La Resistenza

di Diana cavalca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo- Lacrime dal cielo ***
Capitolo 2: *** Io non mi rimangio mai la parola! ***
Capitolo 3: *** Quindici minuti ***



Capitolo 1
*** Prologo- Lacrime dal cielo ***


 "Naruto ti prego...è il mio unico desiderio.  Saske-kun, Saske-kun, riportalo a casa!"
 
Cinque anni prima gli aveva estorto con le lacrime quella promessa. Cinque anni in cui lui aveva resistito per entrambi, anzi per tutti e tre. Forte e fiducioso. Anche lui avrebbe dovuto prendersi il lusso del pianto, dello scoramento, della debolezza. Ma non aveva voluto: si era fatto carico del fardello di una donna che aveva perso il suo amore e di un amico che aveva perso il senno. Non voleva rinunciare a quella famiglia che si era costruito. Voleva averla accanto, come ogni bambino vorrebbe che fosse: unita e felice.
Un largo sorriso. Nessuno riusciva a dilatare la bocca in quel modo. Dava la sicurezza che lui avrebbe fatto sì che l'impossibile si sarebbe tramutato in possibile. Quel giorno la luce inondava Konoha. Il cielo era buono e sembrava volere che quella promessa fosse mantenuta:

"Non preoccuparti Sakura-chan!Lo riporterò indietro, io non mi rimangio mai la parola, è il mio credo ninja!"

Il giorno di cinque anni dopo il cielo non era più quello di allora. Cupo, minacciava tempesta.
Lei era in piedi, con lo sguardo vitreo su quel corpo esanime. Quel suo largo sorriso non lo avrebbe più rivisto. E l'impossibile sarebbe rimasto impossibile. Il sogno di un mondo di pace era nato e morto con lui. Come lui era perito il giorno del suo compleanno. Quanto a lei, aveva perduto il suo timone, un compagno divenuto parte di una seconda famiglia. La pioggia cominciò a bagnare il viso di Sakura e lei non sapeva più quali fossero le sue lacrime e quali quelle del cielo. Nemmeno lo aveva sentito arrivare il pianto. Fu come se il suo corpo si fosse accorto prima del suo cuore di quello che stava accadendo. Le lacrime uscivano e lei aveva perso la sensibilità al petto, alle braccia, alle gambe. D'un tratto capì. Si sentì schiacciata dalla gravità e si accasciò sul suolo. Pose quella cara testa bionda sul grembo. Quel corpo non emanava più la sua energia, il calore che tanto la riscaldava.

"...Nar...Nar..."

Non riusciva a pronunciare quel nome. Proferirlo sarebbe stato dire l'evidenza. E così l'evidenza sarebbe divenuta più evidente. Naruto era morto. Le lacrime cominciarono a farsi pesanti sul volto ed un dolore lancinante la colse al cuore. Naruto era morto. Urlò come mai aveva fatto prima e improvvisamente sentì il risveglio di tutto il suo corpo anestetizzato: petto, braccia e gambe ritornarono a farsi sentire così tanto da farle male, così violentemente da farle percepire che la sofferenza della sua carne e quella del suo cuore si manifestavano all'unisono. Un dolore troppo forte per non coinvolgere il suo intero essere senziente; per riguardare solo una parte del binomio mente-corpo. Sentì che la sede delle sue emozioni era anche materia, un muscolo che voleva esplodere sotto la compressione del dolore che lo attanagliava.
Alle sue spalle, il suo maestro assisteva attonito alla scena di una ragazza che, sconquassata dal dolore, teneva stretto il corpo di chi cullava, tra le grida di sofferenza, in una ninna nanna di morte.





Mentre sentiva il male divorargli l'anima, Sasuke portò a termine il suo progetto. Giustiziò i Kage dormienti. Avrebbe potuto fare le cose onorevolmente, come aveva fatto con Naruto: avrebbe potuto sciogliere lo tsukuyomi, affrontarli apertamente e ucciderli in un regolare scontro - tanto, come avrebbero potuto avere chance di vittoria? Ma Sasuke aveva perso troppo quel giorno e non gli importava dell'etica dei ninja. Aveva appena sacrificato la sua anima al diavolo per il bene di tutti. L'etica dei ninja non poteva essere più un pensiero per un'anima dannata. Voleva solo finire quello che aveva cominciato. Si avvicinò ai corpo dei kage e si curò che non si svegliassero più dal loro sonno. Trapassò  uno ad uno i loro cuori con la katana, mentre le vittime, immerse in sogni beati, spiravano col sorriso. Erano morti con la stessa inconsapevolezza di chi viene al mondo. Si sentì benevolo e magnanimo per aver risparmiato ai cinque leader la coscienza di chi sta per morire. Guardò il petto del quinto hokage grondante di sangue, aperto in una ferita mortale. 
Tonf, tonf, tonf. Il sangue di Tsunade arrivava, goccia dopo goccia, pesante sul suolo, con la stessa inesorabile precisione di una lancetta che segna i secondi. Quello era il nuovo tempo di Sasuke: scandito dal flusso del sangue dei morti.

"Ti porterò a casa Sasuke!"

Poco lontano il suo amico più caro giaceva a terra col petto passato da parte a parte. Un lavoro magistrale di chi padroneggiava bene l'arte del chidori.

"Dannato usuratonkachi, cosa credevi di fare?"

Il vento portò alle sue orecchie le urla di una ragazza disperata. Il peso della gravità divenne troppo forte anche per lui. La spada gli scivolò dalle dita e lui stramazzò a terra. Cominciò a piovere e Sasuke non sapeva più quale fosse sul suo volto il confine tra le proprie lacrime e quelle del cielo.

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Capitolo 2
*** Io non mi rimangio mai la parola! ***


Una donna stava seduta in una stanza illuminata da una fioca luce di candela. Il suo tavolo da lavoro era ingombro di  rotoli aperti sul loro contenuto ed ella era intenta ad estrapolare informazioni da uno di essi. A fatica le dita scorrevano su quei caratteri neri che ogni tanto le parevano ondeggiare e sdoppiarsi, nonostante fossero impregnati con tratti decisi sulla carta. Fuori era già buio pesto, ma per una stanza di un bunker sotterraneo non era cosa che avrebbe inciso sulla assenza di luminosità. Che fossero le dieci del mattino o quelle di sera, quello sarebbe rimasto  un antro tenebroso.

 -Dannazione, con questa luce non riesco a leggere bene. 

 Aveva gli occhi arrossati e stanchi. Tutto il giorno si era trovata a combattere tra la determinazione di portare a compimento il suo lavoro e l'ostilità delle circostanze in cui era costretta a farlo. 
Sbuffò stanca e si abbandonò all'indietro sulla sedia, con la testa sospesa a mezz'aria. Chiuse gli occhi e vi posò la sua mano. Un flusso di chakra verde cominciò ad uscire da quel palmo guaritore. Stette ferma in quella posa per dieci minuti. Quando giudicò di avere ricevuto abbastanza sollievo, interruppe quello che era ormai divenuto un quotidiano rituale alleviatore. 
Aprì il cassetto della sua scrivania e le si offrì alla vista una bottiglia di sakè. Versò due dita del liquido alcolico in un bicchierino.

-Tsunade-sama, grazie per il tuo lascito. Tu lo sapevi bene quanto questo giovasse alla salute più delle arti mediche, eheheh.

Disse quella frase alzando il bicchiere, alla memoria di quella persona che non c'era più. Brindò alla sua maestra, incallita giocatrice ed incorreggibile  bevitrice. Una donna dedita ai vizi per soffocare le sue pene. Quel caro volto materno lo aveva ben stampato in mente. Sorrise amaramente.

-Vecchia ubriacona. Almeno il tuo amore non aveva ucciso le persone che per te contavano di più...

Mandò giù il nodo alla gola che le si era formato bevendo d'un fiato quella bevanda dal sapore forte e nostalgico. Quante persone il suo di amore le aveva portato via, in un solo giorno dal cielo nero.
Qualcuno bussò alla porta del suo ufficio e lei lo invitò ad entrare. Un uomo con un mantello nero ed un fiore giallo cucito sul dorso fece la sua comparsa.

-Ah Tamaru sei tu.

-Sakura-taichou sono arrivati i nostri dal giro di ricognizione.

-Qualcosa di nuovo?

-Nulla taichou. Sembra che l'area sia tranquilla. Questo rifugio al momento è sicuro, è difficile da individuare.

-Molto bene, che riposino pure adesso. Occupati  del cambio degli uomini che sono di guardia. Puoi andare Tamaru.

L'uomo si portò solennemente una mano sul petto, pronto a congedarsi con le tipiche parole di saluto dei membri di quella congrega:

-Niente più sangue. Io non mi rimangio mai la parola!

-Io non mi rimangio mai la parola!

Ribattè pronta Sakura, col tono deciso che era solita conferire a quella usuale risposta pronunciata diverse volte al giorno, ma nemmeno una volta con meccanicità.

Il nascondiglio si trovava nel bosco circostante Konoha. La squadra delle barriere aveva protetto quel covo con un jutsu di occultamento. Si trattava di una potente tecnica che serviva ad annullare le tracce di chi vi era dentro. Altrimenti sarebbe stato impossibile sfuggire all'occhio terribile dai cerchi concentrici di chi  tutto vedeva.
Il movimento di resistenza fondato da Sakura Haruno si chiamava ''La Giunchiglia''. Era una organizzazione che aveva diversi centri, sparsi per i villaggi ninja. Ognuno era gestito da persone fidate che facevano rapporto – quando possibile – al cervello di tutto quel complesso mondo  che si dispiegava come un buio universo parallelo nei sottosuoli del Paese del Fuoco. Quel cervello era Sakura Haruno e quel piccolo cosmo che brulicava dentro le viscere della terra era l'ultimo baluardo della Volontà del Fuoco. Lo aveva promesso sul cadavere del suo amico che non si sarebbe arresa e lo ripeteva sempre a se stessa, tra una tazza di sakè e l'altra, sperando che quella bevanda potesse infonderle il coraggio e la determinazione della sua maestra.
Il movimento ormai esisteva da sei anni. Col tempo erano nate altre organizzazioni partigiane, non dipendenti dal movimento di Sakura, poiché differivano per linea di azione: non potendo colpire  direttamente il potente dittatore – sarebbe stato impensabile! - organizzavano piccole scaramucce; assalivano la polizia del regime, ingaggiando scontri mortali a volte a favore di una parte, a volte dell'altra. Sakura credeva che quella strategia richiedesse un inutile prezzo di sangue da pagare. Non voleva più opporre la violenza alla violenza, come sino alla Grande Guerra si era fatto. Le sembrava contraddittorio cercare di migliorare la vita attraverso la morte, voleva cercare altri modi di lottare. Intendeva resistere senza armi, come avrebbe voluto il suo amico. I membri della ''Giunchiglia'' avevano perciò un credo fermo: non ricorrere in alcun modo alla violenza. Come il fiore a cui era ispirato il nome del movimento, loro fronteggiavano il duro inverno: forti anche se all'apparenza fragili perché privi di strumenti letali; fermi sui propri principi come quel fiore stava dritto sul suolo, nonostante la sua inospitalità. Si puntava a sabotare il sistema con modi alternativi, spingendo i civili a non contribuire al funzionamento di quella macchina diabolica. Se non ci sono operai un capitalista non può farsene niente dei suoi soldi e dei suoi macchinari. E se non c'è il consenso e la partecipazione della comunità, un regime politico, per quanto potente sia il suo capo, è un regime fallimentare. Questa era la strategia della Resistenza. I membri della ''Giunchiglia'', chiamati dal popolo ''i fiori gialli'', tentavano di organizzare scioperi, proteste di massa; distribuivano opuscoli illeciti, cercando di far propaganda e di accogliere proseliti alla causa. Ma non era facile, perché il controllo poliziesco delle attività era capillare ed ossessivo e bastava poco per essere accusati di ''diffondere pensieri pericolosi''. Molti dei civili avevano paura di ribellarsi al regime. Farlo significava incorrere in punizioni terribili. E Sakura lo sapeva bene quanto terrificanti fossero i geniutsu del tremendo dittatore. Nelle sue illusioni era il sovrano del tempo e dello spazio e poteva torturare per giorni le sue vittime, mentre le lancette del mondo reale segnavano  appena lo scorrere di due secondi. 
Il mondo della pace di Sasuke Uchiha era un mondo in cui nessuno aveva il diritto di manifestare opinioni difformi alle sue; in cui lui si ostinava a ''proteggere'' tutti come un padre malato protegge i propri figli ponendoli dentro una prigione. In quel modo nessuno si sarebbe fatto del male, certo,  ma era pur sempre l'incolumità che si garantiva a dei carcerati. E cosa erano gli uomini senza la loro libertà di agire e di pensare? Cosa era quella vita che Sasuke stava dando loro se non una mera sopravvivenza? Non c'era possibilità di guerre, scontri tra le nazioni, è vero: lui aveva impedito che tragedie simili potessero ricapitare esercitando il potere assoluto. Ma non poteva essere la Pace quella di chi imponeva una pace attraverso il terrore. Naruto lo aveva capito bene e aveva tentato di tutto per distoglierlo dai suoi piani. Sakura non voleva accettare quel mondo e soprattutto non voleva che il sacrificio del suo amico fosse stato vano. Credeva ancora in lui, e desiderava che, tramite la Resistenza, Sasuke  si rendesse conto di quanto la sua ''pace'' non fosse la vera Pace. Se fosse riuscita in quella impresa, quello di Naruto non sarebbe stato un fallimento. Infondo, l'obiettivo che si era prefissata di raggiungere era solo il testimone passatole dal suo amico: Naruto Uzumaki, con le sue idee di giustizia, era la vera ispirazione della Giunchiglia, e i suoi membri non mancavano mai di ricordarlo attraverso parole di saluto che ripetevano il suo credo ninja, divenuto anche il loro.
Negli anni i membri dell'organizzazione erano stati perseguitati, alcuni catturati. Ma nessuno aveva fatto il nome di Sakura. Non potevano, nonostante le torture di chi entrava nelle loro menti, perché l'identità della leader era cosa nota solo a pochissimi fidati. La chiamavano tutti con un nome in codice e le autorità del regime non conoscevano che quello. 

Toc, Toc.   

-Sì, avanti.

Una figura femminile dai capelli blu e lunghi emerse dall'ombra e si offrì alla flebile luce della candela che illuminava la stanza. I suoi occhi un tempo trasmettevano la calma e la trasparenza di un lago sotto la luce del sole. Di fronte ad un simile paesaggio, nessuno avrebbe provato inquietudine perché nessuna corrente avrebbe potuto sollevare il pelo dell'acqua; nessuno smarrimento del cuore sarebbe stato possibile perché di quella distesa piana se ne vedeva bene la fine. Non sarebbe mai stato lo sgomento che a volte si  avverte quando si rimira il mare, mutevole ed infinito. Quella ragazza  aveva cercato di raggiungere i suoi propositi con fermezza e compostezza, senza troppo far rumore, senza mai comunicare ansie a chi le veniva incontro. Lei si offriva alla vista degli altri come in un giorno di luce un lago si dona agli occhi di un uomo che cerca l'armonia della natura. Le lotte che aveva intrapreso nella sua vita erano sempre state a suon di ''pugni gentili'' e con elegante fermezza aveva superato i suoi limiti.

-Oh, Hinata sei tu. Vieni, vieni dentro. Vuoi per caso un bicchierino di saké?

Chiese Sakura, sorridendole ampiamente e strizzandole un occhio.

-No, ti ringrazio Sakura. Sono venuta a trasmettere il rapporto di Shikamaru.  È nelle montagne dell'ovest, vicino Suna. È riuscito a mettersi in contatto con un gruppo di partigiani indipendenti e a farli aderire alla nostra causa. Adesso abbiamo un centinaio di uomini in più. Si apposteranno là per qualche tempo, aspettano notizie da noi per concordare un'azione insieme.

-Shikamaru è stato grande!! Sapevo che ce l'avrebbe fatta. -

-Sì, sempre più partigiani stanno lasciando le armi e si stanno unendo a noi. Spero davvero che tutti capiscano quanto sia importante passare dalla nostra parte per cambiare le cose.

-Lo spero anch'io Hinata, lo spero tanto. Va a riposarti ora, domani ci attende una missione importante.

La ragazza annuì dolcemente.

-Sakura...dovresti chiudere quei rotoli e darti un po' di tregua anche tu.

-Vado a letto tra poco anche io, promesso! Su, su, ora non preoccuparti più per me e vai a dormire.

Gli occhi della interlocutrice di Sakura da tempo non avevano più la limpidezza di un lago colpito dai raggi di luce. La trasparenza che adesso comunicavano era quella di un vetro. Un vetro rotto. Sakura lo percepiva chiaramente e si addolorava ogni volta che incrociava quello sguardo. Dietro a quei byakugan cristallini, c'era un cuore andato in frantumi. Aveva accolto quella ragazza tra le sue braccia quando si era trattato di piangere insieme per colui che per una delle due era stato un caro amico e che per l'altra aveva rappresentato l'amore e l'ispirazione della sua vita. Ma ora Hinata non versava più lacrime per Naruto, almeno non in presenza di Sakura. Voleva a tutti i costi mantenersi forte, per poter servire la causa che lui aveva lasciato in eredità a lei, agli amici di Konoha e a tutti quelli che aveva protetto col calore del suo chakra rosso durante la guerra. Lui era l'eroe del mondo ninja: lo aveva salvato da Madara e da Kaguya e adesso bisognava raccoglierne la volontà, finendo quello che aveva cominciato. 
Pronta a salutare la sua amica, Hinata si portò lentamente una mano sul cuore. Chiuse gli occhi e ripetè con intensità e rispetto il credo ninja del suo amore:

-Niente più sangue. Io non mi rimangio mai la parola!

Si voltò e uscì dalla stanza. Mentre i suoi passi si facevano via via più lontani, Sakura le fece eco con un fil di voce:

-Io non mi rimangio mai la parola, Hinata-chan.

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Capitolo 3
*** Quindici minuti ***


''Sono le 21:00. L'ora del coprifuoco è scattata. Nessuno ha più la possibilità di uscire. Garantiamo la vostra incolumità.''

La voce femminile e metallica che parlava dall'altoparlante di Konoha si soprapponeva ad uno scalpiccio sommesso di passi affrettati. Tre figure incappucciate stavano correndo per le vie del villaggio. Un fruscio impercettibile di neri mantelli che danzavano nella notte senza luna e stelle. Notte dal cielo coperto e priva del chiarore degli astri, perfetta per diventare parte del buio.
Tre ''fiori gialli'' si erano appostati nel punto convenuto per dare inizio all'operazione. Gole ansimanti di chi aveva il fiato corto, per la corsa e la tensione.

Anf, anf, anf

Il capitano inspirò profondamente per controllare l'emozione che aumentava. Dalla propria cintura estrasse un marchingegno che assomigliava vagamente ad una pistola.

''Ci siamo ragazzi. Diamo inizio alle danze!''

 

Covo della Giunchiglia, tre ore prima

''Lasciate che vi spieghi qual'è il piano. L'operazione comincerà alle 20:45. Dovremmo arrivare alla Torre degli Annunci allo scattare del coprifuoco.''

Sakura Haruno stava in piedi alla presenza di due dei suoi compagni. Mentre parlava, stendeva sul suo tavolo da lavoro una cartina di Konoha.

''La zona in cui dobbiamo essere operativi è il quartiere del Nord. Qui c'è una via momentaneamente priva di illuminazione a causa di un guasto. Dalle 21:00 in poi le strade sono usualmente gremite di poliziotti che vigilano sul rispetto del divieto di uscire di casa. Prima di quell'ora, se la fortuna ci assiste, non dovremmo imbatterci in gruppi che pattugliano l'area. Siamo solo in tre e possiamo beneficiare dell'oscurità per non essere scorti. Inoltre abbiamo dalla nostra Hinata, un ninja avvistatore che ci consentirà di localizzare i nemici in avvicinamento. ''

La Haruno cominciò a far scorrere le sue dita sulla mappa.

''Ci infiltreremo passando per questo vicolo secondario: conosco molto bene la zona, vi accederemo per un cancello sprovvisto di sentinelle. Ci muoveremo secondo una formazione ben precisa: Hinata alla testa della fila, con l'incarico di rilevare possibili presenze nemiche; Tamaru al centro; io vi coprirò da dietro. Se qualcuno dovesse sorprenderci alle spalle, lo tramortirò in sordina, prima che possa dare l'allarme. Se dovessimo avere un impedimento simile, non aspettatemi e continuate a condurre l'operazione senza di me.''

''Taicho è troppo rischioso per te!" la interruppe un uomo dai lunghi capelli castani e lisci raccolti in una coda "Lascia che stia io dietro alla formazione! Se dovessero esserci pericoli, me ne sbarazzerò io e dopo vi raggiungerò.''

''Tamaru tu sei il mio vice in questa missione! Hai il compito di assumere il comando nel caso di una mia assenza! Hai fatto parte degli AMBU e sei un Nara: sai come bisogna gestire le infiltrazioni e sai elaborare nuovi piani nel caso della perdita di un elemento. Inoltre io sono più potente di te, ho più possibilità di fronteggiare con successo i poliziotti che potrebbero coglierci di sorpresa: sarò io la coda del gruppo! Hinata sarà la nostra vista, tu il nostro cervello, io il pugno.''

Sentendo queste parole, il suo interlocutore strinse le nocche, rabbioso per non essere il più forte dei tre. Si avvicinò a Sakura, puntando i piccoli occhi nocciola su quelle grandi iridi verdi. Non volle celare il suo disappunto ed alzò il tono della voce, parlando al proprio superiore più da uomo che da sottoposto:

''Tsk, me ne infischio del protocollo delle missioni se si tratta di lasciarti sola! È vero, negli AMBU mi sono ritrovato diverse volte a dover improvvisare un nuovo piano per la perdita di elementi decisivi senza i quali i programmi convenuti non potevano essere attuati. Ma le cose ora sono diverse. In questo caso la strategia che metterò in atto sarà quella di venire in tuo soccorso finché tu non sarai di nuovo dietro di me. Potrai anche guardare le mie spalle, ma se mi accorgo che non sarai più dietro di esse, allora sarò io a ritrovarmi dietro alla tua schiena, Sakura!''

Lei si fece seria e lo guardò accigliata. Sapeva che il suo compagno parlava perché mosso da nobili intenzioni, ma non era disposta a sacrificare il buon esito delle operazioni in nome della propria salvezza. Si ripropose dunque a colui che, chiamandola per nome aveva per un attimo annullato le distanze, nel suo ruolo di superiore e non di donna:

''La priorità di questa missione è quella di portarla a termine vittoriosi. Gli ordini del tuo taicho sono questi e non accetto repliche da parte tua!''

Tamaru Nara si avvicinò ancora di più a Sakura, con aria di sfida. Si chinò sul suo volto, fino a sfiorarglielo col proprio, parlando sommessamente ma con tono autoritario:

''Allora mio TAICHO farai bene a non scomparire dietro di me, se non vorrai che un tuo sottoposto si macchi di insubordinazione al proprio capitano.''

La tensione tra i due cresceva sempre di più.

''Su su,andateci piano ragazzi, non generiamo della incomprensioni tra di noi. L'affiatamento di squadra è fondamentale per riuscire nei nostri intenti...giusto Sakura? Tamaru non essere precipitoso e fidati del nostro capitano. Se ci saranno nemici, sarà in grado di disfarsene, nessuno in polizia è al suo livello.''

Intervenne Hinata per smorzare l'aria bellicosa che si era creata tra i suoi compagni. Sakura trovò saggio quell'atteggiamento e colse al volo l'occasione offertale dalla sua amica per alleggerire l'atmosfera:

''Ben detto Hinata! Tamaru se non vuoi che ti pigli a cazzotti nel bel mezzo della missione, ti conviene seguire alla lettera i miei ordini!''. Così dicendo gli diede una pacca sulla spalla. Un gesto amichevole, ma dato nello stile tipico di Sakura, ovvero con ''foga'' e a scopo minatorio.

''Ahi ahi, che botta! Taicho, vuoi per caso lussarmi la spalla prima della missione?'' Brontolò lui.

''Se non mi darai retta ti ritroverai con due spalle lussate quando ritornerai in questo covo!''. Sospirò lei, regalandogli un sorriso. ''Ti ringrazio Tamaru, so che lo fai per me. Ma vedi, la cosa che più importa è il riuscire a raggiungere quello che ci siamo prefissati di fare. Stasera ci saranno meno guardie del solito, dato che diverse unità di polizia sono state inviate a Kirigakure contro un gruppo di partigiani armati. Io sono sostituibile, ma questa occasione no: non si ripeterà di nuovo, non possiamo permetterci di fare un buco nell'acqua. E comunque fidati di me: se dovessi allontanarmi per fronteggiare il nemico, farò in modo di raggiungervi.''

Tamaru sbuffò contrariato, ma rassegnato:

''Hai vinto tu taicho, come sempre. D'accordo, farò il bravo soldatino.'' Poi aggiunse con un fil di voce, guardando significativamente il suo superiore negli occhi: ''Ma consentimi di obiettare su di una cosa: tu non sei sostituibile. Non per la Resistenza. Non per me.''

Sakura abbassò gli occhi imbarazzata e lusingata. Si schiarì la voce e riprese a segnare con il dito i punti della cartina che era posta al centro del tavolo:

''Allora dove eravamo rimasti? Ah giusto: entreremo nel quartiere dal cancello secondario. Ci avvicineremo alla Torre dell'altoparlante costeggiando gli stabilimenti che si trovano intorno al nostro obiettivo. Ci muoveremo perimetralmente prima di imboccare questa via.''

Le sue dita indicarono uno strettissimo percorso.

''Questa strada è solo apparentemente un vicolo cieco. L'alto muretto che la limita è al confine con quest'altro passaggio secondario, che è quasi una discarica a cielo aperto. I poliziotti non possono presidiare questa zona, è ostruita dalla grande mole di oggetti e mobili ammassati. Percorrendola in tutta la sua lunghezza, avremo dunque accesso alla piazza della Torre da una strada subalterna e priva di controlli.''

Ed ecco che il dito del capitano si fermò sulla meta di quella operazione: la Torre degli Annunci. Si trattava di un lungo e stretto edificio in mattoni rossi che troneggiava in mezzo ad una vasta piazza. In cima erano posizionati degli altoparlanti. Un grande orologio mostrava a tutti i cittadini l'ora esatta ed una monumentale scritta recitava: ''La voce di tutti è qui''. Da lì il regime comunicava coi civili. Tutti i provvedimenti presi (dalla costruzione di infrastrutture alla necessità di reperire nuovi candidati da integrare tra le fila della polizia) venivano annunciati da quel punto. Era praticamente la ''voce'' del potere, il medium attraverso cui i piani alti comunicavano con quelli bassi. Da quel punto veniva quotidianamente annunciato l'inizio del coprifuoco. Il regime infatti aveva stabilito che nessuno dei civili potesse uscire dalle ventuno in poi, per ridurre al minimo la possibilità di rimanere vittime di episodi di criminalità. Così, la sera le strade di Konoha divenivano dominio della polizia che ormai, più che proteggere la popolazione in caso di pericolo, si preoccupava di garantire che tutti osservassero il coprifuoco; che ognuno fosse rintanato in casa propria come un topo in una gabbia. Evidentemente Sasuke Uchiha non voleva che nessuno corresse i rischi che la libertà inevitabilmente comportava, preferendo piuttosto le sicurezze di una cattività imposta.

Sakura continuò le spiegazioni, tirando fuori dal cassetto quelli che avevano l'apparenza di tre involucri di carta bianca.

''Giunti allo sbocco della via, ognuno di noi prenderà la propria pistola. Queste saranno le nostre munizioni. Ogni arma sarà caricata con una di queste pallottole. Non sono carte-bomba tradizionali: sono fatte da strati di pergamene su cui è inciso un jutsu che si attiva al contatto della munizione col suolo. Ognuno ne lancerà una in punti diversi della piazza: Hinata alla propria destra, Tamaru di fronte a sé, io alla mia sinistra. Quando la cartuccia toccherà il suolo, si libererà un gas tossico. Chiunque lo inalerà, perderà i sensi. Il gas resterà sospeso nell'aria per quindici minuti, sicché chi tenterà di entrare nel raggio in cui si è espanso, non potrà che stramazzare a terra. Il pericolo dell'arrivo di rinforzi è scongiurato per tutto quel lasso di tempo''

Il capitano si affrettò poi ad aprire una sacca in cuoio marrone da cui estrasse tre siringhe.

''Ed ecco la nostra immunità: gli antidoti che dobbiamo prendere prima di dare il via alle operazioni. Ci consentiranno di respirare il veleno senza subire le stesse conseguenze degli altri. Li ho preparati io stessa e li ho testati: funzionano, ve lo garantisco. Mentre le guardie saranno prive di coscienza ci dirigeremo subito verso la Torre degli Annunci. Abbiamo solo quindici minuti per fare ciò che voi già sapete e per fuggire e metterci in salvo. È tutto chiaro?''

 

Konoha, ore 20:45

Tap, tap, tap

La ragazza dai lunghi capelli blu correva alla testa della fila. Attorno ai suoi occhi delle grosse vene pulsanti inducevano l'afflusso di chakra negli occhi: il suo byakugan era attivato.

''Fermatevi! ''  intimò a bassa voce.  ''Rilevo due guardie in avvicinamento nella strada che si incrocia con quella in cui noi ci troviamo. Se decideranno di svoltare da questa parte, dovremo nasconderci.''

''Meglio tramortirle e metterle a nanna'', sussurrò Tamaru.

Sakura cinse con la mano la bocca del suo compagno per zittirlo e per manifestare il suo dissenso nei riguardi della sua proposta. I tre attesero palpitanti le indicazioni del ninja avvistatore del gruppo. Dopo qualche secondo la Hyuga si espresse:

''Hanno proseguito lungo la via maestra, via libera! ''

''Hinata dove si trova il vicolo in cui dobbiamo inoltrarci?'' Chiese con un fil di voce Sakura, non riuscendo a vedere ad un palmo dal proprio naso a causa dell'oscurità.

''Quella flebile luce che vedi infondo alla strada, proviene proprio dalla via verso cui dobbiamo dirigerci. Andiamo, continuo a guidarvi.''

Giunti in corrispondenza del punto indicato da Hinata, i tre svoltarono l'angolo e si ritrovarono in una viuzza lunga e stretta, debolmente illuminata da un faro e terminante in un alto muretto. Dopo averlo superato si sarebbero ritrovati nella via a cui aveva fatto riferimento Sakura: quella talmente ingombra di lerciume da non essere pattugliata dalle guardie. Quello era l'accesso ideale per arrivare indisturbati alla piazza della Torre. Hinata cominciò ad arrampicarsi sulla parete concentrando il chakra sui palmi. Tamaru e Sakura erano al suo seguito.
Improvvisamente si udirono delle voci che si facevano via via più vicine: dei poliziotti stavano incamminandosi verso la loro direzione. I tre sussultarono e si guardarono allarmati: l'ora del coprifuoco non era ancora scattata e confidavano nell'assenza momentanea di nuclei di pattugliamento. La fortuna, evidentemente, non era dalla loro parte.
Sakura si portò l'indice sulla punta del naso per segnalare ai propri congiunti di non emettere un fiato. Poi guardò Tamaru con aria confidente e questi annuì. In quel breve scambio di espressioni Sakura gli aveva lasciato il comando della missione e il suo vice aveva accolto favorevolmente l'ordine comunicatogli dal suo capitano con gli occhi. La Haruno voltò le spalle e corse via, verso il buio.
Si appostò al punto di intersezione delle due strade. Sentiva le voci delle guardie in avvicinamento. Prese uno specchietto dalla sua sacca di armi ninja e lo puntò in direzione degli obiettivi. Tre elementi, tutti muniti di torcia per rischiarare la strada priva di illuminazione.

''Molto bene'' pensò lei alla vista dei tre fasci di luce, ''così vi rendete delle facili prede.''

Doveva stare attenta a non fare rumori. Doveva muoversi silenziosamente e cogliere i tre alle spalle, colpendoli alla nuca. Non poteva scatenare la furia che era in lei, altrimenti nel quartiere si sarebbero accorti della presenza di intrusi. Chiuse gli occhi ed emise un profondo respiro. Poi scattò come una pantera nell'ombra e si posizionò dietro ai tre bersagli, che non ebbero nemmeno il tempo di capire di essere sotto attacco. Con un colpo secco all'altezza del collo furono facilmente messi al tappeto.

''Mi spiace, il vostro risveglio non sarà dei migliori ''. Disse facendo dell'autoironia. Lei sapeva quanto fastidiosi fossero i postumi di percosse del genere: a dodici anni ne aveva ricevuta una proprio dal grande dittatore. Non era un ricordo piacevole – tutt'altro! - ma in quel momento trovò che avesse un che di esilarante.

Riprese la sua corsa dirigendosi verso i suoi compagni. Cominciò ad avvertire della preoccupazione: a quel punto avrebbero già dovuto sparare le carte-bomba. Ma allora, perché non sentiva ancora l'odore del gas tossico?
Girò nuovamente l'angolo che l'avrebbe introdotta nello stretto vicolo e...sbattè contro un ostacolo imprevisto. Qualcosa di morbido e possente la fece rimbalzare e cadere a terra. Sakura alzò gli occhi confusa. Un energumeno le si parava dinanzi con un'aria tutt'altro che pacifica. Quel poliziotto doveva essere sbucato da uno stabile di quella viuzza; di certo l'aveva vista da una finestra mentre correva verso le guardie lungo quel tratto di strada flebilmente illuminato. Era un uomo alto e grosso, probabilmente apparteneva al clan Akimichi. Brandiva tra le mani un'ascia e stava affrettandosi a scagliarla sulla sua avversaria, con l'intenzione di staccarle la testa dal corpo. Colta di sorpresa, Sakura ebbe poco tempo per pensare, limitandosi solo ad alzarsi repentinamente e a concentrare il chakra nel pugno. Furono interminabili frazioni di secondo. Mentre serrava le nocche e il sudore le ghiacciava la fronte vide il suo nemico sollevare il pesante strumento e scaraventarlo giù con forza verso di lei per poi...bloccarsi.
Sakura restò di stucco.

''Maledizione che succede?'' Urlò il poliziotto che sembrava essere stato colto da una paralisi subitanea.

La rosa ci mise poco a realizzarlo. Sospirò rassegnata.

''Non avevi detto che avresti fatto il bravo soldatino? ''

Si sporse lateralmente per guardare oltre il massiccio ostacolo umano che le limitava la vista. I suoi occhi trovarono quello che si aspettavano di vedere. Un ninja inginocchiato e con le mani nella posizione del sigillo del topo. Una lunga ombra si proiettava da lui fino a raggiungere l'uomo dalla pesante ascia.

''Temevo fossi in difficoltà. Che stolto, come poteva accadere qualcosa al mio fortissimo capitano?''. Disse lui con tono canzonatorio. Del resto colei che fino a tre ore prima si era proclamata il ninja più forte del gruppo stava per essere tagliata a fettine da un ciccione qualunque.
Mentre guardava il suo compagno, Sakura diede un colpo sul collo al bestione con l'ascia, che svenne istantaneamente, piombando con tutta la sua mole sul suolo.

''Tsk, sarei riuscita a cavarmela da sola'', disse con una smorfia di disappunto. Il volto di Tamaru era semicoperto da un cappuccio nero, ma lei riusciva chiaramente a vederne il ghigno di soddisfazione.

''Levati quella espressione compiaciuta dalla faccia. Hai appena disobbedito al tuo taicho'' aggiunse con tono di amorevole rimprovero. ''Andiamo da Hinata, veloci!''

Mentre correvano lungo le vie, una voce femminile artificiale si sovrappose ai loro fiati ansimanti.

''L'ora del coprifuoco è scattata. Nessuno ha più la possibilità di uscire. Garantiamo la vostra incolumità.''

Erano le 21:00. Le odiate 21:00.

Il trio si ricompattò in prossimità della piazza della Torre. Dal punto di osservazione nascosto, si riusciva a vedere l'ampio piazzale illuminato da fari al neon e presidiato da diverse guardie.

''Ci siamo ragazzi. Diamo inizio alle danze!''

Il capitano e i suoi compagni estrassero la pistola lancia carte-bomba. Allo schioccare del colpo, ogni munizione avrebbe raggiunto tre diversi punti del perimetro della piazza, rendendola per una manciata di minuti un'area inagibile per chiunque ad eccezione di loro.

Bang, bang, bang

Ed ecco che lo scoppio degli spari segnava l'inizio del conto alla rovescia: quindici minuti da cui dipendeva il destino del mondo ninja.

Il fumo era violaceo e denso. Si disperse velocemente nell'aria e il suo effetto sugli uomini che si trovavano nella piazza fu subitaneo: nessuno faceva in tempo a meravigliarsi dello svenimento degli altri che si ritrovava per terra. In brevissimo tempo erano tutti privi di sensi.

''Muoviamoci!''

Hinata continuava a guidare i suoi compagni verso la Torre, divenuta invisibile allo sguardo a causa della nuvola tossica. Entrarono nell'edificio e cominciarono a correre lungo le scale fino ad arrivare in cima. L'ultima stanza era il luogo da cui si trasmettevano i messaggi alla popolazione.

Anf, anf, anf

Sakura ansimava per la fatica fisica e per la fortissima emozione. Fece un profondo respiro per calmarsi e cercò di raccogliere tutta la sua presenza di spirito. Una mano le si posò sulla spalla. Si voltò: Hinata le sorrideva per darle coraggio. Sakura ricambiò quel sorriso e si fece forza. Non doveva risultare agitata, le sue parole non dovevano in alcun modo echeggiare tremanti. Prese il microfono tra le mani e lo portò davanti alle labbra. Prima di proferir parola cercò di modulare il tono della propria voce, in modo tale che nessuno degli uditori potesse riconoscere la sua identità.

''KONOHANI!''

Nel silenzio il suo grido risuonò come un lampo in una notte.

''Konohani! E' Chiyo che vi parla!
Io ricordo bene i giorni in cui le nostre voci erano nei nostri petti e non in un altoparlante che pretendeva di parlare per noi tutti! I giorni in cui il tempo ci apparteneva e non c'era un orologio di una torre a regolarcelo! I giorni in cui le strade erano nostre dall'alba fino a quella successiva e non di uomini armati!
E voi? Li rimembrate i giorni in cui sceglievamo la vita che volevamo? I giorni in cui nessuno osava toglierci la libertà di dire, pensare, e muoverci come desideravamo? Ricordate i vostri hokage i cui volti in passato erano scolpiti nella pietra? E dove sono quei visi adesso? Sono stati distrutti a suon di esplosivi, pensando che in quel modo potessero anche cancellarci la memoria del tempo in cui le nostre guide ce le sceglievamo noi e non ci venivano imposte dall'alto!
Se anche voi rammentate quei giorni, allora uscite dalle vostre case e riprendetevi le vie che vi appartengono! Verrà il tempo in cui ci uniremo e lotteremo senza insozzare la terra di sangue. Vinceremo soltanto con le nostre parole, le stesse che ci ha insegnato l'eroe a cui dobbiamo le nostre vite:
Niente più censura. Io non mi rimangio mai la parola!
Niente più coprifuoco. Io non mi rimangio mai la parola!
Niente più violenza. Io non mi rimangio mai la parola!''

Urlò con un trasporto ed una passione tali che le parse di essere divenuta in quei frangenti nient'altro che le sue parole. Quando concluse il suo discorso, risentì il suono delle sue palpitazioni. Hinata e Tamaru erano muti ed immobili dietro di lei, scossi dalle parole del loro capitano. Attorno il silenzio era ritornato prepotente e ancor più pesante di prima. Sembrava avere vinto di nuovo sulle parole di Chiyo.

Clap, clap

Inaspettatamente quella quiete opprimente fu interrotta da un rumore; un suono prima timido, che si faceva via via più intenso e coraggioso.

Clap, clap, clap, clap

Il silenzio angosciante era stato vinto da quello scrosciare di palmi.

''Ragazzi sentite anche voi quello che sento io?''. Chiese incredula Sakura ai due compagni.

Clap, clap,clap,clap,clap, clap, clap,clap, clap

Le mani che applaudivano diventavano sempre di più e i cittadini si affacciavano sulle porte delle loro abitazioni: una grande provocazione al regime dato che l'ora del coprifuoco era già scattata.

Sakura e Hinata erano al colmo della felicità.

''Ce l'abbiamo fatta! '' Urlò Hinata in preda all'entusiasmo.

Tamaru fu il primo dei tre a ritrovare la lucidità.

''Taicho restano solo sette minuti. Tappezziamo questo posto di carte-bomba e fuggiamo da qui.''

Sakura si ricompose e gettò velocemente delle carte esplosive sul pavimento. I tre si fiondarono verso l'uscio della Torre. Fuori la nebbia si era già diradata: l'effetto del gas velenoso sarebbe scomparso da lì a poco. In pochi minuti di corsa forsennata i tre fiori gialli furono fuori il villaggio. Ad attenderli c'era Sai. Saltarono sugli uccelli da lui creati e si allontanarono velocemente.
Sakura portò l'indice e il medio della mano destra davanti al viso:

''Attivazione!''

BOOOOOM!

Con quel gesto aveva innescato le carte-bomba che erano state piazzate in cima alla Torre degli Annunci. L'intera sommità dell'edificio esplose. La maestosa dicitura ''La voce di tutti è qui'' fu impietosamente spazzata via. Il grande orologio si fermò, congelando il tempo alle 21:15.
Sakura sorrise tra le lacrime guardando quell'ora, pensando a quanto quei quindici minuti avessero fatto una piccola rivoluzione. Non riusciva a fermare il pianto: insieme ai suoi compagni aveva vinto una battaglia senza versare una sola goccia di sangue. Si sentiva piena di fede: gli abitanti erano dalla loro parte, c'era ancora una speranza.

I quattro arrivarono a destinazione e saltarono giù dai volatili di inchiostro. Tamaru si affrettò a dirigersi verso l'uscio del covo, cercando di dileguarsi il prima possibile.
''Hai fretta Nara?''  Sakura lo guardò con un volto sadico.

''Eheheheh taicho '' supplicò lui, fermandosi di botto e voltandosi con un sorriso stampato in faccia  ''...suvvia non te la prendere per una piccola disobbedienza. Non potevo sostituirti in questa missione, non avrei mai saputo parlare agli abitanti come hai fatto tu! Tu sei Chiyo, tu sei quella col carisma!'' E così dicendo strizzò l'occhio al suo minaccioso superiore.

''Mh'' Ghignò lei ''Le tue lusinghe non ti salveranno Tamaru ''. Si avvicinò a lui e gli diede un sonoro colpo sulla spalla, lussandogliela  ''BAKA! Come hai osato agire di tua iniziativa, mettendo a repentaglio l'esito della missione?!''

''Ahi, ahi. Lo sapevo che tradendo i tuoi ordini mi avresti ridotto così'', disse lui mentre stringeva con una mano il dolorante punto colpito  ''Ma non ho potuto fare altrimenti: ancor prima di pensare a quello che avrei dovuto fare le mie gambe correvano già verso di te!''

Sakura gli sorrise: sapere di contare così tanto per i suoi compagni le riempiva il cuore di gioia.

''Vieni qui imbecille '' disse portandosi il braccio di lui intorno al collo. ''Ti rimetterò in sesto in men che non si dica!''

 

Nel frattempo, a Konoha la polizia era intervenuta per far rientrare i civili nelle loro abitazioni.

Dall'alto del suo palazzo posto sulla sommità della montagna dove un tempo vi erano i visi degli hokage, un uomo serrava i pugni per la rabbia: avrebbe trovato quella Chiyo e le avrebbe fatto rimpiangere di essere nata. Col suo occhio cremisi e l'altro freddo come il metallo, fissava adirato le rovine della Torre degli Annunci. L'orologio segnava le 21:15.
Le odiate 21:15.

 

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