarsi il tutto per tutto. Per questo evocò le sue maestose ali piumate che emisero una leggera brezza quando le aprì.
Gli occhi della donna si fecero grandi di stupore.
Infine cadde a terra ai suoi piedi.
«Sei un angelo»disse con la voce che sapeva di pianto.«Vi chiedo scusa per non avervi creduto. Ma non punitemi».
Gabe l'aiutò a rialzarsi. «Non ho intenzioni di punirvi. Solo darvi prova delle mie parole».
La fissò negli occhi.
«E adesso parlatemi di Beth»
La donna di avvicinò a un armadio, estraendone un album per le foto.
Lo aprì. In prima pagina spiccava il volto sorridente di un bimba con i buchi centrali nella dentatura. Aveva le treccine e questo la rendeva sbarazzina. Reggeva manco fosse un premio, un libro.
Gabe aguzzò gli occhi.
La storia infinita.
Il libro preferito di Beth.
«Fin da piccola, non era come gli altri bambini. Aveva sempre la testa fra le nuvole a fantasticare sui libri che leggeva»disse la madre, con una punta di nostalgia.
Girò la pagina. In quella invece aveva il viso imbronciato e vestita di tutto punto.
«Questo è il suo primo giorno di scuola».
«Perché è imbronciata?»
«Aveva la gonna che le dava fastidio».
Gabe soffocò una risata. Immaginava pari passo la scena.
Tra le pagine scorse un ritaglio di giornale ingiallito dagli anni.
"Miracolo a Genova" citava la scritta in grassetto.
Sotto spiccava una foto di Beth all'età di nove anni,con un'espressione timida e impacciata sul viso.
«E questo?»
Gabe lo sfilò delicatamente dalle pagine. La carta consunta scricchiolò sotto il suo leggero tocco.
La Signora Meyer lo fissò con una punta di nostalgia.
«Quel giorno ho rischiato di perdere Beth per sempre». Prese fiato.«Non so come sia potuto succedere. Eravamo a prendere un gelato nella gelateria vicino a casa nostra,e l'ho persa di vista un secondo. Fatto sta che non appena mi girai la scorsi tra le auto in corsa. Poi si è girata verso di me,mi ha sorriso e ha fatto per tonare. Non ho mai avuto paura come in quel momento». Tirò fuori da una tasca un fazzoletto di stoffa ricamato e si asciugò le lacrime che il ricordo avevano liberato.«Un autista sferzò per evitarla causando un incidente. Il seguito fu un susseguirsi di scontri tra le auto in transito. Avevo di nuovo perso di vista la mia Beth. Quando però delle auto non erano rimasti altro che carcasse, non ho potuto credere ai miei occhi. Lei era lì in piedi tra le auto spaventata che piangeva. E illesa. Le auto non l'avevano minimamente sfiorata. In quel momento ho davvero creduto che lassù,dal Regno da cui provieni,c'era qualcuno che vegliava su di lei».
Gabe fissò per l'ultima volta il foglio di giornale,e lo ripiegò con cura infilandolo tra le foto.
Percorse l'album con una fitta di nostalgia.
Beth a fianco del cugino che litigavano quale disco ascoltare.
Beth vestita in tutto punto nella sua divisa da scherma che reggeva una piccola medaglia dei campionati regionali.
Beth accanto a suo padre vestita di tutto punto e armata di bandiera della Sampdoria per assistere a una partita davanti allo stadio Luigi Ferraris.
Beth accarezzata dai raggi del sole sdraiata sulla sabbia dorata della Riviera Ligure di levante.
Beth che dava da bere a un gattino sparuto e spelacchiato.
Quella era la sua vita. Quella era la ragazza di cui si era innamorato, di cui adesso ereditava il suo passato.
Distolse lo sguardo dalla foto di lei con Belial.
Ma forse una cosa buona quel Demone l'aveva fatta, in fin dei conti.
Li aveva fatti incontrare.
«Rimarrai ancora molto qui in città?»
La voce della madre di Beth lo riportò alla realtà. Fissarla negli occhi era doloroso. Assomigliava troppo alla figlia.
Accennò un sorriso imbarazzato.«Per la verità non ci ho ancora pensato».
La donna gli sorrise dolcemente.«Vorrei che tu fossi mio ospite».
Gabe non seppe che rispondere, se non un timido:«GraciasSeñora*».
La Signora Meyer sorrise tristemente.«Vieni con me».
Lo condusse davanti a una porta bianca.
La donna lo incitò ad aprirla con un gesto della testa. Gabriele abbassò la maniglia titubante e aprendo lentamente la porta.
Dentro regnava la luce assoluta. Quasi tutta la mobilia era bianca, dalla specchiera alla cabina armadio, alla spalliera del letto.
«Era la stanza di Beth».
La voce della Signora Meyer lo riportò alla realtà.
«Gracias per avermi portato qui»disse Gabe con una punta di tristezza nella voce.
La donna annuì, con gli occhi inumiditi dalle lacrime, richiudendosi la porta alle spalle lasciandolo solo.
Gabe camminò lentamente in religioso silenzio, gli occhi a registrare ogni minimo dettaglio della stanza.
Sulla scrivania trovò una cartellina in pelle piena di fogli. L'aprì incuriosito,trovandosi davanti schizzi di disegni di ogni tipo. Un Gollum stilizzato,diverso da quello del film forse nato dalle descrizioni del romanzo. Un drago dalle ali spianate che volteggiava su una roccaforte dai contorni sfumati. Ogni tipo di creaturina fantastica di diverse proporzioni e specie,dai pixie agli elfi. E per finire un disegno a carboncino spettacolare. Immortalava due ragazzi abbracciati che sigillavano il loro amore on un bacio profondo. Il suo cuore quasi sussultò. Le fattezze dei due assomigliavano tremendamente a Beth e se stesso. Sullo sfondo notò dei tratti rimasti a matita più leggeri vagamente simili ad ali piumate. Ali da Angelo.
Scosso ripose il tutto a posto com'era.
Puntò lo sguardo sulla libreria.
Colse titoli che conosceva: La storia Infinita, Il Ritratto di DorianGray, Il Fu Mattia Pascal. Il Signore degli Anelli. Uno in particolare lo convinse a estrarlo dai tomi lì presenti.
Inferno, di Dante Alighieri. Un'edizione quasi tascabile rilegata in pelle verde scura, dai particolari in oro.
Tra le pagine spiccava un segnalibro rosso e nero con su scritto in bella calligrafia:

Image and video hosting by TinyPic
Aprì la pagina incuriosito.
C'erano sottolineati dei versi con la matita rossa.
 
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
Per me si va tra la perduta gente.
 
Il suo cuore perse un battito. Era come se Beth avesse sempre saputo di cadere in quel baratro che l'Inferno aveva tessuto intorno a sé.
E poi quel verso, che a suo tempo quando l'aveva letta anche lui l'aveva colpito nel profondo.
 
Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate.
 
Si riscosse, come uno rimasto in apnea troppo tempo.
"Calmati Gabriele. è solo suggestione, niente di più"
Tra le pagine c'era un altro segnalibro.
Le parì con cautela.
Stavolta se non fosse stato per il suo buonsenso sarebbe crollato a terra.
 
Quest'è colei ch'è tanto posta in croce
pur da color che le dovrien dar lode,
dandole biasmo a torto e mala voce:
ma ella s'è beata e ciò non ode:
con l'altre prime creature lieta
volve sua spera e beata si gode.
 
Erano le ultime parole che aveva letto prima di morire quel gelido giorno d'inverno di seicento anni prima. E dovevano essere state anche le ultime di Beth,notando gli appunti scritti in tutte le direzioni possibili, inesistenti nel resto del libro.
Sentì l'aria mancargli.
Non poteva trattarsi di coincidenza. Il fato voleva dirgli qualcosa, ne era certo.
Le risposte però non poteva trovarle lì sulla Terra.
Uscì dalla stanza come una furia, trovando la Signora Meyer alle prese con le verdure da tagliare.
Alzò lo sguardo, che si rabbuiò notando l'espressione del ragazzo.
«Qualcosa non va?»
Gabe scosse la testa.
«Devo tornare in Paradiso»annunciò.
La donna fece per replicare, ma Gabe la fermò.«Ho bisogno di risposte. Su me e Beth»disse.«Stanno accadendo troppe coincidenze che ci riguardano, e le risposte le potrò solo avere in Paradiso».
La donna annuì comprensiva.
«Capisco»rispose abbassando lo sguardo.«Spero che tu trovi quello che stai cercando»aggiunse.
Gabe si lasciò andare abbracciandola fortemente. Tra le braccia gli pareva di stringere Beth.
«Lo spero anch'io».
 
Citazioni da: Inferno Dante Alighieri
Canto III vr 1-3 /9
Canto VII vr 91-96

 






Angolo autrice:eccomi qui con il sudato capitolo 37 XD
I misteri si infittiscono tra Gabe e Beth ;P
Ringrazio tutti voi che seguite questa storia.
Non so quando aggiornerò perchè il mio pc andrà in revisione, spero che torni il prima possibile :D
A presto <3

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** capitolo 38 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 38

"Bisogna liberarci anche di Gabriele. É più forte di quanto sembri. Tolti di mezzo lui e Lilith,sarà un gioco da ragazzi ottenere ciò che vogliamo".
Questo recitava il biglietto legato alla zampa del corvo al suo fianco. Gli carezzò le soffici piume nere. Il corvo la fissò con i suoi occhi rossi,ed emise un suono gracchiante di piacere.
Letto e riletto il messaggio lo stracciò in mille pezzettini nascondendoli da occhi indiscreti.
"Un modo per liberarci di Gabriele. Ma quale?"pensò.
Qualche mese prima non avrebbe mai pensato a una cosa simile. Questo perchè rincorreva un sogno impossibile:essere amata da lui.
Il rammarico rimaneva comunque nel cuore ma adesso non le pesava più di tanto,non più con Jake al suo fianco.
"Forse..."pensò. "Se riesco a trovare qualcosa che lo incastri in un bel guaio..."
Si. Avrebbe perlustrato la sua stanza. Fece appollaiare il corvo sul trespolo accanto al suo letto e uscì tutta eccitata.
La stanza di Gabe non era lontana dalla sua. Svoltò per due volte e si nascosta dietro la terza. Come aveva previsto Gabe ne uscì pochi minuti dopo per recarsi alla sala d'addestramento.
"Non ti servirà più se sei morto"si ritrovò a pensare quando rapida e silenziosa entrò nella stanza.
Certo che Gabriele la parola ordine non la conosceva affatto. La missione si stava rivelando più difficile del previsto. Aumentò il disordine mettendo a soqquadro l'intera stanza.
Batté un piede a terra stizzita.
«Malédiction.(maledizione in francese)!»imprecò.
Fu allora che notò un angolino di un foglio sbucare da una montagna di libri.
Il Libro delle Ombre. Paradiso Perduto. Paradiso Riconquistato.Angelologia e Demonologia. Titoli insoliti. Chissà cosa gli frullava per la testa a Gabe, pensò Ann.
Sfilò con cura il foglietto stando ben attenta a non far cadere la pila di libri.
La calligrafia era senz'altro di una ragazza, vista la rotondità delle lettere e l'accuratezza, che senz'altro mancava a quella schizzata di Gabe.
La lesse d'un fiato.
Beth si firmava la misteriosa ragazza.
Ebbe un flash. Beth era il diminutivo di Elisabeth, il nome umano di Lilith.
Un ampio sorriso si allargò sul suo viso.
Ecco la prova che stava cercando.
Sgattaiolò fuori dalla stanza e raggiunse la sua quasi correndo tutta eccitata.
Scribacchiò la sua risposta a Jake nel resto del foglietto, e lo piegò con cura.
Legò alla zampa del corvo che nel frattempo non si era mosso di un millimetro,i due frammenti.
«Va, e porta questo messaggio al tuo padrone».
 
Il corvo entrò gracchiando nella stanza cupa di Jake.
Ad attenderlo trovò il suo padrone spaparanzato su un poltrona con in mano un bicchiere contenente del liquore.
«Kifo, mio fedele compagno. Porti notizie?»
L'uccello gracchiò nuovamente,come per rispondergli.
Jake gli slegò il biglietto dalla zampa.
Lo lesse. Le labbra si incresparono in un sorriso da vincitore.
E come dargli torto.
In mano reggeva la rovina di Lilith.
 
Ann lesse la risposta di Jake,che Kifo le aveva appena consegnato.
Represse la sua eccitazione. Non vedeva l'ora di attuare il piano.
 
Seduta scompostamente sul suo trono in velluto rosso, era alla ricerca di qualche notizia in più sulla sua situazione.
Sfogliò Angelologia e Demonologia che Azazel le aveva imprestato.
Si trovana nell'argomento:Sangue umano.
"Il sangue umano è fonte di nutrimento dei Demoni,e estremamente tossico per gli Angeli. Se ingerito in piccole quantità può provocare sintomi quali nausea e vomito. Se assunto in notevole quantità può condurre anche alla morte"
Rammentò le parole di Gabriele.
«Noi Angeli non possiamo bere sangue umano. Una minima quantità può causarci dolori indescrivibili. Troppo ci porta alla morte».
Ecco. Questo spiegava la crisi che aveva avuto.
Cos'era adesso? Troppo Angelo per essere un Demone. Troppo Demone per essere un Angelo. Era un ibrido. A metà tra i due schieramenti ma al tempo stesso ne era fuori.
Represse un moto di stizza.
Perchè la sua vita doveva sempre prendere quelle pieghe assolutamente assurde?
 
Annabel si presentò nella Sala del Consiglio.
Trovò gli Arcangei a discutere di chissà cosa,concentratissmi.
Annabel bussò lievemnte.«Posso?»
Uriel alzò lo sguardo per primo.«Annabel,certo vieni pure».
La ragazza si avvicinò con un'espressione grave sul viso.
«Porto notizie non rassicuranti Mio Signore».
Uriel si irrigidì.«Di cosa si tratta?»
«Lilith...»mormorò.«Sta per trasformarsi in un grosso problema per noi».
Uriel sospirò.«Sappiamo che quel Demone è un pericolo da quando ha cominciato a scorrazzare per la Terra».
Raphael al suo fianco si portò involontariamente la mano al petto.
«Ma non vedo alcun cambiamento di situazione...»
«Neanche se vi dicessi che sta cercando un modo per penetrare in Paradiso?»
 
Jake si presentò nel salone di Castel Tenebra. Come previsto trovò Lilith a leggere un libro seduta su una poltrona rosso sangue. Alzò gli occhi.
«Jake. Che cosa vuoi?»
Jake si prostrò a terra.
«Ho delle novità,Mia Signora».
«Ebbene? Parla»
Jake prese fiato. Doveva essere assolutamente convincente.
«Ricordate l'Angelo che abbiamo incontrato a Wilmington?»
Sentir parlare di Gabe le si strinse il cuore.
«Allora?»
«I nostri l'hanno localizzato di fianco al portale che abbiamo aperto per tornare dalla missione. Sono qui per chiedervi di mandarmi a eliminarlo una volta per tutte».
Cosa? Cercò di mantenere un'espressione neutra,ma dentro di sè la mente lavorava a ritmo sfrenato. No,Jake non l'avrebbe ucciso. La sua decisione fu spinta dalla disperazione.
«Me ne occuperò io personalmente».
L'avrebbe incontrato riaprendo la ferita non ancora cicatrizzata nel cuore,e gli avrebbe permesso di tornare in Paradiso.
Jake annuì chinando il capo umilmente. Il suo piano aveva funzionato.
 
Ritornare a Wilmington fu come  essere catapultati nel passato. In lontananza scorse lo shyline della città illuminata.
Percorse con lo sguardo l'intera area pianeggiante. Nessuna traccia di Gabe.
"Forse è tornato in Paradiso"pensò con sollievo.
Non potè formulare altri pensieri che una colonna di luce apparve al suo fianco per poi scomparire in un lampo. Lasciò a terra due individui che Beth riconobbe subito. Raphael e Raziel.
Quest'ultimo sguainò la sua spada bianca diafana illuminata da lampi di Fuoco Celeste.
«Se non fosse stata una dei nostri a dircelo,non ci avremmo mai creduto».
Beth indietreggiò. La mano corse al suo pugnale demoniaco,l'unica arma che si era decisa di portare.
«Che volete da me?»sussurrò.
I due Arcangeli si scambiarono sguardi perplessi.
 «Non ti pare logico?Non si riesce a uccidere un Originario tutti i giorni»
Beth portò davanti a sè il pugnale spaventata.
«State indietro. O sarò costretta ad uccidervi»disse tendendo davanti a sè l'arma.
Raphael sorrise.  «Non credo prorpio Demone».
Fece un cenno di capo.
Beth capì troppo tardi cosa stava succedendo. Un colpo ben assestato alla nuca la fece cadere a terra dolorante.
 «Bel colpo Takiel»sentì dire da Raphael.
Tre. Erano in tre.
Pensò prima di perdere i sensi.











Angolo autrice:eccoci qui con il tanto sospirato colpo di scena promesso XD
Vi devo comunicare però che sospenderò gli aggiornamenti di Forbidden per un po', fino a data ancora da definirsi. Per cui tenete d'occhio il mio profilo :)
MI spiace per voi che seguite la storia. Spero di aggiornare presto :D

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** capitolo 39 ***


Per il banner ringrazio calorosamente Raya_Cap_Fee. Grazie <3
Image and video hosting by TinyPic
 

CAPITOLO 39

La porta si aprì con uno schianto.
Gabriele ne varcò la soglia,trascinando le membra doloranti verso il letto,buttandovisi di peso.
All'allenamento l'avevano massacrato,credendolo fuori forma. Non sapevano quanto si sbagliavano, pensò dolorante.
"Sono pazzi questi allenatori"pensò girandosi sul lato destro che gli mandò una fitta lancinante.
Gettò uno sguardo alla scrivania traboccante di libri. Da quando era tornato da Genova passava gran parte del suo tempo chino sui quei tomi.
Era andato in biblioteca animato di tutte le sue buone intenzioni. Ma la prima volta che li aveva visti tutti insieme si era sentito sprofondare. Ma aveva avuto comunque il coraggio di afferrare il primo.
Era un libro voluminoso dalla copertina rosso sangue.
Libro delle Ombre citava la scritta nera spettrale.
Il sesto senso gli aveva suggerito di cercare altrove le risposte,ma la curiosità vinse ogni timore.
Sfogliando le prime pagine trovò una sorta di indice.
Capitolo I:
Aprire portali per l'Inferno.
Capitolo II:
Mettersi in contatto con anime dannate.
Capitolo III:
Mettersi in contatto con i servi fedeli di Lucifero.
Capitolo IV:
Dannare un'anima.
Capitolo V:
Regole da seguire per il Daemon Ritus.
Capitolo VI...
Gabe aveva arricciato il naso. Sembrava un libro uscito dalle mani di uno dei suoi nemici. Lo aveva chiuso, poggiadolo in un angolo.
Poi Geremiel era andato a convocarlo per l'addestramento. Con un sospiro aveva dovuto lasciare il suo lavoro.
E ora stanco e dolorante, allungò la mano per recuperare il libro che gli interessava. Lo afferrò, e quando fece per aprirlo si accorse di reggere il Libro delle Ombre.
Lo fissò dubbioso costringendosi ad alzarsi. Dov'era finito?
Percorse con il dito le coste dei libri femandosi all'ultima della fila. Sapeva che era un disordinato di prima categoria e iper smemorato,ma non ricordava affatto di averlo messo così in fondo.
Scrollando le spalle si affrettò a recuperarlo.
Sulla copertina il celebre quadro "La creazione di Eva" di Johann Heinrich Füssli.
Paradiso Perduto di John Milton era il titolo.
Saltò la prima parte del libro,dove veniva descritta la vita dell'autore seicentesco e la biblografia.
Si fermò quando trovò l'inizio dell'opera. Diviso in dodici libri,prima dei versi veri e propri si trovavano delle brevi sintesi sul contenuto della varie parti. S'immerse nella lettura concentratissimo.
Obiettivo:risposte.
 
Il Serpente infernale;fu lui che con malizia,
accecato da invidia e vendetta,trasse in inganno la madre
di tutti gli uomini,al tempo che il suo orgoglio
l'aveva esiliato dal cielo con tutte le sue schiere
d angeli ribelli,con cui aiuto aspirava a levarsi
più in alto della gloria dei suoi pari,convinto
di poter uguagliare l'Altissimo,se gli si fosse opposto;
e in ambizioso disegno un'empia guerra mosse
nei cieli contro il seggio ed il regno di Dio.
 
Piano piano metabolizzò le parole appena lette. Michael gli aveva raccontato qualcosa sulla ribellione di Lucifero al Loro Padre. Era stata in quell'occasione che gli Arcangeli erano stati ridotti di numero fino ad arrivare a Sette. Da quelle pagine riusciva a percepire la rabbia e la sete di potere che provavaLucifero.
Un sentimento così potente che l'aveva portato a infierire contro la creatura più amata dal Suo Signore:l'uomo.
Aveva ingannato Eva,convincendola a trasgredire e nutrirsi di un frutto dell'Albero della Comoscenza,e suo marito Adamo, anche esso vittima della dannazione.
Con tremenda tristezza Suo Padre era stato costretto a cacciare entrambi dall'Eden,il Paradiso Terrestre,costringedoli a vivere sulla Terra,luogo selvaggio dove si doveva lottare per la sopravvivenza. Era stato il predecessore di suo fratello a condurli fuori da quell'oasi di pace.
 
Lacrime naturali scivolarono
dai loro occhi,ma le asciugarono subito;il mondo
stava davanti a loro,dove giudati dalla Provvidenza
scegliere il luogo in cui fermarsi:la mano nella mano,
per la pianura dell'Eden a passi lenti e incerti
presero il loro cammino solitario.
 
In quelle ultime parole dell'opera Gabriele si commosse.
Non pensava che un libro potesse suscitare in lui un simile sentimento. Ma alla fine Adamo e Eva avevano sopportato insieme il loro fardello fino alla fine.
Prima o poi anche lui e Beth ci sarebbero riusciti.
Bello era bello, ma non conteneva le risposte che stava cercando.
Poggiò il libro su una pila e ne prese un'altro.
Angelologia e Demonologia.
Sorrise sollevato.Forse aveva trovato il tomo giusto.
Le parole chiave erano elencate in ordine alfabetico sia per la parte angelica che infernale del libro.
Peccato che non c'era la sezione"Come trasformare un Demone in Angelo". Perchè non poteva accadere? In fondo gli Originari,più che gli altri Demoni, erano vicini alla natura angelica. In fondo prima di tradire erano loro simili.
Sfogliando delicatamente le pagine, incontró per caso la sezione "Fuoco Celeste", non facendo caso alla leggenda legata alla Guardiana Protettrice. Le sue dita si fermarono quando trovarono le parole "Sangue Angelico". Dubbioso lesse quelle poche righe facendogli sprofondare il cuore. Lesse e rilesse temendo che la vista gli giocasse un brutto tiro per la stanchezza.
"Il sangue angelico è mortale se viene ingerito da un Demone."
Deglutì. Stando a quanto c'era scritto avrebbe potuto uccidere Beth. Ma perchè non era successo?
Fu uno scalpiccio frenetico di piedi fuori dalla porta a destarlo da quelle macabre parole.
A fatica costrinse i suoi muscoli a sopportare ancora uno sforzo per raggiungere la porta.
Nel corridoio su cui davano le porte degli altri alloggi dei suoi compagni,c'era unfluente via vai di Angeli sorpresi e a tratti spaventati.
Gabriele ne bloccò uno,un tipo smilzo con una zattera rossa arruffata e occhi verdi. L'aveva scorto più volte tra i suoi compagni d'addestramento,ma non aveva mai avuto l'occasione di allenarsi personalmente con lui.
«Cos'è successo?»
L'altro era visibilmente eccitato.«Raphael,Raziel e Takiel hanno catturato un Originario. Lo stanno portando alle Prigioni».
Le Prigioni erano un edidifio basso e bianco collegato direttamente alla Sala del Fuoco Celeste. Era da un po'che un Angelo non vi conduceva un Demone. Era il Consiglio che decideva d'intervenire quando una creatura infernale diventava troppo pericolosa in circolazione e non più gestibile. Quella pratica però era stata abbandonata qualche secolo prima,quando cominciarono a inviare sul campo soldati celesti esperti pronti a eliminarlo.
E ora? Cosa aveva spinto gli Arcangeli a imprigionare un Originario?
Si fece largo tra la folla,cercando con lo sguardo suo fratello.
Lo trovò che stava discutendo animatamente con Uriel,freddo e impassibile di fronte allo sfogo di Michael.Captó alcune frasi frammentate della discussione:«...eravamo d'accordo...Protetta...libera».
Vide Uriel scuotere la testa esasperato,come se quella non fosse l'unica volta che sentiva quel discorso.
Decise di avvicinarsi in quel momento con noncuranza.«Mike cos'è successo?»
Uriel parve approvare quell'intromissione di Gabriele,subito incenerito da un'occhiata intimidatoria dell'altro Arcangelo che si allontanò subito dopo scuro in viso.
«Ho detto qualcosa che non va?»domandò Gabe preoccupato.
Uriel scosse la testa. «No ragazzo. Tuo fratello è solo un po' testardo e non vuole accettare la realtà dei fatti».
"Difetto di famiglia"si ritrovò a pensare.
«Cos'è successo?»ripetè nuovamente Gabe incuriosito.
 «Un Originario ha provato a cercare un modo per accedere al Paradiso».
Un vero amante del suicidio,si ritrovò a pensare Gabe.
«E chi è? Lo conosco»
Uriel sorrise.«Certo. Hai avuto a che fare con Lei».
Il cuore di Gabe perse un battito. Perchè la sua mente aveva già capito a chi si riferiva quel Lei.
«Lilith ricordi? Quella che ti ha dato problemi a Wilmington».
Sentì l'aria mancargli. Non poteva essere vero.
Uriel lo fissò preoccuparto.«Che hai Gabriele? Sei così pallido».
Gabe deglutì esibendo un sorriso che pareva quasi una smorfia. «Certo, sto benone. Ora Uriel con permesso...».
Si fece largo tra gli altri Angeli cercando di fuggire da quelle terribili parole pronunciate da Uriel.
Ogni tanto qualcuno gli domandava se stesse bene,ma lui si limitava a fissarli senza capire, continuando a sfrecciare tra loro. Si fece largo tra il dedalo di edifici bianchi,costeggiò il sentiero che lo conduceva ai Cancelli.
E quando gli arrivò appresso vi ci si gettò con tutto il peso, aggrappandosi alle sbarre dorate.
Le lacrime presero a solcare il suo viso indomabili.
Aveva atteso al lungo il momento di rivederla. Ma mai e poi mai aveva immaginato di trovarla prigioniera del suo Regno.




Le citazioni che trovate provendono dal Paradiso Perduto di J.Milton XD




Angolo autrice:
Hallo a tutti XD eccomi come promesso con un nuovo capitolo :)
Spero di non avervi fatto attendere invano(insomma spero non sia venuta fuori una schifezza colossale XD)
Ringrazio i 26 preferiti, 9 ricordati, e 52 seguite, che appunto continuano a sostenere questa storia...a credere in questa storia :D
Spero di non deludervi.
A presto <3

Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** capitolo 40 parte 1 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 40

Parte 1

La luce proveniente dalla fenditura le ferì gli occhi.
Beth abbassò la testa per proteggersi il viso dalla luce forte, penetrante.
I raggi la costrinsero a socchiudere le palpebre. La testa le scoppiava e le doleva da impazzire, là dove Takiel l'aveva colpita.
Dov'era?
La stanza era scura e disarredata, con una piccola finestrella alta e una porta in legno massiccio d'ebano con la fenditura aperta.
Provò ad alzarsi ma si ritrovò le caviglie rinchiuse in pesanti catene. Provò a staccarsi dalla parete, ma i polsi erano chiusi in una morsa di ferro, che le faceva a malapena a toccare il fianco, là dove, in una tasca nascosta, si celava la preziosa fiala che conteneva il sangue di Gabriele che le era rimasto.
Una ciocca bionda le scese sull'occhio, subito rimandata al suo posto con uno sbuffo.
Cosa volevano gli Arcangeli dal lei?
La porta si aprì con un cigolio, facendo inondare la stanza da una luce bianca abbagliante.
Beth d'istinto chiuse di scatto gli occhi.
«Ti sei svegliata finalmente».
Quella voce. Un fremito la percorse, e il suo istinto le suggerì di mettersi in posizione d'attacco e colpire. Reagì, ma un violento dolore al polso la fece desistere, e lasciandole sfuggire un lamento.
Raphael sorrise.
«Vedo che Takiel ci sia andato pesante, eh Lilith?»
Beth lo fissò con astio. Odiava quando qualcuno l'apostrofava con quel nome che apparteneva solo ed esclusivamente al suo alterego malvagio.
«Cosa ci faccio qui Raphael?» Cercò di sembrare indifferente, ma dentro di sé avvertiva un moto di paura.
«Tu cosa ne dici, maledetto Demone?»le rispose retoricamente.
«Basta con i giochetti Raphael»esplose Beth.«Vai al punto e basta».
L'Arcangelo sorrise.
«Non vuoi veramente sapere ciò che ti aspetta».
Beth rimase inchiodata al suo posto trattenendo il respiro.
«Ma non adesso»continuò Raphael.«Adesso sono qui solo per sottoporti a un interrogatorio».
Beth lo fissò confusa.
«E di cosa mi accusate adesso, di grazia?»domandò alzando gli occhi al cielo.
«Hai scoperto come accedere qui in Paradiso, vero bastardella?»
Beth lo fissò con tanto d'occhioni.
Di che accidenti stava parlando?
«Non so di cosa tu stia parlando. Se l'avessi scoperto sarei salita quassù da un pezzo, non credi?»gli domandò con una punta di sarcasmo.
Raphael chiuse la mano destra a pugno.«Dunque ammetti le tue intenzioni di accedere qui in Paradiso?»
Beth si morse un labbro colta in fragrante. Si era messa nei pasticci da sola.
«No»si affrettò a rispondere.
L'Arcangelo sorrise.«Come menti male mia cara Lilith. Credi sul serio che non riesca a percepire una bugia quando ne sento una?»
Qualcosa. Doveva assolutamente trovare qualcosa che la togliesse dai guai.
«Ecco, io…»
«Quanti dei tuoi conoscono un modo per accedere qui in Paradiso?»domandò alla fine Raphael dandole le spalle.
Beth abbassò lo sguardo.«Non lo so».
L'Arcangelo si girò di scatto, adirato.«Non mentire».
«è quello che sto facendo»gli urlò contro Beth.
Raphael si avvicinò a un nulla dal suo viso.
«Mentire è nella vostra natura, e lo sai bene».
Beth sostenne lo sguardo.
«Credo che le tue parole siano abbastanza»liquidò il discorso Raphael.
Maledizione. Non doveva andare così.
Non ebbe però il tempo di difendersi, che Raphael aveva lasciato la cella.
 
Nella sua stanza Raphael cercò di riprendere la calma.
Sbottonandosi la camicia bianca,  accarezzò il profilo frastagliato della cicatrice che solcava da una parte all'altra del torace.
Ricordandogli il suo rovinoso primo incontro con Lilith…
 
Guerra. Guerra ovunque. Non ricordava dove stava combattendo, ma attorno a sé non vi era altro che morte.
Ovunque volgesse lo sguardo c'era sangue. Morte dolore come mixate in un tritatutto.
Raphael si deterse il sudore dalla fronte.
Combattere alle pendici del deserto era dura da sopportare. Perfino da un guerriero come lui.
La guerra infuriava da anni.
Per questo il Consiglio degli Arcangeli,da cui fra l'altro faceva parte,aveva deciso di reagire.
Raphael avrebbe guidato un gruppo di Angeli schierati dagli oppressi.
«I Demoni sono all'opera».
Furono queste parole di Uriel a spingerlo al fronte umano.
Conosceva la crudeltà dei suoi nemici,ma non si era aspettato tanta sofferenza.
Il Demone che guidava la spedizione infernale conosceva fin troppo bene i loro punti deboli.
Lelahel notò il suo turbamento e gli fece l'occhiolino.
«Su con la vita Raphael. Se uccideremo il loro capo saranno costretti a ritirarsi»gli fece notare.
Raphael borbottò qualcosa sull'inutilità della guerra e imprecando contro quel Demone che aveva già mietuto centinaia di vittime.
Troppe.
 «Dobbiamo stanare quel Demone»sibilò a denti stretti.
Lelahel sbuffò. «Fosse facile Raf».
Caliel si unì ai due Angeli.«Raphael. Dobbiamo occuparci dei civili»disse con tono solenne.
Raphael annuì seguendo il compagno.
I civili si erano rifugiati in un ospedale. Tremavano tutti di paura. Chi piangeva per la perdita di un parente chi spera nel miracolo.
Aveva calcato innumerevoli campi di battaglia,e in tutti i visi delle vittime erano sempre le stesse. Perchè in fondo erano loro che venivano colpiti più duramente. Le persone comuni che non volevano altro che una vita normale.
Scosse la testa preparandosi ad aiutare un'infermiera del luogo a curare un ferito. Una mina antiuomo gli aveva portato via la gamba sinistra.
«Bisogna fermare l'emorragia Raphael. Prendimi quelle garze»ordinò la voce repentoria della donna.
L'Arcangelo fece per ubbidire quando sentì degli occhi puntati addosso.
Alzò lo sguardo e li incrociò con quelli di una ragazzina dai capelli biondi e innocenti occhi azzurri. Aveva un'espressione afflitta.
 «Raphael. Le garze».
Raphael saltò come una molla affrettandosi a ubbidire.
«Chi è quella?»
La donna alzò lo sguardo dal suo lavoro.«Dove?»
 «Là nell'ang...»
Non c'era nessuno.
«Non c'è nessuno. Devi aver preso un'insolazione Raphael».
Non poteva essersi inventato quegli occhi e quella supplica impressa nel suo viso.
Aiutami.
 
Sul campo di battaglia armato di mitragliatrice avanzava con la testa fra le nuvole,ripensando alla ragazza misteriosa.
«Raphael attento!»
Lelahel riuscì a farlo scansare in tempo prima che un proiettile di pistola lo prendesse alla testa.
«Raphael, torna con il cervello sulla Terra. Abbiamo bisogno di te»ribatté l'amico accigliato.
«Ci sono, ci sono…credo»rispose Raphael accennando un sorriso poco convinto.
Lelahel lo fissò per un attimo appena,per poi riconcentrarsi sulla battaglia.
Non gli era mai successo prima. Perdere la testa per una ragazzina umana.
 No, pensó. Quella non una semplice ragazzina umana.
Era da secoli che non la vedeva, ma ora che se l'era trovata di fronte l'aveva riconosciuta, segno che il suo potere si stava per risvegliare.
Tutti i suoi ricettacoli umani di ogni secolo conservavano una vaga somiglianza con Lei. Ma quella ragazzina era esattamente uguale a come l'avevano persa prima delle completa disfatta di Lucifero, quando Dagon aveva posto fine alla sua vita.
Quando la battaglia finì, senza vincitori né vinti, si mise in testa di cercarla.
Doveva assolutamente capire se si era risvegliata o che ancora fosse all'oscuro della sua natura.
La scorse da lontano, in disparte. Sembrava assolta da chissà quali pensieri.
«Ehi»le disse avvicinandosi.
Lei parve per un attimo stupita, sentendosi rivolgere la parola, ma si riprese in fretta.
Raphael represse una smorfia, constatando che Ehi non era certo il modo giusto per attaccare bottone.
«Qualcosa non va Generale Raphael?»domandò la ragazza con fare innocente. La luce giocò uno strano tiro a Raphael, illuminando nei suoi occhi delle ombre, che però scomparvero in un baleno.
In quel momento Raphael sentì il bisogno di confidarsi con quella ragazzina.
«Voglio far finire questa guerra»ammise.
«Lascia che ti aiuti»disse la ragazza prendendolo per mano.
«E come pensi di farlo?»domandò circospetto.
La ragazza sorrise misteriosamente.«Ho scoperto una galleria che ci porterà direttamente sotto il loro covo».
«Non so se…»provò a controbattere Raphael poco convinto.
«Quei maledetti non si fermeranno mai. E tu vuoi fermare questa guerra?»domandò la ragazzina fissandolo intensamente negli occhi.
La ragione lo metteva in guardia,ma la sua parte angelica legata agli umani e al suo passato lo convinse a fidarsi.
Annuì.«Fammi strada».
La ragazza sorrise complice lo condusse in vari corridoi, sicura.
Cos'aveva in mente? pensó Raphael fissando la ragazza di spalle. Come per rispondergli la ragazzagli mise in mano un involucro cilindrico.
«Cos'è?»
«La bomba che useremo per farli saltare in aria»rispose con un 'ombra selvaggia negli occhi.
«Hai pensato a tutto»notò Raphael.
La ragazza scrollò le spalle noncurante.
«Sono disposta a tutto per far finire questa guerra».
Anche Raphael era della stessa opinione. Quello che lo convinceva sempre più era che nell'esercito nemico pullulava di Demoni. Sarebbe stato un duro colpo per loro.
Continuó a seguire senza indugi la ragazza che procedeva spedita per la galleria sicura della propria meta.
Dovettero girare più volte,e per un momento gli parve quasi di tornare indietro. Cosa che non avvenne quando tornarono sui propri passi.
Si fermarono solo quando si trovarono davanti una porta in acciaio munito solo di una piccola serratura. La ragazza si tolse una forcina dai capelli,e subito una ciocca bionda le cadde sull'occhio. Iniziò ad armeggiare l'oggettino rapida e sicura,finché non sentì la serratura scattare.
La porta conduceva in una stanzetta buia.
La ragazza fece qualche passo all'interno,il pavimento illuminato dalla torcia che reggeva.
«Vieni?»lo incitò.
Raphael non se lo fece ripetere due volte.
«Posiamola qui la bomba»disse indicando un angolo in disparte. La ragazza annuì brevemente.
«Adesso aziono il timer. E posso dire che il nostro lavoro qui è finito».
La ragazza si chinò affianco alla bomba, armeggiando con i fili,e dopo pochi secondi si alzò soddisfatta.
«Possiamo andare. A mezzogiorno di domani la loro base salterà in aria.»
Raphael sorrise al pensiero dei suoi nemici che saltavano in aria. Un pensiero meschino e un po'troppo violento per un Angelo. Ma non gli importava. Se era per salvare vite era pronto a questo salto nel buio.
 
Il giorno dopo lo passò con gli occhi fissi all'orologio della camerata che condivideva con i suoi compagni.
Lelahel se ne accorse subito.
«Che ti prende Raphael?»
«Aspetto mezzogiorno».
«Hai già fame?»
Raphael scosse la testa eccitato.«A mezzogiorno assisteremo alla fine dei Demoni».
Lelahel lo fissò incuriosito.«Hai un piano?»
Raphael l'aggiornò su quanto era accaduto il giorno precedente.
«Ah...ho capito»disse infine Lelahel.«La misteriosa ragazza ha colpito ancora».
Raphael annuì.«La nostra vittoria sarà per merito suo».
Alle 11:30 convocò tutti i suoi nel piazzale.
«Oggi alle 12:00 in punto assisteremo alla disfatta dell'esercitò infernale». Fece una pausa. «La guerra è perdurata anche troppo. È giunto il momento di rispedirli da dove sono venuti».
I suoi compagni risposero con grida vittoriose.
Raphael sorrise commosso.«E ora seguitemi. Assisteremo alla scena in diretta».
 
La loro meta era un piccone roccioso appena fuori la loro base da cui si intravvedeva l'accampamento nemico.
Raphael gettò un'occhiata all'orologio che teneva al polso.
Segnava le 11:58.
Il momento era quasi giunto.
 
Myriam era alle prese con un paziente che presentava ustioni di terzo grado dovuto all'esplosione di una mina antiuomo.
Impregnò alcune garze d'alcool e le poggiò delicatamente sulle ferite per evitare un'infezione.
La porta si aprì con uno schianto e ne entrò un suo assistente visibilmente nel panico.
«Signora. Deve vedere assolutamente una cosa. È urgente».
La donna si alzò dal capezzale e si lavò diligentemente le mani.
Seguì l'assistente fino alla sala video,usata per intrattenere i pazienti convalescenti.
 «Di cosa si tratta?»
«Hiriamha controllato le registrazioni delle nostre telecamere. Ecco,la 666 che abbiamo posizionato nel bunker ha registrato qualcosa di strano».
Inserì una cassetta nera nel videoregistratore e premette il tasto play.
L'immagine sullo schermo della TV era nera. In fondo il bunker non era mai illuminato.
«Non vedo quale sia il problema».
L'assistente mandò avanti il filmato,per poi fermarsi di botto.
«Comincia adesso».
Nell'immagine apparve una sci luminosa,forse quella di una torcia,seguita da una ragazza di spalle e un ragazzo che reggeva in mano un involucro di metallo. Vide la ragazza armeggiare con lo strano oggetto e li vide uscire. Il ragazzo l'aveva riconosciuto subito. Era Raphael.
«Ferma l'immagine»ordinò. L'assistente ubbidì in fretta.
Myriam aguzzò la vista.
Poi capì. E la paura le artigliò il cuore.
«Bisogna evacuare l'edificio!»urlò in preda al panico.
Fu in quel momento,quando l'orologio rintoccò per mezzogiorno che accadde.



fine prima parte...





Angolino dell'autrice schlerata ma felice XD :
Ciao a tutti, finalmente eccomi con il capitolo 40.
L'ho diviso perchè stava venendo troppo lungo, e non volevo appesantirvi la lettura (insomma sono già 8 pagine di word scritto a carattere mignon) :D
Dunque...sono apparsi nuovi elementi insoliti in questa prima parte di capitolo. Beth interrogata da Raphael e i rcordi di quest' ultimo...avete riconosciuto la ragazza bionda in compagnia di Raphael? E davvero sarà una disfatta per i Demoni, o saranno gli Angeli a essere ingannati?
Con queste domande vi lascio, ma prima vi allego il link di un gruppo che ho fondato su facebook per questa storia ;D un gruppo creato per voi che seguite Forbidden, dove anticipo l'arrivo del nuovo capitolo, curiosità sulla storia e più ne ha più ne metta :) se vi fa piacere XD

https://www.facebook.com/groups/1500639193543993/

Mmm...spero si apra ^^'

Detto questo concludo, e a presto<3

Ritorna all'indice


Capitolo 41
*** capitolo 40 parte 2 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 40

Parte 2


Pochi secondi. Pochi secondi e dei Demoni non sarebbero rimasti altro che cenere.
Pregustò il momento lentamente.
La loro era una vittoria su tutta la linea.
12:00 segnò finalmente il suo orologio. Era fatta.
Ma con enorme sospetto crescente nel suo cuore la base nemica rimase tranquilla e integra com'era stata fino a quel momento.
«Raphael cosa...».Lelahel era dubbioso.
E non aveva tutti i torti. Che la ragazza avesse sbagliato con i collegamenti e inattivato la bomba.
Un'esplosione alle loro spalle li fece sussultare.
L'ospedale era esploso e ora in cielo si stava formando una nube simile a un fungo atomico.
«Non può essere vero...»mormorò in preda allo sconforto. L'edificio prese fuoco intaccando anche le loro camerate.
Raphael fissò inorridito la scena non riuscendosi a capacitare di ciò che era successo.
I Demoni avevano scoperto il suo piano e avevano risposto con la stessa moneta?
I suoi piedi si staccarono involontariamente da terra e lo spinsero verso l'ospedale.
Il fumo era praticamente ovunque e lo prese alla gola. Tossì più volte facendosi largo tra le macerie.
«C'è nessuno?»urlò in preda all'angoscia.
Un gemito attirò la sua attenzione. Spostò un paio di travi con tutta la forza di cui disponeva.
Myriam era lì sotto con un profondo taglio sulla fronte e il volto pieno di fuligine e pelle ustionata.
«Myriam...»mormorò Raphael.
Con sforzo immane la trascinò fuori dalle macerie adagiandola a terra.
La donna tossì un paio di volte,e l'Arcangelo si affretto a trovare dell'acqua. Ne trovò una bacinella a fianco di un letto ospedaliero. Lì l'aria odorava di morte.
Ritornò da Myriam,imbevendo una garzona nell'acqua come le aveva visto fare fino al giorno prima.
«Myriam come ti sei ridotta...»mormorò.
«Perchè l'hai fatto...Raphael?»domandò invece a fatica Myriam.
Raphael rimase per un attimo stupito.
Di cosa stava parlando?
«Ti ho visto Raphael...la telecamera 666...hai nascosto tu la bomba...»
Myriam chiuse gli occhi e il petto cessò di battere.
Raphael rimase chino su quel corpo inerte in un tempo che gli parve un'eternità.
La telecamera 666 aveva detto.
Poco distante notò una piccola TV ancora miracolosamente accesa e quasi illesa allo scoppio.
Sullo schermo appariva un involucro simile a quello che aveva maneggiato il giorno prima. Fece tornare indietro la registrazione bloccandosi non appena scorse la propria immagine di spalle.
Fu allora che comprese l'atrocità che aveva appena compiuto.
Indietreggiò sconvolto cercando di allontanarsi dal corpo senza vita di Myriam.
Fu allora che le Succubus gli piombarono addosso.
 
 
Lelahel si era preoccupato nel vedere il suo capo correre in direzione dell'ospedale in fiamme. Lo aveva preso alla sprovvista,per questo non era riuscito a bloccarlo.
Non vedendolo tornare si preoccupò per l'amico
Avvisò i compagni che sarebbe andato a cercare Raphael.
Avvicinandosi piano piano percepì l'orrore che quell'esplosione aveva provocato.
Dell'edificio originario non c'erano rimasti altro che alcuni pilastri gravemente danneggiati e muri anneriti.
«Raphael!»
Lelahel si scansò in tempo per evitare calcinacci che piovvero dal soffitto come grandine.
"Per un pelo"pensò.
«Raphael!»ripeté.
Un grido inumano arrivò alle sue orecchie. Non era la sua prima missione,per questo ne riconobbe subito il timbro. Succubus.
Non era strano trovarle. Erano senz'altro lì per impossessarsi delle anime. In fondo la Legge parlava chiaro:le vittime morte per mano dei Demoni finivano in loro mercé.
Svoltato l'angolo trovò due Succubus che circondavano un Raphael riverso sul pavimento svenuto.
Lelahel con un urlo si accanì sulle Succubus in difesa dell'amico inerme a terra. Due falciate d'ascia che gli araldi dell'Inferno si allontanarono.
Lelahel si precipitò a soccorrere il suo capo e fedele amico.
«Raphael,su apri gli occhi»lo intimò schiaffeggiandogli le guance.
L'Arcangelo emise un gemito aprendo lentamente le palpebre.
Lelahel si scostò una ciocca rossa dal viso sorridendo sollevato.
«Meno male,sei vivo. Temevo già il peggio».
Si incupì notando l'espressione di Raphael.
«Qualcosa non va?»
Raphael lo fissò gelidamente.«I Demoni ci hanno usato».
 
Finalmente comprendeva la realtà dei fatti.
Un Demone si era fatto beffe di lui,inducendolo a fidarsi prendendo le sembianze della Protetta. Era per questo che aveva deciso di fidarsi immediatamente. La vista non gli aveva giocato un brutto tiro quando l'aveva scorta tra i malati.
E ora...questo.
Un Demone che lo aveva preso in giro dall'inizio.
Ah...ma l'avrebbe pagata. E anche cara.
Lelahel la fissava dubbioso e sorpreso dalla rivelazione.
Raphael si alzò di scatto scuro in volto. Si avvicinò a una breccia aperta nel muro da cui s'intravvedeva la piana davanti a loro.
In lontananza spiccava la sagoma scura della base nemica,una figura sfocata e distorta dal caldo desertico.
«Raggiungiamo gli altri»mormorò Raphael con lo sguardo fisso a terra.
Lelahel lo seguì senza proferire parola. Sapeva cosa gli stava passando per la testa. E questo lo inquietava non poco.
Trovarono gli altri Angeli ancora shockati per quanto accaduto.
«Amici miei»annunciò Raphael con voce rotta.«I Demoni si sono presi gioco di noi anche troppo. È giunto il nostro momento. Andremo là». Indicò la base nemica.«E li faremo pentire di aver sfidato il Paradiso».
Passò in rassegna i volti dei suoi compagni,leggendo nei loro occhi la sua stessa determinazione.
Caliel fece un passo avanti e fissò con i suoi occhi castani quelli azzurri di Raphael.
«Siamo conte Raph».
 
La base era deserta e calma.
Geniel provò a uscire allo scoperto ma una mano di Raphael lo bloccò per la spalla.
«Non mi piace. È tutto troppo calmo. E guarda! Nessuna guardia in vista». Si grattò il mento pensoso.«O ci sottovalutano,o qui c'è qualcosa che non quadra».
Raccolse un sasso accanto ai suo piedi e lo lanciò davanti a sé. Non appena quello toccò terra esplose in aria.
«Mine»sentenziò lugubre.
«Possiamo raggirarle volando»propose Lelahel.
Raphael approvò con un cenno del capo,evocando le sue maestose ali piumate,imitato dagli altri.
Si alzarono da terra producendo solo un leggero fruscio.
Volarono in fila indiana a pochi centimetri da terra.
«E se poi ci avvistano?»domandò improvvisamente Geliel,il gemello di Geniel.
Tutti si voltarono verso di lui.
La pelle pallida delle sue goti si accese di rosso.«Chiedevo soltanto».
Duth,un Angelo dai capelli castani a spazzola si voltò verso Raphael.«Tu che dici?»
«Andiamo avanti»fu la risposta.«Ma teniamo gli occhi ben aperti».
Gli Angeli procedettero con cautela,le armi in pugno e nervi in allerta.
Un fruscio li fece scattare sull'attenti. Si rilassarono quando intravidero una balla di polvere saltellare senza provocare alcuno scoppio.
Fu questo ad abbassare loro la guardia.
Un urlo inumano ruppe il silenzio.
Geniel fu colpito da una figura nera scesa in picchiata dal cielo sereno.
Questo fu il via che scatenò il caos.
Geliel si gettò sulla figura nera che aveva colpito il gemello,la spada risplendente di Fuoco Celeste. La creatura si voltò,e finalmente Raphael riuscì a vederla in viso.
Alcuni tratti erano emersi,come le corna che sbucavano dalla fronte o le immense ali membranose alle spalle.
Non avevano dubbi. I Demoni avevano teso loro un'imboscata.
«Attaccateli!»urlò Raphael. Voleva trovare a tutti i costi il Demone che si era preso gioco di lui.
Lelahel lo fissò sconvolto.«Ma Raph,non ce la faremo mai»obbiettò.
L'Arcangelo lo fulminò con lo sguardo.«Non me ne andrò di qua fino a quando non avrò ucciso quel dannato Demone che si è preso gioco di noi».
«Stavi cercando me,Arcangelo?»l'apostrofò una voce ironica alle sue spalle,ma che Raphael riconobbe subito. Era la stessa voce che l'aveva incoraggiato a scendere nel bunker e piazzare la bomba,e a condannare vittime innocenti.
Si girò con un'espressione di rabbia dipinta sul viso.
«Esatto maledetta»sibilò. La morte di Myriam bruciava ancora nel suo petto,come un incendio indomabile,spegnibile solo con la morte di quel Demone.
Lilith gli sorrise pericolosamente.«Ero sicura che saresti venuto Raphael».
Raphael strinse la mani,le nocche cominciarono a virare verso il bianco.«E sai anche il motivo immagino».
Lilith fissò il cielo,come uno intento a fare un complicatissimo ragionamento.«Dunque,fammi pensare. Ah,ma certo». Estrasse dal fodero che teneva attaccato alla cintura,una spada d'ossidiana dalla lama sottile e tagliente come un rasoio,e l'elsa finemente decorata in sottili rune incise d'un rosso sangue.
Raphael riconobbe quella lama. Si trattava di Deimos,la spada di Belial.
Ma per quale motivo l'impugnava quel Demone?
E perchè non si decideva a riprendere il suo vero aspetto?
«Bell'arma»disse indicandola.«Cos'hai promesso a Belial per fartela cedere?»
Lilith scoppiò a ridere.«Credi davvero che Belial ha ceduto volontariamente la sua spada a me?»domandò beffardamente.«E tu daresti uno dei famigerati Arcangeli? Io pensavo di più al Re degli Stupidi».
Raphael digrignò i denti. Quel Demone stava scherzando pericolosamente con il Fuoco. E presto gliel'avrebbe dimostrato.
«Pagherai per la tua insolenza Demone».
Lilith lo fissò in sbilenco.«E come pensi di fermarmi? Sparandomi stupidate su stupidate da stordirmi?»
Raphael ringoiò l'ennesimo rospo.«Con questo»disse serio evocando nel palmo della mano una fiamma azzurrina dalle striature bianche. Il Fuoco Celeste.
Lilith assunse un'espressione di paura,e Raphael se ne rallegrò. Aveva appena intaccato un nervo scoperto. Inaspettatamente però la paura lasciò subito posto a un'espressione di scherno.
«Inutile che ti rallegri tanto. Il tuo Fuoco Celeste non può nulla in confronto a questo».
Raphael sentì le gambe cedere. Certo,aveva già visto il Fuoco Infernale all'opera ma quello che vide lo lasciò shockato al suo posto. Il corpo della ragazza era interamente lambito dalle fiamme che danzavano in aria ipnotiche.
«Non puoi evocarlo...»sussurrò sconvolto.«Solo un Originario può...»
«Aguzza l'ingegno Arcangelo. Non hai ancora capito di con chi hai a che fare?»
Raphael indietreggiò d'un passo.
«Chi sei?»
La ragazza sorrise luciferina.«Ce ne hai messo di tempo per domandarmelo. Sono Lilith,Padrona del Settimo Cerchio. E per rispondere alla tua prossima domanda,ho ucciso Belial ottenendone il pieno controllo».
Fu come ricevere un pugno nello stomaco.
Il destino aveva giocato loro un brutto tiro mancino.«Elisabeth...»mormorò sconvolto.
Lilith fece un gesto di non curanza con la mano.«Elisabeth non esiste più Arcangelo. Elisabeth è morta quel giorno in cui ho messo fine alla vita di Belial».
Deglutì a stento. Come avrebbe spiegato a Uriel e agli altri che avevano perduto anche la Guardiana Protettrice? Come avrebbe rivelato che l'Inferno si era impossessato della sua anima? E il Paradiso? Avrebbe continuato a resistere,o sarebbe capitolato sotto il potere demoniaco?
«Ti vedo scosso Arcangelo»commentò stranamente compassionevole Lilith.«So io come lenire il tuo dolore». Passò pericolosamente un dito sulla lama aprendosi un taglio poco profondo.«La morte».
Raphael non ebbe il tempo di obbiettare che si ritrovò la lama avversaria a un soffio dal collo. Fu l'istinto a guidare il suo braccio per intercettare il colpo. Lilith fulminea cambiò direzione provando con il fianco,poi la gamba.
Raphael si limitava a parare i colpi. Uriel era stato chiaro. La Protetta andava,insomma protetta. Lilith attaccava per uccidere,lui si limitava a sopravvivere. Ma se la volontà di lei era potente come una bomba,quella di Raphael era ancora scombussolata dalla verità.
In colpo più forte lo sbilanciò. Bastarono quei pochi secondi a Lilith per inferirgli un profondo taglio al petto.
Raphael crollò in ginocchio senza fiato. Una presa ferrea lo afferrò per il bavero e lo alzò da terra. Pur essendo minuta la presa di Lilith era ferrea.
«Un ultimo desiderio prima di morire?»
Raphael sentì le membra farsi sempre più pesanti. Era davvero giunta la sua morte?
Chiuse gli occhi aspettando il colpo finale. Che non arrivò. Sentì il suo corpo toccare terra,e il petto gli mandò una fitta lancinante.
Socchiuse appena gli occhi. Davanti a lui c'era un Arcangelo di schiena,ma la mente capì di chi si trattava.
Michael si scostò un ciuffo dorato dagli occhi. Il suo cuore perse un battito quando i ricordi del suo predecessore gli mostrarono Quel volto. Lo stesso volto ora sfigurato da un'espressione d'odio appena trattenuto.
«Come hai osato metterti in mezzo tra me e la MIA preda?»gli urlò Lilith gonfia d'ira.
Michael seppur sconvolto assunse un'espressione indifferente.
«Conosci perfettamente il motivo»replicò invece.
Lilith di fronte a lui era più furiosa che mai.
«Maledetto Arcangelo! Ti insegnerò a stare al tuo posto. Non potrò assaggiare il sangue del tuo amico? Perfetto, mi accontenterò del tuo».
Michael assunse un'aria seria.«Non ti conviene Demone. Ho schiere di Angeli pronti a intervenire al mio segnale. Forse con le truppe di Raphael hai avuto fortuna, ma quanto tempo impiegheranno i tuoi a soccombere sotto la nostra forza?»
Di fronte all'espressione dubbiosa di Lilith, aggiunse:«Ho circa duecento soldati, pensaci».
Lilith assunse un'espressione di pura ferocia.«Molti di loro finiranno all'Inferno come Senz'Anima»replicò.
«E molti dei tuoi finiranno nella Fossa»ribattè Michael.
«Tu!»tuonò senza motivo Lilith.
Poi sconfitta abbassò le spalle.«Cosa vuoi Arcangelo?»
«Voglio che lasciate immediatamente la Terra»rispose con noncuranza.
Lilith fece un gesto ampio ai suoi compagni.
«Preparatevi per la partenza»ordinò.
Fece per andarsene, quando la voce di Michael la fermò.«Un'ultima cosa. Oggi sono stato clemente e non ho messo fine alla tua vita. Ma se ti ritroveremo sul nostro cammino, non esiteremo a ucciderti, sappilo».
Lilith gli lanciò un ultimo sguardo d'odio prima di aprire un portale e scomparire con i suoi Demoni.
Raphael assistette a tutta la scena impietrito. Trovarsi tra le schiere nemiche la Protetta l'aveva scosso parecchio.
Ma a destarlo dai suoi pensieri fu il dolore lancinante al petto, là dove Deimos l'aveva colpito.
 
Molte cose erano cambiate da quel  giorno. Il Paradiso era piombato in in sorta di oscuro pensiero.
La Guardiana Protettrice era nelle file nemiche. In caso di necessità cosa avrebbeto fatto?
Ormai sapeva che era perduta. Non aveva mai espresso i suoi pensieri su quello, dato che sapeva che i suoi compagni nutrivano ancora fiducia.
Ma dopo quanto tempoavrebbero finalmente aperto gli occhi alla realtà?












Angolo autrice:eccomi qui con questo nuovo capitolo :D
Molti di voi c'erano arrivati a quello che sarebbe successo...mi congratulo con voi XD
Ringrazio che segue questa story(i 26 preferiti, 9 ricordati e 53 seguiti) e naturalmente i recensori abituè :D
Piccolo spoiler del 41:i protagonisti del prossimo capitolo non saranno Gabe e Beth, ma i nostri cari umani Rebecca e James nella loro vacanza a Roma :D
A presto <3 (spero XD)

Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 42
*** capitolo 41 ***


Image and video hosting by TinyPic


CAPITOLO 41

«I would want a newspaper»disse James nel suo inglese impeccabile.
Insomma, era o non era americano doc?
Il giornalaio gli scoccò un'occhiata dubbiosa.
"Italiani"pensò con una punta di sarcasmo. Facevano sempre a pugni con la sua lingua, ora la più importante su scala nazionale.
Tirò fuori dal taschino un frasario d'italiano. A mali estremi, estremi rimedi.
«Vorrei un giornale»scandì bene le parole.
L'uomo annuì illuminandosi, e porgendogli una copia della Repubblica.
«Thank you»rispose, suscitando nuovamente quell'espressione persa.
Alzò gli occhi al cielo esasperato.
Aprì la prima pagina del giornale, su cui spiccava la foto di un politico a lui ignoto. Con sorpresa si ritrovò a leggere in italiano.
Accidenti. Doveva specificare che voleva un quotidiano in inglese.
Fece per tornare indietro a cambiarlo, quando fu attirato dalla data.
19 Dicembre 2012
Lui appassionato di thriller e romanzi apocalittici, sapeva perfettamente che i Maya avevano stimato la fine del mondo il giorno dopo.
Deglutì, preso da un oscuro pensiero.
A grandi falciate raggiunse Rebecca intenta a fotografare l'obelisco Flaminio,un enorme blocco di granito che Augusto portò a Roma posizionandolo nel Circo Massimo poi spostato da Sisto V in quella piazza.
«È magnifico,non trovi Jam?»gli occhi della ragazza scintillavano di felicità.
James gettò un'occhiata all'obelisco. Certo,era carino ma non era paragonabile alla porta che avevano attraversato per accedere alla piazza. La porta Flaminia,concepita inizialmente come arco di trionfo,fu rielaborata da Bernini.
«Già, spettacolare»tagliò corto.«Guarda la data».
Becca gettò un'occhiata fugace alla pagina.
«Allora?»
«Allora cosa? Domani finirà il mondo secondo le profezie Maya».
La ragazza scoppiò in una gaia risata.«Credi su serio a queste dicerie Jam?»
James borbottò qualcosa a mezza voce.
«Su, su. Non fare il difficile. Domani non crollerà il mondo. Adesso pensa solo a rilassarti e goditi Roma. Perché quando mai ci ricapiterà il piacere di visitarla?»
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, ma seguì il consiglio della fidanzata.
Con in mano una copia di Angeli e Demoni di Dan Brown in mano curioso raggiunse laCappella Chigi nella chiesa di Santa Maria del Popolo. Era lì, che nel suo thriller preferito, era stato trovato, da Robert Langdon,  Monsignor Ebner,la prima vittima degli Illuminati, marchiato dall'ambigramma : Earth.
La voce di Rebecca lo riportò alla realtà.«Forza Jam andiamo. Abbiamo ancora molto da vedere».
Con un sospiro, si scompigliò i riccioli ribelli.«Arrivo».
Rebecca era già pronta armata di digitale a immortalare un nuovo monumento.
Presero via del Corso, un rettilineo lungo quasi un chilometro e mezzo su cui si affacciavano monumenti famosi che resero celebre quella strada. Famoso era senz'altro Palazzo Doria Pamphilj che accoglieva nelle sue mura celebri opere quali il Doppio Ritratto di Raffaello, o il Riposo durante la fuga in Egitto di Caravaggio. Palazzo Bonaparte, abitato per un periodo di tempo dalla madre di Napoleone Bonaparte.
Tornando indietro dopo aver ammirato i due palazzi, Imbucarono piccole viuzze fino a raggiungere finalmente la Fontana di Trevi.
Il tema dell’intera composizione è il mare. Era inserita in un’ampia piscina rettangolare dagli angoli arrotondati, circondata da un camminamento che la percorre da un lato all’altro, racchiuso a sua volta entro una breve scalinata poco al di sotto del livello stradale della piazza, caratterizzato da un parapetto per delimitare la strada, parzialmente coperto da rocce, su una delle quali è scolpito uno stemma Cardinalizio raffigurante un leone rampante.
La scenografia era dominata da una scogliera rocciosa che occupava tutta la parte inferiore del palazzo, al cui centro, sotto una grande nicchia delimitata da colonne che la faceva risaltare come fosse sotto un arco di trionfo, una grande statua di Oceano che guida un cocchio a forma di conchiglia trainato da due cavalli alati, a loro volta guidati da altrettanti tritoni. Ai lati della grande nicchia centrale altre due nicchie, più piccole, occupate dalle statue della Salubrità e dell'Abbondanza. Le tre nicchie erano delimitate da quattro grosse colonne.
Quell'opera risaliva ai tempi dell'Impero romano. E i romani ci passeggiavano davanti incuranti della sua straordinaria bellezza.
Se a Wilmington ci fosse stata una fontana così l'avrebbero dovuto trascinare lontano a forza.
Sbadigliò stiracchiandosi. Erano lì da poche ore, giusto il tempo di posare la valigie in hotel, e via, già in tour per la città.
«Becca, torniamo in albergo? Sto crollando dal sonno».
La ragazza mise su un falso broncio. Alla fine sorrise con aria compassionevole di fronte all'espressione da pesce bollito del fidanzato.
«Andiamo»rispose prendendolo per mano e conducendolo dolcemente tra le persone verso l'hotel.
Hotel Marcella, così si chiamava distava pochi minuti dalla stazione centrale di Roma Termini, in via Veneto.
Era un edificio d'un carinissimo rosso corallo con quattro piani escludendo la terrazza sul tetto.
L'inserviente li salutò cordialmente con un timido Buongiorno, a cui Rebecca rispose con un sorriso.
James si limitò a scuotere il capo, troppo stanco per proferire parola.
La loro stanza era la 45. Becca aprì la porta inserendo nella serratura incastrata nel pomello, una piccola chiave dorata. Dentro l'arredamento era piuttosto semplice:un letto matrimoniale con rete in legno robusto, una cabina armadio, una cassettiera munita di specchiera, una graziosa TV e una piccola porticina che conduceva ai un bagnetto privato.
James si buttò di peso sul letto facendo scricchiolare la rete.
Rebecca scoppiò a ridere.«Sei così stanco?»
La risposta fu un semplice mugugno.
«Non hai neanche la forza di mangiare?»
James socchiuse uno dei suoi occhi castani.«Sbaglio, o hai detto mangiare?»
Saltò giù dal letto con l'eleganza e la grazia di un elefante.«Perché non me l'hai detto prima? Forza, scendiamo giù al ristornate».
 
Il ristorante si trovava al piano strada dell'albergo.
Si sistemarono comodamente a un tavolo con una tovaglia rossa accesa e rischiarata da una candela.
«Romantico»commentò Rebecca con un sorriso.
James non ascoltò neppure. Il suo stomaco non faceva altro che brontolare e reclamare cibo.
Aprì il menù, ritrovandosi a non conoscere nessuno dei piatti citati. L'unica cosa che conosceva era la pizza di Joes. Nient'altro.
E adesso che mangiava?
Antipasti:
-Insalata russa variopinta
-Crostini filanti alle alici
-Canapés caldi al gorgonzola
-Mozzarella in carrozza
Primi piatti:
-Spaghetti alla carbonara
-Zite alla romanesca
-Polenta sulla spianatora
-Spaghetti alla carrettiera
Secondi piatti:
-Razza al burro nero
-Alici in scapece
-Omelette auxfinesherbes
-Uova in cocotte
-Saltimbocca alla romana
-Carne alla griglia maître d'hôtel
-Zucchini trifolati
-Insalata di lattuga e ravanelli…
James arricciò le labbra. Un nome normale non c'era in quel menù?
«Buonasera». Un cameriere si materializzò al loro fianco reggendo un taccuino a spirale e una Bic.
«Cosa posso servirvi?»
«Qualcosa di normale l'avete?»borbottò in inglese.
«Ma certo Signore»gli rispose il cameriere, scomparendo tra i tavoli.
James tamburellò con le dita sul tavolo impaziente, mentre Becca cominciò a guardare i visi curiosi degli altri clienti.
Il cameriere ritornò pochi minuti dopo spingendo un enorme carrello pieno di piatti.
Lo stomaco di James si contorse per la fame.
«Ecco delle mozzarelle di bufala»disse indicando le piccole massette bianche.«Salame, rosette e qualsiasi cosa vogliate». Con un cenno si congedò, dirigendosi a un altro tavolo per prendere le ordinazioni di altri clienti.
Gli occhi di James si dilatarono di fronte a tante prelibatezze.
«Bè, buon appetito»disse prima di gettarsi a capofitto sul cibo. Rebecca sorrise di fronte a tanta voracità, e lasciandosi influenzare lo seguì a ruota.
Dopo molte rosette col salame e mozzarelline, si ritirarono in camera.
James accese la TV per aggiornarsi sui fatti, pur non capendo un'acca di ciò che il giornalista stesse dicendo, mentre Becca aprì la guida turistica della città.
«Bene. Domani visiteremo il Colosseo, un tocca e fuggi ai fori imperiali, e poi torniamo indietro dal Pantheon, Piazza Navona, Castel Sant'Angelo e per finire San Pietro. ti piace come tour?»
James fece una smorfia.«Sto male solo a pensarci becca»
La ragazza gli lanciò un cuscino come segno di protesta, a cui James rispose con una beffa.
 
 
 
Angolino dell''autrice:eccomi qui con i nostri due umani preferiti(credo) :P
Questa è solo la prima parte della loro vacanza…vedrete che combinerò XD
Ringrazio tutti voi che seguite la storia :D
 
 
Ah…vi ricordo che esiste un gruppo su Facebook che si chiama proprio Forbidden Love che ho creato apposta per la storia…se vi va potete passarci ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 43
*** capitolo 42 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 42

Una luce accecante proveniente dalla porta appena aperta, bruciò i suoi occhi abituati al buio.
Da quanto tempo era rinchiusa in quella cella? si chiese, con i polsi doloranti e lividi.
Due mani poderose la inchiodarono alla parete impedendole qualsiasi movimento.
Raphael entrò nel suo campo visivo con un'espressione di disgusto.
«Vieni con noi. Oggi sarai processata».
Le spalle di Beth si abbassarono,ormai consapevole del suo destino.
Raphael sorrise di fronte a quello sguardo di sconfitta.
«Fai bene ad avere paura Lilith. È giunta la tua ora...o quasi».
Beth strinse le labbra impendendo alle lacrime di uscire.«Immagino».
Alzò lo sguardo sull'Angelo.«Raphael...»
«Che vuoi?»domandò brusco l'Arcangelo.
«Mi spiace. Per quello che ti ho fatto».
Raphael si portò d'istinto la mano al petto,solcato dalla profonda cicatrice frastagliata che gli aveva inflitto con Deimos.
«Non mi interessano le tue scuse. Quel che hai fatto è fatto».
Beth distolse lo sguardo annuendo debolmente.
Raphael con uno strattone la tirò su, e Beth barcollò come fosse ubriaca. Le gambe erano addormentata da così tanta inattività. E si sarebbe accascata a terra se l'Arcangelo prontamente non l'avesse agguantata per un braccio, legandole  i polsi dietro la schiena.
«E ora cammina. Ci stanno aspettando».
Procedettero spediti per il dedalo di corridoi che collegavano le Prigioni alla Sala del Consiglio. Beth era davanti e procedeva con passi incerti ma comunque spedita, pur pensando che il suo destino in quella Sala sarebbe stato segnato definitivamente. Riuscì a scorgere di sfuggita il suo viso su una delle pareti riflettenti. Gli occhi rossi mantenevano ancora la sua copertura. Azazel aveva avuto un'idea brillante. La sua nuova condizione era troppo pericolosa perché potesse essere a conoscenza d'altri, così il suo amico le aveva proposto di usare delle lenti a contatto che mascherassero il tenue violetto virante all'azzurrino  che adesso caratterizzava le sue iridi. E i suoi poteri da Originario non erano un problema, dato che sembravano intaccati dalla sua trasformazione.
Indugiò alla vista del Tempio del Fuoco Celeste, altero e maestoso che spiccava in ogni dove nel Primo Cielo.
Raphael non si accorse dell''emozione che illuminava gli occhi di Beth.
«Avanti cammina» disse strattonandola con violenza.
«Siamo attesi».
 
Una voce lo chiamava. Fresca e cristallina come l'acqua della sorgente, che al sol sentirla gli riempiva il cuore di felicità. Aprí gli occhi, ritrovandosi in un rigoglioso prato verdissimo punteggiato da una miriade di fiori colorati di ogni tipo. Insomma, erano o non erano nell'Eden?
 Ma il fiore piú bello era senz'altro la ragazza che lo stava chiamando. I suoi capelli dorati al vento, gli occhi celesti carichi di dolcezza, tutto di lei parlava d'amore.
E lui, Gabriele, l'amava. Non un amore carnoso e passionale, quello che ormai dominava l'uomo, bensí quello piú semplice e puro. Quello che Loro Padre aveva insegnato alle sue creature e che adesso veniva considerato effimero.
Lo stesso amore che un Arcangelo non poteva provare, ma che in realtà bruciava impetuoso come il fuoco in tutta la sua essenza. Già era un caso singolare di suo, e provare questi sentimenti per un altro Arcangelo che non fosse quello di fratellanza lo rendevano ancora piú strano.
Ma a lui non importava. Contava solo Elisabeth.
Lei rise come una bambina di fronte allo sguardo imbambolato di Gabriele.
«Gabe, che fai? La faccia da pesce bollito?»lo prese in giro, con ilarità.
L'Arcangelo mise su il broncio.«Ti stavo solo ammirando, Guardiana dei miei stivali»rispose sarcastico.
Elisabeth si alzó dall'erba rassettandosi la tunica blu e celeste sopra una casacca beige e calzoni neri che indossava. La divisa della Guardiana Protettrice del Fuoco Celeste. La sola e unica che potesse generarlo dal nulla. Mentre gli Arcangeli erano nati dai raggi solari e lunari, lei era un caso particolare. Era nata dal Fuoco Celeste, vera fonte di potere del Paradiso e colui che preservava l'equilibrio del nuovo mondo che il Loro Signore aveva creato.
Elisabeth si rabbuió notando l'espressione del compagno.«Gabe, che hai? Non ti senti bene?»
Gabriele si scompiglió i capelli nervosamente.«Sono preoccupato per Asmodeus. Si é messo in testa cose senza senso e pericolose, parla di libero arbitrio per noi Arcangeli, di potere e roba varia. E come se non bastasse Nostro Padre ha capito che é stato Lucifero a dannare Eva e Adamo. Non so. Ho paura che questo possa portare a una guerra. E di ritrovarmi faccia a faccia con miofratello. E non so se troveró la forza di ucciderlo».
Elisabeth capiva. Ornai da tempo gli Arcangeli erano scissi in quelli che ancora credevano nel Paradiso e nel loro Signore, e quelli schierati dalla parte di Lucifeto, i cosiddetti Ribelli. Asmodeus, il fratello gemello di Gabriele era uno di questi ultimi.
Lo abbracció calorosamente come per scacciare via dalla sua mente quei brutti pensieri.
«Andrà tutto bene Gabe. Faremo in modo di evitare questa guerra».
Gabriele strinse le labbra. In cuor suo sapeva che non sarebbe successo.
Gabe assistette a quella scena, stupendosi della somiglianza incredibile con quell'Arcangelo, che addirittura portava il suo nome. Chi era? E cosa ci faceva con una raggazza uguale alla sua Beth?
La scena cambió radicalmente davanti ai suoi occhi.
Ora c'era Elisabeth, la mano impregnata di Fuoco Celeste che fronteggiava un Arcangelo. Gabe lo riconobbe subito. Dagon. Lo vide brandire un'arma nera e vermiglia.
Provó ad avvertire la ragazza del pericolo, inutilmente.
Le sue labbra erano come cucite. Provóallora a muoversi verso di loro, scostare la ragazza dalla traiettoria mortale della spada, ma le sue gambe non rispondevano.
Poté solo assistere alla crudeltà di Dagon che colpí il cuore di Elisabeth.
Poi il buio calò sudi lui...
 
Si svegliò madido di sudore nel suo letto. Non era la prima volta che faceva quel sogno da quando era tornato in Paradiso, e ogni volta lo caricava di domande, domande a cui non riusciva a dare alcuna risposta.
La ribellione di Lucifero e i suoi era ormai datata a millenni fa, come facevano a esserci due Arcangeli uguali a lui e Beth?
Qualcuno bussò alla sua porta, strappandolo da quei pensieri.
In piedi nel vano spiccava la figura slanciata di Azaruel, uno degli Angeli di Guardia.
«Sei atteso dal Consiglio degli Arcangeli, Gabriele»annunció serio.
Il ragazzo lo fissò sorpreso.
Agli Angeli Comuni era proibito partecipare ai consigli.Perché proprio ora era stato convocato?
Fu scortato proprio dall'Angelo di Guardia. Quando mise piede nella candida sala sentì occhi indagatori e freddi puntati addosso.
I sei Arcangeli erano già tutti lì, con sguardo indecifrabile.
Uriel si alzò in piedi.
«Ci hai tenuti all'oscuro di un fatto molto grave, Gabriele»disse, andando subito al sodo.
Gabe si sentì la gola secca.
Il suo sesto senso aveva già capito dove l'Arcangelo volesse andare a parare.
«Non so di cosa stiate parlando»mentì con scarso successo.
«Ah si?». Fece un gesto a due Angeli di guardia alla porta che conduceva alle prigioni.
Il cuore di Gabe fece una capriola. Lo feriva profondamente vederla con i polsi incatenati trascinata come un animale.Ma in fondo per gli Angeli quelli come lei non erano altro che questo.
I loro occhi si incrociarono un attimo appena. Fu Beth la prima a distogliere lo sguardo.
«Annabel ci ha rivelato che hai avuto contatti amichevoli con questo...Demone»disse Uriel,la voce venata di disprezzo.
Gabe stupito gettò un'occhiata a Ann che gli rispose con una scrollata di spalle e un sorriso soddisfatto. Aveva fatto bene a farsi ridare da Jake la lettera. La provaschiacciante che gli serviva per incastrare Gabe e la sua amica definitivamente.
Sul viso di Beth apparve un'espressione molto simile alla sua. Neanche lei si aspettava che Ann fosse a conoscenza del loro segreto.
«Io non capisco...»
Uriel alzó la mano che stringeva un foglio mezzo accartocciato.
«Questa lettera é la prova tangibile delle parole della tua compagna».
Gabe sentì la gola seccarsi. Cosa poteva fare?
«Cos'hai da dire a tua discolpa Gabriele?»
Gabe gettò un'occhiata di supplica al fratello,ma l'Arcangelo teneva lo sguardo a terra sconsolato.
«Ecco...io...»biascicò a fatica.
Fu la voce di Beth a fermarlo.
«Lui non c'entra. La colpa è solo mia»urlò rivolta agli Arcangeli. Con un gesto secco fece cadere di mano all'Angelo guardiano la catena collegata al bracciale in ferro stretto come una morsa sul suo polso,e alzò la mano.
Un soldato appostato poco lontano cadde a terra urlando come fosse attraversato da una forza opprimente. Poi con calma innaturale si tirò su con espressione imbambolata.
«Avete visto di cosa sono capace. La sua non è stata una possessione di questo tipo. Ho aizzato la sua mente a fidarsi di me per far si che mi rivelasse i vostri punti deboli per debellarvi una volta per tutte»aggiunse spietatamente.
Il cuore di Gabe perse un battito.
No. Non poteva essere vero.
Uriel si alzò facendo un passo avanti,fissando intensamente Beth negli occhi.
«Non mi aspettavo una mossa così infida Lilith».
Beth lo fissò sprezzante,ma non proferì parola. Ora non le rimaneva altro che passare la lettura della sua mente. Pregò che i suoi poteri non la lasciassero proprio in quel momento.
Uriel scavò nella sua mente per due minuti buoni. Alla fine si girò verso i suoi compagni.
 «Il Demone ha detto la verità»dichiarò.
Il cuore di Gabe sprofondò sempre più in basso. Tutto quello che avevano passato insieme,le dichiarazioni d'amore non erano altro che una menzogna?
«Gabriele...»provò a dire Michael,ma Uriel lo fermò.
«Tuo fratello è scosso per l'accaduto. Non fargliene un colpa. Ha ancora molto da imparare».
Fissò intensamente Gabriele negli occhi.«Puoi andare. E in quanto a te,Demone»disse rivolto a Beth.«Il verdetto di noi Arcangeli è il seguente. Domani sarai bruciata dal Fuoco Celeste,fonte di potere del Paradiso».
Gabe sentì la condanna scombussolato. Ancora non si capacitava che quella era la verità.
Beth invece chinò il capo e chiuse gli occhi.
Dunque finiva così?
Evitò accuratamente di incrociare lo sguardo penetrante e accusatorio di Gabe.
Aveva fatto una scelta. E adesso era pronta a portarla avanti.
 
Non si era mai sentito più a pezzi di quel momento.
Perché Beth gli aveva mentito per tutto quel tempo? Perché l'aveva illuso che provava qualcosa per lui?
Voleva delle risposte. E per averle doveva recarsi alle prigioni.
Si avvicinò alle due guardie Azaruel e Geremiel, che si misero subito all'erta.
«Sono qui per vedere la prigioniera»disse cercando di mascherare il tremore della voce.
Geremiel lo fissò con compassione e pietà.
«Cinque minuti»gli concesse, lasciandogli lo spazio per passare.
La cella al contrario dell'interoParadiso era cupa e buia. La prigione perfetta per un servitore del Male.
Intravide Beth illuminata dalla tenue luce lunare,addossata con la schiena alla parete. Le catene brillavano con il loro alone metallico ai polsi e alle caviglie.
Gabe si accovacciò alla sua altezza.
Forse percepì la sua presenza perchè Beth alzò lo sguardo. Aveva un'espressione addolorata dipinta sul viso.
Ma Gabriele non si lasciò distrarre.
«È tutto vero?»mormorò.«Ti sei sempre presa gioco di me dall'inizio?»
L'espressione si fece se possibile ancora più triste.
«Mi fidavo di te»continuò.«E ti amavo. Continuo ad amarti».
Poggiò un pugno a terra.«Sono stato uno stupido a poter credere di cambiare un Demone...come te».
La fissò un attimo appena,e fece per andarsene. Ma la voce di Beth lo fermò.
«Stupido si»sussurrò la ragazza trattenendo le lacrime.«ma non per quello che pensi. Ma per il semplice fatto che tu non abbia capito le mie intenzioni».
Alzò lo sguardo da terra fissandolo intensamente negli occhi.
«Ho mentito a Uriel».
Gabe rimase spiazzato.
«Tu cosa?»mormorò.
«Ho mentito per salvarti la vita»continuò con filo di voce. «Ti avrebbero ucciso. E questo non l'avrei sopportato».
«Beth…»mormorò Gabe ancora scosso. Gli occhi cominciarono a inumidirsi. «Perché l'hai fatto? Non avresti dovuto…»
Beth sorrise tristemente.«L'ho fatto perché ti amo. Ormai sono condannata, e lo sai. Domani brucerò nel Fuoco Celeste…con almeno la consapevolezza che tu sia al sicuro».
Gabriele poggiò le labbra sulle sue, stranamente calde.
Geremiel bussò con le nocche contro la porta.«Gabriele. Il tempo è finito».
Beth si staccò.
«Devi andare adesso».
Gabe annuì tristemente, stringendola ancora per un attimo a sé.
Quando la porta si chiuse alle spalle dell''Angelo, Beth cercò di trattenere le lacrime.
Ormai non aveva scelta.
Sarebbe morta facendo ciò che è giusto.
 
Annabel bevve l'ultimo sorso della fiala con avidità. Un rivolo del liquido cominciò a scendere giù dalla bocca, e lei se l'asciugó lentamente per poi leccarlo con piacere.
La trasformazione era finalmente giunta a termine, constatò fissando il proprio riflesso allo specchio. I suoi occhi nocciola brillavano ora d'un rosso fulgido, e se avesse materializzato le ali non sarebbero più state candide bensì nere come la notte. Nere come il male che aveva deciso di seguire. La ragazza innamorata persa del suo migliore amico, e mai ricambiata non esisteva piú, e aveva lasciato il posto a una creatura dominata dalle tenebre più nere, e pronta a schierarsi al fianco della sua anima gemella perduta e finalmente ritrovata:Jake.
Il suo amato era stato chiaro nel messaggio che aveva legato alla zampa di Kifo, ora al suo fianco a lisciarsi le penne.
Il suo era un compito difficile, ma che avrebbe garantito ai Demoni l'entrata in Paradiso.
Si preparò con cura, svestendosi dai panni della ragazzina timida e gioviale per fare largo alla nuova Annabel. Gettó i suoi vestiti in malo modo in un angolo, per indossare la sua tenuta per la battaglia imminente: una camicia nera anti proiettile che avrebbe smozzato in parte i colpi delle armi angeliche, pantaloni neri e stivali fin sotto il ginocchio.
Al centro della camicia spiccava il simbolo della runa Mortis, l'emblema sfruttato dai Demoni in quella battaglia.
Annui soddisfatta davanti allo specchio. Sembrava un essere nato per la morte, in tutte le sue forme.
Ma prima di portare a termine il suo compito, sentiva il bisogno di vedere ancora chi la teneva legata al passato.
Quatta quatta, si mosse per i corridoi, stando ben attenta a non farsi beccare dalle guardie appostate.
La stanza che gli interessava aveva la porta aperta, e la tenue luce che proveniva dall'interno disegnava sul pavimento una macchia chiara che si estendeva fino alla parete.
Annabel si sporse un poco per vedere dentro.
Gabriele era seduto sul letto, la lampada sul comodino accesa, e la scrivania traboccante di libri come l'aveva vista l'ultima volta. Era assolto nella lettura, con la fronte corrucciata dalla concentrazione. Di fronte a quello sguardo, Ann sentì qualcosa dentro di sé contorcersi. Senso di colpa.
Ma perché provava una sensazione simile, dopo che lui l'aveva fatta soffrire non ricambiando il suo amore?
Si scostó dalla porta imbuccando il corridoio che l'avrebbe portata alle Prigioni,perché se fosse rimasta lí ancora un secondo la sua menteavrebbe rischiato d'impazzire, sommersa dai ricordi. Perché non poteva negare il fatto che Gabriele le era sempre stato al suo fianco fin dal primo momentoin cui si erano conosciuti.
Quando si trovó alle Prigioni, si permise di tornare a respirare regolarmente. Non si era neppure accorta di aver trattenuto il respiro fino a quel momento.
Cercó di fare mente locale di dove si trovava la cella che le interessava.
Perché se non riusciva a odiare completamente Gabriele, con Lilith era diverso.
L'aveva odiata dal primo giorno che l'aveva vista, quando Gabriele si era invaghito di lei, perdendolo cosí per sempre.
Fortunatamente non c'era nessuno appostato fuori dalla porta, per questo poté avvicinarsi senza problemi.
Aprí la fenditura, trovando la sua acerrima nemica assobita contro la parete.
«Hai finito di creare problemi Lilith»sibiló con odio.«Domani finalmente avrai la fine che ti spetta. Non sai quanto ci hai fatto penare, me e Jake, per eliminarti. Ma alla fine ce l'abbiamo fatta». Sorrise, pur sapendo che nessuno potesse vederla. «Saranno coloro con cui hai deciso di allearti a mettere fine alla tua vita. E c'é di piú. I Demoni si riverseranno qui in Paradiso, e sarà la loro fine. E sarò io ad aiutarli a penetrare qui».
Poggió una mano sulla porta.«Forse ti devo ringraziare. Se tu non fossi venuta a rovinarmi la vita, non avrei mai capito chi fossiveramente».
Chiuse la fenditura e indietreggiò.
«Adieu Lilith»mormoró.
"Addio Paradiso"









Angolino dell'autrice ^^:
Hola a tutti :D
Spero di non avervi destabilizzato con questo capitolo, in primis per il sogno di Gabriele e poi per il falso inganno di Beth...e la trasformazione defintiva di Annabel XD
Cosa accadrà nel prossimo?
Un evento crucialissimo per la story, di vitale importanza...e sconvolgente.
Per cui allacciate le cinture ;P
Ringrazio tutti voi che leggete la storia(i recensori che mi tirano su il moralez quando finisce sotto zero XD, i 27 preferiti, 10 ricordati e 54 seguiti).
Non sapete quanto questo mi faccia piacere :D
Spero di non deludervi!
A presto <3

P.S:vi ricordo(sempre...mi sento una piaga ahah XD) che esiste un gruppino su Facebook, e si chiama proprio come la storia "Forbidden Love"...se volete iscriverti o reclutare qualcuno, siete davvero i bienvenidos (oh...ce l'ho oggi con lo spagnolo).
Boh, adesso mi dileguo...Ciaoooo!!! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 44
*** capitolo 43 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 43

Gabriele non riusciva a dormire preso com'era dalla condanna di Beth.
Non poteva assolutamente rimanere con le mani in mano.
Cosa poteva fare?
"Pensa Gabriele, pensa?"
Raccontare la verità al Consiglio degli Arcangeli?
"Ti avrebbero ucciso". Le parole di Beth risuonarono nella sua mente. Si stava sacrificando per lui. E questo non poteva renderla degna di fiducia ai loro occhi?
Distrattamente sfogliò il Luce e Tenebra. Gli occhi si posarono su quelle poche righe che spiccavano nella pagina.
 
Un Angelo tradirà il Paradiso, e i suoi compagni celesti.
L'esercito demoniaco si riverserà in Cielo, e sarà guerra.
I corpi dei caduti provocheranno catastrofi sulla Terra.
Sarà la fine di tutto. Caos. Morte.Apocalisse.

 
Leggendo quelle parole rabbrividì, mettendogli su una strana inquietudine.
Chiuse di scatto il libro gettandolo sul letto, come temesse di scatenare l'Apocalisse semplicemente leggendo quelle righe.
Ma neanche l'Apocalisse sarebbe sembrato il male assoluto di fronte all'eternità che l'aspettava senza Beth.
Doveva parlare assolutamente con Michael. E in fretta. Gli avrebbe spiegato tutto. Forse li avrebbe anche convinti di fidarsi di lei.
Percorse a passo svelto e a tratti correndo il lungo setacciato che collegava gli alloggi degli Angeli Comuni,transitando tra quelli delle anime lì ospitate per raggiungere la Sala del Consiglio.
Fu per caso che notò Annabel muoversi furtiva. Dove stava andando a quell'ora?
L'istinto gli suggerì di seguirla.
Procedeva a passo deciso,a volte saltellando tutta eccitata. Gabe fu rapido e schivo come un gatto nascondendosi dietro le statue che immortalavano la bellezza e eleganza di loro Angeli. Ora quelle caratteristiche su Ann segnavano una strana oscurità che gli mise i brividi.
La vide fermarsi davanti ai Cancelli del Paradiso dove si riuniscono le anime prima di essere indirizzate nei vari Cieli.
Ma c'era qualcosa di macabro. Scorse delle figure nere lontane. Gabe si stropicciò gli occhi,sicuro che la vista gli stesse giocando un brutto tiro.
Con orrore capì che non era così.
Davanti al Cancello si stavano radunando gruppi di Demoni,armati fino ai denti.
Lasciò il suo nascondiglio dietro la statua, avvicinandosi ancora di più per veder meglio.
Annabel si accorse subito del suo arrivo.
Sorrise luciferina.«Bon arrivéGabriele. Ti stavo aspettando».
Sapeva che la stava pedinando?
«Ann...»
Notò la mano poggiata sulle grate dorate. Fu in quel momento che capì.
«Non può essere...»mormorò sconvolto indietreggiando.
«Non te l'aspettavi,eh Gabe,dimmi la verità. Non ti aspettavi che la tua migliore amica ti pugnalasse alle spalle. E che...». Passò un dito sulla grata.«Scatenerà l'Apocalisse».
Gabe si morse il labbro per impedirsi di lasciarsi scappare un'imprecazione.
Doveva agire al più presto.
«Non te lo permetterò Ann». Sperò di sembrare più determinato di quanto si sentisse.
«Oh,davvero? Non credo che tu possa riuscirci a fermarmi. Sei solo, Gabe».
«Non sono solo. C'è...»
«La tua dolce Lilith suppongo. Oh...». Si portò la mano davanti alla bocca fingendo colpevolezza.«Vuoi dire lo stesso Demone che io e Jake abbiamo incastrato,e che tra poco morirà lambita dalle Fiamme Celesti?»
«Sei stata tu!»insorse furioso Gabe.«Mi fidavo di te Ann! Ti volevo bene come a una sorella!»
«Appunto,solo una sorella mi consideravi»dichiarò seria.«Volevo essere qualcosa più per te Gabriele. Invece no. Ti sei innamorato di quel...mostro».
Dalle sue mani scaturirono lingue vermiglie.
«Ann...non puoi...»
«Poi ho conosciuto Jake»proseguì Annavel ignorando Gabe.«e ho capito di aver sbagliato tutti questi anni ad aspettarmi qualcosa di più da te. E per completare il tutto il quadro e essere finalmente ciò per cui sono nata mi sono sottoposta al Daemon Ritus».
«Tu cosa?Sei pazza Ann. Pazza!»
Annabel materializzò le sue ali, non più candide come la neve, bensì nere come la notte.
«Sarò anche pazza Gabriele, ma adesso preparati alla fine di tutto ciò che conosci».
Poggiò la mano con forza sul cancello celeste, dandogli fuoco.
Jake dalla parte opposta fece schioccare la lingua.
«Diamo inizio al divertimento».
I Demoni, per lo più nella loro raccapricciante forma originaria, levarono al cielo grida inumane al cielo, pronti alla battaglia.
«Non l'avrete mai vinta sul Paradiso»li sfidò coraggiosamente Gabe.
Jake lo fissò scocciato.«Bla, bla. Tutte parole. Non ti hanno mai detto che parli troppo Angioletto?»
Gabe si sforzò enormemente di rispondere alla frecciatina.
Evocò le ali candide partendo a rotta di collo per raggiungere gli Arcangeli e avvisarli del pericolo.
Ma Annabel gli si parò davanti, i capelli sferzati da una lieve brezza, e gli occhi vermigli luccicanti come rubini.
«Non così in fretta Gabriele. Non vuoi rimanere per la festa?» Socchiuse gli occhi.«La festa della tua morte».
Gabe deglutì. Combattendo con Annabel avrebbe perso solo tempo, e quello di certo non gli bastava. Doveva decidere in fretta, dato che il Cancello non avrebbe retto ancora per molto e i Demoni avrebbero cominciato a sciamare nel Paradiso.
Cosa poteva fare?
S'illuminò. Doveva fare appello ai suoi insoliti poteri.
Chiuse gli occhi concentrandosi al massimo. Quando li riaprì si ritrovò fortunatamente a destinazione.
Doveva trovare gli Arcangeli al più presto.
«Mike! Uriel! Raphael! Raziel!»
Il primo a incontrarlo fu proprio il fratello.
«Calmati Gabe. Cos'è successo? Sembra che tu abbia visto un Demone».
«è proprio questo il punto Mike. I Demoni stanno per invadere il Paradiso».
 
Raphael entrò nella cella, trovando Beth rannicchiata su se stessa, la testa poggiata sulle ginocchia.
Provò un moto di pietà, ma per un istante appena. Sfiorandosi il petto ricordò ciò che gli aveva fatto anni prima.
Beth nel sentire il rumore dei suoi passi alzò lo sguardo.
«Vieni. Alzati, è ora»l'apostrofò.
Beth annuì stancamente, chinando il capo in segno di sconfitta.
«Mi spiace Raphael».
Quelle parole furono appena un sussurro, ma Raphael le sentì chiaramente.«Cosa?»
«Ho detto che mi dispiace, per tutto».
Raphael pensò alla cicatrice che gli solcava il petto.
«è tardi ormai per le scuse Lilith».
Beth annuì mordendosi un labbro.
«Prima di morire puoi permettermi di fare una cosa?»
Raphael rimase per un attimo spiazzato.
«Ucciderci tutti per caso?»
Beth scosse la testa.«No. Vorrei mettermi questa»rispose tirando fuori dalla tasca una minuscola scatolettina blu. Quando l'aprì Raphael scorse un laccio di cuoio a cui era appeso un ciondolo. La runa Algiz, il simbolo del Paradiso.
«Era il mio portafortuna, che ho ereditato da mia nonna»confidò.
Raphael annuì con un cenno sbrigativo, e la ragazza si aprì in un debole sorriso di gratitudine.
«Perché fai questo?»domandò l'Arcangelo confuso.«Perché vuoi farmi credere che tu sia cambiata?»
«Perché il Male non è così delineato come sembra e come pensi Raphael. Io sono condannata comunque, ma nel mio cuore so di non essere più quella di un tempo, quella che ha messo fine a innumerevoli vite, quella che ti ha quasi ucciso». Lo fissò intensamente negli occhi.«Puoi far in modo che non accada nulla di male a Gabriele?»
«Perché t'interessa?»replicò scocciato Raphael.
«Promettimelo e basta Raphael, cosa ti costa?»
L'Arcangelo distolse lo sguardo.«Nulla».
«Allora prometti».
Raphael le prese la mano, calda al tocco. La fissò confuso, passando lo sguardo dalla mano a Beth e viceversa.
«Lilith…»
Beth arricciò le labbra in una smorfia.
«Non è il caso Raphael di prendersela così tanto. Fa quel che devi, senza rancore».
Si bloccò. Avvertiva una strana energia, che le fece tornare in mente la sua parte oscura, Lilith.
«Raph…io…». Un esplosione di emozioni la fece barcollare. Beth si portò le mani alle orecchie.
«Demoni…»farfugliò a fatica.
«Cosa?»Raphael la fissò in modo strano.
La smorfia confusa di Beth si tramutò in una di paura.
«Raphael, siete in pericolo!»
L'Arcangelo indietreggiò spaesato.
«Dovete lasciarmi andare! Siete stati ingannati! Uno di voi aprirà le porte ai Demoni! E io li posso fermare. Mi daranno ascolto, ma tu devi liberarmi!»
Raphael assunse un'espressione triste.«Allora le cose stanno così»mormorò.
«Cosa? Raph…siete in pericolo, devi credermi».
«Era tutto un trucco per farti liberare»continuò l'Arcangelo.
«No, non è come pensi!»
«Mi avevi quasi giocato Lilith, sul serio. Stavo davvero per credere che tu fossi cambiata. Ma mi sbagliavo».
Si allontanò da lei chiudendosi la porta dietro le spalle.
Ma Beth non demorse. Continuò a urlargli contro.
«Siete in pericolo! Siete in pericolo!»
 
* trad dal francese:benarrivato












Angolo autrice:
Ciau a tutti ^^
In questo capitolo parte della verità è stata svelata, ma molti di voi avevano già capito...mi congratulo con voi XD
I Demoni stanno per invadere il Paradiso, e sta per scoppiare l'Apocallisse. Cosa succederà?
Prevarranno le Tenebre, o sarà la Luce a trionfare?
Largo alle scommesse ahah XD
Ringrazio tutti voi che seguite la storia, e continuate a credere in questa long :D
A presto <3

Ricordo sempre che su Facebook c'è un gruppo dedicato a questa storia:
https://www.facebook.com/groups/1500639193543993/
 

Ritorna all'indice


Capitolo 45
*** capitolo 44 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 44

«è proprio questo il punto Mike. I Demoni stanno per invadere il Paradiso»disse Gabriele con il fiatone.
«Impossibile». Uriel si materializzò all'improvviso di fianco a Michael.
«Ma è la verità»protestò Gabe, fissando implorante il fratello.
«Uriel…»
«No Michael, non voglio credere di certo a una fantasia di tuo fratello».
«Credete davvero che in un momento come questo pensi di prendervi in giro?»
«Non ho detto questo Gabriele».
Gabe si ficcò le mani nella tasca dei jeans che indossava.«Ma non hai neanche detto neanche il contrario».
Uriel fece per ribattere, quando Raphael si unì a loro, scuro in viso.
«Indovinate un po'»disse Raphael con un sorriso e un'allegria quasi sforzati.«Il nostro Demonietto prigioniero l'ha sparata davvero grossa per convincermi a liberarla».
«E di cosa si tratta?»
«Ha detto che qui in Paradiso alberga un traditore che aiuterà iDemoni  a invaderci. è ridicolo, non siete d'accordo?»
Notò l'espressioni di paura farsi strada sul volto dei suoi compagni. Sul viso di Gabe si dipinse invece un'espressione del tipo:"Ve l'avevo detto".
«Se la faccenda non vi fa affatto ridere, potete benissimo dirlo, non con quelle facce»protestò Raphael piccato.
Fu Uriel a riprendersi per primo.
«Non è una prova sufficente»dichiarò gettando un'occhiata eloquente a Gabriele.«è possibile che Lilith abbia ancora sotto controllo le vostre menti»aggiunse indicando il ragazzo e Raphael che stranó gli occhi, facendo intuire a Uriel la sua risposta.
Le parole sgorgarono fuori dalla bocca di Gabe quasi involontariamente.«Lei non mi ha mai posseduto!»cedette.«Io la amo»aggiunse con un filo di voce.
«è quello che ti ha fatto credere per tutto questo tempo Gabriele. Tu…»
«No Uriel, non è così. Forse all'inizio della missione ti avrei anche dato ragione, ma da quando le ho donato il mio sangue lei…»
«Cosa?!»domandò sorpreso Uriel.«Il tuo sangue?»
Gabe non capì la strana reazione dell''Arcangelo. Ma non potè proferire parola. Geremiel gli andò incontro terrorizzato.
«I Demoni stanno attaccando»balbettò a fatica.
Uriel rimase spaesato, ma fu un attimo appena.
«Tu»disse rivolto all'Angelo.«Va a prendere il Demone. Mentre voi»disse a Raphael e Michael.«Suonate l'allarme, andate a chiamare Raziel, Cassiel e Takiel. E preparatevi per la battaglia».
Gli Arcangeli ubbidirono prendendo il corridoio alla loro destra.
Gabe fece per raggiungere il suo alloggio per recuperare la sua spada, ma la mano di Uriel lo bloccò per la spalla.
«Tu vieni con me Gabriele».
«Io?»domandò confuso il ragazzo.
«Esatto. Aiuterai me e gli altri Arcangeli a ergere una barriera per rallentare i Demoni e permettere ai nostri guerrieri di prepararsi».
Gabe scosse la testa.«Sono inutile e tu lo sai Uriel. Non sono come voi, anche se un tempo speravate il contrario. Non so evocare il Fuoco Celeste, e neanche…»
Uriel inarcò un sopracciglio.«Neanche cosa?»
La mente di Gabriele cavalcava a briglia sciolta.
Alzò a livello degli occhi la sua mano destra chiusa a pugno.
Alzò il pollice.«Teletrasporto». L'indice.«Telepatia». Il medio.«Illusione e attacchi mentali contro i Demoni». L'anulare.«La capacità di vedere nei tre nuclei temporali:passato, presente e futuro».
Quattro dita erano alzate. Mancava l'ultimo.
Uriel allora gli prese la mano e la fece poggiare sulla sua callosa. Fece alzare delicatamente anche il mignolo.«E Fuoco Celeste»disse avvolgendo entrambe le mani in una tenue fiammella celeste. Gabriele ritrasse la mano di scatto, ritrovandosela ancora intaccata. Ma le fiamme non lo bruciavano, ma al contrario trasmettevano un piacevole tepore alle membra.
«Non avrei mai creduto di dirtelo Gabriele»ammise Uriel.«Ma benvenuto tra noi Arcangeli».
Gabriele continuava a fissare incantato il Fuoco.«perché adesso?»
«è una cosa complicata Gabriele, e adesso non abbiamo tempo per le spiegazioni. Vieni. Abbiamo del lavoro da sbrigare».
Un boato.
Gli edifici in marmo bianco del Paradiso tremarono.
Una nuvola nera stava per piombare su di loro. Ma sapevano benissimo di cosa si trattava.
I Cancelli alla fine avevano ceduto permettendo ai Demoni di riversarsi come un mare nero su di loro.
L'Apocalisse era appena cominciata.
 
Inferno, il giorno prima
 
In groppa a Phobos, Jake non stava più nella pelle dalla gioia. Finalmente il momento tanto atteso era arrivato. Finalmente. Il Pandemonium si intagliò all'orizzonte. «La notizia è appena giunta. Lilith è stata appena fatta prigioniera dagli Arcangeli».
La mano poggiata sullo scanno tremò, di rabbia e frustrazione.
«Sei sicuro Jake?»domandò Lucifero teso e scuro in volto.
Jake inginocchiato a terra inchinò il capo in segno di deferenza.
«Si, Mio Signore».
Lucifero si alzò dal trono e cominciò a camminare avanti e indietro con gesti lunghi e misurati.
Si voltò scuro in volto verso Jake. «Peccato che non esiste alcun modo per penetrare in Paradiso, se non come prigionieri. É impossibile, sia per Lilith ad evadere che per noi a portarla fuori di lì».
«Mio Signore, in verità c'é una condizione che rende vulnerabile il Paradiso al nostro attacco».
Lo sguardo di Lucifero si accese di curiosità.«E sarebbe?»
«La profezia citata in Luce e Tenebra»
Prese fiato, cominciando a recitare a memoria:
«Un Angelo tradirà il Paradiso, e i suoi compagni celesti.
L'esercito demoniaco si riverserà in Cielo, e sarà guerra.
I corpi dei caduti provocheranno catastrofi sulla Terra.
Sarà la fine di tutto. Caos. Morte. Apocalisse».
Lucifero si grattò il mento pensoso.«Non vedo come questo possa aiutarci Jake»
«Mio Signore, quando ero a Wilmington sono entrato in contatto con uno degli Angeli, che si é sottoposto volontariamente al Daemon Ritus. É una di noi, e potrà essere lei ad aprire i cancelli».
«Strano, Lilith non mi ha parlato di questo fatto».
Jake prese fiato. Era ora di rovinare Lilith una volta per tutte. «Perché Mio Signore lei ha si avuto contatti con un Angelo, ma non come vi aspettate. Se n'é innamorata»
Sul volto di Lucifero comparve una smorfia d'ira trattenuta.«É la verità?»
«Si Mio signore. L'Angelo ha un nome:Gabriele»
Al suo fianco, suo figlio Astaroth sorrise soddisfatto. Non le era mai piaciuta la sostituta di Belial a capo del Settimo Cerchio. E aveva visto giusto.
Lucifero sbatté una mano contro il palmo contro il tavolo.«Devono morire entrambi. Se ricorderanno il loro passato, niente li potrà fermare».
«Non c'é problema. Lilith morirà arsa nel Fuoco Celeste, e i ricordi del ragazzino sono nelle mani di Asmodeus, o almeno così ho sentito in giro».
«Molto bene. Raduna tutti gli Originari Jake. Affido a te il comando del mio esercito demoniaco. Non deludermi».
«E voi, Mio Signore?»
Lucifero soffocò un gesto di stizza.
«Sono ancora confinato qui per colpa Sua».
«Non vi deluderò Mio Signore»promise, senza mascherare la sua eccitazione. Il Signore degli Inferi poggiò una mano sulla fronte del suo sottoposto, riversando parte dei suoi poteri. Gli occhi di Jake brillarono per un attimo a contatto con quell'inestimabile potere.
«Va adesso»tuonò la voce di Lucifero.
Jake sorrise. Proprio ciò che voleva.
Radunò in fretta gli Originari con i loro sottoposti demoniaci.
«Lilith è finita prigioniera in mano agli Arcangeli»esordì senza troppi preamboli.
Dai Demoni si levarono imprecazioni e bestemmie in direzione dei loro più temibili nemici.
Jake li zittì con un cenno.«Condivido a pieno la vostra rabbia. Lucifero mi ha dunque incaricato di guidarvi in una missione di salvataggio».
Mmm…non male la sua interpretazione. Gli piaceva assumere questi toni melodrammatici. E poi sapeva quanto era temuta e rispettata Lilith. Per il momento decise di sfruttare il suo ormai ex capo come martire da vendicare. Perché sapeva che sarebbero arrivati tardi in Paradiso per salvarla.
«Bruciamoli tutti!»esordì Akibeel.
Il viso di Jake si increspò in un sorriso diabolico.
«E sarà proprio ciò che faremo. Catturando uno di noi si sono messi contro l'intero Inferno!»Alzò un pugno al cielo.«è giunto il tempo di riprenderci ciò che ci spetta! Il tempo degli Angeli è finito!»
Urla e grida di guerra rimbombarono in ogni dove dell''Inferno, spaventando e intimorendo ogni dannato lì prigioniero.
Jake sorrise di fronte all'euforia dei suoi compagni. Come un divo scese tra loro guadagnandosi strette di mano e pacche sulla spalla.
«E ora andate a prepararvi alla battaglia»esordì.
Ma prima doveva fare una cosa molto importante.
Raggiunse Dagon, l'originario che gli stava istintivamente simpatico, forse per via del carattere simile al duo. Viscido come una serpe, che sapeva adattare tutto a suo vantaggio.
«Ho un incarico per te Dagon, amico mio»disse Jake con un sorriso carico di oscuri presagi.
L'Originario alzò un sopraciglio confuso.
Dopo che il Demone gli illustrò brevemente il suo compito, l'Originario lo fissò sospettoso.
«Credi che funzionerà?»
Jake annuì sicuro.«Sicuramente. Ma c'è dell'altro, che devi assolutamente sapere».
E quando gli rivelò ogni cosa, Dagon lo fissò sorpreso.«è la verità?»
Jake annuì.«Ne ho le prove»approvò.«è una traditrice. E tu sai cosa merita, se già gli Arcangeli non hanno provveduto».
Dagon sorrise.«La morte».









Angolino dell'autrice:
eccomi qui con il capitolo 44 e l'inizio dell'Apocalisse :D
Spero vi piaccia questo ultimo capitolo del 2014 ;)
Buon Anno a tutti <3

Drachen :D

Link gruppo:
https://www.facebook.com/groups/1500639193543993/

Ritorna all'indice


Capitolo 46
*** capitolo 45 ***


Image and video hosting by TinyPic
 

CAPITOLO 45

Gli Arcangeli erano già alle loro postazioni appena fuori gli edifici.
Uriel e Gabriele si unirono al gruppo, che non sembrò sorpreso dalla presenza del ragazzo.
Suo fratello doveva rivelargli parecchie cose, pensò.
Prese per mano Uriel e Raphael pur non sapendo come muoversi.
«Concentrati Gabriele. Cerca di focalizzare il tuo Fuoco Celeste nelle mani. Al resto penseremo noi».
Gabriele ubbidì confuso. Si concentrò al massimo, sentendo dentro di sé una parte del Fuoco Celeste. Pensò di poterla modificare, muovere e indirizzare nelle sue mani. Fu proprio quello che accadde. Le sue mani cominciarono a brillare di una luce azzurrina quasi lattescente e intaccare la mani dei suoi compagni.
Uriel accolse la fiamma del compagno potenziandola con la sua e così fecero tutti gli altri.
«Saepes Ignis Caelestis!*»urlarono in latino.
Una barriera azzurrina si materializzò tra loro e i Demoni, arrestando così la loro folle corsa.
Jake si fece largo tra i compagni visibilmente contrariato.«Pensate di poterci battere?»domandò con un sorriso beffardo.
Un cenno e gli Originari fecero un passo avanti evocando il loro Fuoco Infernale. All'unisono cominciarono a colpire la barriera iridescente.
"Non cedete". La voce di Michael risuonò nella mente.
Gabriele si concentrò ancora di più, la fronte impregnata di sudore.
La sua mente si focalizzò su Beth, al suo sorriso, ai suoi occhi.
Fu questo che non lo fece capitolare sotto i Demoni.
 
Chiusa nella sua cella si sentiva più imponente che mai.
Diede un violento strattone alle catene, inutilmente. Cercò di evocare il Fuoco Infernale, ma nulla. Imprecò contro chi aveva avuto la brillante idea di annullarglielo.
Sbuffò. Non poteva starsene lì con le mani in mano. Doveva assolutamente liberarsi in un modo o nell'altro per aiutare Gabe.
Un boato la riscosse.
E seppe cos'era successo.
I Demoni avevano cominciato a conquistare il Paradiso.
Strattonò violentemente i polsi. Il dolore le mozzò il respiro ma non se ne curò molto.
Per lei l'unica cosa importante era raggiungere Gabe.
 «Fatemi uscire!»urlò disperata. La sua voce riecheggiò come un eco nei corridoi deserti. Ma non c'era nessun Angelo ad accogliere la sua richiesta disperata.
«Maledizione. Fatemi uscire!». Le lacrime le annebbiarono la vista offuscandole gli occhi.
 «Gabriele!»
 
Gabriele sentiva le braccia e le membra intorpidite a furia di mantenere salda la barriera.
Poco a poco,per fortuna, gli Angeli Comuni cominciarono a riversarsi da tutto il Paradiso nel Primo Cielo.
Corazzati nelle loro splendide armature scintillanti varie dal dorato all'argentato,le armi risplendenti di Fuoco Celeste in pugno.
La determinazione scintillava bei loro occhi. Erano pronti a morire per la difesa del Paradiso.
Un ordine di Uriel,e gli Angeli si alzarono in volo,le armi sguainate.
Fu questione di un attimo. La barriera si dissolse lasciando i Demoni spaesati un secondo di troppo.
I primi furono travolti dagli Angeli,mentre gli altri riuscirono a riprendere in mano la situazione.
Qualche Angeli della seconda linea si affrettò a rendere agli Arcangeli le loro armi.
Gabe rimase per un attimo spaesato di fronte alla reverenza con il qual veniva trattato. Gli vennero dati un elmo lucente bianco con una fiamma incisa sul lato destro,e la sua spada diafana.
La strinse con sicurezza con la mano destra,mentre con l'altra si calò sul viso la visiera dell'elmo.
Svuotò la mente da tutti i pensieri,eccetto uno:Beth. Si sentiva senz'altro meglio saperla ancora viva e non immischiata in quella battaglia,ma una parte di lui voleva ardentemente averla al suo fianco,combattere all'unisono come un'unica entità.
Fu il segnale di Michael a destarlo da questi pensieri. Partì come una furia. Non pensava di poter arrivare a tanto,ma fattostà che riuscì ad aprirsi un varco tra i nemici alla ricerca di Jake. Quel Demone aveva già compiuto abbastanza danni,si disse. Ma tanto sapeva che lo voleva uccidere per Beth.
Un Demone dall'aspetto raccapricciante gli si parò davanti spavaldamente. Due scoccate da parte di Gabe, e il Demone si ritrovò agonizzante a terra con una ferita profonda al torace e una mano mozzata.
Uno cercò di prenderlo per le spalle,ma Gabe evocò una fiammata Celeste ce lo investì in pieno.
Fissò scosso le sue mani. Trovava ancora paradossale questa sua capacità di evocare il Fuoco Celeste anziché il ghiaccio come gli Angeli Comuni.
Altri due provarono a colpirlo all'unisono,ma Gabe era pronto. Scomparve per poi materializzarsi alle loro spalle. Bastò un solo fendente per ferirli entrambi alla schiena.
Si permise di dare una rapida occhiata attorno a lui. I Demoni sembravano quasi spaesati di fronte alla loro forte tenacia e determinazione. Avevano sperato di coglierli alla sprovvista,ma si sbagliavano. Credevano di aver a che fare con creature deboli e impaurite. Ma non era così. Dalla loro parte avevano due sentimenti che li rendevano più forti:la fede e l'amore.
Loro Padre era sempre al loro fianco,anche in quel momento. Sentiva la Sua essenza benefica donargli la determinazione di cui necessitava.
E Beth. Era per lei che era sceso in campo così rapido e preciso nel combattimento.
Doveva trovare assolutamente Jake.
Infine lo vide.
Si muoveva sinuoso come un serpente,colpendo i suoi avversari con precisione e letalità. Agguzzando la vista la sua mente registrò l'arma che teneva in pugno roteandola a destra e a sinistra.
Ebbe un flash. Era la stessa spada che Beth gli aveva descritto nei minimi particolari durante il viaggio di ritorno da New York. Deimos,gli pareva gli avesse detto di chiamarsi. Quel maledetto non aveva titolo di usare quella spada.
Jake incrociò lo sguardo con Gabe in quel momento,come percepisse da quella distanza l'odio che l'Arcangelo provava nei suoi confronti.
Sorrise vincitore, facendogli quasi perdere la testa.
Quello sguardo confermava la sua vittoria su tutta la linea:"Ho vinto su te e Lilith. Siete finiti per sempre".
Gabe si lanciò su di lui con un urlo e in posizione d'attacco.
Fu a metà strada che accadde. Un dolore lancinante al torace lo fece crollare a terra. Avvertì qualcosa dentro di sé abbandonarlo,lasciandolo solo e vulnerabile.
Jake gli si avvicinò in quel momento sorridendo.«Qualcosa non va Angioletto?»
Gabe strinse violentemente l'elsa della sua spada facendo sbiancare le nocche delle mani.
«Maledetto. Io ti...». Provò a evocare  il Fuoco Celeste e convogliarlo nell'arma. Ma sia la sua mano che la spada rimasero inerti. Sentì il panico montare.
Jake scoppiò a ridere.«Dimmi Gabriele,cosa si prova a essere vulnerabili di fronte al nemico?»domandò beffardamente.
Fece un cenno con la mano,e Gabe si sentì afferrare da due poderose mani bollenti come la brace.
 «Incatenatelo assieme agli altri Arcangeli»fu l'ordine repentino.
Gabe si sentì trascinare violentemente. Cercò di ribellarsi alla presa ferrea dei Demoni,inutilmente.
Intanto sentì le forze venir meno,dissolversi come polvere.
Poi il buio ebbe la meglio su di lui.
 
 
*Trad dal latino:barriera di fuoco celeste in latino

 








Angolino dell'autrice:hola a tutti^^
I demoni hanno invaso il Paradiso, Gabe sta sperimentando il suo nuovo potere e ...
Gabriele:non per contraddirti...ma ho perso il Fuoco Celeste ù.ù
Io:già XD è una cosa voluta...capirete il motivo nel prossimo capitolo (piccolo spoiler avremo una rivelazione oserei molto importante su Beth...e voi mi direte:edaje, ti sei decisa finalmente XD)
Va boh...ringrazio tutti voi che seguite la storia ^^
Ciauuu :D

Ritorna all'indice


Capitolo 47
*** capitolo 46 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 46

La luce abbagliante proveniente dalla porta aperta le ferì gli occhi. Beth cercò di ripararsi come meglio poteva con una delle mani incatenate.
Con la coda dell'occhio vide un'ombra entrare nella cella che armeggiavadelle chiavi,e sentí la pressione dei ceppi ai polsi e alla caviglie allentarsi.
Aprì uno dopo l'altro gli occhi. Il suo campo visivo era occupato dal viso preoccupato di un Angelo dai capelli dorato scuro e occhi azzurri.
«Sei voluta dagli Arcangeli»spiegò frettolosamente.
Con estrema fatica Beth riuscì a rimettersi inpiedi sulle gambe intorpidite dalla mancanza di movimento.
Geremiel le fece un gesto secco con la mano incitandola a seguirlo.
 «Come mai mi vogliono vedere? È perchè mi vogliono gettare loro stessi nel Fuoco Celeste?»
Il suo tono era venato d'ironia,che Geremiel ignorò.
 «I Demoni stanno cominciando a invadere il Paradiso. Vogliono sapere da te un modo per fermarli».
Beth si morse il labbro. Come fosse facile.
Lucifero lavorava a quel progetto da tempo ormai,e aspettava solo il momento giusto per metterlo in atto. Ed era sicura che l'avesseprogettato tutto nei minimi dettagli.
Gli chiese subito ciò checl'afliggeva da quando aveva percepito la presenza dei suoi simili.
«Gabriele sta...»provò a dire,subito zittita da Geremiel.«Arcangelo Gabriele per te»la corresse seriamente.«Comunque,quando l'ho lasciato con gli altri stava bene».
Beth sospirò di sollievo beccandosi un'occhiata strana da parte di Geremiel.
«Seguimi».
Per tutto il tragitto Beth sentì il proprio cuore andare a mille all'ora.
Gabriele un Arcangelo? Questo spiegava molte cose, primo tra tutti il suo sangue miracoloso. Ripensò alla fialetta che teneva nella tasca interna che non aveva ancora avuto l'occasione di sfruttare.
Forse era arrivato il momento di berla.
Geremiel manco se ne accorse quando la estrasse, quando la stappò e ne bevve l'intero contenuto.
La loro corsa finì prima ancora di arrivare alla Sala del Consiglio.
Due Demoni si pararono loro davanti, i volti stravolti da un ghigno spietato da vincitori. Geremiel coraggiosamente brandì la sua spada celeste, invano. Riuscì a ferire gravemente uno, ma con l'altro non fu altrettanto fortunato. Il Demone ebbe la meglio lasciandolo a terra agonizzante.
A scontro finito, apparve una figura. Dagon. Indossava una corazza nera come la notte, tra le mani brandiva la sua scimitarra scarlatta.
«Mia cara Lilith, è un piacere ritrovarti viva e vegeta».
Forse fu il tono canzonario, o il sorriso sinistro che solcava il suo viso, ma la vista di Dagon le mise addosso una strana inquietudine.
Per questo fu solo capace di domandare:«Dagon, cosa ci fai qui?»
«Ho un compito importante da portare a termine tesoro».
Uno schiocco di dita che lo scagnozzo rimasto si avvicinò a Beth agguantandola per un braccio, cerchiandola in una morsa ferrea.
«Prova a cercare di liberarti e ti trapasso a fil di spada, chiaro?»le sussurrò minaccioso.
«Cosa significa tutto questo Dagon?»
Dagon sorrise pericolosamente.
«Non fare la furba con me Lilith. Lo sai perfettamente qual è la tua colpa. Non puoi farla a me che ho millenni e millenni di esperienza».
Le si avvicinó pericolosamente.«Dimmi un po'Lilith, cosa si prova a essere un traditrice?»
La gola di Beth si seccó. Quanti erano a conoscenza del suo segreto? Troppi, si rispose.
«Non so di cosa tu stia parlando Dagon. Il viaggio fino a qui deve averti scombussolato i neuroni»disse, cercando di fare buon viso a cattivo gioco.
Dagon scoppió a ridere.«Mia cara, é inutile che certi di arampicarti sugli specchi.Tutti sappiamo che te la fai con un Angelo. O perlomeno che lo sospettano».
Beth cercó una risposta per deviare l'accusa di Dagon, ma in quel momento la sua mente era tabula rasa.
«Devo interpretare questo silenzio come un assenso?»domandó Dagon con un sorriso divertito.«Non preoccuparti Lilith. Raggiungerai presto il tuo Angioletto. Faremo in modo di gettarvi nella Fossa insieme».
«No...». Beth cercó debolmente di liberarsi, ma Dagon fulmineo le storse il braccio sinistro lasciandole scappare un mugolio di dolore.
«Niente scherzi Lilith. E ora mettiti comoda, perché assisterai alla vera fine del Paradiso».
«Dove mi stai portando?»domandó Beth con voce fliebile.
«Nella Sala del Fuoco Celeste».
La raggiunsero in meno di due minuti. La Sala era rischiarata dalla luce azzurrina del Fuoco che brillava fulgido nel suo bracere.
Dagon si avvicinó piano al Fuoco e si fermó a distanza di sicurezza per non essere arso.
Si voltó verso Beth.«Ammiralo bene amica degli Angeli, perché adesso assisterai alla sua fine».
Alzó le braccia, e cominció a intonare una lunga litania in latino. Il Fuoco cominció a contorcersi, come fosse punto da una miriade di spilli, e piano piano cominció ad affievolirsi.
«Dagon non farlo!»urlò Beth.
Troppo tardi. L'Originario aveva già evocato le sue fiamme demoniache,come atto finale, che lambirono il Fuoco Celeste già morente, strozzandolo nella loro morsa.
«Dagon. Non farlo! Non sai che conseguenze ci saranno dopo il tuo gesto!»
Beth cercò di divincolarsi ma il secondo di Dagon aveva una presa ferrea.
Dagon sorrise luciferino.«Lo so perfettamente mia cara Lilith. Annienteremo per sempre gli Angeli e avremo la supremazia sul mondo».
L'ultima piccola fiammella del Fuoco Celeste ebbe un unico spasmo come una persona ferita a morte prima di spegnersi definitivamente.
Dagon sorrise di fronte a questo spettacolo di morte.
«Ora niente e nessuno potrà ostacolare la nostra vittoria. E quando tutti e sette gli Arcangeli saranno morti avremo la Terra nelle nostre mani»urlò, chiudendo la mano a pugno per enfatizzare le sue parole.
La sua mente corse a Gabriele. No. Non l'avrebbero ucciso. Sarebbero dovuti passare prima sul suo corpo.
Con tutta la forza schiacciò il piede del Demone che le teneva bloccate le braccia, che la lasciò libera il tempo che permise a Beth di sguainare il pugnale che teneva pendente dalla cintura. Lo colpì in pieno alla gola. Il sangue del suo simile le bruciò le braccia come acido.
Ma non se ne curò.
«Davvero credi di potermi fermare Lilith? Se prima nutrivo ancora dubbi sulle parole di Jake, ora ne ho la conferma. Non sei altro che una traditrice, e ora che finalmente ho portato a termine il mio compito potró finalmente sbarazzarmi di te».
«Non sono una traditrice Dagon»sibilò Beth furente.«Sono la tua fine».
In un attimo gli fu addosso. Dagon non si aspettava di essere veramente attaccato. Beth lo colpì al cuore.
L'Originario cadde a terra senza un lamento. Una pozza di sangue iniziò ad allargarsi ai suoi piedi.
Gettò un'ultima occhiata sprezzante a Dagon, prima di avvicinarsi al Braciere dove prima brillava fulgido la fonte d'energia degli Angeli. Ora che si era estinto il Fuoco Celeste erano vulnerabili agli attacchi dei Demoni.
Si accovacciò lì vicino. Ne accarezzò il profilo, pensando che lì c'era il potere racchiuso nel cuore di Gabriele che l'aveva liberata dalla prigione dell'odio che l'Inferno aveva radicato nel suo cuore, facendo emergere la sua parte oscura.
Una lacrima scese solitaria giù per la sua gote.
«Mi dispiace Gabe»sussurrò come se l'Angelo fosse lì al suo fianco e non a morire fuori.«Non sono riuscita a proteggerti come ti avevo promesso».
Si ritrovò a singhiozzare come una bambina. Una lacrima cadde sulla parete del Braciere, scivolando lieve fino al pavimento.
Che non toccò.
l Braciere l'assorbì trasformandola in una piccola fiammella insignificante. Beth la fissò incantata. L'aveva prodotta lei?
La fissò incantata, e solo allora seppe ciò che doveva fare.
Evocò il fuoco. Con sorpresa non era il fuoco vermiglio portatore di morte, bensì lingue bianche dai riflessi azzurri.
Toccò il centro del Braciere, e la fiamma divampò in tutta la sua bellezza.
Si sentì attraversata da una corrente benefica dalla testa ai piedi. Il suo corpo cominciò a emettere luce, e lingue di Fuoco Celeste cominciarono a danzare intorno a lei senza lenirla o bruciarla.
E fu in quel momento che seppe infine chi era.
 
Era nella sala del Fuoco Celeste.
In lontananza sentiva il fragore delle armi che cozzavano l'una sull'altra.
Elisabeth in ginocchio le mani con le dita incrociate in segno di preghiera,implorava il Suo Signore affinché tutti gli avvenimenti di quegli ultimi giorni si resettassero.
"Gabe,ragazzi. Fermate questa follia" pensò.
Avrebbe voluto essere al fianco di Gabriele a combattere. L'amore che provava per lui era un sentimento potentissimo insolito per due Arcangeli..
Ma lei in quanto Guardiana Protettrice del Fuoco Celeste e unico Arcangelo in grado di crearlo dal nulla doveva stare al sicuro. Se il Fuoco si fosse estinto per il Paradiso sarebbe stata la fine.
Uno schianto.
La porta della sala era stata scardinata. Dagon entrò con aria spavalda e un sorriso da vincitore stampato sul viso.
«Dagon...»mormorò terrorizzata.
Il traditore allargò in modo vertiginoso le labbra in un sorriso da trentadue denti.
«Si sono io Betty».
Si avvicinò con gesti lenti e misurati fermandosi a pochi centimetri dall'Angelo.
Inspirò il profumo alle rose dei suoi biondi capelli.
Allungò una mano accarezzandole una guancia lentamente.
«Betty non sono qui per farti del male»disse con voce melliflua. «A meno che tu ripudi i fedeli al nostro ex Signore»aggiunse con cipiglio sinistro.
Elisabeth si ritrasse.
«Allora risparmia fiato Dagon. Perchè non tradirò mai Nostro Padre e il Paradiso».
Dagon scosse la testa.«Betty,Betty. Non hai ancora capito come scegliere la tua strada e i tuoi alleati. Prima mettendoti con quell'incapace di Gabriele,poi...».
«Gabriele non è incapace»l'ammonì minacciosa.«è più forte di quanto sembri. E a quanto pare tendi a sottovalutare anche me».
Dal suo palmo destro scaturirono lingue di fiamme celesti.
«Se non vuoi fare una brutta fine Dagon esci da questa stanza».
Dagon scoppiò a ridere. «Non prendo ordini da una ragazzina».
Beth urlò liberando il fuoco che mancò per un soffio il traditore.
Dagon di risposta sguainò la sua spada vermiglia,simbolo assoluto del male.
«Dagon come hai potuto...»mormorò Beth sconvolta.«Hai venduto te stesso al male...».
«E non sai che pacchia trasgredire le leggi Betty»rispose senza troppi preamboli. «Ma adesso basta indugiare. Hai rifiutato di allearti a Lucifero e ora ne pagherai le conseguenze».
Alzò la spada colpendo esattamente il cuore di Elisabeth.
Con le ultime forze che le rimanevano pensò a Gabriele. Non era riuscita a dirgli addio.
Una lacrima cerco di farsi strada giù dalla gote, ma non ne ebbe la certezza.
Il suo corpo si abbandonò all'abbraccio della morte, e su lei piombò il buio.
 
Aprì gli occhi sentendo la sua essenza intorpidita.
Mosse lentamente un braccio e aprì e richiuse le dita.
Era sdraiata su un prato verde intorno a una casetta.
Con estremo sforzo si tirò su,le gambe rischiarono di cedere più volte ma lentamente raggiunse la costruzione.
Dall'interno provenivano dei pianti disperati. Curiosa oltrepassò il muro in legno.
Un gruppo eterogeneo di uomini,donne e bambini circondava una branda su cui era adagiato il corpo di una ragazza.
Le sue fattezze erano divorate da una piaga,una di quelle scatenate da Lucifero durante la battaglia.
Gli occhi scavati e quasi lattescenti si puntarono su Beth.
Cercò di dire qualcosa ma dalla bocca uscì uno schizzo di sangue.
Beth doveva assolutamente fare qualcosa.
Ebbe un flash. Sorrise. Adesso sapeva cosa doveva fare.
Si avvicinò alla ragazza moribonda prendendole la mano scheletrica tra le sue.
«Non preoccuparti»disse leggendo nel suoi pensieri il suo nome.«Chiudi gli occhi. Andrà tutto bene».
La ragazza ubbidì docilmente.
E Beth si concentrò.
La sua essenza fu circondata da una luce azzurrina,e in meno di un secondo entrò nel corpo della ragazzina.
Fu un vero miracolo. La malattia lasciò possesso del corpo della ragazza.
Beth sorrise prima di scomparire nel suo inconscio.
Presto quando sarebbero scoppiati segni di un'imminente seconda  Apocalisse, la sua essenza sarebbe riemersa e così le sue doti.
Sarebbe tornata a  combattere contro i nemici del Paradiso.
 
Beth aprì gli occhi. Da fuori il Tempio non arrivava più il fragore delle armi, segno che gli Angeli erano capitolati sotto il potere dei suoi ex compagni.
Ma ora che era tornata, i Demoni dovevano vedersela con lei.
 
Jake sorrise pregustando la vittoria.
Tutti gli Angeli del Primo Cielo erano stati incatenati e scortati tutti nella piana che si estendeva dal Tempio ai Cancelli celesti.
In prima fila, costretti in ginocchio, stavano i sette Arcangeli.
Jake passò in rassegna i loro volti stanchi e indeboliti dalla mancanza del Fuoco Celeste. Dagon aveva portato bene a termine il suo arduo compito. Con sorpresa si ritrovò a fissare gli occhi azzurri che aveva incontrato e che avevano intralciato più volte il suo cammino.
Gabriele. Al contrario degli altri, lo fissava quasi con sfida, come uno che non si era ancora arreso.
Stava scherzando con il fuoco, e presto gliel'avrebbe dimostrato.
«Miei cari prigionieri»esordí con una punta di sarcasmo.«Vi vedo un po' palliducci»dichiaró ridacchiando.«Forse per il semplice fatto che i vostri protetti, quegli insulsi umani stanno morendo sotto la morsa delle piaghe che abbiamo scatenato prima di venire qui».
La mente di Gabe corse a James e Rebecca di sicuro in vacanza a Roma, come avevano organizzato. Anche se adesso non aveva più il Fuoco Celeste che gli incendiava nelle vene, doveva assolutamente fare qualcosa. Perché era proprio questo il loro compito:essere custodi e guide per gli umani nella loro vita terrena. Legandosi ai due ragazzi ne aveva fatti in qualche modo suoi protetti. Si concentrò al massimo focalizzando una sola immagine, e sperando che James ricevesse il messaggio.
«Vi vedo un po' fiacchi » continuó a beffeggiarli Jake.
«Non preoccupatevi per i vostri pupilli umani. Saranno trattati bene giú all'Inferno, se naturalmente obbediranno. Ora é la vostra vita che é appesa a un filo».
Li fissó beffardamente.
«Oggi mi sento particolarmente generoso, per cui vi daró libera scelta su una delle due opzioni che ho da proporvi. Rinunciate alla vostra natura divina e abbracciate cosí le tenebre. Oppure...». Socchiuse gli occhi. «preferite la morte. A voi la scelta. Vi lasceró un po' di tempo per rifletterci su».
Notó che Gabriele si era accigliato, gettangogli peró un'occhiata di fuoco.
Soddisfatto del terrore che serpeggiava tra i suoi prigionieti, portó la sua concentrazione sugli Arcangeli. «Bene bene. Gli Arcangeli alla fine sono crollati a quanto vedo»commentò con fare quasi teatrale.
«Cosa si prova a essere a terra inermi davanti al vostro peggior nemico?»continuò con un largo sorriso.
«Non pensavo che l'esercito infernale dipendesse da un semplice e banale Demone Comune». La voce di Gabriele era venata di sarcasmo.
Gli altri Arcangeli si voltarono a fissarlo con l'espressione con cui si guardano i matti.
«E tu da quando sei stato promosso Angioletto? L'ultima volta che ci siamo visti, non eri altro che un Angelo pasticcione e incapace di ammazzare un Originario che doveva sparire dalla mia vita!»insorse Jake con rabbia.
«Allora ammetti di essere tu dietro la presenza di Be…cioè Lilith qui in Paradiso! Ed eri anche a conoscenza della profezia, vero?»
«Per la verità no, se è quello che vuoi sapere. Ma questa situazione ha giocato tutto a nostro favore»rispose Jake.
Gabe emise un verso simile a uno sbuffo.«Avevo ragione sul tuo conto allora».
Jake sbatté le palpebre confuso.«Come scusa?»
Gabe lo guardó negli occhi con aria di sfida.«Sei un debole. Hai dovuto aspettare una profezia, e la nostra vulnerabilità per vincere».
I denti di Jake scricchiolarono per la rabbia a stento trattenuta. Sguainó Deimos piantandola al petto di Gabriele, che continuava a sorridere con aria di sfida.
«Vuoi vedere quanto sono debole maledetto? Tu sarai il primo a farti un viaggio di sola andata alla Fossa».
Jake alzó l'arma, caricando il colpo. Gabe non abbassó lo sguardo. Non voleva dare questa soddisfazione a Jake.
«Avanti Gabriele, vuoi dire le tue ultime volontà?»
«Sai perfettamente cosa voglio. Devi bruciare»sibiló. Quell'odio nei confronti del Demone non era naturale per una creatura celeste, ma non poteva farne a meno. Per colpa di quel maledettoBeth aveva rischiato la morte, e questonon gliel'avrebbe mai perdonato.
«Ahi, ahi. L'Angioletto ha tirato fuori gli artigli. Era ora, oserei dire. Eri troppo noioso con quell'aria da santerellino».
Gabe gli scoccó un'occhiata di fuoco.
«É finita ormai per te Gabriele. Nessuno potrà salvarti dalla morte questa volta».
«Non dimentichi qualcosa Jake?»domandó una voce.
Per Jake fu come ricevere un pugno nello stomaco.
Davanti a lui si ergeva la sua peggior nemica.
Viva.


Angolo autrice:ta dan! Eccomi qui con una nuova rivelazione ^^
Nel prossimo si tornerà sulla Terra, per vedere come se la caveranno i nostri due umani preferiti XD
Dato che adesso sono sotto esame e ho difficltà a scrivere, ho pensato che pubblicherò i capitoli ogni due settimane :P
Ciauz!



Link gruppo su Facebook XD

https://www.facebook.com/groups/1500639193543993/
 

Ritorna all'indice


Capitolo 48
*** capitolo 47 ***


Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 47

Roma
 
La mattina dopo si svegliarono di buon ora.
«Pronto per il tour Jam?»
Il ragazzo alzó gli occhi al cielo.«Se ti dicessi di no, cambieresti idea?»
Rebecca scoppió a ridere.«No».
Uscirono dall'hotel, prendendo via Veneto, raggiungendo piazza Barberini, dove si trovava il celebre Hotel Bernini citato in Angeli e Demoni. Nella chiesa di Santa Vittoria, a cui si arrivava grazie a una salita dietro l'hotel Langdon aveva trovato il cardinale Giudera era morto e marchiato con l'abigramma Fire.
Dalla piazza transitarono per Via delle Quattro Fontane che sfociava in Via Depretis, e per finire Piazza Esquilino dove si trovavano resti della villa di Nerone, la Domus Aurea. Dalla piazza presero via Cavour e per finire Via del Cardello raggiungendo finalmente Piazza del Colosseo.
La piazza si estendeva intorno al Colosseo e all'Arco di Costantino , nato per celebrare la vittoriua su Massenzio a Ponte Milvio. Sull'intero arco si intravvedevano sculture dell'epoca di Traiano, Marco Aurelio, e Adriano, ma la maggior parte era riconducibile proprio al celebre imperatore Costantino. Il colosseo, o Anfiteatro Flavio, invece, era stato voluto dall'imperatore Vespasiano e inaugurato da Tito. Era stato usato come anfiteatro, teatro di scontri tra gladiatori, e nel Medioevo aveva assunto il suo momento di decadenza. Si era risollevato con papa Benedetto XIV che l'aveva consacrato alla passione di Gesù.
Ai piedi del Colosseo giravano gli inconfondibili Centurioni, che favevano le foto con i turisti.
«Jam, ti prego! Facciamo una foto con i Centurioni».
James li fissó con sospetto. «Dobbiamo proprio?»
 «Si. Ti preeegooo!!»cercó di convinverlo con la smorfia piú tenera di cui era capace.
James sospiró, e annuí brevemente.
Rebecca gli stampó un bacio sulla guancia.«Sei un tesoro Jam».
I due si avvicinarono ai famosissimi centurioni, nelle loro corazze dorate scintillanti. Uno di loro, un uomo basso e nerboruto si accorse della loro presenza e sorrise cordiale.
«Want to take a picture?»domandó in un inglese impeccabile.
Rebecca annuí con un sorriso.«Thanks».
I due si misero in posizione e dopo un Cheese divertito, Becca si ritrovò con una foto con lei e il centurione. «Non appena torneró a Wilmington l'appenderó in camera. Spero che tua madre non se la prendaJam».
Da qualche settimana Becca si era trasferita da Jam, dopo che la ragazza aveva litigato con i sua madre e il nuovo marito, che le avevano impedito di frequentare il ragazzo. A seminare zizzagne era stata Emily, e i suoi avevano preferito credere alle parole dell'ex amica che a lei.
La madre di James, Julia, era stata molto carina con lei, trattandola come una figlia. Aveva gli stessi capelli ricci del figlio, con qualche ciocca grigia e occhi grigi saggi. Si vedeva da chi aveva preso il suo James. Il padre non era da meno, e insieme si divertivano a fare partite a dama. Insomma,Rebecca aveva riscoperto cosa voleva dire la parola felicità.
Janes scosse la testa divertito.«Hai tapezzato la tua stanza con una montagna di foto. Una in piú credi che la noti?»
Rebecca prontamente gli rispose con una linguaccia.
«Trattieni il fiato per dopo. Abbiamo ancora molte cose da visitare».
 
Si mossero con la metró. Senz'altro piú comoda che andare in giro a piedi, pensó James con sollievo.
La vocina gracchiante dell'altoparlante annunció la fermata.
«Siamo arrivati Jam»esclamó Rebecca chiudendo il deplian turistico della città.
Sbucarono vicino al Pantheon, uno dei simboli piú amati di Roma. Fu costruito dal genero di Augusto, Marco Vipsanio Agrippa, modificato poi qualche tempo dopo dall'imperatore Adriano.Qualche secolo dopo fu donato alla chiesa, aprendolo al culto religioso.
James lo osservó emozionato, mano a mano che si avvicinavano. La facciata era spettacolare con le sue colonnein granito grigiastre dalle sfumature rosee. Sul fontone spiccava un'iscrizione di Agrippa, che non riuscí a tradurre, dato che non conosceva il latino.
L'interno lo lasció senza parole. In quel luogo erano sepolte persone illustri, come Vittorio Emanuele II, la regina Marghetita, e addirittura lí dentro si celavano le spoglie del mitico Raffaello. Amava Bernini per il suo libro preferito, ma di certonon c'erano paragoni con Raffaello. Adorava le sue opere,cosí ricche di fascino.
Fu la voce di Rebecca a riscuoterlo. Appena appena dietro il Pantheon si celava una piccola piazza, Piazza della Minerva dove spiccava il Pulcin di Minerva, un obelisco egizio poggiato sulle spalle di un candido elefante in marmo , opera di Bernini.
Lasciandosi alle spalle la piazzetta e il Pantheon, si addentrarono oer via Palomb e poi via Staderari. Raggiunsero Corso del Rinascimento, un viale monumentale nato per mettere in risalto la chiesa di Sant'Andrea della Valle e Palazzo Madama.
E poi, finalnente, Piazza Navona. Era un magnifico esempio di architettura barocca, edificata sul vecchio tracciato dello stadio di Domiziano. A Rebecca piaceva molto studiare l'etimologia delle parole, e su un libro, le sembrava di ricordare, avesse letto che il termine Navona derivava da Agone, trasformata inizialmente in nagone, e successivamente navone, per indicare i giochi  che venivano organizzati nell'antica arena.
Invece adesso era una delle aree piú frequentate della città, dove era sede il mercato natalizio.
James posó lo sguardo sulla fidanzata, che aveva gli occhi che brillavano davanti ai banchi pieni di oggettini e prelibatezze locali. Si passava dai personaggi del presepe a piccoli capolavori artigianali. Si respirava un clima di gioia, oltre che l'aroma invitante di caldarroste.
Notando che era ora di pranzo optarono per un carinissimo ristorante che dava proptio sulla piazza. Ristorante Panziron, si chiamava. Ordinaronoi una zuppa di pesce, che si riveló la fine del mondo.
Al pensiero della fine del mondo, James si rabbuió. Era il 20 Dicembre, e a quanto era stato predetto a mezzanotte si sarebbe potuto scatenare l'Inferno. Fissó di sottecchi la compagna. Non sembrava minimamante turbata, anzi. Sprizzava allegria da tutti i pori, e sembrava senza pensieri. Forse aveva ragione Becca. Si preoccupava troppo. Forse era meglio rilassarsi e godersi la vacanza. I suoi guizzarono fuori dalla vetrata, per posarsi su un giovane artista che mostrava i suoi quadri che rappresentavano perfettamente i simboli di Roma:in uno riconobbe il Pantheon, in un altro il Colosseo, un altro ancora la fontana di Trevi.
No, si disse. Non sarebbe accaduto nulla di male, ne era certo.
Pregó lo stesso Dio che fosse cosí.
 
Dopo pranzo lasciarono Piazza Navona, ripercorrendo parte del Corso del Rinascinento, poi via Zanardelli.
Sbuccarono a fianco del Tevere, le sue acque erano docili e silenziose. Lo costeggiarono diligentemente, e attraversarono ponte S.Angelo, addornato da statue di Angeli maestosi. Il loro pensiero andó a Gabriele. Cosa stava facendo? Aveva trovato le risposte che stava cetcando? La sua vicenda aveva avuto un lieto fine?
James fu tentato a chiamarlo,ma un pensiero l'attraversó. Prendevano i cellulari su in Paradiso?
Da come l'aveva descritto Gabe gli sembrava un luogo bellissimo e infinito. Non credeva che il segnale potesse prendere in un'area cosí vasta, pensó con un sorriso divertito.
Palazzo Sant'Angelo d'intaglió davanti ai loro occhi. Fu voluto dall'imperatore Adriano come monumento sepolcrale personale e della famiglia. Piú tardi fu usata come prigione e poi come sede pontificia. All'entrata si trovava la cappella di Leone X disegnata da Michelangelo. Si accedeva poi alla sala d'Apollo, cui seguiva quella di Giustizia e le stanze private di Clemente VII. Poi si passava a quella di Perseo e Amore e Psiche. Poi quella del Tesoro, dove si trovava la sala mortuaria di Adriano, e l'anticamera della bibblioteca.
Infine si accedeva con una scala al penultimo piano che si aptiva in una terrazza con la gigantesca statua bronzea dell'Arcangelo Michael.
Usciti dal Castello presero la via della Conciliazione in direzione Vaticano. Sul lato della via si trovava Palazzo dei Penitenziari, nome dovuto ai Gesuiti confessori del monopolio dell'assunzione. Parallela a quella via si trovava via di Borgo Santo Spirito che diede il nome all'ononimo ospedale di Sassia, il piú antico di Roma.
E alla fine raggiunsero la loro ultima meta della giornata:Piazza San Pietro.. Ideata da Bernini su incarico di papa Alessandro VII. La piazza coniugava due soazi:uno trapezoidale, di fronte alla facciata e un altro ellittico. Quest'ultimo sembrava accogliere il pellegrino con due emicicli laterali che parevano braccia aperte. Al centro della piazza si ergeva l'obelisco, anch'esso protagonista del thriller di Dan Brown.
E poi la Basilica di San Pietro.
Quanto tempio aveva dovuto aspettare per ammirarla di persona, pensò James.
I lavori cominciarono con Michelangelo, e portati a termine da altri due artisti, venne ampliata con tre nuove cappelle per lato.
La facciata fu invece elaborata da Bernini, organizzata a tre livelli dove si potevano notare le statue di San Pietro e San Paolo. Centralmente nella parte inferiore si apriva il portico con due arcate alle estremità. La parte superiore invece eta caratterizzata da una serie di balconi, il cui centrale era chiamato loggia delle Benedizioni, da cui si affacciava il pontefice per benedire i fedeli, e da cui viene annunciata l'elezione del nuovo papa. La cupola era impressionante, in fatto di grandezza e maestosità. Poggiava su un tamburo sorretto da colonne corinzie tra le quali si aprivano finestre con frontoni.
Quando James entrò all'interno, poco mancò che svenisse dall'emozione. Le proporzioni equilibrate e la cultura barocca le conferivano una sorta d'armonia. Si articolava attraverso quattro arcate corinzie, sostenute da colonne che separavano la navata centrale da quelle laterali. I decori erano in marmo policromi-cosí dettava la guida turistica-con le effigi dei papi. Tra i pilastri si trovavano le sculture dei santi fondatori, come Santa Teresa, San Pietro da Alcantara, San Francesco da Paola, circondati da decorazioni costituite da mosaici. La prima cappella ospitava la Pietà di Michelangelo, seguita dalla cappella del Crocefisso di Bernini.
Importante era anche la Cappella del Santissimo Sacramento, dove alloggiava l'altare papale coperto dal baldacchino bronzeo ideato da Bernini.
Per loro somma fortuna trovarono anche la cappella sistina aperta al pubblico. James cominciò a girare su se stesso con il naso all'insù.
Il Giudizio Universale incombeva su di loro, facendogli salire il cuore in gola. La vista di quell'opera gli mise addosso una strana sensazione,come di disagio e pericolo.
«Jam, tutto bene»
La voce di Rebecca era preoccupata,  per questo James le rispose con un sorriso incerto.«Sono solo stanco Becca. Questo tour mi ha lasciato a pezzi».
Rebecca annuí e i due ragazzi si avviarono sulla via del ritorno, cercando di prendere piú metropolitabe e autobus possibili.
Non ebbeto neanche le forze di mangiare, per cui salirono in camera addormentandosi all'istante.
 
Fu a mezzanotte che accadde.










Angolo dell'autrice:
Ciao :D
Eccomi con il capitolo, sudato,47 XD
Una piccola quiete prima della tempesta sulla terra...non dovrete aspettare molto, nel prossimo vedremo cosa accadrà a James e Rebecca^^
Ringrazio tutti voi che seguite la storia :D
A presto <3
Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 49
*** capitolo 48 ***


Image and video hosting by TinyPic
 


Capitolo 48



L'orologio rintoccó la mezzanotte, quando un tremendo boato li sveglió.
James si alzó di scatto dal letto spaventato.
Cos'era stato?
Rebecca al suo fianco si stropicció gli occhi confusa.«Jam cosa sta succedendo?»
Aprí le imposte delle finestre rimanendo shockato.
Il terremoto aveva aperto una breccia nella strada, e si allungava come una grossa ferita. La gente era per le strade che urlava di terrore. James alzó lo sguardo verso la luna, e la ritrovó rossa sangue, e dal cielo cominciarono a cadere meteore di diverse dimensioni, seminando distruzione.
Sbiancó ricordandosi delle parole della Bibbia, che per anni aveva sentito a messa.
 
"Vidi che si produsse un terremoto (...), la luna si fece di sangue, e le stelle del cielo caddero sulla terra come il fico scosso dalla tempesta scaglia i suoi frutti non ancora maturi..."*
 
«Jam...». La mano di Rebecca gli si appoggió delicatamente sulla spalla facendolo sussultare.
«É l'Apocalisse Becca. La profezia si é avverata». Alzó lo sguardo al cielo.«E credo che centrino ben poco i Maya».
«Pensi a Gabriele?»
James annuí sbrigativamente. Ormai che sapeva dell'esistenza degli Angeli e Demoni, temeva che questi ultimi abbiano inferto un attacco al Cielo, e che le conseguenza  della battaglia si siano riversate sulla Terra.
«Adesso cosa facciamo?»
La ragazza era bianca come un cencio visibilmente sconvolta.
James sospiró, illuminandosi improvvisamente, e sentendo al suo fianco una presenza. Malgrado tutto, pensó che Gabriele avesse trovato un modo per aiutarlo.
«San Pietro. Bisogna raggiungere San Pietro».
 «Jam cosa...»provó a dire Becca, ma James la interruppe.«Gabriele, deve essere stato lui, ne sono sicuro. Non ci avrei mai pensato. Mi ha riportato alla mente la Basilica. Credo perché lí, in quanto sede del papa sia un luogo fortemente influenzato dal Signore, e che sia un luogo sicuro».
Becca senza una parola si avvicinó all'attaccapanni infilandosi il cappotto e gli scarponi sul pigiama a orsacchiotti.
«Allora andiamo».
 
Roma sembrava stravolta. James riusciva a stento a riconoscere la città con quei cumuli di macerie delle facciate dei palazzi e le brecce per strada. La gente si era riversata per le strade, nel panico piú assoluto.
«Jam...tutte queste persone...facciamole venire con noi»propose Becca rabbrividendo nel suo cappotto dall'improvvisa pioggia che aveva cominciato a scendere copiosa. Alzó una mano al cielo, ritrovandosela rossa. L'odore di rame arrivó alle narici, facendogli intuire cosa fosse quel liquido. Era sangue. Solo allora le parole di Gabriele arrivarono nella sua mente, quando ancora frequentava la Wilmington Town Of.
«É successa davvero la Prima Apocalisse?»gli aveva domandato all'improvviso.
Gabe aveva smesso per un attimo di mangiare facendosi serio, e James quasi si era pentito di quella domanda.
Quando aveva sentito le sue parole si era riscosso. «Si Jam. E in Paradiso si cerca di non ricordarla. É finita con la Caduta di Lucifero e i suoi seguaci»spiegó.
«Ma se mai dovesse succedere di nuovo una cosa simile...»
«Pregherei di no»lo aveva interrotto Gabe.«La Guerra non cambió solo il Paradiso, ma ebbe anche esiti negativi sulla Terra. Il sangue che colava dalle ferite degli Arcangeli era penetrato nelle nuvole,cadendo come pioggia sulla Terra, il fragore delle armi gli tzunami, e i corpi che cadevano le onde sismiche. Quindi non é una cosa da nulla, capisci?»
Solo in quel momento James capí l'enormità di ció che stava succedendo.
«Stanno combattendo di nuovo...»mormoró, senza farsi sentire da nessuno.
«Jam. Dobbiamo trovare un modo per farci seguire da queste persone» ripeté Rebecca, la voce venata di paura.
Già, ma come?
 «Ci provo Becca, ma non ti garantisco nulla».
Con la grazia di un elefante salí sulla carrozzeria di una Mercedes in passato bianca, ora resa viscida dal sangue.
«Ascoltatemi! Conosco un luogo sicuro dove possiamo nasconderci»urló, cercando di sovrapporre la propria voce su quella delle persone visibilmente nel panico più assoluto.
Un'anziana con il bastone lo sollevò indicandolo. «E tu come sai di questo posto? Nessun luogo é piú al sicuro! Moriremo tutti»
Le donne abbracciarono i loro figli piangenti, i mariti accolsero tra le loro braccia le loro famiglie come per proteggerle.
James li osservó uno a uno. Aveva promesso a Gabriele che avrebbe mantenuto il suo segreto, ma non se la sentiva a condannare tutta quella gente alla morte.
«É stato un mio amico»si arrese. «Si chiama Gabriele, ed é un...Angelo».
Mormorii di stupore si levarono dalla gente.
«Tu menti ragazzo!»intervenne l'anziana di prima, subito zittita dall'amica, che rivolse a James un'occhiata tra il curioso e sospettoso.
 «Il tuo amico é un Angelo? Un araldo del Signore?»
James annuí.«Si».
«Se fosse davvero un Angelo perché non é qui a proteggerci dalle catastrofi?»s'intromise nuovamente l'anziana, e l'amica le rivolse uno sguardo di disapprovazione.
«Perché sta combattendo. I Demoni hanno invaso il Paradiso, e loro stanno facendo tutto per proteggerci». Si sentì come se si fosse liberato di un peso.
Le persone che prima lo vedevano con sospetto, ora con ammirazione.
L'anziana di prima non si lasciò incantare dalle sue parole. «Non mi fido di te. Preferisco chiudermi in casa mia».
L'amica provó a convincerla a rimanere, ma la donna era irremovibile. Fu l'unica che se ne andò.
James scese dalla Mercedes, e Becca si buttó tra le sue braccia.«Sei stato bravo».
Il ragazzo si sciolse dall'abbraccio portando lo sguardo sulla gente davanti a lui. «Bisogna raggiungere San Pietro. É quello il luogo che i Demoni non possono attaccare».
Un bimbo dai capelli rossicci e il visino da birbantello si staccò dalla madre e si avvicinò a Jam, aprendosi in un sorriso prendendolo per mano.
Jam gliela strinse delicatamente.«Andiamo, prima che sia troppo tardi».
 
Il gruppo che lo seguiva era piuttosto eterogeneo: donne che tenevano per mano i figli, ragazzi impauriti, uomini che cercavano di mantenere contengo, con scarso successo.
A passo svelto percorsero le vie di Roma, orribilmente sfigurate. La scossa di terremoto e la pioggia di meteore non aveva risparmiato niente, come testimoniavano le breccie aperte nelle facciate dei palazzi e le profonde voragini nelle strade.
Quando raggiunsero il Tevere, all'unisono tirarono un sospiro di sollievo. Mancava poco a Sant Pietro. Se aguzzava la vista, riusciva a scorgere il profilo della basilica.
Ce l'avevano fatta.
L'emozione scemò, quando Rebecca si aggrappò al suo braccio terrorizzata.
 «Jam»boccheggió.«Il Tevere».
James portò lo sguardo sul fiume. Poco a poco le acque si stavano tramutando in sangue, e cominciò a gorgogliare, come se sotto la sua superficie si celasse un geyser.
 «Bisogna sbrigarci!»urló per farsi sentire da tutti, allungando il passo.
Troppo tardi. Dalle acque cominciarono a fuoriuscire creature dall'aspetto racappriciante che levarono al cielo urli disumani. Come seguissero un richiamo unico si gettarono all'unisono sulle persone che si dispersero nella speranza di sfuggire dalla presa delle creature. Alcune parevano degli enormi insetti, vagamente simili a delle cavallette, con robuste tenaglie che schioccavano in attesa del pasto. Altri sembravano leoni con sette occhi, le zanne scoperte. E poi i Demoni. Sembravano diversi da Jake, constatò James con il cuore in gola. La pelle era grigiastra come quella dei cadaveri, gli occhi iniettati di sangue, le mani e i piedi muniti di artigli letali. Sulle spalle si aprivano enormi ali membranose da pipistrello nere e una cresta sulla schiena, simile a quella dei pesci.
I loro visi erano smorfie di pura follia, una follia che James non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi di fronte.
Come seguissero un istinto arcano dilaniarono chiunque si parasse loro di fronte, senza far distinzione. Un leone divorò la testa di una donna, ingoiando la intera, per poi sfigurarne l'intero corpo. Una cavalletta ghermì con le sue zampe taglienti come rasoi un uomo, che lasció all'improvviso a mezz'aria facendolo sflacellare a terra. Un Demone si gettó su un bambino, immobile come una statua,visibilmente nel panico.
Accadde tutto nella frazione di un secondo.
Il bambino che alzava il braccio nell'inutile tentativo di proteggersi, e poi una figura che si frappose tra il bimbo e gli artigli della creatura.
Rebecca.
Il cuore di James perse un battito, gridando a squarciagola il nome della fidanzata che crollava a terra, il pigiama con gli orsacchiotti già imbrattato di sangue.
Il Demone parve godere dell'agonia della ragazza, e con gli artigli continuò ad aprire nuove ferite da cui peccava sangue fresco.
James percorse disperato con lo sguardo intorno a sé, nella speranza di trovare qualcosa da usare contro il Demone. La fortuna fu dalla sua. A pochi metri scorse una spranga di ferro. Con uno scatto fulmineo e insolito per lui, si appropriò dell'arma e con un urlo si getto sul Demone per difendere la sua Rebecca. Colpi come un matto la creatura che cercò di difendersi, provocando dei profondi graffi sulle braccia di James. Ma a lui non importava, il dolore arrivó ovattato. Il suo obiettivo era proteggere Rebecca da quel mostro.
Continuò finché non fracasso il cranio del Demone, che crollò a terra in un lago nero. Come attirate dall'odore del sangue gli altri Demoni si gettarono sul corpo del loro compagno, bevendone avidamente il sangue prima che questi sparisse per ricomparire all'inferno e essere gettato nella Fossa.
 James si buttó a fianco di Rebecca, prendendo la sua mano e portandosela alla guancia. Al suo tocco sentí già il gelo della morte.
Urló al cielo la sua disperazione, maledicendo quei maledetti Demoni che avevano scatenato tutto quello, e che erano colpevoli della morte della sua ragazza. Cominció a piangere come un bambino, stringendo a sé il corpo inerte della ragazza.
Una mano sulla spalla lo fece sussultare. Era il bambino che Rebecca aveva salvato andando incontro alla morte.
«Dobbiamo andare»disse, con una sorta di maturità insolita per un bimbo di quell'età.
La madre del bambino lo aiutó a rimettersi in piedi.
Ma James sembrava caduto in una sorta di shock. Non poteva, non voleva credere che quello che era successo fosse accaduto per davvero.
Rebecca. La sua Rebecca.
Perché proprio lei? Perché i Demoni non avevano preso la sua vita? Come avrebbe fatto a vivere senza di lei?
La mente corse a quel giorno. Il primo giorno al liceo, dopo il trasloco da Washington. Il giorno dove la sua vita cambio, e il suo cuore fu catturato dai suoi occhioni grigi...
 
La Wilmington Town Of era un fermento di studenti nuovi. James se ne stava in solitudine all'ombra dell'enorme quercia secolare del cortile.
Il corpo era in subbuglio. Lì, in quella scuola, avrebbe cominciato una nuova vita. Dopo il suicidio della nonna, avvenuta solo qualche mese prima, su madre aveva deciso di lasciare alle loro spalle il passato e la caotica Washington, optando per una cittadina più tranquilla. Già orfano di padre dalla nascita, sua madre non aveva sopportato un'altra perdita. E chissà, si sarebbe fatto tanti amici e avrebbe potuto avere anche una fidanzata, aveva pensato sudi giri attraversando il cortile, sentendo la campanella.
Un ragazzo corpulento l'aveva urtato violentemente, facendolo barcollare in avanti, ma prontamente James era riuscito a mantenete l'equilibrio.
 «Scusa tanto se c'ero»aveva borbottato a mezza voce.
Quello che non si aspettava era peró, che il gigante aveva ascoltato il suo commento pungente.
«Che hai detto pulce?»aveva domandato, facendo scroccare le nocche.
«Di stare attento a dove vai»aveva detto con scarsa sicurezza. Quel ragazzo avrebbe potuto spezzarlo anche solo con un mignolo.
Il ragazzo era scoppiato in una grassa risata.«Ah, ah. Davvero divertente, devo ammetterlo. La matricola che viene a dirmi cosa devo o non devo fare».
James non aveva capito però che dietro a quel sarcasmo si celava una brutta sorpresa.
Infatti Raulf, così l'aveva chiamato un ragazzo li vicino, lo aveva preso per lil bavero, caricando il pugno grosso quanto un puldozer che avrebbe potuto benissimo flacellargli la faccia.
 «Raulf,smettila»si era intromessa una voce.
Il cuore di James aveva perso un battito. Di fronte a lui si ergeva una dea, ecco la verità. La ragazza aveva poggiato la mano sul braccio del colosso, che quasi controvoglia aveva ubbidito alle parole della ragazzina. Aveva capelli lisci ramati lunghi fino a metà schiena, grandi occhioni grigi e il viso spruzzato di lentiggini. James era rimasto imbambolato a osservarla.
«Con te non ho ancora finito, ricordatelo».
James aveva deglutito, seguendo con lo sguardo Raulf.
«Gli faró promettere di non farti niente di male». La ragazza lo aveva fissato un attimo appena, e aveva raggiunto il colosso.
Forse erano fidanzati, aveva pensato con una punta d'amarezza.
E invece poi un suo compagno, Thomas gli aveva rivelato il nome della ragazza. Rebecca. Un nome che aveva assaporato. E in piú aveva scoperto che i due ragazzi non stavano insieme e che erano fratellastri. Il padre di Raulf era il nuovo compagno della madre di Rebecca.
E allora in quel momento era tornato a sperare. Prima o poi avrebbe avuto il coraggio di dichiararsi.
 
Perso nei ricordi, neanche si accorse di aver raggiunto San Pietro. Eppure qualche ora prima l'aveva visitata con Becca.
Sentí annidiata nel suo cuore una sorta di mancanza. Era come se con Rebecca fosse morta una parte di sé.
«Guardate»esclamó una donna al suo fianco.
Distrattamente alzó lo sguardo, indietreggiando involontariamente. Un esercito di quelle bestiacce che li avevano assaliti poco prima stavano volteggiando sulle loro teste, pronti a piombare su di loro.
James chiuse gli occhi e pregò che quelle creature non mietesero altre vittime. I Demoni levarono al cielo un urlo agghiacciate e scesero in picchiata. Il loro folle volo si infranse contro una barriera intorno alla città del Vaticano. Frustrate le creature riprovarono ad attaccare inutilmente. La barriera era immune ai loro artigli, e rimaneva salda attacco dopo attacco.
James li fissó ammutolito. Era opera del Paradiso e del Loro Signore. Mai prima d'ora si era sentito cosí vicino al suo Creatore. Sentí di non essere stato abbandonato. E pregó che Gabriele e i suoi compagni riuscissero a prevalere sui Demoni, e far ritornare tutto com'era. Sarebbero tornati anche Rebecca e le persone che erano morte?
Un rumore sordo lo destó dalla preghiera. Una pioggia di fuoco stava irrompendo dal cielo con ferocia inaudita colpendo la barriera, senza anche stavolta intaccarla. Ma per quanto tempo avrebbero resistito?
Poi un lampo. Un lampo di luce bianca irruppe dalle coltri di nubi minacciose che avevano segnato il cielo fino a quel momento, spazzandole via. I Demoni alzarono lo sguardo dalla barriera e come accecati si ritirarono per tornare nel loro regno di tenebra.
La luce innondó anche San Pietro, e James si sentí attraversato da una forza benefica, che riuscí per qualche secondo, a mettergli il cuore in pace. Era quello il potere che si celava nel cuore dell'amico,lo stesso che lo aveva protetto fino a quel momento.
Quando recuperò la vista, il cielo era segnato dai raggi del sole che cominciava a far capolino dietro la città. La gente intorno a lui sembrava confusa. E come dargli torto. Un attimo prima era nel pieno di un'apocalisse, e un attimo dopo era tornato tutto come prima.
Rimase di sasso quando l'anziana che per prima l'aveva seguito gli domandò: «Giovanotto, lei sa il motivo per cui siamo qui?»
 
 
*apocalisse di giovanni 6,12\13










Angolo dell'autrice nascosta nel suo bunker:
Ok...so che ce l'avete con me per quello che ho fatto...very sorry ^^"
Rebecca è morta per mano di un Demone, e adesso è una Senz'Anima...
Ma non preoccupatevi...ho già in mente come farmi perdonare XD
Ringrazio tutti voi che seguite la storia ^^
Piccolo spoiler del capitolo 49: ritorneranno Gabe e Beth, e...vedrete :D
A presto <3
Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 50
*** capitolo 49 ***


Image and video hosting by TinyPic


CAPITOLO 49


Davanti al Fuoco Beth si sentí piú forte che mai, e pronta a difendere il Paradiso, che per anni aveva voluto la sua morte.
Notó addossata alla parete una teca di vetro, che conteneva adagiata su un panno rosso, una spada magnifica. La sua spada.
Evocó una fiammellina celeste che si infilò nell' innesco la serratura, facendola scattare.
La spada seppur leggera era affilata come un rasoio bianca e diafana, dall'elsa azzurra con incisa la runa della vita, l'Algiz che gli antichi normanni avevano ereditato. Il contrario del Yr, o runa Mortis.
Beth la soppesó, notando che l'elsa aderiva perfettamente al suo palmo, come se fosse stata forgiata per essere impugnata esclusivamente da lei. E in effetti era proprio la verità.
Era stato Raziel in epoca arcana a forgiargliela. L'arma migliore che avesse mai fatto.
Beth la strinse nel palmo della sua mano, per paura che tutto quello che stava vivendo non fosse frutto della sua immaginazione, e che si sarebbe ritrovata nuovamente nelle mani del suo alterego oscuro:Lilith.
Perché sapeva che lei era ancora dentro di sé, nascosta nei meandri della sua mente all'erta e pronta a riemergere.
Ma quello non era il momento di preoccuparsene. Adesso il suo obbiettivo era raggiungere Gabe, in un modo o nell'altro.
Salí velocemente ai piani alti delTempio per individuarlo meglio, ritrovandosi a vivere una scena surreale:gli Angeli che erano scesi lí a difendere il Primo Cerchio e che erano soppravvissuti al massacrodopo la morte provvisoria del Fuoco Celeste, erano stati incatenati con pesanti catene e ammassati nella piana. Cercó di aguzzare la vista alla ricerca di Gabe.
Se fosse morto, lei... Ne avrebbe cercato il responsabile della sua morte, e l'avrebbe fatto a pezzi. Un pensiero che avrebbe avuto senz'altro quando era Lilith a prevalere, e che adesso non poteva non provarlo. Non poteva perdere Gabriele. Non ora che l'aveva ritrovato.
Per fortuna riconobbe il suo profilo a fianco di quello che doveva essere Michael.
Presto, doveva agire presto, prima che fosse troppo tardi.
Scese le scale a razzo, catapultandosi fuori fulminea. Doveva raggiungere gli Arcangeli. E subito.
Quando peró arrivó in prossimità dei prigionieri si ritrovó di fronte dei Demoni con le armi spianate.
Non dovevano assolutamente vederla o tuttosarebbe andato perduto. Pensó di entrare nella loro mente e deviarla mentre passava. Ed fu esattamente ció che accadde.
I Demoni al suo passaggio assunsero facce imbambolate e vacue. Beth provó una strana sensazione nel constatare che quel potere che aveva piú volte sfruttato quando era ancora un Originario funzionava ancora. Gli Angeli invece la fissarono con curiosità e paura. E come dargli torto. Aveva seminato terrore per vent'anni buoni tra le loro file. Giustamente la temevano.
Beth si portó il dito alle labbra, intimando i prigionieri al silenzio.«Sono dalla vostra parte»sussurró.
Gli Angeli non ancora del tutto convinti annuirono frettolosamente.
Beth rivolse loro un sorriso frettoloso, prima di continuare ad avvanzare verso la sua meta.
Quando finalmente arrivó quasi in prossimità degli Arcangeli, sentì il suo cuore perdere un battito. Jake era di fronte a Gabriele, con la spada stretta in pugno e pronto a infliggere il colpo mortale che avrebbe condannato il suo Gabe alla dannazione come Senz'Anima.
Per questo fece un passo avanti, e con voce determinata disse:«Non dimentichi qualcosa Jake?»
Il suo sottoposto giro di scatto la testa sorpreso.
Beth trovó la forza di sorridere. Alla fine anche questo suo ultimo tentativo di eliminarla era sfumato.
 «Mi-mia... Sign-sign-signora...voisiete ancora...»balbettó, sorpreso di torvarsela ancora davanti.
Beth lo fisso sprezzante, atteggiando le labbra in una smorfia di scherno.
 «Non fare il finto tonto Jake. Speravi che morissi arsa nel Fuoco Celeste, non negarlo. E so che dietro la mia cattura c'é il tuo zampino».
Jake ci mise un po' a rispondere, come se cercasse le parole giuste.«Sai perfettamente il motivo del mio gesto».
 «So che tu voi il potere sul Settimo Cerchio, non negare l'evidenza. É da quando ci sono che non brani altro che a questo. E non hai mai smesso di cercare di eliminarmi».
Gli sguardi degli Originari si fecero gelidi nell'osservare Jake. Almeno su di loro esercitava ancora una sorta di devozione.
Il Demone deglutí, senza argomentazioni utili.
«B...Cioé, Lilith...tutto quel sangue...sei ferita?»La voce di Azazel si insinuó improvvisamente nel silenzio tombale che si era creato, rotto solo dai respiri impauriti degli Angeli.
Beth getto un'occhiata distratta al sangue nero e viscoso che le macchiava le braccia e parte della canotta bianca che indossava.
 «Non é sangue mio»disse distratta. I suoi occhi azzurri si puntarono su quelli rossi di Jake.«Ma di Dagon, che era venuto appositamente a eliminarmi una volta per tutte. Non sei d'accordo su questo Jake?»
Un mormorio di stupore si levó tra le file dei Demoni.
Jake si riprese in fretta, e allargò le mani.«E se anche lo avessi fatto, per noi non sei altro che una traditrice». I Demoni le gettarono un'occhiata tra lo stupito e lo shockato.
Ma Beth si impose di mantenere la calma.
«Credevi sul serio di farla franca? Davvero pensavi di rimanere impunita dopo che ti sei innamorata di un nemico? Di un Arcangelo?»
Beth rimase in silenzio, la mano che impugnava la spada che tremava.
 «O forse mi sto sbagliando, e tutto ció che ho detto non é la verità».La voce di Jake si era fatta meliflua.
«Piccolo viscidodummkopf* »mormorò a mezza voce Beth, stando ben attenta a non farsi sentire da nessuno.
«Vuoi la verità Jake? Vuoi che neghi la realtà dei fatti?»domandó invece a voce alta.
Allargò le braccia. «Non nego nulla. Perché le tue parole sono vere. Sono innamorata di un Angelo...cioé Arcangelo».
I suoi ex compagni la fissarono con tanto d'occhioni. E i prigionieri non furono da meno. Solo Gabe trovò la forza di sorridere.
Beth alzó la spada e si mise in posizione d'attacco.
«Pensate di me ciò che vi pare. Ma non avrete mai il Paradiso, né le anime dei suoi guerrieri». Fissó Jake spietatamente.«Se vorrete farlo, dovrete prima passare sul mio cadavere».
Jake sorrise luciferino.«Se é quello chevuoi».
Sguainò Deimos, e come una furia si gettó contro la ragazza che siscostó dalla traiettoria con la grazia diuna ballerina.
Fulminea Beth cercò il fianco dell'avversario, sbilanciato dal colpo precedente. Ma la sua lama lucente cozzò violentemente contro quella vermiglia di Deimos.
«Ho atteso molto questo momento. Finalmente ho la possibilità di liberarmi di te una volta per tutte»disse il Demone alzando la spada.
Beth si mise in posizione di difesa.«Non sono stata io a volere tutto questo, e lo sai. Fosse stato per me non sarei mai entrata nella tua vita».
Jake la fissó beffardo.«Ah davvero?»
«Ė stato Belial a indurmi a vendermi all'Inferno. Ed era la voce di Lucifero a guidarmi ad ammazzare Belial. Io non ho mai scelto tutto questo».
Un mormorio sorpreso si levó dagli Angeli.
Jake annuì, quasi perso nei ricordi. «Hai ragione. Belial aveva il compito di dannarti, ma contravvenendo agli ordini del Mio Signore non tornando subito nel Settimo Cerchio a compito finito, ha pensato di punirlo servendosi di te».
La mano di Beth tremó. Tutto ció che le era successo non era stato casuale, ma una cosa voluta. Sentirsela dire fu peggio di una pugnalata.
«É la verità?»domandó con un filo di voce.
«Assolutamente».
In quel momento capí. Capí di non essere mai stata lei la vera colpa della sua condanna. Una rabbia improvvisa si accese nel cuore di Beth.«Vi siete serviti di me. Mi avete indotto a uccidere e seminare terrore per vent'anni buoni, per cosa?!»
Jake alzò gli occhi al cielo. «Se vogliamo essere cosí pignoli». La fissó quasi disgustato.«Sembra che stare con quel damerino d'un Arcangelo ti ha fatto veramente male. Stai diventando un po' troppo sentimentalista».
Abbassò la spada. «La tua anima ci appartiene lo sai, e per te é tardi ormai».
Beth abbassó lo sguardo. Jake si sbagliava. La sua anima non apparteneva piú all'Inferno da quando Gabriele l'aveva salvata.
E forse una parte di lei non si era mai veramente arresa.
«Ti sbagli Jake»sibiló minacciosa. «Un tempo ti avrei dato ragione. Ma non adesso».
Scattò rapida verso il suo avversario, che parò il colpo poco convinto sorpreso dalla reazione della ragazza.
Impassibile provò con un altro colpo, e un altro ancora. E se all'inizio seguiva gli schemi della scherma, che aveva praticato quand'era in vita, ora eseguiva movimenti casuali che disorientavano l'avversario.
Quando si staccarono erano entrambi madidi di sudore.
Jake trovó la forza di sorridere feroce.
«Non credere di poterla aver vinta con me. Un tempo forse, ma adesso é diverso. Non ho piú paura di te».
Provò con un fendente dall'alto, che Beth riuscí a parare.
«E cosa ti ha portato a pensare una cosa simile? Posso toglierti la vita quando e come mi pare anche adesso».
Jake sorrise.«Ti sbagli. Tradendo l'Inferno ti sei indebolita. Il Nostro Signore non vede di buon occhio i traditori».
Dalla sua mano scaturì una fiammata Infernale che mancò Beth d'un soffio.
La ragazza lo fissò sorpresa.
Jake sorrise di fronte al suo smarrimento.«Non sei piú nessuno per noi Lilith. Anzi,neanche questo nome ti meriti. Ho ereditato il tuo Cerchio e le doti di un Originario grazie al Nostro Signore».
Fissò quasi ammaliato le fiamme vermiglie che avvolgevano la sua mano.«Ora capisco perché ti sentivi potente. Mi sento come se avessi l'intero Inferno nelle mie mani».
Beth strinse le labbra, arricciando il naso di fronte all'egocentrismo di Jake.
«E ora tutti sanno la verità sul tu conto»disse indicando teatralmente i Demoni.
«Hai ammesso la tua colpa finalmente».
Beth lo fissó gelida.«Ma qui non sono l'unica traditrice, non é vero...Annabel?»
La ragazza, che era stata in silenzio fino a quel momento le scoccó un'occhiata di fuoco.
Beth sorrise.«Non me lo sarei mai aspettato da te Annabel, eri riuscita a ingannarmi, fino a quando qualche ora fa non sei venuta nella mia cella. Quando ho percepito la tua essenza e ho fatto finta di dormire. E hai ammesso la tua colpa».
Chiuse la mano a pugno.«Ti sei sottoposta al Daemon Ritus. Dovevi essere davvero disperata quando ti sei voltata al male tradendo i tuoi compagni».
«Tu non sai niente di me»sbottó Annabel.
«Invece ti capisco eccome. All'inizio era per vendicarti di me. Eri innamorata di Gabriele, e io ero solo un ostacolo tra te e il tuo amore. E l'unico che potesse esserti d'aiuto era Jake, dico bene?»
Non ottenendo risposta continuó.«Durante le mie ultime giornate a Castel Tenebra sono entrata negli archivi ho preso il fascicolo di Jake. E lí ho scoperto la verità. Non si puó sfuggire al destino in eterno. Prima o poi ti saresti ricongiunta a Jake. E dopo che é successo lo hai aiutato a ottenere il potere. Mi avete attirato in una trappola, e insieme a me gli Arcangeli, sapendo per certo che mi avrebbero ucciso se mi avessero incontrato nuovamente sul loro cammino».
Fece una pausa.«Ma non é andata di nuovo come speravate. Hanno posticipato la mia morte, e tu Jake hai colto il fatto della presenza di Annabel in Paradiso, la profezia che Lucifero aveva atteso da millenni».
Fissó i Demoni negli occhi uno a uno.
«Un  Angelo tradirà il Paradiso, e i suoi compagni celesti.
L'esercito demoniaco si riverserà in Cielo, e sarà guerra.
I corpi dei caduti provocheranno catastrofi sulla Terra.
Sarà la fine di tutto. Caos. Morte. Apocalisse».
Le labbra poi si stirarono in unsorriso.
«Ma non hai letto come continuava:
Un Arcangelo perduto schiavo dell'oscurità
riemergerà dalle ombre che a lungo hanno dominato il suo cuore.
Il Fuoco Celeste si riverserà in Paradiso, ristabilendo l'Equilibrio
e scacciando i servi dell'oscurità dal Regno dei Cieli».
Tacque un istante nel constatare la paura che piano piano cominciava a serpeggiare sui volti degli Originari che avevano compreso la vetità.
«Ordina la ritirata Jake»bisbiglió Moloc
h.









Angolo autrice:
Puff...pant eccomi finalmente con il capitolo 49 ^^
Qui abbiamo visto una Beth determinata a difendere il Paradiso e Gabe, e un Jake che ha ereditato il Cerchio di Beth e convinto di poterla sconfiggere.
Ma poi...poi arrivano gli ultimi versi della, chiamiamola Profezia, che ha spaventato gli Originari.
Secondo voi determineranno la loro sconfitta? O la loro vittoria?^^
Un grazie caloroso a tutti voi che seguite la storia, che avete fiducia in me quando a volte la mia vacillava :D

A presto <3
Drachen


per chi volesse entrare a far parte del gruppo di Forbidden, ecco il link:

https://www.facebook.com/groups/1500639193543993/


Se non riuscite a entrare potete digitare:Forbidden Love

Ritorna all'indice


Capitolo 51
*** capitolo 50 ***


Image and video hosting by TinyPic
 

CAPITOLO 50

«Ordina la ritirata Jake»
La voce di Moloch irritò profondamente Jake, che si voltò come una furia verso l'Originario bianco come uno straccio.
«Lucifero ha dato il potere a me, a ME! E nessuno e ripeto nessuno puó dirmi cosa devo o non devo fare intesi?»
Lo sguardo di Moloch si fece duro.«Sei pazzo, ecco la verità. Tu non esisti dalla notte dei tempi. Non sai cosa sia successo prima della Caduta. E di Lei»dichiaró indicandola ragazza a braccia incrociate e espressione di pura determinazione sul viso.
Jake sbuffó. «Io vedo solo una traditrice con ancora manie di protagonismo, nulla piú. Una semplice banale trad...»
Poi scosse la testa come per scacciare il pensiero.«Ti sbagli Moloch, e adesso te lo dimostreró». Concentró il Fuoco Infernale sul palmo della mano, e si avvicinò pericolosamentea Beth che non si schiodó di un millimetro.
 «Dimostreró a tutti che non sei piú nessuno, e che non dimostri una minaccia per noi» le rinfacciò, ma si bloccò notando solo in quel momento le iridi azzurre dell'avversaria, che parevano brillare di luce propria. Non più rosse. Una sorta di paura cominciò a serpeggiargli nel cuore, ma che scacciò in fretta.
Moloch indietreggió lentamente.«Ti sbagli Jake. Lei non ha nulla di fragile e debole. Lei é l'essenza stessa del Paradiso. La Guardiana Protettrice del Fuoco Celeste».
Jake scoppió in una risata isterica, mascherando l'inquietudine nella sua voce.
«É solo una leggenda Moloch».
L'Originario scosse la testa.«Ti sbagli. Dagon millenni fa riuscí a ucciderla, ma lei si incarnó nel corpo di un'umana nell'attesa di tornare. Il Nostro Signore captò la sua essenza in lei»disse indicando con il mento la ragazza.«E ordinó a Belial di indurla a vendere la sua animaall'Inferno, per indebolire il Paradiso in attesa di una svolta a nostro favore. Sapevamo che non sarebbe diventata un semplice Senz'Anima e che non sarebbe stata totalmente in mano nostra. In fondo parte di lei é legata a questo luogo».
«Stai farneticando».
«Razza di stupido, ti sei mai chiesto il motivo per cui Belial si fosse avvicinato proprio a lei?»
«Cosa se a me potesse importare. Erano gli ordini del nostro Signore, Moloch. Null'altro».
«Maledizione Jake!»insorse Moloch.«Moriremo tutti! Ci stai condannando a morte con questo tuo gesto. Arrenditi!»
Beth capiva l'angoscia nel cuore di Moloch. Se davvero Lucifero aveva dato il potere a Jake, significava che solo se avesse dato l'ordine di ritirrata avrebbero potuto lasciare il Paradiso.
«Nel mio vocabolario non esiste la parola arredersi».
«É un peccato Jake».
Sebbene avesse appena sussurrato, il Demone la sentì perfettamente.
«Che cosa hai detto?»
Beth sorrise pericolosamente, un sorriso che un tempo avrebbe fatto il suo alterego Lilith, ma che adesso apparteneva solo e solo a lei.
Un sorriso quasi liberatorio, di chi  aspetta tanto che arrivi il momento in cui riesci a pareggiare i conti.
«Sei davvero uno stupido Jake. Sai che dietro le leggende c'é sempre un pizzico di verità». Socchiuse leggermente gli occhi. «Mio caro Jake. Esiste un solo Arcangelo in grado si arrestare la vostra corsa per la conquista del Paradiso e rispedirvi all'Inferno. Ma quello che non sai, oppure non credi, é che quel Arcangelo...sono io».
Jake istintivamente impallidì, indietreggiando quasi involontariamente. C'era qualcosa negli occhi della sua ex signora che gli gelò il cuore immobile ormai da quattrocento anni.
Provò un ultimo tentativo. «Dimostramelo. Dimostra di fronte a tutti la veridicità delle tue parole».
Sentì Moloch e i suoi imprecare, ma non diede loro retta.
Beth percorse lo sguardo su tutti i presenti, inultimo Gabe.
Il ragazzo lesse in quegli occhi azzurri cielo il fuoco che la dominava, il fuoco che aveva anche infiammato il suo animo fino a poco prima, e che adesso stranamente risentiva. E capì.
Che non si può combattere contro gli Araldi del Cielo senza conseguenze. Seppe che presto i Demoni avrebbero avuto ciò che si meritavano.
Beth riportò lo sguardo su Jake.
«Vuoi una prova? Molto bene. Eccoti accontentato».
Si concentrò, e sul palmo della mano comparve una fiammella celeste, che cominciò a danzare intorno alle dita, per poi distendersi sul braccio come un serpente.Allargò le braccia e con esse sulle spalle si aprirono in tutta la loro ampiezza un paio d'ali bianche piumate, richiudendo le sulle spalle subito dopo.
«Non hai voluto dare ascolto a nessuno!»gli urlò Beth.«Ed è per questo che i tuoi compagni moriranno per causa tua».
Le fiamme si estesero all'intero corpo, facendola sembrare una stella luminosa, una speranza per gli Angeli che si incantarono ad ammirarla.
«Io sono Elisabeth»scandì.«Guardiana Protettrice del Fuoco Celeste. Custode del Paradiso e della Terra». La sua lama si illuminò a sua volta, come ricevesse un richiamo dalla sua padrona.
«E per l'ultima volta vi ordino di lasciare immediatamente il Paradiso»ordinò repentoria.
Jake sbatté un piede a terra, come un bambino viziato.«Mai!»
Beth lo fissò con disprezzo un'ultima volta. Poi chiuse gli occhi. Le lingue di Fuoco Celeste si staccarono dal suo corpo serpeggiando in direzione dei Demoni, che arretrarono visibilmente.
«Dove state andando?» Jake impose la calma.«Sarà anche padrona del Fuoco Celeste. Ma è indebolita. Sulla Terra, in preda alle piaghe nessuno crede più nel Paradiso».
Beth sorrise.«è qui che ti sbagli. La gente crede ancora in noi, e la scintilla è partita da un nostro vecchio conoscente. James Evans ti suona famigliare?»
Jake imprecò contro quell'insulso umano che aveva osato tanto.
«Mi spiace Jake. Ma anche stavolta il tuo piano…è andato in fumo».
Jake si riprese in fretta, constatò Beth.
«Pensala come ti pare. Ma tu sei una. Una contro migliaia. Come pensi di fermarci?»
«Non sono sola»dichiarò.«Non sono mai stata sola. Il Paradiso non mi ha mai lasciato. Nemmeno quando ero piombata nelle Tenebre».
Alzò il tono di voce perché tutti potessero sentirla.«L'Inferno ha dannato la mia anima, ma è bastato l'amore di un Arcangelo a ribaltare tutto». Abbassò lo sguardo, pensando a quanto avesse fatto Gabe per lei. Le aveva restituito la libertà e la sua anima. L'aveva salvata da se stessa.
«E io sono qui per ricambiare il favore. Oggi non combatterete contro di me, ma contro l'intero Paradiso. Perché voi pensate di averli resi vulnerabili, ma ora che il Fuoco Celeste è tornato al suo antico splendore possono tornare a combattere. Per il Paradiso e per il futuro della Terra».
Le fiamme Celesti si avvicinarono anche agli Angeli intaccando le catene, che cominciarono a emettere uno strano sfrigolio.
Solo allora Jake capì in chesituazione si era cacciato.
«Non puoi farlo sul serio…» boccheggió.
Beth sorrise.«Invece si. So che era il vostro piano fin dall'inizio di usare queste catene vulnerabili solo al Fuoco Celeste. Lucifero ci ha lavorato su una vita. E adesso è ora di ridonare la libertà ai tuoi prigionieri».
Le lingue celesti sciolsero le catene permettendo agli Angeli di riprendere possesso delle armi.
Ma Jake non si lasciò intimidire.
«Pronti a combattere!»esordì.
Moloch e gli altri lo fissaronostralunati.«Jake, cosa stai…»
Ma il Demone neppure lo ascoltò, preso com'era a fissare in cagnesco la rivale.
Beth ricambiò il suo sguardo di fuoco, alzando la spada.
«Das lebewohl Jake*»mormorò aprendo completamente le ali.
Con uno scatto felino si avventò contro Jake segnando l'inizio dello scontro.

 


*trad dal tedesco:addio








Angolo dell'autrice:
Hallo a tutti ^^
Eccomi qui con la resa (quasi)dei conti XD
I Demoni hanno scoperto la verità, e nel prossimo avremo l'esito della battaglia XD
Ringrazio le 33 preferite, 12 ricordate, 61 seguite,e tutti quelli che recensiscono XD
A presto ;)

Drachen


Link del gruppo su Fabebook:

https://www.facebook.com/groups/1500639193543993/
 

Ritorna all'indice


Capitolo 52
*** capitolo 51 ***


Nota pre-capitolo:
Ciao, ebbene si...ho deciso di avvisarvi adesso ^^
In questo capitolo accadrà...ciò che deve accadere, però rammentate:nulla è come sembra ^^
Penserete finisca tutto qui, ebbene non sarà così XD
No, volevo solo dirvelo...manca ancora molto alla fine.
Buona lettura <3




Image and video hosting by TinyPic
 


Capitolo 51

Gabe assistette a ciò che accadde quasi fosse in apnea. Davvero non riusciva a credere che Beth fosse una creatura celeste così potente. O che fosse una di loro d'altronde. La mente corse al quadro che aveva dipinto quando ancora era alla Wilmington Town Of.
Un Angelo con le ali spiegate, una magnifica spada bianca e celeste diafana in pugno. Un Angelo che somigliava in modo impressionante a Beth, il volto fermo e determinato di fronte a una schiera di Demoni. Un Arcangelo, si corresse Gabe.
O il disegno che aveva trovato in camera di Beth. Era un segno inequivocabile che lei cominciava a ricordare qualcosa, un piccolo attimo della sua parte angelica assopita dentro di sé, e che adesso era scoppiata con la forza di una bomba.
Quando sentì la presa delle catene allentarsi recuperò la spada poggiata al suo fianco, cercandola con lo sguardo.
Un attimo prima si era avventata come una furia su Jake, che sarebbe morto se non fosse stato per un suo luogotenente che si era frapposto fra lui e la ragazza, permettendogli di allontanarsi.
Con un moto di stizza l'aveva vista divellere la lama dal petto del Demone e aprire in tutta la loro ampiezza le sue ali e spiccare il volo.
Poi più nulla.
Gabe alzó la spada, e come un automa si gettò contro qualunque Demone gli si parasse davanti, senza tregua.
A volte alzava lo sguardo per scorgerla, ma il caos glielo impediva.
Si imbattè in un Originario dall'aspetto vagamente famigliare. I capelli corvini, il viso pallido dagli zigomi pronunciati e gli occhi vermigli, freddi calcolatori.
Quando incrociò lo sguardo con lui gli sorrise.
«Finalmente. Da quando tempo»sibilò beffardamente.
Gabe non capì.«Come scusa?»
«Cosa si prova a essere un Arcangelo a metà?»gli domandò invece l'altro, ignorando la sua domanda.
Gabe cercò di sembrare deciso.«E cosa ti fa pensare che lo sia?»
L'Originario scoppiò a ridere sommessamente.«Un umano destinato a legarsi all'essenza di un Arcangelo eredita i suoi ricordi oltre che le sue doti. E te? Ricordi il passato del tuo predecessore?»
Notando lo smarrimento sul viso di Gabe, il Demone sogghignò.«Ho visto giusto. Mi spiace, ma in fondo è colpa mia»disse abbassando la spada vermiglia.
«Per cosa?»
L'Originario sorrise.«Chiedi a Uriel di un certo Asmodeus, e capirai».
Il Demone scomparì tra i combattenti, lasciando Gabe per un attimo spaesato. Di cosa stava parlando?
Ma in quel momento era il male minore. Doveva concentrarsi sulla battaglia. Ma la sua mente era altrove. Le parole dell'Originario gli rimbombavano nelle orecchie. Cosa voleva dire? Cosa c'era che non andava in lui?
Percorse lo sguardo sulla piana. Ovunque gettasse lo sguardo lo incrociava con i suoi compagni, animati di nuova determinazione e i Demoni, i visi stravolti dalla paura. La situazione si era notevolmente ribaltata.
E il merito era tutto di Beth.
Dove si trovava?
Il cielo plumbeo era segnato dalle fiammate infernali e il ghiaccio degli Angeli Comuni. Un tempo anche lui sarebbe stato con loro. Perché proprio adesso era cambiato? Perché proprio adesso aveva sviluppato questi poteri, e non seicento anni prima quando era morto?
Preso dai pensieri non si accorse del pericolo alle sue spalle. Di Jake alle sue spalle con la spada alzata pronto a infliggergli il colpo mortale.
Accadde tutto in una frazione di secondo. Si girò ma troppo lentamente. Sentí la pressione di un corpo che lo scostó dalla parabola mortale della spada, facendolo cadere a terra.
Alzó lo sguardo e ciò che vide lo raggeló.
Era Beth che si era frapposto tra lui e la morte. La punta della lama di Deimos che le spuntava dalla schiena. Il colpo fu così violento che miriadi di gocce di sangue vermiglio punteggiarono l'aria intorno. Rimasero l'uno davanti all'altra per un secondo e immobili. Fino a quando Beth non abbassò lo sguardo sulla lama che le attraversava il petto e Jake sorrise vittorioso.
Senza alcuna pietà diverse la lama, lasciando scappare alla ragazza un grido di dolore, mentre si accasciava lentamente a terra.
Gabe si lancio su di lei, urlando il suo nome, prendendo la sua testa tra le mani prima che toccasse terra, e poggiandola delicatamente sulle sue gambe. I rumori della battaglia arrivavano ovattate alle sue orecchie. Tutto aveva perso importanza di fronte dal viso pallido e cinereo e il respiro irregolare e gorgoglianti, segno che il sangue aveva cominciato a invadere i polmoni.
Jake alzò la spada.«Oh, povero piccolo, piccolo Angioletto»lo beffeggiò duramente.«Credi di essere un eroe, ma non lo sei. E non lo sarai mai. Ora che mi sono appropriato dell'essenza della tua amata, mi occuperò della tua».
Fece per colpirlo, ma Raphael lo intercettò appena in tempo.
«Prima di prendertela con il mio compagno, dovrai fare i conti con me Demone».
Jake lo fissò sprezzante, ma si allontanò. Non doveva correre il rischio di morire, o tutto sarebbe andato perduto. Avrebbe dovuto dire addio al divertimento che lo avrebbe aspettato all'Inferno al suo ritorno.
Raphael cercò di richiamare alla realtà il compagno. Ma a Gabe non interessava di ciò che accadeva intorno. Stringeva la mano di Beth, come se temesse potesse svanire da un momento all'altro.
«Beth…non avresti dovuto…perché…»
Beth tossì violentemente.«Dovevo farlo. Non potevo perderti…». Lo fissò intensamente negli occhi.«…un'altra volta». Chiuse gli occhi, il respiro si fece debolissimo e piano piano si affievolì definitivamente.
Gabe si portò la mano alla guancia, le lacrime gli scendevano giù per le goti.
E quando la vita lasciò definitivamente la ragazza, il corpo cominciò a svanire, come l'acqua quando si trasforma in vapore. Era questo che accadeva dopo la seconda morte. In genere, l'anima scompariva dal luogo della sua morte per proiettarsi all'Inferno, già priva d'essenza per essere gettata nella Fossa. Gli Arcangeli dovevano invece subire un ulteriore processo per svuotare l'anima dall'essenza.
Raphael gli poggiò una mano sulla spalla.
«Gabriele…»
Ma Gabe non ascoltava. Ogni suono sembrava essersi dissolto intorno a lui. La sua mente sembrava essersi bloccata alla morte di Beth. Una rabbia improvvisa cominciò a infiammargli il cuore.
Jake. Avrebbe pagato ogni cosa.
Scostò malamente la mano di Raphael, stringendo violentemente la spada ed evocando le ali.
Come una furia spiccò il volo, sorvolando con lo sguardo la piana. Invano furono i tentativi dei Demoni di fermarlo. Con la sua spada fiammeggiante li attaccava senza pietà, e l'odore di carne bruciata impregnava l'aria.
Ma di Jake non ne scorse neanche l'ombra, fino a quando non sentì la sua voce sovrastare le urla disperate dei suoi:«Ritirata!»
Gabe  vide alcuni Demoni in prossimità del Cancello, alcuni feriti, altri che cercavano di tener lontani gli Angeli. Atterró a terra, il volto travolto dalla furia. Eh, no. Quel bastardo sarebbe morto sedutastante.
Caricó la sua spada di Fuoco Celeste e con un grido l'affondó a terra. Lingue di Fuoco si sprigionarono dall'arma e dal suo corpo, annientando qualsiasi Demone incontrasse sul suo cammino.
Il Fuoco si fermó ai Cancelli, non potendolo sorpassare. Jake era già dall'altra parte, a fianco ad Annabel.
Il Demone lo fissó con occhi di fuoco.«Hai rovinato i piani ancora una volta Gabriele». Il suo viso si aprì poi in un sorriso. «Ma almeno ho un bel premio di consolazione che mi aspetta. Stai tranquillo, faró in modo che il Suo soggiorno all'Inferno sia indimenticabile».
«Maledetto!»insorse Gabe furente. La morte di Beth bruciava ancora e infiammava il suo cuore come un incendio indomabile.
«Vorrei rimanere per chiacchierare ancora con te Angioletto, ma la tua amata mi sta aspettando. In quanto suo assassino posso divertirmi come mi pare con lei, prima di gettarla nella Fossa. E non immagini da quanto tempo attendo questo momento» .
S'inchinó con fare, peró, beffardo.«Au revoir* Angioletto»disse dandogli poi le spalle ed evocando le nuove ali da Originario, che avevano rimpiazzato le sue amputate da Lilith, nel suo primo giorno al potere.
Gabe fece per scattare contro di lui, ma le gambe non lo ressero. Il Fuoco Celeste che aveva evocato, aveva bruciato parecchie energie.
«Gabriele...»
Il suo nome uscí dalla bocca, di chi? Mike? Raphael? Non lo sapeva.
Ma fu l'ultima cosa che sentì prima di perdere i sensi.
 
Aprí gli occhi.
Riconobbe il soffitto bianco dell'infermeria sopra di lui, il materasso duro a contatto con la sua schiena, e la coperta accanto ai suoi piedi.
Cosa ci faceva li?
«Gabriele».
Voltó la testa in direzione della voce. Michael era seduto al suo capezzale, sinceramente preoccupato.
Gli tastò la fronte madida di sudore.
«Come stai?»
«Mi sento come uno investito da un tir. Come mai sono svenuto?»
«Solo un sovraccarico di potere nel tuo corpo».
Gabe si lasciò andare sui cuscini con un gemito. I ricordi piano piano ritornarono dolorosissimi.
«Beth…»mormorò, mentre le lacrime cominciarono a uscire dagli occhi inarrestabili. Non aveva timore a dimostrare la sua debolezza in quel momento, contava solo che aveva perso per sempre la sua Beth.
Michael si fissò a disagio le mani.«Da quanto tempo…»
Gabe alzò lo sguardo.
«Da quanto tempo…l'amavi?»
Il ragazzo si morse il labbro.«Fin dal primo momento in cui l'ho vista»ammise.
Mike annuì, scostando lo sguardo dal fratello.«E ti sei mai chiesto il motivo per cui eri attirato da lei?»
La domanda gli suonò un po' strana, per questo rispose:«Avrei dovuto?»
«Si».
«E per quale motivo scusa?»
Mike strinse le labbra.«Voleva essere Uriel a darti tutte risposte Gabe».
Uriel.
Per lui era sempre stato un Arcangelo misterioso e ambiguo, e l'unico che gli poteva dare la risposte a cui tanto aspirava.
 
Uriel era davanti alla finestra della sua stanza, quando sentì bussare alla sua porta.
«Avanti»disse con voce ferma.
Quando Gabe entrò come una furia nella stanza, bianco come uno straccio e visibilmente ancora provato, l'Arcangelo si allarmò di fronte all'espressione dipinta sul volto del ragazzo.
«Gabriele, cos'hai? Sembri alterato».
«Alterato?»domandó rosso in viso.«Non direi alterato. Oserei funereo, arrabbiato, indignato, infuriato. Devo andare avanti?»
Uriel annuì comprensivo.«E a cosa devo la tua rabbia?»
Gabe lo fisso gelidamente. «Voglio la verità su cui mi hai tenuto all'oscuro».
«La verità su cosa?»
 
 
*trad dal francese:arrivederci











Angolino dell'autrice(vero e proprio) ^^:
Hallo ^^
Allora, il capitolo vi è piaciuto?
Questo è un capitolo di svolta, per quello che ho intenzione di fare...credetemi...come ho detto prima manca ancora tanto alla fine XD
Ringrazio tutti voi che seguite la storia(chi preferisce, ricorda, segue, recensisce, e anche i lettori silenziosi ^^).
A presto <3

Drachen



Per chi volesse entrare a far parte del gruppo chiuso che ho aperto su Facebook, ecco il link:

https://www.facebook.com/groups/1500639193543993/



Se non vi si apre potete andare nella mia pagina qui su EFP, e insomma cliccate sull'iconina del mondo che trovate ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 53
*** capitolo 52 ***


Image and video hosting by TinyPic
 


CAPITOLO 52

«La verità su cosa mi chiedi?»domandó Gabe rosso in viso.
 «Su cosa? Sul fatto che faccio strani sogni su due Arcangeli simili a me e Beth da quando sono tornato in Paradiso? Oppure che all'improvviso ho acquistato le vostre doti mentre per seicento anni é stato tutto tabula rasa? O che un Originario mi consideri un Arcangelo a metà, ammettendo di essere coinvolto in tutta questa storia?»continuò quasi urlando.
Quando finí aveva il fiatone ma si sentiva comunque meglio.
Uriel lasció che si sfogasse, rimanendo impassibile di fronte alla sua rabbia.«Ti senti meglio adesso?»
Gabe lo fissó storto, ma non proferí parola. L'Arcangelo parve soddisfatto.
«Bene. Adesso fammi pure le domande che ti assillano. Con calma»precisó con fare intimidatorio.
Un tempo forse la sua occhiata l'avrebbe fatto rigare dritto, ma non adesso. L'unico pensiero che non gli aveva fatto ancora perdere le staffe era la possibilità di conoscere la verità che legava lui a Beth.
«Vorrei sapere qualcosa del mio predecessore»cominció.
Uriel annuí.«Molto bene».
Agitó una mano come per scacciare un insetto, producendo però un lampo di luce che lo accecó per un istante.
Quando recuperó la vista si ritrovó a galleggiare in aria in un cielo diviso in due:da un lato il giorno con il solee dall'altro la notte con la luna.
Uriel era al suo fianco per nulla sorpreso.
«Dove siamo?»
«Agli inizi dei tempi Gabriele. Nel momento in cui noi Arcangeli siamo nati».
Gabe si guardò attorno spaesato. A parte questa paradossale divisione del cielo, c'erano solo lui e Uriel. Quand'ecco che dai due astri partirono dei raggi che saettarono al loro fianco senza sfiorarli. Quelli dal sole erano dei raggi chiari dalle sfumature dorate che trasmisero a Gabe una sorta di benessere e pace, mentre quelli lunari erano azzurrini dai riflessi violetti.
Sotto ai loro piedi apparve all'improvviso una terra brulla e rada. Gabe gettò uno sguardo preoccupato a Uriel che scosse la testa divertito.
«Pazienza Gabriele. Guarda».
Non appena i raggi toccarono il suolo, assunsero forme vagamente umane, che contemplavano il loro corpo quasi curiosi. Coloro che erano nati dai raggi solari avevano i capelli dorati e gli occhi azzurri, mentre quelli dei raggi lunari erano pallidi e dagli occhi e capelli scuri.
Gabe fece per domandare a Uriel dove fosse il suo predecessore, quand'ecco che vide due raggi ritardatari di opposti cieli, che lo percorsero esattamente a metà, stretti l'uno all'altro e che caddero all'unisono sulla terra. Ne nacquero due figure all'apparenza simili tra loro con gli stessi capelli corvini e incarnato pallido. Solo gli occhi erano diversi:un paio nerissimo come la notte, mentre l'altro azzurro cielo.
«Tutti noi Arcangeli»cominciò Uriel.«Siamo nati dai raggi solari o lunari. Per il tuo predecessore fu diverso. Nacque a metà tra i due cieli, e con lui  un Arcangelo a lui gemello:Asmodeus».
Gabe fissó il giovane Arcangelo guardarsi attorno spaesato e trapassandolo con lo sguardo come se non lo vedesse. Era uguale identico a lui, la sua fotocopia.
«Siamo ombre qui Gabriele. Non possono vederci»lo rincuoró Uriel come se gli avesse letto nel pensiero.
Ma i pensieri di Gabe erano da ben altra parte. «Un Originario? Asmodeus...».
«Il tuo predecessore e Asmodeus erano molto legati. Solo che hanno seguito vie diverse».
«Eravate cosí tanti...»mormoró Gabe.
«Spiegazioni a tempo debito Gabriele». Uriel riportó lo sguardo su se stesso appena nato e i suoi compagni.« In base alla nostra origine ci divisero in Arcangeli del Giorno e della Notte. Il nostro compito era di presidiare e proteggere il mondo e le sue creature che sarebbero nati di lì a poco». Fece una pausa.«Su in cielo ergemmo il nostro regno, e il Nostro Signore ci fece dono della nostra fonte di vita e poteri. Il Fuoco Celeste. Ma perché nessuno piú degli altri era degno di esserne il custode, il Nostro Signore  forgió un custode dalle fiamme, donandole sembianze femminili. Fu battezzata con il nome di Elisabeth, il cui significato é "Dio é perfezione"».
«Tra il tuo predecessore e Elisabeth si instaurò un legame più potente di quello tra noi Arcangeli. E poi capimmo di cosa si trattava:amore. Un sentimento che per noi doveva rimanere alieno e riservato agli uomini. Ma loro non ebbero problemi. In fondo l'amore è un sentimento potente che anzi avrebbe potuto giovare sul carattere debole di Gabriele».
Uriel fissó di sottecchi Gabe.
«Poi cos'é successo?»domandò il ragazzo, intuendo la risposta.
«Noi e Lucifero cominciammo a dividerci. Lui e i suoi seguaci volevano essere assolti dal loro compito di custodi della Terra e delle anime degli uomini, ma piú di tutto volevano essere padroni del proprio destino. Volevano il libero arbitrio. Volevano levarsi sullo stesso piano del Nostro Signore. Lucifero era ambizioso, ma so che ciò che l'aveva davvero cambiato era stato l'esilio della sua protetta umana dall'Eden. É stato un duro colpo per lui. Pensavamo potesse riprendersi. Ma ci sbagliavamo. Dannó Adamo ed Eva assumendo le sembianze di un serpente, che da qual giorno simboleggia il male. E dichiaró guerra al Cielo».
La scena davanti agli occhi di Gabriele cambio radicalmente.
C'era il suo predecessore e Asmodeus che discutevano animatamente.
«Nostro Padre considera gli umani più importanti noi,noi le sue creature più fedeli. Cos'hanno più di noi Gabriele?»
«Il libero arbitrio?»aveva azzardato il suo predecessore insicuro.
Asmodeus aveva annuito.«Proprio così. Perchè loro creature inferiori possono essere padroni del loro destino e noi no? Lucifero crede che questa situazione possa cambiare. Noi Arcangeli possiamo dominare tutto,a cominciare da quelle patetiche creature».
Il Gabriele del passato aveva scosso la testa scioccato.«Non sai cosa stai dicendo Asm. Lo sai benissimo che Nostro Padre ci ha creato per proteggere gli umani e non per soggiornarli».
Asmodeus l'aveva fissato con guardo deluso.«È qui che ti sbagli Gabriele. Speravo ti unissi a me e ai miei amici. Ma a quanto vedo...».
«Asm...»provò a dire Gabriele allungando una mano,ma il fratello si scostò.
«Addio Gabriele».
Lo vide scomparire lentamente inghiottito dalla leggera nebbia che avvolgeva a volte il Paradiso in giorni umidi di pioggia sulla Terra.
E poi un'altra scena.
Elisabeth frapposta tra il Fuoco Celeste e Dagon. Sapeva cosa sarebbe successo in quel momento. Voleva scostare lo sguardo ma non ci riuscí.
«Dagon uccise la nostra Guardiana. Ma se ti piú far star meglio qualche giorno dopo esiliammo i Ribelli».
Uriel e gli altri apparvero davanti ai loro occhi, in atto d'esiliare i Traditori. Non poté non notare la lacrime sul volto dell'altro Gabriele.
Uriel riprese fiato.«Da quel giorno il tuo predecessore non é stato piú lo stesso. In un solo momento aveva perso la sua ragazza e il fratello. Per anni aveva cercato di captare l'essenza di Elisabeth. E un giorno ci riuscì. Solo che...Asmodeus lo incontró e lo ammazzó».
«E poi?» temeva la risposta, ma doveva assolutamente sapere.
«Poi per impedire che la sua essenza si legasse a te che stavi per morire, Asmodeus la imprigionó. E credo che sia ancora nelle sue mani».
«E i poteri? I sogni...»
«Significa che una parte dell'essenza é riuscita a raggiungere il tuo cuore e ad avere la forza di emergere solo ora. Mi spiace per come siano andate le cose Gabriele».
Ma Gabe non ascoltava.
Beth. L'aveva amata anche nel passato, e lui non era in grado di ricordare.
Beth. Lei sapeva chi era veramente?
«Beth…»
Uriel lo fissò compassionevole.«è viva».
Gabriele lo fissò con occhi sgranati.«Viva?»Poi si rabbuiò.«è morta tra le mie braccia Uriel. Se lo hai detto per tirarmi su il morale già nero, è una pessima mossa. Non funzionerà».
«Credi sul serio che te lo dica solo per farti star meglio? Credi sul serio che ti possa far questo?»
Gabe fu quasi tentato a rinfacciargli che era stata un a pessima mossa a non dirgli la verità subito, ma ingoiò le parole velenose che tanto avrebbe voluto pronunciare.
«è viva»confermò l'Arcangelo.«Solo se brucerà nelle Fiamme Infernali sarà davvero la sua fine».
Gabe alzò gli occhi al cielo.
«è esattamente ciò che succederà. è finita Uriel».
Uriel a sorpresa scosse la testa.«Non è così semplice Gabriele. Elisabeth è la Guardiana Protettrice del Fuoco Celeste, una preda molto ambita nell'Inferno. Chi ti dice che non la tengano ancora un po' in vita, e solo dopo la uccidano. Rifletti».
Uno schiocco di dita e si ritrovarono nella stanza di Uriel, che lo lasciò solo.
Gabe rimase chino sulla scrivania, stringendone i bordi violentemente, facendo diventare le nocche bianche.
Solo allora le parole di Jake risuonarono nella sua mente:
«Vorrei rimanere per chiacchierare ancora con te Angioletto, ma la tua amata mi sta aspettando. In quanto suo assassino posso divertirmi come mi pare con lei, prima di gettarla nella Fossa. E non immagini da quanto tempo attendo questo momento» .
Quelle parole accesero una nuova speranza nel suo cuore.
Se fosse riuscito a raggiungere il Settimo Cerchio in tempo, l'avrebbe potuta salvare.
Uscí a razzo dalla stanza dell'Arcangelo, tutto eccitato.
Scorse Mike e gli altri a fianco degli Angeli Guaritori. Luisa era tra loro, piú seria che mai, ma che addolcí lo sguardo non appena incroció gli occhi con il fratello.
Michael si rilassò quando Gabe gli si fece d'appresso.
«Gabe. Sono contento che tu sia qui. Dobbiamo discutere di...»
«Lascia perdere Mike. Ho bisogno di un'informazione di vitale importanza da te».
«Cosa?»
«L'ubicazione dei Cancelli dell'Inferno».









Angolino dell'autrice:
Ciao :D
Benisimo...in questo capitolo abbiamo scoperto un bel po' di cose sul nostro Gabe(che in parte sapevamo già XD).
E si è messo in testa un'ideuzza ^^
Ringrazio tutti voi che seguite la story <3
E in ultimo, vi annuncio che tra quakche giorno aggiorneró anche la tpraccolta, legata a questa storia ^^
La one si intitolerà Fratello Perduto, e sarà su Asmoideus e il predecessore di Gabriele :D
Un grande bacio!

Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 54
*** capitolo 53 ***


Image and video hosting by TinyPic
 

CAPITOLO 53

«L'ubicazione dei Cancelli dell'Inferno»disse con cipiglio sicuro.
«Mmm?»domandó distrattamente Michael, puntando gli occhi su quelli del fratello.
«Hai sentito perfettamente. Dove si trovano i cancelli dell'Inferno?»
L'espressione di Mike si fece dura.«Conosci le regole fratellino. É proibito per noi creature celesti attraversare i cancelli dell'Inferno e scendere nel mondo dei Demoni».
Ma Gabe non si lasció convincere.«Era anche proibito ai Demoni penetrare qui in Paradiso?»
«Gabriele, lo sai perfettamente che i Demoni sono maestri dell'inganno, e le loro leggi sono diverse dalle nostre»aggiunse Uriel.
 «Non le basilari che mantengono l'equilibrio tra i nostri due mondi. Leggi che il Nostro Signore ha sancito da quando voi Arcangeli vi siete divisi»sottolineó Gabe, calcando su quel voi. Perché se essere un Arcangelo significava rimanere impassibili di fronte a uno dei loro che rischiava di essere arso nel Fuoco Infernale, e quel qualcuno era la sua Beth, preferiva di gran lunga tornare a essere ció che era.
«Anche tu adesso sei uno di noi, e devi sottostare alle nostre Leggi»rincaró Uriel.
Se avesse potuto avrebbe staccato la testa a Uriel, per farlo star zitto. Lui non sapeva niente, NIENTE di lui.
Un Angelo si avvicinó timidamente, dovendo aver sentito l'accesa conversazione che si era appena tenuta. Era Lelahel, l'Angelo Guaritore piú importante e dotato. Tutti, Arcangeli e Angeli Guaritori si voltarono verso do lui, in evidente attesa.
«Perdonate l'interruzione, ma le anime che attendavate sono arrivate»annunció.
Michael annui. «Arriviamo subito».
«Mike, cosa significa? Di quali anime sta parlando?»
«Adesso ti interessi di ció che ti circonda Gabriele? Se non ho ben capito, tu non vuoi aver piú nulla a che fare con noi, vero?»gli rinfacciò acido Uriel.
Gabe fece per controbattere, ma furono interrotti da Raphael. «Sentite, so che vi divertite come matti a stuzzicarvi, ma adesso abbiamo faccende piú importanti da sbrigare».
Michael fece cenno al fratello di seguirlo. «Vieni Gabe. Lungo la strada ti spiegheró tutto».
Uriel passò in testa al gruppo in compagnia di Raphael, Cassiel e Takiel, mentre Mike e Gabe rimasero un po'isolati dal gruppo.
 «Come avrai senz'altro immaginato, sulla Terra durante il nostro scontro su in Paradiso é scoppiata una vera e propria Apocalisse. Le vittime umane sono state tantissime, e per la maggior parte sono state uccise da Demoni minori, ma pur sempre servitori dell'Inferno».
«Sono diventati tutti Senz'Anima?»domandó sconvolto Gabe, pensando subito a James e Rebecca. Cosa ne era stato di loro?
Michael lo fisso sorpreso, pensando che il fratello sapesse nulla dei Senz'Anima, ma non indagò oltre.«Non tutti lo sono diventati»ammise infine. «Abbiamo costretto l'Inferno a renderci le anime di coloro che sono morti per salvare un'altra vita. E non sono poche, credimi».
Quello era il pegno che l'inferno doveva pagare al Paradiso, dopo la sua sconfitta.
«Erano le anime quelle che aspettavate con trepidante attesa?»
Michael annuí.
«E adesso dove sono?»
«Dai Cancelli. Ed é esattamente lí che stiamo andando».
 
Davanti ai Cancelli, Gabe scorse un gruppo di persone, che si guardavano attorno smarrite. Dovevano essere una settantina piú o meno. Eccole, le anime che avevano salvato dalla dannazione.
E poi un viso conosciuto fece capolino tra i presenti. I capelli ramati, gli occhi grigi inquieti e spaventati,il corpo pieno d'impressionanti graffi.
Si fece largo tra gli Angeli per raggiungerla. Non poteva credere chr fosse lei.
«Rebecca»la chiamó.
La ragazza si voltó sorpresa, e si lanció tra le sue braccia scoppiando a piangere.
Gabe le accarezzó i capelli per rassicurarla.«Shh,shh. Va tutto bene. Tutto bene. Sei al sicuro adesso».
Rebecca alzó lo sguardo si di lui.«É stato orribile»disse semplicemente.
A cosa si riferiva? Alla sua morte, o la sua breve permanenza all'Inferno?
«Vuoi cancellare i tuoi ricordi?»
Rebecca alzó lo sguardo su di lui.«E cosí dimenticare James? No. Preferisco ricordare per tutta la vita quelle atrocità, ma non voglio dimenticare il mio Jam».
Gabe prese un grosso respiro.«Per tutta l'eternità volevi dire. Comunque io mi riferivo ai brutti ricordi Becca. Quelli che non ti lasceranno trovare la pace interiore»spiegò.
Pace interiore? Quanti libri di filosofia si era fatto in tutti quegli anni?
Rebecca strabuzzó gli occhi spaesata.«Pace interiore? Non capisco, a che serve?»
«Per adempire meglio a nostri doveri».
«Gabe»mormoró.«Non sono un'anima comune, vero?»
Gabe annuí.
«Cosa sono?»
«Un Angelo».
Gabe si mosse dietro le sue spalle e con mani esperte l'aiutó a distendere le sue nuove ali candide piumate. Rebecca le fissò misto stupore e disperazione.
Si scostó di colpo, fissando l'Arcangelo negli occhi.«Questo significa che non potró piú tornare da James, non é vero?»
E scoppió a piangere. Gabe l'attiró a sé e la strinse forte al petto. Voleva farle capire che non era sola, e che non lo sarebbe mai stata.
«Becca...»fece per dire, ma s'interruppe. In quel momento si era affiancato loro un giovane Angelo. Lo aveva già visto in giro, perché il suo viso non gli era nuovo. E poi lo riconobbe. Era l'Angelo che si occupava delle anime dei bambini. La sua figura ispirava simpatia con quella capigliatura bionda sempre in disordine, vispi occhi grigi e una tonnellata di efelidi sulle goti. Eppure a Gabe suscitava una nota d'antipatia.
«Cosa vuoi Miguel?»
Miguel fece una smorfia, ma si inchinó ugualmente in tono formale.«Sono qui per la ragazza. Mi é stato detto che si occuperà dei bambini con me».
Gabe lo squadró da capo a piedi.«E chi l'ha detto?»
«Io»s'intromise la voce di Uriel.
Gabe si voltó verso l'Arcangelo, e lo fissó con occhi di fuoco.«Occupati dei tuoi affari Uriel, e io dei miei. Chiaro?»
Uriel arricció le labbra in un sorriso di scherno.«Ma a quanto ho capito non vuoi assumerti le responsabilità e i poteri di un Arcangelo».
 «Gabe...davvero, non c'é bisogno che...». Rebecca provó a calmare le acque tra i due Arcangeli in piede di guerra, senza successo.
«Non sono piú un tuo sottoposto Uriel, ma un tuo pari. Il Primo Cielo mi appartiene giusto?»
Uriel annui controvoglia.
«E allora decido io dove mandare i miei Angeli».
Lo fissó con aria di sfida, e Uriel fi costretto a capitolare.
«E sia. Fa di testa tua Gabriele. Ci rinuncio con te».
E si allontanò a grandi falcate.
 «Bel colpo»approvó Miguel battendo le mani.«Nessuno ha mai tenuto testa a Uriel in quel modo. Hai tutta la mia approvazione nuovo capo».
Gabe lo fissó sorpreso. Non si erano mai parlati, se non per lanciarsi qualche frecciatina. E adesso approvava le sue scelte?
Strane le coincidenze.
«Grazie Miguel, significa molto per me».
L'Angelo fece un breve cenno d'assenso, prima di allontanarsi.
 «E il mio compito Gabe qual é?»
 «Adesso é riposare. Miguel!»chiamó.
L'Angelo si giró confuso.«Puoi accompagnare Rebecca agli alloggi. Deve riposare».
Miguel annui intimando gentilmente la ragazza a seguirlo.
Gabe aveva un'altra cosa da fare.








Angolino dell'autrice:hola a tutti XD
Yee, dono riusvita ad aggiornare...scusate il ritardo ^^" Ora, finalmente abbiamo capito le vere intenzioni di Gabe, e Rebecca non ha fatto una brutta fine :)
Nel prossimo Gabe incontrerà un personaggio, che tutti noi conosciamo(credetemi, è famoso) secondo voi di chi si tratta? :D
Ringrazio che preferisce, ricorda, segue, i recensori (che hanno sempre l'abilità di tirarmi su il moralez XD), e i lettori silenziosi ^^
A presto <3

Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 55
*** capitolo 54 ***


Image and video hosting by TinyPic
 
Capitolo 54

Gli allogi delle anime comuni non erano distanti da quelli degli Angeli. Ma l'anima che gli interessava non si trovava nel suo Cielo, bensí in quello di Michael. Eppure Gabe ci mise pochissimo a raggiungere il Cielo delle anime sagge. Il Cielo di suo fratello era in apparenza simile agli altri, ma le anime che lo abitavano erano di tutt'altra pasta. Potevi incontrare qualsiasi persona illustre, scienziato o artista che sia. Gabe aveva passato gran parte di quei seicento anni in quel Cielo. Aveva discusso di filosofia con Atanasio, forte sostenitore della Trinità e in forte contrasto con Ario di Alessandria da cui poi discese la corrente dell'Arianesimo*, imparato a disegnare con Giotto e Michelangelo, che non la smettevano di pizzicarsi. Aveva capito la bellezza delle scienze, in particolare della chimica. Aveva migliorato la sua tecnica al pianoforte grazie a Ludwig Van Beethoven. Aveva decifrato antichi testi, scritto bozze di poesie, constatando che era una vera frana a riguardo.
Eppure solo in quel posto si era sentito sempre se stesso, e non aveva mai dovuto nascondere ciò che provava veramente.
Nei corridoi degli alloggi scorse di sfuggita Giotto e Michelangelo discutere animatamente riguardo a un blocco di marmo che li attendeva nella sala comune. I due artisti erano sempre in lite per ogni cosa, in particolare per i soggetti che sceglievano di rappresentare. Gabe alzò gli occhi al cielo, e proseguì oltre. Ogni anima aveva un appartamentino singolo o condiviso con la persona piú cara al mondo, e ognuno rappresentava tra le sue quattro pareti una situazione cara al proprietario, oltre alle sale comuni dove potevano interagire fra loro.
Gabe andó spedito verso il numero 100, in onore del numero di canti della sua opera celebre in tutto il mondo:la Divina Commedia.
Bussò educatamente, e rimase in attesa davanti all'uscio in attesa.
La porta si socchiuse un poco, e il volto di una donna si sporse fuori.
Era bellissima constató Gabe. Aveva i capelli mossi lunghi fino a metà schiena, gli occhi color smeraldo dolci e un fisico delicato fasciato in un vestito di stampo medievale, sopra però a un paio di stivali marroni in pelle.
Gabe sorrise sotto i baffi, pensando che anche le anime si erano modernizzate dalla loro morte.
«Desidera?»domandó la donna con voce musicale e con una leggera nota di preoccupazione nella voce.
E come darle torto. Raramente gli Angeli e gli Arcangeli visitavano le anime.
Gabe si schiarí ka voce.«Sono l'Ang...Arcangelo Gabriele, e sono qui per parlare con il signor Alighieri».
Beatrice lo scrutò per un attimo, per poi aprire completamente la porta e permettere a Gabriele di entrare.
«Ti prego, seguimi».
La donna lo condusse davanti a una porta bianca su cui erano incise tre rappresentazioni, una per ogni cantica:Virgilio e i Demoni,Catone il guardiano del purgatorio, e per finire gli Arcangeli in tutto il loro splendore.
Beatrice bussò, ma non ottenne alcuna risposta dall'interno.
Sorrise a Gabe. «É solo un pro forma. Puoi entrare»spiegó, aprendo la porta.
Gabe la ringrazió con un cenno del capo, chiudemdo poi la porta alle sue spalle.
La stanza era illuminata e piena di enormi scaffali pieni di libri di ogni materia e epoca. Al centro spiccava una scrivania in legno d'acero traboccante di fogli scritti con una calligrafia elegante e accurata. Seduto e chino su un foglio con in mano una penna, sedeva un uomo di mezza età dai capelli bruni con indosso una tunica rossa.
Gabe si fermo a pochi passi dalla scrivania, insicuro sul da farsi. Non voleva disturbarlo.
Fortunatamente l'uomo alzó gli occhi dal foglio.
«Oh, visite. Prego, siediti pure. Non c'é motivo di stare in piedi».
Pur avendo vissuto nel Rinascimento, parlava come una persona del ventunesimo secolo, mantenendo però inalterato il suo accento fiorentino.
Gabe quasi a disagio e in soggezione, recuperó una sedia e si piazzó di fronte a Dante.
«Bene, é raro che uno della tua specie venga a far visita a uno come me»disse, poggiando la penna e fissandolo con penetranti occhi castani.
Gabe deglutí. Se voleva il suo aiuto doveva essere convincente.
«Sono qui per chiedervi un'informazione».
Dante poggió il mento sul palmo della mano.
«Su cosa?»
Gabe gli raccontó tutto fin dal principio. Di lui e Beth, della guerra combattuta fino a qualche ora prima nel Primo Cielo. Di Jake e della morte di Beth.
«E io come potrei aiutarti?»
Gabe riferí le ultime parole che gli aveva rivolto Jake.
«Beth é ancora viva. Prima che venga gettata nella Fossa, Jake é intenzionato a torturarla. E io devo salvarla».
Gli occhi di Dante si fecero cupi, facendo intuire a Gabe che aveva capito dove voleva andare a parare il suo discorso.
«Non posso aiutarti» sentenziò laconico.
«Perché? Voi siete sceso nell'Inferno, e sapete dove si trovano esattamente i Cancelli. Siete l'unico in grado di aiutarmi».
Dante sospirò.«Vorrei proprio aiutarti. Socosa si prova a perdere una persona amata»ribatté, alludendo alla morte di Beatrice. «Ma sono stato vincolato a non rivelare a nessuno, umano, Angelo, Arcangelo o qualsiasi altra cosa, dove si trova la Porta».
Gabe deglutí.«Intendete dire che non mi volete aiutare?»
Dante lo fissó con compassione.«Vorrei, ma non posso».
Gabe abbassó il capo. Come avrebbe aiutato ora Beth?
Si alzó tremante.
«Grazie comunque Sommo Alighieri. Spero di non averle fatto perdere tempo prezioso»mormorò con amarezza.
Abbassó la maniglia, quando la voce di Dantegli giunse all'orecchio.
«Io forse non posso, ma un ottimo conoscitore della mia opera potrebbe aiutarti».
Gabe sivoltó verso Dante che era tornato al suo lavoro. Fece un sorriso di gratitudine, e uscí.

Ritornó nel suo Cielo, animato di nuova determinazione.
L'idea aveva cominciato a prendere forma nella sua mente già da un po', ma non pensava così fortemente di metterla sul serio in atto.
E di certo non l'avrebbe scartata. Sorrise quasi involontariamente. Era terribilmente folle e rischiosa, ma Beth valeva quel salto nel buio, nel vero senso della parola.
Il sorriso si affievolì quando scorse davanti a sé Michael e gli altri Arcangeli.
«Dove sei stato?»l'aggredí aspramente Uriel.
«Non ti riguarda». Se prima Uriel gli era indifferente, ora cominciava a non sopportarlo piú.
Michael per fortuna prese le redini prima che la situazione degenerasse.
«Non siamo qui per litigare Gabriele. Ma per chiederti consiglio».
Gabe sbatté le palpebre confuso.«A che riguardo?»
«Sul tuo amico terrestre. James Evans».
Il ragazzo lo fissó con sospetto.«A che proposito?»
Michael sospiro.«Il ragazzo é a conoscenza della nostra esistenza».
«Chissà di chi é la colpa»borbottó Uriel, zittito poi da un'occhiata intimidatoria degli altri Arcangeli. Persino Takiel, constató Gabe sorpreso, era dalla sua parte.
«E senza di lui gli uomini avrebbero perso la fede, e non avrebbero permesso a Elisabeth di evocare completamente il Fuoco Celeste, pur essendone la sua custode».
Sentir parlare di Beth sentí un tuffo al cuore, ma non lo diede a vedere.
«Dove vuoi andare a parare Mike? James...non avrete intenzione di...punirlo?»
Se avessero fatto del male al suo amico lui...
Michael sembró sorpreso.«Punirlo? Stai scherzando? In parte é grazie a lui che abbiamo vinto. Come possiamo castigarlo?»
Fece un cenno a Raziel e Cassiel che stavano reggendo una cassa in legno. Aprirono il coperchio, rivelando adagiata su un morbido cuscino rosso, una balestra bianca diafana, fatta dello stesso materiale di tutte le armi celesti.
«É fatta della stessa materia di ogni arma celeste. Ogni volta che viene caricata compare la freccia, ogni qual volta sia necessaria».
«Carina. Ma ancora non ho capito cosa centri Jam».
Michael sorrise.«Si é dimostrato coraggioso. Durante l'Apocalisse non ha tentennato a salvare vite, ha provato fino all'ultimo di proteggere la sua ragazza. Ha condotto delle persone in salvo a San Pietro, e malgrado ciò che gli era successo non ha mai perso la speranza e ha avuto fiducia in noi fino alla fine».
Fissó intensamente Gabe negli occhi.«Vogliamo offrirgli la possibilità di diventare un cacciatore di Demoni».
Gabe rimase a bocca aperta, ma si riprese in fretta.
Uriel invece era sorpreso.
«Michael sei pazzo? Un umano che svolge un compito da Angeli? É inaudito, inconcepibile, é...»
«Ció che si merita dopo averci aiutato. E non dimentichiamoci che la nostra forza proviene anche dalla fede degli uomini. Se uno di loro ci aiuterà ad assolvere al meglio i nostri compiti, tanto meglio»ribatté Michael convinto.
Gli altri annuirono decisi, compreso Gabe. Era fiero del suo amico.
Uriel borbottó qualcosa del tipo:"Uff...va bene....ma non ditemi che non vi avevo avvertito..."
Michael annuí soddisfatto.«Bene. Ora non ci resta che consegnare l'arma a James e spiegargli tutto».
«Lo faró io Mike. E ti diró di piú. Gli affiancheró uno dei nostri per aiutarlo nel suo compito».
«Hai già in mente chi?»
Gabe annuí.«Rebecca».
Uriel non riuscì a trattenersi.
«É assurdo. Prima diamo un compito arduo a un banale umano, e poi gli affianchiamo un Angelo che non ha la piú pallida idea di come si combatta un Demone? Ma sia o completamente fuori?»
«Uriel»l'ammonì severamente Michael. «É un amico di Gabriele, per cui sa cos'é meglio per l'umano. Fine della questione».
Gabe avvertí un moto di colpevolezza nel cuore. Stava tradendo la fiducia di Michael, e questo non poteva negarlo.
«Va Gabriele, e fa ció che é giusto».
I sei Arcangeli si allontanarono, lasciando Gabe con la cassa contenente la balestra, e l'assurdo pensiero che forse non li avrebbe piú rivisti.

*Arianesimo: L'arianesimo è il nome con cui è conosciuta una dottrina cristologica elaborata dal vescovo, monaco e teologo cristiano Ario (256-336), condannata al primo concilio di Nicea (325). Sosteneva che la natura divina di Gesù fosse sostanzialmente inferiore a quella di Dio e che, pertanto, vi fu un tempo in cui il Verbo di Dio non esisteva e dunque che fosse stato creato in seguito.









Angolo dell'autrice in forte ritardo:
Ciao a tutti! Scusate l'imperdonabile ritardo, ma in questo periodo non ho avuto molto tempo per scrivere...fino adesso ^^"
Ringrazio tutti voi che preferite/ricordate/seguite/recensite/e i lettori silenziosi :D
A presto(spero);)
Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 56
*** capitolo 55 ***


Image and video hosting by TinyPic


Capitolo 55

Preparò tutto l'occorrente:alcuni pugnali celesti, la copia di Divina Commedia che aveva preso in prestito dalla camera di Beth durante la sua visita sulla Terra, un tubetto  che conteneva una sorta di unguento cicatrizzante contenente una piccola essenza di Fuoco Celeste inventato da Raphael.
Avvolse l'elsa della sua spada con della stoffa nera, per impedirle di essere riconosciuta.
In ultimo pensò al vestiario, optando per una camicia nera a maniche larghe, e un paio di pantaloni in pelle elastici di quelli usati dagli Angeli in battaglia. Doveva vestire abbastanza comodo per poter combattere meglio in caso d'emergenza. Indossò per finire un paio di anfibi.
Soddisfatto si legò la cintura da cui pendeva la spada e si mise a tracolla il tascapane.
Ora arrivava la parte difficile.
Pur essendo un Arcangelo, era sicuro che Michael e gli altri avrebbero provato a fermarlo se avessero scoperto le sue vere intenzioni. E lui non poteva fare nulla solo contro sei Arcangeli. Per questo doveva agire rapido. Quel compito era arrivato come un vero e proprio miracolo.
Fulmineo ed elegante come un gatto, quanto gli consentisse la cassa che reggevabin mano, sgusciò per i corridoi raggiungendo la stanza di Rebecca.
La trovó seduta davanti alla finestra, con gli occhi gonfidi pianto.
Gabe si proruppe in un colpetto di tosse, per segnalare la sua presenza.
Rebecca si voltò, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.
«Gabe, sei tu?»
Gabe annuì, sedendosi al suo fianco.«Come stai?»
«Mi manca Gabe. Come e farò a vivere senza di lui?»
L'Arcangelo si inumidì le labbra.«Senti Becca. Avrei un compito da affidarti»
Rebecca sospirò.
«Di cosa si tratta?»domandó rassegnata.
«Vorrei che tu stessi a fianco di James da adesso in poi»disse.
Rebecca lo fisso con tanto d'occhioni.
«Stai scherzando?»
«Assolutamente no. Avete bisogno l'una dell'altra. E tenervi separati per sempre non gioverà a nessuno dei due»ammise.
Notando l'espressione di Gabe, Rebecca si accigliò.«C'é dell'altro, non é vero?»
Gabe annui.«Per il coraggio che ha avuto durante l'Apocalisse, vogliono far diventare Jam un cacciatore di Demoni».
Rebecca rimase a bocca aperta.
«Sul serio?»domandó con un filo di voce.
 «Si. E tu lo aiuterai in questo compito».
Rebecca rimase un tantino spiazzata.«Sono la persona sbagliata, e tu lo sai Gabe. Sono un Angelo da poco. Non so come mi devo comportare, non so...».
«Sarai perfetta»la bloccò Gabe.«E vuoi sapere perché? Te e James siete legati l'uno all'altra. Siete più forti di quanto ammettiate, insieme. Per questo vi affiancherò in questa missione».
Capiva lo smarrimento di Rebecca. Era lo stesso che aveva provato anche lui durante la missione a Wilmington. Il non sentirsi all'altezza del compito che gli avevano assegnato, o non riuscir a rendere fiero il fratello per la fiducia che gli aveva concesso, lo avevano assillato. Fino a quando Beth non gli aveva dimostrato che non era un buono a nulla, che anche lui sarebbe riuscito trionfare in qualunque situazione, e che avrebbe superato ogni ostacolo. Lo aveva constatato quando aveva sfidato le Leggi e l'equilibrio salvando Beth, rendendole di nuovo la libertà e aiutandola indirettamente a prendere il posto che le spettava.
Ora toccava a lui. La fiducia di Beth nei suoi confronti non sarebbe stata vana. L'avrebbe salvata, anche a costo di rivoltare l'Inferno come un calzino.
 «Andiamo Gabe? Non vedo l'ora di riabbracciare James. Non posso assolutamente credere a ciò che deve aver privato per tutto questo tempo«.
La voce di Rebecca lo riscosse. Annui brevemente.
Presto, molto presto anche lui avrebbe riabbracciato la sua Beth.
 
Sdraiato sul letto dell'albergo, James fissava il soffitto. I suoi pensieri erano un guazzabuglio di domande e emozioni in forte contrasto fra loro.
Perché nessuno ricordava cos'era accaduto?
Eppure l'Apocalisse non era per niente una cosa da nulla.
E allora perché la gente era convinta che le vittime fossero morte durante un incidente? Ma non vedevano i graffi orribili che sfiguravano le salme dei morti?
In mano reggeva il suo Samsung, con già digitato il numero di casa. Ma non aveva il coraggio di chiamare la madre. Cine avrebbe potuto dirle che Rebecca era...era...
Non riusciva a pensarci. La mente scacciava quel pensiero inutilmente. Nell'obitorio c'era anche il suo corpo. Aveva gli occhi chiusi e un'espressione quasi beata, come qualcuno che sa di aver adempito al suo compito.
Le lacrime cominciarono a trovare una via lungo le sue goti. Più folte aveva sentito che piangere era da femminuccia, eppure non poteva impedire alle ghiandole lacrimali di fare il loro lavoro.
Sentiva nel suo cuore che non avrebbe potuto vivete senza Rebecca. Sentiva che la sua vita era diventata inutile.
E allora perché non finirla li, in quella stanza d'albergo lontano dalla madre e dai suoi conoscenti?
Un cappio? Una dose di assenzio? Belladonna? Amanita? O forse avrebbe dovuto darci dentro più forte?
Eppure una volta aveva sentito una frase, che era rimasta incisa nella sua mente per anni:"Se io muoio non piangere per me. Fai quello che facevo io, e continuerò vivendo in te".
Non aveva mai capito cosa significasse, né chi aveva pronunciato quelle parole. Sapeva solo che non poteva arrendersi. Il destino si era fatto beffa di lui togliendogli ciò che più caro aveva al mondo. Ma non poteva li a spingersi addosso, o pensare alla morte.
La morte di Rebecca aveva lasciato nel suo cuore una ferita che non si sarebbe cicatrizzata tanto facilmente. Ma in memoria sua avrebbe continuato a vivere. E chissà, un giorno si sarebbero potuti rincontrare.
La vibrazione del cellulare lo destò dai suoi pensieri.
Ebbe un tuffo al cuore leggendo il nome del mittente.
Gabriele.
Lo aprì subito, facendo scorrere lo sguardo sulla schermata.
"Ho bisogno di parlarti. Posso salire?"
Da quelle parole dedusse che Gabe era li a Roma, pensò con sollievo.
scribacchiò un semplice "Ok" come risposta.
Non passarono altro che un paio di secondi che Gabriele comparve in una luce abbagliante. James d'istinto si riparò gli occhi con il braccio.
«Accidenti Gabe. La vista mi serve ancora, lo sai?»
«Felice di rivederti anch'io James»rispose in modo sarcastico Gabe, con un sorriso divertito.
James constatò che l'amico era molto cambiato rispetto all'ultima volta che l'aveva incontrato. Infagottato in quegli abiti neri, il viso pallido e gli occhi più spenti del solito, non gli sembrava più il ragazzo timido e impacciato che aveva incontrato qualche mese prima.
Anche la postura dritta, da guerriero gli fece capire quanto fosse maturato, e quanto aveva dovuto sopportare.
Seduto sul letto, James si portò le ginocchia al petto, come faceva sempre ogni volta che era triste o pensieroso.
«Dalla tua presenza qui dovrei dedurre che avete vinto, non é così?»domandó con voce atona. Era felice che Gabe non ci avesse rimesso le penne, ma non poteva rallegrarsi molto, non con Rebecca morta.
Gabe fece un rapido sorriso, e si sedette al suo fianco, poggiando la cassa che teneva(chissà cosa conteneva)ai suoi piedi.
«Esatto. I Demoni hanno ricevuto una bella batosta»rispose, rabbuiandosi subito dopo.
Vederlo così gli faceva male, ma non sapeva come rincuorarlo, dato che neanche lui riusciva a farlo con se stesso.
«E devo anche dedurre che il fatto che a gente non ricordi alcuna Apocalisse sia uno dei vostri trucchetti per preservare il vostro segreto. Fuochino?»
Gabe abbozzò un sorriso.«Azzeccato in pieno Jam».
Rimasero seduti l'uno di fianco all'altro, in un silenzio imbarazzato.
«Ho una cosa per te»disse improvvisamente Gabe, rompendo il ghiaccio, porgendogli la cassa.
James la soppesò incuriosito e l'aprì delicatamente.
Il suo cuore perse un battito dall'emozione. Adagiata su un cuscino rosso c'era una balestra bianca diafana, dai motivi curati che ricordavano molto tante rune Algiz messe in sequenza.
«É bellissima»mormorò commosso.
 «É fatta della stessa materia delle nostre armi celesti. Ed é sempre carica. Ogni volta che tenderai l'arco, la frecciasi materializzerà magicamente. Ed é tua».
James scostò lo sguardo dalla magnifica arma. «No, non posso accettare Gabe. Non sono come te. Sono solo un semplice umano».
«Tu sei più di un semplice umano James. Senza di te non avremmo potuto vincere. La tua fede e fiducia nei nostri confronti ci ha impedito di soccombere sotto i Demoni. E c'é di più. Hai portato in salvo tutta quella gente, quando avresti potuto benissimo lavartene le mani e abbandonarle al loro destino. James. Io e i miei compagni abbiamo deciso di nominarti cacciatore di Demoni».
James rimase a bocca aperta, senza parole.
«Che fai? Pigli le mosche?»cercò di scherzare Gabe.
James si riscosse, fissando l'amico con tanto d'occhioni.
Poi scosse la testa.«Senti, sono la persona sbagliata, e tu lo sai. Non ho alcuna capacità particolare, sono un pessimista cronico. E mi sento in colpa perché non sono riuscito a salvare Rebecca».
Gabe sorrise misteriosamente.
«Per quest'ultimo pensiero, levati il macigno che hai sul cuore Jam» disse, avvicinandosi alla porta aprendola.
James ebbe un tuffo al cuore.
Nel vano della porta c'era Rebecca, vestita con il pigiama che indossava quando era morta. Si stava torturando le mani, come se non sapesse cosa fare in quel momento. Quando alzò lo sguardo e incrociò gli occhi con quelli di lui, si aprì in un sorriso radioso.
«Becca...»mormorò, cercando di convincere se stesso.
Rebecca si avvicinò lentamente, come se temesse che Jam potesse scomparire improvvisamente, e solo quando furono solo a pochi centimetri di distanza si gettò fra le sue braccia.
James affondò il viso fra i suoi capelli, respirando a fondo il suo odore. Sapeva che la sua ragazza era patita per l'essenza di lavanda, ma non c'era solo quella tra le sue . Sembrava, anche se gli pareva alquanto strano, profumo di nuvola.
«Mi sei mancata»sussurrò.
«É grazie a Gabriele che sono qui»rispose, girandosi riconoscente verso Gabe, che fino a quel momento era rimasto in silenzio e assolto nei suoi pensieri.
Anche James lo fissó negli occhi.«Grazie, amico mio». Si scostò un poco da Rebecca per recuperare la balestra, portandosela al cuore.
«Gabe, ti giuro che combatterò per la causa del Paradiso,contro l'Inferno»disse solennemente.
Gabriele rispose con un cenno del capo, alzandosi dal letto.
«Ora devo andare Jam. Statemi bene».
 «Non rimani ancora un po' con noi?»
Gabe scosse la testa. «Devo fare una cosa importante James».
James annuì.
Ma quando Gabe allungò la mano per aprire la maniglia, non riuscì a trattenersi.«E Beth? Non è venuta con te?»
Gabe trattenne il fiato, e cercò di impedire alle lacrime di uscire.
«No James. Lei, lei…»balbettò.«lei è prigioniera dell''Inferno».
James scosse la testa confuso.«Gabe, non capisco…»
E Gabriele gli raccontò tutto, nei mimicissimi dettagli.
A racconto James rimase in silenzio.«É una follia, lo sai. Non si torna indietro dall'Inferno»obbiettó infine.
«É l'unica possibilità che ho per salvare Beth».
«Capisco».
Gabe sentiva la preoccupazione che l'amico provava nei suoi confronti, ma qursto non gli avrebbe impedito dibpottare avanti il suo piano.
Distolse lo sguardo dahli occhi color cipccolata di James, per posarli sul comodino. A fianco alla lampada spiccavano due libri:un'opera cobsunta di Angeli e Demoni di Dan Brown, e l'Inferno di Dante Alighieri.
Gli ritornarono in mente le parole che il poeta aveva sussurrato alla fine della loro discussione, unprezioso aiuto.
"Io forse non posso, ma un ottimo conoscitore della mia opera potrebbe aiutarti"
«James, sei mai stato a Gerusalemme?»
James non capi quella domanda improvvisa. «Mmm si. Quando avevo quattordici anni. Perché?»
«E conosci bene l'Inferno di Dante?»continuó, ignorando la perplessità di Jam.
«Si, perché? Non ci capisco piú niente Gabe, cosa...»
«Ho bisogno del tuo aiuto. Sei la mia unica speranza di salvare Beth».
James si grattó la testa.«Lo farei con piacere se sapessi come fare».
Gabe sorrise.«Tu possiedi un'informazione che mi aiuterà. Dato che conosci l'Inferno sai dove si trovano».
 «Cosa?»
«I Cancelli che mi permetteranno di penetrare nell'Inferno».

 







Angolino autrice:
Hola a tutti ^^
Duqnue, in questo capitolo ritroviamo Becca e Jam di nuovo insieme.
E Gabe?
Vedrete ^^
Ho in mente qualcosa di veramente...infernale XD
Ringrazio tutti voi che seguite questa storia.
Per chi fosse interessato lascio il link del gruppo su facebook dedicato a questa storia:

https://www.facebook.com/groups/1500639193543993/


A presto,
Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 57
*** capitolo 56 ***


Image and video hosting by TinyPic
 

Capitolo 56

Avvolto in un largo mantello nero che lo faceva sembrare ombra tra le ombre, Gabriele percorse le strade di Gerusalemme sotto l'acqua scrosciante, in cerca di un albergo.
La sua attenzione fu catturata da uno piccolo in periferia. All'esterno era grazioso, che alla luce dei lampioni sembrava di un panna chiaro.
Gabriele aprí senza esitazione la porta. L'interno era come se lo aspettava. Semplice ma al tempo stesso accogliente, Nell'aria si percepiva quasi un odore di casa.
Dietro al bancone ad attenderlo trovó un uomo sulla trentina, dai capelli ricci che sbucavano da sotto la kippah, il copricapo tradizionale usato dagli uomini ebrei. Aveva un sorriso amichevole, eppure nei suoi occhi lesse piú di quanto trasparisse all'esterno. C'era dipinta la paura che Raphael e gli altri gli avevano raccontato, la paura che segnava ogni vittima della guerra.
Perché quella magnifica città ricca di storia e sapere era contesa tra tre religioni:ebrea, musulmana e cristiana.
Gabe non capiva. Era vero, ognuno ritrovava le proprie radici in quella città, e allora perché non condividerla tutti e tre insieme?
Cosa pensavano di ottenere con la guerra? Alla fine avrebbero perso tanto tutti, perché in fondo tutte le guerre colpivano le persone normali. E, poi, chi diceva che gli avversari si sarebbero arresi?
Le sue erano considerazioni schiette, eppure sapeva che le soluzioni più semplici a volte erano quelle più efficaci.
Si avvicinò all'uomo, che sorrise cordiale.
«In cosa posso esservi utile?»gli domandó in inglese.
«Una camera per la notte»rispose Gabe poggiando alcune shequalim e qualche siclo, parte delle banconote e la moneta in uso in Isdraele.
L'uomo annuí, porgendogli una chiave dorata.
«Le va bene la numero 17?»
Gabe annuí e rispose con un timido:«Grazie».
Ringrazió mentalmente l'uomo per non avergli fatto domande sul suo strano abbigliamento. In ogni esercito del mondo si potevano trovare Angeli e Demoni in missione.
 Forse aveva capito che era uno dei buoni?
La stanza era piccola, con un letto singolo addossato alla parete, con sopra poggiate delle lenzuola bianche che sapevano di pulito, un piccolo comodino con una lampada e un piccolo armadio. Sulla parete opposta al letto si apriva una finestra che dava sul colle. Quel colle. Quel colle dove il figlio del Suo Signore era stato crocefisso molti anni prima. Quel colle che aveva assaggiato il sangue del  Messia.
Dopo che chiuse la porta della stanza alle sue spalle, gettó il tascapane e la spada e si tolse il mantello poggiandolo sulla sedia.
Tiró fuori dalla tasca un foglio semiaccartocciato dal troppo ripiegare. L'ultimo regalo di James. La sua unica possibilità di orientarsi nell'Inferno.
Lo aprí pur avendo fatto già un centinaio di volte. La rappresentazione era semplice, eppure Jam l'aveva costruita pezzo a pezzo leggendo l'Inferno.
 
Image and video hosting by TinyPic
 
La mattina dopo avrebbe risalito il colle  per poi affrontare la Selva. Era proprio in una radura di essa che si celava l'entrata che l'avrebbe condotto all'eterno dolore, per dirla alla dantesca.
Chiuse gli occhi. Quella sarebbe potuta essere l'ultima volta che sarebbe venuto a contatto con il mondo umano. Perché le probabilità, secondo il suo pessimismo cosmico, di riuscita era pari allo 0,000000001 per cento.
Mugugnó voltando lo sguardo verso la finestra. No. Doveva farcela, per Beth. Le aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per stare con lei. E una volta le aveva assicurato che avrebbe attraversato anche l'Inferno, per lei. Ed era pronto ad onorare la promessa fatta.
Un brillio rischiaró la notte e un tremendo boato scosse l'intero edificio fin nelle fondamenta. Le vetrate andarono in frantumi, e la pioggia battente che cadeva copiosa e obliqua grazie al vento, si riversó nella stanza.
Gabe si sporse dalla finestra.
La carcassa di un camion era in fiamme, cosí come le auto vicino. Aveva centrato in pieno le vetrate del negozio di fronte, e i terrazzi dei piani soprastanti erano mezzi distrutti e adesi al palazzo in modo precario.
In lontananza si sentí il rumore di una sirena in rapido avvicinamento. Ma quello che lo colpì di più fu una bambina. Avrà avuto si e no, una decina d'anni e teneva stretto a sé un pupazzo raffigurante un orsetto. Aveva il volto pieno di furigine, e qualche graffio dovuto dai vetri andati in frantumi che dovevano averla colpita con la forza di un proiettile.
Singhiozzava, eppure sentiva le parole che pronunciava all'infinito:«Mamma…».
Il cuore di Gabriele perse un battito. Ecco ció che la guerra, ovunque andasse, lasciava dietro di sé.
Dolore e morte, il nutrimento delle forze oscure, ció che permetteva loro di andare avanti. Ogni volta che ci pensava reprimeva sempre un moto di disgusto. Erano creature cosí meschine e subdole, se traevano piacere nella sofferenza altrui.
Il proprietario bussó alla porta, e in inglese lo avvisó che l'albergo doveva essere evaquato.
Gabriele raccolse le sue cose e in tutta fretta seguí fuori l'uomo. Non era l'unico sulla strada, a parte i soccorsi, gli sfollati della palazzina. Si ritrovó a fianco di una famiglia tedesca, un uomo di mezza età britannico, e una coppia di ragazzi francesi.
Nel sentire parole sussurrate in francese la sua mente corse a Annabel. Il tradimento della sua migliore amica bruciava ancora nel suo cuore.
Dove aveva sbagliato? Possibile che non si fosse mai accorto dei suoi sentimenti? Ma piano piano ripensando all'amica ricordò ogni suo gesto nei suoi confronti, e solo in quel momento capi che Annabel lo desiderava ormai da anni.
Non lo aveva fatto apposta a non capire fin da subito come stavano i fatti. Per lei sentiva solo un'immenso affetto, lo stesso che si prova per un amico, nulla a che vedere con lo sfarfallio nello stomaco e il profondo piacere che provava in compagnia di Beth.
Beth.
Doveva sbrigarsi a raggiungerla.
Senza farsi notare si allontanó dalle persone. Sarebbero state piú al sicuro senza lui nei paraggi. Perché dietro quell'attacco c'era un Demone, l'aveva percepito. E non voleva che nessun altro umano ci rimettesse la vita per colpa sua.
Pochi metri e si confuse tra le ombre.
 
Uscire dalla città fu piuttosto facile. Tutti presi dall'attacco, non c'era nessuno alle porte a controllare gli spostamenti.
Gabriele fu rapido a mettere tra di sé abbastanza distanza dalla città. Si fermó quando raggiunse i piedi di un colle. Quel Colle.
Calpestare quella terra che si era impregnata del sangue del Messia, gli metteva addosso una strana inquietudine.
E sapeva che dall'altra parte, ad attenderlo si trovava la famosa Selva, che celava nella sua oscurità l'ingresso per l'Inferno.
Arrivato in cima gettó un'occhiata dietro di sé, alla città illuminata dai lampioni e dall'incendio non ancora domato. Si chinó e raccolse un pugno di terra nell'esatto punto(cosí gli aveva detto Raphael)dove si era issata la croce.
Aprí il palmo della mano, permettendo alla sottile polvere di disperdersi al vento notturno. Si ripulí la mano sui pantaloni, gettando uno sguardo quasi di sfida alla selva sottostante.
Sarebbe riuscita a domarla, dovesse costargli la vita.


Angolino autrice:
ciao a tutti :3
Ok...questo capitolo si è dimostrato difficile da scrivere, oltre che per il tempo mancante, anche per l'ambientazione nel mirino di diverse discussioni mondiali(o quasi ^^)
Spero di aver trattato la questione il meglio possibile :3 e specifico banche che ci sono in entrambi gli schieramenti sia angeli che demoni ^^
Ringrazio tutti voi che preferite/ricordate/seguite/recensite/leggete la storia ^^
A presto(spero)
Drachen



gruppo facebook:

https://www.facebook.com/groups/1500639193543993/
 

Ritorna all'indice


Capitolo 58
*** capitolo 57 ***


Image and video hosting by TinyPic
 


Capitolo 57

 

Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita…
Divina Commedia Inferno, Dante, Canto I vs.1-3
 
 

Fece il primo passo avvertendo una strana sensazione risalirgli su per la spina dorsale, bloccandolo un istante appena. Quel luogo era nelle mani dei suoi nemici, ne avvertiva il loro potere,contrario a quello che custodiva nel suo cuore.
Comunque non demorse e cominció la sua discesa del Colle. La Selva ai suoi piedi a cui pian piano si avvicinava, era come se l'era aspettata: alberi immensi dalle chiome fitte nere che impedivano al sole di penetrare e che troneggiavano su un sottosuolo pieno di rovi scuri e taglienti, un tappeto di foglie rosse malate e resti di ossa a terra.
Gabe deglutì. Se già la selva si presentava così, figurasi com'era l'Inferno vero e proprio.
Fu quando definitivamente entró nella Selva che comparvero.
Li per lí gli parvero macchie indistinte, ma ora che si stavano avvicinando fameliche le riconobbe dai versi che aveva letto dell'Inferno, molti anni prima. La prima a rendersi ben visibile fu la lonza, come veniva definita da Dante. Era snella e agile,aveva un manto maculato e fissava Gabe con i suoi straordinari occhi vermigli che la identificavano come bestia infernale, nello stesso modo di Savannah al suo primo giorno alla Wilmington Town Of. Quando seguiva l'addestramento per diventare un guerriero, Michael aveva accennato le tre fiere infernali, guardiane della Selva. Se non ricordava male la lonza era il simbolo della lussuria.
D'istinto fece in passo indietro e proprio in quel momento comparve la seconda fiera:il leone. Enorme possente agitava lentamente la testa facendo ondeggiare la criniera, studiandolo come se fosse un pasto succulento.
Stando alle parole del fratello, quella creatura rappresentava la superbia.
Gabe fece mentalmente un calcolo. Mancava ancora una fiera all'appello.
Come se l'avesse chiamata con la forza del pensiero, ecco apparire la lupa, di una magrezza spaventosa e desiderosa di carne.
E con lei, rappresentante dell'avarizia era a posto.
Stando ai versi di Dante, la più temibile delle tre era proprio la lupa.
Nei suoi occhi rossi lesse una crudeltà senza pari. Se voleva andare avanti doveva affrontarla.
Ma scusa, non era quella che aveva impedito a Dante di salire il Colle? Non era la stessa cosa per lui che doveva scendere, pensò. Ma la lupa era di tutt'altra opinione, e per dimostrarglielo, mise ancora più in mostra i suoi canini appuntiti.
Determinato sguainò la spada diafana e si mise in posizione di difesa.
«Sei qui per fermarmi, non é cosí?»la beffeggió duro. La lupa emise un lungo ringhio intimidatorio.
«Allora vieni a prendermi»esclamó Gabe con occhi di fuoco.
La fiera non se lo fece ripetere due volte e con un balzo spiccó un balzo cercando la gola di Gabriele, che nel frattempo si era scostato dalla sua traiettoria.
Le zanne schioccarono a un non nulla dalla sua carotide. Gabe fu rapidissimo. Roteó la spada, colpendo la lupa al fianco. Sangue nero cominció a scendere dalla ferita, impregnando il terreno sotto di sé.
La lupa riprovò a riattaccare, stavolta mirando alla gamba, con l'intenzione di fargli perdere l'equilibrio e approfittare di un suo momento di vulnerabilità.
Ma Gabe fu più rapido. Con un semplice affondo trapasso da parte a parte la cassa toracica della belva, che si accasciò a terra.
Come per magia la lonza e il leone si dissolsero in fumo, così come il corpo senza vita della lupa.
Gabe rimase per un attimo stupito, impugnando ancora la spada. Insicuro tiró fuori dal tascapane la Divina Commedia di Beth.
La sfoglió lentamente fermandosi quando trovò le parole che cercava:
 
*Molti son animali a cui s'ammoglia,
e più saranno ancora, infine che l'Veltro
verrà, che la farà morir con doglia.
Questi non ciberà terra né peltro,
ma sapienza, amore e virtute...
(...)
**Questi la caccerà per ogni villa,
fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno
là onde invidia prima dipartilla.
 
In altre parole, Virgilio aveva spiegato a Dante nel primo Canto, la profezia del Veltro, cioè un liberatore che non si sarebbe cibato di cose terrene, ma di sapienza, amore e virtù, e che avrebbe condannato la lupa a ritornare nell'Inferno da dove l'invidia di Lucifero l'aveva fatta uscire.
Dalla descrizione aveva sempre pensato a un eroe, non a uno come lui. Certo, essendo una creatura celeste era diverso dagli umani, eppure aveva sempre creduto dovesse trattarsi di un umano.
Scacciò i suoi dubbi.
Aveva superato la prima prova.
Ora doveva trovare l'entrata per i Cancelli dell'Inferno.
 
Freddo. La superficie dov'era sdraiata era gelida.
Beth aprí piano gli occhi, la testa le pulsava e sentiva un formicolio in tutto il corpo,soprattutto a  livello dei polsi. Sbatté le palpebre confusa. Si trovava nella sala del trono di Castel Tenebra, cupa e tenebrosa come ricordava, rischiarata solo da acciaini su cui brillava fulgido il Fuoco Infernale.
Provó a tirarsi su coi gomiti, ma il corpo non rispondeva, sentendosi quasi privo di forze. I polsi erano rinchiusi in pesanti anelli di metallo collegati a una catena agganciata a un anellino incastrato nel pavimento.
Sconfitta decise di rimanere ferma al suo posto. Cos'era successo?
Ricordava di essersi frapposta tra Gabe e Deimos impugnata da Jake, il dolore che dal petto si era propagato in tutto il corpo e poi il buio.
Gettó un'occhiata ai vestiti che indossava. La canotta bianca che indossava era sporca del suo sangue e quello di nero di Dagon e stracciata all'altezza del cuore,  i pantaloni erano semidistrutti.
Perlomeno era viva. L'unica cosa che poteva nuocerla era la fonte del Fuoco Infernale custodita nella Fossa, e nient'altro. Finché non finiva nella Fossa c'era ancora una speranza, pensó cercando di consolarsi.
Il cigolio della porta la destó dai suoi pensieri.
Ne emerse la figura di Jake, vestito in tutto punto, con un sorriso da vincitore stampato sul viso. Indossava una camicia bianca aperta fino a metà petto, un paio di pantaloni lucidi e  eleganti scarpe nere.
Al suo fianco Annabel. Aveva abbandonato qualsiasi aspetto angelico, rivelando finalmente la sua vera natura. Indossava un vestito di seta nero lungo fino a terra senza maniche. Sembrava una principessa delle tenebre, e questa percezione nella mente di Beth, non era così lontana dalla realtà.
«Finalmente ti sei svegliata»l'apostrofó beffardamente Jake.«Cosí potró dare il via alla festa».
Annabel si strinse al braccio di Jake, fissandolo con occhi sognati.«Potremo vorrai dire. Vuoi forse prenderti tutto il divertimento?»cinguettó con la stessa aria innocente che avrebbe potuto avere una tarantola.
Il Demone socchiuse gli occhi, arricciando le labbra in un sorriso.«Non potrei mai mon cher»eslclamó, accompagnando le sue parole con un bacio.
Beth li fissó con crescente disgusto. Verso il suo ex sottoposto, cosí viscido e subdolo, e verso quella vipera di Annabel. Se pensava che per colpa loro avrebbe potuto perdere il suo Gabe, le saliva il sangue alla testa.
«Bene. Dopo che avete finito di scambiarvi effusioni, potreste spiegarmi cos'avete in mente?»domandó con evidente sarcasmo. Vedere Jake che perdeva le staffe, era la cosa più appagante che potesse avere li prigioniera nell'Inferno.
Jake si sciolse dal bacio e dall'abbraccio, fissando la sua prigioniera con espressione truce. Era incredibile come il Demone sapesse cambiare il proprio carattere in pochissimo tempo, adattandolo alla necessità del momento. Se un attimo prima pareva un vero gentleman, adesso un boia di fronte al condannato.
 «Davvero non lo sai?»domandó scoppiando poi in una grassa risata.«Vent'anni tra noi non sono serviti a eliminare la tua ingenuità Betty».
Beth represse un moto di stizza sentendo quel soprannome che aveva sempre odiato.
«Sono ancora qui razza d'idiota. Lo sanno tutti che la procedura prevede che mi getti nella Fossa. Perché non l'hai ancora fatto?»
«Ansiosa di morire Betty?»
Beth sorrise con scherno.«Sai cosa temo piú della morte? Sentire le stupidate che escono dalla tua bocca, e che solo il tuo cervello sa elaborare. Ah, ma aspetta. Che sciocca che sono. Tu non hai un cervello».
Il volto di Jake si rabbuió. Beth sentiva di aver toccato il suo orogoglio, e per questo se ne sentí orgogliosa.
«Stai scherzando con la persona sbagliata, e lo sai. Conosci il detto, no? Se giochi con il fuoco rischi di bruciarti».
Beth lo fissó gelidamente negli occhi.«Io non ho paura di te Jake».
Jake si aprí in un sorriso maligno.«Oh, e invece devi averne paura. Tu non hai la piú pallida idea di ció che ti aspetta». Fece una pausa d'effetto, assaporando il dubbio negli occhi di Beth.«Sei una preda ambita qui nell'Inferno, ora che hai manifestato la tua vera natura. La guardiana protettrice del Fuoco Celeste. Troppo importante per gettarti subito nella Fossa. Cosí il Mio Signore ha fatto uno stappo alla regola. Potró torturarti finché ne ho voglia, e solo quando mi saró stancato finiró definitivamente la tua vita».
La paura cominció a serpeggiare nel cuore di Beth, inchiodandola al suo posto, riprendendosi però subito dopo.
«No! Non mi avrete mai!»urló alzando le braccia, pur costandole uno sforzo immane da quanto erano intorpidite. Quel luogo che era stata la sua casa per vent'anni le stava strappando le forze piano piano inesorabilmente.
Tuttavia riuscí nel suo intento. Un cerchio di Fuoco Celeste la circondó impedendo cosí a Jake di avvicinarsi.
Il Demone rimase interdetto per un attimo appena, per poi scoccarle un'occhiata derisoria.
«Prego. Continua un ultimo patetico tentativo di salvezza. Ma non ti illudere. Nessuno verrà a salvarti. Cadrai nelle mie mani, e giuro che faró in modo di farti pagare ogni supplizio a cui mi hai sottoposto per tutti questi anni. Stanne certa».
Sputó a terra con disprezzo, e con Annabel lasció la sala.
Beth non demorse e continuó ad alimentare la barriera. Ma intanto sapeva che non sarebbe dutata eternamente.
Chiuse gli occhi, e pregò Suo Padre.
Che qualcuno, in un modo o nell'altro la salvasse.
 
* Divina Commedia, Inferno vs.100-104
**Divina Commedia, Inferno vs.109-111



Angolino dell'autrice:eccomi qui con (finalmente) il capitolo ^^
Da qui Gabe intraprenderà seriamente il suo viaggio nell'Inferno. In questo capitolo abbiamo trovato la Selva con le Fiere, nel prossimo...diciamo che entreremo nel vero e prorpio Inferno. Andando più avanti troverete somiglanze ma anche differenze dal mondo dantesco, diciamo che in parte mi sono ispirata a lui ^^. E nella seconda parte abbiamo rivisto Beth(vi era mancata?) ^^
Ringrazio tutti voi che seguite la storia :D
A presto <3

Ritorna all'indice


Capitolo 59
*** capitolo 58 ***


Image and video hosting by TinyPic

 

Capitolo 58

Quivi sospiri, pianti  e alti guai
risonavan per l'aeresanza stelle,
per ch'io al cominciar ne lagrimai…
Divina Commedia Inferno, Dante, Canto III vs.22-24

«Guai a voi, anime prave!
non isperate mai veder lo cielo:
i'vegno per menarvi a l'altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo…»
Divina Commedia Inferno, Dante, Canto III vs 84-87
 

Messa quanta piú distanza possibile tra se e il luogo dove si era scontrato con laLupa, si permise di fermarsi un secondo per riprendersi.
Certo, aveva superato la prima prova, ma quanto ci sarebbe voluto prima chel'Infernolo schiacciasse?
Scacció dalla testa quel pensiero pessimista.
Aveva una missione da portare a termine. E nessuno sarebbe stato in grado di fermarlo.
Perso nei suoi pensieri neanche si accorse di aver raggiunto la radura che stava cercando. Il cuore della Selva che celava l'ingresso per l'Inferno.
Con lo sguardo studió ogni centimetro di quella radura, nella speranza di cogliere un particolare che l'avrebbe condotto alla Porta.
Niente da fare.
La radura di persé, non aveva nulla di insolito, nulla che stonasse con ció che la circondava.
Represse un moto di stizza. Non era andato fino a lí per combattere contro una creatura infernale senza motivo.
Avrebbe trovato un modo per intruffolarsi nel mondo nemico.
E nella sua mente trovó la risposta.
Il Libro delle Ombre.
Qualche giorno prima l'aveva sfogliato velocemente senza dargli troppo peso. Ebbe un tuffo al cuore nel pensare che quel momento non non si sarebbe mai aspettato di finire in una situazione simile, preso com'era a trovare un modo oer stare con la sua Beth.
I suoi occhi avevano letto una formula in latino, nel capitolo I sezione "Aprire portali per l'inferno".
Sorrise. Lì per lì non si sarebbe mai immaginato di usarla, ma per salvare Beth era disposto a tutto, anche a ricorrere alle armi dei suoi nemici.
Si posizionò a fianco a un grosso albero ai margini della radura. Se si fosse aperto sul serio un portale, doveva stare attento.
«Aperite portas inferi*»recitó quasi titubante.
Non accadde nulla. Eppure era sicuro che la formula fosse giusta. Dove aveva sbagliato?
Forse, forse doveva caricarla di odio, la vera forza dei Demoni. Doveva sfruttare i mezzi dei suoi nemici se voleva entrare nel loro regno delle tenebre.
Chiuse gli occhi, portando a galla nella sua mente il volto di Jake, in quel momento l'unica cosa che odiava con tutto se stesso.
 «Aperite. Portas. Inferi»scandí bene, tenendo sempre la sua mente concentrata sul volto del nemico.
La terra cominció a tremare, ma Gabe rimase fermo al suo posto concentrato, le mani tese in avanti con i palmi rivolti verso terra.
Dal nulla il terreno si aprí in una scalinata che pian piano cominció a srotolarsi verso il centro della Terra. La sua via d'accesso.
Gabe poggiò il primo piede sullo scalino. Da quel momento la sua unica priorità sarebbe stato uscire dall'inferno con Beth. Il resto sembrava essersi dissolto nella sua mente.
Scese le scale lentamente e in silenzio. I suoi passi risuonavano ritmicamente sulla superficie umida e viscida dalla presenza di muschio, come se per anni e anni nessuno avesse mai messo piede lì.
Il tempo che passò parve un'infinità, ma alla fine trovò la fine di quella lunga scala a chiocciola. E si ritrovò in una caverna, una sorta di grotta naturale di cui scorgeva a stento il soffito. Le sole cose che notava, vagamente bozzate, erano le punte delle stalattiti taglienti come lame. Alle alte pareti erano ancorati acciaini sulle cui punte risplendevano lingue di Fuoco Infernale, che illuminavano in modo spettrale la grotta.
E alla fine vide incombere su di sé la Porta. Enorme, sembrava toccare il soffitto, nera come l'inchiostro. Gabe si avvicinó piano, notando che uno dei due battenti era a terra. La Porta era stata abbattuta da Cristo quando era penetrato nell'Inferno per liberare le anime giuste che erano diventate le prime anime a insediarsi nella Candida Rosa, uno dei tre Cieli non controllati da un Arcangelo, e il più vicino al Signore.
Mano a mano che avvanzava, la sua mente riportó a galla dei versi della Divina Commedia.
 
Per me si va nella città dolente,
 
Già sulla sua pelle sentiva il dolore e l'odio proveniente da sotto disé, dove si snodava ininterrottamente fino al centro della Terra l'Inferno. Sentiva le forze che pian piano lo abbandonavano, come se quel luogo le risucchiasse via e se ne nutrisse.
 
per me si va ne l'etterno dolore,
 
Se smetteva di camminare gli pareva quasi di sentire già le grida di dolore dei dannati, condannati per le loro colpe di cui si erano macchiati in vita, per l'eternità.
 
per me si va tra la perduta gente.
 
Quanto odioriusciva a covare il cuore degli uomini? Lui stesso, che a suotempo era stato vivo, non riusciva ancora a comprendere come facessero gli esseri umani a lasciarsi tentare dal male. Una scappatoia nella vita? Un modo per sentirsi importanti e superiori agli altri?
Un vero mistero.
E quando fu sotto il portone lessel'ultimo verso, la condanna definitiva per i dannati li rinchiusi.
 
Lasciate ogni speranza, voi c'entrate.
 
Perché l'Inferno era questo, un luogo che toglieva tutto in primis la speranza, la speranza di redenzione per le anime lí condannate per l'eternità, o almeno fino al Giudizio Universale.
"Chissà come la prenderebbero se sapessero che abbiamo sventato l'Apocalisse" si ritrovó a pensare. L'avrebbero scuoiato vivo? Massacrato di botte?
Meglio tacere su questo, concluse con convinzione.
Si fermó davanti all'uscio della Porta. L'interno sembrava il vuoto piú assoluto, una macchia scura simile al catrame.
Allungó la mano, e questa si trovó a toccare, come aveva pensato, una superficie oliosa e poltigliosa. Quello era il primo passo che non l'avrebbe condotto nell'Inferno vero e proprio. Ad attenderlo si trovava prima l'Antinferno, almeno stando dalla mappa di James.
Con disgusto si fece corraggio e in una sola corsa di catapultó della sostanza. Ad attenderlo trovó buio. Buio e silenzio. Silenzio rotto dal suo respiro affannoso. Sperava che l'Inferno vero e prorio fosse piú illuminato e non così desolante.
Camminó tastando il terreno solido(almeno era solido)che aveva sotto i piedi cautamente. Di accendere una fiammella di Fuoco Celeste non se ne parlava. Si sarebbe fatto scoprire subito.
Quand'ecco che all'improvviso dal nulla sentí delle grida, pianti e sospiri, lamenti come quelli in un campo di battaglia dopo un massacro. Lingue diverse si attorcigliavano tra loro, e non sempre erano di profonda supplica. Gabe sentí anche delle parolacce  e bestemmie blasfeme contro il suo Signore. Tra una parola e un lamento e l'altro sentira rumore di percosse. Ma questi suoni non duravano con la stessa intensità, alcune volte si affievolivano come se le anime lí torturate si allontanassero, e poi senza preavviso ecco che le grida tornavano a levarsi alte.E alla fine comprese di chi si trattava. Erano gli ignavi, coloro che erano vissuti senza infamia e senza lode, senza schierarsinè con il bene né con il male.
Né beati né dannati.
Gabe aveva sentito che tra loro c'era un gruppo di Arcangeli che al momento della prima Apolalisse si era definito Neutrale e che il suo Signore alla fine della guerra aveva condannato e che erano stati confinati da Lucifero nell'Antinferno.
Ma non ne scorse nessuno nel gruppo di anime che man mano si stava avvicinando alla sua posizione. L'uomo in testa brandiva una bandiera bianca vuota che girava senza meta di qua e di là, e dietro un gruppo eterogeneo di gente che la seguiva bramosa. Correvano senza sosta su un tappeto di vermi, inseguiti da vespe che li pungevano ripetutamente. Il loro sangue impregnava il terreno bevuto senza sosta da quei vermi...
Gabe sentì lo stomaco contrarsi. Aveva visto di peggio, non c'era dubbio ma vedere quella gente ridotta in quelle condizioni gli faceva venire il voltastomaco.
Ignavi. Gente che non aveva mai fatto una scelta o che se l'aveva fatta non se n'era mai assunta la responsabilità;gente amorfa che non ha mai voluto emergere e che si è sempre nascosta dietro a qualcuno, un tiranno o un amico. La loro condanna eterna era procedere in un moto perenne senza scopo, come la loro vita.
Cercò di focalizzare qualcuno che avrebbe potuto scorgere tra quella gente, ma era come se i nomi scivolassero via dalla sua mente così come i volti. Era come se i loro visi non rimanessero impressi nella mente ma che scomparissero come se fossero disegnati con l'inchiostro simpatico.
Non si trattenne ulteriormente e continuò il cammino.
Bastarono solo pochi metri che si dimenticasse di loro.
 
Camminò spedito, come se nulla potesse fermarlo. E in effetti era la verità. Era disposto a tutto, la mente era già calata completamente nella missione. Arrivò ai piedi di una piccola salita che percorse senza problemi e senza accenno di fiatone, merito dell''addestramento. Arrivato sul dosso si ritrovò a fissare un fiume che si snodava dall'orizzonte come un serpente impetuoso. Sulla sua riva scorse sagome che pian piano che si avvicinava riconobbe come umane. Se ne stavano accalcate su un pontile e sembravano bramose di passare all'altra riva.
L'Acheronte. I fiume infernale, il confine vero e proprio tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Gabe capì che le anime venivano condotte sulla riva dalle Succubus per essere poi portate nell'Inferno vero e proprio.
Ma perché tutti avevano questa fretta di attraversarlo? Sapevano cosa riservava l'altra sponda del fiume? Michael gli aveva spiegato in parte come funzionava. Come un condannato a morte che vuole affrettare il supplizio, così la giustizia divina li sprona a trasformando il terrore in desiderio.
Man mano che si avvicinò sentì crescere nel cuore una sorta di disgusto. Le anime si spingevano, insultavano, tagliavano la fila per piazzarsi tra i primi. Gabe si affrettò a confondersi tra di loro. Per fortuna le leggi all'inferno erano cambiate, e le anime giravano vestite. Tanto i Demoni avevano constratato che avrebbero patito comunque le loro pene.
Il suo sguardo vagó fino a posarsi su un'imbarcazione nera, una gondola di proporzioni simili a quelle di un battello. Quello che piú spiccava era la figura imponente del timoniere, un vecchio dalla lunga barba bianca e vestito in una tunica dall'aspetto antico. Fissava con malvagità le anime che gli stavano davanti con due occhi ardenti come braci.
Girava il suo remo nell'acqua scura con lunghe vogate, borbottando tra sé e sé infastidito.
Poi, attraccata a riva l'imbarcazione, lo alzó al cielo, cominciando a sbraitare:«Che cos'avete da urlare? Trattenete il fiato per le pene che vi attengono! Io sono Caronte, il Traghettatore, e dove vi porteró non ci saranno altro che dolore e disperazione, gelo e fuoco, le tenebre eterne».
Le anime a fianco a Gabe sbiancarono. Non sembravano avere piú tanta voglia di attraversare l'Acheronte. E quando presero consapevolezza di ciò che stava per accadere cominciarono a tremare di paura, bestemmiare contro il Signore, i genitori, la loro terra...
Rassegnati, i futuri dannati si misero in fila ordinata sul pontile, e se qualcuno rompeva le righe o si tirava indietro, si trovava Caronte pronto a colpirlo con il remo. A ogni cenno del Demone si sistemavano sulla nave. Gabe si trovava a metà fila, e quando arrivò in prossimità di Caronte trattenne il fiato. Avrebbe capito che non era una comune anima? La fortuna fu però dalla sua. Caronte distolse lo sguardo dopo avergli gettato un'occhiata indifferente, e Gabe si affrettò a prendere posto tra un uomo e una donna. All'apparenza sembravano persone distinte. Ma cos'avevano combinato per finire li?
Venne sbalzato debolmente in avanti quando il battello si staccó dalla riva. Gabe si voltó verso la spiaggia constatando che nuove anime si stavano ammassando là dove si era trovato fino a un istante prima.
La barca scivolava lieve sulla superficie scura, anche se ogni tanto pareva scontrasse qualcosa.
Gabe gettò uno sguardo all'acqua, raggelando.
Appena sotto la superficie scorse dei cadaveri, del tutto diversi da quelli dei film horror. Erano salme vere e proprie, zuppe e rigonfie, inespressive come la morte. Alcune erano a faccia in giù, altre in su, e quelle che riusciva a scorgere avevano tutti le labbra viola e la pelle cadaverica. I capelli ondeggiavano nell'acqua, e i corpi si scontravano l'uno con l'altro al passaggio del battello.
Caronte nel vedere l'orrore dei suoi passeggeri, rise sguaiatamente.«Li vedete? Questi sono i disperati che hanno tentato di fuggire dall'Inferno attraverso l'Acheronte. Poveri sciocchi! Non avevano mai capito che dall'Inferno non c'è via d'uscita»
Una violenta scossa di terremoto percorse l'Acheronte da cima a fondo.
Gabe si rannicchiò su se stesso stando ben attento a non farsi sbalzare fuori dalla nave.
E alla fine arrivarono a riva, dove ad attenderli trovarono due strade che portavano in due direzioni diverse.
Nessun cartiglio simboleggiava dove portassero, ma in quella di destra Gabe scorse una debole luce.
Le anime scesero con espressioni sconfitte dipinte sul viso, e imbucarono la strada di sinistra. Senza farsi notare Gabe invece si tuffò in quella destra, sperando fosse la strada più breve che conduceva alla sua Beth.











Angolo autrice:
Ciao a tutti^^
Eccomi finalmente con un nuovo capitolo XD
Qui siamo entrati ufficialmente nell'inferno...e nel prossimo...surprise ^^
ringrazio tutti voi che seguite la storia :3

Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 60
*** capitolo 59 ***


Image and video hosting by TinyPic

 

Capitolo 59

 
Giugnemmo al piè d'un nobile castello,
sette volte cerchiato d'alte mura,
difeso intorno d'un bel fiumicello.
Canto IV vs.106-108
Genti v'eran con occhi tardi e gravi,
di grande autorità ne'lor sembianti:
parlavan rado, con voci soavi.
Canto IV vs.112-114
 
Poco a poco l'eco delle altre anime arrivò ovattato alle sue orecchie, fino a spegnersi definitivamente lasciandolo nel silenzio più tombale.
Gabe camminò spedito, incurante del vuoto che pareva avvolgerlo. La luce alla fine della strada si faceva sempre più nitida e forte.
E si ritrovò nel primo Cerchio dell''Inferno:il Limbo.
Si trattava di una valle idilliaca, un angolo di Paradiso nell'Inferno, che contornava un castello magnifico candido.
Gabe si era aspettato anche qui pianti e imprecazioni, ma ciò che gli si parò di fronte non era esattamente ciò che si aspettava. Qui l'eternità era carica di sospiri, ma senza pianto, di dolore senza sofferenze fisiche. La gente lì presente, bambini, donne e uomini, si struggevano come si fa per un desiderio irrealizzabile, un malessere che partiva dal profondo del cuore. E allora si ricordò chi erano. Erano le anime di coloro che si erano comportate bene in vita, ma che però non avevano creduto nel Dio dei cristiani. Per questo limite, non per altro errore, si trovavano lì divorati da un desiderio senza speranza:nostalgia del divino, brama inappagata dell'assoluto. Secoli e secoli prima il figlio del Suo Signore scese in quel luogo per liberare le anime di coloro che poi diventarono i primi beati.
Le prime anime che lo videro assunsero espressioni di puro terrore. Gabe non capì inizialmente la loro reazione, ma ben presto gli fu chiaro il loro comportamento.
La sua somiglianza con Asmodeus, l'Originario che governava quel Cerchio era incredibile. In fondo il suo predecessore, a cui somigliava come una goccia d'acqua, era suo fratello gemello.
Dovevano averlo senz'altro scambiato per lui. Portò le mani avanti in segno di resa, interpretato però dalla maggior parte dei presenti come una posizione d'attacco.
«Non sono qui per farvi male»scandì, cercando in un modo o nell'altro di calmare quelle anime.
«È inutile che ti sforzi. Conosciamo tutti la tua scarsa misericordia»disse una voce.
Gabe si voltò verso il suo interlocutore. Era certo di averlo già visto da qualche parte. Era vestito come un greco antico, avvolto in una morbida tunica beige e calzava morbidi sandali. Aveva i capelli castano chiaro riccioluti, che creavano piccole onde attorno alla fronte, e due occhi scuri pieni di saggezza.
Lo stava fissando con cipiglio serio, con le mani intrecciate attorno all'elsa di una magnifica spada, dal taglio semplice eppure dalla lama tagliente come il rasoio.
«Non capisco»balbettò a disagio Gabe. Di fronte a lui si ergeva un mito, il famosissimo poeta che aveva cantato le odi del grande eroeEnea.
A fissarlo con aria bellicosa stava Publio Virgilio Marone.
Gli occhi del poeta si strinsero a due fessure, studiandolo con occhio critico. Alla fine, le sue spalle si rilassarono, la mano si allontanò dall'elsa, e un sorriso si aprì sulla sua bocca.
«No, non sei Asmodeus. Non vedo le tenebre nel tuo volto, ma solo la luce. Chi sei giovane straniero?»
«Mi chiamo Gabriele. Gabriele Cortés Altamirano». Era raro che usasse il suo nome per esteso dato che gli ricordava troppo suo padre, ma quella era davvero un'occasione unica.
Virgilio annuì.«Sei stato dislocato qui?»
Gabe scosse la testa, intuendo cosa intendesse.«Non è come sembra. Io sono qui in missione».
Questo parve accendere l'interesse del poeta.«Spiegati meglio. Conosco il luogo adatto dove potremo stare tranquilli. Seguimi».
Virgilio lo condusse verso un magnifico castello luminoso, circondato da sette cinto per sette volte da alte mura, al cui interno, stando alle spiegazioni didattiche del poeta, era situato il vero e proprio Limbo.
L'interno assomigliava in modo impressionante alla descrizione dei Campi Elisi pagani, un piccolo Paradiso circondato dal male. Virgilio lo condusse all'ombra di una grande quercia, dal tronco enorme. Qui si sedettero sull'erba soffice che faceva il solletico sotto i palmi delle mani. Molti notarono la loro presenza, e li salutarono con un cenno della mano. Gabriele rispose impacciato, con l'eccitazione alle stelle. Era circondato da miti viventi. Virgilio invece si limitava a qualche cenno del capo. Tra i presenti il sommo poeta gli indicò brevemente i più famosi:Ettore con sua moglie Andromaca, Deifobo,uno dei fratelli vdi Ettorr,Elettra, Enea con Creusa e Lavinia, Cesare, Aristotele, Democrito, Platone.
«Bene, mio giovane amico. Comincia a raccontare».
E Gabriele partì dall'inizio, fino ad arrivare alla sua disperata idea di sfidare l'Inferno per salvare la sua Beth.
«è un'azione suicida»fece notare Virgilio assolto.
«è la mia unica possibilità di salvarla»replicò di tutta risposta Gabe.«Non posso vivere senza di lei. Mi sento perduto, ed è come se avessi un vuoto qui». Si portò la mano al petto.«Nel cuore».
Virgilio sorrise compassionevole.«Hai tanto amore dentro di te ragazzo. Sei così determinato a tal punto di sfidare una cosa ben più grande di te, ne sei consapevole?»
Gabe annuì.«Si. Lo so da molto tempo».
Virgilio parve soddisfatto dalle sue parole.
«E dove si troverebbe la tua ragazza? Anche lei è un Arcangelo?»
Gabe annuì. «Nel Settimo Cerchio. Sono sicuro che Jake la tenga prigioniera lì».
Virgilio lo fissò assolto.«Senza un permesso superiore da Tu Sai Chi, non posso lasciare il Limbo come ho fatto per aiutare Dante, pena una bella gita senza ritorno nella Fossa. Credo che la Divina Commedia possa aiutarti a compiere parte del tuo viaggio. Ma devi stare attento. Un Arcangelo all'Inferno deve fare attenzione a ogni cosa. Tutto può trasformarsi in un pericolo».
Il discorso di Virgilio fu interrotto da un vociare più forte del normale.
Dal portone che conduceva nel Campo, così si chiamava, sbucarono due Demoni nelle loro forme originali, che trascinavano un'anima che scalciava nel tentativo di liberarsi.
Virgilio scosse la testa metà tra il divertito e l'esasperato.«Orfeo ha tentato di nuovo la fuga».
Gabe allargò gli occhi dallo stupore.
«Quell'Orfeo? Quello del mito?»
Virgilio annuì.
«Tenta tutti i modi possibili e immaginabili di raggiungere la sua Euridice».
«Ma, insomma, lei è…ancora…»
Virgilio scosse la testa, e Gabe sentì salire un moto di compassione nei confronti del povero Orfeo, che fiacco si lasciò cadere in ginocchio, non appena i Demoni lasciarono la presa.
Colse frammenti delle parole dei Demoni:"La prossima volta…Fossa…intesi…"
«Se n'è andata ormai tanti anni fa. E da quel giorno Orfeo non è più lo stesso».
Gabriele si sentì vicino a quel grande cantore consumato dal dolore,che non aveva ancora abbandonato la speranza di trovare la sua amata.
Se non fosse riuscito a salvare Beth, si sarebbe ridotto anche lui in quello stato? Avrebbe sopportato un simile vuoto che la sua morte avrebbe lasciato dietro di sé?
«Spero che tu riesca ad arrivare in tempo per salvarla».
Le parole di Virgilio erano venate di tristezza.
«Grazie»riuscì solo a dire.
Fece per andarsene, ma continuava a sentire una tristezza non sua, un'arrendevolezza che non gli apparteneva. Erano i pensieri e lo stato d'animo di Virgilio.
Voleva vederci chiaro. Il poeta era stato davvero gentile con lui, non poteva non aiutarlo.
«Come passate il tempo qui?»domandò, sicuro che la malinconia fosse legata alla sua vita in quel luogo.
Virgilio si accigliò.
«Perché ti interessa?»
«Mi hai offerto il tuo aiuto»disse prontamente Gabe.«Vorrei fare lo stesso con te».
«Impossibile».
«Fammi almeno provare».
«è inutile Gabriele. Quello che provo è solo colpa di…»Si bloccò, temendo di aver parlato troppo.
«Di chi?»
Virgilio abbassò il capo.«Asmodeus».
«Vi tortura?»volle sapere Gabe, cercando di reprimere la rabbia nei confronti dell'Originario.
Il poeta scosse la testa.«No. Sfrutta noi poeti, parlo per la mia categoria ma il risultato è simile per quasi tutti, per scrivere nuovi libri. Senza interruzione. Manco avessimo un'immaginazione infinita».
Gabe fece notare che in quel momento era in sua presenza e a non scontare la sua "pena". A quelle parole Virgilio sorrise.«Sentivo nell'aria un cambiamento, e sono venuto a indagare. E ho incontrato te».
«E se Asmodeus scoprisse che…»
«Mi getterebbe nella Fossa, si».
Gabe rimase a bocca aperta. Era disposto a mettersi contro un Originario per aiutarlo.
«Non è giusto che voi dobbiate scontare una doppia pena»disse.«Se vi ribellaste tutti, nessuno escluso vi starebbe a sentire, no?»
«Stai parlando di Asmodeus ragazzo. Non conosce il verbo "dialogare". Non gli importerà di condannarci alla Fossa, o peggio. Farci diventare tutti Senz'Anima».
«Ma non può continuare così all'infinito Virgilio, e lo sai bene»replicò una voce alle loro spalle.
Gabe si ritrovò di fronte un vecchio vigoroso che si affidava però a un bastone. Il nuovo arrivato puntò i suoi occhi ciechi sull'Arcangelo.
«È quello che penso io Virgilio?»
Virgilio alzò gli occhi al cielo.«Omero, non ti ci mettere proprio adesso, per favore».
«No, stammi bene a sentire tu»lo bloccò Omero serio.«Un Arcangelo che discende qui da noi è un segno del Fato».
«Eh?»domandò confuso Gabe.
Virgilio si affrettò a spiegare al suo nuovo amico.«Secondo Omero sarebbe arrivato uno della tua specie per liberarci da Asmodeus. Ma sono passati secoli e secoli, e nessuno è mai arrivato».
«Fino adesso»aggiunse Omero con un sorriso.
Virgilio represse una smorfia.«Scusa se sono scettico, ma guarda in faccia la realtà. Credi sul serio che lui possa far qualcosa contro Asmodeus?»
Notando il turbamento sul volto di Gabe si affrettò ad rassicurarlo:«Non che non abbia fiducia nelle tue capacità, anzi, mi sembri in gamba. Ma non puoi aiutare sia noi che la tua ragazza. Asmodeus non perdona chi lo sfida, e nessuno è mai riuscito a sopravvivere dopo uno scontro con lui. Non per questo è il Capo qui».
«Lo è diventato solo perché è un Originario, un alleato fedele di Lucifero»replicò Gabe.
«Non nominare il Suo nome»l'ammonì Virgilio.
«D'accordo, d'accordo. Ma non posso lasciarvi qui nel momento del bisogno»disse Gabe.
Al suo fianco Omero sorrise.«Sagge parole Arcangelo. Vado a radunare gli altri».
«Tutti?»domandò Virgilio strabuzzando gli occhi.
«Si, tutti. Più siamo meglio è no?»
«Se proprio vuoi dare retta a questa follia, raduna solo i migliori guerrieri»replicó alla fine arrendevole.
Omero scrollò le spalle, e con passo più baldanzoso di prima si allontanò.
«Sei sicuro di quello che vuoi fare? Dopo che avrai ingaggiato una lotta con Asmodeus, per uscirne vivo dovrai ucciderlo».
Gabe inclinò la testa di lato. Avrebbe fatto di tutto per rimanere vivo.
«Ci proverò».
«Pregherò i miei dei, affinché tu possa sopravvivere»mormorò Virgilio, lasciandolo solo.
Dopo pochi minuti una folla di anime si radunò intorno a lui. Erano tutti uomini vigorosi, e tra loro scorse Ettore, Enea e il giovane Deifobo.
«Qual è il piano?»domandò un giovane vestito come un guerriero Acheo.
«Non lo so»ammise Gabe.
«Omero, è un a follia»disse Ettore.«Non si può combattere senza un piano».
«Lui si scontrerà contro Asmodeus, mentre noi terremo occupati i Demoni».
«Sembra un'impresa suicida»fece notare Enea. «Abbiamo possibilità di vittoria?»
«Vuoi forse continuare la tua esistenza sotto la tirannia di Asmodeus?»replicò Omero.
Enea abbassò lo sguardo.
«Suppongo di no»rispose per lui il poeta greco.
«E allora cosa stiamo aspettando? Facciamoli neri questi Demoni!»urlò Ettore alzando la sua lancia. Molti si unirono al grido di guerra, esaltati e anche loro con le armi spianate.
«Che cosa succede qui?»
La voce giovanile scocciata parve acquietare improvvisamente tutte le anime presenti. Sembrava si fosse alzato un vento gelido che sembrava aver spento l'ardore dei guerrieri che si ritrassero.
Gabriele capì immediatamente a chi apparteneva quella voce.
Asmodeus.
L'Originario varcò la soglia della porta che conduceva fuori dal Campo con in mano un voluminoso libro dalla copertina nera opaca e borchie in metallo. Sulle spalle aveva un lungo mantello nero che gli ricopriva parte dei vestiti che indossava, anche se Gabe riuscì a scorgerne qualche frammento, tutto interamente nero.
I suoi occhi vermigli pieni di sorpresa si posarono su Gabriele, che cercò di mantenere un certo contegno. Non bisognava mai mostrare la propria debolezza all' avversario.
La tensione era cosí densa che si sarebbe potuta tagliare con in coltello.
Ma l'Originario si riprese in fretta, assumendo un'espressione scocciata e al tempo steso divertita, ignorando volutamente le anime intorno, come se non fossero altro che delle nullità al suo cospetto.
«Bene, bene, bene. Un Arcangelo ha deciso di farmi una visitina»disse in tono beffardo.«E non uno qualsiasi. L'Arcangelo a metà»continuò con uno sguardo di perfidia pura.
Gabe trattenne a stento un moto di rabbia. Quel luogo sembrava capace di risvegliare i sentimenti più oscuri e feroci nascosti nel cuore dei suoi abitanti.
«E chissà di chi è la colpa»replicò invece aspro.
Asmodeus lo squadrò divertito.«Hai chiesto a Uriel la verità?»
Gabriele serrò la mascella, ma annuì.
«E allora sai anche che non ci metto molto a porre fine per sempre alla tua insulsa vita».
Gabe raccolse tutto il coraggio che possedeva.
«Non ho paura di te».
Asmodeus lo fissò sbigottito, non aspettandosi tanto ardire da parte dell'avversario. Si avvicinò pericolosamente a Gabe posando i suoi occhi feroci e spietati su quelli fermi di lui.
«Stai scherzando con il fuoco Arcangelo»gli sibilò furioso Asmodeus.
Gabe non si mosse di un millimetro continuando a fissare con la stessa determinazione iniziale l'Originario, che inaspettatamente scoppiò a ridere.
«Sei pazzo Arcangelo, ecco la verità. Nessuno, e ti ripeto nessuno, ha mai avuto il coraggio di sfidarmi così apertamente». Lo fissò negli occhi.«Sei diverso dal mio caro fratellino, Gabriele. Quasi quasi penserei di aver fatto bene a evitare che vi riuniste».
Gabe ingoiò l'ennesimo rospo.«A che gioco stai giocando Demone? Perché non la facciamo finita? Yanto so che brami la mia morte»domandò invece.
Il sorriso di Asmodeus si allargò.«Rispetto la tua audacia. E per questo ti offro una possibilità».
Gabe si mise sulla difensiva, sorpreso dalla facilità con cui l'Originario si stava arrendendo.«Che genere di opportunità?»
Asmodeus lo fissó con in sorriso sinistro.«Da quando hai scoperto di essere un Arcangelo a metà, ti sei sentito fuoriposto. Già non é stato facile per te accettare di diventare un guerriero celeste, e adesso ti senti più confuso di prima».
Gabe rimase a bocca aperta. Come faceva a sapere che...?
Solo allora si accorse di non aver schermato a dovere la mente. Tentó di rimediare, ma il danno era fatto.
Asmodeus lo fissó crudelmente.«Di dà cosí tanto fastidio che qualcuno ti legga la mente Angioletto?»lo apostrofó con una punta di scherno nella voce.«Mmm...carino questo soprannome. Lilith si che sapeva come far saltare i nervi alla gente. Non sei d'accordo con me?»
Gabe lo fissòtruce. Quanto odiava quel soprannome. Gli ricordava terribilmenteBeth quando ancora era uno spietato Originario e lui un Angelo imbranato e pessimista.
«Falla breve Demone. Cos'hai in mente?»
Asmodeus sospiró.
«Ti daró la possibilità di recuperare e legarti all'essenza del tuopredecessore».
Gabe lo fissó a bocca spalancata. Aveva sentito bene?
«Cosa?»boccheggió, a corto di parole.
«Hai capito perfettamente. Ti offro la possibilità di legarti al quell'insulso di mio fratello, e diventare così un Arcangelo completo».
«Dove sta il trucco?»
Asmodeus sorrise misteriosamente.
«Lo scoprirai presto Gabriele Cortés. Adesso seguimi».
 
La tenuta di Asmodeus di trovava poco scostata da quella degli Spiriti Magni, poco fuori le mura di cinta, ma nel lato opposto da cui Gabe era arrivato. Nera come la notte, la sua struttura ricordava tantissimo Neuschwanstein, il famoso castello di Ludovico II fuori Monaco di Baviera. Solo che nella facciata principale non veniva rappresentato San Giorgio che uccideva il drago, bensì un Arcangelo e un Originario in una lotta all'ultimo sangue e respiro.
Asmodeus parve percepire il suo sbigottimento, perché sorrise.«Credimi Gabriele se ti dico che l'interno é senz'altromeglio».
Si fermarono di fronte a una pesante porta d'Ebano con un pesante chiavistello in oro su cui era inciso ripetutamente un simbolo.
Asmodeus estrasse da sotto il mantello una chiave nera dai motivi d'oro, gli stessi del chiavistello.
«Questa»spiegó Asmodeus in tono didattico indicando il simbolo«é la runa Mortis, comunemente conosciuta, soprattutto nella cultura nordica, come Yr. Cosí come l'Algiz é la runa del Paradiso che vi rappresenta, la Mortis é la sua anti. É nata  dopo la nostra Caduta. É il nostro emblema».
«A cosa devo tutte queste spiegazioni?»volle sapere Gabe con sospetto.
Asmodeus scrollòlespalle.«Ehi, volevo solo essere gentile. Sei tutto preso dalla tua paura che non te ne sei neanchereso conto».
«Non ho paura».
L'Originario scoppió in una risata stridula.«Mentire non é nella tua natura Gabriele. Sento la paura che germisce il tuo cuore. Noi Demoni siamo in grado di captarla e, eh si, anche nutrircene in caso di necessità».
«Vuoi davvero la verità Asmodeus?»esplose Gabe, chiamando per la prima volta l'Originario per nome.«Si ho paura, lo ammetto. Ho paura di non riuscire a salvare Beth, ma di certo non temo te!»
Asmodeus sorrise beffardamente.«Ah, e cosí sei qui per lei. L'amore é sempre stato il tuo...il vostro punto debole Gabriele. Per il tuo predecessore,cosa, constato, anche per te».
«Ti sbaglisull'amore»mormorò Gabe con un filo di voce.«È per amore che sono qui».
Asmodeus scoppiò a ridere.«Sei venuto a morire, ecco la verità. L'amore ti ha sempre rovinato. È l'amore per la tua Guardiana Protettrice che il mio caro fratello é finito nelle mie mani e vi ho impedito cosí di unirvi».
Gabe represse un moto di rabbia, ma non rispose.
Asmodeus lo fissó beffardamente un'ultima volta prima di aprire il portone.
L'interno della stanza che si paró loro di fronte, lasciò Gabe senza fiato. Enormi scaffali traboccanti di libri troneggiavano su loro. Pergamene antiche, libri di varie epoche e generi riposavano in librerie in legno d'ebano.
Gabe ruotó su se stesso con il naso all'insú e gli occhi che gli brillavano. Come poteva esserci un posto similenell'Inferno?
«Oh, vedo che sei rimnasto incantato dalla mia piccola collezione»disse Asmodeus con un sorriso divertito.
Piccola? Con tutti quei libri disposti a mo' di muraglia, avrebbero potuto circondare per moltissime volte tutto ilglobo terrestre.
«E li hai letti tutti?»
«Ovvio che si»fu la risposta piccata dell'Originario. «Adesso seguimi. La prova che ti aspetta è nell'altra stanza»disse indicando un portone nel lato opposto a dove erano sbucati loro.
Con tristezza Gabe seguì Asmodeus in mezzo a tutti quei libri che non poteva neanche toccare.
Un'ingiustizia bella e buona.
Asmodeus si fermò ed estrasse una seconda chiave, stavolta candida come la neve che sembrava fuori luogo in quel luogo lugubre.
«E questa, perché è bianca?»
Asmodeus gli sorrise misteriosamente.«Lo scoprirai presto»rispose aprendo con una mano il portone.
E Gabriele rimase senza fiato.
La stanza era simile a quella che avevano appena oltrepassato, ma stavolta a riempire gli scaffali era piccoli cilindri in vetro, collegati a un tappo metallico, alcuni chiusi, altri collegati a tubi, che contenevano un fumo bianco lattescente che si contorceva al loro interno. Alcuni erano vuoti, e parevano ansiosi di ricevere anch'essi un'anima. Infatti ecco che un leggero filo lattescente entrò in un cilindro collegato a un tubo, e si sentì un clack, segno che il tappo si era chiuso, imprigionando l'essenza al suo interno.
«La biblioteca è solo un mio hobby. Questo è il mio servizio per l'Inferno». Lo fissò con aria maligna.«Sono il Custode delle Essenze».
Gabe trattenne il respiro. Dentro quei cilindri erano prigioniere le essenze dei Senz'Anima di tutto l'Inferno, e quelle delle anime condannate alla Fossa.
«Ti vedo turbato Gabrieluccio. Prima ancora della tua sfida?»lo derise Asmodeus in tono canzonario.
Gabe ingoiò una risposta sprezzante. Meglio fare buon viso a cattivo gioco, soprattutto nel suo territorio.
«In cosa consiste la prova?»
Asmodeus si accigliò un attimo prima di rispondere.
«Dovrai trovare l'essenza che cerchi in questa stanza. La riconoscerai subito»precisò, bloccando sul nascere la domanda di Gabe.«Ma nel frattempo dovrai combattere contro un mio Senz'Anima, e credimi non sarà clemente nei tuoi confronti».
Una strana sensazione cominciò a serpeggiare nel cuore di Gabriele.
«Di chi si tratta?»domandò con voce flebile, temendo la sua risposta.
Asmodeus inclinò la testa di lato, studiandolo pensoso. Infine chiuse gli occhi, come ogni Originario faceva per richiamare i suoi servi.
Il Senz'Anima arrivò dopo pochi secondi, apparendo in una nebbia argentea e inchinandosi di fronte al suo capo.
Infine alzò lo sguardo vacuo e lattescente su Gabe che rimase raggelato.
A fissarlo stava se stesso.








Angolino dell'autrice:
Eccomi qui finalmente ad aggiornare. Ancora mi chiedo come abbia fatto con tutto ciò che ho da studiare ^^
In questo capitolo ha fatto la sua comparsa Asmodeus, e con lui un nuovo personaggio che nel prossimo capitolo cambierà Gabriele ^^
Ringrazio i 44 preferiti, 15 ricordati, 71 seguiti e i recensori che seguono questa story ^^

A presto ;)

Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 61
*** capitolo 60 ***


                                                                           
Image and video hosting by TinyPic


Capitolo 60




Gabe fissò il suo predecessore tra lo stupito e l'impaurito.
Era uguale identico a lui in tutto per tutto, dai capelli neri riccioluti, il fisico asciutto da guerriero, addirittura stessa posa imbarazzata come se non sapesse bene come comportarsi.
La sola nota che li costrastingueva erano gli occhi. Se quelli di Gabe erano d'un azzurro brillante, quelli del suo predecessore erano lattescenti, come quelli di ogni Senz'Anima, e che lo fissarono inespressivi non appena scostò lo sguardo dal suo padrone per posarlo su di lui.
Gabe indietreggiò d'un passo. Non poteva davvero crederci di viveveuna situazione simile, per lui cosí paranormale e assurda.
«Ti vedo palliduccio Angioletto»lo schernì Asmodeus con un sorriso divertito.«Non sei contento finalmente di conoscere il tuo predecessore? La sola nota che mancava nella tua esistenza?»
«Che cosa gli hai fatto?»mormoró invece Gabe scosso. Aveva notato solo in quel momento le ferite malamente rimarginate in tutto il corpo, le escoriazioni piú o meno gravi e le bruciature. Terribili, come quella che gli attraversava la parte destra del volto, che aveva scorto non appena si era completamente voltato verso di lui.
«Oh queste»chiese, sfiorandone una sul braccio del fratello, che a quel contatto sussultó di dolore.«Nulla di che. Sono solo il monito per ricordare a mio fratello chi comanda tra i due».
«Non capisco. É un Senz'Anima, di norma completamente sottomesso a te»replicó confuso Gabe.
Gabriele inclinó la testa di lato come offeso dalle parole di Gabe.
Asmodeus sbuffó.«É sempre stato combattivo per i propri ideali, anche se sempre inutili e stupidi. Una parte di sé qualche secolo fa, quando lo imprigionai, é riuscita a sfuggirmi, e cosí non posso avere il pieno controllo su di lui».Fissó Gabe negli occhi.«Quella stessa parte che ti ha conferito i poteri di un Arcangelo, ma non i ricordi».
Gabe cominció a capire.
«E cosí...ma allora...Ma allora perché non mi hai ucciso subito non appena mi hai visto? »volle sapere Gabe.
«Oggi mi sento leale Angioletto».
Gabe si proruppe in una debole risata.«Lealtà da parte di un Demone? Non scherzare. Forza, fatti sotto. Chiudiamo questa faccenda una volta per tutte».
Asmodeus sorrise in modo sinistro.«Non invocherei cosí la morte Arcangelo, o rischi che ti ghermisca da un momento all'altro». Inclinó la testa di lato.«Ma dispiace deluderti. Ho in mente qualcos'altro di piú avvincente e interessante».
Rimase in silenzio assaporando la tensione intorno a loro. L'Arcangelo non aveva idea in che guaio si era cacciato.
«Il punto é questo Arcangelo. Entrambi siete alla ricerca della stessa cosa:l'Essenza. A te serve per diventare un Arcangelo completo, al mio caro fratellino invece per vendicarsi delle torture che gli sto infliggendo da secoli». Notando il dubbio sul volto di Gabe si affrettò a spiegare. «So a cosa stai pensando. Un Arcangelo dovrebbe perseguire la giustizia e mai la vendetta. Ma sai, l'Inferno ha molte strategie per far piombare le sue vittime nelle sue trame. E Gabriele non ha fatto eccezione. Ora l'unica cosa che brama di più è la mia morte. Pensa, si é pure dimenticato della sua Elisabeth, sottolineando quanto l'amore sia un sentimento effimero in confronto all'odio.Tornando in possesso della sua essenza potrebbe riuscire della sua impresa. Ma per ottenere ció che vuole deve eliminarti».
«Perché? Per via del fatto che vogliamo la stessa cosa? Che se la tenga pure la sua Essenza. A me va bene rimanere anche cosí».
«Tu non capisci Angioletto. Non poteve vivere entrambi. Solo uno di voi puó sopravvivere».
Solo uno di voi può sopravvivere.
Quelle parole rimbombarono nella mente di Gabe, risuonando quasi come una condanna a morte.
«Che cosa?»
Asmodeus sbuffó. «Ti credevo piú intelligente Angioletto. Semplicissimo. L'Essenza di natura ritornerebbe al suo legittimo proprietario, ossia mio fratello. Ma in te alberga una parte di essa. Non conosci la teoria degli universi paralleli? Non possono esitere due te».
«Noi non siamo la stessa persona»ribatté prontamente Gabe.
«Forse prima, ma da quando una parte di lui vive in te, si». Lo fissò negli occhi con perfidia.
«Per sopravvivere dovrai ucciderlo».

Beth sentiva male da per tutto, soprattutto ai polsi e le caviglie dove i pesanti bracciali di metallo stavano segnando la carne.
Essendo una creatura sovrannaturale non doveva provare dolore. Ma all'Inferno tutto era diverso. Nato per infliggere dolore, era abile nel suo compito di torturare le sue vittime. Sia fisicamente che psicologicamente.
Quanto tempo era passato da quando era prigioniera?
Le sembrava un'eternità da quando aveva scoperto la verità su di sé e il suo arcano passato, e quando aveva svolto il suo compito di difendere il Paradiso. E salvare la vita a Gabe.
Già, Gabe. Si ricordava ancora di lei, o si era arreso all'amara verità di non poterla piú vedere? L'aveva cancellata dai suoi ricordi per non soffrire la sua lontananza?
No. Scacciò immediatamente quel pensiero.
Gabe non si sarebbe mai dimenticato di lei. Era l'Inferno a farle credere una cosa del genere. No, Gabe avrebbe continuato a pensarla e chissà, forse avrebbe trovato il modo, con gli altri Arcangeli, di salvarla dalla morte che presto l'avrebbe raggiunta.
Sentiva le forze che pian piano diminuivano man mano che alimentava il cerchio di Fuoco Celeste cheaveva eretto tra sé e l'esterno, come ultimo atto di difesa e sopravvivenza.
Ogni tanto Jake compariva sulla soglia con un ghigno via via sempre piú sadonico, consapevole che di lí a poco sarebbe crollata. Un Arcangelo poteva sopravvivere all'Inferno, ma per un breve periodo. Essendo fatti di materia opposto, l'Inferno si nutriva della loro forza, strappando poco a poco le sue forze fino a ucciderlo.
Ed era proprio questo che le stava accadendo. L'Inferno si stava nutrendo di lei, lasciandola sempre piú debole e spossata.
" Vi prego! Fate presto!"

Gabriele lo fissó con spietatezza, mentre Gabe indietreggiava, sconvolto dalla realtà dei fatti pesante come un macigno.
Come poteva combattere contro, stando a ció che aveva detto Asmodeus, se stesso?
«E ora date inizio alla vostra lotta all'ultimo sangue e respiro»dichiaró Asmodeus con voce solenne.
«Aspetta! Non mi hai detto com'é la mia Essenza, né come posso trovarla. Come posso combattere per qualcosa che non so neanche come sia fatta?»domandó Gabe quasi in esasperazione.
«Non appena la vedrai, capirai»fu l'unica risposta di Asmodeus.
Fissó entrambi con malvagità mista a divertimento.
«Bene. Che vinca il migliore».
Schioccó le dita, il segno che il Senz'Anima stava aspettando da troppo tempo. Aprí le ali e fulmineo come un falco piombó contro un Gabe ancora atterrito.
Lo afferró per le spalle facendolo cadere rovinosamente a terra e sedendosi a cavalcioni sopra il suo petto ansimante. Sfoderó in pugnale che teneva alla cintola. Un pugnale celeste.
Gabe ricacció indietro la paura. Non era sceso lí nell'Inferno per morire. Chiuse gli occhi e permise al Fuoco Celeste di infiammargli le vene, fluire nelle sue mani e in ogni centimetro della sua pelle per colpire l'avversario.
Gabriele molló la presa, e là dove la sua pelle era entrata a contatto con quella di Gabe fumava. Lo trafisse con uno sguardo di fuoco, e Gabe rispose con altrettanta tenacia.
Stando a ció che aveva detto Asmodeus lí dentro si celava la preziosa essenza. Doveva trovarla prima del suo predecessore.
Evocó le sue ali e si alzó in volo prima che l'altro lo atterrasse di nuovo. Gabriele non parve preoccuparsi della nuova mossa di Gabe e con tutta calma aprí le sue, segnate profonde cicatrici e con le piume bruciate, e con un leggero fruscio si alzó in volo. Gabe lo fissó allarmato, un battito d'ali si allontanó, zigzagando tra gli scaffali che troneggiavano su di lui. L'altro gli fu addosso in un lampo, ma Gabe lo scansò d'un soffio, andando a sbattere contro uno scaffale facendo cadere una decina di cilindri.
Certo, pur essendo messo cosí male, era ancora stramaledettamente veloce, pensò Gabe seccato, riprendendo il volo.
Poi un lampo bianco gli sfioró il fianco. Si giró. La mano di Gabriele era avvolta da fiamme lattescenti, come i duoi occhi, conferendogli un'aurea spettrale.
Provó un altro attacco, ma adesso Gabe era preparato. Evocó una barriera di Fuoco Celeste. Un urlo di rabbia, che non aveva nulla di umano, uscí dalla bocca di Gabriele, che provó un nuovo attacco piú potente che per fortuna non andó a segno.
Gabe si era scansato senza difficoltà, e il fuoco aveva colpito qualche cilindro, vaporizzandoli e distruggendo per sempre le Essenze contenute al loro interno.
"Per un pelo" pensó sollevato Gabe.
E infine lo vide. Poggiato su un piedistallo scorse un cilindro simile a quelli che aveva visto in quell'enorme stanzone. Ma ció che lo differenziava dagli altri era il suo contenuto. L'Essenza che vorticava al suo interno non era lattescente, ma d'un azzurro pastello.
Era lei! L'aveva trovata prima del suo predecessore. Ora non doveva fare altro che tenerla al sicuro ed eliminare una volta per tutte, pur con dispiacere, Gabriele. Atterró e smaterializzó le ali, gli occhi sempre incollati sul cilindro. Ma il suo sollievo duró poco, finendo quando una presa ferrea si chiuse sul suo collo.
Gabriele lo aveva sorpreso di spalle, si spostó di fronte a lui sempre tenendo la presa sul collo, e lo costrinse con uno strattone ad avvicinarsi. Il panico dentro il cuore di Gabe crebbe non appena il suo volto fu a pochi centimetri dal suo orecchio.
«Uccidilo»gli sussurró d'un soffio Gabriele.
Cosa? Aveva capito male? Forse era un brutto scherzo giocato dalla paura che provava.
«Ti lasceró vivere ma in cambio esigo la sua testa»continuó imperterrito Gabriele.
Lo fissó negli occhi.«Perché?»chiese soltanto.
L'ex Custode del Primo Cielo sorrise. «Perché sei una persona senz'altro meglio di me. Uccidi Asmodeus, e salva Elisabeth dalla morte. Non chiedo altro».
Gabe si illuminó. Ma allora si ricordava di lei. Asmodeus aveva torto sull'amore. Neppure l'Inferno era riuscito a cancellarlo nel cuore del suo predecessore.
Gabe annuí, e Gabriele gli sorrise, un sorriso che, però, somigliava di piú a una smorfia spaventosa.«E allora fa quel che devi».
Gabe alzó la spada e lo colpí al cuore. Non uscì neppure un lamento dalla bocca di Gabriele che gli rivolse un'occhiata d'intesa prima di scomparire per sempre.
Gabe deglutí. Era a pochi passi dal piedistallo. Finalmente sarebbe diventato un guerriero completo. Mosse un passo, e poi un altro lentamente, ammaliato dall'Essenza che somigliava ai Fuochi Fatui delle storie che la madre gli raccontava da bambino per farlo addormentare. Ma giunto in prossimità del cilindro, fu fermato da un muro di Fuoco Infernale. Gabe si giró sorpreso. Asmodeus era dietro di lui, la mano tesa che alimentava il Fuoco.
«Mi spiace Gabriele. Ma tu non uscirai vivo da qui».
«Ma cosa stai dicendo? Questo non rientrava nei patti»disse Gabe sorpreso.
Asmodeus sorrise perfido.«Non prenderla come una questione personale, ma non posso permetterti di sopravvivere».
«Ah davvero? E dove hai messo la tua lealtà?»
«Oh, quella cosina fastidiosa dici? Come hai giustamente fatto notare prima non é esattamente un comportamento di un Demone, Gabrieluccio».
Dispiegó le ali nere come la notte.«É finita Gabriele. Con mio fratello fuori dai piedi e la tua morte, il Paradiso perderà per sempre un suo araldo. E nulla ci vieterà di riprovare a riprenderci in futuro ció che ci appartiene di diritto».
«Sei un folle!»gli urló contro Gabe.
Asmodeus inclinó la testa di lato.«E allora unisciti alla mia follia».
Sguainó la sua scimitarra, leggera e affilata come il rasoio. Come tutte le lame demoniache aveva la lama d'ossidiana e l'elsa rossa particolareggiata da arabeschi e lei, la runa Mortis.
«Arrenditi Gabriele. La morte non è male come sembra. E se ti lascerai uccidere faró in modo che sia rapida e indolore».
«Va all'Inferno!»insorse Gabe, accorgendosi dopo pochi secondi della stupidità delle parole appena pronunciate.
Asmodeus sorrise beffardo.«Eccoti accontentato». E si gettó su di lui come una furia.
Gabe riuscí a scansarsi d'un soffio, prima che la parabola mortale della scimitarra lo colpisse al cuore. Urtó il piedistallo, e il cilindro ondeggió pericolosamente fino a cadere nel vuoto. Il mondo tutto intorno parve rallentare come nei film a rallentatore. Il cilindro disegnó la sua parabola discendente verso il pavimento, le mani di Gabe e Asmodeus scattarono all'unisono per recuperarela preziosaEssenza. Fu Gabe per primo ad appropriarsene, tirando una gomitata potente contro la mascella dell'Originario. Cadde a terra di sedere, le braccia strette al petto per proteggere il cilindro. Anche Asmodeus cadde all'indietro, mentre un rivolo di sangue gli scendeva dal naso.
«Maledetto»imprecó.«Ti faró implorare la morte dopo e ti avró messo le mani addosso!»insorse furioso.
Ma Gabe neppure ascoltó quelle parole. Il suo sguardo era fisso sull'Essenza che danzava ipnotica dentro il cilindretto, quasi desiderosa di essere finalmente liberata. Poggió la mano sul tappo e lo svitó lentamente.
Asmodeus, rendendosi conto di ció che stava per accadere sbiancó di colpo.«Non oserai, vero?»domandó d'un soffio.
Gabe alzó lo sguardo su di lui, piú determinato che mai.«Si. Oso».
E aprì completamente il tappo.
Le urla di Asmodeus rieccheggiarono nella sala, mentre l'Essenza fuoriuscì finalmente libera dopo secoli di prigionia, dal cilindro. Si librò per qualche secondo in aria prima di buttarsi a capofitto verso Gabe. Si insinuó rapida e sinuosa come un serpente su per la bocca spalancata di Gabe. E non appena l'Essenza si legó alla sua anima seppe infine chi era.
In quel momento la sua mente viaggió nel passato, nei ricordi del suo predecessore:dalla nascita alla morte di Elisabeth. La vide con i suoi occhi, sentí l'amore che provava per lei e l'immenso dolore che aveva provato nel perderla. Percepì l'angoscia che il tradimento di Asmodeus aveva lasciato dietro di sé, cosí come la determinazione di ritrovare la sua Beth, appresa la notizia che la sua Essenza si era reincarnata in un corpo umano. E infine la rabbia, la rabbia nei confronti di Asmodeus che l'aveva privato della sua Essenza e sottoposto alle torture piú crudeli immaginabili.
E questo passato si fuse con quello di Gabe. Non era piú solo il giovane conte, morto a soli diciotto anni per salvare la sorellina, e che da poco tempo aveva scoperto di possedere poteri inimmaginabili. Era diventato ben altro. Ora si poteva definire un Arcangelo completo, un degno araldo del Paradiso. In quel momento per la prima volta in tutta la sua esistenza, si sentiva veramente completo, e ben determinato ad assolvere i suoi doveri di Arcangelo:fronteggiare i suoi piú temibili nemici:i Demoni.
Asmodeus, resosi conto del cambiamento avvenuto in Gabe indietreggiò, temendo il peggio.
Ma Gabe lo inchiodó al suo posto con una semplice occhiata.
«E adesso che vai? Te la svigni dopo avermi tentato di uccidere?»
«Non é affatto cosí»ribatté debolmente Asmodeus.
«Ah no? Farmi scontrare contro l'altro Gabriele é da considerarsi un atto di amicizia, mhm?»
«Non volevo sul serio la tua morte»si lamentó.
Gabe inarcó un sopracciglio, sospettoso.«A davvero? E come mai prima hai cercato di uccidermi con la tua scimitarra?»
«É stato un errore, un madornalissimo errore. Tu non sei come mio fratello. Sei più simile a me di quanto pensi».
«Se per simile intendi folle, credo che tu abbia ceccato tutto. Tu non sai niente di me»scandí bene.
«Non credo. Sento cosa stai provando in questo momento Gabriele. Tu vuoi uccidermi, ma non lo consideri un dovere, tu la desideri davvero. E ora dimmi, cosa ti rende diverso da me?»
A questo Gabe non trovó risposta. Perché le parole di Asm erano vere. Sul serio sentiva l'intimo desiderio di porre fine alla sua vita. Forse erano i pensieri del suo predecessore e influenzarlo, non gli importava.
Asmodeus gli si avvicinó.«Ti vedo turbato. Non sono forse vere le mie parole?» Gli poggiò una mano sulla spalla.«Unisciti a me Gabe. Insieme potremo fare grandi cose. Pensa, farla pagare a tutti coloro che non hanno creduto in te».
Quelle parole scesero come balsamo sulla sua pelle. Gabe fissó negli occhi Asmodeus.«Tutti?»
Asmodeus annuí. «Nessuno escluso».
Gabe quasi cedette alle sue parole, fino a quando non notó un scintillio alla sua destra, e d'istinto estrasse dal fodero la spada. Dalla gola di Asmodeus uscí un debole lamento, prima di crollare a terra, con la lama che gli spuntava dalla schiena. In mano reggeva un pugnale demoniaco. Lo stava distraendo per colpirlo alle spalle.
«Mi spiace fratello. Ma doveva andare cosí fin dall'inizio»sussurró. Diverse la lama dal corpo dell'Originario che, dapprima, diventó evanescente per poi scomparire lasciandolo solo.
Dopo ció che era successo non se la sentiva ancora di andare a dare la buona notizia Omero e gli altri. Si sentiva sporco e meschino, e non solo per aver calpestato senza rimorso il vincolo di fratellanza che lo legava af Asmodeus. Poco importava che il vero fratello di sangue fosse il suo predecessore. Adesso non c'era piú differenza tra l'uno e l'altro. Piú che altro si vergognava moltissimo del suo desiderio di porre fine alla sua vita. Sapeva che l'Inferno influenzava i suoi abitanti in negativo. Ma lui era un Arcangelo, la creatura piú potente del Paradiso al servizio del Suo Signore. Non doveva esserne immune?
Questo pensava mentre cercava di rimettere in ordine i cilindri delle Essenze che erano cadute durante lo scontro con Gabriele.
Non aveva mai notato che in ognun cilindro era segnato un nome.
"Bé certo, il nome del proprietario dell'Essenza"pensó.
Una di loro attiró la sua attenzione. Sopra, scritto in bella calligrafia spiccava il nome Layla.
Non conosceva nessuna che si chiamasse cosí. Fece per metterla al suo posto, ma l'istinto lo frenó. Nel profondo dell'animo sentiva che doveva portarla con sé, perché in futuro gli sarebbe servita. Per questo la infiló nella borsa a tracolla che a tempo debito, cioé prima dello scontro con Gabriele, aveva riposto in un angolo e che aveva recuperato.
Prima di lasciare la sala gettó un'ultima occhiata a quel posto che l'aveva cambiato. Per sempre.




Angolino dell'autrice:
Eccomi qui in ritardo stratosferico ^^"
Spero che il capitolo vi piaccia :3 e scusate l'html diverso dagli altri capitoli(é che sto pubblicando con il tablet, e ancora sono piuttosto imbranata ^^")
A presto,
Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 62
*** capitolo 61 ***


Image and video hosting by TinyPic

Capitolo 61


 
Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'entrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia.
Canto V vs.4-6
…cingnesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
Canto V vs.11-12
 
Il primo a notarlo, non appena uscí dalla tenuta di Asmodeus, fu Ettore.
«L'Arcangelo é tornato»annunció.
E subito Gabe fu circondato da una miriade di anime sorridenti. Tra loro scorse anche Virgilio e Omero.
Quest'ultimo si avvicinò e l'avvolse in un caloroso abbraccio.«Sapevo che ce l'avtesti fatta. So riconoscere un eroe quando ne vedo uno».
«Vedere é una parola grossa Omero, dato che sei cieco»gli fece notare Deifobo.
Omero liquidó il discorso con un cenno della mano.«É un eufemismo ragazzo. E ora gioite con me per la morte del nostro aguzzino,e la vittoria dell'Arcangelo che ci ha liberato dalla tirannia di Asmodeus».
Scoppio un tripudio di gioia tra i presenti che invocarono a grande voce il nome di Gabriele.
A Gabe salirono le lacrime agli occhi. Non per la felicità, ma per i sensi di colpa. Lui non era un eroe, ma un assassino.
Senza proferire parola si allontanò, prima camminando, poi correndo verso l'uscita del Limbo, lasciando la folla ammutolita. Solo Virgilio comprese che qualcosa non andava nel suo giovane amico. Per questo lo seguì.
Lo scorse in prossimità della porta che l'avrebbe condotto verso il Secondo Cerchio.
«Gabriele, aspetta!»lo chiamó.
E Gabe rimase immobile aspettando che Virgilio lo raggiungesse.
«E successo qualcosa, non é vero?»domandó senza giri di parole.
Gabe si voltó verso di lui, con gli occhi lucidi.
«Che differenza c'é tra me e Asmodeus?»
Questa domanda lasciò Virgilio sorpreso.
 «Tu non hai nulla in comune con quel mostro»rispose sicuro.
Gabe scosse la testa.«Tu non capisci. Posso provare a essere diverso da lui, ma alla fine non é cosí».
 «Gabriele cosa...»provó a ribattere Virgilio, ma Gabe lo bloccò. «Io l'ho ucciso Virgilio. L'ho ucciso senza un bricciolo di rimorso. Sono come lui. Ho provato piacere per la sua morte. Sono un assassino, un mostro. Non merito di essere ció che sono».
«Sei diverso da Asmodeus. E vuoi sapere il motivo?»
Gabe lo fissó, annuendo brevemente poco convinto.
«Perché adesso stai provando sensi di colpa per la sua morte. Ad Asmodeus non sarebbe importato nulla togliere una vita. Tu hai un cuore puro Gabriele, lo so»disse con determinazione «E se fossi stato davvero dall'animo nero saresti sceso fino a qui per salvare la tua ragazza?»
Quelle parole riuscirono a calmarlo.
«Tu non sei un mostro»ripeté Virgilio.«Non é odio ció che predomina il tuo cuore, ma solo amore e desiderio di giustizia».
Gabe gli sorrise grato.
«Grazie, sommo Virgilio. Le tueparole significano molto per me».
Virgilio allungó la mano, e Gabela strinse, come due vecchi amici prossimi a dirsi addio.
«Spero che tu riesca nella tua impresa ArcangeloGabriele, Eroe di D... Ecco, Tu sai Chi, insomma».
«Conosci il significato del mio nome?»
«Conosco tutte le radici etimologiche di voi Araldi del Cielo»disse Virgilio orgoglioso.
Gabe lo fissò con ancora piú ammirazione. Chi l'avrebbe mai detto che un'anima del Limbo, condannata a non vedere mai il Signore, si potesse interessare a loro Arcangeli.
«Addio Gabriele. Possa la buona sorte seguirti nella tua impresa»lo salutó Virgilio, prima di girarsi e allontanarsi per ricongiungersi con i compagni.
Gabe lo fissó un'ultima volta con nostalgia, prima di voltare le spalle al Limbo per intraprendere di nuovo la sua traversata nell'Inferno.
 
Non dovette camminare molto prima di raggiungere una lunga fila di anime, quasi paragonabile a quella che attendeva il Traghettatore. Ma a differenza di queste ultime, buona parte sembrava già arresa al proprio destino. Poco distante scorse il Giudice Infernale Minosse.
Alcune anime lo scontrarono con poca grazia, intimandolo in modo sgarbato di avanzare.
"Che permalosi" pensò Gabe piccato.
In un non nulla si ritrovò schiacciato tra una ragazzina sui quindici anni e una donna di mezza età vestita in modo impeccabile.
La donna, non appena incrociò il suo sguardo gli sorrise in modo affabile e seducente.
"O è un'adulatrice o una lussuriosa" pensò infine Gabe, girandosi con disgusto. Si concentrò meglio sulla ragazzina.
Aveva i capelli castano scuro lunghi fino alle spalle super lisci, sicuramente piastrati a dovere, non molto alta-Gabe la sovrastava di una spalla e mezza-e era di corporatura media. La ragazza si giró verso di lui, fissandolo con interesse, gli occhi scuri che scintillarono di malizia.  Non era la classica ragazza che si poteva trovare sulle riviste di gossip, pur avendone l'ambizione come testimoniavano i vestiti che indossava:una camicetta grigia scollata a V, una minigonna nera e ai piedi un paio di ballerine.
«Giulia»si presentò offrendogli la mano. «Ma tu puoi chiamarmi Giul».
«Gabriele»ribatté Gabe con disgusto. Nella sua anima captava qualcosa, come una macchia. Doveva aver compiuto chissà che malefatta, altrimenti non si sarebbe dovuta trovarelí. Proprio non riusciva a capire come gli umani potessero macchiarsi di tutte queste colpe. Davvero il male era così bravo a tentare le sue vittime?
La ragazza, che nel frattempo non aveva smesso di studiarlo, gli offrí un sorriso tra il divertito e il canzonario.
«Bene, bene. Se qui all'Inferno ci sono figacci come te, credo che mi troverò davvero bene».
Gabe la fissó stupito,arrossendo poi di botto.
«Ma che stai dicendo? Qui non troverai altro che dolore per l'eternità. Come puoi pensare di... »
La ragazza di tutta risposta gli fece l'occhiolino.«Scommettiamo che la farò in barba a quel demoniaccio che mi deve giudicare?» lo sfidó con arroganza.
«Morirai se solo ci proverai»ribatté Gabe.
Giulia gli sorrise pericolosamente.«Questo é tutto da vedere, mio caro».
Fece due passi avanti, dato che nel frattempo, i due uomini prima erano già stati mandati nei loro rispettivi cerchi.
«Allora? Ci possiamo muovere si o no? Non ho tempo da perdere io!»sbraitó la voce di Minosse incollerito. Gabe cercò di riconoscere anche solo un l'insignificante fattezza umana nella creatura che gli stava di fronte:aveva la carnagione grigiastra come quella dei cadaveri, due occhi ardenti come la brace che fissavano minacciosi le anime impaurite. Le dita lunghe e sottili erano munite d'artigli taglienti come rasoi, così anche quelle dei piedi. E poi la coda, lunghissima che terminava con un micidiale arpione. Li sovrastava di qualche metro, ma al suo cospetto Gabe si sentiva peggio di una formica.
Lo stesso non si poteva dire di Giulia che si voltó verso l'Arcangelo dal viso cinereo, sorridendogli beffardamente.«Staa vedere».
E rivolta a Minosse, cinguettó: «Eccomi».
Il Demone borbottó qualcosa, forse nella sua lingua originaria,il cretese, per poi dire:«Nome».
«Giulia»rispose la ragazza calma.
Tra le mani possenti dagli artigli acuminati, di Minosse comparve un libro enorme. Aveva la copertina nera in pelle, e le parole, scritte sui fogli ingialliti dal tempo, sembravano scritte con il sangue.
Giró il tomo verso la ragazza, a cui nel frattempo era apparsa una penna dalla punta acuminata in mano.
«Pungiti il dito con la punta. Essa assorbirà il tuo sangue, e sarà con quello che scriverai il tuo nome sul libro».
Giulia ubbidì, presa però da una strana ansia. Gabe gliela lesse negli occhi. La sua convinzione cominciava a vacillare.
La ragazza scribacchió con timore il suo nome sulla pagina ingiallita simile a pergamena del tomo. Non appena fini di scrivere l'ultima lettera, la penna scomparve magicamente.
Minosse diede un'ultima occhiata alla pagina per poi chiudere il libro.
«Ebbene, dimmi qual é la colpa che ti ha spedito qui».
Giulia deglutí. Ora si giocava il tutto per tutto.
 «Mio signore, vede...c'é stato un grosso malinteso. Io non ho fatto nulla per finire qui»balbettó, cercando di assumere l'espressione più docile nel suo repertorio.
Minosse la fissó con i suoi occhi accesi, come la brace.
«Nessun errore mia cara. Nel tuo nome scritto con il tuo sangue ho letto la tua colpa».
Gabe rimase spiazzato, così come Giulia.
Ma come faceva a sapere di che colpa si era macchiati in un nome scritto col sangue?
Un vero mistero. Una trovata insolita dell'ingegno per incastrare le anime dannate.
 «Non capisco...».
«Piccola miserabile umana, so cos'hai combinato sulla Terra. Hai fatto girare voci false su una tua compagna di classe, screditandola davanti a tutti, conoscenti e non. E ti sei vantata di questo. Dimmi, cosa ti ha fatto quella povera ragazza per meritare un simile trattamento, eh?»
Giulia abbassó lo sguardo sconfitta.«Nulla, mio signore».
Minosse annui serio. «Questa é stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso che ci ha spinto ad agire di conseguenza. La tua vita é tutta costruita sumenzogne, e come ben sai, i nodi vengono sempre al pettine. Ora che siamo giunti a questo punto, ti condanno alla sesta Bolgia dell'Ottavo Cerchio. Che tu sia dannata tra gli ipocriti, come in vita hai vissuto vomitando miele e pensando fiele. Camminerai vestita di menzogna, e che sulle tue gracili spalle senta il peso opprimibile della verità che hai oscurato con le tue parole».
Non si alzó neppure dal trono quando mosse la sua coda che finiva come un arpione. Sinuosa come un serpente si avvolse intorno al corpo di Giulia che cercó di divincolarsi, invano. Per otto volte si attorciglió, e la voce di Minosse tuonó:«Sesta Bolgia».
Davanti agli occhi di Gabe la figura di Giulia si dissolse, condannata per l'eternità.
La coda tornó al suo posto, e Minosse portó lo sguardo su di lui, squadrandolo con un certo interesse. Anche troppo.
Gabe trattenne il fiato. Che avesse fiutato la verità sul suo conto? Non poteva permetterselo. Non adesso che non aveva ancora raggiunto il Secondo Cerchio.
«Il mio nome è Gabriele, e sono un assassino»borbottó impacciato. Era la scusa piú stupida che avesse mai potuto trovare.
Minosse lo fissó stupito.«Sei sicuro Asmodeus? Hai bevuto troppo sangue che ti ha dato alla testa per caso? Levati, mi stai facendo perdere tempo prezioso»l'apostrofó poi aspramente, allungando la coda per scostarlo dalla fila.
Gabe deglutí. L'aveva preso per il gemello sovrannaturale. Sentì la gola secca, e si ritrovò a corto di parole.
«Ecco...io...»provó a ribattere.
«Ecco dov'eravate finito»l'apostrofó una voce femminile.
Non riuscínemmeno a metabolizzare il tutto, che si ritrovó a braccetto con un Demone femmina.
Aveva i capelli ricci scuri e gli occhi vermigli tipici della sua specie. Era abbastanza mingherlina e minuta, eppure notevolmente forte.
«Ti chiedo scusa Minosse per il comportamento inappropriato di Asmodeus. Credo che sia per colpa dello stress»disse con un leggero sospiro.
Gabe si ritrovò ad annuire meccanicamente stando al gioco del Demone, troppo scosso per ribattere.
Minosse annui comprensivo.«Già. La disfatta in Paradiso brucia a tutti. Capisco cosa stai provando, ma non ti azzardare a farlo un'altra volta, intesi?»
Gabe aprì la bocca per rispondere, ma fu anticipato dal Demone. «Assolutamente si. E ora andiamo Asmodeus»disse, e lo trascinò lontano da Minosse e dalla macabra fila di animeche doveva giudicare e che si snodava di fronte a lui a perdita d'occhio.
Ma quando furono a debita distanza e lontani da occhi indiscreti, Gabe torse il braccio del Demone, ancora avvinghiato al suo, cogliendola i sorpresa. Fulmineo lo bloccò dietro la schiena e con l'altra mano libera estrasse un pugnale dal fodero, e glielo puntó alla gola.
 «Mi fai male»si lamentó il Demone.
 «Faró piú che questo se non mi dirai la verità. Chi sei? Ti ha mandato qualcuno per uccidermi?»Affondò leggermente la punta del pugnale nella sua gola delicata.
«Oppure vuoi gli onori di aver ucciso un Arcangelo?»
«Nulla di tutto ció»si affrettó a dire lei tra le lacrime.
Gabe rimase stupito. Nessun Demone piangeva sotto tortura. Erano soliti a farsi beffe di loro oppure si limitavano a fissarli con odio. Almeno questo era quello che gli avevano raccontato Michael e altri suoi compagni.
«E allora perché? Perché mi hai salvato dai guai con Minosse, se non per uccidermi».
«Non sono qui per ucciderti»ripeté.«Si tratta di Beth».
A sentire quel nome, lasció subito la presa. Il Demone si massaggió il collo, là dove era penetrata in minicissima parte la lama celeste.
«Accidenti. Hai mai pensato sul serio di fare il serial killer, anziché usarlo come patetica scusa?»gli domandó con risentimento.
Gabe ignoró la domanda.«Cosa sai di Beth?»chiese invece, fissandola intensamente negli occhi.
Il Demone sospiró. «Sei Gabriele giusto?»
Gabe la fissó sorpreso, annuendo.
Il Demone di tutta risposta si sedette sopra una roccia poco distante. Con una mano fece un cenno a Gabe.
«Vieni. Ci sono molte cose che devi sapere».

 






Angolino dell'autrice:
Hola a tutti ^^
Oggi sono due anni di permanenza della storia su EFP :)
Ringrazio tutti voi che la seguite ^^
A presto(spero)
Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 63
*** capitolo 62 ***


Image and video hosting by TinyPic

Capitolo 62

 

Gabe osservó con sospetto il Demone che gli sedeva accanto, intenta a tormentarsi le mani.
Il suo aspetto gli era vagamente famigliare. Ma dove l'aveva già vista?, pensò nel tentativo di ricordare.
«Il tuo volto non mi é nuovo. Ci conosciamo?»
Il Demone annuí. «Mi hai conosciuta a Wilmington».
Gabe la fissó dubbioso, per cui lei si affrettó a spiegare.«Sono Elena Clarke»si presentó.
Notando che Gabe ancora non aveva afferrato, aggiunse: «Mi avrai senz'altro notata alla Wilmington Town Of quando ero ancora viva. Frequentavo le tue stesse ore di letteratura».
«Ah»disse infine Gabe ricordandosi. Adesso ricordava.
Era morta la sera prima della sua prima e unica battaglia che aveva combatto quando Beth era ancora un Demone spietato. «Ah, si. La ragazza di Jake, se non erro».
Gli occhi vermigli della ragazza scintillarono d'odio a stento trattenuto.«Non nominare il suo nome. É stato lui a trasformarmi in quello che sono adesso».
Gabe la fissó sospettoso. Certo, poteva essere benissimo la verità, ma con i Demoni fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.
«Mi stai dicendo che odi Jake?»
«È appunto quello che cercavo di farti capire»replicò lei.«Sono qui per aiutarti»aggiunse.
Gabe incrociò le braccia al petto.«E cosa ti fa credere che abbia bisogno del tuo aiuto?»
Elena lo fissò con risentimento.«Ti ho salvato da Minosse prima, non dimenticarlo».
L'Arcangelo fu colto sul fatto, ma non lo diede a vedere.«Avevo tutto sotto controllo».
La ragazza sorrise divertita.«Si vedeva. Avevi intenzione di convincere Minosse a teletrasportarti nel Settimo Cerchio con le fattezze uguali a quelle di Asmodeus senza problemi?» Ridacchiò.«Allora sei messo peggio di quello che pensassi».
Gabe la fissò piccato.«Chi sei tu per criticare ciò che volevo fare? Avrei potuto convincere Minosse che io non…»
«Nessuno può farla sotto il naso a Minosse. Nessuno, soprattutto un Arcangelo fuori di testa da scendere qui giù senza un piano logico».
Gabe trattenne a sento una rispostaccia, che ricacciò giù per la gola. «Perché sei qui? Come facevi a sapere della mia presenza all'Inferno?»domandò invece.
Elena lo fissò intensamente negli occhi.«È stata Beth a mandarmi qui». Notando la sua titubanza, si affrettò ad aggiungere:«Aveva capito che eri qui nell'Inferno e mi ha mandato per aiutarti».
«Spiegati meglio».

Elena entrò nella sala del trono di Castel Tenebra, sicura che in quel momento non vi era la presenza né di Jake né di Annabel.
I suoi occhi saettarono subito sulla figura al centro della stanza, circondata da un Muro di Fuoco Celeste, che le permetteva comunque di vederla oltre di esso. Beth era seduta a gambe incrociate, i palmi delle mani rivolti in avanti, per alimentare la sua unica barriera che la proteggeva. Notò subito il respiro ansante, le occhiaie violacee e i rivoli di sudore che le scendevano giù dalle tempie.
«Beth»la chiamò Elena con voce flebile.
Beth aprì lentamente gli occhi, mettendola a fuoco solo dopo un po'.
«Elena»mormorò. Sembrava esausta.«Non dovresti essere qui»aggiunse preoccupata.
«Sono venuta qui per aiutarti»rispose.
Vide una sorta di dubbio saettare sul volto di Beth, che si irrigidì subito dopo.«Gabe…»sussurrò.
«Cosa?»
Poi delle voci, e dei passi in rapido avvicinamento, che non appartenevano a loro. Qualcuno si stava avvicinando, e in cuor suo, Elena sapeva che quei passi si stavano dirigendo proprio lì.
Fissò allarmata Beth, che nel frattempo aveva riacquistato la concentrazione. «Gabriele è qui, nell'Inferno»dichiarò.
«L'Arcangelo?»
Beth annuì.«Ma non è vicino. Credo sia ancora nei primi Cerchi, se non ancora nell'Antinferno. Non riuscirà a cavarsela da solo. Un Arcangelo all'Inferno è come un agnello in mezzo ai lupi. Se lo scoprissero, lo ucciderebbero senza pietà».
La vide illuminarsi mentre incrociò i suoi occhi con quelli di Elena. «Ho un incarico da affidarti Elena»disse.
Elena guardò ansiosa la porta, eppure determinata a fare ciò che le stava per chiedere.«Cosa vuoi che faccia?» «Voglio che tu conduca Gabriele fin qui. So che lui è in grado di liberarmi».
«Non capisco, tu…»
«Quando Jake mi ha colpita, è come se fossi diventata una sua…diciamo, prigioniera. Non posso uscire da Castel Tenebra, a meno che uno più potente di Jake non mi liberi. E Gabe…sono sicurissima che lui ce la possa fare. Ma devi fare presto. Non so ancora quanto reggerò».
Elena annuì.«Farò come mi chiedi Beth. E mi raccomando, tieni duro».



«Ed eccomi qui»terminò di spiegare Elena.
Sul volto dell'Arcangelo lesse un misto di sospetto e curiosità.
Elena sospirò.«Davvero non credi a nessuna singola parola che ti ho detto?»
«Si vede così tanto?»domandò retoricamente l'altro.
«Senti, potrai crederci o meno, ma più il tempo passa, meno possibilità hai di salvare Beth. Sono la tua unica speranza di uscire vivo dall'Inferno con lei».
«Io non accetto aiuto da chi ha cercato di strapparmela via»rispose Gabe con sguardo di fuoco.
Elena capì con orrore che l'Inferno stava influenzando i suoi pensieri in negativo. Per lei, che era un Demone non c'era nessun problema, ma un Arcangelo…
«Non sono io la tua nemica, ma Jake. È lui che ti ha portato via Beth, non io»cercò di spiegargli.
«Sei stata con lui. Come posso fidarmi di te? Potresti benissimo essere un suoemissario venuta qui per persuadermi e farmi cadere in trappola».
Si alzò.«Eh, no. Avete deciso di giocare con l'Arcangelo sbagliato».
Prima che Elena potesse ribattere, frappose la sua spada tra sé e la Demone. «Ti lascerò in vita, ma non credere che la prossima volta sia così clemente. E non seguirmi. Dico sul serio».
E si allontanò. Elena rimase per un attimo immobile, poi con uno scatto si alzò in piedi.
«Gabriele! Piú il tempo passa meno possibilità hai! Il tempo qui nell'Inferno non scorre come pensi! Sono già passati due giorni dalla tua discesa qui. E Beth non potrà durare ancora molto!»cercó di convincerlo.
Gabe, sempre allontanandosi, alzó le spalle come per dire:"Dii pure quello che vuoi, ma non credo a una singola parola di quello che hai detto".
Elena provó un ultimo tentativo di fermarlo.
«Non puoi sopravvivere da solo!Ti serve il mio aiuto oer sopravvivere qui nell'Inferno!»
Le rispose solo silenzio.
Elena ebbe un moto di stizza.«Che faccia quello che vuole. Poi non mi venga a dire che non l'avevo avvertito. Io ci ho provato, ma è più testardo di un mulo. Ragazzi…chi li capisce»borbottò tra sé e sé alterata.
Poi sentì due timbri di urli diversi. Uno apparteneva a un ragazzo, mentre l'altro, disumano era carico di morte.
Lo riconobbe subito.
Si lanciò subito in direzione delle voci, sguainando sulla strada la sua arma demoniaca, una daga dall'elsa vermiglia e la lama d'ossidiana come tutte le armi infernali. Non ci volle molto a trovare le origini delle voci. Gabriele era schiena a terra e cercava di difendersi alla meno peggio contro un Demone Brado che cercava di azzannarlo con la sua chiostra di denti affilatissimi.
«E meno male che sapeva cavarsela anche da solo»borbottò gettandosi nella mischia.
Con un colpo aprì un'ampia ferita sulla schiena del Demone Brado che lanciò un grido di dolore che non aveva nulla di umano, per poi voltarsi nella sua direzione, con i suoi occhi ardenti come braci. «Dai fatti sotto»lo sfidò Elena con un sorriso. La creatura non se lo fece ripetere due volte e con un battito d'ali le fu subito addosso. Elena si mosse più veloce di quello che l'occhio umano poteva percepire, e lo colpì all'addome. Il Demone cadde a terra in preda al dolore, tenendosi le mani sulla ferita. Elena ebbe un moto di pietà e mise fine alla sua sofferenza con un colpo al cuore.
Poi si avvicinò a Gabe ancora steso a terra con il fiatone.
Gli porse la mano. «Adesso ti sei deciso ad accettare il mio aiuto?»

Quando Gabe si era allontanato dalla Demone era pieno di dubbi fin nel midollo.
E se le sue parole erano vere? Se davvero era lì per aiutarlo a salvare Beth? Oppure era tutta una farsa? Troppe domande, e davvero non era il momento giusto per averne.
Poi un urlo disumano alle sue spalle e un qualcosa lo colpí, facendolo cadere rovinosamentena terra.
Subito evocó una corazza di fiamme celesti intorno a sé, e sentí l'oscura presenza staccarsi. Quel giochetto gli aveva sottratto un po' di energie. Quelle rimanenti gli sarebbero bastate per impugnare la spada e far fronte alla minaccia.
Si giró verso il suo aggressore, che si teneva le mani ustionate dal fuoco, contro il petto.
Era un Demone dalla pelle grigiastra, che scuriva a livello delle mani e dei piedi muniti di artigli taglienti come rasoi, occhi come la brace illuminati da una follia senza pari, la bocca una chiostra di denti affilatissimi come quelli degli squali, e orecchie allungate rispetto a quelle normali che sbucavano da una zattera castana scura. Sulle spalle si aprivano enormi ali membranose nere dai riflessi rossi, simili a quelle dei pipistrelli, sulla schienauna cresta simile a quella dei pesci, e per finire una coda che terminava con un arpione aguzzo.
Di certo non la creatura piú affascianate che poteva trovarsi di fronte, ma che in qualche modo gli ricordava Duth, uno degli Angeli Guaritori legati a Raphael.
Era da tempo che non lo incrociava in Paradiso. Chissà che fine avesse fatto.
Ma quello non era il momento di crogiolarsi nei ricordi, doveva combattere!
La creatura levó al cielo un urlo spaventoso, prima di gettasi su di lui con le ali spiegate. Subito Gabe si mise in posizione di difesa e repinse il nemico con un semplice tondo. Ma questi non si lasció demordere e tornó subito all'attacco. Con un colpo violentissimo di coda lo colpí al fianco distraendolo quel poco che permise alla creatura di gettarlo a terra e inchiodandolo al terreno, senza vie di fuga. Gabe cercó freneticamente di liberarsi, colpendo alla meno peggio con la spada, quasi inutilmente dato che era bloccato a terra. La creatura avvicinó d'un soffio il suo viso deformato da una maschera di furia omicida rivelando la chiostra di denti affilati. Gabe cercó di divincolarsi dalla sua presa, ma il Demone non si schiodó di un millimetro. Sentí crescere dentro di sé un terrore indescrivibile. Non voleva morire proprio in quel momento.
Quand'ecco che all'improvviso sentí il Demone gemere di dolore, scivolando via e liberandolo dalla sua presa ferrea.
Di fronte a lui si ergeva la Demone che brandiva una daga. Con un ultimo colpo al cuore mise a tacere persempre la creatura che svaporó come fosse stata acqua.
La Demone...cioé Elena, si giró nella sua direzione e abbozzó un mezzo sorriso, mentre gli porgeva la mano per aiutarlo ad alzarsi.
«Adesso ti sei deciso ad accettare il mio aiuto?»
Gabe la fissó per un istante.Se avesse voluto vederlo morto lo avrebbe lasciato in balia di quella creatura.
«Credi che questo mi possa convincere del tutto delle tue buone intenzioni?»
Elena alzó le spalle.«Si, speravo di farti cambiare idea».
«Ribadisco non ho bisogno del tuo aiuto». Si illuminó.«Se mi teletrasportassi direttamente nel Settimo Cerchio risparmierei un mucchio di tempo, e...»
«Non puoi»ribatté Elena con noncuranza.
«Come sarebbe a dire che non posso? Non hai alcun diritto di...» cercó di protestare Gabe subito zittito da Elena.
«Mi correggo, potresti, ma perderesti tutti i poteri per farlo. E, cosa piú importante, non puoi teletrasportarti in un luogo che non hai mai visto di persona»spiegó come fosse una cosa ovvia.
«Ma a New York e nell'altra Wilmington mi sono teletrasportato con Beth, e io non le avevo mai visitate prima»le fece notare.
Elena abbozzò un sorriso. «Non ti conosco bene Gabe, ma tutti conoscono New York bene o male, e l'altra Wilminton, stando a ció che mi ha raccontato una volta Beth prima di finire nelle mani del Paradiso, l'hai fatto per sbaglio perché ti sei concentrato su un nome anziché un luogo».
«Potrei fare la stessa cosa il Settimo Cerchio, ti pare?»
«E tu saresti disposto a perdere tutte le tue energie che potresti investire nel possibile scontro che potrai avere contro Jake?»domandò Elena.
Se la metteva su questo piano…
«Mi hai convinto»si limitò a rispondere.
Lei gli sorrise sinceramente, e Gabe seppe di aver fatto la scelta giusta. «Bene, mio piccolo Dante angelico, saluta il tuo Virgilio infernale»scherzó Elena, strappando un mezzo sorriso all'Arcangelo, che si fece improvvisamente serio.
«Cos'era quel Demone?»domandó Gabe.
«Un Demone Brado»rispose lei, come se fosse la cosa piú ovvia del mondo.
«Perdona la mia ignoranza, ma non ti seguo».
«É un po' complicato da spiegare. Sono creature create da Lucifero. Sono paragonabili a segugi, diciamo cosí».
«Segugi? Ma i segugi infernali...»
«Sono un'altra cosa»spiegó lei.«Diciamo che negli ultimi anni sono diventati l'equivalente dei cani da guardia, soprattutto nelle tenute degli Originari».
«Anche Beth ne aveva uno?»
Elena annuí.«Si chiama Meth. E per quanto riguarda i Demoni Bradi»continuó Elena.«Non sono sicura che tu voglia sapere cos'erano prima di diventare come tu li hai conosciuti».
«Aspetta! Mi stai dicendo che non sono nati...cosí?»
Elena scosse la testa e distolse lo sguardo, mordicchiandosi il labbro, titubante se rivelargli o meno la verità. «Dove pensi che finiscano gli Angeli che muoiono per mano dei Demoni?»domandó infine.
«Non diventano Senz'Anima?»
Elena scosse la testa.«No, quello gli umani. Mentre gli Angeli...»
Gabe sentí la gola seccarsi e il cuore andare a mille. In quel momento capí dove il discorso della Demone voleva andare a parare.
«No...»
Elena annuí sconsolata.«Si. Vengono portati al Pandemonium, la dimora di Lucifero, e lí, il Nostro Signore si sottrae il suo sangue e lo inietta all'Angelo. A quel punto perde la sua natura celeste e si trasforma nella creatura che ti ha attaccata. Perde ogni coscienza di sé e del suo passato, e diventa una spietata macchina di morte al servizio di Lucifero. Solo lui puó controllare quelle creature per via del legame di sangue. Di solito li sguinzaglia contro un possibile traditore, e stai pur certo che quello non vede piú l'alba del giorno dopo. Nessuno puó scampare alla furia dei Demoni Bradi».
«Ma...lui...»balbettó Gabe confuso.
«Forse era sulle tracce di qualcun altro e deve aver annusato su di te l'essenza angelica. Non c'é altra spiegazione plausibile».
«Non é che...sono a conoscenza della mia presenza qui?»azzardó Gabe, ma Elena scosse la testa.
«Non ne avrebbero mandato solo uno, ma un branco. No, deve essere stata solo una coincidenza, nulla piú». Gabe si tenne la testa tra le mani.
«Duth»mormoró sconvolto.
Come faceva a dirlo a Raphael?
Elena lo fisso senza capire. «Eh?»
«Quel Demone...assomigliava a Duth, un Angelo Guaritore. Non puó essere vero che lui...che lui...»balbettó a corto di parole.
Elena gli si avvicinó, e gli poggió una mano sulla spalla.«Mi spiace Gabriele».
Non riusciva a trovare altre parole di conforto di fronte al suo dolore. Gabe rimase per un tempo che parve interminabile immobile e con la testa china. Quando la rialzó, Elena vi lesse tutto il dolore impresso. «Perché?»domandó l'Arcangelo.
«La considerano una sfida al Paradiso. Il fatto che i loro arardi finiscono a servire il male che combattono é, secondo loro, una dimostrazione di potere».
Gabe la fissò tristemente, ed Elena si sentí male per lui. Lei non era come gli altri Demoni che provavano infinito piacere nell'infliggere dolore agli altri. In qualche modo era rimasta...umana. E davvero non riusciva a tollerare la sua sofferenza.
«Senti, tutto questo mi pare che ti abbia un tantino scombussolato. Ma non devi abbatterti. Tutti i tuoi compagni che sono diventati Demoni Bradi sono finiti nelle mani dell'Inferno non per volontà propria, ma per perseguire la loro missione. Hanno cercato di proteggere laTerra, e sono morti con coraggio. E la penso come te in questo momento. Anch'io ripudio ció che Lucifero fa loro. Ma devi pensare a questo. Loro si sono sacrificati per perseguire il bene»disse d'un fiato Elena.
Gabe la fissó di sottecchi. «Sei una Demone strana, non c'é che dire. Ma hai ragione. Per quanto possa essere crudele e spietata la verità, loro hanno svolto il loro compito di guerrieri celesti con coraggio e assiduità»rispose Gabe, abbozzando un leggero sorriso.
«E adesso»continuò con zelo.«Andiamo a salvare Beth».








Angolino dell'autrice che non è dispersa ;) :
Ciaoo a tutti/e :)
Scusate il ritardo, ma il pc non collaborava a fare un html decente, per cui mi sono arangiata(si è visto vero? XD)
Nel prossimo il nostro caro Gabe entrerà nel Secondo Cerchio, dove ad attenderlo c'è una sorpresa ^^
Ringrazio tutti coloro che seguono la storia ^^
A presto(spero),
Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 64
*** capitolo 63 ***


Image and video hosting by TinyPic

Angolino dell'autrice in stra ritardo:

Hola a tutti e scusate per il ritardo colossale ^^" Ma anche voi avete problemi a fare un html decente? :/
Boh, spero che mi sia uscito decente ^^
Faccio l'angolino qui perchè vorrei avvisarvi che nella seconda metà capitolo sarà presente una scena lime(la prima e unica di tutta la storia) che mi serviva per far entrare un personaggio importante per il sequel XD
E detto questo buona lettura e scusate gli eventuali errori di battitura ^^"<3 p.s:alla fine della prima parte del cap:trad dallo spagnolo=piccolo :)



Capitolo 63



Il Secondo Cerchio non si prospettó per niente come se l'era immaginato.
Certo, non che si fosse mai soffermato su quel pensiero, ma di certo non si sarebbe mai aspettato quello che gli si paró di fronte.
Di fronte a lui e alla sua accompagnatrice, si estendeva una piana brulla senza l'ombra di un'anima. Il buio era quasi totale , smorzato dalle fiaccole di Fuoco Infernale presenti costantemente ogni tot metri.
Elena si accorse nel suo spaesamento. «Bé, che c'é? Non é come l'hai immaginato, eh?»gli domandó, come se gli leggesse il pensiero.
«Da cosa l'avresti capito?»le domandó retoricamente Gabe.
Elena fece spallucce. «Dovevi vedere che faccia hai fatto».
Gabe decise di non rispondere sarcasticamente alla Demone. In fondo senza di lei si trovava senza guida, e se l'Inferno fosse sempre stato come quel Cerchio si sarebbe perso di sicuro.
«Dove sono le anime?» Elena, con un cenno della testa, indicó qualcosa soprale loro teste.
«Lassú» . Gabe alzó lo sguardo, e con sgomento si accorse delle anine che fluttuavano a pochi metri da terra. «Ma che...»fece per dire, quand'ecco che un vortice raccolse fra le sue braccia gli spiriti, e li trascinó in alto, li fece cadere da altezze vertiginose, per poi riacciuffarle per continuare il suo supplizio, senza lasciar loro alcuna speranza non solo di riposo, ma nemmeno di una sofferenza minore.  E in tutto quel tempo sentì urla, lamenti, pianti e bestemmie.
Gabe inizialente non capí il vento impetuoso come condanna, ma alla fine intuì il suo significato legato al cosiddetto eros, l'amore, che quando diventa un tormento tra la passione e il dolore, il m'ama o non m'ama, un'ossessione che ti porta a mettere prima di tutto quell'amore insaziabile e voglioso l'acqua per un assetato. E il vento simboleggiava proprio quello, quel turbine di emozioni che ti catturava e ti trasportava senza via di scampo.
Gabe notó che alcune anime, in quel vortice impetuoso, procedevano in fila ordinate.
«Perché quelle procedono discliplinate, diversamente dalle altre?»volle sapere Gabe.
Elena lo fissó sorpresa. «Perdona la domanda Gabriele, ma hai mai letto La Divina Commedia?»
Gabe arrosí, in imbarazzo. «Molti anni fa si. Quando ero ancora vivo».
«Quanto tempo fa?»
«Un bel po' di secoli».
Elena alzó gli occhi al cielo.«Tu che sei innamorato dovresti saperlo, a prescindere se hai letto o meno il libro. Esistono due tipi di amore:il primo é quello impetuoso e confuso, quello che ti trascina con sè brutalmente. Mentre il secondo é quello fedele, discilpinato e controllato che ti porti dentro fino alla morte»spiegó in tono didattico.
Poi velocemente gli indicò Didone, Cleopatra, Elene di Troia, Achille, Paride, Tristano, ed altri di cui Gabe si dimenticó dopo poco.
Mano a mano che Elena parlava, procedettero per la piana.
Gabe scorse all'orizzonte i confini tra il Secondo Cerchio e il Terzo Cerchio.
Non mancava molto.
«Oh guarda chi si vede. Il figlio della sgualdrina»lo beffeggió una voce conosciuta alle sue spalle.
Gabe si girò sorpreso. A pochi metri dal suolo e poco distante dalla sua posizione, fluttuava l'anima di Savannah. Indossava abiti non diversi da quelli abituali:una canotta e una minigonna che coprivano il minimo necessario e ai piedi un paio di tacchi alti, che tanto non le sarebbero serviti a molto.
L'Arcangelo la fissó per un attimo con pietà, per poi riprendersi, e incrociando le braccia al petto.
«Savannah. Immaginavo di trovarti qui»la salutó freddo.
Le stava antipatica quando era viva, e pure anche adesso che la sua anima era stata condannata lì, constató. Savannah gli sorrise.«Sempre tutto d'un pezzo eh? Sciogliti un po', e goditi i piaceri della vita. Come tua madre».
A quelle ultime parole si pieteificó.
Nella sua mente riapparve il volto dolce della madre, Caterina Cortés.
Michael non gli aveva mai rivelato dove si trovasse la sua anima, e al tempo della sua dimanda si era un po' insispettito, ma alla fine aveva lasciato perdere.
«Che cos'hai detto?»mormoró d'un soffio.
«Che dovevi prendere dalla tua mammina, e capire cosa importa davvero nella vita»lo beffeggió crudelmente Savannah.
Avrebbe dovuto rispondere alla frecciatina, ma la mente di Gabe era altorove.
«Dove si trova?»domandó invece.
Savannah sorrise.«E se non te lo dicessi?»
«Lo scopriró leggendoti nella mente. Non sarà piacevole, né per te, né perme»le rispose acidamente Gabe.
Savannah sospirò, come se rispondere alla sua domanda richiedesse chissà che energia.
«L'ultima volta che l'ho vista era nel vortice qualche metro più in là».
E detto questo si allontanó da loro.
Elena, che aveva seguito la conversazione in sulenzio, si avvicinó a Gabe, poggiandogli una mano sulla spalla. «Dobbiamo continuare il nostro cammino Gabriele. Andiamo».
Gabe si sottrasse dalla sua presa.«Prima devo fare una cosa»rispose incamminandosi verso la meta indicatagli da Savannah.
«Stai andando dove sto pensando io?»
Di fronte allo sguardo eloquente e determinato di Gabe, esplose:«Maledizione Gabe, non abbiamo tempo! Piú ne perdiamo, piú si allontana la possibilità di portare via Beth da qui!»
«Non credere che non lo sappia Elena! Ma io...sento il bisogno...di sapere»spiegó a mezza voce. «Devo vedere di persona se Savannah ha mentito o no»aggiunse.
«Ovvio che ha mentito Gabriele. Altrimenti non sarebbe all'Inferno»ribatté Elena ancora arrabbiata.
«Per la verità se le sue parole fossero false sarebbe tra gli ipocriti»la contraddisse Gabe.
Elena batté un piede a terra stizzita. «Per me puó anche essere prigioniera bel Pandemonium per quel che mi riguarda! Ma qui stiamo parlando di Beth! Te l'ho già spiegato come funziona. La concezione del tempo qui nell'Inferno è diversa da quella che percepisci. Hai già perso due giorni per scendere neanche due Cerchi. Non hai il lusso di perderne ancora».
«Lo so Elena»disse Gabe.«Ma ti chiedo solo questo. Non vivró più al pensiero che mia madre sia veramente quie non lo so. Capisci?»
Elena gli si avvicinò, e lo strinse in un abbraccio.«Non sono cosí senza cuore Gabe. Capisco come ti senti». Sospiró.«Fa veloce. Cinque minuti, non di piú»aggiunse.
«E tu come fai a sapere tra quanto saranno cinque minuti?» Elena incroció le braccia al petto.
«Abbiamo il senso del tempo. A differenza di qualcuno»rispose, facendogli poi l'occhiolino.
Gabe le sorrise grato, e si affrettò a raggiungere la meta indicatagli da Savannah. Col caso all'insù, percorse con lo sguardo ogni anima che fluttuava sopra la sua testa, a volte scaraventata via da un vento impetuoso che si riversava nella valle a intervalli regolari. Tutte però trovavano un atmo per gettargli un'occhiata, chi di curiosità, chi di voglia.
Gabe le ignorò una ad una. Non era li per loro.
E fu dopo una folata di vento che la vide.
Era a pochi metri da li, esattamente come la sua mente la ricordava. I capelli neri erano raccolti in una treccia morbida che le arrivava a metà schiena, gli occhi grigi pieni di dolcezza e il corpo minuto.
«Mamma...»mormorò in preda all'emozione.
Pur avendo parlato a voce bassissima, Caterina sentì forte e chiaro quella semplice parola. Si voltò, e fissòGabriele con stupore e gioia a stento trattenuta.
«Pequeño* mio»mormorò prima di fluttuare verso di lui, abbassandosi quel poco che le permettesse di stringere tra le braccia il figlio.


Dalla camera di Amy provenivano mugolii di piacere. Matthew era sopra di lei, due dita dentro per farla arrivare all'orgasmo, mentre on l'altra le accarezzava la pancia con movimenti lenti e studiati.
«Matthew»mormorò in preda al piacere la ragazza.  «Fammi venire…tiprego…»continuò afferrandolo per i capelli e incitandolo a continuare la sua opera.
Matthew allora, recuperò un preservativo, anche se non gli serviva a molto dato che era morto, ma le abitudini erano dure a morire, e si infilò in lei.
Amy trattenne un mugolio di piacere, subito zittito da un bacio passionale di lui. «Spingiti più a fondo...»
E Mattew obbedì.
Ma per quanto si impegnasse, Amy non riusciva a sentirsi appagata.
Eppure non era la prima volta che andavano a letto insieme.
Era da quasi cinque mesi che lo facevano, un record per Amy che cambiava ogni due settimane amante.
Amy si spinse piú in dentro, ma il piacere non ne voleva sapere di venire. Cosí, frustrata, spinse di lato Mattew, alzandosi dal letto. Il ragazzo la fissó spaesato e con un pizzico di paura.
«Amy, cosa ti succede?»
La ragazza passó una mano tra i suoi capelli corvini tagliati similmente a quelli di Emma Marone.
«Cosa mi succede? Hai il coraggio di chiedermi che mi succede?»gli domandó aspramente Amy, avvicinandosi pericolosamente e fermandosi ad un soffio dal viso del ragazzo.
«Succede che tu non mi hai fatta venire e causato il piacere che io mi aspettavo da te».
Si allontanó dandogli le spalle.
«Mi hai deluso Matthew».
Il ragazzo, ancora nudo, scese dal letto e cinse la ragazza in un abbraccio alle sue spalle, per calmarla. Tutti coloro che le avevano fatto un torto erano misteriosamente scomparsi, e lui non voleva fare altrettanto. Quando era in vita considerava le ragazze solo uno strumento per soddisfare i suoi bisogni e piaceri, giochi di cui poi si disfava. Ma Amy era diversa. Lo aveva capito quando aveva incrociato i suoi occhi con quelli neri come il carbone di lei.
Sapeva che Amy lo considerava come un passatempo, eppure non poteva fare a meno di provare qualcosa per lei. La condanna lí nel Secondo Cerchio gli aveva fatto scoprire un sentimento che mai avrebbe pensato di provare.
Poggiò il suo mento sulla spalla di lei.«Mi dispiace di non essere stato all'altezza delle tue aspettative Amy. Non so cosa mi é preso, e mi spiace di non averti dato cio che meriti. Permettimi di riprovarci»cercó di convincerla Mattew con la voce piú umile e amorevole possibile.
Amy si scostó per girarsi verso di lui. La sua espressione era indecifrabile, ma quando lei poggió le labbra sulle sue, pensó di aver ottenuto, per fortuna, il suo perdono.
La ragazza si staccó dopo un bacio intenso e passionale, accarezzando con la mano sinistra il profilo della sua gote, scendendo al mento, per poi posare il suo indice sulle sue labbra.
La mano sinistra? Aveva notato che Amy la teneva sempre fasciata in un guanto nero di velluto. Non aveva mai avuto il coraggio di chiederle il motivo,ma forse avrebbe dovuto.
All'improvviso sentí le forze mancargli, e al tempo stesso sentiva un'attrazione che partiva dalla mano di Amy. Non capiva cosa stesse succedendo, ed avvertiva una sorta di paura.
Amy gli sorrise, ma non il sorriso provocante e sexy che aveva ogni volta che facevano l'amore, bensí uno freddo e maligno.
«Mi hai deluso Matthew»ripeté, seguendo il profilo delle labbra con il dito, scendendo poi sulla gola per poi posarsi all'altezza del cuore, facendo aderire infine l'intera mano. «E per questo meriti una punizione»continuó.
Matthew cercó le parole giuste per farle cambiare idea, ma la sua mente in quel momento era tabula rasa. E fu in quel momento che Amy mormoró:«Yr».
Quello che accadde in quel momento se l'avesse visto dall'esterno gli sarebbe sembrato paradossale. Dalla mano poggiata sul petto avvertí una scossa che si propagò in tutto il corpo, immobilizzandolo. E fu allora che avvertì una sorta di risucchio che partiva dal palmo della ragazza su cui era impresso il marchio della Runa della Morte. Poco a poco l'anima di Mattew fu risucchiata dentro il corpo di Amy, che per tutto il tempo tenne gli occhi chiusi. Li riaprì solo quando non rimase nulla del suo ex amante.
Soddisfatta, e in piene forze, rifece il letto, indossó un abito nero da sera nero che scendevafino alla caviglia che le lasciava la schiena scoperta, ed uscì dalla sua stanza come se nulla fosse successo.
Saltellando per i corridoi neri della tenuta, si affrettò a raggiungere la sala del trono, dove trovò il padre a scoparsi come se nulla fosse una delle anime lì condannate.
Li beccò proprio quando suo padre stava affondando in lei, che mugolava il suo nome.
Amy arricciò il labbro. Anche lei fino a qualche attimo prima era nella stessa situazione, ma farlo così in un luogo dove ti poteva vedere chiunque, era troppo anche per lei.
«Ma papà, un po' di decoro»lo beffeggiò con disgusto, dato che nessuno si era accorto della sua presenza.
Baal si voltò di scatto verso la figlia, con espressione colpevole, riprendendosi in fretta.
«Scusa tesoro. Ma lo sai quanto me che quando hai un certo bisogno…»
Amy alzó gli occhi al cielo. «Non è una scusa papino».
Baal si alzó di scatto, rivestendosi velocemente e scaccióvia in malo modo la sua concubina. Infine si sedette pigramente sul trono.
«Allora, figliola. Di cosa sei venuta a parlarmi?»
Amy sorrise furbescamente.«Non posso essere venuta solo per passare un po' di tempo con il paparino migliore del mondo?»
Baal sorrise.«Cosa sono questi vezzeggiativi? Che hai combinato stavolta?»
Amy si fece seria, ed abbassò lo sguardo. «Ho risucchiato l'anima di Matthew»disse d'un soffio.
Baal aggrottó la fronte.
«Matthew?»domandó perplesso.
«Quello con cui andavo a letto da cinque mesi»precisó Amy impaziente.
L'Originario, a quella precisazione, si illuminó.«Ah, si me lo ricordo. Bè tesoro, è durato molto per i tuoi standard, lo sai?»
Amy alzó lo sguardo.«Non è questo il punto papá, e lo sai. Pensavo solo...»
«Cosa?»
Come poteva dirgli che sperava che per lui valesse qualcosa di piú? Che per lei avesse fatto tutto ciò che lei avrebbe detto?
«Insomma...lui mi ha deluso papà, esattamente come gli altri. Perchè non esiste qualcuno alla mia altezza? Qualcuno che possa appagarmi come merito sempre?»
Baal le sorrise.«É qui il bello figlia mia. Il semplice cambiare partner, diciamo cosí per il nostro appagamento fa tutto parte del gioco. Tu sei il burattinaio e loro le pedine nelle tue mani. E credimi. Nessun semplice umano o dannato che sia, sará mai alla tua altezza, Amy».
Amy distolse lo sguardo. Sul collo, dal lato sinistro, si intravide spiccare, nera come un'ombra, la Runa della Morte.
Baal sospiró.«Amy...» Si bloccó.
Avvertí nel suo cuore una strana sensazione che con dusgusto gli ricordava il Paradiso. Avvertiva qualsiasi cambiamento nel suo Cerchio, e quella strana aurea che sentiva lo insospetiva non poco. «
Papà, qualcosa non va?»domandó preoccupata Amy.
C'era qualcosa di strano, e doveva vederci chiaro.
Abbozzó un sorriso.«Credo non sia nulla di cui dovremo preoccuparci Amy. Ma è meglio se controlli di persona». «Vengo con te»dichiaró prontamente Amy.
«No Amy. Ti preferisco qui, al sicuro».
«Ma tu hai detto che non è nulla di grave...e io voglio solo aiutarti...non esco mai da qui, neppure nel nostro Cerchio...»si lamentó Amy.
Baal le rivolse uno sguardo d'intesa.«Sai benissimo perché non ti faccio uscire da qui. Dato che non conosco la natura di questa minaccia, mi sento piú sicuro che tu stia qui, intesi?»
Amy annuí.«Si».
Baal annui soddisfatto alzandosi dal trono.
Recuperò la sua lancia bipenne rossa e uscì dalla sala, lasciando sola la figlia.

Ritorna all'indice


Capitolo 65
*** capitolo 64 parte 1 ***


Image and video hosting by TinyPic

Capitolo 64

parte 1


Paradiso, Primo Cielo
Quando aprì gli occhi nella sua stanza, capi subito che qualcosa non quadrava.
Miguel avvertiva nel profondo del suo animo che era successo qualcosa di terribile, ma non sapeva spiegarsi cosa.
Per questo, dopo essersi preparato velocemente, era uscito di corsa dalla sua stanza dirigendosi in quella di Gabriele.
La prima cosa che imparavano loro Angeli Comuni era che se c'erano problemi bisognava riferire il prima possibile all'Arcangelo che amministrava il Cielo nel quale risiedevi.
Fino a neanche pochi giorni prima non avevano un Arcangelo a capo del Primo Cielo, e per quello facevano riferimento a quelli degli altri Cieli.
Ma in quel caso, era da Gabriele che doveva ricevere istruzioni.
Per tutto il tragitto cercó di formulare un discorso vagamente di senso compiuto che gli facessecapirei suoi timori, seppur privi di qualsiasi prova concreta. Bussó alla porta titubante.
Era presto per i canoni di Gabriele, lo sapeva. Eppure non poteva attendere oltre, altrimenti sarebbe impazzito.
Bussó di nuovo, stavolta un po' piú forte, pensando che l'Arcangelo non avesse sentito.
Nulla.
Arduamente abbassó la maniglia e la porta di aprí sotto il suo tocco con un leggero cigolio.
Sorpreso, trovó la stanza completamente vuota, come se Gabriele non ci avvesse soggiornato un po'.
Uno strano dubbio gli attraversò la mente, ma decise di scacciarlo in fretta. Magari aveva messo tutto in ordine ed era uscito a fare roba da Arcangeli.
Sapeva che gli altri sei erano ancora nel Cielo, e per questo si affrettó a raggiungere il luogo dove di solito si trovavano.
Percorse a passo svelto i diversi cunicoli degli Alloggi, sotto lo sguardo incuriosito dei suoi compagni, che evitò accuratamente.
Non aveva tempo da perdere.
Infatti,come aveva dedotto li trovò nella piazza principale, sotto il Consiglio, intenti a discutere.
Con sorpresa peró non scorse Gabriele tra gli altri Arcangeli.
Michael fu il primo a notarlo.
«Buongiorno Miguel»lo salutó cordialmente.
Michael aveva modi di fare nei suoi confronti molto fraterni, che scatenavano sempre in Gabriele un moto di gelosia, che li aveva sempre tenuti separati in tutti quegli anni.
Miguel rispose con un cenno frettoloso del capo.«Sto cercando Gabriele, l'hai per caso visto?»
L'Arcangelo agrottò le sopracciglia pensoso.«Per la verità é da un po' che non lo vedo».
Miguel ebbe un moto di stizza. Cosí proprio non andava. E adesso?
«Se posso esserti d'aiuto...»cominció Michael.
«Dovevo discutere con lui di una cosa»disse Mighel senza indugi.
Si fidava tantissimo di Michael.
«Una cosa che potresti dire anche a noi? Magari possiamo darti una mano».
«É complicato»rispose Miguel, come cercando le parole giuste.
«É da quando mi sono svegliato che ho addosso una strana sensazione di pericolo».
Michael agrottó le sopraciglia.«Di che tipo?»
Solo qualche giorno prima, il Paradiso era stato invaso dai Demoni, e lo stato di allerta era ancora alto, seppur il nemico si fosse ritirato. Miguel scosse la testa.«Non lo so»rispose sconsolato.
Michael si giró verso Raphael.«Prova a contattare Gabriele. Forse lui ci puó dare una mano».
Uriel a fianco di Rapahel sbuffó.«Quell'Angelo ribelle? Credi sul serio che si sia adattato già alla sua nuova vita da Arcangelo, Michael? Hai cosí tanta stima nei suoi confronti?»
Michael gli scoccó un'occhiataccia.«Primo, é un Arcangelo come noi e non piú un Angelo Comune e per questo dobbiamo trattarlo come pari. Due, non conosci come me Gabriele. Ha tutte le qualità che ci si aspetterebbe da un guerriero, e sono sicuro che sarà un ottimo Arcangelo. Per cui, metti da parte questi timori e preoccupazioni prive di fondamento»ribatté, in difesa del fratello.
A quelle parole Uriel non seppe come rispondere, e per questo lasció perdere.
Mike annui soddisfatto e si voltò verso Raphael, che teneva gli occhi chiusi e le mani a pugno, cercando di concentrarsi al meglio per comunicare con Gabe.
«Allora, hai trovato Gabriele?»
Quando Raphael scosse la testa, Michael rimase sorpreso.
«Raph sei sicuro?»domandó in ansia.
Il compagno annuí brevemente.«Non é d'aiuto, ma quando cerco di collegarmi con la mente a Gabe, trovo solo buio e...ecco, provo la stessa sensazione di quando abbiamo a che fare con i Demoni»cercó di spiegare, radunando le sue percezioni.
Michael sbiancó.«Mi stai dicendo che...»provó a ribattere, ma Rapahel, intuendo il suo timore lo prcedette:«Non é morto Mike. Percepisco l'eco dei suoi pensieri».
«Prigioniero dell'Inferno?»
Raphael scosse la testa.«Neanche, ma qualcosa di simile».
Solo allora Michael capí.«Non puó essere»balbettó scosso.
Avrebbe dovuto capirlo dalle sue continue domande sull'ubicazione dei Cancelli infernali.
E invece come uno sciocco, non aveva dato peso alle intenzioni del fratello. Raphael annuí serissimo.
«É sceso nell'Inferno».
Fu come se una cortina di ferro fosse scesa tra i presenti.
Fu Uriel il primo a riprendersi da quella rivelazione shock.«Si farà uccidere per lei!»insorse furente.
«É scenso nell'Inferno per portare indietro lei».
«Elisabeth?»domandó Takiel, prendendo parola pr la prima volta da quando era cominciato tutto il discorso.
«E chi altri potrebbe far perdere la testa a Gabriele? Accidenti, non avrei dovuto dirglielo che era ancora viva, cosí adesso non ci ritroveremmo in questa situazione»continuó.
«Adesso calmatevi. Il danno é fatto. Ora non ci resta che...»
«Che cosa Michael, eh? Scendere anche noi in casa del nemico e farci ammazzare per recuperare uno stupido ragazzino che sta giocando con la morte?»
«É di nostrofratello che stai parlando Uriel»lo ammoní minaccioso Michael.
Uriel si proruppe in una risata amara.«No Michael. Ti sbagli. Io non ho nulla a che vedere con lui. Rimango sempre della mia idea che lui nonsarà mai come noi».
«Non dicevo tuo fratello, ma suo»ribatté indicando Miguel, che lofissó sorpreso.
«Io?»domandó l'Angelo indicandosi con il dito. Michael annuí.
«Credo Miguel che, anche se non é il momento adatto, e che per il momento non possiamofare nulla per Gabriele, sia giunto il momento di raccontarti la verità».







Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti :)
Questo capitolo mi ha fatto penare e per questo l'ho diviso in due (è la seconda parte che mi sta facendo ammattire ^^'). Spero che questa prima parte vi piacca, e mi scuso per eventuali errori :)
Cosa ne pensate?
A presto,
Drachen

Ritorna all'indice


Capitolo 66
*** capitolo 64 parte 2 ***


Capitolo 64 parte 2

Inferno, Secondo Cerchio(Lussuriosi)

La mente di Gabe era un susseguirsi di emozioni che a malapena riusciva a tenere a bada.
Prima tra tutte la felicitá di poter avere tra le braccia la madre. Erano secoli che non poteva, e ora che le braccia esili della donna lo stavano avvolgendo in una stretta piena d'amore, sperava che il momento non finisse mai. Seconda era la sorpresa di trovare la madre lì, nel Secondo Cerchio.
Fu per quello che si scostó un poco dal petto della donna, perincrociare il suo sguardo.
«Mamma...io non capisco...come puoi...tu...»balbettó, non sapendo come esprimere la confusione che aveva in mente.
Un barlume di comprensione accese gli occhi grigi di Caterina. Aveva capito ciò che il figlio le cercava di dire. Si allontanò appena , salendo di qualche centimetro, per poi tornare di fronte al figlio, all'altezza dei suoi occhi, normalmente impossibile dato che lei era moltopiú bassa.
«É una storia lunga, pequeño mio»ammise con angoscia.
«Michael...Michael non puó avermi tenuto nascosto una cosa simile»continuó Gabe sconvolto.
Caterina lo fissó con aria triste.«Capisco se Michael ti ha tenuto nascosto tutto questo. Non voleva farti soffrire Gabriele»cercó di spiegare.
Allungó una mano verso il figlio, ma Gabe si ritrasse. «No mamma. Non ci sono scuse per quello che ha fatto. Per anni ho creduto che tu fossi da qualche parte in Paradiso, felice. Non che fossi segregata qui all'Inferno, lontana dalla tua famiglia. Lontana da me!»urló tutto d'un fiato Gabe con le lacrime agli occhi.
Caterina si riavvicinò al figlio, che questa volta non si sottrasse al suo tocco. «Mi dispiace Gabriele. Non volevo causarti questo dolore. Ma a volte quando nella vita compiamo delle scelte sbagliate, bisogna sempre pagarne le conseguenze».
«Io non capisco mamma...se tu ti fossi fidata di un Demone, saresti diventata una Senz'Anima. E invece sei qui tra i dannati...»
Caterina annuí.«É la punizione che mi spetta per aver tradito tuo padre»confessó.
Gabe rimase inchiodato al suo posto. Fernando Altamirano non era un uomo severo che molte volte aveva alzato le mani su Caterina e i figli.
Sua madre aveva tutto il diritto di stare con un uomo migliore, si ritrovò a pensare Gabe.
«Con chi?»domandó infine.
«Con Diego Altamirano, il padre di Isabella».
Diego Altamirano era il padre della ragazza che avrebbe dovuto sposare qualche mese dopo che morisse.
E oltretutto era fratello di suo padre, nonché suo zio.
«Davvero? Zio Diego?»
Caterina annuí, studiando intensamente la reazione del figlio.
«E non sei arrabbiato?»
Gabe sospiró.
«Mamma, so che Fernando ti picchiava e violentava spesso. Se lo zio ti ha resa felice, no, non ho nulla contro le tue scelte».
Certo, sua zia Leonor non doveva aver preso bene quella scappatella del marito con la nuora. Ma Caterina aveva vissuto anni di terrore di fianco a Fernando(non riusciva proprio a chiamarlo padre), e meritava un uomo degno che l'amasse.
La donna abbozzò un debole sorriso.«Gabe, c'é un'altra cosa che devi sapere»aggiunse.
Di colpo, Gabriele si rabbuió.
«Che cosa?»
Caterina si stropicció le mani nervosa, non sapendo come rivelargli la verità senza traumatizzarlo troppo. «Ecco Gabe, il fatto é che sono rimasta incinta di Diego»disse quasi tutto d'un fiato in evidente imbarazzo.
Per un attimo Gabe temette di aver smesso di respirare. In un attimo vide il mondo crollare a pezzi attorno a lui, cosí come le sue convinzioni.
«H-hai...hai avuto altri figli?»balbettó scosso.
Caterina annuí. «Due gemelli diversi:Tullio e Miguel».
Avrebbe trovato senz'altro buffo quello strano parallelismo dei nomi con quelli dei protagonisti del cartone animato "La strada per Eldorado", se non avesse appena ricevuto quella rivelazione shock.
«E dove si trovano?»domandó infine.
La cosa bella delle anime era che sapevano che fine facevano le anime dei loro parenti, a differenza degli Angeli e i Demoni Comuni, forse per non distrarli dai loro compiti.
«Tullio é qui nell'Inferno, nel Terzo Cerchio. L'Originario che ne é il capo, Moloch, lo ha trasformato in Demone e gli ha affidato le cure di Cerbero» .
Gabe deglutí. Cerbero era un maxi segugio infernale che, secondo la Divina Commedia, torturava i dannati di quel Cerchio, senza alcuna pietà. Ma ció che piú lo angosciava era che un suo parente fosse un Demone. Certo il suo casato era veramente anormale, dato che le anime dei suoi antenati e discendenti erano finiti, e continuavano a finire o in Paradiso o nell'Inferno. Nessuno, fino a quel momento, era mai andato nel Purgatorio.
«E Miguel?»domandó con voce sottile.
Caterina lo fissó intensamente.«Su in Paradiso, come Angelo Custode delle anime dei bambini».
Per Gabe fu come ricevere un pugno nell stomaco. Perchè aveva conosciuto Miguel, e piú di una volta aveva avuto a che fare con lui. L'ultima volta che ci aveva parlato era stato quando gli aveva affidato le cure di Rebecca qualche giorno prima.
«Non é possibile...com'é potuto accadere?»
Caterina inclinó la testa di lato.«Sai Gabe che quando due persone si piacciono...»
«Mamma, non intendevo quello. So com'é accaduto, non sono cosí stupido. E solo che non capisco».
Caterina sospiró.«É accaduto due anni dopo la tua morte Gabriele. Credimi, é stato davvero un duro colpo per me Gabe. Prima Michael, poi tu. Diciamo che perdere due figli non mi ha giovato molto. É vero, rimaneva sempre la piccola Luisa che aveva ancora nove anni, eppure questo non mi impedí di cadere in una profonda depressione. Fernando mi riteneva la colpevole di quello che era successo, anche se non capivo il motivo, e mi malmenava piú volte del normale. Ma sai una cosa? Non mi importava di ció che mi faceva. Pensavo solo esclusivamente a voi, e che vi avevo perso per sempre». Fece una pausa.«In quel periodo Diego venne alla nostra tenuta per una visita, senza sua moglie. Diciamo che era dispiaciuto della condizione in cui mi trovavo, ma a differenza di Fernando mi stette vicino, ascoltó quando cercavo di esprimere a parole tutto il mio dolore. E fu allora che capii che a fianco a Diego stavo cominciando a rinascere. Certo, il dolore per la vostra perdita era sempre lí immutato, ma per la prima volta mi sentivo veramente amata da qualcuno. E quel qualcuno, capii, era Diego».
«Anche noi tre ti amavamo mamma»protestó Gabe offeso.
Caterina sorrise.«L'amore che prova un figlio é diverso da quello provato da un uomo. So che voi mi amavate, ma non era la stessa cosa che con Diego»cercó di spiegarsi. «Ma tornando a noi, io e Diego cominciammo a vederci di notte di nascosto. Eraveramente piacevole stare in sua compagnia, e anche lui ricambiava i miei sentimenti. Sarebbe stato piuttosto imbarazzante se ció non fosse stato. Ma entrambi avevamo paura che ci scoprissero. Cosí cominciammo a vederci al lago».
Gabe si rabbuió, e Caterina se ne accorse subito.«Inizialmente non ero d'accordo. Mi ricordava dolorosamente la tua morte Gabe. Ma alla fine dovetti ammettere che era il luogo migliore». Trasse un respiro, forse per abitudine dato che non le sarebbe servito, e riprese il suo racconto.«Faceva caldo e per questo non c'erano problemi. Rimasi incinta poche settimane dopo l'inizio dei nostri incontri. Ma non c'era problema. In quel periodo Fernando, esasperato di avere almeno un discendente, mi costrinse a fare l'amore con lui».
«Ma allora i due figli possono essere progenie di Fernando e non di Diego»ribatté Gabe.
Caterina scosse la testa.«No, perché quando andai a letto con Fernadoero già incinta. Sai, una donna certe cose le sente. Lui però non si accorse di nulla e credette alle mie parole quando i due gemelli nacquero». Prese fiato. «Continuai a vedermi con Diego al lago. Fernando non ci andava mai. O almeno cosí credevo»disse amaramente.
«Cosa intendi dire? Mamma cos'é successo?»
«Ecco...Fernando ci...scorpí»riveló Caterina con dolore.
Nella mente di Gabe fece capolino il Canto V dell'Inferno, e in particolare la parte con Paolo e Francesca. In qualche modo riuscí a trovare delle similitudini con la storia di sua madre. E quando capí, sbiancó di colpo.«Vi ha ucciso non é vero?»domandó d'un soffio.
Caterina annuí tristemente.«Uccise Diego con due colpi di spada:un allo stomaco, mentre con l'altro gli staccó di netto la testa. E in quanto a me...rise di fronte alla mia disperazione per la morte di Diego, mi diede della sgualdrina e mi colpí al cuore. Ma prima di morire riuscí a mormorare un "Ti odio". Dopo di che una Succube afferró la mia anima per portarmi all'Inferno». Fissó intensamente il figlio.«Dapprima mi ritrovai sulla sponda l'Acheronte. Venni raccolta insieme ad altre anime da Caronte e poi condotta di fronte Minosse, che mi condannó in questo Cerchio»terminó.
«E Diego?»volle sapere Gabe.
Gli pareva di non averlo scorto tra le anime che aveva incrociato.
«Si trova tra gli usurai»ammise Caterina.
«E...Fernando?»
«Nel nono Cerchio, nella Caina, dove sono condannati i traditori dei famigliari. Come Giangiotto della Divina Commedia»spiegó Caterina come se avesse percepito i pensieri di un attimo prima del figlio.
«E adesso parlami un po' di te Gabe»continuó Caterina con un sorriso dolce.
Dato che non aveva molto tempo(Elena lo avrebbe chiamato di li a poco)le raccontòi fatti salienti che gli erano capitati in quegli anni. E infine le parló di Beth, e dell'immenso amore che provava per lei.
«Io non posso vivere senza di lei mamma. Ed é per questo che sono qui. Per portarla fuori dall'Inferno»terminó.
Caterina gli si avvicinò e sfioró con la sua mano la guancia del figlio.«Spero che tu riesca nel tuo intento pequeño mio. E spero che tu possa trovare il lieto fine che é stato negato a me e Diego».
Gabe sorrise e si alzó in punta di piedi per dare alla madre un bacio sulla fronte.
«Te lo prometto mamma».
«Sempre che tu riesca a uscire vivo e vegeto da qui»gli fece notare una voce profonda alle sue spalle.
Gabe si girò allarmato, mentre Caterina si irrigidì, assumendoun'espressione di puro terrore. Di fronte a loro, un giovane che dimostrava massimo trent'anni dai capelli ramati lisci con un ciuffo che copriva l'occhio destro conferendogli un'aura sensuale, accompagnato da labbra carnose. Il corpo era paragonabile a quello delle statue d'epoca classica, perfetto in ogni sua sfumatura. A tradire la propria natura, un paio di occhi ardenti come brace.
«Baal»mormoró Caterina d'un soffio.
L'Originario indirizzó alla donna una breve occhiata accompagnata da un occhiolino.
Infine riportò la sua concentrazione su Gabriele, squadrandolo da capo a piedi.
«Quindi»cominció, come se fossero già protagonisti di una discussione.«Tu sei l'Arcangelo a metà, colui che é stato diviso dalla natura angelica del suo predecessore?»domandó con un sorriso beffardo stampato sul viso.
«Un tempo si»rispose Gabe per nulla intimidito.«Ma ora sono padrone di ogni ricordo e pensiero del passato».
Baal scoppió a ridere. «Menti angioletto. Asmodeus non si farebbe fregare da uno ingenuo come te, che crede di entrare nell'Inferno e uscirne indenne. Piuttosto sarebbe morto che farti legare al tuo predecessore».
«Asmodeus é morto»troncó il discorso Gabe.
Il sorriso canzonario si spense sulle labbra di Baal. «Come hai detto?»domandó d'un soffio.
«Hai capito perfettamente. Asmodeus é morto. L'ho ucciso io».
L'Originario rimase inchiodato al suo posto per un tempo che parte infinito. Infine gli riservó un'occhiata truce. «Non mi fido. Asmodeus non é uno che cade facilmente in scacco».
«Se cosí fosse potrei ricordare tutto ció che é successo prima dell'Apocalisse seguita dalla vostra Caduta? Di com'eravate prima di sfidare il Paradiso e dannare le vostre anime?»
Fissó Baal intensamente negli occhi.«Mi ricordo di te. Stavi quasi semprein compagnia di Raziel. Insieme costruivate ogni tipo d'arma»disse cercando di cogliere un'emozione nel volto inespressivo del Demone. Quello che notó fu un guizzo nei suoi occhi vermigli, che però scomparve quasi subito.
«Io non capisco»continuó Gabriele. «Avevate un grande scopo nella vostra esistenza. Cosa vi ha spinto a rinnegare la vostra natura? Cosa ci ha spinto a ritanarvi qui tra le ombre e bearvi dei sentimenti contro cuiLui viha creato?»
Baal si permise una risata senza allegria.«Questo é quello che vedeva quello stupido del tuo predecessore. Bella fortuna innamorarsi della Guardiana Protettrice. Mentre tu passavi le tue giornate al suo fianco nel Tempio, noi dovevamo soggiogare ai capricci di Adamo e quella stupida oca di Eva. E tu hai coraggio di chiedermi perché mi sono ribellato a tale nefasto destino?».
Gabe rimase a corto di parole.
Baal sorrise maligno.«Ti vedo confuso Angioletto, o colpito dalle mie parole veritiere».
Gabe gli rifiló un'occhiataccia.«Questo non giustifica quello che poi avete fatto. Capisco come vi sentivate, ma questo non toglie nulla a ciò che avete scatenato. Avete quasi distrutto il Paradiso, ucciso i vostri compagni senza pietà, avete rinunciato a tutto ciò che eravate».
«Era necessario perraggiungere il mio obiettivo»replicó gelidamente Baal.
Caterina cercò di far smettere il figlio, trattenendolo perla manica della camicia nera che indossava, ma Gabe si sporse in avanti verso il Demone.«E sai una cosa? Adesso non vedo più un compagno perduto. Vedo solo un mostro, una creatura senza cuore pronta a rinnegare tutto ciò in cui crede, per cosa? Hai ottenuto ciò che volevi?» Allargó le braccia.«È questo che volevi quando hai tradito il Paradiso?»
Baal si guardó attorno.«Esattamente piccolo Arcangelo. Un'esistenza senza vincoli né stupidi uomini acui sottomettersi».
«Ma a Lucifero continui a ubbidire»glifece notare Gabe.
A quelle parole Baal non replicó. «Sarai sempre alle dipendenze di qualcuno Baal. L'unica differenza è che prima avevi uno scopo. E adesso? A parte collezionare nuove anime, macchiare la tua essenza di peccati carnali, cos'hai?»
«Un regno pronto a soddisfarmi».
«Tu sei pazzo. Hai perso la ragione»gli rinfacciò coraggiosamente Gabe.
Baal si limitò a sorridere. L'Arcangelo capì che era inutile cercar di farlo ragionare, e che stava perdendo tempo prezioso.
«Bene, finiti i convenuti fatti da parte Demone».
«E perchè dovrei?»
«Fallo, altrimenti ci penso iona farlo».
Baal ridacchió.«Sono veramente curioso di scoprire come farai».
Gabe non rispose ed estrasse dalla fodera la sua spada celeste.
«Indovina Demone»lo sfidó Gabe.
«Non sarai cosí stupido da cercare di sfidarmi, vero?»
L'Arcangelo non rispose e si gettò su di lui come una furia, caricando un colpo dall'alto, a cui Baal rispose all'ultimo secondo semplicemente parando il colpo con la lancia.
«Non avresti dovuto farlo»glisibilò contro, prima che impugnasse saldamente l'arma e gli si gettasse contro prima di un nuovo attacco da parte dell'avversario. Gabriele non si scompose e paró facilmente il colpo.
«Meriti la morte maledetto Arcangelo»gli soffiò contro Baal rosso di rabbia.
Gabe lo fissó gelidamente. «Anche te Traditore».
Dopo un paio di scoccate, si separarono allontanandosi l'uno dall'altro di qualche metro.
Baal sogghignò.«Sei un osso duro,non c'è che dire. E pensare che se ti trovi qui è solo colpa mia».
«Che stai farneticando Demone?»rispose acido Gabriele senza abbassare la guardia.
«Non lo sai? La tua dolce sorellina non ti ha mai raccontato nulla?»
Di fronte allo smarrimento dipinto sul volto di Gabriele, Ball scoppiò a ridere.«Non è stato molto carino da parte sua non raccontartelo. È presto detto Angioletto, la tua piccola Luisa non è salita sulla superficie di ghiaccio di sua spontanea volontà, ma per volere mio»spiegò con un sorriso spietato che gli solcava il viso.
«T-tu co-cosa?»domandò a corto di fiato l'Arcangelo.
«Semplice. Se sei morto, è solo colpa mia. Tua sorella era solo un'esca per la buona riuscita del piano». Prese fiato.«Eravamo d'accordo Asmodeus ed io. Abbiamo impiegato secoli ad architettare questo piano geniale. Il compito di Asmodeus era imprigionare l'Essenza di suo fratello per indebolire il Paradiso. La fortuna fu dalla sua e lo intercettò sulla Terra. E mentre lui si occupava del tuo predecessore, ha dato a me il compito di eliminarti. In questo modo il Paradiso ne sarebbe uscito molto indebolito. Pensaci, un Arcangelo che muore e quello che viene considerato il suo successore non mostra alcuna capacità che ci si aspetta da un Arcangelo. Come ti sentiresti? Debole e sconfitto, ecco come»terminò con uno scintillio folle negli occhi.
Gabriele rimase inchiodato al suo posto. Tutta la sua vita era stata macchinata dalla follia di due Demoni. Beth pensava di essere l'unica tra i due ad aver avuto la vita rovinata dai Demoni. Ma si sbagliava.
«Tu…devi…morire»gli ringhiò contro Gabe.
Sentiva la furia infiammargli le vene. Era l'Inferno, lo sapeva, a influenzare così la sua mente, ma in quel momento non gli importava. Entrambi si gettarono contro il proprio nemico. Si incontrarono a mezz'aria, le lame cozzarono l'una contro l'altra, causando un sonoro stridio. Entrambe le parti erano intenzionate a non cedere. Da una parte Gabriele con la sua spada celeste, che disegnava in aria cerchi perfetti e mortali, dall'altra Baal anch'esso elegante e al tempo stesso tenace nei colpi. Ma mano a mano che il duello continuava, Gabriele sentiva le forze che pian piano stavano scemando.
Baal invece sembrava ancora in forze, o peggio, se possibile ancora più forte. Ecco il vantaggio di combattere in casa. Elena gliel'aveva accennato che l'Inferno poco a poco si sarebbe impadronito delle sue forze, ma adesso che combatteva, le stava bruciando più del dovuto.
«Ti vedo stanco Angioletto. Vuoi forse una pausa?»lo beffeggiò crudelmente Baal, con un sorriso di scherno sul viso.
Gabe gli rispose con un'occhiata di fuoco. «Se hai paura di essere sconfitto da uno con la metà delle tue forze…»
Lasciò la frase in sospeso, facendo andare su tutte le furie l'Originario.
«E sia, stupido Arcangelo».
Baal calibrò un colpo piú forte degli altri, che deconcentrò Gabriele, che lasciò sguarnito il fianco.
L'Originario ne approfittò. Alzó la lancia e caricó il colpo.
Gabe riuscì a evitare la lama ma non il contraccolpo che lo sbilanció, facendolo cadere a terra.
Baal gli assestò un potente calcio sotto il mento strappandogli un grido soffocato.
«Siamo alla resa dei conti. Sei stato un valido avversario,ma, ahimè haiperso»si gongolò Baal.
Si chinó su di lui. «Ma se deciderai di unirti all'Inferno e rinnegare il Parardiso…potrei risparmiare la tua stupida essenza»gli sussurrò all'orecchio.
«No!» Gabe voltó lo sguardo in direzione della voce.
Elena era già in posizione d'attacco con la sua daga. Tremava, forse di paura, ma cercava di mascherarla come meglio poteva.
Baal si raddrizzó.«Bene bene. Ma cos'abbiamo qui. Un Demone Traditore».
Scoppiò a ridere in direzione di Gabriele.
«Cos'è? Avevi troppa paura per discendere l'Inferno? Hai dovuto assumere una balia?»
Gabe a terra ingoiò la frecciatina velenosa che aveva sulla punta della lingua. Non voleva far vedere a Baal che le sue parole erano andate a segno.
«Sai perché sono con lui? Per evitare che incontri Demoni troppo stupidi»ribatté coraggiosamente Elena.
Il sorriso sul volto di Baal si spense.
«Stai scherzando con il fuoco, piccola arrogante».
Alzò la lancia.«Perché non vieni qui a fronteggiarmi? Perché non mi mostri il coraggio che hai?»
Elena deglutì, ma si mise comunque in posizione d'attacco, aspettando che fosse l'Originario a fare la prima mossa.
Non dovette aspettare molto. Baal calibrò un bel potente colpo di lato che fece perdere la presa della daga alla Demone, che non riuscì a difendersi in alcun modo. E la colpì con il manico della lancia.
Con la vista annebbiata dal potente colpo che gli aveva inflitto, Gabe vide, con orrore, la sua giuda, la sua nuova amica cadere ai piedi del Demone.
Chiuse gli occhi.
Non doveva finire così.
«Mi dispiace Arcangelo! Ma nessuno potrà salvarti adesso!»sbraitò follemente felice Baal che alzò la lancia per dargli il colpo fatale che l'avrebbe condannato a…diventare un Demone Brado o un Senz'Anima da bruciare nella Fossa o schiavizzare a piacimento?
"Mi dispiace Beth. Non sono riuscito a salvarti come ti avevo promesso" pensò Gabe con angoscia.
Non l'avrebbe più rivista.
Con gli occhi ancora chiusi sentì il sibilo della lancia che squarciava l'aria che lo separava da lui, e per finire il lamento soffocato di qualcuno colpito.
Aprì uno dopo l'altro gli occhi, e quello che vide, lo lasciò raggelato.
La sua mente ebbe in deja-vù quando vide sua madre frapposta tra di lui e l'Originario.
La lancia la trapassava all'altezza del cuore.
E quell'immagine si sovrappose a quella di Beth che l'aveva salvato dal colpo di Jake, condannandola a quell'Inferno, dalla quale doveva liberarla.
Con orrore vide un sorriso diabolico farsi strada sul volto di Baal mentre estraeva dal torace della sua vittima la sua arma, che si accasciò lentamente a terra.
Gabe riuscì a intercettarla prima che colpisse completamente terra, prendendole il volto tra le mani.
«Perché?»domandò semplicemente con le lacrime agli occhi, accarezzandole dolcemente la guancia con una delle mani. Caterina sorrise tristemente
.«Perché tu non hai concluso con la vita. Devi salvare la tua ragazza ed essere felice. Me lo prometti?»rispose lei con un filo di voce.
Gabe annuì addolorato.
Lei strinse la mano del figlio prima di chiudere per sempre gli occhi.
Gabe la lasciò scivolare lentamente a terra, stringendo le mani a pugno.
Alzò lo sguardo verso l'Originario, che per la prima volta ebbe paura.


Elena rimase a terra per un tempo che le parve infinito, in preda al dolore.
Baal l'aveva colpita violentemente all'altezza delle costole.
"Spero di non essermene rotta nessuna" pensò tastandole debolmente.
Per fortuna non era nulla di grave.
Se avesse recuperato la daga avrebbe potuto cercare di indebolire Baal permettendo a Gabriele di riprendersi.
A fatica si tirò su in piedi e quello che vide la raggelò.


In tutta la sua vita non aveva provato un odio simile. La furia che aveva provato poco prima era di poco conto. Ora era la seconda volta che desiderava una morte lenta e dolorosa per qualcuno.
La prima volta era stata con Jake dopo che aveva portato via la sua Beth.
La seconda quel momento.
Si tirò su in piedi incurante del dolore che provava e fissò l'Originario con occhi di fuoco.
«Devi morire»sibilò avvolgendo la sua mano in lingue di Fuoco Celeste.
Baal indietreggiò impaurito.
«Parliamone»gemette debolmente.
Gabriele lo fissò truce.
«Siete tutti uguali voi Originari. Nel momento del pericolo vi comportate come fifoni senza midollo. Anche Asmodeus ha provato, ed è morto. E adesso tocca a te».
Baal continuò ad indietreggiare.«Sei come noi se ti comporti così. Far leva sulle debolezze e usarle a tuo favore è il nostro punto di forza. Su dimmi Arcangelo, cosa ti distingue da noi?»
Gabriele si fermò un istante.
Per un attimo, Baal pensò di aver fatto leva sui dubbi dell'altro, ma con sgomento capì di essersi sbagliato non appena si ritrovò conficcata nel torace la lama della spada celeste di Gabe impregnata di Fuoco Celeste, che l'avviluppò in un lampo.
Le sue urla di dolore riecheggiarono in tutto il Secondo Cerchio.
Sul volto di Gabriele si dipinse una smorfia di disgusto di fronte alla pira che aviluppó il corpo del Demone, consumandolo del tutto.
Si allontanó a grandi passi dal quel corpo amorfo che pian piano si sgretoló, fino a tramutarsi in cenere.
Trovó Elena seduta a terra,intenta a ripulire la lama della sua daga.
Alzò lo sguardo non appena sentì l'Arcangelo poca distanza. E non appena lesse nel suo sguardo tutto il suo sgomento, capi che non era il momento per parlare.
Se più avanti avesse voluto aprirsi, lei era li.
«Andiamo Gabriele. Abbiamo ancora molta strada da fare».
L'Arcangelo annui.
Ma non appena ripresero il cammino, un dolore terribile si propagò nelle membra di Gabriele, che lo lasciarono boccheggiante a terra.
Perse i sensi. L'ultima cosa che sentì, furono la voce di Elena che lo chiamava.


Amy camminava avanti e indietro nella propria stanza come un animale in gabbia. Sulla pelle avvertiva una strana sensazione. Sapeva che sarebbe accaduto qualcosa, ma non si aspettava quello che accadde.







Angolino autrice:
Sono in super ritardo, ma non me la sentivo di pubblicare se non dal pc(che non accendevo da un bel pezzo ^^") spero che il capitolo vi sia piaciuto :3
Ringrazio chi, malgrado i miei colossali ritardi, continua a seguire questa storia ^^

Drachen

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2412896