God Put A Smile Upon Your Face

di Arny Haddok
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (Ri)Cominciare ***
Capitolo 2: *** (Forse)Qualcuno ***
Capitolo 3: *** (In)Tendersi ***
Capitolo 4: *** Non ho sentito "crack" (O forse sì?) Prima parte ***
Capitolo 5: *** Non ho sentito "crack" (O forse sì?) Seconda parte ***
Capitolo 6: *** (Re)Stare, sempre ***



Capitolo 1
*** (Ri)Cominciare ***


 

God Put A Smile Upon Your Face

Prima di cominciare ci tengo a spendere due parole per questo progetto. Sì, si tratta infatti di un progetto più che di una normale storia. Perché? In poche parole: l'idea è nata un anno fa nel mese di maggio. Io e una mia amica (Aiko Azumane qui su EFP) a cui riservo tutti i diritti di questa prima parte che avrà vita ancora lunga, abbiamo deciso di dare vita a questa "opera" Het ambientata nel mondo di Haikyuu, dove, come sappiamo, il fandom sbandiera con ampi gesti lo Yaoi. Nessuna di noi rinnega questo tipo di coppia, solo, preferiamo altro. Adesso, ho preso l'iniziativa e ho deciso di cominciare a pubblicarla a nome di entrambe. Il tutto è nato scritto in POV, e adesso la scrivo con uno stile differente per dare la possibilità a tutti i personaggi di esprimersi, ma questo sarà più immediato durante la lettura. Vi chiedo quindi di rispettare questo nostro progetto a cui abbiamo lavorato "divise" per più di un anno intero, e concludo dicendo che la responsabilità della scrittura me la sono presa in pieno io.
Detto questo, ringrazio Eliot che sarà la mia beta (spero) per più tempo possibile, e, buona lettura.



Capitolo primo "(Ri)Cominciare"

 

Quella mattina si alzò di malumore.

Solitamente chiunque si sarebbe sentito eccitato all'idea di poter cominciare una nuova scuola, in particolare le superiori, in un'altra città rispetto a quella natale: nuovi amici, ambiente completamente diverso, parlata e accento al limite del comprensibile, altri modi di fare e tanto, troppo altro. Insomma, stava cambiando vita, e la cosa non era ancora stata digerita dal suo stomaco mai stato delicato.

Anche questo la turbava: si trattava di un evento raro ed estremamente comune allo stesso tempo, eppure, nonostante nella sua vita avesse fatto fronte a problemi ancora più grandi, il solo pensiero di mettere piede in un ambiente che si sarebbe rivelato ostico la disturbava profondamente.

Tornando allo stomaco, aveva ingerito di molto peggio, ma quella mattina proprio non ne voleva sapere di smettere di farla piegare in due.

Anche se si trattava del primo giorno di scuola sarebbe tornata volentieri sui suoi stessi passi, a casa, nel suo letto, a leggere il primo libro che le sarebbe passato per le mani...ma significava dover rivivere quelle stesse sensazioni il giorno seguente, con le attenzioni di tutti rivolte a sé, maggiorate anche dalla curiosità che veniva alimentata dalla sua assenza del giorno precedente.

Meglio andare, sopportare, tornare e ripetere questa routine almeno per...tutto l'anno e i tre a venire.

Suo padre le aveva assicurato, appena fatta scattare la serratura della nuova abitazione, che non si sarebbero trasferiti più fino alla fine del suo percorso liceale, e quella conversazione l'aveva in qualche modo rinfrancata, come se tutte le paranoie mentali sparatesi nel cervello fino a quel momento fossero state perfettamente inutili.

Non andò così, anzi.

Le notti divennero sempre più lunghe anche se l'estate si avvicinava. La stanchezza non ne voleva sapere di bussare all'entrata del suo cervello e insidiarvisi per farle prendere sonno, tutto portò ad un unico risultato: non dormì per quasi due settimane, e il fatidico giorno, svegliandosi in una stanza a cui non era ancora abituata e che doveva ancora finire di sistemare dato che gli scatoloni la sopprimevano come fossero vecchiette sedute di fronte alla porta di casa dell'una o dell'altra a spettegolare, si rese conto che sì, doveva addirittura coprire le occhiaie con uno strato decisamente poco leggero di correttore.

Non era mai arrivata a quel punto, ma, se passare due settimane senza chiudere occhio portavano a quello, voleva dire che avrebbe cercato su internet un metodo poco convenzionale per addormentarsi, un metodo che si allontanasse dal training autogeno, dalle pecorelle che saltano la staccionata e anche dalla camomilla calda o fredda, con miele o senza che fosse.

 

La ragazza camminò per una ventina di minuti evitando più sguardi possibili.

Per non “distruggere le aspettative” dei suoi futuri compagni di classe aveva deciso di lasciare i capelli sciolti, dato che sulla nuca si era fatta tingere i capelli di un turchese acceso, tutto deciso almeno due anni prima in compagnia dei suoi amici. La frangia spostata verso sinistra era sempre stata un'arma di difesa infallibile nonostante il colore dei suoi capelli fosse di un castano veramente chiaro, anormale per la maggior parte dei giapponesi tipo.

La divisa le stava leggermente larga, decisamente più del dovuto, e anche se aveva sempre preferito la comodità alla sofferenza della vita segnata da un paio di jeans troppo stretti, si sentiva a disagio ogni volta che abbassava lo sguardo sulla camicia grigio-azzurra che scivolava erroneamente nella gonna, creando un movimento di tessuto tipico delle persone intente a nascondere i propri fianchi. Per non parlare della gonna, già con una fantasia a quadretti che lasciava spazio ai più portentosi ricordi di collage americani e decisamente troppo lunga, e per quella non c'era stata altra soluzione se non quella di farla diventare una gonna a vita alta stringendola con una cintura sottile di cuoio marrone. Nel tentativo di non lasciar trapelare nemmeno un brandello di quell'acozzaglia di roba informe che si era ritrovata ad indossare, optò per il maglioncino quasi color beige che veniva venduto insieme alla divisa.

Inutile dire che non aveva aiutato in alcun modo, evidenziando ancora di più il punto critico della vita.

Le calze bianche accompagnavano le sue gambe abbandonandola sotto alle ginocchia, troppo nodose per essere quelle di una ragazza attraente, in più la sua statura le aveva sempre giocato contro, sempre. Essere alti un metro e sessantadue centimetri virgola cinque significava essere più nella media che sotto, ma i suoi amici non si erano mai risparmiati dall'accollarle nomignoli come “Cicci”, “Mostrino” e “Testina”, tutti con un significato preciso e talvolta poco carino.

Infine, come se non bastasse, sua madre le aveva ricordato il nastrino rosso che andava annodato in un “grazioso” fiocco proprio nel momento in cui la porta di casa si stava chiudendo alle sue spalle, lasciandola “finalmente libera” da quella nuova abitazione. Il suo collo non le piaceva, era sempre stato troppo largo per i suoi gusti, nonostante molti le avessero sempre detto “ma cosa dici? Non è vero, hai il collo di un cigno”.

Ma quando mai.

La cartella era strabordante di ansia più che di materiale scolastico, le dita proporzionate e forse un pochino lunghe si stringevano nervosamente intorno al cuoio marrone del manico , la tracolla non le avrebbe dato la possibilità di nascondere la vergogna stringendola, dato che avrebbe generosamente amplificato la soggezione mostrando a tutta la popolazione di quel tratto del Sendai quanto una ragazzina di quindici anni si sentisse male all'idea di cominciare il liceo.

Quando l'entrata della scuola si fece spazio nel suo campo visivo, una quantità indefinibile di ragazzi si illuminarono, radiosi, di fronte ai suoi occhi chiari. Erano bellissimi. Dovunque cadesse il suo suo sguardo attento non poteva mancare un individuo “personaggio”, come li aveva da sempre definiti. In media però tutte le ragazze erano truccate, anche se mai troppo, eccedere nell'utilizzo di “copri-imperfezioni-e-sembri-un'altra-persona” andava contro il regolamento scolastico, che, in un momento di totale noia e mancanza di forze aveva letto per passare il tempo. La maggior parte osava però con acconciature alla moda o con capelli raccolti che lasciavano scoperta la pelle candida del collo e talvolta qualche orecchino o pendaglio elegante e lavorato finemente.

I sorrisi di quelle fanciulle sembravano irraggiungibili, solari, radiosi, maliziosi o innocenti dipendentemente dal bersaglio puntato.

Le loro divise erano immacolate, le cuciture e i tagli calzavano a tutte alla perfezione senza una benché minima sbavatura, con le gonne accuratamente tagliate, chi più chi meno, le camicie aderenti sul seno generoso o sulla schiena flessa per darlo alla luce. I piedi graziosamente rivolti in dentro come si vede in qualsiasi anime dove una ragazza cerca di farsi notare dal suo amato senpai.

Le loro voci le arrivavano soffuse, e lei era incapace di cogliere la parlata diversa e addirittura il significato di alcuni modi di dire.

Non era gelosa, in alcun modo.

Sentiva solo la necessità di confondersi con quelle ragazze, per evitare di essere notata, per evitare di essere lasciata in disparte, indietro.

Un universo troppo lontano da lei che si sentiva fuori luogo già sulla strada, quando ad accompagnarla c'erano solo uomini e donne che si dirigevano al lavoro.

Lei che aveva modi di fare diversi provenienti da una città lontana.

Lei e il suo sorriso tendente a sinistra, quasi perso a causa degli avvenimenti dell'anno precedente.

Lei e la sua divisa arrivata troppo tardi per rimediare.

Lei e il suo fisico da atleta, con polpacci e cosce muscolosi ma non troppo, che lasciavano immaginare a chiunque la sua passione per lo sport e il troppo impegno con il quale ci si dedicava.

Lei i suoi interessi particolari e troppo seri per una quindicenne.

Lei e le sue preoccupazioni.

Lei e se stessa.

 

Al suono della campanella si accorse di essere rimasta di fianco alla colonna del cancello, e camminò velocemente fino alla scarpiera per poter avere anche solo qualcosa in comune con tutte quelle creature lontane che aveva avuto la possibilità di osservare poco prima.

 

Dopo un celere discorso di presentazione della scuola tenutosi in palestra in cui i ragazzi del primo anno venivano divisi per classi, la massa di giovani si diresse verso l'edificio principale per essere condotta e smistata nuovamente.

Si diede un'occhiata rapida intorno, e subito capì che la maggior parte di quei ragazzi già si conosceva, o che, comunque, si era già divisa in gruppetti. Quei simil-club di persone che nella sua vita avevano giocato un ruolo fondamentale all'interno della scuola, affondandola quotidianamente a causa di ragioni superficiali e perfettamente idiote.

In poco tempo si avvicinò ad un banco vicino alla finestra, che, come si viene a sapere da film e serie TV, è sempre la soluzione giusta. Non troppo arretrato, ma nemmeno troppo vicino alla cattedra, quel banco avrebbe funto da riparo almeno per un mese, fino a quando i capoclasse non avrebbero decretato il tanto spaventoso, triste o agognato cambio di posti.

Agganciò la cartella alla lastra di metallo munita di gancio che si trovava di fianco al banco e rimase composta, indecisa su quale posizione fosse stata la migliore da adottare.

Al richiamo dell'insegnante tutti presero posto, e di fianco a lei si sedette una ragazza abbastanza alta, dai capelli mori, gli occhi verdi e un sorriso decisamente troppo sincero e felice per i suoi gusti. Con i talloni continuava a sbattere contro il poggiapiedi in legno del banco, producendo un ritmo impercettibile ma irritante, come una goccia di pioggia che, infiltrandosi nei più sottili punti deboli del tetto, ripetutamente, cade sempre nello stesso punto. La mani erano posizionate a pugno sulla mascella, sostenendole la testa. Una persona luminosa, ma irritante.

 

La presentazione della professoressa fu la più lunga mai sentita dalla ragazza con gli occhi chiari, del colore del ghiaccio, o, come una volta li avevano definiti, del grigio-azzurro del mare in piena burrasca. La voce profonda di quella donna alta, probabilmente, meno di lei senza quella sorta di trampoli che si ritrovava ai piedi, la assopiva, creando così un ambiente favorevole al sonno, quello stesso sonno che le mancava e che le rammolliva le membra.

Solo quando si passò alle presentazioni il cuore ricominciò a pompare sangue nelle sue vene, facendola tornare in uno stato di attività fisica trattenuta e facendole sudare i palmi delle mani, impedendole così di poterle poggiare sulla superficie lucida del banco.

Quel genere di cose l'agitavano più di qualsiasi altra. La mandavano in confusione, facendola incespicare sul suo stesso nome e lasciando che il disagio si catalizzasse sulle dita che finivano per tremare visibilmente. Niente aveva mai funzionato nel calmarla, e poi, lavorare ad una presentazione di fronte a ragazzi mai visti in vita sua, era veramente il peggio.

Con sua sorpresa, la prima ad alzarsi fu la ragazza che aveva inquadrato prima, che, sorridendo e quasi saltellando, arrivò alla lavagna, scrisse il suo nome in una calligrafia non troppo precisa senza però farsi pesare la situazione e recitò, come una cantilena, di fronte agli altri, come se fossero ragazzini appena entrati alle medie.

-Il mio nome, come potete leggere da qui- e indicò con la mano la scritta di gesso bianco sull'ardesia, – è Azumane Aiko. Ho frequentato la Kitagawa Daiichi e vivo qui da quando sono nata. Ho un fratello maggiore e sono onorata di poter fare la vostra conoscenza!- concluse senza mai lasciar trasparire disagio, quasi...ammirevole. Fu come un lampo a ciel sereno, e, così come si era alzata piena di energie, si inchinò, e tornò al suo posto sedendosi dritta e ascoltando attenta le presentazioni altrui, quasi incantata all'idea di poter avere a che fare con quei ragazzi per il resto dell'anno.

 

Dopo non troppo, venne il suo turno.

Appena l'insegnante chiamò il suo nome, un leggero bisbigliare si spanse tra i banchi di legno lavorato, aumentando, ad ogni passo che la divideva dalla lavagna, la sua ansia di sbagliare.

Sollevò il gessetto e lo portò immediatamente dietro la sua figura per nascondere l'agitazione che nasceva dalla pianta dei piedi e raggiungeva ogni singolo anfratto della sua persona.

Finito di disegnare i caratteri stranieri che componevano il suo nome, posò il cilindro di polvere vicino al cancellino e con sguardo freddo si voltò verso i suoi nuovi compagni. Cercò un punto sicuro dove guardare, lo sguardo di qualcuno che poteva fungere da ancora in quel momento di panico. Portò le mani dietro la schiena e le agganciò come se fossero la sua unica salvezza. Senza accorgersene, cominciò a parlare.

-Sono Haddok Arny,- e fu in quel momento che si accorse della voce adulta che stavano suonando le sue corde vocali, dell'accento che stava usando, così dannatamente diverso da quello di tutti gli altri che avevano posato le scarpe su quello stesso punto dove ora stavano le sue -vengo da Tokyo, sono figlia unica e sarà un piacere passare un anno con voi.- senza sorridere guardava il vuoto di fronte a sé, il peggio era andato, riprese a respirare quasi regolarmente come una ripresa da una sessione troppo lunga di sette su dieci in palestra.

Aveva la gola secca ma ora stava meglio, poteva ripercorrere quel sentiero pericoloso che l'avrebbe riportata nel suo luogo preferito, fino a quando...

-I tuoi genitori sono stranieri?- osò chiedere una ragazza dai capelli neri, stretti in un elastico rosso acceso, del secondo banco nella fila destra -s-solo mio padre, mia madre è giapponese- rispose sorpresa da tanto coraggio, se lo si poteva definire tale. Tutti, probabilmente, l'avrebbero definita semplicemente curiosità, ma per Arny Haddok, quello era coraggio.

Dopo essersi rispettosamente inchinata, tornò a sedersi al suo banco con passi leggeri, così estranei alle sue solite falcate che partivano dal tallone che si piantava intensamente nel pavimento, alla punta che dava la forza necessaria per muovere un ulteriore passo.

Rivolse il volto alla finestra appena capì che la ragazza chiamata Azumane la stava osservando, lei e altri che, a quanto pare, erano pronti a farle domande assolutamente non desiderate.

Smettetela, piantatela di guardarmi, pensò perfettamente consapevole. I suoi occhi si strinsero, si assottigliarono, e la lezione finì così, con venti minuti di tensione che le bloccavano il corpo e che le irrigidivano i muscoli.

Tutto quello che stava succedendo all'interno dell'aula perse d'importanza, non che prima la sua attenzione fosse focalizzata su ogni particolare come lo sarebbe stata in altri momenti, ma il solo pensiero di aver catturato la curiosità di persone a lei estranee, quasi la spaventava, catapultandola in un limbo di riflessioni e sguardi persi.

Semplicemente, non voleva attirare attenzioni, di nessun tipo. Dall'anno appena passato aveva capito che poteva diventare un enorme problema essere “controllati”, in particolare da certi individui negli occhi dei quali non si coglie altro che cattiveria.

La seconda ora passò così, quasi come in una dimensione parallela ma tangibile. Quasi come se si trovasse in Interstellar, quel film stravolgente che l'aveva trattenuta sulla poltrona blu vellutata del cinema per due ore, senza che potesse muoversi, senza che potesse perdere la concentrazione o anche solo una di quelle teorie fantascientifiche in cui non avrebbe mai capito nulla.

Poteva posare la mano sul legno lavorato del banco senza lasciare alcuna traccia, ora l'agitazione era scomparsa, la sua temperatura corporea scese fino a toccare i 35° C e, a meno che altri professori o compagni le avessero chiesto qualcosa, non avrebbe avuto problemi a mantenerla, costante e rigida.

Per sua incontenibile gioia e fortuna, fino alla pausa pranzo nessuno le si avvicinò. Non aveva voglia di esternare la sua storia, non lo avrebbe fatto se non con qualcuno dagli occhi e dai movimenti del quale avesse potuto cogliere sincerità e genuina curiosità nei suoi confronti, un interesse che non si sarebbe mai rivelato avere un secondo fine.

Si apprestava a estrarre il bento accuratamente avvolto in un fazzoletto rosa salmone e ad appoggiarlo sul banco, quando, con la coda dell'occhio destro, notò l'altezza della sua vicina di posto fermarsi vicino a lei. Dopo che mi ha rivolto quello sguardo non puà che chiedermi qualcosa si rassegnò, e con movimenti controllati alzò lo sguardo in direzione della figura ancora ancorata al pavimento del suo spazio vitale.

-Haddok...giusto? Senti, dato che vieni da fuori ho immaginato che qui tu non abbia nessuna conoscenza.-

Ma guarda quant'è sfacciata...e se invece fossi piena di amici?! Cosa ne sai pertica, immaginò mentre il suo volto manteneva un'espressione leggermente sorpresa -ti andrebbe di pranzare insieme?- e continuava a sorridere, esattamente come quando era volata verso la lavagna impaziente di presentarsi.

-V-va benissimo, siediti pure.- e Arny accennò un sorriso sbilenco dei suoi.

Prima di spostarsi su un banco diverso da quello al quale si stava lentamente abituando doveva passare ancora tanto tempo.

Subito Azumane scivolò verso la propria sedia e la sollevò quasi senza sforzo, per poi posizionarla accuratamente di fronte a quella della compagna. Si piegò per prendere il suo pranzo e, finalmente, si sedette estraendo le bacchette con gentilezza, come se non avesse di fronte una perfetta sconosciuta.

-Quindi vieni da Tokyo eh? Ho degli amici là, ma non sono proprio del centro città, diciamo più periferia. Mi era stata data anche la possibilità di studiare nella loro stessa scuola, ma...no, niente, lascia stare.- cominciò fulminea, sparando a raffica una serie di informazioni personali, per poi spegnersi, con il sorriso che si ridusse ad una leggerissima curva, e tutte quelle notizie finirono completamente al vento. Nessuno le aveva fatto richiesta riguardo la sua vita, eppure la mora aveva preso a parlare, intervallando il tutto con dei bocconi di riso non troppo generosi, ma comunque adatti al fisico di quella che sembrava un'atleta.

Ma che diavolo ha detto? Perché tutta quell'euforia è sparita? Con chi sto avendo a che fare... si chiede Haddok senza alzare lo sguardo fino all'aver elaborato una risposta.

-Beh...nemmeno io vengo dal centro di Tokyo, sono di un quartiere lontano, però la zona è quella.- spiegò calibrando le parole per fare in modo che fossero comprensibili, odiava ripetersi.

-Ooohh, avete una parlata diversa voi del centro! Però ci sono abituata, e se devo essere sincera la preferisco, ha una cadenza più internazionale, anche se siamo in una città importante, sicuramente Tokyo è più sociale, non so se sono riuscita a spiegarmi bene...- e allora il suo sorriso tornò un poco, lasciando spazio ad un velo di vergogna fin troppo sottile per essere notato.

Certo che parla eh...almeno non sarò costretta a dispensare qualsiasi mia informazione, si rassicurò la più bassa riprendendo a mangiare senza fretta, con una cadenza quasi ritmica.

-AZUMANE AIKO!- il silenzio che si stava creando, che aveva cominciato a mettere Arny a suo agio, fu ridotto a brandelli dalla voce seria ma non del tutto adulta di un ragazzo. Le bacchette minacciavano di caderle dalle dita per lo spavento, ma riuscì a tenerle stringendole improvvisamente e lasciando che fossero gli occhi, puntati sul bento, a far trasparire quella sensazione di sorpresa, sbarrandosi e rimanendo bloccati. Intanto la pertica si era alzata e teneva una mano aperta sul banco guardando il ragazzo ancora fermo sulla porta, mani premute sui lati dell'entrata e gambe divaricate.

-Che cos'hai da urlare in questo modo Tooru?! Ti sei rincretinito perché ieri non hai potuto usare la palestra e siete finiti ad allenarvi in quella del quartiere?!- chiese retoricamente Aiko, finendo per sorridere divertita dalla scenata del ragazzo che, per quanto si poteva capire, era suo amico.

Tutte queste ragazze adesso prenderanno a guardarmi in cagnesco, se solo Tooru avesse aspettato una ventina di minuti sarei andata a salutarlo senza dare troppo nell'occhio. Notò Azumane con degli sguardi fulminei verso le sue nuove compagne di classe.

Solo nell'istante in cui Arny si rese conto di star fissando quel fisico statuario nascosto dalla divisa scolastica, si voltò e tornò al suo bento, ovviamente arrossendo e maledicendosi mentalmente nel caso l'avesse notata.

Intanto le ragazze della classe avevano cominciato veramente a fissare la più alta con sguardo decisamente stupito, come se quel ragazzo, ora rilassato sulla porta, fosse una persona importante.

E poi, Azumane lo ha chiamato per nome! Sono davvero amici! E adesso hanno preso a guardarla malissimo! Ma chi diavolo è questo tizio? Sicuramente non è di prima, non avrebbe il coraggio di presentarsi ad una classe che non è la sua in questa maniera. Si rese conto Arny riprendendo a mangiare cercando di controllare la quantità di cibo sulle sue bacchette per evitare che finisse di nuovo nel bento. Aveva portato la mano sinistra sull'orlo della gonna e con le dita seguiva attentamente le cuciture sottili e confuse con il tessuto dell'indumento.

Se Azumane avesse seguito quel ragazzo allora sarebbe rimasta sola, e sarebbe stato fantastico certo, rimanere sola era una delle sue occupazioni preferite, e un'alternativa era già pronta nella cartella.

-Per tua informazione la palestra adesso è aperta, e comunque avevi promesso che ci saresti venuta a cercare per salutarci questa mattina, e non lo hai fatto! Non hai mantenuto la tua promessa Aiko-chan!-

CHAN?! Quindi sono davvero in confidenza! E poi di chi altro sta parlando? Che stiano insieme? Potrebbe essere...o no, sarebbe quasi equivoco...equivoco? Perché equivoco? Andò in confusione al suono di quella voce proveniente da quel Tooru.

Intanto la mora lo aveva raggiunto alla porta e gli stava sorridendo con fare da cucciolo abbandonato.

Irritante si bloccò Haddok in quel momento.

-Mi perdoni, vero? Non puoi non perdonare la tua Aiko!- e si attaccò a lui poggiandogli la testa sul petto, nonostante tra i due la differenza di altezza non fosse troppa.

Di risposta il ragazzo la strinse e sorrise divertito dal comportamento della mora.

-Per questa volta ti perdono, però in cambio devi venire anche da Iwa-chan!- replicò allontanandosi dall'abbraccio.

-Beh, in realtà starei pranzando con una ragazza e non voglio lasciarla sola.- chiarì Azumane con voce seria e mettendosi le mani suoi fianchi forse per sottolineare il fatto che non voleva lasciare l'aula. A quella battuta Haddok restò con le bacchette a mezz'aria, durante l'ultimo anno di scuole medie c'era solo una ragazza che si comportava in quel modo con lei: Hoshi°.

Quella che poteva definire la sua più cara amica, con cui aveva legato solo durante gli ultimi due anni di medie, la invitava quotidianamente a pranzare con lei. Spesso però Hoshi si rivelava malata, e solo all'ultimo anno cominciò a diventare un problema serio.

Fino a quando i suoi amici erano ancora alle medie non aveva questa preoccupazione che la martellava tutti i giorni, ma da quando questi dovettero cominciare le superiori qualcosa cominciò ad incrinarsi, minacciando seriamente di spezzarsi.

L'intervento di Hoshi si rivelò provvidenziale, aiutandola a tenere insieme quel filo metallico che la formava. Nonostante molti tendevano ad evitare Hoshi per la sua fama di secchiona e ragazza troppo seria, per Arny era proprio una Stella, la stella che l'avrebbe guidata verso la salvezza.

Quando la ragazza dagli occhi chiari udì le parole della più alta, il suo pensiero venne inebriato dal sorriso convinto e sincero della sua amica di Tokyo, e non pote' fare a meno di intristirsi al pensiero che non l'avrebbe più vista se non raramente.

-Ehi Haddok, ti andrebbe di conoscere i miei amici?- solo allora si risvegliò da quella malinconia tendente alla tristezza, e si ricordò di come stavano le cose.

-In verità...preferirei restare qui.- confidò spostando lo sguardo sul davanzale della finestra che dava sul cortile della scuola dov'erano montati campi da tennis e un paio da basket per le giornate estive.

-Vedrai, sarà divertente!- e a quelle parole la più bassa sentì il suo polso circondato da una stretta forte e sicura, che si rivelò essere quella di Azumane.

Venne sollevata di peso dalla sedia di legno sulla quale aveva trovato una posizione abbastanza comoda da non volerla lasciare, e non sembrava proprio che Aiko avesse utilizzato tutta la sua forza per portare a termine quell'ardua missione.

La trascinò per tutti i corridoi con passo spedito, e non mancarono di andare a scontrarsi con altri ragazzi di prima che vagavano per i corridoi.

Il fisico di Azumane era slanciato, le gambe lunghe e magre, la vita stretta, le spalle proporzionate e tendenti al basso, il collo sottile così come le dita delle sue mani. Un viso bello, decisamente. Fu una parte di quello che Arny aveva potuto mettere a fuoco durante quella corsa e durante la presentazione della mora.

 

Aiko era una bella ragazza, con un atteggiamento decisamente positivo che la portava a legarsi alle persone in modo gentile, ma anche divertente. Sapeva quando era il momento di intervenire per risolvere una situazione, e trascinare quella ragazza bassa dai capelli chiari dai suoi amici, poteva rivelarsi una mossa che avrebbe accontentato tutti: Haddok avrebbe avuto la possibilità di conoscere qualcuno, e che qualcuno! Oikawa si sarebbe finalmente messo il cuore in pace con i saluti, e ad Iwaizumi avrebbe fatto sicuramente piacere fare la conoscenza di quella piccoletta così silenziosa.

É una buona idea, decisamente si convinse tenendo ancora Arny per il polso, convinta che lasciandola questa sarebbe tornata indietro, da sola.

 

Arrivate al fantomatico muretto di cui i suoi amici d'infanzia le avevano tanto parlato dal loro ingresso all'Aoba Johsai, Tooru si alzò immediatamente in piedi e si avvicinò alle ragazze, senza lasciar trasparire la sorpresa che provò alla vista della più bassa che si ostinava a tenere lo sguardo basso e lanciare occhiate apatiche a lui e ad Iwa-chan, che, nel frattempo, si era alzato con calma e aveva raggiunto il trio.

-Prima di poter chiedere qualsiasi cosa, ragazzi questa è Haddok Arny, è nella mia classe e viene da fuori quindi trattamela bene ok?-

Trattamela? Cos'è adesso? Siamo culo e camicia per caso? O sono diventata il tuo cane? Si chiese Haddok guardando strana la compagna di classe, ma senza provare ad intervenire in alcun modo.

-Questi invece sono: - e scappò un colpo di tosse decisamente ironico- Oikawa Tooru, terzo anno, capitano del club maschile di pallavolo e palleggiatore titolare, nonché uomo più desiderato dalla fauna femminile del liceo,- continuò indicando con il palmo della mano parallelo al terreno il soggetto della presentazione -e questo invece è Iwaizumi Hajime, terzo anno, asso della squadra di pallavolo che, grazie al Grande Demone Celeste, non mi obbliga a dire cavolate per presentarlo.- conclude Aiko con un sorriso decisamente divertito dalla situazione.

Arny si inchinò rispettosamente dopo le presentazioni, sia per educazione verso i compagni più grandi, sia perché non aveva nulla da dire, e il momento stava cominciando a diventare imbarazzante a causa della sua timidezza.

-Quindi tu sei Haddok? Immagino proprio che Aiko-chan abbia cominciato ad importunarti come fa sempre quando conosce qualcuno di nuovo!- e rise il capitano del club di volley maschile con un'espressione da monello.

Arny non pote' fare a meno di pensare a quanto fosse ridicolo ma, grazie all'autocontrollo acquisito con gli anni, non fece trasparire quel pensiero nemmeno attraverso un muscolo.

-No, non direi così...diciamo che mi ha fatto piacere pranzare con qualcuno.- anche se non abbiamo finito si ricordò rispondendo al castano, decisamente alto.

-Hai sentito Aiko-chan? Non sei così fastidiosa allora!- continuò Oikawa in direzione dell'amica, la quale gli rifilò un pugno sulla spalla con tutt'altro che delicatezza.

-Ti conviene smettere Tooru, non vogliamo dare spettacolo della nostra relazione anche davanti ad Haddok, giusto?- e sorrise quasi nervosa la più alta con un pugno sempre sollevato ad altezza spalla.

-Giusto, evitate di rendervi ridicoli di fronte a questa povera ragazza.- si intromise Iwaizumi poggiando una mano sulla spalla del compagno di squadra come per trattenerlo.

Spesso si era trovato in una situazione simile, Azumane che sembrava la fidanzata di Oikawa da tanto si stuzzicavano, ed entrambi che non facevano quasi più caso a quello che succedeva intorno a loro. Hajime era abituato a tutto quello, ma, almeno, non doveva occuparsi direttamente di Aiko e dei suoi “momenti”, a quelli ci avrebbe sempre pensato Tooru, sempre.

-Questa carinissima fanciulla è sicuramente venuta per potermi conoscere, non posso mostrarle il mio lato più giocherellone, dovrei piuttosto assottigliare lo sguardo per lei!- e a questo punto l'alzatore si rivolse ad Arny, trovandola a guardarlo stranita, come se avesse appena sparato una delle stupidaggini più grandi di sempre.

-Ah...ecco, in verità Azumane mi ha portata qui e...- e morì la frase senza che la più bassa potesse pensare ad uno svolgimento sensato. Cominciava a diventare stressante la situazione, non imbarazzante.

Si sentiva in dovere di rispondere per non fare l'indifferente, e non nascondeva di essere rimasta colpita dalla bellezza di Oikawa già da quando aveva messo piede nella loro aula come fosse la sua.

Ammirevole.

 

-Sediamoci.- interruppe l'immobilità del momento la voce roca di Iwaizumi, e Haddok lo ringraziò senza sosta nella sua testa, come se in qualche modo quel ragazzo fosse stato in grado di leggerle il pensiero.

 

 

“Gli incontri avvengono sempre nei momenti in cui la mente è molto libera o molto affollata: nel primo caso avvengono per donare alla nostra anima qualcosa di nuovo, nel secondo per liberare la nostra vita da qualcosa di sbagliato”

 

Osho

 

° Hoshi significa "Stella"

Spazio (in)utile: Con una protagonista che ha un nome che di giapponese ha ben poco, si comincia questa "avventura". Ovviamente ci vorrà un po' per ingranare con il tutto, e, dato che odio qualsiasi cosa scritta in fretta e povera di dettagli, spero di avervi offerto un buon esempio di quello che riesco a fare alla tastiera di un computer. Come ho scritto all'inizio questa prima parte non è stata ideata dalla sottoscritta se non per qualche parte direi non proprio marginale. Per quelle persone malate come me, il titolo è lo stesso di una canzone dei Coldplay (amorini miei) ASCOLTATE QUELLA CANZONE PLS. Spero vivamente che questo primo capitolo possa risultare interessante. E se qualcuno ha un momento, un'impressione su questo inizio sarebbe parecchio gradita. 
Grazie a tutti di essere arrivati fino a qui *saluta contenta*.

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Capitolo 2
*** (Forse)Qualcuno ***


Eccomi con il secondo capitolo! Ringrazio sempre Eliot per essere la mia beta e perché (povera crista) mi corregge le virgole (at ghe dae brusé dialetto). 
Non ho quasi nulla da dire perciò...buona lettura!






Capitolo secondo  "(Forse)Qualcuno"


 

Come fosse finita in quella situazione, ancora se lo chiedeva.

Il muretto era leggermente umido e subito la sua mente ebbe la geniale idea di farle immaginare chissà quale macchia sul retro della gonna.

Rimase a guardare le proprie mani per almeno una decina di minuti, mentre Iwaizumi, seduto di fianco a lei a distanza di circa una spanna, sembrava completamente assorto in una lunga sessione di pensieri. In qualche modo doveva occupare il suo tempo e pensare si era sempre rivelata una fantastica alternativa.

Quella ragazzina lo aveva incuriosito: non sembrava rapita dalla fisicità del suo compagno di squadra e aveva solamente accennato ad un debolissimo sorriso quando questo si era messo a scherzare.

Nel frattempo, con la coda dell'occhio, notò Haddok alzarsi e incamminarsi verso l'edificio delle classi e dopo qualche attimo prese a seguirla fino a raggiungerla.

 

- Ehi, ma Iwa-chan e la tua amica? - chiese Oikawa voltandosi nel mancato tentativo di coinvolgere il tenebroso Hajime in una conversazione.

- Oh, non li hai visti? Prima si sono alzati e sembravano intenti ad andare verso le classi, magari sono andati a mangiare insieme. - azzardò Aiko facendo spallucce. - Ora che ci penso, devo andare a recuperare il mio di pranzo! - esclamò improvvisamente ricordandosi dei due bento aperti sul banco della compagna.

Chissà che non nasca qualche cosa tra quei due...Haddok è abbastanza silenziosa da poter essere interessante per Iwaizumi e l'asso potrebbe finalmente trovare una ragazza! Pensò la mora intenta a battere le mani sulla gonna per evitare problemi o figuracce.

Recuperato il bento, tornarono al muretto per sedersi nuovamente. La ragazza si posò il cestino del pranzo sulle gambe e riprese a mangiare, mentre Oikawa sembrava intento ad elaborare una domanda particolarmente ostica.

Fu proprio così...

- E Tobio-chan? La situazione è migliorata tra voi due? - cominciò.

Probabilmente in tutto quel tempo passato a meditare si era chiesto dove fosse finito il suo odiato kohai, e come la “relazione” tra la sua amica e quell'alzatore infame fosse andata avanti.

Azumane per poco non si strozzò con una strisciolina di frittata, per poi rabbuiarsi e abbassare la testa sconsolata. Se c'erano argomenti che in quel momento non voleva proprio toccare, Kageyama era uno di quelli.

Il suo ex compagno di classe per un buon periodo fu la sua cotta segreta: fisicamente non si poteva assolutamente considerare un brutto ragazzo e come personalità...aveva invece deluso le aspettative.

Durante l'ultimo anno delle medie, quel palleggiatore dagli occhi blu aveva cominciato ad essere un individuo pessimo: nervi costantemente a fior di pelle e mancanza di empatia a livello totale. Chiunque poteva rendersene conto, tanto che il soprannome “Re del campo” non trovò nessun tipo di ostacolo nel diffondersi per l'intero istituto.

Azumane nei suoi confronti si era sempre comportata nel modo migliore possibile. L'interesse che provava per lui era perfettamente sincero, e, se solo il corvino non avesse dimostrato il suo lato scorbutico, avrebbe anche cercato di muovere un passo verso di lui, dichiarandosi.

- Non ho avuto la possibilità di parlargli. - confessò la ragazza inclinando leggermente la testa, cercando di non far piombare quella conversazione in un concentrato di rabbia e amarezza. - So solamente che avrebbe frequentato la Shiratorizawa, per cui non avrei più avuto modo di vederlo. -

Allora il capitano scoppiò in una fragorosa risata e la mora non mancò di guardarlo storto.

- Lui?! Alla Shiratorizawa?! Ti prego, dimmi che questa è semplicemente una pessima battuta. - si divertì, piegandosi con i gomiti sulle ginocchia.

Aiko approfittò del momento scherzoso per sollevare un po' di riso sulle bacchette e tornare seria poiché la reazione dell'amico d'infanzia mosse l'atmosfera pesante che si era creata nella sua mente.

- Sono seria, so perfettamente che non resisterebbe nemmeno ad un solo allenamento con il carattere che si ritrova e probabilmente non sarà neanche riuscito a superare l'esame di ammissione. - sospirò rilassando le spalle.

Tooru sollevò lo sguardo sulla ragazza dagli occhi verdi e lo mantenne fermo per un paio di secondi - Certo che porti iella, tu. - decise con occhi quasi curiosi e con la mano portata a sostenere il mento e le dita a coprire la bocca. - Le aspettative che hai per Tobio-chan non sono tra le più rosee. -

Azumane arricciò il naso e per riflesso si alzò l'angolo destro della sua bocca:

- Non è mia intenzione essere portatrice di sfortuna, sono semplicemente realista: ammettiamolo, l'esame in quella scuola è veramente difficile ed è un corso che segue le medie, inserirsi al liceo non è sicuramente facile! E poi, - e qui la ragazza abbassò il viso divertita, - il suo livello di preparazione è scarsissimo, sappiamo benissimo che pensa più alla pallavolo che alla scuola. -

- Però sai, il tuo ciondolo a forma di gufo sembra essere contrario alla definizione che dai di te stessa...proprio sicura di non essere una gufatrice seriale? -

A quel punto entrambi scoppiarono a ridere, forse per smorzare la tensione del dialogo o semplicemente perché ne avevano bisogno, di per certo, la battuta di Oikawa, non era divertente. Respirare un po' di allegria era sempre stato fondamentale per la loro amicizia; senza quella sarebbero state due persone troppo suscettibili e talvolta complicate.

Azumane era in grado di cadere quasi in depressione a causa della sua famiglia, la quale spesso si rivelava essere contraria alle decisioni della figlia. Dall'altra parte invece c'era Oikawa, un involucro di pietra e di apparenze invalicabile.

Decisamente troppo per un solo Iwaizumi.

 

Ha le caviglie sottili e dei polpacci abbastanza muscolosi...sicuramente pratica qualche attività sportiva. Magari fa atletica, però lavorerebbe solo con la corsa...una centometrista? Si chiese Hajime raggiungendo la ragazza dai capelli chiari.

In quei pochi metri che li separavano, l'attaccante del club di volley era riuscito a scorgere una ciocca di capelli turchesi della più bassa e ne era rimasto colpito, come un particolare di una fotografia che si tende ad ignorare.

Un leggero colpo di tosse proveniente dalla gola del ragazzo dai capelli crespi attirò l'attenzione di Haddok che si girò di riflesso.

- Scusami se ti ho seguita, volevo semplicemente scusarmi per Oikawa e per il suo atteggiamento poco rispettoso. - il pallavolista cercò una sorta di scusa per cominciare la conversazione inchinandosi, mentre Arny aveva posato i suoi occhi chiari sulla figura del senpai, alquanto agitata.

- N-non fa niente, davvero. - replicò la più bassa sorridendo delicatamente e arrossendo.

- Probabilmente ti sarà sembrato avventato e anche stupido, ma ti prego di non lasciare che questo suo comportamento ti convinca. In realtà è una persona completamente diversa. - continuò Iwaizumi coprendo per l'ennesima volta le spalle all'amico.

Non era la prima volta che capitava, ma questo suo “rimedio” era nato solo quando le ragazze avevano cominciato a capire che Oikawa non era solamente un cucciolo capace di sorridere e accettare cioccolatini.

Poteva sembrare un elemento simile, ma solo pochi erano a conoscenza della vera natura di Tooru Oikawa: si trattava di un liceale decisamente più profondo e sensibile di quello che la maggior parte credeva. Una persona pessima sotto certi punti di vista. Poteva addirittura sembrare un approfittatore, ma se si trattava di Iwaizumi nessuno osava dire nulla del suo migliore amico.

Oikawa era una persona troppo particolare per essere riassunta in qualche battuta, troppo diverso.

- Tranquillo Iwaizumi senpai...non sono così superficiale. - e il sorriso di Haddok svanì in pochi istanti, lasciando spazio ad un ben più grande imbarazzo, il tutto unito ad una cascata di pensieri privi di pause quasi incomprensibili anche per se stessa.

Quindi gli ho praticamente detto che lui ha creduto che fossi una persona superficiale, gli ho dato del superficiale! Oddio davvero l'ho fatto no, non posso averlo fatto, non con lui che è stato così gentile da venirmi incontro no Arny perchè?!

Il ragazzo non potè fare a meno di chiedersi che diavolo avesse detto di male per adottare un'espressione simile, ma decise di ignorare questo quesito per avanzare di qualche centimetro verso quella figura apparentemente indifesa.

- Stavi andando a mangiare? - chiese deciso e tranquillo, dopotutto, non aveva assolutamente nulla da temere. Allora si ricordò di un famoso modo di dire “Non avere paura di un ragno, lui ne ha sicuramente più di te”. Quindi sto comparando Haddok ad un ragno? Sì, lo sto facendo...che persona orribile, pensò l'asso di se stesso, mentre Arny aveva spostato lo sguardo alla sua sinistra, senza però alzare la testa.

Nemmeno la stessa Haddok si rese conto di quanto potesse risultare carina in qual momento e, anche se Hajime si era sempre ritrovato ad agognare una ragazza decisa e decisamente più formosa, quella piccoletta possedeva qualcosa che lo incuriosiva, il problema era che neanche lui sapeva che cosa.

- S-sì, devo finire di pranzare. - rispose tenendo un profilo basso, cercando di auto-controllarsi il più possibile e mantenendo un'espressione atona.

Non poteva lasciarsi andare ai suoi scatti di emotività, sarebbe risultata un'idiota agli occhi di una persona apparentemente così seria come Iwaizumi. Sapeva quanto l'apparenza contasse, lo aveva provato sulla sua stessa pelle.

- Anche io devo finire di mangiare, ti andrebbe di concludere la pausa pranzo insieme? - riuscì a proporre sorridendo debolmente.

Il suo era un sorriso dedicato ad Haddok e lei lo colse sollevando gli occhi ed incrociando quelli verdi decorati minuziosamente con leggere sfumature grigie di Hajime.

- Sì, va benissimo. - replicò restando a bocca socchiusa, per poi rendersi conto del fatto che stava guardando l'asso negli occhi. Allora distolse immediatamente lo sguardo tornando a contemplare le mattonelle che formavano una graziosa stradina color terra che attraversava i giardini di tutto il complesso scolastico. Le era parso che queste le mancassero sotto i piedi in più di un'occasione durante quella conversazione, ogni volta che il suo cuore saltava un battito.

Forse sarebbe stato meglio finire di pranzare da sola.

 

Quando Iwaizumi invitò la ragazza nella sua classe la vide sbiancare, ma lei insistette sul seguirlo al secondo piano, dov'erano collocate, come le era stato spiegato quella mattina, le classi delle terze.

Entrati, in pochi agili mosse il pallavolista riuscì a spostare una sedia di fronte al suo banco per far sedere Arny.

Si sta decisamente sforzando per rimanere qui, è evidentemente a disagio oltre che essere pallida notò Iwaizumi mentre la guardava accomodarsi e guardarsi timidamente in giro.

Devo trovare qualcosa che possa catturare la mia attenzione...non mi resta tanto cibo, e presto non avrò più nulla da guardare se non un bento vuoto, e non posso guardare un bento vuoto! Devo mangiare lentamente...altrimenti sarò costretta a guardare lui, ed è l'ultima cosa che voglio! Si rese conto la più bassa già in paranoia per l'ambiente che si era creato intorno a loro.

Entrambi cominciano a mangiare: Hajime con una tranquillità disarmante, bacchette ferme, occhi calmi, gambe immobili, una postura degna di un vero giapponese nel bel mezzo di un colloquio di lavoro; Arny sul punto di morire, bacchette in perenne movimento, mani infette da un tremolio simile alle convulsioni delle peggiori categorie, sguardo traballante che vaga dal più infimo dei dettagli, al più importante dei gas presenti nell'aria, gambe attaccate da un inferno di formicolii, la postura di un vero e proprio bambino che, desideroso di scendere dal seggiolone, ha la necessità di liberarsi, e quindi decide sia meglio farlo nel pannolino.

- Sicura di stare bene, Haddok? - decise di chiedere il moro ormai convinto dell'imminente collasso della ragazza.

In quel momento, proprio quando Arny stava riuscendo a darsi anche solo un briciolo di contegno, ecco che la domanda irruppe nell'aria che li divideva arrivando fino al suo canale uditivo. La piccola foglia di alga che aveva trovato posto sulle sue bacchette, cadde inevitabilmente nel porta pranzo, mentre la castana rimaneva immobile di fronte a quella scena tragica.

- Sicurissima! - rispose. Nulla di più, nulla di meno, una replica che poteva chiarire tutto e niente contemporaneamente.

- Guarda che possiamo anche scendere se sei cosi a disagio qui. - spiegò pazientemente il senpai lanciandole uno sguardo quasi divertito. - Se mi dici che va bene così allora...Aiko ha detto che vieni da fuori, sei di un'altra nazionalità per caso? -

A quella domanda Arny si bloccò per un momento, quel tanto che bastava perché una persona perspicace come Oikawa notasse la sua mancanza di volontà nell'affrontare quell'argomento.

Ma si trattava di Iwaizumi e non se ne accorse.

- No, vengo da Tokyo, mio padre però è del Nord Europa... -rivelò la ragazza dagli occhi del colore del mare del nord in tempesta. Le sue labbra si piegarono in un invisibile sorriso che poi scomparve a contatto con la plastica trasparente della bottiglietta d'acqua.

- Ora capisco perché hai un cognome straniero. - sorrise l'attaccante del club di pallavolo. - E Tokyo com'è? Ci sono stato solo anni fa, quindi non la ricordo... - cominciò, nel tentativo di costruire un dialogo per capire qualcosa in più su quella ragazza metà giapponese che in quel momento sedeva di fronte a lui.

- Non vengo proprio dal centro città, ma posso affermare che la notte è affascinante. Quando ci andavo per i festival sembrava di essere in un altro paese. - rise Haddok al ricordo di quell'ultima avventura vissuta tra bancarelle e attrazioni.

In compagnia dei suoi amici poteva fare qualsiasi cosa, nonostante fosse di natura timida e talvolta fredda e scontrosa. Quando aveva i suoi compagni al suo fianco, aveva la forza per distruggere le apparenze e diventare se stessa.

Sarebbe riuscita a trovare qualcuno che fosse in gradi di farle lo stesso effetto? Qualcuno che fosse in grado di liberarla dai vincoli sociali?

A sentirsi parlare della propria città, la giovane si sentì rincuorata e una ventata di malinconia la soppresse, nonostante fossero solo due settimane che non metteva piede sulle rive del ruscello che scorreva accanto al suo quartiere.

Si dimenticò di essere in una classe di ragazzi più grandi in compagnia di una persona che nemmeno conosceva.

Il mondo le aveva messo in mano quella qualità, quella di estraniarsi completamente dal mondo circostante; quando pensava, solo una persona fino ad allora era sempre stata in grado di riportarla alla realtà.

- Spero di poterci tornare prima o poi, almeno il prossimo anno frequenterò un'università là, quindi non dovrò più lamentarmi dell'impossibilità di prendere un treno e correre verso la capitale. - continuò il moro rendendosi conto del fatto che la piccoletta quasi non lo stesse ascoltando.

Non sembra più così agitata come prima...non capisco cos'abbia adesso, si chiese Hajime guardando gli occhi della più bassa.

Non era mai stato uno dei personaggi più desiderati del liceo, ma la situazione non gli era mai pesata in alcun modo. Vedere il proprio migliore amico circondato da ragazzine ogni giorno non lo infastidiva, anzi, quasi si riteneva fortunato: non avere tutte quelle femminucce urlanti intorno gli sembrava veramente eccezionale. Nulla di cui preoccuparsi, non c'era bisogno di essere perfetti ogni giorno, si evitavano perdite di tempo nei tragitti, non si era obbligati ad essere carini e gentili con tutte. Le uniche aspettative che si era sempre curato di non deludere erano quelle dei suoi genitori, della squadra, e degli insegnanti.

Solo quando aveva la possibilità di avvicinarsi tanto ad una persona, si sforzava di risultare piacevole. Anche se lo era sempre, doveva darne la prova immediata, ed era sempre stato in questo che aveva faticato: sembrare quello che era davvero.

Se una persona sapeva qualcosa sul suo conto, il primo aggettivo che risuonava nella testa di chiunque era “serio”. Iwaizumi Hajime era serio. Serio e responsabile.

Ma sapeva essere molto di più, solo i suoi più cari amici erano però in grado di riconoscere il vero Iwaizumi, e quella ragazza poteva diventare una di quelle poche persone.

- Allora sarà sicuramente una bellissima esperienza Iwaizumi senpai. - e fu su quell'ultima parole che la campanella trillò impaziente.

Arny e Hajime si voltarono l'uno verso l'altro, contemporaneamente.

Subito dopo la ragazza distolse gli occhi da quelli dell'asso per chiudere il bento vuoto e alzarsi dalla sedia di legno.

- È stato un piacere conoscerti Haddok, ti auguro che Aiko non ti trascini più in quel modo. - e sorrise il più alto.

- Anche per me senpai. - si inchinò la ragazza dagli occhi chiari.

 

Arrivata in classe, Azumane trovò la sua compagna di banco già seduta al proprio posto.

Scommetto che se le chiedo qualcosa di Iwaizumi non risponderebbe nemmeno sotto tortura, domani chiederò direttamente a lui, pianificò la mora mentre le presentazioni dei programmi che avrebbero affrontato durante quell'anno scolastico passavano sotto i loro occhi indifferenti.

 

Fu la prima ad alzarsi dal proprio banco. Si fiondò in palestra a falcate veloci e impazienti: il momento tanto atteso era finalmente arrivato.

Negli spogliatoi arrivò, a quanto sembrava, per seconda: la porta già aperta con un borsone poggiato su una panca di legno chiaro. Non passarono troppi istanti che anche il suo ci finì sopra.

Sfilò gonna e camicia per poter indossare pantaloncini e maglietta.

Dato che ancora non possedeva magliette della scuola, si preoccupò di usarne una della Kitagawa Daiichi, un po' perché non ne aveva molte che le andavano ancora bene, un po' per chiarire nuovamente l'esperienza pallavolistica vissuta fino a quel momento.

Non mancavano calzettoni, ginocchiere bianche e un paio di scarpe nere e rosse di un modello maschile, scelto perché al negozio non ne avevano di una certa qualità per ragazze.

L'ultimo passaggio era quello della coda di cavallo che, a differenza di come molti credevano, richiedeva un'infinità di tempo e di energie: riuscire a raccogliere tutte le ciocche in maniera ordinata e abbastanza stretta per evitare che i capelli finissero sulla fronte non era affatto semplice.

Con le scarpe prese per il tallone, camminò a passo spedito verso la palestra, per poi entrare e consegnare il modulo di presentazione precedentemente compilato in maniera accurata e precisa.

-Azumane Aiko eh? E vieni dalla Kitagawa? Sembri proprio interessante, lasciatelo dire, in più sei alta!- constatò una ragazza del terzo anno alta almeno 1,70m.

Capelli neri, sguardo profondo definito in due iridi marroni. Inutile dire che il fisico era quello di una giocatrice di pallavolo: spalle leggermente più larghe del dovuto, gambe lunghe, un lato b quasi perfetto.

-Comunque io sono Miyoko Ikeda, alzatrice e capitano della squadra. Per cominciare dobbiamo aspettare tutte, sembra proprio che quest'anno ci siano più iscrizioni.- notò in direzione di altre due ragazze che si presentarono alla porta.

Infine, con un paio di minuti di ritardo rispetto all'orario programmato, una ragazza abbastanza bassa per la media dei pallavolisti, dai capelli chiari stretti in una treccia alta e con il resto della testa coperta di forcine e mollette, fece il suo ingresso sul parquet lucido.

I pantaloncini da uomo neri lasciavano pensare ad una persona abituata alla palestra e in grado di adattarsi ai vari ambienti che questa proponeva.

I calzettoni bianchi e un paio di ginocchiere dello stesso colore erano impregnate di tuffi e salvataggi.

Una maglietta dalle maniche decisamente troppo lunghe per essere quelle della taglia giusta.

Un paio di manicotti blu scuri senza gomitiera incorporata.

Un paio di scarpe blu oltremare con inserti arancione fluo.

 

- Haddok, che cosa ci fai qui? -

 

 

“I tuoi occhi, grandi, scuri e belli, per un istante si sono aggrappati ai miei e insieme ci siamo raddrizzati e rialzati, grazie quasi alla sola forza dello sguardo”
 

David Grossman


 

Spazio (in)utile: anche questo capitolo si rivela essere un po' vuoto di contenuti ma, se sarete pazienti, arriverà qualcosa di più interessante le prossime volte >.> .
Qui abbiamo un Hajime alle prese con Arny, di cui saprete molto altro successivamente. Comunque direi che non se la cava troppo male eh. Tooru invece è ancora una terra inesplorata (quali magici paragoni) ma ho intenzione di prendermela con calma per quel che riguarda il suo personaggio. 
Le due protagoniste potrebbero rivelarsi un duo comico alla 
"All Hanshin Kyojin", ma anche per questo si dovrà attendere.  Scrivere con le soundtrack dei film Ghibli non è il massimo dell'allegria è-è .
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati fino a qui e che hanno letto il primo capitolo. 
Alla prossima!

 

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Capitolo 3
*** (In)Tendersi ***


Da qui le cose cominciano a complicarsi. Nulla di troppo preoccupante, ma comunque un qualcosa da non prendere sotto gamba.
Vi avviso adesso riguardo al fatto che che, essendo una giocatrice di pallavolo, tengo molto al linguaggio tecnico di questo magnifico sport, di conseguenza ci saranno alcune parti in cui potreste trovarvi in difficoltà. Alcuni termini specifici sono spiegati alla fine. In caso di qualsiasi necessità di chiarimento, sarò disponibilissima a dare spiegazioni. 
Ringrazio sempre Eliot per essere una fantastica beta dispensatrice di saggezza. 
Faccio un inchino a tutti voi lettori e vi auguro una buona lettura!



Capitolo terzo  "(In)Tendersi"

 

 

Il trasferimento non comportava solo un malessere psicologico per Arny. Significava dover sistemare la burocrazia, tutte quelle carte del trasloco, del livello scolastico, delle informazioni riguardanti i suoi voti, i suoi esami...in altre parole, il suo intero curriculum vitae.

Quando la sua scarpa si bloccò sul parquet della palestra numero due, alzò lo sguardo. Con un foglio piegato dalla camminata veloce che fu costretta a fare nella mano sinistra, si inchinò velocemente verso tutte le componenti della squadra, già impegnate a discutere con le matricole.

Dover firmare un documento riguardo un lavoro di gruppo per il quale lavorò alle medie l'aveva rallentata; cambiarsi il più velocemente possibile era una delle sue specialità, ma la treccia rivelava tutta la fretta impiegata per cercare di arrivare in tempo.

- Haddok, che cosa ci fai qui?- sentì una voce familiare.

Nonostante si conoscessero solo da quella mattina, aveva chiamato il suo cognome davanti a tutte. La ragazza dai capelli chiari sentì il bisogno di chiedersi che cosa ci fosse di male nel frequentare un club sportivo, eppure evitò di soffermarsi su quell'uscita della mora.

- Sembra proprio che ora siamo al completo.- sorrise Miyoko nella sua direzione, ignorando le parole di Azumane.

Stavano aspettando lei, lei e il suo ritardo. Arrivare anche solo due minuti dopo l'orario previsto, sicuramente non si sarebbe rivelata una grande mossa, ma le senpai avrebbero poi capito le sue condizioni.

- Chiedo scusa!- disse abbassando lo sguardo per evitarne uno, al contrario di quanto avesse creduto, comprensivo del capitano.

- Non ti preoccupare, dopo ne parleremo. Adesso presentati così possiamo cominciare l'allenamento.- concluse la palleggiatrice, invitandola ad aggiungersi alle altre ragazze del primo anno.

Arny alzò il viso e si avvicinò ad Aiko che ancora la fissava sbigottita.

- Sono Haddok Arny, sulla presentazione ho scritto che sono un'universale° perché non ho mai avuto un ruolo fisso. Ho giocato in tutte le posizioni, lo scorso anno però sono stata per la maggior parte una banda°- definì la ragazzina ricordando ciò che aveva scritto sul foglio dell'iscrizione durante un'ora e l'altra.

Ikeda prese a contare le presenti e dopo nemmeno una ventina di secondi si rivolse ad un'altra ragazza del terzo anno per discutere dell'allenamento.

 - L'allenatore arriverà in ritardo, comunque cominceremo con degli esercizi a coppie, dopo un adeguato stretching si intende. In seguito lavoreremo come se fosse un riscaldamento pre-partita e l'ultima mezz'ora giocheremo un sei contro sei.- spiegò con autorità il capitano, posando i fogli raccolti su una panca. - Siccome abbiamo solo un libero, tu Haddok giocherai in questo ruolo. Per le altre non dovrebbero esserci problemi riguardo le posizioni. Per qualunque chiarimento riguardo a rotazioni e schemi farete riferimento al capitano in campo che verrà assegnato al momento del gioco. Ora cominciamo. - e il riscaldamento iniziò nel più totale silenzio.

Il rispetto che le componenti della squadra provavano per Miyoko era incredibile: nessuna osò fiatare riguardo le sue decisioni. Con una semplice frase, diede inizio al primo allenamento dell'anno. Nemmeno le ragazze più grandi parlavano tra di loro, ma questo sicuramente sarebbe cambiato con il passare dei giorni. Lavorare in una squadra di individui eccessivamente silenziosi nuoceva alla collaborazione, in particolare in uno sport come il volley.

 

Il rumore della palla che viene lavorata dal fisico della giocatrice era sempre stato un rimedio per tutti i suoi problemi.

Aiko non viveva una situazione familiare semplice e l'unica persona che in casa era sempre stata dalla sua parte si rivelava essere suo fratello Asahi. Un ragazzo da un cuore grande e capace di sostenerla nei momenti più difficili. Quando la presenza di Oikawa non bastava per calmarla a causa delle discussioni avute con i suoi genitori, lui era lì, l'abbracciava ed erano capaci di restare in quella posizione per minuti e minuti. Un legame fraterno è più forte di qualsiasi altro, eppure qualcosa aveva minacciato il loro: un muro di ferro invalicabile.

Durante l'ultimo torneo, tutti gli attacchi di Asahi furono murati, la sua potenza fu bloccata e quella fortezza che si trovava dall'altro lato della rete non mostrava nemmeno un singolo spiraglio.

Quando suo fratello tornò a casa stordito e in confusione, Aiko gli si avvicinò con cautela: sapeva perfettamente che la pallavolo era importante per lui e, per quello che riuscì a capire, la partita non si era conclusa nel migliore dei modi.

Mollo Aiko, oggi mi sono rivelato inutile, non ho nessuna motivazione che mi spinge a continuare e i miei compagni saranno sicuramente rimasti delusi dalla mia prestazione.

Quel ricordò la colpì dritta nel petto. Il volley li aveva sempre uniti, era il collante che permetteva alle loro chiacchiere di concludersi con dei sorrisi, era ciò che li tratteneva davanti al televisore durante i campionati universitari e internazionali. Era la loro passione. Come poteva anche solo immaginare suo fratello a casa dagli allenamenti?

Senza nemmeno che se ne accorgesse, la frustrazione provata da Azumane si scaricò in un attacco colpito a piena potenza contro la sua compagna, la quale tentò inutilmente di prenderlo finendo per lanciarle uno sguardo inquisitorio.

Non era il momento per lasciarsi trasportare dai ricordi. Quella che provava non era solo rabbia, ma anche delusione. La delusione non doveva mai venire a contatto con lo sport, si sarebbe rivelato un enorme fallimento se quel sentimento e quella realtà si fossero incontrate.

- Scusami, ero sovrappensiero...- sospirò Azumane, più per se stessa che per la compagna.

Se solo suo fratello non si fosse tirato indietro in quel modo, non si sarebbe mai abbattuta a tal punto da non rivolgergli più la parola.

 

Quando l'allenatore aprì il portone della palestra, dopo essersi rivolto alle giocatrici con un semplice: - continuate pure.- si cominciò ad attaccare.

Prima da zona quattro° e poi da zona due. Intanto i centrali, tra cui Aiko, provavano le varie veloci e i due liberi difendevano sulle parallele°.

Dopo una serie di battute, il gioco cominciò: le due formazioni erano equilibrate, i ruoli non furono cambiati se non ad un'attaccante laterale che prese il posto di un centrale.

La ragazza che batté il primo servizio fu Azumane. Si allontanò dalla linea di fondo campo per posizionare la palla tricolore sulla mano destra. Il piede sinistro avanti e gli occhi puntati sul bersaglio. Il braccio destro si abbassò per poi lanciare la palla con uno slancio tale da permetterle di fare una rincorsa lunga e con passi veloci. Saltò e la mano destra colpì il pallone in modo perfetto, cosicché cadde in zona cinque ad un metro dalla banda scesa in ricezione.

Perfetta.

Tutte la guardarono senza parole compreso l'allenatore. Le ragazze dell'altra parte cominciavano ad agitarsi: un'altra battuta del genere sarebbe stato un colpo troppo duro da incassare.

In pochi sapevano che Oikawa Tooru, conosciuto in campo per i suoi servizi micidiali, era il suo senpai. Questo l'aveva aiutata ad imparare quella battuta su cui tanto la ragazza aveva insistito dopo avergliela vista fare in un allenamento.

Scrollò le spalle nonostante fossero già sciolte e pensò di cambiare obiettivo: questa volta la fortunata sarebbe stata quella ragazzina troppo silenziosa della sua compagna di banco.

Ancora una volta si posizionò per preparasi a saltare e mise tutta la sua forza in una battuta eccezionale.

Arny, tranquilla e pronta a qualsiasi cosa visti gli attacchi del riscaldamento, cadde senza pensare per realizzare un'accosciata laterale perfetta: gamba destra piegata che va a toccare il parquet con la parte laterale del ginocchio, gamba sinistra distesa, braccia ancora saldamente unite sulla riga laterale di posto uno anche alla conclusione del gesto tecnico. Prima che le spalle toccassero terra, la palla fu a contatto con i suoi avambracci e poté sentire la potenza di cui era impregnato il pallone.

I suoi addominali però non si mossero, lasciando il resto del fisico immobile.

La ricezione non fu perfetta, arrivò a circa due metri dalla rete, troppo lontana perché la palleggiatrice potesse giocare con la centrale, invece Miyoko piegò agevolmente i polsi per accogliere la palla tra le sue dita e lasciarla andare verso Akane, che ne approfittò per lavorare un attacco verso posto cinque dove in difesa si trovava proprio Aiko.

Grazie ad un provvidenziale tocco del muro, la mora riuscì a tenera la palla in gioco. L'alzatrice effettuò un palleggio in direzione dell'opposto che si fece trovare pronta ma, ancora di più lo fu il muro che smorzò l'attacco facendo cadere la palla.

Uno pari.

 

L'allenamento si concluse con la vittoria della squadra di Miyoko.

Non mancarono i complimenti da parte dell'allenatore che, godutosi tutto l'incontro, non poté fare a meno di notare quanto le nuove arrivate potessero rivelarsi utili.

Le ragazze si portarono vicino ad un angolo per l'allungamento e Haddok ne approfittò per rilassare la schiena tenuta troppo in tensione: il ruolo del libero le era sempre piaciuto, ma poter attaccare e confondere il muro avversario era più affascinante.

Durante l'ultimo torneo delle medie si era avvicinata a prendere il premio come miglior attaccante laterale, ma di quel riconoscimento non poté che vederne lo scintillio nelle mani di una banda della squadra favorita per la vittoria.

Non fu solo il fatto che questa fosse più alta e forte a penalizzare la ragazzina dai capelli chiari, fu un altro avvenimento che la turbò profondamente, affossandola sempre di più.

- Non mi sarei mai aspettata una ricezione simile, Haddok! - rivelò la mora avvicinandosi alla compagna di classe per cominciare una discussione.

- Stai ancora pensando a quella palla? - chiese stupita.

Arny era sempre stata una giocatrice in grado di immagazzinare le azioni più importanti nella sua mente. Era sempre stata una giocatrice solida e capace di muoversi nelle varie posizioni, in grado di studiare l'avversario e pensare ad una strategia da mettere in atto durante una partita.

Un ottimo capitano.

Quando dovette lasciare quella maglia della divisa segnata dal numero 14 e una sottile linea sotto fu una vera sofferenza. Si era affezionata a tutte le sue compagne che l'avevano sostenuta come nessuno durante quel terribile periodo. Le erano state accanto, perché Arny Haddok era il loro capitano.

- Non mi è mai capitato che qualcuno riuscisse a riceverla con tanta nonchalance, davvero! Sembrava che non avessi alcuna difficoltà mentre la prendevi. - continuò la più alta ora in piedi.

- Era difficile da ricevere, sarebbe caduta sulla linea, andava verso l'esterno ed i bagher verso l'esterno sono sempre i peggiori, poi era forte...Niente da dire, una bella battuta. - sorrise appena la ragazza dagli occhi chiari guardando il soffitto davanti a sé.

Vedere quella piccoletta farle dei complimenti le sembrò surreale, non se lo sarebbe mai aspettato. Anche se avevano avuto modo di parlarsi solo durante la pausa pranzo, Haddok non le aveva fatto la migliore delle impressioni: sembrava fredda, distante e disinteressata.

La cosa peggiorò quella stessa sera.

 

Dopo il defaticamento le ragazze si avviarono per gli spogliatoi e successivamente a casa.

In seguito a due settimane passate a non dormire e a non toccare palla, Arny si rese conto che l'allenamento era andato piuttosto bene, le gambe non erano troppo pesanti e non era ancora stata assalita dall'emicrania.

Mentre usciva dal complesso scolastico fu raggiunta da Azumane e la coppia capì che un tratto di strada lo avrebbero percorso insieme. Fino alla svolta camminarono però in religioso silenzio, esattamente quello che serviva dopo il primo giorno di scuola.

Probabilmente Aiko avrebbe anche cercato di chiacchierare, ma dopo aver intravisto con la coda dell'occhio l'espressione apatica della castana, decise che sarebbe stato meglio non dire nulla se non accennare ad un saluto al momento di dividersi.

Nonostante tutto, era di ottimo umore, fino a quando, entrata in casa per poter assaporare un pasto caldo, incrociò lo sguardo di suo fratello. Fu nel momento in cui questo cercò di aprire bocca, che Aiko scappò in camera fino a quando sua madre la chiamò a gran voce dalla cucina.

 

 

La mattina seguente si svegliò stanca: l'allenamento della sera precedente l'aveva sfiancata, per non parlare dell'espressione severa di suo padre che l'accompagnò per tutta la cena.

Da quando la lettera di raccomandazione per la Fukurodani Academy giaceva aperta sul tavolo della sala, il signor Azumane continuò a guardare sua figlia con astio, incapace di essere felice del suo ingresso in una delle migliori scuole del Sendai: l'Aoba Johsai.

Si sarebbe dovuta trasferire da sua zia e vivere lontana dalla sua famiglia per tre anni. I suoi amici l'avrebbero contattata quotidianamente, ma non aveva avuto abbastanza fegato per abbracciare quella filosofia di vita.

Camminò fino a scuola con sguardo perso, stanco. Il ricordo di quella giornata l'aveva allontanata da tutti quei pensieri positivi che l'avevano aiutata a dormire. Se Tooru l'avesse vista in questo stato non avrebbe aspettato a lungo per chiederle che cosa non andasse. Ma non voleva parlargliene per l'ennesima volta e stare ad ascoltarla troppo a lungo rischiava di essere dannoso anche per il castano.

Solo quando vide Iwaizumi appoggiato ad un muro in attesa di qualcuno, si ricordò della pausa pranzo del primo giorno di scuola e non esitò oltre per informarsi su tutto quello che era successo.

- Iwaizumi! Alla fine com'è andata con Haddok? So benissimo che non l'hai seguita senza una motivazione valida. - sorrise maliziosamente Aiko in direzione di Hajime.

- Innanzitutto piantala di fare quella faccia, mi dà sui nervi...poi sono andato da lei per chiarire che Oikawa non è uno scemo, tutto qui.- cercò di concludere il moro dai capelli crespi, soffermandosi per un istante sul mancato saluto della più giovane.

Quella ragazza voleva sempre essere a conoscenza di tutto quello che riguardava i suoi amici. Non si era mai fatta sfuggire una notizia riguardante le numerose ragazze di Tooru e ogni volta cercava di incastrare Hajime in una relazione senza alzare un dito. Bastava un “Ehi, quella potrebbe piacerti, senpai!” e da qui in poi entrava in gioco Oikawa.

- Non ci credo o comunque è impossibile che tu l'abbia seguita solo per questo, non sei più tornato! - ricordò la più bassa.

- L'ho invitata a pranzo, ok? Non capisco che cosa tu voglia sapere, Aiko. - chiese retoricamente.

- Voglio sapere se ti piace! O almeno com'è caratterialmente...con me parla pochissimo. -

- Beh, ieri mi è sembrata veramente impacciata, non riusciva a smettere di agitarsi, tranne in un momento in cui era persa nei suoi pensieri, una distratta insomma. - alzò leggermente la testa verso il cielo l'asso della Seijou.

- Ti piace? - insistette Azumane ora con voce più adulta.

- Potrebbe, ma non posso ancora dirlo, non sono una di quelle persone che si innamora della prima che passa. - chiarì Iwaizumi.

- Innamorarsi è un dispendio enorme di energie, Iwa-chan! Devi conservarle per il torneo, non ti permetto di avere una ragazza, qualsiasi essa sia, perché devi innanzitutto preoccuparti di me e della squadra! - si intromise senza preavviso l'alzatore del club di pallavolo.

- Tooru! Mi vuoi far morire d'infarto?! Da quanto stavi ascoltando?! - chiese preoccupata la mora, come se esplicitare l'interesse di Hajime verso Arny fosse un problema.

- Non ho intenzione di scoprire che cosa stavate complottando voi due, comunque ho sentito solo quel “Ti piace?” - imitò scherzosamente la sua kohai. -Se stavate pensando ad una ragazza per il sottoscritto invece sapete perfettamente che non ho questo genere di problemi. - e sorrise radioso Oikawa.

Azumane e Hajime finirono inevitabilmente per sospirare e la campanella suonò come sottofondo della conclusione di quella conversazione.

 

A differenza del giorno precedente, Arny arrivò con venti minuti di anticipo all'allenamento.

A mezzogiorno pranzò in classe in compagnia di un buon libro. Alcune compagne le avevano chiesto com'era visitare Tokyo durante le festività, e lei si era limitata a sorridere e rispondere, sottolineando quanto belle fossero le luci durante il periodo natalizio.

L'unica ragione per cui le rivolgevano la parola era sapere come fosse vivere in una grande città. Non ne rimase delusa, ma sentì comunque un moto di tristezza infiltrarsi tra i suoi pensieri, tanto che fu costretta a incastrare il segnalibro tra le pagine che aveva appena finito di leggere,

consapevole del fatto che da quel momento in poi non sarebbe più stata in grado di prestare attenzione all'inchiostro stampato.

Montare la rete si rivelò piuttosto ostico: la struttura dei pali era più vecchia di quella a cui era abituata e impiegò almeno cinque minuti nel magazzino per trovare la manovella che serviva per abbassare la rete all'altezza corretta. Ai palloni invece ci pensò Azumane, arrivata anche lei con troppo anticipo.

Non le dispiaceva trovare qualcuno che fosse amante della pallavolo come lei, ma proprio quella ragazza? Parlava così tanto, decisamente troppo per i suoi gusti. In quel momento in cui poteva avere la palestra a sua disposizione, c'era lei.

Dopo un celere saluto, la mora cominciò a schiacciare pallonate contro il muro.

Arny conosceva quell'atteggiamento. Aveva imparato a riconoscerlo e a viverlo. Quando era frustrata tendeva a sfogarsi e sforzare il fisico fino al limite.

Lo avevano sempre considerato un metodo eccellente per distrarsi e affrontare il problema con un approccio differente.

Avevano qualcosa in comune.

L'inizio di un'intesa.

 

L'allenamento venne gestito dal coach ma si rivelò essere simile a quello del giorno precedente.

La partitella per concludere era d'obbligo nel primo periodo: era fondamentale capire quale tipo di pallavolo fosse più coerente con i vari stili di gioco, era necessario cominciare a tessere dei legami tra le giocatrici e l'allenatore doveva capire chi aveva la stoffa per essere titolare.

Quando la palla venne buttata in palleggio dalla sua parte del campo, Haddok senza esitazioni appoggiò un pallone perfetto in mano alla seconda palleggiatrice.

Azumane anticipò il primo tempo di Akane alla perfezione murando un attacco che avrebbe sicuramente fatto danni.

Non curò un piccolo dettaglio: il piede della centrale avversaria atterrò sulla linea di metà campo, e la sua caviglia si piegò.

Cadde inevitabilmente a terra.

Solo dolore.

 

 

“Più che per affinità intellettive, ci scegliamo per psicosi mentali”


manuela_reich (Twitter)




 

°Universale = si definisce tale un giocatore che è in grado di passare da un ruolo all'altro o che, in ogni caso, è in grado di giocare in più di uno. Ad esempio un centrale che sa giocare anche come attaccante e che può cambiare ruolo anche durante una partita in caso di necessità (in Haikyuu!! non c'è nessun giocatore di questo tipo).
°Banda = si definisce tale l'attaccante laterale o ala. Sia nel manga che nell'anime non vengono specificate le differenze tra Banda e Opposto, tranne nell'episodio in cui gioca Ennoshita. In quel momento si fa riferimento alla difficoltà da parte sua di attaccare dalla parte destra del campo (dalla quale per esempio attaccano Daichi, Ushijima, Kunimi). La Banda attacca principalmente dalla parte sinistra del campo (dalla quale attaccano Iwaizumi, Tanaka, Asahi, Bokuto e altri) e lavora parecchio in seconda linea, sia in ricezione che difesa. 
°Zona = il campo da pallavolo è suddiviso in 6 zone (o "posto"). Queste ruotano in senso antiorario quando di fronte si ha la rete; la prima zona è 1 che si trova nella parte destra del campo, prima della linea dei tre metri. Zona 2 si trova al di là della linea dei tre metri, sempre nella parte destra del campo da gioco. Zona 3 è quella centrale che affianca zona 2. Zona 4 è quella che si trova sulla stessa riga di zona 2 e 3, ma si trova a sinistra. Zona 5 è prima della linea dei tre metri nella parte sinistra del campo. Infine zona 6 si trova tra zona 5 e zona 1. 
°Parallela = nell'anime e nel manga si vede Bokuto che attacca una parallela (o lungolinea), ma in questo caso la definizione è diversa. Il campo da pallavolo è formato da due quadrati di 9mx9m. Le linee sono quindi 4 e sono: la riga che divide il campo e che concide con la rete; la riga di fondo campo che è quella parallela a quella della rete; le due linee laterali, o, appunto, parallele, che non sono altro che quelle sulle quali i giocatori attaccano le cosidette parallele o lungolinea.  


Spazio (in)utile: le spiegazioni delle parole evidenziate sono anche più lunghe di alcune parti del testo (ops), ma credetemi, è molto più semplice guardare un'immagine per capire il campo di gioco. Forse per i ruoli un po' meno, ma esistono differenze sostanziali tra Banda e Opposto che non vengono assolutamente evidenziate: queste possono creare problemi, errori o falli che nel gioco non sono ammessi. In più il compito dei due giocatori è diverso l'uno rispetto all'altro: per esempio Daichi non dovrebbe nemmeno ricevere le battute (esiste anche la differenza tra ricezione e difesa sì, complicato? per chi non ha mai giocato, sì) perché gli opposti non ricevono, ma Furudate ha trovato uno schema adatto (in cui non ho ancora capito dove parte il palleggiatore quando Kags è in P6. Qui mi capiranno le pallavoliste sry). 
Lasciando perdere tutta la solfa dei ruoli. Aiko si è infortunata e la cosa non sarà leggera, capirete meglio il perché. Arny si rende conto di quanto la pertica possa essere simile a lei, ammetterlo però è un altro paio di maniche. 
Nemmeno in questo capitolo ho dato spazio a Oikawa e Iwaizumi, ma è possibile che succeda ancora anche se saranno sicuramente più coinvolti (e non solo loro eheeeeehhhhh).
Spero di non avervi delusi (c'è qualche ragazzo? No perché sarebbe una sorpresona lol), ringrazio per le recensioni e anche per quelli che si sono fermati a leggere. 
In caso la storia dei ruoli ecc non sia chiarissima (molto probabile) su You Tube comunque ci sono tante registrazioni di partite, anche molto recenti. Con un po' di pazienza potrete notare qualcosa di livello tecnico ^-^ . In caso ripeto, sono disponibile per qualsiasi evenienza!
Con i postumi di 10 ore di Gardaland sulle spalle (letteralmente), vi saluto! 

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Capitolo 4
*** Non ho sentito "crack" (O forse sì?) Prima parte ***


Ecco il quarto capitolo!
Ringrazio, come sempre, Eliot per la sua enorme disponibilità (anche dopo le vacanze al mare) e vi auguro buona lettura!



Capitolo quarto “Non ho sentito “crack” (O forse sì?)” Prima Parte.

 

 

Le lezioni erano finite da qualche ora e Oikawa approfittò dell'allenamento mattutino per sfruttare il pomeriggio: la sua ragazza l'attendeva al karaoke dove avrebbero passato una piacevolissima serata insieme.

Cantare non rientrava tra le sue numerose doti, ma lo aveva sempre fatto. Accompagnare le proprie fidanzate a divertirsi era d'obbligo. Spesso i suoi appuntamenti cadevano il lunedì pomeriggio, l'unico giorno della settimana in cui l'allenamento non era previsto, ma nonostante questo, capitava che la squadra si trovasse ugualmente, soprattutto se non troppo tempo dopo era previsto un torneo.

In quei tre anni di liceo comprese come etichettare le persone che lo circondavano, dalle più superficiali, a quelle che facevano parte della sua più intima cerchia di amici.

Non nascondeva che alcune relazioni lo avevano impegnato non solo fisicamente ma attraverso sforzi emotivi. Nessuna però era ancora riuscita a trafiggerlo.

Se nella sua vita entrarono persone più importanti di altre, queste furono Hajime e Aiko.

Iwa-chan che non lo avrebbe mai abbandonato, nemmeno a chilometri di distanza; potevano scegliere strade diverse, potevano vivere storie distanti, ma se si fossero cercati, anche solo per una stupidaggine, questi si sarebbero corsi incontro come di fronte all'ultima palla che li divideva dalla vittoria di qualsiasi partita.

Azumane era sempre stata come una sorella più piccola. Fin dal loro primo incontro cominciarono a costruire un'amicizia solida. Frequentare le stesse scuole assecondava questo rapporto e anche alle superiori tutto quello si stava ripetendo. Quella ragazzina appassionata di pallavolo dagli occhi verdi l'aveva ammirato durante i suoi primi campionati, continuando a sostenerlo dagli spalti.

Se non a causa di impegni, non si era mai persa una sua partita.

A Tooru Oikawa tutto questo sembrava incredibile.

In quel pomeriggio di primavera però era in compagnia di una persona diversa.

L'ennesimo. - Oikawa senpai...vorresti essere il mio ragazzo? -

Copione. – Ti è piaciuto? -

 

Tentava di trattenere le lacrime.

I denti avvinghiati al labbro inferiore impedivano la circolazione del sangue.

Le unghie conficcate nei palmi delle mani.

Nella sua mente Aiko gridava.

I muscoli irrigiditi dal dolore.

Nella sua mente Aiko piangeva.

- Azumane-san! Riesci a rialzarti? - chiede preoccupata la voce di Akane.

La mora, con la mano ancorata al braccio solido di Miyoko, tentò di sollevarsi e di poggiare anche solo l'avampiede sul parquet.

Gettò la testa all'indietro e strinse gli occhi fino a contemplare il nero illuminato da fitte improvvise.

Miyoko la sostenne fino a che la ragazza pote' sedersi nuovamente.

- Mi dispiace Azumane-san! - si inchinò la centrale appena inteso il dolore provato dalla compagna.

- Non ti preoccupare...sono cose che capitano. - cercò di rassicurarla la ragazza dagli occhi verdi.

Sorrise appena per cercare di nascondere la rabbia che l'invadeva.

Essendo stata, durante un allenamento alle scuole medie, la causa dell'infortunio di una compagna, non osò dimostrarsi vittima in quella situazione. Sembrare debole sarebbe stata la scelta peggiore; questo glielo aveva insegnato il suo senpai.

Tornando a osservare la caviglia, notò immediatamente il gonfiore che circondava l'origine del dolore.

L'allenatore si avvicinò con cautela sfilando la scarpa all'atleta e solo dopo la calza. Non era il primo infortunio a cui assistette ed era in grado di tenere sotto controllo la situazione.

Nonostante l'esperienza non riuscì a capire se l'osso si fosse rotto o semplicemente slogato. Erano quindi necessarie delle lastre.

Una ragazza si piegò vicino al coach per porgerli ghiaccio e nastro. Il freddo era senza dubbio la soluzione migliore per il momento.

Intanto Azumane osservava la scena con la mente affollata da una nociva quantità di pensieri.

Se è rotta dovrò stare ferma per troppo tempo... non posso, non adesso! Devo giocarmi la maglia da titolare...ho bisogno di giocare...come farò a dirlo a Tooru? Se lo venisse a sapere sarebbe la fine, non la smetterebbe di prestarmi le sue attenzioni! Non deve saperlo...non lui. Deve essere slogata, non ho sentito nessun “crack”, nessun suono sospetto.

- Azumane-san, il coach chiamerà i tuoi genitori perché ti vengano a prendere, non puoi certo tornare a casa in queste condizioni. Appoggiati a me così ti faccio sedere. - la voce del capitano soppresse tutti i suoi pensieri.

- G-grazie...- replicò abbassando la testa e stringendo nuovamente i pugni a contatto con il legno del pavimento.

 

- Quella ragazzina non riesce più ad alzarsi! -

- Qualcuno vada a controllarla! -

Non sentì nulla.

Ascoltava il proprio respiro mentre appannava il parquet della palestra.

Ascoltava il proprio battito cardiaco non cedere.

Aveva i palmi pressati sul pavimento.

Gocce di sudore le cadevano dal mento dopo aver solcato l'intero suo viso.

Gli avambracci tesi a sollevare il busto.

Occhi sbarrati.

Qualcuno le mosse la spalla.

Nessun suono, solo il suo respiro e il suo battito che le riempivano i timpani.

Due braccia la sollevarono di peso.

Cadde a terra.

Trattenne il respiro.

Gridò.

 

Arny fu travolta appena vide la caviglia della compagna piegarsi a contatto con il piede della centrale.

Era quella sensazione di agitazione e terrore che si provava ad osservare un infortunio?

Impotenza era la parola che la sua mente stava cercando con freddezza mentre i suoi occhi restavano su Aiko.

 

- Azumane è arrivata tua madre, ho chiesto alle ragazze di portare qui le tue cose, appena arriveranno ti aiuteremo a vestirti.- conservò un tono serio e affidabile l'allenatore.

- Ok, grazie.- rispose alzando lo sguardo per un unico istante.

I suoi occhi erano ancora gonfi a causa del pianto soffocato, i palmi segnati dalle unghie.

Il coach si fermò per qualche momento a spiegare la situazione alla madre della ragazza infortunata, al telefono non c'era stato abbastanza tempo per consigliare un buon ospedale per le radiografie.

Dopo qualche minuto le compagne l'aiutarono a coprirsi: nonostante fosse Aprile inoltrato, il vento freddo che soffiava sulla pelle bagnata dal sudore restava nocivo.

Salire sul sedile posteriore per poter stendere la gamba non fu un enorme problema, quello però, non tardò ad arrivare.

Azumane si piegò con la fronte a contatto con il tessuto sintetico del sedile davanti, aveva solo voglia di piangere, ma doveva sapere che cos'aveva riferito il coach a sua madre.

- Mamma, che cos'ha detto l'allenatore? - chiese con un filo di voce, sussurrando.

La dita stringevano impazienti l'orlo della giacca leggera. Doveva sapere.

- Aiko...ha detto che con molte probabilità è rotta ma, per esserne certi, è necessario fare delle lastre. Domattina ti porterò all'ospedale. -

La poca luce che ancora si intravedeva all'orizzonte non raggiungeva i finestrini oscurati dell'auto.

Nel silenzio palpabile, Aiko cominciò a piangere.

Per quanto potesse resistere, quell'infortunio arrivò in modo tanto violento che soffocare tutto quel dolore le risultò impossibile.

Sollevò lentamente le mani e le portò a coprire gli occhi.

Faceva fatica a respirare in quella posizione: restare piegati in avanti impediva la corretta circolazione dell'ossigeno ai polmoni. Adesso però aveva altro a cui dedicarsi.

Quando ormai la luce del tramonto si era dissolta completamente, la voce di sua madre la riportò alla realtà, come se quel momento di solitudine lo avesse vissuto lontana, estraniata dal mondo.

- Aiko, siamo arrivate. - sbrigò la signora Azumane, convinta di quanto quella situazione potesse risultare invivibile in un ambiente famigliare come il loro.

La mora alzò lentamente la testa una volta poggiato il piede sinistro fuori dalla portiera. Sulla porta c'era Asahi, prestante in tutta la sua altezza, pronto ad accogliere la sorella infortunata.

Quell'impotenza aveva sottomesso anche lui durante le scuole medie, conosceva la necessità di un rinforzo, e lui poteva offrire un'ancora ad Aiko, anche se questa non l'avrebbe afferrata per puro orgoglio.

Essere sorretti dalle spalle possenti di suo fratello le era mancato. Subito nella sua mente apparve nitida una foto che ritraeva uno dei momenti più felici della loro infanzia.

 

- Asa-chan! Guarda! Anche io so fare quella...schi-schiu-. -

- Aiko-chan, guarda che sono io il fratello maggiore! Chiamami Oniisan, come farai quando dovrai parlare con gli adulti? Poi si chiama “schiacciata”. - spiegò pazientemente Azuamane alla sua amata sorellina.

- Guardami, Guardami! - continuò euforica la piccola Azumane, noncurante del bonario richiamo di Asahi.

Appena il fratellone mise i suoi occhi sull'esile figura della più piccola, questa cadde sull'asfalto della strada che si affacciava sui lavorati cancelli del quartiere.

- Aiko-chan! - immediatamente il castano le corse incontro per prestare soccorso nel caso ce ne fosse bisogno.

Gli occhi della piccola si inumidirono, lasciando che le lacrime scappassero da quei grandi smeraldi che erano le sue iridi, per scivolare incontrollate sul suo viso.

- C'è il sangue Asa-chan! Io non voglio il sangue! - gridò in tutta risposta la più piccola.

- Andiamo dalla mamma, cerca di tenerti però! -

Allora il maggiore si abbassò per prendere a cavalcioni la sorellina.

 

 

Ora le lacrime si erano fermate. Non poteva permettere che suo fratello la vedesse in quello stato, non poteva mostrarsi debole.

Era cresciuta.

 

Camminava a testa bassa senza riuscire a concentrarsi su un qualunque argomento che non fosse l'infortunio di Azumane.

Gli occhi chiari non lasciavano trasparire alcun sentimento di preoccupazione. Si conoscevano solo da un paio i giorni e quella pertica non si era ancora risparmiata.

Eppure, camminare con quell'immagine disturbante che continuava a ripetersi incessantemente nella sua mente, non era niente di entusiasmante.

Cercare di allontanare i suoi pensieri dalla caviglia piegata della compagna aveva solo esito negativo. Ricordare quel momento tragico la deprimeva intimamente.

Non aveva mai guardato il legno del parquet tanto a lungo come in quelli che, probabilmente, erano risultati solo attimi agli occhi degli altri.

Non sentire nulla l'aveva spaventata.

Sentire rigido e immobile il ginocchio l'aveva rovinata.

Gridare fu l'unica soluzione.

Si era accasciata al pavimento come fosse l'unica sua ragione di vita, aveva chiuso gli occhi e sentiva in lontananza un pianto che non poteva credere fosse il suo.

La guancia a contatto con il fondo da gioco era l'unica parte sensibile del suo fisico.

Si svegliò: era a casa.

Si meravigliò nel trovare la porta d'ingresso aperta e la figura esile di sua madre uscire dalla cucina.

- Sono a casa. - parlò automaticamente, senza sforzo alcuno.

- Bentornata Arny. Oggi ho finito prima e sono anche riuscita a preparare la cena! Adesso però vado a dormire, domattina dovrò alzarmi prima del solito, è tutto in tavola. - spiegò Haru, la signora Haddok, mentre si toglieva delicatamente il grembiule candido.

- Oh, grazie. Allora buonanotte mamma. - le augurò sorridendole appena.

Era così strano pensare che per una sera sua madre si sarebbe addormentata prima di lei, non succedeva da tempo.

Era stata una grandissima fortuna che la compagnia per la quale lavorava avesse un punto di gestione anche in quella parte della nazione. Sua madre era una persona affermata all'interno dell'azienda ed era necessario che mantenesse i contatti con lo stabile base dove tutto era cominciato.

Disegnare e digitalizzare i capi d'abbigliamento era un lavoro che aveva imparato ad apprezzare col tempo: tutto era cominciato quando, ancora da liceale, passava i momenti vuoti a realizzare abiti per alcune signore del piccolo paese in cui era cresciuta.

Non si sarebbe mai aspettata di poter incontrare David Haddok in un luogo tanto sperduto, ma si sa, le più belle storie d'amore nascono dal destino, e il suo filo rosso era accuratamente stretto intorno al mignolo di uno svedese.

Arny cenò frettolosamente per potersi lavare il prima possibile. Mangiare in quel modo la cena cucinata da sua madre la fece sentire leggermente in colpa, ma non avrebbe resistito ancora per molto.

Quella sensazione di malessere che stava provando da quando era uscita dalla palestra era insopprimibile e una buona lettura poteva isolarla dai suoi stessi pensieri.

Quando ormai, dopo un bagno rilassante, si stese sul materasso in cerca di conforto, il suo cellulare diede un segnale improvviso di vita.

 

Azumane Aiko: Ciao Haddok, scusa l'orario, avrei bisogno di un favore.

 

La risposta non le occupò troppo tempo, le venne naturale chiedere quale fosse la ragione per cui l'aveva contattata.

 

Tu: Puoi anche scrivermi all'una passata, hai buone probabilità di trovarmi sveglia. Comunque, di che cos'hai bisogno?

 

Azumane Aiko: Oh...non ti credevo una di quelle persone che dorme poco. Domani non ci sarò a scuola perché devo fare delle lastre, avrei bisogno di qualcuno che mi passi gli appunti

 

Con quali aspettative chiede un favore come questo? Tra tutte le nostre compagne proprio io? Spero che domani non si accumulino troppi argomenti, anche se siamo solo al terzo giorno di scuola non si può mai dire...

 

Tu: Va bene, se domani pomeriggio non ho impegni potrei passare per portarteli

 

Azumane Aiko: Sarebbe perfetto! Grazie mille <3

 

Tu: Nulla

 

A quel punto la castana posò il telefono sul comodino e si trascinò fino al ventre il primo libro della colonna che aveva di fianco al letto.

Il terzo capitolo della saga di Ossidea di Tim Bruno, nonostante fosse un libro per ragazzini, l'aveva colta alla sprovvista con quei magnifici disegni tanto che insistette non poco ogni volta che metteva piede in libreria.

Chissà come sono le librerie del Sendai...

Si chiese, una domanda stupida ma alla quale era curiosa di affidare una risposta. Appena la vita da liceale glielo avrebbe permesso, questa sua mancanza sarebbe stata colmata.

Dopo circa quaranta minuti si rese conto che era morsa dalla stanchezza: scivolò silenziosamente sotto il fidato piumino che ancora proteggeva il suo corpo dal freddo che solo lei percepiva.

Il libro restò sul cuscino dalla federa azzurro cielo, mentre la sua testa si posava su quello giallo senape di piume d'oca.

 

Svegliarsi con la faccia schiacciata contro il libro che la mano sinistra tiene perfettamente fermo, non era decisamente il massimo. Nonostante questo però, non dormiva così bene tempo. Avere il naso segnato dalle pagine sottili e chiuse del romanzo non era un dettaglio da prendere in considerazione.

Doveva ancora abituarsi alla temperatura della città, per questo non mancava di coprirsi ancora con il maglioncino della divisa, a differenza di chiunque altro che era sempre pronto a sollevare le maniche della camicia.

Non aveva ancora trovato un posto dove restare prima del suono della campanella, di conseguenza rallentava il passo per adattarsi all'orario di entrata, cosicché, passato il cancello, si sarebbe diretta verso la scarpiera senza dare nell'occhio.

Copiare gli appunti tra un'ora e l'altra si rivelò essere un ottimo passatempo: vedendola impegnata, i compagni non si avvicinavano e questo era fantastico. Dopo quello che era successo il giorno prima non voleva sentire troppe persone intorno, aveva bisogno di calmarsi da sola e cercare di allontanare quel non troppo lontano ricordo.

Un momento...come faccio a consegnare gli appunti ad Azumane se nemmeno so dove abita?!

In quel momento sollevò tempestivamente il capo: non ci aveva pensato. Sicuramente non poteva girare a vuoto e la compagna sarebbe stata impegnata in altro. Non voleva in alcun modo cominciare una conversazione, nemmeno se l'oggetto di questa fosse stato un indirizzo.

La figura imponente di Iwaizumi si fece via via più nitida nella sua mente.

Chiedere al senpai facendo finta di girare a vuoto per le classi era un piano che poteva scoprirsi ottimo: avrebbe agito così.

La pausa pranzo non tardò ad arrivare e, al fine di raccogliere i fogli per la compagna secondo le materie svolte, rimase in classe.

Solo quando sentì alcune sedie spostarsi trascinando le gambe di queste sul pavimento, si decise a sollevare la testa: Oikawa era affacciato all'aula e cercava qualcuno, nei momenti di pace che le ragazzine gli lasciavano, probabilmente Aiko.

Quando si rese conto che il suo banco era vuoto, allungò qualche falcata in direzione di Arny.

- Ehi Haddok, hai per caso visto Aiko-chan?- chiese con voce leggermente preoccupata ma sempre con occhi allegri.

- Oggi non è venuta perché doveva fare alcune lastre.- spiegò. - Sei il suo migliore amico e non ti ha detto nulla?- continuò stranamente basita.

- Dirmi che cosa? E che lastre deve fare?- replicò il castano restando con le labbra socchiuse.

Il suo sguardo si fece serio di colpo.

Il fatto che Aiko dovesse andare all'ospedale per delle visite non era per niente un buon segno; in particolare se questa non aveva detto nulla a lui, il suo migliore amico.

- Ieri, durante l'allenamento...ecco, si è infortunata. La caviglia, non sembrava nulla di grave ma l'allenatore le ha consigliato di fare delle lastre per sicurezza...- definì la ragazzina.

Gli occhi di Tooru persero tutta la luce che trattenevano. Le spalle del giocatore si abbassarono al ritmo del suo respiro.

Arny si accorse di tutto, ma non chiese spiegazioni. Si accorse in modo naturale di come quella notizia avesse rabbuiato l'alzatore.

Tutto quel tempo passato ad essere esclusa l'aveva resa un'esperta: comprendere la comunicazione non verbale era un'abilità che aveva fatto sua con attenzione e pazienza.

- Ah. Grazie dell'informazione. – allora gli occhi del ragazzo scavarono per una singola frazione di secondo in quelli chiari di Arny.

Falsa indifferenza.

Queste parole si illuminarono nei pensieri del più alto. Quella ragazzina stava facendo finta di essere fredda e Oikawa non fece fatica ad accorgersene.

Senza che Haddok pote' aggiungere altro, il castano si incamminò verso il corridoio. Rassicurare con un - di nulla– non era una mossa adatta alla sua personalità.

Conclusa la sistemazione degli appunti e quel poco pranzo che si era portata, decise di attuare la sua strategia alla ricerca di Iwaizumi.

 

- Oh, scusami se ti ho urtata! Haddok?- chiese la voce del moro.

Quando Arny alzò la testa per affrettarsi a chiedere scusa, sentì il suo nome chiamato proprio dal diretto interessato.

- Iwaizumi-senpai! Perdonami, non badavo a dove camminavo!- si rese conto della figura imponente di Hajime e si inchinò in cerca di scuse, le quali erano già arrivate qualche attimo prima.

- Io piuttosto non facevo caso a chi avevo davanti- si ripeté la voce dello schiacciatore.

Quando la più bassa osò alzare lo sguardo, gli occhi del senpai erano fulminei: si posavano in continuazione su una serie ripetitiva di punti, come in cerca di una persona abitudinaria o fin troppo conosciuta. Non stava sviscerando il corridoio e il giardino interno per un oggetto. La preoccupazione che si leggeva nelle sue iridi era troppo alta.

- Iwaizumi-senpai...mi sembri preoccupato. Stai cercando qualcuno?- la domanda le scivolò fuori dalle corde vocali e non mancò di pentirsene immediatamente.

- Uhm? Sì, sì sto cercando Oikawa. Quel maledetto è scomparso nel bel mezzo di una discussione con alcuni componenti della squadra e devo recuperalo. Non è che lo hai visto?- chiese un tono inizialmente parecchio irritato.

Il ragazzo del terzo anno era un libro aperto per quella persona silenziosa che era Arny Haddok. Era più che palese quanto Hajime fosse legato al suo palleggiatore: il loro legame non si era sicuramente saldato solo attraverso un pallone. Andava oltre.

- Prima è entrato in classe in cerca di Azumane-san, ma lei oggi è assente.- spiegò la voce seria della castana.

- Assente? Non è stata bene per caso?- un'intonazione impaziente sottolineò la fretta di Iwaizumi.

- Non lo ha detto nemmeno a te? Questa mattina è stata in ospedale per delle lastre, ieri sera a d allenamento si è infortunata.- chiarì nuovamente.

Di tutta risposta il collo della banda titolare si piegò lentamente all'indietro mentre il petto si gonfiava in cerca di ossigeno. Con gli occhi chiusi portò a termine una lunga inspirazione, per poi espirare tenendo le pupille sottili puntate verso il soffitto del corridoio.

- Ho capito. Ora si starà sicuramente facendo un film mentale...ti chiedo ancora scusa per prima e per averti trattenuta.- concluse Hajime ora con espressione tesa.

- E se...Azumane e Oikawa stessero insieme?-

Nel frattempo Arny si era fatta quella domanda a suo parere fondamentale. Non poteva esserci altra spiegazione riguardo al comportamento del palleggiatore se non quella.

La più bassa si era perfettamente alienata dalla conversazione, dimenticandosi anche della sua amicizia più importante di Tokyo. Nonostante fosse una ragazza che credeva nell'amicizia tra uomo e donna, ecco che la parte romantica della sua testa cominciava ad elaborare particolari teorie.

- Quei due fidanzati?! Come diavolo ti è venuto in mente?- e rideva di gusto il moro.

Il viso di Haddok si abbassò arrossato. Non era la prima volta che pensare ad alta voce diveniva un problema.

- Credo sia meglio recuperare quell'idiota adesso. Nel caso tu ti stia chiedendo perché quel deficiente si stia deprimendo da qualche parte per Aiko, sappi che Oikawa si è infortunato qualche tempo fa e ha dovuto portare le stampelle per un po'. In quel periodo ha augurato scherzosamente anche ad Azumane un'esperienza simile, quindi ora si sentirà sicuramente in colpa. Stupido vero?- tornò rapidamente serio il ragazzo.

Davvero?! E io che lo credevo una persona intelligente...potevo rivalutarlo dopo quella pausa pranzo, a quanto pare non ci ho visto giusto questa volta...

Si rassegnò Arny con un delicato sospiro e un debole sorriso.

Iwaizumi la salutò frettolosamente per poi allontanarsi alla ricerca del suo compagno di squadra.

Se Aiko non ne aveva nemmeno parlato con Tooru, significava che la situazione poteva degenerare. Un'idea simile fece rabbrividire l'attaccante che aumentò inconsciamente il passo.

 

Dopo un paio di minuti la ragazzina si rese conto di essere rimasta a fissare il punto in cui l'asso aveva girato.

Strabuzzò gli occhi ma si trattenne e non schiantò la mano destra sulla sua fronte.

Maledicendosi tornò in classe per appoggiarsi sconsolata al davanzale della finestra.

Da chi si sarebbe fatta dare una mano per gli appunti?

 

 

“L'amicizia è in bocca a tanti ma nel cuore di pochi”


Livia Cassemiro




Spazio (in)utile: inizio con un inchino. Chiedo scusa per tutte le persone super-pazienti che leggono questa storia: i capitoli sono corti (dal mio punto di vista) e spesso carenti di "movimento". I personaggi riflettono, parlano, ma nulla di più. Ho ancora bisogno di tempo perché possa accadere qualcosa di interessante e mi verrà in aiuto un altro personaggio (speruma). quella sottile vena comica che possedeva il pg di Arny si sta facendo via via più trasparente, ma quando Aiko si farà sentire, l'ironia della "protagonista" sarà sul pezzo \(°-°)/. Ci sarà anche più spazio per Hajime e Tooru nel prossimo chap, anche se l'atmosfera rimarrà abbastanza triste (un infortunio necessita del suo tempo). 
Dopo una settimana passata ad allenarmi due volte al giorno e a rimanere sveglia fino alle due di notte a cazzeggiare vi abbraccio tutti quanti (?)
Ringrazio tutti coloro che hanno letto la storia, che l'hanno aggiunta tra le seguite o tra le preferite! (che onore *piange*)
Detto questo, se sopravvivo alla quarta stagione di GOT, mi troverete ancora qui! 
Alla prossima ragassuoli *saluta*

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Capitolo 5
*** Non ho sentito "crack" (O forse sì?) Seconda parte ***


Questo è il capitolo più lungo pubblicato fin'ora. Probabilmente da ora in poi avrò difficoltà ad aggiornare per lo studio e la ripresa degli allenamenti >.<
Ringrazio tutte coloro che lasciano una recensione o che leggono e basta. 
Per chi fosse interessato a "conoscermi meglio" o per chi volesse vedere qualche "immagine aggiuntiva" di God put a smile upon your face, ho aperto una pagina Facebook: Arny Haddok EFP
Buona lettura!



Capitolo quinto “Non ho sentito “crack” (O forse sì?)” Seconda parte.

 

Era stesa sul letto con sguardo distratto. Il tentativo di concentrarsi sull'umidità che impregnava il soffitto della camera non aveva avuto un buon esito.

Con le mani congiunte sul ventre, aspettava che quella slogatura grave alla caviglia destra rientrasse. Niente da fare.

La sera precedente, colta da un'improvvisa necessità di tenere le labbra a contatto l'una dell'altra, non aveva detto nulla. Lo sguardo di suo padre, gelido e superiore, avevano oppresso qualsiasi tentativo di conversazione.

La soluzione era stata quella di andare in camera senza toccare cibo; gli occhi di sua madre erano bassi e tristi, mentre quelli di Asahi non si erano mossi dal volto immobile della sorella. Saltellando arrivò alla soglia della sua camera, chiuse a chiave l'infrangibile porta di legno e raggiunse il letto.

Quella porta l'aveva isolata dal mondo come un'invalicabile barriera, come quel muro che mesi prima divise i fratelli Azumane. Un saldo appiglio, una trappola a scatto.

Quando, con le stampelle poggiate contro la parete, dai suoi occhi cominciarono a scendere lacrime di pura amarezza, sua madre bussò alla sua porta in cerca di segnali di vita.

- Aiko, hai bisogno di qualcosa?- chiese la voce della signora Azumane che quella mattina aveva accompagnato la figlia in ospedale.

- No mamma. Sono a posto.- la risposta fermò nuovamente l'atmosfera.

I passi leggeri di Tamiko, la madre di Aiko, risuonarono ovattati nelle orecchie della mora.

 

- Shittykawa alza il tuo stramaledetto culo da quella panchina.- il tono secco di Iwaizumi non ammetteva repliche.

Oikawa si alzò tempestivamente con un'espressione preoccupata. Se iwaizumi parlava in quel modo c'erano due possibilità: la prima, quella di aver fatto qualcosa di stupido; la seconda, quella di aver fatto qualcosa di molto stupido.

- Iwa-chan, so tornare in classe anche da solo, sai?-

- Cazzate. Ti senti in colpa per Azumane immagino...allora perché sei qui ad autocommiserarti quando potresti semplicemente premere una serie di numeri per chiamarla?!-

Lo sguardo di Tooru rimase fisso in quello dell'amico d'infanzia. Non si sentiva in colpa, almeno, non ancora. Sentiva solo il petto pressato, una leggera morsa di fastidio e rabbia.

- Non mi sento in colpa, mi chiedo invece perché non mi abbia detto nulla.- replicò il capitano. - Lo sai anche tu come sono i suoi genitori e come il rapporto con suo fratello si sia congelato. Probabilmente adesso starà male e per non farmi preoccupare ha deciso di non dirmi niente! È frustrante Iwa-chan!-

Hajime prese un respiro, silenziosamente. Si era trovato due amici problematici, decisamente troppo “premurosi” nei confronti l'uno dell'altro.

Senza dire una parola, l'asso della squadra picchiò un pugno non troppo leggero sulla testa dell'alzatore.

- Oggi pomeriggio valla a trovare. E vedi ti toglierti quella faccia irritata, magari smettendo di provare rancore verso di lei solo perché non ti ha avvisato.-

Oikawa e Iwaizumi, dopo quell'ultima battuta, tornarono nelle rispettive classi per riprendere le lezioni.

 

Salì con titubanza al secondo piano: fare finta di cercare una professoressa era, nella testa della ragazzina dai capelli chiari, la scusa definitiva.

Non aveva il coraggio di cercare direttamente il senpai e non si sarebbe mai perdonata nel caso in cui questo non fosse stato in classe.

- Oh! Guarda chi è venuta qui! Haddok-chan, mi starai cercando immagino.- sorrise solare il castano dopo aver incrociato casualmente lo sguardo della più piccola.

Ma se mi hai vista solo due volte! E adesso cosa rispondo? Non posso certo figurare male davanti a tutti questi ragazzi...rispondere seriamente sarebbe la scelta peggiore, ma non riesco ad essere una fanciulla in difficoltà! Panico.

- Devo consegnare dei fogli alla professoressa Myu...solo che non so in che classe sia.- ribatté sorridendo appena.

- È appena scesa, strano che tu non l'abbia incontrata sulle scale. Se vuoi ti accompagno io!-

Panico.

- Kulokawa smettila di importunare quella povera ragazza!-

- Le ho solo chiesto se voleva farsi accompagnare dalla professoressa Myu! Cattivo Iwa-chan, sempre a pensare male!-

Anche in questo caso, come il primo giorno di scuola, l'intervento di Hajime fu provvidenziale; Arny non si scompose e con occhi improvvisamente illuminati, chiese quel tormentato favore all'asso.

- Iwaizumi senpai, ho bisogno che qualcuno mi accompagni questo pomeriggio da Azumane...se mi spiegassero la strada rischierei seriamente di perdermi.- lo chiese con tono preoccupato e con espressione comunque seria.

Non scherzava quando parlava di perdersi: il suo orientamento era paragonabile a quello di una mosca che sbatte ripetutamente contro un vetro. Quella metafora l'accompagnava in ogni suo tentativo di esplorazione e se faticava nella periferia in cui era cresciuta, non poteva nemmeno pensare di vagare sola per strade sconosciute.

Lo schiacciatore girò la testa in direzione di Tooru.

Oikawa, dopo una velocissima occhiata all'espressione adottata dall'amico, sorrise cordialmente verso Arny.

- Anche io devo andare da Aiko-chan questo pomeriggio, ti accompagnerò io. Non puoi rifiutare un invito simile! -

La ragazza dagli occhi chiari perse per un momento il contatto visivo con gli occhi del castano.

Nonostante avesse scambiato con lui solo qualche battuta alla rinfusa, Haddok era riuscita a fissarsi nelle sue pupille.

Quella proposta però la fece vacillare.

- Grazie mille Oikawa senpai! Chiedo solo se possiamo andare tra poco, alle sei ho allenamento.- e la schiena della ragazzina si piegò in un inchino.

- Certo! Io lascerò il borsone ad Iwa-chan.- e alzò la mano destra in segno di vittoria verso il suo attaccante che, recepito il messaggio, lo colpì sulla nuca.

 

- Eviterò di chiederti com'è la capitale. Immagino sia difficile trasferirsi da una città come Tokyo.- cominciò senza pensare l'alzatore.

Al suono di quella voce Arny tornò a fissare l'asfalto della strada invece che la via che scorreva nel suo campo visivo.

Avrebbe preferito Iwaizumi al suo fianco in quel momento: non conosceva nemmeno lui, ma con le persone troppo espansive come Oikawa non si era mai trovata.

- Sei in imbarazzo vero? È normale, dopotutto stai accompagnando il miglior palleggiatore della prefettura di Miyagi anche solo per un piccolo tratto di strada!- sorrise vittorioso Tooru.

Non era lui che doveva accompagnare me? E questo tizio sarebbe il miglior alzatore della prefettura?! Non è possibile.

Quel pensiero cadde come un macigno nella sua mente. Se davvero Oikawa era il miglior alzatore di Miyagi significava che aveva al suo fianco un grande atleta, al quale non aveva ancora risposto.

- È vero, è difficile trasferirsi...-

Voleva evitare l'argomento dell'imbarazzo. Tooru se ne accorse senza difficoltà.

Quella ragazzina sembrava avere qualcosa in meno, rispetto a chi?

Vedere occhi del genere non capitava tutti i giorni e i capelli non erano tinti.

Il fisico era sottile ma si riconoscevano i segni di un allenamento intenso e abituale.

Era timida, ma non lo dava a vedere.

Chi era quella persona?

- Non ne vuoi parlare, chissà quanto ti sarai sentita smarrita arrivata qui. Cambiando argomento, dato che vorrei evitare di metterti malinconia, prima hai dichiarato di avere allenamento.-

Non era una domanda quella del castano. Arny capì immediatamente quello che voleva sapere e poteva tranquillamente non replicare, dopotutto stava parlando con uno sconosciuto.

Nonostante questo sentiva la necessità di parlare con qualcuno.

Quel qualcuno era arrivato.

- Pallavolo, gioco a pallavolo.- lo disse come se dovesse liberarsi di un peso, poi sorrise debolmente senza una ragione precisa.

- Allora sei in squadra con Aiko-chan! Non mi aveva detto nulla riguardo a questo particolare...in che ruolo giochi Haddok-chan?-

Particolare”?! Questo tipo è irritante...

- Sembra proprio che quest'anno giocherò come libero, alle medie però ho lavorato in tutti i ruoli, anche se la banda è stato il principale.-

- Alla squadra serve un'universale. È importante avere qualcuno che sia equilibrato in tutti i fondamentali. Lo scorso anno le ragazze non hanno superato i quarti di finale, la situazione potrebbe cambiare.-

- Da qualche voce di corridoio ho sentito che voi avete raggiunto la finale invece, un ottimo risultato direi.-

Allora il senpai cambiò espressione. Le pupille si strinsero appena e Haddok se ne rese conto.

Aveva toccato un argomento delicato.

- Quest'anno andremo ai nazionali, non importa chi avremo davanti. La pallavolo è importante per tutti noi della squadra, non credo che la nostra scuola abbia mai raggiunto un potenziale simile. Dobbiamo lavorare, soprattutto sulla battuta.-

- La pallavolo maschile è un concentrato di adrenalina, quasi come se la tecnica venisse messa da parte. Sono curiosa di vedere il vostro stile di gioco.- sorrise inconsapevolmente Arny.

Oikawa la guardò piegare le labbra sottili. Era un sorriso sincero, interessato.

Il volley aveva fatto sorridere quella piccoletta come faceva sorridere lui: sinceramente.

Rimase per qualche attimo a contemplare il viso di Haddok; solo dopo si rese conto del fatto che aveva aspettato troppo per rispondere.

- Sarebbe bello avere un'altra fan! Sentire le voci delle ragazze dagli spalti è estremamente gratificante per gli altri. A me ovviamente non serve.- scherzò l'alzatore con un viso spensierato.

- Non credo di essere quel genere di persona Oikawa senpai. Se vado in palestra non lo faccio sicuramente per vedere un ragazzo, piuttosto per vedere della bella pallavolo.-

- Non dirai così quando, entrata nella palestra 1, mi vedrai in tenuta da allenamento! Poi se dici di essere tanto interessata al gioco non potrai fare a meno di innamorarti del sottoscritto! Non c'è nessuno che può raggiungermi come palleggiatore!-

Entrambi si persero.

Non stavano discutendo di difficili schemi, di formazioni, squadre famose. Solo di pallavolo.

Tooru e Aiko avevano spesso concentrato i loro dialoghi su altro, finendo per farsi da psicologi a vicenda. Lui e Iwaizumi, insieme agli altri, giocavano più che parlare. Quando si usciva con gli amici gli argomenti erano altri. Infine, con le sue innumerevoli conquiste fatte a bordo campo, il capitano non aveva mai intrattenuto una ragazza con un argomento legato allo sport.

Erano riusciti entrambi ad allontanarsi da quell'atmosfera tesa che era nata tra di loro messo piede fuori dal complesso scolastico.

Senza accorgersene stavano camminando l'uno di fianco all'altra, leggeri.

Arny riusciva a scherzare e a rispondere alle provocazioni di Tooru. Lo faceva in modo diretto ma non scocciato.

Non era mai successo prima d'ora.

Arrivarono a casa di Azumane: l'aria riprese quell'umidità psicologica che aveva perso.

 

Una mano forte picchiò le nocche sulla porta della camera di Aiko.

La ragazza aprì gli occhi lentamente. Non c'era fretta, chiunque fosse stato non doveva disturbarla. La voce di suo fratello ruppe il silenzio.

- Aiko ti ho portato un dorayaki...so quanto ti piacciano.- rimase dietro la porta di legno in attesa del permesso di poter varcare quella soglia.

Bastò una parola per convincere la bocca della mora a pronunciare un semplice – Entra.-

Asahi aprì lentamente la porta e posò tra le mani della sorella il dolce, accuratamente accolto nella carta di un tovagliolo azzurro cielo.

La porta venne chiusa inconsciamente: avevano bisogno di parlare e necessitavano di intimità, come era sempre successo.

Aiko si sentiva rinchiusa tra le mura della sua stessa stanza. Non voleva fare nulla che potesse però liberarla. Suo fratello si stava rivelando l'unico in quella casa in grado di sostenerla.

Nonostante i loro dialoghi venissero bruciati in pochi secondi, quelle poche parole erano fondamentali per gettare nuove basi. Il loro rapporto era crollato improvvisamente, come un grattacielo a cui cade la cima, poi, piano per piano, si infrango le finestre, le colonne.

In quel momento un gruppo di nostalgici stava tentando di impilare i primi mattoni.

- Tieni.- disse il centrale dagli occhi verdi porgendo metà del suo stuzzichino allo schiacciatore.

Il maggiore accettò sorridendo: ecco un altro mattone.

La sorella non lo stava ignorando. Non lo stava guardando come uno sconosciuto.

Nessuno dei due voleva aprire uno spazio per la pallavolo in quella sottile conversazione. Si sarebbe rivelata una mossa errata e i loro sorrisi si sarebbero eliminati a vicenda, sillaba dopo sillaba.

Quando Asahi tornò alla soglia della porta, le rivolse un timido sorriso.

Un grazie intangibile lo raggiunse attraverso l'espressione leggermente divertita di Aiko. Prenderlo in giro per il suo comportamento estremamente tenero, a dispetto della sua statuaria stazza, era sempre stato un modo per scherzare insieme.

Poter correre di nuovo per le scale di quel grattacielo era un sogno lontano, ma sarebbe sicuramente diventato un palazzo indistruttibile.

 

Ancora qualcuno, un'altra persona pronta a bussare alla sua porta.

Gridare – Avanti!- in modo quasi scocciato le venne più che naturale. Non era abituata a tutte quelle intrusioni nei suoi momenti di stanchezza.

Solo quando Oikawa Tooru varcò la soglia della stanza della ragazza con sguardo freddo, si dimenticò del fastidio che stava provando qualche attimo prima.

Un'altra persona fece il suo ingresso all'interno del teso quadretto: Haddok era venuta a portarle i compiti.

Il palleggiatore si accorse di come la più bassa trattenne il respiro con il ventre bloccato. Gli occhi della nuova arrivata si erano bloccati sulle stampelle poggiate sulla parete.

- Scusami se sono venuta senza avvisarti, dove posso lasciare gli appunti?- chiese Arny inchinandosi in cerca di scuse.

- Tranquilla, me lo avevi detto ieri sera. Comunque puoi metterli sulla scrivania, grazie Haddok.- sorrideva la mora nel rispondere alla compagna.

Nonostante tutti gli sguardi disinteressati o annoiati che le aveva dedicato in soli due giorni, quella piccoletta le aveva portato i compiti accuratamente copiati e raccolti. In più si era presentata con Oikawa. Fu una sorpresa per la mora, nonostante fosse abituata a vedere il ragazzo circondato dalle fan.

Aiko guardò l'alzatore dall'altezza del letto sul quale si era seduta: era consapevole del perché quel ragazzo fosse nella sua stanza, in piedi, a fissarla.

- Spero tu possa riprenderti Azumane, adesso devo andare.- allora si voltò verso Tooru ancora fermo ad accusare l'amica. - Grazie di avermi accompagnata Oikawa senpai.- e si inchinò per poi, con sguardo basso, uscire dalla camera.

Arny aveva capito che qualcosa non andava appena il capitano aveva messo gli occhi sulla ragazza seduta a letto. Era meglio non approfondire la questione. Non le importava del mancato saluto da parte del senpai: dopo aver osservato la luce che aveva negli occhi morire quel giorno, era riuscita a chiarire quanto uno necessitasse dell'altro.

- Come stai?-

- Come se mi fossi rotta qualcosa. Credo che tu conosca questa sensazione.-

- Esatto. Grandiosa vero?-

Azumane si limitò a cercare i suoi occhi.

Oikawa era maledettamente bravo in casi come quelli. Era in grado di mantenere il controllo, di restare in piedi. Il suo orgoglio e il suo spirito d'osservazione erano una combinazione pessima per tutti coloro che si erano avvicinati a lui.

Aiko compresa.

- Eccezionale.-

- immagino che tu non abbia nulla da dire al sottoscritto.-

- No...niente da dire.-

Il palleggiatore sorrise debolmente. Le sue pupille si erano strette all'interno delle iridi ricercate.

Stava giocando al gatto col topo; non aveva mai recitato il ruolo della vittima, nemmeno questa volta lo stava facendo.

- Quindi credi di non dovermi nemmeno delle scuse? Non è la prima volta che succede e non credo ci sia bisogno di ricordartelo.-

il castano pronunciò parole che fecero distogliere il titubante sguardo della centrale dal suo.

Non confessare a lui, il suo migliore amico, tutto quello che le era capitato alle medie era stato un errore più grande di una battuta in rete sul 15 - 14 per gli avversari al quinto set.

Nascondergli dell'insonnia dovuta a suo padre e del bullismo infertogli dalle compagne di squadra delle medie era stata un'idea talmente cara, che ancora il palleggiatore voleva farle pagare.

- Se non ti fidi di me non c'è bisogno di nasconderlo, sai che sono in grado di sostenere un peso simile, come la mancanza della tua fiducia.- la frase fu enfatizzata dalle virgolette mimate con le dita sull'espressione “peso simile”.

La mora attese ancora. Sentir pronunciare periodi simili dal proprio migliore amico non era mai stato peggio.

- Io mi fido di te...- sussurrò appena.

- Siamo talmente accecati dalla fiducia che riponiamo nell'altro che nemmeno sei riuscita a dirmi di esserti infortunata...forse è meglio cominciare a dubitare?- si chiese ironico il capitano.

- Smettila Tooru...sai perché non te l'ho detto!- alzò improvvisamente la voce Aiko.

Se Oikawa avesse saputo della slogatura non avrebbe fatto altro che pensarci e distruggersi psicologicamente: ogni volta che le succedeva qualcosa, il palleggiatore non poteva perdonarselo, come se fosse stata colpa sua, come se non fosse riuscito a proteggerla.

Anche in questo caso sarebbe successo. Quello era l'inizio.

- Non sei stata nemmeno furba! Ti avrei vista saltellare allegramente per i corridoi della scuola con un piede ingessato. Credi forse che avrei ignorato questa piccolezza?- sorrise in modo arrogante.

- Ti saresti sentito in colpa.- affermò con voce chiara la ragazza dagli occhi verdi.

- Dici che non sarebbe accaduto se me ne fossi accorto domani vedendoti arrivare con delle stampelle?- ormai il palleggiatore aveva capito le intenzione di salvaguardia di Aiko.

Nonostante questo, non riusciva a fare luce sulla poca logicità delle azioni dell'infortunata.

- Certo non metto in dubbio le tue doti da detective, ma so anche che ti sei rifugiato da qualche parte a riflettere sul tuo “sentirti in colpa”.-

Prima di aprire bocca per replicare Oikawa arricciò impercettibilmente il naso.

Era vero che l'alzatore era in grado di osservare qualsiasi particolare, ma dopo quindici anni vissuti l'uno accanto all'altro, anche Azumane era in grado di percepire le sue debolezze.

- Dimmi, puoi anche solo immaginarmi con le mani premute sulla fronte in atteggiamento di resa? Che stupidaggine.- sorrise vittorioso l'atleta.

Aiko non attese altro attimo: si piegò per sollevare il cellulare dal comodino e, con espressione da segretaria impegnata con tanto di occhiali sulla punta del naso, scrollò la lista dei contatti.

- Iwaizumi? Ho bisogno di un po' del tuo tempo.-

- Oh, Azumane! Kulokawa è passato vero? E come va con l'infortunio?-

- Di quello ve ne parlerò domani. Si dà il caso che il tuo amico sia qui di fronte a me.- allora la mora allontanò il telefono dall'orecchio per poggiarlo sul ginocchio sinistro, premendo inevitabilmente il vivavoce. - È sicuro che Tooru non si sia isolato dopo essere venuto a conoscenza delle mie condizioni?-

- Oggi l'ho trovato seduto su una panchina tutto arrabbiato. Hai presente i bambini quando gli viene tolto il giocattolo? Più o meno la situazione era quella.-

-Non è vero Iwa-chan! Dovresti appoggiarmi in questo genere di momenti e invece parteggi per il nemico?!- si intromise il capitano poggiando rapidamente i palmi delle lunghe mani sul fondo del letto.

Intanto lo sguardo divertito di Aiko si insinuò nel campo visivo del ragazzo che la guardò offeso.

- Ehi idiota, non ho intenzione di stare dalla parte di un orgoglioso viziato.- confermò Hajime.

- Cattivo Iwa-chan!-

- Grazie Iwaizumi, ci vediamo domattina!- salutò divertita la mora.

- A domani, vedi di farti dare una mano, non prendere come esempio il tuo compare di testardaggine, non questa volta almeno.-

La telefonata si concluse così, con una ragazza vittoriosa e un ragazzo imbronciato.

- Questo non toglie che mi devi comunque delle scuse Aiko-chan. È un fatto serio quello dell'infortunio, credo che tu abbia bisogno di qualcuno che ti possa aiutare.- tornò serio il castano.

- È solo slogata...ci vorrà comunque del tempo, ma nulla di troppo grave. Ieri sera non ho sentito nessun suono particolare, mi è andata bene. Ti chiedo scusa per non avertelo detto appena successo, ma ti conosco abbastanza per prevedere il tuo stato emotivo.-

- Io ho sentito quel suono. Sono deluso Aiko.-

La centrale abbassò il capo.

Il momento di scherzo era concluso e Oikawa era tornato quella persona che necessita di arrivare in fondo a determinati discorsi. Le scuse le aveva ricevute, ma era il terzo colpo che gli veniva inflitto in questo modo, decisamente troppi scagliati da una sola persona.

Aveva ripreso a guardarla freddo, dall'alto verso il basso com'era solito fare con coloro che riteneva inferiori.

In quel momento lei era l'accusata, il topo.

Lui era il giudice, il gatto in grado di definire la sentenza.

- Perdonami...- pronunciò a bassa voce la ragazza dagli occhi verdi.

Oikawa la guardò ancora per qualche secondo: Azumane non alzava la testa e Tooru voleva delle scuse pronunciate con i suoi occhi conficcati nei suoi.

Si chiuse la porta alle spalle e Aiko pote' distinguere, passo per passo, il miglior palleggiatore della prefettura allontanarsi.

 

Ad allenamento si sentiva un'atmosfera diversa, quasi salmastra.

Saputo dell'incontro tra le due nuove giocatrici, le componenti della squadra non si risparmiarono con le domande riguardanti la centrale. Arny cercò di mantenere un profilo distaccato, comunicando solamente quello che le aveva detto la madre di Aiko appena arrivati a casa della centrale.

Quando l'immagine delle stampelle tornò a provocare disordine nei suoi pensieri, una vertigine improvvisa la costrinse a fermarsi.

La sensazione di impotenza che aveva vissuto durante l'ultimo anno delle medie l'aveva colpita anche a livello fisico: l'emicrania che un tempo la colpiva con ritmo cadenzato, adesso la obbligava a tenere a portata di mano almeno due pastiglie in caso di necessità.

“Imprevedibilità” era il termine perfetto.

Dover restare a bordo campo era una sensazione terrificante: quando le altre lanciavano occhiate preoccupate nella sua direzione, Haddok ritornava a quel maledetto giorno e sentiva salire dai polmoni troppa poca aria.

Il dolore non l'abbandonò fino alla conclusione dell'allenamento, costringendola a camminare fino a casa in uno stato quasi febbrile. Mettere sotto i denti il minimo indispensabile e poggiare la testa pesante sui cuscini senza avere la forza di fare altro fu la sua magnifica serata.

 

Nei giorni seguenti Azumane fu piacevolmente colpita dall'interesse che molti le dedicavano. Spesso riceveva aiuto, ma non ne approfittò mai.

La mora non era quel tipo di persona e la sua compagna di banco, oltre che essere innervosita da quell'infinito presentarsi di anime, se ne rendeva conto ogni secondo di più.

- Haddok ti devo ringraziare ancora per gli appunti che mi hai portato giorni fa. Nessuno era mai riuscito a farmi capire un autore di letteratura antica solo tramite degli appunti!- si espose la più alta.

- Diciamo che le materie umanistiche sono le mie preferite. Sono contenta di sapere che gli appunti fossero semplici da capire, ti sei risparmiata una spiegazione veramente lunga da parte della professoressa.- nonostante la battuta, la ragazzina dagli occhi -chiari non sorrideva.

- Si vede che ti piacciono! Basta guardare la tua espressione quando si parla di kanji e quando ti chiamano per leggere. Sembra che tu stia parlando in un teatro o qualcosa del genere!-

- Non esageriamo.- gli occhi di Arny incrociarono quelli allegri di Azumane. - Dato che passo la maggior parte del mio tempo con dei libri in mano è praticamente ovvio che riesca a non incespicare durante la lettura.- spiegò chinando la testa sul titolo di una lezione.

Aiko la guardò per qualche secondo lavorare minuziosamente sul carattere dei kanji che costruivano l'argomento della lezione appena conclusa. Vederla cambiare colore a seconda delle curve creava movimenti ipnotizzanti.

- Quindi sei una lettrice eh... lo immaginavo. Dando un'occhiata per caso nella tua cartella noto che quasi ogni giorno hai un romanzo diverso.- e rise socchiudendo gli occhi.

Soffermandosi sulla dichiarazione della compagna, la più bassa si decise a rispondere.

- Nei momenti morti leggo. La sera se non riesco ad addormentarmi leggo. Quando mangio da sola, il che capita quotidianamente a casa, leggo. Non mi sono mai impegnata nel cercare un hobby o qualcosa di simile, leggo e basta.-

- Detto così sembra che tu sia una ragazza parecchio sola...sono sicura che a Tokyo non fosse così.- cercò di sostenerla Aiko.

La castana voltò impercettibilmente il capo verso la finestra.

Quella ragazza stava provando pena nei suoi confronti: decisamente irritante. Odiava quegli sguardi pensierosi che le persone le rivolgevano mentre era impegnata in qualcosa. L'avevano sempre creduta un'incapace dal punto di vista sociale. Non era così.

- Non sono sola...- desiderava che quella conversazione si chiudesse.

Azumane trattenne per una frazione di secondo il respiro. Il tono di Arny l'aveva trafitta e il libero riuscì a farle capire che la sua affermazione non era richiesta.

- Non avevo intenzione di...scusami Haddok.-

- So di poter risultare una persona permalosa in casi come questi. La questione non è tanto semplice però.- parlò la ragazza dagli occhi chiari restando con le labbra socchiuse.

- Cambiando argomento. Sei sopravvissuta a Tooru quando mi hai portato gli appunti! Dopo quelle occhiate confuse che gli avevi dedicato il primo giorno di scuola mi è sembrato strano immaginarvi insieme!- commentò per rallegrare il dialogo.

- Immagino tu abbia pensato a chissà che cosa, mi difendo dicendo che abbiamo semplicemente parlato di pallavolo in modo superficiale.- concluse frettolosamente la giocatrice.

Sotto gli sguardi poco convinti della compagna di banco, la professoressa di biologia fece il suo ingresso nell'aula.

Il silenzio si ricompose.

 

 

 

“So we'll soar
Luminous and wired
We'll be glowing in the dark”

 

Coldplay Charlie Brown

 


Spazio (in)utile: Tra una gara e l'altra dell'olimpiade sono riuscita a finire anche questo. Mentre il rappoto tra i fratelli Azumane si sta ricomponendo, dall'altra parte c'è l'amicizia tra Oikawa e Aiko che viene messa alla prova. Spero che le citazioni alla fine di ogni capitolo vi stiano piacendo e che continuiate a seguire la storia! 
Non ho molto da aggiungere questa volta, per cui vi saluto, vi auguro di guardare tanta pallavolo e tanto beach (ovviamente devo fare schifo anche qui su EFP) e vi ringrazio ancora!
Alla prossima! 

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Capitolo 6
*** (Re)Stare, sempre ***


Buongiorno! 
Comincio con un'infinità di scuse, davvero. Non era previsto che mi allungassi tanto con la pubblicazione, ma l'editor mi ha dato una serie di problemi che non sono riuscita a risolvere se non con l'attesa (che sia un problema dei server?). Comunque, ora ci siamo e spero che le mie lettrici possano perdonarmi per questo infinito ritardo.
Per restare "aggiornate" (per quanto possa essere attiva con quella pagina), ricordo la pagina Facebook "Arny Haddok EFP".
Buona lettura!

Capitolo sesto "(Re)Stare, sempre"



Svegliarsi la mattina e non poter scendere dal letto con il piede destro era una sensazione disarmante. Aprire gli occhi e cercare di riprendersi dal sonno tirando i muscoli era fondamentale, ma fermarsi con tempismo perfetto ricordandosi del blocco alla caviglia destra era necessario. Rendersi conto dei movimenti che non poteva compiere la portò irrimediabilmente ad immaginare la vita di tutti i “meno fortunati”, ma questi pensieri presto scemarono per lasciare spazio alla fatica di doversi vestire.

Dover chiamare sua madre per aiutarla ad indossare la gonna e le calze, anche se basse, le costava una piccola parte di orgoglio. Per anni aveva insistito per “fare da sola” e tutti i suoi sforzi furono ripagati. Adesso si trovava ad affrontare un problema: il non potersi muovere liberamente da un piano all'altro della casa: se non voleva stare in sala doveva chiamare a gran voce suo fratello perché la sostenesse sulle scale.

Una tortura enorme.

Visse una settimana in questo stato: non aveva la forza per restare seduta su una panchina a bordo campo con lo sguardo di Akane sulla sua caviglia, e nemmeno di saltellare con le stampelle per i corridoi. La sua unica volontà era quella di stare seduta, ad aspettare che qualcuno le parlasse, a chiedere alla sua ombrosa compagna di banco che cosa stesse leggendo.

Tooru non si era più visto, solo Haddok ogni tanto le riferiva che arrivava in palestra prima del solito.

 

- Credo che si sia infortunato anche il tuo amico sai?- disse la ragazza con la ciocca turchese abbassando il libro e fissandosi negli occhi di Azumane.

- Cosa? Che cos'è successo?- chiese la centrale con una particolare tensione, sporgendosi verso la più bassa.

- Sono riuscita a vedere un andamento altalenante...come se zoppicasse. Anzi, zoppicava. Avevano finito l'allenamento e continuava a lamentarsi del dolore, però camminava.- la voce della castana non rivelava un particolare interesse per l'argomento.

Per quanto poco conoscesse Oikawa, era riuscita a capire dal modo in cui piagnucolava che non si era fatto nulla di grave. Anche l'allenatore della squadra maschile era sul punto di sospirare stancamente quando il palleggiatore era rimasto seduto a terra atterrando dal salto di una battuta.

- Credevo si fosse fatto qualcosa al ginocchio...meglio così.-

Nonostante riavvolgesse in continuazione la discussione avuta la settimana precedente con il suo migliore amico, non si era ancora fatta abbastanza coraggio per cercarlo e chiedergli definitivamente scusa.

Nel frattempo aveva preso appuntamento con l'ortopedico, che le aveva tolto il tutore utilizzato in quel caso per una slogatura di secondo grado. Gliene aveva portato un altro, più leggero, ma comunque poco utile quando si trattava di dover camminare.

Le stampelle si fecero da parte, e gli occhi della mora si illuminarono quando sua madre le consegnò nelle mani del medico.

Poter camminare di nuovo senza l'ingombro di due aste di metallo sembrava un sogno, nonostante si trattasse di sole due settimane.

Il coach le aveva severamente impedito di riprendere qualsiasi tipo di attività fisica e le consigliò un ottimo fisioterapista.

 

Dopo le lezioni, in alcuni casi accompagnata dalle compagne di classe, si allungava fino alla clinica dove si trovava il fisioterapista, dove lavorava intensamente sulla mobilità e il rafforzamento del legamento. La lesione non si era rivelata troppo preoccupante, ma rimaneva una slogatura di secondo grado.

- Aiko? Che cosa ci fai qui?- chiese una voce troppo familiare.

- Tooru?!-

I due rimasero a fissarsi per qualche secondo in mezzo agli attrezzi della palestra della clinica.

Se è qui significa che si è infortunato davvero! Allora come diavolo fa a fare l'indifferente quella piccoletta?!

Si chiese Azumane ripensando alla conversazione avuta qualche giorno prima con il libero della femminile.

Il capitano, senza scomporsi eccessivamente, cominciò a guardarla severamente, dopotutto non si erano più rivolti la parola dopo quella discussione.

- Devo controllare il ginocchio.- comunicò con tono secco, come se volesse chiudere quella conversazione o lasciarla morire.

- Haddok mi ha detto che ti sei fatto qualcosa al piede...- replicò per capire cosa fosse successo sul parquet della palestra.

- La caviglia ha ceduto leggermente, per questo controllo il ginocchio dato che potrebbe dare problemi.-

- Meglio che vada, credo che il fisioterapista mi stia aspettando.- concluse la centrale con sguardo basso, pronta a sentire un saluto incastrato tra i denti dell'amico.

- Ciao.-

Quel suono la colpì facendole alzare irrimediabilmente le spalle. Camminò fino alla porta indicatagli dal cartello con il nome dello specialista e non vide più Oikawa, almeno, fino alla fine della visita.

 

Il controllo al ginocchio non gli occupò troppo tempo, quanto basta per capire che si era spaventato per nulla. Aveva sentito un leggera fitta quando la punta del piede destro era venuto a contatto con il pavimento: la paura di poter ricadere nuovamente nella spirale di impossibilità che lo aveva catturato lo aveva colto all'improvviso.

Uscendo, sospirando come quando si scampa un grosso problema, trovò Azumane aspettare vicino all'ingresso con una carpetta di fogli trasparenti in mano. Dopo aver dato uno sguardo veloce alla ragazza, riconobbe il fratello maggiore che la era venuta a prendere in bicicletta. Non voltarsi e mostrare un naturale sguardo superiore fu inevitabile.

Dall'altra parte, ad Asahi non sembrava importare un granché del miglior palleggiatore della prefettura nonché migliore amico di sua sorella. Forse non se ne accorse, forse era troppo impegnato a pensare ad una soluzione comoda per il trasporto.

Il cellulare del capitano della Seijou squillò nella sua borsa e una voce troppo femminile e melensa non riuscì a farsi spazio tra la stanchezza di Oikawa.

Parlare con le ragazze non gli risultava difficile, nemmeno rispondere alle loro domande lo era. Fino a quel momento gli era capitato raramente di avere una fidanzata viziata, abituata a favori e carinerie. Dover sottostare a troppe richieste era stata un'esperienza nuova, eppure non era ancora riuscito a trovare un equilibrio tra concessione e gelosia.

Era diventata abitudine lasciarsi circondare da proposte e scegliere seguendo solo l'aspetto fisico e superficiale: una, due uscite e ricadeva per l'ennesima volta nello stesso baratro di noia. E ascoltare un monologo di cinque minuti sulla dolcezza di alcuni Kuzumochi° che “Dobbiamo assolutamente mangiare insieme!” fu asfissiante, il colletto di una camicia che va tenuto abbottonato anche in pieno agosto.

Si inventò una scusa al limite del credibile.

La telefonata volse al termine.

 

Era rimasta in classe, seduta al proprio banco, aspettando che la campanella suonasse la fine di tutte le lezioni. Era riuscita a calmarsi e a sentire solo le parole lette nella sua testa, non il cuore battere, non il respiro, non i ragazzi che si allenavano sul campo da calcio.

Con una delicatezza disarmante, lontana dalla sua persona, estrasse il segnalibro dal fondo delle pagine e lo forzò con leggerezza al centro delle facciate. Chiuse la copertina e abbassò il segnalibro ritraente Arlecchino di Picasso in modo che non uscisse dalla sagoma del libro. Lo ripose insieme ai quaderni e rimase seduta ad osservare una nuvola evanescente.

I lineamenti del suo viso erano ammorbiditi dal colore rossastro del cielo, la sua ombra si era allungata sul pavimento.

Chiuse gli occhi e ripensò al discorso avuto con Oikawa la settimana precedente, ma non si soffermò troppo su quel percorso: in quel momento si sentiva “in più”. Gli unici che la consideravano erano tre ragazzi amici fin dalla tenera età. Come poteva inserirsi in tale contesto? Sarebbe riuscita ad avere la loro approvazione?

Iwaizumi era la persona che gli aveva fatto la migliore delle impressioni, colui che più si avvicinava al tipico uomo benvoluto dalle mogli. Ma non era abituata a “quello”, non era abituata a nulla.

Si alzò decisa a far scemare quelle domande che lei considerava la routine.

Si alzò prima della campanella ed entrò in palestra per assistere ad un'amichevole di cui l'aveva informata Iwaizumi.

 

Dare prova delle sue importanti abilità non gli sarebbe mai venuto difficile. Ma non aveva calcolato un problema, un apparente piccolo ma in realtà enorme problema.

Soffriva alla vista della scarsità tecnica di quell'ammasso di riflessi. Ne soffriva ardentemente.

Le sue gambe erano piegate con gli angoli sbagliati, le braccia troppo tese o troppo larghe, le spalle raggrinzite, il culo alto: l'esempio perfetto di “orrore”.

Se quell'idiota avesse mandato all'aria tutto con una difesa mancata, non importa quale ruolo gli avrebbero assegnato, lo avrebbe torturato fino alla sua totale disfatta.

Kageyama Tobio continuava ad attaccare con la massima precisione sulle braccia di Hinata Shoyou, eppure, questo faticava come mai aveva visto fare.

Nemmeno Kindaichi era tanto scarso con il bagher.

Questi furono i pensieri del Re del campo. Se durante quella settimana Tanaka non li avesse aiutati con la palestra, probabilmente quell'incontro tre contro tre sarebbe stata una disfatta.

Dopo svariati sguardi rivolti al ragazzo dagli occhi blu, finalmente Hinata riuscì a colpire la palla per realizzare un attacco mai visto: la sua mano aveva aderito senza sforzo alla pelle ruvida della palla e l'aveva sentita sul palmo della mano. Quando atterrò ancora sentiva un delicato formicolare alla mano destra.

Come diavolo avevano fatto?

La domanda apparve spontanea negli occhi di tutti i presenti. Quel palleggiatore aveva accolto tra le sue dita la palla tricolore, per poi lasciarla, indirizzandola senza apparente sforzo nella traiettoria del braccio di Shoyou.

Non ci fu storia.

La convinzione infinita del più basso si rivelò essere un'arma nelle mani di Kageyama, che la sfruttò senza mezzi termini per portare il trio alla vittoria.

Non mancarono l'esibizionismo di Ryu e le riprese del capitano.

Tobio poteva continuare ad essere un alzatore, non avrebbe abbandonato il suo ruolo. Sembrava che gli fosse stato cucito addosso e l'ennesima prova venne dal professor Takeda che annunciò un'amichevole contro la seconda squadra della prefettura.

I senpai ricordavano quel nome, mentre nella mente del nuovo palleggiatore della Karasuno era fisso un unico ricordo: Kindaichi e Kunimi erano in quella scuola e la sicurezza di poter trovare anche Oikawa si faceva via via più forte. In più, le condizioni che erano state decise per quell'incontro non erano casuali, dato che la matricola più giovane doveva prendere il posto di alzatore titolare.

 

- Chissà come sta il nostro Tobio-chan, secondo me è diventato ancora più alto. - cominciò Oikawa in spogliatoio.

Il fisioterapista, nonostante lo rassicurasse sul falso allarme, gli chiese di restare a riposo. Il capitano aveva istintivamente deciso di lasciar giocare Yahaba per i primi set e di fare un lungo e rassicurante riscaldamento. Sarebbe entrato solo alla fine dell'incontro, dopo aver saggiato la squadra del suo storico kohai.

- Dovrebbe essere alto 1,80m...- rispose Kindaichi.

- Cosa?! Così tanto?! Devo cominciare a preoccuparmi Iwa-chan?- chiese al suo migliore amico con un'espressione idiota.

- Non eri tu quello che continuava a dire “sono più forte, non mi raggiungerà mai! Sono di un livello superiore rispetto a quel ragazzino” e cose così? Fai quasi pena Shittykawa.-

- Ma se diventa troppo alto sarà più facile fare i pallonetti° Iwa-chan! Non possono essere facili anche quelli, se oltre al talento ha anche l'altezza dovrò azzopparlo!-

Questa volta a colpire il palleggiatore non fu una mano e nemmeno un pallone, ma il borsone di Hajime, non troppo pesante, scagliato ad una velocità non indifferente.

Entrati in palestra, Tooru parlò della sua idea con il coach, il quale approvò senza troppe domande sull'integrità del piede del giocatore.

L'inconfondibile rumore di un pallone attaccato contro il pavimento, ritmico e unico, rieccheggiava all'interno della palestra dove solo alcuni atleti erano entrati. Aiko stava lavorando sull'attacco quando ancora non si sarebbe dovuta sforzare. Ad avvicinarsi fu Iwaizumi.

- Sicura di poterlo fare? Ti hanno appena tolto le stampelle.- le ricordò il senpai.

Azumane però non aveva alcun bisogno di ricordare le stampelle, non si sarebbe scordata per un buon periodo del saluto dell'ortopedico.

- No, ma finché non la piego o salto va tutto bene. Certo, non devo correre, ma posso camminare! E poi è da troppo che non mi alleno!-

Hajime tirò un sospiro esausto – Siete proprio incorreggibili. Il tuo amico dovrebbe restare fermo ma ha intenzione di giocare almeno mezzo set dell'amichevole. Non avete amor proprio.- concluse l'asso.

Nel frattempo l'espressione della ragazza era passata da essere rilassata all'essere incuriosita. Nessuno le aveva parlato di un'amichevole e vedendo Iwaizumi allontanarsi decise di restare fino all'inizio della partitella.

 

- Dove sono finiti Yahaba e Kindaichi! A quest'ora dovrebbero essere qui, dobbiamo cominciare il riscaldamento.- chiese leggermente alterato l'allenatore.

Nel frattempo Tooru aveva cominciato a scaldare la caviglia senza scarpe, dando inizio ad una delicata sequenza di esercizi consigliati dal fisioterapista.

- Posso cercarli io! Intanto potete cominciare.- propose con voce sicura la centrale.

Ormai non poteva più occupare la palestra se non sugli spalti, quindi cercare i due componenti mancanti non le sarebbe risultato un peso.

- L'importante è che tu non corra o che vada di fretta, intesi?- puntualizzò il vice-capitano inserendosi nel discorso.

- Ricevuto!- sorrise Aiko e, dopo aver posato il pallone nel cesto, uscì zoppicando leggermente.

 

Non essendoci posti nei quali sedersi, Haddok poggiò a terra la cartella e i gomiti sulla balaustra di legno e vetro, rilassando così la schiena e lasciando scivolare il peso su entrambi i piedi.

Dopo la breve camminata con Oikawa si era incuriosita ed era riuscita, tra agitazione e imbarazzo, a chiedere ad Iwaizumi qualche informazione sulla squadra. Aveva scoperto che alcuni compagni delle medie di Azumane erano componenti della squadra, era a conoscenza di alcuni punti forti, come il servizio o la solidità dei fondamentali°. Le mancava solo di vedere tutto quello sul campo.

Di fianco a lei, radiose ed eccessivamente femminili, erano intente a chiacchierare tre ragazze del primo anno.

Origliando senza essere nemmeno sospettata, Arny riuscì ad intercettare qualche battuta, riuscendo ad intuire quale fosse il fulcro della loro fitta discussione: il capitano.

Arrivata da poco in quella scuola, aveva già avuto occasione di stancarsi e di ignorare le chiacchiere da corridoio. La curiosità nei confronti della provenienza dei suoi genitori e della sua storia, era già scemata da qualche giorno, e le ragazze della sua classe, spesso storcendo informazioni dalla sua compagna di banco, non si erano distaccate da tutte le altre parlando del “ragazzo più desiderato dalla fauna femminile del liceo”.

Certo che non scherzava Azumane-san...però a vederlo con la tuta addosso da solo in un angolo mentre fa riscaldamento fa quasi tenerezza. Chissà cosa pensa veramente di tutte queste ragazze.

Si domandò la ragazzina con la ciocca tinta continuando a guardare il palleggiatore manipolare il ginocchio e il piede.

 

- Finitela idioti!- la voce di Daichi risuonò non troppo lontana.

Camminando non fece troppo caso alle urla provenienti dall'altra strada, quindi continuò sul suo percorso sovrappensiero, soffermandosi con sguardo quasi annoiato su una serie di aiuole ben curate.

Girato l'angolo riconobbe i due atleti dell'Aoba Johsai pietrificati di fronte ad uno stormo di tute scure. Senza badare all'identità dei ragazzi, tornò alla sua missione.

- Kindaichi! Gli altri vi stanno aspett- la frase rimase incompleta.

- La sorella di Asahi-san! Vieni a salutare il migliore attaccante della prefettura!-

La ragazza sgranò gli occhi riconoscendo Tanaka che si stava avvicinando velocemente. Fece appena in tempo a nascondersi dietro a qualcuno lasciando che Sawamura prendesse per il colletto della felpa lo scalmanato giocatore.

Che diavolo ci fanno qui?! Nessuno mi aveva detto nulla! Ma quindi...

Alzando la testa si ricordò dei compagni di squadra di suo fratello, giocatori della ormai decaduta Karasuno.

Solo dopo aver allontanato la mano dalla tuta dello scudo umano, la centrale si rese conto che si trattava di Yuutaro. Arrossì vistosamente incrociando il suo sguardo, anche se solo per un attimo. Di risposta, Kindaichi si voltò con le gote delicatamente arrossate.

Tra tutte le persone che ci sono sulla faccia dell'intero pianeta...perché proprio Kindaichi?! Non potevo nascondermi dietro Yahaba? Dopo tutto quello che è successo lo scorso anno, proprio Yuutaro.

Con tutta l'agilità concessale in quel momento, si inchinò in segno di saluto verso i ragazzi della squadra avversaria: c'erano tutti, tutti tranne suo fratello e Nishinoya. Un malvoluto senso di delusione si fece vivo, ma continuò a studiare le tute scure. Il capitano obbligò Ryuu a chinare il capo in segno di scuse e così fece. Dopo qualche istante, i suoi occhi incontrarono lo sguardo annoiato di un personaggio che ricordava limpidamente. Con i capelli neri e gli occhi blu, Kageyama venne riconosciuto immediatamente dalla memoria ancora vivida di Aiko.

Il viso dell'alzatore del primo anno si girò nella sua direzione, restando a guardarla con occhi increduli. Non capitava spesso che Tobio si scomponesse di fronte ad una ragazza, ma rimase sorpreso almeno quanto la giovane dagli occhi verdi nel riconoscerla.

Nel frattempo Yahaba e Kindaichi si erano diretti a passo spedito verso la palestra e la ragazza si voltò ridendo vedendoli affrettarsi, immaginando una strigliata da parte di Iwaizumi.

- Azumane-san, che cosa ci fai qui?- domandò la voce profonda di Kageyama.

Prima di rispondere, Aiko prese tutto il tempo per voltarsi e tornare seria, scontrosa.

- Potrei farti la stessa domanda. Non dovresti essere sul campo da gioco alla Shiratorizawa?-

Staccando per un attimo gli occhi da quelli di Tobio, la ragazza intravide due atleti decisamente alti ridere. In particolare un ragazzo con gli occhiali e i capelli biondi, sembrava divertirsi non poco. Sulle labbra di Azumane si dipinse un sorrisetto meschino, di chi ha intuito tutto ma ha intenzione di scherzare ancora un po'.

- Non hai risposto alla mia domanda.- replicò il ragazzo dai capelli scuri.

- Quindi non hai superato gli esami e te ne vergogni? E comunque non è a te che devo delle spiegazioni.-

Ormai si era dimenticata della presenza degli altri, quello era un conto che doveva ancora trovare il cliente e la mora non aveva alcuna intenzione di pagare. Rivederlo e sentirsi parlare in modo distaccato e privo di interesse le fece male, ma aveva imparato a convivere con quel dolore tempo prima; adesso doveva prendere in mano la situazione e lasciare Kageyama da solo di fronte al bancone, pronto a pagare per due.

- Non dovevi essere a Tokyo dai tuoi parenti? Non eri pronta a lasciare il tuo ragazzo, quindi?- chiese Tobio cercando di prendere in mano la situazione.

Non era mai stato bravo a trattare con la gente, figuriamoci con una ragazza. Eppure non poteva tirarsi indietro dopo essere stato provocato. Di Azumane si ricordava fin troppo bene, nonostante avesse passato il quarto anno delle medie completamente isolato a pensare al volley; L'aveva ignorata per buona parte della vita di classe, cominciando poi ad allontanarla bruscamente ogni qualvolta tentasse di intraprendere una discussione. Non importava qual era l'argomento: pallavolo, studio, passatempi, cinema...non voleva aver a che fare con nessuno.

 

Ancora una volta, quell'idiota era riuscito a farsi sentire: la parola “fidanzato” le fece stringere i pugni e mordere il labbro inferiore.

Kindaichi era stato l'unico, durante gli anni delle medie, ad avvicinarsi a tal punto da dichiararsi. Lei aveva accettato e la loro storia era durata abbastanza perché riuscisse in qualche modo, anche solo per un breve periodo, a scordarsi di Tobio.

Dopo la fine di quella relazione la centrale si era sorpresa, non sentendosi distrutta, senza addosso alcun sentimento troppo negativo. Certo, è sempre difficile accettare la realtà così com'è, lasciare che il tempo scorra senza cercare di interrompere il suo flusso in qualche modo, ma nel complesso si era sentita bene.

- Siete solo capaci di ricordarvi le idiozie.-

Detto questo, la ragazza dagli occhi verdi tornò sui suoi passi, pensierosa e con i nervi a fior di pelle.

 

Si stava divertendo.

Non si sarebbe mai immaginato di potersi divertire tanto durante un'amichevole.

Solitamente tutti hanno un'idea della pallavolo come “noiosa”, dove si vede solo una palla che non deve toccare terra. Perché quindi complicarsi la vita con tutti quei salti, tutti quegli schemi difficili e troppo complessi. Credere che il volley sia uno sport dove la resistenza è fondamentale, è sbagliato: la resistenza è marginale. Tra un punto e l'altro si ha un'infinità di tempo per respirare regolarmente, ma non si tratta nemmeno di uno sport per ragazzini gracili e incapaci.

La coordinazione è tutto, il controllo del proprio fisico necessario. La potenza non definisce le capacità di un giocatore, così come la sola forza di volontà.

La pallavolo è uno sport di equilibrio, dove la squadra è un insieme di individui che lo creano o che lo distruggono, regolarmente.

Di sicuro lui lo sapeva portare quell'agognato equilibrio e vedere la parte avversaria del campo presa dal disordine lo faceva sorridere di gusto.

Consapevole della sua forza e della fatica che aveva affrontato per farla sua, guardava il suo vecchio kohai mentre si tratteneva dall'imporre il proprio ritmo a tutti.

Era stato lui a chiedere di quell'amichevole per vedere i suoi progressi, per studiarselo come perfetto avversario.

Solo nel momento di entrare in campo, sostenuto dalle dolci grida delle sue fan e da un'espressione rilassata da parte del coach, ecco che riprendeva ad essere serio. Una macchina da punti, non solo al servizio.

Assottigliò lo sguardo, tese l'indice della mano destra verso il suo bersaglio.

Non si sarebbe risparmiato.

 

- Peccato, la prossima volta arriveremo a ventiquattro pari.- alzò leggermente le spalle, il capitano, per poi lasciarle tornare nella loro naturale posizione.

- È già tanto se sei riuscito a giocare, idiota. E se saltando ti fossi fatto male ancora? Non pensi mai alla conseguenza delle tue cavolate?- domandò retoricamente l'asso senza girare intorno alla sua innata preoccupazione per la salute del compagno.

Ancora una volta, Oikawa si era dimostrato l'ago della bilancia, in grado di cambiare le sorti di un incontro. Non era certo finita come tutti se l'aspettavano, ma rischiare di non averlo in una partita ufficiale, sarebbe significato stare a guardare Ushijima dagli spalti, non all'interno del campo da gioco.

- Non potevo lasciare che Tobio-chan se ne andasse senza una dimostrazione di superiorità! E poi mi sono permesso di fare un paio di battute perché le mie condizioni erano accertate. Apprezzo in ogni modo il tuo spirito da primo cavaliere, Iwa-chan.-

- Alla fine hai risolto con Aiko?- chiese impassibile Hajime.

Il silenzio calò tra di loro e la conversazione si spense. Quella domanda lo aveva riportato alla discussione avuta con Azumane, a quel pomeriggio di parole forti e incisive. Non si erano più parlati.

- No, non ancora.-

 

I suoi occhi non accettavano scuse, le sue orecchie non potevano ascoltarne.

Arrivò al suo posto con falcate lunghe, pesanti.

Arny aspettò almeno un minuto prima di impostare l'inizio di un dialogo.

- Perché ti comporti in quel modo?-

- In che modo, quale?- la voce della mora era irritata.

Se ci fosse stata la possibilità, senza pensarci troppo, Arny avrebbe cambiato posto. Quei cambi d'umore repentini e improvvisi la disturbavano, tanto che aveva deciso di chiederle qualcosa.

- Sei...irritata? Insomma, c'è qualcosa che ti disturba?-

Prima di rispondere, Aiko assaporò una quantità indefinibile di aria, lasciandola poi con un sospiro decisamene impegnativo.

- Hai indovinato. Ma non mi va di annoiarti con i miei problemi.-

Oh, grazie! Guarda, ci hai preso in pieno, nemmeno io avevo voglia di ascoltarli!

Formulò quel pensiero in un nanosecondo, in modo del tutto naturale. Era veramente fortunata ad avere autocontrollo. In caso contrario, quella piccoletta di Tokyo non sarebbe resistita ancora a lungo, dato che quelle magnifiche alternative alle sue risposte non erano dedicate solo ad Aiko.

- Capisco.- il libero mantenne lo sguardo sulla compagna ancora per qualche attimo.

Azumane aveva passato almeno due ore a ragionare. Almeno due ore, durante la notte, a chiedersi se parlare con Tooru fosse stato meglio o no.

In conclusione, presa dalla stanchezza e dal continuo disturbo dell'immagine di Kageyama, aveva preso una decisione: durante la pausa pranzo lo avrebbe rimproverato.

In quel frangente si era scordata del loro litigio, ma aveva qualcosa che riteneva più importante e il passato doveva farsi da parte per il tempo di una domanda fatta a volume leggermente più alto del concesso.

Rintracciato in seguito ad un ascolto non troppo attento della voce delle ragazze, lo prese per un braccio e lo trascinò fino alle scale del primo piano.

- Perché nessuno mi ha detto niente?!-

- Aiko che diavolo fai?!- se la prese il capitano cercando di sistemarsi in preda all'agitazione la manica della divisa scolastica.

- Perché cavolo nessuno mi ha avvisata di quell'amichevole?!- chiarì la centrale guardando l'amico d'infanzia negli occhi.

- Non sei al centro dei miei pensieri! Non mi sarei mai immaginato che tu potessi incrociare lo sguardo del tuo amato Tobio-chan! Adesso, se vuoi scusarmi, tornerei di sop-

Azumane aveva posato la mano destra chiusa a pugno sul petto di Oikawa. Il capo abbassato, i capelli intenti a nascondere il suo viso.

Il palleggiatore si era fermato per quel gesto.

Non doveva prenderla male. Non doveva sentirsi mancare l'aria per quell'affermazione, per quel tono pericoloso, per quello sguardo sarcastico e concentrato su altro.

Non sei al centro dei miei pensieri!

Abbassò il pugno alzando lentamente la testa.

- Hai ragione, scusami. Ti ho portato qui senza pensare, scusami Tooru.-

La sua attenzione era stata catturata da quei gesti delicati, così lontani dalla persona a cui era abituato. Sembrava di rivederla seduta sul letto, presa dalla sua caviglia piegata.

Trattenne per qualche breve istante il respiro.

- Senti Aiko, lascia perdere, ok? Se stai ancora pensando a quello che è successo due settimane fa, intendo. Per l'amichevole...non pensarci e basta, nemmeno ci hai parlato con Tobio!- esclama sicuro della sua teoria.

- Questo non è vero. Ci ho parlato invece e non è finita per niente bene. Non ti ho portato qui per quello che è successo settimane fa, adesso non mi importa.-

- Se mi hai chiesto scusa in quel modo significa che è successo qualcosa di grave.-

-Kageyama...mi ha parlato malissimo. Non ho ancora capito perché mi tratta in quel modo.- la rabbia aveva cominciato a insinuarsi tra i denti della ragazza.

- Io te lo dicevo che era meglio Kindaichi!-

- Ma se lo prendevi in giro? E smettila di scherzare...è una cosa importante.-

- A quanto pare è più grave di quello che immaginassi. Che cosa ti ha detto di così brutto da ridurti così?-

 

Tra un racconto e una frecciata velenosa nei confronti del nulla, i due ragazzi avevano accantonato qualsiasi tensione, tornando alle confessioni e alle pericolanti discussioni di un tempo.

Si erano seduti sulle scale di legno lucido della scuola, lasciando che le parole di Azumane fluissero senza interruzione, lasciando che Oikawa improntasse un piano d'azione o una qualsiasi “terapia” per la mora.

L'immancabile abbraccio che suggellava ogni loro dialogo si era presentato puntuale come sempre. Come la campanella.

 

Rimasta sola, Arny decise di contattare Hoshi per sentirla. Anche la ragazza era venuta a salutarla il giorno della sua partenza e quella era l'ultima immagine che aveva di lei.

Non si erano più scritte, nemmeno chiamate, ma la bellezza della loro amicizia era proprio questo: non sentivano quell'irrefrenabile bisogno di vedersi tutti i giorni, di abbracciarsi e di confessarsi tutti i segreti che possedevano. Ognuna rispettava l'intimità dell'altra e tutto quello che decidevano di raccontarsi, rimaneva indelebile, una confessione importante e unica.

-Ehi Hoshi! Come stai?- chiese con sicurezza al cellulare.

-Allora sei ancora viva! Credevo di averti persa chissà dove. A parte i soliti rimedi che funzionano decisamente poco, con la ripresa va tutto bene. Tu come stai?-

La voce flebile e delicata della sua amica riuscì a sciogliere la tensione che aveva nelle mani, lasciando che le nocche tornassero del loro colore naturale.

-Se non dovessi ancora finire di mettere a posto la camera direi che non sto così male. Dovresti sentire come parlano, hanno un accento tutto strano.- sorrise in direzione della finestra. -Quindi sei riuscita a cominciare la scuola regolarmente?-

-Esatto, non ho ancora avuto bisogno di permessi speciali per le visite! È grandioso, non ricordo l'ultimo anno scolastico in cui non ne ho utilizzati.-

-Alla grande allora! Dimmi, com'è il liceo?-

La telefonata si protrasse per dieci minuti. Non si trattava di un record come quelli dei film per ragazzine, non erano rimaste con il cellulare in mano per un'ora intera. Non si erano raccontate gossip o storie d'amore.

Era in quel modo che avevano resistito per un anno intero.

Veder tornare Azumane sorridente scombussolò, per l'ennesima volta, la giornata di Arny.

Un anno con Aiko.

Lo avrebbe retto?

 

“Alle prime note di << Light My Fire >>, ho pensato che il mondo non era affatto stanco. E che invece stava cominciando a vorticare sempre più velocemente.

Quasi fosse un nuovo inizio.”

 

Ava Dellaira Noi siamo grandi come la vita


 

Spazio (in)utile: finalmente, dopo un numero indefinito di tentativi con il capitolo pronto almeno da una ventina di giorni, tra la ripresa della scuola, le preparazione e il primo infortunio, eccolo! 
Tobio si mostra in quella che, spero, sia una buona presentazione. Forse lo avete sentito come molto freddo, cattivo quasi, ma inizialmente me lo ero immaginata così (all'inizio della serie si intende). Invece i nostri bff si sono riappacificati, anche perché Aiko è troppo buona, sarà una caratteristica di famiglia? Ditemi che Arny non è l'unica che si fa pare mentali come quelle sopracitate, credo sia più che normale, ma non tutti hanno questa "sensibilità" (se si può chiamare così). 
Chiedo ancora scusa per il rtardo, spero di non finire ancora così, anche se sarà più che probabile: la scuola è ricominciata e ho a che fare con un impegno importante quest'anno, gli allenamenti si propongono ad un orario pesantissimo e mi piacerebbe portare avanti un'altra idea che ritengo abbia la precedenza.
Riporto anche qui la pagina FB "Arny Haddok EFP" e alla prossima!

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