The destiny?

di vavvina_95love03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ritorno della Paladina ***
Capitolo 2: *** Sorpresa! ***
Capitolo 3: *** Sei proprio tu, tu? ***
Capitolo 4: *** Un invito molto speciale. Cosa ci riserva il futuro? ***
Capitolo 5: *** Ricordi lontani ***
Capitolo 6: *** Pranzo in famiglia ***
Capitolo 7: *** Una giornata piena di sorprese ***
Capitolo 8: *** Decisioni ***
Capitolo 9: *** Il grande giorno! ***
Capitolo 10: *** È questo un addio? ***
Capitolo 11: *** Verso una nuova avventura ***
Capitolo 12: *** Verità nascoste. E vissero tutti felici e contenti? ***



Capitolo 1
*** Il ritorno della Paladina ***


Capitolo 1 – Il ritorno della paladina.

 

    Erano già passati più di sette anni dal giorno in cui Alice e Tarrant si erano detti addio di fronte a quello specchio.
    Dopo essere riusciti a salvare la famiglia Altocilindro e tutto Sottomondo, il Cappellaio le aveva detto che un giorno si sarebbero nuovamente incontrati; ma quel giorno non era ancora arrivato ed Alice si sentiva sempre più sola ed arrabbiata con sé stessa per aver lasciato Tarrant per la seconda volta e per non avergli confessato i propri sentimenti.
    Si dava della stupida ogni giorno, ma sapeva anche che non aveva avuto scelta. Non poteva abbandonare sua madre al proprio destino e non poteva permettere che Hamish Ascot rovinasse la sua famiglia.
    Odiava da morire quel “Lord” da quattro soldi e non aveva mai conosciuto una famiglia così detestabile e doppiogiochista come la loro (a parte ovviamente il defunto padre di Hamish, Lord Ascot); ma poco importava. Alice e sua madre erano riuscite in poco tempo a farla in barba a tutte quelle persone che, come gli Ascot, speravano in un loro fallimento. Infatti, la loro neofondata Compagnia Navale, la “Kingsleigh & Kingsleigh”, già dai suoi primi mesi di vita, divenne una delle Compagnie più importanti ed influenti di tutta l’Inghilterra. Tant’è che anche la Regina in persona spesso organizzava feste a palazzo per onorare i servigi commerciali e i profitti che la Compagnia portava in tasca alla Nazione britannica.
 

*** 


    La Wonder era appena tornata da una nuova spedizione, che aveva condotto il suo Capitano e la sua ciurma, fino al lontano Giappone e dalla quale avevano portato a Londra nuove spezie, stoffe, piante e chi ne ha più ne metta!
    Proprio quella sera, la Regina Vittoria aveva deciso di organizzare una festa, in onore della Compagnia, alla quale erano stati invitati tutti i componenti dell’equipaggio della Wonder.
    Alice si trova per l’appunto nella reggia di sua Maestà nel bel mezzo della festa più sfarzosa a cui avesse mai preso parte; quando il fato, o più semplicemente una farfalla dal colore blu acceso, quasi fosse fluorescente, le passò accanto e cominciò a svolazzare per i corridoi del palazzo e la ragazza, senza pensarci due volte, si mise a seguirla, finché non si ritrovò in un immenso giardino pieno di fiori dai variopinti colori.
    Notò che la farfalla, nella quale oramai aveva riconosciuto il Brucaliffo, svolazzava proprio sopra al pelo dell’acqua di un'enorme fontana che, ad occhio e croce, doveva aver più di un secolo, anche se, le costanti cure dei giardinieri, non lo davano a vedere.
    Il Brucaliffo cominciò a volteggiare in tondo, fino a quando non si decise e si tuffò.   
   
Alice corse subito al bordo della fontana e, con grande stupore, non vide il suo riflesso specchiarsi sul pelo dell’acqua ma una terra lontana... Era Wonderland! Il posto nel quale desiderava tornare da anni.
    Osservando il Regno dall’alto pensò che se si fosse tuffata e il portale avesse funzionato, avrebbe fatto proprio un bel volo come la volta precedente. Anche se, c’era da dire, che quella volta, fortunatamente, era atterrata incolume nei giardini della Regina Mirana.
    La giovane non sapeva cosa fare. Tornare alla festa e dimenticare quello che aveva appena visto o tuffarsi e sperare in un altro atterraggio fortuito? Andarsene o tuffarsi e poter così rivedere l’unica persona della quale non si era mai dimenticata e per la quale il suo cuore continuava a battere ogniqualvolta pensava al suo volto, al suo sorriso, al suo modo di essere così semplice e naturale…?
    «Oh, Alice quando mai ti ricapiterà! Non puoi perdere quest’unica occasione che ti si presenta dopo più di sette anni...
», si disse per autoconvincersi cominciando a fare qualche passo indietro dalla fontana.
    Aspettò qualche secondo. Fece un profondo respiro ed infine prese la rincorsa pronta a tuffarsi per la terza volta (o meglio per la quarta volta) in quel magico Mondo...
    Alice, non potevi permetterti di perdere quest’unica occasione che ti permetterà, finalmente, di rincontrarlo dopo anni! Non dopo tutto quello che lui ha fatto per te…” pensò la nostra Paladina mentre precipitava verso il suolo di Sottomondo…

 

 

N.A. (gennaio 2021)

    Ciao a tutti! Dopo quattro anni dalla pubblicazione di questa storia (che è stata fino ad ora la mia unica long), ho deciso di rispolverarla per risistemare, il più possibile, vari ed eventuali errori grammaticali e verbali. Ho apportato anche leggere modifiche ai dialoghi che comunque non andranno ad influenzare il racconto “originale”.
Ovviamente ci tengo ancora ringraziare chi aveva letto e recensito i capitoli a mano a mano che uscivano nel lontano 2016 e chi a distanza di anni si sia ritrovato a leggerla per la prima volta.
Vi chiedo scusa già da ora se magari i personaggi di Wonderland e del Sopramondo non saranno caratterialmente fedeli a quelli del film, io ciò ho provato a mantenerli tali, ma ahimè, non è di sicuro facile mantenere tali Alice e Tarrant visto che, come avrete intuito, ho deciso di portare la loro storia verso il “romanticismo” (tra virgolette ovviamente), quindi in alcuni punti potrebbero risultare, soprattutto Alice, un po’ OCC rispetto a quanto abbiamo visto nei film… spero, ovviamente, che non sia troppo “eccessivo” (ma non credo di averlo reso tale).
 

Per chi si ritroverà a leggerla per la prima volta, se voleste lasciarmi una recensione sarei molto felice di riceverla, se no vi ringrazio comunque per la sola lettura… E noi ci risentiamo all’ultimo capitolo! :D

 

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Capitolo 2
*** Sorpresa! ***


Capitolo 2 – Sorpresa!

 

 

    Alice, dopo essersi tuffata nella fontana, stava precipitando al suolo con una velocità inimmaginabile. Di conseguenza iniziò ad urlare dal terrore ed i suoi occhi si serrarono strettamente quando, improvvisamente, sentì il suo corpo rimbalzare…
    "Oh… Devo ammettere che è stato un atterraggio più morbido di quanto mi aspettassi. Molto più morbido anche di quello dell’ultima volta”, pensò tenendo ancora gli occhi chiusi.
    Piano, piano, si decise ad aprire il primo occhio ed a seguire il secondo e quando mise a fuoco il paesaggio attorno a lei, rimase sbalordita dal constatare che non era atterrata su un campo di fiori o su un prato di caramelle (se mai ce ne fosse stato uno a Wonderland). No, quella su cui Alice era caduta era una soffice ed enorme nuvola bianca. 
    «Non ci posso credere… E adesso come faccio a scendere a terra!? Perché ogni volta che vengo a Sottomondo, ci arrivo sempre in modi diversi l’uno dall’altro!». Stava iniziando a farsi prendere dal panico, quando una voce catturò la sua attenzione...
    «Guardate! Ma quella non è la Paladina di Wonderland!?!» disse la voce misteriosa alle sue spalle.
    La ragazza si girò in direzione di quella voce e quello che vide la lasciò senza parole… Quelle che aveva di fronte a sé erano delle enormi tartarughe volanti, che al posto delle pinne avevano delle enormi ali con le quali potevano librarsi in aria come degli uccelli.
    «Ma voi volate! Che cosa buffissima» disse Alice sovrappensiero non rendendosi conto di aver parlato ad alta voce.
    «Come ti permetti a consideraci buffi!» le rispose di rimando una delle tartarughe volanti, che riprese subito la parola: «Sarai anche la Paladina di Wonderland, ma vedo che nessuno si è preso la briga di insegnarti la buona educazione! Non vedo proprio perché dovremmo riportare a terra questa ragazza! La Regina non ci aveva affatto detto che fosse così maleducata!» disse la Signora Tartaruga rivolgendosi, sul finire della frase, alle sue compagne.
    Alice si sentì un po’ offesa dalle accuse mosse dalla tartaruga, ma non fece in tempo a ribattere, che un’altra tartaruga prese la parola.
   «Suvvia Jenevieve, non essere così scortese. La nostra Alice ha fatto un lungo volo per arrivare fin qui e sicuramente ne sarà rimasta frastornata. E poi la Regina Mirana ci ha chiesto di scortarla fino al palazzo incolume onde evitare un altro atterraggio fortuito come l’altra volta. Comunque
» disse rivolgendosi per la prima volta ad Alice «il mio nome è Gaston ed è un immenso piacere ed onore fare la conoscenza della Paladina di Wonder. E come ho appena ricordato a Jenevieve», la quale lo fulminò con la sguardo, «siamo qui per scortavi sana e salva, fino a terra» e così dicendo le si affiancò facendole segno di salire sul proprio guscio.
    «Grazie» gli disse Alice con un sorriso e, mentre saliva in groppa a Gaston, aggiunse rivolta a Jenevieve: «E se ho arrecato delle offese verso qualcuno vi chiedo scusa, non ne avevo alcuna intenzione».
    «Hmph… Troppo facile chiedere scusa così…» borbottò quest’ultima.
    La giovane non diede troppo peso alle sue parole in quanto lo stormo aveva appena lasciato la soffice nuvola per iniziare a scendere in picchiata verso terra. Involontariamente Alice iniziò ad urlare e si aggrappò a Gaston pregando di riuscire a mantenere salda la presa sul suo guscio.
    Pochi secondi dopo Gaston toccò terra.
    «Ehi, Alice», disse dolcemente la tartaruga. «Puoi aprire gli occhi. Coraggio, siamo atterrati!».
    La ragazza aprendo lentamente gli occhi poté constatare che effettivamente avevano finalmente toccato terra.
    «Avreste almeno potuto avvisarmi del vostro metodo di atterraggio» disse mentre si teneva ancora saldamente al guscio del suo nuovo amico.
    «Ahahah, ma dove starebbe il divertimento nel volare, se ogni tanto non si provano sulla propria pelle delle forti emozioni!» le rispose allegramente di rimando la tartaruga. «Forza, non tardare oltre. Ci sono delle persone che ti stanno aspettando e che non vedono l’ora di rivederti. Non credo sia degno, per una valorosa Paladina come te, farle attendere ancora a lungo».
    Alice scese dall’enorme guscio e poggiò finalmente i propri piedi al suolo. «Ha ragione. Grazie di tutto Gaston e anche a tutti voi» disse rivolgendosi allo stormo che volteggiava sopra le loro teste. «Senza il vostro aiuto sarei ancora su quella nuvola a guardare Marmorea dall’alto».
    «Figurati cara, speriamo di rincontrarci presto, magari per un altro volo ancora più adrenalinico!» le sorrise l’amico.
    E mentre lo stormo riprendeva il volo e Alice li salutava con un sorriso, sperò, in cuor suo, di non dover mai più salire sul guscio di Gaston o su quello di un’altra tartaruga volante.
    Qualche minuto dopo la ragazza si guardò attorno e riconobbe il viale che portava al castello della Regina Mirana, così si incamminò in quella direzione fino a quando, ad un certo punto, non sentì una strana presenza alle sue spalle, come se qualcuno la stesse seguendo.
    Si girò di scatto ma non vide nessuno, decise quindi di non darci troppo peso e di continuare a camminare, ma quando si rigirò nuovamente verso il palazzo si ritrovò faccia a faccia con due grandi occhi ed un sorriso a mezza luna enorme.
    «Aaah!» gridò facendo un salto indietro. «Stregatto, mi hai spaventata!» disse poi mentre si portava una mano al petto all’altezza del cuore che aveva iniziato a battere più velocemente.
    «Oh, mia cara Alice, non era mia intenzione spaventarti così o forse sì...? La verità è che l’idea era così allettante che non ho saputo resistere» sghignazzò il gatto mentre volteggiava in aria. «Noto con piacere che alla fine sei riuscita a tornare! Sai, scommetto la mia bella coda, che tra tutte le persone che ci saranno ad attenderti, ce ne sarà una che appena ti vedrà sì prenderà, per la sorpresa, un bell’infarto» disse con un sorriso enorme.
    Alice, ingenuamente, non capì a cosa alludesse lo Stregatto.
    Chi si sarebbe preso un infarto nel rivederla? Non era di certo la prima volta che piombava in quel Mondo e poi la Regina Rossa non rappresentava più un pericolo per Sottomondo, quindi di sicuro non poteva essere lei… E mentre la ragazza rimuginava sulle parole del gatto, questi le si affiancò, «Forza andiamo, non vorremo fa attendere la Regina Mirana».
    Arrivarono a palazzo qualche minuto più tardi e delle rane, che ricoprivano il ruolo di paggi di corte, li condussero all’interno della reggia nel salone principale, laddove Mirana e gli altri la stavano aspettando.
    Alice, subito dopo essere stata annunciata, entrò nella sala e non appena vide tutti i suoi amici si mise a piangere di gioia; non pensava minimamente che dopo tutti quegli anni lontana da loro, li avrebbe potuti nuovamente vedere.
    C’erano proprio tutti: i gemelli Pincopanco e Pancopinco, che non facevano altro che ripetere al contrario ogni frase che dicevano, il Leprotto Marzolino, che appena era entrata le aveva scaraventato addosso una tazza di thè, e che lei aveva prontamente schivato, il Bianconiglio e Mally, che le diedero il ben tornata, quest'ultima alzando la propria spada al cielo, Bayard il segugio, che le saltò addosso facendola cadere rovinosamente a terra per poterle leccare la faccia in segno di benvenuto e infine la Regina Mirana affiancata, Alice stentava a crederci, alla sorella Iracebeth, che le diede il benvenuto a palazzo.
    La ragazza pensò che ormai, in tutti quegli anni, le due sorelle avessero del tutto chiarito il malinteso e che ora convivessero in pace, o almeno così sperava.
    La Regina Bianca le se avvicinò e l’abbracciò forte. «Che bello poterti riavere qui a Saggezzilandia, non sai quanto ci sei mancata dolce Alice! L’ultima volta che te ne sei andata, non ho avuto l’occasione di poterti salutare e mi sarebbe dispiaciuto non averti potuto avere qui a corte in questi giorni tanto speciali, soprattutto ora che la pace e l’amore sono tornati nel Regno. E tutto questo non sarebbe stato possibile se non fosse stato per il tuo coraggio e il tuo aiuto. Vedi, abbiamo riaperto un passaggio dal tuo Mondo al nostro, perché qui, a Sottomondo, si sta per svolgere una ricorrenza molto speciale…».
    Mentre Alice ascoltava la Regina, non smetteva di guardarsi intorno con la coda dell’occhio e notò che tra tutte le persone che erano lì in quel momento, ne mancava una.
    Mirana doveva aver intuito i pensieri dell’amica, perché subito le disse: «Sai, non gli abbiamo detto niente del tuo arrivo, volevamo che tu gli facessi una sorpresa! Dopo la tua partenza era così giù che nemmeno la sua famiglia, finalmente ritrovata, era riuscita a tirargli su il morale…».
    Alice si preoccupò. «Ma adesso sta bene?
Voglio dire, non è caduto in depressione come l’altra volta?!?» chiese la ragazza allarmata.
    «No, per fortuna. Gli bastava pensare che tu fossi a casa con la tua famiglia e che fossi felice. Fortunatamente col tempo si è ripreso ma, ahimè, non è più stato quello di un tempo, anche se c’è da dire che la sua moltezza non l’ha mai abbandonato. Se vuoi andare a trovarlo, lo troverai nella sua casa a cilindro, in cima alla collina, intento a lavorare a dei nuovi cappelli proprio in vista della ricorrenza di cui ti ho appena accennato. Sono sicura che appena ti vedrà rimarrà pietrificato dalla gioia!» disse la regina molto allegramente.
    «Oppure, gli prenderà un infarto per la sorpresa…» si intromise lo Stregatto scoppiando a ridere.
    Alice salutò tutti quanti e promise a Mirana che non appena avesse salutato il Cappellaio, sarebbe tornata per ascoltare in cosa consisteva la ricorrenza che le aveva accennato e perché era stata invitata per festeggiarla.
    La strada verso la casa del Cappellaio sembrava non finire mai, e Alice era così impaziente di rivedere il suo amico più caro, che si mise a correre a perdifiato su per la collina e non appena arrivò alla porta, si sporse verso la finestra per dare un’occhiata all’interno nella speranza di vedere il Cappellaio.
    Quando finalmente lo vide, chino sul tavolo da lavoro mentre realizzava uno dei suoi tanti cappelli, proprio come le aveva detto la Regina, un piccolo sorriso fece capolino sulle sue rosee labbra e non riuscendo più a trattenersi bussò alla porta.

***


Sentendo bussare alla porta, Tarrant lasciò il proprio lavoro e si chiese chi mai a quell'ora era venuto a disturbarlo visto che aveva chiaramente espresso il desiderio di essere lasciato in pace durante il proprio lavoro.
    Giuro che se è quella rompiscatole di una Lepre, non risponderò delle mie azioni. E se la prendo, la faccio arrosto…” pensò un Cappellaio alquanto stressato e mentre si avvicinava all’uscio della porta cominciò a borbottare: «Lepre dei mie stivali, se sei venuta qui per rovinare nuovamente il mio lavoro con la tua pazz…» le parole gli morirono in bocca quando, aprendo la porta, non si ritrovò di fronte il Leprotto Marzolino, come aveva immaginato, ma bensì l’unica persona al mondo che mai avrebbe pensato di rivedere dopo tutti quegli anni.
    «SORPRESA!» urlò Alice con quanto fiato aveva in gola.
    Per mille Ciciarampa! La mia dolce Alice è proprio qui, qui! Davanti a me…!” fu il suo ultimo pensiero prima di cadere rovinosamente a terra per la bellissima sorpresa.
 
 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Sei proprio tu, tu? ***


Capitolo 3 – Sei proprio tu, tu?

 

 

 

Alice bussò alla porta del Cappellaio. Era molto eccitata all’idea di rivedere il suo più caro amico e mentre lo stava attendendo, lo sentì parlottare tra sé.
    «Lepre dei miei stivali, se sei venuta qui per rovinare nuovamente il mio lavoro con la tua pazz…».
    Tarrant aprì la porta ed Alice urlò.
    «SORPRESA!».
    Il Cappellaio, preso di sorpresa, stramazzò a terra e la ragazza spaventata per la reazione esagerata del suo amico, si precipitò subito al suo fianco. “Lo Stregatto, alla fine, non aveva tutti i torti”, pensò mentre soccorreva l’amico, «Cappellaio… Cappellaio, mi senti?!? Ti prego apri gli occhi. Sono io Alice».
    Tarrant, dopo qualche secondo, riaprì gli occhi sentendosi chiamare da una voce tanto delicata quanto preoccupata e si portò una mano dietro alla testa, dove aveva preso una bella botta dopo la caduta e non appena il suo sguardo si focalizzò sugli occhi di Alice, incominciò a balbettare proprio come un bambino eccitato che non riesce a trovare le parole.
    «Alice…?», domandò alla fine con sguardo incredulo. «Oh, ho capito… Brutto birbante di uno Stregatto. Pensavi che non me ne sarei accorto! Eheheh, devo ammettere che l’imitazione di Alice ti è venuta molto meglio dell’ultima volta che hai preso le mie sembianze per farti tagliare la testa. Sei migliorato, lo devo ammettere…» e mentre parlava si mise a sedere.
    Alice, che non riusciva seguire i suoi ragionamenti contorti, decise di prendere parola: «Cappellaio, sono proprio io, io. Alice! Sono tornata!».
    Tarrant, che ormai si era di nuovo rimesso in piedi, cominciò a guardarsi intorno spaesato, come se stesse cercando qualcosa o qualcuno e alla fine parlò cercando di non guardare negli occhi la ragazza che aveva di fronte.
    «Non posso crederci! Devo aver sbattuto talmente tanto forte la testa, che sono sicuro di essere diventato ancora più matto di prima! Ho le allucinazioni, perché veramente mi sembra di averti qui davanti a me, ma tu non puoi essere qui! Cioè, tu te ne sei andata. Sei tornata nel tuo Mondo molto tempo fa! Sto forse impazzendo…?!?» e finalmente la guardò negli occhi «No… Questo deve essere senz’altro un sogno. Ora mi sveglio…» e cominciò a prendersi a schiaffi, nella speranza di potersi svegliare.
    Non potendo sopportare oltre l’autolesionismo del suo amico, con fermezza Alice gli afferrò un braccio nel tentativo di fermare l’ennesimo auto schiaffo.
    «Cappellaio, sono proprio io. Non stai sognando e ti posso assicurare che non stai diventato più pazzo…» e così dicendo Tarrant smise di dimenarsi e, con gli occhi che tornarono al naturale colore verde brillante, sorrise alla sua dolce Alice.
    «Sei proprio tu, tu…!». Questa volta non era una domanda, ma un’affermazione e dopo alcuni secondi trascorsi a guardarsi intensamente negli occhi, che per i due parvero anni, finalmente si abbracciarono.
    Per loro non erano mai servite le parole per capirsi, era sempre stata una questione di sguardi e di gesti e quell’abbraccio diceva tutto quello che in quegli anni avevano provato… Tristezza, solitudine, ma anche soddisfazioni e gioie…
    Una volta sciolto l’abbraccio, Tarrant incatenò i suo grandi occhi verdi in quelli della sua amica. «Oh, mia dolce e cara e Alice, non sai quanto ho sperato di poterti rivedere in questi anni; anche solo per un’istante, ma forse è per questo che non ci siamo mai incontrati nei giardini della memoria o nel castello dei sogni… Perché tu alla fine sei riuscita di nuovo a ritornare da me! Cioè, volevo dire
» si corresse velocemente, «sei riuscita di nuovo a ritornare a Marmorea! Deve essere proprio il destino non trovi?».
    Alice che, prima che il Cappellaio si correggesse, era arrossita leggermente, si affrettò a rispondergli. «Già, a volte il destino può giocare brutti scherzi, ma forse in questo caso ci ha voluto fare un bel regalo». 
   «Un bellissimo regalo!» la corresse il Cappellaio sorridendole.


***


    Intanto a palazzo, le due Regine, la Rossa e la Bianca, si stavano consultando.
    «Credi che sia stata una buona idea farla tornare a Sottomondo una quarta volta per una cosa così futile come una celebrazione?» disse Iracebeth.
    «Non essere sciocca sorella, credevo che fosse più che giusto far tornare nuovamente la Paladina per poter festeggiare tutti insieme, visto che per una volta qui a Marmorea e in tutto Sottomondo non c’è alcuna minaccia dietro l’angolo».  
   
Mirana cercò di non nominare il vero motivo dei prossimi festeggiamenti, ma questo non servì poi a molto visto che Iracebeth sapeva perfettamente quale anniversario si stava per festeggiare...
    «Sai… mi consola sapere che tutta Marmorea festeggerà il ventesimo anniversario del giorno Gioiglorioso. Che poi
» aggiunse a denti stretti «se non ricordo male, coincide esattamente con la mia sconfitta e il mio esilio nell’Aldilander!» disse la Regina di Cuori ormai rossa in viso come un pomodoro. 
    «Sorellona, non ti alterare. Lo sai che non è affatto un bene per tua test-… Cioè, volevo dire… Non ti agitare, sappiamo tutte e due che non era tua intenzione diventare quello che sei diventata e…» provò a calmarla la Bianca.
    «Su questo hai perfettamente ragione! È stata solo tutta colpa tua e della tua presunzione!» ribatté la sorella maggiore.
    «Presunzione?!? Oh Iracebeth, sappiamo tutte e due che eravamo solo delle bambine e comunque non rivanghiamo il passato, ormai non lo si può più cambiare e anche volendo abbiamo già visto quali potrebbero essere le conseguenze se ci provassimo e a nessuno va di ripetere l’esperienza. Soprattutto al tuo amato che, se ti ricordi bene, ci ha quasi lasciato le lancette» le rispose la minore perdendo per un attimo la sua consueta calma.
    Iracebeth sembrò calmarsi, perciò la Bianca riprese il suo discorso più dolcemente. «E comunque lo sai che nello stesso giorno mi sposerò e non volevo che la Paladina di Wonderland, nonché mia più cara amica, mancasse a questo giorno tanto speciale!» le disse volteggiando per la stanza per andare a prendere un invito di matrimonio finemente decorato, poggiato sulla scrivania.
    «E tu lo sai che quando questo giorno finirà lei ritornerà nel suo Mondo?! E, per quanto non mi dispiaccia, sono sicura che tra tutti gli abitanti di Marmorea ce ne sarà uno in particolare che soffrirà ancora più di prima. Soprattutto se tra i due in questi giorni succedesse qualcosa. In fin dei conti, Alice non è più la bambina che piombò a Wonderland anni fa… Lo sai questo, vero?» ringhiò la Rossa distogliendo lo sguardo dalla sorella e guardando fuori dalla finestre in direzione della casa a forma di cilindro che si poteva scorgere in lontananza da quel lato del castello.
    Mirana, guardando a sua volta nella stessa direzione, sapeva che la sorella aveva ragione. Alice, dopo le celebrazioni, sarebbe con molta probabilità tornata nel suo Mondo e Tarrant sarebbe piombato nuovamente in uno stato di profonda tristezza, forse ancora più cupa dell’ultima volta; ma è anche vero che nessuno poteva prevedere quale futuro li avrebbe aspettati. Solo il Tempo poteva dircelo. Perciò, distogliendo lo sguardo da quella casa, concluse quella breve discussione. «Beh, lo sai, non sempre le cose vanno come ci si aspetta, non possiamo sapere con certezza cosa ci potrebbe accadere tra un’ora o domani, figuriamoci nel prossimo futuro…» e, con l’invito ormai in mano, uscì dalla stanza lasciando Iracebeth immersa nei suoi pensieri…


***

 
Alice e il Cappellaio, che si trovavano sdraiati sul prato sotto ad una quercia secolare poco distante dalla casa di quest’ultimo, avevano passato le ultime ore a parlare del più e del meno.
    La ragazza aveva raccontato all’amico tutte le sue avventure per mare e tutti i meravigliosi posti che aveva visitato, le varie culture dei diversi Paesi, i cibi tradizionali e chi ne ha più ne metta.
    Il Cappellaio, d’altro canto, rimase affascinato dai racconti della ragazza e vedendola illuminarsi ogniqualvolta nominava il mare e la sua nave, la Wonder, non poté non pensare al fatto che avesse fatto la scelta migliore, quel giorno di quasi diciassette anni prima, quando l’aveva lasciata andare. Quando poi gli aveva raccontato tutti i tentativi (ovviamente miseramente falliti) che gli Ascot avevano architettato per poter distruggere la sua Compagnia Navale, si era messo a ridere. Non riusciva a credere che nel mondo della sua dolce Alice potessero esistere persone così meschine. Beh, forse qualcuna, in fin dei conti, esisteva e anche nel loro Mondo era esistita e soprattutto esisteva ancora visto e considerato che era la sorella maggiore della Regina di Marmorea, ma forse oggi la Regina Rossa non era poi così cattiva (se si sorvolava su tutte le teste che aveva fatto tagliare durante la sua dittatura conclusasi ormai dieci anni orsono...), ora che era di nuovo in pace con sé stessa e con il mondo.
    Quella capocciona maledetta…” si ritrovò a pensare Tarrant. “Ma, se non fosse stato per lei, a quest’ora io ed Alice saremmo stati qui sdraiati sul prato a parlare degli anni passati?” a destarlo dai suoi confusi pensieri ci pensò ancora una volta la sua amica.
    «E con la tua famiglia? Come è stato ritrovarli dopo tanti anni? Tu e tuo padre vi siete riappacificati? Sai, quel giorno è successo tutto così in fretta che non abbiamo potuto parlare molto».
    Era vero, quel giorno dopo aver salvato Sottomondo e i suoi genitori, Alice aveva dovuto riattraversare lo specchio quasi subito. Dopotutto anche lei doveva tornare a casa dalla sua famiglia e poi doveva sistemare alcune faccende con quella sottospecie di omuncolo di nome Hamish Ascot.
    Quel giorno gli aveva dovuto dire veramente addio e per poterla far tornare a casa serenamente, le aveva promesso che si sarebbero rincontrati. Se qualcuno gli avesse chiesto se lui ci credeva veramente ai Giardini delle memoria o al Palazzo dei sogni, lui avrebbe sicuramente risposto che nella vita ogni persona ha bisogno di credere in qualcosa per poter andare avanti, che sia essa un Dio o una vita dopo la morte o la speranza di rivedere qualcuno in un altro Mondo, come quello dei sogni… e lui in quel Mondo, quando la mano di Alice aveva lasciato la sua, aveva iniziato a crederci fermamente.
    «Sai, dopo tanti anni pensando che fossero morti, sapere che alla fine tu mi credevi ed essere riusciti di conseguenza a ritrovarli e a salvarli, beh... è stato il più bel regalo che la Paladina di Wonderland potesse farmi. Credo che non ti potrò mai ringraziare abbastanza» le rispose sorridendole. 
    Alice lo guardò a sua volta, quello che le aveva appena detto l’aveva fatta arrossire. Lei aveva intrapreso quel viaggio per poter salvare il suo amico più caro, non credeva che fosse veramente possibile salvare la sua famiglia, ma sapeva che, indipendentemente, ce l'avrebbe messa tutta anche se era una cosa impossibile. Dopotutto non poteva certamente permettere che il Cappellaio lasciasse quel Mondo per sempre…
    Forse dovrei dirgli ciò che provo in questo momento, ma se lo facessi sicuramente non potrei e non vorrei più tornare a casa e se non tornassi nel mio Mondo cosa penserebbero mia madre a mia sorella, non posso di certo fargli un torto come questo… Che cosa devo fare? Ho sempre pensato d’istinto a come vivere la mia vita, ma ora dovrei lasciarmi guidare dai miei sentimenti o dalla mia testa…?”, ma i pensieri di Alice vennero interrotti dall’arrivo di una creatura assai più strana delle tartarughe che l’avevano riportata a terra…


 
 
N.A. (Gennaio 2021)

Ciao a tutti! Piccolo accorgimento… Nella prima versione avevo deciso che gli anni passati tra il Sottomondo e il Mondo di Alice fossero gli stessi (quindi 7 anni dall’ultimo film e 10 anni dal primo). Poi però, rileggendola dopo qualche anno, mi sono resa conto che non funzionava con ciò che era l’espediente che volevo mettere su per il continuo della storia e per questo ho deciso di raddoppiare gli anni che sono invece passati nel Sottomondo. Per quanto riguarda il numero di anni passati nel Mondo di Alice dal giorno Gioiglorioso, ho deciso il numero 10 in base ai 7 anni che sono passati dall’ultimo film (che ho deciso io) e dagli anni che sono passati tra i due film (3 anni, così ho letto su Wikipedia).

Comunque, nei prossimi capitoli, spiegherò meglio, o almeno ci proverò, come funziona il Tempo a Wonderland.



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Capitolo 4
*** Un invito molto speciale. Cosa ci riserva il futuro? ***


Capitolo 4 – Un invito molto speciale. Cosa ci riserva il futuro?

 

 

    Forse dovrei dirgli ciò che provo in questo momento, ma se lo facessi sicuramente non potrei e non vorrei più tornare a casa e se non tornassi nel mio Mondo cosa penserebbero mia madre a mia sorella, non posso di certo fargli un torto come questo… Che cosa devo fare? Ho sempre pensato d’istinto a come vivere la mia vita, ma ora dovrei lasciarmi guidare dai miei sentimenti o dalla mia testa…?”.
    I pensieri di Alice vennero interrotti dall’arrivo di una creatura assai più strana delle tartarughe che l’avevano riportata a terra. Essa aveva il corpo di un leone mentre le ali e la testa assomigliavano a quelle di un’aquila reale. “Che creatura bizzarra” pensò istintivamente mentre questa gli atterrava davanti.

 «È un griffone, o meglio un mini-griffone» le spiegò il Cappellaio come se avesse letto nel pensiero dell’amica. «Il suo nome è Lucille ed è una dei messaggeri reali della Regina Mirana».
    La ragazza, riscossasi dai suoi pensieri, si rivolse a Lucille: «Davvero!?
Questo vuol dire che hai un messaggio per noi da parte della Regina?».
    Il mini-griffone le fece un cenno d’assenso e con il becco tirò fuori da una borsa due lettere, una per Alice ed una per Tarrant.
    «Grazie mille Lucille» disse il Cappellaio mentre prendeva la sua lettera e porgeva l’altra all’amica.
    «Non c’è di che Tarrant! Spero di vederti presto a palazzo», gracchiò Lucille volandosene via così come era venuta e lasciando i due nuovamente soli.      
   
«Chissà cosa ci sarà scritto» disse Alice, e mentre aprì la busta non poté che rimanere piacevolmente di sorpresa da quello che era scritto sul finissimo biglietto bianco e oro.
    Il biglietto, infatti, altro non era che un invito ad un matrimonio e non ad un matrimonio qualunque, ma a quello della Regina Mirana di Marmorea e del Principe Edward VII di Crystaland.
    «La regina Mirana si sposa!?!» esclamò Alice.
    Tarrant, sghignazzando, pensò che alla fine anche ad Alice era stata fatta una piccola sorpresa.
    «Vediamo che cosa dice…» riprese la giovane mentre apriva del tutto l’invito.
   Il foglio era ornato da una cornice di ghirigori color oro al cui interno era stata utilizzata una calligrafia in corsivo molto fine. “Sicuramente sarà la calligrafia della Regina Mirana” pensò Alice. E l’invito così recitava:

 

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La regina Mirana di Marmorea

e il Principe Edward VII di Crystaland.

Sono lieti di invitare la Paladina di Wonderland, Alice Kingsleigh, al matrimonio reale che si terrà il prossimo venerdì durante la giornata dell’anniversario del

“Giorno Gioiglorioso”.

 

Il matrimonio si svolgerà alle ore 16.30 presso i giardini reali di Saggezzilandia.

 

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    «Qui c’è scritto che si sposa il prossimo venerdì» disse ad alta voce rivolgendosi al Cappellaio, «Ma, aspetta, è tra quattro giorni!» esclamò infine.
    «Già, a quanto pare la Regina ci teneva moltissimo a celebrare le sue nozze con te al suo fianco. Sai, sei la sua più cara amica e poi ha pensato bene di celebrarle proprio il giorno dell’anniversario dalla sconfitta del Ciciarampa, il Giorno Gioiglorioso! Quale miglior giorno per poter invitare a due fantasmagoriche feste la Paladina di Wonderland! Non trovi cara?!?». Le disse il Cappellaio riprendendo subito la parola senza lasciarle il tempo di ribattere, «L’unica cosa che mi rende un po’ perplesso è il perché la Regina abbia scelto le 16.30 come orario per la cerimonia…».
    Alice lo fissò confusa. «E per quale motivo ti renderebbe perplesso?» chiese.
   «Ma mi pare ovvio mi cara! La cerimonia non durerà solamente dieci minuti. Così, di sicuro, supereremo di gran lunga l’ora del tè!» ribatté il Cappellaio con un tono abbacchiato.
    Nell’ascoltare l’assurda spiegazione del suo amico, Alice non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere. Se sua madre l’avesse vista ridere in quel modo di fronte ad una persona senza contenersi, probabilmente l’avrebbe rimproverata per il suo comportamento poco appropriato e poco educato, ma Alice era una ragazza troppo genuina e sapeva che con Tarrant poteva essere sempre sé stessa.
    «Cosa ci trovi così tanto da ridere? Non è per niente divertente!» disse con tono fintamente offeso il Cappellaio.
   «No, non è per niente divertente hai ragione» gli rispose Alice facendogli il verso mentre si asciugava una lacrima che le era scesa dall’occhio destro per le troppe risate, e con un sorriso sincero aggiunse, «Sai, ci scommetterei la mia nave che la Regina avrà sicuramente organizzato un matrimonio in stile “Ora del tè” solo ed esclusivamente per te, Mally e Thackery…».
   Tarrant, d’altro canto, era rimasto abbagliato da quel dolce sorriso, che per lui era ancora più bello dei fiori che sbocciavano in primavera. Era un sorriso sincero e pieno d’amore… e lui era innamorato della sua dolce Alice ormai da molto tempo e per quanto possa sembrare strano aveva iniziato ad entrargli nel cuore già dal loro primissimo incontro, quando lui era solo un bambino, e poi nuovamente quando, ormai adulto, stava per andare all’incoronazione della principessa Iracebeth, e lei gli aveva detto che si sarebbero rincontrati nuovamente quando lui sarebbe stato più vecchio e lei più giovane; cosa che effettivamente, qualche anno dopo quello stravagante incontro, successe. Infatti, durante i primi anni di tirannia della Regina di Cuori, nel loro Mondo piombò una bambina di appena dieci anni che aveva iniziato a chiamare quel posto il “Paese delle Meraviglie”.
    Ovviamente il tipo di amore che Tarrant provava per quella bambina era diverso, quasi fraterno, da quello che invece aveva iniziato a covare per la giovane donna che qualche anno più tardi fu chiamata prima a porre fine al Regno della Regina Rossa e poi per salvare lui dalla sua depressione e per aiutarlo nella disperata ricerca della sua famiglia. Non poteva non ammettere con sé stesso che quella piccola ed innocente bambina era diventata prima una ragazza molto graziosa e poi una donna bellissima, piena di ambizioni, di coraggio e di valore e che era entrata silenziosamente nel suo cuore e da lì non se ne sarebbe più andata.
    Aveva capito che i suoi sentimenti per lei andavano oltre la semplice amicizia quando le aveva dovuto dire addio dopo la sconfitta del Ciciarampa e successivamente, quando era ritornata a Sottomondo, sperava di avere un’occasione per confessargli i propri sentimenti con la speranza di non farla allontanare da lui, ma anche in quel caso non c’era stato il tempo.
    Che cosa buffa, non c’era stato il Tempo…” pensò tra sé e sé, e ora che erano lì, sdraiati sotto ad un albero secolare ad ascoltare il canto degli uccelli e il leggero soffio del vento tra le foglie dei rami dell’albero, senza alcuna minaccia imminente, il Tempo sembrava essersi fermato.
    «Ah ah ah… Molto spiritosa
» le rispose infine il Cappellaio «Comunque. In fin dei conti, sperare non costa niente. Sono sicuro che la Regina Mirana ci sorprenderà con un degno ricevimento!» e così dicendo volse nuovamente lo sguardo verso il cielo che ormai si stava tingendo di arancione. «Se posso chiedere, dove passerai la notte?» aggiunse dopo un po’.
    La risposta di Alice non si fece attendere. «Credo a palazzo. Sai ho detto alla Regina Mirana che, non appena ti avessi salutato, sarei ritornata a palazzo per sentire di questa ricorrenza tanto speciale; anche se ormai credo di aver scoperto già tutto ed anche il perché essa sia tanto speciale».
    Tarrant si alzò in piedi e tese una mano all’amica per aiutarla ad alzarsi. «Allora credo che sia meglio incamminarci prima che faccia buio. Non è educato far aspettare una Regina, anche se, trattandosi di Mirana, non è persona da prendersela per così poco. Ma, come ben avrai visto, a palazzo vive anche un’altra Regina… la Capocc-».     
   
«Cappellaio!» lo rimbeccò Alice.
   «Capocciona maledetta!» disse tutto d’un fiato Tarrant con sguardo furbo, come per dirle di contraddirlo se anche lei non la pensasse così.
    I due si guardarono intensamente e anche se Alice non trovava educato quello che aveva detto l’amico, in effetti, non poteva negare a sé stessa di pensarla come lui. E infatti, poco dopo, si misero a ridere e a braccetto, si diressero verso il palazzo.

 

***

 

    Pochi minuti più tardi erano ormai arrivati alla porta del palazzo e, come di consueto, vennero fatti entrare da un paggetto che li condusse fino al salone principale dove le due Regine li stavano attendendo.
   «Benvenuto Tarrant e bentornata anche a te Alice» esclamò la Regina Bianca alzandosi con grazia dal trono. «Allora…» disse, rivolgendosi al Cappellaio, «Ti abbiamo fatto una bella sorpresa, non trovi?».
   Tarrant guardò prima Alice e poi tornò a rivolgere lo sguardo alla Regina «Certamente vostra Maestà. È stata una così bella e sorprendente sorpresa, che ci ho messo qualche minuto a capire che si trattasse proprio della mi-
» si interruppe bruscamente e, arrossendo lievemente, si corresse alla svelta «Volevo dire, della nostra cara Alice».
    «Oh, Tarrant, quante volte ti devo dire che puoi tranquillamente chiamarmi Mirana, siamo amici da tanto tempo, queste formalità ormai non trovi che siano superflue?» gli rispose allegramente. «Comunque, mi fa davvero piacere che ti abbia così tanto sorpreso!» gli disse euforicamente la Bianca facendo un piccolo applauso.
    Iracebeth, alla vista di tutta quella pura allegria, roteò gli occhi al cielo ed emise un piccolo sbuffo, come per richiamare all’ordine e alla compostezza la sorella minore.
    «Tornando a noi Alice», disse Mirana rivolgendosi ora all’amica e appoggiandole, con molta grazia, la mano sulla sua spalla, «Mi farebbe davvero piacere averti, in questi giorni qui a palazzo come nostra ospite e poi ho anche delle cose molto importanti da dirti… Cose che comunque possono tranquillamente aspettare anche domani
» aggiunse in fretta. «Accetteresti?».
    Alice guardò prima Mirana e poi Iracebeth, come per capire se anche lei fosse d’accordo con la sorella, ed infine tornò con lo sguardo verso la prima. «Se per la Regina Iracebeth e per Voi non è di alcun disturbo accetterò più che volentieri il vostro invito».
    Mirana le sorrise «Non sei di alcun disturbo cara e come per Tarrant, anche per te vale la questione delle formalità. Dammi pure del tu tranquillamente» e voltandosi verso l’ingresso della sala dove sostava sull’attenti uno dei suoi tanti paggi aggiunse, «Mio caro Vlab, sai dirmi per caso per che ora verrà servita la cena?».
    Il paggio, prima di rispondere, fece un leggero inchino alla Regina, «Mia regina, la cena verrà servita a tavola tra pochi minuti».
    «Bene, allora potresti andare a dire ad Angelica di preparare un posto in più a tavola e allo chef di preparare un piatto in più da servire che stasera avremo a cena la nostra cara Alice?», gli domandò sorridendogli calorosamente, salvo poi ricordarsi della presenza del Cappellaio. «Oh, che sbadata. Aspetta un secondo Vlab
». Il paggio si fermò e Mirana si rivolse al Cappellaio con un sorriso «Tarrant, vorresti unirti anche tu a cena con noi?».
    «Ti ringrazio infinitamente mia Regina, ma ho un appuntamento per cena con la mia famiglia ed a proposito di appuntamenti, credo che se non mi sbrigo arriverò nuovamente in ritardo e poi chi lo sente più mio padre» ironizzò dando un’occhiata all’orologio a pendolo in fondo alla sala.
    «Mi sembra giusto. Vorrà dire che sarà per un’altra occasione. Bene Vlab
» disse tornado a rivolgersi alla piccola rana «puoi andare, grazie».
    Il paggio si inchinò nuovamente ed uscì dalla stanza saltellando.
    «Bene! Sarà meglio che mi congedi anch’io. Con permesso
» e il Cappellaio si inchinò alle due Regine «Vi auguro una buona cena e una buona serata», poi rivolgendosi ad Alice aggiunse «Spero di riuscirti a vedere anche domani cara Alice, così magari potrei finalmente presentarti alla mia famiglia, sai sono sicuro che a loro farebbe molto piacere conoscerti!».
    Alice guardò la regina Mirana come per chiederle il permesso di andare a trovare la famiglia Hightopp, l’indomani.
    «Ma certo cara, non c’è alcun problema, non appena domani mattina avremmo parlato potrai andare a trovare la famiglia Altocilindro», le disse dolcemente.
    «Ti ringrazio», rispose Alice.
   «Perfetto, allora passerò domattina prima dell’ora di pranzo. Mia madre sarà felicissima di poterti ospitare a pranzo» e prima di andarsene si sporse verso Alice per sussurrarle «A domani mia cara Alice» e infine le regalò un fuggente bacio sulla guancia.
    Tarrant era appena uscito quando la Regina Rossa, che era stata in silenzio per tutto il tempo, sbottò «Santo cielo quanto zuccherosa e mielosa è stata questa conversazione?! Non ne potevo più».
    Mirana si mise a ridere mentre Alice fulminava la Rossa con lo sguardo. Anche se era di nuovo tornata ad essere buona, o almeno così sperava la ragazza, non aveva per niente cambiato i suoi modi bruschi.
    «Suvvia Iracebeth, non dire così. Scommetto che anche tu e il tuo sposo, il Tempo, per quanto tu non voglia ammetterlo, siete così a casa…» la prese in giro la sorella.
    «Il Tempo e la Regina Rossa si sono sposati?!?» domandò incredula Alice.
    «Non vedo come questo possa interessarti ragazzina!» rispose acidamente la Rossa.
    Ma la Bianca prese subito le difese dell’amica «Sorella! Non sono questi i modi! Sai che sono solita a tollerare tutto, ma certi modi proprio non mi vanno giù!».
    Mirana si era appena espressa con un tono di voce più autoritario del solito ed Alice poté finalmente constatare che le due sorelle, in fin dei conti, qualcosa in comune ce l’avevano ma era anche vero che la Regina Bianca era molto più garbata della prima ed infatti, un secondo dopo, era di nuovo la solita e premurosa Regina che tutti conoscono e amano.
    «E poi Alice non è più una ragazzina, ormai è una bellissima donna, che sta sbocciando in tutto il suo splendore!», le disse la Regina Mirana accarezzandole la guancia.
    «Ed ecco che ritorna ad essere la solita Regina smielata e sentimentale» e rivolgendosi poi alla ragazza la Rossa aggiunse, «Anche se non dovrebbero essere fatti tuoi, se proprio vuoi saperlo, ci siamo sposati due anni dopo il “piccolo incidente” con il tempo…», disse con voce stridula e arrossendo.
    Si, proprio un “piccolo incidente””, si ritrovò a pensare Alice.
    La conversazione venne interrotta dall’arrivo di Vlab, che annunciò la cena e le tre donne si avviarono verso la sala da pranzo.
    Una volta sedute a tavola, la Regina Mirana a capotavola, la sorella alla sua destra ed Alice alla sua sinistra, i camerieri iniziarono a servire loro i primi, che consistevano uno in una squisita vellutata di zucca e piselli leggermente speziata e, subito a seguire, in un risotto leggermente al dente aromatizzato alla menta. Anche come secondi furono serviti piatti di sole verdure, sia grigliate che ripiene.
    «Spero che il menù vegetariano non sia un problema Alice, ma vedi con il mio stile di vita non mangio alcun tipo di carne; personalmente non riuscirei a sopportare di porre fine ad un’innocente creatura per potermene cibare» gli disse la Bianca.
    «Ergo, se vuoi della carne qui non ne troverai, è il motivo per cui ceno o pranzo qui poche volte
» rispose Iracebeth «Se mangiassi qui ogni giorno credo che potrei impazzire».
    «Sai perfettamente che se vuoi delle carne puoi benissimo chiederla» controbatté la sorella.
    «E vedere le tue facce disgustate mentre mi godo il pasto? No grazie!» la schernì la Rossa.
    Alice, che stava sorridendo leggermente a seguito del dibattito un po’ assurdo delle due e onde evitare di farle continuare ad oltranza sull’argomento, intervenne dicendo loro che non c’era alcun problema, che anzi aveva trovato tutto molto buono e che nemmeno al palazzo della regina Vittoria, nel suo Mondo, si mangiava così bene.
    «Ti ringrazio Alice, lo chef Jamal è uno dei migliori qui a Marmorea. Sono sicura che i complimenti della Paladina gli faranno molto piacere!» concluse la Bianca.

    Terminata la cena, che si era conclusa con un classico dessert: gelato alla panna con fragole, Iracebeth salutò la sorella ed Alice e si diresse verso la stanza del grande orologio per poter tornare a casa da suo marito.
    «Vive ancora dentro l’orologio?» chiese Alice, riferendosi al Tempo, quando la Regina Rossa se ne fu andata.
   «Certamente!
» le rispose Mirana «Non può per nessun motivo al mondo lasciare incustodito il tempo; soprattutto dopo il guaio che abbiamo combinato l’ultima volta. Non vuole avere ulteriori problemi, ma sai, credo che per il mio matrimonio farà una piccola eccezione…».
    Alice si ricordò solo in quel momento di cosa il Tempo le aveva detto prima della sua partenza…
   «Tutto bene Alice?» le chiese la Bianca mentre si dirigevano verso le stanze da letto degli ospiti «Sei diventata molto silenziosa» constatò.
    «Mi sono ricordata improvvisamente delle ultime parole che io e il Tempo ci siamo scambiati prima della mia partenza» disse la ragazza.
    «Davvero? E che vi siete detti?».
    «Beh, in pratica lui mi ha detto di “non tornare più” qui, a Sottomondo».
    La regina si mise a ridere di gusto alle parole di Alice e, non appena arrivate dinanzi alla porta della stanza della ragazza, le disse «Stai tranquilla, credo che si stesse solo prendendo gioco di te e, se così non fosse, credo che dovrà farsene una ragione. Sai sono sicura e ci scommetterei la mia corona, che te lo abbia detto nella speranza che non venissero fuori altri guai e se poi avesse usato il suo dono, avrebbe saputo che tu saresti potuta ritornare un giorno!».
    Alice guardò interdetta la Regina e le chiese: «Quale dono?».
    «Il Tempo è in grado di vedere nel passato, nel presente e nel futuro, se avesse usato questo su ultimo dono credo che ti avrebbe vista arrivare» e così dicendo le due entrarono nella stanza. «Questa è la stanza degli ospiti, spero che possa piacerti Alice».
    Alice si guardò intorno, la stanza era molto luminosa, aveva un letto a baldacchino a due piazze e mezza con delle lenzuola di seta azzurre molto raffinate e delle coperte con ricami molto accurati; vi era anche una porta che portava ad un bagno personale, molto più grande di un bagno che ci si aspetterebbe di trovare in una stanza degli ospiti; un armadio, che la Regina aprì facendo vedere ad Alice che per l’occasione le aveva fatto preparare un sacco di vestiti, compreso il vestito da cerimonia per il matrimonio, e per finire, una portafinestra e un balconcino, che davano su uno dei giardini del palazzo.
    Dalla finestra si poteva ammirare una vista dall’alto della città di Saggezzilandia ed in lontananza si potevano scorgere delle montagne, che vista l’ora tarda risultavano in ombra.
    La Regina si avvicinò ad Alice che stava ammirando con occhi meravigliati la bellissima vista, «Bello vero? Amo questo panorama, trovo che sia uno dei migliori che si possano scorgere dal palazzo!».
    «Si, trovo che sia bellissimo
» le rispose di rimando Alice che stava ancora guardando fuori dalla finestra, il sole ormai era già tramontato da un pezzo ma le luci erano una cosa incantevole. «Posso chiederle una cosa?».
    La Regina guardò curiosa l’amica, «Certo dimmi pure cara».
    La giovane prese fiato e guardò l’amica, «Se posso chiedervelo, come avete conosciuto il principe Edward?».
    La Bianca le sorrise «Credo che sia meglio che tu ora vada a riposarti; devi essere molto stanca, questa giornata deve essere stata molto lunga e piena di emozioni. Ti racconterò tutto domani dopo la colazione, promesso» diede un piccolo bacio sulla fronte dell’amica e si incamminò verso la porta per lasciarle un po’ di tranquillità.  
   
«Prima di dimenticarmene», si volse nuovamente verso Alice. «La camicia da notte la troverai nella cassapanca ai piedi del letto e nel bagno ci sono gli asciugamani già pronti nel caso tu voglia rinfrescarti un po’ prima di andare a dormire; i vestiti li hai visti e non ti fare alcun tipo di problema ad usarli, te li ho fatti cucire apposta su misura per te! Bene, spero di non aver dimenticato niente» sorrise soddisfatta, «Buonanotte Alice! Ci vediamo domattina».
    Stava per andarsene quando Alice, alla quale era tornata in mente una frase detta poco prima dalla Regina nei confronti del Tempo, la fermò «Regina Mirana potrei farle un’ultima domanda. Più che altro una curiosità».
    La Bianca, che stava ormai per chiudersi la porta alle spalle, si bloccò ed incuriosita si voltò verso Alice, «Certo, dimmi pure».
    «Prima avete detto che il Tempo non usa il suo ultimo dono, quello della “visione” del futuro, come mai? Nel senso, se lo avesse usato, molto probabilmente quello che successe, oramai sette anni fa, si sarebbe potuto evitare», disse riflettendoci su.
    «Si, forse hai ragione, ma sai il futuro è un tempo molto insidioso. Il passato è come un tempo fermo, dal quale abbiamo imparato che non c’è alcun modo di poterlo cambiare e dal quale si può solo imparare per non commettere gli stessi errori nel futuro; il presente invece è un tempo sempre in movimento, dove ogni singola scelta può far cambiare gli avvenimenti del futuro e di conseguenza nemmeno il Tempo può sapere con certezza cosa succederà e proprio perché esistono numerose possibilità nel futuro di ognuno di noi, in esso risulta molto difficile poterci viaggiare e modificarlo o anche solo consultarlo. Per questo motivo il Tempo non usa quel suo dono; dopotutto, per quanto ne so, tu potevi anche scegliere di non seguire, quella notte di sette anni fa, il Brucaliffo nello specchio» le spiegò Mirana.
    Alice ascoltò il tutto con molta attenzione, la Regina aveva pienamente ragione.
    «E poi credo che al Tempo non piaccia guardare nel futuro. Così può godersi quello che verrà, sia bello che brutto. Non trovi, cara, che la vita sarebbe noiosa se si conoscesse già come andrebbe a finire?» le domandò la Regina.
    «Immagino di sì» le rispose Alice.
    Mirana le sorrise per un’ultima volta e le diede di nuovo la buonanotte per poi chiudersi la porta alle spalle lasciando la ragazza da sola.
    Dopo essersi rinfrescata ed essersi infilata la camicia da notte, Alice si mise finalmente a letto. Le sembrava che fosse passata un’eternità dall’ultima volta che aveva poggiato la testa su di un morbido cuscino.
    La regina ha ragione, la vita sarebbe davvero noiosa se si conoscesse già il proprio futuro. Ma nonostante questo, sarei comunque molto curiosa di sapere, almeno un pochino, cosa questo futuro mi riserva”, si ritrovò a pensare la ragazza prima di sprofondare nel mondo dei sogni.

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Capitolo 5
*** Ricordi lontani ***


Capitolo 5 – Ricordi lontani

 

 

 

    Subito dopo aver appoggiato la propria testa sul morbido cuscino, la mente di Alice si svuotò completamente e piano piano scivolò nel mondo dei sogni. La sensazione fu come di cadere nel vuoto ma per fortuna, anche in quell’occasione, pronta a salvarla dalla rovinosa caduta a terra, fu soccorsa dal suo nuovo amico Gaston. Nel sogno, si ritrovò improvvisamente in compagnia di Tarrant e insieme stavano volando verso l’alba. E mentre la realtà del suo sogno proseguiva, l’Alice in carne ed ossa, sdraiata sul letto e nel mondo di Morfeo, si portò le ginocchia al petto e strinse tra le braccia il cuscino affianco sorridendo beatamente di quel meraviglioso sogno.
    Quando si svegliò la mattina seguente erano ormai le nove passate e qualcuno stava bussando alla porta.
    «Avanti» disse portandosi il lenzuolo al petto e cercando di mettere un po’ d’ordine alla matassa disordinata che i suoi capelli avevano assunto durante la notte.
    «Buongiorno signorina Alice, spero di non averla svegliata. Le ho portato la colazione». Era Angelica, una delle cameriere di Mirana e che aveva conosciuto durante la serata precedente. Aveva con sé un piccolo carrello con all’interno una quantità di cibo che poteva bastare per almeno altre quattro persone e Alice si chiese come avrebbe fatto a mangiare tutto quel ben di Dio.
    «Tranquilla Angelica, ero sveglia già da qualche minuto» le mentì cercando di nascondere, miseramente, uno sbadiglio. «Colazione a letto?» chiese infine.
    «Certo, la Regina Mirana mi ha chiesto di portarvela e visto che non sapeva che cosa preferisse, ha deciso di riempirle personalmente il vassoio con tutto ciò che il cuoco ha preparato stamane», rispose cordialmente la cameriera.
    «Grazie. La Regina è premurosa come sempre. Solo che mi sembra un po’ troppo imbandita come colazione per una sola persona».
    «Stia tranquilla, non è obbligata a mangiare tutto» le sorrise Angelica. «Le lascio fare colazione con tranquillità e quando ha finito lasci pure tutto sul carrello, passerò più tardi a mettere in ordine la camera».
    Alice si stava apprestando a scendere dal letto per recuperare la vestaglia quando si ricordò che quella mattina avrebbe dovuto parlare con Mirana.  «Angelica, scusami. Per caso la Regina ti ha detto a che ora e dove la dovrei incontrare questa mattina?».

    «Oh, che sbadata, me ne stavo completamente dimenticando!» esclamò la cameriera portandosi una mano alla bocca. «Mi ha detto di dirle che la riceverà nel giardino della tavola rotonda di pietra, che si trova nella parte est del castello, basterà che scenda le scale, prenda il corridoio dei quadri paesaggistici e poi gira a sinistra. Troverà infine la porta che la condurrà al giardino».
    Alice si era leggermente persa, dopotutto era stata a palazzo solo altre due volte prima di quella, ma in entrambe le occasioni non aveva di certo potuto fare una visita dettagliata del castello e poi l’ultima volta ci era stata quasi sette anni prima.
    Per non far perdere altro tempo ad Angelica, le disse che aveva capito e le chiese l’ora dell’incontro e per fortuna aveva quasi due ore per fare colazione, prepararsi e cercare il posto indicatole.
    Quando Angelica uscì dalla stanza, si alzò, si mise la vestaglia che aveva preparato vicino al letto la sera precedente e si avvicinò al vassoio della colazione. Non riusciva a capacitarsi di tutto quel cibo. Sapeva benissimo che non sarebbe mai riuscita a mangiare tutto quello che c’era ma i pasticcini alla crema, i biscotti glassati di varie forme (alcune delle quali raffiguravano anche i loro amici), le piccole torte, i cupcake e tutti i dolci che si possano immaginare, erano lì che la fissavano con aria invitante. Alla fine, decise di optare per qualche pasticcino alla crema e qualche biscotto glassato, accompagnati rigorosamente con una tazza di thè fumante aromatizzato alla vaniglia.
    Conclusa la colazione iniziò a prepararsi e, aprendo l’armadio, optò di indossare un semplice abito celeste con qualche piccolo fiocco blu sulle spalle e del pizzo dello stesso colore sull’orlo della gonna. Ovviamente lo indossò senza corsetto.
    Mancava ancora un’ora all’incontro con Mirana, perciò decise di incominciare ad avviarsi per non arrivare in ritardo, visto che doveva ancora capire come arrivare al giardino. Cercò di ricordarsi le istruzioni di Angelica. Si diresse così verso le scale e cominciò a scenderle. Arrivata al piano terra, si accorse che i corridoi che poteva prendere erano solo tre e tutti e tre erano pieni di quadri alle pareti «E adesso dove vado?».
    Non ricordandosi precisamente quello che le aveva detto la cameriera, Alice decise di proseguire per il corridoio che aveva davanti a sé. Alla parete di quel corridoio erano appesi numerosi ritratti di persone e molto probabilmente ritraevano tutte le persone più importanti di Marmorea, se non addirittura di tutta Wonderland. In uno Alice riconobbe i genitori delle Regine e qualche quandro più avanti c’erano raffigurati i ritratti sia di Mirana che di Iracebeth, entrambe in giovane età e tutte e due ritratte nel giorno della loro incoronazione. “Solo che l’incoronazione della Regina Rossa non è andata come tutti speravano”, si ritrovò a pensare.
    Alla fine del corridoio Alice giunse ad una porta che le era stranamente molto familiare, anche se non sapeva spiegarsi il perché, e senza pensarci troppo decise di aprila. In fondo alla stanza riconobbe il grande orologio dentro il quale vivevano il Tempo ed Iracebeth. L’orologio segnava appena le 10:07 e Alice avrebbe avuto tutto il tempo di tornare indietro a provare anche gli altri due corridoi per poter giungere al giardino ma inspiegabilmente le venne una gran voglia di andare a trovare il suo amico.
    «Manca ancora un po’ di tempo alle undici, ce la posso ancora fare se faccio un saluto veloce al Tempo e poi di corsa cerco il luogo dell’incontro» si disse tra sé e sé, mentre apriva lo sportello del pendolo, che altro non era che una porta. Una volta dentro se la chiuse alle spalle. “Spero che la Regina Rossa sia da qualche altra parte, se mi dovesse trovare qui sono sicura esploderebbe di rabbia”.
    Dopo aver attraversato il lungo percorso ad ostacoli fatto di vari ingranaggi (chiedendosi se la Rossa, ogniqualvolta che tornava a casa, doveva fare tutto quel percorso o se esista una via alternativa), Alice arrivò all’interno delle mura del tempo e la prima faccia amica che incontrò era proprio quella del piccolo Wilkins.
    «Wilkins! Che bello rivederti!» esclamò.
    Il piccolo robottino, intento a sistemare un piccolo ingranaggio di uno dei tanti orologi della sala, udendo il suo nome provenire da una voce diversa da quella del suo capo si spaventò ed emise un piccolo urletto. «E tu chi sei?» chiese girandosi e riportandosi gli occhiali caduti sul piccolo naso cilindrico.
    «Sono io, Alice! Non ti ricordi di me? Ero stata qui quasi sette anni fa».
    Wilkins ci pensò un attimo e a quanto pare qualche rotella tornò nella giusta posizione, perché ad un tratto fissò la ragazza e spalancò la bocca. Non fece in tempo a dire niente perché da lontano una voce familiare che lo stava cercando risuonò tra le mura.
    «WIIILKIIIINS!».
    Il Tempo era ormai giunto nella sala e trovandosi Alice davanti rimase anche lui come pietrificato. «Ma io a te non avevo detto di non ritornare più?».
    Alice non sapeva come rispondergli, non si aspettava certo un’accoglienza così, ma in effetti era vero che lui gli aveva chiesto di non tornare.
    Vedendo che la ragazza non rispondeva l’uomo del tempo prese di nuovo la parola. «Quando eri venuta qui la prima volta, eri una ragazza molto chiacchierona e molto insistente e volevi a tutti i costi aver ragione e farmi perdere me stesso… Spero tu non sia tornata per un nuovo viaggio. No, perché questa volta ho preso delle precauzioni maggiori con l’aiuto dei miei fidati sottoposti: i secondi, i minuti e le ore!».
    Alice si rilassò un po’ vedendo che il Tempo le stava sorridendo. «No, questa volta farò la brava. E comunque l’altra volta era una questione di vita o di morte» ci tenne a precisare.
    «Lo so, ma giocare col passato, anche se non è quello che hai fatto tu, non è mai un bene. Presto arriva quel momento per tutti. Anche se alla fine per fortuna si è risolto tutto per il meglio!».
    Già” si ritrovò a pensare la Paladina.
«Ho saputo che tu e Iracebeth vi siete sposati! Congratulazioni! Deve essere una convivenza molto movimentata» disse infine per cambiare discorso.
    «Ah. Ah. Ah. Be’ ci abbiamo messo un po’ dopo quello che aveva combinato, ma poi ho capito che tutti sbagliano. Dopotutto non sono tutti molto precisi come me e i miei orologi
» e mostrò ad Alice i vari orologi nella stanza che continuavano imperterriti a ticchettare. «E alla fine, gli ho dato una seconda possibilità. In fin dei conti ero già cotto di lei da prima che mi rubasse la cronosfera, anche se a lei non sembrava importare» si portò una mano dietro la testa, come per mettere mano ai suoi ingranaggi e poi cambiò discorso. «Fammi indovinare, la Regina Mirana ti ha invitata al matrimonio».
    «Si…» Alice spalancò gli occhi come terrorizzata. «Oh santo cielo, che ore sono?!?».
    Il Tempo aprì il suo mantello per dare un’occhiata al suo orologio incorporato «Sono le 10.55» affermò infine soddisfatto.
    «Le 10.55? Sono completamente in ritardo! Non riuscirò mai ad arrivare in tempo!».
    «Si?» chiese il Tempo che si era momentaneamente distratto osservando il lavoro di Wilkins.
    Alice rimase un secondo interdetta, poi comprese «No. In tempo. Non intendevo voi».
    «Ma io sono il tempo. E ora sciò, che qui abbiamo da lavorare, non farmi perdere altro me stesso» e così dicendo spinse leggermente Alice verso la porta e si diresse verso il piccolo aiutante.
    «A presto signorina Alice!» gli urlò di rimando Winkils.
    «Winklis, non perdere me medesimo! Ti ho detto prima che quegli orologi vanno sistemati col fuso orario di Coraldopoli. Avanti…» gli urlò di rimando il suo capo.
    Alice, che stava correndo verso l’uscita, quando improvvisamente andò a sbattere contro qualcosa, o meglio contro qualcuna.
    «Tu?» esclamò la Rossa. «Che diamine ci fai tu qua dentro? Non dovresti essere da qualche altra parte?».
    «Credo di essermi persa, Maestà» le rispose Alice.
    «Credi di esserti persa…» Iracebeth assottigliò gli occhi «O ti sei persa o non ti sei persa. Il credo non accettabile. E poi tu non me la racconti giusta. Ti conosco sei sempre stata una ficcanaso!».
     «Io non sono una ficc-» provò a ribattere.
    «Si che lo sei! E adesso basta! Non ho intenzione di ascoltarti, la cosa non mi interessa. Mia sorella ti sta aspettando. Sai che sarebbe buona educazione presentarsi puntuali agli appuntamenti?» e le disse rifilandole un sorrisetto che sembrava più un ghigno. «Ah, se fossi io la Regina non te la farei passare liscia. Una volta uscita ritorna verso le scale e vai a destra e poi il primo corridoio a sinistra. La porta di condurrà ai giardini. Hai capito o te lo devo scrivere?».
    Per quanti passi avanti abbia fatto, la Regina Rossa non cambierà mai fino in fondo; rimarrà sempre una persona po’ dispotica” pensò la ragazza. «Certamente, ho capito. La ringrazio» le fece un breve inchino per poi voltarsi e ricominciare a correre.

 

***


    Mentre aspettava Alice, Mirana era immersa nei suoi pensieri. Si chiedeva se avesse fatto la cosa giusta a riportare la sua amica a Sottomondo. Sapeva benissimo quello che Tarrant provava per lei e sapeva che Alice nutriva per lui un profondo affetto; aveva paura che quando Alice sarebbe ritornata nel suo mondo il suo più caro amico non si sarebbe più ripreso. Infatti, se Alice avesse deciso di andarsene, non sarebbe mai più potuta ritornare indietro… I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dalla voce affannata della ragazza.
    «Regina Mirana, vi chiedo scusa. Mi sono persa e nel cercare la porta del giardino sono finita nella sala del grande orologio e colta dalla voglia di rivedere il Tempo sono entrata e ho perso un po’ di lui… Cioè volevo dire un po’ di tempo e…» Alice stava ansimando per la corsa e per riprendere fiato appoggiò le mani alle ginocchia.
    «Alice cara tranquilla, non è affatto un problema» le sorrise di rimando la Regina. «Mi fa piacere che tu l’abbia potuto vedere prima del matrimonio. Ora, come anticipato ieri, ti voglio spiegare come si svolgerà la giornata, ti va?».
    «Certamente!» rispose prontamente la Paladina.
    «Perfetto, accomodati pure» così dicendo Mirana le fece segno con la mano di sedersi di fianco a lei. «Bene. Come ben sai tra tre giorni ci sarà il ventesimo anniversario del giorno Gioiglorioso e nel pomeriggio il matrimonio
».
    Alice la interruppe la sua interlocutrice.
«Come sarebbe a dire “ventesimo anniversario”?».
    La Bianca si rese subito conto che nessuno aveva spiegato ad Alice che il tempo, nel loro Mondo, scorreva in maniera diversa, rispetto al Mondo di sopra.
   
«Oh, Alice. Pensavo che qualcuno te ne avesse già parlato. Vedi il tempo qua sotto scorre in modi assai strani, rispetto al vostro Mondo di sopra. Per esempio, a volte possono passare diversi anni nel nostro Mondo, mentre nel vostro possono essere passati solo pochi mesi o viceversa, qui passa una settima e per voi sono passati diversi mesi e a volte, anche se piuttosto raro e insolito, i due Mondi viaggiano sulla stessa lunghezza di tempo. Il nostro scorrere del tempo come avrai intuito è assai imprevedibile e bizzarro, ma non dipende da noi. Noi non ce ne accorgiamo nemmeno».
    «In che senso non ve ne accorgete?» le domandò la ragazza oramai incuriosita.
    «Nel senso che queste, chiamiamole per modo di dire, leggi, anche se sarebbe più corretto dire il “caso”, vengono “regolate” dal Mondo di mezzo. Quello che divide i nostri due Mondi».
    «Quindi, secondo questo “caso”, io sarei in realtà stata lontano da questo Mondo per ben diciassette anni!» non poteva crederci che il Cappellaio avesse vissuto in quello stato di turbamento per così tanti anni. Molti di più di quanti ne avesse vissuti lei stessa. E quello che non riusciva a capire è perché lui non glielo avesse detto.
    «Non cruciarti più di tanto Alice» le rispose. E poi, come se le avesse letto nel pensiero aggiunse: «Probabilmente Tarrant non ha voluto dirtelo per non turbarti, ma sappi che ora che sei qui, sono sicura che tutti questi anni per lui non siano mai passati. È una persona che tende a vivere nel presente. Guarda al passato solo quando è molto turbato e ora non ha più motivi per farlo».
    «Capisco, cercherò allora di non pensarci più di tanto mentre sono in sua compagnia. Prima, comunque, di riprendere il discorso da dove ti ho interrotta, posso farti un’altra domanda?».
     «Certamente cara Alice, tutto quello che vuoi».
    «Se sono passati diciassette anni dall’ultima volta che sono stata qui. Come mai voi tutti non sembrate invecchiati per niente?». Dopotutto era una domanda più che lecita visto che lei, in quegli ultimi sette anni vissuti nel suo mondo, aveva perso il suo visino tanto giovane quanto acerbo, per assumere uno sguardo più maturo e più da donna.
    «Immaginavo che prima o poi mi avresti posto questa domanda» le sorrise la Bianca. «Come il tempo è bizzarro anche il nostro invecchiare lo è. Rispetto a voi noi invecchiamo più lentamente; per cui possiamo, per così dire, dimostrare l’aspetto di un trentenne e avere in realtà più di 150 anni».
    Alice non poteva credere alle sue orecchie. Chissà quanti anni aveva in realtà il suo amato Cappelaio. Si ripromise un giorno di chiederglielo, dopotutto era sempre stata prima una bambina e poi una donna sempre curiosa su come funzionavano le cose nel Mondo. «È al quanto incredibile venire a conoscenza di questi fatti. Sarei quasi curiosa di chiederti quanti anni hai in realtà ma presumo che non sia cortese chiedertelo…».
    «Credo che se lo sapessi, rimarresti ancora più sbalordita» e così dicendo le rivolse un sorriso un po’ birbante accompagnato da un fugace occhiolino. «Se non hai altre curiosità posso continuare il discorso da dove lo avevamo lasciato pocanzi».
    «Per il momento non è ho. Ti prego, continua pure» e le fece segno di proseguire.
   «
Dunque, dove eravamo rimasti…» la Regina ci pensò qualche secondo tamburellandosi un dito sulle labbra. «Ah sì, ora ricordo, ti stavo illustrando come si svolgerà la giornata. Allora… La mattina in pratica ci sarà un’enorme parata. Visto e considerato che sarai presente, cavalcherai il Grafobrancio con indosso la tua armatura, che verrà lucidata per l’occasione e che ti verrà consegnata la mattina stessa. Ci saranno molte persone che vorranno conoscerti e ringraziarti di persona visto che hanno saputo del tuo arrivo. Invece, per il pomeriggio, la cerimonia si svolgerà nei giardini del palazzo e come hai visto ieri sera il tuo abito è già pronto nell’armadio. Inoltre, oggi vorrei chiederti se ti andrebbe di essere la mia damigella nonché mia testimone di nozze» le sorrise la Bianca.
    Alice era rimasta piacevolmente interdetta davanti alle parole della Regina. «Io? Ma ne siete sicura?».
    «Certamente, sei una delle mie più care amiche e anche il Principe Edward è pienamente d’accordo e gli farebbe davvero piacere. Gli ho tanto parlato di te durante questi anni che non vede l’ora di conoscerti di persona. Ovviamente non voglio obbligarti…».
    «Ne sarei onorata Mirana» la interruppe Alice sorridendole.
    «Se non sbaglio ieri sera non eri curiosa di sapere come io e il Principe Edward ci siamo conosciuti?» le domandò la Bianca.
   Alice arrossì appena e la Regina non poté far altro che sorridere di fronte all’improvviso imbarazzo della Paladina di Wonder. «Mi piacerebbe molto!» rispose infine.
    «Va bene, ma non è nulla di straordinario cara» asserì infine Mirana.
    La Regina le raccontò che lei e il principe Edward in realtà si conoscevano da tutta la vita. Lui è più grande di lei di soli due anni ed è il secondo genito degli attuali sovrani di Crystaland, che altri non sono che la sua madrina e il suo padrino. «Giocavamo sempre assieme quando con la famiglia andavamo a trovarli o quando loro venivano a trovare noi. Sai credo che mia sorella fosse gelosa di noi, dopo tutto hanno entrambi la stessa età e lui sin da piccolo era un ragazzo molto bello. Ma a me non è mai importata più di tanto la sua bellezza esteriore e quando ero piccola non pensavo certo al fatto che un giorno mi sarebbe piaciuto trascorrere il resto della mia vita con lui. È una persona molto simpatica e abbiamo praticamente lo stesso carattere».
    «Eravate promessi sposi già da bambini?» le chiese Alice.
    Mirana sorrise alle sue parole «No. A dire la verità lui era promesso ad un’altra donna. I miei genitori erano dell’idea che i matrimoni combinati, per quanto portino soldi e più stabilità in un regno, non siano giusti nei confronti dei due giovani. Ma i sovrani di Crystaland non erano del loro stesso avviso».
    «E cosa è cambiato?» domandò ormai curiosa la ragazza.
    «Qualche giorno prima del matrimonio Edward mi ha dichiarato il suo amore e io ho fatto lo stesso. Ci siamo baciati» Mirana arrossì al ricordo di quel giorno tanto lontano e Alice distolse il suo sguardo per lasciarle un po’ di intimità nel ricordo di quel momento. «Il giorno dopo è andato dai suoi genitori dicendogli che mi amava e che, anche se non sarebbe salito al trono dopo la morte dei suoi genitori in quanto saranno suo fratello maggiore e la sua consorte a regnare su Crystaland, avrebbe abdicato, in ragione del fatto che l’unica donna che amava ero io ed era con me che voleva sposarsi e vivere il resto della sua vita».
    «Un gesto molto romantico» constatò Alice immaginandosi la scena.
    «Si, ma per quanto i sovrani di Crystaland siano nostri amici da tanti anni, non hanno visto di buon occhio l’atto del loro secondo genito. E così, visto che le nozze furono annullate a causa del suo amore verso di me, hanno deciso di non avere più rapporti né con loro figlio né con me e il mio regno. Abbiamo in tutti i modi provato a parlarci, ma non hanno voluto darci ascolto» disse tristemente. «Ora Edward vive da una sua lontana parente al di là del regno di Marmorea, arriverà a palazzo il giorno prima delle nozze, così vuole la tradizione».
    «Deve essere dura andare contro alla propria famiglia…» rifletté Alice.
    «Credo che tu abbia ragione, ma se tu ami una persona con tutta te stessa non vorresti a tutti i costi vivere per sempre al suo fianco?
» le fece notare l’amica. «Io avrei fatto lo stesso per lui, avrei rinunciato al mio regno per lui».
    E mentre la Regina le parlava, ad Alice venne in mente Tarrant, anche lei avrebbe lasciato tutto per rimanere al suo fianco?
    In quel momento le due vennero raggiunte da Vlab. «Mia Signora. Alice» disse facendo un inchino ad entrambe. «È giunto il Cappellaio a palazzo. Dice che è pronto a portare la signorina Alice a pranzo dai suoi genitori».
    «Grazie di averci avvisate Vlab. Vai pure a dire a Tarrant che Alice lo raggiungerà subito». Vlab si inchinò nuovamente e se ne andò via saltellando verso il palazzo. «Cara, spero che ti troverai bene a pranzo! La famiglia Hightopp è una delle famiglie più accoglienti di tutta Saggezzilandia! Quando ero più piccola capitava spesso che andassimo dalla madre del Cappellaio per merenda; sai faceva delle torte molto buone e sia io che mia sorella eravamo molto golose. Scommetto che per il tuo arrivo avrà preparato un pranzo con i fiocchi» le sorrise la Regina. «Su vai, non far attendere oltre il Cappellaio».
    Alice non se lo fece ripetere due volte, salutò la Regina e si incamminò nella direzione presa da Vlab.
    Appena giunse all’ingresso vide il Cappellaio parlare allegramente con Beyard e il Bianconiglio. Alice fece un largo sorriso, prese la rincorsa e saltò sulle spalle dell’amico, il quale non aspettandoselo minimamente, finì a terra con un tonfo portandosi dietro anche la ragazza.
    «Alice! Birichina, non si fanno certi assalti alle spalle di persone non preparate» disse Tarrant, sempre col sorriso sulle labbra, mentre si alzava e porgeva una mano all’amica per aiutarla a rimettersi in piedi.
    «Ero talmente felice di rivederti che non ho resistito» gli disse mentre lo abbracciava.
   «Bene Alice, sei pronta a conoscere finalmente la mia famiglia? È da quando li abbiamo salvati che speravo di farteli conoscere! Mia madre, quando ieri sera le ho detto che saresti venuta a pranzo da noi, era al settimo cielo. E sono sicuro che ha passato tutta la mattina ai fornelli».
    «Non vedo l’ora di conoscerli, questa volta il tempo sembrerebbe non correrci dietro».
    «Hai perfettamente ragione mia cara!» disse con voce squillante il Cappellaio.
    I due, dopo aver salutato Beyard e il Bianconiglio, si incamminarono verso il piccolo paese della città di Saggezzilandia dove si trovava la casa della famiglia Altocilindro.

 

 

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Capitolo 6
*** Pranzo in famiglia ***


Capitolo 6 – Pranzo in famiglia

 

 

 

    Mano a mano che si avvicinavano alla casa degli Altocilindro, Alice aveva iniziato a sentirsi nervosa; si chiedeva come avrebbe dovuto comportarsi. Aveva conosciuto sia Zanik che sua moglie nel passato e chissà se si ricordavano in qualche modo di lei, quella ragazza che era piombata in casa loro assieme al piccolo Tarrant, il quale voleva a tutti i costi che il padre le facesse un cappello.
    Arrivati alla porta d’ingresso Tarrant bussò e ad aprire fu una ragazza, probabilmente di appena qualche anno più giovane rispetto ad Alice.
     «Ciao fratellone, che bello vederti! Mamma mi aveva detto che oggi saresti passato per pranzo con un’amica».
    «Ciao sorellina! Anche per me è bello rivederti dopo così tanto tempo». I due si abbracciarono stringendosi forte, poi il Cappellaio, sciolto l’abbraccio, riprese: «Claire, ti presento Alice, la paladina di Wonderland, nonché mia più cara amica!».
    Claire sorrise alla ragazza e dopo nemmeno due secondi l’attirò a sé in un forte abbraccio. «Non sai che bello incontrarti! Mamma non mi aveva affatto detto che oggi a pranzo ci sarebbe stata colei che ci ha salvato la vita anni fa! Non sai quanto avrei voluto ringraziarti! Ma ora posso farlo! Quindi, grazie!».
    Qualche secondo dopo sciolsero l’abbraccio e dopodiché la giovane si fece da parte per farli entrare. «Il pranzo sarà pronto tra qualche minuto, accomodati pure e fai come se fossi a casa tua, io vado a dare una mano alla mamma» e prima di andare verso la cucina si rivolse nuovamente al fratello. «Ah Tarrant, papà ha detto che dopo pranzo vorrebbe parlarti».
    «Ok Claire, ma adesso dov’è?» le chiese il Cappellaio.
    «Attualmente è giù in paese con Thomas e Jack a comprare delle stoffe, ma credo che tra poco arriveranno» e così dicendo Claire se ne andò in cucina.
    Alice e il Cappellaio rimasero soli in salotto e Tarrant si offrì di portarla a fare un piccolo girò della casa, mentre aspettavano e durante il tour i due finirono nella piccola bottega nel retro la casa, dove il padre di Tarrant, Zanik, creava i suoi bellissimi cappelli.
     «Me la ricordo questa bottega» affermò Alice.
   «Davvero? Non mi ricordo di avertici mai portata. Oppure sono diventato talmente matto da essermene dimenticato?» chiese un Cappellaio perplesso.
    «Tranquillo, non sei più matto del solito» gli sorrise Alice e vedendo il suo amico rilassarsi alle sue parole, riprese: «Quando sono tornata indietro nel tempo, ti ho incontrato quando eri solo un bambino, avrai avuto circa dieci anni, io dovevo andare al castello per capire cosa era successo alle sei di sera di quel giorno, da aver spezzato del tutto il legame tra le due future Regine di Marmorea e, mentre stavo per andare a palazzo, sei piombato tu». Un altro piccolo sorriso solcò le labbra di Alice al ricordo di quel giorno tanto lontano, che lei non riusciva ancora a credere di averlo vissuto per davvero, poi riprese il racconto. «Mi dicesti che avevo una testa perfetta e che tuo padre avrebbe potuto farmi un cappello adatto solo per me. E senza chiedermi se mi andasse, mi presi per mano e mi guidasti verso la tua casa. E niente, lì ho incontrato per la prima volta i tuoi genitori; mi chiedo se loro si ricordino di me».
    «Io credo di sì. Sei una donna straordinaria, credo che sia difficile potersi dimenticare di te. E io lo so bene». Le ultime parole del Cappellaio erano state sussurrate, come se le avesse dette più a sé stesso che ad Alice. Successivamente ritornò il solito burlone ed aggiunse: «A parte me, a quanto pare io mi sono completamente dimenticato di averti conosciuta» disse ridacchiando e portandosi una mano alla testa.
    «Già, e non so se dovrei sentirmi offesa della cosa…» gli rispose la ragazza stando al suo gioco.
    Proprio in quell’istante i due vennero chiamati da Claire, che comunicò a loro che il pranzo era in tavola e che Zanik e gli altri erano ritornati.  Alice e Tarrant si diressero in sala da pranzo e prima di accomodarsi a tavola, la ragazza venne abbracciata da tutti i presenti, ad eccezione di Zanik che per ringraziarla si limitò a stringerle la mano molto calorosamente sorridendole, i quali la ringraziarono per quello che aveva fatto per il regno e per la loro famiglia e che senza il suo aiuto probabilmente non si sarebbero mai più ricongiunti, né fisicamente né spiritualmente come una famiglia unita.
    Una volta a tavola, Alice poté assaggiare le straordinarie pietanze che la madre e la sorella del Cappellaio avevano preparato.
    Durante il pranzo parlarono tutti del più e del meno. Alice venne a sapere che Claire non viveva in quella casa con la famiglia, ma abitava in un altro paese e che tornava a casa solo raramente ed in occasioni speciali, come il matrimonio della Regina Mirana. Jack e Thomas, i due gemelli, che erano anche i più giovani, si dicevano invece molto interessati a partire e a viaggiare; volevano esplorare tutta Wonderland e magari aprire una piccola bottega dove vendere oggetti e cibi di altri paesi. Alice si rivedeva molto in quei due ragazzi, anche lei amava viaggiare ed esplorar. E mentre le risate e le chiacchiere riempivano la sala da pranzo, sia Zanik che sua moglie, rivelarono ad Alice che si ricordavano di lei e, nonostante l’avessero già ringraziata di tutto nemmeno un’ora prima, colsero l’occasione per ringraziarla ulteriormente.
    Concluso il pasto, tutta la famiglia si spostò in salotto, ad eccezione di Alice e Sam, la moglie di Zanik. La ragazza si era infatti offerta di aiutare la donna a rimettere a posto la sala da pranzo e la cucina nonostante quest’ultima si fosse rifiutata dicendole che non era affatto necessario visto che era un’ospite.
    Mentre Sam lavava i piatti ed Alice li asciugava per poi rimetterli nella credenza, la prima le chiese com’era la vita nel suo mondo, che cosa faceva, com’erano i suoi genitori e più in generale com’era la sua vita. Alice non poté non pensare al fatto che Tarrant assomigliasse in maniera impressionante a sua madre. Avevano entrambi la stessa luce nei loro occhi verde smeraldo, lo stesso sorriso, la stessa curiosità e lo stesso modo di sognare. Invece, dal padre aveva preso lo stesso amore per la creazione dei cappelli, con in aggiunta il suo tocco di personalità e si rese conto che della famiglia Altocilindro, lui era l’unico che sembrava portare avanti quella tradizione di famiglia, che, a detta di Zanik, durava da secoli.
    I pensieri di Alice vennero interrotti dalla voce melodiosa di Sam. «Dev’essere bellissimo viaggiare alla scoperta di nuovi posti… Anche i gemelli sognano questo tipo di esperienze e io vorrei tanto potergli dire di prendere in spalla il loro zaino e di partire; dopotutto sono grandi ormai, ma come madre è difficile lasciarli andare. Quando Tarrant si allontanò dalla nostra famiglia anni fa, per me fu un colpo al cuore, non riuscivo a guardami allo specchio pensando di non essere riuscita a fare niente per fermalo, ma per fortuna grazie al tuo aiuto siamo di nuovo una famiglia… Credo che non riusciremo mai a sdebitarci con te». Una piccola lacrima rigò il viso della donna ed Alice la abbracciò cercando di consolarla.
    «Credo che lasciare andare i propri figli non sia una cosa facile per una madre. Anche mia madre, all’inizio, non riusciva a capire questo mio desiderio di vivere la mia vita in modo indipendente, ma alla fine siamo riuscite a capirci e lei mi ha dato tutto il suo appoggio. Sono convinta che lei sia stata e che lo è tutt’ora una madre fantastica per i suoi figli. Sa, prima stavo pensavo che lei e Tarrant vi somigliate più di quanto potreste mai immaginare». Alice le sorrise come a tranquillizzarla e una volta sciolto l’abbraccio tornarono a finire il loro lavoro, per poi ricongiungersi in salotto con il resto della famiglia.
    In salotto Alice si accorse della mancanza del Cappellaio e di Zanik. Claire, come se avesse letto nella mente della ragazza, le riferì che i due erano nella bottega a parlare di non si sa che cosa e che presto sarebbero tornati per il tè e il dolce.
    Il pomeriggio passò velocemente tra chiacchiere e risate e verso le quattro il Cappellaio ed Alice si congedarono. Sam disse alla ragazza che non vedeva l’ora di rivederla al matrimonio.
    Mentre percorrevano il viale verso il castello, Tarrant prese Alice per mano. «La mia famiglia è stata molto felice di ospitarti, gli hai fatto una bella impressione, ed anche a mio padre sei piaciuta molto» affermò.
    Alice sorrise a quell’affermazione e subito dopo chiese al Cappellaio di cosa lui e suo padre avessero parlato durante il pomeriggio nella bottega. Tarrant parve irrigidirsi per un’istante, ma subito dopo si riprese e con la sua solita allegria le rispose.
    «Mio padre, mi ha chiesto di prendere in mano la bottega Hightopp. Mi ha detto che per lui è arrivato il momento di ritirarsi, addirittura di viaggiare. Ti pare una cosa strana? No, perché mio padre da ché lo conosco non è mai stato appassionato di viaggi, men che meno mia madre. Sarebbe una cosa troppo strana, ma forse è meglio così, è la loro vita dopotutto…» il Cappellaio era diventato un fiume in piena di parole, che pian piano diventarono senza senso, con frasi del tutto scollegate tra di loro e che non centravano più niente con l’argomento principale della conversazione.
     «Cappellaio!» Alice richiamò l’amico alla realtà, ed egli si bloccò all’istante borbottando qualche scusa per poi riprendere il discorso.
    «E niente, non so cosa fare, gli ho detto che dovevo pensarci, ma lui mi ha detto che non c’era niente a cui pensare, già lavoro con i cappelli e non vede su cosa dovrei pensare. Come ben sai io e lui la vediamo in modo molto diverso su quest’arte e so che nei primi tempi lui sarà lì a “supervisionare”
» lo disse mimando le virgolette con le dita «il mio lavoro e che discuteremo su tutto. Tu cosa ne pensi cara Alice?» domandò improvvisamente un Cappellaio divenuto ormai serio ad Alice che non lo aveva mai visto sotto quella luce.
    «Penso che tu dovresti fare quello che più ti fa sentire bene, ma sono sicura che tuo padre sarebbe felice di sapere che la cappelleria Hightopp continuerebbe a vivere nelle mani di suo figlio e non di un estraneo. Credo anche che entrambi dobbiate trovare un punto di incontro e che tu quindi non dovresti rifiutare l’offerta, ma dovresti… non so, rivoluzionare il mondo dei cappelli come hai sempre fatto e per finire sono molto sicura che a tuo padre piaccia la tua visione sulla creazione e la realizzazione dei cappelli, solo che a quanto ho potuto vedere è una persona molto orgogliosa che ha paura ad esternare i suoi sentimenti» e così dicendo strinse di più la mano del Cappellaio. «E poi perché sarebbe strano se tua madre e tuo padre partissero per un viaggio, voglio dire, hanno figli che ormai sono grandi e pieni di moltezza da vendere! È anche vero che forse qualcuno di loro ha un po’ troppa moltezza visto che beve troppi tè al giorno e fa un po’ il matto…» disse cominciando a ridere e sciogliendo un po’ la serietà del Cappellaio, che presto cercò di vendicarsi delle frecciatine di Alice, cominciando a rincorrerla per farle il solletico…
 

***

 

    Una volta giunti al castello, il Cappellaio strinse Alice in un abbraccio e le diede un piccolo bacio sulla fronte facendo arrossire la ragazza. Infine, si salutarono e Tarrant le promise che molto presto le avrebbe fatto una meravigliosa sorpresa e andandosene le fece l’occhiolino sorridendo.
    Dopo la cena, che era risultata essere più movimentata di quella del giorno prima a causa della Regina Rossa che aveva deciso di rimproverare alla sorella il suo modo di comportarsi quando nel Regno succedevano cose che richiedevano più mano ferma ed autorità, Alice si buttò a letto e cominciò a pensare alla giornata appena trascorsa. Mancavano ormai solo tre giorni al matrimonio e si chiedeva che cosa sarebbe successo dopo. Sarebbe ritornata nel suo mondo dovendo dire nuovamente addio a Tarrant? O questa volta avrebbe deciso di rimanere con lui?
    La ragazza non riuscì ad arrivare ad una conclusione, così chiuse gli occhi e sprofondò in un mondo di sogni. Non sapeva che da lì a qualche ora, avrebbe vissuto una giornata indimenticabile…

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Capitolo 7
*** Una giornata piena di sorprese ***


Capitolo 7 – Una giornata piena di sorprese

 

 

 

    La sera prima Alice era andata a letto ponendosi diverse domande sul suo prossimo futuro. La notte stava passando tranquilla, mentre la ragazza sognava posti colorati e pieni di magia, proprio come i sogni che faceva da bambina, quegli stessi sogni che, una volta sveglia, andava a raccontare al suo amato padre, colui che amava più di tutta la sua vita, colui per il quale avrebbe fatto di tutto; ma i suoi sogni vennero ben presto interrotti da un interminabile bussare e, mentre si ridestava dal letto, si chiese chi mai potesse essere.
    Avendo le tende chiuse, inizialmente pensò che fosse già mattina e che Angelica fosse venuta a portargli la colazione. Perciò si alzò, si mise la vestaglia e si diresse, ancora assonnata, verso la porta per aprirla, ma con grande stupore della ragazza, alla porta non c’era nessuno e a giudicare dall’assordante silenzio che alleggiava nei vari corridoi, doveva essere ancora troppo presto affinché qualcuno si fosse già alzato.
   Mentre Alice richiudeva la porta, chiedendosi se quel rumore se lo fosse solo sognata, i battiti ricominciarono, ma questa volta si rese conto che il bussare non proveniva dalla porta, ma bensì dalla portafinestra che dava sul balcone.
    Un po’ intimorita, si avvicinò alla tenda, per poi accostarla molto lentamente per vedere chi mai l’avesse destata dai suoi sogni e l’avesse buttata giù dal letto così presto.  E quando spostò la tenda, sul suo viso si formò un piccolo sorriso perplesso.
    A bussare alla finestra altri non era che il Cappellaio, il quale stava in groppa a Gaston, la tartaruga volante che l’aveva accompagnata a terra due giorni prima. Tarrant le sorrideva come sempre e con le mani le mimò di aprire la finestra, in modo da poter parlare.
    «Ma cosa ci fate qui a quest’ora del mattino?» domandò Alice a bassa voce, una volta aperta la portafinestra.
    «Caso mai a quest’ora della notte, cara Alice, eh-eh-eh» disse il Cappellaio facendole l’occhiolino.
    Alice, dal canto suo, sbuffò appena e roteò gli occhi pensando che era stata ridestata dai suoi sogni a causa delle strane stravaganze dell’amico. Ma non fece in tempo a ribattere che Tarrant riprese a parlare mantenendo il suo solito buonumore e il suo solito sorriso che gli conferivano sempre di più l’aria da matto. «Cara amica mia, ma non ti ricordi cosa ti ho detto la scorsa sera?».
    «Attualmente non ho la mente abbastanza lucida, mio caro Cappellaio. Sai com’è, qualcuno mi ha buttata giù dal letto alle… Ma che ore sono?!?» domandò con aria assonnata e furiosa.
    Il Cappellaio, non rispose alla sua ultima domanda, ma sempre sorridendole riprese il suo discorso «Biricchina, come puoi non ricordarti che ti ho promesso di che ti avrei sorpresa e, per l’appunto, sono qui per questo!» disse ormai euforico pensando a quello che aveva in mente per la ragazza.
    «E dovevi proprio farmi una sorpresa prima dell’alba Cappellaio? Non potevi aspettare, che ne so, tra qualche ora!?!» così dicendo la fanciulla si era riavvicinata al letto e ci si era tuffata sopra pesantemente portandosi poi un cuscino in testa, come per dire all’amico di lasciarla dormire e di ritornare più tardi.
    Tarrant, dal canto suo, aveva cominciato a capire che forse non era stata una buona idea svegliarla a quell’ora della notte, ma non poteva aspettare oltre, perciò scese dal dorso di Gaston con un balzo, il quale rise avendo intuito quello che stava per succedere, e, avvicinandosi ad Alice, la prese di peso in braccio per portarla verso il la terrazzina.
    La ragazza aveva così iniziato a dimenarsi protestando. Ma il Cappellaio sembrò non badarci più di tanto mantenendo la sua aria sempre allegra e, con molta grazia, l’adagiò sulla groppa della tartaruga e, una volta salito anche lui dietro di lei, le disse di reggersi forte non appena Gaston prese il volo.
    La tartaruga partì come un razzo, facendo urlare Alice e facendo invece ridere come un matto il Cappellaio. La ragazza dopo pochi secondi urlò con quanto fiato aveva nei polmoni, «Se lo state facendo per farmi svegliare del tutto, vi posso assicurare che sono completamente sveglia ora! Ti prego Gaston rallenta!».
    Gaston rallentò la sua andatura e ancora ridendo chiese scusa alla ragazza, chiedendole poi successivamente se quella partenza non fosse stata un vero sballo.
    Alice, una volta ripresa e sistematasi i cappelli, si voltò verso il Cappellaio con aria furiosa. Lui per proteggersi portò le mani avanti, «Cara non ti arrabbiare…» le disse sorridendo nervosamente.
    La ragazza invece sembrava fin troppo furiosa, «Dammi una buona ragione per cui io non ti debba scaraventare giù nel vuoto proprio in questo momento».
    Il Cappellaio parve pensarci un po’, poi si ricompose e le rispose, «Perché sono il tuo più caro amico e perché sono il matto più divertente di tutta Wonderland?» ma Alice sembrava non demordere e perciò aggiunse «E perché sono sicuro che questa sorpresa ti piacerà un sacco! E nel caso così non fosse, avrai il permesso di buttarmi giù di sotto» le disse con la mano destra alzata a modo di giuramento.
    «Così va meglio» gli sorrise Alice. «E dimmi, in che cosa consiste questa sorpresa?».
  «Ma come! Se si chiama sorpresa ci sarà un motivo mia cara ed io non ho alcuna intenzione di rovinartela!» gli rispose l’amico sorridendole sempre più allegramente.

    Dopo circa due ore di viaggio, durante le quali Alice si era addormenta tra le braccia del Cappellaio, si sentì scuotere teneramente per le spalle.
    Una volta aperti gli occhi, quello che vide la lasciò a bocca aperta e senza parole per la meraviglia. Davanti a loro si estendeva l’oceano e guardando verso l’orizzonte si poteva ammirare il sole di un rosso fuoco che stava sorgendo proprio in quel momento. Tutto l’oceano stava brillando ed era pieno di sfumature, dall’azzurro all’arancio, dal rosso e perfino al viola chiaro; così come il cielo, pieno dei colori dell’alba.
    Alice aveva già visto, durante i suoi viaggi per mare, una vastità di albe, tutti diversi tra di loro, ma questa era di sicuro la più bella che avesse mai visto e di sicuro la più magica. Dietro di lei, il Cappellaio, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo, le disse a bassa voce e al settimo cielo «Sorpresaaa!».
    La Paladina si voltò e gli sorrise, «Grazie mille Tarrant è bellissimo, avevi ragione è stata una sorpresa spettacolare!».
    «Quindi non mi scaraventerai giù da Gaston, facendomi fare un volo di almeno cinquecento metri e un bagno nell’oceano?» le domandò scostandola di poco da sé e guardandola come per supplicare pietà.
    «Assolutamente no Cappellaio, come potrei dopo questo!» disse rivolgendo di nuovo lo sguardo verso quello spettacolo mozzafiato, che avevano dinanzi. «Grazie a tutti e due ragazzi» aggiunse.
    «Non c’è di ché Alice, l’idea è stata di Tarrant, e a me ha fatto davvero piacere poterlo aiutare a realizzarla» gli disse Gaston.
    I tre rimasero li sospesi in aria per diversi minuti ad ammirare quella moltitudine di scintillii e colori e nel frattempo Alice si era riadagiata con la schiena contro il petto del Cappellaio, facendo ogni tanto dei sospiri di meraviglia. Ed anche Tarrant, che a quel contatto così intimo, se così si poteva considerare, inizialmente si era irrigidito, ora si godeva rilassato il meraviglioso paesaggio.
 

    Dopo aver assistito alla meravigliosa alba, Gaston e Tarrant riportarono Alice a palazzo, non prima di averle fatto prendere un accidente a causa del divertimento che provava Gaston all’esperienza dell’alta velocità e averle fatto fare un tour dall’alto di buona parte del regno di Marmorea, passando dai prati pieni di coloratissimi fiori, ai boschi e ai piccoli villaggi, superando infine vaste colline verdeggianti.
    Arrivati nuovamente al balcone della ragazza, il Cappellaio scese dalla groppa della testuggine e porse una mano ad Alice per aiutarla a scendere.
    «Ancora grazie per la fantastica sorpresa Cappellaio» gli disse continuando a tenere le sue mani nelle sue e facendogli uno dei suoi sorrisi più luminosi; poi si voltò anche verso Gaston per poterlo ringraziare e perciò lasciò le mani del Cappellaio per poter accarezzare la testa dell’enorme testuggine. «E grazie anche a te! Mi ha fatto davvero piacere poterti rivedere, ma ti prego, se mai ci dovesse essere un’altra volta in cui io dovrò volare sulla tua groppa, promettimi che volerai ad una velocità normale, credo che altezza più velocità non sia la mia accoppiata preferita…» gli disse sorridendo.
    «È stato un enorme piacere madamigella e cercherò di mantenere la promessa se mai ce ne sarà l’occasione» le sorrise Gaston, il quale fece poi segno a Tarrant che era arrivato il momento di lasciare Alice da sola per potersi preparare.
    Il Cappellaio, come osservò la ragazza, sembrava essere diventato molto teso, rispetto a qualche istante prima, infatti con voce quasi tremante, fece una proposta ad Alice, la quale pensò che le sorprese in quella giornata sembrassero non finire mai.
    «Mi- mia car- cara Alice» disse nervosamente, per poi prendere un profondo respiro «Ti andrebbe questa sera di venire a cena da me?».
    «Mi stai forse chiedendo un appuntamento?» chiese Alice, che era vistosamente arrossita.
    Intanto Gaston dietro di loro aveva sorriso per il coraggio del Cappellaio.
    «Beh, sì… Si potrebbe dire di sì!» le rispose Tarrant.
    Alice non ci mise molto a rispondere e con un timido sorriso gli rispose di sì e a quell’unica parola, Tarrant, parve di nuovo tornare in sé e forse anche più matto di prima, infatti prese Alice tra le braccia e le fece fare dei giri insieme a lui, gridando di gioia che la sua Alice aveva accettato di venire a cena a casa sua. Subito dopo, visto il giramento di testa a causa di tutto quel volteggiare, si fermò e fece di nuovo toccare i piedi a terra ad Alice, la quale sorrideva ancora per la reazione un po’ esagerata del suo Cappellaio, il quale, in pochi secondi, risalì in groppa a Gaston, «Verrò a prenderti verso le sette di questa sera, se per te va bene».
    «È perfetto» gli rispose Alice sorridendogli.
    «Perfetto! Forza Gaston portami a casa più veloce del vento! Devo mettermi subito ai fornelli per preparare la cena più buona che Alice abbia mai assaggiato in tutta la sua vita!» disse euforicamente.
    Gaston prese in parola il Cappellaio e in pochi secondi partì quasi alla velocità della luce verso la casa dell’amico. Alice poté sentire le urla del Cappellaio che si perdevano in lontananza e sorrise all’idea che quei due, in fondo, non sarebbero mai cambiati.

 

***

 

   Tarrant era arrivato a casa da qualche ora e non aveva fatto altro che cercare tra i vari libri di ricette, che aveva preso in prestito dalla madre, vari piatti che avrebbe potuto cucinare quella sera per la sua Alice. Ogni ricetta che leggeva sembrava essere più difficile della precedente e lui non era mai stato molto bravo in cucina, a meno che non si trattasse di dolci per il tè.
   Dopo diverse ore con il naso tra i libri, senza aver concluso nulla, decise di dedicare il pomeriggio alla sua attività preferita: la realizzazione di un cappello speciale per la sua Alice. Si spostò dunque nella sua piccola bottega nel retro della casa a cilindro e si mise al lavoro tra le varie stoffe colorate per cercare quella perfetta che potesse rispecchiare appieno la semplicità di Alice e pensò che un cappello con base gialla paglierino potesse essere la scelta migliore. Prese quindi il cappello con i bordi quasi arricciati verso l’alto e cominciò a decorarlo tenendo sempre a mente il tema della semplicità. Come decori utilizzò dei nastri color castano chiaro, che dal centro si diramavano verso l’esterno; successivamente aggiunse l’ultimo tocco, prese due pezzi di tulle, uno dello stesso colore del nastro appena usato e uno della stessa tonalità dell’alba vista durante quella mattina, un’arancio con varie sfumature. Con le due stoffe decise di formare un unico fiore che avrebbe posizionato nella parte anteriore del cappello, leggermente decentrato; con il tulle marroncino fece il centro del fiore, mentre con il tulle color arancio fece la parte della corolla.
    A lavoro finito guardò il risultato e sorrise soddisfatto, prese una scatola che potesse contendere il cappello e la chiuse con vari nastri colorati facendo fiocchetti ovunque. Non vedeva l’ora di consegnare il suo regalo alla sua Alice ed era molto eccitato all’idea della faccia che avrebbe fatto.
    Quando si ridestò dal suo lavoro si accorse che si erano fatte già le sei di sera e lui non aveva ancora iniziato a preparare niente. Preso dall’agitazione si portò le mani alle labbra e cominciò a mordicchiarsi le unghie, non sapendo che cosa poter preparare in così poco tempo, visto che tra meno di un’ora sarebbe dovuto andare a prendere Alice a palazzo.
    Di corsa tornò in cucina e decise che, come il cappello doveva rispecchiare la semplicità, anche la cena sarebbe stata molto semplice, ma sofisticata allo stesso tempo, o almeno così sperava…

 

***

 

    Alice aveva passato tutta la mattinata a girare per il palazzo e ad ammirare i vari giardini e le varie sculture e quadri che aveva trovato nel castello. Nel pomeriggio invece aiutò la Regina Mirana nei vari preparativi della parata e del matrimonio; aveva saputo che nel pomeriggio seguente sarebbe arrivato a palazzo il futuro sposo, visto che ormai mancavano solo due giorni al grande evento.
    Durante i vari preparativi si era aggiunta anche la Regina Rossa, la quale cercava di proporre varie idee alla sorella, tutte una più stravagante dell’altra, la quale ogni volta rifiutava nel modo più gentile possibile, sperando di non offenderla, cosa che invece fallì miseramente, infatti la Rossa si fece prendere da una crisi isterica, come solo lei era capace di fare e Mirana fu costretta ad accettare alcune delle sue proposte pur calmarla almeno un po’.
    Per fortuna, il pomeriggio passò velocemente e quando Alice disse alle due Regine che quella sera non avrebbe cenato in loro compagnia, ma che era stata invitata a cena dal Cappellaio, la Bianca esultò felicemente battendo le mani e dicendole che non c’era nessun problema e che era molto felice per lei, mentre la Rossa sbuffò e roteò gli occhi al cielo come annoiata della cosa.
    Arrivarono presto le sette di sera, ed Alice si trovava insieme a Mirana nella sala del trono. Per l’occasione la Regina aveva suggerito alla ragazza di indossare un delizioso abito color verde pastello con varie sfumature. Tutto il suo look, dall’abito all’acconciatura, che la Bianca aveva insistito di farle, rispecchiava la semplicità della ragazza.
    «Secondo me, appena il Cappellaio ti vedrà, rimarrà senza parole dalla tua bellezza mia cara Alice» le aveva detto la Regina.
    «Ti ringrazio, se dovesse succedere il meritò sarà tutto vostro Maestà».
   «Figurati, quello che ti ho dato è solo e fatto sono un semplice abito ed una semplice acconciatura, sei tu che rendi queste cose così semplici bellissime!» le disse la Regina poggiandole le mani sulle spalle e sorridendole.
    Poco dopo arrivò alla porta il paggio Vlab. «Mia Regina. Il Cappellaio è giunto a palazzo per accompagnare la Signorina Alice a cena».
    «Ti ringrazio Vlab» rispose la Bianca. «È giunto il momento di andare mia cara. Ti auguro una bellissima serata e poi domani mi dovrai assolutamente raccontare com’è andata!» le sorrise facendole un occhiolino complice.
    Alice, dal canto suo, arrossì violentemente e balbettò un sì, per poi seguire Vlab verso l’ingresso del palazzo dove Tarrant la stava attendendo con in mano un mazzo di fiori colorati appena colti.
    La ragazza si accorse che, non appena l’aveva vista, aveva spalancato, forse con poca grazia, la bocca. Alice sorrise ed arrossì appena a sua volta e, quando gli si avvicinò, con la mano riaccompagnò la mascella del suo amico Cappellaio al suo posto.
    «Sei incantevole Alice!» disse Tarrant deglutendo e portandosi una mano sul colletto come per prendere aria.
    «Grazie Cappellaio» sussurrò un po’ imbarazzata Alice. «Ma è anche merito di Mirana».
   «Certo, però la bellezza di una persona è qualcosa che la Regina non può donare mia cara» le sorrise arrossendo per poi porgerle il proprio braccio come un vero cavaliere ed Alice accettò il suo invito sorridendogli a sua volta.

    Giunti all’abitazione a forma di cilindro, Alice sentì provenire dalla casa una vastità di profumi diversi e sfiziosi, il Cappellaio doveva essersi veramente impegnato per quella serata.
    «Prego mia cara, fai pure come se fossi a casa tua» le disse l’amico.
    Alice era stata solo una volta in quella casa, quando il Cappellaio era stato male e rischiava di morire, ma se la ricordava ancora alla perfezione. La scala a chiocciola che portava verso la camera da letto, il salotto, la porta che sicuramente portava alla cucina, visto il profumo sfizioso che giungeva da quella direzione, e un’altra porta che dava, molto probabilmente, su una bottega per la realizzazione dei cappelli, che però non aveva mai visto. Alice pensò che quella casa, anche se piccola, era molto accogliente, una casa che dava quasi la sensazione di protezione.
    A ridestarla dai suoi pensieri ci pensò il Cappellaio che entrò in salotto per avvisarla che la cena era ormai pronta. La ragazza era molto curiosa di scoprire che cosa Tarrant le avesse preparato e una volta entrata in cucina (che fungeva anche da sala da pranzo) vide la tavola completamente imbandita da ogni tipo di leccornia, dalle tartine salate ai dolci.
    Il Cappellaio le accostò la sedia da vero gentiluomo per aiutarla ad accomodarsi e le servì come antipasto dei crostini al salmone affumicato, con alla base un formaggio cremoso che si scioglieva in bocca. Come primo, invece, aveva preparato del riso aromatizzato ai petali di rosa e per secondo dei filetti di branzino con salsa di ribes e mandorle.
    Durante tutta la cena i due chiacchierarono del più e del meno. Alice rise ai racconti del Cappellaio alle prese con un Leprotto un po’ troppo fuori di testa che entrava nella sua bottega a rovinargli il proprio lavoro, oppure delle giornate che passava con i suoi amici a gironzolare per i boschi alla ricerca di stravaganze e giocando con ogni cosa che poteva capitargli a tiro, oppure inventando ogni volta nuovi giochi. Gli promise anche che presto l’avrebbe portata con loro e che si sarebbe sicuramente divertita.
    Alice si sentiva serena e a proprio agio insieme al suo Cappellaio, era una sensazione piacevole, proprio come essere a casa. Forse era questo che si provava quando si incontrava la persona giusta, la persona con la quale si decide di passare il resto della propria vita, ma Alice non lo poteva sapere, lei non aveva mai provato una sensazione simile e quindi non sapeva come poterla riconoscere.
    «E ora mia cara, è arrivato il momento dei dolci!» esultò felice il Cappellaio.
    «I dolci? Ce né più di uno?» domandò quasi incredula la ragazza.
    «Ma certamente! Sono la mia specialità della serata! Rimarrai a bocca aperta non appena li vedrai! E ovviamente verranno serviti con una rigorosa e fumante tazza di tè!». Tarrant era ormai al settimo cielo e aveva cominciato a saltellare per la cucina intento a recuperare i vari piatti che contenevano i dolci e gli occhi di Alice si illuminarono vedendo la cura con cui il Cappellaio aveva preparato e posizionato i dolci sui piatti, proprio come se avesse dovuto decorare un cappello.
    Insieme al tè, portò in tavola, una volta sparecchiata e riapparecchiata con le posate e i piattini dei dolci, una millefoglie di lingue di gatto e crema diplomatica ripiena con deliziose fragoline e more di bosco; in un altro piatto invece c’erano delle fragole ricoperte di cioccolato bianco e delle arance candite ricoperte col cioccolato fondente; in un altro ancora dei tortini al cioccolato con salsa mou e ancora dei budini al latte con salsa al frutto della passione e per concludere in grande stile un’enorme torta rotonda alle mele decorata a sua volta con mele caramellate che formavano piccole rose che ricoprivano tutta la superficie della torta.
    «Oh Tarrant, ti sei davvero superato questa sera! Anche la cena era fantastica e scommetto che questi dolci saranno un’esplosione di sapori!» gli disse alice con occhi meravigliati da tante leccornie.
    «Ti ringrazio mia cara! Ed ora addolciamoci con questi dolcetti!» disse portando in aria le braccia in segno di esultanza. «Da che cosa desideri iniziare mia dolce Alice?» le sorrise dolcemente.
    Alice guardò con occhi luccicanti l’enorme torta alle mele e timidamente, con un sorriso, la indicò al Cappellaio, che a sua volta le sorrise porgendogliene una fetta, accompagnata da una tazza fumante di tè aromatizzato alla menta. 

    La serata passò velocemente e i due commensali erano pieni, sia di cibo che di felicità e forse il Cappellaio era più pimpante del solito. Verso le undici Tarrant riaccompagnò Alice al castello.
    Era ormai sera inoltrata e si era alzata una leggera brezza. Alice, che aveva addosso un vestito che la fasciava al petto lasciandole scoperte le spalle, rabbrividì. Il Cappellaio se ne accorse e si sfilandosi la sua giacca bordeaux la appoggiò con delicatezza sulle spalle della ragazza per riscaldarla mentre percorrevano la strada acciottolata che conduceva al castello.
    Durante quella passeggiata serale i due ammirarono le varie costellazioni e Alice si sorprese nel constatare che Tarrant conoscesse i significati di ognuna di esse. Alcune di quelle spiegazioni fecero sorridere Alice, che si avvicinò sempre di più al Cappellaio, il quale, al fine di scaldarla, portò un braccio attorno alle spalle della fanciulla e la strinse più vicina a sé.
     Erano arrivati ormai all’ingresso del palazzo. «Grazie mille per la fantastica serata Cappellaio». Alice lo abbracciò e inspirò a fondo il suo profumo che sapeva di dolci e di tinture per i cappelli.
    Anche Tarrant inspirò il dolce profumo dei suoi capelli, “violette” pensò. «È stato un piacere dolce Alice…» le disse scostandosi di poco dall’abbraccio per poterla guardare negli occhi.
    Alice, in quel momento, non capì che cosa stesse per succedere. Qualcosa di magico sembrava alleggiare intorno a loro. C’era come una forte attrazione tra i due, come se fossero stati delle calamite girate nei poli opposti e che si attraevano l’una all’altra.
    Il Cappellaio si stava lentamente avvicinando al suo viso. La mente di Alice parve come annebbiarsi e lentamente chiuse gli occhi e così fece pure Tarrant.
    Qualche istante dopo le loro labbra si incontrarono e i due si scambiarono un dolce e tenero bacio. Il primo per entrambi…

 

***

POV ESTERNO

 

    Lei era lì, accostata alla finestra che dava sull’ingresso principale del castello, non si sarebbe dovuta trovare lì a quell’ora, ma aveva avuto da fare nella biblioteca reale per tutta la sera. Vide il Cappellaio e Alice ridere e scherzare come due stupidi e si chiese come potessero due persone adulte comportarsi come due bambini, soprattutto la seconda che non era matta quanto il primo. Nonostante non le interessasse che cosa stessero facendo quei due, rimase ad osservarli molto interessata, roteando gli occhi al cielo ad ogni tipo di smancerie ed effusione che i due si scambiavano (come quel loro abbraccio) e poi assistette a quel bacio…
    La Regina Rossa presagì che quel bacio non avrebbe portato a nulla di buono nell’immediato futuro…

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Decisioni ***


Capitolo 8 – Decisioni

 

 

 

    Quando la sera precedente era ritornata in camera, le sembrava ancora di vivere in un sogno. Aveva davvero baciato il Cappellaio?
    Per tutta la notte, Alice, non fece altro che rigirarsi nel letto pensando alle ultime ore trascorse e continuando a chiedersi se quello che era successo fosse stata una buona idea. Lei dopo tutto non faceva parte di quel Mondo, non poteva rimanere a Wonderland e presto, molto presto, sarebbe ritornata nel suo di Mondo e avrebbe dovuto dire nuovamente addio al suo amato Cappellaio per la terza volta (quarta se si contava anche la prima volta che era stata a Wonderland quando era ancora una bambina). Lei aveva una sua vita a Londra, aveva una famiglia, sua madre e sua sorella e aveva una nave con una ciurma pronta a seguirla e a salpare con lei per ogni tipo di nuova avventura e lei amava navigare e scoprire nuovi luoghi, se avesse avuto anche solo una possibilità di scegliere tra il suo Mondo e Sottomondo, che cosa avrebbe scelto?
    Fu con queste domande e pensieri che si addormentò a notte ormai inoltrata, sognando passaggi nelle fontane, inseguimenti da parte di pirati, occhi verdi e brillanti pieni di vita e creature magiche… Per sua fortuna, i suoi incubi vennero interrotti dal gentile bussare di Angelica, che, oltre alla colazione, le portava anche un piccolo annuncio da parte della Regina Bianca.
    «Buongiorno Alice, avete passato una buona serata in compagnia del Cappellaio?» chiese la cameriera mentre appoggiava il piccolo vassoio sul comodino accanto al letto.
    Alice, che senza darlo a vedere si stava riprendendo dalla notte agitata, arrossì violentemente al pensiero di quel bacio, ma visto che Angelica sembrava non essersene accorta si schiarì la voce e le rispose. «Certamente, è stato molto premuroso come sempre».
    «Mi fa piacere» le sorrise. «Prima di dimenticarmene, la Regina Mirana ha richiesto la vostra presenza nella sala del trono subito dopo la colazione».
    «Grazie Angelica, sai per caso di cosa si tratta?» le rispose di rimando la ragazza.
    «Certamente, oggi ci saranno le prove per l’abito da sposa».
    Alice rimase come incantata e si ricordò che il giorno seguente Mirana si sarebbe sposata con il principe Edward, coronando così il suo sogno. 

    Quando finì di fare colazione, si iniziò a preparare e una volta arrivata davanti all’armadio stracolmo di vestiti colorati, decise di scegliere un abito a pantalone, molto simile al vestito che aveva portato dalla Cina molti anni prima e che aveva indossato al ricevimento a casa degli Ascot, solo con colori differenti.
    Quel giorno trovare la sala del trono non fu affatto difficile, ormai conosceva il castello come le sue tasche e non si sarebbe più persa neanche se fossero passati altri vent’anni. Prima di entrare nella sala, decise di bussare per rispetto e dall’altra parte della porta le giunse la voce ovattata della Regina Bianca «Avanti».
    «Buongiorno!» la salutò Alice.
    «Buongiorno a te Alice» le sorrise Mirana. «Passato bene la serata?».
    «Certamente Maestà» le sorrise Alice.
    «Sono veramente contenta per te mia cara! Dovrai assolutamente raccontarmi ogni cosa appena avremmo finito» squittì la Bianca, che nel frattempo si stava dirigendo assieme alle sarte dietro ad un separé per poter provare il vestito.
    L’unica persona, in tutta la stanza, che sembrava non sprizzare gioia da tutti i pori, era proprio la Regina Rossa, la quale non aveva fatto altro che squadrare dall’alto in basso la povera Alice mettendola sempre più in soggezione. «E allora la serata è andata bene?» disse ad un certo punto col suo tono acuto ed altezzoso.
    «S-sì!» balbettò un po’ la ragazza. Alice non si era mai fatta intimidire da Iracebeth, eppure quel suo tono, quel suo modo di osservarla, come se stesse decidendo la prossima mossa da fare. Riusciva a leggere tutto questo solo osservandola.
    La Rossa continuava a tamburellare le dita sui braccioli del suo trono a forma di cuore, gli occhi sempre più assottigliati, le labbra leggermente schiuse. Alla fine si ricompose e con il suo solito tono neutro disse soltanto «Bene, vedi solo di non mettere nei casini Sottomondo, ragazzina!».
    Alice avrebbe voluto ribattere a tono, ma quella specie di dibattito venne interrotto sul nascere dalla voce della Bianca. «Allora che ve ne pare ragazze?» disse al settimo cielo la Regina di tutta Saggezilandia.
    Alice, come anche Iracebeth, anche se quest’ultima non lo diede a vedere, rimase abbagliata dalla bellezza diafana di Mirana. L’abito era uno dei più belli che avesse mai visto, nemmeno nel suo Mondo si confezionavano abiti così belli. Era rigorosamente bianco, con la gonna ampia con tanto di strascico; il corpetto era ricoperto da piccole perline e da piccoli diamanti.
    Forse a simboleggiare il regno di Crystaland dal quale proveniva il principe Edward” pesò Alice.
    «Siete bellissima Maestà!» squittirono le sarte battendo le mani euforiche e Alice pensò che avessero espresso appieno anche il suo pensiero.
    «Grazie ragazze, ma se lo sono è tutto merito del vostro lavoro straordinario!».
    «È molto bello Mirana, vi sta d’incanto ed esalta tutta la vostra bellezza e semplicità» intervenne Alice che aveva preso tra le sue mani le mani della Bianca.
    «Certo, certo… è tutto bellissimo! Non ho dubbi che quello smidollato che ti sei scelta come futuro marito ne rimarrà estasiato» gracchiò la Rossa, ormai rispesasi dall’iniziale shock. «E comunque lo sappiamo tutte che l’abito che indossai io al mio matrimoni con il mio Tik Tok era favoloso ed all’altezza di una grande Regina!» concluse trionfante.
    «Un abito molto sopra alle righe, proprio come lei» sussurrò la Bianca all’orecchio dell’amica, che cercò di trattenere una risata, senza riuscirci granché.
    «Che hai da ridere tu?!?» disse Iracebeth indicandola con suo piccolo ed affusolato dito indice.
    «Niente vostra Altezza…» ribatté la Paladina tornando seria.
    «Sarà meglio per te!» le rispose la Rossa grugnendo.
    La Bianca, cercando di calmare un po’ gli animi, cominciò a spiegare nei minimi dettagli come la cerimonia si sarebbe svolta e nel mentre le sarte ripresero a lavorare sul vestito che la Regina ancora indossava, per renderlo sempre più perfetto. Disse ad Alice che anche se la tradizione voleva che fosse un regnante a celebrare il matrimonio, come lei aveva fatto per la sorella al suo matrimonio, nel suo caso sarebbe stato il prete di Marmorea, che aveva già celebrato l’incoronazione delle due sorelle e al quale la Bianca era molto legata.
    «E la Regina Iracebeth che cosa farà durante la cerimonia?» chiese la ragazza cercando di non farsi sentire dalla Rossa intenta a leggere un enorme libro che sembrava contenere vari incantesimi.
    «Mia sorella avrà l’importante compito di fare un discorso durante la cerimonia, credo una specie di buon augurio. Spero solo che non esageri conoscendola…» sospirò sorridendole e guardando affettuosamente la sorella maggiore. «Sai Alice, Iracebeth è davvero cambiata dall’ultima volta che l’hai vista. Solo che anni ad essere scorbutica non si possono cancellare con uno schiocco di dita. Racy ha paura a mostrarsi per quello che è realmente, dolce ed affettuosa. Che io sappia lo diventa molto quando è da sola col suo Tik Tok, ma davanti agli altri per lei è molto più facile indossare quella sua maschera di… di superiorità, credo, come se niente la potesse sfiorare. Ma io so che non è così» sorrise malinconica la Bianca.
    «Credo che voi abbiate ragione Mirana» disse solo Alice osservando anche lei la Rossa, la quale sentendosi stranamente osservata chiuse di colpo il libro che stava consultando e guardò storto sua sorella e la ragazza.
    «Che avete da guardare?! Non avete niente di meglio da fare? Una povera Regina non può più leggere in santa pace? Io me ne vado nella biblioteca reale…» disse alzandosi di scatto ed avviandosi verso la porta.
    «Racy per favore…» provò a fermala la sorella.
    Prima di uscire la Rossa rivolse un ultimo sguardo ed un’ultima parola ad Alice «E tu, Alice, ricordati ciò che ti ho detto prima, non mettere nei guai Marmorea», per poi andarsene in direzione della biblioteca reale.
    «Che cosa intendeva dire?» chiese quasi ingenuamente la Bianca.
    «Non ne ho la minima idea» le rispose a sua volta Alice.
 

    Dopo più di due ore, l’abito da sposa di Mirana era finalmente ultimato ed era ormai pronto per il giorno seguente: il giorno delle tanto attese nozze della sovrana di Marmorea.
    Mentre si dirigevano verso il giardino la Regina disse ad Alice che nel pomeriggio sarebbe giunto a palazzo il principe Edward, anche lui per poter prendere parte agli ultimi preparativi e soprattutto per conoscere l’amica più cara della sua futura moglie.
    «Mi sento molto lusingata» rispose Alice.
    «Non devi cara. Edward ogni tanto si fa un po’ prendere dalle circostanze. Sono diverse settimane che non ci vediamo e non vedo l’ora che arrivi».
    Alice quasi non riconosceva la sua amica, quando si parlava del principe il suo umore saliva alle stelle, forse era quello che faceva capire che una persona era innamorata o semplicemente era dovuto anche all’aria che si respirava visto l’imminente matrimonio.
    Sul loro cammino si materializzò all’improvviso, dal nulla, uno dei loro più cari amici. 
   
«Stregatto, che piacere vederti!» disse la Regina, per nulla spaventata dall’ingresso del gatto.
    «Maestà, Alice. Vi ho sentito parlare e non ho saputo resistere» rispose girando su sé stesso e facendo un enorme sorriso a mezzaluna.
    «Tranquillo Stregatto, n-».
    «Regina Mirana! Regina Mirana!».
La frase della Bianca era stata interrotta da Angelica, la quale stava chiamando molto affannosamente, per colpa della corsa che stava facendo, la Regina.
    «Angelica. Che succede?» si rivolse a lei molto preoccupata Mirana.
   Angelica, che aveva arrestato la sua corsa davanti ai tre, cercò di riprendere fiato appoggiandosi con le mani alle ginocchia e dopo qualche secondo sembrò essersi finalmente ripresa. «Maestà, il principe Edward VII di Crystaland è arrivato! E non è solo!».
    La Bianca corrugò lo sguardo «Che vuol dire che non è solo Angelica?».
    «Il Re e la Regina di Crystaland, sono giunti anche loro a palazzo con il figlio. Vostra sorella, la Regina Iracebeth, attualmente li sta intrattenendo nella sala del trono e mi ha chiesto di venirvi a chiamare immediatamente. Pare che i sovrani di Crystaland vogliano parlarvi del matrimonio di domani» disse tutto d’un fiato la ragazza.
    «Va bene Angelica, grazie per avermi avvertita». Mirana sembrò aver ritrovato la sua compostezza, che fino a pochi secondi prima sembrava aver perduto alla notizia dell’arrivo a palazzo dei genitori del suo futuro sposo.
    Alice si ricordava che qualche giorno prima Mirana le aveva raccontato che i sovrani di Crystaland non vedevano di buon occhio il loro matrimonio e che il principe Edward, pur di sposarla, se n’era andato abdicando al trono come successore di suo fratello.
    «Sarà meglio che vada, non è cortese fare aspettare i nostri ospiti» sorrise la Bianca. «Alice, Stregatto, vogliate perdonarmi».
    «Nessun problema vostra Maestà. Spero possiate risolvere il problema» le sorrise Stregatto.
    Poco dopo i due rimasero da soli nel giardino circondati dalle variopinte rose disposte ai lati del piccolo sentiero ed Alice si sentì improvvisamente osservata dallo Stregatto, che accortosene gli rivolse un sorriso mellifluo. «Mia cara piccola Alice, in verità sono venuto a palazzo a portarti un messaggio…».
    «Un messaggio? E da parte di chi?» chiese incuriosita la ragazza.
    «Ma non immagini nemmeno chi potrebbe mai avermi mandato qua, sapendo che lo avrei preso in giro a vita?» sorrise il gatto.
    Alice ci pensò un po’ su. «Credo di aver capito chi ti manda…» e gli sorrise. «È il Cappellaio, non è così?».
    «Ho sempre detto che hai intuito mia cara... Ti sta aspettando al vecchio mulino storto, ti ricordi come ci si arriva mia cara?».   
    Lo Stregatto non faceva altro che continuare a girare su sé stesso, continuando a scomparire e a ricomparire in punti diversi e facendo un po’ girare la testa alla povera Alice. «Si, credo di ricordarmi dove di trova» gli rispose prontamente.
    «Nel caso, segui sempre il sentiero e alla Grande Quercia prendi il sentiero che va a destra…», Mentre parlava il suo corpo scompariva lentamente, ad eccezione dell’enorme sorriso che invece rimase sospeso in aria per alcuni secondi, per poi scomparire a sua volta.
    «Stregatto…?» Alice si guardò in torno nella speranza di vederlo ricomparire «Sempre il solito, non cambierà mai…» borbottò tra sé e sé.


***

 

    Durante il cammino verso il mulino, Alice rimuginò sulle parole dello Stregatto. “Perché aveva detto che avrebbe preso in giro a vita il Cappellaio per averla mandata a chiamare? Sicuramente sapeva qualcosa che a lei sfuggiva…”.
    Era talmente immersa nei suoi pensieri che non si accorse della biforcazione del sentiero e andò a sbattere in piena faccia contro la Grande Quercia che lo Stregatto le aveva indicato.
    «Ehi! Ragazzina stai un po’ attenta a dove cammini!» disse una voce un po’ rauca, che ricordava molto quella di un anziano.
    «Chi ha parlato?» chiese un po’ sorpresa rimettendosi in piedi.
    «Io! Chi vuoi che abbia parlato sciocca di una ragazzina! Mi vieni addosso e non mi chiedi neanche scusa! Che modi sono questi!?».
    Alice si fece un po’ indietro in modo da vedere la figura intera dell’albero e si accorse che la Grande Quercia la stava fissando con occhi assai furenti e con i rami incrociati davanti al tronco, come in attesa di scuse da parte della ragazza. Scuse che non tardarono ad arrivare.
    «Chiedo scusa, non stavo prestando attenzione alla strada da quanto ero immersa nei miei pensieri…» si affrettò a dire la giovane.
    «Tsk» fu l’unica risposta della pianta.
    «Non badarci più di tanto vecchio mio» una farfalla blu sgargiante si appoggiò con delicatezza ad uno dei fiori che spuntavano alla base della Grande Quercia. «Alice è sempre stata una ragazza con la testa fra le nuvole, anche quando arrivò qui la prima volta da bambina e chiamava questo posto “Il Paese delle Meraviglie”…».
    «Brucaliffo!» esclamò Alice molto sorpresa.
   «Alice, l’ultima volta che ti ho visto mi chiedevo se fossi diventata più sveglia dell’ultima volta che ti sono venuto a prendere e per fortuna lo sei diventata…».
    Alice non sapeva che ribattere, perciò il Brucaliffo riprese il suo discorso.
    «Ti vedo molto turbata, non tutti vanno a sbattere contro gli alberi, a meno che nel tuo Mondo non sia normale… Comunque sia, sono venuto a cercarti per ricordarti che domani sarà il tuo ultimo giorno a Sottomondo…».
    «L’ultimo giorno?! Che significa?» gli rispose allarmata Alice.
    «Sciocchina. Significa che dovrai ritornare a casa, non puoi rimanere qui per sempre… A meno che tu non voglia rimanere…» le disse guardandola di sottecchi.
    «Io non lo so» rispose la ragazza molto confusa.
    «Che cosa non sai?» la sollecitò il Brucaliffo.
    «Se sono davvero pronta ad andarmene. Sono molta confusa in questi ultimi giorni, non so cosa si giusto fare o non fare».
    «Credo che dovrai prendere una decisione. Il tempo non aspetta nessuno». Il Brucaliffo si rimise in volo e con qualche spinta di ali si posizionò proprio davanti alla faccia di Alice. «Ricordati, solo tu sei padrona del tuo destino, solo tu puoi scegliere, ma qualsiasi cosa tu sceglierai ci sarà sempre qualcuno che ne soffrirà, è inevitabile. Credo che tu sappia già che “Non si vive per accontentare gli altri”» e così dicendo la farfalla si allontanò ed Alice rimase di nuovo da sola, o meglio rimase in compagnia della Grande Quercia.
    «Un ottimo consiglio quello del Brucaliffo. Spero che tu non lo sprecherai. Ed ora di grazia dov’eri diretta? Così da poterti indirizzare e tornare a dormire in santa pace» disse scorbutica la Quercia.
    «Dal Cappellaio, al mulino storto» rispose Alice sovrappensiero.
    «Prendi il sentiero a destra» e così dicendo con uno dei grandi rami indicò il sentiero alla ragazza.
    «Grazie!».
    «Non c’è di che!» disse infine rimettendosi in posizione per poter tornare a dormire.

 

 

***

 

    Intanto nella sala del trono la Regina Mirana, il principe Edward e la Regina Iracebeth stavano parlando con i sovrani di Crystaland. Tutti e tre speravano che quell’assurda decisione da parte dei due coniugi, di chiudere i ponti con il loro Regno e con il loro secondo genito, potesse finalmente giungere ad una conclusione.
    A prendere parola per primo fu il Re August Edward VI, «Regina Mirana, Regina Iracebeth, siamo giunti fin qui dal lontano regno di Crystaland per potervi parlare. In particolare per poter parlare con voi Regina Mirana e al vostro futuro sposo, nostro figlio». Il Re era una persona molto robusta e stoica, con una folta barba bruna e capelli molto lunghi castani raccolti in una coda di cavallo bassa. Il suo tono, per quanto volesse sembrare tranquillo, appariva invece burbero e autoritario. «Quello che avete deciso voi e nostro figlio non è affatto degno di una sovrana e di un principe, voi dovreste essere d’esempio per i vostri sudditi e dovreste essere i primi a convenire alle regole!»
    «Re August, se perm-», provò ad intervenire Mirana, ma venne interrotta bruscamente da un’alzata di mano del Re, come a intimarla di lasciarlo finire di parlare.
    «Non ho ancora finito. Quello che avete fatto è imperdonabile, per fortuna mio figlio non è il legittimo erede al trono, visto che questo andrà di diritto al mio primo genito, ma, come potrete ben aver intuito, non ho affatto apprezzato la sua decisione di abdicare e di voltare le spalle alle sue responsabilità da principe. Come anche il fatto che abbia lasciato la sua futura sposa il giorno prima delle nozze per poter stare con voi…».
    «Caro, forse adesso state esagerando, non siamo venuti qui per questo ricordi?» cercò di rabbonirlo la Regina Camilla, poggiandogli una mano sul braccio.
    «Camilla, se non facciamo noi un discorsetto a questi due, come potranno mai governare un regno! Qualcuno deve pur mettergli del sale in zucca!» disse alzando le spalle ed indicando con aria quasi innocente i due futuri sposi.
    «Caro! Ti sembrano cose da dire!?» rispose furente la moglie.
    «Ben detto! Io sto con il Re August, qualcuno dovrebbe metterti un po’ di sale in zucca sorellina! Ah Ah Ah» rise di gusto la Rossa.
    A rimettere ordine nella sala fu la Regina Camilla, che con compostezza batté le mani per richiamare tutti e per ritornare al discorso in questione, che questa volta fu lei a continuare. «Quello che mio marito ed io volevamo dirvi… è che ci dispiace per quello che è successo anni fa. Non avevamo il diritto di scegliere una moglie a nostro figlio, dopotutto con suo fratello è stato molto diverso, visto che sia lui che la contessina Rachael erano già innamorati l’uno dell’altra. Quello che però più ci ha adirato, è stata più che altro la vostra tempistica, proprio il giorno prima del matrimonio! Era normale che sia io che mio marito eravamo adirati ed è successo quel che è successo».
    La Regina Camilla era una donna veramente minuta, con un corpo molto esile, ma era una donna molto regale, una donna che si faceva rispettare, forse anche più del marito. «Se non è troppo tardi, vorremmo chiedere il vostro perdono, ad entrambi. Lo so avremmo dovuto farlo molto tempo prima, ma l’orgoglio ce lo ha impedito».
    Mirana sentì come un grosso peso dal cuore svanire lentamente, finalmente i due regni potevano di nuovo tornare a collaborare come una volta e sia lei che Edward avrebbero avuto la benedizione dei due sovrani, che erano sia per Mirana che per Iracebeth, come dei secondi genitori.
    «Madre, Padre! Anche io vi chiedo scusa, forse mi sono comportato da immaturo e mi pento di non aver avuto il coraggio di essere venuto io a chiedervi scusa in prima persona. Spero che domani sarete anche voi presenti al nostro matrimonio
» e prendendo la sua futura sposa tra le braccia, aggiunse «Noi ne saremmo veramente onorati!».
    «Certamente figliolo!» gli rispose il padre.
    Tutti, ad eccezione di Iracebeth che si chiedeva ancora che ne era stato del discorso tutto autoritario del Re August e della sua proposta di mettere un po’ di ordine e disciplina nel Regno, si strinsero in forte abbraccio.

 

***

 

    Nel mentre, al mulino storto, Alice e il Cappellaio stavano prendendo il tè con i loro amici, Mally ed il Leprotto. Avevano passato tutto il pomeriggio a parlare e scherzare e ad Alice, tutte le volte che stava assieme a quei tre, le sembrava di finire in un manicomio di matti, anche se la cosa non le dispiaceva affatto. Adorava le loro bizzarrie.
    «E così domani è il grande giorno della parata! Sei pronta Alice per marciare fiera sul Grafobrancio, come la Paladina di Marmorea!?» esultò il Ghiro.
    «Parata! Parata! Parata!» continuò invece a gridare saltando il Leprotto.
    «Suvvia ragazzi, Alice sa perfettamente quello che dovrà fare domani! E sarà meravigliosa con l’armatura in groppa a quel felino troppo cresciuto!» disse intervenendo Tarrant che stava versando un altro po’ di tè ad Alice. «Oh, che smemorato! Me ne stavo per dimenticare dolce Alice, ho una sorpresa per te! L’altra sera non ho avuto occasione di dartela».
    «Che cosa?» chiese Alice.
    «Questo!» le disse porgendole una scatola tutta infiocchettata. «Aprilo! E spero che ti piaccia!».
    Alice sorrise all’amico e prendendo in mano la scatola, iniziò a slegare i vari fiocchetti, in modo da poterla aprire. Quello che vi trovò dentro la lasciò senza parole. Tarrant le aveva confezionato uno splendido cappello, Alice non aveva mai visto tanta bellezza e tanta semplicità tutta insieme.
    «Coraggio! Indossalo, vediamo come ti sta!» la incitò il Cappellaio.
    «Con questo vestito? Non credo che ci starà a pennello» gli fece notare Alice.
   
«Pennello!» si intromise la Lepre Marzolina guardando con occhi fissi la ragazza.
    Tarrant alzò gli occhi al cielo e lo ignorò rivolgendosi nuovamente all’amica. «Allora ti guarderò solo dal collo in su, cancellando completamente il tuo corpo».
    E così dicendo portò le braccia in avanti tenendo le mani aperte e le dita incollate l’una all’altra, in modo da “coprire” in prospettiva il corpo di Alice, la quale sorrise alla stramberia dell’amico, per poi indossare il cappello. Tutti e tre i suoi amici rimasero affascinati dalla sua bellezza.
    «Cappello…» disse un Leprotto con gli occhi un po’ fuori dalle orbite.
    Mentre Mally aggiunse: «Wow Alice, ti sta davvero bene! Dovresti indossarlo al matrimonio di domani! Scommetto che l’abito che la regina ti ha fatto confezionare starà a pennello col cappello! Oh, ho fatto una rima come quelle del Cappellaio!» rise il Giro.
    «Sì, credo che potrebbe calzarci con l’abito!
» confermò Alice. «Grazie Cappellaio, è davvero bellissimo!» aggiunse prima di sporgersi dal suo posto per poterlo abbracciare.

 

***

 

    Quella sera, sia il Cappellaio che Alice vennero invitati a cena a palazzo assieme ai sovrani di Crystaland ed al principe Edward.
    Alice era molto felice per Mirana, quando quest’ultima le raccontò che finalmente i due Regni erano tornati in buoni rapporti e che i suoi futuri suoceri avevano perdonato sia lei, che loro figlio e che l’indomani avrebbero preso parte alla parata ed alla cerimonia. Mirana era emozionata, ma più di lei lo era Edward, che quando l’aveva conosciuta, non aveva fatto altro che chiedergli del Sopramondo, dei suoi viaggi, ma soprattutto del giorno in cui aveva ucciso il Ciciarampa e del giorno in cui Sottomondo aveva quasi rischiato di scomparire, a causa della compromissione del tempo, provocando in entrambi i casi l’irritazione della sua futura cognata.
    Da quello che Alice aveva capito, Mirana ed Edward erano veramente fatti l’uno per l’altra, si dice che gli opposti si attraggono, ma a volte può capitare che ad attrarsi siano persone affini tra loro. Edward amava follemente Mirana ed Alice glielo leggeva negli occhi, i quali si illuminavano ogni volta che la Regina Bianca gli faceva un sorriso, oppure ogni volta che chiedeva una sua opinione su una cosa qualunque. Aveva anche notato che, per quanto Iracebeth facesse ogni tanto delle piccole battute poco carine nei confronti della sorella, non poteva far a meno di sorridere vedendola felice, come lei lo era con il suo Tik Tok. 

    La serata volò e Alice si ritrovò in compagnia del Cappellaio mentre camminavano lungo i corridoi del castello. Avevano detto agli altri che avrebbero fatto una passeggiata nei giardini prima di rivedersi l’indomani. Ma invece dei giardini, alla fine optarono per la balconata che dava verso le montagne.
    Il sole stava tramontando e l’aria era leggermente frizzantina. Il panorama era bellissimo, le montagne, ricoperte di neve sulla cima, riflettevano i colori del tramonto.
     «E così domani è il grande giorno!» annunciò il Cappellaio.
    «Già, domani molto probabilmente a quest’ora sarò diretta verso casa…» gli rispose Alice appoggiandosi con i gomiti alla balconata dandogli le spalle per ammirare il paesaggio.
    Tarrant improvvisamente si fece molto serio. «Sai, te lo chiesi già una volta, molto tempo fa. Per la precisione la seconda volta che tu tornasti a Sottomondo ed eri ormai diventata una giovane adulta… Ti avevo detto che, se volevi, saresti potuta restare…». Alice si voltò a guardarlo con aria sorpresa ed il cuore a mille. «Potresti restare se tu lo volessi, mia dolce e cara Alice… Potresti restare con me…» concluse avvicinandosi lentamente a lei.
    «Cappellaio, io non lo so» gli rispose confusamente e tristemente la giovane donna.
    «Che cos’è che ti blocca Alice» le chiese dolcemente accarezzandole i capelli e portandoglieli dietro all’orecchio.
    «Tarrant… io ho paura» confessò infine.
    «Oh Alice, ho tanta paura anch’io! Così tanta, che credo di poter impazzire sempre di più» ormai il volto del Cappellaio era sempre più vicino a quello della ragazza. «Alice… Io ti amo…» gli disse infine.
    Alice non sapeva che cosa rispondergli, era come paralizzata, il suo cervello sembrava non ragionare più. Quella frase… Il Cappellaio le aveva detto che l’amava! E poi la sua vicinanza la stava confondendo sempre di più. Il suo corpo però decise di sua spontanea volontà di annullare quella poca distanza che c’era tra il loro visi in modo da poterlo finalmente baciare. Bacio a cui il Cappellaio rispose subito, poggiando una mano sul fianco della fanciulla e una dietro alla nuca, mentre Alice allacciava le sue braccia al collo di lui; così facendo i loro corpi divennero come un tutt’uno e, allo stesso tempo, il bacio si approfondiva sempre di più, divenendo sempre più intimo.
    «Ehm ehm…!!!».
    Qualcuno alle loro spalle cominciò a tossire, come a reclamare la sua presenza.
    I due si separarono di scatto rossi in volto. Rossi come i capelli del loro interlocutore, o meglio della loro interlocutrice.
    «Ma bene… vedo che avete scambiato questa balconata per una stanza da letto! Se volevate dare spettacolo tanto valeva andare nella piazza del paese. Non trovate?» disse schietta la Rossa. «Cappelliere, vattene! Devo parlare da sola con la ragazza».
    «Maestà io…» provò il Cappellaio.
    «Non hai sentito quello che ti ho detto!?» lo zittì Iracebeth.
    «Certamente Maestà! Me ne vado. Con permesso» e così dicendo, se ne andò senza guardare in faccia nessuno, con lo sguardo fisso sul pavimento di marmo e la fronte corrugata.
    «Veniamo a noi due. Non ero stata abbastanza chiara questa mattina, quando ti ho detto di non causare guai?» Iracebeth stava ormai diventando più rossa del sole che tramontava alle spalle di Alice.
    «Ecco io… non capisco che cosa vuole dirmi, che cos’è che ho fatto!» replicò Alice.
   «Che cos’hai fatto…? Nel mio studio! Forza cammina!» così dicendo si incamminò a passo di marcia, seguita da una sempre più confusa ed imbarazzata Alice. «Guarda te se devo essere io a sistemare i guai di quell’impiastro di mia sorella, come se lei non conoscesse le poche e semplici regole di questo Mondo…» borbottò una volta arrivata davanti alla porta dello studio.
    «Quale regola?» chiese Alice che non aveva potuto fare a meno di ascoltare il borbottio della Regina.
    «Entra! Ti spiegherò ogni cosa, anche se è giusto che tu sappia che non lo faccio per te o per il tuo cappelliere, sia chiaro!» le riferì la Rossa in modo acido ed arrogante.

 

***

 

    Il Cappellaio, che era appena stato cacciato dal castello in malo modo dalla Regina Rossa, si era seduto su una delle panchine del giardino e teneva in mano un fiore che continuava a rigirarsi tra le dita pensando al bacio di poco prima. La sua Alice lo aveva baciato, bacio che non era assolutamente paragonabile a quello della sera precedente. Questo voleva forse dire che anche lei lo amava? Che sarebbe rimasta con lui per sempre? Eppure, quando le aveva confessato i suoi sentimenti, non gli aveva risposto niente, o meglio, sì, aveva risposto con quel bacio, ma sentiva che la sua Alice era molto turbata, che dentro di sé non aveva ancora preso una decisione.
    Il fatto di non sapere, però, con esattezza quello che la ragazza pensava lo mandava fuori di testa, lui voleva sapere. Se Alice avesse deciso di non rimanere a Sottomondo perché voleva tornare dalla sua famiglia lo avrebbe capito e, se così fosse stato, questa volta le avrebbe chiesto di poter venire con lei, non sapeva come, non sapeva nemmeno se era possibile ma, se lei veramente ricambiava i suoi sentimenti, l’avrebbe seguita anche in capo al mondo, o meglio, in capo ad un altro mondo!
    Decise quindi che non c’era più tempo da perdere, doveva avere una risposta alla sua domanda quella sera stessa. Tutti lo conoscevano, e tutti sapevano che il Cappellaio non era una persona molto paziente. Perciò si diresse di nuovo al castello, in direzione dello studio della Rossa. Prima di andarsene aveva sentito la Regina urlare alla sua Alice di seguirla nel suo studio per parlarle. Parlare di cosa poi, Tarrant non se lo sapeva spiegare. Che cosa aveva Iracebeth da dire alla sua Alice, lei che non sopportava minimamente la ragazza.
    La porta dello studio era leggermente aperta, e dentro di esso la Rossa ed Alice stavano parlando. Tarrant si appoggiò al muro per ascoltare i loro discorsi, sapeva benissimo che origliare non era corretto, ma il loro argomento lo aveva colpito nel profondo del cuore, che piano piano stava andando a pezzi…
    «Quindi è deciso! Tornerai nel tuo mondo domani stesso. Forse non riuscirai a partecipare al matrimonio di mia sorella… ma sono sicura che nel caso decidessimo di procedere così, se ne farà una ragione» affermò la Rossa.
    «Certamente, ne sono consapevole. Se è come dite voi non ho altra scelta, non posso lasciare mia madre e mia sorella, sono la mia famiglia e non meriterebbero una mia improvvisa scomparsa…» rispose sommessamente Alice.
    Le voci delle due donne, giungevano ovattare ma chiare alle orecchie del povero Cappellaio.
    «Bene! Domani lo riferiremo anche agli altri, ormai è tardi!» concluse Iracebeth.
    «Va bene Maestà. Solo, una cosa…» la interruppe Alice.
    «Che cosa c’è adesso?!» rispose esasperata la Regina.
    «Non voglio che il Cappellaio lo sappia. Lui non capirebbe…» le riferì Alice con un groppo in gola.
    «Il cappelliere? Ah! Per me puoi fare quello che vuoi! La decisione è la tua e a me non mi importa se glielo vuoi dire o meno!».
    Tarrant aveva ormai il cuore a pezzi. Come aveva potuto la sua Alice fargli quello.  Non voleva che lui sapesse che se ne sarebbe andata l’indomani? In questi giorni lo aveva forse preso in giro?! Forse gli piaceva prendersi gioco dei suoi sentimenti? No, lei non poteva essere l’Alice di cui si era innamorato! Quell’Alice era un’altra persona. E, col cuore a pezzi, il Cappellaio si allontanò dallo studio per dirigersi verso casa.
    No, non avrebbe mai perdonato Alice per quello che gli aveva fatto…

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Capitolo 9
*** Il grande giorno! ***


Capitolo 9 – Il grande giorno!

 

 

 

 

    Era arrivato il grande giorno! Il giorno in cui si sarebbe celebrato l’anniversario del giorno Gioiglorioso, il giorno in cui la Regina Mirana ed il Principe Edward VII si sarebbero sposati ed infine il giorno in cui Alice avrebbe preso in mano il suo destino…
    Tutta Marmorea era in fermento quella mattina. La maggior parte degli abitanti si erano svegliati alle prime luce dell’alba per poter preparare tutto nei minimi particolari, sia per la parata che per il matrimonio del secolo. Ognuno dava una mano come poteva e ogni dove si respirava aria di festa e di allegria. Tutti erano felice ed allegri. Tutti, tranne un uomo, un cappellaio.
    Come la maggior parte dei suoi compaesani, si era alzato anche lui di buona mattina, o più correttamente si era alzato dal letto dopo una notte completamente insonne. Non aveva fatto altro che pensare al tradimento della sua Alice ed al motivo per cui lei non volesse parlargliene. In quel momento era impegnato a sistemare i festoni assieme ai suoi due amici più fidati, il Leprotto e il Ghiro.
    «Cappellaio, ma che cosa ti prende questa mattina!? Che fine ha fatto tutta la tua allegria per queste festosità?» chiese il Ghiro.
    «Sto bene Mally, è solo che questa notte non ho dormito molto bene. Tutto qua…» rispose infastidito Tarrant.
    Il Ghiro decise che era meglio non ribattere e di lasciare in pace il suo amico. Se era così nervoso, doveva essere successo qualcosa di molto grave. Il leprotto invece, continuava a saltellare a destra e a sinistra ininterrottamente, continuando ad andare a sbattere contro agli abitanti intenti a sistemare gli ultimi dettagli, causando, ogni tanto, qualche piccolo disastro.
 

    Intanto, in una delle tante stanze del palazzo, Alice si stava preparando per la parata. Assieme all’aiuto di Angelica, si stava infilando l’armatura, messa a lucido per l’occasione. Il Grafobrancio era già pronto nella stalla con la sua armatura ed aspettava trepidante il suo cavaliere.
    «Alice, va tutto bene?» le chiese Angelica. «Avete una faccia come se non dormiste da parecchi giorni» le fece notare la cameriera mentre le chiudeva l’armatura.
    «No Angelica, va tutto bene, è che oggi è una giornata molto importante e particolare e sono un po’ agitata. Tutti qui» rispose di rimando la ragazza facendole un sorriso un po’ tirato. Nessuno doveva sapere quello che sarebbe successo di lì a poche ore.
    La Paladina di Wonderland si stava dirigendo verso le stalle, dove l’attendeva il suo fidato Grafobrancio e lungo la strada ebbe modo di incrociare molte persone, tutte intente a sistemare gli ultimi ritocchi per la cerimonia che si sarebbe tenuta nel pomeriggio e che al suo passaggio non perdevano l’occasione di sorriderle e di salutarla, augurandole una buona mattinata e una meravigliosa parata. Alice amava la spontaneità e la vitalità di quelle persone, così diverse dagli uomini e dalle donne a cui era abituata nel suo Mondo. Si, Sottomondo le sarebbe mancato troppo.
    Era finalmente giunta nella stalla del Grafobrancio, il quale l’accolse lanciandosi su di lei e leccandole la faccia, emettendo suoni gutturali di felicità e scodinzolando la piccola coda freneticamente, proprio come un cane fa con il suo padrone. «È bello anche per me rivederti!» rise Alice, carezzandogli il capo con una mano, mentre con l’altra si aiutava a rimettersi in piedi.
    In tutta risposta il felino le si strusciò sempre di più contro, chiedendo ulteriori coccole. Alice si ricordava ancora la paura che aveva avuto la prima volta che aveva incontrato quella creatura così gigante, la quale le aveva ferito un braccio dopo che Mally gli aveva staccato un occhio e ora il solo pensiero a quel giorno di tanti anni prima la faceva sorridere.
    Le risate di Alice e le fusa del Grafobrancio, vennero interrotte da un leggero tossicchiare. La ragazza, presa alla sprovvista, si acquietò all’istante, subito seguita dal felino e girandosi trovò all’ingresso il suo adorato Cappellaio.
    «Tarrant!» esclamò.
   «Alice» le rispose freddamente il Cappellaio. «Mi hanno riferito che ti trovavi nelle stalle e di venirti ad avvisare che la parata sta per iniziare».
    «Certamente! Grazie Tarrant» sorrise Alice, che non poté non notare il comportamento insolito dell’amico. «Va tutto bene Cappellaio?» chiese poi, un po’ preoccupata.
    «Certo! Va tutto meravigliosamente! Cosa mai potrebbe andare storto?» le occhiaie del Cappellaio si facevano ad ogni frase sempre più scure, così come anche la sua pelle che iniziava perdeva i suoi colori vivaci; ed Alice ogni qualvolta che ciò accadeva, ne era sempre spaventata.
    «Cappellaio, calmati ti prego!» lo supplicò.
    Tarrant, che sembrava essersi ripreso da uno stato di trance, guardò di nuovo Alice negli occhi e l’unica cosa che riuscì a dirle, era che si sarebbero dovuti muovere per non arrivare in ritardo, per poi uscire dal box in cui si trovavano lei e il Grafobrancio.
    Che cos’era successo?
    Perché quel comportamento?
    Aveva forse ferito in qualche modo il suo Cappellaio?
    Mentre Alice si poneva queste domande, era salita in groppa al fidato felino per dirigersi all’ingresso del castello, da dove sarebbe partita la parata.
    La parata era una moltitudine di colori, di musica, di danze, di canti e chi ne ha più ne metta. Tutti si stavano divertendo, tutti alla vista di Alice esultavano e la ringraziavano a gran voce, per il suo coraggio e per le volte che aveva salvato Sottomondo e anche se Alice sorrideva a quelle persone e salutava come se niente fosse successo pochi minuti prima, la sua mente era rimasta in quel box, alle parole fredde e distaccate che Tarrant le aveva rivolto.
    Non riusciva a darsi pace, voleva ad ogni costo scoprire che cosa fosse successo tra di loro e glielo avrebbe chiesto subito dopo la parata; non poteva e non voleva partire senza prima risolvere quell’assurda e strana situazione che si era venuta a creare.   
   
Come lei, anche Tarrant non riusciva per niente a divertirsi… E sì che aveva aspettato quella festa per 365 giorni! Ma il suo cuore e la sua mente non riuscivano a fare a meno di pensare al comportamento della “sua” Alice. No, non l’avrebbe mai perdonata. Di questo ne era sicuro. L’avrebbe evitata fino a quando non se ne sarebbe ritornata nel suo Mondo, dove magari l’aspettava un valoroso Lord pronto per sposarla…
    La festa proseguì per tutta la mattinata e al suo culmine, tutti gli abitanti si ritrovarono riuniti nella piazza centrale della grande fontana, dove vennero lanciati in aria numerosi palloncini e fuochi colorati. Quello fu l’unico istante in cui sia Alice, che Tarrant, non pensarono all’enorme problema dei loro cuori…

 

***

 

    Di ritorno a palazzo, Alice lasciò nelle mani degli stallieri il suo fidato Grafobrancio, per potersi precipitare a chiedere delle spiegazioni al suo Cappellaio, non prima di aver salutato come si doveva il grosso felino.
    Stava correndo per i corridoi del castello alla ricerca di Tarrant, al quale era stata data una delle camere degli ospiti per potersi preparare all’imminente matrimonio della Regina di Marmorea. Alice non aveva più fiato nei polmoni, ma non si sarebbe di certo arresa, voleva trovare il suo amico per potergli chiedere delle spiegazioni a proposito del suo comportamento così distaccato di poche ore prima.
    Quando finalmente arrivò davanti alla porta della stanza assegnata a Tarrant, non mancò, nonostante la sua agitazione, di essere educata e di bussare, invece di entrare di prepotenza, cosa che però avrebbe fatto se il Cappellaio le avesse chiesto di essere lasciato da solo.
    «Chi è?» domandò una voce attutita dalla spessa porta.
   «Sono Alice!» rispose di rimando la ragazza con voce ancora affannata. «Per favore Cappellaio, fammi entrare! Ti devo parlare!» esclamò.
    Passarono alcuni secondi, che per Alice furono interminabili, prima di sentire la voce di Tarrant che le acconsentiva di entrare.
   Indossava una giacca e dei pantaloni color viola, un gilet arancio e una camicia color panna. Molto probabilmente era l’outfit che la Regina gli aveva fatto confezionare in occasione del matrimonio. Appoggiato su un tavolino c’era anche l’immancabile cappello a cilindro che Tarrant doveva aver preparato per l’occasione, ovviamente anch’esso in perfetto abbinamento con il suo abbigliamento. Alice invece, non aveva ancora indossato il suo abito per la cerimonia, aveva preferito togliersi l’armatura e correre dal suo amico.
    «Che cosa vuoi?» gli chiese Tarrant distogliendo da lei lo sguardo per posarlo fuori dalla finestra.
   «Volevo chiederti che cosa ti è preso stamattina e anche adesso, visto che mi stai trattando con la stessa distanza… È per caso successo qualcosa?» Alice si era avvicinata a lui appoggiandogli una mano sulla spalla, per farlo girare verso di lei e per poterlo guardare negli occhi.
    «Come se tu non lo sapessi, vero?!» Tarrant si stava nuovamente arrabbiando, ma non avrebbe perso il controllo come quella mattina; no, non lo avrebbe permesso.
    «No, non lo so! Spiegamelo per favore!» anche Alice aveva alzato leggermente la voce, non sopportava quel comportamento infantile che a volte prendeva il sopravvento nel suo amico.
    «Vuoi che te lo spieghi!?» il Cappellaio afferrò per i polsi la ragazza avvicinandosela bruscamente al suo viso «Ho sentito tutto! Ogni singola parola! Non sono un completo stupido Alice! Ti ho sentita mentre con la Regina di Cuori decidevate il tuo prossimo ritorno nel TUO Mondo! Ho sentito come l’hai supplicata di non farmi sapere niente! Cosa credi, che non lo avrei scoperto? Che sarei stato in silenzio? Non ti è bastato spezzarmi il cuore le altre volte? No, dovevi per forza farlo una terza volta! Ma sai che cosa ti dico? Che non mi importa più niente di te! Per me ormai è come se non esistessi, sarebbe stato tutto più facile se tu non fossi mai piombata a Wonderland!» così dicendo lasciò i polsi della ragazza, la quale era rimasta scioccata da quella confessione e, afferrando il suo amato cilindro, uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle proprie spalle, lasciando così Alice da sola e in lacrime in quella stanza che sembrava diventare sempre più fredda, nonostante la calda giornata.
    Alice non era riuscita ad interrompere il soliloquio del Cappellaio, non era riuscita a dargli le dovute spiegazioni, ma sapeva che se l’avesse fatto lo avrebbe perso per sempre, anche se forse lo aveva già perso per sempre… Ora si chiedeva: tutto ciò di cui aveva discusso con la Regina Rossa sarebbe servito a qualcosa?
    La ragazza non riusciva a fermare i fiotti di lacrime che le uscivano dagli occhi, così come anche i suoi singhiozzi che rimbombavano in quella stanza troppo grande per la giovane che se ne stava rannicchiata in un angolo ombroso.
    In quel momento, le due Regine e il Principe Edward, si ritrovarono a passare per il corridoio adiacente alla porta della stanza e, attirati dai singhiozzi della ragazza, decisero di la porta senza pensarci due volte, trovando così un’Alice completamente devastata.
    Mirana si portò le mani alla bocca coprendo un “oh” spaventato e scioccato. «Oh santo cielo, Alice! Che cosa ti è successo!?» le chiese infine, molto preoccupata, la Bianca portandosi al suo fianco e inchinandosi alla sua altezza per poterla abbracciare e consolare.
    «Ni- Niente Maestà, va, va tut- tutto bene…» provò a mentire la ragazza.
    «Non dire sciocchezze! Chi ti ha fatto piangere in questo modo?» continuò la Bianca.
    «Cosa vuoi che le sia successo Sorellina! È sempre stata una ragazzina debole e priva di carattere. AH-AH» la schernì la Rossa, che sembrava non provare alcun moto di tenerezza nei suoi confronti.
    «Racy!» la rimproverò la sorella e in tutta risposta la Rossa alzò gli occhi al cielo.
    «Allora ragazzina. Si può sapere che cosa ti è successo? Non farci perdere tempo!» sbuffò la maggiore delle sorelle.
    Alice guardò la Rossa con gli occhi ormai gonfi ed arrossati, «Maestà, potrei parlarle in privato?» chiese infine.
    Tutti i presenti, comprese Iracebeth, guardarono stupiti Alice. La Bianca si chiedeva come mai la sua amica volesse parlare proprio con sua sorella e non con lei. Sicuramente c’era qualcosa sotto ma non si volle preoccupare più di tanto, dopo tutto si trattava di Alice e lei aveva sempre tutto sotto controllo, anche in situazioni come quelle. «Certamente cara» le sorrise Mirana, posandogli un bacio sul capo. «Io ed Edward andiamo a prepararci, ci vediamo dopo».
    Non appena i due futuri coniugi le lasciarono da sole, la Rossa parlò. «Allora, che hai da dirmi in privato?» chiese assottigliando gli occhi in direzione della giovane.
    «Maestà…» iniziò Alice.

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Capitolo 10
*** È questo un addio? ***


 

 

 

Capitolo 10 – È questo un addio?

 

 

 

    Mancavano poco più di due ore al grande evento della giornata. Se gli ultimi preparativi per la parata avevano messo in agitazione i più, gli ultimi ritocchi per il matrimonio avevano fatto impazzire tutti!
    Ogni persona, animale o creatura, correva avanti e indietro per il castello, nell’intento di ultimare tutti i dettagli e per fare in modo che quella giornata sarebbe rimasta per sempre nelle memorie del Regno di Marmorea. Anche gli amici più fidati della Regina Mirana si stavano dando da fare come potevano. I due gemelli Pincopanco e Pancopinco erano intenti preparare lo striscione con i nomi dei due futuri sposi.
    «Mettiamo prima il nome della Regina Mirana!» esclamò Pincopanco.
    «No, mettiamo prima il nome del Principe Edward!» ribatté il fratello Pancopinco.
     «La Regina!».
     «Il Principe!».
    «Ragazzi, dateci un taglio! Oppure volete che venga lì e vi infilzi con la mia spada?!» esclamò infastidito Mally, che con l’aiuto di Bayard stava portando i piatti verso i tavoli. «E comunque ad un matrimonio si è soliti mettere per primo il nome della sposa! E ora avanti che c’è ancora tanto da sistemare!».
   I due fratelli erano rimasti in silenzio per tutti il tempo, ma non appena Mally e Bayard se ne andarono, Pincopanco spintonò scherzosamente il fratello, affermando: «Visto. Avevo ragione io!».
    «Solo questa volta non darti tante arie fratello!» rispose prontamente Pincopanco, con ilarità.
    Anche il Leprotto, stava dando, come poteva una mano, o meglio una zampa; infatti, assieme all’amico Bianconiglio, stavano attaccando tutti i vari festoni e ghirlande di fiori presso il gazebo, dove si sarebbe tenuta la cerimonia. I due erano infatti i più qualificati a svolgere il compito, visto che erano in grado di compiere salti alti, grazie alla loro particolare muscolatura delle zampe posteriori.
    Tutti erano impegnati in un’attività, tutti ad eccezione di Tarrant, il quale si era seduto su una panchina del vasto giardino reale, il più lontano possibile da tutto quel trambusto. Non voleva stare lì in mezzo agli altri e dover fingere che tutto andava per il meglio, già quella stessa mattina era stata una tortura per lui, che era una persone che più di tutte le altre mostrava i propri sentimenti e che, a causa delle sue occhiaie nere, li rendeva anche pienamente visibili.
    Era lì seduto su quella panchina, immersa tra i fiori, rose bianche, a pensare allo “scontro” che aveva avuto qualche ora prima con Alice. Ripensare a quei pochi minuti gli faceva male al cuore e una lacrima solitaria scese dal suo occhio sinistro per solcare la sua guancia e cadere sulla sua mano. A quella prima lacrima se ne susseguirono altre. Il Cappellaio stava piangendo, era una cosa che non capitava spesso, lui era il Re dei burloni, lui era il Re delle feste, era colui che aveva inventato la deliranza, lui era l’allegria fatta a persona! Ma in quel momento, però, la sua moltezza venne meno. Era successo solo un’altra volta prima di all’ora, quando i suoi genitori erano stati uccisi, o così credeva fino a qualche anno prima, dalla Regina Rossa.
    Tra i vari singhiozzi che uscivano dalla sua bocca e i vari pensieri che affollavano la sua mente, Tarrant non si accorse dell’arrivo di una persona molto importante nella sua vita, fino a quando quest’ultima non gli appoggiò una mano sulla spalla per cercare di consolarlo e di capire che cosa lo affiggesse.
    Il Cappellaio sussultò al tocco di quella mano sulla propria spalla, ma quando si girò per scoprire a chi appartenesse, rimase di sasso, ma allo stesso tempo sorpreso, di trovarsi davanti suo padre.
    «Padre…» sussurrò il Cappellaio.
    «Figliolo, che cosa succede?» gli chiese Zanik.
    Suo padre non era mai stato un uomo di molte parole, soprattutto con lui. I due erano molto spesso in imbarazzo quando si trovavano da soli nella stessa stanza, a meno che non si parlava di cappelli; unico argomento su cui riuscivano a conversare fluidamente.
    «Non è niente padre. Niente di importante» si affrettò a rispondergli.
    «Figlio mio, non mi sembra che sia “niente di importante”! Sei distrutto e la tua espressione ne è la conferma!» esclamò l’uomo. «Per favore, so di non essere un padre molto espansivo e loquace, soprattutto con te, ma sono tuo padre e anche se ormai sei grande tu resti sempre mi figlio e come genitore ho il compito di aiutarti e sostenerti…».
    Tarrant alla fine sembrò convincersi delle parole del padre e dopo aver tirato su col naso, come un bambino, gli raccontò tutto per filo e per segno quello che era accaduto tra lui ed Alice in quella settimana, arrivando anche alla sera precedente, a quando l’aveva sentita parlare con la Regina Rossa e a quello stesso pomeriggio, quando avevano discusso animatamente.
    Zanik ascoltava e ogni tanto annuiva a quella storia e, non appena il figlio finì di raccontare la sua versione dei fatti, prese la parola. «Voglio chiederti una cosa riguardo agli ultimi avvenimenti, figliolo».
    «Certamente» rispose Tarrant un po’ titubante.
    «Tu mi hai raccontato ad Alice la tua versione dei fatti?».
    «Sì, è così» gli rispose Tarrant cominciando a capire dove il padre volesse andare a parare.
    «Bene. E non ti sei posto il problema di sentire anche la versione della povera Alice?» gli chiese infine confermando così il suo pensiero.
    Il Cappellaio rimase spiazzato dalla domanda del padre, in effetti poche ore prima lui si era avventato su di lei non lasciandole la possibilità di esporre i propri fatti. Non aveva voluto ascoltarla, troppo orgoglioso di sé stesso.
    «No, non gliel’ho chiesto» rispose abbassando lo sguardo verso le proprie mani strette a pugno sui pantaloni.
    «Figliolo» riprese Zanik appoggiandogli la propria mano su quella del figlio, «Io credo che qualunque cosa stia succedendo tra te ed Alice, debba essere risolta il prima possibile. Forse c’è un motivo, se ha deciso di non dirti della sua partenza. Magari è qualcosa di cui tu ignori… Queste figliolo sono solo supposizioni, l’unica persona che potrà darti tutte le informazioni del caso, si trova a palazzo e la stai perdendo».
    Tarrant sollevò lo sguardo verso il viso del padre, «No…».
    «E allora corri figliolo. Vai a raggiungerla. Vai a chiarire con lei prima che sia troppo tardi».
    Furono le ultime parole che Zanik rivolse al figlio, prima di vederlo alzarsi e correre verso il castello. Un piccolo sorriso spuntò sulle sue labbra. Suo figlio stava diventando un uomo a tutti gli effetti, senza però perdere la sua moltezza.

 

***

 

Intanto a palazzo…
 

    Alice sperava di riuscire ad assistere al matrimonio della Regina Mirana, nonché sua più cara amica, ma Iracebeth le aveva detto che non c’era più tempo da perdere e che doveva andare prima che fosse stato troppo tardi. Le due raggiunsero così la sala del trono dove la Regina Bianca, il Principe Edward e il Tempo, le stavano aspettando.
    In quello stesso momento due gemelli molto pazzerelli alla ricerca di Alice, passarono proprio davanti alla porta del salone che era stata lasciata leggermente aperta e, incuriositi, si misero all’ascolto, senza dimenticarsi di spintonarsi ogni due per tre per poter vedere meglio entrambi la scena.
    «Quindi è deciso…» disse Mirana avvicinandosi ad Alice e prendendo le sue mani nelle proprie, stringendogliele appena.
    «È così Vostra Maestà. Mi dispiace tanto non poter assistere alle vostre nozze».
    Mirana era rimasta commossa dalle parole dell’amica, «Suvvia Alice» la strinse a sé in un abbraccio. «È una cosa che devi fare, lo sappiamo tutti. E ora non puoi tardare all’appuntamento. So che con il cuore sarai sempre qua con noi!» disse staccandosi dalla ragazza e asciugandosi una lacrima che le era sfuggita.
    «Mi raccomando Alice, ricorda di tenere sempre d’occhio il me stesso» le disse il Tempo.
    «Bene! Ora che abbiamo finito con tutti questi piagnistei e raccomandazioni, puoi andare Alice!» li interruppe la Rossa.
    «Iracebeth…» la riprese dolcemente la sorella.
    «No Maestà, la Regina Iracebeth ha perfettamente ragione, non c’è più molto tempo».
    «Ben detto! Finalmente qualcuno che mi ascolta!» affermò la Rossa.
    «Bene, si ritorna a casa…» concluse Alice.
    I due gemelli erano rimasti pietrificati davanti a quella scena. Alice se ne stava andando e per di più senza salutare nessuno di loro! Perché?
Vedendo i presenti della sala dirigersi verso l’uscita i due si fecero prendere dal panico, non volevano affatto essere scoperti lì ad origliare.
    «Da questa parte!» affermarono i due all’unisono indicando due luoghi differenti e finendo per scontrarsi di faccia e cadere a terra. La porta venne aperta dalla Regina Iracebeth, che avendo udito delle voci, non si sorprese di trovare davanti alla porta i due.
    «Oh! Guarda un po’ chi abbiamo qui! I due Panzoni, o meglio i due spioni…».
    «Maestà…» dissero entrambi con voce tremante.
    «Adoro mettere in soggezione le persone… ah ah ah!» disse felicemente la Rossa.
    «Avete sentito tutto?» si intromise Alice.
    «Beh, più o meno abbiamo capito che te ne stai andando Alice» affermò Pancopinco, seguito dall’annuire del fratello.
    «Non doveva essere rivelato a nessuno, per favore, non fatene parola per il momento» gli chiese la ragazza.
   I due si guardarono negli occhi prima di annuire alla loro amica che, sorridendogli, li abbracciò per poi salutarli e dirigersi verso l’ingresso del castello, seguita dalle due Regine e dai due uomini.
 

***

 
  
Tarrant stava correndo in direzione della stanza di Alice, era ormai senza fiato quando svoltando l’angolo del corridoio, si scontrò con i due fratelli, finendo tutti e tre rovinosamente a terra.
    «Ahia che botta!» disse il Cappellaio alzandosi e massaggiandosi il fondoschiena.
    «Cappellaio!» esclamarono Pincopanco e Pancopinco in coro, ancora per terra.
    «Ragazzi, sto cercando Alice, l’avete per caso vista?» gli chiese preoccupato.
    I due si guardarono per qualche secondo e poi tornarono a guardare l’amico.
    «Noi non abbiamo visto proprio nessuno» affermò Pancopinco, facendo l’occhiolino al fratello.
Ma Pincopanco, non afferrando le reali intenzioni del fratello, si affrettò a ribattere. «Ma come? Qualche minuto fa noi abbiamo vist-» uno scappellotto lo colpì in pieno sul collo, e alzano lo sguardo verso il fratello non ci mise più di un secondo a chiedergli: «Per quale ragione al mondo mi hai picchiato!?».
    «Che cosa ci ha detto Alice prima? Di non dire a nessuno che l’avevamo vista!» gli ricordò spazientito Pancopinco.
    «Ah già, è vero! Me ne ero dimenticato! Eh-Eh» esclamò Pincopanco.
    Il Cappellaio stava perdendo letteralmente la pazienza. «Allora voi due sapete dove si trova!? Si o no?!».
     «Sì» rispose Pincopanco.
     «No» rispose Pancopinco.
    Tarrant iniziò del tutto a perdere il controllo e le occhiaie nere, prima sparite, tornarono ad incombere sulla sua faccia, facendo spaventare non poco i due.
    «È andata da quella parte!» dissero infine i due abbracciandosi ed indicando, stranamente, la stessa direzione.
    Tarrant ritornò alla “normalità” e li ringraziò per la loro disponibilità con il suo solito umorismo.
    «Cappellaio! Non so se riuscirai a vederla! Alice sta partendo!» esclamarono i due all’unisono.
    Ma Tarrant sentì appena queste parole, visto che aveva già ricominciato a correre, ma nonostante tutto riuscì ad afferrare ogni singola parola di ciò che avevano appena esclamato i due gemelli, e quelle parole gli perforarono il cervello. La sua Alice stava per andarsene e lui non sapeva se sarebbe riuscito a raggiungerla…
 

***

 

    Alice diede un ultimo abbraccio a Mirana, prima di salire in groppa a Gaston che l’avrebbe portata verso la luna che si vedeva in lontananza. La luna, chi l’avrebbe mai detto che quella sarebbe stata la sua via per ritornare a casa…
    «Buona fortuna Alice» le disse la Regina Bianca.
    «Grazie Mirana, ne avrò bisogno» le sorrise Alice; poi si rivolse a Gaston: «Forza, è arrivato il momento. Non credevo che te lo avrei mai detto, ma oggi ho bisogno che tu usi tutta la tua velocità che hai in corpo amico mio…» gli disse aggrappandosi per bene al guscio.
    «Sarà fatto madamigella. L’avevo detto io che presto avresti apprezzato la mia velocità» e così dicendo Gaston spiccò il volo.

 

***

 

    Poco distante Tarrant vide Gaston partire in quarta verso la luna. Era arrivato troppo tardi, non era riuscito a fermarla, non era riuscito a chiarirsi con lei e non era riuscito a dirgli che qualunque fossero i motivi della sua partenza, lui avrebbe voluto venire con lei a costo di lasciare il suo Mondo per sempre per poter vivere al suo fianco.
   Ormai sfiancato, il Cappellaio si accasciò a terra in ginocchio e con quanto fiato aveva in gola, prima di abbandonarsi del tutto alle lacrime, gridò disperatamente il suo nome: «ALICEEEE….!!!!!».
    E nonostante Alice fosse ormai troppo lontana da terra e Gaston stesse andando ad una velocità esagerata, tanto da tappargli le orecchie, riuscì comunque a sentire quell’urlo straziante che il suo Cappellaio, il suo Tarrant, aveva appena evocato verso di lei.
  
Ti prego Tarrant… presto ti sarà tutto più chiaro, abbi fiducia in me…”. E come il suo amato sulla terra ferma, anche agli angoli dei suoi occhi si formarono calde lacrime che però, vennero trascinate via dal vento che sferzava imponente sulla sua faccia arrossata…

 

    

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Capitolo 11
*** Verso una nuova avventura ***


Capitolo 11 – Verso una nuova avventura.

 

 

 

 

    Si trovava lì, in quel giardino, tanto familiare quanto estraneo e stava fissando la fontana dalla quale era da poco riemersa.
    Presto avrebbe dovuto spiegare alle guardie di palazzo, che cosa ci faceva nel giardino della regina d’Inghilterra in pieno pomeriggio e perché era tutta bagnata dalla testa ai piedi; ma non gli importava, aveva una missione da portare a termine e sapeva che il tempo, in quell’occasione, non le sarebbe per niente stato amico.
    Una volta ridestata dai suoi pensieri, decise di incamminarsi verso l’enorme reggia, nella speranza che le sarebbe venuta presto in mente una brillante idea per spiegare l’accaduto e non finire nuovamente in un manicomio.
    Come previsto, all’uscita dai giardini, incontrò una delle guardie, la quale vedendola ridotta ad uno straccio e barcollante su propri passi, decise di dare l’allarme ed aiutarla ad entrare.
    «Santo cielo madamigella, che cosa le è successo!» le chiese la guardia, mentre l’aiutava ad entrare nella veranda del palazzo.
    Era strano che non le venisse chiesto, come prima cosa, cosa accidenti ci facesse all’interno dei giardini, ma vista la situazione la ragazza preferì continuare nella sua abbozzata commedia.
    «Non me lo ricordo. L’ultima cosa che ricordo è di essere uscita durante la festa a prendere una boccata d’aria e poi il vuoto…» sì così poteva andare, dopo tutto a guardare fuori dovevano essere circa le tre del pomeriggio e lei era scomparsa solo la sera precedente, dopotutto le prime volte che era stata a Sottomondo a lei erano sembrati giorni, ma nel suo mondo erano passate solo poche ore, o almeno Alice sperò che anche quella volta fosse stato come le precedenti.
    Il tempo scorre in modo imprevedibile a Sottomondo Alice. Le prime volte ti è sempre andata bene, ma questa volta potresti non essere altrettanto fortunata al tuo ritorno in superficie…” quella voce non faceva altro che rimbombare nella sua testa come un eco strozzato.
    Proprio un bel paragone hai affibbiato alla voce della Regina Rossa”, un piccolo e sfuggevole sorriso le solcò le labbra a quel pensiero.
    Nel mentre, la guardia che l’aveva trovata e che l’aveva aiutata a sedersi su un piccolo divano da giardino, era corsa subito a chiamare i soccorsi. Alice sentiva che stava perdendo troppo tempo, ma non poteva muoversi e rovinare così i suoi piani come se niente fosse, quindi decise che era meglio attendere e continuare a fingere.
    Presto una voce familiare giunse alle sue orecchie. Era molto spaventata, ma Alice poteva scorgere nella sua voce anche una nota di sollievo. Non appena la donna la raggiunse, si buttò in ginocchio davanti alla ragazza per essere alla sua stessa altezza e per poterla abbracciare e per constatare che fosse ancora tutta intera, nonostante i vestiti completamente fradici.
    «Madre…» sussurrò la fanciulla contro al petto di Lady Kingsley.
    «Grazie al cielo sei viva, bimba mia…» calde lacrime le solcarono il viso ormai segnato dagli anni.
    Alice, sentendo le lacrime della madre, ebbe un brutto presentimento e l’unico modo per scoprire se quel pensiero era la realtà, era porgere alla madre un’unica fatidica affermazione.
    «Madre
» si districò dall’abbraccio giusto per poterla guardare in viso. «Sono solo passate poche ore».
    Il viso di Helen Kingsley si rabbuiò per un istante, prima di proclamare la risposta che la ragazza tanto attendeva.
    «Alice, ma cosa dici?! Non sono passate poche ore dalla tua scomparsa! Oh Santo Cielo bambina mia… Sono settimana che nessuno ha più notizie di te!» le disse prendendole il viso pallido tra le mani.
    Alice impallidì. “Settimane?!”.
    Sua madre riprese a parlarle, mentre con una mano le accarezzava il viso e i capelli, come a tranquillizzare un cucciolo ferito ed indifeso, anche se Alice era solo rimasta spiazzata da quella rivelazione. «Ti abbiamo cercato ovunque Alice. Perfino la stessa Regina in persona ha fatto ricorso ai suoi uomini più fidati per cercarti, visto che eri sparita durante la una Sua festa. In un primo momento ho pensato anche che tu e signor Harcourt, visto che nemmeno lui era più alla festa, foste scappati chissà dove. Conoscendoti, poteva essere da te, prendere e sparire per settimane. Ma Harcourt era semplicemente tornato a casa e quando ha saputo della tua scomparsa non si è dato pace. Così come tua sorella. Io sono rimasta qua, nella speranza di ricevere notizie il prima possibile e… Oh, tesoro mio…
» strinse nuovamente la figlia in un abbraccio «Ho temuto di non rivederti mai più e che qualcuno ti avesse fatto del male… Grazie al Cielo, c’è qualcuno lassù che ha ascoltato le mie preghiere».
    Tra i pensieri di Alice, che per un momento aveva dimenticato il suo principale scopo, sorse una domanda: perché sua madre pensava che lei e James Harcourt, potessero essere scappati insieme? Ma, quel pensiero fugace lasciò presto la sua mente, per poter dar ascolto all’ultima domanda della madre, quella che la guardia che l’aveva “salvata”, non le aveva posto.
    «Ma dove sei stata per tutto questo tempo?!» chiese infine Lady Kingsley.
    «Non lo so madre. È tutto molto confuso…» fu l’unica frase che Alice riuscì a dire a sua madre, prima che nella veranda entrarono la Regina e un medico, pronto ad accertarsi delle reali condizioni della ragazza. E dopo tutto non poteva certo dire alla madre dove era stata realmente in quelle settimane, anche se per lei erano passati solo pochi giorni.
 

***


    Dal giorno del suo ritorno a Londra erano già passati nove giorni ed Alice non era ancora riuscita a parlare con sua madre, la quale, dopo aver appreso dal medico di corte che molto probabilmente la ragazza aveva perso la memoria di quelle ultime settimane a causa del profondo shock subito a seguito di un suo presunto rapimento, si era buttata a capofitto nel lavoro dell’attività della Compagnia navale.
    Alice si chiedeva ancora da dove il medico potesse aver tirato fuori l’idea del rapimento, proprio nella reggia della Regina d’Inghilterra, che era risaputo essere uno dei posti più sorvegliati dai soldati e dalle guardie di tutta l’Inghilterra, e come i suoi presunti rapitori fossero poi riusciti, senza farsi vedere, a riportarla nel luogo del rapimento senza chiedere nemmeno un riscatto. Non se lo sapeva proprio spiegare.
    Durante quegli interminabili giorni, in cui il tempo sembrava riderle in faccia, oltre alla sorella, molti uomini del suo equipaggio erano venuti a trovarla a casa e, tra questi, anche il suo più caro amico James, il quale si fermava sempre fino a tardi e si premurava di preparare qualcosa di caldo al suo Capitano, visto l’assenza dalla madre che era impegnata a gestire la Compagnia al posto della figlia in attesa che quest’ultima si rimettesse in forma.
    Era la sera del nono giorno quando Lady Kingsley, entrò in casa e vide i due giovani chiacchierare e sorridere sereni, come se quello che era avvenuto nelle ultime settimane non fosse mai successo. Era bello per Helen vedere di nuovo sua figlia sorridere e per ogni secondo che passava, ferma sull’uscio della porta ad osservarli, si convinceva sempre di più che James sarebbe stato un amante e un marito perfetto per la sua bambina più piccola. L’uomo che, con molta probabilità, sarebbe riuscito a colmare quel vuoto che la perdita di suo marito, nonché padre delle sue adorate figlie, aveva provocato in Alice.
    La donna, prima di entrare in cucina, si schiarì la voce, per palesare la sua presenza all’interno della stanza e i due giovani tornarono quieti, come due bambini che erano stati beccati a chiacchierare durante una lezione di storia.
    James Harcourt, che liberò il suo posto al tavolo per offrirlo alla padrona di casa, a cui servì subito la cena a base di un bel brodo caldo; proprio quello che le ci voleva per sciogliere la tensione accumulata in quei giorni e che sapeva che presto avrebbe riaccumulato quando avrebbe parlato di “affari” e del futuro con la figlia, che in quel momento le sedeva di fronte.
    Era ormai tardi quando James se ne andò da casa Kingsley e Helen non aveva potuto non notare che i due si erano scambiati un caloroso abbraccio sull’uscio della porta. Sapeva che era arrivata l’ora di parlare con Alice, solo che non sapeva che anche sua figlia era intenzionata a farlo.
    Helen si spostò in salotto, facendo segno alla ragazza di seguirla e di sedersi accanto a lei sul vecchio divano.
    «Alice, ti devo parlare» iniziò solenne la madre.
    «Anche io madre vi devo parlare di una cosa importante» le rispose la figlia.
    La signora Kingsley rimase molto sorpresa della cosa, ma continuò comunque come se non ne fosse sorpresa.
    «Alice, come ben sai, ormai sto diventando vecchia e seguire le spedizioni della Wonder, per me sta diventando molto faticoso. Ciononostante non abbandonerò subito la Compagnia Kingsley & Kingsley, credo per il momento di riuscire a seguire ancora la parte finanziaria ed economica» disse sorridendo alla figlia, per poi riprendere il filo. «Perciò, come tuo secondo, è anche compito mio trovare un qualcuno che possa sostituirmi durante le prossime e future spedizioni e che sono sicura ti seguirà anche in capo al mondo e del quale io possa fidarmi ciecamente. Proprio per questo voglio nominare come mio successore il Signor Harcourt. Sono convinta che lui sarà per te un perfetto braccio destro!» disse infine. “E forse anche qualcosa di più in futuro”, queste parole però non le disse ad alta voce, ma le pensò intensamente, come se più le pensasse, più quel suo pensiero e desiderio sarebbe diventato realtà.
    Alice dal canto suo era rimasta un attimo scioccata. Sua madre voleva lasciare il ruolo di secondo al comando, ma un altro pensiero arrivò prepotente nella sua mente, non solo presto avrebbe lasciato la sua famiglia e la sua vita nel Sopramondo, ma avrebbe dovuto lasciare per sempre anche la sua adorata Wonder, l’ultimo dono di suo padre, senza poter salpare in un’ultima avventura.
    Helen vedendo il volto perso della figlia pensò che stesse semplicemente digerendo la notizia appena datale, perciò si alzò dal divano, scordandosi che la ragazza aveva accennato a qualcosa di importante da dirle e se ne andò augurandole la buona notte e avvisandola che l’indomani pomeriggio ci sarebbe stata una nuova spedizione verso l’America del Sud, spedizione che avrebbe visto l’annuncio del nuovo secondo in comando.
    Alice si riprese dalla trance, ma non fece in tempo a dire niente a sua madre che si era già chiusa la porta della sua camera alle spalle. Prima di andare anche lei a letto, guardò l’orologio, segnava la mezzanotte e ventitré minuti e sembrava non volersi fermare, il suo tempo stava per scadere, aveva poco più di undici ore, prima che tutto questo scomparisse dalla sua vita per sempre.

 

***

 

    Il giorno seguente, Alice e sua madre si erano alzate di buona ora ed erano già scese al porto, alla Kingsley & Kingsley, per preparare il primo viaggio della Wonder dopo settimane. Tutto l’equipaggio era impegnato a procurare le provviste per il lungo viaggio in mare alla volta del Nuovo Mondo. Ognuno correva avanti e indietro per il molo, su e giù dalla nave; ad Alice quel continuo avanti e dietro, in maniera concitata e frenetica, faceva venire alla mente i suoi amici di Sottomondo alle prese con i preparativi del matrimonio e della parata. Solo lei, sua madre e James, si trovavano all’interno dell’edificio che ospitava l’ufficio della Compagnia navale, intenti a studiare le carte nautiche e il miglior percorso da svolgere, per evitare di rimanere senza viveri, visto il lungo viaggio.
    Alice era molto distratta e tutti, all’interno di quella stanza se ne accorsero.
    «Capitano, va tutto bene? Se non se la sente ancora a salpare, magari potremmo aspettare ancora qualche giorno» propose James.
    Sempre così preoccupato per lei, si ritrovò a pensare Alice. Quanto avrebbe voluto dargli quello che tanto voleva, quanto avrebbe voluto provare per lui quello che lui provava per lei da anni, ma al cuore non si comanda e Alice provava per il suo nuovo secondo in comando solo una profonda ammirazione ed amicizia. Cosa che a James sembrava andare più che bene.
    «Sì James, va tutto bene» mentì. Sperava di aver mascherato bene le sue emozioni, ma sua madre se ne accorse immediatamente.
    «Signor Harcourt» proferì la donna.
    «Sì, signora Kingsley» e si rivolse gentilmente James.
    «Potrebbe cortesemente lasciarci da sole per qualche minuto? Potrebbe andare intanto a dare una mano al resto della ciurma per gli ultimi preparativi» affermò infine.
    «Certamente! Signora Kingsley. Capitano, con permesso.» fece un veloce inchino per poi uscire dalla stanza.
    Helen guardò la figlia con aria turbata, come se sapesse che presto sarebbe scoppiata una tempesta, proprio dentro all’ufficio.
    «Che cosa succede Alice? Ti ho vista molto distratta negli ultimi giorni. E mi sembra che tale distrazione e ansia, se mi concedi, aumentino ogni secondo che passa, o mi sbaglio?» le domandò la madre.
    Alice sapeva che non poteva più aspettare, era arrivato il momento della verità e sapeva quanto questa potesse fare male, sia a lei, che a sua madre. «Non vi sbagliate Madre».
    «Coraggio Alice, parla. Lo sai che non abbiamo tutto il giorno. Se è una cosa importante, di vitale importanza, è meglio scrollarsela di dosso subito, prima di salpare!» la incoraggiò la donna.
    Alice, in un primo momento non riuscì a trovare le parole. Come poteva dirle che se ne sarebbe andata per sempre e che, con molta probabilità, non l’avrebbe mai più rivista. Poi, un’illuminazione, poteva iniziare col perché, con il motivo per il quale stava facendo tutto quello. «Madre, mi sono innamorata…».
    Alice guardò Helen negli occhi e quello che vi scorse fu, in un primo momento stupore, quasi, avrebbe osato dire, incredulità. Poi però i suoi occhi si riempirono di lacrime, come se non osasse più sperare che sua figlia si potesse innamorare e lei sapeva perfettamente a chi la sua bambina si stava riferendo e a chi fosse il fortunato. E forse era per quello che era nervosa quando le aveva detto che avrebbe lasciato l’incarico a James.
    «Oh, bambina mia… è...» non riusciva a trovare le parole «È  meraviglioso! Sono sicura che tu e il Signor Harcourt, voglio dire James, formerete una coppia straordinaria e in un futuro non molto lontano, avrete una splendida famiglia! Non sai quanto sono contenta per te, figlia mia. So che è brutto da dire, soprattutto se detto da una madre alla propria figlia, ma non ci speravo più che tu trovassi l’amore! Ora invece mi sento come sollevata…».
    Alice odiava l’idea di doverle tarpare le ali, ma non poteva far andare avanti quel monologo, mancava poco più di un’ora alla sua partenza.
    «No, madre». Helen si bloccò all’istante e fissò la figlia. «Non mi sono innamorata di James Harcourt» Alice le sorrise. «James, è un uomo fantastico e sono sicura che presto troverà una donna che lo sappia amare come solo lui può meritare, ma io mi sono innamorata di un Cappellaio…».
    La signora Kingsley rimase per qualche istante con la bocca spalancata a mezz’aria. Incredula a quello che le sue orecchie avevano appena udito uscire dalle labbra della figlia. “Un cappellaio”, continuava a ripetersi nella testa come un mantra. Aveva sentito che al cuore non si comandava, che quando l’amore bussava alla porta del cuore era difficile non aprirgli. Ma un cappellaio… In cuor suo Helen non riusciva ad accettarlo, ma cercò di non darlo a vedere alla figlia. Al contrario di quest’ultima, lei era molto brava a nascondere le proprie emozioni e i propri timori.
    «E io lo conosco Alice?» chiese, cercando di rimanere calma ed impassibile.
    «No, madre. Non lo conoscete» le rispose Alice ormai più rilassata.
    Helen da quella risposta riuscì ad intuire che nessuno, nemmeno Margaret, conosceva quell’uomo. E per un istante, un singolo istante, un pensiero balenò nella sua mente: “E se tutta questa storia centrasse con il periodo coincidente alla sua scomparsa?”. Poi però guardò bene sua figlia e capì infine che il pensiero precedente non era propriamente corretto. “No, è qualcosa che va avanti da molto tempo, un qualcosa però che è venuto a galla in questo ultimo periodo”.
    La donna si riscoprì essere spaventata, aveva notato che Alice non aveva ancora finito il suo discorso e che stava solo aspettando che la madre le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, prima di poter continuare.
    «Immagino che nessuno lo conosca, vero?» vide la figlia annuirle con la testa. «Qualcosa mi dice che quello che stai per dirmi sarà più doloroso di uno schiaffo» concluse.
    «Madre, lui non è di qui» le rispose con calma Alice.
    «Che cosa vorresti dire?».
   «Voglio dire che non è di Londra, non è dell’Inghilterra, non è…» non poteva dirglielo, non le avrebbe mai creduto. «Io voglio vivere con lui, ma questo implica che io, voi e Margaret, non ci rivedremo per un po’ di tempo… forse, non ci rivedremo mai più» disse infine.
    L’ultima frase l’aveva sussurrata appena e piccole lacrime premevano agli angoli degli occhi di Alice, pronte per uscire, ma la ragazza non voleva ancora lasciarsi andare al pianto, doveva resistere, doveva farsi forza e doveva far capire a sua madre che era la cosa migliore per lei, che era la sua vita e che finalmente aveva trovato con chi condividerla (sperando che lui la volesse ancora al suo ritorno), anche se questa scelta la costringeva a prendere una dolorosa decisione.
    Il Destino” si ritrovò a pensare.
    Helen si trovava ad essere senza parole, ma ben presto si riscosse. «Che significa che “forse non ci rivedremo mai più” Alice?» sua madre sembrava furiosa. «Alice, devi spiegarmi che cosa vuoi dire, perché io non ti riesco proprio a capire! Voglio conoscere quest’uomo! Mi chiedo che razza di uomo sia, un uomo che non permette alla propria compagna, di vedere la sua famiglia! E mi chiedo come tu ti sia potuta innamorare di lui e a permettergli una cosa simile!» era ormai furibonda.
    «Lui non c’entra niente madre. Non è colpa sua. È una cosa che non dipende né da me né da lui e nemmeno da voi; sono le circostanze che ce lo impongono…» le disse la figlia.
    Alice si avvicinò alla madre, diede una veloce occhiata all’orologio appeso alla parete, la nave sarebbe dovuta salpare tra meno di venti minuti e anche lei, come la “sua” Wonder, sarebbe “salpata” verso una nuova avventura; prese tra le sue mani le mani della madre e le strinse forte, come ad infonderle ed infondersi, coraggio.
    Helen strinse a sua volta le mani della figlia, il suo istinto materno le diceva che presto, molto presto, troppo presto, le avrebbe detto addio. Lei non poteva permetterglielo. Ma poi Alice le disse un’unica frase. Una frase che le fece capire che ormai la sua bambina, tanto bambina non lo era più.
    «Fidatevi di me. Madre…».
    Ed Helen, si sarebbe fidata. Con le lacrime agli occhi, strinse a sé la sua Alice.
    La sua Alice, che presto, forse, non avrebbe mai più rivisto.
    La sua Alice, che presto avrebbe vissuto una nuova vita.
    La sua Alice, che aveva incontrato un uomo col quale condividere la sua vita.
    La sua Alice…
   Le due si staccarono dall’abbraccio, con ancora gli occhi rossi e gonfi, entrambe si sorrisero. Alice diede un’ultima occhiata all’orologio: “Ancora quindici minuti”. Guardò nuovamente sua madre, la quale capì al volo cosa la figlia avesse in mente e con un sorriso, annuì a quella proposta non detta a parole.

 

***

 

    James Harcourt, stava camminando pensieroso sul ponte della Wonder, aveva dato le ultime istruzioni agli uomini della ciurma prima di salpare per quel lungo viaggio e tutti loro stavano solo attendendo che il Capitano salisse a bordo, per poi poter così issare l’ancora e partire alla volta dell’America del Sud.
    Vide in lontananza Alice e sua madre correre a perdifiato lungo il molo.
    «Forza ciurma!» esclamò rivolgendosi agli uomini a bordo della Wonder «Stiamo per salpare! Iniziamo a tirare su l’ancora!».

 

***

 

    Il tempo stava per finire, se lo sentiva, ed Alice aveva paura di non fare in tempo a portare a termine l’ultimo compito, quello che riguardava il futuro della compagnia navale Kingsley & Kingsley.
    Helen, correva al fianco di sua figlia e, nonostante non fosse più così giovane, riusciva a tenere il passo, o meglio se lo imponeva, sapeva che quelli potevano essere gli ultimi minuti in sua compagnia, anche se poi non si capacitava del perché e del come potesse essere possibile che non l’avrebbe, con molta probabilità, rivista mai più, ma, anche se quella prospettiva non le piaceva, amava sua figlia e voleva per lei solo il meglio e il suo bene! Se lei era sicura di quello che stava facendo e che era quello che voleva veramente, allora lei l’avrebbe sempre appoggiata, non avrebbe più commesso gli errori del passato.
    Le due riuscirono a salire a bordo della Wonder e a fermare gli uomini intenti ad issare l’ancora. James, rimase per un secondo interdetto: «Capitano, che cosa succede?» nella sua voce c’era preoccupazione.
    «James» disse fermamente Alice, anche se con un po’ di fiatone a causa della corsa. «Vi devo assolutamente parlare. Per favore seguitemi nella cabina di comando» e così dicendo, con passo veloce, si avviò per prima verso il luogo indicato.
    «Certamente Capitano» ed anche James la seguì.
    Una volta fuori da occhi indiscreti, Alice iniziò a parlare dandogli del tu, avendo deciso che le formalità da quel momento in poi non avrebbero più fatto parte del suo modo di essere.
    «James, devo dirti una cosa molto importante e purtroppo non ho più tutto il tempo che credevo di avere e una mia conoscente ora mi direbbe con la sua voce stridula che lo sto ulteriormente sprecando in chiacchiere futili e che dovrei andare subito dritta al sodo». Alice si ritrovò a ridere alle sue parole, trascinando con sé anche il suo amico James, il quale trovava quelle parole un po’ buffe, pronunciate dal suo capitano. «Quello che voglio dirti, prima che il tempo scada, è che ti voglio bene! In questi anni sei sempre stato al mio fianco, ci siamo difesi a vicenda, durante gli attacchi dei pirati, durante le persecuzioni legali, infondate, da parte della famiglia Ascot. Insomma, sei il migliore amico che una persona possa mai desiderare e io non pensavo che in questa vita, in questo Mondo, ne avrei mai trovato uno. Ma per fortuna, qualcuno ti ha messo lungo il mio cammino.
   «Io so, quello che tu provi per me
» vide James arrossire ed abbassare lo sguardo «e ti chiedo scusa, ma proprio non posso provare per te gli stessi sentimenti che tu provi per me. Il vero motivo è che io ho trovato la persona a cui donare il mio cuore molto tempo fa, ma sono stata troppo stupida e troppo cieca da rendermene conto, perdendola per ben due volte; ma il destino» e James rialzò lo sguardo per poterla guardare negli occhi. «Mi è venuto in contro un’ultima volta, mi ha dato un’ultima possibilità di scelta. E io ho preso la scelta, questa volta, di seguirlo…
   «Sono sicura che presto incontrerai una fantastica ragazza che saprà apprezzarti per quello che sei e che ricambierà i tuoi sentimenti e in quel momento capirai che tutto quello che sta avvenendo adesso sarà stata la scelta più giusta per entrambi» Alice guardò James negli occhi ed infine aggiunse «Riesci a capirmi?».
    James le sorrise, le prese le mani nelle proprie ed infine le rispose: «Certo Alice, vi capisco, anzi, ti capisco, sono sicuro che se è il cuore a guidare le nostre azioni, prenderemo sempre la decisione giusta!».
    Alice lo abbracciò. Non era la prima volta che lo abbracciava, ma in quel momento capì che quella era bensì l’ultima volta che avrebbe sentito le sue braccia strette al suo corpo. Prima di sciogliere l’abbraccio gli chiese un ultimo favore, come suo Capitano.
    «James» sussurrò.
    «Ditemi Capitano».
    «Ho bisogno di chiederti un’ultima cosa, prima di lasciare l’incarico di Capitano della Wonder».
    «Qualunque cosa per te, Alice» le sorrise.
    «Ho bisogno che quando non ci sarò più, tu possa badare a mia madre, visto che non so quando potrò rincontrarla. So che c’è Margaret che si prenderà cura di lei, le ho scritto una lettera qualche giorno fa dove le ho spiegato tutto, ma visto che ha intenzione di continuare a dirigere la parte economica della Kingsley&Kingsley e che mia sorella non ama molto la zona portuale, so che rimarrà qua tutta sola e la cosa mi preoccupa molto…».
    Era ancora stretta nell’abbraccio di James e lo sentì prendere un enorme respiro. «Certamente Alice, non ti devi preoccupare» le accarezzò i capelli e poi si sciolse dall’abbraccio continuando a sorriderle, «Hai la mia parola».
    Alice capì che anche quell’ultima preoccupazione era finalmente risolta, poi però diede una fugace occhiata all’orologio: “Cinque minuti”.
    «Un’ultima cosa. Ma per dirtela, dobbiamo andare subito sul ponte!». Prese James per mano e correndo lo trascinò in mezzo agli altri uomini dell’equipaggio che stavano cercando di capire che cosa stava succedendo.
    Alice salì su una scatola di legno, contenente alcune spezie da vendere nel Nuovo Mondo, per ergersi sopra al suo equipaggio.  
   
«Signori!» esclamò «Un attimo di attenzione per favore. Oggi, come mio ultimo giorno da Capitano della Wonder…
» tra i presenti si sollevò un mormorio di sorpresa «voglio ringraziarvi personalmente per essere stati al mio fianco durante tutte le nostre avventure per mare! Siete stati un equipaggio, dei compagni e degli amici, veramente straordinari! Senza di voi la Wonder non avrebbe mai visto così tanti luoghi e il sogno di mio padre non si sarebbe mai realizzato! Grazie! Grazie di cuore veramente! Ma, come ogni grande sogno, presto le cose finiscono ed è arrivato il momento per me di appendere o meglio, passare il mio “cappello” da Capitano ad un uomo che io e, sono convinta che anche voi la pensiate come me, reputo il mio più degno successore, colui che vi guiderà in nuove avventure per mare, la cui prima, salperà a breve».
    Tutti guardarono Alice, sorpresi, nessuno tra di loro se lo aspettava, il loro Capitano li avrebbe lasciati, nessuno in quel momento osava aprire bocca, erano tutti concentrati sulla ragazza in attesa dell’annuncio del futuro Capitano e magari anche di qualche altra spiegazione.
    «Per questo, è con immenso onore e con immensa fiducia, che lascio il ruolo di Capitano dalla Wonder, a colui che da oggi avrebbe addirittura dovuto sostituire mia madre come secondo in comando… James Harcourt!» esclamò infine Alice.
    James rimase senza parole, mentre tra l’equipaggio si faceva eco un fragoroso applauso, misto a urla di felicitazioni, per il nuovo Capitano. Non riusciva a credere che quel giorno aveva scalato, non una, ma ben due posizioni, senza sapere della posizione di secondo al comando. Guardò il suo ex Capitano che si era unita all’applauso generale e nel mentre si stava avvicinando alla madre, anche lei intenta ad applaudire. Vide poi le due abbracciarsi, come sa da un momento all’altro Alice sarebbe potuta scomparire proprio sotto i loro nasi.
    E così fu.
    Alice si era unita all’applauso che si era levato per il suo annuncio. Stava sorridendo a James, quando sentì una forte fitta che si propagò per tutto il suo corpo.
    Il tempo ormai era scaduto, stava per lasciare il suo Mondo per iniziare una nuova vita. Si avvicinò alla madre. Sentiva che ormai le sue forze stavano venendo a meno, mancava poco, lo sapeva, pochi secondi… La abbracciò e prima di scomparire per sempre tra le sue braccia (e tra lo stupore generale), le disse un’ultima cosa. Un’ultima cosa che risultò più come un sospiro del vento.
    «Ti voglio bene, mamma…».
    Helen si ritrovò ad abbracciare l’aria e una lacrima le solcò il viso «Ti voglio bene anch’io, bambina mia…». Perché sì, alla fine Alice sarebbe stata per sempre la sua bambina…
    L’equipaggio nel mentre era rimasto sconvolto da quello che i loro occhi avevano appena visto. Il loro ex Capitano, la loro Alice, si era appena volatilizzata nel nulla…
    Per anni avrebbero raccontato quell’avvenimento sovrannaturale alle persone che incontravano durante i loro viaggi, e per anni nessuno credette a quella storia. Per chi non aveva assistito a quell’avvenimento, la ragione più plausibile era che si era trattata di un’allucinazione di massa dovuta allo shock e che la povera Alice era spirata tra le braccia della madre a seguito di una malattia che se la stava portando lentamente all’altro Mondo… 
   
James fu l’unica persona, a parte la Signora Kingsley, che quel giorno sorrise. È vero, non aveva ben capito che cosa fosse successo, ma sapeva in qualche modo che tutto era collegato con il breve colloquio avuto prima nella cabina del capitano e che in cuor suo la sua amica era andata in un posto migliore accanto al suo amato. 
   
Alla fine si ritrovò a pensare che non era riuscito a ringraziarla per quell’enorme regalo che le aveva appena fatto… Gli aveva appena ceduto il suo ruolo da Capitano e gli aveva regalato la sua amata Wonder… Ma, vedendola scomparire come un qualcosa di magico, iniziò a ringraziarla con il cuore perché, ci avrebbe scommesso il suo nuovo cappello da Capitano, che lei lo avrebbe sentito, ovunque si trovasse in quel momento… E sempre col cuore, le augurò tutta la felicità di questo e di tutti gli altri Mondi che potevano esistere. Perché sì, Alice, per il suo cuore così generoso, meritava solo il meglio…

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Capitolo 12
*** Verità nascoste. E vissero tutti felici e contenti? ***


Capitolo 12 – Verità nascoste. E vissero tutti felici e contenti?

 

 

 

 

    Dopo la partenza di Alice, il Principe Edward, decise che era meglio per tutti che la cerimonia delle nozze fosse rinviata di qualche settiman, per permettere alla sua amata di riprendersi e di sperare che la fortuna facesse il resto.
    Mirana si era ritrovata completamente d’accordo con il suo futuro sposo e così anche tutto il popolo di Marmorea. La Regina e il Principe speravano che Alice avrebbe fatto in tempo, ma, non potendo rivelare nulla a nessuno, non potevano attendere troppi giorni. Conoscevano lo scorrere del tempo che divideva il Sopramondo dal loro e per loro pochi giorni, potevano essere anni sopramondiani e viceversa.
    A distanza di un mese dalla partenza della ragazza, tutti si stavano impegnando a completare gli ultimi preparativi per il matrimonio reale. A palazzo, in molti, specialmente Angelica, si erano accorti che le due Regine, ma specialmente la Bianca, passavano molto tempo all’interno della stanza degli incantesimi, dove a loro era stato proibito, o meglio ordinato, dalla Regina Rossa, di non entrare fino a nuovo avviso e di sicuro non avrebbero disobbedito agli ordini.
    La cerimonia si sarebbe tenuta all’interno della sala del trono, mentre il rinfresco nei giardini di palazzo, dove in molti stavano allestendo i vari tavoli.
    Angelica, vedendo la Regina Mirana uscire dalla stanza proibita, come l’avevano iniziata a chiamare da lì a qualche giorno i domestici, le corse incontro. «Vostra Maestà!».
    Mirana si volse verso la sua interlocutrice. «Angelica!» disse con aria molto tranquilla e muovendo in cerchio le mani, come a scacciare un insetto.
    «Regina Mirana è tempo di prepararsi per le vostre nozze, non vorrete far attendere il vostro sposo sull’altare…» le sorrise.
    «È già l’ora?» rispose sorpresa la Bianca fissando sconsolata la stanza delle pozioni.
    Angelica vedendo lo sguardo assente della sua Regina non sapeva che cos’altro aggiungere, aveva visto che dopo la partenza di Alice era caduta in uno stato di tristezza, mista ad ansia. «Maestà, va tutto bene?».
    «Si Angelica, tutto bene!» le sorrise quasi forzatamente. «Forza! È tempo di andare a prepararsi, non vorrei mai far attendere il mio futuro marito proprio oggi! Alice non vorrebbe questo, ne sono sicura» disse quest’ultima frase quasi sussurrando, ma trovando più energia in sé stessa.

 

***

 

    La cerimonia di nozze si era appena conclusa e tutti gli invitati, dopo aver riso e pianto durante gli scambi delle promesse dei neo sposi, ora si stavano davvero scatenando. C’era chi ballava in pista, chi si divertiva a fermare la gente e a fare battute, chi si era lanciato sul ricco buffet e chi come lui, l’unico in tutto quel giardino riccamente decorato a festa, era rimasto seduto al proprio tavolo e con aria spaesata e poco interessata osservava i novelli sposi, la Regina e il Re di Marmorea, che insieme al resto dei loro amici si stavano scatenando con danze popolari.
    Un breve sospiro di rassegnazione uscì dalle sue labbra, nella sua testa si stava scatenando una furente tempesta, quello che era successo era anche colpa sua, ma lui aveva preferito dare tutta la colpa del caso ad Alice perché sapeva che sarebbe stato molto più facile. “Più facile un accidente!” pensò sbuffando una seconda volta più sonoramente.
    Anche se era immerso nei suoi più cupi pensieri, sentì che la musica era cambiata, ora i musicisti stavano suonando una ballata molto più allegra e sentì tutti i suoi amici e i suoi compaesani, urlare e ridere sempre più forte, mentre i loro movimenti andavano a ritmo con la musica. Tarrant, dopo un tempo che sembrava interminabile, alzò lo sguardo verso la pista da ballo come attirato da una strana forza e vide Mirana che gli stava sorridendo, ma poi osservò meglio e si rese conto che in realtà la Regina stava guardando qualcuno che si trovava dietro di lui.
    Una presenza si stava avvicinando sempre di più alle sue spalle e lui non osava girarsi per vedere di chi si trattava.
    All’improvviso la musica si fermò di colpo, tutti coloro che prima stavano ballando si erano voltati nella stessa direzione della Regina Mirana, uno sguardo tra l’incredulità e la felicità solcò il loro viso. Poi sentì il suo corpo che veniva preso alla sprovvista da un qualcosa, o meglio un qualcuno, che gli si era aggrappato alle spalle. Non aveva ancora visto la persona che gli si era aggrappata alla schiena come una piovra, ma appena pronunciò: “SORPRESAAA!” non gli serviva girarsi per sapere che quel qualcuno altri non era che la sua cara Alice.

 

***

 

    I due finirono ben presto gambe all’aria, visto che il Cappellaio non se lo aspettava e per questo perse l’equilibrio dalla sedia. Ed Alice, poco dopo essere caduta, si accorse che Tarrant si era schiantato al suolo erboso in piena faccia, senza alcuna possibilità di potersi proteggersi con le mani in quanto bloccate nella stretta morsa della ragazza.
    «Oh Santo Cielo! Cappellaio stai bene?» Alice si era alzata di scatto dal corpo immobile dell’amico.
    Il Cappellaio sembrava come pietrificato al suolo e tutti i presenti al matrimonio avevano cominciato ad accerchiarsi introno a lui per capire se fosse svenuto. Alice si inginocchiò all’altezza del suo viso e delicatamente scostò i capelli dalla faccia di Tarrant.
   «Tarrant, tutto bene?» sussurrò preoccupata, mentre poggiava una mano sulla sua fronte. Forse aveva un po’ esagerato quella volta.
   Ma, all’improvviso, il Cappellaio, come rianimato da una nuova forza, si rialzò di scattò e guardò intensamente Alice, come se in quel giardino ci fossero solo loro due, e gridò di gioia mettendosi a ballare la deliranza, coinvolgendo subito dopo la ragazza e prendendola successivamente tra le braccia per farla volteggiare.
    Alice rise come non aveva mai riso in tutta la sua vita, finalmente era felice, si trovava a casa.
   «Sei tornata!» urlava Tarrant, ridendo contemporaneamente. «La mia Alice è tornata!» disse ancora, riappoggiando Alice a terra. «Ma, aspetta! Sei veramente tu, tu?». Questa volta sul suo viso si formò un’espressione perplessa, dopotutto aveva visto con i suoi stessi occhi, Alice andarsene sulla groppa di Gaston.
    «Sì Cappellaio! Sono proprio io!» e capendo a cosa il suo amico stava pensando aggiunse «E questa volta sono qui per restare…».
    Il Cappellaio e gli altri loro amici, che erano accorsi intorno a loro, rimasero sorpresi nell’udire quelle parole. A rovinare il momento magico che si stava creando, ci pensò la Rossa che, arrivata al fianco della sorella e al nuovo membro della famiglia reale, il Re Edward, con la sua solita voce stridula esclamò: «Finalmente ce l’hai fatta! Pensavo che non saresti mai più tornata indietro… Ammetto però che una parte di me sarebbe stata felice di non averti più tra i piedi, ma per tua fortuna è solo una piccola parte; per la precisione quella ancora arrabbiata per le volte che mi hai messo i bastoni tra le ruote…» la guardò con sguardo fulmineo. «Però ammetto che sei veramente una forza della natura, tornare indietro nel proprio corpo con lo spirito non era una cosa facile. Sono veramente sorpresa e, qui lo dico e poi non lo ripeterò più, sono davvero fiera di te».
    Le ultime parole uscirono strozzate e sussurrate da parte di Iracebeth, ma tutti i presenti riuscirono a sentirle chiaramente e tutti rimasero davvero sbalorditi che, parole come quelle, potessero uscire dalle sue labbra e soprattutto rivolte verso la sua vecchia nemica.
    Se il Cappellaio e tutti gli altri rimasero come pietrificati a quelle parole, Mirana, Tempo Edward e la stessa Alice le sorrisero calorosamente, come a constatare che la Rossa ormai era davvero cambiata.
    «Grazie Iracebeth. Porterò sempre nel cuore queste tue parole» le sorrise Alice prendendosi un po’ gioco di lei.
    A Mirana scese una piccola lacrima mentre guardava la sua più cara amica e sua sorella finalmente vicine, ma il momento idilliaco venne interrotto da Tarrant il quale, ripensando alle ultime parole della Regina Rossa rivolte alla sua Alice, non poté fare a meno di chiedere: «Scusatemi se interrompo tutta questa magia ma, Vostra Maestà, che cosa volevate dire con “pensavo che non saresti mai più tornata indietro” e “tornare indietro nel proprio corpo con lo spirito”?».
     Anche se questa domanda era rivola alla Rossa, Alice sapeva che era suo dovere spiegargli di persona quello che era realmente successo, perciò fece un profondo respiro ed iniziò a raccontare tutto per filo e per segno a tutti i suoi amici rimasti all’oscuro, ma soprattutto al suo Cappellaio.
    «È iniziato tutto il giorno prima del matrimonio e della parata. Ti ricordi?» disse Alice rivolta a Tarrant «Quella sera tu mi dicesti che mi amavi, ma io non ero riuscita a trovare il coraggio di risponderti…».
    Tarrant ci rimuginò un po’ su, ed infine fece un cenno affermativo col capo «Sì, me lo ricordo».
    «Quella sera» Alice riprese parola continuando a guardarlo, «La Regina Iracebeth ci interruppe e mi chiese di seguirla. Sinceramente non sapevo a che cosa andavo incontro quella sera, non immaginavo quello che di lì a breve sarebbe successo».
    «Dopo avervi visto sbaciucchiare qualche giorno prima» proruppe la Rossa, «Ho voluto fare qualche ricerca. Come ben sai, mio caro cappelliere, la tua adorata Alice, non è una sottomondiana come noi altri e per quanto me ne potessi infischiare del vostro rapporto e della vostra storia, qualcosa dentro di me, forse lo stesso qualcosa che mi ha fatto pronunciare quelle parole troppo sdolcinate nei sui confronti
» ed indicò Alice «mi ha spinta a cercare informazioni sul viaggio che separa il nostro Mondo dal loro. E sai che cosa ho scoperto?» chiese rivolgendosi a Tarrant il quale, leggermente confuso, scosse prima la testa in segno positivo, e subito dopo la scosse più energicamente in segno di negazione, corrugando leggermente anche i lineamenti del volto.
    «Ma certo che non lo sai! Sciocco d’un cappelliere senza cervello!» l’apostrofò la Rossa. «Il libro di uno dei più potenti maghi di tutti i tempi che visse anni fa nel Sottomondo, il grande mago Hornest, per la precisione, diceva che un sopramondiano poteva arrivare nel Sottomondo, solo grazie all’aiuto di speciali messaggeri di Wonder».
   «Speciali messaggeri come lo sono il nostro caro Bianconiglio e Brucaliffo» aggiunse Mirana interrompendo la sorella e sorridendo ai due amici presenti in cerchi attorno a loro.
    La Rossa, che odiava essere interrotta durante i suoi discorsi alzò gli occhi al cielo e suo marito cercò invano di calmarla. «Certo sorellina, grazie per l’interruzione, credo che tutti qua c’erano arrivati anche senza le tue sottolineature» prese poi un lungo respiro, cercando di calmarsi e poi riprese il suo discorso da dove era stata interrotta poco prima. «Il mago Hornest, nel suo libro, spiega che un sopramondiano, può viaggiare dal suo mondo al nostro, per un totale di quattro volte, e…».
    «Un totale di quattro volte?!?» proruppe il Cappellaio che, con quell’affermazione, non fece altro che interrompere nuovamente la Rossa la quale dall’esasperazione diventò rossa proprio come i suoi capelli e, se solo fosse stato possibile, le sarebbe potuto uscire anche del fumo dalle sue orecchie per quanto era arrabbiata.
    «Sì! Quattro volte! Hai qualche cosa da ridire su questo?!?» disse acida rivolgendosi al Cappellaio.
   «Beh, Vostra grazia» cercò di rabbonirla «Facendo qualche conto…» chiuse gli occhi e cominciò a muovere le labbra senza far fuoriuscire alcun suono e corrugando ogni tanto la fronte e gli occhi nel cercare di non perdere i passaggi che la sua mente, un po’ matta, stava facendo in quel momento. Poi aprì finalmente gli occhi e li posò sulla sua Alice, «Alice è la quinta volta che ritorna a Marmorea, voi avete appena detto che si può solo quattro volte, ma la mia Alice è ritornata per la quinta volta! Non può essere possibile! Quel libro e voi vi siete sicuramente sbagliati!».
    Alice si portò una mano alla faccia dalla disperazione, scuotendo leggermente la testa, mentre la Rossa, ormai spazientita, cercò, in modo molto “calmo”, di spiegare il tutto. «Se la smettesse tutti di interrompermi forse entro il prossimo anno riusciremo a finire di raccontare questa storia!».
    Il Cappellaio fece segno di sì con la testa e cercò di evitare di aprire bocca.
    «Bene, forse ci siamo capiti! Allora, dove ero rimasta…» cercò di ricordarsi la Rossa.
    «Alla spiegazione del misterioso quarto ritorno di Alice» le ricordò Tarrant.
   «Sì, giusto! Come tutti sapete, un sopramondiano può benissimo decidere di rimanere nel nostro mondo, se lo desidera; cosa che Alice mi ha confidato durante la nostra chiacchierata di quella sera, che mi risulta essere stata origliata da qualcuno…» e squadrò malamente il Cappellaio, ma nel momento in cui stava per riprendere a parlare, Alice le appoggiò una mano sul braccio, per poter raccontare lei quella parte di storia, cosa che la Rossa le permise di fare più che volentieri.
    «Tarrant, io desideravo tanto poter rimanere qui insieme a tutti voi, non volevo ritornare nel mio Mondo sapendo che sarebbe stata l’ultima volta, che vi avrei rivisti. Che ti avrei rivisto… Ma capiscimi, non potevo nemmeno scomparire dal mio Mondo senza salutare la mia famiglia e senza darle le dovute spiegazioni, sul perché io non sarei stata più presente. Ero ad un bivio della mia vita e la Regina Iracebeth, mi ha posto davanti una scelta; una scelta rischiosa, una scelta che poteva risultare anche fatale per me. E questo è il motivo per il quale non ho voluto metterti al corrente della situazione. Ti conosco, so che non mi avresti mai permesso di mettere in pericolo la mia vita, se questo voleva dire vivere con te. Tu avresti preferito lasciarmi andare e soffrire, piuttosto che non vedermi mai più tornare…» Alice guardò Tarrant negli occhi. Raccontare quella dolorosa decisione, le faceva ritornare alla mente tutto quello che era successo tra di loro.
    Il Tempo mise una mano sulla spalla di Alice nel cercare di tranquillizzarla e prese in mano il discorso. «Sul libro del mago, c’era scritto che esisteva una pozione. Una pozione che permetteva di scindere il proprio corpo in due completamente uguali tra loro; con l’unica eccezione che il doppione avrebbe avuto una forza fisica dimezzata rispetto al corpo originale. Quella pozione, oltre a permettere lo sdoppiamento della persona, fa viaggiare l’anima dal corpo principale al secondo corpo, facendo cadere il primo in uno stato di coma. Da quel momento in poi, il secondo corpo ha un tempo limitato per poter, diciamo, agire; Alice sarebbe ritornata nel suo Mondo con quel corpo e avrebbe avuto un limite di tempo di circa otto/dieci giorni, prima di dissolversi nel nulla…».
    «Dissolversi nel nulla!?» chiese Tarrant sconvolto guardando Alice, come a cercare una qualche rassicurazione che quello che stava ascoltando era tutto falso.
    «Sì Tarrant, dissolversi nel nulla» confermò Alice, che riprese a parlare al posto del Tempo «Purtroppo, la pozione non era neanche scritta sul libro e quindi con l’aiuto del Tempo e della Regina Mirana, abbiamo dovuto fare un piccolo viaggio nel passato, per poter incontrare il mago in persona e poterla così preparare. Durante la preparazione, il mago Hornest ci ha rivelato che la parte più pericolosa non era la smaterializzazione del corpo, ma il ritorno dell’anima al corpo originale. Se questa pozione viene utilizzata all’interno di un unico Mondo, l’anima torna senza alcun problema al suo proprietario, ma se questa avviene in due mondi diversi, l’anima potrebbe non riuscire a tornare e perdersi tra i due Mondi, vagando per l’eternità; di conseguenza il corpo rimasto in coma, lo sarebbe rimasto fino al raggiungimento della sua morte…» Alice abbassò gli occhi e guardò il terreno. «Era per questo motivo che non volevo rivelarti niente, se te lo avessi detto, me lo avresti impedito, ma io lo desideravo così tanto, era l’unico modo…».
    Il Cappellaio la guardò confuso, la sua Alice aveva fatto tutto quello per poter vivere con lui e invece lui non si era fidato di lei e dei sentimenti che lei provava nei suoi confronti, “Che razza di stupido che sono stato!” si rimbeccò mentalmente. «Quindi, quel giorno, la persona che se ne è andata su Gaston…».
    «Sì Tarrant, ero io nel corpo del mio doppione. Ho preso la pozione subito dopo la parata, speravo di aspettare dopo il matrimonio della Regina Mirana e del Principe Edward, ma quello che stava succedendo fra di noi mi ha fatto capire che non c’era più tempo. Ho provato a ritornare il prima possibile da voi, ma il tempo della pozione, come ci ha spiegato il mago può variare, soprattutto se ci si trova da un’altra parte... Tarrant, mi dispiace per quello che ti ho fatto passare, forse avrei dovuto parlartene…» si scusò Alice.
    «Tu non ti devi scusare» con due dita alzò il viso di Alice, che stava ancora fissando il suolo, in modo da poterla guardare in volto. «L’unica persona qui che lo deve fare sono io. Ti ho trattata male, non ho avuto fiducia in te quando me l’hai chiesta e ho subito pensato che mi avessi preso in giro fin da quando ti ho aperto il mio cuore. E invece è tutto il contrario… per favore perdonami Alice!».
    Gli occhi di Alice si stavano riempiendo di lacrime, ma non voleva mettersi a piangere davanti a tutti i suoi amici e davanti a tutti i cittadini di Marmorea, per cui, senza neanche pensarci e anche per nascondere il suo viso da tutti quelli sguardi, si buttò tra le braccia del suo amato Cappellaio, con la consapevolezza che tutto si era risolto per il meglio e che finalmente avrebbe potuto iniziare una nuova vita al suo fianco.
    Tarrant, dal canto suo, strinse a sé la sua amata, coccolandola e sussurrandole parole dolci, nel tentativo di tranquillizzarla ed Alice, stretta tra le sue braccia, in quel giorno tanto pieno di sorprese, lasciò tutti i presenti, in primis il Cappellaio, completamente sbalorditi dalle sue parole.
    «Cappellaio…».
    «Dimmi Alice» le rispose Tarrant, continuando a carezzarle i capelli.
    «Non ti ho ancora dato una risposta…» riprese la ragazza.
    «A che proposito?» le chiese confuso il Cappellaio.
    «Alla tua confessione…» concluse lei.
    Tarrant si immobilizzò all’istante e Alice si districò dall’abbraccio per poterlo guardare nei grandi occhi verdi che in quel momento erano spalancati dalla sua affermazione.
     Tutti i presenti intorno a loro pendevano dalle labbra di Alice. «Anche io ti amo!».
    Intorno a loro esplose un boato di applausi, insieme a qualcuno che si mise ad urlare i propri auguri alla nuova coppia ma, per loro due, tutte quelle esclamazioni arrivano alle loro orecchie ovattate; in quel momento era come se esistessero solo loro due e nessun altro.
    Tarrant prese delicatamente tra le mani il viso della sua dolce Alice e, sempre con la stessa delicatezza, senza vergognarsi di essere al centro dell’attenzione generale, le accostò un dolce e casto bacio, come a sigillare per sempre quella promessa. 
    «Oh santo cielo! Ma è mai possibile che io debba sempre assistere a tutta questa sdolcinatezza!» si indignò la Regina di Cuori.
    Il Tempo sorridendo a sua moglie, la prese tra le braccia e le stampò un lungo e approfondito bacio davanti a tutti i presenti. Bacio che la Rossa di certo non respinse.
    Anche Mirana e il neo sposo, Re Edward, si unirono alle due coppie scambiandosi a loro volta un dolce bacio e successivamente proclamarono che la festa ora sarebbe stata ancora più grande e invitarono tutti i presenti a scatenarsi nelle danze. 

    Tutti gli invitati prima di fiondarsi in pista, dove gli orchestrali avevano già iniziato a suonare, fecero gli auguri alla nuova coppia e tra questi vi erano anche i genitori di Tarrant.
    «Congratulazioni ragazzi!» esclamò Zanik abbracciando il figlio e baciando Alice sulla guancia, seguito subito dalla moglie e dagli altri suoi figli.
    «Sono veramente contenta che tu entrerai a far parte della nostra famiglia! Sono sicura che mio figlio non poteva scegliere una compagnia migliore di te!» le disse Sam, tra una lacrima e l’altra.
    «E noi praticamente avremmo una nuova sorella da oggi!» esclamarono in coro i due gemelli.
    «Ragazzi un po’ di contegno!» li rimbeccò il padre, senza però che il sorriso gli abbandonasse il volto.
    «Lo sapevo che questo giorno sarebbe arrivato! Fratellino sono veramente felice per voi due!» disse Claire abbracciando il fratello, che ricambiò volentieri.
    Ai sette si aggiunsero poi gli attuali sovrani di Marmorea, che chiesero ai due di seguirli per qualche momento nella sala del trono. Alice e Tarrant salutarono la famiglia di lui e poi raggiunsero Mirana e gli altri.
    «Maestà!» esclamò Tarrant.
    «Alice, so che per arrivare a questo momento hai affrontato una prova davvero molto difficile…» iniziò Mirana. «E tutti noi siamo d’accordo che per il momento sia giusto che tu te la goda! Dopo tutto non c’è alcuna fretta, ma…» Mirana cercò con lo sguardo suo cognato, per chiedere a lui di continuare il discorso.
    «Come ben sai, cara la mia piccola Alice, le tue lancette» il Tempo fece il segno delle lancette che scorrono con le mani «Non sono più correttamente al loro posto!».
   «Affinché tu diventi una sottomondiana a tutti gli effetti» continuò Mirana, «dovremmo preparare una nuova pozione, seguendo la ricetta che ci ha consegnato il mago Hornest, ma i vari ingredienti non sono per niente facili da trovare, alcuni non si trovano nemmeno più nel nostro tempo e per questo dovrai compiere dei viaggi nel passato per poterteli procurate».
    «Non riesco a capire, Vostre Maestà» disse Tarrant.
    «La tua Alice è una sopramondiana, giusto!?» esclamò la Rossa.
    «Sì» le rispose il Cappellaio.
    «Bene, come tale, il suo tempo scorre diversamente rispetto al nostro! Razza di zuccone! Non è che rimanendo qui, le sue lancette, come dice il mio Tik Tok, si sistemeranno da sole, hanno bisogno di un piccolo aiuto per poterle permettere di vivere più a lungo qui con noi! Oppure vuoi che la tua Alice muoia di vecchiaia prima di te?» lo rimbeccò la maggiore delle due Regine.
    Tarrant sbiancò a quella possibilità e si affrettò a rispondere di no alla Regina.
    «Visto, un po’ di buon senso ce l’hai anche tu!» l’apostrofò Iracebeth.
    «Racy…» la guardò la Bianca cercando di calmarla. «Per il momento, non c’è alcuna fretta, godetevi la festa, poi ne riparleremo nei prossimi giorni. Ci state?» chiese ai due Mirana.
    «Certamente Mirana» le sorrise Alice.
    «Perfetto! Allora possiamo tornare tutti alla festa! Forza!» esclamò la Regina con vivacità.

 

***

 

    Alla festa, Alice non riuscì a trattenere le risate, vedendo il suo amato Tarrant muoversi a passi di danza con i suoi più cari amici, il Leprotto e i due gemelli. Con molta probabilità, si ritrovò a pensare, quei passi erano una nuova versione della deliranza.
    Distogliendo lo sguardo dalla pista da ballo, dove anche le Regine e i due Re, avevano iniziato a scatenarsi, Alice ripensò alla sua vecchia vita, alle persone che aveva lasciato, a sua madre e a sua sorella. Pensò a come se la stessero cavando James e il suo vecchio equipaggio, certamente viaggiare le sarebbe mancato parecchio, magari avrebbe chiesto ai fratelli di Tarrant se qualche volta avrebbe potuto esplorare le terre di Wonderland insieme a loro. Le sarebbe davvero piaciuto viaggiare per Sottomondo e scoprire nuovi posti. E poi pensava alle persone che invece aveva trovato, ai suoi amici, alla famiglia di Tarrant, che l’aveva ormai accolta come una figlia e alla famiglia che un giorno avrebbe formato con il suo amato Cappellaio.
    Sì, fare delle scelte dolorose, a volte, ci può portare incontro al dolore ma a volte, invece, ci può portare verso la felicità e lei aveva trovato proprio quest’ultima e per questo si sentiva la persona più fortunata al mondo.

 

***

 

    Il sole stava ormai tramontando su Marmorea e Alice sentì una mano appoggiarsi delicatamente sulla sua spalla, sapeva perfettamente a chi appartenesse quella mano.
    «Tarrant!» disse girandosi con un luminoso sorriso.
    «Vogliamo fare un giro?» le propose il suo amato.
    «Certamente!» gli rispose di rimando.
    Il Cappellaio aiutò Alice ad alzarsi dalla sedia e, mano nella mano, si incamminarono lungo i giardini andando incontro al tramonto.
    Durante la passeggiata i due rimasero per la maggior parte del tempo in silenzio, beandosi del leggero suono della musica che continuava alle loro spalle e della reciproca compagnia. Erano talmente uniti nell’anima che potevano anche non parlarsi per capirsi l’un l’altra.
    Dopo qualche minuto che camminavano, decisero di sedersi ad ammirare gli ultimi raggi del sole che scomparivano dietro le montagne.
    Tarrant si mise ad ammirare il dolce profilo della sua Alice, non riusciva a crederci che lei aveva scelto proprio lui. «Alice», la chiamò spezzando così il loro lungo silenzio.
   La ragazza si voltò verso di lui osservandolo in attesa. «So che a breve dovremmo partire per quel viaggio alla ricerca degli ingredienti per la tua pozione e…» vedendo lo sguardo di Alice, decise di spiegarsi meglio «Certo, hai capito benissimo
» le sorrise, «dovremmo”, al plurale. Perché questa volta non ti lascerò sola e non riuscirai a liberarti così facilmente di me. Dopo tutto è anche un mio compito proteggerti» allungò una sua mano al volto della sua amata per portarle una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
    «Va bene Cappellaio, questa volta sarai accontentato» gli sorrise Alice. Un sorriso che lo contagiò in pieno.
    Tarrant abbassò leggermente lo sguardo verso le loro mani intrecciate, poi, dopo aver preso un lungo sospiro, tornò a guardarla intensamente negli occhi, prima di pronunciare quella tanto attesa domanda.
    «Alice… dopo che avremmo ritrovato tutti gli ingredienti e che avremmo rimesso nel giusto ordine le tue lancette… Mi vorresti sposare e diventare così la Signora Hightopp?».
    Alice sentì il suo cuore perdere qualche battito, non poteva credere alle sue orecchie! Tarrant le aveva appena chiesto di sposarlo! Calde lacrime di gioia iniziarono a formarsi ai lati dei suoi occhi, in quel momento non poté non pensare che in quelle ultime settimane aveva pianto come mai prima d’ora, e con un enorme sorriso e cercando inutilmente di asciugarsi le lacrime che avevano iniziato a rigarle le guance, rispose di sì.
    «Sì! Certo che lo voglio!» Alice si fiondò tra le braccia del suo amato.
    «Alice, mia dolce e cara Alice, non sai quanto tutto questo mi renda felice!» anche il Cappellaio non era riuscito a trattenere le lacrime dalla gioia e mentre la stringeva tra le sue braccia, le sollevò il viso per poterla baciare.

 

***

 

    Dopo che il sole aveva ormai lasciato spazio alla notte, tra le braccia del Cappellaio, Alice decise di fargli una piccola domanda che le frullava in testa da quando Mirana e il Tempo del problema dello scorrere del tempo tra i loro mondi e di come i sottomondiani vivano più a lungo, e quindi invecchino più lentamente dei sopramondiani.
    «Cappellaio?».
    «Hmmm?» le rispose di rimando Tarrant.
    «Posso farti una domanda?».
    «Tutto quello che vuoi!».
    «Ma tu quanti anni hai?».

    La risposta a quella piccola curiosità della nostra Alice non arrivò mai… Ma, dopo tutto, alcuni misteri non possono essere svelati… Tuttavia, una cosa è certa. Alice era intenzionata a scoprire l’unico grade mistero a cui teneva veramente…
    Sapeva che nel Sottomondo, a Wonderland, erano vissuti diversi potenti maghi, ed era più che certa che uno di loro, magari durante uno dei suoi futuri viaggi nel passato per trovare gli ingredienti per la sua pozione che le avrebbe permesso di vivere più a lungo con il suo adorato Cappellaio, le avrebbe svelato un modo per poter tornare un giorno nel suo ex Mondo, magari assieme a Tarrant, per poter rivedere ancora una volta la sua famiglia. Per poter rivedere ancora una volta sua madre…

 

 

 

 

 

N.A. (gennaio 2021)

Ciaoooo a tutti!!!! Ebbene sì! Siamo arrivati alla fine di questa storia! Sono un po’ triste, ma alla fine tutto prima o poi arriva ad una fine e non si può fare niente…
Visto che è la mia ultima nota autore, sarò breve…

Inizio a ringraziare tutte le persone che hanno seguito questa mia piccola follia, che hanno recensito e che hanno solo letto! Grazie di cuore veramente! Ammetto che chi l’ha letta prima che mi mettessi a revisionarla non so come abbia fatto a non recensirmi tutti i vari errori di battitura e di tempi verbali (e sono sicura che qualche errore sia rimasto, per cui vi chiedo scusa).

Rispetto all’originale non ho cambiato molto, ho voluto seguire un suggerimento di un’ultima recensione che mi è arrivata nel 2020, che mi faceva notare come a Wonderland non ci sono regole scritte e quindi, visto che nella storia “originale” non davo spazio ad un possibile ritorno di Alice nel mondo di sopra, ho voluto, alla fine, lasciare un finale aperto… questo purtroppo non vuol dire che tornerò a scrivere un seguito di questa fic… in realtà non scriverò più niente, perché non ho più il tempo… ci tenevo solo a rimettere un po’ a posto la storia e correggere il tiro di una scrittura che era stata precipitosa e senza troppe revisioni prima di pubblicare i vari capitoli… Per cui voglio lasciare al lettore completo spazio di immaginazione.

Ringrazio ancora infinitamente chi lesse la “prima versione” pubblicata e chi, a distanza di anni, ha trovare questa storia a cui ha voluto dare una possibilità di lettura.

GRAZIE <3

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