Amor fortior Morte

di OmbraAla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 2 Maggio 1998 ***
Capitolo 2: *** 3 Maggio 1998 ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII - Turning point ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX: 31 Luglio 1998 ***
Capitolo 10: *** Capitolo X - Severus ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII - Over my shoulder ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV - Time to change ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XXIX ***
Capitolo 20: *** Capitolo XX ***
Capitolo 21: *** Capitolo XXI ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXII ***
Capitolo 23: *** Capitolo XXIII ***
Capitolo 24: *** Capitolo XXIV ***
Capitolo 25: *** Capitolo XXV ***
Capitolo 26: *** Capitolo XXVI - The Criminal Trial I ***
Capitolo 27: *** Capitolo XXVII - The Criminal Trial II ***
Capitolo 28: *** Capitolo XXVIII -Skyfall ***
Capitolo 29: *** Capitolo XXIX ***
Capitolo 30: *** Capitolo XXX ***
Capitolo 31: *** Capitolo XXXI ***
Capitolo 32: *** Capitolo XXXII ***
Capitolo 33: *** Capitolo XXXIII ***
Capitolo 34: *** Capitolo XXXIV ***
Capitolo 35: *** Capitolo XXXV ***
Capitolo 36: *** Capitolo XXXVI - The Final Trial pt1 ***
Capitolo 37: *** Capitolo XXXVII - The Final Trial pt2 ***
Capitolo 38: *** Capitolo XXXVIII ***
Capitolo 39: *** Capitolo XXXIX ***
Capitolo 40: *** Capitolo XL - 1 Settembre 1999 ***



Capitolo 1
*** 2 Maggio 1998 ***


CAPITOLO I :
2 MAGGIO 1998
« Avada Kedavra! »                                      
« Expelliarmus! »
Lo scoppio fu come un colpo di cannone e le fiamme dorate che eruppero tra loro, al centro esatto del cerchio che avevano disegnato, segnarono il punto in cui gli incantesimi si scontrarono. Harry vide il lampo verde di Voldemort urtare il proprio incantesimo, vide la Bacchetta di Sambuco volare in alto, scura contro l’alba, roteare come la testa di Nagini contro il soffitto incantato, verso il padrone che non avrebbe ucciso, che finalmente ne entrava in pieno possesso. E Harry, con l’infallibile abilità del Cercatore, la prese al volo con la mano libera mentre Voldemort cadeva all’indietro, le braccia spalancate, le pupille a fessura degli occhi scarlatti che si giravano verso l’alto. Tom Riddle crollò sul pavimento con banale solennità, il corpo fiacco e rattrappito, le mani bianche vuote, il volto da serpente inespressivo e ignaro. Voldemort era morto, ucciso dal rimbalzo della sua stessa maledizione, e Harry fissava, con due bacchette in mano, il guscio del suo nemico.
Un vibrante secondo di silenzio, lo stupore sospeso, poi il tumulto esplose attorno a Harry, le urla, l’esultanza e i ruggiti dei presenti lacerarono l’aria. L’ardente sole nuovo incendiò le finestre mentre tutti avanzavano verso di lui, e i primi a raggiungerlo furono Ron e Hermione, le loro braccia ad avvolgerlo, le loro urla incomprensibili ad assordarlo. Poi Ginny, Neville e Luna, e poi gli altri Weasley e Hagrid, e Kingsley e la McGranitt e Vitious e la Sprout; Harry non riusciva a capire una parola di quello che stavano urlando, né quali mani lo afferravano, lo tiravano, cercavano di abbracciarlo: erano in centinaia a premere contro di lui, tutti decisi a toccare il Ragazzo-Che-è-Sopravvissuto, la ragione per cui era davvero finita…
Il sole sorgeva alto su Hogwarts e la Sala Grande ardeva di vita e di luce ma… fu un attimo.
Forse fu per la paura che lo aveva attanagliato per tutto quel tempo. Forse per la grande gioia di aver finalmente messo la parola “Fine” a quella storia tanto atroce. O più semplicemente, forse fu per la stanchezza accumulata in quelle ore che lo avevano visto diventare un Eroe.
Harry Potter cadde al suolo con gli occhi chiusi, le mani che ancora stringevano le due bacchette.
Quando si risvegliò, era ormai sera e la sua vista era ancora appannata. Allungò una mano sul comodino di fianco al letto per cercare gli occhiali, facendo ben attenzione a non provocare il benché minimo rumore.
Desiderava restare un po’ da solo, ovunque si trovasse.
Non appena i suoi occhi misero a fuoco la stanza, non c’era alcun dubbio che si trovasse nell’infermeria di Madama Chips… c’era stato così tante volte da averne perso il conto. In quel momento l’unica differenza fu che la brandina, sulla quale era poggiato, era circondata da separé bianchi che lo rendevano invisibile al resto della stanza. Forse – pensò – volevano garantirgli la giusta privacy per permettergli di riposare.
Si sistemò come meglio poté sul cuscino e chiuse gli occhi: si sentiva incompleto.
Una parte di sé era felice… felice di aver sconfitto il mostro che per ben 17 anni lo aveva tormentato, felice perché da quel momento in poi le cose non avrebbero fatto altro che migliorare, felice perché aveva rivisto i suoi cari nel momento in cui era convinto di non potercela fare e, adesso, era consapevole che loro avrebbero vegliato per sempre su di lui.
Ma, d’altro canto, una parte di sé era stata messa a dura prova. Era addolorato per tutte quelle persone che si erano sacrificate per lui o in nome di una causa troppo grande per essere affrontata da soli.
Pensò a Cedric e il suo cuore si rabbuiò, egli era innocente ed estraneo alla questione eppure aveva trovato la morte. Pensò a Sirius e si sentì in colpa per averlo trascinato al Ministero inconsapevolmente, a Dobby poiché era certo che non avrebbe mai più incontrato un Elfo così coraggioso e altruista. Pensò a Tonks e Lupin che si erano sacrificati per il proprio figlio, affinché il piccolino non vivesse nel terrore e non provasse quel senso di dolore che solo un’entità come Voldemort sapeva infliggere. Teddy non sarebbe stato solo… lui sarebbe stato al suo fianco. Pensò a Fred… al volto della Signora Weasley rigato dalle lacrime, al volto di George. Mai, mai avrebbe voluto che si verificasse un simile martirio. Mai avrebbe voluto che George vivesse privato della sua metà.
Infine i suoi pensieri si rivolsero a Severus. E si sentì uno sciocco.
Severus che per tanti anni aveva celato la parte migliore di sé, che aveva costantemente rischiato la vita per proteggerlo, che aveva amato fino alla morte una donna che non sarebbe mai stata sua.
Un uomo che non era un Santo, questo è certo… Ma un uomo in cui luce ed ombra avevano lottato costantemente e, alla fine, l’Amore aveva prevalso su entrambe le parti.
Si sentì sciocco per non averlo capito prima, perché nei suoi confronti aveva sempre agito d’impulso e non si era mai fermato a pensare a quanta sofferenza e a quanta inquietudine potesse nascondersi in una sola persona.
E, per concludere, Severus e i suoi ricordi, che il professore stesso aveva donato al ragazzo, avevano rappresentato per Harry la sola possibilità di vedere sua madre da giovane e di essere toccato, seppur non in prima persona, dalla sua capacità di voler bene anche a chi, a primo impatto, non veniva considerato una persona raccomandabile.
Mentre era intento a riflettere, sentì la grande e pesante porta dell’infermeria spalancarsi.
Si strinse sotto il soffice lenzuolo e aguzzò le orecchie per tentare di carpire qualche rumore.
Udì uno scalpiccio di passi e un vociferare concitato: riconobbe la McGranitt, Madama Chips e Hagrid.
Era intenzionato a saperne di più e, scostando le lenzuola, scese dal letto per potersi avvicinare al separé: notò che Hagrid stringeva tra le braccia un corpo avvolto da un mantello nero, sembrava esanime…
La McGranitt e Madama Chips, nel frattempo, stavano cercando di preparare al più presto un giaciglio dove adagiare quel corpo. Una volta che Hagrid lo ebbe deposto, la professoressa McGranitt procedé a silenziare quel piccolo angolo di stanza, avviluppato anch’esso dalle tendine separatrici.
Tutto ciò che stava accadendo al di là di quel velo bianco era nascosto ad Harry. Ma per la prima volta in quei giorni, il cuore del ragazzo fu acceso da una sottile fiamma di speranza. Non c’era alcun dubbio, quello era il corpo di Severus Piton. Era stato evidentemente trovato alla Stamberga Strillante… forse Hermione e Ron erano accorsi dopo la guerra a cercarlo per dargli degna sepoltura. Ma se non ci fosse stato più nulla da fare, non sarebbe stato di certo portato con quella premura in infermeria.
Forse non tutto era perduto.
Forse era ancora possibile fare qualcosa.

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Capitolo 2
*** 3 Maggio 1998 ***


Capitolo II:

3 MAGGIO 1998

La notte trascorse e Harry ricadde in un sonno profondo. Quando i primi raggi cominciarono a filtrare dalle finestre, era già mattina inoltrata.

Intorno alle 10.00 udì le loro voci: Ron e Hermione. Aprirono piano la tenda e uno alla volta entrarono: si tenevano per mano, ed Harry sorrise a quella visione. Un sorriso di pura e autentica felicità… ce ne avevano messo di tempo per capirlo, eh…

I nuovi arrivati presero posto vicino al letto, trasfigurando alcuni oggetti in due sedie.

La prima a parlare fu proprio Hermione: « Come ti senti Harry? Siamo stati in pensiero per tutta la notte ma sapevamo che tutto quello che hai dovuto affrontare ti ha prosciugato ogni singola goccia di energia… Non ci è sembrato il caso di disturbare… »

Mentre Hermione parlava, Ron annuiva piano.

« Non preoccupatevi, adesso sto bene » Harry guardò Ron, c’era qualcosa che non andava – e Harry sapeva bene cosa fosse - ma quel discorso lo avrebbero affrontato da soli e non in quel momento.

Poi si rivolse di nuovo ad Hermione e le raccontò ciò che aveva visto la sera prima: « Ieri mentre stavo riposando ho sentito delle persone che si avvicinavano. Ho aperto la tenda e ho visto Hagrid che reggeva in mano un corpo, ho avuto la sensazione che fosse… »

« Era Piton. Quando ieri ti hanno portato in infermeria – continuò Hermione – io e Ron ci siamo precipitati da Hagrid e gli abbiamo detto di Piton. All’inizio è stato titubante ma, Harry, capisci, non avremmo potuto lasciarlo lì. Siamo andati alla Stamberga Strillante e l’abbiamo trovato steso sul pavimento, una pozza di sangue. Mi sono avvicinata e il suo polso era molto debole, ma c’era ancora una possibilità che fosse ancora vivo. Hagrid lo ha caricato sulle spalle e noi abbiamo cercato la professoressa McGranitt e Madama Chips. Loro l’hanno portato qui ma non ci hanno permesso di entrare ».

« Harry, – Ron prese la parola per la prima volta –  sappiamo quanto ti abbia fatto soffrire quell’uomo. Io stesso, a volte, mi chiedevo come facessi a resistere alle sue angherie ma se guarisse… Potrebbe essere punito per tutti i suoi errori ».

Solo in quel momento, Harry capì che i suoi due migliori amici non sapevano ciò che aveva visto nei ricordi di Piton. Non sapevano come erano realmente andate le cose e ignoravano le azioni che il professore aveva commesso per tutelarlo.

Sì passò un mano fra i capelli eternamente scompigliati e disse: « Ragazzi, avete fatto bene, non per le ragioni che credete però. Avete fatto bene perché, prima di tutto, se ci fosse stata una minima speranza di salvezza, non avreste dovuto lasciarlo morire. Noi non siamo assassini come Voldemort. Egli avrebbe voluto che agissimo esattamente in questo modo » e fissò con sguardo carico d’odio la Bacchetta di Sambuco che era poggiata sul comodino, proprio accanto a quella che aveva rubato a Malfoy.

« Inoltre, non sapete cosa è successo. Piton non è l’uomo che crediamo sia. Non è un traditore… Lui si è sacrificato come tutti gli altri in nome di una causa giusta. E non lo ha fatto questa notte… Lo ha fatto per ben 7 anni. Lui… era amico di mia madre ».

Quando il ragazzo ebbe raccontato loro tutto ciò che aveva visto, Ron e Hermione lo guardarono sbigottiti: non poteva essere Harry Potter a pronunciare quelle parole.

« È per questo motivo che ho deciso di restargli accanto durante la convalescenza e di cercare di dargli una mano nel periodo della riabilitazione. È anche per merito suo se siamo riusciti a sconfiggere Voldemort per sempre. Ora che sono venuto a conoscenza di tutta la storia, di tutto ciò che mi è stato sempre nascosto, voglio fare quello che io reputo sia giusto… fidatevi di me, vi prego ».

Hermione gli strinse il braccio in segno di affetto e Ron gli sorrise. Era ovvio che si fidassero di lui.

Quando lasciarono la stanza, Harry si rese conto di avere una gran fame e pensò che sarebbe bastato chiamare Dobby perché gli portasse tutto ciò che di buono c’era nelle cucine. Quanto gli mancava ascoltare la sua voce.

Chiamò Kreacher, e l’elfo dei Black apparve ai piedi del suo letto con un sonoro pop.

« Padron Harry, ha chiamato? Come si sente? » chiese Kreacher, che ormai aveva imparato a voler bene ad Harry, facendo un profondo inchino.

« Sto bene Kreacher, ti ringrazio. Ascolta, potresti portarmi qualcosa da mangiare? » rispose il ragazzo con toni molto gentili.

« Ma certo Padron Harry. Sarò da lei entro dieci minuti ».

Quando Kreacher scomparve, Harry si alzò dal letto e uscì fuori dalle tendine. Nel momento in cui il sole colpì la sua pelle, provò la sensazione di essere teneramente abbracciato… come se Lily fosse lì ad accarezzarlo. I suoi occhi si posarono sul separé che custodiva il corpo di Piton. Ebbe la forte tentazione di avvicinarsi ma mentre stava per poggiare la sua mano a quel tessuto, entrò nella stanza proprio la McGranitt.

« Potter! Cosa ci fa sveglio a quest’ora? » chiese la professoressa con aria scioccata.

« Professoressa McGranitt.. In realtà sarebbero quasi le undici e io… emh… sono decisamente affamato » rispose Harry sorridendo.

La McGranitt guardò l’orologio: effettivamente segnava le 10.51, ed era indiscutibilmente normale che il ragazzo avesse fame. Posò lo sguardo sul corpo di Harry: era decisamente emaciato, e non era guarito dalle cicatrici assestategli dal Signore Oscuro. Si rattristò. Un ragazzo di soli diciassette anni non avrebbe mai dovuto affrontare una situazione tanto difficile, neanche nei suoi incubi più spaventosi.

D’istinto la professoressa avanzò verso Harry e prima che questi pronunciasse una sola parola, lo abbracciò come mai aveva fatto in vita sua.

Harry dal canto suo rimase sbalordito da tale gesto ma lo ricambiò quasi subito. Quell’abbraccio che sapeva di libertà, di gratitudine e di profonda stima che l’uno provava per l’altra.

Quando si staccarono, non ci fu bisogno di parlare. Harry notò che sul volto della professoressa era impresso un profondo taglio, segno che la guerra l’aveva coinvolta in prima persona.

In quel momento, comparve Kreacher che portava un vassoio carico di prelibatezze.

La McGranitt gli fece cenno di avvicinarsi a gustarle e mentre Harry si allontanava, lei diede un’occhiata al letto che occupava Piton e poi uscì.

Nel momento in cui Harry si avvicinò al vassoio, inspirò il profumo di quei manicaretti… era aria di casa. Kreacher si congedò e il giovane prese a mangiare. Si sentiva bene… I raggi continuavano ad accarezzarlo.

Quello era l’inizio di una nuova era per Hogwarts. Ed era l’inizio di una nuova vita per Harry Potter.


SPAZIO AUTRICE:

Ciao ragazzi, vi ringrazio per i primi commenti che sono stati lasciati nell'introduzione del capitolo precedente! Credo abbiate capito che la storia sia incentrata nella fase del dopoguerra, e siccome per tanto tempo ho fantasticato su cosa sarebbe potuto succedere appena dopo la sconfitta di Voldemort, ho preso il coraggio (dopo un lungo tempo di meditazione) di pubblicare una storia che, ovviamente, non termina con il finale canonico della Rowling. Il mio desiderio sarebbe quello di riuscire ad essere coerente con i caratteri dei personaggi già delineati nella Saga, al fine di non far risultare la storia come troppo assurda o troppo banale. E' per questo motivo che (seppur a malincuore) quasi tutte le situazioni e le perdite che abbiamo letto e conosciuto nei libri saranno lasciate intatte, tranne qualcuna che sarà necessaria ai fini della storia. Vi ringrazio ancora per il supporto e, se avete tempo, lasciate un commento! Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III:

Quello stesso pomeriggio, Madama Chips si recò in infermeria per valutare le condizioni di Harry Potter. Trovò il ragazzo in piedi, davanti alle trifore, con lo sguardo perso in lontananza, verso la Foresta Proibita.

Gli si avvicinò e gli disse: « Signor Potter, è tutto apposto? »

Harry non si girò. Aveva previsto che Madama Chips sarebbe arrivata. Ma il suo pensiero fisso era intrappolato in quel separé che proteggeva Severus Piton. Voleva, doveva fare qualcosa.

Voleva capire quali fossero le sue reali condizioni e sapeva che, una volta uscito da quell’infermieria, ci sarebbero state tante cose da fare per evitare disastri, dovuti alle incomprensioni derivanti da segreti mai rivelati.

« Sì, è tutto okay. Madama Chips, vorrei poter ritornare al mio dormitorio ».

La donna lo guardò e gli rispose: « Può andare Signor Potter ma… Deve tener conto di ciò che adesso c’è là fuori: un tumulto di giornalisti. Tutti ansiosi di intervistarla, di scattare foto con l’Eroe del Mondo Magico. Faccia attenzione la prego. Se dipendesse da me, la farei restare tutto il tempo in questo luogo. È protetto e al sicuro qui dentro. Se avesse bisogno di qualsiasi cosa, non esiti a chiamarmi ».

Harry si voltò e le sorrise. Sapeva bene a cosa andava incontro ma non poté che sentirsi rincuorato per le parole che le aveva rivolto la donna che, sempre, si era mostrata austera e inflessibile.

Prese i suoi effetti personali e dopo aver salutato Madama Chips si incamminò verso la Torre di Grifondoro.

Camminando nei corridoi colmi di macerie, decise di prendere la strada che conduceva all’Ufficio che, un tempo, era appartenuto a Silente. Piton, sebbene eletto preside successore, non l’aveva mai voluto. Soltanto adesso gli era chiaro il perché.

Si ritrovò vicino al Gargoyle di pietra e pronunciò la parola d’ordine « Api Frizzole »,e lentamente le scale di pietra cominciarono a muoversi. Quando si ritrovò nello studio, notò che il ritratto di Albus Silente riposava e alla scrivania era intenta a lavorare la professoressa McGranitt. Gli oggetti magici custoditi da Silente non erano stati spostati: in un armadio di vetro c’era il Pensatoio, in una teca era stata riposta la Spada di Godric Grifondoro e su una mensola era stato ricollocato il Cappello Parlante. Guardando questi ultimi due oggetti, gli venne spontaneo pensare a Neville. Uno dei Grifondoro più coraggiosi che avesse mai varcato i cancelli di Hogwarts.

« Salve professoressa… posso entrare? » disse il ragazzo, richiudendo la porta alle proprie spalle.

« Certo Signor Potter… venga, si accomodi pure », rispose la McGranitt, alzando i suoi occhi azzurrissimi dal plico di fogli che, fino ad un attimo prima, era intenta a controllare.

« Non mi sarei aspettata di vederla così presto, credevo che volesse ritornare dai suoi amici » esordì la donna mentre il ragazzo prendeva posto su una delle due sedie che erano posizionate davanti alla scrivania.

« Sì, è così. Ma.. vede professoressa.. io avrei delle domande da porle. E, soprattutto... ci sono cose che deve necessariamente sapere. Ho veramente bisogno di parlare con lei » disse Harry in leggero imbarazzo. Ma sapeva che ciò che stava facendo era necessario. Per lui e, sopra ogni altra cosa, per le ultime verità da svelare.

« Sono venuto qui per parlarle riguardo il professor Piton. L’altra notte… ho visto che lei, Madama Chips e Hagrid lo avete portato in infermeria. Mi dica la verità, quali sono le sue condizioni? Se la caverà? » sbottò Harry, quasi tutto d’un fiato.

« Signor Potter… le situazioni del professor Piton sono tanto gravi quanto imprevedibili. Abbiamo deciso di non portarlo al San Mungo perché sarebbe stato monitorato da dipendenti pubblici a stretto contatto con il Ministero. Nessuno è a conoscenza del fatto che sia ancora vivo. E credo che lei sappia bene quanto il Ministero sarebbe contento di poter mettere le mani su un Mangiamorte che, per di più, si è macchiato dell’omicidio di uno dei maghi più illustri e influenti della nostra epoca. Madama Chips si è rivolta ad un suo fidato collega, il professor Jones, affinché possa aiutarla a rimettere in sesto il professore ».

Harry rivolse il suo sguardo verso l’armadio che nascondeva il Pensatoio e, d’istinto, si passò una mano sulla cicatrice. Non faceva male… aveva smesso di provocargli quel dolore straziante che aveva provato nelle ultime ore. Ma il giovane fu sopraffatto da un senso di paura innaturale. Una paura che, per la prima volta, non dipendeva dal Signore Oscuro.

« E cosa ne sarà di lui se riuscirà a sopravvivere? » chiese il ragazzo.

« Signor Potter… mi pone una domanda a cui non so trovare una risposta. Non so cosa ne sarà di Severus. Non so quale sarà la sua sorte. So solo che finché c’è una piccola possibilità che possa sopravvivere, non possiamo assolutamente negargliela, anche se si è rivelato essere un uomo ben lontano da ogni aspettativa di Silente. Dubito che comunque possa condurre una vita libera. Probabilmente dovrà pagare per i suoi errori, e verrà rinchiuso ad Azkaban ».

« No! Professoressa, no! » gridò Harry, battendo i pugni sulla scrivania. « Lei… lei deve ascoltarmi.. il professor Piton non può essere condannato… La prego… mi aiuti… »

La McGranitt lo guardò con aria interrogativa e allo stesso tempo spaventata. Harry si calmò e proseguì.

« Il professor Piton… non è mai stato un traditore. Prima di morire mi ha consegnato alcuni tra i suoi ricordi… lui non pensava che sarebbe stato ucciso da Voldemort in persona, capisce? Ciò che mi ha mostrato avrebbe dovuto dirmelo di persona, una volta finito tutto. Non ne ha avuto la possibilità… ancora una volta, Voldemort si è rivelato essere il più crudele e il più spietato mostro, perfino con uno dei suoi servitori più fidati. Piton era sin dall’inizio d’accordo con Silente… avrebbe dovuto ucciderlo per salvare Malfoy e per risultare fedele agli occhi del Signore Oscuro. Solo in questo modo avrebbe potuto proteggermi… tenendomi lontano dalla scuola e permettendomi in questo modo di terminare la missione che mi aveva affidato Silente prima di morire »

Harry si alzò dalla sedia e invitò la professoressa a seguirlo. Aprì l’armadio di vetro e prese il Pensatoio al suo interno.

« Guardi lei stessa… sono ancora qui, i ricordi. Non li ho tolti, li ho conservati. Piton… amava mia madre. Chiese a Silente di proteggerla non appena il Signore Oscuro era venuto a conoscenza della profezia che mi riguardava… Silente non fu in grado di adempiere al suo compito e Voldemort uccise l’unica donna a cui il professor Piton fosse mai stato legato. Mi ha protetto per tutto questo tempo e io non me ne sono mai reso conto. Ha vegliato nell’ombra… ha celato la parte migliore di sé, solo perché io non corressi alcun tipo di pericolo. Guardi, la prego… e… mi aiuti ».

La professoressa McGranitt era sconvolta… Così tante notizie in così poco tempo. Severus non era un traditore… Albus aveva ragione: per questo si fidava ciecamente di lui.

Guardò il ragazzo e provò grande orgoglio. Ancora una volta, Harry Potter si stava battendo in nome della verità.

« Io non ho bisogno di guardare i ricordi che ti sono stati consegnati. Ti credo, Harry »

Harry notò il tono informale che la conversazione aveva assunto. E in quel momento, un moto di gratitudine si elevò potente in lui verso la professoressa.

« Professoressa, avrei un’ultima richiesta. Io voglio assistere il professor Piton. Voglio che il mio aiuto e il mio supporto per lui non manchino in un momento così complicato. Non mi interessa cosa penserà la gente, cosa scriveranno i giornalisti o cosa verrà riportato sui libri che pubblicheranno. Io desidero ricambiare ciò che lui ha sempre fatto per me. Mi conceda questa possibilità… »

La McGranitt acconsentì. In fondo sapeva anche lei che sarebbe stato inutile negare a Potter l’aiuto che voleva offrire… avrebbe sicuramente trovato un modo per infrangere le regole.

« Harry sta’ attento… Il Mondo Magico ha i riflettori puntati su di te ».

« Non si preoccupi professoressa… Per adesso, desidero soltanto assicurarmi che il professor Piton sia fuori pericolo, poi provvederò alla riabilitazione del suo nome. Gliel’ho detto, non mi interessa del parere di persone estranee ai fatti ».

Il giovane salutò la donna e corse giù per le scale, desiderava tanto ritornare dai suoi amici e raccontare loro tutto.

Il Grifondoro sapeva bene che quella situazione non sarebbe stata semplice, tantomeno non sapeva come Piton avrebbe reagito al suo risveglio. In quel momento, però, tutto questo non gli interessava.

Voleva soltanto ricambiare tutto ciò che Severus aveva fatto per lui.

Gli sarebbe stato vicino e, se lui avesse voluto, l’avrebbe fatto per sempre.

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Ciao a tutti ragazzi! In primis, ringrazio tutti coloro che hanno lasciato un commento per i precedenti capitoli e vi invito a non esitare a commentare qualora aveste bisogno di chiarimenti o semplicemente se aveste qualche correzione da fare. Ci sentiamo alla prossima! Grazie a tutti, ancora!

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


CAPITOLO IV:

Quando Harry tornò alla Torre di Grifondoro, un senso di angoscia gli attanagliò il cuore. Tutto ciò che, un tempo, era per lui motivo di gioia, adesso, era andato completamente distrutto. Volse il suo sguardo verso le scale: le pareti erano quasi interamente vuote, i quadri erano caduti, altri si erano rotti, gli arazzi che ricoprivano le mura erano stati strappati e perfino il ritratto della Signora Grassa della sua Sala Comune non era uscito indenne dalla situazione. Nulla era stato risparmiato dalla guerra e sicuramente i lavori per riparare il tutto non sarebbero durati poco.

Harry varcò il ritratto e si ritrovò nella Sala Comune; quasi tutti i Grifondoro erano riuniti lì, alcuni ancora scossi dagli eventi, altri che cercavano di consolare i compagni per le loro perdite e altri che invece tentavano di mettere ordine in quel luogo che, una volta, sapeva di casa e di protezione.

Harry corse su per le scale che conducevano al dormitorio e, entrando, trovò Ron da solo seduto sul suo letto. Il giovane notò che lo sguardo del suo amico era vuoto, i suoi occhi non ardevano più di quella luce che una volta li rendeva infiammati, pieni di vita, di coraggio e, talvolta, anche di rabbia.

Harry non era esperto nel consolare qualcuno e lo riconosceva, ma sapeva che quello era il suo migliore amico e lui ci sarebbe stato per qualsiasi motivo.

Il moro si avvicinò piano, dimenticandosi del reale motivo per cui aveva cercato i suoi amici, scostò le tende del letto a baldacchino e, solo allora, Ron si accorse di lui. Un leggero sorriso gli increspò le labbra. Fu quel tanto che bastò a scaldare il cuore di Harry e a fargli prendere coraggio.

Si sedette sul suo letto e, dalla, tasca estrasse un foglio di pergamena apparentemente vuoto.

« Giuro solennemente di non avere buone intenzioni » sussurrò il giovane mago che, sapeva, aveva catturato l’attenzione del suo amico.

Ron lo guardò con aria interrogativa, cosa che spronò ulteriormente Harry a prendere la parola.

« Questa mappa » esordì il ragazzo, « mi è stata donata al terzo anno da due persone che conoscevano Hogwarts come le proprie tasche. Avevano scoperto ogni singolo cunicolo o passaggio segreto di questo castello, ogni parola d’ordine necessaria per accedere a qualche tunnel sotterraneo che conducesse al di fuori di questa scuola. Grazie a questa mappa, gli studenti di Hogwarts hanno potuto assistere agli scherzi più belli mai visti nel Mondo Magico… persino ai fuochi d’artificio che hanno fatto impazzire la Umbridge al quinto anno. Il tutto firmato con una “W” scarlatta. Conservo questo ricordo gelosamente Ron, sai perché? »

Al rosso mancò il respiro, le pupille si dilatarono dall’emozione e lentamente chiese: « Perché? »

« Perché questa mappa è appartenuta a due generazioni di maghi che hanno fatto dell’astuzia, dello scherzo e dell’ingegnosità la loro vita. Prima Ramoso, Felpato e Lunastorta e poi Fred e Geroge. Questi nomi hanno segnato la mia vita in maniera indelebile. Questi nomi, per me, sono la forma della più alta espressione dell’Amore. Ron, io posso comprendere solo in parte il tuo dolore. Non so cosa voglia dire perdere un fratello ma… posso immaginarlo. Per me sarebbe come perdere te. Io non… sopporterei l’idea di dover vivere un solo secondo della mia vita senza di te. Sei la persona che, per me, più si avvicina alla concezione di fratello in tutta la mia vita. Sarei impazzito se avessi saputo che a te o ad Hermione fosse capitato qualcosa durante questa guerra. Sarebbe stato peggio che morire ».

Le prime lacrime cominciarono a solcare le guance lentigginose del mago, che non fu affatto capace di replicare a quelle parole. Forse il dolore, che aveva dovuto trattenere durante quelle ore a causa della guerra, stava finalmente venendo fuori. Non doveva più mostrarsi forte, adesso poteva rompersi in tutta quella fragilità che mai avrebbe creduto di possedere. Non gli interessava di piangere davanti ad Harry… sapeva che quello era il momento giusto per potersi liberare, per poter far trovare pace al suo cuore, che ormai era segnato da una cicatrice tanto terribile, quanto quella che il suo amico portava sulla fronte. Solo sanguinando sarebbe potuto guarire e, finalmente, tornare a vivere.

« Io… non sono bravo con le parole » continuò Harry. « Ma voglio soltanto dirti che ammiro il tuo immenso coraggio. Ammiro il fatto che tu non ti sia lasciato sopraffare dagli eventi e ti ringrazio di non avermi lasciato solo. Ti saresti potuto tirare indietro in ogni momento eppure non l’hai fatto. Mi sono sentito… protetto. E questo mi ha dato la forza di uccidere quel mostro. Ciò che per me valeva la pena di morire eravate voi. Tu, la tua famiglia, Hermione. E questa scuola… Grazie alla quale ho incontrato te e ho capito cosa volesse dire essere felici, ed esserlo veramente. Cosa volesse dire fare parte di una vera famiglia.

Sii fiero di Fred… Lui lo è sicuramente di te. Ricordalo com’era. Ricorda il suo sorriso, il suo modo di completare le frasi di George. Il modo in cui ti tirava su di morale quando qualcosa non andava.

Una volta, mi è stato detto che le persone che ci amano non ci lasciano mai veramente. Possiamo sempre ritrovarle. Qui dentro » concluse poggiando una mano sul petto dell’amico.

Ron non rispose. Ed Harry sapeva che non c’era bisogno di ulteriori parole o banali discorsi.

Ma in un secondo, Ron strinse la mano di Harry sul suo petto e ciò bastò al ragazzo. Sapeva che quello era il modo di comunicare del suo amico, sapeva che Ron continuava a contare su di lui. Sapeva che Ron aveva capito che non sarebbe mai rimasto solo e che quel dolore… presto si sarebbe trasformato in un motivo per rialzarsi in piedi e combattere più di prima.

Harry fu grato di quel semplice gesto, una parte di sé, finalmente, aveva trovato pace.

Le immagini delle morti di quei giorni lo avrebbero perseguitato per sempre, ma sapere che le persone che erano rimaste potessero trovare un minimo di conforto, lo rese, per quanto possibile, più felice.

Dopo qualche minuto, il rosso si asciugò gli occhi. Harry sorridendo lo guardò e gli disse: « Adesso ho bisogno di te ed Hermione… Devo fare qualcosa per Piton e non posso riuscirci senza il vostro aiuto ».

Ron, con gli occhi ancora umidi, lo guardò e rispose: « Andiamo amico, senza la Granger siamo decisamente perduti ».

E alzandosi dai rispettivi letti, i due ragazzi si misero in cerca della Grifondoro.


Spazio autrice:

Ciao ragazzi, eccomi ritornata con un nuovo capitolo di questa storia che, ho sbirciato, state seguendo in tantissimi.

Come al solito, ringrazio tutti quelli che si soffermano a commentare e mi scuso se non ho risposto in questi lunghi giorni ma, ahimé, la dura vita da universitaria ha preso il sopravvento su tutto!

Mi è sembrato doveroso dedicare almeno un capitoletto al rapporto Ron-Harry e soprattutto al fatto che, nei libri quanto nei film, non sia giustamente espressa l'elaborazione del lutto per la morte di Fred. A distanza di anni, credo che sia la morte che più mi abbia distrutto e che mi abbia fatto soffrire, non oso immaginare George e, di sicuro, tutti gli Headcanon elaborati dai fan che si trovano sul web non aiutano minimamente.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, lasciate un commento se volete, io vi prometto di aggiornare quanto prima!

Restate collegati perché se ne vedranno delle belle... Un abbraccio a tutti!

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


CAPITOLO V:

Harry e Ron si allontanarono dal dormitorio; il moro era sicuro di trovare la sua migliore amica intenta a dare una mano da qualche parte nel castello. Dopo aver girovagato, infatti, la trovarono nel Cortile di Trasfigurazione insieme a Neville e Luna che stavano cercando di ricostruire le macerie e i vetri infranti che, copiosamente, ricoprivano il prato.

Non appena li vide, Hermione si avvicinò e, stringendoli in un tenero abbraccio, disse: « Stiamo cercando di ricostruire i danni maggiori: rimettere in piedi i pilastri, i muri portanti, le colonne… Non è semplice. Questa guerra ha distrutto tutto ma quel Mostro non è riuscito a spegnere la speranza di nessuno di noi ».

Harry annuì… Era esattamente la speranza che lo aveva guidato nelle sue scelte. Se si fosse lasciato andare, probabilmente, le cose non sarebbero andate a finire in quel modo. Non aveva scelto una strada semplice ma, sapeva, quella più giusta. Non aveva anteposto sé stesso agli altri, non aveva deciso di badare ai propri interessi. Aveva deciso di sacrificarsi proprio come altre persone avevano fatto per lui.

« Hermione, ho bisogno di parlarti… Ho bisogno del tuo aiuto » cominciò il ragazzo. « Devo sapere cosa sia possibile fare per Piton, come, secondo te, potrebbero evolvere le cose. Hai saputo qualcosa in merito al Ministero della Magia? »

« Harry, credo che in questo momento il Ministero debba essere l’ultimo dei tuoi pensieri.

Come ben sappiamo, non c’è nessuno al suo comando, ci vorrà del tempo prima che le cose prendano una piega diversa », rispose Hermione.

I due ragazzi la guardarono, Harry non sembrò affatto rincuorato da quelle parole… Di tempo non ne aveva. Probabilmente, Piton di tempo non ne aveva. Fremeva, da un lato avrebbe voluto dilatare quei momenti per cercare di fare chiarezza con sé stesso, con il resto del Mondo Magico. Da un altro lato, invece, non sopportava l’idea di non avere ancora, e per l’ennesima volta, delle risposte. Si sentiva in bilico, come se fosse in equilibrio, sull’orlo di un burrone, e avesse sulle spalle un peso che rischiava di trascinarlo nel baratro.

Hermione intuì immediatamente i pensieri che, in quegli istanti, stavano attraversando la mente del suo migliore amico, così cercò di considerare un’ulteriore opportunità che permettesse ad Harry di poter rendere Severus Piton un uomo libero, lontano da tutto quel dolore che era stato costretto a provare per tanti anni.

« Dobbiamo solo sperare che sia Kingsley Shackelbolt a prendere il potere, probabilmente solo in questo modo Piton avrà una possibilità. Shackelbolt faceva parte dell’Ordine così come Piton… Ha combattuto con te e per te, ti conosce. Crederà alle tue parole e il nome di Severus Piton verrà riabilitato ».

Kingsley Shacelbolt. Harry non ci aveva mai pensato, lui poteva davvero ribaltare le sorti di quegli eventi.

Caramel, troppo accecato dal potere, non aveva mai dato ad Harry l’idea di una persona carismatica o, quantomeno, aperta al dialogo. Aveva deciso di restare chiuso nelle sue convinzioni, e l’unico risultato ad aver ottenuto era stato la resurrezione del Signore Oscuro.

Kingsley era diverso. Da sempre, si era schierato in prima linea a difesa dell’Ordine e di Harry stesso. Non aveva mai tentennato di fronte alle situazioni di pericolo. Come Auror, aveva visto tante volte la morte in faccia ma, in nessuna di quelle occasioni, si era tirato indietro. Era affidabile, audace e non mancava di astuzia. Harry non poteva negare di sentirsi rassicurato e protetto quando era in sua compagnia. Se fosse diventato Ministro della Magia, tutti ne avrebbero tratto beneficio.

Istintivamente, si passò una mano tra i capelli e si sentì finalmente pronto ad intraprendere una nuova battaglia, a lottare di nuovo affinché le cose prende ressero a scorrere nel giusto senso.

Abbracciò Hermione e la ringraziò… Come sempre le sue parole erano diventate un ottimo spunto di riflessione.

« Adesso è meglio che vada, » riprese, toccando la spalla di Ron « è giunto il momento di dare una mano a Madama Chips e al professor Jones. Onestamente, non so come la McGranitt abbia convinto quella donna a farla aiutare da qualcuno ad assistere un malato. Non un malato qualunque tra le altre cose… Non posso lasciarmi sfuggire questa occasione! »

Hermione e Ron risero di gusto… Possibile che Harry fosse riuscito ad intenerire la Chips?

Sul volto di Harry si accennò un sorriso, e nei suoi occhi saettò una luce abbagliante. Sentiva che nuova vita stava cominciando a scorrere nelle sue vene.

Salutò i suoi migliori amici e corse alla Torre dell’Orologio. Salì le scale più in fretta che poté e finalmente si trovò di fronte alla grande porta dell’infermeria. La aprì lentamente e vide che Madama Chips era ferma tra alcuni letti che ospitavano altri feriti di guerra. Dopo aver somministrato un’ultima dose di Ossofast ad una ragazza dai lunghi capelli neri e con il braccio ingessato, si avvicinò a lui, intuendo già la richiesta che stava per esserle fatta.

« Signor Potter, mi aspettavo una sua visita al più presto. Il dottor Jones sarà qui fra qualche minuto, nel frattempo, potrebbe essere così gentile da indossare un camice? Quelle tendine sono incantate, fanno sì che la zona che circondano sia completamente sterilizzata. Ovviamente sono state incantate anche da un’Adduco Maxima, e c’è molto più spazio all’interno di quanto non possa sembrare all’esterno ».

Comparve un camice immacolato tra le mani della donna che, senza esitare, lo porse ad Harry.

Il ragazzo lo indossò e cominciò a camminare in direzione del giaciglio di Piton.

« Potter – lo interruppe la Chips, ed Harry si fermò – su quel letto non troverai lo stesso professore che eri abituato ad incontrare. Devi fare attenzione a molti macchinari, molti tubi che, per il momento, ci comunicano la sua situazione. Se per te dovesse essere troppo impegnativo, potrai uscire in qualunque momento, non sei costretto a restare lì ».

« La ringrazio, lo terrò presente », e voltatosi di nuovo verso quelle tendine, Harry riprese a camminare ed un secondo dopo era scomparso dalla vista di Madama Chips.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


CAPITOLO VI:

La mano si avvicinò con una certa urgenza alla tenda e, non appena l’ebbe scostata, lo “spettacolo” che si presentò agli occhi di Harry gli fece raggelare il sangue.

Mai, infatti, avrebbe pensato di poter vedere Piton in una condizione peggiore di quella in cui era stato ridotto alla Stamberga Strillante.

Le sue vesti nere non erano state tolte del tutto, erano sbottonate sul torace dove si vedevano chiaramente le fasciature bianche che lo ricoprivano per intero. Alzando lo sguardo, notò come quelle stesse fasciature diventassero di un rosso sempre più intenso, man mano che si avvicinavano al punto del collo in cui Nagini aveva scagliato il suo attacco mortale. Il volto era esangue e i suoi occhi, sebbene chiusi, avevano ancora impressa un’espressione di dolore mista ad una paura inconfessabile.

Harry si avvicinò al letto, e sfiorò i capelli corvini del professore, il cui colore rendeva ancora più forte il contrasto con la sua carnagione smunta. Con la mano scese fino a toccargli il braccio sinistro dove era ben visibile il Marchio Nero, che sembrava inquinare quel corpo così candido. Guardò con odio quel simbolo e, inevitabilmente, pensò a quanto fosse simile alla sua cicatrice. Entrambi avevano cambiato la storia dei loro possessori e per nessuno dei due in meglio. Erano l’emblema di tante, troppe sofferenze, tanto che non parve vero ad Harry che tutto fosse ormai finito. Si vergognò per aver sempre giudicato in malo modo quell’uomo che adesso, invece, doveva sopravvivere a tutti i costi. Si sentì tremendamente in colpa perché non era stato in grado di proteggerlo al momento giusto, cosa che invece Severus aveva sempre fatto per lui.

Infine notò che al suo corpo erano attaccati dei tubicini di gomma che si collegavano, precisamente, alla schiena. Harry aveva visto quella specie di macchinari babbani quando Dudley era stato in ospedale, dopo essere caduto dalla bicicletta per aver tentato un salto da una rampa di scale. Probabilmente – pensò- quei tubi avevano il compito di iniettare una sostanza che permettesse di alleviare il dolore.

In questo modo, Piton avrebbe potuto riposare con relativa tranquillità.

Improvvisamente, apparve alle spalle del ragazzo un uomo alto, dai capelli arruffati e con gli occhi azzurrissimi. Indossava lo stesso camice bianco che era stato offerto ad Harry, e il ragazzo capì che aveva, finalmente, di fronte a sé il dottor Jones. L’uomo lo guardò e gli sorrise, probabilmente non aveva bisogno di presentazioni per sapere che quello fosse Harry Potter.

« Signor Potter, è davvero un immenso piacere fare la sua conoscenza », gli disse mentre gli porgeva la mano.

Harry, trovandosi davanti a lui, provò una strana sensazione, come di rassicurazione.

« Il piacere è senz’altro mio, Professor Jones » rispose, accettando quella stretta di mano.

« Signore, la prego di chiamarmi Nate, non merito di certo questa formalità al suo cospetto » disse sincero il medico.

« Allora Profes- emh – Nate, voglio che tu ti rivolga a me chiamandomi Harry. Soltanto Harry », rispose il moro, felice di potersi rivolgere a lui come un amico. Se gli argomenti delle loro conversazioni future fossero stati soprattutto la salute e le condizioni di Severus, aveva bisogno che si parlassero senza troppe convenzionalità.

« Ne sono veramente onorato. A tal proposito, Poppy mi ha informato della tua decisione, so che hai intenzione di assistere il Professor Piton ma ho il preciso dovere di darti alcune informazioni » proseguì Nate.

Harry lo fissò intensamente… sentiva che le cose stavano per diventare complicate. Di nuovo.

« Non sappiamo come abbia fatto a sopravvivere per così tanto tempo. Può sembrarti strano ma, in quello stato, dopo il morso di quel serpente demoniaco, anche i minuti erano preziosi. Studiando il caso, nella normalità delle cose, non avrebbe dovuto farcela. Non avrebbe potuto. E invece a distanza di ore, sebbene il suo battito fosse notevolmente rallentato, c’era ancora una possibilità per salvarlo. Al momento, gli stiamo somministrando estratti di morfina babbana, affinché non provi dolore per le medicazioni e per tutte le volte in cui la ferita deve essere pulita. Il problema essenzialmente è questo: tutti i suoi valori sono nella norma, ma non sappiamo per quale motivo ancora non si sia svegliato. E’ in questo stato già da troppo tempo e, a questo punto, non sappiamo se o quando riaprirà gli occhi. Inoltre non devi dimenticare il rischio che corriamo.. Lui, come tutti i Mangiamorte, verrà ricercato a breve. E a quel punto diverrà rischioso nasconderlo qui, sempre di più ».

All’udire quelle parole, Harry si bloccò. Si limitò semplicemente a spostare il suo sguardo verso il letto in cui Piton era adagiato. Il petto pallido continuava ad alzarsi e ad abbassarsi in modo regolare mentre respirava e al ragazzo, che stentava ancora a credere a ciò che aveva sentito, sembrò di essere al cospetto del risultato di un Distillato della Morte Vivente mal riuscito. Respirava eppure non si svegliava.

Cosa poteva essergli capitato nelle ore successive? Harry non riusciva a spiegarselo.

« Capisco quanto la situazione possa essere complicata – iniziò il ragazzo – ma non possiamo mollare! Non possiamo lasciare che un uomo rischi di non risvegliarsi mai più… Non possiamo lasciare che non venga fatta giustizia in un momento così critico come questo… Severus è forte, più di quanto si possa pensare. Io sono certo che ce la farà, dobbiamo fare tutto ciò che rientra nelle nostre possibilità. Non sono un dottore, è vero, e voglio che tu mi metta da parte quando sarò d’intralcio per te e per il tuo lavoro. Ma so quanto sia importante essere vicini a qualcuno. Desidero assisterlo e aspettare che riapra finalmente gli occhi. Sono pronto a tutto… E tu? »

Nate Jones rimase senza fiato. Sapeva di avere a che fare con l’Eroe del Mondo Magico ma non immaginava quanto coraggio potesse risiedere in una sola persona. Era pronto a rischiare, a togliere tempo alla sua notorietà per assistere qualcuno che, molto probabilmente, rischiava di non farcela.

Ancora una volta la speranza non aveva abbandonato Harry Potter. Ancora una volta, la speranza diventava la sua unica ancora di salvezza.

Il dottore ricacciò indietro qualsiasi dubbio lo avesse tormentato fino a quel momento e, senza altre esitazioni, guardò Harry e gli sorrise: « Ci sono, mettiamocela tutta, Harry ».

 

ANGOLO AUTORE

Bentrovati a tutti, sono tornata con due nuovi capitoli per farmi perdonare questa assenza. Come potrete notare, questi capitoli procedono un po' a rilento, quasi come se Severus facesse soltanto da sfondo alla vicenda. In realtà è una scelta voluta: mi è piaciuto non lasciare in sospeso nessuna questione, e soprattutto, ai fini della storia, mi è sembrato doveroso far emergere il personaggio di Harry non più soltanto come un giovane adulto dal carattere impulsivo e sregolato, ma determinato e finalmente consapevole di sé e di cosa vuole dalla vita. E credo, in fin dei conti, che l'evoluzione di Harry sia proprio questa: un ragazzino catapultato in un mondo sconosciuto, con un destino crudele che riesce a sconfiggere per diventare padrone delle sue scelte e delle sue decisioni.

Ringrazio tutti quelli che hanno commentato finora, mi scuso se non sono riuscita a rispondere a tutti, cercherò di rimediare! E grazie anche agli altri utenti che leggono soltanto senza recensire.

A presto!

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


CAPITOLO VII:

Era ormai trascorsa la notte ed Harry non riuscì a chiudere occhio. Si chiedeva cosa fosse mai potuto accadere a Piton la notte in cui fu aggredito. Come aveva fatto a resistere a quel veleno? Possibile che il professore avesse previsto in anticipo le mosse di Voldemort e avesse cercato di trovare precauzioni adatte ad un eventuale attacco del genere? Possibile che avesse creato un antidoto che gli permettesse di fermare l’infezione o, quantomeno, di ritardarla? Erano tutte domande a cui, francamente, il ragazzo non riusciva a dare una risposta e questo lo faceva soffrire anche di più. Se non sapeva cosa fosse successo e soprattutto per quale motivo, come poteva trovare una soluzione ad un problema che non sapeva come si fosse creato?

Sentiva ancora una volta che il tempo gli stava scivolando dalle mani, come se egli stesso non fosse che una semplice marionetta in balia degli eventi. Avrebbe voluto che le cose procedessero con calma, ma più passavano le ore, i minuti e i secondi, più avvertiva un senso di angoscia, esattamente come in quei mesi in cui aveva dovuto restare lontano da Hogwarts per prepararsi ad una battaglia più che imminente.

Temeva che il tempo peggiorasse solo le cose… E se ci fosse stato qualcosa di possibile da fare per Severus ma lo scorrere del tempo avesse reso qualsiasi cura inefficace?

Si rigirò nel suo letto e un pallido bagliore lunare filtrò dalle spesse tende rosse del suo baldacchino. Gli ritornò in mente quella notte in cui il corpo di Piton fu portato in infermeria. Pensò che se non gli avessero mostrato quei ricordi, probabilmente non avrebbe provato il terrore che gli aveva stretto il cuore quando vide quel corpo esanime. Non è che se si fosse trattato di qualcun altro sarebbe stato felice, ma si accorse che aveva paura di perdere Piton. Di perdere di nuovo qualcuno che per lui aveva messo a repentaglio la propria vita senza chiedere mai nulla in cambio e, nel caso specifico di Severus, sapeva che non gli sarebbe stato riconosciuto nulla, non sarebbe stato premiato per un atto di tale valore ma, più di ogni altra cosa, per nessuno mai sarebbe cambiata la visione della sua posizione nella società. Un Mangiamorte, un reietto, un assassino. Non per Harry però.

Il ragazzo riuscì ad addormentarsi, anche se per poche ore. Alle sette del mattino era già in sala grande per la colazione… Il suo unico pensiero era quello di fare finalmente qualcosa di concreto per Severus. Aveva appuntamento con il dottor Jones alle otto ma, a causa della trepidazione e dell’ansia, non riuscì che a bere un mezzo bicchiere di succo di zucca e, dopo aver salutato Ron ed Hermione, corse verso la Torre dell’Orologio per arrivare in Infermeria. Alle sette e trenta in punto era davanti all’enorme e pesante portone di ottone dell’Infermeria, raggiunse il centro della stanza e non vi trovò nessuno. Senza pensarci ulteriormente, avanzò verso le tendine bianche, le scostò ed entrò.

Severus sembrava dormire profondamente ma Harry notò che la fasciatura sul suo collo era ormai impregnata di sangue. Guardò sulla barella alla destra del letto e vide che c’erano tutte le bende e i disinfettanti utili per fasciare la ferita. Con molta attenzione cominciò a srotolare la garza che ricopriva il collo e parte della spalla di Piton e, non appena questa fu rimossa del tutto, il morso del serpente gli si mostrò con tutta la sua violenza. Ad Harry mancò il respiro.

Senza perdere altro tempo, prese i disinfettanti e, con molta cura, cominciò a tamponare quello squarcio disumano. Era come se l’anima del professore fosse stata risucchiata in un sol colpo da quella spaccatura e non riuscì a non provare, per l’ennesima volta, un odio incontrollato verso Voldemort. Agli occhi del Signore Oscuro, Severus Piton era uno dei servitori più fidati. Gli aveva assegnato incarichi importanti, lo aveva messo alla prova moltissime volte e mai era stato deluso. Era arrivato ad uccidere Silente per lui. Eppure, Voldemort si era mostrato ancora una volta un essere senz’anima e senza scrupoli. Non appena la Bacchetta di Sambuco aveva cominciato a non rispondere in maniera adeguata agli ordini del Signore Oscuro, egli aveva cominciato, erroneamente, ad ipotizzare per quale motivo non ne fosse il vero ed unico padrone. Quando individuò Severus come causa della sua debolezza, non aveva esitato un secondo di più per ordinare a Nagini di ucciderlo. Silente aveva ragione… Esistono cose ben peggiori della morte. Vivere senza Amore. E probabilmente Voldemort l’Amore non l’aveva mai conosciuto.

 Una volta che ebbe terminato, prese delle bende pulite e rifasciò con attenzione la zona trafitta. Guardò con orrore e rabbia quelle bende e mentre pensava a cosa farne, entrò il dottor Jones.

« Harry! Non credevo che fossi già qui ma… Immagino che avrei dovuto aspettarmelo », esordì il dottore con un largo sorriso.

« Nate, perdonami se sono entrato senza avvertirti e ti chiedo scusa se ho toccato i tuoi medicinali senza il tuo permesso » rispose Harry in tutta fretta.

Era evidente che il ragazzo fosse scosso e Nate capì che, in realtà, tutte le cure e le medicazioni che aveva effettuato sul corpo del paziente erano state mosse da una buona dose di ansia mista a forte rabbia.

Onestamente, quali colpe ne aveva? Aveva tutte le giustificazioni di questo mondo per comportarsi in quel modo e ancora non riusciva a capacitarsi di come riuscisse a mantenere quello stato di calma apparente e di grande cordialità quando era in presenza di qualcuno.

« Lasciami dare soltanto un’occhiata, – riprese il dottore, che cominciò a guardare il lavoro che aveva fatto il  ragazzo – Harry, devo dirti che hai eseguito una bendatura veramente scrupolosa, la ferita è ben disinfettata e le bende precedenti non mostrano residui di pelle superflua. Questo è un dato molto importante, vuol dire che in qualche modo, il corpo del professore sta reagendo e, anche se in maniera più lenta rispetto al solito a causa della gravità della ferita, le piastrine stanno cominciando a circoscrivere la zona dell’emorragia. Devo farti soltanto un appunto » e facendo spostare Harry, si posizionò proprio sulla spalla del professore.

« La bendatura non deve essere troppo stretta, altrimenti rischiamo di alterare il flusso sanguigno. Potrebbero formarsi zone in cui il sangue non arriva e zone in cui il sangue potrebbe fuoriuscire, rendendo vano l’operato delle piastrine ».

Harry guardò il professor Jones che con grande maestria e grande delicatezza allentava la presa delle bende. Le sue mani si muovevano con una mirabile agilità e in pochi minuti la medicazione venne corretta.

« Harry, effettivamente hai capito in che modo vada disinfettata la ferita e questo può essere di grande aiuto. Ti spiego brevemente quale sarà il nostro compito in questi giorni. Ci attende una fase di osservazione che, purtroppo, non sappiamo quanto tempo effettivo richiederà. Io ho studiato una combinazione di vari farmaci e il tuo compito sarà quello di monitorare costantemente lo stato fisico del Professore. Dobbiamo tener conto anche di un minimo miglioramento o di un minimo peggioramento, perché solo in questo modo riusciremo a capire quale cura sarà più efficace. Nel frattempo, spero di riuscire a capire quale sia la causa per cui Severus ancora non riesca a svegliarsi. Pensi di poter riuscire in questo compito? » azzardò Nate.

« Io credo di poterci provare. Mi impegnerò a fondo, di questo puoi starne certo. È una questione veramente importante ».

Nate gli consegnò un taccuino dove Harry avrebbe dovuto registrare ogni tipo di reazione che il corpo di Piton avrebbe avuto in relazione ai farmaci somministrati.

Era tanto determinato – pensò – che, se ce ne fosse stato bisogno, sarebbe stato disposto a trascorrere anche tutte le notti in Infermeria a partire da quel momento.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII - Turning point ***


CAPITOLO VIII:

30 LUGLIO 1998

I mesi trascorsero, ne erano ormai passati quasi un paio dalla fine della battaglia di Hogwarts.

Le giornate erano diventate calde, il sole sorgeva prima e tramontava sempre più tardi; la scuola, la cui costruzione non era ancora terminata, sembrava aver perso quell’aria di “morte” che l’aveva caratterizzata nelle settimane precedenti. Tutti sembravano essere animati da uno spirito nuovo, l’energia si stava risvegliando nei corpi dei ragazzi e dei docenti, e ciascuno era determinato a portare a termine i propri compiti.

Lo stesso non si poteva dire di Severus. Harry aveva trascorso tutti i giorni e tutte le notti al suo fianco, registrava ogni singola reazione che il corpo del professore aveva, in relazione alle cure che quotidianamente il professor Jones organizzava e modificava per lui. Qualche miglioramento c’era ovviamente stato: il collo aveva smesso completamente di sanguinargli e la ferita mostruosa, che gli era stata inferta, si era quasi rigenerata del tutto. Severus, però, non dava alcun segno di ripresa, non aveva ancora riaperto gli occhi da quella notte di Maggio e, cosa ancora più assurda, non rispondeva agli impulsi nervosi. Più e più volte Harry e Nate avevano tentato di stimolare le terminazioni nervose del Professore o sfiorandogli la pelle del viso e delle braccia o colpendogli delicatamente le ginocchia. Ma niente, restava così, fermo e immobile; l’unica cosa a muoversi era il suo torace che si alzava e si abbassava al ritmo del respiro.

Ciò che si dimostrò sorprendente fu la collaborazione che si instaurò tra il giovane mago e il dottore: tutti e due lavoravano in perfetta sincronia, ognuno riparava le eventuali mancanze dell’altro e si correggevano a vicenda; Harry aveva tratto molteplici insegnamenti da Nate e dal suo mestiere. Comprese che “essere medico” non poteva essere considerato soltanto un lavoro: doveva essere una vera e propria vocazione. Bisognava avere una predisposizione particolare verso i pazienti, un senso del dovere grandioso e un’attenzione minuziosa per qualsiasi cosa. Era veramente ammirevole il modo in cui quello strano duo si stesse prendendo cura di quel professore, in precedenza tanto odiato e tanto temuto.

Giunse il pomeriggio del 30 Luglio e, mentre Harry era alle prese con alcuni alambicchi e alcune pozioni, la porta dell’infermeria si spalancò… Erano Ron ed Hermione.

« Harry… sei qui? » chiese timidamente Hermione, sapendo che di sicuro non avrebbe trovato il suo migliore amico da solo.

Udendo le loro voci, Nate, con uno sguardo eloquente, gli fece capire che sarebbe dovuto uscire a salutarli, al resto ci avrebbe pensato egli stesso.

Harry scostò le tendine e si diresse al di fuori di esse. Da quanto non usciva da quella stanza con ancora il sole alto nel cielo?

« Herm, eccomi! » rispose di rimando il ragazzo.

I due giovani si diressero verso di lui e lo abbracciarono.

« Harry, ricordi che giorno è domani? » prese parola Ron.

« Dovrebbe essere… beh… credo che sia… Luglio » rispose Harry, cercando di sforzarsi.

« Tu non stai dicendo sul serio, Harry Potter – disse Hermione fissandolo e puntandogli un dito contro – vuoi davvero farci credere che tu non abbia la più pallida idea di che giorno sia domani? ».

Harry spostò, interdetto, lo sguardo sulla sua amica. Era serio!

« E va bene… Suppongo che oggi sia 30 quindi, a rigor di logica, domani dovrebbe essere 31 Luglio ».

Hermione e Ron lo guardavano come se la risposta più ovvia del mondo gli fosse caduta sul naso.

Beh, in effetti era davvero la risposta più ovvia del mondo e, di fatto, gli era caduta sul naso, solo che probabilmente la sua miopia doveva essere aumentata a tal punto da rendergliela non visibile.

« Amico, sei messo davvero male – ironizzò il rosso – sapresti almeno dirci quand’è che sei nato? »

« Il 31 Lugl… AH! »

« EH!!! » risposero in coro Hermione e Ron.

Harry si rese conto in quel preciso istante che aveva trascorso così tanto tempo accanto a Severus da aver perso non solo il senso del tempo e dei giorni che passavano, ma aveva persino cancellato il fatto che, in quei giorni, avrebbe compiuto 18 anni.

« Harry, questa sera ti consiglio di presentarti alle 23.00 sulla Torre di Astronomia » riprese Hermione, « Non sono ammesse scuse o assenze giustificate di nessun tipo! » disse ridendo.

« Non badare alla risata di Hermione, siamo serissimi. Se non ti presenterai, sarai perseguitato dal rimorso per tutta la tua vita: il rimorso di aver lasciato i tuoi migliori amici da soli, con tanto di notte stellata, sulla torre più alta della scuola! » sbottò convintissimo Ron.

Si guardarono e scoppiarono a ridere, fino alle lacrime, come tre bambini.

Harry sentì il bisogno di stare con loro ma, allo stesso tempo, l’accudire Severus era diventato una parte così “normale” delle sue giornate da pensare addirittura che Nate (Medico e Curatore plurilaureato) non sarebbe riuscito a cavarsela senza di lui.

E poi si rese conto dell’idiozia a cui aveva pensato. Stava davvero diventando matto? Probabilmente, sì.

***

Alle ore 20.30 Harry fece ritorno alla Torre Grifondoro, certo di trovare i suoi amici nella Sala Comune. Oltrepassò il ritratto della Signora Grassa, che gli studenti avevano riparato con successo, e una volta giunto all’interno del salone, si accorse che non c’era nessuno. Ipotizzò allora che Ron lo stesse aspettando nel dormitorio, così salì le scale a perdifiato ma non c’era traccia dei suoi due migliori amici.

Era quanto mai ovvio che i ragazzi si fossero già avviati alla Torre di Astronomia ed Harry pensò che sarebbe stato meglio portarsi dietro una felpa, siccome di sera, a quell’altezza faceva davvero freddo.

Si avvicinò al letto e proprio mentre stava per aprire il suo baule, notò un biglietto con l’innegabile grafia di Hermione.

“Ti stiamo aspettando alla Torre, fa’ in fretta, Ron è riuscito a procurarsi dell’ottimo cibo dalle cucine. Non dimenticare di portare qualcosa di caldo da mettere addosso, qui l’aria è molto fresca.

P.s.: Ti consigliamo vivamente di portare con te il tuo Omniocolo, che usavi per guardare le partite di Quidditch”.

 

Harry fissò leggermente perplesso il biglietto, chiedendosi a cosa servisse l’Omniocolo. Avevano organizzato una partita di Quidditch e lui era lo spettatore a cui era toccata la postazione più lontana?

Decise che era meglio evitare di farsi ulteriori domande, comunque avrebbe scoperto il tutto una volta giunto a destinazione. Prese con sé una felpa verde e il bizzarro Cannocchiale e si diresse verso la Torre.

Nel frattempo, Ron ed Hermione stavano finendo di organizzare le ultime cose e proprio in quell’istante udirono l’avvicinarsi di passi.

Ciò che si presentò agli occhi di Harry fu assolutamente inaspettato, i suoi amici avevano preparato tutto nei minimi dettagli: le pareti della Torre erano diventate di un rosso acceso, attraversato da strisce dorate, tutt’intorno erano stati lanciati vari incantesimi, uno che permetteva al freddo di non essere troppo pungente ed un altro che invece diffondeva una luce soffusa per tutto il piano. Infine la sua attenzione fu catturata da quello che si trovava al centro dello scenario: c’era una semplice coperta rotonda di colore blu notte, su cui erano state poggiate tutte le prelibatezze che Ron era riuscito a prendere dalle cucine.

Quando i ragazzi lo videro entrare, gli corsero incontro ed Hermione gettò le braccia intorno al suo amico. Harry si sentì protetto come non mai, aveva davvero bisogno che i suoi amici facessero parte della sua vita, erano la sua famiglia… Inusuale, ma non avrebbe potuto chiedere di meglio.

« Dai ragazzi mangiamo, ho una fame da lupi » cominciò Ron beccandosi un’occhiataccia da Hermione.

« Ma scusa, che ho detto? Io sto davvero morendo di fame! »

A quello spettacolo, Harry non poté fare a meno di sorridere. Finalmente dopo tanto tempo, la tranquillità aveva ripreso a galleggiare nella sua vita e una strana felicità prese possesso di lui.

« E va bene, sediamoci dai… » acconsentì Hermione, raddolcita.

Presero posto sulla grande coperta e cominciarono a mangiare di gusto.

Ad un tratto Hermione si fermò. « Ragazzi, è quasi ora… »

Harry la fissò con espressione interrogativa, ora di far cosa?

« Hai ragione amico, non siamo stati granché esaustivi con le spiegazioni… » rispose Ron.

« Beh è vero…» continuò Hermione, «Vedi Harry, c’è una costellazione chiamata “Triangolo”, formata dall’unione di tre stelle. È visibile soltanto dai mesi compresi tra ottobre e marzo ma in via eccezionale, questa notte potrà essere osservata nitidamente ».

« E l’Omniocolo? A cosa serve? » chiese Harry, leggermente meno confuso.

« Le stelle compariranno una ad una… Se le osservi dall’Omniocolo, assisterai ad uno spettacolo veramente magnifico » rispose il Rosso.

Spostarono così le vettovaglie, e si stesero in cerchio, in modo che le loro teste si toccassero.

Il cielo era davvero stupendo, Harry, ne era certo, non l’aveva mai visto così nitido. C’erano almeno un miliardo di stelle, alcune più visibili, altre meno, ma nessuna era meno importante dell’altra. Tutte concorrevano a formare un gioco di luci che aveva qualcosa di sensazionale. La luna brillava possente nel cielo ed Harry si sentì perso di fronte a tutta quella immensità. Era come sentirsi un granello di sabbia di fronte all’oceano.

D’un tratto, Hermione spense quasi del tutto le luci, in modo che la visibilità fosse ancora migliore.

« Ecco, sta apparendo la prima! » urlò estasiata la ragazza.

Meccanicamente, il trio portò all’occhio i rispettivi cannocchiali e attesero.

Era vero, la stella era apparsa nel cielo, dapprima timidamente, ora in maniera sempre più appariscente.

Trascorsero pochi minuti e comparve la seconda. Ad Harry ci volle un po’ per riuscire ad individuarla, era davvero complicato riuscire a trovare qualcosa di così piccolo, in mezzo a tante altre stelle.

Ed ecco, infine, la terza stella. I ragazzi fissarono intensamente lo spettacolo, e un silenzio di pace ed emozione, scese in quel luogo.

Harry notò come quelle stelle formassero delle linee di luce ben definite sebbene, ovviamente, tutto questo fosse frutto della percezione dell’occhio. Ma sembrava così reale… Sembravano fasci di luce destinati ad essere legati per sempre, come se quelle stelle non potessero dividersi mai più.

Ad Harry piacque pensare che quelle tre stelle fossero lui ed i suoi due amici.

Dopo diverso tempo, Ron si alzò dal suo giaciglio e con l’aiuto di Hermione, prese una scatola tutta incartata.

Harry non ci aveva fatto caso, ma era scoccata la mezzanotte del 31 Luglio 1998.

« Buon compleanno, Harry », dissero in coro i due ragazzi, porgendo al mago la scatola colorata.

« Ragazzi, andiamo, sapete che non avreste dovuto » rispose imbarazzato il ragazzo.

« Io ti consiglierei vivamente di scartarlo invece », gli sorrise Ron.

Aprì la scatola e si ritrovò davanti un librone dalla copertina rossa e dorata, come le pareti della Torre e come i colori di Grifondoro. Sfogliò la prima pagina e trovò questa frase:

“Non possiamo scegliere il nostro destino, ma possiamo scegliere le persone ».

Continuò a sfogliare e si rese conto che quello in realtà non era un libro ma un album di fotografie, in cui erano ritratti tutti e tre, accompagnate da alcune frasi che, in qualche modo, avevano avuto un significato per la loro vita.

« Credo che questo sia uno dei regali più belli che abbia mai ricevuto » sorrise, commosso, Harry.

Si abbracciarono a lungo.

Dopo un po’ Ron propose ad Harry di cominciare ad avviarsi ai dormitori, in modo che lui ed Hermione avessero il tempo di ripulire e riordinare il piano della Torre. Harry acconsentì e scese la lunga scalinata a chiocciola.

Prevedeva che ci sarebbe voluto del tempo… Voleva che i suoi due amici avessero del tempo per restare un po’ da soli e il cielo stellato, le luci soffuse e la luna, davano decisamente un’aria romantica, adatta per loro due. Così fece una deviazione di percorso e si diresse verso l’Infermeria per dare un’occhiata a Piton prima di andare a dormire.

Entrò nei separè e tutto gli sembrò normale: le fasciature ormai candide e non più impregnate di sangue raggrumato, il volto rilassato e il respiro regolare. Nate non aveva annotato nulla sui taccuini quindi – presumeva – non c’erano stati né miglioramenti né complicazioni.

Prese una sedia e l’avvicinò al letto per osservare meglio il suo Professore.

« Sono passati quasi più di due mesi » sospirò Harry, passandosi una mano tra i capelli.

Niente.

« … E ancora non ti decidi a svegliarti ».

Ancora niente.

« Te la stai prendendo davvero comoda, eh vecchio mio? »

« 100 punti in meno a Grifondoro »

Un sussurro flebilissimo, una voce roca e allo stesso tempo profonda.

Harry rimase pietrificato, con lo sguardo cercò di raggiungere gli occhi di Piton ed eccoli lì.

Il verde incatenato nel nero.

 

 

 


--- SPAZIO AUTORE ---

Ciao ragazzi, eccomi di ritorno con due capitoli nuovi... Soprattutto con questo, si segna una rottura con la storia precedente: so di avervi fatto aspettare molto per il ritorno di Severus ma eccolo qui! E non subito le cose prenderanno la giusta piega, la strada è lunga e Severus non ha un carattere granché domabile.. Figuriamoci dopo aver realizzato di essere stato salvato dal Grifondoro...

Grazie ovviamente a chi segue la storia commentandola e lasciando suggerimenti graditissimi e grazie anche a chi decide di seguirla senza esprimersi.. Ci vediamo alla prossima! :)

 

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Capitolo 9
*** Capitolo IX: 31 Luglio 1998 ***


CAPITOLO IX: 31 luglio 1998

Silenzio, soltanto silenzio.

Per l’ennesima volta l’unico rumore a fendere l’aria era il suo respiro.

Occhi chiusi, braccia immobili, viso imperscrutabile.

Nulla di ciò che stava guardando si muoveva.

Ad un tratto una voce, simile ad un sussurro, aveva spezzato la monotonia di quel momento.

« 100 punti in meno a Grifondoro »

Il cuore di Harry aveva perso un battito.

Quella bocca che, per due lunghi mesi, aveva tenuto le labbra serrate e immobili, all’improvviso si era schiusa lasciando uscire un filo di voce… Flebile, ma tanto potente da spaccare il cuore di Harry in due.

Con non poca difficoltà, lasciò che il suo volto, nascosto tra le sue mani, uscisse per guardare in faccia alla realtà, per capire se si fosse trattato di un sogno o meno.

Ed eccolo lì, Severus, ancora immobile, aveva appena dischiuso quegli occhi, neri come l’ossidiana. Harry alzò a fatica il suo sguardo che finì, irrimediabilmente, per incatenarsi a quello dell’altro.

Non ci credeva. In un attimo fu catapultato a quella notte del due maggio, quando aveva creduto di vedere quegli occhi aperti un’ultima volta.

«Guar…da…mi…»

«Hai gli occhi di tua madre ».

Ed era spirato. La testa si era accasciata in un lato, gli occhi prima spenti e poi chiusi. Ed Harry lo aveva odiato. Anche in quel momento. Anche quando, in mezzo a quella pozza di sangue, del suo sangue, Severus gli teneva ancora stretta la camicia, come se stesse cercando di aggrapparsi, di cercare protezione e conforto. Harry lo odiava.

Come poteva, dopo quasi sette anni di puro odio, lasciarlo dicendogli che aveva gli stessi occhi della madre? Cosa diavolo poteva saperne di come erano gli occhi di Lily? Cosa poteva mai saperne un uomo così austero, freddo e meschino, di cosa significasse per Harry sentirsi, anche solo per una caratteristica fisica, un riflesso di sua madre?

La verità era che ad Harry molte cose erano ancora nascoste. Non avrebbe smesso di odiare Severus se non dopo aver versato i ricordi nel Pensatoio.

E tutto era cambiato.

Il nemico che diventa alleato.

Il burattinaio che diventa la marionetta.

Il carnefice che diventa la vittima.

La vigliaccheria che si trasforma in coraggio.

L’oscurità che si converte alla luce.

E lui l’aveva perso. Non aveva fatto nulla per poterlo curare. Non gli era affatto interessato se nella borsetta di Hermione ci fosse dell’Essenza di Dittamo per poter fermare il sangue che usciva copioso dalla sua ferita.

Non si era disperato come aveva fatto con Dobby. Non gli interessava, in quel momento, di dare a quel corpo fasciato di nero una degna sepoltura.

Semplicemente, aveva lasciato che andasse incontro al suo triste destino.

E invece, soltanto dopo aver rivissuto i suoi ricordi, avrebbe voluto ritornare indietro e cercare di salvarlo.

Fu lì, quella notte del 31 Luglio del 1998, che Severus Piton aveva finalmente sorpassato quel labile confine tra la Vita e la Morte, allontanandosi definitivamente da quest’ultima.

« P-professore.. » fu tutto quello che riuscì a dire Harry.

Silenzio.

Severus era ovviamente disorientato, stava cercando di mettere a fuoco la stanza in cui si ritrovava. Dopo qualche minuto, un’amara consapevolezza doveva aver preso possesso di lui e, istintivamente, si passò una mano tra il collo e la spalla, scoprendo - con sua somma sorpresa- che, sì, c’era una fasciatura ma inspiegabilmente non c’era traccia di sangue.

Harry rimase immobile, non riusciva a reagire.

Tutto quello a cui stava assistendo era incredibile: molte notti, prima di dormire, aveva pensato a cosa dire a Severus il giorno in cui si sarebbe svegliato. Aveva progettato mille discorsi, aveva cercato mille parole e aveva pensato di fare tante cose, ma in quel momento, non riusciva neanche a parlare.

Era come incantato, come se un mago potentissimo gli avesse scagliato un incantesimo… e probabilmente era stato così.

Severus, nel frattempo, procedeva ad esplorare le parti del suo corpo. Stava cercando di venire a capo della situazione, fare un resoconto delle sue condizioni e notò, con non poco stupore, che in realtà era in forma, avvertiva soltanto un minimo fastidio all’altezza del collo, quando si muoveva in maniera più brusca.

« Professore, lei è.. » tentò di dire Harry.

« Vivo…? » concluse Severus, con una nota di incredulità nella voce.

« Sì… Lei è vivo… Lei è vivo ed è qui » pronunciò Harry quasi senza fiato.

Severus cercò di alzarsi o, quantomeno, di mettersi seduto. Non appena vi provò, cominciò a sudare e a perdere colore. La testa aveva preso a girargli in maniera vorticosa, e proprio mentre stava per cadere all’indietro, Harry si lanciò dalla sedia e lo afferrò con le braccia.

Per un attimo, soltanto un attimo, i loro corpi erano entrati in contatto, e una strana emozione cominciò a farsi spazio nel cuore del giovane Harry.

Severus, dal canto suo, non sembrava essere infastidito da quel tocco. Era perplesso, questo sì.

Ad ogni modo, Harry sistemò i cuscini dietro la schiena del Professore e fece in modo che vi aderisse, senza che questi si sforzasse ulteriormente.

Dopo qualche attimo, Severus sembrava stare già meglio e dopo essersi passato una mano tra i capelli, si accorse che questi erano cresciuti e adesso arrivavano a toccargli le spalle.

« Io non dovrei essere qui » sentenziò amaramente il Professore.

Harry non se lo aspettava. Come poteva un uomo che era riuscito a sfuggire alla Morte, che aveva tutte le probabilità di essere riscattato agli occhi di tutti e poter ricominciare, pensare che non avrebbe dovuto essere lì?

« Perché dice questo? » chiese il giovane.

Severus non rispose. Fissava soltanto un punto imprecisato del pavimento, col volto abbassato.

« Sono stati Ron ed Hermione, – riprese il ragazzo che, inutilmente, aveva cercato una risposta – hanno avvertito loro la McGranitt e con l’aiuto di Hagrid l’hanno portata in infermeria quella notte stessa…»

“ Perché? – pensò Severus - Perché quegli stupidi ragazzini avevano dovuto intromettersi per l’ennesima volta? Adesso non gli era neanche concesso di morire? Non poteva trovare pace nell’oblio della Morte?”

« Se si aspetta una qualche forma di ringraziamento, Signor Potter, credo che resterà deluso » pronunciò duro Severus.

Una rabbia profonda invase Harry. Credeva davvero che Ron ed Hermione avessero deciso di salvarlo per essere ringraziati?

« Vedo che neanche la Morte è stata in grado di affievolire il suo sarcasmo. O quantomeno, neanche il coma e il risveglio sono stati in grado di rabbonirla.

Stupido io che ci avevo sperato » rispose di rimando il ragazzo.

« Potter, vedo che lei invece non ha perso la sua solita impertinenza. Cosa le fa credere di potersi prendere questo tipo di confidenza con me? Cosa le fa credere che sia possibile usare questi toni in mia presenza? » sputò acido Piton.

« E lei come può essere così ottuso da credere che ad Hermione e Ron interessassero i suoi ringraziamenti? Come ha potuto credere, anche solo per un momento, che abbiano agito per interesse personale?

La verità è che gli uomini come lei non hanno alcuna speranza! I suoi ricordi mi hanno mostrato soltanto un uomo che è morto dentro! » Harry era furioso.

« Non azzardarti a nominare i miei ricordi, non ne hai alcun diritto!!! » Piton aveva gli occhi sgranati.

« Invece ce l’ho eccome! Sono stato un ingenuo a pensare che le cose potessero cambiare… Che lei potesse cambiare! Sa cosa le dico? Faccia quello che le pare. Un uomo, che non si rende conto di quanto sia stato fortunato ad essere stato strappato dalla Morte, non merita di avere nessuno accanto! Sono un cretino! Adesso mi scusi per il tempo che le ho sottratto ma ho sonno e vado via. Tra qualche ora dovrebbe arrivare il suo dottore, parli con lui! » Harry ormai gridava, e senza rendersi conto di ciò che faceva poiché mosso dalla rabbia, si incamminò verso la porta e la sbatté uscendo.

Severus rimase da solo, ciò che Harry gli aveva detto lo aveva colpito come un bel pugno in faccia.

“ Maledettissimo Grifondoro”  – pensò.

Si stese nuovamente e fissò il soffitto.

Molte cose stavano cambiando e Severus era terrorizzato più che mai.

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Capitolo 10
*** Capitolo X - Severus ***


CAPITOLO X

Quella notte del 31 Luglio, fu la notte in cui gli occhi di Severus smisero di vedere il buio e finalmente lasciarono intravedere la luce.

Adesso riusciva a pensarci più chiaramente.

Per due interi mesi aveva avuto davanti a sé il nulla, un baratro oscuro da cui credeva di non poter uscire più.

Non aveva avvertito nulla: non una voce, non un tocco, non un particolare odore.

Era stato come essere attaccati ad un filo, sospesi tra la vita e la morte. Tra il tutto e il niente.

Poi all’improvviso aveva udito una voce… Quella voce.

E allora era stato un risvegliarsi di sensi, di olfatto, di tatto e infine anche di vista.

Lo aveva trovato lì, Harry Potter, accanto al suo letto con gli occhi stanchi ma splendenti di un verde smeraldo.

E per Severus era stata una fitta al cuore. Era quasi morto guardando quello spettacolo ed era ritornato alla vita nello stesso modo.

Non aveva capito cosa gli era accaduto… Era morto anche Potter? Non era riuscito a proteggerlo?

Poi realizzò, doveva essere vivo. Da morto non avrebbe provato ciò che invece stava provando in quel momento.

Paura, tanta paura.

Sembrava essere tanto lontano dal Serpeverde freddo e arcigno a cui tutti erano abituati.

Si sentiva indifeso ma più di tutto inutile. Pensò che sarebbe stato meglio morire.

A cosa poteva portare un’esistenza trascinata più a lungo del dovuto?

Per quanto ancora avrebbe dovuto indossare una maschera che non corrispondeva alla sua vera indole?

Per quanto ancora il dolore ed il rimorso avrebbero dovuto attanagliargli il cuore?

Era visibilmente scosso, tanto da non riconoscere immediatamente l’infermeria.

E quando, ancora con gli occhi socchiusi, aveva lasciato che le sue labbra sprigionassero una frase di poche parole, notò come il ragazzo seduto al suo fianco aveva sussultato.

Spavento? Non sembrava.

Piuttosto… Speranza. Severus aveva intravisto negli occhi del ragazzo una fiamma di speranza.

Speranza per cosa?

Istintivamente si toccò lo spazio tra la gola e le spalle e si rese conto che l’orribile ferita non c’era quasi più.

Potter aveva fatto questo?

E poi avevano cominciato a parlare.

Quando Severus aveva tentato di alzarsi, con risultati veramente scadenti, il ragazzo era subito corso in suo aiuto. E il professore l’aveva sentito, il contatto della pelle del giovane con la sua pelle.

Fece finta di niente. Per l’ennesima volta aveva scelto la via della menzogna a quella della verità.

Potter si stava prendendo cura di lui.

Trovò curioso il modo in cui, a volte, i ruoli delle persone si invertono: da protettore a vittima da salvatore a salvato.

Una parte di sé avrebbe voluto che quel contatto non si interrompesse mai; aveva dimenticato cosa volesse dire sentirsi protetti, affrancati, curati.

Ma l’altra parte di sé, quella predominante, fredda, scettica, aveva desiderato con tutte le sue forze che tutto questo finisse di colpo.

Per quasi 30 anni aveva badato a sé stesso, adesso che sfiorava la soglia dei 40, di sicuro, non aveva bisogno né dell’aiuto né della presenza di qualcuno.

Ripresero a parlare. Potter gli spiegò la sua situazione e gli raccontò della sua degenza.

Mentre il ragazzo parlava, Severus si ritrovò a riflettere.

Possibile che fossero bastati quei pochi ricordi a convertire il cuore di quel maledetto Grifondoro?

Possibile che non gli fosse mai sfiorata l’idea che, magari, il professore aveva potuto manomettere i ricordi che gli aveva ceduto per farlo sentire in colpa o per riscattare il suo nome, dopo la sua morte?

Era una dinamica che a Severus non risultava essere congeniale.

Troppa fiducia lo aveva già ucciso in passato.

Il troppo sentimentalismo aveva finito con l’annientare totalmente la sua anima.

Ma cosa ne poteva sapere un ragazzo di soltanto 18 anni?

Severus rimase ugualmente impressionato, anche quando avevano preso a gridare e a litigare.

Potter sembrava cresciuto… Possibile che fosse… Maturato?

Ma come poteva essere capitato in soltanto due mesi?

La verità era che Severus ignorava il cambiamento radicale di Harry.

La guerra, le morti, la paura di non poter rivedere le persone a lui care, il dover mentire, il non potersi permettere di vacillare, il mantenere il sangue freddo anche dinanzi alla propria fine avevano reso il giovane Potter simile, per certi aspetti, a Severus stesso.

Gettò lì, a caso, due o tre risposte cariche di cinismo e in quel momento si ruppe tutto.

Il giovane aveva deciso di alzarsi e andare via.

E Severus era di nuovo solo.

In un baratro che poteva benissimo essere paragonato alla sua vita.

Una via d’uscita che c’era, ma era troppo lontana e troppo faticosa da raggiungere e Severus, dal canto suo, aveva imparato per bene cosa volesse dire adagiarsi sul fondo del proprio abisso.

 

--- SPAZIO AUTORE ---

Ciao ragazzi, credo di non avervi ancora fatto gli auguri per un buon 2017, quindi ne approfitto! ahah

Eccoci di nuovo con 2 capitoli che in realtà sono complementari... Il primo che fa andare avanti la storia che, comunque, è narrata dal punto di vista di Harry e l'altro che invece riporta gli stessi avvenimenti ma FINALMENTE dal punto di vista di Severus.

Come potete notare, neanche qui si è risparmiato commenti acidi e freddi ma... andiamo, non è per questo che lo si ama?

Avrà bisogno di tempo, ma sicuramente il fattore Harry influirà sui cambiamenti che riguardano Severus e il suo modo di vedere le cose.

Mai sentito di parlare di seconda occasione?

Se volete lasciate un commento, altrimenti mi fa piacere lo stesso che seguiate la storia anche astenendovi dal commentare...

Un abbraccio a tutti, alla prossima!

 

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


CAPITOLO XI

Harry si diresse in fretta e furia alla Torre Grifondoro, lasciandosi alle spalle tutto ciò che per mesi aveva atteso con tanto desiderio: Severus vivo e sveglio.

La cosa che più lo aveva ferito erano state sicuramente le aspettative che aveva riposto in quel momento. Avrebbe desiderato rivelare a Severus tutta la sua gratitudine per ciò che in quegli anni, da sempre, aveva fatto per lui. O più probabilmente per sua madre. Avrebbe voluto dirgli che non gli importava affatto di quanto egli stesso fosse stato male, per tutte le volte che il professore lo aveva trattato male e ingiustamente. Tutto quello che gli interessava era che lui fosse vivo, non soltanto per potersi sdebitare – per quello probabilmente non ci sarebbe mai riuscito – ma per stargli accanto e poter iniziare ad avere un rapporto civile con lui. Anche se aveva faticato a rendersene conto, Severus era diventato un parte importante della sua vita e mai avrebbe permesso che questi non ne facesse parte.

Aveva sofferto tanto per la perdita di Sirius, Remus e gli altri. Contrariamente a quanto si potesse pensare, Harry vedeva in Severus un ultimo baluardo della sua famiglia.

Questi pensieri gli giravano vorticosamente nella testa e, senza neanche rendersene conto, alcune lacrime cominciarono a rigargli il volto. Lacrime di rabbia e di paura; paura che tutto ciò in cui aveva sperato potesse restare soltanto un sogno, di cui il ragazzo si era illuso e beato in quei due mesi di totale silenzio.

A fatica oltrepassò il buco del ritratto e salì le scale del dormitorio. Fortunatamente Ron non era ancora rientrato: se lo avesse visto in quelle condizioni, dopo la sorpresa meravigliosa che i suoi amici gli avevano organizzato, lo avrebbe sicuramente tempestato di domande, cosa che Harry voleva assolutamente evitare in quel frangente.

Si gettò sul letto e, dopo aver lanciato un Muffliato, si addormentò stanco e deluso.

La notte trascorse non troppo velocemente.

Harry continuava ad avere degli incubi e il suo sonno fu tutt’altro che piacevole. Si era svegliato più volte e quando si risvegliava, si ritrovava madido di sudore e con il viso bagnato.

Quando le prime luci dell’alba filtrarono dalla finestra, Harry decise finalmente di alzarsi da quel giaciglio che, adesso, somigliava più ad una tortura.

Andò in bagno e, senza alcuna sorpresa, notò le borse nere che gli si erano formate sotto agli occhi. Si sfiorò delicatamente il viso e fu in quell’istante che prese consapevolezza del fatto che un vero Grifondoro non avrebbe potuto arrendersi alla prima difficoltà. Quando aveva fantasticato su un possibile futuro con Severus vivo, aveva tralasciato il dettaglio più importante di tutti: il carattere acido e ruvido del suo professore. Allo stesso tempo, Harry era tenace e per nulla al mondo avrebbe lasciato che le cose precipitassero in quel modo.

Dopo essersi asciugato e rivestito, notò che i suoi compagni erano ancora a letto nel pieno del riposo, così decise di andare in Sala Grande per fare una veloce colazione. Era il primo agosto e non c’erano lezioni, ma tutti si stavano dando da fare per portare a termine le ultime ricostruzioni per restituire la Scuola al suo antico splendore.

Scese di corsa e si accorse piacevolmente che nessuno studente era stato tanto mattiniero come lui; aveva bisogno di riflettere e stare un po’ da solo per capire come comportarsi con l’Acidità fatta persona.

Prese posto sulla sua solita panca al tavolo dei Grifondoro e, pigramente, si versò del succo di zucca addentando un pasticcino, ancora caldo.

Decise che sarebbe passato comunque da Severus poiché, era certo, il professore sicuramente non aveva richiamato il dottore alla sua attenzione, come invece gli aveva detto di fare Harry. Voleva capire come stesse e se le cose stessero andando per il verso giusto, senza complicazioni di alcun tipo.

Lasciò il bicchiere e il suo piatto sul tavolo e si incamminò verso l’Infermieria.

Quando giunse nel corridoio, l’Orologio della Torre segnava le 06.00 precise, solo allora Harry si rese conto che, con ogni probabilità, Severus stava ancora dormendo. Varcò allora lentamente la soglia e giunto davanti alle tendine non poté fare a meno di restare di stucco: i separé erano stati aperti, le lenzuola spostate ed il letto era completamente vuoto.

Un grande panico prese possesso di Harry: aveva perso lucidità e a quella vista rimase pietrificato, non sapendo da che parte cominciare per ritrovare il suo Professore.

Senza farsi troppi problemi, corse verso gli appartamenti del professor Jones e prese a battere con violenza le mani contro la porta della stanza.

« Nate! Nate, ti prego! Rispondimi! » iniziò a dire il ragazzo.

Dopo qualche minuto, la porta di legno si aprì e vi si presentò alla soglia il dottore che, vestito di tutto punto, probabilmente stava già per dirigersi verso il suo paziente.

« Harry… che sta succedendo? » chiese Nate, piuttosto impressionato.

« Nate… Ho combinato un casino » rispose Harry che ormai cominciava a tremare.

Nate gli si avvicinò e gli toccò le spalle: era palese che il suo “casino” coinvolgesse, in qualche modo, Severus.

« Harry, calmati! Raccontami cosa è successo! » prese a dire il dottore.

Harry era su un altro pianeta, anche l’ultimo barlume di lucidità lo aveva abbandonato ma, fortunatamente, cominciò a parlare.

« Ieri notte… prima di ritornare nei dormitori ho pensato di dare un’occhiata a Severus… Nate, era immobile come sempre ma, ad un tratto… Ad un tratto ha parlato! Non riuscivo a credere ai miei occhi né alle mie orecchie… Si è risvegliato! »

« Cosa? Si è risvegliato? Harry, perché diamine non mi hai mandato il Patronus ad avvertirmi? Eravamo rimasti in questo modo, se ci fossero stati miglioramenti o complicazioni notevoli, l’uno aveva il compito di avvisare l’altro! » Nate stava cominciando a capire dove Harry stava andando a parare.

« Lo so Nate, hai ragione.. Ma le sue condizioni erano ottimali: riusciva a muoversi, a parlare finanche! Era come se si fosse semplicemente risvegliato da un lungo sonno e per me è stata una cosa tanto straordinaria da non capirci più niente del resto… Nate, non si tratta solo di questo… Ieri sera abbiamo parlato, discusso e alla fine mi ha fatto talmente tanto incazzare che sono corso via lasciandolo solo. Gli ho detto di mettersi in contatto con te ma, da come posso notare, non l’ha fatto », constatò amaramente il ragazzo.

« Beh Harry… Mi sembra ovvio. Non avrebbe potuto dal momento che non ha la sua bacchetta, come avrebbe potuto, attraverso la magia, mettersi in contatto con me? »

Harry non ci aveva pensato.. La bacchetta era custodita dalla McGranitt.

« Santo Merlino, hai ragione! Nate, sono appena stato in infermeria, Severus non c’era! Il letto era sfatto, le tendine spostate e di lui non c’era neanche l’ombra!!! » sputò Harry tutto d’un fiato. Si sentiva sciocco. Sciocco e inutile.

« Nate, ti prego, dobbiamo ritrovarlo » disse Harry, quasi supplicandolo.

« E’ naturale Harry… con calma ed obiettività, dove credi sarebbe potuto andare? Ricorda che non ha la bacchetta e che sicuramente è ancora molto debole, dubito che avesse le energie sufficienti per Smaterializzarsi ».

« I Sotterranei.. » rispose flebilmente Harry.

« I Sotterranei? » chiese Nate.

« Sì! Sì! Come ho fatto a non pensarci prima?! Nei sotterranei ci sono i suoi appartamenti, deve essersi diretto lì! » disse Harry con una nuova speranza in fondo al cuore.

« Non perdiamo altro tempo, andiamo!» sentenziò Nate.

Corsero lungo le Scale della scuola, Harry aveva il cuore in gola. Ancora una volta, aveva rischiato di perdere Severus.

Giunsero finalmente nei sotterranei, umidi e tetri, dormitorio dei Serpeverde, luogo in cui si trovava l’Aula di Pozioni che, tante volte, aveva visto Harry entrare o uscire di cattivo umore.

Si incamminarono lungo un corridoio ed eccola, la grande porta scura degli appartamenti di Piton.

Nate provò a rigirare la maniglia e a spingere la porta ma non ci riuscì.

Senza alcun indugio, sfoderarono le bacchette e dopo vari tentativi, riuscirono a forzare la chiusura.

Entrarono con una certa urgenza nella stanza e, spiacevolmente, notarono che era tutto spento, tutto buio.

Con un incantesimo, Nate procedé ad accendere tutte le candele e sul divano, davanti al camino giaceva il corpo di Piton.

Respirava ancora, e dalla posizione, fu chiaro sia ad Harry che a Nate che il professore vi si era gettato, forse stremato dallo sforzo.

Harry ebbe un sussulto e con l’aiuto di Nate riuscì a rigirare il corpo del Professore permettendogli di respirare meglio.

Lentamente, Severus aprì gli occhi e, sebbene ancora stordito, dalle sue labbra fuggì un « Potter »

« Professore? Professore mi sente? » prese a dire nevroticamente Harry.

Nate prese una piccola torcia e cominciò a controllargli gli occhi che, fortunatamente, rispondevano agli impulsi della luce.

Senza ulteriori rallentamenti, prese alcuni ingredienti e in poco tempo preparò una pozione che immediatamente somministrò a Severus.

Dopo qualche attimo di esitazione, il professore riprese conoscenza. Si passò una mano tra i lunghi capelli neri e nascose il volto fra le mani.

Harry lo osservò senza distogliere lo sguardo da lui neanche per un secondo.

« Professor Piton… si sente bene? » chiese Nate, preoccupato.

« Posso affermare con assoluta certezza di essere stato meglio » mugugnò Severus.

Harry roteò gli occhi e sbuffò… Severus si era ripreso, era evidente.

« Professore, lasci che mi presenti. Sono il dottor Jones, sono qui per qualsiasi cosa di cui lei abbia bisogno » disse il dottore porgendo la mano a Severus.

Senza alcuna emozione in volto, Severus strinse la mano di Nate in segno di saluto.

« Bene, professore credo sia arrivato il momento di ritornare in Infermeria » continuò Nate.

« A tal proposto, dottor Jones, se non le è di intralcio, preferirei trasferirmi nei miei appartamenti e gradirei che mi venisse resa la mia bacchetta » rispose Severus in tono asciutto.

« Beh… Tenga in considerazione che dovranno essere spostati anche i macchinari per poterla monitorare durante la notte.. C’è spazio a sufficienza nella sua camera da letto? » gli chiese il giovane medico.

« Senz’altro » concluse Piton, allargando le braccia in maniera piuttosto teatrale.

« Perfetto, adesso dovrò sottoporla ad alcuni controlli di routine… Sono sicuro che abbia intuito quanto miracolosa sia stata la sua condizione fin’ora ».

« Resto anch’io » disse Harry senza pensare.

« Harry, credo che per il momento la tua presenza qui non sia necessaria… Sono ormai le 07.00, ritengo che sia più utile che tu vada ad aiutare i tuoi amici con le ultime riparazioni » rispose grave Nate.

A malincuore Harry si vide costretto ad accettare.  Notò con spiacevolezza che Severus non gli aveva neanche rivolto lo sguardo… Ma aveva avuto una fitta al cuore quando, in stato di incoscienza, l’unica parola che aveva pronunciato era stata il suo cognome.

« D’accordo… Più tardi passerò dalla professoressa McGranitt e le chiederò di ridarmi la bacchetta, e la porterò qui. Nate, ti chiedo soltanto di avvisarla in anticipo della situazione » disse il giovane mago.

« Sì, tranquillo, parlerò io con lei… » acconsentì Nate.

Harry si avviò verso la porta e aveva la strana sensazione che lo sguardo di Piton si fosse posato anche solo per un attimo sulla sua schiena.

Avrebbe tanto desiderato poter restare, poter chiarire la situazione e poter iniziare a fare qualcosa di concreto per lui.

In ogni caso dovette accettare la realtà: sarebbe andato dai suoi amici in mattinata ma sarebbe tornato senz’altro nei Sotterranei dei Serpeverde.

 

 

--- SPAZIO AUTORE ---

E rieccoci con un nuovo capitolo più movimentato! Ma secondo voi, dopo quasi più di due mesi di sonno, Severus poteva restarsene tranquillo nella sua stanza a riposare? Beh, ovviamente no. Ringrazio come sempre tutte le persone che lasciano un commentino e mi scuso se non sempre riesco a rispondere in tempo reale... Ma vi leggo con piacere ed è sempre meraviglioso sapere ciò che pensate. Cercherò di aggiornare in questi pochi giorni per il prossimo capitolo che è appena stato terminato :) 

Ringrazio anche chi continua in silenzio a leggere la storia, sono veramente contenta.

Un abbraccio a tutti, alla prossima!

 

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Capitolo 12
*** Capitolo XII - Over my shoulder ***


CAPITOLO XII

Ron ed Hermione stavano aiutando Hagrid a ricostruire alcune colonne del Cortile di Trasfigurazione; era la parte un po’ più faticosa, in quanto le colonne avrebbero dovuto sostenere il resto del porticato, motivo per cui Hagrid aveva espressamente richiesto l’aiuto della Granger per la sua innegabile abilità e velocità con gli incantesimi. Ron era stato comunque ben lieto di accompagnare la sua fidanzata e stava aiutando Luna a riparare alcuni arazzi, quando Harry ancora sbalordito fece il suo ingresso nel Cortile.

« Ciao Harry », lo salutò Luna.

« Hey Luna - rispose Harry con un cenno del capo – vi serve una mano qui? »

« Sì amico, ci sarebbero da riparare questi arazzi e qualche statua qui e lì » rispose Ron, gesticolando ed indicando ad Harry punti un po’ imprecisati del Cortile.

« D’accordo, allora cerco qualcosa da fare » concluse il giovane mago allontanandosi.

Hermione lo guardò con fare un po’ circospetto ma decise di continuare il suo lavoro, con Harry avrebbe scambiato due chiacchiere più tardi.

Le operazioni di riparazione proseguirono senza intoppi fino alle 12.00 circa: il Cortile aveva quasi ripreso il suo aspetto originario, molti arazzi erano stati ricostruiti con successo e a molte statue erano state restituite i loro pezzi.

Harry si poggiò, quasi senza forze, su una panchina di pietra e, mentre Ron e Luna stavano cercando di appendere gli arazzi alle pareti interne dei corridoi, Hermione si avvicinò al suo amico con aria piuttosto interrogativa.

« Harry… sei visibilmente preoccupato… cosa c’è che non va? » chiese la sua amica.

« Niente Herm, sono soltanto un po’ stanco… stanotte ho dormito veramente poco e questa mattina mi sono alzato alle 06.00, ho fatto colazione ed ora sono qui » rispose Harry, sorridendo e passandosi una mano in quella matassa che erano i suoi capelli.

« Alle 06.00? Harry, in Sala Grande non c’era traccia di te, e quando siamo arrivati qui alle 7.00, tu ci hai raggiunto molto dopo… Cosa stai nascondendo? » chiese Hermione, assottigliando lo sguardo e arricciando la bocca.

Harry fu messo con le spalle al muro. Pensò che al mondo non ci fosse nulla di più complicato del nascondere qualcosa ad Hermione Granger. Era giunto il momento.. Le avrebbe detto di Severus e forse, confidandosi con lei, avrebbe messo a tacere quell’ansia e quell’inquietudine che avevano preso possesso di lui la notte precedente.

« Herm, siediti… Probabilmente ciò che sto per dirti ti sconvolgerà… » cominciò a dire, flebilmente Harry.

Con un gesto quasi meccanico, Hermione piegò le ginocchia e prese posto sulla panchina di pietra.

« Ieri il professore si è svegliato… Me ne sono accorto quando sono passato da lui dopo essermi allontanato dalla Torre di Astronomia…» disse Harry.

 « Oh Godric, Harry ma è fantastico! » rispose Hermione del tutto eccitata.

« Insomma, è quello che speravi succedesse.. no? » continuò la riccia.

« Beh… sì, certo… sì… » farfugliò il giovane mago.

Hermione guardò l’amico.

Aveva gli occhi cerchiati di nero, la pelle aveva un colore pallido in tendenza con le sfumature marmoree delle colonne e piuttosto che essere al settimo cielo, sembrava essere stato appena baciato da un Dissennatore, dopo aver trascorso una serata in compagnia della Umbridge.

« Dimmi che succede », tagliò corto la strega.

Per la sua schiettezza, dava sempre l’impressione di essere di fronte ad un dittatore, pensò Harry sorridendo. E, inevitabilmente, non riuscì a non pesare a quella volta in cui la ragazza aveva tirato un gancio destro a Malfoy in pieno volto.

« Sto aspettando », il suo tono non ammetteva repliche.

« Herm, non lo so – prese a dire sinceramente il ragazzo – io ho paura di essermi illuso e basta ».

« Illuso? Spiegati… » lo ascoltò l’amica.

« Hai presente quando sei in ansia per qualcosa che deve accadere? Quando sei convinto che le cose andranno così come hai pensato? E poi arriva quel momento in cui quel qualcosa accade, ma niente è come ti aspettavi » disse mestamente il moro.

« Harry, non credo di capire… Insomma, volevi che si svegliasse, no? E allora cos’è che ti rende così triste? Cos’è che non è andato come ti aspettavi? » chiese Hermione, più confusa di prima.

« Herm, stanotte ci ho parlato… Io credevo che, essendo finita la guerra, avrebbe smesso di fingere… A cosa serve essere acidi e cinici anche dopo essere scampati alla morte? Io sarei rimasto a parlare per ore con lui… Desideravo restare con lui! E invece è andata come al solito: lui che dice qualcosa di acido e io che sconnetto il cervello, mandando all’aria ogni occasione », spiegò il giovane.

« Mmmh – meditò Hermione, mordicchiandosi un labbro – posso dirti una cosa? E stavolta devi promettermi di non essere tu a prendermi per folle ».

« Cosa? » scattò Harry.

« Harry, in questi due lunghi mesi ti ho osservato a lungo. Trovo veramente ammirevole ciò che hai fatto per il professore ma… è come se avessi portato le cose all’estremo. Hai dimenticato il tuo compleanno, Harry… Ti sei dimenticato di te stesso. Non credo sia “soltanto” senso del dovere il tuo… E non credo neppure che tu voglia parlare con Severus solo perché pensi di considerarlo uno della tua famiglia. Beh, Harry, lui non lo è, e lo sai. Può aver conosciuto tua madre, aver provato qualcosa per lei, ma questo non lo rende un membro della tua famiglia… Lo sai », disse Hermione tagliente.

Non voleva ferirlo, assolutamente. E sapeva bene che il suo amico non ci sarebbe rimasto male per le sue parole: erano fratelli, Harry non avrebbe mai e poi mai frainteso il discorso che Hermione stava facendo, e fu così.

« Io ho tratto delle conclusioni – continuò la ragazza - seppur in maniera del tutto impropria. Ma voglio che sia tu a dirmelo. Harry, cosa provi per Severus? » concluse.

Harry rimase letteralmente sbigottito. Hermione era stata più chiara che mai e la sua domanda lo aveva spiazzato: cosa provava per Severus?

Harry se lo era chiesto tante volte e altrettante volte non aveva trovato una risposta. O meglio, lui la risposta la conosceva ma si era giustificato in così tanti modi da essersi ingannato da solo.

Si rese conto che quella sua abitudine di restare vicino al corpo esanime del professore era diventata una vera e propria ossessione. E non c’entrava l’essere l’Eroe del Mondo Magico, o come diavolo lo chiamavano.

Non era senso del dovere dettato dal suo “ruolo”.

Harry lo sapeva.

Gli era chiaro già da quella notte. Quella notte in cui, dopo essersi risvegliato in infermeria, aveva visto tra le braccia di Hagrid quel corpo fasciato di nero.

« Hermione, io… - si passò, nervoso, una mano tra i capelli – non ne sono certo. Ma è vero, Severus non è la mia famiglia. Non è mio padre, non è Sirius, non è Remus. E di sicuro non è questo il tipo di rapporto che avrei mai pensato di avere con lui.

« Herm, ti è mai capitato avvertire l’urgente bisogno di una determinata persona nella tua vita? Per nessun motivo in particolare ma soltanto perché… perché è lei » domandò quasi incredulo.

« Beh, sì… In misure diverse, mi è successo con te e con Ron » disse Hermione.

Un’ombra passò sul volto di Harry.

« Hermione, che vuol dire? » chiese esausto.

« Oh Harry, ma è così semplice… » rispose Hermione dolcemente, accarezzandogli i capelli.

« Sei soltanto innamorato ».

Ad Harry si fermò il respiro. O forse il cuore. O forse tutt’e due le cose.

In tutto quel tempo, non aveva mai dato voce a quella piccola e strana sensazione che, sempre più, aveva preso possesso di lui.

Senza pensarci due volte, si gettò su Hermione e la strinse in un abbraccio.

Hermione ricambiò subito, e lo sentiva tremare.

Ma più tremava, più la loro presa diventava forte e salda.

Restarono per qualche minuto l’uno incastrato nelle braccia dell’altra.

« Herm, lui non deve sapere. - sussurrò il moro mentre si staccava dalla sua amica – Non deve sapere nulla ».

E, con una reazione fuori dagli schemi, Harry Potter si allontanò più stanco che mai, lasciando Hermione ancora seduta sulla panchina.

 

***

Spazio autrice:

Ciao ragazzi, è veramente da tantissimo che non aggiorno la storia. Questo però, per due motivi in particolare: il primo consiste nel fatto che il filo di questa storia, adesso, ha un capo e una coda, per cui nella mia mente nulla è stato lasciato al caso e una "fine" è stata finalmente trovata, il secondo è che in realtà ho scritto già tanti altri capitoli che però posterò in seguito e, spero, con meno interruzioni e più frequenza. Purtroppo, a volte, sento l'esigenza di dovermi fermare nello scrivere poiché non voglio che i contenuti siano il frutto più di una necessità di tempi stretti più che di fantasia. Detto questo, ci aggiorniamo quanto prima! Un grazie in particolare va a chi sta continuando a leggere questa storia e che non si è lasciato intimorire dal lasso di tempo trascorso per la mia assenza! :)

P.S. Esattamente come indicato nel titolo, vi consiglio di leggere questo capitolo con "Over my shoulder" di Mika, come sottofondo.

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


CAPITOLO XIII

L’orologio segnava ormai le ore 13:00 e la Preside di Hogwarts stava sistemando le ultime scartoffie, prima di scendere a pranzare. In quel momento, Harry fece il suo ingresso nello studio.

« Oh Harry, sei tu.. » disse la donna, curvando le labbra in un sorriso.

« Salve professoressa » rispose Harry, restando sulla soglia.

« Ho parlato con il professor Jones – continuò la McGranitt - Ho saputo del professor Piton.. Sono contentissima che si sia finalmente svegliato! »

« Sì, a tal proposito… Potrebbe rendermi la sua bacchetta? Nate ritiene che sia meglio riconsegnargliela, nel caso in cui il professore fosse costretto ad avvisare uno di noi due se si trovasse in difficoltà » disse il giovane tutto d’un fiato.

Era estremamente nervoso. Odiava essere in quella situazione: la McGranitt per molti versi gli ricordava Hermione. Quando lo guardava, i suoi occhi di ghiaccio gli perforavano l’anima e il ragazzo si sentiva sempre e continuamente esposto. Non voleva badare ad ulteriori convenevoli, probabilmente non avrebbe retto ancora a lungo la tensione che il discorso con Hermione gli aveva procurato.

« Ma sì, certo » concluse la professoressa, dirigendosi dietro la scrivania.

Aprì un cassetto ed estrasse l’inconfondibile bacchetta finemente intagliata.

Harry si sentì sollevato: ridare la bacchetta a Severus significava poter intervenire anche quando era lontano da lui. E poi, era innegabile, il Professore era molto abile con gli incantesimi curativi. Sarebbe stato sicuramente meno esposto ai pericoli con la bacchetta nuovamente in suo possesso.

« La ringrazio – affermò il ragazzo, prendendo l’oggetto che la McGranitt gli porgeva – adesso devo andare ».

E senza attendere oltre, uscì di corsa dallo studio della Preside.

Senza mai riprendere fiato, volò quasi per i corridoi fino a giungere alla porta del Professore nei sotterranei.

Sperava di trovarlo da solo, motivo per cui aveva scelto di andare da lui mentre il resto della scuola si dirigeva in Sala Grande per pranzare.

Quando fu finalmente di fronte alla porta di legno scuro, strinse la maniglia e lentamente la spinse in avanti.

E lo trovò lì, seduto sulla sua poltrona di velluto verde dinanzi al camino spento.

« E così adesso abbiamo perso anche la buona abitudine di bussare alla porta » disse tagliente l’uomo.

Harry si irrigidì immediatamente, voleva nascondere il suo imbarazzo ma il suo volto rosso di sicuro non lo aiutava.

« Mi scusi, credevo fosse nel letto a riposare così come le aveva detto di fare il dottor Jones », rispose il ragazzo decidendo di passare all’attacco, per non restare intrappolato.

Severus non rispose ed Harry avanzò sino a raggiungere la poltrona.

« Comunque.. Sono passato dalla professoressa McGranitt e ho recuperato la sua bacchetta » disse Harry, porgendo la bacchetta al proprietario.

Severus alzò lo sguardo ed Harry fu immediatamente rapito da quegli occhi così scuri e così profondi.

Il ragazzo dischiuse leggermente le labbra per dire qualcosa, ma Severus fu più veloce nel distogliere lo sguardo così da ammutolirlo.

Harry notò quanto la pelle del professore fosse sempre così pallida: certamente lo sforzo che l’uomo aveva compiuto recandosi, da solo, nelle proprie stanze doveva aver contribuito ad accentuare la cosa.

Mentre Harry era assorto nei suoi pensieri, Severus si alzò con la sua solita eleganza; sebbene fosse ricoperto da nient’altro che un pigiama bianco, i suoi movimenti erano fluidi nella stessa maniera di quelli che compieva quando era avvolto dal consueto mantello nero. Tese il proprio braccio e riprese la bacchetta che Harry stringeva ancora in mano.

Fu un tocco lieve, ma tanto bastò per mandare in tilt il ragazzo che, inevitabilmente, si trovava ad una distanza pericolosa dal corpo del suo professore.

Avrebbe voluto spostarsi, fare qualcosa per togliersi da quella situazione imbarazzante, ma rimase fermo ed immobile come se in quel momento gli avessero scagliato un Pietrificus Totalus.

In un attimo, la figura esile di Severus si allontanò, ed Harry si sentì leggermente sollevato.

Il professore si diresse verso un raffinato tavolino di legno, su cui erano poggiate alcune bottiglie di liquore e, senza esitare, prese un bicchiere e vi versò del Whisky Incendiario.

« Non dovrebbe bere quella roba » esclamò Harry piuttosto contrariato.

« E lei non dovrebbe trattenersi qui più del dovuto » frecciò il Professore.

Prima che potesse poggiare le labbra al proprio bicchiere, Harry si avvicinò e glielo sfilò dalle mani.

« Se non mi fossi trattenuto, probabilmente lo avremmo trovato ubriaco - rispose Harry, facendo evanescere quel liquido ambrato – se non avesse pensato nuovamente di scomparire »

Come al solito, la bocca di Harry si era attivata prima che questi potesse mettere in moto il cervello.

L’ultima cosa che desiderava era avere un’ulteriore discussione con l’uomo che era seduto di fronte a lui…. Non voleva allontanarlo… O forse era lui a non voler restare lontano da Severus.

Harry si aspettava quantomeno una risposta furiosa ed acida ma ciò che accadde spiazzò il ragazzo.

Severus non aveva il volto contrariato, piuttosto… assorto.

Portò le sue mani sottili ad intrecciare i capelli neri.

« Mi dici perché stai facendo tutto questo? » gli chiese il professore, con una voce che era un misto tra curiosità e senso di sconfitta.

Harry non sapeva rispondere. Probabilmente, all’inizio, voleva ripagare il suo debito aiutando una persona che per lui si era sacrificata, ma adesso? Cosa diavolo poteva dirgli? Che, sì, voleva sdebitarsi ma che principalmente voleva stargli accanto perché sentiva di non poter più fare a meno di lui?

Quello era decisamente fuori discussione.

Harry lo fissò.

« Non è una domanda sensata la sua, potrei chiederle la stessa cosa » replicò Harry, cercando di temporeggiare.

Le mani di Severus scivolarono dal suo volto ed egli, andando a prendere posto nuovamente sulla sua poltrona, guardò con aria interrogativa il ragazzo.

« Io non l’ho fatto per te, Santo Salazar » disse il professore in maniera atona, cercando di creare quanto più distacco possibile.

« Magari non all’inizio » rispose Harry, capendo perfettamente quale fosse la tattica dell’uomo.

« Magari non all’inizio… » ripeté Severus.

« Mi dispiace per quanto sia successo l’altra notte – cominciò a dire Harry prendendo coraggio – di sicuro non erano quelle le cose che avrei voluto dirle non appena avesse riaperto gli occhi ».

« Potter, non importa » rispose il Professore, dal tono leggermente più coinvolto.

« Io credo di sì invece… Senta, » disse il ragazzo prendendo posto sul divano di fianco alla poltrona, « sono più che certo che ciò che sto per dirle le farà tutt’altro che piacere ma, me lo permetta, io sento di doverlo fare comunque »

Severus non mosse un muscolò, alzò semplicemente lo sguardo sul giovane che era seduto di fronte a lui, attendendo in silenzio che questi continuasse a parlare.

« Non sono sicuro delle motivazioni che l’abbiano spinta ad agire in un certo modo nei miei confronti, ma ci tenevo a dirle soltanto grazie. E questo per vari motivi » Harry frenò la lingua e chiuse gli occhi di scatto, probabilmente perché si aspettava che il Professore si alzasse e inveisse senza tregua contro di lui. Ma tutto ciò non accadde: Severus restò seduto ed in silenzio, più catturato che mai dalle parole che il giovane aveva avuto la forza di pronunciare.

« La ringrazio perché, anche se il nostro rapporto avrebbe potuto dirsi tutt’altro che pacifico, lei ha comunque scelto, ogni giorno, di proteggermi mettendo spesso a repentaglio la sua copertura e rischiando di essere scoperto… La ringrazio perché nonostante per lei io simboleggiassi, e probabilmente continuo a simboleggiare, la causa della morte di mia madre, lei ha deciso di non abbandonarmi al mio destino che, senza il suo aiuto e quello di altre persone, mi avrebbe condotto di sicuro alla morte o a qualche condizione peggiore. Infine la ringrazio perché ho avuto la conferma che l’amore sia la Magia più potente che esista… Silente me lo aveva ripetuto tante volte e tante volte lo aveva rinfacciato a Tom. E adesso non posso che pensare che tutto ciò che mia madre, mio padre, i miei amici, i componenti dell’Ordine e anche lei, professore, avete fatto, sia stato mosso in nome e in proiezione dell’Amore.

Volevo semplicemente farle presente questo, adesso vado », conlcuse Harry.

Si alzò di scatto da quel divano di pelle verde e, come un automa, si voltò per prendere la porta e correre fino ai dormitori.

Stava per poggiare la mano sul pomello.

« Fermati » udì dietro alle sue spalle.

Non si mosse, e leggermente sfiorò la maniglia con dita.

« Fermati, ti prego ».

Ti prego.

Si sarebbe aspettato qualsiasi cosa: uno schiaffo, una maledizione, forse la perdita di uno o più arti, ma mai avrebbe immaginato che dalle labbra di Severus Piton, un caldo giorno d’estate, sarebbero uscite quelle due semplici parole.

Si voltò e vide che Severus si era alzato e si era diretto nelle sue stanze private.

Udì alcuni rumori e poi finalmente, dopo qualche minuto di attesa, rivide il professore uscire e avvicinarsi a lui con qualcosa stretto tra le mani.

« Voglio che tu sappia che la mia posizione non cambia, Potter. Apprezzo ciò che hai detto ma la mia è una dimensione in cui non ti è permesso entrare. Desidero soltanto darti questo – disse porgendogli ciò che aveva tra le mani – confido nelle tue capacità che, sicuramente, ti permetteranno di capire di cosa si tratti.

Sono troppo stanco, credo sia ora che tu vada adesso. Grazie per avermi reso la bacchetta ».

E così facendo, si diresse nuovamente verso la sua camera per non uscirne più.

Con altrettanta meccanicità Harry si richiuse la pesante porta di legno alle spalle.

Aprì il pacco per rivelarne il contenuto e ciò che si presentò ai suoi occhi fu scioccante quanto inaspettato.

Era una foto, una vecchia foto strappata.

Una donna dai lunghi capelli rossi gli sorrideva.

Lily.

Aveva finalmente ritrovato la metà di quella foto che sua madre aveva inviato a Sirius, con la lettera che Harry stesso aveva ritrovato a Grimmauld Place.

La strinse tra le mani e volò verso la Torre.



***

Spazio autrice:

Ho sempre immaginato la scena in cui Severus, a Grimmauld Place, trova e strappa la foto, che Lily aveva inviato a Sirius, per tenerla per sé, come qualcosa di assolutamente struggente. Sono queste le piccolezze che fanno capire quanto per Severus, in realtà, la morte di Lily e il suo non intervenire per evitarla fossero la sua fragilità più grande e, di conseguenza, quanto dolore portasse dentro da quella notte del 31 ottobre 1981.

Ringrazio i tanti che hanno ripreso a leggere la storia, spero che questo capitolo possa lasciarvi un po' rincuorati come è successo a me quando l'ho scritto.

Alla prossima!

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


CAPITOLO XIV:

Le lunghe giornate di Agosto trascorrevano lente e piacevoli; Harry, nonostante non fosse tornato a Privet Drive neanche per un giorno, si rese conto di sentirsi a casa più che mai in quel momento. Hogwarts aveva rappresentato, per il giovane mago, la possibilità di cambiare la sua vita e non conformarsi supinamente al destino che qualcun altro aveva tracciato per lui.

Le sue mattinate, così come i suoi pomeriggi, erano organizzati secondo uno schema perfetto: aiutava a ricostruire la scuola, cercava di stare quanto più possibile con i suoi amici, continuava a monitorare con Nate la situazione di Severus e non dimenticava mai di trascorrere qualche oretta con quest’ultimo.

Dopo aver parlato con Hermione, avendo dato forse troppa voce ai suoi sentimenti, notò che il suo comportamento nei riguardi del Professore stava mutando troppo e troppo velocemente. Così prese la drastica decisione di non pensare più alla cosa. Probabilmente, i sentimenti che credeva di provare verso Severus erano stati confusi con la necessità di avere qualcuno che lo facesse sentire costantemente protetto.

Ogni mezzogiorno, sia Harry che Nate si recavano nelle stanze del Serpeverde: Nate effettuava i necessari controlli di routine e qualche momento dopo, era concesso ad Harry di nutrire il paziente e di occuparsene personalmente.

Era necessario non lasciare che carattere impetuoso del ragazzo venisse fuori perché, sapeva con certezza, che avrebbe procurato più danni che benefici.

Severus, dal canto suo, sebbene non avesse accettato di buon grado gli accorgimenti che quotidianamente gli venivano offerti, si trovò costretto a convivere con quella situazione tanto strana quanto, a tratti, imbarazzante.

Giunse la sera del 9 Agosto ed Harry si trovava nella Torre Grifondoro.

Era disteso sul letto ed era intento a leggere un libro babbano quando, ad un tratto, un bagliore innaturale oltrepassò le vetrate. Si alzò di scatto e si recò nel punto in cui la luce diventava più forte: un elegantissimo gatto Ashera fluttuava al di fuori della Torre ed Harry capì che si trattava del Patronus di Nate. Lasciò che il gatto entrasse nella sua stanza e attese.

“Caro Harry, mi dispiace doverti avvisare in questo modo, ma questa sera sono costretto ad andare al San Mungo, di conseguenza non potrò badare a Severus. Ti chiedo di scendere dopo cena per accertarti della stabilità della sua pressione arteriosa. Sono costernato ma sono certo che te la caverai egregiamente. Qualora dovessero esserci difficoltà, ti prego di contattarmi e sarò subito da te”.

Dopo  aver pronunciato le ultime parole, il maestoso gatto scomparve.

Ad Harry balzò il cuore in gola… Doveva trascorrere l’intera serata con Severus? Da solo?

Le cose stavano iniziando a complicarsi ma Harry, ne era certo, sarebbe riuscito a tenere tutto sotto controllo.

Erano ormai le ore 20.00, ed Harry decise che fosse il momento adatto per recarsi nei sotterranei.

Bussò alla porta che sotto al suo tocco si aprì.

Severus era seduto alla sua solita poltrona mentre leggeva un libro che spiegava come preparare antiche pozioni e, Harry notò, che sul tavolino accanto alla poltrona, era poggiato un bicchiere di vetro riempito a metà con del Whiskey.

« Il lupo perde il pelo ma non il vizio eh? » rise sarcastico il ragazzo.

Piton lo fulminò con lo sguardo, capendo perfettamente a cosa stesse alludendo il giovane Potter.

« Mi scusi – disse Harry alzando le braccia – intendevo dire la serpe. La serpe cambia la pelle ma non cambia il cuore ».

« Santo Salazar, Potter… Mi dica che non l’ha detto davvero » sbuffò il professore, affondando con la schiena nella poltrona.

Con un gesto veloce della bacchetta, Harry trasformò il Whiskey in un bicchierone di latte scremato.

« Il pranzo è servito », concluse Potter, con un leggero accento francese, allargando le braccia con fare piuttosto teatrale.

« Chi poteva immaginarselo… - esordì Severus, prendendo tra le mani il bicchiere – chi avrebbe potuto mai immaginare che Harry Potter sapesse tramutare un Whiskey di ottima annata in latte scremato? ».

Ad Harry scappò un sorriso. E così adesso l’arcigno Professore di pozioni si stava mettendo a fare del sarcasmo?

« Lei mi sottovaluta professore » rispose il ragazzo. « Veniamo ora a cose più importanti. Ho bisogno che mi dica dove si trova il macchinario per misurare la pressione arteriosa ».

Nate, in quanto medico e guaritore, si era dedicato sia agli studi magici che a quelli babbani. Riteneva che, per quanto antiquati e lenti secondo le consuetudini magiche, i macchinari che usavano i dottori babbani fossero più precisi.

« Si trova nelle mie stanze, sono certo che il Professore Jones lo abbia lasciato sulla mia scrivania » disse il Professore, che nel frattempo si era alzato e che, davvero, aveva bevuto il latte che gli era stato somministrato per scherzo.

Nelle sue stanze. Harry non si era mai recato nelle stanze di Severus, soprattutto quando Nate doveva controllare i valori del Professore. Gli sembrava una cosa invadente… Così non si era mai permesso di varcare la porta che divideva lo studio dalla camera privata del suo insegnante.

« Può facilmente trovare la strada, Potter… O vuole che le disegni una cartina? » frecciò ancor più sarcastico Piton.

« Oh, non credevo fosse anche un artista » ribatté Harry per allentare la sua tensione.

Severus si coprì il volto con una mano, sperando di non trovare il giovane mago davanti ai suoi occhi, una volta che l’avesse spostata.

Harry indugiò qualche secondo, poi coraggioso come un vero Grifondoro, varcò la soglia e si ritrovò nella camera da letto del Capocasa dei Serpeverde.

La stanza era molto più elegante di quanto potesse immaginare.

Era ampia e spaziosa e il suo arredamento non era spartano come quello dello studio.

Di fronte alla porta, c’era una grande finestra, che si affacciava sulle rive del Lago Nero, sulla quale cadevano morbide due tende color argento. Non davano una sensazione di freddezza a dispetto del colore, piuttosto evidenziavano la raffinatezza del loro proprietario.

Sulla parete destra, era posizionato un letto da una piazza e mezza. Le lenzuola erano di un colore verde smeraldo, e i cuscini ivi posizionati riprendevano le tonalità utilizzate per le tende.

Sulla parete sinistra, invece, era collocata una porta, probabilmente – pensò Harry – era l’accesso al bagno.

Sullo stesso versante si stagliava un ampio armadio. Harry sorrise, a cosa gli serviva un armadio così grande se, per tutti e sette gli anni che si erano visti, aveva sempre indossato la stessa tunica nera? L’unico capo diverso che gli aveva visto indossare, era il pigiama bianco che era stato costretto a mettere prima di riprendere le sue normali attività.

Ed infine, in corrispondenza della finestra, Harry vide la scrivania su cui erano poggiate le varie apparecchiature che Nate aveva spostato dall’infermeria.

Si avvicinò a passo svelto e prese ciò che gli serviva.

Era incuriosito e al tempo stesso intimorito da quell’ambiente. Pensò che finalmente lui e Severus avevano cominciato ad avere un rapporto basato sul rispetto e non più sulla freddezza o sull’indifferenza e che bastava compiere un solo passo falso per perdere la fiducia del professore. Non gli avrebbe mai confessato ciò che provava perché, sapeva bene, che non avrebbe sopportato l’idea di perderlo a causa di una cotta giovanile.

Riscossosi dai suoi pensieri, percorse a grandi falcate la stanza e uscì chiudendone la porta.

Severus nel frattempo lo aspettava al suo posto mentre aveva ripreso a leggere il libro che aveva interrotto.

Harry si avvicinò e spostò ai piedi dell’uomo il tavolino che si trovava davanti al camino per poggiarci la scatoletta.

« Professore, allunghi il braccio destro, per favore » disse Harry con un tono che aveva perso spavalderia e che, invece, esprimeva più imbarazzo che altro.

Severus notò che sul volto del ragazzo era cominciato a spuntare un colore rosso in corrispondenza delle gote, e restò un po’ perplesso dal repentino cambiamento dei modi di Harry.

Senza indugiare ulteriormente, il Professore posò il libro sul tavolino e tese verso il giovane mago il suo braccio.

Con molta cura, Harry sbottonò le maniche del pigiama e scoprì l’arto del professore. Si accorse che in realtà la pelle di Piton non era bianchiccia… Era tendente alle tonalità dell’avorio e la cosa lo affascinò non poco.

Afferrò il polsino dell’apparecchio e lo fece scorrere fino ad arrivare al di sopra del gomito. Con la massima accortezza, chiuse lo strappò e cominciò a compiere il suo dovere.

« Le sue condizioni sono stabili » disse dopo qualche minuto Harry, allontanandosi bruscamente dall’uomo.

 

Ripose nell’apposita custodia il macchinario e, nella fretta, fece cadere più volte i vari pezzi che lo componevano. Come avrebbe fatto Severus a non capire che c’era qualcosa che non andava nei suoi modi di fare? Era entrato in maniera disinvolta nella stanza ma poi gli era bastato perdersi in quei pensieri che da qualche settimana lo assillavano,  e gli era bastato un tocco ravvicinato con quell’uomo, da mandarlo in tilt. Sapeva di non essere nel pieno delle sue facoltà in quel momento ma preferiva, di gran lunga, passare per lunatico piuttosto che far precipitare l’intera situazione.

Severus, da parte sua, non chiese nulla al ragazzo. Era innegabile che si fosse accorto della stranezza dei movimenti di Harry, ma non vedeva alcun necessario motivo per cui si dovesse far luce sulla situazione.

Quando Harry ebbe portato a termine il suo compito, decise di lasciare la scatoletta all’interno dello studio, non voleva rientrare nelle stanze del Professore e soprattutto desiderava scappare da quel posto.

Riprese in fretta la felpa che aveva lasciato sulla poltrona quando era arrivato e stava per infilarsela quando, all’improvviso, Severus ruppe quel silenzio frenetico che da qualche minuto aveva preso ad aleggiare nella stanza.

« Da quando ha imparato a fare quelle cose? »

« Mi scusi..? » domandò il ragazzo interdetto.

« Non sapevo che fosse diventato esperto nell’utilizzo di macchinari babbani… e non ero al corrente del fatto che fosse diventato un buon sostituto del dottor Jones » rispose Severus, sincero.

Ciò non aiutò Harry affatto. Le sue gote erano tornate ad essere rosse… Ma di un rosso veramente fiammante.

« Beh, Professore, in realtà non sono altro che nozioni che si imparano facendo pratica » disse Harry, sfiorandosi la nuca con la mano.

« Quanto avrei voluto che imparasse a fare le Pozioni utilizzando la stessa strategia »  replicò Piton, con amara consapevolezza.

Al ragazzo sfuggì un sorriso, e provò il forte impulso di dirgli che in realtà avrebbe voluto evitare anche lui di fare figuracce in presenza di tutti i suoi compagni.

« Ci vediamo domani quindi? » chiese ad un tratto Severus.

« Domani? »

« Beh credevo fosse sua intenzione prendersi cura del sottoscritto… O mi sbaglio, Potter? » frecciò l’insegnante.

« Io… - cominciò Harry più rosso che mai – va bene… Credo che sarà presente comunque anche il dottor Jones ».

« Molto bene – disse di rimando Severus – adesso è tardi, credo sia meglio che vada, Signor Potter ».

« Buonanotte, Professore » concluse Harry, e senza attendere oltre inforcò la porta e sparì nel buio del castello.

 

***

Angolo autrice:

Ciao ragazzi! Finalmente, con un pizzico di tranquillità in più posso provvedere ad aggiornare più velocemente la storia. Questo è uno dei miei capitoli preferiti: credo sia la quotidianità di alcune cose a renderle preziose ed irripetibili. Assaggiare insieme ad Harry e a Severus un pizzico di tranquillità potrebbe essere un evento più unico che raro, sopratutto considerando il carattere di entrambe. Detto questo, ringrazio chi continua a leggere la storia, a chi lascia un commento e a chi continua a seguirla silenziosamente. Spero possiate apprezzarla tanto quanto io sono contenta nello scriverla.

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Capitolo 15
*** Capitolo XV - Time to change ***


CAPITOLO XV:

Quando Harry era entrato, in serata, nelle sue stanze, Severus non avrebbe mai potuto immaginare con quale perizia il ragazzo avrebbe svolto il compito che gli era stato assegnato dal Dottore.

 Da quando si era risvegliato, il Professore aveva notato che nel giovane mago non c’era più quello stesso impeto che, per tanto tempo, lo aveva reso, ai suoi occhi, tanto simile al padre e, di conseguenza, tanto odioso.

Si era reso conto di quanto il giovane Potter avesse preso più consapevolezza di sé. Era normale – pensò Severus – nessuno, del resto, sarebbe rimasto lo stesso, dopo aver affrontato un’impresa di quelle titaniche dimensioni. Combattere con la morte non era semplice, figuriamoci se poteva esserlo combattere quella delle persone che si amavano. Ed Harry era riuscito a fare entrambe le cose: per porre fine alla seconda condizione, aveva dovuto scendere a compromessi con la prima.

Nessuno sarebbe rimasto lo stesso e Severus lo sapeva.

Nessuno, neppure lui.

Erano trascorsi ormai quasi più di dieci giorni dal suo “Risveglio Miracoloso” e, anche se non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, era già allora consapevole del fatto che se era vivo era per merito di Harry. E che neppure la Granger e Weasley avevano agito per interesse personale: semplicemente, si fidavano del loro amico, e avrebbero salvato per lui anche il peggior Mangiamorte che si trovasse in circolazione.

Severus dovette anche ammettere a sé stesso che ritrovarsi il giovane impiastro tra i piedi, era diventato addirittura piuttosto piacevole: anche se durante quel poco tempo che trascorrevano insieme nessuno dei due osava andare oltre a qualche frase sarcastica, Severus si accorgeva ogni giorno, nel silenzio, di qualche piccola caratteristica di Harry Potter che, invece, gli era sfuggita per anni.

Aveva notato come corrucciava lo sguardo e faceva smorfie con le labbra quando si trovava di fronte a qualche compito affidatogli o a qualche rompicapo che doveva risolvere, oppure come assottigliava lo sguardo quando doveva eseguire qualche mansione che richiedeva particolare attenzione da parte sua, notò anche che era diventato molto premuroso nei suoi confronti… nulla che potesse far pensare a qualcosa che derivasse dai sensi di colpa, anzi, Severus percepiva che, in fin dei conti, anche il ragazzo provava piacere a trascorrere del tempo col “tanto temuto Professore di Pozioni”, e dovendo soffocare ogni volta una risata, aveva notato anche come Harry Potter arrossiva e assumeva un atteggiamento meno disinvolto quando la distanza tra di loro diventava minima.

Mentre era assorto in questi pensieri, il sonno e la stanchezza travolsero Severus, il quale ritenne opportuno finire quella giornata andando finalmente a dormire.

Non appena il sole era cominciato a sorgere, alcuni raggi cominciarono a filtrare dall’ampia finestra del Professore, fendendo le tende e posandosi delicatamente sulle lenzuola in cui l’uomo era avvolto.

Dopo qualche minuto, decise di alzarsi: voleva mettere in ordine gli ingredienti utili per le sue pozioni, catalogarli, ed eventualmente annotare quelli che mancavano, così da poterseli procurare quanto prima.

Era in bagno quando udì un grattare sui vetri, corse verso la finestra e, senza molta sorpresa, vide che un gufo con una missiva stava cercando di attirare la sua attenzione.

Quasi immediatamente riconobbe il gufo, e dopo aver fatto apparire un bocconcino che regalò all’animale, prese la lettera tra le mani e, avendo riconosciuto la grafia, l’aprì con una certa curiosità.

“Severus,

spero che tu non abbia interpretato la mia lontananza come una forma di disattenzione nei tuoi confronti. Come puoi ben immaginare, le pratiche da sbrigare e le cose da fare in questo periodo non sono state affatto poche, spero per questo che tu possa comprendere la mia posizione.

Ad ogni modo, desidero incontrarti questa mattina, intorno alle ore 10.00 nell’ufficio del Preside, ci sono alcune questioni importanti di cui vorrei discutere con te.

Certa della tua disponibilità e della tua cortesia,

                                                                           Minerva”

 

Siccome ormai l’orologio batteva le 8.00, Severus decise di recarsi nuovamente nelle sue stanze per mettersi un po’ in ordine… Dal momento che aveva ricevuto ordine tassativo da Harry e dal Dottor Jones di non allontanarsi dai Sotterranei, aveva sempre indossato pigiami o tute che permettessero ai suoi curatori di non dover fare troppi sforzi per scoprire i lembi del suo corpo. Adesso, invece, era deciso a riprendere in mano le vecchie abitudini e, come prima cosa, entrò in bagno e cominciò a radersi.

Non che la barba gli fosse cresciuta: Harry infatti aveva provveduto, nei giorni in cui Severus non era presente, a curare l’aspetto fisico del Professore, non solo per un fatto estetico ma anche per una facilitazione delle cure mediche. Non era da sottovalutare infatti, che qualche pelo avrebbe potuto addirittura lasciare che qualche infezione penetrasse nella ferita che era nascosta dalle bende.

Dopo qualche minuto, uscì la pelle del suo viso era tornata perfettamente liscia.

Sfilò i suoi vestiti e si recò verso la doccia-vasca, e dopo essersi lavato il corpo e i capelli, uscì dal bagno avvolto in un accappatoio rigorosamente verde smeraldo.

Con un incantesimo asciugò i suoi capelli e si diresse verso il suo enorme armadio. Lo aprì e con le dita sfiorò il mantello nero che da quasi più di due mesi aveva smesso di indossare. Una sensazione di adrenalina gli percorse il corpo e, senza pensarci ulteriormente, afferrò la gruccia e poggiò sulle sue spalle quel capo tanto prezioso per lui.

Si guardò allo specchio e finalmente si riconobbe. Quel mantello aveva sempre significato per lui protezione, dal mondo esterno, da Voldemort e spesso anche da Silente. Probabilmente – pensò – quel velo nero terrorizzava ancora di più i suoi studenti che, durante le ore di lezione, sobbalzavano anche quando questo svolazzava per l’aula seguendo gli ampi movimenti che Severus eseguiva.

Si sentiva sé stesso… anche se il suo volto stava lentamente cambiando. Erano quasi del tutto scomparse le occhiaie che gli incavavano il viso, e la sua pelle aveva perso quel colorito malaticcio che lo faceva sembrare sempre cadaverico. Avvertiva un senso innaturale di tranquillità. Si stava godendo il presente ma sapeva che, presto, le azioni che aveva commesso in precedenza avrebbero richiesto la sua attenzione.

Decise di riporre il suo mantello nell’armadio.

 Ritenne comunque non opportuno indossare la consueta camicia bianca con la giacca nera ricca di bottoni… era estate inoltrata e sicuramente si sarebbe sciolto appena varcata la porta dei sotterranei.

Aprì un cassetto, prese una t-shirt nera e, cercando tra i vari indumenti di colore nero, trovò un jeans che probabilmente non indossava da almeno dieci anni.

Indossò gli abiti che aveva scelto e si accorse che non gli stavano male… La t-shirt evidenziava le sue braccia affusolate mentre i jeans gli fasciavano le gambe, slanciando ulteriormente la sua figura. Afferrò un paio di stivali neri (a quelli assolutamente non avrebbe rinunciato neanche se fosse stato spedito al centro della Terra) e li fece aderire perfettamente ai jeans.

Se avesse avuto a portata di mano una chitarra o un basso elettrico, avrebbe notato la somiglianza assurda con una rockstar degli anni ‘80.

Notò che gli era rimasto ancora un po’ di tempo prima dell’incontro con Minerva e così decise di mangiare qualcosa, per non dover andare via a stomaco vuoto.

Evocò la meravigliosa cerva dalla sua bacchetta e le ordinò di andare da Harry per chiedergli se aveva piacere a condividere una veloce colazione con lui. La cerva d’argento scomparve dalla stanza, lasciando tutto intorno un bagliore di luce innaturale.

Quando giunse a destinazione, trovò Harry ancora dormendo.

Probabilmente la sua indole stava cambiando, ma le cattive abitudini erano piuttosto dure a morire.

Non appena il giovane mago udì la voce del suo insegnante, si alzò di scatto e ascoltò il messaggio che gli era stato magicamente inviato.

Senza farselo ripetere due volte, si vestì e tentò di darsi un’aria piuttosto presentabile e dopo qualche minuto stava correndo a perdifiato verso i sotterranei.

Quando stava per bussare alla porta, notò che questa era semplicemente socchiusa: nessun lucchetto, nessun incantesimo a proteggerne l’entrata.

Quasi con urgenza afferrò la maniglia ed entrò nello studio di Piton.

E lo trovò lì, seduto davanti ad un tavolo che, quasi certamente, era la sua pregiata scrivania trasfigurata.

Quando il professore si alzò per prendere da mangiare, Harry ebbe un sussulto.

Non aveva mai visto Severus indossare degli abiti informali, e ciò che si presentò ai suoi occhi fu a dir poco incredibile.

Era scioccantemente diverso. Sembrava un uomo nuovo, ed Harry lo trovò estremamente affascinante.

Le cose non davano proprio cenno di migliorare, così come i buoni propositi di Harry erano stati messi nuovamente alla prova.

« Professore, mi… mi scusi se l’ho fatta attendere » balbettò il giovane, in preda alla confusione più assoluta.

« Deduco dai segni sul suo volto che la notte per lei non era ancora giunta al termine » frecciò sarcastico Severus.

Quell’uomo aveva uno spirito di osservazione non comune a tutti, pensò Harry.

Riusciva a notare cose che, normalmente, potevano sfuggire alla gran parte delle persone.

Si sentì lusingato dall’attenzione che il Professore gli aveva rivolto ma allo stesso tempo, rabbrividì, pensando che se, per un motivo o per un altro, si fosse dovuto sottoporre nuovamente a delle sedute di Legillimanzia, il Professore avrebbe sicuramente scoperto nel giro di pochi secondi ciò che Harry, in realtà, stava cercando di tenere nascosto da ormai due mesi.

« Ho chiesto a Kreacher di portarci qualcosa da mangiare – riprese Severus – spero che lei non abbia accolto a malincuore il mio invito »

Neanche il tempo di terminare la frase che Harry era arrossito.

« N-no.. Si figuri. La ringrazio per avermi tirato giù dal letto comunque e poi sono ben contento di notare che si sia ripreso… - rispose Harry prendendo posto sulla sedia più vicina a lui – posso comunque chiederle cos’ha in programma quest’oggi?»

Severus nel frattempo stava versando del thé bollente nelle tazze che l’elfo domestico gli aveva procurato e con la stessa maestria aveva poggiato sul tavolo dei cookies appena sfornati.

L’odore era inebriante e lo stomaco di Harry rispose subito a quel richiamo.

« Legga » disse Severus, progendogli la lettera che aveva ricevuto, dopo che ebbe sistemato l’occorrente per la colazione.

Harry afferrò un biscotto e prese il foglio che il Professore reggeva tra le mani.

Le sopracciglia, notò Severus, avevano preso la consueta forma strana, indice del fatto che il ragazzo era davvero incuriosito dal contenuto della missiva.

Trascorse qualche secondo, poi Harry poggiò delicatamente la lettera sul tavolo e posò il biscotto mangiato a metà nel suo piattino.

Si fece molto serio.

« Cosa crede che vorrà? » gli domandò senza fare giri di parole.

« Non ne ho idea… Ci sarebbero tante cose di cui potrebbe volermi parlare… Non credo, Potter, che lei stesso non sia al corrente della mia situazione alquanto compromessa» concluse secco Severus.

« Io non credo che vorrà rivangare il suo passato… Credo piuttosto che abbia bisogno di lei, per gestire la scuola e per decidere sul da farsi dell’anno che sta per cominciare » ribatté Harry, più serio che mai.

« A tal proposito, non saprei proprio come potrebbe essere possibile una cosa del genere » rifletté Severus.

« Non la seguo, si spieghi. Cosa le impedisce di riprendere con il suo lavoro? » chiese il giovane mago.

Harry fissò intensamente Severus. Aveva paura della risposta che avrebbe dato a quella domanda. Severus era un uomo d’onore e, per questo, più di una volta era stato chiamato a commettere atti che andassero anche contro la sua volontà.

Severus si sentì penetrato dagli occhi verde smeraldo del ragazzo che era di fronte a lui.

Non sapeva neanche perché avesse cominciato ad intavolare quella conversazione, dal momento che ciò avrebbe significato rivelare le sue paure e i suoi timori per l’ennesima volta ad Harry Potter.

Prese un lungo sorso di thé e chiuse gli occhi.

Sentiva il liquido caldo scendere all’interno del suo corpo, centimetro dopo centimetro.

« Io non credo che in questa scuola ci sia più posto per me – cominciò Severus, quasi sussurrando – e credo che il mio tempo qui sia finito ».

Il cuore di Harry saltò un battito. Era esattamente come aveva immaginato.

Per l’ennesima volta, stava rischiando di perdere una persona a cui si era affezionato.

Si sentì egoista per quel pensiero, ma allo stesso tempo sapeva che le cose stavano davvero così.

Lui amava Severus e tremava all’idea di non poterlo più rivedere tra le mura di Hogwarts.

« Si sbaglia » disse Harry non sollevando lo sguardo dalle sue mani.

« Cosa intende? » chiese Piton, incuriosito ma molto serio.

Ad Harry toccava ritrovare il suo coraggio Grifondoro di sempre.

Voleva mettere Severus con le spalle al muro, ma la situazione si era  ribaltata a suo sfavore.

Sapeva che avrebbe dovuto dirgli quello che pensava perché era il momento di giocarsi il tutto per tutto.

« Io non credo che questa scuola non abbia più bisogno di lei – disse Harry flebilmente ma con gli occhi fissi sul suo Professore – e credo che gettare la spugna in questo modo, sia una cosa troppo semplice per lei. Lei sa bene quanto sia importante per i ragazzi vederla di nuovo in giro per questi corridoi, magari non se ne rende conto, ma è diventato agli occhi di molti un baluardo di speranza. So che a lei non piace sentirsi dire certe cose, ma stia sicuro che la situazione è questa: lei dimostra quanto sia possibile agire per il bene, accettando a proprie spese di vivere nell’oscurità. Ha idea di quanti figli di Mangiamorte hanno bisogno di sentirsi dire che le azioni commesse dai loro genitori non pregiudicheranno il loro futuro? Che è sempre possibile cambiare e che nessuno, se non noi stessi, deve scrivere il nostro destino? »

Harry stava finalmente riuscendo a dare voce a ciò che portava segregato nel cuore.

Non avrebbe mai immaginato che, un giorno, si sarebbe aperto ed esposto così tanto davanti al Professore di Pozioni.

A quel punto si aspettava per l’ennesima volta una frase sarcastica o uno scatto di ira da parte di Severus, ma tutto ciò non avvenne.

Cercò di anticipare le cose e si alzò dalla sedia per dirigersi verso la porta di uscita.

Era sul punto di congedarsi e scappare.

« Grazie » fu quello che uscì dalle sottili labbra di Severus.

Grazie.

Harry si fermò sulla porta, le spalle rivolte verso l’uomo.

Sentiva ancora una volta lo sguardo fisso su di lui e un brivido gli percorse la schiena.

Lo aveva ringraziato.

Si girò lentamente, e un mezzo sorriso gli affiorò sulle labbra.

« Non le ho detto nulla che non sia corrispondente alla verità – concluse il ragazzo – Buona fortuna, e a stasera ».

Senza attendere ulteriormente, uscì accostando dolcemente la porta.

Severus era rimasto di stucco.. Le parole di Harry avevano per lui un significato molto importante.

Per una volta nella vita, non si sentiva disprezzato.

Non voleva assolutamente essere riconosciuto come eroe. Si sarebbe disdegnato se fosse successo: prima che Voldemort soccombesse, era stato chiamato anche lui come tutti gli altri ad uccidere uomini, donne e bambini, a torturare persone, e a commettere atti per cui ogni notte era ancora tormentato dagli incubi.

Era tutto tranne che un eroe.

Era contento però che Harry gli avesse detto quelle cose. Severus aveva finalmente la possibilità di diventare un uomo normale. E non avrebbe negato il suo aiuto a dei ragazzi che stavano vivendo una situazione tanto difficile come la sua. E Draco era sicuramente uno di questi.

Senza indugiare oltre, chiese a Kreacher di portare via i suoi avanzi e in meno di un minuto, lo studio era ritornato ad essere quello di sempre.

Riprese con sé la bacchetta e la infilò tra i pantaloni e la t-shirt.

Con passo deciso, lasciò i sotterranei e finalmente si recò da Minerva McGranitt.

Con passo deciso, lasciò i sotterranei e finalmente si recò da Minerva McGranitt.CAPITOLO XV:
Quando Harry era entrato, in serata, nelle sue stanze, Severus non avrebbe mai potuto immaginare con quale perizia il ragazzo avrebbe svolto il compito che gli era stato assegnato dal Dottore.
 Da quando si era risvegliato, il Professore aveva notato che nel giovane mago non c’era più quello stesso impeto che, per tanto tempo, lo aveva reso, ai suoi occhi, tanto simile al padre e, di conseguenza, tanto odioso.
Si era reso conto di quanto il giovane Potter avesse preso più consapevolezza di sé. Era normale – pensò Severus – nessuno, del resto, sarebbe rimasto lo stesso, dopo aver affrontato un’impresa di quelle titaniche dimensioni. Combattere con la morte non era semplice, figuriamoci se poteva esserlo combattere quella delle persone che si amavano. Ed Harry era riuscito a fare entrambe le cose: per porre fine alla seconda condizione, aveva dovuto scendere a compromessi con la prima.
Nessuno sarebbe rimasto lo stesso e Severus lo sapeva.
Nessuno, neppure lui.
Erano trascorsi ormai quasi più di dieci giorni dal suo “Risveglio Miracoloso” e, anche se non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, era già allora consapevole del fatto che se era vivo era per merito di Harry. E che neppure la Granger e Weasley avevano agito per interesse personale: semplicemente, si fidavano del loro amico, e avrebbero salvato per lui anche il peggior Mangiamorte che si trovasse in circolazione.
Severus dovette anche ammettere a sé stesso che ritrovarsi il giovane impiastro tra i piedi, era diventato addirittura piuttosto piacevole: anche se durante quel poco tempo che trascorrevano insieme nessuno dei due osava andare oltre a qualche frase sarcastica, Severus si accorgeva ogni giorno, nel silenzio, di qualche piccola caratteristica di Harry Potter che, invece, gli era sfuggita per anni.
Aveva notato come corrucciava lo sguardo e faceva smorfie con le labbra quando si trovava di fronte a qualche compito affidatogli o a qualche rompicapo che doveva risolvere, oppure come assottigliava lo sguardo quando doveva eseguire qualche mansione che richiedeva particolare attenzione da parte sua, notò anche che era diventato molto premuroso nei suoi confronti… nulla che potesse far pensare a qualcosa che derivasse dai sensi di colpa, anzi, Severus percepiva che, in fin dei conti, anche il ragazzo provava piacere a trascorrere del tempo col “tanto temuto Professore di Pozioni”, e dovendo soffocare ogni volta una risata, aveva notato anche come Harry Potter arrossiva e assumeva un atteggiamento meno disinvolto quando la distanza tra di loro diventava minima.
Mentre era assorto in questi pensieri, il sonno e la stanchezza travolsero Severus, il quale ritenne opportuno finire quella giornata andando finalmente a dormire.
Non appena il sole era cominciato a sorgere, alcuni raggi cominciarono a filtrare dall’ampia finestra del Professore, fendendo le tende e posandosi delicatamente sulle lenzuola in cui l’uomo era avvolto.
Dopo qualche minuto, decise di alzarsi: voleva mettere in ordine gli ingredienti utili per le sue pozioni, catalogarli, ed eventualmente annotare quelli che mancavano, così da poterseli procurare quanto prima.
Era in bagno quando udì un grattare sui vetri, corse verso la finestra e, senza molta sorpresa, vide che un gufo con una missiva stava cercando di attirare la sua attenzione.
Quasi immediatamente riconobbe il gufo, e dopo aver fatto apparire un bocconcino che regalò all’animale, prese la lettera tra le mani e, avendo riconosciuto la grafia, l’aprì con una certa curiosità.
“Severus,
spero che tu non abbia interpretato la mia lontananza come una forma di disattenzione nei tuoi confronti. Come puoi ben immaginare, le pratiche da sbrigare e le cose da fare in questo periodo non sono state affatto poche, spero per questo che tu possa comprendere la mia posizione.
Ad ogni modo, desidero incontrarti questa mattina, intorno alle ore 10.00 nell’ufficio del Preside, ci sono alcune questioni importanti di cui vorrei discutere con te.
Certa della tua disponibilità e della tua cortesia,
                                                                           Minerva”
 
Siccome ormai l’orologio batteva le 8.00, Severus decise di recarsi nuovamente nelle sue stanze per mettersi un po’ in ordine… Dal momento che aveva ricevuto ordine tassativo da Harry e dal Dottor Jones di non allontanarsi dai Sotterranei, aveva sempre indossato pigiami o tute che permettessero ai suoi curatori di non dover fare troppi sforzi per scoprire i lembi del suo corpo. Adesso, invece, era deciso a riprendere in mano le vecchie abitudini e, come prima cosa, entrò in bagno e cominciò a radersi.
Non che la barba gli fosse cresciuta: Harry infatti aveva provveduto, nei giorni in cui Severus non era presente, a curare l’aspetto fisico del Professore, non solo per un fatto estetico ma anche per una facilitazione delle cure mediche. Non era da sottovalutare infatti, che qualche pelo avrebbe potuto addirittura lasciare che qualche infezione penetrasse nella ferita che era nascosta dalle bende.
Dopo qualche minuto, uscì la pelle del suo viso era tornata perfettamente liscia.
Sfilò i suoi vestiti e si recò verso la doccia-vasca, e dopo essersi lavato il corpo e i capelli, uscì dal bagno avvolto in un accappatoio rigorosamente verde smeraldo.
Con un incantesimo asciugò i suoi capelli e si diresse verso il suo enorme armadio. Lo aprì e con le dita sfiorò il mantello nero che da quasi più di due mesi aveva smesso di indossare. Una sensazione di adrenalina gli percorse il corpo e, senza pensarci ulteriormente, afferrò la gruccia e poggiò sulle sue spalle quel capo tanto prezioso per lui.
Si guardò allo specchio e finalmente si riconobbe. Quel mantello aveva sempre significato per lui protezione, dal mondo esterno, da Voldemort e spesso anche da Silente. Probabilmente – pensò – quel velo nero terrorizzava ancora di più i suoi studenti che, durante le ore di lezione, sobbalzavano anche quando questo svolazzava per l’aula seguendo gli ampi movimenti che Severus eseguiva.
Si sentiva sé stesso… anche se il suo volto stava lentamente cambiando. Erano quasi del tutto scomparse le occhiaie che gli incavavano il viso, e la sua pelle aveva perso quel colorito malaticcio che lo faceva sembrare sempre cadaverico. Avvertiva un senso innaturale di tranquillità. Si stava godendo il presente ma sapeva che, presto, le azioni che aveva commesso in precedenza avrebbero richiesto la sua attenzione.
Decise di riporre il suo mantello nell’armadio.
 Ritenne comunque non opportuno indossare la consueta camicia bianca con la giacca nera ricca di bottoni… era estate inoltrata e sicuramente si sarebbe sciolto appena varcata la porta dei sotterranei.
Aprì un cassetto, prese una t-shirt nera e, cercando tra i vari indumenti di colore nero, trovò un jeans che probabilmente non indossava da almeno dieci anni.
Indossò gli abiti che aveva scelto e si accorse che non gli stavano male… La t-shirt evidenziava le sue braccia affusolate mentre i jeans gli fasciavano le gambe, slanciando ulteriormente la sua figura. Afferrò un paio di stivali neri (a quelli assolutamente non avrebbe rinunciato neanche se fosse stato spedito al centro della Terra) e li fece aderire perfettamente ai jeans.
Se avesse avuto a portata di mano una chitarra o un basso elettrico, avrebbe notato la somiglianza assurda con una rockstar degli anni ‘80.
Notò che gli era rimasto ancora un po’ di tempo prima dell’incontro con Minerva e così decise di mangiare qualcosa, per non dover andare via a stomaco vuoto.
Evocò la meravigliosa cerva dalla sua bacchetta e le ordinò di andare da Harry per chiedergli se aveva piacere a condividere una veloce colazione con lui. La cerva d’argento scomparve dalla stanza, lasciando tutto intorno un bagliore di luce innaturale.
Quando giunse a destinazione, trovò Harry ancora dormendo.
Probabilmente la sua indole stava cambiando, ma le cattive abitudini erano piuttosto dure a morire.
Non appena il giovane mago udì la voce del suo insegnante, si alzò di scatto e ascoltò il messaggio che gli era stato magicamente inviato.
Senza farselo ripetere due volte, si vestì e tentò di darsi un’aria piuttosto presentabile e dopo qualche minuto stava correndo a perdifiato verso i sotterranei.
Quando stava per bussare alla porta, notò che questa era semplicemente socchiusa: nessun lucchetto, nessun incantesimo a proteggerne l’entrata.
Quasi con urgenza afferrò la maniglia ed entrò nello studio di Piton.
E lo trovò lì, seduto davanti ad un tavolo che, quasi certamente, era la sua pregiata scrivania trasfigurata.
Quando il professore si alzò per prendere da mangiare, Harry ebbe un sussulto.
Non aveva mai visto Severus indossare degli abiti informali, e ciò che si presentò ai suoi occhi fu a dir poco incredibile.
Era scioccantemente diverso. Sembrava un uomo nuovo, ed Harry lo trovò estremamente affascinante.
Le cose non davano proprio cenno di migliorare, così come i buoni propositi di Harry erano stati messi nuovamente alla prova.
« Professore, mi… mi scusi se l’ho fatta attendere » balbettò il giovane, in preda alla confusione più assoluta.
« Deduco dai segni sul suo volto che la notte per lei non era ancora giunta al termine » frecciò sarcastico Severus.
Quell’uomo aveva uno spirito di osservazione non comune a tutti, pensò Harry.
Riusciva a notare cose che, normalmente, potevano sfuggire alla gran parte delle persone.
Si sentì lusingato dall’attenzione che il Professore gli aveva rivolto ma allo stesso tempo, rabbrividì, pensando che se, per un motivo o per un altro, si fosse dovuto sottoporre nuovamente a delle sedute di Legillimanzia, il Professore avrebbe sicuramente scoperto nel giro di pochi secondi ciò che Harry, in realtà, stava cercando di tenere nascosto da ormai due mesi.
« Ho chiesto a Kreacher di portarci qualcosa da mangiare – riprese Severus – spero che lei non abbia accolto a malincuore il mio invito »
Neanche il tempo di terminare la frase che Harry era arrossito.
« N-no.. Si figuri. La ringrazio per avermi tirato giù dal letto comunque e poi sono ben contento di notare che si sia ripreso… - rispose Harry prendendo posto sulla sedia più vicina a lui – posso comunque chiederle cos’ha in programma quest’oggi?»
Severus nel frattempo stava versando del thé bollente nelle tazze che l’elfo domestico gli aveva procurato e con la stessa maestria aveva poggiato sul tavolo dei cookies appena sfornati.
L’odore era inebriante e lo stomaco di Harry rispose subito a quel richiamo.
« Legga » disse Severus, progendogli la lettera che aveva ricevuto, dopo che ebbe sistemato l’occorrente per la colazione.
Harry afferrò un biscotto e prese il foglio che il Professore reggeva tra le mani.
Le sopracciglia, notò Severus, avevano preso la consueta forma strana, indice del fatto che il ragazzo era davvero incuriosito dal contenuto della missiva.
Trascorse qualche secondo, poi Harry poggiò delicatamente la lettera sul tavolo e posò il biscotto mangiato a metà nel suo piattino.
Si fece molto serio.
« Cosa crede che vorrà? » gli domandò senza fare giri di parole.
« Non ne ho idea… Ci sarebbero tante cose di cui potrebbe volermi parlare… Non credo, Potter, che lei stesso non sia al corrente della mia situazione alquanto compromessa» concluse secco Severus.
« Io non credo che vorrà rivangare il suo passato… Credo piuttosto che abbia bisogno di lei, per gestire la scuola e per decidere sul da farsi dell’anno che sta per cominciare » ribatté Harry, più serio che mai.
« A tal proposito, non saprei proprio come potrebbe essere possibile una cosa del genere » rifletté Severus.
« Non la seguo, si spieghi. Cosa le impedisce di riprendere con il suo lavoro? » chiese il giovane mago.
Harry fissò intensamente Severus. Aveva paura della risposta che avrebbe dato a quella domanda. Severus era un uomo d’onore e, per questo, più di una volta era stato chiamato a commettere atti che andassero anche contro la sua volontà.
Severus si sentì penetrato dagli occhi verde smeraldo del ragazzo che era di fronte a lui.
Non sapeva neanche perché avesse cominciato ad intavolare quella conversazione, dal momento che ciò avrebbe significato rivelare le sue paure e i suoi timori per l’ennesima volta ad Harry Potter.
Prese un lungo sorso di thé e chiuse gli occhi.
Sentiva il liquido caldo scendere all’interno del suo corpo, centimetro dopo centimetro.
« Io non credo che in questa scuola ci sia più posto per me – cominciò Severus, quasi sussurrando – e credo che il mio tempo qui sia finito ».
Il cuore di Harry saltò un battito. Era esattamente come aveva immaginato.
Per l’ennesima volta, stava rischiando di perdere una persona a cui si era affezionato.
Si sentì egoista per quel pensiero, ma allo stesso tempo sapeva che le cose stavano davvero così.
Lui amava Severus e tremava all’idea di non poterlo più rivedere tra le mura di Hogwarts.
« Si sbaglia » disse Harry non sollevando lo sguardo dalle sue mani.
« Cosa intende? » chiese Piton, incuriosito ma molto serio.
Ad Harry toccava ritrovare il suo coraggio Grifondoro di sempre.
Voleva mettere Severus con le spalle al muro, ma la situazione si era  ribaltata a suo sfavore.
Sapeva che avrebbe dovuto dirgli quello che pensava perché era il momento di giocarsi il tutto per tutto.
« Io non credo che questa scuola non abbia più bisogno di lei – disse Harry flebilmente ma con gli occhi fissi sul suo Professore – e credo che gettare la spugna in questo modo, sia una cosa troppo semplice per lei. Lei sa bene quanto sia importante per i ragazzi vederla di nuovo in giro per questi corridoi, magari non se ne rende conto, ma è diventato agli occhi di molti un baluardo di speranza. So che a lei non piace sentirsi dire certe cose, ma stia sicuro che la situazione è questa: lei dimostra quanto sia possibile agire per il bene, accettando a proprie spese di vivere nell’oscurità. Ha idea di quanti figli di Mangiamorte hanno bisogno di sentirsi dire che le azioni commesse dai loro genitori non pregiudicheranno il loro futuro? Che è sempre possibile cambiare e che nessuno, se non noi stessi, deve scrivere il nostro destino? »
Harry stava finalmente riuscendo a dare voce a ciò che portava segregato nel cuore.
Non avrebbe mai immaginato che, un giorno, si sarebbe aperto ed esposto così tanto davanti al Professore di Pozioni.
A quel punto si aspettava per l’ennesima volta una frase sarcastica o uno scatto di ira da parte di Severus, ma tutto ciò non avvenne.
Cercò di anticipare le cose e si alzò dalla sedia per dirigersi verso la porta di uscita.
Era sul punto di congedarsi e scappare.
« Grazie » fu quello che uscì dalle sottili labbra di Severus.
Grazie.
Harry si fermò sulla porta, le spalle rivolte verso l’uomo.
Sentiva ancora una volta lo sguardo fisso su di lui e un brivido gli percorse la schiena.
Lo aveva ringraziato.
Si girò lentamente, e un mezzo sorriso gli affiorò sulle labbra.
« Non le ho detto nulla che non sia corrispondente alla verità – concluse il ragazzo – Buona fortuna, e a stasera ».
Senza attendere ulteriormente, uscì accostando dolcemente la porta.
Severus era rimasto di stucco.. Le parole di Harry avevano per lui un significato molto importante.
Per una volta nella vita, non si sentiva disprezzato.
Non voleva assolutamente essere riconosciuto come eroe. Si sarebbe disdegnato se fosse successo: prima che Voldemort soccombesse, era stato chiamato anche lui come tutti gli altri ad uccidere uomini, donne e bambini, a torturare persone, e a commettere atti per cui ogni notte era ancora tormentato dagli incubi.
Era tutto tranne che un eroe.
Era contento però che Harry gli avesse detto quelle cose. Severus aveva finalmente la possibilità di diventare un uomo normale. E non avrebbe negato il suo aiuto a dei ragazzi che stavano vivendo una situazione tanto difficile come la sua. E Draco era sicuramente uno di questi.
Senza indugiare oltre, chiese a Kreacher di portare via i suoi avanzi e in meno di un minuto, lo studio era ritornato ad essere quello di sempre.
Riprese con sé la bacchetta e la infilò tra i pantaloni e la t-shirt.
Con passo deciso, lasciò i sotterranei e finalmente si recò da Minerva McGranitt.

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***


CAPITOLO XVI:

Quando giunse di fronte al Gargoyle di Pietra, Severus si chiese se la parola d’ordine per attivarlo fosse rimasta la stessa che aveva impostato Silente e che egli stesso aveva deciso di non cambiare.

« Api Frizzole », scandì il Professore.

E le scale, per magia, iniziarono a salire.

Entrò lentamente nello studio del Preside e aprì con eleganza la porta.

Alla scrivania erano seduti la professoressa McGranitt e l’Auror, adesso Ministro della Magia, Kinglsey Shackelbolt che sorseggiavano un thé scuro.

Non appena la donna si accorse della presenza del suo collega, si alzò di scatto, interrompendo la conversazione con Kinglsey e a passi molto rapidi giunse di fronte a Severus.

« Severus! Che gioia finalmente vederti in piedi – disse la Professoressa prendendo delicatamente per mano l’uomo – prego, siediti pure e serviti… Io e Kingsley stavamo chiacchierando un po’ ».

A Severus non sfuggì il contatto che c’era stato con la sua collega ma, tutto sommato, era contento anche lui di rivederla. Anche se spesso avevano discusso, Severus aveva sempre ritenuto Minerva una grande donna, dai forti ideali e dai modi sempre cortesi, cosa che apprezzava tanto.

Si era sentito un vero verme quando quella notte aveva dovuto attaccarla dinanzi agli studenti… Fu per quel motivo che decise di scappare, prima di poter provocare ulteriori danni che nuocessero alle persone presenti.

« Oh Severus – disse Kinglsey, rivolgendogli uno dei suoi sorrisi più rassicuranti – ero ansioso di incontrarti ».

E gli porse la mano, che fu stretta immediatamente Severus.

« Beh Minerva, credo che adesso sia arrivato il momento per me di andare via, ci sono molte cose da fare al Ministero », concluse il Ministro.

« A presto Kingsley, e grazie di essere passato » disse Minerva, congedandosi da lui.

« Buona giornata, Ministro » lo salutò di rimando Severus.

Dopo qualche secondo il corpo del mago stava scomparendo nella Metropolvere.

La McGranitt prese posto dietro alla scrivania e il Professore la imitò sedendosi davanti ad essa.

« Bene Severus, sono davvero felice che tu abbia letto la mia lettera – prese a dire la donna – e, da come hai potuto capire, avevo veramente necessità di vederti per poterti parlare da vicino ».

« Me ne sono reso conto, Minerva, per questo ho ritenuto opportuno non mancare al tuo appuntamento » rispose Severus, spostandosi le ciocche di capelli che gli cadevano sul viso.

Minerva si passò una mano davanti al volto.

« Per cominciare, devo dirti, Severus, che non hai motivo di temere che qualcuno possa intaccare la tua posizione, dal momento che Harry stesso ha garantito per te, e con il Ministero sta lavorando affinché il tuo nome sia riscattato. Come puoi immaginare, Kingsley non ha esitato un attimo quando Harry gli ha chiesto di lavorare con lui. Ci sarà naturalmente un processo a cui dovrete prendere parte entrambi, ma non è questo quello di cui dobbiamo preoccuparci al momento » esordì la maga.

« Vorrà dire che seguirò le vostre indicazioni, a tal proposito » rispose Severus.

« Sono sicura comunque che le cose andranno per il meglio… Harry si sta occupando personalmente della questione e, certamente, il Wizengamot dovrà tenere presente che il tuo garante sia il Salvatore del Mondo Magico. Non è, tuttavia, questo il motivo per cui ti ho convocato adesso.. » continuò la McGranitt.

« Credo tu abbia capito che, ormai, le vacanze estive stiano volgendo al termine e che c’è bisogno che il corpo insegnanti venga rimesso al completo. E non è solo questo. Da due mesi sto facendo le veci del Preside, ma è più che ovvio che questa carica non spetti a me. E’ per questo, Severus, che ho due richieste da farti. La prima è che ti chiedo di restare come Professore di Pozioni e la seconda, indubbiamente più importante, è che tutti noi colleghi vorremmo che tu assumessi l’incarico di Preside di questa scuola ».

Severus sgranò gli occhi. Con Harry aveva ipotizzato che Minerva potesse chiedergli di restare come Professore a disposizione della scuola e che rientrasse a far parte del corpo insegnanti. Ma mai avrebbe immaginato che Minerva gli chiedesse una cosa del genere.

« Sono sinceramente lusingato dalle tue proposte, Minerva, ma, sarò sincero, non so cosa risponderti », disse schietto Severus.

« Me ne rendo conto… Infatti non devi darmi una risposta adesso. Voglio che tu ci pensi e nel frattempo mi occuperò io degli affari un po’ più importanti. Ma desidero che ti sia chiara una cosa – gli disse la donna, facendosi seria –qui c’è un gran bisogno di persone come te. E ti chiedo scusa, adesso, per non aver capito le tue vere intenzioni. Voglio che tu mi perdoni per non averti compreso. Avrei dovuto esserti vicina e invece ti ho voltato le spalle. Credevo che non soffrissi per la perdita di Albus, per le morti che si sono verificate in seguito e sono arrivata a pensare che dietro questi abomini potessi esserci soltanto tu. Ti ho incolpato per tutto questo tempo e non mi sono mai resa conto di quanto, in realtà, tu in prima persona avresti voluto evitare tutto questo ».

« Non credo ci sia bisogno di scusarti, io non ho nulla da perdonarti perché, nonostante questi avvenimenti si siano verificati contro la mia volontà, ho dovuto commettere comunque cose che, spero, nessun mago sia più costretto a fare. Ti ringrazio per le belle parole e assolutamente pretendo che tu non ti senta in colpa per quello che hai pensato. Era tutto previsto, dovevo agire in questo modo per tenervi al sicuro il più a lungo possibile prima che Voldemort giungesse in questa scuola ».

« Abbiamo bisogno di te » concluse Minerva.

« Ti darò mie notizie quanto prima » le disse Severus.

E alzandosi dalla sua sedia, strinse le mani di Minerva e in meno di pochi secondi, uscì dallo studio, lasciando la donna con un sorriso di serenità sulle labbra.

Nel frattempo, in Infermeria, il Dottor Jones stava tornando dalla sua breve permanenza forzata al San Mungo.

Non appena varcò la soglia della stanza, Nate inviò un Patronus ad Harry dandogli notizia del suo ritorno.

In quei giorni che aveva trascorso lontano da Hogwarts, aveva cercato di fare alcune ipotesi per chiarire come fosse possibile che Severus si fosse risvegliato e come avesse fatto a sopravvivere con il veleno di Nagini che, per più di qualche ora, gli era entrato in circolazione.

Non era riuscito ad arrivare ad una risposta, dal momento che la situazione clinica di Severus non aveva mai registrato scompensi o anomalie di sorta.

Il mistero si infittiva senz’altro, probabilmente stava valutando le cose dal lato sbagliato.

Dopo aver messo al loro posto i suoi effetti personali, decise di andare dal Professore per vedere come stava e per controllare i dati che Harry gli aveva lasciato.

Passarono velocemente le ore del giorno e finalmente giunse la sera.

Erano le 19.30 ed Harry sapeva che Severus lo aspettava per le 20.00, per cui non voleva tardare e andò a prepararsi.

Si fece una doccia veloce e con i capelli ancora umidi tornò nella sua stanza per vestirsi.

Afferrò degli abiti informali ma li scelse con cura: un semplice pantalone di cotone leggero beige a cui abbinò una camicia bianca.

Gli conferivano un’aria curata ma per nulla altolocata o troppo elegante per l’occasione.

Si guardò allo specchio un’ultima volta e finalmente scese nei sotterranei, diretto verso il Professore.

Bussò delicatamente alla porta di legno e dopo qualche minuto, la maniglia si girò: Severus in persona era andato ad aprire.

« Buonasera Signor Potter – lo salutò il Pozionista - ha intenzione di restare lì impalato per tutta la sera?» disse senza cattiveria.

« No Professore, la ringrazio per la proposta ma credo che sarebbe stancante essere in quella posizione per tutto il tempo» rispose Harry sorridendo.

Entrò nella stanza e notò con piacere che non c’erano tracce di cena o altro, Severus non doveva aver mangiato.

« Spero che non le dispiaccia, ma ho pensato di ripagare la sua gentilezza di questa mattina offrendole una buona cena per stasera » gli disse il ragazzo, per nulla imbarazzato.

Severus si trovò spiazzato per un momento, così prese la bacchetta per trasfigurare la sua scrivania in un comodo tavolo. Harry si avvicinò e abbassò il braccio del Professore.

« No, aspetti, non si preoccupi… In realtà avevo in mente di non cenare nelle sue stanze », gli disse il giovane sempre sorridendo.

« E va bene Signor Potter, vorrà dire che questa sera staremo alle sue regole» gli rispose Severus incuriosito quanto divertito.

Onestamente, chi mai avrebbe immaginato che un giorno Harry Potter avrebbe potuto preparagli una cena?

Severus era ancora vestito con i jeans e la t-shirt, così Harry gli consigliò di prendere qualcosa che lo proteggesse dal fresco estivo della sera.

In un attimo, con un incantesimo di richiamo, il Professore aveva tra le mani un giubbotto di pelle.

Harry non poté fare a meno di pensare che quel capo doveva stare una meraviglia sul corpo del Professore.

Essendosi resto conto di stare fantasticando già troppo, uscì dallo studio, permettendo a Severus di chiudere la porta.

Harry condusse l’uomo al di fuori delle mura di Hogwarts e durante il cammino, parlavano tranquillamente del più e del meno.

Severus raccontò al giovane che nel pomeriggio aveva ricevuto visite dal dottore Jones e che si complimentava con lui per aver svolto al meglio il compito che gli era stato assegnato.

Giunsero ad Hogsmeade e dopo aver camminato attraverso un paio di vicoletti, giunsero dinanzi ad un locale che Severus non aveva mai notato.

Era davvero un posto singolare: sembrava essere appena stato trapiantato dalla Grecia in Inghilterra… Severus pensò di trovarsi al British Museum davanti alle rovine del Partenone.

Harry aveva provveduto alla prenotazione di un tavolo più in disparte, così, pensò il Professore, avrebbero potuto parlare senza essere disturbati da nessuno.

« Spero che il posto non deluda le sue aspettative » cominciò a dire il ragazzo.

« No e non l’avevo mai visto prima » rispose Severus sinceramente ammirato.

Vi sedettero ed ordinarono pietanze tipiche della cultura Greca abbinate a dell’ottimo vino.

« Questa mattina ho incontrato Minerva » disse l’uomo, riprendendo il discorso che avevano intavolato quella stessa mattina.

« Oh, sono contento che sia andato alla fine » rispose Harry, cercando di non essere invadente.

Severus sembrava veramente pensieroso, i suoi occhi neri erano ancora più scuri, se possibile, del solito. Scandiva lentamente le parole, quasi come se per lui, pronunciarle, significasse ammettere che quelle cose fossero successe davvero.

Dal canto suo, Harry non distoglieva mai lo sguardo dal Professore. Era interessato a ciò che gli succedeva, preoccupato anche. Ma più di tutto apprezzava che finalmente il Pozionista avesse deciso di togliere la sua maschera rivelandosi per ciò che realmente era. Un uomo fatto di fragilità e dubbi come tutti.

Severus era consapevole che, se Harry non avesse mostrato vivo interesse per quel rapporto, sicuramente non avrebbe fatto lui il primo passo.

Non per orgoglio o rancore… Semplicemente era convinto di non voler condividere nulla della sua vita con qualcun altro. Figuriamoci se poi quel qualcuno doveva essere il figlio di James.

Il Professore aveva notato quanto in realtà il ragazzo fosse somigliante a Lily… Da una parte era confortato, perché sentiva di star parlando con lei, ma dall’altra era sinceramente spaventato… Harry non era sua madre, e sicuramente non era intenzione del Professore far rivivere nel ragazzo il ricordo della sua migliore amica.

Sentiva di essersi affezionato profondamente a lui e forse, più di tutto, era questo a terrorizzarlo.

Gli era capitato di provare affetto particolare per delle persone ma a causa delle sue scelte sbagliate e del suo carattere nient’affatto semplice, aveva finito per perderle.

Ora che gli era stata data una seconda possibilità, voleva evitare di lanciare tutto alle ortiche.

Ma non era semplice.

A volte, anzi spesso, si ritrovava a desiderare la presenza di Harry più di quanto fosse opportuno.

Ma non avrebbe sbagliato. Non adesso e non con lui.

« Già… - controbatté Severus sospirando – mi ha parlato esattamente di ciò che avevamo ipotizzato in mattinata, anche se, in più, mi ha proposto di valutare un altro incarico ».

Harry si raddrizzò sullo schienale… Un altro incarico? E se la McGranitt gli aveva proposto di andare in missione chissà dove per scoprire chissà cosa, correndo chissà quali pericoli?

Questo avrebbe significato doversi allontanare di nuovo da Severus, e stavolta rischiava di perderlo davvero.

« Che tipo di incarico? », chiese il giovane con una nota di tensione.

« Beh, mi ha chiesto di tornare a far parte del corpo insegnanti.. Ma, ecco, su proposta anche degli altri colleghi, vorrebbe che io ricoprissi l’incarico di Preside della scuola » rispose Severus, quasi tutto d’un fiato.

Preside.

Niente missione, nessun luogo sconosciuto.

« Cosa intende fare? » gli domandò Harry.

« Io ho deciso di ritornare come insegnante… Ma, pur non avendo ancora valutato a fondo la seconda proposta, credo che la respingerò comunque» disse l’uomo.

« Se mi è lecito chiederle… Posso sapere il perché? » riprese Harry, non intenzionato a lasciar cadere l’argomento.

«Potter… Ma mi ci vede ad essere preside? La prego, per quanto possa interessarmi al buon funzionamento della scuola, non ho le qualità per gestire tutte le situazioni che richiedono la presenza del Preside.

Era un ruolo adatto per Albus, io sarò ben lieto di essere il Professore di Pozioni », rispose Piton in maniera schietta.

« Mi perdoni, ma io non la vedo in questo modo – cominciò a dire il ragazzo – per quale motivo lei non dovrebbe essere all’altezza della situazione come lo era Silente? Io credo che lei abbia tutte le carte in regola per diventare un ottimo Preside…»

« Io non saprei neppure da dove iniziare… » disse il Professore, quasi come se stesse pensando ad alta voce.

« Semplicemente da dove se la sente – rispose Harry, inarcando la schiena verso l’insegnante – lei non sarà solo… Avrà la McGranitt a sostenerla e gli insegnanti… Se dovesse sbagliare, pazienza! Vorrà dire che trarrà insegnamento per i tempi a venire… »

« Se non se ne fosse accorto, la scuola è composta anche dagli studenti e dalle relative famiglie…

Sono un ex Mangiamorte, Potter… Lei manderebbe a scuola suo figlio, sapendo che, per anni, il Preside ha lavorato per anni col Signore Oscuro? » rispose Severus calmo ma risoluto.

Nel momento in cui Harry stava per rispondere, arrivarono le portate.

Così il ragazzo pensò di lasciar stare, magari ne avrebbero riparlato in seguito.

La cena proseguì in maniera regolare, fu molto piacevole per Severus trascorrere del tempo con il giovane mago, anche se spesso le persone degli altri tavoli si giravano per lanciare occhiate al Salvatore del Mondo Magico, ma nessuno – pensò – fu tanto maleducato da avvicinarsi per infastidirlo.

Al termine della cena, Harry insistette per pagare il conto ed una volta ringraziato lo staff del locale, presero la porta ed uscirono.

La sera aveva portato con sé una leggera brezza che fece rabbrividire Harry nonostante si trovasse a maniche lunghe.

A Severus non sfuggì il movimento del giovane e, senza esitare, gli pose sulle spalle il proprio giubbotto.

Harry avvampò immediatamente e cercò in tutti i modi di rendere l’indumento al proprietario.

« Non sia sciocco, Potter… Mi ha pagato la cena e dovrei lasciarla morire di freddo? » rispose Severus più divertito che insofferente.

Giunsero poi finalmente ad Hogwarts e si trovarono all’ingresso.

Harry doveva salire le scale per giungere al suo Dormitorio, mentre Severus doveva percorrere la strada che, passando per i Sotterranei, avrebbe condotto alle sue stanze.

« Volevo soltanto farle presente che anche io credo davvero nelle sue capacità e di sicuro avrà tutto l’appoggio che le serve da parte mia. E sì, io manderei mio figlio a scuola se avessi la certezza che fosse guidata da lei – disse il ragazzo, porgendo il giubbotto al suo proprietario – lei è molto più di un Ex Mangiamorte, la prego di non dimenticarsene mai ».

Gli occhi di Severus divennero lucidi… Non per il pianto ma perché era sinceramente toccato, per l’ennesima volta, dalle parole ricche di fiducia che Harry gli rivolgeva.

Per la prima volta, non doveva soddisfare le aspettative di nessuno.

Non doveva essere nessun altro se non sé stesso.

Si sentiva apprezzato per ciò che era. Harry aveva conosciuto ed accettato tutti i suoi errori e i suoi difetti.

I raggi della luna filtravano dalle trifore del castello e illuminavano gli occhi del giovane.

Harry notò che i lineamenti di Severus erano disegnati perfettamente dal bagliore lunare, e lo trovò veramente bellissimo.

Quando Severus allungò la mano per riprendere il suo giubbotto, le dita di entrambi si sfiorarono.

A quel tocco ci fu un istante di esitazione, nessuno dei due osò compiere un ulteriore movimento, per non spezzare il surrealismo di quel momento.

Poi, come se fosse il gesto più naturale del mondo, Harry si spinse in avanti sino a toccare le labbra pallide del Professore con le sue.

Severus sgranò gli occhi per la sopresa, ma non si allontanò dal corpo del giovane…. Tuttavia non ebbe l'audacia né di toccarlo né di sfiorarlo.

Fu un bacio per nulla malizioso.

Era soltanto il finale essenziale ed inaspettato per una serata perfetta.

Non appena Harry si risvegliò dallo stato di trance che lo aveva avviluppato per qualche secondo, si rese conto di non aver rispettato le promesse che aveva fatto a sé stesso.

Prima che Severus potesse pronunciare una parola, il ragazzo scappò salendo le scale, lasciando il Professore con il giubbotto ancora chiuso nella mano destra.


***

Angolo Autrice

Ciao a tutti ragazzi, anche le vacanze estive sono giunte al termine e vi auguro di ricominciare questo anno, sia esso scolastico sia esso lavorativo, nel migliore dei modi. Questo periodo estivo mi ha fornito la tranquillità necessaria per raggiungere uno degli obiettivi che mi ero prefissata: ho terminato la stesura di questa storia. Di conseguenza, si tratterà solo di aggiornare questa raccolta di volta in volta, per permettervi di recuperare qualche capitolo arretrato o addirittura di ricomincare a leggerla completamente, siccome non ho aggiornato con costanza e mi scuso per questo. 

Detto ciò vi lascio con uno dei capitoli che mi hanno più entusiasmato. Avrei voluto aggiungerne due ma, dal momento che il 13 di questo mese sarà il mio compleanno e il capitolo successivo sarà uno tra i miei preferiti in assoluto, ho deciso di aggiornare proprio Giovedì per dedicarvi questo mio pensiero.

Vi ringrazio vivamente: che leggiate la storia lasciando qualche commento o che la seguiate in silenzio.

Un abbraccio, a giovedì.

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


CAPITOLO XVII

Severus restò praticamente impalato, era bastata una frazione di secondo per capovolgere l’intera situazione.

Harry, veloce come il vento, era scomparso dalla vista del Pozionista qualche secondo dopo, lasciandogli tra le mani il giubbotto di pelle che gli aveva prestato.

Per la prima volta, in vita sua, Severus Piton restò senza parole. Se la sua mente non si fosse risvegliata di lì a poco, gli studenti che sarebbero scesi per far colazione, lo avrebbero trovato piantato in quel punto preciso, come la Statua del Principe Felice.

Più che Felice, era un Principe Sconvolto semmai.

L’attonimento fu tale, da non riuscire neanche ad afferrare il braccio del ragazzo per poterlo fermare, chiedergli delle spiegazioni, capire perché si fosse comportato in quel modo.

Quando l’uomo si rese conto che avrebbe fatto meglio a sparire nelle sue stanze, si diresse verso i sotterranei e, percorrendo a grandi falcate i corridoi umidi ed angusti, si trovò nel suo Studio.

Con un gesto meccanico delle braccia, scaraventò sul divano tutto ciò che aveva in mano e afferrò, dal consueto tavolino, la bottiglia di Whiskey Incendiario per versarne il contenuto in un bicchiere.

Non appena il liquido ambrato scese lungo la sua gola, si sedette sulla poltrona per distendere i nervi.

Restò per qualche minuto con il volto nascosto nella mano sinistra, quasi come se, massaggiandosi le tempie, quell’avvenimento potesse essere cancellato in qualche modo.

Quando il liquore ebbe l’effetto desiderato, Severus si sentì meno contrito. Alzò il suo sguardo e inevitabilmente si posò sul giubbotto che giaceva in maniera sciatta sul divano.

Lo prese tra le mani e si accorse che, sebbene lo avesse indossato per poco tempo, era pregno del profumo di Harry.

Bastò quel particolare perché Severus venisse inghiottito in un vortice senza uscita.

Non riusciva a spiegarsi il perché della cosa e, soprattutto, non riusciva a spiegarsi perché anche se non aveva ricambiato il bacio, non l’avesse neppure respinto.

D’istinto si toccò le labbra e immediatamente i suoi sensi gli rinviarono le immagini e le percezioni che l’uomo aveva provato pochi attimi prima, quando la sua bocca era entrata in contatto con quella del Grifondoro.

Sapeva che, tuttavia, questa situazione non poteva essere lasciata in sospeso.

Ma si sentì, per la prima volta, messo alle strette più da Harry in quel momento che da Voldemort nel passato.

***

I giorni che si susseguirono ad Hogwarts furono più strani del solito.

Harry cercava di potersi esporre sempre meno nei luoghi pubblici e Severus, dal canto suo, si era quasi barricato nelle sue stanze.

I giorni estivi stavano quasi per volgere al termine, mancava ormai poco tempo all’inizio del nuovo anno scolastico e, sicuramente, una situazione del genere non aiutava affatto a sperare per il meglio.

Hermione si accorse della strana piega che i fatti stavano prendendo e non le era affatto sfuggito come il suo amico stesse cercando, in tutti i modi, di evitare di restare da solo con lei.

Non era necessario essere un Occlumante per capire che qualcosa non andava.

Per un paio di giorni, la ragazza decise di non chiedere nulla al suo amico… Sperava che prima o poi fosse lui a dirle cosa fosse successo.

Harry era diventato schivo e, non appena Hermione venne a conoscenza del fatto che il ragazzo aveva chiesto al dottor Jones un periodo di pausa, rispetto al monitoraggio di Severus, tutto le fu chiaro: doveva essere capitato qualcosa che coinvolgeva lui ed il Professore.

Quel giorno, Harry era uscito presto per recarsi a Diagon Alley per acquistare alcuni oggetti magici, così Hermione attese che il suo amico ritornasse. Siccome lui non si decideva a fare il primo passo, la maga decise di metterlo con le spalle al muro fino a quando non avesse deciso di confessare.

E così fu, non appena Harry varcò la porta della Sala comune dei Grifondoro, la riccia si fiondò su di lui e sigillò la stanza.

« Hermione, ma » disse Harry completamente spiazzato.

« Non girarci intorno, Potter » lo interruppe immediatamente la ragazza, puntandogli un dito contro.

Harry indietreggiò fin quando non si ritrovò con la schiena che aderiva perfettamente alla parete.

Probabilmente Hermione aveva inteso troppo alla lettera il detto “mettere qualcuno con le spalle al muro”.

« Ti giuro che non capisco dove tu voglia arrivare » cercò di rispondere il giovane, tergiversando in maniera più che evidente.

« Non giocare con me – gli disse Hermione piuttosto innervosita dall’ennesimo tentativo di fuga del ragazzo – sono quasi due giorni che non ti fai vedere, non ti fai sentire e sei sempre solo ».

« Ma cosa dici… Sono stato sommerso da una miriade di impegni. Sai come vanno le cose da un po’» rispose Harry, provando ad essere più naturale possibile.

« Oh, eri impegnato – controbatté Hermione, con fare ironico – e posso sapere, di grazia, cosa ha occupato tanto il suo tempo? Piton per caso? Perché a me risulta che il dottor Jones sia stato lasciato da solo! »

« Godric Santissimo, un giorno mi spiegherai come fai a sapere le cose quasi in tempo reale! » sbottò Harry ormai stufo di trattenere il fiato.

Fu solo allora che Hermione decise di abbassare la guardia, permettendo così al suo amico di sistemarsi ed iniziare così il racconto.

« Herm, è successo un casino » cominciò il ragazzo.

La maga si raddolcì e, afferrando delicatamente la sua mano, gli fece posto sul divano per farlo sedere.

« L’altro giorno la McGranitt ha convocato Severus nel suo studio per informarlo di alcune situazioni che meritano la sua attenzione. Quella mattina abbiamo fatto colazione insieme e lui, spontaneamente, mi ha raccontato il tutto nei minimi particolari. Siccome di sera avevamo stabilito di vederci, gli ho detto che ne avremmo parlato, se avesse voluto » spiegò Harry prendendo le cose un po’ alla larga.

Hermione lo ascoltava attentamente e non abbassava mai lo sguardo che era puntato nei suoi occhi.

« Beh ecco.. Abbiamo cenato insieme in un locale ad Hogsmeade e lui mi ha riferito ciò che gli era stato detto. E’ stata una serata piacevolissima, nessun imbarazzo, nessun silenzio inopportuno. Stavo riuscendo a controllarmi, fin quando non siamo usciti per tornare al castello ».

Harry si passò nervosamente un mano fra i capelli e sospirò.

Se avesse avuto una GiraTempo a portata di mano non avrebbe esitato ad usarla.

« Continua Harry » lo invitò Hermione.

« Faceva freddo e lui ha lasciato che indossassi il suo giubbotto – riprese a dire il giovane – quando siamo arrivati al castello, ci siamo fermati all’ingresso e mi sono tolto il giubbotto, che lui mi aveva prestato, dalle spalle »

Il volto di Harry si colorò di rosso e il respiro divenne leggermente più affannoso.

« Eravamo in piedi, l’uno di fronte all’altro, e, Herm, non lo so perché l’ho fatto. E’ stato come se fosse la cosa più naturale del mondo da fare in quel momento. Avevo resistito fino all’ultimo… » disse Harry cominciando a martoriare le sue mani.

Hermione gliele strinse.

« Io mi sono semplicemente avvicinato, Herm. Mi sono avvicinato e l’ho baciato ».

La ragazza sgranò gli occhi: non era scioccata, ma era sorpresa dalla cosa. Mai avrebbe immaginato che il suo amico potesse rompere le barriere di quel genere.

« Adesso non so cosa fare » concluse Harry, dispiaciuto e confuso.

« Harry, credo che tu debba parlarci… Non dimenticare che fra pochi giorni avrà luogo l’udienza che sancirà il futuro di Piton » le consigliò la ragazza.

« Lo so, ma non saprei da dove cominciare! – sbottò Potter – Herm, sono due giorni che non mi cerca, due giorni che non si fa vedere nemmeno nei luoghi pubblici!»

« Non per sottolineare in maniera accentuata la cosa, Harry, ma tu stai facendo esattamente lo stesso. Come puoi pensare di avvicinarti a lui se nemmeno ci provi? » gli fece notare la maga.

« Non voglio perderlo » rispose Harry.

« Non succederà se gli parlerai. Se resti così lo hai già perso » disse Hermione facendosi più vicina a lui.

« E se dovesse andar male? »

« Potremo sempre ritrovarci qui e riempirci di chili e chili di gelato » concluse Hermione.

Harry le diede un bacio sulla nuca e la strinse forte a sé.

Senza di lei non sarebbe sopravvissuto nemmeno per due minuti.

Risalirono insieme le scale che portavano ai dormitori e si salutarono prima che entrassero nella rispettiva ala.

Harry sapeva di trovare il Dormitorio Maschile completamente vuoto, dal momento che i ragazzi avevano deciso di fare un salto ad Hogsmeade per bere qualcosa.

Si spogliò completamente e in un attimo fu sotto la doccia, sentiva il bisogno di rilassarsi per pensare ad un modo semplice e conciso per poter parlare con Severus.

Mentre era sotto il getto di acqua calda, udì un grattare alle finestre della Torre.

Immediatamente, cinse il suo corpo in un asciugamano e uscì dal bagno.

Un gufo dal piumaggio marrone teneva ferma in una zampa una lettera. Harry cercò un bocconcino nella stanza e non appena ne ebbe trovato uno, lo diede al gufo che gli cedette la lettera.

In un attimo, il volatile aveva abbandonato Harry da solo per ritornare alla Guferia.

Il ragazzo non impiegò molto a riconoscere la grafia impressa sul pezzo di carta, e il suo cuore aveva in un attimo perso almeno tre battiti.

“Signor Potter,

alla luce dei fatti recentemente accaduti, ho reputato necessario ed importante che ci incontrassimo.

Mi scuso per la tempestività con cui le giunge la mia richiesta ma desidererei che ci vedessimo fra un quarto d’ora esatto alla rimessa delle barche. Le consiglio di portare con sé il Mantello dell’Invisibilità onde evitare sospetti da parte di persone che potrebbe incontrare sul suo cammino.

Fiducioso per la disponibilità,

                                                                                     Severus Piton »

Severus lo aveva preceduto inviandogli quella lettera che, seppur scritta con un tono altamente formale, il contenuto non poteva essere equivoco. Il Professore aveva voglia di parlargli ed Harry era ormai giunto al bivio cruciale: gettare nel dimenticatoio l’evento oppure giocarsi il 110%, pur sapendo che una percentuale non quantificabile di esso portava al fallimento.

Si asciugò in fretta e infilò i primi vestiti puliti che aveva trovato, una semplice felpa di cotone ed un paio di jeans chiari.

Si stese sotto il letto e afferrò il baule che conteneva il Mantello dell’Invisibilità, lo indossò e, dopo aver riposto il bagaglio sotto il letto, chiuse le tende del baldacchino e con un incantesimo le sigillò, di modo che, se gli altri fossero tornati prima o se lui fosse tornato più tardi, avrebbero pensato che Harry stesse dormendo già a sonno pieno.

Come una furia percorse le scale, facendo ben attenzione a schivare i vari studenti che stavano tornando nelle proprie sale comuni, e finalmente giunse al Cortile di Ingresso. Di lì prese rapidamente le scale che portavano alla Rimessa delle Barche, scansando le rotture e le crepe che si erano formate durante la notte della guerra.

Quando arrivò sul piccolo molo, tolse il mantello e si avvicinò lentamente all’entrata della struttura.

Una leggera brezza estiva gli scompigliava i capelli e i bagliori lunari rendevano i suoi occhi di un verde smeraldino.

Era arrivato in anticipo e aveva preferito che fosse così. Non voleva trovare già Severus lì, perché sicuramente non sarebbe riuscito a spiccicare una parola. La vergogna lo avrebbe attanagliato e Severus avrebbe avuto il via libera per rinfacciargli i suoi errori senza che questi potesse controbattere.

Voleva pensare a cosa dire per potergli far capire che quel bacio per lui non aveva significato niente, e che probabilmente era stato soltanto un comportamento di riflesso per aver bevuto un po’ troppo durante la cena.

Ma questo avrebbe significato mentire.

Mentre era assorto nei suoi pensieri, udì un rumore leggero ma deciso di passi, che si alternava col cantilenante infrangersi delle piccole onde dell’acqua.

Dopo qualche minuto, una figura ammantata di nero era alle spalle di Harry.

Severus indossava nuovamente, dopo tanto tempo ormai, la mise total black che aveva quando insegnava ad Hogwarts.

Ad Harry parve tanto un tentativo di rendere le cose più distanti di quanto in realtà fossero, come se lui fosse ancora l’alunno impulsivo e confuso del primo anno e l’altro il professore temuto ed odiato dall’intera scuola.

Il ragazzo comunque si alzò di scatto e attese che il Pozionista si facesse più vicino.

« La ringrazio di essere qui, Signor Potter » prese a dire l’uomo, in maniera atona.

« Era anche mia intenzione incontrarla, Signore » rispose Harry, cercando di darsi coraggio parlando.

Harry trovò Severus tremendamente affascinante anche in quella situazione.

« Bene – rispose l’uomo aggiustandosi il mantello sulle sue spalle, e andando a sedersi su uno dei gradini della Rimessa – credo sia doveroso affrontare la situazione, come due persone adulte e vaccinate quali siamo »

Harry imitò il Professore e, cercando di restare il più distaccato possibile, andò a sedersi anche lui sui gradini.

« Vorrei iniziare dicendole che ho apprezzato il suo allontanamento temporaneo, magari ha avuto anche lei tempo per riflettere sul fatto che quel gesto sia stato soltanto fine a sé stesso, anche io, devo ammettere, ero sotto i fumi dell’alcool e non ho avuto la prontezza di evitare la cosa » cominciò a dire l’uomo.

Fu come una lama per Harry.

« Aspetti, aspetti – rispose il ragazzo – non è stato un gesto fine a sé stesso… Ero brillo, ma non incapace di intendere e di volere. Probabilmente, semmai, lo sono stato ancora di più ».

Severus si voltò verso il ragazzo con aria interrogativa, inarcando il sopracciglio destro in maniera spropositata.

Harry non riusciva a restare fermo in un solo posto così, preso dall’ansia si alzò e cominciò nervosamente a camminare.

« Io non credo di capire » ammise sinceramente l’uomo.

« E va bene, - rispose Harry fermandosi e traendo un lungo respiro – quello che sto per dirle segna il confine tra un tempo che è passato ed un futuro che non ha niente a che fare con esso. Una volta che le avrò rivelato di cosa si tratti, questo confine verrà sorpassato e nulla ci permetterà di tornare indietro. Se è sicuro di voler continuare, la prego di non interrompermi durante la mia spiegazione ».

Sembrava che le parti si fossero invertite, l’alunno che diventava professore e il Pozionista che ritornava ad essere matricola.

« Suppongo che il punto di non ritorno sia ormai già stato toccato – rispose Severus – io sono pronto, la ascolto » e si alzò per raggiungere Harry.

« Cercherò di essere il più chiaro possibile. Lei, probabilmente, aveva ragione. Se Hermione e Ron non si fossero preoccupati di lei quella notte, sarebbe con ogni probabilità morto. Ho agito come una persona egoista, l’ho soccorsa soltanto per alleviare i miei sensi di colpa. Sarebbe stato un altro nome da aggiungere alla liste di persone che erano morte al posto mio. E così è stato, dal primo momento ho voluto occuparmi di lei, ogni giorno ed ogni notte. E sa una cosa? Più le ero vicino, più mi sentivo peggio. Lei era un vegetale e io non potevo far nulla se non sperare e pregare che tornasse quello di una volta. E le cose sarebbero proseguite in questo modo, se non avessi finito per dimenticarmi finanche del mio stesso compleanno. Lei era diventato la mia priorità su tutto, anche su di me. Quella notte è poi cambiato tutto, ha aperto gli occhi ed era di nuovo qui. Più passavano i giorni, più mi rendevo conto che avevo bisogno di vederla.

Fin quando, poi, non sono arrivato a confondere tutto. C’è stato un attimo in cui sono riuscito a mentire a me stesso, dicendomi che per me lei era l’ultimo rappresentante della mia famiglia.

Lei non è mio padre, non è mia madre, né il mio padrino o i loro più cari amici.

 Io avevo e ho bisogno di lei, semplicemente perché è lei.

Ho cercato di trattenermi quanto più possibile, di evitare il contatto fisico e quant’altro ma, le giuro, non riuscivo a fare a meno dello strappare anche solo qualche minuto del suo tempo per poterla vedere.

Sono in un momento della mia vita in cui non ho bisogno di lei perché altrimenti starei male, sarebbe come paragonarla ad un’alternativa al niente. Ho bisogno di lei perché adesso sono felice, ma con lei lo sarei ancora di più.

Non l’ho baciata per sbaglio, l’ho baciata perché non sono riuscito a trattenermi ulteriormente e, ora, ho paura che lei possa scomparire e andare via.

E’ difficile da capire tanto quanto da accettare ma è esattamente questo ciò che sento » concluse Harry.

Severus lo fissò, il fiato gli mancava.

Harry aveva chinato le spalle in attesa della sua sentenza.

Severus si avvicinò lentamente e gli prese il volto tra le mani.

Forse fu colpa dei suoi occhi, sì, sicuramente fu colpa dei suoi occhi, verdi, semplici, normali, comuni eppure così unici e pieni di mare in tempesta e temporali. Oppure fu colpa del suo sorriso…oh beh, il suo sorriso! Il suo sorriso così spontaneo e delicato che nascondeva dei mostri, sì, ne era sicuro, anche il ragazzo come lui aveva i mostri dentro la testa, dietro gli occhi, nel sorriso. Ma erano i demoni più belli che potesse chiedere, e si sentì onorato ad averli tutti per sé, così avrebbero compagnia ai suoi di mostri, e magari così, anche se avrebbe richiesto fatica e sudore, tra uno scontro e una riappacificazione sarebbero andati via per non tornare più.

Non fu il caso, non fu l’inconscio.

Con cura, Severus asciugò le lacrime che avevano cominciato a cadere dagli occhi di Harry e con una dolcezza disarmante, poggiò le sue labbra su quelle del ragazzo.

Le torri di Hogwarts si stagliavano alte nel cielo e la luna era diventata, se possibile, ancora più grande.

***

Angolo Autrice

Come promesso, ecco il capitolo, aggiornato davvero in tempi record! Ringrazio chi ha lasciato già qualche commento ai capitoli precedenti, spero che questo non deluda le vostre aspettative. Come sapete, le vostre opinioni sono per me davvero importanti!

Ringrazio anche chi, in silenzio, continua a seguire la storia.

Al prossimo aggiornamento!

Un abbraccio a tutti!

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII ***


CAPITOLO XVIII:

 Per Harry fu una sensazione mai provata prima. Fu per lui tanto inaspettato, da non sapere se chiudere gli occhi per godersi ogni millesimo di secondo, oppure se aprirli per non perdere neanche il più insignificante dettaglio di quel momento.

Di una cosa era assolutamente certo, non si aspettava che Severus potesse reagire in quel modo.

Dopo qualche secondo di esitazione, il bacio divenne corrisposto da entrambe le parti, segno che nessuno dei due fosse intenzionato a mollare l’altro.

Se si fosse fermato a riflettere, Harry sarebbe arrivato al punto di commuoversi.

Per Severus fu lo stesso, con la differenza che la cosa non fu per lui così scioccante. Così come il ragazzo la sera prima, anche lui era stato perfettamente lucido in ciò che aveva fatto.

Strinse ancora di più Harry a sé, quasi come se lo stesse abbracciando. Ed in effetti era così, per la prima volta, dopo tanto tempo, Severus sentì i pezzi del suo corpo riallacciarsi, tenuti insieme soltanto dalla presa di Harry.

« Sono io adesso a non capire » sussurrò Harry, staccandosi dal professore, letteralmente senza fiato.

Severus lasciò cadere lentamente le braccia, allentando mano a mano la presa sul ragazzo.

« Credo siano cose a cui non serva una vera spiegazione » rispose l’uomo.

Aveva gli occhi liquidi – pensò Harry – come se il nero dell’iride fosse composto da nient’altro che inchiostro.

Harry si passò una mano fra i capelli.

« Abbiamo sorpassato un limite a cui non avremmo dovuto neppure avvicinarci » constatò mesto.

Se c’era una cosa che, purtroppo o per fortuna, si era ingrandita nel giovane mago era la sua visione pragmatica della realtà. Nell’anno in cui si era forzatamente allontanato da Hogwarts, aveva capito perfettamente che, per sopravvivere, avrebbe dovuto far sì che la sua mente non si spegnesse mai.

Non che adesso si trovasse in una situazione di vita o di morte ma sapeva, fin da allora, che sarebbe stato difficile riuscire ad andare avanti, nella direzione che avevano preso a percorrere.

« Ne sono consapevole, Potter » rispose l’uomo, senza smettere di fissarlo.

« Non sono poi così sicuro che mi importi – prese a dire il giovane mago, - credo che, in passato, già troppe persone abbiano deciso al posto mio… Adesso no. Non mi interessa cosa possano pensare gli altri… da quella notte del 2 maggio, mi sono imposto di essere felice »

Severus non staccò lo sguardo da quello del ragazzo. Pensò che erano molto diversi. Quando lui, invece, si era risvegliato in quel letto di ospedale, non aveva provato alcuna sensazione di felicità. Era soltanto scioccato e quando aveva visto Potter dinanzi a lui, un moto di rabbia lo aveva scosso, incolpando il mago di essersi intromesso con il suo destino.

A differenza di Harry, era stato propenso a scegliere la fine più semplice.

« E cosa c’entro io con la tua felicità? - chiese l’uomo, veramente confuso, - Io sono stato un Mangiamorte, lo hai dimenticato? Ho contribuito anche io a far del male alla tua famiglia »

« Le persone possono cambiare, Severus, perché ti ostini a non guardare la realtà? » rispose Harry, senza rabbia ma con grande comprensione.

Per la prima volta lo aveva chiamato Severus… Nessuno, da troppo tempo ormai, pronunciava quel nome con una dolcezza tale. Si sentì accarezzato dal tono che il ragazzo aveva usato.

Harry si staccò dal corpo del Professore, anche se quel distacco significava per lui sofferenza.

Si cinse l’addome con le sue stesse braccia.

Si stava giocando il tutto per tutto.

« Se ci sei, ci sono anche io » concluse il ragazzo, abbassando lo sguardo, come se avesse paura di una risposta negativa da parte del mago.

Piton esitò alcuni secondi, sentì il fiato venirgli meno.

Mai avrebbe immaginato di trovarsi in una situazione simile eppure, tra tutte le cose che aveva fatto, quella gli sembrava l’unica sensata di tutta la sua vita.

In pochi attimi, azzerò la distanza fra di loro e, senza indugiare ulteriormente, prese il volto del ragazzo fra le mani e lo baciò nuovamente.

Quel bacio non fu soltanto un “sigillo” della loro promessa, fu quasi una richiesta di aiuto da parte di Severus verso Harry Potter. Aveva paura, una paura matta di rovinare tutto, sempre convinto di non meritare una fortuna del genere.

Harry ebbe l’impressione che il Professore stesse tremando e, dopo aver poggiato le labbra sulle sue, fece salire le proprie mani su quelle dell’uomo, stringendogliele.

Non gli interessava del resto, non era più affascinato dai raggi della luna, né ipnotizzato dal rumore cantilenante del fiume.

C’erano soltanto lui e Severus, immersi in un mondo lontano dallo spazio e dal tempo.

« Faremmo meglio a tornare al castello adesso -  disse quasi con un sussurro Severus, staccandosi lentamente dalle labbra del ragazzo – hai portato con te il Mantello? »

« Oh, sì » rispose il ragazzo, come se fosse tornato di colpo alla realtà.

Harry si portò una mano alla tasca da cui estrasse il Mantello ripiegato.

« Se lo indossi già da ora, possiamo andare via insieme » constatò l’uomo.

Senza attendere oltre, Harry dispiegò il Mantello e se lo pose addosso, scomparendo dalla vista di Severus.

Certo del fatto che lo seguisse, Severus si incamminò lungo le scale, sentendo dietro di sé i passi lievi di Harry.

Camminò con passo moderato, non voleva che qualcuno si accorgesse di un suo movimento strano.

Dopo qualche minuto giunsero proprio nel punto in cui, qualche sera prima, Harry aveva fatto il primo passo.

Non sentì alcun altro passo dietro di sé , così intuì che anche il ragazzo doveva essersi fermato come lui.

Si sentì lentamente sfiorare una mano e, inevitabilmente, un sorriso gli increspò le labbra.

« Buonanotte » disse Harry a Severus in maniera quasi impercettibile.

« Va’ a letto, Potter » rispose l’uomo, fingendo di aggiustare le sue vesti.

In un attimo, Harry cominciò a correre su per le scale, con il cuore che gli batteva all’impazzata.

Severus si diresse verso i sotterranei, e ad ogni passo, si sentiva sempre più leggero, come se un peso gli si fosse tolto dall’anima.

Si sentiva felice, più felice di quando aveva riaperto gli occhi.

Fu solo in quel momento che si rese conto di quanto in realtà fosse stato cieco e sordo per non accorgersi di un cambiamento di tale mole. Solo adesso riusciva a capire quanto fosse fondato il desiderio di vedere quotidianamente il ragazzo e di quanto fosse fiero del fatto che il giovane mago si prendesse cura di lui.

Era orgoglioso del fatto che, il Salvatore del Mondo Magico, reclamato da tutti, in realtà preferisse trascorrere il suo tempo ad occuparsi di lui.

Pensò anche che, se Harry non fosse stato chi era, a lui non sarebbe importato affatto.  Gli interessava semplicemente che il ragazzo avesse scelto lui tra molti. Andando contro i pregiudizi, andando contro delle situazioni precostituite, andando contro ciò che la società si aspettava da lui.

Quando raggiunse la sua camera, Severus era ormai esausto: le emozioni che aveva provato quel giorno, lo avevano letteralmente consumato.

In un battibaleno si ritrovò nel letto, a torso nudo, cosicché le lenzuola di seta gli sfiorassero la pelle.

Era una sensazione totalmente rilassante.

Con il sapore di Harry sulle labbra, Severus si addormentò quasi immediatamente mentre alla Torre Grifondoro, il giovane mago faticò a prendere sonno.

Finalmente tutto ciò che aveva semplicemente sognato si era avverato e l’adrenalina aveva cominciato a salire e a diffondersi per tutto il suo corpo. Mentre era nel letto, d’istinto una mano si allungò sul suo comodino e aveva afferrato la foto che tempo prima Severus gli aveva donato.

Sua madre era così bella, sorrideva. Così richiamò l’altra metà della foto e con la bacchetta lanciò un Reparo silenzioso per riattaccarne le estremità.

Finalmente un tassello del suo passato era ritornato al suo posto, e solo allora capì che questi fosse un presupposto necessario per andare avanti. Si sperava, con Severus.

Si addormentò stringendo la foto sul petto e, ancora una volta, si sentì protetto e cullato dalla presenza di Lily.

***

15 AGOSTO 1998

La mattina seguente, Harry si alzò di buon’ora, anche se aveva dormito ben poco quella notte, non riusciva a smettere di pensare agli avvenimenti che si erano verificati la sera precedente.

Mentre tutti dormivano, si lavò e si vestì. Senza far rumore, recuperò la sua Firebolt e si recò di corsa alla Torre di Astronomia.

Il sole cominciava già a sorgere tra le montagne Inglesi, e l’aria frizzante del mattino pizzicava le guance del giovane ragazzo. Non appena fu giunto al punto più alto, Harry inforcò la sua scopa e spiccò il volo. Aveva bisogno di scaricare l’adrenalina accumulatasi e, aveva pensato, nulla avrebbe potuto funzionare meglio di un salto nel vuoto con la sua scopa. Per circa mezz’ora, percorse e ripercorse lo spazio che circondava il castello, passando sul Lago Nero e sorvolando la Foresta Proibita.

Immediatamente, il suo pensiero corse a quella notte in cui aveva creduto di morire… Ripensò a come ogni singolo movimento, impercettibile per gli altri, fosse per lui un rumore assordante: la natura che, in maniera indifferente, continuava a vivere e lui, invece, si stava lanciando tra le braccia della Morte.

Tuttavia, neanche quel pensiero tanto oscuro e triste riuscì a smorzare il senso di pienezza del ragazzo; al contrario, si rese conto di doversi sentire soltanto fortunato, per aver avuto una seconda occasione e per non doverne sprecare neanche un po’.

Alle 07.30 era ormai tornato nel suo Dormitorio e dopo una doccia veloce, scese con i suoi amici a fare colazione.

Con Ron le cose erano tornate ad essere regolari, Harry aveva finalmente notato che il dolore del suo amico aveva cominciato ad alleviarsi. Certo, non sarebbe mai andato via, ma aveva trovato la forza di rialzarsi.

Hermione, dal canto suo, non lo aveva lasciato da solo un attimo ed Harry pensò che non poteva esserci una manifestazione d’amore più concreta.

Andò a sedersi al tavolo dei Grifondoro e cominciò a gustare le pietanze che gli Elfi avevano preparato per loro.

Anche i Professori che erano rimasti a scuola, chi entrando prima e chi più tardi, avevano preso posto.

Mentre mangiava, in maniera del tutto inaspettata, il corridoio della Sala Grande fu attraversato da una figura ammantata di nero… Harry non poteva credere ai suoi occhi: Severus, che da quando si era risvegliato, aveva preferito consumare i pasti nelle sue camere, era appena entrato e si era diretto verso il tavolo degli Insegnanti.

Il suo cuore perse un battito alla vista dell’uomo, il quale, al contrario, non lo aveva degnato di alcuno sguardo particolare.

Harry cercò di dissimulare e così si aggiunse ad un discorso intavolatosi tra Hermione, Ron e Dean.

Non appena Severus si fu seduto al solito posto, tutti i Professori presenti lo salutarono e lo accolsero cordialmente. Trovava tutto estremamente fastidioso.

Finse di essere interessato a tutte le parole che gli furono rivolte, ma il suo pensiero batteva costantemente sul ragazzo.

Cercò di non far cadere mai il proprio sguardo sulla figura del giovane ma approfittava di qualche secondo di tranquillità per poterlo vedere.

Fu una colazione lunga per entrambi. Così vicini eppure così costretti ad essere lontani.

Al termine, Minerva McGranitt si avvicinò al tavolo della sua casa.

« Potter, posso parlarti? » chiese gentilmente.

I ragazzi si voltarono immediatamente.

« Sì Professoressa » rispose Harry, alzandosi.

La maga lo fece allontanare dal tavolo e lo portò con sé in un angolo.

« Questa mattina sono stata contattata dal Ministro Shackelbolt – esordì la donna – ha detto che vorrebbe incontrarti domani al Ministero per discutere dell’udienza che dovrà affrontare il Professor Piton ».

Detto ciò, gli porse la lettera, contenente tutte le informazioni, che aveva ricevuto.

Harry la prese tra le mani e la aprì.

Cara Minerva,

ho ritenuto opportuno contattarti per dirti che finalmente è stata fissata una data per il Processo di Severus.

Per questo motivo, vorrei che informassi Harry e vorrei che gli dicessi che domani avrei necessità di incontrarlo. Purtroppo sono sorte alcune situazioni strane con il Wizengamot ed è per questo che Harry deve essere pronto a qualsiasi evenienza. Lo aspetto domani alle 16.00 nel mio studio privato al Ministero, da solo e sarebbe auspicabile che nessuno, oltre voi due, venisse a conoscenza dell’incontro.

Sicuro della tua gentilezza e della tua tempestività,

                                                                                     Il Ministro, Kingsley Shackelbolt.

« Situazioni strane… col Wizengamot? » chiese Harry più attonito che mai.

« Non ho ricevuto altre informazioni al riguardo, Potter… Soltanto Kingsley potrà renderti più chiare le idee » concluse la donna.

« Conserva la lettera e non farne parola con nessuno… La Metropolvere è a tua disposizione domani » gli disse salutandolo.

Harry rimase interdetto e restò a fissare la lettera ancora per qualche secondo.

Quando abbassò il foglio, notò che ormai quasi tutti avevano lasciato la Sala e soltanto un uomo era rimasto seduto al tavolo degli insegnanti.

Severus aveva intuito che il cambiamento di umore di Harry era dipeso dalla lettera che gli era stata consegnata e restò a guardarlo con un’aria indecifrabile.

Il giovane si accorse dello sguardo che aveva piantato addosso e sollevò i suoi occhi per sostenerlo.

Le sue labbra si incurvarono in un mezzo sorriso, che voleva essere rassicurante.

L’uomo, per tutta risposta, si alzò e si allontanò dal tavolo ma entrambi sapevano che avrebbero trovato un po’ di tempo, quel giorno, da trascorrere insieme.


***

Angolo Autrice

Rieccoci ragazzi, con un nuovo capitolo (si spera un po' più lungo rispetto agli altri)! I nostri eroi preferiti hanno intrapreso finalmente la loro strada ma, non dimenticate, il Processo a cui sarà sottoposto Severus è in arrivo. Altre turbolenze in arrivo? Lo scoprirete solo continuando a leggere! Alla prossima! :)

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Capitolo 19
*** Capitolo XXIX ***


CAPITOLO XIX:

Intorno alle ore 10.00 di quel giorno, Harry si era rintanato in biblioteca per leggere in tutta tranquillità La Gazzetta del Profeta. La lettera che aveva ricevuto da Kingsley Shalckelbolt lo aveva scosso non poco: ancora una volta, temeva di arrivare impreparato ad un incontro che avrebbe richiesto la sua persona al massimo delle sue capacità.

Era questo il motivo che lo aveva spinto ad informarsi quotidianamente delle vicende a cui andava incontro il Mondo Magico, ogni minima cosa poteva divenire essenziale ed utile per Harry quando avrebbe dovuto dare le sue argomentazioni circa la completa scagionatura di Severus.

Lesse attentamente il contenuto di ogni paragrafo ma nessuna notizia era attinente o faceva riferimento al Wizengamot.

Improvvisamente, fece il suo ingresso in Biblioteca anche Hermione, che portava sottobraccio una quantità abnorme di libri.

Non appena il ragazzo la vide, le fece cenno di avvicinarsi e prendere posto vicino a lui.

« Ci siamo dati alla lettura leggera? » disse ironicamente Harry, salutando l’amica.

Hermione sorrise… Potter non aveva idea di quanto quella ragazza potesse leggere, informarsi e apprendere nello stesso tempo.

« E tu? Che stai facendo? » rispose la sua amica, poggiando sul lungo tavolo i suoi libri.

« Mmh, niente – sussurrò il ragazzo, aggiustandosi i capelli e chiudendo finalmente il giornale – stavo dando uno sguardo alla Gazzetta ».

In silenzio, Hermione cominciò ad aprire uno dei suoi libri ed Harry notò che in realtà la ragazza doveva aver preso a leggerli da parecchio. Tra le pagine erano inseriti molti fogli su cui la ragazza aveva annotato delle informazioni aggiuntive.

« Herm, - prese a dire il giovane, - prima che cominci a studiare e ti disturbi, avresti un secondo? »

La ragazza alzò il proprio sguardo sull’amico.

« Certo, vuoi uscire da qui? » gli chiese.

« Oh no – rispose Harry, - credo che proprio questo posto ci fornisca la riservatezza più assoluta »

Hermione capì che si trattava di una cosa veramente importante, effettivamente in biblioteca non avrebbero corso il rischio di farsi sentire da nessuno.

Così il ragazzo si fece più vicino all’amica, la quale chiuse i libri e li spostò in un angolo.

« Ieri sera, ho ricevuto una lettera – esordì il giovane mago, - me l’ha spedita l’ultima persona che avrei mai potuto immaginare ».

Hermione prese a fissarlo intensamente.

« Che aspetti, dimmi chi è! » rispose dopo qualche secondo, tirando un pugno sul braccio del ragazzo.

Harry sorrise, adorava tenere Hermione sulle spine.

« Severus », rispose secco.

La ragazza sgranò gli occhi.

« Cos-… Davvero?!» chiese dopo qualche secondo.

Harry la guardò e sorrise, era stata la sua stessa reazione quando aveva guardato la grafia della lettera.

« Sì, ieri sera ha voluto incontrarmi – proseguì – era chiaro che volesse parlarmi di ciò che era accaduto qualche sera fa »

« Sei andato? » chiese concitata la ragazza.

« Beh, sì… Insomma, mi ha preceduto sul tempo… Anche io avevo intenzione di incontrarlo, anche se i miei propositi a quel punto erano totalmente cambiati » rispose il ragazzo, passandosi una mano fra i capelli.

« Spiegati » controbatté Hermione, presa dalla storia.

« Io avevo intenzione di dirgli che era stato tutto uno sbaglio, e che avrei capito se avesse voluto porre fine a qualsiasi tipo di incontro che sarebbe potuto verificarsi tra di noi… Non nascondiamocelo: anche l’omosessualità era un’incognita, io stesso non credevo di poter provare determinati sentimenti, figuriamoci se poi avessi le idee chiare su Piton »

Il ragazzo si coprì per qualche secondo le mani sul volto.

« E poi? » gli fece eco Hermione.

« Così l’ho aspettato alla Rimessa delle Barche, come mi aveva specificato nella lettera. Herm, è stata una delle cose più complicate e al tempo stesso più semplici della mia vita. E’ arrivato dopo qualche minuto, ed era lì. Gli ho detto tutto quello che pensavo e quello che avevo intenzione di fare: troncare e dimenticarci di questa storia. E poi… Poi, mi ha baciato » concluse Harry, con un sorriso raggiante sul volto.

« Oh mio Dio, - disse Hermione – sei serio? » gli chiese sbigottita.

« Mai stato più serio di così » rispose il ragazzo.

« Harry ma…. E’ assolutamente incredibile! » disse la maga, scattando in piedi per la contentezza.

« E adesso… voglio dire… che avete deciso? » chiese cercando di essere il più discreta possibile.

« Non abbiamo esattamente definito questo punto » rispose Harry, continuando a sorridere.

« Uomini… » rispose Hermione, riprendendo a sedersi e roteando gli occhi, con fare falsamente scocciato.

« Beh, adesso è meglio che vada » disse Harry, alzandosi e prendendo con sé la Gazzetta.

« D’accordo » rispose Hermione, sorridendo al suo amico.

Harry passò dietro la schiena di Hermione, e si sentì prendersi per il braccio.

« Ti voglio bene, Harry » gli disse la maga e, sempre col sorriso stampato sul volto, si girò verso i libri, lasciando che il suo amico andasse via.

***

Il tempo trascorse velocemente, e in men che non si dicesse, si fece ora di pranzo.

Harry, preso dalle varie ricerche, ritenne più opportuno farsi spedire il cibo in camera, così non si fece vedere in Sala Grande.

Si rese conto, purtroppo, che probabilmente le cose di cui avrebbe parlato con il Ministro l’indomani dovevano essere top secret, dal momento che, neppure su altri Giornali Magici, il Wizengamot aveva fatto notizia.

In realtà, notò anche che, a dispetto di quanto aveva pensato, i giornalisti non avevano fatto menzione in nessun articolo e in nessun trafiletto del Processo che, di lì a pochi giorni, si sarebbe verificato.

Eppure – pensò – Rita Skeeter lo aveva deluso. Neppure dalla sua penna erano scaturite le notizie false e tendenziose che, in genere, era solita pubblicare.

Ritenne, ad ogni modo, che forse le cose stavano meglio così: diventava difficile ragionare e non perdere il senno, quando veniva pressato e controllato dalla cronaca insistente.

Ed era più semplice fare un passo falso.

Quando Kreacher entrò, un profumo invase la stanza.

Dopo averlo ringraziato, Harry si fiondò sui piatti e cominciò a mangiare di gusto.

Ad un tratto, un gufo entrò dalla finestra che il ragazzo aveva lasciato aperta.

Era lo stesso gufo che aveva visto qualche sera fa e, immediatamente, riconobbe la grafia del biglietto che stringeva tra le zampe.

 

Non ti ho visto oggi a pranzo, spero non sia successo nulla di grave.

Tuttavia, questo pomeriggio non sono oberato da alcun impegno, e potrei assecondare l’idea che ho di fare una passeggiata rilassante ai confini del Castello, in direzione della capanna di Hagrid.

Se non sei morto, o se il tuo spirito ne ha piacere, potrei aspettarti lì intorno alle 16.30.

S.P.

 

Ad Harry scappò inevitabilmente un sorriso.

Seppure Severus avesse usato una terminologia non propriamente tenera, era innegabile che, in realtà, l’uomo avesse parlato con il tono più dolce che gli era possibile.

Per chiunque sarebbe stato un semplice biglietto come tanti, ma per il ragazzo tanto bastò a cacciar via i pensieri e le ansie che lo avevano tenuto in pugno da quella mattina.

Non sapeva come si sarebbe comportato una volta incontrato Severus ma, in fin dei conti, non gli importava. Quell’invito, per lui, aveva un grande significato.

Finalmente, Severus aveva deciso di abbassare le sue difese per permettergli di entrare nella sua vita quotidiana. Non era un punto di arrivo, certo, ma era un passo in avanti per giungere, un giorno, alla meta.

Decise di non rispondere, avrebbe tenuto il Professore sulle spine fino al momento del suo arrivo.

Quando ebbe finito di riordinare nel Dormitorio, andò immediatamente in bagno per fare una doccia rilassante.

Aveva bisogno di distendere i propri nervi, cosa che fu difficile, dal momento che l’eccitazione e l’ansia per l’incontro con l’uomo avevano cominciato a farsi sentire.

Percepì sulle proprie labbra il sapore dell’uomo, che la sera prima aveva assaggiato.

Si toccò istintivamente la bocca e un moto di felicità lo travolse.

Trascorse una buona mezz’ora a farsi cullare dall’acqua della vasca.

Probabilmente, si rilassò a tal punto da addormentarsi quasi.

Quando finalmente decise di alzarsi, la sua pelle era diventata tutta rattrappita e l’acqua era ormai diventata fredda. Asciugò il proprio corpo e lasciò che i capelli restassero umidi.

Tornato in camera, indossò un paio di jeans scuri con delle Sneakers e una t-shirt color verde smeraldo.

Grazie al riflesso della maglietta, i suoi occhi sembrarono essere più smeraldini e brillanti del solito.

Trafugò nel suo Baule ed estrasse del Gel Babbano che, spremuto sulla mano, passò leggermente tra i capelli.

Si guardò allo specchio e pensò che la sua chioma non era mai stata tanto ordinata.

Tuttavia, l’orario dell’appuntamento era ancora lontano, così decise di passare negli studi del Dottor Jones per dargli un saluto. Da quando Severus era ritornato in condizioni ottimali, Harry e Nate avevano smesso di incontrarsi quotidianamente.

Uscito dal dormitorio, scese le scale e, dopo aver pronunciato una parola d’ordine, si infiltrò nel passaggio segreto che era celato da un quadro.

Immediatamente, si ritrovò nei corridoi dell’Infermeria, e svoltato l’angolo fu davanti alla porta di Nate.

Bussò con discrezione e notò con sorpresa che, in realtà, la porta era già aperta.

« Nate… Sei qui?» chiese con fare circospetto.

Harry udì alcuni rumori provenire dall’interno ma decise di restare nell’ingresso.

Dopo qualche secondo, sentì dei passi avvicinarsi.

« Harry, sei tu? – chiese una voce dal fondo della stanza – sono in camera mia, entra pure! »

Il giovane mago raggiunse il Medico, oltre la porta che li divideva.

« Ehi Harry, che piacere rivederti! » lo salutò il Dottor Jones, porgendogli la mano, sorridendo.

« Anch’io sono molto contento di rivederti, Nate » rispose il ragazzo, stringendo la mano del Medico.

Harry notò che la stanza era quasi completamente spoglia: non c’erano più i libri sugli scaffali, l’armadio era completamente svuotato e anche gli oggetti usati per controllare i valori di Severus erano ormai spariti dal tavolo e dalla scrivania.

« Sei capitato al momento giusto – prese a dirgli il Dottore – questa sera sarei venuto da te per parlarti di persona ».

« Che succede? » chiese il giovane mago.

« Beh, ecco, dal momento che il mio lavoro qui è terminato, ho deciso di andare a Londra. Terrò un corso al St. Thomas’ Hospital, al Westminister Bridge Road. Sono stato richiesto per parlare agli studenti di Medicina dell’importanza dell’introduzione di tecniche chirurgiche avanzate e alternative. Credo sia un’ottima opportunità per sperimentare nuovi macchinari babbani e, chissà, un giorno perfezionarli a tal punto da poterli vedere utilizzati anche nel Mondo Magico » rispose l’uomo.

« Mi cogli alla sprovvista, davvero – prese a dire il ragazzo – insomma, ero convinto che saresti rimasto qui ancora per un bel po’ »

« Purtroppo e per fortuna, il dovere mi chiama altrove » controbatté il Medico.

« Ad ogni modo, Harry, vorrei che tu sapessi che sei stato uno degli assistenti migliori che mi potessero capitare. Voglio veramente complimentarmi con te » disse ancora Nate.

« Non ho fatto nulla di particolarmente complicato… » rispose sincero il giovane mago.

« Sono la determinazione e l’attenzione al paziente che rendono il Medico, un grande Medico. Molto più di ciò che tecnicamente facciamo. Ricordalo Harry. Oh, a proposito - disse Jones, allontanandosi da Harry e andando a frugare tra le ultime cose che aveva lasciato al di fuori dei suoi bauli, - voglio che questa l’abbia tu ».

E gli porse una penna stilografica dall’aria molto antica.

Era di un nero lucido, alla cui sommità era posta una stella bianca. E tutte le rifiniture erano d’argento.

« Apparteneva a mio padre, era un Medico anche lui. Me l’ha regalata il giorno del mio primo anno di Università. Mi ha portato fortuna » spiegò il Dottore.

Harry fissò la penna, tra le dita dell’uomo.

« No, Nate, non posso accettare, davvero » rispose, facendo un passo indietro.

« E’ solo il mio personale augurio per il tuo futuro. Spero che con questa tu possa apporre la tua firma a tutti i successi che, col tempo, collezionerai » concluse Nate Jones, ponendogli la penna tra le mani.

« Adesso, è arrivato il momento che io vada, ciao Harry, spero di incontrarti ancora », gli disse salutando il ragazzo.

« Abbi cura di te, Nate. Ci rivedremo presto ».

E, dopo aver spostato tutti i suoi effetti personali nel camino, Nate Jones scomparve tra alte fiamme di colore verde.

Harry uscì lentamente dalle stanze di Nate e ne chiuse accuratamente la porta.

Come posizione si trovava nelle vicinanze del Ponte di Legno. Una volta attraversato si sarebbe trovato nei pressi della capanna di Hagrid.

L’orologio batteva le 16.10, così decise di incamminarsi senza fretta verso la sua destinazione.

Il sole – pensò Harry, mentre camminava, - in quel momento era veramente molto caldo. Non era, però, un calore asfissiante o afoso. Tutt’altro: sembrava ridonare vita a tutto ciò su cui la luce si posasse.

La leggera brezza che si levava tra le montagne, sfiorava e accarezzava il viso del ragazzo. Sebbene l’estate fosse al termine, Harry non era mai stato più felice di così. Stava iniziando a vivere per davvero, e il suo futuro non gli sembrava più così lontano ed inarrivabile.

Quando giunse sulla cima della collina, ai cui piedi si trovava la Capanna del Guardiacaccia, notò che effettivamente il Mezzogigante doveva essere in casa, dal momento che, dal suo camino, fuoriusciva una grande quantità di fumo.

Sperò tuttavia di non essere visto. Non che ormai fosse inusuale vedere Harry e il Professor Piton trascorrere del tempo insieme, ma mai erano rimasti insieme, da soli, al di fuori delle mura scolastiche.

Lentamente, discese la collina e cercò di camminare il più possibile sotto l’ombra degli alberi.

Ad un tratto udì un rumore e si immobilizzò sul posto.

Aveva i sensi in allerta, poteva essere tanto una persona, quanto un animale selvatico.

In maniera quasi impercettibile, fece scivolare la propria mano sul retro dei pantaloni per afferrare la propria bacchetta.

Immediatamente, la mano gli fu bloccata.

« Stai andando da qualche parte, Potter? »

Harry fu scosso da un fremito.

La voce calda di Severus lo avvolse completamente.

« Sì, ho un caso clinico che mi aspetta » rispose, senza muovere un muscolo.

Severus sorrise, ma Harry non lo vide.

« Un caso clinico, eh..? » rispose, inarcando ancora di più il braccio del ragazzo dietro la schiena.

Nel momento in cui Harry stava per emettere un grido di dolore, l’altra mano di Severus gli tappò letteralmente la bocca. In un attimo, praticamente, il giovane si trovò stretto in una sorta di abbraccio.

Il profumo dell’uomo assalì il ragazzo che, dopo qualche secondo di esitazione, rilassò i propri muscoli e si staccò dal corpo del Professore.

« I riflessi di un bradipo » disse Severus, non appena il giovane si fu girato.

« Il bradipo qui presente non si aspettava di essere assalito » rispose il ragazzo, reggendo una finta aria di sfida.

Severus lo guardò. Lo trovava affascinante. Si rese conto, proprio in quegli attimi, che mai aveva osservato così da vicino Harry Potter.

Anzi, in passato, a causa di sguardi superficiali, aveva innegabilmente odiato quei tratti che tanto gli ricordavano il volto di James. Adesso, invece, aveva notato quanto in realtà fosse diverso rispetto al padre.

E, si accorse anche del fatto che, sebbene fossero tanto simili a quelli di sua madre, i suoi occhi erano bellissimi in quanto unici al mondo.

Harry notò che l’uomo lo stava osservando attentamente, e le sue gote diventarono rosse mano a mano.

Non appena Severus ebbe notato quel particolare gesto di timidezza, non riuscì a trattenersi oltre. E con una dolcezza mista ad urgenza, accarezzò delicatamente il volto del ragazzo e vi posò un lungo ed intenso bacio.

Harry ricambiò immediatamente. Sebbene la situazione fosse cominciata a cambiare da pochissime ore, constatò che di momenti imbarazzanti, fatti di silenzi o occhiate fugaci, non se ne erano verificati.

Laddove le parole cominciavano a mancare, si risvegliavano i cinque sensi che davano il via alle azioni.

Il giovane dischiuse le labbra, segnale che permise a Severus di trattenerlo ancora di più vicino al proprio corpo.

Harry fece salire le proprie mani fino ai capelli dell’uomo. Erano morbidi e, se fosse dipeso da lui, sarebbe potuto restare in quella posizione anche per delle ore.

Per qualche minuto, Harry dimenticò completamente dell’appuntamento del giorno seguente. Quando era con Severus, riusciva a sentirsi completo.

Non aveva bisogno di certezze, la sua unica certezza era che l’uomo era al suo fianco. Come aveva fatto in passato, nell’ombra e nel silenzio, adesso poteva farlo in maniera diversa. Il giovane Grifondoro si sarebbe battuto fino alla fine per riscattarlo e vivere così alla luce del sole.

Voleva essere libero. E voleva che Severus lo fosse con lui.

Le loro bocche si staccarono per prendere fiato.

« Direi che i riflessi del bradipo non siano poi così lenti » frecciò Harry, sorridendo appena.

« Evidentemente dipende dalle situazioni. Credo che anche i bradipi diventino reattivi se desiderano raggiungere qualcosa che li attira » rispose Severus, con saccenza.

Harry lasciò andare le mani dai capelli del Professore e cominciò a ridere sonoramente.

« E cosa, di grazia, dovrebbe attirarmi tanto da rendermi così reattivo? » chiese, con le lacrime agli occhi.

« Il senso dell’ignoto – rispose l’uomo, - che in alcuni casi, ed ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale, diventa senso del buon gusto »

Harry non riuscì a trattenere un sorriso. Quell’uomo sapeva essere perfido. Sapeva come riuscire a volgere qualsiasi situazione a proprio favore. Era stato lui a baciarlo per primo, il ragazzo si era limitato a rispondere. Eppure per Severus, tra i due, quello che non era riuscito a contenersi era stato il giovane.

« Bene, - disse l’uomo interrompendo i pensieri del ragazzo, - dopo aver abbondantemente disquisito circa le abitudini di determinati animali, credo sia giunto il momento di andare via »

Harry annuì, e diede una sistemata ai propri vestiti. Severus, dal canto suo, lo prese per mano e, camminando tra gli alberi, lo condusse ai confini di Hogwarts.

Il giovane non oppose resistenza, né chiese ulteriori spiegazioni. Si lasciò semplicemente guidare da Severus.

L’uomo non mollò la presa e non appena furono al di fuori del perimetro magico che proteggeva l’area del Castello, strinse più forte la mano del ragazzo e si Smaterializzarono.

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Capitolo 20
*** Capitolo XX ***


CAPITOLO XX:

Quando riaprì gli occhi, Harry rimase senza fiato. Non aveva la minima idea di dove si trovasse in quel momento, ma si erano appena Materializzati lungo le rive di un lago immenso.

Severus lasciò per un momento che la brezza del luogo gli accarezzasse il viso

« Vieni » disse ad Harry dopo qualche attimo.

Il ragazzo lo seguì senza esitare.

Severus non gli aveva lasciato la mano nemmeno per un momento.

Salirono lungo un piccolo colle, dal quale la visuale del lago era ancora migliore.

Si avvicinarono man mano ad un vecchio rudere. Sembrava essere una casupola fatta di pietra. Aveva ormai perso la forma che doveva avere all’inizio, dal momento che, sulla parte superiore, era completamente ricoperta di muschio e di erba.

Sulla soglia della costruzione, Severus lasciò andare la mano di Harry.

Impugnò la bacchetta e, dopo aver lanciato un incantesimo silenzioso, si voltò verso il ragazzo.

« Non lasciarti impressionare, entra pure » gli disse.

Quando Harry oltrepassò la soglia, si accorse che in realtà la casa non era poi così piccola: c’erano svariate stanze e un salone interno veramente spazioso.

Non appena il ragazzo si fu richiuso la porta alle spalle, ebbe l’impressione di essere tornato a Shell Cottage. Un brivido gli avvolse la schiena: il loro arrivo a casa di Bill e Fleur si era rivelato tutt’altro che piacevole. In quegli istanti – ricordò, - Dobby aveva appena sacrificato la propria vita per proteggere il suo amico, Harry Potter.

Severus, dal canto suo, si era accorto che Harry in realtà era immerso in ben altri pensieri: non volle sembrare invadente, così si diresse in cucina per preparare un buon thé.

L’abitazione, effettivamente, ricordava e riprendeva gli elementi dell’arredamento tipico delle case che sorgevano sulle spiagge.

Era ricca di mobili in paglia, la tappezzeria andava dalle sfumature grigie a quelle più azzurre, le pareti erano rivestite da pietra viva e ampie finestre si aprivano esattamente sul lago.

Sebbene non avesse mai sentito nominare quel posto, la casa non aveva l’aria di essere stata disabitata per troppo tempo. Anzi, - notò il giovane, - in realtà sembrava essere sempre in attesa che qualcuno ritornasse. Lo dimostravano, ad esempio, le bottiglie di Whiskey Incendiario, vuote a metà, che erano poste in un angolo, le stoviglie che, sul piano cottura, erano state poggiate dopo averle lavate e, per quanto fosse possibile senza l’intervento umano, non vi erano tracce di polvere che facessero presumere il disuso e la conseguente trascuratezza del posto.

Senza indugiare oltre, raggiunse Severus nella stanza accanto.

« Tutto bene? », chiese l’uomo che aveva udito l’altro arrivare.

« Io… Sì, tutto okay » rispose Harry, abbandonando l’aria trasognata.

Severus era di spalle, rivolto verso i fornelli, e Harry notò quanto quel mantello, che l’uomo era solito indossare, non lasciasse trasparire neanche un po’ della bellezza del suo corpo.

D’altra parte, al Professore non sfuggì l’improvviso silenzio che era calato nuovamente nella stanza e sentì gli occhi del ragazzo perforargli la schiena.

Fu in quel momento che la teiera prese a fischiare, così Severus afferrò due tazze che si trovavano lì vicino e versò con molta attenzione il thé.

Harry, nel frattempo si era seduto al tavolo di legno, e Severus lo raggiunse con in mano il vassoio.

« Prendi », esordì l’uomo, progendo la tazza al ragazzo.

« Grazie », rispose il giovane, sorridendogli.

Sorseggiarono per qualche secondo la sostanza bollente, ognuno immerso nei propri pensieri.

« E’ una casa veramente spettacolare, - disse Harry, fendendo il silenzio che si era creato – non avevo mai visto questo posto ».

Severus posò la propria tazza nel vassoio.

« In realtà, è un posto che non conosce nessuno »  rispose l’uomo.

« Venivo qui da ragazzo, quando mia madre mi ha lasciato » prese a dire Severus.

Harry puntò i propri occhi su quelli dell’altro.

« Ci troviamo nelle Highlands Scozzesi, - spiegò, - più precisamente a Strathaird. In quest’isola non vive praticamente anima viva. L’unica testimonianza di vita umana è simboleggiata da questo forte, il Dun Ringill, che era stato abbandonato. L’ho ristrutturato e con un incantesimo di Disillusione, ho lasciato che non mutasse l’aspetto diroccato e fatiscente originario. Da quando ero ragazzo, venivo qui tutte le volte in cui i corsi ad Hogwarts si concludevano. E ho continuato a farlo fino ad ora », disse alzandosi dalla sedia e andando a posizionarsi verso le finestre.

Harry seguì, in silenzio il movimento dell’uomo.

« Per me è un rifugio. Quando il Signore Oscuro era in vita e i Mangiamorte avevano necessità di trovarmi per convocarmi al suo cospetto, lasciavo che venissero a Spinner’s End. La mia vecchia e orribile casa. Era un luogo fittizio dove far credere che avessi stabilito il mio domicilio » aggiunse il Professore.

« Sei tu il primo, oltre me, ad essere arrivato qui », concluse Severus.

Il primo.

Quelle due semplici parole, bastarono perché le gote di Harry si colorassero di rosso.

E come se fosse la cosa più naturale da fare in quel momento, il ragazzo si alzò e cinse con le proprie braccia l’addome dell’uomo.

Severus rimase impietrito a primo impatto con quel tipo di contatto. Ma dopo qualche secondo, si lasciò andare e con le mani, sfiorò le braccia dell’altro.

Harry fu invaso dal profumo di Severus. Un profumo che sapeva di Mare e di Assenzio.

Ad ogni boccata d’aria che inspirava, sentiva l’odore dell’uomo entrargli in circolo nelle vene.

Facendo aderire la schiena dell’altro al suo corpo, i capelli neri e lunghi del Professore gli solleticavano le guance.

Restò per qualche istante a drogarsi della presenza dell’altro.

Poi lentamente allentò la presa delle proprie braccia, permettendo all’uomo di girarsi.

Si trovarono faccia a faccia, e a Severus mancò quasi il fiato quando vide dinnanzi a sé Harry con le gote arrossate e gli occhi che splendevano più verdi che mai.

In quel preciso istante, il giovane fece salire le proprie mani sulla nuca dell’uomo, attorcigliando le proprie dita intorno alle ciocche corvine.

E, come spinto da un’urgenza impellente, avvicinò il proprio viso a quello dell’altro.

Le labbra erano ad una vicinanza pericolosa, e l’odore di Severus era divenuto più forte che mai.

« Credo di non aver mai visto un posto più bello », sussurrò Harry sulla bocca del Professore.

Infine, poggiò le labbra su quelle dell’altro.

Severus dischiuse immediatamente la propria bocca e tirò più vicino a sé il corpo dell’altro.  

Sembrò come se quel tipo di contatto non fosse mai abbastanza.

Harry prese ad accarezzare le guance ruvide dell’uomo che, alla vista di quel tocco così delicato, non riuscì a non trattenere un sorriso.

Si allontanò dal volto del giovane solo per riprendere fiato e perdersi in quegli occhi in cui non aveva mai smesso di sprofondare, da quando le cose erano divenute più chiare.

Appose un ultimo bacio a fior di labbra e lentamente si staccò da Harry, che rispose al suo sorriso.

« Ad ogni modo, - prese a parlare Severus, - ti avevo promesso una passeggiata… che ne dici di uscire da qui? »

« Ne sarei felice », rispose il ragazzo, allontanandosi dal corpo dell’altro.

Così, Severus ed Harry uscirono dalla casa e si avviarono verso le rive di quel Lago spettacolare.

Camminarono per qualche metro, l’uno vicino all’altro, con le spalle e le braccia che ogni tanto si sfioravano.

Giunsero poi in una zona in cui le acque del lago avevano creato una vera e propria conca, e Severus condusse il giovane proprio in quel punto.

Non appena l’uomo si fu seduto su una delle rocce che erano lì presenti, il ragazzo fece lo stesso.

« E’ triste », sussurrò Harry, quasi come se stesse pensando ad alta voce.

« Cosa? » chiese Severus, stupito da quella affermazione.

Harry sfiorò la mano dell’uomo.

« E’ triste che nessuno possa godere della vista di un posto così bello » rispose il ragazzo, chiudendo gli occhi.

Il sole stava per cominciare a tramontare e, tutto intorno, l’aria si era tinta di rosa e di viola. Sembrava una scena surreale: come se fosse stata trapiantata al di fuori di qualsiasi spazio.

I raggi del sole scolpirono ancora di più i lineamenti del giovane, evidenziando, come se il solco non fosse già abbastanza profondo, la linea della cicatrice a forma di saetta.

Severus sfiorò con le dita la fronte.

« Noi possiamo » gli rispose l’uomo quasi con un sussurro.

E sorrise di nuovo, anche se Harry non poteva vederlo.

***

Quando tornarono ad Hogwarts era ormai sera, la cena doveva essere già stata servita e solo pochi studenti erano rimasti in Sala Grande.

Harry era felicissimo: quel pomeriggio, Severus gli aveva mostrato una parte di sé che il ragazzo ancora faticava a riconoscere. Aveva capito che ciò che gli si era parato dinnanzi agli occhi aveva un significato molto più grande di quello che Severus si era limitato a raccontare. Chissà quante volte l’uomo era scappato lì quando sua madre era venuta a mancare, o quante notti era stato costretto a rifugiarsi lontano da tutti per non essere intercettato dai Mangiamorte che, d’altro canto, non avrebbero esitato un attimo per torturarlo se avesse commesso qualche errore.

Al ragazzo era sembrato di entrare nell’intimità del Professore. Era bastato questo per rendere Harry più felice che mai.

Tuttavia, un pensiero fisso gli ronzava nella testa e non aveva smesso nemmeno per un momento di tormentarlo. Un’ansia inspiegabile aveva preso a martellargli nel petto: dato l’incontro imminente con Kingsley, il processo, ormai vicinissimo, stava cominciando a diventare una realtà più concreta. E se non fosse stato all’altezza di difenderlo? Se si fosse dimostrato insicuro e non avesse saputo argomentare sul perché Severus doveva essere dichiarato innocente, sicuramente le probabilità di condanna per l’uomo sarebbero aumentate. Nei mesi che erano trascorsi per prendersi cura del Professore, Harry aveva fatto visita più volte al Ministro e, insieme, avevano cercato di fornire prove che potessero scagionare nell’immediato Severus. Kingsley si fidava ciecamente di Harry e quando, appunto, il ragazzo gli aveva chiesto di non portare il Pozionista ad Azkaban appena avevano ritrovato il corpo, Shackelbolt si era mostrato accondiscendete alla richiesta.

Era stato grazie ad Harry se Severus aveva ottenuto un processo: viste le circostanze, se qualcun altro avesse dovuto decidere in materia, sicuramente Severus non avrebbe più visto la luce del sole e sarebbe stato rinchiuso ad Azkaban non appena il corpo fosse stato ritrovato.

Mentre percorrevano il sentiero che portava al castello, Severus notò il cambiamento di umore del ragazzo, dal momento che all’improvviso era diventato taciturno e pensieroso.

« Se continui a pensare così tanto, il tuo cervello rischia di andare a fuoco » gli disse sarcastico, fendendo il silenzio con la sua voce.

« Stai forse insinuando che il mio cervello venga usato generalmente poco? » rispose Harry, fintamente risentito.

« Non è un’insinuazione, è un dato di fatto, Potter » controbatté Severus, con un tono profondo. Sembrava la parodia di sé stesso, in quel momento.

« Se le do del bastardo, c’è la possibilità per cui la mia casa possa perdere punti ancor prima che inizi la scuola, professore? » chiese Harry, con l’aria ingenua di una volpe.

« Non solo, con ogni probabilità sarà punito fino al prossimo anno. Tutte le sere, nel mio ufficio » rispose l’uomo, sventolando gli abiti.

Harry si fece vicino alla spalla dell’uomo, e gli sfiorò il braccio.

« Allora forse dovrò insultarla più spesso » gli sussurrò all’orecchio.

« A suo rischio e pericolo, Potter » concluse Severus, continuando a camminare.

Quando giunsero nell’atrio del castello, Harry si fermò sullo stesso punto in cui, qualche sera prima, aveva baciato Severus per la prima volta.

« Grazie per oggi », disse Harry diretto, sfiorando una mano dell’uomo.

Severus lo fissò negli occhi, erano di un verde profondissimo.

« Non credo di seguirti » gli rispose, sinceramente confuso.

« Apprezzo la fiducia che finalmente hai riposto nei miei confronti, sono contento che tu mi abbia mostrato la casa in cui probabilmente hai dovuto affrontare tanti momenti difficili da solo » asserì il ragazzo, non riuscendo però a sostenere lo sguardo del Professore.

Severus gli prese delicatamente il mento con la mano destra.

« Forse è arrivato il momento di non usare più quella casa da solo, è un posto troppo bello per essere sprecato dalla solitudine… » rispose l’uomo, più serio che mai.

Un lieve sorriso incurvò le labbra di Harry e quel dettaglio non sfuggì all’occhio vigile di Severus che non aveva smesso di fissarlo neanche per un secondo.

L’uomo azzerò la distanza fra i loro corpi e appose un delicato bacio sulle labbra del ragazzo che, immediatamente, rispose al tocco.

« Buonanotte » gli sussurrò Severus, con le labbra ancora vicinissime a quelle del giovane.

« Buonanotte » rispose il ragazzo, mentre l’uomo si era leggermente distaccato.

E con lo sguardo ancora inchiodato sulla schiena del Professore che, velocemente, aveva preso a scendere per le scale che conducevano ai sotterranei, Harry salì per raggiungere il proprio Dormitorio, con il cuore che gli scoppiava per quei sentimenti così contrastanti.

 

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Capitolo 21
*** Capitolo XXI ***


CAPITOLO XXI:

16 AGOSTO

Quella notte, Harry non riusciva a prendere sonno: era felice per la giornata passata con Severus ma quella certa ansia che aveva cominciato ad avvertire, stava crescendo sempre di più.

Se prima aveva intenzione di salvare il Professore poiché aveva riconosciuto i suoi sacrifici, adesso era convinto e spronato più che mai a non mollare… cosa avrebbe fatto se Severus fosse stato condannato?

Avrebbe dovuto rinunciare alla parte migliore di sé, quella che aveva cominciato ad apprezzare, quella che finalmente aveva cominciato ad accettare l’idea che un po’ di felicità spettasse anche a lui.

Poteva sembrare un discorso puramente egoistico quello di non voler lasciare andare Severus “solo perché in questo modo Harry non sarebbe stato felice”. Era tutt’altro.

Con Severus, il ragazzo stava sentendo più possibile l’idea di poter cominciare una nuova vita e l’uomo era diventato parte fondamentale del suo essere.

In così poco tempo – pensò.

Ma, alla fine, c’era da rendersi conto che il loro legame non aveva avuto inizio in quei pochi mesi: in una forma diversa, era nato e si era sviluppato nei sette lunghi anni precedenti.

Quando finalmente chiuse gli occhi, era ormai notte fonda e un sonno pesante lo avvolse tra le sue braccia.

***

Il mattino seguente, Harry si alzò quasi prestissimo: sebbene avesse dormito per poco, non accusava alcun sintomo di stanchezza.

Sapeva che qualcuno era solito a svegliarsi a quella stessa ora ed era per quello che si vestì in fretta e scese a perdifiato verso la Sala Grande.

La trovò lì, china sullo stesso libro che aveva visto il giorno precedente: Hermione Granger che tra un morso di ciambella e l’altro, sfogliava attentamente le pagine di carta.

Era tanto assorta nei suoi pensieri da non sentire l’arrivo del suo amico.

« Buongiorno » esordì Harry, prendendo posto sulla panca di fronte alla ragazza.

Hermione spostò velocemente lo sguardo dal tomo e lo posò su quello del giovane mago.

« Ciao Harry! – esclamò, chiudendo il libro, - cosa ci fai in piedi a quest’ora?»

Harry si versò del succo di zucca in un bicchiere e sorrise.

« Ero sicuro di trovarti qui… Ho bisogno di parlarti » concluse il ragazzo.

Hermione notò il cambio di umore che era riflesso nei suoi occhi, il suo amico era visibilmente preoccupato.

« Così mi spaventi, che succede? » chiese la ragazza.

« Beh, ecco… Si tratta di una cosa assolutamente riservata ma ho bisogno di parlarne con te. Ti prego di non farne parola con nessuno » le sussurrò.

« Non devi proprio preoccupartene » rispose Hermione sincerissima.

Harry sapeva di poter rivelare ad Hermione anche il segreto più oscuro e nessuno ne sarebbe mai venuto a conoscenza.

« Ho ricevuto una lettera da Kingsley Shackelbolt. E’ stata fissata una data per il Processo » cominciò a dire.

« Quando si terrà? » gli domandò Hermione, fissandolo.

« Non lo ha indicato. Ha detto che oggi vuole incontrarmi… si sono verificate delle situazioni strane con il Wizengamot  » rispose il ragazzo.

« Situazioni strane? Che vuol dire? » chiese la maga, confusa.

« E’ quello che vorrei capire…  Sia ieri che oggi, ho cercato sui giornali notizie che potessero fare riferimento alla cosa ma.. niente. Non si sa niente del Processo e non si sa niente di queste altre circostanze » concluse Harry con voce tremante.

Hermione gli prese una mano.

« Devi stare tranquillo, Harry. Sarà di sicuro qualche problema di carattere burocratico, non devi temere. Kingsley è dalla tua parte, non permetterà che a Severus venga fatto del male o che gli venga negata la giustizia che merita. E non devi sottovalutarti, hai salvato il Mondo Magico… »

« Non l’ho fatto da solo – le disse interrompendola – non ero solo ».

« Nemmeno noi.. c’eri tu e tu hai posto fine a quella maledetta storia: hai più qualità di quante tu possa pensare di averne. Lo sa anche Severus », concluse la ragazza 

Il giovane si passò una mano tra i capelli. Avrebbe tanto voluto, in quel momento, vedersi con gli stessi occhi con cui lo guardava Hermione: senza paura e con un miliardo di qualità che a lui, invece, erano passate inosservate.

« Vuoi che ti accompagni? - chiese la sua amica, interrompendo il flusso di pensieri di Harry, - immagino sia un incontro a porte chiuse ma se ne senti il bisogno posso accompagnarti al Ministero e poi andare via, senza farmi notare »

« No Herm, ti ringrazio. Posso farcela da solo, avevo solo bisogno di parlarne con te. Mi sento meno nervoso adesso » affermò Harry risoluto.

« Va bene, ma mi raccomando, tienimi al corrente di tutto, - gli rispose la ragazza alzandosi e prendendo il libro tra le mani, - adesso devo andare, Ron mi aspetta per andare al Lago Nero ».

Harry sorrise, era contentissimo per loro.

***

Dopo aver lasciato la sala grande, Harry cominciò a passeggiare per i corridoi, fino ad arrivare al Cortile di Trasfigurazione: aveva bisogno di non pensare più, e lasciò che il sole gli accarezzasse la pelle.

Si era praticamente disteso su una panca di pietra e aveva chiuso gli occhi per rilassare i nervi. In quel momento udiva soltanto il frusciare del vento tra l’erba e la cantilena provocata dal cinguettio di qualche strano uccello. Tuttavia, riuscì a distinguere nettamente dei passi leggeri sul pavimento piastrellato.

Girò lentamente la testa e con la coda dell’occhio, vide Severus, che indossava una camicia bianca e dei pantaloni neri, appoggiato con la spalla ad una colonna.

Harry si alzò e, senza fretta, si avvicinò all’uomo.

« Guarda che prendere un po’ di sole non ti farebbe affatto male » prese a dire il ragazzo, provocando il Professore.

« La pelle di colore chiaro è caratteristica dei ceti nobili, non te l’aveva mai detto nessuno, Potter?, – rispose l’uomo con tutta tranquillità – e poi, visto l’effetto che il sole ha su di te, non vorrei rischiare di diventare una testa di legno »

Harry sbuffò, e gli rifilò un’occhiataccia che non incuteva affatto timore. Anzi, a quella visione, sul volto di Severus si dipinse un mezzo sorriso.

Era bello quanto raro – pensò il ragazzo.

« Oggi avrei delle commissioni da sbrigare a Diagon Alley, ti andrebbe di accompagnarmi? Ricordando che, ovviamente, non ci sono permesse effusioni e cose del genere » chiese d’un tratto Severus.

« Ma come siamo riservati »,  frecciò sarcastico Harry.

« Non sono solo riservato, è che temo il tuo comportamento da donnina degli anni ’80 » rispose l’uomo, parodiando le ultime parole.

« Non solo testa di legno ma anche donnina… ti ricordo che sono l’Eroe del Mondo Magico! » controbatté il giovane con fare eroico.

« Oh, Salazar – disse Severus, nascondendosi il volto con una mano, - non ne posso più. Sei seriamente ad un passo dal farti schiantare »

Harry sgranò gli occhi. Sinceramente, ancora non riusciva a non temere Severus quando lo minacciava di schiantarlo o incenerirlo.

« Allora? Non mi hai ancora risposto…» riprese il Professore, lasciando cadere la frase quasi a metà.

Harry si fece serio, cosa che non sfuggì all’altro.

« Se ti va, possiamo pranzare insieme, se vuoi anche a Diagon Alley. Ma per questo pomeriggio sono impegnato a fare delle cose, quindi non potrò accompagnarti », rispose Harry mortificato.

Riuscire a trascorrere del tempo con Severus era uno di quegli attimi a cui non avrebbe voluto rinunciare per alcun motivo al mondo.

Severus gli poggiò una mano sul mento e lentamente alzò il suo viso, fissando gli occhi nei suoi.

« C’entra qualcosa con me, vero? » gli chiese l’uomo.

Harry fece per rispondere ma Severus pose il suo pollice sulle sue labbra.

« Non voglio metterti in difficoltà. Non voglio che tu mi dica più di quanto mi sia lecito sapere. Ma voglio dirti una cosa: so quanto sia complicata tutta questa situazione, quanto tu ti senta sotto pressione e so perfettamente che la causa del tuo nervosismo sono io. Tuttavia voglio che tu sappia questo, io mi fido di te. Non ho bisogno di altro. Non ho bisogno di parole, né tantomeno di fatti. Qualunque cosa tu decida di fare, come agire, per me va bene. E comunque andrà, qualsiasi sarà il risultato, a me va bene » disse l’uomo, senza smettere di fissarlo negli occhi.

Ad Harry si riempirono gli occhi di lacrime.

Come faceva Severus a fidarsi così tanto di lui?

« Non preoccuparti nemmeno per il pranzo, ci vediamo direttamente stasera. Sei invitato a cena nelle mie stanze. E non azzardarti ad entrare con quella divisa Grifondoro » concluse l’uomo.

Mentre stava per allontanarsi, Harry gli bloccò un braccio.

Lasciò che la sua mano si intrecciasse a quella dell’uomo e, assicuratosi che non vi fosse nessuno nei paraggi, lo baciò.

Non fu un bacio passionale, fu soltanto un modo, che non implicasse l’uso della parola, per dirgli grazie.

Godric, era eccezionale.

« Donnina » gli disse Severus gli sorridendogli.

Si distaccò lentamente e proseguì la sua passeggiata, rientrando nel castello.

***

Harry si trovava nelle sue stanze e, dopo aver fatto una doccia, si stava vestendo per prepararsi all’incontro con il Ministro.

Sebbene fosse estate inoltrata, optò per un abbigliamento elegante. Indossò un pantalone aderente blu, una camicia bianca e una giacca di colore beige.

Giunto nella Sala Comune, incrociò Hermione che era seduta sul divano con Ron: bastò un cenno della ragazza perché ad Harry tornasse il coraggio.

Erano quasi le 15:45, così si infilò nel buco del ritratto e si diresse nella Presidenza dove Minerva gli aveva lasciato aperta la Metropolvere.

Si posizionò nel camino e in un attimo scomparve tra le consuete fiamme verdi.

 

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Capitolo 22
*** Capitolo XXII ***


CAPITOLO XXII:

Le fiamme verdi si dissolsero lentamente ed Harry si ritrovò catapultato nell’Atrium del Ministero.

Uscendo dalla nicchia della Metropolvere, il ragazzo si diresse verso la famosa fontana dei Magici Fratelli, ai cui lati si trovava la vigilanza.

Giunto vicino ai sorveglianti, Harry intendeva registrarsi.

« Salve, mi chiamo Harry Pot » – stava cominciando a dire il ragazzo, mentre porgeva la bacchetta.

« Buonasera, Signor Potter! – lo interruppe un uomo basso, robusto e con dei gran baffi, - non si preoccupi, proprio per lei non c’è alcun bisogno di registrarsi. Le chiediamo, solo per sicurezza, di permetterci di controllare l’autenticità della sua Bacchetta ».

Harry cominciò a sentirsi osservato ed ebbe un flashback, quando al quinto anno avrebbe desiderato essere più vicino a Silente. Il giorno dell’udienza, si era sentito come un pezzo di carne lanciato nella gabbia dei lupi e, non appena aveva visto il Preside varcare la soglia dell’Aula Dieci, il suo cuore gli diede l’impressione di essere al sicuro.

Oppure come quando al “settimo anno” Hermione e Ron presero la Polisucco per infiltrarsi e recuperare il Medaglione. Forse la sensazione più orribile l’aveva davvero provata in quel momento: l’Atrium era, infatti, tappezzato con volantini su cui era incisa la sua faccia. Il tutto ovviamente accompagnato con la dicitura “Ricercato n.1”, come se l’assassino più forte e spietato del mondo potesse essere lui e non Voldemort.

Ora che ci rifletteva, essere al Ministero non smetteva di mettergli una certa ansia.

Tuttavia, Harry accennò un sorriso al vigilante e, con molta educazione, gli porse la bacchetta.

« Perfetto, - rispose l’uomo dopo qualche minuto, - tutto regolare. Le auguro una buona permanenza ».

Senza indugiare oltre, Harry riprese la sua bacchetta e si recò agli ascensori per raggiungere il Primo livello.

Non appena si chiusero le porte e la cabina cominciò a spostarsi, il vociare e il rumore di passi si alleviò. Era un posto estremamente caotico, chi non ne era abituato, non riusciva a restare per più di un quarto d’ora.

Quando le porte si riaprirono, l’ascensore aveva raggiunto il piano ed Harry scese velocemente, lasciando che gli altri passeggeri raggiungessero la loro destinazione.

Passeggiò per il lungo corridoio e, finalmente, ecco stagliarsi davanti a sé l’enorme porta del Ministro.

Prima di entrare prese un lungo respiro e si diede una sistemata agli abiti.

Poi bussò.

Automaticamente la porta si aprì e, dietro la scrivania, l’inconfondibile sagoma di Kingsley Shackelbolt era intenta a sbrigare alcune pratiche.

« Buongiorno, Ministro » disse Harry, entrando silenziosamente.

Gli occhi di Kingsley si puntarono immediatamente sui suoi ed un sorriso rinfrancante si dipinse sul suo volto.

« Harry! Sono contento di vederti! » gli rispose l’uomo, andandogli incontro per stringergli la mano.

« Lo sono anche io, davvero » asserì il giovane, decisamente più rilassato.

« Prego, prendi posto alla scrivania: c’è del tè e qualche biscotto, fa’ come se fossi a casa tua » lo invitò il Ministro, indicandogli le poltrone poste di fronte a lui.

Kingsley era fatto così. Aveva l’abilità di farti sentire a casa, in qualunque momento. Anche se ti trovavi nella situazione più difficile del mondo. La sua presenza gli dava sicurezza.

« Ti ringrazio » rispose, prendendo posto e versando del tè, sia a lui che al Ministro.

Kingsley fece il giro della scrivania e si posizionò di fronte al giovane.

« Bene, - prese a dire il Ministro, interrompendo quei pochi attimi di silenzio. Tanto bastò ad Harry per smettere di sorseggiare il tè e sintonizzare la sua attenzione sull’uomo. – Intanto mi dispiace l’averti “imposto” di non far parola con nessuno del nostro incontro, Harry. D’altro canto, però, voglio che tu sappia che qualunque cosa verrà detta in questa stanza, non dovrà uscire per motivi di sicurezza e soprattutto perché sarebbe scomodo per noi far sapere ad altri cose che ci riguardano ».

« Non preoccuparti, credo solo di non capire ancora del tutto » rispose sinceramente confuso Harry.

« Hai ragione. Partiamo dalle cose più immediate. E’ stata fissata la data per il Processo. Sarà il 23 di questo mese » riprese Shackelbolt.

« Il 23 agosto? Praticamente tra sette giorni » disse il ragazzo, come se stesse pensando tra sé.

« Sì, so che possa sembrarti poco tempo ma, credimi, su tante cose dobbiamo giocare d’anticipo » rispose l’uomo.

« Hai ragione » controbatté il ragazzo.

« Ora veniamo a questioni più contorte. Come credo tu sappia, dopo la fine della Guerra Magica, il Wizengamot era praticamente decimato. Non parlo solo di persone che non siano sopravvissute, ma anche e soprattutto di membri corrotti che ho mandato via e che, adesso, sono ad Azkaban e membri che, volontariamente, avevano deciso di abbandonare sotto Caramell. Ho lavorato per tanti anni al servizio del Ministero e mi ero fatto un’idea di quali fossero i membri migliori che potessero ricoprire una carica tanto importante. Così ho deciso di richiamare Tiberius Ogden e Griselda Marchbanks » disse l’uomo.

« Beh, ricordo che l’abbandono volontario della loro carica creò non poco scalpore. Tutti i giornali ne parlarono per settimane » rifletté Harry.

« Esattamente, abbandonarono perché erano contrari alle decisioni e all’orientamento di Cornelius. Tuttavia devo precisare due cose. Ed è qui che si complica tutto.

Non rientra, purtroppo, nelle mie facoltà mandare via anche persone di cui ho sempre sospettato parteggiassero per Voldemort. Per tutto questo tempo, ho cercato prove necessarie per incastrarli ma niente. E’ proprio con loro che dobbiamo essere attenti: non esiteranno a condannare un ex Mangiamorte per aver voltato loro le spalle e farla franca. Non che io pensi ovviamente questo di Severus » continuò Kingsley.

« Lo so bene, e ti ringrazio per la tua fiducia » rispose Harry, sinceramente grato.

« Ora, quello che dobbiamo cercare di fare è trovare delle argomentazioni tanto schiaccianti da non permettere alla corte del Wizengamot di pronunciare una sentenza negativa nei confronti di Severus. A me spetta l’ultima parola, è ovvio. Ma posso soltanto stabilire se, effettivamente, la sentenza emessa sia conforme alla legge. Non posso intervenire personalmente per modificarla. E’ un problema di non poco conto » concluse l’uomo.

« Adesso la cosa mi è più chiara. Con Caramel non avevo ben capito come funzionassero le cose. Le sentenze opprimenti che pronunciò contro di me, avevano sicuramente qualche fondamento nella Legge ma più di tutto erano conformi al suo pensiero. E mi fece passare per pazzo » rispose Harry, angustiato.

« Ad ogni modo, credo di aver trovato il materiale necessario che possa scagionare Severus. Una prova più schiacciante di quella non riesco ad immaginarla. Avrò bisogno di un pensatoio» continuò Harry.

« Hai tutto il Ministero a tua disposizione, lo sai » rispose Shackelbolt, contento di sentirsi dire quelle parole.

« Io non posso interferire con le tue prove. Se questo giungesse ad orecchie indiscrete, rischieremmo di far saltare tutto. Potrei essere accusato di favoreggiamento e tu potresti perdere il processo. Non voglio che accada » proferì l’uomo, dispiaciuto.

« Non devi preoccuparti ulteriormente, - rispose Harry. – Quello che hai fatto è già di grande aiuto. Ti sei esposto anche troppo ».

« Per qualsiasi cosa, qualsiasi consiglio, inviami un Gufo a casa. Non qui in Ufficio… Io resto comunque a tua completa disposizione », concluse il Ministro alzandosi.

« Grazie, davvero » ribatté Harry, porgendogli la mano.

« Allora attendo tue notizie » rispose Shackelbot, stringendola tra le sue.

« Ne avrai sicuramente, a risentirci! » concluse Harry.

A piccoli passi, il giovane uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

***

Quando giunse ad Hogwarts si erano ormai fatte le 18.00. Il sole estivo, tuttavia, ancora non accennava a tramontare, questo assicurava ancora qualche oretta di luce.

Harry decise di fare così: correre nei suoi alloggi per cambiarsi, indossando vestiti meno formali, e in meno di mezz’ora era già diretto a Diagon Alley per fare una sorpresa a Severus.

Sapeva già perfettamente dove avrebbe potuto trovarlo e si incamminò verso Slug and Jiggers Apothecary, la Farmacia più famosa del posto, quanto la più sgradevole in fatto di odori.

In quel negozio, Severus avrebbe potuto trovare ingredienti per ricaricare le sue scorte di Pozioni oppure intrugli nuovi da poter studiare.

Il ragazzo non entrò ma attese vicino alla vetrina del negozio, attendendo che Severus uscisse.

Dopo qualche minuto di attesa, ecco che un uomo alto, dai capelli corvini, uscì dalla bottega in questione e, come meglio poté, fece finta di non essere sorpreso alla vista di Harry.

« Buonasera Professore », lo salutò Harry con fare distinto.

« Potter… Ha deciso finalmente di farsi una cultura o cosa? » rispose Severus, calmo.

« Mi sottovaluta… Le andrebbe del succo di zucca? » chiese il ragazzo, cauto.

« Magari un bicchiere di Whiskey Incendiario » controbatté l’uomo.

« E Whiskey sia, offro io » concluse il giovane, dirigendosi verso il primo pub.

Mantennero comunque una certa distanza: Harry era sempre osservato dai passanti e Severus non voleva compromettere l’immagine del ragazzo.

Non glielo avrebbe mai confessato: ma quelle poche volte che gli era capitato di uscire da solo, avvertiva l’odio e la freddezza che le persone gli riservavano. Non gli dava fastidio, né se ne faceva un problema, in fin dei conti, riconosceva di non poter essere trattato diversamente. Se il Processo si fosse risolto nel migliore dei modi, comunque prevedeva che l’atteggiamento del Mondo Magico non sarebbe cambiato presto nei suoi confronti.

Si sedettero al bancone ed Harry ordinò due bicchieri di Whiskey Incendiario.

L’interno del Pub non era perfettamente illuminato, tuttavia, Severus notò quanto gli occhi di Harry brillassero di luce propria.

Salazar, quanto si era rammollito – pensò.

Finito di bere, Harry pagò il conto e, con Severus, si avviò verso l’uscita.

Stava imboccando la strada che conduceva verso la Foresta esterna dove smaterializzarsi per poi giungere al Castello, ma Severus si arrestò improvvisamente.

« Tutto bene? » chiese Harry fermandosi.

« Sì assolutamente, - rispose Severus. – Devo solo sbrigare l’ultima faccenda e poi possiamo ritornare »

Harry, allora, invertì il passo e seguì l’uomo.

Dopo qualche minuto, Severus si fermò di fronte al Junk Shop, l’Antiquario.

« Aspettami qui » disse risoluto al ragazzo.

Entrò e dopo poco ne uscì con un sacchetto.

Harry non fece domande, e silenziosamente si avviarono verso la Foresta.

Erano quasi le 19.30 e il sole stava tramontando dietro alle montagne scozzesi.

Harry rallentò il passo, quel cielo tinto di arancione e rosa era sempre uno spettacolo affascinante da ammirare.

Erano ormai soli e Severus si fermò dietro di lui, facendo aderire il suo torace alla schiena del ragazzo.

Harry reclinò il capo sul corpo di Severus e restò immobile per qualche secondo a godersi lo spettacolo.

« Mi hai giocato un brutto tiro » asserì Severus, fendendo l’aria con la sua voce.

Harry aprì gli occhi.

« Un brutto tiro? » chiese flebilmente.

« Non mi è mai capitato di sentirmi spiazzato, di essere colto alla sprovvista, e non riesco a capire come tu ci riesca sempre » rispose l’uomo.

Harry sorrise e si girò verso il Professore.

L’uomo gli cinse la schiena con le braccia e lo baciò. Fu un bacio intenso. Il ragazzo reagì subito e prese il volto dell’altro tra le mani.

« Se sono questi i risultati che ottengo, allora vorrà dire che mi ci metterò d’impegno per spiazzarti », gli disse ad una distanza impercettibile dalla bocca dell’altro.

E riprese a baciarlo.

Il sole nel frattempo era quasi tramontato.

Severus si distaccò lentamente.

« E’ meglio che andiamo, altrimenti rischiamo di non cenare neppure » gli disse, continuandolo a stringere.

« Già, ho bisogno di un attimo per fare una doccia » rispose Harry.

Sfiorò le labbra dell’uomo con le sue e si smaterializzarono.

« Ci vediamo tra un’ora da me » gli disse Severus.

« Va bene, a più tardi allora » rispose il ragazzo, accarezzando il viso dell’uomo.

***

Non appena il ragazzo giunse nei propri dormitori, afferrò una pergamena e cominciò a scrivere:

Cara Hermione,

sono tornato da qualche ora e le cose sono leggermente più complicate del previsto. Tuttavia, in questo momento non ho il tempo per raggiungerti, possiamo vederci, se vuoi, a mezzanotte nella Sala Comune.

Mi dispiace averti avvisato in questo modo ma non avevo alternative.

Un abbraccio,

Harry.

Il ragazzo inviò immediatamente il pezzo di carta tramite gufo ad Hermione e si infilò sotto la doccia.

Ne uscì dopo qualche minuto e, con un asciugamano in vita, ritornò vicino al suo letto a baldacchino ed estrasse dal suo baule alcuni abiti. Indossò una maglia a maniche lunghe di color verde acceso, dei pantaloni aderenti di colore nero e degli anfibi scuri, perfettamente intonati al pantalone.

Con uno schiocco di magia, asciugò i capelli perennemente disordinati ed uscì.

Prima di prendere il corridoio che portava al sotterraneo, deviò la sua camminata in direzione delle cucine. Non appena ne varcò la soglia, Kreacher lo accolse.

« Harry Potter, che piacevole sorpresa » lo salutò l’elfo, veramente felice di vederlo.

« E’ un piacere rivederti, Kreacher » rispose Harry, porgendogli la mano.

« Vuole del cibo? Abbiamo appena sfornato delle crostate farcite con frutta di stagione » gli disse l’elfo, invitandolo a sedersi.

« Oh, no ti ringrazio - disse il giovane, rifiutando l’offerta. – Sono qui per chiederti se hai a disposizione una bottiglia di buon vino ».

Kreacher si fece pensieroso e si portò una mano sotto il mento.

« Aspetti qui » disse deciso.

Si allontanò per qualche attimo nelle cucine e, quando tornò, il suo grembiule era notevolmente più rigonfio.

Tese la mano che stringeva la bottiglia ad Harry.

« La prego solo di nasconderla fin quando non sarà via di qui. Non ci è permesso distribuire alcolici agli studenti ma per lei farei questo ed altro! » sussurrò l’elfo all’orecchio del mago.

Harry lanciò una magia restringente e rese la bottiglia tanto piccola da poterla mettere in tasca.

« Grazie Kreacher, sei stato veramente d’aiuto » concluse Harry, abbassandosi sulle proprie gambe e appoggiando una mano sulla spalla dell’elfo.

« E’ stato un piacere » rispose Kreacher, facendo un profondo inchino.

« Adesso scappo, - asserì Harry, rialzandosi – ci vediamo presto! »

« Buona serata, signore » rispose Kreacher di rimando, vedendo il giovane scomparire dietro la porta, che si richiuse quasi immediatamente.

Qualche minuto dopo di cammino, Harry si ritrovò nel corridoio che conduceva ai sotterranei e accelerò il passo per timore di essere visto o fermato da qualcuno.

Quando giunse alla pesante porta degli alloggi di Severus, fece ritornare a dimensioni normali la bottiglia e bussò per tre volte.

Dopo poco, la porta si aprì lievemente, quasi come se un incantesimo di protezione si fosse interrotto.

Harry la spostò ed entrò in quella sala che ormai aveva preso ad essere familiare.

« Severus? » chiamò il giovane, richiudendosi la porta alle spalle.

Nessuna risposta.

Il ragazzo notò che l’ambiente era molto diverso da come si aspettava di trovarselo: erano state poste candele un po’ ovunque, sugli scaffali e sul camino e l’aria era permeata da un odore così indefinito da riuscire a distendere i nervi. Non appena fu quasi sulla soglia della porta, che dava accesso all’altra camera, Harry notò che la sala, in cui Severus era solito pranzare, era stata praticamente trasfigurata. Doveva trattarsi – pensò – dello stesso incantesimo che era stato lanciato sul soffitto della Sala Grande: la stanza sembrava non avere pareti.

Si ritrovò praticamente immerso in una specie di cortile, con un tavolo, già apparecchiato, posto al centro e la luce proveniva da una serie di lanterne sparse in giro. Alzò lo sguardo e, ovviamente, anche il soffitto era scomparso: al suo posto, un cielo stellato sovrastava tutta la scena. Il ragazzo si accorse, ulteriormente, di avvertire anche una leggera brezza e che le cicale e i grilli, soliti cantare nelle serate estive, stavano emettendo un suono sommesso che riempiva la stanza. Era evidente che Severus avesse curato tutto nei minimi dettagli e solo le sue grandi doti di mago ne avevano permesso la riuscita.

D’un tratto si sentì avvolgere le spalle da un tessuto, si girò e vide Severus che gli stava ponendo addosso una giacca.

« Avevo dimenticato di dirti di portarti qualcosa per proteggerti dal fresco » disse il Professore.

« Io… ma come… come ti è saltato in mente? » farfugliò Harry, fissandolo.

« Mi sottovaluti, Potter… - rispose l’uomo, - ho pensato semplicemente di contrattaccare per la trappola che mi hai teso oggi pomeriggio ».

« Trappola? Ma quanto sei bastar - » ma Harry fu fermato immediatamente dalla bocca di Severus che si fermò esattamente sulla sua.

« Quanto blateri » sussurrò Severus sulle labbra del giovane.

« Quanto ti odio » rispose Harry, baciando il sorriso che si era dipinto sul volto dell’uomo.

« Ti ho portato del vino, - prese a dire il ragazzo, staccandosi dal Professore, - sono riuscito a procuramelo dalle cucine ».

« Quanto sprezzo per il pericolo » rispose l’uomo, prendendo la bottiglia.

« Simpaticissimo » controbatté Harry, infilando le braccia nella giacca.

« Accomodati pure » disse Severus, facendo cenno al ragazzo di sedersi.

Harry prese posto al tavolo e Severus versò del vino in entrambe i calici.

« Propongo un brinidisi, - esordì l’uomo alzando il bicchiere, - al presente »

« Al presente con noi due » rispose Harry, alzando anche il suo.

E lentamente, sorseggiarono il liquido di color rubino.

Comparvero nei piatti le prime portate e cominciarono a mangiare.

« Com’è andata a Diagon Alley? » chiese il ragazzo, interrompendo il silenzio.

« Tutto nella norma… Avevo alcuni acquisti da fare, un po’ per la scuola, un po’ per uso personale » rispose l’uomo, pulendosi le labbra con il fazzoletto.

« Per la scuola? - chiese il ragazzo incuriosito. – mi stai nascondendo qualcosa? Qualche decisione in particolare? »

« No, o almeno nessuna decisione che si possa reputare come presa. Mi sto preparando a qualunque situazione ma se ti stai chiedendo se io abbia preso in considerazione la proposta di Minerva, no, non ho deciso nulla. Ci sto riflettendo, ma ci sono ancora troppe situazioni da risolvere prima che io possa considerare questo aspetto » rispose risoluto il Professore.

« Comprendo bene », asserì il ragazzo riprendendo a mangiare.

« E tu? Sono andati a buon fine i tuoi impegni? » chiese l’uomo.

« Credo di sì… Più avanti avremo da discutere su alcune dinamiche. Non voglio appesantire la serata » rispose deciso il giovane, quasi come se volesse lasciare sospeso a mezz’aria il discorso.

Severus, dal canto suo, non andò oltre. Non voleva mettere in difficoltà il suo ospite, né tantomeno tartassargli la testa con domande o dubbi di sorta.

« Va bene, non preoccuparti » rispose l’uomo, con fare rassicurante.

Trascorsero alcuni minuti e i due commensali continuarono con il loro pasto rilassante.

« Mi dispiace averti fatto preparare tutto questo, non volevo che ti affaticassi o perdessi tempo » esordì Harry.

« Non è stata una perdita di tempo se la cosa ti ha colpito o ti ha fatto piacere… E no, non mi sono neanche affaticato. Volevo organizzare questa cosa già da qualche tempo, e oggi mi è sembrato il momento giusto per metterla in atto » rispose sincero l’uomo.

« Ti ringrazio, mi sento lusingato » affermò il Harry.

« Quante smancerie, Potter » controbatté l’uomo, tagliente.

« Okay, non parlo più, promesso! » rispose il ragazzo, sorridendo e alzando le mani.

La serata trascorse tranquilla e in maniera piacevole.

Nessuna ansia o paura attanagliava i commensali e nemmeno i silenzi che, ogni tanto, si verificavano mettevano in soggezione i due.

Fu per entrambi un modo per mettere in pausa il flusso di eventi che li aveva coinvolti in quei giorni e che, sicuramente, li avrebbe visti protagonisti nei tempi a venire.

Harry maturò l’idea che niente lo avrebbe fermato: non doveva mostrare segni di incertezza durante il Processo e niente e nessuno avrebbe dovuto mettere in discussione la sua testimonianza per scagionare Severus.

Erano ormai le 23.30, la cena era volta al termine ed Harry non aveva dimenticato del suo appuntamento con Hermione.

Il giovane si alzò e cominciò a prendere le stoviglie da lavare.

Severus rimase in silenzio qualche secondo, divertito dalla scena del ragazzo che stava cercando di prendere quante più cose possibile, con risultati alquanto scadenti.

« Posso sapere, di grazia, cosa stai cercando di fare? » chiese l’uomo, ancora seduto.

« Sono un ospite molto educato e voglio darti una mano a rassettare, prima di andare via » rispose Harry, mentre afferrava un bicchiere che stava per sfuggire alla sua presa.

« Potter, ti hanno mai parlato di “magia”? » domandò il Professore, mimando un eloquente gesto con le mani.

Prima che il ragazzo rispondesse e/o causasse danni, Severus impugnò la bacchetta e fece scomparire tutto: stoviglie, fazzoletti, tovaglia, tavolo e sedie.

Rimasero soltanto loro due.

Harry sorrise, come poteva non aver considerato una cosa così ovvia?

Guardò Severus e lo trovò più attraente del solito.

Indossava un pantalone beige con una camicia nera. Nulla di impegnativo, che gli conferiva comunque un’aria elegante e distinta.

E poi i suoi occhi, neri come il cielo che li sovrastava e profondi come la notte che avevano davanti.

Severus notò che il ragazzo lo stava fissando e provò un moto di leggero imbarazzo.

Harry pose il suo sguardo sui suoi occhi.

« Lo so che non ti piacciono le parole smielate – esordì il giovane – ma c’è qualcosa che voglio dirti. Sei la persona più bella che abbia avuto l’onore di conoscere. Credimi ».

Severus rimase spiazzato per l’ennesima volta.

« Beh Potter, voglio ben dire… Insomma, mi hai visto? » chiese Severus, dandosi un’aria pomposa, cercando di smorzare l’atmosfera.

Nessuno gli aveva mai detto quelle cose e, sentirsele dire in maniera così spontanea e sincera, lo fecero sentire nudo al cospetto del ragazzo.

Harry rise. Rise di gusto.

« Ti prego, non farlo più… Mi lacrimano gli occhi » rispose il giovane, asciugandosi alcune lacrime che gli si erano formate.

Anche Severus sorrise imbarazzato e, in un attimo, il ragazzo azzerò le distanze tra loro due e diede un bacio a fior di labbra all’uomo.

« Lo penso davvero » gli sussurrò accarezzandogli i capelli dietro la nuca.

Severus lo baciò di nuovo, stringendolo in un abbraccio.

« Ho una cosa per te » annunciò l’uomo all’improvviso.

Estrasse dalla propria tasca lo stesso sacchettino che Harry gli aveva visto portare, dopo che era uscito dall’Antiquario.

« Prendi » disse il Professore, porgendoglielo.

Harry con mano tremante prese il sacchettino e infilò una mano al suo interno per rivelarne il contenuto.

Ne estrasse una sorta di anello, alla cui sommità era incastonata una pietra ruvida su cui era posto un piccolo serpente.

Ne rimase sorpreso.

« E’ un Omphalos – esordì Severus, prendendo l’anello tra le sue mani – deriva dalla cultura Greca. Si dice che pietre del genere, di dimensioni ovviamente più grandi, venissero poste nei templi più importanti dell’Attica. In particolare, nel Tempio di Delfi, è stata ritrovata una delle pietre più grandi, poiché stava ad indicare che la città di Delfi, con il suo santuario, erano il centro del Mondo »

Severus prese tra le proprie mani quella di Harry e gli infilò l’anello.

« Non credo ci sia altro da aggiungere, se non che ho fatto aggiungere io questo serpente affinché tu possa ricordarti sempre della persona più affascinante del mondo, cioè io. E che tu, per me, rappresenti molto più di quello che riesco a dirti a parole » concluse Severus.

Alcune lacrime rigarono il volto del giovane che, in un gesto istintivo, abbracciò il Professore, quasi aggrappandosi a lui.

Severus ricambiò, stringendo il ragazzo tra le sue braccia, quasi come se nulla al mondo potesse farlo sentire più protetto.

« Grazie » disse flebilmente Harry, che baciò l’uomo.

« Adesso è meglio che tu vada.. Si sta facendo piuttosto tardi » rispose il Professore, allontanandosi a malincuore dal ragazzo.

« Hai ragione, -  asserì il giovane – ci vediamo domani »

« Ovviamente » rispose il Professore, accompagnando Harry alla porta.

« Buonanotte Severus » disse il ragazzo, uscendo.

« Buonanotte Harry » rispose di rimando l’uomo che si era fermato sull’uscio.

Harry guardò l’orologio che ormai segnava le 23.55 e con il cuore che gli martellava in petto, corse a perdifiato per le scale, per raggiungere la Sala Comune, lasciando Severus nei suoi alloggi con la stessa felicità che gli invadeva il corpo.


***

SPAZIO AUTRICE

Eccoci con due nuovi capitoli, vi avverto: le cose stanno prendendo una piega piuttosto imprevedibile. Confidiamo, comunque, nei nostri eroi.

Vi ringrazio davvero per i commenti che avete lasciato per i capitoli precedenti. Ovviamente ringrazio anche coloro i quali scorrono la storia, senza lasciare opinioni.

Siete tutti importanti.

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 23
*** Capitolo XXIII ***


CAPITOLO XXIII

Quando Harry giunse alla Torre Grifondoro oltrepassando il buco del ritratto, il silenzio della sala comune lo avvolse.

Perfetto – pensò, - se Hermione aveva ricevuto il messaggio e si trovava lì, nessuno avrebbe potuto disturbarli.

Ed infatti fu così, dopo qualche minuto di attesa, ecco che Hermione, silenziosamente, scese le scale dei dormitori per raggiungere Harry.

« Harry, ciao! » sussurrò la ragazza, abbracciando teneramente l’amico.

« Ciao, Herm » rispose il mago, stringendola a sé.

« Spero di non averti fatto attendere troppo ma Calì e Lavanda non smettevano di blaterare e si sono addormentate solo pochi minuti fa » esordì Hermione, sbuffando.

« No, tranquilla, sono arrivato anche io da pochissimi minuti » rispose Harry, prendendo posto sulla poltrona davanti al camino.

Hermione lo seguì e si sedette sul divano vicino alla poltrona.

« Allora? Cosa è successo? » chiese la ragazza, incuriosita e leggermente preoccupata.

« Come ti avevo anticipato, dovevo incontrarmi con Kingsley alle 16.00 – iniziò a dire il giovane – e così oggi mi sono recato al Ministero. Sono praticamente volato da lui e ho saputo la data del processo »

« Davvero? E quando ci sarà? » ribatté Hermione, che nel frattempo si era avvicinata all’amico per non dover alzare la voce.

« Il 23 Agosto… tra meno di sette giorni » rispose Harry che, probabilmente, solo in quel momento aveva realizzato che il processo avrebbe avuto luogo nemmeno una settimana dopo.

Hermione lo guardò pensierosa. Non aveva mai chiesto ad Harry notizie sul materiale che stava raccogliendo in vista dell’udienza, apprendeva qualche dettaglio in più soltanto quando il ragazzo ne parlava di sua spontanea volontà. Si era offerta di aiutarlo ma sapeva, in cuor suo, che scagionare Severus era un compito che solo Harry avrebbe potuto assolvere.

« Come ti senti? » chiese la ragazza, prendendogli la mano.

« Ho paura. Molta paura - , rispose il giovane, confortato da quel contatto. - Adesso che questa cosa si sta avvicinando, comincio a percepirla come reale »

« E’ naturale Harry, il tempo stringe e tu senti di non aver fatto abbastanza » rifletté Hermione ad alta voce. Tante volte, in quell’ultimo anno, si era sentita così. E ricordò la sensazione di devasto totale quando, nel frangente in cui tutto sembrava aver preso respiro dalla lunga battaglia, Harry si era presentato al suo cospetto e a quello di Ron per salutarli un’ultima volta.

Quando Hagrid aveva portato in braccio il corpo senza vita del giovane, Hermione si sentì la più colpevole di tutti. Come poteva aver pensato a tutto nei minimi dettagli e non aver valutato la cosa più ovvia che di lì a poco si sarebbe verificata?

« E cosa c’entra tutto questo con il Wizengamot? » chiese Hermione, come destandosi da un sogno ad occhi aperti.

« Mi ha chiarito quali sono i poteri del Ministro e da chi è attualmente composto l’ordine. Lui non ha potere decisionale, può soltanto intervenire quando la sentenza non sarà conforme a legge. E non ha potuto sollevare dall’incarico alcuni membri che parteggiavano velatamente per Voldemort. Non ha trovato prove che li inchiodassero » ribatté Harry.

« Maledizione! » esclamò la ragazza, nascondendosi il volto tra le mani.

« Kingsley mi ha consigliato di preparare qualcosa che possa mettere un punto prima che i giudici possano rivalutare l’intera situazione… » pronunciò lentamente il giovane mago, lasciando sospesa la frase.

« Hai pensato a qualcosa, non è così?» chiese Hermione in ansia.

« Sì, ma non so quanto Severus possa essere d’accordo » rispose il ragazzo.

« Oh Godric, tu vuoi mostrare… » disse Hermione, mentre collegava il resto.

« Sì, - la interruppe l’amico, - se Severus me lo permetterà, voglio mostrare alla Corte i ricordi che mi ha dato prima di essere azzannato da Nagini ».

Hermione si fermò qualche secondo a riflettere sulla cosa.

« Credo che tu debba parlargliene… Ma sono sicura che accetterà. Harry, è una cosa un po’ delicata, ma sono certa che possa essere la prova più schiacciante per assolvere definitivamente Severus da qualsiasi accusa. Anche chi parteggiava per Voldemort dovrà riconoscerlo », rispose Hermione risoluta.

« Ad ogni modo, non posso permettermi un solo passo falso, - constatò il giovane – ne va della vita di Severus »

« Starai attento, e se hai bisogno di un consulto o di un aiuto, io ci sono sempre, lo sai » disse la ragazza.

« Lo so, anche Kinglsey vuole aiutarmi per quel che può » rispose Harry, leggermente in tensione.

Aveva le braccia poggiate sui braccioli della poltrona ed Hermione notò che al dito della sua mano sinistra c’era un anello che non gli aveva mai visto prima.

« Mmmm… Senti un po’ » disse la ragazza, cercando di smorzare la tensione.

« Cosa? » chiese il Harry stupito.

« Ma sbaglio o quell’anello non ce l’avevi stamattina? » chiese la giovane sorridendo all’amico.

« Oh questo! – rispose Harry, guardandosi la mano – beh no, l’ho ricevuto in dono stasera »

« Non voglio risultare banale, chiedendoti chi te l’abbia regalato » frecciò la riccia.

« Come se tu avessi bisogno di spiegazioni, Granger » controbatté il ragazzo sorridendo.

Hermione lo abbracciò.

« Sono contenta per te… e forse un po’ anche per lui » gli sussurrò all’orecchio.

« Adesso vado a dormire, i miei occhi non si tengono aperti » continuò la ragazza.

« Credo che farò lo stesso, sono davvero stanco » rispose Harry, alzandosi dalla poltrona.

Salirono insieme le scale che portavano ai dormitori.

« Buonanotte Harry » lo salutò la ragazza.

« Buonanotte anche a te Herm » rispose il giovane, entrando nel dormitorio e chiudendo la porta alle sue spalle.

***

Trascorsero un paio di giorni, ed Harry era riuscito a vedere Severus veramente pochissime volte.

Era così impegnato a cercare prove che avrebbero potuto servirgli durante il processo, che l’unico tragitto, che aveva preso a fare in continuazione, prevedeva l’andare dal dormitorio alla biblioteca e viceversa.

Ad ogni modo, era intenzionato ad incontrare il Professore per dirgli che, volente o nolente, aveva bisogno di mostrare i suoi ricordi. Avrebbe potuto anche innervosirsi ma nessuna incazzatura poteva essere paragonata alla possibilità di evitargli la condanna di Azkaban.

Così, il giorno del 20 agosto, Harry, che era ancora nei dormitori, inviò un Patronus a Severus.

Il cervo argenteo, in pochi minuti, giunse nella parte inferiore del castello, raggiungendo la finestra dello studio di Piton.

Non appena fu dentro, l’animale, i cui contorni erano indefiniti durante la corsa, aveva ripreso la sua forma effettiva.

Severus era seduto alla scrivania, intento a catalogare alcuni elementi che gli servivano per delle pozioni.

Quando si accorse di quel Patronus familiare, si bloccò e attese.

« Severus, vorrei che questa sera ci vedessimo per discutere di alcune cose piuttosto importanti. Ti aspetto nella stanza delle Necessità, nel corridoio al settimo piano. Ci vediamo per le 19.00 »

Dopo aver riferito il messaggio, la creatura scomparve, lasciando dietro di sé l’alone argenteo.

Severus rimase interdetto, non capiva il perché di quel gesto così formale.

Ad ogni modo, intuì, il discorso doveva avere a che fare con l’incontro a cui Harry aveva dovuto presentarsi qualche giorno prima.

Il tempo trascorse veloce ed Harry, più nervoso che mai, stava cercando di distrarsi spulciando nei libri di Diritto Magico, qualche attenuante che avrebbe potuto invocare durante il processo.

Sapeva di non poter contare solo sul beneplacito dei giudici presenti ma era anche cosciente del fatto che anche la minima cosa poteva concorrere ad aiutarlo.

Alle ore 18.30 Harry decise di staccarsi da quello studio matto e disperato, così si cambiò velocemente e si distese per qualche minuto sul letto, cercando di pensare alle parole che avrebbe potuto usare con Severus.

Chiuse gli occhi e non ottenne i risultati sperati, giungendo ad una sola conclusione: non importava ciò che avrebbe detto all’uomo o come, ma importava che l’uomo capisse quanto era effettivamente indispensabile che quei ricordi venissero mostrati.

Una decina di minuti dopo, il giovane abbandonò la posizione che, in teoria, avrebbe dovuto permettergli di riposare e andò in bagno a sciacquarsi il viso.

Scese per le scale del dormitorio e imboccò la scorciatoia che conduceva al corridoio della stanza delle Necessità.

Quando si trovò di fronte alla parete, non ebbe neanche bisogno di attendere che la porta si formasse, tanto era urgente il suo bisogno di entrare in quella stanza.

L’ambiente aveva assunto una forma che non si era mai mostrata ad Harry: le pareti erano completamente dipinte di bianco e, al centro della stanza, c’era una scrivania con due sedie posizionate agli opposti.

La cosa da un lato inquietò il ragazzo, perché il tutto conferiva all’incontro un aspetto veramente troppo formale, dall’altra lo motivò: senza troppi giri di parole, avrebbe comunicato a Severus come stavano le cose.

Prese posto su una delle due sedie e attese.

Dopo qualche minuto, la porta della stanza aveva preso a riformarsi e fu spalancata lentamente dalla figura alta e scura di Severus.

Non appena ebbe varcato la soglia, Harry ripensò inevitabilmente al consueto gesto che compieva l’uomo quando spalancava la porta dei Sotterranei dell’aula di Pozioni.

« Potter.. » esordì l’uomo, avvicinandosi alla scrivania.

« Severus, ti ringrazio per essere venuto » rispose Harry, tentando di celare l’agitazione che stava prendendo possesso di lui.

« Ti prego, siediti » continuò, facendo accomodare l’uomo sulla sedia dinnanzi a lui.

Severus sfiorò la sedia e prese posto.

« Che succede? » chiese il Professore preoccupato dall’atteggiamento dell’altro.

Harry si passò una mano tra i capelli più scompigliati del solito e appoggiò entrambe le braccia sul tavolo.

« Avevo bisogno di incontrarti perché devo parlarti di alcune cose, - esordì il giovane, nervoso ma deciso – come ben sai, qualche giorno fa ho dovuto sbrigare delle faccende importanti inerenti al tuo Processo, ebbene devi sapere anche tu ciò che è stato comunicato a me. La data prefissata è quella del 23 agosto »

« Salazar, manca pochissimo » rispose Severus, come se avesse dato voce ai suoi pensieri.

« Sì, davvero poco. Ad ogni modo, mi sono state fornite delle dritte su come affrontare l’udienza. E qui ho bisogno che tu capisca il perché della richiesta che ti sto per fare » riprese il ragazzo.

Severus lo fissò intensamente.

« Parla pure » rispose l’uomo, incatenando gli occhi ai suoi.

« Non avrei dovuto rivelartelo ma, per quel che mi riguarda, nulla deve esserti tenuto nascosto. Kingsley in persona mi ha detto che tra i membri del Wizengamot ci sono persone che hanno parteggiato per Voldemort, anche se in maniera indiretta. Kingsley ha tentato di trovare delle prove che servissero per allontanarli ma sono stati astuti nel non far pervenire nulla. E’ per questo che ho bisogno di elementi che durante l’udienza non lascino spazio ad un loro prevedibilissimo intervento » asserì il giovane, senza prendere fiato.

« Continua » rispose Severus, guardando con odio il Marchio Nero che svettava sul suo braccio bianco.

« Voglio che tu capisca le motivazioni che mi spingono a fare questa cosa – dichiarò il ragazzo, facendosi in avanti con la schiena, - non ti sto chiedendo il permesso. Ho bisogno che durante il processo, vengano mostrati i ricordi che mi hai dato la notte in cui Nagini ti ha aggredito »

L’uomo rimase impassibile: la cosa sembrava non averlo turbato minimamente. Guardava dritto dinnanzi a sé, fissando un punto imprecisato e corrucciando leggermente gli occhi.

Il silenzio calò per pochi secondi, il tanto che bastò ad Harry, perché si alzasse nervosamente dalla sedia.

Mise le mani dietro la schiena e diede le spalle alla scrivania.

« A cosa pensi? » chiese il giovane fendendo l’aria con la voce.

L’uomo non si mosse, continuava semplicemente a fissare quel vuoto che, nel frattempo, sembrava aver assunto una consistenza materiale.

Harry non ce la faceva più.

Si sedette sulla scrivania, dallo stesso lato in cui si era immobilizzato Severus.

« So cosa significano per te quelle cose, - esordì il giovane – e so quanto potresti essere esposto una volta rivelate »

Severus abbandonò quello stato di immobilità e fissò nuovamente i suoi occhi in quelli di Harry.

« Ma voglio che tu capisca che nulla per me è più importante che vederti finalmente libero » concluse il giovane.

L’uomo sapeva perfettamente a cosa stava andando incontro… Non erano i ricordi in sé a turbarlo ma il fatto che non voleva che Harry si esponesse così tanto. Non riusciva a non immaginare cosa avrebbero potuto fare i Mangiamorte presenti al ragazzo. Si sentiva come Silente. Sapeva bene a quali situazioni stesse andando incontro Harry Potter, con il solito indomito coraggio che lo contraddistingueva e che faceva di lui un perfetto Grifondoro. Severus, d’altro canto, era coinvolto nella situazione molto emotivamente. A differenza di Albus, non avrebbe mai permesso a nessuno di fare del male al ragazzo. Soprattutto se la causa del dolore che poteva essergli inferto era effettivamente lui. Harry era determinato e questo lo aveva capito anche Severus ma l’uomo era pronto a farsi da parte in qualsiasi momento, anche a costo della sua libertà se il prezzo da pagare era l’incolumità fisica e morale del giovane.

Ad ogni modo sapeva che Harry era consapevole di ciò che stava facendo.

« Mi fido di te, qualunque cosa tu decida di fare » sussurrò Severus flebilmente.

Si alzò dalla sedia e si posizionò di fronte al ragazzo.

Severus accarezzò il volto di Harry, il quale sfiorò la mano dell’uomo con la propria.

« Sta’ attento » disse l’uomo, con le labbra vicine a quelle dell’altro, quasi come se lo stesse pregando.

Harry gli prese il volto tra le mani e lo baciò. Immediatamente la presa di Severus si fece più salda e tutta l’urgenza impellente di avere certezze si manifestò con l’incontro di quelle due bocche.

« Non ho intenzione di perderti ancora » mormorò il giovane, staccandosi pochissimo dall’altro.

Fu un bacio di bisogno. Bisogno di sentire la vicinanza dell’altro, bisogno di far capire all’altro che per nessun motivo quelle vite, che si erano intrecciate, dovessero perdersi di nuovo.

Harry era più determinato che mai: il 23 agosto sarebbe tornato vincitore e avrebbe gridato al mondo quanto amava Severus Piton.

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Capitolo 24
*** Capitolo XXIV ***


CAPITOLO XXIV

I pochi giorni che mancavano al processo, ormai imminente, erano trascorsi con una velocità e un’intensità tale da rendere Harry nervoso e concentrato allo stesso tempo.

Sentiva le lancette dell’orologio girare in maniera costante e, ad ogni rintocco di esse, si figurava una morsa che lo avvolgeva e lo stringeva estenuantemente ed in modo perpetuo.

Tuttavia, nulla poté fermare la sua corrispondenza con Kingsley Shackelbolt, tanto che spesso, a notte fonda, alcuni gufi facevano irruzione nel dormitorio del giovane mago.

Harry non avrebbe lasciato niente al caso: sapeva bene che i giudici avrebbero potuto contestare i ricordi, magari ritenendoli artefatti e confusi, così aveva escogitato tutti i modi possibili ed immaginabili per stroncare sul nascere qualsiasi costatazione contraria.

Ad ogni modo, quella sera del 22 agosto, il ragazzo aveva deciso di non vedere nessuno. Aveva chiesto alla McGranitt di sistemarsi nella Stanza delle Necessità per portare tutto il materiale che gli sarebbe servito il giorno successivo e per trascorrere la notte nel silenzio di sé stesso.

Sembrava un rito preparatorio, non voleva ascoltare né dare spiegazioni a qualcuno.

Anche Hermione, per quanto turbata alla vista del suo amico, aveva capito che probabilmente lo stare da solo gli avrebbe giovato.

Quando l’orologio scoccò le 20.00 precise, Harry rimpicciolì tutto ciò che gli serviva e, imboccando la scorciatoia del settimo piano, si ritrovò dinnanzi alla parete della Stanza.

La porta non aveva il solito aspetto gotico e intarsiato, era piccola e di ferro. Non appena il ragazzo l’ebbe sorpassata, lanciò un incantesimo di protezione per far sì che nessuno facesse irruzione e si accorse che la stanza aveva letto nei suoi pensieri, prendendo la forma che ad Harry, inconsapevolmente, sarebbe risultata congeniale.

Era una stanza enorme, con un letto posto al centro. Le pareti di un colore blu notte, dove ad una di esse poggiava un armadio dello stesso colore e, nell’angolo, una vasca da bagno già pronta per poter essere usata. Infine, proprio vicino alla vasca, un tavolino con del vino ed un calice.

Harry fece tornare alle dimensioni normali le cose che aveva rimpicciolito e le sistemò come meglio credeva.

Non aveva intenzione di cenare, tutto quello che voleva era rilassarsi e scaricare la tensione che in quei giorni lo aveva quasi strangolato.

Così, si tolse i vestiti e si immerse tra le acque di quella vasca, rese effervescenti dai sali da bagno che profumavano di qualcosa di indefinito ma che Harry – pensò – avvertiva come qualcosa di piuttosto familiare.

Profumavano di menta e assenzio, sostenne il ragazzo.

L’odore di Severus.

Afferrò un calice in cui versò quel buon vino e se lo portò alle labbra per sorseggiarlo.

Fissava un punto indefinito, quasi come se non si trovasse in quel luogo.

Quando la bevanda di colore rosso finì, posò nuovamente il bicchiere sul tavolino.

Chiudendo gli occhi, reclinò la testa sul bordo della vasca e lasciò che l’acqua lo cullasse.

Non voleva pensare a niente. Ma nulla riusciva a togliergli dalla mente le fantasie che faceva spesso, da quando aveva preso a frequentare seriamente Severus, sulla prospettiva di vita che aveva per loro due. Niente di straordinario, solo loro insieme.

Le orecchie, ormai, avvertivano il suono ovattato del silenzio.

Non un passo, non una voce, non un fruscio.

Se non avesse avuto impegni per il giorno successivo, gli sarebbe piaciuto restare immerso nella vasca e dormire lì per tutto il tempo.

D’un tratto, sentì la porta della Stanza aprirsi.

Non si alzò, credeva di essersi addormentato e di stare sognando: aveva lanciato degli incantesimi di protezione, nessuno sapeva che si trovasse lì e niente avrebbe potuto disturbarlo.

Seguirono pochi attimi di silenzio, quando finalmente Harry decise di riaprire gli occhi per sincerarsi di aver vissuto solo una fantasia.

Alzò di poco la testa e lo vide: Severus, avvolto dai suoi lunghi abiti neri, quelli che indossava d’inverno, e i capelli, ormai più lunghi di qualche tempo fa, raccolti dietro la nuca in maniera naturale, che lo fissava in maniera intensa.

Lo guardò di rimando e, immediatamente, gli occhi verdi del ragazzo si incatenarono in quelli neri e liquidi dell’altro.

Solo in quel momento Harry si accorse di essere completamente nudo ed era la prima volta che accadeva in presenza di Severus.

Contrariamente a quanto potesse pensare, il ragazzo non provò vergogna in quel frangente.

Attese qualche attimo e chiuse di nuovo gli occhi: poteva sentire il suo respiro fendere l’aria intorno che, ormai, era diventata solida.

Severus, dal canto suo, si avvicinò lentamente tanto da non far sentire il rumore dei suoi passi.

Era meraviglioso: avanzava con passo fiero; una figura nera che creava contrasto con il colore blu della stanza, illuminata con nient’altro che una luce soffusa.

Harry non aprì gli occhi fin quando Severus non fu vicino alla vasca.

Bastò un secondo: il giovane si era alzato e aveva impresso gli occhi in quelli dell’uomo che gli era di fronte.

L’unico rumore che si percepiva erano le gocce d’acqua che cadevano copiose e cantilenanti dal corpo nudo del ragazzo.

Non portava gli occhiali e la cicatrice era luminosa almeno quanto i suoi occhi.

« Spogliami » asserì Severus, con un tono che non ammetteva repliche.

Il ragazzo non si scompose a quelle parole e, senza smettere di fissare l’altro, poggiò il proprio palmo sulle vesti nere dell’uomo, creando tutt’intorno un alone di umidità.

Si sentiva fremere, con la mano prese a percorrere un percorso immaginario, avvertendo sotto la pelle ciò che il tessuto di colore scuro nascondeva.

Lentamente alzò anche l’altra mano e prese a sbottonare i bottoni che si stagliavano sul petto.

Non si perse neanche un attimo di quel momento, tanto che, ogni bottone che veniva aperto scopriva lembi di pelle del Professore, di cui nessuno passò inosservato da Harry.

Quando la parte superiore fu completamente slacciata, il giovane lasciò che anche la camicia seguisse la stessa sorte ed entrambe gli indumenti caddero per terra.

Per la prima volta, a sua volta, Harry stava guardando il torace di Severus: era di un colore perlaceo, per nulla esile. Le spalle perfettamente proporzionate che creavano un disegno geometrico con le linee che definivano il mento e il collo dell’uomo. Le braccia magre ma forti, solcate da vene che affioravano sotto la pelle.

Severus, intanto, seguiva attento i passaggi compiuti dal giovane, al quale non fissò alcun limite.

Harry aveva cominciato a slacciare anche i pantaloni, facendo in modo che l’uomo fosse coperto solo dall’intimo, mettendo in mostra le gambe tornite.

Fu allora che Severus, come destato da un sogno, prese a muoversi e, con un solo gesto delle mani, si era liberato anche di quell’ultimo lembo di tessuto che lo rendeva ancora nascosto all’altro.

Harry poté ammirare, solo allora, tutto lo splendore dell’uomo.

Avvertiva, sotto il palmo delle mani, quella sensazione di asciutto che derivava dal contatto avuto qualche attimo prima con il tessuto.

Severus si sciolse i capelli, che ricaddero immediatamente sulle sue spalle.

Senza attendere oltre, Harry afferrò il braccio dell’uomo e lo trascinò nella vasca.

Con una sincronia dettata dalla naturalezza del momento, si stesero, l’uno di fianco all’altro, nell’acqua ancora calda.

Severus baciava Harry quasi come se avesse voluto strappargli la pelle delle labbra e il ragazzo, dal canto suo, si avvicinò all’altro facendo aderire perfettamente i loro corpi.

Il Professore allentò leggermente la presa, non era sicuro di ciò che volesse il ragazzo e non voleva costringerlo a fare nulla che andasse contro la sua volontà.

Ad Harry fu un particolare che non passò inosservato e, sebbene fosse per lui la prima volta, non aveva dubbi sul fatto che l’uomo con cui avrebbe dovuto compiere quel passo fosse Severus.

« Se ci sei, io non ho paura » sussurrò il ragazzo sulle labbra dell’uomo.

« Non vado da nessuna parte senza di te » rispose il Pozionista, azzerando le distanze che nel frattempo aveva creato lui stesso.

Gli stimoli, che avevano cercato di non assecondare in quei pochi giorni, presero il sopravvento su tutto il resto.

Quella notte del 22 agosto, i due uomini, il cui destino stava cominciando ad essere incerto, si amarono. Non lo fecero a parole: il più delle volte, a loro non servivano.

Harry si donò a Severus, il quale accolse il gesto del ragazzo come la cosa più preziosa del mondo.

***

I due amanti si erano addormentati all’interno della vasca da bagno.

L’acqua stava cominciando a raffreddarsi e il primo a destarsi fu proprio Harry.

Erano le 23.00 ormai e il ragazzo sapeva bene che il giorno dopo sarebbe dovuto arrivare in anticipo per il processo, che si sarebbe tenuto per le 9.00.

Stava per alzarsi, quando si perse nuovamente sulla figura assopita di Severus.

Era ancor più bello del solito, il corpo completamente liscio e i capelli neri che, ricadendo lunghi sulle spalle, gli incorniciavano la pelle del viso.

Harry si avvicinò e gli appose un bacio delicato sulle labbra, il tanto che bastò all’uomo per svegliarsi.

Tutto ciò che si trovò davanti erano gli occhi verdi del ragazzo che lo fissavano e un sorriso, che gli conferiva un’aria decisamente più rilassata di quanto non avesse avuto in quei giorni.

« Credo sia meglio alzarci » disse il ragazzo, la cui pelle si era quasi del tutto raggrinzita.

Severus annuì e si mise in piedi, scendendo dalla vasca, aiutando l’altro a fare lo stesso.

Con un gesto della mano, il Pozionista evocò due accappatoi che in meno di un minuto li avvolsero.

« Minerva mi aveva detto che ti trovavi qui, aveva anche specificato che la stanza era chiusa a tutti » disse Severus, mentre si avvolgeva nel tessuto.

« Ma sei venuto lo stesso » constatò Harry.

« Ho sentito di doverlo fare… - rispose il più grande, rendendosi conto che, in teoria, la porta sigillata non avrebbe dovuto aprirsi – non so come sia entrato »

« E’ intricato capire secondo quali schemi ragioni la Stanza. Sa sempre di cosa hai bisogno, perché legge i desideri del tuo cuore. Probabilmente, sapeva che avrei voluto che mi trovassi » rispose il ragazzo, quasi come se stesse ragionando ad alta voce.

Si asciugarono entrambi e l’uomo stava racattando gli abiti che il ragazzo, qualche momento prima, gli aveva lasciato scivolare via.

« Non prendere quelli, - asserì il ragazzo, avvicinandosi all’uomo con in mano due pigiami – tieni, metti questo »

« Non posso uscire in questo stato, Potter » rispose il Professore, prendendo tuttavia l’indumento.

« Non voglio che tu vada via, infatti » replicò Harry Potter, sorridendo ancora.

« Preferisco che tu vada a riposare, non voglio stressarti oltre in vista di domani, non mi sembra il cas- » stava per dire Severus prima che il giovane lo fermasse con un gesto della mano.

« Non voglio sentire parlare di domani, ti prego – disse il ragazzo, quasi come se lo supplicasse – voglio che il mondo si fermi a stasera. Dove ci siamo io e te. Io e te che abbiamo appena fatto l’amore, io e te che non abbiamo paura del giudizio che spetta a qualcun altro, io e te che non sentiamo il bisogno di correre contro il tempo, perché di tempo non deve mancarcene mai. Di me, che quando sono con te mi sento al posto giusto, dove avrei dovuto sempre essere. Di te che mi rendi, ogni giorno, un po’ migliore. Di noi che ci siamo trovati adesso e non vogliamo che sia tardi. Resta qui stasera. Stasera, dove ci sono io, che ti amo più di qualsiasi altra cosa presente in questo universo ».

« Harry io.. » sussurrò Severus, scioccato da quel flusso di parole che lo aveva colpito in pieno petto.

Il ragazzo, non lasciando margine di scelta all’altro, gli si avvicinò e lo baciò stringendolo a sé.

« Non dire niente, resta con me e basta » concluse il giovane, stringendo ancora il Pozionista tra le braccia.

Severus gli sorrise e, in cuor suo, non aveva più dubbi.

Era lì che doveva restare.

Senza indugiare oltre.

Era lì che doveva restare.

Quella notte e per tutte quelle che sarebbero venute.


***

Angolo Autrice

Come promesso, due capitoli per voi! Soprattutto questo capitolo è stato, per me, particolare. Non avevo previsto che potesse aprirsi questa piccola parentesi nel corso della storia... E' come se si fosse scritto da solo. Quasi come se (e sono convinta che lo sia) l'unione di Severus ed Harry fosse avvenuta in maniera tanto naturale che, a mio parere, non sarebbe potuta andare diversamente. Confesso che mi abbia "spronato" l'ascolto de "La musica non c'è" di Coez. E' assurdo come certe canzoni possano descrivere tanto situazioni che, a primo impatto, sembrino non avere punti di contatto. Ad ogni modo, so di essermi dilungata molto, ma ci tenevo a ringraziaare ciascuno di voi che sta seguendo la storia.

Al prossimo aggiornamento, a presto!

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Capitolo 25
*** Capitolo XXV ***


CAPITOLO XXV:

Il mattino del 23 agosto, giunse decisamente troppo presto.

Erano le 05.30, Severus Piton riaprì gli occhi quasi come se non avesse dormito affatto. Non era agitato, aveva solo bisogno di allontanarsi per qualche ora, prima che il tutto avesse inizio.

Si voltò di lato e vide il volto rilassato di Harry che dormiva profondamente.

Un sorriso gli increspò le labbra, sarebbe potuto rimanere lì a fissarlo per molto altro tempo.

Avrebbe voluto rivedere quel momento per sempre: quando era con Harry, avvertiva nel petto una sensazione che probabilmente non aveva mai provato in maniera così potente. Sentiva di appartenergli, come se il ragazzo avesse un influsso tale da far sentire l’uomo legato a lui in maniera indissolubile. Non era importante il luogo in cui si trovassero, qualunque posto poteva essere casa, se Severus era insieme ad Harry Potter.

Con la sua mano affusolata, carezzò dolcemente il volto del ragazzo, il quale inavvertitamente si beò di quel contatto.

Lo avrebbe baciato ma non voleva che si svegliasse, in quel modo non sarebbe più andato via.

Si riappropriò dei vestiti di cui la sera prima si era liberato, si rivestì con cura e lasciò silenziosamente la stanza.

Il sole era sul punto di sorgere ma il Castello era ancora praticamente buio.

Severus imboccò la scorciatoia che portava direttamente ai Sotterranei, non voleva incontrare né qualche alunno che probabilmente stava violando il coprifuoco, né qualche docente impegnato, appunto, in un inseguimento.

Giunse davanti alla sua porta che, al suo tocco, si aprì immediatamente.

Nonostante fosse ancora Estate, quando Severus varcò la soglia dei suoi appartamenti, avvertì un senso di freddo innaturale.

Tuttavia, si sedette sulla poltrona posta davanti al camino e si concesse un bicchiere di Whiskey Incendiario, voleva distendere completamente i nervi.

Pensò ad Harry, a quanto quella notte avesse cambiato radicalmente il loro rapporto.

Per la prima volta, in vita sua, aveva qualcosa da perdere.

Chiunque, se avesse potuto ascoltare quel flusso di pensieri, avrebbe detto che Severus Piton si era rammollito.

Chiunque non lo conoscesse - pensò l’uomo di sé.

Non si era lasciato andare semplicemente, sentiva, dopo tanto, troppo tempo, che finalmente c’era qualcosa nella sua vita per cui valesse la pena rischiare.

Adesso gli interessava il suo destino: non era disposto ad essere recluso o ucciso, ora che aveva capito cosa provava per Harry.

Si passò una mano sulle labbra e avvertì il sapore forte del liquore, misto a quello inconfondibile delle labbra del ragazzo.

Sorrise, si sentiva uno sciocco.

Restò a godere di quella sensazione per qualche attimo ancora, con le dita poggiate sulla bocca.

Dopo pochi minuti, posò il bicchiere sul consueto tavolino e si recò nelle proprie stanze per mettersi in ordine.

Si sfilò la sua tunica nera che aveva indossato poco prima e si diresse verso il bagno.

Aprì l’acqua della doccia e lasciò che le gocce bollenti lo ristorassero.

Quando ebbe finito di lavarsi, asciugò i suoi capelli con cura e, coperto da un asciugamano, ritornò nella camera da letto per scegliere i vestiti da indossare.

Decise che, per quel giorno, avrebbe indossato dei pantaloni dal taglio classico, una camicia e un semplice panciotto, il tutto rigorosamente di colore nero.

Aveva pensato, qualche sera prima, di mettere la tunica che aveva appena tolto.

Il cambiamento non fu una scelta dettata dal caso: Severus non aveva intenzione di apparire elegante, voleva semplicemente non essere lo stesso.

Si era reso conto che la cristallizzazione della sua immagine era dovuta, non soltanto agli atteggiamenti che assumeva, ma anche agli abiti che era solito indossare.

Quel mantello, che aveva tanto amato e tanto odiato, lo usava per avvolgersi e celarsi dallo sguardo degli altri.

Era una sorta di copertura ma anche e soprattutto una maledizione: nessuno si era mai preoccupato di andare oltre alla visione di quel pezzo di stoffa.

Fin quando non è arrivato Harry – constatò l’uomo.

Il ragazzo era stato l’unico, dopo la copertura che aveva dovuto mantenere per più di quindici anni, dopo il tradimento di cui Harry stesso lo aveva creduto colpevole, dopo la guerra, a voler scostare quel velo che mostrava di Severus una realtà consapevolmente distorta.

Forse era soprattutto per quello che aveva giustamente deciso di tentare di andare avanti con quella storia, cominciata in maniera piuttosto tormentata.

Mentre Severus si vestiva, l’orologio segnava le 06.15 e il sole era quasi sorto completamente, alcuni raggi filtrarono dalle finestre della camera del Professore e, dall’altro lato della scuola, anche Harry Potter aveva riaperto gli occhi.

***

L’Atrium del Ministero era gremito di persone.

Funzionali, dirigenti, Auror e una fiumana di paparazzi intasavano qualsiasi corridoio che conducesse alla Grande Fontana.

Avendo preventivato la situazione, Kingsley aveva messo a disposizione una passaporta particolare per Harry, che sarebbe arrivato con Severus e Minerva.

Erano le 8.00 in punto e mentre il Ministro stava dando un’ultima occhiata ai fascicoli su cui erano riportati i punti all’ordine del giorno, di cui avrebbero discusso più tardi, comparvero nella stanza i tre Maghi provenienti da Hogwarts.

Harry Potter, nel mondo babbano, sarebbe stato l’immagine modello del perfetto avvocato: indossava un completo color grigio chiaro, una camicia bianca e una cravatta di colore scuro. Portava con sé una valigetta ed aveva l’espressione più decisa che il Ministro gli avesse visto.

Severus Piton, invece, sembrava distaccato dal resto: non aveva perso il suo atteggiamento fiero e superbo ma qualcosa nello sguardo dell’uomo era diverso.

« Ministro » salutò Harry, abbassando leggermente il capo, imitato dagli altri due.

« Signori, buongiorno a voi » rispose il Ministro, porgendo la mano a turno.

I maghi presero posto alla scrivania e Kingsley fece lo stesso.

« Harry, ti ho procurato tutto quello che tu mi hai richiesto. Il Pensatoio sarà portato in aula se ne avrai bisogno » esordì l’uomo.

Severus si irrigidì appena, Harry non mancò di notarlo.

« Grazie, spero tanto di poterne fare a meno » rispose sorridendo il ragazzo, stringendo di nascosto la mano dell’uomo che era seduto di fianco a lui.

« Ho ritenuto opportuno che vi presentaste prima perché non sarà facile raggiungere il secondo livello. Tuttavia ho dato ordine a tutti gli Auror possibili di cercare di mantenere l’ordine pubblico » spiegò il Ministro.

« Ti ringrazio anche per questo » rispose Harry.

Kingsley spostò lo sguardo su Minerva.

« Minerva, tuttavia, devo farti presente che potrai presenziare come spettatrice al processo, ma non potrai in alcun modo intervenire, altrimenti dovrò chiederti di allontanarti » disse l’uomo.

« Ne sono ben consapevole, Kingsley, non ti metterò nella posizione di doverlo fare » rispose la Professoressa, elargendogli un sorriso materno.

Severus era immobile, ma aveva ancora la mano allacciata a quella di Harry che, neanche per un secondo, lo aveva lasciato andare.

« Ministro, credo sia ora di andare », disse sicuro Harry.

« Va bene, - rispose l’uomo alzandosi, - avviatevi all’uscita, io comunicherò agli Auror di stare pronti »

Harry e Severus, le cui mani si erano separate, si alzarono insieme e si posizionarono sull’uscio.

« Non ti lascio » gli sussurrò il ragazzo, fissando un punto davanti a sé.

Le labbra di Severus si incresparono in un sorriso.

In un altro momento e in un altro luogo – pensò- non avrebbe esitato un attimo per baciarlo.

« Se tu ci sei, io non ho paura » asserì l’uomo, citando le parole che l’altro gli aveva rivolto appena la sera precedente.

Kingsley, nel frattempo, aveva allertato il corpo di difesa del Ministero e si era avvicinato, con Minerva, ai due uomini.

« E’ tutto pronto, quando volete, possiamo andare » confermò Shackelbolt.

« Siamo pronti, andiamo » rispose piccato Harry, facendo passare davanti a sé la figura del Ministro.

Non appena Kingsley aprì la porta, un fascio di luce di flash fotografici li accecò.

Tantissimi giornalisti, tentavano di scansare gli Auror e si protendevano oltre le loro braccia per raggiungere i maghi.

« Signor Potter, cosa la spinge a difendere uno dei Mangiamorte più temuti al servizio dell’Oscuro Signore? »

« Signor Potter, perché ha deciso di prendere le difese dell’assassino di Silente? »

« Signor Potter! Spieghi ai lettori del Wizarding Post perché il Salvatore del Mondo magico abbia deciso di non condannare il più grande traditore della scuola di Hogwarts! »

« Signor Potter, i seguaci della Gazzetta del Profeta le chiedono come farà a scagionare il criminale che ha finto di fare la Spia per l’Ordine? »

Harry ignorò tutte quelle frasi che, ovviamente, gli erano giunte all’orecchio. Proseguì il suo cammino, a testa alta, incollandosi praticamente alle spalle di Kingsley.

Severus invece era rimasto di sasso.

Come avrebbe risposto Harry a quelle domande?

Harry aveva capito che tutto quello che gli veniva rinfacciato fosse la verità più assoluta?

Era stato un assassino, un traditore, un criminale, una misera spia.

Harry rallentò la sua camminata e si voltò.

Incrociò con lo sguardo gli occhi dell’uomo che amava e fece un breve cenno con la testa.

Severus annuì e, mentre gli Auror continuavano quella lotta frenetica contro i corpi dei giornalisti, il Professore incatenò i propri occhi alla schiena di Harry Potter. Li avrebbe staccati solo al termine del proprio cammino, che avrebbe avuto come destinazione il Secondo Livello, Servizi Amministrativi del Wizengamot.

***

Dopo qualche minuto ininterrotto di camminata frenetica, i maghi giunsero, scortati dal Auror, dinanzi alla porta che conduceva all’Aula in cui si sarebbe tenuto il Processo.

« Signori, a questo punto, le nostre strade si dividono, - esordì il Ministro – c’è qualche passaggio burocratico che richiede ancora la mia presenza. Minerva, se vuoi, puoi cominciare ad entrare »

Minerva annuì e guardando con affetto i due uomini che aveva accompagnato, si diresse verso l’Aula.

 « Harry, tu e Severus avete ancora qualche minuto di tempo, prima che anche il Wizengamot si riunisca al completo » continuò Kingsley,

« Va bene, entreremo appena sarà il momento » rispose il ragazzo, sorridendo in maniera rassicurante.

« D’accordo, è meglio che mi avvii, dunque » concluse l’uomo, allontanandosi, scortato dagli Auror che li avevano seguiti, dagli altri due.

Severus guardò Harry e non proferì parola.

Aveva paura?

Lui che, per tanto tempo, aveva servito l’Oscuro Signore e aveva dovuto assecondare le sue follie?

Aveva paura.

Ed Harry lo sapeva.

« Ti amo » gli sussurrò il giovane.

Con un gesto furtivo, Severus rubò un bacio al ragazzo.

Era giunto il momento.

Harry Potter varcò la soglia di quella immensa porta, con alle spalle il Pozionista. Il suo Pozionista.

I Dissennatori “vegliavano” dall’alto, e tutt’intorno si respirava un’aria gelida.

Presero posto nei banchi a loro riservati.

« La corte si riunisce » si udì dal fondo.

Tutto ebbe inizio.



***

Angolo Autrice

Eccoci, ragazzi, con un nuovo capitolo! Questo è il vero inizio di tutto. Il motivo per cui Harry si è preparato per così tanto tempo e che sancirà le sorti del nostro Pozionista. Vi annuncio che aggionerò per tre sere consecutive (questa compresa), perché i prossimi sono capitoli a cui tengo in maniera particolare. Lo sono per tanti motivi, alcuni dei quali li noterete voi stessi.

So che, interrompere così la narrazione, sia effettivamente un po' "ansiogeno" ma, fidatevi, date tempo al tempo.

Ringrazio, come sempre, gli utenti che lasciano un commento. Allo stesso modo, ringrazio anche chi segue o ha letto solo di sfuggita la storia, nel proprio silenzio.

A domani, promesso.

Un abbraccio!

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Capitolo 26
*** Capitolo XXVI - The Criminal Trial I ***


CAPITOLO XXVI – The Criminal Trial I

« La corte si riunisce » si udì dal fondo.

Harry e Severus si alzarono in piedi, imitati dagli spettatori in sala.

Un fiotto di maghi, dalle lunghe vesti purpuree, si riversò all’interno dell’Aula e, non appena questi ebbero preso i rispettivi posti, un silenzio assordante calò sui presenti.

« A presiedere tale udienza, il Ministro della Magia, Shackelbolt Kinglsey », ripeteva la stessa voce.

Contemporaneamente, tutti si rialzarono in piedi, attendendo che anche il Ministro si sedesse al posto che gli era riservato.

Harry notò quanto Severus si muovesse meccanicamente: non era nemmeno sicuro che l’uomo fosse del tutto lucido, i suoi occhi, neri come la pece, non risplendevano di alcuna luce.. Era lì fisicamente, ma aveva capito che l’ultimo barlume di lucidità si trovava nel posto più recondito della sua anima.

« Signori della Corte, come ben sappiamo, i processi dei precedenti Mangiamorte sono stati oggetto di rinvio a giudizio. Tramite la valutazione di prove che si sono fondate perlopiù su fatti notori e sulla certezza dei soggetti coinvolti, gli uomini identificati come “seguaci del Signore Oscuro” sono stati condannati a trascorrere il resto della loro esistenza tra le mura di Azkaban, per aver parteggiato e lottato a favore della causa di Tom Riddle, durante la Seconda Guerra Magica » esordì il Ministro, con voce calda ma decisa.

Il silenzio permeava la stanza, di tanto in tanto, si udivano i respiri dei Dissennatori che seguivano con attenzione gli avvenimenti.

« Tuttavia, per la singolarità della fattispecie presentata e per l’apporto di alcune prove che mi sono state fornite in via preliminare, tali da rendere la situazione precedente meno chiara e che meritano la nostra più completa attenzione, il Signor Potter, con il riconoscimento attribuitogli per aver salvato il Mondo Magico e in veste di avvocato che prenderà le difese del qui presente, Severus Piton, ha richiesto l’archiviazione del caso, prosciogliendo l’indagato da tutte le accuse. » continuò l’uomo, fissando poi dritto Harry negli occhi.

Si udì qualche voce di dissenso tra i membri del Wizengamot, la cosa sembrava aver scosso non poco alcune persone.

Forse – pensò Harry, - credevano che Severus fosse condannato ancor prima di entrare.

« Per tali motivi, ritengo opportuno dare il via al dibattito che vedrà coinvolti voi, Membri della Corte, in veste di Pubblico Ministero e voi, Signor Potter e Signor Piton, rispettivamente in veste di difensore ed indagato », proseguì il Ministro.

Il momento era giunto, ora Harry doveva giocarsi il tutto per tutto: tutta la preparazione acquisita in quelle settimane doveva essere impiegata dal giovane.

« L’esposizione dei fatti è rimessa al portavoce eletto dal Wizengamot » concluse Shackelbolt.

Per un secondo eterno, Harry fissò la platea di persone per capire chi, tra tutti loro, dovesse esporre i fatti e le accuse.

Poi un lampo colpì il cuore del giovane mago.

« Emh, emh »

Quella voce.

D’un tratto, spuntò tra i cappelli purpurei il viso di una donna dagli occhi da rospo.

Quegli occhi che Harry non avrebbe mai potuto dimenticare e quel sorrisetto beffardo, che faceva ancora accapponare la pelle al ragazzo.

Anche Severus sembrò tornare in sé: non appena vide Dolores Umbridge, ancora a piede libero e per giunta Membro e Presidente del Wizengamot, il suo cuore perse letteralmente un battito. Un ringhio sommesso uscì dalle sue labbra.

Anche Kingsley era visibilmente sconvolto. Forse era questo che nei giorni precedenti aveva tenuto il Wizengamot così indaffarato.

« Io, Dolores Umbridge, incaricata dalla maggioranza dei 2/3 dei membri appartenenti a questo Ordine, sono stata eletta Presidente e portavoce del Wizengamot » esordì la donna.

« Richiedo, pertanto, che l’indagato si faccia avanti.

Severus Tobias Piton lei è accusato per la sua militanza tra le schiere dei Mangiamorte, con la commissione di svariati crimini, e per essere stato autore dell’omicidio volontario del noto Albus Percival Wulfric Brian Silente.

Concediamo a lei di cominciare a fornire la propria deposizione, in base alle domande che gli saranno poste » scandì Dolores Umbridge, con un leggero tono di stizza nelle parole.

La frase non fu neanche terminata, che Severus si era già alzato in piedi.

Si ergeva in tutta la sua fierezza e, notò Harry, tutto quel senso di insicurezza e di lucidità ovattata che gli aveva letto sul viso erano improvvisamente scomparsi.

Ecco, l’espressione che per anni gli aveva visto impressa in volto e che non aveva permesso a nessuno di guardare oltre la sua maschera.

Con passo lungo, Severus si fece avanti e prese posto, lontano da Harry, al cospetto della Corte.

Harry avvertì lo spostamento dell’aria causato dal movimento compiuto dal corpo dell’uomo.

Avrebbe desiderato essergli vicino, per dargli sostegno, non costringendolo ad affrontare quella situazione da solo.

« Le domande da rivolgerle saranno rapportate in forma scritta da un Verbalizzatore, per cui è ovvia la nostra pretesa di chiederle di rispondere riportando solo fatti conformi alla verità » intervenne Kingsley, mentre Severus era in attesa dell’interrogatorio.

« Senza dubbio, Ministro » rispose deciso l’uomo, parlando per la prima volta.

« Ebbene, procediamo – interruppe la Umbridge, con quella voce stucchevole e dai toni sibillini – signor Piton, la Corte intende sapere se, nel momento in cui lei è entrato a far parte dei Mangiamorte, fosse stato costretto da qualcuno »

Harry guardò fisso la schiena di Severus, che era seduto davanti a lui.

« Nessuno mi ha costretto a fare una cosa del genere.  All’inizio eravamo in pochissimi e alla nostra guida non c’era colui che abbiamo conosciuto e temuto come Voldemort, ma eravamo coordinati ed organizzati da Tom Riddle. Sono entrato a far parte di quella schiera quando ero un adolescente, non avevo intenzione di commettere alcun omicidio o reato di sorta » rispose secco, il Professore.

All’interno della sala, risuonava soltanto il grattare della penna d’oca del Verbalizzatore incaricato.

« In quanto servo dell’Oscuro Signore, era costantemente a conoscenza dei piani da lui architettati? » chiese la donna, con un sorriso immotivato sulle labbra.

« Non sempre. Il più delle volte, ho scoperto i suoi piani o perché prevedevano un mio intervento diretto o perché cercavo informazioni per conto dell’Ordine della Fenice » controbatté l’uomo, senza batter ciglio.

« Oh, l’Ordine della Fenice…, - esclamò la donna-rospo, con finto stupore, - a tal proposito, perché non ci parla del rapporto che la legava ad Albus Silente? »

Severus si passò una mano fra i capelli. Sapeva perfettamente dove sarebbe andata a parare la donna.

« Ho conosciuto Albus nel periodo più buio della mia vita. Ero ad Hogwarts da insegnante e lui deteneva già la carica di Preside. Sentivo addosso il peso che la carica di Mangiamorte stava cominciando ad avere. Voldemort accennava ad avere i primi segni di squilibrio e di delirio di onnipotenza, tanto da lasciare che una Profezia fatta su di lui, si avverasse proprio per mano sua. Albus Silente testimoniò tempo addietro per la mia innocenza sebbene, appunto, fossi un Mangiamorte. Con l’attenuante, però, che mi fu richiesto da Albus stesso di non smettere di essere al servizio di Voldemort: solo in questo modo avrei potuto indagare da vicino e venire a conoscenza dei suoi piani per poi riportarli alla resistenza che Albus aveva fondato, l’Ordine della Fenice. Tuttavia, questo non bastò a prevenire i crimini di Voldemort. La sera del 31 ottobre 1981, non fui in grado di salvare i Potter che, in quel periodo, avevano stabilito casa a Godric’s Hollow. Nemmeno Silente fu tanto abile da evitare la loro morte. Tuttavia, è grazie a lui che Harry Potter fu portato al sicuro », concluse l’uomo calmo ma risoluto.

« Era devoto a Silente? » chiese la donna, sorridendo tanto da rendere i suoi occhi assottigliati.

« Oltre ogni modo » rispose Piton, con tutta la fermezza che possedeva.

« Bene… Allora non rappresenterà per lei un disturbo il parlarci della natura del Voto Infrangibile che ha stretto con la Signora Malfoy » asserì la Umbridge, porgendosi in avanti.

« Prima dell’inizio del sesto anno, Voldemort, deluso dall’incapacità di Lord Malfoy di attendere ai suoi ordini, chiese a Draco di diventare un Mangiamorte. Fu così che Narcissa Malfoy, in compagnia di sua sorella Bellatrix Lestrange, venne da me per chiedermi di vegliare su suo figlio.  Ho stretto il Voto Infrangibile promettendo, a rischio della mia stessa vita, di mettere in salvo Draco da Voldemort »

La donna lo guardò incantata.

Godric, quanto avrebbe voluto ucciderla – pensò Harry.

« Oh, ma sappiamo bene quali siano state le conseguenze di questo Voto – replicò la Umbridge, prima che l’uomo terminasse la propria deposizione, - lei ha ucciso Silente »

« Sia io che Albus eravamo a conoscenza che questo sarebbe presto accaduto. Albus aveva previsto che, qualora Draco Malfoy non lo avesse ucciso, Voldemort avrebbe chiesto a me di compiere l’omicidio. Per testare la mia lealtà » controbatté il Professore.

« E, uccidendo Silente, la sua lealtà è effettivamente cambiata? » chiese la donna con tono un po’ tagliente, quasi come se attendesse una rivelazione da parte dell’uomo.

« Ovviamente no,- rispose Severus, stizzito da quella domanda, - la mia lealtà nei confronti di Silente non sarebbe cambiata mai e per nessuna ragione »

« Dopo la morte di Silente, è diventato Preside di Hogwarts. Ci racconti perché ha permesso che si verificassero così tante atrocità sotto la sua Reggenza » chiese la donna, con l’intento di stuzzicarlo.

« Credo che sia una domanda più che inutile » rispose l’uomo, che tentava in tutti i modi di controllare la propria voce e la propria voglia di strangolare l’essere infimo che gli stava rivolgendo le domande.

« A cui lei è comunque tenuto a rispondere » controbatté la donna, con il suo sorriso più falso.

« Come desidera la Corte, - riprese Severus, piantandole gli occhi fissi nei suoi – come credo tutti abbiate capito, anche la mia elezione a Preside era stata architettata e prevista da Voldemort. Con Silente fuori dai giochi e io che, in teoria, ero il suo servo più fidato e già dipendente tra le mura del Castello, ha ovviamente pensato di mettermi a capo di quella scuola che, ben presto, sarebbe diventata il covo dei suoi simpatizzanti e dei figli dei Mangiamorte. Anche e soprattutto la presenza dei gemelli Carrow è stata voluta da Voldemort.  Proprio loro hanno lo hanno chiamato ad Hogwarts dopo aver scoperto che Harry Potter era penetrato all’interno delle mura del castello »

« Quando l’Oscuro Signore è giunto ad Hogwarts, lei sapeva che era entrato in possesso della Bacchetta di Sambuco? »

Severus fremeva dalla rabbia. Il solo pensiero che quell’essere viscido avesse potuto profanare la tomba di Albus, dopo che lo aveva costretto ad ucciderlo, lo faceva rabbrividire.

« Quando Silente è morto, Voldemort aveva intenzione di trovare qualsiasi espediente per annientare Harry Potter. Essendo le loro bacchette complementari, poiché la loro anima era composta dallo stesso nucleo, avevo immaginato che sarebbe ricorso ad altri metodi. Tuttavia, io e Albus avevamo previsto anche questo.

Quando mi fece promettere di ucciderlo, mi disse che avrei dovuto farlo, prima che Malfoy potesse decidere di commettere davvero l’omicidio. Uccidendo Silente, sarei diventato padrone della Bacchetta, e per poterne disporre a tutti gli effetti, Voldemort avrebbe dovuto uccidere me, evitando così la morte di Malfoy. Questo è quello che finora si è lasciato credere ma le cose non sono andate poi così. Infatti, quella notte in cui Silente fu assassinato, Malfoy aveva disarmato il Preside e la Bacchetta di Sambuco non avrebbe risposto a me ma a lui. Voldemort ha ignorato questo particolare e, di fatti, avendo Harry disarmato successivamente Malfoy, la Bacchetta di Sambuco aveva cambiato la propria lealtà, riconoscendo Harry Potter come legittimo padrone » concluse l’uomo.

« L’ultima domanda che abbiamo da porle è la seguente. Ci parli del suo rapporto con Lord Voldemort » asserì la donna, guardandolo incuriosita.

« Agli occhi di tutti sono apparso come il servitore fedele di Voldemort. Le persone si sono addirittura convinte che questo potesse essere anche il pensiero di Voldemort stesso. La verità non è questa. Voldemort era un mago potente, per quanto io potessi fare il doppio gioco, schermare la mia mente per evitare i suoi interventi da Legillimens, sapeva bene di non potersi fidare di me totalmente. Non mi ha mai trattato con riguardo, tant’è vero che non ha esitato un attimo nello scagliarmi addosso Nagini pur di detenere il potere della Bacchetta di Sambuco. Voldemort sceglieva i propri uomini ma nessuno valeva, per lui, quanto la propria voglia di vivere per sempre » concluse Severus.

Harry attendeva in silenzio. Severus aveva risposto in maniera esaustiva ed eccellente alle domande, non aveva perso il controllo nemmeno quando era sembrato sul punto di cedere.

Tuttavia, sapeva, che qualcosa di lì a poco sarebbe accaduto.

« Grazie Signor Piton per le sue deposizioni. Le chiedo di ritornare al proprio posto » gli disse la donna, quasi sghignazzando.

Severus, con un movimento elegante, si scostò dalla sedia e tornò al fianco di Harry.

Il ragazzo, impulsivamente, afferrò la mano dell’uomo non appena questi si fu seduto.

Le mani dell’uomo erano fredde, tanto che sotto il tocco di Harry si formò un alone rosso.

Non appena furono in contatto, Severus strinse con vigore la mano del ragazzo nella propria.

« Possiamo procedere, quindi, con le osservazioni del Pubblico Ministero » disse il Ministro che non aveva mai smesso di fissare Severus

« Emh, emh, - tossì la Umbridge, con fare quasi ingenuo, - mi scusi, Ministro. Prima di procedere, in quanto Presidente del Wizengamot ed essendo a conoscenza della rivalutazione delle prove addotte per la particolarità della fattispecie, richiedo, durante questo processo, l’intervento di un uomo che vorrebbe testimoniare »

Harry balzò sull’attenti. A chi altri, che non conosceva, avrebbero dovuto tener testa?

« Beh, che si faccia entrare il teste, allora » rispose Kingsley meravigliato quanto Harry.

Dalla stessa porta da cui erano entrati Harry e Severus, fece il proprio ingresso un uomo dalla media altezza, grasso, dai capelli brizzolati e radi, aveva una barba che faceva un tutt’uno con le basette e indossava degli occhiali ovali e piccoli che incorniciavano e rendevano ancora più rigonfio il volto largo.

Indossava degli abiti eleganti, costosi a dire il vero.

Doveva essere di qualche estrazione sociale particolare, pensò Harry.

Camminava impettito e raggiunse il centro della sala dove poco prima era posizionato Severus.

« A testimoniare contro la persona di Severus Piton, Alberic Greenville » pronunciò la voce atona dal fondo della sala.

L’uomo prese posto e, in maniera piuttosto impettita, si sistemò il panciotto che restava chiuso a fatica.

« Signor Greenville – cominciò a dire il Ministro, - in qualità di testimone e in circostanza delle situazioni che stiamo esaminando, credo sia superfluo farle notare quanto la sua deposizione dei fatti sia importante. Pertanto, deve giurare dinanzi alla Corte di dire tutta la verità, solo la verità, nient’altro che la verità »

« Giuro di dire tutta la verità, solo la verità, nient’altro che la verità » rispose il vecchio, quasi in un rantolo.

La Umbridge aveva un sorriso inquietante.

« Bene Signor Greenville, - riprese la donna-rospo, - riferisca alla corte e al Ministro ciò che ha da dirci sulla sua esperienza con il Signor Severus Piton ».

Harry si girò di scatto verso Severus.

« Io non ho mai visto quell’uomo » disse flebilmente Severus, intuendo, pur senza muoversi, la domanda che Harry aveva sulla punta della lingua.

Con uno sguardo eloquente, anche Kingsley confermò ai due uomini di non conoscere affatto quel soggetto.

Dovevano andarci piano, pensò Harry.

Severus aveva fatto una deposizione eccellente, nulla che non rispecchiasse la realtà, nulla che la travisasse.

Ma adesso le cose stavano prendendo una piega piuttosto strana.

« Sono Alberic Greenville, la mia famiglia è originaria di Londra – cominciò a dire l’uomo grasso, - i miei avi hanno da sempre abitato nella Capitale Inglese, tuttavia, circa 20 anni fa, per esigenze lavorative, sono stato chiamato in Europa ».

« Qual è il suo impiego, Signor Greenville? » chiese d’un tratto Harry.

Kinglsey colse la palla al balzo.

« Signor Potter, se lo desidera, le è concesso interrogare il testimone per chiarire meglio i punti incerti della sua deposizione ».

Ciò detto, Harry guadagnò il centro della Sala.

Con uno sguardo tra il torvo e il seccato, l’uomo grasso afferrò un fazzoletto di stoffa dalle tasche e cominciò ad asciugarsi la fronte.

« Sono un semplice farmacista, - affermò l’uomo, proseguendo con il suo discorso, - e in questi vent’anni, ho girovagato tra l’Italia, la Francia e l’Albania, poiché ero in cerca di erbe farmaceutiche che nascono solo in queste terre, con il favore di un clima più caldo e soleggiato »

« Come conosce il Signor Piton?» chiese Harry tagliente, ma con tono calmo e rilassato.

« Beh, in quanto farmacista, mi sono trovato spesso a frequentare luoghi comuni anche per il signor Piton. Negozi, botteghe, erboristerie ed ingrossi dove poter trovare del materiale che fosse congeniale, nel mio caso per preparazioni mediche, nell’altro per pozioni e intrugli ».

« Ha frequentato Hogwarts, nei suoi anni da studente? » chiese ancora il giovane mago.

L’uomo asciugò la fronte e allentò la propria cravatta.

« Non capisco il perché di questa domanda,  - asserì la Umbridge ad un tratto, - soprattutto non colgo il nesso tra la deposizione condotta dal Signor Greenville e tale precisazione »

« Non essendo una domanda che possa arrecare pregiudizio alla questione, non vedo perché il Signor Greenville non debba rispondere » rispose il Ministro, risolutissimo.

« Oh, - fece Harry, sorridendo esattamente come la Umbridge faceva con finta ingenuità, - mi voglia perdonare la Corte, se la mia domanda è suonata alquanto strana. Tuttavia, vorrei chiarire i dubbi sorti giustamente alla Presidentessa »

E puntò i suoi occhi in quelli della donna che, almeno per il momento, aveva smesso un po’ di sorridere.

« Come penso abbiate capito tutti, la semplice frequentazioni di luoghi comuni non potrebbe bastare per conoscere una persona. Qui stiamo decidendo in merito alla libertà di un uomo, non possiamo basare le nostre decisioni su supposizioni tratte da un casuale incontro, mi sbaglio signor Greenville? »

Cadde il silenzio nella sala.

Severus doveva ammetterlo, il ragazzo aveva un modo tutto suo di fare le cose, ma mai come in quel momento sentiva di essere al sicuro.

« No beh, ha ragione, - disse l’uomo, cercando di darsi un contegno, - tuttavia, no, non ho mai frequentato la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. I miei genitori hanno preteso che la mia formazione avvenisse per mano di un tutore a domicilio ».

Lo sapeva. Harry se lo sentiva.

« Quindi possiamo dedurre che non poteva conoscere il Signor Piton, in quanto Professore di Pozioni, poiché non avrebbe avuto modo di vederlo svolgere la sua professione. Ha avuto dei figli che potessero frequentare la scuola? » disse il ragazzo come se stesse pensando ad alta voce.

« No, non ho mai avuto contatti con lui né da alunno né da genitore, in quanto non ho figli » rispose l’uomo.

Harry sapeva anche questo.

Con un rapido calcolo, l’uomo doveva essere più grande di Severus. Non poteva averlo avuto come insegnante poiché, nel tempo in cui avrebbe potuto frequentare la scuola, Severus ancora non era professore. E, più di tutto, era sicuro di non aver mai sentito, neanche tra i nuovi arrivati, che qualcuno a scuola potesse portare il cognome Greenville.

Tuttavia, quel cognome non gli suonava nuovo.

« Bene, chiarito questo punto, vorremmo sapere come e cosa ha da dire sul conto di Severus Piton », disse Harry, attendendo la prossima mossa.

« Quando ero in Albania, - riprese l’uomo, - sono stato convocato a Londra per alcune ricerche. Tuttavia, non avevo idea che dietro alla mia chiamata ci fosse Voi-Sapete-Chi… »

«Voldemort. Lo chiami pure con il suo nome. Voldemort. » controbatté Harry, deciso.

« Oh, beh, V-Voldemort. Una sera di qualche anno fa, quando ero ormai tornato nella capitale, sono stato braccato da due uomini con i cappucci neri, nascosti nella penombra del viale della mia abitazione. Sono stato al suo cospetto e mi ha chiesto di eseguire particolari preparazioni per lui » rispose l’uomo, facendo fatica a parlare.

« Ci dica pure di cosa si trattasse » incalzò Harry.

« Obiezione, Ministro! » disse la Umbridge.

« Respinta. Abbiamo bisogno di valutare il tutto » rispose il Ministro senza batter ciglio.

L’uomo prese ad asciugarsi la fronte in maniera sempre più continua.

« Lui.. Lui voleva che gli preparassi delle cure che potessero renderlo più resistente del normale. Disse che allo scontro avvenuto nel Ministero, si era sentito venire meno. Voleva superare i suoi limiti, essere invincibile sotto ogni punto di vista » asserì l’uomo.

« E lei, cosa ha risposto? » chiese Harry inarcando la schiena sul piano dove poggiava l’uomo.

« I-io avevo intenzione di rifutare ma.. » rispose lasciando la frase sospesa.

« Ma? » lo pressò il giovane mago.

« Ma prima che potessi proferir parola, mi disse che se non avessi accettato, mi avrebbe torturato fino a desiderare la morte e poi ucciso » rispose l’uomo, tremando.

Harry lo scrutò a lungo. Non credeva neanche ad una di quelle parole.

Per una questione molto semplice: perché non rivolgersi a Severus? Perché Voldemort avrebbe dovuto mettere la propria vita nelle mani di un perfetto sconosciuto, considerando che Severus fosse un abile e rinomato Pozionista?

« Vada avanti, ci faccia il resoconto sul Signor Piton » rispose Harry, per niente incantato da quella visione.

« Il Signore Oscuro lasciava che ascoltassi ciò che veniva detto alle riunioni con i Mangiamorte. Era per farmi capire – così diceva lui – cosa mi avrebbe aspettato se avessi mai avuto intenzione di tradirlo, compromettendo la sua salute o rivelando a qualcuno il mio compito. Ero al Malfoy Manor, una sera dello scorso anno, era quasi estate. Era stata indetta una riunione straordinaria con i Mangiamorte. Stavo per andare via, poiché avevo finito di somministrare le cure al Signore Oscuro, quando Codaliscia mi fermò per dirmi di restare. Fu così che incontrai per la prima volta Severus Piton » disse l’uomo secco.

« Impossibile – affermò Harry Potter, sbottando di rabbia, - il mio cliente non l’ha mai vista e mai ha avuto a che fare con lei! »

La Umbridge sghignazzava.

« Ero sicuro lo dicesse, - disse l’uomo, cercando di darsi un contegno, - e ha tutte le ragioni per farlo. Io ho visto lui, ma lui non ha mai visto me »

« Si spieghi » tagliò corto Harry, lanciando uno sguardo veloce a Severus, il quale non aveva perso una sola parola di tutto il discorso.

« Vede, io non avevo il permesso di farmi vedere in pubblico. Nessuno doveva venire a conoscenza delle cure che stavo somministrando al Signore Oscuro e fu lui a volere che nessuno, nemmeno i suoi adepti, venissero a capo della situazione. Addirittura, obliviò i due uomini che vennero a prendermi qualche anno prima » rispose l’uomo.

« Quindi l’unico a conoscerla era Minus, conferma? » chiese Harry, chiamando il servo più insulso di Voldemort per cognome.

« Sì, esatto. Quella sera, tuttavia, il Signore Oscuro e Piton rimasero da soli per qualche attimo, quel tanto che mi bastò per confermare i miei sospetti sul Professore di Hogwarts. Infatti, il Signore Oscuro non ha mai chiesto a Piton di uccidere Silente. Lui pretendeva che lo facesse Draco Malfoy. Tuttavia, voi Signori della Corte, siete a conoscenza del fatto che Piton aveva stretto con Narcissa Malfoy il Voto Infrangibile e quindi era costretto in ogni caso ad adempiere ai doveri che il suo figlioccio non avrebbe portato a termine.

Fu così che Piton rivelò a Voldemort che per facilitare il proprio ruolo di doppiogiochista, aveva cominciato a somministrare gradualmente delle pozioni che facessero lentamente ammalare Silente fino a farlo morire. Aveva fatto in modo che l’infezione mortale si espandesse dall’Anello  - Horcrux che Silente indossava. Così Silente si sarebbe convinto che gli sarebbe rimasto poco da vivere, garantendo a Piton la propria morte e la sua conseguente vittoria » concluse l’uomo, ormai un bagno di sudore.

Gli occhi della Umbridge erano luminosi e spietati.

« Sono calunnie, - controbatté Piton, alzandosi in maniera decisa, - solo calunnie! »

« Lei mente. - ringhiò Harry, -  Ministro,  faccia portare, per cortesia, il Pensatoio »

Mentre alcuni maghi portavano l’artefatto magico al centro della Sala, la McGranitt che aveva assistito a quello spettacolo, passò ad Harry la fialetta dal liquido argenteo.

« Va’ a sederti, Severus. Ogni tua affermazione potrebbe essere usata contro di te » asserì il giovane mago, glaciale.

Senza batter ciglio, Severus fece come gli era stato detto.

Harry ritornò al centro della Sala, e versò senza troppe cerimonie il liquido che aveva tante volte visto, prima che Severus riaprisse gli occhi.

Si susseguirono immagini dell’infanzia di un piccolo Severus, seguite a ruota da quelle che parlavano di sua madre e del loro smistamento ad Hogwarts. Sirius che non smetteva di prenderlo in giro, Lily che ormai non era più sua. Fino a che i ricordi non giunsero alla sera del Ballo del Ceppo. Silente e Piton erano nella Sala d’Ingresso appartati in un angolo. Piton gli confessò che anche il Marchio di Karkaroff stava tornando ad essere scuro e che Igor stesso era terrorizzato, temeva vendetta per aver collaborato col Ministero e aveva intenzione di fuggire. 

Silente chiese se anche lui avesse intenzione di fare lo stesso, ma Piton negò. Il Preside gli disse che era molto coraggioso e rifletté sul fatto che lo Smistamento avvenisse troppo presto.

I ricordi riportarono la scena nello studio di Silente. Il Preside era afflosciato sulla sedie, semi-svenuto, la mano destra nera e bruciata, mentre Piton pronunciava alcuni incantesimi e gli faceva bere una pozione.

Quando Silente si riprese, Piton gli chiese come gli fosse saltato in testa di mettersi l’anello con una maledizione.

Si vide l’anello di Marvolo spezzato.

Silente sostenne di essere stato uno sciocco.

La maledizione lo avrebbe ucciso, gli disse Piton, dopo al massimo un anno, Silente disse che questo avrebbe reso le cose più semplici e gli parlò della missione che Voldemort aveva affidato a Draco come punizione. Sapeva che non ce l’avrebbe fatta. Piton doveva scoprire di cosa si trattasse. Silente, tuttavia, era preoccupato delle vittime accidentali che Voldemort avrebbe rischiato di fare per arrivare a lui.

Gli disse che alla fine sarebbe dovuto essere Severus stesso ad ucciderlo. Silente non voleva che l’anima di Malfoy venisse macchiata a causa sua. E non voleva essere torturato da qualche Mangiamorte crudele o  finire tra le grinfie del lupo mannaro Greyback.

Piton gli confermò che Voldemort si aspettava che presto la scuola sarebbe finita nelle sue mani e Silente gli chiese di fare tutto ciò che avrebbe potuto per proteggere gli studenti.

La scena cambiò di nuovo.

Silente e Piton passeggiavano per il parco. Quest’ultimo voleva sapere che cosa facessero il Preside e Potter durante le loro lezioni. Silente si limitò a dire che gli doveva passare delle informazioni, prima che fosse troppo tardi.

Piton parve offeso, pensò che si fidasse di Harry, ma non di lui. Silente disse che non si trattava di fiducia, doveva solo essere sicuro che Harry sapesse cosa dovesse fare. Non amava lasciare tutti i suoi segreti ad un unica persona, soprattutto non a una che trascorreva tanto tempo accanto a Voldemort.

Piton era visibilmente offeso e gli ricordò che la sua vicinanza a Voldemort era forzata e lo faceva per conto del preside stesso. Piton non capiva come potesse temere che Voldemort venisse a scoprire qualcosa da lui, quando proprio Potter era scadente in Occlumanzia e aveva un legame diretto nella mente del Signore Oscuro. Ma Silente sapeva che Voldemort temeva quel legame e non avrebbe cercato di nuovo di entrare nella mente di Harry. L’anima di Voldemort era mutilata e non poteva sopportarne una pura come quella di Harry.

Nell’ultima scena, Silente gli spiegò che Harry non doveva sapere niente fino all’ultimo. Sarebbe venuto il momento, dopo la sua morte, che Voldemort avrebbe iniziato a temere per la vita del suo serpente. Solo in quel momento, Piton avrebbe dovuto dire tutto ad Harry. Gli spiegò che avrebbe dovuto rivelare al giovane che la notte in cui i genitori morirono, la notte in cui l’Anatema di Voldemort gli rimbalzò addosso, un frammento della sua anima fu separato e si agganciò all’unica anima vivente rimasta in quella casa: Harry. Per questo Harry poteva vedere nella mente di Voldemort, poteva parlare con i serpenti e tutto il resto. E quindi Harry doveva morire e doveva essere ucciso proprio da Voldemort. Piton si rese conto, solo in quel momento, di essere stato usato da Silente. Aveva fatto tutto per far vivere il ragazzo ed ora scopriva che era solo carne da macello. Silente gli chiese se alla fine si fosse affezionato al ragazzo e Piton gli mostrò la cerva, il suo Patronus.                                              


***

Angolo Autrice

Come promesso, eccovi il secondo dei tre capitoli consecutivi.

Mi scuso in anticipo se non dovessi rispondere immediatamente ai commenti, preferisco farvi leggere tutto e poi farvi tirare le somme.

Un abbraccio, a domani!

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Capitolo 27
*** Capitolo XXVII - The Criminal Trial II ***


CAPITOLO XXVII – THE CRIMINAL TRIAL pt2

Con l’affiorare della cerva, anche i ricordi svanirono in maniera del tutto graduale.

Nella sala ripiombò un silenzio innaturale.

Per la prima volta, tutti avevano preso visione di quei ricordi che, a loro tempo, avevano fatto capire ad Harry quanto il ruolo di Severus fosse stato incomprensibile.

Era la prima volta anche per Kingsley il quale, per rispetto della privacy di Piton, non aveva mai chiesto ad Harry di esaminare quei ricordi nel Pensatoio, si era semplicemente attenuto ai contenuti che il ragazzo gli aveva riportato.

Severus, dal canto suo, fissava in maniera intensa Harry. Sapeva benissimo che, giocandosi quella carta, il ragazzo stava tentando il tutto per tutto.

« Credo che tutti siate rimasti meravigliati dalle cose che vi sono state appena mostrate, - cominciò a dire Harry, - io stesso, per primo, non avrei voluto che questi ricordi venissero esibiti pubblicamente. Tuttavia essi sono stati utilizzati come extrema ratio. Perché è mio dovere dimostrare quanto le accuse, addotte dal Signor Greenville qui presente, siano altamente infondate »

« Piton era un debole! – urlò la Umbridge, perdendo ogni ombra del proprio contegno, - Non era un debole di natura, è un uomo che ha deciso di essere debole! »

« Un debole? Piton ha sempre parteggiato per l’Ordine della Fenice! Era lì quando avevamo bisogno di lui! Ha aiutato anche l’Esercito di Silente quando lei, per prima, ha tentato in tutti i modi di ostacolare la nostra formazione per renderci pronti a combattere quando Voldemort sarebbe arrivato! Ha rischiato molte volte di essere ucciso, non credo fosse una scelta dettata dalla superficialità! » rispose Harry, strepitandole contro.

Sentiva il battito del proprio cuore accelerare e avvertiva l’aumentare sempre più intenso del suo flusso sanguigno.

« E’ sempre stato dalla vostra parte? E cosa mi dice del fatto che proprio lei, Signor Potter, si è sempre lamentato di subire angherie ed abusi dal Professore qui presente? » chiese la donna, ritornando improvvisamente calma, con un sorriso nuovo stampato in faccia.

Harry la fissò, questa volta davvero non capiva dove stesse andando a parare.

« E’ sempre stato al servizio di un Bene Superiore e lei dovrebbe saperlo, ormai. Così come i miei genitori, i genitori di Neville e quelli di Ron. Così come la professoressa McGranitt, Tonks, Lupin, Moody e molti altri, fortunatamente, con loro. Per quanto queste persone abbiano lottato per il Bene, non hanno mai avuto l’ingrato compito di dover parteggiare anche per il Lato opposto. Come saremmo arrivati a tante conclusioni se Piton non avesse fatto la spia? » chiese Harry.

Alcuni membri della Corte annuivano.

Alberic Greenville non smetteva di sudare ed asciugarsi con quel dannato fazzoletto.

« Bene, ma non ha risposto alla mia di domanda, Signor Potter, - rimarcò la donna, sorridendo sempre, - come mai questo repentino cambio di idea? Non sono trascorsi che pochi mesi dalla conclusione della guerra »

« Mi meraviglio del fatto che lei abbia ancora il coraggio di pormi questa domanda, dopo aver visto questi ricordi… Per quanti “errori” Piton sia stato chiamato a commettere, mai e ripeto mai, la sua fedeltà sarebbe dovuta essere messa in dubbio. Mi ha cresciuto e protetto, in maniera poco convenzionale, è da ammetterlo, ma non sarebbe potuto essere altrimenti, visto il suo ruolo. Tante volte ho creduto che Silente avesse riposto la propria fiducia in una persona sbagliata. Perché non avevo capito che tipo di persona avessi di fronte e con quale storia. Io sono giunto alla conclusione giusta, solo dopo aver rischiato che Piton morisse!» concluse il giovane, accaldato e tesissimo.

Kingsley lo guardava, con gli occhi gli stava chiedendo di riprendere la calma.

« Commovente, Signor Potter, davvero commovente, - rispose la donna rospo, - tuttavia, se la Corte e il Ministro me lo permettono, voglio che entri un secondo testimone »

La McGranitt sgranò gli occhi. Per tutto quel tempo aveva cercato di mantenere la calma ma, per ogni attimo che passava, era sempre più difficile.

« Presidentessa, avrebbe potuto informarmi della presenza di nuovi testimoni, prima che il Processo avesse avuto inzio » rispose Kingsley, irritato e sulla difensiva.

« Oh, mi voglia scusare Ministro, - esordì lei, mettendo una mano davanti alla bocca, come se fosse stupita, - credo, però, che sia d’obbligo fare una precisazione. Non si tratta di un semplice testimone. Chiedo pertanto di far entrare il dottor Grosvenor »

Dottore? Cosa?! – pensò Harry, che aveva i nervi a fior di pelle.

Si voltò verso Severus: era lì immobile, con il ghigno che tante volte, tra le mura del Castello, gli aveva visto impresso sul volto. Eccola che tornava, aveva indossato nuovamente la sua maschera.

E come biasimarlo? – pensò Harry.

Era costretto a non rivelare mai sé stesso in presenza di Voldemort. Del Mago Oscuro più potente mai esistito. C’era una ragione, allora, per cui si stava comportando allo stesso modo in quell’aula. Sapeva che in quell’aula il suo destino era tornato ad essere in bilico.

Prima gli sarebbe importato relativamente di ciò che sarebbe stato di lui.

Adesso no. Lui aveva molto da perdere. Avrebbe perso Harry.

Ora che aveva trovato una ragione per apprezzare la propria libertà e la propria vita.

« A testimoniare, Barnabas Grosvenor » scandì perfettamente la solita voce metallica.

Non appena la voce smise di riecheggiare, entrò a grandi falcate un uomo dall’aspetto tutt’altro che rassicurante.

Era molto alto, dai capelli lisci e scuri divisi da una riga centrale, probabilmente molto sporchi. Aveva una barba lunga, poco curata, e anch’essa scura. Ma ciò che di più colpì il ragazzo furono gli occhi.

Aveva due occhi grandi e chiarissimi. Sembravano di ghiaccio. Ed erano sgranati a tal punto che se Harry lo avesse incontrato al di fuori di quel contesto, lo avrebbe scambiato per un paziente più che per un medico.

Si muoveva in maniera meccanica, guadagnando velocemente il centro e mettendosi al cospetto di Kingsley Shackelbolt.

« Come credo sia inutile precisarle, la sua testimonianza, signor Grosvenor, è di carattere fondamentale. Stiamo cercando di giungere alla fine di questo Processo e lei deve giurare di testimoniare dicendo solo ed esclusivamente la verità » esordì il Ministro, ripetendo la formula del giuramento.

« Giuro, Ministro, di dire solo ed esclusivamente la verità » rispose l’uomo, accomodandosi su di una sedia che era stata posta di fianco al testimone precedente.

« Bene, Signor Grosvenor, ci illumini » cominciò Kingsley.

Ad Harry, - e il ragazzo ne era sicuro, neanche a Severus, - non sfuggì lo sguardo che l’uomo aveva lanciato alla Umbridge.

« Mi chiamo Barnabas Grosvenor ed esercito la professione di Medimago da oltre 25 anni. Ho girato molte zone dell’Inghilterra prima di porre la mia sede definitiva a Londra. I miei genitori vivevano in Russia ma erano originari del Regno Unito. Per alcune ricerche sperimentali, sono stato chiamato alla Tower Hill Clinic della Capitale ed è lì che continuo a svolgere le mie mansioni » prese a raccontare l’uomo.

Harry si fece avanti, il Ministro annuì concedendogli ancora di interrogare il testimone.

« Mansioni di che natura? » chiese il ragazzo, freddo.

Grosvenor gli piantò gli occhi addosso. Harry rabbrividì ma non lo diede a vedere.

« Io mi occupo della sfera cerebrale. Più precisamente, degli effetti che determinati incantesimi possono avere sulla psiche e sulle facoltà cognitive » rispose il dottore, quasi come se avesse anticipato la domanda.

Il giovane mago aveva un terribile presentimento.

« Perché è qui a testimoniare? » continuò il ragazzo.

« Proprio per via delle mie ricerche. Sono stato convocato in segreto dai primari Londinesi che lavorano a Tower Hill Clinic per prescrivere terapie curative alle vittime, torturate dei Mangiamorte » disse l’uomo.

Mangiamorte? Sarebbe potuto essere benissimo uno di loro, - pensò Harry che era sempre più inquietato dallo sguardo sgranato e dal sorriso che era appena affiorato sul volto del Medico.

« Si spieghi » tagliò corto il Ministro.

« Sono qui perché, nelle ultime settimane, ho dovuto lavorare ed effettuare ricerche su di lei, - e si voltò inclinando la testa, - Signor Potter »

Sospiri di sgomento si udirono per tutta la sala.

Lo stesso Severus si alzò di scatto, pronto a raggiungere l’uomo e percuoterlo con forza.

Harry lo redarguì con lo sguardo: dovevano mantenere entrambe la calma, altrimenti avrebbero rovinato tutto.

« Credevo che le notizie diffuse dai giornali circa la mia vita fossero alquanto sufficienti, Signor Grosvenor, - controbatté il ragazzo, con tono tagliente, - non legge i Gossip? Credo di essere stato in copertina per almeno 5 settimane di seguito »

La Umbridge lo guardò con un’aria che era a metà tra l’interrogativo e il disgustato.

« Non mi fraintenda, Signor Potter, - rispose l’uomo che aveva perfettamente colto l’ironia dell’Eroe del Mondo Magico, - ho effettuato ricerche che andassero al di là della sua vita sociale o meglio, che ne spiegassero i risvolti »

Harry si passò una mano fra i capelli.

« Mi aggiorni allora, cosa ha scoperto? » chiese il giovane, deciso.

« Beh, a quanto mi è parso di capire, non è stato esaustivo nello spiegare alla Corte il perché di questo suo cambiamento nei confronti della persona di Severus Piton. - prese a dire l’uomo, - Io la capisco. Nemmeno lei sa come questo radicale mutamento affettivo possa essere avvenuto »

« Lei crede di sapere proprio tutto, vero? Le ricordo, tuttavia, che si trova sotto giuramento. Non dica il falso e ci riporti solo prove utili per la decisione » tagliò corto Harry, visibilmente spazientito.

« Ma certo che me ne ricordo. Ed è per questo che, sono sicuro e ne ho le prove, posso apertamente affermare che lei sia da più di 5 settimane sotto l’effetto di una maledizione Imperius, scagliatale da Piton in persona non appena aveva riaperto gli occhi » concluse l’uomo, senza batter ciglio.

« Cosa? Ma non è possibile… » diceva la gran parte dei membri della Corte.

« Silenzio, silenzio! » rispose il Ministro.

« Io, sotto maledizione Imperius? Ma cosa sta blaterando?!» rispose il ragazzo, visibilmente sotto shock.

« Non blatero, io posso dimostrarlo » controbatté l’uomo, sfilando dalla propria tasca una fiala con del liquido argenteo.

« Che gli si porti un Pensatoio! » cinguettò la Umbridge, al limite dell’eccitazione.

Il Pensatoio che pochi minuti prima era stato fatto sparire, ricomparve vicino all’uomo che , senza esitazioni, vi versò il liquido.

Piton e Silente erano, nuovamente, nel loro studio. Così come nel ricordo precedente, Piton stava dicendo ad Albus che la maledizione dell’Anello lo avrebbe condotto alla morte nel giro di un anno.

I ricordi, in quel punto, corrispondevano.

Poi, d’un tratto, la scena cambiò e, proprio come aveva testimoniato Alberic Greenville, Severus e Voldemort erano al Malfoy Manor a conversare. Proprio lì, il Professore di Pozioni svelò al Signore Oscuro il suo piano messo in atto per uccidere gradualmente il Preside di Hogwarts.

Tutto proseguiva secondo la descrizione fornita un attimo precedente dal primo testimone.

Dopo essere stato congedato da Lord Voldemort, Severus uscì dal Manor e i ricordi terminarono.

Lo avevano incastrato.

Avevano incastrato Severus.

« Non c’è mai stato questo incontro! » sbottò d’un tratto Severus esplodendo.

Si alzò e raggiunse Harry e il resto.

« Non ho mai complottato contro Silente, io sono quasi morto per l’Ordine della Fenice! Voldemort mi ha ucciso! Se avesse saputo che stavo architettando di uccidere Silente e, volendo appropriarsi lui stesso della Bacchetta di Sambuco, perché me lo avrebbe lasciato fare?! Mi risponda! » urlò Piton, afferrando Grosvenor per il collo della camicia.

Immediatamente un paio di guardie raggiunsero gli uomini per dividerli.

Con uno scatto netto, Severus mollò la presa ma i suoi occhi continuavano a fiammeggiare e il suo respiro era spezzato e pesante.

« Questo dovrebbe dircelo lei, Signor Piton » rispose l’uomo, toccandosi la gola e ansimando per lo sforzo e per la paura.

« Si rende conto che questa storia non ha alcun senso logico, vero? » chiese Harry, interponendosi tra le guardie che trattenevano Severus e il presunto Medico.

« Io credo che le immagini mostrateci valgano più di mille giri di parole » rispose d’un tratto la Umbridge, con tono mellifluo.

« Cosa?! E a quali immagini dovrebbe attenersi il Wizengamot per valutare? Perché a me sembra che si mostrino due cose completamente opposte! » le urlò contro Harry.

La Umbridge sorrise.

« E’ molto semplice Signor Potter… C’è una foto che potrà essere esplicativa al massimo » rispose la donna, con un sorriso inquietante.

In men che non si dicesse, un’immagine spuntò dalla bacchetta della Presidentessa, e un sospiro di sorpresa si udì sollevarsi per tutta l’Aula. Perfino Kingsley aveva sgranato gli occhi e la McGranitt si era portata una mano alla bocca.

Harry e Severus, fotografati dietro un cespuglio, che si scambiavano un bacio tanto appassionato da lasciare poco all’immaginazione.

Ad Harry gelò il sangue.

« Io e Severus non abbiamo nulla da giustificare! » sbottò il giovane, rosso in volto per la rabbia crescente.

« Signori della Corte, - esordì la donna, ignorando il ragazzo, - credo che non possa esistere una prova più schiacciante della Maledizione Imperius scagliata dal Signor Piton al povero, povero Signor Potter… Quando sono stata Preside di Hogwarts ho avuto io stessa la possibilità di guardare da vicino che piega prendessero, costantemente, gli incontri tra il Professore ed il Ragazzo. Era evidente che l’uno non sopportasse la presenza né la vicinanza dell’altro, ed è ovvio che i ricordi mostrati siano stati manomessi »

« Manomessi?! Ho conservato io quei ricordi da quando Severus me li aveva consegnati la notte del 2 Maggio! » gridò ancora il giovane.

« Oh, caro…, - rispose la donna di rimando, - ma è evidente che i ricordi non li abbia potuti modificare tu.. Ti sono stati dati già in questo stato… »

« Io non ho modificato alcun ricordo! » le urlò contro Piton, il cui petto si alzava e abbassava ad un ritmo irregolarissimo.

« Vuole farci credere che lei, uno dei più abili Occlumanti in vita, che è riuscito ad ingannare anche il Signore Oscuro, non si sia giocato l’ultima carta per poter raggirare l’Eroe del Mondo Magico ed avere vittoria certa? » chiese la donna, con fare beffardo.

I membri del Wizengamot parlavano in maniera criptica tra di loro.

Le voci che giungevano al centro dell’Aula, contribuivano ad aumentare l’ansia che ormai poteva tagliarsi con il coltello.

« Credo che le prove siano sufficienti per formulare un giudizio » esordì la donna.

« Noi, membri del Wizengamot riuniti nel giorno 23 agosto 1998, abbiamo stabilito, con una maggioranza raggiunta dei 2/3, che il Signor Piton, accusato di omicidio, di essere un Mangiamorte e traditore del regime di difesa contro le armate del Signore Oscuro, sia portato nella Prigione di Marshalsea a Londra, dove attenderà in isolamento il nuovo Processo che sancirà la sua sorte. E per il Signor Potter, ormai inabile e inadatto per ricoprire la carica di Avvocato, chiediamo che venga portato nella struttura privata della Tower Hill Clinic, dove medici specializzati, renderanno il suo animo libero dagli effetti dell’Imperius che il suo fisico ha dovuto sopportare per troppo tempo », scandì la donna, pronunciando le parole con una certa soddisfazione, « pertanto, la Corte intende riaggiornarsi a data da stabilire e comunicata con almeno 10 giorni di anticipo all’imputato »

Il suono di quelle parole non ebbe neanche il tempo di diradarsi nella stanza, che un corpo di guardie raggiunse Severus e lo incatenò, lo stesso successe ad Harry.

I due non riuscirono neanche a sfiorarsi le mani.

Ma i loro occhi, come in una scena a rallentatore, non smisero di guardarsi per chiedersi aiuto reciproco.

Tuttavia la forza imposta dall’esterno fu determinante: per quanto tentassero di divincolarsi, non sarebbero mai riusciti a sbaragliare un intero corpo di forze armate.

E fu così che Harry e Severus si guardarono per l’ultima volta.

Severus scortato dalle guardie verso l’uscita che portava ai veicoli di trasporto per i detenuti ed Harry, afferrato in malo modo, diretto in chissà quale ospedale e per quanto tempo.

 

***

Angolo Autrice

Eccoci giunti, ragazzi, al capitolo 3/3. Ebbene, questa parte della storia volge al termine: il processo ha subito questi risvolti ed è tornata a calcare le scene, uno dei poersonaggi più odiosi che la Rowling avesse potuto creare. Dolores Umbridge.

Abbiate fede nei nostri eroi. Non si arrendono.

Grazie a tutti coloro che commentano e a quelli che leggono in silenzio.

Al prossimo aggiornamento, buon inizio settimana!

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Capitolo 28
*** Capitolo XXVIII -Skyfall ***


CAPITOLO XXVIII – Skyfall

GIORNO 1

« Portatelo dentro », sono le voci che sento mentre, bendato, mi conducono chissà in quale cella.

D’improvviso, sento la fascia che mi ricopre gli occhi, scivolarmi via.

Ed eccola lì, la cella che non si sa per quanto diventerà la mia casa.

Non un luogo di rifugio, nemmeno di tortura.

Un luogo d’attesa, che separa il mio arrivo ad Azkaban che si terrà di qui a poco.

Quell’ultimo bagliore di speranza che aveva cominciato a farsi spazio in me, si è già spento.

E lo ha fatto esattamente nel momento in cui ci hanno afferrati ed io non sono riuscito neanche a sfiorare la mano che Harry aveva teso verso di me, in un disperato tentativo di dirmi che non mi avrebbe mai lasciato andare via.

Ma ora tutto questo non ha la minima importanza, sapevo bene sin dall’inizio a cosa stavo andando incontro.  E’ questa la fine, la mia fine. Per quanto tempo ho rinnegato e immaginato questo momento?

Era davvero questione di tempo, prima che mi trovassi qui.

Commiserarmi non è mai stato nel mio stile. Non sopporto quando a farlo siano gli altri, figurarsi se poi sopporti l’idea che lo faccia io stesso.

E’ semplicemente una presa di consapevolezza. Quella stessa consapevolezza davanti alla quale avevo voluto chiudere gli occhi.

Mi sono crogiolato nell’idea che Harry potesse rimediare a tutti quegli errori che io, Severus Piton, ho commesso nell’arco di una vita intera.

Sono stato poi così diverso da Albus Silente?

Ho lasciato che entrasse nella mia vita, che mi si affezionasse, che maturasse una speranza sul nostro futuro, sul suo futuro, e poi l’ho abbandonato al suo destino.

Destino che tra l’altro non l’avrebbe toccato se non avesse avuto alcun tipo di legame con me.

Non avrebbe cercato di difendermi, non avrebbe esposto sé stesso in quel modo.

Bel modo di ringraziarlo, una bella interdizione mentale affibbiatagli senza troppe cerimonie ed un biglietto di sola andata per una Clinica di squilibrati mentali.

Cosa gli ho offerto di diverso dalla vita che viveva prima? Lasciato solo in un Manicomio, cercando di sopravvivere per non impazzire.

Ed anche a me, cosa resta?

L’illusione e l’amaro in bocca per aver creduto di avere una seconda possibilità, accompagnato dall’uomo che amo.

GIORNO 5

Sono ormai cinque i giorni che ho trascorso in questa prigione, se prigione possa chiamarsi.

C’è il mare, di notte il rumore delle sue onde serve ad acquietare i miei pensieri.

Cosa avrò da pensare? Mi chiedo.

A nulla. Cerco di pensare a nulla per non pensare a tutto.

Curioso, questi giochi di parole alla Corvonero non pensavo potessero essere prodotti, un giorno, dalla mia mente.

Forse l’aria del chiuso mi sta già dando alla testa.

Proprio io, che al chiuso mi ci sono rifugiato per anni.

A Spinner’s end, nelle Highlands, ad Hogwarts nel mio ufficio.

Per non essere trovato, mai.

E adesso, che mi è bastato avere un assaggio di libertà, l’idea di essere solo quasi mi spaventa.

L’idea di non vedere più gli occhi verdi di Harry mi spaventa anche di più, se possibile.

Non sono sicuro neanche di star articolando pensieri sensati ma, ad esserne onesti, non mi interessa.

Eccole di nuovo, le onde del mare.

GIORNO 24

Credo che manchi poco al compimento di un mese. Una settimana al massimo.

Ormai i giorni qui potrebbero essere paragonati al compimento meccanico di obiettivi previsti da schemi.

Di mattina le guardie ci svegliano con poca grazia, mi sembrano un branco di Gazza, scordinati e altezzosi.

Ci fanno lavorare, a volte nella struttura pulendo e ridipingendo qualche zona troppo usurata dall’umidità oppure all’esterno, spaccando pietre o aggiustando qualche crepa troppo profonda.

I pasti, non so neanche spiegarlo.

Non sono definibili.

Indipendentemente dalla mattina alla sera, il nostro unico pasto consiste in un ammasso molliccio ed informe di colore grigio.

Insapore, per “fortuna”.

Tuttavia, quanto mi basta per affrontare il nuovo giorno.

La vita in generale sta perdendo sapore.

Tanto da star perdendo anche il retrogusto amarognolo che mi si era posato sulla lingua, quel giorno del 23 agosto.

 

GIORNO 32

Credo sia trascorso un mese dal mio arrivo e ancora non riesco a capacitarmi del fatto che, probabilmente, dovrei smettere di contare i giorni.

Perché nessuna attesa, nessun tempo, mi separano da qualcosa.

Sembro essere ansioso che la mia situazione cambi. Senza rendermi conto che, se la mia situazione cambiasse adesso, mi aspetterebbe Azkaban.

Ed è lì che il tempo si ferma.

Perché ti scivola addosso e neanche lo percepisci. Non c’è nessuna pena da scontare, per quelli come me, al termine della quale tu possa rivedere la luce del sole.

Adesso ho paura. Ho paura perché penso che se i Dissennatori si avvicinassero, avrebbero elementi di cui nutrirsi.

Probabilmente se fosse successo prima, non escludo che avrebbero potuto attingere dal mio passato di fanciullo, dove la parte più recondita di me conserverà per sempre i ricordi della mia infanzia, gli unici felici.

Fino ad ora.

Adesso neanche opponendo resistenza riuscirei a nascondere e a nascondermi tutto ciò che nel lasso di questi giorni mi ha reso di nuovo vivo.

Non ci riesco, non riesco a dimenticare nulla.

Non riesco ad arrendermi all’idea che tutto ciò che si trova là fuori, andrebbe lasciato perdere.

Mi sento uno smidollato. Se Albus mi vedesse adesso, chissà cosa penserebbe.

Troverebbe il modo di urtare i miei nervi, uscendosene con una frase in perfetto stile Grifondoro.

Mi griderebbe qualcosa sull’Amore e per come si dovrebbe lottare per esso.

Ah, lottare. Lotterei per me, per un fine egoistico.

E invece, il mio non fare nulla significa, per me, lasciare Harry libero di vivere la propria vita.

Sapevamo sin dall’inizio che tutto ciò avrebbe avuto una fine. Semplicemente, non volevamo ammetterlo.

Ma nulla riesce a farmi dimenticare quella notte in cui, alla rimessa delle barche, ho premuto le mie labbra contro le sue.

Harry non appartiene a me, io sì.

E lo sarò sempre.

 

 

 

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Capitolo 29
*** Capitolo XXIX ***


Capitolo XXIX

Tutto ciò che Harry riuscì a vedere di Severus fu il suo tentativo di afferragli la mano, prima che li portassero entrambe via.

La McGranitt aveva tentato in tutti i modi di farsi largo tra le guardie che, ormai, creavano più calca di tutti i presenti al processo in quell’aula .

« Lasciatemi passare, non è legale ciò che state facendo! » udì Harry, svariate volte, dall’interno della sala che era stato costretto ad abbandonare trasportato di peso.

I suoi tentativi di divincolarsi furono più che vani, le catene che gli avevano chiuso attorno alle braccia, dietro la schiena, impedivano il benché minimo movimento.

Non gli interessava scappare, voleva solo raggiungere il Professore per assicurargli che, anche questa volta, sarebbero riusciti a cavarsela e che tutto sarebbe andato bene.

Quando giunse alla Tower Hill Clinic, era ormai sera.

Lo fecero scendere dal furgone blindato su cui l’avevano trasportato, sempre incatenato, e fu accompagnato in un corridoio della struttura dove, probabilmente, avevano già predisposto la camera.

« Signor Potter », gli disse Barnabas Grosvenor, quasi accogliendolo, « sono felice di vederla qui ».

Harry gli rispose lanciandogli uno sguardo carico d’odio.

Era sicuramente felice - pensò il ragazzo.

« Suvvia, non si preoccupi, - continuò l’uomo che lo guardava in maniera fintamente rassicurante, - la sua permanenza qui rispetterà solo i tempi in cui il suo corpo e la sua mente si ristabilizzeranno »

Con uno strattone, Harry riuscì a liberare un braccio e afferrò il camice del dottore.

« Il tempo giusto per permettere a lei e alla Umbridge di continuare a costruire prove fasulle, vero? Il tempo giusto per trovare altri capi di imputazione inesistenti per spedire Severus ad Azkaban, non è così? »

Le guardie, immediatamente, sciolsero la presa di Harry sull’uomo e lo imprigionarono nuovamente.

Grosvenor aveva strabuzzato gli occhi: non appena il ragazzo l’aveva toccato, aveva percepito l’aumentare vertiginoso della sua magia.

Tuttavia, riprendendosi dopo qualche secondo, si toccò il collo e prese a fissarlo nuovamente.

« Lasciatelo pure, è un nostro ospite, non un nostro paziente » rispose l’uomo, sogghignando.

Le due guardie lasciarono le braccia del ragazzo, quasi meccanicamente.

« Signor Potter, - riprese il medico, camminando verso di lui, - io non devo contraffare alcuna prova. Sono le immagini a parlare chiaro. Mi dica, non è mai esistito quel bacio tra di voi? »

Harry digrignò i denti.

« La mia vita non deve interessarle, Grosvenor » rispose secco il giovane.

« Oh mi creda, - controbatté l’uomo, - non è la sua vita privata ad interessarmi. Voglio solo proteggerla da un uomo che avrebbe fatto del male a lei e a tutta la comunità magica… ancora »

« Abbandoni l’idea di potermi fermare. Abbandoni l’idea di poter celare la verità. Abbandoni l’idea di stare dalla parte dei vincenti » rispose Harry, puntandogli un dito contro.

A quelle parole, Grosvenor rimase in silenzio.

« E mi dica, Signor Potter, - riprese, facendo cenno alle guardie di imprigionarlo nuovamente, - come può riuscire nel suo intento, senza l’aiuto di questa? »

E gli mostrò la sua bacchetta che gli aveva preso dalla tasca dei pantaloni.

« Portatelo nella 314 » ordinò l’uomo, indicando una stanza in fondo al corridoio.

Velocemente, il ragazzo fu condotto all’interno della camera.

« Si chiarisca le idee, e rifletta bene su ciò che dice. Scelga da che parte le conviene stare » concluse l’uomo, chiudendo la stanza a chiave, lasciando Harry da solo e senza bacchetta.

***

I giorni che seguirono alla Tower Hill Clinic furono i peggiori di Harry Potter. Non solo era stato privato della bacchetta ma era tenuto sotto osservazione come un vero detenuto.

Una guardia era costantemente presente davanti alla sua porta.

Solo tramite essa Harry riceveva del cibo o veniva prelevato per essere condotto da vari medici, che lo sottoponevano a controlli del tutto insensati.

Gli avevano perfino fatto un test di Psicologia.

Gli avevano detto che la sua infanzia non doveva essere stata felice…. Ma davvero? E c’era bisogno di un test a dedurre il tutto? Il fatto che i suoi genitori fossero morti quando aveva solo un anno, non era abbastanza indicativo della questione?

Tralasciando questo aspetto, Harry era stato completamente isolato dal mondo esterno.

Non gli permettevano neppure di ricevere via Gufo la Gazzetta del Profeta.

Non sapeva cosa stesse facendo Kingsley, cosa dicesse la stampa della Umbridge e, cosa più importante tra tutte, non aveva la minima idea di ciò che fosse capitato a Severus.

Così come la Gazzetta, non gli era consentito né ricevere né inviare lettere.

Non che fosse un bisogno primario in quelle condizioni ma, probabilmente, l’unica persona a cui avrebbe volentieri inviato un Gufo sarebbe stata senza dubbio Hermione. In questo modo, non solo sarebbe stato al corrente di ciò che stava accadendo ad Hogwarts, carpendo anche qualche informazione attinente a Piton, ma avrebbe sicuramente trovato il modo per ribaltare la situazione.

Ed era quello ciò che ad Harry interessava maggiormente: uscire da quel posto e prelevare Severus senza troppe cerimonie, ovunque egli si trovasse relegato.

***

Era ormai il 24 settembre ed Harry pensò che Severus, a quell’ora, avrebbe dovuto già ricoprire ad Hogwarts l’incarico di Professore e Preside.

Una stretta allo stomaco lo fece contorcere dal dolore: sentiva di aver fallito.

Non riusciva a fare altro che stare alle regole che gli venivano imposte.

Si sentiva un burattino nelle mani di un burattinaio, faceva semplicemente ciò che gli veniva chiesto di fare.

Era passato appena un mese e già aveva smesso di riconoscersi?

Mentre era assorto nei suoi pensieri, udì lo sportellino della porta aprirsi.

« Il pranzo » comunicò una voce rude dall’esterno.

Senza scomporsi, Harry afferrò il piatto, composto da solo riso riscaldato, e prese a mangiare.

La guardia non sembrava sveglia, pensò.

Avrebbe potuto scappare in un secondo se solo avesse avuto a portata di mano la propria bacchetta.

La bacchetta.

Un momento, era vero che alla guardia non era stata consegnata la sua bacchetta, ma era anche ovvio che la guardia avesse tra le proprie chiavi quella che apriva la dispensa delle Pozioni.

Con un po’ di fortuna, pensò Harry, avrebbe trovato qualcosa che gli sarebbe tornato utile.

Fu un secondo, e un rantolo uscì dalla sua bocca: con il cucchiaio, stava fingendo di strozzarsi, così cominciò a tossire e a respirare a fatica.

Dopo qualche attimo, ecco che la guardia stava cercando il modo di aprire la porta per poter prestare soccorso al giovane.

Non appena la porta fu spalancata, Harry stese l’uomo al suolo con un colpo secco dietro la nuca.

La guardia cadde al suolo svenuta, Harry ci era riuscito.

Rigirando il corpo senza forze dell’altro, il ragazzo trovò il mazzo di chiavi legato alla cintura della divisa.

Lo afferrò e lo prese con uno strattone.

Racattò i pochi effetti personali che erano rimasti nella stanza e, con molta cautela, si addentrò tra i corridoi.

Faceva freddo, pensò Harry.

L’estate doveva ormai essere trascorsa, settembre era già inoltrato e il freddo autunnale aveva cominciato a farsi sentire.

Finalmente giunse dinanzi ad una porta grande, che aveva riconosciuto da quando ci era passato vicino per la prima volta, mentre lo conducevano nella sua stanza.

Ne studiò la serratura e dopo qualche tentativo, una delle chiavi fece scattare il meccanismo, facendo aprire la porta.

Bingo.

Era davvero una sorta di dispensa piena di scorte.

C’erano degli ingredienti contenuti in recipienti e pozioni già pronte.

Con una certa fretta, cominciò a leggere le etichette stampate su ogni fiala.

Se Severus fosse stato al suo posto – pensò il giovane, - avrebbe potuto anche accontentarsi degli ingredienti, sarebbe riuscito comunque a preparare una pozione in poco tempo.

Ma Harry non aveva né tempo, né la possibilità di rischiare preparando una qualsiasi pozione di cui non ricordava gli ingredienti.

Anche perché di pozione ne aveva in mente una sola.

E richiedeva almeno un mese di preparazione.

Sfiorando con le dita le boccette, ecco che vide il suo obiettivo.

Polisucco

Afferrò la bottiglietta e dal colore tendente al fango, ne riconobbe il contenuto.

Ora mancava solo l’ingrediente principale: i capelli di qualcuno.

La sua idea era quella di assumere le sembianze di Barnabas ma, ben riflettendoci, non si sarebbe mai creata la situazione opportuna per far sì che uno scambio del genere potesse avvenire in maniera inosservata.

Ebbe, così, l’illuminazione.

Corse a perdifiato nella sua camera, sperando e pregando che l’uomo che aveva perso i sensi non fosse di già rinvenuto.

Aprì la serratura e, proprio come aveva sperato, la guardia giaceva ancora sul pavimento.

Senza troppe cerimonie, afferrò un bicchiere e versò una metà del contenuto della bottiglietta all’interno di esso e si strappò un capello, che mescolò al tutto.

Di conseguenza, prese uno dei capelli dell’uomo e lo mise nell’altra metà di pozione.

Non esitando oltre, versò nella gola dell’uomo l’intruglio e fece lo stesso con la sua parte.

Il sapore era orrendo come sempre.

Sentì il solito formicolio su tutta la pelle, sentì gli abiti stringersi e i fianchi allargarsi.

Gli occhiali gli davano fastidio, evidentemente l’uomo doveva vederci perfettamente.

Quando la trasformazione fu ultimata, Harry scambiò i propri vestiti con quelli dell’uomo, lo legò ed imbavagliò ad una sedia ed uscì richiudendosi la porta alle spalle.

Proprio al di fuori della stanza, altre guardie stavano passando accompagnate dal dottor Grosvenor.

« Buongiorno Tendy » esordì il medico, guardandolo.

Harry capì che il suo nome doveva essere Tendy.

Che razza di nome era Tendy?

« Buongiorno a lei dottor Grosvenor » disse di rimando Harry, camuffando la propria voce.

L’uomo si fermò davanti a lui.

« Dimmi, come sta il nostro ospite? » chiese Barnabas, visibilmente interessato.

Senza scomporsi, Harry raddrizzò la schiena.

« Sta bene, adesso sta pranzando, sempre che non restituisca il piatto intatto » rispose, pensando a tutte quelle volte in cui, non toccando il cibo offertogli, il giorno dopo gli ritornava lo stesso.

« Non credo si possa resistere a lungo senza mangiare, non ha possibilità di scelta » rispose il dottore, come se si aspettasse quell’osservazione.

« Concordo con lei, dottor Grosvenor » controbatté Harry, chinando leggermente il capo.

« Molto bene, se dovesse succedere qualcosa di diverso, ti prego di avvertirmi. Come ben sai, non sarò reperibile nel mio studio oggi. Pertanto ti chiedo di contattarmi con la magia » disse l’uomo, secco.

Quel giorno non sarebbe stato nel proprio studio.

Perfetto.

« Come desidera, signore » rispose Harry, sancendo il termine di quella conversazione.

Difatti, il dottore e le sue guardie girarono i tacchi e proseguirono per la loro strada.

Non doveva perdere tempo, pensò Harry.

Corse, per quanto poteva, al piano in cui erano ubicati gli uffici dei primari e lesse la targhetta posta su ogni porta.

Alla sesta porta, eccola lì.

B. Grosvenor

La aprì lentamente ed ecco la stanza del tesoro.

Con molta attenzione, perlustrò ogni anfratto dello studio.

Doveva assolutamente ritrovare la sua Bacchetta.

Guardò nei mobili, nei cassetti, finanche sulle mensole più polverose.

Non c’era niente.

Quand’ecco che il suo occhio si posò sulla poltrona posta dietro la scrivania.

Era visibilmente troppo grande per stare lì.

Cominciò a controllare il legno e si accorse, proprio al di sotto dello schienale, che c’era un doppio fondo: quando trovò il modo di aprirlo, la sua bacchetta faceva capolino tra un mucchio di scartoffie.

Non appena ebbe preso tra le mani la propria compagna, avvertì di nuovo la magia scorrergli nel corpo e risalire verso l’alto.

Nel mentre stava richiudendo il fondo della sedia, Harry notò che l’ammasso di carta su cui era stata poggiata la propria bacchetta, erano delle lettere.

Lesse il nome del mittente e gli si spalancarono gli occhi.

Con un gesto istintivo, prese tutto ciò che era contenuto in quel cassetto nascosto e, avendo cura di lasciare il posto così come l’aveva trovato, richiuse la porta.

Si recò immediatamente al piano inferiore dove, fortunatamente, non c’era nessuno al bancone di accettazione.

Per forza, - pensò il ragazzo, - chi poteva venire in quel luogo di propria spontanea volontà?

Fingendo l’indifferenza più assoluta, Harry varcò la soglia della Tower Hill Clinic.

Tra non troppo tempo, si sarebbero accorti che l’Eroe del Mondo Magico era evaso.

Lui adesso aveva altro da fare: il suo unico obiettivo era ritrovare Severus.

 

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Capitolo 30
*** Capitolo XXX ***


CAPITOLO XXX

Quando Harry fu abbastanza lontano ed appartato, in modo da non essere visto, si smaterializzò.

Erano quasi le 15.00 del pomeriggio quando comparve nei pressi della Foresta Proibita.

Il suo aspetto non era ancora tornato normale e, difatti, era tuttora la fotocopia di Tendy.

Si rese conto solo in quel momento che, una volta riassunte le proprie sembianze, non sarebbe potuto comunque restare ad Hogwarts: avrebbe messo in pericolo troppe persone e avrebbe compromesso altrettante situazioni che gli erano già sfuggite di mano.

Ad ogni modo, il suo arrivo al castello, non era stato dettato da mancanza di giudizio o fretta.

Tese le mani all’indietro ed afferrò la bacchetta, che subito rispose al suo tocco.

Immediatamente, un cervo affiorò da essa ed illuminò la zona che lo circondava.

« Hermione, sono Harry, - pronunciò il ragazzo scandendo le parole, - non ho molto tempo, procurati della Polisucco e raggiungimi al settimo piano. Ci vediamo nella stanza delle Necessità. Non farne parola con nessuno e non rispondere neppure con il tuo Patronus. E’ già troppo rischioso ed azzardato il mio tentativo ».

Non appena ebbe terminato di registrare quel messaggio, fece cenno al possente animale di raggiungere la sua amica.

Quasi come se avesse eseguito un inchino, il cervo si congedò e sparì dalla vista del ragazzo.

Per quanto gli fosse possibile, Harry cominciò a correre in direzione del castello: avrebbe indossato il Mantello dell’Invisibilità per raggiungere la sua destinazione, il vero problema era muoversi con quel corpo davvero poco adatto all’esercizio fisico, di qualsiasi genere esso fosse.

Giunto nei pressi del ponte di legno, poco dopo la capanna di Hagrid, indossò il Mantello, e si accorse di quanto anche il momento fosse poco propizio: l’anno accademico era ricominciato, ragion per cui, alle 15.00, gli studenti, che si muovevano a frotte, correvano per raggiungere la loro aula.

Con la massima cautela, Harry sfiorò non pochi ragazzi. Temeva anche che il Mantello non fosse abbastanza lungo da coprire la sua stazza.

Quando fu all’interno del castello, ebbe anche la difficoltà di dover percorrere le scale a piedi senza l’ausilio delle scorciatoie offerte dai Quadri.

Con tutta la forza che gli era rimasta in corpo, prese a salire le scale alla meno peggio, e dopo qualche minuto, finalmente si ritrovò al settimo piano.

Facendo ben attenzione che nessuno si trovasse nei paraggi, si avvicinò alla parete dove si materializzò la Porta della Stanza.

Entrò velocemente e si tolse finalmente il Mantello.

Era grondante di sudore e ancora nulla accennava a ritrasformarsi.

La Stanza delle Necessità si mostrò con la stessa fisionomia che aveva permesso, al sesto anno, all’esercito di Silente di allenarsi e migliorare con gli Incantesimi.

Harry, più che orgoglio, provò in sé stesso una goccia di fastidio.

La foto di Cedric che gli sorrideva, attaccata allo specchio, non fece altro che aumentare il livello di nervosismo che si stava facendo spazio nel giovane.

Non avrebbe mai voluto che qualcuno si sacrificasse per lui: eppure in quella stanza non aveva fatto altro che addestrare quegli stessi amici che, in Guerra, avrebbero perso i loro affetti più cari o la loro stessa vita.

Mentre era assorto nei suoi pensieri, udì piano la porta alle sue spalle aprirsi.

Ed eccola lì, con le mani strette al petto, Hermione che finalmente lo aveva raggiunto.

« Hermione » sussurrò Harry, andandole incontro.

Hermione lo guardò attonita.

« Ha- Harry? » chiese la ragazza, scrutando l’uomo che aveva dinanzi a sé.

« Sì, sì Hermione, sono io! » rispose il giovane.

« Oh Godric, cosa ti è successo? » domandò la strega, fissando il corpo della guardia.

« Oh ecco, come devi aver intuito, ho bevuto una Polisucco, solo così avevo possibilità di scappare » prese a dire il ragazzo.

« Cosa? Sei scappato? Harry ma che ti dice il cervello?! » le rispose la giovane, quasi come se fosse tornata in sé.

« Hermione, ti prego, ascoltami, - disse Harry interrompendola, - so bene che in questo modo non ho fatto altro che compromettere la mia situazione. Sono riuscito a scappare assumendo le sembianze dell’uomo che faceva la guardia alla mia stanza. E’ stata un’esperienza assurda, quasi comica se le cose non avessero una certa importanza. Mi hanno sottoposto a dei test psicologici. Quasi come se mi volessero convincere che sono impazzito »

« Ma è orribile.. » sussurrò Hermione, avvicinandosi.

« Meno di quel che sembra… esistono cose davvero peggiori. Ed è per questo che sono dovuto uscire di lì. Io non ho idea di quello che stia succedendo a Severus! » disse il ragazzo, che aveva i nervi a fior di pelle.

« Harry, calmati, ti prego, - disse la giovane, mettendo una mano sulla spalla di quello che doveva essere il suo amico, - posso capire quanto tu sia agitato ma devo dirti anche che nessuna notizia ci è giunta. Nessuna. Neppure sulla Gazzetta del Profeta hanno fatto menzione alle condizioni di Piton. E’ come se volessero tenere segreta la situazione »

Harry la guardò scioccato.

Ma come diavolo era possibile? Un evento di tale portata non veniva documentato!

Quel silenzio stampa era molto più eloquente di tante altre parole.

Il ragazzo si passò una mano sugli occhi.

« Hermione, devi aiutarmi » esordì.

L’amica annuì, attendendo che proseguisse nelle spiegazioni.

« Tutto quello che ti chiedo è di fornirmi periodicamente della Polisucco. Conosco il modo per accedere alla dispensa privata di Severus, se dovessi aver bisogno di qualsiasi ingrediente, attingi tranquillamente da lì. E’ anche più sicuro, nessuno si accorgerà degli elementi che verranno a mancare. Inoltre, per la preparazione, va’ pure nei suoi alloggi, dovresti trovare tutto il materiale che ti occorre; io posso entrare in qualsiasi momento, estenderò anche su di te un incantesimo che ti permetterà di accedervi sempre. Ti chiedo di averne a disposizione ogni volta che te ne chiederò un flacone. E’ necessario » disse il ragazzo, risoluto.

« Hai già in mente le sembianze che dovrai assumere? » chiese la giovane, per nulla impaurita dal compito affidatole.

« Sì.. » rispose il mago, lasciando in sospeso la frase: i suoi lineamenti cominciavano a formicolare, le sue mani tremavano e gli occhi ci vedevano di meno.

Stava riprendendo le sue sembianze.

Dopo qualche attimo, infatti, Harry era tornato quello di sempre.

In un gesto istintivo, Hermione gli si gettò contro e lo abbracciò con tutta la forza che aveva in corpo.

Il ragazzo ricambiò immediatamente.

« Ecco vedi, - disse Harry, staccandosi piano dalla sua amica, - credo che avrò bisogno di questi ».

Sosteneva tra le mani una ciocca riccia della ragazza.

« Io? » chiese Hermione leggermente intontita.

« Sì, se ci rifletti è la cosa più logica da fare, prese a dire il ragazzo, - solo tu sei a conoscenza delle mie sorti, sarebbe inquietante se qualcun altro si ritrovasse davanti la propria copia. Un po’ come la Giratempo, ricordi? Quale sarebbe la tua reazione se vedessi te stesso davanti ai tuoi occhi? »

« Hai perfettamente ragione » rispose Hermione.

Harry la strinse nuovamente a sé.

« Non puoi chiedermi di fare solo questo » disse la ragazza.

« Che vuoi dire? » chiese il mago, con aria interrogativa.

« Harry, stai rischiando di nuovo grosso. Non ti permetterò di fare tutto da solo. Già altre volte hai dovuto cavartela  con nessuno al tuo fianco. Adesso pretendo che tu non mi faccia da parte e mi permetta di venire con te » rispose Hermione, con gli occhi lucidi.

« Hermione, tu davvero non hai idea dell’aiuto che mi stai dando. Sei la persona a cui mille ed altre mille volte affiderei la mia vita » disse il ragazzo, guardandola con affetto.

Hermione aveva lo sguardo volto verso il basso.

« Dov’è che andrai? » chiese, fendendo il silenzio che per pochi attimi si era creato.

« Te lo dirò a tempo debito, - rispose il mago, prendendo la fiala e il capello che la sua amica gli porgeva, - sta’ tranquilla, sarò attento e andrà tutto bene. Ti contatterò io non appena ce ne sarà la necessità ».

« Non hai altra scelta » controbatté Hermione.

Il ragazzo le sorrise e mescolò il capello della ragazza nell’intruglio.

Ne bevve pochi sorsi e subito avvertì il suo corpo reagire.

In breve tempo, aveva preso le sembianze di Hermione.

« Adesso devo andare, - spiegò il ragazzo, - esci tra qualche minuto »

Hermione annuì piano e abbracciò la propria copia.

« Magari è il caso che tu prenda questi prima di sparire » disse la ragazza, porgendogli il maglioncino e il mantello che indossava.

Harry, imbarazzato, indossò quegli indumenti che effettivamente non gli cadevano.

« Ne ho altri, non preoccuparti, - rispose Hermione, intuendo la domanda che le stava per essere fatta, - te ne manderò alcuni, sarai più credibile ».

« Grazie, davvero » le disse il ragazzo sorridendo.

Uscì dal castello e corse di nuovo in direzione della Foresta Proibita.

Dopo pochi attimi, ecco che Hermione usciva nuovamente dal corridoio del settimo piano.

Tra gli alberi della Foresta, si udì il consueto rumore che accompagna la Smaterializzazione.

Qualche momento più tardi, Harry era di fronte al Dun Ringill.

***

Il pomeriggio volgeva alla fine e con esso, anche le lezioni erano terminate.

Hermione aveva riflettuto tutto il giorno su ciò che avrebbe potuto fare per aiutare Harry ma, qualsiasi strada prendesse, sembrava andare a finire in un vicolo cieco.

Avrebbe voluto mettersi in contatto con Severus ma temeva, in questo modo, di compromettere la copertura di Harry e far scattare un allarme che, prima o poi, avrebbe messo tutti all’erta per la fuga del ragazzo.

Così, avrebbe solo velocizzato i tempi ed Hermione sapeva perfettamente quanto il tempo fosse indispensabile per Harry in quella situazione.

Così accantonò l’idea di cercare il Potions Master e decise di percorrere altre strade.

Dopo cena, Ron l’aveva invitata a fare due passi al chiaro di luna.

Erano circa le 21.30 e, come di consueto, il giovane Grifondoro la stava aspettando nella Sala Comune.

« Ehi » le sussurrò la ragazza non appena gli fu vicino.

Ron si voltò e le sorrise. Sebbene ormai la loro relazione era diventata ufficiale, continuava ad avvertire una certa emozione ogni volta che aspettava Hermione per uscire con lei.

Ed Hermione lo sapeva bene: gli si afficinò e, senza attendere risposta, baciò le sue labbra a fior di pelle.

« Hai portato qualcosa di meno leggero?, - chiese Ron, staccandosi leggermente dal volto della ragazza, - fuori c’è una brezza piuttosto pungente ».

Hermione gli mostrò, con un gesto eloquente, il maglione che la Signora Weasley aveva cucito per lei per Natale dello scorso anno.

« Oh Dio » sospirò Ron, roteando gli occhi.

Hermione sorrise, il maglione era di un colore grigio-azzurro con una H nera ricamata sul petto.

Non era elegante ma Hermione nutriva per quell’indumento un grande e forte affetto.

Quando, infatti, dopo la guerra i suoi genitori avevano rimosso dai loro ricordi l’esistenza della ragazza, fu accolta da Molly ed Arthur esattamente come se fosse una Weasley dalla nascita.

Quante volte, di notte, aveva pianto. E quante volte Ron l’aveva raggiunta nella sua camera per stringerla forte a sé e farle sentire di non essere sola.

Ma l’amore di un genitore è inevitabilmente una cosa diversa, ed Hermione l’aveva riconosciuto come tale solo nel sentimento che i signori Weasley le avevano dimostrato.

Una parte di lei sapeva che nessun incantesimo e nessuna magia poteva essere tanto potente da cancellare dal cuore di una madre o di un padre il ricordo della propria figlia.

Si stava illudendo? Probabile. Ma mai avrebbe spento quella fioca luce di speranza che ardeva in lei dal primo momento che aveva lasciato la sua casa, per partire con Harry e Ron alla ricerca degli Horcrux.

« Andiamo, altrimenti scatta il coprifuoco » le sussurrò Ron, ridestandola dai suoi pensieri.

« Va bene » rispose la ragazza.

E stringendola con un braccio intorno alle spalle, Ron ed Hermione si incamminarono nel castello silenzioso e semi-deserto.

Passeggiarono in direzione del campo di Quidditch, la serata era tranquilla, il cielo era terso e di tanto in tanto si udivano ancora i versi degli ultimi insetti estivi che ancora non esitavano ad andare in letargo.

La luce pallida della luna rifletteva sul volto di Hermione che, tuttavia, aveva un’aria assorta e poco rilassata.

« Herm, che succede? » le chiese il giovane fermandosi di colpo.

Hermione lo fissò sbigottita.

« Cosa? » gli domandò la ragazza, come se si fosse svegliata in quel momento.

« Sei… distante. Cosa c’è che non va? » chiese ancora il mago, sinceramente preoccupato.

Sapeva perfettamente che, quando la ragazza cominciava a martoriare il proprio labbro inferiore, qualcosa non quadrava.

« Io.. Ron credo che tu debba sapere questa cosa » rispose secca Hermione, lasciando leggermente spiazzato il ragazzo che le era di fronte.

« Devo preoccuparmi? » domandò Ron, deglutendo visibilmente.

Hermione incrociò al petto le proprie braccia.

« No, cioè, forse » rispose la ragazza, mandando ulteriormente in confusione l’altro.

« Va’ avanti » concluse Ron.

« Ecco, oggi ho visto Harry, - esordì Hermione, - è fuggito dalla clinica e mi ha detto che ha intenzione di scoprire ciò che c’è dietro alla situazione creatasi al Processo. Troppe cose non gli sono chiare e troppi dubbi gli sono sorti »

Ron spalancò gli occhi.

« Harry? E come sta? Qualcuno lo ha visto mentre si dava alla fuga? » chiese apprensivo.

« Cosa? Beh non credo, è stato davvero bravo… » disse la ragazza che, presa dalla sorpresa di ritrovarsi davanti Harry, non aveva considerato quanto abile e dal sangue freddo fosse stato nel tentare una fuga di quel calibro.

« Ad ogni modo, - continuò la strega, - io ho intenzione di aiutarlo e credo anche tu. Avevo pensato di mettermi in contatto con Piton ma non ritengo che sia la scelta più giusta. E’ solo una considerazione affrettata ma, confesso, è l’unica che mi è venuta in mente »

Ron si portò una mano alla bocca.

« Tiberius Ogden e Griselda Marchbanks… » disse il ragazzo, quasi sussurrando.

« Come dici? » chiese Hermione, che non capiva dove volesse arrivare.

« Ma certo, Tiberus Ogden e Griselda Marchbanks! Loro hanno preso parte al Processo ed erano Membri del Wizengamot reintegrati da Kingsley! Se parlassimo con loro… »

« Potremmo capire quale sia la posizione della Umbridge e cominciare ad effettuare le nostre ricerche da lì » continuò Hermione, interrompendo l’altro.

« Geniale » concluse la ragazza, abbracciando l’altro.

La serata proseguì tranquilla, i due ragazzi si ritagliarono qualche attimo per stare da soli.

Tuttavia, era chiaro cosa avrebbero fatto il mattino dopo.

Avrebbero inviato un gufo a Kingsley per richiedere un incontro privato con i due Magistrati.

 

***

Spazio autrice.

Lo so, sono più di 4 mesi che la storia non veniva aggiornata, ma spero possiate perdonarmi: la vita unversitaria, spesso, richiede alcuni ed importanti sacrifici, se si aspira al raggiungimento di determinati obiettivi. Tuttavia, non mi sono dimenticata di voi e, come mi ero promessa di fare, eccovi un nuovo aggiornamento di ben tre capitoli. La storia sta quasi volgendo al termine! Mi scuso con gli utenti che hanno commentato gli ultimi capitoli, cercherò di reperire le recensioni cui non ho dato risposta! Per il resto, vi ringrazio per la vostra attenzione. Ho intenzione di terminare la pubblicazione di questa storia entro le prossime due settimane, state pronti!

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Capitolo 31
*** Capitolo XXXI ***


CAPITOLO XXXI

Quando Harry si materializzò, il sole autunnale si rifletteva nelle acque del lago su cui si affacciava il Dun Ringill.

Il suo fisico era ancora lo stesso di Hermione, cosa a cui fece leggermente fatica ad abituarsi.

Tuttavia, sapeva perfettamente che il corpo della ragazza sarebbe stato perfetto per passare in incognito.

Era ben consapevole del fatto che Hermione come Ron, Neville, Luna e Ginny erano stati inseriti nel novero dei fedeli aiutanti del Salvatore del Mondo Magico, e per questo con l'ausilio di indumenti più larghi avrebbe mascherato l'aspetto di Hermione per calarsi nella parte della "ragazza della porta accanto".

Sarebbe stato complicato ma l'intento di trovare Severus ed assicurargli la libertà, lo spingevano fino al limite della disperazione.

Quando aprì la porta del Rifugio, l'odore di Severus gli perforò le membra.

Erano settimane che non lo vedeva, avrebbe dato l'impossibile per rivederlo qualche minuto.

Fu così che adagiò le poche cose che aveva portato con sé nella camera del Professore e, dopo una doccia ristoratrice, cominciò a pensare da che punto avrebbe dovuto esaminare le prove, che erano state presentate al processo dai due testimoni.

Non poteva ovviamente richiedere un documento del verbale che era stato redatto: probabilmente l'unica a poterlo fare sarebbe potuta essere la McGranitt o Kingsley ma avrebbe compromesso le loro posizioni, chiedendo loro di procurarsi quel materiale e scartò l'idea.

Tuttavia, ciò che gli era rimasto davvero impresso, fu il cognome dell'uomo corpulento che si era presentato per primo.

Greenville.

E com'era possibile, se a scuola non c'era mai stato?

Probabilmente avrebbe dovuto chiedere a qualcuno ed Harry era ben consapevole che, presto, avrebbe dovuto lasciare il rifugio per mettersi alla ricerca dell'uomo.

Così, svaniti gli effetti della pozione, decise di andare a riposare.

Verso sera, il primo viaggio investigativo lo attendeva, destinazione: Knockturn Alley.

***

Non appena sveglia, Hermione Granger si recò nella guferia alla ricerca di un volatile disponibile.

Quella sera stessa, al suo ritorno, aveva elaborato i pensieri adatti per richiedere a Kingsley un incontro privato tra lei e Ron, Kingsley stesso e i due Magistrati.

Aveva specificato l’urgenza impellente di essere ascoltata ma sapeva perfettamente che il Ministro avrebbe capito di cosa si trattasse, e non l’avrebbe fatta attendere nemmeno oltre la sera.

In effetti fu proprio così, dopo una mezz’ora precisa, Shackelbolt le aveva risposto, fissandole un incontro per quel pomeriggio stesso, alle 17.00.

Hermione, che si trovava in biblioteca, corse alla ricerca di Ron per informarlo dell’incontro.

Quando giunse nei pressi del cortile di Trasfigurazione, trovò il ragazzo intento a discutere con Dean e Seamus.

« Ron! » lo chiamò la strega, correndogli incontro.

« C’è qualcuno che ti cerca » bisbigliò Seamus al rosso.

« Herm! » rispose il giovane.

« Dobbiamo parlare » esordì Hermione.

« Forse è meglio se ci vediamo più tardi, Ron, - li interruppe Dean, - ciao Hermione »

« Ehi amico, volevo ascoltare » disse piuttosto contrariato Seamus, mentre l’amico Grifondoro lo trascinava per il braccio, lontano dagli altri due.

« E’ esattamente questo il problema » rispose Dean secco.

Ron sorrise alla scena: non potevano immaginare cosa realmente stava per dirgli la ragazza.

« Cos’è quella? » chiese, infatti, il ragazzo prendendo tra le mani la lettera di Hermione.

« E’ la risposta di Kingsley, ci aspetta questo pomeriggio alle 17.00 » rispose la giovane.

« Perfetto, hai già in mente qualcosa? » chiese ancora il rosso.

« Qualcosina, - confessò la ragazza, - spero davvero che possano aiutarci »

Ron le cinse la vita.

« Sono certo di sì » concluse, apponendole un leggero bacio sulla fronte.

***

Alle 17.00 esatte di quel pomeriggio, Hermione e Ron fecero il loro ingresso negli studi privati di Kingsley.

« Entrate pure ragazzi » esordì il Mago, con la voce profonda.

« Salve Ministro » lo salutò Hermione.

« Sono davvero contento di trovarvi qui, - disse loro Kingsley, - anche io come voi sto cercando di fare luce sulla questione. Non ho potuto aiutare Harry il giorno del Processo, non avevo l’autorità per intervenire. Ma, con tutte le risorse di cui dispongo, ho intenzione di portare a galla la verità. La Umbridge non ha mai brillato né per onestà, né per correttezza. E’ evidente che ci sia il suo zampino »

« E’ esattamente questo ciò di cui sospettiamo » rispose Ron, prendendo parola per la prima volta.

« Temiamo che sia intervenuta anche molto di più rispetto a ciò che immaginiamo » continuò Hermione.

Kingsley li guardò con aria assorta.

« E’ per questo che volete parlare con Tiberius e Griselda, vero? Sospettate che qualcosa non quadri con i due testimoni » chiese il Ministro, quasi come se stesse ragionando a voce alta.

I ragazzi annuirono.

« Bene, seguitemi. Vi stanno attendendo nel mio Ufficio » concluse l’uomo, facendogli strada.

Quando la porta si aprì, i due Magistrati avevano preso posto su due delle quattro sedie disposte anteriormente rispetto alla scrivania.

« Ministro » dissero all’unisono, mentre si alzavano per salutare Kingsley.

« Tiberius, Griselda, vi ringrazio per aver accettato di incontrarci » rispose il mago, salutandoli con affetto.

« Loro sono Hermione Granger e Ron Weasley. Mi hanno chiesto loro di organizzare questo incontro con voi » proseguì l’uomo.

« Grazie, davvero » controbatté Hermione, mentre salutava gli altri.

Quando anche i ragazzi ebbero preso posto, Hermione riprese la parola.

« Vorrei cominciare col dirvi che, per nessun motivo, abbiamo intenzione di aggravare la situazione del Professor Piton, né tantomeno quella di Harry. E, ovviamente, se vi chiediamo inconsapevolmente di darci qualche informazione tale da compromettere la vostra posizione, assolutamente non è questo il nostro obiettivo. Vogliamo solo venire a conoscenza della verità e, al momento, voi siete la nostra unica speranza »

« Siamo pronti, sapevamo che questo incontro sarebbe presto arrivato » rispose la Marchbanks.

L’uomo al suo fianco si limitò semplicemente ad annuire.

« Ebbene, vi confessiamo che abbiamo dei seri dubbi circa l’identità presentata dai testimoni che la Umbridge ha fatto intervenire al Processo » prese la parola questa volta Ron.

« Esatto, crediamo che loro non siano chi dicono di essere » continuò la ragazza.

« E’ plausibile, anche io credo, in tanti anni di carriera, di non aver mai sentito parlare di un Greenville o di un Grosvenor, - esordì questa volta Ogden, - mi spiego, Dolores non ha mai accennato a questi due soggetti, nemmeno quando durante qualche processo di Mangiamorte c’era bisogno dell’intervento di un Medico. Oltretutto, trovo inverosimile che Greenville non sia stato chiamato anche per condannare il resto dei discepoli di Voi-Sapete-Chi »

Hermione annuì.

« E’ esattamente quello che abbiamo pensato anche noi.. Credete che la Umbridge possa aver “contraffatto” la testimonianza di entrambe? » chiese la ragazza.

« Non lo escludiamo, - rispose Griselda, - ma non possiamo affermarlo con certezza. Neanche noi Magistrati siamo stati informati dell’arrivo di questi due testimoni. Essendo un Processo per via direttissima, qualunque mezzo di prova è ammesso, senza esclusione di colpi. Con l’unica eccezione, però, di non poter usare il Veritaserum. Viene considerata, paradossalmente, un pratica troppo invasiva per raggiungere la testimonianza ».

Kingsley posò il proprio sguardo sui ragazzi.

« C’è solo una cosa da fare » esordì.

I quattro si girarono verso il Ministro.

« Tiberius, Griselda, dobbiamo consultare in segreto gli archivi del Personale Medico, messo a disposizione del Ministero. Se il nome dovesse risultare, dovremo approfondire le nostre ricerche. Se non dovesse risultare affatto, allora avremo già molti punti a favore per imputare a Dolores la commissione dell’illecito della falsa testimonianza »

« Come intende fare, Ministro? » chiese Griselda.

« Qualcosa ci verrà in mente » rispose il Kingsley che, probabilmente, aveva intenzione di ricorrere a qualcosa di non proprio ortodosso.

« In ogni caso, vi ricontatteremo noi, appena sapremo qualcosa » concluse l’uomo, rivolto ai due ragazzi.

« Grazie a tutti » rispose Hermione, grata davvero dell’aiuto ricevuto.

« Usate solo gufi anonimi, non deve trapelare nulla,  mi raccomando » chiarì il Ministro.

« Senz’altro » risposero i due.

Dopo aver salutato i presenti, i ragazzi tornarono nelle stanze di Kingsley e, accompagnati dall’uomo, sparirono nel camino che li catapultò nuovamente ad Hogwarts.

***

Quando Harry si risvegliò erano circa le 19.30.

Il tempo necessario per apportare dei cambiamenti al proprio aspetto.

Bevve un sorso della Polisucco che aveva appositamente lasciato e, non appena ebbe assunto le sembianze di Hermione, ne modificò leggermente i connotati, in modo che non potesse essere associato alla propria amica.

Uscì dal forte e si Materializzò nel vicolo squallido di Knockturn Alley.

Indossava un Mantello nero, terribilmente simile a quello che indossavano i Mangiamorte.

Aveva semplicemente trasfigurato una delle lunghe vesti di Severus e l’odore dell’uomo, che impregnava quegli abiti, lo faceva sentire protetto.

Giunse in una bettola e ordinò da bere.

Nonostante il suo camuffamento, si guadagnò non poche occhiate di gradimento dagli uomini che sedevano intorno a tavoli malmessi.

Nel preciso istante in cui stava per fare un sorso dal boccale che gli era stato porto, una mano gli si poggiò sulla spalla.

« Sei nuova da queste parti » disse una voce squallida, dietro di lui.

Sentiva l’alito dell’uomo sul proprio collo.

Sapeva benissimo di chi si trattasse. Nessuno possedeva una mano argentata.

Bingo, pensò Harry: come avrebbe potuto sventare i piani di una sostenitrice di Voldemort senza rivolgersi ad uno dei suoi più fedeli adepti?

« Posso offrirti da bere? » proseguì l’altro, rincarando la dose.

Harry si girò, incatenò i propri occhi a quelli dell’altro.

Con un movimento impercettibile delle labbra, pronunciò: « Imperio ».

In men che non si dicesse, Peter Minus fu sopraffatto dalla Magia del ragazzo che gli era di fronte.

« Siediti con me a quel tavolo » disse Harry, indicando un tavolo lontano dalla marmaglia che era cominciata ad entrare.

« Come desideri » rispose l’uomo, accondiscendente, e con un sorriso ebete stampato in volto.

Presero posto al tavolo e gli fu servito da bere.

« Dimmi, Codaliscia, - esordì il ragazzo, provocando un tremore lieve all’altro, sentendosi chiamare dopo tanto tempo con quel nomignolo, - conosci un certo Alberic Greenville? »

Peter Minus fissò la giovane donna che aveva di fronte, con aria interrogativa.

Non era ovviamente in possesso delle sue facoltà mentali ma non riusciva ad associare quel nome a nessun volto.

« Mi dispiace, non riesco a ricordare » rispose sincero l’uomo.

Harry stava davvero iniziando a perdere le speranze, poi di colpo ebbe un’illuminazione.

Estrasse dalle proprie tasche la sua bacchetta e fece materializzare un immagine del soggetto in questione.

Minus, avendo preso la foto tra le mani, sgranò gli occhi.

« Traditori, traditori del loro Signore! » disse, alzando la voce, quasi fuori controllo.

« Sta’ zitto, Godric Santo! » rispose il giovane, lanciando un Muffliato su tutti i presenti.

« Chi è? » continuò Harry, esortando l’altro a parlare.

« I Greenville appartenevano ad una delle famiglie più ricche e antiche di Londra. Caddero in disgrazia per tanti debiti contratti con le banche, la loro fine era pressoché vicina. Caso volle che per l’ascesa del Signore Oscuro fosse necessario reclutare quanti più membri possibile: fu così che Laurence Greenville si arruolò tra le schiere dei Mangiamorte. Raggiungendo il potere, arrivò a condizionare anche l’operato delle banche che lo avevano mandato sul lastrico. Ma quando Harry Potter riuscì a fermare il Signore Oscuro, Laurence sparì e con lui tutta la sua famiglia. Credo che questi sia il figlio. E’somigliante in maniera assurda al padre e il cognome è inequivocabile segno della loro familiarità » concluse Peter Minus.

Harry aveva ascoltato a bocca aperta la testimonianza dell’uomo e, sapeva bene, che gli sarebbe tornato utile molto presto.

Aveva bisogno di prove schiaccianti, chi meglio di Minus vivo, in carne ed ossa?

« Da quanto tempo frequenti questo posto? » chiese Harry, senza troppe cerimonie.

« Sono sempre qui, - rispose l’altro con tono quasi supplichevole, - da quando il Signore Oscuro è stato sconfitto da quel dannatissimo Potter, non faccio altro che ubriacarmi e nascondermi dal Ministero »

« Esattamente come un topo in gabbia, - osservò amaramente Harry, - molto bene, adesso verrai con me ».

L’uomo lo guardò interdetto, non troppo capace di comprendere cosa stesse per accadergli, visto l’influsso che la Pozione e l’Incantesimo avevano ancora su di lui.

Harry Potter pagò le bevande e, col favore della notte, si incamminò, in compagnia dello spregevole Codaliscia, lungo i vicoli di Knockturn Alley per poi smaterializzarsi.

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Capitolo 32
*** Capitolo XXXII ***


CAPITOLO XXXII

Una volta tornati nella dimora di Severus, Harry permise a Peter Minus di accomodarsi dove meglio credesse.

« Non mi ha ancora detto il suo nome, Signora » constatò l’uomo a voce alta.

Era vero, pensò Harry.

Era stato preso così dalla conversazione che aveva dimenticato un dettaglio così importante.

« Mi chiamo Eliza » rispose il ragazzo senza rifletterci troppo.

« Eliza… » gli fece eco l’altro con fare sognante.

Harry, ancora con il corpo di Hermione, si voltò verso l’uomo e lo fulminò con lo sguardo.

« Mettiamo le cose in chiaro, - gli disse puntandogli un dito contro, com’era solita fare Hermione con Harry stesso, - fin quando sarai qui, avrai il compito di non contattare nessuno né tantomeno di uscire senza il mio permesso. Mi servi vivo. Assolutamente vivo »

Codaliscia si limitò ad annuire.

« Molto bene, adesso non voglio sentirti, va’ a dormire » riprese Harry, allontanandosi nelle stanze private di Severus.

Una volta giunto nei pressi dei propri effetti personali, Harry si rese conto di essere a corto di Polisucco.

Non aveva preventivato che, avendo Codaliscia sotto lo stesso tetto, avrebbe dovuto mantenere l’aspetto di Hermione più del dovuto. Tuttavia, la Pozione non accennava a rendere mutato il suo aspetto.

Decise così di inviare il proprio Patronus ad Hermione, chiedendole di fornirgli altra Polisucco e qualche altro capello da potervi inserire.

Quando la luce argentea fu scomparsa dalla sua vista, il mago chiuse gli occhi.

Sapeva perfettamente che, il giorno seguente, avrebbe dovuto cominciare a cercare indizi su Severus con tutta la cautela possibile.

***

Il giorno 26 settembre, il Mondo Magico era in preda al panico più assoluto.

Su tutte le testate dei giornali, infatti, si leggeva che Harry Potter era scomparso dalla Clinica che lo ospitava.

Il giovane mago in questione, quel mattino, si era alzato presto, aveva fatto una doccia e aveva bevuto l’ultimo sorso di Polisucco che gli aveva permesso di incontrare Minus senza problemi.

Lui continuava a recitare la parte di Eliza e, dall’altra parte, Codaliscia continuava a bersi tutto ciò che Harry gli faceva credere.

Il più giovane era in sala da pranzo, e stava sorseggiando un caffè lungo, con lo sguardo perso oltre le finestre a guardare quel mare che, qualche settimana prima, aveva ammirato con Severus.

La sua assenza era lacerante, Harry non riusciva a pensare ad altro.

Fu così che aveva stabilito, la sera prima, di andare a cercarlo, non appena Hermione gli avrebbe consegnato le scorte di cui aveva bisogno.

« Signora… » esordì Codaliscia entrando nella cucina.

« Cosa vuoi? » chiese Harry tagliente, non degnandolo di uno sguardo.

« Questo è appena arrivato per lei » rispose l’altro, imbarazzato, porgendo alla “ragazza” un pacco, su cui non era scritto neanche un nome.

Harry si voltò di scatto e strappò dalle mani dell’uomo l’involucro.

« Sparisci » sputò il più giovane, continuando a non guardare l’altro.

Con un inchino di riverenza, Codaliscia si congedò proprio come faceva quando Voldemort non necessitava più dei suoi servigi.

Harry scartò in fretta il pacco e, proprio come si aspettava, trovò della Polisucco abbondante, che gli sarebbe bastata per qualche settimana, e una ciocca di capelli della sua migliore amica.

Solo dopo qualche attimo si rese conto che, nel pacco, era ripiegata una piccola pergamena.

Non riconobbe la grafia ma il contenuto fece saltare il cuore in gola al ragazzo.

« Sappiamo dov’è il Pipistrello. E’ stato portato in una tana a Londra, il nido è a Marshalsea »

Non c’era neanche la firma del mittente ma quelle parole parlavano chiaro.

Severus era stato portato a Londra, a Marshalsea, la prigione.

Hermione doveva aver affatturato la propria grafia per non renderla riconoscibile e il modo enigmatico di esprimersi ricordò ad Harry quando aveva fatto capire a Severus che Sirius si trovava in pericolo.

Ancora una volta, Hermione si era dimostrata la strega più brillante della sua età.

Sorrise con affetto e conservò il tutto nella propria stanza.

Quando vi uscì, indossava lo stesso mantello largo che aveva il giorno precedente.

« Codaliscia » chiamò Harry con ribrezzo.

Immediatamente, fece capolino dalla stanza accanto, l’uomo che ospitava.

« Sarò fuori oggi. Lì ci sono delle provviste che potrai usare per sfamarti. Ti ricordo che non ti è assolutamente permesso uscire. Se al mio ritorno, constaterò che hai trasgredito anche solo uno dei miei ordini, rimpiangerai di aver messo piede in questa casa » disse Harry, deciso.

« Come desidera, Signora » rispose l’altro, pietoso.

Harry uscì dal forte e si smaterializzò nei pressi Londra.

***

Quando Hermione, nella notte del 26 agosto, aveva udito alcuni rumori all’esterno del castello, mai si sarebbe aspettata di trovarsi il Patronus possente di Harry.

Silenziosamente, scese nella Sala Comune, permettendo così al Cervo di parlare, senza disturbare nessuna delle compagne che le dormivano accanto.

« Hermione, necessito che tu mi invii della Polisucco e qualche ciocca dei tuoi capelli. In guferia, troverai il Gufo che Severus era solito usare per comunicare privatamente. Non scrivere nulla sul pacco e non preoccuparti di indicare l’indirizzo. Il volatile è addestrato perfettamente, sa come giungere a destinazione. Ti abbraccio forte, spero di rivederti presto »

Hermione sorrise, sapeva perfettamente che Harry le avrebbe chiesto dopo poco tempo di avere nuove fiale di Polisucco ed era per questo che, anticipandolo sui tempi, si era recata nell’ufficio di Piton per prendere l’occorrente che le serviva.

Proprio come aveva previsto Harry, la Pozione completa era già disponibile in svariate dosi.

Tuttavia, la ragazza, per evitare qualsiasi difficoltà, aveva provveduto ad iniziare nuovi preparativi per realizzarne dell’altra.

Se Harry non ne avesse avuto la necessità, avrebbe semplicemente rifornito le scorte dalle quali stava attingendo.

Il giorno seguente, di buon ora, la ragazza, allontanatasi dal Castello, si era recata nella Guferia dove aveva riconosciuto l’animale utilizzato dal Pozionista per inviare comunicazioni private.

Rimpicciolì il pacco e, con una piccola pergamena su cui lanciò un incantesimo, lo legò alla zampa dell’uccello.

Immediatamente, il Gufo, dal piumaggio scuro che tanto ricordava il Mantello del suo Proprietario, spiccò il volo e scomparve in lontananza, confondendosi con i colori del cielo.

***

Quando Harry si materializzò, si ritrovò catapultato in un vicolo isolato di Londra. Si trovava precisamente a Southwark, un quartiere adiacente alla prigione.

La cosa, pensò, andava ovviamente a suo vantaggio: non avrebbe dato nell’occhio e avrebbe avuto il tempo materiale per riflettere su cosa fare.

La soluzione era una sola, ed Harry sapeva che stava rischiando davvero tanto.

A passi veloci, raggiunse la fine del vicolo ed eccola lì: la prigione di Marshalsea si ergeva imponente.

Sapeva perfettamente che, così come per Hogwarts, i babbani avrebbero visto solo un ammasso di macerie se si fossero trovati al cospetto di quella Prigione.

Non avrebbero visto che lunghe mura con un paio di entrate.

Era ovviamente opera di incantesimi di illusione, dal momento che, sarebbe stato rischioso giustificare l’esistenza di una prigione che avrebbe potuto ospitare solo detenuti, che presentavano determinate caratteristiche.

Prima di esporsi completamente alla luce del giorno, Harry indossò il mantello dell’invisibilità.

Silenziosamente, si diresse verso la maestosa struttura.

Una volta giunto all’interno, si accorse che, proprio come la Tower Hill Clinic, la struttura era zeppa di guardie.

Avvertì una spiacevole elettricità nell’aria, quasi come se alla magia dei detenuti fosse stato messo un freno.

Addentrandosi tra i corridoi, cercò di trovare un punto strategico per attuare il suo piano.

Se ha funzionato una volta, pensò, avrebbe dovuto funzionare nuovamente.

Attese abbondanti minuti prima che qualcuno si fermasse a parlare.

« Oggi il rancio sarà più tremendo del solito » disse una guardia ad un’altra, sorridendo in maniera poco simpatica.

« Sempre che per qualcuno non sia l’ultimo » rispose l’altro rincarando la dose.

Ad Harry si fermò per un attimo il battito cardiaco.

Davvero Severus aveva dovuto sopportare questo per tutto quel tempo?

L’urgenza di trovarlo rischiava di fargli perdere lucidità.

Fu così che decise di pedinare i due uomini i quali, giunti ad un bivio, presero strade diverse.

Harry, senza troppi ragionamenti, seguì quello che aveva parlato per ultimo e, sperando e pregando di ritrovarsi in un corridoio deserto, aveva tentato di colpirlo con un Imperius.

L’incantesimo, tuttavia, non fece presa, ed Harry andò nel panico più totale.

Non si trattava di aver sbagliato l’incantesimo, né erano poste barriere magiche intorno alla struttura.

Fu così che il tutto divenne più chiaro: quell’elettricità percepita all’ingresso, il comportamento spregevole che tutti avevano, l’Imperius che non aveva funzionato.

Era molto semplice, qualcun altro aveva provveduto a soggiogare le guardie di quella prigione.

Temendo di poter fare altri incontri, Harry schiantò l’uomo che finì rovinosamente per terra.

Era magrolino, molto più semplice da trasportare rispetto alla guardia che gli era toccata alla Tower Hill Clinic.

Raggiunse alla meno peggio una porta ed entratovi, strappò un capello alla guardia, versandolo nella Polisucco che aveva portato con sé.

Immediatamente, i tratti che, in realtà, erano ancora quelli di Hermione, cambiarono ed Harry si ritrovò ad essere una copia perfetta dell’uomo che giaceva svenuto sul pavimento.

Trasfigurò i propri abiti che divennero una divisa e, dopo aver ripiegato il Mantello nella tasca, uscì da quella stanza deserta.

Il problema essenziale era un altro: capire dove avessero messo Severus.

Cominciò a camminare per i corridoi alla ricerca di una minimo indizio ma, a quanto pareva, non era quello il piano giusto dove cercare.

Continuando a seguire un percorso costruito per tentativi, Harry intravide le porte della cucina.

Avrebbero prima o poi servito il pranzo ai detenuti, un’occasione come quella non gli sarebbe capitata di nuovo.

Erano quasi le 12.00 ed Harry sperava che il rancio fosse fissato, più o meno, in quel lasso di tempo.

Mentre era assorto nei suoi pensieri, uscì dalla cucina un cuoco.

« Ehi, aspetta! » urlò Harry, cercando quanto più possibile la propria voce.

L’uomo si fermò di scatto e si girò.

« Chi sei? » chiese il cuoco, osservandolo.

Non l’aveva mai visto, molto meglio – pensò Harry.

« Io sono stato assunto qualche giorno fa, mi chiamo Derrick » rispose Potter, porgendo la mano all’altro.

« Io sono Harold » gli fece eco il cuoco, stringendogliela.

« Ascoltami, vorrei sapere come viene distribuito il pranzo, a che ora e se esiste una divisione per dipartimenti » chiese Harry tutto d’un fiato.

« Ho sempre detto che in questa prigione non circola una giusta informazione… - prese a dire l’altro, - ad ogni modo, il pranzo è servito alle 12.15, sono le guardie a distribuire. E sì, esiste una divisione per dipartimenti: quelli che hanno commesso crimini minori, situati al secondo piano, quelli che sono accusati di sovversione durante il periodo della Seconda Guerra Magica, situati come i primi al secondo piano, e i presunti Mangiamorte che invece sono posti al terzo piano »

« Grazie infinite! » rispose Harry e, senza attendere oltre, corse nelle cucine, lasciando il cuoco impalato dinanzi al corridoio ormai vuoto.

Quando entrò, lo scenario che si presentò agli occhi del ragazzo fu macabro.

A differenza della struttura che, per quanto antica non era sporca, quella stanza pullulava di sudiciume.

C’era puzza di carne andata a male, frutta rancida, e condizioni igieniche veramente improbabili.

Nessun essere umano, in grado di ragionare, sarebbe riuscito a resistere per tanto tempo in quel posto.

« Sono stato incaricato di consegnare personalmente il pasto a Severus Piton » disse Harry, fendendo l’aria con la propria voce.

Gli si presentò al cospetto un uomo alto e dal vestito unto, con dei baffi che gli incorniciavano la faccia.

« I vassoi sono lì, fa’ attenzione » rispose, con fare quasi disgustato.

« Attenzione a non morire di tetano » sussurrò Harry, prendendo tra le mani un vassoio viscido e sporco.

Uscì di gran corsa e, percorrendo alcune rampe di scale, giunse finalmente al terzo piano.

Varcò l’ingresso del corridoio e immediatamente, lo scenario “calmo e rassicurante”, che si era lasciato alle spalle, era ormai nient’altro che un ricordo.

Le celle situate a destra e sinistra, non permettevano alle guardie poste all’esterno di vedere, ma erano serrate da porte blindate, molto simili a quelle che aveva a disposizione la Gringott.

Senza far trasparire alcuna ombra di insicurezza, Harry si avvicinò alle guardie che visionavano il corridoio.

« Cerco la cella di Severus Piton, sono stato incaricato di servirgli il pranzo. E’ la prima volta che vengo mandato al terzo piano » disse Harry, mentendo in maniera convincente.

« Piton, eh?, - fece una delle due guardie, - è un osso duro. Preferisce morire di fame piuttosto che mangiare. Invece di essere riconoscente, si permette anche di fare lo schizzinoso »

Non ebbe terminato di pronunciare la frase che il suo collega aveva già cominciato a ridere di gusto.

Abominevole, pensò Harry.

Anche loro, come le guardie incontrate prima non dovevano essere coscienti.

O almeno, non pienamente.

« E’ la 619, queste sono le chiavi » riprese il primo, che aveva gli occhi arrossati per il troppo ridere.

Harry afferrò le chiavi e, cercando di moderare quanto più possibile la propria andatura, si diresse verso la cella che gli era stata indicata.

Girò con cautela la chiave nella toppa e spinse.

Sentì le gambe cedere e le forze venire meno.

Dinanzi a lui, una figura era seduta poggiandosi su un piccolo tavolo, dando le spalle alla porta.

Era diventato magrissimo, il cencio che indossava rischiava quasi di cadergli.

« Può lasciarlo lì » disse l’uomo, con quella voce che ad Harry era tanto mancata.

« Severus… » rispose l’altro quasi con un soffio.

Bastò una parola a far irrigidire il Pozionista sulla sedia.

Harry era troppo sconvolto, da non riuscire a muovere un passo.

L’uomo si alzò con una lentezza quasi dolorosa: forse provava davvero fatica a compiere quel gesto, dal momento che le forze doveva averle esaurite tutte.

Con un gesto meccanico, Harry poggiò il vassoio sul letto che aveva di lato e chiuse la porta alle sue spalle.

Come rapito, si avvicinò piano all’uomo che, dal canto suo non mosse un singolo muscolo.

« Sono io, sono Harry » disse il giovane, accarezzando il volto del Pozionista e scostandogli una ciocca di capelli.

L’uomo deglutì vistosamente e incatenò i suoi occhi, neri come l’ossidiana, in quelli sconosciuti dell’altro.

« Che diamine ti hanno fatto… » gli disse il più giovane, con le lacrime che erano in procinto di sgorgare.

Senza attendere oltre, il Pozionista afferrò l’altro e si avventò su quelle labbra che, per quanto diverse nell’aspetto, non avevano perso il sapore di Harry.

Il Grifondoro ricambiò subito il bacio: Severus sembrava non avere pietà, Harry aveva paura di fargli male. Era così debilitato da temere di poterlo ferire anche con un semplice bacio.

« Come hai fatto… » biascicò il Professore, mentre si staccava per riprendere fiato.

« E’ troppo lungo da spiegare e abbiamo troppo poco tempo » disse Harry mentre continuava a ghermire le labbra dell’altro.

Fu un mangiarsi ed un saziarsi reciproco.

Nessuno dei due sapeva perfettamente cosa dire o come comportarsi, fecero agire il loro istinto.

Harry avrebbe voluto piangere, dalla gioia di aver rivisto finalmente l’uomo che amava e dal terrore di averlo visto in quello stato.

Avrebbe voluto portarlo con sé a casa, accudirlo come meritava, stringerlo a sé e non fargli mai mancare la sua presenza.

Avrebbe voluto farci l’amore, farlo per tutti i giorni della loro vita.

Avrebbe voluto svegliarlo al mattino dicendogli che lo amava e che lo avrebbe fatto sempre.

Ma il tempo era tiranno e le parole non avrebbero permesso di sfruttarlo a pieno.

« Ti amo, oggi e sempre » disse infine il giovane appoggiando la fronte a quella dell’uomo.

Severus sorrise, come ormai non riusciva a fare da tante settimane.

Era meraviglioso, pensò Harry.

Sebbene troppo magro e troppo fragile, quando sorrideva, nelle rare occasioni che il ragazzo aveva potuto ammirarlo, illuminava ciò che gli era intorno.

« Ti amo anch’io » rispose il Pozionista d’un tratto.

Gliel’aveva detto.

Bastava farlo finire in carcere, pensò Harry.

« Non ho tempo per spiegarti tutto, ma sappi che non riusciranno a portarti ancora via da me. Ho mobilitato tutte le forze di cui dispongo per tirarti fuori di qui. La Umbridge avrà quel che si merita ed io resterò al tuo fianco, fin quando ne avrai voglia » disse il ragazzo, fissandolo intensamente.

« Non voglio che tu finisca nei guai per colpa mia » rispose l’altro secco, smorzando l’atmosfera romantica che si era creata qualche attimo prima.

« E’ facile, - controbatté il ragazzo, - avrei dovuto pensarci quando ti ho baciato la prima volta. Quando ho fatto per la prima volta l’amore con te. Adesso è tardi »

Severus abbassò lo sguardo, mentre Harry gli accarezzava il mento.

« Ho paura di farti del male » disse Severus con il cuore straziato.

« Me ne fai se mi lasci fuori » rispose il ragazzo, baciandogli dolcemente la fronte.

« Com’era, se ci sei ci sono anch’io?, - continuò il giovane – io lo penso davvero. Lo sento. Non pagherai ulteriormente per degli errori che ti stanno tormentando più del dovuto. Ricorda questo: ovunque andrai, io non ti lascerò, troverò sempre il modo di raggiungerti. E’ una promessa »

Severus continuò a baciare il volto di quello sconosciuto che, invece, conosceva da sempre.

Avrebbe voluto godere di quella presenza ancora per un po’ ma sapeva bene che così avrebbe esposto ulteriormente Harry.

« Va’, non trattenerti oltre » disse Severus distaccandosi bruscamente da Harry.

« Ti amo Severus, non dimenticartene mai, ti prego » gli sussurrò Harry, tenendogli le mani.

« Non farlo neanche tu » gli fece eco il Pozionista.

Quando Harry gli lasciò le mani e il loro contatto fisico venne meno, fu come perdere ossigeno.

Prima di congedarsi, Harry trasfigurò la porzione rancida di cibo, in qualcosa di commestibile, così da permettere a Severus di rimettersi, per quanto possibile, in forze.

Con una forza di volontà sovraumana, Harry uscì dalla porta blindata e si lasciò alle spalle la cella con Severus.

« Ce ne hai messo di tempo, novellino.. » disse la guardia che aveva incontrato pochi attimi prima.

Harry si fermò di scatto.

« Aveva ragione, stava morendo di fame » rispose tagliente, posando le chiavi sul tavolo.

Senza attendere oltre, con passo deciso, guadagnò l’uscita lasciando i due uomini in divisa attoniti ma per nulla coscienti.

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Capitolo 33
*** Capitolo XXXIII ***


CAPITOLO XXXIII

Il giorno seguente, Hermione Granger e Ron Weasley erano nello studio di Kingsley.

Erano stati convocati quella mattina poiché la notizia della scomparsa di Harry aveva messo a soqquadro il Ministero.

Non solo, anche Griselda e Tiberius avevano intenzione di incontrare i ragazzi “per delle comunicazioni importanti da fare”, avevano detto. Ma non avevano specificato nulla.

Mentre i giovani attendevano l’arrivo degli altri, Hermione non la smetteva di tormentare una ciocca di capelli, che Ron notò essere più corta rispetto alle altre.

D’improvviso, udirono alle proprie spalle l’aprirsi della porta.

« Buongiorno ragazzi » rimbombò la voce di Kingsley.

« Ministro » lo salutarono i due, alzandosi.

Kingsley fece il giro della scrivania e in pochi secondi fu dinnanzi a loro.

« So che non vi aspettavate una convocazione così repentina, ma ho il bisogno di parlarvi. E non solo io » disse lasciando cadere la frase a metà.

« Lo immaginavamo » rispose Hermione, facendo sì che l’uomo continuasse.

« Ebbene, sono certo che la scomparsa di Harry non sia passata in sordina, dico bene? » chiese il Ministro, fissandoli intensamente.

« No, ne siamo al corrente » disse la ragazza, mantenendo un perfetto contegno.

« A tal proposito, credo sia superfluo specificare a quale aggravamento della situazione sia andato incontro il Signor Potter… » continuò l’uomo.

Hermione continuava a martoriare i propri capelli, ma non abbassava mai lo sguardo.

« C’è qualcosa di cui dovrei essere messo al corrente? » chiese incisivamente.

I ragazzi si guardarono complici, non avevano intenzione di rivelare nulla.

« Non tradirete nessuno, io non ho intenzione di cercare Harry. Non subito almeno » continuò il Ministro.

Hermione sgranò gli occhi interdetta.

« Non capisco cosa intende, Ministro… » chiese flebilmente.

Kingsley si alzò di scatto e con un Muffliato ed una girata di chiave, rese la stanza impermeabile.

« Hermione, Ron, - prese a dire l’altro, con molta cautela, - sono certo che voi lo abbiate incontrato. Ascoltatemi, io non voglio scovarlo per rimetterlo nella Clinica. Non dopo ciò che vi verrà rivelato tra poco. Ho solo la necessità che ricontattiate Harry: abbiamo bisogno di lui per incastrare Barnabas Grosvenor. Sul come fare, penserò io. Non ho potuto essere utile durante il Processo di Severus, non ne avevo né i poteri né la competenza. Tuttavia, più materiale raccoglieremo a sfavore della Umbridge, più ci saranno probabilità ed argomenti a favore non solo del rilascio di Harry ma della scarcerazione immediata di Severus ».

Hermione e Ron rimasero a bocca aperta.

« Sarà fatto » rispose secca, la ragazza.

« Vi ringrazio » concluse l’uomo, con un cenno del capo.

Dopo qualche istante, udirono bussare alla porta e Kingsley rese inefficaci gli incantesimi lanciati poco prima.

La porta si aprì e fecero il loro ingresso i due Magistrati.

« Ragazzi.. » salutò Griselda, porgendo la mano a Ron ed Hermione.

« Salve a voi » rispose la ragazza, visibilmente in ansia.

Kingsley richiamò due sedie e fece accomodare gli ospiti che li avevano raggiunti.

« Bene, sappiamo che siete alquanto preoccupati, - esordì la donna, - anche noi abbiamo appreso della fuga del Signor Potter. Tuttavia, abbiamo reputato necessario informarvi riguardo ad alcune cose che abbiamo scoperto »

Hermione e Ron li fissavano con attenzione.

Con un gesto del braccio, Tiberius Ogden poggiò sulla scrivania dinanzi a loro, alcuni documenti su cui erano stati apposti strani sigilli.

« E’ la corrispondenza privata di Dolores Umbridge, - disse l’uomo, - siamo riusciti ad entrarne in possesso e queste sono le missive originali. Leggete voi stessi »

Porse le lettere ai ragazzi che cominciarono a leggerle, immediatamente.

Più gli occhi dei giovani scorrevano sui fogli, più i loro sguardi si incupivano.

Ron era visibilmente sconvolto: il suo viso era diventato del colore dei suoi capelli.

« Questo vuol dire che… » sussurrò Hermione.

« Esatto, Barnabas Grosvenor non è un vero medico » tagliò corto la Marchbanks.

« E’ tutto contenuto in queste lettere, i loro messaggi rivelano chiaramente questo terribile segreto. Inoltre sono riuscito a consultare, con l’aiuto di amici fidati, gli archivi del Personale Medico del Ministero. Non c’è e non c’è mai stato alcun Grosvenor » continuò Kingsley.

« Credete che questo basti per incastrare quel rospo? » chiese schiettamente Ron.

Tiberius e Griselda si guardarono.

« Noi crediamo di sì. Abbiamo creato copie di questi documenti per non far insospettire Dolores. Tuttavia, siamo certi nel poter affermare che non esistano prove più schiaccianti di queste… » rispose Griselda.

« Tuttavia…» riprese Tiberius.

« Tuttavia, abbiamo bisogno di ritrovare Harry, per far decadere tutte le accuse di inabilità e il resto » proseguì Hermione, come se stesse pensando ad alta voce.

« Esattamente » controbatté Kingsley, guardandoli serio.

« E’ necessario che anche lui sia riabilitato, altrimenti le nostre prove sarebbero efficaci solo per scagionare Severus » sentenziò Ogden.

Hermione si morse il labbro.

« Faremo di tutto perché niente vada sprecato » rispose dopo pochi attimi.

Ron sospirò: più si andava avanti, più le cose si facevano difficili.

« A tal proposito, tenetemi informato su Harry, intesi?, - sottolineò il Ministro, - Dobbiamo fare in modo che il Processo finale si svolga in maniera impeccabile e dobbiamo cercare di prendere la Umbridge in contropiede. Tutte le informazioni rilasciate qui non devono trapelare in alcun modo »

« Siamo pronti a giurarlo, se necessario » rispose Ron, inflessibile.

« Molto bene, queste tenetele voi, - disse la Marchbanks, rivolgendosi ai ragazzi, - anche noi abbiamo a disposizione il contenuto. Leggendole, spero possiate trovare ulteriori informazioni ugualmente importanti »

« Custoditele con cura, se andassero perse, non potrebbero più far prova » concluse l’altro Magistrato.

« Avranno la nostra massima attenzione, - rispose Hermione, mentre salutava gli altri che si stavano congedando, - credo che ci rivedremo tra non molto »

« Sapete come contattarci, attendiamo vostre notizie » rispose la donna, porgendo la mano ai ragazzi.

Quando i Magistrati si allontanarono, Hermione e Ron fecero lo stesso.

Dopo essere usciti dal Ministero, si smaterializzarono.

Rientrati nel perimetro di Hogwarts, Hermione corse alla Guferia. Immediatamente Harry doveva essere messo al corrente di quanto avevano scoperto, non avrebbero dovuto perdere neanche un minuto di più

Salì di corsa le piccole scale di quella Torre e scrisse, velocemente, un biglietto che legò alla zampa del Gufo del Professor Piton.

Qualche secondo dopo, il volatile si stagliava alto nel cielo.

***

Dall’altro lato del Regno Unito, Harry Potter era rientrato al forte del Dun Ringill.

Codaliscia, come previsto, non aveva disatteso gli ordini impartitigli dal suo Padrone ed era rimasto in casa, per tutto il tempo in cui l’altro era stato via.

Quando il ragazzo fece il suo ingresso sull’uscio dell’abitazione, aveva ripreso le sue sembianze.

La cosa, in realtà, non lo turbò più di tanto: Codaliscia era comunque sotto un costante Imperius, poco importava se Harry fosse stato Harry Potter o qualche altra persona.

Prima o poi, pensò fra sé, avrebbe dovuto rivelare al Traditore la sua vera identità… Non era nei piani del giovane mago complicarsi la vita, per ingannare un essere tanto inutile come Peter Minus.

Difatti, entrò, spalancando la porta, con indosso gli abiti della guardia ma con il proprio volto.

Quando Codaliscia si affacciò per sincerarsi che la Padrona fosse tornata, e si ritrovò Harry Potter di fronte, il suo volto diventò cinereo.

Harry non mancò di notare quel cambiamento e fissò gli occhi smeraldini sull’altro.

« Vieni qui » gli disse quasi atono.

Come in trance, Codaliscia mosse un passo dopo l’altro, fino a posizionarsi al cospetto del giovane che lo aveva seguito con lo sguardo.

« Harry P-Potter… » balbettò.

« Non osare neanche pronunciare il mio nome, - rispose Harry, non permettendogli di parlare, - per te sono Signore. Sarà in questo modo che ti rivolgerai a me. Non sono il tuo Padrone: non ti difenderò quando finirai nei guai, non ci sarò quando avrai bisogno di me. Non ti darò neanche la possibilità di essere un mio sottoposto, tu per me non sei nessuno. Non hai alcun diritto di chiamarmi per nome. Non l’hai mai avuto. Così come non sei mai stato degno di pronunciare quello dei miei genitori »

Peter Minus lo fissava intensamente e con terrore.

« Farai semplicemente ciò che ti dirò e ti atterrai ai miei ordini. Non voglio sentirti fiatare, se non quando te lo dico io. E, soprattutto, non voglio avvertire la tua presenza. Dovrai restare chiuso in questa casa, non dando il minimo fastidio. Esattamente come un topo nella sua tana, in trappola. Dileguati » concluse il ragazzo, guardandolo con disprezzo.

Codaliscia si limitò ad annuire e scomparve dietro la porta dell’altra camera.

Finalmente Harry poté gettarsi, stremato, sul letto di Severus.

Non appena ebbe poggiato il capo su quel cuscino, l’odore dell’uomo lo avvolse.

Bastò questo a farlo crollare. Dopo tanto tempo, alcune lacrime uscirono e gli rigarono il volto.

In quelle ore così frenetiche, Harry non aveva avuto il tempo di realizzare quanto gli si era mostrato davanti agli occhi: Severus era prigioniero in un luogo abominevole.

Ogni secondo che passava, in cui Harry non poteva essere accanto all’uomo che amava, veniva percepito dal ragazzo fisicamente: era lacerato nell’anima.

Avrebbe voluto non lasciare mai il Professore, non scivolare via dalle sue braccia, non staccarsi dal suo corpo così fragile e così martoriato.

Si passò istintivamente le dita sulle labbra e, sebbene questo non gli fosse d’aiuto, percepì distintamente il sapore dell’altro che, ancora impresso, lo aveva fatto sprofondare in un’agonia terribile.

Lo avrebbe tirato fuori, a costo della propria vita. E, in fondo, poteva chiamarsi vita un’esistenza condannata ad essere trascorsa senza la possibilità di essere al fianco di chi si ama?

No, ed Harry era disposto a tutto, anche morire se necessario, per rivedere ancora una volta Severus.

Per dirgli che lo amava.

Vinto dalla stanchezza, il mago chiuse gli occhi ormai arrossati per il pianto e sprofondò in un sonno pesante e cupo.

Il mattino seguente, Harry Potter si svegliò con un inconsueto stato d’animo: probabilmente, la notte passata aveva fatto sì che gran parte della sua ansia, che si era accumulata in quel periodo, venisse rilasciata a poco a poco.

Non che questo lenisse la sofferenza dovuta alla mancanza di Severus ma, come ogni volta, il giovane mago era riuscito ad appigliarsi ad un barlume di speranza che gli permetteva di non darsi per vinto, mai.

Così come era successo quando tutti davano per spacciato Piton, riportato esanime dalla Foresta, così, adesso, Harry non si sentiva un disilluso e un cinico. Sapeva che, fin quando avrebbe tentato il tutto per tutto, nulla poteva dirsi perduto.

E, molto più che probabilmente, momenti come quelli erano decisivi: non mollare la presa era una necessità. Doveva essere pronto a qualsiasi evenienza e cercare di essere al massimo della lucidità, per non prendere decisioni avventate o imprecise.

Non appena aprì gli occhi, il timido sole settembrino aveva preso ad illuminargli il volto.

Esattamente come qualche tempo prima, avvertì quel raggio come una carezza materna.

Smise di sentirsi completamente solo.

Fu per quello che, una volta destatosi, afferrò una felpa di Severus e si diresse fuori dal forte.

L’aria mattutina gli pizzicava gli occhi e le guance, così indossò la felpa.

Nera, come tutti gli abiti che il Professore era solito indossare.

Chissà come doveva apparire, pensò Harry, Severus con quell’indumento dall’aria così casuale.

Si cinse il corpo con le proprie braccia, quasi come se l’uomo fosse lì, accanto a lui, e andò a sedersi vicino al bagnasciuga, posto proprio al di sotto dell’abitazione.

Proprio in quel punto, qualche tempo prima, aveva condiviso una delle emozioni più forti della sua vita: Severus gli aveva mostrato una parte di sé che non aveva rivelato a nessuno.

L’essere così vicini senza temere di essere scoperti o spiati, lo stare abbracciati e baciarsi in maniera così spontanea, era un qualcosa che per Harry aveva il sapore della felicità.

Una felicità che era dettata da piccoli gesti che, però, rendevano il quotidiano come un momento unico.

« Troverò il modo di raggiungerti » sussurrò il giovane, ripensando che, ventiquattro ore prima, aveva suggellato quella promessa tra le braccia dell’altro.

Si lasciò cullare dalla brezza marina e lasciò che i suoi polmoni si riempissero di quell’atmosfera unica.

Voleva imprimere nei suoi occhi quanto più riusciva a ricordare: le rocce, l’acqua cristallina, i giochi di luce che i raggi del sole creavano sulle onde piatte del mare.

Nulla avrebbe avuto quell’aspetto quando Severus sarebbe ritornato.

Tutto sarebbe stato più bello ma mai tanto come l’averlo accanto.

Mentre il giovane si perdeva in questi pensieri e il sole si faceva più alto nel cielo, segno che la mattina era ormai trascorsa, notò che qualcosa, in volo, gli si stava avvicinando.

In pochi secondi capì che si trattava del Gufo di Severus.

Presagio che Hermione aveva notizie da Hogwarts.

Il volatile dal manto nero discese, elegante come il padrone, e planò verso Harry Potter.

Aveva un portamento fiero ed Harry notò, immediatamente, la pergamena legata alla sua zampa.

Materializzò un bocconcino e, solo dopo averglielo offerto, proseguì a slacciare il messaggio.

Quasi come con un inchino, il Gufo di congedò e spiccò il volo, maestoso, alto nel cielo.

« Il Pipistrello e il Fulmine sono stati trattati con ingiustizia. Ma il Fulmine deve mostrarsi, questa sera al solito posto. Solo così il Pipistrello ha speranze di uscire dalla gabbia »

Neanche qui la grafia era riconoscibile e, nemmeno in questo caso, era stato indicato il nome del mittente.

Hermione doveva metterlo al corrente di qualcosa.

Harry si alzò di scatto e corse in casa, elaborando una strategia per camuffare il proprio aspetto.

Quella notte avrebbe fatto visita ad Hogwarts.

***

Alle ore 23.00 precise dello stesso giorno, Harry Potter si era materializzato ai confini di Hogwarts.

Non appena toccò il suolo con i piedi, evocò il consueto Patronus e registrò un messaggio per Hermione.

« Il Fulmine è stato avvistato, nel luogo che gli fu indicato dall’Uovo d’oro e dove i suoi amici furono inabissati »

Indossava semplicemente il Mantello dell’Invisibilità: non aveva altra Polisucco a disposizione e, aveva pensato, se anche avesse sostituito provvisoriamente i capelli di Hermione con quelli di un’altra persona, sarebbe stato più sospettoso trovare qualcuno che avesse delle sembianze sconosciute all’interno del Castello.

Il cielo era ormai scuro, Harry sentiva solo il frusciare del vento tra le fronde degli alberi della Foresta.

Il Lago Nero era una tavola e la luce della luna si rifletteva imperiosa tra le sue onde.

Harry si ritrovò a pensare a Dobby. Quando, durante la preparazione della seconda prova del Torneo Tremaghi, l’elfo aveva rubato dalle scorte di Severus stesso l’Algabranchia. Senza di lui, Harry Potter non avrebbe avuto speranze di vittoria.

Qualche attimo dopo, il giovane mago udì dei passi che, man mano, si facevano sempre più vicini. Il calpestare sull’erba gli fece intuire che doveva trattarsi di più di una persona.

Istintivamente, infatti, indossò il Mantello coprendosi del tutto e attese, senza fare il minimo rumore.

Quando i passi cessarono, Harry poté notare, in lontananza, che sul posto non era arrivata solo Hermione: con lei c’era anche Ron.

Come risvegliato da un lungo torpore, il giovane balzò in piedi e corse verso i suoi due amici di sempre.

Nel giro di un secondo, i due maghi si ritrovarono cinti in un abbraccio tanto improvviso quanto forte.

« Harry.. » sussurrò Hermione, stringendosi di più all’amico.

« Ragazzi, è magnifico rivedervi! » sorrise Potter, distaccandosi da loro.

Fissò per qualche istante Ron, e il rosso fece lo stesso.

« Fratello » mormorò Weasley, sorridendogli.

L’abbraccio che seguì fu, agli occhi di Hermione, la cosa più rara che avesse mai visto.

Per la prima volta, i due maghi si lasciavano vincere dall’affetto.

Perfino quando Harry aveva scoperto quale fosse la sua sorte, e aveva decretato di star andando nella Foresta Proibita per compiere il suo destino, Ron era rimasto impalato, col cuore trafitto, ma senza il coraggio di fare un passo avanti ed abbracciare l’amico.

Il dolore doveva essere stato tanto grande da non permettergli di reagire.

Adesso, invece, dopo mesi in cui non parlavano in maniera diretta e dove non avevano avuto la possibilità di vedersi fisicamente, tutto era cambiato: nessun ruolo, nessuna missione da portare a termine, nessuna relazione che poteva essere fraintesa.

Erano semplicemente Ron ed Harry, come quei ragazzini che al Primo Anno, sebbene ignari di cosa stessero facendo, avevano suggellato un Amicizia tanto vera e tanto profonda che sarebbe resistita a tutto.

Ed era andata esattamente così.

« Harry abbiamo tante cose importanti da dirci » esordì Hermione, catturando l’attenzione del suo amico.

« Sì Hermione, anche io ho delle novità » rispose il mago.

« Non credo che questo sia il luogo più adatto alle nostre confidenze » constatò la ragazza, cingendosi il torace con le proprie braccia.

« Credo di avere la soluzione giusta » esclamò Ron, guardando oltre il Lago.

Senza fare domande, i ragazzi si misero in cammino e raggiunsero, aiutati col favore della notte, la Stamberga Strillante.

Sebbene fosse passato un po’ di tempo da quella notte del 2 maggio, non appena Harry fece il proprio ingresso sentì il fiato venirgli meno.

La stanza era stata lasciata esattamente come cinque mesi prima. In più, notò il giovane, nel punto in cui Nagini aveva ferito mortalmente Severus, era rimasta una grossa macchia di sangue ormai raggrumato.

Hermione non mancò di notare il cambiamento sul volto dell’amico, e lo trascinò nella stanza in cui avevano conosciuto Sirius Black per la prima volta.

« Amico, so bene che effetto ti faccia questo posto ma… » tentò di rincuorarlo Ron.

« Sta’ tranquillo, - rispose immediatamente il ragazzo, che respirava a fatica, - è per precauzione. Sappiamo che quanto stiamo per rivelarci deve essere udito da meno orecchie indiscrete possibili »

Hermione prese posto accanto al Grifondoro e Ron si sedette dinanzi a loro.

« Bene, - riprese Hermione, - questa mattina siamo stati convocati da Kingsley »

« Sul serio? » chiese Harry, sull’attenti.

« Sì, ci ha detto e chiesto delle cose molto importanti. Partiamo dall’inizio. Abbiamo avuto un’idea sul come smascherare la Umbridge e, finora, sta dando molti frutti » proseguì Ron.

« Ossia? » chiese ancora il ragazzo, incalzandoli.

« Abbiamo chiesto, tramite Kingsley, a Tiberius Ogden e Griselda Marchbanks di aiutarci. Data la loro esplicita opposizione nei confronti della Umbridge e, vista la loro carica che ricoprono al Ministero, potevano rappresentare un’ottima opportunità per scoprire qualcosa di più efficace. E’ per questo che siamo stati chiamati da Kingsley questa mattina: hanno trovato molte cose importanti » rispose la riccia.

Porse ad Harry il plico di missive.

« Cosa sono? » chiese il ragazzo, scrutandole attentamente.

« E’ la corrispondenza privata della Umbridge con Barnabas Grosvenor » rispose Ron, secco.

« Leggile, Harry… » lo esortò l’amica.

Il giovane mago lesse attentamente una ad una le lettere.

Dopo qualche interminabile minuto, Harry alzò gli occhi, fissando un punto della stanza indefinito.

« A cosa pensi? » chiese Hermione, con fare quasi apprensivo.

Harry si passò la lingua tra le labbra e, lentamente, con aria assorta, si girò verso gli altri due.

« Credo che, adesso, abbiamo le prove che ci servono per far decadere ogni accusa. Non solo possiamo dimostrare che Grosvenor non sia un medico ma abbiamo anche notizie su Alberic Greenville » rispose il ragazzo, quasi impassibile.

Ron ed Hermione si guardarono con aria interrogativa.

« Cosa intendi dire? » chiese, infatti, il rosso.

« Ho trovato Codaliscia, - esordì il ragazzo, lasciando di stucco gli altri due, - vive con me. L’ho trovato in un bar malfamato di Knockturn Alley e l’ho fatto confessare. Mi ha detto che Alberic Greenville è un ex-Mangiamorte. Non per come, però, ha presentato i fatti. Il padre, Laurence Greenville, erano una delle famiglie più ricche di Londra… »

« Oh Godric, è assolutamente vero!, - urlò Hermione, interrompendo il racconto dell’amico, - Greenville! Lo abbiamo studiato in Storia della Magia, al quinto anno! Erano una delle famiglie più facoltose della Londra Magica, caduta poi in disgrazia. Ma Laurence Greenville era riuscito a farsi aiutare dalle banche, puntando sul buon nome della propria famiglia, guadagnando così un po’ di quanto aveva perso. Successivamente sono scomparsi nel nulla e nessuno ha avuto più notizie di loro »

« E’ parzialmente vero, - riprese Harry, che aveva ascoltato con attenzione, - ti ringrazio per avermi fatto capire perché quel cognome non mi suonasse così nuovo. Tuttavia, le cose non sono andate esattamente così: Codaliscia mi ha confessato che Laurence Greenville riuscì a tornare al potere solo grazie all’intervento di Voldemort, di cui era divenuto un Mangiamorte. Solo in questo modo avrebbe potuto sottomettere le banche che lo avevano raso al suolo. Ma quando Voldemort tentò di uccidermi, loro scapparono in Albania, dove hanno vissuto fino ad ora, per paura di essere presi ».

« Miseriaccia.. » esclamò Ron, vinto dal colpo di scena.

« Già, credo che neanche Binns fosse al corrente di questa precisazione » rispose Harry, provocando una risata all’amico.

Hermione, intanto, era assorta nei suoi pensieri.

« Questo può voler dire solo una cosa » esordì, fendendo il silenzio che si era creato.

« Spiegati » incalzò Harry Potter.

« Sappiamo tutti che la Umbridge fosse una simpatizzante di Voldemort, questo mi fa pensare che abbia minacciato Greenville a deporre il falso » rispose la ragazza.

« E perché Greenville avrebbe dovuto accettare? Insomma, non è in pericolo di vita, non più ormai.. » controbatté Ron, quasi come se stesse ragionando a voce alta.

« E’ esattamente questo il punto: se Greenville si fosse rifiutato di testimoniare, non solo sarebbe stato condotto direttamente ad Azkaban con l’accusa di essere un Mangiamorte ma, nel caso in cui questo non sarebbe successo, gli altri seguaci di Voldemort ancora in libertà lo avrebbero pedinato con l’intento di ucciderlo, per vendicare la codardia mostrata dal padre quando Voldemort aveva perso i propri poteri. La Umbridge lo tiene in pugno » rispose la ragazza tutto d’un fiato.

« Maledizione! » esclamò il rosso.

« Dobbiamo studiare una strategia » sancì Harry.

« Non da soli, non questa volta » lo rimbeccò Hermione.

« A tal proposito, Harry, c’è qualcos’altro che devi sapere » riprese Ron.

« Di che si tratta? » chiese il mago.

« Ecco, credo sia superfluo specificare che tutta Londra e tutto il Mondo Magico ti stia cercando. Ormai a chiunque, anche ai babbani, il tuo volto è noto. E’ per questo che Kingsley ha chiesto di dargli tue notizie. Credo voglia incontrarti » rispose l’amico.

« Molto bene… Di Kinglsey possiamo fidarci, di questo ne sono assolutamente certo » constatò Harry, escludendo il fatto che Kingsley volesse riportarlo alla Clinica.

« Sarà lui ad aiutarci ad elaborare una strategia per muoverci meglio » disse Hermione, con risolutezza.

« Piccolo problema però… E Codaliscia? » chiese Ron, sollevando la questione.

« E’ molto semplice, - rispose Harry, - Hermione, abbiamo bisogno di altra Polisucco e di altre ciocche di capelli ».

 

***

Spazio autrice

Come promesso, ecco un ulteriore aggiornamento, reso nel minor tempo possibile. Ritornano ulteriormente personaggi vecchi, come Minus che, nella storia originale, sarebbe già dovuto morire strangolato dalla sua mano d'argento. Tuttavia, era un personaggio non solo indispensabile per la trama, ma a cui ho voluto assegnare un destino diverso. Se migliore o peggiore, sarà da valutare. Per il momento vi lascio... Manca sempre di meno alla conclusione!

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Capitolo 34
*** Capitolo XXXIV ***


CAPITOLO XXXIV

Quella mattina del 28 settembre, Dolores Jean Umbridge si stava recando di buon ora al Ministero.

Il cielo azzurro di settembre sembrava contrastare con l’abbigliamento della donna: esattamente come quando aveva frequentato Hogwarts, era solita indossare Tailleur, dalle forme improbabili, rigorosamente rosa confetto. Più che mettere in risalto la sua personalità, i suoi abiti mettevano in evidenza i difetti fisici della donna. La scarsa altezza e le forme delle gambe e delle braccia tozze e grassocce.

Tuttavia, l’umore della Presidentessa del Wizengamot non sembrava essere dei migliori.

La fuga di Potter dalla Tower Hill Clinic aveva messo in allerta i suoi sensi.

Sapeva bene che si trattasse solo di una questione di tempo… Prima o poi avrebbe avuto notizie del ragazzo.

Sebbene fosse rapita da questi pensieri, la Umbridge non aveva rinunciato a godersi i piccoli piaceri che si concedeva al mattino: una colazione abbondante mentre leggeva le ultime notizie riportate dalla Gazzetta del Profeta.

Quando, finalmente, giunse nel proprio Ufficio, l’orologio segnava le nove precise.

Di lì a poco, avrebbe avuto un appuntamento con Barnabas Grosvenor.

Aveva intenzione di definire il da farsi per non permettere che qualcosa andasse storto in extremis.

Prese posto dietro la scrivania e cominciò a mettere in ordine il materiale che le sarebbe servito per l’incontro con il Dottore.

Aprì il cassetto che, in genere teneva chiuso a chiave, ed estrasse le lettere che riceveva dallo stesso Grosvenor.

Tutto sembrava essere nella norma, tanto che nemmeno le lettere falsificate destarono il suo sospetto.

Mentre era intenta a riordinare il tutto, sentì bussare alla porta.

« Avanti! » trillò, con il solito tono di voce stridente.

La porta si aprì e si presentò ai suoi occhi proprio Barnabas Grosvenor.

Indossava un abito costoso gessato blu, con un cilindro dello stesso colore.

« Dolores » esordì lui, facendo un largo inchino.

La Umbridge si allontanò dalla scrivania per accogliere l’ospite.

« Barnabas, che piacere rivederti. Prego, accomodati pure » rispose la donna, indicandogli la sedia dove prendere posto.

L’uomo, con un sorriso inquietante stampato sul volto, colse l’invito della Presidentessa e si mise a sedere di fronte a lei.

« Desideri qualcosa? Del tè? Del caffè? » chiese la Umbridge, con fare premuroso.

« Ti ringrazio, - rispose l’uomo, - ma credo che abbiamo cose più importanti di cui discutere »

Dal tono della voce, anche lui sembrava essere tutt’altro che tranquillo.

« A tal proposito, devi parlarmi di Potter » controbatté l’altra, tagliando corto.

« Già, è successo tutto all’improvviso » cominciò a raccontare il Medico.

« Perdonami, - lo rimbeccò la Umbridge, - ma non penso che la cosa sia capitata all’improvviso. Credo che tu debba rivedere il personale di cui ti sei circondato. Come hanno fatto ad accorgersi che Potter non c’era più solo a distanza di ore? Non si sono chiesti dove diamine fosse finita la guardia che sorvegliava la sua cella? Nessuno ha avuto la necessità di entrare nella sua stanza per assicurarsi che nulla fosse fuori posto? »

La donna aveva radicalmente cambiato il proprio umore.

Dal suo modo di porsi premuroso e servizievole, era passata ad un’acidità ed un ribrezzo tale, da lasciare sconcertato anche l’uomo che le si trovava di fronte.

« Hai tutte le ragioni per essere delusa, Dolores, non era quello che avevamo pianificato.. » tentò di rispondere Grosvenor.

« Non era quello che avevamo pianificato! No che non lo era!, - controbatté la Umbridge quasi urlando, - ci siamo fatti scappare l’unico elemento che potesse esserci di intralcio e tu ne parli quasi come se questo fosse un piccolo errore di percorso! Stiamo rischiando di mandare all’aria mesi e mesi di studio, di compromessi e di complotti! »

Barnabas Grosvenor aveva, se possibile, gli occhi ancor più sgranati del solito.

Era immobile, sapeva di aver commesso un errore gravissimo.

La donna, presa dalla foga del momento, aveva il volto paonazzo e respirava affannosamente.

Impiegò, tuttavia, solo qualche attimo per ricomporsi.

« Dobbiamo occuparci del ragazzo, ne sei consapevole, vero? » chiese la Umbridge, fissando l’altro negli occhi.

« Sì.. E’ per questo che sono qui » rispose l’altro, quasi atono.

« Perfetto…, - riprese la donna, risedendosi alla scrivania, - ho qui tutto quello che ci siamo scambiati in questi lunghi periodi. Dalle lettere alle altre prove incriminanti, sono dell’idea che dobbiamo disfarci di tutto. Velocemente e nella maniera più accurata e sicura possibile »

Grosvenor prese tra le mani alcuni documenti che la Umbridge aveva sparso sulla scrivania.

La sua attenzione, però fu catturata da una delle lettere che spuntavano dal plico.

« Dolores, ma questa… n-non mi sembra la carta che hai usato per scrivermi. Noi soltanto e qualche mago davvero astuto avrebbe potuto leggere i nostri messaggi. Il contenuto delle lettere era contraffatto, solo attraverso un Finite Incantatem si sarebbe mostrato » constatò l’uomo, rabbrividendo.

La Umbridge non aveva fatto caso a quel piccolo particolare: sebbene conoscesse a  memoria i testi delle missive, non aveva considerato che, in realtà, la pergamena avrebbe dovuto mostrare un testo del tutto diverso.

« Lasciami controllare » rispose la donna, fingendo una sicurezza che non aveva.

Non appena ebbe appurato che le missive erano contraffatte, prese a fissare il Dottore seduto davanti a sé.

« Non abbiamo scelta. Dobbiamo agire » concluse lei, tagliente.

***

Il giorno seguente, di buon mattino, Harry si trovava al Dun Ringill in compagnia di Codaliscia.

Aveva rifornito le sue scorte di Polisucco ed Hermione gli aveva procurato una ciocca dei suoi capelli.

Mentre era intento a riordinare i suoi effetti e a riporre gli indumenti di Severus che aveva usato, sentì picchiettare alla finestra.

Esattamente come si aspettava, trovò nuovamente il Gufo di Severus che, nel frattempo, era planato sul davanzale.

Immediatamente, Harry corse verso l’animale e slegò il piccolo bigliettino che aveva tra le zampe.

« Aspetta qui, Haze » sussurrò il ragazzo al gufo allontanandosi.

Comparì dopo poco con un bocconcino da offrirgli in segno di ringraziamento e, non appena l’uccello ebbe finito di mangiare, richiuse la finestra e corse nella camera di Severus per leggere la missiva.

« Il cielo si è rannuvolato questa mattina e così sarà anche per i prossimi giorni. Anche i giornali ci stanno avvertendo di fare attenzione. Se il Fulmine non colpisce, la Rana potrebbe avere la meglio. Attendiamo che il Fulmine faccia la sua comparsa nel camino della Torre, ora. »

Come in trance, Harry corse nel salotto dove c’era il camino utilizzato per la Metropolvere.

Non potendosi mostrare ad Hogwarts in pieno giorno, decise di comparire esattamente come faceva Sirius quando voleva comunicare con lui.

Si posizionò inginocchiato dinanzi al focolare, infilò la testa e attese.

Istantaneamente, il capo di Harry comparve nella Sala Comune dei Grifondoro.

« Harry…» sussurrò Hermione non appena vide il riflesso del ragazzo.

Anche Ron, che l’aveva udita, si avvicinò con la ragazza verso il camino.

« Ragazzi!, - sussurrò Harry, per non farsi sentire, - mi spiegate cosa sta succedendo? »

Come un automa, Hermione afferrò un giornale che si trovava sul tavolino lì vicino.

Con una certa urgenza lo aprì e mostrò la testata principale ad Harry.

Gazzetta del Profeta, 29 settembre 1998

FISSATA DATA PER IL PROCESSO DEFINITIVO DI SEVERUS PITON: 4 OTTOBRE 1998.

Nell’attesa del nuovo processo, l’ex Mangiamorte sarà deportato ad Azkaban.

 

Azkaban.

Il cuore di Harry aveva perso un battito.

A Marshalsea aveva visto Severus più morto che vivo. Cosa sarebbe successo ad Azkaban?

Harry sentiva le ginocchia cedere sotto il suo stesso peso.

Hermione intuì lo stato dell’amico.

« Non possiamo mollare adesso, dobbiamo vedere Kingsley. Oggi stesso » disse risoluta la ragazza.

«Dove vuoi stabilire l’incontro? » chiese Ron, rivolgendosi al Grifondoro.

Harry aveva lo sguardo fisso in un punto imprecisato della stanza.

« Alla Stamberga, tra dieci minuti precisi. Sarò lì ad aspettarvi. Contattate Kingsley, con urgenza »

Senza attendere oltre e non permettendo che i suoi amici replicassero, Harry scomparve.

Corse fuori al Dun Ringill, afferrando il solo Mantello dell’invisibilità e non curandosi di portare con sé la Pozione Polisucco.

Giunto lontano dal campo protettivo che aveva eretto sin dai primi giorni in cui si era stabilito lì, si smaterializzò nel cortile della Stamberga.

Raggiunse a perdifiato la stanza dove qualche giorno prima aveva incontrato i suoi amici e attese.

Qualche minuto dopo, udì dei rumori al piano terra e senza esitare, si sporse dalle scale.

« Harry, sei qui? » chiese Ron, in cerca dell’altro.

« Sono qui, salite, presto » rispose Harry, in fretta.

Ron ed Hermione salirono le scale e dietro di loro, Kingsley.

Con un gesto inaspettato ed istintivo, Harry corse incontro all’uomo: se si fosse trattato di un contesto diverso, sarebbe potuta sembrare una classica scena in cui due amici lontani si ritrovano dopo anni di lontananza.

Come se il tempo si fosse fermato, Kingsley tirò a sé il ragazzo, abbracciandolo come mai si era permesso di fare prima.

Harry sprofondò tra le pieghe della toga dell’altro e in un sussurro, gli disse: « Ho bisogno di te, ti prego ».

Kingsley si limitò ad annuire e, seguiti dagli altri due, raggiunsero la stanza dell’incontro.

« Prima di cominciare il nostro incontro, ci tengo a dirvi una cosa: Tiberius e Griselda sanno che sono qui con te, adesso, Harry. Ho, tuttavia, ritenuto più opportuno che non prendessero parte alla riunione per un motivo ben preciso: data l’imminenza del processo, sono stati convocati dalla Umbridge in persona per definire le modalità con cui esso verrà condotto. Per tali ragioni, loro ci saranno più utili al fianco della donna che tra noi. Non possiamo permetterci di compiere passi falsi » prese a dire Kingsley.

Harry lo fissò. Aveva perfettamente ragione.

« Cosa intendete fare? » chiese Ron, netto.

Kingsley fissò Harry.

« Dobbiamo fare in modo che le prove in nostro possesso non vadano perdute. Al momento opportuno, dovremo mostrarle e far decadere qualsiasi accusa da Severus, tirandolo definitivamente fuori da Azkaban » rispose l’uomo.

« C’è un dettaglio importante, - osservò Hermione, quasi come se stesse ragionando a  voce alta, - Harry. Tu non potrai partecipare al processo, sei ricercato e condannato per incapacità mentale. Non potrai difendere Piton »

Gli occhi di Harry si colorarono di un verde intenso, quasi come se parte della sua anima fosse in essi confluita.

« La soluzione è molto semplice, - disse il ragazzo, destandosi dallo stato di trance in cui era caduto, - non sarò io a difendere Severus. Sarai tu, Hermione »

« Harry, non so se sono in grado.. » rispose la ragazza, quasi biascicando.

Harry si avvicinò a lei.

« Affiderei a te la mia stessa vita, - concluse il Grifondoro, carezzando la spalla di lei, - se Kingsley è d’accordo, possiamo procedere, con la massima segretezza e discrezione possibile »

Shackelbolt annuì, secco.

« Molto bene, c’è solo un’altra cosa che ho bisogno che tu faccia per me » disse Harry, rivolgendosi al Ministro.

« Qualsiasi cosa » rispose l’uomo.

« Ho bisogno di incontrare Severus, prima che venga portato ad Azkaban. Privatamente. Saprò come presentarmi » disse il ragazzo.

« Perfetto, ti invierò un Gufo non appena avrò stabilito le modalità e i termini dell’incontro,- concluse l’altro, rassicurante, - è arrivato il momento di andare, non rivelate a nessuno la questione del cambiamento della difesa. Meno persone sono al corrente delle nostre informazioni, più saremo protetti. La Umbridge può avere spie ovunque »

Dopo qualche attimo, il Ministro, che aveva guadagnato l’uscita, era fuori dalla loro portata.

« Harry, se possiamo esserti utili anche in altri modi, devi solo dircelo » disse Ron, quasi imbarazzato.

« Lo so, amico, vi ringrazio, - rispose il Grifondoro, cercando di sorridere, - Hermione, cerca di farti vedere in giro il meno possibile. L’altra te dovrà necessariamente comparire in pubblico ».

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Capitolo 35
*** Capitolo XXXV ***


CAPITOLO XXXV:

Nel giorno 30 settembre, preciso come un orologio svizzero, Kingsley Shackelbolt aveva fornito tutte le informazioni necessarie ad Harry per definire i termini dell’incontro con Severus Piton.

Piton sarebbe stato, infatti, portato ad Azkaban la sera di quello stesso giorno.

Il tempo aveva preso a scorrere in maniera inesorabile, ed Harry sapeva di doversi muovere con la massima cautela possibile.

Aveva stabilito con Hermione e Kinglsey che nessuno avrebbe dovuto sapere della sostituzione della difesa del Professore, all’interno del Processo, fin quando non fosse giunto il momento più opportuno.

Il ragazzo temeva, non senza ragioni di fondo, che lasciando trapelare la notizia avrebbe potuto esporre non solo Hermione ma anche Severus a rischi ulteriori e che potevano sancire, questa volta definitivamente, la disfatta di tutto.

Non appena Haze ebbe raggiunto Harry al Dun Ringill, il giovane mago scrisse pochissime righe su di una pergamena che inviò ad Hogwarts, dove di lì a poco si sarebbe smaterializzato.

Era giunto il momento di partire: avrebbe lasciato il forte, seguito da Codaliscia. Sarebbe tornato lì ad una sola condizione: con Severus o non sarebbe tornato affatto.

Qualche attimo dopo, avendo preso con sé solo il necessario, il giovane mago e Peter Minus si stavano smaterializzando per raggiungere il Castello.

***

Come di consueto, Harry era stato costretto a Materializzarsi lontano dal perimetro della Scuola, perché le protezioni di cui era circondata non avrebbero permesso l’accesso a persone estranee di entrare.

Sulle sponde del Lago Nero, Ron ed Hermione erano lì che lo aspettavano.

« Harry » sussurrò Hermione, non appena ebbe udito il Pop della Materializzazione.

« Hermione » rispose lui, correndole incontro.

Ciò che si presentò agli occhi dei suoi due amici destò non poco stupore agli stessi.

Codaliscia in carne ed ossa che, servizievole e patetico come al solito, seguiva Harry come un cane addomesticato.

« Harry ma che ci fa… » intervenne Ron, non trovando parole adatte per continuare la frase.

« E’ uno dei nostri assi nella manica. Ragazzi, ho bisogno del vostro aiuto » rispose Harry, fissandoli intensamente.

Hermione continuava a guardare inorridita l’essere che era in compagnia del suo migliore amico.

« Spara » disse Ron, catturando finalmente l’attenzione della sua ragazza.

« Bene, ho bisogno che lavoriamo su due piani differenti. Hermione, ti affido Codaliscia. Necessito che tu lo conduca al Castello e che lo rinchiuda in una stanza che possa renderlo invisibile a tutti e in cui allo stesso tempo sia protetto. E’ indispensabile che sia vivo, almeno fino al processo » esordì il Grifondoro.

« Molto bene Harry, consideralo fatto. Sarà portato nella stanza delle Necessità, a cui precluderò l’accesso agli altri, almeno per il momento » rispose la Strega, risoluta.

« E Ron, ho bisogno che tu venga con me. Kinglsey mi ha dato la possibilità di incontrare Severus oggi, al Ministero. Sarà presente anche la Umbridge. Noi saremo semplicemente gli studenti che gli faranno visita prima che lui parta. Assumerò le sembianze di Hermione. Per tale motivo, Hermione, dovrai farti vedere quanto meno possibile in pubblico, oggi, e tu, Ron, dovrai accompagnarmi per rendere il tutto più credibile » concluse Harry, continuando a guardarli.

« Credo che sia un’ottima idea, - rispose Ron, dopo averci riflettuto per un attimo, - Hermione, ti prego, sta’ attenta »

« Tranquillo, Ron. Codaliscia è sotto l’effetto costante di un mio Imperius, non torcerà un solo capello ad Hermione. Ne va della sua stessa vita, altrimenti » controbatté Harry, guardando Codaliscia in modo truce.

Esattamente come la prima volta, Peter Minus non seppe fare altro che indietreggiare e bisbigliare parole servizievoli e mielose.

« Molto bene, se non c’è altro, credo sia arrivato il momento di partire » disse Harry, toccando affettuosamente il braccio di Hermione.

« State attenti ragazzi » rispose la ragazza, apprensiva.

« Lo saremo, fa’ altrettanto » disse Ron, abbracciandola.

Con un cenno del capo, i due ragazzi si allontanarono per Smaterializzarsi insieme.

***

L’atrium del Ministero della Magia era stranamente tranquillo. Tuttavia, l’aria era impregnata di un senso di elettricità che non permetteva ad Harry di restare tranquillo.

Aveva ormai assunto le sembianze di Hermione e, insieme a Ron, era diretto verso l’ufficio di Kingsley.

Il Ministro, difatti, li stava attendendo sull’uscio della sua stanza.

« Ministro » esordì Ron, avvicinandosi.

« Ragazzi, bentornati. Il Professor Piton è stato portato in uno degli uffici al Piano Interrato, se siete pronti possiamo andare » rispose il Ministro, fissando la ragazza, che aveva di fronte, dritta negli occhi.

« Come si svolgerà l’incontro? » chiese la “strega”, quasi in un sussurro.

« Di questo non dovete assolutamente preoccuparvi. Ho garantito io per voi, l’incontro si svolgerà con tutta la privacy di cui avrete bisogno. E’ ovvio che la stanza sarà sigillata da incantesimi di protezione e non vi sarà consentito introdurre artefatti magici di alcun genere. Dovrete consegnare anche le vostre bacchette. Per il resto, nessuno interferirà o vi interromperà quando sarete lì » concluse Kingsley, con tono asciutto.

I ragazzi annuirono e, scortati dal Ministro, giunsero finalmente al Piano Interrato.

Le guardie presenti li lasciarono passare senza troppi problemi.

Avere Kingsley al loro fianco, - pensò Harry – li aveva aiutati ad evitare quante più complicazioni possibili.

Ciò che non si aspettavano era che ad attenderli vi fosse Dolores Umbridge, accompagnata da Barnabas Grosvenor.

« Che piacere rivederla Ministro » esordì la donna, col tono smielato di sempre.

« Ministro » replicò il medico, accennando un inchino.

Kingsley li fissò intensamente. Chinò leggermente il capo e aprì la porta che dava accesso alla Stanza di Severus.

Senza pronunciare una singola parola, diede un cenno ai due ragazzi di entrare.

Mentre i due erano sul punto di varcare la soglia, la sgradevole voce della Umbridge li bloccò.

« Mi scusi Ministro, - esordì con un tono che oscillava tra l’argentino e lo stizzito, - non sarebbe auspicabile che i ragazzi venissero accompagnati da una delle nostre guardie? Insomma, stanno incontrando uno dei seguaci più fidati dell’Oscuro Signore, corrono troppi pericoli se lasciati da soli »

Non appena ebbe udito quelle parole, Harry strinse con forza il proprio pugno, trattenendosi dallo scagliare una Maledizione senza perdono verso quella donna. A Kingsley, infatti, non sfuggì lo sforzo sovraumano del ragazzo e, poggiandogli una mano sulla spalla, si rivolse alla Umbridge.

« Il tuo interesse verso questi ragazzi è incantevole, Dolores, - disse gelido il Ministro, - non paragonabile neppure alla dedizione espressa negli anni in cui hai insegnato per loro. Tuttavia ritengo che saranno più che al sicuro all’interno della stanza. Ora, se non ti dispiace, abbiamo molto di cui occuparci ».

Non attendendo oltre, fece avanzare i ragazzi e richiuse la porta dietro di loro.

« Amico… » sussurrò Ron, sfiorando un braccio all’altro.

« Sto bene, Ron, sta’ tranquillo » rispose Harry, flebilmente.

Due guardie si avvicinarono e requisirono le loro bacchette.

Harry si aspettava una possibilità del genere. Era per questo che aveva imparato a Trasfigurare la propria bacchetta in una diversa. Aveva ovviamente scelto di modificarla facendola somigliare il più possibile a quella di Hermione, per non destare alcun sospetto.

Dopo aver effettuato il controllo, le guardie li lasciarono proseguire.

Varcarono una seconda porta, di ferro probabilmente, e seduto ad un tavolo posto al centro della stanza, trovarono Severus.

Esattamente come qualche tempo prima, il temuto Professore di Pozioni sembrava essere l’ombra di sé.

I capelli tanto lunghi da coprirgli ormai le spalle, i vestiti che sembravano soffocare il suo corpo così esile e fragile, la pelle ormai tornata ad essere bianca, e gli occhi cerchiati di nero.

Senza attendere oltre, Harry si avvicinò a lui e inginocchiatosi, con un gesto dettato da un istinto protettivo, lo abbracciò con una dolcezza disarmante.

Severus si lasciò trasportare da quella stretta. Sapeva bene che ad abbracciarlo non fosse la signorina Granger. Avrebbe riconosciuto quegli occhi verdi, ben lontani da quelli color nocciola della strega, tra altri mille occhi verdi.

Vedere Severus in quello stato, svuotato della sua potenza e ridotto ad un essere inerme, faceva sentire ad Harry un dolore lancinante nel petto.

Non ne aveva le forze ma, se ne avesse avuto il tempo, avrebbe pianto.

« Sei qui… » sussurrò Severus, tra i capelli ricci in cui aveva affondato il volto.

« Ti avrei trovato e raggiunto ovunque. La mia è una promessa » rispose Harry, alzando finalmente lo sguardo, incatenandosi in quello stanco dell’altro.

Piton carezzò il volto femminile dell’altro.

« Quello che mi manca più di tutto è il non poterti vedere davvero » disse l’uomo, quasi come se avesse dato voce ad un pensiero recondito.

« Lo so, - rispose l’altro, prendendo, tra le proprie mani, una mano di Severus e baciandola, - ma è l’unico modo, al momento, con cui posso incontrarti »

E staccandosi lentamente e dolorosamente dal corpo dell’altro, si sedette di fronte al Professore.

« Ci sono delle novità di cui devi assolutamente essere informato » prese a dire serio il più giovane.

Severus si ricompose e, incrociando le dita dinnanzi al suo volto, si mise in ascolto.

« Credo tu sappia che, in via del tutto eccezionale, la Umbridge ha richiesto la fissazione della data definitiva del tuo processo. E’ il 4 ottobre » esordì il ragazzo.

Severus annuì, piano.

« Ebbene, dal momento che sono ricercato, non sarò io a difenderti in sede di Processo, - continuò il ragazzo, - sarà un’altra persona a farlo al mio posto »

Il Professore non mosse un muscolo.

« Hermione prenderà il mio posto. Solo così avremo la possibilità di trascinarti via di qui » concluse l’altro, fissandolo intensamente.

Il silenzio fendeva la stanza, come una migliaio di lame affilate.

Severus non accennava a muoversi, sembrava pietrificato.

« Credo che siate andati troppo oltre » disse d’un tratto l’uomo.

« Che stai dicendo… » disse Harry, sorpreso.

Severus alzò lo sguardo verso i due ragazzi.

« E’ diventato un affare fin troppo pericoloso. Voglio che ti dimentichi di questa storia, Potter » disse gelido il mago più grande.

Ron aveva lo sguardo terrorizzato. Non si aspettava di udire quelle cose.

Harry, invece, era impassibile più che mai.

« Non le ho chiesto il permesso, Professor Piton, - rispose dopo qualche attimo il Grifondoro, - le sto solo dando delle informazioni che le serviranno in futuro. Abbiamo agito nell’ombra per assicurare la sua vittoria e lei crede che il processo sia pericoloso? »

Piton non mancò di notare quel passaggio dal “Tu” al “Lei” che lo colpì come un pugno in pieno volto.

« Ora, se ha finito di piangersi addosso come una matricola del Primo Anno, e se intende indossare di nuovo la dignità e la superbia che l’hanno sempre contraddistinta, ne saremo ben lieti. Credevo di star parlando con un Serpeverde, non con un essere senza spina dorsale » disse risoluto il giovane.

Con molto coraggio, Ron conquistò il centro della stanza.

« Ciò che le dice Harry rispecchia totalmente la realtà, Professore. Mi dispiace che lei non se ne renda conto » disse l’amico rosso.

Severus li fissò intensamente.

« Teste di legno Grifondoro… » rispose, lasciando cadere la frase a metà.

Harry sorrise. Sapeva che quelli erano i passi iniziali verso una lenta guarigione.

Sapeva quanto Severus fosse in costante pensiero per lui. Sapeva che il Professore non era convinto di meritarsi tutto quello. Sapeva che tante, moltissime altre volte, avrebbe dovuto affrontare discussioni di quel tipo. Ma Harry non avrebbe mai mollato la presa. Mai.

« Resisti, ti prego » disse Harry, mettendo un freno a quel flusso di pensieri.

« Sono nato per questo » rispose l’altro, sorridendogli beffardo.

« Sai bene che non mi riferisco a questo » controbatté il giovane, indicando la stanza in cui si trovavano.

Inaspettatamente, Severus si alzò.

« Intendi Azkaban, lo avevo capito, - disse l’uomo avvicinandosi al ragazzo, - io non ho paura. Fin quando avrò la certezza che ad aspettarmi, al di fuori di quelle mura, ci sarai tu, non mi interessa del resto. Sarà solo l’ennesimo tentativo di renderci più deboli. Non ci ha fermati la morte, Harry. Perché dovrebbe poterlo fare una Prigione? »

Istintivamente, Harry, con l’aspetto di Hermione e noncurante del fatto che Ron fosse con loro, baciò Severus.

« Ti amo » gli disse il più giovane, sussurrandogli sulle labbra.

« Anche io. Mi fido di te » rispose l’altro, guardando gli occhi smeraldini che non lo avevano abbandonato un attimo.

« Io credo sia meglio andare, adesso » disse Ron, interrompendoli, con non poco imbarazzo.

Come destati da un lungo sonno, Harry e Severus si staccarono l’uno dall’altro.

« Weasley ha ragione, - disse il Professore, dandosi un contegno, - andate. Non tardate ancora ».

Harry avrebbe voluto fermare il tempo per godere ancora di quel contatto che, tanto, gli mancava.

Tuttavia sapeva bene che non avrebbe potuto trattenersi ulteriormente.

« La nostra felicità è più forte dei Dissennatori » disse serio il giovane, mentre si avvicinava alla porta.

« Lo sanno anche loro. E’ per quello che ci temono » rispose sprezzante l’uomo.

Harry si voltò per salutare l’uomo.

Un sorriso sereno fu l’ultima cosa che vide, prima di chiudersi la porta alle spalle.

***

Qualche ora successiva rispetto all’incontro che si era tenuto al Ministero, una grande quantità di guardie e Auror irruppero nel corridoio in cui era stato posto Severus Piton.

Nessuno, ad eccezione del Ministro e delle sue guardie del corpo personali, aveva l’accesso in quel preciso punto del Ministero.

Dopo qualche attimo, Severus Piton veniva scortato ad Azkaban.

L’orologio continuava a girare.

Il 4 ottobre era vicino.


***

Angolo autrice

Bentrovati a tutti! Siamo quasi agli sgoccoli della storia... Vi ringrazio per il vostro silenzioso supporto e ringrazio anche coloro i quali lasciano, in maniera puntuale, qualche commento. L'epilogo è vicino! A presto!

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Capitolo 36
*** Capitolo XXXVI - The Final Trial pt1 ***


CAPITOLO XXXVI:

I giorni seguenti trascorsero velocemente. Il ticchettio dell’orologio scandiva lo scorrere inesorabile di quel poco tempo che era rimasto a disposizione di tutti.

Harry, Ron, Hermione e Kingsley avevano impiegato tutte le loro forze per reperire quante più prove possibili. Era davvero la loro ultima possibilità.

Se per gli altri il tempo sembrava sfuggire tra le dita, lo stesso non si poteva dire per Severus Piton.

Da quando si era separato da Harry, per l’ennesima volta, ed aveva varcato l’ingresso della Prigione più terribile, che il mondo magico e quello babbano avessero mai potuto creare, aveva avvertito con ogni sua cellula quel senso di terrore e rabbia che quel luogo aveva la capacità di moltiplicare agli ennesimi livelli.

Il malessere generale che ormai stava per prendere possesso di lui stava per avere la meglio. Tuttavia, Severus sapeva bene che quanto si era detto con Harry, prima che si dividessero, era assolutamente vero: il loro stare insieme era più forte di qualsiasi minaccia esterna. Neppure i Dissennatori sarebbero riusciti a valicare le loro difese. Fu esattamente questa la salvezza del Professore. Aggrapparsi con tutte le forze mentali e fisiche ai suoi ricordi più felici ed intensi che, ormai, avevano preso il nome di Harry Potter.

Si rese conto che nulla al mondo lo aveva mai reso così felice.

***

4 OTTOBRE 1998

Ore 8.30, ufficio di Kinglsey Shackelbolt.

Ron, Hermione ed Harry erano dinanzi alla scrivania dell’uomo.

« E’ la prova del nove, ragazzi, - esordì Harry, fissando intensamente gli altri, - voglio che sappiate che non vi ringrazierò mai abbastanza per quello che avete fatto per me, per noi ».

Era visibilmente teso. Era evidente che la notte precedente non avesse chiuso occhio. Così come quella prima e ancora prima.

Ma la sola cosa che non si sarebbe mai spenta e che, anzi, riluceva più intensa che mai erano i suoi occhi, notò Hermione.

Avrebbe voluto abbracciarlo, consolarlo dicendogli che tutto sarebbe andato bene.

Ma non poteva, sarebbe stata la prima a non reggere quel tipo di esternazione.

Aveva bisogno di essere concentrata: il destino di Severus e, di conseguenza, di Harry era nelle sue mani.

Non avrebbe fallito.

Non lo avrebbe permesso.

« E’ ora che tu vada Harry » disse Shackelbolt, frenando il flusso di pensieri che ormai aveva affollato la mente di Hermione.

Harry si limitò ad annuire. Con una stretta di mano si congedò dal Ministro e con uno sguardo rivolto ai propri amici, lasciò l’ufficio, senza farsi scoprire.

***

Quando Hermione fece il proprio ingresso nell’aula dove si sarebbe svolto il processo, avvertì immediatamente la presenza dei Dissennatori che facevano da soffitto alla stanza.

Un brivido gelido la percorse tutta ma non si lasciò intimorire.

Nemmeno quando vide entrare Severus, trascinato in una sorta di gabbia verso uno dei lati dell’aula.

« L’ultima umiliazione che sarà costretto a patire » sibilò la ragazza, tra sé.

« Si insedia la Commissione del Wizengamot » pronunciò la voce metallica, che anche durante il primo processo aveva fatto degli annunci.

In meno di un minuto, duecento toghe rosse avevano fatto il proprio ingresso. La stanza si era riempita.

Hermione scorse due volti che le infusero fiducia. Griselda Marchbanks e Tiberius Ogden erano presenti all’appello.

« Presiede il processo, il Ministro Kingsley Shackelbolt »

Anche Kingsley, con la sua eleganza, aveva preso posto. Uno sguardo d'intesa passò da lui ad Hermione.

« Abbia inizio il Processo Finale del caso Piton » disse la voce, concludendo la propria presentazione.

Attimi di silenzio.

« Il Mondo Magico è in fermento, - pronunciò improvvisamente Shackelbolt, - l’attenzione dei suoi cittadini è rivolta a questo preciso momento. Il destino di un uomo, non un uomo qualunque, è nelle nostre, nelle vostre mani. Tocca a noi valutare cosa sia o non sia giusto. Non è da sottovalutare il ribadire quanto sia necessario scegliere il giusto. A volte questa scelta può non essere evidente.. Ma il più delle volte siamo noi ad anteporre i nostri interessi personali a ciò che realmente potrebbe fare la differenza. E’ per questo che, per l’ultima volta, in questo caso, faccio appello alla coscienza di ciascuno di voi. Possiate valutare con criterio. Possiate mettere la vostra coscienza, la vostra anima, il vostro credo più profondo nella scelta che oggi più che mai siete chiamati a compiere ».

Nessuno osò infrangere quell’atmosfera che nel frattempo si era creata.

Alcuni membri togati avevano spalancato gli occhi. Quasi come se vedessero per la prima volta dopo molto tempo.

Hermione si voltò istintivamente verso Severus.

Aveva il capo chino ma sapeva perfettamente che il Potions Master non aveva perso una sola parola di quanto detto.

Nel frattempo, anche Kingsley aveva ripreso il suo posto, in attesa che le cose facessero il proprio corso.

« Emh, emh » 

Furono i primi suoni udibili.

Tutti sapevano chi stava per prendere la parola.

« In quanto membro e presidente eletto del Wizengamot, io, Dolores Umbridge, sento di dovermi impegnare dinanzi a voi presenti affinché questo processo possa svolgersi nella maniera più limpida possibile. Pertanto, richiamo all’ordine i testimoni che, la scorsa volta, avevano dato prova di avere coraggio nell’esporsi. Vengano avanti il Signor Alberic Greenville e il Dottor Barnabas Grosvenor ».

Quasi all’unisono, si udirono un rumore di passi, provenienti dalla porta vicina agli spalti dei Ministri.

Un uomo basso, corpulento e dall’aria impacciata, seguito da un altro alto, con gli occhi decisamente grandi, fecero il loro ingresso nell’aula, andandosi a posizionare nelle postazioni che gli erano state assegnate.

« Bentornat - » stava per pronunciare la Umbridge.

« Da questo punto in poi, desidererei approfondire alcuni argomenti che sono rimasti in sospeso la scorsa volta » affermò Kingsley, zittendo la donna con un solo gesto della mano.

La reazione della Umbridge fu più eloquente di quanto, in realtà, avrebbe voluto mostrare.

Con uno sguardo carico d’odio, celato da un sorriso beffardo, riprese posto tra i suoi colleghi.

« Molto bene, sono felice di constatare che siete presenti anche oggi » continuò il Ministro, rivolgendo il proprio sguardo verso i due uomini.

« E’ un nostro dovere, Ministro, presenziare affinché vinca la verità » rispose Grosvenor, accennando un inchino col capo.

« A tale scopo, credo di parlare nell’interesse della Commissione, chiedendovi di esporci nuovamente la vostra posizione, adducendo tutte le informazioni e tutti i particolari di cui ci avete fatto dono la scorsa volta. Pertanto, cedo la mia parola prima a lei, Dottor Grosvenor » concluse Kingsley, piantando i suoi occhi in quelli dell’altro.

Con una disinvoltura disarmante, Barnabas Grosvenor guadagnò il centro della sala.

« Ministro e membri stimatissimi del Wizengamot. Come ho avuto modo di mostrarvi la prima volta, - disse lentamente e platealmente Grosvenor, - ho qui con me i veri ricordi di Severus Piton. Quelli non manomessi e che non sono stati consegnati, la notte del 2 maggio 1998 ad Harry Potter. Sono qui, inoltre, per ribadire lo stato di infermità dell’Eroe del Mondo Magico, vittima di un Imperius scagliatogli dal Professore in persona. Soprattutto da quest’ultimo punto di vista, intendo sottolineare che, sicuramente, la fuga del Signor Potter, di cui siete tutti a conoscenza, può essere stata architettata solo con un aiuto e un intervento esterno. Il Signor Potter non avrebbe potuto, nello stato in cui versava, aggirare la sorveglianza che era posta a guardia della sua camera e dell’intero stabile »

« In base a quanto è da lei riportato, ci potrebbe, cortesemente, mostrare quale sia l’autorità di cui si avvale per affermare tutto questo? » chiese Hermione, tagliente, rompendo quel flusso di parole che aveva già cominciato ad incantare la platea.

Grosvenor si girò di scatto.

« Non ho intenzione di replicare ad una tale affermazione. Lei, signorina, con quale autorità osa parlarmi? » chiese il Medico, sulla difensiva.

« A questa domanda possiamo rispondere noi, - affermò risoluta Griselda Marchbanks, - la Signorina Granger è qui per sostituire il Signor Potter, dal momento che quest’ultimo è stato sollevato, temporaneamente, dai pubblici uffici. Hermione Granger è il nuovo avvocato di Severus Piton »

Un mormorio esplose tra i presenti nella sala.

Severus alzò lo sguardo verso Hermione.

Compiaciuto per come la ragazza aveva preso, in poco tempo, le redini della situazione.

Dolores Umbridge era scattata sull’attenti: nei tempi in cui era stata ad Hogwarts, aveva avuto modo di confrontarsi con la ragazza. Fu grazie all’astuzia della Grifondoro che la sua autorità venne minata, essendo stata portata nella Foresta Oscura e rapita dai Centauri.

Non avrebbe sbagliato, sottovalutandola.

« La ringrazio, Ministro, - rispose Hermione, accennando un inchino in direzione della Marchbanks, - ora, se i dubbi della Corte sono stati chiariti, ritengo necessario che il Dottor Grosvenor ci mostri i suoi titoli di studio e la laurea in Medimagia »

Come se un Petrificus Totalus avesse attraversato la stanza, Barnabas Grosvenor rimase perfettamente immobile.

« Io non possiedo in questo istante i documenti che mi ha richiesto » disse l’uomo, con lo specifico intento di tergiversare.

« A questo credo di poter rispondere io » disse una voce proveniente dalla porta laterale.

I presenti direzionarono simultaneamente lo sguardo verso l’uscio.

Nate Jones aveva appena fatto il proprio ingresso.

Il volto della Umbridge aveva assunto un colorito tendente al grigio.

« Sono il Dottor Jones, - disse l’uomo presentandosi al resto dei membri del Wizengamot, - e spinto dalle parole del Ministro, non posso esimermi di schierarmi dalla parte di ciò che ritengo essere giusto. Sono il testimone a sorpresa della Signorina Granger. Ho il preciso intento di fornire alcune informazioni che determineranno, sicuramente, una svolta in questo processo ».

Severus era visibilmente scioccato. Aveva conosciuto il dottor Jones in un ambito ben diverso da quello in cui si trovavano adesso. E sempre, gli era sembrato un uomo dall’aria calma, pacata, attenta.

Colui che aveva davanti era determinato, sicuro e , - Severus avrebbe giurato, - anche mosso dall’orgoglio.

Con un gesto della mano, Nate Jones fece apparire un tomo enorme.

« Come la Corte potrà e vorrà sicuramente fare, questo è l’archivio contenente i nomi di tutti i Medimaghi che hanno conseguito la laurea in Medimagia ed esercitano in maniera lecita la loro professione. Potete consultarlo per tutto il tempo che vi serve. Non troverete mai e poi mai il nome di Barnabas Grosvenor » affermò risoluto Jones.

« Queste sono calunnie! Quel tomo deve essere contraffatto! » sbottò la Umbridge, alzandosi in piedi.

« Sarà la Corte a testare la veridicità dei fatti, - disse Hermione, bloccando la donna sul posto, - non c’è nulla, in ciò che ha esposto il dottor Jones, che non corrisponda alla verità dei fatti. Ora, se volete, consultate pure il tomo in questione »

L’archivio passò tra le mani dei togati.

Nessuno fu in grado di trovare il nome dell’interessato.

« E’ ovvio che non troviate il mio nome lì… , - disse d’un tratto l’uomo dai grandi occhi, - avete dimenticato un particolare. Ho origini Russe, non figuro tra i medici che lavorano o si sono laureati in Gran Bretagna »

Hermione sorrise. Se lo aspettava.

Ma lei era già preparata a questa evenienza.

« Dottor Grosvenor, devo ammettere che la sua tesi è quanto mai incontrastabile. Solo attraverso l’accertamento degli archivi russi potremmo pervenire alla verità. Tuttavia questo sarebbe un dispendio ingente di tempo ed è proprio questo a mancarci. Pertanto, se la Corte e il Ministro me lo permetteranno, ho intenzione di presentare un’ultima, infallibile prova che avvalorerà la mia tesi » concluse Hermione, rivolgendo per uno secondo lo sguardo verso Tiberius e Griselda.

« Siamo trepidanti di scoprire cosa intende mostrarci » rispose Kingsley, cedendole la parola.

Hermione si avvicinò alla piccola scrivania che le era stata fornita ed estrasse dalla sua borsa un plico di lettere.

Avvicinandosi alla Corte, consegnò i documenti tra le mani del Ministro.

« Queste sono le prove più schiaccianti di tutte. Saranno queste missive ad eliminare, finalmente, qualsiasi dubbio nutriate verso il Signor Grosvenor.  E molte altre saranno le cose svelate, se darete lettura alla corrispondenza. Grosvenor è stata una pedina mossa da un giocatore ben più esperto: Dolores Umbridge! » tagliò corto Hermione, puntando il dito contro la donna, che nel frattempo aveva prontamente riconosciuto le lettere e stava cercando di prendere l’uscita.

« Si fermi, Umbridge! » tuonò d’un tratto Kingsley.

Immediatamente, un gruppo di guardie avevano accerchiato la donna, bloccandole le braccia dietro la schiena. Lo stesso successe per Greenville e Grosvenor.

Il volto ormai cinereo e gli occhi strabuzzati conferivano alla donna un aspetto ancor più abominevole.

« Lasciatemi!, - urlò con quanto fiato aveva in corpo, - non avete il diritto di trattarmi in questo modo! Queste sono menzogne, calunnie! Presentate da una mocciosa che intende scagionare il Mangiamorte più infido tra tutti! »

Hermione guardava in silenzio la scena. Un sorriso stampato sul volto.

Sembrava essere ritornata indietro di qualche anno. Se alle guardie si fossero sostituite i centauri, avrebbe potuto affermare con tutta la sicurezza possibile di trovarsi, nuovamente, nella Foresta Proibita.

Le lettere erano ormai passate tra le mani di tutti.

« Dolores Umbridge, - esordì Kingsley, scandendo lentamente e con tono imperativo le parole, - queste lettere sono la prova che nulla di quanto riportato e sostenuto da Barnabas Grosvenor fosse vero. Pertanto, pretendo che si dia esecuzione a quanto segue: Barnabas Grosvenor sarà condannato ad Azkaban per 20 anni, per aver giurato il falso in un processo di importanza capitale e per aver pronunciato una infermità mentale ad Harry Potter che non ha nessun fondamento medico: lo dimostrano i fatti. Inoltre, il Signor Potter non avrebbe mai potuto essere soggiogato dalla Maledizione Imperius. Durante la lotta che ha visto coinvolti, pochi anni fa, Lord Voldemort e il grande Albus Silente, il Signor Potter è stato vittima di una “possessione” da parte del Signore Oscuro in persona. E’ da quel momento in poi che Harry Potter è divenuto refrattario alla Maledizione Imperius. Se solo il Ministro dell’epoca avesse dato ascolto ad un ragazzo che, allora, meritava di essere preso in considerazione, molti inconvenienti non si sarebbero verificati. E se il Signor Potter avesse avuto la possibilità di difendersi nell’udienza precedente, avremmo sicuramente inchiodato due soggetti che hanno cospirato fino ad ora, a scapito dell’intera comunità magica. Dichiaro, pertanto, la libertà assoluta per il Signor Potter, riabilitandolo a riprendere i pubblici uffici e facendo decadere qualsiasi forma di accusa nei suoi confronti, con effetto immediato. Con la stessa immediatezza, condanno Dolores Umbridge per aver contribuito a falsificare le prove, per aver condannato un innocente quale Harry Potter, e per aver macchinato tutto ciò  che è stato presentato nel corso di questo processo. Sconterà fino alla fine dei suoi giorni la permanenza presso la prigione di Azkaban, non appena questo processo sarà concluso »

« Avrei qualcosa da dire anch’io » una voce ben conosciuta si levò dal fondo dell’aula.

Con un completo nero, a grandi falcate e sotto gli occhi di tutti,

 Harry Potter guadagnò il centro della stanza.

 

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Capitolo 37
*** Capitolo XXXVII - The Final Trial pt2 ***


CAPITOLO XXXVII:

Dopo settimane in cui non si erano avute sue notzie, Harry Potter si era mostrato in pubblico.

« Sono venuto a testimoniare » disse il giovane, sostenendo lo sguardo dei presenti.

« Harry » riuscì a pronunciare Severus, quasi come in un soffio.

Hermione guardò il proprio amico con ammirazione.

« Signor Potter, bentornato, - disse Kingsley, sinceramente contento, - siamo pronti ad udire quanto ha da dirci ».

Senza attendere ulteriormente, Harry si avvicinò alla Corte.

« Come ben sapete, sin dal primo momento ho deciso di fare luce sulla questione in esame. Tuttavia, ho ritenuto, dopo una lunga ed attenta riflessione, che fosse necessario puntualizzare alcuni aspetti della storia che possono essere stati manipolati da altre persone » esordì Harry.

Estrasse dalla propria tasca la foto che era stata presentata nel primo processo, che ritraeva lui e Severus durante un loro bacio.

« Affermo che la situazione, riportata in questa foto, rispecchia assolutamente la realtà. Non sono mai stato vittima di un sortilegio, né di una Maledizione. Desidero che il Mondo sappia che sono innamorato di Severus Piton » affermò il ragazzo quasi gelido, non permettendo ad alcuno di controbattere o di interromperlo.

Severus, dal canto suo, non poteva fare altro che guardarlo.

I suoi occhi, spenti e vacui, si erano di colpo illuminati, come se fossero tornati a vivere.

Non era un più un nero senza fine, ma un nero ossidiana che riusciva a far parlare l’uomo, senza che questi aprisse bocca.

Harry lo amava. Lo stava dichiarando al Mondo intero.

I giornalisti presenti non si erano lasciati sfuggire una sola parola, pronunciata dall’Eroe del Mondo Magico.

« E’ per questo che mi avvalgo di tutti i mezzi che ho a disposizione per provare l’innocenza di quest’uomo che, nel suo passato, ha pagato molto più di quanto crediate. Desidero partire dall’inizio » disse il giovane, avvicinandosi a Grenville che, nel frattempo, aveva cercato di farsi notare il meno possibile.

« Signor Grenville, lei ha asserito di aver svolto per svariati anni la professione di farmacista, prima che potesse incontrare Voldemort, giusto? » chiese il giovane mago.

« Sì-ì, sono stato in Europa per molto tempo » rispose l’uomo, asciugandosi la fronte.

Patetico, pensò Hermione.

« Molto bene. Ed è lei ad aver affermato che, in realtà Piton avrebbe complottato con Voldemort per uccidere Silente, somministrandogli del veleno che avrebbe condotto l’ex Preside alla morte, sbaglio? » disse il Grifondoro, rincarando la dose.

« E’ esattamente così » rispose ancora l’uomo, scosso da alcuni tremiti.

« Oh, e l’unico che potrebbe testimoniare la sua presenza al Malfoy Manor durante l’incontro che sarebbe avvenuto tra Voldemort e Piton dovrebbe essere Peter Minus, altrimenti conosciuto come Codaliscia. Conferma? » controbatté ancora Potter.

« Se non avesse disperso le sue tracce, sì, sarebbe l’unico a poter confermare la mia deposizione » disse Greenville, in evidente stato catatonico.

Harry guardò con un sorriso compiaciuto tutti quegli occhi che, ormai, gli erano puntati addosso.

« E’ qui che si sbaglia, Signore… Col permesso della Corte, vorrei condurre un ultimo testimone all’appello. Peter Minus ».

La moltitudine delle persone radunate calò nel silenzio più totale.

Scortato da Ron Weasley, Peter Minus fu accompagnato al centro della sala, al fianco di Harry Potter.

Il tremore di Alberic Greenville era cessato. Non riusciva a muovere neanche un muscolo. Sapeva bene che ad ogni secondo si scandiva la fine del proprio destino.

« Signor Minus, - disse Harry, interrompendo il flusso di pensieri in cui era immerso Greenville, - ci può raccontare la sua versione dei fatti? »

Minus era visibilmente impaurito.

Era dinanzi alla Corte che, presto o tardi, lo avrebbe condannato alle stesse sorti dei Mangiamorte che erano già stati sottoposti a giudizio.

Non era più sotto l’effetto di alcun incantesimo.

Harry, infatti, sapeva bene che, pur di non affondare da solo, Peter Minus, con il coraggio che lo contraddistingueva, avrebbe fatto di tutto per trascinare con sé colui il quale aveva deliberatamente tradito la fedeltà del Signore Oscuro.

« Ciò che Alberic Greenville ha fornito come testimonianza è completamente inesistente e per nulla conforme al vero, - iniziò Minus, tenendo la testa bassa, - lui non ha mai lavorato per il Signore Oscuro su richiesta di questi. Suo padre e la sua famiglia sono degli ignobili traditori! »

Minus si era voltato con uno sguardo iniettato di sangue verso l’uomo che, ormai, era più morto che vivo.

« Si sono serviti del Signore Oscuro per non cadere in disgrazia, per ripagare i loro debiti! E quando Harry Potter ha allontanato il nostro Signore per un po’, loro hanno fatto lo stesso, dandosi alla macchia! Alberic Greenville è figlio di un Mangiamorte, Laurence Greenville, morto per mano del Signore Oscuro che, nel frattempo era tornato al potere. Non c’è stato nessun incontro con Piton. Perché Greenville non avrebbe potuto avere neanche un minimo contatto con il Signore Oscuro, o sarebbe stato ucciso per l’infedeltà mostrata dal padre » concluse Minus, che aveva lanciato occhiate di disprezzo anche in direzione di Severus.

« Credo che quanto riportato da questi testimoni sia più eloquente e più schiacciante di qualsiasi altra prova » affermò Harry Potter, guardando Kingsley.

« Vogliamo aggiungere qualcosa anche noi » disse una voce femminile, appena udibile nell’aula.

Come una schiera di guerrieri, entrarono con passi sicuri e decisi, alcuni tra i membri fondatori dell’Esercito di Silente.

Luna, Ginny, Neville raggiunsero Ron ed Hermione.

Harry non sapeva nulla di ciò che stava accadendo.

Ancora una volta sapeva di essere in balia degli eventi. Ma mai come in quel momento si era sentito tanto protetto e tanto orgoglioso di quel gruppo che, inconsapevolmente, aveva creato.

« Se i membri di questa commissione non sono ancora sicuri di voler scagionare il Professor Piton dalle sue accuse, siamo pronti a testimoniare in suo favore » disse Ginny, avanzando rispetto agli altri.

Harry non avrebbe potuto esserle più riconoscente.

In un altro tempo, in un'altra circostanza, sarebbero stati legati da qualcosa di più forte dell’amicizia.

Ma era finita la guerra e c’era Severus.

Harry non avrebbe potuto amare nessun altro, allo stesso modo con cui amava il Professore.

« Non siamo i soli a sostenere che il Professor Piton debba essere liberato, - disse Neville, con coraggio, - è tutta Hogwarts che esige un suo ritorno! »

Come se fosse la scena di un film, una folla di studenti in divisa stava cominciando ad invadere l’aula del Processo.

In meno di qualche minuto, più di cento ragazzi si erano schierati dinanzi alla cella che rinchiudeva il Professore di Pozioni.

« Non andranno via facilmente, se il Ministro non pronuncerà l’assoluzione dell’imputato » disse Hermione, rivolgendosi alla Corte.

Harry aveva le lacrime agli occhi. Non riusciva a vedere neanche più Severus, circondato ormai dalla scolaresca magica.

Le guardie, frattanto, stavano cercando di creare un varco per motivi di sicurezza, tentando di allontanare gli studenti che erano incontrollabilmente entrati.

La Umbridge era uscita di senno. Avrebbe voluto urlare e lanciare Cruciatus a destra e a manca.

« Fermi, tutti fermi! - pronunciò Kingsley, dando un ordine improvviso a quella fiumana di persone, - Sono convinto che, in molti casi, i gesti siano più eloquenti di qualsiasi sermone od orazione. L’affetto e la stima mostrata da questi ragazzi per il Signor Potter e la conseguente fiducia riversata su Severus Piton, rendono le cose più chiare di quanto siamo disposti ad ammettere. Pertanto, richiedo ai membri della Corte, qui presente, di votare per alzata di mano ».

« Voti a favore per la liberazione di Severus Piton da ogni accusa » disse la voce metallica.

Lentamente, alcune, poi molte, quasi tutte le mani dei togati si erano alzate verso l’alto.

Solo pochi erano rimasti immobili.

« E’ stata raggiunta la maggioranza dei 2/3 » disse ancora la voce dell’altoparlante.

Kinglsey si alzò in piedi e piantò i propri occhi in quelli dei ragazzi che avevano dato il via a quegli avvenimenti.

« Con il Potere conferitomi dal Ministero, dichiaro colpevole il qui presente Alberic Greenville per falsa testimonianza e per complicità con le forze del Signore Oscuro condannandolo ad Azkaban per 20 anni, ugualmente condanno Peter Minus alla pena di Azkaban sino alla fine dei suoi giorni. Con la maggioranza raggiunta in sede di votazione, dichiaro il qui presente Severus Piton libero da qualsiasi accusa con effetto immediato » concluse Kingsley, più autoritario che mai.

La cella in cui era stato rinchiuso Piton si aprì, all’istante.

Gli studenti, quasi come se fossero stati mossi da una forza superiore, aprirono un varco.

Harry si voltò verso il Professore che, seduto in ginocchio, aveva nascosto il proprio volto tra le mani.

Senza attendere oltre, Harry corse a perdifiato verso l’uomo e, con una delicatezza infinita, gli gettò le braccia al collo, crollando in un pianto di felicità incontrollato.

Severus gli prese il volto tra le mani e, fissandolo negli occhi, gli disse in un sussurro: « Mi hai trovato… anche dopo tutto questo tempo? »

« Lo farò, sempre » rispose il giovane mago, sostenendo lo sguardo dell’altro.

In un gesto istintivo, Severus azzerò le distanze tra loro, baciando l’Eroe.

Un battito di mani aveva cominciato a farsi sentire, al quale si erano aggiunte altre mani ed altre ancora.

La folla, che aveva assistito alla scena, era stata resa partecipe della Magia più potente che potesse esistere sulla terra: l’Amore.

 

***

Angolo autrice

Eccoci di nuovo! Come promesso, a non troppo tempo di distanza, un aggiornamento dei capitoli ormai quasi conclusivi della storia.

Il processo è terminato, tutto prende una piega più tranquilla (non me la sentivo di interrompere la narrazione pubblicando uno solo dei due capitoli per volta!). Intanto, ringrazio e mi scuso con le persone che hanno recensito in queste ultime due settimane e a cui non ho ancora risposto... Pubblicati questi capitoli, provvederò subito a dare una risposta! Ringrazio, ancora e sempre, tutti voi che nel silenzio o con qualche commento continuate a seguire questa piccola storia!

A prestissimo, per i capitoli conclusivi! Un abbraccio!

P.S. Piccola parentesi: nessuna tortura potrebbe essere troppo crudele per la Umbridge.

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Capitolo 38
*** Capitolo XXXVIII ***


CAPITOLO XXXVIII:

Tutto ciò che richiesero Harry e Severus fu di ritornare ad Hogwarts, nel minor tempo possibile e con tutta la segretezza necessaria.

Non volevano creare ulteriori scompigli, soprattutto all’interno delle mura scolastiche e, sopra ogni cosa, desideravano chiudersi alle spalle la porta delle stanze private del Professore per lasciare fuori tutto quello che era capitato in quei mesi.

Esaudendo la loro richiesta più che lecita, Kingsley permise ai due maghi, seguiti dalla cerchia di amici più stretta, di utilizzare la Metropolvere che li avrebbe fatti giungere ad Hogwarts, materializzandoli nell’ufficio della Preside.

In una manciata di secondi, i loro corpi furono avvolti da fiamme verdi, e si ritrovarono immediatamente dall’altra parte del Regno Unito.

« Per Merlino, cosa… » esordì la McGranitt che, certamente, non si aspettava un’invasione di quel genere.

« Professoressa… » disse Harry, avanzando verso la donna.

« Potter... – sussurrò la strega, spostando lentamente i suoi occhi dall’uno all’altro, - Severus… Che – che sta succedendo? »

Hermione e Ron sorrisero. Non avevano mai visto la McGranitt così confusa e così stupita.

« E’ tutto finito, Professoressa, siamo liberi. Severus è libero » disse Harry, prendendo la mano dell’altro nella propria.

La donna spalancò gli occhi.

In quei pochi attimi, non aveva pensato affatto ad un’eventualità del genere.

Aveva pensato che fossero scappati, che avessero trovato un modo qualsiasi di far evadere Severus da Azkaban, che fossero latitanti e stessero cercando asilo politico presso la scuola, e tante altre cose che, a pensarci davvero, non potevano avere molto senso.

« Severus » sussurrò la strega, avvicinandosi all’altro.

Come se fosse stata la cosa più naturale al mondo, Minerva McGranitt abbracciò Severus Piton.

Mai, in tutti quegli anni di carriera condivisi, si erano lasciati andare a manifestazioni d’affetto di quel tipo.

C’era sicuramente della forte stima tra loro, ma nessuno dei due aveva mai avuto intenzione di mostrare all’altro quel sentimento che affondava le sue radici più profonde nel rispetto reciproco.

D’altro canto, Severus non si ritrasse. Sciogliendo la stretta di mano con Harry, avvolse tra le sue braccia la donna, con profondo affetto.

Naturalmente i presenti, Harry compreso, erano esterrefatti. Non si sarebbero mai aspettati una reazione del genere, da nessuna delle due parti.

Ricomponendosi con la consueta austerità, Minerva si sciolse da quel breve abbraccio.

« Credo che vogliate riposare, adesso. Andate senza trattenervi oltre, avremo modo di festeggiare adeguatamente. Di qualsiasi cosa avrete bisogno, non esitate a contattarmi. Sarò da voi » disse la donna, guardando ancora con orgoglio gli uomini e le donne che le erano di fronte.

Con un cenno del capo, Harry e Severus si congedarono, imitati dagli altri.

Giunti alla fine delle scale del Gargoyle di pietra, gli amici di Harry decisero di lasciare i due maghi da soli.

Avevano bisogno di non avere nessuno intorno per un po’.

Difatti, Harry tirò fuori il Mantello dell’Invisibilità e lo pose sul loro capo, coprendoli completamente.

Quasi con urgenza, corsero per i corridoi, arrivando ai sotterranei, per poi giungere, finalmente, alle stanze private del più grande.

Severus si irrigidì sul posto.

« Se tu ci sei, ci sono anch’io » sussurrò Harry.

Chiudendo gli occhi, il Professore girò la maniglia della porta e la aprì.

Immediatamente, l’odore di Pozioni invase i due uomini, ancora fermi sull’uscio.

Li ricoprì come se fosse una cascata ristoratrice: entrambe avvertirono che ogni cellula del loro corpo stava godendo di quella sensazione che, più propriamente, li faceva sentire a casa.

Severus fu il primo ad entrare ed Harry, toltosi il Mantello, richiuse la porta alle loro spalle.

Vide l’uomo, immerso totalmente nella contemplazione del proprio appartamento. Con gli occhi ancora chiusi, respirava a pieni polmoni l’aria che sapeva di una tranquillità finalmente ritrovata.

Il Professore si girò lentamente verso il ragazzo che, volontariamente, era rimasto dietro di lui.

Lo trovò meraviglioso.

Non attendendo oltre, corse verso di lui e lo avvolse in un abbraccio che lasciava poco spazio all’immaginazione: pressò con il proprio torace il corpo dell’altro, costringendolo ad indietreggiare fino a farlo aderire con la schiena perfettamente al muro.

Portò con una lentezza estenuante le braccia del ragazzo sopra la sua testa e, guardandolo lascivamente, lo baciò stuzzicandolo e facendolo gemere di piacere.

« Devo interpretarla come una detenzione per non aver rispettato il coprifuoco, Professore? » chiese Harry, con quel poco di lucidità che gli era rimasta.

« Non solo. La detenzione durerà più di una settimana per averla beccata al di fuori del perimetro della scuola, con indosso il Mantello dell’Invisibilità e per essere stato coinvolto nel Processo di un famigerato criminale » rispose l’uomo, continuando a baciarlo e a toccarlo.

« Famigerato criminale? Non frequento persone di questo tipo, lei dovrebbe saperlo » controbatté il Grifondoro, rispondendo agli impulsi che erano scatenati dal tocco del più grande.

Stanco di essere pressato contro il muro, allontanò, anche se riluttante, Severus dal proprio corpo.

Lo guardò, aveva ancora indosso la divisa che gli era stato imposto di indossare ad Azkaban.

Non si sarebbe mai più permesso di vederlo in quello stato.

Senza troppe parole, afferrò l’uomo e lo condusse nel bagno.

Con un tocco di bacchetta, la grande vasca si riempì e tutt’intorno comparvero delle candele profumate.

« Cos’ha in mente, Signor Potter? Un bagno non varrà come scusa… » esordì l’altro, provocandolo apertamente.

« Stia zitto » rispose a tono Harry.

Con una delicatezza mista ad un urgenza impellente, il ragazzo liberò l’uomo dai propri abiti.

Severus lo lasciò fare.

Quello era il momento che, più di tutti, li avrebbe riuniti.

Harry si prese un momento per fissare il compagno.

Era splendido. Nella sua totale nudità, Harry non poté fare altro che ammirarlo.

Severus si sentì esposto come poche volte in vita sua era capitato.

Sapeva di non essere il canonico prototipo di bellezza né, in passato, gli sarebbe importato diventarlo.

Ma adesso era diverso: con i chili persi, il corpo ricoperto di tagli e troppo deperito per la detenzione, la cicatrice dovuta al morso del serpente e, più di tutto, il braccio destro marchiato con quel tatuaggio, simbolo di morte e disperazione, si sentì inadeguato agli occhi di Harry.

« Posso sentirti pensare » disse il ragazzo avvicinandosi piano all’uomo.

Severus si lasciò toccare il torace, senza pronunciare una sola parola.

« Guardami, - disse il giovane, prendendo il volto dell’altro tra le mani, - sei la cosa più bella che potesse capitarmi… Deve esserti chiaro questo »

L’intensità di quel verde, ricordò a Severus la notte in cui, alla rimessa delle barche, la luna rifletteva negli occhi di Harry. Anche allora si era sentito destabilizzato nei confronti del ragazzo, ma aveva lasciato che sentimenti parlassero in sua vece.

« So di non essere abbastanza, Potter. Sarebbe stupido ignorare la realtà dei fatti » rispose l’uomo allontanandosi leggermente.

Harry gli sorrise, con uno sguardo indecifrabile, pensò Severus.

Tenendo gli occhi fissi sul Pozionista, il Grifondoro avanzò nuovamente.

« Ti amo » gli sussurrò baciando le imperfezioni impresse sul corpo del più grande.

In maniera del tutto non intenzionale, qualche lacrima sgorgò dagli occhi di Severus che, invano, tentò di nascondere.

Harry giunse a baciare il volto dell’altro, asciugando con le sue labbra le lacrime che erano scese.

« Ti amo, - disse ancora il giovane, - te lo ripeterò fin quando non avrai capito che, per me, sei perfetto così »

Severus gli sorrise, come poche volte gli era capitato di fare.

Lo baciò a lungo.

« Spogliami » gli sussurrò il mago più giovane.

Senza attendere oltre, l’uomo scostò dalle spalle gli indumenti di colore nero che, ancora, avvolgevano il corpo del ragazzo.

Lo fece come se stesse maneggiando la cosa più fragile e preziosa del mondo: temeva di poterlo scalfire in qualche modo.

Richiamato alla realtà dal tocco di Harry, entrò nella vasca, come la prima volta in cui si erano uniti.

Ora, pensò Severus, non c’era e mai ci sarebbe stato più il timore di non sentire l’odore della pelle di Harry, di vedere i suoi occhi verdi annegare nel piacere, di assaporare quelle labbra che, ormai, erano diventate indispensabili per respirare.

Adesso e per tutti i giorni che gli sarebbero rimasti, avrebbe amato il ragazzo con tutto sé stesso.

Senza paura.

Senza restrizioni.

Senza condizioni.

Solo loro: l’Eroe e l’Anti – eroe (che tanto “anti” non era più) e nessun altro.

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Capitolo 39
*** Capitolo XXXIX ***


CAPITOLO XXIX:

La notte trascorse al medesimo tempo tanto lenta quanto veloce.

La passione che travolse i due uomini fu vissuta a pieno. Non un minuto, non un secondo fu lasciato al caso. Si amarono come mai avrebbero pensato di fare nella loro vita e smaltirono tutto il dolore e la paura, che da mesi a quella parte li aveva costretti a “vivere” separati.

Allo stesso tempo, trascorse veloce. Il tempo passato insieme sembrava non bastare mai.

Harry si consolò. Aveva tutta la vita davanti per godersi il Professore di Pozioni.

Di buon mattino, udirono bussare alla porta.

Severus scattò sull’attenti ed Harry fece lo stesso.

« Vado io, non muoverti » disse il ragazzo, baciando l’altro amorevolmente.

Severus annuì, sprofondando tra le coperte.

Harry indossò la vestaglia dell’uomo e corse ad aprire.

« Padron Harry, mi manda la professoressa McGranitt, - esordì Kreacher, inchinandosi dinanzi al mago, - vuole che avvisi lei e il professor Piton che, questa sera, aspetterà l’Ordine della Fenice e l’Esercito di Silente nella Sala Grande. Ha anche sottolineato di indossare abiti eleganti e che avrà un avviso importante da fare ai presenti ».

« Oh, grazie Kreacher... » rispose Harry, leggermente bombardato dalle tante informazioni che gli aveva appena fornito l’elfo.

« A tal proposito… Sarebbe un problema portarci la colazione? » chiese il ragazzo con una nota di imbarazzo nella voce.

« E’ per me un onore servirla, padron Potter » rispose l’elfo.

Il Grifondoro si abbassò, arrivando all’altezza dell’esserino davanti a lui.

« Harry. Io sono Harry » sussurrò il ragazzo, poggiando una mano sulla spalla dell’elfo.

« Va bene, Harry… » ripeté, quasi a fatica, Kreacher.

Harry non aveva alcuna intenzione di sentirsi padrone della vita di qualcuno, men che meno di Kreacher.

Aveva liberato Dobby e non avrebbe sottomesso alcun altro Elfo alle sue dipendenze.

Godric, quanto mi sento Hermione – pensò il ragazzo, ridendo tra sé.

Con un ultimo profondo inchino, Kreacher si smaterializzò, lasciando Harry Potter da solo, sull’uscio.

« Devo preoccuparmi? » chiese Severus, dall’altra stanza.

Harry si avvicinò lentamente al letto, con un sorriso stampato sul volto.

« Beh, sono io a dovermi preoccupare, in realtà » rispose, fingendo un’aria grave.

Severus lo fissò con sguardo interrogativo, inarcando il consueto sopracciglio.

« Intendi spiegarti o vogliamo trascorrere tutta la giornata in questa posizione? Ho perso l’allenamento col mio sopracciglio » sbottò l’uomo, spronando il ragazzo a parlare.

« Stasera ci sarà una festa in Sala Grande, - cominciò a dire il ragazzo, - siamo gli ospiti d’onore.. »

« IO sono l’ospite d’onore, piccola celebrità passata di moda » disse l’altro, interrompendo il ragazzo, alzando le spalle.

« Ti piacerebbe! » controbatté il giovane Potter, ridendo di cuore.

« Ad ogni modo, - continuò il più giovane, - la McGranitt ha sottolineato che dobbiamo vestirci in maniera elegante. Ora, il problema è questo. Se solo qualcuno osa guardarti in maniera poco casta, dovrà assaggiare l’ira implacabile di Harry Potter »

Severus guardò il giovane mago dinanzi a lui.

Harry stava palesemente scherzando ma per Severus fu fondamentale.

Si sentì importante, davvero, per qualcuno. Si sentì prezioso. Si sentì essenziale.

Tuttavia, non gliel’avrebbe data vinta. Era troppo tempo che si stava mostrando come un rammollito.

Era il momento di divertirsi un po’.

Motivo per cui si alzò dal letto, rimanendo in boxer e a petto nudo dinanzi all’altro.

« Io. Sono. Meraviglioso. Che ti piaccia o meno, Potter » gli disse avvicinandosi al ragazzo.

Harry gli sorrise. Avvertiva il profumo del Pozionista pervadergli le narici.

Severus azzerò le distanze, baciando il sorriso che si era formato sul volto dell’altro.

Udirono entrambe il consueto POP della materializzazione.

Kreacher era arrivato con la colazione.

***

La giornata trascorse a ritmo incalzante.

Sia Severus che Harry si erano imposti di rimettere in ordine quei pochi effetti personali che, nel periodo di lontananza, avevano dovuto prendere con sé.

Mentre il giovane Potter era intento a sbarazzarsi di tutti quegli abiti che aveva dovuto indossare per trasformarsi in qualcun altro, trovò ancora alcune dosi di Pozione Polisucco.

Le fissò intensamente, l’impulso di lanciarle contro la parete fu forte.

In quel momento, Severus varcò la porta della camera.

« A cosa pensi? » chiese l’uomo, poggiato allo stipite.

Harry strinse forte le ampolle, indeciso se lasciarle cadere o meno.

« C’è stato un momento, - cominciò il ragazzo, - in cui ho creduto che avrei avuto bisogno di queste, per sempre. Ho avuto paura, Severus. Paura di non poter farmi più vedere da te con il mio aspetto. Ho avuto paura di doverti stringere con le braccia che appartenevano a qualcun altro. Di baciarti e lasciare che il tuo sapore scomparisse con lo svanire degli effetti della Polisucco »

« Lasciale » rispose il Pozionista avanzando e abbracciando il mago da dietro.

Harry, istintivamente, sfiorò le braccia dell’altro con le proprie mani.

« Non devi più aver paura, adesso il nostro destino appartiene a noi e a noi soltanto, - gli sussurrò l’uomo all’orecchio, - io sarò qui, fin quando avrai voglia di avere al tuo fianco un complicato, cupo e per niente simpatico Serpeverde »

« Felice che tu lo abbia riconosciuto » rispose l’altro, smorzando la tensione.

« Quanto vorrei poterti togliere dei punti all’istante… » controbatté l’altro, roteando gli occhi verso l’alto.

Harry sorrise.

« Qualcosa mi dice che, se tornassi ad insegnare, non trarrei alcun vantaggio dalla situazione » gli disse Harry.

« Scherzi, vero? Semmai potrebbe solo peggiorare. Torturarti a lezione sarebbe davvero il mio passatempo preferito » rispose, fin troppo sinceramente, l’uomo.

« La parte del “per niente simpatico” dovresti sottolinearla » gli disse il Grifondoro, con un sorriso ancora più grande sul volto.

Il giovane si avvicinò alle labbra dell’altro per un leggero bacio.

« Adesso devo decisamente andare, - disse il ragazzo, allontanandosi dall’uomo, - devo fare compere per questa sera »

Severus inarcò il suo sopracciglio.

« Spero solo di non dover essere io a preoccuparmi, ti tengo d’occhio, Potter » disse, quasi gelido.

« Ci vediamo direttamente stasera al Ricevimento » rispose Harry.

« A stasera allora » concluse Severus, baciandolo.

***

« Harry, vogliamo andare? Rischieremo di far tardi, come nostro solito » disse Ron, rivolgendosi all’amico.

« Sì, ci sono » rispose l’altro, uscendo dal Dormitorio maschile.

« Harry ma sei un incanto! » disse Hermione, che nel frattempo aveva raggiunto gli altri due sul pianerottolo.

La ragazza indossava un abito nero, a maniche lunghe e con uno scollo a barca, che le lasciava le spalle scoperte. Era un abito semplicissimo ma che, nella sua semplicità, riusciva a valorizzarla e a far esaltare le sue forme.

Ron la stava fissando a bocca aperta.

« Qualcosa mi dice che anche tu abbia fatto colpo, Herm » disse Harry, prendendo in giro l’amico.

« Sei… » iniziò a dire Ron.

« Grazie » rispose Hermione arrossendo, sotto lo sguardo del ragazzo.

Ron azzerò le distanze tra loro.

« Ti amo, Hermione » disse alla ragazza, baciandola teneramente.

Harry sentiva di non essere mai stato tanto felice.

Finalmente, tutto aveva preso ad andare per il verso giusto.

Vedere i suoi due migliori amici essere innamorati ed uniti sempre di più, fu per lui motivo di speranza.

Nemmeno la guerra era riuscita a separare due anime che, inevitabilmente, erano state create per vivere l’una accanto all’altra.

« Che stiamo aspettando? Scendiamo ragazzi » riprese Hermione, prendendo la mano di Ron nella propria.

Quando giunsero dinanzi alla Sala Grande, si resero conto di essere davvero gli ultimi.

Varcarono la soglia e si ritrovarono in un ambiente che stentavano a riconoscere.

Non c’erano più i tavoli disposti al centro della Sala, ma solo uno, quello dei Professori, le cui sedie erano state messe per entrambe i lati.

La luce era soffusa e, addirittura, nella stanza si udiva una musica leggera.

La McGranitt aveva pensato davvero a tutto.

Non appena il Golden Trio effettuò il proprio ingresso, tutti i membri dell’Ordine e dell’ES corsero verso di loro per salutarli.

Harry strinse molte mani ed abbracciò molte persone.

Ma da lontano, si accorse che, dinanzi al camino, con un bicchiere di Whiskey Incendiario tra le mani, c’era Severus che non aveva perso un minimo movimento del ragazzo.

I suoi occhi erano scuri come la notte e stavano fissando solo lui.

Harry sentì il fiato venirgli meno, non appena lo vide.

Il Pozionista indossava un completo color grigio scuro, chiuso con un bottone, lasciando intravedere il panciotto di colore nero, abbinato alla cravatta dello stesso colore.

I capelli erano raccolti in una morbida coda, che gli conferivano un’aria aristocratica.

Severus, dal canto suo, non rimase per nulla indifferente alla vista di Harry.

Indossava anche lui un completo che, a differenza del suo, era total black.

Non lo aveva mai visto così “tenebroso” e l’accessorio più bello che lo colpì, fu il risaltare dei suoi occhi, pervasi da una luce verde smeraldo.

Harry si avvicinò all’altro.

« Ho la bacchetta pronta per essere usata » disse il ragazzo, con fare minaccioso.

Severus sorrise, sorseggiando le ultime gocce di quel liquore.

« Sta’ attento Potter, o dovrò schiantare la piccola Weasley che non vuole saperne di smetterla di guardarti » disse il Pozionista.

Il ragazzo scosse la testa divertito e sfiorò il corpo dell’altro con una spalla.

D’improvviso la musica si abbassò e fece il suo ingresso anche Minerva McGranitt.

« Signori e Signore, - disse la strega, facendo voltare tutti verso di lei, - sono contenta che abbiate accolto tutti di buon grado il mio invito. Vi prego di prendere posto intorno al tavolo, per dare inizio alla nostra serata ».

Tutti gli invitati si diressero verso il tavolone e si sedettero.

« Molto bene, prima di tutto desidero farvi degli annunci, - riprese la donna, - in primis, voglio ringraziarvi per quanto avete fatto, tutti. Per la dedizione mostrata nello svolgere le vostre missioni, per l’attaccamento che avete dimostrato di avere per questa scuola. Per la fiducia che avete riposto in Albus e, più di tutti, nel Signor Potter. E’ la prima volta che ci siamo riuniti da quella notte del 2 maggio. Un evento destinato ad essere ricordato nelle pagine di storia. La memoria di eventi oscuri che è il miglior antidoto contro gli abissi della storia. Se questo è stato possibile, è solo grazie a voi. Infine, voglio mettervi al corrente di una decisione che ho ormai preso. Mi dimetto dall’incarico di Preside, non sento di poter svolgere questo lavoro in maniera impeccabile come, invece, sono convinta, siamo convinti, possa fare un’altra persona. Pertanto, nomino, con il consenso unanime dei miei colleghi, Severus Piton Preside di Hogwarts e Professore di Difesa contro le Arti Oscure »

Un applauso, dapprima timido, poi sempre più forte, si levò dal tavolo.

Severus non ne sapeva nulla.

Non aveva avuto neanche più il tempo di pensare a quella che, all’epoca, era solo una proposta.

Era diventato Preside.

Preside e Professore.

La prospettiva di avere una vita che non comprendesse Hogwarts era lontana.

E a Severus, adesso, stava bene così.

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Capitolo 40
*** Capitolo XL - 1 Settembre 1999 ***


Capitolo XL:

1 Settembre 1999

Il sole sorgeva luminoso tra i monti scozzesi delle Highlands. Lo spettacolo che creava tra le acque del lago era a dir poco fantastico. Sembrava di trovarsi in un territorio incontaminato, dove la Natura, sovrana incontrastata, non aveva mai conosciuto l’intervento umano.

Ed in effetti era così, ad eccezione del Dun Ringill che, ricoperto da foglie e rocce, era un ospite silenzioso di quel paesaggio così paradisiaco.

« Dove stai andando? » chiese Harry, ancora con gli occhi chiusi.

« Sono le 6.30 del 1 settembre, Potter, dove credi che stia andando? » chiese Severus, sarcastico, mentre si abbottonava gli abiti neri.

Harry si tirò su, facendo appello a tutte le forze che aveva.

« Parli delle 6.30 come se fosse Mezzogiorno » gli rispose sorridendo.

Severus si voltò.

« Ah, Potter, Potter, - prese a dire l’uomo, scuotendo la testa, - quanto vorrei essere al tuo posto, in questo momento: non un pensiero circa l’anno che sta per cominciare, nessun impegno se non quello di presentarsi all'Hogwarts Express e nessun fastidio per le teste di legno che, puntualmente, si presenteranno quest’anno a scuola perché il Leader delle teste di legno sei tu ».

Harry lo fissò imbronciato.

« Senza pensieri e senza fastidi, dici? Beh… E che mi dici del nuovo professore di Difesa contro le Arti Oscure? O del nuovo Preside? L’inizio dell’anno non promette affatto bene », rispose il giovane mago, facendo spallucce.

Severus sorrise malefico.

« La parte più bella della giornata comincerà quando, una volta effettuato lo Smistamento, potrò procedere a togliere tutti i punti che vorrò. Spero che i Grifondoro stiano attenti alle regole. In maniera particolare quell'Harry Potter. Ho sempre trovato fastidiosa la sua propensione ad infrangere i coprifuoco o i divieti in generale », disse con fare noncurante, quasi come se stesse ragionando ad alta voce.

« Sbaglio, o il coprifuoco l’ho infranto più volte per causa tua, l’anno scorso, piuttosto che per diletto personale? » gli fece eco il giovane mago, ancora avvolto dalle coperte.

« Ah, beata insolenza! » rispose l’altro, per nulla adirato.

Lo sapeva bene che Harry aveva infranto le regole per colpa sua.

Se non fosse successo, probabilmente, molto probabilmente, non sarebbero arrivati a quel punto.

« Vorrei farle notare, Preside, che si dice innocenza » controbatté Harry, saccente.

« Se avessi voluto ritenerti innocente, lo avrei fatto senza problemi, nulla è lasciato al caso, Potter » concluse l’altro, avvicinandosi al più giovane.

« Ci vediamo a scuola, partirò per le 11 da King’s Cross » disse Harry, sfiorandogli le labbra.

« Non metterti nei guai e controlla di aver portato tutto con te » rispose Severus, baciandolo dolcemente.

« Ti amo » gli disse Harry.

« Anch’io, Potter » rispose il Preside, scomparendo tra le fiamme verdi della Metropolvere.

***

Il resto della mattinata trascorse velocemente. Harry terminò di preparare il suo baule con le cose che gli sarebbero servite durante l’anno e, essendosi assicurato che la casa fosse al sicuro, si smaterializzò per giungere finalmente alla Stazione di King’s Cross.

Non appena ebbe varcato il muro magico tra i pannelli 9 e 10, si ritrovò, come da molti anni a quella parte ormai, al binario 9 ¾ .

Da subito, però, si rese conto che tante, tantissime cose erano cambiate.

Da lontano vide la famiglia Weasley. Ciò che gli strinse il cuore in una morsa fu vedere George da solo. La mancanza di Fred si avvertiva acuta, anche se il suo gemello faceva del suo meglio per dissimulare la mancanza. D’altronde, non fu l’unica perdita dovuta alla guerra. Anche Hermione era da sola. Non c’erano più i suoi genitori ad accompagnarla a prendere il treno, persi chissà dove con chissà quali ricordi.

L'Oblivion lanciato dalla ragazza era stato potente. Uno degli atti di coraggio più estremi che Harry avesse mai visto compiere.

Ma accanto a lei c’era Ron. E insieme a lui Molly ed Arthur l’avevano accolta come la figlia che, effettivamente, era diventata.

Non perché fosse la fidanzata di Ron. Ma perché, tanto Hermione, quanto Harry, erano ormai entrati a far parte di quella famiglia tanto rumorosa e tanto genuina che, sin dal primo momento, aveva spalancato loro le porte.

Harry si sentì rincuorato, per quanto possibile.

Hermione e Ron, nel frattempo, si erano avvicinati al ragazzo.

« Harry! » lo salutò Hermione, gettandogli le braccia al collo.

« Pronto per un nuovo anno ad Hogwarts, amico? » chiese Ron, dandogli una pacca sulla spalla.

Tutti i ragazzi che avevano preso parte alla guerra e che, per ovvi motivi, non avevano potuto frequentare la scuola durante l’anno del 1998, avevano avuto la possibilità di rientrarvi per completare il loro percorso scolastico.

Era più che ovvio che i membri dell’Esercito di Silente avessero già le carte in regola per diventare Auror ma tutti, di comune accordo, avevano deciso di darsi questa ultima possibilità di restare insieme un altro anno.

Alla carriera avrebbero pensato dopo. Non prima di aver ottenuto titoli di studio che gli avrebbero permesso di raggiungere anche obiettivi che esulassero dalla lotta contro maghi fuorilegge o, comunque, dal servizio del Ministero.

« Non vedo l’ora di tornare al Castello, ragazzi » rispose Harry, guardando con profondo affetto i due amici.

Salirono sulla carrozza e sistemarono i bauli nel loro scompartimento di sempre.

Salutarono Molly ed Arthur e, alle 11, precise l'Hogwarts Express aveva lasciato, per l’ultima volta del Golden Trio, la Stazione di King’s Cross.

« Al nostro ultimo anno » disse Harry, stringendo a sé i suoi amici.

***

I ragazzi e le matricole erano ormai giunti al Castello.

Dopo lo Smistamento, Piton aveva fatto un breve discorso iniziale per comunicare i cambiamenti che ci sarebbero stati da quell’anno in poi.

Ciò che non si aspettava fu, ancora una volta, il calore mostrato dai suoi colleghi e, più di tutto, quello mostrato dagli studenti vecchi e nuovi che si trovavano nella Sala Grande.

Guardò Harry con aria confusa, il quale ricambiò semplicemente con uno dei sorrisi più carichi di orgoglio che avesse mai visto.

Terminata la cena, la Sala Grande si stava svuotando mano a mano.

Severus, dal canto suo, si avvicinò al tavolo Grifondoro.

« Potter, posso parlarle un attimo? » chiese l’uomo, con tono autoritario.

Tutti alzarono lo sguardo sull’uomo.

« Certo, Preside » rispose l’altro, per nulla intimidito.

Si allontanarono dalla sala, l’uno accanto all’altro, senza sfiorarsi.

Severus condusse il ragazzo oltre il Cortile di Pietra e, prese le scale, scese verso la Rimessa Delle Barche.

Notò che Harry indossava l’anello che, qualche tempo fa, gli aveva regalato.

Pensò che nessun regalo al mondo avrebbe potuto eguagliare il dono che il ragazzo aveva fatto a lui.

« Severus, è tutto ok? » chiese Harry guardando l’altro che era immerso nei suoi pensieri.

Severus lo guardò, intensamente. Quasi come se gli stesse scrutando l’anima.

« Sì. Harry c’è una cosa importante che voglio dirti, prima di cominciare questo nuovo anno » disse l’uomo serio, quasi assorto ed immerso in un mondo del tutto sconosciuto e non accessibile.

Harry si girò verso di lui.

« Ti ascolto » disse il ragazzo, invitando l’altro a parlare.

« Mi è sempre stato detto di tenere duro. Da quando ero ragazzino, non mi sono sentito dire altro. Di andare avanti, di lottare e di stringere i denti. Ho fatto molte, troppe scelte sbagliate che sono costate la vita di persone che mai, mai, sarebbero dovute morire. La mia vita era finita. Corrotta. Ero un corpo senza anima, lo scheletro di me stesso. Non mi sarebbe importato affatto di morire, e così è stato quando Voldemort mi ha tagliato la gola e mi ha scagliato contro Nagini. Ma poi… Poi sei arrivato tu. E, Harry, tu mi hai fatto il dono più grande che una persona potesse farmi ».

« Non credo di aver capito dove tu voglia arrivare, io non ti ho regalato niente » disse il ragazzo, con aria confusa.

« Non ti rendi conto di quello che è successo quella notte nella Foresta Proibita?, - riprese l’uomo, - sei morto e ti è stata data la possibilità di scegliere. Ti sei sacrificato per gli altri e, solo così, hai potuto tornare indietro dalla Morte. Harry, Nate Jones ha sempre considerato la questione dal lato sbagliato. Non c’è stata magia, non c’è stato sortilegio che mi abbiano riportato in vita. È stata la tua scelta, la tua inconsapevole scelta di amarmi, ancor prima che ce lo dicessimo, era già così. Il tuo Amore, così come quello di tua madre per te anni fa, mi ha salvato e mi ha riportato indietro dalla Morte. Sei stato tu e tu solo ad avermi dato una seconda possibilità ».

Harry aveva le lacrime agli occhi.

« Ti amo, Severus. Resterai con me? » chiese il ragazzo, sinceramente sconvolto da quella rivelazione.

Severus lo strinse a sé e lo baciò.

« Sempre ».

 

FINE

 

 

Angolo Autrice:

Ragazzi, siamo finalmente giunti alla fine di questa storia. Voglio solo lasciarvi con poche righe dicendovi che questa è stata una delle esperienze più belle della mia vita. Quando ho cominciato a scrivere questa storia non avrei mai pensato di arrivare a 40 capitoli, e mai avrei pensato di appassionarmi tanto nella stesura della storia di questi personaggi. Credo che Severus sia il personaggio più complesso e più umano di tutta la storia, scritta e ideata da J K Rowling. Ho avuto un rapporto conflittuale con lui all’inizio: avevo 8 anni e lo odiavo da morire. Poi ho scoperto che nulla al mondo avrebbe potuto parlare di lui come il sacrificio che ha compiuto per il vero Amore. È davvero il mio Eroe.

Ancora, ringrazio tutti quanti hanno seguito la storia, lasciando un commento o leggendo in silenzio. Siete stati preziosi e fondamentali.

Infine, ma non meno importante, vi consiglio di ascoltare attentamente la canzone “Second Chances” degli Imagine Dragons, soprattutto durante la lettura dell’ultima scena.

Noterete, come me, quanto di questo testo rispecchi Severus e l'Amore di Harry che lo ha salvato.

Vi voglio bene,

OmbraAla.

 

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