Nel Domani

di bimbarossa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Passato Ritorna ***
Capitolo 2: *** Il Futuro è già qui ***



Capitolo 1
*** Il Passato Ritorna ***


Anno Terzo dalla sconfitta di Naraku

 

IL TIFONE

 

“Saaaango!” La voce rude di InuYasha raggiunse la sterminatrice dall'altra parte del villaggio. “Sai dov'è Kagome?”

La ragazza cullò dolcemente il bambino che aveva tra le braccia, e non fece in tempo ad alzare lo sguardo che l'han'yō era già, con un balzo dei suoi, arrivato davanti a lei.

“Mi dispiace InuYasha, ma oggi non l'ho vista. Il che non è strano dati i preparativi che dobbiamo fare.”

In quel mentre il suono del martello riprese a battere. Miroku ci stava mettendo buona lena, pensò sua moglie.

“Va bene, ma se la vedi dille che la sto cercando ed è meglio che abbia una buona scusa per la sua assenza.”

Dopodiché il mezzodemone con dei salti pazzeschi si diresse nella foresta che circondava il villaggio Musashi.

“Secondo te Sango, ha capito qualcosa?” Shippō, che stava intrattenendo le gemelle con le sue trottole, fece un sospiro. “Ah, lasciamo perdere! Tanto non ci arriverebbe nemmeno se lo vedesse davanti ai suoi occhi.”

“Bhe, che lo veda o no, i giochi ormai sono fatti. Poveretto! Lo capisco benissimo!” Il bonzo si avvicinò alla sua compagna e fece due smorfiette al piccolo che stava per mettersi a piangere. “InuYasha non sa nemmeno in che guaio si sta cacciando.”

 

DILEMMI

 

“Kagome dannata! Ecco dov'eri finita!” InuYasha spuntò oltre il bordo del pozzo Mangia-Ossa mentre la ragazza non aveva ancora finito di arrampicarsi.

“InuYasha, che ci fai qui? Ti avevo chiesto di sistemare il tetto della casa nuova! Possibile che non fai mai quello che ti chiedo?! Sta arrivando un tifone e non voglio che nel bel mezzo della cena cominci a gocciolare su tutte le pietanze.”

L'han'yō guardo verso sud-est dove minacciose nuvole nere che niente avevano da invidiare a quelle prodotte dall'aura demoniaca di Naraku, si profilavano spalmandosi su tutta la linea dell'orizzonte.

“Se vuoi proprio saperlo, il tetto è già sistemato. Tu piuttosto, perché sei andata dall'altra parte? Non avevi detto che ci saresti stata il meno possibile? Che questo era il mondo in cui volevi vivere? Con me!” Adesso stava urlando, i pugni chiusi e gli occhi dorati che fiammeggiavano.

Kagome, che in un primo tempo aveva giudicato quell'atteggiamento il frutto del solito lato puerile di InuYasha, dovette ricredersi.

“Eri preoccupato, vero?” Ogni volta, anche se lo faccio raramente, che passo dall'altra parte InuYasha teme che il pozzo si richiuda di nuovo. Non me ne ha mai parlato, e sfugge sempre l'argomento.

InuYasha, quanta sofferenza devi aver provato in questi tre anni?

Lo guardò con tutto l'amore che sentiva per lui, e gli prese la mano sentendo gli artigli che le davano sempre una sensazione di tenerezza e di languore. “Scusami se non ti ho avvertito, ma avevo bisogno di una conferma.”

InuYasha, che in un primo momento aveva risposto alla stretta, la lasciò andare agitando le braccia in un turbinio di maniche svolazzanti. “Co...conferma? Conferma di che? Kagome, dannata! Ti stai prendendo gioco di me? Sii più chiara!” La ragazza ci pensò su per qualche secondo poi sbottò serafica: “Potrei dirtelo. Ma...non lo farò!” fece una linguaccia e ridendo cominciò a correre verso il villaggio. “E' una sorpresa!”

 

L'anziana Kaede stava trotterellando lentamente verso la dimora nuova di zecca di InuYasha e Kagome.

Certo che nel breve tempo dei lavori per la sua costruzione non solo questa era stata portata a termine ma anche svolta con perizia e gusto estetico.

Kagome è tornata solo da pochi mesi, sulla scia dei fiori di ciliegio. Ora invece l'estate è quasi finita e una nuova stagione sta per iniziare.

Sono contenta per InuYasha.

Questi tre anni sono stati duri per tutti. Ricostruire il villaggio dal niente. Contare i morti. Ricreare quei legami nella nostra piccola comunità che Naraku ha cercato inutilmente di spazzare via.

Sospirò pesantemente ma con tutto il sollievo di un'anziana che vede finalmente la sua vita trascorrere con un po' di pace e serenità.

Hai perso, Naraku! Hai fatto di tutto per distruggere questo posto, il luogo da dove è partito tutto, ma guarda adesso che panorama! Musashi è risolto dalle proprie ceneri mentre tu non sei più di questo mondo.

Improvvisamente un'ombra in alto oscurò la vista di Kaede, seguita dagli strilli di Rin-chan.

“Sesshōmaru! Sesshōmaru-sama, siete venuto.”

Poco più avanti colui che era il fratello di InuYasha atterrò con grazia e compostezza vicino ad una Rin stracolma di gioia.

Kaede era troppo lontana per sentire cosa si dicevano, poteva solo notare il linguaggio dei corpi, con la bambina che lo divorava con gli occhi da sotto in su, adorante, mentre il daiyōkai la guardava come se tutto il suo mondo fosse lì davanti a lui.

La vecchia sacerdotessa avrebbe voluto dire qualcosa ma le parole le si piantarono in gola. No, non avrebbe interferito. E poi sarebbe stato perfettamente inutile.

Così si arrese ad essere una semplice spettatrice di quell'amore fra tali esseri così diversi, esseri che si erano cercati per lungo tempo, e che si erano trovati per una casualità talmente banale da essere sicuramente opera di qualcosa di più grande, qualcosa contro cui Kaede non aveva nessunissima intenzione di andare.

Chiuse gli occhi stanchi, e quando li riaprì la ragazzina che per lei era come la figlia che non aveva mai avuto ed il demone bianco se ne erano andati, immersi in quell'universo tutto loro da cui ogni cosa era esclusa.

 

“Avanti, dimmi il tuo segreto. Kagomeeee!” quando InuYasha prendeva quella piega non la finiva più e Kagome fu tentata di mandarlo “A cuccia!” come non mai.

“Lo saprai stasera quindi non insistere.” Si era alzato il vento e la lunga hakama rossa da sacerdotessa le si avvolse tra le gambe. ”Dobbiamo sbrigarci. Il tifone sta arrivando.”

“Ma che tempismo che hai! Inaugurare la nostra nuova casa proprio in una giornata simile.”

“Caro maritino, in quest'epoca non ci sono le previsioni del tempo. Che ne potevo sapere io.”

InuYasha borbottò qualcosa di incomprensibile mentre il suo grazioso nasino da demone cane annaspava in aria.

“Oh no! Sta arrivando.”

Kagome non fece in tempo a chiedere spiegazioni che un lampo bianco e velocissimo attraversò il cielo nero, quasi ad imitare l'abilità che il nuovo venuto possedeva di spostarsi alla velocità della luce.

“Kagome-sama, InuYasha, guardate chi c'è!”

“Rin-chan.”

La miko fece uno sforzo, come ogni volta, per non sorprendersi al vedere quella strana coppia. La bambina ed il daiyōkai erano fianco a fianco, con il piccolo kappa che li seguiva trafelato strillando ogni due secondi “Padron Sesshōmaru!”.

“Oggi Sesshōmaru-sama, è una giornata speciale, non solo perché siete venuto. Diamo una festa per la nuova casa di InuYasha e della Somma Kagome. ”La ragazzina era in fibrillazione, si vedeva dalle tante stelline che le riempivano gli occhi. ”Sesshōmaru-sama, potreste rimanere anche voi a cena, in fondo fate parte della famiglia.”

Un silenzio di tomba scese sul gruppetto improvvisato, con Jaken che aveva manifestatamene trasecolato per la sorpresa di quella proposta.

Padron Sesshōmaru che entra, e mangia, in una volgare casa umana?

Era più probabile che il cielo cadesse su di loro in quel preciso momento.

“Bhe, ecco...” Kagome e InuYasha si guardarono, mentre l'imbarazzo cresceva esponenzialmente ad ogni secondo di mutismo che passava.

Già mi immagino la scena, con InuYasha e suo fratello che si piantano le bacchette in un occhio o che si tirano il cibo.

A Kagome tremavano le ginocchia a quella possibilità, ma il demone bianco, che era rimasto completamente in silenzio e con l'espressività di un Buddha per tutto il tempo, fece per voltarsi ed andarsene.

“No Sesshōmaru-sama! Kagome-sama vi prego, diteglielo voi che può restare!” Lo sgomento nella voce di Rin fermò Sesshōmaru appena in tempo.

“Se vuoi puoi rimanere. “Era stato InuYasha a parlare. Non sapeva se Kagome era d'accordo, ed in teoria essendo sua moglie e compagna avrebbe prima dovuto interpellare anche lei, ma quella frase gli era uscita di bocca prima che potesse razionalmente pensarci.

Avere Sesshōmaru al proprio desco non sarebbe stato facile, il rapporto con lui era complicato, pieno di lacune e situazioni spinosissime; eppure una parte di lui, una parte legata al ricordo di sua madre, al ricordo del calore del corpo di Kagome, quella parte che faceva appello a Tessaiga e a tutto quello che la lama rappresentava, ovvero il suo Io più vero, integro ed umano, voleva che suo fratello restasse.

Non lo avrebbe mai ammesso neppure sotto tortura, questo era palese, ma negli occhi di Kagome vi lesse la presa di coscienza della decisione dell'han'yō suo marito, e con un sorrisetto che era tutto un programma anche lei ci diede del suo:

“Si Sesshōmaru, perché non rimani anche tu? A Rin-chan farebbe molto piacere.”

Ma il Demone Cane girò la schiena e cominciò ad avviarsi lentamente fuori dal villaggio.

“Tze! Me lo aspettavo! Sesshōmaru, sei il solito arrogante." InuYasha pronunciò quelle parole con ironia e rabbia, ma al di sotto Kagome ci sentiva tutta la sua delusione.

Il quel preciso momento una goccia di pioggia la colpì dritto sulla punta del naso.

“Presto, affrettiamoci ad entrare. Rin-chan dai, non vorrai bagnarti.”

Ma la bambina non si mosse di un centimetro, gli occhi fissi sulla schiena del suo adorato Sesshōmaru, e la pioggia che si intensificava e diventava sempre più decisa, dura, martellante.

“Vieni Rin, è inutile insistere. Non cambierà mai.” InuYasha prese gentilmente per le spalle la ragazzina, tuttavia lei si ostinava a non muoversi.

“Voglio vederlo andar via.”

Lo aveva detto in un sussurro quasi inudibile, ma quel filo di voce penetrò nelle orecchie supersensibili di Sesshōmaru nonostante la distanza, ferendolo quasi fisicamente.

Dannazione, perché?

Perché Rin, tu che sei una semplice ragazzina umana, riesci ad arrivare fino in fondo alla mia anima di demone? Come fai?

E perché io dovrei aspettare tanto per arrivare alla tua?

Lo yōkai si fermò e si volse. Rin era bagnata fradicia, mentre InuYasha lo squadrava con sprezzo e commiserazione.

“D'accordo.” Con passo più veloce di quanto avesse voluto -la sua compostezza leggendaria passava in secondo piano se paragonata alla salute della sua Rin, non voleva mica che si prendesse un raffreddore! Essere umani, siete così fragili!- tornò indietro e raggiunse il fratello e sua moglie. “Non facciamola troppo lunga, “con uno scatto spostò la stuoia e fece segno alla ragazzina di entrare, mentre il kappa aveva il becco spalancato ad acchiappar mosche.

“Qui l'unico che la fa lunga sei tu. Praticamente bisogna pregarti per convincerti a fare qualcosa! Ehi Kagome, asciugati! Sei tutta bagnata. Non voglio che ti ammali.” E con un gesto deciso da padrone di casa chiuse le fila di quella insolita compagnia sbattendo con un sonoro pugno la saracinesca di bambù che si agitava nel vento.

 

IMBUCATI

 

“Sango, ma quello che è appena entrato nell'abitazione di InuYasha non è per caso Sesshōmaru?” Miroku, le gemelle in braccio e il fiato corto nel tentativo di proteggerle dalla pioggia per il breve tratto tra le due case, strabuzzò gli occhi, mentre Shippō saltellava con un piccolo e moderno ombrellino rosa che Kagome gli aveva regalato un giorno di tanti anni prima.

“Si, è proprio lui.”

Miroku la guardò, i capelli che brillavano di goccioline di pioggia e lo sguardo sereno di una madre che finalmente è riuscita a far addormentare il figlio neonato. “Moglie, lasciatelo dire. Sei bellissima stasera!”

Sango arrossì fino all'inverosimile, e per nasconderlo si tuffò tra le coperte che avvolgevano il loro terzogenito. “E' solo un po' di trucco per labbra e guance. Questa è un'occasione speciale.”

“Sai che hai ragione!? Buona serata a tutti!” gridò Miroku entrando in casa brandendo le gemelle da una parte e una bottiglia di sakè nell'altra.

Subito l'atmosfera, con l'introduzione dei nuovi arrivati, cominciò a surriscaldarsi e a diventare briosa e comica. Le piccole si fiondarono su InuYasha per giocare con le sue orecchie, facendo ridere Kagome che non era abituata alla nuova veste di docile “compagno di giochi” di suo marito.

Le premesse ci sono. Meno male, almeno non sarà troppo difficile farlo abituare alla nuova situazione.

Con questo pensiero in testa Kagome, con l'aiuto di Sango, cominciò a disporre i vari cibi nelle ciotole mentre un profumino delizioso aleggiava nell'aria.

“Ma che razza di cibo è mai questo! Sembrano patate secche,“ starnazzò Jaken mentre la piccola Rin, seduta vicino a Sesshōmaru gli porgeva una ciotola di stuzzichini croccanti. “Tenete Sesshōmaru-sama, la Somma Kagome ne ha la dispensa piena di queste vivande conservate in una cosa chiamata “plastica”. Sono buonissimi!” e gli fece il più largo dei suoi sorrisi, assolutamente irresistibile per il grande demone.

“Ma come, Padrone! Volete mangiare il rozzo e sgradevole cibo umano, peraltro così strano!?Potrebbero avvelenarvi, mio signore!”

I pugni sincronizzati di InuYasha e Kagome colpirono il verde valletto con uno schiocco sonoro. “E' delizioso, ne prenderò anche io un poco,”rimediò tramortito.

La miko, vedendo che persino Sesshōmaru, sempre con la sua aria impassibile è chiaro, piluccava quella cena che era un misto tra cibi tradizionali e prodotti ninja, come li chiamava Shippō, sospirò sollevata e felice. Sta andando tutto per il meglio!

Ma non fece nemmeno in tempo a pensarlo che un tuono, potentissimo e troppo vicino per essere frutto della tempesta sopra le loro teste, fece sobbalzare i presenti. Poi un muggito e un boing!boing!, ed infine InuYasha che si dava una manata in piena faccia fecero capire chiaramente a tutti che il pericolo non ci doveva proprio essere.

“Myōga! Guarda un po'! Se ci sei tu allora...”Con un folata di vento che fece tremolare il fuoco centrale, due individui, uno vecchio e con la barbetta, l'altro giovane e ben piantato, entrarono e si scossero la pioggia che li bagnava da capo a piedi. Li seguiva la piccola nekomata chiamata Kirara che non perse tempo avventandosi sulla sua padroncina.

“Kohaku” Sei tornato!” saltò su Sango, la felicità che inondava il suo volto alla vista del fratello minore che non vedeva da ben quatto mesi.

“Mi sono personalmente assicurato che il ragazzo non trascurasse i propri doveri verso la sua famiglia. Dedica troppo tempo ad esercitarsi con il suo Kusarigama.

“Grazie Tōtōsai per la tua premura. Vieni qui fratellino a festeggiare con noi.”

“Zietto! Zietto!” Le gemelle scesero dal grembo di InuYasha che le stava facendo divertire con boccacce assurde per saltare addosso allo sterminatore, provocando l'ilarità di quest'ultimo.

Oh Kohaku, non sai quanto sono contenta quando ridi. Sii felice, fratellino mio, tu più di chiunque altro te lo meriti per l'inferno che quel maledetto ti ha fatto passare.

“Ti sei scomodato solo per questo, vecchio Tōtōsai? Potevi anche non venire!” lo stuzzicò il mezzodemone.

“Non essere impertinente. Come ho già accennato, ho riportato all'ordine il piccolo Kohaku, ma sono venuto qui anche perché richiamato da Tessaiga.”

“Che stai dicendo?”ora InuYasha era tutto orecchie. Letteralmente.

“InuYasha, che stai combinando con la zanna di tuo padre ultimamente? Sento i suoi lamenti fin dalla mia dimora. Ti sei per caso messo a fare il boscaiolo?” Il Mastro Armaiolo quasi piangeva per quanto era depresso. “Scommetto che la mia bellissima Tessaiga è tutta rovinata.”

“Bhe ecco...”InuYasha si passo l'indice unghiato sulla tempia, visibilmente con aria colpevole. “Mi serviva legna per costruire questa casa, vecchio. Che altro avrei dovuto fare?!”

“Mamma mia, che scellerato! Trattare l'eredità di tuo padre in codesta maniera.” Con uno scatto si sedette e si imbucò nell'allegra compagnia davanti al fuoco. “Se mi offri la cena rifarò il filo alla tua Tessaiga in meno di dieci minuti. Vedrai, tornerà come nuova!”

“Che scroccone! Andata, ma vedi di non farmene pentire, vecchio. Non avvicinarti alle patatine all'aglio, quelle sono le mie.”

“Non ti scaldare, signorino. Io preferisco le salamandre affumicate. Non è che per caso ne avete qualcuna?”

“No, Tōtōsai.” Kagome era nauseata al pensiero delle salamandre, e non solo per quel motivo. “Non ne abbiamo!”

 

HO UNA RIVELAZIONE

 

Mentre fuori la burrasca imperversava sempre più violenta, dentro si stava al calduccio. Il rumore delle ciotole e dei vari utensili era coperto dalle chiacchiere continue dei partecipanti, tranne Sesshōmaru che come al solito non spiccicava una parola. Si riportavano alla memoria vecchie avventure, come quando Kagome aveva spruzzato addosso a Myōga lo spray antipulci la prima volta che lo avevano incontrato, o quando la fidanzata dello stesso si era impossessata dei corpi di Sango, Miroku e InuYasha.

“A proposito, che fine ha fatto la vecchia Shōga? E' finalmente riuscita ad accalappiarti?” il mezzodemone sogghignò sotto i baffi rubando a Shippō cinque wurstel a forma di gambero suscitando le sue più vive proteste.

Tōtōsai intanto osservava di soppiatto proprio il silenziosissimo fratello di InuYasha che si trovava seduto appoggiato con la schiena alla parete più distante dal fuoco, senza farsi notare o il demone cane lo avrebbe picchiato di sicuro.

Quando aveva nominato Tessaiga e il modo inqualificabile in cui il fratello la trattava, si era aspettato delle battutine, o un'occhiata sprezzante. Insomma, un barlume di interesse verso quell'oggetto che per lui aveva rappresentato per così lungo tempo una vera ossessione.

Ma il daiyōkai aveva occhi solo per la ragazzina umana. La seguiva costantemente con lo sguardo, senza mai distoglierlo un attimo quando questa si muoveva per la piccola casetta in cerca dei pezzi migliori che poi portava allo yōkai vestito di bianco.

“Sapete Sesshōmaru-sama, la Somma Kagome mi sta insegnando le espressioni, che sono tanti numeri insieme che poi danno un unico risultato. Ha dei libri con se, dei libri veri, con le figure geometriche e le formule per fare di conto, libri con stelle e galassie; e poi posso disegnare quanto voglio con la carta, la carta!, e delle penne bellissime. Adoro la geometria e la Luna! Forse perché mi ricorda tanto voi ed il vostro shirushi sulla fronte. E la Onorevole Kaede mi insegna i segreti delle foglie e dei fiori.”

“Si, Sesshōmaru. Rin ha un intelletto formidabile per l'astronomia e il disegno. Ha solo undici anni ma le sto insegnando i kanji più complicati e gli esercizi del mio libro di terza media. Inoltre sa tutti i nomi delle stelle dell'emisfero boreale. E' un piccolo genietto della Sengoku Jidai! Senza contare che fino a pochi anni fa non aveva un'istruzione decente.”

“Davvero?!”

Il visino di Rin si illuminò mentre quello del demone sembrò quasi diventare di pietra. D'altronde il tono con cui aveva risposto, anche se solo per emettere quel breve commento, aveva fatto sobbalzare le due miko, che si ritrovarono loro malgrado fissate da quello sguardo gelido come mai prima d'ora. Persino i primi tempi della loro conoscenza Sesshōmaru emetteva più calore di quel momento.

InuYasha, che aveva captato la cosa sotto forma di intensi brividi nella schiena avvicinò la mano destra all'elsa di Tessaiga, mentre Myōga già cominciava a considerare l'idea di andarsene da lì.

La situazione si era fatta improvvisamente molto seria.

Solo Rin non si era accorta di quel cambiamento dell'atmosfera, proprio lei che ne era la causa, e continuava a riempire la ciotola del suo adorato Sesshōmaru con involtini e gamberetti che lui manco si sforzava a mangiare, contenta che finalmente fossero insieme come ai vecchi tempi.

“Hai qualcosa da ridire, Sesshōmaru?”InuYasha come al solito andava per le spicce.

“Fermo InuYasha! Questa cosa non ti riguarda.” Era stata Kaede a parlare, con un tono che usava raramente, e che non ammetteva repliche. “Stiamo facendo quello che ci hai chiesto Sesshōmaru. So che è difficile ma il tempo non è ancora arrivato. Lo sai anche tu!”

Sfidò con lo sguardo il demone bianco, e Tōtōsai pensò che quella vecchia nonnina aveva più fegato di tutto loro messi assieme.

Si scrutarono per intensi minuti, la sorella di Kikyō ed il fratello di InuYasha, come se condividessero un portentoso quanto pericolosissimo segreto, poi Sesshōmaru sembrò quasi rilassarsi di botto, l'insofferenza provocata dalla scelta di tre anni prima che scemava ed infine l'accettazione di una realtà che non poteva cambiare, anche se voleva dire provare per la prima volta nella sua centenaria vita da demone completo sentimenti come la frustrazione, il senso di mancanza, ed il mettere al di sopra dei propri bisogni quelli della persona amata.

Tutto ciò passò negli occhi dorati dello yōkai come un lampo, che non tutti colsero.

“Io non ci sto capendo niente. Ma che sta succedendo?” InuYasha era furibondo, si sentiva come se tutti fossero al corrente di qualcosa che lui proprio non arrivava a comprendere.

“Sei il solito InuYasha, queste cose non le capirai mai!” Shippō, da vero intenditore di dinamiche sentimentali si ingozzava di involtini preparati dalla mamma di Kagome.

La tensione che aleggiava fino a poco prima si era attenuata notevolmente.

“Dimmi Rin, quelle che tu chiami espressioni sono così difficili? Non mi dire che diventerai una letterata?” Kohaku si era seduto vicino alla bambina, catturandone l'attenzione e provocando in Sesshōmaru un qualcosa di insolitamente lacerante. Senso di possesso. Come se il ragazzino avesse violato il suo territorio personale. Da quanto non sentiva quell'antico istinto tipico dei Demoni Cane?

Tale sguardo in tralice non sfuggì a Tōtōsai, che se la rise in silenzio.

Seshōmaru, hai appena abbandonato la tua ossessione per Tessaiga e subito te ne sei trovata una nuova. Ma questa è splendente e pulita come un'alba. Un sentimento che invece che sminuirti potrebbe elevarti così tanto da diventare decine di volte più potente e forte di quanto sei ora. Potresti diventare lo splendido Demone Cane che tuo padre voleva che fossi. Spero di essere lì a vederlo.

“Silenzio prego. Voglio fare un brindisi...”

“Kagome ma che fai? Brindisi? Che roba è?” InuYasha aveva interrotto la moglie senza nemmeno notare la sua aria furiosa.

“Il brindisi è un'usanza della mia epoca che si fa quando si ha qualcosa da festeggiare, come un evento particolarmente felice. Quindi InuYasha stai zitto e fammi parlare, chiaro?” Kagome sembrava indemoniata ed il mezzodemone decise che era più sicuro fare come voleva. “Come dicevo...”

“Ta-daa! Ci siamo anche noi!” Con una folata che sembrò far tremare tutta l'abitazione apparvero dietro delle spirali verdastre nientemeno che Kōga, Ayame, Ginta e Hakkaku. “Mamma mia che tempaccio fuori. Possiamo entrare anche noi a scaldarci un pochino?”

“Mi sembra che vi siate ampiamente auto-invitati. Che schifo, la puzza di lupastro bagnato mi da la nausea!” InuYasha cominciò a produrre delle smorfie talmente grottesche che la rabbia per l'interruzione del marito prima, e della banda di Kōga poi, si dissolse in meno di tre secondi netti in Kagome.

“Sei tornata, Kagome! Avevo sentito che eri rimasta nella tua epoca, sicuramente perché il cagnaccio qui presente ti aveva arrecato chissà quale torto. Ma ora sei qui di nuovo, e per questo non potevo non venire a portarti i miei omaggi.” Il tono del demone lupo era semiserio, velato di agrodolce malinconia. Il sapere, anche se a distanza e nonostante fosse sposato con Ayame, che Kagome non condividesse più la sua realtà ma che fosse sparita in fondo a quel pozzo nero e misterioso, gli aveva messo addosso una profonda tristezza, da cui si era riscosso solo dopo aver appurato che era tornata.

Dovevo sincerami che stessi bene, dovevo farlo!”ripeté con forza. “Non sono venuto prima perché...”arrossì leggermente, poi si volse verso Ayame fissando il suo ventre.

“Ayame, ma tu aspetti un bambino!” la miko si sentì sciogliere dentro a quella notizia, e senza riflettere si tocco la pancia, per ritrarre subito la mano per evitare che un certo mezzodemone se ne accorgesse.

Ma non c'era pericolo. InuYasha guardava il lupo in cagnesco, e i due avevano cominciato a battibeccare non appena Ginta e Hakkaku si erano seduti, su invito di Kaede, a mangiare polpettine di riso e stufato.

Ma se all'han'yō il gesto era sfuggito, a suo fratello che assisteva snervato a quel siparietto no, confermandogli quello che a naso aveva già notato.

Un altro mezzodemone in famiglia. Ci avrei giurato.

Si sorprese, Sesshōmaru, di averlo solo pensato quel commento.

Si sorprese dal fatto che si fosse trattenuto non per indifferenza ma per la voglia di non ferire quelle persone.

Si sorprese che il “lieto evento”, seppure non lo facesse impazzire di gioia, neppure però lo infastidiva più di tanto.

Intanto Ayame e Kōga si erano seduti anche loro davanti a lui e a Rin, e Sesshōmaru sentì la ragazzina affianco irrigidirsi inconsapevolmente.

Kōga, per evidenti ed ancestrali motivi essendo un lupo, gli risultava indigesto a pelle, sia perché era un gran sbruffone sia per il suo odore nauseabondo, ma era intervenuto per salvare la bambina quando si erano incontrati la prima volta, al fiume, tanto tempo fa.

Il demone bianco lo aveva detto chiaramente a Jaken, quando gli aveva fatto notare che erano stati lui e i suoi lupi ad aggredire Rin. Se ci ha avesse riprovato lo avrebbe ucciso senza pietà, ma dato il cambiamento di dieta del demone grazie ai sentimenti che questi provava proprio per la moglie di InuYasha, dubitava che ciò succedesse. Perciò perché non risparmiarlo?

“Guarda un po' chi c'è?! Il fratello del botolo.” Kōga proprio non riusciva a trattenersi, e Ginta e Hakkaku cominciarono a sudare freddo. “Ti accompagni sempre a questa piccola umana, no? Fatico a capire, ma chi sono io per giudicare? Bene ragazzina, non fare quella faccia agitata, mica ti mangio. Ah ah!”

Voleva essere una battuta ma Sesshōmaru non la gradì particolarmente. Assottigliò gli occhi, mettendo la strizza addosso ad ognuno dei presenti, compreso il fratello.

Adesso Sesshōmaru scatenerà l'inferno.

Questo era il pensiero di tutti.

“Speravo che lo dicessi,” rispose seria seria Rin, il faccino lievemente turbato ma pieno di infantile convinzione. “Sono già stata sbranata dai lupi una volta, e non ci tengo a ripetere una simile esperienza. Però sono contenta di essere morta, almeno per un po', così Sesshōmaru-sama ha potuto riportarmi in vita, ed io da quel momento in poi ho potuto seguirlo e stare con lui.”

Tali sconvolgenti parole erano state dette con tutta la sincerità di una bambina di undici anni, e persino InuYasha, che in quanto a sensibilità non era certo una cima provò una stretta al cuore.

Sempre la tua solita fortuna, Sesshōmaru. Hai trovato qualcuno che ti ama per quello che sei. Il che, dato il tuo pessimo carattere, è più che un miracolo. Vedi di non rovinare tutto con la tua spocchia, e di non farla soffrire.

Ma la dichiarazione di Rin, se aveva palesemente commosso tutti i presenti, in Sesshōmaru, che non aveva mosso un solo muscolo facciale, provocò un vero sconvolgimento interiore.

Sono contenta di essere morta, almeno per un po'. Ho potuto seguirlo e stare con lui.

Come poteva quella ragazzina essere felice di essere morta pur di stare al suo fianco? Possibile che lui, Sesshōmaru, per lei valesse così tanto?

Si sentiva strano, sudava dentro il suo stesso corpo e si sentiva dolere il petto. Gli pareva che nelle viscere ci fossero dei duellanti che lottavano fra di loro, poi uno di essi saliva nella sua gola e la trafiggeva fino a fargliela bruciare. Che razza di fenomeno era mai quello?

Cos'era quella sensazione di piacevole stordimento, come se si trovasse in un liquido?

La mente tornò al quel fatidico giorno in cui Tessaiga era stata estratta per la prima volta dopo secoli dalla femmina umana chiamata Kagome, che in quel momento stava ridendo a crepapelle per una battuta del bonzo peraltro, e lui le aveva scagliato addosso il suo Dokkasou, per poi deridere InuYasha riguardo ai suoi sentimenti verso gli umani.

Perché li difendi?

Perché li risparmi?

Perché li ami?

Ora quelle domande si riversavano dentro di lui come onde al calor bianco, mostrandogli la risposta. Era lì, davanti ai suoi occhi. Una risposta che possedeva due occhi nocciola, una bocca sempre sorridente, lunghi capelli scuri e un vivace codino.

Perché li difendi?”

Aveva sempre saputo dov'era, quella piccola ragazzina che non aveva avuto paura di seguire un demone nelle sue peregrinazioni; nonostante Naraku, nonostante tutti gli imprevisti, l'aveva sempre controllata, fiutandola, facendola seguire da Jaken, mettendo in pratica tutto quanto gli era stato possibile per proteggerla.

Pensò a Jakotsu dei Sette, a quando gli aveva voltato le spalle nello slancio di salvare Rin caduta nel precipizio, allo spavento che aveva provato sentendo che il suo compare Suikotsu li aveva braccati sul ponte, tanto da perdere la presa su Tokijin.

Ti ho difesa Rin, da tutto quello che avrebbe potuto farti del male, e continuerò a farlo per il resto della mia vita. Continuerò a farlo anche a costo della mia vita.

Perché li risparmi?”

Si ricordò del cuore della ragazzina che aveva ripreso a battere tra le sue stesse braccia dopo che Tenseiga era intervenuta per volontà sua, di Sesshōmaru medesimo, per salvarla, e alla sorpresa di entrambi nello scrutarsi negli occhi e vedervi rispecchiato il volto dell'altro.

Ti ho risparmiata Rin, ti ho letteralmente sottratta agli spiriti dell'aldilà, ricordando il tuo sorriso, e condividendo con te il momento più intimo che un essere, che sia demone o umano, debba affrontare prima o poi. La propria morte.

Perché li ami?”

Ammise a se stesso che lui e quel sentimento si erano incontrati tardi, e in modo del tutto inaspettato. Non lo aveva voluto, non lo aveva cercato. E forse proprio per questo, su di lui, quando ci si era imbattuto, aveva fatto presa, attecchendo con una forza senza pari.

Pensava a lei quando combatteva, pensava a lei nel sentire il primo vento d'autunno tra i fili d'erba di un prato ancora verdissimo, pensava a lei mentre osservava pensieroso le stelle e la Luna nel silenzio della notte più profonda, e un inspiegabile rimpianto per quella persona, per suo padre, lo pungolava ancora adesso, dopo duecento anni. Persino allora, nevvero più di tutto in quei momenti, Rin si affacciava alla sua mente, dando nuova forma e nuovo significato ai ricordi del genitore, alle sue parole (Sesshōmaru, tu possiedi qualcosa da proteggere?), alle sue azioni e al suo sacrificio per quella donna umana che era la madre di InuYasha.

Se provare questa emozione, un'emozione tale da dare un nuovo senso al mio passato ed al mio futuro, vuol dire amare, se mettere la tua sicurezza al primo posto, persino sopra la ricerca del potere, vuol dire amare, se al solo pensiero di lasciarti qui sento una nostalgia tutta nuova e senza fondo, nella quale ho vissuto in questi tre anni senza la tua costante presenza al mio fianco, vuol dire amare, allora io ti amo Rin.

Ti amo con le unghie e con i denti.

Ti amo con il cuore e con la spada. Che io sia dannato per quanto ti amo!

Si volse verso la giovane ed immerse le iridi dorate in quelle scure di lei, restandone paralizzato.

I miei occhi si rifiutano di posarsi su esseri tanto ignobili.

Di nuovo frasi che aveva pronunciato in quell'occasione lo travolsero, rinfacciandogli il suo radicale cambiamento.

Quando aveva affermato ciò aveva detto né più né meno che la verità, ma di acqua sotto i ponti ne era passata.

Se prima la sola idea di guardare in faccia un essere umano indubbiamente lo disgustava, adesso non riusciva più a farne a meno. Sarebbe rimasto in quella posizione per ore e ore, a scrutarla in volto per cogliere ogni singola sua emozione e trasmettendole le sue.

E davvero quello che gli passava per la testa doveva in qualche modo essere stato, seppur non nella sua totale pienezza di significato, percepito dalla ragazzina appunto tramite lo sguardo, poiché gli mise la piccola mano sulla sua dotata di artigli velenosi, e gli si appoggiò contro, proprio sul braccio sinistro rinato dalla sua sola forza interiore.

“Vi voglio bene, Sesshōmaru-sama. Non lasciatemi mai.”

Kaede e Kagome si guardarono l'un l'altra, annuendo al contempo preoccupate e sollevate.

Entrambe erano consapevoli che ciò che univa i due era un sentimento complesso, sfaccettato, strano e plastico nella sua mutevolezza, che non si basava sul fatto che lui fosse un maschio e lei una femmina, lui un demone e lei un'umana. Era qualcosa che andava al di là di queste categorie troppo strette, era energia che si riversava a valanga da un essere verso un altro essere e viceversa, privo, per ora, di inclinazioni sessuali o romantiche, anche se non si poteva dire come si sarebbe evoluto in futuro.

Nonostante ciò non ne risultava per questo meno profondo o meno intenso. Anzi, essendo basato proprio su una tale purezza ed abnegazione, ne veniva fuori un legame indissolubile e meraviglioso. Raro quanto imprevedibile.

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Capitolo 2
*** Il Futuro è già qui ***


UN IMPICCIO

 

“Ma ditemi un po'? Chi fra InuYasha e Kōga è stato ad uccidere quegli esseri chiamati Paradisee?” Tōtōsai divorava curry come se non ci fosse limite al suo appetito, pietanza che InuYasha era stato ben lieto di lasciargliela, dato che non ne sopportava l'inteso aroma.

“Ovvio che sia stato io, vecchio. Con la mia Tessaiga, “e picchiettò l'unghia sul fodero nero,”ho sterminato quegli uccellacci, liberato Kagome e risolto l'intera vicenda. Tze!”

“Dannato botolo! Non vomitare fanfaronate. Ammettilo che io, il grande capo di tutte le tribù Yōrō, sono stato determinante in innumerevoli occasioni. Devo ricordarti quei due esseri da brividi, Kagerōmaru e Jūrōmaru?” Il solo pensare a quella creatura contorta ed assettata di viscere nata da quel bastardo di Naraku gli fece venire la pelle d'oca.

“Ma sentilo il lupo rognoso! Sul monte Hakurei ti ho dovuto trasportare come un sacco di patate. Mi sono dovuto fare un bagno per il tanfo che mi avevi lasciato addosso.”

Kagome serrò i pugni. Possibile che quei due litigassero in continuazione?

“Fino a che quel dannato Naraku non mi ha strappato i frammenti dalle gambe ero io il più valente tra i suoi nemici e sicuramente avrei potuto benissimo portare in dono la sua testa a Kagome, ne sono certo!” Poi incautamente sbuffò: “Se li avessi ancora avuti, non mi sarei mai ritirato dalla battaglia contro quel dannato, quindi ringrazia quella vecchia sacerdotessa, Midoriko, per avermeli fatti diventare come piombo nelle gambe, e ringrazia la tua Kikyō per lo stesso motivo.”

Miroku, Sango, Shippō e Kirara trasecolarono ansiosi. Tirare fuori Kikyō era sempre un rischio, inoltre quella non era proprio l'occasione adatta per tale presenza ancora così ingombrante.

Osservarono di sottecchi Kagome, che era leggermente impallidita, ed InuYasha che invece si era fatto pensieroso.

Complimenti Kōga, hai mandato in fumo tutti i piani di Kagome, pensarono all'unisono.

Kagome si passò le mani sulla pancia ancora piatta, abbassando lo sguardo, l'allegria completamente sparita.

Non posso più dirgli del bimbo. Non con lui in questo stato. Avanti InuYasha, dì qualcosa di terribilmente triste o nostalgico, oppure chiuditi nei tuoi silenzi pensando al passato. Che aspetti?!

Tuttavia quella serata non aveva cessato con le sue sorprese.

Dopo essere stato per qualche minuto a braccia incrociate assorto in un mutismo assoluto, in apparente stato di profonda e fosca riflessione in chissà quali cupi pensieri, se ne uscì: “Ci ho pensato, valutando il livello della mia e della tua abilità, ma seriamente eh!, e anche se Kikyō non avesse contaminato i tuoi frammenti con la volontà sua e di Midoriko, tu, stupido lupastro non saresti mai riuscito a sconfiggere Naraku, di sicuro non prima di me e del mio Meido, o della Bakusaiga di Sesshōmaru. Saresti stato fregato! Tze!”

Il demone lupo ci mise due secondi di troppo a rispondere a quella provocazione, anche perché si sentiva enormemente sollevato dopo la sua infelice battuta su Kikyō. Ora si rendeva conto che il cagnolino aveva ampiamente elaborato il lutto, e che nel suo animo era presente solo una persona, la stessa che ora aveva ripreso un po' di colore sulle guance accorgendosi di quanto falsate erano state le sue interpretazioni del comportamento di InuYasha.

Si, hai ragione Kōga! Devo ringraziare Kikyō.

L'amore per lei ha aperto la strada per il mio cuore e per la mia anima. Che sono, dopo tanti anni, liberi dalla sua presenza.

Ha tracciato un solco in essi che non si è esaurito con la fine della nostra storia, ma anzi, è stato necessario per trovare Kagome, affinché potessi amarla meglio e non commettessi gli stessi errori, affinché potessi renderla felice.

Kagome, posso immaginare la mia vita senza Kikyō, ma non posso immaginare la mia vita senza di te.

Sei stata l'unica che mi ha amato per quello che sono, ossia un mezzodemone. Se Naraku non si fosse messo in mezzo probabilmente sarei diventato un umano per passare la mia vita al fianco di Kikyō, ma solo ora mi rendo conto che avrei perso qualcosa del mio essere a cui non sono più disposto a rinunciare.

Solo per questo, per questa stilla di consapevolezza, per quel barlume di sentimento che io e te abbiamo condiviso, un amore che mi ha portato a trovarne un altro più grande e da vivere pienamente, io, Kikyō, ti ringrazio!

Si accucciò vicino alla sua Kagome, e si accorse che tremava leggermente; cercò così i suoi occhi scuri, per rassicurarla su tante di quelle cose che lei nemmeno poteva immaginare.

Credi che non mi sia accorto che porti in grembo un figlio nostro?

Sto sveglio la notte per non perdermi neanche un dettaglio, per non perdermi nemmeno un cambiamento che questo nuovo essere porta al tuo morbido e pallido corpo.

Strinse i pugni, deciso sul da farsi.

Hai messo in piedi questa serata per farmi un sorpresa, e se posso renderti felice non mi importa di fingere di non saperlo.

Non mi importa di dover sopportare tutte queste persone, mentre vorrei stare solo con te nel silenzio della nostra nuova casa appoggiando il mio capo sul tuo ventre, per immaginare il battito di mio figlio.

Non mi importa di nient'altro che te. Io Kagome ti...

 

D'ORA IN POI

 

“Kagome, non avevi qualcosa da festeggiare?” la incoraggiò Sango, interrompendo i pensieri del mezzodemone.

La ragazza si schiarì la gola, si alzò in piedi e inchiodò i presenti con occhi infiammati dal sacro fuoco dell'arte oratoria. E' arrivato il grande momento!

“Comincio col dire che non mi aspettavo che molti di voi sarebbero venuti...” fissò quell'ammasso di persone rannicchiate nella sua casetta come sardine in una scatola, mentre si rendeva conto che l'introduzione poteva risultare un po' offensiva, ed il sacro fuoco dell'arte oratoria sembrò scemare ed abbandonarla.

Si sentiva un politico preso in contropiede. Voleva solo condividere la gioia di aspettare un bambino con InuYasha, con i suoi amici, con i suoi compagni di avventura, e dire loro quanto era grata di averli ritrovati dopo tre lunghi anni di assenza.

Chiuse gli occhi per cercare le parole più adatte, mentre attorno a lei tutto era silenzio tranne per la tempesta sopra di loro.

“Non mi ero aspettata che molti di voi sarebbero venuti,” ripeté decisa, guardandoli uno a uno. “Ma credo che sia stato un segno del destino. Perché che ne siate consapevoli o meno questa sarà forse l'ultima volta che tutti quelli che hanno lottato contro la minaccia rappresentata da Naraku si riuniranno sotto lo stesso tetto. Il gruppo come lo conosciamo ora, non esisterà più.” Prima che insorgessero delle proteste, continuò appuntando dolcemente gli occhi sui figli di Miroku e Sango, profondamente addormentati in un angolo in penombra, avvolti in una miriade di coperte (il bonzo si era rivelato una vera chioccia, chi se lo sarebbe mai aspettato da un monaco deviato?!): “Nuovi membri si sono già uniti a noi, ed altri ne arriveranno presto, vero Kōga? Il cambiamento non si può fermare, non siamo più gli stessi di prima, prima di quell'anno passato all'inseguimento di Naraku, periodo in cui abbiamo sofferto, combattuto, lottato fino allo stremo fisico e mentale poiché messi a dura prova da una mente malvagia fino al midollo.

Ma ne siamo usciti più forti, tutti noi, perdendo e guadagnando qualcosa.

Allo stesso modo, da domani, non saremo più quelli che siamo oggi.

Da domani prenderemo strade diverse che ci porteranno lontano o vicino gli uni agli altri, consapevoli che magari subiremo fallimenti, oppure otterremo successi, incontrando nuove persone ed abbandonandone altre.”

La stavano fissando tutti, persino Sesshōmaru, poiché le sue parole, dette con tutto il sentimento ed il trasporto che provava in quel momento, avevano toccato qualcosa di profondo nell'intimo di creature così diverse accomunate dallo stesso destino legato alla Shikon No Tama e a Naraku; Miroku invece, dotato di una vista e di una perspicacia tipica di un hōshi, riconobbe, al di là delle parole, che in quella ragazza venuta da un mondo misterioso attraverso un pozzo, c'era un ardore ed un calore ipnotico che era molto diverso dal mero potere spirituale di una comune miko. Tale forza intrinseca attirava come una calamita, e non si meravigliava che esseri come Kōga, o InuYasha, e persino lui stesso ne fossero stati così attratti, talmente tanto da esserne placati nel loro spirito inquieto. Ad una come lei non si poteva resistere, ed il monaco era sicuro che con il tempo questa qualità così rara, questa qualità prettamente umana di riscaldare il cuore degli altri si sarebbe rivelata determinante per fare di Kagome una miko molto più potente della stessa Kikyō, che in quanto a forza spirituale e a carisma non aveva pari ma che difettava di quello slancio che nell'altra ne costituiva le fondamenta del suo animo.

E che costituiva allo stesso modo quello della bambina chiamata Rin.

La ragazzina condivideva il medesimo impeto; due umane talmente speciali da essere entrate, per questo, diritto nel cuore di quei Demoni Cane così potenti ed orgogliosi, per non uscirne più.

C'era del vero nelle sue parole, ammise tra sé e sé Sesshōmaru. Sentiva la cassetta tremare dalle fondamenta sotto le sferzate del tifone, eppure resisteva ad ogni raffica, risoluta.

Naraku ci ha messo alla prova senza pietà, siamo stati sfidati a superare fisicamente e moralmente tutti i limiti. Perdendo qualche battaglia ma vincendo la guerra.

Eppure è stato più di questo.

E' stato un percorso di vita, un viaggio che ho intrapreso con l'intento di vendicare l'attentato al mio orgoglio che il vigliacco mi aveva arrecato, ma soprattutto perché quell'indegno ha strumentalizzato il legame che ho con Rin rapendola, un viaggio che ha voluto il suo prezzo per ognuno di queste persone, me incluso.

Ma posso dire, alla fine dei giochi, che quello che ho guadagnato è più che valso quello che ho perso.

Pensò a Tessaiga, e a tutto ciò che aveva rappresentato per lui, capendo poi quello che in realtà era, ovvero il potere raggiunto solo tramite il lascito di qualcun altro, non per un suo merito personale o attraverso un particolare sforzo.

Poi pensò a Kagura, Sesshōmaru.

Anche lei era tra le perdite.

Sapeva, o più o meno si immaginava, ciò che aveva provato nei suoi confronti, e l'aveva rispettata per questo, aveva rispettato i suoi sentimenti per lui; e per una piccola frazione di tempo aveva anche pensato che forse avrebbe potuto ricambiarla, se davvero avesse voluto.

In effetti era stato quello il problema.

No Kagura, io e te non saremmo mai stati niente, anche se ho pensato di tentare di salvarti, per farti godere la libertà che tanto cercavi per più di quegli attimi che ti sono stati concessi.

Non saremmo mai stati niente perché io sono...

“Vieni qui Jaken! Ho i brividi. Vieni a scaldarmi!” Rin, seduta vicino a Sesshōmaru nella parte più fredda della casa, stava tentando di abbracciare il kappa che si dimenava come un ossesso gridando che non era una stufa portatile, interropendo per l'ennesima volta Kagome che gli gettò uno spaventoso sguardo di avvertimento. Lo avrebbe strangolato se ci avesse riprovato!

Fu solo un istante e la mokomoko si avvolse attorno alla ragazzina, scaldandola immediatamente.

Rin ne fu piacevolmente sorpresa, e si accucciò in quello che era a tutti gli effetti un abbraccio, costituendo quella morbida pelliccia una parte del corpo di Sesshōmaru stesso, il quale non fece una piega nei tratti del volto, ma dentro di sé si rimproverò di aver costretto Rin a stare lontana dal fuoco solo perché non moriva dalla voglia di sedere tanto vicino a quella banda così chiassosa.

Padron Sesshōmaru, a me non avete mai permesso di avvolgermi nella vostra morbida appendice. Tutto questo è tremendamente ingiusto!

Jaken si arrese all'evidenza di quella verità inossidabile. Il suo padrone aveva anche potuto lasciare la ragazzina umana al villaggio, tre anni prima, ma prima o poi, in un modo o nell'altro, Rin sarebbe tornata con loro, ci avrebbe giurato. Lui non le avrebbe mai permesso di lasciarlo, non senza lottare almeno.

“Anche se non saremo più solo noi, lo spirito del nostro gruppo rimarrà sempre con ciascuno dei presenti, dando un senso ai nostri prossimi legami futuri.

Dicevo che molto probabilmente conosceremo nuove persone. Ebbene,” Kagome incatenò gli occhi a quelli del suo compagno, “tu Inuyasha molto presto farai la conoscenza con qualcuno di speciale. Io. Aspetto. Un. Bambino. Diventerai padre. Non sei contento?! Perché fate tutti quelle facce? Mi aspettavo almeno qualche congratulazione!”

“Ma certo! Ma certo! Congratulazioni Kagome, siamo molto felici per te.” Miroku, Sango, Shippō e Kohaku, nonché Rin che gridò di infantile gioia, le sorrisero con sincera felicità dopo un attimo di silenzioso smarrimento senza alcuna traccia di sorpresa. “Aspettate. Un. Attimo. Voi lo sapevate, verooo?”

”Divina Kagome, sono padre di ben tre figli, è ovvio che me fossi accorto, no?” Miroku e Sango arrossirono imbarazzati.

“A me lo ha detto mia sorella,” si giustificò Kohaku.

“E il ragazzo lo ha detto a me. Io poi l'ho detto a Myōga. Non pensavo ci fosse qualcosa di male!” Tōtōsai si tolse il cerume dall'orecchio sinistro e si grattò la testa.

“A me non lo ha detto nessuno, ma fidati Kagome, tutti noi, vero Ayame? ce ne siamo accorti. Il nostro fiuto non smentisce. Il tuo odore è quasi lo stesso ma anche se infinitesimale un poco è cambiato.” Kōga sembrava sconsolato. “Congratulazioni sorella Kagome, siamo molto felici per te!”

“Ginta! Hakkaku! Grazie mille. Ma allora...” Kagome diventò paonazza come un peperone e si prese il volto tra le mani strillando: “Ma quindi anche tu Sesshōmaru...e tu, tu, InuYasha...lo sapevate!!!”

Il primo interpellato emise più un grugnito che un assenso, che si trasformò in una minacciosa smorfia di avvertimento verso il bonzo quando Rin confidò che lei e il piccolo Shippō lo sapevano perché avevano sentito il monaco affermare che “quando si fanno certe cose è inutile poi lamentarsi”, e che “InuYasha se l'era cercata”.

“Scu...scusa Sesshōmaru, prometto che sarò più discreto la prossima volta!” Miroku si sentiva improvvisamente moolto sudato.

Altrettanto di come si sentiva il mezzodemone, che sembrava fumare dalle orecchie. Sapeva che Kagome era gravida, e la prima sensazione che aveva sentito era stata quella di proteggerla da tutto e da tutti, seguita poi dalla preoccupazione per la sua salute, ed un lieve imbarazzo quando si era accorto che ad ognuno dei presenti sarebbe stato evidente che per arrivare a quel punto lui e Kagome si erano dedicati a certe attività con speciale dedizione.

Ma che cavolo, siamo sposati! Era ovvio che lui e lei...

Ma quello che lo aveva mandato in tilt ora era stata la sua seconda affermazione.

Diventerai padre.

Il fatto che lei aspettasse un bambino lo rendeva automaticamente padre. O forse no?

Forse essere padre era qualcosa di ben diverso dal generare un figlio?

E se si, come si faceva a diventarlo, allora?

Lui e Kagome avevano sicuramente generato un figlio ma InuYasha non aveva la benché minima idea di come si comportasse un genitore.

Non aveva mai avuto un padre, non lo aveva mai visto, se non circondato di luce quando So'unga era stata sigillata per sempre negli Inferi, e con questo non si poteva di certo definire che lo conoscesse.

Si sentiva male, si sentiva come se un peso enorme gli fosse sceso nello stomaco ed il primo pensiero fu di scappare il più velocemente da lì.

“Tu!” L'indice di Kagome svettò contro di lui, quasi avesse scoperto le sue intenzioni e gli volesse impedire di scappare. ”Lo sapevi e non me lo hai detto?!”

La rabbia lo invase e cacciò per un attimo il disagio e la paura.

“Dannata! Come credevi che potessi non saperlo?! Ti ho sempre sotto gli occhi, praticamente ho il tuo odore spalmato addosso, che cavolo pretendevi? Certe cose sono immediate per un han'yō come me, chi pensi che io sia? Mi sei sempre attorno, ti cerco ovunque, la nostra vita è insieme!” sbottò senza rendersi conto di quanto si fosse esposto nelle sue dichiarazioni, che potevano essere un po' brusche e sputate a casaccio, pur tuttavia erano la verità. Avevano ormai allacciato un legame talmente stretto che semmai doveva essere lui ad essere costernato della sua costernazione.

“Non so come hai fatto a non sapere che io sapevo. Tze! Mi sottovaluti sempre!”

“Io mi sono perso! Chi sa cosa e chi non la sa?” Shippō aveva gli occhi che giravano come piccole vertigo.” Mamma mia InuYasha, potresti solo chiedere scusa a Kagome per la tua insensibilità?”
Ma la ragazza in questione era pietrificata sul posto.

Tutte quelle frasi “Ti ho sempre sotto gli occhi” ”ti cerco ovunque, la nostra vita è insieme” avevano reso furioso il battere del suo cuore.

InuYasha sapeva, e per quanto prima le fosse sembrato atterrito, non aveva percepito dispiacere, o disgusto.

E' un mezzodemone anche il nuovo essere che cresce dentro di me. Anzi, avrà solo un quarto di sangue demoniaco nelle vene. Solo ora mi rendo conto che la cosa mi spaventava, mi spaventava che InuYasha si sentisse svilito da questo.

“Senti InuYasha, ma hai rinforzato la casa?” Miroku aveva cambiato improvvisamente argomento; la divina Kagome aveva bisogno di metabolizzare le solite dichiarazioni impulsive che l'han'yō buttava fuori ogni volta che si trovava in contropiede e messo alle strette. ”Io ho martellato tutto il giorno per appesantire il tetto e a mettere assi alle finestre e davanti all'entrata.”

“All'entrata?!”

In quel momento, nel medesimo istante, ci fu un risucchio, e tutto quello che non era attaccato al pavimento volò fuori, cibo, oggetti e persone.

La mokomoko di Sesshōmaru si avvolse lesta a proteggere Rin altrettanto rapidamente dell'abbraccio di InuYasha attorno a Kagome, mentre Sango e Moroku pensavano ai piccoli che si svegliarono piangendo, catapultati fuori insieme agli altri sotto il diluvio battente.

 

STRADE SEPARATE

 

“InuYasha! Ti avevo avvertito! Possibile che non fai mai quello che ti chiedo? Guarda che disastro!”

Una sottile striscia di luce bianco-giallastra stava spuntando ad est, bucando le nubi nere che si stavano allontanando.

Aveva smesso di piovere, e tutti quanti osservavano sconsolati la casa dove fino a poche ore prima si trovavano.

“Dannata, non vedi che ha retto benissimo?! Il tetto è un po' danneggiato ma si può rimediare, no? Tutta questa manfrina solo perché ho dimenticato di sigillare l'entrata, bah! Non ci sono stati né morti né feriti!”

Una decina di paia di occhi lo incenerì all'istante.

“Se tu avessi messo un'asse davanti alla porta non si sarebbe prodotta la corrente d'aria che ha scaraventato tutto fuori. Sei il solito cagnaccio ignorante!”

“Kōga, fatti gli affaracci tuoi una volta per tutte! Se lo avessi fatto voi tutti sareste rimasti fuori a bagno impossibilitati ad imbucarvi alla mia festa, quindi ringraziami!”

“Bene, come vuoi! Noi ce ne andiamo. Sbrigatela da solo. Arrivederci Kagome. Spero che dare alla luce un essere da un simile botolo non sia pericolo per te. Maledetto cagnaccio, non potevi starle lontano con le tue zampacce, vero?”

“Come te lo devo dire che siamo sposati?! Spo-sa-ti. Mettitelo in testa. Io con lei faccio tutto quello che voglio.”

Prima che venissero ancora alle mani Kagome si mise in mezzo, ringraziò Kōga, Ayame, Ginta e Hakkaku, e poi sospirò per il sollievo quando vide le nubi sollevate dai lupi mentre si allontanavano.

“Anche io me vado.” Tōtōsai montò in groppa a Mō-Mō, fece ciao con la manina e partì con un muggito. ”Vi ringrazio per la cena. Come promesso ho rifatto il filo a Tessaiga, vedi di trattarmela bene!”

“Tze, vecchio! Sei scappato! Almeno potevi aiutare a rimettere in ordine. Il solito scroccone. Invece tu Myōga sei rimasto!”

“Padroncino InuYasha, mi duole dirlo ma anche io parto. Verso ovest. Il dovere mi chiama.”

Il demone pulce saltellò sulla hitoe rossa di InuYasha, arrivò al suo naso e cominciò a succhiare, per poi finire spiaccicato come da prassi.

“Ci lasci anche tu, vecchio Myōga?” Kagome aveva la voce afflitta, e non solo per l'imminente partenza del vecchio e minuscolo consigliere, ma anche nel vedere tutte le sue pentole nuove abbandonate in mezzo al prato.

“Si, vado nei Territori Occidentali, i luoghi d'origine di vostro padre, padroncino InuYasha. Devo portare avanti accurate indagini sulla stirpe dei grandi Inu-yōkai a cui voi e il signorino Sesshōmaru appartenete.”

Il signorino in questione, distante poco lontano, ascoltava con il suo superudito, mentre si sincerava che Rin non avesse subito danni per colpa di quello scapestrato di suo fratello.

“Quanto starai via?”

“Almeno un lustro, signorino. Quando ritornerò vostro figlio avrà già fatto i suoi primi passi nel mondo.” Myōga tirò fuori il suo solito fagotto, si soffiò il naso e si asciugò le lacrime che erano spuntate a fiotti. “Sono molto orgoglioso di voi, e lo sarebbe anche vostro padre.”

“Allora arrivederci vecchio mio, fai buon viaggio!” InuYasha non lo avrebbe mai ammesso, ma quella piccola pulce fifona gli sarebbe mancata.

Con un balzo, il piccoletto saltò su una cornacchia che era stranamente scesa in picchiata su di loro, e dopo qualche minuto era già sparito dall'orizzonte.

Perché vecchio Myōga hai deciso di indagare sui Demoni Cane? Cosa stai andando a cercare ad Occidente che abbia a che fare con la mia razza?

Sesshōmaru non ebbe però tempo di seguire questi ragionamenti.

Era contento di essere uscito da quella casa, ora respirava molto meglio. Gli odori umani, lo spazio ristretto, il puzzo di lupo, tutto aveva contribuito a metterlo di cattivo umore, ma in fondo erano tre anni che bazzicava in quel villaggio, quindi entrare in una dimora umana non era stato così lesivo per la sua dignità. Perlomeno è stato meno peggio di quanto mi aspettassi. E poi Rin gli era sembrata così felice che avrebbe fatto questo ed altro per vederla sempre così contenta.

Ora però che la guardava, non gli pareva più molto allegra, e sapeva bene anche il perché.

“Ve ne state andando.”

Non era una domanda. Era una verità sconcertante.

“Si.” Non avrebbe voluto essere così lapidario, ma che ci poteva fare? Stare ancora lì tra quegli umani non era proprio nelle sue intenzioni, anzi, si era fermato anche troppo.

“Rin, non puoi mica pretendere che Padron Sesshōmaru resti qui con te! Lui ha la sua vita da vivere, demoni da uccidere e potere da conquistare, quindi stai al tuo posto.”

Sesshōmaru fulminò Jaken con gli occhi e lo vide ritrarsi.

Era stato conciso, è vero, e forse anche un po' freddo, ma di sicuro non voleva rimetterla al suo posto.

“La prossima volta ti porterò della carta, dei rotoli per scrivere e disegnare, va bene?” Squadrò Kaede che si avvicinava quasi con rancore. Perché gli stava sempre così addosso? Che cercasse di allontanarlo da Rin? Loro potevano godersela ogni giorno, la sua bambina così unica, potevano sentire le sue risate e la sua allegria, potevano istruirla e farla diventare “un genietto della Sengoku Jidai”ma per il Sacro Inugami, lui non sarebbe stato da meno.

“Intanto tieni,” sfilò da dentro la sua armatura un misterioso pezzo di stoffa blu scuro, che fece spalancare gli occhi di Rin e strabuzzare quelli di Jaken. “Mio signore, ne siete sicuro? Quella non è...?”

“L'ho portata per te Rin. La veste di O-Yutori. Ti proteggerà, mantenendo il tuo corpo alla giusta temperatura, che tu sia in un liquido, in un miasma o persino nel fuoco. Adattala pure alla tua misura, ma indossala sempre. Può fare ciò che io non posso, per ora.” L'ultima frase era stata pronunciata bruscamente per nasconderne l'incrinatura, poi velocemente, troppo velocemente per non essere sospetta la cosa, si voltò e fece per andarsene.

“Sesshōmaru-sama, grazie. La metterò sempre. Tornate presto, vi prego.” Rin non piangeva, ma la voce era spezzata quanto la sua.

Kaede lo osservò allontanarsi, algido e bianco, con il piccolo demone verde al seguito che faticava a stargli dietro.

Si ricordò di quel momento di tre anni prima, pochi giorni dopo che InuYasha era balzato fuori dal pozzo Mangia-Ossa senza Kagome, in cui il fratellastro era venuto da lei e con poche frasi smozzicate di chi non è abituato a chiedere niente, le aveva domandato se fosse disposta a tenere la piccola Rin al villaggio.

Tienila con te al villaggio, le aveva quasi ordinato.

Deve sapere cosa può ottenere nella vita. Insegnalelo.

Kaede si chiese quanto fosse profondo e combattuto l'animo di Sesshōmaru in quel frangente, poiché aveva capito che il demone voleva di nuovo la presenza di Rin nella sua esistenza, ma voleva altresì che la ragazzina scegliesse di fare altrettanto in modo consapevole, che fosse per sua volontà, una volontà matura e piena, che non rimpiangesse niente, per godersi totalmente ciò che Sesshōmaru poteva darle in un secondo tempo.

Prima si è risentito con noi perché si è reso consapevole dei suoi limiti. Sesshōmaru è si un demone adulto, colto e potente, ma non può educare, non può crescere questa bambina umana per farne una donna, proprio in virtù del suo disperato desiderio di passare la sua vita affianco a lei. In un estremo atto di generosità che poteva anche non permettersi ha preferito che trovasse da sola le sue risposte, per delle domande che entrambi nemmeno si sono ancora posti.

Oh Sesshōmaru, quanto devi tenerci?!

E tu Rin, ti renderai mai conto di quanto immenso sia il sentimento che questo demone così apparentemente gelido prova invece per te a dispetto di tutto?

Ha il terrore di perderti, Rin, ma lo ha fatto lo stesso, ti ha lasciata qui e rispetterà qualunque decisione tu prenderai. Si è assunto un rischio. Ha messo a rischio il suo cuore e la sua anima per la tua libertà.

Però non credo che debba temere di perderti. Lo vedo nei tuoi occhi, piccola Rin.

Non c'erano infatti dubbi che quella piccoletta determinata avrebbe scelto di seguirlo, una volta abbastanza cresciuta, Kaede ne era profondamente convinta.

Ma in che rapporti sarebbero stati, questo era un mistero. Lui le avrebbe fatto da guida alla stregua di un padre? O si sarebbero amati come compagni sullo stesso piano? L'anziana miko non voleva nemmeno immaginare la possibilità che uno dei due provasse una cosa e l'altra invece un sentimento di genere diverso. Sarebbe stato un totale disastro. Ma c'era ancora tempo. Molto tempo.

“Le ha dato la veste del Gallo d'Acqua?! Non ci credo! Sesshōmaru si è proprio sgelato.”

InuYasha si era avvicinato osservando di sottecchi il puntino bianco che era suo fratello sparire con passo stranamente troppo lento dietro la collina. Sembrava reticente ad andarsene.

Kagome lo guardò interrogativa. “E' il contraltare della veste del Topo di Fuoco,” spiegò, “quella che indosso io.” Si prese due lembi della parte superiore per rendere meglio l'idea, “Erano di nostro padre; non so dove le abbia prese, ma se gliel'ha data deve tenere a lei più di quanto tutti noi possiamo pensare. Insieme a Tenseiga credo che sia uno dei pochi cimeli di nostro padre ancora in suo possesso. Eppure se n'è separato. Per darlo a lei. Incredibile davvero.”

InuYasha si guardò in giro poi aggiunse: “Sono scappati tutti, maledetti! Quando c'è da mangiare ecco che te li vedi precipitarsi dentro casa, ma quando si deve pulire, puff! persino Sesshōmaru se la da a gambe levate!”

Kagome sospirò rassegnata. ”Divina Kagome, vi aiutiamo noi, non temete. La nostra casa ha retto bene, in meno di metà mattina possiamo sistemare la vostra, non è vero mogliettina mia?”

“Certo.” Sango glissò sulle ultime parole di Miroku. “Kohaku, tu è Kirara potete riparare il tetto mentre noi raccogliamo tutto quello che è stato catapultato fuori.” La sterminatrice si mise le mani sui fianchi, e gemette. “Tu guarda che disastro completo! Ci sono scodelle anche lungo l'argine di quel canale. A Kagome verrà un colpo!”

“Anche io vi aiuto! Anche io!” Shippō era l'unico che sembrava possedere la voglia di affrontare quella fatica, tuttavia, come aveva detto Miroku, prima che il sole raggiungesse lo zenit avevano finito.

“InuYasha, ora possiamo parlare?” Se ne erano andati tutti a desinare, e Kagome voleva approfittare di quel momento per mettere in chiaro alcune cose.

L'han'yō produsse un rumoroso singulto. “Dimmi.” rispose però quieto.

“Non mi hai detto niente per quanto riguarda...sai, il bambino.” Arrossì e si strinse l'hakama fra le dita. “Insomma, ti sta bene? Magari è troppo presto, sono tornata solo da pochi mesi e poi...”

“Vuoi stare zitta un attimo?!”InuYasha la guardava con l'ardore negli occhi, dorati ed intensi, pieni di qualcosa che forse neanche lui sapeva esprimere. Si avvicinò a lei adagio ma risoluto, le prese le mani, e abbasso la testa verso il suo volto.

“Kagome,” tirò un respiro lunghissimo, infinito, “ io ti amo.” Fece una faccia come se anche lui fosse sorpreso di averlo pronunciato ad alta voce. O di averla ammessa in generale, quella frase che esponeva così tanto il suo cuore.

Le pupille della ragazza si restrinsero per lo stupore. Non glielo aveva mai confessato. Mai.

“Non l'ho detto a nessuna nella mia vita.” Confermò quasi leggendole nei pensieri. “Nemmeno a Kikyō.”

Guardò le loro mani intrecciate. “Kagome, in questi anni, dopo che il pozzo si è chiuso, ho pensato tanto, nel silenzio dei tramonti, o quando vedevo Miroku e Sango ridere felici con i loro figli. Forse non lo sai, ma almeno ogni tre giorni andavo a controllare che quella via che conduceva a te fosse veramente sigillata, perché una parte di me non ci credeva. Non potevo credere di non vederti più.” Il mezzodemone la prese per le spalle, in una stretta ferrea ma dolce, quasi scuotendola piano. “Se tu pensi che sia troppo presto, bhe smettila di pensarlo!” La attirò verso di sé e soffiò contro la sua guancia. “Non so come si fa il padre Kagome, ma ti giuro che farò del mio meglio. Proteggerò questa nuova vita, facendo degli errori, non lo nego, eppure tu non devi dubitare di questo. Non sei sola. Non sei la sola a volerlo. Capito!?” Sciolse l'abbraccio e la sua solita aria da spaccone prese posto di quella delicatezza insolita. “Tze! Gli insegnerò a battersi, anche con avversari più forti di lui, vedrai che campione che tirerò su!”

“”Ehi, chi ti ha detto che è un lui?! Magari sarà una bambina, una piccola me in miniatura, te la vedi?!” La ragazza non si offese per l'interruzione di quel momento romantico, tutt'altro. Era questo il vero InuYasha, l'InuYasha di cui si era innamorata. Andava più che bene così.

Anzi, era perfetto.

 

MI RITROVERETE

 

Rin passò le dita nella durezza del tronco del grande dio.

La Somma Kaede e Kagome-sama le avevano spiegato che quello non era un normale albero.

Quello era il Goshinboku.

In lui c'erano purezza e sacralità. Ma più di tutto c'era sincerità.

E chiunque vi sostasse nelle vicinanze, proprio come stava facendo lei ora, ne percepiva gli effetti, di modo che questa corrente piena di candore millenario passava dall'antico fusto fino a Rin stessa, che in quel momento di profondo turbamento emotivo riuscì a scorgere i reali sentimenti del suo piccolo cuore.

Aveva perso molte persone, in passato. Sua madre, suo padre, suo fratello. Li aveva visti trucidare davanti ai suoi occhi.

Eppure perdere Sesshōmaru era stata un'esperienza ancora più tremenda.

Aveva pianto per tre giorni e tre notti, senza mangiare, senza bere, senza dormire. Aveva strillato e strepitato, urlato come un animale ferito a morte, si era sentita tradita e si era chiesta se invece non fosse stata lei il problema, se Sesshōmaru non la volesse più perché gli aveva arrecato magari un grave torto senza accorgersene.

Ma ora aveva capito. Strinse la veste blu a sé, come a trattenere l'odore di lui e il suo calore, e quando essa strisciò inavvertitamente all'albero, Rin vide quasi una visione.

Loro due che camminavano insieme, fianco a fianco.

Non l'aveva abbandonata. Lui le voleva bene.

Anzi, poteva quasi azzardare a dire che lei fosse l'essere a cui lui teneva di più fra tutti.

Un giorno.

Un giorno sarebbe tornato a prenderla. Lo sapeva.

 

Per i boschi va, per i monti va,

quando dormi è là, quando sogni è là,

Sesshōmaru viaggia sempre, dove mai sarà,

con accanto lo zio Jaken dove se ne andrà?

Quando Rin si sente sola, lei lo aspetterà.

Sesshōmaru le vuol bene, da lei tornerà.

 

 

 

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