Tulipano Rosso

di AliceMiao
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Amsterdam, Olanda

Driin. Driin. Driin. Eccola che suona quell’antipatica. Allungai una mano fuori dalle coperte per spegnerla pigramente, dopodiché mi girai dall’altra parte, sperando di riprendere sonno, cosa che non accadde. Così, a malavoglia, mi alzai e andai a cambiarmi. Indossai una semplice camicia color jeans, un paio di pantaloni neri attillati e un paio di scarponi bianchi e neri. Quando mi guardai allo specchio sobbalzai: dire che avevo i capelli a cespuglio era dire poco, perché erano peggio, tutti arruffati manco avessi partecipato alla Seconda Guerra Mondiale quella notte. Sospirando afferrai la spazzola e iniziai a districare quella massa compatta e ci riuscii solo dopo averli minacciati un paio di volte.
Scesi a fare colazione e trovai un biglietto di mio padre:
Sono al lavoro, oggi pomeriggio raggiungimi in libreria, ho bisogno di una mano con il lavoro. Non fare tardi a scuola. Nell’armadietto sopra il forno ci sono i cereali che ho comprato ieri e nel frigo un pochino di latte avanzato.
Ovviamente lui non c’era mai la mattina, quando mi svegliavo. Era sempre impegnato con il lavoro, diceva di dover sempre partecipare a degli incontri di affari e poi aveva gli impegni con quel gruppo di cui faceva parte (non ricordavo mai il nome) e onestamente tra i suoi colleghi c’era un tizio con un forte accento russo che mi faceva abbastanza paura.
Mangiai la colazione con calma, mancava ancora un quarto d’ora prima dell’arrivo di Kim, la mia migliore amica, nonché l’unica. Non so come mai, ma quando andavo a scuola mettevo in soggezione gli altri, che mi stavano alla larga. Solo Kim aveva avuto il “coraggio” di presentarsi e da quel momento siamo diventate ottime amiche.
Puntuale come un orologio svizzero eccola che suona il campanello alle 7.30 precise. Indossai un giubbetto di pelle nero e un cappello, presi lo zaino e uscii di casa.
“Ciao! Sei pronta per l’interrogazione di letteratura inglese?”.
“Insomma… Spero che su ventun ragazzi non esca proprio il mio nome!”.
La nostra prof di inglese era un tipo strano. Indossava sempre vestiti stravaganti e accessori coloratissimi, tanto che noi la chiamavamo ‘La professoressa albero di Natale’. Però quando interrogava ti metteva addosso un’ansia pazzesca: si appoggiava alla cattedra con le braccia incrociate e pretendeva che la guardassi negli occhi quando parlavi.
Quel giorno aveva scritto una frase alla lavagna:
I toni smorzati di grigio dell’alba non sono i toni smorzati di grigio del tramonto, per quanto il grado di sfumatura possa sembrare lo stesso.
Quella frase mi colpì non poco. Aveva a che fare con l’alba e il tramonto, con l’inizio e la fine di qualcosa, infatti fu proprio di quello che parlammo quel giorno, della fine di un periodo storico e l’inizio di un altro.
Prima di uscire da scuola mi copiai quella frase su un foglietto, in libreria avrei cercato il libro a cui apparteneva o il nome della persona che l’aveva detta.
“Sei stata bravissima oggi in matematica”, dissi a Kim, mentre ci incamminavamo verso la libreria di mio padre.
“Era facilissimo come esercizio, non ci ho messo molto a capire come risolverlo”. Lei era bravissima nelle materie scientifiche, infatti continuavo a chiedermi perché avesse scelto un classico invece di uno scientifico, ma lei mi ripeteva che i suoi genitori l’avevano costretta perché volevano che lei studiasse giurisprudenza.
“Beh allora ci vediamo domani?”, mi chiese.
“Certo! A domani!”. Entrai nella libreria appena in tempo, infatti fuori scoppiò un temporale.
Iniziai a sistemare gli scatoloni appena arrivati e mi ritrovai tra le mani una copia de ‘Il Fantasma di Canterville’, un libro sulla biografia di San Patrizio, una copia della ‘Divina Commedia’. Ecco, quest’ultimo era un libro di cui ero rimasta piuttosto affascinata: un viaggio nell’Inferno, nel Purgatorio e nel Paradiso, un viaggio completamente simbolico, ma allo stesso tempo incredibile. Quell’edizione era molto bella, aveva la copertina rossa con piccole decorazioni giallo oro. Sembrava un libro antico in tutti i sensi.
Dopodiché sistemai i libri nella sezione ‘bambini’, e mi ritrovai a sistemare libri come ‘La Bella e La Bestia’, ‘Biancaneve’, ‘Cappuccetto Rosso’.
Una volta sistemato mi misi alla cassa, dove ogni tanto arrivava qualche cliente a chiedere informazioni su un certo libro oppure per acquistare qualcosa; a volte arrivavano anche dei turisti, in cerca di indicazioni stradali.
Ero così immersa nel lavoro che non mi accorsi che erano le 18.00 passate. Misi il cartello Closed sulla porta e iniziai a pulire e riordinare.
“Hai fatto un bel lavoro oggi, grazie”, disse mio padre mentre chiudeva la porta del negozio.
“Mi piace aiutarti in negozio. A proposito, oggi la professoressa di inglese ha scritto questa frase alla lavagna” gli mostrai il foglietto con la frase “Sai a chi appartiene?”.
Lui la lesse varie volte, ma alla fine scosse la testa. “Non lo so, mi dispiace. Magari domani provo a chiedere a qualche mio collega, che ne dici?”. Io sorrisi.
Quella sera, in camera mia, feci i compiti, anche se per qualche motivo non riuscivo a concentrarmi. Era colpa di quella frase, che continuava a ronzarmi in testa. Sentii un colpetto sul braccio e quando mi girai, vidi una testolina con due occhi dolcissimi fissarmi. Era Gareon, il mio primo e unico titano.
Lo accarezzai e lui si mosse contro il mio braccio, un po’ come fanno i gatti quando vogliono le coccole.
Sorrisi e lo presi in braccio. “Riesci sempre a tirarmi su di morale lo sai?”. Lui fece un versetto, che interpretai come un “Sì lo so”.
Alla fine riuscii a concentrarmi e finire gli esercizi prima di cena.
“Quando finirai il liceo voglio addestrarti, in questo modo potremo iniziare ad attuare il piano per la nostra vendetta”.
Annuii. Un po’ mi dispiaceva lasciare il mondo normale, sapevo che per anni non avrei avuto contatti con il mondo esterno, ma il desiderio di riscatto per ciò che mi era stato fatto era molto forte. Avevo subito per troppo tempo, era ora di ribellarsi.
“Diventerai molto forte. Ricorda sempre che tu hai un grande dono, non sprecarlo”.
Annuii un’altra volta. Me lo ripeteva sempre, da quando avevo scoperto di avere i poteri. Diceva che ero molto forte e che allenandomi duramente avrei potuto fare grandi cose e raggiungere obbiettivi che pochissimi erano riusciti a raggiungere.
E io ci credevo veramente.

Venezia, Italia

Un’altra giornata di allenamento ha dato i suoi frutti, sono riuscito ad evocare il mio secondo titano. Tuttavia non ho ancora avuto tempo di fare i compiti e studiare, perché sono stato impegnato tutto il pomeriggio. Quella sera, a cena, è arrivata una telefonata e papà è dovuto correre subito al lavoro, lasciandomi ancora solo.
Ormai sono abituato a passare le serate in casa da solo, ma da una parte vorrei che stesse almeno una sera in casa con me. Vorrei discutere con lui degli argomenti di storia, arte e filosofia che abbiamo affrontato a scuola, dato che a lui queste materie piacciono molto, ma ogni volta che ci provo lui dice sempre: “Non ora, devo lavorare”.
Così anche quella sera mi trovai nella mia camera, a studiare, mentre fuori un acquazzone si scatenava.

Note: alcuni chiarimenti:
1) La frase scritta in corsivo è una frase che mi ha colpito molto e che si trova nel libro ‘Tess dei d’Uberville’, di Thomas Hardy.
2) I nomi dei libri che sistema li ho scelti di proposito, perché ricordano gli altri personaggi: il nome ‘Canterville’, assomiglia molto al cognome di Sophie, San Patrizio si festeggia in Irlanda e l’autore della ‘Divina Commedia’ si chiama Dante.
Spero vi piaccia!
Baci AliceMiao

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Amsterdam, Olanda.
Chiusi gli occhi. Mi concentrai. Nessun suono da destra. Un lieve rumore da sinistra. Aprii gli occhi e colpii. Il manichino robot cadde a terra, a pezzi.
Dietro di me qualcuno batté le mani: mio padre.
"Brava, sei migliorata molto in questi anni", disse avvicinandosi. "Ho una missione per te: devi seguire un uomo, raccogliere più informazioni possibili su di lui, magari se riesci fattelo anche amico, così sarà più semplice ottenere quello che ci serve: sapere dove si trovano i Titani Leggendari".
Annuii. Era una missione importante e non avrei fallito.
Partii quel pomeriggio, destinazione Venezia. Era molto simile ad Amsterdam come città, fatta di canali, viette strette e antiche, molto belle. Avevo un appartamento vicino a Piazza San Marco, piccolo e semplice. Aveva un open space con cucina e soggiorno, un bagno e una camera da letto. Appena arrivata decisi di disfare i bagagli, dopodichè mi misi subito alla ricerca dell'uomo 'misterioso'.
Venezia non era piccola, ma per fortuna ero riuscita a sapere dove vivesse prima di partire. Era una villetta niente male ubicata in uno dei quartieri vecchi della città. Non era niente male, per uno che come lavoro faceva il detective privato.
Saltai sul tetto della casa di fronte e guardai nella finestra: un uomo sui ventotto anni, alto, capelli rossi e corti, stava seduto sul divano, sfogliando distrattamente un libro. Era un ragazzo niente male, lo ammetto; immaginai sarebbe stato piacevole trascorrere del tempo con lui.
Accanto a lui volò una creatura bianca, un titano per la precisione. Sembravano discutere, ma non avevo mai visto un titano parlare.
All'improvvisò il volto dell'uomo si girò verso di me. Fulminea mi volatilizzai, ma temevo che mi avesse visto. Infatti, eccolo uscire in cortile subito dopo e iniziare a guardarsi intorno. Finchè i suoi occhi non si posarono su di me, in piedi accanto al cancello.
"Chi sei?", mi chiese.
"Non è importante che tu lo sappia. Piuttosto, tu sei il famoso Dante di cui tutti parlano?".
"Dipende, se intendi colui che ha scritto la Divina Commedia direi che hai sbagliato secolo", disse sorridendo. Ok, era anche simpatico.
"Divertente", dissi ridacchiando alla sua battuta "Comunque ti stavo cercando, vorrei che tu mi insegnassi qualcosa sul mondo dei cercatori e dei titano, sai sono ancora alle prime armi".
"Farti da insegnante? E per quanto?".
"Fino a che vorrai".
Sembrò rifletterci. Sapevo che lui non aveva mai rifiutato qualcuno che gli chiedeva suggerimenti o insegnamenti, infatti accettò.
Mi fece entrare in casa, per discutere sul 'programma': avrei avuto una lezione al giorno per tre ore, la mattina.
"Quanti titani hai?".
"Tre" Glieli mostrai "Non sono nulla di ché...".
Lui li squadrò. Ovviamente stavo mentendo, erano molto potenti, ma dovevo fingere di saperne il meno possibile in questo campo.
"Stai scherzando?! Sono molto potenti invece! Dove li hai trovati?".
"Me li ha regalati mio padre, prima di morire pochi mesi fa". Altra bugia.
Annuì e da dietro di lui comparve il titano bianco di prima. "Lui è Cherit".
Sorrisi. "Possiamo iniziare oggi le lezioni?", chiesi.
"Perchè no! Forza saliamo, ho una stanza apposta che uso per allenarmi".

Venezia, Italia.
Quella mattina, al suono della sveglia, svegliarmi era l'ultima cosa che volevo fare. Ero tornato la sera prima dopo una faticosa missione in Africa, per recuperare un titano piuttosto potente.
Alla fine cedetti al suono fastidioso della sveglia e mi alzai, anche se svogliatamente.
Per tutta la mattina sistemai casa, che non era proprio al massimo dello splendore, dopo che era stata disabitata per una settimana.
Riuscii a riposarmi solo quel pomeriggio e mi sedetti sul divano a leggere, anche se avevo uno strano presentimento, come se fossi osservato.
"Ehi!" Cherit volò verso di me "Ho visto qualcuno sul tetto della casa qui di fronte!".
Voltai di scatto la testa e vidi una donna, che scomparve appena si accorse che la stavo osservando.
Corsi fuori casa e mi guardai intorno cercandola, finchè non la trovai accanto al cancello.
Mi disse che non aveva importanza che sapessi chi fosse e questo mi fece sorridere.
"Dipende, se intendi colui che ha scritto la Divina Commedia direi che hai sbagliato secolo", dissi scherzando. Ovviamente la stavo prendendo in giro, giusto per rompere un po' il ghiaccio e sciogliere la tensione che si stava creando.
Mi disse che mi voleva come insegnante. In effetti era da un po' che non facevo da insegnante a qualcuno, così decisi di accettare.
Quando mi mostrò i suoi titani rimasi a bocca aperta: erano tutti e tre molto potenti e il fatto che li considerasse deboli mostrava quanto poco sapesse di questo mondo.
"Possiamo iniziare oggi le lezioni?"
"Perchè no! Forza saliamo, ho una stanza apposta che uso per allenarmi".
Salimmo in soffitta. Iniziai con un semplice esercizio e mi resi conto che almeno le basi le conosceva. Meglio così, almeno avremmo potuto passare prima a qualcosa di più divertente.
Una cosa che notai era che si guardava spesso intorno, come se cercasse qualcosa. Ma non ci diedi molto peso, pensavo fosse semplicemente curiosa, in fondo mi era parso di capire di essere una sorta di 'celebrità' per lei.
"Quanti anni hai?", le chiesi mentre faceva degli addominali.
"Ventitre. Tu?".
Le risposi di averne ventotto, dopodichè continuò l'allenamento in silenzio. Passammo alle flessioni e fu il suo turno nel farmi una domanda.
"Qual è stata la missione più importante che ti hanno affidato?".
Sorrisi. "Beh, senz'altro quella da cui sono appena tornato. Stavo cercando un titano e ho scoperto anche indizi su un altro titano incredibilmente potente".
Lei sorrise e iniziò a farmi domande sulla missione. Ovviamente rimasi sul vago, non mi andava di raccontare la mia missione nei minimi dettagli a una perfetta sconosciuta.
Anzi, solo in quel momento mi resi conto di non sapere ancora il suo nome e lo scoprii solo alcune ore dopo, quando la accompagnai al cancello.
"Allora a domani?".
"Sì, a domani. Prima però dimmi il tuo nome".
"Mi chiamo Zhalia". E sparì.

Note: spero vi piaccia!
Baci AliceMiao

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