Gli Eredi di Serpeverde

di Nild3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Il Prefetto perfetto ***
Capitolo 2: *** 2. Una strana Grifondoro ***
Capitolo 3: *** 3. Sussurri e segreti ***
Capitolo 4: *** 4. Duello, dentro e fuori ***
Capitolo 5: *** 5. Una voce per Tom ***
Capitolo 6: *** 6. Una notte movimentata ***
Capitolo 7: *** 7. Adolescenza ***
Capitolo 8: *** 8. Gli Eredi nel regno ***
Capitolo 9: *** 9. Delusioni ***



Capitolo 1
*** 1. Il Prefetto perfetto ***


1

1. Il Prefetto perfetto

 

Una timida luce investì le sue palpebre, causando uno spasmo che rovinò l'armonia del suo viso. Strizzò gli occhi, poi li spalancò. Era l'alba.

Le tende del suo letto a baldacchino erano aperte; dagli altri letti provenivano sbadigli e sussurri. Anche i suoi compagni si erano svegliati.

Stiracchiò gli arti intorpiditi, poi si mise a sedere sul letto.

Alla sua destra, alcune candele accese fluttuavano annoiate sopra il comodino. Sarebbe stato bello svegliarsi col bel sole caldo, preludio della nuova stagione, ma quel privilegio non era destinato a chi dormiva nei sotterranei.  Si alzò, prese i vestiti dal baule ai piedi del suo letto per andare subito a vestirsi. Qualcuno gli disse "Buongiorno!", lui ricambiò con indifferenza, uscendo dal dormitorio.

I bagni erano già pieni.

Aspettò il turno per farsi la doccia pensando a cosa avrebbe dovuto fare quella mattina: colazione nella sala grande, inizio delle lezioni...erbologia, forse... bene, le serre di prima mattina erano stupende. Adorava l'odore di terra umida, le bellissime goccioline di rugiada sulle foglie delle piante. I colori sgargianti dei fiori. Il rosso. Colore della vita. E anche del sangue.

Scosse violentemente la testa sotto il fruscio d’acqua calda, come per distrarsi da quei pensieri.

Si asciugò, si vestì, si mise davanti uno specchio.

Alle sue spalle, i ragazzi chiacchieravano allegramente; qualcuno di loro, ancora assonnato, era vittima degli scherzi dei compagni. Altri, sveglissimi, ripassavano ad alta voce formule e pozioni. Alcune risate.

L'immagine che rimandava lo specchio era tutt'altro che sorridente, o meglio, pareva che non sapesse sorridere. Ma quando lo faceva, pareva che si illuminasse tutto il volto, pareva un dono prezioso di cui pochissimi potevano godere. Una gioia per gli occhi. Le belle labbra carnose si inarcavano in un sorriso appena abbozzato, i lineamenti del viso si ammorbidivano. Gli occhi sprigionavano una luce magnetica, diventando dolci. Lo stesso loro colore, quello del cioccolato, richiamava alla mente dolcezza.

I capelli ricadevano afflosciati sulla candida fronte, a formare un ricciolo morbido e nero.

Si sistemò la cravatta alla perfezione, continuando a guardare la sua immagine. Era diventato un po' narcisista, era come se non riuscisse a staccare gli occhi dal suo bel viso.

- Scusa, devi fare molto?

Un ragazzo alle sue spalle era impaziente di utilizzare lo specchio. Si voltò verso di lui, con uno sguardo indecifrabile.

- Oh... scusami tanto. Fai pure, aspetterò.

- Stavo giusto andando via-, si affrettò a rispondere, con la sua voce forte e calda, - accomodati.

Il compagno stava ancora ringraziandolo quando uscì dal bagno.

- Buongiorno!

- Ciao!

- Ehi, come va?

Rispondeva a tutti con il suo bel sorriso, fermandosi a parlare pochissime volte. Quasi tutte le ragazze che incrociava finivano col chiacchierare fra di loro, con le guance scarlatte.

Lo doveva ammettere. Aveva un fortissimo ascendente su tutti, un carisma particolare che riusciva ad affascinare chiunque. "Il Prefetto perfetto": così lo chiamavano le sue ammiratrici più accanite, che lo sommergevano di sguardi e sospiri.

Dal canto suo, adorava essere ammirato così tanto. Era come se avesse sopravvissuto per anni. Solamente lì, ad Hogwarts, si sentiva vivo, si sentiva un essere particolare.

E lo era veramente, Tom Riddle.

Detestava l'estate per il fatto che dovesse tornare nell'orfanotrofio di Little Hangleton, un posto che riconosceva come casa e prigione insieme. Soprattutto in quel periodo, visto lo scompiglio spaventoso provocato dai babbani e la loro stupida guerra. Da quando aveva ricevuto la chiamata per Hogwarts, detestava il mondo dei babbani. Perché, perché non era nato in una famiglia di sangue puro?! E, innanzi tutto, perché non era nato in una famiglia?!

Se avesse conosciuto suo padre, un giorno, aveva promesso a se stesso che gli avrebbe fatto molto male. Non appena pensava alla vendetta, ecco un sorrisetto malizioso dipingersi sul suo viso. Da un po' di tempo non pensava ad altro. Vendetta, violenza. Rabbia repressa, o semplicemente sete di giustizia?

Sapeva solamente una cosa, Tom: era un essere eccezionale. L'abilità con cui svolgeva i suoi compiti era assolutamente innata. Possedeva un grande senso del dovere. Eccelleva in tutte le materie, persino nel Quidditch.

C'era una cosa che non sapesse fare? Non l'aveva ancora trovata; sapeva addirittura parlare con i serpenti, un segreto che custodiva gelosamente. Se si fosse saputo in giro, l'avrebbero letteralmente adorato, oppure l'avrebbero disprezzato, e temuto. Solamente questa prospettiva lo attirava: essere temuto.

Spalancava gli occhi con avidità ogni volta che leggeva le biografie dei grandi maghi del passato; divorava senza ritegno tutto quello che riguardasse la storia; la vita e le opere del grande Salazar Serpeverde, in particolar modo. Non a caso era prefetto della Casa che portava il suo nome.

Tom Riddle era una celebrità in tutta la scuola; non c'era studente che non conoscesse il suo nome, il suo volto.

In qualità di prefetto era molto impegnato, e fra lo studio e le altre mansioni aveva davvero pochissimo tempo da dedicare a se stesso. Ma ritagliava ugualmente minuti preziosi da passare in biblioteca.

Studiava, memorizzava, leggeva più che poteva.

Un alunno modello.

Non aveva molti amici; a parte i suoi compagni di dormitorio e quelli di squadra, Tom dava poca confidenza alle persone, ma non perché avesse problemi nei rapporti con gli altri. Se desiderava conoscere qualcuno, lo faceva senza troppi problemi, visto lo strano fascino che esercitava sui suoi interlocutori.

Era famoso, insomma, come lo erano tutti i prefetti e i giocatori di Quiddicht delle case. Ad Hogwarts si diventava famosi anche per la propria famiglia, per i bei voti, per il coraggio, o semplicemente per la propria personalità, e  Tom aveva per l’appunto trovato una persona che minacciava la sua eccellenza, e questa persona era inespugnabile; questo lo tormentava.

Ogni volta che la vedeva sentiva vuoto allo stomaco come se gli fosse passato un fantasma attraverso, la guardava con disprezzata ammirazione. Odiava persino pensare fra se e se che lei lo turbasse.

Era una ragazza del quinto anno, sveglia ed intelligente, timida e solare. Qualità che Riddle disprezzava per le loro debolezze. Anche lui era molto intelligente, perspicace e voluttuoso, ma gli mancava qualcosa che Nagini Renn -così si chiamava la ragazza- possedeva in abbondanza, qualcosa che non era mai riuscito a capire.

Il nome di Nagini non era famoso, eppure tutti sapevano chi fosse. Non era ambiziosa, ma ugualmente aveva ricevuto cariche, rifiutandole.

Era una Grifondoro, e la rendeva ancora più interessante. I Grifondoro erano famosi per il coraggio, eppure lei sembrava sempre così timida!

Proprio notando un gruppo di piccoli Grifondoro, Tom attraversava la hall, quando suonò la campanella che annunciava l'inizio della giornata scolastica. Vide alcuni suoi compagni uscire verso il giardino, insieme ad altri ragazzi del Tassorosso, con i quali avevano lezione.

- Tom... ehi, Tom Riddle!

Era stato Terry Flint a chiamarlo, uno dei Cacciatori della sua squadra di Quidditch, compagno di stanza e forse unico amico.

- Si?

- Gli allenamenti, Tom...

- FLINT! IN CLASSE!-, la voce di una professoressa rimbombò per le scale dei sotterranei, e Terry sbiancò per l'imbarazzo.

- La Lumah mi ha obbligato a stare tutto il giorno con lei… dice che mi farebbe bene assistere alle lezioni dei più piccoli… ne parliamo a pranzo! A dopo!

I due ragazzi si scambiarono un gesto di saluto, e poi ognuno prese per la propria strada.

Tom assaporò a pieni polmoni l'aria fresca che spirava sulla superficie del lago, e che faceva il solletico agli alberi che separavano il territorio di Hogwarts dalla foresta proibita.

Si diresse verso le serre, dove il professor Garnett stava già facendo l'appello.

 

- E con questo, abbiamo finito.

Tom ripose l'ultima boccetta di polvere ramata nell'armadietto, mentre la ragazza in lacrime, seduta a terra, tirava ancora su col naso.

- Scusami ancora, Tom-, disse la ragazza, fra un singhiozzo e un altro, - ti ho fatto perdere tanto tempo... il pranzo è già stato servito, e tu sei qui a rimediare un danno che ho fatto io!

Il giovane prefetto le sorrise, - Non preoccuparti, l'ho fatto con piacere. E' stato anche un mio errore, dopotutto.

La ragazza rispose al sorriso non molto convinta, poi si alzò in piedi e sistemò i libri nella sua cartella. Chissà cosa avrebbero detto le sue amiche, dopo che aveva trascorso quasi un'ora da sola col prefetto!

Anche Tom prese le sue cose, - Adesso vado, Laura-, si congedò, - fra un quarto d'ora ho gli allenamenti.

Uscì dall'aula tirando un sospiro di sollievo, pensando a quanto si potesse essere sbadati. A Laura, una Serpeverde del sesto anno, era sfuggito un incantesimo perché l'aveva scossa per un braccio per attirare la sua attenzione, e tutti gli ingredienti dell'armadietto erano finiti a terra. Alcuni purosangue non meritavano proprio quel titolo.

Non gli era rimasto nemmeno il tempo per andare a pranzare, i suoi compagni l'aspettavano al campo di Quidditch per gli allenamenti giornalieri.

Corse nel suo dormitorio e indossò la divisa; il manico di scopa era pronto accanto alla porta, vicino gli appendi-abiti.

Si meravigliò non poco, quando al campo non trovò nessuno. Era in ritardo, ma non tanto da essersi perso gli allenamenti!

Sia le tribune che gli spogliatoi erano deserti; le bandiere con gli stemmi delle Case sventolavano annoiate alla brezza fresca. Nessun giocatore volteggiava nel campo. Ma dov'erano finiti tutti?

Che fosse successo qualcosa?

Tornò sui suoi passi per andare a cercare qualcuno. Se avevano deciso di rimandare tutto perché non era stato avvertito?

- Oh...

Alzò gli occhi. Davanti ai suoi occhi, sulla soglia del portone secondario, c'era Nagini Renn. Aveva un enorme sacco di terriccio fra le braccia, e dal colore della sua faccia era chiaro che non si aspettava di trovare qualcuno, fuori.

I due si fissarono per qualche secondo. Nagini, poi, abbassò subito i suoi occhi verde-castani sulle scarpe sporche di terriccio, e i boccoli castani le caddero molli sulle spalle.

Tom avanzò in sua direzione, deciso a non guardarla neppure; il modo migliore per evitare una situazione imbarazzante. Anche Nagini pensò la stessa cosa, e camminò per la sua strada, verso le serre. Gli occhi di Tom caddero sopra qualcosa che le era scivolata dalla tasca. Era una piccola bisaccia di velluto rosso, uno di quelle usati per le erbe. Doveva chiamarla ed avvertirla, oppure doveva portargliela di persona? Dopotutto era una Grifondoro, non occorreva che si mostrasse gentile con lei; non ne avrebbe guadagnato nulla. Scosse la testa, ed entrò nel castello. Si bloccò per un attimo, e tornò indietro, sul prato. Raccolse la bisaccia, e tastandola si accorse che doveva contenere monete. Sbirciò in direzione delle serre, ed intravide una figura nera che si muoveva all'interno.

Entrò nella serra numero due, piena di giovani arbusti di cicuta. Nagini stava depositando il sacco accanto al tavolo da lavoro del professore.

- Ehm...

Nagini si voltò di scatto, convinta ancora una volta di essere da sola.

- Credo che questo sia tuo-, Tom mise in mostra il sacchetto scarlatto, - ti è scivolato sul prato, qualche minuto fa.

- Ti ringrazio-, rispose Nagini, ostentando un sorriso sincero, - non me n'ero accorta per niente.

Lo prese, riponendolo nella stessa tasca dalla quale era scivolato.

- Cosa ci fai qua, a quest'ora?-, chiese Tom, guardando con insistenza il sacco alle spalle della ragazza.

- Ho portato del terriccio paludoso, serve a Garnett questo pomeriggio. Mi ha chiesto di occuparmene, quindi…

Tom colse una nota di nervosismo nella sua voce; dopotutto, anche se di Case diverse, lui era sempre un suo superiore.

- Mh... va bene. Ciao.

Non le diede tempo di ricambiare il saluto, ed uscì.

Si allontanò dalla serra a grandi falcate per tornare nel suo dormitorio. Incredibile come quella ragazza riuscisse a metterlo in imbarazzo. Si irritò ancora di più quando si sentì chiamare proprio da lei.

- Cosa c'è?-, le rispose con leggera impazienza.

- Tu sei Tom... giusto?

Il ragazzo annuì, ben curioso di sapere dove voleva andare a finire.

- Allora avevo ragione-, gli sorrise ancora, - tutto qui... ciao, ci vediamo!

Nagini tornò alla serra, lasciando Tom con una certa inquietudine addosso. Perché mai una Grifondoro doveva turbarlo tanto?

Fino all'orario di ripresa delle lezioni, si ritirò nel dormitorio a leggere.

Aveva preso alcuni volumi in prestito dalla biblioteca, tutti libri sulla storia di Hogwarts. Il nome di Serpeverde sembrava essere tabù, se non fosse stato per il titolo di fondatore della scuola che gli si doveva. Tom era certo che era molto vicino a scoprire qualcosa di importante; a sedici anni possedeva articolate nozioni di magia nera che aveva rubacchiato qua e la dai libri, proprio perché questa branca della magia lo affascinava da impazzire. Sentiva di esserne particolarmente portato. Il suo interesse per queste cose era nato giusto un anno addietro, durante una lezione di Difesa contro le Arti Oscure. Il professor Silente, quel grande mago il cui potere era paragonabile solamente alla sua forza di volontà, aveva attirato l'attenzione di Tom parlando proprio dei rettilofoni; Salazar Serpeverde lo era, e a quanto ne sapeva lui, solamente pochissimi eletti possedevano quel dono. Che ci fosse un qualche collegamento fra lui e il mitico mago?

Ripensava a questo, mentre rileggeva per la decima volta lo stesso rigo, cercando di concentrarsi. I ragazzi del primo anno facevano un inferno nella sala comune, e non gli permettevano di studiare in santa pace.

- Fate silenzio! Insomma!-, tuonò una voce, che Tom riconobbe essere di Freya Ingreed, il terzo cacciatore della sua squadra. Finalmente qualcuno che potesse dargli spiegazioni dell'allenamento saltato!

Si recò alla sala comune per incontrarla.

- Oh, Tom! Dagliela tu una bella sgridata a questi bambocci, non stanno un attimo zitti!

Bastò la presenza del prefetto a incutere timore nei ragazzi che si inseguivano per la sala, ed ognuno tornò ai propri libri.

- Freya, dimmi... dov'eravate tutti, dopo pranzo? Sono andato al campo, e non c'era nessuno.

- Ma... avevo detto a Terry di dirtelo! Quasi metà squadra era impegnata con i troppi compiti, e così...

Tom si rese conto che non aveva più incontrato Terry perché non era nemmeno andato a pranzo, quindi non poteva saperlo.

Il pomeriggio, poi, si rivelò piatto e grigio.

A cena, Tom mangiò con particolare appetito un po' di tutto quello che c'era sulla lunghissima tavolata della sua casa. Notò ancora una volta Nagini fra i Grifondoro, ed evitò per pochissimo il suo sguardo.

Tornò poi immediatamente a studiare nella sala comune. Solamente a notte inoltrata chiuse tutti i libri ed uscì nel corridoio, per il giro di ispezione che toccava a tutti i prefetti; doveva assicurarsi che nessuno gironzolasse per la scuola oltre la mezzanotte.

Era così misteriosa Hogwarts, illuminata dalla luna. I raggi argentati producevano ombre inquietanti attraversando le vetrate dei corridoi, e i versi delle civette risuonavano con echi sinistri fuori, nella foresta proibita. Non era ancora riuscito a sgattaiolare fuori per andare a dare un'occhiata di notte.

Passeggiare lentamente per i freddi corridoi lo rilassava; si sentiva avvolto dalla potenza magica dei secoli, ne respirava l'odore, si sentiva parte di tutto questo. E pensava in continuazione al fatto che secoli prima, anche Serpeverde aveva camminato per quei corridoi. Il ricordo del grande mago gli portava alla mente la sua innata facoltà. Era una cosa di cui andava fierissimo, perché lo faceva sentire in qualche modo vicino al grande Salazar. Sarebbe diventato come lui, un giorno. E non avrebbe avuto nemici.

- 'sera, Riddle.

- 'sera, Phoenix.

Il prefetto dei Tassorosso, un ragazzone alto almeno due metri, lo trattenne un po' a parlare, poi tornò al suo giro di ronda. Erano le due passate quando tornò a letto.

 

 

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Capitolo 2
*** 2. Una strana Grifondoro ***


2

2. Una strana Grifondoro

 

L'occasione per parlare con Nagini si presentò qualche giorno dopo; senza rendersene conto, entrambi stavano sfilando lo stesso libro da uno scaffale della biblioteca.

- Scusa, non ti avevo visto.

Tom rispose con un sorriso appena abbozzato, e lasciò che la ragazza prendesse il libro. Che diavolo doveva farci Nagini con "Vita e Opere dei Fondatori"?

- Scusami tanto, però mi serve...

- No no, stai tranquilla, prendilo pure-, disse Tom, cercando di svincolarsi il più presto possibile.

- Beh, se però ti serve per studiare...-, Nagini tirò un sospiro, come se stesse raccogliendo coraggio, - prendilo pure, Tom. Ma ti prego di darmelo il più presto possibile.

Il ragazzo prese con riluttanza il libro, e non potè fare a meno di notare, in quel momento, quanto Nagini fosse carina: i boccoli castani, un po’ ramati, le ricadevano sulle spalle, lucenti, mentre alcuni erano legati sulla nuca con un nastro rosso. Gli occhi verde-castani spiccavano tantissimo fra le ciglia nere e folte. Un rosso vivo le imporporava le guance e le labbra.

- A dire la verità-, continuò il Serpeverde, - devo solamente cercare una data. Posso dartelo fra qualche minuto.

- Fai come vuoi. Adesso devo scappare, però. Ci possiamo vedere a cena nella sala grande. A più tardi... mi raccomando!

Nagini se n'era andata e Tom, come al solito, non aveva saputo cosa dire.

Scosse la testa, poi aprì il libro cercando quello che gli interessava.

Il capitolo su Serpeverde era quello più lungo; ci volle più di qualche minuto per trovare ciò di cui aveva bisogno.

- La Camera dei Segreti...

Pronunciò quelle parole ad alta voce, senza rendersene conto. Più leggeva, più veniva rapito dal contenuto del testo. Probabilmente l'autore doveva essere avverso a Serpeverde, viste le parole dure con cui ne parlava. Ma a Tom importava ben poco.

- "...nascosta da qualche parte nel castello di Hogwarts... entrata mai rinvenuta...".

Chiuse il libro di scatto, infilandolo poi dentro la sua cartella. Nagini avrebbe dovuto aspettare, per averlo.

Corse nella sala comune della sua casa, che a quell'ora era praticamente deserta; gettò la cartella su una poltrona, il mantello sull'altra, trasse fuori il grosso libro e si immerse di nuovo nella lettura. Quello era il secondo libro, in tutta la biblioteca, che parlasse della Camera dei segreti. L’altro libro lo teneva già da diversi mesi, e non aveva intenzione di restituirlo. Da tempo conduceva una vita ambigua, divisa fra le apparenze da salvare e l'interesse per cose proibite da coltivare. Avrebbe dovuto fingere più di prima, d'ora in avanti.

D'un tratto, udì movimenti fuori dalla porta d'ingresso alla sala comune; mise il libro sotto la poltrona, e finse di dormire.

I passi si avvicinarono, e poco dopo si sentì scuotere lievemente. Si rese conto che era il professor Silente ancora prima di aprire gli occhi, visto che la lunga barba castana e un po’ brizzolata gli aveva fatto il solletico al naso.

- Riddle, ragazzo... tu studi troppo-, il professore rise, - un tuo compagno mi ha detto di averti visto correre qui, pensavo che stessi male.

- Tutto bene, professor Silente-, rispose, con finta voce assonnata, - mi sono soltanto appisolato.

- Meglio così...

Fece per andarsene, poi si voltò di scatto, - Non vieni a cena, Riddle?

- Oh, certo signore.

- Allora ci vediamo là.

Si congedò con un sorriso; Tom tirò un sospiro di sollievo non appena Silente sparì. Quel professore era un tantino ficcanaso quando voleva, gli dava un po' sui nervi il fatto che sorridesse sempre, e che sembrava sapesse tutto quello che succedeva dentro Hogwarts. L'unico del corpo docenti veramente in gamba.

 

- Oh, Tom, rimani con noi!-, lo pregò ancora Terry Flint, tirandogli il lombo del mantello, - Non fai altro che studiare e studiare!

Tom si alzò dal tavolo, - Lo sai che a mezzanotte devo fare la ronda, se non comincio presto finirò tardissimo.

Alla voce di Terry si unirono anche quelle di altri Serpeverde, che lo pregarono di stare un po' con loro a fare baldoria.

Rimase a malincuore; pensava in continuazione al libro sotto il cuscino del suo letto, gli mancavano poche pagine per finire il capitolo su Serpeverde. Non doveva fare altro, i compiti li aveva già fatti prima di andare a cena.

- E non sapete che battuta ha fatto Tom!-, Terry stava raccontando un'altra delle strabilianti partite di Quidditch, accompagnando le parole al mimo, - La Pluffa è schizzata dentro il centro perfetto della porta! Poi Tom è passato accanto alla tribuna a velocità incredibile, e...

- Eravamo tutti là, Terry!-, disse qualcuno, facendo ridere tutti i presenti.

Tom faceva il modesto, cercando di spostare l'attenzione su qualcun altro.

A Terry si aggiunse Freya, che però si mise a raccontare l'incredibile caduta che aveva subito il mese scorso. Poi d'un tratto, mentre tutti gustavano il budino al cioccolato, tutti quelli seduti di fronte a Tom si zittirono.

Il giovane prefetto sentì una mano sulla sua spalla e Terry, proprio di fronte a lui, spalancò gli occhi sopra la testa del compagno di squadra con aria molto stupita, mentre gli altri si erano messi a parlare sottovoce fra di loro.

Tom si voltò, trovandosi alle spalle Nagini più imbarazzata che mai. Con che coraggio una Grifondoro si intrometteva in un'allegra discussione fra Serpeverde? Era ben conosciuto l'antagonismo fra i Serpeverde e le restanti case.

Qualcuno mormorò qualcosa di molto spiacevole, mentre Tom si era alzato dal tavolo per parlare con Nagini. Adesso la sovrastava di una decina di centimetri.

- Mi dispiace davvero tanto di disturbarti, Tom, credimi-, mentre parlava, la ragazza si torturava le mani, - ma quel libro...

- Te lo darò stasera stessa-, tagliò corto Tom, - non preoccuparti.

- No... non è per questo. Mi serve, capisci? Mi serve adesso.

Nagini era più rossa di una fragola, e Tom era prossimo a diventarci. Nessuno dei due sapeva più cosa dire, mentre l'intera tavolata dei Serpeverde continuava a fissarli cercando di cogliere qualcosa dalla loro conversazione.

Tom afferrò un braccio di Nagini, ed insieme si allontanarono a grandi passi fuori dalla sala grande; si lasciarono un mare di mormorii alle spalle.

Il ragazzo non aveva più intenzione di nascondere il suo imbarazzo.

- Senti, Nagini...

La ragazza lo zittì con un gesto, - Prima che tu dica qualsiasi cosa, Tom, ti prego di scusarmi ancora per averti disturbato...

- Sta' zitta un attimo!

Nagini arrossì ancora di più, chinando lo sguardo, incapace di sostenere quello di Tom. Il ragazzo si rese conto di averla spaventata, e riprese con un tono più calmo.

- Non devi scusarti, non ce n'è motivo. Volevo solamente chiederti perchè hai tanta urgenza di avere quel libro.

- L'hai già letto tutto, Tom?

- Veramente...-, si zittì un attimo, - no, non l'ho letto tutto.

- Allora ti prego... finiscilo presto. Non dovevo lasciartelo, questo pomeriggio.

Tom doveva fare molta attenzione a quello che diceva, visto che quasi bisbigliava. Tirò un sospiro, passandosi una mano fra i capelli. Nagini ebbe un fremito.

- Perché hai insistito che lo prendessi, allora, se ne avevi così bisogno?

La ragazza sollevò il piccolo viso, e Tom potè vedere i suoi occhi lucidi. - Volevo... essere gentile-, rispose, con la voce incrinata, - tu lo sei stato con me l'altro giorno, nella serra, volevo solamente ricambiare.

Nagini singhiozzò, e scappò via farfugliando scuse.

Tom rimase esattamente al suo posto, confuso. Non aveva mai conosciuto qualcuno così strano in tutta la sua vita. Che motivo c'era di reagire a quel modo... mettersi a piangere, addirittura! Era davvero COSI' sensibile? Si pentì addirittura di averle fatto delle domande... pensò di scusarsi, anche se in fondo non aveva avuto alcuna colpa... già si vedeva chiamarla un attimo a parte, il giorno dopo a colazione, suscitando ancora la curiosità nei suoi compagni... a che diavolo pensava?! Si era completamente rammollito davanti a due occhioni verdi?!

Continuando a rimproverarsi, tornò nel dormitorio a prendere il libro. Gli rimanevano appena quattro pagine, che divorò camminando, mentre si avvicinava alla torre dei Grifondoro. Fermò un ragazzo a caso, uno biondino e rotondetto, - Fammi il piacere di darlo a Nagini Renn, per favore.

Il ragazzo rimase imbambolato davanti al dipinto della Signora Grassa, che nascondeva l'ingresso alla sala comune dei Grifondoro, stringendo un grosso libro fra le mani: incredibile, aveva parlato con un Serpeverde, con quel bravissimo cacciatore della squadra di Quidditch! E gli aveva addirittura chiesto un favore! Avrebbe dovuto chiedere a Nagini come si chiamasse... proprio non se lo ricordava.

 

Non appena portò la tazza di latte alla bocca, una sonora e dolorosa pacca alle spalle quasi gli fece sputare quello che stava bevendo. Tom si voltò di scatto per prendersela col responsabile, e dovette calmarsi un attimo quando vide che si trattava del giovane professor Kent, l'istruttore di volo della scuola.

Kent godeva di molto successo fra il pubblico femminile, e non solo a scuola; era stato portiere della squadra nazionale inglese di Quidditch per due anni, poi aveva lasciato tutto, improvvisamente. Si diceva che avesse seri problemi di salute; i più pettegoli sostenevano che avesse avuto guai col dirigente della squadra.

- Riddle, ragazzo mio!-, lo salutò Kent, gioviale, - Pronto per l'amichevole?

- Non so se giocherò... ho troppe cose da fare, professore. C'è la mia riserva pronta.

Kent aggrottò le ciglia bionde, - Un vero peccato!

Lo salutò con un'altra violenta pacca sulle spalle, e Tom fu tentato di ricambiarla, senza affettuosità però. Che persona petulante, Kent!

Si mise in bocca una ciambella ancora calda, agguantò la cartella ai suoi piedi e si alzò per correre in biblioteca; aveva ancora mezz'ora di tempo prima della lezione di Silente.

Tantissimi sbattiti d'ali attirarono l'attenzione, e si voltò per assistere alla scena quotidiana dei gufi postini. Come al solito, nessun messaggio gli aveva cambiato la giornata.

Andò a Incantesimi col pensiero fisso di andare in biblioteca quando fosse stato possibile, chiedendosi, guardando il resto della classe fare pratica, se fosse stato possibile saltare quelle lezioni, visto che sapeva già fare quelle cose; fra l'altro, era un eccellente autodidatta.

Uscito dall’aula, urtò con violenza uno studente; lo guardò in cagnesco prima di raccogliere i libri, - Fa' attenzione, diamine! Meriteresti almeno dieci punti in meno alla tua casa!-, poi filò via, lasciando il ragazzino prossimo alle lacrime.

Cominciò ad avanzare verso la scalinata principale... ed ecco Nagini... incredibile come, in quei giorni, si incontravano praticamente dappertutto!

Tom notò che la ragazza era insieme ad altre tre, e una strana luce le illuminava il viso: era raggiante, per nulla timida e rabbuiata come ogni volta che le aveva parlato; forse non l'aveva mai notata, nella sua naturalezza, se ne rese conto tutto in una volta.

Rimase inebetito a fissare Nagini che scendeva le scale insieme alle compagne. Solo qualche attimo dopo si rese conto di quello che stava facendo; era una fortuna che lei non l'avesse visto, non avrebbe sopportato di doverla affrontare.

Seduto a una scrivania della biblioteca, qualche minuto dopo, cercava di concentrarsi sul testo sotto ai suoi occhi. L'ennesimo manoscritto storico su Hogwarts. Nemmeno un accenno alla Camera dei Segreti; avrebbe dovuto fare tutto da solo, la curiosità lo stava divorando.

Impossibile chiedere a un qualunque professore, visto che era palese che quello fosse un argomento proibito, come ogni cosa che riguardava Serpeverde.

Chiuse di botto il libro, e lo ripose al suo posto. Forse avrebbe dovuto cercare nella parte dei libri proibiti? Gli serviva in ogni caso un'autorizzazione di un professore, altrimenti non avrebbe potuto fare nulla. Si sarebbe inventato qualcosa.

La Camera gli stava davvero a cuore; una delle poche notizie che aveva a riguardo (trovata nel libro che teneva con se e che non aveva intenzione di restituire) diceva che fosse stata costruita da Serpeverde per contenere una sorta di arma, qualcosa di molto potente che avrebbe dovuto servire a lui e ai suoi eredi per epurare Hogwarts dai mezzosangue. Tom detestava i mezzosangue, così come odiava tutti i babbani, anche se nelle sue vene scorreva in parte sangue di quel tipo. Lo faceva sentire sporco ogni volta che ci pensava.

 

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Capitolo 3
*** 3. Sussurri e segreti ***


3

3. Sussurri e segreti

 

L'una e un quarto.

Tom camminava lentamente per i sotterranei, dopo il giro di ronda. Infreddolito per com'era, non vedeva l'ora di tornare nella calda sala comune, dove un allegro fuocherello scoppiettava nel camino quasi tutto l'anno, visto che i sotterranei erano freddi ed umidi.

La bacchetta picchiettava contro il suo braccio, dentro la manica della divisa, ad ogni passo, un contatto che gli dava una certa sicurezza; era certo che niente e nessuno avrebbe potuto fargli del male, con quella.

I suoi occhi si soffermavano spesso sulle crepe del muro mal illuminate, come se da un momento all'altro avrebbe potuto scorgere una qualsiasi apertura sospetta; era quasi certo che la Camera si trovasse nei sotterranei, anche se non aveva la più pallida idea di dove cominciare a cercarla.

- Ma cos...

Sentì un suono leggerissimo, percepibile solamente per il silenzio che incombeva nella notte. Una voce.

Chi mai si sarebbe aggirato per i sotterranei?

Senza dubbio, qualcuno quella sera sarebbe finito nell'ufficio del preside Dippet senza troppe cerimonie; Tom era inflessibile, per questioni disciplinari.

Estrasse lentamente la bacchetta per pura precauzione, e seguì lentamente la voce, cercando di non fare il minimo rumore che sarebbe stato amplificato dalle fredde mura di roccia. Presto si rese conto di quanto vasti erano i sotterranei.

Pensava di essere vicino, eppure si trovava ancora a strisciare nei corridoi, accostandosi ad ogni porta per tendere l'orecchio. Poi, al terzo corridoio imboccato, diversi metri più avanti rispetto all'ingresso della sua sala comune, si bloccò, impietrito. Una sola porta lo separava dal trasgressore, ma non fu la tensione a farlo fermare.

Percepì dei suoni familiari, parole ripetute con una strana cantilena che lo fecero sussultare per un attimo.

La voce parlava in serpentese.

Non aveva mai udito nessuno, tranne se stesso, parlare in serpentese. Quando sapeva di farlo, però, era come se parlasse normalmente. Ma lo riconobbe ugualmente. I suoni di quella lingua erano quasi ipnotizzanti.

- Dove sei...? Chi sei...?

Le parole sibilanti attraversavano il legno della porta per giungere alle sue orecchie. Sentì le mani sudatissime, e per un attimo ebbe un tuffo al cuore perché la bacchetta gli stava scivolando di mano.

Tremando, fece per aprire la porta. La tirò a se con delicatezza.

Qualcuno era accovacciato a terra, ricoperto da un mantello nero con tanto di cappuccio, illuminato solamente dalla fioca luce di un fuocherello magico che gli fluttuava accanto, di fronte al muro di destra. Teneva la mano sinistra col palmo aperto sulla fredda pietra, e pareva quasi accarezzarla, continuando a parlare.

Tom si irrigidì, e il suo cuore cominciò a battere violentemente contro il petto; era sicuro che la persona avvolta nel mantello nero l'avesse sentito.

- T...Tu!-, disse, imperioso, puntando la bacchetta.

La figura cacciò un urlo di spavento, poi tutto successe in un attimo.

La fiamma si spense. Tom capì che voleva scappare.

- Lumos!-, gridò un attimo dopo, e si buttò sopra la figura che stava scappando verso la porta. La bacchetta gli volò dalla mano, e con tutte le forze si concentrò a bloccare il misterioso trasgressore. Questo non gli costò molta fatica; bastò bloccare le mani per gli esili polsi, il resto del corpo col proprio. E il cuore gli balzò in petto per l'ennesima volta.

Divincolandosi, il cappuccio era scivolato via dalla testa, liberando una cascata di capelli castani. La bacchetta riluceva a terra, accanto ai due, e nonostante la poca luce, Tom potè subito riconoscere Nagini.

La ragazza ansimava spaventata sotto il corpo di Tom, gli occhi lucidi e dilatati, cercando di far mollare lui la presa. Per tutta risposta, il prefetto fece ancora più forza. Era incredulo.

- Che... che cosa stavi facendo?!

- Non dirlo al preside, ti prego!-, Nagini scoppiò il lacrime, - Non dirlo a nessuno!

- Dimmi cosa stavi facendo!

- Lasciami, Tom! Non dire nulla al preside Dippet!

- RISPONDIMI!

Del tutto incurante del baccano che stava facendo, Tom non si risparmiò di urlarle in faccia. Nagini continuò a singhiozzare, tenendo gli occhi serrati, i pugni chiusi.

Tom si mise in piedi, trascinando di peso la ragazza. Le portò un braccio dietro le spalle, e si chinò insieme a lei per recuperare la bacchetta.

Nagini si divincolava spaventata, e come prima, Tom cercava di non lasciarla scappare.

- Ti prego, Tom, farò tutto quello che vuoi...

- Stai ferma, allora. Ti prometto che non uscirà nulla da questa stanza.

Con riluttanza, la ragazza non oppose più resistenza. Tom la liberò, correndo subito davanti alla porta per evitare che scappasse ancora.

- Adesso dimmi tutto-, gli occhi di Tom saettavano furenti su Nagini, - il resto si vedrà dopo.

La ragazza si abbandonò il volto fra le mani, - Non posso...

- Nagini, parla.

Il suo tono non ammetteva repliche. Incapace di guardarlo in viso, rimase in piedi di fronte a lui, torturandosi le dita come ogni volta che era nervosa.

- Tom... io... -, era chiaro che non sapeva cosa dire, - stavo soltando...

- Parlavi in serpentese, Nagini-, disse Tom, - non puoi negare quest'evidenza. Con chi parlavi? Chi stai cercando? Come mai sei rettilofona?!

Nagini si sentì diventare piccola piccola, mentre il bel viso di Tom diventava paonazzo per lo sforzo. - Dimmi tutto, adesso-, continuò Tom ansimando, - staremo qua dentro tutta la notte, se occorrerà.

Qualche interminabile minuto di silenzio dopo, Nagini si tirò i capelli dietro le orecchie, - Non... so... perché... lo... sono...-, si sforzò di dire, con la voce strozzata in gola, tanto che Tom dovette sforzarsi di ascoltare.

- Lo sono e basta. Da sempre. Mio padre mi odia per questo...-, prese un attimo fiato, - è molto raro che qualcuno nasca rettilofono. Si dice che sia un dono...

- ...oscuro-, dissero all'unisono. Tom era immobile per l'emozione.

Nagini annuì, tirando su col naso. - E' un dono che possiedono i maghi oscuri. Ma io non lo sono!-, adesso pareva giustificarsi, - No, assolutamente! Non farei del male a nessuno... non ho mai fatto del male a nessuno.

- E' un dono che possedeva Serpeverde-, specificò Tom con sospetto, cercando di fissarla negli occhi, - lo sai questo?

Nagini annuì, - Non riesco a spiegarmi perché non sia stata assegnata alla casa dei Serpeverde... come te.

Il batticuore di Tom aumentò. Forse Nagini...

- ... come me cosa?

- Sei un Serpeverde... e parli il serpentese.

L'atmosfera si fece ancora più fredda e insostenibile. Nagini sapeva più di quanto Tom si aspettasse, e questo lo fece mettere ancora di più in guardia.

- Non dire sciocchezze-, cercò di difendersi il prefetto, - il fatto che io abbia capito che era serpentese...

- Ti ho sentito, Tom-, rispose Nagini, recuperando un briciolo di sicurezza, -pensavo che fossi sempre tu, quando sentivo quelle voci.

Il ragazzo deglutì, sentendosi un po' imbarazzato. Da non crederci.

- Quali voci?

- C'è qualcuno, o... qualcosa... me ne sono accorta mentre ero in bagno, diverso tempo fa. Pensavo che me lo stessi immaginando. Invece no. La voce diceva chiaramente il mio nome, e se rispondevo, lei faceva lo stesso. Tom, credimi, non sono una matta!

- Continua.

- Ecco... nessuno sa che parlo in quel modo. Mi sembrava assurdo chiedere spiegazioni a qualcuno, a qualunque professore, così ho deciso di documentarmi da sola...

- E hai preso i libri su Serpeverde-. Tom completava le frasi di Nagini quasi senza pensare. Era troppo stupito.

La ragazza annuì, - Volevo saperne di più. Volevo parlarne con te.

- Ma come sai che... insomma...

Nagini tirò un profondo respiro, - Una notte, non ricordo di preciso quando, sono stata fuori fino a molto tardi. Stavo furtivamente tornando alla mia torre, e ho sentito dei passi. Eri tu, che facevi il tuo giro.

- E dove sei stata?

Lei tacque. Poi riprese, - Fuori.

Tom era sempre più stupito, - A fare che? Sola, di notte?!

- Non ero sola. Ero con Rubeus, un mio compagno.

Il ragazzo era incredulo: Nagini sola, di notte, insieme a quello zoticone di Rubeus Hagrid? Com'è che una ragazza così potesse stare con quel mezzo gigante? Valeva la pena di essere geloso di quello? …geloso?!

- Che facevi con lui?

- Hagrid ama i mostri... ma ecco, lui non è cattivo. E' la persona più buona che conosco, ma ha questa strana passione... mi ha fatto vedere una specie di ragno. Aveva paura che glielo portassero via. Salendo verso la mia torre, ti ho visto di sfuggita. Mi sono nascosta dietro un'armatura, mentre tu guardavi con attenzione un grosso quadro. Poi, tu...

Nagini tacque. Tom ricordò tutto. Quella notte, sulle scale, si era fermato a guardare i quadri. In uno di essi era improvvisamente comparso un enorme serpente: minacciava una fata che, nel quadro, dormiva profondamente sotto l'albero. Gli aveva ammonito di andarsene, e la serpe se n'era andata via lamentandosi.

- Hai capito quello che ho detto, quella notte?

- Sì, naturalmente.

I due si scrutarono nella luce fioca della bacchetta di Tom. Al ragazzo non pareva vero; no, non poteva essere. Nagini era una continua sorpresa. Quella notte aveva scoperto cose che mai avrebbe sognato di scoprire, tanto meno su una fragile ragazza che attirava troppo la sua attenzione. Soprattutto in quel momento, per la prima volta, la sentì vicinissima a se.

Anche lei nascondeva qualcosa che tutti avrebbero temuto.

Anche lei era stata odiata dal padre.

Anche lei era speciale.

Nagini si avvicinò a lui, - Cosa farai, adesso, Tom?

Il ragazzo scosse la testa, come se si stesse svegliando in quel momento. Alzò lo sguardo, e la fissò con insistenza, tanto che lei portò lo sguardo altrove, imbarazzata.

- Penso che dovremo collaborare.

Nagini tornò a guardarlo, mentre lui continuava, - Dobbiamo scoprire di cosa si tratta. Mettiamo insieme le nostre conoscenze e le nostre capacità.

La ragazza abbozzò un sorriso, perché non sapeva che dire. Poi, finalmente, disse - Un segreto. Giusto? E' un segreto, Tom.

Era particolarmente bella. Le guance arrossate per l'eccitazione, gli occhi lucidi e il respiro affannato la facevano stranamente attraente. Tom comprese che era ora di separarsi: non sapeva come affrontare la situazione. Si voltò verso la porta, e chiuse gli occhi un attimo.

- Adesso andiamo a dormire. Ne parleremo domani, però-, si voltò ancora verso di lei, -lascia che sia io a cercarti. Tu fai finta di nulla.

- Benissimo, Tom.

- Fila a letto, adesso.

Uscì nel corridoio, affrettandosi per tornare al suo dormitorio. Non si sentiva così stranamente emozionato da tempo.

 

Come aveva già immaginato, Tom, quella notte, non chiuse occhio.

Per tutte le restanti ore che lo separavano dall'alba non aveva fatto altro che pensare a quella notte rivelatrice. Aveva tante domande, da fare, che non aveva potuto fare per la troppa emozione! Era un po' invidioso del fatto che Nagini sapesse più cose di lui, e che fosse riuscita a parlare con... con chi non lo sapeva neppure.

Si alzò prima del solito. Era sabato mattina, una giornata particolarmente leggera.

Si vestì in tutta fretta, e cercò di arrivare il prima possibile nella sala grande. Sarebbe stato sfacciato chiamare Nagini davanti a tutti? Come avrebbe dovuto fare, per non attirare l'attenzione degli altri? Il fatto che erano di case diverse peggiorava le cose, eppure poteva contare sempre sulla sua carica di prefetto...

A colazione non la incontrò, e le ore di lezione, che si protrassero fino all'ora di pranzo, gli sembravano le più lunghe della sua vita.

Stava sfrecciando via dalla classe di Pozioni, quando la professoressa Lumah lo fermò.

- Riddle, saresti così gentile da portare questo libro in biblioteca per me? Ho davvero troppo da fare, e non so proprio quando andarci.

Tom accettò la commissione con tanto di sorriso, maledicendo quella stupida donna in mente sua, perché gli stava facendo perdere del tempo prezioso.

Sbatté la porta della biblioteca, guadagnandosi uno sguardo truce da tutti quelli che ne stavano usufruendo. Lasciò il libro sulla scrivania della bibliotecaria, quando i suoi occhi caddero di scatto su una figura china a leggere. Riconobbe Nagini per il solito nastro rosso che portava fra i capelli.

Si sedette accanto a lei, cercando di non farsi notare. La ragazza alzò lo sguardo, voltandosi verso di lui. Si illuminò, poi divenne scarlatta. Tom poggiò l'indice al naso, indicandole di non dire nulla. Si guardò un attimo attorno, poi prese la piuma dalla mano della ragazza, sfilò un foglio di pergamena dalla tasca, e scrisse: "Quando mi vedi, fa' qualcosa che possa darmi fastidio". Nagini lesse perplessa, non capendo il significato delle parole, e seguì Tom con lo sguardo fino a che non uscì dalla porta.

Tom sperava che avesse capito.

Era appena uscito, ed ecco che Nagini l'aveva inseguito correndo, e per la troppa fretta era inciampata su un tappeto, cadendogli addosso. Tutti i presenti del corridoio si misero a ridere, guardando i due piombati a terra.

- Ma che diavolo fai?!-, sbraitò Tom, rimettendosi in piedi. Nagini aveva capito perfettamente.

- Scusami...

- Niente scuse! Su, andiamo dal direttore della tua Casa!

Tom afferrò Nagini per un braccio, e insieme a lei si incamminò fino all'entrata dei sotterranei. Sempre continuando la farsa, scesero le scale, e Tom la guidò fino alla classe dove si erano incontrati di notte. Era deserta, visto che era in disuso.

Il ragazzo chiuse la porta, mentre Nagini scoppiò a ridere.

- Secondo te l'hanno bevuta?

- Spero di sì... sarebbe imbarazzante, altrimenti.

Nagini si sedette su un vecchio tavolo impolverato, - Adesso però spiegami perché dobbiamo fingere in questa maniera. Non era più semplice se venivamo qui senza nessuna scusa?

Tom scosse la testa, - Affatto. Non dimenticare che tu sei una Grifondoro...

- ...e tu un Serpeverde. Certo, lo so. Ma se d'ora in avanti dobbiamo parlare, mica posso piombarti addosso ogni volta che ti vedo. Mi sono pure fatta male!

Solo allora Tom notò una grossa macchia rossa sul ginocchio destro di Nagini. Si sentì un po' in colpa per averla trascinata in quel modo, anche se stava fingendo. Le si avvicinò. Posò dolcemente la mano sul rossore che, di colpo, si impadronì della faccia di entrambi. Tom ritrasse la mano.

- Non è niente, non preoccuparti.

Il ragazzo si appoggiò alla parete, - Allora, Nagini. Dimmi tutto quello che sai su questa storia, poi ti dirò quello che so io.

Attorcigliandosi un boccolo su un dito, Nagini cominciò il suo racconto, esattamente quello che gli aveva già raccontato la notte precedente, però arricchito di più particolari. Tom seppe allora che anche Nagini sapeva della Camera.

- Voglio vedere cosa c'è in questa fantomatica Camera-, concluse la ragazza, passando ad un altro boccolo, -è opera di Serpeverde. Magari troveremo qualcosa che abbia a che fare col serpentese... chissà, magari la voce che ho sentito era quella del suo fantasma!

A Tom parve un'idea molto affascinante, ma non convincente. - Non ti ha detto come si chiamava, chi era?

Scosse la testa, - Niente. Solamente poche parole, tipo "Io sono qui", e "Trovami".

- Hai detto che ti ha chiamata per nome.

- Sì, esattamente. Non so come faccia a conoscermi. Ma se è un fantasma, può essere dappertutto, quindi non mi stupirei.

Tom prese a gironzolare per la stanza impolverata. Tutta quella storia cominciava ad essere interessante, anche se bisognava riempire diversi buchi. Primo fra tutti, la Camera dei Segreti. Quella storia sull'arma contro i babbani e i mezzosangue era allettante... Nagini non aveva accennato nulla su questo, probabilmente non lo sapeva, oppure non lo voleva dire. Decise che non ne avrebbe parlato fino a quando lei non avrebbe tirato in ballo l'argomento.

- Ne hai parlato con nessuno, oltre a me?

- No, per niente. Ho la perenne paura che io sia presa per matta.

- Perché?

- E' una specie di fissazione. Mio padre non ha mai avuto una grande stima di me, proprio per il fatto che parlassi ai serpenti. Mia madre invece ne va fierissima. Lei sì che mi vuole bene.

Tom pregò che non gli chiedesse della sua famiglia, perché detestava parlarne. Si vergognava del fatto che sua madre si fosse innamorata di un babbano, e che questo l'aveva lasciata proprio quando aveva scoperto che era una strega. Il nome di quell'uomo era ricaduto su di lui come una maledizione, e lo odiava. Avrebbe cambiato nome, quando sarebbe stato possibile.

- I miei adesso sono da qualche parte a Londra-, continuò Nagini, con un certo nervosismo, - è da settimane che non ricevo un gufo. Spero solamente che stiano bene... questa dannata guerra dei babbani! Hai sentito quante persone innocenti sono morte?

- Penso che i nazisti abbiano delle buone ragioni per fare quello che stanno facendo.

La ragazza lo scrutò con sguardo allibito, ma non poté replicare perché lui riprese subito - Ma parliamo d'altro. La pausa pranzo sta per finire, quindi decidiamo qualcosa. Io ho intenzione di cercare fra i libri proibiti, però mi servirebbe il permesso di qualche professore... vedo cosa posso fare, tu fai altrettanto. Se hai novità, ne parliamo a cena.

Fece per uscire dalla stanza, - Vai in infermeria per quel ginocchio.

- Ho già detto che non è nulla, non preoccuarti.

- Non mi preoccupo, infatti-, disse, ed uscì da quella stanza, dove la temperatura era diventata insopportabile.

 

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Capitolo 4
*** 4. Duello, dentro e fuori ***


4

4. Duello, dentro e fuori

 

La domenica, per Tom, era sempre molto noiosa. Il castello brulicava di studenti che zonzorellavano tutto il giorno, facendo confusione e scambiandosi pronostici sulla partita di Quidditch che era stata organizzata: un'amichevole fra Serpeverde e Tassorosso. Era stata voluta direttamente dal preside Dippet perché, durante l'ultimo incontro, i capitani delle due squadre si erano presi a pugni e incantesimi; quella partita doveva essere simbolo dell'amicizia fra le case, anche se era sottinteso che si trattasse di una forzatura da parte dei Serpeverde, che avevano ereditato la diffidenza del loro fondatore.

Tom, con la scusa di dover dare una mano ai suoi compagni in previsione degli esami, era riuscito a fare scendere in campo la sua riserva. Non gli andava di affaticarsi per nulla, una Pluffa andava lanciata solo per vincere, e non per fare i pagliacci.

Faceva caldo, perciò preferì indossare solamente la camicia e i pantaloni, anzi dell'intera divisa. Scese a colazione solamente per prendere un caffè, poi rimase un po' sulle scale a parlare con i suoi compagni. Erano tutti eccitatissimi per la partita, anche se un po' dispiaciuti per aver dovuto rinunciare a una mattinata ad Hogsmeade, il piccolo paesino sotto la collina di Hogwarts.

- Tom, come faremo senza di te?

- Manda a quel paese gli altri e scendi in campo, ti prego!

- Non posso, ragazzi-, si giustificò con aria dispiaciuta, -non mi sono nemmeno allenato. Verrò a vedere la partita quando avrò finito, quindi ci vediamo là. Adesso devo scappare.

Terry, che era nel gruppo di ragazzi con i quali parlava, si staccò per inseguirlo, chiamandolo a gran voce.

- Cosa c'è?

Flint si guardò attorno, furtivo, - Qualcuno mi ha chiesto di darti questa-, gli mise in mano una piccola pergamena arrotolata, -ed è molto carina!

Il nome di Nagini gli si proiettò subito in mente, e rimase parecchio deluso quando, leggendo, si rese conto che si trattava di un invito da parte di una ragazza del settimo anno, Anna Jenks. Una gran bella ragazza con la quale aveva parlato più volte, ma che in quel momento non gl'importava per niente. Riconsegnò la pergamena a Terry, - Se ti fa piacere, ti cedo l'invito.

- Aspetta, Tom!-, lo trattenne per un braccio, - Non dirmi che ti sei fatto la ragazza e non mi hai detto nulla!

- Tranquillo, Terry, non ho bisogno di niente di tutto questo, almeno per il momento. Batti i Tassorosso, mi raccomando.

Si congedò definitivamente, continuando a focalizzare il piccolo viso di Nagini. Non voleva ammetterlo, ma quella ragazza cominciava a interessarlo. Un interesse ben diverso da quello che aveva provato fino a quel momento, e che forse aveva provato solamente una volta nella sua vita, la prima volta che aveva baciato una ragazza. Fra i Serpeverde si contavano le ragazze alle quali non interessava Tom, piuttosto che il contrario; era abituato a ricevere inviti e altri tipi di proposte, ma mai nessuna lo interessava particolarmente. La ragazza che aveva baciato aveva lasciato Hogwarts, infatti era due anni più grande di lui. Aveva sempre trovato più interessanti le ragazze mature. Eppure, adesso, stava accadendo il contrario. Nemmeno lui era rimasto indifferente ai fuochi dell'adolescenza, anche se gl'interessavano ben poco le frivole preoccupazioni dei suoi compagni.

Trascorse circa due ore nella sala comune ad aiutare i più piccoli con i compiti, e solamente dopo pranzo riuscì a liberarsi completamente. La partita sarebbe cominciata alle 17, quindi aveva ancora un po' di tempo per se. Si recò nell'ufficio di Thanatos, insegnante di Incantesimi, per il quale nutriva grande stima. Era sicuro che l'avrebbe aiutato.

Appena fu al cospetto dell'altissimo mago, si chiese un attimo se stava facendo la cosa giusta.

- Mi scusi tanto, professore. Immagino che sia seccante essere disturbato di domenica, per questioni scolastiche, ma ho un gran bisogno di chiederle un favore.

- Parla, Riddle, ti ascolto-, rispose allegro il professore, mentre si affaccendava a riordinare l'enorme scrivania a colpi di bacchetta. Tom abbassò la testa, evitando per un pelo un libro che andava nel suo scaffale, - Potrebbe farmi un permesso per consultare alcuni testi proibiti?

- Cosa ti serve di preciso, ragazzo?

- Storia di Hogwarts, signore. Negli altri libri non ho trovato nulla di ciò che mi interessava.

Il mago si fermò un attimo, sistemandosi gli enormi occhiali sul naso, - Cioè?

- Salazar Serpeverde. Una biografia che non contenga critiche. Non ho trovato una sola biografia che contenga solo eventi reali.

- Dipende da cosa intendi per reale, Riddle. Il tuo fondatore è stato uno dei più grandi maghi di tutti i tempi, è normale che siano state costruite leggende sul suo conto. Per questo temo che non troverai nulla di quello che cerchi.

- Professore, vorrei solo dare un'occhiata.

- Fra i libri proibiti troverai cose su Serpeverde, sì, ma cose che riguardano le arti oscure, visto che la sua intera vita è stata...

- George, non credo che al giovane Riddle interessi.

I due interlocutori si voltarono verso la porta; il professor Silente era appena entrato nell'ufficio. Tom osservò con irritazione che sorrideva come al solito.

- Sono cose che non possiamo concepire noi adulti, figuriamoci un adolescente. Bada, Tom, che non voglio affatto offenderti. Tutt'altro, devo ammettere che sei un mago davvero brillante, per la tua età. Cosa cerchi di preciso sul vecchio Salazar?

Il ragazzo cercò di svincolarsi dal petulante Silente. - Ha ragione, professore, forse dovrei accontentarmi dei libri a mia disposizione. La mia è sola curiosità, che credo poter soddisfare con le mie ricerche. Con permesso…

Si congedò dai due insegnanti, non senza una certa indignazione. Silente era sempre capace di mettergli i bastoni fra le ruote, in qualunque modo. Magari a Nagini era andato meglio, visto che le aveva raccomandato di fare la stessa cosa. L'avrebbe cercata per chiederle qualcosa a riguardo, anche perché non vedeva l'ora di mettere le mani su quei testi proibiti. Thanatos gli aveva riferito più di quello che sperava!

Ma era ormai tardi; già le trombe dei tifosi si sentivano in lontananza, insieme alle prove del telecronista. Arrivato nella hall, si unì ad alcuni Serpeverde per recarsi allo stadio di Quidditch.

Come al solito, la tifoseria più numerosa era quella della squadra avversaria: poteva essere Tassorosso, Corvonero o Grifondoro, eppure tutte le Case si coalizzavano con quella che gareggiava contro Tom e i suoi. Stendardi verde ed argento erano appesi lungo i palchi, e alcuni ragazzi sventolavano bandierine con ricami serpentini; le ammiratrici di Tom erano rimaste parecchio deluse perché il loro beniamino non era in campo, eppure furono ugualmente contente di averlo con se in tribuna.

Tom prese posto accanto ad alcuni ragazzi del secondo anno; le due squadre uscirono dagli spogliatoi, e i quattordici giocatori si strinsero la mano con evidente ipocrisia. Un addetto liberò i Bolidi, la Pluffa e il Boccino. Solamente dopo Kent diede il fischio d'inizio.

 

I Tassorosso si precipitarono nella sala grande con un gran fracasso, ridacchiando davanti il tavolo dei Serpeverde che era stranamente silenzioso; un punteggio di duecentoquaranta a novanta non era esattamente quello che si addiceva agli orgogliosi verde-argento, che la buttavano sul fatto che il mitico Riddle non era sceso in campo. Nessuno commentava il fatto che il loro portiere era parecchio distratto, quel giorno. Tom non si sentiva minimamente in colpa, e nessuna gliel'attribuiva, anche perché sarebbero passati per deboli sostenendo che la vincita di una squadra dipendeva da un solo cacciatore. Terry era inconsolabile, e minacciava di prendere a pugni qualsiasi Tassorosso che gli fosse passato sotto; Freya, al contrario, non aveva dato molto peso a quella storia, visto che in fondo quella partita non influiva minimamente sul punteggio della Coppa.

- Basta, adesso, pappemolli!-, esclamò il cercatore dei Serpeverde, il capitano Hallon, -Non dategli ulteriore motivo di vanto! Era una stupida amichevole, niente di più!

Le voci concitate si zittirono, e ognuno continuò la sua cena piluccando lentamente dai piatti.

Già prima delle dieci la maggior parte di loro si era ritirato nei loro dormitori; fra i pochi rimasti, Freya e Tom. La ragazza si sedette accanto al compagno di squadra, vedendolo stranamente nervoso.

- Non mi dire che ti senti in colpa!

Tom scosse la testa con un certo distacco, - Non m'importa niente di quella stupida partita. Basta parlarne, che già mi è venuta a noia.

Sbirciò sopra la spalla del compagno seduto di fronte a lui, verso il tavolo dei Grifondoro. Non aveva ancora visto Nagini, nemmeno allo stadio. Non la vedeva dal giorno precedente.

- Anna mi ha detto che ti ha fatto avere una lettera.

- Stamattina me l'ha data Flint.

- E allora?

Chiacchiere da ragazze, come al solito. Freya era l'unica ragazza con la quale valeva la pena di fare un discorso, ma anche lei quella sera si era messo in testa di farlo innervosire. - Allora niente. Ho già detto a Flint che non m'interessa, quella.

Si alzò e scavalcò la panca.

- Ma Tom!-, anche Freya si era alzata, senza però seguirlo, - Guarda che Anna...

- Anna non ha bisogno di intermediari. Se vuole qualcosa da me, può benissimo dirmelo in faccia.

Uscendo dalla sala grande, a sinistra Tom vide la bionda Jenks che lo seguiva con lo sguardo dal tavolo; a destra, una piccola figura vestita interamente di rosso gli venne incontro, aggrappandosi al suo braccio appena in tempo prima che varcasse la porta.

- Tom! Ma dove sei stato?

Nagini. Aveva una camicia bianca, molto attillata, sotto un golfino di cotone color rubino, una vaporosa gonna che le copriva le ginocchia e una fascia dello stesso colore che le teneva i capelli; incredibile come gli abiti dei babbani le donavano tanto.

Distogliendo lo sguardo dal piccolo viso, il ragazzo ritrasse il braccio, - In giro.

- Non hai giocato! Come mai?

- Non mi andava... non era importante.

Salirono fino al primo piano, fianco a fianco. - Hai ottenuto il permesso per la libreria?

Nagini fece una smorfia, - No, niente da fare. E tu?

- Se te l'ho chiesto...

- Allora che facciamo? 

Si fermarono sugli scalini, in mezzo alla folla che saliva e scendeva. Nagini era di nuovo palesemente imbarazzata per il silenzio di Tom.

- Stanotte girerò un po' di più per i corridoi, forse sentirò qualcosa anch'io.

Riprese a salire velocemente, e Nagini dovette faticare per tenere il suo passo, - E io che faccio?

- Tu vai alla tua torre. Domani ti faccio sapere qualcosa.

Altri gradini, altri ragazzi che per poco non lo urtavano. Ma i passi dietro di lui non c'erano più. Si voltò, e vide la ragazza in rosso poco più giù, e lo osservava con un'espressione delusa, triste, che a Tom parve irresistibile. Con quei vestiti era addirittura più formosa, più attraente.

"Desiderabile".

Quando la sua mente focalizzò quel termine, Tom ebbe un tuffo al cuore, e si sentì avvampare. Le sue mani stavano sudando, dentro di lui qualcosa si era acceso. Com'è che tutti continuavano a girargli attorno, senza sentire quello che sentiva lui? Nessuno si accorgeva della guerra che stava avvenendo dentro di lui? Perché Nagini lo guardava con quegli occhi lucidi, le labbra socchiuse e rosse?

In preda al panico, girò i tacchi e riprese a salire. Poi si rese conto che nemmeno sapeva dove stesse andando, né perché stava continuando a salire, visto che la sua Casa era nei sotterranei.

Scese velocemente le scale, e quando si trovò accanto alla ragazza, riuscì a mala pena a dirle - A domani.

Poi riprese la sua discesa veloce, scansando quelli che andavano nella direzione opposta alla sua.

Aveva bisogno di una rinfrescatina al viso.

 

Approfittando del fatto che mancavano gli altri tre compagni di stanza, Tom si fece coraggio, - Posso farti una domanda, Flint?

La testa di Terry spuntò dal colletto del pigiama, sorridente, ben felice di poter essere d'aiuto all'ermetico Riddle.

- Naturalmente, amico.

Passandosi una mano fra i capelli, Tom pensò che era veramente ridicolo e infantile fare quel genere di cose. Ma aveva bisogno di risposte.

- Ti piace davvero Jenks?

- Beh, sì... no... sì, a chi non piace? Non preoccuparti, non ci ho provato con lei. Se la vuoi...

- No, non intendo questo-, cercò di ponderare le parole, per non apparire stupido, - Voglio dire... in che senso ti piace?

Terry era sempre più contento di parlare di quelle cose con Tom. Si buttò a pancia all'aria sul letto, le braccia dietro la testa, - Mi piace nel senso che... beh, mi piacciono le sue gambe, il sedere... ha dei begli occhi, poi, e mi piace un sacco quando si sistema i capelli.

Anche Nagini aveva delle belle gambe, ben formate, la pelle liscissima, dorata. Un viso molto armonioso, e un sorriso disarmante. Ma era tutto qui?

Flint si accorse che il suo interlocutore non pareva affatto soddisfatto, quindi continuò - Anna mi piace nel senso che mi fa provare qualcosa. Quando la vedo... mi sento qualcosa qui-, mise una mano sulla pancia, lentamente, -e non ti nascondo che mi sono sentito bene quando mi hai detto che non t'interessava. Mica sei un rivale facile, eh, Tom!

Anche lui aveva sentito qualcosa nella pancia, come se qualcosa si muovesse. A quanto diceva Flint, allora, Nagini gli piaceva… si chiese se era veramente così.

- Sai che ti piace perché ti senti qualcosa alla pancia?

Terry ghignò, - Avanti, Tom! Lo sai com'è quando ti piace qualcuno... mica devo essere io a farti la lezione su queste cose! Casomai, il contrario.

Tom pensò che il suo compagno era decisamente prevenuto; l'aveva scambiato per un playboy o qualcosa del genere solo perché aveva successo fra le ragazze. Non sapeva che l'unica cosa che potesse eccitarlo erano le arti oscure.

- E cosa hai intenzione di fare con Jenks?

Pareva che Flint aspettasse quella domanda; si tirò di scatto a sedere, e cominciò a parlare gesticolando come un matto, - Innanzi tutto, penso che se mi abbia chiesto di darti quella lettera, allora, mi tiene in considerazione.

Non molto convinto, Tom continuò ad ascoltarlo, fiducioso di poter trarre qualche cosa.

- Per questo, comincerò a corteggiarla. La inviterò ad Hogsmeade, le offrirò qualcosa. Le ragazze amano queste cose, adorano che le si trattino con gentilezza. Poi le regalerò qualcosa... una collana, un fermaglio, boh... sì sì, vedrai che ci sta... sono sicuro che non resisterà al mio fascino. E non resisterà sicuramente al fatto che le dedicherò tutti i miei goal alla prossima partita di Quidditch.

Già Tom si vedeva a Hogsmeade, per le strade a fianco di Nagini, ai Tre manici di scopa, ad offrirle un tè; immaginava già di regalarle un nastro per i capelli, e di volare accanto alla tribuna dei Grifondoro, lanciandole sguardi complici... ma era tutto così inutile! Non provava affatto il desiderio di fare tutte quelle cose! Sì, voleva starle accanto, ma evitare quelle babbanate... l'invito, il regalo, il pavoneggiarsi come buffoni da parata!

- E poi, finalmente-, concluse l'innamorato, - me la ritroverò sospirante fra le braccia, e mi supplicherà di baciarla, e naturalmente, di...

La porta del dormitorio si spalancò, e i tre rumorosi compagni chiesero subito di cosa stessero parlando. Terry disse una stupidata, e tutti si prepararono per andare a dormire. Tom si infilò il golfino di lana e, prima di uscire per la ronda, si inginocchiò furtivamente accanto al letto di Terry. - Cosa, Flint? Ti chiederà di fare cosa? 

Terry si voltò accanto a lui, sorridendo nella penombra dell’unica candela ancora accesa.

- Secondo te?

Tom lesse un accento di maliziosità nella voce del compagno, ma per non fare insospettire troppo gli altri, si limitò a rimandare la questione a qualche altra volta, ed uscì nella sala comune.

Gli ultimi che si erano attardati davanti il camino raccolsero le loro cose, e augurando buona notte al prefetto, si ritirarono nei loro dormitori. Tirava vento, quella notte. Gli spifferi fastidiosi penetravano fra i vestiti, facendo rabbrividire i pochi che passeggiavano ancora nei corridoi. Per quella volta sarebbe rimasto nei sotterranei, senza gironzolare ulteriormente. Speranzoso di sentire una qualunque voce, Tom uscì nel corridoio principale, a passi lenti e silenziosi.

 

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Capitolo 5
*** 5. Una voce per Tom ***


5

5. Una voce per Tom

 

Riddle, che solitamente era taciturno, si svegliò di pessimo umore; Terry aveva qualche idea a riguardo, ripensando alla loro conversazione della sera precedente. In parte aveva ragione: qualche gentile donzella aveva fatto centro nel cuore del tenebroso amico; in parte si sbagliava: non poteva sapere nulla della Camera e quant’altro.

Nervoso e intrattabile, Tom evitò di parlare con chiunque, e a lezione fu più volte tentato di prendere a sberle Laura, che si era seduta di nuovo accanto a lui.

- Posso uscire un attimo, professore?

L’altissimo Thanatos fece un cenno di consenso a Tom, che si precipitò subito nel corridoio a prendere una boccata d’aria. Andò in bagno, dove trovò ristoro bagnandosi la faccia.

Tutto gli sembrava così complicato, per la prima volta! Si sentiva improvvisamente combattuto da due forze: Nagini e la Camera. Due forze che coincidevano e si allontanavano allo stesso momento, che lo gettavano in uno stato confusionale dal quale pensava che non sarebbe riuscito ad uscire. Ed era successo tutto così, improvvisamente… prima, quando non conosceva Nagini, era completamente preso dai suoi studi, dal suo successo; adesso, era esattamente uguale a tutti gli altri: sospirare al pensiero di un volto piccolo, spesso arrossato per l’imbarazzo! Che cosa ridicola… eppure era proprio così. Cosa avrebbe dovuto fare? Era nervosissimo al pensiero di dover affrontare la ragazza dopo tutto quello che era successo il giorno precedente, anche se era avvenuto tutto solo per lui. Era come se, sulle scale, davanti a lei, avesse detto apertamente a tutta Hogwarts che desiderava Nagini!

Mollò un calcio al lavandino, accompagnato da un grugno di rabbia, poi si appoggiò ad esso, guardandosi allo specchio: era spettinato, paonazzo, i tratti del viso contratti in un’espressione insolita.

- Guardati-, sussurrò alla sua immagine, -sei completamente diventato…

- Io sono qui…erede…

Tom sobbalzò. Si guardò attorno, cercando il malcapitato che avesse sentito il suo breve soliloquio. Il bagno era deserto, ed ebbe un tuffo al cuore.

- Cosa hai detto?

Silenzio.

- Chi ha parlato?

- Trovami, erede. Io sono qui.

Il cuore di Tom batteva talmente forte da minacciare di balzare fuori dal petto; il ragazzo riprese a girarsi attorno, sudando freddo. I suoi occhi caddero sulla parete opposta a lui. Si avvicinò, e tese l’orecchio contro di essa.

Oltre alle vibrazioni che si espandevano per tutto l’edificio, Tom non udì altro.

- Qui…sono… qui-, continuò la voce, bassa, vibrante e inquietante, e il ragazzo poté seguirla spostandosi lungo la parete. Chiunque fosse, era là dentro… nella parete. Il pensiero del fantasma diventò quello più plausibile.

- Chi sei? Dimmi!

- Io… qui… erede, padrone…

Tom avvertì una vibrazione più forte delle altre, poi tutto cessò. L’unico rumore rimasto era quello del battito del suo cuore.

Si staccò dalla parete, ancora scosso per l’accaduto. Ora più che mai pensò a Nagini. Schizzò fuori dal bagno, e anche se tentato dall’andare a cercare la ragazza, dovette tornare in classe per non fare arrabbiare il professore.

 

- Tom… ehi, Tom!

Terry sventolò la mano aperta davanti alla faccia del compagno, cercando di attirare la sua attenzione che in quel momento era persa chissà dove. In realtà Tom non riusciva a capacitarsi di quello che gli era successo solamente qualche ora prima. Non aveva affatto fame; la coscia di pollo era esattamente dove l’aveva lasciata, e il bicchiere colmo d’aranciata mai bevuta.

- Ah… cosa c’è Flint?

- Ti ricordi che dopo pranzo dobbiamo andare ad allenarci, vero?

Il Quiddicht… se l’era pure dimenticato.

- Certo che me lo ricordo-, mentì, e Freya si introdusse nella discussione.

- Dobbiamo lavorare sull’attacco, oggi… ah, Riddle, cerca di far svegliare Townshend che…

- C’è già un capitano che pensa a questo, mi pare.

Freya fece le spallucce, e abbassò la voce in modo che la sentissero soltanto Tom e Terry, - Il capitano non va affatto bene. Stiamo pensando di sostituirlo.

Flint ebbe un fremito di eccitazione. – Non contate su di me-, anticipò Tom, e Freya cadde nello sconforto; al contrario, Terry si illuminò ancora di più.

Ci mancava pure la carica di capitano… forse un tempo avrebbe accettato senza esitazione, ma per il momento aveva troppe cose a cui pensare, oltre al Quidditch. E poi, non vedeva nulla di male in Hallon: come cercatore valeva oro, e aveva una notevole leadership; ma non poteva competere con lui, naturalmente.

Pensò di saltare l’allenamento anche quel pomeriggio, ma purtroppo non poteva permetterselo, vista l’assenza dall’ultima partita; forse il volo l’avrebbe distratto un po’ da tutte quelle cose.

Tornò con i suoi compagni nel dormitorio a prendere divise e manici di scopa; la giornata era soleggiata, il cielo limpido, clima ottimale per l’allenamento.

Flint e Hallon  cacciarono dal campo alcuni ragazzini che si rincorrevano, e subito tutta la squadra spiccò il volo.

 

Arrivato alla sera, era ancora più nervoso della mattina: fra i compiti, il Quidditch e il preside Dippet, che aveva incontrato i prefetti per una breve riunione, non aveva avuto un briciolo di tempo per poter parlare con Nagini. Era incredibile: nei giorni passati, quando non se l’aspettava, ecco che lei spuntava dappertutto, ed adesso, che la voleva vedere, Hogwarts sembrava essere diventata un labirinto. Gli studenti sembravano il doppio, la confusione della sala grande era invivibile. Ma doveva parlarle, quella sera, a costo di aspettarla davanti il ritratto della Signora Grassa. No, aspettarla no, cosa avrebbe potuto pensare…

Il libro di Storia della Magia era aperto da mezz’ora sempre sulla stessa pagina, e gli occhi di Tom non avevano nemmeno letto una parola: guardava furtivamente il tavolo dei Grifondoro, pieno di studenti rumorosi che finivano i compiti dopo cena, in cerca di Nagini. E finalmente, si rese conto che era appena entrata. In divisa, con la borsa dei libri a tracolla e alcune pergamene fra le braccia, era un’anonima studentessa, semplice, come tante altre. Almeno agli occhi degli altri.

Tom sentì nuovamente covare uno strano calore, e per un attimo meditò sul fatto di andarsene dalla sala grande. Ma non poteva farlo, doveva parlarle.

Sospirò pesantemente. Chiuse il libro, lo cacciò nella borsa e si alzò dalla panca. Nagini lo notò immediatamente.

- Ah, che scema! Ho dimenticato un libro in dormitorio! Torno subito!-, esclamò la ragazza ad alta voce e, fissando per un attimo Tom, uscì dalla sala.

La seguì fino a quando si ritrovarono ai piedi della grande scalinata di legno.

- Ciao! Sei sparito anche oggi, eh?

Come poter essere naturali, come poterle rispondere indifferentemente quando, guardandola, il cuore sembrava essere impazzito?

- Devo parlarti…

Tom si fece seguire, a sua volta, in un’angolino riservato della hall, accanto a una grande finestra che dava sui prati illuminati dal pallore lunare. Si impose di essere naturale.

- Stamattina ho sentito quella voce. In bagno, a primo piano. L’ho sentita, Nagini, ne sono sicurissimo.

La reazione della ragazza non fu certamente quella che si aspettava. Anzi di spalancare la bocca in segno di sorpresa, cacciò un gridolino di gioia, coprendosi le mani con la bocca.

- E’ fantastico, Tom! Allora è vero!  

Annuì per risposta, - E’ verissimo.

- Senti-, gli posò lentamente una mano sul braccio, -ti prego, possiamo fare una cosa? Questa notte, mentre sei in giro, cerco di sgattaiolare fuori dalla torre. Mica possiamo andare in bagno insieme, con tutte queste persone in giro. Anch’io ero a primo piano quando l’ho sentito, quindi basterà tornare in uno dei due bagni… e fare qualcosa.

Era troppo avventata; se qualcuno se ne fosse accorto? Tutti e due sarebbero finiti nei guai, lui soprattutto, essendo un prefetto.

E poi, sembrava una cosa così stupida da farsi: chiunque fosse, si sarebbe fatto sentire da solo. In ogni caso, però, incontrarsi di notte era l’ideale. Tom ebbe un fremito.

- Ti aspetto nella solita aula… l’hai sentito là, quindi proprio da là possiamo cominciare…ci sarò da mezzanotte in poi. Fai in modo di venire.

Nagini sorrise soddisfatta, e si congedò quasi saltellando dalla felicità.

Soli? Quella notte?

Si sentiva completamente rimbambito.

 

 

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Capitolo 6
*** 6. Una notte movimentata ***


- Flint, devo andare

- Flint, devo andare!

- Aspetta, non ho finito!-, lo pregò per l’ennesima volta Terry, aggrappato alla tenda del suo letto, - Non vuoi sapere cosa abbiamo fatto dopo?

- Non è il momento…-, si infilò la giacca e il mantello, visto che faceva particolarmente freddo, quella sera, - E’ mezzanotte! Dovresti dormire, e io devo andare a fare la ronda!

Tom lasciò il compagno imbronciato; era in estremo ritardo! Nagini stava rischiando per andare all’appuntamento, e lui era ancora a trastullarsi con Flint.

Arrivò quasi correndo al luogo dell’appuntamento. Fortunatamente, non era ancora arrivato nessuno.

- Lumos.                                                         

Con la bacchetta illuminata in una mano, si sedette a terra, spalle a muro, aspettando che la porta davanti a lui si aprisse per lasciare entrare Nagini.

Come ogni momento, in quei giorni, la sua mente era persa fra le pagine di un libro, nelle quali spiccava il nome di Salazar Serpeverde, e fra due occhi grandi, verde-castani, che lo guardavano. Che strana sensazione, quella di sentirsi perennemente sul punto di scoppiare, di impazzire. Ancora più strano il calore che gli bruciava le viscere ogni volta che la vedeva. Non sembrava che Terry stesse così male, per Anna. Era raggiante, ogni volta che ne parlava. Lui, invece, provava una sorta di impotenza, frustrazione, un sentimento che certamente lo buttava a terra, ma che riusciva a fargli battere il cuore in maniera impressionante.

Gli parve che il battito si fondesse a quello dell’orologio, che adesso rintoccava mezzanotte e mezzo. Era già passata mezz’ora? E soprattutto, dov’era finita?

Forse non ce l’aveva fatta. Sperava soltanto che non si fosse messa nei guai con qualcuno.

La risposta arrivò presto: udì uno scalpiccio lontano, e improvvisamente, lo scricchiolio della porta che si spalancava. Nagini era ansimante, completamente coperta dal suo lungo mantello nero, col cappuccio alzato sulla testa.

- Scusami per l’estremo ritardo, mi spiace! Le mie compagne non ne volevano sapere di addormentarsi!

Richiuse la porta alle sue spalle, e andò a sedersi accanto a Tom.

- Non mi sono nemmeno cambiata per la fretta, figurati!

Si slacciò il mantello, e tirò via il cappuccio. Era in camicia da notte, una leggera veste azzurra che spiccava prepotentemente sotto il nero mantello pesante. Tom distolse subito lo sguardo per evitare di guardarle i seni. Era così bella.

- Va tutto bene?

- Benissimo. Perché non dovrebbe andare bene?

Nagini lo fissò a lungo, con aria interrogativa, - Hai una faccia… è perché ti ho fatto aspettare tanto, scusami tanto!

- Basta scusarti, non importa.

La guardò ancora, mentre si metteva in piedi. Si strinse il mantello addosso, e la brillante veste fu soffocata dal mantello, - Allora, ci diamo da fare?

Porse una mano a Tom per aiutarlo ad alzarsi. Adesso erano faccia a faccia. Nagini doveva comunque alzare il volto per incontrare i suoi occhi.

Tom temeva che la ragazza sentisse i battiti del suo cuore; fortunatamente la poca luce non gli illuminava interamente il viso, per cui non poteva rendersi conto di quanto era nervoso.

Adesso che era lì, di fronte a lei, si sentiva così strano… come se quella sensazione di sempre si fosse placata. O forse era talmente intensa che non la sentiva quasi più. Riusciva a vederla senza quel pesante mantello, oltre la camicia da notte; vedeva le sue belle curve, la pelle chiara e profumata, coperta soltanto dai morbidi boccoli color cioccolato…

Accantonò questi pensieri, e si sistemò al fianco della ragazza, a guardare la stessa parete che Nagini, qualche notte prima, stava accarezzando. Tom appoggiò un orecchio al muro, rabbrividendo per il freddo e l’umidità; stessa cosa fece Nagini.

Non si sentiva nulla, o meglio, c’era una sorta di cupo ronzio che impediva la percezione di qualunque altra cosa; tutti i pochi rumori di Hogwarts si espandevano attraverso la pietra, e non era certamente possibile concentrarsi. I due ragazzi cercarono di concentrarsi il più possibile.

- Proviamo a…

- Shhh-, la zittì il prefetto, movendosi un po’ più a destra. Per un attimo tutto quello gli parve perfettamente inutile. Almeno fino a quando, per poco, non caddero entrambi a terra per la sorpresa.

Udirono di nuovo un sibilo, lo stesso che entrambi avevano sentito separatamente, Nagini più di una volta. E poi, ancora, quella voce stentata, che quasi si sforzava di scandire le parole.

Nagini parve subito contentissima, - Ehi! Siamo qui, qui!-, battè lievemente il palmo contro la parete.

Tom rimase immobile e zitto, per non perdersi nulla.

Il sibilo cessò. Nagini sbuffò annoiata e delusa. Poi, improvvisamente, riprese.

- Sono qui e vi aspetto… entrambi…eredi e padroni.

I pensieri di Tom erano sospesi nel vuoto; non si era sbagliato: chiunque fosse, parlava di eredi. Prese improvvisamente la parola.

- Qui dove?! Dimmi dove! DOVE?!

Ancora silenzio. Ancora quel sibilo.

- Seguite la mia voce. Aspetterò.

Nagini rimase immobile, con la bocca spalancata; Tom l’agguantò per un polso, e cominciò a trascinarla lungo tutta la parete. Era più che determinato a scoprire qualcosa di più, quella notte.

- Sei impazzito, Tom? Potrebbe sentirci qualcuno!

- Taci e corri!

Il ragazzo continuava ad avvertire delle vibrazioni attorno a lui, lungo le pareti, ai piedi, sopra la sua testa. Come se fosse circondato.

Nagini si fece trascinare di buon grado, poi impuntò i piedi, rischiando di far cadere Tom.

- Se corriamo ancora qualcuno ci sentirà! Siamo quasi all’entrata dei sotterranei!

Tom la fissò dritto negli occhi, - Ti rendi conto che non possiamo farci sfuggire questa occasione? E’ troppo importante per me, se non lo capisci puoi anche andartene!

La ragazza ricambiò il suo sguardo, con altrettanto astio. Con uno strattone si liberò dalla stretta di Tom, e dovette controllarsi per non urlare, - E’ importante anche per me, ma al contrario di te, io ci tengo alla mia condotta. Se qualcuno ci scopre passeremo più di un brutto quarto d’ora!

Un attimo di silenzio, dove i due si scrutarono con occhi fiammeggianti, bastarono a Tom per decidere cosa risponderle. – A costo di farmi espellere o di svegliare tutto il castello, io devo sapere qualcosa su questa storia.

- L’ho già detto, ci tengo anch’io.

L’inseguimento della voce riprese con maggiore prudenza e determinazione.

I due ragazzi strisciavano sulle pareti, fermandosi a sbirciare dietro gli angoli. Nagini si era praticamente attaccata al braccio di Tom, che dal canto suo cercava di non pensare a quella vicinanza.

Le scale che conducevano alla hall erano ormai davanti a loro; Tom spinse la ragazza nella rientranza di una porta, - Sicura di voler continuare?

Nagini scosse la testa in segno di approvazione, facendo danzare i capelli attorno al viso arrossato.

Quel verso, quelle vibrazioni… Tom se le sentiva dentro. Quello che si nascondeva dentro le pareti, che si fermava quando loro si fermavano, e che parlava quando credevano di aver perso le speranze, era senza dubbio legato a Tom da qualcosa.

Forse per l’eccitazione, forse per la tensione, il cuore del ragazzo batteva all’impazzata.

- Dobbiamo andare al primo piano?

- Credo di sì…

Nagini si accostò alla parete, poggiandovi la guancia; a occhi chiusi, bisbigliò così piano che nemmeno Tom fu in grado di sentire cosa stesse dicendo. Comprese che stesse parlando con la presenza, perché subito dopo si fece sentire, sorda e cupa.

- Non dubitate, seguitemi.

E Tom non dubitava. Sapeva che, qualunque cosa fosse, l’avrebbe ricondotto alla Camera.

E lo seguirono. Fino al primo piano, dove Tom era sicuro che si fermasse. Nagini insistette di continuare a seguire la voce, che pareva spingerli verso la rampa che conduceva al secondo piano.

- E’ sparito, Tom-, esclamò Nagini, scivolando contro la parete sulla quale si era appoggiata. Il prefetto sapeva che aveva ragione, ma non voleva che fosse vero.

Un’interminabile ora di ansia che si era conclusa con nulla. Mai era stato così nervoso nel girare per il castello di notte, e alla fine… la voce era sparita, appena giunti al secondo piano.

Era stata colpa di Nagini, che aveva insistito a salire ancora; dopotutto, entrambi avevano sentito la voce al primo piano. Erano dunque andati fuori strada?

Immerso nelle sue congetture, Tom pensò che in effetti era stata una pessima idea portarsi dietro Nagini. Era quasi un peso, se non fosse stato per il fatto che anche lei fosse rettilofona, e anche per il fatto che non riusciva più a staccarsi da lei.

- Significa che dobbiamo riprovare qualche altra…

- Torna alla tua torre. Io sono stanco.-, si passò una mano fra i capelli, sbuffando, e Nagini si rimise in piedi, - E vuoi abbandonare tutto, così?

“Smettila, ti prego. Non guardarmi così”

- Non vedo cos’altro potremo fare, adesso. Vedo di fare qualche ricerca.

Fece dietrofront. Non doveva trovarsi al secondo piano, di notte. Doveva stare nei sotterranei e al piano terra. Sperava che nessuno l’avesse cercato, tipo quell’impiccione di Flint che si svegliava nel bel mezzo della notte.

- Tom, senti…

Si voltò a guardarla. Nagini teneva la testa bassa, le mani intrecciate all’altezza della pancia.

- Cosa?

- Nulla, nulla-, rialzò la testa, sorridendo, - Non fa niente. Buona notte, allora.

A passi piccoli e leggeri, la Grifondoro imboccò uno dei labirintici corridoi per tornare al suo dormitorio.

 

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Capitolo 7
*** 7. Adolescenza ***


Ormai conosceva la biblioteca a memoria, ed era certo che tutti gli scritti su Hogwarts gli erano passati sotto mano

Ormai conosceva la biblioteca a memoria, ed era certo che tutti gli scritti su Hogwarts gli erano passati sotto mano. Per un’ulteriore sicurezza, decise di andare a consultare gli schedari.

Era un bel pomeriggio soleggiato; buona parte degli studenti erano fuori a giocare, leggere o semplicemente parlare. C’era chi, addirittura, si era levato le scarpe per bagnare i piedi nel lago.

La primavera era appena iniziata, e sembrava promettere bene. I giocatori di Quidditch erano entusiasti di quel tempo, mentre Tom desiderava temporali e pioggie. Così non avrebbe visto tutti quei volti sorridenti e irritanti, così tutti avrebbero abbandonato il buon umore, così la sua squadra non gli avrebbe sottratto tempo prezioso.

Così la fine dell’anno sarebbe stata lontana, e non sarebbe andato via da Hogwarts.

Chissà se, con la guerra nel mondo dei babbani, gli avrebbero permesso di tornare a Little Hangleton . Sperava di poter rimanere al castello, anche da solo, per tutta l’estate, ma sapeva che era impossibile.

Desiderò che Flint gli chiedesse di passare le vacanze con lui, che il preside Dippet gli desse degli incarichi da sbrigare in estate. Qualunque cosa. Quelle vacanze lo avrebbero separato da tutto, e anche da lei.

Perché si erano conosciuti così tardi?

Tornò con i piedi a terra, lo schedario davanti agli occhi.

- C come calderone, grazie.

Lo schedario fece un rumore appena percettibile, e subito dopo aprì il suo unico ed enorme cassetto.

- Cabala, Caccia ai draghi…

Camera.

C’erano tutti i tipi di camera, comprese quelle di distorsione temporale e quelle di guarigione. Nessuna però era la camera che cercava. Magari sotto qualche altra voce… ma le aveva provate tutte.

Chiuse il cassetto con uno sbotto, e non appena voltato, il professor Silente gli sorrise misteriosamente. Per poco Tom non sobbalzò.

- Salve, professore.

- Salve a te, Riddle… sempre in biblioteca, eh?

“Dannato mago occhialuto e saccente!”

Il ragazzo riprese la sua espressione amabile, da bravo ragazzo, - Mi piace l’atmosfera, e poi qui posso studiare in pace.

Silente annuì, - Anch’io da ragazzo mi rifugiavo qui.

Tom tentò di immaginarsi un Silente di sedici anni, e si rese conto che fosse impossibile. Doveva senza dubbio essere nato tale e quale a quel momento. 

- Alla fine hai trovato quello che cercavi su Serpeverde?

- Sì, certo-, desiderò che quel sì fosse detto con sincerità, - ci sono così tanti libri, qui dentro…

- Secoli e secoli di ricerche, lavori ed incantesimi!-,disse Silente, con aria solenne, - La nostra scuola vanta una delle migliori collezioni di libri di magia di tutto il mondo.

Chissà dove voleva andare a parare, il professore. Finiva sempre col dire qualcosa che scuotesse il suo interlocutore. Infatti non si tradì nemmeno quella volta, - Sei impegnato, Riddle? Avrei bisogno di una mano per portare nel mio ufficio alcuni libri.

Tentato dal rifiutare con una scusa, Tom finì con l’accettare. Lo faceva sempre, con i professori, e Silente la sapeva lunga.

I libri erano pochi e piuttosto leggeri; nonostante l’età, Silente gli avrebbe potuti benissimo portarli da solo. Senz’altro, c’era qualcosa sotto.

Dopo aver aperto la porta del suo ufficio, il professore fece cenno di lasciare i libri sulla sua scrivania, già traboccante di torri di pergamene. – Grazie mille, ragazzo.

- Si figuri, professore. Mi spiace, ma devo scappare.

E scappò, incapace di sostenere la tensione che quel mago gli procurava; doveva scaricare quel nervosismo che aveva accumulato, altrimenti sarebbe scoppiato col primo malcapitato. Decise di fare una passeggiata fuori, come tutte le persone nervose.

 

Dov’era Nagini? Era mai possibile che non l’avesse incontrata, in quei giorni?

Hogwarts l’aveva certamente inghiottita, come era successo altre volte, quando non riusciva a trovarla. Lo detestava. Soprattutto di sera, quando Terry gli raccontava entusiasta del suo bellissimo rapporto con Anna. Non faceva altro che decantare la sua bellezza, la sua intelligenza, i suoi gesti… cose che gli davano molto fastidio. Era così esagerato, Flint! Anna non era di certo così eccezionale. Nagini, invece…

- Ma mi ascolti? Yuhuu!-. Terry scosse il suo interlocutore per un braccio.

- Ti ascolto, Terry-, esclamò Tom, dandogli uno strattone, - e ti ho ascoltato abbastanza. Basta parlare di quella, va bene?

Il ragazzo mise un po’ il broncio, e si sedette a terra davanti a Tom. Gli diede una rumorosa pacca sulla gamba, - Allora dimmi un po’ tu di cosa vuoi parlare!

- Di niente-, rispose, secco, rimettendosi a leggere il tema che aveva appena finito.

- Lo so che vuoi dirmi qualcosa… su, dai!-, lo punzecchiò con un dito, facendolo innervosire. In quel momento, avrebbe ucciso Terry con le sue mani.

- Smettila, Flint. Sono impegnato.

Cacciò un gridolino, - A-aah! Lo sapevo che ti eri “impegnato”! Allora scusami, non ti tocco più, altrimenti la tua ragazza potrebbe ingelosirsi…

Tom si alzò di scatto in piedi, buttando la pergamena di lato, - La vuoi smettere?! Non lo vedi cosa sto facendo?!

Terry si dondolò un po’, - Lo vedo, lo vedo cosa stai facendo. E sai cosa?-, si mise in piedi, ponendosi davanti all’amico, - Stai fingendo che tutto sia normale, fai finta di non avere problemi e di vivere solo ed esclusivamente per i compiti e i libri. Ma siccome hai solo sedici anni…-, gli mise una mano sulla spalla, con fare da grande esperto dell’argomento, - E’ normalissimo avere degli interessi per le ragazze, alla nostra età. A meno che tu non abbia strani gusti, mi pare ovvio.

Il prefetto si districò dalla stretta dell’amico, e si sedette nuovamente sulla poltrona. Se non fossero stati soli, nella sala comune, non gli avrebbe mai permesso di dire quelle cose.

Terry aveva ragione; stava fingendo, stava cercando di nascondere i suoi desideri, i suoi interessi… qualunque parola andava meglio di “sentimenti”. Proprio non riusciva a concepirli.

Si calmò un po’. Fissò Terry, che di nuovo si era seduto a gambe incrociate davanti a lui; Terry gli era sempre stato amico, nonostante i suoi silenzi e il suo carattere intrattabile. Amico!

- Mettiamo che stessi fingendo,- disse finalmente Tom, - e che stessi nascondendo qualcosa a qualcuno…

Terry alzò le braccia in segno di vittoria, - Così mi piaci, ragazzo! Lo sapevo che ti eri innamorato!

“Innamorato?!”

Fissando la faccia di solito imperturbabile di Tom, il ragazzo abbozzò un sorrisetto di soddisfazione.

- Sei innamorato, eh?

- Non so nemmeno di cosa stai parlando. Ti sembro uno che si innamora?

Lo ignorò, - Allora dimmi, chi è la fortunata? E’ una di noi, oppure qualche Corvetta, qualche…

- Flint, non sono innamorato.

- Beh, se non è amore… è certamente attrazione, o quanto meno, interesse. E  lei è interessata a te?

Bella domanda, pensò. Le conversazioni con Terry sembravano quelle di Silente: andavano a ficcare il coltello nella piaga senza troppi complimenti.

Non lo reggeva più. – Senti, basta adesso…-, si alzò per l’ennesima volta, - devo andare dal preside.

- Scommetto che scappi così anche da lei, non è vero?

Scappare? Lui?

Tom salì velocemente i quattro gradini della sala comune, e si fermò di scatto. Ormai non poteva andare peggio di così.

- Terry-, disse, - che non esca nulla da questa stanza.

- Signorsì!

Il prefetto scosse la testa; prese la cartella accanto alla porta, poi sparì fuori, nei misteriosi sotterranei di Hogwarts.

Non voleva più prendere quell’argomento, non ne poteva più. Non voleva più sentirsi uno stupido davanti a Nagini; non voleva più svegliarsi nel cuore della notte, tutto sudato, dopo un sogno che non aveva il coraggio di ricordare; non voleva più distrarsi dal suo obiettivo, cioè la Camera dei Segreti.

Voleva tornare ad essere quel se stesso che aveva abbandonato solamente da un mesetto. Pochi giorni, eppure era cambiato così tanto! Tutte quelle stupidate sui sentimenti e sulle ragazze… cosa gliene importava? Avrebbe avuto tempo a sufficienza per tutto questo.

Doveva dimenticarla, cacciarla fuori dalla sua mente; una cosa difficile, visto che entrambi condividevano lo stesso segreto, ma non impossibile. Poteva prendere a ignorarla, come faceva con tutte le ragazze che lo stressavano.

Assorto dai suoi pensieri, si ritrovò davanti al portone d’ingresso, che era spalancato per via dell’andirivieni di ragazzi. L’enorme pendolo oscillava lento ed annoiato davanti a lui; come gli somigliava! Anche lui aveva tutti quegli alti e bassi, quegli improvvisi mutamenti di comportamento…

Il sole primaverile lo chiamò all’aria aperta; come se gli mancasse l’aria, a grandi falcate si recò fuori, sulla collinetta erbosa con i cerchi di pietra, poi giù, verso la costa del lago.

Ignorò tutti i ragazzi che lo salutarono, e si buttò sfinito sull’erba, a pochi centimetri dall’acqua.

Meravigliosa quell’atmosfera… perché era stato così lontano dalle sue vecchie abitudini? Si era dimenticato di quanto era bella la solitudine.

“Scommetto che scappi così anche da lei, non è vero?”

Quella frase gli rimbombava nella testa, come un’accusa dalla quale non si poteva difendere.

Stava ancora scappando?

Di certo non aveva paura; no, non aveva paura di niente. Figuriamoci di una Grifondoro.

Quante riflessioni… quasi gli stavano facendo scoppiare la testa. Aveva bisogno di sfogarsi.

Chissà se ce l’aveva ancora… prese la cartella dal suo fianco, e l’aprì. Non dovette cercare molto, perché lo trovò subito, il suo diario, lo stesso che aveva comprato a Londra, l’estate prima di frequentare il primo anno di Hogwarts. Aveva fatto in modo che potesse essere l’unico a leggerlo, con un piccolo incantesimo di magia nera.

Trasse fuori la boccetta d’inchiostro, la piuma d’aquila. Aprì il diario, e cominciò a scrivere.

Forse un giorno trarrò qualcosa di utile da queste memorie giovanili. Per il momento, infatti, l'unica cosa utile in esse è il senso di sfogo che provo nello scriverle. I contenuti li conosco a memoria.”

Nagini. Come un flash, quel viso si proiettò nella sua mente.

“La mia vita non ha mai conosciuto l'amore. La mia vita è diventata tale solamente dal momento in cui ho varcato la soglia di questo posto. Qui ho capito chi sono.”

“Non c'è verso di cambiare se stessi. Si può fingere e dissimulare, ma mai cambiare il modo di essere...purtroppo.”

 

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Capitolo 8
*** 8. Gli Eredi nel regno ***


- Oh, Tommuccio

- Oh, Tommuccio!

Terry gli mandò un sonoro bacio, poi si buttò sul letto, sospirante, come se fosse una scolaretta innamorata, - Ma quanto sei fiiiiigo, signor prefetto perfetto!

Tutti i camerati si contorsero sui loro letti per le troppe risate, mentre l’oggetto di quelle battute levava velocemente i tacchi, per evitare di ridere davanti ai suoi compagni. Una volta solo, nel corridoio principale dei sotterranei, si concesse il lusso di lasciarsi scappare una risatina.

La domenica era la giornata che tutti attendevano per poter andare ad Hogsmeade, per questo motivo i suoi compagni erano così pimpanti sin dal mattino. Erano secoli che non andava con loro, ma preferiva restare al castello per occuparsi delle sue cose.

Hogwarts si svuotò piano piano; rimasero solamente gli studenti del primo e del secondo anno, che si riversarono fuori per non perdersi nemmeno un raggio di sole di quella calda giornata.

Sicuramente anche lei sarebbe andata ad Hogsmeade con le sue compagne. Un motivo in più per non andare; si stava quasi abituando all’idea di non vederla più con la stessa intensità prima.

Trascorse la mattinata a studiare, nella sala grande. Pranzò da solo, distante dai ragazzini che lo fissavano con ammirazione.

Una giornata perfetta; niente Terry fra i piedi, niente Freya, compagni di squadra, Silente, Dippet e quant’altro. Da solo e basta.

Solo, come gli anni più teneri della sua vita, a Little Hangleton, nella stessa città della famiglia del padre, che aveva incontrato una sola volta; solo, come quando era salito per la prima volta sull’Hogwarts Express; solo, durante la notte più lunga della sua vita, quando per caso si era reso conto di poter parlare ai serpenti. Era sempre stato bene, solo con se stesso, e avrebbe continuato ad esserlo fino a quando ne avrebbe avuto voglia.

Ora che passava davanti alla porta del bagno dove per la prima volta aveva sentito quella voce, i ricordi cominciarono ad avere il sopravvento. Non resistette, ed entrò.

Incrociò un biondino che stava uscendo, e si rese conto di essere l’unico là dentro. Ne approfittò per una visitina al gabinetto.

Tirò su la zip, richiuse il bottone dei pantaloni…

Vibrazioni. Le stesse di quella notte, le stesse di quella voce.

Si precipitò fuori dalla cabina di legno, appiattendosi contro la stessa parete con la quale aveva parlato. Stette un attimo in ascolto. Quei rumori si spostavano lungo tutte le pareti con una velocità sorprendente. Seguili, si disse, e fece un attimo mente locale: il bagno in cui si trovava confinava con quello delle ragazze,  quel bagno delle ragazze. Una volta fuori, diede velocemente un’occhiata attorno a se, e con grande gioia non trovò anima viva. Se vi fosse stata qualche ragazzina, là dentro, avrebbe potuto prendere una scusa qualsiasi.

Fece irruzione. Deserto.

I rumori erano più intensi, e parevano non spostarsi.

Prese di nuovo a strisciare lungo le pareti, con i battiti del cuore così forti che quasi coprivano le tracce.

Poi, i suoi occhi caddero su qualcosa che lo fecero impietrire.

Uno scarico, un semplice tubo di scarico incassato alla parete, con un piccolo rubinetto quasi nascosto dal groviglio di tubi. Su quel rubinetto spiccava un serpente, il simbolo di Serpeverde.

Tentò subito di girarlo, ma invano. Sembrava saldato.

Rimase per qualche minuto a pensare come aprirlo, anche se non sapeva bene a cosa gli sarebbe servito.

- Dannato, gira…

Nello sforzo, si fece un piccolo taglio.

- Apriti, maledizione!

Si appoggiò alla parete, sconfitto. – Apriti, coraggio, apriti…

Cullato dalle vibrazioni che sentiva attraverso il muro, pensò intensamente alla strana presenza che l’aveva condotto fino a quel punto. – Come si apre, dimmi-, diede un’ altra girata al rubinetto, - Apriti!

Conclusa l’ultima parola in serpentese, il rubinetto si mosse, girò, e in pochi secondi comparve, al posto dello scarico, un tubo metallico, abbastanza grosso da far scivolare una persona.

Interdetto, Tom fissò il tutto con la bocca spalancata.

C’era riuscito, se lo sentiva.

Quel tubo conduceva alla Camera dei Segreti.

 

Prima di ogni altra cosa, Tom fece un incantesimo per sigillare la porta del bagno. Era talmente nervoso che per poco, anzi di chiuderla, la faceva esplodere. Poi tornò davanti il passaggio che aveva appena aperto; lo fissò in silenzio, incapace di pensare ad altro.

Si svoltò le maniche della camicia, tirò un profondo sospiro e poi… giù.

Sembrava una specie di scivolo, un tunnel buio, privo di aperture, con un terribile odore di muffa dappertutto. Tutto era fastidiosamente umido.

Scese, e scese, e scese… fino a quando si cominciò a chiedere dove sarebbe finito. Il tunnel finì, e Tom uscì finalmente in un ambiente più ampio, dove si poteva senza dubbio respirare senza fatica.

Era tutto così spettrale; le pareti, che sembravano piene di melma, erano in realtà coperte di muffa e piante simili alle alghe. Faceva molto freddo; davanti a lui, c’erano un sacco di altri tunnel, ma Tom si rincuorò nel vedere che soltanto uno era abbastanza grande per permettere di proseguire.

La sua eccitazione era incontenibile. Era talmente emozionato che, se non si fosse controllato, si sarebbe messo a saltellare come un bambino.

Continuò ancora a scendere, questa volta per un tragitto meno lungo. Quando uscì dal tunnel, gli parve quasi di soffocare per la troppa aria viziata.

- Da quanto tempo esiste questo posto…

La sua osservazione rimbombò con un’eco sinistra. Trasse fuori dalla tasca dei pantaloni la sua bacchetta, e come aveva fatto altre volte, fece un incantesimo di Lumos.

Le piccole zone che riusciva ad illuminare facevano pensare che si trovasse in una specie di caverna. Tutto, attorno a lui, trasudava storia. Da secoli nessuno metteva piede in quel posto. Si riempì il petto d’orgoglio pensando che l’ultimo mago ad esservi entrato poteva essere proprio Serpeverde.

Adesso che camminava, adagio, come se camminasse su un pavimento di cristallo, poteva sentire chiaramente quel solito rumore, quello che lo aveva accompagnato fino a quel posto.

- C’è nessuno..?

Gli rispose soltanto la sua voce di ritorno. Determinato, riprese a camminare. Non sapeva dove andare, in effetti, ma poco gli importava. Sentiva che quella era la strada giusta.

Circondato dal silenzio tombale, sussultò non appena si trovò davanti ad una cosa eccezionale. Si trovava di fronte a una parete larghissima, dove due grossi serpenti di pietra si attorcigliavano fra di loro, con gli occhi di rubino che parevano fissarlo. Dalla fessura che si intravedeva fra le teste, il ragazzo capì che si trattava di una porta.

- Apriti.

Lo stesso prodigio che era successo pochi minuti prima diversi metri sopra di lui, questa volta, si compì sotto i suoi occhi.

I due serpenti si districarono, la pietra si mosse, e l’enorme porta si aprì.

Tom si sentì svenire per l’emozione, quando si rese conto che quella davanti a lui era la Camera che per tanto tempo aveva sognato.

Il salone enorme, lungo e stretto, incorniciato da colonne a forma di serpente, era costeggiato da miriadi di torce, e terminava con una statua colossale in pietra. Salazar Serpeverde.

Il ragazzi chiuse un attimi gli occhi, cercando di frenare l’adrenalina che gli aveva dilatato le pupille ed accelerato il battito del cuore, divenuto ormai assordante.

Lui, l’erede di Serpeverde, era giunto nel santuario del suo predecessore. Ce l’aveva fatta.

Bisbigliò il nome del grande mago mentre, a passo insicuro, entrava lentamente nella Camera. La sua mente fu attraversata per un attimo da una visione, quella di una ragazza con lunghi capelli castani che gli camminava accanto, tenendogli la mano. Doveva essere lì con lui, in quel momento. Chissà come avrebbe reagito… forse si sarebbe messa a saltellare e a gridare, come aveva già fatto con lui.

Uno, due… un piede dietro l’altro, passi accompagnati da sguardi di meraviglia tutti attorno alle colonne, alle altissime pareti di pietra, alla statua del mago con la lunga barba e lo sguardo severo.

Arrivato al centro della sala, si lasciò cadere sulle ginocchia.

Impossibile definire il suo stato d’animo… era gioia, quella che provava? Eppure, perché era così soffocante da fare male? Sentiva il cuore chiuso in una morsa, soffocato, insieme al suo respiro. Gocce di sudore gli imperlavano la fronte, il viso era ormai rosso fuoco… rosso, come quei vestiti che qualche settimana prima lo avevano tanto sconvolto. Com’era bella, Nagini, quel giorno… bellissima, pura, forte. Esattamente come in quel momento. Lei, con quella giacca, quella gonna, quella camicia attillata e trasparente, era esattamente davanti ai suoi occhi.

Impossibile.

Era così travolto dalle emozioni da avere le visioni… assurdo. Nagini era così reale, con quell’espressione di sorpresa dipinta in volto, la stessa espressione che aveva visto altre volte.

Impossibile.

Cosa ci faceva là?

Tom faticò a rimettersi in piedi. Rendendosi conto di non trovarsi davanti ad una visione, gli venne alla mente il ricordo di quella notte, quella in cui aveva scoperto tante cose di quella ragazza, quella in cui aveva cominciato a sentirla vicina a se. Era cominciato tutto in quell’esatta maniera.

- Nagini?!

Il nome della ragazza rimbombò per tutta la sala, per tutte le singole crepe delle pareti.

Lei, immobile, continuò a fissarlo.

- Cosa ci fai qui? Come…

Tom si rese conto che era inutile fare quelle domande. Sapeva già le risposte. Solamente perché non l’aveva più vista non significava che lei non avesse continuato a cercare. Era sparita per questo? Come aveva fatto a trovare per prima l’ingresso della Camera?

Un quesito in particolare fu talmente pesante da pugnalarlo: perché non gli aveva detto nulla?

- Calmati, ti prego…

Nagini mise le mani in avanti, come per proteggersi da possibili schiaffi, - Tom, sta calmo. Non urlare.

Urlare? E chi ne aveva la forza?

Tom si passò entrambe le mani fra i capelli, quasi tremando.

- Quando sei arrivata qui?

- Calmati, Tom. Calm

- Rispondi alle mie domande e non fare il giochetto di ignorarle!

Nagini tremava sul serio, e la sua voce era ridotta ad un sussurro, - L’ho scoperta… tre giorni fa.

“Perché ti copri? Non voglio picchiarti.”

- Tom, c’è una cosa… una cosa che devi vedere. Però stai accanto a me, non alzare la voce e non fare gesti troppo bruschi.

- Prima devi…

Non completò la frase. Sembrava un’ombra, ma non lo era. Dal lato destro della statua, dalla quale era uscita Nagini, comparve la testa di un serpente gigante, di un colore che sembrava argento, tutto pieno di scaglie ed enormi aculei. Man mano che avanzava verso di loro, si faceva sempre più grande, e sempre più lungo.

Nagini si voltò verso il mostro, - E’ arrivato Tom.

Parlò in serpentese, ed ovviamente la bestia la comprese. Era quel serpente ad avere parlato con loro, attraverso la parete. Ma non era un serpente normale, no, non con quelle dimensioni.

- E’ un basilisco, Tom. Per questo davanti a noi tiene gli occhi chiusi.

La sua mente era vuota. Troppe rivelazioni, troppe emozioni.

Aveva trovato la Camera, anche se Nagini prima di lui. Quel basilisco, dallo sguardo letale, era senza dubbio l’arma contro i mezzosangue.

La sua missione era finita.

 

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Capitolo 9
*** 9. Delusioni ***


…per essere viva sono viva ^^ Non mi collegavo al sito da troppo tempo, devo ammetterlo… Devo le mie scuse a tutti i miei lettori che hanno sperato in un mio ritorno (soprattutto a schumi91…davvero, non trovo abbastanza parole per ringraziare la tua costanza… **commossa e inginocchiata ai tuoi piedi**)… T_T davvero, ragazzi, SCUSATEMI!!! Ma sapete.. quando la vita prende, non si cura di certo di controllare se avete altri impegni!! Ho avuto un bruttissssssimo calo di ispirazione, aggiungiamo gli esami di stato (brillantemente superati, per fortuna ^_^), vari eventi che non vi sto a raccontare se non per non annoiarvi… insomma, mi sono bloccata. Non avete idea di quante volte ho aperto il documento con la fanfic per tentare di continuare, ma… NIENTE, NADA, NISBA!! Vuoto totale… proprio per questo… ho aggiunto un altro capitolo, prossimamente ne metterò un altro o forse due (già scritti ma da rivedere!), dopodichè vi annuncio che molto probabilmente NON AGGIORNERO’ PIU’. Mi dispiace moltissimo…mi ero appassionata un sacco a questa storia, davvero, e mi riempe di gioia (non sapete quanta!!) sapere che c’è gente che l’ha seguita ed amata quanto me… ma davvero, non so continuare. Non per mancanza dello sviluppo della trama, ma semplicemente perché m’è venuto una specie di blocco dello scrittore. Ragazzi… è terribile!!! Questa fanfic non è l’unico racconto che scrivo… nel mio pc giaciono decine di bozze, anche lavori notevoli (come una storia che amo, 240 pagine circa, quasi al finale, ma…), che ho abbandonato da secoli… Spero vivamente di ritrovare la mia ispirazione e di ricompensare la vostra pazienza e fedeltà (fedeltà? Sì, fedeltà!) con il finale che questa fanfic si merita. Ah, scusatemi anche per il pessimo layout..non so proprio cosa sia successo! GRAZIE DI TUTTO!_________________________________________________________________ Il basilisco strisciò attorno a Tom, annusandolo. Nagini gli disse di stare calmo, e di parlargli, se lo desiderava. Il ragazzo si limitò ad accarezzarlo sul muso squamoso, poi il mostro strisciò lontano da loro, fuori dalla Camera. Era il momento dei chiarimenti. Tom stava già formulando tutte le domande da fare alla ragazza, tutti i pensieri a tal proposito… idee cattive, di invidia… no, Tom, non con lei. Dalla sua posizione immobile, Tom fece qualche passo verso Nagini, - Perché non sei venuta a cercarmi? Hai fatto tutto questo da sola, poteva essere pericoloso! La ragazza abbozzò un sorriso, - Ho capito molte cose, da quando sono entrata qui. Adesso mi è chiaro perché sono una Grifondoro, Tom. Sono timida, impacciata, ma dentro di me c’è una forza-, strinse le mani al petto, - una forza enorme, un coraggio enorme. Mi sono sentita strana… come se fossi in grado di fare l’impossibile. Davanti al basilisco, poi, è stato tutto ancora più strano. Ho subito capito di cosa si trattava, eppure non ho avuto paura. Non ho mai avuto paura per i mostri, in realtà. Ho sentito che era lui… lui mi aveva chiamata per nome, lui mi aveva portata fino a qua. La storia si ripeteva. I segreti di Nagini venivano scoperti. - Qua dentro c’è qualcosa che mi appartiene. Sento di essere al sicuro, qua dentro. Tom faticò a parlare, - Cosa può provare una Grifondoro nel regno di Serpeverde? - No, Tom-, scosse la testa, - non è così semplice come pensi. Bugie, nient’altro. Le sue parole suonavano come menzogne velate di paura. Gli stava per scoppiare il cuore. - Perché mi hai tradito così? Perché non mi hai detto nulla?!-, sbottò Tom, e Nagini si ritrasse ulteriormente. - Io non ti ho tradito… La sua voce tremava, e gli occhi cominciavano a diventarle lucidi. Tom conosceva Nagini quando stava per mettersi a piangere. - Non era mia intenzione, te lo giuro! Non volevo tradirti, non ci ho mai pensato… io mi sono sentita tradita. Non hai mai accennato all’arma contro i mezzosangue, Tom! Tutti i segreti erano ormai un mazzo di carte scoperte sulla tavola. - Mancava sempre un libro dalla biblioteca, e so che quel libro ce l’hai tu. Quello è l’unico che parlava dell’arma della Camera, e tu non mi hai mai detto nulla. Si può sapere perché? Per la prima volta, nella sua vita, Tom non seppe cosa rispondere. Non perché non volesse, ma perché in realtà non lo sapeva nemmeno lui. Aveva paura di spaventarla. Nagini attese una risposta che non arrivò mai. - Oh, Tom…-, continuò, singhiozzando, - volevi l’arma, vero? Perché? Perché questa rabbia che ti porti dentro? “Ti supplico, non aggiungere altro…”. La ragazza gli si avvicinò; gli prese le mani, costringendolo a guardarla negli occhi, - Da quando ho cominciato a conoscerti… da allora ho capito che tu nascondi qualcosa. Ti porti rabbia, tristezza… non ti ho mai visto sorridere! Sono stata male per questo, Tom… Tom ritrasse le mani, senza aggiungere nulla. Il suo sguardo lasciava spazio alle parole. - Parlami, adesso, ti prego. Qualche secondo di silenzio dopo, il ragazzo tirò un sospiro. Quante cose da dire, e non riuscirci! Quei begli occhi che lo fissavano, pietosi, gli facevano venire voglia di piangere, urlare, sfogarsi una buona volta. Una ragazza che gli faceva un simile effetto… gli aveva letto nell’anima, aveva compreso tutto senza che lui parlasse. Era un essere eccezionale, meraviglioso. Come un raggio di sole, aveva fatto breccia nelle tenebre della sua mente, ed adesso voleva prenderlo per mano. L’avrebbe lasciata fare. Voleva che chiamasse il suo nome a gran voce, voleva che gli urlasse che fosse lì per lui e basta. La guardò ancora, dritto negli occhi, e la desiderò ancora. Si rese conto che era così dal primo momento in cui le aveva parlato, quel pomeriggio, nella serra. Da allora aveva capito che lei sarebbe stata l’unica… lei, sola. Erano così simili. Dal diario di Tom: “Eri parte di me, Nagini, eri quel me stesso che ho sempre rifiutato, perché bramoso d’amore. Il tuo profumo, quel giorno… mi sembra di averlo ancora addosso, attaccato ai vestiti, come una macchia di inchiostro rosso che spero mai sparisca.”

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