Amore impossibile.

di marthiachan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I fantasmi esistono? ***
Capitolo 2: *** Attrazione. ***
Capitolo 3: *** I ritratti. ***
Capitolo 4: *** Il sogno. ***
Capitolo 5: *** Addio o arrivederci? ***



Capitolo 1
*** I fantasmi esistono? ***


Questo racconto è nato 9 anni fa, ed è sempre stato dedicato alla mia cara amica Valentina. Lei è stata una delle poche persone che mi hanno sempre incoraggiato a scrivere, ha sempre creduto in me, anche se nemmeno io ci credevo.
Oggi, il racconto riveduto e corretto è sempre dedicato a lei e al suo bimbo o bimba che nascerà fra qualche mese. ^_^
Se il racconto vi sembra assurdo o infantile, tenete presente che quando l'ho scritto avevo appena 17 anni. Ringrazio anticipatamente chiunque voglia commentare.
Buona lettura.

Amore impossibile.

1 - I fantasmi esistono?

Che sonno! Non ho nessuna voglia di alzarmi. Forse dovrei disintegrare quella stupida sveglia! No, e poi come farei ad alzarmi per andare a lavoro? Lavoro. Chiamiamolo così. Ho fatto un sogno davvero strano. Volavo, libera come un gabbiano e poi una voce calda e dolce, mi ha sussurrato “Ti voglio bene.”.
Devo essere al limite della pazzia. Faccio certi sogni! Forse è solo perché mi sento sola. Ormai sono già quattro mesi che quell'idiota di Carlo mi ha piantato. L'ho lasciato io, ma è uguale.
Mi alzo dal letto controvoglia e sbadiglio. Mi sopraggiunge di nuovo quella sensazione angosciante. Ho sempre la tremenda impressione che qualcuno mi fissi, mi spii, mi osservi, mi segua e mi stia alle spalle. Eppure sono sola, come sempre. Forse sto solo diventando paranoica. Anche se... Entro in bagno, mi spoglio ed entro nella doccia. Adoro il getto d'acqua calda sulla schiena. È così rilassante. Resterei qui per sempre se non fosse tardi.
Esco dalla doccia e mi asciugo velocemente. Per caso il mio sguardo mi finisce sullo specchio che riflette il mio corpo nudo. Accidenti, sono pure ingrassata. Mi mancava solo questa! Sarà per questo che non trovo uno straccio d'uomo? Non mi piace stare sola, ma forse è meglio sola che con un deficiente come Carlo.
Siamo stati insieme per più di un anno e poi un giorno, per caso, gli ho fatto la domanda sbagliata.
“Perché non ti trasferisci qui?” ho chiesto con noncuranza.
“Che cosa?” ha chiesto allarmato. “E perché dovrei?”
“Sei sempre qui, torni al tuo appartamento solo una volta alla settimana. Tanto vale che...”
“Neanche per idea?” mi ha interrotto irritato. “Io tengo alla mia libertà. Scommetto che la prossima cosa che mi chiederai sarà di sposarti!”
Era rosso di rabbia e i suoi occhi blu avevano perso la dolcezza che adoravo, ma forse era solo opera della mia immaginazione. Carlo continuava a camminare avanti e indietro, mentre io lo osservavo senza capire.
“Forse un giorno... Ma ora ti ho proposto di venire a vivere qui per praticità.” ho risposto con calma e naturalezza.
“No, tu vuoi incastrarmi!” mi ha accusato. “Mi spieghi perché dovrei sposarti?”
Cominciai a sentirmi strana, il suo atteggiamento mi preoccupava sempre più.
“Io non voglio incastrarti. E poi ho sempre creduto che un giorno ci saremo sposati, non vedo cosa ci sia di strano. Anche se non ho mai pensato di farlo adesso, mi spieghi che male c'è nel pensare al futuro con l'uomo che amo e che mi ama?”
Mi ha fissato per qualche secondo e poi si è messo a ridere.
“Non ho mai detto di amarti.”
Rimasi a fissarlo impietrita. Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Avevo capito bene?
“Io non ti amo.” ha aggiunto infine.
“E allora, perché stai con me?” ho chiesto sentendomi sempre più disperata.
“Ilaria, credevo fossi cresciuta. È ovvio che sto con te solo per il sesso.” ha replicato ridendo con cattiveria.
Ho annuito con tristezza. Ecco cos'era veramente Carlo. Come avevo potuto pensare che i suoi occhi fossero dolci? Non c'è calore, tenerezza o affetto in lui.
“Già, sesso. Tu facevi sesso, io facevo l'amore. È un po' diverso.” ho sussurrato. “Vattene. Non voglio più vederti. Porta via le tue cose e restituiscimi le chiavi di casa.”
Mi ha fissato per qualche istante, impassibile come il ghiaccio. Mi ha ridato subito le chiavi, come per non dimenticarsene. Ha raccattato le sue cose in giro e, in meno di mezz'ora, senza dire neanche una parola, se n'è andato.
Inizialmente sono stata male, ho pianto e mi sono disperata. Dopo un po' ho capito che quello che mi faceva soffrire era il mio orgoglio ferito e la solitudine, nient'altro. Forse in realtà non l'amavo.
Mi piaceva avere un uomo che mi baciava e mi abbracciava, che usciva con me e mi teneva compagnia, ma dubito che quello che provavo per Carlo fosse amore. Sono già passati quattro mesi..  Vola il tempo. Non mi sono pentita di averlo lasciato. Non voglio stare con qualcuno che non mi ama. Io voglio un uomo che viva solo per me, che mi pensi in continuazione e con cui condividere speranze e sogni di una vita in comune. Sono proprio un idiota! Come se esistessero uomini simili!
Infilo l'accappatoio ed esco dal bagno. Mentre faccio colazione ho la sensazione che ci sia qualcuno alle mie spalle che mi osserva. Pur sapendo che è impossibile, mi volto a controllare, ma ovviamente non c'è nessuno. Forse dovrei farmi controllare da un bravo medico.
Corro a prepararmi prima che sia troppo tardi. Detesto quel lavoro, ma purtroppo è l'unico che ho. Sino a tre mesi fa lavoravo in banca come impiegata. Ero lì da due anni e mi trovavo bene. Poi, un giorno, mi ero appena avvicinata al computer quando è andato completamente in TILT facendo sparire un migliaio di dati. Ho provato a spiegare  al mio capo che non l'avevo neanche sfiorato, ma non mi ha creduto e mi ha licenziato. Non ho trovato altri lavori come impiegata e così ho dovuto rassegnarmi a farmi assumere in un supermercato come commessa al reparto ortofrutta. Divertente, vero? Detesto quel posto. Devo stare sempre in piedi, per non parlare dei clienti che sono una vera seccatura, visto che cambiano idea in continuazione. Mi trovavo così bene al mio vecchio lavoro! Ma bisogna pur mangiare e quell'impiego così odioso mi permette di sopravvivere.
Ormai sono vestita e pronta a uscire. Do un ultimo sguardo in giro. Non c'è nessuno, eppure...
Esco e mi dirigo all'auto. Spero non ci sia troppo traffico. Per fortuna ora abito in centro e arrivo quasi sempre in orario.
Mi sono trasferita qui sei mesi fa. Prima vivevo in un appartamento in periferia e, ogni mattina, per andare a lavoro era un incubo. Poi ho trovato questo stupendo appartamento, grande, luminoso e spazioso. Ho saputo che l'ex affittuario è morto, chissà di cosa. Forse di vecchiaia. Anche se, sinceramente, questo non mi sembra proprio un appartamento adatto a una persona anziana. Ma, in fondo, a me cosa importa?

Finalmente ho finito le mie stupide e noiose otto ore di lavoro e posso tornare a casa. Anche lì sentivo quella sensazione. Forse sono solo paranoica. Oppure sto impazzendo.
Appena arrivata a casa, mi accascio sulla poltrona socchiudendo gli occhi. Dolce silenzio. Sento i miei muscoli rilassarsi lentamente, sino ad arrivare ad una stupenda sensazione di torpore. Sono costretta ad alzarmi a causa del mio stomaco che brontola rumorosamente. Apro il frigorifero alla ricerca di qualcosa da preparare velocemente. È rimasto qualcosa da ieri a cena. È freddo di frigorifero, ma ho fame e non ci faccio caso.
Mangiare da soli fa schifo! Ma che ci posso fare? Invito il primo che incontro per strada a cenare con me? Non credo sarebbe il caso.
È presto, non mi va di stare a casa. Mi cambio ed esco a passeggiare. Fa freddo. L'inverno nominalmente è finito ma i caratteri della primavera tardano a farsi riconoscere. Il vento è pungente e penetra fin dentro le ossa ma mi piace guardare il cielo scuro con la mezza luna che sorride.
Camminando, camminando, è passata un ora. Forse dovrei tornare a casa, comincio a essere stanca. Appena a casa mi corico il più presto possibile. La passeggiata ha bruciato le mie ultime energie. Mi sento così sola e vulnerabile... Il mio letto è così grande e vuoto e questo peggiora le cose. Vorrei tanto avere qualcuno che mi abbracci e mi conforti con il calore del suo corpo e il battito del suo cuore. Che razza di stupida che sono! Continuo a desiderare cose del genere, eppure non dovrei dopo la brutta batosta presa con Carlo. E invece continuo a sperare che la fuori ci sia qualcuno di diverso, che abbia bisogno di me come io di lui. Spreco il mio tempo a sognare sciocchezze!

Non vorrei alzarmi questa mattina. Ho dormito così bene! Era come se qualcuno di invisibile mi avesse cullato dolcemente fra le sue braccia. Probabilmente era solo un sogno. Molto realistico, ma pur sempre un sogno. In ogni caso mi ha fatto sentire veramente meglio.
Dopo una bella doccia, faccio colazione. Sfortunatamente, c'è sempre quell'odiosa sensazione che mi fa sentire come se fossi al centro di uno stadio stracolmo di gente che mi osserva. Che gran seccatura! Neppure in casa mia posso sentirmi tranquilla! Vorrei solo avere un po' di pace, non mi pare di pretendere troppo.

Dopo una giornata terribile, rivedere il mio appartamento è un vero sollievo. Oggi a lavoro non me n'è andata una bene! Sono arrivata in ritardo e, di conseguenza, sono stata sgridata. Per non parlare della dozzina di vecchiette arteriosclerotiche con cui ho discusso. Detesto quel lavoro ogni momento di più.
A completare l'opera, ora mi trovo nel mio salotto a sentirmi impaurita per quella stupida sensazione. Questa casa deve essere maledetta. Da quando sono qui è andato tutto storto. Prima con Carlo, poi a lavoro e ora, probabilmente, sto impazzendo. Cos'altro potrà succedermi?
Mi raggomitolo nella mia poltrona e comincio a piangere istericamente. Mi sento così male... Se solo avessi qualcuno accanto che mi possa consolare. Non deve essere per forza un uomo, ma anche un amica o mio fratello Davide. O magari mia madre, ma per mettermi in contatto con lei dovrei fare una seduta spiritica. Con papà non ho mai avuto un gran rapporto di confidenza e, tanto meno con sua moglie Francesca. Davide è in America e le amiche... Ci siamo perse di vista quando ho cominciato a frequentare Carlo. In sintesi, sono completamente sola. Sola e disperata.
Mi copro il viso con le mani, mentre le lacrime continuano a scendere copiose. Perché devo essere così sfortunata? Oltretutto ciò che mi è capitato, ora sto anche impazzendo.
“Non piangere..” sussurra all'improvviso una voce maschile.
Rimango immobile, pietrificata dalla paura. Chi può essere? Alzo lo sguardo lentamente e mi trovo di fronte ad un ragazzo che non ho mai visto in vita mia. Con uno scatto, scendo subito dalla poltrona e mi allontano il più possibile da lui.
“Chi sei? Da dove sei entrato? Esci di casa mia o chiamo la polizia!”
“Io... Non avere paura. Non ti farò del male. Non sono quello che credi!” afferma tendendomi le mani per indicarmi di stare calma. Inoltre, la sua voce ha un non so che di familiare.
“Chi saresti?” domando cercare di apparire tranquilla, calma e coraggiosa.
“Io sono... Ti sarà difficile crederlo, ma sono un fantasma.”
Lo guardo incredula e mi metto a ridere fingendomi più rilassata di quanto in realtà non sia.
“Per chi mi hai preso? Per un idiota? Esci di qui!”
“Non ti sto mentendo!”
Non so perché, ma decido di ascoltare le sue spiegazioni. Ha un aria sincera e gli occhi più neri che abbia mai visto!
“Io non credo nei fantasmi, ma potrei sbagliarmi. Dammi una prova.”
Mi guarda esasperato e poi, all'improvviso, scompare davanti ai miei occhi. Dove diavolo è finito? Mi guardo intorno, ma non lo vedo più.
“Sono qui!” esclama alle mie spalle facendomi sussultare. “Ora mi credi?” aggiunge con un sorriso.
Devo essere veramente impazzita. Mi sento così sola che mi invento persone che non esistono. E devo essere anche grave! Lui sembra così reale! Devo andare da uno specialista.
“Tu non sei pazza.” sussurra fissandomi. Sgrano gli occhi stupita.
“Come fai a sapere cosa sto pensando?” chiedo più irritata che sorpresa. “Oh, è ovvio... Visto che sei frutto della mia immaginazione.”
“Io non sono frutto della tua immaginazione.” mi interrompe. “Sono un fantasma.”
“Certo, come no! E io chi sono? Demi Moore?” domando sarcastica.
“No, tu sei molto più carina.” replica sorridendo.
Rimango impietrita a osservarlo per qualche istante. Forse è davvero un fantasma, io non potrei mai pensare di essere meglio di Demi Moore! Razionalizza Ilaria! I fantasmi non esistono, lo sai!
“Non puoi essere pazza se continui ad essere così dannatamente razionale.”
“Forse, ma... Figurati, non credo a Dio, perché dovrei credere ai fantasmi?”
“Fidati di me.” mi implora esasperato.
“Perché dovrei? Non mi fido di persone che conosco da anni, perché dovrei fidarmi di te, chiunque tu sia?”
“Sei davvero testarda! Vuoi una prova? Tu vuoi prove per tutto, non è così?”
Annuisco.
“Tu credi che io sia solo un parto della tua mente, allora io ti dirò qualcosa che tu non puoi sapere. Se corrisponde a verità, mi crederai?”
Ha una certa logica, forse dovrei accettare anche se mi chiedo cosa abbia esattamente in mente.
“D'accordo.”
Fa un sospiro e sorride. Accidenti, chiunque sia ha un sorriso davvero stupendo!
“In camera tua, sotto la carta da parati, c'è un piccolissimo ripostiglio. Tu non puoi saperlo perché quando sei venuta a a stare qui c'era già la carta.” dice con estrema calma.
“Cosa dovrei fare?”
“Controlla, ti indico il punto.”
Entriamo in camera mia e lui indica un punto accanto all'armadio. Do un colpetto e suona vuoto. Provo in un altro punto per sentire la differenza ed, effettivamente, lì non c'è alcun tipo di rimbombo.
“Ok, è vero. Qui sotto deve esserci un ripostiglio o qualcosa di simile.”
E adesso, cosa dovrei fare?
“Quindi sei davvero un fantasma. Almeno non sono pazza. Come ti chiami, o meglio, ti chiamavi? Presumo tu sia morto...”
“Mi chiamo Federico. Sono morto sette mesi fa..”
“Cosa fai qui?”
Abbassa lo sguardo con un sorriso triste.
“Devo riscattarmi vegliando su di te.”
“Vegliando su di me? Sei una specie di angelo custode?”
“In questo caso, sì.”
“Per cosa devi riscattarti?” chiedo sempre più incuriosita.
“È una lunga storia.” chiude il discorso.
Mi siedo sul pavimento appoggiando la schiena al muro e lo fisso per un po' mentre lui non dice più nulla.
“Di cosa sei morto?”
“Ecco io... Preferirei non... D'accordo, mi sono suicidato. È per questo che devo riscattarmi.”
“Da quanto sei qui?”
Fa un sorriso conciliante.
“Vivevo qui. Quando sei arrivata, io c'ero già.”
“Allora eri tu quello che è morto!” esclamo sorpresa.
Annuisce. Resto a fissarlo per qualche secondo. È, o meglio era, un bel ragazzo. Capelli nerissimi, occhi scuri come la notte e ciglia folte della stessa tonalità di colore. Un bel tipo. Mi chiedo perché si sia suicidato. Che problemi avrà avuto?
Mi sorride nuovamente e si siede accanto a me sul pavimento. I miei occhi rimangono incollati ai suoi.
“Vuoi davvero saperlo?” domanda in un sussurro.
“Cosa?”
“Perché mi sono suicidato.”
Lo guardo incredula con aria interrogativa.
“Posso sapere cosa pensi, così posso aiutarti.”
“Quindi sai tutto di me, giusto?”
“Sì, certo.”
Non so se questo mi fa piacere. Non potrò più avere nessun segreto?
“No, non potrai.” risponde con aria innocente.
“Potresti smettere di rispondere a domande che non ti faccio?”
“Ma le pensi.”
Comincio proprio a innervosirmi. Forse dovrei cambiare argomento. Faccio un profondo sospiro chiudendo gli occhi per calmarmi.
“Allora, perché ti sei suicidato?” chiedo fissandolo nuovamente.
“Ero depresso.”
Continuo a guardarlo. Tutta qui la sua spiegazione?
“Vuoi dirmi perché eri depresso?”
“La mia ragazza.. Mi ha tradito. Un giorno tornando a casa l'ho trovata a letto non con uno, ma con due tizi. Contemporaneamente. Proprio in questa stanza.”
Lo invito a continuare con lo sguardo. Lui sembra poco propenso, ma poi acconsente a continuare.
“Io facevo il pittore. Dopo che l'ho lasciata sono entrata in una brutta fase depressiva e non riuscivo più a dipingere come prima. Le cose sono peggiorate sempre più, mi sentivo un fallito. Così una notte, ero di fronte ad una finestra e... Sono saltato giù. Sono morto sul colpo.”
Mi spiace molto per lui e rimango a fissarlo con comprensione.
“L'amavi molto?”
“Come un pazzo ma.. Janine non è certo tagliata per la fedeltà. E poi io non le bastavo. A lei piacciono le porcherie.”
“Che razza di sgualdrina!” dico senza neanche pensarci. Mi guarda con stupore. Ho esagerato. “Scusa, non avrei dovuto permettermi!” aggiungo dispiaciuta.
“Non importa. Lo so che è una sgualdrina. Solo che non mi aspettavo che lo dicessi.”
Rimaniamo in silenzio per qualche minuto mentre lo guardo incuriosita. Quella Janine non capisce un tubo di uomini. È proprio carino, anzi, è proprio bello. Anche più di Carlo. Lo vedo arrossire. Accidenti! Dimenticavo che può leggermi nel pensiero. Abbasso lo sguardo e cerco di cambiare discorso.
“In un certo senso, mi ero accorta che qualcuno mi osservava. Eri tu, vero?”
Annuisce con lo sguardo basso. Che c'è? Si vergogna? Non mi avrà visto anche nuda? Ora è ancora più a disagio. Non avrei mai pensato che un fantasma si potesse imbarazzare.
“Tu sei impalpabile come l'aria?” chiedo per portare una conversazione meno incriminante tra noi.
“Dipende, se puoi vedermi puoi toccarmi.”
Improvvisamente mi sembra di riconoscere la sua voce. Dove l'ho già sentita. Comincia a sorgermi un dubbio...
“Per caso tu ieri notte mi hai abbracciato?”
“Ecco... Sì.” ammette senza alzare lo sguardo.
“E la notte prima, mi hai parlato?”
Arrossisce di nuovo. Avevo capito bene. Era lui nel mio sogno! Ecco perché la sua voce mi era sembrata particolarmente familiare.
“Grazie, mi ha fatto molto piacere.”
Mi avvicino e lo bacio su una guancia. Lui mi guarda tra lo sbalordito e l'imbarazzato.
“Non avresti dovuto. Lassù... Non sono d'accordo. Non avrei neanche dovuto farmi vedere ma non potevo lasciarti credere di essere pazza.”
Gli sorrido, è proprio gentile. Lo abbraccio. Inizialmente è imbarazzato, ma poi mi stringe anche lui.
“Spero diventeremo amici. Mi sento tanto sola..”
“Lo so.”
Rimaniamo abbracciati ancora per qualche secondo. È piacevole avere qualcuno a cui appoggiarsi quando ci si sente giù. È confortante. Lo lascio e mi alzo. Il mio stomaco comincia a brontolare. Mentre mi preparo qualcosa da mangiare lui si siede e mi guarda.
“Senti...” mi blocco di colpo. “Cavoli, stavo per chiederti se hai fame, ma dubito sia possibile.”
“Infatti, ma grazie.” replica sorridendo.
Mi siedo a mangiare e lui è sempre lì che mi fissa. Non mi sento molto a mio agio. Lui si alza e mi volta le spalle per guardare fuori dalla finestra. Spero non ci sia rimasto male.
“Non credo sia giusto. Tu sai tutto quello che penso mentre, invece, io di te non so nulla.”
“Cosa vuoi che ti racconti?”
“Cosa dipingevi?”
“Di tutto. Paesaggi, ritratti e, nell'ultimo periodo, anche cose piuttosto astratte.”
“Per esempio?” domando incuriosita.
“Ho dipinto sentimenti come rabbia, odio, dolore, tristezza..”
Accidenti, doveva essere proprio a terra!
“Nessun sentimento positivo come, ad esempio, la speranza?”
“Forse se l'avessi dipinto, ora non sarei qui.”
Mi sembra giusto. Mi dispiace molto per lui.
“Quanti anni hai, cioè, avevi?”
“Avevo appena compiuto 29 anni. Ho fatto proprio una stupidaggine, ora me ne rendo conto.”
“Eri così disperato? Nessuno poteva aiutarti? La tua famiglia? I tuoi amici?”
Cammina nervosamente aventi e indietro e poi si siede abbassando lo sguardo. Sembra scosso, forse non avrei dovuto immischiarmi.
“Si dice che i veri amici si vedono nel momento del bisogno. Evidentemente, i miei non dovevano essere veri amici. Per quanto riguarda la mia famiglia, mia madre è morta qualche anno fa di cancro e mio padre era troppo occupato a contare i suoi soldi per preoccuparsi di me.”
“Come ha preso la tua morte?”
“Chi? Mio padre? Al funerale sembrava che l'unica cosa che lo preoccupasse fosse il prezzo della bara e del funerale. È venuta anche Janine, ha pure pianto. Dopo la mia morte i miei quadri valevano più del triplo. Li ha venduti e si è fatta una bella somma..”
Rimango a osservarlo. Ha uno sguardo veramente triste. Come si può essere così sfortunati?
“C'è stato qualcuno che non ti ha fatto soffrire?”
Mi guarda con dolcezza e accenna un sorriso.
“Mia madre, credo. Ma ho sofferto comunque quando è morta.”
Mi alzo e mi avvicino a lui. Ha lo sguardo basso. Può un fantasma piangere? Non credo ma forse vorrebbe. Lo abbraccio. Non ho mai conosciuto nessuno così triste. Anche lui mi stringe. Rimaniamo abbracciati a lungo e, non so perché, comincio a piangere, per lui e per me. Dopo un po' lui mi lascia, sorride e mi asciuga le lacrime.
“Sei fantastica, lo sai?”
Arrossisco e abbasso lo sguardo. Non ho mai pensato neanche lontanamente di essere fantastica! Mi viene da ridere a pensarci.
“Grazie.” replico un po' imbarazzata. “Si è fatto tardi. È meglio che mi prepari per andare a dormire.”
Mi lascia un po' riluttante. Mi allontano dirigendomi in bagno, ma mi fermo fulminata da un pensiero.
“Ti dispiacerebbe restare visibile e non entrare in bagno mentre ci sono io?”
“Ti ho già vista nuda.” risponde candidamente.
“Sì, ma ora è diverso.”
“Va bene, non preoccuparti.”
Entro in bagno sperando che sia uno che mantiene le promesse. Certo che è proprio carino! Ha, o aveva, un bel fisico, un sorriso smagliante e poi quegli occhi! Sono veramente stupendi. Inoltre ha un piccolissimo neo accanto all'occhio destro che fa risaltare il suo sguardo dolcissimo. È un vero peccato che sia morto. È il genere di ragazzo che mi sarebbe piaciuto incontrare e chissà, poteva nascere qualcosa di bello. Accidenti a me e alla mia fantasia. Non faccio che sognare questo genere di cose. Sono senza speranza. È meglio tornare alla realtà.
Esco dal bagno e lui è in cucina che guarda fuori dalla finestra dandomi le spalle. Sarà quella la finestra da dove è...
“Sì, è questa.” dice voltandosi. “Ho sentito il fruscio dei tuoi pensieri.”
Fruscio? Fa uno strano effetto pensare ai propri pensieri che.. Frusciano? Come dei serpenti? È un bel paragone?
“Io mi sto coricando. Tu che farai?”
“Di solito, sto in camera tua e ti osservo dormire.”
“Davvero?” mi stupisco trattenendo a stento una risata. “Se ti va, puoi farmi compagnia finché non mi addormento. Poi... Non so. Fai quello che preferisci.”
Mi sorride e per qualche istante rimango a fissarlo pensando a quanto è ingiusta la vita. Federico mi segue in camera e mi infilo sotto il mio piumone mentre lui si siede ai piedi del letto. Mi guarda per qualche istante e poi abbassa lo sguardo.
“Perché ieri notte mi hai abbracciato?”
“Perché sapevo che ti sentivi sola e pensavo ne avessi bisogno.” ammette senza alzare lo sguardo.
“E se ti dicessi che ne ho bisogno anche ora?”
Alza lo sguardo e mi fissa seriamente per qualche secondo. Ti prego, accetta... D'improvviso sorride.
“Non c'è problema.”
Si alza e mi raggiunge sdraiandosi accanto a me. Mi piace stare tra le sue braccia, mi sento così protetta da tutti e da tutto.
“Grazie.” gli sussurro all'orecchio.
“Di nulla. Se solo ti avessi conosciuto un anno fa.”
Rimango sorpresa di sentirgli dire una cosa del genere. Cosa sarebbe successo se lui non fosse morto e ci fossimo incontrati per caso? Saremo stati amici o qualcosa di più? Non voglio saperlo, non voglio pensarci. Voglio solo accoccolarmi fra le sue braccia come un gattino indifeso.


CONTINUA

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Capitolo 2
*** Attrazione. ***


Eccoci al secondo capitolo. Ringrazio infinitamente per tutti i commenti e per chi ha messo la storia tra le preferite o le seguite. Gazie! Spero che i prossimi capitoli non vi deludano!
In questo capitolo l'attrazione tra Federico e Ilaria cresce pericolosamente e il fatto di non poter cedere al desiderio li rende frustrati e insofferenti.
Buona lettura!




2 - Attrazione.

Come ho dormito bene! Mi sento così.. Non lo so. È come se fossi rinata. È bello svegliarsi e trovare accanto a te una persona che dolcemente ti augura “Buongiorno”.
“..'giorno.” replico tra uno sbadiglio e l'altro. “Come sono comoda. Non mi va di alzarmi. Che giorno è oggi?”
“Temo sia solo mercoledì.” risponde sorridendo.
“Solo mercoledì? Siamo solo a metà settimana?” chiedo coprendomi gli occhi con la mano in atto disperato. “Non voglio andare a lavoro, lo detesto.”
“Dai, fatti coraggio!”
“Va bene, ma tu verrai con me?”
“Certamente.” mi rassicura lui con un sorriso.
Anche se di malavoglia, mi alzo e mi dirigo in bagno. Faccio una doccia veloce e tonificante. Quando esco dal bagno, lui è di nuovo di fronte a quella finestra a osservare la città mattiniera. Non mi fermo e torno in camera mia. Mi tolgo l'accappatoio e comincio a infilarmi la biancheria. Ho già messo gli slip e sto per prendere il reggiseno quando alzo lo sguardo e, sulla porta, vedo Federico sbalordito che mi fissa. Il cuore comincia a battermi furiosamente e rimango paralizzata a guardarlo. Sono imbarazzata, però lui mi guarda in un modo... Come potrei definirlo? Lusinghiero? Piacevole? Il disagio sta sparendo e ora sono fiera del suo sguardo su di me, leggero come una carezza. Arrossisce, si volta e se ne va. Come devo comportarmi ora? Lui mi aveva già visto nuda però... Ora è diverso. Forse dovrei fare finta di nulla o lo imbarazzerò ancora di più. È inutile pensarci. Supereremo la cosa. Finisco di vestirmi e poi vado in cucina, lui è sempre di spalle, inchiodato alla finestra. Mi preparo la colazione in silenzio, non so cosa dire. Forse è meglio non dire nulla, o no?
“Mi dispiace.” sussurra senza voltarsi.
“Non importa, sono cose che capitano. Eri lì da molto?”
“No, ero appena arrivato. Non capiterà più.” afferma voltandosi finalmente. È veramente dispiaciuto, glielo leggo negli occhi.
“Non preoccuparti. Non è un problema. E poi, hai detto tu stesso di avermi già visto.”
“Sì, però... Ora che mi vedi è imbarazzante..”
Mi metto a ridere. Poveretto! È proprio costernato.
“Lo so, ma non pensiamoci più.”
Fa una strana smorfia. Lo guardo con aria interrogativa. Ho detto qualcosa di particolare?
“Il fatto è che... Per me non sarà facile non pensarci.” spiega arrossendo sempre più.
“Devo prenderlo come un complimento?” chiedo sorridendo.
“Credo di sì.”
“Grazie ma, non credevo che tu potessi avere certi... Pensieri.”
“E' una novità anche per me. Non lo sapevo sino a che non ti ho incontrata.” sussurra con sguardo basso. Le cose si complicano. Bisogna battere in ritirata.
“È meglio che vada o farò tardi..” concludo per salvarmi dall'imbarazzo.

Anche questo stupido lavoro può essere piacevole. So che Federico è qui che mi osserva. È  divertente e mi rende di buonumore. Riesco persino a sopportare le vecchie signore arteriosclerotiche che cambiano idea in continuazione. Evidentemente la sua vicinanza mi fa bene. Mi sento molto meno sola e il tempo passa più velocemente quando lo trascorro tentando di indovinare da che punto mi guarda. Non vedo l'ora di tornare a casa. Voglio parlare con lui e rivolgergli molte domande. Voglio conoscerlo.

Sono a casa e ho appena chiuso la porta di ingresso alle mie spalle. Lui è ancora invisibile. Dove sarà? Chiudo gli occhi concentrandomi, poi a un tratto, sento quella sensazione, quella che mi fa capire da dove lui mi osserva. Riapro gli occhi e fisso un angolo alla mia destra. Lui è lì, ne sono sicura. E poi compare proprio in quel punto, con un immenso sorriso.
“Sei davvero brava. Allora, cosa volevi chiedermi?”
Sussulto. Ancora non sono abituata al fatto che può leggere i miei pensieri.
“Anche lassù sanno tutto quello che mi passa per la testa?”
“Non proprio. A loro arrivano solo i pensieri... Proibiti.”
“Proibiti? Cioè?” domando sedendomi sulla mia poltrona.
“Ad esempio pensieri d'amore o passione verso... Gli individui sbagliati.”
“Vuoi dire come te?”
Sorride e si siede nella poltrona accanto alla mia.
“Sei fin troppo sveglia.”
“Cosa succederebbe se, ipoteticamente parlando, mi innamorassi di te?”
“Io dovrei andare via.”
“E se tentassi di sedurti?”
“Io sparirei prima che possa accadere qualsiasi cosa.”
“E per quanto riguarda te? Anche i tuoi pensieri vengono filtrati?” chiedo sempre più incuriosita.
“Più o meno. L'importante è che se, ipoteticamente parlando, mi innamorassi di te, tu non lo sappia.”
“E se lo sapessi?”
Mi fissa per qualche secondo con sguardo dolce.
“Io non mi riscatterei per un bel po'.”
“Ma dovresti andare via?”
“Non lo so. Non credo.”
Rimaniamo entrambi in silenzio per un po'. È troppo complicato. Non posso pensare perché loro sanno tutto. Non mi è di molto aiuto.
A proposito di aiuto...
“Dov'eri quando io e Carlo ci siamo lasciati o quando mi hanno licenziato?” chiedo dopo aver riflettuto per un po'.
A disagio, si alza e comincia a camminare avanti e indietro per il salotto. Cosa gli prende?
“Ecco...” comincia. “In quei casi... In realtà è stata colpa mia.”
Ho capito bene? Mi alzo in piedi di scatto e lo raggiungo piazzandomi esattamente di fronte a lui fissandolo negli occhi.
“Cosa diavolo... Ma che hai fatto??”
“Ilaria, ho dovuto... Carlo ti tradiva da tempo e a lavoro volevano incastrarti. L'ho fatto per il tuo bene.”
Non riesco a capire. Ma cosa dice? Lo guardo con aria interrogativa. Vorrei una spiegazione.
“Carlo ti ha sempre tradito. Lui... Non gli importava niente di te. E a lavoro due colleghi stavano organizzando un furto e tu saresti stata il capro espiatorio. Ho fatto l'unica cosa che mi è venuta in mente per aiutarti.”
Caspita! Poteva avere anche un po' più di fantasia! Non importa. Le intenzioni erano buone. Ha fatto molto più di quanto non abbia fatto nessun'altro per me. Voleva solo aiutarmi. È quello che conta.
“Allora, grazie. E così Carlo mi tradiva? Interessante. Sapevo che era un bastardo, ma non mi aspettavo che... Meglio averlo scoperto ora. Se l'avessi saputo quando stavamo insieme l'avrei ucciso. Ora, in fondo, non me ne importa nulla. Uno così è meglio perderlo che trovarlo. Spero solo che prima o poi qualcuno gliela faccia pagare. Se lo meriterebbe!”
Mi risiedo nella poltrona. Che schifo! Andavo a letto con uno che andava con chissà quante altre. Mi dispiace  solo di essere stata tanto stupida. Come diavolo ho fatto a non capire che razza di persona era?
Federico si avvicina e mi abbraccia. Non è giusto. Lui è così carino e gentile, perché non possono essere tutti così? E invece, a tutti interessa solo e sempre la stessa cosa.
“Non pensarci più.” mi sussurra dolcemente.
“Proverò. Come era la storia che volevano incastrarmi? Chi?”
“Enrico e Marina. Stavano organizzando tutto in modo che la colpa ricadesse su di te.”
“Che bastardi! E io che credevo fossimo amici!” esclamo stupita.
“Forse è meglio che cambiamo argomento, non credi?”
“Va bene. C'erano altre cose che volevo chiederti, ma ora non mi viene in mente niente. Raccontami tutto di te. Ogni cosa.”
“Sei così curiosa?”
“Sì, ti prego.”
Lui sorride poi chiude gli occhi e fa un profondo sospiro.
“Che posso dirti? Quando ero piccolo, vivevo in campagna. Mio padre aveva un allevamento di cani. All'epoca aveva ancora del tempo per me. Un giorno quando avevo 8 anni mi ha detto “Ti regalo un cucciolo. Scegli quello che vuoi”. Ne aveva una ventina. Ne ho visto uno completamente bianco, come la neve, un pastore maremmano. “Diventerà molto grande, come farai a badargli?” mi ammoniva mio padre. Io però, non volevo sentire ragioni. Volevo solo lui e l'ho convinto. L'ho chiamato Hermes, siamo cresciuti insieme. È morto una decina d'anni fa. Per molto tempo è stato il mio migliore amico.”
“Ti manca?”
“Mi mancava. Ora mi rendo conto che era vecchio e stanco. Morire per lui è stata una liberazione.”
“Come lo è stato per te?”
Mi guarda per un attimo molto seriamente.
“No, per me è stata solo una cretinata che non avrei dovuto fare.”
“E tua madre? Che tipo era?” domando cambiando argomento.
“Mia madre...” comincia sorridendo. “Era una persona molto dolce e ho preso la vena artistica da lei. Non c'era nulla che non sapesse fare. Aveva delle mani magiche. Mi ha insegnato a dipingere e a lavorare la creta. Ma la cosa che più amava era scrivere libri per bambini. Era veramente brava. Quando avevo 10 anni è rimasta incinta, ma ha avuto un aborto spontaneo. Da allora non è stata più la stessa. Credo non abbia mai superato del tutto questo fatto e ha smesso di scrivere. Ha voluto trasferirsi in città, diceva di voler cambiare aria, ma non l'ha aiutata. Quando le hanno diagnosticato il cancro non ha avuto la forza di reagire e la malattia ha progredito sempre più rapidamente. È morta sei anni fa.”
“E tuo padre?”
Fa una smorfia. Suo padre non doveva essere molto presente neanche quando stava male la moglie.
“Aveva aperto una fabbrica di cibo per cani. Gli affari gli sono sempre migliorati sino a che si è ritrovato ad avere una decina di fabbriche sparse per tutto il paese. Era sempre impegnato e quando lei è morta era in viaggio d'affari. Non ha versato nemmeno una lacrima.”
“Magari l'ha fatto in privato...”
“Non l'ha fatto.”
“Come fai a saperlo?”
“Lo so.”
Sembra un po' scosso. Parlare del padre lo turba.
“E tu come l'hai presa?”
“Le ero molto legato. Ho pianto come un bambino. Siamo sempre stati molto uniti. Lei era un punto fermo nella mia vita. Mi ha sempre sostenuto e io sono sempre stato sempre al suo fianco sino a che non è morta. Mi mancava da impazzire. Sai, l'ho rivista al mio funerale. O meglio, il suo fantasma. È stato strano, aveva uno sguardo triste e ha detto solo “Non avresti dovuto arrenderti” mi ha mandato un bacio ed è scomparsa.”
“Mi dispiace.” dico abbracciandolo con le lacrime agli occhi.
Ha sofferto molto e mi chiedo come abbia fatto a resistere tanto a lungo. Io credo che sarei impazzita prima.
“Scusami, non avrei dovuto chiederti di lei.”
“Non importa, ormai è passato.” dice con un sorriso malinconico.
“Almeno tu hai potuto conoscerla. La mia è morta quando sono nata. Quante volte, in mezzo ai problemi, avrei voluto averla vicina. Sono cresciuta con mio padre e mio fratello, avevo bisogno di una figura femminile. Però quando mio padre si è risposato non sono riuscita a legare con sua moglie. Lei non era come mi aspettavo e non ci siamo mai piaciute. Capita no? Non tutti possono andare d'accordo. Eppure avevo sempre pensato che se mio padre si fosse risposato avrebbe scelto qualcuno che piaceva anche a noi. E invece no. Mi è sempre rimasto il desiderio di avere una madre vicino. È per questo che ti ho chiesto di parlarmi della tua. Volevo sapere come ci si sente ad averla.”
“Sono sicuro che tua madre ti osserva da lassù e ti vuole un mondo di bene. Non essere triste. Mi occupo io di te.” afferma abbracciandomi come se fossi una bimba piccola.
“Grazie.”
Per fortuna c'è lui. Mi tiene fra le braccia per un po'. È una bella sensazione avere qualcuno che si preoccupa per te e ti consola.
“Perché non ci siamo conosciuti prima?”gli domando.
Lui ride e i suoi occhi risplendono.
“Bella domanda. Me la faccio spesso anche io.”
“Saremo stati grandi amici. Veri amici.”
“Lo siamo già. E poi non credo che saremo stati solo amici...” suggerisce lui con tono allusivo.
“Ehi, signor Modestia!” replico ironica. “Chi credi di essere? Richard Gere?”
“No, ma spesso penso che io e te insieme saremo potuti essere felici.”
È passato per la testa anche a me, ma non avrei mai potuto ammetterlo.
“Un momento! Mi stai prendendo in giro! Sai che l'ho pensato e lo dici per prenderti gioco di me..” dico irritata.
Si mette a ridere e il suo sorriso illumina la stanza. Poi diventa serio di nuovo.
“È vero. Ma lo penso anche io, sul serio.”
Sembra sincero. Rimango qualche istante stupita. Poi mi riavvicino lentamente a lui.
“Vorresti venire a letto con me?” gli sussurro all'orecchio maliziosa. “Sai che non reggeresti il ritmo?”
“Lo so che scherzi.” mi smentisce sorridendo.
“È vero, ma resta il fatto che se facessimo l'amore, non potresti più lasciarmi.”
“Interessante. Ora la smetti di atteggiarti a porno star?”
Ora sono io a ridere. Non posso fingere con lui, neanche per scherzo.
“D'accordo.” concludo.
Mi alzo e mi dirigo in cucina. Comincio ad avere un certo appetito e mi preparo qualcosa da mangiare.
“Comunque, credo che tu abbia ragione.” esclama qualche minuto dopo osservandomi.
“Riguardo a cosa?”
“Anche io credo che, se venissi a letto con te, poi mi sarebbe molto difficile lasciarti.”
“Io scherzavo!” replico stupita.
“Io no, sei proprio il mio tipo.”
Abbasso lo sguardo arrossendo. Anche lui è il mio tipo.
“E Janine? Anche lei lo era?”
“Credevo di sì ma ora so che mi sbagliavo. Siete molto diverse, anche d'aspetto. È bionda, occhi azzurri. Ti ho detto che è francese? L'ho incontrata a Parigi, al Louvre. Io ero incantato a guardare la  Monnalisa e poi, voltandomi, l'ho vista accanto a me. Mi è piaciuta subito, ma credo che lei si sia messa con me solo per andarsene dalla Francia.”
“Quanto siete rimasti insieme?”
“Due anni. Sono sicuro che mi ha sempre tradito. Era solo un caso che non l'avessi ancora colta sul fatto. Per questo quando ho visto che Carlo si comportava allo stesso modo, ho deciso di fare qualcosa. Forse ho sbagliato, ma non sapevo cos'altro fare.”
“Hai fatto bene, grazie.” lo rassicuro.
Mi sorride e si siede sul divano rannicchiandosi in un angolo.
“Puoi anche sdraiarti se vuoi.” lo invito.
“Sono più comodo così.”
Strano, solitamente si sta più comodi sdraiati. Evidentemente lui preferisce stare seduto. Ma allora...
“Sei stato scomodo stanotte?”
“No, anzi.”
“Se non vuoi più dormire con me... Se sei scomodo, devi solo dirlo.”
“Non preoccuparti. E poi sinché mi vorrai io ti starò sempre vicino.”
Accidenti, come si fa a resistere a certi frasi così tenere dette in una maniera così dolce?
“Sei sicuro di non essere un angelo?”
“Sì, certo. Anzi, di questo passo divento un diavoletto.”
“Perché?” chiedo senza comprendere.
“Per i pensieri che continuo a fare. Gli angeli non desiderano certe cose.”
“Cioè? Spiegati meglio.”
“Se fossi vivo, vorrei chiudermi con te in una stanza da letto e non ti farei più uscire per almeno una settimana. Il resto immaginalo.”
“Effettivamente, non credo che siano pensieri da angelo.”
Sono stupita, non avrei mai immaginato che lui desiderasse certe cose. Beh... Siamo in due.
“Chissà che mi prende. Non facevo certi pensieri neanche da vivo. Sarà perché ti ho sempre così vicino o forse sarà l'astinenza. Non lo so.”
“Perché? Lo facevi molto spesso?”
“Con Janine, sì. Poi quando ci siamo lasciati sono rimasto due mesi senza e poi mi sono suicidato.”
“Allora ti sei ucciso perché eri in astinenza?” chiedo ironica.
Ridiamo entrambi.
“No, se fosse stato solo per quello non mi sarei mai suicidato. Mi è capitato di restare senza sesso anche più a lungo.”
Sesso... Mi ricordo a mala pena cos'è. Sono quattro mesi che posso solo sognarlo.
“Dovresti trovare qualcuno.” aggiunge Federico qualche minuto dopo.
“Come se fosse facile! Con chi dovrei provare? Con i vecchietti che vengono al supermercato?”
“Dovresti uscire più spesso. Svagarti, conoscere gente nuova.”
“Con chi dovrei svagarmi? Ho perso tutte le mie amiche e sono sempre sola. Ma adesso ci sei tu.”
Lo vedo cambiare espressione e diventare serio e pensieroso.
“C'è qualcosa che non va?” chiedo preoccupata.
“Io non resterò a lungo.”
Una doccia gelata o una pugnalata alla schiena mi avrebbero sorpreso molto meno.
“Cosa? Vuoi dire che mi lascerai? Quando?” domando con un filo di voce.
“Non lo so esattamente. So solo che prima o poi mi richiameranno.”
Mi siedo sconvolta. Se ne andrà... E io sarò di nuovo sola. Gli occhi mi si riempiono di calde lacrime e comincio a singhiozzare. È possibile che mi sia già affezionata a lui? Il fatto è che mi sembra di conoscerlo da sempre. Con lui, dopo tanto tempo, mi sono sentita tranquilla e allegra. Ho avuto qualcuno con cui confidarmi, ridere e scherzare. Ormai siamo amici. Non può andarsene così, non può!
Mi raggiunge e mi prende il viso fra le mani.
“Non piangere piccola.”
“Non voglio che tu te ne vada.”
“Devo, prima o poi. Ma abbiamo ancora tempo.”
“Per cosa? Che fai? Mi porti a ballare?” domando sarcastica.
“Se potessi, lo farei.” afferma sorridendo prima di abbracciarmi.
Non è giusto! Sto tanto bene con lui. Perché è tutto così difficile?
Mi riprendo finalmente e smetto di piangere. La mia cena ormai è gelata, ma non mi importa. Controvoglia inizio a mangiare lentamente. Lui continua a starmi accanto osservandomi. Poi fa una faccia buffa e involontariamente sorrido.
“Devi sorridere più spesso. Sei così carina.”
“Bugiardo, ma grazie.”
“Non è una bugia.” replica seriamente.
Continuo a mangiare ignorando le mie guance in fiamme.
“Sono stanca, è meglio che mi prepari per andare a dormire.” esclamo una volta terminato di mangiare.
Quando un quarto d'ora dopo mi infilo sotto le coperte mi sento ancora così triste! Lui mi raggiunge, si sdraia accanto a me e mi abbraccia, ma quelle maledette lacrime riprendono a scorrere.
“Ilaria, non piangere, ti prego.”
“Non... Riesco... A... Smettere...” singhiozzo.
“È tutto a posto. Non disperarti.” mi sussurra dolcemente all'orecchio mentre mi stringe più forte a sé e mi accarezza i capelli.
“Non è tutto a posto! Che farò? Mi mancherai da morire...”
Chiudo gli occhi e mi appoggio su di lui, mi fa sentire sicura stare tra le sue braccia.

È proprio duro svegliarsi quando si è passata una notte così. Ho dormito come una neonata cullata fra le sue braccia forti e protettive.
“Dovresti alzarti.” mi sussurra dolcemente.
È passato qualche giorno dalla mia crisi di pianto isterico e ora sto meglio. Mi rassegno al fatto che la sua presenza è solo temporanea anche se, ovviamente, non ne sono felice.
“Ti prego, è sabato.”
“Ma tu lavori anche oggi!”
“Mi darò malata!”
“Con quella faccia? Hai l'aspetto più sano che abbia mai visto!”
Ci mettiamo a ridere entrambi.
“D'accordo, mi alzo.”
Con uno sforzo mi siedo sul letto ma poi mi rituffo sul cuscino con aria disperata.
“Ti scongiuro, lasciami dormire.” lo imploro.
“Non posso, non puoi perdere il lavoro.”
“E va bene.” acconsento infine.
Mi alzo sbuffando e mi dirigo in bagno. Deve ringraziare di essere così carino, altrimenti avrei potuto schiaffeggiarlo. Dormivo così bene!
Poveretto, mi fa certe cortesie e io penso a prenderlo a schiaffi. Sono proprio maligna.
Esco dal bagno un po' più sveglia e comincio a prepararmi la colazione.
“Oggi finisci di lavorare prima, vero?” chiede con noncuranza nonostante sappia già la risposta.
“Sì, faccio solo mezza giornata. Perché?”
“Dovresti uscire.”
“Per andare dove?”
“Non lo so, ma non puoi stare sempre chiusa in casa.” dice premurosamente.
“Non ti preoccupare per me. Sopravviverò.”
Mi guarda in modo strano, poi si alza e si affaccia alla finestra. Mi preparo per andare a lavoro o farò tardi. Corri Ilaria!

Rientro in casa con un sospiro. Fine settimana! Era ora. Sono esausta. Mi sdraio sul mio adorato e comodissimo divano. Non mi sembra vero dopo aver passato tutto il giorno in piedi.
“Pigrona!” mi rimprovera Federico.
“Sono stanca. Raccontami qualcosa, possibilmente di divertente.” lo imploro.
“Cosa potrei dirti?”
“Non lo so, qualsiasi cosa. So così poco di te.”
“Mi dispiace, non mi viene in mente niente di divertente.” replica desolato. “E a te?”
Faccio cenno di no con il capo.
“Siamo proprio messi bene!” esclama ridendo.
Mi alzo e metto su un CD. Sempre meglio del silenzio che spesso è opprimente.
“Carlo è stato proprio un idiota.” mormora alle mie spalle.
Mi volto lentamente e mi ritrovo faccia a faccia con lui. Alzo lievemente il capo per poterlo guardare nei suoi splendidi occhi neri.
“Lo pensi sul serio?”
“Sì, certo. Molte persone non si rendono conto delle fortune che hanno.”
Lo guardo incredula alzando le sopracciglia.
“Sarei io la fortuna?”
“Naturalmente.”
“Anche Janine ha fatto lo stesso errore. Quei due sono uguali. Come noi due.”
“Credo che tu abbia ragione.” ammette passando una mano fra i miei capelli.
Socchiudo gli occhi, è così piacevole sentire le sue dita giocherellare dolcemente con le mie ciocche castane. Quando riapro gli occhi, lui mi sta fissando, è vicinissimo. Il cuore mi batte forte e il respiro si fa affannoso. Lui mi prende fra le braccia delicatamente e posso appoggiare il capo sulla sua spalla mentre le sue labbra solleticano la mia fronte.
“Federico... Che ci succede?” chiedo in un momento di razionalità.
“Non lo so.” sussurra poco prima di fuggire dall'altro lato della stanza. “Mi spiace Ilaria. Non fuggo da te, sia chiaro, ma da me stesso. È una situazione assurda. Non posso fare a meno di desiderarti. Il che, oltre che proibito, è del tutto innaturale.”
Innaturale per lui, forse. Per me è più che naturale desiderarlo. Lui è bellissimo, dolcissimo e io non faccio l'amore da troppo tempo.
“È tutto troppo complicato. Per non parlare dei famosi pensieri proibiti. Non è colpa mia se penso certe cose. Il mio subconscio è quello che è. Non posso farci nulla.” mi giustifico.
“Hai ragione, ma questo non cambia le cose.”
“Lo so.”
“Forse non dovremmo pensarci, o almeno provarci, non credi?” domanda con un sorriso forzato. “Ehi! Tu non hai ancora mangiato!” aggiunge subito dopo.
Mi metto a ridere. Si preoccupa sinceramente per me ed è quasi commovente. Mi dirigo in cucina per prepararmi qualcosa di veloce, ho voglia di dormire, sono troppo stanca..
“Mi è venuta in mente una cosa divertente.” esclama mentre mi siedo a tavola. “Un anno e mezzo fa io e Janine siamo andati allo zoo. Sai lei è una vegetariana convinta e non faceva che parlare di gruppi animalisti. Ci siamo fermati alla gabbia delle scimmie e lei non faceva altro che ripetere “Guarda come sono carine!”, sino a quando una scimmia non l'ha sputata in faccia. È andata via esponendo il suo dizionario di imprecazioni in francese. Da quel giorno non ha più parlato di gruppi animalisti!”
“Quella scimmia ha fatto bene!” commento ridendo. Riprendo a mangiare immaginando la bellissima e perfettissima Janine che viene sputata da una scimmia.. Questo sì che è divertente.
“Hai avuto altre storie importanti prima di lei?” domando tornando seria. Si siede accanto a me con aria pensierosa.
“Sì, due. La prima quando avevo 21 anni. Si chiamava Angela. Pensavamo di sposarci, ma poi mia madre è peggiorata e io stavo perennemente al suo capezzale. Mi sono reso conto che stavo trascurando Angela. Le ho spiegato le mie motivazioni e l'ho lasciata.”
“L'hai più rivista?”
“Sì. È sposata e ha un paio di bambini.”
Chissà perché mi si affaccia alla mente l'immagine di due bimbi che somigliano in maniera impressionante a Federico. Sarebbe stato carino come papà...
“E la seconda?”
“Si chiamava Laura. Siamo stati insieme quasi 3 anni, poi lei si è resa conto di essere lesbica.”
“Sul serio?”
“Sì, certo. Doveva per forza accorgersene solo dopo essere stata con il sottoscritto!” esclama sarcastico.
Poveretto! Non gliene è andata una dritta! Lo capisco, anche io ho avuto una serie di ragazzi disastrosi. Uno voleva portarmi in Amazzonia, un altro pregava Dio di perdonarlo ogni volta che facevamo l'amore, e un altro a cui piaceva insultarmi nell'intimità. E poi, ovviamente, c'è stato Carlo. Che posso farci? La sfortuna fa parte della mia vita.
“Quante donne hai avuto?” continuo a domandargli.
“Come sei curiosa!” mi rimprovera.
“E dai! Tu lo sai quanti uomini ho avuto io.”
“Una decina, mi pare..”
“Solo?” mi stupisco. Ma si è visto? “In quanto tempo?”
“12 anni. Perché dici solo? Ho avuto storie abbastanza lunghe e sono un tipo fedele..”
“E sei anche romantico?” chiedo sempre più curiosa.
“Sì, certo. Quanto è necessario.”
Faccio un profondo sospiro melodrammatico.
“Ragazzi come te non ne esistono più. Eri l'ultimo della specie.”
“Se dici così mi fai sentire un panda del WWF!”
Ridiamo e mi scappa uno sbadiglio. Come sono stanca! Mi alzo e mi dirigo in camera da letto. Mi sdraio e affondo la testa sul mio morbido cuscino.
“Riposati piccola.” mi sussurra Federico all'orecchio.
“Sei gentile.” lo ringrazio con un sorriso.
Mi accoccolo fra le sue braccia come un gattino mentre lui mi accarezza dolcemente una guancia.

Mi sento scuotere debolmente. A fatica, spalanco gli occhi. Federico è accanto a me con una strana espressione.
“Che succede?”
“Suonano alla porta.”
“Chi è?”
“Veramente... È Carlo.”
“Che diavolo vuole? Lascialo suonare.”
Mi rituffo nel cuscino, ma il campanello continua a suonare in maniera irritante. Quel bastardo sa che sono a casa, avrà visto la mia macchina parcheggiata. Accidenti a lui! Mi alzo sbuffando, quanto lo odio! Guardo dallo spioncino. È proprio lui, non è cambiato di una virgola, con i suoi occhi blu che avevo adorato al primo sguardo, il fisico atletico e le sue pose che fanno capire a chiunque quanta sfrontata fiducia abbia in se stesso.
Apro la porta solo di pochi centimetri, il tanto necessario per vederlo in viso. Quanto è disgustoso, ha il coraggio di sorridermi!
“Che vuoi?” domando astiosa.
“Ciao come stai? Posso entrare?”
“No. Te lo ripeto: Che vuoi?”
“Parlarti.”
“Io no. Addio.”
Tento di chiudere la porta, ma lui mi blocca.
“Ti prego Ilaria! Sono qui per chiederti scusa!”
“Davvero? Che è successo? Le tue amichette ti hanno piantato?”
Sbianca facendo una smorfia. Non poteva immaginare che io sapessi. La sua espressione è comica, ci vorrebbe una foto.
“Di che parli?” chiede perdendo gran parte della sua odiosa sicurezza.
“Di quelle con cui mi tradivi.”
“Ma che dici? Io non...” tenta di negare.
“È inutile che menti. Lo so da fonte certa. Ora sparisci.”
“Chi te l'ha detto?”
“Non importa. L'unica cosa che conta è che non ti voglio vedere. Non volevo farlo quattro mesi fa, figurati ora! Inoltre mi hai disturbato, dormivo.”
“Con chi? Scommetto che hai un altro. È per questo vero?”
La sua insinuazione è così tipica di lui. Vuole rivoltare la frittata cercando di far ricadere ogni colpa su di me. Viscido verme. È così nauseante.
“No, e anche se fosse non sarei tenuta a risponderti. Addio.”
Riesco a chiudere la porta velocemente e questa volta non riesce a bloccarmi. Dall'altro lato, lui comincia a insultarmi. Lo ignoro e mi tuffo nuovamente nel mio letto. Finalmente sento i suoi passi allontanarsi giù per le scale. Federico mi raggiunge subito dopo.
“Come ti senti?” domanda dolcemente.
“Nauseata. Come facevo a non accorgermi che è così... Rivoltante! Sono stata una vera idiota a stare con lui.”
“Capita a tutti di sbagliare.” cerca di consolarmi.
Lo abbraccio, ho bisogno di sentirmi protetta, rassicurata. Federico mi accarezza lentamente la schiena con la sua grande mano delicata.
“Perché non sono tutti come te?” sussurro al suo orecchio.
“Sarebbe una vera noia.” replica sorridendo.
“Tu non sei noioso.”
“Ma se fossimo tutti uguali sarebbe davvero molto noioso. La varietà rende la vita più interessante.”
“Ma sarebbe meglio avere qualcosa su cui contare. Invece così... È come giocare alla roulette.”
“Lo so.”
“Federico...” mormoro facendo le fusa come una gatta. “Sai dove vorrei essere ora? In un isola tropicale, sotto un sole caldo e avvolgente. E tu?”
“Anche a me piacerebbe, ovviamente da vivo.”
Mi stringo più forte a lui poggiando la mia guancia sulla sua.
“Come avrei voluto incontrarti prima. Non è giusto!” esclamo seccata.
“Che vuoi farci? Frequentavamo ambienti molto diversi. Forse era destino.”
Lo guardo sconcertata.
“Tu credi nel destino?”
“Sto cominciando a farlo.”
“Non capisco come puoi. Cioè, se mi investono è perché non ho guardato bene prima di attraversare, non perché il destino voleva farmi arrivare al pronto soccorso per farmi innamorare di un medico.”
Mi sorride con condiscendenza.
“Può darsi. Ma se Janine non mi avesse tradito, io non mi sarei suicidato e non ci saremmo mai conosciuti.”
“È solo un caso.” insisto testardamente.
“È destino. Ci sono cose che non sempre hanno una spiegazione. Devi solo crederci.”
“Ma...” tento di protestare.
“Dopotutto sino a pochissimo tempo fa non credevi neanche ai fantasmi. Ora invece sì.”
“Ma ora ne ho le prove!” esclamo infervorandomi.
Federico comincia a ridere. Che fa? Mi prende in giro? Lo guardo con aria interrogativa e lievemente irritata. Come si permette?
“Perché ridi?”
“Perché anche io la pensavo come te. Prove, solo prove. Poi, mio malgrado, ho capito che le prove non sono altro che punti di vista. Se per te una cosa è ovvia e certa, non lo è necessariamente per qualcun altro.”
Lo fisso per qualche istante. Ha una sua logica, come sempre. Detesto ammettere di avere torto ma con lui non posso fare altro. Legge nei miei pensieri e ha sempre ragione, accidenti!
“Ma tu sei un pittore o un filosofo?” chiedo con ironia.
“Un po' tutti e due. Tu invece sei un infedele.”
Ci fissiamo seriamente negli occhi per qualche secondo e poi, contemporaneamente, scoppiamo a ridere come due pazzi.
“Certo che ne abbiamo detto di sproloqui!” commento quando mi riprendo dalle risate.
Solo ora mi rendo conto di essere letteralmente addosso a lui. Siamo più appiccicati di una busta e un francobollo. Appoggio il capo sul suo petto così forte e perfetto e socchiudo gli occhi. Sento le sue braccia stringermi con dolcezza. Il cuore mi batte sempre più velocemente, non capisco più nulla. L'unica cosa che riesco a identificare sono le sue mani che mi accarezzano la schiena. Come sto bene con lui! Non mi importa nulla di nient'altro, di nessun'altro. Mi sento come se una musica silenziosa ci spingesse l'una nelle braccia dell'altro. Alzo leggermente la testa e vengo catturata dal suo sguardo profondo. Il suo viso, le sue labbra... Cosa c'è di più bello?
Improvvisamente, lui mi lascia e si allontana dall'altro capo della stanza. Mi sento invadere da un freddo odioso. Lo guardo con aria interrogativa. Che gli prende?
“Mi spiace. Non ce la faccio. Finirò per fare una sciocchezza.”
“Una sciocchezza?” ripeto senza capire.
“Vedi quando ti abbraccio vorrei tanto essere vivo per... Oddio, ma come si può? Sono morto eppure non mi sono mai sentito così vivo.”
È nervoso. Non riesce a stare fermo e cammina inutilmente avanti e indietro.
“Sai, se tu avessi realmente fatto una sciocchezza io... Io ti avrei lasciato fare.”
“Forse è proprio perché so che anche tu vorresti... Oppure... Non lo so. Accidenti! Non posso neanche farmi una doccia fredda!”
Mi viene da sorridere. Chissà come è carino sotto la doccia. Ma che vado a pensare? Lui mi guarda imbarazzato mentre io arrossisco. Beccata in pieno in pensieri proibiti.
“Che possiamo fare?” domando senza alzare lo sguardo.
“Non lo so.” risponde sconsolato uscendo dalla stanza.
Io mi sdraio nuovamente sul letto esasperata. Che situazione! Entrambi ci sentiamo così attratti l'uno dall'altra, ma ci sono delle barriere insormontabili che non potremo mai superare o abbattere. È  davvero frustrante. Non c'è nulla che possiamo fare. Mi perdo nei pensieri non riuscendo a collegarli logicamente, sinché le palpebre mi si chiudono pesantemente.

Mi sveglio lentamente con uno sbadiglio. Dalla finestra non filtra nessuna luce, è buio. Quanto avrò dormito? Mi alzo e mi dirigo in cucina. Federico è lì, seduto su una sedia, con aria assorta fissa il pavimento.
“Ben svegliata..” esordisce senza neanche alzare lo sguardo.
Non ha un tono di voce molto allegro.
“Come va?” chiedo a bassa voce.
“Come deve andare? Sono morto! Forse non l'ho ancora accettato del tutto. Devo rassegnarmi.”
È così triste. Mi dispiace molto per lui. È tutta colpa mia, non gli rendo facile il suo compito. Forse dovrei...
“Non è colpa tua. Ma perché diavolo mi sono suicidato? Sono proprio un idiota!”
“Tu non sei un idiota.”
“Certo! È stato geniale suicidarmi!” replica sarcastico alzando finalmente il suo bellissimo e triste sguardo.
“Non dire così. Avevi ragione tu, è stato destino.”
“No! Io ho deciso di suicidarmi. Il destino è solo una stupidaggine come dicevi tu..”
Mi fa male vederlo in questo stato. È disperato. Lo capisco, ma deve tirarsi su.
“Federico, tu stavi male! Non è stata una decisione presa lucidamente. Quando si è depressi non si riesce a pensare in maniera chiara.”
“Questo non mi giustifica.” dice con estrema amarezza.
“Sì, invece. Infatti ora che ragioni con lucidità ti rendi conto che non avresti dovuto.”
Si passa le mani fra i capelli in atto disperato.
“Ilaria... Mi sento un fallito!”
“Non lo sei.” replico facendo qualche passo nella sua direzione.
“Sì, invece. Cosa ho concluso nella mia vita? Nulla, al primo ostacolo mi sono arreso.”
Mi avvicino ancora sino ad essere proprio di fronte a lui.
“Non devi dire così.”
Alza lo sguardo verso di me come a cercare conferma nel mio viso. Allunga lentamente le braccia e mi attira più vicino a sé e poi appoggia il capo sul mio ventre, abbracciandomi come un bambino.
Rimaniamo fermi in quella posizione per diverso tempo e io non posso fare a meno di passare le mani fra i suoi capelli corvini per consolarlo. Lui deve aiutare me, ma io devo aiutare lui.
Quando finalmente alza il viso e mi guarda, sembra molto più tranquillo e rilassato.
“Ti senti meglio?”
“Sì, grazie.” afferma sorridendo. “Sei la mia salvatrice.”
Ricambio il sorriso. È così carino! Sembra un bimbo. Ho quasi voglia di morderlo! Mi siedo accanto a lui e lo prendo per mano.
“Non voglio più vederti triste. Sei così carino quando sorridi.”
“Tenterò. Tu mi fai la stessa promessa?”
“Tenterò anch'io.”
Mi abbraccia passandomi il braccio attorno alle spalle.
“Come ho fatto senza di te?”
“Vale anche per me.”
Sorride mentre giocherella con una ciocca dei miei capelli.
“Federico... Siamo due disgraziati.” aggiungo. “Niente nella nostra vita è andato come sarebbe dovuto andare, ma non è colpa nostra. Chiamalo destino o caso, resta il fatto che noi non ne abbiamo colpa. È inutile esasperarci non credi?”
“Hai ragione. È solo che... Vorrei che ci fossimo incontrati in una situazione diversa.”
“Lo so. Anche io.”
Appoggio il capo sulla sua spalla e socchiudo gli occhi lasciandomi trasportare dall'immaginazione. Se lui fosse il mio ragazzo. Se questo, se quello...

CONTINUA

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Capitolo 3
*** I ritratti. ***


La convivenza è sempre più difficile e una particolare richiesta di Ilaria mette sempre più in difficoltà Federico.
Buona lettura.

3 - I ritratti.

Il tempo vola in maniera impressionante. Sembra ieri che ho conosciuto Federico e, invece, è già passato più di un mese. La nostra convivenza ha degli aspetti un po' complicati, ma ce la caviamo. Cerchiamo di evitare di stare troppo vicini e, se capita, o io o lui ritroviamo la ragione prima che sia troppo tardi. È una persona stupenda e non voglio correre il rischio di perderlo per una sciocchezza.
Mi ha raccontato altri aneddoti sulla sua infanzia, i suoi genitori e Janine. È un ragazzo molto dolce e sensibile e la notte continua a starmi accanto stringendomi fra le sue braccia. Per evitare qualsiasi inconveniente, io indosso sempre dei pigiami che di sexy non hanno proprio niente. Forse li usano anche le suore!
È molto rassicurante svegliarmi accanto a Federico, ma questa mattina, appena apro gli occhi, mi rendo conto che lui non è accanto a me. Mi siedo sul letto e lo vedo seduto in terra dall'altra parte della stanza. Appoggia completamente la testa e le braccia sulle gambe piegate. Cosa gli prende?
“Ciao.” mi saluta con voce piatta senza muoversi.
“Ciao, ma...”
“Mi sono dovuto allontanare.” mi interrompe alzando il viso con uno strano sorriso.
“Perché?”
“Tu non te ne sei accorta ma, mentre ti rigiravi nel sonno. Ti si è spostato il reggiseno.”
“Davvero? Molto?”
“Abbastanza.” risponde con un sorriso malizioso.
“Mi dispiace!”
Sono davvero mortificata. Se si è dovuto allontanare allora significa che... Mi capitano cose simili di continuo, anche se cerco di stare attenta!
“Non importa.” conclude lui.
Rimaniamo in silenzio per un po'. È tutto così difficile. Così vicini eppure così distanti.
Decido di alzarmi. Oggi è domenica e non lavoro. Non so che farò. Probabilmente resterò come sempre a casa a chiacchierare con Federico. Non mi dispiace, anzi mi fa molto piacere, ma ormai ci siamo già detti tutto. Veramente io non ho bisogno di dire nulla. Lui sa già tutto.
Mi preparo la colazione, ho proprio fame. Devo essere di buon umore perché mi viene da canticchiare, il che è piuttosto raro. Accendo la radio, questo posto è troppo silenzioso. Voltandomi, mi ritrovo di fronte a Federico. Siamo così vicini che se faccio solo mezzo passo gli sono fra le braccia.
“Sei comparso all'improvviso.” esclamo per giustificare il mio cuore dal battito frenetico.
“Ero qui da prima, ma non te ne sei accorta, eri distratta.”
“Canticchiavo.” replico abbassando lo sguardo.
“Sì, eri carina.”
Arrossisco come un peperone.
“E tu sei un bugiardo, ma grazie.”
Mi sfiora il mento con una mano costringendomi a guardarlo in viso.
“Perché dovrei mentirti?” chiede seriamente.
Rimango a fissare quegli occhi sinceri e profondi in cui potrei anche annegare.
“Non lo so.” sussurro emozionata.
Improvvisamente, mi ritrovo fra le sue braccia. Come è successo? Gli sono caduta addosso o mi ha preso lui? Non potrei dirlo. È stato un movimento veloce e io ero così presa a fissarlo che non mi sono accorta di nulla.
“Ti ho preso io.” afferma sorridendo annullando i miei interrogativi.
“Perché?”
“Perché volevo sentire il tuo profumo e il battito del tuo cuore.”
Arrossisco di nuovo. Se sente il battito del mio cuore, si rende conto che è quasi impazzito?
“Forse dovresti lasciarmi.”
“Non mi va.”
Mi stringe più forte affondando il viso nei miei capelli. Chiudo gli occhi, è così piacevole stare tra le sue braccia! E poi quando lui mi abbraccia mi fa sentire speciale. Mi sembra di essere bellissima solo perché lui mi desidera. Ilaria! Ma cosa vai a pensare?
“Stiamo esagerando, non credi?”
“Hai ragione.” ammette con un sospiro. “Qualche volta non rifletto.”
Si allontano e sento un grande freddo. È proprio un inferno. È come essere affamati, essere di fronte ad un banchetto, ma non poter toccare neanche una briciola. Una vera ingiustizia.
Mentre faccio colazione, lui è sempre ancorato a quella finestra. Credo la odi. Non fa che ricordargli quello che ha fatto. Se solo potessi fare qualcosa per lui...
“Federico?” lo chiamo d'impulso. “Ti manca la pittura?”
Si volta lentamente e mi sorride.
“Ma che domande fai?”
“Sono curiosa. Allora?”
“Sì, un po'.” replica con tono rassegnato.
“Perché non ti rimetti a dipingere?”
“Scherzi? No, non scherzi. Devi essere impazzita.”
“Se puoi abbracciare me, perché non puoi stringere tra le dita un pennello?”
Mi guarda con aria pensierosa. Sembra ci stia riflettendo seriamente.
“Ci penserò.”
Si volta di nuovo. È davvero esasperante. Forse non è giornata. D'accordo, se è di cattivo umore lo lascerò in pace. Non mi costerà nulla ignorarlo con tutto quello che ho da fare. Peggio per lui.

Ormai è sera. Ho passato l'intera giornata a ignorarlo come lui ha fatto con me, ma questa storia non mi piace. Io voglio stare con lui, perché devo ignorarlo? Comunque se è di cattivo umore non posso certo costringerlo a stare con me se lui non vuole. Lo obbligano già da lassù.
Sono un po' stanca. Mi sdraio nel mio lettone e mi copro con una coperta. Ho appena chiuso gli occhi per riposare, quando mi sento scuotere lentamente.
“Che c'è?” chiedo riaprendo gli occhi.
“Ti devo parlare. È importante.”
Sembra davvero una cosa seria, ha uno sguardo strano e molto triste. Mi metto a sedere e lo guardo con aria interrogativa.
“C'è una novità. Ho ancora un mese e poi andrò via.” mi informa con sguardo basso.
Lo sapevo. Sapevo che questo momento era vicino. Sapevo che avrei sofferto, ma ancora non immaginavo quanto male avrei provato. Mi sento come se stessi annegando e nessuno potesse aiutarmi.
“In questo mese,” aggiunge lentamente “Il mio compito sarà quello di farti conoscere qualcuno.”
Ci vuole qualche secondo perché riesca a percepire e assimilare le sue parole.
“Cosa intendi per qualcuno? Un uomo?”
Annuisce. Avrei dovuto immaginarlo. Ora comprendo tutte le sue esortazioni a uscire e conoscere nuove persone. È sempre stato il suo compito sin dal principio. Mi chiedo solo perché abbia aspettato tanto a svolgerlo.
“E se non ci riesci?”
“Dovrò riscattarmi ancora a lungo.”
“E io? Cosa mi succederà?”
Abbassa lo sguardo con aria dispiaciuta.
“Non lo so e, se lo sapessi, non te lo potrei dire.”
“Un mese.” ripeto a bassa voce.
Quando il mese finirà e lui andrà via, come farò? Difficilmente potrò vivere ancora allo stesso modo. Non sarò più la stessa. Tutto quanto sarà diverso.  Andando via porterà con sé una parte di me che non potrò più recuperare.
“Mi mancherai.” mi dice accennando un sorriso.
Ricambio il sorriso. Anche lui mi mancherà, da morire. Ma non ho bisogno di dirlo. Tiro su col naso ricacciando indietro le lacrime che tentano inevitabilmente di sgorgare.
“Spero deciderai di rimetterti a dipingere. Voglio che tu mi faccia un ritratto, così avrò un tuo ricordo.” affermo cercando di riprendermi.
“Va bene, ma tu dovrai collaborare.” acconsente.
“Per il ritratto? Certo io...”
“No.” mi interrompe. “Per il mio compito.”
Il suo compito. Trovare un uomo per me. Ma lassù pensano davvero che io sia così disperata? Sono tentata di dirgli “No! Neanche per idea!” ma i suoi occhi mi fissano imploranti.
“D'accordo, cercherò...”
Sorride e allunga una mano accarezzandomi una guancia. Il suo sguardo è come un caldo abbraccio e il mio cuore comincia ad accelerare i battiti.
“Non sarà difficile. Sei così bella.. Chi non ti vorrebbe?”
Inevitabilmente, mi metto a ridere. Non posso credere che pensi davvero quello che dice. Io sono una ragazza normale, come tante altre.
“Sei troppo gentile, e bugiardo.”
“Perché pensi sempre che io ti stia mentendo? Io non dico bugie.”
“Perché non credo di essere così bella come dici tu.”
“Ma lo sei!” esclama esasperato. “I tuoi occhi, i capelli, il sorriso, il tuo corpo... Sei stupenda.”
Il suo sguardo è sincero, crede davvero in quello che dice. Ne è assolutamente convinto, ma ciò non significa che sia vero.
“Ho solo un piccolissimo difetto: Incontro solo uomini sbagliati. Alcuni sono dei pazzi, altri dei depravati. Ho conosciuto persino un fantasma!” ci scherzo su.
Sorride ancora con estrema dolcezza facendomi arrossire. Abbasso lo sguardo.
“Non è colpa tua, ricordi? Caso o destino, non è colpa nostra.”
“Certo che lo ricordo, ma non è facile.”
Mi sdraio facendo un profondo sospiro e poco dopo, lui si corica accanto a me.
“Lo so. Ti aiuterò io. Andrà tutto bene.”
Lo abbraccio. Non andrà tutto bene. Come potrebbe se lui non ci sarà più? Ormai lui è una parte di me, come farò a separarmene senza morire dentro?

Bisogna ammetterlo, quando vuole Federico sa essere davvero molto insistente. Sono a lavoro da poco più di un'ora e mezzo e ha già fatto in modo che quattro ragazzi mi si presentassero. Non so proprio come c'è riuscito perché con la divisa sono proprio penosa. Erano tutti dei ragazzi carini, ma nessuno di loro mi ha colpito particolarmente. Nessuno ha fatto scoccare la scintilla come quando ho incontrato Carlo. Quello, però, non è certo un esempio positivo, visto come è finita.
Ecco che ne arriva un altro che mi sorride..
“Desidera?” chiedo con tono professionale.
“Un chilo di pomodori e un appuntamento.”
Rimane a fissarmi sorridendo con un aria da ebete.
“I pomodori eccoli. Per il resto, mi dispiace, ma no.”
“Perché? Fidanzata? Sposata? Gay?”
Inevitabilmente mi metto a ridere. Tutto sommato è divertente ma... Niente. È un ragazzo carino, ma non so come spiegarlo. Non mi piace e basta.
“Nessuno dei tre.” rispondo infine. “Mi dispiace ma, se non deve acquistare altro, la saluto.”
“D'accordo, ma tornerò.”
“Certo, per i pomodori.” concludo sperando che afferri il punto.
“Se preferisce dire così..” insinua maliziosamente guardandomi il seno mentre va via. Assolutamente rivoltante. Se per un attimo lo avevo trovato divertente, la sua ultima affermazione e il suo sguardo lascivo mi hanno fatto cambiare idea. Uomini!
Federico è proprio impossibile. Tutti quelli che mi si sono presentati sembravano degli aspiranti modelli con un ego grande come la Via Lattea. Palestrati, belli, arroganti e vanitosi. Esattamente ciò che detesto. Io voglio un ragazzo carino che mi faccia sentire protetta, ma questo non è in relazione all'aspetto fisico. È una questione di carattere e delle sensazioni che mi fa provare. Voglio una persona semplice, domando troppo? Forse sì.
Oddio, ne arriva un altro!
“Mi scusi signorina.”
“Sì?” chiedo aspettandomi il peggio.
“Lo sa di somigliare alla Venere del Botticelli?”
Questa poi! È proprio il colmo! Come diavolo fa Federico? Solo con il lavaggio del cervello si possono raggiungere risultati simili!
“No, non lo so, perché non è vero. Quindi, a meno che non voglia frutta o verdura...”
“Ho già messo gli occhi su un bel frutto.” mi interrompe allusivo.
Santo cielo! Che schifo!
“Senta, la smetta o chiamo la sicurezza. Le occorre qualcosa di acquistabile?”
“D'accordo, ho recepito il messaggio. Me ne vado. Arrivederci bella scontrosa.”
Scontrosa? Come avrei dovuto reagire, cadendogli fra le braccia? Neanche per idea! Ma chi si credeva di essere? Federico me la pagherà..

Rientro in casa sbuffando e veramente alterata. Giuro che se non fosse già morto lo ammazzerei io! Dopo quei due, se ne sono presentati altri 11 e tutti dello stesso genere!
“Federico fatti vedere, voglio strozzarti!”
Dopo qualche secondo, lo vedo apparire dall'altro lato della stanza. Ha un'aria mortificata, proprio come deve, visto quello che ha combinato!
“Sul serio?” chiede con un sorriso dolcissimo.
Accidenti a lui! Come posso essere arrabbiata se lui è così carino?
“Federico così non può andare.” inizio esasperata lasciandomi cadere sulla poltrona. Lui mi si avvicina.
“Lo so che non erano il tuo genere.” comincia a giustificarsi. “Ma non si sa mai. Spesso una persona che non pensi ti possa piacere...”
“Non funziona così con me.” lo interrompo immediatamente. “Ci ho già sbattuto il muso troppe volte. E quelli appartenevano proprio alla categoria che detesto. Proprio il genere che crea problemi. Cielo, mi leggi nel pensiero, dovresti saperlo!”
Annuisce con aria colpevole. Spero non ci sia rimasto male. Faccio un profondo sospiro esasperato cercando una qualsiasi soluzione.
“Senti, facciamo così: se, e solo se, c'è qualche ragazzo decente nelle vicinanze, allora tu fai in modo che lo conosca. Ma, ti prego, evita di farmi incontrare tutti i narcisisti bastardi che esistono, ok?”
Sorride e si siede accanto a me.
“Narcisisti bastardi? Ci vai pesante..”
“Andiamo! Era evidente che razza di persone fossero!”
“Mi dispiace.” si scusa ancora con lo sguardo basso.
Gli sorrido. Come faccio a prendermela? In fondo, l'ha fatto a fin di bene.
“Non importa. Solo, non esagerare o mi mandi in manicomio!”
“Va bene.”
Mi fissa negli occhi per un lunghissimo istante. Il suo sguardo è come una dolce e calda carezza. Potrei perdermi nei suoi occhi ipnotici. Anzi, credo di essermi già persa, da parecchio. Ritorno in me e abbasso lo sguardo. Lui si alza e si allontana. Io lo  seguo qualche secondo dopo e lo fermo trattenendolo per un braccio. Prima che possa dire qualsiasi cosa, lo abbraccio.
“Ti voglio bene.” sussurro contro il suo petto.
“Anch'io te ne voglio. Ho cercato di fare del mio meglio.” continua a scusarsi.
“Lo so.”
Mi stringo di più a lui, ma tenta di allontanarsi.
“No, ti prego. Abbracciami ancora.” lo supplico.
Si irrigidisce e poi fa un lungo sospiro.
“Ilaria, non posso. Devo lasciarti. Neanche io vorrei, ma è necessario.”
“Hai ragione.” accetto lasciandolo immediatamente.
Chissà cosa mi è preso. È meglio non cercare risposte a un interrogativo simile. Lo guardo per qualche secondo negli occhi e capisco che si sente esattamente come me. La frustrazione è insostenibile. Riabbasso lo sguardo e mi dirigo in cucina. Mentre mi preparo da mangiare in silenzio, lo vedo sedersi su una poltrona tenendo lo sguardo basso.
“Ricordati del mio ritratto.” esclamo all'improvviso cercando disperatamente qualcosa di cui parlare.
Alza il capo, mi guarda e poi mi si avvicina.
“Certo, contaci. Ma non ho né colori né...”
“Ci penso io. Dimmi solo che ti serve e lo procuriamo.”
Sorride riabbassando lo sguardo e quando lo rialza è pieno di gratitudine.
“Ve bene. Spero di ricordarmi come si fa.”
“Certo che te ne ricordi. Sono sicura che non puoi dimenticare una cosa simile.”
“Credo che tu abbia ragione.”
Comincia a camminare nervosamente avanti e indietro. Sembra molto preoccupato e pensieroso.
“Che genere di ritratto vuoi?” chiede all'improvviso fermandosi.
Non capisco e lo guardo con aria interrogativa.
“Vuoi solo il viso o magari...” comincia a spiegare.
“Decidi tu.” lo interrompo. “Io non me ne intendo.”
Mi metto a cenare e lo lascio a camminare avanti e indietro consumandomi il tappeto.

Ok, siamo pronti per il mio ritratto. Mi sento molto emozionata, non avevo mai posato per un pittore. Ieri sera, secondo le indicazioni di Federico, sono andata ad acquistare il materiale necessario. È stato interessante. Solo per scegliere una sfumatura di giallo ci è voluta mezz'ora!
Oggi, essendo domenica, avremo tutto il giorno per concentrarci sull'arte. Durante questa settimana Federico ha cercato di essere meno insistente nel farmi conoscere dei ragazzi. Grazie al cielo!
“Pronta?” mi domanda dopo aver preparato tutto il materiale necessario e con lo sguardo fisso sulla tela. È come ipnotizzato. Non parlava da circa un'ora! Credo che la pittura gli manchi infinitamente e spero che dipingere ancora lo aiuti.
“Sì, sono pronta.”
Mi siedo su una sedia accanto alla finestra in modo da avere la luce del sole che mi illumina il viso. Lo sguardo di Federico guizza da me alla tela e viceversa. È così concentrato e serio che quasi non lo riconosco. La pittura fa parte di lui. L'arte è l'anima della sua anima. In questo momento esiste solo lui e la sua tela. Resto immobile per più di un'ora e poi, all'improvviso, lui alza lo sguardo e mi sorride.
“Pausa?” propone.
“Sì, certo.”
Mi avvicino alla tela. Rimango letteralmente a bocca aperta. Ha gettato uno schizzo del mio viso ed è bellissimo. Io non me ne intendo di arte, ma mi somiglia parecchio. Ed è solo uno schizzo!
“Ti piace?”
“Federico... È fantastico! Cioè, questa sono io! Mi somiglia tantissimo!”
“Sono contento che ti piaccia.”
“La mia opinione ti interessa così tanto?” gli chiedo con un sorriso.
“Certo, è fondamentale, perché sei mia amica, perché ti voglio bene, perché ho fiducia in te e perché sei tu che hai commissionato il ritratto. Se non ti piacesse sarebbe inutile.”
Mi viene quasi da piangere. Quello che ha detto è quello che avrei voluto sentirmi dire da lui e il modo in cui me l'ha detto mi ha fatto venire i brividi. Se penso che presto lui andrà via...
“Mi piace tantissimo, e grazie per la fiducia e tutto il resto.”
Torno a sedermi al mio posto e, dopo un sorriso, lui ricomincia a trafficare con i suoi pennelli e colori. Mi piace guardarlo dipingere. È un lato di lui che ancora non conoscevo ed è bello vederlo così motivato e appassionato. Passa parecchio tempo, due o tre ore almeno, e infine alza lo sguardo e mi sorride.
“Finito.”
“Di già?” mi stupisco. “Pensavo ci volesse più tempo.”
“Sono sempre stato molto veloce.”
“Spero solo in pittura...” affermo maliziosamente.
Si mette a ridere e non replica, spero di non averci azzeccato.
Quando vedo il ritratto rimango incantata. Mi somiglia molto, ma mi ha dato un certo fascino. Sembro molto più bella.
“Tu mi vedi così?” chiedo titubante.
“Sì, certo.”
“Mi hai fatto più bella.” sussurro ancora affascinata.
“È impossibile farti più bella. Anzi, credo di non averti reso giustizia.”
“Bugiardo, sai benissimo di avermi abbellito.”
Mi fissa negli occhi molto seriamente e io mi sento ipnotizzare da quello sguardo.
“Non ti sto mentendo.”
Mi volto e continuo a osservare il mio ritratto. Non posso continuare a guardarlo senza sentirmi la testa in un vortice e  il cuore battere furiosamente.
“Hai mai dipinto nudi?” chiedo per cambiare argomento.
“Sì, qualche volta.”
“Ne fai uno anche a me?” domando come fulminata da un'idea.
Non mi risponde. Alzo lo sguardo e lo fisso nei suoi scurissimi occhi. Mi fissa come se fosse in preda al panico. Che gli prende?
“Ilaria, non puoi chiedermi una cosa del genere!”
“E perché?”
Non capisco quale sia il problema. È solo un quadro. Lui si volta e comincia a camminare avanti e indietro, decisamente nervoso.
“Ma ti rende conto? È già difficile così. Se poi mi chiedi anche questo!”
“Ma io pensavo che tu fossi un professionista!”
Abbassa il capo esasperato. Sembra davvero che quel ritratto per lui possa essere una tortura.
“Lo sono, ma in questa situazione è impossibile. Non riuscirei a farcela, mi dispiace.”
“D'accordo.” mi arrendo delusa. “Mi accontenterò di questo.”
Mi dirigo in bagno con tristezza. È un vero peccato, ero curiosa di vedere come mi avrebbe dipinto, volevo capire come mi vede. Mi sarebbe piaciuto, ma ha ragione lui, è troppo complicato.
Riuscendo dal bagno me lo ritrovo di fronte, ha un aspetto strano. Mi fissa negli occhi e non capisco se è arrabbiato, nervoso o esasperato.
“Va bene.” dice infine. “Lo farò, ma se... Se non riesco a... Concentrarmi, interrompiamo.”
“Dici sul serio?” chiedo non riuscendo a credere alle mie orecchie.
“Sì, certo.”
Lo abbraccio con un urlo di gioia.
“Grazie! Grazie! Grazie!”continuo a ripetere esultante.
Lui mi sorride con dolcezza.
“Di nulla.”
“Quando cominciamo?” domando impaziente.
“Più tardi. Ora dovresti mangiare.”
“Sì, è vero. Sarò velocissima.”
“Non c'è fretta.” replica lasciandomi ancora sorridente.
Mangio più in fretta possibile e poi vado in camera a prepararmi. Mentre mi spoglio comincio ad avere dei dubbi. Ho fatto bene a chiederglielo? Sono ancora in tempo per cambiare idea. Non credo che lui se la prenderebbe per una cosa simile. No, io voglio quel dipinto. Infilo una lunga maglia e lo raggiungo. Ha appoggiato l'altro ritratto accanto alla finestra e prepara una nuova tela.
“Come vuoi metterti?”
“Non so.” replico confusa. “Cosa mi consigli?”
“Siediti su una poltrona.”
Mi tolgo la maglia e mi siedo trasversalmente sulla poltrona.
“Così va bene?”
“Sì. Sei fantastica.” risponde con voce piatta. Chiude gli occhi per un istante, come per raccogliere la concentrazione. Da questo momento lui è come assente, perso tra i suoi pennelli e colori. È carino così serio e distaccato.
Son passate due ore e mezzo e lui non ha detto neppure una parola. Non ci sono state interruzioni e e lui ha continuato seriamente da vero professionista.
“Facciamo una pausa. Copriti.” mi ordina senza neanche alzare lo sguardo.
Mi rimetto la maglia e mi avvicino alla tela. C'è lo schizzo ed è stupendo.
“Sei proprio bravissimo.”
Lui si è allontanato e ora sta dall'altra parte della stanza, appoggiata al muro, con lo sguardo basso.
“Ho una modella splendida.” replica galantemente.
“Vorrei saper dipingere come te.” mormoro con lo sguardo fisso sulla tela.
Avrei sempre voluto essere capace di tanto, ma il talento non lo puoi creare. O ce l'hai o non ce l'hai. E Federico ha tantissimo talento.
“È meglio riprendere.” decide improvvisamente.
E così torno alla mia postazione mentre lui ricomincia a concentrarsi e le sue magiche mani continuano a dipingere con passione e dolcezza. Le sue mani così grandi...
Il tempo è passato, ma non saprei esattamente quanto. Mentre lui era impegnato a ritrarmi, io ho continuato a osservare il suo viso. Voglio imprimermelo bene in mente perché mi mancherà mortalmente quando non potrò più vederlo.
Sono impaziente di vedere il dipinto finito, mi chiedo a che punto sia. Quando, finalmente alza lo sguardo e mi sorride, faccio un sospiro di sollievo.
“Puoi rivestirti.”
Mentre lui sistema pennelli e colori, io mi rivesto e mi chiedo cosa gli passa per la testa mentre dipinge. Impaziente, mi avvicino e guardo il quadro. È meraviglioso! È proprio un grande artista.
“Mi hai fatto magra.” commento.
“Perché? Non sei grassa.”
“Ma non sono neanche così magra!”
Ridiamo entrambi. Lui prende la tela e la sistema accanto all'altro, vicino alla finestra.
“Sei soddisfatta?”
“Sì, certo. Sei così bravo. Ma perché non lo firmi?”
“Più tardi forse. Non sono sicuro sia il caso.”
“E perché?” domando senza capire.
“Perché sono morto, che senso ha?”
“Per me ha senso. Dopotutto li hai fatti tu, non importa quando.”
Rimane in silenzio a osservare pensieroso le due tele. Sembra confuso.
“Dove posso trovare delle cornici?” chiedo per riportare la conversazione tra noi.
“Puoi andare da Silvio. È un mio amico, o forse dovrei dire era? Comunque, ha un negozio di cornici. Tu gli porti le tele e pensa a tutto lui.”
Ritorna il silenzio. Mi mette tristezza vederlo così serio. Mi fa quasi paura.
“Grazie. Vado a vestirmi.”
Mi allontano lasciandolo serio e pensieroso di fronte alle sue opere.

Esco dal bagno in accappatoio dopo una lunga e rilassante doccia.  Mi dirigo in camera mia e vi trovo Federico seduto sul mio letto con una strana espressione.
“Che c'è?” gli domando incuriosita.
“Nulla. Cioè, forse non mi sono ancora ripreso del tutto.”
“Per cosa?”
“Per il ritratto.”
“Deve essere stato bello per te poter dipingere di nuovo.” commento arrivando all'unica conclusione che mi pare possibile.
“Non mi riferivo a quello. Eri stupenda su quella poltrona, avrei fatto l'amore con te lì, subito.”
Mi siedo accanto a lui, anche perché temo che le gambe non mi reggano.
“Davvero?” chiedo con un fil di voce.
“Sì.” conferma annuendo. “È stato molto difficile mantenere la concentrazione. Era una tortura averti così vicino e non poterti nemmeno sfiorare. Se solo potessi tornare indietro di 10 mesi...” afferma con un sorriso triste.
Anche io gli sorrido e appoggio il capo sulla sua spalla lasciando che lui mi abbracci. Vorrei anche io che non fosse morto. Vorrei non doverlo perdere. Vorrei che potesse restare con me.
Lui mi stringe più forte come se avesse paura che possa fuggire. Come se non volesse più lasciarmi andare via. Chiudo gli occhi. Quando lui non sarà più con me probabilmente questo sarà uno dei momenti che ricorderò con più piacere.
Improvvisamente lui mi lascia, come se fosse tornato alla lucidità. Lo fisso negli occhi e senza neanche pensarci, gli appoggio le mani sul petto e le faccio scendere sullo stomaco e poi più giù, sino all'altezza della cintura. Lui si allontana definitivamente e attraversa la stanza. Oddio, ma che stavo facendo?
“Scusami, non so cosa mi sia preso.” mi giustifico sentendomi mortificata.
“Lo stesso che è preso a me direi. Mi spiace, ma forse è meglio se stanotte dormi da sola.”
Esce dalla stanza senza guardarmi in viso. Che idiota che sono! Sto rovinando tutto! Finirà che lo porteranno via in anticipo solo perché mi sono comportata come una ragazzina. Ma che cosa stavo per fare? Non posso comportarmi così con lui. Se voglio sedurre qualcuno, lui è l'unico con cui assolutamente non devo. Accidenti! Ho 26 anni, dovrei cercare di usare quel poco cervello che ho!
Mi infilo il pigiama e mi corico in questo letto fin troppo grande e freddo. Non sono più abituata a dormire da sola. Ormai Federico è il mio orsacchiotto. Devo riabituarmi a stare senza di lui. Dopotutto presto se ne andrà. Spero di prendere sonno velocemente anche se credo che sarà difficile visto che continuo a pensare a lui.

CONTINUA

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Capitolo 4
*** Il sogno. ***


Eccoci al quarto capitolo. Perchè lo sappiate, questo è il penultimo. A breve saprete come andrà a finire! ^_^

Un sogno complica la situazione di Ilaria e Federico che finiscono per litigare e si scopre il vero motivo della presenza di Federico. Inoltre una visita inattesa riporta Janine nelle loro vite.

4 - Il sogno.

Mi sveglio di soprassalto e guardo la sveglia. Sono le 6 del mattino. Santo cielo, che sogno! Come farò ora a stare nella stessa stanza con Federico? Come potrò guardarlo in faccia? Lo leggerà nei miei pensieri. Quel sogno sembrava così reale...
Io e lui eravamo in un isola con spiagge bianchissime, acqua smeraldina, palme e noci di cocco. Sembrava di essere nella copertina di una rivista di viaggi! E poi, sulla spiaggia dorata, abbiamo fatto l'amore. Se solo ci ripenso divento paonazza. Sarebbe stato comunque imbarazzante, ma il fatto che lui conosca i miei pensieri rende il tutto ancora più complicato. Che cosa posso fare? Forse non pensandoci... Ma come diavolo potrei non pensarci? È impossibile! Credo di non avere scelta. Devo affrontarlo. Spero solo che non lo mandino via per uno stupido sogno. Faccio un profondo respiro e mi alzo per andare in bagno. Quando esco lui è in cucina e sta (ancora!) osservando le tele.
“Ilaria!” mi chiama all'improvviso voltandosi.
Mi blocco a metà strada tra il bagno e la camera da letto e mi volto lentamente.
“Non mi saluti?” prosegue lui con un sorriso.
“Buongiorno! Come va oggi? Vado a vestirmi.” dico tutto d'un fiato e cercando di apparire tranquilla.
“Ti senti bene? Sei strana. È per ieri sera?”
“No... Sì... Non lo so.” rispondo vagamente.
Cerco di allontanarmi, ma lui mi afferra per un braccio. O cielo, no! Non mi toccare o impazzisco!
“Ilaria, ma... Oh, no.”
Beccata. Sapevo che non sarei riuscita a nasconderglielo.
“Mi dispiace. Non posso farci nulla. Non è colpa mia se sogno certe cose.” mi giustifico a testa bassa.
“Lo so. Spero solo che da lassù non mi creino problemi.”
Mi irrigidisco. Il mio sogno potrebbe creargli dei problemi? Non ne capisco il motivo. Se qualcuno deve essere incolpato sono io, o al massimo il mio inconscio, ma non lui di certo.
“E perché? Se non è colpa mia, perché dovrebbe essere colpa tua?”
“Lassù la pensano in maniera diversa.
“Diversa? Vuoi dire illogica!” replico adirata.
“Non esagerare.”
Ma come? Non riesce a capire?
“Non esagero. Chiunque ci sia lassù, Dio, angeli, santi, dalla loro posizione giudicano noi comuni mortali. Ma se li preghi per una cosa che per loro è insignificante, ma per te è immensa, non hai nessuna risposta, nessun aiuto. È ovvio che le persone perdono fiducia e non credono più in loro!”
Rimane a fissarmi con aria triste e dispiaciuta. Forse l'ho offeso?
“Tu sei molto religioso?” chiedo infine.
“Abbastanza. Capisco le tue ragioni, ma non credi di essere troppo drastica?”
“No. Non quando hai passato tutta la vita a convincerti che non sei stata tu la causa della morte di tua madre e della conseguente infelicità collettiva della famiglia. Ci ho messo 20 anni per capire che è stata colpa loro e non mia.”
Rimaniamo a fissarci in silenzio per qualche secondo, poi mi volto e mi dirigo in camera a cambiarmi. Ho esagerato? No, ho solo detto la mia opinione e se da lassù se la prendono non mi importa. È già troppo per me dover ammettere che Dio esiste. Sapere che c'è e che non muove un dito per aiutarci mi rende ancora più inviperita verso di lui. È sempre stata una cosa che mi faceva imbestialire, fin da quando ero bambina e mi portavano alla tomba di mia madre e mi sentivo in colpa. Quando, però, qualcuno diceva “Dio l'ha voluta con sé.” allora il mio senso di colpa passava e odiavo Dio con tutte le mie forze. Ho trascorso l'intera adolescenza su questa altalena di emozioni. Solo con grande sforzo sono riuscita a convincermi che non è stata colpa mia. Ma non facevo che chiedermi se realmente Dio esisteva come poteva permettere cose simili. Come poteva essere così crudele? Alla fine mi sono convinta che Dio non esisteva e che mia madre era morta per caso. Ora però... La situazione è diversa. A quanto pare esiste davvero.
Ormai ho finito di vestirmi e torno in cucina a fare colazione. Federico è poggiato al muro con lo sguardo basso.
“Te la sei presa?” domando senza guardarlo.
“No, sono solo dispiaciuto per te. Sei così... Arrabbiata.”
“Tu non lo sei?”
“No.”
Questa è bella! Dopo tutto quello che gli è successo lui non se la prende!
“Con quello che hai passato non sei neanche un po' arrabbiato?” chiedo stupita.
“No, non con loro.”
“Neanche per tua madre, per Janine e per la tua morte?”
“No.”
“Tu devi essere pazzo.”
Esco di casa sbattendo la porta. Come fa ad essere così dannatamente tranquillo? Non riesco proprio a capirlo.

Sono a lavoro e mi sento frastornata. Non mi era mai capitato di prendermela con Federico. So che mi ha raggiunto qui a lavoro e so che mi osserva da un angolo. Forse dovrei chiedergli perdono. Dopotutto non mi ha fatto nulla e non ce l'ho con lui. E poi c'è la storia del mio sogno, sarebbe assurdo se passasse guai per una cosa simile.
“Signorina, si ricorda di me?” mi chiede all'improvviso un ragazzo.
Ha un'aria familiare, ma non vuol dire nulla. Con tutte le persone che passano di qui ogni giorno, dovrei essere un genio per ricordarmi tutti.
“Non credo.”
Fa una strana espressione di delusione. Ma che vuole?
“La settimana scorsa le ho chiesto un appuntamento. Mi chiedevo, ha cambiato idea?”
“No, le serve altro?”
Si irrigidisce come punto nell'orgoglio. Spiacente bello, ma non cado ai piedi del primo che mi chiede un appuntamento. Non sono così disperata.
“No, grazie.” replica andando finalmente via.
Credo di averlo offeso nel suo amor proprio. Certo che ne esiste di gente strana! Perché avrei dovuto cambiare idea? Ovviamente in tutto questo c'è lo zampino di Federico. Quando capirà che deve smetterla?

Appena tornata a casa mi dirigo subito nella mia camera e mi butto sul letto affondando la faccia sul cuscino. Mi sento così strana, come se fossi distrutta, eppure oggi non mi sono stancata particolarmente.
“Ilaria, ti senti bene?” mi chiede la sua voce calda e premurosa.
“No.”
Federico si sdraia accanto a me e comincia a giocherellare con i miei capelli. Io mi volto leggermente per poterlo guardare i viso.
“Cosa ti succede?” mi domanda dolcemente.
“Mi spiace per stamattina.”
“Non importa.” replica sorridendo.
Rimango a fissarlo per qualche secondo e non posso fare a meno di pensare al mio sogno. Abbasso lo sguardo per non incontrare i suoi occhi.
“Passerai guai per il mio sogno?”
“Non preoccuparti, andrà tutto bene.”
“Sei sicuro?”
Annuisce. Mi sento più tranquilla. Non voglio che i miei sogni causino problemi a qualcuno, a parte me, naturalmente.
“Era un bel sogno, sai? Eravamo in un isola tropicale. Peccato per la situazione in cui ci troviamo.”
Sorride e i suoi occhi luccicano come due perle nere rarissime.
“Eri magnifico.” aggiungo con un po' di imbarazzo.
“Era solo un sogno.”
“Cosa vuol dire? Che nella realtà sei una frana?”
“Credo di no, ma ad essere magnifico ce ne vuole.”
“Non ci credo.” replico mettendomi a ridere.
“Credi a quello che vuoi. Mi piacerebbe poter avere la tua opinione.”
“Mi piacerebbe potertela dare.”
Chiudo gli occhi mentre la sua mano mi sfiora delicatamente una guancia. Non so il perché, ma mi appoggio a lui e comincio a piangere senza freni. Forse perché lui presto se ne andrà, o forse perché vorrei che fosse il mio ragazzo, o forse sono solo un po' stanca e depressa. Federico mi abbraccia, sussurrandomi parole dolci all'orecchio per consolarmi. Quando finalmente, smetto di piangere mi sento molto meglio. Chissà cosa mi è preso.
“Perdonami.”
“Non è nulla. È tutto a posto.” mi tranquillizza con la sua voce suadente.
Mi alzo e vado in bagno a sistemarmi. Mi bagno il viso e mi guardo allo specchio, ho un aspetto orribile.
“Sei bellissima.”
“Bugiardo, ma grazie.”
“Devi fidarti di me. Non ti mentirai mai.”
Mi volto a guardarlo. Sembra sincero, come sempre, ma non so mai se credergli o no.
“Lo dici sempre.” commento cercando di sorridere.
“Perché tu lo dimentichi sempre.”
Continuo a lavarmi il viso, pensando a quanto è ingiusta la vita. Una persona come Federico così buono, gentile e carino, è morto mentre tanti bastardi, che meriterebbero di morire sotto atroci torture, fanno la bella vita. Morire...
“Come è morire?” chiedo all'improvviso mentre mi asciugo il viso.
“Che razza di domanda è?” si allarma immediatamente.
“Sono curiosa.”
Mi guarda seriamente per qualche istante come a cercare di capire le mie intenzioni e pensa alle parole giuste per esprimersi.
“È una sensazione dolorosa molto forte. Aumenta rapidamente sino a esplodere e a darti un profondo senso di liberazione. Inizialmente ti senti meglio, ma poi cominciano a mancarti gli aspetti della tua vita terrena. Se poi, come me, sei causa del tuo male, te ne pentirai in eterno.”
“Morire, dormire...” così diceva Amleto. Preferisco dormire, anche se mi chiedo se morendo non starei meglio. No, mi basta guardare Federico. Lui si pente ogni giorno di più di quello che ha fatto.
Lo abbraccio tristemente. Mi sento così debole e melanconica che se non avessi lui potrei fare davvero una sciocchezza.
“Piccola, devo assolutamente trovarti qualcuno.”
“No.” tento di protestare.
“Devo.” insiste premurosamente. “Presto me ne andrò e voglio lasciarti in buone mani.”
“Io non voglio nessun'altro.”
Ma come può non capire? C'è solo una persona che voglio al mio fianco, ed è lui. Gli altri sono tutti dei bastardi incivili, lui invece è così dolce e sensibile.
“Ilaria non posso lasciarti sola!”
“Ho detto di no!” mi metto a urlare allontanandomi seccata da lui. “Perché continui a insistere? Cosa mi succederà se non trovo qualcuno? Mi suiciderò come te?”
Lui sbarra gli occhi, sbianca e abbassa lo sguardo. Che gli prende? Oddio, non avrò... Ho indovinato?
“È così?” aggiungo con un filo di voce.
“Non me lo chiedere, non posso risponderti.”
Allora è vero. Farò lo stesso atto disperato? Potrei davvero? Ne avrei il coraggio?
Completamente sconvolta, mi allontano da lui e torno nel mio letto dove mi accascio in lacrime.
“Dai, non fare così.” mi sussurra appena mi raggiunge.
“Cosa dovrei fare? Esultare?”
“Non pensarci.”
Come diavolo si può non pensare a una cosa simile?
“Non risolverei nulla. Se è destino che mi suicidi, mi suiciderò.”
“Non dire sciocchezze!” mi rimprovera. “Tu non credi nel destino e se anche fosse non puoi accettarlo così!”
“E perché non dovrei?” lo interrompo bruscamente.
Rimaniamo a fissarci per qualche secondo. Io sono arrabbiata, depressa, sconvolta e penso di non ragionare più molto lucidamente. Lui mi guarda con aria dispiaciuta e comprensiva.
“Oggi hai detto che Dio non aiuta mai i comuni mortali. In questa occasione ha mandato me per aiutarti e impedirti di fare una sciocchezza. Se questo non ti basta, te lo chiedo come favore personale: non arrenderti, non fare il mio stesso errore. Tu fai il tuo destino, ricordalo.”
Mi sento così stupida. Ha ragione lui, come sempre. Ho paura. Mi sento indifesa e sola come non mai. Lo abbraccio con forza. Ti prego aiutami.
“Ti giuro che non lo farò. Ti voglio bene.”
Mi stringe a lungo fra le sue braccia. Nessuno dei due vuole lasciare l'altro. Lassù possono pensare ciò che vogliono, ma io sono sicura che Federico sia la mia Anima Gemella. Se si fossero dati una mossa prima, ora non dovrei accontentarmi della sua amicizia. In ogni caso, so che lo amerò e lo ricorderò per sempre.

Cammino per strada, lo sguardo attento per non lasciarmi sfuggire il negozio di cornici che cerco. Deve essere qui vicino.
Finalmente lo trovo e, tele alla mano, entro silenziosamente. All'interno si possono trovare cornici di tutti i tipi, antiche e moderne, belle e passabili. Dietro ad un bancone c'è un ragazzone ben piantato sulla trentina, occhi azzurri e pizzetto ben curato.
“Posso aiutarla?” domanda con un sorriso esagerato.
“Sì, grazie. Mi servono delle cornici per queste tele.”
Sorride ancora. Carino, ma... Non è il mio tipo.
“Certo, sono qui per questo.”
Gli consegno le tele e lui comincia, sempre con lo stesso sorriso stampato in viso, a pormi diverse domande sul tipo di cornici che voglio. Infine, da un'occhiata alle tele e lo vedo sussultare notando la firma. Il sorriso gli scompariva dal viso.
“Questo è... Come ha avuto queste tele?”
“Qualche tempo fa un mio amico pittore mi ha fatto questi ritratti. Perché me lo chiede?” domando pur sapendo già la risposta.
“Lo conoscevo anche io. Povero ragazzo.” commenta con aria triste.
“Io ero fuori città quando è successo.  Ho saputo della sua morte solo qualche mese dopo. Lo conosceva bene?”
Ho mentito, ma non importa. Non posso certo dire la verità, ma voglio sapere in che modo conosceva Federico.
“Certo. Quella donna l'ha proprio rovinato. Era una persona così allegra e positiva una volta! Quando lei lo ha tradito però... La depressione non l'ha più abbandonato e non ce l'ha fatta. E lei? Lo conosceva da molto tempo?” mi chiede infine.
La sua domanda mi stupisce un po' e ho bisogno di qualche secondo per trovare le parole migliori per rispondere.
“Non da molto, ma abbastanza per capire quanto fosse speciale. Era un ottimo pittore e una persona meravigliosa.”
Forse sto esagerando. Non devo certo lasciarmi andare in simili commenti di fronte a uno sconosciuto.
“Si fa tardi. Devo andare. Per quando saranno pronti?” aggiungo riprendendomi.
“Una settimana circa.”
“Bene, allora tornerò la prossima settimana.”
Mi sorride di nuovo, ma questa volta ricambio. Un amico di Federico. Mi fa uno strano effetto. Forse perché lo conosco solo nella “versione” fantasma e mi è difficile immaginarlo con qualcuno che non sia io. A volte riesco a immaginarlo con sua madre o con Janine, ma non con gli amici. Forse perché non me ne ha mai parlato. Ha solo detto che non erano veri amici. Mi chiedo se questo Silvio faccia eccezione. Rientro a casa e mi verso da bere. Chiudo gli occhi per un istante e li riapro solo quando sento una mano accarezzarmi i capelli. Federico.
“Allora, ti piace Silvio?”
“Non lo so. È carino, ma... Non mi fa nessun effetto.”
Mi allontano da lui e cammino verso la camera da letto.
“Strano, solitamente tutte si innamorano di lui.”
“Ma io non sono come le altre.” sottolineo con un sorriso.
Mi raggiunge e mi prende per le spalle sorridendo.
“Certo che non lo sei.”
Ricambio il sorriso e rimango a fissare i suoi occhi così dolci. Rimarrei a guardarlo in eterno. Mi riprendo e abbasso lo sguardo. Non è il caso di lasciarmi andare in questo modo.
“Abbiamo parlato di te.” dico infine riferendomi a Silvio.
“Lo so.” replica con aria turbata.
“Che genere di amico è stato per te?”
Fa spallucce e si siede.
“Ci conoscevamo da molto tempo, ma in modo piuttosto superficiale. Era quello che si può definire un conoscente, ma è una brava persona. Sei sicura che non ti piaccia?”
Ecco che ogni tanto ci riprova. Appena può, insiste.
“Sì, sono sicura!” replico esasperata.
Gli sorrido, non sono arrabbiata. Dopotutto lo fa per me. È passato qualche giorno e la mia piccola crisi isterica è stata superata. Pare che se non trovassi qualcuno potrei suicidarmi. Io credo che questa possibilità sia già esclusa. Non potrei mai farlo. Non dopo aver conosciuto Federico.
“Ma tu mi ci vedresti con uno come quello?” aggiungo incredula.
“No, non ti vedrei con nessuno, ma con qualcuno devi stare.”
“Allora mi metto con il primo che passa solo per non stare sola?”
Suona il campanello. Io e Federico ci scambiamo un ultimo sguardo e poi lo lascio per andare ad aprire la porta. Per un attimo rimango senza parole.
“Davide!” esulto saltando in braccio a mio fratello non appena mi riprendo. Non riesco a credere che sia qui!
“Ciao bella, come stai?” mi chiede stringendomi con affetto.
“Bene, ma quando sei tornato?”
“Ieri. Oh, dimenticavo. Questo è il mio amico Peter.” mi indica un ragazzo accanto a lui che non avevo ancora notato.
“Piacere! Accomodatevi.” li invito con un sorriso.
“Sei sola?” domanda mio fratello stupito.
“Sì perché?” chiedo senza capire.
“Mi sembrava di averti sentito parlare con qualcuno poco fa.”
Abbasso lo sguardo cercando una scusa valida.
“Lo sai che parlo sempre da sola! E poi avevo la tv accesa.” mento facendogli l'occhiolino. “Sei andato da papà?” cambio argomento.
“Sì, ieri appena arrivato. Voleva telefonarti, ma gliel'ho proibito. Volevo farti una sorpresa.”
“E ci sei riuscito! Volete qualcosa da bere?”
Accettano e mentre gli verso della bibita fresca comincio a osservare quel Peter di sottecchi. È un bel ragazzo. Deve essere americano. Mio fratello vive a New York da qualche anno, è probabile che l'abbia conosciuto lì.
“Allora? Che mi racconti? Novità?” mi domanda Davide appena mi siedo accanto a loro. “È più di un anno che non ci vediamo. Ti sei fidanzata con quel... Come si chiama?”
Ha un aria curiosa, indagatrice e divertita, come sempre.
“Carlo. Ci siamo lasciati, e sono sicura che papà te l'aveva già detto.” lo accuso con sguardo severo.
“Effettivamente...” confessa con un sorriso.
“E tu? Che mi racconti?” replico infine.
Il suo viso si illumina e gli brillano gli occhi. Deve essere innamorato.
“Ho una fidanzata. Stiamo insieme da poco ma... Ci sposeremo.”
“Ma è fantastico!” esclamo entusiasta. “Parlami di lei!”
Mio fratello non aspettava altro. Muore dalla voglia di parlare di lei. Glielo leggo negli occhi.
“È bellissima, bionda con gli occhi azzurri. È talmente bella che mi sembra irreale che stia con me... È francese e, tu non ci crederai, ma sino a poco tempo fa viveva qui, in questa città!”
“Davvero?” mi stupisco. Un'altra biondina francese in questa città. Ho uno stranissimo presentimento.
“Come si chiama?” aggiungo incuriosita.
“Janine.”
Ecco lo sapevo. È lei! Ma devo esserne sicura.
“E cosa faceva qui?”
“Viveva con il suo fidanzato, un pittore, ma lui è morto.”
Impossibile sbagliarsi. È proprio lei. Come faccio ora a dirgli una cosa del genere?
“Davide, se è la stessa Janine di cui ho sentito parlare io, e credo lo sia, conoscevo il suo ex-fidanzato.”
“Davvero?” si sorprende.
“Sì, lui mi ha parlato di lei. Si erano già lasciati prima che lui morisse. Sai perché?”
“No.” risponde esitante.
Conosco mio fratello. Quello che sto per dirgli lo ucciderà. Probabilmente vede in lei un angelo sceso in terra. Deve averla idealizzata, come fa spesso. Non vorrei rovinare i suoi sogni, le sue speranze e le sue illusioni, ma devo dirglielo. È per il suo bene. Non posso permettere che passi quello che ha passato Federico.
“Lui l'ha trovata a letto con due uomini. Contemporaneamente.”
Ho parlato tutto d'un fiato. Se avessi fatto una pausa non avrei mai potuto continuare. Davide mi guarda esterrefatto, bianco come un lenzuolo, è incredulo.
“Non può essere.” mormora sconvolto.
Lo sapevo, è scioccato, ma cosa potevo fare? Lasciare che quella donnaccia gli rovinasse la vita?
“Mi spiace ma è così. Non potevo non dirtelo. Lo sai che ti voglio bene e che non potrei mai mentirti.”
“Sei stata informata male. Lei non fa queste cose.”
Continua a rifiutarsi di credere, ma penso che in fondo sappia che sto dicendo la verità.
“Hai detto tu stesso che la conosci da poco. Come puoi essere sicuro che...”
“So che non può essere!” mi interrompe rabbioso.
“Allora lascia che ti tradisca con tutti gli uomini che incontra! Ma se poi ti ritrovi disperato ricordati che ti avevo avvertito!” lo rimprovero irritata.
“Devo andare.”esclama dirigendosi alla porta d'ingresso e uscendo.
“Davide, aspetta!” tento di fermarlo, ma è troppo tardi.
È inutile, ormai è già per le scale. Non avrei voluto che avesse questa reazione, ma era inevitabile. Cosa posso fare?
“C'è rimasto male.” afferma Peter che non si è mosso dal suo posto.
“Io gli ho solo detto la verità.” sospiro esasperata. “Quella è una sgualdrina, lo so per certo. Non potrei inventarmi una cosa simile!”
“Ne sono sicuro, si vede che vuoi bene a tuo fratello.” replica con il suo strano accento mentre mi sorride. Non riesco a evitarlo e ricambio il suo sorriso. È proprio carino.
“Allora a presto. Mi ha fatto piacere conoscerti.” aggiunge poco prima di allontanarsi verso la porta.
Lo saluto con un gesto della mano mentre richiude la porta dietro di sé.
Entro nella mia camera e mi sdraio supina sul mio letto. Mi dispiace così tanto per Davide. Spero riesca a capire che non gli ho mentito e che l'ho fatto solo perché voglio la sua felicità.
“Era lei, vero?” chiedo rivolgendomi a Federico.
So che è nella stanza, accanto a me. Compare all'improvviso e si siede al mio fianco.
“Sì, è proprio la stessa Janine. Vorrà accasarsi. Dopotutto tuo fratello ha un lavoro promettente, giusto?”
“Sì, computer e simili. Guadagna bene.”
“I soldi le sono sempre piaciuti.” afferma con tono gelido.
“Spero che Davide capisca che non volevo ferirlo.”
“Lo capirà. Ti piace quel Peter, vero?”
Mi volto a guardarlo, ha un'aria strana e lo sguardo basso. Inoltre, mi è sembrato che abbia pronunciato la domanda con tono di rimprovero.
“Sì, perché?”
“Credo abbia brutte intenzioni.”
“Brutte intenzioni?” domando senza capire.
“Faceva degli strani pensieri su di te.”
Mi metto a sedere per poterlo guardare bene in viso. Sembra molto geloso!
“Cioè? Voleva venire a letto con me?”
“Sì.” ammette con un sospiro.
Mi metto a ridere. Credo che sia veramente geloso.
“Capirai!” minimizzo. “Perché tutti gli altri cosa pensano? Lo pensi anche tu.”
“Hai ragione.” confessa con sguardo basso. “Ma lui ci pensava in maniera insistente, morbosa direi. Come se ti volesse a tutti i costi.”
Lo guardo negli occhi. È sincero, ma credo stia ingigantendo la questione.
“Non esagerare, ok? È amico di mio fratello, non può essere cattivo. E poi, finalmente ho incontrato un ragazzo che mi piace.”
“Ma non è quello giusto!” urla lui con tono esasperato.
Bella scoperta! Abbasso lo sguardo per non incontrare i suoi occhi.
“Nessuno è quello giusto. La mia Anima Gemella, se così la vogliamo definire, non è disponibile.”
Quando rialzo il viso, lui mi sta fissando negli occhi. Sa bene cosa intendo ed è d'accordo con me, lo so. Mi alzo e mi allontano in cucina, ho fame. E comunque non posso continuare a sostenere il suo sguardo. Lui mi segue e d'improvviso me lo trovo di fronte. Non dice nulla, ci guardiamo negli occhi per degli interminabili secondi. In una situazione diversa crederei che voglia baciarmi. Solo all'idea mi vengono i brividi. Chissà come bacia. Abbasso lo sguardo, non voglio incontrare i suoi occhi quando mi becca in Pensieri Proibiti.
“Ilaria, io... Volevo dirti che anche secondo me tu sei la mia Anima Gemella. E, inoltre, anche io vorrei sapere come baci.”
Mi viene da ridere mentre cerco di ignorare i brividi che le sue parole mi hanno provocato. Rialzo lo sguardo e incontro il suo sorriso. Passa qualche istante e poi, finalmente, mi prende fra le braccia. Mi stringo a lui il più possibile, chiudo gli occhi e assaporo questo istante così magico. Se solo lo avessi conosciuto prima.
“Non è giusto. Lassù si prendono gioco di noi! Sapevano benissimo che io e te siamo fatti l'uno per l'altra e ci fanno incontrare solo quando è troppo tardi!”
Federico mi posa due dita sulle labbra per indicarmi di fare silenzio.
“Non dire nulla, non prendertela con loro, è solo colpa mia.”
“No, non è vero!” protesto tristemente. “Tu non hai nulla di cui rimproverarti!”
“Sai bene che non è così, ma non parliamone. Restiamo in silenzio. Non c'è niente da dire.”
Affondo il viso sul suo petto. È vero non c'è nulla da dire che non sia già stato detto. Dobbiamo solo approfittare di questo momento carico di triste dolcezza.

CONTINUA

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Capitolo 5
*** Addio o arrivederci? ***


Eccoci al capitolo finale.
Ringrazio infinitamente tutti coloro che hanno letto e commentato questo racconto. Sono felice che sia piaciuto.

Inoltre, rinnovo la mia dedica alla mia cara Valentina e al suo bimbo, che ho appena saputo si chiamerà Federico. ^_^ Questo racconto e i miei migliori auguri sono per loro.

Buona lettura.


Ilaria si trova in una brutta situazione e solo Federico può aiutarla. Inoltre, la loro separazione si avvicina ed entrambi soffriranno molto, ma sarà realmente la fine?

5 - Addio o arrivederci?

Il tempo è così ambiguo! Quando Federico mi aveva detto che sarebbe andato via dopo un mese, mi sembrava che avessimo ancora molto tempo e invece... Manca meno di una settimana alla sua partenza e ho paura. Paura di stare da sola, paura di perderlo, paura che mi mancherà da impazzire. Mi sono innamorata di lui? Non dovrei nemmeno chiedermelo, la risposta potrebbe essere affermativa. In ogni caso ancora non lo so. Gli voglio bene e mi mancherà da impazzire, ma non so se lo amo o no.
Negli ultimi giorni siamo entrambi depressi. Il tempo scorre e nessuno dei due sa come affrontare la separazione. Ora mi trovo sdraiata nel mio lettone mentre lui, quando l'ho lasciato, era affacciato a quella dannata finestra con aria pensierosa. Mi chiedo cosa gli passa per la testa. Forse lo stesso che passa per la mia.
Suona il campanello. Chi diavolo può essere? Mi alzo sbadigliando e mi avvio alla porta. Guardo dallo spioncino e vedo Peter, e sembra essere solo. Apro la porta sorridendo e mi trovo di fronte all'unico ragazzo che ho conosciuto ultimamente che mi piace un po'.
“Ciao, come stai?” chiede gentilmente ricambiando il sorriso.
“Bene, e tu? Accomodati.”
“Bene, grazie. Ti ho disturbato?”
“No, figurati. Vuoi qualcosa da bere?” domando mentre lo guido in cucina.
“Sì, grazie.”
Cavoli, è più carino di quanto ricordassi! Ha un bel sorriso e degli splendidi occhi verdi. Non è paragonabile a Federico, ma almeno è vivo!
“Come sta Davide?” chiedo mentre gli verso da bere una bibita fresca.
“Bene, credo abbia parlato con Janine, ma non so che intenzioni abbia.”
Speriamo bene, non voglio che mio fratello soffra. È un bravo ragazzo, non lo merita.
“Non ti chiedi perché sono qui?” aggiunge dopo qualche secondo Peter.
“In effetti me lo domandavo. Non è una semplice visita di cortesia?”
“Anche, però volevo chiederti se ti andava di uscire con me.”
Rimango a fissarlo stupita. Speravo che mi invitasse, ma non pensavo lo avrebbe fatto ora mentre sono in disordine e in pantofole.
“Va bene.” acconsento cercando di sembrare rilassata.
Mi sorride, si alza e mi raggiunge. È così vicino. Mi guarda negli occhi e mi bacia. Quanto tempo era che nessuno mi baciava?
“Mi piaci molto.”sussurra mentre mi stringe a sé.
Mi gira la testa, è come se stessi cadendo da un altissimo grattacielo. Ci sediamo sul divano e rimaniamo a baciarci a lungo. Le sue mani mi accarezzano dolcemente anche se cominciano a essere troppo audaci. Non riesco a controllarle.
“Peter, basta. Ora non mi va.”
Mi alzo dal divano e mi allontano. È troppo presto, non voglio andarci a letto. E sicuramente non qui. Mi sembrerebbe di fare un torto a Federico.
“E perché?” replica irritato.
“Non mi va. Non devo darti altre spiegazioni.”
Di colpo si alza dal divano e mi raggiunge afferrandomi per le braccia con forza e baciandomi con violenza. Non riesco a divincolarmi e, prima che me ne possa rendere conto, mi ha buttato a terra mettendosi sopra di me.
“Lasciami!”
“Non puoi dirmi di sì a metà!” mi urla contro con rabbia.
Cerco di liberarmi, ma non ci riesco. Mi rendo conto che tenta di spogliarmi. Vuole violentarmi! Cosa posso fare?
“Aiuto!” grido sperando che Federico possa sentirmi.
Peter si mette a ridere, come se la mia richiesta di aiuto fosse inutile e patetica. Mi sta levando i pantaloni e io ancora sono bloccata e non riesco a liberarmi. Federico! Dove sei?
Finalmente lo vedo apparire alle sue spalle e dargli un pugno e poi sparisce di nuovo. Peter rimane destabilizzato e riesco con fatica a togliermelo di dosso. Mi allontano il più possibile da lui e afferro la prima cosa che trovo, una padella.
“Vattene subito!” gli ordino ancora scossa.
“Sei solo una puttana!” mi insulta con un sorriso meschino mentre finalmente se ne va.
Chiudo immediatamente la porta a chiave e mi lascio scivolare lentamente a terra piangendo. Federico mi raggiunge e mi abbraccia per consolarmi.
“Ma dov'eri?” chiedo fra le lacrime.
Se fosse arrivato solo due minuti più tardi...
“Perdonami, ma non ce la facevo a vederti con quel tipo e mi sono allontanato. Non avrei dovuto.”
“Se tu non fossi arrivato... Avevi ragione su Peter.” continuo piangendo.
Affondo il viso sul suo petto, mi sento completamente senza forze. Lui mi stringe a sé coccolandomi. Non è giusto! Ma è possibile che non me ne vada una dritta? Una sola! Pretendo tanto?

È passato qualche giorno e, con l'aiuto di Federico, mi sono ripresa dallo shock. In qualsiasi momento io mi senta triste, lui è lì che mi conforta. Peccato che fra pochi giorni dovrà andare via. Solo al pensiero mi sento così triste, arrabbiata, delusa, depressa, frustrata... I sentimenti che provo si presentano tutti insieme e non riesco nemmeno a distinguerli. Non faccio che pensare al Dopo. Cosa farò quando lui mi sarà portato via? Come potrò sopportare una cosa simile senza sentirmi scoppiare il cuore? Avrà per ricordo solo i suoi ritratti. Una magra consolazione.
Li ho ritirati ieri ma ancora non ho deciso dove appenderli. Quel ragazzo, Silvio, mi sorrideva in modo ancora più nauseante. Forse a causa del nudo. Sinceramente non mi importa.
Ho freddo e mi tolgo la t-shirt per indossare un maglione. Mi chiedo quando il tempo migliorerà e inizierà a fare un po' più caldo. Qui si gela.
“Ilaria?” mi chiama Federico entrando nella stanza, ma si volta immediatamente. “Oh, scusami. Pensavo fossi vestita.”
“Non importa.” replico indifferente mentre finisco di infilare il maglione.
“D'accordo. Comunque, ero affacciato alla finestra e ho visto arrivare tuo fratello. Con Peter.”
Rimango a fissarla incredula. Peter? Come si permette quel bastardo di tornare qui? Con quale coraggio? Che faccia tosta! Non entrerà un'altra volta in questa casa.
Suona il campanello. Guardo dallo spioncino e vedo Davide che sembra arrabbiato, mentre quel porco ride come un ebete. Apro la porta lentamente. Non oserà toccarmi con mio fratello presente.
“Ciao Davide.” saluto mio fratello mentre lancio uno sguardo carico di disprezzo nella direzione di Peter.
“Ciao. Possiamo entrare?” domanda impaziente mio fratello.
“Tu puoi, lui no.” rispondo lapidaria.
“O tutti e due o me ne vado.”
“Allora vattene pure, ma quello non rientrerà in questa casa.”
Silenzio carico di tensione. Entrambi mi guardano con astio. Non capisco cosa abbia Davide. È ancora arrabbiato per quello che gli ho detto la volta scorsa? Mi sembra strano, è sempre stato una persona ragionevole.
“D'accordo.” acconsente infine. “Aspettami qui.” conclude rivolgendosi a Peter che annuisce e mi guarda con odio. Bastardo!
Davide entra in casa e chiudo la porta. Ci sediamo in salotto e mi sembra teso, come se stesse per esplodere. Cosa gli succede?
“Cosa c'è Davide?” domando spazientita.
“Ho parlato con Janine. Dice che ti sei inventata tutto e Peter lo ha confermato, visto che a lui lo hai confessato. Perché mi fai questo?”
Lo guardo sbalordita. Che fine ha fatto mio fratello? È completamente annullato. Non riesce a capire che lo prendono in giro?
“Davide, da quando sei così stupido? Io non ho mentito e tu ti fidi più di loro che di tua sorella. E lascia che ti dica una cosa sul tuo caro amico Peter.” aggiungo infervorandomi sempre più. “Qualche giorno fa è venuto qui e ci ha provato con me. Quando ho rifiutato, ha tentato di violentarmi. Per fortuna sono riuscita a difendermi. Ho deciso di non denunciarlo solo per te.”
Mi guarda sbalordito, è bianco come un lenzuolo. Probabilmente si fida molto di Peter.
“Non ci credo.”
“Allora chiediglielo di fronte a me. Voglio vedere se ha il coraggio di mentire.”
Mi alzo e mi dirigo verso la porta. Non volevo farlo entrare, ma stavolta è necessario. Apro ed è ancora lì.
“Entra verme.”
Mi lancia uno sguardo eloquente su quello che pensa di me e si dirige verso mio fratello. Lo seguo e raggiungiamo Davide.
“Peter, è vero quello che mi ha detto Ilaria?” lo interroga subito Davide.
“E cosa ti avrebbe detto?”
“Che hai tentato di abusare di lei.”
Peter comincia a ridere come se avesse appena sentito l'affermazione più ridicola di questo mondo.
“Assolutamente no.”
“Quindi neghi che quando ti ho rifiutato mi hai sbattuto a terra saltandomi addosso?” domando al limite della pazienza.
“Lo nego.”
Che razza di bastardo!
“Maledetto bugiardo! Davide, se credi a lui, io e te non abbiamo più niente da dirci.”
Mio fratello rimane in silenzio, pallido e confuso, passando lo sguardo da me a Peter.
“Davide non vorrai credere a questa puttana!” esclama quell'essere spregevole.
Mio fratello spalanca la bocca stupito. In pochi secondi raggiunge l'amico e lo prende a pugni. Non riesco a crederci! Mio fratello che fa a pugni? Per me?
“Davide lascialo! Non ne vale la pena!” grido tentando di separarli.
Quando finalmente ci riesco entrambi sono paonazzi per la collera.
“Vattene o giuro che ti ammazzo!” sibila mio fratello furioso.
Non l'ho mai visto così. Finalmente quel fetente di Peter se ne va e Davide si accascia sulla poltrona tenendosi la testa fra le mani.
“Mi dispiace Ilaria. Avrei dovuto crederti. E se è capace di dire cose simili significa che non è mio amico. Inoltre, se ha mentito su questo... Mi fidavo di lui. Non avrei dovuto portarlo qui. Ti ha fatto del male?” chiede preoccupato.
“No, sono riuscita a difendermi. E tu come stai?”
Alza viso e il suo sguardo è sconsolato e deluso. Deve esserglisi spezzato il cuore.
“Male. Devo lasciare Janine, non posso sposare una... Tu sei sicura di quello che mi hai detto?”
“Vorrei sbagliarmi.”
Si alza e se ne va lentamente dopo avermi salutato tristemente. Faccio un profondo sospiro. Sto male per lui, per non parlare del fatto che ero già abbastanza giù per conto mio. Federico mi appare davanti. Senza neanche pensarci, lo abbraccio. Non voglio dire nulla, voglio solo che lui mi stringa a sé. Ne ho bisogno.

Il conto alla rovescia è arrivato a -3. Solo tre giorni e sarò di nuovo sola e disperata. Se ci penso mi sento un relitto. Sono appena tornata da lavoro e, dopo aver messo un po' di musica, entro nella doccia, desiderando solo di potermi rilassare. Dopo voglio stare con Federico. Presto se ne andrà e voglio approfittare di tutto il tempo che ci resta.
Esco dal bagno e sussulto trovandomelo di fronte. Ha una faccia stranissima.
“Qualcosa non va?” domando preoccupata.
“Hai un messaggio in segreteria... Di Janine.”
Rimango a fissarlo a bocca aperta. Che cosa vuole da me quella? Perché mi ha cercato? Mi avvicino alla segreteria e ascolto il messaggio.
Allò, Ilaria? Sono Janine. Ho bisogno di parlarti. Vorrei sapere perché hai deciso di raccontare tante bugie su di me! Richiamerò più tardi.”
La sua vocina con la “R” moscia mi risuona ancora nelle orecchie.
“Bugie? Io non ho detto bugie.” mi stupisco.
“È il suo modo di difendersi. Nega sempre, anche l'evidenza. Per poco non negava anche quando l'ho colta sul fatto.” afferma Federico con sguardo triste.
Lo osservo. Sembra teso e ha lo sguardo basso. Soffre ancora per lei, è chiaro.
“Ti fa ancora male, vero?”
“Effettivamente brucia ancora un po'. Se non altro perché sono stato un idiota e a causa sua mi sono rovinato.”
“La ami ancora?”
“No, non è più lei quella che amo.” dichiara rialzando finalmente lo sguardo e fissandomi con i suoi profondi occhi scuri.
Rimango pietrificata. Non voglio sapere o sentire altro. Lui continua a guardarmi in maniera dolce...
Non può farmi questo. Mi ritrovo impegolata in questa situazione senza via di scampo. Lui è così... Sarebbe perfetto, se solo fosse vivo!
Quasi senza rendermene conto, sto piangendo e calde lacrime bagnano il mio viso. Federico fa due passi verso di me.
“Non piangere.”
“Sì, invece! Io piango! Tu non puoi dire così! Accidenti, non posso neanche baciarti...”
Fa un altro passo verso di me, tentando di abbracciarmi, ma lo fermo immediatamente.
“Ti prego, non farlo. Non toccarmi, non ora. A meno che da lassù non ti abbiano dato il permesso di fare l'amore con me.”
Lo guardo con dentro la misera, microscopica speranza che dica “Sì, me lo permettono”. Invece non dice nulla, mi guarda con tristezza e accenna un sorriso.
“Purtroppo no.” conclude infine.
“Allora, ti prego, stammi lontano.”
Rimango a guardarlo negli occhi ancora per qualche istante e poi vado a rifugiarmi nel mio letto e continuo a piangere. Ho bisogno di sfogare il dolore che provo...
Quando torno in cucina, lui è seduto con lo sguardo basso. Forse si sente in colpa per avermi fatto piangere.
“Vorrei sapere dove sei sepolto.” esordisco dandogli le spalle di proposito. Non voglio e non posso guardarlo in viso.
“No!” replica deciso.
“Perché? Vorrei andarci ogni tanto.”
“Non voglio che tu lo faccia. Non servirebbe a nulla.”
“A te forse non servirebbe, ma a me sì!” insisto sottolineando l'ovvietà della frase.
“No, neanche a te.”
Scuoto la testa. Come può non capire? Per me sarebbe di grande sollievo, mi aiuterebbe a rassegnarmi.
“È già abbastanza doloroso sapere che tra poco andrai via, devi anche impedirmi di soffrire per la tua partenza?”
Non risponde. Forse è meglio così. Mi sento così vuota e stanca. Che gli costa dirmi dove è sepolto? Andare alla sua lapide riuscirebbe in qualche modo a farmi sentire più vicina a lui.
“Non hai bisogno di una lapide per pensare a me.” dice alle mie spalle, vicinissimo a me. “Ti ricorderebbe solo quanto sono stato stupido. Se devi pensare a me, preferisco che ricordi i momenti passati insieme. E poi, anche se non mi vedrai, io ti starò sempre vicino.”
Continuo a dargli le spalle, almeno così non mi vede piangere ancora. Se solo potessi baciarlo... Se solo potessimo fare l'amore... No, rimpiangerò sempre di non esser potuta stare con lui. Baratterei il resto della mia vita per un suo bacio, la mia anima per una notte con lui.
“Ilaria, non dovresti pensare queste cose..”
“Lo so che non dovrei.” replico con un sospiro. “Ma non posso farci nulla. Lassù possono pensare quello che vogliono, non mi importa. Non possono farmi nulla che non mi abbiano già fatto, o che comunque mi farebbero.”
Poggia le mani sulle mie spalle e si avvicina al mio orecchio.
“Ti riferisci a me?” sussurra dolcemente.
Sento percorrermi la schiena dai brividi e socchiudo gli occhi. Certo che mi riferisco a lui, e lo sa bene. Mi legge nel pensiero dopotutto.
“Sì” ammetto abbassando il capo. “Tanto te ne andrai comunque. Non ho nulla da perdere.”
Mi abbraccia e mi culla con dolcezza. Continuo a tenere gli occhi chiusi, non voglio pensare né reagire. Voglio solo continuare a percepire la sensazione di calore e protezione che riesce a farmi provare solo lui. Le sue braccia che mi circondano, le sue mani che mi accarezzano, le sue labbra sul mio collo...
Il suono del telefono mi riporta alla realtà e mi ci vuole qualche secondo per riprendermi. Mentre mi avvicino all'apparecchio, rammento che deve essere Janine.
“Pronto?” rispondo titubante.
Allò? Ilaria?”
“Sì. Tu devi essere Janine.” presumo con un sospiro di malcelata sopportazione.
“Oui, c'est moi. Ho saputo che hai raccontato delle cose orribili su di me.”
Povera vittima!
“Orribili? Sì, è vero, ma non ho mentito.”
“Chiunque ti ha informato si è sbagliato.”
“Dubito che Federico possa essersi sbagliato.”
La sento sussultare. Non credo che si aspettasse una cosa simile. E ora che mi dici bella?
“Federico? Come... Cioè, quando lo hai conosciuto?” balbetta in preda al panico.
“Dopo che vi siete lasciati.”
“E cosa ti ha detto?” domanda in ansia.
“Che sei una sgualdrina. Puoi anche discolparti quanto vuoi, ma sono sicura che sai bene di essere la vera responsabile della sua morte.”
“No! Non puoi dire così! Non è vero!”
È disperata. Povera piccola!
“Se tu non gli avessi spezzato il cuore, lui non si sarebbe mai suicidato.”
Cala il silenzio e poi la sento singhiozzare. Piange? Possibile? Mi volto a guardare Federico, ma il suo volto è inespressivo.
“Io... Sì, l'ho tradito.” racconta lei sempre in lacrime. “Ma gli volevo bene, non volevo morisse! Mon Dieu! Lo so che è colpa mia, ma sto cercando di cambiare, di farmi una nuova vita. Tu, non solo riapri questa ferita, ma hai anche annullato ogni mia possibilità con Davide. Puoi anche non crederci, ma io lo amo davvero!”
Devo credergli? Cosa posso fare? Mi fa quasi pena, ma non posso dimenticare quello che ha fatto. Guardo Federico, ma lui non alza nemmeno lo sguardo.
“Senti Janine, voglio crederti.” dichiaro infine con un sospiro. “Ma ora devi dire tutta la verità a Davide. Lui ti ama e probabilmente ti vorrà ancora, ma se hai intenzione di spezzargli il cuore, non cercarlo più. Ha un carattere molto simile a quello di Federico. Se fai del male anche a lui, giuro che ti vengo a cercare e ti ammazzo con le mie mani!”
Devo essere stata molto convincente perché rimane in silenzio per un po'. La sento solo singhiozzare.
“D'accordo. Adieu.” mi saluta infine.
“Addio.”
Chiudo il telefono e mi volto verso Federico che mi sta osservando.
“Cosa ne pensi?” domando in un sussurro.
“Se lui la rivorrà, lei lo tradirà comunque, e tu non avresti mai il coraggio di ucciderla.”
Sorrido. Ha ragione, purtroppo, come sempre.
“Cosa avrei dovuto dire? Spezzagli pure il cuore, per me va bene?”
Sorride divertito. Rimango a fissarlo. I suoi occhi sembrano quasi brillare.
“Quanto ti vorrei adesso...” ammetto mentre le lacrime mi bagnano ancora gli occhi.
Lui abbassa lo sguardo senza dire nulla. La mia frase rimane sospesa nell'aria riempendo lo spazio che ci separa. Non riesco a stare nella stessa stanza con lui, mi fa troppo male. Mi volto e mi allontano rinchiudendomi in camera mia.

Apro gli occhi lentamente. Oggi sarà il giorno più triste della mia vita, non so se sono pronta ad affrontarlo. Lui se ne andrà e io non saprò come continuare a vivere. Mi siedo sul letto di scatto con la paura che se sia già andato. No, non può essere. Non andrebbe mai via senza dirmi addio. Mi alzo e lo cerco per casa. Lo trovo seduto sulla mia poltrona con sguardo basso.
“Ciao.” esordisco con un leggero sussurro. La mia voce fatica a uscire.
“Ciao.” ricambia un sorriso melanconico.
“Come ti senti?”
“Male. Non vorrei andarmene, ma devo proprio rassegnarmi.”
Mi perdo nei suoi scurissimi occhi per l'ultima volta. Cosa darei perché possa restare...
“Tra quanto dovrai...”
“Tra poco.”
Il mio cuore si sta frantumando. Non voglio che se ne vada. Si alza e mi raggiunge.
“Ilaria, io...”
“Ti amo.” esclamo d'improvviso interrompendolo.
Rimane a fissarmi con i suoi dolci occhioni e l'aria incredula. L'ho detto senza pensarci, in modo spontaneo. Persino io mi sono stupita. Abbasso lo sguardo sentendomi colpevole.
“Non avrei dovuto dirtelo, ma non ho potuto farne a meno e poi stai per andare via...”
Federico fa un altro passo verso di me e con una mano mi tira su il viso dolcemente, in modo che i nostri sguardi si incontrino. Inutile dirlo, sto piangendo.
“Anche io ti amo piccola.”
Lo abbraccio e piango sempre più disperatamente. Mi stringo a lui più che posso. Non possono, non devono portarlo via da me! Non riesco neanche spiegarmi quello che provo. Il mio cuore si sta lacerando.
“Shh... Non fare così.” mi sussurra dolcemente cercando di calmarmi.
“Come farò senza di te?” domando fra i singhiozzi.
Lui mi lascia e con un sorriso mi asciuga le lacrime che continuano a scorrere.
“Ce la farai perché sei forte. Ricordarti di non arrenderti mai. C'è sempre una possibilità.”
Mi guarda ancora per qualche istante e poi abbassa il viso.
“Devo andare, ma ho una piccola concessione.”
Non capisco e lo guardo con aria interrogativa. Si china su di me e mi bacia lentamente, dolcemente e appassionatamente. Meglio di come lo avevo immaginato e sperato nei miei sogni! Troppo presto lui si allontana da me.
“Devo...”
“No, ti prego!” lo supplico stringendomi a lui più che posso.
“Lo sai che non vorrei, ma devo.”
Mi da un rapido bacio e poi mi lascia del tutto. Si allontana da me qualche passo e mi sorride. Fa un cenno di saluto e scompare. Crollo a terra lanciando un grido disperato e mi lascio andare a un pianto senza freni.

Mi trovo al cimitero. Ho camminato per circa due ore alla ricerca della sua lapide. Non sapevo nemmeno il suo cognome! Ho guardato lentamente ogni lapide, ogni foto. E alla fine l'ho trovato. Federico Madeo 20 luglio 1970 – 2 agosto 1999. non posso reprimere una lacrima rivedendo quegli occhi, quel sorriso. Osservo la sua foto per diverso tempo. Lui non voleva che venissi, ma ne ho bisogno. Devo sfogare il mio dolore, la mia infinita sofferenza. Posiziono i fiori che gli ho portato e gli mando un bacio.
“Addio amore mio.”
Dopo un profondo sospiro, mi allontano lentamente, ma faccio pochi passi. A pochi metri da quella di Federico, c'è la lapide della madre, una donna molto bella. So che è lei perché si somigliano in maniera impressionante. Gli stessi occhi, lo stesso sorriso.
Li lascio e mi dirigo alla tomba di mia madre. È molto tempo che non vengo. Ci sono dei fiori secchi, probabilmente portati da Davide o da papà. Li tolgo e li sostituisco con i tulipani che le ho comprato.
“Ciao mamma. Non so perché ti sto parlando, ma devo pur sfogarmi. Sono certa che da lassù sai tutta la storia. E  sono altrettanto sicura che capisci perché lo amo. Se solo potessi aiutarmi... Vorrei che ci fosse una soluzione, ma sfortunatamente non c'è. Devo solo rassegnarmi. Ora vado. Ti voglio bene mamma.”
Mi allontano riluttante. Rassegnarmi sarà difficile, se non impossibile, ma devo tentare.

Apro svogliatamente gli occhi. La prima cosa che vedo è la mia sveglia, segna le 9. Cosa? Dovrei essere a lavoro! Mi alzo di scatto e subito dopo rimango stupita. Non sono a casa mia. O meglio, sono nella mia ex casa, e tutto è come quando ci vivevo. Mi guardo attorno, le mie cose sono ovunque. E nel letto, accanto a dove ero io, c'è Carlo che dorme. Che diavolo succede? È un sogno?
Il mio sguardo si posa su un calendario. 25 luglio 1999.  Non è possibile! Era maggio 2000!
Mi siedo e cerco di calmarmi. Forse sto impazzendo oppure è solo un sogno. Mi pizzico un braccio. Ahi! No, sembra tutto vero. Cosa sta succedendo?
Giro per casa e mi guardo attorno. È tutto così strano. Mi siedo di nuovo e mi prendo la testa fra le mani, con lo sguardo basso. Quando rialzo il capo rimango a bocca aperta. Di fronte a me, bella come l'ho sempre immaginata, luminosa come una stella, c'è mia madre. Le lacrime mi offuscano la vista. Non posso crederci! Io non l'ho mai conosciuta, ma quante volte ho passato ore ad osservarla nelle fotografie.
“Mamma...” riesco a sussurrare a fatica.
“Sapevo che mi avresti riconosciuto.”
“Cosa... Perché... Che succede?” balbetto confusa.
Mi sorride. In lei rivedo Davide e me stessa, ma lei ha una grazia, una luminosità, una dolcezza nei lineamenti che non ho mai visto in nessuno. È bellissima.
“Avevi ragione.  Da lassù ho seguito, tutta la storia. Ho conosciuto Federico e, assieme a sua madre, abbiamo chiesto un'altra possibilità. Erano tutti commossi e hanno deciso di riportarvi a un tempo in cui tutto è ancora possibile. Lui è ancora vivo, ricorda tutto ed è ancora incredulo per ciò che è capitato. Corri da lui!”
“Davvero? Lui è vivo?”
“Sì. Siete fortunati. Seconde occasioni come questa raramente vengono concesse.”
Una seconda possibilità, è fantastico! Dopo qualche secondo di esitazione, raggiungo mia madre e l'abbraccio. Mai avrei potuto immaginare che un giorno sarei stata fra le sue braccia!
“Ora corri da lui!” mi incita con un sorriso lasciandomi.
“Grazie, a tutti quanti.”
“Di nulla. Addio piccola, sii felice.”
Come è arrivata, se n'è andata in un battito di ciglia. Rimango impietrita a guardare lo spazio vuoto in cui sino a un secondo fa c'era lei.
“Addio mamma.”

Non c'è molto traffico, ma sembra che proprio oggi i semafori abbiano deciso di allearsi contro di me. Sono sempre rossi e durano un'infinità. Finalmente ci sono, devo solo trovare un parcheggio. Il cuore comincia a battermi all'impazzata. Per un attimo mi avvolge il panico. E se non è in casa? Forse dovevo telefonargli prima, ma per dirgli cosa? E poi dove altro potrebbe essere? Scendo dall'auto ed entro nel palazzo. E se lui non volesse vedermi? Basta con i “ma” e con i “se”! Con tutti questi dubbi non risolverò nulla. Devo solo decidermi a salire queste dannate scale.
Salgo di corsa e arrivo al piano con il fiatone. Faccio un profondo respiro e poi suono il campanello.
Sento solo silenzio. Dov'è? Sembra passare un'eternità prima che possa sentire dei rumori, dei passi. Trattengo il respiro, cosa dovrò fare quando lo vedrò di fronte a me vivo?
La porta si apre e non riesco a dire nulla. Gli occhi mi si inondano di lacrime.
“Ilaria!” esclama lui piacevolmente sorpreso.
Non mi trattengo più e lo abbraccio e lo bacio.
“Stavo per venire a cercarti, ma non trovavo l'indirizzo!” aggiunge felice.
Senza lasciarmi, mi fa entrare in casa e chiude la porta.
“Non posso credere che tu sia vivo!”
“Anche a me sembra impossibile.” replica asciugandomi le lacrime di gioia che continuano a sgorgare dai miei occhi. “E mi sembra ancora più irreale essere libero di abbracciarti, baciarti e accarezzarti senza sentirmi in colpa!”
Lo guardo nei suoi profondi occhi scuri e mi sembra di non essere mai stata così felice. Federico mi prende in braccio, mi porta nella sua stanza e mi adagia sul suo letto. È inutile rimandare, non ha senso. Io e lui ci apparteniamo e le nostre vite saranno legate fra loro in eterno, qualunque cosa succeda.
“Ti amo.” dico infine.
“Anche io ti amo piccola.”
Mi osserva ancora il viso, come se avesse paura che io possa sparire da un momento all'altro, e poi mi bacia con passione trasportandomi con lui fino al paradiso.

Lo avevo sognato e desiderato, ma spesso la realtà supera la fantasia. Sono sdraiata fra le sue braccia e Federico mi sta accarezzando dolcemente il braccio. Guardo il soffitto e mi chiedo perché siamo stati graziati. Una seconda possibilità! Quanti hanno questo privilegio?
“Ti rendi conto di quanto siamo fortunati?” chiedo sorridendo.
La sua mano mi solletica affettuosamente alla base del collo.
“Certo che me ne rendo conto. Spero solo che non sia un sogno.”
Mi avvicino di più a lui e lo bacio. Qualsiasi cosa sia, spero non finisca mai più.
Di colpo mi ricordo di quel fetente di Carlo. L'ho lasciato a casa addormentato quasi due ore fa. Mi siedo di scatto sul letto.
“Devo andare.”
“Dove?” chiede con aria delusa sedendosi anche lui accanto a me trattenendomi per un braccio.
Non posso trattenere un sorriso. Ero abituata al fatto che lui sapesse tutto quello che mi passa per la testa. Ora che non può mi sembra molto strano.
“Devo andare a lasciare Carlo.”
“Ora? Proprio ora?”
“Sì, ora. Si chiederà che fine ho fatto.”
Lui mi abbraccia costringendomi a sdraiarmi di nuovo.
“Lo farai più tardi.”
“Ma...”
“Niente “ma”. Non ho intenzione di lasciarti andare via facilmente.” mi interrompe sorridendo.
“Davvero?”
“Sì. Trasferisciti qui. Conosci la casa, conosci me e le tue abitudini mi stanno bene.”
Mi vien da ridere. È proprio carino. In effetti sarebbe una cosa naturale.
“E se dicessi di no?” lo provoco divertita.
“Non accetterò un no. Ti prego.”
Come potrei mai dire di no quando mi implora con i suoi grandi e dolci occhi scuri? Lo bacio e non serve altro per rimandare il discorso e dedicarci a occupazioni più interessanti.

Lasciare Carlo per la seconda volta è stato indolore. Ha fatto un mucchio di scenate e mi ha insultato poi, finalmente, se n'è andato. Ho raccolto la maggior parte delle mie cose e le ho caricate in macchina. Prenderò solo i mobili a cui sono affezionata, gli altri li venderò. Ebbene sì, ho accettato di andare a vivere con Federico e non sto più nella pelle. La verità è che non riesco a stare senza di lui. Non lo vedo da appena due ore e muoio dalla voglia di poterlo riabbracciare.
Finalmente salgo in macchina per tornare da lui. Sto facendo tutto troppo in fretta? Probabile, ma lo conosco bene, non è un salto nel vuoto. Sono sicura che andrà tutto bene.
Il traffico a quest'ora è praticamente inesistente, ma anche stavolta i semafori si sono coalizzati contro di me, per fortuna ora sono meno ansiosa.
Svolto un angolo e sono praticamente arrivata quando, di fronte al portone, vedo un ambulanza. Mi sbianco in volto e comincio a sudare freddo. Il panico mi assale e scendo dall'auto prima possibile. Ho una bruttissima, orribile sensazione. Cerco di rifiutare l'unico pensiero che mi si affaccia alla mente, ma non ci riesco, e ogni volta è più terribile. Non può, non deve essergli qualcosa di brutto! Non potrei sopportare di perderlo! Non di nuovo!
Salgo le scale di corsa e suono il campanello ripetutamente con impazienza. Ho lo stomaco chiuso in una morsa, sinché la porta non si apre e mi trovo di fronte a Federico. Senza pensarci due volte, gli getto le braccia al collo.
“Ho avuto tanta paura!”
“Che succede?” domanda senza capire.
Faccio un profondo respiro cercando di calmarmi. Lui sta bene, è tutto a posto.
“Di sotto c'è un ambulanza e ho avuto paura che ti fosse successo qualcosa.”
Sorride stringendomi di più a sé e mi bacia in fronte.
“Non devi preoccuparti, non mi succederà nulla.”
Rimango abbracciata a lui mentre attendo che il mio cuore smetta di battere furiosamente per la paura. Infine, dopo un lungo sospiro, lo bacio.
“Per un attimo... Ma ora sto bene.”
Mi porta dentro casa sempre tenendomi fra le sue braccia. Ed è lì che io vorrò restare. Per sempre.

FINE

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