L'ospite

di Raven626
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amaya Jefferson ***
Capitolo 2: *** Una colazione problematica ***
Capitolo 3: *** Sospetti ***
Capitolo 4: *** Gli album fotografici ***
Capitolo 5: *** Ricordi ***
Capitolo 6: *** Scomparsa ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Amaya Jefferson ***


Erano quasi le due di notte quando Claude iniziò a riordinare il salone d'ingresso. Diede una pulita al pavimento con la cera, sbatté i tappeti per bene e stava giusto finendo di ripulire i quadri da un leggero strato di polvere quando qualcuno bussò alla porta.
Il maggiordomo osservò l'orologio con sguardo perplesso: chi poteva mai essere a quell'ora della notte?
Di sicuro nessuno che fosse stato invitato dato che il conte era andato a dormire da diverso tempo.
Subito poggiò su un tavolo il panno che stava usando e andò ad aprire la porta.
Non appena la spalancò si scatenò un vero e proprio inferno: si era dimenticato che là fuori in quel momento stava imperversando una tempesta.
Senza fare troppi complimenti tirò dentro chiunque fosse lì sull'uscio e richiuse il portone.
Sistemandosi gli occhiali osservò esasperato tutta la pioggia, le foglie bagnate e il fango che avevano sporcato irrimediabilmente l'ingresso: avrebbe dovuto ricominciare d'accapo con la cera.
Per non parlare poi di tutte le impronte che il nuovo arrivato stava lasciando sul pavimento! Se non si fermava all'istante, Claude l'avrebbe cacciato fuori a calci.
 - Salv… - Iniziò l'individuo, ma venne subito interrotto dal demone.
 - Si può togliere le scarpe? -
 - Come, scusi? - Chiese l'altro confuso, per poi guardarsi intorno e notare con imbarazzo il disastro che era riuscito a combinare in meno di cinque secondi.
 - Sta sporcando l'ingresso, quindi o si ferma, o si toglie le scarpe. - Ripeté Claude con voce atona mentre già individuava con la coda dell'occhio lo strofinaccio che usava per i pavimenti.
 - Certo, certo… - Mormorò l'altro sfilandosi con fare impacciato le scarpe.
Claude le osservò ripugnato, ormai quelle scarpe non meritavano più neanche di essere definite tali tanto erano rovinate e incrostate di fango. Solo quando le ebbe buttate da una parte il maggiordomo si decise a concentrarsi sull'ospite.
 - Come posso aiutarla? - Chiese rivolgendo finalmente la sua attenzione sull'individuo.
 - Ecco… La verità è che mi sono persa… - Disse quella che Claude scoprì essere una ragazza. - Ero diretta a Londra, ma mi sono fatta trovare impreparata da questa tempesta. Ero in piena campagna e così questo è stato il primo posto che ho trovato per cercare rifugio… Però se le reco disturbo me ne vado, basta che mi dà delle indicazioni… - Spiegò frettolosamente prima di chinare lo sguardo verso il basso.
Il maggiordomo la scrutò attentamente, non ci voleva certo un genio per capire che quella ragazza non era una nobile nonostante il suo modo di parlare. Indossava dei vestiti degni delle sue scarpe, vestiti che lì alla villa sarebbero potuti passare solo per stracci vecchi. Il viso era cosparso di lentiggini e i capelli erano castani e completamente fradici, solo allora il demone si accorse che stava tremando, chissà quanto doveva fare freddo là fuori per un essere umano. La ragazza continuò a guardarsi intorno a disagio mentre Claude ragionava sul da fare.
Di sicuro non poteva rimandarla là fuori e poi era da tempo che lì non accadeva nulla di interessante.
 - Può restare. - Dichiarò.
 - Bene, allora vad… - Iniziò la ragazza demoralizzata prima di rendersi davvero conto di ciò che le era stato detto. Sgranò gli occhi per l'incredulità e si voltò verso il maggiordomo. - Dice sul serio!? -
 - Non sono io il padrone di questa villa, il signore in questo momento sta dormendo. Per oggi però credo che non ci siano problemi se rimane qui. Domani lo dirò al padrone e deciderà lui se potrà rimanere ulteriormente o meno. Ho la netta sensazione che questa tempesta durerà ancora a lungo. -
 - Grazie mille! - Esclamò la ragazza prima di accigliarsi leggermente. - Scusami se ti parlo con franchezza, ma è proprio necessario che lo chiami “padrone”? Insomma, sei un uomo, mica un cane! -
Clade rimase interdetto di fronte a quella che in principio aveva creduto essere una ragazza timida e riservata, ma in pochi secondi tornò in sé, cancellando all'istante quell'espressione sorpresa.
 - Sì, è necessario. Il signore vuole che ci si riferisca a lui in questo modo. -
 - Che sfrontato… - Borbottò la ragazza con una scrollata si spalle prima di iniziare ad incamminarsi per i corridoi con il maggiordomo al seguito.
“Non sa quanto...” Pensò Claude con un sorriso appena accennato. “Povera ragazza, probabilmente non ha proprio idea di dove si trovi. Forse avrei fatto meglio a darle le indicazioni e rispedirla fuori.”
 - Come ti chiami? - Domandò la ragazza portandosi al suo fianco.
Per l'ennesima volta quella sera, Clade rimase piacevolmente sorpreso dall'ospite, non era mai capitato che qualcuno chiedesse il suo nome, mai.
 - Claude. E lei? -
 - Amaya Jefferson. - Rispose la ragazza con un largo sorriso.
 - È un bel nome, signorina. -
 - Non chiamarmi signorina! - Ribatté Amaya imbronciata. - Se una persona ha un nome ci sarà un motivo, no? Chiamami Amaya, Claude. E dammi del tu. -
  - Come desideri, Amaya. - Acconsentì il maggiordopo con un sorriso. Probabilmente quella era la frase meno formale che avesse mai detto da quando era lì alla villa.
 - Questo posto è davvero grande. - Commentò Amaya guardandosi intorno.
 - Già. La camera del signore si trova al piano di sopra, la tua invece è questa. - Disse prima di aprire una porta. - Mi scuso per averti dato una delle nostre camere peggiori, ma sai, oggi non aspettavamo ospiti.
 - Tu chiami questa “Una delle vostre camere peggiori”? - Replicò la ragazza guardando con aria sognante la sua stanza. - Ma se è grande quanto la matà di casa mia! - Esclamò prima di avvicinarsi al letto e buttarsi a capofitto su di esso.
Solo che non toccò mai il materasso. Si guardò intorno confusa e le ci volle un po' prima di capire che Claude l'aveva afferrata al volo mentre stava a mezz'aria.
 - Mi dispiace, Amaya, ma forse è il caso che prima di sporcare tutto ti fai un bagno e ti cambi i vestiti,  non credi? -
 - Giusto, scusa. - Disse lei dispiaciuta mentre il maggiordopo la ripoggiava a terra delicatamente. - Mi ero proprio dimenticata delle condizioni pietose in cui mi trovo. -
 - Il bagno è nella camera collegata a questa, quando uscirà… cioè, quando uscirai, troverai il cambio d'abiti sul letto. Sono quasi le tre, quindi non verrò a svegliarti questa mattina, potrai dormire quanto vuoi. -
“Sempre se il padrone non la butta giù dal letto...” Pensò provando nuovamente una gran pena per quella ragazza.
 - Grazie di tutto, Claude. Chissà cosa sarebbe stato di me se non fosse stato per te. - Disse sorrisendo mentre si dirigeva verso il bagno.
Claude stava per uscire dalla camera quando si sentì chiamare. Amaya era di fronte alla porta che conduceva al bagno, dandogli le spalle.
 - Cosa c'è, Amaya? -
 - Ecco, Claude… Questa è la magione del conte Trancy, non è vero? -
Il maggiordomo rimase di stucco, credeva che Amaya non sapesse dove si trovava.
 - Esatto. Questa è la villa del conte Trancy, perché? -
 - Bè… Sono vere le storie che girano su di lui? -
Claude non ebbe neanche il bisogno di chiederle a quali storie si stesse riferendo, lo sapeva fin troppo bene. Bipolarismo, scatti di rabbia, sadismo. Tutte voci che circolavano sul conte Trancy, tutte voci che, sfortunatamente per lui e gli altri della servitù, erano assolutamente vere.
 - Sì, è tutto vero. -
La ragazza annuì tra sé e sé prima di aprire la porta.
 - Grazie ancora, Claude. Buonanotte. -
 - Buonanotte Amaya. -
***
 - Come sarebbe a dire: “C'è una ragazza nella camera degli ospiti del primo piano!?” - Esclamò Hanna allibita.
 - È arrivata alle due. Ha chiesto di poter restare per questa notte. Lo diremo al padrone e sarà lui a decidere se farla rimanere o meno. -
 - Sai che potrebbe benissimo essere una ladra? -
 - Certo, ne sono consapevole. Questa notte sono andato ad accertarmi che stesse dormendo per ben cinque volte. Anche se fosse una ladra, questa notte non ha preso nulla. -
 - Ehi, voi tre, che ne dite? - Domandò la donna rivolgendosi ai gemelli.
I tre si misero a confabulare tra loro sottovoce, poi, nel medesimo istante, si rivolsero verso gli altri due e alzarono le spalle.
 - Illuminante… - Mormorò Claude sarcasticamente ricevendo un'occhiataccia da Hanna. - Che c'è? Avresti preferito che l'avessi lasciata fuori in mezzo alla tempesta? -
  - Sì, l'avrei preferito. - Dichiarò rivolgendogli uno sguardo tagliente. - E non perché non mi importa nulla di una ragazza sola ed infreddolita che viene qui a chiedere il nostro aiuto, ma proprio perché mi importa e so che se non esce da questa casa prima che il signore si svegli, saranno guai. -
 - Non credo che se la prenderà con lei… Di solito con gli estranei non è così… ecco… - Mormorò guardando l'occhio bendato di Hanna. - Così se stesso… -
Lo sguardo della demone si fece, se possibile, ancora più furibondo e stava per rispondergli a tono quando la porta si aprì.
I cinque si voltarono contemporaneamente, convinti di ritrovarsi davanti il padroncino. Invece l'individuo che aveva aperto la porta era tutt'altro che lui.
 - Buongiorno a tutti! - Decretò Amaya con un gran sorriso incamminandosi con fin troppa sicurezza all'interno della cucina. - Voi dovete essere gli altri aiutanti di Alois, io sono Amaya Jefferson, piacere di conoscervi! -
Dopo un istante di silenzio, i tre gemelli presero a confabulare tra di loro, Hanna invece si rivolse alla ragazza, sorpresa da tutta la sicurezza che ostentava. Di solito nessuno lì si rivolgeva al padroncino chiamandolo per nome.
 - Salve, io sono Hanna. - Si presentò stringendo la mano della ragazza. - Come hai dormito? -
 - Magnificamente! E pensare che Claude ha detto che quella era la camera peggiore! Non oso immaginare come sia la migliore, allora! - E così dicendo prese un grembiule dall'appendiabiti e se lo mise con scioltezza.
 - Ti avevo detto di dormire quanto volevi, Amaya. - Si intromise Claude osservando perplesso la ragazza mentre si annodava i laggi del grembiule.
 - Infatti ho dormito quanto volevo, ovvero fino alle sei e mezza. Sono una tipa mattiniera. - E detto ciò si spostò verso il ripiano sul quale i gemelli avevano iniziato a sistemare gli ingredienti. - Allora, come vi posso aiutare? -
Claude e Hanna si rivolsero uno sguardo spaesato prima di concentrarsi nuovamente su Amaya. Stava accadendo tutto troppo in fretta.
 - Non penserai di aiutarci, vero? - Disse Hanna aggrottando la fronte.
 - Certo che sì! Non me la cavo male in cucina. - Dichiarò rimboccandosi le maniche.
 - Ti crediamo, ma gli ospiti di solito non aiutano nelle faccende domestiche… - Ribatté Claude mentre i gemelli iniziavano a ridacchiare fra di loro.
 - Sciocchezze! Non sono un ospite, solo un'imbucata! E come tale intendo meritarmi il mio temporaneo alloggio qui. - Decretò andando a lavarsi le mani al lavabo.
 - Puoi guadagnarti la tua permanenza qui anche in altri modi. - Disse Hanna cautamente, senza neanche osare immaginare cosa avrebbe potuto combinare Alois se il cibo preparato da Amaya non fosse stato impeccabile come quello che preparavano loro.
 - Cioè? - Chiese lei mentre la donna le sfilava il grembiule di dosso.
 - Ecco… vediamo… - Mormorò guardandosi intorno quando uno dei gemelli le si avvicinò sussurrandole qualcosa all'orecchio. - Non posso farle questo! Nessuno meriterebbe una pena del genere! - Esclamò rivolta al demone.
 - Di che state parlando? - Domandò la ragazza sempre più incuriosita.
 - Questo imbecille ha detto che potrebbe fare compagnia al signore visto che di solito non passa molto tempo con gli altri. Ma ovviamente non possiamo farti una cosa del genere, non sarebbe affatto giusto nei tuoi confr… -
 - Va bene. - La interruppe però Amaya, allorché tutti i presenti si voltarono verso di lei allibiti.
 - Cosa? - Disse Hanna incredula.
 - Ho detto che per me va bene. Dopotutto se deciderà che posso restare, è il minimo che io possa fare per ripagare la sua gentilezza. -
Lo aveva appena detto che i gemelli scoppiarono a ridere. Certo, fu una risata dal volume basso e sommesso, ma sembrava comunque che potessero letteralmente morire dal ridere.
 - Cos'hanno da ridere tanto? - Domandò perplessa.
 - Ecco, credo che siano scoppiati a ridere per averle sentito dire “gentilezza” riferendosi al padrone. - Chiarì Claude non provando neanche a nascondere un piccolo sorriso divertito.
 - Non li ascoltare, in fondo non è così male. Basta prenderlo per il verso giusto. - Intervenne Hanna  poggiando gentilmente una mano sulla spalla della ragazza.
 - Esiste forse un “verso giusto” per cui prenderlo? - Ribatté Claude facendo scoppiare i gemelli nuovamente a ridere.
 - Certo che esiste. - Disse Hanna lanciandogli l'ennesima occhiataccia.
 - Quello succede quando non si riesce a trovare il verso giusto? - Domandò Amaya con fare timoroso mentre indicava l'occhio bendato della demone.
 - Diciamo di sì. -
La ragazza deglutì, ma solo pochi istanti dopo sul suo viso era tornato il solito sorriso spensierato.
 - Allora, cosa posso fare adesso che sta dormendo? -
 - Puoi apparecchiare la tavola, ma fai attenzione che sia tutto assolutamente impeccabile. -
 - Sissignore! - Esclamò la ragazza ridendo mentre faceva un saluto militare prima di dirigersi verso la sala da pranzo.
 - È spacciata, non è così? - Domandò Hanna guardando dispiaciuta la ragazza incamminarsi per il corridoio, andando dritta incontro al proprio destino.
 - Temo proprio che si sia appena scavata la fossa da sola. - Concordò il maggiordomo sistemandosi gli occhiali sul naso con un gesto quasi meccanico.

 

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Capitolo 2
*** Una colazione problematica ***


- Signore, sono le otto del mattino. La colazione è pronta. - Disse Claude aprendo con uno scatto le tende per far entrare un po' di luce nella camera. Tentativo vano dato che il sole era ancora oscurato dalle nubi, quella tempesta non era ancora finita.
In risposta ricevette dei mugolii di protesta.
 - Signore, la colazione è pronta.. - Ritentò il demone resistendo a fatica dalla tentazione di capovolgere il materasso, così da buttare giù dal letto il ragazzo.
 - Ho sonno… - Fu l'unica cosa che il conte riuscì a biascicare prima di tirare su le coperte fino a coprirsi completamente.
 - Your Highness, oggi ha una giornata piena di impegni. - Insistette il maggiordomo chiedendosi se fosse il caso di informarlo subito della presenza di Amaya.
 - Ad esempio? - Ribatté il ragazzo con la voce impastata dal sonno.
 - Alle dieci ha delle lezioni private con il signor Winston, c'è un ospite nella villa, nel pomeriggio ha l'incontro con gli imprenditori che ha incontrato alla festa dell'altro giorno, per non parlare dei preparativi per… -
 - Claude. - Lo interruppe Alois facendosi improvvisamente attento. - Puoi ripetere quello che hai detto? -
 - Certo, signore. Come dicevo oggi ha molti impegni: le lezioni private, l'incontro con gli imprenditori… -
 - L'ospite, Claude! - Lo interruppe di nuovo Alois drizzandosi a sedere all'istante. - Hai parlato di un ospite? -
 - Esatto. Ieri verso le due di notte una ragazza si è presentata alla magione dicendo di essersi persa e chiedendo di passare qui la notte dato che la tempesta non si è ancora placata. Ho pensato di farla rimanere per questa notte senza dirle nulla dato che stava dormendo. Quindi ora aspetto che mi dica se può rimanere o la devo mandare via. -
 - Un ospite… - Ripeté Alois tra sé e sé. - È da molto che non abbiamo un ospite, non è vero Claude? -
 - Mai avuto, your Highness. -
 - Sembra divertente. -  Mormorò il ragazzo sorridendo. - Come si chiama? Hai detto che è una donna? -
 - Una ragazza, signore. Penso che abbia più o meno la vostra età. Si chiama Amaya Jefferson. -
 - Mai sentito… - Disse l'altro con fare pensieroso.
 - Non è una nobile. Dalle condizioni penose di quando è arrivata, credo che sia molto povera. -
 - Non importa. - Ribatté Alois squotendo la mano con fare noncurante. - Valle a dire che può restare. -
 - Yes, you Highness. -
Claude uscì dalla stanza riuscendo a mascherare alla perfezione la sua sorpresa, non si sarebbe mai aspettato che il padrone avrebbe potuto prendere la faccenda così bene. Era stato pronto al peggio: sfuriate, urla, rimproveri, di tutto e di più. Invece il conte si era limitato a sorridere e fare qualche domanda. Certo, era anche vero che non aveva ancora avuto il piacere di conoscere la sua ospite. Forse dopo averla conosciuta avrebbe cambiato idea.
Claude cercò di immaginarsi uno scambio di battute tra i due, non si prospettava nulla di buono.
 - Ha detto che puoi riminare. - Decretò facendo il suo ingresso nella sala da pranzo.
 - Sul serio!? - Esclamò Amaya entusiasta voltandosi verso di lui.
 - Sul serio!? - Ripeté Hanna allibita, mentre i gemelli assumevano un'espressione sconcertata.
 - Ha detto che sarebbe stato divertente. Non so se dovremmo prenderlo come una cosa buona o una minaccia… - Aggiunse il demone sistemando con cura le posate già messe in precedenza sulla tavola da Amaya.
 - Io penso che sia una cosa buona. - Disse Amaya con un gran sorriso prima sistemare gli altri piatti.
Era chiaro però Claude e tutti gli altri non la pensavano affatto allo stesso modo. Il maggiordomo la stava giusto per mettere in guardia quando si rese conto di una cosa.
 - Un momento, per chi sono tutti quei posti a tavola? - Domandò osservando sospettoso tutti quei piatti, bicchieri e posate di troppo.
 - Per Alois, voi e me. Che domande! - Rispose Amaya, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Il demone si voltò sconcertato verso gli altri, ma capì dalla loro espressione persa che avevano già provato senza successo a far ragionare la ragazza.
 - Non c'è bisogno che apparecchi anche per noi. -
 - Certo che ce n'è bisogno. Voi avete diritto quanto lui di mangiare su questa tavola. - Ribatté Amaya  sistemando imperterrita l'ultimo bicchiere.
 - Ecco, noi abbiamo già mangiato. - Si inventò Claude non potendo, per ovvie ragioni, dirle per quale motivo loro non mangiassero mai.
Così dicendo prese un piatto dalla tavola, ma subito Amaya glielo sfilò di malo rimettendolo dove stava.
 - Non è vero. Non c'erano piatti sporchi quando sono arrivata in cucina. - Gli fece notare la ragazza scrutando i cinque con fare investigativo.
 - Frutta. - Disse Claude mentre prendeva nuovamente i piatti e le posate varie. - Abbiamo mangiato della frutta, ecco perché non c'erano piatti sporchi. -
 - Non ti credo. - Disse la ragazza convinta.
Il demone si voltò verso gli altri quattro in cerca di supporto, ma questi erano così presi dal loro scambio di battute che neanche si accorsero della sua richiesta di aiuto.
 - Che tu ci creda o no è così che sono andate le cose e fino a prova contraria tu sei solo un ospite, quindi non hai alcun diritto di ribattere agli ordini del conte. - Disse risoluto mettendo così fine a quella discussione.
Amaya si lasciò sfuggire un gemito esasperato, ma non protestò più e andò a sedersi dall'altro lato della tavola, dove aveva apparecchiato per sé.
Hanna e i gemelli sospirarono simultaneamente, sollevati che il conte non fosse entrato nella sala da pranzo durante quella conversazione.
Avevano però parlato, anzi pensato, troppo presto, perché proprio mentre Claude si avvicinava alla porta con piatti e posate tra le mani, il conte Alois entrava nella sala da pranzo gridando un gran “Buongiorno”.
Il maggiordomo si fermò all'istante, per poi fare un inchino rispondendo al buongiorno del padrone con i piatti in perfetto equilibrio su una mano.
 - Perché tutti quei piatti? - Domandò Alois aggrottando la fronte perplesso.
 - Ecco, c'è stato qualche disguido con la nostra ospite, ma ora vado a rimetterli in cucina. -
 - Disguido un corno… - Borbottò Amaya ancora irritata dall'altra parte della sala.
 - Ah, tu devi essere Amaya! - Esclamò Alois avvicinandosi raggiante alla ragazza, dimenticandosi all'istante della faccenda dei piatti.
 - Esatto. Spero che non sia un problema se rimango qui fino alla fine di questa tempesta. -
 - Affatto. Era da tempo che non accadeva qualcosa di interessante. - Ribatté Alois con un gran sorriso.
Nel mentre Hanna e i gemelli osservavano assorti lo scambio di battute, volgendo lo sguardo prima su uno e poi sull'altra. Quasi fossero solo spettatori intenti a vedere uno spettacolo.
 - Allora, la sistemazione è di tuo gradimento? - Chiese prendendo posto a capotavola.
 - Sì, è tutto stupendo. - Rispose la ragazza ricambiando il sorriso.
Tutti gli altri, tra cui anche Claude che era appena tornato dalla cucina, erano tesi come le corde di un violino, sapevano che prima o poi qualcosa avrebbe fatto scoccare la scintilla: un commento di troppo da parte del padrone, una delle solite domande impertinenti di Amaya. E tutti e cinque sapevano che allora più che una scintilla sarebbe divampato un vero e proprio incendio. Alois avrebbe cacciato l'ospite abusivo a suon di calci e lei avrebbe protestato, sicuramente peggiorando ulteriormente la situazione. L'unica cosa davvero certa in quel momento, però, era che quella situazione di calma e cordialità sarebbe durata poco, molto poco, infinitamente poco. Poco più di un istante.
 - Claude, Hanna, potete portarci la colazione. - Disse Alois rompendo quel silenzio.
 - Yes, your Highness. - Rispose il maggiordomo con un inchino appena accennato prima di sparire nuovamente fuori dalla sala, seguito a ruota dalla demone.
 - Allora, da dove vieni? Se non sbaglio non sei di Londra. -
 - Già, vengo da un piccolo paesino del nord. - Rispose la ragazza.
 - Un piccolo paesino del nord? - Ripeté Alois cacciando dalla mente immagini che avrebbe preferito dimenticare.
Un paesino del nord, un paesino di campagna, tra le colline, un paesino in fiamme…
 - E cosa ti porta a Londra? - Continuò come se nulla fosse, ma ad Amaya non era certo sfuggita la sua iniziale esitazione.
 - Sono qui per fare visita a un parente, ma, come Claude ti avrà già detto, mi sono persa girando per le campagne. -
 - Bè, Londra non è molto lontana da qui, non appena la tempesta si sarà placata ti farò accompagnare. -
 - Grazie mille. -
La porta della sala da pranzo si aprì e i due demoni entrarono, ognuno con un carrellino da cameriere davanti.
Il maggiordomo si diresse verso l'ospite, versandole con mano sicura il tè nella costosa tazzina di porcellana.
 - Vuoi dello zucchero? - Chiese a bassa voce, così che Alois non potesse accorgersi del fatto che le stava parlando dandole del “tu”.
 - Sì, grazie. -
 - Spero che il dolce ai frutti di bosco di oggi sarà di tuo gradimento. - Disse porgendole il piatto, ma in realtà ciò che avrebbe voluto dirle era tutt'altro: come aveva fatto a non far arrabbiare il padrone appena aveva aperto bocca?
 - Oh, grazie! Io adoro i frutti di… - Iniziò Amaya, ma venne interrotta da un urlo furibondo e subito voltò lo sguardo verso l'altro capo della tavola.
 - Mi… mi dispiace… - Stava mormorando Hanna chinandosi per raccogliere i cocci della tazzina che le era scivolata di mano.
 - Non so neanche che ti tengo a fare! Sei completamente inutile! - La rimproverò Alois facendo per tirarle uno schiaffo sul viso.
Hanna chiuse gli occhi, pronta a ricevere il colpo. Un colpo che non arrivò mai.
Tutti nella sala trattennero il respiro quando Amaya bloccò il braccio alzato del conte, lasciandolo solo quando Hanna si fu tirata indietro, fuori portata.
 - Ti sembra forse il modo di comportarsi!? - Gridò Amaya scandalizzata mentre Alois, e anche tutti gli altri del resto, ancora stentava a credere a ciò che era appena successo. - Insomma! Picchiare una cameriera! Come ti salta in mente!? E per cosa, poi? Per una stupida tazzina!? Cavoli, l'ho vista la tua cucina, sai? Ne hai una credenza piena di quelle tazzine! -
Alois fece per prendere la parola, rosso in volto dalla rabbia, ma la ragazza neanche gliene diede il tempo.
 - E ora non provare a ribattere! Come se fossi tu la vittima! Se fossi stata Hanna ti avrei tirato tanti di quei ceffoni per quello che le hai fatto all'occhio che una tazzina rotta sarebbe stata l'ultima delle tue preoccupazioni! Pensavo che fossi una persona migliore di tuo padre, ma a quanto pare mi sbagliavo! - E detto ciò Amaya uscì dalla cucina fumante di rabbia, mentre tutti nella sala da pranzo ancora cercavano di capire cosa fosse appena accaduto.
 

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Capitolo 3
*** Sospetti ***


Hanna bussò alla porta della camera di Amaya e, non ricevendo risposta, la aprì di uno spiraglio affacciandosi a vedere che fine avesse fatto la ragazza.
Non vedendo nessuno, pensò che l'ospite fosse in bagno o in giro per la magione, quando sentì dei mugolii venire da dietro il letto.
Mormorando un: “Permesso?”, si diresse verso l'altro lato della camera. Come aveva sospettato, Amaya si era rannicchiata in un angolo della stanza, nascosta dal letto, perfettamente immobile. Se non fosse stato per quei mugolii, di sicuro nessuno affacciandosi avrebbe mai capito che c'era qualcuno in quela camera.
Hanna fece per prendere la parola quando si rese conto con grande sorpresa che la ragazza stava piangendo, le lacrime erano soffocate dal grande cuscino che aveva stretto al petto con foga.
 - Amaya… - Disse la demone in tono gentile mentre si chinava per stare alla sua altezza.
La ragazza non le rispose e nascose ancora di più il viso nel morbido cuscino.
 - Amaya, perché piangi? - Chiese Hanna allungando esitante una mano verso il viso della ragazza, finché non fu abbastanza vicina da poterle asciugare le lacrime.
 - Ho… rovinato… tutto… - Rispose la ragazza scossa dai singhiozzi. - Ora… mi… caccerà… -
 - No, vedrai che ti farà restare ancora per almeno un altro giorno, Claude sta provando a farlo ragionare. - Disse Hanna, omettendo però il fatto che anche lei in principio era stata mandata lì per far calmare Amaya, non si sarebbe mai aspettata di trovarla in lacrime.
 - Non importa, non riuscirà mai a farlo ragionare... Ormai mi odia… -
 - Vedrai che tutto si risolver… - Ma Hanna non aveva neanche finito la frase che si udì un urlo rabbioso venire dal piano inferiore.
Amaya osservò l'altra con gli occhi sgranati, sorprendendosi non tanto del fatto che lì sotto Alois stesse praticamente dando di matto, quanto che Hanna non sembrava minimamente sorpresa da ciò.
 - Ti… Ti viene mai voglia di tirargli uno schiaffo? - Chiese Amaya esitante, provando ad accennare un sorriso. Non uscì un granché dato il viso ancora rigato dalle lacrime.
 - Mai. - Rispose Hanna seria, la voce grave. Ma dopo qualche secondo sorrise anche lei. - Qualche volta. - Ammise con una risata sommessa.
La ragazza iniziò a ridere di gusto di fronte a quella reazione finché le lacrime della risata e del pianto si mescolarono tra di loro sul suo viso.
 - E poi non trovi ironico il fatto che tutti lo chiamino “sua Altezza”? - Disse Amaya continuando a ridere.
 - Ironico? E perché mai? - Domandò la demone confusa.
 - Ecco, quando Claude lo chiama “your Highness” devo sempre trattenermi dal ridere, sembra quasi che lo stia prendendo in giro per i tacchi spropositati che porta. - Spiegò la ragazza continuando a ridere.
Hanna fece appello a tutta la sua freddezza e impassività da demone per rimanere in silenzio, ma era troppo anche per lei e presto si ritrovò a ridere con l'ospite.
 - Cosa gli hai fatto per ricevere quello? - Chiese Amaya quando si fu calmata indicando il viso della donna.
 - Ecco… L'ho guardato negli occhi… - Disse Hanna, ma poi notando il viso della ragazza che era passato da “scosso dalle risate” a “rosso dalla rabbia” in tempo record, si affrettò ad aggiungere. - Ma non fa così male, non è niente di serio. -
 - Non ti credo. - Dichiarò la ragazza, ma vide l'espressione allarmata della donna e continuò. - Ma se non vuoi, allora non gli farò un'altra sfuriata. Te lo giuro. - Disse sorridendo e facendosi una croce sul cuore con fare solenne.
Di nuovo un grido fece tremare le pareti della villa e Amaya tremò.
 - L'ho combinata proprio grossa… -  Ammise dispiaciuta prima di aggiungere seria, guardando Hanna dritta nell'occhio che le era rimasto: - Ma non mi pento di nulla. -
La demone sussultò, ma non disse nulla, si limitò a tirare fuori un fazzoletto di pezza e iniziare ad asciugare il viso della ragazza.
 - Cosa… cosa intendevi con quella frase? - Chiese la donna dopo qualche istante. - Ecco, quando hai detto che ti aspettavi che Alois fosse una persona migliore di suo padre… -
 - Ah, quello. Quasi mi ero scordata di averlo detto. - Ammise la ragazza sorridendo amaramente. - In realtà non volevo dire nulla di così importante, solo che avevo sentito parlare del precedente conte Trancy e anche di tutte le brutte voci che circolavano sul suo conto, forse la sua reputazione era anche peggiore di quella di Alois. -
Hanna non le credette, ma preferì non dire nulla e fingere di aver creduto a quella versione dei fatti.
 - Secondo te cosa posso fare per rimediare a questo macello? - Chiese la ragazza chinando il capo dispiaciuta.
 - Non saprei, forse cercando di resistere ai tuoi impulsi omicidi e chiedendogli scusa. - Si accorse che Amaya aveva fatto una smorfia all'udire quel suo ultimo consiglio. - Oppure se non vuoi farlo, fingi che non sia successo nulla e vedi di fare in modo che non accada più. -
 - Sì, credo che sia la soluzione migliore. - Concordò Amaya. - Ma non so se riuscirò a resistere ai miei impulsi omicidi, diventano particolarmente incontrollabili quando inizia ad atteggiarsi a “padrone del mondo”. -
 - Non posso darti torto. - Disse la donna ridendo mentre aiutava la ragazza a rialzarsi. - Tra poco il signorino avrà lezioni di violino nella sala della musica, giù al piano terra. Magari puoi partecipare anche tu. Non si è mai comportato male con il signor Winston, forse ha paura che diffonga altre brutte voci sul suo conto, quindi finché sei vicina a lui, credo che tu possa stare tranquilla. -
 - Prende lezioni di violino? - Chiese la ragazza sorpresa.
 - Ha iniziato un anno fa, poco dopo essere tornato alla villa. Immagino tu sappia cosa gli sia successo. -
 - Sì, questa storia è diventata abbastanza famosa. - Disse Amaya alzando le spalle con noncuranza, come se in fondo non fosse davvero nulla di più di una “storia”. - Il figlio del conte Trancy, rapito quando aveva solo cinque anni, torna nove anni dopo. Fuggito dal villaggio nella periferia di Londra nel quale i rapitori l'avevano portato, che è stato distrutto in un incendio di cui non si sa la causa. - Recitò a memoria, come se avesse sentito quella storia tante di quelle volte da non poterne più.
 - Cos'è quel tono scettico? - Domandò Hanna cautamente.
 - Niente di che, è solo che trovo alquanto improbabile il fatto che sia riuscito a ritrovare la strada di casa da solo, nonostante quando è stato portato via avesse avuto solo cinque anni. Per non parlare del fatto che è l'unico sopravvissuto a un incendio. Non ti sembra una storia un tantino campata in aria? -
Hanna iniziò ad allarmarsi seriamente, non aveva mai preso in considerazione un ipotesi del genere! Lo stesso zio di Alois alla fine aveva dovuto ammettere, ovviamente sbagliando, che il ragazzo era suo nipote. E ora cos'avrebbe dovuto dire?
 - Dai, stavo scherzando! - Esclamò Amaya scoppiando a ridere di fronte all'espressione schockata della donna. - Era solo il mio punto di vista, ma in fondo chi lo sa come sono andate le cose? -
Hanna provò a ricambiare il sorriso, ma non le uscì particolarmente bene, c'era qualcosa di strano in Amaya, solo ora se ne rendeva conto.
 - Io vado, voglio assolutamente arrivare nella sala di musica prima di lui! - E così dicendo la ragazza uscì dalla camera in tutta fretta, prima ancora che la demone le avesse potuto dire dove si trovava la sudetta stanza…

Le note di un pianoforte riecheggiarono per i corridoi della magione. Era da tempo che Amaya non ne suonava uno, ma a quanto pareva non aveva affatto dimenticato come fare.
Aveva chiuso la porta della stanza per bene, ma sapeva che sicuramente il suono si udiva fin in sala da pranzo, forse si riusciva a sentire qualcosa anche dal piano di sopra. Aveva fatto del suo meglio per fare il più piano possibile nel premere i tasti, ma il suo intento era durato circa dieci secondi, poi era stato come se non se lo fosse mai detto. Le dita scorrevano rapide sui tasti, intonando melodie che credeva essersi dimenticata da tempo.
Suonava da quelli che le erano sembrati pochi minuti quando la porta si aprì. Ignara dei due che le si stavano avvicinando, la ragazza continuò a suonare, troppo presa dalla sua musica per far loro caso. Quando finì alzò le dita dalla tastiera e sussultò quando sentì dietro di sé qualcuno che applaudiva.
Si voltò di scatto, rimanendo piuttosto sorpresa nel ritrovarsi di fronte un uomo mai visto prima. Doveva avere all'incirca tra i cinquanta e i sessant'anni , ma si teneva piuttosto in forma. Se non fosse stato per i capelli grigi e le piccole rughe che gli deturpavano il viso, non gli avrebbe dato più di una quarantina d'anni.
 - Brava! Bravissima! - Esclamava continuando a battere le mani.
Ma non furono le sue esclamazioni chiassose ad attirare l'attenzione di Amaya, quanto il silenzio del ragazzo che stava dietro di lui.
Alois la osservava assottigliando lo sguardo, con fare sospettoso. Ma la ragazza non gliene chiese il motivo, le bastava che non stesse più urlando.
 - Dove hai imparato a suonare? - Chiese d'un tratto il conte proferendo finalmente parola.
 - Me l'ha insegnato mio fratello, ha imparato a suonare il piano quando aveva tre anni. -
 - Pensavo che fossi povera. - Notò Alois squadrandola da capo a piedi.
 - Io non l'ho mai detto. - Ribatté la ragazza sostenendo il suo sguardo. - Tu non suoni il pianoforte? -
 - Mai suonato. -
 - Allora perché si trova qui? -
 - Lo suonava mio padre. -
 - A quanto mi risulta, tuo padre aveva ben altri pensieri per la testa. -
Alois sussultò all'udire quella frase, ma stava per ribattere quando, notando la tensione tra i due, il signor Winston pensò bene di iniziare la lezione con il conte, mentre Amaya stava in un angolo ad osservare.
“Dice di non aver mai suonato il pianoforte…” Pensava mentre una lacrima solitaria le attraversava il viso. “Dice che lo suonava suo padre…” Pensava mentre una seconda lacrima raggiungeva la prima. “Suona quel violino troppo bene per star mentendo…” E nel mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Lacrime che per la fine della lezione lei aveva già ricacciato dentro.


Salve a tutti! (È una rosa di Gerico quella?)
Ormai è chiaro a tutti che Amaya nasconde qualcosa, ma cosa? (Se avete qualche ipotesi mi farebbe davvero piacere sentirla, giusto per sapere se sono davvero così prevedibile come credo di essere…)
Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Gli album fotografici ***


- Quella ragazza ha qualcosa di strano. Non è possibile che sia ricca, eppure sa suonare quel piano come se avesse preso lezioni da un professionista. Non mi convince affatto… -
 - La devo cacciare? -
 - No, non intendo lasciarla andare via finché non scopro cosa c'è sotto. -
 - Cosa vuole che faccia? -
 - Spiala, investiga, fai delle ricerche… Non mi importa come, voglio solo che tu scopra chi è veramente e cosa nasconde. Chiaro Claude? -
 - Yes, your Higness. -

“Scopri chi è… Come se fosse facile!” Pensò il maggiordomo frustrato uscendo dalla camera del conte. “Per quanto ne sappiamo potrebbe benissimo averci detto un nome falso. Non sappiamo assolutamente nulla di lei, né da dove viene, né se è ricca o povera, se è una ladra o si è davvero persa, neanche chi doveva incontrare a Londra, sempre se la storia del parente è vera… Dannazione, è come cercare un ago in un pagliaio!”
Stava pensando da dove iniziare con le ricerche quando sentì delle voci venire dalla biblioteca. Il demone corrugò la fronte perplesso, erano quasi le undici di notte, cosa ci faceva Amaya ancora sveglia?
 - Amaya… - Iniziò Claude affacciandosi, ma si fermò perplesso alla vista dei cinque.
Hanna, Amaya e i tre gemelli erano tutti seduti a gambe incrociate sul pavimento, in cerchio, concentrati nella visione di un grande libro dalla forma quadrata.
 - Non è tenerissimo qui? - Sentì dire dalla ragazza mentre indicava qualcosa sul libro.
Hanna si voltò dove le era stato indicato e scoppiò a ridere. I gemelli sorrisero divertiti.
Il maggiordomo era sempre più sconcertato, cosa diamine stavano facendo?
Tossì un paio di volte per avvisarli della sua presenza, ma quelli non gli badarono minimamente, troppo presi dalla loro attività.
 - Guarda che carino qui alla festa in maschera! - Disse Hanna.
 - Che amore! Era troppo tenero con questo costume da tigrotto! - Esclamò Amaya ridendo di nuovo, con i demoni al seguito.
Il maggiordomo, sempre più curioso, nel frattempo era arrivato alle loro spalle affacciandosi per capire cosa avessero da ridere tanto.
Alla vista del vecchio album fotografico per poco anche lui non scoppiò a ridere. Non sapeva che lì nella biblioteca ci fosse una cosa del genere: un intero album dedicato al vero piccolo conte Trancy in tutti i suoi momenti migliori.
La foto che i cinque stavano osservando in quel momento ritraeva il piccolo Alois intento a fare il bagnetto in una vasca completamente piena di schiuma. Il bambino aveva il viso contratto in una smorfia, forse gli era entrato del sapone negli occhi. Per un attimo Claude quasi si dimenticò che quello non era lo stesso Alois che si trovava al piano di sopra. Certo, i due si somigliavano, ma nonostante la differenza di età era lampante che non fossero la stessa persona. Amaya però fortunatamente per loro sembrava non avervi fatto caso.
 - Vuoi unirti a noi? - Chiese Amaya mentre Timber dava qualche pacca sul pavimento accanto a sé.
 - In realtà al momento avrei da fare. Dove lo avete trovato quello? -
 - C'è una libreria in fondo alla biblioteca con due scaffali pieni di album del genere. - Rispose Hanna, ma nonostante il suo tono di voce fosse tranquillo, come anche le espressioni dei tre gemelli, Claude capì all'istante cosa stessero cercando di dirgli: quegli album potevano essere delle prove del fatto che l'attuale Alois Trancy non fosse il vero conte.
 - Ah, non ne avevo idea. - Disse lui mascherando il suo nervosismo, doveva sbarazzarsi di quegli affari al più presto.
 - Potremmo usare queste foto per ricattarlo. - Suggerì Amaya ridacchiando. Non si accorse del fatto che tutti gli altri erano trasaliti a quell'affermazione.
Lei lo diceva per scherzo, ma in effetti quelle foto sarebbero state un ottimo mezzo di ricatto, anche se per tutt'altro motivo di quello che credeva lei.
 - Non credo che il padrone sarebbe felice di sapere cosa state facendo… - Disse Claude sperando di riuscire a convincere la ragazza a lasciare quegli album prima che si rendesse conto della differenza tra quel bambino e l'attuale Alois Trancy.
 - Se non vuole che nessuno veda queste foto compromettenti, non dovrebbe lasciarle alla portata di tutti. - Ribatté Amaya con un'alzata di spalle continuando a sfogliare.
 - Sono le undici passate, dovresti andare a letto. - Continuò Claude pensando a cosa avrebbe fatto Alois quando avrebbe scoperto dell'esistenza di quegli album, sarebbe impazzito.
 - Non hai tutti i torti. Continueremo a guardare le foto domani. - Propose mentre Tomphson riponeva l'album al suo posto.
Claude atrabuzzò gli occhi alla vista dei due scaffali: c'erano almeno venti album lì! Come aveva fatto a non accorgersene prima!?
 - Buonanotte a tutti! - Esclamò Amaya sorridendo prima di uscire dalla biblioteca.
 - Sogni d'oro, Amaya. - Le augurò Hanna mentre i gemelli le facevano “ciao” con la mano.
I cinque attesero qualche minuto prima parlare, sapevano tutti che il giorno dopo di quegli album non sarebbe più rimasta alcuna traccia.
 - Dobbiamo sbarazzarcene subito. - Dichiarò Claude aggiustandosi gli occhiali.
 - Credi che dovremmo avvisare il signorino? -
 - Certo, forse gli vorrà dare un occhiata prima che noi li bruciamo. -
 - Non sapevo che Alois avesse cinque anni quando lo hanno rapito… Pensavo che fosse più piccolo. - Mormorò Hanna. - Non trovate strano che nessuno abbia capito che Jim non è lui? -
 - Probabilmente quel bambino non è uscito molto di casa. Il conte Trancy non mi sembra affatto uno che usciva spesso. Chissà quanto sarà stato solo quel bambino. -
 - Eppure è sempre così felice nelle foto. - Notò Hanna ricordando il sorriso sempre presente sul viso del piccolo. Un sorriso troppo felice e sincero per essere quello di un bambino che ha passato tutta la sua vita da solo.
 - Cos'è tutta questa confusione? - Disse qualcuno alle loro spalle.
I demoni si voltarono contemporaneamente verso il conte, fermo all'ingresso della biblioteca con le braccia incrociate sul petto, mentre li fissava con fare indagatore.
 - Ecco, temo ci siano dei problemi. - Disse Claude facendo segno al ragazzo di seguirlo verso la libreria.
 - Che tipo di problemi? - Volle sapere Alois avvicinandosi titubante.
 - Ecco, Amaya ha trovato degli album fotografici… -
 - E allora? -
 - Bè, la maggior parte sono dedicati ad Alois Trancy. -
Il ragazzo trasalì e subito sfilò dalla libreria un album a caso, iniziando a sfogliarlo. Dalla sua espressione sconvolta i demoni capirono che quegli album avrebbero fatto una brutta fine. Già si immaginavano Alois di sera di fronte al caminetto che ogni tanto per ravvivare il fuoco gettava qualche pagina tra le fiamme.
 - Sbarazzatene. - Dichiarò il conte iniziando a gettare gli album per terra in malomodo.
 - Yes, your Hign… - Ma Claude non ebbe neanche il tempo di finire la frase che un grido lo interruppe.
 - NO! Che stai facendo!? - Gridò Amaya entrando nella biblioteca in tutta fretta.
Sia i demoni che Alois rimasero qualche istante interdetti. Erano convinti che fosse andata  a letto, perché era lì, allora? Forse aveva sentito un certo trambusto ed era andata a controllare cosa stesse accadendo o forse, peggio ancora, non era mai andata via e si era limitata a uscire dalla biblioteca e nascondersi da qualche parte nelle vicinanze.
 - Voglio spostare questi album in un posto dove solo io potrò accedervi. - Mentì Alois scrutandola con sospetto.
 - Non è vero! - Esclamò la ragazza osservando i libri gettati malamente sul pavimento, uno sopra l'altro, senza alcuna cura. - Li vuoi distruggere, non è così!? -
 - Quello che voglio farci non ti riguarda. -
 - Sì che mi riguarda! - Gridò Amaya facendo trasalire i sei dallo stupore.
E prima che avessero il tempo di chiederle spiegazioni, la ragazza afferrò fulminea più album che poté e corse fuori dalla biblioteca in lacrime.
 - Claude, recupera quegli album e sbarazzatene. - Disse Alois senza battere ciglio prima di uscire dalla biblioteca come se non fosse successo nulla.
 - Cosa le è preso? - Chiese Hanna confusa mentre raccoglieva gli album rimasti da terra.
 - Non ne ho idea, ma ho intenzione di scoprirlo. - E detto ciò il maggiordomo uscì dalla biblioteca.

Le luci erano spente nella camera degli ospiti, ma il demone avvertì subito la presenza di una persona. Si avvicinò al letto e accese un piccolo lume. Amaya si era addormentata senza neanche disfare le coperte, né mettersi il pigiama. Gli album erano sparsi sul grande letto a baldacchino e da quanto la coperta sotto il capo della ragazza fosse bagnata, Claude intuì che doveva essersi addormentata piangendo. Il punto era: perché?
Da quando era arrivata, Amaya era stata un susseguirsi di azioni e comportamenti ingiustificati, sospetti. Cosa nascondeva? Perché aveva preso quegli album e se li era portati in camera come se fossero il suo bene più prezioso?
Claude se lo stava ancora chiedendo quando si accorse della foto che la ragazza si era stretta al petto con foga prima di addormentarsi.
Facendo attenzione a non svegliarla, il maggiordomo gliela sfilò dalle mani. La lisciò passandoci sopra la mano un paio di volte, era tutta spiegazzata. La avvicinò alla luce per vederla meglio. Non aveva nulla di speciale, era una foto come tante altre, ambientata nel giardino della magione. C'erano due bambini nell'immagine. Uno era Alois, vestito di tutto punto e che sorrideva raggiante guardando dritto l'obbiettivo della telecamera e l'altra era una bambina. Era vestita con degli abitini modesti, anche un po' sporchi, ma il suo sorriso mentre stringeva tra le braccia Alois era ancora più allegro di quello del bambino. Per qualche istante il demone rimase a chiedersi chi fosse quella bambina che sembrava tenere così tanto al piccolo conte. Aveva dei lunghi capelli castani e spettinati che le arrivavano quasi fino alla vita, un viso coperto di lentiggini e due inconfondibili occhi color dell'oceano.
Il demone trasalì e la foto gli cadde di mano cadendo lentamente sul corpo della ragazza.
 - Amaya! -

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Capitolo 5
*** Ricordi ***


Nove anni prima

Sedute al tavolo di una piccola e vecchia sala da pranzo, ideata appositamente per il personale della magione, una madre e sua figlia stavano facendo colazione.
 - Non mangiare così in fretta o poi ti farà male lo stomaco. - La rimproverò la madre mentre con un fazzoletto di pezza le asciugava il latte che le era colato giù per il mento.
 - Ma mi devo sbrigare! - Contestò la bambina parlando con la bocca piena.
 - E perché mai? Lo sai che non si sveglia mai prima delle otto e mezza. -
 - Ma ieri sera mi aveva chiesto di svegliarlo prima, così potevamo uscire fuori a giocare con la neve ancora fresca. -
 - Ti prenderai un malanno se esci con questo freddo. -
 - Mi metterò il cappotto. - Ribatté la piccola mentre si alzava.
 - Non credo che papà sarebbe felice di sapere che voi due uscite in giardino con questo gelo. -
 - A papà non importa nulla di noi. - Disse lei con aria grave guardando la madre con un espressione troppo adulta per essere quella di una bambina di soli sei anni.
La donna, non sapendo come ribattere, rimase in silenzio e si limitò ad infilare il vecchio cappotto pieno di toppe alla figlia.

 - Sveglia! - Gridò la bambina spalancando le finestre.
 - Ho sonno. - Mugugnò una vocina dal grande letto a baldacchino.
 - Mi hai chiesto tu di svegliarti presto. - Notò lei aggrottando la fronte.
 - Ma fa freddo. - Contestò l'altro rabbrividendo sotto le calde e costose coperte.
 - Non fare il ghiro, Alois! Sei stato tu a dirmi di svegliarti alle sei per uscire a giocare con la neve! - E così dicendo la bambina saltò sul letto con un balzo e si chinò verso Alois. - Allora? -
 - E va bene. - Cedette il bambino sorridendo mentre si tirava su a sedere e si infilava le ciabatte. - A volte mi chiedo se sia possibile dirti di no… - Borbottò mentre si alzava e iniziava a cambiarsi.
 - No, non è possibile. - Rispose la bambina sorridendo raggiante.
 - Mi aiuti a sfilarmi il pigiama, Amy? -
 - Certo! Ma io non mi chiamo Amy. - Ribatté accigliandosi.
 - È solo un soprannome, anche tu puoi darmene uno se vuoi. - Disse Alois alzando le braccia verso l'alto mentre la bambina gli sfilava l'indumento.
 - Non penso che sia possibile. - Rifletté Amy con aria pensierosa. - Insomma, non posso mica chiamarti Al! Toglie tutto il fascino dal nome! -
Alois ridacchiò prima di mettersi a sua volta a pensare a un possibile soprannome.
 - Sì, hai ragione. Non esistono soprannomi per me. - Fu la conclusione del bambino. - A te non piace il soprannome “Amy”? -
 - Sì, ma preferirei che si dicesse il mio nome per intero. -
 - Come sei pignola… Amy. - Disse Alois, ridendo poi dell'occhiataccia che la bambina gli rivolse.
 - Non ti aiuto più a cambiarti e non ti preparo la colazione. - Minacciò lei prima di scoppiare a ridere. - Accidenti, certo che tu dovresti proprio imparare ad essere un po' più autonomo. -
 - Non è colpa mi se nessuno me l'ha insegnato. - Ribatté Alois mettendo il broncio.
 - Su, ora non fare l'offeso. Se vuoi te le posso insegnare io queste cose. -
 - Sul serio? -
 - Certo, a patto che tu mi insegni a suonare il piano, ti va Alois? - Propose lei porgendogli la mano.
 - Certo, Amaya! - Esclamò il bambino entusiasta afferrando la mano dell'altra.

 - Sai, mi stavo chiedendo… -
 - Cosa? - Chiese Amaya distogliendo per un attimo la sua attenzione dal pupazzo di neve che stava costruendo.
 - Ecco, pensavo che, insomma… Papà e papà, no? - Domandò e la bambina già seppe dove voleva andare a parare, sapeva che prima o poi avrebbero dovuto chiarire la cosa.
 - Esatto, papà e papà. - Affermò mascherando la sua ansia per la domanda che stava per arrivare.
 - Quindi… Se papà e papà, perché mamma non è mamma? -
Era troppo piccolo per affrontare una conversazione del genere, questo fu il primo pensiero di Amaya, poi però pensò che in fondo lei aveva solo un anno in più di lui e se lei sapeva queste cose, perché non poteva saperle anche lui?
 - Vedi… Anche se papà è papà per tutti e due, non sempre vale lo stesso per la mamma. -
 - Non capisco. - Ribatté lui confuso.
 - Lascia stare, non è importante. - Disse Amaya, sollevata di poter rimandare quel discorso a quando entrambi fossero stati più grandi. - Del perché non abbiamo la stessa mamma ne parleremo quando sarai più grande, ok? L'unica cosa che conta adesso è che tu sei il mio fratellino e io sono la tua sorellona, va bene? Il resto non è importante. -
 - Sì, il resto non è importante. - Concordò il piccolo Alois con aria seria tornando subito a concentrarsi sul suo pupazzo di neve.


Due anni prima

 - Amaya, vai a portare il pranzo ai ragazzi. - Disse la donna porgendo il carrello alla figlia. - Ci sono anche le medicine, loro sanno quali prendere. -
 - D'accordo. - Rispose la ragazza con voce atona spingendo il carrello con i vassoi per i corridoi.
La camera alla quale era diretta era quella più nascosta e in profondità, nelle cantine della magione. Una porta che solo chi sapeva cosa stava cercando sarebbe riuscito a riconoscere.
Con passo fermo e sicuro, la ragazza arrivò davanti a quella porta, poi prese un respiro. Le faceva sempre un certo effetto entrare lì dentro.
 - Il pranzo. - Annunciò richiudendo la porta dietro di sé.
La grande camera era stata molto affollata un tempo. Fino a pochi mesi prima ospitava circa una trentina di ragazzi. Ora erano rimasti solo in cinque.
Le loro espressioni erano vuote, prive di qualsiasi emozione. Appena arrivati erano stati pieni di paura, timore, disperazione. Invece ora non gli rimaneva più nulla, erano stati completamente svuotati.
Amaya non riuscì a reprimere una smorfia al pensiero che quella loro situazione era stata causata da quello che in teoria sarebbe dovuto essere suo padre.
“In teoria” perché praticamente non si era mai comportato come tale. L'aveva praticamente ignorata e non solo perché lei era la figlia di una sua cameriera e non di sua moglie. Infatti anche il figlio della moglie stessa era stato crudelmente ignorato da lui.
Una lacrima solcò il viso della ragazza al pensiero del fratello, ma riuscì in qualche modo a ricacciare dentro le altre e spinse il carrello al centro della stanza.
 - Michael, il tuo vassoio. - Disse porgendolo a un pallido ragazzo dai capelli corvini.
Quello lo afferrò esitante, le braccia gli tremavano. Iniziò a mangiare lentamente, come se fosse più una tortura che un piacere. Ad Amaya le si strinse il cuore a quella vista, ma proseguì porgendo il vassoio a Jake, Allan e Cristopher. Tutti ebbero la stessa reazione.
La ragazza distribuì le medicine contro la febbre ad Allan e Jake, poi proseguì verso l'ultimo abitante della camera.
 - Jim, il tuo vassoio. - Disse porgendoglielo.
 - Grazie. - Rispose lui sorridendo e iniziando a mangiare con gusto.
Ecco, Jim era l'unico che in qualche modo non era ancora stato piegato dal conte Trancy. Amaya lo ammirava in qualche modo: nonostante vivesse lì come prigioniero, nonostante avesse come unico scopo nella vita quello di far piacere al conte, nonostante vivesse in condizioni penose e avesse praticamente i giorni contati… Nonostante questo Jim non era ancora stato sconfitto. Non era pelle e ossa come gli altri e non era neanche malato, praticamente scoppiava di salute. E aveva sempre quel sorriso sul volto, come se sapesse che presto o tardi avrebbe avuto la sua vendetta, come se avesse già pronto un piano per ribaltare la situazione e stesse solo aspettando il momento giusto per metterlo in atto.


Un anno prima

 - Mamma! Mamma! - Gridò la ragazza entusiasta irrompendo nella piccola casa di campagna come un uragano.
 - Che c'è, Amaya? - Domandò la donna sorpresa distogliendo lo sguardo dai fornelli.
Era da anni ormai che Amaya non sorrideva, cosa le era capitato?
 - Ho una notizia grandiosa! - Esclamò lei eccitata continuando a saltare e girare per il piccolo locale, come se non riuscisse a stare ferma.
 - Mi vuoi dire questa notizia o intendi continuare a tenertela per te? - Chiese la donna non riuscendo a fare a meno di ridere dalla contentezza. Quanto aveva sognato di rivedere il sorriso sul viso della figlia.
 - Ci sono grandi notizie da Londra! Dalla magione dei Trancy! -
 - La magione dei Trancy? - Ripeté la donna confusa.
Fino a pochi mesi prima loro due vivevano in quella villa, cos'era successo di tanto sorprendente?
 - Alois è tornato, mamma! Alois è tornato davvero! - Disse la ragazza raggiante continuando a saltare da una parte all'altra per la contentezza.
 - Ecco, tesoro… Non vorrei essere indelicata, ma… Sono certi che sia lui? -
 - Certo che è lui, mamma! E chi altri potrebbe essere? - Ribatté Amaya sventolando davanti alla madre il giornale sulla cui prima pagina era riportata la notizia.
 - Tesoro, ma è una notizia stupenda! - Disse la donna sorridendo, non riusciva a credere alle sue orecchie!
 - Non appena le acque si saranno calmate, tornerò alla villa! - Dichiarò la ragazza emozionata. - Oh, non vedo l'ora! -

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Capitolo 6
*** Scomparsa ***


- Dov'è Amaya? - Chiese Hannahh guardandosi intorno con aria preoccupata.
 - È ancora in camera. - Rispose Claude apparecchiando a tavola per una sola persona.
 - Ma dovrà pur mangiare qualcosa! - Ribatté la demone.
 - Le ho portato la colazione questa mattina, ma non ha toccato nulla. -
 - Almeno hai scoperto cos'ha? Perché io non l'ha ancora capito… -
 - Sembra che Amaya abbia conosciuto Alois… Il vero Alois. -
Hannah sussultò a quella rivelazione e incitò il demone a continuare.
 - Ho fatto delle ricerche, ma non ho trovato molto. Ho scoperto solo che Amaya lavorava qui alla magione fino a due anni fa. Sembra che sia nata proprio in questa casa e che Jane, la madre, lavorasse qui da tempo come cuoca e poi come badante di Alois, visto che sua madre è morta quando aveva due anni. Non ho trovato nulla riguardo al padre di Amaya, però. E anche la sua occupazione alla villa è molto confusa, credo che facesse un po' di tutto. Ma una cosa è certa: ha passato molto tempo insieme ad Alois Trancy. Probabilmente è venuta qui proprio nella speranza che lui fosse tornato. -
 - Per fortuna che hai detto di non aver scoperto molto… - Commentò la demone sarcastica prima di sospirare dispiaciuta. - Povera ragazza… Ecco perché ha accettato subito di fare compagnia al conte, conosceva questa casa come le sue tasche ed era così legata a quegli album… Quanto mi dispiace per lei… - Poi alzò lo sguardo verso Claude, allarmata. - Alois lo sa? -
 - No, non gli ho ancora detto nulla, ma credo che già sospetti qualcosa. -
 - Se tu glielo dicessi lui… - E li Hannah si fermò, gli occhi sgranati. Ma il maggiordomo capì all'istante cosa stava per dirgli: se lui avesse detto ad Alois che Amaya sapeva o almeno era vicina a scoprire la verità, sicuramente gli avrebbe ordinato di ucciderla.

 - Amaya… - Chiamò Hannahh bussando delicatamente sulla porta. - Amaya, posso entrare? Ho portato il pranzo. -
Non ricevendo risposta, la donna entrò nella camera. Le tende tirate e le luci spente davano un'aria tetra alla camera, sembrava quasi che fosse notte. La demone si avvicinò alla finestra e spalancò le tende lasciando entrare un po' di luce. Quella mattina il temporale si era finalmente fermato, ma c'erano ancora dei nuvoloni in cielo che oscuravano la luce del sole.
 - Amaya, devi mangiare qualcosa o poi… - La donna però, voltandosi verso il letto, si fermò prima di concludere la frase: non c'era nessuno.
Le coperte non erano disfatte, ma si notava che c'era stata sdraiata sopra per diverso tempo. Gli album erano spariti come anche tutte le foto che fino a quella mattina erano state sparse ovunque: sul letto, sul pavimento, sulla scrivania… Ora non c'era più nulla. Anzi, nessuno.
 - Amaya! - Chiamò Hannahh a gran voce chinandosi per vedere se per qualche motivo la ragazza si fosse nascosta sotto il letto. Ovviamente non c'erà.
La demone controllò ovunque, anche in sala da pranzo, nelle cucine e in cantina. Con l'aiuto anche di Claude e dei gemelli, setacciò la magione da cima a fondo, ma di Amaya non c'era traccia.
 - Non può essere andata via. Nelle condizioni in cui stava non sarebbe riuscita neanche a raggiungere il cancello d'ingresso. - Disse Claude riflettendo su dove non avessero ancora controllato.
 - Dev'essere ancora qui da qualche parte… - Mormorò Hannahh preoccupata.
I gemelli si consultarono tra di loro, ma era chiaro che nessuno avesse idea di dove fosse finita la ragazza.
 - Cosa succede? - Domandò una voce alta e pimpante alle loro spalle.
I cinque si voltarono verso il padrone esitanti, quasi indecisi se renderlo partecipe degli eventi o meno.
 - Allora? Che state confabulando? - Chiese nuovamente Alois curioso scrutando i demoni uno ad uno.
 - Ecco, vede signore, non riusciamo a trovare Amaya. - Disse Claude.
 - Non la trovate? - Ripeté il conte pensieroso. - Forse è andata via, ma ciò significherebbe che… - Alois si voltò di scatto verso di loro, allarmato. - Ha con sé gli album! Non possiamo permettere che raggiunga la città! -
 - Non crediamo che sia scappata. - Si intromise Hannahh. - Non mangia da ieri sera, è troppo debole per poter anche solo pensare di darsi alla fuga. -
 - Avete perquisito la magione? -
 - Yes, your Highness. -
 - Da cima a fondo? -
 - Da cima a fondo. - Ripeté Claude.
 - Anche le cantine? -
 - Controllate. -
 - Il tetto? -
 - Sì. -
 - La sala della musica? -
 - Certamente. -
 - Le cucine? -
 - Anche. -
 - Le camere segrete? -
 - Ovv… Un attimo, ci sono delle camere segrete? - Chiese Claude guardando il conte sorpreso.
 - Dovevo immaginare che voi non ne foste a conoscenza. - Disse Alois alzando le spalle con noncuranza. - Questa casa è disseminata di passaggi e camere nascoste. Io fortunatamente li conosco quasi tutti. -
 - Intende dirci deve si trovano? -
 - Affatto. - Rispose Alois sorprendendo i cinque, prima di continuare con un sorriso stampato sul volto. - Che la caccia al tesoro abbia inizio! -
E detto ciò il ragazzo corse fuori dalla sala da pranzo in tutta fretta, mentre i cinque demoni si chiedevano se dovessero andare anche loro o lasciare il “divertimento” tutto al padrone.

 - C'è nessuno? - Chiamò Alois a gran voce affacciandosi nel lungo e buio tunnel. - No, non c'è nessuno. - Constatò mentre richiudeva la porta, la quale non appena tornò al suo posto si confuse talmente bene con la parete da sparire completamente. - Vediamo, se ricordo bene c'è un'altro passaggio al piano di sopra. - Mormorò correndo verso le scale.
Arrivato al piano di sopra notò indispettito che i tre gemelli erano già sul posto, intenti a perquisire la parete alla ricerca della porta nascosta.
 - Ehi, come sapete che qui c'è una camera segreta? - Chiese avvicinandosi ai tre.
Canterbury si voltò verso di lui e con l'indice davanti alla bocca gli fece segno di fare silenzio. Alois fece per ribattere, sconvolto da un simile gesto, quando sentì qualcosa venire da dietro la parete: un pianto!
 - Tornate di sotto da Claude e Hannah, ditegli che l'abbiamo trovata. - Ordinò il conte prima di avvicinarsi ulteriormente alla parete.
Percorse la superficie facendoci scorrere sopra la mano finché non individuò il punto giusto. Spinse la parete rivelando così una porta che si aprì verso l'interno di una grande e buia camera.
Il pianto ora si sentiva ancora più chiaramente, sembrava che sarebbe potuto continuare in eterno.
Il ragazzo udì un brusio venire dal piano di sotto, i gemelli dovevano aver già comunicato la notizia.
 - Amaya, come sapevi dell'esistenza di questa camera? - Domandò imperioso, ma alla sua domanda i lamenti della ragazza aumentarono, raggiungendo livelli che Alois non credeva fossero possibili da raggiungere. Come diamine aveva fatto a non sentirli prima?
 - Non c'è… - Disse Amaya tra le lacrime.
 - Non c'è chi? - Chiese Alois cercando di individuare in mezzo all'oscurità la figura della ragazza: impresa praticamente impossibile.
 - Non c'è… non c'è… - Continuò a ripetere la ragazza singhiozzando.
 - Insomma! Mi vuoi rispondere!? - Sbottò il conte livido di rabbia.
Fu come se Amaya non lo avesse neanche sentito. Continuò a piangere, così tanto che Alois si chiese come facesse ad avere ancora fiato in gola.
Alois si avvicinò a lei arrancando nel buio. Avrebbe volentieri chiesto a Claude di accompagnarlo o almeno di portargli una torcia, visa la sua paura del buio, ma in fondo non era solo. Certo, in quella situazione probabilmente sarebbe stato molto più al sicuro senza quella ragazza. La tristezza si trasforma facilmente in rabbia, lui lo sapeva fin troppo bene e Amaya non aveva mai dimostrato una grande simpatia per lui, quindi in certo senso era abbastanza a rischio.
 - Amaya, smettila! - Urlò per sovrastare il suo pianto quando le fu arrivato davanti.
 - Zitto tu! Impostore! - Gli gridò la ragazza contro, ma senza alzare lo sguardo dal pavimento.
Alois ribollì di rabbia, allora lo sapeva! Se ne sarebbe occupato a breve, ma prima doveva assicurarsi che non morisse assiderata lì dentro, stava perdendo fin troppi liquidi e al conte non andava proprio di sentire puzza di morto ogni qualvolta che passava vicino a quella camera.
 - Insomma! Dimmi che sta succedendo! - Gridò ancora Alois sperando che se avesse urlato più forte di lei, l'avrebbe ascoltato.
Con un certo disappunto il conte si ritrovò a immaginare le risate che quei cinque dovevano starsi facendo in quel momento al piano di sotto. Era più che certo che si sentisse ogni cosa.
 - Tu non sei lui! - Gridò ancora la ragazza. - Tu non sei lui! Lui mi avrebbe riconosciuto! Lui suonava il piano così bene da sembrare un professionista! Lui non era un sadico bambino capriccioso! E non aveva neanche paura del buio! -
E solo allora Alois si accorse che effettivamente stava tremando, non se n'era neanche accorto: la porta che conduceva a quella camera segreta si era richiusa e ora era circondato dalle tenebre.
Si sentì mancare l'aria e scivolò lentamente lungo le pareti fino a mettersi seduto a terra. E ora? Sperava vivamente che quei cinque demoni stessero realmente ascoltando tutto, o sarebbe rimasto chiuso lì fino alla fine dei suoi giorni.
“Bè, vivrei comunque di più di quanto avrei vissuto stando fuori di qui.” Pensò quasi divertito.
I lamenti di Amaya lo riportarono alla realtà, se non fosse stato per il fatto che sicuramente si sapeva muovere nell'oscurità meglio di lui e soprattutto che con quel buio non vedeva dove si trovava il suo collo, l'avrebbe strangolata lì, in quel momento esatto, pur di farla smettere.
 - Mi stai facendo diventare sordo! - Gridò infuriato contro le tenebre.
 - Lo rivoglio! - Continuò però a piangere la ragazza. - Ridammelo! Rivoglio indietro mio fratello! -
E improvvisamente tutta quella scena ebbe un qualcosa di familiare agli occhi del ragazzo: un'anima in pena che si disperava per la morte del fratello, che, pur sapendo bene che non l'avrebbe più rivisto, non riusciva a fare a meno di continuare a sperarlo, ogni singolo giorno della sua vita.
 - Lui non tornerà indietro. - Disse Alois, il tono pacato, stanco di continuare a gridare. - Non importa quanto gridi o quanto lo desideri, lui non tornerà mai più. -
Forse fu per il suo tono triste e glaciale al tempo stessso, o forse perché finalmente non le stava più impartendo ordini, fatto sta che Amaya smise di piangere così rumorosamente e si voltò sorpresa verso il conte, riuscendo però solo a intravedere la sua siluette nel buio.
 - Ma potrebbe essere ancora a Londra… Da qualche parte… - Disse Amaya a bassa voce mentre le lacrime si placavano, ma solo in parte.
 - Già, tu puoi ancora sperare. - Disse Alois sorridendendo amaramente.
 - Stai piangendo? - Domandò Amaya sorpresa.
 - Certo che no! - Ma lo aveva appena detto che si ritrovò un fascio di luce puntato sul viso.
Si voltò di scatto cercando di riabituarsi alla luce e fu grato alla ragazza per non aver fatto commenti circa le lacrime che continuavano a uscire copiose dai suoi occhi azzurri.
 - Infame! Allora ce l'avevi una torcia! - Gridò verso di lei, ma ogni traccia della rabbia di poco prima era sparita e Amaya se ne rese conto all'istante.
 - Mi andava di stare al buio. - Si giustificò lei facendo attenzione a non mandare a fuoco qualcosa con quella fiamma.
 - Mi vuoi dire che è successo? - Dissero i due nel medesimo istante.
Poi entrambi sospirarono, sapevano bene di non poter scappare dal loro passato in eterno. Iniziarono a raccontare, prima uno e poi l'altra, lì a bassa voce, così che orecchie indiscrete (quelle dei demoni che fuori dalla camera nascosta erano schiacciate contro la parete) non potessero sentire.
Si tolsero un peso che stavano portando da fin troppo tempo e se non gli fosse sembrato così normale, ad entrambi avrebbe certamente fatto ridere il fatto che proprio loro due, che erano riusciti a litigare quando si conoscevano da meno di cinque minuti, ora si stessero confidando a vicenda.

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Capitolo 7
*** Epilogo ***


Un anno dopo…

Il locale era alquanto vuoto quella sera per i suoi standard, c'erano poco più di una decina di clienti seduti ai tavoli circolari di legno. Per lo più ubriaconi o gente che non aveva idea di dove andare o cosa fare. La ragazza seduta al tavolo più in fondo faceva parte proprio di quest'ultima categoria.
Era lì seduta da circa dieci minuti, ma non aveva ancora neanche dato un occhiata al menù, semplicemente non aveva fame. Si trovava lì solo perché sapeva che c'erano delle camere in affitto in quel palazzo e aveva intenzione di chiedere al proprietario se poteva alloggiarvi per qualche giorno. Certo, sarebbe potuta semplicemente tornare a casa, ma quest'idea era semplicemente fuori discussione per lei e non solo perché il suo paese si trovava dall'altra parte di Londra, ma anche perché si era ripromessa che non sarebbe mai tornata dalla madre da sola, a costo di cercarlo in eterno, lei lo avrebbe trovato.
Dopo un anno di ricerche vane, però, era dura continuare ad essere ottimisti. Era stata in lungo e in largo, anche nelle città vicino Londra e nei paesini più sperduti, ma non c'era stato nulla da fare, nessuno aveva indizi, né idea di chi lei stesse cercando. Dopotutto per il mondo il conte Trancy era già tornato a casa da due anni. Ora si trovava in quel paese di periferia e ancora una volta le sue ricerche non avevano portato alcun risultato.
 - Ha intenzione di ordinare qualcosa? - Domandò il cameriere avvicinandosi al suo tavolo.
Era già la terza volta che passava e, nonostante la ragazza gli avesse già detto chiaramente perché fosse lì, aveva come l'impressione che se non ordinava qualcosa, l'avrebbero cacciata fuori a suon di calci.
 - Un tè al limone, grazie. -
Il ragazzo fece una smorfia, probabilmente irritato dal fatto che alla ragazza ci fosse voluto tutto quel tempo per poi ordinare solo un semplice tè.
 - Ecco, ha parlato al proprietario? -
 - Oggi non c'è, è a Londra per affari. Ma ho controllato e in effetti c'è una camera libera, però non è con me che devi parlarne, ma con il figlio adottivo del signor Barker. Quello che adesso sta suonando il pianoforte. -
C'era qualcuno che suonava il pianoforte? Amaya non se n'era quasi accorta, troppo presa dai suoi stessi pensieri per far caso a quella melodia. Ringraziò il cameriere, dopodiché si alzò e si diresse verso il ragazzo. Aveva all'incirca quattordici o quindici anni, ma era così preso dalla sua musica da sembrare un professionista. Il viso era chino sulla tastiera e le dita si muovevano ad una velocità allucinante.
Non avendo il coraggio di interromperlo, la ragazza si andò a sedere al tavolo vicino al piano e attese lì che il ragazzo finisse.
Quella musica non somigliava a nulla che la ragazza avesse mai sentito prima, doveva averla scritta lui di persona. Anzi, facendoci attenzione Amaya colse qualcosa di familiare in quella melodia, anche se lei stessa non avrebbe mai saputo spiegarsi cosa fosse. Forse l'aveva già sentita in qualche altro locale… No, era più recente, aveva sentito una melodia simile, ora ne aveva la certezza, ma era successo molto tempo prima. Prima di quell'anno di ricerche, prima di andare dal nuovo Alois Trancy, prima che suo fratello scomparisse…
 - Pare che anche oggi Alois sia in ottima forma. - Sentì dire a qualcuno a qualche tavolo di distanza.
 - Pensa che suo padre non gli mai neanche pagato un insegnante di piano! - Aggiunse un altro.
 - Sul serio!? E allora come fa ad essere così bravo? È possibile nascere con un talento simile? -
 - Certo che no, Arold! Credo che abbia preso lezioni prima di diventare suo figlio. -
 - Come sarebbe a dire “prima di diventare suo figlio”? -
 - Alois è stato adottato, no? Chissà che vita ha fatto in quei sei anni prima di venire qui. -
I due continuarono a parlare, ma ormai Amaya non ci faceva neanche più caso. Ma certo! Come aveva fatto a non capirlo prima? I capelli color grano, ricci e ribelli, quel modo di suonare, completamente assorbito dalla musica. Quella melodia, così malinconica e familiare, una melodia che in passato aveva ascoltato tante di quelle volte da saperne lo spartito a memoria.
Incurante di ciò che avrebbe potuto pensare la gente presente, incurante di ciò che avrebbe potuto pensare lo stesso Alois, la ragazza non attese un solo istante e con uno slancio improvviso si buttò tra le braccia del ragazzo, stringendolo a sé con tutta la forza che aveva in corpo, come se temesse che potesse scomparire da un momento all'altro, come se questo fosse effettivamente già accaduto in passato.
Soffocò le lacrime nella sua spalla e nonostante avesse pensato per anni a ciò che gli avrebbe detto quando lo avrebbe ritrovato, in quel momento non riusciva a fare nulla che non fosse piangere.
 - Al… - Mormorò senza mai staccarsi da lui.
 - A… Amy…? - Lo sentì borbottare incredulo.
Amaya sorrise e annuì e allora sentì le braccia di Alois stringersi intorno al suo corpo e ricambiare l'abbraccio. Nessuno dei due sapeva cosa sarebbe accaduto adesso, sapevano solo che, qualunque cosa fosse, l'avrebbero affrontata insieme.

 

 


Lo so, vi ho fatto aspettare una settimana per poi propinarvi questo abbozzo di capitolo, così striminzito da meritarsi a malapena il titolo “epilogo”. Ma alla fine è meglio tardi che mai, no?
Allora, aspetto recensioni da parte vostra, che ne pensate? È così orribile come credo? Forse non ho reso bene il carattere di Jim (mi tocca chiamarlo così, o poi non si capisce se parlo di lui o del vero Alois). Ditemi voi, alla prossima!

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