L'altra faccia dell'amore

di Una_Ragazza_Qualunque
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di una condanna ***
Capitolo 2: *** Incontri inaspettati ***
Capitolo 3: *** Segreti ***



Capitolo 1
*** L'inizio di una condanna ***


 
 
 
NdA: Salve e grazie di essere qui.
Sono molto emozionata per questa fan fiction in quanto l'idea
mi frullava in testa già da un bel po'.
Essa è nata da un sogno e spero vi piaccia.
Ho deciso di usare il termine “sultano” sperando che sia il termine corretto per questo AU
ma l'ho deciso per evitare equivoci.
Cercherò, per prossimi capitoli, di informarmi meglio su questa cultura
e storia, spero di riuscirci...
Buona lettura!
PS: se notate errori di qualsiasi tipo, fatemeli notare, soprattutto quelli legati a questo AU.
In fondo le fan fiction si condividono anche per imparare ma siate sempre gentili. ;)
 
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                         L'altra faccia dell'amore
 
            Capitolo 1: L'inizio di una condanna
 
 
 
 
Nitori Aiichirou stava guardando dritto di fronte a sé. Sull'attenti, con la schiena perfettamente dritta e con in mano la sua fedele lancia, rivolgeva lo sguardo verso il giardino reale, all'interno del palazzo. Stava facendo la guardia ad una porta completamente rossa, alta quasi il doppio di lui. Non che fosse particolarmente alto, anzi era minuto per la sua età e nonostante tutti gli estenuanti allenamenti a cui si sottoponeva il suo corpo non sembrava affatto quello di un soldato. Non aveva molta massa muscolare e il suo viso sembrava quello di un dodicenne. Nitori lo odiava. Non veniva mai preso sul serio dai suoi colleghi convinti che, in una situazione di reale pericolo, non sarebbe durato neanche mezzo secondo. In realtà, al contrario da ciò che si poteva pensare, Nitori era bravo nel suo lavoro, molto bravo. Proprio per la sua particolare struttura fisica, Nitori era molto agile e, stranamente, abile con la lancia.
Fortunatamente non tutti pensavano che Nitori fosse un caso perso, Seijuro, suo collega e amico da tempo, era molto fiducioso nelle sue abilità e fu, anche, il primo a credere in lui spronandolo a fare sempre del suo meglio durante gli allenamenti, dandogli consigli utili sia sul campo di battaglia sia sulla vita.
Nitori gli era grato per questo ma spesso si chiedeva cosa, in lui, aveva tanto attirato la sua attenzione. Ogni volta che glielo chiedeva gli rispondeva sempre allo stesso modo: “ La tua determinazione ” Guardandolo dritto negli occhi e rivolgendogli un ampio sorriso.
Nitori, però, non si sentiva lusingato. Nitori era un ragazzo molto insicuro e ogni volta che riceveva un complimento da parte di Seijuro non riusciva, per quanto si sforzasse, ad esserne contento. Era come se una vocina nella sua testa gli stesse dicendo che stava mentendo e che ciò che lo spingeva a farlo era pietà. In fondo Seijuro era molto più bravo di lui. Era il capitano delle guardie imperiali, perché mai dovrebbe abbassarsi al suo livello?
Nitori lo guardò con la coda nell'occhio. Era accanto a lui nella sua stessa posizione ma, Nitori si accorse, aveva un'espressione pensierosa. Questo fece vacillare la poca sicurezza di Nitori che tornò a guardare davanti a sé.
Quello era il gran giorno: Il suo primo turno da guardia imperiale.
Era stato promosso finalmente. Dopo tanti sforzi finalmente una vittoria. Anche se, Nitori, sospettava che ci fosse lo zampino di Seijuro dietro. Ma a rendere Nitori nervoso era l'idea di poter rivedere lui.
Era da tanto che non lo vedeva, a causa dei suoi allenamenti, ma era stata una sua scelta e andava bene così, alla fine ne era valsa la pena.
Era riuscito nel suo intento e in più era riuscito a farsi assegnare nella stessa postazione di Seijuro: A guardia della stanza del Sultano. Il suo amato Sultano.
Lo aveva sempre ammirato da lontano, sin da quando erano entrambi dei bambini, senza mai, però, rivolgergli la parola. D'altronde come avrebbe potuto? Lui era solo un soldato e anche se ora era riuscito a diventare una guardia imperiale Nitori era consapevole di rimanere, sempre, un punto minuscolo in confronto a lui. Sapeva che non lo avrebbe mai guardato come faceva nei suoi sogni ma Nitori non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
Per questo quando suo padre adottivo lo aveva costretto ad unirsi ai soldati del Sultano non si era opposto, a differenza di altri suoi coetanei.
Era riuscito, così, ad assistere al giorno in cui il suo amato Principe divenne il sovrano del regno anche se ad un caro prezzo: La scomparsa di suo padre.
Il precedente Sultano, infatti, era stato assassinato ma non si seppe mai chi fosse il colpevole di tale insano gesto.
Era un bravo Sultano, pensava sinceramente Nitori non che lo avesse conosciuto personalmente, ovviamente, ma nessuno aveva mai osato parlar male di lui. Era un Sultano buono, un Sultano a cui interessavano davvero le condizioni del suo popolo e che prendeva sagge decisioni.
Anche suo padre adottivo la pensava così, raccontandogli, una volta, che il Sultano gli avesse fatto un enorme regalo tempo fa anche se non gli confessò mai quale esso fosse e Nitori non ebbe mai il coraggio di chiederglielo, sembrava una cosa molto delicata e importante.
Nitori non aveva mai conosciuto i suoi veri genitori ma questo non gli era mai pesato fin quando avrebbe avuto suo padre adottivo accanto a lui. Gli voleva bene e non riusciva neanche a immaginare quanto dovesse essere doloroso perderlo.
Nitori poté giurare di aver visto gli occhi del Principe spenti quel giorno nonostante quello fosse sempre stato il suo sogno, seguire le orme di suo padre.
Nitori era certo che qualcosa in lui era morto nello stesso istante in cui si sedette sul trono, morto insieme a suo padre. Per questo urlò, insieme agli altri, con tutte le forze che aveva in corpo sperando che i suoi sentimenti lo potessero raggiungere.
Lunga vita al nostro Sultano, Rin Matsuoka!
Nitori era fiero di lui nonostante tutto.
Dei rumori di passi attirarono la sua attenzione e cercò di ricomporsi in fretta. Accanto a lui Seijuro si fece serio e a Nitori, improvvisamente, si seccò la gola.
Dalla sua posizione riuscì a scorgere, lungo il corridoio, tre figure.
Le prime due erano due anziani che cercavano, invano, di tenere il passo della terza figura che, chiaramente infastidito, cercava di seminarli non prestando attenzione ai due che continuavano a parlare ad alta voce per farsi sentire.
Nitori non aveva idea di cosa stessero dicendo, ancora troppo lontani per distinguere chiaramente le parole, ma non appena mise a fuoco il viso della terza figura il suo cuore perse un battito. Era il Sultano Rin.
Nitori strinse la sua lancia talmente forte da far diventare bianche le nocche delle dita.
Quando Rin arrivò di fronte a loro con un cenno della mano mandò via i due anziani che, con riluttanza, obbedirono ma tutto ciò che Nitori riuscì a sentire fu il tintinnio dei bracciali di Rin.
Spostò leggermente lo sguardo per guardare la mano di Rin tornare, molto lentamente, al suo posto ma esso fu rapito da un altro dettaglio dell'abbigliamento del Sultano.
La camicia, infatti, era quasi del tutto sbottonata sul davanti mettendo in mostra non solo una vistosa collana pienamente in oro ma anche i suoi muscoli scolpiti.
Nitori arrossì alla vista e si morse il labbro inferiore maledicendosi. All'improvviso si sentì osservato e questo, se possibile, lo fece agitare ancora di più.
   << Mio Signore. >> Lo salutò Seijuro da buon capitano, probabilmente per distogliere l'attenzione da Nitori chiaramente in difficoltà.
Ma Rin lo ignorò continuando a guardare la piccola guardia.
Nitori alzò di poco lo sguardo, non capendo tanta insistenza, e rabbrividì nel vedere un sorrisetto soddisfatto sulle labbra del suo Sultano.
Si stava prendendo gioco di lui? Probabilmente si. Rin era consapevole di essere di bell'aspetto e sapeva di far un certo effetto alla gente, considerando anche il suo alto ceto sociale.
Nitori ebbe l'impulso di guardarlo negli occhi e fece molta fatica a trattenersi. Era proibito incrociare il suo sguardo. Anche se la tentazione era tanta.
Fortunatamente, proprio quando Nitori stava per cedere a quel desiderio, Rin decise di porre fine a quel gioco ed entrò nella sua stanza in rigoroso silenzio con di sottofondo solamente il prorompente rumore della enorme porta.
Quando la porta si chiuse alle sue spalle Nitori emise un sospiro di sollievo ma ancora consapevole dello sguardo di Seijuro su di lui.
 
 
                                                            - - -  
 
 
   Papà, papà dove sei?!
   E tutto così buio qui, ho paura!
   Non andare via, non lasciarmi qui da solo!
 
 
Nitori si svegliò di soprassalto.
Con ancora il fiatone si mise a sedere e si asciugò la fronte impregnata di sudore. Si alzò alla ricerca di un po' d'acqua, ancora confuso da quello strano sogno.
Era la prima volta che ne faceva uno simile e non era neanche tanto sicuro di cosa avesse visto in quel sogno, o meglio incubo.
Nitori si sentì una morsa alla bocca dello stomaco e decise di tornare a letto e di non pensarci.
 
 
                                                             - - -
 
 
   << Hey, Nitori sei sicuro di stare bene? Sei piuttosto pallido. >> Chiese preoccupato Seijuro, una volta iniziato il turno.
Nitori lo guardò spaesato e ancora un po' assonato. << Si, ho solo avuto una nottata difficile. >>
   << Incubi? >>
   << Si, direi di si. >> Spiegò titubante Nitori.
   << Direi?! >> Chiese confuso  e un po' divertito Seijuro. << Come fai a non esserne sicuro? >> Continuò.
   << E solo che... Non sono sicuro di essere io quello del mio sogno. >>
   << Come? >> Chiese Seijuro incuriosito.
Ma Nitori non riuscì più a raccontare nulla, interrotto dal rumore della porta che si apriva.
Nitori sobbalzò e nel corridoio calò il silenzio. Entrambe le guardie si irrigidirono sorprese.
Il Sultano Rin si affacciò dalla sua stanza e guardò con aria minacciosa l'ignaro Nitori.
   << Tu! >> Nitori ingoiò rumorosamente ma non si mosse. << Vieni dentro. >> E senza aspettare oltre rientrò nella sua camera.
Nitori sentiva il cuore battergli forte in petto, tanto che temeva potesse uscirgli fuori. Rin sembrava arrabbiato, quasi furioso e non aveva idea di cosa potesse volere da lui. Ancora immobile Seijuro lo richiamò.
   << Oi, Nitori. >> Lo guardò serio per vedere gli occhi color cielo dell'altro pieni di timore. << Non farlo aspettare! >>
Nitori rispose emettendo un mugolio incomprensibile e cominciò a muoversi un po' impacciato.
Quando mise una mano nella maniglia della porta, Seijuro lo chiamò di nuovo.
   << Nitori. >> Si guardarono. << Non fare niente di stupido. >> E Nitori non poté far altro che annuire.
Una volta dentro Nitori si sentì a disagio in quella immensa stanza.
Di fronte all'entrata, in fondo alla camera, vi era un maestoso letto ricoperto di cuscini mentre sulla destra vari mobili con decorazioni in oro.
A sinistra, invece, c'era un tavolino con sopra un vassoio pieno di frutta, un divanetto lì accanto e un'enorme specchio attaccato al muro.
Nitori vide, anche, una porta che, probabilmente, doveva portare al bagno e proprio da lì uscì Rin. Non sembrava più arrabbiato ma annoiato e istintivamente Nitori abbassò lo sguardo guardandosi i piedi.
   << Non startene lì impalato. >> Disse Rin infastidito dal suo comportamento.
Ma Nitori proprio non riusciva a capire. Che cosa si aspettava che facesse?!
Nitori fece un passo in avanti, notando di star camminando su un morbidissimo tappeto, ma si fermò non appena sentì Rin muoversi.
Il Sultano, infatti, si sedette sul letto proprio di fronte a lui studiando ogni suo singolo movimento.
Nitori si sentì nudo sotto il suo sguardo e sentì il sangue imporporagli leggermente le guance.
   << Guardami. >> Udì all'improvviso.
Nitori non obbedì.
   << Non te lo sto chiedendo. >> Insistette e Nitori dovette eseguire l'ordine.
Alzando lentamente lo sguardo Nitori incrociò quello di Rin, vedendo, finalmente, i suoi occhi. Quegli occhi che aveva sempre sognato, quegli occhi di un meraviglioso color rosso rubino fissi su di lui.
Nitori si ritrovò senza fiato, inebriato da così tanta bellezza e, adesso, sentì le guance andargli a fuoco.
Rin si alzò e si avvicinò a lui fermandosi solo a pochi centimetri dal suo viso. Era così vicino che a Nitori sarebbe bastato alzarsi leggermente sulle punte per baciarlo.
Nitori si vergognò di quel pensiero e distolse lo sguardo.
   << Faresti qualsiasi cosa per me? >>
Nitori tornò a guardarlo sorpreso da quella domanda. Era una guardia imperiale, certo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per il suo Signore.
Nitori annuì.
   << Voglio sentirtelo dire. Fammi sentire la tua voce. >> Lo incoraggiò con voce suadente e, per un attimo, Nitori ebbe il timore di potergli svenire, lì, ai suoi piedi.
Prese un respiro profondo e cominciò a parlare. << S-si... Farei qualsiasi cosa per voi, mio Signore. >>
   << Davvero? >> Chiese con tono di scherno. << Sei qui da poco, vero? Non ti ho mai visto. >>
Non ti ho mai visto. Nitori non poté negare che quella frase lo avesse ferito ma in fondo cosa si aspettava? Era lui che lo guardava sempre di nascosto, non il contrario.
   << Si, sono stato appen- >>
   << Non ti ho chiesto la storia della tua vita. >> Lo interruppe allontanandosi.
Nitori si morse il labbro. Aveva sbagliato, di nuovo ma ciò che lo disorientava di più era che sentiva la mancanza della sua presenza di fronte a lui.
Rin si avvicinò al tavolino e prese un chicco d'uva mettendoselo in bocca, non mostrando un reale interesse.
   << Spogliati. >>
   << Mio Signore? >> Chiese Nitori credendo di aver sentito male.
   << Hai detto che avresti fatto qualsiasi cosa per me. Che c'è, ti stai tirando indietro? >>
Di nuovo quel sorriso. Si stava prendendo gioco di lui di nuovo.
   << Io ti piaccio, non è vero? >>
Nitori impallidì.
   << Lo vedo sai? Il modo in cui mi guardi. >> Disse Rin, stavolta chiaramente divertito.
Nitori strinse i denti cercando di trattenere le lacrime. Sicuramente pensava che fosse patetico, e forse aveva ragione ma Nitori non voleva dargliela vinta così facilmente.
Si voltò e appoggiò la lancia sul muro per poi guardarlo di nuovo. Rin non stava sorridendo più ma continuava a fissarlo serio.
Nitori portò le sue mani alla camicia della sua divisa e cominciò a sbottonarsela. Faceva molta fatica, le sue mani tremavano e dovette combattere con ogni bottone per riuscirci ma quando arrivò all'ultimo di essi Rin gli afferrò il polso.
Nitori si lasciò sfuggire un squittio, sorpreso dall'improvviso gesto. Rin non lo stava guardando ma aveva gli occhi fissi sulla mano.
Lentamente si avvicinò al viso di Nitori, che si sentì morire da quella vicinanza, per poi avvicinarsi al suo orecchio sussurrandogli:
   << Quelli come te io non li sopporto proprio. >>
Nitori spalancò gli occhi esterrefatto mentre Rin si allontanava.
   << Ricomponiti e vattene. >> Gli ordinò ma Nitori era come pietrificato.
Perché lo stava trattando così? Cosa aveva fatto di male? Chi era questa persona? Non era il Sultano di cui Nitori si era innamorato. Cosa gli era successo per ridurlo così?!
   << Sei diventato sordo? >>
Nitori fu riportato alla realtà da quella domanda piena d'astio e cercò, il più velocemente possibile, di rivestirsi.
Si fiondò sulla lancia, ancora appoggiata al muro, vedendola sbiadita per via delle lacrime che minacciavano di cadere.
Una volta recuperata fece un leggero inchino a un Sultano che gli dava le spalle e si dileguò.
Quel giorno, per la prima volta, Nitori mentì a Seijuro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Incontri inaspettati ***


Capitolo 2: Incontri inaspettati
 
 
 
 
Rei camminava senza sosta tra la folla.
Quel giorno era stato assegnato di pattuglia al mercato. Spesso, in luoghi così affollati, potevano verificarsi delle risse o che qualche ladro cercasse di fare il furbo approfittandosi della confusione.
Sapeva, quindi, che doveva tenere gli occhi aperti e controllare ogni perimetro del mercato ma quella mattina non riusciva minimamente a concentrarsi.
Il soldato continuava a pensare al ballerino con un'insistenza del tutto irrazionale.
Già, irrazionale, perché per quanto si sforzasse non riusciva proprio a capire il perché di questa sua ossessione. Non avevano mai avuto neanche l'occasione di parlare e Rei non era certo il tipo da farsi abbindolare così dal primo che passava.
La prima volta che lo vide non fu nemmeno voluto: i suoi colleghi ebbero la brillante idea di portarlo, contro la sua volontà, il giorno del suo compleanno, in un locale poco raccomandabile.
Eppure se si concentrava riusciva persino a sentire il suo profumo. Quel profumo scadente ma che su di lui aveva acquistato una fragranza calda1 e che, egli ricordava ancora, gli fece girare la testa. Tuttavia Rei sapeva bene che, no, non era stato solo il profumo a fargli venire le vertigini quel giorno ma il modo in cui, il danzatore, aveva mosso i suoi fianchi sinuosi, come aveva mosso le sue mani sul proprio corpo quasi in preda ad un piacere superiore fino a sfiorarsi i capelli. Quei bellissimi capelli mossi, di un biondo quasi innaturale ma che faceva risaltare la sua pelle chiara, lattea. Dettaglio che fece capire a Rei che il ragazzo doveva essere uno straniero o che, con un velo di tristezza, non passasse molto tempo fuori da quel locale.
La seconda volta, Rei ci era andato da solo. Anche quella volta non riuscì a spiegarsi perché ebbe deciso di tornarci, ma l'attrazione verso l'altro era troppo forte.
Quella volta, Rei poté giurare di aver visto il ballerino fissarlo. All'inizio pensò di esserselo immaginato ma quando, tra un passo e l'altro, tra uno spettatore e un altro, gli occhi del danzatore avevano continuato a posarsi su di lui, Rei ne ebbe la certezza.
Per un'istante i loro sguardi si erano anche incrociati e, il danzatore, gli aveva rivolto il sorriso più luminoso che Rei ebbe mai visto.
Rei, ancora perso tra i suoi pensieri, andò a scontrarsi contro qualcuno.
   << Domando perdono. >> Chiese educatamente il soldato alla persona di spalle di fronte a lui.
Quando essa si volse verso di lui, Rei, non credeva ai suoi occhi: aveva urtato il ragazzo che da giorni tormentava i suoi pensieri.
   << Oh, non c'è nessun problema. >> Rispose il biondo con voce cristallina, sorridendogli.
Quando i loro occhi si incontrarono il ragazzo diventò improvvisamente serio e, mettendosi un dito sul mento, si avvicinò pericolosamente al soldato.
Rei, istintivamente, fece un passo indietro mentre l'altro, in punta di piedi, gli esaminava il viso.
   << Mmmh, io ti ho già visto. >> Rifletté ad alta voce.
Rei arrossì sperando che il giovane ballerino non si ricordasse di lui.
   << Ah! Ma certo, sei venuto spesso a vedermi mentre mi esibivo. >> Affermò battendo le mani come per applaudirsi da solo.
   << S-Spesso?! >> Cercò di ribattere contrariato Rei.
   << Non dimentico mai la faccia di un mio cliente, soprattutto se è così carino. >>
   << Carino?! Che assurdità! >> Rispose il soldato alzando leggermente la voce. Non potendo negare, però, di essere arrossito cercò di nasconderlo mettendosi una mano davanti al viso con la scusa di doversi sistemare gli occhiali. << E poi, con tutto il rispetto, statisticamente parlando è impossibile che voi ricordiate ogni cliente. >> Aggiunse serio.
Il danzatore lo guardò per un attimo sorpreso, sbattendo ripetutamente le palpebre per poi assumere un'espressione offesa.
   << Rude. >> Disse mettendo il broncio.
Rei dovette distogliere lo sguardo. “ Chi è il carino adesso?! ” Pensò stupendosi di se stesso.
Si schiarì la gola. << Adesso è meglio che io vada. >>
   << Oh, che peccato. Mi sarebbe piaciuto parlare ancora un po' con te... >> Aspettò che il soldato continuasse la frase, chiedendoglielo con gli occhi.
   << Rei. >> Rispose.
   << Rei. >> Ripeté il ballerino soddisfatto. << Bhé. >> Iniziò avvicinandosi di nuovo e accarezzandogli, con una mano, il petto scoperto dalla divisa. << Spero di rivederti presto, Rei. >> Gli sussurrò a fior di labbra, a pochi centimetri dalle sue.
Il biondo si allontanò velocemente e iniziò a correre nella direzione opposta.
   << A-Aspettate! >> Urlò Rei ancora sotto shock.
Il ragazzo si fermò e lo guardò in attesa.
   << Il vostro? Qual'è il vostro nome? >>
Gli sorrise e portandosi l'indice sulle labbra rispose: << E' un segreto. >> Per poi sparire tra la folla.
Rei sospirò e chiuse gli occhi massaggiandosi la tempia come se quella conversazione avesse prosciugato tutte le sue energie. Distrattamente si passò una mano sui pantaloni, vicino alla tasca notando che essa era vuota.
Il soldato aggrottò le sopracciglia confuso, era certo di aver portato con sé delle monete. Poi realizzò.
   << Quel piccolo...!! >> Affermò tra i denti, irritato e imbarazzato per essere stato così sciocco da farsi abbindolare dal ballerino.
Rei non perse tempo e cominciò a cercarlo tra la folla ma senza risultato, sembrava essersi dissolto nel nulla finché non si accorse che della gente si stava raggruppando attorno ad una bancarella.
Incuriosito si avvicinò e si stupì nel vedere il ballerino tra le grinfie di un uomo sulla trentina, probabilmente il proprietario della bancarella, che lo teneva per un polso stringendo più forte che poteva per non lasciarlo scappare mentre lo guardava con astio.
   << Lasciami andare pervertito! >> Gli urlò in faccia il biondino lanciandogli uno sguardo pieno di disgusto.
   << Come osi?! Tu sei solo un ladro! >> Rispose l'uomo.
   << E' inutile che fai finta di niente! Ti ho visto, sai? Ieri sera eri al locale dove mi esibisco. Li conosco quelli come te, volevi toccarmi non è vero?! >>
Rei rimase stupefatto da quella affermazione, quel ragazzo ricordava davvero tutti i suoi clienti? Si ricordava davvero di lui? Ma ciò che lasciò senza parole Rei era il sentirsi ribollire il sangue nelle vene dalla rabbia al solo pensiero di ciò che quell'uomo avrebbe voluto fare al ballerino.
L'uomo, diventato rosso in viso, sia dalla rabbia sia per la vergogna, perse la pazienza e tirò indietro il braccio pronto a colpire il ragazzo.
   << Adesso vedrai, puttana! >>
In quell'istante Rei decise di intervenire.
Si fece spazio tra la folla e afferrò il polso dell'uomo che, dalla sorpresa, allentò la presa su quello del biondo.
   << Finalmente. >> Disse l'uomo notando l'abbigliamento di Rei. << Presto, arresti quel ragazzino. Ha osato derubarmi. >> Continuò indicandolo con la mano libera.
Rei guardò il ballerino che abbassò lo sguardo imbarazzato mentre, con la mano, si accarezzava il polso dolorante.
   << Cosa vi ha rubato? >> Chiese Rei spostando la sua attenzione di nuovo al mercante, lasciando andare la presa.
   << C-Come? >> Chiese l'uomo confuso. << Che importa?! L'ho arresti se no- >>
   << Ho chiesto: Cosa vi ha rubato, signore? >> Chiese di nuovo serio.
   << V-Vendo della frutta. Mi ha rubato una mela. >> Spiegò il venditore.
   << Solo una? >>
   << Si, signore. >>
   << Va bene. >> Rispose Rei e si volse verso il biondo che lo guardava preoccupato.
Solo in quel momento Rei si accorse che il ballerino teneva stretto qualcosa in mano, in un pugno e capì.
Delicatamente gli prese la mano accarezzando, con il pollice, il polso diventato rosso per la precedente morsa in cui era stato incatenato, in contrasto con la carnagione chiara. L'altro ragazzo non oppose resistenza e aprì il pugno rivelando, così, le monete d'oro del soldato.
Rei ne prese una e la lanciò al mercante che, a stento, riuscì ad afferrarla.
   << Adesso il debito è saldato. >> Spiegò Rei e senza aggiungere altro mise una mano sulla spalla del ballerino guidandolo fuori dalla folla.
   << Stai bene? >> Chiese una volta allontanati.
   << Si, grazie dell'aiuto. >> Rispose sinceramente grato il ragazzo, sorridendo nel sentire che il soldato aveva cominciato a dargli del “ tu ”.
Il ballerino strinse le mani in due pugni e, sentendo un leggero fastidio alla mano sinistra, si ricordò di avere ancora le monete in mano.
   << Mi dispiace, non avrei dovuto ingannarti. >> Gli disse mettendogli le monete in mano.
   << Puoi tenerli se ne hai bisogno. >>
   << Credimi, non ne ho bisogno. Sono molto richiesto. >> Ribatté il biondo con un sorriso amaro.
   << Oh. >> Si lasciò fuggire Rei.
   << E' che... >> Cercò di spiegare. << Conosco il tipo di persone che di solito vengono a vedermi: uomini che preferiscono spendere i loro soldi per vedermi piuttosto che trascorrere del tempo con la propria moglie e i loro figli, e questo non mi fa sentire in colpa quando cerco di ingannarli ma tu, tu sei diverso. Sei gentile e non riuscirei mai a perdonarmi se adesso io accettassi di prenderle. >>
   << Non sono poi tanto diverso da quell'uomo. >> Disse Rei facendo arrossire il ballerino che capì a cosa stesse alludendo.
   << Bhé, se sei tu allora non m'importa. >> Mormorò impercettibile.
   << Come? >>
   << Niente! >> Rispose il danzatore alzando un po' troppo la voce, lasciando il soldato confuso. << Avrei voluto incontrarti prima, Rei. >> Continuò distogliendo lo sguardo.
   << Che intendi dire? >> Chiese Rei.
   << Intendo dire che non mi troverai la prossima volta in quel locale. >> Rei cercò di ribattere ma il danzatore lo anticipò. << Sono stato convocato al palazzo. >>
Rei sentì il cuore sprofondare. Non c'era alcuna possibilità che potesse rivederlo, lui non era una guardia imperiale e, dunque, non gli era permesso dirigersi al palazzo.
   << Capisco. >> Disse semplicemente mentre guardava la mano del biondo allontanarsi dalla sua.
   << Addio, Rei. >>
   << Aspetta! >> Lo richiamò il soldato afferrandolo per un braccio ma quando si accorse del gesto che aveva compiuto istintivamente, ritrasse subito la mano come se si fosse scottato. << Adesso mi dici qual'è? >>
Il danzatore lo guardò interrogativo.
   << Il tuo nome. >> Spiegò Rei con un lieve sorriso sulle labbra.
   << Nagisa. >> Rispose ricambiando il sorriso. << Il mio nome è Nagisa. >>
 
 
 
 
 
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Il sole picchiava forte quella mattina nel deserto Rubʿ al-Khālī2, rendendo l'aria afosa e il clima arido.
Non vi era alcun suono e il regno non si vedeva ancora. Tutto ciò che Makoto riusciva a vedere era un'immensa distesa di sabbia.
Finalmente ritornava al regno, tornava a casa, dopo un lungo viaggio che era servito a rifornirsi di materie prime. Makoto era un rinomato mercante, conosciuto, al regno, per la sua gentilezza e la sua onestà, rara a quei tempi.
Il mercante, in groppa al suo destriero, guardò indietro sorridendo: Si era unito ad una carovana di viaggiatori. Sarebbe stato da incoscienti attraversare il deserto da soli. Gli era molto grato per avergli permesso di viaggiare con loro. Non tutti si sarebbero fidati, considerando che con loro vi erano anche donne e bambini, ma, fortunatamente per il mercante, si erano rivelati tutte persone simpatiche e per bene.
   << Non mi piace il silenzio. >> Si lamentò un bambino tra le braccia della madre.
Makoto non poté fare a meno di ridere alla vista di quell'adorabile visino imbronciato e stava per rassicurarlo quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Il mercante fermò il cavallo e scese per dirigersi verso l'oggetto della sua attenzione.
Makoto si allarmò nel vedere che si trattava di un ragazzo, steso sulla sabbia, privo di sensi.
Indossava un turbante per ripararsi dai raggi solari che, sul capo, gli copriva i capelli lasciando libero solo qualche ciuffo blu notte. Sopra la maglia, che gli lasciava l'addome completamente scoperto, aveva un leggero scialle che gli ricopriva gran parte del viso.
   << … Acqua... >> Mormorò tra il tessuto il ragazzo ancora incosciente e solo allora Makoto si accorse della borraccia vuota che teneva in mano.
   << Immagino di non poterti lasciare qui. >> Disse il mercante ma mentre cercava di accostare il ragazzo a sé Makoto perse un battito.
Si accorse che il ragazzo, nella cinta dei larghi pantaloni, indossava un pugnale molto vistoso e caratteristico. Era certo di averlo già visto, il taglio di quella lama era inconfondibile: Il ragazzo era un assassino.
   << Makoto? Che succede? >> Chiese uno devi viaggiatori.
Senza pensarci due volte Makoto afferrò il pugnale e lo nascose tra le sue vesti.
   << Perdonami. >> Sussurrò al ragazzo. << Ma, per adesso, è meglio se questo lo tengo io. >>
 
 
 
 
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una fragranza calda1: per fragranza calda si intende una fragranza di un profumo avvolgente, orientaleggiante, sensuale.
Rubʿ al-Khālī2: è il secondo deserto di sabbia più grande del mondo. Ricopre il terzo della parte meridionale della Penisola araba. E' ancora ampiamente inesplorato e persino i Beduini ne sfiorano solo le zone marginali. Con temperature estive che vanno da vari gradi sotto zero la notte ad oltre 60 °C sopra lo zero a mezzogiorno, e dune più alte della Torre Eiffel, il deserto potrebbe essere l'ambiente più inospitale del pianeta.
 
NdA: Ok, dopo l'angolo della “ cultura ” inizia quello dello “ sclero ” :
Non posso credere di aver finito finalmente questo capitolo! Temo sia venuto un po' “ pasticciato ”, soprattutto nell'ultima parte, quindi se avete consigli o notate errori fatemelo notare e, in caso, chiedo perdono. E scusate se è corto.
Ma prima di passare alle spiegazioni devo ringraziare voi. Grazie di aver messo questa storia tra le seguite, questa fan fiction significa molto per me e lo apprezzo. Ma devo soprattutto ringraziare Mitsuki no Kaze per il supporto e l'aiuto. Davvero grazie mille!
Spero di non deludervi.
Temo che alla fine Rei sia un po' OOC anche se non di molto, sappiamo che quando si tratta di Nagisa può diventare molto serio. Inoltre ho lasciato il “ statisticamente ” in quanto gli arabi erano studiosi, che fecero molte scoperte importanti, sulla scienza, matematica e trigonometria così boh mi sembrava ok ahahah.
Amo Nagisa che arrossisce per Rei e sappiamo tutti che è successo davvero in un episodio!
Colpo di scena finale ;)
Spero vi sia piaciuto e spero di aggiornare presto.
Un bacio. Alla prossima!
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Segreti ***


Capitolo 3: Segreti

 

 

 

Seijuro camminava per i corridoi lunghi e stretti del maestoso palazzo. Stava tornando nei suoi alloggi dopo un'estenuante turno durato tutta la giornata.

Nonostante la stanchezza non poté fare a meno di rivolgere i propri pensieri al suo collega: Nitori ultimamente si stava comportando in modo molto strano.

Non lo guardava mai negli occhi, cosa che fece capire immediatamente al capitano che il suo amico gli stesse nascondendo qualcosa.

Seijuro era sicuro che, durante il primo giorno da guardia imperiale dell'altro, fosse successo qualcosa ma Nitori era risoluto nell'inventare qualsiasi scusa per sviare l'argomento.

Il capitano sapeva bene quanto potesse essere meschino il loro Sultano alle volte, soprattutto con i nuovi arrivati.

Ricordava bene il suo primo giorno al palazzo. Nonostante la tenera età, suo padre confidava molto nelle sue abilità e quale occasione migliore per imparare se non sul campo.

Anche il padre del Sultano credeva in lui, probabilmente pensava Seijuro, per gli anni di duro servizio e lealtà della sua famiglia verso il trono o semplicemente per la sua indole gentile verso tutti, anche verso i suoi servitori.

Era allora che aveva visto per la prima volta Rin: un bambino un po' troppo viziato e pieno di sé per la sua età ma sempre allegro. Nascosto, dietro ad una delle possenti collone, Rin lo aveva fissato per tutto il tempo mentre il Sultano gli stava raccomandando di fare particolare attenzione ad un certo bambino, più piccolo rispetto a lui, che era stato adottato con un passato turbolento o giù di lì. Seijuro non stava davvero ascoltando, troppo preso dall'attenzione riservatagli da Rin.

Inizialmente non ne aveva capito il motivo finché non si era accorto che gli occhi del futuro Sultano avevano osservato prima lui e poi il proprio padre.

Al piccolo Seijuro venne da sorride all'idea che Rin potesse essere geloso del padre.

Seijuro invidiava quel sentimento, incapace di provarlo a causa dell'assenza costante del padre dovuta dal duro lavoro che gli portava via la maggior parte del tempo trascorso in famiglia.

Seijuro si era sempre sentito l'uomo di casa. Era lui che doveva sempre consolare sua madre e prendersi del fratellino minore quando il padre non era presente. Responsabilità che sentiva tutt'ora e che, un po', sentiva nei confronti di Nitori.

La prima volta che Rin gli rivolse la parola fu durante un allenamento presso i giardini del palazzo. Gli si era avvicinato piano, sospettoso fermandosi solamente quando fu a pochi centimetri da Seijuro.

<< Hey. >> Lo aveva ammonito per attirare la sua attenzione.

Seijuro, che stava facendo stretching, si era fermato di botto sgranando gli occhi incredulo che gli avesse rivolto la parola.

<< Devi stare lontano da mio padre. Li conosco quelli come te. >> Continuava Rin mentre metteva le braccia conserte.

Seijuro si era alzato da terra ma senza troppa fretta, si era sistemato i pantaloni e si era messo le braccia dietro la schiena in posizione d'ascolto.

Lui e Rin si scambiavano di un anno e, Seijuro, essendo leggermente più alto dell'altro bambino dovette abbassare di poco lo sguardo, cosa che aveva fatto innervosire di più Rin.

Erano rimasti in un silenzio quasi imbarazzante. Seijuro incerto su dove posare lo sguardo mentre Rin continuava a fissarlo con il viso corrucciato.

Seijuro era consapevole che stava cercando di intimorirlo ma con quell'espressione era semplicemente adorabile e dovette mordersi il labbro inferiore per evitare di sorridere. Rin gli aveva puntato il dito contro e stava per urlargli qualcosa ma qualcuno lo aveva interrotto.

<< Rin! >> Lo aveva richiamato una voce femminile. << Cosa stai facendo in questo lato del palazzo? >>

Rin aveva aperto e chiuso la bocca un paio di volte per poi girarsi verso la diretta interessata.

<< E' mia sorella che non dovrebbe stare qui. >> Aveva risposto preoccupato mentre cercava di non darlo troppo a vedere.

<< Di chi credi sia la colpa? Ti ho cercato dappertutto! >> Aveva ribattuto la piccola Gou mentre stava scendendo le scale per raggiungere il fratello maggiore rendendosi conto che non era solo.

<< Chi è lui? Un tuo nuovo amico? >> Aveva chiesto ingenuamente sorridendogli.

Seijuro era rimasto a fissarla a lungo. Aveva gli occhi rosso fuoco e i lunghi capelli color borgogna1, come suo fratello, raccolti in una coda.

Seijuro non sapeva il perché ma era attratto da quella bambina. Voleva conoscerla meglio, esserle amico.

<< No! >> Aveva risposto secco Rin ponendosi tra i due, portando alla realtà Seijuro. << E smettila di dare tanta confidenza agli estranei. Devo ricordarti chi sei? >>

<< No, non serve. Me lo ricordi già troppe volte. >> Aveva risposto annoiata Gou alzando gli occhi in cielo. << Ma a volte vorrei tanto non essere la figlia del Sultano. >>

Rin non aveva risposto a quella confessione ma aveva preso la mano della sorella, Seijuro non seppe dire se per consolarla o per altro, e si era volto verso di lui.

<< Non finisce qui con te. >> Aveva affermato Rin trascinando via con sé Gou che salutò Seijuro con la mano e, Seijuro, non poté fare a meno di ricambiare il saluto un po' titubante.

Il capitano si fermò in mezzo al corridoio sorridendo. Quante cose erano cambiate d'allora. Era diventato capitano delle guardie imperiali, Rin era diventato Sultano, era riuscito persino a vedere di nuovo la sorella del Sultano, Gou. Bhé più di una volta. Molte volte.

Era diventata una donna bellissima conquistando il cuore del giovane capitano. Ma anche Seijuro era riuscito a conquistare quello di Gou. Dopo anni ma ci era riuscito.

Il cuore del capitano perse un battito al pensiero di cosa potesse fare il Sultano se venisse a sapere che lui aveva un'illecita relazione con sua sorella.

<< Mi farebbe impiccare di sicuro. >> Sbuffò all'idea ma Seijuro era convinto che iniziare questa relazione fosse stata la cosa più bella che lui avesse mai fatto. Rifarebbe tutto, anche se lo avessero scoperto. Si era assunto la responsabilità di ogni azione sin dal primo sguardo lanciato di nascosto quando il Sultano non stava guardando, i sorrisi di lei, le prime risate, il primo bacio e le prime paure.

Un tonfo all'improvviso riecheggiò lungo il corridoio attirando l'attenzione del capitano che si precipitò subito a controllare.

A Seijuro gelò il sangue quando, girando l'angolo, vide Nitori steso a terra privo di sensi.

 

 

 

 

- - -

 

 

Makoto aprì piano la porta cercando di non svegliare il suo ospite che giaceva sul suo letto.

Il mercante era ben consapevole del rischio che stava percorrendo. Non solo perché il ragazzo avrebbe potuto aggredirlo ma anche perché nascondere un assassino era un reato grave.

Inoltre non sapeva nemmeno quale fosse il suo obbiettivo. E se fosse il Sultano stesso?

Makoto decise che per il momento non ci avrebbe pensato. Lo avrebbe aiutato a rimettersi in forze per poi lasciare che se ne andasse da solo, niente di più niente di meno anche se ciò non riusciva a far tacere la parte razionale del mercante che continuava a ripetergli che ciò che stava facendo era soltanto un errore.

Si avvicinò al letto con in mano un vassoio pieno di frutta e una brocca d'acqua.

Avrebbe dovuto venderla quella frutta.

Sentì un mugolio di dolore accanto a sé e, posando il vassoio lì accanto, decise di controllare.

Il ragazzo che aveva soccorso aveva ancora la febbre. Doveva essersi preso un'insolazione a causa del suo peregrinare nel deserto senza acqua.

Makoto allungò una mano per toccare la fronte dell'assassino e verificare le sue condizioni quando, all'improvviso, si sentì afferrare per il polso.

Il mercante sobbalzò per lo spavento ma non poté ritirarsi ancora intrappolato in quella morsa. Solo allora Makoto si rese conto che il ragazzo, ancora steso sul letto nella stessa posizione supina, aveva aperto gli occhi e lo stava fissando.

Non c'era odio nel suo sguardo come ci si poteva aspettare da un assassino, anzi era stranamente apatico rendendolo difficile da decifrare.

<< Dove mi trovo? >> Chiese con voce rauca a causa della mancata idratazione.

<< Sei nei miei alloggi. >> Spiegò Makoto un po' titubante per la posizione scomoda.

L'assassino guardò la sua mano e mollò la presa portandosela alla gola dolorante. Il mercante, accorgendosi del gesto, istintivamente gli porse dell'acqua.

Il ragazzo lo guardò sorpreso dalla gentilezza dell'altro. Accettò solo dopo essersi assicurato che nel calice ci fosse solo acqua.

<< Perché mi stai aiutando? >> Chiese l'assassino portandosi il calice alle labbra e mettendosi seduto.

Makoto non rispose subito incerto della risposta. Si sedette sul bordo del letto a disagio consapevole degli occhi dell'altro su di lui intenti a studiare ogni sua singola mossa. Sospirò.

<< Immagino perché è la cosa più giusta da fare. >> Rispose abbozzando un sorriso.

<< Il pugnale che avevo con me non è più in mio possesso. >> Disse il ragazzo come se lo stesse dicendo più a se stesso che a Makoto. << Dov'è? >> Chiese infine.

<< Oh, quello. Sì, ho preferito prenderlo io. >> Spiegò il mercante. << Sai quel pugnale... è impossibile non riconoscerlo e non volevo che lo vedessero anche gli altri. >> Continuò abbassando lo sguardo, come se si vergognasse di averlo preso.

<< Sai chi sono e nonostante tutto hai deciso di aiutarmi lo stesso. >> Non era una domanda ma per un'istante a Makoto parve di aver sentito un tono di sorpresa in quell'affermazione. Il mercante non disse nulla ma annuì.

<< Come ti chiami? >> Chiese all'improvviso il ragazzo.

Makoto rimase stupito da quella domanda e per un attimo non seppe cosa dire. Non era molto saggio dire il proprio nome ad un assassino ma per qualche strano motivo sentiva di potersi fidare.

<< Makoto. Makoto Tachibana. >> Rispose il mercante sentendo ad un tratto la gola secca.

<< Haruka. >> Disse l'altro.

<< Eh? >> Makoto si rese conto che l'assassino gli aveva appena rivelato il suo nome, ma non quello completo. Non era neanche sicuro che fosse il suo vero nome. Ma in fondo cosa si aspettava?

Mi ucciderai? ” Si ritrovò a voler chiedere il mercante ma non era sicuro di voler sentire la risposta. Si stava dando ancora dello stupido quando Haruka gli chiese.

<< Hai paura? >> Il tono di voce continuava a sembrava privo di emozioni come se all'assassino non importasse davvero la risposta.

<< No. >> Mentì il mercante cercando di rimanere calmo quando vide l'altro alzarsi.

<< Non temere. >> Iniziò Haruka. << Assalgo solo i miei obbiettivi. >>

<< Che sarebbero? >> Non seppe trattenersi Makoto.

L'assassino accennò, per la prima volta, ad un sorriso e Makoto rimase incantato.

Ora che lo vedeva davanti a sé si rese conto che era un po' più basso rispetto a lui, snello ma con il corpo segnato dagli allenamenti. La pelle chiara metteva in risalto i suoi occhi blu cobalto e profondi come l'oceano.

Makoto si accorse che lo stava fissando e distolse lo sguardo imbarazzato.

<< Il mio pugnale? >> Chiese Haruka guardandosi intorno.

La stanza non aveva nulla di vistoso. In fondo il mercante non era un mestiere che dava sicurezza economica, non a quei tempi. Inoltre la generosità di Makoto lo aveva costretto spesso a tagliare le spese comprando solo l'indispensabile per il proprio fabbisogno.

<< Vai via? >> Chiese Makoto alzandosi di scatto.

<< Sì. >> Rispose semplicemente l'altro.

Makoto, ancora una volta, si ritrovò incerto sul da farsi. Davvero voleva consegnare il pugnale e fare finta di niente lasciando andare un assassino?

Per la prima volta Makoto si chiese se stesse facendo davvero la cosa giusta ma in fondo cos'altro poteva fare?! Era troppo tardi per avvertire le guardie e sapeva che lui, un misero mercante, non avrebbe avuto alcuna possibilità contro un assassino. Decise di attenersi al suo piano originale e lasciarlo andare ora che poteva.

Haruka, che aveva fissato per tutto il tempo il viso del mercante, perse la pazienza.

<< Puoi tenerlo. >> Disse sospirando e avviandosi verso l'uscita.

<< Aspetta! >> Lo richiamò alzando la voce porgendosi verso di lui. << Va bene. Lo vado a prendere. >> Continuò cercando di ricomporsi ma il rossore sulle guance non aveva proprio intenzione di sparire.

Makoto, dopo essersi accertato che l'assassino lo stesse aspettando, si avvicinò al comò dove aveva nascosto il pugnale ma quando, una volta recuperato, si girò per consegnarlo l'altro ragazzo era già scomparso.

Il mercante, una volta rimasto solo, non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo.

Era stato a disagio per tutto il tempo trascorso insieme all'altro. Certo, il fatto che fosse un assassino non aveva aiutato Makoto ma non era quello il motivo. Ad agitarlo così tanto fu il pugnale che teneva ancora tra le mani.

Lo strinse di riflesso e lo guardò attentamente ancora una volta. Era identico al pugnale che, quando era ancora solo un bambino, aveva ucciso il suo migliore amico davanti ai suoi occhi.

 

 

 

 

 

- - -

Borgogna1: è una tonalità di rosso con sfumature di porpora che prende il proprio nome dal vino di Borgogna, una regione della Francia. Il colore Borgogna è simile ad altre tonalità di rosso scuro, come il bordeaux. È spesso chiamato vino rosso o semplicemente vino.

 

NdA: Sono viva!!

Incredibile ma vero sono riuscita ad aggiornare questa fan fiction.

Non ho parole per esprimere le mie emozioni in questo momento ma sappiate che mi dispiace molto averci messo così tanto.

Credetemi non era nelle mie intenzioni ma mi è successo di tutto e, purtroppo, sono crollata.

Ma adesso sto bene quindi eccomi qua!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, spero di aggiornare presto questa volta.

Non sono riuscita ancora a trovare una beta, si vede? Forse ma spero di riuscirci.

Non sono al 100% soddisfatta quindi fatemi sapere che ne pensate e, come al solito, se ci sono errori.

Mitsuki no Kaze ti sto aspettando ;)

 

 

 

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