Between Light And Dark

di _mary_laura_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1-Sucker ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2-Patrol ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3-Stranger ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4-Puppets ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5-Edge of the Knife ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6-Amortentia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


“Io amo i coraggiosi: ma non basta essere bravi guerrieri, si deve anche sapere chi colpire. E spesso c’è maggior coraggio nel trattenersi e passare oltre per risparmiarsi per il nemico più degno”
–F. Nietzsche

Si svegliò di colpo, accaldata, il respiro le mancava e ansimava rumorosamente. Il corpo seminudo era attraversato da gocce di sudore che lo rendevano brillante ai raggi della luna. Si sedette a gambe incrociate sul letto, maledicendosi nuovamente per aver fatto quel sogno. Era solo una stupida.
Stupida.
Stupida.
Stupida.
Con un grugnito si alzò in piedi e cercò di camminare tentoni. Non aveva fatto i conti però con gli ormoni che le affollavano la testa e che le fecero vedere tutto nero per un istante, mentre le orecchie le fischiavano. Si appoggiò con una mano al capostipite della porta del bagno, in attesa che il capogiro finisse, poi vi entrò ed accese la luce. Con passo sicuro si diresse al lavabo, ignorando la sua immagine riflessa nello specchio. Si bagnò i polsi e se li strofinò sulle tempie, mentre il calore abbandonava il suo corpo. Si spruzzò un po’ d’acqua sul volto, poi si asciugò tamponandosi con un asciugamano color panna, l’iniziale del suo nome ricamata in rosso sopra di esso.
Mentre alzava il viso, i suoi occhi incontrarono se stessi riflessi nel grande specchio appeso alla parete. Restò incantata a guardarsi, osservando le pagliuzze dorate nelle iridi castane tendenti al verde verso l’interno. Il viso le si era allungato, assumendo una forma ovale e mettendo in risalto gli zigomi alti, che spiccavano ancora di più quando rideva. Il naso dritto ma non troppo severo che scendeva verso la linea delle labbra, con l’arco di cupido così ben disegnato che, per le poche volte che l’aveva utilizzato, il rossetto formava due archi perfetti. Il collo lungo, bianco solitamente, ma ora abbronzato per la lunga estate trascorsa al mare. I capelli mori, tendenti al castano chiaro a causa dei raggi del sole, le cadevano più o meno composti sulle spalle. Con gli anni i riccioli erano stati domati ed ora aveva solamente qualche boccolo sulla parte delle punte. Il suo corpo non era uno di quelli che colpivano. Non era sodo e slanciato come quello di una gazzella, né prosperoso, o tantomeno con tutte le curve al posto giusto. Nell’ultimo periodo aveva fatto molto esercizio fisico, ottenendo una pancia piatta e gambe più toniche, ma questo non poteva compensare il seno piccolo e i fianchi quasi paralleli alla linea delle spalle. Nonostante tutto, non si dispiaceva. Sapeva benissimo che con qualche lavoretto nel mondo babbano avrebbe potuto ottenere ciò che voleva, ma se era nata così, come poteva cambiare la propria natura? Sorrise a se stessa, ormai dimentica dell’incubo che la tormentava negli ultimi giorni.

Io lo definirei più un sogno meraviglioso, non credi?

Ritornò in camera, finalmente una in cui dormiva da sola, che non doveva condividere con nessun’altra ragazza, anche se talvolta le mancava il calore del corpo della sua migliore amica disteso a poca distanza dal suo. Guardò l’ora sull’orologio digitale che le avevano regalato poco prima i suoi genitori. Segnava le 5:57. Tra un’ora si sarebbe dovuta svegliare, ma aveva anticipato i tempi. Guardò fuori dalla finestra i primi raggi del sole che sorgevano sulla foresta circostante e sorrise, per poi avviarsi all’armadio.
Scelse una maglietta a maniche corte nera e un paio di leggings dello stesso colore, che le fasciavano le gambe. Indossò saltellando un paio di scarpe da ginnastica, si fece la coda ed uscì dalla camera. Fortunatamente le suole erano in gomma e non fecero scricchiolare il legno mentre scendeva le scale diretta alla Sala Comune.
Non volava una mosca.
Aprì cautamente la porta e iniziò a correre per i corridoi, diretta ad una porta secondaria, che dava sul Lago Nero. Finalmente uscì nella fresca mattina di Ottobre e prese una grande boccata d’aria. Chiuse gli occhi e si lasciò accarezzare il volto dal tiepido primo sole. Poi aprì le palpebre, un sorriso quasi malizioso che le incorniciava il volto. Non l’avrebbe fatta franca con lei, quel bastardo avrebbe capito ben presto cosa succede a chi si mette contro Hermione Jean Granger.
***
Si svegliò di soprassalto, la fronte sudata, le mani che gli tremavano in modo evidente. Sulle labbra ancora il nome di lei. Si appoggiò con la schiena alla testiera del letto, gettando indietro il capo alla ricerca di un po’ d’aria fresca, la gola arsa che gli doleva quando sospirava.
Come osava?
Come osava intrufolarsi così nei suoi sogni?
Trasformando ogni notte in una lunga e atroce agonia?
Con uno sforzo immenso si alzò dal letto e si diresse borbottando verso il bagno. L’orologio sul suo comodino segnava le 5:45, tra poco più di un’ora si sarebbe dovuto svegliare comunque. Accese la luce quasi dando un pugno al muro e si maledette mentalmente per avere una così debole carne. Anche se il suo spirito era sano e forte, il suo corpo era vittima di troppe tentazioni. Si diresse verso la vasca da bagno, posizionata in un angolo della stanza ed aprì l’acqua fredda. Questa avrebbe sicuramente spazzato via i rimasugli di quel sogno indecente. Si spogliò lentamente, gettando per terra la maglietta bianca a maniche corte e la biancheria, poi entrò nella vasca. Non appena il getto d’acqua raggiunse la sua pelle, sentì come delle scariche di elettricità attraversargli la spina dorsale e strinse dolorosamente la mascella. Facendosi forza mise la testa sotto allo scroscio gelido e si lasciò accarezzare dalla dolce consistenza dell’acqua. Suo padre glielo diceva sempre che l’acqua fredda temprava le membra e la mente, tenendo da parte pensieri che non erano importanti. Girò la manovella della doccia e il getto si fermò. Restò per qualche secondo immobile, con un braccio appoggiato alla parete e il capo posato su di esso, mentre anche gli ultimi spirito bollenti se ne andavano. Prese un asciugamano di spugna bianca e si asciugò energicamente, per poi annodarselo in vita.
Raccolse da terra i suoi indumenti e si fermò a guardarsi allo specchio. Due occhi grigi lo fissarono ostili dall’altro lato, mentre qualche ciocca bionda gli cadeva scomposta sul viso. Si passò una mano tra i capelli, portandoli all’indietro, poi si osservò il mento e le guance, dove una corta e rada barba gli rendeva più scavato il volto. Decise di radersi l’indomani.
Con passo deciso si diresse verso l’armadio e indossò la divisa da Prefetto. Suo padre era stato così fiero di lui quando l’avevano nominato. Calzò il suo solito sorriso malizioso e prese dall’appendiabiti il suo mantello nero, foderato di verde, e si diresse verso la Sala Comune. Ogni tanto si spaventava alla vista di qualche strano essere apparire dietro le finestre che davano sul Lago Nero, ma poi si ripeteva che la scuola esisteva de secoli e che non era mai successo e che quindi non aveva modo di essere preoccupato. Salì in fretta le scale che portavano verso l’esterno ed uscì nella tenera mattina di fine Ottobre.
Il sole era sorto da poco e i suoi raggi si dilettavano a giocare con i riflessi biondi dei suoi capelli. Non si accorse neppure della figura femminile avvolta dalla semioscurità che si allontanava correndo verso destra. I suoi pensieri erano tutti rivolti ad una sola persona. Chi si credeva di essere? Non gliel’avrebbe fatta passare liscia a quella sporca so-tutto-io, avrebbe capito ben presto cosa succede a chi mette contro Draco Lucius Malfoy.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1-Sucker ***


“Pensala come una legge psicologica della fisica. Più hai paura di una cosa, più potere le dai.”
–American Horror Story

Non capiva perché, ma quella mattina Malfoy le sembrava particolarmente ostile nei suoi confronti. Sentiva il suo sguardo bucarle la schiena e mandarla a fuoco. Si trattenne a stento dal girarsi a guardarlo. Era troppo spaventata da quegli occhi gelidi che trasudavano disgusto verso di lei, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Scribacchiava distrattamente le parole della professoressa su di una pergamena, soffermandosi di tanto in tanto ad osservare i giochi di luce che creava il sole sulla sua piuma bianca.
D’un tratto Calì Patil le passò un bigliettino da sotto il braccio senza nemmeno guardarla. Hermione alzò un sopracciglio senza capire. La gemella non le era mai stata particolarmente amica, come mai improvvisamente si metteva a scriverle confidenze durante una lezione?
La ragazza, cercando di non farsi vedere dalla McGrannitt, aprì il foglietto e lo lesse, mentre un brivido le percorreva la spina dorsale.
“Sembra che qualcuno oggi si sia dimenticato che non è più nella sua squallida città babbana, visto il tipo di scarpe che indossa. –M”
Hermione arrossì ed abbassò lo sguardo sulle sue Adidas.
Merda, si era confusa ad indossarle quella mattina. Come mai nessuno glielo aveva fatto notare? Si trattenne nuovamente dal girarsi, ma con circospezione portò il braccio sinistro dietro la schiena e alzò fieramente il dito medio alla serpe seduta dietro di lei. Sentì un mormorio alzarsi dal banco del biondo e sorrise soddisfatta tra sé e sé. Non fece a tempo a godersi la sua piccola vittoria che la professoressa annunciò la fine della lezione, invitando gli studenti a ripassare gli appunti presi in vista di una possibile interrogazione il giorno dopo.
Hermione ripose con cura tutto il materiale nella sua borsa, si mise la treccia su una spalla e affiancò Harry e Ron mentre usciva.
-Sembra che oggi Malfoy ce l’abbia proprio a morte con te.
Commentò semplicemente il suo migliore amico, mentre passavano per la porta.
Allora non se ne era accorta solo lei! Si strinse nelle spalle, socchiudendo gli occhi.
-A quanto pare le mie scarpe non sono di suo gradimento.
Sospirò con fare teatrale, per poi scoppiare a ridere con i suoi amici.
-Oh, Salazar, vi prego. Chiudete quelle bocche… Mi sembra di sentir starnazzare un gruppo di oche giulive.
Disse qualcuno alle loro spalle.
Sembrava strano non avesse fatto ancora nessun commento. I tre si girarono contemporaneamente verso il biondo e i suoi amici idioti, che ora simulavano il verso dell’oca. Hermione alzò gli occhi al cielo sospirando, ecco che c’erano di nuovo.
-Brucia ancora tanto la sconfitta, Malfoy?
Domandò sarcastica, mordendosi un labbro per trattenere una risata mentre vedeva una smorfia contrarre il viso di Draco.
-Non ho proprio idea di cosa tu stia parlando Mezzosangue.
Mentì il ragazzo, facendo un passo verso di loro.
Hermione sentì Ron serrare i pugni accanto a lei e sperò in cuor suo che non decidesse di perdere le staffe.
-Dell’immensità del cazzo che me ne frega della tua opinione furetto.
Ribattè lei con un sorriso.
I social network babbani servono qualche volta, soprattutto se ti forniscono su un piatto d’argento il modo di zittire una persona. Vide infatti la serpe annaspare per trovare qualcosa con il quale risponderle per le rime, mentre Harry le sussurrava “Stavolta l’hai spento”. Sentì l’orgoglio crescerle dentro per aver mantenuto fede alla promessa fatta quella mattina. Alla fine il ragazzo si arrese, guardò per qualche istante negli occhi la grifone, poi diede le spalle al trio e si allontanò con le mani in tasca, borbottando qualcosa.
Anche il gruppo di amici gli voltò le spalle e iniziò a dirigersi verso i loro dormitori, con un sorriso sulle labbra. Nessuno fece commenti su quanto appena accaduto, gli scontri con Draco Malfoy erano all’ordine del giorno. Oliver Baston girò l’angolo e quasi si scontrò con Hermione. Di nuovo la ragazza rimase colpita da quanto fosse bello il ragazzo, poi abbassò gli occhi e si allontanò, visto che il capitano doveva parlare con i suoi amici. Mentre percorreva i corridoi del castello, si era resa conto però che aveva vinto una battaglia, non la guerra. E che non vedeva l’ora di battersi di nuovo col suo nemico.

***

-Dell’immensità del cazzo che me ne frega della tua opinione furetto.
Vide ribattere la mora con un sorrisetto da schiaffi stampato in volto.
Quanto avrebbe voluto strapparle la lingua per metterla a tacere una volta per tutte. Cercò di formulare un commento ironico su di lei o sulle sue orrende scarpe babbane, ma nessuno era abbastanza tagliente. Quindi la guardò qualche istante negli occhi, facendole capire che non sarebbe finita lì, poi si girò e se ne andò con le mani in tasca.
-Quella stupida, arrogante, sudicia Mezzosangue.
Borbottò tra sé, mentre i suoi scagnozzi lo raggiungevano al suo fianco.
-Sparite coglioni.
Gli abbaiò contro, senza degnarli di uno sguardo. Sentì i passi dei tre allontanarsi e si diresse verso un’ala vuota del castello. Nulla si muoveva lì, né faceva alcun rumore. Amava il silenzio, Draco. Era così tranquillo, in fondo. Adorava quei pochi momenti di pace in cui poteva sedersi in un angolo, chiudere gli occhi e stare semplicemente in silenzio. Si sedette sul balcone interno di una grande finestra appannata e appoggiò la schiena alla pietra dura e fredda, reclinando il capo all’indietro, socchiudendo le palpebre.
Doveva assolutamente battere la Granger, due a zero per lei in una sola giornata era veramente troppo. Cosa gli succedeva? Dov’erano il sarcasmo senza pietà e la sua implacabile lingua tagliente?
La Mezzosangue era una così facile preda per le prese in giro, sembrava quasi una calamita per lui.
In questo senso e in altri.
Non faceva che pensare a lei in quegli ultimi tempi. Cosa le era accaduto durante l’estate? Un così rapido e profondo doveva essere frutto di un pesante lavoro. Perché l’aveva fatto? In fondo lei era…
No.
Non era nulla, solo un’altezzosa Sanguesporco.
Il ragazzo si passò una mano sul viso ed emise un verso a metà tra un grugnito ed un sospiro.
Quindi si alzò.
Aveva bisogno di un’altra doccia fredda.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2-Patrol ***


“Tutti hanno una cosa senza la quale non possono vivere, scoprirò qual è la tua, non temere”
Shadownhunters Le Origini, L’angelo

Quell’anno c’era una novità: Hermione, oltre che Prefetto, era stata nominata anche Caposcuola dei Grifondoro. I Caposcuola erano le massime autorità studentesche di Hogwarts, due per ogni Casa, un maschio e una femmina. Per la sua Casa erano stati scelti lei e Jimmy Peakes, uno dei battitori, un ragazzo robusto e silenzioso, ottimo per controllare gli studenti e farli rigare dritto; per Corvonero erano stati nominati Lisa Turpin e Terry Steeval e per i Tassorosso c’erano Hannah Abbott e Justin Finch-Fletchey.
La cosa più tediosa di tutte? Che il Caposcuola maschio di Serpeverde era Malfoy.
Malfoy!
Hermione si era già domandata come avessero potuto anche solo eleggerlo a Prefetto, ma questo del Caposcuola era davvero uno scandalo! Insomma, era risaputo che Malfoy era uno che non diceva mai di no ad un incontro o ad una festa clandestina, come poteva far vigere l’ordine tra i corridoi della scuola? Fortunatamente al suo fianco avevano messo Astoria Greengrass, una delle poche serpi con un po’ di sale in zucca e poca voglia di attaccar briga.
Hermione scosse sconsolata la testa facendo volare i riccioli mori mentre si avviava al fianco di Jimmy al luogo di ritrovo dei Caposcuola quella sera per iniziare la ronda notturna del castello.
Quando arrivarono davanti alla Sala Grande l’orologio battè le dieci. Erano in perfetto orario, come gli studenti di Corvonero. I Tassorosso arrivarono pochi istanti dopo, seguiti dalla Greengrass, che si scusava in anticipo per il ritardo del suo compagno. La Granger roteò gli occhi e fece una smorfia, per poi controllare la lista che le porgeva Lisa. Non facevano mai pattuglia notturna in coppia col ragazzo della stessa Casa, ma con quello di qualche altra. Avevano deciso in anticipo di non far mai incontrare lei e Malfoy, per non creare problemi. Quella sera doveva controllare il quarto piano con Justin. Si strinse tra le spalle e provò compassione per Hannah, che doveva aspettare Malfoy per chissà quanto altro tempo.
Justin non era un ragazzo spiacevole, anzi, aveva una parlata brillante per essere un Tassorosso e riusciva a farla ridere. Aveva anche una bella presenza: era più alto di Hermione di una testa circa, aveva i capelli tagliati corti e neri e gli occhi verdi, le spalle larghe e un bellissimo sorriso, che metteva di buonumore chiunque. Anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti a nessuno, Hermione era sicura che quel ragazzo solare ed estroverso le piacesse almeno un po’.
Salirono in silenzio le scale, attenti ad eventuali cambiamenti, che però quella volta non avvennero. Erano avvolti da un silenzio imbarazzante, i loro passi che rimbombavano nel corridoio vuoto, mentre camminavano tranquillamente a qualche decina di centimetri di distanza, i loro respiri che si sentivano appena. Svoltarono a sinistra, in un’ala particolarmente buia del castello e che aveva sempre messo un po’ di soggezione alla ragazza. Senza rendersene conto si avvicinò al ragazzo, tendendo le orecchie a qualunque rumore sospetto che potesse indicare la presenza di qualcuno o di qualcosa. Effettivamente non era esattamente un comportamento da Grifondoro, ma l’avevano sempre inquietata gli spiriti che si aggiravano tra le mura dell’ala di Corvonero. Rabbrividì quando sentì l’alito freddo di qualcosa arrivarle sulla nuca, facendole drizzare i capelli. Istintivamente si gettò addosso a Justin, che reagì ridendo e mettendole un braccio attorno al corpo, stringendola a sé.
Hermione riuscì ad immaginare il suo sorriso nel buio.
-Tranquilla, è solo un fantasma, si divertono a spaventare le ragazzine.
Le sussurrò vicino ad un orecchio, solleticandole la pelle con le sue labbra.
Ad Hermione scappò un sorriso.
-Ma io non sono una ragazzina.
Ribattè lei, la risata nella voce, che la rendeva così sensuale agli occhi del Tassorosso.
-Provalo, allora.
La sfidò Justin, girandola verso di sé con un sorriso di scherno dipinto sul volto, la luce flebile delle torce che rischiaravano i muri di pietra qualche metro più in la che giocavano sugli angoli del viso di Hermione. Anche lei sorrise, in un modo leggermente malizioso, e si mise in punta di piedi per dire qualcosa all’orecchio del ragazzo, quando una voce sprezzante distrasse la ragazza.
-Oh, scusate tanto, pensavo che questo fosse un turno di ronda, non un’occasione per limonare la prima Mezzosangue che capita.
Ovviamente si trattava di Malfoy.
Hermione vide nero per un istante, poi si girò e si lanciò come una furia contro la serpe. Venne fermata un istante prima che mollasse un pugno in faccia a Draco, grazie a Justin che la prese saldamente per un braccio, sussurrandole di stare calma.
Ma Hermione non ce la faceva più a stare calma. Tutte le notti quei sogni assurdi, che le rubavano ore di sonno preziose, i continui commenti spavaldi, le offese, le prese in giro… Aveva sopportato quella situazione per sei lunghi anni, ma quest’anno in particolare stava superando tutti i limiti di sopportazione. Non passava giorno senza che impazzisse dalla rabbia e si torcesse le mani per non aggredirlo. Non capiva cosa le stesse succedendo, non era mai stata una ragazza particolarmente aggressiva, ma Malfoy le faceva un effetto totalmente diverso dai vecchi bulli della scuola babbana.
-Fatti i cazzo di affari tuoi, Malfoy!
Gli sibilò contro, smettendo di cercare di liberarsi dalla presa di Justin e mettendosi a posto la camicia bianca.
Il biondo sbuffò facendo volare un ciuffo di capelli e la guardò alzando un sopracciglio.
-Guardala come è aggressiva la Sanguesporco…
La canzonò il ragazzo, assumendo quell’aria strafottente che faceva andare via di testa Hermione. 
Si morse nervosamente l’interno della guancia mentre cercava di dare retta alla ragione e non al cuore, che batteva troppo velocemente, preso dall’ira.
-Vattene, Malfoy, questo non è il piano che dovevi ispezionare.
Disse a denti stretti Justin, mettendo una mano sulla spalla ad Hermione, inducendola a calmarsi.
Draco alzò le mani in segno di resa, un sorriso spavaldo ancora dipinto sul volto.
-Scusa, scusa… Mi annoiavo così tanto con quell’inutile Tassorosso che avevo deciso di venire a riscaldare un po’ la serata alla Granger. Direi obbiettivo raggiunto.
Stavolta fu Hermione a trattenere Justin per il mantello, attirandolo a sé. Malfoy aveva quest’effetto su tutti quanti, persino su qualcuno come lui. Incitava alla violenza, all’arroganza, all’egoismo… Come se da lui si sprigionasse un alone della sua sfacciata ostentata superiorità, spingendoti ad odiarlo dal profondo.
-Comunque adesso vado, continuate pure a sbaciucchiarvi o a fare altro, non voglio assistere di nuovo ad una scena da voltastomaco.
Sentenziò scoppiando a ridere mentre scendeva le scale e i suoi passi si perdevano nel castello.
Hermione si accorse solo allora di trattenere il fiato e si lasciò andare in un lungo sospiro. Si allontanò da Justin e si rassettò la divisa, schiarendosi la gola. In quell’istante la campana della mezzanotte risuonò, liberandola dall’incarico di controllare i corridoi.
-Allora, a domani, Hermione.
Sussurrò Justin in evidente imbarazzo.
La ragazza annuì e scese leggera le scale diretta al suo dormitorio. Aveva un disperato bisogno di dormire.
 E di trovare un modo per vendicarsi di Malfoy.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3-Stranger ***


“Le persone si fermano a giudicare dall’aspetto esteriore, dalle voci di corridoio e non sanno mai come stanno veramente le cose. Non hanno mai il coraggio o la voglia di conoscerti a fondo.”
My dilemma is you

Di tutta Hogwarts la Stanza delle Necessità era la cosa che più piaceva ad Hermione Granger. Adorava il fatto che riuscisse a darle sempre ciò di cui aveva bisogno, anche quando nemmeno lei sapeva di cosa sentisse l’esigenza. Quella volta, però, aveva perfettamente chiaro ciò che desiderava. Aprì gli occhi e si trovò in una piccola stanza con grandi vetrate che mostravano il mare invernale in burrasca che si infrangeva contro un’alta scogliera, una libreria sulla parete sinistra, un comodo divano in tessuto rosso, un gatto acciambellato davanti ad un camino.
Sorrise.
Le sarebbe piaciuto tanto avere una biblioteca così a casa sua, magari con un antico mappamondo in un angolo.
Sospirò, sentendo improvvisamente sulle spalle il peso di quella lunghissima giornata. Si distese sul sofà, chiamando a sé il gattino grigio, che le salì pigramente sul ventre, riscaldandola con calore del suo corpo. La ragazza allungò la mano verso destra, dove c’era un tavolino con sopra appoggiata una copia di “Maze Runner, Il Labirinto”, il suo libro preferito. Fece scorrere le pagine davanti al viso, in modo da sentire il dolce profumo della carta stampata, che tanto amava. Aprì il volume alla pagina segnata da un segnalibro bianco e blu, con un’ancora dorata disegnata sopra, e si immerse nella lettura, sempre con un angolino della mente che lavorava su come vendicarsi della serpe.
L’illuminazione le venne leggendo la descrizione di Newt, il suo personaggio preferito dopo Minho. Il Raduraio aveva i capelli biondi, proprio come Malfoy. La ragazza appoggiò il libro sul tavolino, mentre pensava al modo più orribile di far pentire il furetto di ciò che era successo la sera precedente. Malfoy era fanatico dei suoi capelli, li adorava, soprattutto perché erano uguali a quelli del padre, quindi segno della sua appartenenza alla sua facoltosa famiglia. Hermione sorrise maliziosamente quando finì di progettare il suo piano malefico, poi si mise nuovamente a leggere.
Si sarebbe pentito di ciò che aveva fatto, oh se si sarebbe pentito…
***
Quella mattina non si sentiva bene, a colazione doveva aver mangiato qualcosa che gli aveva dato fastidio allo stomaco, o forse aveva un po’ di influenza, dato che gli era venuto anche un mal di testa pazzesco. Draco Malfoy si premette le mani sulle orecchie, cercando di creare il silenzio nella sua mente.
Era seduto su una fontana nel cortile della scuola, cercando di prendere un po’ di caldo tramite i tiepidi raggi del sole di mezzogiorno. Alla sua destra c’era Blaise, mentre alla sinistra sedeva Theodore.
Dio come gli sarebbe piaciuto tappare la bocca a quella gallina della Parkinson, che cianciava con Daphne di quanto fosse orribile la nuova collezione di un famoso stilista.
Alla fine si rassegnò a sopportare quel dolore lancinante per il resto del giorno e, con un grugnito, si appoggiò con la schiena alla fontana. Aprì lentamente gli occhi e ci mise un po’ per focalizzare la figura che sedeva davanti a lui, sul colonnato della scuola. Gli occhi cioccolato della Granger lo fissavano divertiti, mentre la sua bocca era piegata in un ghigno. Si divertiva a vederlo soffrire, allora.
Bella stronza.
Poi, improvvisamente, l’espressione della ragazza cambiò, tramutandosi in una di malcelato stupore. La bocca della Mezzosangue si spalancò e sgranò gli occhi, mentre lo indicava ai suoi amici.
-Oddio, guardate i capelli di Malfoy!
Gridò divertita, scoppiando poi a ridere, seguita a ruota da praticamente ogni studente presente in quel momento in cortile.
Con orrore Draco si passò una mano tra i capelli, ma non notò nulla di strano nella loro consistenza. Poi gli arrivò un’illuminazione.
-Nott, dammi uno specchio. Muoviti!
Ringhiò all’amico, che lo guardava esterrefatto.
Fu Pansy a passargliene uno e, quando vide il suo riflesso, un urlo di orrore gli morì in gola.
I suoi capelli, i suoi meravigliosi capelli biondi erano diventati…rosa e blu!  La maggior parte della sua chioma era orami di un rosa acceso, quasi fluorescente, e qualche ciocca era di colore blu elettrico.
Cosa?! Come erano diventati così?
Qualcuno gli aveva lanciato un incantesimo?
Lo aveva stregato?
In quel momento si accorse che tutti i sintomi che avvertiva poco prima erano completamente svaniti. Ma certo, qualcuno gli aveva messo una pozione nel caffè, per questo sembrava stranamente amaro. Un impeto di rabbia lo travolse e si trattene appena in tempo dal prendere il primo a caso tra i maghetti da quattro soldi che sghignazzavano guardandolo. Poi lo sguardo gli cadde su una figura alta e slanciata nella sua divisa nera, gli occhi che se la ridevano, lo sguardo soddisfatto, come se tutto fosse andato esattamente secondo i sui piani, le braccia incrociate sul petto, fieramente, il mento alto, un’espressione tatuata sul volto che sembrava dirgli “Piaciuta la sorpresa, Malfoy?”. Non sapeva perché ma se l’era immaginata davanti agli occhi che gli diceva esattamente quelle parole. Furente, si diresse verso di lei, sfoderando la bacchetta e puntandogliela al collo. La ragazza lo guardò con gli occhi spalancati, pieni di paura, scostandosi leggermente dalla sua traiettoria.
Ma che brava attrice.
-Smettila di fare la finta tonta, Granger, so che sei stata tu!
Le gridò contro sentendosi avvampare per la rabbia.
La Grifondoro estrasse la sua bacchetta e la tenne contro il suo fianco, puntata verso terra. Gliel’avrebbe fatta pagare a quella sudicia Mezzosangue.
-Non hai nulla con cui accusarmi, sei solo accecato dall’odio.
Ribattè la mora, facendogli abbassare la bacchetta, che però l’ex-biondo riportò contro il suo petto, gli occhi che saettavano.
L’avrebbe strangolata davanti a tutti, se solo avesse potuto.
-Ah no? Tu sei stata la prima a notarlo, e sappiamo tutti che mi odi tanto quanto ti odio io.
La rimbeccò la serpe, allontanandosi di poco da lei, ma tenendo sempre la guardia alta.
-Sei uno stupido, se credi che mi esporrei così tanto solo per una futile litigata, Malfoy. La verità è che non vedi l’ora di avere un pretesto per attaccar briga con me, non è vero? Beh trovatene un altro!
Gridò la ragazza, avanzando verso di lui e facendolo, involontariamente indietreggiare.
Vedendosi alle strette, schiumante di rabbia, Draco alzò la bacchetta e la agitò contro di lei.
-Stupeficium!
Urlò, sperando con tutto se stesso che nessuno in realtà si facesse male, chissà come sarebbe finita.
-Protego!
Si difese la ragazza, esaudendo le preghiere di Draco.
Ma in fondo, che gliene importava a lui se anche la Granger si schiantava? Tanto meglio, un gran peso tolto dalle sue spalle.
-Ma sei pazzo?!
Intervenne lo Sfregiato, riparando la Granger dietro il suo corpo e guardando il ragazzo negli occhi.
Solo allora Draco si rese conto di aver davvero esagerato, erano pur sempre a scuola. Riluttante abbassò gli occhi e la bacchetta. Vide i piedi di Potter girarsi e spingere via la Mezzosangue, dicendole che era meglio se ritornavano al dormitorio prima che Malfoy tentasse di ucciderla un’altra volta.
Con la dignità macchiata, il cuore pieno d’ira, gli occhi colmi di lacrime per l’umiliazione, Draco Lucius Malfoy si avviò verso le segrete del castello.
In cosa lo stava trasformando Hermione Jean Granger?

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Capitolo 5
*** Capitolo 4-Puppets ***


“No, Roberto, è inutile che lo neghi. Lo sappiamo entrambi che siamo solo burattini nelle mani del destino.”
–Berlin
 
Dopo l’evento dei capelli di Draco, tra la serpe e la grifone si azionò un carosello di vendette e dispetti che sembrava non dovesse mai finire. Nessuno dei due aveva intenzione di darla vinta all’altro.
Era già passato Ottobre e ormai Novembre era al termine ormai, si sentiva nell’aria la fibrillazione per l’imminente arrivo della neve e delle vacanze di Natele. Hermione non sarebbe tornata a casa per festeggiare perché aveva deciso di regalare ai suoi genitori una piccola vacanza a Berlino. Lei aveva visitato la città due estati prima e ne era rimasta incantata, quindi per il ventesimo anniversario di matrimonio dei suoi li voleva rendere partecipi di quella meraviglia. Stava camminando sovrappensiero per il porticato che dava sul giardino della scuola, ma una voce nota richiamò la sua attenzione.
-Che fai Granger? Conti i giorni che ti dividono dal ritorno alla tua vita babbana?
Si girò verso Malfoy, appollaiato sul muretto del colonnato.
Aveva appena aperto bocca per ribattere, quando qualcosa di liquido, vischioso e puzzolente le si versò addosso, inzuppandola da capo a piedi.
Non riusciva a crederci, non voleva crederci.
Questa volta il biondo aveva davvero esagerato, ma non sembrava averci fatto caso, visto che stava allegramente sghignazzando con i suoi amici. Hermione aveva gli occhi chiusi e non intendeva aprirli. Sentiva lo stomaco attorcigliarsi su se stesso e temette di dover vomitare.
Feci e urina. Era ricoperta di feci e urina.
-Non sei contenta Mezzosangue? Sei zuppa del tuo stesso sangue…
La provocò ulteriormente Malfoy, mandando in frantumi anche l’ultimo briciolo della resistenza psicologica di Hermione. Non si ricordava quando aveva pianto l’ultima volta, forse al funerale del suo nonno materno. Non aveva mai pianto per una presa in giro o altri motivi futili, ma stavolta sentiva gli occhi inumidirsi e la gola ridotta ad uno spillo. Spalancò le palpebre e fissò gli occhi addolorati in quelli sprezzanti della serpe, per fargli capire quanto l’avesse ferita stavolta.
Che si godesse pure la sua vittoria.
Vide Malfoy trattenere bruscamente il fiato e smettere di ridere quando si accorse delle lacrime che facevano scintillare le iridi castane della Granger.
Poi Hermione si voltò e iniziò a correre verso il suo dormitorio piangendo in silenzio, le lacrime che le pulivano le guance ma non l’anima da quella macchia di disonore, che andava via via allargandosi sempre di più. Fortunatamente non trovò nessuno in Sala Comune e si lanciò su per le scale, chiudendo la porta a chiave dietro di lei. Nessuno avrebbe capito che stesse piangendo se non per i lucciconi che le scorrevano sugli zigomi e sulle labbra, cadendo sulla divisa sporca.
Non sospirava, non singhiozzava, non emetteva alcun suono.
Entrò in doccia così com’era, aprì il rubinetto e si accoccolò sul piatto-doccia, lasciando che l’acqua le scivolasse addosso, portandosi dietro gli scarti umani che le impregnavano il corpo. Non sentiva nulla dentro di lei, se non un sordo dolore.
Dolore.
Non avrebbe mai immaginato che Draco Malfoy le potesse fare tanto male. Evidentemente si sbagliava. Mai sottovalutare il veleno delle serpi. Eppure, non sapeva spiegarselo, ma il fatto che fosse stato proprio Malfoy a farle un torto così grande la faceva sentire ancora peggio. Ringraziò solo che ci fossero solo loro ad assistere alla scena, visto che il resto della gente stava facendo lezione. Non sarebbe riuscita ad accettare un dispetto di quella portata davanti al resto della scuola.
E se Malfoy l’avesse raccontato in giro?
No, non si sarebbe permesso, aveva visto la sua espressione, quando si era accorto che stava per piangere. Nessuno ad Hogwarts l’aveva mai vista piangere, nemmeno se stessa. Il pianto è da deboli, se lo ripeteva sempre. Eppure stavolta aveva ceduto.
Perché?
Non aveva voglia di parlarne con nessuno, nemmeno con Ginevra, che sapeva tutto di lei. Preferiva fare finta che nulla fosse successo. Invece era successo. Eccome se era successo. Prese un flacone a caso di sapone da terra, l’aprì e se lo versò completamente addosso, creando una montagna di schiuma profumata alla vaniglia.  Non le importava se la sua pelle sarebbe poi profumata a sua volta, lei si sarebbe comunque sentita sporca. Sporca dentro. Tutti quegli anni a sentirsi chiamare Mezzosangue, Sanguesporco, Sanguemarcio l’avevano indotta a pensare che davvero il suo sangue non fosse all’altezza di quello dei nati da maghi.
E poi questo.
La ciliegina sulla torta. Quando l’acqua si fu trascinata via anche l’ultima bolla di sapone si alzò ed uscì grondante dalla doccia. Si guardò allo specchio per un lungo istante. Il poco trucco colato, i capelli appiccicati alla faccia, gli occhi feriti, le lacrime ormai non scendevano più.
Con un impeto di rabbia Hermione prese a graffiare il suo riflesso, i denti digrignati, un urlo che le stava morendo in gola.
Emise un singhiozzo e si fermò, osservandosi le unghie spezzate e scosse energicamente la testa. Si tolse i vestiti e li lanciò in doccia, non sapendo bene cosa doverne fare. Il suo cuore le suggeriva di bruciarli, la mente le ricordava che sarebbe rimasta con una sola divisa. Decise quindi di lasciarli lì, poi li avrebbe stesi ad asciugare.
Completamente nuda, Hermione entrò in camera sua e si distese pigramente sul letto, tirandosi addosso le lenzuola, per poi infilarcisi sotto. Si raggomitolò su stessa per scaldarsi, ma presto si accorse che non era il suo corpo ad avere freddo, ma il suo cuore ferito. Lo sentiva lacerarsi, lo vedeva grondare sangue, venire spremuto in un pugno da una figura che poi si accorse essere Draco Malfoy, un sorriso crudele dipinto in volto, i capelli pettinati all’indietro, gli occhi divertiti. Fece un profondo respiro e prese a chiedersi perché le facesse così tanto male.
Si chiese molte cose.
Come il perché il Serpeverde la odiasse tanto, anche se a lei sembrava di non avergli mai fatto un torto in particolare.
Come il perché la gente prova orgoglio e addirittura gioia nel vedere soffrire le altre persone.
Come il perché lei non riuscisse proprio a godere delle sue ripetute vendette su Malfoy.
Nemmeno quando gli aveva versato una pozione nel caffè e i capelli gli erano diventati rosa a ciocche blu era riuscita ad essere felice, vista l’espressione del ragazzo quando si era incamminato mogio mogio verso i sotterranei.
Forse lei era diversa, forse lei aveva qualcosa nella mente che le impediva di essere davvero crudele.
Era una Grifondoro infondo. Sorrise distrattamente, poi girò il viso verso il cuscino ed emise un lungo, agghiacciante urlo, che si perse nell’imbottitura del guanciale. Quando finì aveva le guance rosse, la bocca asciutta e la gola che bruciava. Ma finalmente, lo sentiva solo ora, si era davvero sfogata.
Non avrebbe più fatto nulla a Malfoy. Decise di alzare bandiera bianca e di arrendersi.
Aveva vinto lui.
Questa ennesima battaglia e la guerra.
Avrebbe sicuramente festeggiato, la serpe. Magari trascinandosi a letto qualche bella donzella.
Hermione non riuscì a capire perché, ma a quel pensiero gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime amare.
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5-Edge of the Knife ***


“Siamo creature stupide e incostanti, con la memoria corta e un grandissimo talento per l’autodistruzione”
Hunger Games, Il canto della rivolta
 
Le vacanze di Natale erano passate tranquille per Hermione. Harry e Ron avevano insisto fino all’ultimo minuto perché lei andasse con loro alla Tana, ma ormai aveva deciso di restare al castello e lì sarebbe rimasta. In quelle due settimane aveva legato molto con Justin, Luna e un altro ragazzo della casa Corvonero di un anno più grande di loro. Era molto simpatico ed era un Nato-Babbano come lei.
Fortunatamente Malfoy era partito e lei non aveva dovuto sopportare la sua presenza almeno durante il suo periodo di libertà. Tra lei e Justin non c’erano state più allusioni a flirt o altro, fatta eccezione per la sera di Natale durante le quale si erano trovati da soli nella stanza del Tassorosso e si erano trattenuti dallo spingersi oltre qualche bacio. Si erano staccati l’uno dall’altra coi capelli scompigliati e le guance arrossate, si erano guardati dritto negli occhi ed erano scoppiati a ridere.
-Promettimi che non lo faremo mai più!
Aveva esclamato Justin allontanandosi da lei senza smettere di ridere.
Hermione si era messa una mano davanti alla bocca, contenta che l’assurdità di quella situazione si fosse ripiegata sul ridere. Era evidente che non fossero fatti per stare assieme ed avevano deciso entrambi di fare come se non fosse successo nulla.
E così si erano comportati.
La ragazza si reputò estremamente fortunata per la montagna di regali comparsa ai piedi del suo letto la mattina di Natale. Due erano da parte di Harry e Ron, uno dalla Signora Weasley, e consisteva nel tipico maglione che quell’anno era bianco e cobalto, uno dai suoi genitori, due da sua cugina Abby e uno da parte delle gemelle che aveva conosciuto in spiaggia quell’estate. Oltre al maglione aveva ricevuto un paio di cuffie per ascoltare la musica, degli scaldamuscoli, un libro babbano intitolato “Red”, un abito corto nero e rosso, un cappello blu con su scritto “Obey” e un telo mare. Inoltre Justin e Luna si erano messi d’accordo per procurarle mezzo chilo di marshmallow da arrostire davanti al fuoco insieme a Colton, il Corvonero del settimo anno.
Insomma, tra lo studio e i festeggiamenti non aveva avuto il tempo materiale per pensare a Malfoy e al loro ultimo scontro.
Fino al nove gennaio di quell’anno.
Hermione era andata ad accogliere i suoi amici di ritorno dalle vacanze sulla banchina dell’Hogwarts Express, avvolta in un cappotto grigio e una sciarpa color notte che faceva a coppia col suo cappello nuovo. Stava congelando a causa dei fiocchi di neve che le bagnavano i vestiti e sperò con tutta se stessa che il treno si sbrigasse ad arrivare. Le sue preghiere furono esaudite perché in quell’esatto istante comparve la colonna di fumo che segnalava l’avvicinamento della locomotiva e pochi minuti dopo la ragazza stava già abbracciando i suoi migliori amici e Ginny. Anche loro avevano passato bene il Natale e la sua amica le fece i complimenti per il cappello. Lei le fece la linguaccia e le scompigliò i capelli rossi pieni di neve quando qualcuno la urtò malamente. Si girò pronta a dirgliene quattro quando incontrò gli occhi di Malfoy che la fissavano dall’alto.
-Scusa, Granger.
Mormorò mentre se ne andava, lasciando la ragazza a fissarlo a bocca aperta.
Anche gli altri avevano sentito ed ora avevano la sua stessa espressione.
-Sapete per caso se Malfoy recentemente ha assunto qualche sostanza stupefacente?
Domandò Ron mentre si incamminavano verso il Castello dopo aver consegnato i bagagli ad Hagrid che li stava lentamente caricando sulle slitte trainate dai Thestral.
-Magari non ti ha riconosciuta, così bardata come sei.
Ipotizzò Ginevra, ma tutti sapevano che l’aveva guardata negli occhi e l’aveva chiamata col suo cognome.
Lui sapeva chi aveva davanti e si era scusato. Hermione, da che era a scuola, non l’aveva mai sentito scusarsi praticamente con nessuno. E ora si assumeva addirittura la colpa nei suoi confronti? Che cosa gli stava succedendo?
Forse non era l’unico che era cambiato da quando si erano parlati l’ultima volta.
 
***
 
Che gli era preso?!
Scusarsi con la Mezzosangue?!
Poco tempo prima avrebbe domandato perdono a fatica persino alla sua ristretta cerchia di amici, e ora andava a dirlo a lei?
Okay, si era prefissato mentalmente di non essere eccessivamente crudele con lei, non certo di essere gentile. Che qualcuno gli avesse lanciato un incantesimo Semper Graderis?
Ebbe la certezza che ciò non era successo quando diede del cretino ad un ragazzino Tassorosso del terzo anno che gli tagliò la strada correndo insieme ai suoi amici.
Si passò una mano sul volto mentre scendeva gli scalini che portavano ai sotterranei.
Ripensò al suo ultimo scherzo del quale, odiava ammetterlo, non andava troppo fiero. Si era davvero spinto oltre con quel gesto, in fondo non aveva macchiato il nome della sua famiglia, gli aveva solamente colorato i capelli, e l’effetto era svanito dopo qualche ora.
Ricordò con orrore le vesti della ragazza appiccicate al suo corpo da ciò che le aveva versato addosso, gli occhi serrati, i capelli bagnati. Gli venne un conato di vomito solo a pensare di essere nei suoi panni.
Poi era avvenuto l’impensabile.
L’aveva vista arrossire.
L’aveva vista adirarsi.
L’aveva vista pensierosa.
L’aveva vista triste.
Ma mai, mai da che si ricordava, l’aveva vista piangere.
E invece quella volta aveva pianto.
Una morsa gli strinse lo stomaco, simile a quella che aveva provato quel giorno. Forse era la sorpresa di quella reazione o la paura delle sue conseguenze, ma Draco sentiva che c’era qualcosa di più grande e forte sotto.
Il senso di colpa.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6-Amortentia ***


“E’ arrivato il momento che le cose diventino difficili” -Maze Runner, La Fuga

Hermione Granger odiava Pozioni. E, soprattutto, odiava dover fare la lezione con quegli insopportabili Serpeverde, tanto per cambiare. Se ne stavano per i fatti loro tutto il tempo, mettendosi a mescolare qualcosa a caso nel calderone quando il professor Lumacorno gli si avvicinava chiedendogli a che punto fossero. Davvero non aveva mai visto un comportamento più ripugnante, ma certo non poteva aspettarsi molto di più da un gruppo di scellerati, rompiscatole, piantagrane, viscidi, insopp…
-Hermione, stai bene?
Le chiese Harry, fissandola da sopra gli occhiali spessi, mentre prendevano posto nei posti in fondo alla classe, rigorosamente nella parte destra, divisi dalle Serpi come se avessero la peste.
Appoggiò i suoi libri sul banco con un sospiro, legandosi i capelli ricci in una coda alta con un nastro azzurro.
-Sì, tranquillo, ero solo sovrappensiero.
Fece lei in risposta.
Harry non le credeva, glielo si leggeva benissimo in viso, ma prima che potesse aprire bocca il professore entrò in classe, salvandola da un interrogatorio solamente rimandato per ora.
-Buongiorno a tutti, ragazzi miei.
Li salutò allegro Lumacorno, seguito poi da uno scomposto coro di saluto proveniente esclusivamente dalla parte dei Grifoni.
Villani” pensò dentro di sé la ragazza mentre apriva il libro a pagina 186 come l’insegnante aveva scritto alla lavagna.
Un brusio si alzò subito dalle fila di banchi non appena i ragazzi lessero il titolo del capitolo mentre solo un brontolio confuso uscì dalle labbra della strega.
-Proprio così, ragazzi.
Fece il professore, voltandosi verso di loro con un calderone piuttosto grosso tra le braccia, per poi appoggiare con un tonfo il peso sulla cattedra.
-Amortentia, uno dei filtri d’amore più potenti e pericolosi al mondo.
Spiegò, appuntando tutto alla lavagna muovendo la bacchetta, che fece alzare in volo un gesso che tracciò ogni parola che l’uomo diceva sull’ardesia verde scura.
-Tanto che il Ministero della Magia ne ha proibito l’uso.
Recitò Hermione annoiata, appoggiando il viso su una mano.
Ma a chi importava di quello stupido intruglio? Procurava solo guai, ecco tutto. Faceva perdere la testa per qualcuno, incasinando ogni cosa ancora di più. Capiva bene perché il Ministero l’avesse vietato.
-E infine Acqua di Luna.
Recitò il professore, tra i mormorii eccitati della sezione femminile di tutte e due le Case.
Hermione alzò gli occhi al cielo quando, dopo aver aperto il coperchio del calderone, ogni ragazza presente allungò il collo verso di esso. I suoi occhi, però, furono subito catturati da un particolare che prima non aveva notato.
Dall’altra parte della classe, qualche fila di banchi più in avanti di quello dove si trovava, Draco Malfoy aveva assunto la sua stessa faccia disgustata e la guardava. Sussultò non appena si rese conto che la Grifona aveva intercettato il suo sguardo e si girò verso la cattedra, facendo scaturire più di un pensiero nella mente della ragazza.
Si era imposta di non pensare più ne a Malfuretto ne a ciò che era successo il giorno del rientro a casa dalle vacanze, quando lui si era addirittura scusato con lei. Perché adesso la guardava? Voleva parlarle? Dirle che si pentiva di ciò che aveva fatto più di un mese prima? Beh non le interessava minimamente.
-Come sapete questa pozione ha un profumo diverso da persona a persona, secondo le fragranze che gli piacciono di più, anche se la persona non si rende conto che la fragranza le piace. Solitamente il soggetto sente l'odore dell’uomo o della donna che l'attrae di più, o di cui è innamorato.
Stava dicendo Lumacorno, per poi fare cenno a Lavanda Brown di avvicinarsi a lui.
La ragazza si alzò incerta, trotterellando verso la cattedra mentre faceva svolazzare i lunghi capelli biondi.
-Adesso, ragazzi, vi invito a mettervi in fila, in modo da sperimentare voi stessi l’effetto dell’Amortentia. Non dovrete berla, ma solamente sentirne l’odore e, se lo desiderate, condividerlo con il resto della classe.
Fece con un sorriso, al quale seguirono rumori di sedie trascinate sul pavimento e chiacchiere ad alta voce, seguite da un secco “State zitti!” urlato da Hermione, che si guadagnò l’occhiataccia di più di un’oca.
Non capiva davvero che senso avesse tutta quella pantomima, ma se faceva felice il professore allora era disposta a fare un sacrificio.
Lavanda si chinò sul calderone, dal quale scaturì una nuvoletta di fumo color lillà, che la investì in pieno viso, facendola sospirare.
-Sento profumo di shampoo al girasole, colonia al ciclamino e caramelle ai fiori d’arancio.
Disse in un soffio, socchiudendo gli occhi per poi correre via, nascondendosi pateticamente il volto tra le mani.
Nemmeno avesse svelato chi le piacesse.
Forse” pensò Hermione “sarebbe stato meglio se si fosse concentrata di più su Erbologia, visto che sembravano piacerle così tanto i fiori.”
Aspettò pazientemente che tutti elencassero le cose scontate di cui sentivano l’odore, poi arrivò il suo turno. Fece finta di non sentire i commenti delle numerose pettegole, che asserivano che lei avrebbe sentito solo odore di muffa, visto che di quello era coperto il suo cuore.
Si tenne indietro la coda con una mano e si sporse sul calderone, tirando una boccata di fumo. Subito le sembrò che le avessero fatto una flebo di calmante. Era libera, spensierata, felice, nulla poteva turbarla.
-Sento…sento profumo di carta appena stampata, di crema per il corpo alla vaniglia e…
Si bloccò, sorpresa dal pensiero che aveva appena fatto.
Di capelli di Draco
Aspetta, cosa?!
La sua Amortentia profumava come i capelli di quel verme?! E poi che ne sapeva lei di che odore avessero i capelli di Malfoy? E come faceva a chiamare “capelli” quella colata di lacca e gel che si ritrovava in testa?
Visto che tutta classe stava ferma a guardarla mentre restava a bocca aperta sopra il calderone, si diede un contegno, raddrizzandosi e schiarendosi la gola.
-E di erba appena tagliata.
Buttò lì, mentre si allontanava.
Non aveva potuto fare a meno di notare gli occhi grigi della serpe che la seguivano curiosi e, in quel momento, si rese conto di una cosa. Aveva pensato a “Draco”, non a Malfoy.
***
La Granger si comportava in modo anomalo quel giorno.
Prima si metteva a guardarlo, poi urlava a tutta la classe di chiudere il becco e ora se ne stava là con la faccia sopra a quel fumo azzurrino, in tono col nastrino che aveva tra i capelli.
Era quasi carina quando si legava i capelli in quel modo.
Oh, ma cosa diceva...
Era decisamente carina quando si legava i capelli in quel modo.
Con un ghigno si avvicinò alla pozione, deciso a dare una lezione a quel branco di romanticoni rammolliti.
Si chinò sul calderone e aspirò una boccata di quella densa nebbie che aveva assunto un colorito verdino, tendente all’acquamarina.
-Avverto odore di caffè appena tostato, cera da laccatura e…
Si fermò, sbarrando gli occhi e fissando la strega che lo osservava dall’altra parte della stanza, con le braccia sui fianchi stretti.
-Aria da inverno.
Finì, senza smettere di guardarla.
Si perse tra il colore del suo collo, dove pulsava nervosamente una vena bluastra.
Non aveva idea di che odore avesse la sua pelle, ma sperò con tutto se stesso che fosse buono come quello che aveva sentito nella sua Amortentia.

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