Shoot me straight to the heart

di Lilith_and_Adam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo: Tokyo. Informatore. ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo: Dubai. Sangue e sabbia. ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo: Tokyo. Siringhe e computer ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto: Nara. Buoni e cattivi. ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto: Nara. Reminiscenze. ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo: Tokyo. Informatore. ***


Capitolo Primo: Tokyo. Informatore.

Lei era lì in mezzo alla sala del più bel hotel di Tokyo, alla presentazione del nuovo libro del maestro Jiraiya. Lo spacco del suo vestito era vertiginoso, i suoi capelli dorati arrivavano all’altezza delle natiche e coprivano la profonda scollatura sul retro di quell’abito blu notte. La mano destra reggeva una flute di champagne segnata dal rosso scuro delle sue labbra, mentre la mano sinistra era intenta ad accarezzare furtivamente lo chignon che le legava le ciocche laterali dei capelli. Così femminile, così ammirata, era lei la gemma della serata, la copertina perfetta di un libro che nessuno aveva il coraggio di scrivere.
In quelle situazioni aveva il costante pensiero che non sarebbe dov’è ora senza i “doni” che le aveva fatto la natura; sfiorò leggermente la gamba sinistra, appena sopra lo spacco, erano ben altre le sue abilità …
Dall’altra parte della sala, camminavano delle esili scarpe color ciliegia da cui si ergevano lunghe gambe coperte dalla lunga gonna rossa di un abito tipicamente asiatico; il collo alla coreana, niente maniche e la seta che le fasciava l’intero corpo, nulla era lasciato alla sola immaginazione. Ancora più in alto, il dolce e bianco viso incorniciato da quei capelli rosa quanto il suo nome; gli uomini si perdevano nel verde dei suoi occhi e le sue labbra, che nessuno aveva il coraggio di baciare, erano tanto rosse da sembrare avvelenate.
Il discorso dell’autore terminò tra i caldi applausi degli invitati, le luci si riaccesero in tutta la sala e il piccolo quartetto d’archi riprese la sua esibizione. La musica echeggiava dolce e delicata nelle sue orecchie, quasi pensò di rilassarsi un po’, quando vide il suo obbiettivo muoversi.
Era un uomo alto, fisico piuttosto asciutto, capelli  rossi e lisci, completo nero e, unico segno di distinzione, una piccola spilla a forma di nuvola rossa sul taschino destro della giacca.
«Ino, è lui?»
«Si. Procediamo.»
Le due donne camminavano furtive e delicate tra gli invitati, Nagato era in piedi fissando Jiraiya con uno sguardo al quanto inquietante. Ino e Sakura gli cinsero le braccia con aria civettuola, strusciandosi ai suoi fianchi e trascinandolo in quell’enorme suite, mentre l’uomo aveva la stessa espressione di chi avesse vinto la lotteria nazionale. Ino aprì la stanza e Sakura lo spinse contro la poltrona facendolo sedere con un tonfo, gli teneva le spalle bloccate mentre l’uomo cercava invano di avvicinarsi alle labbra della bella ragazza di fronte a lui. Ino da dietro gli legava i polsi e le caviglie, mentre gli diceva: «Ora noi tre faremo un bel giochino!»
«Già, qualcuno qui è stato molto cattivo.» Sakura prese quell’eccentrica spilla e, dopo averla esaminata per poco, la schiacciò sotto il tacco frantumandola. «Trasmettitore»
«Chi cazzo siete?» L’uomo nel frattempo era tornato serio e alquanto preoccupato. «Eh? Vi manda la mafia? Quel debito l’ho pagato, perché mi rompete ancora i coglioni?»
Le due ragazze ridevano tra loro.
«Sai Ino? Mi piace un casino quando cercano di tirarsi fuori con frasi idiote. Il battito accelera, una piccola goccia di sudore si forma proprio qui sulla fronte e inizia a scendere viscida e traditrice» Diceva indicando la tempia ossuta dell’uomo. «Vogliono tutti sempre sapere chi siamo! Che cosa idiota, tanto poi non sono più in grado di pronunciare nemmeno il loro di nome.»
«Suvvia Sakura, sii educata con il nostro ospite, questo non possiamo ucciderlo.» L’uomo tirò una specie di sospiro di sollievo. «Anche se nulla ci vieta di torturarlo a dovere, soprattutto se non apre quella bella boccuccia che si ritrova.» Ino gli puntava un piccolo ma affilato coltello alla guancia, mentre Sakura continuava il loro interrogatorio.
«Allora, tornando a noi, vogliamo solo sapere una piccola cosa, poi, forse, potrai anche tornare a goderti la festicciola prima di sbatterti dietro le sbarre.»
«Cazzo! Siete della polizia!»
«Ahah! Continua a sparare cazzate! Senti coglione, ti sembriamo due poliziotte? Abbiamo per caso l’uniforme blu e il libretto per le multe in tasca? Ritenta sarai più fortunato!»
«Ti do una mano io, inizia per “C”»
«E finisce per “IA”»
«”Sono fottuto”, ti si legge in faccia, seriamente.»
«Che cazzo volete da me!»
«I codici.»
«Non so di che diavolo state parlando.»
«Va bene, starò al gioco, ma alla prossima stronzata, la mia amica lì ti affetta la faccia come fosse prosciutto. Sappiamo che l’organizzazione per cui lavori è in possesso dei codici della difesa nazionale di sei Paesi. Tu ci dici a chi li avete venduti e noi ti lasciamo vivere, mi sembra un ottimo scambio, che ne dici?»
«Non li abbiamo venduti a nessuno.»
«Ok. Adesso ti ammazzo sul serio!» La fredda pistola semiautomatica nera era attaccata alla sua mascella, l’odore di polvere da sparo era forte e la mano era salda e decisa, ma l’uomo stranamente sorrideva.
«Sono serio. Ormai sono di dominio pubblico. – diceva indicando con lo sguardo il libro sul comodino – Pensate, ogni nazione potrà accedere alla difesa della nazione nemica, la guerra tecnologica cesserebbe di esistere e torneremmo tutti alla bella epoca della guerra agli armamenti. Io sparo a te prima che tu spari a me. Mancano solo America e Giappone, poi il mondo sarà ancora una volta soggiogato alle armi, e noi saremo gli dei di un nuovo mondo.»
Sakura tramortì l’uomo con un violento pugno in pieno volto, mentre Ino informava i capi a Washington, loro avrebbero deciso come agire, lei era solo quella piccola linea che provvedeva a realizzare quegli ordini, niente più di un’ombra.
 
Sakura Haruno, 27 anni, agente della CIA da 8 anni. Madre civile, padre arruolato nella Marina Militare.
Americana di nascita, i suoi nonni paterni si erano trasferiti in America dal Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale, sua madre lavorava come cameriera in un bar vicino la base della Marina a Boston, dove conobbe suo marito. Figlia unica, si arruolò il 21 settembre 2001 in seguito all’attentato alle torri gemelle. Ottimo agente, a volte un po’ impulsivo e violento,imbattibile nel corpo a corpo.
 
Ino Yamanaka, 27 anni, agente della CIA da 13 anni.
Arruolata all’età di 14 anni, in seguito al programma di reclutamento minori. Veniva usata come spia in territorio nazionale fino all’età di 19 anni, poi trasferita alla sezione estera. Da allora ha portato a termine più di 200 missioni sotto copertura tutte atte a catturare terroristi internazionali. Madre russa, deceduta durante il parto. Padre giapponese. Ogni altra informazione sul suo passato è stata cancellata dagli archivi.
 
Ino e Sakura erano sdraiate su quel morbido letto in attesa di nuovi ordini. La parte più bella del loro lavoro era che potevano viaggiare per il mondo e soggiornare negli alberghi più lussuosi.
Ino prese il libro dal comodino accanto a lei, la copertina era di un arancio acceso e le pagine tanto sottili e ingiallite artificialmente da sembrare quasi antico. Era da tanto che non leggeva il giapponese, non lo faceva quasi mai, gli ricordava suo padre quando gli leggeva le vecchie storie popolari prima di metterla a letto.
«Sai, a volte ci penso …»
«A cosa?»
«A cose come questa, – indicando il libro con un brusco movimento del palmo – sai, come sarebbe se avessi una vita normale, sai, un marito, una casa, un cane dei figli, una famiglia amorevole …»
«Siamo spie, per quelle come noi non esiste l’amore.»
«Ma siamo anche donne, no?»
«Oh ecco spiegate molte cose!»
«Baka! Dai sai che voglio dire!»
«Non credere che non ci pensi anche io, solo che poi torno alla realtà.»
«Già, la realtà …»
E la realtà era proprio lì di fronte a loro che cercava di liberarsi e scappare.
«Quel bastardo si è svegliato.»
«Ci penso io»
«Ferma! Se gli dai un pugno come quello di prima lo uccidi, lascialo perdere, tanto non scappa da nessuna parte e domani lo portiamo dentro.»
Una famiglia, l’amore, il calore del Natale in compagnia, uscire con gli amici, erano cose che non aveva mai provato, la vita l’aveva spinta in un mondo che lei non avrebbe dovuto conoscere, troppo in fretta per cercare di capire a cosa andava incontro, troppo in fretta per cercare di divincolarsi dall’ombra che stava creando, un’ombra di se stessa che aveva sostituito l’originale. Nessuno conosceva la vera Ino, neanche lei stessa.

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo: Dubai. Sangue e sabbia. ***


Capitolo secondo: Dubai. Sangue e sabbia.
 
La tempesta di sabbia era finita da un po' e ancora si sentiva quel sapore sporco e granuloso in bocca. Sai era comunque rimasto immobile dietro quella dannata duna per due dannate ore aspettando che il suo dannato bersaglio uscisse dalla piccola costruzione in cemento.
Aveva finito le sigarette nel frattempo.
Finalmente l'idiota aveva fatto capolino con la testa fuori dalla porta, forse per controllare la tempesta. Un attimo e il dito premette il grilletto del fucile e il proiettile si ficcó proprio in mezzo agli occhi del bersaglio che fece cadere la sigaretta nella sabbia.
Proprio una bella fine, almeno lui era riuscito a fumare l'ultima...
Aspetta, com'é che si chiamava? Ah... erano tutti uguali alla fine, c'era sempre qualche stronzo che ammazzava qualcuno o che cospirava qualcosa, quello stronzo in particolare aveva fatto saltare in aria un albergo nella vicina Dubai e aveva ammazzato decine di bambini e innocenti.
Lo chiamavano "L'artista", perché tendeva a essere estremamente teatrale nei suoi omicidi, anche nei piú semplici, sembrava sempre di essere al cinema.
Ormai aveva lasciato ufficialmente l'esercito da un paio di anni, era stanco di prendere ordini e di essere sballottato da una parte all'altra del mondo, eppure occasionalmente lo chiamavano per fare questi lavoretti puliti, niente di illegale sia chiaro, era un legittimo collaboratore della legge, piú o meno...
Due giorni prima gli era stata fatta una proposta, una di quelle allettanti, ben pagate, con collaboratrici bellissime, attrezzature ultramoderne e la solita fregatura del rischio super alto, insomma una di quelle che al 99,99% ci lasci le penne a metá.
Questa volta peró era davvero allettante...
Aveva vissuto in America fin da piccolo, quando i suoi genitori si trasferirono dal Giappone; avevano sogni per il futuro e volevano una vita libera,  quando dopo tre mesi un tipo della Yakuza li assassinó a sangue freddo di fronte alla chiesa del quartiere.
Danzo Shimura. Uno dei sottoposti del Clan Uzumaki. Sai lo aveva cercato per anni e adesso il comandante della CIA gli aveva chiesto di scovare il clan, a quanto pare si erano fatti nemici potenti tra le zucche vuote di Washington.
Prese in fucile e se lo caricó in spalla mentre si accese la sigaretta che aveva tenuto da parte, era il suo rito finirne una a lavoro finito.
Partí due giorni dopo per Tokyo.
Quell'hotel era dannatamente enorme... ma qualcuno era riuscito a renderlo insignificante.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo: Tokyo. Siringhe e computer ***



Capitolo terzo. Tokyo. Siringhe e computer.
 


Nagato continuava a dimenarsi come un ossesso mugulando con un il tovagliolo in bocca. Ino dormiva e Sakura era sveglia continuando a guardare l'uomo che le pareva un pesce sulla sabbia, come faceva la sua compagna a dormire con quel casino proprio non lo capiva. Era stanca morta e, anche se aveva promesso di non farlo, prese un piccolo astuccio dalla borsa, infiló l'ago nella fialetta e si avvicinó all'ostaggio che nel frattempo aveva iniziato ad urlare ancora piú forte.
《Ti avevo detto di non farlo. Se lo droghi non riuscirá ad interrogarlo.》
《Eddai! Solo un po', sará svanito finito fino a domani, voglio dormire, sono le due di notte ...》
All'improvviso si sente bussare alla porta. 《Servizio in camera.》
Sakura mise via la siringa con un fare un po' troppo tranquillo e Ino prese la pistola dal comodino e si avvicinó allo spioncino prima di tirare giú la maniglia.
《Qualcuno ha ordinato un aitante rinforzo? 》Sai era tirato a lucido nel completo nero da tipico "colletto bianco", aveva la pistola puntata alla fronte e aveva sul viso una smorfia divertita e perfino gli occhi chiusi.
《Sei in ritardo.》Sbuffó Ino mentre abbassava la pistola.
《Mi ha distratto il buffet...》
Sai si chiuse la porta diertro e si avvicinó senza esitare verso Nagato. 《Cosí è lui quello che deve parlare? 》Un cenno di Sakura fu sufficiente; il ragazzo prese la sedia e la trascinó in bagno.
Le due donne si sedettero pazientemente e iniziarono a sistemare le loro cose mentre dall'altra stanza si sentivano le strazianti urla del torturato, per fortuna quell'albergo aveva le camere insonorizzate.
Con tutta calma, dopo una trentina di minuti, Sai uscí dal bagno, con la cravatta e la giacca in mano, le maniche tirare su e la camicia mezza sbottonata. Era estremamente pulito in confronto a come aveva lasciato il bagno.
《Allora? Dove si trovano? 》Ino deglutí poco delicatamente nel vederlo.
《Nara.》Sai prese una piccola cimice insanguinata e la rigirava in aria《Non avete idea di dove se l'era nascosta. Hanno qualcuno di bravo, se si dustrugge questa piccolina gli esplode la testa, manda un segnale chissá dove e ci ritroviamo nella merda.》
《Sei troppo veloce. Non ti godi per niente il momento.》
《Non tutti sono sadici quanto te, Sakura-chan. Puoi rintracciare il segnale? 》
《Sono qui apposta.》Sai prese dallo zaino un piccolo portatile e uno strano aggeggio che poteva benissimo passare per un hard disk esterno, ci infiló la cimice e avvió il programma.
《Usano un migliaio di server sparsi un po' dappertutto, forse ci vorrá tutta la notte.》Sai lasció il computer sul tavolino e si sistemó con disinvoltura sul divanetto sotto la finestra. Ino si rimise sotto le coperte e spense le luci.
《E Nagato? Lo lasciamo lí?》
《Tanto dove vuoi che vada? 》
《Giá... é vero...》
 
La stanza buia era tranquilla, l'unica luce veniva dallo schermo del pc, anche se era strano stare in una stanza normale per lui che era abituato ad abitare in un bunker per dieci mesi all'anno e, anche se erano passati due anni, non dormiva bene se fuori non c'era il sibilo del vento arabico. Comunque quella notte non dormí lo stesso, continuava a pensare alla fredda donna che dormiva a pochi metri da lui, fredda, calcolatrice, furba, praticamente russa. Era difficile che qualcuno gli piacesse, poi se faceva il suo stesso lavoro era ancora piú raro. Era stato persino sposato una volta, quando aveva appena vent'anni con la ragazza con cui stava al liceo, era felice...finché non è morta...
Ino si addormentava molto velocemente ma ogni minimo rumore la faceva sempre svegliare e avere una ragazza che si rigira in continuazione di fianco non era il massimo. Fu la prima a sentire il computer bippare ripetutamente. Si alzó e andó verso Sai per svegliarlo, era alquanto infantile e innocente mentre dormiva. 《Ehi! Svegliati. Quel coso continua a suonare.》
Sai si alzó di scatto e corse ad armeggiare con il computer tutto preoccupato.
《Che succede? 》Chiese Sakura svegliandosi come una bambina.
《Stanno cercando di rintracciare il mio segnale.》
《Allora stacca tutto.》
《No mancano solo pochi secondi...》
Ino gli puntó nuovamente la pistola alla testa 《Stacca tutto. Ora. Se mi vanno a monte due anni di lavoro sappi che non esci vivo di qui.》
《Li ho trovati! Il segnale finisce a Okinawa.》
《Andiamo prima a Nara... dobbiamo prepararci.》
Sai lasció la trasmittente sul comodino con un piccolo biglietto di ringraziamenti.
《Che classe! 》Sbottó Sakura.
I tre presero gli zaini e lasciarono l'albergo diretti verso la stazione.
Avrebbero dovuto aspettarsi di tutto d'ora in poi, non sarebbe passato molto prima che qualcuno trovasse il corpo e li avrebbero cercati fin capo al mondo visto che avevano appena torturato e ucciso il fratello del capo clan; ma l'obiettivo era proprio quello: scovare i membri e ucciderli prima che riuscissero a mandare a rotoli il mondo.
 
Il clan Uzumaki si era fatto strada per quattro generazioni nel mondo della criminalitá organizzata, arrivando a essere i trafficanti di armi piú potenti al mondo e l'unico nemico per un trafficante d'armi é la pace.

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto: Nara. Buoni e cattivi. ***


Capitolo quarto: Nara. Buoni e cattivi.
 
 
Il treno si fermó con un sussulto.
《Abbiamo una casa sicura? 》Chiese Sakura appena scesi.
《Mhn. È un ryokan, è gestito da una ex agente... Tzunade, se non sbaglio...》Ino leggeva attentamente un documento stranamente su carta e non sul tablet come faceva di solito. Sai la guardava in modo strano, per tutto il viaggio era stata in disparte a leggere un lungo fascicolo, a dire di Sakura non era mai stata molto cordiale durante i viaggi, diceva che le ricordavano i viaggi in giro per l'America che faceva da piccola con il padre.
Presero un'auto a noleggio e si diressero verso il sud di Nara dove avrebbero alloggiato. Non avevano molti bagagli, giusto uno zaino con il minimo indispensabile e le armi, e Sakura si portava sempre dietro una valigetta dentro cui diceva di conservare "gli attrezzi del mestiere", ma gli altri due sapevano che conteneva il fucile da cecchino del padre.
Arrivati vennero accolti da una donna non piú tanto giovane ma che riusciva ancora ad avere fascino. 《Gli alloggi maschili sono a destra, mentre quelli femminili sono lungo il corridoio centrale. Sono vietate "visite notturne". La colazione è alle sei in punto e si cena tutti assieme alle otto. Ci sono altri ospiti quindi fate attenzione a quello che dite e non date rogne... Il capitano si è raccomandato che foste al sicuro, lei è Shizune la mia assistente, vi fornirà munizioni e attrezzatura. 》A volte le apparenze ingannano, ma quella donna sembrava davvero un'acida vecchietta! La ragazza al suo fianco, invece, era alquanto attraente ma sembrava un po' svampita, lanció un'occhiatina a Sai e le due compagne sembrarono un po' infastidite...
Le stanze erano accoglienti, il giardino curato e la sala comune fastidiosamente piena di gente. Sai e Sakura avevano occupato un tavolino un pó appartato aspettando Ino che ancora riposava.
Sai era leggermente imbarazzato, molti ospiti li stavano scambiando per una "coppietta". 《Allora... da quanto tempo lavorate insieme? 》Sakura gli lanciava occhiatine equivoche mentre beveva il sake a piccoli sorsi 《A questo caso sono poco piú di due anni, ma ci conosciamo da molto prima, è stata la mia prima partner, mi ha insegnato tutto quello che so...》
Sai ebbe appena il tempo di annuire leggermente prima che Ino entrasse nella stanza, vestita di tutto punto per la cena, era la piú attraente donna che lui avesse mai visto, non voleva ammetterlo ma batteva perfino Shin.
Ino si sedette tra i due guardando male Sakura che faceva ancora la civetta.
Poco prima Ino aveva ricevuto una telefonata da un loro collaboratore in prigione. Circa due chilometri a est dalla loro posizione si trovava un edificio in cemento tra le piantagioni di riso, avevano avuto una soffiata su un laboratorio di metamfetamine gestito da un uomo dell’organizzazione: Hidan; a quanto pare lì si produceva il cinquanta percento della droga in circolazione nella regione, in più girava voce che erano riusciti a rubare le matrici dalla Zecca e si stavano organizzando per iniziare la produzione di denaro contraffatto.
I tre cenarono con calma cercando di parlare del più e del meno e cercando di conoscersi, in una squadra si deve avere la totale fiducia l’uno nell’altro, ma uno di loro tendeva a nascondere qualcosa...
 
Erano le due del mattino.
Sai era appostato dietro quella che una volta forse era un’auto, ma che sembrava più un bersaglio per il tiro a segno. Il suo fedele fucile era puntato verso una delle poche finestrelle della costruzione.
Sakura era riuscita a ricavare un’apertura sul tetto così che lei e Ino avrebbero potuto fare irruzione.
#Siamo dentro# Lo informò Ino.
La luce che si riusciva a vedere dall’apertura si spense di colpo e le voci iniziarono a farsi confuse nella trasmittente.
“Chi siete? Come avete fatto ad entrare? Come ci avete trovati? Chiamate il capo?...” Sempre le stesse parole. Andiamo ragazzi siate più originali, volete davvero che quelle siano le vostre ultime parole?
I lampi degli spari brillavano nel buio della notte quando le due ragazze chiesero il suo aiuto. Lui entrò con disinvoltura buttando giù la pesante porta di ferro arrugginita. Gli uomini non facevano in tempo a vederlo che lui aveva già sparato. #Secondo piano interrato# Lo informò Sakura. Le scale erano proprio di fronte a lui quando la trasmissione si interruppe e gli apparve di fronte un omone di due metri con una mascherina da medico in viso.
《Dove credi di andare?》 L’uomo estrasse un fucile a doppia canna da un’apertura sul muro e la puntò dritta contro Sai.
Sparò.
Sai, però, era già dietro di lui. Lo fermò in una morsa al collo tenendogli il coltello puntato sulla giugulare.
Kakuzu si liberò con grande agilità nonostante la sua stazza ed ora era lui a pontare contro Sai il suo stesso coltello.
《Principiante》Rise.
Sai afferrò la sua mano destra occupata a tenergli il collo e capovolse la situazione portandolo con la schiena al muro. Dopo neanche un secondo gli sparò all’addome.
《La prossima volta cerca di non provocare la gente.》
《Il capo sa chi siete... vi sta solo aspettando...》 rantolò l’uomo prima di svenire.
Sai lo ignorò e scese le scale. Di fronte c'era una porta quasi nuova ma le grandi macchie di sangue stampate sopra la facevano sembrare la scena di un vecchio film dell'orrore, era socchiusa e Sai la fece cigolare rumorosamente.
La stanza era piccola, con una vecchia carta da parati tutta scorticata; dal centro del soffitto cadevano delle catene che terminavano sui polsi di Ino e Sakura. La porta cigoló ancora e si chiuse di colpo.
Qualcuno applaudí.
《Complimenti e benvenuto a casa mia, prego accomodati.》Il pavimento inizió a muoversi e Sai venne scaraventato su una sedia e legato da un meccanismo automatico. Hidan gli avvicinó il pugnale all'occhio. 《Americani... Voi con il vostro senso di giustizia e la vostra libertá... Sempre a cercare di far vincere il bene sul male, eppure uccidete, torturate, strappate figli alla loro madri. Non siete poi cosí diversi dai cattivi...》
《Ti... sbagli... è diverso invece...》
Ino era riuscita a svegliarsi. Hidan si giró e si diresse sghignazzando verso di lei. Aprí i lucchetti e la fece precipitare per terra. Le calció la pistola vicino. 《Allora dimostramelo! Fai avverare il grande disegno e sconfiggi il cattivo! 》
Ino prese la pistola, con le forze che le erano rimaste si mise seduta e miró puntó contro Sai. Sparó due colpi estremamente precisi per liberare il compagno dalle cinghie, poi gli lanció la pistola e lui premette il grilletto proprio di fronte la nuca di quell'assurdo personaggio. Poco dopo Ino svenne.
 
La stanza era buia ma dalle finestre trapelava giusto un filo di luce che le fecero capire che era giorno. Fissava il soffitto e le faceva male il fianco. Ino giró leggermente la testa dolorante verso destra e vide Sakura che ancora dormiva, poi si giró verso sinistra e vide Sai a gambe incrociate e con la testa penzolante mezzo addormentato. Le scappó un sorriso.
Per un attimo ebbe una sensazione di dejavu, si ricordó di quella volta quando il padre la accudiva mentre lei aveva l'influenza. Non avrebbe dovuto fare quel viaggio, lui era nato a Nara e a pochi metri dalla pensione ci doveva essere la sua vecchia casa.
《Buongiorno principessa! Ci hai fatto prendere un brutto colpo. Ma che è successo? 》
《Mi sono messa in mezzo mentre sparava a Sakura, poi credo ci abbia drogate, non ricordo molto. Lei come sta? 》
《Meglio di te, non è ferita e si è già svegliata un paio di ore fa.》
Ino lo guardava negli occhi ancora stordita. 《Grazie...》
Sai la bació delicatamente, in modo quasi casto, rapito dai suoi occhi profondi e dal suo sguardo da cerbiatto ferito.
Si riaddormentó poco dopo.

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto: Nara. Reminiscenze. ***


Capitolo quinto: Nara. Reminiscenze...

 
Quando Ino aprì gli occhi, dal finestrino trapelava la calda luce del giorno, probabilmente doveva essere ora di pranzo. Le faceva male la testa.
Inoichi aveva parcheggiato la roulotte di fianco ad una famiglia texana e la sera prima avevano dato una piccola festicciola per tutto il parcheggio, gli ci era voluta tutta la sua buona volontà per non sparare a tutti. La febbre di Ino sembrava non scendere più, erano ormai due giorni che continuava a salire; la bambina di otto anni che era sdraiata di fronte a lui era l’unica cosa che gli aveva permesso di rimare mentalmente stabile negli ultimi due anni.
Pakkun abbaiò.
«Papà?»
«Ehi, tesoro.» Le accarezzò la guancia «Va tutto bene, torna a dormire.»
«Papà. Mi dispiace se mi sono ammalata. Volevo vedere il monte Rushmore oggi.»
«Non fa niente, ti ci porterò quando guarisci.»
Tre giorni prima erano arrivati in South Dakota, ma la febbre di Ino e la macchina che li seguiva costantemente da una settimana lo avevano costretto a fermarsi. Che questa sarebbe stata la fine della corsa? Dopo otto anni il destino aveva finalmente vinto? Non avrebbe perso senza lottare...
Pakkun smise di abbaiare di colpo e Inoichi infilò il caricatore nella sua 9mm.
L’irruzione fu silenziosa. Obito si limitò ad aprire lo sportello.
«Inoichi Yamanaka, sei in arresto per l’omicidio di Natasha Olenkova e l’omicidio del tenente Sarutobi»
Obito era il suo pupillo, quando entrò nella CIA era solo un ragazzino testardo e svogliato, ora gli stava di fronte chiedendogli di abbandonare ogni suo principio.
Gli puntò la pistola contro.
«Sai quello che è successo quella sera. Come puoi continuare a stare dalla loro parte?»
«Io non sto dalla parte di nessuno. Faccio solo quello che devo, è il mio dovere obbedire agli ordini.»
L’uomo accese la sigaretta, era ancora fuori. «Andiamo Inoichi, non sei stanco di tutto questo. Scommetto che quella povera creatura non è mai nemmeno andata a scuola...» Quella voce gli parve quella di un fantasma.
«Quindi alla fine si tratta di questo, è la tua vendetta. Vero... Asuma?»
Aspirò e mentre parlava il fumo gli usciva dalla bocca. «Vedila come vuoi, ma agli occhi del nostro governo sei un criminale. E, sinceramente, non me ne fregava un granché del vecchio.» Rise un po’ alla fine.
Un verso di stizza uscì dalla bocca di Inoichi. Era nervoso, continuava a puntare la pistola contro il vecchio compagno, per la prima volta in vita sua non sapeva cosa fare.
Obito rivolse lo sguardo verso la piccola sofferente. «Fallo per lei almeno, vuoi che viva in questo modo per tutta la vita, a nascondersi e scappare?»
Istintivamente si girò verso la figlia.«È proprio per lei che lo faccio...» Poi sparò un colpo che sfiorò solo la spalla sinistra di Obito. Il rumore fece sobbalzare la piccola Ino, le fischiarono le orecchie per diversi minuti, ma riuscì comunque a capire quello che successe dopo.
«Papa!» Ino vide cadere suo padre all’indietro e sbattere sul pavimento metallico. Il foro che aveva in testa lasciava cadere solo una singola goccia di sangue.
«È stata davvero una scelta stupida Inoichi...»  Dal fianco del collo di Obito spuntava la mano di Asuma e la sua pistola ancora fumante.
Ino corse dal suo povero padre ormai senza vita, rimase a fissare piangendo il suo corpo esanime per chissà quanto mentre i due uomini si ricomponevano. Dopo non molto la rabbia si impossessò di lei, prese la pistola da terra e la puntò contro i due ormai di spalle. Una cosa la sapeva, se sparava con quella poteva fare del male a quegli uomini cattivi.
Asuma gettò la sigaretta senza filtro dal finestrino semichiuso e le rivolse delle semplici parole sempre dandole le spalle. «Quello non è un giocattolo, bambina.»
Le sue piccole mani tremavano con il peso dell’arma e i singhiozzi e le lacrime le spezzavano i pensieri. Sparò ad occhi chiusi emettendo un gridolino acuto, non beccò nulla, ma subito dopo fu costretta a lasciar cadere la pistola, le spalle le facevano male. Cadde in ginocchio di fronte al corpo di suo padre con la testa bassa.
«Dannazione, che avete combinato?» La donna dai capelli biondi sembrava estremamente adirata. «Avevo detto: VIVO!»
 
Ino sapeva che non sarebbe dovuta andare lì, nonostante fosse solo lavoro, a volte c’era una stana forza che la trascinava nei luoghi che per lui erano importanti. Si era sempre chiesta a cosa avesse pensato prima di morire e, ancora ora, non sapeva più di quello che le aveva detto la CIA. “Tuo padre era un criminale,ha ucciso tua madre e  fatto del male a molte altre persone...”, le dissero...
Fu quello il momento in cui perse la sua innocenza. “Io... ora dove andrò?” Ricorderà sempre la donna dai capelli bianchi che le mise una mano sulla spalla e le disse dolcemente: “Se vuoi... puoi rimanere qui...”
 
Si toccò istintivamente la collana a forma di loto che lui le regalò da piccola e si limitò ad alzare lo sguardo verso l’orizzonte. Sai le accarezzo leggermente la spalla, «Dobbiamo andare, ora.» Lei annuì, poi tutti e tre partirono per il prossimo obiettivo...
 
 

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