La leggenda di Camelot

di Marne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I - L'Incantesimo ***
Capitolo 2: *** Atto II - Gli allievi di Avalon ***
Capitolo 3: *** Atto III - La Dama del Lago ***
Capitolo 4: *** Atto IV - Raperonzolo ***
Capitolo 5: *** Atto V - Draco dormiens ***
Capitolo 6: *** Atto VI - Il Re Eterno ***
Capitolo 7: *** Epilogo - I Cavalieri della Tavola Rotonda ***



Capitolo 1
*** Atto I - L'Incantesimo ***


La leggenda di Camelot.

 


 

 “I know it sounds a bit bizarre,

But in Camelot, Camelot

That's how conditions are.

The rain may never fall till after sundown.

By eight, the morning fog must disappear.

In short, there's simply not

A more congenial spot

For happily-ever-aftering than here

In Camelot.”.1

 

[Camelot – Camelot, il Musical]

        

 

  

 

Atto I – L’incantesimo.

 

 

Il rumore della sveglia le arrivò attutito dalla porta del bagno, ancora una volta si era svegliata ben prima ed era riuscita a sistemarsi con tutta la calma possibile. Rise, quando sentì il grugnito di Draco – il suo futuro marito2 – dalla camera da letto. Lui non si era mai abituato a quell’aggeggio infernale, ma, fortunatamente, si era sempre degnato di ricostruirgliela dopo averla distrutta.

Uscì dal bagno perfettamente truccata e vestita, lanciando un’occhiata divertita all’ammasso di lenzuola raggomitolato proprio al centro del letto. Tendeva sempre a spostarsi, non appena lei sfuggiva al suo abbraccio. Secondo Hermione era il suo lato da principino ad insorgere: doveva occupare tutto lo spazio possibile prima che qualcun altro potesse occuparlo.

Mittens3 era raggomitolato sulla vecchia poltrona che Draco aveva portato dal Manor, a parere di entrambi la creatura – ormai diventato un bestione grosso quanto suo padre – l’aveva ritenuto l’unico pezzo d’arredamento degno del suo regale fondoschiena, quindi se n’era impossessato immediatamente.

«Non ho intenzione di portarti la colazione a letto, Malfoy, quindi alza il fondoschiena e vestiti, altrimenti farai tardi in ufficio» gli disse, avvicinandosi alla finestra per aprire le tende e far entrare un raro raggio di luce. Era una bella giornata di fine estate4, Hermione avrebbe potuto uscire senza la giacca pesante.

«Sono io che vorrei portare la colazione a letto a te, ma tu ti alzi sempre con il sole, mentre io sono una creatura prettamente notturna» le fece notare lui, con un grugnito vagamente incomprensibile. «Sono le sette e mezza, dobbiamo essere al Ministero alle nove, Hermione» aggiunse, in tono lamentoso.

«Devo passare in ospedale, il mio figlioccio deve vedermi almeno una volta al giorno, non vorrei mai che si dimenticasse della mia voce5» gli rispose, allegra come non mai e di certo come lui non era mai stato a quell’ora del giorno.

«Se sei tanto entusiasta per il nuovo piccolo Potter, potremmo sempre metterci a lavoro per produrre una nuova schiera di piccoli e piccole Malfoy. Di certo loro saranno più importanti» gli disse lui, tirandosi a sedere e lanciandole un’occhiata seducente, indicando il letto con aria invitante.

«Draco, stai parlando del tuo figlioccio».

«È il tuo figlioccio, Hermione» rettificò lui, con le sopracciglia inarcate. «Io sono padrino per estensione, Potter avrebbe volentieri evitato di mettermi in mezzo se noi due non fossimo stati un pacchetto due per uno» aggiunse, stringendosi nelle spalle.

«Ho visto la tua espressione quando Ginny te l’ha messo in braccio, Draco» Hermione scoppiò a ridere, arrampicandosi sul letto per sedersi al suo fianco. Gli spostò una ciocca di capelli dal viso, per poi pizzicargli il naso. «Lord Malfoy ha un cuore, anche se a dimostrarlo è l’ultimo nato nella stirpe dei Potter».

Lui le rispose con un grugnito, baciandola un attimo prima che lei potesse scappare via.

«Ha chiamato tua madre, questa sera ci vuole a cena» le comunicò, messosi in piedi lentamente, tuttavia senza perdere la grazia da vero principino. «Dovremmo portarle dei dolcetti di quel nuovo negozio a Diagon Alley, immagino che dovrebbero piacerle, sono moltoparticolari».

Hermione si fermò, voltandosi per osservarlo con un cipiglio a metà fra la curiosità e lo sconcerto. «Mia madre ha… chiamato?».

«Non si dice così? Ha chiamato sul tuo cellulare, se vogliamo essere precisi» rettificò Draco, stiracchiandosi e grugnendo. Si voltò verso di lei, sorprendendola a fissarlo. «Ti senti bene, Mon Ange?».

«Come fai a sapere che mia madre ha chiamato sul mio cellulare?» gli domandò, gli occhi ridotti ad una fessura. Era sinceramente sconcertata e lui dovette notarlo.

Draco si accigliò. «Squillava, Hermione. Ha squillato per un’ora, ieri sera».

«Ma come fai a spere che voleva invitarci a cena?» continuò a chiedergli, piegando la testa di lato.

«Perché ho risposto, magari». Draco scoppiò a ridere, notando gli occhi di lei allargarsi per lo stupore. Rise così forte da farsi quasi venire le lacrime e, quando girò intorno al letto per abbracciarla, fu sempre ridendo che si piegò per baciarla. «Sei incredibile! Viviamo insieme da mesi, potrei mai non sapere come rispondere ad un cellulare? È una delle invenzioni babbane più brillanti6».

Hermione si sentì un po’ un’idiota per aver pensato che lui non fosse capace di rispondere al cellulare. Forse era a causa della totale incapacità che Ronald e gli altri maghi con cui era entrata in contatto avevano dimostrato nei confronti di tutto ciò che era babbano.

«Sarà meglio che io vada, Jimmy potrebbe dimenticarsi di me» gli disse infine, sorridendo e dandogli un altro piccolo bacio. «Ricorda che alle nove e mezza il Ministro ci aspetta per una riunione d’urgenza».

«Vorrà chiederci di nuovo scusa» si lagnò lui, lasciandola allontanarsi solo perché perfettamente consapevole di non potersi opporre alla sua volontà. «Andiamo a pranzo insieme?».

«Al nuovo ristorante di Diagon Alley, prenoto io» fu tutto ciò che gli disse, allontanandosi per uscire dalla camera da letto.

 

***

 

Il ministro Shacklebolt li osservava entrambi con aria particolarmente imbarazzata, alternando il tamburellare nervoso delle dita sul tavolo a degli sbuffi spazientiti. Il caos sulla sua scrivania aveva raggiunto livelli catastrofici da quando Daisy era partita per l’Australia e Percy, il suo nuovo assistente, non era ancora riuscito a trovare un sistema capace di contrastare il disordine compulsivo del loro Capo del Governo.

«Dobbiamo aspettare qualcuno? Io ho del lavoro da fare» sbottò Draco, all’improvviso, lasciandosi andare contro lo schienale della poltrona. Ignorò completamente l’occhiata di rimprovero che gli lanciò la sua fidanzata, schivando per un pelo un suo calcio nello stinco. «Lei mi ha chiesto di unirmi alla Squadra di Ricerca, Ministro, mi piacerebbe fare il mio lavoro piuttosto che restare qui a guardarla disperarsi».

«Draco, non mi sembra il caso-».

«Lui ha ragione, signorina Granger» la interruppe il Ministro, con un sorriso gentile. Lei si ritrovò a sorridere, lieta di riavere indietro il vecchio Kingsley, imponente ma gentile com’era sempre stato con lei. «Vi ho fatti convocare a causa di una questione piuttosto delicata, ma mi rendo conto che entrambi vi siate appena ripresi da una missione estremamente difficile e che vi è costata tantissimo».

«Può ben dirlo» ringhiò Malfoy, con una terribile smorfia, mentre la sua mano si stringeva in un pugno sul tavolo di mogano. «Non sono passati più di sei mesi, lei non dovrebbe neppure poter tornare a prestare servizio» sibilò, sinceramente arrabbiato. Non era la prima volta che quella questione veniva sollevata, sia in pubblico sia nella privacy della camera da letto. Lui non era riuscito a rassegnarsi al fatto che lei avesse già avuto la possibilità di tornare a lavorare a pieno regime. Doveva riposare, secondo lui, perché il suo trauma era stato troppo grande.

«Ho scelto io di tornare» gli rispose proprio lei, con uno sguardo di fuoco. «Non avevo e non ho intenzione di restare a casa e fare la maglia! Non ho fatto altro che sistemare documenti, sono sinceramente stufa di stare con le mani in mano» aggiunse, con uno sbuffo, voltandosi verso il Ministro come se avesse voluto rimproverare anche lui. «Allora? Questa missione?».

L’uomo li osservò entrambi, con un cipiglio divertito. Negli ultimi quattro mesi – da quando lei era stata ufficialmente reintegrata – i loro battibecchi erano diventati quasi una leggenda. Una volta, infatti, Hermione gli aveva lanciato contro una Fattura Gambemolli che l’aveva fatto finire nella fontana, cui lui aveva risposto con una serie di epiteti irripetibili ed un incantesimo che le aveva fatto diventare i capelli blu per una settimana.

Quello che i dipendenti ministeriali non sapevano, tuttavia, era la quantità incredibile di riappacificazione che quelle liti portavano, nella riservatezza dell’appartamento che i due avevano iniziato a condividere circa otto mesi prima. Non lo sapevano e non avrebbero dovuto mai saperlo.

Voltandosi verso di lui, Hermione vide Draco sorridere con aria da marpione, probabilmente ricordando le stesse attività che lei aveva appena riportato alla mente. Arrossì senza riuscire a farne a meno: una volta tornati a casa avrebbe dovuto fargli una bella lavata di capo riguardo i comportamenti che era lecito tenere davanti al Ministro della Magia. E poi l’avrebbe baciato.

Merlino, se l’avrebbe baciato.

«È una questione alquanto delicata» mormorò Kingsley, imbarazzato, spostando dei documenti per recuperare un plico di fogli da sotto la sua scrivania. «Così delicata da dover restare strettamente confidenziale per evitare possibili reazioni esagerate nella popolazione» continuò, lanciando occhiate nervose alla porta d’ingresso del suo ufficio, oltre la quale si sentiva chiaramente un esagitato Percy dare indicazioni ai suoi sottoposti. Weasley aveva preso bene il suo nuovo ruolo, quando si trattava di non avere a che fare con l’ordine maniacale del Ministro.

Draco, colpito, si accigliò. «Tutte le mie missioni sono confidenziali, così come quelle della mia fidanzata». Il modo in cui rafforzò l’aggettivo possessivo fece stringere i denti ad Hermione, odiava sentirsi definire in quel modo: lei non era di proprietà di nessuno, neppure di Malfoy. Soprattutto non di Malfoy. «Non è mai successo che qualcuno di noi fosse convocato qui. Perché?».

Il Ministro si mosse sulla sedia, terribilmente a disagio. «Questa volta è importante che nessuno sappia, neppure i vostri colleghi».

«C’è il rischio che si presenti isteria di massa?» si informò Hermione, sinceramente preoccupata. «Ministro, sono certa che il signor Hicklebottom non farebbe alcun problema, potrebbe esserci di grande aiuto».

«Sono certo che il buon Hicklebottom sarebbe molto utile, ma è preferibile che neppure lui sappia i dettagli. Vedete, l’isteria cui faccio riferimento non è… isteria negativa. C’è il rischio di una migrazione di massa verso il problema che noi dobbiamo risolvere» spiegò il Ministro, imbarazzato, aprendo il fascicolo e tirando fuori un paio di fogli e fotografie. «Conoscete il modo di dire “Andiamo a Camelot”? Sapete cosa significa?».

Hermione, confusa, scosse la testa. Aveva sentito qualcuno pronunciare quelle parole, ma non si era mai preoccupata, dopotutto i maghi erano soliti dire cose un po’ assurde e lei aveva rinunciato a capirli praticamente un mese dopo essere arrivata a scuola, quando aveva sentito per la prima volta “per le consunte mutande di Merlino”.

Draco, al contrario, annuì. «Naturalmente» disse, tranquillo, voltandosi un momento verso Hermione. «Significa andare verso luoghi migliori, lasciarsi alle spalle la confusione per trovare la pace. I miei parenti erano soliti dirlo quando passavano troppo tempo in mezzo ai babbani, era un po’ come un torniamo nel mondo della Magia».

«Parlare di Camelot per rappresentare gli ideali di una società corrotta come quella dei purosangue… Artù si starà rivoltando nella tomba» commentò Hermione, lanciandogli un’occhiata di fuoco ma venendo interrotta dal tossicchiare nervoso di Shacklebolt, che sembrava voler guardare ovunque ma non verso di loro. «Kingsley?».

«Diciamo che Re Artù non si stia propriamente rivoltando nella tomba» borbottò, grattandosi la testa pelata prima di voltare verso di loro un paio di foto. Queste, come Hermione notò allungando un momento il collo, mostravano un uomo sulla trentina, biondo e meraviglioso, con una corona d’oro fra i capelli ed un sorriso capace di mandare al tappeto chiunque fosse minimamente sensibile al fascino maschile. «Queste sono state scattate una settimana fa nella periferia di Chester. Sembra… sembra che quell’uomo sia il sovrano perduto di Camelot».

Un silenzio imbarazzato cadde sui presenti, mentre Draco inarcava il suo elegante sopracciglio ed Hermione, accigliata, afferrava le foto per poterle osservare con maggiore attenzione. In effetti quell’uomo aveva l’aspetto che lei avrebbe associato al grandioso Re Eterno d’Inghilterra7, bello e prestante, oltre che incredibilmente forte. La corona sembrava fatta proprio per lui dai folletti e lei, senza comprendere perché, si convinse che fosse davvero così.

«Si rende conto che sia una cosa assurda, vero?» domandò Draco, con un tono diviso fra lo sdegno ed il divertimento. «Cos’è, qualche psicopatico è scappato dal San Mungo e voi avete deciso di farne un problema di Stato?» aggiunse, alzando gli occhi al cielo. «Credevo si fosse ripreso dall’Imperius, Ministro».

«Draco» lo ammonì Hermione, con un sibilo, indicando la foto che aveva in mano. «Guarda la popolazione, guarda i dintorni. A te sembra uno scenario adatto a quest’anno? Guarda le case, guarda gli abiti della popolazione. Sembrano foto dal set di un film storico» gli fece notare, senza guardarlo perché troppo impegnata ad esaminare il resto dei documenti. «La signora Bridget Miller ha segnalato la scomparsa della cognata Tess, andando a trovarla si è improvvisamente ritrovata nel pieno di un festival medievale. A quanto pare, dopo aver trovato la vecchia Tessie lei non l’ha riconosciuta e si è comportata in modo davvero strano. Bridget è una Magonò, ha capito che qualcosa fosse sbagliato quando ha tirato fuori la sua macchina fotografica e per poco non l’hanno messa al rogo per magia nera».

«Cosa stai cercando di dire, Mezzosangue?».

«Bridget è stata salvata da un uomo che affermava d’essere il grande Merlino, anche se in realtà altri non era che suo fratello Bertie. Lui non l’ha riconosciuta, quando ha capito che era una Magonò le ha raccontato del trattamento che quelli come lei avevano ai tempi della sua prima nascita» spiegò, velocemente, rialzando finalmente gli occhi su di lui. «Draco, tu conosci la leggenda su Excalibur?».

Lui si accigliò, lanciando un’occhiata curiosa al Ministro, che non aveva mai smesso di annuire. «Excalibur potrà essere estratta dalla roccia soltanto dal legittimo Re d’Inghilterra? Non mi pare che questo buffone ce l’abbia al fianco» le fece notare, stringendosi nelle spalle.

«Non quella leggenda, idiota» gli rispose lei, con un’occhiata cupa. «Sto parlando della leggenda sul ritorno di Camelot» sbottò, quasi la sua fosse stata una domanda assolutamente inopportuna. Quando lui la guardò spaesato alzò gli occhi al cielo e sollevò la sua borsetta, aprendola con un colpo secco ed evocando un libro, l’Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth. Con un gesto secco lo aprì ad una pagina specifica, iniziando a leggere in latino a bassa voce.

«Mezzosangue, io conosco l’Historia, non fa riferimento ad alcun ritorno di Camelot» le fece notare Draco, scuotendo il capo. «Possibile tu debba andare in giro con una biblioteca? Scommetto che è lì dentro che sono finiti tutti i libri spariti dal Manor, per questo mia madre non ha iniziato ad urlare al furto».

«Shh» lo zittì Hermione, con un gesto secco. «Tu conosci la versione modificata dell’Historia, non quella completa, stilata solo per i maghi. L’unica copia disponibile è quella che ho io fra le mani, l’ho presa direttamente dalla biblioteca di Grimmauld Place» spiegò brevemente, scorrendo il dito sulla pagina, completamente inconsapevole dello sguardo di divertita esasperazione che si scambiarono gli altri due uomini presenti. «Eccolo! Il potere di Excalibur, essendo uno dei dieci simboli della magia antica, tornerà un giorno a dare i suoi effetti e con lei Camelot, la città senza tempo, ritornerà ai suoi albori, portando con sé il Re Eterno e la sua Magia» lesse, con soddisfazione. «La leggenda dice che un giorno Excalibur riapparirà e con lei tornerà anche Camelot… ho sempre pensato fosse una leggenda o che comunque dovesse essere preso tutto con le pinze, esattamente come la leggenda sul ritorno di Artù…» indicò le fotografie, dubbiosa. «Forse mi sbagliavo».

Shacklebolt fece una risatina divertita e vagamente imbarazzata. «Se avessi saputo che tu ci avresti messo pochi minuti, Hermione, sarei venuto direttamente da te e non avrei perso settimane per coinvolgere i maggiori esperti. Tu avevi l’originale, noi abbiamo dovuto cercare fonti secondarie!» sbottò, incredulo. «Comunque hai ragione, noi crediamo che Excalibur sia riapparsa e che quel disgraziato paesino sia stato trasformato in una nuova Camelot. Dovete trovarla e recuperarla prima che i suoi effetti inizino ad ampliarsi. Più persone vengono coinvolte e più forte diventa l’incantesimo… non so voi, ma non vorrei tornare al periodo in cui si moriva per un raffreddore ed i servizi igienici erano…» non concluse la sua frase, tuttavia rabbrividì e quella, probabilmente, fu una risposta sufficiente. «La missione è della massima urgenza, se dovesse spargersi la voce…».

«Sarebbe la fine» convenne Draco, annuendo leggermente e voltandosi automaticamente verso Hermione. «Camelot è nota per la sua tolleranza verso la Magia, seppur buona. Nella società purosangue quella città è essenzialmente un’Utopia, se si dovesse spargere la voce dell’esistenza di quest’incantesimo e della possibilità che questo possa espandersi a tutto il mondo… tutti si precipiterebbero lì in massa ed anticiperebbero la fine della società evoluta».

Hermione si accigliò. «Perché mai dovrebbero scambiare l’evoluzione scientifica con… con cosa? La possibilità di usare la magia per la strada? L’assenza di regole?».

Draco sorrise, imbarazzato ma anche divertito dalla sua innocenza. «Per molti di noi, Mezzosangue, la libertà di essere se stessi vale più di qualunque altra cosa. Qualcuno di noi è stato abbastanza fortunato da conquistare la propria libertà» le spiegò, accarezzandole con dolcezza la mano. «Altri, invece, sono rimasti bloccati in una vita di rimpianti e rancore». Si voltò verso il Ministro, il volto serio. «Quando dobbiamo partire?».

 

 

 

»Marnie’s Corner

 

Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!

 

Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!

 

 

Ahah, l’avevo detto che sarei tornata. Sono come l’herpes, non vi potete liberare di me.

 

Si tratta di un breve spin off della mia long “Lo Specchio delle Anime”, conclusa poco tempo fa, ambientata sei mesi dopo il penultimo capitolo. Sarà una breve fic, al massimo quattro capitoli, giusto una breve avventura per scoprire come si comporteranno Draco ed Hermione dopo la conclusione della loro grande avventura iniziale.

E poi… io adoro il ciclo arturiano.  

 

 

 

Punti importanti:

 

» 1 – "Lo so che suona un po' strano, ma in Camelot, Camelot, è così che sono le condizioni climatiche! La pioggia non cadrà mai dopo il tramonto. Per le otto, la nebbia del mattino dovrà sparire. In breve, semplicemente non c'è un angolo più congeniale di qui per i per-sempre-felici-e-contenti". La canzone è tratta da un musical, come ho detto nella citazione stessa!

 

» 2 – Per chi non lo sapesse: Draco ed Hermione, alla fine della Long, si sono fidanzati. Si sposeranno entro sei mesi, ma per adesso convivono allegramente in un appartamento tutto nuovo.

 

» 3 – Sempre per chi non lo sapesse: si tratta del gatto di Hermione, l’unico figlio vivente del compianto Grattastinchi.

 

» 4 – Siamo ai primi di giugno, ufficialmente l’estate non è ancora cominciata e, trovandoci a Londra, è normale che non possano andare in giro con le camicette!

 

» 5- Il figlio di Harry e Ginny è nato due giorni prima, Hermione, naturalmente, è la madrina del piccolino. Ginny è ancora al San Mungo, sarà dimessa quella sera stessa!

 

» 6 – Draco è un uomo intelligente, non ha paura delle invenzioni babbane. Non mi importa se secondo la Rowling i maghi non possono entrare in contatto con la tecnologia, Hermione è cresciuta in mezzo alla tecnologia babbana! E comunque siamo nel 2005, i cellulari c’erano già!

 

» 7 – Leggenda su Re Artù: definito Re Eterno perché, secondo la leggenda, pur essendo morto un giorno – nel momento di maggior bisogno dell’Inghilterra – tornerà e riporterà alla luce la meravigliosa civiltà di Albione. Ve l’ho detto che io sono innamorata di Re Artù? Ma intendo proprio innamorata.

 

» Per chi non sapesse: Draco ed Hermione hanno sgominato un tentativo di sovversione totale del mondo conosciuto, nel corso della missione hanno affrontato prove incredibili, conoscendo molti personaggi storici (es: Patroclo, Achille, Antigone, Creonte, Ercole, Ulisse) e combattendo i loro peggiori demoni. No, ovviamente niente Ronald fra i piedi. Consiglio la lettura della long, ovviamente, ma credo si possa leggere anche da sola.

 

» Percy lavora come segretario del Ministro, Daisy – la ex segretaria – è andata via dall’Inghilterra dopo aver quasi causato – involontariamente – una strage.

 

» Per quanto il libro citato da Hermione esista davvero, la storia su Excalibur è personale, l’ho tirata in mezzo io. La Spada è nascosta da qualche parte nella città, loro devono trovarla e portarla via prima che il mondo venga riportato ai tempi delle leggende arturiane.

 

 

Dio, non vedo l’ora di mettere in mezzo Re Artù ed Excalibur.

 

Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare lunedì prossimo!  

 

Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!

 

Grazie ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

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Capitolo 2
*** Atto II - Gli allievi di Avalon ***


Lleggenda di Camelot.

 

 

  

 

Atto II – Gli allievi di Avalon.

 

 

 

I confini del villaggio erano ben definiti, con grande sorpresa di Draco.

Si erano smaterializzati quella mattina all’alba, la signora Waterford – la loro vicina di casa babbana – si era presentata già la sera prima per poter prendere in custodia la bestiola selvatica di Hermione, Mittens, quindi loro erano rimasti soli nell’appartamento ed avevano avuto modo di prepararsi al meglio per quel viaggio improvviso e necessario.

Draco avrebbe voluto impegnare parte del tempo in modo più divertente, ma non era stato possibile.

«Incredibile» sbottò Hermione, indicando le altissime mura che impedivano la vista del villaggio colpito dall’incantesimo. «Sembrano una fedele riproduzione delle mura del Vallo di Adriano1, solo… più alte» convenne lei, strabiliata. «È meraviglioso, sembrano antiche, anche se sappiamo bene che non lo sono. Guarda il muschio, guarda l’erba… non è assolutamente possibile» continuò, accigliata, indicando il verde sulle mura di pietra.

Anche Draco era arrivato alla stessa conclusione. «Immagino sia colpa dell’incantesimo. Abbiamo esaminato ogni parola della leggenda, a questo punto credo di aver capito come potrebbe funzionare» mormorò, facendo qualche passo avanti con la sua fidanzata al fianco. Tirò fuori dalla giacca il suo fedele taccuino e gli occhiali, che indossò con uno sbuffo: odiava avere la vista debole. Trovare i suoi appunti fu facile, aveva trascorso tutto il pomeriggio precedente e parte della notte ad organizzarli. Doveva imparare a scrivere un po’ più grande. «Sappiamo che Excalibur è uno dei dieci oggetti della Magia Antica2: la Spada, lo Specchio, l’Arazzo…» fece una smorfia involontaria, ricordando ciò che era successo poco più di sei mesi prima. Ancora la notte si svegliava madido di sudore, convinto di aver perso il suo futuro sulle rive del Tamigi. Per fortuna, tuttavia, il russare non esattamente lieve di Hermione lo aiutava sempre a ritornare in se stesso. Naturalmente, lei avrebbe negato di “fare quei rumori infernali” fino alla morte. «Si pensa che altri possano essere il Santo Graal, il martello di Thor, la Falce di Crono, la Folgore di Zeus… ognuno di questi è composto di magia purissima e noi sappiamo bene che sono capaci di sviluppare una coscienza propria3» lanciò uno sguardo storto ad Hermione, che sbuffò.

«Era a rischio l’intera sopravvivenza del popolo magico, Draco, non essere sciocco».

«Non mi importa un fico secco del mondo magico, Mezzosangue. So solo che ho rischiato di perdere te e allora tutto il resto non avrebbe avuto senso» le rispose, con un sibilo risentito, tornando a concentrarsi sui suoi appunti. «Stando alla leggenda, sembra che la Spada sia solita riapparire dopo periodi di grandi crisi, anche se in ritardo. Potrebbe esser stata richiamata da Tu-Sai-Chi, oppure dal nostro spettacolo pirotecnico di sei mesi fa. Immagino che l’estensione attuale potrebbe essere stata raggiunta in sei mesi».

Hermione annuì, avvicinandosi per sbirciare a sua volta gli appunti. «Probabilmente Excalibur ha ricostruito la civiltà sana dei suoi tempi, riportando indietro le grandi personalità dell’intero ciclo arturiano… avremo un Artù, un Merlino… ma è tutta un’illusione?».

«Suppongo di sì, ma finché non conosceremo l’ipotetico Artù non potremo saperlo» rispose Draco, scuotendo il capo. «La leggenda del Re Eterno è nota anche ai babbani, potrebbe essere scollegata da quella di Excalibur… probabilmente si tratterà del sindaco della cittadina preso dall’Incantesimo. Tutto sarà una finzione, anche se ben congegnata».

Hermione annuì, apparentemente tranquilla. «Stando alle foto non aveva la spada con sé, quindi dovrebbe essere nascosta da qualche parte all’interno delle mura stesse. Magari in una roccia nel mezzo della foresta…» divertita, gli fece l’occhiolino. «Pensi di essere degno di estrarla? Un vero cavaliere?».

Draco sbuffò, passandole un braccio intorno alle spalle e spingendola verso il ponte levatoio, l’unico ingresso al villaggio. Il fossato apparso sembrava piuttosto profondo ed usare la magia era altamente sconsigliabile. Cosa avrebbero fatto se li avessero presi per maghi oscuri? «Io sarò un cavaliere quando tu diventerai l’apprendista di Merlino, il quale, te lo ricordo, era un Serpeverde».

«Mai dire mai» disse, sibillina, lei, pizzicandogli il fianco. «Non preoccuparti, credo anche io sia opportuno mantenere un basso profilo finché saremo qui… sarebbe meglio cambiare anche tipo di vestiario, non credo che il tuo completo Armani sia adatto al periodo arturiano» gli fece notare, occhieggiando al completo elegante che lui aveva acquistato durante l’ultima visita a Parigi.

Parigi, che era stata soltanto l’ultima delle capitali europee che lui le aveva fatto visitare durante i mesi precedenti. Aveva detto che le avrebbe mostrato il mondo e sembrava intenzionato a mantenere la promessa. Per il viaggio di nozze avevano pensato di visitare l’Egitto.

Draco fece una smorfia, tuttavia annuì. «Faccio io, tu saresti capacissima di trasfigurare questi pantaloni in una poco dignitosa calzamaglia».

In risposta, Hermione rise.

 

***

 

«Dovevi necessariamente darmi un vestito così scollato, vero? E questo mantello nero? È terrificante, credo sia stato fuorimoda anche ai tempi del vero Re Artù» si lamentò, per l’ennesima volta, fulminando con la coda dell’occhio l’aitante cavaliere che camminava al suo fianco. Draco, naturalmente, aveva riservato a se stesso un completo degno di una fiaba, completo di incantevole spada e con un mantello di un bel verde scuro, intonato a tutto il resto. A lei, invece, aveva riservato un abito incantevole, certo, ma che lasciava scoperta un bel po’ di pelle sul seno, era di un tessuto che lei non riusciva ad identificare, di un blu molto intenso e con ricami d’oro. «Avrei preferito un abito sul rosso. Dopotutto, tu ti sei vestito con i colori di Salazar».

Draco sbuffò, alzando gli occhi al cielo. «Rosso, certo, poi avrei potuto ricamarti una bella “A” sul petto e mandarti alla ricerca di nuove fonti di reddito4» le disse, annoiato. Hermione si accigliò, prima di annuire. Effettivamente era un colore poco adatto a quel determinato periodo storico, soprattutto non con una scollatura come quella. «L’incantesimo ha fatto le cose per bene, senti un po’ che odore…» inspirò dal naso, guardandosi intorno. Hermione lo imitò, arricciando il suo. «Puzza di urina, escrementi e… credo sia peste, non credi anche tu, Mon Ange?».

Hermione annuì, disgustata, saltando oltre una pozza maleodorante dall’origine non chiara. «Per fortuna mi sono premurata di farti fare i vaccini necessari, Draco, ti potresti beccare delle malattie assurde in questo luogo. Credo di aver visto un uomo con la varicella, abbandonato in un angolo. Una volta si moriva di una sciocchezza simile» si lamentò, scuotendo il capo.

Il villaggio era esattamente come lei l’aveva immaginato: le case moderne erano sparite, sostituite da quelle che non erano niente più che baracche di legno, fango e pietra. Le condizioni igieniche erano essenzialmente nulle, la tanfa di sporcizia era insopportabile, tuttavia l’insieme era incantevole a modo suo. Incantevole come sarebbe potuto essere un cucciolo di squalo, certo, ma tuttavia per Hermione era impossibile non esserne affascinata. Quante volte aveva letto di quel periodo storico nei libri? Quanti film aveva visto?

«Dobbiamo mantenere un profilo basso» si lamentò Draco, scuotendo il capo. «Se anche dovessi vedere qualcosa di strano, cerca di tenertene alla larga. Le bacchette sono proibite» si raccomandò poi, lanciandole un’occhiata storta. «Niente insulsi atti di eroismo».

«Non sono un’idiota, Draco» gli rispose lei, secca, osservando con curiosità un uomo messo alla gogna venire colpito da ogni genere di frutta e verdura marcia. Era una pratica che aveva sempre considerato barbara, tuttavia, in quel contesto, non riuscì ad evitarsi di sorridere: era una brutta situazione, lui doveva sentirsi umiliato, tuttavia un po’ di verdura era un ottimo diversivo dalla terrificante condizione che li circondava. I bambini ridevano, guardandolo, ed il loro pianto poteva finalmente interrompersi. Non c’era fame, non c’era paura.

Il regno di Artù era stato incredibile, ricco più di altri, ma era sempre un regno dell’Alto Medioevo, la povertà era all’ordine del giorno, così come la morte e la sporcizia.

Draco, con un sorriso gentile, si avvicinò per sfiorarle la guancia con la punta delle dita. «A cosa stai pensando? Fai quella faccia cupa soltanto quando Potter si mette nei guai o non sai come spiegare al tuo capo di non poter sempre rimettere al loro posto i suoi documenti importanti».

Lei sospirò, indecisa, prima di puntare gli occhi nei suoi. «Davvero credi che qualcuno potrebbe voler restare qui? Potrebbero scegliere questo piuttosto che il nostro tempo?» domandò, confusa, indicando ciò che li circondava con un gesto. In quell’istante, un cane ed un mendicante presero a contendersi dei resti della colazione lanciati dalla finestra da una donna ben pasciuta. «È affascinante, lo capisco, ma…».

«Te l’ho spiegato» le disse in un sospiro, scuotendo il capo. «Alcuni di noi risentono molto della segretezza che circonda il mondo magico. La società purosangue credeva di aver raggiunto il suo momento di gloria con Voldemort, e, con la sua caduta, è rimasta per la buona parte delusa, piena di rancore. Se l’incantesimo dovesse colpirci tutti, probabilmente loro diventerebbero una nuova nobiltà, tutto questo orrore non li toccherebbe minimamente». Con un gesto tremendamente elegante, le baciò il dorso della mano. «Non tutti sono stati abbastanza fortunati da trovare la pace».

Hermione, nonostante il rossore sulle guance, non era assolutamente convinta. «D’accordo, ma…».

«Aiutatemi!».

Con uno scatto veloce del capo, Draco ed Hermione si voltarono e si ritrovarono a fronteggiare una creatura terribile - con il corpo di leone, la testa d’uomo e la coda di scorpione – intenta ad inseguire una ragazzina di poco più di quindici anni, già visibilmente stanca per la fuga che doveva essersi protratta per un lungo tratto di bosco. La coda con pungiglione scattò nervosamente, urtando dei carretti che si erano sfortunatamente presentati sulla sua via.

«Quella è una manticora» la sorpresa di Draco venne smorzata dalle urla terrorizzate della gente intorno a loro e dal rumore delle spade che venivano velocemente estratte. I cavalieri – quelli della Tavola Rotonda? – si erano precipitati intorno alla ragazza, ma nessuno di loro poteva naturalmente intervenire. L’acciaio era nullo contro la manticora. Anche i comuni incantesimi erano nulli con quella creatura. «Cosa ci fa una manticora qui? Sono originarie della Grecia!».

Hermione scosse il capo, pietrificata per il momentaneo terrore. Non aveva mai avuto un faccia a faccia con quella bestia, ma aveva letto abbastanza da essere consapevole di quanto grave fosse la loro situazione. «Se tu avessi seguito le lezioni congiunte di Hagrid e Rüf, al sesto anno, sapresti che Merlino aveva portato alcuni esemplari in Inghilterra, dovevano proteggere i confini di Camelot5» gli rispose, senza evitare a se stessa di far la so-tutto-io. Gli lanciò un’occhiata storta, tirando fuori la bacchetta. «Evidentemente sono tornate anche loro… Draco, lo sai che-».

«Senza di noi non hanno speranze, lo so» si lamentò lui, laconico, tirando fuori la propria arma. I Cavalieri si erano fatti avanti, le loro lame cozzavano senza risultati contro il pungiglione e la ragazzina continuava a piangere fra le zampe della bestia. La testa umanoide stava muovendo le proprie labbra ed Hermione sapeva che stesse canticchiando una melensa melodia6, rituale d’obbligo prima del sacrificio di una vittima «Ed io che volevo mantenere un profilo basso… Avada o Sectumsempra?» le chiese poi, con una smorfia.

«Prova tu con l’Avada, lo sai che io non sono a mio agio» gli rispose Hermione, con una smorfia. Guardò con attenzione la manticora, sentendo un nodo gelido all’altezza dello stomaco nel sentire i lamenti disperati della povera sventurata fra le sue zampe. Sapeva di star per essere mangiata? Era consapevole di quello che sarebbe stato il suo destino, se loro non fossero intervenuti?

Con un movimento perfettamente coordinato, entrambi sollevarono le bacchette e le puntarono contro la bestia, che venne quasi immediatamente colpita da due raggi di luce, uno dei quali di un inquietante verde smeraldo. Il colpo non la uccise, dopotutto Hermione non ci aveva sperato un granché, tuttavia la stordì e la spaventò. La terribile melodia che sembrava voler diventare la colonna sonora di un omicidio si interruppe, il silenzio agghiacciato del paese venne rotto solo dai lamenti della povera ragazzina. La manticora gemette, addolorata, poi girò sulle proprie zampe e si diresse di gran carriera verso il bosco, sparendo nel verde come se gli alberi l’avessero inglobata.

«Gattaccio cattivo» sibilò Draco, con una smorfia, annuendo soddisfatto nel constatare la sua fuga.

«Tornerà» disse invece Hermione, preoccupata, senza riporre la bacchetta. «Pensi che dovremmo lanciare qualche incantesimo protettivo, per tenerla fuori? È ciò che ha fatto Merlino, secondo il professore. Non voglio paragonare le mie capacità a quelle del più grande mago mai esistito, ma penso di poter fare qualcosa di decente» valutò, grattandosi nervosamente il naso.

«Abbiamo un altro problema adesso, Hermione» le fece notare Draco, con una smorfia. Lui si era girato ad indicare qualcosa alle loro spalle, ma Hermione sapeva già cosa avrebbe trovato, voltandosi: le pizzicava la nuca a causa di tutti gli sguardi puntati sulla sua schiena. Si erano esposti, avevano dimostrato di non essere comuni cittadini. La vecchietta che aveva fatto la segnalazione era stata quasi bruciata viva a causa di una macchina fotografica, cosa avrebbero fatto a loro?

Con la coda dell’occhio, Hermione notò un cavaliere avvicinarsi alla ragazzina, aiutandola a rimettersi in piedi. Era un uomo alto, ben piazzato, con folti capelli scuri ed occhi chiarissimi, la sua espressione pacata e gentile le era estremamente familiare, nonostante non riuscisse a comprendere perché.

«Hermione» la richiamò Draco, posandole la mano sul braccio e spingendola a voltarsi. Un altro cavaliere, meno giovane del primo e con un’espressione indecifrabile in viso, si fece avanti lentamente, cauto, osservandoli entrambi come se avesse voluto soppesare le loro capacità. Il mago dovette pensare che fosse preferibile fare il primo passo, quindi abbassò la bacchetta. «La creatura avrebbe ucciso la ragazza, se noi non fossimo intervenuti» fece notare, con voce ferma ed incolore, raddrizzando le spalle ed assumendo il cipiglio che lei era solita definire “sguardo da Lord”.

Il cavaliere li osservò in silenzio, poi chinò il capo con rispetto. «Non sono un esperto di Magia, ma ho degli occhi funzionanti, messere» gli rispose, vagamente ironico. «Avete salvato la nostra piccola Marie, è la figlia del medico di corte, uno dei consiglieri del Re» spiegò, mentre l’uomo dai folti capelli scuri prendeva fra le braccia la poverina, consegnandola ad altri cavalieri e raggiungendo colui che doveva essere il suo capitano. «Voi… voi provenite dall’Isola Sacra?» chiese poi l’uomo, a labbra strette.

Hermione e Draco si lanciarono un’occhiata confusa, non sapendo bene cosa rispondere. Isola Sacra? La memoria di Hermione sembrava girare a vuoto nel suo cervello, alla ricerca di informazioni utili. Isola, isola…

«Sì, siamo arrivati da Avalon6. La Gran Sacerdotessa ci ha inviati affinché potessimo incontrare il Maestro Merlino» si fece avanti lei, improvvisamente illuminata. Ovviamente era Avalon. L’isola, che stando ai recenti studi attualmente doveva trovarsi vicino Glouchester, era considerata la principale rivale di Hogwarts nell’educazione dei giovani maghi e streghe. Merlino e Morgana erano stati i fondatori dell’accademia, però questa era andata perduta con la fine di Camelot, divenendo la tomba eterna del Sovrano che sarebbe ritornato. Che Merlino stesse aspettando qualcuno dall’isola che in realtà non c’era più?

Il Cavaliere si inchinò di più, con rispetto. «Immaginavo fosse così, Vostra Grazia» le disse, rispettoso. I maghi e le streghe di Avalon erano considerati alla stregua dei principi del sangue. «Vi siamo infinitamente grati per esser intervenuti. Se alle Vostre Eccellenze fa piacere, Sir Gawaine vi accompagnerà al Castello, così che possiate rinfrescarvi ed incontrare il Maestro ed il Re».

Draco sorrise, soddisfatto. Con buone probabilità aveva iniziato a ripetersi quel titolo onorifico come un mantra, gonfiando in modo smisuratamente il suo già immenso ego. «Sir Gawaine?» chiese tuttavia, vagamente ammirato, guardandosi intorno. L’unico in procinto di avvicinarsi era il moro dall’aria familiare, che si inchinò davanti a loro. «Lo stesso che ha sconfitto il Cavaliere verde7?» chiese poi, curioso, osservando con un cipiglio strano il giovane.

Gawain sorrise, gentile e privo di qualunque traccia di egocentrismo. «Sono io, sì» confermò, facendo accigliare ancora di più Hermione. Lei conosceva quella voce, ne era assolutamente certa. «Vi ringrazio di aver aiutato Marie, suo padre è un mio caro amico, so quanto sia legato alla più giovane della sua prole» disse, con un sorriso meraviglioso. «Devo complimentarmi per la vostra magia, siete stati molto eleganti nei movimenti».

Hai una mano fermissima, un movimento davvero elegante!

Hermione si rese conto di aver spalancato la bocca per la sorpresa solo un attimo dopo averlo fatto. In quel momento risultò chiarissimo chi fosse quel cavaliere e perché le risultasse tanto familiare. Erano trascorsi solo poco più di sei anni da quando avevano combattuto fianco a fianco, il suo sguardo era rimasto sempre lo stesso, per quanto più maturo. «Anthony Goldstein?» lo chiamò, senza potersi trattenere, afferrando Draco per il mantello. Anche lui sgranò gli occhi, in quell’istante, rendendosi improvvisamente conto di chi avessero davanti.

Il loro vecchio compagno di scuola si accigliò, naturalmente non riconoscendoli. «È il nome del Cavaliere Verde? Vi ringrazio della cortesia, Vostre Grazie, ritengo sia onorevole conoscere l’identità di chi sto per affrontare nuovamente» comunicò loro, inchinandosi con grazia. «Se volete seguirmi, vi accompagnerò al Castello».

Osservandolo voltarsi ed iniziare a fare strada, Draco ed Hermione non riuscirono a non scambiarsi un’occhiata complice. Anthony era stato Presidente del Club dei Duellanti e non c’era una persona in tutta la scuola che avesse dei modi incantevoli come i suoi, neppure Draco o Blaise Zabini. Perfetto gentiluomo d’altri tempi, si era guadagnato un posto d’onore nelle competizioni internazionali ed era diventato insegnante del Royal Cambridge Duelling Club8, la migliore scuola di Duello dell’intero Nord Europa. Stando alle ultime notizie, aveva recentemente sposato l’unica figlia del Rettore, oltre che campionessa europea in carica, Lady Druella Fitzroy, e con lei era partito per un viaggio di nozze intorno al mondo.

Com’era divenuto la reincarnazione di Sir Gawain?

Prima che il cavaliere potesse sparire nel nulla, Draco si inchinò, cerimonioso, e porse il braccio alla sua accompagnatrice. «Vostra Grazia, dopo di lei».

Ci sarebbe stato tempo per capire, in quel momento era fondamentale che riuscissero a raggiungere Artù e che conquistassero al sua fiducia e quella di Merlino.

Dopotutto, erano appena diventati gli allievi di Avalon.

 

 

 

 

»Marnie’s Corner

 

Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!

 

Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!

 

Avvertenza: Questa fanfiction è un sequel/spin-off della mia long: Lo Specchio delle Anime.

 

 

Draco Malfoy vestito da cavaliere.

 

Sono assolutamente entusiasta del seguito ottenuto da questa storia! Davvero, non credevo che avreste risposto subito e così bene! Vi ringrazio tantissimo e spero sinceramente di non deludervi!

Avevo promesso una mini-fic, adesso, tuttavia, non ne sono poi così certa. Non aspettatevi il malloppone di trenta capitoli, eh, ma probabilmente saranno più di quattro.

 

 

 

Punti importanti:

 

» 1 – Il Vallo di Adriano è una fortificazione in pietra – essenzialmente un lungo muro – costruito per volontà dell’Imperatore Adriano con lo scopo di dividere l’Impero Romano da quello dei “barbari”. Il Vallo fa parte del cosiddetto limes romano, che, appunto, indicava i limiti estremi dell’Impero stesso. Scusatemi, sono ossessionata, abbiate pietà.

 

» 2 – Questa cosa degli oggetti viene ripresa dalla mia Long. Ne ho indicati sei soprattutto perché non sapevo più che pesci prendere! Devo informarmi di più! ;)

 

» 3 – Sono manifestazione della Magia nella sua essenza più pura, non sono stati costruiti da nessuno e spesso sono leggendari. Hanno una propria coscienza che, per manifestarsi, deve passare attraverso altre persone (come una possessione demoniaca, avete presente?), proprio com’è successo nella mia long.

 

» 4 – Riferimento a “La lettera scarlatta” di N. Hawthorne. Ovviamente il contesto storico è diverso (il periodo arturiano dovrebbe risalire al V o VI secolo d.C.) poiché il romanzo è ambientato nel XVII secolo, tuttavia il rosso è sempre stato un colore pericoloso, soprattutto se indossato da una donna, e Draco ha preferito evitare che qualcuno potesse farsi idee strane su Hermione. Nel romanzo, infatti, le donne accusate di adulterio o, in generale, di vita dissoluta, erano costrette a farsi cucire una A scarlatta sugli abiti, per poter essere riconosciute.

 

» 5 - Ovviamente è una cosa inventata da me. All’inizio avevo pensato di inserire un Drago, poi un Grifone… ma la Manticora ha fatto più impressione! Ci saranno anche altre creature, comunque, non preoccupatevi!

 

» 6 – La manticora – testa umana, corpo di leone e coda di scorpione – è solita canticchiare una melodia dolce prima di mangiare le sue vittime. Ditemi se per voi non è inquietante, perché a me sono venuti i brividi.

 

» 7 – Qui dobbiamo fare un discorso preparatorio. Io sono un’appassionata di Merlin – la serie tv – ed ho sempre amato alla follia i Cavalieri della Tavola Rotonda, fra i quali spiccavano sia Gawain che Percival. Nel mito, Gawaine era il nipote (nel senso che il Re è suo zio) di Artù e qui ha quel ruolo, oltretutto ho fatto riferimento al romanzo cavalleresco “Sir Gawaine e il Cavaliere Verde”. Gawaine in realtà è Anthony Goldstein, che io ho sempre immaginato essere un giovanotto meraviglioso. Probabilmente è anche colpa di Savannah e del suo modo di descriverlo! 

 

» 8 – Sempre riferimento a Savannah, l’idea del Club dei Duellanti mi ha sempre affascinata da impazzire. Non ce la faccio a non sentirmi di nuovo un’adolescente ormonata (detta così sembrerebbe quasi che io abbia trent’anni e non ventidue) al pensiero del mio meraviglioso Anthony (perché io sono innamorata del mio Anthony) che si cimenta in combattimenti eleganti quanto un incontro di scherma. Il Club in questione non esiste, ma immaginate una scuola di duello fondata alla fine del Milletrecento dalla famiglia Fitzroy (la famiglia della moglie di Anthony, che spunterà a sua volta nel prossimo capitolo) e che ha guadagnato una fama mondiale mai pareggiata. I membri del Club hanno vinto competizioni per secoli ed Anthony non è altro che la punta dell’iceberg.

 

» Dal prossimo capitolo incontreremo i veri protagonisti della storia, quali Merlino, Artù, Ginevra, Lancillotto e tutti gli altri. Vi avverto, io odio Ginevra con ogni fibra del mio corpo ed odio Lancillotto quasi quanto lei.

 

 

Draco vestito da cavaliere, non smetterò mai di ripeterlo.

 

Il prossimo capitolo probabilmente tarderà di un paio di giorni, martedì avrò un esame che mi ha tenuta sui libri dai primi di agosto e che è stato continuamente rimandato. Sto morendo di paura. Tenetemi nei vostri pensieri, ne avrò bisogno!  

 

Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!

 

Grazie ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

 

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Capitolo 3
*** Atto III - La Dama del Lago ***


La leggenda di Camelot.

 

 

  

 

Atto III – La Dama del Lago.

 

 

 

Si era resa conto di quanto Draco sarebbe stato contrariato dal loro soggiorno al castello solo quando avevano attraversato il grande portone di legno intarsiato ed una lunga schiera di servi in livrea scarlatta si era inchinata davanti a loro.

Gli allievi di Avalon erano sacerdoti e sacerdotesse, non avevano diritto al matrimonio.

«No» stava ripetendo lui, per l’ennesima volta, dopo essersi infiltrato come un ladro nella camera che la serva le aveva riservato ed aver iniziato a borbottare come una teiera sul fuoco. «Non mi importa, non ho la minima intenzione di fingere di essere un tuo amico, Mezzosangue! Ero il tuo futuro marito anche prima che potessimo anche solo sopportarci1, non inizierò una commedia diversa proprio adesso» continuò, facendo i capricci come un ragazzino ed imbronciando le labbra in una fedele imitazione di Teddy Lupin davanti ai broccoli.

«Non essere sciocco, Draco, per favore» sbottò allora lei, per l’ennesima volta, sedendosi alla toletta all’angolo della stanza per potersi dare una rinfrescata. Fortunatamente nessuno si era offerto di aiutarla, contando, probabilmente, che la sua magia fosse più che sufficiente. «Dovremo restare qui solo pochi giorni e tu hai già dimostrato di essere parecchio abile a sgusciare in giro senza farti notare, non capisco quale sia il problema, davvero». Doveva davvero sistemarsi quei capelli, sembrava avesse un nido d’aquila in testa. «Faresti bene a cambiare i tuoi abiti, ti ho già dato il disegno delle divise usate ad Avalon nel periodo arturiano, dobbiamo calarci nel ruolo».

Il grugnito con cui lui rispose valse più di mille parole, ma, non pago, ricominciò a lamentarsi. «Vedrai, tutti i cavalieri non ti toglieranno gli occhi di dosso ed io non potrò neppure schiantarli!» sbottò, incrociando le braccia e lasciandosi cadere sul letto. «E quella tunica disgustosa che mi hai fatto vedere di certo non la indosserò mai. Se Merlino chiederà spiegazioni, gli racconterò che mi è stato concesso di vestire in modo diverso per poter usare la spada».

«Un Mago non ha bisogno di una spada, Draco» gli fece notare lei, accigliata. «Hai visto anche tu cos’è successo con la Manticora».

«Vallo a chiedere a Godric Grifondoro2, se proprio non mi credi» sbottò lui, con un sorrisino divertito. «Mi sorprende che proprio tu non lo sappia! Un tempo era normale che i maghi indossassero armi comuni, nel caso in cui fossero stati costretti a scontrarsi con dei babbani inconsapevoli della magia. Sì, so che a Camelot non è mai successo, qui la magia era libera, ma noi abbiamo affrontato un lungo viaggio, ergo…».

«D’accordo, puoi portare la spada per viaggiare, ma questo non ti concede certo il diritto di-».

«Mezzosangue, io quella tunica non me la metto, mi farebbe sentire come il vecchio preside della malora3». E con questo pose fine alla conversazione sul vestiario. «Piuttosto, Goldstein. L’hai chiamato per nome e non si è reso conto di nulla, esattamente com’è successo fra la vecchia testimone ed il fratello che si crede Merlino. Mi sembra piuttosto assurdo che sia sparito da mesi e nessuno l’abbia fatto notare, soprattutto sua moglie».

Hermione annuì, finendo di intrecciarsi i capelli con un colpo di bacchetta. «Ho incontrato Lord Fitzroy qualche settimana fa, durante una delle mie visite di controllo al San Mungo4» mormorò, accigliata. «Mi è sembrato piuttosto tranquillo, si era presentato in ospedale per poter accompagnare uno dei suoi allievi che era rimasto ferito durante una sessione d’allenamento. Quando mi ha riconosciuta ha voluto sapere per filo e per segno dei dettagli sulla nostra ricerca».

Draco annuì, giocherellando con un filo scucito del copriletto fatto a mano. «Io l’ho incontrato un mesetto fa, dopo il matrimonio di sua figlia. Ci conosciamo da anni, i miei genitori sono stati invitati alle nozze… mi ha detto che gli avrebbe fatto piacere avere anche noi due, ma io ero in missione e-».

«E tu gli hai detto che io non stavo ancora bene» gli sibilò contro Hermione, balzando in piedi e puntandogli contro il dito. «Ecco perché tua madre è venuta a trovarmi, prima di andare al matrimonio! Quando mi ha vista in perfetta salute ha sbuffato e ha detto che sei un idiota… sapevo che c’era una ragione, sotto!» continuò ad invenire, poggiandosi le mani sui fianchi in una fedelissima imitazione di Andromeda Tonks con il nipotino. «Non puoi permetterti-».

«Hermione». Il fatto che lui avesse utilizzato il suo nome, piuttosto che qualche altro appellativo, le impedì di continuare. Era raro che succedesse e, generalmente, accadeva quando lei era pesantemente in torto o lui riteneva di essere totalmente nella ragione, spesso sbagliando a sua volta. «Saresti davvero andata ad un matrimonio pieno di purosangue, molti dei quali spocchiosi o con parenti spediti ad Azkaban per causa tua? Oltretutto saresti stata costretta a passare il tuo tempo con i miei genitori, venendo presentata come la loro futura nuora. Davvero ci saresti andata? Davvero?» le chiese, con il sopracciglio inarcato e l’aria da sarcastico principino stampata in viso, così compiaciuta da far nascere nella strega l’irrefrenabile impulso di spaccargli la faccia con un altro pugno.

Tuttavia, Draco aveva ragione.

«Per quale motivo avrebbe voluto invitare anche noi? Capisco i tuoi genitori, dopotutto anche noi dovremo invitare tutta quella gente spocchiosa5, ma…» corrugò le sopracciglia, tornando verso la toletta. Ancora aveva il viso dello stesso colore del gesso, avrebbe fatto bene a darsi una lieve sistemata, così da non sembrare un cadavere. Ed avrebbe dato qualunque cosa pur di non dover fronteggiare lo sguardo vittorioso che lui le avrebbe sicuramente lanciato.

Draco, che naturalmente non sembrava disposto a negarle la sua occhiata compiaciuta, la raggiunse, fermandosi alle sue spalle e prendendo ad accarezzarle la linea del collo con la punta delle dita, sorridendo nel sentire la pelle d’oca di lei. «Io ed Ella siamo amici da anni, abbiamo frequentato la stessa scuola privata, prima di Hogwarts» spiegò, chinandosi per lasciarle un bacio sulla guancia, improvvisamente rallegrato dal rossore che immediatamente la colorò. «Lei poi ha studiato da privatista, ma siamo rimasti sempre in contatto. Sai, io c’ero il giorno in cui lei ed Anthony ebbero il primo scontro… fu memorabile».

Hermione gli dedicò un’occhiata curiosa tramite il riflesso nello specchio. «Memorabile nel senso colpo di fulmine? Dove si sono conosciuti, ad una qualche festa per spocchiosi purosangue in cui parlate male di quelli come me e fate piani per la conquista del mondo?» gli chiese, senza nascondere una punta di ironia. Le sue frequenti battutine riguardo tutta la società da cui lui proveniva erano all’ordine del giorno ed ormai avevano perso buona parte della iniziale cattiveria6.

Draco, senza quasi battere ciglio, trasfigurò una rosa in un meraviglioso pendente a medaglione, che poi le passò intorno al collo. «Qui potrai nascondere l’anello di fidanzamento, così potrai sempre portartelo dietro» le comunicò, per poi scuotere il capo, con un sorrisino divertito. «Quanto a quei due, mi dispiace deluderti ma il loro primo incontro è stato ad una competizione nazionale, il Torneo dei Tre Gigli7, che viene organizzato in memoria del fondatore del Club dei Fitzroy. Anthony è arrivato in finale, contro Ella… lei non ha preso bene il fatto di non averlo battuto alla prima stoccata» il suo divertimento era evidente nel luccichio del suo sguardo. «Lo ha sfidato nuovamente, allora, e questa volta è stato lui a vincere».

Hermione, cominciando a comprendere come dovevano essersi evolute le cose, sorrise. «Allora lo ha sfidato di nuovo, perché non poteva accettare la sconfitta, vero?» azzardò, ridacchiando quando lui annuì.

«Continuò a sfidarlo per mesi ed arrivarono al punto da non riuscire più a decretare un vincitore. Poco più di quattro mesi fa, alla fine, Anthony ha scommesso che se fosse riuscito a colpirla con una sola maledizione lei avrebbe accettato di sposarlo».

«Riuscì a colpirla?».

Draco scosse il capo, esasperato. «Neppure per sogno. A quel punto, però, è stata lei a dirgli che, se fosse riuscita a colpirlo, lui si sarebbe dovuto inginocchiare e farle una proposta come si deve» spiegò, ridacchiando probabilmente al ricordo dell’evento in questione. «Secondo il racconto del mio uccellino di fiducia, Anthony ha praticamente accolto lo Stupeficium a braccia aperte».

Hermione si accigliò. «Il tuo uccellino?».

«Blaise, ovviamente».

Il sorriso che si scambiarono avrebbe potuto far saltare la loro copertura senza alcuna spiegazione aggiuntiva.

 

***

 

«Vostre Eccellenze, stavo venendo a chiamarvi».

La giovane cameriera li aveva raggiunti proprio quando si erano decisi a lasciare le loro stanze per fare un giro esplorativo per tutto il castello, ma Draco temeva che quell’eccentrica ragazzina fosse sempre stata dietro l’angolo, troppo spaventata per pensare di avvicinarsi immediatamente. Aveva dei piccoli occhietti scuri ed era leggermente sovrappeso, ma il particolare più importante erano di certo i capelli, con un taglio a spazzola e le punte azzurre. Con buone probabilità, era stata una delle ultime persone colpite dal sortilegio. Il suo naso portava ancora i segni evidentissimi di un disgustoso numero di piercing.

«Potevamo tranquillamente raggiungervi nella Sala del Trono» si fece avanti Hermione, intenta a guardare i propri piedi per non inciampare lungo le tortuose scale di pietra. Nonostante i sette anni trascorsi ad Hogwarts indossando la divisa ed i mantelli, non riteneva d’essere capace di muoversi indossando il vestito. Le sue vesti erano meravigliose, incredibilmente simili a quelle che tante volte lui aveva visto indosso a Morgana, nelle centinaia e centinaia di ritratti che affollavano le sale di Hogwarts e di tantissime altre case. Il velluto blu sembrava morbidissimo, le cadeva sui fianchi in un modo assolutamente delizioso. Se fossero stati soli, avrebbe trovato il modo di farle sapere quanto avesse apprezzato quella scelta di vestiario.

Ma gli allievi di Avalon erano sacerdoti.

«Oh, no, Vostra Eccellenza, il Re temeva che poteste perdervi» rispose ancora la cameriera, lanciando uno sguardo veloce fuori da una piccola finestra. C’era una certa nostalgia, nel suo tono, e Draco si chiese se forse una parte di lei riuscisse a ricordare la vita di prima, quella che era stata costretta ad abbandonare. Forse era una babbana che si era ritrovata improvvisamente non soltanto immersa nel passato, ma addirittura in un passato popolato di creature magiche, streghe e stregoni. «Il Castello è enorme, anche noi servi spesso ci perdiamo. Se poi aveste imboccato le scale che vanno ai sotterranei, probabilmente non sareste più tornati. I corridoi sembrano spostarsi, anche il grande Merlino evita quel postaccio».

«Anche il Maestro li evita?» con il tono più cortese di cui fosse in possesso, Draco chiese spiegazioni riguardo l’ultima affermazione della loro accompagnatrice. Anche Hermione sembrava interessata, tuttavia rimase in silenzio. Sapevano entrambi che sarebbe stato meglio lasciare le sue competenze inquisitorie per i momenti di forte necessità8. «Interessante, non trovi anche tu? Un maestro come Merlino, così competente… per quale motivo potrebbe aver paura dei sotterranei?».

La cameriera si strinse nelle spalle, scendendo gli ultimi gradini della piccola scalinata a chiocciola. Si trovarono quindi nello stesso immenso salone in cui si erano ritrovati non appena arrivati al Castello. Per l’ennesima volta, Draco si ritrovò abbagliato dalla meraviglia di quelle altissime vetrate e dai meravigliosi stendardi rossi e argentati che rappresentavano il leone della famiglia Pendragon9, la dinastia di Re Artù. Le armature erano pulite, lucide, dei cavalieri si aggiravano per l’altissima sala con una nonchalance che nessun attore avrebbe potuto mai ottenere.

«Merlino sarà con il Re?» interrogò Hermione, non più rapita dall’ambiente come invece era lui. «Vorremmo davvero incontrarlo, siamo stati inviati qui per bearci della sua conoscenza» aggiunse, chinando il capo in direzione di un cavaliere che, passando, si era profuso in una elegantissima riverenza, accompagnata da uno sguardo interessato.

Draco sibilò in direzione dell’uomo, che tuttavia non gli prestò grande attenzione, ormai vicino alla porta.

Che stronzo.

«Naturalmente, Merlino non lascia mai il fianco del Re, se non in poche circostanze» spiegò la cameriera, tranquilla, accompagnandoli verso le grandi porte che si trovavano alla fine del corridoio d’ingresso. La sala del Trono? «Temiamo un attacco dalla Fata, sapete. È preferibile che i Cavalieri ed il Maestro non lascino mai il fianco di Sua Maestà, non vorremmo mai che la storia si ripetesse».

La storia.

Artù, che aveva inconsapevolmente giaciuto con la sorella e dato i natali a Mordred, portatore della sua morte.

«Posso capire la vostra premura, naturalmente» concordò Draco, annuendo leggermente. «Ma adesso possiamo continuare da soli, non vogliamo certo occupare il tuo tempo» le disse dopo, con un tono che non ammetteva alcun tipo di opposizione, aggiungendo anche un gesto elegante della mano, obbligandola a congedarsi. Il suo atteggiamento da Lord si era dimostrato nuovamente utile.

La cameriera, vagamente stizzita, si inchinò velocemente e, dopo aver lanciato un’occhiata carica d’invidia ad Hermione, sparì oltre una porta nascosta dietro un’armatura, probabilmente diretta alle cucine.

«Non ha fatto altro che mangiarti con gli occhi» fu la prima cosa che disse la sua futura moglie, afferrandolo per il braccio e trascinandolo verso la Sala del Trono. «Tu credevi di dover difendere il mio onore, invece sono io a doverti proteggere!» gli sibilò, fulminando una dama che, spaventata, si affrettò a cambiare strada. «Avresti dovuto indossare la tunica, come ti avevo detto».

Draco si accigliò, senza riuscire a nascondere un sorriso. «Sei forse gelosa, Mon Ange?» le domandò, facendole l’occhiolino, per poi tornare a guardare davanti a sé. Se si fosse lasciato prendere, avrebbe mandato al diavolo la loro copertura. «Hai sentito? Merlino evita i sotterranei».

Lei annuì, tornando seria. «E non lascia il fianco di Artù. Pensi potrebbe saperne qualcosa? Dopotutto, sappiamo che è un Mago. Se avesse trovato Excalibur e ne avesse sfruttato il potere? Tu stesso hai ripetuto più volte che nella società Purosangue il sogno di Camelot è radicato nella vostra cultura».

«Probabile» concordò lui, preoccupato. «Se davvero c’è un mago, dietro l’improvvisa presa di potere della spada, di sicuro avrebbe scelto di essere Merlino, in questa nuova versione. Le foto fornite dalla testimone antecedenti alla maledizione hanno mostrato che suo fratello fosse un po’… scialbo» disse l’ultima parola come se fosse stata il peggiore degli insulti, guadagnandosi un’occhiataccia dalla Mezzosangue. «Voglio solo dire, mia cara, che avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per lanciare la Maledizione e sfruttarla, diventando il mago più potente della storia».

Anche se ancora accigliata, lei annuì. Ormai erano arrivati sulle soglie della Sala del Trono e due valletti attendevano proprio lì, sulla porta, con in mano una pergamena ed un lungo bastone con pomello. Li avrebbero annunciati? Lui aveva sempre voluto essere annunciato.

«Occhi aperti e poche confidenze con Merlino, se dovesse capire chi siamo, cosa probabile, dovremo fingere di non avere idea di cosa stia accadendo. Dovremo comportarci come Anthony» si raccomandò lui, facendo un cenno ai due valletti, che si inchinarono. «Lord Abraxas Morgerstern e Lady Margot Sinclair» disse poi, osservando il valletto con il bastone precederli nella stanza.

«Stai vivendo il momento migliore della tua vita, non è vero?» gli domandò Hermione, ridendo, mentre facevano il loro ingresso trionfale, accolti da inchini ed applausi. «Devo ammettere che è piuttosto interessante. Mi ricorda quando siamo arrivati al Ministero, quando sono stata dimessa».

Era stato, in effetti, un ingresso a dir poco meraviglioso, fra grandi onori, ma non poteva essere paragonato a quello. Qualcuno stava suonando delle trombe, nella balconata sopra le loro teste, e la gente distoglieva lo sguardo con timore riverenziale.

Si sarebbe potuto abituare.

Davanti a loro, su di un trono che avrebbe fatto invidia alla Regina Elisabetta, un uomo sulla trentina osservava quella scena con un meraviglioso sorriso gentile. Quando Hermione si irrigidì, sorpresa, lui non riuscì neppure a darle torto: era semplicemente magnifico. I suoi capelli splendevano come l’oro, incuteva rispetto pur essendo comodamente seduto. Quando si rialzò dal Trono, le ginocchia di Draco tremarono.

No, non poteva essere un comune cittadino trasformato.

Era lui, l’Eterno.

Inginocchiarsi fu quasi una reazione involontaria, anche per lui. «Vostra Maestà» mormorò, osservando la Granger con la coda dell’occhio e ritrovandola tutta persa nella contemplazione. Ovviamente. «Il mio nome è Abraxas Morgerstern e questa è la mia sorella, lady Margot Sinclair. Siamo umili sudditi di Vostra Maestà, giunti da lontano per conoscere lo splendore e la magnificenza di Camelot e del Maestro Merlino».

Il Re sorrise, scendendo dal suo podio e facendo loro cenno di alzarsi, porgendo la mano ad Hermione. «Benvenuti, cari ospiti, alla Corte di Camelot» li salutò, con una voce ferma e tonante, adatta ad un sovrano. «Sono certo che il Maestro Merlino sarà lieto di assistervi nelle vostre ricerche e di aprirvi le porte della sua conoscenza» aggiunse, occhieggiando alle sue spalle, dove un vecchietto con barba e capelli lunghi e bianchi li osservava divertito ed apparentemente gentile. Indossava una veste rossa, molto simile a quella che la strega aveva tentato di far indossare a Draco, simbolo degli Stregoni di Avalon, ed aveva in mano un lungo bastone bitorzoluto, probabilmente contenente la sua bacchetta.

Non somigliava affatto alla foto dell’uomo che la testimone aveva lasciato al Ministro, sembrava avesse vissuto altri sessant’anni condensati in una settimana. Anche il suo sguardo era antico, tuttavia non riusciva a sembrare convincente come Artù.

Nessuno sarebbe potuto sembrare più convincente di Artù.

«Mio Signore, vi siamo immensamente grati dell’ospitalità» mormorò Hermione, arrossendo come una scolaretta. «Il nostro è stato un lungo viaggio e siamo onorati di poter fare la vostra conoscenza» continuò, occhieggiando finalmente al sedicente Merlino, che aveva fatto dei passi nella loro direzione.

«L’onore è tutto nostro, non è vero, Merlino?».

«Naturalmente, Vostra Maestà» il vecchio si inchinò davanti al suo Re, sorridendo ai due giovani allievi. «Aspettavo notizie da Avalon con grande impazienza, ho mandato tantissimi gufi ma non ho ricevuto alcuna risposta da parte della vostra direttrice».

Perché Avalon non esiste, stronzo, e tu lo sai benissimo.

«Oh, la Magia che circonda l’Isola ci protegge da qualunque contatto esterno» inventò, con nonchalance, la Mezzosangue, sorridendo pacifica verso il vecchio. «Siamo totalmente isolati, poiché tanti mali si aggirano per questo nuovo mondo e noi non possiamo permettere che i giovani iniziati vengano distratti».

Merlino, colpito, annuì. «Naturalmente. Io ho fatto un incantesimo simile sulla cittadella, per evitare invasioni esterne. Il nostro nemico non è lontano, purtroppo, e noi non siamo abbastanza forti da difenderci» si lamentò poi, scuotendo il capo sconsolato, indicando quindi le grandi finestre sulla loro sinistra. «Ho sperato fino alla fine che Morgause9 mandasse qualcuno per aiutare me e Madame nella difesa e, per fortuna, gli Dei mi hanno ascoltato».

Accigliato, Draco fissò il vecchio senza capire. «Madame?».

«Naturalmente. Nimue, la Dama del Lago. Sono sicurissimo che lei sarà lieta di vedervi, ha studiato a sua volta ad Avalon, condividere dei vecchi ricordi con voi non potrà che farla felice».

 

Merlino sembrava aver atteso solo una scusa sufficientemente credibile per correre nella torre più alta del castello, dove viveva reclusa la Dama del Lago. Nel momento in cui Artù li aveva congedati, lui aveva aperto la strada verso la zona Nord, quasi saltellando su per gli scalini in piena eccitazione. Insieme a loro, come scorta, c’era anche Anthony Goldstein che, contrariamente al mago, sembrava sul punto di fronteggiare la peggiore fra le disgrazie del mondo. Il suo viso era tirato, gli occhi gelidi nella loro agonia.

Hermione, nel momento stesso in cui aveva avuto modo di restare relativamente da sola con lui, non aveva perso tempo per informarsi su cosa gli passasse per la testa. Non era un atteggiamento da Anthony, quello.

«Sta bene, Sir Gawaine?» gli chiese, cercando di darsi un contegno e senza sembrare troppo impicciona. Dopotutto, lui non aveva idea di chi lei fosse, avrebbe potuto liquidarla velocemente, ritenendo che volesse soltanto farsi gli affari suoi o sfruttare le sue debolezze. «Avete un’espressione davvero molto cupa».

Il Cavaliere, sorpreso forse dalla tranquillità nel suo tono, la osservò con curiosità, prima di sospirare. «Mi dispiace di avervi indisposta, Vostra grazia» la tranquillizzò, cercando, con poco successo, di dedicarle un sorriso gentile. «Sono sempre felice di poter fare da scorta al Maestro Merlino, ma… non mi sento a mio agio nella torre» confessò, con un sorriso imbarazzato. «La prego, non me ne chieda il motivo, dovrei venir meno ai miei giuramenti ed il mio onore non mi permetterebbe di sopravvivere» la supplicò poi, fulminandola con i suoi meravigliosi occhi blu.

Quegli stessi occhi che Hermione aveva sempre ammirato con un sospiro lontano, negli anni in cui Ronald era solo un amico e Draco non era altro che un presuntuoso con i capelli ricoperti di unto in una splendida imitazione bionda di Severus Piton10. Anthony, diversamente da loro, era sempre stato oltre la realtà, la personificazione del principe azzurro delle fiabe. Essere guardata in quel modo da lui riuscì a zittire qualunque sua domanda sconveniente.

«Perché la Dama è chiusa nella Torre? Non vuole uscire?» gli domandò invece, cominciando a sentire la fatica di arrampicarsi su quelle scale ripide con delle scarpe scomode e con un vestito a dir poco ingombrante. Il cavaliere le offrì il braccio e lei accettò solo per cortesia, consapevole che non avrebbe rappresentato un vero supporto. Probabilmente l’avrebbe rallentata ancora di più. Dietro di lei, Draco mugugnò qualcosa di incomprensibile.

Anthony strinse le labbra, rendendo chiaro che fosse proprio la strega rinchiusa la ragione del suo tormento e del suo essere restio a recarsi in quel luogo. Osservò Merlino in modo tutt’altro che amichevole, scuotendo leggermente il capo. «La Dama è posta sotto la custodia del Maestro» spiegò, cupo. «Lui ritiene che lei debba essere preservata dai mali, motivo per cui ha deciso che lei dovesse trascorrere la sua esistenza nel luogo più protetto del castello».

«E scommetto» intervenne Draco, facendosi leggermente avanti ed attirando la loro attenzione. «Che la Dama non ha voce in capitolo, al riguardo» si voltò verso Hermione, a labbra strette. «La Dama del Lago rappresenta più di una persona, ma una sua identità è quella di Nimue, la donna amata follemente da Merlino ed artefice della sua morte. Stando al modo in cui il vecchio è scappato via non appena ha avuto la possibilità di vederla, immagino che questa volta voglia approfittare della sua nuova posizione per costringerla».

«Costringerla a far cosa?» chiese Hermione, accigliata, mentre, davanti a loro, una piccola porta di legno scuro veniva spalancata da un fin troppo felice Merlino.

«Costringerla ad amarlo, Milady» fu la risposta cadaverica che le riservò Anthony, facendole cenno di precederlo.

La stanza in cui entrarono aveva soffitti molto alti e decorati con delle raffigurazioni mitologiche e volte stellate. Le pareti erano ricoperte di libri, un enorme letto a baldacchino spiccava proprio al centro dell’ambiente e, nel silenzio, il rumore di un vaso sbattuto a pochi centimetri dalle loro teste fece trasalire un po’ tutti, ma non Merlino.

«Mia cara, cerca d’esser ragionevole, lo sai che lo faccio solo per la tua sicurezza» stava dicendo il mago, pacifico, schivando un libro ed un cuscino lanciati uno dopo l’altro con incredibile violenza. «Nimue cara, ti sembra il modo di accogliere i nostri ospiti? Sono arrivati direttamente da Avalon per parlare con noi!».

A quel punto, i lanci selvaggi d’oggetti si interruppero ed un silenzio curioso li avvolse. Nascosta dietro il Mago ed il Cavaliere, Hermione riuscì soltanto a scorgere l’espressione disperata di quest’ultimo, simile a quella di un uomo perduto in mezzo al deserto costretto ad osservare da lontano una fonte d’acqua zampillante. Draco, più alto di lei, riuscì a dare un’occhiata all’occupante della stanza e, un attimo prima che i due ostacoli si facessero da parte, lanciò un’imprecazione a dir poco impressionante.

Davanti a loro, con addosso delle vesti dello stesso colore del cielo, Druella Fitzroy-Goldstein li fissava con ancora in mano un bicchiere di cristallo, parecchio sconvolta ed anche parecchio cosciente.

«Ah, eccellente, eccellente, finalmente qualcosa ha placato il tuo animo battagliero!» si rallegrò Merlino, facendosi avanti con l’atteggiamento di un vecchio maniaco ed allargando le braccia come se avesse avuto l’intenzione di stringere a sé la Dama. Dietro di lui, Anthony strinse i denti ma non disse nulla, meritandosi, tuttavia, un’occhiata triste da parte della donna.

«Lei forse si ricorda di noi,» mormorò Draco ad Hermione, tenendola per il braccio, «ma lui non sta fingendo. Anthony è un uomo estremamente orgoglioso, se qualcuno si fosse avvicinato a sua moglie in quel modo, non sarebbe sopravvissuto abbastanza per raccontarlo, lo avrebbe sfidato a duello prima ancora che avesse potuto formulare un pensiero sconcio su di lei».

«Avvicinati di un altro passo, vecchio maniaco, e giuro che ti darò in pasto ai cani» sibilò Druella, arretrando di un passo e schiaffeggiando via la mano del Mago, dedicandogli uno sguardo a dir poco crudele. «Vattene, ti ho già detto mille volte che non ho intenzione di condividere neppure l’ossigeno con te! Se non mi avessi tolto la bacchetta te l’avrei già dimostrato fin troppo bene».

Hermione sorrise, vagamente divertita, lanciando un’occhiata storta al suo fidanzato. «Non credo che lei abbia bisogno d’aiuto» gli fece notare, prima di schiarirsi rumorosamente la voce e farsi avanti, con l’espressione più amabile di cui fosse in possesso. «Forse, Maestro, sarebbe bene che noi restassimo soli con la sorella» fece notare a Merlino, sorridendo. «Sua Grazia probabilmente è solo stanca, l’esser rimasta chiusa qui, per il suo bene, deve averla sfiancata. Sono certa che noi sapremo calmarla, raccontandole qualche meraviglioso aneddoto sulla nostra scuola».

Le due donne si guardarono e ad Hermione sembrò quasi di sentire la sua voce ringraziarla nella propria testa. Curioso.

«La sorella ha ragione» insistette allora proprio lei, accennando un sorrisino stanco in direzione di Merlino. «Sono stanca, vorrei rilassarmi parlando liberamente con loro. Forse vorrò parlarti, dopo» lo rassicurò, assumendo una posizione decisamente meno intimidatoria, per quanto una ragazza come lei – bionda, pallida, magra, praticamente una fatina delle fiabe – potesse essere minacciosa. Probabilmente essere l’ultima erede diretta di una stirpe di duellanti professionisti l’aveva aiutata a sviluppare un’aura di timore riverenziale capace di seguirla un po’ ovunque.

Messo con le spalle al muro, Merlino annuì, voltandosi verso Draco con aria vagamente ansiosa. «Mi raccomando, non potrei sopportare che qualcuno faccia male al mio tesoro. Te l’affido» si raccomandò, torturandosi nervosamente le mani.

«Sono certo che Madame sappia benissimo difendersi da sola» gli rispose lui, accigliato, alludendo platealmente al modo in cui l’aveva rimesso al suo posto, non più di pochi istanti prima. Nel frattempo, il mago aveva raggiunto la porta ed era rimasto a fissarlo, con un sorriso bonario in viso.

«Oh, certo, perché le streghe sono capaci proprio quanto i maghi» ribatté Merlino, con una risatina divertita ed ironica, alzando gli occhi al cielo. «Andiamo, Gawaine, lasciamoli soli» aggiunse poi, civettuolo, facendo un cenno imperioso al Cavaliere, che fino a quel momento era rimasto a fissarlo come se gli avesse appena schiaffeggiato il cagnolino preferito. Lo sdegno nei suoi occhi era evidente a chiunque, ma, evidentemente, non al Maestro, ormai uscito dalla camera.

Sempre con quell’espressione, si voltò a guardare prima la Dama e poi Hermione, scuotendo il capo. «Per quello che vale, io vi ritengo forti quanto qualunque uomo, forse anche di più» specificò, soffermandosi per un momento sulla bionda, quasi lei gli avesse strappato via il cuore. Per un attimo sembrò anche sul punto di dirle qualcosa, però si riprese e, scuotendo il capo, si inchinò ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

Con un sospiro plateale, Ella fissò tristemente il pannello di legno, scuotendo il capo. «Quando tutto questo finirà, dovrai andare in terapia, amore mio». Poi, cupa, si voltò verso i due ospiti, le braccia incrociate al petto. «Era ora che il Ministero mandasse qualcuno! Cosa aspettavate, per venire a salvarci? Che la nuova Morgana portasse Excalibur al Ministero e ci trasformasse tutti?». 

 

 

 

 

»Marnie’s Corner

 

Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!

 

Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!

 

Avvertenza: Questa fanfiction è un sequel/spin-off della mia long: Lo Specchio delle Anime.

 

 

Merlino vecchio porco.

 

Grazie davvero per tutto il supporto che mi avete dato per questa storiella, sono assolutamente entusiasta! Grazie per aver portato pazienza, ma ho dovuto dare un esame che ha torturato tutta la mia povera estate quindi vi lascio intendere quanto stressata io sia stata! Spero che questo piccolo capitolo di “presentazione personaggi” sia stato di vostro gradimento.

 

 

 

Punti importanti:

 

» 1 – Riferimento alla mia long. Durante delle missioni sotto copertura, Draco ed Hermione si sono spacciati per futuri sposi, motivo per cui lui fa questa affermazione. Draco voleva essere il futuro signor Granger anche prima di rendersene conto!

 

» 2 – Riferimento alla Spada di Grifondoro. Come fa Draco a sapere della sua esistenza? È uno storico dell’arte magica, un Indiana Jones dei maghi, se non lo sa lui allora chi?

 

» 3 – Hermione voleva farlo vestire come Silente nei momenti d’oro. Una disgrazia, non trovate?

 

» 4 – Nella Long, Hermione è stata ricoverata in ospedale per più di un mese, motivo per cui è stata costretta a tornare, dopo, per delle visite di controllo. In una di queste ha incontrato Lord Fitzroy, che moriva dalla voglia di scoprire qualcosa in più sulla loro missione. Milord non aveva mai incontrato Hermione, ma, essendo un vecchio nobile, si è preso subito di confidenza.

 

» 5 – Per chi non l’avesse capito, Draco ed Hermione dovranno sposarsi entro qualche mese.

 

» 6 – Questa è una cosa che, secondo me, non viene sottolineata abbastanza nelle Dramione. Draco è razzista, sì, ma neppure Hermione scherza. È un razzismo inverso, un po’ quello che in generale tutti hanno verso i Serpeverde. Draco è cambiato e si è aperto ai Babbani, ma anche Hermione si è aperta all’alta società da cui lui proviene.

 

» 7 – Ho inventato io il torneo, naturalmente. Si tratta di una competizione che esiste da secoli, qui si scontrano i migliori duellanti di tutto il mondo e, da quando si ha memoria, un Fitzroy è arrivato quasi sempre in finale. Quasi perché ci sono stati un paio di antenati di Druella che davvero non erano portati. 

 

» 8 – Per chi non lo sapesse, Hermione qui è una Inquisitrice, una sottospecie di PM babbano con competenze da detective. Una cosa troppo figa, lei è la migliore con gli interrogatori.  

 

» 9 – Pendragon si presume sia la famiglia di Re Artù, che potrebbe avere dei discendenti ancora oggi, nella nobiltà inglese. Morgause si ritiene fosse sorella sia del re che di Morgana, tuttavia entrambe non sono Pendragon.

 

»10 – Sì, insomma, Hermione aveva una cotta per Anthony. Un po’ tutte avevano una cotta per Anthony.

 

» Merlino “vecchio porco” non è il vero Merlino. E di certo non era uno capace di sottovalutare delle streghe come Hermione e Druella. Quel Merlino è soltanto la rivisitazione del signor Miller. È la persona vera ad essere un disgustoso viscido, di certo non Merlino. Sì, il vero Merlino era innamorato di Nimue e da lei è stato ucciso, ma questa volontà di intrappolarla non l’ha mai avuta.

 

 

Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare in orario!  

 

Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!

 

Grazie ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

 

 

 

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Capitolo 4
*** Atto IV - Raperonzolo ***


Lleggenda di Camelot.

 

 

  

 

Atto IV – Raperonzolo.

 

 

 

«Quindi tu sei la famosa fidanzata di Draco».

Dopo un’ora di imbarazzato ed inquietante silenzio, Hermione sollevò lo sguardo dal libro che aveva scelto dall’ampia selezione a disposizione della Dama del Lago. Non aveva davvero prestato attenzione alle parole scritte a mano – era comunque incantevole che certi volumi si fossero presentati in quella nuova Camelot – perché troppo interessata a non morire di imbarazzo sotto lo sguardo smeraldino della donna rinchiusa con lei in quella prigione.

Druella Fitzroy-Goldstein aveva la sua età eppure sembrava più giovane, probabilmente a causa del fisico particolarmente minuto e dei capelli dorati, molto più delicati di quanto non fossero quelli di Draco. L’apparenza angelica, come aveva avuto modo di verificare, era solamente un’illusione: il modo in cui aveva ridotto buona parte della stanza, quando Merlino era tornato ed aveva cercato nuovamente di baciarla era un testimone di quanto fiera e forte fosse realmente la sua indole. In quel momento, dopo averla osservata a lungo, doveva aver deciso che lei fosse degna di una conversazione, interrompendo quell’imbarazzante silenzio.

«Se proprio vogliamo essere pignoli, è lui ad essere il mio fidanzato» le rispose Hermione, accennando un lieve sorriso soddisfatto. Era una precisazione che ormai ripeteva a chiunque da mesi. Non le andava giù quel modo paternalistico con cui, soprattutto gli anziani, le rivolgevano quell’affermazione, quasi il fatto che lei fosse la fidanzata di Draco gli desse un qualche diritto sulla sua persona capace di elevare la sua posizione. Nessuno aveva diritti su di lei.

Druella dovette apprezzare, poiché sorrise e si rilassò sulla sua poltrona, seduta talmente storta da far sentire ad Hermione l’eco della vecchia prozia di Draco, la compianta signora Black, mentre si lamentava della sciatteria moderna. «Sì, lui è il tuo fidanzato. Dopotutto, mi sembra abbastanza evidente chi porti i pantaloni, nella coppia» si complimentò, con una risatina, mettendo da parte il libro che anche lei aveva finto di leggere.

«Preferisco pensare che il nostro sia un rapporto paritario» le rispose Hermione, stringendosi nelle spalle e rialzandosi in piedi per poter dare uno sguardo oltre la piccola finestra che si affacciava sul cortile interno del Castello. Sotto di loro, tantissimi servi correvano avanti ed indietro per organizzare la cena in loro onore che Artù aveva deciso di organizzare. Draco era stato convocato dal Re stesso, così che potesse fare un giro per il piccolo regno insieme a lui ed a Merlino. Naturalmente, Hermione non era stata invitata: non era un lavoro da donne, quello.

Druella rise più forte – un suono roco, ma per alcuni versi infantile – a quella sua risposta, scuotendo il capo. «Concettualmente, non ho nulla da ridire. Tuttavia entrambe conosciamo Draco Malfoy1 ed entrambe sappiamo che lui abbia un grande bisogno di una guida e di supporto» le disse, stringendosi nelle spalle. «Tu sei il suo faro, è evidente come lui ti guardi per trovare la risposta ai suoi dubbi esistenziali. Ha passato troppo tempo sballottato fra persone senza il minimo senso della giustizia e della moralità, tu gli ricordi chi vuole essere. Quindi, mia cara, sei tu ad avere i pantaloni».

Hermione avrebbe voluto ribattere con il lungo elenco di tutte le volte in cui lui aveva mandato al diavolo il suo consiglio, facendole perdere la pazienza e prendendo decisioni moralmente molto più che discutibili, tuttavia si trattenne. Non voleva mettersi a discutere con una sconosciuta di affari privati come ciò che succedeva a casa sua, non era nulla che la riguardava. «Tu ed Anthony, invece? Lui di certo non ha bisogno di una guida morale».

Con un sorriso da volpe, Druella si strinse nelle spalle. «Lui non ne ha bisogno, ma io, ogni tanto, sì» disse, tranquilla, allungando la mano per prendere un biscottino, portati da una giovane cameriera non più di venti minuti prima. «Ma io ed Anthony siamo completamente diversi da voi, non abbiamo avuto la stessa storia tormentata, alle spalle. L’unico ostacolo al nostro matrimonio è stato quello di unire il rito magico con quello ebreo2 e solo perché il rabbino Jones è stato ubriacato da mio cugino più o meno un’ora prima delle nozze».

Per un istante, Hermione immaginò cosa avrebbe fatto lei se il celebrante si fosse presentato completamene ubriaco al matrimonio e, senza quasi rendersene conto, impallidì. «Era davvero ubriaco?».

«Ha cercato di celebrare il matrimonio di Tonia e David, era decisamente ubriaco» si lagnò la bionda, con una risatina nervosa. «Fortunatamente Blaise aveva una pozione per far passare la sbronza ed il rabbino si è potuto riprendere velocemente».

Blaise, certo, anche lui era al matrimonio.

«Conosci Zabini, quindi. E Draco, naturalmente» iniziò lei, incerta, senza sapere bene dove sarebbe andata a parare. Non era la prima volta che le succedeva di iniziare un discorso senza sapere come concluderlo, aveva scoperto di poter ottenere risultati insperati, in quel modo. Un salto ad occhi chiusi verso le informazioni che i suoi interlocutori avrebbero potuto darle.

«Ah, ma grazie all’Istituto St. Claire!3 La migliore scuola primaria di tutta l’Inghilterra, è stata frequentata da tutti i rampolli delle famiglie purosangue e mezzosangue» le spiegò Druella, alzandosi in piedi e stiracchiandosi con aria annoiata. «La scuola è antica quasi quanto Hogwarts, siamo andati quasi tutti lì, sai… io, Anthony, Draco, Blaise, Daphne ed Astoria, un po’ tutti. Loro, però, sono andati ad Hogwarts, io invece no».

«Perché no?». Esitante, Hermione allungò la mano per prendere un biscottino. Era semplice, senza cioccolato o altra crema, in perfetto stile medievale4. «Draco si è rifiutato di dirmelo, quindi immagino sia una questione delicata. Se non vuoi-».

Senza alcun preavviso, Druella scoppiò a ridere. «Non è nulla di scabroso, Granger! Draco sapeva che ti saresti intestardita al riguardo» le spiegò, scuotendo il capo. «Mio nonno ha sempre avuto da ridire con il preside Silente, il mio vecchio aveva proposto la riapertura del Club dei Duellanti ma lui si è sempre rifiutato, ritenendolo inutilmente pericoloso. Quando poi il club è stato rifondato da Allock, immaginerai quanto sia stato… entusiasta».

Hermione arrossì, ricordando il modo disdicevole in cui era solita sciogliersi per quell’uomo. «Il Club non ha funzionato davvero finché il professor Vitious non se n’è preso la responsabilità» spiegò, stringendosi nelle spalle e ricordando la corte che il professore le aveva fatto per anni affinché si unisse al suo fantasioso gruppetto. Naturalmente, Hermione era sempre stata troppo impegnata per un passatempo tanto banale. Non che avesse intenzione di dirlo all’erede della più grande scuola di duello di tutta l’Europa Occidentale.

«Il professore è stato allievo di mio nonno» si vantò Druella, soddisfatta. «Non aveva dubbi che fosse più che in grado di prendersi cura del Club. Naturalmente a quel punto la Guerra stava per scoppiare, andare a scuola in quel periodo sarebbe stato distruttivo per me».

Un uccellino entrò dalla finestra, svolazzando allegramente fino a posarsi accanto alla bionda. In quell’istante, Hermione lo notò con una certa stizza, sembrava appena uscita da un quadro del pieno periodo romantico, una principessa con un pettirosso sul dito e capace di soavi sinfonie dalla propria finestra. Quando lei, però, scacciò l’animaletto al sibilo di «Sparisci bestiaccia», si sentì molto, molto meglio.

«La Guerra è stata dura per tutti» si lamentò quindi Hermione, con un sospiro, tornando ad osservare i titoli contenuti nella libreria. «Hai fatto bene a restarne fuori, considerando l’importanza della tua famiglia avresti rischiato di essere presa di mira». Il pensiero andò subito alla giovane Rosemary5 ed alla fine che aveva fatto. Una volta conclusa quella crisi, avrebbe fatto bene a far visita al dottor Crave e tentare, nuovamente, di trascinarlo allo studio. «E forse non avresti conosciuto Anthony, non vi sareste innamorati».

Il sorriso con cui l’altra la gratificò la intenerì. «Andare ad Hogwarts non vale il rischio di non innamorarmi di lui» le rispose, il tono dolce come mai era stato fino a quel momento. «Il mio povero Anthony avrà bisogno dello psicologo, alla fine di quest’avventura, quando saprà cosa ci è successo! E pensare che siamo passati da questo paesino sperduto solo per andare a trovare la mia bisnonna» allargò le braccia con aria esasperata. «Ed ora lei sta mandando tutta la nostra vita al diavolo. Mio marito ucciderà mio nonno e poi io sarò costretta a fare subito un bambino per garantire la discendenza».

La bisnonna, Margaret Dawson-Fitzroy, era una arzilla vecchina di centotré anni, che, stando alle descrizioni, aveva graziosi capelli grigi cotonati, amava il bricolage ed il giardinaggio. Apparentemente, tre mesi prima aveva trovato, passeggiando per il bosco, una roccia con dentro incastonata una spada. A quel punto il vecchio retaggio culturale purosangue era esploso e lei aveva colto la palla al balzo, riportando indietro Camelot e, già che c’era, riprendendosi un buon gruppo di decadi di giovinezza, impersonando la strega più famosa mai passata per il Mondo Magico: Morgana la fata.

«Sei certa che si trovi ancora nel bosco? Draco darà uno sguardo, ma-».

«La Spada non può essere spostata, non da lei» confermò Druella, avvicinandosi per estrarre un libro dal mobile. «Excalibur può essere estratta solamente da Artù, lei si è limitata a sfruttarne il potere e… beh, a far realizzare la famosa leggenda che credo tu conosca già. Il nostro tempo stringe, se la magia dovesse raggiungere il prossimo centro abitato…».

«La forza dell’Incantesimo sarebbe tale da non poter essere più fermato» confermò Hermione, con un sospiro sconfitto. Si voltò verso la finestra, chiedendosi dove fosse andato a finire il suo futuro marito. «Dobbiamo anche cercare il modo di farti uscire da qui, sei l’unica a capire cosa stia succedendo, il tuo aiuto ci serve».

«Tutto grazie a mio padre ed alla sua ossessione per l’Occlumanzia, noi Fitzroy siamo sempre stati Occlumanti eccezionali, per questo siamo forti nei duelli» concordò la bionda, passandosi stancamente la mano sugli occhi. «Se non fossi abituata a proteggermi, anche io sarei sotto l’influenza di Excalibur e probabilmente avrei ceduto a Merlino ed alle sue disgustose avance». Rabbrividì ed Hermione non riuscì a darle torto. Era assolutamente terrificante. «Scappare dalla porta è impossibile e voi sarete troppo impegnati e troppo controllati per potermi aiutare. Resta solo mio marito».

«Anthony? Vuoi forse sedurlo e convincerlo a farti evadere?».

«Hai colpito nel segno, Granger» si complimentò Druella, dandole delle amichevoli pacche sulle spalle.

«Dalla porta sarà impossibile, ma la finestra è abbastanza grande da consentirti di passare. Se riuscissi a trovare un modo per calarti, lui dovrebbe solo aspettarti nel cortile e darti una mano a darvela a gambe».

 «Allora hai sentito parlare di Raperonzolo, eh? Ho proprio in mente qualcosa di molto simile» spiegò, con un sorrisino mascalzone. «Oh, Granger, chiamami Ella. Sono certa che noi due diventeremo grandi amiche». 

 

***

 

«Una radura vicino ad una cascata» ripeté, per l’ennesima volta, la Mezzosangue, mentre danzavano in mezzo alla folla in festa. La celebrazione in loro onore era iniziata da poco più di un’ora e non avevano ancora ricevuto alcuna notizia dei coniugi Goldstein, non da quando lui era stato convocato nella stanza della dama per aiutarla a risolvere un increscioso problema. Merlino era apparso leggermente preoccupato, poco prima, ma doveva essersi convinto che il nobile cavaliere avrebbe protetto al meglio la sua adorata.

«Esatto. Durante il nostro viaggetto abbiamo avuto modo di passare giusto lì vicino, i cavalli si sono imbizzarriti ed è mancato davvero poco che io finissi giù dalla cascata» insistette, facendola volteggiare elegantemente fra le altre coppie. «Ho dato un’occhiata, gli alberi intorno ad una chiazza vuota avevano i colori più accesi rispetto agli altri, quasi fossero più vivi. E potrei giurare di aver intravisto dei neoliti, poco lontano».

Poco lontano da loro, il giullare di corte rovinò al suolo, portando nel suo viaggio un paio di dame con la pelle simile alla cartapecora. Hermione le osservò distrattamente, senza riuscire neppure a sorridere. Più passava il tempo e più lei appariva nervosa fra le sue braccia. Draco non amava quando lei era troppo nervosa per prestargli attenzione.

«Quando credi che dovremo svicolare? Non possiamo farci vedere da Artù e sicuramente non possiamo farci vedere da Merlino» le sentì dire, con un tono stanco. «Abbiamo lasciato Ella a se stessa, non sappiamo se Anthony la aiuterà… ci sono mille cose che potrebbero andare storte e noi stiamo ballando».

Draco si accigliò, con una risatina. «Lo dici come se ti dispiacesse, Mon Ange» le fece notare, volteggiando con leggerezza ed attirando su di loro un bel po’ di sguardi ammirati. Che fossero ispirati dalla loro leggiadria o dal fatto che, almeno formalmente, fossero dei grandissimi esperti dell’arte magica, era irrilevante. «Comunque, ho già avvisato Merlino che avremmo dovuto ringraziare la Dea per averci fatti arrivare a Camelot sani e salvi. Gli ho parlato di qualche rituale che ho trovato in dei manuali in camera mia ed ho specificato che avremmo dovuto stare soli».

Hermione si accigliò, lanciando uno sguardo ad un particolarmente allegro Merlino. «Ti ha creduto?».

«Mi ha fatto i complimenti e ha detto che avrebbe provveduto a farci trovare due cavalli davanti al ponte, così da poter raggiungere la radura con maggiore facilità» gongolò lui, tranquillo. «La miglior bugia è una verità mutilata».

La sua futura moglie sembrò non saper bene come reagire a quella informazione, così si limitò a scuotere il capo. Era evidente che fosse sul punto di aggiungere qualcosa, ma l’arrivo improvviso di Artù le impedì di parlare. Il Re, quella sera, indossava un meraviglioso abito rosso e con rifiniture dorate come la corona fra i suoi capelli, il suo sorriso buono era un balsamo per il cuore.

«Permettetemi di rubarvi la dama, messere» gli disse, inchinandosi in direzione di Hermione, che ricambiò, arrossendo senza la minima dignità. Il modo in cui la guardò, senza malizia ma con incredibile gentilezza, non gli consentì neppure di provare astio verso di lui, cosa che generalmente non succedeva mai se un uomo parlava con la sua futura moglie. «Sono certo che la Regina sarà lieta di danzare con voi».

Proprio al suo fianco, nascosta da quell’aura di grandezza che Artù sembrava emanare in modo involontario, stava la giovane sovrana del Regno, bella ma non troppo, graziosa ma non abbastanza, decisamente non innamorata. Aveva i capelli lunghi e di un biondo scialbo, acconciati in modo particolarmente complicato sulla nuca, così da consentire alla delicata corona di restare al suo posto nonostante i vari balli. I piccoli occhietti annacquati erano puntati al suolo, ma, ogni tanto, guizzavano verso uno specifico Cavaliere della Tavola Rotonda.

Lancillotto, ovviamente.

«Vostra Maestà». Draco si inchinò verso di lei, garbato, proprio mentre Hermione si allontanava con due passi di danza insieme al sovrano. Quando la Regina lo guardò, annuendo leggermente e prendendo la sua mano, la sua presa era delicata e umidiccia a causa del sudore. Per i primi istanti non parlarono, limitandosi a volteggiare a fatica fra le coppie: la sua fidanzata aveva sempre creduto che lui fosse un bravo ballerino, in realtà era necessario che anche l’altra parte fosse quantomeno portata.

«Dovete conoscere molte magie, avendo studiato ad Avalon» disse la sovrana, con una voce pigolante e particolarmente lagnosa, guardando ovunque ma non negli occhi di Draco. «Personalmente non ritengo che la magia sia una pratica civile, la associo ai barbari» commentò, svogliata, incurante di averlo praticamente insultato.

«Non possiamo essere tutti dei sovrani» le rispose allora lui, vagamente inacidito. «E, naturalmente, non possiamo essere tutti così fortunati da essere sposati al più grande sovrano mai esistito, avendo anche la fortuna di essere amati da quest’ultimo»6 aggiunse, forse con una punta di cattiveria. «Chiunque abbia una tale fortuna sarebbe uno sconsiderato a gettarla via, il peggiore dei traditori, davvero».

Non gli sfuggì il modo in cui lei rabbrividì, fra le sue braccia, e non gli sfuggì neppure lo sguardo allarmato che sembrò lanciare verso Lancillotto, il quale, particolarmente attento alle esigenze della sua adorata, accorse immediatamente, con la sua migliore espressione gentile che fece venire il bruciore di stomaco a Draco.

«Sir Morgerstern, le dispiace concedermi la nostra Regina? Questa è una delle poche danze che i miei goffi piedi da cavaliere mi consentono di realizzare» gli disse, inchinandosi con fare fin troppo pomposo per poter risultare anche solo lontanamente credibile. Non aspettò la sua risposta, prima di strappargli la donna dalle braccia e trascinarla via, sotto gli sguardi sconvolti degli altri partecipanti.

Non sarebbe passato molto prima che la storia si ripetesse ed il Re fosse nuovamente gettato nella disperazione più totale.

Rimasto solo, Draco non se la sentì di interrompere la sua fidanzata ed Artù, presi nella loro amabile conversazione e dalla loro danza, era un’occasione che la futura signora Malfoy non avrebbe più avuto, non lo avrebbe mai perdonato se si fosse messo in mezzo. Poco lontano da loro, circondato da dame particolarmente dotate, stava un ubriaco Merlino, intendo ad accarezzarsi la lunga barba con un sorrisino malandrino ed a lasciarsi toccare dalle sue ammiratrici. Draco fece una smorfia, senza potersi trattenere: di certo quello non era un comportamento da bravo Serpeverde come il grande Stregone era stato.

Spostando ancora lo sguardo, tuttavia, Malfoy si trovò davanti ad uno spettacolo alquanto singolare: nel corridoio giusto fuori dalla grande Sala, un Cavaliere della Tavola Rotonda si aggirava furtivo, il viso totalmente sconvolto ed a chiazze rosse, senza mantello e con la divisa allacciata tutta storta.

Ella aveva colpito.

Con un sorrisino che andava da un orecchio all’altro, Draco Malfoy si allontanò lentamente dal centro dell’attenzione e si avvicinò al povero cavaliere in ansia, cogliendolo in fallo un attimo prima che uscisse nel cortile interno.

«Gawain» lo chiamò, raggiungendolo con una breve corsa e sorridendo di più quando lo vide irrigidirsi. «Immagino ci sia una spiegazione razionale per questo suo aspetto irragionevole, non è vero?» domandò, con gentilezza, indicando con un cenno divertito il suo abbigliamento tutto scarmigliato.

Il cavaliere annaspò, guardandosi intorno in cerca d’aiuto. «Io sono caduto dalle scale» inventò alla fine, agitato, occhieggiando al grande portone che conduceva al cortile interno. «Nonostante io sia un cavaliere da anni, ho ancora tantissima difficoltà nello scendere quelle scale strette. Non sono calibrate per la mia stazza, evidentemente. Forse dovrei dire al Re di farle costruire meglio, la prossima volta che rimodernerà il castello» vomitò Anthony, tutto rosso e nervoso, guardando ovunque tranne che in direzione del suo interlocutore. Non era un comportamento da lui, sempre così pacato, così controllato. Ma, in fondo, Draco poteva dargli torto? Conosceva bene Ella e poteva ben immaginare come lo avesse intrattenuto, fino a quel momento.

«Sir, se proprio vuole mentirmi» iniziò Malfoy, con una risatina maliziosa, «meno dettagli. Più parla, più fa capire che la sua sia una bugia elaborata sul momento» gli fece notare, dandogli una pacca sulla spalla. Si avvicinò, guardandosi intorno per controllare che nessuno li stesse osservando. «Avete già deciso come agire? Come liberarla? Merlino è distratto, ma se agirà come buona parte degli uomini ubriachi, una volta annoiato delle sue ammiratrici andrà da lei».

Le emozioni che attraversarono il viso del cavaliere lo avrebbero fatto ridere, in un altro momento. Dal primo shock della realizzazione, in cui gli sembrò quasi di veder apparire il pensiero “lui l’ha capito”, passò quasi immediatamente alla furia possessiva nel realizzare che quel maledetto vecchio avrebbe potuto raggiungerla e metterle le mani addosso.

«Mi ha detto di andare nel cortile interno senza farmi vedere» spiegò allora, avendo realizzato che il mago non avesse intenzione di tradirlo. «Non ho idea di come voglia scappare, però, anche se mi ha giurato di aver già ideato un piano infallibile». Restò in silenzio per un istante, guardandosi intorno e salutando con un cenno un altro cavaliere. «Non so per quale motivo, ma non mi fido molto del modo in cui ha detto infallibile».

Draco avrebbe voluto confermare i suoi timori, memore degli infallibili piani con cui quella ragazza era sempre riuscita a mettere chiunque nei guai, soprattutto se stessa. C’erano ottime probabilità che non avesse la minima idea di come sfuggire a quella prigione, soprattutto considerando l’incapacità magica momentanea di suo marito ed il fatto che, fino a quel momento, non fosse ancora riuscita a darsela a gambe.

«Ti accompagno» gli disse invece, con un sospiro. «Hermione sta ballando con Artù, dubito fortemente che si accorgerà della mia assenza» aggiunse, con un lamento non troppo convincente.

Nonostante avesse già iniziato ad avviarsi fuori, Gawain lo guardò con aria curiosa. «Chi è Hermione?».

 

Il cortile interno era completamente vuoto, se si faceva eccezione per le tre guardie sulle mura esterne, intente ad osservare l’unica strada che conduceva al villaggio. I due uomini riuscirono a raggiungere la base della torre in cui era rinchiusa la Dama con una certa facilità, senza essere visti e senza esser fermati. Non avevano parlato molto, nel breve tragitto, soprattutto perché Draco non aveva intenzione di mandare al diavolo la sua copertura più di quanto non avesse già fatto.

Come entrambi dovevano aver sperato, Ella era affacciata alla sua finestra, indossava un elegantissimo mantello blu scuro ed aveva i capelli sciolti sulle spalle: più che sul punto di essere salvata, sembrava pacificamente annoiata, intenta ad osservare il cielo stellato come se quello avesse potuto intrattenerla meglio di qualunque altra cosa. Stando alle sue conoscenze della vita mondana, in realtà, Draco sapeva che lei avrebbe dato qualunque cosa pur di poter partecipare alla festa che si stava svolgendo al piano di sotto, insieme a Re Artù ed a tutta la sua corte.

«È bellissima» esalò Anthony – perché era lui, non il suo alter ego, quello era lo sguardo innamorato di un uomo che fosse felicemente sposato – senza quasi rendersi conto di aver parlato ad alta voce. Quando lo realizzò, tuttavia, lanciò un’occhiata imbarazzata al suo accompagnatore, che si strinse tranquillamente nelle spalle.

«Non si vergogni, tutti abbiamo diritto ad innamorarci» gli rispose, con un sorriso gentile. «Soprattutto un Cavaliere della Tavola Rotonda, non crede?».

Lui arrossì, distogliendo per un momento lo sguardo dalla Dama. «Ma lei è la protetta di Mago Merlino. Una Sacerdotessa, io… io non dovrei neppure pensare a lei».

Draco non riuscì ad impedirsi di ridacchiare malignamente, a quel punto. «Credimi, in tutta questa storia non sei tu quello che dovrebbe vergognarsi del suo amore». L’immagine di Ginevra e Lancillotto e dei loro sguardi proibiti era bene impressa nella sua mente. «Comunque, cosa credi che dovremmo fare?».

Seppur confuso, il Cavaliere si strinse nelle spalle e si avvicinò alla base della torre. Da quella prospettiva non sembrava poi così alta – nulla a che vedere con le torri di Hogwarts, quella non poteva andare oltre i cinque piani – ma era comunque sufficientemente lontana da impedire una immediato salvataggio. Non sapendo cosa fare, Draco osservò il suo accompagnatore attirare l’attenzione di colei che era, in effetti, sua moglie. Lei, una volta notati entrambi, fece un enorme sorriso e fece un gesto vago con la mano in direzione di Draco stesso.

Presta attenzione, Malfoy, il mio piano potrebbe non funzionare.

Naturalmente, lui non si sorprese sentendo la voce della strega direttamente nella testa. Occlumanzia e Legilimanzia erano capacità innate in molte stirpi purosangue, fra cui i Fitzroy. Certo, lui credeva servisse una bacchetta, per fare una cosa del genere, ma non si preoccupò più di tanto, di certo non era il momento.

Sembrava Raperonzolo, affacciata al suo balcone. Per esser pignoli, aveva i capelli biondi come la fiaba comandava ed era rinchiusa in una torre senza alcuna via di fuga. Diversamente dalla fiaba, però, Anthony non si mise a recitare alcun richiamo poetico e lei non sciolse la sua lunga treccia, limitandosi, semplicemente, a lasciarsi cadere giù.

Se qualcuno avesse raccontato quella scena al povero Draco, lui non ci avrebbe creduto. Druella Fitzroy-Goldstein era stata tante cose, nel corso della sua giovane vita: una bambina educata, una bambina presuntuosa, un’abile duellante ed una ragazza profondamente innamorata. Non era mai stata, però, una pazza psicopatica capace di saltare da una torre senza prima assicurarsi che ci fosse qualcosa pronta a salvarla, di sotto.

Il gemito spaventato del Cavaliere arrivò mentre Draco estraeva la bacchetta, tuttavia – contrariamente a qualunque legge della fisica e della magia – il corpo della donna non si schiantò a velocità aumentata al suolo, limitandosi a rallentare fino a farla finire morbidamente fra le braccia del suo terrorizzato marito.

Un momento di silenzio angosciato aleggiò fra i tre nel cortile, interrotto solo dalla risatina felice della donna.

«Sei diventata matta?» sbottò poi il Cavaliere, rimettendola a terra ma afferrandola per le spalle, così da scuoterla con violenza sufficiente da farle cadere il cappuccio – miracolosamente rimasto al suo posto durante la caduta – dal capo. «Saresti potuta morire! Neppure il più folle dei folli avrebbe fatto una cosa del genere!». Il suo tono era isterico, tanto era spaventato, e Draco non se la sentì di prenderlo in giro: lui non riusciva neppure ad aprire la bocca. Fortunatamente, però, aveva mantenuto abbastanza forza d’animo per abbassare lo sguardo quando Anthony – o Gawain – si abbassò per poterla baciare con particolare trasporto.

«Sei sempre stato portato per la magia accidentale, amore mio» disse Ella, dopo qualche minuto, accarezzando la guancia dell’uomo che la teneva fra le braccia. «Naturalmente, mi ero assicurata che Draco fosse pronto all’azione» aggiunse, indicando proprio il biondo, ancora sotto shock.

Anthony, perché era tornato in se stesso, per fortuna, si voltò a guardarlo, pallido come un morto ma incredibilmente sollevato. Si avvicinò con la mano tesa, stringendo la sua con particolare energia, nonostante stesse tremando come una foglia. «Malfoy! Grazie per esser stato pronto ad aiutare questa folle, praticamente hai avuto la mia vita fra le mani». Il suo tono di voce era diverso da com’era stato mentre ancora era sotto l’incantesimo, era più decisa, più controllata. La vera voce del Goldstein che lui aveva conosciuto a scuola.

«Fortunatamente non c’è stato bisogno del mio intervento» gli rispose lui, cercando di riprendersi e riponendo la sua arma nella tasca interna del mantello. Si voltò in direzione di Ella, rimasta qualche passo indietro per risistemarsi i vestiti. «Come diavolo hai fatto ad usare la Legilimanzia senza una bacchetta? Neppure un naturale7 come te potrebbe farcela».

Con un enorme sorriso, la donna mise la mano in tasca e ne tirò fuori una bacchetta che no, non era la sua, ma che comunque Draco conosceva fin troppo bene.

«Naturalmente, Hermione mi ha aiutata» si rallegrò, avvicinandosi fino a poter riabbracciare il suo sconvolto marito. «Una cara ragazza, Draco, mi auguro tu non te la faccia scappare via» continuò, accarezzando la spalla del povero Anthony, sempre più pallido e confuso man mano che il momento di panico passava e il vuoto degli ultimi tempi si faceva più chiaro. «Adesso, se per voi non è un problema, suggerirei di recarsi nelle mura ad est, dove la signorina Granger ci sta aspettando per poter porre fine a questo enorme guaio che la mia adorata bisnonna ha combinato».

«Hermione sapeva?».

«Cara, credo che ucciderò tuo nonno quando torneremo».

 

 

 

 

 

»Marnie’s Corner

 

Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!

 

Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!

 

Avvertenza: Questa fanfiction è un sequel/spin-off della mia long: Lo Specchio delle Anime.

 

 

Anthony è caduto dalle scale.

 

Dopo lo stop di una settimana a causa dello speciale di Halloween (se avete letto Lo Specchio e ancora non avete dato un’occhiata, andate a trovarla nel mio profilo ;) ), sono ritornata con il nuovo aggiornamento! Ci stiamo avviando alla fine, vi avverto, non credo ci saranno più di due o tre capitoli! Grazie per tutto il supporto che mi avete dimostrato!

 

 

 

Punti importanti:

 

» 1 – Ella e Draco sono cari amici da quando erano piccini e, naturalmente, sono entrambi dei purosangue, le loro famiglie si conoscono. Nonostante lei non abbia frequentato Hogwarts, comunque il rapporto di amicizia si è mantenuto.

 

» 2 – Anthony Goldstein è ebreo, stando alle dichiarazioni di JK Rowling! Fra tutte le informazioni rivelate dopo la fine della Saga (perché la saga è finita con il settimo libro, dopo non c’è NIENTE), questa è stata fra quelle che ho apprezzato di più! Quindi sì, al loro matrimonio c’era un povero rabbino ubriaco!

 

» 3 – L’Istituto St. Claire è la scuola preparatoria in cui tutti i bravi purosangue (ma anche Mezzosangue) hanno passato i primi anni scolastici. Per chiunque abbia letto la One-Shot di Halloween: è la scuola cui è iscritta Vivian Malfoy e che è stata frequentata dagli altri figli di Draco ed Hermione, dai figli di Anthony e Druella, dalla figlia di Blaise e Laurie e, naturalmente, dai figli di Merrick e Seamus.

 

» 4 – Io non lo so se nel Medioevo avessero o meno i biscotti. Chiamiamola una licenza storica, coraggio. E poi, dai, probabilmente i cuochi avranno ricordato delle ricette del “vero” mondo!

 

» 5 – Rosemary Crave, la figlia del Dottor Crave. Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla mia long.

 

» 6 – Io e Draco, su questo punto, andiamo particolarmente d’accordo. Entrambi abbiamo in antipatia Ginevra e Lancillotto a causa del terribile tradimento ordito contro Artù. Voglio dire, come si può tradire Artù.

 

» 7 – Licenza artistica (?) che mi sono concessa. Non possiamo negare che esistano i talenti naturali che si ereditano in famiglia, conosco stirpi di musicisti e artisti vari. Perché, quindi, l’abilità riguardo Legilimanzia ed Occlumanzia non potrebbe essere ereditaria? Druella si è salvata perché è abituata a coprire sempre la propria mente, motivo per cui quando l’Incantesimo li ha colpiti Anthony è stato stregato e lei no.  

 

» Anthony si è ripreso nel momento stesso in cui ha visto sua moglie sul punto di schiantarsi al suolo. Lei aveva previsto tutto? Probabilmente sì, dopotutto lo conosce meglio di chiunque altro. 

 

A lunedì prossimo, spero!  

 

Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!

 

Grazie ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

 

 

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Capitolo 5
*** Atto V - Draco dormiens ***


Lleggenda di Camelot.

 

 

  

 

Atto V – Draco dormiens.

 

 

Druella Fitzroy in Goldstein era sempre stata una donna pacata, estremamente riflessiva ed amante del silenzio e della calma che solamente le ore di allenamento nella Sala Blu dell’Accademia potevano garantirle. In quel momento, tuttavia, facendo la sua entrata trionfale accompagnata da un altrettanto furioso Anthony, tutta quella calma che suo nonno aveva impiegato anni a garantire sembrò perdersi nel nulla.

Erano stati smaterializzati a casa da degli Auror appostati giusto fuori dai confini dell’incantesimo, sistemati lì con il compito di aspettare ed avvisare autorità maggiormente competenti nel caso in cui ci fossero state novità sia positive che negative. Fra questi c’era anche Merrick Rosier1, che il vecchio Fitzroy aveva corteggiato per anni nella speranza che si unisse all’Accademia per portare avanti la vecchia tradizione di famiglia e rendere onore al suo vecchio zio Evan. Per una qualche ragione, però, lei si era sempre rifiutata ed anche in quel momento aveva preferito delegare ad altri il compito di accompagnarli.

«Nonno!» sbottò la giovane, buttando via lo stupido e pesantissimo mantello che aveva trovato nell’armadio della torre. «Per tutte le cavallette, nonno vieni immediatamente fuori o butto giù tutta la scuola!».

Attirati da quelle urla belluine, gli studenti dell’Accademia sbucarono da dietro le porte chiuse, osservando la loro futura direttrice ed uno degli insegnanti attraversare quel corridoio ricoperto da marmo italiano come se fossero stati sul punto di realizzare davvero quella minaccia che lei aveva appena urlato ai quattro venti.

Lord Gerarld Fitzroy era un uomo anziano che manteneva comunque la sua aria di algida e rispettosa superiorità, soprattutto quando si veniva a dei duelli: nonostante si fosse ritirato dalla scena da almeno cinquant’anni – da quando, naturalmente, suo figlio William aveva preso il suo posto, seguito a ruota dall’unica nipote – nessuno metteva in dubbio che fosse ancora il migliore. Le sue lezioni erano rare e preziose, quindi, quando l’ultima della sua stirpe iniziò a sbraitare come una banshee imbizzarrita, fu con non poco stupore che i suoi alunni spostarono l’attenzione da lui e la portarono sulla porta, oltre la quale le urla continuavano a susseguirsi.

«Cosa sta succedendo?» mugugnò il vecchio, rialzandosi dalla sua poltrona ed avviandosi all’uscita, venendo tuttavia interrotto dallo spalancarsi dei battenti e da un caos a dir poco inconcepibile in quei luoghi che lui aveva sempre considerato come sacri. «Druella, per Merlino! Ti sembra questo il modo di-».

«Tua madre!» sbraitò lei, impedendogli di continuare e puntandogli contro il dito. «Tua madre ha rovinato il mio viaggio di nozze! Ho rischiato di essere violentata da un vecchio maniaco!». Dietro di lei, Anthony annuiva con aria grave, senza neppure accennare a calmare la sua sposa – cosa che era ormai solito fare dal giorno stesso in cui si erano conosciuti – o ad intervenire per rimettere al loro posto tutti i gli studenti che li circondavano come una mandria di cornacchie impiccione. Avevano per la maggior parte più di diciassette anni, se fossero stati più giovani nessuno sapeva cosa avrebbero potuto fare. Forse si sarebbero messi ad incitare alla rissa.

Incerto, dopo quell’affermazione, Lord Fitzroy guardò i nipoti con aria sconcertata, per poi lanciare un’occhiata preoccupata a tutti i suoi allievi. Quello non era il luogo adatto ad una crisi isterica di coppia. «Ella cara, di cosa… di cosa stai parlando? Mia madre come avrebbe mai potuto rovinare il tuo viaggio di nozze?» le domandò, con gentilezza, facendosi avanti come se lei fosse stata pazza e lui avesse temuto che potesse reagire con violenza.

«È ringiovanita» sbottò Anthony, poggiando con delicatezza la mano sulla spalla della moglie, che sembrava sul punto di balzare alla gola del nonno. «Ed oltre a rovinare il nostro viaggio di nozze sta per rovinare la vita di tutto il mondo».

 

***

 

«Dovevamo per forza lasciarli andare via?» si lamentò Draco, per l’ennesima volta, voltandosi ad osservare la sua fidanzata con il suo miglior cipiglio da principino esasperato, quasi gli avessero tolto il trono e lo avessero fatto finire con le regali chiappe al suolo. «Goldstein era meraviglioso in Difesa ed è abile con gli incantesimi! Quanto ad Ella…» fece uno sbuffo spazientito. «Ella è soprannominata manolesta, nell’ambiente. Sono certo che Manolesta ci sarebbe stata incredibilmente utile».

Hermione non lo degnò di uno sguardo, limitandosi a sbuffare. «Probabilmente affronteremo la sua bisnonna, Draco, a te potrebbe sembrare perfettamente lecito chiederle di mettersi contro la sua stessa famiglia, ma per le persone dotate di un cuore non è una cosa tanto carina da chiedere».

Il modo in cui lui si accigliò l’avrebbe fatta certamente sorridere, se si fosse abbassata a guardarlo. «Per quale motivo mi trattate tutti come se fossi un mostro insensibile?» domandò, sconfortato e ferito. «Proprio tu, Hermione, che hai esplorato le parti più oscure della mia anima!».

«Proprio perché ho esplorato le parti più oscure della mia anima sono certa che tu sia un mostro insensibile e senza coscienza».

I due si scambiarono un’occhiata apatica, poi, lentamente, si sorrisero. Draco si avvicinò a lei, passandole un braccio intorno alla vita per lasciarle un piccolo bacio sulla guancia. «Non mi serve una coscienza, finché ho la mia dolce e pedante Mezzosangue accanto. Sei tutta la coscienza che mi serve per non raggiungere i livelli di grande psicosi che corrono nel ramo materno della mia famiglia».

Lei gli diede un pizzicotto al fianco, scuotendo il capo. La nuvola che scurì i suoi occhi gli fece capire quanto incosciente fosse stato nel rivangare la pessima esperienza che lei aveva avuto con Bellatrix2. Ma Hermione, naturalmente, era una donna ben più forte di quanto chiunque potesse immaginare, i ricordi non erano che immagini remote e lei non si sarebbe mai fatta condizionare da questi. Dopotutto, stava per sposarlo! «Mi hai dato del Grillo Parlante, Malfoy? Non so se dirmene onorata o disgustata» gli disse, alzando gli occhi al cielo. «Questo farebbe di te il mio Pinocchio?».

«Pidocchio?». Draco inarcò le elegantissime sopracciglia bionde, scostando un ramo basso dalla via sua e della sua fidanzata. «Capisco che l’esser ricco di famiglia mi abbia aiutato a vivere di rendita per un po’ di tempo, ma addirittura darmi del parassita, Mezzosangue…».

Lo schiaffo che lei gli assestò sul braccio rese chiaro che si fosse sbagliato. «Pinocchio era un burattino fatto da un falegname senza figli, Geppetto. La Fata Turchina gli ha dato vita e gli ha promesso che sarebbe diventato un bambino vero se avesse imparato a comportarsi bene» gli spiegò, con un sorrisino allegro. «Il Grillo Parlante gli faceva da coscienza, perché ovviamente lui non ne aveva una… quando disubbidiva e diceva bugie gli cresceva il naso e poi dovevano essere dei picchi a farlo tornare della giusta misura!».

Il povero Draco accolse quella notizia con una certa sorpresa. «I picchi? Nel senso… nel senso gli uccelli?» domandò, sconcertato, toccandosi la punta del naso con fare preoccupato.

«Il naso è di legno, lui è un burattino» specificò lei, alzando gli occhi al cielo. «Quando non obbedisce al grillo e dice bugie il suo naso si allunga e i picchi devono accorciarlo».

«Se io non obbedisco al mio grillo finisco sempre col litigare e sì, alla fine qualcosa si allunga, ma di certo non è il naso».

«Malfoy!».

Il suo rimprovero si perse fra gli alberi, ma, stranamente, non scatenò alcun tipo di reazione. Strano, quella parte dell’Inghilterra pullulava di ogni tipo di bestiole e creature, comprese tante creature Fantastiche di cui Draco non conosceva e non voleva conoscere il nome. Tuttavia, avendo passato anni in zone sperdute del mondo, circondato da terribili maledizioni e bestie sconosciute, lui sapeva fin troppo bene di non potersi fidare della tranquillità che li stava circondando.

Non potevano proprio fidarsi.

«La radura non è molto lontana» disse alla donna, facendole cenno di seguirlo lungo una zona più appartata. «Ti ricordi quella volta in cui ti ho raccontato della mia avventura in Perù?» le domandò poi, accigliato, stringendole la mano per assicurarsi che non si perdesse per strada. Ed anche, seppur in modo fortemente limitato, per sentirsi più tranquillo e rilassato. Non le avrebbe dato la soddisfazione di farle sapere quanto, in realtà, si sentisse in ansia.

«Intendi quando il lama ha provato a mangiarti i capelli scambiandoti per un cespo di lattuga?» chiese lei di rimando, ricambiando la sua stretta con un leggero sorriso. «Se non sbaglio me l’hai raccontato quando ho trovato la foto scattata da Ranya3 e non hai potuto negare. Non che tu non ci abbia provato, naturalmente, nonostante fosse evidente che il lama non fosse attratto da te per una questione di chimica animale».

Draco ebbe la forza di accigliarsi, nonostante quel silenzio intorno a loro si fosse fatto sempre più strano, sempre più innaturale. Come la maledizione in Perù. «Stai per sposarmi, mia cara, dovresti conoscere il vero motto della famiglia Black».

«Negare l’evidenza?».

«Negare soprattutto l’evidenza» le rispose, secco, stringendosi nelle spalle ma mantenendo gli occhi puntati nell’oscurità tutta intorno a loro. «Hai conosciuto il cugino Sirius, mia cara, credevo avessi imparato già con lui». Le sorrise, poi, vagamente intenerito. «Hai visto Teddy? Aveva le mani sporche di cioccolata ma ha inventato una credibilissima storia su di un ippogrifo entrato dalla finestra che lui ha combattuto con gran coraggio».

«Andromeda l’ha messo in punizione per una settimana» specificò Hermione, con una risatina divertita. «Quanto a Sirius…» il suo tono si affievolì notevolmente, finché non fu costretta a schiarirsi la voce. «Una volta l’abbiamo beccato in una stanza così piena di fumo da sembrare Londra in una mattina di novembre, ma ha avuto la faccia tosta di negare di aver toccato una sigaretta. La signora Weasley lo ha picchiato con il manico di scopa di Ron».

Senza poterselo impedire, Draco strinse i denti. «Non parlarmi di quella donna e di quel… quel mostro4. Mai più» sibilò, stringendo la presa sulla mano di lei con fare possessivo. Hermione poteva aver iniziato a superare il trauma, lui, invece, era ben lontano dal digerire tutta la rabbia che si portava in corpo da mesi. «Attenta a quella radice, Mon Ange, è parecchio grossa e potresti inciampare».

«Sai bene che loro non fanno più parte della mia vita e non li rivedremo più» provò a rassicurarlo, con quella solita gentilezza che a lui faceva venire l’orticaria. Sembrava sempre che non lo ritenesse abbastanza intelligente o forte da sopportare il carico di emozioni. «Radice? Intendi que-oh!». Naturalmente, lei inciampò proprio in quella radice, rovinando al suolo e trascinando anche lui con sé. Si ritrovarono entrambi contro la terra umida, lei fortunatamente per metà sul mantello di lui e quindi relativamente salva dal fango.

«Mezzosangue, per le mutande consunte di Merlino, te l’avevo pure detto! Lo sai che il fango è difficilissimo da eliminare da questo tessuto! E la spada si è pure sporcata» si lagnò Draco, tirandosi a sedere ed assicurandosi che anche lei facesse altrettanto, controllando che non si fosse ferita. «Stai bene?».

Lo sbuffo spazientito con lui lei gli rispose lo fece sorridere. «La spada, ti preoccupi della spada! Prima di quella e poi della tua futura moglie, è davvero poco cavalleresco da parte tua» sbottò, voltandosi a fissare malevolmente la radice in questione. «Io avevo alzato la gamba, la stavo superando ma si è sollevata! Non posso proprio capire come accidenti sia successo» mugugnò, rialzandosi quando lui, avendolo già fatto, le allungò la mano. Muoversi con quei vestiti doveva essere tutto fuorché semplice. Hermione, presa dalla stizza, si voltò a fissare la radice in questione con espressione bellicosa – proprio come era solita fare con Draco quando erano dei ragazzini – e poi, presa da un istinto che di nobile non aveva nulla, le diede un calcio.

Un secondo prima che lo colpisse, tuttavia, Draco notò qualcosa che avrebbe preferito davvero tanto non vedere. O, meglio ancora, che avrebbe preferito vedere ma solo come allucinazione, come una svista dettata dalla caduta. Le impedì di continuare con i suoi intenti, chiedendole, con un cenno, di guardare con maggiore attenzione.

C’erano delle scaglie.

Quella non era una radice.

Era una coda.

 

***

 

Il Nero delle Ebridi ha scaglie ruvide, occhi viola brillante e una fila di creste affilate lungo la schiena. La sua coda termina con una punta a forma di freccia e possiede ali simili a quelle di un pipistrello.5

Draco sentiva le gambe tremare, ma non era abbastanza spaventato da buttarsi alle spalle ogni dignità e mettersi a correre via come un bambino davanti all’uomo nero. Certo, a dargli coraggio era anche la presa di ferro che Hermione aveva arpionato al suo braccio, infilzandogli le unghie nella carne fin quasi a farlo sanguinare.

Ci voleva una bella faccia tosta ad essere spaventata! Lei non era quella che aveva aiutato un drago a fuggire da Hogwarts e che era evasa dalla Gringott a cavallo di una bestia cresciuta in cattività? Era Draco a non aver mai visto una creatura simile da così vicino. Quantomeno, non senza una squadra di Dragonologi pronti ad intervenire.

Il rettile era enorme, pacificamente addormentato fra gli alberi e solo vagamente infastidito dopo la loro rovinosa caduta sulla sua coda. Era più grosso di quello che aveva visto durante il Torneo Tremaghi, segno che dovesse essere un maschio. I maschi erano meno aggressivi, stando a quelle breve conversazioni che aveva avuto con l’unica, vera esperta con cui avesse mai avuto il piacere di parlare6. E fu proprio a lei che pensò, cercando di capire cosa accidenti fare per uscire da quella situazione molto più che incresciosa.

“Il Nero è estremamente aggressivo, soprattutto quando si invade il suo territorio”.

Naturalmente, lui ed Hermione avevano appena invaso la tana del drago, cogliendolo proprio nel momento del pisolino serale. Il brutto muso dentato era rivolto verso la cascata alla loro destra e, proprio al centro della spirale di scaglie, stava la spada, incastonata nella roccia.

Excalibur era eccezionale: identica alle descrizioni delle leggende, simile a tutte le altre spade che lui aveva visto nelle esposizioni a casa dei suoi amici. Al tempo stesso, tuttavia, c’era qualcosa di incredibilmente speciale in quella lama, forse nel modo in cui riluceva alla pallida luce emanata dalle loro bacchette, forse a causa dei rampicanti che la circondavano come a volerla proteggere.

La Spada che consegnerà il Trono al Vero Re d’Inghilterra.

«Cosa facciamo?» sibilò Hermione, guardandosi intorno con aria ansiosa. L’oscurità li circondava e, una volta resosi conto di dov’erano andati a finire e di chi fosse il loro vicino, il rumore sinistro del respiro della bestia impediva che il silenzio li avvolgesse come prima. «C’è un incantesimo muffliato qui intorno» aggiunse lei, quasi avesse voluto rispondere alla domanda che lui non aveva davvero posto. «Per questo motivo non abbiamo sentito nulla, mentre ci avvicinavamo. Immagino ci sia anche un qualche incanto che impedisce alla gente di avvicinarsi, Ella mi ha detto che sua nonna è sempre stata un’esperta in questo tipo di incantesimi».

“Il Nero odia essere disturbato. Se fossi mai riuscita a diventare una magizoologa mi sarebbe piaciuto poterli studiare da vicino”.

Ah, se solo avesse potuto dire a Rosemary di quel suo incontro! Lei lo avrebbe odiato per sempre, oppure si sarebbe fatta una grossa risata e gli avrebbe chiesto quante paia di mutande aveva già sporcato. Se fosse stato abbastanza sfortunato, probabilmente entro la fine della notte avrebbe avuto modo di rivederla e raccontarle tutto di persona.

Si sarebbe arrabbiata infinitamente, ne era certo: le aveva promesso una Rosemary Malfoy e stava per morire prima di portare a termine quel semplicissimo compito che lei gli aveva affibbiato. Quello e, naturalmente, far uscire suo padre dal vortice di depressione in cui era caduto dal momento stesso della sua morte.

«E come mai noi ci siamo avvicinati?» porre quella domanda, per Draco, fu proprio una violenza contro se stesso. «Questa mattina siamo passati giusto a qualche metro di distanza e non siamo stati attirati qui, mentre adesso sì. Perché?» insistette, tirando Hermione indietro di un passo. Quando lei calpestò un rametto lui sentì distintamente una delle sue ossa fare la stessa fine fra i denti del bestione.

«Perché, naturalmente, io vi voglio qui» gli rispose una voce cristallina ed incredibilmente familiare, proveniente direttamente dalle loro spalle. Voltandosi, entrambi si trovarono davanti ad una donna con meravigliosi capelli biondi ed occhi di smeraldo, straordinariamente simile a Druella ma decisamente più spaventosa.

«Margaret Fitzroy, è un piacere rivederla» Con una certa ironia, Draco si inchinò in direzione della donna, non sapendo bene se fosse più saggio mantenere Hermione al suo fianco oppure spingerla indietro, verso il drago ancora placidamente e miracolosamente addormentato. «L’ultima volta che l’ho incontrata era una simpatica vecchina che faceva la maglia, adesso, invece, usa la magia della più importante spada mai esistita. E tutto per che cosa? Per delle rughe in meno? Per un sedere senza cellulite?».

«Draco» gli sibilò Hermione, dandogli un pugno sulla spalla e lanciandogli uno sguardo esasperato. Non stuzzicare la pazza maniaca, idiota.

«Ti prego, chiamami Morgana, adesso» gli rispose la donna, con una risatina agghiacciante, dondolando leggermente i piedi da sopra il ramo su cui si era accomodata. «E sì, ho fatto tutto per qualche anno di meno» aggiunse, con un sorrisino. «Una nuova possibilità di splendere, di impormi senza un marito asfissiante… adesso sono io la protagonista».

«Ma perché farci trovare la spada?» domandò Hermione, accigliata. «Perché portarci all’unica arma che potrebbe fermare questo suo piano assurdo?».

In cuor suo, Draco conosceva benissimo la risposta.

La conosceva e la temeva.

«Ma io non vi ho portati alla spada… vi ho portati al Drago» specificò Margaret, con un sorriso dolce, da nonna. «Vedete, io ho letto delle vostre avventure per il mondo e sapevo che vi avrebbero mandati qui a rovinare tutto. Così…» si strinse nelle spalle, allegra, sistemandosi la generosa scollatura. «Mi dispiace soprattutto per te, Draco caro, ma vedi… non posso rinunciare a queste» nel dirlo, accennò al seno prosperoso. «Quindi… beh, spero vi divertiate nell’aldilà» continuò, tirando fuori la bacchetta.

“Quando il Nero punta una preda, nulla potrà impedirgli di porre fine alla sua caccia”.

«Margaret-».

Un boato infernale anticipò di un istante il pop della smaterializzazione della strega, svanita nel nulla. Un momento dopo, un ringhio feroce si sprigionò dalle loro spalle, facendo tremare la terra sotto i loro piedi.

Draco dormiens nunquam titillandus7.

Il drago si era svegliato.

 

 

 

 

»Marnie’s Corner

 

Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!

 

Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!

 

Avvertenza: Questa fanfiction è un sequel/spin-off della mia long: Lo Specchio delle Anime.

 

 

Non stuzzicate il drago che dorme.

 

Anche questa settimana, fortunatamente, sono riuscita ad aggiornare in tempo! La storia si avvicina alla conclusione – un altro capitolo e poi, forse, soltanto l’Epilogo – e credo che, con questa, si concluderà, per un po’, la parentesi del “Mirror Universe” (l’universo cui appartengono tutte le storie legate a Lo Specchio delle Anime). Forse mi prenderò un po’ di “ferie”, forse elaborerò qualcosa di diverso. Chi lo sa? Io di certo no!

 

Nonna Margaret è una simpatica vecchina, nevvero? 

 

 

Punti importanti:

 

» 1 – Merrick Rosier è un OC presente nella Long, come molti altri apparsi qui e lì nella fanfiction. Per chi non lo sapesse, è una cugina di Draco che, per ragioni particolari spiegate nella long stessa, ha deciso di diventare Auror.

 

» 2 – Venitemi a dire che Bellatrix non è psicopatica, se ne avete il coraggio! Ovviamente il riferimento è all’incontro che c’è stato fra Hermione e la Mangiamorte a Malfoy Manor, quando quest’ultima l’ha torturata per avere informazioni.

 

» 3 – Ranya è un’esperta di arte antica proprio come Draco. Ha aiutato lui ed Hermione nel passato (più suo zio che lei, in realtà) e si è tenuta in contatto, soprattutto perché ha una bella cotta per la nostra Mezzosangue ;)

 

» 4 – Nel caso non abbiate letto Lo Specchio, non ho intenzione di fare spoiler. Vi basti sapere che, in Lo Specchio, Ron e Molly si sono comportati davvero molto male con Hermione. Tranquilli, tutto ha una sua ragione logica.

 

» 5 – Cit. da “Animali Fantastici e dove trovarli, di N. Scamander”. Il 17 uscirà il film, non vedo l’ora. C’è una legilimens in quel film. Io adoro i legilimens. Nella mia prossima storia voglio usare una legilimens. (Merrick è una legilimens, se vogliamo esser pignoli).

 

» 6 – Riferimento a Rosemary Crave, figlia del dottor Newton Crave. Storia lunga, la ragazzina ha avuto una brutta vita. Draco e lei sono stati molto amici, anche se solo per un breve periodo.

 

» 7 – Non stuzzicare il drago che dorme. Ovviamente, è il motto di Hogwarts.  

 

Ho una domanda: io avevo pensato di scrivere qualcosina sui Malandrini, ma potrei avere in mente un’altra fanfiction ambientata nel periodo di Harry (possibile Dramione, in questo caso). Voi cosa pensate sia meglio sviluppare, per prima?

 

A lunedì prossimo, spero!  

 

Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!

 

Grazie ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

 

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Capitolo 6
*** Atto VI - Il Re Eterno ***


Lleggenda di Camelot.

 

 

  

 

Atto VI – Il Re Eterno.

 

 

 

«È un meraviglioso esemplare».

Newt Scamander era un uomo anziano, tuttavia la meraviglia nei suoi occhi, quando lo avevano messo di fronte a quell’esemplare di cucciolo di drago, apparteneva certamente ad un ragazzo. Lo splendore che, dopo tutti quegli anni, non lasciava il suo animo ogni qualvolta si trovasse ad una qualsiasi creatura fantastica era assolutamente ammirevole. Hermione avrebbe dato qualunque cosa pur di provare quella stessa estasi, seppur per un singolo istante.

Lei gli sorrise, con gentilezza, tirando fuori dalla sua borsa la cartellina con le informazioni sul caso che aveva appena risolto. Avevano chiesto a lei di incontrare lo studioso perché ritenuta “interessante”. Tutti gli altri colleghi, a quanto ne sapeva lei, erano stati immediatamente giudicati come “noiosi” nelle rare occasioni in cui il consulto dello studioso era stato richiesto. «Lo abbiamo trovato in un sotterraneo nel Derbyshire, sappiamo che è un Nero delle Ebridi, però-».

«Cresciuto in luogo buio e umido, sì…» la interruppe Scamander, facendole cenno di avvicinarsi ed indicandole dapprima le ali raccolte dietro la schiena e poi gli occhi aperti a fatica. «Vede, mia cara? Non aveva abbastanza spazio per sgranchirsi le ossa… e gli occhi, è evidente che non sia abituato alla luce». Con un colpo di bacchetta abbassò la fiamma delle torce accese dai Dragonologi responsabili del piccolo. Un momento dopo, il vecchio sembrò accorgersi nuovamente di lei. «Ma… non prende appunti?» le chiese, confuso.

Hermione lo osservò con una certa curiosità. «Dovrei prendere appunti?».

«Lei è una studiosa, ragazza mia, si vede dallo sguardo!» ribatté il vecchio, scuotendo il capo ed avvicinandosi di qualche passo, puntandole l’indice contro il viso. «Importa qualcosa che lei non sia una magizoologa? Non bisogna mai perdere l’occasione per imparare qualcosa! Anche se di un argomento totalmente estraneo ai suoi interessi». Si avvicinò ancora, con uno sguardo da vecchio gufo curioso che riuscì a non metterla a disagio. Nessuno riusciva a non metterla a disagio, ormai. «Chi le assicura che un giorno non le verrà comodo sapere qualcosa in più sui Neri delle Ebridi? Lei lo sa che soffrono incredibilmente il solletico sotto le ali?1».

 

Col senno di poi, Hermione decise che avrebbe mandato un bel mazzo di fiori ed un sacco pieno di cioccorane a quel vecchio studioso tutto matto. Un sacco a lui ed un altro paio di sacchi alla Riserva nelle Ebridi2, perché dopotutto era soprattutto grazie a loro se aveva avuto la possibilità di tornare a far visita a quel minuscolo – a quel punto non lo era più – esemplare di rettile.

«Non posso crederci… non posso crederci» sbottò ancora Draco, tenendosi stretto al ramo su cui era riuscito a smaterializzarli mentre lei, con un sangue freddo che non tirava fuori dall’ultima volta in cui aveva rischiato la vita, operava un Rictusempra sulla cara bestiola, lasciandola boccheggiante a contorcersi su se stessa, giusto pochi metri sotto di loro. L’incanto riusciva ancora a controllarlo, ma, era piuttosto evidente dal progressivo ridursi dei suoi spasmi, non sarebbe durato per sempre.

Naturalmente, una volta salvi avevano provato a smaterializzarsi via, senza alcun successo. La maledetta bagascia – perché era così che Draco l’aveva chiamata, aggiungendo anche un paio di epiteti che lei non avrebbe ripetuto per una questione di pura decenza – aveva lanciato una maledizione su tutta la radura, impedendo le smaterializzazioni o le materializzazioni.

Li aveva intrappolati.

«Se riuscissimo a prendere Excalibur potremmo porre fine all’incantesimo» rifletté Hermione ad alta voce, scacciando un ramo a pochi millimetri dal suo naso. Aveva intravisto un ragno ad un pelo dai suoi capelli, ma non aveva neppure intenzione di preoccuparsi della possibilità di ritrovarsi una ragnatela in testa. Aveva delle priorità. «Basterebbe un Finite, ma dovremmo quantomeno toccarla».

«Non so se l’hai notato, Mon Ange» la interruppe Draco, accigliato, indicando l’animale, «ma prima di arrivare alla spada dobbiamo superare quel coso lì. E gli incantesimi non funzionano! Sono sorpreso che il Rictusempra abbia avuto un minimo effetto! Come diavolo facevi a saperlo? Non c’è scritto nei libri!» aggiunse, portandosi una mano al cuore per riprendere fiato. Aveva i capelli tutti scompigliati e che gli ricadevano sul viso, non era così disordinato – fuori dalla camera da letto, naturalmente – da mesi.

«Me l’ha raccontato Newt Scamander più di un anno fa» gli spiegò, passandosi una mano sul viso per asciugare un po’ i sudori freddi che la paura e l’adrenalina le stavano procurando. «Ha detto che soffrono il solletico e che sono appassionati di Black Angus3».

Lui sbuffò, lanciando uno sguardo preoccupato al drago sempre meno impegnato dai suoi contorcimenti. «Ah, bene a saperlo, magari potremo fare una telefonata e farci portare un paio di bistecche» sbuffò, sinceramente esasperato, guardandosi intorno con l’aria di qualcuno cui avessero appena morso il fondoschiena.

Perché le venivano in mente quei paragoni, in quel momento? L’ansia le faceva un pessimo effetto.

«Scappare sarebbe inutile» continuò lui, con un sospiro. «Il Nero è un abile cacciatore, quando sceglie una preda non la lascia andare finché non gli ha fatto fare una bruttissima fine».

Hermione si allungò leggermente per dargli un pugno sul braccio, fulminandolo. «Grazie, dottor Alan Grant4, questa opinione da Dragonologo specializzato era proprio ciò che ci serviva adesso, non so proprio come ringraziarti» sbottò, dandogli le spalle per cercare un’altra via di fuga, naturalmente senza successo. «Se anche riuscissimo ad arrivare ad Excalibur, non avremmo come scappare da quel coso».

«L’unica possibilità è provare a scappare» convenne Draco, con un sospiro. «Potremmo andare nel piccolo lago e tentare la fuga da lì» aggiunse, grattandosi distrattamente la guancia. Si era graffiato durante la prima fuga, una goccia di sangue gli era colata dai capelli lungo tutto il viso. «Se non sbaglio, dietro quella cascata dovrebbe esserci un sentiero fra le rocce… lì potremmo nasconderci facilmente».

«Nasconderci...». Hermione fece una smorfia, spostando leggermente il peso in avanti a causa della scomodità dello stupido ramo su cui era seduta. Gli spasmi del drago stavano diminuendo in modo piuttosto inquietante, ma lei non poteva più riavvicinarsi per colpirlo nell’unica zona debole della sua scorza. Erano in trappola. «Non mi piace l’idea di nascondermi dietro una pietra e pregare per il meglio, Draco».

«Non è che abbiamo molte possibilità, sai» le rispose lui, acido. «Coraggio, non ho la minima intenzione di diventare un antipastino per quel lucertolone, non credo che mio padre ne sarebbe particolarmente felice e dubito che al piccolo Potter farebbe bene crescere senza una figura responsabile vicino» aggiunse, con un sospiro, avvicinandosi per poterle poggiare la mano sulla spalla. «Ci smaterializzeremo a pochi passi dalla spada, spezzeremo l’incantesimo e ce la daremo a gambe levate, sono stato chiaro, Mezzosangue?».

Parecchio stizzita, Hermione gli dedicò uno sguardo contrariato. «Da quant’è che tu sei diventato il capo? Questa è una relazione paritaria, Malfoy, non pensare di potermi dare ordini» mugugnò, parecchio risentita, annuendo ed avvicinandosi, nonostante la sua ribellione. «E da quant’è che ti sei eletto a figura responsabile per James? Ti ho dovuto trascinare a vederlo, quando è nato!».

Draco inarcò le sopracciglia, sollevando la bacchetta. «Tu sei la figura responsabile, naturalmente. Io sarò il padrino consapevole che cercherà di salvarlo da quel mare di sciocchezze e follia che è la sua famiglia. Ovviamente, si tratta comunque di un Potter e la genetica non può essere facilmente aggirata. Immagino che dovrò salvare il salvabile» spiegò, con una smorfia. Rialzò lo sguardo in quello di lei, rafforzando la presa. «Al mio tre. Uno, due, tre!».

Il pop della smaterializzazione fu l’unico suono che Hermione riuscì a sentire un momento prima di sparire nel nulla. La realizzazione di cosa significasse quel silenzio arrivò un attimo prima che riapparissero, incespicando fra le erbacce e cadendo a pochi passi da quello che era il loro obiettivo finale. La spada, da vicino, sembrava brillare di luce propria.

Oppure quella luce proveniva dalla fiammata appena sputata dal drago, evidentemente libero dall’incantesimo del solletico e pronto a mangiarli in un sol boccone.

«Corri!» l’urlo di Draco le arrivò alle orecchie come se fosse stato poco più di un sussurro, a causa del ruggito della bestia che si contorceva follemente per potersi muovere nello spazio che aveva a disposizione e poter arrivare ad essere muso a muso con loro. Lei, dal canto suo, era talmente sconvolta da non riuscire quasi a muoversi: fu solo quando lui la prese per il braccio e la tirò via con violenza che ricominciò a percepire ciò che la circondava. «Hermione, corri!».

Si era fatta male alla gamba, se ne rese conto solo una volta tornata in piedi. Era un dolore sordo, così forte da farle girare la testa ed impedirle di stare in piedi. Era così forte che lei quasi non vi prestò attenzione, tanta era la fretta. Confusa e spaventata dal ruggito proveniente dalle sue spalle, abbassò lo sguardo per poter controllare cosa le stesse impedendo di alzarsi e ciò che vide le fece venire un’ondata di nausea terrificante: quella piega assunta dalla sua gamba era tutto fuorché normale.

«Oh, porca puttana!» l’orrore nelle parole di Draco non fece che confermare il suo atroce dubbio. Sentì distintamente le sue braccia stringersi intorno a lei e spingendola a terra, un attimo prima che una fiamma terrificante si scagliasse nel punto in cui, fino a pochi istanti prima, c’era stata la sua testa. «Non muoverti, non muoverti» aggiunse poi lui, ansioso, con un tono di voce così vicino all’isteria da farle quasi fermare il cuore per il terrore. Lei non poteva muoversi, lui non poteva smaterializzarla. Il drago voleva mangiarli entrambi.

«Draco», il modo in cui uscì la sua voce la spaventò. Era un pigolio, un sibilo dolorante e spaventato che non le era mai appartenuto. Non era la prima volta in cui si faceva del male, non era la prima volta in cui soffriva così tanto. Era la prima volta, tuttavia, in cui era abbastanza matura da comprendere quanto avesse da perdere. «La spada… prendi la spada» continuò, sentendo un’altra ondata di nausea colpirla allo stomaco con inaudita violenza nel momento in cui tentò di strisciare via. Senza poterne fare a meno, si vide costretta a piegarsi di lato e vomitare.

«Dobbiamo andare via da qui!» le urlò invece Draco, schermandola con il suo corpo dalla polvere e dalle pietre che il drago aveva smosso nel disperato tentativo di voltarsi e mangiarli. Le sue urla selvagge sembravano riecheggiare come se fossero stati tutti chiusi in un’enorme bolla di vetro. «Dammi la mano, dammi la mano, posso creare una passaporta, quella forse potrebbe farci uscire di qui… funziona ad Hogwarts, perché in questa stupida radura no?». Il suo tono era così nevrotico, così sconvolto, che per un momento lei temette fosse lui il vero ferito, in quella situazione.

«Prendi la spada, Draco!» insistette Hermione, cominciando a sentire la testa girare vorticosamente. Sarebbe svenuta, se non fosse stata già sdraiata. Il grosso rettile era ormai riuscito a farsi abbastanza strada da fronteggiarli: a separarli dai suoi denti erano solo pochi spuntoni di pietra ed alberi. Gli spruzzi d’acqua di ciò che restava della cascata – distrutta con qualche colpo di coda – cadevano su di loro come pioggia sporca, Hermione avrebbe voluto pulirsi il viso ma temeva che muovendo anche solo un muscolo avrebbe definitivamente perso i sensi. «Prendi la spada».

Il modo in cui lui la guardò, disperato, le fece venire il magone. I suoi occhi di cristallo erano spalancati, il respiro corto: non era mai stato così pallido. «Non ti lascio qui» esalò, spalancando gli occhi quando un ramo delle dimensioni di un piccolo faggio passò sopra le loro teste. «Protegourlò ancora lui, ansimando, cercando di schermarli come meglio poteva. Lo scudo era una leggera aura azzurra su di loro, così pallido da risultare quasi invisibile. Il drago non avrebbe impiegato molto tempo a superarlo, con una delle sue fiammate inarrestabili.

Era così che si sentivano le anime imprigionate all’Inferno? Con il calore della morte tutt’intorno e nessuna speranza di salvezza?

La mente di Hermione, arrivata a quel punto, guardava ben oltre la sua semplice esistenza: non c’era via per sopravvivere, perché non morire facendo la cosa giusta? Aveva già sfidato l’Antica Magia5, sei mesi prima, rischiando la sua vita come se non le fosse importato nulla. Cosa le impediva di farlo ancora? Poteva chiedere a Draco di sacrificarsi come avrebbe fatto lei, se avesse potuto?

«La spada. Impediscile di rovinare tutto!».

Sì, poteva.

Voleva che lui rinunciasse ad ogni speranza e ponesse la parola fine alla loro vita insieme, nonostante non fosse ancora davvero iniziata?

«Maledizione, Hermione! Non posso permettere che tu muoia!».

No, non voleva. Ma doveva farlo.

«Non abbiamo comunque alcuna speranza» provò a dirgli, accennando un lieve sorriso. Si rese conto, in quel momento, di avere il viso bagnato di lacrime. La sua bacchetta giaceva spezzata poco lontano da dove erano caduti, una perfetta immagine del suo cuore in quel momento.

«Posso aggiustarti la gamba» annaspò lui, la sua voce così lieve da essere quasi totalmente coperta dal rumore agghiacciante del drago che scavava e scavava, intenzionato a ricavare abbastanza spazio da potersi avvicinare e mangiarli. «Una volta sistemata, potremo scappare dietro la roccia, quel bestione non potrà… non potrà girarsi di nuovo!» continuò, allungando la mano per asciugarle le lacrime.

«Non puoi aggiustarmi la gamba senza togliere lo scudo, Draco, lo sai. Ed abbiamo una sola bacchetta a disposizione» gli rispose, sentendo un peso calarle sul cuore e poi sul resto del petto, come una macchia d’inchiostro su una pergamena. «Va’ dalla spada. Ti ci vorranno pochi secondi per-».

«Vuoi smetterla di pensare a quella dannata spada?» il suo urlo isterico la fece trasalire e la zittì. In un altro momento, gli avrebbe risposto per le rime, ricordandogli chi fosse a capo della missione, ma in quell’istante non ci riuscì. La macchia d’inchiostro aveva risucchiato le sue corde vocali, il suo stomaco, tutto. «Lo so che moriremo, ma non ho intenzione di morire lontano da te, senza aver neppure provato a salvarti. Non me ne importa un accidenti del resto del mondo, vuoi capirlo? Sei tu il mio mondo ed è te che devo salvare, anche a costo di smaterializzarti via nei pochi secondi che avremo a disposizione».

Si guardarono per due lunghissimi secondi, dopo quelle parole. Paura e determinazione, speranza e rassegnazione, ancora una volta la loro vita vedeva il contrapporsi di emozioni, tutte facce dello stesso amore che, nuovamente, li stava accompagnando sull’orlo del precipizio.

Alla fine, fu lei a cedere, sorridendogli fra le lacrime. «Tu non le sai riparare le ossa, Draco».

«E tu hai già provato a morire e lasciarmi indietro, sappiamo entrambi che non permetterò che una eventualità simile si ripeta6» gli rispose lui, pulendole il viso. «E sappiamo anche che non potrei comunque interrompere l’incantesimo della spada, il drago ci ucciderà entrambi prima».

«E una passaporta è ancora più improbabile della smaterializzazione, con un incanto di protezione su tutta la radura».

Una nuova emozione si affacciò ai loro occhi, identica in ogni sfaccettatura: tristezza.

«Non reggerò ancora per molto» le disse poi Draco, con un sospiro, avvicinandosi fino a potersi sedere al suo fianco. Che non volesse più fronteggiarla era indicativo che la lite fosse bella che sepolta. Avevano altro a cui pensare. «Almeno questa volta saremo insieme, non mi lascerai da solo» continuò, passandole il braccio intorno alle spalle, per attirarla di più contro il suo petto. Il buon profumo di cuoio e dopobarba era sparito, sostituito dalla puzza di fumo e della terra umida su cui si erano rotolati. «Sei pronta?».

La macchia d’inchiostro sul cuore di Hermione aveva raggiunto le dimensioni della sua intera anima: l’assenza di un angolo pulito, l’assenza di speranza nel futuro, l’avevano portata ad uno stato di pacata rassegnazione, facendole accettare l’inevitabilità di quanto sarebbe venuto. Era semplicemente felice che, in un modo o nell’altro, sarebbero stati insieme. Il dolore alla gamba, la puzza di vomito ed il frastuono del drago infuriato erano nulla, in quell’istante. Nulla davanti a loro.

«Ti amo, Draco».

Il modo in cui lui le sorrise avrebbe rischiarato qualunque nube, scacciando anche il più tenace dei dissennatori. Quando le sollevò leggermente il viso e si avvicinò, Hermione non riuscì a chiudere gli occhi: non avrebbe perso neppure un istante di lui.

«Ti amo, Hermione».

Quando si baciarono, l’incantesimo di protezione crollò intorno a loro come una pioggia delicata e, con un boato, l’enorme rettile spalancò le sue fauci infernali.

 

***

 

L’immenso calore che si era aspettato non era mai giunto.

Aveva continuato a baciare la sua Hermione, profondamente e con incredibile dolcezza, pronto a trascorrere i suoi ultimi istanti fra le sue braccia, l’unico luogo in cui fosse mai stato davvero felice. I pochi istanti, tuttavia, erano diventati i secondi ed i secondi erano diventati un minuto. Il frastuono continuava, ma delle fiamme non c’era neppure l’ombra.

«Sono immensamente spiacente di disturbarvi,» esclamò una voce a pochi passi da loro, affaticata ma nonostante tutto divertita, «tuttavia credo che dovreste affrettarvi, il mio è uno scudo incantato, ma non è certo indistruttibile».

Davanti a loro, meraviglioso nella sua armatura d’oro, Re Artù impugnava uno scudo magnificamente decorato, grande almeno il doppio di quelli generalmente associati al suo periodo storico, ricoperto interamente da antichissime rune celtiche che Draco era certo di aver già visto in un antico manuale sugli incantesimi difensivi. Lo scudo, naturalmente stregato, li aveva protetti tutti dalle spaventose fiamme della bestia, respingendole verso il legittimo destinatario in un incredibile gioco di spruzzi infuocati.

Il mago sentì il proprio cuore esplodere a causa di tutte le improvvise emozioni provate, Hermione, al suo fianco, esalò un’imprecazione così colorita da meritare di essere incisa nel libro nero che Narcissa Malfoy conservava ancora al Manor.

A quel punto, la domanda da porre fu semplicemente una.

«Lei cosa cazzo ci fa qui?» sbottò lui, tentato di allargare le braccia per dimostrare pienamente il suo sconvolgimento. «Come diavolo ha fatto a trovarci? E quello che razza di scudo è? Non esiste un metallo capace di respingere il fuoco del drago!».

Una risatina divertita scosse il re, nonostante Draco l’avesse notata solo a causa del lieve tremore delle sue spalle. «Credevo che voi maghi di Avalon conosceste le proprietà delle armi forgiate dal fiato di drago» gli rispose, con tono stranamente leggero. Naturalmente, Draco conosceva la leggenda secondo cui l’acciaio forgiato dal fuoco di un drago fosse immune alle fiamme del drago stesso, ma non aveva mai pensato che… «Quanto alla mia presenza qui, credo lei debba ringraziare la sua fidanzata, sir Morgerstern. O forse dovrei dire Malfoy?».

Lo shock nel suo sguardo avrebbe fatto sorridere la sua fidanzata, lui ne era certo, ma in quel momento non ci fu modo di lasciarsi andare a simili leggerezze. «Cosa gli hai rivelato, Mezzosangue? Qualcosa delle parole “sotto copertura” non ti era chiaro?» sbottò quindi, tentato di prenderla per le spalle ed iniziare a scuoterla con violenza. Se non lo fece fu soprattutto a causa del colorito verdastro assunto dal viso di lei, evidentemente prossima a perdere definitivamente i sensi e quel poco sangue che le era rimasto. «Ah, accidenti, Vulnera Sanentur.

Non era mai stato particolarmente bravo con gli incantesimi di guarigione – c’era sempre stato Blaise a rimetterlo in piedi, maledizione! – ma, fortunatamente, riuscì quantomeno a fermare l’emorragia alla gamba. Il sollievo negli occhi di Hermione lo ricompensò per lo spavento.

Il sollievo, però, venne presto sostituito da un mix fra l’esasperazione ed il dolore per l’osso rotto. «Gli ho detto tutto mentre ballavamo! Come avrei fatto a sgattaiolare via senza attirare l’attenzione, altrimenti? Lui è Re Artù, non puoi nascondergli cose!» sbottò quindi, indicando con un cenno il sovrano intento a respingere gli attacchi del drago ancora incastrato ma parecchio furioso e, probabilmente, affamato. Sembrava fin troppo magro rispetto la stazza dei suoi simili. «Come puoi notare anche tu, ho fatto benissimo a dirgli la verità!».

Draco avrebbe voluto porle milioni di domande, a cominciare dal perché lui le avesse creduto fino al come avesse ritenuto saggio rivelare la loro missione all’unica persona che, in effetti, avrebbe potuto risentire tantissimo della fine dell’incantesimo. Dopotutto se davvero fosse stato il Sovrano redivivo, avrebbe smesso di esistere nel momento in cui loro avessero completato la missione7.

Aveva tante domande per la testa, tuttavia preferì tenerle per se. Non era il momento di distrarre il loro salvatore.

«Credete di impiegare ancora molto tempo nelle vostre discussioni? Credo che la bestiola potrebbe liberarsi da un momento all’altro ed io sono sprovvisto di armi per combatterlo» li interruppe proprio Artù, senza perdere la sua leggerezza ma con un pizzico di preoccupazione in più. A quel punto sembrava che si stesse sinceramente divertendo ad intercettare le fiamme e bloccarle, guardando in faccia alla morte e ridendo come un matto.

Oltre ad essere magnifico c’erano buone probabilità che fosse folle.

In quel momento, un costone di roccia si liberò dalla Montagna ed il drago, con un ringhio feroce, riuscì finalmente a liberarsi dalla trappola in cui era finito. Osservandolo da vicino, Draco notò che fosse incatenato al suolo: Morgana gli aveva impedito di volare via, tenendolo in quella fossa dimenticata dal mondo dal momento stesso in cui dovesse esser riuscita ad intrappolarlo con la magia. Quell’animale non era più libero di quanto non fossero loro. 

«Non abbiamo il tempo di spezzare l’incantesimo sulla spada» gemette Hermione, stringendogli la mano sul braccio per richiamare la sua attenzione. «Se tu potessi evocare un nuovo scudo, il Re potrebbe estrarre Excalibur e tenere a bada il bestione, così tu potresti cercare un modo per intrappolarlo!» propose, guardandosi intorno con aria frenetica. Individuato qualcosa fra gli alberi, glielo indicò: era l’origine della catena che teneva la bestia incatenata al suolo. «Allunga quella e passagliela intorno al corpo! Non voglio che muoia, ma dobbiamo assicurarci che non sia un problema».

«Mi sembra un ottimo piano, signorina Granger» si complimentò il Re, facendo un balzo di lato giusto un attimo prima che, con una zampata, il lucertolone lo togliesse di mezzo come se fosse stato una mosca fastidiosa. «Signor Malfoy, se non le dispiace io avrei giusto un po’ di fretta».

Tutt’altro che convinto, Draco si voltò verso la donna, guardandola interrogativo. «Sei sicura?».

«Quasi quanto sono certa che i miei figli non si avvicineranno mai così tanto ad un drago!8 Vai!».

Forse fu l’implicito riferimento al loro futuro, forse fu la spinta con cui l’allontanò, ma meno di un paio di secondi dopo, Draco era al fianco del re, la bacchetta alta e l’incantesimo già sulla punta della lingua. Una nuova barriera azzurrognola si posizionò fra loro ed il drago che, certamente non contento, ruggì tutto il suo disappunto e partì all’attacco. Ogni colpo allo scudo era un colpo che il mago poteva percepire direttamente nello stomaco, ma non si arrese, non finché una brezza leggera non gli solleticò il viso, attirando inevitabilmente la sua attenzione.

A pochi passi di distanza, avvolta in un magico alone d’oro e diamanti, Excalibur veniva estratta dalla roccia ed impugnata dal suo unico e solo proprietario. Un silenzio innaturale e l’aria profumata d’incenso accolsero la nuova ascesa di colui che era e che sarebbe tornato ad essere il Re di ieri e di domani. Con la sicurezza e la forza che nessuno avrebbe mai dimostrato, Re Artù si erse oltre la prigione della più grande arma mai esistita, tornando ad attraversare le terre che un tempo gli erano appartenute e che, prima o poi, sarebbero ancora tornate sotto il suo dominio.

Draco, per la prima volta in tutta la sua vita, provò l’inarrestabile istinto di inginocchiarsi. Hermione, poco lontano da lui, aveva chiaramente gli occhi lucidi per l’emozione.

Il Re Eterno.

«Adesso penserò io a lui» gli disse Artù, senza più alcuna traccia di leggerezza nel tono di voce, una volta sceso dalla roccia e raggiunto il posto che aveva inizialmente occupato. Con un cenno gli indicò la roccia cui era incatenato il drago. «Va’, la prospettiva di uccidere una creatura innocente e così antica non mi alletta minimamente».

Disobbedire era assolutamente fuori discussione, Draco non era minimamente intenzionato a ribattere. Semplicemente, una volta che lui gli fece un cenno di poter far cadere lo scudo, si limitò a correre a perdifiato verso l’origine della catena, lanciando tuttavia uno sguardo preoccupato ad Hermione, ancora nascosta all’ombra della roccia.

Non guardò il Re combattere, non ne ebbe il coraggio. Oppure ebbe subito la consapevolezza di non essere abbastanza da potersi permettere di osservare l’Eterno combattere per il suo popolo.

Era una visione riservata a pochi eletti, lo sapeva. E lui non era fra quelli.

Allungò la catena più velocemente che poté, poi, racimolando tutto il suo coraggio ed un semplice Wingardium Leviosa, diresse il frutto dei suoi incantesimi verso la bestia.

Il tonfo che fece, quando gli venne sottratto dapprima l’uso delle zampe e poi la possibilità di spalancare le fauci, fu lo stesso che fece il cuore del mago nel notare il Re ancora perfettamente integro, giusto leggermente sporco di polvere, a pochi metri da dove l’aveva lasciato.

Nessun mortale sarebbe potuto sopravvivere tanto.

Ma, dopotutto, lui non era un semplice mortale.

«Hermione!» ricordandosi improvvisamente di lei, Draco si precipitò nella sua direzione, trovandola accasciata in un angolo, probabilmente per ripararsi dai possibili colpi di coda dell’animale. Il Re, per fortuna, aveva evitato che le fiamme potessero toccarla. «Stai bene? Sei così pallida…» esalò, spostandole i capelli dal viso per poterla guardare. Era così fragile.

«Sto bene, considerando la gamba rotta e i vari litri di sangue persi per strada» gli rispose lei, cercando di mantenere un tono quanto più pacato possibile. Il tremore era inevitabile, ma il suo sorriso riusciva a stemperare un po’ l’angoscia. «Vostra Maestà, grazie per essere venuto in nostro soccorso, nonostante io abbia tentato di dissuaderla in ogni modo» disse poi, voltando gli occhi verso Artù, rimasto pochi passi indietro.

Il Re accennò una risata stanca, stringendosi nelle spalle. «Non avevo intenzione di intervenire, in realtà. Ho imparato a mie spese che interferire con la magia è qualcosa che io non posso permettermi di fare» spiegò, intento a pulire Excalibur con un lembo del mantello. «Ho dovuto rivedere le mie intenzioni quando ho visto Morgana al castello, però».

Attraversato da un brivido, Draco si voltò a fissarlo. «Morgana era al castello? Perché? Cos’ha fatto?» chiese, agitato, stringendo la presa della mano sulla spalla della sua fidanzata, che fece un lamento indolenzito, spingendolo a mollare. «Scusami, cara. Perché quella maledetta Banshee è al castello?».

Il Re fece una smorfia disgustata, rabbrividendo. «Quando voi siete andati via, io ho fatto il possibile per impedire a Merlino di raggiungere la torre, così che non scoprisse la fuga della Dama» spiegò, arricciando il naso. «Sfortunatamente, però, dopo un po’ l’ho perso di vista, così sono andato a cercarlo… quando l’ho trovato, era in dolce compagnia».

A fare una smorfia, a quel punto, fu Hermione. «Immagino che voglia usarlo per ristabilire il suo controllo sul Regno» convenne, disgustata. «Questo non spiega la sua presenza, tuttavia».

«Morgana ha detto qualcosa riguardo la spada e l’eliminazione dei loro nemici… ho immaginato doveste essere voi. Miss Granger mi ha anche raccontato qualcosa della radura…» allargò le braccia, indicando tutto ciò che avevano intorno. «Ho pensato fosse saggio venire a controllare. Un buon Re non manda i suoi sudditi a fronteggiare la morte, se egli stesso non è in prima linea».

Quello era un ragionamento che Draco avrebbe voluto ripetere al buon, vecchio Caramell.

«Non possiamo che ringraziarla, allora» disse proprio lui, infine, risollevandosi. «Adesso, tuttavia…» sentendosi in difficoltà, Draco lanciò un’occhiata ad Hermione. Quanto era riuscita a raccontargli?

«Vi serve la spada per spezzare la maledizione, immagino» lo interruppe proprio Artù, con un sorriso gentile, facendosi avanti con Excalibur in mano. «Naturalmente, naturalmente. Preferite che la reinserisca nella Roccia oppure posso tenerla in mano?».

La tranquillità nel suo tono fece accigliare il mago e la strega, che si lanciarono un’occhiata storta.

«Lei è consapevole delle conseguenze che ci saranno, una volta che spezzato l’incantesimo?».

Il Re raddrizzò le spalle e sorrise, gentile. «Sono consapevole di non essere ritornato in questo mondo per necessità ma per mano di una egoista incantatrice. Questo non è ancora il mio tempo, signor Malfoy. Non avete ancora bisogno di me» spiegò, tranquillo. «Non mi piace l’idea di morire, ma mi piace ancora meno la prospettiva di restare e far in modo che il mondo precipiti nel caos dei miei tempi. La signorina Granger mi ha illustrato i vantaggi di questo secolo ed io non potrei mai togliere questi privilegi al mio popolo, neppure se questa scelta mi costringesse a tornare nell’oblio per altri mille anni».

La sorpresa per la quantità di informazioni che Hermione era riuscita a condensare nel suo necessariamente breve colloquio con il re dovette soccombere all’inarrestabile istinto di inchinarsi davanti a quell’uomo. In quel momento, proprio come quando aveva estratto la spada, la sua gloria splendeva come se egli stesso fosse stato un meraviglioso astro nascente.

«Vostra Maestà» disse allora Draco, il capo chino in segno di rispetto, indicando con un cenno la roccia. «Credo che sarà necessario riportarla nella sua condizione di sicurezza, così che io possa procedere più speditamente» spiegò, facendo un passo indietro proprio mentre il Re, con una tranquillità inumana, avanzava.

Un passo, un altro ed un altro ancora, il Re si ritrovò nella stessa posizione di poco più di dieci minuti fa, immobile davanti alla prigione della più grande arma mai esistita al mondo, il cui destino era riportare pace e sicurezza nella società arrivata al suo collasso. Draco osservò il Sovrano sollevare Excalibur con entrambe le mani, le braccia contratte in vista dello sforzo di intrappolarla nuovamente nella roccia che per tanto tempo l’aveva conservata.

Finché Excalibur non venne violentemente strappata dalla sua presa, volando fra le grinfie della strega.

«Scenetta commovente, davvero, ma credete sinceramente che io vi lascerò mandare in aria il mio piano?» domandò la – non più – vecchia Fitzroy, le eleganti sopracciglia bionde inarcate ed un sorriso perfetto sulle labbra. Dietro di lei, Merlino ubriaco ridacchiava fra sé e sé, lanciando occhiatine spaventate e divertite al povero drago incatenato.

Essendo l’unico armato, Draco si fece avanti. «Lascia andare la spada, vecchia megera, non ti appartiene» sibilò, pronto a combattere se si fosse rivelato necessario.

«E questo sei tu a deciderlo, giovane Malfoy?» gli fece il verso lei, scoppiando a ridergli in faccia. «Oppure è lui a deciderlo? Lui, un semplice effetto collaterale?» aggiunse, indicando Artù con la punta della spada. «Se avessi saputo che sarebbe ritornato dal Regno dei Morti, avrei provveduto immediatamente ad ucciderlo ancora… usando proprio questo stuzzicadenti magico che tanto gli piace».

«Sei mostruosa» sibilò il sovrano, con un tono talmente sdegnato da far quasi commuovere Malfoy. «Non sei mia sorella, tu non sei Morgana».

«No, non sono tua sorella» civettò ancora la nonna Fitzroy, con la solita risatina inquietante. «Ma se vuoi possiamo comunque passare una notte di sesso bollente… dimmi, l’incesto è davvero così entusiasmante come si dice in giro? Non ho mai avuto queste pulsioni, ma immagino che adesso dovrei accontentarmi…»8.

Artù impallidì, forse vergognandosi ancora del suo passato, forse ricordando a chi aveva condotto quell’unione maledetta.

Mordred. La sua morte.

«Posa la spada, ho detto! Posala e vattene, forse eviteremo di condannarti a passare il resto della tua esistenza ad Azkaban» propose allora Draco, cercando di mostrarsi più sicuro di quanto realmente non fosse. Hermione, al suo fianco, fece un verso stizzito, come a sottolineare che, se fosse dipeso da lei, avrebbero dovuto reintrodurre la pena capitale, per quel mostro. «Posa la spada, Margaret».

«Non chiamarmi in quel modo!» strillò la megera, in risposta, puntando contro di loro la bacchetta magica. La bacchetta appartenuta a Druella, Draco ne era assolutamente certo: era l’unica ad avere degli intarsi d’oro lungo tutto il corpo, simbolo della vittoria consecutiva di tre campionati mondiali di duello magico. Prima di lei, l’unico a ricevere un tale onore era stato il suo bisnonno, il marito di Margaret. «Non puoi costringermi a fare un bel niente, nessuno può!» aggiunse, con un sibilo furioso. «Ed ora voi morirete, niente potrà frapporsi a me ed al mio nuovo mondo!».

Il rumore di qualcosa – o meglio, qualcuno – che veniva schiantato violentemente contro un tronco d’albero attirò l’attenzione di tutti i presenti, che si voltarono verso il fitto degli alberi.

«Madre», disgustato, Lord Fitzroy emerse dal folto del bosco con ancora la bacchetta alzata, superando con un certo disgusto il corpo incosciente di quella pessima copia di Merlino. A qualche metro sulla destra da lui sbucò anche Anthony che, tuttavia, ignorò completamente Morgana e concentrò il suo sguardo prima su Draco e poi, immediatamente, su Hermione, verso la quale si precipitò.

Draco fece un sospiro di sollievo: nessuno meglio di un Goldstein poteva riparare delle ossa rotte, la sua era una antica famiglia di guaritori, non dubitava che, nonostante la carriera scelta fosse diversa, lui sapesse bene come aiutare la sua fidanzata.

«Gerry caro» sbottò Margaret, guardando il figlio con un cipiglio diviso fra il disgusto ed il divertimento. «Sono felice che tu sia venuto ad assistere al mio trionfo. Finalmente non dovrò stare un passo dietro a te o tuo padre, non è fantastico?».

Lo sguardo che il vecchio Lord le dedicò chiarì quanto trovasse fantastico quel suo piano. «Posa quella spada e consegnati, non peggiorare la tua situazione» le sibilò allora, facendo un altro passo avanti, la bacchetta ancora alta in posizione difensiva. «Fa’ come ti è stato detto e, magari, provvederemo affinché tu venga rinchiusa in una struttura adeguata alla tua veneranda età9, piuttosto che ad Azkaban».

Margaret scoppiò a ridere, allargando le braccia. «Guardami, Gerry! Io sono giovane, non c’è nulla che possa fermarmi, adesso! Nulla e nessuno!» si rallegrò, indicando con un cenno i due maghi rimasti indietro. Artù, a quel punto, era troppo sconvolto per poter dire qualcosa. «Chi dovrebbe fermarmi, eh? Malfoy? Guardalo, sta tremando come una fogliolina. Oppure quel guaritore mancato di tuo nipote?» continuò, ridendo a più non posso. «Oppure tu, Gerry? Guardati, sei così vecchio che se dovessi estrarre la bacchetta troppo velocemente rischieresti di spezzarti qualcosa!».

Lord Fitzroy accolse quelle parole con un lieve sorriso. «Hai ragione, Madre» le rispose, abbassando la bacchetta. «Infatti non sarò io a fermarti» continuò, facendosi da parte per lasciar spazio a qualcun altro. Qualcuno che Draco accolse con una gioia assolutamente indescrivibile.

Druella, con indosso gli abiti da competizione della famiglia Fitzroy – un completo color granata con rifiniture d’argento –, si fece avanti con una calma assolutamente innaturale, la bacchetta – a chi apparteneva? Di certo non era la sua – ben alta e pronta all’attacco.

«Ah, la piccina» si rallegrò Margaret, lasciando cadere Excalibur al proprio fianco. «Vuoi davvero umiliare la famiglia, non è vero, Gerry? Sei pronto a lasciarmi uccidere anche la piccola Ella…» continuò, con voce cantilenante, quasi stesse parlando con dei bambini.

La giovane non fece una piega, anzi, le dedicò un lieve sorriso. «Sei molto sicura di te, nonna» le fece notare soltanto, fronteggiandola alla distanza di sicurezza che, Draco avrebbe scommesso qualunque cosa, era la stessa richiesta per le competizioni internazionali. «Fatti avanti, allora. Sconfiggimi e vincerai, cos’hai da perdere?».

Qualcosa, nel modo in cui lei si presentò a quello scontro – forse la sua posizione? Forse il suo atteggiamento? –, fece accigliare Draco. Era sbagliato.

Margaret ridacchiò, allegra. «Sei una così cara ragazza… mi dispiace ucciderti10» disse, tranquilla, proferendosi in un inchino che era tutta apparenza. Anche lei aveva gareggiato, prima di sposarsi. Alcuni ritenevano che fosse anche più brava del leggendario marito.

Ella ricambiò il gesto, tranquilla. «A me dispiace morire10En garde!».

Lampi di luce si sprigionarono in successione velocissima, impedendo a chiunque di tenere conto degli incantesimi sferrati e respinti. Per la prima volta, Draco ebbe la reale percezione di quanto minima fosse la sua capacità nel duello e di quanto banali fossero le sue tecniche: aveva assistito a mille e mille scontri, ma nessuno aveva raggiunto quei livelli. Le due sfidanti si fronteggiavano con agilità, nessuna delle due capace di sovrastare l’altra, quantomeno non del tutto. Ella sembrava vagamente in difficoltà, mentre Margaret stava dando il massimo della sua capacità. Lentamente sarebbe riuscita a prevalere, soprattutto considerando la velocità terrificante con cui attacchi e contrattacchi venivano sferrati.

«Maledizione, Ella, piantala!» sbottò Anthony, ringhiando quelle parole mentre si occupava della gamba di Hermione. In risposta, giunse la risatina di sua moglie, che fece interrompere momentaneamente lo scontro.

Margaret, con il fiatone, lanciò un’occhiata divertita alla nipote. «Sei già stanca, mia cara? Posso capirlo, davvero, dopotutto hai dimostrato una bravura degna della tua stirpe» le fece notare, vagamente ammirata. «Arrenditi, unisciti a me e ti insegnerò, ti renderò migliore».

L’occhiata che Ella le dedicò fece aumentare il suo sorriso e spaventare Draco, tuttavia la risatina di Anthony impedì che l’ansia lo assalisse. Lui non avrebbe riso, se lei fosse stata sul punto di arrendersi, no?

«Ti ringrazio per la proposta, davvero, e devo ammettere che anche tu sei parecchio brava, abbastanza da superarmi, in questo momento» le disse infatti la nipote, raddrizzando le spalle. «Ma c’è una cosa che tu non sai» aggiunse, facendole l’occhiolino e giocherellando con la bacchetta sconosciuta.

Margaret si accigliò, respirando ancora a fatica. «Che cosa?».

Nell’istante stesso in cui Ella passò la bacchetta dalla mano sinistra alla destra, Draco capì perché fino a quel momento il suo comportamento gli fosse sembrato innaturale, sbagliato.

Maledetta bastarda.

«Io non sono mancina9, nonnina cara».

Quando lo scontro riprese non ci fu assolutamente alcun metro di paragone fra le due sfidanti: due colpi, un passo avanti e Morgana perse la presa sulla sua bacchetta, crollando in ginocchio sotto l’effetto di un buon, vecchio incanto delle pastoie.

Il verso di apprezzamento che Hermione fece, sconvolta da ciò cui aveva appena assistito, venne coperto dall’urlo feroce della vecchia megera nel vedere la nipote tornare in possesso della sua bacchetta riccamente decorata.

«Questa, nonnina cara, è la mia» le disse, avvicinandosi di qualche passo per sventolarle la bacchetta usata fino a quel momento sotto al naso. «Mentre questa apparteneva a tuo marito. Ancora una volta, sei stata sconfitta da un Fitzroy, ma non potrai più dire che a decretare la tua sconfitta sia stato il favoritismo di una società maschilista11».

Un applauso particolarmente convinto nacque da Artù, estendendosi poi ad Anthony ed a Hermione, tornata miracolosamente in piedi ed a pochi centimetri di distanza da Draco. Lord Fitzroy si fece avanti, recuperando la bacchetta appartenuta a suo padre ed utilizzandola per imbavagliare ed incatenare la madre. Poi, proprio lui si avvicinò ad Excalibur, prendendola fra le mani ed allungandola, facendo qualche passo esitante, al legittimo proprietario.

«Vostra Maestà, vogliate accettare le scuse della mia famiglia. Siamo mortificati per il comportamento di mia madre e speriamo di poter trovare un modo per togliere questa terribile onta dal nostro onore» disse il vecchio, inchinandosi una volta giunto a destinazione, porgendo la spada al Sovrano.

Artù non sorrise, nonostante i suoi occhi fossero ancora buoni e gentili. «Avete già ripulito il vostro onore, Sir, grazie alle prodezze della Dama- voglio dire, di vostra nipote» disse, accennando un sorriso a Druella, che chinò il capo in segno di riconoscenza e rispetto. Presa la spada, il Re si voltò verso Draco. «Immagino che adesso possiamo procedere, signor Malfoy. Riportiamo questo mondo alle sue condizioni legittime».

Anthony fece una leggera smorfia, pulendosi le mani sporche di sangue sui pantaloni. «Un po’ di giustizia in più non farebbe male, in fondo. Magari possiamo trovare il modo di spezzare la Maledizione della Spada senza rimandarla indietro, Maestà».

Artù arricciò il naso, facendo qualche passo avanti fino a fronteggiare la roccia. Sollevò Excalibur tenendola per l’elsa e, con un colpo deciso, la incastonò nella sua roccia. Dov’era giusto che fosse. Il bagliore che fino a quel momento l’aveva circondato sembrò affievolirsi, senza tuttavia lasciarlo del tutto. Con o senza Excalibur, lui restava sempre il Re Eterno. «Ancora il mio momento non è giunto, Sir» gli rispose allora, voltandosi nella sua direzione con un sorriso gentile. «Quando toccherà a me, allora farò il mio ritorno, ma non un attimo prima».

Comprendendo che fosse giunto il suo momento, Draco si fece avanti.

«Il Re ha parlato. Spezziamo la Maledizione».

 

 

 

 

»Marnie’s Corner

 

Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!

 

Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!

 

Avvertenza: Questa fanfiction è un sequel/spin-off della mia long: Lo Specchio delle Anime.

 

 

Mettere nello stesso capitolo Draco ed un drago è stato snervante, ho dovuto ricontrollare dieci volte e temo di aver perso qualche pezzo qui e lì, abbiate pietà.

 

Eccoci ancora con l’ultimo capitolo! Come ho già detto più volte, il prossimo capitolo sarà l’epilogo, quindi, tecnicamente, la storia si è conclusa adesso. È stata una parentesi piacevole, nulla di esagerato o di impegnativo, ma spero abbia parzialmente soddisfatto la vostra curiosità!  

 

Siete andati a vedere Animali Fantastici? Se no, vi chiedo di farlo, è meraviglioso, assolutamente meraviglioso. Newt Scamander ha ridato dignità ai Tassorosso (ed essendo io per metà Tassa è una gran soddisfazione) ed ha fatto vedere una parte del mondo magico che nei primi sette libri/film non era stata mai analizzata. La magia adulta, finalmente. 

 

 

Punti importanti:

 

» 1 – Ovviamente è una sciocchezza inventata dalla sottoscritta, nulla di scientifico.

 

» 2 – La famiglia MacFusty gestisce la riserva dedicata a questi draghi, nelle Ebridi. Hermione si è recata più volta a far visita a quel piccolo esemplare esaminato con Newt Scamander. Naturalmente, non l’ha più visto da quando si sono svolte le vicende raccontate ne “Lo Specchio delle Anime”.

 

» 3 – Black Angus è una razza di mucche tipiche della Scozia. Carne eccellente, considerata particolarmente gustosa e prelibata.

 

» 4 – Alan Grant è il protagonista di Jurassic Park. Hermione ha adorato quel film!

 

» 5 – Nel prequel, Hermione ha affrontato uno Specchio che, essenzialmente, è una manifestazione dell’Antica Magia esattamente come Excalibur.

 

» 6 – Sempre riferimento al prequel, Hermione essenzialmente si è sacrificata, senza dire nulla a Draco e facendo in modo che lui la guardasse “morire” senza poter dire nulla.

 

» 7 – La leggenda ufficiale racconta che Re Artù tornerà dalla sua tomba su Avalon quando il mondo ne avrà più bisogno. Il fatto che Margaret abbia utilizzato Excalibur per creare la sua nuova Camelot – gettando il mondo nel più assoluto terrore, di fatto – ha contribuito a svegliarlo prima del tempo. Finita la crisi, lui scomparirà così come il castello e tutto il resto.

 

» 8 – Piccola nota divertente: il maggiore fra i figli di Hermione svilupperà un amore viscerale per tutte le creature magiche – draghi in particolare – e la sua ultimogenita passerà tutta l’infanzia correndo per la riserva di Nonno Newt. La seconda, Rosemary, non avrà un amore viscerale per le creature ma, comunque, passerà molto del suo tempo giocando con bestiole di diversa natura.

 

» 9 – Facendo due calcoli, Margaret dovrebbe avere circa 103 anni, nonostante ne dimostri meno di trenta.

 

» 10 – Citazioni prese direttamente da “La storia fantastica”, che io adoro alla follia. Se non l’avete visto, fatelo. L’idea di Druella come Westley, apparentemente innocua ma in realtà una macchina da guerra… non lo so, mi ha attirata subito. Anthony come Bottondoro, però, è decisamente più divertente.

 

» 11 – Aneddoto sul passato di Margaret: anche lei era un’abile duellante e, per evitare di sposare un uomo considerato “non alla sua altezza”, aveva imposto a suo padre di farle sfidare tutti i pretendenti e di sposare solo chi l’avesse sconfitta. Arrivato il turno del bisnonno Fitzroy, lui riuscì a sconfiggerla in poche mosse, ma lei non l’accettò mai. Lo sposò semplicemente perché aveva contratto un Voto Infrangibile e non poteva più tirarsi indietro. Non perdonò mai al marito ed alla loro discendenza di averla umiliata e messa da parte.

 

Siamo arrivati alla fine, signori. Vi aspetto la settimana prossima con l’Epilogo! Potrebbe fare la sua comparsa un personaggio che io potrei aver ideato per qualcosina nel futuro.

 

A lunedì prossimo!  

 

Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!

 

Grazie ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

 

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Capitolo 7
*** Epilogo - I Cavalieri della Tavola Rotonda ***


Lleggenda di Camelot.

 


 

Rebirthing now
I wanna live forever
Wanna live for You and me
(Breathe for the first time now
I came alive somehow)

Rebirithing now
I wanna live my life
Wanna give You everything
(Breathe for the first time now
I came alive somehow)
1 

 

[Rebirthing – Skillet]

        

 

  

 

Epilogo – I Cavalieri della Tavola Rotonda.

 

 

 

«Fortunatamente è finita bene».

Il Ministro Shacklebolt sospirò, sinceramente sollevato, guardando con soddisfazione la spada contenuta nella grande teca di vetro. Spostarla dal folto del bosco non era stato semplice, soprattutto perché avevano dovuto necessariamente portarsi dietro l’intera roccia, ma c’erano riusciti ed il risultato era stato una splendida esposizione nell’Ufficio Misteri.

«Bene è un po’ un eufemismo» si lagnò Draco, con una smorfia, guardando l’Arma con un cipiglio annoiato. «Abbiamo una centenaria ad Azkaban, che tuttavia non può restare ad Azkaban perché è troppo vecchia, Hermione si è completamente distrutta una gamba ed ha zoppicato per tre giorni, infine abbiamo dovuto obliviare almeno trecento babbani, oltre che una decina di maghi e streghe. E lei sa quanto sono difficili da obliviare, soprattutto quando non vogliono dimenticare qualcosa» elencò, lanciando un’occhiata di traverso al Ministro, che si strinse nelle spalle.

«Adesso sono tutti a casa loro, nel ventunesimo secolo, come dovrebbe essere» lo liquidò, con un gesto vago della mano. Picchiettò con l’indice sul vetro, osservando i minuscoli Purvincoli2 accorrere per staccargli la mano se avesse provato a far sparire quella barriera. Era un ottimo sistema di sicurezza, il Magizoologo che l’aveva suggerito – un certo Bartholomeow Maine3 -  meritava sicuramente un plauso ufficiale. Se poi si considerava il modo in cui aveva tenuto a bada il povero drago maltrattato, il plauso doveva necessariamente diventare un Ordine di Merlino di Seconda Classe. «Si sa nulla di Artù? Che cos’è successo quando avete spezzato l’Incantesimo?».

Draco accennò un sorriso, evitando lo sguardo del Ministro. «Questa è un’informazione che non possiamo rivelarle, mi dispiace» spiegò, tranquillo. «La storia sulla morte di Re Artù è sempre stata avvolta nel mistero ed è così che deve restare. Abbiamo già provveduto ad obliviare tutti i Fitzroy e, questa sera, sia io che Hermione praticheremo lo stesso incantesimo l’uno sull’altra».

Era stata una decisione straordinariamente semplice da prendere: dopo aver assistito all’apertura delle Nebbie di Avalon4, nessuno di loro aveva avuto dubbi riguardo la necessità di celare quella magia al mondo, anche a costo di dimenticare ore ed ore delle loro vite. Artù non aveva imposto il silenzio, sapeva che non ce ne fosse bisogno. Il Re li conosceva meglio di quanto loro conoscessero se stessi.

Il Ministro annuì, con una risatina. «Cercate di non esagerare, eh? Ho saputo che avete consegnato i documenti per il matrimonio, fra sei mesi avete un appuntamento importantissimo» convenne, dandogli una pacca sulla spalla. «Mi sembra ieri che Hermione era solo una ragazzina molto intraprendente che si appostava dietro le porte per scoprire i segreti dell’Ordine, invece adesso…».

«Sta per sposare un Mangiamorte pentito» lo interruppe Draco, senza riuscire ad impedirsi di stringere i denti. Non era la prima volta che quel pensiero lo fulminava e, nonostante tutto, non riusciva proprio a digerire quell’inferiorità con cui tutti lo consideravano nel loro rapporto. Alla fine, lui sarebbe sempre rimasto il pentito e lei l’eroe, non importavano le già due occasioni in cui aveva rischiato la morte per salvare tutto il mondo magico. Non sarebbe mai importato, a causa della cicatrice che ancora svettava sul suo stupido braccio destro. «Mi scusi, Ministro, ma credo di doverla lasciare. Ho un impegno importante».

«Malfoy, lo sai che io non intendevo offenderti» lo fermò Shacklebolt, mettendogli una mano sulla spalla, per impedirgli di andarsene. «Siamo tutti perfettamente consapevoli del sacrificio che tu ed Hermione avete fatto insieme, nessuno si azzarderebbe mai di metterlo in dubbio. Non con la proposta di riconoscervi un Ordine di Merlino».

Draco, naturalmente, era consapevole di quel titolo che in tanti, al Winzegamot, avevano deciso di concedere a lui ed alla sua fidanzata. Tuttavia sapeva anche che, fra questi, ce n’erano stati molti che avevano messo in dubbio il suo ruolo.

Malfoy, sempre bravi ad approfittare delle situazioni di vantaggio.

«Abbiamo avuto una pessima esperienza con Merlino, Ministro, ma saremo lieti di accettare tutto ciò che vorrete conferirci» si limitò a dire, allora, sfuggendo a quella presa d’acciaio – quell’uomo era stato un Auror, dopotutto – e facendo un paio di passi indietro. «Adesso, se vuole scusarmi, io ho cose urgenti da sbrigare».

Prima di uscire dalla stanza in cui erano conservati tutti i grandi manufatti magici ritrovati, si voltò a lanciare un’occhiata alla spada che riluceva, perfetta, grazie alle fiamme perenni che la circondavano.

Quando l’avevano trasportata, aveva provato a rimuoverla dalla sua prigione, naturalmente senza successo. Lui non era degno.

Con un verso sprezzante – non sapeva neppure a chi fosse rivolto – diede le spalle al suo Capo ed al simbolo di tutti i suoi problemi, deciso più che mai ad uccidere il Mangiamorte pentito.

 

***

 

«Per l’amor di Circe, non umili se stesso e si alzi da quel coso».

Aveva usato il tono più disgustato di cui fosse in possesso, sfiorando livelli d’impertinenza che ai tempi della scuola gli sarebbero costati almeno sei mesi di punizione con Gazza per ripulire la lettiera della sua stupidissima gatta. Tuttavia, l’uomo palesemente ubriaco e stravaccato sul divano non diede cenno di averlo sentito, girandosi dall’altra parte e continuando a russare.

Da sei mesi, la vita di Newton Crave5 aveva completamente perso il proprio significato, riducendosi ad un costante e disperato susseguirsi di giorni e notti.

Giorni, notti e whisky.

«Ah, maledizione» sibilò allora Draco, palesemente irritato, tirando fuori la bacchetta. «Aguamenti» disse, godendosi un attimo dopo le imprecazioni dell’uomo ed i suoi colpi di tosse da soffocamento. C’era un vago piacere perverso nel sentirlo quasi morire, forse come reazione a tutte le volte in cui quello stesso uomo aveva provato ad avvelenarlo5. Tuttavia non indugiò in futile divertimento e, dopo avergli allungato un fazzolettino, ricominciò subito a parlare. «Sei mesi sono un tempo sufficiente per il suo lutto, Dottore. Adesso lei viene con me».

Un paio d’occhi scuri ed arrossati lo guardarono come se fosse stato il male incarnato e se avesse appena strangolato un cucciolo d’unicorno senza la minima pietà. Il dottor Crave aveva ripreso conoscenza ma sembrava comunque più ubriaco che cosciente, soprattutto perché, diversamente da quanto avrebbe fatto un po’ di tempo prima, non tirò fuori la bacchetta per fulminarlo sul posto. Il suo gatto, rimasto svenuto in un angolo da quando Draco era entrato, si svegliò all’improvviso ed iniziò a miagolare insistentemente, avvicinandosi al suo padrone ed iniziando a leccargli la mano che aveva abbandonato oltre il bracciolo del divano.

Probabilmente fu il suo devastante e fastidioso miagolio a convincere lo psicologo a riemergere dal suo terrificante stato comatoso, tirandosi lentamente a sedere e prendendo la bestiola in braccio, accarezzandogli il pelo bluastro. «Sei l’uomo più fastidioso della terra, Malfoy, ed io ne ho conosciuti parecchi» gli disse, con voce roca ed evidentemente appesantita dagli alcolici. C’era una puzza asfissiante, in quello stanzino, e l’aria doveva essere così satura di alcol da rischiare di farli saltare in aria se uno di loro avesse deciso di accendersi una sigaretta. «Cosa diavolo vuoi da me?».

Senza farsi intimidire dal suo tono scontroso, Draco mosse la bacchetta in direzione delle finestre, tirando le tende e spalancandole per far entrare un po’ di vento e luce, che il Dottore non apprezzò. Ancora, la vaga soddisfazione nel vederlo arrancare lo fece sorridere con malignità. Quante volte lo aveva quasi avvelenato? «Sono venuto qui perché ho bisogno del suo aiuto e perché sono più che certo che, aiutando me, lei possa anche aiutare se stesso».

Il sopracciglio di Newton Crave raggiunse altezze mai viste prima, complici, probabilmente, i capelli totalmente incolti e spettinati. Il bastardo era affascinante anche se ridotto peggio di un barbone. «E questa perla di saggezza arriverebbe da quale ricerca, di grazia?» gli domandò, sarcastico, tirandosi in piedi per potersi versare un bicchiere di un liquido ambrato che sicuramente non era succo di mela. «Senti, Malfoy, che diavolo ti serve? Non cominciare a raccontarmi i tuoi problemi, lo sai che non lavoro più come psicologo».

Draco sbuffò, annoiato, avvicinandosi per prendergli il bicchiere dalle mani ed annusarne il contenuto. Fece una smorfia, dedicando poi uno sguardo esasperato al medico. «Rum? Davvero? Merlino, dottore, è davvero caduto in basso per bere questa porcheria spacciata per alcolico. La bottiglia di cristallo mi aveva quasi illuso».

L’uomo si strinse nelle spalle, riprendendo possesso del suo drink ed avviandosi, barcollante, verso la sua poltrona preferita, seguito dal gattino apparentemente drogato o ubriaco quanto lui. «Ma come, mi rimproveri per la poca eleganza di ciò che sto bevendo e non per l’ora in cui ho deciso di farlo? Dopotutto, sono solo le nove del mattino» gli chiese, ironico, facendo roteare il liquido ambrato nel bicchiere e fissandolo come se quello avesse potuto dargli una qualche risposta.

Malfoy si limitò a ghignare, tirando fuori una fiaschetta dalla tasca interna della giacca. «Un goccino ogni tanto non fa male, soprattutto se qualcuno non ha dormito. Immagino che i suoi bioritmi siano totalmente fottuti, non è vero?» gli chiese, divertito, sedendosi sull’altra poltrona – quella su cui si era stravaccato centinaia e centinaia di volte, negli anni – ed accavallando le gambe con la grazia di un lord consumato. «E comunque, io non sono mia moglie, non sono mai stato un bacchettone».

«Moglie?» chiese Crave, inarcando ancora le sopracciglia. «C’è qualcosa che devo sapere? Non mi sembrava di aver letto degli annunci sul giornale».

Draco, annoiato, fece un vago gesto della mano. «Fidanzata, moglie… la differenza è minima, per quanto mi riguarda. Non è un anello a fare il rapporto. Le esteriorità sono solo per chi è troppo superficiale da andare oltre» spiegò, rilassato. «Lei dovrebbe saperlo, Dottore. Non è sbandierando amore ai quattro venti che si forma il legame… fidanzati, fratelli, padri e figlie…» fece volutamente una pausa, lanciandogli un’occhiata da sotto le ciglia e trovandolo, come prevedibile, con la stessa rilassatezza di una statua di marmo. «Non si comanda al cuore».

Crave, senza rispondergli, si scolò l’intero contenuto del bicchiere, continuando tuttavia ad osservarlo come se avesse avuto tutte le risposte del mondo. Quando parlò, Draco sentì il tremore delle lacrime scuotere il suo tono altrimenti sempre fermo. Come il giorno del funerale. «Cosa vuoi, Malfoy? Non farmelo chiedere un’altra volta».

Con lentezza, il giovane si tolse la giacca e slacciò il polsino del braccio martoriato dal marchio, mostrandolo all’uomo che aveva già provato una volta a curarlo, senza successo. «Io devo sposare Hermione, Crave, ma non posso farlo, non finché questo orrore non sarà sparito dalla mia pelle» gli spiegò, improvvisamente con le spalle rigide. «Ogni volta che la guardo, ogni volta che le parlo… ogni volta che faccio l’amore con lei non riesco a non pensare a cosa questo marchio le ha fatto, a quanto l’abbia fatta soffrire».

Improvvisamente più concentrato, il medico osservò il segno scuro con aria confusa. «Abbiamo già provato a guarirlo, senza ottenere risultati apprezzabili. Credevo avessi accettato di portarlo sempre con te, dopotutto non sei mai stato un vero Mangiamorte. Non hai mai fatto del male a nessuno».

Il verso sprezzante con cui Draco accolse quell’affermazione impedì all’uomo di continuare. «Credevo di poter convivere senza il dolore, quello Hermione è riuscita ad eliminarlo. Ma la macchia… quella ero rassegnato a sopportarla, era una mia colpa» spiegò, incrociando le braccia al petto. «Non ho colpito nessuno direttamente, ma il fatto stesso che io abbia fatto parte dell’associazione mi rende ugualmente complice. È il marchio ad aver torturato Hermione al Manor. È il marchio ad aver ucciso il padre del piccolo Ted. Io non posso più sopportarlo».

«Perché adesso?» chiese ancora Crave, senza riuscire a frenare se stesso. Era evidente che stesse facendo di tutto per frenare la curiosità, senza tuttavia riuscirci. Per darsi un controllo, allungò la mano nella tasca dei pantaloni e ne estrasse una sigaretta dall’aria sospetta ed un accendino babbano. Da quando Draco era arrivato, lui non aveva ancora usato la bacchetta. «Perché hai aspettato questo momento? Hai avuto sei mesi per pensarci e ne avrai altri sei davanti, eppure mi sembri parecchio frettoloso».

Un verso divertito lasciò le labbra del giovane, che risollevò lo sguardo in quello del suo vecchio psicologo. «Diciamo che adesso non posso più permettere che ci siano macchie sul mio onore. Ne risentirebbe un’intera categoria» spiegò, raddrizzandosi sulla poltrona. «E questa volta sono certo che, con il giusto impegno da parte sua, potremo tranquillamente riuscire nel nostro intento e togliere questa robaccia dalla mia pelle».

«Una categoria?».

 

Dopo aver reinserito la spada nella roccia, Artù si fermò, dando le spalle a tutti i presenti. Draco aveva già sollevato la bacchetta, pronto a spezzare quell’incantesimo che aveva causato così tanti guai, tuttavia si bloccò quando il sovrano gli fece cenno di aspettare.

«Prima di andare, io devo assolutamente fare una cosa» si scusò proprio il Re, lanciando uno sguardo imperioso ma gentile a tutti i presenti. «Non voglio che pensiate che io stia approfittando della situazione, voglio solo… devo solo assicurarmi che questo mondo sia al sicuro, almeno per un altro po’».

In difficoltà, Hermione e Draco si guardarono, passandosi la patata bollente di negare al più grande sovrano mai esistito la possibilità di restare per un altro po’ in quel mondo che ancora non gli apparteneva.

«Mi dispiace, ma se lei resta vivo, allora anche mia nonna resterà giovane» li tolse dai guai Druella, facendo una smorfia. «Per quanto io sia più che certa che in tanti sarebbero felicissimi di vederla girare per il mondo, non credo che sia ancora giunto il momento di rinunciare ai vaccini ed a tutte le innovazioni moderne».

Artù scosse il capo, con un leggero sorriso. «Non intendo restare qui, non temete. Ma credo che, comunque, per voi ci sarà un peso da portare» spiegò, allungò nuovamente la mano verso l’impugnatura della spada, estraendola con una facilità strabiliante. Il bagliore dorato non apparve, quella volta, forse perché il Re non aveva mai perso la sua magnificenza.

«Cosa intende dire?» chiese Anthony, facendosi avanti con aria vagamente preoccupata. I suoi occhi saettarono alla moglie, che sbuffò. «Spero non sia niente di pericoloso, perché, altrimenti-».

«Oh, Anthony, piantala! Sono incinta, non sono malata» lo fermò lei, dandogli un colpo sul braccio, incurante delle reazioni sorprese del nonno, di Draco e, seppur con minore enfasi, di Hermione. «Beh? Dovevo mettere i manifesti? Scusate, ma fino a poche ore fa ero prigioniera in una stupida torre».

Senza riuscire a frenare la lingua, Draco iniziò a parlare. «Hai sfidato Morgana, brutta psicopatica! E prima ti sei buttata dalla finestra! Cosa avevi per la mente? Da quanto sai di essere incinta? Anthony, come hai potuto permetterglielo? E lei, Lord Fitzroy! Credevo aveste un minimo di sale in zucca».

Il vecchio Lord era in evidente difficoltà, si limitò a boccheggiare ed a fissare la nipote come se le fosse spuntata una nuova testa dal collo.

Anthony, invece, fece una smorfia. «Credi forse che io abbia avuto modo di parlare? Me l’ha detto un attimo prima di smaterializzarci qui, non ho avuto modo di reagire… e comunque, siamo tutti piuttosto consapevoli che lei fosse l’unica capace di tenere quella megera a bada».

La megera in questione, incatenata a pochi metri di distanza, si contorse, lamentandosi come un animale in pena.

«Congratulazioni» si fece avanti il Re, con un sorriso gentile. «Rassicurati, Gawain, non è nulla di pericoloso. È un impegno che tu, senza rendertene conto, hai già assunto e che ora vorrei assumessero gli altri» continuò, tornando a guardare Hermione e Draco. «Questo mondo ha bisogno di voi, per troppo tempo nessuno ha salvaguardato sulla mia pace e ne ho visti i risultati».

Il modo in cui Hermione trattenne il respiro fece spaventare Draco, ma le sue parole gli riempirono il cuore di emozioni mai provate.

«Vuole nominarci Cavalieri della Tavola Rotonda6».

 

«Non cambi discorso. Vuole aiutarmi oppure no?» insistette Draco, le sopracciglia inarcate. «Non le ho chiesto di tornare a riesercitare la professione, anche se sono convinto che sarebbe la scelta migliore da fare, a questo punto. Però lei continua ad evitare il mio sguardo» gli fece notare, piegando la testa di lato. «Per quale motivo? Curarmi non può essere quel gran problema, soprattutto perché lei sa che Rose avrebbe voluto che lo facesse5» indagò con lo stesso tono di voce che aveva sentito usare ad Hermione un numero infinito di volte e che lui sapeva funzionasse con chiunque.

«Non mi occupo più di guarire le persone, Malfoy, quindi puoi benissimo andare al San Mungo e chiedere a qualunque macellaio di darti la mia pozione. Ho ceduto il brevetto da anni, ormai» gli rispose l’uomo, burbero, voltandosi per fissare con una certa insistenza il camino vuoto. Naturalmente, Newton Crave non era una persona qualunque quindi i metodi classici non avevano alcun effetto sulla sua ignobile persona. «Se sei tanto deciso a guarire, stavolta, sono certo che funzionerà e potrai sposarti e fare un sacco di rumorosi bambini».

La sofferenza nella sua voce, pronunciando le ultime due parole, fece stringere il cuore di Draco.

«Rosemary era molto rumorosa, da piccola, non è vero?» gli chiese, impietoso verso il brivido che lo colse quando iniziò a parlare. Era naturale che ancora non gli piacesse parlare di lei, ma quella sua repulsione non poteva andare avanti. Alla fine, quella ragazza era diventata il centro della sua esistenza: negare lei era negare la vita.

E Rosie non gli avrebbe mai perdonato una cosa simile.

«Non dire il suo nome, Malfoy» gli sibilò il Dottore, guardandolo come se fosse stato un cobra sul punto di morderlo. «Non pronunciare il suo nome, mai».

«Altrimenti cosa fa?» lo sfidò lui, le sopracciglia inarcate e l’espressione da sbruffone. «No, me lo dica! Mi lancerà contro il bicchiere? Oppure ordinerà al suo gatto drogato di uccidermi? Crede che io non abbia capito che non riesce ad usare la magia? O vuole farmi credere che non se ne sia mai accorto?» chiese, ironico, tornando ad accavallare le gambe come se fosse stato il padrone del mondo. «Non offenda il suo cervello, Crave. E non offenda il mio. Lei ha bisogno di aiuto, se ne rende conto?».

La smorfia di disappunto del Dottore gli confermò di aver colpito nel segno. «Credi che qualcuno potrebbe aiutarmi? Io sono il migliore e non sono riuscito a guarire me stesso. Nessuno può farlo» spiegò, esasperato. «E poi, io non voglio guarire. Ho realizzato tutto ciò che mi ero prefissato nella vita! Sono ricco sfondato, ho pubblicato sufficienti libri e riviste da riempire una biblioteca e non c’è studioso di Medimagia che non conosca il mio nome. Tutto ciò che volevo era diventare un buon padre e, un giorno lontano, anche un nonno… evidentemente non era una missione possibile, per me».

Il momento di silenzio che seguì quell’affermazione fu bruscamente interrotto dall’improvviso rumore del gatto che faceva le fusa, seduto in mezzo alla stanza e lo sguardo puntato sul nulla davanti a lui.

Era davvero strafatto.

«Certo che lei è davvero una brutta testa di cazzo, quando vuole» sbottò Draco, scuotendo il capo con aria sconfitta. Alzandosi in piedi per versarsi un bicchiere di Rum, che era l’ultimo alcolico rimasto in quello che era stato l’ufficio del Dottore. «Lei si sta praticamente lasciando morire perché ritiene di non avere più nulla da fare, su questa terra. Eppure io le ho appena chiesto, se non vado errato, di aiutarmi a guarire» gli fece notare, annusando la bottiglia contenente il liquido ambrato prima di versarlo. Disgustoso, così da povero. «Lei è un medico, il suo scopo dovrebbe essere quello di guarire la gente».

Crave emise un grugnito non identificabile con una qualunque emozione. «Ho smesso di essere un medico il giorno stesso in cui non sono riuscito a salvare mia figlia, Malfoy. Ed ho smesso di essere un mago quando lei è morta, portandosi via ogni scintilla di magia dal mio corpo», la sua voce ebbe un sinistro crollo alla fine della frase e, voltandosi, Draco lo trovò con la testa fra le mani. «Io non ho più nulla, se non degli anni da vivere che non voglio. Tu non sei ancora padre, Malfoy, e ti auguro di non sapere mai cosa significa vivere dopo la perdita di un figlio».

Draco avrebbe voluto ribattere, dirgli che no, non capiva, ma se voleva poteva provare a spiegarsi, ad elaborare quel terribile lutto che, seppur in modi diversi, li aveva colpiti entrambi. Tuttavia, quando alzò ancora lo sguardo su di lui, non riuscì a spiccicare una sola parola, tanto fu la sorpresa – o l’orrore? – nel ritrovarsi davanti uno spettacolo inaspettato.

Ritta dietro la poltrona di suo padre, la figura traslucida di Rosemary Crave lo osservava con un cipiglio disperato, i grandi occhi chiari spalancati come se fosse stata sul punto di mettersi a piangere. Gli fece segno di restare in silenzio, per poi spostare gli occhi sul Dottore, facendogli intendere che lui non dovesse sapere, che non dovesse vederla.

Per un istante, Draco fu tentato di non fare come gli aveva detto e mettersi ad urlare ed indicarla. Tuttavia, si chiese cosa sarebbe successo, qualora lui avesse fronteggiato il fantasma della sua bambina scomparsa. In un primo istante, forse, sarebbe stato felice, avrebbe avuto la possibilità di dirle tutto quello che non aveva avuto il coraggio di rivelarle quand’era ancora in vita. Ma dopo la gioia? Rose era lì, aveva faccende in sospeso ed era piuttosto evidente chi fosse la sua faccenda.

Un’altra colpa su di lui.

Allora, con un magone in gola, si limitò a fare un leggero cenno con il capo, sentendosi sul punto di crollare in ginocchio quando lei, sollevata, gli sorrise.

Solo vent’anni, troppo giovane per morire.

Con lentezza, Rosemary sollevò la mano, indicando dapprima Draco e poi suo padre, per poi fermare le dita sul proprio cuore, ormai muto da mesi.

La promessa, era il momento di infrangerla.

«Dottore». Consapevole della propria voce tremolante, il giovane tossì leggermente, attirando l’attenzione dell’uomo. Lui non aveva notato la figura alle sue spalle e, se fossero stati fortunati, non l’avrebbe notata. «Lei ha ancora delle cose da fare e deve farle nel pieno delle sue facoltà».

Il modo in cui lui grugnì non gli rese chiaro se l’avesse fatto per spingerlo a continuare o per fargli sapere quanto poco credesse a quelle sue parole. «Non iniziare con le stronzate sul non sprecare il mio talento, Malfoy, perché prima di te è arrivata Hermione e lei, se permetti, è molto più convincente» gli fece notare, con uno sbuffo. «Senti, lasciami in pace, voglio vivere quanto mi resta nel modo più veloce possibile».

Lo sguardo severo di Rosemary impedì a Draco di rispondergli come avrebbe voluto, cioè chiedendogli se volesse, per caso, che lui gli desse una mano a morire più in fretta.

Concentrati, Draco.

«Non me ne fotte un cazzo del suo talento, stupido vecchio» gli disse allora, ingoiando altri insulti che sembravano voler sfuggire al suo controllo. «Ho detto che lei ha qualcosa da fare e con qualcosa intendo che lei ha un debito da pagare. Un debito con mio padre, per essere precisi. Credo che il principio un figlio per un figlio possa valere, in questo caso5».

Quando, come fulminato, il dottore alzò lo sguardo su di lui, Hermione vide la ragazza alle sue spalle sorridere e, dopo avergli fatto un occhiolino complice, sparire nel nulla. Dov’era andata? Forse era passata oltre. Forse era ancora lì, pronta a sostenere suo padre dopo ciò che lui gli avrebbe rivelato.

«Malfoy, parla»5.

 

***

 

«Sei sicuro sia stata una buona idea?».

La voce di Hermione era ovattata contro il suo petto, le sue dita ancora sfioravano delicatamente la pelle ormai immacolata del suo braccio. La pozione aveva fatto effetto, proprio come lui aveva sperato, ed il tatuaggio era sparito lasciandosi dietro solo una sorda sensazione di fastidio, decisamente meno spaventosa rispetto ciò che aveva provato quando Voldemort in persona l’aveva segnato.

Divertito, Draco si stinse nelle spalle, pizzicando il fianco della sua fidanzata. Era tornato a casa quando lei era già andata a dormire, quindi si era limitato a strisciare al suo fianco ed abbracciarla, conscio che si sarebbe subito svegliata. Stava indossando l’imbarazzante pigiama che lui le aveva regalato e che adorava vederle indosso.

«Mi ha guarito, no? E credo che gli sia anche piaciuto tornare a rendersi utile» le rispose, allegro come non era mai stato nell’ultimo periodo. «E poi… quando potrà ricapitargli di fare del bene ad un Cavaliere della Tavola Rotonda?» aggiunse, tutto allegro, sfiorando con la punta delle dita il tatuaggio a forma di drago stilizzato che era apparso sulla sua spalla destra quando Artù gli aveva concesso quella carica.

Hermione sorrise, mettendo poi un leggero broncio. «Anch’io avrei voluto diventare un Cavaliere, come te, Anthony e Druella… ma immagino che l’Ordine di Morgana dovrà bastarmi» mugugnò, girandosi lentamente al suo fianco, fino a poterlo fronteggiare. Il suo tatuaggio era a forma di corvo, sulla spalla sinistra, e riluceva tetro alla luce della abat-jour. «Draco… credi che il Dottore si riprenderà? Intendo davvero, non… non una ripresa come quella che c’è stata fino a questo momento».

Lui non riuscì ad impedirsi di sorridere. Il formicolio alla guancia, prima di lasciare lo studio di Crave, gli aveva confermato che, con buone probabilità, quell’uomo non sarebbe più rimasto solo. Non davvero.

«Ah, credo proprio che ce lo ritroveremo presto fra i piedi, più bisbetico e più egocentrico che mai».

«Sinceramente, non vedo l’ora».  

 

 

 

»Marnie’s Corner

 

Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!

 

Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri aggiornamenti!

 

 

Non supererò mai la morte di Rosemary Crave ed il dolore di suo padre.

Mai.

 

Alla fine siamo arrivati alla conclusione. È stato breve ma intenso ed io mi sono divertita molto! Spero che anche voi abbiate apprezzato! Questa volta non mi dilungherò in ringraziamenti e simili – sto scrivendo all’una di notte di domenica, abbiate pietà – ma sappiate che ho apprezzato ogni singolo commento, ogni singola parola. Grazie a tutti, perché mi state aiutando a portare avanti tutti i miei progetti e mi state accompagnando durante le varie crisi da pagina bianca. Grazie davvero, a tutti.

 

 

 

Punti importanti:

 

» 1 – "Rinascendo adesso/ voglio vivere per sempre / voglio vivere per te/ (Respiro adesso per la prima volta, sono tornato in vita in qualche modo)/ Rinascendo adesso/ voglio vivere la mia vita/ voglio darti tutto/ /Respiro adesso per la prima volta, sono tornato in vita in qualche modo)”

 

» 2 – Creatura magica: è simile ad un topo, ma sulla schiena ha un'appendice simile ad un anemone di mare. Una bella bestiola velenosa che, in questo caso, è anche feroce come poche.

 

» 3 – Spoiler, Barry Maine tornerà – con buone probabilità – nella mia prossima long! Si tratta di un Magizoologo americano, adesso dovrebbe avere più o meno quarant’anni, è arrivato in Inghilterra una decina di anni prima di questa storia ed ora lavora in una riserva di Animali nel Nord della Scozia.

 

» 4 – Le Nebbie di Avalon sono delle nebbie, più metaforiche che reali, che separano il mondo dei babbani da quello dei maghi e delle streghe di Avalon. Queste circondano l’isola e ne nascondono i misteri. Per poter approdare è necessario che ci sia una sacerdotessa per aprirle. Secondo la leggenda, il corpo di Re Artù è stato messo su una barca e spedito verso l’isola, venendo inghiottito dalle nebbie stesse.

 

» 5 – Riferimenti alla storyline del dottor Crave e di Rosemary, sua figlia, che viene esaminata nella long “Lo Specchio delle Anime”. Rose, come credo di aver accennato, è stata rapita e torturata per mesi dai Mangiamorte, dopo che suo padre si era rifiutato di aiutarli. Rose è rimasta sei anni chiusa al San Mungo, è diventata una buona amica di Draco e, quando è morta, è stato per tutti un duro colpo. Il debito di cui parla Draco riguarda il fatto che Lucius abbia aiutato Rosemary ad essere salvata dagli Auror, facendo la spia per riuscire a farla scappare. Naturalmente Lucius lo fece per senso di colpa verso suo figlio, che era stato condannato perché lui era stato troppo vigliacco da opporsi.

 

» 6 – La nomina a Cavaliere, per quanto mi riguarda, è sempre stata molto più che una semplice e piatta investitura. I Cavalieri mantenevano la pace, erano protettori di Camelot e della sua magia, quindi è naturale che ci siano state conseguenze anche fisiche (i tatuaggi magici). Non dovranno far nulla, semplicemente dovranno vegliare sulla spada e, nel corso della loro vita, fare in modo che nessuno ne scopra più i segreti. Perché Druella è diventata un Cavaliere ed Hermione no? Druella ha combattuto attivamente, così come Draco (Anthony ha prestato il giuramento mentre credeva d’essere Gawain), mentre Hermione ha dimostrato un grande intelletto e conoscenza magica teorica, motivo per cui lei è diventata una Dama dell’Ordine di Morgana.

  

 

È finita, ufficialmente.

 

Grazie a tutti per avermi seguita in questa piccola avventura, spero davvero che continuerete a seguirmi, quando mi deciderò a pubblicare la prossima long (spero non troppo tardi!).  Magari fate un salto a dare un’occhiata a qualcos’altro di mio ;)

 

Grazie davvero, a tutti.   

 

Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!

 

Grazie ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

 

 

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