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Una timida luce
investì le sue palpebre, causando uno spasmo che rovinò l'armonia del suo viso.
Strizzò gli occhi, poi li spalancò. Era l'alba.
Le tende del suo letto
a baldacchino erano aperte; dagli altri letti provenivano sbadigli e sussurri.
Anche i suoi compagni si erano svegliati.
Stiracchiò gli arti
intorpiditi, poi si mise a sedere sul letto.
Alla sua destra,
alcune candele accese fluttuavano annoiate sopra il comodino. Sarebbe stato
bello svegliarsi col bel sole caldo, preludio della nuova stagione, ma quel
privilegio non era destinato a chi dormiva nei sotterranei.Si alzò, prese i vestiti dal baule ai piedi
del suo letto per andare subito a vestirsi. Qualcuno gli disse
"Buongiorno!", lui ricambiò con indifferenza, uscendo dal dormitorio.
I bagni erano già
pieni.
Aspettò il turno per
farsi la doccia pensando a cosa avrebbe dovuto fare quella mattina: colazione
nella sala grande, inizio delle lezioni...erbologia, forse... bene, le serre di
prima mattina erano stupende. Adorava l'odore di terra umida, le bellissime
goccioline di rugiada sulle foglie delle piante. I colori sgargianti dei fiori.
Il rosso. Colore della vita. E anche del sangue.
Scosse violentemente
la testa sotto il fruscio d’acqua calda, come per distrarsi da quei pensieri.
Si asciugò, si vestì,
si mise davanti uno specchio.
Alle sue spalle, i
ragazzi chiacchieravano allegramente; qualcuno di loro, ancora assonnato, era
vittima degli scherzi dei compagni. Altri, sveglissimi, ripassavano ad alta
voce formule e pozioni. Alcune risate.
L'immagine che
rimandava lo specchio era tutt'altro che sorridente, o meglio, pareva che non
sapesse sorridere. Ma quando lo faceva, pareva che si illuminasse tutto il
volto, pareva un dono prezioso di cui pochissimi potevano godere. Una gioia per
gli occhi. Le belle labbra carnose si inarcavano in un sorriso appena
abbozzato, i lineamenti del viso si ammorbidivano. Gli occhi sprigionavano una
luce magnetica, diventando dolci. Lo stesso loro colore, quello del cioccolato,
richiamava alla mente dolcezza.
I capelli ricadevano
afflosciati sulla candida fronte, a formare un ricciolo morbido e nero.
Si sistemò la
cravatta alla perfezione, continuando a guardare la sua immagine. Era diventato
un po' narcisista, era come se non riuscisse a staccare gli occhi dal suo bel
viso.
- Scusa, devi fare
molto?
Un ragazzo alle sue
spalle era impaziente di utilizzare lo specchio. Si voltò verso di lui, con uno
sguardo indecifrabile.
- Oh... scusami
tanto. Fai pure, aspetterò.
- Stavo giusto
andando via-, si affrettò a rispondere, con la sua voce forte e calda, -
accomodati.
Il compagno stava
ancora ringraziandolo quando uscì dal bagno.
- Buongiorno!
- Ciao!
- Ehi, come va?
Rispondeva a tutti
con il suo bel sorriso, fermandosi a parlare pochissime volte. Quasi tutte le
ragazze che incrociava finivano col chiacchierare fra di loro, con le guance
scarlatte.
Lo doveva ammettere.
Aveva un fortissimo ascendente su tutti, un carisma particolare che riusciva ad
affascinare chiunque. "Il Prefetto perfetto": così lo chiamavano le
sue ammiratrici più accanite, che lo sommergevano di sguardi e sospiri.
Dal canto suo,
adorava essere ammirato così tanto. Era come se avesse sopravvissuto per anni.
Solamente lì, ad Hogwarts, si sentiva vivo, si sentiva un essere particolare.
E lo era veramente,
Tom Riddle.
Detestava l'estate
per il fatto che dovesse tornare nell'orfanotrofio di Little Hangleton, un
posto che riconosceva come casa e prigione insieme. Soprattutto in quel
periodo, visto lo scompiglio spaventoso provocato dai babbani e la loro stupida
guerra. Da quando aveva ricevuto la chiamata per Hogwarts, detestava il mondo
dei babbani. Perché, perché non era nato in una famiglia di sangue puro?! E,
innanzi tutto, perché non era nato in una famiglia?!
Se avesse conosciuto
suo padre, un giorno, aveva promesso a se stesso che gli avrebbe fatto molto
male. Non appena pensava alla vendetta, ecco un sorrisetto malizioso dipingersi
sul suo viso. Da un po' di tempo non pensava ad altro. Vendetta, violenza.
Rabbia repressa, o semplicemente sete di giustizia?
Sapeva solamente una
cosa, Tom: era un essere eccezionale. L'abilità con cui svolgeva i suoi compiti
era assolutamente innata. Possedeva un grande senso del dovere. Eccelleva in
tutte le materie, persino nel Quidditch.
C'era una cosa che
non sapesse fare? Non l'aveva ancora trovata; sapeva addirittura parlare con i
serpenti, un segreto che custodiva gelosamente. Se si fosse saputo in giro,
l'avrebbero letteralmente adorato, oppure l'avrebbero disprezzato, e temuto.
Solamente questa prospettiva lo attirava: essere temuto.
Spalancava gli occhi
con avidità ogni volta che leggeva le biografie dei grandi maghi del passato; divorava
senza ritegno tutto quello che riguardasse la storia; la vita e le opere del
grande Salazar Serpeverde, in particolar modo. Non a caso era prefetto della
Casa che portava il suo nome.
Tom Riddle era una
celebrità in tutta la scuola; non c'era studente che non conoscesse il suo
nome, il suo volto.
In qualità di
prefetto era molto impegnato, e fra lo studio e le altre mansioni aveva davvero
pochissimo tempo da dedicare a se stesso. Ma ritagliava ugualmente minuti
preziosi da passare in biblioteca.
Studiava,
memorizzava, leggeva più che poteva.
Un alunno modello.
Non aveva molti
amici; a parte i suoi compagni di dormitorio e quelli di squadra, Tom dava poca
confidenza alle persone, ma non perché avesse problemi nei rapporti con gli
altri. Se desiderava conoscere qualcuno, lo faceva senza troppi problemi, visto
lo strano fascino che esercitava sui suoi interlocutori.
Era famoso, insomma,
come lo erano tutti i prefetti e i giocatori di Quiddicht delle case. Ad
Hogwarts si diventava famosi anche per la propria famiglia, per i bei voti, per
il coraggio, o semplicemente per la propria personalità, eTom aveva per l’appunto trovato una persona
che minacciava la sua eccellenza, e questa persona era inespugnabile; questo lo
tormentava.
Ogni volta che la
vedeva sentiva vuoto allo stomaco come se gli fosse passato un fantasma
attraverso, la guardava con disprezzata ammirazione. Odiava persino pensare fra
se e se che lei lo turbasse.
Era una ragazza del
quinto anno, sveglia ed intelligente, timida e solare. Qualità che Riddle
disprezzava per le loro debolezze. Anche lui era molto intelligente, perspicace
e voluttuoso, ma gli mancava qualcosa che Nagini Renn -così si chiamava la
ragazza- possedeva in abbondanza, qualcosa che non era mai riuscito a capire.
Il nome di Nagini non
era famoso, eppure tutti sapevano chi fosse. Non era ambiziosa, ma ugualmente
aveva ricevuto cariche, rifiutandole.
Era una Grifondoro, e
la rendeva ancora più interessante. I Grifondoro erano famosi per il coraggio,
eppure lei sembrava sempre così timida!
Proprio notando un
gruppo di piccoli Grifondoro, Tom attraversava la hall, quando suonò la
campanella che annunciava l'inizio della giornata scolastica. Vide alcuni suoi
compagni uscire verso il giardino, insieme ad altri ragazzi del Tassorosso, con
i quali avevano lezione.
- Tom... ehi, Tom Riddle!
Era stato Terry Flint
a chiamarlo, uno dei Cacciatori della sua squadra di Quidditch, compagno di
stanza e forse unico amico.
- Si?
- Gli allenamenti,
Tom...
- FLINT! IN CLASSE!-,
la voce di una professoressa rimbombò per le scale dei sotterranei, e Terry
sbiancò per l'imbarazzo.
- La Lumah mi ha
obbligato a stare tutto il giorno con lei… dice che mi farebbe bene assistere
alle lezioni dei più piccoli… ne parliamo a pranzo! A dopo!
I due ragazzi si scambiarono
un gesto di saluto, e poi ognuno prese per la propria strada.
Tom assaporò a pieni
polmoni l'aria fresca che spirava sulla superficie del lago, e che faceva il
solletico agli alberi che separavano il territorio di Hogwarts dalla foresta
proibita.
Si diresse verso le
serre, dove il professor Garnett stava già facendo l'appello.
- E con questo,
abbiamo finito.
Tom ripose l'ultima
boccetta di polvere ramata nell'armadietto, mentre la ragazza in lacrime,
seduta a terra, tirava ancora su col naso.
- Scusami ancora,
Tom-, disse la ragazza, fra un singhiozzo e un altro, - ti ho fatto perdere
tanto tempo... il pranzo è già stato servito, e tu sei qui a rimediare un danno
che ho fatto io!
Il giovane prefetto
le sorrise, - Non preoccuparti, l'ho fatto con piacere. E' stato anche un mio
errore, dopotutto.
La ragazza rispose al
sorriso non molto convinta, poi si alzò in piedi e sistemò i libri nella sua
cartella. Chissà cosa avrebbero detto le sue amiche, dopo che aveva trascorso
quasi un'ora da sola col prefetto!
Anche Tom prese le
sue cose, - Adesso vado, Laura-, si congedò, - fra un quarto d'ora ho gli
allenamenti.
Uscì dall'aula
tirando un sospiro di sollievo, pensando a quanto si potesse essere sbadati. A
Laura, una Serpeverde del sesto anno, era sfuggito un incantesimo perché
l'aveva scossa per un braccio per attirare la sua attenzione, e tutti gli
ingredienti dell'armadietto erano finiti a terra. Alcuni purosangue non
meritavano proprio quel titolo.
Non gli era rimasto nemmeno
il tempo per andare a pranzare, i suoi compagni l'aspettavano al campo di
Quidditch per gli allenamenti giornalieri.
Corse nel suo
dormitorio e indossò la divisa; il manico di scopa era pronto accanto alla
porta, vicino gli appendi-abiti.
Si meravigliò non
poco, quando al campo non trovò nessuno. Era in ritardo, ma non tanto da
essersi perso gli allenamenti!
Sia le tribune che
gli spogliatoi erano deserti; le bandiere con gli stemmi delle Case
sventolavano annoiate alla brezza fresca. Nessun giocatore volteggiava nel
campo. Ma dov'erano finiti tutti?
Che fosse successo
qualcosa?
Tornò sui suoi passi
per andare a cercare qualcuno. Se avevano deciso di rimandare tutto perché non
era stato avvertito?
- Oh...
Alzò gli occhi.
Davanti ai suoi occhi, sulla soglia del portone secondario, c'era Nagini Renn.
Aveva un enorme sacco di terriccio fra le braccia, e dal colore della sua
faccia era chiaro che non si aspettava di trovare qualcuno, fuori.
I due si fissarono
per qualche secondo. Nagini, poi, abbassò subito i suoi occhi verde-castani
sulle scarpe sporche di terriccio, e i boccoli castani le caddero molli sulle
spalle.
Tom avanzò in sua
direzione, deciso a non guardarla neppure; il modo migliore per evitare una
situazione imbarazzante. Anche Nagini pensò la stessa cosa, e camminò per la
sua strada, verso le serre. Gli occhi di Tom caddero sopra qualcosa che le era
scivolata dalla tasca. Era una piccola bisaccia di velluto rosso, uno di quelle
usati per le erbe. Doveva chiamarla ed avvertirla, oppure doveva portargliela
di persona? Dopotutto era una Grifondoro, non occorreva che si mostrasse
gentile con lei; non ne avrebbe guadagnato nulla. Scosse la testa, ed entrò nel
castello. Si bloccò per un attimo, e tornò indietro, sul prato. Raccolse la
bisaccia, e tastandola si accorse che doveva contenere monete. Sbirciò in
direzione delle serre, ed intravide una figura nera che si muoveva all'interno.
Entrò nella serra
numero due, piena di giovani arbusti di cicuta. Nagini stava depositando il
sacco accanto al tavolo da lavoro del professore.
- Ehm...
Nagini si voltò di
scatto, convinta ancora una volta di essere da sola.
- Credo che questo
sia tuo-, Tom mise in mostra il sacchetto scarlatto, - ti è scivolato sul
prato, qualche minuto fa.
- Ti ringrazio-,
rispose Nagini, ostentando un sorriso sincero, - non me n'ero accorta per
niente.
Lo prese, riponendolo
nella stessa tasca dalla quale era scivolato.
- Cosa ci fai qua, a
quest'ora?-, chiese Tom, guardando con insistenza il sacco alle spalle della
ragazza.
- Ho portato del
terriccio paludoso, serve a Garnett questo pomeriggio. Mi ha chiesto di
occuparmene, quindi…
Tom colse una nota di
nervosismo nella sua voce; dopotutto, anche se di Case diverse, lui era sempre
un suo superiore.
- Mh... va bene.
Ciao.
Non le diede tempo di
ricambiare il saluto, ed uscì.
Si allontanò dalla
serra a grandi falcate per tornare nel suo dormitorio. Incredibile come quella
ragazza riuscisse a metterlo in imbarazzo. Si irritò ancora di più quando si
sentì chiamare proprio da lei.
- Cosa c'è?-, le
rispose con leggera impazienza.
- Tu sei Tom...
giusto?
Il ragazzo annuì, ben
curioso di sapere dove voleva andare a finire.
- Allora avevo
ragione-, gli sorrise ancora, - tutto qui... ciao, ci vediamo!
Nagini tornò alla
serra, lasciando Tom con una certa inquietudine addosso. Perché mai una
Grifondoro doveva turbarlo tanto?
Fino all'orario di
ripresa delle lezioni, si ritirò nel dormitorio a leggere.
Aveva preso alcuni
volumi in prestito dalla biblioteca, tutti libri sulla storia di Hogwarts. Il nome
di Serpeverde sembrava essere tabù, se non fosse stato per il titolo di
fondatore della scuola che gli si doveva. Tom era certo che era molto vicino a
scoprire qualcosa di importante; a sedici anni possedeva articolate nozioni di
magia nera che aveva rubacchiato qua e la dai libri, proprio perché questa
branca della magia lo affascinava da impazzire. Sentiva di esserne
particolarmente portato. Il suo interesse per queste cose era nato giusto un
anno addietro, durante una lezione di Difesa contro le Arti Oscure. Il
professor Silente, quel grande mago il cui potere era paragonabile solamente
alla sua forza di volontà, aveva attirato l'attenzione di Tom parlando proprio
dei rettilofoni; Salazar Serpeverde lo era, e a quanto ne sapeva lui, solamente
pochissimi eletti possedevano quel dono. Che ci fosse un qualche collegamento
fra lui e il mitico mago?
Ripensava a questo,
mentre rileggeva per la decima volta lo stesso rigo, cercando di concentrarsi. I
ragazzi del primo anno facevano un inferno nella sala comune, e non gli
permettevano di studiare in santa pace.
- Fate silenzio!
Insomma!-, tuonò una voce, che Tom riconobbe essere di Freya Ingreed, il terzo
cacciatore della sua squadra. Finalmente qualcuno che potesse dargli
spiegazioni dell'allenamento saltato!
Si recò alla sala
comune per incontrarla.
- Oh, Tom! Dagliela
tu una bella sgridata a questi bambocci, non stanno un attimo zitti!
Bastò la presenza del
prefetto a incutere timore nei ragazzi che si inseguivano per la sala, ed
ognuno tornò ai propri libri.
- Freya, dimmi...
dov'eravate tutti, dopo pranzo? Sono andato al campo, e non c'era nessuno.
- Ma... avevo detto a
Terry di dirtelo! Quasi metà squadra era impegnata con i troppi compiti, e così...
Tom si rese conto che
non aveva più incontrato Terry perché non era nemmeno andato a pranzo, quindi
non poteva saperlo.
Il pomeriggio, poi,
si rivelò piatto e grigio.
A cena, Tom mangiò
con particolare appetito un po' di tutto quello che c'era sulla lunghissima
tavolata della sua casa. Notò ancora una volta Nagini fra i Grifondoro, ed
evitò per pochissimo il suo sguardo.
Tornò poi
immediatamente a studiare nella sala comune. Solamente a notte inoltrata chiuse
tutti i libri ed uscì nel corridoio, per il giro di ispezione che toccava a
tutti i prefetti; doveva assicurarsi che nessuno gironzolasse per la scuola
oltre la mezzanotte.
Era così misteriosa
Hogwarts, illuminata dalla luna. I raggi argentati producevano ombre
inquietanti attraversando le vetrate dei corridoi, e i versi delle civette
risuonavano con echi sinistri fuori, nella foresta proibita. Non era ancora
riuscito a sgattaiolare fuori per andare a dare un'occhiata di notte.
Passeggiare
lentamente per i freddi corridoi lo rilassava; si sentiva avvolto dalla potenza
magica dei secoli, ne respirava l'odore, si sentiva parte di tutto questo. E
pensava in continuazione al fatto che secoli prima, anche Serpeverde aveva
camminato per quei corridoi. Il ricordo del grande mago gli portava alla mente
la sua innata facoltà. Era una cosa di cui andava fierissimo, perché lo faceva
sentire in qualche modo vicino al grande Salazar. Sarebbe diventato come lui,
un giorno. E non avrebbe avuto nemici.
- 'sera, Riddle.
- 'sera, Phoenix.
Il prefetto dei
Tassorosso, un ragazzone alto almeno due metri, lo trattenne un po' a parlare,
poi tornò al suo giro di ronda. Erano le due passate quando tornò a letto.
L'occasione per
parlare con Nagini si presentò qualche giorno dopo;
senza rendersene conto, entrambi stavano sfilando lo stesso libro da uno
scaffale della biblioteca.
- Scusa, non ti avevo
visto.
Tom rispose con un
sorriso appena abbozzato, e lasciò che la ragazza prendesse il libro. Che
diavolo doveva farci Nagini con "Vita e Opere
dei Fondatori"?
- Scusami tanto, però
mi serve...
- No no, stai tranquilla, prendilo pure-, disse Tom, cercando di svincolarsi il più presto possibile.
- Beh, se però ti
serve per studiare...-, Nagini tirò un sospiro, come
se stesse raccogliendo coraggio, - prendilo pure, Tom.
Ma ti prego di darmelo il più presto possibile.
Il ragazzo prese con
riluttanza il libro, e non potè fare a meno di
notare, in quel momento, quanto Nagini fosse carina:
i boccoli castani, un po’ ramati, le ricadevano sulle spalle, lucenti, mentre
alcuni erano legati sulla nuca con un nastro rosso. Gli occhi verde-castani
spiccavano tantissimo fra le ciglia nere e folte. Un rosso vivo le imporporava
le guance e le labbra.
- A dire la verità-,
continuò il Serpeverde, - devo solamente cercare una
data. Posso dartelo fra qualche minuto.
- Fai come vuoi.
Adesso devo scappare, però. Ci possiamo vedere a cena nella sala grande. A più
tardi... mi raccomando!
Nagini se n'era andata e Tom, come al solito, non aveva saputo cosa dire.
Scosse la testa, poi
aprì il libro cercando quello che gli interessava.
Il capitolo su Serpeverde era quello più lungo; ci volle più di qualche
minuto per trovare ciò di cui aveva bisogno.
- La Camera dei
Segreti...
Pronunciò quelle
parole ad alta voce, senza rendersene conto. Più leggeva, più veniva rapito dal
contenuto del testo. Probabilmente l'autore doveva essere avverso a Serpeverde, viste le parole dure con cui ne parlava. Ma a Tom importava ben poco.
- "...nascosta
da qualche parte nel castello di Hogwarts... entrata
mai rinvenuta...".
Chiuse il libro di
scatto, infilandolo poi dentro la sua cartella. Nagini
avrebbe dovuto aspettare, per averlo.
Corse nella sala
comune della sua casa, che a quell'ora era
praticamente deserta; gettò la cartella su una poltrona, il mantello
sull'altra, trasse fuori il grosso libro e si immerse di nuovo nella lettura.
Quello era il secondo libro, in tutta la biblioteca, che parlasse della Camera
dei segreti. L’altro libro lo teneva già da diversi mesi, e non aveva
intenzione di restituirlo. Da tempo conduceva una vita ambigua, divisa fra le
apparenze da salvare e l'interesse per cose proibite da coltivare. Avrebbe
dovuto fingere più di prima, d'ora in avanti.
D'un tratto, udì
movimenti fuori dalla porta d'ingresso alla sala comune; mise il libro sotto la
poltrona, e finse di dormire.
I passi si
avvicinarono, e poco dopo si sentì scuotere lievemente. Si rese conto che era
il professor Silente ancora prima di aprire gli occhi, visto che la lunga barba
castana e un po’ brizzolata gli aveva fatto il solletico al naso.
- Riddle,
ragazzo... tu studi troppo-, il professore rise, - un tuo compagno mi ha detto
di averti visto correre qui, pensavo che stessi male.
- Tutto bene,
professor Silente-, rispose, con finta voce assonnata, - mi sono soltanto
appisolato.
- Meglio così...
Fece per andarsene,
poi si voltò di scatto, - Non vieni a cena, Riddle?
- Oh, certo signore.
- Allora ci vediamo
là.
Si congedò con un
sorriso; Tom tirò un sospiro di sollievo non appena
Silente sparì. Quel professore era un tantino ficcanaso quando voleva, gli dava
un po' sui nervi il fatto che sorridesse sempre, e che sembrava sapesse tutto
quello che succedeva dentro Hogwarts. L'unico del
corpo docenti veramente in gamba.
- Oh, Tom, rimani con noi!-, lo pregò ancora Terry
Flint, tirandogli il lombo del mantello, - Non fai altro che studiare e
studiare!
Tom si alzò dal tavolo,
- Lo sai che a mezzanotte devo fare la ronda, se non comincio presto finirò
tardissimo.
Alla voce di Terry si unirono anche quelle di altri Serpeverde,
che lo pregarono di stare un po' con loro a fare baldoria.
Rimase a malincuore;
pensava in continuazione al libro sotto il cuscino del suo letto, gli mancavano
poche pagine per finire il capitolo su Serpeverde.
Non doveva fare altro, i compiti li aveva già fatti prima di andare a cena.
- E non sapete che
battuta ha fatto Tom!-, Terry
stava raccontando un'altra delle strabilianti partite di Quidditch,
accompagnando le parole al mimo, - La Pluffa è
schizzata dentro il centro perfetto della porta! Poi Tom
è passato accanto alla tribuna a velocità incredibile, e...
- Eravamo tutti là, Terry!-, disse qualcuno, facendo ridere tutti i presenti.
Tom faceva il modesto,
cercando di spostare l'attenzione su qualcun altro.
A Terry
si aggiunse Freya, che però si mise a raccontare
l'incredibile caduta che aveva subito il mese scorso. Poi d'un tratto, mentre
tutti gustavano il budino al cioccolato, tutti quelli seduti di fronte a Tom si zittirono.
Il giovane prefetto
sentì una mano sulla sua spalla e Terry, proprio di
fronte a lui, spalancò gli occhi sopra la testa del compagno di squadra con
aria molto stupita, mentre gli altri si erano messi a parlare sottovoce fra di
loro.
Tom si voltò, trovandosi
alle spalle Nagini più imbarazzata che mai. Con che
coraggio una Grifondoro si intrometteva in un'allegra
discussione fra Serpeverde? Era ben conosciuto
l'antagonismo fra i Serpeverde e le restanti case.
Qualcuno mormorò
qualcosa di molto spiacevole, mentre Tom si era
alzato dal tavolo per parlare con Nagini. Adesso la
sovrastava di una decina di centimetri.
- Mi dispiace davvero
tanto di disturbarti, Tom, credimi-, mentre parlava,
la ragazza si torturava le mani, - ma quel libro...
- Te lo darò stasera
stessa-, tagliò corto Tom, - non preoccuparti.
- No... non è per
questo. Mi serve, capisci? Mi serve adesso.
Nagini era più rossa di una
fragola, e Tom era prossimo a diventarci. Nessuno dei
due sapeva più cosa dire, mentre l'intera tavolata dei Serpeverde
continuava a fissarli cercando di cogliere qualcosa dalla loro conversazione.
Tom afferrò un braccio
di Nagini, ed insieme si allontanarono a grandi passi
fuori dalla sala grande; si lasciarono un mare di mormorii alle spalle.
Il ragazzo non aveva
più intenzione di nascondere il suo imbarazzo.
- Senti, Nagini...
La ragazza lo zittì
con un gesto, - Prima che tu dica qualsiasi cosa, Tom,
ti prego di scusarmi ancora per averti disturbato...
- Sta' zitta un
attimo!
Nagini arrossì ancora di
più, chinando lo sguardo, incapace di sostenere quello di Tom.
Il ragazzo si rese conto di averla spaventata, e riprese con un tono più calmo.
- Non devi scusarti,
non ce n'è motivo. Volevo solamente chiederti perchè hai tanta urgenza di avere
quel libro.
- L'hai già letto
tutto, Tom?
- Veramente...-, si
zittì un attimo, - no, non l'ho letto tutto.
- Allora ti prego...
finiscilo presto. Non dovevo lasciartelo, questo pomeriggio.
Tom doveva fare molta
attenzione a quello che diceva, visto che quasi bisbigliava. Tirò un sospiro,
passandosi una mano fra i capelli. Nagini ebbe un
fremito.
- Perché hai
insistito che lo prendessi, allora, se ne avevi così bisogno?
La ragazza sollevò il
piccolo viso, e Tompotè
vedere i suoi occhi lucidi. - Volevo... essere gentile-, rispose, con la voce
incrinata, - tu lo sei stato con me l'altro giorno, nella serra, volevo
solamente ricambiare.
Nagini singhiozzò, e scappò
via farfugliando scuse.
Tom rimase esattamente
al suo posto, confuso. Non aveva mai conosciuto qualcuno così strano in tutta
la sua vita. Che motivo c'era di reagire a quel modo... mettersi a piangere,
addirittura! Era davvero COSI' sensibile? Si pentì addirittura di averle fatto
delle domande... pensò di scusarsi, anche se in fondo non aveva avuto alcuna
colpa... già si vedeva chiamarla un attimo a parte, il giorno dopo a colazione,
suscitando ancora la curiosità nei suoi compagni... a che diavolo pensava?! Si
era completamente rammollito davanti a due occhioni
verdi?!
Continuando a
rimproverarsi, tornò nel dormitorio a prendere il libro. Gli rimanevano appena
quattro pagine, che divorò camminando, mentre si avvicinava alla torre dei Grifondoro. Fermò un ragazzo a caso, uno biondino e rotondetto, - Fammi il piacere di darlo a NaginiRenn, per favore.
Il ragazzo rimase
imbambolato davanti al dipinto della Signora Grassa, che nascondeva l'ingresso
alla sala comune dei Grifondoro, stringendo un grosso
libro fra le mani: incredibile, aveva parlato con un Serpeverde,
con quel bravissimo cacciatore della squadra di Quidditch!
E gli aveva addirittura chiesto un favore! Avrebbe dovuto chiedere a Nagini come si chiamasse... proprio non se lo ricordava.
Non appena portò la
tazza di latte alla bocca, una sonora e dolorosa pacca alle spalle quasi gli
fece sputare quello che stava bevendo. Tom si voltò
di scatto per prendersela col responsabile, e dovette calmarsi un attimo quando
vide che si trattava del giovane professor Kent,
l'istruttore di volo della scuola.
Kent godeva di molto
successo fra il pubblico femminile, e non solo a scuola; era stato portiere
della squadra nazionale inglese di Quidditch per due
anni, poi aveva lasciato tutto, improvvisamente. Si diceva che avesse seri
problemi di salute; i più pettegoli sostenevano che avesse avuto guai col
dirigente della squadra.
- Riddle,
ragazzo mio!-, lo salutò Kent, gioviale, - Pronto per
l'amichevole?
- Non so se
giocherò... ho troppe cose da fare, professore. C'è la mia riserva pronta.
Kent aggrottò le ciglia
bionde, - Un vero peccato!
Lo salutò con
un'altra violenta pacca sulle spalle, e Tom fu
tentato di ricambiarla, senza affettuosità però. Che persona petulante, Kent!
Si mise in bocca una
ciambella ancora calda, agguantò la cartella ai suoi piedi e si alzò per
correre in biblioteca; aveva ancora mezz'ora di tempo prima della lezione di
Silente.
Tantissimi sbattiti
d'ali attirarono l'attenzione, e si voltò per assistere alla scena quotidiana
dei gufi postini. Come al solito, nessun messaggio gli aveva cambiato la
giornata.
Andò a Incantesimi
col pensiero fisso di andare in biblioteca quando fosse stato possibile,
chiedendosi, guardando il resto della classe fare pratica, se fosse stato
possibile saltare quelle lezioni, visto che sapeva già fare quelle cose; fra
l'altro, era un eccellente autodidatta.
Uscito dall’aula,
urtò con violenza uno studente; lo guardò in cagnesco prima di raccogliere i
libri, - Fa' attenzione, diamine! Meriteresti almeno dieci punti in meno alla
tua casa!-, poi filò via, lasciando il ragazzino prossimo alle lacrime.
Cominciò ad avanzare
verso la scalinata principale... ed ecco Nagini...
incredibile come, in quei giorni, si incontravano praticamente dappertutto!
Tom notò che la ragazza
era insieme ad altre tre, e una strana luce le illuminava il viso: era
raggiante, per nulla timida e rabbuiata come ogni volta che le aveva parlato;
forse non l'aveva mai notata, nella sua naturalezza, se ne rese conto tutto in
una volta.
Rimase inebetito a
fissare Nagini che scendeva le scale insieme alle
compagne. Solo qualche attimo dopo si rese conto di quello che stava facendo;
era una fortuna che lei non l'avesse visto, non avrebbe sopportato di doverla
affrontare.
Seduto a una
scrivania della biblioteca, qualche minuto dopo, cercava di concentrarsi sul
testo sotto ai suoi occhi. L'ennesimo manoscritto storico su Hogwarts. Nemmeno un accenno alla Camera dei Segreti;
avrebbe dovuto fare tutto da solo, la curiosità lo stava divorando.
Impossibile chiedere
a un qualunque professore, visto che era palese che quello fosse un argomento
proibito, come ogni cosa che riguardava Serpeverde.
Chiuse di botto il
libro, e lo ripose al suo posto. Forse avrebbe dovuto cercare nella parte dei
libri proibiti? Gli serviva in ogni caso un'autorizzazione di un professore,
altrimenti non avrebbe potuto fare nulla. Si sarebbe inventato qualcosa.
La Camera gli stava
davvero a cuore; una delle poche notizie che aveva a riguardo (trovata nel
libro che teneva con se e che non aveva intenzione di restituire) diceva che
fosse stata costruita da Serpeverde per contenere una
sorta di arma, qualcosa di molto potente che avrebbe dovuto servire a lui e ai
suoi eredi per epurare Hogwarts dai mezzosangue. Tom detestava i mezzosangue, così come odiava tutti i babbani, anche se nelle sue vene scorreva in parte sangue
di quel tipo. Lo faceva sentire sporco ogni volta che ci pensava.
Tom camminava
lentamente per i sotterranei, dopo il giro di ronda. Infreddolito per com'era,
non vedeva l'ora di tornare nella calda sala comune, dove un allegro
fuocherello scoppiettava nel camino quasi tutto l'anno, visto che i sotterranei
erano freddi ed umidi.
La bacchetta
picchiettava contro il suo braccio, dentro la manica della divisa, ad ogni
passo, un contatto che gli dava una certa sicurezza; era certo che niente e
nessuno avrebbe potuto fargli del male, con quella.
I suoi occhi si soffermavano
spesso sulle crepe del muro mal illuminate, come se da un momento all'altro
avrebbe potuto scorgere una qualsiasi apertura sospetta; era quasi certo che la
Camera si trovasse nei sotterranei, anche se non aveva la più pallida idea di
dove cominciare a cercarla.
- Ma cos...
Sentì un suono
leggerissimo, percepibile solamente per il silenzio che incombeva nella notte.
Una voce.
Chi mai si sarebbe
aggirato per i sotterranei?
Senza dubbio,
qualcuno quella sera sarebbe finito nell'ufficio del preside Dippet senza
troppe cerimonie; Tom era inflessibile, per questioni disciplinari.
Estrasse lentamente
la bacchetta per pura precauzione, e seguì lentamente la voce, cercando di non
fare il minimo rumore che sarebbe stato amplificato dalle fredde mura di roccia.
Presto si rese conto di quanto vasti erano i sotterranei.
Pensava di essere
vicino, eppure si trovava ancora a strisciare nei corridoi, accostandosi ad
ogni porta per tendere l'orecchio. Poi, al terzo corridoio imboccato, diversi
metri più avanti rispetto all'ingresso della sua sala comune, si bloccò,
impietrito. Una sola porta lo separava dal trasgressore, ma non fu la tensione
a farlo fermare.
Percepì dei suoni
familiari, parole ripetute con una strana cantilena che lo fecero sussultare
per un attimo.
La voce parlava in
serpentese.
Non aveva mai udito
nessuno, tranne se stesso, parlare in serpentese. Quando sapeva di farlo, però,
era come se parlasse normalmente. Ma lo riconobbe ugualmente. I suoni di quella
lingua erano quasi ipnotizzanti.
- Dove sei...? Chi
sei...?
Le parole sibilanti
attraversavano il legno della porta per giungere alle sue orecchie. Sentì le
mani sudatissime, e per un attimo ebbe un tuffo al cuore perché la bacchetta
gli stava scivolando di mano.
Tremando, fece per
aprire la porta. La tirò a se con delicatezza.
Qualcuno era
accovacciato a terra, ricoperto da un mantello nero con tanto di cappuccio,
illuminato solamente dalla fioca luce di un fuocherello magico che gli
fluttuava accanto, di fronte al muro di destra. Teneva la mano sinistra col
palmo aperto sulla fredda pietra, e pareva quasi accarezzarla, continuando a
parlare.
Tom si irrigidì, e il
suo cuore cominciò a battere violentemente contro il petto; era sicuro che la
persona avvolta nel mantello nero l'avesse sentito.
- T...Tu!-, disse,
imperioso, puntando la bacchetta.
La figura cacciò un
urlo di spavento, poi tutto successe in un attimo.
La fiamma si spense.
Tom capì che voleva scappare.
- Lumos!-, gridò un
attimo dopo, e si buttò sopra la figura che stava scappando verso la porta. La
bacchetta gli volò dalla mano, e con tutte le forze si concentrò a bloccare il
misterioso trasgressore. Questo non gli costò molta fatica; bastò bloccare le
mani per gli esili polsi, il resto del corpo col proprio. E il cuore gli balzò
in petto per l'ennesima volta.
Divincolandosi, il
cappuccio era scivolato via dalla testa, liberando una cascata di capelli
castani. La bacchetta riluceva a terra, accanto ai due, e nonostante la poca
luce, Tom potè subito riconoscere Nagini.
La ragazza ansimava spaventata
sotto il corpo di Tom, gli occhi lucidi e dilatati, cercando di far mollare lui
la presa. Per tutta risposta, il prefetto fece ancora più forza. Era incredulo.
- Che... che cosa
stavi facendo?!
- Non dirlo al
preside, ti prego!-, Nagini scoppiò il lacrime, - Non dirlo a nessuno!
- Dimmi cosa stavi
facendo!
- Lasciami, Tom! Non
dire nulla al preside Dippet!
- RISPONDIMI!
Del tutto incurante
del baccano che stava facendo, Tom non si risparmiò di urlarle in faccia.
Nagini continuò a singhiozzare, tenendo gli occhi serrati, i pugni chiusi.
Tom si mise in piedi,
trascinando di peso la ragazza. Le portò un braccio dietro le spalle, e si
chinò insieme a lei per recuperare la bacchetta.
Nagini si divincolava
spaventata, e come prima, Tom cercava di non lasciarla scappare.
- Ti prego, Tom, farò
tutto quello che vuoi...
- Stai ferma, allora.
Ti prometto che non uscirà nulla da questa stanza.
Con riluttanza, la
ragazza non oppose più resistenza. Tom la liberò, correndo subito davanti alla
porta per evitare che scappasse ancora.
- Adesso dimmi
tutto-, gli occhi di Tom saettavano furenti su Nagini, - il resto si vedrà
dopo.
La ragazza si
abbandonò il volto fra le mani, - Non posso...
- Nagini, parla.
Il suo tono non
ammetteva repliche. Incapace di guardarlo in viso, rimase in piedi di fronte a
lui, torturandosi le dita come ogni volta che era nervosa.
- Tom... io... -, era
chiaro che non sapeva cosa dire, - stavo soltando...
- Parlavi in
serpentese, Nagini-, disse Tom, - non puoi negare quest'evidenza. Con chi parlavi?
Chi stai cercando? Come mai sei rettilofona?!
Nagini si sentì
diventare piccola piccola, mentre il bel viso di Tom diventava paonazzo per lo
sforzo. - Dimmi tutto, adesso-, continuò Tom ansimando, - staremo qua dentro
tutta la notte, se occorrerà.
Qualche interminabile
minuto di silenzio dopo, Nagini si tirò i capelli dietro le orecchie, - Non...
so... perché... lo... sono...-, si sforzò di dire, con la voce strozzata in
gola, tanto che Tom dovette sforzarsi di ascoltare.
- Lo sono e basta. Da
sempre. Mio padre mi odia per questo...-, prese un attimo fiato, - è molto raro
che qualcuno nasca rettilofono. Si dice che sia un dono...
- ...oscuro-, dissero
all'unisono. Tom era immobile per l'emozione.
Nagini annuì, tirando
su col naso. - E' un dono che possiedono i maghi oscuri. Ma io non lo sono!-,
adesso pareva giustificarsi, - No, assolutamente! Non farei del male a
nessuno... non ho mai fatto del male a nessuno.
- E' un dono che
possedeva Serpeverde-, specificò Tom con sospetto, cercando di fissarla negli
occhi, - lo sai questo?
Nagini annuì, - Non
riesco a spiegarmi perché non sia stata assegnata alla casa dei Serpeverde...
come te.
Il batticuore di Tom
aumentò. Forse Nagini...
- ... come me
cosa?
- Sei un
Serpeverde... e parli il serpentese.
L'atmosfera si fece
ancora più fredda e insostenibile. Nagini sapeva più di quanto Tom si
aspettasse, e questo lo fece mettere ancora di più in guardia.
- Non dire
sciocchezze-, cercò di difendersi il prefetto, - il fatto che io abbia capito
che era serpentese...
- Ti ho sentito,
Tom-, rispose Nagini, recuperando un briciolo di sicurezza, -pensavo che fossi
sempre tu, quando sentivo quelle voci.
Il ragazzo deglutì,
sentendosi un po' imbarazzato. Da non crederci.
- Quali voci?
- C'è qualcuno, o... qualcosa...
me ne sono accorta mentre ero in bagno, diverso tempo fa. Pensavo che me lo
stessi immaginando. Invece no. La voce diceva chiaramente il mio nome, e se
rispondevo, lei faceva lo stesso. Tom, credimi, non sono una matta!
- Continua.
- Ecco... nessuno sa
che parlo in quel modo. Mi sembrava assurdo chiedere spiegazioni a qualcuno, a
qualunque professore, così ho deciso di documentarmi da sola...
- E hai preso i libri
su Serpeverde-. Tom completava le frasi di Nagini quasi senza pensare. Era
troppo stupito.
La ragazza annuì, -
Volevo saperne di più. Volevo parlarne con te.
- Ma come sai che...
insomma...
Nagini tirò un
profondo respiro, - Una notte, non ricordo di preciso quando, sono stata fuori
fino a molto tardi. Stavo furtivamente tornando alla mia torre, e ho sentito
dei passi. Eri tu, che facevi il tuo giro.
- E dove sei stata?
Lei tacque. Poi
riprese, - Fuori.
Tom era sempre più
stupito, - A fare che? Sola, di notte?!
- Non ero sola. Ero
con Rubeus, un mio compagno.
Il ragazzo era
incredulo: Nagini sola, di notte, insieme a quello zoticone di Rubeus Hagrid?
Com'è che una ragazza così potesse stare con quel mezzo gigante? Valeva
la pena di essere geloso di quello? …geloso?!
- Che facevi con lui?
- Hagrid ama i
mostri... ma ecco, lui non è cattivo. E' la persona più buona che conosco, ma
ha questa strana passione... mi ha fatto vedere una specie di ragno. Aveva
paura che glielo portassero via. Salendo verso la mia torre, ti ho visto di
sfuggita. Mi sono nascosta dietro un'armatura, mentre tu guardavi con attenzione
un grosso quadro. Poi, tu...
Nagini tacque. Tom
ricordò tutto. Quella notte, sulle scale, si era fermato a guardare i quadri.
In uno di essi era improvvisamente comparso un enorme serpente: minacciava una
fata che, nel quadro, dormiva profondamente sotto l'albero. Gli aveva ammonito
di andarsene, e la serpe se n'era andata via lamentandosi.
- Hai capito quello
che ho detto, quella notte?
- Sì, naturalmente.
I due si scrutarono
nella luce fioca della bacchetta di Tom. Al ragazzo non pareva vero; no, non
poteva essere. Nagini era una continua sorpresa. Quella notte aveva scoperto
cose che mai avrebbe sognato di scoprire, tanto meno su una fragile ragazza che
attirava troppo la sua attenzione. Soprattutto in quel momento, per la prima
volta, la sentì vicinissima a se.
Anche lei nascondeva
qualcosa che tutti avrebbero temuto.
Anche lei era stata
odiata dal padre.
Anche lei era
speciale.
Nagini si avvicinò a
lui, - Cosa farai, adesso, Tom?
Il ragazzo scosse la
testa, come se si stesse svegliando in quel momento. Alzò lo sguardo, e la
fissò con insistenza, tanto che lei portò lo sguardo altrove, imbarazzata.
- Penso che dovremo
collaborare.
Nagini tornò a
guardarlo, mentre lui continuava, - Dobbiamo scoprire di cosa si tratta.
Mettiamo insieme le nostre conoscenze e le nostre capacità.
La ragazza abbozzò un
sorriso, perché non sapeva che dire. Poi, finalmente, disse - Un segreto.
Giusto? E' un segreto, Tom.
Era particolarmente
bella. Le guance arrossate per l'eccitazione, gli occhi lucidi e il respiro
affannato la facevano stranamente attraente. Tom comprese che era ora di
separarsi: non sapeva come affrontare la situazione. Si voltò verso la porta, e
chiuse gli occhi un attimo.
- Adesso andiamo a
dormire. Ne parleremo domani, però-, si voltò ancora verso di lei, -lascia che
sia io a cercarti. Tu fai finta di nulla.
- Benissimo, Tom.
- Fila a letto,
adesso.
Uscì nel corridoio,
affrettandosi per tornare al suo dormitorio. Non si sentiva così stranamente
emozionato da tempo.
Come aveva già
immaginato, Tom, quella notte, non chiuse occhio.
Per tutte le restanti
ore che lo separavano dall'alba non aveva fatto altro che pensare a quella
notte rivelatrice. Aveva tante domande, da fare, che non aveva potuto fare per
la troppa emozione! Era un po' invidioso del fatto che Nagini sapesse più cose
di lui, e che fosse riuscita a parlare con... con chi non lo sapeva neppure.
Si alzò prima del
solito. Era sabato mattina, una giornata particolarmente leggera.
Si vestì in tutta
fretta, e cercò di arrivare il prima possibile nella sala grande. Sarebbe stato
sfacciato chiamare Nagini davanti a tutti? Come avrebbe dovuto fare, per non
attirare l'attenzione degli altri? Il fatto che erano di case diverse
peggiorava le cose, eppure poteva contare sempre sulla sua carica di
prefetto...
A colazione non la
incontrò, e le ore di lezione, che si protrassero fino all'ora di pranzo, gli
sembravano le più lunghe della sua vita.
Stava sfrecciando via
dalla classe di Pozioni, quando la professoressa Lumah lo fermò.
- Riddle, saresti
così gentile da portare questo libro in biblioteca per me? Ho davvero troppo da
fare, e non so proprio quando andarci.
Tom accettò la
commissione con tanto di sorriso, maledicendo quella stupida donna in mente
sua, perché gli stava facendo perdere del tempo prezioso.
Sbatté la porta della
biblioteca, guadagnandosi uno sguardo truce da tutti quelli che ne stavano
usufruendo. Lasciò il libro sulla scrivania della bibliotecaria, quando i suoi
occhi caddero di scatto su una figura china a leggere. Riconobbe Nagini per il
solito nastro rosso che portava fra i capelli.
Si sedette accanto a
lei, cercando di non farsi notare. La ragazza alzò lo sguardo, voltandosi verso
di lui. Si illuminò, poi divenne scarlatta. Tom poggiò l'indice al naso,
indicandole di non dire nulla. Si guardò un attimo attorno, poi prese la piuma
dalla mano della ragazza, sfilò un foglio di pergamena dalla tasca, e scrisse:
"Quando mi vedi, fa' qualcosa che possa darmi fastidio". Nagini lesse
perplessa, non capendo il significato delle parole, e seguì Tom con lo sguardo
fino a che non uscì dalla porta.
Tom sperava che
avesse capito.
Era appena uscito, ed
ecco che Nagini l'aveva inseguito correndo, e per la troppa fretta era
inciampata su un tappeto, cadendogli addosso. Tutti i presenti del corridoio si
misero a ridere, guardando i due piombati a terra.
- Ma che diavolo
fai?!-, sbraitò Tom, rimettendosi in piedi. Nagini aveva capito perfettamente.
- Scusami...
- Niente scuse! Su,
andiamo dal direttore della tua Casa!
Tom afferrò Nagini
per un braccio, e insieme a lei si incamminò fino all'entrata dei sotterranei.
Sempre continuando la farsa, scesero le scale, e Tom la guidò fino alla classe
dove si erano incontrati di notte. Era deserta, visto che era in disuso.
Il ragazzo chiuse la
porta, mentre Nagini scoppiò a ridere.
- Secondo te l'hanno
bevuta?
- Spero di sì...
sarebbe imbarazzante, altrimenti.
Nagini si sedette su
un vecchio tavolo impolverato, - Adesso però spiegami perché dobbiamo fingere
in questa maniera. Non era più semplice se venivamo qui senza nessuna scusa?
Tom scosse la testa,
- Affatto. Non dimenticare che tu sei una Grifondoro...
- ...e tu un
Serpeverde. Certo, lo so. Ma se d'ora in avanti dobbiamo parlare, mica posso
piombarti addosso ogni volta che ti vedo. Mi sono pure fatta male!
Solo allora Tom notò
una grossa macchia rossa sul ginocchio destro di Nagini. Si sentì un po' in
colpa per averla trascinata in quel modo, anche se stava fingendo. Le si
avvicinò. Posò dolcemente la mano sul rossore che, di colpo, si impadronì della
faccia di entrambi. Tom ritrasse la mano.
- Non è niente, non
preoccuparti.
Il ragazzo si
appoggiò alla parete, - Allora, Nagini. Dimmi tutto quello che sai su questa
storia, poi ti dirò quello che so io.
Attorcigliandosi un
boccolo su un dito, Nagini cominciò il suo racconto, esattamente quello che gli
aveva già raccontato la notte precedente, però arricchito di più particolari.
Tom seppe allora che anche Nagini sapeva della Camera.
- Voglio vedere cosa
c'è in questa fantomatica Camera-, concluse la ragazza, passando ad un altro
boccolo, -è opera di Serpeverde. Magari troveremo qualcosa che abbia a che fare
col serpentese... chissà, magari la voce che ho sentito era quella del suo
fantasma!
A Tom parve un'idea
molto affascinante, ma non convincente. - Non ti ha detto come si chiamava, chi
era?
Scosse la testa, -
Niente. Solamente poche parole, tipo "Io sono qui", e
"Trovami".
- Hai detto che ti ha
chiamata per nome.
- Sì, esattamente.
Non so come faccia a conoscermi. Ma se è un fantasma, può essere dappertutto,
quindi non mi stupirei.
Tom prese a
gironzolare per la stanza impolverata. Tutta quella storia cominciava ad essere
interessante, anche se bisognava riempire diversi buchi. Primo fra tutti, la
Camera dei Segreti. Quella storia sull'arma contro i babbani e i mezzosangue era
allettante... Nagini non aveva accennato nulla su questo, probabilmente non lo
sapeva, oppure non lo voleva dire. Decise che non ne avrebbe parlato fino a
quando lei non avrebbe tirato in ballo l'argomento.
- Ne hai parlato con
nessuno, oltre a me?
- No, per niente. Ho
la perenne paura che io sia presa per matta.
- Perché?
- E' una specie di
fissazione. Mio padre non ha mai avuto una grande stima di me, proprio per il
fatto che parlassi ai serpenti. Mia madre invece ne va fierissima. Lei sì che
mi vuole bene.
Tom pregò che non gli
chiedesse della sua famiglia, perché detestava parlarne. Si vergognava del
fatto che sua madre si fosse innamorata di un babbano, e che questo l'aveva
lasciata proprio quando aveva scoperto che era una strega. Il nome di quell'uomo
era ricaduto su di lui come una maledizione, e lo odiava. Avrebbe cambiato
nome, quando sarebbe stato possibile.
- I miei adesso sono
da qualche parte a Londra-, continuò Nagini, con un certo nervosismo, - è da
settimane che non ricevo un gufo. Spero solamente che stiano bene... questa
dannata guerra dei babbani! Hai sentito quante persone innocenti sono morte?
- Penso che i nazisti
abbiano delle buone ragioni per fare quello che stanno facendo.
La ragazza lo scrutò
con sguardo allibito, ma non poté replicare perché lui riprese subito - Ma
parliamo d'altro. La pausa pranzo sta per finire, quindi decidiamo qualcosa. Io
ho intenzione di cercare fra i libri proibiti, però mi servirebbe il permesso
di qualche professore... vedo cosa posso fare, tu fai altrettanto. Se hai
novità, ne parliamo a cena.
Fece per uscire dalla
stanza, - Vai in infermeria per quel ginocchio.
- Ho già detto che
non è nulla, non preoccuarti.
- Non mi preoccupo,
infatti-, disse, ed uscì da quella stanza, dove la temperatura era diventata
insopportabile.
La domenica, per Tom,
era sempre molto noiosa. Il castello brulicava di studenti che zonzorellavano
tutto il giorno, facendo confusione e scambiandosi pronostici sulla partita di
Quidditch che era stata organizzata: un'amichevole fra Serpeverde e Tassorosso.
Era stata voluta direttamente dal preside Dippet perché, durante l'ultimo
incontro, i capitani delle due squadre si erano presi a pugni e incantesimi;
quella partita doveva essere simbolo dell'amicizia fra le case, anche se era
sottinteso che si trattasse di una forzatura da parte dei Serpeverde, che
avevano ereditato la diffidenza del loro fondatore.
Tom, con la scusa di
dover dare una mano ai suoi compagni in previsione degli esami, era riuscito a
fare scendere in campo la sua riserva. Non gli andava di affaticarsi per nulla,
una Pluffa andava lanciata solo per vincere, e non per fare i pagliacci.
Faceva caldo, perciò
preferì indossare solamente la camicia e i pantaloni, anzi dell'intera divisa.
Scese a colazione solamente per prendere un caffè, poi rimase un po' sulle
scale a parlare con i suoi compagni. Erano tutti eccitatissimi per la partita,
anche se un po' dispiaciuti per aver dovuto rinunciare a una mattinata ad
Hogsmeade, il piccolo paesino sotto la collina di Hogwarts.
- Tom, come faremo
senza di te?
- Manda a quel paese
gli altri e scendi in campo, ti prego!
- Non posso,
ragazzi-, si giustificò con aria dispiaciuta, -non mi sono nemmeno allenato.
Verrò a vedere la partita quando avrò finito, quindi ci vediamo là. Adesso devo
scappare.
Terry, che era nel
gruppo di ragazzi con i quali parlava, si staccò per inseguirlo, chiamandolo a
gran voce.
- Cosa c'è?
Flint si guardò
attorno, furtivo, - Qualcuno mi ha chiesto di darti questa-, gli mise in mano
una piccola pergamena arrotolata, -ed è molto carina!
Il nome di Nagini gli
si proiettò subito in mente, e rimase parecchio deluso quando, leggendo, si
rese conto che si trattava di un invito da parte di una ragazza del settimo
anno, Anna Jenks. Una gran bella ragazza con la quale aveva parlato più volte,
ma che in quel momento non gl'importava per niente. Riconsegnò la pergamena a
Terry, - Se ti fa piacere, ti cedo l'invito.
- Aspetta, Tom!-, lo
trattenne per un braccio, - Non dirmi che ti sei fatto la ragazza e non mi hai
detto nulla!
- Tranquillo, Terry,
non ho bisogno di niente di tutto questo, almeno per il momento. Batti i
Tassorosso, mi raccomando.
Si congedò
definitivamente, continuando a focalizzare il piccolo viso di Nagini. Non
voleva ammetterlo, ma quella ragazza cominciava a interessarlo. Un interesse
ben diverso da quello che aveva provato fino a quel momento, e che forse aveva
provato solamente una volta nella sua vita, la prima volta che aveva baciato
una ragazza. Fra i Serpeverde si contavano le ragazze alle quali non
interessava Tom, piuttosto che il contrario; era abituato a ricevere inviti e
altri tipi di proposte, ma mai nessuna lo interessava particolarmente. La
ragazza che aveva baciato aveva lasciato Hogwarts, infatti era due anni più
grande di lui. Aveva sempre trovato più interessanti le ragazze mature. Eppure,
adesso, stava accadendo il contrario. Nemmeno lui era rimasto indifferente ai
fuochi dell'adolescenza, anche se gl'interessavano ben poco le frivole
preoccupazioni dei suoi compagni.
Trascorse circa due
ore nella sala comune ad aiutare i più piccoli con i compiti, e solamente dopo
pranzo riuscì a liberarsi completamente. La partita sarebbe cominciata alle 17,
quindi aveva ancora un po' di tempo per se. Si recò nell'ufficio di Thanatos, insegnante
di Incantesimi, per il quale nutriva grande stima. Era sicuro che l'avrebbe
aiutato.
Appena fu al cospetto
dell'altissimo mago, si chiese un attimo se stava facendo la cosa giusta.
- Mi scusi tanto,
professore. Immagino che sia seccante essere disturbato di domenica, per
questioni scolastiche, ma ho un gran bisogno di chiederle un favore.
- Parla, Riddle, ti
ascolto-, rispose allegro il professore, mentre si affaccendava a riordinare
l'enorme scrivania a colpi di bacchetta. Tom abbassò la testa, evitando per un
pelo un libro che andava nel suo scaffale, - Potrebbe farmi un permesso per
consultare alcuni testi proibiti?
- Cosa ti serve di
preciso, ragazzo?
- Storia di Hogwarts,
signore. Negli altri libri non ho trovato nulla di ciò che mi interessava.
Il mago si fermò un
attimo, sistemandosi gli enormi occhiali sul naso, - Cioè?
- Salazar Serpeverde.
Una biografia che non contenga critiche. Non ho trovato una sola biografia che
contenga solo eventi reali.
- Dipende da cosa
intendi per reale, Riddle. Il tuo fondatore è stato uno dei più grandi maghi di
tutti i tempi, è normale che siano state costruite leggende sul suo conto. Per
questo temo che non troverai nulla di quello che cerchi.
- Professore, vorrei
solo dare un'occhiata.
- Fra i libri
proibiti troverai cose su Serpeverde, sì, ma cose che riguardano le arti
oscure, visto che la sua intera vita è stata...
- George, non credo
che al giovane Riddle interessi.
I due interlocutori
si voltarono verso la porta; il professor Silente era appena entrato nell'ufficio.
Tom osservò con irritazione che sorrideva come al solito.
- Sono cose che non
possiamo concepire noi adulti, figuriamoci un adolescente. Bada, Tom, che non
voglio affatto offenderti. Tutt'altro, devo ammettere che sei un mago davvero
brillante, per la tua età. Cosa cerchi di preciso sul vecchio Salazar?
Il ragazzo cercò di
svincolarsi dal petulante Silente. - Ha ragione, professore, forse dovrei
accontentarmi dei libri a mia disposizione. La mia è sola curiosità, che credo
poter soddisfare con le mie ricerche. Con permesso…
Si congedò dai due
insegnanti, non senza una certa indignazione. Silente era sempre capace di
mettergli i bastoni fra le ruote, in qualunque modo. Magari a Nagini era andato
meglio, visto che le aveva raccomandato di fare la stessa cosa. L'avrebbe
cercata per chiederle qualcosa a riguardo, anche perché non vedeva l'ora di
mettere le mani su quei testi proibiti. Thanatos gli aveva riferito più di
quello che sperava!
Ma era ormai tardi;
già le trombe dei tifosi si sentivano in lontananza, insieme alle prove del
telecronista. Arrivato nella hall, si unì ad alcuni Serpeverde per recarsi allo
stadio di Quidditch.
Come al solito, la
tifoseria più numerosa era quella della squadra avversaria: poteva essere
Tassorosso, Corvonero o Grifondoro, eppure tutte le Case si coalizzavano con
quella che gareggiava contro Tom e i suoi. Stendardi verde ed argento erano
appesi lungo i palchi, e alcuni ragazzi sventolavano bandierine con ricami
serpentini; le ammiratrici di Tom erano rimaste parecchio deluse perché il loro
beniamino non era in campo, eppure furono ugualmente contente di averlo con se
in tribuna.
Tom prese posto
accanto ad alcuni ragazzi del secondo anno; le due squadre uscirono dagli
spogliatoi, e i quattordici giocatori si strinsero la mano con evidente
ipocrisia. Un addetto liberò i Bolidi, la Pluffa e il Boccino. Solamente dopo
Kent diede il fischio d'inizio.
I Tassorosso si
precipitarono nella sala grande con un gran fracasso, ridacchiando davanti il
tavolo dei Serpeverde che era stranamente silenzioso; un punteggio di
duecentoquaranta a novanta non era esattamente quello che si addiceva agli
orgogliosi verde-argento, che la buttavano sul fatto che il mitico Riddle non
era sceso in campo. Nessuno commentava il fatto che il loro portiere era
parecchio distratto, quel giorno. Tom non si sentiva minimamente in colpa, e
nessuna gliel'attribuiva, anche perché sarebbero passati per deboli sostenendo
che la vincita di una squadra dipendeva da un solo cacciatore. Terry era
inconsolabile, e minacciava di prendere a pugni qualsiasi Tassorosso che gli
fosse passato sotto; Freya, al contrario, non aveva dato molto peso a quella
storia, visto che in fondo quella partita non influiva minimamente sul
punteggio della Coppa.
- Basta, adesso,
pappemolli!-, esclamò il cercatore dei Serpeverde, il capitano Hallon, -Non
dategli ulteriore motivo di vanto! Era una stupida amichevole, niente di più!
Le voci concitate si
zittirono, e ognuno continuò la sua cena piluccando lentamente dai piatti.
Già prima delle dieci
la maggior parte di loro si era ritirato nei loro dormitori; fra i pochi
rimasti, Freya e Tom. La ragazza si sedette accanto al compagno di squadra,
vedendolo stranamente nervoso.
- Non mi dire che ti
senti in colpa!
Tom scosse la testa
con un certo distacco, - Non m'importa niente di quella stupida partita. Basta
parlarne, che già mi è venuta a noia.
Sbirciò sopra la
spalla del compagno seduto di fronte a lui, verso il tavolo dei Grifondoro. Non
aveva ancora visto Nagini, nemmeno allo stadio. Non la vedeva dal giorno
precedente.
- Anna mi ha detto
che ti ha fatto avere una lettera.
- Stamattina me l'ha
data Flint.
- E allora?
Chiacchiere da
ragazze, come al solito. Freya era l'unica ragazza con la quale valeva la pena
di fare un discorso, ma anche lei quella sera si era messo in testa di farlo
innervosire. - Allora niente. Ho già detto a Flint che non m'interessa, quella.
Si alzò e scavalcò la
panca.
- Ma Tom!-, anche
Freya si era alzata, senza però seguirlo, - Guarda che Anna...
- Anna non ha bisogno
di intermediari. Se vuole qualcosa da me, può benissimo dirmelo in faccia.
Uscendo dalla sala
grande, a sinistra Tom vide la bionda Jenks che lo seguiva con lo sguardo dal
tavolo; a destra, una piccola figura vestita interamente di rosso gli venne
incontro, aggrappandosi al suo braccio appena in tempo prima che varcasse la
porta.
- Tom! Ma dove sei
stato?
Nagini. Aveva una
camicia bianca, molto attillata, sotto un golfino di cotone color rubino, una
vaporosa gonna che le copriva le ginocchia e una fascia dello stesso colore che
le teneva i capelli; incredibile come gli abiti dei babbani le donavano tanto.
Distogliendo lo
sguardo dal piccolo viso, il ragazzo ritrasse il braccio, - In giro.
- Non hai giocato!
Come mai?
- Non mi andava...
non era importante.
Salirono fino al
primo piano, fianco a fianco. - Hai ottenuto il permesso per la libreria?
Nagini fece una
smorfia, - No, niente da fare. E tu?
- Se te l'ho
chiesto...
- Allora che
facciamo?
Si fermarono sugli
scalini, in mezzo alla folla che saliva e scendeva. Nagini era di nuovo
palesemente imbarazzata per il silenzio di Tom.
- Stanotte girerò un
po' di più per i corridoi, forse sentirò qualcosa anch'io.
Riprese a salire
velocemente, e Nagini dovette faticare per tenere il suo passo, - E io che
faccio?
- Tu vai alla tua
torre. Domani ti faccio sapere qualcosa.
Altri gradini, altri
ragazzi che per poco non lo urtavano. Ma i passi dietro di lui non c'erano più.
Si voltò, e vide la ragazza in rosso poco più giù, e lo osservava con
un'espressione delusa, triste, che a Tom parve irresistibile. Con quei vestiti
era addirittura più formosa, più attraente.
"Desiderabile".
Quando la sua mente
focalizzò quel termine, Tom ebbe un tuffo al cuore, e si sentì avvampare. Le
sue mani stavano sudando, dentro di lui qualcosa si era acceso. Com'è che tutti
continuavano a girargli attorno, senza sentire quello che sentiva lui? Nessuno
si accorgeva della guerra che stava avvenendo dentro di lui? Perché Nagini lo
guardava con quegli occhi lucidi, le labbra socchiuse e rosse?
In preda al panico,
girò i tacchi e riprese a salire. Poi si rese conto che nemmeno sapeva dove
stesse andando, né perché stava continuando a salire, visto che la sua Casa era
nei sotterranei.
Scese velocemente le
scale, e quando si trovò accanto alla ragazza, riuscì a mala pena a dirle - A
domani.
Poi riprese la sua
discesa veloce, scansando quelli che andavano nella direzione opposta alla sua.
Aveva bisogno di una
rinfrescatina al viso.
Approfittando del
fatto che mancavano gli altri tre compagni di stanza, Tom si fece coraggio, -
Posso farti una domanda, Flint?
La testa di Terry
spuntò dal colletto del pigiama, sorridente, ben felice di poter essere d'aiuto
all'ermetico Riddle.
- Naturalmente,
amico.
Passandosi una mano
fra i capelli, Tom pensò che era veramente ridicolo e infantile fare quel
genere di cose. Ma aveva bisogno di risposte.
- Ti piace davvero
Jenks?
- Beh, sì... no...
sì, a chi non piace? Non preoccuparti, non ci ho provato con lei. Se la vuoi...
- No, non intendo
questo-, cercò di ponderare le parole, per non apparire stupido, - Voglio
dire... in che senso ti piace?
Terry era sempre più
contento di parlare di quelle cose con Tom. Si buttò a pancia all'aria sul
letto, le braccia dietro la testa, - Mi piace nel senso che... beh, mi
piacciono le sue gambe, il sedere... ha dei begli occhi, poi, e mi piace un
sacco quando si sistema i capelli.
Anche Nagini aveva
delle belle gambe, ben formate, la pelle liscissima, dorata. Un viso molto
armonioso, e un sorriso disarmante. Ma era tutto qui?
Flint si accorse che
il suo interlocutore non pareva affatto soddisfatto, quindi continuò - Anna mi
piace nel senso che mi fa provare qualcosa. Quando la vedo... mi sento qualcosa
qui-, mise una mano sulla pancia, lentamente, -e non ti nascondo che mi sono
sentito bene quando mi hai detto che non t'interessava. Mica sei un rivale
facile, eh, Tom!
Anche lui aveva
sentito qualcosa nella pancia, come se qualcosa si muovesse. A quanto diceva
Flint, allora, Nagini gli piaceva… si chiese se era veramente così.
- Sai che ti piace
perché ti senti qualcosa alla pancia?
Terry ghignò, -
Avanti, Tom! Lo sai com'è quando ti piace qualcuno... mica devo essere io a
farti la lezione su queste cose! Casomai, il contrario.
Tom pensò che il suo
compagno era decisamente prevenuto; l'aveva scambiato per un playboy o qualcosa
del genere solo perché aveva successo fra le ragazze. Non sapeva che l'unica
cosa che potesse eccitarlo erano le arti oscure.
- E cosa hai
intenzione di fare con Jenks?
Pareva che Flint
aspettasse quella domanda; si tirò di scatto a sedere, e cominciò a parlare
gesticolando come un matto, - Innanzi tutto, penso che se mi abbia chiesto di
darti quella lettera, allora, mi tiene in considerazione.
Non molto convinto,
Tom continuò ad ascoltarlo, fiducioso di poter trarre qualche cosa.
- Per questo,
comincerò a corteggiarla. La inviterò ad Hogsmeade, le offrirò qualcosa. Le
ragazze amano queste cose, adorano che le si trattino con gentilezza. Poi le
regalerò qualcosa... una collana, un fermaglio, boh... sì sì, vedrai che ci sta...
sono sicuro che non resisterà al mio fascino. E non resisterà sicuramente al
fatto che le dedicherò tutti i miei goal alla prossima partita di Quidditch.
Già Tom si vedeva a
Hogsmeade, per le strade a fianco di Nagini, ai Tre manici di scopa, ad offrirle
un tè; immaginava già di regalarle un nastro per i capelli, e di volare accanto
alla tribuna dei Grifondoro, lanciandole sguardi complici... ma era tutto così
inutile! Non provava affatto il desiderio di fare tutte quelle cose! Sì, voleva
starle accanto, ma evitare quelle babbanate... l'invito, il regalo, il
pavoneggiarsi come buffoni da parata!
- E poi, finalmente-,
concluse l'innamorato, - me la ritroverò sospirante fra le braccia, e mi
supplicherà di baciarla, e naturalmente, di...
La porta del dormitorio
si spalancò, e i tre rumorosi compagni chiesero subito di cosa stessero
parlando. Terry disse una stupidata, e tutti si prepararono per andare a
dormire. Tom si infilò il golfino di lana e, prima di uscire per la ronda, si
inginocchiò furtivamente accanto al letto di Terry. - Cosa, Flint? Ti chiederà
di fare cosa?
Terry si voltò accanto a lui, sorridendo nella penombra
dell’unica candela ancora accesa.
- Secondo te?
Tom lesse un accento di maliziosità nella voce del compagno,
ma per non fare insospettire troppo gli altri, si limitò a rimandare la
questione a qualche altra volta, ed uscì nella sala comune.
Gli ultimi che si erano attardati davanti il camino
raccolsero le loro cose, e augurando buona notte al prefetto, si ritirarono nei
loro dormitori. Tirava vento, quella notte. Gli spifferi fastidiosi penetravano
fra i vestiti, facendo rabbrividire i pochi che passeggiavano ancora nei
corridoi. Per quella volta sarebbe rimasto nei sotterranei, senza gironzolare
ulteriormente. Speranzoso di sentire una qualunque voce, Tom uscì nel corridoio
principale, a passi lenti e silenziosi.
Riddle,
che solitamente era taciturno, si svegliò di pessimo umore; Terry aveva qualche
idea a riguardo, ripensando alla loro conversazione della sera precedente. In
parte aveva ragione: qualche gentile donzella aveva fatto centro nel cuore del
tenebroso amico; in parte si sbagliava: non poteva sapere nulla della Camera e
quant’altro.
Nervoso
e intrattabile, Tom evitò di parlare con chiunque, e a lezione fu più volte
tentato di prendere a sberle Laura, che si era seduta di nuovo accanto a lui.
-
Posso uscire un attimo, professore?
L’altissimo
Thanatos fece un cenno di consenso a Tom, che si precipitò subito nel corridoio
a prendere una boccata d’aria. Andò in bagno, dove trovò ristoro bagnandosi la
faccia.
Tutto
gli sembrava così complicato, per la prima volta! Si sentiva improvvisamente
combattuto da due forze: Nagini e la Camera. Due forze che coincidevano e si
allontanavano allo stesso momento, che lo gettavano in uno stato confusionale
dal quale pensava che non sarebbe riuscito ad uscire. Ed era successo tutto
così, improvvisamente… prima, quando non conosceva Nagini, era completamente
preso dai suoi studi, dal suo successo; adesso, era esattamente uguale a tutti
gli altri: sospirare al pensiero di un volto piccolo, spesso arrossato per
l’imbarazzo! Che cosa ridicola… eppure era proprio così. Cosa avrebbe dovuto
fare? Era nervosissimo al pensiero di dover affrontare la ragazza dopo tutto
quello che era successo il giorno precedente, anche se era avvenuto tutto solo
per lui. Era come se, sulle scale, davanti a lei, avesse detto apertamente a
tutta Hogwarts che desiderava Nagini!
Mollò
un calcio al lavandino, accompagnato da un grugno di rabbia, poi si appoggiò ad
esso, guardandosi allo specchio: era spettinato, paonazzo, i tratti del viso
contratti in un’espressione insolita.
-
Guardati-, sussurrò alla sua immagine, -sei completamente diventato…
- Io
sono qui…erede…
Tom
sobbalzò. Si guardò attorno, cercando il malcapitato che avesse sentito il suo
breve soliloquio. Il bagno era deserto, ed ebbe un tuffo al cuore.
-
Cosa hai detto?
Silenzio.
- Chi
ha parlato?
-
Trovami, erede. Io sono qui.
Il
cuore di Tom batteva talmente forte da minacciare di balzare fuori dal petto;
il ragazzo riprese a girarsi attorno, sudando freddo. I suoi occhi caddero
sulla parete opposta a lui. Si avvicinò, e tese l’orecchio contro di essa.
Oltre
alle vibrazioni che si espandevano per tutto l’edificio, Tom non udì altro.
-
Qui…sono… qui-, continuò la voce, bassa, vibrante e inquietante, e il ragazzo
poté seguirla spostandosi lungo la parete. Chiunque fosse, era là dentro… nella
parete. Il pensiero del fantasma diventò quello più plausibile.
- Chi
sei? Dimmi!
- Io…
qui… erede, padrone…
Tom
avvertì una vibrazione più forte delle altre, poi tutto cessò. L’unico rumore
rimasto era quello del battito del suo cuore.
Si
staccò dalla parete, ancora scosso per l’accaduto. Ora più che mai pensò a
Nagini. Schizzò fuori dal bagno, e anche se tentato dall’andare a cercare la
ragazza, dovette tornare in classe per non fare arrabbiare il professore.
-
Tom… ehi, Tom!
Terry
sventolò la mano aperta davanti alla faccia del compagno, cercando di attirare
la sua attenzione che in quel momento era persa chissà dove. In realtà Tom non
riusciva a capacitarsi di quello che gli era successo solamente qualche ora
prima. Non aveva affatto fame; la coscia di pollo era esattamente dove l’aveva
lasciata, e il bicchiere colmo d’aranciata mai bevuta.
- Ah…
cosa c’è Flint?
- Ti
ricordi che dopo pranzo dobbiamo andare ad allenarci, vero?
Il
Quiddicht… se l’era pure dimenticato.
-
Certo che me lo ricordo-, mentì, e Freya si introdusse nella discussione.
-
Dobbiamo lavorare sull’attacco, oggi… ah, Riddle, cerca di far svegliare
Townshend che…
- C’è
già un capitano che pensa a questo, mi pare.
Freya
fece le spallucce, e abbassò la voce in modo che la sentissero soltanto Tom e
Terry, - Il capitano non va affatto bene. Stiamo pensando di sostituirlo.
Flint
ebbe un fremito di eccitazione. – Non contate su di me-, anticipò Tom, e Freya
cadde nello sconforto; al contrario, Terry si illuminò ancora di più.
Ci
mancava pure la carica di capitano… forse un tempo avrebbe accettato senza
esitazione, ma per il momento aveva troppe cose a cui pensare, oltre al
Quidditch. E poi, non vedeva nulla di male in Hallon: come cercatore valeva
oro, e aveva una notevole leadership; ma non poteva competere con lui,
naturalmente.
Pensò
di saltare l’allenamento anche quel pomeriggio, ma purtroppo non poteva
permetterselo, vista l’assenza dall’ultima partita; forse il volo l’avrebbe
distratto un po’ da tutte quelle cose.
Tornò
con i suoi compagni nel dormitorio a prendere divise e manici di scopa; la
giornata era soleggiata, il cielo limpido, clima ottimale per l’allenamento.
Flint
e Halloncacciarono dal campo alcuni
ragazzini che si rincorrevano, e subito tutta la squadra spiccò il volo.
Arrivato
alla sera, era ancora più nervoso della mattina: fra i compiti, il Quidditch e
il preside Dippet, che aveva incontrato i prefetti per una breve riunione, non
aveva avuto un briciolo di tempo per poter parlare con Nagini. Era incredibile:
nei giorni passati, quando non se l’aspettava, ecco che lei spuntava
dappertutto, ed adesso, che la voleva vedere, Hogwarts sembrava essere
diventata un labirinto. Gli studenti sembravano il doppio, la confusione della
sala grande era invivibile. Ma doveva parlarle, quella sera, a costo di
aspettarla davanti il ritratto della Signora Grassa. No, aspettarla no, cosa
avrebbe potuto pensare…
Il
libro di Storia della Magia era aperto da mezz’ora sempre sulla stessa pagina,
e gli occhi di Tom non avevano nemmeno letto una parola: guardava furtivamente
il tavolo dei Grifondoro, pieno di studenti rumorosi che finivano i compiti
dopo cena, in cerca di Nagini. E finalmente, si rese conto che era appena
entrata. In divisa, con la borsa dei libri a tracolla e alcune pergamene fra le
braccia, era un’anonima studentessa, semplice, come tante altre. Almeno agli
occhi degli altri.
Tom
sentì nuovamente covare uno strano calore, e per un attimo meditò sul fatto di
andarsene dalla sala grande. Ma non poteva farlo, doveva parlarle.
Sospirò
pesantemente. Chiuse il libro, lo cacciò nella borsa e si alzò dalla panca.
Nagini lo notò immediatamente.
- Ah,
che scema! Ho dimenticato un libro in dormitorio! Torno subito!-, esclamò la
ragazza ad alta voce e, fissando per un attimo Tom, uscì dalla sala.
La
seguì fino a quando si ritrovarono ai piedi della grande scalinata di legno.
-
Ciao! Sei sparito anche oggi, eh?
Come
poter essere naturali, come poterle rispondere indifferentemente quando,
guardandola, il cuore sembrava essere impazzito?
-
Devo parlarti…
Tom
si fece seguire, a sua volta, in un’angolino riservato della hall, accanto a
una grande finestra che dava sui prati illuminati dal pallore lunare. Si impose
di essere naturale.
-
Stamattina ho sentito quella voce. In bagno, a primo piano. L’ho sentita,
Nagini, ne sono sicurissimo.
La
reazione della ragazza non fu certamente quella che si aspettava. Anzi di
spalancare la bocca in segno di sorpresa, cacciò un gridolino di gioia,
coprendosi le mani con la bocca.
- E’
fantastico, Tom! Allora è vero!
Annuì
per risposta, - E’ verissimo.
-
Senti-, gli posò lentamente una mano sul braccio, -ti prego, possiamo fare una
cosa? Questa notte, mentre sei in giro, cerco di sgattaiolare fuori dalla
torre. Mica possiamo andare in bagno insieme, con tutte queste persone in giro.
Anch’io ero a primo piano quando l’ho sentito, quindi basterà tornare in uno
dei due bagni… e fare qualcosa.
Era
troppo avventata; se qualcuno se ne fosse accorto? Tutti e due sarebbero finiti
nei guai, lui soprattutto, essendo un prefetto.
E
poi, sembrava una cosa così stupida da farsi: chiunque fosse, si sarebbe fatto
sentire da solo. In ogni caso, però, incontrarsi di notte era l’ideale. Tom
ebbe un fremito.
- Ti
aspetto nella solita aula… l’hai sentito là, quindi proprio da là possiamo
cominciare…ci sarò da mezzanotte in poi. Fai in modo di venire.
Nagini
sorrise soddisfatta, e si congedò quasi saltellando dalla felicità.
- Aspetta, non ho finito!-,
lo pregò per l’ennesima volta Terry, aggrappato alla tenda del suo letto, - Non
vuoi sapere cosa abbiamo fatto dopo?
- Non è il momento…-, si
infilò la giacca e il mantello, visto che faceva particolarmente freddo, quella
sera, - E’ mezzanotte! Dovresti dormire, e io devo andare a fare la ronda!
Tom lasciò il compagno
imbronciato; era in estremo ritardo! Nagini stava rischiando per andare
all’appuntamento, e lui era ancora a trastullarsi con Flint.
Arrivò quasi correndo al
luogo dell’appuntamento. Fortunatamente, non era ancora arrivato nessuno.
-
Lumos.
Con la bacchetta illuminata
in una mano, si sedette a terra, spalle a muro, aspettando che la porta davanti
a lui si aprisse per lasciare entrare Nagini.
Come ogni momento, in quei
giorni, la sua mente era persa fra le pagine di un libro, nelle quali spiccava
il nome di Salazar Serpeverde, e fra due occhi grandi, verde-castani, che lo
guardavano. Che strana sensazione, quella di sentirsi perennemente sul punto di
scoppiare, di impazzire. Ancora più strano il calore che gli bruciava le
viscere ogni volta che la vedeva. Non sembrava che Terry stesse così male, per
Anna. Era raggiante, ogni volta che ne parlava. Lui, invece, provava una sorta
di impotenza, frustrazione, un sentimento che certamente lo buttava a terra, ma
che riusciva a fargli battere il cuore in maniera impressionante.
Gli parve che il battito si
fondesse a quello dell’orologio, che adesso rintoccava mezzanotte e mezzo. Era
già passata mezz’ora? E soprattutto, dov’era finita?
Forse non ce l’aveva fatta.
Sperava soltanto che non si fosse messa nei guai con qualcuno.
La risposta arrivò presto:
udì uno scalpiccio lontano, e improvvisamente, lo scricchiolio della porta che
si spalancava. Nagini era ansimante, completamente coperta dal suo lungo
mantello nero, col cappuccio alzato sulla testa.
- Scusami per l’estremo
ritardo, mi spiace! Le mie compagne non ne volevano sapere di addormentarsi!
Richiuse la porta alle sue
spalle, e andò a sedersi accanto a Tom.
- Non mi sono nemmeno
cambiata per la fretta, figurati!
Si slacciò il mantello, e
tirò via il cappuccio. Era in camicia da notte, una leggera veste azzurra che
spiccava prepotentemente sotto il nero mantello pesante. Tom distolse subito lo
sguardo per evitare di guardarle i seni. Era così bella.
- Va tutto bene?
- Benissimo. Perché non
dovrebbe andare bene?
Nagini lo fissò a lungo, con
aria interrogativa, - Hai una faccia… è perché ti ho fatto aspettare tanto,
scusami tanto!
- Basta scusarti, non
importa.
La guardò ancora, mentre si
metteva in piedi. Si strinse il mantello addosso, e la brillante veste fu
soffocata dal mantello, - Allora, ci diamo da fare?
Porse una mano a Tom per
aiutarlo ad alzarsi. Adesso erano faccia a faccia. Nagini doveva comunque
alzare il volto per incontrare i suoi occhi.
Tom temeva che la ragazza
sentisse i battiti del suo cuore; fortunatamente la poca luce non gli
illuminava interamente il viso, per cui non poteva rendersi conto di quanto era
nervoso.
Adesso che era lì, di fronte
a lei, si sentiva così strano… come se quella sensazione di sempre si fosse
placata. O forse era talmente intensa che non la sentiva quasi più. Riusciva a
vederla senza quel pesante mantello, oltre la camicia da notte; vedeva le sue
belle curve, la pelle chiara e profumata, coperta soltanto dai morbidi boccoli
color cioccolato…
Accantonò questi pensieri, e
si sistemò al fianco della ragazza, a guardare la stessa parete che Nagini,
qualche notte prima, stava accarezzando. Tom appoggiò un orecchio al muro,
rabbrividendo per il freddo e l’umidità; stessa cosa fece Nagini.
Non si sentiva nulla, o
meglio, c’era una sorta di cupo ronzio che impediva la percezione di qualunque
altra cosa; tutti i pochi rumori di Hogwarts si espandevano attraverso la
pietra, e non era certamente possibile concentrarsi. I due ragazzi cercarono di
concentrarsi il più possibile.
- Proviamo a…
- Shhh-, la zittì il
prefetto, movendosi un po’ più a destra. Per un attimo tutto quello gli parve
perfettamente inutile. Almeno fino a quando, per poco, non caddero entrambi a
terra per la sorpresa.
Udirono di nuovo un sibilo,
lo stesso che entrambi avevano sentito separatamente, Nagini più di una volta.
E poi, ancora, quella voce stentata, che quasi si sforzava di scandire le
parole.
Nagini parve subito
contentissima, - Ehi! Siamo qui, qui!-, battè lievemente il palmo contro
la parete.
Tom rimase immobile e zitto,
per non perdersi nulla.
Il sibilo cessò. Nagini
sbuffò annoiata e delusa. Poi, improvvisamente, riprese.
- Sono qui e vi aspetto…
entrambi…eredi e padroni.
I pensieri di Tom erano
sospesi nel vuoto; non si era sbagliato: chiunque fosse, parlava di eredi.
Prese improvvisamente la parola.
- Qui dove?! Dimmi
dove! DOVE?!
Ancora silenzio. Ancora quel
sibilo.
- Seguite la mia voce.
Aspetterò.
Nagini rimase immobile, con
la bocca spalancata; Tom l’agguantò per un polso, e cominciò a trascinarla
lungo tutta la parete. Era più che determinato a scoprire qualcosa di più,
quella notte.
- Sei impazzito, Tom?
Potrebbe sentirci qualcuno!
- Taci e corri!
Il ragazzo continuava ad
avvertire delle vibrazioni attorno a lui, lungo le pareti, ai piedi, sopra la
sua testa. Come se fosse circondato.
Nagini si fece trascinare di
buon grado, poi impuntò i piedi, rischiando di far cadere Tom.
- Se corriamo ancora qualcuno
ci sentirà! Siamo quasi all’entrata dei sotterranei!
Tom la fissò dritto negli
occhi, - Ti rendi conto che non possiamo farci sfuggire questa occasione? E’
troppo importante per me, se non lo capisci puoi anche andartene!
La ragazza ricambiò il suo
sguardo, con altrettanto astio. Con uno strattone si liberò dalla stretta di
Tom, e dovette controllarsi per non urlare, - E’ importante anche per me, ma al
contrario di te, io ci tengo alla mia condotta. Se qualcuno ci scopre passeremo
più di un brutto quarto d’ora!
Un attimo di silenzio, dove i
due si scrutarono con occhi fiammeggianti, bastarono a Tom per decidere cosa
risponderle. – A costo di farmi espellere o di svegliare tutto il castello, io devo sapere qualcosa su questa storia.
- L’ho già detto, ci tengo
anch’io.
L’inseguimento della voce
riprese con maggiore prudenza e determinazione.
I due ragazzi strisciavano
sulle pareti, fermandosi a sbirciare dietro gli angoli. Nagini si era
praticamente attaccata al braccio di Tom, che dal canto suo cercava di non
pensare a quella vicinanza.
Le scale che conducevano alla
hall erano ormai davanti a loro; Tom spinse la ragazza nella rientranza di una
porta, - Sicura di voler continuare?
Nagini scosse la testa in
segno di approvazione, facendo danzare i capelli attorno al viso arrossato.
Quel verso, quelle
vibrazioni… Tom se le sentiva dentro. Quello che si nascondeva dentro le
pareti, che si fermava quando loro si fermavano, e che parlava quando credevano
di aver perso le speranze, era senza dubbio legato a Tom da qualcosa.
Forse per l’eccitazione,
forse per la tensione, il cuore del ragazzo batteva all’impazzata.
- Dobbiamo andare al primo
piano?
- Credo di sì…
Nagini si accostò alla
parete, poggiandovi la guancia; a occhi chiusi, bisbigliò così piano che
nemmeno Tom fu in grado di sentire cosa stesse dicendo. Comprese che stesse
parlando con la presenza, perché subito dopo si fece sentire, sorda e cupa.
- Non dubitate, seguitemi.
E Tom non dubitava. Sapeva
che, qualunque cosa fosse, l’avrebbe ricondotto alla Camera.
E lo seguirono. Fino al primo
piano, dove Tom era sicuro che si fermasse. Nagini insistette di continuare a
seguire la voce, che pareva spingerli verso la rampa che conduceva al secondo
piano.
- E’ sparito, Tom-, esclamò
Nagini, scivolando contro la parete sulla quale si era appoggiata. Il prefetto
sapeva che aveva ragione, ma non voleva che fosse vero.
Un’interminabile ora di ansia
che si era conclusa con nulla. Mai era stato così nervoso nel girare per il
castello di notte, e alla fine… la voce era sparita, appena giunti al secondo
piano.
Era stata colpa di Nagini,
che aveva insistito a salire ancora; dopotutto, entrambi avevano sentito la
voce al primo piano. Erano dunque andati fuori strada?
Immerso nelle sue congetture,
Tom pensò che in effetti era stata una pessima idea portarsi dietro Nagini. Era
quasi un peso, se non fosse stato per il fatto che anche lei fosse rettilofona,
e anche per il fatto che non riusciva più a staccarsi da lei.
- Significa che dobbiamo
riprovare qualche altra…
- Torna alla tua torre. Io
sono stanco.-, si passò una mano fra i capelli, sbuffando, e Nagini si rimise
in piedi, - E vuoi abbandonare tutto, così?
“Smettila, ti prego. Non
guardarmi così”
- Non vedo cos’altro potremo
fare, adesso. Vedo di fare qualche ricerca.
Fece dietrofront. Non doveva
trovarsi al secondo piano, di notte. Doveva stare nei sotterranei e al piano
terra. Sperava che nessuno l’avesse cercato, tipo quell’impiccione di Flint che
si svegliava nel bel mezzo della notte.
- Tom, senti…
Si voltò a guardarla. Nagini
teneva la testa bassa, le mani intrecciate all’altezza della pancia.
- Cosa?
- Nulla, nulla-, rialzò la
testa, sorridendo, - Non fa niente. Buona notte, allora.
A passi piccoli e leggeri, la
Grifondoro imboccò uno dei labirintici corridoi per tornare al suo dormitorio.
Ormai conosceva la biblioteca a memoria, ed era certo che tutti gli
scritti su Hogwarts gli erano passati sotto mano
Ormai conosceva la biblioteca a memoria, ed era certo che
tutti gli scritti su Hogwarts gli erano passati sotto
mano. Per un’ulteriore sicurezza, decise di andare a consultare gli schedari.
Era un bel pomeriggio soleggiato; buona parte degli studenti
erano fuori a giocare, leggere o semplicemente parlare. C’era chi, addirittura,
si era levato le scarpe per bagnare i piedi nel lago.
La primavera era appena iniziata, e sembrava promettere
bene. I giocatori di Quidditch erano entusiasti di
quel tempo, mentre Tom desiderava temporali e pioggie. Così non avrebbe visto tutti quei volti sorridenti
e irritanti, così tutti avrebbero abbandonato il buon umore, così la sua
squadra non gli avrebbe sottratto tempo prezioso.
Così la fine dell’anno sarebbe stata lontana, e non sarebbe
andato via da Hogwarts.
Chissà se, con la guerra nel mondo dei babbani,
gli avrebbero permesso di tornare a Little Hangleton
. Sperava di poter rimanere al castello, anche da solo, per tutta l’estate, ma
sapeva che era impossibile.
Desiderò che Flint gli chiedesse di passare le vacanze con
lui, che il preside Dippet gli desse degli incarichi
da sbrigare in estate. Qualunque cosa. Quelle vacanze lo avrebbero separato da
tutto, e anche da lei.
Perché si erano conosciuti così tardi?
Tornò con i piedi a terra, lo schedario davanti agli occhi.
- C come calderone, grazie.
Lo schedario fece un rumore appena percettibile, e subito
dopo aprì il suo unico ed enorme cassetto.
- Cabala, Caccia ai draghi…
Camera.
C’erano tutti i tipi di camera, comprese quelle di
distorsione temporale e quelle di guarigione. Nessuna però era la camera che
cercava. Magari sotto qualche altra voce… ma le aveva provate tutte.
Chiuse il cassetto con uno sbotto, e non appena voltato, il
professor Silente gli sorrise misteriosamente. Per poco Tom
non sobbalzò.
- Salve, professore.
- Salve a te, Riddle… sempre in
biblioteca, eh?
“Dannato mago occhialuto e saccente!”
Il ragazzo riprese la sua espressione amabile, da bravo
ragazzo, - Mi piace l’atmosfera, e poi qui posso studiare in pace.
Silente annuì, - Anch’io da ragazzo mi rifugiavo qui.
Tom tentò di immaginarsi un
Silente di sedici anni, e si rese conto che fosse impossibile. Doveva senza
dubbio essere nato tale e quale a quel momento.
- Alla fine hai trovato quello che cercavi su Serpeverde?
- Sì, certo-, desiderò che quel sì fosse detto con
sincerità, - ci sono così tanti libri, qui dentro…
- Secoli e secoli di ricerche, lavori ed incantesimi!-,disse
Silente, con aria solenne, - La nostra scuola vanta una delle migliori
collezioni di libri di magia di tutto il mondo.
Chissà dove voleva andare a parare, il professore. Finiva
sempre col dire qualcosa che scuotesse il suo interlocutore. Infatti non si
tradì nemmeno quella volta, - Sei impegnato, Riddle?
Avrei bisogno di una mano per portare nel mio ufficio alcuni libri.
Tentato dal rifiutare con una scusa, Tom
finì con l’accettare. Lo faceva sempre, con i professori, e Silente la sapeva
lunga.
I libri erano pochi e piuttosto leggeri; nonostante l’età,
Silente gli avrebbe potuti benissimo portarli da solo. Senz’altro, c’era
qualcosa sotto.
Dopo aver aperto la porta del suo ufficio, il professore
fece cenno di lasciare i libri sulla sua scrivania, già traboccante di torri di
pergamene. – Grazie mille, ragazzo.
- Si figuri, professore. Mi spiace, ma devo scappare.
E scappò, incapace di sostenere la tensione che quel mago
gli procurava; doveva scaricare quel nervosismo che aveva accumulato,
altrimenti sarebbe scoppiato col primo malcapitato. Decise di fare una
passeggiata fuori, come tutte le persone nervose.
Dov’era Nagini? Era mai possibile
che non l’avesse incontrata, in quei giorni?
Hogwarts l’aveva certamente
inghiottita, come era successo altre volte, quando non riusciva a trovarla. Lo
detestava. Soprattutto di sera, quando Terry gli
raccontava entusiasta del suo bellissimo rapporto con Anna. Non faceva altro
che decantare la sua bellezza, la sua intelligenza, i suoi gesti… cose che gli
davano molto fastidio. Era così esagerato, Flint! Anna non era di certo così
eccezionale. Nagini, invece…
- Ma mi ascolti? Yuhuu!-. Terry scosse il suo interlocutore per un braccio.
- Ti ascolto, Terry-, esclamò Tom, dandogli uno strattone, - e ti ho ascoltato
abbastanza. Basta parlare di quella, va bene?
Il ragazzo mise un po’ il broncio, e si sedette a terra
davanti a Tom. Gli diede una rumorosa pacca sulla
gamba, - Allora dimmi un po’ tu di cosa vuoi parlare!
- Di niente-, rispose, secco, rimettendosi a leggere il tema
che aveva appena finito.
- Lo so che vuoi dirmi qualcosa… su, dai!-, lo punzecchiò
con un dito, facendolo innervosire. In quel momento, avrebbe ucciso Terry con le sue mani.
- Smettila, Flint.
Sono impegnato.
Cacciò un gridolino, - A-aah! Lo sapevo che ti eri “impegnato”! Allora scusami,
non ti tocco più, altrimenti la tua ragazza potrebbe ingelosirsi…
Tom si alzò di scatto in piedi,
buttando la pergamena di lato, - La vuoi smettere?! Non lo vedi cosa sto
facendo?!
Terry si dondolò un po’, - Lo
vedo, lo vedo cosa stai facendo. E sai cosa?-, si mise in piedi, ponendosi
davanti all’amico, - Stai fingendo che tutto sia normale, fai finta di non
avere problemi e di vivere solo ed esclusivamente per i compiti e i libri. Ma
siccome hai solo sedici anni…-, gli mise una mano sulla spalla, con fare da
grande esperto dell’argomento, - E’ normalissimo avere degli interessi per le
ragazze, alla nostra età. A meno che tu non abbia strani gusti, mi pare ovvio.
Il prefetto si districò dalla stretta dell’amico, e si
sedette nuovamente sulla poltrona. Se non fossero stati soli, nella sala
comune, non gli avrebbe mai permesso di dire quelle cose.
Terry aveva ragione; stava
fingendo, stava cercando di nascondere i suoi desideri, i suoi interessi…
qualunque parola andava meglio di “sentimenti”. Proprio non riusciva a
concepirli.
Si calmò un po’. Fissò Terry, che
di nuovo si era seduto a gambe incrociate davanti a lui; Terry
gli era sempre stato amico, nonostante i suoi silenzi e il suo carattere
intrattabile. Amico!
- Mettiamo che stessi fingendo,- disse finalmente Tom, - e che stessi nascondendo qualcosa a qualcuno…
Terry alzò le braccia in segno di
vittoria, - Così mi piaci, ragazzo! Lo sapevo che ti eri innamorato!
“Innamorato?!”
Fissando la faccia di solito imperturbabile di Tom, il ragazzo abbozzò un sorrisetto
di soddisfazione.
- Sei innamorato, eh?
- Non so nemmeno di cosa stai parlando. Ti sembro uno che si
innamora?
Lo ignorò, - Allora dimmi, chi è la fortunata? E’ una di
noi, oppure qualche Corvetta, qualche…
- Flint, non sono innamorato.
- Beh, se non è amore… è certamente attrazione, o quanto
meno, interesse. E lei è interessata a te?
Bella domanda, pensò. Le conversazioni con Terry sembravano quelle di Silente: andavano a ficcare il
coltello nella piaga senza troppi complimenti.
Non lo reggeva più. – Senti, basta adesso…-, si alzò per
l’ennesima volta, - devo andare dal preside.
- Scommetto che scappi così anche da lei, non è vero?
Scappare? Lui?
Tom salì velocemente i quattro
gradini della sala comune, e si fermò di scatto. Ormai non poteva andare peggio
di così.
- Terry-, disse, - che non esca
nulla da questa stanza.
- Signorsì!
Il prefetto scosse la testa; prese la cartella accanto alla
porta, poi sparì fuori, nei misteriosi sotterranei di Hogwarts.
Non voleva più prendere quell’argomento,
non ne poteva più. Non voleva più sentirsi uno stupido davanti a Nagini; non voleva più svegliarsi nel cuore della notte,
tutto sudato, dopo un sogno che non aveva il coraggio di ricordare; non voleva
più distrarsi dal suo obiettivo, cioè la Camera dei Segreti.
Voleva tornare ad essere quel se stesso che aveva
abbandonato solamente da un mesetto. Pochi giorni, eppure era cambiato così
tanto! Tutte quelle stupidate sui sentimenti e sulle ragazze… cosa gliene
importava? Avrebbe avuto tempo a sufficienza per tutto questo.
Doveva dimenticarla, cacciarla fuori dalla sua mente; una
cosa difficile, visto che entrambi condividevano lo stesso segreto, ma non
impossibile. Poteva prendere a ignorarla, come faceva con tutte le ragazze che
lo stressavano.
Assorto dai suoi pensieri, si ritrovò davanti al portone
d’ingresso, che era spalancato per via dell’andirivieni di ragazzi. L’enorme
pendolo oscillava lento ed annoiato davanti a lui; come gli somigliava! Anche
lui aveva tutti quegli alti e bassi, quegli improvvisi mutamenti di
comportamento…
Il sole primaverile lo chiamò all’aria aperta; come se gli
mancasse l’aria, a grandi falcate si recò fuori, sulla collinetta erbosa con i
cerchi di pietra, poi giù, verso la costa del lago.
Ignorò tutti i ragazzi che lo salutarono, e si buttò sfinito
sull’erba, a pochi centimetri dall’acqua.
Meravigliosa quell’atmosfera…
perché era stato così lontano dalle sue vecchie abitudini? Si era dimenticato
di quanto era bella la solitudine.
“Scommetto che scappi
così anche da lei, non è vero?”
Quella frase gli rimbombava nella testa, come un’accusa
dalla quale non si poteva difendere.
Stava ancora scappando?
Di certo non aveva paura; no, non aveva paura di niente.
Figuriamoci di una Grifondoro.
Quante riflessioni… quasi gli stavano facendo scoppiare la
testa. Aveva bisogno di sfogarsi.
Chissà se ce l’aveva ancora… prese la cartella dal suo
fianco, e l’aprì. Non dovette cercare molto, perché lo trovò subito, il suo
diario, lo stesso che aveva comprato a Londra, l’estate prima di frequentare il
primo anno di Hogwarts. Aveva fatto in modo che
potesse essere l’unico a leggerlo, con un piccolo incantesimo di magia nera.
Trasse fuori la boccetta d’inchiostro, la piuma d’aquila.
Aprì il diario, e cominciò a scrivere.
“Forse un giorno
trarrò qualcosa di utile da queste memorie giovanili. Per il momento, infatti,
l'unica cosa utile in esse è il senso di sfogo che provo nello scriverle. I
contenuti li conosco a memoria.”
Nagini. Come un flash, quel viso
si proiettò nella sua mente.
“La mia vita non ha
mai conosciuto l'amore. La mia vita è diventata tale solamente dal momento in
cui ho varcato la soglia di questo posto. Qui ho capito chi sono.”
“Non c'è verso di
cambiare se stessi. Si può fingere e dissimulare, ma mai cambiare il modo di
essere...purtroppo.”
Terry gli mandò un sonoro bacio,
poi si buttò sul letto, sospirante, come se fosse una scolaretta innamorata, -
Ma quanto sei fiiiiigo, signor prefetto perfetto!
Tutti i camerati si contorsero sui loro letti per le troppe
risate, mentre l’oggetto di quelle battute levava velocemente i tacchi, per
evitare di ridere davanti ai suoi compagni. Una volta solo, nel corridoio
principale dei sotterranei, si concesse il lusso di lasciarsi scappare una
risatina.
La domenica era la giornata che tutti attendevano per poter
andare ad Hogsmeade, per questo motivo i suoi
compagni erano così pimpanti sin dal mattino. Erano secoli che non andava con
loro, ma preferiva restare al castello per occuparsi delle sue cose.
Hogwarts si svuotò piano piano; rimasero solamente gli studenti del primo e del
secondo anno, che si riversarono fuori per non perdersi nemmeno un raggio di
sole di quella calda giornata.
Sicuramente anche lei sarebbe
andata ad Hogsmeade con le sue compagne. Un motivo in
più per non andare; si stava quasi abituando all’idea di non vederla più con la
stessa intensità prima.
Trascorse la mattinata a studiare, nella sala grande. Pranzò
da solo, distante dai ragazzini che lo fissavano con ammirazione.
Una giornata perfetta; niente Terry
fra i piedi, niente Freya, compagni di squadra,
Silente, Dippet e quant’altro.
Da solo e basta.
Solo, come gli
anni più teneri della sua vita, a Little Hangleton,
nella stessa città della famiglia del padre, che aveva incontrato una sola
volta; solo, come quando era salito
per la prima volta sull’Hogwarts Express; solo, durante la notte più lunga della
sua vita, quando per caso si era reso conto di poter parlare ai serpenti. Era
sempre stato bene, solo con se stesso, e avrebbe continuato ad esserlo fino a
quando ne avrebbe avuto voglia.
Ora che passava davanti alla porta del bagno dove per la
prima volta aveva sentito quella voce, i ricordi cominciarono ad avere il
sopravvento. Non resistette, ed entrò.
Incrociò un biondino che stava uscendo, e si rese conto di
essere l’unico là dentro. Ne approfittò per una visitina al gabinetto.
Tirò su la zip, richiuse il bottone dei pantaloni…
Vibrazioni. Le stesse di quella notte, le stesse di quella
voce.
Si precipitò fuori dalla cabina di legno, appiattendosi
contro la stessa parete con la quale aveva parlato. Stette un attimo in
ascolto. Quei rumori si spostavano lungo tutte le pareti con una velocità
sorprendente. Seguili, si disse, e fece un attimo
mente locale: il bagno in cui si trovava confinava con quello delle ragazze, quel bagno
delle ragazze. Una volta fuori, diede velocemente un’occhiata attorno a se, e
con grande gioia non trovò anima viva. Se vi fosse stata qualche ragazzina, là
dentro, avrebbe potuto prendere una scusa qualsiasi.
Fece irruzione. Deserto.
I rumori erano più intensi, e parevano non spostarsi.
Prese di nuovo a strisciare lungo le pareti, con i battiti
del cuore così forti che quasi coprivano le tracce.
Poi, i suoi occhi caddero su qualcosa che lo fecero
impietrire.
Uno scarico, un semplice tubo di scarico incassato alla
parete, con un piccolo rubinetto quasi nascosto dal groviglio di tubi. Su quel
rubinetto spiccava un serpente, il simbolo di Serpeverde.
Tentò subito di girarlo, ma invano. Sembrava saldato.
Rimase per qualche minuto a pensare come aprirlo, anche se
non sapeva bene a cosa gli sarebbe servito.
- Dannato, gira…
Nello sforzo, si fece un piccolo taglio.
- Apriti, maledizione!
Si appoggiò alla parete, sconfitto. – Apriti, coraggio,
apriti…
Cullato dalle vibrazioni che sentiva attraverso il muro,
pensò intensamente alla strana presenza che l’aveva condotto fino a quel punto.
– Come si apre, dimmi-, diede un’ altra girata al rubinetto, - Apriti!
Conclusa l’ultima parola in serpentese,
il rubinetto si mosse, girò, e in pochi secondi comparve, al posto dello
scarico, un tubo metallico, abbastanza grosso da far scivolare una persona.
Interdetto, Tom fissò il tutto con
la bocca spalancata.
C’era riuscito, se lo sentiva.
Quel tubo conduceva alla Camera dei Segreti.
Prima di ogni altra cosa, Tom fece
un incantesimo per sigillare la porta del bagno. Era talmente nervoso che per
poco, anzi di chiuderla, la faceva esplodere. Poi tornò davanti il passaggio
che aveva appena aperto; lo fissò in silenzio, incapace di pensare ad altro.
Si svoltò le maniche della camicia, tirò un profondo sospiro
e poi… giù.
Sembrava una specie di scivolo, un tunnel buio, privo di
aperture, con un terribile odore di muffa dappertutto. Tutto era
fastidiosamente umido.
Scese, e scese, e scese… fino a quando si cominciò a
chiedere dove sarebbe finito. Il tunnel finì, e Tom
uscì finalmente in un ambiente più ampio, dove si poteva senza dubbio respirare
senza fatica.
Era tutto così spettrale; le pareti, che sembravano piene di
melma, erano in realtà coperte di muffa e piante simili alle alghe. Faceva
molto freddo; davanti a lui, c’erano un sacco di altri tunnel, ma Tom si rincuorò nel vedere che soltanto uno era abbastanza
grande per permettere di proseguire.
La sua eccitazione era incontenibile. Era talmente
emozionato che, se non si fosse controllato, si sarebbe messo a saltellare come
un bambino.
Continuò ancora a scendere, questa volta per un tragitto
meno lungo. Quando uscì dal tunnel, gli parve quasi di soffocare per la troppa
aria viziata.
- Da quanto tempo esiste questo posto…
La sua osservazione rimbombò con un’eco sinistra. Trasse
fuori dalla tasca dei pantaloni la sua bacchetta, e come aveva fatto altre
volte, fece un incantesimo di Lumos.
Le piccole zone che riusciva ad illuminare facevano pensare
che si trovasse in una specie di caverna. Tutto, attorno a lui, trasudava
storia. Da secoli nessuno metteva piede in quel posto. Si riempì il petto
d’orgoglio pensando che l’ultimo mago ad esservi entrato poteva essere proprio Serpeverde.
Adesso che camminava, adagio, come se camminasse su un
pavimento di cristallo, poteva sentire chiaramente quel solito rumore, quello
che lo aveva accompagnato fino a quel posto.
- C’è nessuno..?
Gli rispose soltanto la sua voce di ritorno. Determinato,
riprese a camminare. Non sapeva dove andare, in effetti, ma poco gli importava.
Sentiva che quella era la strada giusta.
Circondato dal silenzio tombale, sussultò non appena si
trovò davanti ad una cosa eccezionale. Si trovava di fronte a una parete
larghissima, dove due grossi serpenti di pietra si attorcigliavano fra di loro,
con gli occhi di rubino che parevano fissarlo. Dalla fessura che si intravedeva
fra le teste, il ragazzo capì che si trattava di una porta.
- Apriti.
Lo stesso prodigio che era successo pochi minuti prima
diversi metri sopra di lui, questa volta, si compì sotto i suoi occhi.
I due serpenti si districarono, la pietra si mosse, e
l’enorme porta si aprì.
Tom si sentì svenire per
l’emozione, quando si rese conto che quella davanti a lui era la Camera che per
tanto tempo aveva sognato.
Il salone enorme, lungo e stretto, incorniciato da colonne a
forma di serpente, era costeggiato da miriadi di torce, e terminava con una
statua colossale in pietra. SalazarSerpeverde.
Il ragazzi chiuse un attimi gli occhi, cercando di frenare
l’adrenalina che gli aveva dilatato le pupille ed accelerato il battito del
cuore, divenuto ormai assordante.
Lui, l’erede di Serpeverde, era
giunto nel santuario del suo predecessore. Ce l’aveva fatta.
Bisbigliò il nome del grande mago mentre, a passo insicuro,
entrava lentamente nella Camera. La sua mente fu attraversata per un attimo da
una visione, quella di una ragazza con lunghi capelli castani che gli camminava
accanto, tenendogli la mano. Doveva essere lì con lui, in quel momento. Chissà
come avrebbe reagito… forse si sarebbe messa a saltellare e a gridare, come
aveva già fatto con lui.
Uno, due… un piede dietro l’altro, passi accompagnati da
sguardi di meraviglia tutti attorno alle colonne, alle altissime pareti di
pietra, alla statua del mago con la lunga barba e lo sguardo severo.
Arrivato al centro della sala, si lasciò cadere sulle
ginocchia.
Impossibile definire il suo stato d’animo… era gioia, quella
che provava? Eppure, perché era così soffocante da fare male? Sentiva il cuore
chiuso in una morsa, soffocato, insieme al suo respiro. Gocce di sudore gli
imperlavano la fronte, il viso era ormai rosso fuoco… rosso, come quei
vestiti che qualche settimana prima lo avevano tanto sconvolto. Com’era bella, Nagini, quel giorno… bellissima, pura, forte. Esattamente
come in quel momento. Lei, con quella giacca, quella gonna, quella camicia
attillata e trasparente, era esattamente davanti ai suoi occhi.
Impossibile.
Era così travolto dalle emozioni da avere le visioni…
assurdo. Nagini era così reale, con quell’espressione di sorpresa dipinta in volto, la stessa
espressione che aveva visto altre volte.
Impossibile.
Cosa ci faceva là?
Tom faticò a rimettersi in piedi.
Rendendosi conto di non trovarsi davanti ad una visione, gli venne alla mente
il ricordo di quella notte, quella in cui aveva scoperto tante cose di quella
ragazza, quella in cui aveva cominciato a sentirla vicina a se. Era cominciato
tutto in quell’esatta maniera.
- Nagini?!
Il nome della ragazza rimbombò per tutta la sala, per tutte
le singole crepe delle pareti.
Lei, immobile, continuò a fissarlo.
- Cosa ci fai qui? Come…
Tom si rese conto che era inutile
fare quelle domande. Sapeva già le risposte. Solamente perché non l’aveva più
vista non significava che lei non avesse continuato a cercare. Era sparita per
questo? Come aveva fatto a trovare per prima l’ingresso della Camera?
Un quesito in particolare fu talmente pesante da pugnalarlo:
perché non gli aveva detto nulla?
- Calmati, ti prego…
Nagini mise le mani in avanti,
come per proteggersi da possibili schiaffi, - Tom,
sta calmo. Non urlare.
Urlare? E chi ne aveva la forza?
Tom si passò entrambe le mani fra
i capelli, quasi tremando.
- Quando sei arrivata qui?
- Calmati, Tom.Calm…
- Rispondi alle mie domande e non fare il giochetto di
ignorarle!
Nagini tremava sul serio, e la sua
voce era ridotta ad un sussurro, - L’ho scoperta… tre giorni fa.
“Perché ti copri? Non voglio picchiarti.”
- Tom, c’è una cosa… una cosa che
devi vedere. Però stai accanto a me, non alzare la voce e non fare gesti troppo
bruschi.
- Prima devi…
Non completò la frase. Sembrava un’ombra, ma non lo era. Dal
lato destro della statua, dalla quale era uscita Nagini,
comparve la testa di un serpente gigante, di un colore che sembrava argento,
tutto pieno di scaglie ed enormi aculei. Man mano che avanzava verso di loro,
si faceva sempre più grande, e sempre più lungo.
Nagini si voltò verso il mostro, -
E’ arrivato Tom.
Parlò in serpentese, ed ovviamente
la bestia la comprese. Era quel serpente ad avere parlato con loro, attraverso
la parete. Ma non era un serpente normale, no, non con quelle dimensioni.
- E’ un basilisco, Tom. Per questo
davanti a noi tiene gli occhi chiusi.
La sua mente era vuota. Troppe rivelazioni, troppe emozioni.
Aveva trovato la Camera, anche se Nagini
prima di lui. Quel basilisco, dallo sguardo letale, era senza dubbio
l’arma contro i mezzosangue.
…per essere viva sono viva ^^
Non mi collegavo al sito da troppo tempo, devo ammetterlo…
Devo le mie scuse a tutti i miei lettori che hanno sperato in un mio ritorno (soprattutto a schumi91…davvero, non trovo abbastanza parole per ringraziare la tua costanza… **commossa e inginocchiata ai tuoi piedi**)… T_T davvero, ragazzi, SCUSATEMI!!! Ma sapete.. quando la vita prende, non si cura di certo di controllare se avete altri impegni!! Ho avuto un bruttissssssimo calo di ispirazione, aggiungiamo gli esami di stato (brillantemente superati, per fortuna ^_^), vari eventi che non vi sto a raccontare se non per non annoiarvi… insomma, mi sono bloccata. Non avete idea di quante volte ho aperto il documento con la fanfic per tentare di continuare, ma… NIENTE, NADA, NISBA!! Vuoto totale… proprio per questo… ho aggiunto un altro capitolo, prossimamente ne metterò un altro o forse due (già scritti ma da rivedere!), dopodichè vi annuncio che molto probabilmente NON AGGIORNERO’ PIU’.
Mi dispiace moltissimo…mi ero appassionata un sacco a questa storia, davvero, e mi riempe di gioia (non sapete quanta!!) sapere che c’è gente che l’ha seguita ed amata quanto me… ma davvero, non so continuare. Non per mancanza dello sviluppo della trama, ma semplicemente perché m’è venuto una specie di blocco dello scrittore. Ragazzi… è terribile!!! Questa fanfic non è l’unico racconto che scrivo… nel mio pc giaciono decine di bozze, anche lavori notevoli (come una storia che amo, 240 pagine circa, quasi al finale, ma…), che ho abbandonato da secoli…
Spero vivamente di ritrovare la mia ispirazione e di ricompensare la vostra pazienza e fedeltà (fedeltà? Sì, fedeltà!) con il finale che questa fanfic si merita.
Ah, scusatemi anche per il pessimo layout..non so proprio cosa sia successo!
GRAZIE DI TUTTO!_________________________________________________________________
Il basilisco strisciò attorno a Tom, annusandolo. Nagini gli disse di stare calmo, e di parlargli, se lo desiderava. Il ragazzo si limitò ad accarezzarlo sul muso squamoso, poi il mostro strisciò lontano da loro, fuori dalla Camera.
Era il momento dei chiarimenti. Tom stava già formulando tutte le domande da fare alla ragazza, tutti i pensieri a tal proposito… idee cattive, di invidia… no, Tom, non con lei.
Dalla sua posizione immobile, Tom fece qualche passo verso Nagini, - Perché non sei venuta a cercarmi? Hai fatto tutto questo da sola, poteva essere pericoloso!
La ragazza abbozzò un sorriso, - Ho capito molte cose, da quando sono entrata qui. Adesso mi è chiaro perché sono una Grifondoro, Tom. Sono timida, impacciata, ma dentro di me c’è una forza-, strinse le mani al petto, - una forza enorme, un coraggio enorme. Mi sono sentita strana… come se fossi in grado di fare l’impossibile. Davanti al basilisco, poi, è stato tutto ancora più strano. Ho subito capito di cosa si trattava, eppure non ho avuto paura. Non ho mai avuto paura per i mostri, in realtà. Ho sentito che era lui… lui mi aveva chiamata per nome, lui mi aveva portata fino a qua.
La storia si ripeteva. I segreti di Nagini venivano scoperti.
- Qua dentro c’è qualcosa che mi appartiene. Sento di essere al sicuro, qua dentro.
Tom faticò a parlare, - Cosa può provare una Grifondoro nel regno di Serpeverde?
- No, Tom-, scosse la testa, - non è così semplice come pensi.
Bugie, nient’altro. Le sue parole suonavano come menzogne velate di paura. Gli stava per scoppiare il cuore.
- Perché mi hai tradito così? Perché non mi hai detto nulla?!-, sbottò Tom, e Nagini si ritrasse ulteriormente.
- Io non ti ho tradito…
La sua voce tremava, e gli occhi cominciavano a diventarle lucidi. Tom conosceva Nagini quando stava per mettersi a piangere.
- Non era mia intenzione, te lo giuro! Non volevo tradirti, non ci ho mai pensato… io mi sono sentita tradita. Non hai mai accennato all’arma contro i mezzosangue, Tom!
Tutti i segreti erano ormai un mazzo di carte scoperte sulla tavola.
- Mancava sempre un libro dalla biblioteca, e so che quel libro ce l’hai tu. Quello è l’unico che parlava dell’arma della Camera, e tu non mi hai mai detto nulla. Si può sapere perché?
Per la prima volta, nella sua vita, Tom non seppe cosa rispondere. Non perché non volesse, ma perché in realtà non lo sapeva nemmeno lui. Aveva paura di spaventarla.
Nagini attese una risposta che non arrivò mai.
- Oh, Tom…-, continuò, singhiozzando, - volevi l’arma, vero? Perché? Perché questa rabbia che ti porti dentro?
“Ti supplico, non aggiungere altro…”.
La ragazza gli si avvicinò; gli prese le mani, costringendolo a guardarla negli occhi, - Da quando ho cominciato a conoscerti… da allora ho capito che tu nascondi qualcosa. Ti porti rabbia, tristezza… non ti ho mai visto sorridere! Sono stata male per questo, Tom…
Tom ritrasse le mani, senza aggiungere nulla. Il suo sguardo lasciava spazio alle parole.
- Parlami, adesso, ti prego.
Qualche secondo di silenzio dopo, il ragazzo tirò un sospiro. Quante cose da dire, e non riuscirci! Quei begli occhi che lo fissavano, pietosi, gli facevano venire voglia di piangere, urlare, sfogarsi una buona volta. Una ragazza che gli faceva un simile effetto… gli aveva letto nell’anima, aveva compreso tutto senza che lui parlasse. Era un essere eccezionale, meraviglioso. Come un raggio di sole, aveva fatto breccia nelle tenebre della sua mente, ed adesso voleva prenderlo per mano. L’avrebbe lasciata fare.
Voleva che chiamasse il suo nome a gran voce, voleva che gli urlasse che fosse lì per lui e basta.
La guardò ancora, dritto negli occhi, e la desiderò ancora. Si rese conto che era così dal primo momento in cui le aveva parlato, quel pomeriggio, nella serra. Da allora aveva capito che lei sarebbe stata l’unica… lei, sola. Erano così simili.
Dal diario di Tom:
“Eri parte di me, Nagini, eri quel me stesso che ho sempre rifiutato, perché bramoso d’amore. Il tuo profumo, quel giorno… mi sembra di averlo ancora addosso, attaccato ai vestiti, come una macchia di inchiostro rosso che spero mai sparisca.”