Lieto fine

di Hang Glider
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gelo d'inverno ***
Capitolo 2: *** Ricordi del passato ***
Capitolo 3: *** Dura realtà ***
Capitolo 4: *** Sconosciuto ***



Capitolo 1
*** Gelo d'inverno ***


Le stelle non erano mai state così lontane agli occhi di Robin.

Proprio lui, che fin da piccolo aveva sempre puntato in alto, ora aveva perso tutto.
Mentre guardava la macchina avanzare ad alta velocità sulla strada coperta di neve, ogni tanto infilava la mano sinistra nel pacchetto di patatine appoggiato vicino al freno a mano e se ne portava qualcuna alla bocca per poi sgranocchiarla e assaporare il suo sapore salato.

“Quelle schifezze sono una droga, vero Dick?”
La voce dell’autista aveva riportato alla vita reale l’ ex supereroe, che rispose sorridendo: ” Già , hai proprio ragione.  E’ una vera ingiustizia che snack buoni come questi facciano così male alla salute.” L’autista rise.

Il suo nome era Roger. E’ stato il primo a dare il benvenuto e a legare con Robin quando si era presentato per la prima volta all’ ufficio di polizia dopo essere stato preso come recluta. Non aveva nessuna qualità che lo rendesse “speciale” ed era anche piuttosto imbranato, ma aveva un cuore davvero grande.
Era sempre pronto ad aiutare volentieri le persone in difficoltà, che si trattasse di un anziano che doveva attraversare la strada oppure di un bambino che si era perso in un supermercato.
 Aveva un paio di baffi abbastanza lunghi e teneva sempre i capelli corti. I suoi occhi color nocciola  riuscivano a comunicare a prima vista allegria e vivacità.

Negli inverni freddi come questi, portava sempre un paio di guanti per evitare che gli si congelassero le dita.
Robin poi spostò lo sguardo di nuovo verso il finestrino.

I fiocchi di neve cadevano dolcemente sulla macchina, accarezzandola. Iniziò a salirgli in corpo una vela di nostalgia, di quando da bambino giocava a palle di neve con i suoi amici.
Improvvisamente partì una suoneria e nel display della loro macchina apparve la solita scritta che ormai perseguitava ogni giorno l’anima di Robin:

-Chiamata in arrivo.
Con uno sbuffo, Roger portò il cellulare all’orecchio destro e rispose:

-“Pronto… Sì, ho presente… Al parco dei divertimenti abbandonato dici?... Perfetto, a dopo allora.”

Chiuse la chiamata.

“Quindi ora che gatto dobbiamo aiutare a scendere dall’albero?” Chiese sbadigliando Robin.
Roger lo guardò sorridendo:” Un bambino si è perso al parco dei divertimenti, cerchiamo di sbrigarci, così potremmo tornare a casa in fretta.”

“Aspetta, quale parco dei divertimenti?” chiese con tono interessato Robin.

“Non lo conosci? E’ famoso  perché la ruota panoramica ha ceduto e ha raso al suolo praticamente metà delle giostre…”  rispose il poliziotto.

“Sì, ora che me mi hai rinfrescato la memoria ho le idee più chiare…” Robin iniziò a mordicchiarsi le dita.
Si trattava veramente di quel parco?
Ormai non era successo nulla da ormai più di cinque anni in quella zona. Tutto ciò gli pareva molto strano. Il suo sesto senso gli diceva di stare attento e il suo sesto senso… Non sbagliava mai.
 
 

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Capitolo 2
*** Ricordi del passato ***


Era ormai passata mezz’ora da quando i due poliziotti erano partiti verso la destinazione e non aveva ancora smesso di nevicare,
quando all’ improvviso il pilota smise di accelerare e frenò la macchina.

SBAM!” Roger sbattè con forza la porta dell’auto e si sgranchì  la schiena:” Beh,  Houston abbiamo un problema.
Robin sapeva a che cosa si stava riferendo.

Un gigantesco cancello bloccava l’entrata del parco.

Era pieno di ragnatele e di polvere, ciò faceva intuire che nessuno passava da quelle parti da molto tempo.
Robin si fermò ad osservare il cartello collocato vicino al cancello: era indecifrabile a causa della polvere e del tempo, ma probabilmente una volta si poteva leggere il nome del luna park.

Roger si grattò l’orecchio sinistro:” Diavolo questo posto mi mette i brivi…

“KABOOM!”

Il poliziotto imbranato saltò sulle braccia di Robin.
Non riuscii nemmeno a finire la frase che un fulmine colpì un albero a pochi metri da loro provocando un frastuono udibile da chilometri di distanza.

Iniziò a slavinare

“Roger, con tutto il rispetto, potresti gentilmente scendere adesso? Scusa, ma vedi non sei leggero come una piuma” disse l’ex detective mentre veniva schiacciato dal peso del compagno.

Oh? Ah sì! Scusa, me ne ero completamente dimenticato.” Il poliziotto scese dalla braccia di Robin e iniziò a cercare un'altra entrata nelle vicinanze facendosi luce con la sua pila.

Robin osservò il cancello: se fosse ancora un supereroe, non avrebbe dovuto far altro che utilizzare uno dei suoi amati esplosivi facendolo saltare in aria. Dio quanto gli mancavano quei tempi.

Roger corse sotto a un albero per ripararsi dalla pioggia:” Niente da fare, siamo costretti a scavalcarlo e a lasciare la macchina qua…
Robin gli lanciò un occhiataccia:” Con siamo, immagino che tu intenda SONO, giusto?”

A Roger scappò una risatina:” Tranquillo, non vado da nessuna parte.
L’ex supereroe lo guardò sospirando:” ah… Che cosa devo fare con te…” Poi si diresse velocemente verso il cancello.

Appoggiò il piede destro su una sbarra e, prestando attenzione a non scivolare a causa della pioggia , scavalcò il cancello senza troppa fatica.

Finalmente era dall’altro lato.

Salutò il compagno con la mano: “Se non torno entro un’ora chiama un becchino: potrei essere morto dalla noia.” Poi iniziò a scrutare nei dintorni con la torcia.

Il parco era completamente distrutto: la ruota panoramica giaceva a terra in condizioni pietose e la maggior parte delle bancarelle era completamente disfatta.

Robin ribaltò come un calzino tutto  il luna park pur di trovare il bambino smarrito e, proprio quando si stava per arrendere, una particolare
attrazione attirò la sua attenzione:” il labirinto degli specchi.”
Si avvicinò all’ entrata, ma prima di aprire la porta un brivido gli percosse la schiena. Deglutì.

Era come se il suo istinto gli stesse dicendo di non entrare in quella struttura e, come ho già detto, il suo istinto non sbaglia mai.
Tirò un sospiro e preso coraggio, poi spalancò la porta.

Lo stritolio causato dalla ruggine della porta era insopportabile. Robin puntò la torcia verso l’interno della struttura e di colpo il suo respiro si fermò.

Non credeva ai suoi occhi: una bambina vestita di bianco dai capelli viola giaceva in mezzo alla sala…

Robin iniziò a credere di essere sotto effetto di droghe
Era ormai passata mezz’ora da quando i due poliziotti erano partiti verso la destinazione e non aveva ancora smesso di nevicare,
quando all’ improvviso il pilota smise di accelerare e frenò la macchina.

SBAM!” Roger sbattè con forza la porta dell’auto e si sgranchì  la schiena:” Beh,  Houston abbiamo un problema.
Robin sapeva a che cosa si stava riferendo.

Un gigantesco cancello bloccava l’entrata del parco.

Era pieno di ragnatele e di polvere, ciò faceva intuire che nessuno passava da quelle parti da molto tempo.
Robin si fermò ad osservare il cartello collocato vicino al cancello: era indecifrabile a causa della polvere e del tempo, ma probabilmente una volta si poteva leggere il nome del luna park.

Roger si grattò l’orecchio sinistro:” Diavolo questo posto mi mette i brivi…

“KABOOM!”

Il poliziotto imbranato saltò sulle braccia di Robin.
Non riuscii nemmeno a finire la frase che un fulmine colpì un albero a pochi metri da loro provocando un frastuono udibile da chilometri di distanza.

Iniziò a slavinare

“Roger, con tutto il rispetto, potresti gentilmente scendere adesso? Scusa, ma vedi non sei leggero come una piuma” disse l’ex detective mentre veniva schiacciato dal peso del compagno.

Oh? Ah sì! Scusa, me ne ero completamente dimenticato.” Il poliziotto scese dalla braccia di Robin e iniziò a cercare un'altra entrata nelle vicinanze facendosi luce con la sua pila.

Robin osservò il cancello: se fosse ancora un supereroe, non avrebbe dovuto far altro che utilizzare uno dei suoi amati esplosivi facendolo saltare in aria. Dio quanto gli mancavano quei tempi.

Roger corse sotto a un albero per ripararsi dalla pioggia:” Niente da fare, siamo costretti a scavalcarlo e a lasciare la macchina qua…
Robin gli lanciò un occhiataccia:” Con siamo, immagino che tu intenda SONO, giusto?”

A Roger scappò una risatina:” Tranquillo, non vado da nessuna parte.
L’ex supereroe lo guardò sospirando:” ah… Che cosa devo fare con te…” Poi si diresse velocemente verso il cancello.

Appoggiò il piede destro su una sbarra e, prestando attenzione a non scivolare a causa della pioggia , scavalcò il cancello senza troppa fatica.

Finalmente era dall’altro lato.

Salutò il compagno con la mano: “Se non torno entro un’ora chiama un becchino: potrei essere morto dalla noia.” Poi iniziò a scrutare nei dintorni con la torcia.

Il parco era completamente distrutto: la ruota panoramica giaceva a terra in condizioni pietose e la maggior parte delle bancarelle era completamente disfatta.

Robin ribaltò come un calzino tutto  il luna park pur di trovare il bambino smarrito e, proprio quando si stava per arrendere, una particolare
attrazione attirò la sua attenzione:” il labirinto degli specchi.”
Si avvicinò all’ entrata, ma prima di aprire la porta un brivido gli percosse la schiena. Deglutì.

Era come se il suo istinto gli stesse dicendo di non entrare in quella struttura e, come ho già detto, il suo istinto non sbaglia mai.
Tirò un sospiro e preso coraggio, poi spalancò la porta.

Lo stritolio causato dalla ruggine della porta era insopportabile. Robin puntò la torcia verso l’interno della struttura e di colpo il suo respiro si fermò.

Non credeva ai suoi occhi: una bambina vestita di bianco dai capelli viola giaceva in mezzo alla sala…

Robin iniziò a credere di essere sotto effetto di droghe pesanti, ma quando si rese conto che era tutto reale riuscì a balbettare una parola:” R-Ra-Raven!?”   

 

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Capitolo 3
*** Dura realtà ***


Piccola introduzione ^^!
Mi scuso per non aver aggiornato da un po’ di tempo, ma il dovere chiamava!
Spero riusciate a perdonarmi :/
Ma bando alle ciance, preparate popcorn e macchina del tempo, perché questo capitolo è ambientato cinque anni nel passato…

Dura realtà


PDV (punto di vista) STARFIRE

Non sopporto  questa  atmosfera.
Robin, Beast Boy e Cyborg sono entrati nella stanza di Ravaen da ormai troppo tempo. Non capisco il motivo, ma Robin mi ha obbligato di restare fuori… Mi chiedo cosa stiano facendo…
Sto iniziando seriamente a preoccuparmi, sono passati quasi dieci minuti da quando sono entrati  e da quel momento non ho sentito neanche una mosca volare.

“E’ uno scherzo vero?” fu Beast Boy a spezzare il silenzio che regnava nella stanza.

“Ti prego Robin, d-dimmi  che è un fottuto scherzo..”

Aveva un tono d’avvero terrorizzato.

Sbuffai. Beast Boy era davvero bravo a fingere. Probabilmente stanno solamente cercando di farmi preoccupare.  
“N.n. pa.l..r a.. al..t..v..ce s..t.r.r..e..p…t…b..e…s…n..t.r..ti!”
“R..v..e..:”

Dannazione! Non riesco a capire cosa dicono… Forse avvicinandomi e  appoggiando l’orecchio contro la porta riuscirò a sentirli meglio…
Ecco fatto… Cos’è questo rumore?  Beast  Boy sta… Piangendo?

“Com’è potuto accadere?” Era la voce di Cyborg… Sembrava piuttosto scioccato…

“Non ne ho idea…”

Era Robin…  Sembrava distrutto… Se stanno cercano di farmi preoccupare apposta ci stanno riuscendo perfettamente… Forse dovrei…

“Non puoi tenerglielo nascosto a lungo.. Lo sai…” Disse Cyborg.

“Lo so…” Rispose Robin con un tono depresso.
Non riesco più a trattenermi. Con il cuore in mano apro piano la porta.

“Tenermi nascosto cos-?”

I miei occhi incrociarono quelli di Robin. La sua faccia aveva un espressione terrorizzata.
Beast Boy è a terra. Sta cercando di fermare il fiume di lacrime, ma non ci riesce, è infermabile.

Cyborg ha un espressione scioccata. Sembra traumatizzato.
Robin corre verso di me per cercare di coprirmi la vista, ma ormai è troppo tardi.

“AAAAAAHHHH!!!!!!”
Sto impazzendo. Sto sognando vero? Dev’essere un sogno, anzi un incubo. Un terribile incubo.

Robin prende la mia mano e cerca di portarmi fuori dalla stanza, ma io sciolgo la sua presa e continuo ad urlare.
Sangue.
Dappertutto.

La camera che una volta era la più ordinata di tutta la torre, ora era un disastro totale.
Libri strappati, macchie di sangue e vasi rotti. Lo scrigno custodito con gelosia da Ravaen era stato aperto. Sopra c’era una manata di sangue.

Là vicino un enorme lago di sangue. Una ragazza dai capelli viola giace in mezzo a quella pozza.
Ha gli occhi chiusi. Potrebbe sembrare quasi che stia dormendo… Bella e innocua, sembra un angelo.

Una pietra le trafigge il petto: è da li che esce il sangue.

“RAVAEN!!!!!”
Continuo ad urlare. Non distinguo più la realtà dalla fantasia.

Robin mi prende e tenta di abbracciarmi, ma mi divincolo .

“Scusami Star, ma devo farlo…” Robin si avvicina e… Chiudo gli occhi.
Sono caduta in un sonno profondo.
 

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Capitolo 4
*** Sconosciuto ***


Sconosciuto


Pezzi di vetro giacevano a terra sparsi ovunque. La stanza si era fatta tutta ad un tratto più fredda.

“R-Ra-Raven?”

Gli occhi del poliziotto erano sbarrati: non riusciva a credere a quello che stava guardando.

Robin le si avvicino piano, come per paura che la bambina potesse sparire da un momento all’altro, poi
quando fu finalmente a pochi passi da lei le mise una mano sulla spalla.

“Sei veramente tu?”

La bambina lo guardò con occhi stanchi: le sue pupille erano spente e la sua pelle era terribilmente pallida.

Con voce fievole porse una domanda al ragazzo.

“Dov è mamma?” poi svenne, ma prima che potesse cadere a terra Robin riuscì a prenderla tra le sue braccia.

“Ma che diavolo sta succedendo qui?” si chiese fra se e se.

SI porto una mano alla fronte e provò a cercare qualche risposta, ma non gli veniva in mente nulla.

“Diavolo… “
Per la prima volta Robin aveva il vuoto totale dentro alla sua testa.
Raven, o chiunque la bambina fosse, era veramente magra e aveva l’idea di essere piuttosto debole.

“Non posso lasciarla qui, sarà meglio portarla in centrale…”

Il poliziotto si tolse la giacca, avvolse la bambina per proteggerla dal  freddo e si diresse verso l’uscita del luna park.

Apri la porta e una folata gelida gli accarezzò il collo.

“BRRR!!! DIAMINE!”

Robin si sfregò le mani per darsi un po’ di calore.
Faceva davvero freddo.

“Meglio andarsene di qua velocemente!”

Robin iniziò a dirigersi verso il cancello dell’ entrata.

Con un po’ di fatica a causa della neve (che arrivava all’incirca al bacino del ragazzo) il poliziotto riuscì
ad uscire da quel posto infernale.

Ma quando stava finalmente per tirare un sospiro di sollievo per aver superato un'altra giornata di lavoro,
con il suo istinto da detective capì subito che c’era qualcosa che non andava. Era tutto troppo quieto.

Nella macchina ormai sprofondata nella neve non c’era nessuno.
L’ex eroe senti un rumore da un albero non troppo lontano da lui.
“Fatti vedere.”

Robin parlò invano: dopo pochi secondi sentì qualcosa di duro spingere contro la sua schiena.
Riconobbe subito la forma dell’oggetto: era una pistola.

“La bambina viene con me.” L’ombra parlò e non sembrava avere buone intenzioni.

 

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