About Piramidy di Rota (/viewuser.php?uid=48345)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** White world ***
Capitolo 2: *** My little fox's promise ***
Capitolo 3: *** Desert inside me ***
Capitolo 1 *** White world ***
Piramide 1
Dunque,
questa è la prima ff che ho scritto per il Piramidy contest, un
contest veramente pazzo dove si formano delle coppie a eliminazione
diretta tra i vari concorrenti, che man mano possono "scalare la
classifica".
Io ero in coppia con PansyMalfoy, e sono riuscita a passare il primo turno.
Con questa roba.
Dico, ne sono davvero felicissima, e un poco dispiaciuta per la cara Pansy, ma... ma.... con una NejiHina? O_o
Vabbeh, non recriminiamo troppo.
Questo è il primo
capitolo della raccolta, che molto probabilmente finirà col
prossimo capitolo, dal momento che in questo turno sono contro
iaia86@... e la cosa è per me triste assai...
Coooooomunque.... spero che nonostante le mie pare mentali la mia ff vi piaccia ^^
Al prossimo capitolo, ciao
meg
*Nick Autore: Rota23 (sul sito EFP meg89)
*Titolo: White world
*Pairing principale: NejiHinata
*Altri personaggi/pairing: //
*Genere: Romantico, Introspettivo
*Raiting: Verde
*Avvertimenti: flash fic, AU, what if…?
*Numero Scelto: 30
*Note
dell'Autore: Dunque, m’è capitato un pairing che definire
ostico è davvero riduttivo. Amo il personaggio di Hinata quanto
detesto il personaggio di Neji.
Ma tant’è, il Fato ha deciso di castigarmi questa volta.
Bene, cosa
hanno in comune queste due persone? Il cognome, e fin qui ci siamo.
Molti geni del proprio patrimonio ereditario, benissimo. Il colore
dominante, il bianco. E qui sta tutto.
Il bianco.
Il bianco assume nella mia ff proprio l’elemento di comunanza tra
i due cugini, il bianco non solo degli occhi, quindi non solo del
Byakugan, ma anche di un valore che questo colore rappresenta
intrinsecamente.
Questo il legame che rappresenta i due personaggi di Neji e Hinata.
Prima e unica Hyuugacest della mia carriera da fanwriter.
A giudice l’ultima sentenza.
QUESTA la fanart a cui dovevo ispirarmi u_u
WHITE WORLD
-Felicitazioni!-
-Felicitazioni, Hyuuga!-
-Felicitazioni…-
-Oh, Neji… felicitazioni!-
-Hinata! Felicitazioni, carissima!-
-Sono così contenta per voi, ragazzi!-
-Ancora complimenti!-
-Congratulazioni, miei cari!-
Un coro di voci festanti, elevandosi in aria come da un’unica
gola, circonda la coppia di novelli sposi similmente ad una ghirlanda
allegra e vivace da parata.
La felicità è palpabile, dipinta su visi sinceri e commossi.
La sposa bianca, gota rosse e occhi splendenti, sorride meravigliosa ad
ognuno degli invitati, salutandoli con una parola gentile di candido e
puro affetto, di semplice e calda felicità.
Stringe mani, passeggia per il piccolo spazio che divide la chiesa
dalla sua macchina lussuosa, e pronta a portarla via, verso una nuova
vita. Ancora qualche passo, ancora qualche secondo soltanto.
Lo sposo, bianchi gli occhi, neri e lucenti i lunghi capelli,
distribuisce sorrisi appena accennati, quasi fossero capitati per caso
ad increspargli dolcemente le labbra, increduli da tanta commozione e
sentimento, arrancando come un bimbo spaurito e confuso tra tanti
sorrisi luminosi, tanta allegria palese degli occhi.
Cammina tra vecchi compagni, visi conosciuti e piegati alla
felicità, come vedendoli per la prima volta nella loro vera e
integra essenza.
Sono felici, Neji e Hinata, bianco accecante l’una accanto all’altro.
Sono felici in quel mare immenso candido.
Uno sguardo, un semplice sguardo sfuggevole scambia la sposa col proprio uomo.
Luminosa, chiara. Come la neve candida d’inverno.
Come la nebbia leggera che tutto avvolge e nulla lascia trasparire.
Come una coperta leggera che ti avvolge e ti protegge da qualsiasi intemperie minacciosa e ostile.
Due bambini piccoli in una stanza
dalle ante socchiuse, due bimbi abbracciati stretti, sicuri e protetti
da sottili pareti di cemento dipinto.
Stanchi del gioco, spossati dalle
risa e dal continuo movimento, dalle grida estasiate e dal divertimento
estenuante, hanno infine trovato una stanza isolata nella grande casa
ora silenziosa.
Distesi sulla coperta calda, cercano di calmare i loro animi vivaci, i loro cuori agitati.
Basta una sola occhiata distratta, un accertarsi timoroso che vada tutto bene.
Hinata che alza premurosa la testa e guarda il cugino che abbraccia con le braccia esili, candide.
Il primo sussulto del cuore, il primo sguardo da uomo.
E con il primo sorriso d’amante
fedele, d’amico sincero, l’accarezza gentile, cullandola
nel proprio immenso mondo bianco.
Il semplice battito delle ciglia risveglia la coscienza sovraeccitata dalla dolce visione.
Un mescolarsi, affogare dolcemente in quel bianco splendente.
Ancora una volta, dopo infinite e infinite.
E la mano bianca viene gentilmente presa, portando il corpo all’ultima corsa solitaria.
Verso la macchina nera, verso un mondo bianco e perfetto.
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Capitolo 2 *** My little fox's promise ***
Piramidy 2
Rendetevi conto, signori miei....
Sono passata di nuovo °° Con una SasoNaru, contro una ShinoKiba di Iaia °°
E ora sono contro la cara Darkrose....
Insomma, si.... la Sorte si fa beffe innumerevoli e spietate della sottoscritta °°
Ringrazio chi abbia letto e recensito il primo capitolo ^^ grazie davvero di cuore ^^
Detto questo, vi lascio alla lettura ^^
*Nick Autore: Rota23/meg89
*Titolo: My little fox’s promise
*Pairing principale: Sasori/Naruto
*Altri personaggi/pairing: Altri
*Genere: Romantico, Introspettivo, Comico
*Raiting: Giallo
*Avvertimenti: AU, shonen ai, one shot
*Numero Scelto: 17
*Note dell'Autore: Odio la Sorte, la odio con tutto il mio cuoricino malato u_u
Ancora una
volta mi ha giocato uno scherzo assurdo, regalandomi una coppia Crack
che più crack non si può. Ho faticato parecchio a trovare
il modo di accoppiare questi due dannati essere, mi sono consolata col
fatto che quantomeno posso fare una shonen ai e che le AU sono ben
gradite…
Parto
dall’idea che sasori rimane cmq e sempre un artista, e indi ho
dovuto trovare un modo perché lui e Naruto potessero in un
qualche modo incontrarsi in questo campo.
La differenza d’età tra i due era un ulteriore ostacolo, e mi sono dovuta regolare con il rating.
La soluzione
m’è balzata quasi per caso in mente. Non anticipo nulla,
altrimenti il bello della mia ff si perde tutto.
Gli sbalzi
temporali sono notevoli. Insomma, non mi sono soffermata troppo su
quello, quanto sulle emozioni che i due protagonisti provano in varie
“fasi” del loro rapporto. Cmq la separazione tra i diversi
periodi vissuti è ben marcata, anche graficamente parlando.
Anche
l’uso della fan art è un poco azzardato… anche se
comunque è chiaramente presente il suo utilizzo.
Penso di essere stata chiara.
MY LITTLE FOX’S PROMISE
La lima accarezza elegantemente la
superficie in legno della piccola e graziosa statuetta, levigandola con
cura e precisione, rendendo liscia e sempre più perfetta la sua
forma esteriore.
Gli occhi nocciola del Professore
d’Arte sono ben fissi sulla sua opera, mentre le sue mani si
muovono leggere ma scrupolosamente attente; in una fase delicata come
quella non è ammesso il più piccolo errore.
La coda del piccolo animale inciso si
sta via via formando, prendendo forme sempre più precise, sempre
più dettagliate. E’ una coda folta e lunga, morbida
all’immaginazione.
Le orecchie vigili dell’uomo
sentono le prime urla marcate provenire da dietro a porta del
laboratorio, i suoi studenti stanno indi giungendo a destinazione con
una carica e una vitalità che ben presto si sarebbero spente di
fronte agli attrezzi di Falegnameria.
L’uomo sbuffa, andando a posare
la sua opera ancora incompiuta in un cassetto ben nascosto alla
curiosità indiscreta dei giovani alunni; posando delicatamente
gli occhiali sul tavolo, si volta verso la porta con la classica
espressione da insegnante severo e intransigente e annuncia, piuttosto
contrariato.
-Avanti! La porta è aperta!-
Il Laboratorio di Falegnameria era aperto due pomeriggi su cinque, alla
scuola Media Inferiore Yondaime di Konoha, e veniva gestito dal
professore che per definizione era il più libero di tutto il
consiglio docente.
Sasori no Akasuna, Professore di Storia dell’Arte.
-Professore, cos’è questo attrezzo?-
Naturalmente, il signor Akasuna era famoso per la sua bravura, per la
sua profonda e immensa conoscenza, per la sua rettitudine e la sua
morale.
-E’ un mazzuolo, Inuzuka! Rimettilo al suo posto, per favore!-
Ma anche, e specialmente, per la sua impazienza, la sua
irritabilità, e il modo impassibile con cui si mostrava al mondo
mentre elaborava le sue trame diaboliche per distruggerlo in un soffio.
Ambiguo, decisamente insolito. Il professor Akasuna, giovane e
talentuoso, occhiali in viso e vestiti sempre impeccabili, si mostrava
al pubblico come un degno artista, dalle schizofrenie più
stravaganti e equivoci, come l’insana passione per le bambole e
gli oggetti in legno, che lo aveva portato ad accettare la proposta del
suo Preside a dirigere un Laboratorio, per inciso il Laboratorio di
Falegnameria, fino ad allora portato avanti, con ben scarsi risultati,
dal povero professore di Tecnica, un tal Gai Morino, che era riuscito a
portare più alunni in infermeria con dita rotte che lavori alla
mostra di fine anno.
Ma questa è un’altra storia…
Sasori sbuffò, togliendo di mano l’attrezzo al proprio
alunno testardo e particolarmente sordo con mala grazia, scatenando
sbuffi di dissenso.
Con un’occhiata omicida aveva messo ogni commento a tacere.
-Benissimo, ragazzi miei… oggi si procede col lavoro iniziato.
Forza, prendete i vostri lavori e continuate l’operato iniziato!-
La Mostra scolastica di fine anno era ormai alle porte, e il momento
della verità era dunque giunto. Sasori aveva o non aveva fatto
un buon lavoro? Il laboratorio era stato o non stato utile?
Tutte domande a cui solo la Mostra finale avrebbe potuto dare risposta.
In realtà, il Professore era rimasto estraneo a questo tipo di
dubbio. L’artista che era in lui era riuscito ad apprezzare fino
in fondo gli sforzi compiuti dai suoi alunni, benché i risultati
fossero stati a dir poco pessimi od orrendi a vedersi. Non era certo
quello l’importante. L’artista vero si riconosce sì
dalla sua bravura nel maneggiare i suoi attrezzi, ma anche
dall’anima che vi mette dentro le sue opere.
E per quanto a voce aveva ricevuto solo sbuffi contrariati e moine
incessanti, vedeva in quegli sgorbi che i suoi alunni riuscivano a
chiamare opere d’arte un’intensità di passione tale
da esserne ripagato completamente.
E questo in particolare in una persona, in uno dei suoi ragazzi.
-Professore, va bene come sto facendo ora?-
Occhi di un azzurro intenso, capelli color del grano maturo, viso dai
tratti morbidi ma non grezzi o volgari, labbra carnose e sempre pronte
al sorriso, pelle abbronzata, in salute.
Il piccolo Naruto Uzumaki era il ragazzo che del gruppo aveva sempre
dato segni di profondo interesse e di grande partecipazione, nonostante
i risultati a dir poco pietosi.
In quel momento gli stava porgendo davanti agli occhi un pezzo di legno
dalla forma strana, che una volta lo stesso ragazzo gli aveva rivelato
dover essere una piccola lumaca, che ricordava poco più che un
verme con la gobba.
Cercando di essere il meno sincero possibile, almeno per quanto
riguardava quel frangente particolare, Sasori abbozzò un cenno
del capo, gli prese poco gentilmente di mano l’attrezzo da lui
usato nonché l’oggetto di legno e cominciò a
levigarlo accuratamente.
-Devi tenere la mano in questo modo, Uzumaki, altrimenti la lama
ti sfugge di mano e non fa un taglio preciso come lo desideri tu. Vedi?
In questo modo…-
Il pollice spinse l’attrezzo in avanti, fino a che la lama non
incontrò l’indice teso, che lo fermò in tempo e
rese il lavoro come meglio poteva essere.
Gli occhi di Naruto seguirono il lento processo di spiegazione concreta
e pratica attentamente, con scrupolosità, accompagnando il tutto
con un’espressione di meraviglia e di stupore.
Con un sorrisone, riprese oggetto e attrezzo e andò a sedersi al suo posto.
-Grazie mille, professore! Ora faccio io…-
Che naturalmente incominciasse con fare l’esatto opposto di
quanto appena dimostrato fece un attimo indisporre il santo Professore
d’Arte, ma quel viso così contento, quegli occhi
sorridenti furono una ragione più che valida perché
Sasori rinunciasse definitivamente alla giusta spiegazione delle cose.
********************************************************************************
Lo scalpello definisce con una
precisione un poco maggiore le piccole gambette lunghe ed eleganti
della creaturina, definendo con precisione quasi maniacale la linea che
divide le varie dita della zampa paffuta e folta di pelo scuro.
Ogni muscolo guizzante è quasi tonico, perfetto nella sua semplicità folgorante.
Il ventre piatto si dilunga diretto
verso il terreno, per alzarsi un poco solo alla fine della sua
lunghezza, per cingersi con i muscoli delle zampe posteriori.
La schiena è liscia, eppure un poco arruffata come conviene agli animali selvatici.
Ora viene la parte più difficile.
La testa.
La porta sbatté senza alcuna remora, e un ragazzino imbronciato
come poche volte in vita sua fa il suo ingresso sgarbato e indiscreto,
per andare a sedersi, dopo aver sostenuto un ritmo marziale e ben
calcato per i pochi metri che separano porta e tavolo.
Sguardo fisso a terra, labbra arricciate in un broncio irritato, occhi
fiammeggianti e inclini al pianto dirotto, pelle coperta di polvere e
terra, qualche livido sulle braccia e uno particolarmente viola sul
viso.
Naruto si presentò così di fronte al proprio Professore
ancora sorpreso per l’intrusione un poco improvvisa, senza che
nessuno dei due aggiungesse una sola parola per diversi minuti.
Ma ciò che distingue un artista da un comune essere umano
è la sensibilità più intensa dell’anima,
quella cosa sublime che porta a vedere la meraviglia in tutte le cose
belle del creato.
Proprio a causa di questa notevole sensibilità, Sasori non
poté in alcun modo ignorare, nonostante l’enorme stizza
derivata dal fatto di essere stato così improvvisamente
interrotto durante la creazione di una sua opera, l’espressione
del suo alunno, così come il sospetto di ciò che gli
stava dietro.
Sospirò l’uomo, alzandosi dalla propria sedia e riponendo
l’abbozzò della sua opera nel cassetto a lui riservato.
-Dunque, Uzumaki… è successo qualcosa?-
Qualche secondo ancora di silenzio ostinato separarono il professore
dal vortice di parole che la gola del piccolo Naruto butta fuori come
cancro corrosivo.
Così come Sasori si era trovato a soffocare la sincerità
per un motivo ben più nobile, i compagni ben più schietti
di Naruto avevano ritenuto opportuno far notare quanto la sua opera
fosse orripilante, con l’aggiunta e la decorazione di qualche
parola ben più colorita e diretta.
Cosa che era costata loro un bel pugno sul naso e qualche altro cazzotto sul resto del corpo.
Alla fine dell’appassionato resoconto Naruto tacque
improvvisamente, ancora tutto animato da quella rabbia intensa che
proprio non voleva abbandonarlo.
Un altro borbottio, poi la frase che riassumeva la questione con poche e semplici parole.
-Kiba ha detto che la mia statuetta più che sembrare una lumaca sembra un grosso verme!-
Il silenzio calò di nuovo sulla coppia, come un tappeto pesante che niente lascia filtrare.
Sasori sospirò di nuovo, massaggiandosi le tempie con pazienza,
cercando di richiamare a sé tutto il buon senso e la
diplomazia di cui era capace.
Cercò di sorridere al suo alunno, ma ritenne assolutamente fuori
luogo un’espressione serena di fronte a un cipiglio così
radicato e profondo.
Esordì, cercando d’essere il più sincero possibile, almeno quella volta.
-Sai cosa penso io, Naruto?-
Il ragazzo si voltò a fissare il suo professore. Mai, da quando
si ricordava di conoscerlo, ovvero da ormai quasi tre anni, il
Professor Akasuna l’aveva chiamato per nome.
Questo era stato sufficiente a destare la sua completa
curiosità, e quella parvenza di serietà che l’uomo
ostentava così fieramente incuriosiva e allo stesso intimoriva
il giovane Uzumaki.
Forte di questa ambiguità decisiva, Sasori continuò.
-Io penso che il tuo lavoro sia uno dei migliori!-
A quei occhi spalancati di sorpresa e di incredulità quasi
dolorosa, e ancor prima che Naruto potesse ribattere qualche cosa,
l’uomo si alzò dalla sua sedia, andando a prendere la
statuetta del ragazzo sul piano riservato ai lavori della sua classe.
Lo prese tra le esili dita, portandolo davanti al suo proprietario.
-Vedi quest’opera Naruto? Questa è un’opera
d’arte. E lo sai perché? Perché è fatta col
cuore e con l’anima del suo creatore. Per quanto si possa essere
bravi a maneggiare arnesi e utensili d’ogni sorta, il vero
artista non si limita a essere una macchina, ma ci mette tutto il suo
impegno nelle opere che fa. L’arte non viene fatta dai robot, ma
dal cuore pulsante e sensibile delle persone…-
Sasori fissò il giovane negli occhi, per dar maggior importanza e peso alle proprie parole.
-Tu hai fatto questo, Naruto… tu hai creato un’opera d’arte!-
L’importanza del momento, la pomposità del discorso che
Sasori sembrava così nei dettagli preparato crollò
miseramente davanti alla risatina isterica con cui Naruto proruppe dopo
qualche secondo di silenzio assorto, dove i due si erano fissati in
volto senza nulla dire, facendo nascere nell’uomo con pochi
semplici gesti un innato desiderio di omicidio veloce e istantaneo.
-Oh, professore…-
Risa, cristalline, sincere, un poco nervose forse.
Le spalle non esili di Naruto furono scosse per qualche minuto da
tremori dovuti a sghignazzi decisamente troppo irriverenti per essere
pronunciati ad alta voce, ma i due occhi che dopo tornarono a guardare
il professore irritato furono sinceramente commossi.
-… grazie…-
Il ragazzo alzò il mignolo, congiungendolo all’improvviso
con quello della mano inerte che riposava lungo il fianco del
professore.
-Prometto che mi impegnerò perché la mia statuetta sia
una delle migliori di tutta la Mostra! Vedrà, non la farò
sfigurare!-
Sasori guardò la mano così catturata dal più
giovane, un poco stupido, shockato dall’inaspettata confidenza
che l’altro gli stava donando. E di fronte a questa
perplessità Naruto, come resosi conto del proprio enorme errore
di valutazione, ritirò la sua mano alla felpa arancione che
indossava, cominciando a borbottare qualcosa in maniera totalmente
confusa.
Con un sorriso dolce, Sasori riprese la mano di Naruto, incrociando le
proprie dita con quelle della mano giovane dell’alunno.
-E’ una promessa, Uzumaki… una promessa fatta da uomo a uomo!-
Naruto, le guance imporporate di meraviglia, stupore e ammirazione
sincera, non poté fare altro che fare un vigoroso cenno col capo
e assentire.
-Una promessa!-
********************************************************************************
Le orecchie dalle punte ben evidenti venivano levigate con dovizia, perché la loro acutezza non fosse troppo rilevante.
Il musino allungato terminava in un
naso dall’apparenza bagnata, e i baffi di dilungavano appena
lungo le pareti esterne della bocca.
Occhi grandi e vispi, dalle palpebre alzate.
Il collo su cui si erge la testa fiera è morbido ma dalle linee decise.
Assolutamente perfetto.
La Mostra scolastica era stata dunque inaugurata. E con essa ognuna
delle classi della scuola aveva dato segno dei suoi lavori scolastici
duri e impegnati.
Chi con un servizio di cucina e ristorazione, che con
l’organizzare giochi accessibili anche al pubblico, chi con
mostre d’arte.
La Terza della sezione D faceva parte proprio di quest’ultima
categoria, avendo portato i propri lavori di Falegnameria, esposti in
bella presenza sopra un tavolo che si allungava lungo tutte le pareti
della stanza a lei riservata.
La Lumaca di Naruto Uzumaki si ergeva con trepidante orgoglio sopra il
muschio che lo stesso ragazzo aveva raccolto quella mattina, fresco
fresco.
Una ragazzetta dai biondi capelli s’era avvicinata a quello che
le sembrava essere pressappoco un bruco, e con voce stridula aveva
commentato.
-Naruto, come mai il tuo verme sta in mezzo al muschio?-
Il ragazzino biondo aveva quindi replicato, tutto accigliato.
-E’ una lumaca, Ino… non vedi?-
Ancora prima che la ragazza potesse rispondere, piccatamente o in
qualsiasi altro modo a lei congeniale, Naruto aveva già voltato
la testa da un’altra parte, ben più interessato a una
mosca che gli ronzava attorno che alle parole della propria compagna di
classe.
Derisione, derisione e sconforto ricevette dagli occhi incomprensivi
della normale gente, occhi volgari, non disposti ad alcun errore, non
disposti ad accettare una forma di bellezza non convenzionale.
Ammirazione, sincerità, commozione ricevette da due e due soli occhi marroni.
-E’ una stupenda lumaca, Uzumaki!-
E solo a quei due occhi le labbra regalarono un sorriso, e gli occhi un affetto sincero.
-Grazie, Professor Akasuna!-
********************************************************************************
Il mazzuolo lento scolpisce, perforando la materia resistente poco in profondità.
Le pieghe che rendono quasi vera la
piccola statuetta legnosa ormai sono concluse, e con un soffio vengono
anche private degli sdruccioli rimanenti.
Un sorriso si dipinge sulle labbra
sottili e pallide, e dietro gli occhiali di vetro trasparente gli occhi
si riempiono di gioia sincera.
Le mani lasciano ogni attrezzo sulla superficie orizzontale del tavolo, per dedicarsi a quella piccola meraviglia appena creata.
Una Volpe, una piccola Volpe di legno, dagli occhi vispi e accesi, dalla coda fola e morbida.
Sasori sorride, girando e rigirando la sua piccola meraviglia.
-La mia piccola volpe…-
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Capitolo 3 *** Desert inside me ***
NaruGaa
*Nick Autore: Rota23/meg89
*Titolo: Desert inside me
*Pairing principale: NarutoGaara
*Altri personaggi/pairing: //
*Genere: Romantico, Introspettivo
*Rating: Giallo
*Avvertimenti: one shot, song fic
*Numero Scelto: 5
*Note dell'Autore: Ho avuto
l’illuminazione divina mentre guardavo un cartone della Disney.
Non a caso ho preso questa meravigliosa canzone per la mia ff.
Inizialmente non avevo pensato proprio
a nulla, lasciandomi andare alla disperazione più
totale…. E invece sono riuscita anche a comporre qualcosa
°°
Sono decisamente fiera di me ^^
Buona lettura ^^
Ps: come fan degli 883 vi direi di
andare ad ascoltare la canzone, e sentirla prima, durante e dopo la mia
ff… per capire il messaggio della mia ff e sentire anche una
stupenda canzone… ma questo è solamente un consiglio,
nulla di che ^^
(*) Ci sono anche io, musica e testo de 883
Ecco l'immagine a cui dovevo ispirarmi ^O^
DESERT INSIDE ME
Fischia il vento, placido e leggero, passando lieve a rinfrescare la
pelle accaldata del Sole tremendo del giorno desertico, come
accarezzando timidamente i corpi degli uomini mortali.
La notte è scura, solo la Luna splende pallida nel cielo nero,
circondata dalle fide e discrete stelle celesti, adombrate di tanto in
tanto da stracci di nubi.
Il Villaggio di Suna, protetto dalle pareti rocciose e inglobato come
in un abbraccio amorevole di una madre apprensiva, dorme tranquillo
sonni pacifici, avvolto in candide e fresche lenzuola.
Sotto un cielo sereno, i sogni dei suoi abitanti rassicurano le membra
affaticate degli uomini, e finalmente, dopo le imprese del giorno,
l’animo può trovare la pace meritata.
Tutto tace.
Io di risposte non ne ho
mai avute e mai ne avrò
di domande ne ho quante ne vuoi
e tu, neanche tu mi fermerai
neanche tu ci riuscirai
io non sono quel tipo di uomo e non lo sarò mai.(*)
Due iridi azzurre sono aperte a mirare la bellezza del cielo terso,
solo il vetro opaco della finestra s’interpone a ostacolo a una
vista limpida e precisa.
Ma le iridi attente riescono a carpire ogni forma, ogni sensazione od immagine possibile.
Sono minuziose, abituate a lavorare sui particolari.
E così, riescono a cogliere l’essenza stessa delle cose, meravigliosa, divina, senza alcuna fatica.
Gaara non ha sonno.
Sebbene non ci sia più il Tasso a minacciarlo con la sua
presenza mortale, le sue palpebre non sono pesanti, la sua coscienza
non anela a quel poco riposo che le ore notturne possono donare con
tanta generosità.
Il corpo non sente la stanchezza che irrigidisce le membra, che tende i muscoli.
Gaara semplicemente è ben sveglio, e mira la Luna bianca.
Non so se la rotta è giusta o se
mi sono perduto ed è
troppo tardi per tornare indietro così
meglio che io vada via
non pensarci è colpa mia
questo mondo non sarà mio.(*)
Il respiro leggero dei polmoni rilassati si confonde con uno ben
più pesante e incisivo, mescolando profumi e odori, essenze.
Naruto dorme profondamente, poggiando la sua testa bionda al ventre del
Kazekage come su di un morbido cuscino. La sua anima, ormai, è
dispersa nell’inconscio più profondo e celato, più
irrazionale e nascosto.
Il divino Sogno l’ha rapito, per questa notte, abbandonando il
suo corpo tra calde braccia accoglienti, protetto dalla presenza tanto
amata, tanto intima dell’altro.
Nessun Incubo potrebbe disturbarlo, questa notte.
Un uccello stride, acuto, le ali scure aperte per lasciarsi scivolare
leggero nel cielo, su e giù, sospinto con grazia dal vento
benefico.
E il suo ondeggiare armonico, elegante quanto una danza, dipinge tra le nuvole forme immaginarie.
Non so se è soltanto fantasia
o se è solo una follia
quella stella lontana laggiù
però io la seguo e anche se so
che non la raggiungerò
potrò dire ci sono anch'io.(*)
Un Deserto sconfinato, solitario, arido e sterile.
Un Deserto di sabbia bollente, dall’aria ingannevole, che
illudeva con false e menzognere speranze, nel cui suolo si nascondevano
minacce terribili e mortale.
Un Deserto che non permetteva alla vita di mettere tenere radici tra i suoi irti sassi scuri; una gabbia di caldo soffocante.
L’anima priva del Demone Tasso è così vuota da
sembrare una voragine senza fondo, un luogo di perdizione dal quale non
è possibile fare più ritorno.
Strappata quella parte di sé, che tanto aveva ripugnato ma dalla
quale ricavava la sola unica verità su cui aveva fondato ogni
sua certezza di vita, nulla sembrava avere più una reale
motivazione, una reale ragione, un suo perché implicito.
“-Per quale motivo esisto e vivo? Quando ci ho pensato non sono
riuscito a trovare una risposta… Però per vivere ho
bisogno di una ragione, altrimenti equivarrebbe ad essere morto. E
così sono giunto alla conclusione che esisto per uccidere tutte
le persone eccetto me… Uccidendo in continuazione i sicari che
attentavano alla mia vita sono riuscito a trovare una ragione
d’essere… ovvero lottando solamente per me stesso e vivere
amando solamente me stesso…-“
I ricordi, nel silenzio che avvolge ogni cosa, si fanno più intensi, più crudeli.
Più vividi.
Non è stato facile perché
nessun' altro a parte me
ha creduto però ora so
che tu vedi quel che vedo io
il tuo mondo è come il mio
e hai guardato nell'uomo che sono e sarò (*)
E’ un tendersi continuo della volontà verso un qualcosa
che sfugge dalle dita, scivolando via appena si ha l’illusione di
una presa che potrebbe essere salda se solo si potesse fare un passo,
solamente un passo in avanti.
Ma sfugge la preda, lasciando la mano vuota, la coscienza delusa da
un’incapacità che non trova respiro, non trova
soddisfazione in niente.
Si arranca dondolando pericolosamente nel buio della notte che tutto
ingloba, che nulla lascia. Gli occhi sono ciechi, il naso non sente, le
mani perdono sensibilità.
Senza nulla a cui aggrapparsi, a cui sorreggersi, ci si ritrova in balia d’onde violente di tempesta.
Ti potranno dire che
non può esistere
niente che non si tocca o si conta o si compra perché
chi è deserto non vuole che qualcosa fiorisca in te.(*)
Eppure non si ammette la sconfitta, mai e poi mai.
Anche cadendo mille e mille volte, sbucciandosi le ginocchia fino a
macchiare la terra di sangue rosso, vivo, le gambe si rizzano di nuovo,
e la marcia continua, continua imperterrita.
La polvere, il fango, il dolore… non esiste grave così
soffocante da non poter essere portato sulle spalle che, sebbene
ricurve, ancora resistono, ancora procedono.
Sono due occhi di Cielo a fungere da faro in mezzo alla burrasca, due
occhi così azzurri, così puri, così meravigliosi.
Conoscono fin troppo bene il male che affligge l’anima, ciò che gli uomini chiamano comunemente solitudine.
La conoscono, perché l’hanno vista più volte.
La tempesta si placa, il cielo si schiarisce, ogni intemperia trova riposo.
L’agonia, finalmente, cessa.
E so che non è una fantasia
non è stata una follia
quella stella la vedi anche tu
perciò io la seguo ed adesso so
che io la raggiungerò
perché al mondo ci sono anch'io(*)
Con gli occhi pieni di bianco pallore, la coscienza trova infine l’agognato riposo.
Le palpebre si abbassano, la testa s’inclina appena abbandonandosi alla quiete dell’oblio.
Il respiro si fa lento e calmo.
Gaara ora può dormire.
perché al mondo ci sono anch'io
ci sono anch'io, ci sono anch'io(*)
La Luna ancora veglia sul Villaggio di Suna, proteggendo i suoi sogni, i suoi desideri e le sue speranze.
Nel deserto sboccia un verde bocciolo…
Signori, dopo un'attesa esorbitante...
Ho scoperto di essere arrivata seconda xD
Non male, non male ^^ Non mi lamento affatto ^^ Sono felice ^^ Certo, relativamente felice, ma pur sempre sfelice ^^
Ringrazio CHIUNQUE mi abbia seguita fino a qui. Grazie della vostra pazienza e del vostro interessamento. Davvero.
Ringrazio la giudice ShiIta per il contest, per i giudizi e per i banner <3
Faccio i miei complimenti a iaia@86 e a Darkrose, le altre podiste ^^
E... vi lascio xD
Spero vi siate divertiti, leggendo le mie ff ^^
Grazie ancora di tutto ^^
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