All I want for Christmas is... your love.

di tenacious_deep_soul 99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 

Capitolo 1:

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-Non ce la faccio più con te Jieun! Come posso farti cambiare idea!?-

-Te l’ho già detto mamma, non cambierò la mia decisione!-

-Cocciuta di una ragazza! Sei peggio di tuo padre!-

Ed ecco che, ad animare lo sfondo del salotto casalingo, vi era un bellissimo quadretto, un esempio di rapporto pacifico fra due persone classificate come madre e figlia: la prima, una donna autorevole in grado di farsi rispettare a quanto pare non da tutti, e l’altra, conosciuta col nome di Jieun Lee, una semplicissima ragazza tutta acqua e sapone, la tipica persona che odia farsi mettere i piedi in testa.
Quel giorno era alle prese con la solita discussione cui causa prima era il pensiero fisso e assillante che girovagava nella mente di sua madre da tempo immemore: la chirurgia plastica.
Ebbene sì, secondo la donna, Jieun avrebbe dovuto ricorrere a questo per essere accettata nella società ed avere finalmente un lavoro, sarebbe stato meglio per tutti diceva lei.

Un attimo… ma tutti chi?

Era questo che Jieun non riusciva a sopportare di sua madre, da un po’ di tempo a quella parte aveva cominciato seriamente ad odiarla soprattutto quando la paragonava alla buon’anima di suo padre, morto in un incidente stradale quando lei era molto piccola: per lei suo padre era tutta la sua vita e lo stesso valeva anche per lui.

-Suvvia Jieun, guarda che non è così male essere sottoposti a questo genere di cose- esclamò sua sorella mentre si limava le unghie seduta a gambe all’aria sulla poltrona.

-Certo Eun, avere trenta chili di silicone nella faccia e la pelle tirata come un elastico da fitness dev’essere estasiante- ribatté con adorabile sarcasmo la ragazza, irremovibile come non mai.

Sua sorella maggiore, Eun, era la tipica ragazza manipolabile e ingenua, e proprio per questo sua madre preferiva più lei che Jieun. Era stata convinta proprio dalla donna a modificare il suo aspetto per una società dagli ideali sbagliati, per una mentalità contorta basata sull’esteriorità e sul continuo apparire, per quel mondo freddo e sbagliato nel quale Jieun viveva e di cui aveva sempre fatto parte… purtroppo.
La ragazza non capiva perché dovesse sottomettersi al volere degli altri solo per dei pregiudizi colmi di superficialità.
Sapeva di non essere mai stata una così grande bellezza da fare invidia anche a Miss Corea, sapeva di non essere perfetta, sapeva di non essere quello che sua madre volesse che fosse… ma a lei piaceva, si piaceva, ne andava più che fiera.
Ciò che poteva distinguerla da quella massa di popolazione catalogata in serie e più siliconata di Barbie era il suo essere interiore, aveva sempre apprezzato se stessa e la sua naturalezza, non si era mai fatta influenzare da quello che gli altri pensassero di lei poiché ciò che dicevano non equivaleva mai a quello che pensava.

-E poi non hai neanche un ragazzo! Hai vent’anni santo cielo! Guarda tua sorella: lei si è già sistemata, manchi solo tu adesso!- sbraitò sua madre dalla cucina riaccendendo in modo talmente facile la discussione che in confronto pigiare un interruttore diveniva un’impresa titanica.

-Ancora con questa storia! Non ho bisogno di un maschio nella mia vita, mamma!- rispose di rimando lei con parole dirette e decise.

Avrebbe dovuto usare ancora l’appellativo di mamma o no?

-E poi… non hai nemmeno un lavoro! Quando ti deciderai a cercarne uno!?- agitava lo strofinaccio umido che aveva in mano adibendolo a uno schiacciamosche.

-Da questo posso constatare che non mi degni di attenzioni visto che ancora devo dare gli ultimi esami all’università!-

Si sentiva stufa di quella vita, era stanca dei soliti discorsi e della mentalità chiusa e bigotta di gente come sua madre, detestava tutto quello che la circondava ed in momenti come quelli l’unica cosa che potesse fare era ritirarsi nella sua stanza dove si sperava potesse concedersi un po’ di tanto meritata tranquillità, lontana da chi le faceva venire costantemente il voltastomaco.

-Quanto ancora dovrò continuare così? Arriverò mai ai miei trent’anni di questo passo?-.
Jieun aveva appena chiuso la porta della sua amata camera, quel luogo a lei sacro che nessuno doveva violare in alcuna maniera se non con il suo consenso.

-Merda- esclamò ad occhi sgranati guardando fisso il calendario appeso nella parete di fronte a lei.
Quel dannatissimo foglio di carta indicava la fine di novembre, presagio di nuove e spassose liti abbastanza variopinte.

Che sarà mai dicembre? E’ un mese così bello...
Categoricamente ed inequivocabilmente NO.


Per un coreano single l’arrivo di questo mese potrà solo essere sintomo di rottura di palle, metaforicamente parlando e non solo. Basti pensare alla settimana precedente il Natale, tempestata dai continui terzi gradi dei famigliari nel sapere di un eventuale partner e dalle prediche accavallate ai consigli più svariati per andarne alla ricerca con tanta urgenza.
Per non parlare poi del tanto atteso 25, il giorno in cui (si pensa) si debba stare amorevolmente insieme in armonia con la famiglia… non c’è niente di più sbagliato di questo.
Arrivare a quel giorno senza un fidanzato significava passare le feste come un funerale, quando tutti iniziavano a rivolgersi dispiaciuti, in questo caso alla malcapitata, al sol venire a conoscenza del non possesso di un moroso col quale condividere la magia e lo spirito tipico natalizio.
Ma per carità! Lo sappiamo tutti che nella famiglia di Jieun il Natale era del tutto finto e inanimato, era come assistere ad uno spettacolo di marionette ma senza spettacolo. Rende già l’idea?
Jieun l’idea in testa l’aveva ben chiara… eccome se l’aveva!

-No, no, no e no. Stavolta no, adesso si fa come dico io!-.
Staccati i palmi delle mani dalla liscia superficie di legno della porta alla quale era rimasta appiccicata come una cozza fino a pochi istanti fa, si catapultò verso la sua scrivania la quale ospitava l’ultimo modello di laptop della Apple.Con un’innaturale celerità che rischiò di rompere le cerniere del pc bianco di medie dimensioni, sollevò lo schermo e accese ciò che le avrebbe permesso di salvarsi la vita per quel lasso di tempo a cavallo fra il 22 dicembre e il 7 gennaio.
In un battibaleno si ritrovò a navigare su internet, cosa che stava cominciando a sottoporla a stati d’ansia perenni causandole un’eccessiva tachicardia.

-Non ho altra scelta…- disse lei sospirando mentre permetteva alle dita di scivolarle sulla tastiera.
Apparsale in un lampo davanti agli occhi la pagina traboccante di risultati cliccò, senza pensarci due volte, il primo sito che le capitò sott’occhio:  Affitta ragazzi, diceva.
Il numero di ragazzi in affitto superava di poco il migliaio e, quasi la maggior parte, erano stati già presi.

-Oh beh sceglierò questo tizio qui allora, tanto uno vale l’altro- parlò ad alta voce fra sé e sé, indicando un profilo anonimo, non fornito di alcuna immagine inerente al ragazzo preso in questione.
Non c’era scritto quasi niente lì, ma valeva la pena tentare… come si dice: a mali estremi, estremi rimedi.
“Vuoi contattare il seguente utente?” recitava un messaggio sotto la casella del profilo.
Jieun non aveva alternative. Meglio evitare delle strigliate durante le feste natalizie…
L’esitazione non poté far altro che presentarsi, facendo dubitare la ragazza su ciò che stava per mettere in atto e su cosa sarebbe dovuta andare incontro; fortunatamente con tutto il suo sangue freddo riuscì a cliccare quel dannato tasto riportante la scritta Accetto, rendendosi conto che quello che stava facendo era per il suo bene nonostante questo genere di cose non fossero da lei.

Ciao _UserP95_
sarei interessata ad affittarti per un periodo di tempo indeterminato, dove possiamo incontrarci?
-Jieunnie96”


-E adesso aspettiamo- disse poggiandosi sullo schienale della sedia lasciando le braccia dritte di fronte a sé.
Posò lo sguardo sull’orario indicato dal computer, erano le 19:20. Non era mai stata così in tensione prima d’ora, era così colta dall’agitazione che non si accorse nemmeno del continuo picchiettare delle dita sulla scrivania, cercando di capire in tutti modi da dove venisse il rumore che stava producendo involontariamente.
Quando si accorse di aver ricevuto il messaggio di risposta da parte del ragazzo scelto a random erano già le 19:23:-Caspita, che velocità…- pensò sbalordita.

“Ciao Jieunnie96
ti andrebbe se ci vedessimo a Gangnam domani verso le sei? Sai, abito nelle vicinanze e mi verrebbe più comodo raggiungere un coffee shop”


“Certamente, per me va più che bene. In quale coffee shop dovrei farmi trovare?”

“Conosci il Sam’s bagel and Roastery? Io vado sempre lì”

“Si, lo conosco eccome. Ti aspetto lì domani all’orario concordato allora. Grazie di tutto”

Dopo una chiacchierata durata niente poco di meno che una decina di minuti e un rapido scambio di numeri di telefono, Jieun poté ritenersi appagata.
Anche quella era stata fatta, quell’ennesima cavolata l’aveva pianificata in maniera eccellente: ciò stava a significare che il suo buonsenso e la sua razionalità erano andati a farsi fottere da qualche parte.
L'unica cosa che poteva sperare adesso era che il suo piano non andasse a monte...

►Angolo autrice:
Ebbene sì mie care armys, mi sto dedicando alla stesura di una fanfiction tutta nuova interamente a tema natalizio! In questo momento sono talmente stracolma di idee che mi sto rimboccando proprio le maniche, riuscendo a districarmi tra il rovo di compiti in cui mi ritrovo e ritagliandomi un po’ di tempo al giorno per scrivere. Non so con precisione quando riuscirò a pubblicare il capitolo di questa stessa fanfic…
Riguardo a “Stay with me” domani dovrei essere in grado di deliziarvi con il tanto atteso seguito (specifico che ne vedremo delle belle… *sghignazza malignamente sfregandosi le mani*).
Detto ciò mi dileguo e lascio spazio a voi di farmi sapere cosa ne pensate.
Vi abbraccio!
Kisses -Giu:) 


 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2:

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Certo che camminare per le strade di Seoul, a dicembre, in mezzo a un freddo glaciale, senza alcuna automobile che potesse agevolare, era la cosa più pazza che si potesse fare.
Che Jieun potesse fare.
Il buio della sera sommato al caos bestiale che animava i marciapiedi non la aiutava affatto; in un primo momento cominciò ad avvilirsi pensando a come potesse essersi messa in quella situazione così stupida e chi gliel’avesse fatto fare un azzardo del genere, facendo mentalmente l’elenco in ordine alfabetico di tutte le divinità thailandesi.
Non ci aveva ancora messo piede che già aveva cominciato ad imprecare dentro di sé, rischiando di esplodere in mezzo alla folla dal nulla come fosse un kamikaze.
Fortuna che casa sua non era molto distante dal luogo prestabilito, magari qualcosa di positivo si poteva trovare scavando in fondo a quella situazione.
Era quasi arrivata alla meta, riusciva già a sentire l’odore di caffè passarle sotto il nasino il quale era così rosso da farla somigliare ad una renna, cadaverica per via del candido colorito della pelle somigliante a porcellana grezza.
Per un momento Jieun ebbe come una strana sensazione che si prolungò per tutta la durata del suo percorso: da qualche istante si era appena resa conto di essere seguita a debita distanza da un tizio sospetto, indossante un lungo cappotto beige e una mascherina bianca sul volto. Conseguentemente la ragazza accelerò il passo in maniera sempre maggiore fino a quando lo vide scomparire in mezzo l’abnorme quantità di gente accalcata su quel marciapiede innevato.

Sam’s Bagel and Roastery recitava l’insegna di quel coffee shop intersecato fra due palazzetti.

Lì dentro il calore dell’ambiente permise a Jieun di sciogliersi completamente dando l’impressione di essere un pupazzo di neve in piena giornata estiva.

-Salve, un caffè per favore- disse la ragazza rivolgendosi all’aitante commesso che in fatto di bellezza non era messo per niente male.

-Ecco a lei signorina- fece quello dalla frangia nera porgendole delicatamente la tazza contenente il liquido.

-Finalmente un po’ di piacer- Aaah!-.

Non appena ebbe dato le spalle alla cassa per dirigersi in uno dei tanti tavolini qualcuno venne a sbatterle contro, rovesciandole la bevanda bollente sulla sciarpa e su parte del mento.

-Ma dico io! Guarda dove metti i piedi, no!?- si aizzò lei contro la causa delle sue scottature.

-Chi si è girato senza guardare!?- esclamò quello.

-Ah beh certo, perché io ho gli specchietti retrovisori magari!- ribatté acida Jieun mentre agitava la mano bagnata di caffè dopo essersi pulita alla meno peggio la base della faccia:-Ti ringrazio per la doccia aromatizzata, sai mi ci voleva- disse allontanandosi da lui.

-Tsk, ma tu guarda…-

Mentre si accomodava al tavolino accanto alla finestra la sua mente ebbe come un’illuminazione ripensando all’outfit del maldestro ragazzo: cappotto beige, mascherina bianca al collo, cappellino nero… IMPOSSIBILE. Era lo stesso tipo che c’era prima in strada.
Non l’avrà per caso seguita apposta? E se quello fosse un serial killer maniaco? Se l’avesse presa di mira fra tanti per ucciderla e nascondere il suo corpo in qualche vicolo cieco di Gangnam?
Scuotendo la testa come volesse scrollarsi quegli strani e insulsi pensieri dalla testa ebbe la prontezza di prendere il cellulare posto dentro la borsa di pelle color borgogna, con la geniale idea di mandare un messaggio al ragazzo che avrebbe dovuto incontrare.

“Ciao, io sono al coffee shop. Tu dove sei?”

“Anch’io sono qui”

Rispose quello subito dopo. In mezzo a quella valanga di persone ammassate all’interno locale Jieun non riusciva a capire da chi potesse provenire quel messaggio dato che quasi la stragrande maggioranza lì dentro teneva in mano uno smartphone.

Dannata era tecnologica.

“Mi trovo nell’ultimo tavolino accanto alla finestra,
mi noterai: ho una sciarpa bianca macchiata di caffè”


Il ragazzo dal cappellino di lana nero, ancora avvolto nel suo cappotto davanti al bancone vicino la cassa prese ad armeggiare col telefonino: dopo aver lanciato a quest’ultimo un’occhiata colma di shock si voltò alla sua sinistra, cominciando a fissare con gli occhi sgranati la figura di Jieun al tavolo la quale si accorse di lui.

-Non ci posso credere…- pensò lei vedendo il ragazzo avvicinarlesi con sguardo da ebete e con ancora il cellulare sospeso su una mano. Ci mise meno di un millisecondo a realizzare che quello non fosse un incubo purtroppo.

-Ma allora sei tu! No, non è possibile!- esclamarono entrambi indicandosi a vicenda con indici accusatori.

-Oh porco mondo, tutti ma tu no- sospirò rumorosamente lui portandosi una mano sulla fronte facendola scivolare su tutto il viso.

-Dannazione, proprio tu dovevi capitarmi!? Santo cielo…-

Quella situazione non era certo delle migliori, Jieun non sapeva se ridere per l’ilarità del brutto scherzo giocato da un destino infame o piangere per la troppa disperazione: sicuramente avrebbe preferito optare per la seconda scelta…
Sbuffando, il ragazzo si accomodò a peso morto sulla sedia di fronte a lei, scippandosi il cappellino dalla testa e lanciandolo in malo modo contro il tavolo di legno scuro. A Jieun le sue maniere rudi e svampite non garbavano di certo ma non aveva scelta, per trascorrere almeno due settimane libera da ogni oppressione mentale doveva accontentarsi di ciò che le si era presentato davanti anche se potesse dare l’impressione di uno zotico.

-Non ti sei nemmeno scusato per avermi versato il caffè addosso, non ti vergogni?- lo punzecchiò lei mettendosi a braccia conserte.

-Senti, io non piaccio a te e tu non piaci a me: penso che almeno su questo siamo più che d’accordo. Ora… hai davvero bisogno di me o sei venuta per mettere scompiglio?-

-Non sarebbe stato questo il mio intento se ti fossi scusato!- disse Jieun assottigliando gli occhi, coperti ai lati da sottili ciocche di capelli lisci. La ragazza sentiva lentamente stringere la mano in un saldo pugno tanto che le nocche diventarono bianche quasi immediatamente.
In quel momento avrebbe davvero voluto prendere a sberle quel faccino da finto angioletto che si ritrovava:-Comunque sì, ho davvero bisogno di te- sospirò affannata portandosi all’indietro con la schiena.

-Ok… ehm… scusa, come ti chiameresti?- alzò un sopracciglio quello gesticolando continuamente con le mani.

-Lee Jieun, non è un piacere- gli porse lei la mano ancora odorosa di caffè.

-Park Jimin. Per la cronaca, nemmeno io sono lieto di conoscerti. Allora? Cosa vuoi che faccia?- le chiese poggiando la guancia sul pugno chiuso.

-Voglio che tu faccia finta di essere il mio ragazzo almeno fino a Natale, salvo imprevisti- roteò gli occhi un paio di volte mostrando un falso e sdegnoso interesse nei confronti di Jimin.
Jieun si sentiva disgustata, non avrebbe voluto dirgli cosa doveva fare per lei ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.

-Cosa!? Fino a Natale!? Ma qui diamo di matto! Io do di matto!- esclamò sollevandosi leggermente dalla sedia per portarsi in avanti verso Jieun.

-Ehi, anche a me non va a genio la cosa, soprattutto dopo averti conosciuto- lo spinse all’indietro con la mano accompagnando il gesto con espressione snobbata. Jieun sentiva di star esaurendo, per poco non le veniva un attacco di nervi.
Jieun non era mica lì per supplicarlo di aiutarla; Jimin era libero di sloggiare, tanto a lei avrebbe fatto più che comodo avendo notato i suoi atteggiamenti: era addirittura arrivata a pensare che, nel caso in cui il ragazzo avesse rifiutato, avrebbe provato a chiedere aiuto a quell’aitante cassiere.
Poggiatasi sul tavolo con le mani sui gomiti cercò di contenersi per cercare un compromesso:-Qual è la cifra?- disse sbuffando facendo un lieve scatto col collo e alzando lentamente un angolo della bocca carnosa.

-300,000 Won- la osservò da due fessure che si ritrovava come occhi, cercando di assumere un’espressione minacciosa che tanto minacciosa non era.

Sembravano due gangster impegnati in un duello.

Trecentomila won… certo che era una bella cifra quella, ci avrebbe fatto la spesa almeno per tre mesi. Jieun ci mise un po’ di tempo a prendere la decisione più giusta; a pensarci bene però una somma del genere avrebbe potuto anche starci se solo si prendeva in considerazione il lungo periodo di tempo, i regali di cui la doveva riempire per inscenare tutto, le uscite fuori e lo sforzo immane che doveva compiere, lui quanto lei.

-Eh va bene testolina cenere, affare fatto-

►Angolo autrice:
Annyeonghaseyo armys! Eccovi il secondo capitolo della ff, spero vi piaccia: ne approfitto prima per ringraziare chi segue e recensisce la storia (alzate la mia autostima in una maniera assurda, vi amo), poi per fare gli auguri di buon compleanno al nostro ChimChim, nonché personaggio fondamentale della fanfiction xD Fatemi sapere che ne pensate, mi fa sempre piacere sapere i vostri pareri in merito <3
Tanto love – Giu:) 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3:

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-Ma chi me l’ha fatto fare!?- si lagnava Jimin mentre camminava a braccetto con Jieun.

-Zitto e cammina. Ricordati il nostro accordo- bisbigliò lei approfittando della posizione del suo braccio per ficcargli una gomitata dritta sul fianco, cosa che lo fece piegare di lato in meno di un petosecondo. 

-Ehi vedi di darti una regolata, in caso di danni contro fisici perfetti c’è un extra da pagare- fece lui massaggiandosi il punto dolorante con la mano libera.

-Ma fammi il piacere, ricotta! Non ti ho nemmeno sfiorato che già ti fai male… e vi chiamano il sesso forte!-.
Forse Jimin poteva anche avere ragione sul fatto che potesse dolergli davvero: in fondo, come poteva sapere che Jieun fosse cintura nera di karate?
Entrambi stavano uscendo “felicemente” dal coffee shop, somigliando in tutto e per tutto ad una dolce e tenera coppietta; come si può notare benissimo… le apparenze ingannano.
Non erano già passate tre ore che Jieun stava già cominciando a non tollerarlo domandandosi come mai non fosse scappata al solo rendersi conto che quello sbruffone potesse essere il suo ragazzo in affitto: magari la sua disperazione era tale da farle arrivare a compiere gesti estremi.
In quel periodo per le stradicciole di Gangnam si riversava in massa il doppio delle persone presenti solitamente durante tutto l’arco dell’anno; con l’arrivo del Natale ognuno accorreva nei negozi per approfittare dei saldi invernali e comprare tonnellate di merce, da spacciare poi come regali da distribuire a tutto l’albero genealogico fino ad arrivare all’imperatore Gojong.
Da quando suo padre era morto Jieun non sentiva più la gioia di passare il Natale in famiglia, per lei era diventato un giorno come tutti gli altri cui unica differenza erano le eccessive mangiate con persone che a volte nemmeno conosceva.

-Sei troppo silenziosa… cosa trami Jieun?- domandò Jimin scansandosi leggermente da lei e rivolgendole un’occhiata bizzarra, tanto che non si riusciva a capire se fosse veramente preoccupato per ciò che le sarebbe potuto passare per la testa o stesse solo facendo la sua parte da perfetto attore qual era.

-Argh, adesso non si può neppure pensare?- rispose aspramente riservandogli una mala occhiata, più gelida della neve.

-Va bene Miss “Voglio stare per i cavoli miei”, calmati. Ho solo fatto una domanda!- imitò lui le virgolette con le dita, facendo traspirare dalla sua voce più di un pizzico di irritazione.

Quanto avrebbe voluto ucciderlo? Nessuno poteva comprendere quanto in quel momento si stesse trattenendo in pubblico altrimenti, fosse stato per lei, lo avrebbe gettato per terra con una mossa alla John Cena cominciandogli poi a ballare il flamenco sullo stomaco fino a che le sue gambe non avessero ceduto: quale goduria sarebbe stata quella!
Mentre guardava dritto di fronte a sé le capitava di scrutarlo con la coda dell’occhio; aveva appena notato il modo buffo che aveva di camminare, era talmente sicuro di sé nella sua posizione fin troppo eretta che sembrava stesse facendo una sfilata di moda basata su una collezione invernale realizzata esclusivamente per anziani.
Questo per via dei suoi strani capelli grigio chiaro, o lo avrebbe solo identificato come bastone da passeggio per ciechi.

Jimin si scansò la sciarpa dal naso:-Adesso puoi levare il tuo braccio dal mio? Penso che venti minuti di pratica vadano più che bene- chiese con voce ovattata per via della mascherina, schiarendosi poi la gola.
Jieun non gli degnò una risposta e con la stessa delicatezza di un elefante strisciò l’avambraccio fra il fianco e il braccio sinistro di lui strappandogli un sonoro “ahia”, continuando a guardare in avanti come se nulla fosse accaduto.

-Perché sono ancora qui?- sbuffò ringhiando mentre si grattava il capo da sopra il cappellino.

-Se non lo sai tu pensi che debba saperlo io, genio?-

-Che situazione di merda- bofonchiò sottovoce portando le mani dentro le tasche del cappotto e scansandosi con un leggero soffio una ciocchetta di capelli che gli cadeva dritta sugli occhi sottilissimi.

“A chi lo dici!” pensò lei, muovendo con uno scatto le sopracciglia ed espirando rumorosamente col naso, mettendo chiaramente in mostra le labbra carnose diventate due sottili linee rosate.
A quanto pareva l’uno non accettava di buon grado l’altro, frangente che poteva benissimo essere un problema per Jimin e un ostacolo per Jieun.

-Qui le nostre strade si dividono… finalmente-.
Sul volto di Jimin si spiaccicò immediatamente un enorme sorriso, passante da una guancia all’altra.

-Già, finalmente. Ti farò sapere presto sul nostro prossimo incontro-

-Non troppo presto, per favore. Devo ancora prepararmi psicologicamente alla tua presenza- disse Jimin alzando una spalla e abbassando lateralmente la testa verso di essa.

-Penso ti sia preparato abbastanza- tagliò corto lei girando i tacchi senza neanche salutarlo e sventolando altezzosamente la mano mentre gli dava le spalle:-Ci si rivede vecchietto!-

-Cos-? Come mi ha chiamato quella!?- scosse la testa realizzando di essere stato offeso schiettamente dalla ragazza senza peli sulla lingua.

***

Coperti da un cappellino bianco, le ciocche di capelli neri ai lati del suo viso ondeggiavano lentamente  accompagnati dai leggeri soffi di vento freddo della tarda sera. Jieun era appena giunta sotto casa: mentre saliva pesantemente gli alti gradini della rampa di scale pensava a come quella situazione potesse essersi sviluppata con la stessa rapidità di un tuono subito dopo un lampo. Per una volta nella sua vita aveva avuto un’illuminazione, aveva partorito un’idea a dir poco geniale per far sì che quest’anno niente per lei potesse andare storto.

-Finalmente! Ma dove sei stata fino a quest’ora!? Con chi sei stata!? Che hai fatto!? Sono le undici, santo cielo!- esplose come un geyser la madre, in preda alle sue abituali crisi isteriche causate molto probabilmente dall’arrivo della menopausa.

-Ssibal… è mai possibile che devi sempre strillare!? Dai fiato ai polmoni e calmati una buona volta! Ero… solo uscita con le mie amiche per fare un giro, contenta?-

-Più che contenta! Finalmente togli il naso da quei dannati libri!-.
Jieun rimase sbalordita dalle sue parole, rimanendo coi palmi rivolti verso l’esterno immobile come una statua, guardando pietrificata la figura della donna mentre ringraziava uno ad uno tutti i santi del cielo. Sua madre soffriva sicuramente di bipolarismo: prima vuole che Jieun vada a lavorare e poi le dice di levarsi dai libri? Qui forse i suoi neuroni erano fin troppo fusi, con molta probabilità lo erano da fin troppo tempo.

-Hol… io me ne vado a dormire- disse raccogliendo la borsa a tracolla da terra per dirigersi verso la sua stanza, continuando a guardare stranita con occhi spalancati la donna dagli ormoni sballati, ferma ancora all’ingresso mentre blaterava, a mani giunte, cose a caso contro il tetto.

-Che famiglia di matti- aprì lei la porta della sua stanza.
Con eccessivo bisogno di dover stendere i nervi fin troppo tesi senza neppure infilarsi il pigiama si scaraventò sul letto, il quale dava l’impressione di essere ancora più morbido di quanto non lo fosse mai stato. In poco meno di cinque minuti il continuo tamburellare alle tempie che le aveva tenuto compagnia per tutta la serata cessò definitivamente, il sonno le era già venuto a far visita e lei lo aveva accolto a braccia spalancate.

►Angolo autrice:
Ebbene anche oggi sono riuscita a pubblicare il capitolo della fanfiction, mi auguro che anche questo vi sia piaciuto e che vi abbia smosso un po’ di curiosità su ciò che accadrà in seguito.
News: l’aggiornamento della storia, insieme a “Stay with me”, sarà ogni sabato (eccetto ritardi per casi eccezionali). Vabbe ora vi lascio alle vostre considerazioni ahha *scappa stile Road Runner*
Kisses -Giu:)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4:

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Cosa poteva esserci di più rilassante che svegliarsi la mattina con le urla di una madre colta da possessioni demoniache mentre passava l’aspirapolvere negli angoli più remoti della casa?
Sarebbe potuta essere una bella giornata quella ma, come se non bastasse, la forte pioggia sbattente a furia contro il vetro della finestra e il freddo pungente tipico degli inverni coreani l’avevano resa invivibile: Jieun non poteva scappare in alcun modo da quel covo infernale.
Sicuramente avrebbe passato la giornata a studiare per il fatidico esame che, piano piano, si avvicinava in maniera sempre maggiore.

-Buongiorno eh? Quale onore sentirti cantare così bene la mattina, mamma- si annunciò lei con voce ancora impastata col sonno, stropicciandosi gli occhi semichiusi.

-Fai la spiritosa già di prima mattina?- 

-Non vedo dove starebbe il problema… ridi un po’, suvvia- si buttò sul divano del soggiorno accanto ad Eun intanto che accavallava le gambe.

-Per favore non metterci anche il tuo carico! Sto già combattendo con tua sorella, mancheresti solo tu!- strillò lei stile cornacchia indicando la figlia, intenta a farsi la sua solita manicure mentre masticava una gomma alla fragola.

Oh bene, era la prima volta che sua madre se la prendeva con Eun… questa voleva godersela tutta.

-Insomma, la vuoi piantare!? Se oggi non voglio uscire con Shin non è un problema tuo!- staccò rapidamente la schiena dal divano Eun girandosi talmente di scatto verso la madre che i lunghi capelli la seguirono fino a creare in aria una semicirconferenza invisibile.

-Lo so che c’è qualcosa che non va! So che me lo nascondi! Hai problemi con lui, per caso?-.
Il modo indagatore della madre non dava fastidio solo a Eun, persino alla sorella che non era coinvolta nella situazione le stavano smuovendo i nervi. Eun non rispose, non aveva più voglia di parlare con una persona ottusa cui passatempo preferito era occuparsi delle faccende altrui e mettere la sua appendice nasale alla francese dentro affari che non la riguardavano.

-Cielo! Lo sapevo, lo sapevo! Ma perché capitano tutte a me!?- esclamò imitando gli stessi acuti di un tenore facendo cadere per terra l’aspirapolvere ancora accesa per intrecciarsi le mani e guardare dritta al soffitto. Quello era sempre stato il suo modo di reagire, impossibile che sarebbe mai cambiata.

-Smettila di fare la drammaturga, mamma! Lascia stare Eun, avrà i suoi motivi per farlo!- esplose anche Jieun, stufa di sentirle uscire dalla bocca discorsi senza capo né coda.

-E tu la assecondi anche? Brava!-.
Anche se non aveva mai sopportato sua sorella in quel momento si sentiva fiera del fatto di aver preso le sue difese, in fondo era pur sempre il suo stesso sangue.
Mentre la donna continuava a parlare senza che nessuno la stesse degnando di una benché minima attenzione, Jieun prese per il braccio sua sorella e la trascinò via dal soggiorno dove ormai predominava la terza guerra mondiale con annessa bomba atomica.

-Vedi di trovarti un ragazzo invece Jieun!- si sentiva udire da dietro le loro spalle insieme ad un rumore di aspirapolvere in sottofondo.

Consiglio: non lasciate mai da sole tre donne in una stessa stanza... si sbranerebbero a vicenda.

Non erano neppure le undici che già la ragazza si ritrovava con un gran mal di testa, neanche avesse assistito ad un concerto heavy metal. Quel mondo era diventato fin troppo opprimente per lei, lo studio da una parte, sua madre e le sue pretese dall’altra: avrebbe trovato mai un po’ di meritata pace?

-Okay, si può sapere cosa è successo?- chiese Jieun a braccia conserte e con un piede che batteva ritmicamente contro il pavimento di coccio.

-Non lo sopporto!- fece Eun che per poco non si staccava i capelli dalla testa per l’isterismo:-Dico, è normale che una persona venga a dirti che non vuole vederti più solo perché sei malata di shopping?-

-…quante cose hai comprato Eun?- disse con voce tremante l’altra la quale già si aspettava una montagna di vestiti ammucchiati dentro la stanza della sorella dando l’impressione di essere nella fabbrica tessile di Gucci.

-Ho comprato solo tre paia di scarpe, due jeans e cinque maglioni- affermò con nonchalance.

“Solo” ha detto!?

-Tu sei più pazza di mamma… mi pare ovvio che Shin venga a dirti queste cose! Non pensi che dovresti darti una regolata?-.
Eun era sempre stata così, spendacciona, superficiale, materialista, viziata, capricciosa e chi più ne ha più ne metta: diciamo che queste doti sono andate a progredire da quando aveva fatto la plastica facciale e la liposuzione, mancava poco e si sarebbe proclamata da sé Reginetta di bellezza.

-Rispondi alla mia domanda con sincerità: lo ami davvero Shin?-

-Ovvio che sì, Jieun! Lo sai benissimo che sono pazza di lui!-

-Allora se non vuoi perderlo chiamalo, digli che ti dispiace del tuo comportamento… magari ti perdonerà- le fece l’occhiolino sorridendole, cosa che non era mai stata da lei. Accennato un sorriso l’altra prese il telefono e compose il numero del suo ragazzo, rinchiudendosi in camera sua e buttando fuori sua sorella come fosse spazzatura.

-Giusto- disse sarcasticamente Jieun bloccandosi davanti la porta di Eun dopo aver ricevuto un calcetto nel sedere. Sospirando si diresse in camera sua e sbuffando si buttò a capofitto sulla sedia della scrivania, approfittando di un po’ di tranquillità per concentrarsi adeguatamente sulla tesi da esporre in sede di esame.
La sua mano lasciava rapidamente sul foglio brevi tratti di inchiostro nero l’uno di seguito all’altro che, la maggior parte delle volte, venivano cancellati completamente: era mentalmente disconnessa e ciò lo si notava dalla moltitudine di errori commessi concretizzatisi in tanti fogli accartocciati gettati nel traboccante cestino dell’immondizia posto all’angolo della stanza.
Perché non riusciva a concentrarsi a dovere?

-Jieun, devi fare un esame il mese prossimo, cerca di non perdere la concentrazione- sussurrò dentro quella stanza vuota schiaffeggiandosi il viso ripetutamente. Provò ancora una volta a studiare ma il tentativo fallì miseramente: doveva assolutamente distrarsi.
Passatole in mente l’idea di vestirsi di tutto punto fece l’ennesimo azzardo, nella sua vita ne aveva fatti talmente tanti che ormai aveva perso il conto e se solo li avesse ricordati tutti sarebbe riuscita a stilare una lista più lunga di quella di Santa Claus.
Si era già fatto mezzogiorno e fuori la pioggia a catinelle decorava splendidamente il grigio e scuro ambiente urbano. Jieun non aveva assolutamente voglia di fare veleno del suo pranzo così decise di addentrarsi nel temporale, sicuramente meglio delle urla assatanate di sua madre.

-Sto uscendo!- urlò la ragazza senza ottenere risposta da nessuno, men che meno da sua madre che stava ascoltando a tutto volume le canzoni dei BigBang alla radio.
Stare per strada con quel tempaccio equivaleva al suicidio: il vento ciclonico si era appena preso la briga di spintonarla verso avanti e far sì che il suo ombrello mezzo rotto si rompesse ancora di più, rivoltandolo verso l’esterno e permettendo a Jieun di godere di una rigenerante doccia ghiacciata.
Ammettiamolo… Jieun era bravissima nel fare cazzate.
Dopo aver sopportato almeno dieci minuti di quella tortura medievale si ritrovò completamente fradicia a causa di una stupidissima macchina che, passando a tutta velocità, le catapultò addosso un’intera pozzanghera.

-Perfetto! Cos’altro deve succedermi adesso?- disse tenendo saldamente sopra la testa l’ombrello che ormai le serviva a ben poco.
All’angolo di un incrocio immerso nei più svariati toni grigiastri vide presentarsi davanti ai suoi occhi un umile ristorantino, cui insegna era illuminata per metà.
Entrata all’interno quel locale caldo dominato dagli odori delle più svariate spezie si fermò all’ingresso, grondante dalla testa ai piedi.
Lì dentro non c’era anima viva.
Il suono della campanella posta sopra la porta del ristorante richiamò, all’entrata della ragazza, l’attenzione di qualcuno sul retro che aveva appena riversato per terra una modesta quantità di pentole.

-Buongiorno signorina, come posso aiut-?- si fermò di scatto il ragazzo dal grembiule arancione.

Jieun assottigliò gli occhi, poi li stropicciò per mettere bene a fuoco e, alla sola vista di colui che aveva di fronte, li sgranò del tutto tanto che sembrava dovessero uscirgli fuori dalle orbite.

-Cosa… come…? No... aigoo- fece cadere la borsa per terra.

Il ragazzo di fronte a lei emise una risata aspirata, sbattendo la mano sulla gamba dopo essersi piegato leggermente in avanti:-Quale onore rivederti! Ma è mai possibile una cosa del genere? Adesso perseguiti anche oltre a ficcare gomitate sui fianchi degli altri!?-

-Jimin!? Che ci fai qui!?-

-Nel caso non l’avessi capito dolcezza, questo è il mio lavoro. Tu piuttosto che ci fai qui!- formò un angolo piatto con le braccia mettendo in mostra il grembiule.

-Nel caso non l’avessi capito dolcezza, sono bagnata dalla testa ai piedi e fuori fa un tempo di merda- disse Jieun imitando il ragazzo in tutto e per tutto.
Quello si fermò per un attimo e posando lo sguardo sulla ragazza se la rise di nuovo nel soffermarsi sulle condizioni pietose in cui era ridotta.

-Che ci trovi di tanto divertente, eh? Vorrei vedere te in questo stato!-

-Scusa- continuò a ridacchiare sotto i baffi:-Ti prendo qualcosa per asciugarti, aspetta- si diresse sul retro lasciandola impalata sulla soglia.
Tutto lì dentro era tremendamente stupendo, l’ambiente era a dir poco accogliente: le pareti color pesca trasmettevano una sensazione di calore e i tavoli sistemati in tre file da cinque riempivano alla perfezione l’area del locale.

-Ecco a te- disse Jimin tornando da lei con un asciugamano da doccia in mano.

-Che ci fa un telo del genere in un ristorante? Sembra tanto il rimpiazzo degli accappatoi negli hotel-.
Senza esitare Jieun lo prese con entrambe le mani e aprendolo completamente se lo buttò sopra la testa, cominciando a strofinarselo contro i capelli come se non esistesse un domani.

-L’ho portato da casa. Sai, con questo tempo non si sa mai- gli fece una ripassata Jimin, concentrandosi ancora sulle goccioline di acqua che le cadevano ai piedi:-Vuoi che ti preparo qualcosa?-.
Lo stomaco di Jieun cominciò a brontolare.

-Sì, te ne prego. Sto morendo dalla fame- si portò entrambe le mani sull’addome sperando che questo sarebbe riuscito ad arrestare il brontolio perpetuo.
Con quello spugnoso telo bianco sulla testa Jieun dava l’impressione di essere un fantasma, bloccata ancora all’ingresso.

-Puoi accomodarti se vuoi, eh. Non c’è mica la peste qui dentro- esclamò ironico Jimin prima di entrare nelle cucine.
Appeso il cappotto sull’appendiabiti all’ingresso per permettergli di gocciolare si diresse verso il primo tavolo che le capitò di fronte: da lì godeva della vista di tutto il locale poiché posizionata proprio al centro di esso. In poco meno di dieci minuti Jieun vide arrivare con un piatto fumante in mano Jimin il quale, per poco, non riversava la pietanza sul pavimento per non essersi accorto della presenza di un tovagliolo di carta sotto ai suoi piedi.

-Buon appetito! Spero ti piaccia il kimchi!- le porse il piatto sotto al naso e le si sedette di fronte.

L’odore invitante di quel piatto succulento fece venire a Jieun più fame di quanto già non avesse e ciò la portò ad ingozzarsi di cibo prima ancora che il kimchi si fosse adeguatamente raffreddato.
Dato un primo assaggio fin troppo esagerato la sua bocca stava letteralmente prendendo fuoco sia per via della temperatura che per le troppe spezie.

-Allora? Com’è?- chiese Jimin mentre sbatteva le quattro dita fra loro.

-Bollente- rispose lei con le lacrime agli occhi.

-Grazie, genio-

-Cosa vuoi che ti dica, chef?- esclamò stizzita Jieun che, dopo aver ingoiato il boccone, prese a mangiare con foga.

-Ci vai giù pesante, eh? In casa tua non ti fanno mangiare? A giudicare dal tuo fisico mi sembra probabile la cosa…-. Jimin si beccò un’occhiata assassina da parte di Jieun la quale riuscì a zittirlo immediatamente, impedendogli di aggiungere altro.

-Visto che sono qui direi che possiamo organizzare il nostro prossimo incontro- cambiò discorso in un battito di ciglia per evitare che quello potesse sparare altre cavolate.

-Oh mio Dio-

►Angolo autrice:
Rieccomi con un altro nuovo capitolo, spero vi piaccia e che sia scritto decentemente perché per adesso non sono molto concentrata; fatemi sapere se eventualmente c’è qualche errorino, ok?
Detto questo vado ad aggiornare l’altra fanfiction.
Kisses -Giu:) 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5:

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I mercatini natalizi facevano sempre un certo effetto anche a chi, come Jieun, detestava il Natale con tutta la sua anima: vedere le bancarelle sistemate ordinatamente le une accanto alle altre piene di oggetti d’artigianato e le stradicciole decorate con migliaia di luci che si accendevano a ritmo di Jingle Bells, se non addirittura sentire l’odore dello zucchero filato che stava nelle mani di qualunque bambino scorrazzante per il vialetto la estasiava completamente.
Tutto ciò le riportava alla mente i giorni in cui si recava in quello stesso luogo con la sua famiglia con l’intento di comprare nuovi addobbi per l’albero di Natale, cosa che ormai in casa sua non si svolgeva più da chissà quanti secoli.
Nonostante tutto sul suo volto venne a formarsi involontariamente un impercettibile sorriso.

-Perché siamo venuti qui, Jieun?- chiese Jimin mentre studiava nel dettaglio con eccessivo interesse una palla argentata appesa su un alberello espositore in una delle tante bancarelle, col viso completamente appiccicato all’oggetto.

-Non lo so… mi è venuto in mente e ho pensato “perché non andarci?”. Mi sembra adatto dato il periodo in cui siamo, non credi?- si voltò verso di lui dopo aver ammirato tutti i suppellettili del bancone, colorato da una tovaglia rossa di velluto.

-Beh, effettivamente… anche se comunque io odio il Natale- fece spallucce raggiungendola più avanti.
Jieun scansò da sopra la sua testa una stella decorativa posta troppo in basso, guardando poi Jimin con aria stupita.

-Non sei l’unico allora- rispose guardando i suoi piedi che si muovevano nell’asfalto ghiacciato.
Jimin le rivolse uno sguardo strano, come se in fondo se l’aspettasse ma al contempo ne fosse sorpreso.
“Una ragazza a cui non piace il Natale? Dove si è vista mai?”  pensava aggrottando le sopracciglia.
La confusione del viale era quasi sopportabile, senza contare le urla di bambini piccolissimi e il continuo abbaiare di alcuni cani al guinzaglio.

-Continuo a non capire: se tu odi il Natale ed io odio il Natale, che siamo venuti a fare qui!?- cominciò ad agitarsi quello voltandosi di scatto verso Jieun. Il suo modo di fare alla Sherlock Holmes versione polverizza palle la stava facendo irritare.

-Ma che domande mi fai!? Era solo un pretesto per uscire, Jimin!- si bloccò lei sbattendo un piede per terra come fosse una bambina di cinque anni.

-Ssibal, come sei pesante! Sapevo che avrei dovuto lasciarti in asso quella volta al coffee shop!-.
Jimin portò tutt’a un tratto la testa all’indietro senza rendersi conto, come tutti i maschi del resto, di averle urtato i nervi con i suoi continui interrogativi.

-E’ stata una tua scelta, ricorda che non ti ho costretto ad aiutarmi-.
Jieun si voltò talmente di scatto verso di lui che per poco non cadeva a terra per i capogiri.
Jimin era la persona più egoista, narcisista, stupida e insensibile che lei avesse mai conosciuto, bisognava dare colpa al fato per quel bell’incontro basato sulla civiltà e il rispetto reciproco.
In effetti Jieun non aveva mica tutti i torti. Le sue braccia in quel momento erano più intrecciate di un cesto di vimini e la sua faccia era impegnata ad esibire la sua migliore espressione corrucciata.

-Perché dobbiamo sempre litigare e renderci le cose più difficili di quanto lo siano, Jimin?-

-Ah, non lo so… magari perché non ci tolleriamo a vicenda?- sbuffò lui camminando nervosamente accanto alla ragazza. Jimin si strofinava continuamente la nuca, cosa che usava fare sempre soprattutto durante gli attimi saturi di nervosismo passati con la persona sbagliata.
Quell’uscita non poteva certo fruttare a qualcosa che potesse aiutare Jieun data la forte incompatibilità fra le due parti, pensava che sarebbero riusciti a conoscersi per far sì che sapessero qualcosa l’uno dell’altra e risultare una coppia credibile agli occhi degli altri ma molto probabilmente si sbagliava di grosso.
D’altro canto, avrebbe avuto davvero voglia di conoscerlo più di quanto non avesse fatto involontariamente?

-Comunque cerca di immedesimarti nella figura del fidanzato ideale per piacere- disse Jieun sospirando esausta.

-Ci sto provando, credimi. Sai, non è facile stare accanto ad una persona che non sopporti- la punzecchiò quello assottigliando gli occhi, già di per sé simili a due sottilette, ed esibendo palesemente una perfetta bocca a papera.
La tentazione di volerlo pestare sotto ai piedi era fin troppo forte in quel momento, l’avrebbe fatto fuori in meno di due secondi se solo non le stesse tornando utile per i suoi scopi.
Continuando di questo passo, sarebbero mai riusciti ad andare d’accordo? E Jieun avrebbe potuto passare le vacanze di Natale come il cielo comanda? Sicuramente per entrambe le domande non poteva che esserci un’unica risposta negativa.

Everybody say N.O.

***

Inserita con colpo secco la chiave nel cilindretto della porta di casa Jieun si accinse ad entrare dato il freddo bestiale che predominava anche dentro il palazzo. L’appartamento era immerso nel silenzio più totale, cosa che fece seriamente pensare alla ragazza che madre e sorella fossero morte l’una per mano dell’altra… quasi quasi aveva paura ad addentrarsi, immaginando di trovarsi all’improvviso due cadaveri sotto i piedi.
Quei pensieri a dir poco macabri e fin troppo bizzarri fecero per dissolversi quando le solite urla da cornacchia della donna ultracinquantenne si fecero eco per i vani della casa.

-Mamma? Sono torna-!- esclamò a bassa voce Jieun bloccandosi non appena vide la figura della madre uscire dalla cucina con un mattarello in mano preceduta da Eun, la quale somigliava tanto ad una gazzella in preda ad attacchi di schizofrenia.

-Vieni subito qui Eun! Quante volte ti ho detto di lasciarmi in pace quando cucino!?- la si sentiva strillare come se dovesse morire il giorno dopo. Purtroppo questo accadeva quotidianamente, e quotidianamente il giorno successivo era sempre lì, a deliziare l’intero quartiere e la quiete pubblica con i suoi bellissimi acuti.
Notando con molta più attenzione, Jieun si rese conto che questa fosse cosparsa di farina dalla testa ai piedi: proprio a causa di ciò la ragazza si beccò un infarto pensando che potesse trattarsi benissimo del suo fantasma, tornato fra i comuni mortali per vendetta.

-Ehm… mamma?- la richiamò mentre quella continuava a correre la staffetta dei 100 metri per tutta l’area del salotto col mattarello facente le veci di testimone da sbattere contro la figlia.

-Mamma? Scusa poss-? Potresti fermart-?- domandava alzando un dito per poi bloccarsi di botto, dato che le urla di quella si addossavano alle sue parole che a mala pena si riuscivano a percepire all’interno di quel caos infernale.

-Dovrei… sai, c’è una cosa che… dicevo… argh!- ringhiò rumorosamente Jieun mentre si strofinava i capelli, quasi come stesse facendo lo shampoo a secco.

-Diamine mamma, ho un ragazzo!- le uscì di colpo dalla bocca involontariamente scatenando il silenzio più totale. Ecco, nonostante tutto aveva ricevuto le attenzioni che voleva ricevere.

-C-cosa? Dici seriamente o mi stai prendendo per i fondelli?- si fermò di botto la madre col mattarello in aria esaminando ad occhi sbarrati la figlia, guardandola dall’alto in basso. Un freddo silenzio calò in quella stanza dall’area di mezzo campo da calcio, causando un tremendo imbarazzo a Jieun la quale si ritrovava con quattro occhi fuori dalle orbite puntati costantemente addosso.

-No mamma, non scherzo- scaraventò la borsa per terra, diventata pesante nonostante dentro non vi fossero che cellulare e portafoglio.

-Ma scusami, non eri stata tu a dire “non ho bisogno di un maschio nella mia vita, mamma”?- le rivolse la parola metà parlando e metà storpiandosi apposta la voce per mettere il naso nella faccenda, cosa che fece rendere conto Jieun di quanto sua sorella fosse la fotocopia sputata di sua madre che nel frattempo saltellava dalla gioia per tutto il salotto.
Sfacciata ragazza rompipalle, non potevi tenere il becco chiuso?”

-Beh Eun, un colpo di fulmine è impossibile da ignorare non credi?- disse Jieun sospirando mentre sventolava le ciglia, recitando perfettamente la parte da inguaribile romantica e diventando talmente sdolcinata che se non avesse smesso le sarebbe venuto sicuramente il diabete.

-Se non vi dispiace adesso vado in camera mia a riposarmi, sapete sono sfinita dopo l’appuntamento di oggi. Fatemi un fischio quando è pronto in tavola-.
Con un tirato sorriso sornione in viso, Jieun prese la borsa da terra e contenendo il suo modo di camminare si diresse nella sua stanza sotto le occhiate rimbambite delle due, cui mascelle avrebbero raggiunto presto i loro piedi permettendo alle mosche di fare un giro turistico nei propri stomaci.

-Cosa cazzo hai fatto Jieun!?- si portò le basi delle mani alle tempie, poggiandosi di schiena contro la porta appena chiusa. Adesso sì che l’aveva combinata grossa: come ha potuto dire a sua madre che stava con un ragazzo il quale, in realtà, era un emerito idiota?

-Omo… Jimin non è ancora pronto! Non sa niente di me e io non so niente di lui! Devo chiamarlo… devo dirgli tutto: Jieun, che cosa hai combinato!?- 

►Angolo autrice:
Buonsalve armys! Ecco il nostro tanto atteso seguito, spero possa esservi piaciuto. Cosa succederà adesso? Chissà… *sfrega le mani* Voglio ringraziare di vero cuore coloro che seguono/recensiscono la storia, dedicando un po’ di tempo alla lettura della fanfiction… mi rende davvero felice! Spero di riuscire ad aggiornare la storia sabato prossimo: ho già messo in sospeso una fanfiction perché per i troppi impegni non riuscivo a dedicarmici, mi auguro vivamente di riuscire a finire almeno questa ahah *PREGATE PER ME VI PREGOH*
Beh, ho già detto tutto… meglio polverizzarmi ora haha vi abbraccio!
Fighting!!!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6:

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Il telefono appiccicato all’orecchio di Jieun continuava a squillare a vuoto, era da una buona mezz’ora che la ragazza era in attesa di una benedetta risposta da parte dello svampito dal cervello carbonizzato.
Dieci telefonate consecutive, tutte inutili.
Una volta che decise di mollare allontanò il cellulare dal viso, cui schermo era completamente umido per via del sudore causato dal troppo tempo posto a contatto con la sua pelle.

-Deficiente, perché non rispondi!?- emise un urlo a voce bassissima contro il telefono stretto forte in mano, come se la colpa fosse dell’aggeggio e non di Jimin:-Giuro che lo ammazzo quel pabo-.
Un lieve picchiettare di nocche contro la porta della sua stanza la fece sussultare improvvisamente, cosa che la costrinse a portarsi una mano al petto come se cercasse di impedire al cuore di fare le valigie e scappare dalla sua cassa toracica.

-Tesorino mio? La cena è in tavola!- disse la madre sporgendo la testa dalla porta appena aperta.

-Sì mamma sto arrivando, dammi solo il tempo di sistemarmi il letto. Voi intanto cominciate a mangiare- rispose con tono calmo e con la gola pulsante Jieun, facendo ritirare la madre in cucina dopo aver richiuso la porta.

“Tesorino mio? Vogliamo scherzare spero!” pensò fintanto che si alzava dal lettino per fare la svolta, rimanendo con lo sguardo vuoto accentuato da due sopracciglia corrucciate. Le uniche volte che sua madre la chiamava così era quando… quando… mai: ebbene, non si era azzardata neanche una volta a dare appellativi del genere a sua figlia poiché secondo lei l’affibbiare a una persona un nome che non era suo poteva essere solo sinonimo di stupidaggine (eh beh, effettivamente aveva ragione).
Con sua madre era meglio lasciar perdere, la sua personalità e soprattutto la sua mente erano più complicati di un cubo di Rubik.

-Ah tesoro, prima che dimentichi! Sabato verrà qui a cena Shin, penso che possa approfittare di questa situazione per farci conoscere il tuo ragazzo non credi?- riapparse quella dal nulla, facendo irruzione in camera della figlia. A Jieun mancò più di un battito. Il suo cuore non stava funzionando a dovere.

-Ci penserò mamma, ma non dare nulla per certo- rispose deglutendo a vuoto, mettendo in mostra un’impercettibile goccia di sudore attraversarle il lato della fronte.

-Ottimo! Ti aspettiamo per la cena- fece la donna per andarsene, stavolta in via definitiva.

-Devo rintracciare Jimin in qualche modo, riuscirò a dirgli tutto-. L’espressione di Jieun non era delle migliori dopo aver dato una così lieta notizia a quel nucleo di persone definito come “famiglia”. Preso un respiro profondo e datosi dei lievi schiaffetti contro le guance morbide attaccò un sorriso più che tirato, uscendo dalla sua stanza come se nulla fosse.

***

Il giorno successivo Jieun non riuscì minimamente ad alzarsi, quella notte non aveva preso affatto sonno per colpa di quella testa di rapa. La ragazza era ancora un tutt’uno col suo letto, posizionata comodamente a pancia in giù con le gambe sbilenche, quando la sveglia le fece destare all’improvviso ricordandosi, dopo aver meditato per qualche istante, di dover raggiungere l’obiettivo prefissatasi la sera prima: trovare Jimin ad ogni costo.
Liberatasi del pigiamone di lana iniziò a prepararsi; per poco non moriva di ipotermia a causa dei vestiti posti sullo schienale della sedia, completamente congelati.

-Amore, sei già sveglia a quanto vedo! Come mai sei vestita di tutto punto? Devi incontrare il tuo ragazzo per caso?- la assillò di domande la donna, arrivandole a dare qualche gomitata sul braccio non appena intuì che ad averla fatta alzare così presto era il pensiero a Jimin. In parte ci aveva azzeccato, ma non per ciò che pensava lei. Al solo udire il continuo blatero di sua madre Jieun dovette tapparsi le orecchie, stringendo gli occhi così tanto che quando lì riaprì fece fatica a vedere: quella donna sapeva benissimo come far iniziare una giornata col piede giusto.

-Prendo solo latte e biscotti e scendo- disse Jieun avviandosi verso la dispensa in cucina.

-Ma tesoro, devi mangiare cose più sostanziose la mattina! Aspetta, ti preparo una cioccolata calda così ci metti i marshmallow, che ne pensi? E’ quello che ti piace, no?-.
Jieun era a dir poco sconvolta nel vedere sua madre farsi in quattro per prepararle ciò che aveva sempre considerato ipercalorico e privo di sostanza, incredibile come una persona potesse cambiare dall’oggi al domani in maniera tanto repentina solo per averla resa finalmente felice.

-No mamma davvero, non ce n’è bisogno. Adesso faccio la mia colazione e vado- la fermò con le mani sulle spalle prima che quella potesse impersonare perfettamente la pallina metallica del flipper, andando da una parte all’altra della stanza.

-Come vuoi allora cara-.

Vedere sua madre mansueta e tranquilla come un dolce agnellino la spaventava leggermente, era ovvio che a questi tipi di atteggiamenti Jieun non ci fosse poi così abituata… quasi quasi rimpiangeva le sue urla supersoniche, magari quella sarebbe stata la normalità anche se da considerarsi un tantino scomoda. Consumata la colazione in compagnia della sua nuova madre fin troppo smielata e sistematasi alla meno peggio viso e capelli, si diresse per strada con la borsa e le sue semplici forze.
Rendendosi conto di star intraprendendo lo stesso percorso di alcuni giorni fa, ebbe l’idea di cercare Jimin nel ristorante in cui lavorava sperando che potesse risolvere la situazione in qualche modo.
Solita strada, solito semaforo, solita insegna mezza illuminata.
Varcata la soglia di quel ristorantino locale dall’aria rustica venne accolta da una vampata di calore trasportante l’odore delle pietanze provenienti dal retro.
La confusione lì dentro era immane, tutti i tavoli erano già strapieni e gruppi di clienti sparpagliati qua e là attendevano all’impiedi che uno di questi si liberasse per poter mangiare.
A Jieun vennero le crisi non appena vide che Jimin non c’era.
Rassegnatasi all’idea, per il momento decise di aspettare che la gente cominciasse ad andarsene e che il ragazzo si decidesse a muovere le chiappe, abbandonando il locale e facendosi una passeggiata per ingannare quel tempo che ancora non decideva a passare.

-Dannazione. E adesso chi la trova la pazienza di aspettare!?- parlò fra sé e sé a voce talmente alta che finì per beccarsi una mala occhiata da parte di un’anziana che le stava passando accanto.

Giornata di merda con annesse figure pietose, il cielo non doveva
disturbarsi tanto nel fare questo bellissimo regalo a Jieun.

Sfilato il cellulare dalla tasca del cappotto compose il numero di Jimin, sperando che sarebbe riuscita a mettersi finalmente in contatto con lui. Le strade erano pressoché scivolose data la neve sciolta per metà.
Fintanto che osservava la miriade di negozi accanto a lei venne a sbattere inavvertitamente di faccia contro qualcuno, dopo aver udito un doppio “Pronto?” e un conseguente gemito di dolore.

-Ehi ma che cos-? Jimin!?- sgranò gli occhi Jieun vedendolo di fronte a sé:-Si può sapere perché mi vieni sempre a sbattere incontro? Cos’è? Siamo all’autoscontro e io non lo sapevo?- si riprese dallo shock temporaneo e incrociò le braccia fulminandolo con lo sguardo.

-Ah, ma che bella sorpresa! Buongiorno! Perché non guardi mai dove metti i piedi!? E poi dimmi, dovevo risponderti a quel cavolo di telefono o no? Mi hai tartassato tutta la sera ieri!-

-Argh, sai che sei davvero stronzo Park Jimin? Se ti chiamo ininterrottamente vuol dire che c’è qualcosa che non va, non pensi?-

-Oh scusami se non ho fatto il corso da indovino, miss “saputella”- si mise anche lui a braccia conserte sbattendo poi ritmicamente il piede contro il suolo ghiacciato:-Posso sapere il perché della tua insistenza?-.

-Ho detto a mia madre di te- disse Jieun deviando lo sguardo e puntandolo contro l’idrante giallo arrugginito alla sua destra. Jimin cominciò ad emettere continue risate aspirate.

-Stai scherzando-

-No-. Il sorriso beffardo del ragazzo finì presto nel tombino lasciando posto all’inespressività più totale.

-Me lo stai facendo apposta, tappetta!- cominciò ad aggredirla appigliandosi al discorso altezza, di cui Jieun non godeva molto:-Sentiamo, adesso che cos’altro dovrei fare?-

-Si tratta solo di una cena in famiglia, Jimin! Dopodomani devi essere a casa mia, mi raccomando sono al numero 16A- disse Jieun dando per scontato che il ragazzo sarebbe sicuramente venuto.

-No, mi rifiuto. Sai una cosa? Me ne vado. Sono stanco di te, della tua persona e di tutti gli ordini che sono costretto ad eseguire! Sei solo una despota! Pensi solo a te stessa, egoista!-. Jimin era esploso: come aveva potuto dire quelle cose a Jieun?
La ragazza si sentì improvvisamente il viso bollente e gli occhi cominciarono ad appannarsi, diventando più lucidi di un cristallo.

-…è tutto quello che hai da dire, Jimin?- domandò con voce tremante, trattenendo le lacrime e respirando a stento. Il ragazzo dai capelli color platino si fermò per un istante a guardarla con fare serio, poi emise un breve sbuffo col naso.

-Buona fortuna, Jieun-

►Angolo autrice:
안녕하세요 진구! Rieccomi con un nuovissimo capitolo, fresco di stesura. Le cose si stanno facendo assai complicate, che dite? Grazie sempre a chi segue e recensisce la storia, davvero vi adoro *-*
Come al solito, fatemi sapere che ne pensate del capitolo e se ci sono errorini così nell’eventualità corro a correggere.
Vi abbraccio! Fighting!

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7:

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Sabato 17 dicembre, ore 18:30.
Quel giorno il morale di Jieun era caduto nei meandri più oscuri della terra, al solo sentire ciò che Jimin le aveva sbattuto violentemente in faccia due giorni prima la sua autostima era calata drasticamente.
Tappetta, despota, egoista erano le tre parole che le giravano di continuo per la testa mentre ciondolava col telefonino, cercando su internet dei modi geniali per uccidere una persona.
Jieun si sentiva un’idiota: non era stata in grado di contro ribattere quel giorno, si era solamente lasciata trasportare dalle emozioni suscitate da quelle tre fottutissime parole che le avevano lacerato l’anima.
“Come ho potuto essere così stupida? Perché faccio sempre cazzate?” si rimproverava cercando di non piangere dal nulla davanti a sua madre e a sua sorella, entrambe a farle compagnia nel salotto casalingo.

-Cara a che ora verrà Shin? Te l’ha già detto?- ruppe il silenzio la donna seduta sulla poltrona, intenta a leggere col naso affondato nelle pagine mezze ingiallite uno dei suoi tanti libri.

-Dovrebbe essere qui per le sette, nel caso in cui non ritardi- rispose Eun distesa dall’altra parte del divano col telefono puntato in aria per scattarsi cinquantamila selca da postare poi su tutti i social esistenti sul pianeta terra e non.

-Ottimo. Jieun, il tuo ragazzo?- abbassò gli occhiali da lettura dal naso e si rivolse alla diretta interessata la quale era ancora nel pallone.
Si era letteralmente bloccata davanti lo schermo del cellulare, il suo sguardo perso fece pensare che la sua mente potesse essere stata controllata da una qualche forza superiore, che le impediva di rispondere immediatamente alla domanda postale appena.

-Oh, ehm… mi ha detto che non potrà venire oggi, ha… ha avuto un contrattempo. Dice che gli dispiace- sussultò dopo che Eun la percosse vivacemente col piede contro la coscia.

-Capisco. Beh, sarà per una prossima volta no?-.

Una prossima volta, in una prossima vita magari.

Il tipico comportamento di Jieun: combinare casini e salvarsi le chiappe inventando scuse belle e buone, la maggior parte delle volte davvero fin troppo credibili; il suo segreto era non svelare troppi dettagli, o sarebbe saltato all’occhio che si trattasse di qualcosa di artefatto. Odiava ricorrere alla menzogna ma in momenti come quello le uniche cose che avrebbero potuto aiutarla sarebbero state proprio le bugie.
Il silenzio regnava sovrano in quella stanza abnorme riscaldata non si sa come da una modesta stufa a gas, quando ad un tratto il suono perfora-timpani del citofono fece sobbalzare di colpo Jieun, rimasta ad osservare i suoi piedi a righe rosse e verdi poggiati sul tavolino di fronte.

-Questo sarà Shin!- saltò Eun dal divano mollando per l’euforia una tallonata accidentale sullo stomaco di sua sorella che per poco non sputava la milza. L’unica cosa che Jieun riuscì a riservarle fu un’occhiata da pazza assassina.

-Amoreee!- urlò come una cornacchia quella alla sola vista del ragazzo, saltandogli di sopra senza lasciargli nemmeno il tempo di mettere un piede dentro casa.

-Ciao pasticcino! Buonasera signora!- esclamò Shin baciando la fidanzata e facendo poi un inchino verso la donna, con ancora Eun a farle da koala personale attaccata saldamente al suo collo quasi avesse le ventose incorporate alle mani.

-Siamo di buon umore a quanto vedo Jieun!- esclamò il ragazzo dopo essersi accorto di lei, ancora seduta sul divano del salotto.

-Eh sì, la mia positività sta inondando la stanza!- disse portando in alto la mano in segno di saluto accompagnata da un leggero sorriso, il quale fece rendere conto al ragazzo della sua innata vena ironica ricambiando il gesto con una risatina.
Jieun rimase ancora spiaccicata sul divano, sbuffando contro il telefono che teneva costantemente per le mani ormai sudaticce. In meno di un battito di ciglia, dalla cucina cominciarono a manifestarsi delle scie invisibili al profumo di dakgalbi*, sollecitando un chiassoso brontolio al suo stomaco.
L’orologio analogico di fronte a sé segnava già le otto meno venti, di certo la cena non avrebbe tardato ad essere posta in tavola. Da lì dentro Jieun riusciva perfettamente a sentire il rumore delle stoviglie e delle posate sistemate sul tavolo insieme al chiacchierio di sottofondo di quell’inseparabile trio che non si curava affatto della sua assenza.
La strillata improvvisa di sua madre le fece prendere un colpo.

-Jieun! A tavola!- urlò la donna affetta da certa menopausa.

-Eh va bene, tanto anche questa giornata dovrà passare prima o poi- bofonchiò a bassa voce mentre si dava una spinta con i pugni per alzarsi dal sofà. Se qualcuno si fosse azzardato a sedersi in quel preciso istante nella sua postazione si sarebbe sicuramente scottato, dato il tempo immemore in cui era rimasta a poltrire.
La vista della tavola imbandita fece subito illuminare gli occhi di Jieun che, alla sola vista di quel caldo cibo invitante, si catapultò come una furia nel suo posto a sedere sfregandosi continuamente le mani.

-Quale visione paradisiaca! Complimenti signora- elogiava Shin la donna, cercando di comprarsi il suo affetto.

-Adulatore… grazie, caro- gli accarezzò dolcemente la guancia rossastra mentre Jieun roteava gli occhi.

Il modo in cui sua madre si comportava con Shin le fece pensare che forse, lui da estraneo, potesse essere più considerato come un figlio sostituito a Jieun. Bello veder trattare gli altri come vorresti essere trattata tu. Una volta che tutti si fossero seduti, Jieun iniziò a riempire il suo piatto e gustare quelle prelibatezze; c’era da dirlo, in questo sua madre non la batteva nessuno (urla comprese).
Nemmeno fece il secondo boccone che Jieun si voltò di scatto al solo udire un suono più che familiare: quel ridicolo campanello mezzo stonato aveva cominciato a trillare.

-Chi potrà mai essere?- domandò la donna mostrando la sua migliore espressione perplessa:-Scusatemi, vado a vedere di chi si tratta…-. I passi di sua madre riecheggiavano nel silenzio prodotto dai tre individui riuniti nel soggiorno, tutti con le orecchie spalancate per la curiosità di sapere chi avesse osato disturbare il loro amato pasto invernale.

-Buonasera signora Lee, sono il ragazzo di Jieun-.
Quel boccone le era appena andato storto, il pollo le era rimasto bloccato in gola. Jieun cercava disperatamente aria, stava dimenandosi come un’ossessa mentre si stringeva l’esofago per sbloccarlo.

-Ma certo caro, entra! E’ un piacere fare la tua conoscenza…- si interruppe.

-Oh scusi, Park Jimin. Molto lieto- si inchinò lasciando che i capelli platino gli coprissero totalmente la fronte. Il ragazzo, grazie all’invito della donna di accomodarsi, varcò la soglia del soggiorno ritrovandosi davanti i due sguardi lieti di Shin ed Eun e una Jieun mezza morta soffocata.

-J-Jimin!? Cosa diami…? Ehm, volevo dire… cosa ci fai qui? Mi avevi detto di avere un impegno…- disse Jieun voltandosi verso di lui, alzandosi in modo talmente scattante dalla sedia che per poco non faceva volare in aria il dakgalbi.

-Lo so che avrei dovuto avvertirti tesorino, ma me ne sono dimenticato. Mi perdonerai non è vero?- la assecondò avvicinandosi a lei prendendola per entrambe le mani.
Jieun non poté non essere preoccupata e disgustata al tempo stesso, il suo sguardo confuso al tocco delle sue mani diceva tutto. Il pubblico di tre persone stava ancora assistendo alla scena, sperando con ansia in una risposta positiva da parte della ragazza.

-B-beh, certo che ti perdono… tesoro- inalarono tutti e tre in contemporanea un sospiro di sollievo. Quell’ultima parola stava per farle vomitare quel poco che aveva mangiato, si faceva schifo da sola per averlo detto davvero, soprattutto se ad una persona per la quale provava soltanto un immenso ribrezzo. Jimin si accomodò accanto a lei ed in poco meno di due minuti gli venne presentata davanti la portata che i suoi commensali avevano già pregustato prima del suo arrivo.

-Sei un ragazzo davvero carino Jimin, mi chiedo come mai fra tante belle ragazze abbia scelto proprio mia sorella- iniziò la sosia sputata di Park Bom con tono antipatico rivolgendo la sua attenzione a Jieun la quale, alla sua affermazione, cominciò a masticare più forte come se al posto del pollo avesse le carni siliconate di Eun.

-Beh, Jieun mi ha colpito subito…-

-Sul fianco- disse lei camuffando l’affermazione con una forte tosse, portando un pugno davanti la bocca.

-...mi ha colpito subito- continuò Jimin scandendo lentamente le parole, riservandole conseguentemente un’occhiata storta:-Dal primo momento che l’ho vista- terminò sorridente portandosi alla bocca un pezzo di pollo più grande della sua testa.
“Grandissimo pezzo di idiota” pensò mentre da fuori si mostrava intenerita da quello che aveva detto. Certo che non si era sbagliata nei suoi confronti, l’attore sapeva farlo benissimo.

-E dimmi Jieun, come vi siete conosciuti?- domandò tutt’a un tratto la madre cambiando argomento.

-Mi ha buttato il caffè addosso- rispose in tono arrabbiato, beccandosi degli sguardi strani. Da quella frase sarebbe potuto nascere il putiferio, per questo decise di mantenere la calma e continuare il suo discorso sotto le occhiate irritate di Jimin, cui bocca a culo di gallina metteva in mostra il suo palese stato d’animo:-Ma… ma è stato molto dolce in compenso. Sì, mi ha… mi ha aiutata e per scusarsi mi ha offerto il caffè-.
Che schifo dire certe cose, soprattutto se quelle cose non erano accadute nemmeno nei suoi sogni.

-Bello e anche galante, così si fa amico!- gli porse il pugno Shin con fare da hip-hopper.

-Sono felice che mia figlia abbia trovato una splendida persona con cui stare accanto, ci voleva finalmente! Sai non si era mai interessata a niente, è sempre stata apatica e cocciuta: menomale che sono riuscita a convincerla… almeno una volta tanto fa la cosa giusta-.

“Ma porco di quel cane, volete farmi perdere le staffe apposta? Quando finirà quest’incubo!?” urlava dentro mentre le si stringevano in più nodi le budella.

-Comunque, era davvero ottimo. Il pollo era delizioso- si raschiò lievemente la gola cercando di non dar retta a quello che la donna aveva appena rivelato della figlia senza alcun senso del pudore.

-Mamma ti prego adesso il dolce! Ti prego! Ti prego!- saltellava sul posto Eun, sbattendo le mani come una foca. La sua intelligenza era pari a quella di una stella marina, sua sorella era la creatura più idiota sulla faccia della terra… dopo Jimin, certo.

-Mi dispiace dirglielo signora ma io dovrei andare adesso…- disse Jimin recitando la parte del dispiaciuto.

-Ma come caro, te ne vai già?- domandò lei intrecciando le dita delle mani, portate sotto il mento.

-Sì, stasera mi spetta ripulire il locale con i miei colleghi, sono desolato- si alzò lentamente dalla sedia, scansandosi a dovere dal tavolo:-Ciao tesoro, noi ci vediamo domani- prese Jieun per il polso facendole l’occhiolino dopo averle lasciato un dolce bacio sulla guancia.
“Okay, questa cosa non mi piace per niente…”

N/B* pollo marinato in curry e soia accompagnato da riso bollito

►Angolo autrice:
Annyeonghaseyo mie care armys! Vi ho lasciate abbastanza sorprese col ritorno di Jimin? *sghignazza* Volevo cogliere l’occasione per ringraziare di puro cuore coloro che seguono e recensiscono la storia, spronandomi a continuare e a dare sempre del mio meglio <3 *blows a kiss*                                                                            Spero di riuscire ad aggiornare la fanfiction la prossima settimana dato che sarò un pochino incasinata con lo studio :( Detto ciò… mi polverizzo ahah
Alla prossima, fighting! <3

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8:

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-Si può sapere che diavolo ti è passato per quel cervello carbonizzato!?-.
Jieun fece irruzione nel ristorantino, urlando a squarciagola e dirigendosi con passi da pachiderma verso Jimin. Quella mattina non c’era ancora nessuno lì dentro, il ragazzo era completamente solo poiché il resto del personale si sarebbe presentato per l’ora di pranzo.

-Buongiorno! Ti va una camomilla? Te la preparo subito se vuoi, offre la casa!- si voltò verso di lei, ridacchiando. Il fatto che non fosse sobbalzato per via delle urla di Jieun non era perché nulla lo spaventasse, ma perché la sera prima aveva ricevuto un messaggio da parte della diretta interessata.
Diceva di voler parlare con lui.

-Smettila, sbruffone. Allora? Parla! L’hai fatto per i soldi, non è così?- strillò sbattendo un pugno contro il bancone. In quel momento Jieun sembrava la reincarnazione di Hulk, se avesse continuato ad usare la sua eccessiva forza sarebbe stata in grado di demolire l’intero ristorante meglio della wrecking ball di Miley Cyrus.
Jimin non rispose. Prese solamente ad osservarla, serio.

-Ti ho fatto una domanda- si ripeté anche se sapeva che Jimin l’avesse sentita forte e chiaro.
Jieun aveva gli occhi infuocati. Effettivamente chi poteva darle torto per essersi giustamente arrabbiata con Jimin? Di certo non è usanza normale troncare con una persona per degli stupidi pregiudizi e ricomparire magicamente due giorni dopo, per giunta a casa di questa.

-Mi avvalgo della facoltà di non rispondere. Ciò che faccio non sempre ha una motivazione logica, non ho un fine che mi spinga ad agire- disse lui con fare da filosofo intellettuale, continuando ad asciugare le tazze con lo strofinaccio diventato talmente umido da considerarsi una salvietta imbevuta.

-Certo, ti sto credendo. Ma dico, ti rendi conto!? Rifarti vivo dopo avermi umiliata!-.
In maniera repentina si catapultò verso il primo tavolino che le capitò e, permesso alla sedia di strisciare pesantemente contro il parquet emettendo un rumore assordante, scivolò nella sua postazione sbattendo violentemente la testa sul tavolo.
Diagnosi della paziente: esaurimento nervoso e collasso mentale.
Il suo respiro affannoso si fece spazio per quell’ambiente raccolto in un silenzio sovrumano, anche il rumore delle stoviglie che venivano riposte dove di dovere cessò di esistere.

-Jieun…-

-Cosa vuoi?- rispose acida con la voce ovattata dalla matassa di capelli che la ricopriva.

-…è vero. L’ho fatto per i soldi- sospirò lasciando cadere le braccia ai lati del corpo dai muscoli scolpiti.
Jieun sbuffò dal naso ridacchiando dondolandosi sulla fronte, ci aveva azzeccato in pieno a quanto sembrava.

-Sei uno stronzo, Park Jimin. Ecco cosa sei-

-Mi dispiace okay? Vuoi detto questo? Mi dispiace!-

-Non voglio elemosinare le tue scuse, Jimin! Renditi conto dei tuoi errori una volta tanto invece di dire “mi dispiace” come fosse un semplice “ciao”-. Forse quella era la cosa più saggia che Jieun avesse mai potuto dire.

-Ok senti, facciamo come se tutto questo non fosse successo. Dimentichiamo il passato e ricominciamo da dove ci eravamo interrotti…- disse deciso avvicinandosi al suo tavolo e sedendosi nel divanetto a muro di fronte a lei.
Solo allora Jieun alzò la testa, allontanando la faccia dalla superficie del tavolo per mostrare una fronte arrossata. Dovette pensarci un attimo: il suo sguardo rimase fisso verso la sua sinistra, mentre Jimin continuava ad osservarla fintanto che meditava in attesa di un buon esito.

-Ti do un’ultima possibilità Park, stai attento a non sprecarla perché non ci sarà una prossima volta-

-Non ti deluderò, croce sul cuore- si alzò Jimin fiero, tracciando una x passante per il centro dei pettorali. Jieun aveva riposto la sua fiducia in lui adesso, contava sulla sua promessa nel caso l’avesse continuata a mantenere.

***

Come ogni giorno casa Lee era invasa costantemente dalle urla: Eun aveva combinato sicuramente qualcosa dato il modo in cui la madre aveva di rincorrerla.

-Sciocca di una ragazza! Quando imparerai a mettere a posto le tue cose!?- urlava la donna mentre si levava da sopra la testa un maglione e un calzino dalla spalla. Come una bambina di tre anni Eun correva ridendo per la casa, facendo fare alla madre un giro turistico accelerato di tutti i vani.

-Vieni qua disgraziata!-.
Si udì prima che Eun si rinchiudesse nella prima stanza libera che trovò, quella di Jieun, il posto più ordinato e pulito in cui fosse mai stata. Certo che sua sorella teneva davvero molto alla cura dei suoi spazi, non si stupiva del perché quella non volesse che nessuno ci entrasse.
Quella camera era fin troppo diversa dalla sua, lo si notava dal fatto che per terra non vi era traccia di vestiti e la scrivania non fosse ricoperta da un tappeto di trucchi di vario genere.

-Che bella cameretta Jieun… e questo cos’è?- esclamò dopo aver adocchiato il portatile della sorella:-Oh beh, dato che non è qui penso che una sbirciatina potrei anche dargliela, no? Tanto non lo verrà mai a sapere- sghignazzò sfregandosi le mani fintanto che si accomodava sulla sedia girevole.

-Che razza di sfondo sarebbe questo…? Note musicali!? Ah Jieun, cosa c’è di meglio di un fotomodello?-.
Eun non ci si soffermò più di tanto, così aprì una scheda web e cominciò a controllare la cronologia solo per puro divertimento.

-Tesi, coreano, esami... uffa, sempre la stessa solfa, Jieun! Aspetta… e questo?-.
Eun rimase a fissare basita il sito che la sorella aveva cercato con gli occhi spalancati, appiccicata letteralmente davanti lo schermo.

-No, no, no Jieun… questo non si fa: mamma non te l’ha insegnato?-.

***

Il fiume Han era davvero il posto giusto per passare diversamente il tempo in una triste giornata invernale. Un gigantesco ponte innevato, dai cui tubi continuava ad uscire acqua ghiacciata illuminata da variopinte luci a led, sovrastava l’ampio corso regalando una visione mozzafiato agli occhi di chi lo ammirava. Quel luogo, a debita distanza dalla confusione cittadina, rimaneva il preferito di Jimin, sulla riva del fiume insieme alla sua ragazza.

-Sei stato bravo ad assecondarmi ieri a cena, devo ammetterlo- cominciò a parlare Jieun mentre camminava con le mani nelle tasche del giubbotto affiancata dal ragazzo dai capelli da vecchio ultrasettantenne.

-E che dire di te? Ti sei inventata una storia a dir poco credibile… “mi ha aiutata e per scusarsi mi ha offerto il caffè”. Io sì che sono un galantuomo- imitò la sua voce atteggiandosi a oca giuliva, dando l’impressione alla gente che passeggiava di essere un effemminato dalla testa ai piedi.

-Non prenderti dei meriti per cose che non hai fatto, Cenerentolo- gli affibbiò il nome mentre gli scombinava i capelli con il pugno chiuso. In quel momento sì che provava una strana sensazione: Jieun non sentiva più odio o addirittura sdegno nei confronti di Jimin, cosa bizzarra conoscendola, bensì qualcosa di molto diverso, anni luce lontano da quelle emozioni fin troppo negative.
Lo stomaco di Jimin si fece sentire immediatamente, e quello di Jieun lo seguì a ruota.

-Andiamo a prendere qualcosa da mangiare, ti va?- fece lui ridacchiando imbarazzato toccandosi l’addome come volesse zittirlo a qualunque costo.

-Assolutamente sì, sto morendo di fame anch’io-.

Giunti dinanzi uno dei tanti negozietti aperti 24 ore su 24, i due si apprestarono a prendere il primo cibo di strada che gli capitasse per le mani.
Sarebbe potuta essere qualsiasi cosa, ma tutto pur di far smettere di brontolare i loro stomaci e mettere qualcosa di caldo sotto i denti.
Ciò che si ritrovarono fra le mani fu un sacchetto pieno di hotteok*, i dolci nella lista dei preferiti di ogni seouliano che si rispetti.

-Perché ieri sera tua sorella ti ha denigrata?- tirò dal nulla il discorso Jimin il quale fece affogare la ragazza, colta alla sprovvista da quella domanda.

-Vedi, io ed Eun non ci siamo mai sopportate a vicenda: lei pensava di avere sempre qualcosa in meno di me quando in realtà ero io a non avere nulla- terminò dando un altro morso alla frittella.

-Forse quello a cui si riferisce non è il materiale… magari è per quello che hai dentro-

Cosa ha detto!?

-Siamo lontani da tutti qui Jimin, puoi anche evitare di recitare- sorrise lei pensando si trattasse di una frase tipica dei copioni dei drama.

-Guarda che non sto recitando, dico sul serio- affermò Jimin bloccandosi mentre lei continuava a camminare. Sentendo ciò che disse il ragazzo Jieun fermò, anche se in ritardo, i suoi passi.

-Come fai a dire una cosa del genere se mi conosci appena? Nemmeno mi sopporti- ridacchiò Jieun voltandosi dando la cosa per scontata, come in effetti era. Jimin la fissò senza sosta con gli occhi completamente sbarrati e lo sguardo più profondo del solito.  

-Forse hai ragione, non ti conosco abbastanza per dire che ciò che ho detto sia vero- sospirò dando aria ai polmoni respirando lentamente col naso. Jimin si sfilò il suo solito berretto per scuotersi i capelli poi, con un rapido movimento della testa, indossò nuovamente il copricapo di lana riprendendo a camminare.

*snack dolci preparati soprattutto in inverno: sono frittelle rotonde schiacciate ripiene di zucchero di canna ed arachidi.

►Angolo autrice:
Buongiorno a tutte armys! Come consuetudine, eccovi il nuovo capitolo della fanfic :3
Jimin è riuscito ad avere un’altra possibilità da Jieun: riuscirà a mantenere la fiducia che lei gli ha riposto o la butterà via come fosse immondizia? Lascio a voi la parola xD
Sempre grazie tante a coloro che seguono e commentano la storia, vi sono molto grata per le bellissime recensioni che mi lasciate! <3
Vi abbraccio! Fighting!

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9:

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Il tempo passava in fretta e più scorreva più ci si avvicinava al fatidico venticinque. Erano le sette e mezza del mattino e Jieun era già sveglia, cosa piuttosto bizzarra dato che soleva svegliarsi puntualmente verso le nove.
Distesa sul suo morbido letto, coperta dal suo piumone rosso e bianco, rimase con gli occhi spalancati ad osservare incessantemente il tetto, come se avesse visto qualcosa ad aver attirato la sua attenzione.
Da un po’ di tempo a quella parte ripensava al suo “appuntamento” con Jimin: quel giorno si era sentita strana, aveva percepito che ci fosse qualcosa di diverso sia in lei che in Jimin e ciò la rese doppiamente confusa.

“Che Jimin stesse solo recitando la sua parte?” pensò dubbiosa mentre si sollevò il busto coi gomiti per scrutare la stanza da quelle sottili fessure che si ritrovava come occhi.

Per lei fu praticamente impossibile prendere di nuovo sonno, ormai la sua mente era più che sveglia. Jieun pensava che avrebbe dovuto prendere l’abitudine di svegliarsi a quell’ora dato che la casa si trovava immersa nella pace degli angeli, senza sua madre a fare i suoi soliti concerti stile rock’n’roll.
In lei c’era qualcosa che non andava, era tempestata da un mix di sensazioni talmente impossibili da comprendere che in confronto decifrare i geroglifici sarebbe stato come leggere l’alfabeto.
Il rumore delle stoviglie di ceramica proveniente dalla cucina le fece intendere che sua madre si fosse appena svegliata: erano le nove meno un quarto.

Era davvero passato tutto quel tempo? 

-Ciao mamma- disse Jieun aprendo la porta che dava al soggiorno e alla cucina.

-Buongiorno tesoro mio, dormito bene?- spuntò quella da dietro l’anta della dispensa aperta poco prima per prendervi la solita scatola di corn flakes.

-Ehm sì, credo di sì- si sedette di fronte al tavolo e cominciò ad assaporare i biscotti al cioccolato posti al centro di esso.

-Ottimo! Perché devo darti una notizia: dopodomani saremo a casa dai nostri parenti, faremo pranzo e cena da loro... mi raccomando, porta Jimin con te!- aprì bocca sparando parole a raffica peggio di un mitra.

-Intendi tutto il giorno…?- la guardò con fare preoccupata smettendo di masticare ciò che aveva ancora in bocca, ritrovandosi in mano la parte restante del biscotto.

-Ovviamente cara! Sarà un Natale in grande, vedrai come ci divertiremo!- batté le mani ripetutamente esibendo il suo aegyo più penoso.

Sarà un Natale in grande... vedrai come ci divertiremo…” con queste affermazioni Jieun avrebbe dovuto preoccuparsi seriamente: al solo pensiero che tutto il suo albero genealogico si sarebbe accalcato in massa in cinquanta metri quadri di casa non poté che sentirsi male, causandosi mentalmente seri attacchi di claustrofobia.

“Forse in tutto questo l’unica cosa positiva è Jimin…” si fermò un attimo sbarrando gli occhi rendendosi conto di ciò che aveva pensato “Ma che cos…? No Jieun, non puoi pensare queste cose… finiscila! Tu non… non sei innamorata di… NO”

-Jieun…? Perché ti stai schiaffeggiando?- la guardò storta sua madre, dai cui occhi si poteva notare un pizzico di perplessità.

-Oh, no nulla mamma… è che mi sono ricordata di avere un appuntamento con Jimin oggi e… sono in ritardo, devo andare-. Imbarazzata, Jieun si alzò di scatto dalla sedia e prendendo un ultimo biscotto dal centrotavola di latta corse verso la sua stanza; spalancata la porta come una furia afferrò il cellulare posto sulla scrivania e inviò un messaggio a Jimin, avvisandolo che sarebbe venuta a trovarlo al ristorante.
Il freddo pungente di Seoul penetrava fino al midollo: il cielo grigio incupiva quella selva urbana in perenne confusione, gli scarichi delle auto sommati all’aria gelida che dominava l’ambiente impedivano di respirare a dovere e i marciapiedi, scivolosi a tratti e colmi di bianca neve soffice, rendevano difficile camminare poiché ad ogni passo i piedi affondavano almeno di cinque centimetri.
Avvolta in quella sciarpa di lana che si poteva scambiare benissimo per un plaid si diresse verso il luogo in cui avrebbe dovuto incontrare il ragazzo; arrivata all’ingresso non fece nemmeno in tempo ad aprire la porta che venne immediatamente preceduta da Jimin, il quale per poco non la prendeva di petto in pieno.

-Dobbiamo per forza investirci noi due, vero?- scherzò sarcastica non appena Jimin fece per bloccarsi dinanzi a lei. Il ragazzo sorrise dolcemente, azione che confuse non poco le idee a Jieun.

-Ciao… ti ho inviato un messaggio proprio adesso per dirti che ho finito il turno- disse strofinandosi la base del naso con la mano inguantata.

-Oh scusa, non l’ho visto. Devo dirti una cosa Jimin-

-Che ne dici se ne parlassimo davanti a un buon caffè? Offro io- parlò con tono caldo e anormale stordendo la ragazza con un occhiolino. Jieun rimase di sasso: stava sognando o aveva appena avuto un’allucinazione?

-Da quando offri il caffè alle persone? Ah, giusto… stai recitando la parte, ho capito- gli diede un colpetto sul braccio accompagnandolo ad una sonora risata beffarda. Jimin la fissò per qualche secondo, poi riprese a guardare di fronte a sé continuando a camminare.

-Cosa? Perché mi hai guardata in quel modo?-

-In quel modo come, scusa? Non capisco di che parli- fece spallucce portando gli occhi al cielo.
O Jimin aveva qualcosa di strano o Jieun era diventata pazza dal giorno alla notte. Si era accorta di come il ragazzo avesse degli strani atteggiamenti nei suoi confronti, era cambiato totalmente dal loro primo incontro, da quando avevano ricominciato da capo. Mentre camminava con lui Jieun si sentiva come imbarazzata, quella sensazione che lei non aveva mai avuto il piacere di provare con nessuno men che meno con un ragazzo.

-Il coffee shop è questo, vieni- disse Jimin esortandola ad entrare. Catapultandosi verso l’ingresso egli ebbe l’accortezza di aprirle la porta permettendole di proteggersi dall’eccessivo freddo che vi era all’esterno, deserto come non lo era mai stato.

-Va’ a sederti, io prendo qualcosa okay?-.

Perché si stava comportando in quel modo? Era entrato così bene nella parte che ora non ne voleva più sapere di uscirne oppure si stava solo sforzando di essere gentile almeno per una volta? Questi erano i dilemmi che passavano per la testa a Jieun, ancora in cerca di risposte certe alle sue domande.
Sistematasi in un tavolo cominciò ad osservare quel mondo innevato separato da lei da un’enorme vetrata così pulita da proiettare quasi il suo riflesso.

-Eccomi! Uno a me… e uno a te, serviti pure- le porse la tazza contenente il liquido bollente.

-Cappuccino? C-come facevi a sapere che mi piace il cappuccino?- esclamò incredula e sorpresa.

-Da quella volta che te l’ho buttato addosso, si capiva lontano un miglio che fosse cappuccino quello sulla tua sciarpa-

-Beh che dire, complimenti Sherlock-

-Era elementare Watson- contagiò Jieun con le sue risa:-Allora, cos’era che dovevi dirmi esattamente con così tanta urgenza?-

-Ah sì, giusto… dopodomani passerò il Natale dai miei parenti, starò lì tutto il giorno e tu dovrai venire con me-. Jieun sorseggiò lentamente il suo adorato caffè, cercando in tutti i modi di non scottarsi.

-Perfetto, non c’è problema- disse con sbalorditiva nonchalance. Jieun ebbe un colpo: come mai non aveva opposto resistenza? Come poteva essere possibile che Jimin avesse accettato su due piedi senza sbottare?

-O-okay allora… dirò a mia madre che… che ci sarai anche tu. Ah, ti conviene passarmi a prendere visto che dobbiamo apparire come una coppia- rispose quasi balbettando somigliando a un robot con uno sguardo del tutto imbambolato:-Sai, sei parecchio strano oggi-

-In che senso “strano”? Io sono quello di sempre-. Jimin si scansò un ciuffetto di capelli con le due dita, atteggiandosi a perfetto vanitoso mezzo effemminato.

-Non so, sembri… diverso- gli parlò osservando la tazza. Portandosi i capelli dietro le orecchie Jieun fece andare in estasi il ragazzo, il quale rimase a fissarla da dietro quel caffè che non aveva ancora avuto l’onore di assaggiare. Una risata scappò improvvisamente alla ragazza al solo vedere i bordi della bocca di Jimin contornati da un sottile striscia marroncina.

-Ti sei fatto i baffi a quanto vedo… sei la copia sputata di D’Artagnan! Aspetta che ti aiuto a pulirti-. Jieun sfilò un tovagliolino di carta dal porta tovaglioli accanto a lei e lo strofinò sulla parte superiore della bocca di Jimin, imbrattata completamente di caffè. Mentre lo ripuliva si accorse di essersi fermata per ammirare le rosee labbra carnose di Jimin e, incrociando il suo sguardo incantatore, fu costretta a ritirarsi, sedendosi di botto sulla poltroncina.

-A-adesso sei perfettamente pulito Jimin- si dondolò avanti e indietro con in mano ancora il tovagliolo che buttò dove capitava sopra al tavolo:-Ehm, almeno… il caffè era buono?- chiese riprendendo a gustare il suo adorato cappuccino ormai tiepido.

-Accettabile, sì. Era un po’ amaro ma tu l’hai reso più dolce-. Sarebbe mancato poco e Jimin si sarebbe ritrovato il viso pieno di cappuccino, per colpa sua Jieun stava per sputare fuori il sorso di bevanda calda.

Okay, qualcuno ha dato a Jimin una forte botta in testa: sicuro come la morte.

-Penso sia una tua impressione, io sono come il latte e il limone. Sono acida, il che è molto diverso dall’essere dolce- si ricompose Jieun, ritornando la solita vecchia ragazza rozza dalle maniere tipiche di uno scaricatore di porto.

-Perché fai così Jieun? Voglio dire… perché nascondi la tua vera te dietro comportamenti che non sono tuoi? Sembra che tu stia imitando qualcuno-. Jieun ridacchiò, beffeggiatrice.

-Wow, Jimin passione filosofo e psicologo… complimenti. Quanti altri lavori fai, per l’esattezza?- rispose avvalendosi di un sarcasmo pungente, effettivamente non tipico suo. Jimin stette in silenzio, forse quella domanda così diretta avrebbe dovuto proprio evitarla. Quando però fece per prendere la parola in mezzo all’imbarazzo venne immediatamente bloccato da Jieun la quale iniziò a parlare.

-Comunque hai indovinato, detective. Io… io mi nascondo, mi sono sempre nascosta dietro una dannata corazza di ferro: ho sempre avuto timore degli altri e dei loro giudizi, mi sono sempre spaventata nel mettere in mostra la vera me perché… perché in realtà sono debole, non ho mai voluto mostrare a nessuno il mio essere solo per una paura a dir poco inutile, oltre che infondata. Ecco quindi cosa sono, una persona apprensiva senza spina dorsale che si fa mille problemi mentali e teme gli altri più della morte- sbuffò rumorosamente sbattendo la schiena contro la poltroncina.

-Jieun... non sei affatto come pensi di essere- la guardò Jimin con fare compassionevole.

-E tu come fai ad essere così sicuro di quello che dici? Non mi conosci Jimin, non sai niente di me come io non so niente di te-

-Vai a sopportare uno come me, fra tutte le ragazze che ho incontrato tu sei l’unica con le palle e con un bel caratterino… tappetta- le fece la linguaccia permettendo alla ragazza di diventare rossa dalla rabbia.

-Come mi hai chiamata!? Vecchio rimbambito, ti manca solo il girello-. Jieun afferrò il tovagliolo lanciato poco prima e accartocciandolo lo tirò dritto in faccia al ragazzo di fronte a lei, il quale assunse le sembianze di una tartaruga non appena la pallina di carta gli si fiondò davanti. Avendo finito il suo adorato cappuccino, la ragazza si alzò dal tavolo, portandosi affianco a Jimin per scombinargli i capelli.

-Vediamo se mi prendi adesso, nonnetto-
Appena Jieun mise piede fuori dal locale cominciò a correre all’impazzata con Jimin a due metri di distanza, il quale piano piano le si avvicinava con un innaturale celerità da scambiarsi per Flash.

-Ti ho presa, puffa!- urlò Jimin afferrandola per il polso. Un dannatissimo tratto di marciapiede sdruccioloso non fece che andare a sfavore di Jieun; messo il piede sulla zona letale la ragazza cadde di schiena e Jimin con lei sopra di lei. Entrambi si guardarono a lungo, Jieun ebbe come l’impressione che il ragazzo le si stesse avvicinando più di quanto già non lo fosse. A dirla tutta non fu affatto un’impressione…
Il volto di Jimin era via via più vicino a quello di Jieun: più quello accorciava le distanze, più lei riusciva a sentire palesemente il suo fiato sfiorarle il viso. Tutt’a un tratto però quello fu costretto a bloccarsi.

-Ehm, J-Jimin? Mi stai riducendo le costole a delle piadine, non riesco a respirare-. La ragazza lo vide allontanarsi più rapidamente di come si era avvicinato.

-Oh ehm sì, scusami- si destò dal suo stato di estasi scansandosi da sopra di lei per fornirle poi una mano che la aiutasse ad alzarsi dalla distesa di neve gelida.

-Sarà meglio che vada adesso, mia madre mi starà sicuramente aspettando… sai com’è, lei è molto precisa e… vuole che sia puntuale per il pranzo, già- si dondolava portandosi in punte di piedi per poi ricadere sui talloni mentre giocherellava con le dita:-Ehm… ci vediamo dopodomani! Sai come comportarti, no?-

-S-sì certo, non hai nulla da temere- scosse la testa, parlandole fintanto che gli occhi andavano da una parte all’altra.

-Perfetto. Ciao Jimin- fu l’ultima cosa che gli disse accompagnata da un cenno della mano prima di intraprendere la sua marcia verso casa.

-Ciao Jieun…-

►Angolo autrice:
Ma buonsalve mie care armys! Eccomi con il nuovissimo capitolo della fanfiction: eh sì, ho deciso di anticipare la pubblicazione perché da domani sarei stata molto impegnata e avrei sicuramente posticipato di tanto tempo la continuazione; ringrazio sempre di vero cuore coloro che seguono e recensiscono la storia, siete davvero adorabili *w* Spero che il capitolo vi sia piaciuto (temo che gli infarti saranno stati ogni due secondi *sghignazza*)
Ci vediamo sabato prossimo (se tutto va bene) con il nuovo capitolo! Vi abbraccio, fighting!

E per causare altri attacchi cardiaci vi lascio una bella picture di ChimChim… bye!


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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


⇒Angolo autrice:
Ed eccoci arrivati finalmente (o tristemente) all’ultimo capitolo della fanfiction.
Non nascondo che la nostalgia si sta già facendo sentire, penso che la storia mancherà a me quanto a voi.
Voglio ringraziare di vero cuore coloro che hanno sempre impiegato un po’ del loro tempo per leggere la storia, spronandomi a continuare; un grande grazie va anche a chi, con le sue recensioni e con le sue critiche costruttive, mi ha permesso di fare di più e riparare gli errori.
Spero di riuscire a dedicarmi ad altre fanfiction in futuro (e continuare quelle lasciate in tronco xD) dato il poco tempo che mi ritrovo a disposizione lol Vi lascio alla storia adesso ahaha
Nel frattempo mi permetto di fare, anche se anticipatamente, gli auguri di buon Natale e felice anno nuovo a tutti!
Bacioni *-*

Capitolo 10:

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Il grande giorno era finalmente arrivato, il calendario nella sua stanza indicava in rosso il numero venticinque scritto a caratteri cubitali il che poteva suscitare giusto un tantino di ansia. Da più di dieci minuti Jieun stava a trafficare con la zip posteriore del suo vestitino dai motivi scozzesi, impersonando in tutto e per tutto una contorsionista provetta. La porta della sua stanza si spalancò improvvisamente, spostando una compatta massa d’aria che sbatté contro la schiena scoperta della ragazza.

-Jieun! Noi stiamo scendendo, ti aspettiamo con il tuo ragazzo direttamente lì. Prevedo una giornata fantastica!- sbraitò Eun facendo sobbalzare la sorella di punto in bianco.

-Va bene Eun ho capito, non c’è bisogno di urlare così forte. Ci vediamo più tar…-.
La ragazza non finì nemmeno la frase che sua sorella corse via per il corridoio: il rumore dei tacchi, propagatosi per tutta l’area di questo, fece dubitare a Jieun della vera natura dell’altra nata sicuramente dall’incrocio fra un cavallo imbizzarrito e una capra. Lo sbattere violento della porta d’ingresso segnò l’inizio della pace momentanea di Jieun, immersa finalmente nel più leggiadro silenzio.
Davanti lo specchio della sua stanza, scrutava dettagliatamente la sua immagine raffinata e delicata: per alcuni istanti si ritrovava con sguardo perso ad accarezzarsi involontariamente il viso e i capelli, come se fosse qualcun altro a farlo.
“Sarò mai all’altezza? Potrò mai piacere a…? No, no Jieun. Piantala con questi pensieri insulsi”.
Fu solamente qualche minuto dopo che quello stupido citofono ancora da aggiustare prese ad emettere un trillo assordante.

-Ah! Sarà Jimin!- corse verso l’apparecchio mezzo rotto alzandosi finalmente la lampo con la quale aveva fatto a pugni. Infilato il cappotto e presa la solita borsa uscì di casa, fiondandosi all’interno di quella fredda savana buia nonostante fosse giorno.

-Eccomi! Come stai, Jimin?- gli si piombò di fronte la figura di Jieun, un po’ più alta per via dei tacchi. Alla sua vista gli occhi di Jimin brillarono, non aveva mai visto meraviglia più bella di lei.

-Jieun sei… un incanto. Sto bene, grazie del pensiero- sorrise timidamente alzando un angolo della bocca, mettendo in risalto il colorito rossastro delle guance:-Oh, prima che dimentichi… Buon Natale- le porse un sacchetto ricco di decorazioni natalizie sormontato da un rosso fiocchetto arricciato.

-P-per me? Grazie…- esclamò sorpresa Jieun prendendo il pacchetto dai manici in corda.

-Via, aprilo! Cosa aspetti? Che io diventa davvero vecchio magari?- rise Jimin incitandola a scoprirne il contenuto.

-Non ci credo… ma è la stessa sciarpa che avevo prima, quella che tu mi avevi rovinato col caffè… grazie Jimin, davvero- lo guardò stringendo la stoffa al petto. Jimin le si avvicinò e, levandole la sciarpa di lanina dalle mani, gliela mise di sopra permettendo a questa di fare due giri pieni attorno al collo minuto della ragazza.

-Adesso sei perfetta. Andiamo?- le porse un braccio con fare galante, indirizzandola verso la vettura.
Jieun rimase senza parole nel vedere Jimin comportarsi in modo talmente diverso da sembrare un’altra persona; quasi immediatamente le si stampò in viso un mezzo sorriso in maniera del tutto involontaria. Ogni volta che lo guardava non vedeva più il ragazzo rude e freddo di qualche settimana prima, la sua personalità era completamente stravolta e ciò che rese il tutto più bizzarro fu la rapidità di questo cambiamento così inaspettato.

-Finalmente siete arrivati! Cominciavamo a preoccuparci… forza entrate!- strillò sua madre come al solito emettendo degli ultrasuoni così potenti da dar fastidio addirittura alle orecchie del korean jindo dei suoi anziani genitori, il quale andò a rifugiarsi dietro la poltrona pur di non vederla impersonare un fischietto per cani. Il caos che dominava quella casa era a dir poco indescrivibile: interi gruppi di si pensava umani erano sparpagliati negli angoli più stretti dell’appartamento, come se già questo non lo fosse di sua natura. Alla sola vista di Jieun e Jimin si levò un urlo di euforia da parte di ogni persona presente lì dentro.

-Jieun! Sono contento di vederti! Come stai?- la abbracciò un ragazzo alto almeno un metro e novanta, stazza abbastanza anormale per un coreano.

-Ehm non vorrei essere scortese ma… tu chi diamine sei!?- sgranò gli occhi rimanendo pietrificata fra le braccia chilometriche del tinto verde, sicuramente fratello del Monte Everest.

-Ma come? Non mi riconosci? Sono il tuo oesachon, Hyunki!- si scansò da lei facendo un aegyo a dir poco penoso e inadatto alla sua persona da bamboccione com’era.

-Ah sì, Hyunki… sì, ciao che piacere rivederti!- ridacchiò nervosa mentre lo riabbracciava forzatamente. Dopo che questi si allontanò soddisfatto Jieun poté avvicinarsi a Jimin:-E a quello chi lo conosce? Più che Hyunki lo chiamerei “Rhyunkioglionito”- sussurrò al ragazzo continuando a mantenere in viso un perfetto sorriso sornione.

-Se non lo conosci tu pensi che debba saperlo io, genia?- la imitò in tutto e per tutto, stirandosi la faccia peggio dei lifting a causa della risata strappata dal nome affibbiato al cugino. Davanti a loro passavano sempre le più svariate facce tanto che, contando chi gli passava di fronte con tanta naturalezza, la “coppia” riuscì a computare circa undici persone diverse.

Forse non erano a casa dei loro parenti, magari avevano appena
incontrato un vero e proprio squadrone di calcio.

Lo sbattere di cucchiaio di legno contro una pentola e la conseguente mandria imbufalita di parenti diretti verso la sala da pranzo grande quanto un ripostiglio fece intendere che il pranzo fosse già pronto per essere divorato in meno di un quarto di millisecondo. Finalmente seduti tutti in tavola poterono permettere alla fame di impossessarsi completamente di loro: due tizi alla sua destra, uno dei quali era Rhyunkioglionito, potevano essere scambiati benissimo per adorabili porcellini visti i grugniti che emettevano ogni qual volta si ficcavano in bocca del cibo.

-Quale eleganza…- sussurrò Jimin all’orecchio di Jieun chinandosi lentamente di lato. Jieun annuì, decisamente disgustata dalla bella scenetta: quelli lì sembrava non mangiassero dai tempi dell’antico impero coreano.

“Questa giornata può mai andare peggio di così?” pensò lei guardando costantemente il suo odiato bulgogi, cui carne di manzo era più dura di un mattone e di conseguenza impossibile da masticare. Jieun aveva ancora il piatto pieno e tutti gli altri, vedendola ancora all’inizio, cominciarono a farle mille mila domande di seguito, come una macchinetta.
“Forza Jieunnie, mangia la carne che ti ha preparato la tua oehalmeoni!”
“Perché hai lasciato tutto il bulgogi? E’ per la dieta, non è così?”
“Mangia ancora un po’… guardati, sei uno stecchino messo in piedi!”

 
Ma la gente non riesce mai a farsi i cazzi propri!?

-Allora lo mangi quello o no?- chiese Hyunki con la bocca ancora piena il quale, senza permettere nemmeno a Jieun di rispondere, fece spallucce e le prese il piatto da sotto il naso lasciandola sconvolta. Non che le dispiacesse non mangiare più quella pietanza, ma almeno un po’ di decoro poteva usarlo quel pezzo di scemo. Jimin la osservava e ridacchiava sotto i baffi, il modo in cui fulminò con lo sguardo il cugino lo fece sbellicare dentro. Erano già le cinque e mezza del pomeriggio e quella famiglia fin troppo strampalata era ancora seduta a tavola per continuare il rifocillo: Jieun avrebbe dovuto fermarsi o avrebbe sicuramente dato di stomaco.

-Io propongo di fare un bel brindisi, che ne dite?- si sollevò il sedere dalla sedia Eun alzando in aria uno stretto calice di vetro, dondolandosi a destra e a manca per la sbronza da vino in mezzo alle frasi di approvazioni di zii, cugini, nonni e cani.

-Il mio pensiero va a mia sorella, Jieun, colei che mi è sempre stata accanto nei momenti più difficili della mia vita…-

-Tipo scegliere quale rossetto mettere, vero Eun?- la interruppe di botto Jieun scatenando l’ilarità generale.

-Dicevo…- si schiarì la gola:-Per tutti sei sempre stata un modello da seguire, un esempio di persona pura e generosa ed ecco perché oggi... voglio mettere a tacere per sempre queste voci insulse- continuò il suo discorso con insolita calma. Jieun cominciò a sudare freddo, aveva il sentore che sarebbe successo qualcosa.

-Guardate tutti: di fronte a voi vi è la falsità in persona! Quest’individuo conosciuto come Jieun ha architettato un losco piano per farsi le belle vacanze; eh sì cari miei… Jimin non è altro che un ragazzo in affitto!-. Jieun perse più di un battito al solo udire gli sproloqui di sua sorella.

-Eun stai delirando, hai bevuto troppo vino…- intervenne Jieun con voce tremante.

-No, è tutto vero! Ho spiato sul suo computer, ho visto tutto!- esclamò di rimando mentre sua madre guardava Jieun con fare sconvolto, rivolgendole un “Cosa hai fatto!?” con tono più che furioso.

Colta sul fatto purtroppo…

-Io… ecco… è che… devo andare- si alzò in modo talmente repentino dalla sedia che la ribaltò completamente facendo sussultare il nonno, mezzo addormentato con la testa all’indietro e coi tappi di ovatta alle orecchie.

-Jieun! Dove vai!?- urlò Jimin tendendole la mano nel tentativo di afferrarla, invano. Senza nemmeno prendere il cappotto Jieun spalancò la porta e uscì di casa, cercando in tutti i modi di scappare da quella casa colma solo di falsità. La ragazza corse per un lungo tratto di strada con le mani poste su entrambe le braccia, sperando che ciò potesse in qualche modo reprimere il freddo che la stava consumando a poco a poco. Sedutasi su una panchina consentì alle sue lacrime di farsi spazio sulle guance: singhiozzava, si raschiava la gola, tossiva per il pianto, tremava dal freddo.

-Jieun!- disse una voce in lontananza che si fece eco per tutto il viale. Era Jimin.

-Ti prego Jimin lasciami sola. Ho rovinato tutto con le mie stesse mani, sono stata una stupida!- si dava forti manate sulla faccia, stampandovi su quindici dita per gota.

-No non ti lascio sola, lo sei stata fin troppo. Ecco, tieni questo- la coprì con il cappotto che si era preso la briga di prendere prima di raggiungerla.

-E’ tutta colpa mia, solo mia. E’ merito mio se adesso mi trovo in questa situazione, se tu ti trovi in questa situazione… adesso tutti mi vedono come una doppiogiochista, come colei che agisce per doppi fini-

-Tua sorella l’ha fatto apposta- tirò sul col naso parlandole in modo diretto.

-Cosa!? Che significa?- sgranò gli occhi puntandoli verso il ragazzo.

-Non era ubriaca. Prima di venire da te ho controllato il suo bicchiere e non era vino: era succo di fragola e ribes nero-. Jimin si grattò la fronte con pollice e, curvando lievemente la testa, guardò Jieun con la coda dell’occhio.

-Brutta stronza. Mi odia, mi ha sempre odiata- singhiozzò un’altra volta stringendo saldamente il colletto del cappotto:-Adesso tutti sanno… sanno che è stata una messa in scena-

-Ehi, non fare così- disse Jimin tirandola a sé col braccio, il quale le accerchiava il retro del collo:-E poi… io non penso si tratti di una semplice messa in scena-. Il ragazzo le prese improvvisamente le mani, gelide e affusolate. Jieun bloccò il suo pianto e si voltò di scatto verso Jimin: c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi, come un luccichio.
Il ragazzo le accarezzò una guancia arrossata poi, sospirando, iniziò a parlare:-Jieun devo confessarti una cosa…- sospirò:-…quella volta non sono tornato per i soldi-

-Cos…? E per cosa allora?-. Jieun aveva come il sentore che Jimin stesse per dire ciò che lei aveva pensato fin dall’inizio, da quando hanno messo una pietra sopra alle loro divergenze.

-Jieun, sono tornato per te. Il giorno in cui ti avevo troncata lì in strada offendendoti nei modi peggiori mi sono sentito una schifezza e ho immaginato come potessi sentirti tu; da quando abbiamo ricominciato ho sentito qualcosa di strano nel mio stomaco, quando ti stavo accanto ero fuori equilibrio e questo mi ha fatto capire molte cose…-

-J-Jimin…- le scivolò un’ultima lacrima fredda sulla guancia, che il ragazzo asciugò immediatamente.

-Ho capito di amarti Jieun, e questo mi basta-.
Il palmo di lui aderì perfettamente al suo viso e adesso la stessa situazione di due giorni prima si stava ripetendo, tutto stava andando per come era giusto che andasse. Il suo respiro caldo le sfiorava delicatamente il viso, i battiti acceleravano, le mani sudavano: bastò meno di un attimo prima che entrambi si ritrovassero a labbra congiunte. Quel bacio così tenero scaldava l’anima anche nella giornata più fredda. Jieun sentiva le labbra carnose del ragazzo pressare dolcemente contro le sue, erano così morbide e calde e sapevano di dolce vino rosso.

-Anch’io ti amo Jimin, ti ho sempre amato… fin dall’inizio- sussurrò prima che riprendessero a baciarsi:-Ma, aspetta un attimo… non ti ho nemmeno fatto un regalo per Natale…- si allontanò da lui tenendogli ancora le mani poggiate sul petto.

-Tutto quello che voglio per Natale è… il tuo amore. Penso di avere già ricevuto il mio regalo, non credi?-.
In un attimo il venticello freddo della sera lasciò spazio ad una lenta nevicata, cui fiocchi candidi cadevano leggiadri sui due giovani innamorati, abbracciati su quella panchina isolata dal resto del mondo.

-Buon Natale, Jimin-

-Buon Natale, Jieun-

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