La Coppa Mortale

di Annie B
(/viewuser.php?uid=733867)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sottostare ***
Capitolo 2: *** Strategie ***
Capitolo 3: *** Conoscenze ***
Capitolo 4: *** Insinuazioni ***
Capitolo 5: *** Tasselli ***
Capitolo 6: *** Dubbi ***
Capitolo 7: *** Lealtà ***
Capitolo 8: *** Compromessi ***
Capitolo 9: *** Confessioni ***
Capitolo 10: *** Cambiamenti ***
Capitolo 11: *** Complicazioni ***
Capitolo 12: *** Nascondersi ***
Capitolo 13: *** Shock ***
Capitolo 14: *** Confronti ***
Capitolo 15: *** Orrore *parte 1* ***
Capitolo 16: *** Orrore *parte 2* ***
Capitolo 17: *** Riunirsi ***
Capitolo 18: *** Braci ***
Capitolo 19: *** Fiamme ***
Capitolo 20: *** Raziel ***



Capitolo 1
*** Sottostare ***


Buon pomeriggio a chiunque sia rimasto da queste parti leggendo ancora qualcosa! Dopo un sacco di tempo ho deciso di riprovare a tornare a pubblicare, sperando la storia vi piaccia, stabilirò la frequenza di pubblicazione in base alle richieste di chi legge.
Vi prego di lasciare un commento per farmi sapere cosa ne pensate e chiedere tranquillamente se avete qualche dubbio.
Per ora auguro a chi passerà di qui buona lettura, sperando di rispondervi nei commenti!

Un bacione, Annie.


Tre colpi insistenti sulla porta.
Clary aprendo gli occhi assonnata, guardò verso la finestra constatando che era ancora buio. Ovviamente.
Suo padre svegliava lei e suo fratello sempre un'ora prima dell'alba. Solo una volta aveva potuto dormire fino al sorgere del sole, ed era stato quando loro padre aveva picchiato Jonathan così tanto che per tre giorni interi era rimasto privo di sensi nonostante le rune, e l'addestramento di conseguenza era stato posticipato. Ma oltre quella volta, successa più o meno sei anni prima, non c'erano state altre eccezioni.
-Sorella è ora.- la voce di Jonathan dall'altro lato della porta era già sveglia e chiara.
-Arrivo arrivo.- sbraitò Clary uscendo di malavoglia dal caldo delle coperte.
Si affacciò alla finestra osservando la luna bassa che stava scomparendo dietro la collina prima di lasciare posto al sole. Si rifletteva giallastra sul fiume che scorreva fuori da casa loro, mostrando le increspature dell'acqua e tracciando un sentiero lucido che scivolava verso la valle.
Idris a quell'ora era meravigliosa. Silenziosa e quieta. Per quei pochi minuti in cui appena sveglia si affacciava alla finestra, poteva dimenticare chi era, a cosa fosse destinata, in che razza di mondo disgraziato vivesse.
A quell'ora, prima che tutti si svegliassero, era come se ci fosse solo lei. Una normalissima ragazza di quindici anni che viveva in una casetta in campagna, sulla riva di un fiume.
-Nostro padre torna questa mattina, datti una mossa Clarissa, non ho voglia di ricucirti se lo fai arrabbiare.- la voce di suo fratello la riportò alla realtà di sangue e morte nella quale viveva.
-Sto arrivando. Aspettami di sotto.- gli rispose alzando la voce.
Chiudendo la finestra tornò verso il centro della camera, preparò sul letto gli abiti da allenamento e poi rabbrividendo si spogliò indossando l'accappatoio.
L'unico stramaledetto bagno di quella casa striminzita era al piano di sotto, ogni mattina farsi la doccia era un'agonia, soprattutto considerato che a Idris, non erano previsti scaldabagni o impianti di riscaldamento e loro padre non si era preso la briga di installare qualcosa che rendesse la vita lì un po' meno spartana. Non per loro comunque.
L'acqua era gelata, così come tutto il resto. L'unico periodo gradevole dell'anno erano i mesi estivi, ma erano sempre troppo brevi e non bastavano per scaldarla durante l'inverno.
Venti minuti dopo, battendo i denti, era vestita e pronta in soggiorno.
Suo fratello aveva già finito di fare colazione e la stava aspettando.
-Come fai a sapere che torna oggi?- chiese Clary sedendosi a tavola e iniziando a sbucciare una mela.
Non chiamava mai loro padre “papà” le sembrava fuori luogo. Loro padre, Valentine Morgenstern, non era né affettuoso né paterno. Era un soldato, uno stratega, il miglior guerriero che Idris avesse visto da molti anni, ma di certo non era un padre.
Jonathan sghignazzò e giocherellando con le bucce della sua colazione rispose -Ho qualche uccellino che ama cantare.-
-Fai attenzione allora, perché se i tuoi uccellini cantassero con la persona sbagliata, nostro padre gli torcerebbe il collo.- rispose Clary con un sorriso acido.
Detestava la fissazione di suo fratello per i Nascosti, soprattutto la passione che nutriva per le fate, era sicura che i suoi uccellini facessero parte del Popolo Fatato, ma erano falsi e ipocriti, era uno stupido a fidarsi di loro.
-Nostro padre può ammazzare chi gli pare, non me ne frega niente.- rispose piatto Jonathan sfidandola a ribattere.
Clary lo sapeva benissimo che era vero, a suo fratello non importava niente della vita altrui, a volte si era chiesta addirittura se gli importasse della sua, di quella della sua stessa sorella. Ma era sempre arrivata alla conclusione che fosse meglio non indagare troppo.
Finendo di masticare l'ultimo pezzo di mela, si alzò da tavola e si incamminò verso il giardino -Vuoi cominciare o stiamo qui a chiacchierare fino al sorgere del sole?- gli chiese prendendolo in giro.
-Fatti sotto angioletto.- ribatté lui tenendole aperta la porta e indicandole la rastrelliera alla quale erano appese le spade da allenamento.
-Smettila con questa storia!- gli ringhiò addosso Clary legandosi i capelli e afferrando una spada spuntata.
Sapevano fin da quando erano piccoli che loro padre aveva fatto esperimenti su di loro, la differenza sostanziale era che Jonathan era stato rinforzato dal sangue di demone, mentre a Clary, era toccato quello di un angelo. Proprio come quel presuntuoso viziato dell'altro “Jonathan”... loro padre l'aveva cresciuto come un figlio, anzi, considerato che non era figlio suo, l'aveva cresciuto meglio di quanto non avesse cresciuto loro due.
Tanto lei quanto suo fratello, odiavano quel ragazzo a pelle. Ora si faceva chiamare Jace, così avevano sentito dire. Aveva avuto tutto quello che a loro era stato negato. Non ne aveva nessun diritto, eppure loro padre lo amava più di quanto amasse loro.
Jonathan estraendo a sua volta una spada senza filo, si mise in posizione d'attacco e la guardò sarcastico -Vieni qui angioletto, ti spunto le ali.-
-Piantala!- gli urlò Clary scattando in avanti e lanciandosi all'attacco.
Suo fratello schivò l'affondo e la colpì di piatto sulla schiena facendole perdere l'equilibrio, tuttavia facendo una capriola in avanti, Clary pose distanza tra loro e girandosi ancora prima di avere la mira a fuoco scagliò la spada contro di lui conficcandogliela dritta nella coscia fino a far uscire la punta dal retro della gamba. -Alla faccia della lama spuntata.- Pensò divertita.
-Ahia.- disse piatto Jonathan guardandola scocciato.
Clary con un ghigno si avvicinò e dandogli uno spintone lo fece cadere. -Vuoi una mano a tirarla fuori?- chiese posando la mano sull'elsa della spada e spingendola più in profondità.
-Sei proprio di mal umore oggi sorellina.- notò suo fratello digrignando i denti dal dolore.
Un colpo secco le arrivò sulla caviglia facendole scricchiolare l'osso. Tipico di Jonathan, non abbassava la guardia nemmeno se ferito, mai. Era impossibile stendere suo fratello e sperare di essere salvi.
Scivolando per terra Clary grugnì infastidita, non fece in tempo a girarsi e tirarsi su che lui era già in piedi con la spada sporca di sangue nella mano sinistra.
-Quante volte ti ho detto che lanciare l'unica arma che hai non è una mossa saggia?- la prese in giro brandendo entrambe le spade e facendole roteare come le pale di un elicottero di fronte a lei.
-Se fossi stato un normale shadowhunter saresti svenuto, magari anche morto, non farmi la predica fratellino. Stavamo giocando dai.- rispose Clary stringendosi nelle spalle e massaggiandosi il piede.
Jonathan le tirò la spada davanti alle scarpe -Hai cominciato pesante oggi però.- le disse senza sarcasmo -Cosa c'è che non va Clary?- aveva smesso di fare il cretino almeno.
Lei alzandosi sospirò e raccolse la spada -Niente, è solo che detesto pensare a lui e tu continui a ricordarmi quanto siamo simili.-
Non ebbe bisogno di precisare che parlava di Jace, suo fratello sapeva leggerle nel pensiero meglio di chiunque altro.
Le si avvicinò e prendendola per le spalle la fissò dritta negli occhi -Tu non sei come lui. Non dirlo nemmeno per scherzo. Lui non vale niente, è un verme! Un fantoccio che nostro padre ha creato solo perché gli tornasse utile in futuro. Il tuo sangue è puro, superiore a quello di chiunque altro, siamo Morgenstern, è quello l'unico sangue di cui ti debba importare.-
Clary posò le proprie mani su quelle di Jonathan accarezzandole piano, poi un po' contrariata disse -Già, peccato che io non valga niente per nostro padre. Mi odia, mi disprezza, non farò mai niente che per lui sia abbastanza. Potrei andare alla Sala degli Accordi domani se me lo chiedesse e ucciderei il Console senza farmi scrupoli. Eppure lui non vede la mia lealtà. Mamma è morta per colpa mia e lui vuole farmela pagare.-
Suo fratello tirandola vicino al proprio corpo, macchiando anche lei con il sangue che gli usciva dalla coscia, le prese il viso tra le mani e la baciò sulle labbra, poi staccandosi appena mormorò -Nostra madre è morta dandoti alla luce, non sei nata come un assassina, sorella. Non darti colpe di cui nemmeno io ti ritengo responsabile. A nostro padre importa solo la causa, penso che l'unica cosa che abbia contro di te riguarda il fatto che tu sia una femmina. Fisicamente inferiore a un guerriero maschio, niente di più.-
Clary stringendogli la schiena gli sorrise contro la guancia -Pensi anche tu che il fatto che io sia una donna sia penalizzante?-
Jonathan le afferrò i capelli alla base della nuca e facendo scontrare i loro denti la tirò contro il proprio viso baciandola con foga.
Lei schiudendo le labbra lo lasciò fare, sapeva che era sbagliato, ma non è che le importasse molto.
Vivere come due reietti ai confini del mondo, come fantasmi, la cui esistenza non era documentata da nessuno, li aveva uniti più di quanto non sarebbe stato opportuno tra due fratelli. Avevano solo loro l'uno per l'altra, si erano ricuciti le ferite un milione di volte, consolati a vicenda quando loro padre frustava l'una o l'altro per ore.
Clary iniziava a chiedersi se fuori da quelle quattro mura, esistesse davvero qualcuno che un giorno avrebbe attratto il suo interesse, chi mai poteva essere forte come suo fratello, coraggioso come lui, altrettanto bello da sembrare un angelo?
Ma poi che importanza aveva? In fin dei conti lei era una shadowhunter, l'amore non esisteva e nemmeno la libertà, la sua vita era votata alla guerra, al giorno in cui Valentine avrebbe dichiarato di nuovo guerra a Idris, ma con due armi indistruttibili: lei e Jonathan.
Forse in un mondo libero dai Nascosti in cui loro padre avrebbe coronato i suoi sogni di purezza, forse in un mondo così sarebbe stata libera, forse quel giorno avrebbe potuto conoscere qualcos'altro che non fosse solo l'odore di sudore e sangue e la solitudine.
Si aggrappò alle spalle di suo fratello e sospirò piano contro la sua bocca, quando lui faceva così, le piaceva molto più di quanto non avrebbe dovuto.
La lingua di Jonathan la accarezzava lenta e sensuale, giocando con le sue labbra e mordendola, e le sue mani erano scese intorno all'elastico della felpa all'altezza dei fianchi e stavano frugando per raggiungere la pelle nuda.
Clary ridacchiando soavemente scosse la testa e lo allontanò -Ne abbiamo già parlato, va bene divertirsi, ma non esageriamo.-
Suo fratello le strinse la vita guardandola negli occhi con desiderio, ma poi sorridendo ironico disse -Con la mia gamba tagliuzzata in questo modo non avresti molto di che divertirti in effetti.-
Se ne era quasi dimenticata, si inginocchiò all'istante davanti a lui ed estraendo lo stilo dalla tasca dei pantaloni gli afferrò il ginocchio -Stai fermo che ti rimetto a posto.-
Jonathan non fece una piega, rimase immobile senza emettere un solo verso e quando Clary ebbe finito di tracciare l'iratze di guarigione, stiracchiò i muscoli constatando che stava tornando come nuovo.
-Direi di lasciar stare il corpo a corpo.- disse Clary con un sorrisetto eloquente -Bastoni?-chiese poi indicando la sfilza di armi da allenamento che avevano intorno nel giardino.
Jonathan ridendo acconsentì -Vada per i bastoni, vuoi iniziare con quelli chiodati o lisci?-
-Lisci, non voglio ridurti come uno scolapasta, se diventassi brutto, le fate non ti rivelerebbero più i loro segreti.- dichiarò Clary sprezzante.
Suo fratello ne afferrò due lanciandone uno a lei, poi osservandola curioso fece -Non capisco che fastidio ti dia, sono solo passatempi, ne abbiamo così pochi qua.-
Iniziando con le mosse di attacco di base, mentre lui parava colpo su colpo, Clary rispose -Non mi da fastidio il fatto che te le fai, mi da fastidio il solo fatto che le consideri degne di rivolgere loro la parola. Sono Nascosti!- concluse disgustata.
-Nostro padre sarebbe fiero di te a sentirti parlare così.- sbuffò Jonathan schivando con una mezza capriola laterale un colpo diretto alle costole. -Io non sono completamente d'accordo con lui riguardo questo argomento.- aggiunse mandando a segno una bastonata che la colpì dietro le ginocchia facendola saltare all'indietro.
-Bel colpo!- esalò Clary ansimando prima di darsi lo slancio con la schiena e rialzarsi in piedi -Ma fai attenzione a non dire cose simili in presenza di nostro padre, credo che non riusciresti a dormire sdraiato sulla schiena per un paio di mesi.- gli disse continuando a rispondere ai colpi con un lieve fiatone.
-Non sono così stupido sorellina. Dico solo che i Nascosti potrebbero tornarci più utili degli shadowhunter stessi in certe... situazioni.- chiarì Jonathan mandando a segno un altro colpo e facendo ribaltare Clary per terra.
Sputando una macchia di sangue sull'erba umida di brina, si rialzò facendo girare il bastone nella mano facendo arretrare suo fratello.
-Oltre che tra le lenzuola non so proprio a cosa possano servirti le doti di una fata o una qualunque di quelle bestie mezzi demoni.- ribatté Clary continuando ad attaccare.
Jonathan schizzando verso di lei come un proiettile le piantò il bastone nella bocca dello stomaco prima che riuscisse anche solo a vederlo, poi con un movimento deciso del braccio le afferrò il collo ribaltandola con una capriola dietro di sé, e infine quando Clary era a terra senza fiato e stordita si mise a cavalcioni su di lei schiacciandole la gola con il gomito -Non è molto carino da parte tua dire una cosa del genere.- le mormorò contro il collo.
-Non parlavo di te, lo sai.- annaspò lei cercando di fare pressione con il bacino in modo da ribaltarlo.
-Non sono forse un mezzo demone anche io? Non ho lo stesso sangue marcio dei Nascosti nelle vene? Se provi tanto disgusto per loro... rammenta che non siamo così diversi.-
Clary smettendo di cercare di liberarsi del suo braccio intorno alla gola, usò il vantaggio di avere entrambe le mani libere e si agganciò intorno al collo di Jonathan con una morsa di ferro, facendo pressione all'indietro finché lui allentando la stretta su di lei fu costretto a seguire il suo movimento per non rompersi le ossa cervicali.
Quando l'ebbe ribaltato sotto di sé invertendo i ruoli, Clary lo guardò dura e fissandolo in quei suoi due occhi neri come le tenebre sussurrò -Tu non hai niente a che fare con quella spazzatura. Non dire idiozie. Il tuo sangue è quello di uno shadowhunter, non di una bestia o il risultato di una mutazione. Sangue di angelo, un angelo con ali nere forse, ma sempre un angelo. E poi...- si interruppe e sorrise, prendendo la mano di suo fratello e posandosela sul fianco -Pensi che a un Nascosto permetterei di avvicinarsi così a me e continuare ad avere entrambe le mani?-
A quel punto Jonathan ghignando, le strinse la vita tirandosi su fino a ritrovarsi seduto sotto di lei con i loro visi a pochi centimetri di distanza -Le perderebbe entrambe le mani.- le alitò contro le labbra, -dove non arriverebbe la tua spada ci penserebbe la mia. Nessuno ha il diritto di mettere le sue luride mani sul corpo di mia sorella.-
Clary ridacchiò soddisfatta e dandogli un bacio all'angolo della bocca si liberò della sua stretta alzandosi in piedi -Non c'è pericolo, noi non esistiamo per il mondo. E una ragazza che non esiste, non può avere relazioni con nessuno. Gli shadowhunter non sono alla mia portata quindi, e i Nascosti come ho già detto, non fanno per me.-
Il sole che si era alzato ormai da un'ora, brillò su di loro come un avvertimento -Basta con queste stupidaggini, se arrivasse nostro padre e ci vedesse così non sarebbe una bella giornata per nessuno.- dichiarò Clary riponendo entrambi i bastoni nella rastrelliera ed estraendo due pugnali a lama corta.
-Vuoi allenarti ancora insieme?- le chiese suo fratello saltando in piedi e pulendosi i vestiti dall'erba.
-Non ti ho ancora battuto, no?- ribatté lei lanciandogli un pugnale, vedendolo fastidiosamente atterrare nella mano di Jonathan senza fargli un graffio. Aveva dei riflessi degni di un felino.
Lui ridendo divertito osservò il pugnale e rispose -Mi hai atterrato, non ti basta?-
-Non fare lo spiritoso, sono stufa di essere la seconda scelta di nostro padre per tutto. Gli dimostrerò che non valgo meno di te.- sibilò Clary facendo fischiare la lama che girava frenetica nel palmo della sua mano.
Continuarono a combattere insieme per un altro paio d'ore, finché alla fine della prima metà della mattinata, Jonathan aveva una spalla lussata e un taglio sotto la clavicola e Clary un gomito rotto e uno zigomo gonfio come un mandarino.
Erano entrambi sdraiati sul prato davanti a casa a riprendere fiato, fissando il cielo e respirando a pieni polmoni cercando di trattenere un po' della libertà delle nuvole, per portarla nella loro piccola prigione fatta di muri e silenzio.
-Diamoci una sistemata prima che torni nostro padre, non ho voglia di tenermi la spalla così fino a sta sera.- disse Jonathan d'un tratto alzandosi a sedere.
Clary sbuffando, mentre vedeva volare via l'ultimo respiro di pace della giornata, si alzò a sua volta e tirò fuori lo stilo. Era ridotta peggio di suo fratello, come di norma, e proprio per questo aveva meno voglia di lui di dover convivere col dolore fino all'ora di andare a dormire.
Loro padre aveva posto la regola che se feriti, se la ferita non comprometteva la loro vita, non avrebbero dovuto curarsi fino all'ora di andare a letto al termine della giornata, ma questo non significava interrompere gli addestramenti, secondo lui li avrebbe resi più forti imparare a combattere anche con le ossa rotte e il sangue negli occhi, probabilmente era vero, ma il più delle volte li rendeva solo più nervosi.
Jonathan che l'aveva raggiunta, si chinò su di lei tirandole su la manica della felpa e stringendole il polso nella mano sinistra, mentre avvicinava lo stilo alla sua pelle con la destra.
Clary osservando i suoi capelli argentati che gli danzavano davanti agli occhi appiccicati alla fronte sudata, lo studiò mentre era preso a curarla, era talmente contrastante il suo carattere da farle credere a volte che ci fossero più personalità in lui. C'erano occasioni in cui non sembrava altro che un demone dall'aspetto umano, altre invece, in cui sapeva essere un buon fratello. Non aveva mai capito da cosa dipendessero quei suoi sbalzi d'umore.
Mentre la pelle dell'avambraccio veniva marchiata a fuoco dallo stilo, ustionandosi e bruciando lievemente, entrambi scattarono sull'attenti sentendo gli zoccoli di un cavallo fin troppo vicino a loro.
Jonathan non fece in tempo a riporre lo stilo, che la voce di loro padre li fece sussultare.
-Non mi sembra che il sole sia calato.- dichiarò tirando le redini dell'animale e facendolo arrestare davanti a loro.
-Bentornato a casa padre.- risposero all'unisono Clary e Jonathan alzandosi in piedi e chinando il capo rispettosamente.
Valentine Morgenstern, scendendo fluidamente dal cavallo, estrasse la spada dalla cintura e mosse qualche passo verso di loro, si fermò davanti a Clary e chiese -Che cos'era Clarissa?-
Clary trattenendosi dallo sbuffare, rispose pacatamente -Il gomito padre.-
Al che con un colpo secco, l'elsa della spada di suo padre, si piantò precisa come un bisturi tra l'omero e l'ulna, spaccandole il braccio in due punti e mandando al diavolo l'iratze che Jonathan le aveva appena tracciato.
Mordendosi la lingua Clary cercò di non emettere un fiato, se era in grado Jonathan di sopportare il dolore in silenzio, lei non si sarebbe mostrata da meno.
Loro padre muovendo un passo, questa volta si fermò davanti a suo fratello -Con te farò i conti dopo.- disse duro come il marmo.
-Venite in casa, dobbiamo discutere. È arrivato il momento di andare a riprenderci la Coppa Mortale.-

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Strategie ***


Buon sabato pomeriggio a tutte coloro che sono tornate per leggere, vi rubo solo un minuto prima di lasciarvi al capitolo, per ringraziare chi già ha messo la storia tra le seguite/preferite e chi mi ha mandato il suo appoggio anche solo con un breve messaggio!
Nella speranza che diventiate meno silenziose, anche per sapere se la storia vi piaccia o meno, vi auguro buona lettura!

Annie :*


Jonathan e Clary seguirono silenziosamente loro padre in casa senza dire una parola. Ma mentre suo fratello le camminava dietro con aria tranquilla, Clary si chiese in che modo quella notizia potesse riguardare loro due.
Aveva sempre creduto che il giorno in cui suo padre si sarebbe ripreso la Coppa Mortale, lo avrebbe fatto con i membri del Circolo ancora in vita e i nuovi seguaci, non con l'aiuto di due ragazzini che considerava solo altre due spade alla sua cintura.
Quando la porta d'ingresso si fu chiusa dietro di loro, Valentine scostando una sedia dal piccolo tavolo della cucina si sedette facendogli cenno di imitarlo.
Stringendosi il braccio rotto al corpo, Clary strizzò gli occhi sedendosi di lato lasciando il posto di fronte a loro padre a Jonathan. Lui tranquillo come se non provasse alcun dolore, scostò la seggiola e le strinse la mano da sotto il tavolo.
Erano anche quei piccoli gesti a darle la speranza che gli importasse di lei a volte, sapeva benissimo che erano entrambi nei guai per aver disobbedito a una regola, ma lui stava cercando di consolarla nonostante non avesse ancora ricevuto la propria punizione.
-Hai fatto buon viaggio padre?- domandò rispettosamente Jonathan osservandolo. Aveva il viso stanco in effetti, ma sempre fiero e senza segni di debolezza.
-Movimentato.- si limitò a rispondere Valentine posando contro la gamba del tavolo la cintura con le armi e sedendosi più comodo.
-Come vi ho detto, c'è qualcosa di cui dobbiamo parlare. Clarissa, partirai per New York domani mattina.- dichiarò senza preamboli.
Quella notizia la colpì come un fulmine a ciel sereno. Non aveva mai avuto il permesso di lasciare quel loro nascondiglio a Idris, l'unica volta che aveva provato ad avvicinarsi alla tenuta dei Wayland per dare un'occhiata al ragazzo che suo padre considerava come un figlio, lui l'aveva frustata fino a farla svenire in un lago di sangue. Da quella volta aveva avuto il buon senso di non mettere più piede oltre i confini del giardino.
E ora invece voleva spedirla a New York? Per quale motivo?
-Perché?- la domanda le uscì dalla bocca prima che potesse formulare una frase meno pericolosa.
-Sarà un onore per Clarissa portare a termine qualunque missione tu le affidi padre.- intervenne suo fratello cercando di riparare alle stupidaggini che le uscivano dalla bocca e stringendole la mano facendole scricchiolare le dita in un muto avvertimento.
-Preferirei mandare te, ma è un tipo di missione che richiede un approccio più... delicato.- rispose Valentine sprezzante rivolgendosi a Jonathan.
-Se pensi di non essere pronta Clarissa, non mi troveresti sorpreso. Affiderò il compito a qualcun altro.- aggiunse poi guardandola con riprovazione.
-No padre, farò tutto quello che è necessario.- rispose lei con la voce ferma, nonostante sentisse gli occhi che stavano per schizzarle fuori dalla testa per il dolore al braccio e l'umiliazione.
Suo padre si divertiva a farla sentire una nullità, nonostante lei cercasse di compiacerlo in tutti i modi.
-Spero che non mi deluderai. Voglio che ti infiltri all'Istituto di New York come un'alleata, è gestito dai Lightwood al momento, siamo stati compagni d'armi molti anni fa, ma hanno tradito la causa spinti dalla codardia. Stringi legami con i loro figli, conquista la loro fiducia.- disse suo padre spiegandole la situazione.
-Sì padre, quale sarà la vera ragione per cui sarò lì invece?- chiese Clary tenendo a mente tutto.
Valentine osservando entrambi rispose -Sotto la custodia dei Lightwood c'è anche Jace, sapete entrambi chi sia, dico bene?-
-Sì.- confermarono tutti e due, trattenendo a malapena il disgusto nel sentir pronunciare il suo nome.
-Avrai bisogno del suo aiuto Clarissa, quindici anni fa, la Coppa è tornata nelle mani del Conclave e ho ragione di pensare, che sia custodita all'Istituto. Le doti di Jace ti saranno fondamentali per scoprire dove sia nascosta.
Clary annuì incollando sul proprio viso un espressione neutrale, ma il solo pensiero di doversi avvicinare a Jace le dava la nausea. Poteva sentire le spade vibrare, al pensiero di vederle conficcate nel suo cuore.
-Posso chiedere perché all'Istituto? Non sarebbe stato più sicuro tenerla a Idris?- chiese Clary a suo padre col tono più innocente del suo repertorio.
-Non sono cose che ti riguardino, quando tua madre mi rubò la Coppa, non mi disse mai dove l'avesse nascosta e poi morì, ma ho ragione di pensare che possa trovarsi a New York. Se hai paura, troveremo un altro modo.- le disse lui freddo.
-Non ho paura. Partirò domani mattina come hai ordinato.- rispose Clary determinata.
-Molto bene allora.- fece Valentine alzandosi da tavola -Vieni in giardino, ti allenerai con tuo fratello e io osserverò, Jace è forte quanto Jonathan, voglio che tu sia in grado di disarmarlo se fosse necessario.-
Clary alzandosi da tavola con un cenno d'assenso si incamminò nel giardino, partiva già svantaggiata per via del gomito rotto che le rallentava i movimenti e riduceva il raggio d'attacco al solo lato destro del suo corpo, ma non disse niente in proposito.
-Jonathan, le spade angeliche.- Ordinò Valentine lanciandogli la chiave di un baule. Di solito quelle armi non erano alla loro portata, ma nelle occasioni in cui Valentine li teneva d'occhio, a volte li faceva allenare anche con quelle, per rendere tutto più realistico.
Suo fratello schizzando verso il baule, in un secondo era di ritorno con due spade, una la tenne per sé, l'altra la lanciò a lei.
Afferrandola al volo affinando i riflessi, Clary si mise in posizione d'attacco, non aveva intenzione di cedere nemmeno un centimetro a suo fratello, non quella volta.
-Cercate di non uccidervi, voglio una dimostrazione.- dichiarò loro padre incrociando le braccia sul petto massiccio e fissandoli glaciale.
-Sì padre.- annuirono entrambi.
Jonathan la guardava con un'aria quasi dispiaciuta, sapeva benissimo a cosa stava pensando, era sicuro che l'avrebbe battuta, eppure il ghigno che si apriva agli angoli della bocca, nascosto dagli occhi teatralmente tristi, era il segno che non aveva intenzione di regalarle la vittoria, anzi, si sarebbe divertito a testare le sue abilità fino al limite.
-Cominciate.- disse loro padre dando l'ordine.
Senza altre avvisaglie, Clary si fiondò verso di lui con la spada luminosa che puntava alla sua gola, ma Jonthan parando il colpo con la propria spada facendo stridere le lame una contro l'altra, si girò a una velocità impressionante tirandole una gomitata in bocca che le fece deglutire sangue.
Senza darle il tempo nemmeno di riprendersi affondò la spada dritta contro di lei puntando allo sterno, Clary riuscì a schivarla all'ultimo secondo girando su sé stessa e contraccambiò con una falciata dal basso verso l'alto mirata all'arteria femorale. Lo avrebbe quanto meno rallentato se fosse riuscita a ferirlo in quel punto. Tuttavia suo fratello ruotando parzialmente su sé stesso, si limitò ad alzare la gamba ed evitò il colpo senza sforzi. Concludendo la rotazione si spinse in avanti verso di lei a lama tesa, ma a quel punto Clary era pronta, stringendo la spada angelica con tutte le forze che aveva la calò su di lui colpendo la sua spada e facendogli perdere la posizione lo spinse in ginocchio. Senza dargli tregua ne approfittò per affondare verso la sua gola, ma Jonathan saltando all'indietro si diede la spinta per allontanarla tirandole un calcio micidiale nella bocca dello stomaco.
Volarono entrambi all'indietro di diversi metri perdendo terreno, ma tanto Jonathan, quanto Clary nonostante il fiato corto per il calcio, si rialzarono di slancio in meno di un secondo
Suo fratello prendendo la rincorsa schizzò verso di lei fermandosi appena un metro prima di toccarla e si caricò in un salto d'attacco a spada tesa, Clary non fece in tempo a rendersi conto della finta, che l'elsa della spada di Jonathan le si piantò in bocca spaccandole il labbro completamente lasciandola stordita e dolorante.
-Patetico Clarissa, non sai fare di meglio?- la schernì suo padre amareggiato.
Senza prendersi nemmeno il tempo di ragionare un attimo, colpita nell'orgoglio, Clary reagì tirando due falciate alla cieca, entrambe parate senza sforzi da Jonathan.
La durezza dei colpi li allontanò di scatto e per qualche secondo rimasero a fissarsi in cagnesco girando in tondo.
Tuttavia le parve di vedere chiaramente un ghigno soddisfatto sulla bocca di suo fratello, quanto avrebbe voluto toglierglielo con una mazza borchiata!
D'un tratto, a una velocità impossibile, Jonathan caricò verso di lei correndo preparando una falciata dall'alto verso il basso, piegandosi indietro Clary riuscì a schivare il colpo, ma un'altra carica era già in arrivo indirizzata al suo fianco. Ruotando più velocemente che poté, riuscì a parare anche quella colpendo la sua spada con la propria e lasciando suo fratello senza guardia per un secondo. Secondo che non aveva intenzione di sprecare! Spingendosi verso di lui tagliò l'aria mirando alla sua gola, gli mancò la giugulare per pochi centimetri, ma ebbe la soddisfazione di vedere un fiotto di sangue zampillare da un profondo taglio che correva orizzontalmente sotto le sue clavicole.
Clary aprendosi in un ghigno soddisfatto approfittò del punto messo a segno per riprendere fiato, ma si rivelò un errore madornale.
Avrebbe dovuto saperlo, aveva visto suo fratello ridotto molto peggio di così e continuare a combattere.
Jonathan ignorando il solco sul petto fece roteare la spada nella mano per darle lo slancio e poi con un sorriso perfido fece fischiare l'aria tagliando perfino l'ossigeno. Mandò a segno il colpo squarciando Clary dalla coscia allo sterno con una falciata dal basso verso l'alto che per poco non raggiunse anche la gola.
-Ho visto abbastanza.- ringhiò loro padre dietro di loro, ma Clary ferita più nell'orgoglio che nel corpo, ignorò deliberatamente l'ordine di smettere e saltando con tutta la forza che le era rimasta caricò un calcio in aria girando su sé stessa puntando al viso di suo fratello.
Jonathan abbassandosi senza sforzo schivò il calcio e prendendola per la caviglia la scaraventò in aria facendola atterrare sulla schiena a un paio di metri più in là.
Quando cozzò contro il terreno con un tonfo sordo, le sembrò che tutto l'ossigeno del mondo fosse scomparso, respirava acido e cenere ad ogni boccata d'aria che cercava di prendere per riempirsi i polmoni. Doveva avere almeno quattro costole rotte e ormai c'era più sangue sul prato che nelle sue vene probabilmente, ma non aveva intenzione di prendersi gli insulti di suo padre e darla vinta a Jonathan. Strisciando sulla pancia schiudendo ulteriormente i lembi di pelle già gravemente aperti, fece forza sui gomiti finché riuscì a mettersi in ginocchio.
Sputò per terra una macchia di sangue mista alla bile che le risaliva dallo stomaco e fissò suo fratello con aria di sfida.
-Tutto qui?- lo schernì tirando fuori tutta la voce che le era rimasta.
Jonathan sghignazzando con la spada in mano le si avvicinò e prendendola per i capelli alla base della nuca le tirò il collo all'indietro scoprendole la gola. Le poggiò la lama brillante della spada angelica contro la pelle macchiata di sangue e sussurrò -Come pensi di venirne fuori?-
Clary impugnando lateralmente la spada, si aprì in un ghigno e con un colpo secco gli tagliò il polpaccio per tutta la lunghezza, nello stesso istante in cui sui fratello si piegò imprecando per assorbire il colpo, lei si alzò in piedi tremando sulle gambe e gli piantò l'elsa della spada dritta sulla nuca facendolo cadere definitivamente per terra.
Avrebbe potuto finirlo, e dimostrare che era in grado di batterlo, ma non appena mosse due passi, crollò di nuovo in ginocchio ansimando senza fiato. Le girava la testa, stava perdendo troppo sangue.
La spada le scivolò di mano tintinnando contro l'erba e spegnendosi. L'ultima cosa che fece in tempo a vedere fu suo padre che le andava incontro, poi perse i sensi sbattendo violentemente contro il prato zuppo del suo sangue.
Riaprendo gli occhi stordita, sentì un paio di colpetti sulle guance. Si guardò intorno con lo sguardo appannato e vide Jonathan chinato su di lei che la stava scuotendo.
-Clarissa, Clary apri gli occhi.- le disse da molto vicino facendole schioccare le dita davanti alla faccia.
-Cosa... quanto tempo è passato?- chiese lei cercando di mettersi in posizione eretta.
-Dieci minuti, nostro padre mi ha autorizzato a farti qualche runa, ti senti meglio?- le rispose lui sorridendo e togliendosi dalla faccia l'espressione cupa di pochi secondi prima.
Clary alzandosi in piedi, rendendosi conto che si trovava ancora sul prato annuì -Sì, sto bene.- si toccò la gamba seguendo il profilo della cicatrice non ancora chiusa del tutto, che saliva fino al ventre arrampicandosi su per le costole e fermandosi appena sotto lo sterno.
-Cercavi di ammazzarmi?- chiese a Jonathan scocciata.
-Mai sorellina.- ribatté lui con un sorrisetto -Stavo solo facendo sul serio, tu piuttosto, avresti dovuto fermarti quando ti è stato detto, ti saresti risparmiata di svenire così.-
-E cosa ci avrei guadagnato? Nostro padre non sarebbe stato soddisfatto nemmeno se ti avessi messo al tappeto con la prima mossa. Ha detto qualcosa?- chiese ansiosa di sapere se la missione fosse ancora affidata a lei.
Jonathan annuì, circondandole la vita con il braccio la aiutò a camminare portandola verso casa -Ha detto che te le sei cavata bene e che probabilmente Jace non attaccherebbe una ragazzina come ho fatto io, quindi hai qualche possibilità.-
-Jace...- Clary sputò quel nome come un insulto. -L'idea di dovergli stare vicino giorno e notte in cerca della Coppa mi da la nausea. Preferirei rimanere chiusa in una cantina con dei Nascosti.- sibilò storcendo il viso in un espressione di disgusto.
Suo fratello ridacchiò -Non ti invidio in effetti, averlo finalmente a portata di spada e non poterlo uccidere... però sai, una volta trovata la Coppa... potrebbe succedere un tragico incidente al nostro angelico fratello, non pensi?- le chiese con un ghigno inquietante.
Clary scoppiando a ridere si strinse le costole per una fitta di dolore e ansimò -Non lo escludo. Spero solo di fare in fretta, passare il mio tempo con uno smidollato e una famiglia di traditori, mi da l'idea di buttare via ore preziose della mia vita.-
-Trova la Coppa e ammazza quel bastardo. Fallo anche per me.- le disse Jonathan truce prendendola per le spalle e fissandola negli occhi. -Quando la tua spada sarà conficcata nel suo petto, guardalo morire e ridigli in faccia da parte mia.-
Clary sorrise cinica -Alla prima occasione.-
Entrarono in casa camminando vicini, mentre Clary ancora un po' debole si teneva appoggiata a suo fratello. Trovarono loro padre in piedi in cucina -Te la sei cavata bene Clarissa. Mi aspettavo peggio.-
Clary si impose di sorridere in modo educato e rispose -Grazie padre, la prossima volta farò meglio.- era tipico di Valentine, ogni volta che le faceva un complimento, doveva aggiungere una critica per bilanciare le cose.
-Jonathan, lasciaci soli.- disse suo padre d'un tratto lasciandoli interdetti.
-Come desideri padre.- rispose lui salendo su per le scale velocemente.
Valentine posando un bicchiere d'acqua sul tavolo e indicandoglielo ordinò -Siediti Clarissa.-
Clary guardando il bicchiere sospettosa si chiese cos'altro avesse in mente, nemmeno quando era stata messa molto peggio di così suo padre si era preso il disturbo di darle dell'acqua o essere premuroso in qualche modo.
-C'è una cosa, che voglio tu sappia.- le disse osservandola.
-Ti ascolto.- rispose lei bevendo un sorso d'acqua.
-Non è solo per eliminare la feccia che intendo evocare l'angelo Raziel con la Coppa.- dichiarò suo padre, poi aggiunse -Far sparire tutti i Nascosti che insudiciano questo mondo è una priorità, certo. Ma tu e Jonathan siete stati coraggiosi per tutti questi anni, avete lottato bene e cercato di non deludermi.-
Clary ascoltò con attenzione le sue parole, erano misurate e attente, niente era lasciato al caso, conosceva suo padre fin troppo bene ormai. E aveva detto “cercato di non deludermi” non aveva certo ammesso che ci erano riusciti. Tuttavia nonostante il fastidio, continuò ad ascoltare in silenzio, era un discorso strano perfino per uno come lui.
-Quando mi porterai la Coppa, Clarissa, c'è una cosa che intendo fare. Chiederò a Raziel di ridarmi Jocelyn, lei dovrà essere con noi quando coroneremo il nostro sogno. Saremo di nuovo una famiglia, Jonathan non ha il cuore tenero come il tuo, ma tu sei mia figlia, ti conosco.-
Clary sentì l'acqua andarle di traverso, era la prima volta che suo padre le si rivolgeva in quel modo. E poi, non aveva mai parlato di sua madre, cercava sempre di farlo il meno possibile ed eludeva le domande se gli venivano poste.
Suo padre continuò -A tuo fratello non credo possa interessare, ma tu, sono sicuro che tu vorresti tua madre con te, non te lo sto dicendo per farti contenta non fraintendermi, te lo sto dicendo perché voglio tu sappia che la vita di tua madre, se ci tieni a rivederla, dipende dall'esito della tua missione. Portami la Coppa, non tradirmi e riavrai la madre che non hai mai avuto.-
Clary lo osservò in silenzio, pesando ogni parola, certo che rivoleva sua madre, si era sempre chiesta se vivendo con lei la sua vita sarebbe stata diversa da quell'inferno di sangue in cui l'aveva chiusa suo padre, ma non aveva mai creduto che fosse una possibilità alla sua portata. I morti erano morti, e tali sarebbero rimasti. Ora invece sembrava che una nuova occasione si aprisse davanti a lei. Tuttavia, la cosa che più le dava fastidio, nonostante la gioia del pensiero di abbracciare per la prima volta una madre mai conosciuta, era che fosse certa che suo padre le avesse detto tutte quelle cose, solo perché non si fidava di lei, voleva darle una buona ragione per portare a termine la missione.
Prendendo fiato, Clary rispose fredda come il ghiaccio -Grazie per aver condiviso questa tua intenzione con me padre, ma anche se non ci fosse stata in palio la vita di mia madre, non ti avrei deluso comunque. Il mondo merita di essere ripulito da tutti gli scarafaggi insulsi che lo abitano.-
-Ben detto Clarissa. Rendimi fiero. Ora vai a riposare, ti aspetta un lungo viaggio domani. Avrai tempo per i saluti con tuo fratello prima di partire.-
-Grazie padre.- disse Clary alzandosi. Si congedò con un cenno del capo e salì le scale diretta in camera sua. Trovò Jonathan seduto sul suo letto che l'aspettava.
-Allora? Cosa voleva? Ti ha fatto qualcosa?- le chiese apprensivo.
-No, ha solo parlato. Credo non si fidi di me, pensa che io sia troppo... “tenera” per usare le sue parole.- spiegò Clary scocciata.
Joanthan ridacchiò -Gli dimostrerai che si sbaglia, ma pensavo... credi che la prenderà bene la notizia della morte di Jace?-
Stringendosi nelle spalle Clary si aprì in un sorriso freddo -Può prenderla come vuole, una volta che sarà morto, non ci sarà più molto che nostro padre possa fare no?-
-Ti staccherà la pelle dalle ossa se uccidi il suo angioletto senza permesso.- disse suo fratello.
-E allora spero che si diverta a farlo, quanto io mi divertirò a uccidere Jace e vederlo soffocare nel suo sangue.-
-Sei meravigliosa, una sorella degna del nome Morgenstern.- le disse Jonathan sfiorandole la guancia. -Che nome pensi di usare?- le chiese poi.
-Dovrei tingermi i capelli.- rispose Clary, poi ghignando aggiunse -Del tuo colore in effetti, ma non sono molto entusiasmata all'idea. Ad ogni modo userò il nome di Helen Blackthorn, mi sono informata, in quella famiglia sono una sfilza di fratelli e sorelle infinita, è una buona copertura, inoltre Helen non ha mai messo piede a New York, né da quanto ho constatato, incontrato i Lightwood a Idris. Nessuno conosce il suo aspetto.- concluse soddisfatta.
-E l'età? Coincide?- chiese suo fratello.
-Ha qualche anno più di me, ma niente di rilevante. Quello che mi scoccia è il colore dei capelli, non voglio tingere i miei. I suoi sono come i tuoi, di un biondo quasi bianco. Se cerco di farmeli così finirò per restare pelata!- si lagnò Clary scontrosa.
Jonathan le prese una ciocca cremisi tra le dita e la osservò con aria estasiata -Sei talmente bella che sarebbe un insulto cambiare il tuo aspetto. Se nessuno l'ha mai vista forse non corri rischi, oppure puoi dire che non è il tuo colore naturale e ti sei tinta.-
-Sì, penso che farò così infatti.- confermò Clary. Per tutto il resto lei ed Helen Blacktorn, ad occhi che non le avevano mai incontrate, potevano sembrare la stessa persona se si basavano solo su una descrizione fisica. Erano entrambe magre e affusolate, la pelle pallida, gli occhi verdi, a parte il fatto che quelli di Helen avevano sfumature blu, ed entrambe avevano la grazia esile di una fata, non per niente, nelle vene di Helen c'era sangue del Popolo Fatato. Non che Clary fosse entusiasta di interpretare la parte di una shadowhunter mezzosangue, ma era quello che passava al convento.
La notte passò veloce, e nonostante la presenza di loro padre in casa, Jonathan riuscì a intrufolarsi in camera di Clary anche dopo cena e rimasero a dormire abbracciati per tutta la nottata, scambiandosi qualche bacio e parole nostalgiche, ma la cosa che li univa era il pensiero di prendersi finalmente la loro vendetta. Non avrebbero avuto un'occasione migliore.
La mattina seguente, Clary senza bisogno di ulteriori istruzioni da parte di loro padre, salutò lui e Jonathan e partì alla volta di New York, avrebbe cavalcato fino in Spagna, poi da lì, l'aspettava un portale che l'avrebbe fatta ricomparire a Manhattan.
Quando arrivò in città, con il suo borsone sulle spalle e l'aria smarrita, si guardò intorno meravigliata. I palazzi di New York erano altissimi, sembravano fatti di vetro lucido, ma non come il materiale delle Torri Antidemoni, erano lisci e freddi, ma nonostante questo bellissimi nella loro maestosa grandezza. Le strade erano un viavai di macchine, persone, limousine, sembrava un circo impazzito nel quale però ogni membro seguiva il suo ordine preciso delle cose dando vita a quel caos misurato.
Ci mise una buona mezz'ora a trovare l'Istituto, ma quando fu arrivata, invece di entrare come avrebbe potuto, essendo una shadowhunter, decise che forse fosse meglio farsi annunciare, giusto nel caso che suo padre non le avesse detto qualcosa, magari che all'Istituto non aspettavano nessuno.
Posò la mano sul battente e picchiò tre volte, rimanendo in attesa.
Dopo due minuti, la porta doppia si aprì rivelando l'ingresso maestoso che si apriva davanti a una scala. Un ragazzo alto e muscoloso, dai capelli biondi come il sole e gli occhi altrettanto dorati, le sorrise arrogante -Tu devi essere Helen, sangue di fata eh?-
Clary lo guardò per una frazione di secondo, non le servì di più per capire che la persona che aveva davanti, era Jace.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Conoscenze ***


Buon inizio settimana! 
*Sospira sconsolata*
Mi fermo solo per augurare buona lettura e dare la mia parola che se lasciate un commento non vi mordo! Anzi... fareste felice questa povera pazza! :)
Al prossimo aggiornamento.
Annie :*

 

Cercando di imporsi con tutte le proprie forze, di dimenticare che il ragazzo che aveva davanti era la persona che probabilmente odiava di più al mondo, Clary tese la mano verso la sua e disse -Sì, piacere di conoscerti, sono Helen Blackthorn.-
Jace prese la sua mano affusolata nella propria, più grande e ruvida, dalle dita ricoperte di calli, proprio come quelle di Jonathan.
Dopotutto, se era cresciuto per undici anni con Valentine, un minimo di addestramento doveva averlo seguito anche lui no? Per loro padre l'età non era mai stata un limite, Jonathan aveva preso in mano la prima spada a sei anni, era presumibile che anche a Jace fosse andata allo stesso modo, più o meno.
-Il piacere è mio.- rispose lui con una voce calda come caramello fuso, osservandola con attenzione attraverso le iridi dorate.
-Il mio nome è Jace Wayland, e potevi entrare senza problemi, non c'era bisogno di bussare.- aggiunse presentandosi.
Come aveva immaginato, era proprio lui, Clary si strinse nelle spalle simulando un'espressione confusa -Non ero sicura che mi steste aspettando, non volevo piombare nel mezzo di qualcosa di privato magari...-
Jace ridacchiò -Al contrario, mi hai salvato dal pranzo di Izzy e dato una scusa per uscire a mangiare qualcosa di decente, vuoi accompagnarmi? Ti spiego come funzionano le cose da queste parti.- disse facendo un passo verso di lei e allungando la mano per afferrare il suo borsone.
-Posso fare da sola.- disse Clary tirandosi indietro e sottraendosi alle sue mani.
-Sembravi più timida dall'aspetto, ma forse mi sono sbagliato.- rise Jace alzando le braccia e lasciandola passare.
Clary mettendo per la prima volta in vita sua piede in un Istituto, si guardò intorno incantata, tuttavia cercando di non lasciar trasparire emozioni dal proprio viso.
Posò il borsone nell'ingresso lasciandolo accanto alla porta e poi si voltò verso Jace sorridendo meglio che poté -Ok, vengo con te.- disse scivolandogli di fianco e tornando a respirare l'aria afosa e inquinata di New York, era tutto così diverso da Idris...
Jace chiudendosi alle spalle il portone massiccio, si infilò le mani in tasca e camminando tranquillo iniziò a guidarla per le vie della città.
Rimasero in silenzio per un po', Clary sapeva che ci sarebbe voluto tempo prima di poter affrontare il discorso della Coppa, sopratutto perché a detta di suo padre, nessun altro sapeva che si trovava a New York.
-Hai fratelli o sorelle?- le chiese Jace d'un tratto rompendo il silenzio.
-Sì, diversi.- rispose Clary preparata -Siamo sette in famiglia, nove inclusi i nostri genitori.-
-Non ti sentirai sola almeno!- ridacchiò Jace con tono sorpreso.
-Tu invece?- domandò Clary pur conoscendo benissimo la risposta.
Jace per un momento sembrò incupirsi, ma poteva benissimo essere frutto della sua immaginazione, perché dopo un secondo, con un sorriso tranquillo disse -Tre fratelli adottivi, la famiglia che mi ha preso con sé dopo la morte di mio padre.-
Continuando a camminarle accanto fissando la strada davanti a sé continuò -Alec e Isabelle Lightwood, che vivono con me all'Istituto, poi c'è Max, lui ha solo nove anni e vive a Idris.-
Dal tono con cui parlava di loro, sembrava gli fosse molto affezionato, come li considerasse davvero una famiglia, notò Clary.
-Sembri tenere molto a loro.- constatò osservandolo di sottecchi.
Jace si strinse nelle spalle -Alec è il mio Parabatai.- disse come se bastasse a spiegare tutto, ma poi aggiunse -E i Lightwood sono brave persone.-
Clary per poco non si mise a ridere, era fin troppo evidente lo zampino di Valentine nell'educazione di Jace, sembrava completamente incapace di ammettere che provasse affetto per qualcuno.
-Non sei un tipo molto dolce tu vero?- gli chiese sogghignando e nascondendo il viso tra i lunghi capelli rossi.
-Nemmeno tu.- si limitò a rispondere Jace senza darle soddisfazione.
Quell'affermazione la stupì, da cosa poteva dedurre una cosa del genere?
-Perché lo dici?- gli chiese sinceramente curiosa, dimenticando per un secondo l'astio che provava nei suoi confronti.
-Immagino sia solo una mia impressione.- ribatté Jace -Ma quando mi hai detto della tua famiglia, sembrava stessi facendo più un elenco che altro. Sei diversa dalle Shadowhunter che ho conosciuto fin ora.- le disse osservandola con aria curiosa.
Clary si prese a schiaffi mentalmente da sola, doveva cercare di sembrare più affezionata alla famiglia di cui parlava se le venivano poste domande, ma la verità era che faceva fatica a provare qualcosa anche per la sua famiglia vera, figurarsi simulare un sentimento per degli sconosciuti.
Conosceva la lealtà meglio di chiunque altro, la giustizia, il rispetto, ma l'amore non era il suo asso forte, non aveva idea di cosa volesse dire amare qualcuno, nemmeno per Jonathan nutriva quel tipo di sentimento, o quantomeno, non ne era a conoscenza a livello razionale se così fosse stato.
Cercando di tornare a concentrarsi su Jace impegnandosi di più, chiese -In cosa sarei diversa?-
Jace per un attimo si fermò, la guardò dritta negli occhi e per un istante, Clary ebbe la netta sensazione che riuscisse a vedere dentro di lei.
Che stupidaggine. Nemmeno la conosceva!
-Tu hai già ucciso qualcuno, non hai fatto solo addestramento, dì la verità.- le disse in un modo talmente autoritario che Clary si chiese se per caso non avesse del sangue addosso, o un cartello con scritto “Assassina” a lettere cubitali incollato sulla fronte.
-Certo che ho ucciso. Demoni. Non è per questo che veniamo marchiati e portiamo il nome di Shadowhunter?- rispose più pacata che poté.
Jace si aprì in un sorrisetto sarcastico -Non mi riferivo solo ai demoni, anche se dubito che tu ne abbia uccisi molti...-
Clary lo guardò vagamente scocciata, quel ragazzo riusciva a irritarla e incuriosirla allo stesso tempo -Stai insinuando che io abbia ucciso dei Nascosti? O dei mondani magari?- ribatté pungente.
Ridendo senza trattenersi Jace rispose -È successo a tutti di uccidere un Nascosto, non è certo colpa nostra se infrangono gli Accordi no? Non ti sto giudicando, chiedevo solo. Calmati.-
-Sono calma.- fece Clary serafica -E comunque, mi vorresti dire cosa ti fa pensare che io non sia una qualunque ragazzina che si sbuccia le ginocchia alla sua prima missione?- gli chiese provocatoria sistemandosi i capelli con movimenti più nervosi di quanto avrebbe voluto.
-So riconoscere qualcuno che mi somiglia, tutto qui. I tuoi occhi mi sono familiari, è lo sguardo di chi ha visto troppo sangue.- le rispose Jace tornando serio.
Ma cosa diavolo ne sapeva lui del sangue? Chi si credeva di essere per parlarle così?
-Quando ero piccola il mio cane è stato investito da un taxi. Un disastro. Sangue ovunque.- rispose Clary sarcastica guardandolo di traverso.
-Hai davvero un caratteraccio per essere una ragazzina che si sbuccia le ginocchia alla sua prima missione.- rispose Jace ghignando.
-E tu sei davvero il peggior cicerone che potesse capitarmi oggi.- fece Clary di rimando, ma senza riuscire a impedirsi di ridere sotto i baffi.
Jace aprendosi in un sorriso ironico annuì scuotendo i capelli -Non posso darti torto su questo. Oggi pomeriggio ti lascerò con Alec, dicono che lui abbia un carattere molto meno... affascinante del mio, ma anche più cordiale.- disse facendole l'occhiolino.
-Non vedo l'ora...- borbottò Clary, poi chiese -Allora, dove devi andare a prendere il tuo benedetto pranzo?-
-Oh è qui vicino, guarda- le disse allungando il braccio e indicandole un piccolo localino al di là della strada.
Sull'insegna c'era scritto “Taki's diner”. Dall'esterno sembrava un comune locale nel quale fermarsi a mangiare o prendere qualcosa take away, ma già da quella distanza Clary riusciva a sentire puzza di cane. Era pieno zeppo di Nascosti quel posto, perché diavolo uno come Jace lo frequentava?
-Vieni spesso da queste parti?- gli chiese mentre camminando accanto a lui si accingeva ad attraversare la strada.
La sua risposta fu attutita dal suono assordante di un clacson e Clary si ritrovò dall'altro lato del marciapiede letteralmente avvinghiata al corpo di Jace che scostandole i capelli dal viso con aria allarmata le chiedeva -Stai bene?-
Clary annuendo un po' confusa si rese conto che Jace doveva averla tirata via dalla traiettoria di un tassista isterico un secondo prima che la investisse. Non era abituata a tutto quel caos.
-Sto bene.- disse cercando di toglierselo di dosso -Grazie...-
Lui lasciandola andare la guardò divertito -Da dove hai detto che vieni?-
-Los Angeles. Se te lo stai chiedendo, sì, li abbiamo anche là i taxi, ero solo distratta dall'odore di quel posto.- rispose Clary sulla difensiva indicando il Taki's.
Jace seguendo la linea del suo sguardo osservando il locale, si voltò poi verso di lei ammirato -Complimenti, non conosco nessuno che da questa distanza sarebbe riuscito a sentire odore di Nascosti.- le disse sorpreso.
Clary recuperando un po' di autocontrollo rispose -Mia madre era una fata, io lo sono per metà, è un odore che forse mi è più familiare di altri.- dichiarò con naturalezza.
-Già, l'avevo sentito dire prima del tuo arrivo, siete tutti così in famiglia?- le chiese Jace curioso.
-No, solo io e mio fratello Mark, le mie altre sorelle e fratelli sono figli della nuova moglie di nostro padre e sono Shadowhunter puri.-
-Capisco.- rispose Jace liquidando il discorso -Allora che vuoi fare, entri con me e mangi qualcosa o aspetti fuori e tenti la fortuna con il pranzo che sta preparando Isabelle all'Istituto?-
Clary trovandosi un momento in imbarazzo, si toccò le tasche dei jeans e scrollò le spalle sconsolata -Ho lasciato il denaro nel borsone.-
-Non hai l'aria di essere una che mangia troppo, offro io.- rispose Jace ridacchiando -Non vorrei che il ricordo del tuo primo giorno nel nostro Istituto fosse marchiato per sempre dallo shock delle minestre di mia sorella.-
Clary sorridendo involontariamente domandò -Cucina così male?- in fin dei conti se era sopravvissuta ai digiuni imposti da loro padre, era più che plausibile che quelle minestre sarebbero state comunque meglio della pancia vuota.
-Male... non è proprio il termine che userei. Diciamo che hanno l'odore di interiora di Ravener con una spruzzatina di bava di Drevak.-
A quel punto scoppiando a ridere senza riuscire a trattenersi, Clary rispose -Ok, accetto volentieri la tua offerta allora.-
-Perfetto, almeno non ti avrò sulla coscienza.- le sorrise Jace.
Facendo attenzione a taxi, draghi volanti e qualunque altra cosa potesse farla sembrare un impedita goffa e distratta, sta volta Clary riuscì ad attraversare la strada senza finire stesa come una tovaglia, raggiunto l'ingresso del Taki's diner, Jace le tenne aperta la porta per lasciarla entrare per prima e poi la seguì.
Dopo una breve e alquanto tragicomica descrizione del menù, nella quale Jace le consigliò accuratamente cosa evitare, si ritrovarono a mangiare tranquilli mentre la maggior parte dei presenti li ignorava.
Clary non era mai stata così vicina a tanti Nascosti tutti insieme, a tratti le veniva l'impulso involontario di alzarsi da tavola e farli fuori uno ad uno, ma dalla figlia di una fata, non era certo quello che ci si sarebbe aspettati, così cercò di sorridere educatamente a tutti, senza esagerare né in un senso né nell'altro.
Notò invece, che molte delle attenzioni delle fate nel locale, erano rivolte verso Jace, evidentemente aveva un discreto successo, nonché una reputazione abbastanza conosciuta lì dentro.
Parlando sottovoce, con un mezzo sorrise chiese -Sembra che molte di loro ti guardino come se volessero il bis.-
Jace sbuffò teatralmente e tirò fuori un ghigno compiaciuto, totalmente in disaccordo con il pessimo tentativo di sembrare scocciato -Cosa vuoi farci? Tante notti in giro a caccia di demoni... succede che a fine serata io mi fermi da queste parti, ho solo fatto un po' di amicizie.- rispose ironico.
-Non hai un'amica, che ti aspetti a casa?- domandò Clary curiosa. Dopotutto, poteva odiare quel ragazzo quanto voleva, ma non poteva certo negare a sé stessa che fosse di una bellezza disarmante.
Jace ridacchiò -Parli di una fidanzata? O roba simile?-
-Sì, qualcuno che ami, sai quelle cose che fanno i bei ragazzi con le belle ragazze...- rispose sarcastica Clary.
-Oh, ma quelle cose, che fanno i bei ragazzi con le belle ragazze le faccio eccome, solo non mi interessa offrirgli la colazione la mattina dopo.- ribatté lui divertito.
-Oltre che avere una strana passione per i Nascosti, sembri anche un bello stronzo...- fece Clary tranquilla, poi aggiunse -Per essere uno Shadowhunter, che dovrebbe proteggere i buoni ed evitare che il loro cuore cessi di battere, si direbbe che tu sia più un ragazzaccio che i cuori li spezza alla prima occasione.-
Jace la guardò curioso, poi stringendosi nelle spalle e alzandosi dal tavolo disse solo -Non c'è niente da spezzare, l'amore è una cosa per bambini, un giorno cresci, e ti rendi conto che hai preso un grosso granchio.-
Clary si trovò fastidiosamente d'accordo con lui -Già...siamo Shadowhunter, nel nostro petto non può esserci niente. Siamo solo muscoli, ossa e carne. Viviamo per combattere e moriamo nel sangue. Sembra quasi una perdita di tempo sperare di innamorarsi di qualcuno.- disse piatta, pronunciando la prima frase in presenza di Jace, senza mentire sul suo contenuto. Era davvero convinta che fosse così.
-Quanto cinismo per essere una ragazzina.- le disse Jace stupito, poi aggiunse -sei la prima che mi dica una cosa del genere, potremmo andare molto d'accordo io e te.-
Clary sorridendo sarcastica rispose -Non credo, abbiamo entrambi un carattere davvero disastroso, tu sei un arrogante borioso e pieno di sé, io sono una gelida cinica manipolatrice. Non ti sembra che ci sarebbe troppa carne al fuoco?-
-Ouch.- disse Jace portandosi una mano al cuore e assumendo un espressione di dolore. Ridendo lasciò venti dollari sul tavolino poi si incamminò verso l'uscita, quando furono di nuovo in strada chiese -Nemmeno mi conosci, hai già un opinione così negativa di me?-
-Non ci vuole molto per tracciare il profilo psicologico di uno come te.- ribatté Clary acida.
Non le piaceva la piega che stava prendendo la conversazione, non tanto per i contenuti, in fin dei conti poteva permettersi qualche battuta anche se era sotto copertura.
Quello che non le piaceva, era il modo in cui trovava spiritoso Jace e come trovasse troppo spesso i propri occhi a indugiare su di lui.
-Sentiamo allora. Fai del tuo peggio ragazzina.- le schernì lui incrociando le braccia sul petto fasciato da una t-shirt così aderente che Clary dovette imporsi di guardare altrove per mantenere il filo del discorso.
-Non mi chiamo ragazzina.- fu la prima cosa che le uscì dalla bocca, poi riprendendo il controllo di sé, fissandolo dritto negli occhi, sibilò velenosa -Sei un povero ragazzo che ha perso il papà da piccolo, la vita è stata dura, nessuno ti ama, hai tante responsabilità sulle spalle visto che sei il più letale Shadowhunter della tua generazione e per quanto ti sforzi di compiacere le persone che hai intorno, sei sempre e comunque insoddisfatto perché è te stesso che non riesci a rendere fiero. Ci sono andata molto lontana?- concluse Clary soddisfatta.
-Non sai niente di me.- si limitò a ripetere Jace dandole le spalle e incamminandosi di nuovo verso l'Istituto. -Da come parli, sembra difficile credere che tu sia la maggiore di sei fratelli, almeno finché sono piccoli, non pensi sarebbero più felici con una sorella che insegna loro qualcosa sulla compassione invece che sull'odio?- le disse senza guardarla, continuando a camminare.
-Sono una brava sorella.- sibilò Clary prendendolo per il braccio e facendolo fermare. -Non sono una che predica l'odio, ho solo detto che nel nostro mondo non c'è spazio per cose frivole come il romanticismo e mi sembra di capire che tu fossi d'accordo con me. Come mi comporto con i miei familiari o tu con i tuoi, non sono affari che riguardano l'uno o l'altra non trovi?-
-Qual'è il tuo problema con la famiglia? Vediamo...- rispose Jace sarcastico grattandosi il mento -Hai detto che tu e Mark, siete i maggiori, entrambi figli di una fata, è presumibile che magari allora vostro padre non vi abbia mai considerati veri Shadowhunter, mezzi mostriciattoli con il sangue diviso a metà, che non avrebbero mai potuto portare il nome dei Blackthorn nella cerchia del Conclave. Potreste essere cresciuti arrabbiati e insicuri e con la tendenza ad attaccare chiunque sembri rappresentare una minaccia, proprio per evitare di ritrovarvi a combattere con una concorrenza che non potete surclassare. Ci sono andato molto lontano?- concluse lui scimmiottando il suo tono di poco prima.
Clary ricorrendo a tutto il proprio autocontrollo si morsicò l'interno della bocca per non dare di matto. Doveva pensare alla missione, suo padre l'avrebbe uccisa se l'avesse deluso. Doveva mantenere la calma. Jace era esattamente l'arrogante ragazzo pieno di sé che si immaginava. Convinto di sapere tutto, senza sapere proprio un bel niente!
Tirando fuori un sorriso falso come una moneta da cinque dollari Clary rispose -Nostro padre amava profondamente la madre mia e di Mark, ci ha sempre amati e dato tutto quello che potevamo desiderare. Dirigere l'Istituto di Los Angeles credo sia un riconoscimento sufficiente da parte del Conclave per dichiarare che non ha problemi con il nostro sangue. Mi dispiace Jace, ritenta.- concluse mentre il cuore sembrava stesse per scoppiarle fuori dal petto dall'umiliazione e il nervoso.
Pur non sapendo realmente chi lei fosse, doveva ammettere che Jace non ci era andato poi così lontano...era solo una coincidenza, un colpo di fortuna. Quel viscido angelo imbevuto di boria non poteva certo leggerle nel pensiero!
-Reazione interessante, di qualcuno punto sul vivo.- rispose Jace tranquillo guardandola con un espressione che le fece venire voglia di prenderlo a pugni.
Finalmente dopo cinque minuti di silenzio nervoso, le porte dell'Istituto ricomparvero davanti a loro offrendogli la possibilità di interrompere quella conversazione forzata.
Jace posando la mano sul battente, lo spinse in avanti entrando nell'ingresso e facendo segno a Clary di accomodarsi.
-La tua stanza è al piano di sopra, insieme alle altre camere Helen. Vuoi che ti accompagni?- le chiese sarcastico.
-Penso di riuscire a trovarla anche da me, grazie del pranzo, Jace Wayland.- gli rispose Clary con un sorrisetto affilato e incrociando le braccia in attesa che lui si levasse di mezzo.
-Afferrato.- sghignazzò Jace iniziando a salire gli scalini due a due ignorando l'ascensore.
Clary sospirando, finalmente libera dall'ansia del dosare ogni parola, si incamminò verso la grata all'interno della quale c'era un mezzo preistorico che ricordava appunto un ascensore. Premette il bottone restando in attesa, sentendolo sferragliare dal piano di sopra.
Passandosi le dita tra i capelli cercò di districare un paio di nodi, l'attesa era snervante, voleva solo infilarsi in camera, riprendere il controllo di sé stessa e conoscere gli altri membri dell'Istituto. Doveva darsi una mossa e iniziare la missione per la quale si trovava lì.
-Jocelyn...- una voce alle sue spalle la fece trasalire. Jocelyn era il nome di sua madre... chi diavolo?
Si girò di scatto e si ritrovò a fronteggiare un uomo sotto la quarantina, era alto e dinoccolato, indossava un paio di occhiali sulla punta del naso e la fissava sconvolto.
Clary intravide una runa del silenzio che marchiava il braccio dell'uomo appena sotto la manica arrotolata della maglia. Ecco perché non l'aveva sentito arrivare.
-No, non sei Jocelyn...- disse lui ritrovando un barlume di lucidità nello sguardo. -Clarissa! Credevo che fossi morta!- le disse poi abbracciandola.
Clary guardandolo basita se lo scrollò di dosso con uno strattone e disse -Mi hai confuso con qualcun altro, il mio nome è Helen Blackthorn. Posso sapere chi sei tu invece?!-
L'uomo facendo un paio di passi indietro si scusò, pur continuando a guardarla come se non credesse ai propri occhi -Sono Lucian Greymark. Conoscevo tua madre, siete due gocce d'acqua, tu devi essere sua figlia, non c'è dubbio.-
-Ti ho già detto che ti stai sbagliando, io mi chiamo Helen, sono qui come apprendista di Hodge Starkweather e non ho mai sentito nominare la tua Clarissa, o Jocelyn.- gli ringhiò lei ringraziando Dio che l'ascensore fosse arrivato schizzando dentro come una saetta e chiudendogli la grata sulla faccia.
Era in un bel casino. Un casino schifoso. Conosceva quel nome, Lucian Greymark... era stato il Parabatai di suo padre, ma Valentine le aveva sempre detto che Lucian era morto in un attacco da parte dei licantropi. Come diavolo poteva essere ancora vivo? E uno Shadowhunter per di più... suo padre non ne sapeva niente! Doveva risolvere quel casino da sola, se quel traditore di Greymark fosse andato in giro a parlare dei Morgenstern, sarebbe saltata la sua copertura!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Insinuazioni ***


Buon pomeriggio, volevo solo dire che sto inizando a chiedermi se la storia sia seguita o meno, se non piace per niente, è sciocco che io perda tempo a scriverla, spero di avere qualche riscontro almeno per sapere se continuare o meno!
Buona lettura a chi passa di qua!
Annie :)


 
L'ascensore si aprì sferragliando al piano superiore e senza nemmeno aspettare che le porte si fossero aperte del tutto, Clary schizzò in corridoio più velocemente che poté.
Voleva lasciarsi Lucian alle spalle il più velocemente possibile, doveva parlare con Hodge, lui era forse l'unico che avrebbe potuto aiutarla a risolvere quel casino senza il coinvolgimento di suo padre. Non ci teneva per niente a dargli brutte notizie.
Il corridoio nel quale si ritrovò era lungo e cupo, era evidente che l'Istituto non fosse più ai suoi tempi di gloria maggiore.
Appese ai muri c'erano lampade antiche con motivi floreali e la parte bassa della parete era rivestita da lucidi pannelli di legno scuro. Una sfilza di porte chiuse si estendeva sia a destra che a sinistra e Clary continuò a camminare velocemente con il suo borsone sulle spalle, finché non ne trovò una aperta: quella destinata a lei chiaramente.
Entrando rapidamente si chiuse l'uscio alle spalle e buttando il borsone per terra si sedette sul letto.
Tra la chiacchierata con Jace e lo scomodo incontro con il Parabatai di suo padre di ritorno dall'oltre tomba, Clary non poteva certo dire che la mattinata fosse iniziata bene.
Non fece in tempo a slacciarsi la giacca e riordinare i pensieri, che un secondo dopo qualcuno bussò alla porta.
-Avanti.- disse alzandosi di nuovo dal letto e tornando sull'attenti, se avesse avuto a che fare di nuovo con Jace prima delle prossime tre ore, non era sicura di poter garantire di non provare a strozzarlo.
La porta si aprì e ne fece capolino un uomo vestito in modo elegante, inizialmente non capì di chi si trattasse, dopotutto non conosceva nessuno personalmente dei membri di quell'Istituto, fu un dettaglio sul suo viso a farle capire chi avesse di fronte.
Aveva capelli grigi e occhi azzurri, di un colore tenue, come fossero sempre troppo stanchi, ma ciò che fu rivelatore, era la profonda cicatrice che solcava la parte destra del suo viso. Suo padre gli aveva descritto quell'uomo nel dettaglio, era esattamente la persona che sperava di incontrare il prima possibile: Hodge Starkweather. Un vecchio membro del Circolo.
Hodge si chiuse la porta alle spalle e osservò Clary con aria quasi scioccata, nonostante fosse evidente il suo sforzo nell'apparire naturale.
-Le somigli come una fotografia.- le disse con una voce pacata -A tua madre intendo, Jocelyn Fairchild.- spiegò curvando appena le labbra in un sorriso malinconico.
-Tu invece devi essere Hodge Starkweather, mio padre dice che mi stavi aspettando.- rispose Clary ignorando le sdolcinatezze su sua madre e andandogli incontro con fare deciso.
-Sono io sì, e ti stavo aspettando. Ho saputo che hai già avuto modo di conoscere tuo fratello, Jace.- disse Hodge tranquillo.
Clary storcendo il viso in una maschera di disgusto ringhiò -Quel ragazzino pieno di sé non è mio fratello, mi vergognerei a condividere il mio sangue con lui.-
-Hai gli occhi e i capelli di tua madre, ma vedo che hai preso il cuore di ghiaccio di tuo padre. Deve essere fiero di te.- rispose Hodge stupito.
Fiero di lei? Ma quando mai... era meglio evitare proprio l'argomento o era sicuro che il nervoso non le sarebbe più passato.
-Ho bisogno di un aiuto, c'è stato un imprevisto.- disse Clary piatta -Lucian Greymark, mi ha riconosciuta, perché mio padre non sapeva che fosse ancora vivo?-
-Lucian non rappresenterà un problema per te, ci penserò io a convincerlo della tua identità.- dichiarò Hodge senza scomporsi.
Clary tirando fuori un corto pugnale da una fondina nascosta sotto il braccio, se lo fece girare nella mano fissando l'uomo con gli occhi ridotti a due fessure e un sorriso freddo sulle labbra -Eri tu che tenevi i contatti con mio padre, perché non gli hai detto che il suo ex Parabatai era ancora vivo? Non te lo chiederò di nuovo.-
-Sei davvero molto simile a Valentine.- sospirò Hodge -Tuo padre non ha chiesto niente in proposito, il nostro accordo prevede solo che io ti aiuti a trovare la Coppa Mortale, niente di più. Non ho accettato di aiutarlo per veder scorrere altro sangue sotto il mio tetto. Il Circolo ne ha versato già troppo.-
Clary sibilando come una vipera disse -Non abbastanza se quel bastardo traditore di Lucian è ancora vivo. E poi, cosa credi? Che una volta ottenuta la Coppa mio padre la userà come calice per bere vino? Se il Conclave non riconoscerà le sue ragioni, ogni rigagnolo d'acqua che abbia la sfortuna di scorrere dentro Idris sarà rosso di sangue.- prese un respiro agitato e aggiunse -È inutile che cerchi di non sporcarti le mani, Valentine Morgenstern non ha mai avuto le mani pulite, stringi le sue e anche le tue saranno sporche di sangue, è tardi per farti venire questi ripensamenti.-
-Che cosa mi stai chiedendo di preciso, Clarissa?- le domandò Hodge sospirando.
-Come risolvere la faccenda con Lucian. Niente di più.- rispose lei riponendo il pugnale e sorridendogli tranquilla.
-Manderò un messaggio di fuoco a Valentine e chiederò a lui, ti soddisfa come soluzione?- fece Hodge osservandola con attenzione.
Clary sbuffò -Speravo di non doverlo coinvolgere, ma se tu non hai l'autorità per decidere in autonomia... va bene, scrivi a mio padre.-
-Molto bene, Helen.- disse Hodge enfatizzando quel nome -Se vuoi seguirmi, ti presento agli altri membri dell'Istituto. Avremo una risposta ai tuoi problemi entro un'ora al massimo.-
-Non posso rischiare che Lucian pronunci di nuovo il mio nome, soprattutto se in presenza di altri. Forse è il caso che finché non saprò cosa fare, io me ne rimanga qui.-
-Come preferisci. Tornerò con la risposta il prima possibile. Se hai bisogno di me, chiedi del mio studio a uno dei ragazzi, ti accompagneranno volentieri.-
-Spero non ce ne sia bisogno.- rispose Clary glaciale.
Hodge senza dire altro uscì dalla camera lasciandola sola.
Non sapeva con chi se la sarebbe presa per quel casino, ma qualcuno doveva pagare. Se Hodge stava facendo il doppio gioco con suo padre, lo avrebbe ucciso senza nemmeno guardarlo in faccia una seconda volta.
Cercando di rilassarsi, tornò verso il borsone e cominciò a svuotarlo, nella stanza c'erano un armadio e un comò vuoti, una scrivania e un letto dall'aria molto più comoda di quel coso sul quale dormiva a casa sua. Quel pensiero la portò con la mente a Jonathan, era lontana da lui solo da poche ore, ma in una parte di sé già sentiva la sua mancanza. Era stato come la sua ombra per quindici anni, non era mai stata per più di pochi minuti senza che il loro sguardo si incrociasse. Facevano tutto insieme, dall'allenarsi, al mangiare. Quando le circostanze lo permettevano, dormivano perfino insieme, anche a costo di stare storti e raggomitolati su quel pezzo di spugna vecchia che avrebbe dovuto somigliare a un materasso.
Clary si sentiva un po' in colpa nei suoi confronti in quel momento, lei era lì, a New York, in una stanza che poteva essere la suite di un hotel, con acqua calda e cibo tre volte al giorno, mentre lui era rimasto solo a Idris a patire il freddo, la fame e gli attacchi di rabbia di loro padre.
Voleva concludere quella missione il prima possibile, portare la Coppa a casa e dimostrare finalmente che nonostante fosse una donna, anche lei era degna di portare il nome dei Morgenstern e poi avrebbe riabbracciato Jonathan.
Quando ebbe finito di svuotare la borsa e sistemare i vestiti, ormai era passata poco più di un'ora, ma di Hodge ancora, non c'era traccia.
Si buttò sul letto godendosi la morbidezza del materasso e il contatto con le lenzuola lisce contro la pelle. Era ingiusto che quel lusso toccasse solo a lei, ma per un momento, si godette la sensazione delle cicatrici sulla schiena che trovavano sollievo su un giaciglio morbido.
Quelle maledette non guarivano mai del tutto ed era ormai da tutta la vita che conviveva con un dolore costante. Ci aveva fatto l'abitudine al punto da non accorgersene nemmeno più, ma in alcuni momenti tornavano a bruciare come fossero state appena fatte.
In quel momento, forse per la sorpresa di quel dolore attenuato, forse per il profumo di pulito e la pace che c'erano nella stanza, Clary abbandonò le difese e chiudendo gli occhi si lasciò andare a un sonno rilassante del quale aveva più che bisogno.
Si risvegliò di scatto, senza sapere quanto tempo fosse passato, tirando fuori il pugnale dalla fondina ascellare alla velocità della luce: era un riflesso involontario.
Sollevò l'arma all'altezza del viso puntandola verso la fonte del suono che l'aveva svegliata e lo vide, di nuovo: Lucian.
Era fermo accanto alla porta chiusa e la osservava con curiosità.
-Non urlare ti prego, voglio solo parlare con te. Helen.- le disse forzando quel nome tra le labbra come volesse compiacerla.
Clary sedendosi sul letto di scatto senza perdere il contatto con il pugnale, continuò a tenerlo puntato verso di lui e mormorò fredda -Ti ascolto allora. Dì quello che devi dire, finché hai il tempo di farlo.-
Era inutile girarci intorno, se lui sapeva chi lei fosse, sarebbe stato molto più facile per tutti dire le cose come stavano ed evitare stupide perdite di tempo.
Lucian mosse un passo verso di lei, ma Clary ringhiando come un animale pronto ad attaccare gli intimò -Non ti avvicinare, o questa lama sparirà dalla mia mano per ricomparire nella tua gola.-
-D'accordo.- sospirò lui indietreggiando con le spalle alla porta. -Non voglio farti del male comunque, se avessi voluto, non sarebbe stato difficile.- le disse parlando con calma.
-Credi che io sia una ragazzina incapace? Posso ucciderti prima che tu mi veda.- gli rispose Clary trattenendo a stento l'impulso di lanciare il pugnale.
-Non è questo che intendevo, se ti volessi morta, avrei potuto avvelenarti o trovare altri mille modi dei quali non avresti potuto renderti conto. Amavo tua madre, non farei mai del male a sua figlia.- le disse Lucian con uno sguardo sinceramente addolorato.
-Mia madre è morta, io e lei non abbiamo in comune niente che ci leghi a te.- rispose lei piatta.
-Lo so che è morta, io c'era il giorno in cui è successo.-
Clary lo guardò sbigottita dimenticando per un attimo l'aria truce. Cosa diavolo voleva dire che lui c'era? Suo padre le aveva detto che il giorno in cui lei era nata sua madre era morta, ma non c'erano altri con loro.
-Di cosa parli?- gli ringhiò addosso sulla difensiva.
-Del giorno in cui ha deciso di sottrarre la Coppa a Valentine e togliersi la vita.-
Clary si sentì ribollire di rabbia, come osava quel vile traditore insinuare una cosa del genere? -Non parlare di mia madre. Bugiardo vigliacco! Tu menti!- gli urlò addosso dimenticandosi del rischio di farsi sentire.
-Perché dovrei? Tua madre è comunque morta e la Coppa rimane scomparsa, che beneficio pensi ne possa trarre io infangando il suo nome?- le rispose Lucian con la voce rotta. -Non posso credere che tu non abbia niente di lei, sapevo che vivere sola con Valentine e quel mostro di Jonathan ti avrebbe resa simile a loro, ma devo credere che tua madre non sia morta invano.- aggiunse con gli occhi lucidi.
Clary lo guardò furiosa, scattando verso di lui con uno slancio omicida gli puntò la lama del pugnale alla gola -Osa dire un'altra parola su mio fratello, o mia madre e ti giuro che saranno le ultime cose che la tua lingua ipocrita dirà.- gli sussurrò minacciosa.
-Non lascerò che tu mi uccida Clary, devi sapere la verità o non troverai mai la Coppa. Quel giorno non dovrai consegnarla a Valentine, non capisci che ti ha solo usata? L'ha fatto con tutti noi, tua madre ha dato la vita per impedire che lui prendesse la Coppa Mortale.-
-Sei solo uno sporco bugiardo, un uomo senza onore! Hai abbandonato il tuo Parabatai! La causa nella quale credevi! Le tue parole valgono quanto quelle di demone per me!- gli disse Clary senza spostare di un millimetro il pugnale dal suo collo. La vita di quel verme scorreva ancora nelle sue vene solo perché non era ancora arrivata la risposta di suo padre in merito, ma appena avesse avuto l'ordine, avrebbe ucciso Lucian senza pensieri.
-La causa nella quale credevo era una pazzia! Tuo padre ha perso la ragione! Non ti rendi nemmeno conto di cosa abbia fatto a suo figlio? Ha condannato Jonathan alla rovina e all'infelicità! Gli ha rubato l'anima ancora prima che venisse al mondo, ed è riuscito quasi a privare te della tua! Prima di essere così spensierata nell'elargire morte a chi cerca di aiutarti, informati sui fatti. Metti in discussione per un momento quello che credi di sapere. C'è più dell'assassina in cui Valentine ti ha trasformato in te!- rispose lui con la tranquillità di un uomo certo delle sue parole.
Era folle, ma non sembrava stesse mentendo o se era così, lui non lo sapeva! Sembrava credere davvero a quello che le stava dicendo.
-Mio fratello non è un mostro senz'anima. Morirebbe per me! Un demone non lo farebbe! Tu non sai niente della mia famiglia! Parli di un passato da cui sei scappato come un verme e ora pretendi di farmi la predica sulle sole persone al mondo che si siano prese cura di me? Mia madre è morta di parto, non si sarebbe mai uccisa con due figli piccoli! Mai!- ringhiò Clary sentendo la propria voce tremare di rabbia.
-La conoscevi? Sai perché lo ha fatto? Non sai niente Clarissa, fai qualche domanda a tuo padre prima di dare per scontato che non ti abbia mai mentito.- rispose Lucian, poi aggiunse -Per quello che vale, asseconderò la tua recita e non rivelerò a nessuno chi tu sia in realtà, ma in cambio, voglio che tu ti prenda il tempo di valutare ciò che hai intorno. Il mondo non è solo quello che Valentine ti ha mostrato fin'ora.-
Clary levando la lama dalla sua gola la rinfilò nella fondina -Per quello che vale,- disse imitandolo -La tua vita è legata a una parola di mio padre, valuta le tue opzioni finché sei in tempo, perché quando e se lui mi dirà di ucciderti, sarai morto.- concluse fredda.
Dandogli le spalle aggiunse -Puoi andartene.-
Lucian sospirando piano, non rispose, si limitò ad aprire la porta e lasciarla finalmente sola.
Lasciandosi cadere sul letto, Clary si rese conto che stava tremando, non era freddo. Era qualcosa che difficilmente aveva provato negli ultimi anni della sua vita: paura, dubbio, dolore.
Si ritrovò ad asciugarsi le guance con i dorsi delle mani ancora prima di rendersi conto che stava piangendo. Non piangeva da... nemmeno lo ricordava.
La debolezza non era parte di lei e nemmeno cose sciocche come inutili sentimentalismi, eppure quel bastardo di Lucian era riuscito a mandarla in confusione. Era vero, che beneficio ne avrebbe potuto trarre a dire bugie tanto assurde? Se avesse solo voluto metterla contro suo padre e Jonathan, avrebbe potuto inventare qualcosa di più credibile no?
Se davvero sua madre si fosse tolta la vita? Cosa avrebbe voluto dire? Che non amava lei e suo fratello? Che era talmente infelice che la morte era l'unica via d'uscita che riuscisse a vedere?
Eppure era folle, sua madre era una Shadowhunter coraggiosa, una guerriera, non era il tipo da suicidarsi come una comune mondana vigliacca!
Clary avrebbe tanto voluto aver qualcuno con cui poter parlarne in quel momento, ma Jonathan era lontano e impossibile da raggiungere e suo padre... anche se le avesse mentito fino a quel giorno, dubitava che avrebbe deciso di cambiare idea e dirle la verità.
Si chiese se esistesse al mondo qualcuno che potesse capire il dolore di perdere le certezze della propria vita. Credere per anni a quella che si pensava fosse la verità e poi venire catapultati in un incubo senza risveglio nel quale non c'erano risposte, solo dubbi.
Come un un lampo di luce nel buio, si rese conto che esisteva una persona che avrebbe potuto capirla, una persona alla quale se avesse detto la verità, avrebbe sconvolto l'esistenza: Jace.
Per la prima volta in vita sua, si trovava a provare empatia non solo per una persona che odiava dal profondo del cuore, ma in generale per un altro essere umano, cosa che non le era mai successa prima di quel momento.
Tuttavia, scacciando quei pensieri dalla mente cercò di ricordare chi fosse Jace, cosa rappresentasse per lei e Jonathan e quanto non meritasse nemmeno lontanamente la loro compassione.
Se Valentine le aveva mentito su sua madre, avrebbe affrontato il discorso con lui senza inutili parole sentimentali di mezzo che servivano solo a complicare le cose, e quando la verità fosse venuta a galla, avrebbe fatto pagare il responsabile con la vita. Chiunque esso fosse.
Per la terza volta da quando era entrata in quella dannata camera, il suono insistente di qualcuno che bussava alla porta la fece sobbalzare.
-Chi è?!- rispose più scontrosa di quanto avrebbe voluto.
-Calma ragazzina, sono solo venuto a portarti un messaggio.- rispose la familiare voce di Jace dal corridoio.
-Entra allora, o vuoi passarmelo sotto la porta come una spia?- ribatté lei acida.
Jace entrando le porse una busta sigillata con la cera e ghignò -Sei sempre così simpatica o è la mia presenza che ti agita?-
Clary fulminandolo nella speranza che prendesse fuoco rispose zuccherosa -Ti credi sempre Dio o solo quando cerchi di fare colpo su una ragazza nuova?-
Jace mettendosi a ridere la guardò ironico -Non farti strane idee, sono venuto solo per darti quella lettera da parte di Hodge, non ci tengo a passare altro tempo con una scontrosa ragazzina più arrogante di me.-
-Almeno lo riconosci.- ribatté Clary con un sorrisetto -Che sei insopportabile intendo.-
-Ti abituerai tranquilla.- rispose Jace facendo per andarsene, poi fermandosi prima di chiudere la porta aggiunse -Ah, dimenticavo, oggi pomeriggio temo che dovrai sopportare la mia presenza per un oretta.-
-Cosa?- fece Clary già rassegnata.
-Un certo stregone ha chiesto di incontrarti, non so come sappia che tu sei qui, ma ha chiesto di te.- rispose Jace -Non posso certo mandarti in giro da sola per Manhattan.- chiarì.
-Chi sarebbe lo stregone?- domandò Clary domandandosi se magari fosse un nome conosciuto.
-Magnus Bane. Il Sommo Stregone di Brooklyn.- rispose lui, poi guardandola dall'alto al basso disse -Fatti trovare pronta per le quattro, non verrò a bussare. A dopo ragazzina.-
Clary fumando di rabbia gli corse dietro per ritrovarsi solo la porta sbattuta sulla faccia. Tirò un calcio contro il battente per evitare di inseguire Jace e prenderlo a pugni finché non l'avesse trasformato in una donna!
Respirando profondamente cercò di calmarsi, chi diavolo era quel Magnus Bane? E cosa poteva volere da Helen Blackthorn? Poteva essere che sapesse chi lei fosse davvero?

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Tasselli ***


Le quattro del pomeriggio arrivarono molto più in fretta di quanto Clary non avrebbe voluto. Da un lato non era per niente curiosa di incontrare uno stregone che la convocava dal nulla senza sapere nemmeno cosa aspettarsi, dall'altro il pensiero di dover trascorrere ancora tempo da sola con Jace e non poterlo trasformare in uno spezzatino di Shadowhunter non sapeva se la rendesse più frustrata o nervosa.
Quando sentì bussare alla porta, si allontanò dalla finestra e aprì.
Scontrandosi con lo sguardo di Jace non fece in tempo a fare commenti acidi sul fatto che avesse detto che non sarebbe tornato a bussare, che si rese conto che non era solo.
Accanto a lui c'era un ragazzo alto, con il fisico snello e muscoloso, folti capelli neri e due occhi azzurri timidi e riservati che a malapena la guardavano.
-Ti presento mio fratello, Alec Lightwood. Cerca di non essere troppo antipatica anche con lui.- fece Jace indicandole il ragazzo.
Clary lo osservò per un secondo, così quello era il maggiore dei figli dei Lightwood i traditori che avevano abbandonato il Circolo dopo la presunta morte di Valentine e passati dalla parte del Conclave in cambio di clemenza.
Suo padre le aveva detto tutto in merito, tuttavia, non odiava minimamente Alec quanto detestava Jace, così porgendogli la mano con un sorriso gentile disse -Piacere di conoscerti Alec, io mi chiamo Helen Blackthorn, ho sentito molto parlare di te e la tua famiglia.-
Alec sembrò imbarazzato, le sue guance arrossirono lievemente mentre con un cenno del capo mormorò -Il piacere è nostro ad ospitare una Shadowhunter proveniente da un altro Istituto, non capita spesso. Spero ti troverai bene per il tempo che rimarrai.-
-Sono sicura che sarà così.- sorrise Clary rivolgendosi ad Alec e ignorando completamente Jace.
Quest'ultimo guardandola con un sorriso che era un misto di sarcasmo e confusione ridacchiò -Allora non sei velenosa con tutti, sono proprio io che ti faccio tirare fuori il peggio di te.-
Clary sorridendogli fino a forzare le labbra al limite, producendo la smorfia più ipocrita che riuscì a pescare tra le sue espressioni facciali rispose dolcemente -Alec sembra molto più cordiale di te, e se mi permetti di dirlo, anche meno pieno di sé.-
Alec ridacchiando piano diede una pacca sulla spalla a Jace -Ti sei già fatto conoscere? Ti diverti a traumatizzare le ragazze?-
-Fidati amico, per traumatizzare lei non basterebbe un Principe dell'Inferno che sbuca fuori da una torta a una festa di compleanno!- rispose Jace sghignazzando.
-Non può accompagnarmi Alec da Magnus Bane?- chiese Clary piatta -Sono sicura che ci sia uno stuolo di ragazze che aspettano solo di essere infastidite da te, dedicati a loro!- aggiunse guardando Jace con acidità.
-Non oggi.- ribatté Jace stringendosi nelle spalle -Io e Alec verremo con te, mi sembra la cosa migliore. Sei pronta?-
-Sì.- sospirò Clary rassegnata -Spero non ci vorrà troppo.-
Seguendo i due ragazzi lungo il corridoio e giù per le scale, Clary rimanendo in silenzio si chiese per la centesima volta cosa diavolo l'aspettasse.
Non sapeva se Bane volesse incontrare Helen Blackthorn o Clarissa Morgenstern e la presenza di Alec e Jace la agitava, se quello stregone da strapazzo avesse detto qualcosa davanti a loro?
Prima di uscire dall'Istituto, tirando fuori lo stilo fece per tracciarsi una runa dell'invisibilità per occultarsi ai mondani, ma Jace prendendole il polso disse -Non ce ne sarà bisogno, conserva i Marchi in caso di necessità.-
Clary percepì una strana sensazione irradiarsi dalla mano di Jace al proprio corpo, qualcosa a cui non aveva fatto caso la prima volta che gli aveva stretto la mano per presentarsi. Era come una sensazione di calore piacevole e al tempo stesso familiare.
Ritraendo il polso di scatto, prima di riuscire a sembrare solo infastidita si rese conto che in realtà stava provando confusione, che diavolo era stato?
-Non toccarmi.- gli ringhiò addosso sulla difensiva e riponendo lo stilo nella tasca dei pantaloni della divisa che aveva indossato.
Jace guardandola per una volta senza sarcasmo, le piantò gli occhi sul viso e per un istante a Clary parve di vedere la stessa confusione nel suo sguardo -Scusa, volevo solo dire che non è il caso di assorbire Marchi extra quando non ce n'è il minimo bisogno. Bane ci ha dato l'indirizzo del suo appartamento, non vive lontano da qui.- le disse in modo strano, distogliendo subito lo sguardo e cominciando a parlare con Alec del più e del meno come se volesse distrarsi da qualcosa.
Il tragitto come promesso da Jace non fu affatto lungo, un paio di fermate di metropolitana e qualche passo ed erano arrivati.
Quando furono giunti all'indirizzo indicato dallo stregone, si trovarono davanti ad un palazzo con una porta malmessa e innumerevoli appartamenti.
Su uno dei citofoni, chiaramente visibile solo per loro e non ai mondani, c'era scritto “Magnus Bane Sommo Stregone di Brooklyn e Chairman Meow.”
Jace guardando confuso la scritta scosse la testa -Chairman Meow?- chiese a nessuno in particolare.
Alec si strinse nelle spalle osservandolo altrettanto confuso senza dire niente.
-Suoniamo?- Chiese Clary impaziente di sapere cosa l'aspettasse.
-L'onore alle signore.- rispose Jace con gesto della mano indicandole il citofono.
Posando il dito sul campanello rendendosi conto che le tremava la mano, Clary premette il bottone e attese.
Una voce profonda e squillante al tempo stesso, rispose un secondo dopo -Chi cerca il Sommo Stregone di Brooklyn? Se non potete pagare per i miei servigi siete pregati di andarvene.-
-Jace Wayland, Alec Lightwood ed Helen Blackthorn. Hai convocato la ragazza sta mattina.- rispose Jace nel citofono.
-Helen Blackthorn, ma certo. In questo caso potete salire.-
I tre guardandosi confusi si scambiarono un'occhiata sbigottita e poi entrando nel palazzo cominciarono a salire le scale.
Dopo qualche secondo arrivarono davanti a una porta aperta e trovarono lo stregone che osservandoli curioso teneva l'uscio spalancato.
Indossava una vestaglia color malva perfettamente in tinta con le punte dei capelli viola elettrico.
Piuttosto insolito come look, pensò Clary sempre più confusa.
-Quanta scorta per accompagnare una qualunque Nephilim da un banale stregone.- esordì Magnus Bane invitandoli ad entrare con un gesto delle dita.
Clary mettendo piede in casa, senza togliergli gli occhi di dosso mai, nemmeno per un istante, si ritrovò in fretta a rendersi conto che la cosa era reciproca, quel tipo la stava agitando, era come se stesse cercando di dirle qualcosa con gli occhi, senza parlare.
-Non si sa mai cosa porta uno stregone a voler incontrare un Nephilim in una sede così... intima.- ghignò Jace rispondendo a Magnus -Volevamo solo assicurarci che Helen non corresse rischi, inoltre è forestiera, avrebbe potuto perdersi.- spiegò.
-Jace Wayland, non mi stupisce il fatto che tu abbia potuto pensare che ci fossero doppi fini nel mio invito, sono molti i Nascosti che potrebbero raccontare di aver goduto di incontri intimi con te.- rispose Magnus prendendolo in giro.
Clary alzò gli occhi al cielo, da quelle parole sembrava che Jonathan non fosse l'unico che conosceva ad avere una fissa per le Nascoste.
Guardando Jace sarcastica fece -Fammi indovinare, fate?-
Lui ridacchiando le fece l'occhiolino ma non rispose. Era snervante quel ragazzo.
Girandosi verso Magnus e decidendo di ignorare Jace, Clary fece per dire qualcosa, ma trovò lo stregone intento a studiare Alec con aria interessata -Tu saresti Alexander Lightwood quindi?- gli chiese puntando i suoi occhi che ricordavano quelli di un gatto, in quelli riservati di Alec.
-Già.- si limitò a rispondere quest'ultimo distogliendo lo sguardo.
Magnus rivolgendogli un'occhiata furba disse -Spero di aver modo di conoscere meglio anche te, ma per il momento, temo di dover dedicare la mia attenzione alla ragazza.-
Clary che era persa a studiare l'ambiente con aria curiosa, chiedendosi come fosse possibile che in un appartamento nel cuore di Manhattan ci fossero arredi che sembravano originali del periodo barocco drizzò le orecchie sentendosi chiamata in causa e si mise sull'attenti -Perché volevi vedermi?- chiese titubante.
-Non ti credevo così timida.- rispose Magnus ammiccando in modo strano.
-Non lo sono infatti, mi chiedo solo perché mi trovi qui.-
Magnus indicando Alec e Jace soffermandosi sul primo disse -Siete una meravigliosa scorta, ma devo chiedervi di lasciarmi solo con Helen per qualche minuto. Sono questioni private.-
Clary da un lato tirò un sospiro di sollievo, dall'altro, seppe all'istante che Magnus conosceva la sua identità altrimenti non ci sarebbe stato motivo di chiedere ad Alec e Jace di uscire.
-Potrete godere della compagnia di Chariman Meow mentre io parlo con lei.- aggiunse lo stregone indicando loro una porta aperta che dava su una camera da letto.
-E chi sarebbe?- fece Jace.
-Il mio gatto naturalmente! Trattatelo con gli onori dovuti.- rispose Magnus spingendoli di là -Sciò sciò. Lasciatemi parlare con la ragazza ora.- disse chiudendoli in camera ancora prima che potessero ribattere.
Clary parlando sotto voce, chiese -Che cosa vuoi da me?-
-Ti scoccia se uso il tuo nome? Mi confondono sempre tutti questi intrighi tra Nephilim che non portano altro che disgrazie a chi ci finisce invischiato in mezzo.- disse Magnus sedendosi su un divano di velluto dorato che occupava mezza parete.
Accavallò le gambe con naturalezza e la invitò a imitarlo. Un po' titubante Clary si sedette dal lato opposto fissando Magnus in cagnesco e disse piano -Puoi chiamarmi come vuoi, purché tu lo faccia solo finché siamo soli.-
-Mi sembra evidente ricciolina! Se avessi voluto smascherarti lo avrei fatto poco fa no?- rispose Magnus ammiccando -Vuoi bere qualcosa?- le chiese poi agitando le dita e facendosi comparire in mano due bicchieri da cocktail pieni di un liquido verde sgargiante.
Clary fissò il contenuto dei bicchieri con aria scettica, poi storcendo il naso disse -No grazie, non bevo.-
-Come vuoi, di più per me!- sorrise lo stregone posando uno dei due bicchieri su un basso tavolino con rilievi dorati, in tinta con il divano.
-Veniamo a noi, ti starai chiedendo perché ho voluto vederti immagino, o come io sappia che tu sia arrivata a New York, considerato che sei qui solo da questa mattina, dico bene, Clarissa?-
-Sarebbe già un inizio.- borbottò Clary scontrosa, sconvolta da quante informazioni quel Nascosto avesse ottenuto su di lei in così poche ore.
-D'accordo, non perderò tempo in spiegazioni inutili, ho aspettato parecchio per veder arrivare questo giorno. Cioè... non troppo, ma comunque per il tempo umano non è che quindici anni siano pochi no?- fece Magnus con un sorriso.
-Avresti aspettato me per quindici anni? Stai dicendo questo?- ribatté Clary sempre più confusa.
-Proprio te pasticcino! Riccioli infuocati, occhi verdi, un pessimo caratteraccio, sì, decisamente aspettavo la figlia di Jocelyn Fairchild, la donna che è riuscita a complicarmi l'esistenza in un solo mese, molto più di quanto non ci sia riuscita l'eternità in centinaia di anni!-
Clary sbuffò alzando gli occhi al cielo -Grandioso, sei qui per dirmi che anche tu conoscevi mia madre e qualche altra assurdità che non ho modo di provare, vero?-
Magnus sorseggiando il suo drink fluorescente si leccò le labbra soddisfatto, poi rispose -Mi spiace rovinarti la festa, immagino che tu non abbia proprio in simpatia i Nascosti considerato con chi sei cresciuta, ma temo proprio di dover spegnere la musichetta che hai in quel cervellino rabbioso e accendere un po' di buon senso.-
-Il mio cervello non ha niente che non vada, a giudicare dalla roba radioattiva che stai bevendo, suggerisco che sia il tuo ad avere qualche rotella fuori posto.- mormorò Clary guardandolo acida -Dimmi le bugie che devi dirmi e poi fammi tornare alla noia mortale di sopportare quella palla al piede di Jace e la sua allegra famigliola. Ho degli impegni.-
-Oh ne sono sicuro!- ribatté Magnus guardandola con aria furba -Ma dal momento che immagino i tuoi impegni siano per lo più votati alla totale distruzione dei Nascosti, di cui- precisò ammiccando -Ci tengo a precisare faccio parte anche io, temo proprio di dover mettere i bastoni tra le ruote ai piani di quel matto di Valentine, il che comprende anche impedire a te di fare qualcosa di terribilmente idiota.-
Clary serrando la mascella, sentendo il nervoso che iniziava a salire disse -Fammi indovinare, tu e Lucian lavorate insieme?-
-Lavorare insieme...- fece Magnus grattandosi il mento -No, direi di no. Il Sommo Stregone di Brooklyn non lavora con un Nephilim a gratis. Diciamo solo che Lucian è stato così gentile da onorare il patto che facemmo quindici anni fa e mi ha informato del tuo arrivo. Non prendertela con lui, ha solo eseguito gli ordini di tua madre.-
-Siete tutti molto sciolti nel parlare di mia madre come se la conosceste meglio del suo stesso marito, cosa puoi avere da dirmi che possa interessarmi?- ribatté Clary sforzandosi di mantenere l'autocontrollo.
-Vuoi la Coppa Mortale no? Non è questa la ragione per cui finalmente Valentine Morgenstern ti ha fatta uscire dal vostro nascondiglio? Io posso dartela, ma solo io, uccidimi e non l'avrai mai, fai del male a Lucian e non l'avrai mai, informa tuo padre e...-
-Non l'avrò mai.- concluse acida Clary al posto suo -Ma cosa mi impedisce di mentire, sfruttarti finché non mi avrai dato la Coppa e poi uccidervi tutti?- gli chiese sorridendo divertita.
-Oh oh oh fragolina! Non penserai di metterla nel sacco a un immortale? La bassa stima che hai per i Nascosti annebbia quella tua testolina rossa! Non sono stupido Clarissa e non lo era nemmeno tua madre, il suo sangue ha sigillato l'incantesimo che mi ha affidato la Coppa, io non ho il potere di prenderla e non ce l'ha nessun altro. Tu, a differenza di tutto il resto del mondo invisibile, è un potere che puoi ottenere.-
-Ottenere... come?- fece Clary prestando attenzione. Era possibile che quella fosse una montagna di balle, ma nel caso non fosse stato così, valeva la pena sprecare qualche minuto per capirci qualcosa.
-Ho attirato il tuo interesse vedo.- constatò Magnus compiaciuto -Non ti dirò come avere un oggetto che tuo padre userebbe per distruggermi, cerca nel tuo cuore se vuoi la risposta.-
-Il mio cuore...- sussurrò Clary piano -Non penso di averne uno che batta ancora, mi risparmieresti un po' di tempo se mi dessi la chiave che cerco.-
-Sarebbe una chiave destinata a non funzionare figlia di Valentine, te l'ho detto, cerca nel tuo cuore e avrai la risposta che cerchi. Per il momento non ho altro da dirti, sai dove abito, se cambiasse qualcosa nelle tue intenzioni, puoi sempre venire a trovarmi.- le disse Magnus alzandosi dal divano e porgendole la mano per farla alzare.
-Oh a proposito, se ti facessi accompagnare dal quella meraviglia dagli occhi azzurri che c'è nell'altra stanza, sarebbe una visita ancor più gradita.- aggiunse con un sorriso malizioso.
Clary ignorando la sua mano ed alzandosi da sola rispose -Non credo ci rivedremo. Mio padre dice che la Coppa è all'Istituto, mi fido di lui. Grazie per la chiacchierata comunque.-
-Al prossimo incontro, Clarissa...- rispose lui enigmatico.
Poi con passi strascicati mentre la vestaglia frusciava per terra al suo passaggio, si incamminò verso la stanza in cui aveva chiuso Alec e Jace e aprì la porta.
-Potete andare, abbiamo finto.- disse osservandoli tranquillo.
-Tutto qui? Non ci dici perché hai voluto vederla?- fece Jace confuso.
-Se vorrà lo farà lei stessa, ha una bella linguetta biforcuta, sono sicuro sappia usarla quando le va.- rispose Magnus ridacchiando.
Jace alzò gli occhi al cielo -Almeno non sono l'unico a pensarlo.- borbottò lanciando un'occhiata a Clary e facendole “ciao” con la mano al puro scopo di infastidirla.
-Posso offrirvi qualcosa da bere prima che ve ne andiate?- chiese Magnus rivolgendosi chiaramente ad Alec questa volta.
-No noi... dobbiamo tornare a casa.- rispose lui imbarazzato.
Clary notò che Jace non fece commenti, ma il suo sguardo dorato si posò sul viso di Alec e le parve di vedere che nei suoi occhi non ci fosse sarcasmo, ma una punta di curioso interesse. Tuttavia il biondo non disse nulla.
Magnus sospirò dispiaciuto -Come volete, spero di rivedervi presto, Alexander.-
-Non ci conterei troppo.- rispose Clary per tutti imboccando la porta -Addio.- e senza dire altro imboccò le scale e scese giù di corsa.-
-Donne! È stato un piacere conoscere il tuo gatto.- sbottò Jace frettoloso inseguendola giù per le scale e congedando Magnus rapidamente.
Clary se lo ritrovò dietro le spalle in un secondo e la mano di Jace si chiuse intorno al suo polso prima che potesse mettere piede in strada.
-Ti ho detto di non toccarmi!- gli ringhiò addosso provando per la seconda volta una strana sensazione.
-Calmati ragazzina! Sembrava stessi scappando, è successo qualcosa con quel tipo?- le chiese Jace sforzandosi di mostrarsi gentile.
-Non c'è bisogno che ti preoccupi per me, sto benissimo, abbiamo parlato di cose che riguardano la mia famiglia, se ne avessi una capiresti!- era stata cattiva, sapeva di esserlo stata. Ma non le importava minimamente. Voleva solo scrollarselo di dosso il prima possibile e correre a mandare un messaggio di fuoco a suo fratello. Aveva bisogno di vedere Jonathan il prima possibile.
Jace lasciandola andare la guardò piatto -Un invasione di cavallette sarebbe più simpatica di te. Ma se vuoi ferirmi ti consiglio di usare la spada, ferisce più della lingua!- le disse passandosi una mano tra i capelli e incrociando poi le braccia.
-Dove diavolo è finito Alec?- sbottò Clary d'un tratto rendendosi conto che se erano ancora fermi lì senza potersene andare era perché di lui non c'era traccia.
Jace guardando le scale confuso mormorò -Era appena dietro di me! Vado a vedere.- ma non fece in tempo a finire la frase, che il suo Parabatai comparve in cima alla rampa di scale correndo giù velocemente.
-Tutto a posto?- gli chiese Jace confuso.
-Eh? Sì sì, tutto bene! Quel tipo è strano.- borbottò Alec fissandosi le scarpe con interesse.
-L'avevo capito appena l'abbiamo visto questo, ma cosa voleva da te?- gli chiese Jace prendendolo per le spalle e guardandolo negli occhi.
-Niente di sensato... mi ha... mi ha chiesto se mi piacciono i cioccolatini.- rispose Alec arrossendo come un aragosta bollita.
-Me ne sono andato e basta.- precisò iniziando a camminare in fretta.
Clary approfittando del fatto che si fosse messo in movimento lo seguì, constatando con un sospiro di sollievo che Jace fece altrettanto.
Voleva solo tornare all'Istituto prima che poteva.
Finalmente dopo un quarto d'ora passato a cercare di ignorare Alec e Jace che parlavano di Magnus e di chissà cos'altro, Clary vide l'Istituto stagliarsi all'orizzonte davanti a loro. Dovette quasi trattenersi dal correre fino alla porta e chiudersi in camera di corsa.
-Helen! Hodge ha detto di andare da lui quando fossimo tornati!- le urlò dietro Jace quando la vide imboccare le scale di gran carriera.
-Sì, devo andare...in bagno! Arrivo subito, digli di aspettarmi!- gli rispose Clary senza fermarsi.
Arrivata in camera, formulò la frase da mandare a Jonathan, doveva essere breve e concisa.
-Devo vederti. Incontriamoci all'albero sul fiume sta sera a mezzanotte. Clary.-
Era breve e chiaro, sia lei che Jonathan conoscevano quel posto, era vicino a casa per Jon e loro padre non nutriva il minimo interesse nel sorvegliare quella zona. Clary sperava solo che mezzanotte fosse un orario in cui entrambi avrebbero potuto sparire per un paio d'ore in modo da potersi vedere.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Dubbi ***


Non appena ebbe inviato il messaggio, Clary aprendo la porta della camera di gran carriera fece per incamminarsi da Hodge, forse era arrivata la risposta da parte di suo padre. Tuttavia appena mise piede in corridoio si schiantò contro Jace che era fermo davanti alla sua stanza.
-Mi stavi spiando?- gli fece scontrosa, scansandolo con la spalla e prendendo a camminare.
-Non sei così interessante da indurmi a perdere il mio tempo spiandoti tranquilla.- le rispose Jace ironico, poi seguendola curioso chiese -Posso sapere dove stai andando?-
Clary senza voltarsi e continuando a camminare rispose piatta -Da Hodge no? Non hai detto che voleva vedermi?-
-Sì l'ho detto, ma non avevo idea che sapessi già dove trovarlo! In questo caso, buon pomeriggio!- rispose Jace ridendo e facendo dietrofront.
Rendendosi conto che effettivamente non aveva idea di dove diavolo fosse lo studio di Hodge, Clary alzando gli occhi al cielo si fermò e sforzandosi di essere cortese chiese -Non lo so in effetti... puoi accompagnarmi Jace?-
-Ma certo, bastava chiedere!- acconsentì lui tornandole accanto e proseguendo lungo il corridoio.
-Di solito lo troviamo in biblioteca, altrimenti c'è la serra, Hodge è un vero mago con le pozioni, credo abbia più a cuore le piante delle persone.- spiegò Jace allegramente.
-Sì, l'ho sentito dire. Sono qui per questo infatti.- rispose Clary rispolverando il suo piano.
Cercando di fare conversazione pur di non ritrovarsi a dover rispondere a domande personali o rimanere in quell'imbarazzante silenzio, Clary chiese -E tu? A parte andare a caccia di demoni e importunare Nascoste cosa fai di solito?-
Jace ridacchiò -Credo si possa riassumere tutto nella tua gentile descrizione. Non è che ci siano molti passatempi qui. Si studia, si combatte, ci si allena. Non è quello che fate anche voi a L.A?- le chiese interessato.
-Sì a grandi linee direi che funziona nello stesso modo. I tuoi genitori adottivi quindi non vivono qui eh?- domandò Clary nonostante conoscesse la risposta. Doveva cercare di mettere da parte il naturale astio che provava verso Jace e iniziare a entrare in confidenza con lui, ottenere la sua fiducia, altrimenti non avrebbe mai portato a termine la missione per cui si trovava lì.
Jace stringendosi nelle spalle rispose -No, loro vivono a Idris insieme a Max come ti ho detto e noi siamo sotto la custodia di Hodge. Avrai sentito parlare di lui no?-
Clary indecisa su cosa rispondere rimase sul vago -Qualcosa riguardo la Rivolta degli Accordi e Valentine, ma niente di specifico. I nostri genitori non ci parlano spesso di quel periodo.- arrangiò Clary unendo verità a finzione cercando di essere più naturale possibile.
Jace annuì -Credo che nessuno di quella generazione abbia in simpatia Valentine e ciò che ha fatto, comunque sì, Hodge c'era ed era un membro del Circolo quindici anni fa. Quando Valentine Morgenstern è morto, Hodge ha ottenuto clemenza, ma con la maledizione di non poter mai più lasciare questo Istituto, per questo i Lightwood si fidano a lasciarci sotto la sua custodia, è sempre qui per tenerci d'occhio.- spiegò Jace con un tono che sembrava vagamente scocciato.
-Perché mi sembra che la cosa non ti piaccia?- domandò Clary curiosa di sapere se ci avesse visto giusto.
Jace sbuffò -Non è Hodge il mio problema, è un brav'uomo. Vorrei solo avere già diciassette anni per non dover sottostare alla sua tutela e fare ciò che voglio.- disse nervoso.
Clary ascoltandolo interessata lo osservò di sottecchi mentre camminavano e chiese piano -E cosa sarebbe quello che vuoi?-
-Trovare ogni singolo membro del Circolo ancora in vita e vendicare la morte di mio padre. Farla pagare a quei bastardi.- disse con il tono di un assassino.
Clary rimase in silenzio qualche secondo, lei conosceva la verità, ma Jace no, cosa avrebbe detto una persona normale, all'oscuro di tutto, in una situazione come quella?-
Cercando di usare un tono gentile e comprensivo disse -Mi dispiace per quello che hai passato Jace...-
Lui tirando fuori un'aria spavalda scrollò le spalle -Mi ha reso più forte. Un giorno vendicherò mio padre e fine della storia. Valentine Morgenstern ormai non è altro che l'ombra di un ricordo.-
Approfittando della piega del discorso, Clary azzardò un po' titubante -Può darsi... ma la Coppa Mortale è ancora dispersa. Il Conclave non può essere tranquillo finché non la vedrà tornare a casa no?-
Jace senza pensarci rispose -Sì, la Coppa non è mai stata trovata, ma quello che conta è che Valentine sia morto, prima o poi la troveremo!-
Valutando la sua reazione e le sue espressioni, Clary si rese conto che Jace non stava mentendo, sembrava davvero che non avesse idea di dove o come trovare la Coppa, perché suo padre le aveva detto che avrebbe avuto bisogno di lui allora?
-Già... salterà fuori immagino.- si limitò a rispondergli, con la testa per metà altrove.
-Sei arrivata.- le disse Jace d'un tratto fermandosi davanti a una porta. -Hodge è qui.-
Clary sovrappensiero si fermò di scatto andando a sbattere contro Jace per la seconda volta negli ultimi cinque minuti.
Lui afferrandola per le braccia per non farla cadere la guardò con un sorrisetto sarcastico e fece -Sicura di odiarmi tanto come dai a vedere? Se vuoi una scusa per toccarmi basta dirlo!-
Clary ritrovandosi ad arrossire, con le mani ancora aggrappate ai suoi bicipiti lo guardò con la faccia più inespressiva che riuscì a trovare -Non ho mai detto che ti odio.- disse piatta. Era davvero così evidente l'antipatia che provava per lui?! -E in ogni caso, non ci tengo proprio a toccarti. Potresti essere contagioso per quel che ne so!- sbottò tirandosi indietro e mettendo un po' di distanza tra loro.
-Contagioso?- fece Jace confuso aprendo la porta dello studio di Hodge.
-Malattie veneree e roba da Mondani!- precisò Clary ghignandogli in faccia -Devo proprio salutarti ora, grazie per la piacevolissima compagnia!- gli disse ironica entrando nello studio e chiudendogli la porta in faccia prima che potesse risponderle.
Iniziava a sentirsi bipolare a forza di mentire per compiacerlo e cedere alla naturale avversione che provava per lui!
-Vieni pure.- la voce di Hodge la accolse dal fondo della stanza, era in piedi accanto a un mappamondo dall'aria piuttosto antica e teneva tra le mani un foglietto di carta.
Clary affrettando il passo e andandogli incontro lo afferrò ansiosa.
In quella che riconobbe come la grafia di suo padre, lesse una sola parola che correva per il foglio: “Uccidilo”.
-Hai la tua risposta?- le domandò Hodge rassegnato.
Clary accartocciando il foglietto e infilandoselo in tasca annuì -L'hai letta anche tu no? Non sono io a decidere, non guardarmi con quella faccia.- gli disse scontrosa.
-Potresti farlo, non sei una bambina. Ma fai quello che ritieni giusto, io non mi metterò in mezzo tra Valentine e i suoi piani.- rispose Hodge pacato.
D'un tratto a Clary tornò in mente la busta sigillata che le aveva consegnato Jace poche ore prima.
Se n'era completamente dimenticata! -Cosa c'era nell'altra busta? Non l'ho ancora aperta!- chiese a Hodge confusa. Se non era la risposta di suo padre cos'altro poteva essere?
Hodge sorpreso scosse il capo -Era sigillata, non so cosa ci fosse scritto. Me l'ha consegnata Lucian dicendomi di dartela.- le rispose sinceramente stupito.
-Va bene, grazie.- fece Clary -Se non c'è altro andrei in camera mia.- aggiunse sforzandosi di mascherare l'impazienza.
-Certo, puoi andare. Se devi ammazzare qualcuno però, cerca di farlo con discrezione e fuori da queste mura, non voglio problemi.- le disse scocciato dandole le spalle e tornando a sedersi alla scrivania.
Clary sbuffando lo ignorò. Era ovvio che se avesse ucciso Lucian non lo avrebbe fatto nell'Istituto con il rischio di farsi vedere da qualcuno degli altri no?
Uscendo dallo studio e constatando con sollievo che Jace non fosse lì fuori ad aspettarla facendole perdere tempo, tornò in camera quasi di corsa, voleva vedere se Jonathan le avesse risposto. Non sarebbe partita senza il suo via libera.
Come fu entrata in camera si fiondò verso il letto sul quale aveva gettato la busta sigillata e dal momento che non c'era traccia di altri messaggi, si accinse a leggere quella per il momento.
Immagino che tu abbia già parlato con Magnus Bane o che in ogni caso lo farai a breve, vorrei chiederti di vederci per parlare. Non qui all'Istituto, noi da soli. Dove vuoi, scegli tu un posto. Puoi farmi recapitare la risposta da Hodge.
Lucian.”
Clary osservò il biglietto con aria curiosa, inaspettatamente si mise a ridere. Ma era scemo o cosa? Sapeva benissimo che lei voleva ucciderlo e le forniva la scusa migliore per farlo?
Le stava proponendo di uscire dall'Istituto e incontrarsi da soli in un luogo a sua scelta... o voleva morire o era solo pazzo!
Si ripromise di rispondergli il prima possibile, dato che suo padre le aveva dato le sue disposizioni, non restava che uccidere Lucian, ma prima voleva parlare con Jonathan.
Proprio in quel momento un biglietto le si materializzò accanto. Lo afferrò al volo e lesse ansiosa la grafia di suo fratello.
Come pensi di arrivare?!-
Sbuffando Clary si apprestò a rispondere, sarebbe stato più comodo un sistema di messaggistica moderna, ma né lei né Jonathan possedevano un cellulare da Mondano e inoltre a Idris sarebbe stato comunque inutile.
-Con un portale. Smettila con le domande idiote e dimmi se ci sei!- rispose nervosa.
Dopo qualche secondo la risposta, bene, voleva dire che almeno loro padre non era nei dintorni e non stava rischiando di mettere Jonathan nei guai.
-E le difese? Non puoi entrare con un portale Clarissa! È proprio necessario venire qui?-
Clary alzando gli occhi al cielo e ingoiando un'imprecazione rispose -Abbatti le difese per qualche ora, non se ne accorgerà nessuno. Ti pare che rischierei tanto se non fosse urgente? Dacci un taglio Jon!-
Si rendeva conto che gli stava chiedendo molto, un rischio enorme, ma dopo tutto quello che le avevano detto Lucian e Magnus, aveva bisogno di una conferma, voleva risentire la storia che conosceva dalla bocca di suo fratello. Ne aveva bisogno. Non sapeva perché una minima parte di lei si fosse lasciata condizionare dalle parole di un Nascosto e di un traditore, ma c'era qualcosa in quella storia che iniziava a non tornarle. Tra il fatto che secondo suo padre la Coppa fosse all'Istituto ma nessuno sembrava averne la minima idea e le cose che erano venute a galla dopo, era ovvio che qualcuno non stesse dicendo la verità.
La risposta di suo fratello non si fece attendere -Devo andare in città per disattivare le difese! Mi auguro sia per qualcosa di serio sorella, o quello che farà a me nostro padre se mi scopre sarà piacevole in confronto a quello che combinerò io a te! Ci vediamo alla mia mezzanotte all'albero.-
Clary deglutendo ansiosa rispose solo -Ok-
Poi accartocciò i messaggi, incluso quello di Lucian, e infilandosi in bagno gli diede fuoco facendone scomparire ogni traccia.
Era scomodo per lei seguire il fuso orario Europeo, ma si rendeva conto che per Jonathan sarebbe stato impossibile adattarsi a quello Americano. Clary doveva solo trovare il modo per andarsene intorno all'ora di cena, doveva saltarla?
Tornò in camera e cominciando a camminare nervosamente avanti e indietro, iniziò a chiedersi come muoversi e quale fosse il comportamento migliore da adottare.
Avrebbe preferito rimanere chiusa lì finché non si fosse fatta l'ora di andare da suo fratello, ma considerato che era il suo primo giorno all'Istituto, immaginò che non sarebbe stato molto educato non presentarsi a cena per conoscere tutti. Mancava solo Isabelle Lightwood tra gli abitanti dell'Istituto e non è che morisse dalla voglia di conoscerla o stare con gli altri, ma era la cosa migliore e la più normale da fare.
Si diede una sistemata controllando di essere in ordine, indossava ancora la divisa che aveva indossato per uscire nel pomeriggio, decise di non cambiarsi, sarebbe stata più sicura con quella addosso. Soprattutto dovendosi muovere di notte da sola, in caso di incontro con un demone o di un qualunque tipo di combattimento nel quale avesse potuto incombere, sarebbe stata in vantaggio in quel modo.
Infilandosi lo stilo in una tasca interna della giacca, si rassegnò all'idea di non poter portare armi con sé e uscì dalla camera. Non poteva certo chiedere dove fosse l'armeria dopo cena! Non avrebbe avuto senso. Ad ogni modo non le servivano armi per difendersi, era più che in grado di farlo anche senza.
Incamminandosi per il corridoio, dato che era ormai quasi l'ora di cena, Clary iniziò a guardarsi intorno curiosa cercando di capire dove potesse essere la sala in cui mangiavano. Delle voci non lontano da lei, le diedero un indizio su quale direzione prendere.
Una voce femminile, dal tono vagamente scocciato stava dicendo -Non dire assurdità! Senti che buon profumo!-
-Anche i fiori di oleandro sono profumati Iz, ma se te li mangi muori avvelenato!- Clary riconobbe il timbro di Jace in questo caso.
Entrando nella stanza dalla quale provenivano le voci, vide Alec ridacchiare scuotendo la testa e Jace che seduto accanto a lui guardava con aria poco convinta un piatto con all'interno un intruglio color corteccia.
Una ragazza con lunghi capelli neri e gli occhi dello stesso colore, guardò i due indispettita e disse dolcemente -O mangiate la cena che ho preparato per voi o andate a letto stomaco vuoto!-
Poi il suo sguardo si posò su Clary e un sorriso amichevole le si aprì sulle labbra -Ciao!- le disse allegra andandole incontro -Io sono Isabelle Lightwood, questi due spiritosoni qui non si sono presi il disturbo di presentarmi!- le disse porgendole la mano.
-Helen Blackthorn. Il piacere è mio.- rispose Clary educatamente mentre faceva la conoscenza dell'ultima Lightwood dell'Istituto.
-Non per molto, aspetta di mangiare quella roba e di piacevole non ti rimarrà niente!- sghignazzò Jace giocando con il cucchiaio nel piatto.
-Sono sicura che non sia così male.- tentò di dire Clary per non essere maleducata.
Sedendosi non fece in tempo a posare gli occhi sul tavolo che Isabelle le schiaffò davanti un piatto con lo stessa poltiglia indefinibile -Buon appetito!- le disse entusiasta.
Clary azzardando timidamente a prendere una cucchiaiata se la portò alle labbra facendosi coraggio, insomma, non poteva essere velenoso no?
Non appena quella roba le si posò sulla lingua percepì qualcosa di gelatinoso che le scivolava in gola quasi a tradimento.
Ingoiò strabuzzando gli occhi e fissò lo sguardo sul piatto. Era la cosa più salata, molliccia e profumatamente disgustosa che avesse mai mangiato in vita sua!
-Allora? Ti piace?- chiese Isabelle congiungendo le mani e guardandola speranzosa.
Clary sforzandosi di sorridere ignorò Jace e Alec che la stavano fissando senza farle nemmeno il favore di non sorridere come due idioti e disse cauta -Ha un sapore... intenso.-
A quel punto Jace scoppiò a ridere apertamente, seguito un secondo dopo da Alec che guardando sua sorella con affetto ridacchiò -Sei bravissima come guerriera Izzy, ma ti prego, lascia la cucina a Hodge!-
-Oh siete solo un branco di ingrati!- sbottò Isabelle dando le spalle ai due e uscendo teatralmente dalla cucina con fare impettito.
-Spero di non averla offesa.- borbottò Clary sforzandosi di prendere un'altra cucchiaiata di quella robaccia.
Alec sorridendole fece -Si offende tutti i giorni in cucina, tranquilla, le passerà in cinque minuti e ricomincerà da capo domani!-
Intanto l'intruglio era sceso per la seconda volta nel suo apparato digerente e Clary questa volta trattenendo un conato di vomito gettò il cucchiaio nel piatto e scosse la testa -Non posso!- ansimò con la lingua in fiamme trangugiando un bicchiere d'acqua.
-Dovrebbe esserci dell'insalata in frigo.- disse Jace alzandosi.
-No, no! Sto bene così. Sul serio adesso non posso mangiare nient'altro o...- rendendosi conto che non sarebbe stato cortese specificare che l'avrebbe risputato sul tavolo Clary si interruppe dicendo solo -Non ho molta fame, se dovesse venirmi tornerò più tardi in cerca di qualcosa di innocuo.-
Si alzò da tavola e fece per infilarsi in corridoio ma Jace la chiamò -Aspetta, vai già in camera? Non vuoi uscire e vedere la città?-
Clary guardandolo sorpresa dimenticò di rispondere male -No, sono stanca. Devo abituarmi al cambio di fuso orario, farò una bella dormita.-
-Ma a L.A. è appena pomeriggio!- obiettò Jace.
Sospirando come se parlasse a un bambino Clary rispose -Sì, ma mi sono comunque svegliata molto presto, cercherò di approfittare della stanchezza e tirare fino a domani mattina, in modo da adeguarmi subito all'orario della costa occidentale!-
Doveva fare attenzione, perché tra l'orario di Idris, quello di New York e quello di Los Angeles non ce n'era uno che coincidesse con l'altro. Poteva rischiare di fregarsi con le sue stesse mani.
-Come vuoi.- borbottò Jace quasi deluso -Buona notte allora.-
-Buona notte a voi.- rispose Clary sorridendo ad Alec e rivolgendo un sorrisetto acido a Jace.
Allontanandosi lungo il corridoio, le parve di sentire Alec dire -Non riesco a capire che problemi abbiate voi due! È arrivata solo sta mattina!-
-è lei che è strana! Io non ho proprio niente! Forse finge di trovarmi antipatico, sai... la volpe che non arriva all'uva...- ridacchiò Jace.
Alec sospirò -Non a tutti piace l'uva lo sai? Magari lei non è interessata. Ti da tanto fastidio?!-
-Non mi interessa affatto quello che può piacerle o meno! Ma cos'hai anche tu? Sembrano tutti strani oggi! Vado a farmi un giro, non mi va di stare chiuso qui.- rispose Jace con un tono scontroso.
Clary affrettando il passo nel corridoio sparì dietro l'angolo prima di ritrovarselo alle spalle. Voleva solo andare a chiudersi in camera finché non fosse stata ora. Per quel giorno di Jace ne aveva avuto anche troppo!
Entrando in camera e controllando l'ora, si rese conto che considerato il fuso, poteva iniziare a partire, da Jonathan sarebbe stata mezzanotte a breve e lei prima di poter tracciare il portale doveva uscire dall'Istituto e allontanarsi almeno un po'.
Controllando di avere lo stilo con sé, si infilò un cappotto e imboccò il corridoio camminando svelta.
Raggiunto l'ascensore premette il bottone facendo partire quel suono sferragliante che segnalava l'arrivo di quell'aggeggio infernale.
Sperando in quel modo di aver attirato l'attenzione di eventuali persone nei dintorni sull'ascensore, lo ignorò e si fiondò giù per le scale, era un buon diversivo.
Arrivata davanti al portone, controllandosi le spalle per essere certa che nessuno l'avesse vista, lo aprì e si ritrovò finalmente in strada, libera dal controllo degli abitanti dell'Istituto.
Attraversò le carreggiate schivando taxi e macchine, e corse fino a raggiungere uno degli ingressi per Central Park, una volta che fu al sicuro protetta dai cespugli, tirò fuori lo stilo e tracciò le rune per creare il portale diretto a Idris.
Il vortice azzurrino si spalancò davanti a lei e varcandolo con cautela, Clary pregò che suo fratello fosse riuscito a neutralizzare le difese, o sarebbe stato parecchio complicato arrivare ad Alicante senza rischiare la vita!
Chiudendo gli occhi incrociò le dita e attese, si sentì schiacciare da tutte le parti mentre la pressione aumentava, finché finalmente, svanendo e lasciandola libera le permise di tornare a respirare normalmente.
Aprendo gli occhi Clary si guardò intorno, era buio e silenzioso, il fiume scorreva a pochi metri da lei e a poca distanza vide l'albero al quale aveva dato appuntamento a Jonathan.
Scrutando nell'oscurità cercò suo fratello senza riuscire a vederlo, dove diavolo era?
Un movimento alle sue spalle e un fruscio furono tutto quello che percepì, poi si senti stringere da dietro e la voce calda di Jonathan le accarezzò l'orecchio -Presa.- le disse con l'ombra di un sorriso sulle labbra.
Clary girandosi gli diede un bacio sulla guancia -Grazie per essere venuto! C'è qualcosa che devo chiederti.-
-Cosa ti ha turbato tanto da indurti a far correre a entrambi un rischio del genere?- le chiese Jonathan curioso.
-Qualcosa su nostra madre.- fece Clary titubante.
Suo fratello alzando gli occhi al cielo, sorrise in modo strano -Lo sapevo. Sapevo che non era sicuro mandarti a New York. L'avresti scoperto prima o poi...cosa vuoi sapere?-

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Lealtà ***


Buon pomeriggio a tutte e grazie per essere tornate a leggere!
Vi prego di perdere solo un minuto per
LEGGERE L'AVVISO, onde evitare inutili discussioni o rimproveri.
Per quel che ritengo io, il capitolo rientra negli avvertimenti e nel rating che ho selezionato, ma se chiunque di voi, anche una sola persona non fosse d'accordo e si trovasse offesa, infastidita o turbata dal contenuto, la prego di dirmelo assolutamente in modo che io possa modificare il rating e rendere il capitolo visibile solo a chi ha raggiunto la maggiore età (anche se sappiamo tutte che è una scemenza credere a questa favoletta).
Detto questo, spero che appreziate comunque il capitolo anche se ha contenuti un po' forti, chiedo scusa, ma non sono solita modificare la trama in base alle esigenze di chi legge.
Chiunque non riesca o non voglia più seguire la storia, può eliminarla dalle preferite e ignorare gli aggiornamenti! ;)
Vi ringrazio per l'attenzione e vi auguro buona lettura.
Annie :**




Clary lo guardò stupita -C'è qualcosa che dovrei sapere quindi?- chiese confusa dall'affermazione di suo fratello.
Jonathan si strinse nelle spalle e sorrise furbo -Nostro padre ha tenuto segreti con tutti per sedici anni, cosa ti ha mai fatto pensare che non avrebbe potuto fare lo stesso con noi?-
-Sputa il rospo, stiamo rischiando tutti e due ad essere qui, non ho tempo da perdere Jonathan!- replicò Clary nervosa.
-Dimmi che cosa ti hanno detto sorellina, vedrò se posso chiarire i tuoi dubbi.- fece lui.
Clary sospirò e parlando piano, quasi indecisa se dire o meno quelle cose, confessò -Ho incontrato Lucian Greymark, l'ex Parabatai di nostro padre. Mi ha detto che la mamma non è morta partorendo me, lui ha detto...-
Jonathan la prese per il mento e le fece alzare lo sguardo -Ha detto cosa Clarissa?- le chiese piatto.
-Ha detto che si è suicidata.- mormorò Clary deglutendo.
-Hai incontrato qualcun altro? Parlato con nessuno?- domandò suo fratello tirandosi indietro i capelli argentati che gli ricaddero lisci davanti alla fronte.
Clary un po' titubante rispose -Sì, un Nascosto. Magnus Bane. Dice che lui sa come farmi prendere la Coppa Mortale, che nostra madre la sigillò con il sangue e che solo io posso prenderla.-
Jonathan la guardò con gli occhi spalancati -E perché diavolo non l'hai presa allora?- le ringhiò addosso.
-Hey! Non te la prendere con me ora! Non ho potuto! Quello non mi ha detto niente, era tutto evasivo e ha detto che non mi avrebbe aiutata finché non...- Clary si fermò, era talmente stupida come cosa che dirla a uno come suo fratello le avrebbe valso solo prese in giro e risate di scherno.
-Finché cosa? Clary non sto scherzando, dimmi quello che sai!- la aggredì con un tono che di solito non usava mai con lei.
-Non lo so! Cose strane sul mio cuore e la mia lealtà! Non me lo ricordo! Dio! Speravo di trovare un alleato qui! Si può sapere cos'hai?- sbottò Clary arrabbiata.
Perché cavolo Jonathan stava facendo così ora?!
Suo fratello respirando per calmarsi le prese la mano e la tirò a sé abbracciandola -Scusami.- le soffiò contro i capelli. Poi le sollevò il viso e la baciò sulle labbra.
Dopo un secondo, lasciandola andare spiegò -Sono solo nervoso, non ce l'ho con te. Ho paura che tu mi tradisca. Non me ne frega niente dei piani di nostro padre, ma non posso perdere te.- le disse sottovoce, trafiggendola con quei due occhi neri più profondi della notte.
Clary lo osservò incredula, non era da lui fare dichiarazioni del genere.
-Perdermi? Come potresti? Sei mio fratello!- gli disse dolcemente abbracciandolo -Non sempre il migliore dei fratelli, ma la mia lealtà non è in dubbio Jonathan. Né oggi né mai.- chiarì.
-Lo spero...- rispose lui sottovoce, poi disse -Mi dispiace se questo può ferirti, ma è vero che nostra madre non è morta di parto, non volevo mentirti, ma ho creduto fosse meno doloroso per te.-
Clary ingoiò acido -Allora è vero... perché avrebbe fatto una cosa simile? Aveva noi! Come ha potuto abbandonarci a lui?- chiese riferendosi a Valentine.
-È colpa mia Clarissa, non tua. Lei odiava me, non sopportava di vedere il mio sguardo. Le facevo paura.- disse Jonathan fissando un punto indefinito nel cielo nero sopra di loro.
-Era tua madre! Come avrebbe potuto non amarti o avere paura di te?- chiese Clary sconvolta.
-Io non sono come te sorella. Io ti ho vista quando sei nata, ero piccolo, ma ricordo ancora com'eri quando sei venuta al mondo!-
Sospirò sonoramente poi proseguì -Eri la creatura più bella che avessi mai visto, sembravi un piccolo angelo dagli occhi verdi. Avevi la pelle bianca come il latte con leggerissime lentiggini sulle guance, nemmeno una bambola avrebbe potuto essere migliore. Emanavi bontà, si vedeva che in te c'era più sangue d'angelo che in chiunque altro.-
Clary lo ascoltò in silenzio, senza capire dove volesse andare a parare. Non lo aveva mai sentito parlare in quel modo, né di quelle cose.
-Quando nacqui io invece, ero l'opposto di te. Ero male puro. Non c'era niente di umano nel mio corpo, ero un demone con sembianze mortali, come credi che la prenderebbe una madre nel constatare che il suo primogenito è un mostro?-
Clary lo scosse stringendolo per le braccia -No! Tu non sei un mostro! Guardati! Senti quello che dici! Mi ami, ti sei sempre preso cura di me, sono viva grazie a te! Non posso credere che nostra madre non sia riuscita a vedere in te quello che ci vedo io! Ci dev'essere dell'altro!-
-È tutto qui, mi dispiace deluderti sorellina. Ha visto chi ero, si sarebbe uccisa anche subito, ma ci mise mesi a decidersi e a quel punto scoprì che era incinta di te. Aspettò di partorire e poi scappò con la Coppa. Da quanto ne sa nostro padre, morì pochi giorni dopo. Mi ha raccontato questa storia molte volte.- confessò Jonathan -Ma a costo di farlo infuriare, l'ho sempre pregato di non dirti niente, credevo che ti avrebbe fatto meno male pensare che nostra madre era morta per un incidente, piuttosto che per colpa mia.-
Clary con gli occhi umidi, cacciò indietro le lacrime e disse decisa -Non è colpa tua. Se avesse aspettato di conoscerti meglio, avrebbe visto che non eri quello che lei pensava! Avevo bisogno di sapere la verità e ora me l'hai detta, preferisco saperlo da te se c'è altro, non da qualche sconosciuto a New York!-
 
 
Jonathan lasciò che sua sorella lo abbracciasse, ogni tanto era così credulona da fargli domandare se non stesse mentendo! Ma poteva credere a delle assurdità del genere?
E ora era lì che lo consolava come se fosse stato un comune mondano!
Jocelyn era morta suicidandosi, era vero, quello che a Clarissa non aveva intenzione di dire, era che lui ne era solo contento! Una donna che non aveva il coraggio di sostenere la propria vita, non meritava compassione né comprensione!
Sforzandosi di risultare credibile, sussurrò -Non c'è altro... non che io sappia almeno. Proverai comunque a prendere la Coppa?-
Clarissa lo fissò con i suoi occhioni verdi, sempre troppo dolci nonostante cercasse di mascherarli -Certo che prenderò la Coppa, la darò a nostro padre come promesso, non mi piace che mi abbia mentito, ma come ti ho detto, la mia lealtà non è in dubbio!-
Jonathan serrando la mascella nervosamente annuì -Mi fa piacere saperlo.- disse solo.
Era incredibile! Non aveva intenzione di lasciare che suo padre mettesse le mani sulla Coppa Mortale per riportare in vita una vigliacca e sterminare intere razze solo per il proprio beneficio! No, doveva trovare il modo di fregarlo, doveva portare Clarissa a dubitare di lui, ma forse... pensò ritrovando un po' di speranza, forse a New York l'avrebbero convinta che Valentine era un mostro, un pazzo manipolatore! A quel punto sarebbe stato facile farsi dare da sua sorella quello che voleva! Sì, era perfetto. Avrebbe ottenuto tutto, senza nemmeno doversela mettere contro, in fin dei conti gli dispiaceva. Un pochino.
-Puoi rimanere un po'? Già che abbiamo corso questo rischio, dammi almeno un'ora per godere la compagnia di mia sorella.- le disse sorridendole malizioso.
Clarissa ridacchiò piano, sembrò pensarci un attimo, poi stringendosi nelle spalle esili rispose -Un'ora, poi dovrò tornare e tu dovrai riattivare le difese, se qualcuno si accorgesse che Idris è senza protezioni, succederebbe un finimondo!-
-Un'ora mi basterà.- sussurrò Jonathan prendendola per la mano e tirandola vicino al fiume.
Si sedette sull'erba umida di brina e tirò sua sorella giù con lui.
-Jon! È bagnato!- rise Clary cercando di evitare il contatto con l'erba.
Lui prendendola a cavalcioni se la mise addosso e sorrise -Meglio?-
Clarissa lo guardò ironica -Così c'è qualcosa che punge...- disse indicandogli il cavallo dei pantaloni.
-Punge?- fece Jonathan scoppiando a ridere -Non sono un Ravener Clarissa!-
Lei ridendo a sua volta, rispose -Sì beh non intendevo proprio “pungere” no?-
-E cosa intendevi?- le mormorò Jonathan a un centimetro dalle labbra, tornando a fissarla serio.
Sua sorella senza rispondere, arrossì e lo guardò in modo strano, come stesse pensando a qualcosa o valutando delle possibilità, alla fine però colmò la distanza che lui aveva lasciato e lo baciò.
Le strinse la schiena e se la tirò addosso, le piaceva sentire il suo corpo morbido e sottile che si accostava al proprio, gli dava un senso di tranquillità, o qualcosa di simile.
Clarissa era l'unica persona per la quale nutrisse dei sentimenti, sapeva di amarla, non nel modo tradizionale forse, ma era amore, l'unico che lui fosse in grado di dare.
Si lasciò cadere con la schiena per terra e con un respiro roco continuò a baciarla trascinandola con sé. Le sue labbra sapevano di fragola, erano timide e decise nello stesso momento ed erano l'unica cosa al mondo che riuscissero a farlo sentire davvero vivo. Forse era un bene che Jocelyn fosse morta! Se lei fosse stata ancora viva, probabilmente non avrebbe potuto godersi sua sorella in quel modo.
 
 
Clary lasciandosi tirare giù, poggiò i palmi delle mani sulle spalle di Jonathan e lo baciò dapprima con lentezza, felice di riscoprire le sue labbra e il loro legame sempre intatto, poi con più passione gli fece scivolare la lingua tra le labbra e ansimando piano gli strinse la pelle sotto la maglietta aggrappandosi a lui per sentirlo il più vicino possibile.
Andarono avanti per qualche minuto, forse mezz'ora, era difficile quantificare il tempo quando stavi facendo qualcosa di bello.
Ciò che li fece interrompere, fu uno dei suoni peggiori che potessero sentire in quel preciso momento. Probabilmente avrebbero accolto entrambi con meno paura, l'attacco di un'orda di demoni.
Ma quella voce bassa, pacata come il fuoco che brucia dentro i carboni ma senza fiamma, era di gran lunga peggio di un intera legione di demoni.
-In piedi, tutti e due.- disse loro padre sbucando dall'oscurità.
Clary con il cuore che le batteva nel petto come l'esplosione di mille bombe, si alzò rapidamente, inciampando nei suoi stessi piedi e ricadendo addosso a Jonathan.
La mano di loro padre si chiuse intorno al suo braccio e la tirò su bruscamente.
-Padre. È colpa mia.- intervenne Jonathan alzandosi in fretta e cercando di spostarla dietro di sé.
-Questo è evidente Jonathan. Senza il tuo prezioso aiuto, Clarissa non sarebbe potuta entrare in città. Questo non significa che le difese sono ancora disattivate vero?- chiese Valentine guardando suo figlio con uno sguardo di pietra.
Jonathan aprì la bocca e la richiuse. Clary non riusciva nemmeno a pensare a un modo per venire fuori da quel casino e non osava nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se loro padre li avesse visti mentre... Dio non voleva crederci. Doveva convincersi che non li avesse visti baciarsi.
Il suono di un violento ceffone riscosse Clary, che si rese conto che loro padre aveva colpito Jon.
-Ti ho fatto una domanda.- gli ringhiò contro prendendolo per il colletto della maglia e sollevandolo da terra.
-Sono ancora disattivate.- sibilò Jonathan fissandolo dritto negli occhi.
Valentine grugnendo come un orso, lo lasciò andare dandogli un altro schiaffo che questa volta gli spaccò il labbro.
A quel punto Clary, senza una ragione precisa, dal momento che era abituata da tutta la vita a scene come quella, fece qualcosa di sorprendentemente stupido.
-Basta! Lascialo stare! La colpa della mia presenza qui è tua, non sua!- urlò a suo padre scagliandosi su di lui.
-Clarissa!- gridò suo fratello cercando di acchiapparla per un braccio, ma era troppo tardi, il pugno di Clary si chiuse sulla guancia di suo padre con un suono sordo.
Quest'ultimo girandosi versa di lei la fulminò come se avesse voluto ucciderla. Senza nemmeno scomporsi la prese per il bavero della divisa e la trascinò sul prato ringhiando -Jonathan! Muoviti!-
Clary non si dimenò neppure, sapeva di aver fatto qualcosa di imperdonabile, non se la sarebbe cavata a buon mercato quella volta.
Jonathan seguendoli affrettato si rivolse a loro padre -Deve tornare a New York! Noteranno la sua assenza! Non puoi rispedirla indietro imbrattata di sangue!-
-Taci.- replicò Valentine senza neppure guardarlo.
Non erano lontani da casa, dopo cinque minuti nei quali suo padre aveva continuato a trascinarla come un sacco di patate, Clary la vide comparire alla luce della luna. Piccola e silenziosa, buia. Dall'aria inquietante.
-Vai a prendere le fruste Jonathan. Scegli tu quale.- ordinò loro padre lasciando cadere Clary per terra contro il muro.
Suo fratello imprecando a bassa voce fece il giro della casa e tornò dopo due minuti con una frusta dentata, non di quelle normali, era un di quelle demoniache. Le peggiori. Perché diavolo aveva scelto quella? Clary la guardò terrorizzata, l'aveva provata solo una volta e non ci teneva per niente a rivivere l'esperienza. Perché Jonathan no ne aveva presa una di corda?
Porgendo la frusta a Valentine, Jon disse -Usa questa, ma fallo su di me, non toccare lei.-
Loro padre sorrise cinico -È quello che intendo fare.- poi girandosi verso Clary disse -In piedi Clarissa, non intendo sporcarmi le mani con voi due sta notte. Se siete così uniti come ho constatato, credo sia giusto pensiate l'un l'altra a voi stessi.-
Clary fissò suo padre con odio, camminò lentamente verso Jonathan e prese la frusta. Tornò verso Valentine e fissandolo negli occhi, quando gli fu di fronte sibilò -Non lo farò. Non puoi costringermi.-
-Credi che non possa? Pensi di non avere niente da perdere Clarissa? Non farmi perdere la pazienza, ne sto avendo anche troppa.-
Clary gettò la frusta ai suoi piedi e gli diede le spalle -Fai quello che ritieni giusto padre, ma io non toccherò Jonathan con un dito.-
-Clary lascia perdere! Fai in fretta e facciamola finita.- sbuffò suo fratello togliendosi la maglietta e buttandola in terra rimanendo a torso nudo.
-Ma sei impazzito? Se vuole torturarti perché si annoia, che faccia lo stesso con me!- ribatté Clary a voce alta, in modo che loro padre la sentisse.
-Hai sempre avuto il carattere testardo di tua madre Clarissa. Me la ricordi molto.- disse Valentine tranquillo, poi raccogliendo la frusta gliela porse e disse -Puoi scegliere, o lasci che la usi io, sapendo benissimo che in questo modo Jonathan soffrirebbe molto di più, o ci pensi tu. Sei più delicata, gli farai meno male no?-
Clary ebbe l'impulso di sputargli in faccia, era una cosa subdola e infame quella che suo padre la stava costringendo a fare! Era vero, se l'avesse frustato lui, Jonathan sarebbe rimasto privo di sensi per i due giorni seguenti. Le fruste demoniache erano terribili. Se l'avesse frustato lei invece, forse gli avrebbe fatto meno male, le sue braccia erano più corte e meno forti, si sarebbe limitata a scalfirgli la pelle in modo superficiale, per quanto possibile. Eppure era disumano chiederle di fare una cosa simile a suo fratello. Loro padre non era mai arrivato a tanto.
Jonathan girandosi di spalle, mostrando la schiena muscolosa e snella sfregiata dai segni di vecchie cicatrici, poggiò i palmi delle mani contro il muro e sibilò -Muoviti Clarissa.-
Clary ignorando la presenza ingombrante di loro padre a pochi passi, si avvicinò a suo fratello e gli baciò la schiena abbracciandolo piano -Mi dispiace. Lascerò che tu lo faccia a me alla prima occasione.- gli sussurrò contro l'orecchio.
Poi fece qualche passo indietro, senza guardare Valentine nemmeno una volta, srotolò la fusta che tintinnò metallica contro il terriccio e tirò indietro il braccio.
La prima sferzata si abbatté sulla schiena di Jonathan con un fischio sinistro, aprendogli la pelle di diversi strati, nonostante Clary avesse cercato di mettere meno forza possibile nel colpo.
In silenzio, con gli occhi bagnati di lacrime, ritirò la frusta e colpì di nuovo, ancora e ancora. Quando arrivò alla quinta frustata, Jonathan scivolò in ginocchio spingendo la fronte contro il muro cercando di sostenersi.
A quel punto Clary voltandosi verso Valentine ringhiò -Soddisfatto padre?-
-Altre cinque Clarissa. Prima dell'alba se non ti dispiace.- rispose lui piatto incrociando le braccia sul torace e osservandola piatto.
Con le guance bagnate di lacrime, Clary eseguì l'ordine e riprese a colpire Jonathan, che arrivato alla settima frustata, si lasciò esplodere dalla gola un urlo atroce. Erano rabbia e dolore insieme. La sua schiena era completamente imbrattata di sangue e brandelli di pelle penzolanti.
Clary non ce la faceva a continuare. Non poteva vederlo ridotto così per mano sua! Buttò la frusta in terra e si strappò di dosso la giacca della divisa e la canottiera che indossava sotto, rimanendo in reggiseno.
-Voglio io le ultime tre.- disse fissando suo padre con uno sguardo di ghiaccio.
-Come vuoi, mi sembra equo.- rispose suo padre -Riesci a camminare Jonathan?- chiese rivolto a suo figlio.
Lui alzandosi strisciando e aggrappandosi al muro, si pulì la bocca dalla quale colava sangue con il dorso della mano, poi annuì.
Aveva il viso rigato di lacrime. Clary si sentì morire vedendolo ridotto i quel modo per colpa sua.
Valentine indicò a Jonathan la frusta -Puoi rendere il favore a tua sorella.-
Clary non disse niente, non voleva mettere Jon nei guai più di così. Suo fratello zoppicando verso la frusta si chinò per prenderla ma cadde sulle ginocchia sbattendo per terra anche i gomiti, cercava di tirarsi su, ma a malapena riusciva a respirare, era evidente dai suoi movimenti.
Lo vide inspirare storcendo il viso per il dolore, poi dopo qualche secondo, le sue mani tastando l'erba trovarono l'impugnatura della frusta e la strinsero.
Si alzò in piedi e guardò Clary. Non c'era rabbia verso di lei nel suo sguardo, solo dispiacere.
Lei girandosi di spalle appoggiò le mani contro il tronco dell'albero che cresceva di fronte casa loro e chiudendo gli occhi attese. Erano solo tre. Solo tre colpi. Niente. Continuava a dirselo in testa, nell'attesa di sentir arrivare il primo.
Un fischiò tagliente lacerò l'aria, poi i denti della frusta si schiantarono contro la sua schiena arpionandosi ad ogni centimetro di pelle che toccarono, strappando via strati di carne e raschiando le ossa.
Suo fratello aveva decisamente una gittata più devastante della sua, constatò Clary tossendo contro il tronco. Strizzò gli occhi più forte che poté, nemmeno l'adrenalina bastava per alleviare quel dolore, non era sufficiente.
Era così tesa, che gridò ancora prima che la seconda frustata la raggiungesse, poi dopo un attimo, arrivò il dolore vero del colpo che cadeva su di lei.
Sentì una fitta lacerante dalla spalla al fondo della spina dorsale, aveva paura che le uscissero i reni rotolando per terra di quel passo.
Con meno distanza dal colpo precedente, anche la terza sferzata calò sulla sua schiena. Questa volta perdendo la presa sul tronco, Clary rotolò per terra respirando a fatica. Sentiva la pelle pulsare mentre il sangue caldo si spandeva sotto di lei allargandosi come un lago di inchiostro nero alla luce della luna.
Aveva il respiro sempre più lento, il cuore, che da prima batteva come un tamburo, ora era debole e bradicardico. Rovesciò gli occhi all'indietro, sentendo finalmente il dolore che iniziava a svanire in una nuvola nera fatta di torpore, ma prima che perdesse i sensi, percepì suo padre all'estremità del suo campo visivo che si chinava su di lei.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Compromessi ***


Buon pomeriggio a chiunque sia qua a leggere! :)
Vi ringrazio per essere tornate e chiedo: mi fate sapere come procede? se vi piace, oppure no, qualche dubbio? :)
Fatemi interagire suvvia! Non sono Jonathan, ho bisogno di contatto umano! xD (no questa era pessima, lasciate stare l'ultima parte!)
Insomma, oggi deliro parecchio, fatemi sapere solo che ne pensate se avete due minuti per un commentino! :)
Intanto buona lettura!

Annie :* 


Suo padre la girò bruscamente piantandole la punta dello stivale sotto la schiena facendola ribaltare, poi premendo lo stilo contro la sua pelle, tracciò una runa.
La osservò un momento, poi sbuffando, ne incise una seconda.
A quel punto, Clary si rese conto che il dolore stava tornando velocemente. Non avrebbe perso i sensi, si stava riprendendo quanto bastava per rimanere vigile.
Si sedette sul prato mordendosi l'interno della bocca per il dolore e si guardò intorno cercando Jonathan. Era steso sul prato a cinque, sei metri da lei e fissava il cielo con gli occhi vitrei.
Clary gattonando fino a lui, incapace di mettersi in piedi ancora, lo raggiunse gemendo dal dolore e si tastò le tasche in cerca del proprio stilo.
-Mi dispiace tanto. Mi dispiace Jon.- gli mormorò addosso mentre lo Marchiava. Lui rimase immobile senza rispondere, senza guardarla.
-Devi tornare a New York Clarissa, e tuo fratello deve andare a riattivare le difese.- disse Valentine sbucando accanto a loro.
-Dove pensi che possa andare conciato così? Non è immortale!- urlò Clary isterica.
-Sta bene abbastanza da poter cavalcare fino in città, non è colpa mia Clarissa, avete fatto voi due questo disastro.- replicò lui impassibile prendendo Jonathan per il braccio e tirandolo in piedi.
-Datti una lavata, vestiti e vai a riattivare le difese delle Torri Antidemoni.- gli ordinò Valentine.
-Sì padre.- biascicò lui con la bocca umida di sangue, sparendo dentro casa.
-Jon...- sussurrò Clary cercando di seguirlo, ma suo padre la fermò parandosi tra loro.
-Spogliati.- dichiarò sbarrandole la strada.
Clary osservando suo fratello sparire oltre l'ingresso sospirò sconsolata e iniziò a slacciarsi gli stivali.
-In fretta Clarissa, è tardi!- latrò suo padre come un pitbull.
Cercando di velocizzare i movimenti nonostante il dolore, Clary scalciò via le scarpe e tirò giù con un solo movimento anche i pantaloni della divisa. Il reggiseno era già in brandelli, quindi incrociando le braccia sul petto per coprirsi, rimase con gli slip solamente fissando suo padre -E ora?- gli chiese cercando di limitare al minimo le emozioni nella voce.
-Nel fiume. Datti una pulita, non puoi tornare conciata così a New York.-
Clary arrancando verso il fiume, che a quell'ora della notte sarebbe stato gelato se andava bene, entrò in acqua constatando che la fortuna non era dalla sua quella sera. Era talmente freddo che in meno di cinque secondi perse la sensibilità alle dita dei piedi, ma continuando a camminare, si inginocchiò nell'acqua e ignorando i sassi contro le ginocchia, iniziò a lavarsi.
Le ferite sulla schiena avevano smesso di sanguinare, ma rimanevano dolorosamente semi aperte e gonfie.
Quando ogni traccia di sangue fu eliminata, uscì dall'acqua e indossò i vestiti più velocemente che poté, asciugandoli poi con una runa.
-Apri il portale che ti serve e torna all'Istituto. Portami la Coppa Mortale Clarissa, ne va della vita tuo fratello.- le ringhiò addosso.
-Porterò la Coppa e ucciderò Lucian come hai detto, ma se fai del male a Jon, la Coppa finirà nelle mani del Conclave!- rispose glaciale Clary.
-Portami quello che ti ho chiesto e manterrò la mia parola. Ora vai.- disse Valentine dandole le spalle.
Clary senza perdere altro tempo, si mise al lavoro sulle rune di apertura per il portale, vedendolo comparire davanti a sé un istante dopo.
Si sentiva spossata, le rune che le aveva tracciato suo padre non erano sufficienti, ne sarebbero servite almeno altre due per farla tornare in piena forma in poco tempo. Barcollando e cercando di non svenire, attraversò il portale storcendo il viso alla pressione che l'avvolse.
Doveva solo riuscire ad arrivare in camera, poi avrebbe potuto farsi un paio di Iratze e riprendersi in santa pace.
Questa volta, sapendo già dove trovare l'Istituto con precisione, non perse tempo a camminare e indirizzò il portale ad appena un paio di strade di distanza per doversi muovere il meno possibile.
Si sentiva in bocca sapore di ruggine e acido, lottava per non perdere i sensi.
Uscì dal portale che si riaprì un secondo dopo e poco più avanti, vide la sua meta.
Cercando di camminare in modo normale, per non destare sospetti per chiunque l'avesse vista, si avviò verso il portone a due battenti serrando la mascella per le fitte alla schiena. Sentiva la pelle umida, quelle dannate cicatrici dovevano aver ricominciato a sanguinare. Suo padre era uno sconsiderato a rimandarla indietro così, chiunque con un buon olfatto avrebbe sentito l'odore di sangue che aveva addosso.
Salendo gli scalini lentamente, con il respiro affannato, pregò di non incrociare nessuno fino al piano di sopra.
-Hey ragazzina! Credevo fossi andata a dormire!-
Clary alzò gli occhi al cielo riconoscendo quella voce, era appena dietro di lei. Ci mancava solo lui. Dannazione a Jace e al tempismo che aveva ogni volta nel capitarle in mezzo ai piedi nei momenti più inopportuni.
Si girò bruscamente, con il cuore che battendo più in fretta per la tensione per un attimo le oscurò la vista facendole vedere tutto nero. Si riscosse strizzando le palpebre e dando fondo a tutta la determinazione che aveva si costrinse a reagire, erano solo pochi metri fino alle camere, non doveva far vedere a nessuno com'era conciata. Sarebbe stato decisamente complicato da spiegare, soprattutto considerato che in teoria, lei avrebbe dovuto essere a letto da tre ore per quel che ne sapevano gli abitanti dell'Istituto, Jace incluso.
Osservandolo piatta, rispose -Non riuscivo a dormire, sono andata a fare due passi.- sul finale le tremò la voce. Sentiva la schiena fradicia, al punto che stavano iniziando a bagnarsi di sangue anche i pantaloni all'altezza delle reni.
Barcollò involontariamente, percependo il panorama intorno che si spostava su e giù come una giostra.
Jace allungò un braccio verso di lei e la sostenne per i fianchi, piantandole le mani senza saperlo, proprio sulle ferite aperte.
Clary gemendo dal male perse il controllo del proprio corpo e si rese conto solo vagamente che il pavimento le stava andando incontro a una velocità preoccupante.
-Merda! Sei ferita?- sussultò Jace afferrandola al volo prima che si schiantasse e prendendola in braccio.
Avrebbe voluto dire qualcosa di acido tipo di non toccarla se non voleva che gli staccasse le dita, ma la voce le morì in gola e prima che potesse rispondergli, gli occhi le si ribaltarono all'indietro oscurandole la vista.
L'ultima cosa che vide con chiarezza prima di svenire in braccio a Jace, furono i suoi occhi dorati che la scrutavano ansiosi, poi non sentì più niente.
 
Riaprì gli occhi in un ambiente semibuio, percependo appena una lieve luce accanto a sé, che spezzava l'altrimenti totale oscurità della stanza.
Si sentiva molto meglio, anche se un po' stordita. Facendo vagare lo sguardo a destra e a sinistra, non ci mise molto a vedere Jace che seduto su una sedia accanto al letto, dormicchiava con la testa ciondolante sul petto.
Lo osservò per un secondo senza fare rumore, doveva averla portata lui in camera dopo che era svenuta come un idiota! E considerato che sentiva molto meno dolore rispetto a prima, era evidente che l'avesse anche curata e ora, nonostante il fatto che ogni volta in cui parlassero si lanciavano frecciate avvelenate, era rimasto lì a controllare che stesse bene e si riprendesse a costo di addormentarsi su una sedia.
Clary provò un repentino moto di gratitudine nei suoi confronti, ritrovandosi comunque un attimo dopo a ripetersi in testa tutte le svariate ragioni per le quali il fatto che Jace l'avesse curata, non rappresentasse una valida motivazione per smettere di odiarlo. Le aveva fatto un piacere ok, ma era una cosa che qualunque Shadowhunter al mondo avrebbe fatto per un suo simile, non era certo un gesto da vedere con chissà quali occhi. Aveva solo fatto il suo lavoro.
Spostandosi sul letto cercando di non fare movimenti bruschi, constatò che le ferite sulla schiena erano quasi completamente a posto, avevano smesso di sanguinare ed erano chiuse, bruciavano solo un pochino, ma dato l'uso della frusta demoniaca era normale, avrebbero bruciato per un bel pezzo.
La piccola lampada accesa sul comodino accanto a lei tremolò un istante, girandosi per controllarla, lo sguardo di Clary venne catturato dai capelli biondi di Jace che gli ricadevano di fronte agli occhi dondolando lentamente al ritmo del suo respiro che li spostava avanti e indietro.
A guardarlo così, non sembrava il ragazzo arrogante che era da vigile, aveva lineamenti delicati e dolci e con quella massa di ciuffi biondi come il sole, ricordava vagamente un angelo.
Si ritrovò a ripensare alle parole che Jonathan le aveva detto qualche ora prima, a come anche lei appena nata lo sembrasse, incompatibilmente all'astio che naturalmente nutriva verso Jace, Clary si scoprì curiosa di sapere se la sua infanzia fosse stata davvero come lei e Jonathan avevano immaginato.
L'unica cosa che sapevano per certo, almeno in base alle parole di loro padre, era che Jace aveva una naturale predisposizione al combattimento, ma anche alla sensibilità, l'avevano sentito più di una volta lamentarsi del fatto che il guerriero perfetto sarebbe stato l'incrocio tra Jonathan e Jace, perché separati, erano entrambi ai due estremi di un polo e nessuno dei due era adatto a farsi carico del retaggio di Valentine.
La porta della camera si aprì lentamente, Clary richiudendo gli occhi finse di dormire, non era ancora pronta a dare spiegazioni convincenti. Doveva inventarsi qualcosa.
Dei passi felpati si avvicinarono al letto e poi una voce dal timbro pacato spezzò il silenzio.
-Jace... Svegliati. Non serve a niente rimanere qui, sta bene ora. Vai in camera e dormi un po'.-
Clary riconobbe Alec, stava evidentemente scuotendo Jace per svegliarlo.
Quest'ultimo emettendo un suono soffocato che ricordava uno sbadiglio rispose -No, sto bene non ho bisogno di dormire, voglio controllare che non succeda niente di strano.-
-Jace non dormi da ieri, lo so che dopo la missione non sei tornato a letto e da quando è arrivata lei- disse riferendosi a Clary -Non hai più chiuso occhio. Sono quasi quarantotto ore, cosa vuoi che le succeda? Qua è al sicuro, quando si sveglierà le chiederemo cosa è successo, ma non c'è bisogno che tu rimanga qui.-
-Hai visto anche tu in che stato era quando l'ho trovata davanti all'Istituto, se è uscita una volta può farlo di nuovo, magari qualcuno le da la caccia, non ho intenzione di alzarmi da qui finché non avrò parlato con lei Alec, vai a dormire. Ci vediamo domani mattina.-
Alec sbuffò sottovoce -Mi sembrava di aver capito che non fosse in cima alla lista delle persone che ti stanno più simpatiche al mondo.-
-Non è per niente simpatica.- confermò Jace -Ma qualcosa mi dice che c'è sotto dell'altro. Credo che lei mi conosca Alec...- confessò Jace stupito dalle sue stesse parole.
-Intendi dire che ti conosceva già prima di incontrarti?- replicò il suo Parabatai confuso.
-Forse... ha detto una cosa sta mattina, qualcosa che a parte te e Isabelle o i vostri genitori, nessuno sapeva con chiarezza. È come se lei sapesse... non lo so.- si interruppe scocciato -So solo che devo parlarle sperando che abbassi la guardia per cinque minuti.-
-Non so di cosa stai parlando Jace, lascia che ti dia una mano almeno.- rispose Alec dandogli una pacca sulla spalla.
-Non servirà, voglio solo parlare con lei e vedere cosa dirà, ti giuro che tra mezz'ora al massimo sarò a letto. Stai tranquillo è tutto ok.- lo rassicurò Jace.
Alec sospirò -Come vuoi, se hai bisogno sai dove trovarmi.- i suoi passi silenziosi si allontanarono e un attimo dopo la porta si chiuse dietro di lui.
Clary continuò ad alzare e abbassare il petto pesantemente, come fosse profondamente addormentata, ma in realtà aveva una mezza intenzione di mostrare a Jace che era sveglia. Si era lasciata sfuggire qualcosa di troppo quella mattina, lo sapeva! Si era ripromessa di fare attenzione, ma Jace le faceva saltare i nervi al punto che la bocca le si scollegava dal cervello quando era con lui!
Nessuno a parte Valentine, lei e Jonathan e naturalmente Jace che era il diretto interessato, sapevano tanti dettagli sulla morte di quello che lui credeva suo padre. Inoltre, per il Conclave Jace era solo un eccezionale guerriero, non il frutto di una vita di solitudine, le parole acide che gli aveva rivolto quella mattina erano state spinte dal fatto che lei sapeva come ci si sentiva a non essere mai all'altezza delle aspettative di qualcuno finendo per deludere principalmente sé stessi, ma lo sapeva perché conosceva la vita di Jace, almeno da fuori ed era perfettamente consapevole che Valentine non doveva essere stato un padre facile nemmeno per lui. Era ovvio che si sentisse sempre in dovere di dimostrare di essere il più bravo, il più forte, il più inumano a livello di emozioni e sentimenti! Ma chi altro lo avrebbe pensato?
La stupì tuttavia che le sue parole fossero rimaste così impresse dentro Jace, dalla sua reazione non le era sembrato.
Cercando di ritrovare la concentrazione, Clary decise che era inutile rimandare l'inevitabile, prima o poi le avrebbero fatto delle domande e prima o poi avrebbe dovuto dare delle risposte. Tanto valeva vedere come sarebbe andata subito! A caldo, forse era meglio.
Aprendo gli occhi senza fingere sonnolenza o altro, li piantò in quelli di Jace in attesa che il suo sguardo si posasse su di lei, cosa che accadde circa un secondo dopo.
-Ciao.- gli disse sottovoce tirandosi su e sedendosi sul letto.
Jace la scrutò in silenzio per un attimo, poi sospirando chiese -Come ti senti?-
Clary si strinse nelle spalle -Bene credo, grazie per avermi curata.- gli disse cercando di usare un tono semplicemente educato.
-Dovere.- ribatté Jace con un espressione vagamente scettica, poi aggiunse -Di solito però, curo ferite di demoni, non segni di frusta.-
Clary rabbrividì, era così ovvio? Probabilmente sì, non era un tipo di ferita che potesse essere venduto per qualcos'altro.
-Lo immagino.- si limitò a rispondere piatta.
-Senti, io non so chi tu sia veramente, non sono nemmeno sicuro che ti trovi qua per imparare a usare le erbe da Hodge, anche se lui dice che è così. Ma se vuoi rimanere qui, devi cominciare a dire la verità, Helen.-
Clary deglutendo nervosamente si guardò intorno nella camera, in cerca di qualcosa che potesse tirarla fuori da quella situazione, ma non c'era niente, niente di niente. L'unica cosa che potesse fare era o mentire ancora, sperando di essere convincente, o dire la verità. Ma come l'avrebbe presa Jace? Avrebbe compromesso il suo piano? Sicuramente sì... figurarsi! Forse poteva tirare fuori qualcosa che fosse un incrocio tra verità e finzione, qualcosa che portasse Jace a credere in lei, a credere che non fosse una nemica, ma una vittima. Forse era la cosa migliore. O forse no, ma in quel momento era troppo sotto pressione per ragionare lucidamente.
-Non ti ho mentito su Hodge, sono qui perché mi serve il suo aiuto, ma... se devo essere sincera ho bisogno anche del tuo Jace.-
Lui la guardò confuso -Non sono assolutamente capace di preparare pozioni se ti riferisci a questo.-
Clary sorrise -Non parlavo delle pozioni. Sono qui per trovare una cosa, per ordine del Conclave.-
Jace continuava a guardarla poco convinto, cercando probabilmente di dare un senso alle sue parole.
-Dove sei andata prima quando sei uscita? Chi ti ha fatto quelle...?- la frase si inceppò nella gola di Jace senza uscire del tutto, ma il significato era chiaro.
-Mio padre. Sono andata da mio padre ed è stato lui.- rispose piatta Clary studiando Jace con attenzione.
Jace per un attimo sembrò ritrovarsi a corto di ossigeno a giudicare dall'espressione che gli comparve in volto. -Perché?- riuscì a chiedere alla fine.
Clary sporgendosi verso di lui, sussurrò piano -Jace, mi prometti che se ti dico una cosa, non la dirai a nessuno? Posso fidarmi di te?-
Lui con un cenno solenne del capo rispose -Ti do la mia parola, a meno che non sia qualcosa che metta a rischio la vita dei miei familiari o che tradisca tutto quello che in cui crediamo.-
-È ragionevole.- confermò Clary -Non sono qui per mettere in pericolo nessuno, quello che ti dico tuttavia, se arrivasse alle orecchie sbagliate, potrebbe mettere in pericolo molta gente. La riuscita della mia missione dipende dalla sua segretezza. Quindi se pensi di non poter tenere la bocca chiusa, dillo subito e io non dirò niente. Lasciami ai miei segreti e io ti lascerò ai tuoi.-
-Ti ho già detto che puoi fidarti. Parla.- la incoraggiò lui fissandola nervoso.
-Ok...- sospirò Clary pregando di non star facendo una stupidaggine allucinante.
-Il mio nome non è Helen Blackthorn. Nemmeno la conosco. Ho un solo fratello di sangue e mia madre è morta quando ero appena nata. Mia madre Jace, è la persona che ha fatto sparire la Coppa Mortale. Il mio nome...- deglutendo ansiosamente si costrinse a terminare la frase -il mio nome è Clarissa Morgenstern. Sono la figlia di Valentine Morgenstern, il più grande nemico degli Shadowhunter.-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Confessioni ***


Buon pomeriggio e buona lettura con il nono capitolo! Se mi lasicate un commentino con domande, critiche o complimenti, quello che volete e che sentite, potrei riuscire a scrivere più in fretta l'aggiornamento! :)
Baci, Annie :*




Jace rimase a fissarla per un secondo con un'espressione indecifrabile dipinta sul viso. Poi con la voce piatta disse -Credevo avessimo detto niente più bugie. Valentine Morgenstern è morto. Aveva un solo figlio ed è morto insieme a lui in un incendio. Non aveva figlie femmine.-
Clary sorrise con aria furba -E questo chi lo dice?-
-Il Conclave.- ribatté Jace studiandola scettico.
-Il Conclave non sa parecchie cose, puoi credermi. Ti assicuro che mio fratello è ancora vivo e che io sono la figlia di Valentine. So dove trovarlo e come ucciderlo o consegnarlo. Ma ho bisogno che tu mi dia la tua parola che non dirai niente a nessuno di questa storia. Nemmeno al tuo Parabatai.- spiegò Clary ansiosa. Pregando dentro di sé che quella messinscena riuscisse a convincerlo.
-Mi stai chiedendo di mentire per te.- dichiarò Jace tranquillo. Non era una domanda, ma una semplice affermazione. -Perché dovrei farlo? Se davvero sei la figlia di Valentine e sei venuta qui con un falso nome, perché dovrei crederti?- chiese poi.
-Perché ho scelto di dirti la verità invece di continuare a mentire.- rispose semplicemente Clary spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e guardandolo ironica.
-Non mi fraintendere Jace- disse fredda -Tu non mi piaci per niente, non mi stai simpatico e non era assolutamente nelle mie intenzioni coinvolgerti in questa storia. Non ti ho scelto perché sei il grande Jace Wayland. Ci tengo a precisarlo.-
Lui la guardò con un sorrisetto sarcastico ma non disse nulla, aspettando che lei continuasse.
-Ho deciso di dirti queste cose perché non ho avuto abbastanza prontezza per inventarmi una scusa che reggesse. Mi hai ritrovata ricoperta di sangue, fuori dall'Istituto, dopo che avevo detto che sarei andata a letto. Ho pensato che forse, meriti un po' di fiducia. In fin dei conti chi più di te può volere Valentine morto?-
-E io dovrei credere che tu mi lasceresti uccidere tuo padre?- replicò lui poco convinto -Non chiederei a nessuno di assistere mentre suo padre viene brutalmente assassinato.- aggiunse freddo come un pezzo di ghiaccio.
-Mio padre ha fatto molte cose sbagliate.- dichiarò Clary, poi continuò -Non ti sto dando il permesso di ucciderlo, sto solo dicendo che forse, dato il tuo desiderio di vendicare la morte di tuo padre, potresti essere l'unica persona disposta a mentire ai membri di questo Istituto per riuscire a trovarlo. Se mi sbaglio... vuol dire che ho commesso un errore. Tornerò a casa e se non mi giustizierà il Conclave per non aver mantenuto la mia parola, ci penserà mio padre per averlo tradito.- concluse stringendosi nelle spalle con aria tranquilla.
-Se è il Conclave che ti ha chiesto di venire qui, perché non sa di Valentine?- chiese Jace sporgendosi verso di lei.
-Il Conclave sa di Valentine, ma non lo dice perché passerebbero tutti per zimbelli senza credibilità. Lo hanno cercato per sedici anni, pensi ci farebbero una bella figura se rivelassero che hanno sempre saputo che era vivo ma non sono riusciti a trovarlo? Era più facile dichiararlo morto insieme al suo unico erede.- spiegò Clary mantenendo il sangue freddo. Quella recita le stava riuscendo meglio del previsto e a giudicare dall'espressione di Jace, stava riuscendo a convincerlo.
-Ammettiamo per un secondo che io ti creda. Che cosa vuoi da me? Hai detto di aver bisogno del mio aiuto.-
Clary annuì con un sorriso inclinando il viso verso di lui e avvicinandosi, parlò sottovoce -Devo trovare la Coppa Mortale e consegnarla al Conclave, poi dirò loro dove si nasconde Valentine e lo processeranno. Tu devi aiutarmi a trovarla, ho bisogno di un alleato qui dentro, qualcuno a cui non dover dare spiegazioni se esco o su dove vada! Sei interessato?-
-A trovare l'uomo che ha ordinato la morte di mio padre?- ringhiò Jace con una voce affilata come un coltello -Direi di sì ragazzina.-
Clary sorrise scocciata -Puoi chiamarmi Clary, lo trovo più simpatico di “ragazzina”. A meno che tu non voglia che io ti chiami “pallone gonfiato”.- concluse acida.
Jace si aprì in un sorriso sincero e divertito -Clary.- disse senza sarcasmo -Ti sta meglio di “Helen”, d'accordo. Ti aiuterò.-
Lei porgendogli la mano attese che lui la stringesse.
-Come sei formale.- ridacchiò Jace stringendo le sue dita intorno alla mano di Clary.
Di nuovo, quando la loro pelle si sfiorò, una strana sensazione di calore e familiarità la colpì violentemente spingendola a ritrarsi, tuttavia resistendo all'impulso, lasciò la sua mano in quella di Jace e lo osservò.
Lui era preso a studiare le loro mani intrecciate, come se avvertisse a sua volta qualcosa di strano. Clary avrebbe tanto voluto sapere cosa fosse. Chissà se era la stessa cosa anche per lui e come si spiegava quelle emozioni.
Probabilmente era per la stessa peculiarità che condividevano: entrambi avevano molto più sangue d'Angelo che chiunque altro e per di più, dello stesso Angelo. Reprimendo un sorriso Clary si rese conto davvero per la prima volta, che una lingua abile nel parlare avrebbe potuto facilmente definirli fratelli. Dopotutto, condividevano parte dello stesso sangue davvero.
Jace lasciandole andare la mano e interrompendo il contatto la fece riprendere bruscamente da quei pensieri idioti, ma come le venivano in mente certe scemenze?
Ritraendosi di scatto, meno gentile di poco prima disse -Penso sia ora che tu vada a dormire, quarantotto ore sono molte anche per uno Shadowhunter famoso come te.-
-Stavi origliando?- fece Jace con un sorriso poco sorpreso.
-Mi hanno detto molte persone che ho un brutto carattere...- dichiarò poi dal nulla -Ma davvero, credo che tu riesca ad essere peggio di me. Non è facile!-
-Lo prenderò per un complimento.- miagolò Clary con voce ipocrita -Vai a dormire Jace. E tieni la bocca chiusa su quello che ti ho detto. Se vuoi vendicare tuo padre, io sono la migliore chance che avrai mai.-
Jace si alzò dalla sedia stirandosi i muscoli e mentre la rimetteva a posto rispose -Valentine era... è..- si corresse -un assassino, ma non riesco a spiegarmi come una figlia possa volere la morte di suo padre. O un figlio... tuo fratello che ruolo ha in tutto questo?- le chiese tornando verso il letto.
-Mio fratello rimane fuori da questa storia.- rispose piatta Clary mettendosi sulla difensiva.
-Non sono sicuro di potermi fidare di te, ma per ora hai la mia parola che non dirò niente.- sospirò Jace chiaramente poco soddisfatto dalla sua risposta.
-È per il tuo bene Jace. Non mi stai simpatico, ma non ci tengo a vederti morto o arrestato.- rispose Clary.
Una parte della sua mente si ritrovò a chiedersi se fosse vero o stesse solo recitando in quel momento. Credeva che quel ragazzo fosse solo uno sbruffone arrogante senza cervello, invece si stava ritrovando a conoscerlo sotto una nuova luce rispetto a quella che aveva sempre considerato.
Jace sembrava un ragazzo sincero, sensibile, nonostante i suoi sforzi di non sembrarlo. Non era quello che si era aspettata di trovare.
-Posso chiederti un'ultima cosa?- le domandò Jace senza risponderle, riportandola alla realtà.
-A questo punto... immagino non faccia molta differenza.- fece lei.
Jace si sedette ai piedi del letto, senza toccarla, ma indicò la sua schiena -Hai detto che è stato tuo padre. Perché lo ha fatto? Quale padre lo farebbe?-
Clary sorrise amaramente, avendo conferma almeno del fatto, che come lei e Jonathan avevano sempre sospettato, loro padre fosse stato molto più morbido con Jace rispetto che con loro.
-Ho fatto qualcosa di molto grave, ha fatto quello che doveva fare Jace. L'obbedienza non si impara quando ricevi la caramellina, ma quando vieni punito.- gli rispose secca.
-Nemmeno mio padre era uno che prendeva l'obbedienza alla leggera, ma c'è una bella differenza tra una punizione e il rischiare di ucciderti.- dichiarò Jace deciso.
Clary sospirando scosse la testa -Uno come te non può capire. Lascia stare.-
Era inutile sprecare parole su quel discorso, Jace non era in grado di comprendere il senso della parola obbedienza, non nei termini in cui la conoscevano lei e Jonathan di sicuro.
Una vampata di caldo la investì dalla rabbia al pensiero delle condizioni in cui poteva trovarsi in quel preciso momento suo fratello, ma non poteva fare niente per lui, se fosse tornata a Idris, loro padre li avrebbe uccisi di sicuro. L'aveva sempre detto che non sapeva cosa farsene di due figli che non obbedivano agli ordini, non si sarebbe fatto problemi a sbarazzarsi di uno di loro se l'avessero deluso ancora.
No, doveva tenere duro, consapevole del fatto che Jonathan era più che in grado di badare a sé stesso e che quando fosse tornata con la Coppa, finalmente loro padre avrebbe potuto riportare in vita Jocelyn e completare il loro sogno di un mondo ripulito da tutti i Nascosti. Valentine sarebbe stato fiero di lei e Jonathan quel giorno.
Clary togliendosi di dosso le coperte per combattere il caldo, si rese conto che indossava solo gli slip e una maglietta a maniche lunghe che non apparteneva a lei: era più grande di almeno quattro taglie.
Osservandosi le gambe nude, ritirò su la coperta e fissò Jace sconvolta -Mi hai spogliata tu?!- gli chiese con la voce stridula.
Jace si mise a ridere, dimenticando momentaneamente la conversazione di poco prima -Eri imbrattata di sangue e la divisa ti si stava incollando alle ferite, ti ho curata ricordi?-
Clary aprì la bocca come un pesce, poi la richiuse. La riaprì, ma non uscì niente. Era così arrabbiata che non sapeva cosa dire.
-Ricordi una triglia.- continuò a sghignazzare Jace rimanendo seduto sul letto.
Per tutta risposta, dal momento che era incapace di formulare una frase di senso compiuto, Clary si lanciò contro di lui facendo per tirargli uno schiaffo. Ma la mano di Jace le bloccò il polso un secondo prima che lo colpisse -Non è un comportamento da signora!- la prese in giro.
-Stai tranquilla, non sei la prima che vedo svestita, se sei preoccupata perché temi possa causarmi traumi rilassati, non succederà.- aggiunse senza lasciarle andare il polso, continuando a ridere con un sorriso odioso.
-Ti renderò il favore.- ringhiò Clary strattonando il braccio per riprenderselo.
-Nel senso che vuoi spogliarmi?- fece Jace ironico.
Clary quasi fumando di rabbia, cercò di mantenere la calma e rispose glaciale -No, nel senso che dopo averti fatto un favore, troverò il modo migliore per umiliarti e toglierti quel ghigno arrogante dalla faccia!-
-È una promessa? Ci conto!- la prese in giro lui alzandosi dal letto -Vuoi il bacio della buona notte?- le chiese ghignando.
-Puoi provare a scoprirlo se vuoi avvicinarti.- rispose Clary con gli occhi di un killer.
Jace si passò una mano tra i capelli tirandoseli indietro e sorrise -Magari un altro giorno, credo che tu sia di pessimo umore e abbia bisogno di dormire. Domani parleremo meglio dei tuoi piani e spero tu sia convincente.- le disse incamminandosi verso la porta.
Clary con l'istinto di strangolarlo rimpianse di non avere un coltello da lanciargli, ma il cuscino che aveva di fianco era una valida alternativa, se pur meno letale purtroppo.
-Sparisci prima che cambi idea e decida di consegnarti a mio padre legato come un salame!- gli ringhiò dietro tirandogli il cuscino in faccia.
Jace schivandolo per un pelo ridacchiò -Riflessi da Shadowhunter ragazzina! Dovresti allenarti meglio!-
Per poco Clary non si mise a urlare dal nervoso. Sprofondò nelle coperte coprendosi la testa con le lenzuola e borbottò -Sei la cosa più insopportabile sulla faccia della terra dopo un demone che ti sbava addosso. Anzi no.- si corresse -Sei anche peggio.-
Jace ridendo uscì dalla camera chiudendosi la porta alle spalle e lasciandola in pace finalmente. Riusciva ad essere insopportabile! E la cosa assurda era che fosse capace di muoversi tanto velocemente quanto Jonathan! Era incredibile! Suo fratello era l'unico che le avesse mai dato filo da torcere, non era mai successo che non fosse riuscita a colpire un bersaglio fermo, ma Jace era veloce in modo impressionante. Evidentemente se pur non a colpi di frusta, Valentine aveva addestrato in modo decente anche lui.
Sprofondando nei cuscini e cercando di rilassarsi, Clary meditò su cosa fosse meglio fare a quel punto. Ormai la sua copertura era saltata, almeno in parte. Doveva considerare l'idea che Jace la tradisse rivelando anche agli altri la sua identità, ma per quello c'era poco che potesse fare, solo sperare che non andasse così.
Con il suo aiuto invece, avrebbe potuto mettere su una bella scenetta e tornare da Magnus dimostrandogli che era in buona fede, magari forse in quel modo, le avrebbe detto come prendere la Coppa.
Inoltre doveva ancora sbarazzarsi di Lucian, con lui, Jace e Hodge erano già tre persone che conoscevano la sua vera identità, non poteva sperare di tenerli tutti sotto controllo, prima o poi qualcuno avrebbe detto qualcosa e compromesso tutto. Di Hodge aveva bisogno per i contatti con suo padre, di Jace per muoversi dentro e fuori dall'Istituto senza destare sospetti, ma Lucian... lui era completamente inutile, una bocca che poteva parlare e farla scoprire, senza che avesse niente in cambio da offrirle per farle decidere di risparmiargli la vita.
Ritirandosi su dal letto, Clary frugò nel comodino in cerca di un foglio di carta e una penna, avrebbe comunicato a Lucian il luogo in cui vedersi e poi, lo avrebbe ucciso come aveva ordinato suo padre.
Scrisse poche righe brevi e concise su luogo e ora dell'incontro, precisando che entrambi sarebbero dovuti andare senza scorta. Quando ebbe finito sigillò con la cera di una candela la busta con il biglietto e lo posò sul comodino, l'indomani l'avrebbe dato a Hodge perché lo consegnasse a Lucian.
Era stanca e spossata, quindi finalmente, chiudendo quella giornata infernale, si lasciò sprofondare tra i cuscini morbidi e si addormentò in meno di un secondo.
 
 
Clary stiracchiandosi nel letto aprì gli occhi lentamente, sentendosi ancora un po' indolenzita per le ferite della sera prima e tutti quei Marchi, ma stranamente con una sorta di buon umore al pensiero che la giornata sarebbe stata molto produttiva, si alzò dal letto con movimenti efficienti e veloci e in meno di venti minuti era lavata e vestita. Era stato gradevole almeno per una volta non svegliarsi prima dell'alba, o in quella che sembrava una cella frigorifera! L'Istituto era caldo e accogliente, l'acqua delle docce era tiepida in modo avvolgente e rassicurante, avrebbe quasi potuto non uscire più dal bagno, se non fosse stata addestrata peggio di un soldato a essere pronta la mattina nel minor tempo possibile.
Prendendo il biglietto che aveva preparato la sera prima sul comodino e controllando l'ora, constatò che erano le otto e mezza, aveva fatto una dormita davvero lunga!
Uscendo dalla camera, si incamminò verso lo studio di Hodge per consegnargli il biglietto da dare a Lucian, ma la fortuna, per una volta le tagliò la strada.
Da una porta chiusa, che si aprì nell'esatto momento in cui Clary stava passando, ne fece capolino proprio lui, Lucian Greymark.
-Helen.- le disse lui salutandola con aria furba.
-Lucian.- ribatté Clary -Tieni, è per te, mi risparmi la scocciatura di coinvolgere Hodge.- gli disse porgendogli il biglietto.
-Hai deciso che vuoi parlare io e te da soli?- le domandò lui aprendolo e leggendo le indicazioni che lei aveva scritto.
Clary lo fissò antipatica -Sì, chiariremo una volta per tutte, quello che pensi di sapere su mia madre, o mio padre! Sei d'accordo su luogo e orario?- gli chiese poi con un cenno del capo indicando il foglio.
Lucian se lo accartocciò in tasca e annuì -Nessun problema. Il ponte di Brooklyn alle undici di questa mattina. Vuoi un passaggio?- le chiese gentile.
-Sei serio?- replicò lei incredula -Posso arrivarci da sola, grazie comunque.-
Poi senza dirgli altro, fece dietrofront nel corridoio e tornò verso la sua stanza, dal momento che l'intermediazione di Hodge non era più necessaria.-
Quando fu tornata nel silenzio di quelle quattro mura accoglienti, Clary meditò se fosse il caso di informare suo padre dell'imminente incontro con Lucian. Lui le aveva già detto di ucciderlo, forse non era necessario... ma se invece avesse voluto essere presente? O assicurarsi che lei non avesse mentito? Indecisa su cosa fare, decise che gli avrebbe comunque mandato un messaggio di fuoco informandolo del luogo e l'ora dell'incontro, in quel modo se avesse voluto presentarsi lo avrebbe fatto. Se fosse rimasto in silenzio, avrebbe voluto dire che Clary poteva procedere come era programmato.
Mandò il messaggio di fuoco, poi passò mezza mattinata ad allenarsi in camera con quel che c'era a disposizione, ma non aveva voglia di vedere gli altri, non prima di essersi sbarazzata di Lucian, doveva mantenere la concentrazione senza permettere a nessuno di interferire.
Quando furono quasi le undici, Clary uscendo di soppiatto dalla finestra, per evitare eventuali incontri, si calò in strada senza troppi sforzi. Avrebbe potuto raggiungere Brooklyn senza problemi con un portale, ma non volle consumare energie preziose per una cosa così stupida. Poteva prendere la metropolitana o un taxi e sarebbe arrivata comunque in fretta. Optò per il taxi, per ridurre al minimo la possibilità di incontri sgraditi o perdite di tempo di qualunque tipo.
Quando arrivò in prossimità del ponte, cominciò a cercare Lucian affinando la vista, ma quello che vide, la lasciò a bocca aperta nonostante non fosse proprio il tipo da sorprendersi come una ragazzina.
Ma quella era pazzia. A metà strada sul ponte tra Brooklyn e Manhattan, c'erano Lucian e suo padre che completamente invisibili ai mondani, stavano lottando in mezzo a loro.
Ogni fischio di spada, sfiorava un mondano di pochi centimetri, erano impazziti?
Fiondandosi giù dal taxi e correndo con quanto fiato avesse in gola, Clary li raggiunse più velocemente che poté saltando come un gatto tra i passanti che non potevano vederla, scivolando tra loro e schivando corpi a una velocità impressionante.
Quando fu in piedi sulla balaustra accanto a loro, urlò -Padre! Perché sei qui? Ci avrei pensato io!-
Ma Lucian prima che Valentine rispondesse, le gridò -Perché non vuole che tu senta quello che ho da dire! Ti sta mentendo Clary!-
-Vattene Clarissa, qua me la sbrigo io, torna da Jace, vai a cercare la Coppa!- le intimò suo padre rabbioso, continuando a rispondere colpo su colpo alle sferzate di spada di Lucian. Erano entrambi molto abili, con una tecnica di combattimento che completava l'una quella dell'altro, non era difficile credere che fossero stati Parabatai.
-No! Voglio sentire quello che ha da dire, dovevo occuparmene io, perché non ti fidi mai di me?- rispose Clary alzando la voce contro suo padre. Era stufa di bugie e minacce, quelle di Lucian potevano essere anche solo menzogne, ma a un uomo condannato a morte, non c'era motivo di togliere almeno l'ultimo desiderio di dire quello che desiderava dire!
Con una capriola ben misurata, Clary prese lo slancio dal bordo del ponte e si gettò tra loro schivando per un pelo le due lame che stridendo per poco non le mozzarono la testa.
Posò le mani aperte sul petto dei due uomini e li allontanò, poi fissando suo padre disse -Uccidimi adesso se non vuoi che io senta quello che ha da dire. Se temi le sue parole, vuol dire che menti!-
Valentine puntando la spada al petto di Clary, la guardò disgustato, poi premendo la lama contro la sua pelle facendo fuoriuscire una goccia di sangue sibilò -Sei una delusione.-
Clary sentì la lama della spada angelica entrarle tra le costole, con una lentezza straziante.

EDIT: Facciamo una bella cosa, visto che siamo quasi in dirittura d'arrivo e non penso di continuare ancora a lungo, ho deciso che alle lettrici che hanno commentato ogni capitolo o quasi dall'inizio, per questo capitolo farò un'eccezione! Se siete interessate, scrivetemi in privato e vi manderò un piccolo spoiler dal prossimo capitolo! ;)  è il mio modo di ringraziarvi per il sostegno, senza il quale avrei chiuso questa ff molto prima!
ps: chiunque sia interessato, mi scriva un commento o un messaggio, vedrò cosa posso fare!
Annie :*

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Cambiamenti ***


Buon pomeriggio e buona lettura! Vi piace ancora?? :)
Annie :*



Clary gridando per il dolore, cercò di tirarsi indietro, ma suo padre la tratteneva per il braccio, continuando a spingere la spada dentro di lei. Iniziava a sentire la punta della lama che le grattava contro la spina dorsale.
Le mani di Lucian si chiusero intorno al suo stomaco sottraendola a quell'agonia, mentre la voce rabbiosa dell'uomo ringhiava verso Valentine -È tua figlia! Come puoi farle questo! Sei cambiato Valentine, non sei mai stato un santo, ma questo?-
Clary percependo la lama che usciva bruscamente dal proprio corpo tirò un sospiro di sollievo, prima di rendersi conto del sangue che le colava a fiotti dal petto.
-Non toccarmi...- rantolò verso Lucian cercando di dimenarsi -Noi non siamo amici!- ansimò con la voce roca.
Cercando di mettersi a sedere, fissò suo padre che ancora le puntava contro la lama -Non ti importa niente di me e Jonathan? Siamo solo armi per te? Se diventiamo difettosi, siamo solo da buttare e rimpiazzare?- chiese con le lacrime agli occhi.
-Non dire idiozie Clarissa. Tu e i tuoi fratelli siete i miei figli, ma questo non significa che possiate fare quello che vi pare! Vi ho cresciuti io, io vi ho addestrato e insegnato a sopravvivere in un mondo che voleva solo vedervi morti! Mi devi obbedienza, se non sei in grado di darmela, se pur a malincuore, non posso fidarmi di te. Sai troppe cose.-
Clary singhiozzò, con la voce rotta dalle lacrime e la rabbia sibilò -Jace non è mio fratello! Jonathan lo è! Se devo scegliere tra te e lui, sceglierò sempre lui! Quindi coraggio, uccidimi, perché un padre che disprezza la lealtà dei suoi figli non merita di averne!-
-Oh stai tranquilla Clarissa, mi sono accorto di quanto tu sia devota a tuo fratello!- la schernì Valentine. -Ma pensi che lui farebbe altrettanto? Non sopravvalutarlo, non ha dei sentimenti, a lui importa meno che a chiunque di te.-
-Non ci provare! Jonathan mi ama! Non mi farebbe mai del male, sei tu il mostro, non lui! Gli hai fatto credere per tutta la vita di essere un demone senza cuore, ma io so chi è davvero mio fratello!-
-Clary calmati, è lui che deve pagare, non tu!- le disse Lucian avvicinandosi nel tentativo di aiutarla.
-Taci tu! Dovresti essere morto! Sei un traditore! Hai infranto il nostro legame Parabatai, volevi Jocelyn per te! Non osare insudiciare la mente di mia figlia con le tue bugie.- gli ringhiò contro Valentine puntandolo con la spada.
Poi guardando Clary, aggiunse sprezzante -Tu parli di lealtà Clarissa? Mi sei leale?-
-Certo che lo sono! Ero venuta qui oggi per uccidere il traditore!- ansimò Clary con la bocca piena di sangue -Ma sei tu quello che non ha fiducia in me! Io ti ho avvisato dell'incontro, del luogo e dell'ora, ma tu invece di fidarti, sei venuto a finire il lavoro da solo! Cosa siamo per te io e Jonathan padre? Dimmelo se hai il coraggio per una volta!-
-Ma ti vedi? Una Shadowhunter, una Morgenstern! Che piange come una bambina! Cosa pensi che possa farmene di te? Non mi avresti mai consegnato la Coppa se non ti avessi promesso la vita di tua madre in cambio!- ribatté Valentine disgustato da lei.
-Invece lo avrei fatto. Lo avrei fatto in ogni caso.- sussurrò Clary.
I mondani continuavano a camminargli intorno, ignari del sangue che macchiava l'asfalto del ponte o della tragedia che si stava consumando in mezzo a loro, ciechi, tranquilli... Clary si ritrovò ad invidiarli per un istante. Vite normali che scorrevano normalmente, senza sapere della realtà che li circondava, senza nemmeno immaginare quanto altri esseri viventi come loro, soffocassero nel sangue ogni giorno per difenderli.
-Dimostralo allora! Alzati in piedi, lascia che io uccida Lucian e torna da Jace. Riportami mio figlio e la Coppa Mortale.- le disse suo padre porgendole la mano per farla alzare.
Clary indietreggiando si aggrappò alla balaustra e si alzò da sola -Prima voglio sentire quello che Lucian ha da dire, poi posso ucciderlo anche da sola, se non hai niente da nascondere, cosa ti costa farlo parlare?- gli chiese con le poche forze che aveva.
-Non vuoi che tua figlia sappia quanto tua moglie avesse paura di te?- lo provocò Lucian -O quello che tu hai provato a fare a me? Se sono vivo, lo devo solo a Jocelyn e se la Coppa Mortale non è nelle tue mani è solo per merito del coraggio e del senso della giustizia di quella donna! Jocelyn Fairchild ha preferito morire piuttosto che vedere la Coppa nelle tue mani! Non lascerò che sia morta invano!-
-Sono solo bugie! Bugie che ti ha raccontato per avere la tua fiducia!- rispose Valentine piatto -Mia moglie è morta dando alla luce mia figlia, era fedele alla nostra causa.-
-Non è vero!- gridò Clary a quel punto tirandosi su e fronteggiandolo -Jonathan mi ha detto che non è andata così! Mi hai mentito su tutto, sempre! Dimenticati la mia lealtà se le cose stanno così!- gli disse amareggiata.
-Tuo fratello oltre che le mani, vedo che ha avuto anche la lingua lunga con te! Bene, farò i conti con Jonathan quando tornerò a casa! Grazie per avermelo detto Clarissa.-
Clary estraendo la spada dalla cintura la puntò nella gola di suo padre -Non oserai toccare mio fratello di nuovo. Adesso basta.- ringhiò.
-Clary, so che non ti fidi di me, ma ascoltami.- cercò di calmarla Lucian -Nessun figlio dovrebbe desiderare di uccidere suo padre. Lascia che il Conclave lo processi, non è compito tuo sporcarti le mani in questo modo. Lo avresti sulla coscienza.-
-Non mi ucciderai Clarissa, lo sai tu come lo so io, non sei mai stata abbastanza determinata, in questo Jonathan è sempre stato migliore di te, l'unica volta che hai ucciso uno Shadowhunter hai pianto per due giorni, quanti ne ha ammazzati tuo fratello? Ora pensi di avere il coraggio di uccidere tuo padre?- le disse tranquillo, quasi ridendo di lei.
Afferrando con le mani la lama tagliente, Valentine se la tirò di più contro la gola, iniziando a sanguinare piano -Coraggio, fallo Clary. Uccidi tuo padre, tradisci la famiglia.-
Clary lacrimando rafforzò la stretta sull'elsa della spada, tuttavia non riuscì a spingerla contro di lui, non poteva. Suo padre aveva ragione. Non era solo questione di lealtà, era pur sempre suo padre, non era sempre stato un buon padre, ma nemmeno sempre un mostro. Non poteva farlo, non ne era capace.
Lasciandosi scivolare con le ginocchia per terra singhiozzando abbandonò la spada che tintinnando si spense.
-Come immaginavo.- dichiarò Valentine -Debole. Fragile. Non sei pronta per costruire un mondo giusto insieme a me.- le diede le spalle, poi rivolgendosi a Lucian disse -Tornerò a finire quello che ho iniziato sedici anni fa Lucian, se mia figlia si dimostrerà non essere in grado di farlo al posto mio.-
Fece per andarsene, ma prima di lasciarli lì, fissando Clary dichiarò -Non hai la mia fiducia, ma voglio la Coppa Clarissa, non costringermi a fare del male a Jonathan. Se è l'unica leva che ho, la userò. Hai tre giorni per trovarla e consegnarmela, poi potrai prendertela solo con te stessa se ti ritroverai con un fratello in meno.-
Senza attendere risposta, diede le spalle a entrambi e si incamminò lungo il ponte, diretto verso Manhattan.
-Inseguilo! Fermalo!- gridò Clary a Lucian mettendo da parte l'astio che nutriva anche verso di lui.
Ma lui scosse la testa -Non ti lascerò qui a morire Clary. Devi essere curata, ti riporto all'Istituto. Troveremo il modo di fermarlo, stai tranquilla.-
Mentre Lucian la prendeva in braccio, Clary agitandosi come un anguilla, gridò tra le lacrime -Non capisci! Ucciderà mio fratello! Lo farebbe sul serio! Devo avvisarlo, devo andare...- sputando un fiotto di sangue che le risalì dalla gola Clary tossì e si ritrovò a respirare a fatica.
-Ti ha bucato il polmone sinistro. Cerca di non agitarti e risparmia ossigeno, arriveremo in pochi minuti.- le disse Lucian portandola via.
Clary quasi priva di sensi si abbandonò tra le braccia di quell'uomo che era andata là per uccidere, e che ora le stava salvando la vita pur conoscendo benissimo quelle che erano state le sue intenzioni.
Possibile che il mondo degli Shadowhunter non fosse come suo padre le aveva fatto credere per tutti quegli anni? Possibile che la lealtà e il rispetto esistessero anche dentro le fila del Conclave?
Forse si era sbagliata, forse avevano ragione tutti quelli che volevano Valentine Morgenstern morto dicendo che era solo un pazzo. Non sapeva più in cosa credere. Non riusciva più a distinguere quello che era reale da ciò che non lo era.
La sua intera vita, insieme alle sue certezze, stava andando in pezzi.
-Clary, cerca di respirare.- le disse Lucian scuotendola piano -Clary? Riesci a sentirmi?-
Inspirando a fatica, Clary annuì con la testa ciondolante. Anche quello era un mistero, se davvero suo padre le aveva centrato il polmone era perché voleva farlo, non le aveva mancato il cuore per sbaglio, uno come lui, non avrebbe mai mancato il cuore di un nemico immobile e disarmato, nemmeno a occhi chiusi. Quindi forse non voleva ucciderla? Forse era solo arrabbiato per la storia di lei e Jonathan... non ci capiva più niente.
La sua mente smettendo di lottare, decise che era meglio abbandonarsi all'oscurità e perdersi in un limbo senza dolore e pensieri, dopo qualche respiro sibilante, la testa le cadde all'indietro e i suoi occhi si chiusero. Era meglio così, non voleva più pensare in quel momento.
Prima di perdere i sensi, si ritrovò a pregare che Lucian avesse detto la verità sull'affetto che nutriva per sua madre, altrimenti in quelle condizioni, non sarebbe stato difficile lasciarla morire e farlo passare per un incidente.
Per la seconda volta nelle ultime ventiquattro ore, Clary riaprì gli occhi nel suo letto, trovando Jace seduto di fianco a lei.
Questa volta non stava dormendo, la fissava preoccupato e serio. Riuscì a incurvare le labbra in un sorriso forzato quando la vide riprendere i sensi.
-Sta diventando quasi un'abitudine.- le disse cercando probabilmente di alleggerire l'atmosfera.
Clary arricciò le labbra in una smorfia quando muovendosi sentì bruciare la pelle per i Marchi freschi.
-Prima che scleri di nuovo, sì, ho dovuto spogliarti.- la anticipò Jace tirando fuori il suo abituale sorrisetto ironico.
-Ci stai prendendo gusto immagino.- borbottò Clary senza scomporsi troppo. Era ancora troppo dolorante per fare battute acide in proposito.
Jace ridacchiò -Sono contento che tu stia bene, eri messa piuttosto male quando Lucian ti ha portata qui. Ma se ci tieni tanto a farti spogliare, potremmo farlo quando sei vigile, da svenuta non è che tu sia molto attraente.-
-E da sveglia si invece?- chiese Clary prima di rendersi conto dell'idiozia che stava dicendo.
Jace la guardò ghignando -Bel tentativo, ma sta volta io te parleremo chiaro, stai bene abbastanza da poter rispondere a qualche domanda.- le disse incrociando le braccia e fissandola tornando serio.
Clary mettendosi a sedere annuì, era d'accordo anche lei a quel proposito. Lucian aveva sentito parecchie cose, incluso il fatto che Valentine rivendicava Jace come proprio figlio. Glielo aveva detto?
Osservandolo con più attenzione, valutò con cura le parole da dire, Jace sembrava preoccupato, ma non scioccato come avrebbe dovuto essere se avesse saputo una cosa del genere.
-Che cosa vuoi che ti dica?- gli chiese Clary per evitare di dire troppo.
-Potresti cominciare con qualcosa di facile...- rispose lui grattandosi il mento -Magari, col perché ti trovassi fuori dall'Istituto con Lucian, se supponiamo che nemmeno lo conoscevi prima di due giorni fa.-
Terreno sicuro, a quello poteva rispondere facilmente, rilassandosi disse -Conoscevo Lucian di nome, non so se lo sai, ma lui e mio padre erano Parabatai.-
Jace annuì -Non stai mentendo per ora... sì, lo sapevo. Ok , passiamo al perché eri con lui allora.-
Clary sospirò -Non sono sicura che la risposta che ho da darti ti piacerebbe.-
-Ci sono poche cose davvero belle in questo lavoro.- considerò Jace tranquillo -Direi che posso farcela.- le disse poi inarcando un sopracciglio e guardandola sarcastico.
-Va bene... gli avevo dato appuntamento per ucciderlo. Mi aveva chiesto di vederci da soli, ma avevo ricevuto l'ordine di farlo fuori. Ecco perché ero con lui.-
Jace non si scompose -Di nuovo la verità, fai passi avanti, mi viene quasi da pensare che io possa passare alle domande vere allora.-
-Smettila di testarmi come una cavia da laboratorio, se vuoi sapere qualcosa di specifico chiedilo e basta Jace, sono stanca.- sbottò Clary.
-Sei davvero qui per ordine del Conclave?- le chiese lui passandola da parte a parte con i suoi occhi dorati.
Clary deglutì nervosamente, ecco, a quello non aveva pensato. Cercando di prendere tempo, ripiegò su una domanda -Che cosa ti ha detto Lucian, rispondi tu a questo.-
-E poi mi risponderai?- domandò Jace sbuffando.
-Sì, se prometti di non mentire.- lo rassicurò Clary con aria torva.
Jace sorrise -Non sono io il bugiardo qui. Lucian mi ha detto quello che tu mi hai detto fin ora, che era il Parabatai di Valentine e che vi eravate accordati per incontrarvi da soli, lui per parlarti, tu per ucciderlo. Ha detto anche qualcosa riguardo tua madre e la Coppa Mortale, nient'altro.- snocciolò velocemente.
Clary tirando un sospiro di sollievo annuì, non aveva la minima idea del perché Lucian non avesse detto tutto quanto a Jace, ma gli era grata sul serio. Per la prima volta, dopo il modo in cui si era comportato suo padre, non riusciva a odiare quel ragazzo come aveva sempre fatto, non sapeva nemmeno lei bene il perché, ma percepì da qualche parte dentro di sé, che non voleva che lui soffrisse inutilmente per quella storia. Era già stato preso in giro abbastanza, ma credere che Valentine fosse davvero suo padre e loro due fratello e sorella, era cattiveria senza senso.
-Quello che non ti ho ancora detto, ma che Lucian ti ha anticipato, è che a quanto dice lui amava mia madre e lei, per impedire a mio padre di avere la Coppa Mortale, fuggì e si tolse la vita. Da quel poco che ho capito quando ho parlato con Magnus Bane, è che un suo incantesimo ha sigillato la Coppa da qualche parte grazie al sangue di mia madre. Per il resto... ne so quanto te.- spiegò Clary sperando di essere stata convincente.
Jace piegò il capo valutando le sue parole, poi rispose -Ok, diciamo che sia così, cosa pensi di fare ora? Non puoi credere che io menta in eterno ad Alec e Izzy. Per cosa poi? Per chi? Io non so chi sei, non so se sei come Valentine o se davvero vuoi fermarlo, ma finché non sarò sicuro di una cosa o dell'altra, l'unica certezza che ho, è che tu sia la figlia dell'uomo che ha condannato a morte mio padre facendolo uccidere davanti ai miei occhi.-
-Vuol dire che vorresti vedere morta anche me?- chiese Clary piatta. Non aveva mai considerato l'idea di non essere lei a desiderare morto Jace, ma il contrario... eppure, ora che ci pensava, era plausibile che lui potesse odiarla solo per il suo nome. Lui riteneva Valentine l'assassino di suo padre, come poteva non voler vedere morta sua figlia? Fosse stato anche solo per un'equa vendetta.
Jace tuttavia la guardò sorpreso -Cosa? Come ti viene in mente?- fece incredulo -Anche se tu fossi come lui, e io non posso saperlo con certezza, non sono un assassino. Non hai ucciso tu mio padre, il fatto che tu sia la figlia di Valentine, non ti rende responsabile della sua morte.-
Clary avrebbe voluto sprofondare sotto terra e rimanerci. Jace era davvero migliore di lei. Lei e Jonathan non si erano fermati, mai, nemmeno una volta, a pensare che se loro padre era stato migliore con Jace la colpa non era sua. L'avevano odiato dal primo momento, come se fosse lui il responsabile della vita che avevano avuto, quando in realtà a conti fatti... lui non c'entrava niente.
Per un assurdo momento, Clary fu tentata di cedere e dirgli tutto, tutto quanto, senza più bugie. Ma probabilmente non l'avrebbe aiutata in quel momento dichiarare che fino a dieci minuti prima, vederlo dissanguato era la cosa che l'avrebbe resa più felice al mondo.
Cercando di imporsi di sostenere il suo sguardo, nonostante per la prima volta provasse vergogna per sé stessa, Clary disse -Non sono come mio padre, se potessi fare qualcosa per privarti del dolore che ti ha inflitto lo farei, ma non esiste un modo. Nemmeno ucciderlo temo.- disse consapevole della realtà. Nel momento in cui Jace avesse visto Valentine, avrebbe dato di matto, riconoscendolo come suo padre. Non c'era un via indolore per Jace. Amaramente, Clary pensò che se lei e Jonathan volevano vendetta su di lui, quella era già più che sufficiente. Ma nonostante avesse inseguito quel pensiero per quindici anni, in quel momento non la rese per niente felice. Jace le aveva salvato la vita due volte, curandola, fidandosi di lei, dandole la possibilità di spiegarsi... era migliore di lei e Jonathan messi insieme quel ragazzo, e considerando che era stato cresciuto dallo stesso uomo che aveva educato loro, c'era da chiedersi come fosse possibile che fosse diventato così.
-Non mi importa di essere consolato, Clary.- le rispose lui riscuotendola -Voglio solo la verità. Rispondimi, lavori davvero per il Conclave?-
Clary sospirando sonoramente scosse il capo -No.- disse piatta -Ho mentito anche su quello. Mi dispiace Jace, ero fedele a mio padre, tu avresti fatto lo stesso per il tuo! Ma ti giuro che ora le cose sono cambiate. Non gli darò la Coppa se riuscirò a prenderla! Puoi chiedermelo mentre tengo in mano la Spada Mortale se vuoi!-
Jace rimase immobile a fissarla, poi sbuffò. Stava serrando i pugni, come se volesse trattenere la rabbia, ma quando parlò, il suo tono era pacato -Non ti metterò in mano la Spada Mortale, vorrebbe dire coinvolgere il Conclave, che a quanto deduco non sappia niente di te e Valentine o tuo fratello, a differenza di quello che avevi detto. Non sono clementi con i traditori. Nel migliore dei casi ti imprigionerebbero, nel peggiore, potrebbero anche decidere di ucciderti per far uscire Valentine allo scoperto. Te l'ho già detto, non sono un assassino, non ti voglio sulla coscienza.-
Sporgendosi verso di lei, con lo sguardo più serio che Clary gli avesse mai visto, le disse piano -L'unica cosa che voglio è che tu non menta più. Se davvero non vuoi consegnare la Coppa a Valentine, ti aiuterò a trovarla, mi sto fidando di te, puoi fare altrettanto?-
Se poteva fidarsi di lui? Era difficile in linea di principio come concetto, considerato che lei non si fidava di nessuno, ma contro ogni logica, rispose semplicemente -Sì, mi fiderò di te e non ti mentirò.- avrebbe solo omesso il legame che lui aveva con Valentine, era inutile tirarlo fuori dopotutto.
-D'accordo allora. Per il momento direi che non ci sia altro da dire, come pensi di fare per trovare la Coppa?- chiese Jace tornando tranquillo.
-Magnus Bane. Lui può consegnarmela. Dobbiamo tornare da lui, Jace.-
-Perché non ha mai parlato della Coppa al Conclave? Se era in suo possesso, era suo dovere dirlo!- rispose Jace scocciato.
Clary sorrise divertita -È un Nascosto!- disse come se spiegasse tutto, ma evidentemente Jace o non la pensava per niente come lei sull'argomento, o non aveva le idee ben chiare, quindi si affrettò a precisare -Che beneficio poteva portargli fare un favore al Conclave?-
-Almeno qualcosa in comune con tuo padre ce l'hai...- borbottò Jace -Perché pensi che allora la darebbe a te?- le chiese poi.
-Perché glielo chiese mia madre, presumo pagando anche parecchio in cambio di quel favore, Magnus ha detto che solo io posso prendere la Coppa dall'incantesimo in cui è sigillata. Il che mi fa pensare, che dal momento che non voglio più consegnarla a Valentine, ora sarà più incline a collaborare. Porta anche Alec, Bane ha espresso interesse per lui, potrebbe tornarci utile.-
Jace la scrutò sorpreso -Alec? Cosa c'entra Alec?-
Clary ridacchiò -Credo semplicemente che lui gli piaccia.-
-Tanti auguri allora...- fece Jace -Ad ogni modo, gli chiederò se vuole venire con noi, ma immagino dovremo mentirgli... non mi piace.-
-Non sarai tu a mentire, lo farò io. Non ti chiedo di dire bugie gratuitamente al tuo Parabatai, presa la Coppa, chiariremo tutto, con tutti quanti.- era la verità, più o meno.
Incredibile che Clary disprezzasse tanto i Nascosti e si stesse ritrovando a parlare come quelli del Popolo Fatato. Qualcosa nella sua testa si stava dividendo a metà... si sentiva confusa, come se non riconoscesse più chi fosse davvero.
-Vado a chiedere ad Alec se vuole venire con noi, se te la senti, possiamo andare anche oggi stesso.- le rispose Jace alzandosi.
-Sì, sto bene, grazie per le rune a proposito, di nuovo...- disse Clary sinceramente grata questa volta.
-Dovere.- ribadì Jace come l'ultima volta -Ci vediamo dopo, preparati.-
Quando fu uscito dalla camera, Clary non si prese nemmeno un secondo di tempo per pensare, o rischiava di impazzire sul serio. Prima la Coppa, poi il resto. Quello che non aveva detto a Jace, dato che lui nemmeno lo aveva chiesto, era che no, non avrebbe consegnato la Coppa a suo padre... ma aveva intenzione di riportarla comunque a casa. L'avrebbe messa nelle mani di Jonathan, lui avrebbe fatto la cosa giusta. Ne era certa, non voleva credere alle parole di suo padre, suo fratello non era un mostro. Teneva a lei.
Alzandosi dal letto e vestendosi, Clary si preparò velocemente, se tutto fosse andato come doveva, entro quella sera la Coppa Mortale sarebbe stata nelle sue mani.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Complicazioni ***


Buon pomeriggio a tutte e grazie per essere tornate a leggere! Mi scuso per il ritardo ma causa impegni personali non ho avuto abbastanza tempo! Cercherò di essere più generosa con il prossimo!
Mi dite che ne pensate? Ci terrei molto! :)
Sono anche disponibile a qulunque domanda o altro! ;)
Un bacione, Annie :*




-Hai avvisato Magnus Bane che saremmo andati da lui?- domandò Clary sistemandosi alla cintura la spada angelica che Jace le aveva fornito dall'armeria.
Mentre camminava davanti a lei affiancato da Alec, Jace rispose -Mi pare ovvio. Ci sta aspettando.-
-Non ho ancora capito cosa dobbiamo fare.- borbottò Alec scontroso infilandosi le mani in tasca.
Clary afferrò al volo l'occhiataccia che Jace le stava lanciando e si affrettò a rispondere -Lo stregone ha qualcosa per me, è riservato, non sono tenuta a dirvi cosa sia. Mi dispiace Alec.-
-Spero solo che non sia qualcosa che ci metterà tutti nei guai.- ribatté lui poco convinto.
-Spero proprio di no anche io.- gli sorrise Clary cercando di risultare naturale.
Vide Jace scuotere la testa poco contento, ma cosa doveva dire? Non poteva parlare anche con Alec della Coppa e tutto quanto!
Erano quasi arrivati alla fermata della metropolitana, quando Jace d'un tratto sfoderò la spada e si inchiodò sul marciapiede facendo andare a sbattere Clary contro la sua schiena.
-Ma cosa?- fece lei.
-Fermi.- sibilò Jace guardandosi intorno.
Alec tirando fuori una freccia dalla faretra e incoccandola nell'arco affiancò il suo Parabatai -Che succede?- gli chiese guardingo.
-Qualcuno ci sta seguendo da un paio di isolati.- spiegò Jace affinando la vista e continuando a guardarsi intorno in cerca del loro segugio.
-Non dire scemenze! Me ne sarei accorta!- sbottò Clary osservando la strada intorno a sé.
I mondani gli scorrevano attorno senza vederli e anche in lontananza tutto sembrava tranquillo. Niente lasciava presagire che qualcosa non andasse.
-Affina i sensi ragazzina!- la schernì Jace -Qualcuno qui in mezzo, non è un mondano.-
Clary si morsicò la lingua, avrebbe voluto urlargli in faccia che il suo nome era Clary, ma avrebbe mandato all'aria la copertura con Alec. Così limitandosi a sbuffare sommessamente cercò qualcuno tra le decine di passanti che gli stavano scivolando accanto, che avesse qualcosa di strano.
D'un tratto qualcosa attirò la sua attenzione. C'era un uomo. Era dietro di loro a circa una ventina di metri, aveva il naso perso nei fogli di un giornale, ma da sopra le pagine spuntavano corti capelli brizzolati che tendevano al bianco sale.
Per poco Clary non si ingoiò la lingua dallo shock! Non poteva essere suo padre! Non avrebbe avuto senso!
Mettendosi con le spalle posizionate contro la schiena di Jace, cercò di coprire da sola quel raggio visivo in modo che lui non fosse spinto a girarsi da quella parte, tuttavia Alec, con la freccia incoccata e pronta a partire continuava a coprire l'intero perimetro intorno a loro ruotando lentamente su sé stesso in attesa del segnale del suo Parabatai.
-Jace... forse dovremmo tornare all'Istituto.- azzardò Clary nella speranza di evitare un casino ingestibile.
-Non credo proprio. Bane ci sta aspettando e chiunque ci stia seguendo, non smetterà di farlo nemmeno se torneremo indietro.- replicò lui nervoso. -È qui da qualche parte, lo sento.- disse poi stringendo le dita intorno all'elsa della spada e girando il capo a destra e a sinistra.
-Perlustro la zona allora.- fece Clary spostandosi.
-No.- Jace girandosi di scatto la afferrò per il braccio e la tirò dietro di sé -Restiamo uniti. In mezzo a tutta questa gente, chiunque ci sia non proverà a fare qualcosa di azzardato. Se ci separiamo ci prenderà uno per uno.-
-Mi sottovaluti.- rispose Clary strattonando il braccio -Resta qui con Alec e copritemi le spalle.-
-Non mi sembra un'idea geniale.- obiettò Alec guardando Jace di sottecchi in cerca di conferma.
-Decisamente no, infatti.- affermò lui inchiodando Clary con gli occhi.
Lei sbuffando tirò fuori la spada e sbraitò -Non intendo stare qui fino a sta notte! Coprimi le spalle e lasciami fare il mio lavoro Jace. Sono una Shadowhunter quanto voi due. Posso prendere decisioni.-
-Non se mettono in pericolo la vita di chi è con te.- constatò lui.
-Non prendo ordini da te Jace.- ribatté Clary allontanandosi e correndo verso quell'uomo.
Sperava di riuscire a farlo ragionare prima che Jace e Alec lo vedessero! Prima che Jace lo riconoscesse! Ma doveva fare in fretta.
-Merda!- esclamò Jace facendo per seguirla.
Alec tuttavia lo fermò -Aspetta, se è una trappola non ci guadagniamo niente a inseguirla, rischieremmo solo di finire aggrediti in tre! Vai lentamente, io ti copro da qui.-
-Ok.- rispose Jace facendosi strada lentamente tra i passanti e fissando Clary seguendo ogni suo movimento come un falco.
Clary arrivata al punto in cui l'uomo stava leggendo il giornale, gli si parò di fianco, rimanendo per metà nascosta dietro i fogli svolazzanti con lui. Quando lo vide in volto, ebbe conferma di quello che temeva! Era suo padre.
-Cosa ci fai qui?- gli sibilò contro con tutta la rabbia che aveva.
Lui sorridendo cinico, rispose -Tuo padre ti saluta, sono qui solo per ricordarti che lui sa cosa fai Shadowhunter. Non tradirlo.-
Clary ingoiò un imprecazione. Non era suo padre! Era un dannato demone mutaforma!
Piantandogli la spada nello stomaco con un movimento fulmineo, gli rispose -E tu ricorda a mio padre che sono in grado di far fuori tutti i mostriciattoli che manda a seguirmi!-
Sentì qualcosa pungerle il braccio nel momento in cui ritirò indietro la spada, ma in quell'esatto istante, il demone cambiò aspetto prima di scomparire e assunse le sembianze di Isabelle.
Jace comparve accanto a lei facendo appena in tempo a vedere la scena: Clary che infilzava Izzy e le sembianze di quella cosa che non era sua sorella che cambiavano in modi grotteschi, finché accartocciandosi quell'affare scomparve.
-Era un mutaforma.- spiegò Clary girandosi verso Jace e rinfoderando la spada.
-L'avevo intuito, ma perché aveva assunto le sembianze di Iz?- fece lui confuso -E soprattutto come hai fatto ad accorgertene! L'hai vista una sola volta!-
-Sono più sveglia di te Jace Wayland.- rispose Clary con un sorrisetto, poi facendo per raggiungere Alec, percepì un senso di vertigine che quasi la fece barcollare.
-Ti ha ferita?- le domandò Jace sorreggendola per il gomito.
-No, sto bene, non preoccuparti.- rispose Clary pratica cercando di riacquistare il controllo del proprio corpo. Anche se quel demone l'avesse ferita mentre tirava fuori la spada, non era certo una ferita letale, poteva prendersi un po di tempo e curarsi da sola, non c'era bisogno di fare scene epiche con Jace e Alec.
-Come vuoi.- sospirò Jace, poi aggiunse -Andiamo da Bane?-
-L'idea era quella no?- replicò Clary tornando a camminare verso la metropolitana e avvicinandosi ad Alec che era rimasto qualche metro più indietro per coprirli.
-Va tutto bene Helen?- le chiese quando gli fu accanto.
Clary annuì -Tutto ok. Jace è stato molto abile a rendersi conto che qualcuno ci stava seguendo.- disse sinceramente, riuscendo perfino a rivolgere un sorriso reale al biondo.
-Jace è così, è il migliore!- affermò Alec dando una pacca sulla spalla al suo Parabatai.
-Bastava solo prestare attenzione.- fece Jace liquidando l'argomento e facendo un occhiolino a Clary.
Stava flirtando con lei?! Per un attimo Clary si domandò se non avesse le traveggole a causa del morso del demone, ma anche fosse stato così, doveva ammettere che quando Jace non faceva l'arrogante era davvero carino.
No ok, stava decisamente sragionando. Era il caso di riprendere il proprio autocontrollo e pensare solo a prendere la Coppa. Per quanto avrebbe voluto ricambiare Jace della gentilezza e la fiducia che le aveva accordato, sapeva benissimo che nel momento in cui avesse consegnato la Coppa a Jonathan, avrebbe tradito tutte le promesse che gli aveva fatto, era inutile cercare di essere carini no?
Dopo un breve viaggio in metropolitana, giunsero alla fermata dell'appartamento di Magnus e quando furono davanti alla porta, con il tono più naturale che trovò Clary chiese -Potreste restare giù di guardia? Giusto per essere sicuri che nessuno provi a interferire?-
Jace probabilmente capendo che era il modo più facile per non dover mentire ulteriormente ad Alec annuì -Non metterci troppo.- le disse solo.
-Farò del mio meglio.- rispose Clary, prima di salire le scale e raggiungere l'appartamento, si fermò e aggiunse -Grazie, a tutti e due.-
-Fila di sopra ragazzina.- le disse Jace senza riuscire a trattenere un sorriso sotto i baffi.
Clary scuotendo la testa e ritrovandosi a ridacchiare prima di rendersene conto, imboccò gli scalini e corse su. Stava diventando sempre più strano stare a contatto con Jace, dall'odio immotivato che provava per lui, era passata al trovarlo simpatico, fino addirittura attraente.
 
 
Quando Clary fu sparita di sopra, Jace tenendo d'occhio la strada si appoggiò con le spalle contro il muro e incrociando le braccia sul petto rimase in silenzio.
Si sentiva strano da quando lei era arrivata all'Istituto, dal primo momento che l'aveva vista, piccola e con quella massa di capelli rossi, l'aveva trovata subito adorabile, bellissima come solo un angelo avrebbe potuto essere. Il suo caratteraccio invece era un'altra storia, a volte sapeva essere più acida di lui, cosa non facile! Eppure era come se sotto tutta quella spavalderia e frecciatine acide, nascondesse una qualche fragilità, era sicuro che non fosse cattiva, poteva anche essere la figlia di Valentine, ma di certo non era come lui!
Capiva perfettamente il suo modo di fare, lui stesso dopotutto si comportava alla stessa maniera, arrogante e spavaldo da fuori, ma con molti più dubbi di quanto non avrebbe mai ammesso all'interno.
Era come se entrambi indossassero una corazza per proteggersi da qualcosa, e per un istante, Jace si scoprì curioso di sapere qualcosa di più di quella ragazzina spuntata dal nulla come una tempesta.
Si sentiva parecchio stupido, non gli era mai capitato prima di provare quel tipo di interesse per qualcuno, voleva bene ad Alec e Izzy, alla sua famiglia, ma si era sempre sentito diverso da loro, come se in qualche modo, lui non fosse capace di amare come gli altri. Eppure quando si trovava vicino a lei, qualcosa dentro gli si incendiava, era come se sentisse un legame che lo tirava verso una sconosciuta senza una ragione apparente.
Voleva fare qualcosa di carino per lei, così, senza una vera motivazione. Riusciva a sentirsi stranamente meglio quando Clary era vicino a lui, non aveva il minimo senso, soprattutto considerato che non avrebbe dovuto fidarsi di lei nemmeno sotto tortura, ma erano emozioni che non riusciva a dominare a dispetto della sua natura.
-Va tutto bene?- gli chiese Alec d'un tratto riscuotendolo bruscamente.
Jace sollevando gli occhi su di lui si riprese in fretta e sorrise -Sì, è solo che non è un ospite facile da gestire.-
Alec sbuffò -Direi che questo era evidente. Si può sapere come ti ha giustificato le ferite dell'altra sera?-
Jace deglutì nervosamente, aveva promesso a Clary di non smascherarla con Alec, ma gli faceva male mentire al suo Parabatai. - È complicato.- disse evasivo.
-Prova a renderlo semplice.- ribatté Alec lanciandogli un'occhiata attenta -Dov'era andata?-
-Ha detto di essere in missione per il Conclave.- rispose Jace rimanendo ancora vago.
Era consapevole che non se la sarebbe cavata in eterno con le mezze risposte, ma cosa poteva dirgli?
-Jace...- gli disse Alec d'un tratto prendendolo per le spalle -Senti, se c'è qualcosa che non vuoi dirmi ok, non fa niente, ma ricordati che puoi contare su di me per qualunque cosa. Sono il tuo Parabatai, tuo fratello. Intesi?-
A quelle parole, un pesante mattone di senso di colpa si depositò nella gola di Jace facendogli ingoiare acido. -Lo so. Vale anche per te.- gli rispose con gli occhi bassi dandogli una pacca sulla spalla.
La voce dello stregone li interruppe, parlò loro nel citofono, sembrava agitato -Mi dispiace interrompere questo vostro romantico momento fraterno, ma avrei bisogno del vostro aiuto. Il folletto rosso che mi avete mandato di sopra ha perso i sensi!-
-Cosa?- sbottò Jace parlando con l'interfono ormai silenzioso.
-Andiamo su!- lo incoraggiò Alec lasciandolo passare per primo verso le scale.
Jace si fiondò di sopra salendo gli scalini due a due, cosa diavolo era successo ancora?!
Arrivati davanti all'appartamento di Magnus trovarono la porta aperta e lo stregone che indossando un impropobibile paio di bermuda color melanzana e una camicia di raso lunga fino alle ginocchia, gli indicava il salotto facendogli cenno di entrare.
-Cosa le è successo?- chiese Jace avvicinandosi rapidamente a Clary che giaceva con gli occhi chiusi stesa sul divano.
-Era troppo debole, mi sono accorto tardi che portava la ferita di un demone, le ha succhiato molte energie. Ho cercato di curarla, ma un paio delle vostre magiche rune farebbero molto comodo.-
-Come hai fatto a non accorgertene?!- ringhiò Jace tirando fuori lo stilo e sollevando la manica della maglietta di Clary.
Aveva una brutta ferita sull'avambraccio, già mezza putrefatta. Era un disastro! Iniziò subito a inciderla con un Marchio, consapevole che ne sarebbero serviti almeno altri due a quel punto.
-Nemmeno noi ce ne siamo accorti Jace, stai calmo, non è in pericolo di vita.- lo rimproverò Alec per i modi bruschi che aveva usato.
-Ti ringrazio Alexander. Sapevo che quello con il buon senso eri tu tra voi. Oltre che quello col maggior fascino naturalmente.- aggiunse ammiccando.
Jace se ne accorse a malapena, era preso a cercare di far riprendere i sensi a Clary che ancora non dava segni di vita.
Alec arrossendo lievemente, si schiarì la voce e chiese -Che cosa è successo?-
Magnus agitò una mano distrattamente -Oh un po' di questo un po' di quello, abracadabra e cose complicate, non voglio annoiarvi. La vostra amica Helen era qui per un incantesimo ma ovviamente la ferita di un demone non faceva parte dell'accordo, non è mia la responsabilità se si è sentita male.-
-Ma è la giornata mondiale delle risposte vaghe?- sbottò Alec spazientito -Perché era venuta da te? Rispondimi.-
Ma prima che Magnus avesse tempo di rispondere, Jace esultò -Si sta riprendendo. Alec, torna all'Istituto e dì a Hodge di preparare una pozione che la aiuti a rimettersi in forze.-
-E tu cosa pensi di fare?- rispose il suo Parabatai vagamente contrariato.
-Aspetterò che si riprenda come si deve e tornerò indietro con lei, sai quanto odi dirlo, ma... per favore!- fece Jace scostando una ciocca di capelli dal viso di Clary senza guardare Alec.
Lui sbuffò, ma alla fine acconsentì -Come vuoi. Cerca di non metterti nei casini però. Se entro un'ora non ti vedo torno coi rinforzi.-
-Tranquillo andrà tutto bene, ha già un colorito migliore.- rispose Jace.
-Posso accompagnarti se vuoi, mi piacerebbe scambiare due parole con il responsabile dell'Istituto di New York.- disse Magnus rivolgendosi ad Alec -E anche con Lucian Greymark se non è fuori per qualche missione.- aggiunse.
-Non sono sicuro che sia una buona idea.- obiettò Jace -Inoltre non puoi entrare nell'Istituto.- precisò.
-Sono sicuro che Alexander può essere così gentile da invitare fuori quelli con cui ho bisogno di parlare.- rispose Magnus sorridendo in direzione di Alec.
Quest'ultimo osservando lo stregone con aria curiosa fece -C'è qualcosa che sai e di cui vuoi informarci?-
-Molto più di qualcosa.- dichiarò Magnus con un sorriso che Jace trovò vagamente sinistro. Lui sapeva... se avesse detto tutto e smascherato Clary con tutti quanti? Ma cosa poteva fare? Se ora si fosse impuntato per non farlo andare con Alec sarebbe stato sospetto.
Alla fine, sempre senza distogliere gli occhi da Clary, disse -Decidi tu Alec.- solitamente il suo Parabatai non era incline a portare sconosciuti nei pressi dell'Istituto, sperava in una sua risposta negativa senza doversi esporre. Tuttavia, quella volta Alec lo sorprese -Se hai delle informazioni sei il benvenuto. Puoi venire con me.-
Magnus sorridendo soddisfatto si rivolse a Jace -Puoi portare la tua ragazza di fuori? Vorrei chiudere la porta prima di uscire.-
-Non è la mia...- ma cosa faceva si metteva anche a rispondergli?! -Come vuoi.- si limitò a sibilare scocciato prendendo in braccio Clary e imboccando la porta.
-Il tempo che si riprenda e ti raggiungo.- disse poi verso Alec.
Il suo Parabatai annuì -Ci penso io qua tranquillo.-
Tenendo Clary tra le braccia, che a tratti socchiudeva gli occhi storcendo il viso, Jace scese giù fino al marciapiede mandando un paio di maledizioni verso Magnus che lo aveva lasciato in mezzo a una strada con una ragazza che non era in grado di difendersi in balia di altri potenziali attacchi demoniaci. Ma non poteva farli rimanere in casa finché lei non si fosse ripresa!?
Vide Alec e lo stregone allontanarsi camminando vicini e rimase solo, tempo qualche secondo e Clary finalmente aprì gli occhi fissandolo confusa.
 
 
Si sentiva un po' stordita e dolorante, ma sembrava che negli ultimi giorni fosse diventata una specie di abitudine ormai.
Mano a mao che i secondi passavano ricordò tutto quanto, l'attacco del demone mutaforma, il fatto che l'avesse ferita e... il rituale! A quel pensiero il respiro le si mozzò in gola facendola tossire e fu solo in quel momento che si accorse di non essere nell'appartamento di Magnus, ma in strada, tra le braccia di Jace che la guardava con un sorriso sollevato.
-Come ti senti?- le chiese prontamente.
Clary ancora agitata riuscì solo a fissarlo senza capire bene le sue parole, la Coppa, doveva portarla al sicuro il prima possibile, non riusciva a concentrarsi su nient altro.
-Dove siamo?- gli chiese osservando il suo viso che la scrutava a pochi centimetri di distanza.
-Fuori dalla casa di quello stregone gentiluomo. Ci ha messi di fuori, ha detto che aveva delle notizie da riferire all'Istituto.- spiegò Jace velocemente.
Clary a quelle parole agitandosi come un gatto sotto un getto d'acqua schizzò in piedi quasi rischiando di cadere con il sedere per terra.
Jace la lasciò andare capendo le sue intenzioni, tuttavia come si ritrovò dritta, un forte giramento di testa la colpì come un mazza da baseball facendola ondeggiare.
-Piano! Ti ho dovuto fare delle rune, il mutaforma ti aveva ferita. Riprenditi prima di ricominciare ad arrabbiarti per solo l'Angelo sa cosa!- le disse Jace piatto prendendola per il gomito per non farla cadere.
-Jace...- Clary tentennò, Magnus stava andando a dire che lei aveva la Coppa, di sicuro. Doveva fermarlo? Inseguirlo? No, se davvero era andato via per quello, tornare là sarebbe stato da pazzi. L'avrebbero arrestata come minimo! Poteva contare solo su sé stessa da quel momento, forse su Jace... ma perché avrebbe dovuto aiutarla in fin dei conti?
-Cosa c'è?- fece lui scrutandola con aria preoccupata.
Clary emise un profondo sospiro, il suo cervello stava lavorando a mille, ma i pensieri si accavallavano uno sopra l'altro senza che riuscisse ad afferrarne nemmeno uno che la tirasse fuori da quella situazione. Era stata stupida a fidarsi di Magnus Bane. Era ovvio che appena fosse riuscita a prendere la Coppa lui sarebbe corso al primo Istituto per dare la notizia, non si fidava di lei nonostante l'incantesimo avesse funzionato, e giustamente voleva assicurarsi che la Coppa non finisse nelle mani dell'unica persona che avrebbe eliminato tutti i Nascosti dalla faccia della terra.
La sua unica possibilità a quel punto era chiedere l'aiuto di Jace, anche se avrebbe voluto dire metterlo nei guai, ma doveva dare priorità alla missione: portare la Coppa a casa. Non nelle mani del Conclave!
Fissandolo ansiosa, in un sussurro quasi inudibile confessò -Ho la Coppa Mortale. Devi aiutarmi, non posso andare all'Istituto.-

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Nascondersi ***


Buona sera a tutte, chiedo un secondo per leggere l'avviso. Ce ne sarà uno a inizio capitolo e uno alla fine, quello alla fine, leggetelo alla fine, onde evitare sgradevoli spoiler prima della lettura del capitolo stesso ;)
Quello che dico subito invece è questo:
in merito ad un opportunità piuttosto rilevante che mi è stata offerta, sono costretta a interrompere MOMENTANAMENTE la scrittura di questa ff.
Chi ha già letto altre mie ff sa bene che non le lascio a metà e che a differenza di molte (più furbe di me, bisogna ammetterlo) non ho tutti i capitoli già scritti, ma scrivo di aggiornamento in aggiornamento. Ora e per i prossimi 30 giorni, non avrò modo di aggiornare con regolarità, non escludo di riuscire a pubblicare comunque qualcosa, ma non con la frequenza corrente.
Questo per dire che la ff non sarà abbandonata, ma il prossimo capitolo potrebbe richiedere un'attesa più lunga.
Ringrazio per la pazienza di chi aspetterà e continuerà a seguirmi e comprendo chi invece non lo farà ;)
Se volete lasciarmi un “ultimo commento” prima di questa sorta di “mid-season finale” ve ne sarei molto grata, sarebbe un buon incentivo per valutare di proseguire questa storia, dal momento che come già detto il tempo è poco. Se c'è interesse, troverò il modo di proseguire, mi farebbe solo piacere! In caso contrario, tengo a riposo i miei polsi che ne hanno bisogno ed eviterò di aggiornare! :)
La chiudo qui, prima che l'avviso sia più lungo del capitolo!
Buona lettura!
Annie :*
 
 
 
 
 
 
Jace la guardò sbigottito -Come sarebbe a dire che hai la Coppa Mortale?- la fissò attentamente, constatando che non aveva addosso né tasche abbastanza grandi in cui nasconderla, né tanto meno sacchetti in cui riporla.
Clary scosse la testa -Ti mostrerò la Coppa, ma dobbiamo andare in un posto sicuro, non qui e non all'Istituto.-
-Avevi detto che non avresti consegnato la Coppa Mortale a Valentine! Non c'è posto più sicuro dell'Istituto se voi che non finisca nelle sue mani!- ribatté Jace.
Sbuffando come se parlasse a un bambino, Clary si rese conto che Jace non sapeva tutto ovviamente, Hodge non era dalla loro parte, lavorava per suo padre, forse era il caso di dirglielo...
-Jace, il Conclave è pieno di spie di mio padre, una in particolare vive sotto il tuo tetto da anni.-
Jace con aria scettica fece -Come faccio a sapere che non stai mentendo ancora?-
-Ho promesso, niente più bugie ricordi? Ti sto dicendo la verità Jace! La Coppa non è al sicuro se la portiamo all'Istituto, Hodge Starkweather non è dalla parte del Conclave, lavora per mio padre! Era il mio aggancio con Valentine ed è stato la sua spia da New York dai tempi della Rivolta! Non ha mai tradito il Circolo!-
-No... non può essere vero.- boccheggiò Jace con un espressione tradita che gli solcava il viso -Non Hodge! Lui non lo farebbe mai!-
-Puoi credermi o no, se vuoi puoi tornare all'Istituto e raccontare tutto quello che sai a chi vuoi, ma io non verrò con te. Ho vissuto con Valentine per quindici anni, so chi sono i suoi alleati Jace. Non credo voi possiate dire lo stesso.-
Lui rimase per un secondo con lo sguardo perso nel vuoto, mentre di attimo in attimo, lo stupore e il dolore lasciavano spazio alla rabbia -Se è come dici, Alec e Iz non sono al sicuro! Devo avvisarli!-
-Sono d'accordo, ma prima dobbiamo portare la Coppa al sicuro, lontano da New York, in modo che Hodge non sia il responsabile della zona e la Coppa non venga affidata a lui. Conosci qualche posto in cui ci siano persone di cui ti puoi fidare?- gli chiese Clary mentre il cervello cominciava a ronzare alla velocità della luce mettendo su un piano.
Doveva trovare il modo di attirare Valentine lontano da Idris, portarlo in qualche posto in cui non avrebbe avuto facile accesso ad un portale e lasciarlo isolato! Poi sarebbe volata da Jonathan e avrebbero deciso cosa fare con la Coppa. Era confusa, stava continuando ad agire seguendo i piani di un'intera vita, ma senza rendersi ancora conto a pieno, che tutto era andato in frantumi quando aveva deciso che suo padre non meritava di avere la Coppa. Era tutto diverso, non sapeva di chi fidarsi, non capiva più quale fosse la cosa giusta da fare, non si era mai sentita così.
Jace la riscosse -Non ho idea di dove possiamo andare se non possiamo nemmeno rimanere a New York, non conosco molte persone, qua in città c'è una ragazza... una fata in effetti, ha un appartamento tra la 74st e 1st Avenue. Si nasconde dal Popolo fatato e vive come una mondana... più o meno. Penso che possiamo fidarci d lei. Non è necessario dire cosa abbiamo con noi, possiamo solo chiederle di rimanere lì fino a domani e decidere con calma cosa fare.- concluse pensieroso.
Clary non era proprio entusiasta all'idea di chiedere asilo a una Nascosta, tuttavia per il momento non le venivano idee migliori, così se pur poco convinta accettò -Ok, andiamo da lei allora, ma non parlare della Coppa.-
Jace annuì -Non diremo niente di preciso, possiamo fidarci di lei stai tranquilla.- si guardò un attimo intorno e poi aggiunse -Penso ci convenga prendere un taxi.-
Sì, era decisamente la soluzione più comoda, dopo qualche minuto in cui vari tassisti esauriti li ignorarono completamente, uno si fermò davanti a loro facendogli cenno di muoversi suonando il clacson come un pazzo.
Quando furono saliti in macchina e dato l'indirizzo all'uomo, questo riprese a schizzare tra il traffico come una scheggia e per un momento, Clary si ritrovò ad aggrapparsi alla manica della giacca di Jace fissando con aria sconvolta le auto che le sfrecciavano accanto a una velocità tutt'altro che rassicurante.
Jace ridacchiò -Cacci i demoni e hai paura della guida dei tassisti?-
Clary borbottò imbarazzata -I mondani sono psicopatici al volante...- poi lasciandogli andare il braccio, si strinse alla portiera e lo guardò sarcastica -Quindi la fata da cui stiamo andando... cos'è... una specie di amica?-
Jace ghignò -Quanta malizia, cosa vuoi sapere di preciso?-
Clary bofonchiando cose senza senso, non sapendo nemmeno lei perché stesse dicendo quello che stava dicendo, rispose -Devo preoccuparmi che ti salti addosso appena arrivi?-
A quel punto Jace scoppiò completamente a ridere gettando indietro la testa -Niente paura, siamo davvero solo amici, ci ha dato un paio di informazioni utili in passato, ma di solito non mi piace complicarmi la vita con gli informatori. Non c'è mai stato niente tra noi, se era questo che volevi sapere.-
-Non che mi interessi. Era giusto per non dovermi trovare a fare il terzo incomodo.- borbottò Clary ringraziando silenziosamente il buio del taxi che nascose il rossore sulle sue guance.
Non riusciva a capacitarsi di come proprio Jace, proprio quel ragazzo che aveva detestato da sempre, fosse riuscito a conquistarsi la sua attenzione, e cosa meno facile ancora: il suo rispetto.
Non era per niente come lei e Jonathan avevano sempre creduto. Nonostante fosse in qualche modo figlio di Valentine, non era come loro, era... buono. Si vedeva in ogni gesto ed ogni parola. L'arroganza e la sfacciataggine erano solo maschere di cera che indossava per tenere il mondo fuori. Era una cosa che stranamente, Clary riusciva a capire molto bene.
-Come ti senti piuttosto?- le chiese Jace per tutta risposta, evitandole l'ulteriore imbarazzo di quella conversazione senza senso.
Clary si strinse nelle spalle -Bene credo. Mi sembrava che quel demone mi avesse ferita, ma ero troppo concentrata su Bane per pensare ad altro.- spiegò.
-Le emozioni sono un intralcio che mette a rischio la vita se non fai attenzione.- la riprese Jace serio -Dovresti imparare a tenerle a bada. Sei tu che comandi il tuo corpo, nient altro.-
Si sentì un po' punta sul vivo, suo padre e Jonathan avevano cercato di insegnarle la medesima cosa per tutta la vita, ma lei non era mai stata brava a dominare le sensazioni che la pervadevano in battaglia. Ci aveva provato, aveva comunque eseguito gli ordini, ma ad ogni omicidio, per quanto spinta da una causa superiore, soffriva, ad ogni sbeffeggiamento di suo fratello quando si dimostrava troppo debole rispetto a lui, si sentiva umiliata e perdeva la testa arrabbiandosi. Valentine avrebbe dovuto essere fiero di Jace. Era perfetto come suo erede. Non era violento o impulsivo come Jonathan, ma nemmeno così morbido come lei. Ecco perché le aveva detto di riportarlo a casa. Probabilmente suo padre aveva deciso che era il momento di far compiere a Jace il compito per cui l'aveva cresciuto.
Tornando con la mente alla conversazione, Clary si passò entrambe le mani nei capelli come nel tentativo scrollare via quei pensieri e rispose -Credevo te ne fossi già accorto ormai, ho un pessimo carattere. Le emozioni fanno parte del pacchetto.-
-Non credo che tu sia così terribile come vuoi dare a vedere.- obiettò Jace serio.
-Forse no, ma che importanza ha?- Rispose Clary sospirando piano -Ho tradito mio padre dopo quindici anni in cui avevo creduto in lui ciecamente. Mi resta solo mio fratello ma... è complicato.- disse interrompendosi bruscamente.
-Che tipo è tuo fratello? La pensa come Valentine?- domandò Jace scrutandola curioso.
Clary scosse la testa, un po' confusa -Non proprio, non ho mai capito davvero se condividesse le idee di purezza di nostro padre.- un sorriso spontaneo le si aprì tra le labbra e quasi incredula rispetto a quello che stava per dire, confessò -Credo che in qualche modo, ti somigli.-
Jace ghignò sarcastico -Biondo, bello e imbattibile?-
Clary ridacchiò -Anche... ma non intendevo in quel senso. Lui è...- il tassista frenò bruscamente davanti all'indirizzo che Jace gli aveva dato, interrompendo la loro conversazione.
Tirando un sospiro di sollievo, Clary tirò fuori dalla tasca quindici dei dodici dollari che segnava il contatore e scese dalla macchina quasi di corsa. Non sapeva nemmeno lei perché si fosse messa a parlare di Jonathan con Jace, sentiva quasi come se in qualche modo stesse tradendo suo fratello. Era sbagliato. Doveva lasciare Jon fuori dal casino che aveva in testa.
Jace raggiungendola con due passi affrettati domandò -Cosa ti è preso?-
-Niente...- mugugnò lei -Allora... dove sta la tua fata?-
-Non è la mia fata.- chiarì Jace -E abita in quel palazzo lì.- disse indicandole un alto grattacielo di vetro lucido che faceva da angolo precisamente tra la 74st e 1st Aveneu.
-Dopo di te...- rispose Clary facendogli cenno di precederla.
Jace incamminandosi a passo spedito verso le doppie porte a vetri, dopo essersi assicurato che lei gli fosse dietro, entrò nel palazzo fermandosi davanti all'uomo seduto dietro il banco della portineria.
-Buona sera. La signorina Green.- disse al portinaio.
L'uomo lanciò un'occhiata all'ordine dei piani e disse educato -Piano attico. È l'unico appartamento. Annuncio il vostro arrivo, chi devo riferire?-
-Jonthan Christopher.- rispose Jace storcendo il viso scocciato.
Clary lo fissò sconcertata, perché diavolo stava usando quel nome? Inoltre, aveva notato il modo in cui l'aveva pronunciato: sembrava dargli fastidio.
Il portinaio prendendo l'interfono, li annunciò, poi rivolgendosi loro disse -La signorina Green vi attende. Prego.- gli indicò con un cenno della mano i due ascensori poco più avanti, poi tornò a infilare il naso tra i fogli di una rivista ignorandoli completamente.
Jace facendo segno a Clary di seguirlo, si dileguò dall'ingresso sparendo dentro l'ascensore.
Quando le porte si furono chiuse davanti a loro e si ritrovarono chiusi in quello spazio ristretto di due metri per due, Clary lo fissò curiosa, poi con circospezione fece -Jonathan Christopher?-
Jace incrociò le braccia e fissò un punto nel vuoto di fronte a sé -Le fate sanno essere piuttosto noiose riguardo alla formalità. Jonathan Christopher è il mio nome per intero. J. C. che come hai intuito diventa...-
-Jace.- finì Clary per lui. Era tutto molto ovvio alla luce di quella spiegazione, le fate sapevano tutto di tutti, o quasi, non si stupiva che con lei, soprattutto se era un informatrice, Jace avesse dovuto usare il suo intero nome in modo ufficiale.
Tuttavia le faceva terribilmente strano ora come ora pensare a Jace come Jonathan, nonostante sapesse benissimo che era quello il nome che suo padre gli aveva dato.
Una cosa piuttosto crudele, pensò Clary per la prima volta. Aveva sempre trovato intollerabile che uno come Jace portasse lo stesso nome di suo fratello, ma con grande stupore, si rese conto che in quel momento era proprio per Jace che le dispiaceva, non per Jonathan...
Valentine aveva trattato quei due, come pezzi di carne intercambiabile al bisogno. Era meschino e vile. Né uno né l'altro, avevano un'identità che appartenesse unicamente a loro stessi, come fossero stati condannati a dividersi a metà già dalla nascita.
-Preferisco Jace.- gli disse Clary con un sorriso, cercando di alleggerire l'atmosfera cupa che si era improvvisamente creata.
-Anche io.- rispose lui facendole l'occhiolino.
Dopo un secondo, al suono di un campanellino che tintinnava, le porte dell'ascensore si aprirono rivelando l'ingresso di un enorme attico dal pavimento di legno lucido.
Un attimo dopo, una ragazza dai lunghi capelli color ciliegia e due occhi dorati grandi e allegri, comparve davanti a loro.
-Jonathan! È così bello vederti, non vieni mai a trovarmi!- lo accolse lei abbracciandolo.
Era sottile e affusolata, le orecchie a punta appena nascoste dalla lunga chioma che le danzava dietro la schiena in onde morbide.
-Sono stato molto impegnato Karissa, ma sono felice di vedere che tu stia bene.- rispose Jace gentile ricambiando l'abbraccio della fata.
-Lei è Clar...- fece per presentare Clary, ma Karissa facendo un passo avanti e scrutandola con attenzione lo interruppe -Clarissa Morgenstern. Allora era vero che fossi ancora viva.-
Clary la guardò confusa, come faceva quella a sapere di lei?
-Oh, non farti strane idee, io non faccio più parte del Popolo Fatata, anche fosse che quello squinternato di Valentine intende farli fuori tutti, non mi troverebbe mai. Non sono una nemica per te.- le disse la fata, forse nel tentativo di convincerla che poteva fidarsi.
-Forse no, ma nessuno dovrebbe sapere di me...- constatò Clary tranquilla, guardandola scettica.
-Le voci giungono fino al mondo Invisibile, Clarissa Morgenstern, qualcuno nella tua famiglia, non ha tenuto le labbra sigillate a dovere forse.-
Clary alzò gli occhi al cielo, poteva voler dire solo una cosa: Jonathan. Ma suo fratello non poteva accontentarsi di aprire la bocca solo per baciarle le fate? Doveva anche mettersi a fare salotto?! Appena l'avesse rivisto gliele avrebbe cantate! Se Valentine fosse venuto a sapere che Jonathan andava in giro a rivelare segreti potenzialmente vitali, a ogni Nascosta che entrava nel suo letto, loro padre gli avrebbe staccato la testa senza pensarci due volte!
-Kara, abbiamo bisogno di rimanere per una notte, puoi aiutarci?- intervenne Jace cambiando discorso in modo fin troppo rude.
La fata tornando a rivolgere a lui la sua attenzione annuì -Non è un problema, ma se osate far entrare qui dentro anche un solo demone, vi sego le ossa mentre dormite!- gli disse con un sorriso bianco come il latte e affilato più del vetro.
Jace ridacchiò -Ne ho abbastanza di demoni perfino io, stai tranquilla, nessuno sa che siamo qui, ed è meglio che continui ad essere così. Non ti daremo nessun problema, vogliamo solo un posto in cui riposare in tranquillità e poi ce ne andremo.-
-Per te, Jonathan. Sei sempre stato così gentile. Ma i nostri debiti sono saldati con questo.- replicò Kara soddisfatta.
-Hai la mia parola.- confermò Jace -Siamo pari.-
La fata gli diede le spalle e camminando con una grazia che Clary trovò surreale, danzò quasi fluttuando da terra fino a una sottile scala di vetro che portava chissà dove, considerato che erano già al piano attico -Potrete rimanere nella mia terrazza, sai quanto la ami, trattate bene i miei fiori Shadowhunter.- li imbeccò pungente.
Jace seguendola le pose una mano sulla spalla e sorrise -Grazie, sul serio. I tuoi fiori non si accorgeranno nemmeno di noi.- poi girandosi verso Clary le fece cenno di seguirlo su per la scala.
Passando accanto a Karissa, le rivolse un cenno col capo e mormorò -Grazie, anche a nome mio.-
-Non farmene pentire figlia di Valentine.- rispose la fata con un tono acuto e sottile.
Clary correndo su per gli scalini, si affrettò a raggiungere Jace e se la lasciò alle spalle.
Quando arrivarono in cima, ciò che trovarono era qualcosa di talmente bello, da credere impossibile che si trovasse in cima a un freddo grattacielo newyorkese.
L'intera superficie del tetto, era circondata da spesse vetrate rese leggermente opache dalla condensa e la luce della luna che vi filtrava attraverso, si infrangeva sul pavimento ricoperto di assi di legno rugoso, quasi come fosse vivo e non semplice parquet, risaltandone le venature striate e dandogli un effetto quasi etereo.
Lo sguardo di Clary si allungò tutto intorno a sé e vide come lungo l'intero perimetro sinistro, rami intrecciati di glicine si rincorrevano lungo un arco, grappoli di fiori dalle sfumature lilla e viola, umidi di rugiada brillavano nell'aria come piccole stelle.
La parete opposta era spoglia, rendendo possibile la vista sull'intera città, incorniciata da una bassa fila di gardenie bianche.
A malapena consapevole della presenza di Jace alle proprie spalle, Clary continuò a fissare incantata quel mondo magico, per niente in sintonia con la realtà mondana di New York.
Guardando attentamente tra le ortensie blu al di sotto dei glicini, scorse leggeri battiti d'ali di piccole farfalle variopinte, che entrando da una piccola fessura in cima alla cupola di vetro che circoscriveva il tetto, andavano di fiore in fiore rendendo l'atmosfera ancora più magica.
Tutto il cinismo di una vita sembrò abbandonarla spontaneamente, mentre l'aria, satura di una fragranza dolce che ricordava la vaniglia e l'estate, la faceva sentire leggera e libera come quelle farfalle che le danzavano intorno.
Nonostante fosse un odore intenso e quasi stucchevole, in quella sorta di serra artificiale, era comunque un profumo gradevole, che dava l'impressione di trovarsi a mille miglia dal grigiore della metropoli che correva sotto di loro.
-Allora... che ne pensi? Un po' esagerato forse...- le mormorò Jace alle spalle, più vicino di quanto non avrebbe creduto.
Girandosi verso di lui, con gli occhi ancora lucidi, che brillavano di stupore, Clary scosse il capo -È talmente bello... nessun mondano avrebbe potuto fare una cosa tanto meravigliosa.-
Era la prima volta in vita sua che si prendeva la briga di fare un complimento a una Nascosta, ma era la verità, probabilmente Kara, malinconica al pensiero di essere fuggita non solo dal suo Popolo, ma anche dalle meraviglie di cui era capace, aveva cercato di riprodurre in casa sua, la stessa magia e amore per la natura che caratterizzava la sua razza.
-Sono contento che ti piaccia. Volevo farti riposare in un posto rilassante, visto che da domani chissà cosa accadrà... almeno sta sera forse, puoi abbassare le difese e rimanere tranquilla.-
-Grazie Jace. Nonostante io sia insopportabile, e bugiarda, e cattiva con te... tu sei...-
La sua frase venne smorzata dalle labbra di Jace, che inaspettatamente si premetterò sulle sue baciandola.
Prima che potesse decidere di respingerlo, si ritrovò a infilargli le dita tra i capelli, così soffici e morbidi al tocco e tirarlo lievemente verso di sé.
Le mani di Jace scorsero lungo la sua schiena, facendola inarcare contro di lui, incastrando i loro corpi alla perfezione.
Le sue labbra erano dolci e fresche, come la prima notte d'estate che inebria e rapisce.
Sentiva le sue mani che la sfioravano con delicatezza, diverse da qualunque tocco avesse mai provato sul proprio corpo, era come se lui volesse che lei gli appartenesse, ma senza costringerla, voleva guidarla con lui oltre la magia di quella stanza, oltre il mondo al di fuori, in una bolla solo loro, dalla quale sarebbero usciti, solo quando ne avessero avuto voglia.
Clary si lasciò rapire da quel sogno impossibile, continuando a baciare Jace, spezzando il silenzio della serra solo da lievi gemiti tra un bacio e l'altro. Ogni volta che le labbra di uno dei due si separavano per riprendere fiato, il bacio divampava come un incendio un istante dopo, era quasi come se fossero incapaci di smettere ormai.
Solo dopo minuti interminabili di qualcosa simile all'estasi, Jace le lasciò andare il viso, continuando tuttavia a sfiorarle con dolcezza la guancia con il pollice, fissandola con gli occhi dorati accesi di un sentimento indefinibile.
-Scusa, avrei dovuto chiedertelo forse...- le mormorò soffiandole sul viso col suo alito fresco.
Clary vagamente stordita, nella più totale incapacità di comprendere le sue emozioni, si ritrovò a parlare d'impulso, senza che la mente dettasse le parole alle labbra.
-No... è stato... io... non mi ero mai sentita così.-
Non si riconosceva nemmeno, balbettare? Non sapere cosa dire... si stava trasformando in un'altra persona. Erano bastati pochi giorni lontano dall'influenza di suo padre, per diventare qualcosa di completamente diverso da ciò che era sempre stata.
Tuttavia, la sensazione di protezione, dolcezza, rispetto... che aveva provato tra le braccia di Jace, le erano rimaste marchiate dentro come un sigillo infuocato che invece di bruciare dava luce.
Non era pentita di averlo baciato, né si sentiva in colpa, per essersi concessa a qualcuno che non fosse Jonathan. Solo ora stava iniziando davvero a capire quanto fosse stato sbagliato averlo fatto per tanto tempo.
-Nemmeno a me era mai successo Clary. C'è qualcosa in te... non riesco nemmeno a dirlo. Ho bisogno di te e non so spiegarmelo.- confessò Jace quasi imbarazzato, fissandola intensamente. I suoi occhi erano guardinghi, confusi quanto quelli di lei.
Clary stava per rispondere, quando un tonfo sordo alle sue spalle, la mise sull'attenti facendola girare di scatto.
Solo per un istante il suo sguardo si posò sul corpo di Kara, accasciato a terra in una pozza di sangue con una lunga spada di ferro che le sbucava dalla schiena.
In meno di un attimo la sua attenzione si concentrò sull'uomo in piedi alla cima delle scale.
-Mi aspettavo di trovarti a casa a questo punto, Clarissa.-
Clary stava per rispondere, ma Jace, con il tono di un morto parandosi davanti a lei ansimò -Padre? Cosa...?-
Valentine Morgenstern, muovendo un passo verso di loro, disarmato, accennò un sorriso a Jace -È passato molto tempo dall'ultima volta che ti ho visto Jonathan, figlio mio.-
 
 
 
Ed eccoci all'avviso di fine capitolo, era solo una sorta di saluto e precisazione! Non so chi di voi segua la serie tv, chi tra voi sia Clace e chi no, (libere di farmelo sapere con un messaggio e ne parliamo! xD) ma la scena del primo bacio nella serie tv mi ha fatto girare gli zebedei non poco! Ho voluto tentare di rendere omaggio ai Clace, in modo non propriamente identico alla Clare, pace a lei che ha fatto un ottimo lavoro ed era un insulto andare a cambiarlo! Ma almeno richiamare la magia!
Spero di esserci riuscita!
Ancora a presto e grazie alle lettrici che mi hanno seguita.
Spero in un commento che mi dica se continuare o meno!
Baci
 
PER ULTIMO MA NON MENO IMPORTANTE, GRAZIE A SHASHA1993 PER IL PREZIOSO CONTRIBUTO!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Shock ***


Buona sera lettrici! Come promesso, sono tornata con l'aggiornamento!
C'è ancora qualcuna che segue la storia? Mi fate sapere?
Un bacio, Annie.
:*
 
 
 
 
-Tu...tu eri morto. Ti ho visto morire.- balbettò Jace sconvolto.
Clary avrebbe voluto mettersi in mezzo, ma era come se tra Jace e suo padre si estendesse un campo di forza che le impediva di parlare, probabilmente era solo lo shock di esserselo trovato lì, insieme a Jace.
Non era stata abbastanza svelta, probabilmente Magnus aveva avvisato Hodge, che di conseguenza aveva informato Valentine. Se la casa di Kara non aveva le giuste protezioni, per suo padre non doveva essere stato difficile trovarla.
-Come mi ha trovato?- gli ringhiò contro Clary lo stesso, solo per farlo parlare d'altro. Conosceva suo padre, non vedeva l'ora di metterla contro Jace, ne era certa, così sarebbe rimasta sola, costretta a tornare dalla sua parte.
-Non è stato difficile Clarissa, mi aspettavo qualcosa di meglio da mia figlia-
Jace continuava a guardarli sconcertato, le sue labbra mimarono la parola “figlia”, mentre con un'espressione inorridita, si voltò verso Clary cercando di dire qualcosa.
-Jace no, non è come pensi.- provò ad abbozzare lei, sentendosi completamente disarmata, in balia della crudeltà che suo padre stava riversando anche su di lui.
-Dammi la Coppa Clarissa, è il momento che tu e tuo fratello,- disse guardando Jace -Torniate a casa con me.-
Jace facendo un passo avanti, fronteggiando Valentine, ritrovò il controllo della propria voce e disse piatto -Tu non sei mio padre. Ti ho visto morire.-
Valentine sospirò, spiegando -Non mi hai visto morire, hai visto quello che ho dovuto metterti davanti per tenerti al sicuro. Ma ora sono qui, mi dispiace per quello che hai passato, torna a casa con me, a Idris.-
-No! Nessuno di noi verrà con te! Ti ucciderò prima che tu faccia ancora del male a Jonathan o a me!- urlò Clary tirando indietro Jace e fissandolo intensamente -Non fidarti di lui, è un bugiardo, Jace credi a me, dobbiamo andarcene via di qui, non ascoltarlo vuole solo manipolarti.-
Jace la fissò sconcertato -E tu no? Mi stai chiedendo di scegliere tra fidarmi di te, che fin ora mi hai solo mentito, o di lui, che dice di essere davvero mio padre?-
-Io sono tuo padre, Jonathan. Posso provarlo.- disse Valentine tranquillo -Lei invece, ti ha solo detto bugie.-
-Provarlo? Come?- domandò Jace scettico.
-Sei cresciuto con me, Jonathan, ti ho addestrato, ti ho insegnato la debolezza che c'è nell'amore, ti ho reso il miglior guerriero che Idris abbia mai avuto, conosco il tuo cuore come me stesso.-
Clary stava per ribadire ancora una volta quanto Valentine fosse solo un bugiardo manipolatore, ma proprio in quel momento, un portale si aprì sfarfallando in mezzo a loro e terribile come un Principe dell'Inferno, argentato ed etereo come una visione, ne fece capolino Jonathan.
Prima che chiunque potesse avere il tempo di razionalizzare un pensiero, le labbra di suo fratello si piegarono in un sorriso affilato mostrando i suoi denti bianchissimi.
-Clarissa. Padre.- disse tranquillo, -Jonathan.- concluse guardando Jace.
-Che cosa ci fai qui?- chiesero all'unisono Clary e Valentine.
-Chi sei?- domandò Jace con la faccia di uno che stava seriamente iniziando a perdere la presa sulla realtà.
Jonathan liquidando la domanda di Jace scrollando un braccio disse solo -Le presentazioni un'altra volta.- poi rivolgendosi a Clary disse -Vieni con me o vai con loro?-
Clary si sentiva scoppiare il cervello, avrebbe voluto che esistesse un modo per tirare via Jace da quel casino, per fare stare zitto Jonathan prima che dicesse qualcosa di potenzialmente distruttivo e sicuramente crudele, per impedire a loro padre di manipolare Jace con le sue bugie, ma non riuscì a dire niente, né trovare alcuna soluzione che potesse risolvere un disastro di quella portata.
Valentine accarezzò con la mano l'elsa della spada che aveva appesa alla cintura, guardando Jonathan come se fosse la cosa peggiore che avesse mai visto in tutta la sua vita, poi sibilò -Se torni a casa subito, puoi ancora rimanere vivo.-
Ma Jonathan scosse il capo facendo ondeggiare i morbidi capelli argentati e fece schioccare le labbra in un verso di disappunto -No, penso che non lo farò, padre. Clarissa viene a casa con me, tu randagio da che parte stai?- chiese rivolto a Jace.
Jace lo fissò come se fosse un fantasma, poi guardò Clary, in cerca di un aiuto con lo sguardo perso.
-Jonathan può scegliere da solo se venire via con suo padre o affidarsi a due bugiardi che nemmeno conosce.- dichiarò Valentine incrociando le braccia sul torace e osservando Jace piatto.
-Clary...dimmi la verità, per una volta.- la implorò Jace -Lui è davvero mio padre? Non è un incantesimo?-
Clary si sentì stringere lo stomaco -È più complicato di così, Jace.- fu tutto quello che riuscì a dire.
Lui la guardò deluso, con un dolore negli occhi che era peggio di qualunque cosa Clary avesse mai visto, ma in meno di un secondo, quel dolore si trasformò in rabbia.
-Niente più bugie. Se questo è il tuo modo di mantenere la parola, non ho motivo di credere a nient altro di quello che dirai.- disse Jace glaciale.
Jonathan, accanto a Clary, rise come se trovasse l'intera faccenda estremamente divertente -Quanto sei melodrammatico.- poi sbuffò -Basta, sono stanco. Clarissa, non lasciare che prendano la Coppa e andiamocene.-
-Sì, credo che andarvene sia la cosa migliore.- confermò Jace, ma poi aggiunse -Però la Coppa rimane qui.-
-Jace no! Tu non vuoi che lui abbia la Coppa, credimi!- lo implorò Clary nella tenue speranza di farlo ragionare.
Jace abbassò il capo, come se rimanere teso e in guardia, gli stesse costando uno sforzo enorme, sembrava schiacciato -No, non voglio probabilmente. Ma non è nemmeno giusto che la prenda tu. Sei una bugiarda e una traditrice. Se lui è davvero mio padre, il mio posto è con lui.-
-Sono fiero di te, Jonathan. Sapevo che non mi avresti mai deluso. Dì a tua sorella di essere ragionevole e andiamocene, tra poco arriveranno quelli del Conclave.- disse Valentine orgoglioso, osservando Jace con uno sguardo che a lei e Jonathan non aveva mai riservato.
Come Jace sentì la parola “sorella”, il suo viso si contrasse in una smorfia di disgusto, Clary non avrebbe saputo dire se per sé stesso o per lei, ma lui non disse niente in merito, le si rivolse senza guardarla -Dammi la Coppa, non voglio combattere con te.-
Clary trasalì, sentendo il respiro che le chiudeva la gola come se invece che ossigeno avesse deglutito sassi. Combattere con Jace... fino a due giorni prima avrebbe venduto l'anima per farlo, ma ora, il solo pensiero le faceva rivoltare lo stomaco.
Tuttavia, la risata sprezzante di Jonathan le risparmiò di dover rispondere -Combattere con lei?- sghignazzò sistemandosi davanti a Clary e cingendole la vita con un braccio -Non riusciresti nemmeno a toccarla, sei bello Jace, non voglio rovinarti la faccia. Sparisci, noi tre ci rivedremo presto.-
-La Coppa.- latrò Valentine facendo minacciosamente fischiare la spada estraendola dalla cintura con uno scatto netto.
-Non ora. Voglio venire con te, devi spiegarmi come stanno le cose, poi deciderò se aiutarti a riprenderla. Scegli, se sei mio padre, scegli: o me o la Coppa. Non puoi averci entrambi ora.- disse Jace parandosi davanti a lui, ritrovandosi con la lama della spada pericolosamente vicina alla gola.
Clary sapeva cosa sarebbe successo, Valentine non avrebbe mai rinunciato alla Coppa Mortale, nemmeno per uno dei suoi figli, liberandosi dal braccio di Jonathan, scattò in avanti nel tentativo di spingere via Jace dalla traiettoria della spada, ma con occhi increduli, vide suo padre riporre l'arma e tendere la mano a Jace -Sei mio figlio, torneremo a prenderci la Coppa insieme, ma ora quel che importa è averti ritrovato.-
Per un attimo Clary credette di essere impazzita, forse il veleno di un demone le stava dando le allucinazioni, o forse era una specie di malattia mondana che aveva sicuramente contratto a New York! Ma suo padre non poteva aver detto una cosa del genere! Le veniva da vomitare, sentiva l'acido nello stomaco muoversi su e giù minacciando pericolosamente di schizzare definitivamente su. Valentine non aveva mai considerato lei e Jonathan in quel modo, mai.
Fece un passo indietro, più ferita di quanto non avrebbe creduto, ma il colpo di grazia fu vedere Jace che avvicinandosi a Valentine, le lanciava un'occhiata confusa e arrabbiata al tempo stesso, prima di venir risucchiato nel vortice di un portale che, comparso dietro di loro, li portò via da New York. Chissà dove.
Jonathan tirando un sospiro di sollievo quando li vide scomparire, si voltò verso di lei -Allora, come stai?-
Clary si sentiva ancora parecchio scioccata, il corpo di Karissa era riverso a terra nel sangue, unico testimone del passaggio di Valentine. Jace era svanito con lui, cosa sarebbe successo ora?
Almeno era con suo fratello, poteva andare peggio dopotutto. Si girò verso di lui e nascose il viso nella sua spalla, abbracciandolo.
-Hey, va tutto bene. Abbiamo la Coppa, andrà tutto bene.- le disse lui accarezzandole i capelli e stringendola, poi le sollevò il viso per guardarla.
-No che non andrà bene, Jace non doveva andare con lui e noi cosa faremo adesso? Non possiamo tornare a casa e non possiamo certo andare al Conclave! È un disastro!- si lamentò Clary scontrosa.
Jonathan la studiò stupito, con un'ombra di disappunto negli occhi -Cosa c'entra Jace? A proposito, dal momento che avevi la Coppa, perché non l'hai ammazzato? Avremmo un pensiero in meno adesso!-
Clary si scostò da lui e scosse il capo -Non è come pensavamo, Jace è... a posto.-
Suo fratello rispose disgustato -A posto? Ti è bastato passare due giorni con lui per dimenticare gli ultimi quindici anni? Scordatelo. Mi hai capito Clarissa? Puoi avere chi ti pare, chiunque tu voglia, ma non lui! Sono stato zitto per non complicare le cose adesso, ma la prossima volta che io e Jace incroceremo la strada, se non ci penserai tu lo ucciderò io. Ci ha portato via la nostra casa! La nostra vita, nostro padre, cos'altro vuoi che abbia? Non si prenderà anche mia sorella.-
Clary arrabbiandosi rispose -Jace non ci ha preso proprio niente! Se c'è qualcuno con cui dobbiamo prendercela, quello è nostro padre! È lui che ha rovinato la vita a tutti noi, incluso Jace! E ora lo manipolerà e lo farà diventare come...- si morse la lingua, stava per dire qualcosa di molto stupido.
-Lo farà diventare come...cosa, Clarissa? Come me? Come te?- ringhiò Jonathan furente.
-Non volevo dire questo...- si scusò Clary -Non c'è niente di male in te, ma...-
-Ma? Non vuoi che il tuo nuovo ragazzo diventi un mostro? Ci sei andata a letto? Dimmi la verità!- gli urlò addosso.
Era inquietante, non l'aveva mai visto così arrabbiato con lei, non le aveva mai urlato in quel modo.
-Cosa? Mai sei scemo? Certo che no! E non chiamarlo “il mio nuovo ragazzo”! Come ti vengono in mente certe cose?- replicò Clary arrossendo e dandogli la schiena.
Jonathan calmandosi, almeno apparentemente, rispose -Beh, qualunque cosa sia quello che c'è tra voi due, fattene una ragione, un paio di settimane con Valentine e non lo riconoscerai più. Lo trasformerà in quello che vuole e Jace, ammettiamolo, non è forte come noi. Si farà manovrare come un burattino finché non porterà nostro padre alla Coppa e poi probabilmente, sarà lui stesso a sbarazzarsene.-
Il tono di Jonathan sembrava ferito, ma lei conosceva suo fratello, sapeva che non era il tipico ragazzo sensibile, non era facile riuscire a fargli provare qualcosa che non fosse la rabbia, possibile che Jace riuscisse a fargli provare gelosia?
-Non ucciderà Jace, l'hai visto tu stesso, poteva farlo ora e costringermi a dargli la Coppa, ma ha scelto Jace. Ha scelto lui, invece che noi o la cosa che ha cercato per quindici anni. Lui gli vuole bene.- disse Clary, questa volta era la sua di voce a essere incrinata dal dolore.
Suo fratello si mise a ridere, gettando indietro la testa e piegandosi con le mani sulle ginocchia come se si stesse proprio piegando in due dalle risate, la stava prendendo in giro -Sei sul serio così ingenua? Ma che cos'ha l'aria di questo posto? Ti hanno fatto il lavaggio del cervello? Nostro padre non ama nessuno se non sé stesso! Dopo la morte di nostra madre non è più stato capace di amare niente. Voleva che Jace si fidasse di lui e gli ha dimostrato che poteva farlo con quella scenetta patetica! Smettila con queste assurdità, voglio andarmene.-
-E dove? Dove pensi di andare?- replicò Clary nervosa. -Non a Idris immagino.- aggiunse scettica.
-No, decisamente non a Idris, non so dove possa essere nostro padre, ma tornare a casa sarebbe stupido, ci servono alleati, non posso fermarlo da solo, non ancora.- rispose Jonathan con aria pensierosa.
-Alleati? Chi si alleerà con i figli di Valentine?- fece Clary sarcastica.
Jonathan fece schioccare le labbra e ghignò -La domanda non è chi si alleerà con i figli di Valentine, la domanda, è chi si alleerà con chi possiede la Coppa Mortale. In questo momento, possiamo venderla al miglior offerente, tutti vorranno stringere alleanze con noi.-
Clary lo guardò disgustata -Parli di Nascosti? Non lavorerò con dei Nascosti! Mai!-
-Non essere così superficiale, nostro padre ha esagerato, i Nascosti non sono così male, possono tornarci utili.- cercò di calmarla Jon, ma lei non ne voleva sapere.
-NO. Te lo puoi scordare. Solo perché ti piace entrare nel letto delle fate non vuol dire che io sia tenuta a fare lo stesso! O i Nascosti o me Jonathan.-
-Stai facendo i capricci sorellina, credo che tu abbia bisogno di dormire un po', ne riparleremo quando sarai tranquilla.-
-Non sto facendo i capricci, non puoi fidarti di loro Jon! Non puoi dire sul serio, e poi, tanta fatica per prendere la Coppa per cederla a loro? Possiamo fare qualunque cosa ora, non siamo noi a dover cercare alleati, chiunque voglia qualcosa, dovrà venire da noi, dovremo solo spargere la voce che abbiamo la Coppa.- ribatté Clary cocciuta.
Suo fratello sorrise -Ma io non intendo dare la Coppa proprio a nessuno, è nostra. Ho solo detto che promettendola a qualcuno, quel qualcuno ci sarà fedele fino a che non avrà svolto il suo compito. Per questa notte dormiremo qui a New York, da domani cominceremo a muoverci.-
-Domani ne riparleremo.- borbottò Clary poco contenta.
-Dai sorellina, smettila di tenere il muso, siamo insieme, via da casa, divertiamoci per una volta no?- le sorrise Jonathan ammiccante.
Clary non riuscì a non ricambiare con un sorriso, era vero, per la prima volta dopo quindici anni, erano insieme lontani da Valentine e la sua ombra asfissiante, potevano prendersi almeno una sera per divertirsi come ragazzi della loro età.
-Ok, dimmi cos'hai in mente e sono tua...- gli disse ridacchiando.
Jonathan le si avvicinò e tirandola per i fianchi la baciò sulle labbra -Sì, lo sei.- mormorò piano.
-Andiamo, ho sempre voluto vedere una suite come si deve.- le disse poi prendendola per la mano e tirandola verso la porta della serra sul tetto, che conduceva di sotto.
Quando passarono accanto al corpo di Kara, Clary distolse lo sguardo, sentendosi terribilmente in colpa, era una Nascosta sì, ma era amica di Jace e li aveva ospitati, era solo colpa loro se ora era morta...
-Non ci pensare. Per sta sera ci siamo solo noi.- le disse Jonathan notando il suo sguardo.
-Dove vuoi andare?- chiese Clary cercando di distrarsi.
Jonathan sorrise allegro, non lo aveva mai visto così di buon umore, soprattutto considerato l'attacco di rabbia di poco prima.
-Al St. Regis, è favoloso da quanto ne so.-
Quando rideva in quel modo e si comportava esattamente come un ragazzo di sedici anni, spensierato e felice, Clary non poteva fare a meno di pensare che fosse davvero bellissimo, se fosse stato un mondano, le ragazze avrebbero fatto la fila per lui.
Si ritrovò compiaciuta a pensare che invece lui era solo suo, nel mondo dei Nephilim non esisteva e non c'erano mai state ragazze che attirassero le sue attenzioni sul serio, le fate che si portava a letto non erano niente, Clary sapeva che l'affetto di Jonathan, se così si poteva definire, era esclusivamente per lei.
-È un hotel di lusso?- gli chiese seguendolo giù per le scale.
-Sì, molto di lusso sorellina. Ci tratteranno come Re e Regina.- sorrise compiaciuto lui.
-E tu come faresti a conoscerlo?- gli chiese lei nascondendo un sorriso.
-Racconti per lo più.- rispose Jonathan tranquillo.
Erano dentro l'ascensore ora, Clary pensò un'ultima volta al corpo di Kara che giaceva privo di vita nella sua amata serra, le dispiaceva che fosse morta anche se era una fata, ma certo non poteva farci niente.
Cercando ancora una volta di distrarsi, chiese a suo fratello -Come pensi di pagarla una suite in un hotel di lusso nel cuore di New York? Non credo che papà ti abbia lasciato dei soldi quando sei scappato per venire a cercarmi.- era sarcastica.
Jonathan ridacchiò -Non sono scappato in realtà, quando ha annunciato che sarebbe venuto a New York mi ha detto di rimanere a casa e io l'ho fatto. Solo che prima di lasciarlo andare, gli ho tracciato una runa di localizzazione sulla giacca.- confessò divertito -Per il denaro non sarà un problema, lo prenderemo a un mondano e non se ne accorgerà nemmeno.
-Ora vuoi metterti anche a rubare?- lo rimbeccò Clary.
-Sono un assassino Clarissa, rubare un portafogli non mi crea particolari turbe di coscienza.- rispose lui divertito, come se stesse parlando di comprare un tipo di frutta o un altro.
-Fai come vuoi...- borbottò Clary -Ma che ne valga la pena.-
-Fidati di me, per sta sera, non penserai a niente di brutto. Sono così contento, non puoi esserlo anche tu?-
Pensandoci bene, non c'erano molti motivi per essere contenta in quel momento, ma era anche vero che per una volta, avrebbe potuto finalmente godersi la libertà insieme a Jonathan, l'unica persona che avesse mai amato da quando era nata. Forse valeva la pena sorridere e dimenticare per ventiquattro ore le cose brutte, tanto non sarebbero andate da nessuna parte.
-Sono contenta di essere insieme a te.- gli rispose sorridendo e lasciando le loro mani intrecciate mentre Jonathan la conduceva fuori dal grattacielo di Kara.
Girarono per una ventina di minuti, entrambi marchiati in modo da essere invisibili ai mondani, Clary osservò suo fratello fare incetta di portafogli e carte di credito da un paio di newyorchesi dall'aria decisamente benestante, storse il naso ma non disse nulla, rubare non era brutto come uccidere in fondo.
Quando arrivarono davanti al St. Regis, Clary guardò meravigliata la hall, era una cosa talmente lussuosa, che probabilmente una suite lì dentro sarebbe costata almeno duemila dollari a notte, ma era la cosa più bella che avesse mai visto, e dall'aria comoda e accogliente soprattutto.
Quando arrivarono alla reception, mano nella mano, l'uomo che sedeva dietro il banco alzò lo sguardo e gli dedicò la sua attenzione, inizialmente abbastanza scettico.
Clary indossava ancora la giacca di pelle della divisa, aveva la manica strappata e per finire la scena, doveva essere anche parecchio spettinata e con l'aria stravolta.
Jonathan almeno, con la sua camicia bianca e le maniche arrotolate sulle braccia sode, e i jeans casual portati con la disinvoltura di un modello di Kalvin Clein, faceva senz'altro un impressione migliore.
L'uomo alla reception si rivolse loro con un tono annoiato, sicuro di non avere davanti due clienti degni di interesse -Come posso aiutarvi?- chiese osservandoli con lo sguardo di una triglia.
Jonathan sfoderò un sorriso smagliante e rispose educato -Vorremmo una suite in cui alloggiare questa notte.-
L'uomo, che, notò Clary grazie alla targhetta che aveva sulla giacca del completo, si chiamava Carl, li guardò entrambi con aria scettica e chiese -Lei e la sua fidanzata pensate di pagare con carta di credito?-
Jonathan tirò fuori dalla tasca dei jeans una mazzetta arrotolata di pezzi da venti, spessa quanto una mela e la mostrò a Carl.
-Contanti signore, è un problema?- chiese con una voce di miele.
Carl sembrò improvvisamente scoprire qualcosa di interessante in loro, drizzando la schiena e parlando più animatamente, rispose -Ma certo, contanti! Nessun problema, quale suite desiderano i signori?-
Jonathan senza nemmeno pensarci rispose pacato -La Royal, se disponibile.-
-Ma naturalmente, prego, seguitemi.- disse Carl facendo il giro del banco e accompagnandoli verso gli ascensori.
Un ragazzo scattò all'istante sull'attenti e con un sorriso a trentadue denti chiese -Posso prendere le borse dei signori?-
Clary lo guardò come a scusarsi, con un mezzo sorriso divertito sulle labbra, poi suo fratello rispose -Non ce ne sarà bisogno, ci tratterremo solo una notte e non abbiamo bagagli.-
-Vi accompagno personalmente alla Suite Royal.- disse Carl cortese, premendo il tasto di chiamata dell'ascensore.
Quando entrarono, Jonathan le rivolse un sorriso radioso e per un attimo Clary si perse nei suoi occhi neri, che alle luci chiare dell'ascensore, sembravano rilucere di un'oscurità profonda.
Non vide che piano chiamò Carl, ma dopo poche manciate di secondi, le porte si aprirono silenziosamente lasciandoli davanti a un doppio battente laccato in avorio.
-La Suite Royal, signore.- disse Carl rivolto a Jonathan -Spero che lei e la sua ragazza vi troverete bene, devo comunicarvi che l'orario del check out è previsto per le 12.00-
-Benissimo, preferiamo pagare ora se non è un problema, non sappiamo ancora se andremo via di mattina presto o meno, ma non vogliamo doverci trattenere oltre nel caso avessimo fretta.- spiegò Jonathan tirando fuori di nuovo quel mucchio di soldi impressionante.
Carl lo guardò un po' stupito, - Sono quattromila e seicento dollari, ma...- Prima che continuasse, Jonathan tirò fuori il denaro necessario a pagare la Suite e in aggiunta lasciò mille dollari nelle mani di Carl -Per il disturbo.- disse con un sorriso di vetro, poi aggiunse -E per evitare di essere disturbati, inoltre non occorrerà che ci registri.-
Carl fissò un momento Jonathan, poi i mille dollari di mancia che aveva in mano, infine piegando il capo in un piccolo inchino disse -Buona notte signori, tornate presto a trovarci.- dopo di che si defilò nell'ascensore senza aggiungere una parola.
Clary ridacchiò -Sei un vero conquistatore. Mi chiedo come tu l'abbia convinto.-
Jonathan infilando la chiave nella toppa della porta, sorrise -Il denaro per i mondani, è come gli strumenti mortali per noi, venderebbero l'anima pur di averlo.-
La porta della suite si chiuse dietro di loro e Clary posò gli occhi sulla cosa più lussuosa che avesse mai visto o sognato potesse esistere.
-È solo per noi.- le mormorò Jonathan all'orecchio abbracciandola da dietro -per tutta la notte.-

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Confronti ***


Buon pomeriggio, ecco l'aggiornamento, che arriverà regolarmente ogni settimana.
Mi lasciate un commento per farmi sapere come va? Vi piace, dubbi, domande? Quello che volete!
Scrivo più volentieri se le lettrici interagiscono! Costa nulla no? :) Su su!
Sperando che qualcuna commenti, a presto e buona lettura.
Annie


 
Jace avvertì la poco familiare, ma conosciuta sensazione, di venire schiacciato da tutte le parti.
Per un solo secondo, i polmoni non si gonfiarono in cerca d'aria, consapevoli che all'interno di un portale, era inutile cercare di sottrarsi alla pressione.
Poi, un attimo dopo, il peso era svanito e l'aria tornò a circolare normalmente senza fastidi.
Era entrato in un portale senza conoscerne la destinazione, consapevole dei rischi, ma si era fidato di quell'uomo che aveva l'aspetto di suo padre, nonostante un nome diverso.
Si guardò intorno, cercando di assimilare rapidamente i dettagli di ciò che lo circondava, ma era in un posto sconosciuto, davanti ad una casa che non conosceva, non la tenuta a Idris nella quale era cresciuto.
Era una casa dall'aria anonima, in un pezzo di terra verde circondato da alberi. L'unica stranezza, era che quella casa non sembrava possedere una porta d'ingresso.
Voltandosi verso suo padre, domandò -Dove siamo?-
Valentine allungando una mano verso la parete nuda della casa, aprì una porta che fino ad un attimo prima non c'era -A sud della Spagna, vicino a Màlaga per la precisione.- rispose entrando in casa ed invitandolo a seguirlo.-
Jace si mosse guardingo, senza mai abbandonare la tensione che lo stava costringendo a rimanere attento e vigile, iniziava a rendersi conto dell'enorme stupidaggine che aveva fatto.
Non avrebbe dovuto seguire quell'uomo in quel modo, anche fosse stato suo padre davvero, era anche Valentine Morgenstern, erano nemici, Jace combatteva per la giustizia, Valentine era famoso per essere un folle idealista votato al genocidio. Non avevano niente in comune.
Ma quando aveva deciso istintivamente di seguirlo, era arrabbiato e confuso, si sentiva preso in giro, sapeva che Clary gli aveva mentito dal primo momento in cui si erano incontrati, ma non avrebbe creduto che sarebbe arrivata fino a quel punto. Né tanto meno, che a lui avrebbe potuto fare così male, perché quella ragazza gli era entrata nella pelle in quel modo? Che cosa voleva dire?
Ogni volta che la parola “sorella” gli riecheggiava in testa, rischiava di sentirsi male.
-Entra, non rimanere sulla porta.- gli disse Valentine indicandogli l'ingresso e interrompendo i suoi pensieri tormentati.
Jace camminando lentamente mise piede in casa. Sembrava un moderno appartamento mondano, nell'ingresso dominava una grossa scala di vetro che portava ad un secondo piano e altre tre stanze si aprivano intorno a lui.
Quando Valentine chiuse la porta, la parete tornò liscia e intatta chiudendoli dentro.
-Perché hai voluto che venissi con te?- gli chiese istintivamente, per rompere il silenzio e fermare il ronzio della sua testa che rischiava di farlo ammattire.
-Dovresti chiederti perché tu abbia scelto di seguirmi, Jonathan.- rispose Valentine pratico.
-Tu non sei Michael Wayland. Non lo sei mai stato, perché hai... perché mi hai fatto tutto questo?- gli chiese Jace mantenendo il tono saldo.
-Non sono Michael Wayland, no.- Confermò lui -quando è morto durante la rivolta degli Accordi e io sono dovuto fuggire con la mia famiglia, ho pensato che darti una vita normale,da Shadowhunter e non da ricercato, all'interno della protezione di Idris, sarebbe stata la cosa migliore per te. Ma non potevo farlo come Valentine Morgenstern, il mondo non era pronto a capire la purezza delle mie intenzioni, come Wayland invece, ho potuto garantirti una vita normale, felice, finché non sono stato costretto ad abbandonarti.-
Jace era diviso a metà tra credergli o andarsene e non pensarci mai più, era stato atroce vedere quello che credeva suo padre che veniva ucciso, ma ora, scoprire che era sempre stato vivo, ma lontano da lui, con una famiglia altrove, era quasi doloroso allo stesso modo.
-Chi è Clary? Non può essere vero quello che hai detto, non ha senso, mi hai sempre detto che mia madre era morta.- chiese, chissà come, quella era una delle cose che più gli premeva sapere in quel momento, non se ne capacitava nemmeno lui.
Suo padre invitandolo a seguirlo con un cenno del capo, gli fece strada in quella casa sconosciuta e si andò a sedere al tavolo della cucina -Clarissa è tua sorella, è mia figlia, Jocelyn Fairchild, mia moglie, era molto instabile in quel periodo. Tutto ciò che ho potuto fare è stato tenerla al sicuro in una casa isolata, finché è riuscita a sfuggire ad ogni tutela che le avevo messo intorno e si è portata via la Coppa Mortale, togliendosi la vita. Ti chiederai perché io abbia deciso di tenere te e tua sorella separati...- disse studiandolo con attenzione, poi continuò -La verità è che temevo che chiunque l'avesse vista, l'avrebbe riconosciuta come la figlia di Jocelyn e le avrebbe dato la caccia, le avrebbero fatto del male, quindi l'ho tenuta nascosta e nei lunghi periodi in cui mi assentavo da casa, te ne ricorderai, era da lei che andavo. Inoltre Michael Wayland aveva un solo figlio, non potevo correre il rischio che smascherassero anche te e me. Mi dispiace averti mentito per tanti anni Jonathan, ma è stato per il tuo bene, per il bene della nostra famiglia.-
Jace ascoltò in silenzio quella storia assurda, era incredibile, una parte di lui continuava ad ostinarsi a non credere a una sola parola, eppure, tutto tornava ora... Ma Clary, perché le aveva fatto del male? Ricordava la sera prima, quando era tornata all'Istituto completamente imbrattata di sangue dicendo che il responsabile era suo padre... c'erano ancora troppi buchi.
-Non puoi pretendere che io ti creda sulla parola e nemmeno che io tradisca i Lightwood, credevo di conoscere mio padre, ma forse mi sono sbagliato, quello che so, è che conosco Valentine Morgenstern ed è un pazzo. Non aiuterò qualcuno che vuole commettere un genocidio.- rispose Jace piatto, a dispetto del tremore che sentiva dentro.
-Non pretendo che tu aiuti un pazzo di cui hai letto nei libri di storia, Jonathan. Voglio solo riunirmi a mio figlio e combattere insieme contro il male che popola questo mondo.- rispose Valentine tranquillo.
-Vorrei che la nostra famiglia si riunisse, finalmente- Proseguì -Vorrei che tu mi aiutassi a riportare qui tua sorella e la Coppa, ma più di tutto, che tu possa fidarti di tuo padre.-
-Tu dimostrami che posso fidarmi, fammi parlare con il mio Parabatai per sapere che sta bene, con la famiglia che si è presa cura di me, mentre tu non c'eri! Non posso fidarmi di te se sono un prigioniero.- dichiarò Jace incrociando le braccia sul petto.
Suo padre sembrò meditarci su un momento, poi annuì -È giusto, lo capisco. Sei libero di andare e venire da qui quando vuoi, a patto che tu non riveli a nessuno l'esistenza di questo posto e che non porti nessuno con te quando torni. Sei mio figlio Jonathan, ho piena fiducia in te. Rimani per un po', prova a comprendere le mie ragioni, se non ti convinceranno, sarai libero di tradirmi e tornare ad odiare il mio nome come se non fossi tuo padre.-
Jace non si aspettava una risposta del genere, credeva che dal momento in cui l'aveva seguito in quel portale, non si sarebbe potuto più riunire ai suoi familiari, invece sembrava che lui fosse disposto a dargli fiducia, forse, solo in una remota possibilità, avrebbe davvero potuto fidarsi di quell'uomo e aver ritrovato un padre che credeva perso per sempre.
-Rimarrò.- disse.
 
 
 
Clary entrò nella lussuosa suite chiudendosi i due battenti alle spalle, Jonathan era già nell'enorme sala piena di divani morbidi e profumati, guardandosi intorno in cerca di qualcosa.
-Si può sapere cosa cerchi?- gli chiese scalciando via le scarpe e camminando scalza sul tappeto soffice dell'ingresso.
Suo fratello si voltò verso di lei con un sorriso soddisfatto e sollevò una bottiglia -Il mobile bar!- disse tirandone fuori una anche per lei.
Clary avvicinandosi poco convinta osservò le due bottigliette formato mignon di vodka liscia -Non abbiamo l'età per bere.- disse afferrandone una e aprendola.
-Non abbiamo l'età per un sacco di cose.- replicò lui lasciandosi cadere su una poltrona e mandando giù un sorso.
Con la mano picchiettò il divano accanto a lui invitandola a raggiungerlo e Clary mandando giù un sorso di alcol incandescente che le bruciò la gola, si andò a sedere vicino a Jonathan.
-Allora, vuoi qualcosa da mangiare?- le chiese lui adocchiando il telefono della suite.
Clary mandando giù un altro po' di vodka scosse la testa -No, magari dopo. Jon, dimmi che hai un piano per sistemare le cose.-
L'alcol iniziava a scenderle nello stomaco senza bruciare più ogni centimetro della sua gola e dopo l'iniziale disgusto per il sapore così intenso, stava iniziando ad apprezzare la sensazione che le dava.
Un misto di caldo e leggerezza, come se fosse consapevole che c'erano molte cose di cui preoccuparsi, ma non gliene importasse realmente nemmeno una. Ecco perché i mondani bevevano tanto! Non era poi così male.
Jonathan alzandosi dalla sua poltrona, si sedette sul divano accanto a lei, le sfilò la bottiglietta dalle dita e dopo averla posata sul tavolino le baciò il dorso della mano.
-Difficile fare piani quando non sai di che armi disponi.- le mormorò contro la pelle -Dove hai messo la Coppa?- le chiese poi osservandola curioso.
Clary frugando nella giacca, estrasse da una tasca interna un pezzo di carta sgualcito e lo sventolò davanti al naso di suo fratello.
Jonathan osservò ammirato il foglio, sul quale c'era una riproduzione fedele della Coppa Mortale e disse entusiasta -Sei un genio sorellina! Sapevo che i tuoi poteri ci sarebbero tornati utili prima o poi! Tirala fuori!-
Scuotendo il capo, Clary ripose il foglio nella giacca e disse -No, prima mi dici che intenzioni hai e poi io e te lavoreremo insieme!-
-Tira fuori la Coppa Clary, non sto scherzando.- replicò lui piatto.
Clary incrociò le gambe sotto di sé e lo guardò in cagnesco -Che fai, ora ti metti anche tu a darmi ordini? Datti una calmata, ho avuto una serata davvero schifosa!-
Jonathan sospirò, quando le parlò di nuovo, il suo tono era calmo e gentile -Mi dispiace, ti dirò cosa ho in mente, ma non mi piace pensare che non ti fidi di me.-
-Ma io mi fido di te! È solo che sembrate tutti interessati alla Coppa e nessuno interessato a dirmi come intende usarla.-
Suo fratello le prese la mano e la accarezzò piano giocherellando con le sue dita -Tu tieni a me, vero sorellina?- le chiese guardando in basso.
Clary sorpresa, lasciando la mano in quella di lui e accarezzandogli una guancia con l'altra, rispose -Che razza di domanda scema è? Mi sembra ovvio che ci tenga a te no?-
Era proprio strano che Jonathan si comportasse in quel modo, non era mai stato particolarmente sentimentale, nemmeno quando voleva chiederle qualcosa di pericoloso o che li avrebbe messi nei casini con loro padre, ma ora sembrava che avesse così tanto bisogno di lei...
-Non so bene cosa farmene di questa Coppa, Clary- le disse pensieroso -Anche se io volessi ridarti nostra madre, non penso che evocando Raziel, deciderebbe di aiutarmi, potrebbe uccidermi. Sono mezzo demone, non credo che un angelo ritenga che io sia degno del suo aiuto.-
Clary si sentì stringere lo stomaco, suo fratello si stava preoccupando per lei, di quello che lei poteva volere... aveva temuto tante volte che fosse davvero senza cuore, ma forse si era sbagliata.
-Non mi importa di riavere la mamma, Jon. Non l'abbiamo mai conosciuta.- disse Clary osservandolo -Questa Coppa, se unita alla Spada Mortale e lo Specchio, può darci qualunque cosa noi vogliamo, la domanda è: cosa vogliamo?-
Se ci pensava bene, non c'era niente che volesse sul serio, aveva combattuto tutta la vita per avere la Coppa solo per darla a loro padre e sterminare i Nascosti, per ribaltare il Conclave, ma se doveva pensare solo al proprio interesse personale, non le veniva in mente nulla che potesse desiderare fino al punto di evocare un angelo per chiederglielo. Le bastava vivere la sua vita in pace, senza altre lotte, senza doversi guardare le spalle da chiunque non fidandosi mai di nessuno.
Ora che era di nuovo con Jonathan, non capiva nemmeno più perché si fosse affezionata tanto a Jace, era quasi come se l'uno, annullasse completamente il pensiero dell'altro. Quasi.
Suo fratello rimase in silenzio per qualche secondo, riflettendo forse sulla sua domanda, alla fine, sollevando le spalle disse -Voglio tornare a Idris, voglio vedere la casa in cui è cresciuto Jace e scoprire se nostro padre ha nascosto qualcosa. Voglio andare nella casa di nostra madre anche, là ci devono essere per forza delle risposte. Sai di chi era il sangue di angelo che hai nelle vene? O di chi sia il sangue di demone che ho io? Chi ci dice che non possiamo avere l'aiuto di quelle creature che ci hanno reso così speciali? Forse, non abbiamo nemmeno bisogno di questa stupida Coppa, basta solo che non l'abbia nostro padre.- le disse suo fratello cominciando a tirarle giù le maniche della giacca.
Clary rabbrividendo al tocco della dita leggere di Jonathan che le sfioravano le braccia, annuì rilassando il suo corpo teso e reclinando il capo.
Lui prese a baciarle il collo scendendo sulle spalle, poi prendendola per i fianchi la fece stendere e si posizionò su di lei incastrandosi tra le sue gambe.
Schiudendo la bocca, Clary spalancò gli occhi e lo vide avvicinarsi, finché le labbra morbide e sottili di Jonathan non furono sulle sue, baciandola con foga.
-Ci siamo solamente noi, non conta nient'altro.- le disse tra un bacio e l'altro.
-Solo noi.- confermò Clary continuando a baciarlo, sentendosi a casa, come era sempre stato ogni volta che si lasciava trasportare dal contatto dei loro corpi.
Avvolta tra le braccia di suo fratello, si sentiva in un luogo protetto e sicuro, isolato dal mondo, dove nulla entrava e nulla usciva, erano loro la sola cosa che contasse davvero, l'unica cosa reale in una vita di bugie.
Chiuse gli occhi, ma quelli dorati di Jace trafissero l'oscurità in cui si stava abbandonando e la costrinsero a riaprirli, in cerca di quelli di suo fratello come fossero nere e profonde conferme che lei apparteneva a lui.
Quando le labbra di Jonathan scesero lungo le sue braccia sfiorandole l'interno del gomito, Clary si ritrasse e sorrise -Sono sporca di sangue, e di quell'intruglio di demone che mi ha punta...- aveva bisogno di pensare.
Lui baciando il punto in cui il demone l'aveva ferita, mormorò -Il sangue non ci ha mai fermato, avanti Clary, che senso ha aspettare ancora?-
Le sue mani scesero lungo i fianchi raggiungendo il bottone dei pantaloni e Clary sentì le dita calde di suo fratello frugare tra la stoffa e la pelle nel tentativo di slacciarli.
Si sentiva troppo stordita e stanca in quel momento, voleva stare con Jon, ne era sicura, ma perché il viso di Jace le riaffiorava nella mente ogni volta che chiudeva gli occhi?
-Jon non ora... sono stanca, non... non mi va.- provò a dire.
Non pensava nemmeno lontanamente che lui l'avrebbe mai costretta a fare qualcosa che non si sentiva di fare, ma con sua grande sorpresa, le mani di Jonathan non si fermarono, continuò ad armeggiare coi jeans, spingendosi con più peso contro di lei, incastrandola tra il suo corpo sodo e il divano.
-Non è vero...- le mormorò contro la gola baciandola ancora.
Clary questa volta, puntando le dita nelle sue spalle fece forza e riuscì a spingerlo via -Ho detto di no. Vai a farti una doccia fredda Jonathan..- gli disse con la voce che tremava. Per un momento aveva avuto paura di lui, detestava quando succedeva, non voleva avere paura di qualcuno che la amava così tanto.
Suo fratello alzandosi sbuffò infastidito -È per lui vero? Stavi pensando a lui?-
-A chi?- fece Clary in un pessimo tentativo di fare la finta tonta.
-Non fare la spiritosa! Dio, Clarissa! Di tutti quelli che potevi volere, proprio quel mezzo angelo bastardo senza nome?-
Clary lo guardò spaventata, in un battito di ciglia era passato dall'essere dolce e appassionato, alla furia e la rabbia cieca. Era tipico di suo fratello, ma non se la prendeva mai con lei! Non così.
-Ma la smetti di tirare in ballo Jace? Chi lo ha nominato? Chi se ne frega di lui! Piantala di fare lo psicopatico!- gli urlò addosso alzando la voce e sistemandosi le spalline della canottiera che lui le aveva abbassato.
Jonathan si voltò verso di lei e in un impeto di rabbia incontrollata, lanciò le due bottigliette che c'erano sul tavolino contro il muro urlando -E tu smetti di fare la puttana con lui! Ti ucciderei! Ti giuro che se provi a toccarlo con un dito vi ammazzo tutti e due, Clarissa! E non è una minaccia, è una promessa!-
-Se l'avessi baciato cosa faresti? Mi torceresti il collo ora?- gli gridò scimmiottandolo.
Suo fratello si immobilizzò in una statua di sale. L'unica cosa che sembrava essere rimasta viva nel suo corpo erano gli occhi, che lanciavano lampi neri di una furia talmente oscura che sembravano uscire direttamente dall'inferno.
Le fu vicino in meno di un secondo e le colpì la bocca con uno schiaffo, che risuonò per tutta la stanza come un castello di vetri che andava in frantumi.
-Lo hai fatto?- le ringhiò addosso come un leone.
Clary si portò una mano al labbro e osservò il minuscolo filo di sangue che le sgorgò tra le dita, fissò per un attimo suo fratello e poi sibilando come un serpente si buttò su di lui facendolo cadere per terra e mettendosi a cavalcioni sul suo stomaco, cominciò a prenderlo a pugni in faccia.
-Come osi?- gli urlò tirandogli un pugno sulla mascella -alzare le mani- altro pugno, questa volta lo zigomo -su di me?- all'ultimo pugno che caricò, Jonathan alzò la mano e fermandole il polso le girò il braccio dietro la schiena torcendole la spalla al contrario.
La rigirò sotto di sé e le caricò una ginocchiata nello stomaco, alla quale Clary rispose con una gomitata in faccia e in meno di un secondo, cominciarono a picchiarsi senza dire più una parola.
Il silenzio della camera era interrotto solo da gemiti di dolore e sbuffi di fiato corto.
Dopo una decina di minuti forse, entrambi erano stesi sul tappeto della sala a pancia in su riprendendo fiato, imbrattati di sangue uno peggio dell'altra.
-Ok.- ansimò Jonathan a un certo punto -Basta così.- si alzò in piedi e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi.
Clary guardandolo in cagnesco, osservando la sua faccia piena di lividi e percependo la propria umida di sangue, afferrò la sua mano e si lasciò tirare in piedi.
-Ti senti meglio?- gli chiese acida.
-No.- ammise lui -Mi dispiace, non avrei mai dovuto colpirti, non era un allenamento, sono stato... scusami.-
Clary sospirò -Non rifarlo.- disse piatta -Io vado a farmi una doccia, poi te ne farai una tu e mi aspetto che tu mi raggiunga a letto tra mezz'ora, pulito, gentile e senza schizzi isterici.- decretò incamminandosi verso il bagno.
Poi prima di sparire al di là della porta aggiunse -E non intendo sentire parlare ancora di Jace.-
con la testa dritta e la schiena tesa se ne andò di gran carriera costringendosi a non zoppicare.
Quando si fu chiusa in bagno, si lasciò andare contro il bordo di quella che era un immensa vasca a quattro posti con idromassaggio e si prese la testa dolorante tra le mani.
Stava provando una confusione che non le apparteneva, si sentiva in balia di cose che non dipendevano da lei e il non riuscire più a capire che cosa provasse verso Jace, che aveva sempre odiato senza una reale ragione, o verso suo fratello, che ultimamente stava diventando ingestibile, erano cose che la stavano facendo sentire pazza.
Lei e Jonathan si erano scontrati tante volte durante gli allenamenti, ma non era quasi mai successo che si accanissero così uno contro l'altra per un litigio personale, non era la prima volta, ma era successo per cose più serie!
Aveva bisogno di lavarsi, cambiarsi e dormire, avrebbe ripreso a pensare il giorno dopo.
Circa un'ora più tardi, quando l'orologio della suite segnava circa le due e mezza e Clary era già a letto da mezz'ora buona, anche Jonathan sbucò in camera, con la vita avvolta da un asciugamano striminzito e lo spazzolino da denti in bocca.
In modo quasi incomprensibile chiese -Dov'è il phon?-
Clary faticò a capirlo ma ridendo rispose -Nel mobile sotto al lavandino, c'è una doppia anta.-
suo fratello annuì e sparì di nuovo nel bagno per tornare dieci minuti dopo con indosso solo i boxer e un sorriso tranquillo.
Si accoccolò sotto le coperte vicino a lei stringendole la vita e tirandosela contro il busto -Mi dispiace, sorellina, dico sul serio.- le mormorò contro l'orecchio.
Clary girò appena il capo e facendogli la linguaccia gli leccò una guancia per sbaglio, ridendo rispose -Vedi che non succeda più, se no ti concio peggio.-
Jonathan infilando il viso tra i suoi capelli rossi e facendo incastrare i loro corpi, spense la luce e la abbracciò stretta.
-Domani andiamo a Idris, poi capiremo cosa fare con questa dannata Coppa.- le disse, poi aggiunse -Buona notte, Clarissa.-
-Notte Jon.- mormorò lei rilassandosi tra le braccia di suo fratello. Era folle e irrazionale il loro rapporto, ma era sempre stato così. Jon era tutto quello che aveva, gli voleva bene. Si fidava di lui.  

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Orrore *parte 1* ***


Buon giorno a chi sia qui a leggere, mi scuso parzialmente del ritardo di pubblicazione, ma sinceramente ho fatto una fatica incredibile a convincermi a finire questo capitolo, senza lettori è davvero stupido perdere tanto tempo a scrivere.
Se vedrò che sul serio non ce ne sono, penso che chiuderò qui, non mi stanco io e non annoio voi!
Buona lettura.
Annie
 
 
 
Erano ad Alicante, non era stato facile entrare in città dal momento che suo fratello era fuori dalla protezione delle Torri Antidemoni insieme a lei, tutto quello che avevano potuto fare era stato aprire un portale che li portasse più vicino possibile ai limiti della città e poi raggiungere l'ingresso a piedi prima di poter trovare un cavallo.
Non era stata decisamente la giornata migliore dell'ultimo periodo, ma nemmeno la peggiore, si ritrovò a pensare Clary, mentre con le mani aggrappate alla camicia di suo fratello si teneva stretta a lui cavalcando verso la casa dei loro nonni.
Casa che loro non avevano mai visto, o meglio, Jonathan sì, ci aveva vissuto per circa un anno, prima che lei nascesse, quando i loro genitori ancora erano insieme... Ma era poco più di un neonato, non la ricordava con chiarezza.
Lei invece, non aveva mai potuto vederla perché dopo che sua madre se n'era andata scappando con la Coppa, Valentine aveva dato la casa alle fiamme cancellando ogni traccia di ciò che avrebbe potuto rimanere del loro passato insieme.
Clary si sentiva un po' strana all'idea di mettere piede su quel terreno bruciato e morto, un luogo in cui non era difficile immaginare una vita diversa per lei e Jonathan, una vita insieme a una madre gentile, buona magari, un posto in cui avrebbero potuto vivere una normalissima vita da Shadowhunter, frequentare l'accademia come avevano fatto i loro genitori, trovare un Parabatai, innamorarsi, vivere come fratelli normali...
Ma erano solo stupide congetture, si stava perdendo in un mondo che non esisteva e se mai era esistito, non li aveva mai riguardati davvero.
I loro genitori avevano preso le scelte che avevano preso e tutto era andato diversamente, si era spezzato in qualche modo, e non sarebbe mai più stato lo stesso.
Non aveva idea di cosa suo fratello sperasse di trovare in quel posto, ma se lui voleva andarci, lei sarebbe stata al suo fianco, se c'era qualcosa da scoprire, lo avrebbero scoperto insieme e si sarebbero sostenuti come sempre.
Cercava di ripeterselo in testa almeno.
-Siamo quasi arrivati.- le disse Jonathan d'un tratto alzando la voce sopra il vento che gli frusciava intorno e indicandole con un cenno del capo uno spiazzo enorme che si estendeva ai piedi di una collina.
Idris era meravigliosa, Clary non avrebbe saputo immaginare un posto più bello.
Era stupenda la città, con le sue piccole case di pietra chiara e i tetti rossi, lo erano le strade di ciottoli levigati, le rune dorate che splendevano sulle porte o i muri delle case, erano bellissime la statua nella Piazza dell'Angelo e la Sala degli Accordi con le sue alte colonne e i battenti lucidi.
Ed era meraviglioso tutto ciò che c'era intorno, campi, colline, prati verdi che si estendevano fino a dove gli occhi potevano guardare, dove il verde dei prati e i colori sgargianti dei fiori erano interrotti solo raramente dalle grandi tenute di campagna di Shadowhunter più facoltosi di altri.
Erano tutte cose che lei e Jonathan avevano dovuto scoprire di nascosto, nei lunghi periodi in cui loro padre spariva per stare con Jace, loro a volte, sgattaiolavano via dalla loro piccola casa e si mescolavano alla vita vera che brulicava nella città, ma sempre silenziosi come ombre, invisibili come fantasmi.
Erano lì, ma non c'erano davvero mai stati e ora, tutto stava per cambiare, le scelte che avrebbero preso, le scoperte che avrebbero fatto, potevano cambiare la loro vita in modo radicale e Clary, non era pronta a scegliere, con la promessa di risposte e piani che si snodavano davanti a loro come i fili sottili della ragnatela di un insetto laborioso, lei si sentiva persa, come se invece di essere il ragno, fosse la mosca che era rimasta intrappolata nella sua ragnatela e ancora una volta non potesse liberarsi dai fili che qualcun altro le aveva cucito addosso.
-Clary ti senti bene?- le chiese Jon voltando appena il capo, dal momento che lei non aveva detto una parola da quando erano saliti a cavallo.
Clary annuì mugolando qualcosa, “bene” non era proprio il termine giusto, si poteva dire che non stesse male forse, ma bene.... era complicato.
Suo fratello tirando le redini del cavallo lo fece arrestare, l'animale sbuffò infastidito, come se non fosse contento di aver interrotto la sua corsa libera tra le campagne, ma accettò docilmente la stretta delle redini e sbattendo gli zoccoli sul terreno rimase quieto davanti alla pianura in cui era stato costretto a fermarsi.
Jonathan scese con un movimento fluido scivolando giù dal dorso dell'animale e prendendo Clary per i fianchi tirò giù con delicatezza anche lei. Le prese la mano, Clary la strinse forte, grata che suo fratello avesse capito che in quel momento aveva bisogno di lui.
-Sei pronta?- le chiese continuando a fissare la terra nerastra e secca che avevano di fronte.
Clary annuì -Credo di sì, anche se non so cosa speri di trovare. Non c'è niente qui, solo macerie.- constatò osservando il panorama che aveva davanti.
Improvvisamente non voleva più essere lì, non ne era sicura nemmeno prima, ma ora, guardando la devastazione e la morte che aveva davanti, devastazione che era stata provocata solo dalla rabbia e l'orgoglio di suo padre, non voleva stare lì a cercare cose che con ogni probabilità, non avrebbe trovato. Né risposte che non esistevano.
-Qualcosa deve esserci, sono nato qui dentro io, in questa casa. È qui che nostro padre ha evocato il demone che mi ha dato il suo sangue e sono sicuro che sia qui, che anche tu sei stata concepita e rinforzata dal sangue di qualche angelo. Ci deve essere qualcosa.-
Clary si guardò intorno, posando lo sguardo su vecchi pezzi di mobili anneriti dal fumo e marciti dalla pioggia e rispose piano -Qualcosa, non sempre è abbastanza. Non sappiamo niente di chi fossero i nostri genitori Jon, credevamo di saperlo, ma non è così. Non puoi sapere se il demone che ha dato il sangue per te sia stato evocato qui, non sai niente sul mio angelo, non sappiamo niente di niente e ora stiamo qui a scavare tra le macerie come se potessimo avere qualche risposta dai morti o dal cemento. È una cosa stupida. Tu, ti comporti in modo stupido.- disse fredda sciogliendo le loro mani e incrociando le braccia sul petto.
-Se tu vuoi andare a scavare in mezzo ai detriti in cerca di qualche segreto fai pure, io aspetterò qui.- decretò sedendosi per terra e distogliendo lo sguardo da suo fratello.
Jonathan sospirò, poi si chinò davanti a lei e sussurrò -Ti dico quello che farai ora, sorellina, non è una domanda e non è un invito, è esattamente quello che mi aspetto che mia sorella faccia, adesso.
Tu ti alzerai da questo prato sudicio, ti asciugherai gli occhi prima che io veda anche solo l'ombra di una lacrima e poi, mi darai una mano a cercare in questo schifo qualunque cosa che possa aiutarmi a capire cosa farmene di quella stupida Coppa, altrimenti, non ho bisogno né di te né di quella e puoi andartene portandotela via. Ma se due giorni lontano da casa ti hanno trasformata in una rammollita, smidollata, copia riuscita male di una mondana, non ho bisogno di te. Non sei mia sorella.-
Clary alzando il viso lo guardò, era bello, freddo come il ghiaccio, ma davvero bello e purtroppo, convincente...gli porse la mano perché lui l'aiutasse ad alzarsi, ma suo fratello rimase immobile, osservandola in disappunto, così, facendo leva sui palmi si issò in piedi da sola e sbuffò -Va bene, ti odio, ma va bene. Dimmi cosa devo cercare.-
Non voleva essere lì e lo trovava stupido, ma lui era sempre Jonathan, e lei, gli voleva comunque bene. Se suo fratello aveva bisogno di risposte lei doveva essere con lui.
Jonathan guardandosi intorno, mormorò -Fogli, libri, quaderni... tracce di scale. Non lo so, non so cosa cercare, ma credo che qui sotto ci fosse un passaggio segreto. Ho dei vaghi ricordi.-
Clary sorpresa chiese -Ricordi? Come è possibile? Eri troppo piccolo per ricordare la vita qui.-
-Sì lo so, ma era diverso per me... io... io ero diverso. Mi ricordo una scala, stretta, senza luci. Portava in una stanza sotto la casa e a una galleria. Sono sicuro che fosse qui e non me lo sto immaginando. Muoviti Clarissa, dammi una mano.- sbuffò mentre spostava due pesanti assi di legno scuro, marcio e molliccio, nel tentativo di osservare cosa ci fosse sotto.
Clary chinandosi gli diede una mano e sospirò -Sei un vero stronzo, penso di avertelo già detto.-
-Sì, credo di sì.- ghignò lui mentre le assi si ribaltavano e mostravano un segno sulla terra.
Era rettangolare, largo circa due metri, ma non c'era altro che quel segno, come qualcosa che era stato ripetutamente scavato e scavato e poi ricoperto con la terra, che ora, stava scivolando un granello alla volta, all'interno di ciò che era stato sepolto.
-Qui, doveva essere qui.- si animò Jonathan cominciando a scavare con le mani -Aiutami non stare lì impalata!-
Clary poco convinta, si inginocchiò accanto a lui e cominciò a scavare, ma per quanto andassero a fondo, non c'era altro che terra.
Dopo quasi mezz'ora, non ne poteva più, era così stupido quello che stavano facendo.
Si alzò in piedi e si pulì le mani sui pantaloni sporcando anche quelli di terriccio umido -Sei solo un bambino.- disse fredda verso Jonathan.
-Che cosa hai detto?- fece lui girandosi di scatto.
-Mi hai sentita, sei solo un bambino che fa i capricci. Dici a me di essermi rammollita, ma se non vedo male, sei tu quello in ginocchio nella tua vecchia casa a cercare prove sul tuo passato! A me non interessa niente, non mi importa di cosa ci sia qui e sinceramente nemmeno a te dovrebbe! Intanto perché qui non c'è un accidenti di niente! E poi, perché sinceramente non abbiamo bisogno di sapere come è successo quello che è successo. Non le voglio queste risposte, nemmeno tu dovresti! Ci siamo sempre bastati a vicenda, non è più così? Hai bisogno di qualcos'altro, io non ti basto più? Ti sei rammollito Jon.-
A quel punto sarebbe potuto succedere di tutto, inclusa una rissa epica nella quale uno dei due avrebbe potuto restarci secco per sbaglio, ma suo fratello la sorprese, si alzò da terra e le camminò di fronte tornando al cavallo.
-Vieni con me o vai a piedi?- le chiese senza guardarla.
-Che stai facendo?- gli chiese Clary avvicinandosi, ma senza salire ancora.
-Ti dimostro che ho ragione. E se pensi anche solo per un momento che io non sia capace di fare cose orribili, che tu non approveresti, e che ti dimostrerebbero che non mi sono affatto rammollito, ti stai sbagliando di grosso. Hai tre secondi per salire sul cavallo e venire con me, o andare dove diavolo ti pare e sparire.-
Cercando di ricordarsi che anche se aveva un carattere davvero insopportabile e degli sbalzi d'umore degni di un bipolare patologico, lui era suo fratello e aveva bisogno di lei, Clary si issò sul cavallo e infilzò le dita nello stomaco di Jonathan borbottando -Vengo, vengo.-
Era davvero ingestibile a volte, ma non l'aveva mai visto non aggrapparsi a un pretesto buono come quello che lei gli aveva appena dato per fare a botte, era rimasto calmo, almeno in superficie e non stava fumando di rabbia. Non sapeva se la cosa fosse positiva o tragica, ma probabilmente l'avrebbe scoperto in breve.
-Immagino che siamo diretti a casa di Jace ora.- provò a dire Clary sforzandosi di non sembrare scocciata.
-Immagini giusto.- si limitò a rispondere suo fratello piantando con poca gentilezza i talloni nei fianchi del cavallo e spronandolo a correre più veloce.
Avvicinando le labbra al suo orecchio, Clary disse -Senti, non volevo essere acida ok? È solo che non capisco cosa vuoi. Insomma, abbiamo la Coppa... non potremmo semplicemente consegnarla al Conclave in cambio di clemenza per noi? Consegniamo la Coppa e nostro padre e ci lasceranno in pace.-
Jonathan rise scuotendo le spalle -Sei più stupida di quanto potessi immaginare. Ma sei libera di andartene quando vuoi.-
-Perché a te tanto non importa giusto? Io posso andarmene con la Coppa, andare da Jace magari, dirgli tutta la verità e tradirti, ma a te non importerebbe! Bene allora, fammi scendere da questo stupido ronzino.- sbottò Clary tirandogli la camicia e agitandosi per scendere.
Suo fratello rise di nuovo, questa volta di gusto -Clarissa, questo non è un ronzino, è un destriero di tutto rispetto, l'unico ronzino della conversazione è il tuo nuovo amico mezzo angelo mezzo bastardo, ma inizio a farci l'abitudine, sei sempre stata così tu, volevi quello che non potevi avere e poi ti stufavi appena ottenuto. Quindi ok, vuoi diventare sua amica? Vuoi che la tua famiglia si sfasci per il tuo egoismo solo perché l'angioletto dagli occhi dorati ti ha fatto l'occhiolino? Accomodati: distruggi tutto, vai da Jace, torna da nostro padre strisciando come un verme e facendoti frustare fino a diventare un gamberetto senza spina dorsale, ma non aspettarti di ritrovarmi qui quando ti sarai resa conto di quanto fosse stupido quello che hai fatto.-
Clary sbatté all'improvviso contro la schiena di Jonathan, il cavallo si era fermato e stava trottando sul posto. Non se ne era nemmeno accorta, erano davanti all'enorme casa dei Wayland.
Suo fratello scivolò giù dal dorso dell'animale e senza dirle un'altra parola si incamminò verso la parte alta della collina su cui sorgeva l'enorme casa. Almeno lì c'erano delle mura tra cui cercare qualcosa.
Scese anche lei, camminando piano, incerta se volesse raggiungerlo o meno. Era stato veramente cattivo, lei non voleva tradirlo, ma era stufa di affannarsi sempre per guerre non sue con obiettivi che nemmeno le importavano. Se solo avesse potuto scegliere delle persone che l'avrebbero seguita, che sarebbero sempre state al suo fianco combattendo con lei, sarebbe stato diverso, ma lei era sola, c'erano solo due strade: Jonathan o loro padre con Jace. E in quel preciso momento nessuna delle due era allettante.
Era assurdo che avesse la Coppa Mortale e non sapesse cosa farsene, chiunque avrebbe ucciso per averla, poteva controllare i demoni, poteva creare nuovi Shadowhunter se avesse voluto, poteva... un'idea le attraversò la mente, durò solo un istante, talmente veloce da poter non essere nemmeno esistita, eppure c'era stata. Forse...
Si incamminò più in fretta su per la collina e raggiunse suo fratello -Jonathan! Aspettami. Non ho la minima intenzione di tradirti, mettitelo in testa, ma voglio fare parte di questa cosa con te, non per te! Insieme, come una squadra, pensi di esserne capace o mi mentirai come fai con tutti?-
Jonathan si fermò aspettando che lei lo raggiungesse, poi si voltò a guardarla e disse glaciale -Se rimani con me, faremo tutto insieme, ma voglio che tu mi ascolti e che lo faccia anche con attenzione, quando ti dico che se mi tradirai, non avrai più un fratello davanti, ma un nemico. Non sono incline al perdono e certe cose, sono imperdonabili, mia sorella che mi tradisce per andare a fare la cagna con il tizio che mi ha rubato la vita, è una di quelle di cose sorellina, tienilo a mente e valuta tu.-
Clary lo studiò un momento, in cerca di qualcosa nei suoi occhi, quel qualcosa che le aveva permesso per tutta la vita di non vederlo solo come un mezzo demone, ma come suo fratello. Ma in quel momento, nei suoi occhi non c'era niente di quello che lei stava cercando, avrebbe voluto dirgli subito quella folle assurda idea che le era venuta in mente, ma ora Jonathan era ancora troppo arrabbiato, avrebbe aspettato ancora un po' e poi, prima doveva sapere se era in qualche modo possibile.
Così si limitò ad annuire e disse -Ok, niente Jace. Ma tu ti fiderai di me.-
-Affare fatto.- borbottò suo fratello mezzo distratto dalla casa, poi sbuffò -Ma ti rendi conto? Lui ha vissuto qui, con camerieri, un maniero, un padre normale! Guarda questo posto Clarissa... è una reggia. Lui ha avuto tutto-
Clary osservò prima Jon poi la casa, lui era furente, la casa era enorme, ridotta all'abbandono da molto tempo e meno sfarzosa di quanto sicuramente non fosse stata in passato, ma era davvero bellissima. Una punta d'invidia colpì anche lei, ma passò in fretta. Prese la mano di suo fratello e la strinse mormorando -Lui non ha avuto tutto. Era più solo di noi, io avevo te e tu avevi me e questa cosa, nessuno ce la può portare via. Coraggio, andiamo dentro a cercare le nostre risposte.-
Jonathan le sorrise di sfuggita, uno di quei sorrisi bianchi e veloci che le facevano girare un po' la testa da quanto erano umani, poi cominciando a correre silenzioso la trascinò con lui verso una delle finestre del piano terra, era rotta e avrebbero potuto tranquillamente passare di lì per entrare.
Scavalcarono il davanzale facendo attenzione a non tagliarsi con i pezzi di vetri della finestra ed entrarono in quella casa che per loro era sempre stata inaccessibile, l'ombra della vita che non avevano mai avuto.
Come misero piede nell'enorme salone, Jonathan drizzò il capo e si irrigidì -Lo senti anche tu?- le chiese sottovoce, con un tono quasi incerto.
Clary si guardò intorno affinando i sensi, in cerca della cosa che aveva messo in allerta suo fratello, ma non sentì niente di niente. Lo guardò stupita, poi scosse il capo -Sentire cosa Jon?-
-C'è... c'è qualcosa, qualcuno...credo. Devo...- suo fratello stava più o meno farfugliando. Jonathan non farfugliava. Mai.
-Per l'Angelo mi dici cosa senti?- si agitò Clary vedendolo in quello stato.
-Sento... mi sento, male.- disse lui massaggiandosi la gola come se gli mancasse l'aria.
-Jonathan, sul serio, se è uno scherzo non fa ridere.- replicò lei stringendogli le spalle e scuotendolo.
-Non sto scherzando, devo andarmene di qui.- disse suo fratello facendo dietrofront e dirigendosi verso la finestra.
Clary lo acchiappò per la camicia e lo trattenne -Noi non andiamo da nessuna parte, siamo venuti fino qui, grazie a chissà quale miracolo nostro padre e Jace non ci sono e noi siamo in questa casa! Sei voluto venire tu, io non volevo nemmeno farlo, quindi ora non fare il vigliacco e andiamo fino in fondo.-
 
 
Nell'appartamento di Magnus Bane, l'aria era tesa e satura di nervoso. Alec e Isabelle erano in piedi in un angolo, osservando lo stregone che faceva strani movimenti con le dita agitandole su una pergamena.
Lucian osservava i ragazzi con lo sguardo serio, una piccola ruga solcava la sua fronte, rendendolo un po' più vecchio di quanto non fosse.
Ad un tratto, Alec rompendo il silenzio sbottò -Stiamo solo perdendo tempo! Sono passati quasi due giorni da quando Jace e Hele...- si interruppe, diventando ancora più furioso di quanto non fosse pochi istanti prima -Clarissa Morgenstern, da quando Jace e la figlia di Valentine sono spariti! Due giorni e nessuna traccia!-
Lucian sospirò e gli si avvicinò -Lo so che sei preoccupato per lui Alec, ma Magnus è il migliore, la migliore possibilità che abbiamo di ritrovarli. Devi avere pazienza.-
Alec si scostò di scatto e disse minaccioso -Tu non parlarmi, non dovresti nemmeno essere qui! Per tutti questi anni sapevi la verità su tutto e non hai mai detto niente! Sei un bugiardo e un traditore, avremmo dovuto consegnarti al Conclave due giorni fa!-
-Alec!- lo riprese Isabelle posandogli una mano sulla spalla -Lucian è dalla nostra parte, è stato lui a dirci tutto quanto, se non l'ha fatto prima, c'erano buone ragioni e comunque, pensi davvero che uno di noi gli avrebbe creduto se ci avesse detto che Valentine Morgenstern era ancora vivo? Tutti quanti lo credevamo morto bruciato.-
-Non puoi fidarti sul serio di lui Izzy! Si tratta di Jace! Jace! È sparito, non so dove sia, non riesco a trovarlo da solo e non so più di chi fidarmi! Come fai a dire che non lavora per Valentine anche lui?- replicò Alec fulminando Lucian.
L'uomo rise -Se lavorassi per Valentine voi sareste morti e io non sarei qui. Abbi un po' di fede Alec, mi conosci da quando eri piccolo, sai benissimo che non sono un alleato di Valentine in questa storia. Jace è...-
La voce di Magnus fece zittire tutti, erano quasi due ore che non diceva una parola.
-New York.- ripeté di nuovo, mentre i presenti lo fissavano.
-Lo so che siamo a New York! Il punto è dove sia Jace!- esplose Alec tirando un pugno contro un tavolino.
-New York, Alexander, è il posto in cui si trova Jace in questo momento.- spiegò Magnus tranquillo, per nulla turbato dall'attacco di rabbia del ragazzo.
-Cosa? È impossibile, se fosse qui l'avrei trovato!- fece Alec scettico.
Magnus si alzò dal divano e si sgranchì la schiena facendo saettare i suoi occhi da gatto sui presenti, per poi fermarsi su Alec -Prima non c'era, ora sì. Dovete andare alla Città di Ossa, il vostro amico è là, ma non è solo. Valentine è con lui, non potete andare da soli.-
-Izzy, le armi! Ce ne serviranno parecchie. Lucian, tieni sotto controllo quelli del Conclave finché non ne sapremo di più.- Alec abbaiò ordini a tutti senza nemmeno guardarli in faccia, non si riconosceva quasi più, non era mai stato un tipo autoritario o impulsivo, ma da quando la vita di Jace era stata messa in pericolo, si era chiuso in una sorta di oscurità che l'aveva allontanato da tutti, incluso che da sé stesso.
Tentennò appena, prima di rivolgersi anche lo stregone -Magnus tu...-
-Io verrò con voi, puoi contare sul mio aiuto Alec Lightwood.-
Alec annuì, grato. -Grazie.- disse solo, poi distolse lo sguardo da lui e prendendo il comando della situazione spiegò agli altri quello che aveva in mente. Dovevano fare in fretta e farlo bene.
 
 
Qualche ora dopo...
 
Clary correndo fuori dalla casa con quanto fiato avesse in gola, non si era voltata nemmeno una volta per vedere se suo fratello la stesse inseguendo o no, non voleva saperlo, voleva solo andare più lontano possibile da quel posto e non metterci più piede, era stata folle a credere di poter fare quello che voleva fare.
Si fermò di colpo, quando i polmoni lanciando una fitta allucinante la costrinsero a tossire e piegarsi sulle gambe per il dolore.
Tremava, nemmeno se ne era accorta. Si lasciò cadere in ginocchio sul prato che stava iniziando a inumidirsi con il calare dell'oscurità.
Non riusciva a parlare, né a respirare, si ritrovò a fissare l'erba bagnata stringendola tra le dita, senza vederla davvero.
Sentì il suono di passi lenti, il fruscio di foglie calpestate e poi vide comparire le scarpe di suo fratello davanti a lei. Non osò alzare lo sguardo. Non era sicura di quello che avrebbe trovato sul suo volto, ma non voleva scoprirlo.
-Clarissa, guardami.- la sua voce era dolce.
Clary scosse il capo facendo agitare i lunghi boccoli rossi e continuò a guardare in basso.
-Alza la testa.- ripeté lui con un tono tranquillo, ma autoritario.
Lei non si mosse, tempo, le serviva più tempo. Non poteva credere che non riuscisse a guardare in faccia suo fratello, ma in quel momento era così.
A quel punto, si sentì tirare su e si ritrovò in piedi. Jonathan l'aveva presa per le spalle e tirata su di peso.
-Guardami in faccia Clarissa!- questa volta aveva urlato, sembrava che la diga che aveva costruito per rimanere tranquillo e non spaventarla avesse ceduto di colpo e ora, la rabbia di suo fratello stava straripando su di loro come un fiume in piena.
La scosse più e più volte, facendola tremare fino alle ossa, ma Clary non riusciva ad alzare lo sguardo, non ce la faceva proprio.
-Aveva ragione... aveva ragione...- mormorò Clary sotto shock fissando un punto indefinito del petto di Jonathan.
-Chi aveva ragione?- ringhiò lui scuotendola ancora -Si può sapere cosa ti è preso?-
-Nostro padre.- rispose piano Clary.
Jonathan aumentò la pressione delle sue mani intorno alle spalle di Clary facendola scricchiolare.
-Nostro padre cosa?- chiese rabbioso.
Clary alzò piano lo sguardo -Nostro padre aveva ragione. Su di te.-
I suoi occhi verdi finalmente trovarono quelli di Jonathan e vennero inghiottiti dalla più nera e spaventosa oscurità che avesse mai visto -Sei un mostro.- mormorò, poi il nero degli occhi di suo fratello si ingrandì e le tenebre avvolsero ogni cosa, schiacciandola fino a farle perdere i sensi.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Orrore *parte 2* ***


Clary si sentiva come se fosse su una barca.
Non una barca in mezzo al mare, nel cuore di una tempesta. Era come una barca piccola e avvolgente, che ondeggiava lenta tra i flutti di un lago quieto.
Su. Giù. Destra. Sinistra.
Sentiva dell'aria fresca, ma non fredda, solleticarle il viso e spostarle i capelli sulla fronte.
L'aria era più fredda sui punti del suo viso che erano bagnati, probabilmente doveva essere sangue, prima di svenire, di fronte alla casa di Jace, non si era nemmeno resa conto di sanguinare ancora, ma era ovvio che fosse così. Anche se non era per quello che era svenuta, era svenuta perché... era troppo terribile pensarci.
Voleva rimandare quel momento.
Non aveva la minima intenzione di aprire gli occhi, quei movimenti lenti e costanti erano rilassanti e sicuri, se fosse scesa dalla sua barca sarebbe affogata. C'era solo acqua scura e profonda intorno a lei, quindi perché rischiare di annegare? Poteva rimanere così, con gli occhi chiusi, fingendo di essere su una barca in un lago.
-Nephilim, non c'è mai da fidarsi quando uno di voi mette piede qui.-
Una voce di donna, melodiosa come le note di un violino, risuonò molto vicino a lei. Era una voce che non conosceva.
-Fortuna vuole, che voi sappiate molte cose, incluso quando dare fiducia o meno a uno della mia razza. Mi sbaglio mia Signora?-
Questo era suo fratello. Clary ne era sicura. Continuò a fingere di essere svenuta, il moto lento e regolare che aveva associata al fluttuare di una barca si era arrestato, così come anche la presenza dell'aria fresca sul suo viso.
Capi che era in braccio a Jonathan, ma, dove fossero, rimaneva ancora un mistero.
Affinò i quattro sensi che aveva escludendo la vista e cercò di concentrarsi per carpire più informazioni possibili, fintanto che l'avessero creduta priva di sensi, forse avrebbero detto di più.
La donna che aveva parlato poco prima, rise dolcemente, ma con una punta gelida tra le corde vocali.
-Sei arrogante, è tipico di voi Nephilim, tutti lo siete, ma stranamente a te non importa di comprarti il mio favore. Perché non cerchi di compiacermi? Dal momento che se sei qui, vorrai qualcosa da me senz'altro.-
Jonathan strinse piano le dita intorno ai suoi fianchi e Clary percepì la rabbia trattenuta di suo fratello, poi la sua voce rispose in modo gentile.
-Non sono io a dover compiacere te mia Regina, siete voi a dover comprare il mio favore se lo volete, altrimenti, potrò venderlo a qualcun altro.-
Clary temette che il battito del suo cuore potesse tradirla, era più veloce ora, accelerato, un rumoroso testimone del fatto che lei stesse udendo quella conversazione, ma fortunatamente, sembrò che nessuno dei presenti se ne fosse accorto.
Inspirò piano, cercando di cogliere odori e suoni, le voci rimbombavano appena per poi infrangersi contro pareti chiuse, doveva trovarsi in un ambiente piuttosto grande, ma senza finestre o uscite. L'aria era umida e fredda e l'odore che la circondava, ricordava quello dei fiori e della terra bagnata, ma con note di sangue o marcio, non ne era sicura.
La donna si era riferita a Jonathan chiamandolo “Nephilim”, quindi lei non era una Shadowhunter, altrimenti non l'avrebbe detto con un tono così astioso.
Mettendo insieme quegli indizi, Clary si rese conto che potevano essere solo in due posti, o il quartier generale di un gruppo di vampiri, o la corte delle fate, e dal momento che tra i vampiri non c'erano re o regine, l'unica soluzione erano le fate.
Jonathan si era infilato nella tana del nemico. L'unica che le venisse in mente, era la Regina della corte Seelie, il che, era un vero casino.
La regina, con schegge di vetro nella voce chiese -Pensi che io, o la mia corte, pregheremo un Nephilim per avere il suo favore? Siamo immortali, indifferenti alle guerre che coinvolgono le vostre brevi vite, vai ad offrire il tuo favore a qualcun altro, prima che io decida di tenervi entrambi qui come passatempo per i miei cavalieri.-
Clary si irrigidì, sperava che suo fratello fosse tanto furbo da accettare il consiglio della regina e andarsene alla velocità della luce, ma se conosceva Jonathan almeno un po', sapeva che entro tre secondi avrebbe detto qualcosa di incredibilmente stupido e avventato.
Due secondi, Jonathan ce ne aveva messi solo due. Clary per poco non imprecò.
-L'immortalità ti ha resa cieca mia Regina, succedono cose al di fuori della tua corte, che stanno cambiando il corso della storia, e non parlo solo della storia dei Nephilim, parlo della storia di tutti.
Tu sai chi sono io e sai chi è la ragazza che ho in braccio. Sai che cosa vuole mio padre e sai che cosa vuole il Conclave, se rimarrai dove sei, non otterrai mai niente, se è questo che vuoi, me ne posso anche andare, è stato un piacere incontrarti, sei davvero bellissima, come ti immaginavo. Addio.-
Clary per un secondo sentì il sangue fermarsi nelle sue vene e cristallizzarsi, suo fratello si era bevuto il cervello del tutto probabilmente. Dire una cosa stupida era un conto, ma insultare apertamente una come la Regina Seelie era davvero davvero molto più che stupido. Era suicida.
Qualcosa frusciò molto vicino alla sua guancia, un velo forse, Clary non avrebbe saputo dirlo, poi sentì la voce della regina delle fate, provenire da sopra di lei, come se fosse di fronte a Jonathan.
-Metti giù la ragazza, Jonathan Morgenstern.- disse fredda.
Suo fratello sospirò tra i denti, ma Clary lo conosceva come sé stessa, sapeva quel sibilo tra le labbra nascondeva un sorriso. Era così tentata di aprire gli occhi che si dovette costringere con tutte le sue forze a tenerli serrati.
Si sentì di nuovo smuovere lievemente come prima, poi percepì sotto la schiena una superficie liscia e morbida, alla fine, il contatto con Jonathan svanì e lei era sola.
-Vieni con me Shadowhunter, parleremo.- disse la regina con la sua voce affilata.
Cosa? No! Non era giusto! Così lei non avrebbe sentito niente!
-Ho la tua parola che a mia sorella non verrà fatto alcun male, né sarà trattenuta qui contro la mia volontà o la sua?- domandò suo fratello scettico.
La regina rise -Hai la mia parola. Vale più della vostra.-
Clary sentì i loro passi allontanarsi, poi venne circondata dal silenzio. Era possibile che in quel posto con lei non ci fosse nessuno, ma non era sicuro, quindi continuò a rimanere stesa, fingendo di essere priva di sensi, facendo il punto della situazione.
 
Poche ore prima.
 
Erano scesi giù per un passaggio segreto trovato in una libreria, Jonathan camminava frettolosamente, vittima delle emozioni che diceva tanto di non avere.
Clary gli stava dietro a fatica, cercando di fare luce per entrambi con la piccola Stregaluce che portava sempre con sé.
Quando erano arrivati al fondo di quella scaletta tortuosa, si erano ritrovati in una stanza dall'odore quasi insopportabile, era più che odore di sangue rappreso, quel fastidioso odore rugginoso e salato, come se stessero inalando ferro rosso. Era un odore che non aveva mai sentito in vita sua, non in quel modo comunque.
C'era un tavolo contro una delle pareti, un enorme tavolo di legno un po' marcio, ricoperto di fogli, appunti, scarabocchi. Su una lunga mensola fissata al muro, c'erano vasetti e provette, lacci emostatici e altre cose su cui Clary non aveva avuto il coraggio di indagare dopo aver visto quella che sembrava una testa in uno dei vasi.
Jonathan si guardava intorno come un bambino al luna park, il suo sguardo era un misto di meraviglia e curiosità, non c'era la minima ombra di disgusto nei suoi occhi.
Tuttavia, il suo viso rimaneva contratto in una smorfia di dolore che non l'aveva abbandonato nemmeno per un istante dal momento in cui avevano messo piede in quella casa.
-Jon ti senti bene?- gli chiese per la terza volta, sperando in una riposta diversa.
-Stai zitta e dammi una mano a cercare, abbiamo vinto Clarissa! Non te ne rendi conto? Chiudi la bocca e apri gli occhi.- replicò lui freddo.
Clary ferita, aveva cominciato a guardarsi intorno in cerca di qualcosa che non le provocasse conati di vomito, così, si era concentrata sui fogli sparsi sopra al tavolo.
Le righe scritte a inchiostro, i disegni e gli appunti, erano stranamente ordinati, nonostante fosse evidente la frenesia con la quale erano stati scritti, chiara nel modo in cui il pennino era stato premuto sul foglio, ma era tutto annotato con ordine maniacale, su ogni foglio era riportata una data, un orario e tutti i vari cambiamenti che nel corso degli esperimenti si erano verificati.
Clary aveva notato con orrore, che molte delle date riportate coincidevano con il periodo in cui sua madre era stata incinta, prima di Jonathan, poi di lei.
-Jon dai un'occhiata qui.- lo chiamò a un certo punto porgendogli un paio di quei foglietti inumiditi dal tempo.
Suo fratello con una luce di curiosità negli occhi, avvicinandosi aveva afferrato il foglio.
-Sappiamo già questa roba, Clarissa.- aveva decretato un secondo dopo scocciato.
Era stato freddo, come fosse arrabbiato con lei per la delusione, ma Clary aveva notato che aveva il fiato corto e a tratti regolari si stringeva il petto e si massaggiava la gola.
-Se vuoi posso rimanere io a cercare... non mi sembra che tu stia bene.- aveva provato a dirgli sottovoce.
Ma lui si era solo arrabbiato di più -Sto benissimo, l'unica cosa che mi fa stare male, sei tu con le tue domande stupide e le perdite di tempo! Sappiamo tutti e due che non vuoi stare qui, quindi perché non fai un favore a entrambi e vai ad aspettare di fuori?-
A quel punto però, l'attenzione di Clary era stata completamente assorbita da un luccichio lieve che fuoriusciva da sotto una delle librerie che rivestivano le pareti.
Ce n'erano solo due, e se una sembrava una normale libreria, l'altra invece aveva qualcosa di decisamente sbagliato. Era troppo vuota, con i libri ribaltati sugli scaffali e in disordine, come se il mobile fosse stato spostato più e più volte con tutto il suo contenuto sopra. Non era da loro padre essere così disordinato e distratto.
-Jonathan...- provò a dire, continuando a fissare quello spiraglio di luce.
-Mi hai sentito? Vattene, mi stai solo facendo perdere tempo! Non possiamo stare qui tutto il giorno, nostro padre potrebbe venire con Jace...-
-Jonathan...- aveva riprovato, ma lui non sembrava intenzionato ad ascoltarla.
-E sinceramente non ho voglia di perdere due ore in una scazzottata col tuo amico angelo o assicurarmi che nostro padre non ti uccida come la traditrice che ti sei dimostrata essere.-
-Jonathan!- questa volta Clary, urlando e perdendo la pazienza, lo aveva colpito con un pugno in faccia centrandogli la bocca e riuscendo per un secondo a farlo stare zitto.
-Se ti degni di ascoltare la tua sorella traditrice, dietro quella libreria credo ci sia qualcosa.-
Suo fratello l'aveva fissata furibondo massaggiandosi la mascella, ma poi girando il capo, aveva piantato gli occhi nella sottile fessura tra il pavimento e la libreria, illuminandosi di sorpresa.
-Dammi una mano! Dobbiamo spostarla!- aveva esultato soddisfatto.
Si erano avvicinati entrambi ai lati del mobile e tirando con tutta la loro forza, erano riusciti a creare un piccolo passaggio che mostrasse cosa c'era dietro: un'altra stanza.
Tipico di loro padre, una stanza segreta, per lui non era abbastanza segreta, ce ne volevano almeno due. Aveva pensato Clary sarcastica.
Jonathan si era fiondato dentro per primo, per poi ritrovarsi un attimo dopo ad aggrapparsi a uno dei muri con un'espressione sconvolta sul viso.
Clary, dapprima preoccupata per lui, ci aveva messo qualche secondo a capire cosa fosse la luce che aveva intravisto e il motivo per cui suo fratello era ridotto così.
In un angolo della stanza che era completamente vuota, c'era l'ultima delle cose sulla terra che si sarebbe aspettata di trovare.
Un angelo. Un vero e proprio angelo in carne ed ossa. Se così si poteva dire.
-Ma che diav...- era sconvolta. Per un attimo si dovette coprire gli occhi, perché la luce dorata che emanava quel corpo, era talmente intensa da rischiare di accecarla, ma poi, schiudendo le dita, si era resa conto che il luccichio si stava affievolendo, come se l'angelo stesse cercando di renderle possibile vederlo.
Jonathan era rimasto indietro, attaccato al muro, fissandolo a fatica, ma Clary muovendo qualche passo in avanti, si era avvicinata con un solo pensiero, doveva eliminare le rune che c'erano per terra, rune orribili, sconosciute e inquietanti, che tenevano prigioniero quel corpo inondato di luce dalle ali immense e candide.
-Aiutami.-
La voce era comparsa nella sua testa come un eco spaventandola. L'angelo stava parlando con lei.
-Come?- aveva chiesto Clary con la voce che tremava.
-Non avvicinarti Clarissa! Resta ferma dove sei.- suo fratello sembrava aver ripreso il controllo di sé e ora, piombato su di lei come un falco, l'aveva afferrata per il gomito tirandola indietro.
-Non ci farà del male Jon! Guardalo! È un angelo, ti rendi conto di cosa ha fatto nostro padre? Non possiamo tenerlo qui, è... sbagliato!- aveva sbraitato lei.
-No, non ci farà del male.- aveva confermato Jonathan, ma poi aveva aggiunto -perché è prigioniero di un cerchio di rune che gli impedisce di uscire, e io non conto di farlo uscire di qui finché non avrò avuto tutte le risposte che voglio.-
-Non mi lascerai uscire comunque Jonathan Morgenstern, ma ti dirò lo stesso quello che vuoi sapere.-
L'angelo aveva parlato di nuovo, senza muovere le labbra, senza muoversi affatto. Era stato un suono imponente che era comparso dal nulla nella mente di Clary e suo fratello.
Questa volta fu lei a tirare indietro Jonathan e sibilò -Non so cosa volesse dire, ma quando avrai avuto le tue dannate risposte lo farai uscire di qui, o ci penserò io.-
-Come vuoi tu sorellina.- Jonathan senza degnarla di altre attenzioni, fissò l'angelo con insistenza, quasi stesse formulando una domanda nella propria mente.
L'angelo parlò di nuovo, a entrambi -Posso mostrartelo se vuoi, lo mostrerò a entrambi, così saprete la verità.-
Jonathan si girò per un secondo verso Clary, come se non fosse sicuro di voler che anche lei sentisse, ma lei interpretando correttamente la sua espressione asserì -Se guardi tu, guardo anche io fratellino.-
Suo fratello sospirando, fece un cenno d'assenso verso l'angelo che senza rispondere, un secondo dopo proiettò nelle loro menti il racconto più lungo e terrificante che Clary avesse mai visto.
Quando tutto fu finito, e Clary non avrebbe saputo dire quanto fosse durato, lei e Jonathan rimasero immobili, quasi come se entrambi non fossero pronti a rendersi conto del peso di quelle informazioni.
La prima a riprendere vita, fu Clary, che strizzando le palpebre, puntò le iridi verdi contro il corpo dell'angelo, osservandolo addolorata -è terribile, mi dispiace, io non...noi non sapevamo che fosse andata così.-
L'angelo non disse niente, né a voce alta né telepaticamente, rimase semplicemente immobile, avvolto dalle sue ali bianche e rilucenti di fulgore dorato, costretto nella stessa angusta posizione in cui giaceva da quasi sedici anni.
Clary in cerca d'aiuto per liberarlo, si girò verso suo fratello, ma Jonathan aveva qualcosa che non andava, il suo viso era cristallizzato in un espressione di trionfo e soddisfazione talmente inquietanti, che sembrava quasi la caricatura di un modellino di cera.
Il suo viso pallido, risultava quasi bianco, imperlato da minuscole gocce di sudore che gli scivolavano lungo le tempie precipitando giù dagli zigomi affilati e scomparendo nel colletto della camicia.
-Jonathan... mi aiuti a liberarlo da lì?- esitò Clary cercando di attirare la sua attenzione.
Ma lui non si mosse, l'unica cosa che si animò sul suo volto, furono le labbra, osservandolo con attenzione Clary riuscì a leggere l'unica parola che suo fratello continuava a mormorare: Lilith.
Decise che per il momento era meglio lasciarlo perdere, non aveva ancora capito se fosse scioccato o cosa, ma non gli piaceva il modo in cui le sue labbra accarezzavano quel nome.
Estraendo lo stilo dalla tasca dei pantaloni, Clary si avvicinò al cerchio di rune che imprigionavano l'angelo e si inginocchiò per osservarle meglio e capire come sciogliere quella prigione magica.
Jonathan comparve come un falco sopra di lei e sussurrò appena -Spostati Clary.-
Lei sospirando di sollievo, vedendo che finalmente aveva ripreso a comportarsi in modo normale, si fece da parte aspettando di vederlo armeggiare con le rune, ma suo fratello fece qualcosa che la lasciò talmente di sasso, che non ebbe nemmeno la capacità di urlare, rimase pietrificata e basta.
Un corto pugnale dalla lama affilata, in meno di un secondo era scomparso dalla mano di Jonathan ed era riapparso nel costato dell'angelo.
Un lamento simile al suono di un orchestra che affondava in mare, pervase la mente di Clary mentre si rendeva conto che era il dolore disperato di quell'angelo torturato che le riecheggiava in testa.
-Che cosa hai fatto?- urlò verso Jonathan spingendolo via, ma lui afferrandola per il braccio l'aveva strattonata bruscamente tirandola indietro e Clary era finita senza nemmeno rendersene conto, contro il lungo tavolo di legno che le aveva prima mozzato il respiro e poi, quando era caduta, le aveva procurato un profondo taglio sulla fronte che sanguinava copiosamente sul pavimento.
Portandosi le mani alle ferita e cercando di tamponare il sangue che le colava negli occhi, Clary ansimò -Ma cosa ti è preso? Cosa vuoi fargli?-
-Ci serve vivo Clarissa, ci serve il suo sangue, solo così potremo far fuori nostro padre, devi prendere più sangue d'angelo, non sei forte come Jace, se quell'idiota si schiererà con Valentine, come è ovvio che sia, io non potrò combatterli entrambi e tu non mi serviresti a niente! Guarda...- disse con un tono terrificante indicandole il pavimento ai piedi dell'angelo -C'è tutto il sangue che vuoi, prendilo.-
Clary indietreggiò contro il muro rimanendo per terra, la testa le faceva un gran male e il sangue le oscurava la vista, ma doveva mantenere il controllo, non sarebbe mai riuscita a far ragionare Jonathan con la pietà, no, l'unica cosa che poteva fare, era offrirgli qualcosa di meglio, anche se ancora non era sicura di averlo.
-Ho un'idea migliore... devi fidarti di me Jon, non fargli del male, quell'angelo non ti serve puoi liberarlo, prendi il sangue che c'è per terra e andiamocene di qui.-
-Pensi davvero che io sia così stupido sorellina? Non hai niente di meglio, non c'è niente di più di questo. Quando sarai più forte e più veloce di Jace, potrai aiutarmi a vincere, ma fino a quel momento, questo sangue è l'unica cosa che mi serve e non è una cosa facile catturare un angelo e tenerlo in vita senza che lui uccida te, quindi non vedo perché sprecare questa occasione.- replicò lui prendendola per la maglia e trascinandola letteralmente sul pavimento verso la pozza di oro liquido che sgorgando dal corpo dell'angelo stava impregnando mezza stanza.
Clary si dimenò cercando di sottrarsi alle sue mani, ma non aveva mai vinto contro suo fratello, nemmeno negli allenamenti, quando lui non faceva sul serio. In quel momento, nei suoi occhi c'era una determinazione tale che avrebbe potuto far spegnere le fiamme dell'inferno per riaccenderle nelle sue vene e lei, non sarebbe mai riuscita a fermarlo.
-Se mi costringerai a fare questo, prima di aver ascoltato il mio piano, tornerò da nostro padre, ti rimarrà solo l'angelo, scegli tu. O me o lui.- sibilò Clary puntando i talloni nelle spaccature del pavimento di pietra cercando di indietreggiare.
-Se mi stai prendendo in giro Clarissa... te ne farò pentire.- le intimò lui lasciandola andare.
-Ho un'idea, non ti prendo in giro. Non andrà da nessuna parte, lascialo qui e dammi il tempo di spiegarti, se non ti piacerà quello che ho da dire, potrai sempre tornare e farne ciò che vuoi.- ansimò Clary col fiato corto, indicando l'angelo.
-D'accordo. Per te.- ringhiò Jonathan dandole le spalle, -Ma quel sangue lo portiamo via ora, trova una fiala o qualcosa e aiutami.-
Clary sforzandosi di mettersi in piedi, sentì l'adrenalina ritornare a pompare acido nelle sue vene e le diede una spinta di energia che non credeva di avere ancora.
Tirandosi su, si mise a cercare qualcosa che potesse contenere il sangue sparso sul pavimento, era denso come mercurio, sembrava impossibile raggrupparlo, eppure, mentre le lacrime le rigavano il viso, dopo quasi un'ora, era riuscita a imbottigliarne diverse provette.
Si alzò, porgendole a Jonathan e per poco non le caddero di mano, l'angelo le stava parlando ancora, ma questa volta, Clary era sicura che solo lei potesse sentirlo, non sapeva come facesse a dire una cosa del genere, ma sapeva che era così.
-Lui vuole evocare Lilith, non sei come lui, non lo sei mai stata, non lasciare che il tuo cuore diventi di pietra come il suo, i Morgenstern non sono sempre stati ciò che tutti temono oggi, puoi essere molto più di questo, tuo fratello distruggerà ogni cosa, se evocherà Lilith il suo cuore verrà avvolto dalle tenebre e non potrai più riportarlo indietro. Conosci il modo per evitarlo.-
Poi la voce si era spenta e Clary, incapace di guardare Jonathan era scappata fuori da quella casa fintanto che le gambe le permettevano di farlo.
 
 
 
Il profumo intenso di fiori e terra, le colpì di nuovo le narici e Clary tornò al presente, era una delle ultime cose che ricordava, poi era svenuta davanti alla casa dei Wayland, probabilmente per via di tutto il sangue che le era scivolato addosso dalla fronte, o forse per lo sguardo che Jonathan le aveva rivolto ed ora, invece di aspettare che lei si riprendesse e parlasse con lui, suo fratello si era infilato nella corte delle fate e stava tessendo piani di cui non voleva parlarle.
Era stufa di essere messa da parte, aprì gli occhi e si alzò dal morbido giaciglio su cui era stata deposta infischiandosene se ci fosse qualcuno di guardia o meno, voleva uscire di lì, ma prima ancora di imboccare una direzione, andò a sbattere contro il petto di suo fratello che, senza che lei se ne accorgesse, era comparso nella stanza dal nulla.
-Mi fa piacere che tu ti sia svegliata, sorellina.-

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Riunirsi ***


Buon giorno e buona lettura! Se vi va, fatemi sapere se vi piace e seguite ancora la storia! :)
Baci, Annie.




Clary incespicò nei suoi stessi piedi, era stata stupida a seguire le emozioni e alzarsi di scatto senza assicurarsi di essere sola. Le braccia muscolose di Jonathan la trattennero, risparmiandole di cadere per terra.
Era solo.
-Come ti senti Clarissa?- le chiese apprensivo osservandole la fronte ancora intrisa di sangue fresco.
Clary per un attimo lo guardò come se stesse delirando, nemmeno un'ora prima sembrava Satana in persona, e ora tornava a fare il fratellone come se niente fosse? O come se non fosse stato lui a spingerla contro quel tavolo e spaccarle la testa?
-Sto benissimo, voglio andare a casa.- lo disse di getto, rendendosi conto solo un attimo dopo, che non aveva più una casa in cui poter tornare.
Non avrebbe mai creduto che le quattro pareti della sua angusta casetta a Idris le sarebbero mancate, eppure in quel momento, per un solo istante, non avrebbe desiderato altro che poter tornare alla sua vita di prima, incluso nel pacchetto il padre pazzo che si ritrovava e la solitudine.
Tutto era meglio di quel nulla logorante fatto di dubbi.
Suo fratello le circondò la vita con un braccio per aiutarla a sostenersi in piedi, poi cominciando a camminare e tirandola con sé rispose dolcemente -Andiamo a casa allora.-
Clary camminando appoggiata a lui, ignorando momentaneamente la rabbia che la incendiava, si guardò intorno constatando che erano effettivamente nella Corte Seelie, che se non ricordava male, si trovava proprio a New York.
Suo padre e Jace, potevano essere sopra di loro in quel momento, per strada, ovunque...
-Non intendevo casa... non possiamo più tornare là.- mugugnò, poi aggiunse -Posso sapere perché siamo qui?-
Jonathan conducendola lungo uno stretto passaggio di terra che saliva lievemente ripido, annuì -Ti spiegherò tutto, ma prima andiamocene, ci sono orecchie ovunque.-
Qualche minuto dopo, nascosti dalle fronde di un albero nel pieno di Central Park, suo fratello era chino su di lei maneggiando agilmente lo stilo e incidendole una runa di guarigione per sistemare quel casino che aveva sulla fronte.
-Andiamo a casa.- disse quando ebbe finito, infilandosi lo stilo in tasca e osservandola con un'espressione strana.
-Non possiamo e sinceramente, non sono sicura di voler rimanere.-
-Rimanere?- replicò lui confuso. -Con me intendi?-
Clary si sentì terribilmente in colpa anche solo per averlo pensato, voleva bene a suo fratello, non aveva intenzione di abbandonarlo perché quel pomeriggio aveva esagerato, ma aveva paura, era un'emozione che non conosceva bene e le stava confondendo le idee.
-Ascolta.- le disse lui prendendola per le spalle e conficcandole le dita nella pelle fino alle ossa -Mi dispiace per prima Clary, te lo giuro sull'Angelo, ero fuori di testa, lo sai che non ti farei del male, non a te, mai.-
Le lasciò andare una spalla e le accarezzò delicatamente una guancia, sfiorando con il polpastrello ruvido di calli una scia di sangue ormai secco.
Clary, che grazie alla runa stava iniziando a sentirsi meglio, si scostò bruscamente e replicò -Non lo faresti, ma lo hai fatto. Guardami.- sibilò arrabbiata.
Suo fratello la fissò con gli occhi spenti, indugiando con lo sguardo sul sangue che ancora le impiastricciava la faccia -Non l'ho fatto apposta, non controllo la mia forza a volte e tu...sei così piccola. Mi dispiace sul serio Clarissa.-
-Non è solo questo- rispose lei liquidando la faccenda della fronte scuotendo i capelli -Tu mi ferisci continuamente! Mi tratti come un oggetto da usare a tuo piacimento! Menti! Mi tieni all'oscuro delle cose e fai il prepotente anche con me! Io così non ci sto più!-
Jonathan sembrò sbiancare, alla luce pallida della luna, il suo incarnato assunse un colorito quasi grigiastro mentre i capelli rilucevano di sfumature d'argento.
-Che cosa posso fare per farmi perdonare?- le chiese sottovoce -Vuoi che ti lasci sola? Vuoi andare da nostro padre? Dimmelo, farò quello che vuoi.-
Clary inspirò sorpresa, era convinto che si sarebbe arrabbiato, invece la stava assecondando, sembrava che si sentisse sul serio in colpa.
-Non voglio tornare da nostro padre.- sentenziò un attimo dopo -Ma voglio la verità da te, se non posso più fidarmi nemmeno di te, di chi dovrei farlo Jonathan?-
-Puoi fidarti di me, lo sai. Non ti ho mai mentito.- replicò lui ferito.
-Davvero? Non mi avevi detto della mamma, non mi hai ancora detto cosa diavolo ci facevamo nella corte Seelie! Non mi hai detto cosa vuoi fare della Coppa Mortale e nemmeno che intenzioni hai con il Conclave e nostro padre! Non mi sembra che questo sia “non mentire”.- sibilò Clary acida.
Jonathan sospirò, -Volevi andare a casa no? Andiamo a casa, parleremo di tutto questo e deciderai cosa fare, ti va bene?-
Clary sbuffando si riavviò i capelli dietro le orecchie -Non possiamo andare a casa! L'ho detto per dire, ero nervosa.-
-Possiamo andare dove vuoi sorellina, abbiamo il potere di fare quello che vogliamo ora che nostro padre non ci sorveglia più. Io posso andare e venire da Idris quando voglio, nostro padre senza di me, non può. Tu puoi creare portali, difese sconosciute agli Shadowhunter creando nuove rune. Io dico che possiamo andare dove vogliamo e se mia sorella vuole andare a casa, la porterò a casa. Al diavolo nostro padre.-
Un sorriso impercettibile incurvò le labbra di Clary -Voglio andare a casa.- mormorò per tutta risposta.-
Jonathan le diede un delicato bacio sulla fronte, accanto al taglio ormai chiuso e la tirò a sé -Apri un portale, sta notte dormiremo a casa nostra.-
 
 
 
Jace guardandosi intorno ancora poco abituato alla sua nuova sistemazione, chiese per la seconda volta -Come sai che non mi uccideranno?-
Valentine, suo padre, ancora non gli riusciva facile unire quelle due cose, rispose con calma -Perché non sanno come gestire la situazione e se sapranno che sei stato con me, vorranno come minimo interrogarti, sei al sicuro, io sarò dietro di te, non sarai solo.-
Jace non ne era del tutto convinto, sapeva che il suo Parabatai non l'avrebbe mai lasciato abbandonato a sé stesso, e se conosceva Alec almeno un po', in quel previso momento lo stava cercando in ogni modo possibile.
-Alec e Isabelle saranno lì, vorranno che io torni con loro... non combatterò contro Alec.- disse secco.
-Non ce ne sarà bisogno, devi solo prendere la Spada Mortale e portarmela, se i Fratelli Silenti ti prenderanno, ci penserò io.- rispose suo padre tranquillamente.
Jace inarcò un sopracciglio, piuttosto scettico -E non la userai per fare del male a nessuno? Perché dovrei crederti?-
-Perché sono tuo padre. Non ti sto costringendo a fare niente Jonathan, ma converrai con me che il Conclave ha perso la via della giustizia molto tempo fa. Voglio solo riportare un po' di equilibrio e vorrei che tu fossi al mio fianco. La nostra famiglia è rimasta separata troppo a lungo. Rivoglio i miei figli insieme. E voglio un mondo giusto in cui possano vivere.-
Jace lo ascoltò in silenzio, non stava dicendo cose folli, e purtroppo, per quanto avesse sperato di non avere niente in comune con lui, non poteva dargli torto del tutto. Il Conclave non era certo d'aiuto per gli Shadowhunter sparsi nel mondo. A lui, o Alec, Izzy, o chiunque altro vivesse andando a caccia di demoni ogni notte, era ormai chiaro che la situazione dei Nascosti fosse sfuggita di mano a Idris da un bel pezzo. Loro facevano rapporto, ma non cambiava mai niente.
Che senso aveva proteggere i Mondani dai demoni, se poi erano gli stessi Nascosti a farne fuori a decine? Senza conseguenze...
Se il piano di suo padre era solo quello di riportare ordine tra le fila del Conclave, Jace non poteva certo dirsi contrario.
Gli dava fastidio ammetterlo, ma era la verità.
-D'accordo. Ammettiamo che io riesca a entrare alla città di Ossa, cosa succederà se ci saranno anche Clary o Alec e Izzy, non mi basta sapere che te ne occuperai tu, voglio che non venga fatto loro del male. Alec e Isabelle non c'entrano niente con questa storia, non devono essere coinvolti.-
Suo padre sospirò -Tua sorella mi ha dato una grande delusione l'altra notte, ma hai la mia parola che non le farò del male, anzi, forse se ci parlassi tu, tornerebbe a casa con noi. I figli dei Lightwood non verranno coinvolti, rivendicherò personalmente ogni azione, scagionando chiunque si trovasse lì. Ti può bastare come garanzia?- il suo volto si scurì e aggiunse piano -Non riesci proprio a credere che dopo tutto questo tempo, l'unica cosa che voglia è riunire la nostra famiglia? Non sei l'unico ad aver sofferto per aver perso un padre. Io ho perso mio figlio.-
Jace sbuffò sprezzante -È stata una tua scelta, è molto diverso.-
-No!- suo padre sbatté il pugno sul tavolo -Non ho potuto scegliere! Quando il Circolo si è sciolto non avevo più protezione da offrirti, crescerti come il figlio di Michael Wayland ha funzionato per un po', ma non poteva durare per sempre! Ho fatto quello che era più giusto per te, non mi scuserò per questo.-
-Lasciamo stare, è una storia chiusa. Ora sei qui, spero solo che tu non stia mentendo, o non mi importerà che tu sia mio padre, ti ucciderò se farai del male a qualcuno.-
Suo padre si aprì in uno dei suoi rari sorrisi, quasi impercettibili, -Lo spero, non ho addestrato uno smidollato.-
Alzandosi da tavola, si allacciò la cintura con le armi e chiese -Allora, sei pronto? Andremo all'alba.-
-Sono pronto.- rispose piatto Jace.
Non sapeva cosa aspettarsi, rubare la Spada Mortale non era certo un'impresa da poco, ma aveva qualche chance. La cosa che più lo agitava, era rivedere Clary, era stato tutto troppo veloce e confuso tra loro, voleva rivederla, sperava di avere la conferma che si era immaginato tutto, tra loro non c'era niente. Le sensazioni che aveva provato con lei, erano dovute solo al fatto che fosse sua sorella, non poteva saperlo, ma... sperava di potersi spiegare tutto in quel modo. Non voleva nemmeno concepire il pensiero che potesse andare diversamente.
Doveva solo combattere e portare a termine una missione, lo faceva da tutta la vita, si concentrò cercando di sgombrare la mente. Mancavano poche ore all'alba.
 
 
 
Clary, seguendo suo fratello con aria guardinga, si accinse a entrare in casa scrutando ogni ombra come fosse un possibile nemico. Era molto improbabile, quasi impossibile, che Jace e loro padre fossero lì, ma la prudenza non era mai troppa.
Quando furono entrati nella loro famigliare casetta e furono certi di essere soli, finalmente accendendo un paio di Stregaluce si lasciarono cadere sul letto malconcio nella camera di Clary.
Jonathan posando la pietra illuminata sul comodino, si tolse i vestiti e indossò al volo una maglietta pulita, porgendo poi a Clary i suoi pantaloncini sgualciti e la canotta che usava come pigiama.
-Grazie.- sussurrò lei afferrandoli e cambiandosi. Le serviva ancora una doccia, ma in quel momento non aveva la minima voglia di sorbirsi il getto d'acqua gelato del loro bagno.
Sedendosi sul letto e incrociando le gambe sotto di sé, cominciò a farsi una treccia disordinata per raccogliere i capelli -Allora,- esordì squadrando Jonathan -Si può sapere cosa vi siete detti tu e la Regina?-
Suo fratello sedendosi rigido sul bordo del letto annuì -Le ho chiesto qualche informazione e le ho offerto il nostro aiuto per avere un seggio all'interno del Conclave.-
Clary strabuzzò gli occhi -Hai fatto cosa? E come penseresti di farla una cosa del genere?-
Jonathan ridacchiò -Non è un problema urgente, per il momento il nostro rapporto è limitato allo scambio di informazioni. Volevo sapere se aveva idea della faccenda di Lilith, e mi ha detto delle cose piuttosto interessanti.-
-Già... Lilith.- biascicò Clary poco contenta.
Sapevano da sempre che Jonathan aveva il sangue di un demone nelle vene, ma nessuno dei due si era mai aspettato che fosse un demone potente come Lilith, non era un demone qualunque, era la madre di tutti i demoni! Forse il peggior demone che loro padre potesse evocare.
-Ti ha detto qualcosa di interessante?- si sforzò di chiedergli senza lasciar trasparire quanto la cosa la mettesse a disagio.
Jonathan la conosceva fin troppo bene però -Non sopporto il modo in cui mi guardi da quando l'hai saputo.- disse piatto.
-Non ti guardo in nessun modo.- replicò lei deglutendo una boccata d'ansia.
-Perché mi chiedi cose che non vuoi sentire?- le chiese suo fratello scocciato -Non c'è bisogno che tu sappia niente, non è una cosa importante per noi due.-
Clary alzando involontariamente la voce sbraitò -Come può non essere importante? È Lilith! Non un demone qualunque che possiamo uccidere! Potrebbe ricattarti, usarti, costringerti a fare cose che non vuoi! È la cosa peggiore che potesse venire fuori Jon! Come fai a non capirlo?-
Lui inaspettatamente scoppiò a ridere, dalla posa rigida in cui si era cristallizzato si piegò in due scuotendo la testa.
-Mi spieghi cosa ci trovi di divertente?- sbottò Clary irritata.
-Niente niente, scusa. Sul serio Clarissa, non è una cosa di cui ti devi preoccupare. Non mi ha mai fatto del male in sedici anni, perché dovrebbe cominciare proprio adesso? Mi ha dato il suo sangue e lo ha fatto di sua spontanea volontà, nostro padre non l'ha costretta, quindi vuol dire che lei desiderava farlo, avrà avuto le sue ragioni, ma cosa importa?-
-Importa a me. Non capisci proprio...- Il tono di voce di Clary si spense, mentre il dispiacere iniziava a fare breccia tra la rabbia -Detesto il pensiero di non poterti proteggere, mi fa paura che tu abbia un qualche debito con un demone come questo. Vorrei solo poter fare qualcosa per essere sicura che non ti succeda mai niente che ti porti via da me.-
Jonathan le si avvicinò e stringendola a sé le baciò i capelli -Nessuno mi separerà da te. Te lo giuro sorellina.- scostandosi appena la fissò negli occhi mormorando -Ti fidi di me?-
Clary annuì, ancora con lo sguardo basso.
-Allora credimi se ti dico che non esiste niente al mondo che mi potrà tenere lontano da te. Troverò sempre il modo di raggiungerti, ovunque saremo o qualunque cosa succederà, io troverò sempre il modo di riunirci. Niente ci potrà separare. Nemmeno Lilith. Ci sarò sempre per te, sempre.-
-Vale lo stesso per me Jonathan, ma questa è una cosa che mi spaventa... se ti influenzasse? Se ti rendesse meno...- non voleva dirlo con parole troppo brusche, ma non ne esistevano di più delicate in quel contesto, così si fece coraggio e terminò la frase -Meno umano?-
Suo fratello sorrise appena -Ci penserai tu a riportarmi sulla strada giusta, se dovesse succedere e non è detto che accadrà. Sai benissimo che decido io per me stesso, non lascerei che qualcun altro lo facesse al posto mio.-
Poi la spinse piano sul letto, sistemandole il cuscino sotto alla testa e sdraiandosi accanto a lei aggiunse -Ora cerca di dormire un po', so dove si trova nostro padre, hai qualche ora per riposare, ma poi dovremo ripartire.-
A quella notizia ogni traccia di stanchezza svanì dalla mente di Clary e girando il capo di scatto chiese -Cosa? Come fai a sapere dov'è?-
-Era piuttosto ovvio, ma la Regina me l'ha confermato. Le voci girano in fretta, lui e Jace si stanno muovendo per andare alla Città di Ossa, immagino che nostro padre voglia la Spada ora che sa che tu hai la Coppa. Credo proprio che sarà una divertente gara a chi arriverà primo agli Strumenti Mortali sorellina. Dormi ora, ti voglio in forma al risveglio.-
-Non ho voglia di dormire, dobbiamo ideare una strategia, non voglio altro sangue Jon. Sono stanca di combattere le guerre di nostro padre, per quel che mi riguarda possiamo fare a meno della Spada, se lui non avrà la Coppa non può farci alcun male, e noi rimarremo comunque in vantaggio.-
Jonathan scosse il capo con un'espressione inequivocabile -Avremo anche la Spada Clarissa, non gli lascerò niente. Posso contare su di te? Altrimenti non ti costringerò a venire, ma andrò da solo, non mi servi se non collabori.-
Clary vagamente ansiosa domandò -Cosa vorresti da me?-
-Solo che crei un diversivo, lascia che sia io a occuparmi di papino e della Spada, tu dovrai solo tenere a bada i Fratelli Silenti se ce ne sarà bisogno e probabilmente quell'incapace di Jace, pensi di farcela?-
Jace... si erano lasciati così male, lui l'aveva guardata in un modo che le aveva fatto molto più male di quanto non avrebbe mai immaginato fino a pochi giorni prima, ma erano sempre stati nemici, almeno per lei... doveva solo tornare a vedere le cose allo stesso modo: Jace era un ostacolo da eliminare, niente di più. Eppure... non era così facile riuscirci dopo averlo conosciuto.
-Ci proverò.- disse infine, cercando di convincere anche sé stessa oltre che suo fratello.
-Mi basta. Ho fiducia in te, il lavoro sporco lo farò io. Dormi ora, o sarò costretto a farti una runa. Ne hai passate troppe nelle ultime ore, voglio che ti rilassi. Domani ripartiremo da zero.-
Clary lasciandosi di nuovo andare contro il cuscino, piantò le dita nel fianco di suo fratello e lo tirò vicino a sé -Tu rimani con me vero?- chiese piano, chiudendo gli occhi.
-Sì, sono qui.- sentì la sua voce morbida sfiorarle l'orecchio, poi i loro corpi si incastrarono uno contro l'altro e in pochi minuti, il battito lento e regolare del cuore di Jonathan, scandì il tempo come un orologio ipnotico portandola fuori dalla realtà e regalandole un po' di sonno.
 
 

Non appena fu sicuro che Clarissa fosse completamente addormentata, Jonathan scostandosi piano dal suo abbraccio si alzò dal letto e raccolse gli abiti che si era tolto prima appallottolandoseli in mano.
Si mosse lentamente, riuscendo a non produrre alcun suono, non era mai stato difficile celare la sua presenza, ma in quel momento più che mai, gli interessava che sua sorella non si svegliasse.
Andò al piano di sotto e svuotò le tasche: qualche fiala con il sangue dell'Angelo, lacci emostatici e un paio di grosse siringhe di vetro che aveva recuperato nella stanza segreta di suo padre.
Affinando i sensi si assicurò di non sentire rumori provenire dalla stanza di Clarissa, poi infilando lentamente l'ago nella fiala con il sangue, tirò su lo stantuffo e ne aspirò una buona metà.
Lo osservò rapito, il suo colore dorato, la densità che sembrava animarlo rendendolo diverso da qualunque altro tipo di sangue avesse mai visto. Era quasi come se fosse vivo, come se il potere dell'Angelo a cui era stato sottratto, continuasse ad agitarsi lì dentro in cerca di una destinazione.
Con la siringa in mano, camminando lentamente e più silenzioso di felino, tornò in camera di sua sorella.
Sperava solo che il suo sonno fosse abbastanza profondo. Le girò piano il braccio, stringendo tra le dita il suo polso sottile ed esponendo l'interno del gomito, nel punto in cui le vene delicate scorrevano bluastre sotto la pelle perlacea.
Non esitò, infilando con delicatezza l'ago nella sua pelle, tirò su lo stantuffo per controllare di aver preso la vena giusta, poi con un movimento netto, lo spinse giù: la siringa era completamente vuota.
Ora si che avrebbe fatto fatica a dormire, non vedeva l'ora di scoprire cosa sarebbe successo.
La sua sorellina continuò a respirare profondamente, senza rendersi conto di cosa fosse accaduto, la abbracciò riassumendo la posizione in cui erano quando lei si era addormentata, poi chiudendo gli occhi, cercò di prendere sonno cullato dal suo corpo caldo. Quasi incandescente in quel momento.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Braci ***


Buon pomeriggio e buona domenica! Questa volta inizio ringraziando, grazie a chi è rimasto a seguire la storia, a chi l'ha aggiunta tra le preferite e le seguite e grazie a chi ogni volta decide con un commento o un messaggio di farmi sapere cosa ne pensa! Mi fa davvero davvero piacere e mi spinge ad aggiornare più in fretta! <3 
In aggiunta ai ringraziamenti, ho deciso di pubblicare prima del solito e accorciare l'attesa, proprio per dire grazie a chi c'è stato fin ora! :*
Spero che il capitolo vi piaccia e niente... buona lettura e fatemi sapere se vi va! 
Baci, Annie




Clary si svegliò ansimando in quello che le pareva essere il cuore della notte, non capiva più che ora fosse, non sentiva nemmeno le lenzuola sotto la pelle, era letteralmente immersa in un bagno di sudore, si sentiva come fosse a mollo in una vasca di acqua bollente.
Aveva la gola secca, tossì in cerca d'aria e strizzò gli occhi, ci mise qualche secondo, ma poi, riconobbe intorno a sé i mobili della sua camera a Idris, nella sua piccola casa. Solo che erano sfocati, sembrava quasi si muovessero.
-Jonathan...- la voce le uscì in un rantolo di dolore, sentiva un male atroce in tutto il corpo, come fosse reduce da una rissa e ogni centimetro della sua pelle pulsasse pieno di lividi.
Cercò di prendere fiato, ma le sembrava che i suoi polmoni fossero pieni di lava. Respirava liquido incandescente ad ogni boccata.
Vide il corpo addormentato di suo fratello che giaceva accanto a lei sul letto. La maglietta di cotone gli era rimasta incollata al busto, per colpa del sudore che le imperlava la pelle inzuppando anche lui.
Lo scosse piano, incerta se fosse in grado di toccarlo, non riusciva a mettere a fuoco le cose.
-Jonathan ti prego svegliati.- ansimò a fatica.
Cosa diavolo le stava succedendo?
Si strappò di dosso i vestiti, aveva un caldo atroce, era innaturale. Il reggiseno e gli slip erano fradici come se fosse appena uscita dalla doccia.
Suo fratello non diede segno di averla sentita, il suo petto continuava ad alzarsi e abbassarsi al ritmo regolare del suo respiro addormentato.
Alzandosi a fatica dal letto si appoggiò al muro, le tremavano le gambe, ricordava un po' il dolore dopo gli allenamenti, quando l'acido lattico riempiva ogni muscolo facendolo bruciare all'inverosimile ad ogni minimo movimento, ma era molto peggio, cento, mille volte peggio.
Mosse un passo verso la porta, voleva arrivare di sotto e prendere dell'acqua, o infilarsi in bagno e farsi una doccia gelata, ma le cedettero le ginocchia e in un secondo rovinò a terra tirando con sé anche la Stregaluce sul comodino e gli oggetti che vi erano sopra.
-Jonathan! Dio... Jonathan ti prego!- cercò di urlare, ma la voce le uscì di nuovo strozzata, sembrava che le avessero raschiato la gola con la carta vetrata.
-Clary?- la voce assonnata di suo fratello giunse dal letto.
-Jon...- piagnucolò lei -Aiutami... mi sento...mi sento morire.- riuscì a sussurrare sfinita.
In un secondo Jonathan fu in piedi e l'attimo dopo era chino su di lei.
Le mise le mani rispettivamente dietro la schiena e le ginocchia e la tirò su prendendola in braccio. Tuttavia, muovendosi velocemente verso il letto, un attimo dopo ce la lasciò cadere sopra con meno grazia di quanta avrebbe voluto.
-Per l'Angelo! Scotti.- imprecò osservandosi le mani.
-Jon cosa mi sta succedendo?- gracchiò lei agitandosi nella pozza di sudore che era ormai il materasso.
-Ci penso io, stai tranquilla, andrà tutto bene.- rispose lui guardandosi intorno. Cosa stava cercando?!
Un secondo dopo, tornò da lei con una coperta e gliela avvolse intorno, Clary cercò di dimenarsi -No, muoio di caldo!-
-Lo so, ma non posso toccarti, devo portarti di sotto, fino al fiume, l'acqua fredda ti farà stare meglio.- decretò lui avvolgendola nella coperta come un fagotto e prendendola in braccio.
Corse giù per le scale a una velocità tale che la vista di Clary si annebbiò ulteriormente rendendo le pareti della casa solo uno spesso muro di foschia in movimento.
Si rese conto di essere fuori dalla casa solo quando suo fratello srotolando la coperta, la depositò a terra e cercando di toccarla il meno possibile la spinse nel fiume.
Nell'esatto momento in cui Clary si immerse in acqua, una nuvola di vapore si sollevò dal suo corpo come quando un oggetto bollente viene immerso in un liquido gelato.
Un sollievo quasi immediato la investì e finalmente un battito alla volta, riuscì di nuovo a contare le pulsazioni del suo cuore che tiravano martellate sotto la sua cassa toracica.
-Che cos'ho che non va?- chiese Clary guardandosi intorno e constatando che poco alla volta, ciò che la circondava stava tornando a fuoco nella sua vista. Anche troppo in effetti... c'era qualcosa di terribilmente strano nel modo in cui vedeva gli alberi intorno alla casa, l'erba, ogni cosa sembrava più brillante e nitida. Forse aveva le allucinazioni! Tutto quel caldo doveva averle bruciato il cervello.
Suo fratello la osservò curiosamente per un istante, poi un'espressione sorpresa si aprì sul suo viso - Non ne ho idea, forse è colpa mia, devo averti fatto troppo caldo standoti addosso.-
-Che? Dormiamo sempre vicini, Jonathan non sto scherzando, ho creduto di morire!- obiettò Clary cercando di calmare il respiro ancora un po' affannoso.
-Non essere melodrammatica, avrai fatto un brutto sogno, che unito al caldo, ti avrà fatto venire un malore. Come ti senti ora?-
-Meglio.- ammise lei, ma non la convinceva molto la storia del malore.
Jonathan le porse la mano -Vediamo se riesco a toccarti, vieni qui.-
Clary tirando fuori il braccio dall'acqua, quasi spaventata all'idea di riprendere ad andare a fuoco, strinse le dita intorno a quelle di suo fratello e si lasciò tirare su.
Il suo corpo nudo riluceva come un diamante, la luce della luna proiettava il suo candore su di lei illuminando le spalle bagnate, le scapole, mettendo in evidenza le ossa del bacino, ma tutto questo si perse quando Jonathan la tirò a sé e la strinse contro il suo corpo tirandola all'ombra dell'albero accanto a loro.
-Vedi? È tornato tutto normale.- le mormorò piano contro la gola chinandosi su di lei.
Clary si aggrappò alle sue spalle, grata di poterlo di nuovo toccare e farsi toccare. Il caldo era svanito, sembrava davvero che non fosse stato altro che uno strano scherzo della notte.
La maglietta di Jonathan era fradicia ormai e ogni curva del corpo di Clary era schiacciata contro il suo petto muscoloso e l'addome piatto. Sentì le dita di suo fratello scivolare sulla sua pelle bagnata e sfiorarle le costole, mentre chiudeva le mani intorno ai suoi fianchi.
Si guardarono per qualche istante, poi le loro labbra si incontrarono con dolcezza.
Quelle di Jonathan erano calde e sottili, morbide e fameliche, percorrendo la sua schiena con desiderio le allacciò una mano dietro il collo e la tirò contro di sé come se non potesse resistere un secondo di più, sembrava quasi che volesse assicurarsi di poterla baciare senza provare dolore.
Clary rispose al suo bacio chiudendo gli occhi e gemendo piano, felice quanto lui che quello strano scherzo fosse finito e tutto stesse tornando alla normalità.
-Andiamo dentro.- ansimò Jonathan con la voce roca prendendole la mano.
Clary si lasciò portare in casa e si ritrovarono sul malconcio divano del salotto, suo fratello sopra di lei, incastrato tra le sue gambe e le sue labbra baciarono ogni centimetro di pelle che riuscirono a incontrare.
La schiena di Clary si inarcò per accoglierlo meglio, mentre attraverso il sottile strato di stoffa dei boxer, riusciva a sentire il desiderio di Jonathan che la voleva.
-Dovremmo riposare...- gemette Clary mentre le dita ruvide di suo fratello si chiudevano intorno ai suoi polsi tirandoglieli sopra la testa.
-Dovremmo sì...- convenne lui continuando a baciarle la gola e scendendo giù lungo le clavicole.
Clary sorrise -Adesso intendo...-
Con uno sbuffo poco soddisfatto Jonathan si scostò da lei e la fissò negli occhi -Fai sempre così... mi farai diventare matto.-
-Così come?- chiese lei ridendo sotto i baffi e spostandosi in modo che fossero sdraiati vicini.
Jonathan la abbracciò da dietro e le ringhiò piano contro il collo -Dormi prima che cambi idea.-
Clary ridacchiò, sentendosi decisamente meno strana e tesa di poco prima, respirò il profumo che l'avvolgeva: sale e pepe nero, quello che aveva sempre attribuito a suo fratello, l'unico profumo al mondo in grado di calmarla e farla sentire al sicuro.
Il momento di svegliarsi venne prima di quanto entrambi non avrebbero voluto, si alzarono dal divano e si prepararono in silenzio.
Clary si sentiva terribilmente strana, in un modo che non sapeva nemmeno spiegarsi. Era come se i suoi sensi si fossero accesi tutti insieme e di colpo. Aveva l'impressione di essere stata cieca e sorda per una vita ed ora, poteva sentire perfino le api ronzare suoi fiori vicino al fiume.
Le girava la testa.
-Va tutto bene?- le chiese suo fratello prendendole il mento tra le dita e scrutandola.
-Io... sì, sto bene, credo solo di aver dormito male. Andiamo forza.- rispose Clary evasiva, non sapeva perché, ma non voleva dire a voce alta quanto si sentisse strana, era come farlo diventare un problema e quel giorno, non potevano permettersi di averne.
Jonathan poco convinto, le domandò per l'ennesima volta -Ricordi tutto quello che devi fare?-
Clary sbuffò -Sì, stai tranquillo. Non è molto difficile.- aggiunse sarcastica.
-Andrà tutto bene Clarissa. Ho fiducia in te.- sorrise suo fratello.
Chissà perché suonava più come un “Spero che non mi deluderai.”
Finirono di sistemarsi e prendere le armi, Jonathan aveva distrutto il baule in cui loro padre le teneva e ora, due spade angeliche pronte ad essere evocate pendevano alle loro cinture, insieme a una balestra che Jonathan aveva ritenuto potesse tornargli utile e che si era fissato sulla schiena.
Pochi minuti dopo, partirono per New York.
 
Nessuna distrazione, nessun ripensamento, nessuna esitazione. Conta solo la missione, non esiste nient'altro.
Jace continuò a ripetersi questo mantra ad ogni passo, ogni passo che lo avvicinava alla città di Ossa, ogni passo che lo riavvicinava alla sua vita a Idris, con suo padre.
Erano solo in cerca di giustizia, non di sangue innocente.
La Città Silente era avvolta da una sottile nebbia incolore, i Fratelli dovevano essersi già accorti che lui era entrato, era casa loro quella, nessuno poteva entrare lì senza che loro se ne accorgessero, eppure, per una qualche inspiegabile ragione, Jace non incontrò ostacoli sul suo cammino.
Si addentrò più in profondità, scendendo ripide rampe di scale, scivolando nell'oscurità come un'ombra: silenzioso e invisibile.
L'amore è una debolezza, ogni sentimento lo è. Se lo disse di nuovo, doveva ricordarselo continuamente, mai, prima di allora, aveva temuto tanto di dover combattere.
Non aveva paura di perdere, era questo il punto, aveva paura di vincere. Non voleva combattere contro Alec, né contro Isabelle. E meno che mai, voleva trovarsi nella condizione di combattere contro Clary, se davvero era sua.... la parola sorella, si impresse nella sua mente con un eco di disperazione, ma la eliminò. Se davvero lei era sua sorella, voleva solo convincerla ad andare con loro e basta, non voleva fare del male a nessuno.
L'unico inconveniente che avrebbe potuto incontrare era l'altro ragazzo, quello che aveva portato via Clary dal tetto di Kara. Suo padre gli aveva detto che era uno Shadowhunter di Idris, molto legato a Clarissa, al punto da inquinare la sua mente e manipolarla perché lei li tradisse.
Era compito di Jace ucciderlo, così aveva ordinato suo padre. Non dovevano esserci altre vittime quel giorno.
Giunto alla base della scala, oltre la quale avrebbe trovato la stanza con la Spada Mortale, sentì un rumore, il lieve movimento di passi strascicati al suolo, era qualcuno che non voleva celare la sua presenza, Jace strinse la spada angelica nella mano sinistra, non voleva uccidere...ma nemmeno farsi ammazzare a sua volta.


10 Anni prima

Aveva sei anni, e i biondi capelli arruffati gli stavano incollati alla fronte per il sudore, mentre i suoi occhi erano chini sulle mani insanguinate.
Quel maledetto uccellaccio lo aveva beccato di nuovo, per quanto lui si sforzasse di addestrarlo e farsi obbedire, quello stupido falco continuava ad attaccarlo distruggendogli le dita.
Suo padre però era stato chiaro: doveva ammaestrarlo. Insegnarli a obbedirgli. Non poteva deluderlo.
Strappò un lembo della maglietta e se lo annodò intorno alla mano destra cercando di tamponare gli zampilli color rubino che lo stavano infradiciando fino al polso.
Strinse i denti e provò di nuovo a richiamare l'uccello come aveva letto nel libro. Si era documentato, i falchi erano animali molto intelligenti, letali e feroci, ma con un'intelligenza fuori dal comune.
L'uccello rispose al suo richiamo con un garrito stridulo e planò nell'aria sopra la sua testa compiendo cerchi perfetti.
Osservò come il colore delle sue piume catturasse la luce del sole, lui e quell'animale si odiavano in maniera reciproca, era evidente, ma in quel momento non poté fare a meno di pensare che fosse davvero un esemplare bellissimo.
I suoi occhi attenti scrutavano ogni movimento, le sue ali possenti catturavano l'aria usandola a loro vantaggio per volteggiare con grazia nel cielo, era regale ed elegante. La versione animale di un Cacciatore. Feroce e silenzioso, letale.
Il bambino lo ammirò rapito. Provò a chiamarlo un'altra volta, stupendosi, nel vedere che ora il falco planando verso di lui, stava allungando le zampe e stringendo le ali per prepararsi ad atterrare.
Si posò minaccioso sul suo braccio sinistro, era stato distratto a offrirgli quello, era il suo arto dominante e non voleva rischiare di trovarselo a brandelli come il destro.
Tuttavia il falco non lo beccò, per quella volta, chissà per quale motivo, i loro occhi dorati si incrociarono e si scrutarono con vera curiosità.
Allungando lentamente la mano destra, il bambino si tirò fuori dalla tasca del mangime e lo porse delicatamente verso il becco dell'animale.
Il falco lo studiò per qualche secondo, poi piano, beccò dal palmo della sua mano senza fargli male.
Dopo quella volta, fu come se tra loro si fosse formato un legame speciale, il bambino non aveva più paura del falco e il falco, aveva imparato a fidarsi di lui. Andavano a caccia insieme, mangiavano insieme e ogni volta che il bambino lo chiamava, quello planando maestoso nel cielo scendeva su di lui e si posava sul suo braccio senza più beccarlo o prenderlo a unghiate.
Qualche settimana dopo, con il falco sul braccio e un sorriso orgoglioso, il bambino corse da suo padre per mostrargli che era riuscito nell'impresa che gli era stata ordinata.
Si era aspettato che ne sarebbe stato fiero, invece lui prese in mano il falco e gli spezzò il collo.
-Ti avevo detto di insegnarli a obbedire-, disse suo padre gettando a terra il corpo senza vita. -Tu invece gli hai insegnato ad amarti. I falchi non devono essere cuccioli affettuosi: sono animali feroci e selvaggi, aggressivi e crudeli. Questo uccello non è stato addestrato, è stato rovinato.-
Più tardi, quando suo padre lo lasciò solo, il bambino pianse sul cadavere del suo animale, finché il padre mandò un servitore a prendere il corpo dell'uccello per seppellirlo.
Il bambino non pianse mai più e non dimenticò mai ciò che aveva imparato: che amare significava distruggere e che essere amati significava essere distrutti.
Amare significava distruggere, essere amati significava essere distrutti.


Jace in quel momento ripensò alla lezione imparata tanti anni prima, cadeva a pennello, doveva ricordarsi di tenere le emozioni fuori dalla sua mente, o ne sarebbe rimasto distrutto. Non avrebbe permesso mai più che accadesse. Non avrebbe mai più sofferto in quel modo.
La spada prese vita nella sua mano quando la evocò sottovoce. Il suono strascicato di passi si fece più insistente, vicino, Jace si girò di scatto nel buio quando un bagliore argenteo catturò l'angolo del suo campo visivo.
-Non posso dire che sia un piacere rivederti.- una voce sarcastica e tagliente come una lama riecheggiò intorno a lui.
Jace affinò la vista, sentendo la runa che bruciando sul suo braccio amplificava i suoi sensi.
Poi lo vide, nonostante le tenebre spezzate solo da lievi fasci di luce, lo riconobbe: era il ragazzo che aveva portato via Clary dal tetto, quello che suo padre, gli aveva ordinato di uccidere.
La presa sulla spada aumentò, mentre sollevandola davanti a sé, Jace ne sfruttò la luce per illuminare il volto del suo interlocutore.
Aveva una postura tranquilla e rilassata apparentemente, come se non avesse in mente di combattere, ma non si lasciò ingannare, la tensione dei suoi muscoli e la mascella contratta, dicevano tutto l'opposto. Era un gioco che conosceva bene, lui stesso si approcciava così alle sue vittime a volte. Era un modo per far abbassare la guardia all'avversario.
-Dimmi chi sei.- gli ordinò secco.
Il ragazzo sorrise divertito -Tu cosa dici? Hai qualche idea in proposito?-
La luce della spada angelica gettò un fascio luminoso tra loro, rendendoli quasi i due riflessi di uno specchio.
-Non ho voglia di giocare, levati di mezzo se non vuoi morire.- intimò Jace compiendo un mezzo passo verso destra, accorciando la distanza tra loro.
-Io non lo fare se fossi in te.- decretò l'altro scuotendo il capo con un ghigno.
Jace udì un sibilo metallico, l'altro ragazzo con un movimento fluido e veloce aveva estratto dalla cintura una lunga spada e gliela stava puntando contro.
-Vuoi combattere Jace? Sei sicuro che sia proprio quello che vuoi? Pensaci bene...-
Il tono di quel ragazzo era insinuante, come se oltre le sue parole ci fosse altro, non solo una banale provocazione.
-Ho l'ordine di ucciderti, hai fatto del male a...- quella maledetta parola gli si incagliò in gola di nuovo, ma serrando i denti si costrinse a dirlo -a mia sorella?- ringhiò muovendo un altro passo alla propria destra e accorciando ancora la distanza tra loro.
Il ragazzo scoppiò a ridere -Sembra che tu abbia qualche difficoltà con lei e papà eh? Clarissa sta benissimo, nessuno vuole farle del male, nessuno a parte Valentine... ancora sicuro di voler combattere con me? Potremmo lavorare insieme e portare via la Spada per conto nostro e la piccola Clary sarebbe al sicuro, oppure...- fece una pausa, il suo tono divenne una lastra di ghiaccio e concluse -Oppure posso ammazzarti qui e ora, scavalcare il tuo cadavere e andare a prendermi la Spada per conto mio riportando a casa anche la nostra sorellina.-
Jace per un momento rischiò di perdere la presa sulla spada, fu come ricevere un pugno in mezzo al petto che gli schiacciò i polmoni.
-Che cosa hai detto?- chiese con la voce strozzata.
Il ragazzo si strinse nelle spalle con aria innocente -Ops, credo di aver parlato troppo.-
-Jonathan! Jonathan!- al suono di quella voce si girarono entrambi di scatto, Clary sussurrando piano si stava avvicinando uscendo dall'ombra.
-Cosa ci fai qui?- chiesero all'unisono.
La stanza nella quale erano, improvvisamente si illuminò a giorno rendendo quasi difficile tenere gli occhi aperti dopo il buio di poco prima.
Torce infuocate si accesero in tutto il perimetro della sala.
Jace strizzò le palpebre cercando di mettere a fuoco i presenti: erano molti di più di quanto avrebbe creduto lì dentro. E Clary non stava camminando da sola verso di lui: Isabelle la stava spingendo in avanti stringendole intorno al collo la sua frusta di elettro.
C'erano suo padre, con la Spada mortale appesa a un fodero sulla schiena e Lucian che gli puntava due spade angeliche contro. Alec che teneva l'intera sala sotto tiro con l'arco, e poi lui e quello strano ragazzo...
Nemmeno l'ombra di un Fratello Silente. Era parecchio strano ora che ci pensava.
Il ragazzo dai capelli argentati ringhiò piano, nei suoi occhi sembrò attizzare un incendio.
Clary stringendosi le mani intorno alla gola e cercando di allentare la stretta della frusta gemette -Jonathan... mi dispiace.-
Fu suo padre a spezzare il silenzio stupito dei presenti -Non deve essere fatto del male a nessuno, i miei figli vengano con me e nessuno si aggiungerà ai morti della Città di Ossa oggi.-

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Fiamme ***


Meravigliose lettrici che mi avete lasciato un sacco di recensioni allo scorso capitolo: l'aggiornamento di oggi è tutto per voi!
Dal momento che sto scrivendo con un tutore al polso per via della tendinite che mi affligge, vi garantisco che sono state le vostre recensioni a darmi la spinta per sopportare il dolore e aggiornare prima possibile!
Quindi grazie per aver commentato e avermi dato la voglia di proseguire nonostante le difficoltà!
Commentate e fatemi sapere cosa ne pensate, mi fa davvero piacere e aggiornerò sempre prima! <3
Fatevi sentire e l'aggiornamento arriverà entro Mercoledì/Giovedì.
Ps: dato il contenuto del capitolo, siete autorizzate a insultarmi xD muahahhaah (scusate, demenza da domenica pomeriggio xD )
Un bacione enorme, Annie.



Clary seguendo il piano che aveva messo a punto con suo fratello, si era addentrata nella Città di Ossa fingendo di essere sola e si era lasciata catturare dalla prima persona che le aveva puntato addosso un'arma.
Il suo corpo, la sua espressione e il tremore della voce, indicavano paura e impotenza, ma con le mani strette intorno alla frusta di Isabelle e la concentrazione al massimo, era pronta a ribaltare la situazione al primo segnale di Jonathan, che come da programma, era riuscito a intercettare Jace da solo.
L'unica cosa che non avevano previsto, era la presenza di loro padre, avevano dato per scontato che lui avrebbe mandato avanti solo Jace rimanendo nell'ombra, invece, al momento opportuno era sbucato fuori dal nulla creando non poco scompiglio.
Il primo a parlare, fu Lucian, che continuava a tenere Valentine sotto tiro con le spade angeliche.
-Lascia la Spada Mortale, Valentine. Siamo cinque contro uno, nemmeno tu puoi sperare di batterci tutti e uscirne illeso.-
Clary osservò suo padre, che completamente privo di espressioni replicò -Cinque? Dai per scontato che due dei miei figli alzeranno le armi contro di me Lucian? So che la lealtà è un concetto che ti è sconosciuto, ma i miei figli non verserebbero mai il sangue del loro stesso sangue.-
poi si voltò verso di lei, Clary, fissandolo piatta non disse nulla, così suo padre continuò -Dico male Clarissa? Sei qui per uccidere tuo padre oggi?-
Con la coda dell'occhio, Clary notò come Jonathan lentamente, si stesse avvicinando a Jace cercando di arrivargli alle spalle, ma riportando l'attenzione su suo padre rispose -Sono qui per prendere la Spada Mortale padre.-
-Nessuno di voi porterà via di qui la Spada Mortale, appartiene a tutti gli Shadowhunter, non a voi, e non lasceremo che venga usata per fare del male!- dichiarò Alec incoccando una freccia al suo arco e puntandolo verso Valentine.
Valentine rivolgendo lo sguardo su di lui rispose -Metti giù quell'arma ragazzo, non farti male. Tuo padre ed io eravamo amici un tempo, le cose non devono andare per forza in questo modo. Sono certo che Robert ne soffrirebbe terribilmente se il suo primogenito morisse.-
-Tu prova a toccare mio fratello e lei muore.- ringhiò Isabelle stringendo la presa sulla frusta di elettro intorno al collo di Clary.
-E tu tocca lei e io ti posso garantire che la morte sarà l'ultima delle vostre preoccupazioni.- disse Jonathan fulminando Isabelle con uno sguardo di ferro, ma il tono sereno e tranquillo di chi sta constatando l'ovvio.
Jace a quel punto, abbassando la mano che le reggeva la spada angelica e moderando i toni fece -Solitamente non sono per la diplomazia, ma in questo caso, forse potremmo darci tutti una calmata e prendere quello che vogliamo senza che nessuno si faccia male. Oppure,- continuò rialzando la spada verso Jonathan -Posso cominciare uccidendo te, dal momento che sono qui per questo, prendere mia sorella e portarla via con la forza. Ma sinceramente preferirei una soluzione non violenta.-
Clary sentendosi chiamare in causa a quel modo, ringhiando come una tigre urlò -Non sono tua sorella e se pensi che dare retta a mio padre sia la cosa giusta da fare, sei un idiota Jace! Devo essermi sbagliata quando ho pensato che avessi un cervello!-
-Clarissa!- la riprese Jonathan scocciato -Che cosa abbiamo detto prima?-
Clary borbottò qualcosa che suonava come -Sì sì, non devo parlargli ok.-
-Senti amico, si può sapere chi sei? Inizia a darmi sui nervi averti intorno e non avere idea di cosa diavolo tu ci faccia sempre in mezzo ai piedi.- sbottò Jace fissandolo.
Jonathan ghignò -Chi sono...- fece grattandosi il mento pensieroso, poi rivolgendosi a loro padre fece -Glielo dici tu chi sono padre? Non sono sicuro di ricordamelo...-
-Non sei spiritoso.- dichiarò Valentine -Se lasci le armi e torni a casa con noi, posso ancora prendere in considerazione l'idea di lasciarti vivere.-
-Non torneremo mai con te! Ci hai mentito, usato! Torturato! Prima di lasciare che tu tocchi ancora mio fratello con un dito, ti ucciderò io stessa!- gridò Clary furiosa.
-Scusa, ferma un momento.- obiettò Jace scioccato -Stai dicendo che anche lui è figlio di mio padre? C'è qualcos'altro che devo sapere? No perché inizio ad avere un leggero mal di testa!- concluse sarcastico serrando la mascella.
-Jace, torna con noi all'Istituto, posso spiegarti tutto io, non hai fatto niente di male ancora, ma se ruberai la Spada Mortale, per il Conclave diventerai un ricercato, non potrai più tornare indietro, pensaci bene, non conosci queste persone, ma conosci noi, sai che di noi puoi fidarti davvero.- li interruppe Lucian parlando per sé e i Lightwood.
-Clarissa ora!- Jonathan spezzando la patina di calma che era calata sulla sala, gridò l'ordine mentre già si stava muovendo verso Jace mirandolo al cuore con la spada.
I sensi di Clary ebbero come uno scatto, improvvisamente, fu come se un oceano di adrenalina le fosse entrato nelle vene e percepì l'intera scena al rallentatore: Jonathan che attaccava Jace, Jace che veloce quanto suo fratello, parava il colpo lama contro lama fronteggiandolo.
Lucian, più lentamente, attaccò Valentine che non si lasciò cogliere di sorpresa e parò entrambe le spade estraendone una di ferro lunga il doppio delle sue.
Poi ci fu una voce che inizialmente Clary non riconobbe, ma sapeva di aver già sentito, fu appena un bisbiglio all'altro capo della sala, ma chissà come, lei riuscì a sentirlo -Adesso Alexander, colpisci ora.-
Successe tutto contemporaneamente, per gli altri probabilmente, fu solo un flash sfocato quello che li circondava, ma per Clary risultò tutto fin troppo chiaro e preciso.
Seguendo il piano che aveva architettato con Jonathan si liberò dalla morsa di chi l'aveva catturata, in questo caso, era Isabelle Lightwood.
Le tirò una testata all'indietro, rompendole il naso senza nemmeno rendersene conto, sembrava che la sua forza fosse aumentata a dismisura in una notte.
La stretta della frusta si allentò fino a svanire, mentre Isabelle portandosi una mano al viso cercava di tamponare il sangue. Clary approfittandone le tirò un calcio dritto nella bocca dello stomaco, con una tale potenza che la ragazza volò indietro di quasi sei metri rimanendo accasciata al suolo.
Nello stesso momento, la freccia scoccata da Alec, assunse una sfumatura bluastra, come fosse avvolta da lievi fiamme azzurrine, e volando precisa e veloce schivò i corpi nella stanza dirigendosi con una precisione innaturale e quasi manovrata, verso la schiena di Jonathan.
In quel preciso istante Clary associò il suono della voce che aveva sentito al suo proprietario: Magnus Bane! Non si era aspettata che ci fosse anche lui! Perché diavolo un Nascosto stava aiutando degli Shadowhunter?!
Ad ogni modo non poteva pensarci adesso, in quel momento la vita di suo fratello era in pericolo, stava combattendo contro Jace e non si era accorto della freccia che mirava dritto verso di lui.
Tutti erano impegnati nel loro combattimento, l'unica che si era resa conto del pericolo era lei, ma era così lontana da Jonathan... non ce l'avrebbe mai fatta a deviare il colpo, soprattutto considerando che la freccia di Alec era guidata dalla magia di Magnus, avrebbe seguito Jonathan come un missile telecomandato finché non avesse colpito il suo obiettivo.
L'unica cosa che poteva fare era pregare di essere più veloce di quella freccia e correre. Correre subito.
Lanciandosi in avanti come un proiettile, Clary schivò una falciata di spada che fischiò nell'aria accanto a lei tra Lucian e Valentine, scivolò tra di loro veloce come un filo di nebbia e quando ormai la freccia era a pochi metri dalla schiena di Jonathan, saltò. Consapevole che senza un trampolino di lancio non sarebbe mai arrivata in tempo, ma lo fece lo stesso, i suoi muscoli le dissero di saltare, era come sei il suo sangue scorresse infuocato nelle vene rendendo automatici tutti i movimenti.
Le fiamme blu intorno alla freccia, brillarono luminose avvicinandosi, un attimo prima che colpisse Jonathan, lei riuscì a infilarsi tra la punta affilata della freccia e la sua schiena.
Con un rantolo strozzato, Clary cadde in ginocchio e respirò acqua.
Abbassando lo sguardo sul proprio petto, vide la cocca della freccia che le spuntava dallo sterno, mentre la punta, usciva completamente dal retro della sua schiena schiacciandole le vertebre: l'aveva passata da parte a parte.
-Clary!- sentì le voci di Jace e Jonathan chiamare il suo nome all'unisono, mentre entrambi abbandonando le armi corsero verso di lei.
Jonathan spostò Jace con una spallata che per poco non lo ribaltò e prese Clary tra la braccia mentre il combattimento infuriava intorno a loro, Valentine, non si era nemmeno girato verso di lei quando era stata colpita.
-Cosa ti è venuto in mente?- domandò suo fratello con la voce roca di dolore.
Clary parlando con un sibilo, riuscì a rantolare -Stava per colpirti, lo stregone...-
Poi sentì Jace imprecare e il ragazzo si chinò su di lei ignorando Jonathan.
-Dobbiamo tirare fuori la freccia.- decretò -Poi potremo curare Clary.- aggiunse.
Jonathan lo squadrò per un secondo, poi con un cenno del capo, chiaramente combattuto se accettare l'aiuto di uno che odiava o lasciar morire sua sorella per orgoglio, sostenne Clary tenendola ferma per le spalle e ringhiò piano -Se le fai del male, sei morto.- addolcendo il tono e rivolgendosi a lei aggiunse -Durerà solo un secondo, ma se non togliamo la freccia soffocherai nel tuo sangue in pochi minuti.-
Clary ansimando mentre i polmoni le si riempivano di liquidi, annuì e strinse forte la giacca di Jonathan serrando gli occhi. -Toglietela.- disse solo.
Jonathan senza darle ulteriori avvisi, con un colpo secco spezzò la punta della freccia che fuorisciva dalla schiena di Clary, poi fulminando Jace ordinò -Tirala fuori ora.-
Jace premendole una mano sullo sterno, la fissò negli occhi con costernazione, quasi a volersi scusare del male che le avrebbe fatto, poi, con uno strattone deciso, tirò fuori la freccia stringendola per la cocca e la gettò via.
Clary sentendo la lunga asta ancora avvolta da fiammelle lievi, che raschiava contro i suoi organi interni, gridò di dolore, ma come Jonathan aveva promesso, durò solo un attimo. Non appena la freccia fu fuori dal suo petto, si sentì subito meglio.
In un lampo, sia Jace che suo fratello avevano tirato fuori lo stilo e le stavano incidendo due iratze contemporaneamente.
Tuttavia, con sua enorme sorpresa, ancora prima che i Marchi iniziassero a fare effetto, la sua pelle si stava già rimarginando e la sensazione di soffocamento data dal sangue nei polmoni andava affievolendosi.
-Ma come diavolo fai?- fece Jace incredulo fissando le sue ferite che si richiudevano a una velocità innaturalmente rapida.
Clary sorpresa quanto lui, si mise a sedere scostandosi da Jonathan e constatò che stava benissimo, come se la freccia non l'avesse mai colpita.
Istintivamente, voltò il capo verso suo fratello e sbottò -Tu ne sai qualcosa?!-
Lui arricciando le labbra in una smorfia poco convincente rispose -Come io ho le mie doti innate, anche tu avrai le tue, forse stanno solo venendo fuori.-
-Non ci credi nemmeno tu.- replicò Clary guardandolo caustica.
Un grido di dolore proveniente dal capo opposto della sala, interruppe la loro conversazione, mentre Lucian cadendo a terra stringeva le mani intorno alla spada che gli sbucava dallo stomaco.
Clary, notò che era una delle due spade angeliche che aveva evocato lui stesso poco prima: evidentemente Valentine era riuscito a sfruttarle contro di lui.
Lasciandolo per terra ad agonizzare, suo padre rinfoderò la lunga spada di acciaio e si rivolse a lei, Jonathan e Jace e dichiarò con ton definitivo -Direi che abbiamo quello per cui siamo venuti, torniamo a casa e sistemiamo le cose tra di noi. Siamo una famiglia dopotutto.-
Jonathan si alzò di scatto e fece per impugnare la spada, ma Clary tirandolo per il polso e alzandosi dal pavimento lo fermò -No.- disse piano, poi fissando suo padre rabbiosa, irrigidì la mascella -Dì a Jace la verità, poi vattene e sparisci per sempre. Questa volta siamo noi a decidere chi vive e chi muore, padre.-
-La verità?- fece Jace senza capire.
Clary sospirò -Ci sono parecchie cose che non sai, e se non cerchi di ammazzare mio fratello, può darsi che decideremo anche di spiegartele.- il suo tono era vagamente ironico, ma sperava sul serio che Jace ragionasse e mandasse Valentine al diavolo per unirsi a lei e Jonathan.
-Tuo fratello ha avuto una pessima influenza su di te Clarissa, stai esagerando.- ringhiò suo padre tirando nuovamente fuori la spada e puntandola contro di loro.
-Stai dimenticando qualcosa, Valentine Morgenstern.- la voce di Alec giunse alle orecchie di Clary e dei presenti dall'alto, in disparte, come prima.
Stava di nuovo incoccando una freccia al suo arco, questa volta, Clary vide anche Magnus accanto a lui, che tenendogli una mano posata sulla spalla, stava lasciando fuoriuscire dalle dita altre fiammelle azzurre che circondarono tutta la faretra che Alec teneva appesa alla schiena.
Lo stregone confermò -Sono tutte modificate per colpire te, non puoi vincere oggi.-
-Alec...- Jace mormorò piano, ma Clary non seppe dire se il suo tono celava dispiacere o una riconoscente sorpresa.
-Credi che io possa morire per mano di un branco di ragazzini e di un Nascosto che non è fedele nemmeno alla sua razza?- lo schernì Valentine impassibile.
-No,- rispose semplicemente Magnus -Credo che tu possa morire per mano di tutti coloro, ai quali hai insegnato ad uccidere con fanatico impegno.-
Per una volta, Clary si trovò d'accordo con lui. Non aveva intenzione di vedere né Jace né tanto meno Jonathan, morire o venire feriti da Valentine, lo avrebbe ucciso piuttosto.
-Prima di vedere il giorno in cui i miei figli imbracceranno le armi contro loro padre, i mari si saranno prosciugati Nascosto!- replicò Valentine con fermezza.
-E allora credo proprio che i mari siano asciutti padre!- ringhiò Clary strappando la spada di mano a Jonathan e scagliandosi contro Valentine.
Suo padre parò il colpo con la propria spada mentre l'aria sibilava metallica intorno a loro.
-Clarissa!- gridò suo fratello scattando in avanti e tirando fuori dal fodero alla cintura un'altra spada.
In un secondo, lei e Jonathan stavano combattendo fianco a fianco contro loro padre, che nonostante fosse da solo contro due, stava dando a entrambi filo da torcere senza fare nemmeno troppi sforzi.
 
 
Jace approfittando solo per un momento del poco tempo che Clarissa e l'altro ragazzo gli stavano dando, corse verso Izzy le tracciò un iratze per farla riprendere: era ancora svenuta da quando Clary l'aveva messa K.O.
Poi rapidamente, corse anche da Lucian, aveva una brutta ferita, ma se curato in fretta poteva ancora cavarsela.
Nella sua testa, un fiume di domande si stavano accavallando l'una sull'altra senza nemmeno l'ombra di una risposta sensata.
Suo padre gli aveva detto che Clary era sua sorella, ma ora, saltava fuori che anche il ragazzo con i capelli chiari era suo figlio, e stranamente, si chiamava come lui: Jonathan. Non era una cosa molto comune... qualcosa non gli tornava.
Quando ebbe finito di curare Isabelle e Lucian, Jace alzò lo sguardo e cercò quello di Alec, era ancora in un angolo in disparte e teneva la sala sotto tiro, muovendo l'arco in direzione di Valentine cercando di seguire i suoi movimenti, ma era chiaro che non avesse intenzione di correre il rischio che qualcun altro finisse nella traiettoria delle sue frecce.
Magnus, gli stava mormorando qualcosa all'orecchio, ma Jace non riuscì a capire cosa, il clangore delle spade copriva ogni altro suono.
Alec, fissandolo per un momento, gli fece un cenno con il capo. Erano Parabatai da parecchio, fratelli da una vita, Jace sapeva cosa intendeva dirgli. Gli stava semplicemente dicendo di fidarsi, che era là per coprirgli le spalle.
Nonostante lui li avesse abbandonati tutti senza dire una parola per seguire suo padre, Alec e Isabelle erano andati quel giorno alla Città di Ossa per aiutarlo, non per attaccarlo.
Jace si sentì incredibilmente grato in quel momento. Restituendo l'occhiata ad Alec, evocò una spada angelica e dopo aver fatto un respiro profondo per sgombrare la mente, affiancò Clary e suo fratello contro Valentine: non per uccidere, ma almeno per fermare quella pazzia e cercare di capire la verità.
Suo padre si ritrovò a parare un terzo colpo, quando la lama angelica di Jace si inchiodò contro la sua spada di ferro.
-Questo è il tuo concetto di lealtà Jonathan?- latrò suo padre forzando la stretta sulla spada e allontanando Jace con un colpo della spalla.
Jace fece per rispondere, ma l'altro ragazzo, senza smettere di attaccare nemmeno per un momento, sghignazzò -Sii più specifico padre. A quale Jonathan ti riferisci?-
Valentine ruggendo di rabbia, mirò un affondo verso di lui, ma quello scivolando di lato lo evitò senza sforzo: il ghigno sarcastico non aveva abbandonato le sue labbra nemmeno per un istante notò Jace.
-Dovrò insegnarti a tenere la bocca chiusa nell'unico modo che abbia mai funzionato a quanto vedo! Mi dispiace che tu mi abbia spinto a questo!- replicò Valentine estraendo una seconda spada da dietro la schiena e cominciando a combattere con due lame.
Jace tuttavia, ci mise meno di un secondo a capire cosa suo padre intendesse dire, ogni attacco di Valentine, con più furia e più potenza di quanta non ne avesse usata fino a quel momento, era indirizzato contro Clary.
Lui e l'altro ragazzo di nome Jonathan cercarono di aiutarla accerchiando Valentine e attaccandolo da più fronti, ma la lunga Spada Mortale che teneva agganciata alla schiena lo proteggeva da attacchi letali da dietro, ed ogni affondo laterale che i due provavano a mettere a segno veniva parato con precisione.
Se solo Jace fosse riuscito a porre più distanza tra loro e Valentine, Alec avrebbe potuto colpirlo con l'arco, ma in quel modo, il suo Parabatai non stava scagliando frecce perché nonostante fossero avvolte dalla magia che rendeva suo padre il solo bersaglio, non c'era garanzia che in un movimento brusco qualcuno finisse nella loro traiettoria come era successo prima con Clary.
Non si fidava ancora di lei, non dopo tutte le bugie che gli aveva detto, ma di una cosa era certo: non voleva che le venisse fatto del male, si sentiva soffocare senza un'apparente ragione al solo pensiero.
-Mi sono stancato!- latrò Valentine avanzando più feroce -Ultima possibilità, lasciate le armi!-
L'unica risposta che ottenne, fu il fischio delle lame intorno a lui che continuavano a scivolargli accanto.
-D'accordo.- dichiarò in un basso mormorio. Nel suo tono c'era qualcosa che fece venire a Jace i brividi, sapeva molto bene quanto suo padre fosse in gamba nella lotta. La calma certezza nella sua voce, preannunciava qualcosa di tremendo.
Vide Clary rialzarsi dopo essere rotolata indietro di qualche metro, ma nello stesso momento in cui lei si alzò, Jace capì cosa avesse voluto dire suo padre.
Valentine aveva tirato fuori da una fondina ascellare un lungo pugnale e con una velocità imprevedibile, lo lanciò contro la sua stessa figlia.
Non passò nemmeno un secondo, il corpo di Jace fece tutto in automatico, prima ancora che il cervello desse l'ordine.
Si sentì dire -Alec, lancia!- come se la sua voce non gli appartenesse e facendosi da parte in modo da liberare la traiettoria verso Valentine, saltò in direzione di Clary: sapeva che non c'era modo di impedire l'impatto, ma almeno non avrebbe colpito lei.
Un secondo prima che la punta di ferro la trafiggesse, Jace dando le spalle alla lama si parò tra quella e Clary facendole da scudo con il proprio corpo, un attimo dopo, il pugnale entrandogli nella schiena, scivolando veloce come un coltello che taglia il burro, gli sfiorò la spina dorsale trafiggendogli il cuore.
Jace spalancò gli occhi senza riuscire nemmeno a gridare, dalle sue labbra uscì solo uno sbuffo di fiato umido di sangue, poi cadendo in ginocchio, si ritrovò a perdersi nei luminosi occhi di Clary che lo fissavano sconvolti e bagnati di lacrime. Stava piangendo per lui?
 
 
Clary percepì appena quello che era successo, Jace doveva aver visto il pugnale che a lei era sfuggito, aveva urlato l'ordine verso Alec e un attimo dopo era in ginocchio con la lama che bucava il suo cuore.
Clary lo strinse tra le braccia per non farlo rovinare del tutto al suolo, ma la cosa che vide dopo, riuscì ad essere anche peggio del ragazzo che le stava morendo tra le braccia: Alec aveva scagliato la freccia verso Valentine, ma suo padre, tirando un potente calcio nello stomaco a Jonathan, l'aveva spinto proprio tra sé e la punta affilata diretta a lui.
Le fiamme azzurrine che avvolgevano la freccia, scomparirono nel torace di suo fratello, che emettendo un sibilo di dolore, rotolò a terra con la freccia conficcata nel petto e gli occhi vitrei.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Raziel ***


Buona sera... anche se tardissimo! Meglio buon giorno forse xD dato che immagino verrà letto domani!
Ma con una corsa contro il tempo ho voluto mantenere la mia promessa! Vi siete fatte sentire e io voluto aggiornare a tutti i costi! :)
Vi ringrazio per le recensioni e l'incoraggiamento!
Spero che il capitolo vi piaccia e vi fermiate a lasciarmi un commento!
Buona lettura, un bacio.
Annie :*

Ps: abbiate pazienza e perdonate eventuali errori, non ho avuto tempo per le super correzioni, spero non ci siano strafalcioni! 
 
 
 
Clary spezzata a metà, vedendo Jonathan al suolo e Jace che le stava morendo tra le braccia, lo sostenne come in automatico per le spalle cercando di non farlo afflosciare per terra, ma si ritrovò in fretta a rendersi conto che ormai era solo un corpo a peso morto.
Si adagiò la sua testa in grembo e lo guardò negli occhi, erano dorati e pieni di dolore, sembravano ardere di fuoco, eppure la loro luce li stava abbandonando.
Tra le iridi chiare, c'era una scintilla di stupore e paura.
Clary cercando di consolarlo mormorò -Andrà tutto bene, ti riprenderai Jace...- con un movimento netto tirò fuori il pugnale dalla sua schiena e si sfilò lo stilo dalla tasca, ma le labbra di Jace rimasero congelate in una preghiera muta, ribaltò gli occhi e l'ultimo respiro gli fischiò tra le labbra in un rantolo, un attimo dopo, il suo cuore aveva smesso di battere.
Non c'era tempo nemmeno per piangere, alzandosi dopo aver lasciato andare con delicatezza il capo di Jace contro il pavimento, Clary corse da Jonathan, solo vagamente consapevole che intorno a lei stava infuriando una battaglia in cui tutti i presenti erano uniti contro Valentine: in quel momento non gliene importava niente.
Non poteva perderli entrambi, doveva fare qualcosa!
-Jonathan!- Ansimò arrivando da lui e buttandosi in ginocchio.
-Clarissa... gli Strumenti...Mortali...- biascicò suo fratello con le labbra rosse di sangue e la voce rotta.
Era già certo di essere morto? Cosa le stava dicendo?
-Non ce ne sarà bisogno!- ringhiò Clary -Tu non morirai adesso! Mi hai sentito Jonathan?-
Suo fratello sorrise in mezzo al sangue, i capelli argentati gli stavano incollati alla fronte e la sua pelle era bianca come neve, non aveva una bella cera.
-Stai sprecando...tempo- Ansimò lui strizzando gli occhi, come stesse cercando di rimanere vigile.
Clary si chinò dandogli un bacio sulla fronte, in un unico movimento tirò fuori dal suo petto la freccia, si apprestò a marchiarlo, ma di nuovo, come in un macabro scherzo del destino, prima che la punta dello stilo toccasse la sua pelle, il suo cuore diede l'ultimo battito stanco e suo fratello rimase immobile tra le sue braccia con gli occhi spalancati fissando cose che non poteva più vedere.
Per un momento, un silenzio surreale calò intorno a Clary annullando i suoni delle spade che sibilavano intorno a lei, fu come se il mondo si fosse fermato sul suo asse smettendo di ruotare, smettendo di esistere.
Non riusciva nemmeno ad immaginare un mondo senza suo fratello. Non poteva essere reale.
Il suo cuore mancò un battito nella silenziosa bolla di dolore che l'avvolse, cristallizzando il mondo in quel preciso istante di orrore.
Poi, come spinto dal fuoco, ricominciò a martellare violentemente e con forza dentro la sua cassa toracica ridando vita anche al carillon che stava continuando a esistere intorno a lei.
Tutto tornò al suo posto, la sala insanguinata della Città di Ossa tornò davanti ai suoi occhi e il rumore della battaglia tornò a riempire l'aria.
C'era ancora una speranza. Doveva esserci, sia per Jace che per Jonathan. Clary abbandonando i corpi dei due ragazzi senza guardarli di nuovo per non rischiare di soffocare dentro sé stessa, si preparò a combattere Valentine con ogni arma a sua disposizione, lei possedeva la Coppa, se gli avesse preso la Spada, avrebbe potuto evocare Raziel e sperare che riportasse in vita entrambi.
Tuttavia, quando si voltò verso suo padre imbracciando le armi, si rese conto che tutti i presenti stavano lottando contro di lui, che ormai era alle strette.
Con la traiettoria di tiro libera, Alec era riuscito a mandare a segno due frecce, che illuminate di riflessi azzurrini, bucavano rispettivamente il braccio destro e il fianco di Valentine, che nonostante le ferite, stava continuando a tenere testa a Lucian e Isabelle che si erano concentrati su di lui negli attacchi ravvicinati.
Clary avvicinandosi con la spada di Jonathan in una mano e il corto pugnale che aveva ucciso Jace nell'altra, si parò di fronte a suo padre e lo guardò con odio -Come hai osato?- ringhiò piano con la voce intrisa di odio puro.
Valentine la guardò piatto -Non mi hanno lasciato scelta, loro hanno difeso la loro vita, io la mia.- replicò riprendendo fiato mentre gli attacchi di Isabelle e Lucian si interrompevano.
-Sei morto, uccidere te non riporterà in vita loro, ma almeno saranno vendicati. Tu non esisti più.- dichiarò Clary alzando le armi contro di lui.
-Uccidimi allora, dimostrami che per quindici anni non ho sprecato il mio tempo con te! Mi darai una morte gloriosa sapendo che almeno uno dei miei figli è in grado di combattere per ciò che vuole! Il sangue non mente Clarissa, che ti piaccia o no, sei mia figlia, sei come me. Devi solo dimostrarlo.- rispose suo padre spalancando le braccia e lasciando cadere le spade.
Clary lo studiò per un secondo, avrebbe potuto sul serio ucciderlo in quel momento, disarmato, arreso a lei, ma avrebbe davvero voluto dire essere come lui. Diventare un mostro, perdere la sua identità per trasformarsi nel mostro che suo padre aveva tanto voluto creare.
Così, con uno sguardo di vetro cercando di suonare autorevole, si rivolse a Lucian e ordinò -Catturatelo, consegnatelo al Conclave e che ne facciano quello che vogliono. Io non sono un carnefice.-
Una scintilla di speranza e orgogliosi accese negli occhi di Lucian, mentre annuendo a lei, si avvicinava a Valentine dicendo -Hai perso, i tuoi figli non sono diventati quello che tu volevi, sono almeno lieto di sapere che Jocelyn non sia morta invano.-
Isabelle porse la sua frusta di elettro a Lucian perché la usasse come corda, ma Magnus, con uno schiocco delle dita, fece comparire delle corde esattamente nelle loro mani.
Clary osservò con doloroso distacco, suo padre che veniva legato e immobilizzato, per poi venire trascinato via da Lucian.
Il secondo dopo, Alec e Isabelle, rendendosi conto di cosa era successo a Jace, stavano chini su di lui piangendo in silenzio.
Avvicinandosi a loro, Clary disse -Lo so che non vi ho dato mai un motivo per fidarvi di me, ma non voglio che Jace sia morto invano, mi ha salvato la vita, qualcosa deve pur valere. Lasciate che io prenda la Spada Mortale prima di doverla ridare al Conclave, evocheremo Raziel e riporteremo indietro Jace e Jonathan. Vi prego...- aggiunse implorante.
Alec senza nemmeno alzare lo sguardo dal suo Parabatai, freddo tra le sue braccia, mormorò -Non possiamo evocarlo, ti manca uno Strumento, Jace è morto e non c'è niente che tu possa fare... vattene se non vuoi che uccida anche te.-
Clary scuotendolo per la spalla, lo costrinse a guardarla: i suoi occhi azzurri erano freddi e spenti come pezzi di ghiaccio, pieni di un dolore talmente grande, che solo in quel momento, per la prima volta, lei riuscì a comprendere davvero quanto grande e intenso fosse il legame tra due Parabatai, inoltre Alec considerava Jace un fratello, riusciva a capire come si stesse sentendo, anche lei, vedendo Jonathan steso a terra accanto a loro, sentiva come una spina di ferro conficcata nel cuore.
-Con la Spada, io possiedo tutti e tre gli Strumenti Mortali necessari per riportare in vita Jace. Potete venire a Idris con me se non mi credete. Ti prego Alec, non lasciarli morire entrambi perché odi me.- pregò Clary.
Non voleva fare del male più a nessuno, non voleva combattere ancora, voleva solo riavere suo fratello e Jace, per vivere tutto quello che non avevano potuto avere.
-Nessuno ha mai trovato lo Specchio.- replicò Alec piatto.
Ma Clary conosceva la risposta a quell'enigma da tutta la vita, suo padre glielo aveva detto da anni.
-Lo specchio, è il lago Lyn, Alec. La Spada, la Coppa e il lago, sono ciò che ci serve per evocare Raziel.
Se non verrete con me, andrò da sola, prenderò la Spada con la forza. Non intendo lasciarli così, non se c'è anche solo una possibilità che si salvino!- disse alzando la voce.
Prima che Alec rispondesse, la risata di Valentine spezzò il silenzio, ma Lucian lo zittì con una gomitata nello stomaco, poi rivolgendosi ad Alec e Isabelle disse -Dovremmo provare, Jace è morto proteggendo Clary, qualcosa deve pur dire. Non era uno stupido, se ha ritenuto che lei meritasse di vivere, dobbiamo fidarci di lui. Andremo a Idris insieme e consegneremo Valentine, in seguito daremo anche la Spada e la Coppa Mortale che finalmente torneranno entrambe dove avrebbero dovuto essere. Io dico che vale la pena provare.-
Isabelle, mentre la frusta di elettro tornava a prendere le sembianze di un lucido bracciale intorno al suo polso, annuì determinata -Lo penso anche io. Alec, hanno ragione dobbiamo almeno provare.-
-Verrò con voi Alexander, controllerò che niente vada storto e vi aiuterò, ma Lucian e Clarissa hanno ragione, se vuoi riavere indietro il tuo Parabatai, questa è l'unica via.- la voce di Magnus risuonò autorevole ma paziente, sembrò proprio il fatto che l'avesse detto lui, a spingere Alec ad acconsentire.
-D'accordo, ma terrò io la Spada e la Coppa.- dichiarò Alec fulminando Clary.
Lei pensò un momento alle sue possibilità, o così o niente... non è che ci fosse molta scelta dopo tutto.
-Va bene. Ma se mi tradirai consegnandoli al Conclave, ucciderò te e tutta la tua famiglia.- sibilò piano Clary -Non ho più niente da perdere ormai.- concluse piano.
-Jace è il mio Parabatai, mio fratello, il mio migliore amico! Pensi che non voglia riaverlo indietro se c'è anche solo una piccola possibilità che succeda? Impara a fidarti anche tu, non tutti al mondo sono mostri.- replicò Alec offeso.
Dopo aver caricato i corpi di Jace e Jonathan su due lettighe che aveva fatto comparire Magnus, e che fluttuavano sospese seguendoli, Clary e gli altri uscirono dalla Città di Ossa, scoprendo con orrore perché non avessero incontrato nemmeno un Fratello Silente fino a quel momento.
Valentine ne aveva ammazzati una decina e messo in fuga gli altri.
L'unico pensiero, che almeno minimamente consolò Clary, era il fatto che da vivo, suo padre avrebbe potuto pagare per tutto quello che aveva fatto. Era meglio non averlo ucciso, uno come lui non meritava la morte.
Doveva scontare tutti i suoi crimini per il resto della vita.
 
 
Riuscendo miracolosamente a raggiungere i confini di Idris, usando una minima parte del sangue di Jonathan, erano perfino riusciti a entrare all'interno delle difese senza doversi presentare alla Torre della Guardia.
Spiegare due cadaveri, la presenza degli Strumenti Mortali e Valentine Morgenstern tutto insieme, sarebbe stato decisamente complicato.
Clary in testa al gruppo, seguita da Magnus, Alec, Isabelle e i corpi fluttuanti di Jace e suo fratello, si era diretta spedita al lago Lyn.
Lucian era andato verso la città per consegnare Valentine al Console e spiegare sommariamente cosa fosse successo.
Speravano di riuscire a sistemare le cose, Clary non ne voleva più sapere di guerre e vendette a quel punto, l'unica cosa che desiderava, l'unica cosa che le fosse rimasta a cui aggrapparsi, era la speranza di una vita con suo fratello, lontani da loro padre.
Non credeva più nelle storie di Valentine sul Conclave, iniziava persino a dubitare che i Nascosti fossero così infimi e malvagi come lui glieli aveva sempre descritti, in fin dei conti Magnus Bane, niente di meno che uno stregone, li stava aiutando senza chiedere nulla in cambio... qualcosa doveva pur dire.
Tutto quello che Clary voleva era far tornare in vita Jace e Jonathan, aiutare anche lui a capire che le cose non erano come le avevano sempre credute e ricostruirsi una vita normale.
Sentendo il profondo dolore che le riempiva il cuore alla vista di Jace steso esanime e fluttuante dietro di lei, aveva capito che provava qualcosa per quel ragazzo, poteva essere solo il richiamo del sangue dell'Angelo che condividevano, poteva essere che lui riusciva a catturare la sua attenzione col suo pessimo carattere, non aveva idea di cosa fosse, ma dentro di sé, nella parte più profonda del suo cuore, quella che non era stata distrutta da Valentine, sentiva che Jace meritava di vivere e che lei, avrebbe voluto poterlo conoscere meglio prima che la morte lo portasse via.
Le campagne verdi di Alicante si estendevano intorno a loro ovunque, riempiendo la vista e sparendo all'orizzonte, il tramonto stava calando sui prati e le lingue di fuoco del sole tingevano di vermiglio i fili d'erba e le spighe di grano, rendendoli quasi color sangue.
Tuttavia, in pochi minuti, una tenue luce bluastra li avvolse e quando anche l'ultimo raggio rossastro del sole morente fu sparito all'orizzonte, loro erano ormai arrivati al lago.
Clary cercando di rianimarsi e trovando la forza da chissà dove, diede indicazioni agli altri per affrettare i tempi.
Magnus li aiutò con la magia facendo risparmiare fatica e in meno di dieci minuti, tutto era pronto.
Un piccolo altare di pietra, era sorto davanti alla sponda del lago, pietre di Stregaluce brillavano sulla sabbia illuminando di luce biancastra e tenue tutte le rune che Clary aveva tracciato sulla sabbia.
Conosceva il modo di evocare Raziel, lei e Jonathan avevano messo il naso negli appunti di loro padre un milione di volte, inoltre Valentine, se pur senza entrare mai nel dettaglio, aveva detto loro diverse cose su come si sarebbero svolti i fatti quando fosse riuscito a evocare l'Angelo.
Clary stringendo in una mano la Spada Mortale, nell'altra la Coppa, tirò indietro il braccio e lanciò quest'ultima nel lago Lyn.
La Coppa Mortale, sotto gli occhi increduli dei presenti, si accese di una luce scintillante mentre cadendo verso l'acqua proiettava i riflessi sui flutti quieti.
Un attimo dopo, pungendosi la mano con la punta della Spada Mortale, Clary offrì il suo sacrificio di sangue da Shadowhunter al lago e poi lanciò anche la Spada nell'acqua.
I presenti erano muti di stupore, forse anche paura, notò Clary, ma non lei, per lei quel momento era tutto, aveva aspettato tutta la vita di veder comparire Raziel dalle acque scure del lago Lyn, tutta la vita con la stessa domanda in mente, ed ora, dopo quindici anni di certezze, la domanda che avrebbe fatto sarebbe stata un'altra, una domanda che non avrebbe mai voluto dover fare.
Riporta in vita mio fratello. Riportami anche Jace. Pensò disperata.
In quel momento era l'unica cosa che voleva al mondo.
Jonathan avrebbe dovuto essere con lei quando avrebbero evocato Raziel, ma le cose non erano andate così.
Un bagliore argentato riportò la sua attenzione sul lago: dal punto in cui la Spada Mortale era affondata, si alzò un muro d'acqua brillante di luce che salì per decine di metri illuminando il lago, la valle, Clary ebbe l'impressione che stesse illuminando tutta Alicante.
Dischiuse gli occhi per la troppa luce, quando riaprì le palpebre, lo vide.
Raziel sorse dalle acque del lago Lyn, ancora più maestoso e terrificante di quanto non l'avesse mai immaginato.
Proprio come in ogni rappresentazione, teneva la Coppa Mortale in una mano e la Spada nell'altra. Il suo corpo riluceva d'oro, luminoso come il sole.
Immense piume, ognuna con un occhio al loro interno, andavano a formare ali grandi e possenti.
Raziel continuando a salire dall'acqua, increspandone la superficie, rivolse il volto verso Clary e poi parlò.
Alec, Isabelle e Magnus erano in ginocchio, probabilmente piegati dalla potenza che il corpo dell'angelo emanava, ma non lei, Clary impiegò ogni briciolo di forza che le fosse rimasta nel corpo e nel cuore, per rimanere in piedi, chinò solo il capo, mentre l'energia di Raziel scorreva su di lei come un'onda gigante, facendola quasi ondeggiare al vento nemmeno fosse stata un rametto su una riva in tempesta.
-Mille anni fa, colui che diventò il capostipite della tua razza mi evocò in questo lago.- dichiarò Raziel, la sua voce non era umana, non era nemmeno una voce in effetti, sembrava musica, come se non contenesse parole, eppure tutti i presenti, riuscirono perfettamente a capire ciò che stava dicendo.
L'angelo continuò -Jonathan Shadowhunter chiese il mio aiuto per combattere i demoni in questo mondo, donai il mio sangue per voi dicendo che non avrei fatto altro. Perché mi hai evocato?-
Clary tremando violentemente, non per la paura, ma per la maestosa e imponente forza che Raziel emanava, cercò di guardarlo per imprimere nella mente ogni dettaglio, non capitava tutti i giorni di vedere il creatore degli Shadowhunter...
Con una stretta di dolore al cuore, al pensiero che Jonathan non avesse potuto essere lì con lei in quel momento, Clary supplicò -Possiedo gli Strumenti Mortali, invoco il tuo aiuto per ridare la vita a chi a causa di una guerra insulsa e folle l'ha persa.-
Raziel sembrò studiarla con interesse, ma era difficile dirlo con tutta la luce che brillava intorno al suo viso. Guardarlo negli occhi era impossibile. Sembrava che al loro interno ardesse un fuoco più luminoso del sole stesso. Era abbagliante.
-È solo per questo che mi hai evocato?- domandò l'angelo con una nota di ferocia nella voce.
Clary tremò di nuovo, sentendosi come spostare da una raffica di vento.
-Solo per questo.- confermò.
Raziel sospeso sulle acque agitate del lago, rispose -Mio fratello Ithuriel giace ancora prigioniero nella casa di tuo padre, con quale coraggio proprio tu osi evocarmi?-
Un suono strozzato di stupore si levò vicino a lei, ma Clary non capì chi dei presenti l'avesse emesso, sentì solo una punta di terrore strisciarle addosso.
Non avrebbe voluto che l'angelo catturato da suo padre rimanesse prigioniero, lo aveva detto a suo fratello sin da subito!
-Lo libererò, non sono stata io a catturarlo, né a privarlo della libertà. Hai la mia parola che non gli verrà fatto altro male da un Morgenstern!- giurò Clary sull'orlo della disperazione.
Non aveva preso in considerazione l'idea che una volta evocato, Raziel non le avrebbe concesso il suo aiuto.
-La tua parola?- sembrò schernirla lui -Cosa può valere la tua parola per un angelo? Il tuo cuore non è puro, Shadowhunter, la tua anima non appartiene al cielo. Conosco il tuo cuore.-
Clary perdendo il senso di cosa fosse appropriato con un angelo o meno, gridò -Ti prego! È cambiato tutto adesso! Mio padre mi ha plasmata in ciò che tu stai descrivendo, ma io non lo seguirò mai più! Ti prego, ridai la vita a Jace e mio fratello! Libererò Ithuriel, consegnerò gli Strumenti Mortali, ti darò anche la mia vita se la esigerai in cambio!-
L'angelo a quelle parole la osservò curioso -Ami a tal punto quelle persone da sacrificare la tua vita per la loro.- disse. Non era una domanda.
-Posso vedere che è la verità, vedo che saresti davvero disposta a pagare con la tua vita, ma non posso ugualmente darti ciò che vuoi.-
A quelle parole, Clary crollò in ginocchio affondando le dita nella sabbia umida.
Perché non poteva aiutarla? Perché?
-Non ho detto che non farò niente.- continuò Raziel -C'è bontà nel tuo cuore Clarissa Morgenstern. Ti darò ciò che hai chiesto, ma ne posso riportare in vita solo uno.- quelle parole, risuonarono nel petto di Clary come un tuono.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3393026