Fallen- Fiori della corruzione

di Touko Tenshi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** 4x4.5 Intromission- Noelle ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ciò che comincia con una preghiera, finisce con una maledizione
 
-Oh, stasera c’è la luna piena. È davvero bella- dissi con occhi sognati rivolti a lei, la splendida signora color cremisi appena sorta nel profondo del cielo, durante quella notte che stravolse per sempre la mia vita.
Già… quella maledettissima notte persi tutto, tutto ciò che amavo veramente.
All’epoca avevo solamente nove anni, ero affacciata al balcone ad ammirare la luna, quando accadde. Udii una musica armoniosa, accompagnata da una voce melodiosa che si tramutò, successivamente, in un urlo atroce. Corsi fuori dalla mia stanza, alla ricerca dei miei genitori, ma li vidi morire davanti ai miei occhi. Quel giorno, qualcosa dentro di me si ruppe. Dopo aver corso per un pezzo alla ricerca di una via d’uscita, mi presero, non so chi, ma costui mi portò via dalla mia amatissima dimora; avrei preferito morire lì, quello che successe dopo, lo ricordo con odio.
 
 
-Signorina, si alzi, è mattina- una calda voce mascolina mi arrivò alle orecchie.
-Hm…Sebastian che giorno è oggi? – risposi assonnata.
–Oggi è quel giorno, Signorina - rispose tranquillo.
Già… l’anniversario di morte dei miei genitori e della mia “scomparsa”, nonché il giorno in cui sarei ritornata a casa mia. Mi alzai lentamente e mi stropicciai gli occhi.
–Le ho portato il tea - disse Sebastian porgendomi la tazzina. La presi delicatamente e ne bevvi un sorso.
–Tea “Rose du Vent” con retrogusto al gelsomino. Passabile - annunciai, assaporandone il gusto.
–Lieto che sia di suo gradimento e noto con piacere che le sue capacità sono migliorate, Signorina - rispose mentre mi prendeva dei vestiti.
Lo osservai con la coda dell’occhio; era perfetto, come al solito. I capelli nero corvino perfettamente pettinati, carnagione pallida che faceva risaltare i suoi occhi scarlatti. La sua tenuta da maggiordomo faceva risaltare il suo fisico asciutto e slanciato.
-Le porto subito la colazione – disse, accennando un inchino. Bevvi un altro sorso di tea, gustando fino in fondo il suo sapore, poi risposi: -No, non ho fame e dobbiamo comunque sbrigarci, non possiamo assolutamente tardare. Sebastian, non è ammesso neppure il minimo sbaglio, lo sai. Fai perfettamente il tuo lavoro -.
-Yes, my Lady - si inchinò come faceva di solito, anche se mi parve di notare un sorriso compiaciuto dipinto sul volto, lo stesso che aveva anche quando lo vidi per la prima volta.
Successivamente mi aiutò a vestirmi e poi andai a truccarmi.
Quest’oggi avrei lasciato la Francia, per andare a vivere in Inghilterra; finalmente sarei tornata a casa. Dopo l’incendio sparii per parecchi anni, ma non di mia spontanea volontà.
In seguito passai tre anni in Giappone, a Kyoto, in una villetta in stile giapponese con Sebastian al mio servizio. Avevo deciso di tenermi lontano da Londra per un periodo, continuando lo stesso a servire la Regina, come avevano fatto tutti i miei precedenti capifamiglia.
Era piacevole stare lì; il pavimento di tutte le stanze era tappezzato dai tatami, il corridoio, invece, era fatto di legno di bambù, le porte scorrevoli. La sala degli ospiti era raffinata, con un tavolino basso e dei morbidi cuscini per sedersi; durante l’inverno, mettendo una coperta sopra al tavolo, si poteva dormire benissimo, come essere nel proprio letto sotto a un caldo piumone.
Nella sala degli ospiti era presente un’enorme vetrata, che si affacciava sul meraviglioso giardino: una parte era destinata alle piantine da tea, mentre il resto era completamente ricoperto da aiuole fiorite, composte in maggioranza da rose bianche e rosse, le mie preferite.
Potrebbe sembrare strano, ma quei due colori riassumevano tutta la mia vita: le rose bianche rappresentavano la mia vita prima dell’incendio, felice e pura, quelle rosse, invece, quello che avvenne dopo e che sarebbe continuato ad accadere.
Sì, il rosso mi avrebbe accompagnato per tutta vita, finché anch’io, proprio come una rosa, sarei appassita e, solo allora, quel colore così intenso e profondo, quel rosso cremisi così denso e intriso di sangue, si sarebbe spento… poco alla volta, fino a sparire completamente, morendo insieme a me.
Perché quel colore mi avrebbe perseguitato?
Per un semplice motivo: avevo sete di vendetta.
Volevo vendicarmi di coloro che avevano distrutto la mia casa e la mia famiglia, di coloro che avevano ferito il mio orgoglio e mi avevano umiliato, dentro e fuori, di tutti coloro che mi avevano spezzato, piegato e ridicolizzato.
Sarei ritornata a casa per vendicarmi.
Non frequentavo la scuola, non mi era mai piaciuta; in compenso studiavo con Sebastian, che mi dava lezioni di ogni materia.
Era sorprendente che un maggiordomo fosse così preparato sia nello specifico di ogni materia sia nel suo lavoro, portato a termine sempre eccellentemente; questo è quello che avrebbe pensato chiunque, ma solo io conoscevo il suo segreto.
Oltre alle materie che si studiano in genere, studiavo le regole dell’alta società, ballo da sala, portamento, musica (tra cui canto, pianoforte, violino e altri strumenti), galateo e conversazione.
Inoltre, dirigevo l’azienda di famiglia e conoscevo parecchie lingue oltre all’inglese, tra cui francese, spagnolo, giapponese, tedesco e italiano, anche per via dei miei molteplici viaggi.
In Inghilterra mi tenevo in contatto solamente con Madame, il cui vero nome era Amy Rose, la sorella di mia madre, mia zia, per l’appunto.
La contattavo spesso per sapere l’andamento dell’azienda e per farle sapere che stavo bene.
Madame era una donna molto esuberante e allegra, dai capelli biondi e gli occhi azzurri e anche molto giovane.
Quando le dissi che avevo deciso di tornare a casa, urlò tanto forte che per poco non mi distrusse un timpano.
 
FLASHBACK
-Insomma Madame, si può dare una calmata? Mi ha quasi distrutto un timpano - le dissi stordita.
–Non posso mia cara! Dopo tanto tempo finalmente la mia amata piccolina torna a casa, come potrei non festeggiare? E ti prego, smettila di chiamarmi Madame, sono tua zia! – rispose eccitata dall’altra parte della cornetta.
–Lei è un caso perso Madame, ma va bene, proverò a chiamarla zia, dato che ci tiene tanto - mi arresi.
 
-Signorina è tutto pronto, possiamo partire - la voce di Sebastian mi riportò alla realtà.
–Va bene, andiamo -. Sistemai in una carpetta i fogli riguardanti l’azienda e li misi in borsa, indossai il cappotto che mi porse Sebastian e poi uscimmo insieme dal mio studio.
Aperta la porta principale, una leggera brezza mi investì; era piacevole la sensazione del vento tra i capelli, ma lo era ancora di più lasciare la Francia.
In seguito ai tre anni trascorsi in Giappone, decisi di spostarmi un po’ qua e là per i miei studi delle lingue: un anno in Italia, tre mesi in Spagna, nove in Germania e questi ultimi mesi in Francia. Inizialmente ebbi alcune difficoltà con l’italiano ed il francese, ma poco dopo iniziai a migliorare, fino a parlarle perfettamente.
Uscita fuori mi osservai intorno, con una smorfia di disgusto. Il giardiniere che avevano assunto i precedenti proprietari della villa, aveva la passione per le sculture animali e, nel sistemare il giardino, dava a ogni pianta una diversa forma di animale, cosa che a me faceva davvero schifo.
Sarà anche un termine poco elegante per una lady, ma erano davvero orrende.
Non lo licenziai solo perché mi stava simpatico e perché aveva una famiglia numerosa sulle spalle, di cui parlava continuamente. Aveva ben la bellezza di otto figli, di cui due coppie di gemelli, in totale erano quattro maschi e quattro femmine.
Spesso mi chiedevo come poteva essere avere una famiglia e un fratello o una sorella e ogni volta mi incupivo, pensando ai momenti felici con i miei genitori distrutti nel giro di una notte. A distogliermi dai miei pensieri fu il rumore della mia limousine. Sebastian mi aprì la portiera, facendomi salire a bordo.
-Entra anche tu, il viaggio è lungo e rischio di morire di noia- abbassai il finestrino.
-È davvero sicura di volere che io sieda accanto a lei, Signorina? – si abbassò all’altezza del vetro, a pochi centimetri di distanza dal mio volto.
–Se così non fosse non te l’avrei di certo chiesto. Muoviti, lo sai che odio ripetere le cose più di una volta -. Feci salire su il vetro del finestrino, presi lo specchietto dalla mia borsa, mentre Sebastian entrava in macchina.
Guardai attentamente il mio riflesso: capelli neri legati in due lunghi codini che cadevano morbidi fino alla schiena. La frangia faceva risaltare i miei occhi viola ametista, (uno dei quali era coperto da una benda nera); la carnagione rosa pallido era accentuata da un fard chiaro, che faceva risaltare i miei zigomi e le labbra fine erano messe in evidenza da un rossetto rosso intenso. Questa sono io, l’ultima superstite della famiglia Night. Scarlet Night.
 

 
Note dell’autrice: salve a tutti gente^^ premetto col dire (anche se di premessa non ce n’è nemmeno l’ombra) che è la mia prima fan fiction quindi non so bene cosa ne sia uscito fuori, ma era da parecchio che ci stavo lavorando su e alla fine mi sono fatta coraggio e l’ho pubblicata.
Questa è una piccola introduzione che mira a spiegare un po’ di cose, i capitoli interessanti arriveranno dopo, ci sarà da vederne abbastanza.
Spero vi piaccia, aspetto le vostre recensioni e accetto tutte le critiche a patto che siano costruttive e non offendano la mia sensibilità.
I hope you enjoy it! Sayonara^^

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


The devil is real. He is not a man with horn and tail. He can be beautiful, because he is a fallen angel and he used to be God’s favourite.
 
Il viaggio fu abbastanza lungo ma, più che altro, pieno di sorprese. Oltre alle tre ore in cui rimanemmo bloccati nel traffico, l’imbarco era stato bloccato a causa di un allarme bomba.
E pensare che io che avevo rinunciato a prendere l’aereo, solo per avere un po’ di privacy in una confortevole cabina.
-Signorina che ne dice di fare un giro per la città nel frattempo che aspettiamo? - mi suggerì Sebastian, dopo aver discusso per un po’ con il capitano della nave.
-Visto che dobbiamo aspettare comunque, va bene. A proposito, quanto dovremo attendere prima di poterci finalmente imbarcare? – chiesi dopo che si fu seduto di fronte a me nella limousine.
-Abbiamo un paio d’ore e anche di più, inoltre ho chiesto al capitano di informarmi non appena abbia delle novità- fece oscillare il suo cellulare davanti ai miei occhi, tenendolo per il portachiavi. Sospirai.
-Non si può di certo dire che la fortuna sia con me ma non sarà di certo una stupida bomba a fermarmi - sbuffai guardando il vetro.
-Vuole che me ne occupi io, Signorina? – mi chiese Sebastian. Riapparve nuovamente quel suo sorriso.
-No, questo territorio non è sotto la mia giurisdizione. Lo sai che non posso sempre fare come mi pare, o la regina ne rimarrebbe spiacevolmente delusa e non posso assolutamente permettermelo - mi appoggiai allo schienale.
-Comunque, cos’è che ti mette di buon umore quest’oggi? – lo scrutai seria.
Sorrise nuovamente, poi mi guardò dritto negli occhi, si avvicinò e, con una rapido gesto, mi sfilò la benda che portavo sull’occhio sinistro.
-Ma cosa diamine…! – mi coprii subito l’occhio con la mano, fissandolo malissimo.
-Mi consenta di sistemargliela meglio, Signorina- disse con uno di quei sorrisi falsi che avrebbero ingannato il mondo ma non me, sapevo benissimo chi avevo al mio fianco.
Tolsi la mano e aprii lentamente l’occhio. I suoi occhi s’illuminarono e divennero magenta per un momento, poi tornarono scarlatti.
-Più passa il tempo e più mi sorprendi, Sebastian- mi girai di schiena, mentre si sedeva accanto a me.
-Felice che lo abbia notato, faccio del mio meglio - mi riallacciò la benda poi aggiunse: -Mi consente di sistemarle i capelli, Signorina? -.
Feci un cenno d’assenso con la testa.
-Come desidera che glieli sistemi, stessa pettinatura o preferisce qualcos’altro? – sciolse i codini, liberando i miei lunghi capelli corvini.
Li raccoglievo spesso in quel modo, per apparire molto più ordinata, anche se in realtà non mi piacevano affatto; erano così infantili.
-Lascio a te la scelta, tanto ormai mi conosci - tirai indietro una ciocca di capelli che mi era scivolata sul viso.
-Come desidera, non la deluderò, my Lady- mi rispose iniziando a pettinarmi i capelli. Pochi minuti dopo aveva sistemato i miei capelli proprio come li preferivo: legati in una morbida treccia, che cadeva elegantemente da un lato. Accennai un lievissimo sorriso, anche se di quest’ultimo non ne era rimasta la minima traccia.
Sebastian comprese al volo; era sempre attento, specialmente quando si trattava di me, perciò non avevo nessun bisogno di ripetermi, a volte nemmeno di esprimermi.
-Bene, ora possiamo anche concentrarci sulla visita di questa cittadella, mi domando cosa ci sia di così interessante- mi appoggiai allo schienale.
-La storia di questa città è abbastanza particolare. Si racconta che, tra il 1347 e il 1353, la città venne colpita dalla peste nera, che, come ben sa, a quel tempo, colpì tutta l’Europa, causando milioni di morti. All’epoca questa cittadina era solamente un villaggio sperduto senza nome; i soccorsi facevano fatica ad arrivare e, delle volte, non arrivavano nemmeno.
Sylvan, un giovane gentile, onesto, amato e rispettato da tutti i cittadini, nonché futuro erede del signore locale, partì alla ricerca di una cura, per poter salvare la donna che amava, Marion, una giovane, dolce e bellissima contadina a cui tutti gli abitanti del villaggio erano affezionati.
Purtroppo, quando Sylvan ritornò, era ormai troppo tardi: la peste aveva portato via la sua amata Marion. Sicuramente si sarà già chiesta quale fosse la cura di Sylvan, anche se penso lo abbia intuito; ebbene, si era fatto trasformare in licantropo per salvare Marion. Si dice anche che, oltre a non invecchiare mai, destinato alla condanna della vita eterna, nelle notti di luna piena, si possa udire il suo ululato di dolore, un pianto disperato per la morte della sua amata.
Interessante come storia, non crede, Signorina? – mi chiese Sebastian, alla fine del suo racconto, legato al castello della città.
-Se fossi stata una di quelle ragazzine che si commuovono per nulla, avrebbe potuto anche esserlo. Spero solo che il lupo depresso non sia in casa, non mi va che una leggenda così tragica sparisca in pochi minuti - guardai fuori dal vetro.
-Come mai non si preoccupa per la sua incolumità, Signorina? Potrebbe anche morderla, non ha paura? – iniziò a punzecchiarmi.
-No… è per un semplice motivo: la tua presenza al mio fianco. Se io dovessi, sfortunatamente, venire trasformata o peggio, morire prima dell’avverarsi del mio desiderio, tu non potresti mai ottenere quello che brami da ormai tanto tempo e la tua presenza in questi anni sarebbe stata inutile. Sbaglio, forse? – lo fissai intensamente.
–A meno che non si tratti di suicidio - il suo sguardo scarlatto divenne nuovamente magenta, ricordandomi quale fosse la sua vera indole.
-Cosa che non farò mai - guardai in direzione del finestrino.
-Gli esseri umani sono spesso deludenti, ma lei mi sorprende sempre di più Signorina, quasi da farmi cambiare idea - il magenta dei suoi occhi si intensificò.
-Pff… smettila di adularmi, demone. Lo sai che questi tuoi trucchetti non attaccano con me- risposi seria.
-Siamo acidelli stamattina, eh? Come fa ad avere la certezza che io non possa tradirla o ingannarla, Signorina? - sorrise, maligno. Tsk… come se non conoscessi i suoi trucchetti.
-So che non lo farai e questo marchio sul mio occhio ne è la prova - sciolsi la benda che ricopriva il mio occhio sinistro. –Rimarrai al mio fianco e mi obbedirai sempre, fino al momento della mia morte-.
-Yes, my Lady. Le starò accanto fino alla fine. Finché le bugie non diverranno reali- si inchinò e mi baciò la mano. La limousine continuò il suo percorso in direzione della città.

 
Note dell'autrice: Salveee a tutti^^ Sì, sono tornata con il primo capitolo (dopo parecchie ore sprecate inveendo contro il pc). Ringrazio chi ha voluto recensire, mettere la storia tra le preferite, ricordate e seguite e anche chi ha solamente letto (spero che non sia stato per errore che qualcuno abbia aperto questa storia), non sapete quanto mi avete reso felice^^
Come avrete ben visto in questo capitolo ho cercato di far capire che genere di rapporto c'è tra Scarlet e Sebastian (e spero di esserci riuscita). Spero non sia troppo corto come capitolo ma non c'è da preoccuparsi, cercherò di migliorare nei prossimi, detto questo aspetto con trepidazione le vostre recensioni.
I hope you enjoy it! Bye!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Short people are closer to the ground, and closer to the devil

Non ci mettemmo molto molto ad arrivare in città. Una volta scesi dall’auto, iniziammo a visitarla; impiegammo circa un’ora e mezza per finire il nostro giro.
Sinceramente mi aspettavo qualcosa di più… entusiasmante.
Lumierié era una cittadella calma come quelle vicine alle grandi metropoli, poco inquinata e ricca di verde. Niente mi attirò particolarmente, neppure i negozi, ed io ero solitamente una di quelle ragazze che faceva molti acquisti.
-Non c’è nulla di interessante in questo posto, che delusione- sbadigliai annoiata.
-Non ha tutti i torti, anche io mi aspettavo qualcosa di diverso, my Lady. Che ne dice di entrare in quel negozio prima di ripartire? – Sebastian mi fece notare un negozio molto particolare.
Le pareti esterne erano completamente grigie e parecchio vecchie, lo si notava dai mattoni corrosi e sbiaditi.
L’insegna era completamente di legno, vecchia e pendente da un lato; le lettere scritte con inchiostro nero, non ancora del tutto sbiadito, riportavano il nome del negozio in grande: “Sang Real, l’incontro delle creature “.
La cosa mi incuriosì parecchio, così decisi di entrare a dare un’occhiata.
Una volta dentro, un forte profumo di incenso ci avvolse. Era davvero intenso, ma non insopportabile.
Mi sorpresi nel sentir tossire Sebastian e la cosa mi fece apprezzare di più quell’incenso: era simile quello usato nei rituali cristiani che avevo visto in Italia. Mi scappò una piccola risata, ero davvero curiosa nel vedere la sua reazione.
-Non c’è nulla di divertente, Signorina - bisbigliò con tono infastidito al mio orecchio.
-Oh, avanti, cerca di rilassarti e poi ti ricordo che siamo in un luogo pubblico. Evitiamo di farci scoprire, ne riparleremo in seguito - sibilai in risposta, divertita. Anche se c’eravamo solo noi in quel luogo, la prudenza non era mai troppa, anche i muri avevano le orecchie.
Iniziai a dare un’occhiata intorno, era pieno di oggetti bizzarri e inquietanti.
Teschi scavati dentro a mo’ di tazze, acchiappasogni, barattoli con cose poco chiare all’interno, ragni di plastica, pipistrelli morti.
-Vuole davvero sapere cosa c’è in quel barattolo? – mi chiese mentre osservavo attentamente un barattolo con delle cose poco chiare all’interno.
Sollevai un sopracciglio in risposta e cercai di osservare meglio, quando all’improvviso capii.
-Esatto, bulbi oculari – sorrise quel disgraziato. Un brivido tremendo mi corse su per la schiena, facendomi toccare di riflesso l’occhio che nascondevo sotto la benda.
-Avanti, si rilassi, sono di vetro – aggiunse divertito prendendone uno in mano e distruggendolo poco dopo.
 Lo fissai malamente, poi continuai il mio giro nel negozio, quando, vidi una cosa che mi attrasse parecchio.
Erano delle fialette contrassegnate ognuna da un’etichetta diversa e contenevano vari tipi di sangue: demoni, angeli, unicorni, vampiri, fate, sirene, fantasmi, licantropi, folletti, giganti, e altri ancora. In quel negozio era presente il sangue di qualunque tipo di creatura sovrannaturale e mistica.
Ecco spiegato il nome Sang Real.
-Così è questo il colore del tuo sangue, interessante- presi in mano la fialetta contenete il sangue demoniaco.
Era perfettamente uguale a quello umano, l’unica differenza era una striscia di liquido nero, che rimaneva ferma al centro, come fosse un ago.
–Perché non me lo ha mai chiesto direttamente, Signorina? Se le interessava così tanto avrei potuto mostrarglielo di persona – sibilò con falso tono gentile e troppo vicino, tanto da farmi sentire il suo respiro sul collo.
Non ebbi bisogno di guardarlo per capire che stava sorridendo: il bastardo si divertiva a giocare abilmente con la sua vittima, infondo era un demone. Ah, Mefisto… chi l’avrebbe mai detto che il poema tedesco “Faust” di Johann Wolfgang von Goethe, contenesse alcune importanti verità? A volte fatico a credere che la tua perfezione nasconde così tanta cattiveria.
Di certo, non gli avrei dato la soddisfazione di vedermi nella sua trappola; anche se avevo stretto un patto col diavolo, non era mica obbligatorio che dovessi cedere alle sue tentazioni.
Non avevo venduto il mio orgoglio e, finché sarei vissuta, avrei fatto di tutto per rendergli il più difficile e insopportabile possibile la sua permanenza sulla Terra.
-Oh, semplice, non sono certo delle domande da fare. Sono una Lady e, come tale, non posso mai porre domande inopportune, anche se l’unico inopportuno qui sei tu qui. Ti faccio notare che sei troppo vicino a me, quasi mi soffochi con la tua altezza- dissi riponendo la fialetta.
-Perché? La cosa la intimidisce forse? – si avvicinò ancora di più per stuzzicarmi.
-Smettila di dire stronzate, Sebastian, lo sai benissimo che non ho paura di nessuno – sussurrai infastidita, quanto avrei voluto prenderlo a schiaffi.
-Oh ma Signorina, lo sa benissimo che certi termini non le si addicono, per favore si dia un contegno- mi fece roteare il volto verso di lui. Maledetto demonio!
Lo guardai per qualche istante. Era ancora dannatamente perfetto, non un minimo particolare fuori posto, infondo che cosa mi sarei dovuta aspettare dal demonio?
Nessuno avrebbe mai pensato che lui era Mefisto, io, invece, lo sentivo ogni volta che incontravo il suo sguardo cremisi. Quello stesso sguardo non mi lasciava mai e spesso mi metteva a disagio, con quel suo modo di guardarmi, così famelico, così… freddo.
Lo avevo capito fin dall’inizio quando lo evocai per errore, perfetto anche nella sua bellezza originale.
Con un gesto brusco mi allontanai e risposi: -Lo so, ma tutti questi termini di alto registro sono una palla, però, cercherò di fare in modo che non si ripeta ancora-.
Continuando a curiosare, la mia attenzione fu attirata da alcuni vestiti. Erano tutti risalenti all’epoca vittoriana, uno stile che amavo moltissimo.
Erano lunghi, con pizzi e merletti, con spalline a sbuffo, alcuni con lo scollo a cuore e senza maniche. Uno più degli altri mi colpì particolarmente: scollo a cuore rifinito d’oro con le spalline increspate di tulle e brillantinate; il bustino color sangue aveva dei disegni astratti color oro, la gonna, sempre color sangue, cadeva morbida, con sopra un velo di tulle brillantinato.
Era davvero stupendo, perfetto per la sera. Un altro abitò mi colpì ancor di più del precedente. Era completamente nero, scollo leggermente a cuore, spalline a sbuffo, le maniche lunghe, orlate e la gonna scendeva morbida, a balze. Perfetto, uno stupendo abito da cerimonia funebre.
Chissà, magari per la mia.
-Non mi dirà che sta già pensando al suo funerale, Signorina- Sebastian si avvicinò lentamente a me.
-A quanto pare non ti sfugge nulla, eh? Potrebbe sembrare strano, eppure è così. Sarei curiosa di sapere se alla mia morte qualcuno piangerà, ma apparte Madame dubito che a qualcuno importi. Sono tutti bravi a fingere, ma non è altro che un illusione, una pressa in giro. I sentimenti come amore e amicizia esistono solo per rendere meno vuota la vita, ma nel mio caso sono inutili e inesistenti. Io sono completamente sola, ho già perso tutto - risposi con un amaro sorriso, tenendo lo sguardo basso. Non avevo più nulla da perdere, ecco perché avevo fatto un contratto con lui.
-Signorina, mi permetta… - mi sussurrò dolcemente, prima di stringermi forte a sé.
Ero stupita e non sapevo che pensare per ben due motivi:
1) Mi aveva sussurrato dolcemente quella frase, cosa che proprio lui, Arimane il demonio…non poteva essere vero.
2) Mi stava abbracciando. Che fosse uno dei suoi tranelli?
Il suo profumo (incredibile ma vero, profumano, e io che credevo puzzassero) mi avvolse completamente: era dolcissimo, alla vaniglia, lo stesso di mia madre.
Un improvviso calore avvolse il mio cuore, congelato ormai da tempo immemore, riportandomi ai ricordi di un tempo quasi irreale di gioia e felicità, con una famiglia unita e felice.
Mi lasciai andare per un momento, lasciando che il mio fragile cuore godesse ancora un po’ di quell’inconsueto calore. Rimanemmo in quel modo per qualche minuto prima di scioglierci, facendo finta che nulla di tutto ciò fosse successo.
Decisi di comprare alcuni di quei vestiti che avevo visto e altri oggetti tra cui, un bracciale rivela-natura (così avrei potuto scoprire che genere di creature fossero o se fossero solo umani), un acchiappasogni, un’arma per combattere le creature e anche quell’incenso, giusto per infastidire Sebastian e farmi quattro risate.
Mi diressi verso la cassa, un bancone di legno vecchio e polveroso con una cassa altrettanto vecchia per pagare, ma non vi trovai nessuno.
C’era solo un biglietto con gli stessi caratteri dell’insegna, che diceva: “Non hai nulla da pagare in questo luogo, pagherai col sangue nel nostro ultimo incontro. Convertirò la tua anima impura, è stato un piacere rivederti, Scarlet Night. Salutami Mefisto”.
Rimasi sorpresa e abbastanza interdetta nel leggere quelle parole. Qualcuno mi conosceva e sapeva anche del patto con Sebastian; e, se lui non aveva percepito nessun odore, ciò voleva dire che doveva essere una creatura sovrannaturale, riescono a nascondersi bene.
Lasciai a Sebastian i miei acquisti, ma nonostante avessi controllato da cima a fondo quel luogo, non c’era alcuna traccia del misterioso individuo che aveva lasciato il biglietto. Saliti in macchina, ritornammo in direzione del porto per imbarcarci. Nessuno di noi proferì più alcuna parola.
 
 
Note dell’autrice: Salve a tutti, sono tornata con un nuovo capitolo^^ Ecco apparire finalmente qualcosa di misterioso! Ammetto di essermi divertita a scrivere i battibecchi di Scarlet e Sebby^^ Ringrazio per le recensioni, mi hanno fatto molto piacere. Ne aspetto altre, giusto per sapere il vostro parere su questa storia e ringrazio anche chi l’ha messa tra le seguite/preferite/ricordate, non sapete quanto sono felice!
I hope you enjoy it! Al prossimo capitolo^^ Sayonara!

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


My calm hides a story

Ritornammo alla nave e, dopo un periodo abbastanza lungo di attesa, riuscimmo finalmente ad imbarcarci.
-Finalmente ce l’abbiamo fatta, non ne potevo più di aspettare! - entrai nella mia lussuosa cabina.
Già… amavo viaggiare comoda e, essendo nobile, alcuni lussi me li concedevo senza pensarci su troppo.
-Guardi il lato positivo, grazie a questo piccolo imprevisto ha potuto ampliare le sue conoscenze e si è concessa anche un paio di acquisti, Young Mistress - Sebastian chiuse la porta non appena fummo dentro.
-Fantastico, proprio… ma dimentichi quell’adorabile minaccia – dissi sarcastica, lasciandomi cadere sul letto.
-Morbido - mormorai a bassa voce, raggomitolandomici su.
-Signorina, se mi permette, le vorrei chiedere di darsi un certo contegno. Oggi si sta comportando in maniera abbastanza strana e poco elegante e questo non è un bene per la sua immagine - mi disse serio, con le braccia incrociate.
Lo guardai disinteressatamente e mi voltai dall’altra parte senza rispondergli.
Sospirò, poi si sedette accanto a me.
-Ha l’aria di essere stanca, Signorina. Vuole che la lasci riposare? – mi accarezzò dolcemente i capelli.
-Rimani accanto a me - poggiai la testa sulle sue gambe.
-È spaventata per via di quella minaccia, Young Mistress? – mi chiese sfacciatamente.
-Affatto, ne ho passate di peggio e poi ho te al mio fianco, sono solamente assonnata. Sebastian, resta qui, è un ordine - sussurrai stanca.
-Yes, my Lady - rispose continuando ad accarezzarmi i capelli. Chiusi gli occhi e, dopo una decina di minuti circa, mi addormentai sulle sue gambe, come quando ero piccola. Spesso, dopo aver giocato fino allo sfinimento, mi addormentavo in braccio a papà o a mamma e, al mio risveglio, mi ritrovavo magicamente nel mio letto.
Sarebbe inverosimile da dire, ma Sebastian assomigliava paurosamente al mio defunto padre e non ne capivo il perché.
Non ho idea di quanto durò il viaggio, perché mi risvegliai nella mia limousine.
-Ben svegliata, Signorina. Manca ancora molto per arrivare a destinazione, ha ancora del tempo a disposizione per darsi una sistemata - mi disse tranquillamente Sebastian, mentre controllava il suo orologio da taschino.
-Perché non mi hai svegliata appena abbiamo attraccato al porto? – chiesi ancora assonnata, sedendomi correttamente.
-Perché altrimenti la sua salute ne avrebbe risentito e non me lo sarei mai potuto perdonare. Come maggiordomo della famiglia Night è mio dovere assicurarmi che la mia padrona sia sempre in ottima salute - mi afferrò rapidamente prima che scivolassi. La mia vista si era offuscata e per un istante mi ero sentita mancare le forze. Un momento, da quando quel demone si preoccupava per la mia salute?
-C’è qualcosa che non va, Signorina? La vedo abbastanza pallida. Sicura di star bene? – mi toccò leggermente la fronte.
-Sto bene, ho avuto solamente un capogiro- mi appoggiai allo schienale.
-Hm… lei non me la racconta giusta, Signorina - mi guardò come se stesse cercando di leggermi l’anima.
-No, sei il mio maggiordomo, se ti avessi nascosto qualcosa te ne saresti sicuramente accorto- tossii, voltandomi dalla parte opposta.
-Mi riferisco alla sua salute, è peggiorata da quando siamo partiti - mi costrinse a guardarlo dritto negli occhi. Non ci fu bisogno di parole, gli bastò un’occhiata per capire.
-Cosa la spaventa, Signorina? Non ha nulla di preoccuparsi con me al suo fianco, lo ha detto lei stessa - mi avvicinò a lui.
-Non ho affatto paura - mi liberai dalla sua presa.
-A cosa è dovuto allora il peggioramento della sua salute, Young Mistress? – mi afferrò per un polso.
-Da quando in qua sei diventato così sfacciato nei confronti della tua signora? – cercai di liberarmi dalla sua presa, con scarso risultato.
-Felice lo abbia notato e colgo anche l’occasione per scusarmi, my Lady - sorrise il bastardo.
Eccolo di nuovo, il suo odioso sorrisetto da demone. Quanto potevo odiarlo, sapeva benissimo come farmi innervosire.
-Perché diamine stai sorridendo ora? Cosa c’è di così divertente? – ero parecchio nervosa, ma mantenni un tono di voce atono.
Non potevo di certo permettermi di far trapelare i miei stati d’animo, anche se erano davvero poche le emozioni che riuscivo ancora a provare.
-È molto divertente osservare i suoi tentativi nel mantenere un tono calmo e disinteressato, sa è molto portata per la recitazione - sorrise nuovamente.
-Che dire, ho avuto un buon insegnate – risposi a bruciapelo.
-Sono lusingato dalle sue parole, Signorina, anche se devo confessarle che non ricordo di averle dato lezioni di teatro -.
I suoi occhi si illuminarono per un istante, per poi tornare nuovamente cremisi.
-Sai, ti ho osservato a lungo e, in modo particolare, quando sorridi. Fai credere di essere quello che non sei a chiunque tu voglia, eccetto me, ovvio. Ecco perché è stato semplice imparare - risposi secca.
-Cosa dovrei dedurre dopo questa affermazione, che è forse attratta da me, Signorina? –.
Era vicino. Troppo vicino per i miei gusti.
-No, come padrona sarei veramente pessima se non tenessi d’occhio i miei servitori. Ti osservo solo per evitare che tu faccia innamorare di te delle sciocche ragazzine- dissi irritata.
-È forse gelosa, my Lady? – mi alzò il mento.
-Ricordi cosa è successo a Kyoto, vero? – tolsi via la sua mano.
-Non voglio nuovamente impicci, ho una vendetta da portare a termine - lo spinsi lontano da me.
-A quanto vedo si è ripresa, Signorina - si sistemò la giacca.
Un momento…che significava? Quel maledetto si stava prendendo gioco di me?
-Tu… Maledetto! Ti sei preso gioco di me! Questa me la paghi, dannato demone! – cercai di colpirlo il più forte possibile.
-Signorina, si è resa conto che non mi sta facendo alcun male e che sembra una bambina? – scoppiò a ridere il bastardo.
-Non sono una bambina! Maledetto bastardo, ti odio – sbuffai, voltandomi dall’altra parte.
-Oh avanti, non si offenda. Stavo solo scherzando. Mi consenta di porgerle le mie più sentite scuse per la mia pessima condotta - si avvicinò ridendo.
-Non ti azzardare ad avvicinarti a me, maledetto bastardo! Va all’inferno! –. Cercai di scansarlo, ma mi ritrovai con la schiena appoggiata lo sportello. Merda, ero in trappola!
-Le ricordo che vengo proprio da lì, Signorina - mi afferrò per entrambi i polsi.
-E ora? Che vorresti fare? – lo guardai scettica.
-La domanda più corretta è cosa farà lei, Signorina - si leccò le labbra divertito. Deglutii nervosamente.
Che situazione del cavolo era quella?
Fortunatamente (o forse no), la limousine frenò bruscamente. Mi aggrappai a Sebastian appena in tempo. Dopo essermi assicurata di essere ancora viva, lo guardai e, in risposta, mi fece un cenno d’assenso con la testa.
Sceso dalla limousine mi aprì lo sportello e, arrivati davanti l’auto, vi trovammo…
 
Note dell’autrice: Salve a tuttiii! Sono tornata con un nuovo aggiornamento in tempo record, wow! (Sì, mi sorprendo di me stessa, dato che in genere sono un bradipo ^.^”).
Ebbene cosa mai avranno trovato Scarlet e Sebby da costringerli ad arrestare il loro viaggio di ritorno in patria?
Sì, mi diverto un sacco a mettere alla prova i nervi di Scarlet perché non ho nulla da fare^^ (accompagnato da qualche problemino mentale, ma penso che questo l’abbiate già notato xD).
Ringrazio il boom delle visite che mi avete regalato in questi giorni, ringrazio coloro che l’hanno aggiunta tra le ricordate/preferite/seguite.
Aspetto le vostre recensioni o anche solo un breve messaggio per farmi sapere cosa ne pensate di questa fan fiction.
Bene, detto questo mi dileguo, al prossimo capitolo! I hope you enjoy it! Sayonara!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


L’erba cattiva non muore mai

Scesi dalla macchina, trovammo un enorme tronco d’albero che bloccava la nostra corsa. Cole Nikols, l’autista, ci spiegò che era caduto “inspiegabilmente” proprio quando stava per passare e che aveva frenato appena in tempo, scusandosi con me per il gesto brusco.
-Cole, vai verificare se ci sono altre strade da cui possiamo passare, poi ritorna qui - dissi all’autista. -Vieni, Sebastian. C’è qualcosa che non torna – mi rivolsi a lui aver dato un’occhiata al luogo in cui eravamo bloccati.
-Yes, my Lady- rispose lui, seguendomi mentre ci addentavamo nella foresta.
-Dannazione, solo questa ci mancava. Di questo passo non arriveremo mai - sospirai irritata mentre continuavamo ad addentrarci sempre più.
-Già, come se qualcosa o qualcuno volesse impedirle di far ritorno a Londra. Non le sembra buffo, Signorina? – mi chiese all’improvviso Sebastian.
Lo osservai sottecchi, poi gli risposi: -Già… anche se in questo posto non c’è anima viva-.
Qualcuno ci stava spiando e sicuramente era la stessa persona che aveva abbattuto l’albero che ci aveva bloccato. Parecchie erano le domande che si facevano spazio nella mia mente: chi voleva impedirmi di tornare a casa?
Stava succedendo qualcosa di grosso a Londra?
Chi era il tipo che mi aveva lasciato quella minaccia?
Che dire, non potevo tornare tranquillamente a casa che già avevo della faccende per le mani.
Chissà… forse ci sarebbe stato da divertirsi.
Nel frattempo, come d’accordo, Sebastian era andato ad ispezionare l’ambiente circostante.
Era ormai tardo pomeriggio e si poteva scorgere il sole tramontare dietro le cime degli alberi.
Speravo di riuscire a chiudere in fretta quella faccenda. Madame ci stava attendendo certamente con impazienza.
Non ebbi neppure il tempo di concludere la mia scia di pensieri che mi ritrovai stesa a terra con una lama affilata puntata in direzione della mia carotide.
-Oh, alla fine è uscito allo scoperto, mi chiedevo quanto ancora ci avrebbe messo. Sa che non è buona educazione far aspettare le persone? – tossicchiai fuori quelle parole. Gli ultimi raggi del sole sparirono lentamente dietro le alte e folte chiome degli alberi, illuminando il suo volto.
 -Sorpresa di vederla ancora in vita, conte Jack Verloren, avrei giurato che fosse deceduto dopo il nostro ultimo incontro a Nürnberg. Avrei dovuto dedurre fosse tutta opera sua - risi.
-Sono felice che sia di buon umore Lady Scarlet, peccato che questa sarà al sua ultima risata - sentii la sua mano stringersi alla mia gola.
-Non abbiamo alcun legame conte, non mi chiami per nome come se fossimo in confidenza - risposi a stento.
-Oh, mi scusi, non era mia intenzione offenderla, Phantom Lady - ghignò maligno.
-Prima di ucciderla, voglio rivelarle un segreto. Sa come mai sono ancora in vita? Ebbene, osservi attentamente - sorrise facendomi vedere i canini appuntiti che spuntavano dalla sua bocca.
Quindi si era fatto trasformare in un vampiro, che idiota.
-Sarà un piacere divorarla senza lasciarle una singola goccia di sangue in corpo. È davvero un peccato per la sua bellezza, così rara, come il suo sangue d’altronde. Un odore così intenso non fa altro che provocarmi. Il suo dolce profumo, con un retrogusto aspro, fa del suo liquido scarlatto il più pregiato del mondo - fece un taglio sulla mia guancia destra, facendo fuoriuscire alcune gocce di sangue.
Lo assaggiò soddisfatto, per poi leccarsi i canini affilati.
Perché tutti i pazzi dovevo incontrarli io? Mai uno sano di mente che si facesse gli affari suoi.
-Ah, se avesse accettato la mia proposta, di certo non si troverebbe in questa situazione. È davvero un peccato stroncare così una vita così giovane - si avvicinò lentamente alla mia gola.
Poco prima che mi mordesse, alle sue spalle apparve Sebastian.
-La prego di non toccare la Signorina, il fatto che sia qui e che abbia toccato la pelle della mia giovane padrona con quelle mani, è abbastanza - sorrise infastidito stringendogli la spalla così forte da farlo alzare.
A Sebastian non piaceva il fatto che qualcuno mi toccasse.
Oh, sì, i demoni sono proprio degli ingordi e poi veniva a criticare il genere umano come se lui fosse un santo, pff.
-Com’è possibile che tu sia così potente? Sei solo un damerino vestito da pinguino! Chi sei veramente tu?! – sì allontanò tenendosi la spalla che, probabilmente, Sebastian gli aveva slogato.
-Sono solo un diavolo di maggiordomo - sorrise mentre mi aiutava ad alzarmi. Ecco il suo solito gioco di parole.
-Sta bene, Signorina? Cielo, meglio far sparire questo taglio, rovina completamente il suo delicato volto - si tolse un guanto e sfiorandomi, fece scomparire il taglio e il sangue su di esso, portandoselo alle labbra.
-Devo ammettere che il conte non ha tutti i torti, il suo sangue ha davvero un sapore delizioso. Immagino che il resto di lei sia ancora migliore - gli si illuminarono gli occhi.
Un momento. Che diamine è preso a tutti?
Mi avevano scambiata per una sacca mobile di sangue o cosa? Si dà il caso che Sebastian fosse un demone e, come ben tutti sanno, loro non si nutrono mica di sangue. Almeno credo.
Che stesse alludendo al nostro patto? Molto probabilmente.
-Sei davvero un maggiordomo sfacciato, Sebastian- tossii.
-Spero ti vada di traverso, fino a quel momento non avrai nient’altro, fattelo bastare - mi alzai.
Si alzò sorridendo soddisfatto.
-Occupati di lui, vado a controllare una cosa. Fai un lavoro pulito e, per l’amor del cielo, evita di usare tutta l’argenteria. Godness, con te mi ritrovo sempre senza, con la conseguenza che la devo comprare di continuo - mi tenni la testa, esasperata.
-Yes, my Lady. Farò come richiesto - sorrise inchinandosi, poi tirò fuori tre coltelli d’argento.
Camminai ancora per un quarto d’ora circa, finché non arrivai davanti una vecchia casa, ormai abbandonata da tempo e parecchio malandata.
Una volta entrata, non mi sorpresi più di tanto nel vedere che era come la maggior parte delle case abbandonate: pavimento scricchiolate, mura distrutte e quel che restava del soffitto, pericolante.
Mentre mi guardavo intorno, notai una scala che portava al piano inferiore.
Scesa sotto aprii una porta di legno, divorata per più della metà dalle termiti; la scena che mi si presentò davanti agli occhi, mi fece impallidire.
Un altare ricoperto di sangue, resti (forse) umani, alcune armi affilate appese alle pareti, una gabbia immensa ormai vuota, simile al luogo in cui ero stata rinchiusa per quattro anni.
Vidi un bambino con la testa piegata in avanti intento a stringersi a se; all’incirca poteva avere quattro anni, aveva i capelli castano scuro e gli occhi blu; la pelle chiara era sporca di terriccio, non saprei dire da quanto tempo fosse li.
Mi avvicinai piano e alzò la testa di scatto, i suoi occhi blu, impauriti e pieni di lacrime.
-Ehi, piccolo, cosa fai in questo posto? – chiesi con tutta la gentilezza che avevo in corpo.
Mi guardò impaurito senza rispondermi.
- Ehi, non avere paura, non voglio farti nulla – gli accarezzai i capelli.
-Ti sei perso? Dai, ti aiuto io a tornare a casa, te lo prometto - allungai la mia verso di lui.
Mi guardò sorpreso, nei suoi occhi era apparsa una piccola luce e protese la sua piccola e magra mano verso di me.
Un momento prima che l’afferrasse, la porta si spalancò bruscamente ed entrò uno strano tipo.
Il bambino emise un suono strozzato, ritraendo la mano e stringendosi le gambe al petto ancora più di prima.
Lo scossi per una spalla, ma era incredibilmente terrorizzato: i suoi occhi si erano riempiti nuovamente di lacrime e stringeva sempre più le gambe al petto.
-Avanti, non piangere, ti ho promesso che ti avrei riportato a casa o no? – gli accarezzai i capelli.
-Io sono Scarlet e tu come ti chiami piccolo? – gli sorrisi.
-Gary – sussurrò, alzando lentamente la testa.
-Vieni, Gary, ti porto via da qui - lo presi in braccio.
-Ihihih, e voi deve pensate di andare? Ihihih~ Non scapperete, sarete la cavie per miei esperimenti - lo strano tizio accese la motosega che aveva con sé. Gary iniziò a tremare.
Quel tizio era davvero strano: portava un lungo camice bianco da dottore, un paio di occhiali e dei lunghi capelli sul grigio/grigio- cenere. Mi ricordava qualcuno.
-Avanti, sparisci, oppure mi vedrò costretta ad occuparmi di te - cecai di prendere più tempo possibile.
-Ihih, ma davvero? Ihihih, mi piacerebbe davvero crederti Scarlet, ma senza il tuo maggiordomo sei indifesa come il bambino che tieni tra le braccia, ihihih - la sua risata mi fece trasalire.
-Non mi sembra di conoscerla - lo guardai meglio.
-Uhuh, è un peccato. Eppure tuo padre mi ha fatto finire al fresco - smise un attimo di ridere divenne serio.
-Se mi ricordassi di tutte le persone che mio padre ha sbattuto in galera, a quest’ora sarei immortale - dissi indifferente.
-Vero come darti torto, ihih. Sai mi stai simpatica quindi cercherò di aiutarti. Vediamo se con questo ti verrà in mente qualcosa: cosa ti ricorda il nome Noelle? – sembrava si stesse divertendo. Un flash nella mia memoria mi fece ricordare.
-Ah, Mad Arzt, ci rivediamo. Certo che a Scotland Yard sono messi davvero male – dissi sarcastica.
-Oh, beh, ci sono così tante cose di cui devono occuparsi lì che, ihihih, sono riuscito a fargliela sotto il naso - rise divertito alle sue stesse parole.
Scotland Yard non era così inutile, però, a quanto mi aveva raccontato la zia, avevano avuto un sovraffollamento delle richieste d’aiuto in quest’ultimo periodo. Penso fosse normale che qualcosa sfuggisse al loro controllo, non erano mica così inutili alla fine. Anche se era difficile non giudicare la loro incapacità visto che Mad Arzt era scappato.
–Cosa sa lei di Noelle, parli, l’ha uccisa lei? – dissi in tono freddo.
-Per quanto mi riguarda, io non l’ho toccata quella mocciosa. Scappò poco prima che mi beccassero, che disdetta - disse con una nota di rammarico.
Una parte di me si sentì sollevata nell’udire quelle parole. L’altra, invece, si chiedeva come diamine avessi fatto a cacciarmi in quella situazione e come sarei riuscita a scamparla insieme al bambino tremante che reggevo tra le braccia.
-Ihih, beh, ora ho trovato di meglio. Ho dinanzi a me la misteriosa Phantom Lady di cui tutti parlano. Adesso, da brava, non scappi e si lasci fare a pezzi, così la renderò davvero un fantasma, ihih - ghignò divertito.

 
Note dell’autrice: E risalve genteee!! Sono tornata col nuovo capitolo^^ Devo confermare che sono apparsi tanti nuovi personaggi in questo capitolo (chissà perché nemmeno ricordavo così tante persone, vabbè i miei vuoti di memoria non aiutano, pazienza, la vecchiaia è dura da accettare >.<).
Nel prossimo capitolo salterà fuori una vecchia conoscenza di Scarlet, così ne sapremo qualcosina in più del suo passato^^
Ringrazio (come ogni volta) chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate^^ Aspetto con ansia le vostre recensioni, anche per chiarimenti in punti poco comprensibili (in caso il mio linguaggio fosse poco chiaro).
Detto questo, al prossimo capitolo! I hope you enjoy it! Sayonara^^

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Capitolo 6
*** 4x4.5 Intromission- Noelle ***


Intromission: Noelle
 
Il tempo non ritorna, se non nel freddo dolore della memoria
 
Mad Arzt era sempre stato una persona particolare, simile allo scienziato pazzo di Frankenstein. Era un vecchio amico di mio padre, si erano conosciuti al liceo. Si rinchiudevano spesso nello studio di casa, dove discutevano di argomenti abbastanza complessi, di cui non ricordo assolutamente nulla.
In seguito, venne arrestato con la grave accusa di numerosi omicidi di bambini nelle zone di giurisdizione della mia famiglia, da mio padre, per l’appunto.
Le prove era no inconfutabili e mio padre non ci pensò su due volte, in fondo era un ordine della Regina e i suoi ordini non venivano mai rifiutati o messi in discussione.
Non si seppe mai il perché di questa follia del “Dottore”, ma tra i numerosi cadaveri dei piccoli e anche un po’ più grandi, erano state rinvenuti i fermagli per capelli che usava Noelle.
Noelle era davvero bella, aveva dei lunghi capelli biondo miele, grandi occhioni verde brillante, un sorriso stupendo e un cuore grande quanto il cosmo.
I suoi genitori erano molto amici dei miei e lei veniva spesso a giocare con me; passavamo intere giornate insieme, sapeva un sacco di giochi e ne inventava di continuo, aveva sempre con un sorriso stampato sul volto, prima di sparire una notte, senza lasciare alcuna traccia.
Un giorno, durante un pomeriggio di studi, origliai le conversazioni di mio padre, scoprendo che era stata rapita da qualcuno e che fosse sospettato il “Dottore”.
Una volta arrestato, però, tra i corpi delle vittime il suo non c’era, solo i suoi fermagli blu notte vennero trovati.
Noelle era a conoscenza di ciò che era accaduto in quel periodo ed era preoccupata che mi potesse accadere qualcosa.
Quando le chiesi perché si preoccupava così tanto per me mi rispose con un triste sorriso: - Sai Scarlet, sei come la sorellina che avrei tanto voluto avere. Per questo se sparissi io… io non saprei che fare…-. Delle piccole lacrime iniziarono a scorrere lungo le sue gote arrossate. Quella fu la prima volta che vidi Noelle piangere. Lei che aveva sempre sorriso.
Non mi aspettavo tenesse così tanto a me, la abbracciai forte e la rassicurai che non mi sarebbe mai accaduto nulla.
Ero convinta che sarei cresciuta normalmente, con tante amiche e tanta felicità, infondo ero solo una bambina.
Purtroppo, scoprii a mie spese che la vita non è come nelle favole. Nella realtà non esiste un lieto fine… almeno non ne esisteva uno per me.
Noelle era stata la mia prima ed unica migliore amica in assoluto. Mi conosceva meglio di chiunque altro, sapeva tutto di me e io sapevo tutto di lei.
Sono sicura che se mi vedesse adesso non rimarrebbe affatto sorpresa e sicuramente mi chiederebbe di uscire con lei.
Anche se io mi rifiutassi, troverebbe il modo di convincermi o mi trascinerebbe via a costo di prendermi in braccio.
Mi racconterebbe cosa ha fatto in tutti questi anni, senza tralasciare alcun particolare e addirittura, riuscirebbe a strapparmi una risata, con i suoi modi, come solo lei sa fare.
Infondo, lei è la mia migliore amica e nonostante tutto quello che mi ha fatto diventare così apatica, fredda e calcolatrice, lo sarà per sempre.
Chissà dove sei adesso e come stai ora, chissà come sei diventata e se fai ancora qualche azione pericolosa solo per far felice le persone. Mi manchi tanto, Noelle.
Ora non sono più quella di una volta, sono cresciuta solamente con brutti eventi nel giro di questi otto anni.
Ho una vendetta da portare a termine e dopo averla compiuta non so se ci rivedremo.
Perdonami Noelle, per non averti cercata appena uscita dall’incubo durato quattro anni e per non poterti cercare ancora oggi.
Spero di poterti rivedere ancora una volta per poterti abbracciare, almeno un’ultima volta.
Ti voglio bene, Noelle, amica mia.

 
Note dell’autrice: Salve a tutti gente e mi scuso con voi del ritardo ma ho avuto parecchi problemi (connessione inclusa)! Questo capitolo è solo una piccola regressione dalla storia. Ho cercato di spiegare al meglio il rapporto di amicizia che c’era/c’è tra Scarlet e Noelle e spero di esserci riuscita.
Cosa succederà adesso che Scarlet ha incontrato Mad Arzt? E cosa ci fa un bambino in una sottospecie di casa degli orrori?
Se volete saperne di più, continuate a seguire la storia^^
Ringrazio tutti (come al solito) per seguire la mia storia, mi rendete davvero felice^^
Bene, vi aspetto nel prossimo capitolo nel solito angolino in basso alla storia^^ I hope you enjoy it! Sayonara!

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


Io mi cibo solo di anime di alto livello, non ho interesse per le anime di bassa qualità

Ero nei guai fino al collo.
Non potevo di certo lasciare lì quel ragazzino ma se non mi facevo venire in mente qualcosa, quel luogo sarebbe diventato la nostra tomba.
L’unica idea che avevo in mente era quella di chiamare Sebastian, ma la scartai subito. Mi rifiutavo di dare ragione a quel pazzo, piuttosto mi sarei cavata un occhio.
-Avanti, Phantom Lady, mi faccia vedere le sue capacità nello scomparire. Infondo, non le hanno mica dato questo soprannome per nulla ihih~. Scomparve all’età di nove anni per riapparire solo dopo quattro anni.
Dopo essere rimasta a Londra per tre mesi sparì di nuovo e sta vi ritornando solo adesso, all’età di diciassette anni non ancora compiuti. È a capo dell’azienda della sua famiglia, la più famosa di Londra, la Moon Company.
Ora mi dica mia cara, che cosa è successo dopo la notte nella quale scomparve misteriosamente, uhuh? – si stava avvicinando lentamente.
Non risposi. Non volevo ricordare, anche se non ero stata in grado di dimenticare.
-Oh, avanti Scarlet, il gatto ti ha mangiato la lingua? Ihih – ghignava divertito, mentre indietreggiavo.
Ancora una volta rimasi in silenzio.
-Io lo so, ihihih, so cosa ti è successo – rise sonoramente. Sgranai gli occhi. No. Non poteva essere, nessuno poteva saperlo. Nessuno doveva saperlo.
-Sembri molto sorpresa, Scarlet, ihihih - continuava a ridere.
-Non capisco a cosa si riferisce, “Dottore” - risposi indifferente.
-Uhuh, invece sì che lo sai, ihih, ne è la prova il marchio sulla tua schiena, ihihih - rise ancora più forte.
No. Non di nuovo.
Quelle immagini, quei maledetti anni, tutto mi ritornava alla mente come un uragano impetuoso.
Misi a terra il ragazzino e gli sussurrai di mettersi in salvo.
Mi guardò terrorizzato, allora lo rassicurai dicendogli di andare alla ricerca di Sebastian, mentre io cercavo di prendere tempo.
-Fa il mio nome e digli che è un ordine della sua Lady. Lo riconoscerai sicuramente, è un uomo di circa venticinque anni, indossa un vestito da maggiordomo, ha i capelli neri e gli occhi rossi. Non ti preoccupare, me la caverò in qualche modo, tu corri e non pensare ad altro – lo tranquillizzai.
Tirai fuori la pistola da sotto il vestito, quindi mi avvicinai al pazzo di fronte a me.
Riuscii a distrarlo quanto bastava per far scappare il ragazzino. Ovviamente non riuscii a colpirlo nemmeno una volta… Dannazione! Era troppo veloce…
-Cosa pensa di fare salvando quel ragazzino, ihih? – rise per l’ennesima volta. Sparai ma mancai ancora il bersaglio.
-Lo aiuto a salvarsi - risposi determinata.
-Uhuh, e lei quindi crede di non riuscire a salvarsi, uh? –continuava a ridere. Sparai un altro colpo.
-Cosa c’è di così divertente? – risposi impassibile.
-Il fatto che lei finga di non ricordare cosa ha passato in quegli anni, ihih. Devo ammettere che è davvero una brava attrice, ihih - smise di ridere per un momento, per poi ricominciare.
Quel tizio mi stava facendo innervosire con le sue risate.
-Oh, a proposito, ci sono ancora delle persone che sono a conoscenza del suo segreto, ihih - rise malignamente.
Premetti ancora il grilletto, ma non uscì altro che un rumore.
Merda! Avevo finito i proiettili e non avevo preso il cambio, l’avevo dimenticato nella limousine.
Un capogiro e di nuovo quelle immagini.
Le gambe mi cedettero, stavo per impazzire, quelle immagini così vivide, vorticavano velocemente nella mia mente.
Era la prima volta mi sentivo in quel modo, mi sembrava di essere ricaduta in quel baratro oscuro di otto anni fa.
Tutto di quegli anni mi ritornavano alla mente: ogni singolo ambiente, ogni singolo odore, ogni singolo dolore, ogni singola umiliazione, ogni singola azione.
Urlai. Urlai con tutta la voce che avevo in gola.
Quelle immagini continuavano a comparire nella mia testa, il cuore pulsava forte e respiravo sempre più affannosamente. La pistola mi cadde dalle mani.
Mi rimisi in piedi, col risultato di sentirmi ancora paggio.
Lui mi aveva un ghigno stampato sul volto, mentre teneva in mano la sua motosega ormai spenta. Barcollai all’indietro.
-Oh, cielo, Signorina, come si è ridotta - Sebastian mi afferrò in tempo. Mi girai verso di lui, tremando.
 
FLASHBACK
“Vi prego! Qualcuno ci faccia uscire da qui!”.
“È inutile nessuno verrà a salvarci”.
“Qualcuno, per favore! Chiunque! Mamma, papà, Dio, qualcuno… per favore aiutateci!”.
“No… nessuno ci aiuterà! Non importa nessuno di noi! A breve moriremo tutti”.
 
Un conato di vomito mi salì fino in gola e tentai di reprimerlo con una mano, ma dalla mia bocca uscì un’enorme groppo di saliva.
-Signorina, si calmi. È fuori da lì… non è più dentro quella gabbia –. Mi accarezzò il volto con una mano per farmi calmare. Un rivolo di saliva corse giù fino ad arrivare al mio mento. Il suo sguardo si illuminò, mentre mi ripuliva la saliva.
-Ora… chiami il mio nome - mi sciolse la benda.
-Sebast… ian - sussurrai con un filo di voce.
-Non la sento, chiami più forte – mi prese per il mento, in modo che lo guardassi dritto negli occhi.
-Sebastian! Sebastian! – gridai, stringendo i lembi della sua giacca.
-Ordini, my Lady - i suoi occhi divennero magenta mentre mi prendeva in braccio. Mi strinsi forte a lui, tremante.
-Brucia tutto! Fai sparire tutto! – urlai con la voce spezzata dai miei respiri, che si intensificavano sempre di più.
-Signorina… non penso che lei abbia il permesso di…– gli bloccai il volto e lo costrinsi a guardarmi in faccia.
-Non mi interessa! Brucia tutto! Non devi lasciare nemmeno un granello di questo posto! Nulla, hai capito?! – dissi in preda ad una crisi.
-Yes, My Lady - sospirò, ghignando compiaciuto.
Con una sola mano fece fuori Mad Arzt, poi si avvicinò ad un candelabro e, sfilatosi il guanto ormai insanguinato, coi suoi poteri fece diffondere velocemente il fuoco.
Ci lasciammo quel luogo alle spalle, ormai in fiamme.
Ci fu un periodo di silenzio, non mi ero ancora ripresa.
-Dov’è quel ragazzino? – chiesi con voce atona.
-Con Cole, ci sta aspettando. Se non fosse stato per quel bambino lei non mi avrebbe ancora chiamato. Mi dica cosa ha fatto a quel moccioso ragazzino? Gli si è già affezionato – chiese, osservandomi perplesso.
-Beh, gli ho promesso che l’avrei aiutato – risposi con finta indifferenza, ma al suo sguardo non potei non sentire un brivido che mi trapasso da parte a parte.
Il suo sguardo mi metteva in soggezione e non appena si rese conto della mia reazione, sorrise compiaciuto.
Fui sollevata nel sapere che quel ragazzino non c’entrasse nulla in quella storia.
-Un momento, ti avevo ordinato di portarlo al sicuro - chiesi innervosita.
-Mi ha distrutto i timpani con la sua voce irritante insistendo perché venissi in suo soccorso pregato di venire ad aiutarla, rifiutandosi di mettersi in salvo senza di lei, quindi l’ho accompagnato da Cole e gli ho detto di aspettarci lì. Lo sa che quando mi dà un ordine indiretto faccio fatica a raggiungerla- rispose calmo lui.
-Un momento… non avrai mica…- lo guardai male.
-No, non l’ho nemmeno toccato, non mi interessa quel moccioso ragazzino. Mi delude nel sapere che la mia Signora pensi che io possa compiere una simile bassezza - disse con finto rammarico.
-Pff, sei un demone, non si può mai sapere - risposi atona, ma sollevata.
-Eppure lo dovrebbe sapere che non ho interesse per quel genere di anime - mi afferrò per il mento, guardandomi così intensamente che rabbrividii. Per un momento, pensai che stesse davvero per divorarmi. Lo fissai malamente per qualche secondo, poi cacciai la sua mano.
-Cosa sappiamo su di lui? – chiesi guardando altrove.
Sinceramente ero parecchio sorpresa che quel ragazzino si fosse affezionato a me, come ero sorpresa dal fatto che Sebastian non avesse usato completamente l’argenteria (quindi non avrei dovuto ricomprarla, per ora).
Ma, soprattutto ero stanca.
Non solo a livello fisico, ma ero stanca di finire in situazione in cui doveva sempre intervenire qualcuno a salvarmi, come in quelle stupide favole dove la principessa doveva sempre essere salvata da qualcuno.
Ma io non ero una principessa e non mi andava che “l’antagonista” mi salvasse, ero abbastanza forte da potermela cavare da sola, senza l’aiuto del principe. O forse no?
Tutto ciò mi dava fastidio, mi faceva sentire debole e indifesa.
-…E questo è tutto. Mi stava ascoltando, Young Mistress? – la voce di Sebastian mi riportò coi piedi per terra.
-Ovvio che si, fa parte della famiglia Wolf, ormai rimasto orfano e senza nessuno che si prenda cura di lui. Rintraccia il fratello e fa in modo che mi vengano affidati dai servizi sociali, sempre se saranno d’accordo. Altrimenti faremo in modo di trovargli una famiglia in cui possano vivere felici - dissi atona.
-Yes, My Lady- mi baciò la mano.
-Gary! Gary, sei qui?! – improvvisamente sentimmo una voce.
Un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi oceano ci venne incontro. Doveva essere il fratello maggiore di Gary.
-Chi siete voi? – disse subito sulla difensiva. Lo guardai male.
-Allora?! Vi ho fatto una domanda, rispondete! – disse irritato.
-Non lo sai che è cattiva educazione rivolgersi in questo modo sgarbato? Almeno presentati prima – dissi indifferente.
-Nikolaj. Contenta ora, principessa sul pisello? – incrociò le braccia. Sebastian si stava trattenendo dal ridere.
-Però, che lingua tagliente abbiamo qui – feci cenno a Sebastian di mettermi giù e lui obbedì all’istante.
Mi avvicinai a quel ragazzino presuntuoso.
– Io sono Scarlet Night e lui è il mio maggiordomo, Sebastian Michaelis – gli tesi la mano.
-La Phantom Lady? – chiese sorpreso, ricambiando di malavoglia la stretta.
-A quanto pare – roteai gli occhi.
Quello scoppiò a ridere. Lo guardai malamente.
-Che hai da ridere, moccioso? – dissi seria.
-Io credevo che la famosa Phantom Lady fosse una bellissima donna e invece mi ritrovo di fronte a una ragazzina! Ahahah – disse ridendo a più non posso.
-Ehi, ragazzina a chi? Per la precisione ho quasi diciassette anni – dissi irritata. -E tu quanti ne dovresti avere, dodici? –.
Non era mica colpa mia se non arrivavo al metro e sessanta.
-Ne ho quindici! Non è colpa mia se ho la crescita lenta! E non sono un moccioso! – rispose irritato.
Il suo fisico era asciutto e magro, visibilmente delicato e non superava il metro e cinquantacinque.
-Che strano, a me sembri un moccioso. Oh, già… lo sei – sorrisi malignamente.
-Brutta strega…! – diventò rosso dalla rabbia.
-Come mi hai chiamato?! – dissi irritata.
- Signorina, si calmi – Sebastian mi bloccò per un polso.
- Fratellone! Non litigate! – il piccolo Gary ci interruppe.
-Gary? – disse sorpreso Nikolaj.
-Devo ringraziare Lady Scarlet che mi ha salvato da un tizio impazzito con la motosega! – iniziò a raccontare il tutto.
-Fate entrambi parte della famiglia Wolf, vero? – dissi una volta che Gary ebbe finito di parlare.
-Si – rispose secco Nikolaj.
-Beh, avrei una proposta per voi, ma non mi sembra il caso di parlarne qui – dissi incamminandomi verso la macchina.
Arrivati davanti la limousine, spiegai a entrambi cosa avevo in mente, ovviamente usando un tono abbastanza dolce.
-D-davvero p-posso rimanere con te, Lady Scarlet? – mi chiese sorpreso.
-Certo, tesoro, sta a te scegliere - gli sorrisi.
Gli si illuminarono gli occhi e un enorme sorriso gli apparve sul volto.
-Questo vale anche per te – mi rivolsi a Nikolaj e quest’ultimo mi rivolse uno sguardo perplesso.
-Oh, grazie! Grazie di cuore Lady Scarlet, sono davvero felice di poter stare insieme a te! Andiamo, vero Nikolaj? – chiese speranzoso al fratello.
All’inizio Nikolaj si rifiutò ma alla fine cedette, poco convinto. Poco dopo Gary mi saltò in braccio e mi strinse forte.
Quella fu la prima volta che qualcuno mi abbracciò dopo tanto (tralasciando un famoso “qualcuno”), la dolcezza di quel bambino mi aveva travolta.
Aveva gli occhi lucidi dalla gioia. Ero sorpresa, ma dopo poco mi sciolsi un poco e lo strinsi, come avrebbe fatto mia madre con me.
Si addormentò addosso a me, mentre gli accarezzavo i capelli.
Osservai il demone e Nikolaj seduti di fronte a me. Non avevano proferito nemmeno una parola e si limitavano a scrutarsi a vicenda, con astio.
Sebastian sembrava infastidito. Forse lo era davvero, infondo qualcuno mi stava toccando e mi ero ritrovata troppa gente intorno, ma ormai era tardi.
Dopo alcune ore finalmente arrivammo.
La tenuta era proprio come la ricordavo: un immenso giardino verde con, al centro, una fontana. La costruzione si ergeva maestosa, le pareti bianche avevano ancora qualche segno dell’incendio. Nonostante il sole fosse già tramontato, il cielo era ancora tinto dalle tonalità arancioni del tramonto, che a breve avrebbero lasciato spazio ad un tenue blu, simbolo della notte che avanzava lenta e svogliata, quasi a fatica. Erano rari i cieli limpidi come quelli a Londra, che invece erano perennemente coperti dalle nuvole.
Mi avvicinai al grande portone in legno lavorato e bussai, facendo segno di avvicinarsi a Sebastian, Nikolaj e Gary, quest’ultimi erano un po’ spaesati dall’immensità della tenuta. Forse non ne erano abituati, la loro famiglia non aveva nemmeno un quarto delle ricchezze che possedeva la mia.
La porta si aprì e una calda luce ci avvolse.
-Oh, mia cara, sei finalmente arrivata, non stavo più nella pelle dalla voglia di rivederti! – la zia mi piombò addosso, soffocandomi in uno dei suoi abbracci. Aveva indossato il suo vestito migliore e raccolto i suoi capelli biondissimi un uno chignon disordinato, fatto sicuramente all’ultimo minuto.
-Zia… mi stai soffocando…- riuscii a dire a stento.
Solo dopo essere entrati, si accorse della presenza di Nikolaj, Gary e di Sebastian. Quella donna era incredibile. Davvero.
Dopo averli osservati un po’ per uno mi disse seria: -Cara, dimmi la verità, non ti giudicherò, lo sai che non lo farei mai, ma devi rispondermi onestamente. Questo è tuo marito? - disse indicando Sebastian.
 
Note dell’autrice: Salve gente! Sono resuscitata^^
Ed ecco un saltare fuori altri personaggi! Come avete potuto dedurre, da ora in poi, ne succederanno delle belle! Amo le litigate, ma adoro ancora di più la zia! Si perché le situazioni imbarazzanti sono al mia quotidianità (e quindi perché essere solo io la sfigata di turno?)
Aspetto con ansia le vostre recensioni e ovviamente vi ringrazio tutti quanti! I hope you enjoy it! Sayonara e al prossimo capitolo! Kuss kuss^^

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


Quel maggiordomo, ironia della sorte.
 
-Avanti tesoro, a me lo puoi dire, non ti devi vergognare - la zia continuava ad insistere.
-Insomma zia! Come ti è venuta in mente questa sciocchezza! – risposi rossa in volto.
-Perché la Lady è diventata tutta rossa, Nikolaj? - chiese Gary al fratello, che intanto rideva a crepapelle della sottoscritta.
-Sì! Lo sapevo! Anche se sei troppo giovane, non ti do tutti i torti con un bel ragazzo come questo maggiordomo, o dovrei chiamarlo Mr. Night? – la zia fece l’occhiolino a Sebastian che, intanto, si tratteneva a stento dal ridermi in faccia.
«Non ti azzardare a ridere, maledetto» gli dissi telepaticamente.
«È una minaccia, Signorina?» mi fissò intensamente.
«È un avvertimento» lo guardai male.
Già… per qualche oscuro motivo, riuscivamo a comunicare telepaticamente e nemmeno lui riusciva a spiegarsi il perché. Non gli era mai successo, mi aveva detto.
-Oh, guarda quanto amore nei loro sguardi così intensi. Ah, cosa non darei per poter avere la loro stessa relazione - sospirò la zia, ormai persa nei suoi filmini mentali.
-È lo stesso sguardo che avevano mamma e papà - Gary sorrise tristemente, guardando fuori. Anche il fratello s’incupì, nascondendo la sua espressione con un ciuffo di capelli. L’atmosfera iniziava a farsi un po’ pesante per tutti.
-Sebastian accompagna Nikolaj e Gary nelle loro stanze. Ci vediamo dopo, okay ragazzi? – sorrisi dolcemente. Gary sorrise, sembrava più tranquillo. Nikolaj, invece, si limitò ad accennare un sì con la testa.
-Yes, My Lady - Sebastian si inchinò e mi baciò la mano.
La zia emise una risatina divertita, cercando di trattenersi.
Lui, in risposta al mio sguardo omicida, mi sorrise maliziosamente, allontanandosi.
«Maledetto, questa me la paghi» lo guardai infastidita.
«Non vedo l’ora» rispose leccandosi le labbra.
Mi aveva preso per una stupida? Io ero Scarlet Night e quell’idiota aveva dimenticato con chi aveva a che fare.
La giornata era stata decisamente pesante per me, infatti la zia aveva rimandato il suo interrogatorio al giorno seguente.
Dopo cena, salutai i ragazzi e andai direttamente a letto.
La mattina seguente lavorai tutta la giornata, finendo nel primo pomeriggio. Ero uscita dal mio ufficio per prendere una boccata d’aria, quando la zia mi bloccò, trascinandomi nel salone, dove iniziò a tempestarmi di domande (alcune troppo… invadenti), sulla mia presunta relazione con Sebastian.
-Oh, Godness, quante volte ancora ti dovrò ripetere che non ho una relazione con Sebastian zia? È il mio maggiordomo! – ripetei esausta alla sua ennesima domanda.
-Va bene, va bene, come vuoi tu cara. Tanto scoprirò presto la verità ♥! Comunque, sono felice che tu stia bene, tesoro. Sei diventata bellissima, somigli sempre più a tua madre. Mi sei mancata davvero tanto- mi abbracciò forte, con gli occhi lucidi.
-Anche tu zia, è bello essere a casa - ricambiai il suo abbraccio.
Anche lei aveva lo stesso profumo di mia madre.
-Dimmi, chi sono i due fratelli con gli occhi color oceano? – mi chiese dopo esserci sedute sul sofà.
-Beh, è una lunga storia - sospirai appoggiandomi allo schienale.
-Le Signore gradiscono una tazza di tea? – Sebastian entrò con un vassoio in mano. A quanto pare si ricordava bene come fosse l’interno della casa.
-Oh sì, ne avrei proprio bisogno - risposi massaggiandomi le tempie. Anche la zia accettò di buon grado, sorvolando stranamente sulla parola “Signore”. Odiava essere chiamata Signora, diceva che la faceva sembrare una nonnetta.
-Il signorino Gary si trova in camera sua. Credo che senta il bisogno di rimanere solo per un po’, per metabolizzare il tutto. Per quanto riguarda Nikolaj, non ha proferito parola e si è chiuso nella sua stanza. Devono essere ancora parecchio scossi - disse versandoci il tea.
-Già… ne hanno passate troppe in così poco tempo. È strano cambiare vita da un giorno all’altro - bevetti un sorso di quel liquido caldo.
-Earl Grey ai petali di rosa, passabile - mi rivolsi a Sebastian, per fargli capire di lasciarci sole. Non gli avrei mai dato la soddisfazione di complimentarmi con lui per qualunque cosa.
-Ha indovinato ancora, Signorina. Sono lieto che sia di suo gradimento - fece un profondo inchino prima di uscire.
-Va bene zia, ora ti racconto tutto - appoggiai la tazzina sul piattino.
Le raccontati del nostro incontro, tralasciando la mia crisi e lo spiacevole incontro col Mad Arzt.
-Quindi hai intenzione di accoglierli? - mi sorrise guardandomi coi suoi occhi cristallini.
-Sì zia, non mi dispiacerebbe lasciarli in mano ai servizi sociali, ma sono nobili e meritano di vivere come tali - mi alzai. Non avrei mai ammesso di voler bene a qualcuno, dovevo mantenere alto il mio orgoglio smisurato.
-Sei cresciuta davvero bene cara, hai lo stesso animo nobile di tua madre. Sono fiera di te tesoro - disse commossa.
-La devo ringraziare Madame per avermi permesso di essere qui e di poter dare una svolta alla vita di quei due orfani - mi avvicinai verso la porta.
-È casa tua tesoro e lo sarà sempre. Si cena più tardi, vai a fare un bagno se vuoi. Comunque smettila di darmi del lei, mi invecchi mentre sono ancora giovanissima! Oh, e non dimenticarti il nostro discorso ♥! Secondo me dovresti comprare quel completino intimo di cui ti ho parlato - mi fece l’occhiolino.
-Oh, insomma zia! Smettila di dire assurdità! – scappai letteralmente fuori dalla stanza.
-A quale completino intimo si riferisce vostra zia, Signorina? – mi chiese sfacciatamente Sebastian, comparendomi di dietro,
-Non sono fatti che ti riguardano, demone - accellerai il passo.
-Io invece dico di sì, my Lady - mi sussurrò nell’orecchio.
-Dove diamine è il bagno? – mi guardai intorno parecchio innervosita.
-Terza porta a sinistra - rispose lui dietro di me. Aperta la porta mi ritrovai nella mia stanza, invece che nel bagno.
-Cercavo il bagno della casa, non la mia stanza, genio - lo guardai male.
-Ed io l’ho portata nel suo bagno, Signorina - rispose sfacciato.
-A che gioco stai giocando? - mi sedetti sul letto, sospirando.
-Non sto giocando, sto solo svolgendo il mio lavoro, come di consueto - sorrise sornione.
Sospirai nuovamente, poi mi avvicinai alla porta.
-Non doveva andare in bagno? – chiese sfrontato.
-Mi sono ricordata di dover fare una cosa importante e non sono fatti tuoi se devo andare in bagno o meno! – sbattei con forza la porta alle mie spalle e andai a cercare nuovamente la zia.
-Zia, hai preso quello che ti avevo chiesto? – entrai dopo aver bussato alla porta della sua camera.
-Certo cara, ecco - mi porse il mazzo di rose bianche.
Ieri sera le avevo chiesto di andare a comprare per me quei fiori per andare a trovare i miei, evitando di farlo sapere a quel diavolo. Non mi andava che lo sapesse, non era obbligato a sapere tutto di me.
Fuori pioveva a dirotto e il tempo era umido, quindi indossai il cappotto, presi un ombrello, il mazzo di rose e mi avviai verso il cimitero, abbastanza distante da casa mia.
L’ultima volta che vi ero stata era stato poco prima che decidessi partire per il Giappone.
Non era cambiato nulla da allora, forse erano aumentate le lapidi, infondo in otto anni potevano essere morte tante persone.
Cercai delle lapidi dei miei genitori, di cui non avevo dimenticato né il luogo né, tantomeno, il dolore di ogni visita.
Vi erano tantissime persone sedute lì a piangere, anziani, adulti, ragazzi e bambini.
Giunta a destinazione, un forte brivido mi trapassò il corpo.
 
FLASHBACK
 
-Mamma… Papà…! – una ragazzina di circa tredici anni era inginocchiata vicino le lapidi dei suoi genitori. Continuava a chiamarli, con la voce incrinata dal dolore e con le lacrime che scendevano copiosamente lungo il suo volto, scarno e pallido.
Il suo vestito più bello era ormai sporco di terra e le maniche erano umide, a causa delle lacrime che la ragazzina cercava inutilmente di scacciare, ma che continuavano a prendere il completo possesso sui suoi occhi. Poco più distante da lei, la figura di un maggiordomo osservava la scena con un leggero disappunto. All’improvviso, lei si alzò in piedi, sistemandosi il vestito. I suoi occhi erano ormai gonfi e freddi.
-Andiamo, Sebastian – disse con voce fredda e impassibile, camminando fiera come ci si aspettava da una vera lady.
Il maggiordomo rimase piacevolmente sorpreso: quella debole figura che era rimasta a piangere per un’ora su quelle tombe, ora non c’era più, aveva lasciato il posto ad una figura solenne, che avanzava lenta a passo fiero verso i meandri più profondi dell’oscurità.
Il maggiordomo sorrise compiaciuto: sarebbe stato un onore accompagnare quell’esile ma forte figura nei meandri più oscuri della perdizione, fino a che la sua anima pura non si sarebbe colorata completamente di nero.
-Mi obbedirai sempre e non mi mentirai ne tradirai mai. Ti userò fino a quando non avrò raggiunto i miei obbiettivi, mi solleverai fino a che non avrò conquistato la vittoria! – disse lei con la voce carica di rabbia.
-Yes, my Lady – il maggiordomo sorrise compiaciuto ancora una volta, inchinandosi di fronte alla sua padrona.
E quel giorno, le mie emozioni vennero seppellite accanto i miei genitori.

 
Erano le stesse di quattro anni fa, bianche e in buono stato.
I fiori erano ormai secchi, doveva essere passato circa un mese dopo l’ultima visita della zia. Nel frattempo, la pioggia aveva deciso di darmi una breve tregua.
Il loro nome scritto in caratteri maiuscoli, mi colpiva come una sfilza di coltellate nel petto e nella schiena, ricordandomi di essere rimasta sola con il ricordo di una famiglia stroncata, con anni di dolore e sofferenza e con al mio servizio un demone tentatore che desiderava ardentemente la mia anima.
China a terra, divisi l’abbondante mazzo di rose bianche un po’ per uno. Fissai intensamente i loro nomi.

NIKLAUS NIGHT (1972-2007)
GRECEL ROSE (1982-2007)
VENUTI A MANCARE IN UN TRAGICO INCENDIO A LORO PERENNE RICORDO POSERO I LORO CARI.

 
Un tragico incendio, eh? Magari fosse stato così, almeno così mi sarei sentita sollevata, in parte.
In verità erano stati uccisi da qualcuno prima che avvampasse l’incendio, ma non ricordavo il volto di quell’uomo.
Rimasi lì in ginocchio, cercando di ricordare i loro volti.
La mamma, coi suoi capelli corvini e gli occhi azzurri. Papà, coi capelli biondo cenere, gli occhi ametista con qualche sfumatura di blu.
Purtroppo erano solamente un quadro astratto, un mix di colori mischiati tra loro. Avevo dimenticato i loro volti.
Una serie di lacrime scesero copiose lungo il mio volto.
Spesso mi capitava di sognare i tempi passati, con tante risate e momenti felici ma, svegliandomi, la consapevolezza che non erano altro che sogni, mi logorava sempre più.
La loro assenza è un vuoto incolmabile, una voragine che ha dilaniato il mio cuore, che ormai si è ibernato nel corso degli anni.
Ero diventata un automa che a stento provava emozioni, apparte solo odio, desiderio di vendetta e dolore
-Mamma, Papà - sussurrai in lacrime. –Questa è l’ultima volta che mi vedrete qui e penso sappiate il perché. Anche se volessi, non posso tornare più indietro. Non è solo per voi, ma è soprattutto per me. So che è egoista da parte mia, ma non voglio abbandonare quest’odio che mi logora da anni, non posso più ormai o di me non rimarrebbe altro che un ombra. Non ho più nulla a cui aggrapparmi se non l’odio e la vendetta. Perdonatemi - detto questo mi asciugai il volto e me ne andai, voltando le spalle a tutto quello che ero stata.
Entrai silenziosamente in casa, non volevo far notare la mia assenza. La zia si era accorta del mio rientro, ma sapeva che non avevo voglia di parlare.
Tornai nella mia camera, intenta a fare un bagno caldo.
-Bentornata, Signorina. Posso esserle utile? –. Sebastian bussò alla porta della mia stanza, entrando poco dopo.
-Preparami qualcosa da indossare per la cena, vado a fare un bagno caldo. Fuori fa decisamente troppo freddo - iniziai a svestirmi lasciando in giro tutto quello che mi toglievo.
-Come desidera - rispose chinandosi a raccogliere i miei vestiti.
Entrata in bagno, aprii subito l’acqua calda, riempendola di un’esagerata quantità di bagnoschiuma.
Una volta piena mi ci immersi, quel piacevole tepore iniziò ad allentare la tensione che avevo accumulato durante quei due giorni.
Mentre giocherellavo con la schiuma, Sebastian entrò a portarmi l’accappatoio.
-Ti dispiacerebbe strofinarmi la schiena? – gli chiesi mentre finivo di strofinarmi il resto del corpo con la spugna.
-Come desidera, my Lady - prese la spugna che gli porsi poco dopo.
-Desidera anche lavare i capelli, Signorina? – mi chiese mentre finiva di insaponarmi.
-No, va bene così, puoi uscire -. Mi distesi nella vasca.
-Come desidera - si inchinò profondamente, prima di uscire.
Rimasi ancora a mollo ancora un po’, con le gambe a penzoloni da un lato della vasca.
Avrei dovuto parlare con Nikolaj dopo cena, forse gli avrebbe fatto bene. Mi preoccupava il suo comportamento, anche se sapevo benissimo di non andargli molto a genio.
Indossai l’accappatoio e una volta asciutta ritornai in stanza per vestirmi.
Poco dopo, Sebastian bussò nuovamente alla mia porta.
-È pronta, Signorina? – domandò mentre mi sistemavo i capelli. Feci senno di sì con la testa e mi alzai.
Feci per aprire la porta ma lui mi bloccò la mano sulla maniglia. Sentii la schiena aderire al suo petto.
-Cosa c’è ora - sospirai.
-Come mai è uscita senza proferire parola? – mi sussurrò all’orecchio come fosse un segreto.
-Chi ti ha dato il permesso di seguirmi? – dissi gelida.
-Non me lo ha mica ordinato, ricorda? - il suo tono si fece più profondo.
-Non posso più andare in visita ai miei genitori adesso? – chiesi scettica.
-Mi sorprende che abbia provato delle emozioni, pensavo fossero morte quel giorno - mi parve divertito.
-E se anche fosse la cosa non ti riguarda - gli mollai un ceffone – Sei diventato troppo curioso - lo guardai male.
-E lei troppo delicata. Qualche tempo fa non si sarebbe limitata ad un solo ceffone - ghignò.
-E quindi? – andai dritta al sodo, sapevo che non era quello che voleva.
-Ah, mi ha beccato. Beh, lo sa, ho fame, Signorina - mi guardò, affamato.
-E con questo? La cena dovrebbe essere pronta fra poco - sospirai stanca.
-Lo sa benissimo che non mi nutro di quelle schifezze, Signorina – mi prese per il polso, mentre si appoggiava alla porta col gomito.
-Hai assaggiato il mio sangue ieri, non ti basta? – cercai di liberarmi dalla sua stretta, invece mi ritrovai bloccata entrambe le mani.
-Non avrebbe dovuto stimolare il mio appetito - si chinò alla mia altezza.
-Hai fatto tutto da s– mi mise poggiò delicatamente un dito sulle labbra.
-Shh…please, me lo consenta. Solo un bacio, prometto di restituirglielo - piegò leggermente la testa, a pochi centimetri dalle mie labbra.
 
Note dell’autrice: Salve gente! Sono tornata^^ Finalmente sono riuscita a cambiare nickname, yeah!
Come avete notato i miei aggiornamenti non sono più fissi come prima perché con la scuola non so quando potrò pubblicare quindi aspettatevi distanze relativamente strane.
Grazie per continuare a seguire questa fic!
I hope you enjoy it! Sayonara, alla prossima!

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


What would you do, if I fell in love with you?
 
Si stava avvicinando troppo, esageratamente troppo.
Non riuscivo a muovermi e avere il suo respiro sul collo mi stava facendo perdere la poca lucidità che mi era rimasta. Insomma, tutti sapevano che Sebastian era parecchio… attraente.
Mi costa davvero tanto ammetterlo, ma anche i miei ormoni andavano in ebollizione se provocati. Quel maledetto stava facendo leva sui miei punti deboli.
Maledizione! Cosa potevo fare?
Non trovavo nemmeno la mia pistola: una Desert Eagle del 1985, completamente fatta d’argento, acquistata in quello strano negozio come arma da difesa.
Quel maledetto doveva essere riuscito a sfilarmela quando non me ne ero accorta. Dannazione!
-Indovinato, l’ho poggiata sul letto in modo che non mi desse fastidio - sorrise il bastardo.
-Maledetto, ti odio – risposi irritata.
-Si rilassi, non mi dica che è il suo primo bacio questo - aveva toccato il tasto sbagliato.
-Va all’inferno - mi divincolai, inutilmente.
-Questo è l’inferno – sorrise maligno.
-Non sono fatti che ti riguardano, sai cosa è successo in quegli anni - lo guardai male.
-Si sbaglia, io sono a conoscenza dei fatti avvenuti dalla stipulazione del contratto in poi. Ho solamente dedotto che fosse disperata, dato che era mezza morta quando mi ha evocato casualmente -.
Ne sapeva decisamente di più di quello che diceva.
-Potresti avermi letto nel pensiero - lo sfidai.
-Oh, e come fa a dire ciò? – chiese inarcando un sopracciglio.
-Dal sorriso da ebete che ti sta apparendo sul volto -.
-Oh, non mi permetterei mai a invadere la sua intimità, tantomeno quella psicologica. Devo ammettere, però, che sono un ottimo insegnate - il suo sguardo s’illuminò.
-La modestia non è di certo un tuo pregio - lo guardai fredda.
-Felice lo abbia notato. Tornando a noi, vuole una lezione su come baciare qualcuno? – si abbassò alla mia altezza.
-Non è una cose che si insegna, viene naturale e basta. Il bacio ha un significato legato all’amore, cosa che voi demoni non potrete mai capire, come me d’altronde - lo fissai intensamente.
-E lei cosa ne mai ne può sapere di demoni? Lei ha paura, Signorina- sorrise e, nuovamente, gli si illuminarono gli occhi.
Non erano gli stessi occhi da demone che obbedivano a ogni mio ordine. Sembravano quasi… umani.
-Non mi dirai che tu… - mi interruppe.
-Shh… a lei la scelta su cosa pensare, io so già qual è il vero.
Avanti, non abbia paura, non mordo mica… non ancora, almeno - mi baciò il collo.
Non capivo più nulla e il suo strano comportamento non mi aiutava a riflettere lucidamente.
Poteva essere possibile che lui, proprio lui provasse dei sentimenti? Insomma, stiamo parlando di Sebastian.
Ha fatto fuori più gente lui che prima, seconda guerra mondiale e peste nera abbiano potuto fare insieme. Ah, dimenticavo, è stato lui a diffondere la morte nera.
Le sue labbra avevano appena sfiorato le mie, quando sentimmo Gary gridare.
Allentò la presa irritato, e io sgusciai lontano da lui.
Ero intenta ad uscire di lì ma prima cha la aprissi mi bloccò la mano sulla maniglia sussurrandomi: -Come al solito c’è sempre qualcosa che mi frena, spero di poter recuperare in seguito, my Lady - mi mordicchio l’orecchio.
-A-andiamo, Sebastian - dissi imbarazzata e col respiro corto.
Quel maledetto era riuscito a farmi arrossire.
Corsi fuori dalla stanza, dopo un po’, trovammo Gary. Nikolaj arrivò un momento dopo.
-Lady Scarlet! – mi corse incontro abbracciandomi.
-Cosa è successo tesoro, perché sei così spaventato? – gli accarezzai i capelli, ancora bagnati.
-È apparso qualcosa di strano mentre mi facevo il bagno - mi strinse forte.
-Sebastian, allontanali da qui. La faccenda mi sembra strana- ordinai e, dopo che lo ebbi calmato, andai a controllare.
Il bagno era normale, non c’era nulla fuori posto.
All’improvviso un’ombra mi impedii di muovermi, non riuscivo nemmeno a parlare e sentii un forte colpo nello stomaco.
Urlai dal dolore, ma quello che ne venne fuori fu solo un urletto strozzato. Mi trascinò fino alla vasca da bagno e mi immerse completamente, tentando di affogarmi.
Le mie vecchie ferite, a contatto con quell’acqua che di normale non aveva nulla (insomma, da quando l’acqua apre le cicatrici che si sono rimarginate da anni?), si riaprirono e iniziarono a fare malissimo.
-Se…ba...s…tian…- riuscii a chiamarlo a stento, mentre l’acqua mi riempiva rapidamente i polmoni.
-Signorina! – quando mi tirò fuori da lì, l’ombra era scomparsa.
All’improvviso il buio, ma po’ comparve una scritta:
“He will leave behind. Envius is coming. Run away young Lady, he’s looking for you”
Un momento, cosa? Cosa diamine significava? E chi diamine era Envius? La luna? Che si riferisse all’assassino dei miei genitori?
Da quello che ricordavo c’entrava la luna cremisi, ma non ne ero sicura, non ricordavo molte cose. Quel giorno era stato in parte cancellato, i miei ricordi erano confusi.
Perché solo a me è apparsa questa scritta? Chi mi vuole uccidere? E, domanda da un milione di dollari, chi cazzo aveva tentato di affogarmi?
“Envius” stava tornando e voleva me. Non si era già preso abbastanza da me? Cos’altro voleva ora?
-Signorina, si svegli - Sebastian mi scosse delicatamente.
Provai a muovermi, senza riuscirci. Forse ero ancora sotto l’effetto di “quella cosa” che mi aveva attaccato prima.
-Oh my, non si sveglia. Signorina ho fatto i suoi biscotti preferiti –.
Che scusa banale, ma li volevo lo stesso i suoi biscotti.
Oh, insomma, potete dire tutto quello che volete, ma nessuno fa i biscotti buoni come lui!
-Oh, a quanto pare la cosa è più grave di quel che pensassi - mormorò qualcosa a bassa voce che non riuscii a sentire e poi disse: -Signorina, non le dispiace se continuo da dove ci hanno interrotto, vero? Se non mi dà una risposta, lo prendo come un sì - mi sussurrò maliziosamente all’orecchio.
Cosa? No! Non se ne parla! Piuttosto il rogo!
Con tutta la forza di volontà che avevo aprii gli occhi e riuscii finalmente ad alzarmi, respirando affannosamente.
-Oh, vedo che il discorso ha fatto effetto, sembra le piaccia più dei biscotti - sorrise maliziosamente.
-Non c’è nulla di divertente, bastardo, non riuscivo a svegliarmi! Ah! – il dolore delle ferite mi fece collassare sul letto.
-Cosa le è successo? – chiese preoccupato.
-Le cicatrici si sono riaperte, comunque… grazie - dissi a denti stretti. Mi costava davvero tanto ringraziarlo.
-Ora fuori i biscotti – non potevo perdere il mio orgoglio.
-Niente biscotti. Le fanno male e ingrasserà se continua così - mi riprese serio. -Comunque, è davvero carina – aggiunse sorridendo, mentre mi accarezzava i capelli.
-Eh? – lo guardai stupita e non solo perché mi aveva detto che sarei ingrassata.
-Dico che è molto carina quando è imbarazzata, Signorina. In più, è la prima volta che mi ringrazia, è davvero adorabile - la sua espressione di beatitudine(?), era la stessa di quando poteva coccolare un gatto.
Già, uno dei demoni più potenti presenti sulla faccia della terra, si faceva intenerire da qualsiasi tipo di gatto.
Non ne poteva tenere, visto che glielo avevo assolutamente proibito, volevo infastidirlo il più possibile.
A detta sua creature del genere non esistevano da dove veniva lui. Osavo solo immaginare che razza di animali domestici avessero da lui. A pensarci rabbrividivo.
-Sebastian, ma ti sei fumato qualcosa o hai sbattuto la testa da qualche parte? – mi sollevai piano, perplessa.
-Sto benissimo la ringrazio. Piuttosto vogliamo riprendere da dove siamo stati interrotti? – fece pressione sulla cicatrice più profonda della mia schiena, facendomi gemere di dolore.
-Go to the hell - sibilai a denti stretti.
-This is hell* - mi rispose tagliente, afferrandomi per il volto. Qualcuno bussò. Siano ringraziate le preoccupazioni!
-Cara sei veglia? Posso entrare? – fortunatamente la zia venne in mio soccorso. Mi stava salvando di continuo ultimamente.
-Certo, entra pure - mi sistemai, facendo finta che non fosse successo nulla e mordendomi la lingua per calmarmi.
-Oh cara, mi hai fatto prendere un colpo! Come stai? Dove ti fa male? Fammi vedere - non mi diede nemmeno il tempo di ribattere che fece volare via la mia camicia da notte. In quel momento impallidii. Se avesse visto quel marchio avrebbe capito tutto.
-Zia! – mi coprii terrorizzata.
-Oh, avanti tesoro! È il tuo futuro marito, non c’è nulla di male! Fammi vedere, comunque, lo sai che sono laureata in medicina - mi scoprì nuovamente.
Già… quella pazza era davvero un medico e, addirittura, uno dei migliori. Non per nulla lavorava in uno dei migliori ospedali di Londra.
-Come mai tutte queste fasciature? E quel sangue? - si sorprese nel vedere il mio corpo ricoperto di bende. Me ne resi conto solo allora.
-Com’è possibile? Non si erano chiuse quelle ferite? – mi chiese perplessa.
-A quanto pare si sono riaperte. Faccio sempre molta attenzione alla sua pelle molto chiara e delicata - rispose prontamente Sebastian.
Che diamine stava blaterando quell’idiota?
Sembrava avesse visto chissà cosa del mio corpo quando a malapena gli lasciavo mettermi le calze. Ero pur sempre una donna, mi vergognavo a farmi vestire da lui!
Avevo un certo pudore, al contrario suo.
Un momento, ma allora chi era stato a mettermi la camicia e le bende?!
-Uh, capisco - mi fece l’occhiolino. –Bene, vado a prendere una crema utile, poi la darò a te, Sebastian. Sembra che tu conosca davvero bene Scarlet - mi guardò divertita, mentre diventavo rossa. Ecco, ora avrebbe pensato che io fossi andata a letto con Sebastian e non glielo avessi voluto dire.
Ma che razza di problemi mi stavo facendo adesso?!
-Come maggiordomo della famiglia Night, è mio preciso dovere prendermi cura della Signorina e per adempiere a ciò, è necessario che io conosca il più possibile su di lei - mi baciò la mano.
Se non ci fosse stata la zia presente, giuro che gli avrei sparato in piena fronte.
Dopo una visita di un Gary preoccupato per me e quella di un Nikolaj leggermente scosso, accompagnati da una cena abbastanza leggera, Sebastian mi preparò per il trattamento notturno.
-Sta pensando a tutto quello che è successo? – mi chiese togliendomi le calze. Annuii, sovrappensiero.
-Non appena si rimetterà, inizieremo subito le ricerche - disse sfilandomi la camicia.
Questa era nuova, un maggiordomo che dava ordini alla sua padrona. Lo lasciai fare, aveva ragione, ero molto stanca dopo tutto quello che era successo.
-Voltati e rimani così finché non te lo dirò io – ordinai e non appena si fu voltato tolsi le bende.
-Ora puoi girarti – mi voltai dandogli la schiena.
Lo osservai nel riflesso dello specchio, mentre un guanto coi denti, in modo abbastanza seducente. Ecco, lo stava rifacendo, voleva farmi impazzire, ma prontamente puntai lo sguardo altrove. Una volta che ebbe finito, indossai una nuova camicia da notte.
-È tardi, Signorina, è ora che lei vada a riposare - aveva già sistemato il mio letto, nel frattempo mi ero seduta davanti lo specchio a pettinare accuratamente i miei lunghi capelli corvini, indolenzita completamente.
Ma, invece di andare a dormire, uscii sul balcone. Volevo ammirare la luna.
Faceva abbastanza freddo, senza dimenticare che ero seminuda e scalza.
Envius era alta nel cielo con la stessa tonalità e a distanza di otto anni, si era riproposta, come quella notte.
-Ah, my Lady, si prenderà un malanno se continua ad andarsene in giro in queste condizioni - mi mise addosso la sua giacca.
-Sta ancora pensando a quella notte? – mi mise una mano sulla spalla. Sussultai debolmente a quel gesto.
-Già… anche se è inutile rimuginare sul passato. Ciò che è stato perso non ritornerà più indietro - dissi con un velo di malinconia.
-Posso fare qualcosa per alleviare questa suo dolore? – mi sussurrò dolcemente in un orecchio. Rimasi allibita.
-Rimani… con me… per stanotte – sussurrai flebilmente.
Mi vergognavo di quella mia fragilità, ma ne avevo passate abbastanza per quella giornata.
-Yes, my Lady - mi prese in braccio.
-Sei un approfittatore - gli dissi una volta che ci fumo messi sotto le coperte.
-Non deve mai mostrarsi debole, lo sa. Fosse stato chiunque altro l’avrebbe già colpita - mi appoggiai sul suo petto.
-Sì, lo so ma… - non finii la frase che Morfeo mi accolse subito tra le sue braccia. Poco prima di addormentarmi definitivamente lo sentii sospirare, mentre mi accarezzava dolcemente i capelli.

*Piccola nota: ho estratto questa frase da "The Tradgedy of Doctor Faustus" uno dei libri in inglese che ho letto in estate, detta da Mephistophilis a Faustus quando lui gli chiede dove è situato l'inferno, mi è parso carino da mettere nel contesto della storia.
 
Note dell’autrice: Salve gente! Sono tornata (dopo secoli) col nuovo capitolo^^ Uh, mi sorprendo della mia fantasia, e anche della troppa accondiscendenza di Sebby. Che abbia in mente qualcosa? Sicuro. Povera piccola Scarlet, quante gliene ho fatte accadere (e vabbè, forse sono un tantino masochista(?), chi lo sa xD).
Il prossimo capitolo sarà decisamente scottante ma non da bollino rosso, se volete saperne di più... aspettate! xD (la faccina è malvagia, è opera sua lo giuro!).
Grazie a tutti per seguire la storia! I hope you enjoy it! Sayonara e al prossimo capitolo!

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


Quando la tentazione vince e cadi nel baratro del piacere
 
Non era sorta nemmeno l’alba quando mi svegliai.
Dannazione... da qualche tempo non riuscivo più a dormire bene, troppi incubi mi assalivano di continuo.
Per il momento, la cosa migliore da fare era alzarsi, tanto non sarei stata in grado di riaddormentarmi.
Mi mossi lentamente, cercando di fare il meno rumore possibile. Quel demone aveva un udito fine e in più non stava realmente dormendo. I demoni non dormono, è solo un piacere per loro, non ne hanno alcun bisogno. Questo era almeno quello che mi aveva detto lui.
Dovevo essere impazzita…chiedergli di dormire con me…che stupida. Cosa mi era saltato in mente?
Eppure l’avevo fatto, senza pensare a cosa sarebbe potuto accadere. Non mi importava, volevo solo qualcuno accanto a me e proprio lui, senza un apparente motivo.
Okay, stavo impazzendo, la cosa era certa.
Stavo iniziando a provare qualcosa per lui, ma era sbagliato e lo sapevo benissimo.
Eravamo legati dal contratto e non appena avesse provveduto a realizzare il mio desiderio, la mia anima sarebbe stata sua.
Una volta stipulato il contratto non si poteva più tornare indietro. Il marchio l’avevo sull’occhio sinistro; lui lo nascondeva sulla mano destra, coperta dai guanti.
Però non avevo mai capito una cosa di questi demoni: perché avevano le unghie smaltate di nero?
È una cosa di cui non comprendo ancora il significato.
Mi aveva spiegato che con il marchio non solo si stipulava il contratto, ma metteva in guardia gli altri demoni che io, o meglio, la mia anima, era di sua proprietà.
Questo era uno dei motivi per cui odiavo quella maledetta stella. E che palle! Ero un essere umano io e nonostante sapevo di essere destinata a quella fine, la balorda idea di essere di proprietà di qualcuno come se fossi un trofeo, mi faceva irritare e non poco.
Corsi verso il bagno con lo stimolo del vomito, ma non rimisi nulla. In seguito, mi sciacquai il volto.
Ero completamente sudata, non pensavo che il corpo di quel demone emanasse così tanto calore, dimenticavo di continuo che veniva proprio dall’inferno. I tagli sulla schiena ora mi dolevano di meno, ma facevano male ai miei ricordi.
Mi guardai allo specchio e notai con grande stupore che il marchio era sparito.
Un momento…non poteva essere, il contratto non era rescindibile e il legame non poteva essere spezzato in alcun modo, giusto? Non lo sapevo più neppure io.
«Sebastian, il tuo stupido marchio è scomparso» lo chiamai telepaticamente.
«Non è possibile, lo sa anche lei che il legame non può essere spezzato, Signorina» rispose annoiato.
«Lo so, me lo hai ripetuto un sacco di volte, ma se ti dico che non c’è, vuol dire che non c’è!» replicai irritata.
Fantastico, non solo l’assassino dei miei genitori stava tornando e le ferite del passato mi perseguitavano, ora anche quello stupido marchio si metteva di mezzo. Mai na’ gioia!
Ci mancava solo che la Regina mi desse qualche incarico ed eravamo a posto. Era da parecchio che non mi inviava richieste e mi aveva addirittura detto di prendermi le ferie, dicendomi riposare, non appena aveva saputo che stavo per tornare a Londra. C’era da preoccuparsi.
Quella donna era strana, imprevedibile e burlona, ma era pur sempre la Regina e come Cane da Guardia dovevo obbedire a qualunque suo ordine, dall’omicidio alla festa da ballo.
-Non pensa sia ancora presto per alzarsi, Signorina? –comparve alle mie spalle.
-Non riesco a dormire bene in questo periodo - mi passai una mano tra i capelli.
-Vediamo questo “marchio scomparso” - mi canzonò.
Dal suo sguardo stupito, capii che c’era davvero qualcosa che non andava.
-Chissà dov’è finito, non riesco a spiegarmi il motivo per il quale si sia spostato - mi guardò dall’alto in basso.
-Cosa? – chiesi stupita.
Era raro vedere una qualunque sua espressione che non fosse un sorriso falso o malizioso.
-Stranamente, il marchio si è spostato. Ne sono sicuro perché se fosse sparito, anche quello presente sulla mia mano avrebbe fatto lo stesso - mi mostrò la sua pallida mano. –E dato che è ancora qui, dev’essere così - iniziò a ispezionarmi con quel suo stupido sorrisetto.
-Non ci pensare nemmeno, non ti farò guardare sotto la mia camicia! – lo minacciai.
-Non mi permetterei mai, Signorina - sorrise maliziosamente.
-Chissà perché non ti cred- non feci in tempo a concludere la frase, che aveva già alzato la camicia per controllarmi la schiena.
-Uhm, nulla nemmeno qui, apparte le ferite e l’evidente marchiatura - la riabbassò poco dopo.
Eh no, questa volta aveva esagerato.
Mi voltai e gli mollai un sonoro ceffone in faccia.
Sapeva che benissimo che odiavo quel marchio inflittomi all’età di tredici anni da quei maledetti, era una delle cose che più screditavo del mio corpo.
Quel marchio non sarebbe mai andato via, lo sapevo benissimo…ma non riuscivo ad accettarlo, mi riportava alla mente il dolore e le umiliazioni subite in quegli orribili anni.
E lui sapeva quanto male mi facevano quel ricordi.
Per nulla sorpreso, si toccò la guancia ormai arrossata dal colpo, mentre lo guardavo carica di disprezzo.
-Le mie scuse, Signorina - si abbassò alla mia altezza.
Non lo guardai nemmeno, lo odiavo davvero molto in quel momento…anche se…forse…avevo esagerato. Forse.
-Signorina, può aprire un momento la bocca? – mi chiese poi a bruciapelo.
-E perché mai dovrei farlo? – chiesi scettica.
-Preferisce forse che guardi altrove? –sorrise il bastardo.
Di certo non era uno che scomponeva per uno schiaffo, scommetto che non si era minimamente sforzato per porgermi quelle scuse da quattro soldi. Ripensandoci, non avevo affatto esagerato, avrei dovuto colpirlo ancora più forte.
-No! N-non ti azzardare! -. La mia capacità di passare dal rosa niveo a tutte le sfumature esistenti del rosso, non aveva eguali. Altro che cinquanta sfumature di rosso, tzé.
Sarebbe potuto andare lui a recitarci in quei film, ma poi li avrebbero dovuti intitolare cinquanta sfumature di perversione o meglio, di gattofilia. Alla fine, sempre un maniaco rimaneva.
-Bene, ora apra la bocca - mi sollevò il mento con le dita.
-Avanti, le ha a malapena dischiuse, si impegni un minimo - gli brillarono gli occhi.
Sospirai. Certo che questo qua aveva proprio una bella faccia tosta.
Per un po’ mi osservò, alla ricerca del “qualcosa”, ma poco dopo, fece una cosa che mai, mi sarei aspettata da lui...quel maledetto...
Si avvicinò lentamente e mi baciò.
Non sembrava uno di quei suoi baci da commedia, era troppo intenso rispetto al normale, famelico direi.
Sembrava che si fosse trattenuto ormai da troppo tempo, come se fosse quella la cosa che bramava davvero.
Per la prima volta, potevo sentire il mio cuore martellare così forte nel petto, che avevo paura potesse esplodere.
-Sebast- mugolai cercando di staccarmi, ma ora era anche il mio corpo a rifiutarsi di rispondere, oltre che a lui.
Come se lui avesse sempre desiderato le mie labbra, come se non ci fosse stata volta che non avessi sognato di baciarlo.
Mi spinse contro il muro poco delicatamente, facendomi avvertire il contatto delle piastrelle fredde che si mischiava col bruciore delle mie ferite. Ero bloccata.
Stava succedendo proprio quello che non doveva succedere e il mio buon senso stava andando a farsi benedire.
-Lo sai, non possiamo - gli misi una mano sul petto, cercando di allontanarlo.
-Non mi interessa, una volta tanto infranga le regole, è troppo onesta, My Lady - mi strinse forte la mano.
-I-io…- mi alzò il mento.
-Shh… si lasci andare… è troppo rigida - mi sussurrò tra un bacio e l’altro, accarezzandomi il volto.
Ormai era davvero troppo tardi, mi aveva catturata nella sua trappola; mi costava cedere e non volevo dargliela vinta, ma la sua maledetta lingua tentatrice che stuzzicava continuamente il mio palato, aveva mandato il mio orgoglio a farsi benedire.
Senza indugiare oltre, gli avvolsi le braccia intorno al collo, facendo passare le mie mani tra i suoi morbidi capelli corvini.
Le sue labbra erano tanto bollenti da darmi la sensazione di essermi scottata, dopo tutto quel tempo che avevo passato a baciarle. Mi sembrò davvero un periodo infinito.
Si staccò per scendere sul collo, lasciando qualche “regalino”, rischiando di farmi impazzire come non mai.
-Fa freddo qui - ansimai dopo che si fu staccato da me, provocandomi un brivido. Mi prese in braccio solo con una mano, riportandomi in stanza.
-Approfittatore - mi accoccolai accanto a lui, una volta sotto le coperte.
-My Lady, lei farebbe impazzire tutte le creature presenti nel mondo e la sua sola presenza metterebbe a soqquadro l’inferno - mi baciò.
-Moron…non fare l’adulatore… - arrossii. –Hai poi trovato il marchio? – nascosi il volto sotto le coperte. Era imbarazzante, avevo perso il controllo…che vergogna…
-Era per l’appunto sulla sua lingua, nascosto agli occhi di tutti. Apparte i miei, ovviamente - mi tolse la coperta dal volto.
-Avanti, non si nasconda, non ne ha motivo - mi diede un dolce bacio sulla fronte.
La sua mano risalì lentamene lungo la mia coscia, facendomi tramare sotto quel tocco delicato, inusuale per un demone.
-Razza di demone pervertito - tolsi via la sua mano che si era fermata a palpare il mio sedere.
-Oh, avanti - rise, poi mi strinse a se.
Gli tirai uno schiaffo sul petto muscoloso, in segno di disapprovazione per quello che aveva appena fatto.
Per tutta risposta mi prese la mano e se la portò alle labbra, baciandomi ogni singola nocchia. Poi la fece scendere fino al suo cuore, tenendola lì, in modo che ascoltassi il suo battito.
-Lo sente? – mi fissò dritta negli occhi.
Accennai un sì con la testa, appoggiandovi la testa.
-Tutto ciò a causa sua –.
-Perché scusa, il cuore dei demoni non batte? –.
-Non lo sapeva? I demoni non hanno nulla delle vostre caratteristiche fisiche e psicologiche. Visto che sono in forma umana devo assumerle per plasmare la forma più gradevole per lei, ma è sempre stato come se non ci fossero; questa è la prima volta che sento battere quel famoso cuore di cui voi umani parlate -.
Gli passai una mano tra i morbidi capelli corvini, per poi scendere e tracciare i lineamenti del suo volto, ripercorrendo i suoi pettorali perfetti, soffermandomi sul cuore.
Anche in quel contesto era perfetto, al contrario di me, completamente spettinata, con le labbra e le gote arrossate.
Mi sporsi leggermente per baciarlo, mentre mi teneva stretta tra le sue braccia, come se avesse avuto paura che da un momento all’altro potessi scivolargli via.
Di sicuro, era l’unica cosa che non avrei voluto fare.
Quella sua dolcezza inaspettata mi colpì, ma sapevo che era pur sempre un demone millenario, a conoscenza di ogni mio punto debole. Sapevo benissimo che non potevamo stare insieme o, probabilmente, l’equilibrio del mondo si sarebbe spezzato…però, è cosa risaputa che in questo mondo basato sull’apparire, dove l’essere conta quasi nulla, il proibito attira in modo sensuale e irresistibile. E il mio proibito era lui.
In quel momento, non mi importava degli scandali, della Regina, dell’etichetta o quant’altro.
Perché infondo, anche se non l’avrei mai ammesso nemmeno a me stessa, stare in quelle sue braccia era ciò che avevo sempre desiderato.
 
Note dell’autrice: Salve, si sono viva per miracolo!!! *esce fuori da una montagna di libri e quaderni*
Non commento quello che ho scritto perché non ho la minima idea di come sia saltato fuori! Oh…ma Sebby…sei davvero innamorato? Questo è tutto da vedere^^
Detto questo io mi dileguo, I hope you enjoy it!
Sayonara^^

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


Qualunque essere che è capace di provare amore può essere salvato
 
Dopo quella notte non successe nulla, nel vero senso della parola. Il mio rapporto con Sebastian non avanzò, ma non retrocesse neppure.
Rimase lì, come se fosse in attesa di qualcosa.
Anche le nostre ricerche non portarono a nulla, solo un buco nell’acqua. Erano passati quasi due mesi da quando ero tornata a casa, era appena entrato il mese di novembre.
Alcune cose erano cambiate: avevo ordinato a Sebastian di assumere del personale, visto che si erano licenziati tutti dopo la morte dei miei genitori (oppure erano stati uccisi malamente).
Ovviamente, Sebastian da solo bastava e avanzava a occuparsi della villa, ma a causa delle mie continue ricerche avevo bisogno del suo aiuto se volevo trovare gli assassini dei miei genitori, e vedere lui cucinare, spolverare, stirare o fare il bucato non aiutava, anzi, mi distraeva continuamente.
Il personale era composto 4 elementi, la cameriera Claire, l’assistente di Sebastian Noir, il cuoco Herbert e da Gaia.
Claire e Noir erano gemelli ventiduenni, di origine francese.
Non era un caso che si chiamassero Claire e Noir, la prima aveva i capelli biondi e gli occhi neri, con la carnagione di un colore chiarissimo, il secondo aveva i capelli castano scuro con le punte nere, e gli occhi azzurro ghiaccio, con una carnagione più rosea della sorella.
Avevano un carattere completamente diverso: Claire era allegra e spensierata mentre Noir era più serio e maturo.
Come servitori erano…alquanto sbadati: combinavano un sacco di guai ogni giorno.
Ricordo ancora quella volta che chiesi loro di fare il bucato e mi ritrovai le lenzuola di cashmere bianche, tinte di un colore tra rosa e fuxia. Un vero disastro.
Herbert, il cuoco trentenne di origine tedesca, era biondo, con gli occhi grigi ed il fisico scolpito, possedeva un’ampia conoscenza di ricette, da cui Sebastian traeva ispirazione per i nostri pasti. Nonostante ciò, come cuoco era davvero disastroso: cosa non capiva della frase “Non usare ordigni in cucina”?
“La mia è arte, voi non capite. Nell’esercito non hai il tempo di cucinare” ripeteva di continuo, facendo saltare in aria la cucina, puntualmente, una volta a settimana.
Gaia era la ex-governate, aveva continuato a servire la casata Night anche dopo la mia scomparsa e, ormai, era ormai diventata un membro effettivo della mia famiglia.
Potrei paragonarla a una nonna, considerando che i miei parenti (apparte zia Rose) erano tutti morti (tanto per cambiare, no?).
La villa senza le loro urla e i loro guai sarebbe certamente vuota e, dopotutto, è divertente vedere quel demone correre a destra e a sinistra per sistemare i guai causati dalla servitù, non ridevo così da tempo.
Una sera, finita la cena la zia se ne uscì fuori con una delle sue trovate.
-Cara, volevo dirti che ho iscritto te e Nikolaj al college -. Per poco non mi strozzai con una fetta di dolce.
-Cosa? Non ho bisogno di frequentare il college. Ho sempre studiato per i fatti miei con l’aiuto di Sebastian - risposi irritata.
-Avanti tesoro, è per il tuo bene, sei sempre così sola. In più sei al capo dell’azienda della tua famiglia, cosa potrebbero pensare tutti se venissero a sapere che non sei stata istruita? Sarebbe un enorme scandalo e i paparazzi non aspettano altro; qualunque storia su Scarlet Night, vera o falsa, farebbe scalpore in tutta Londra - disse preoccupata.
Beh, infondo non aveva tutti i torti, non mi mostravo mai in pubblico.
«Signorina, se mi permette, le consiglierei di ascoltare sua zia, può essere un modo per indagare in incognito sulla tragedia Night. Anche se non sembra, le scuole possono avere parecchi scheletri nell’armadio e chissà che la cosa non la riguardi in prima persona. Oh e non dimentichi gli ordini della Regina» mi fece notare telepaticamente Sebastian.
Ci riflettei un momento e ricordai della lettera che la Regina mi aveva inviato.
 
Qualche giorno prima…
-Signorina, è arrivata una lettera da parte della Regina per lei-.
Sebastian mi consegno la lettera e la aprii subito.
 
“Mia carissima Scarlet,
Come avrai notato, per qualche tempo non ti ho affidato nessun incarico, nonostante la tua disponibilità, perché ero venuta a conoscenza dei del tuo ritorno in patria e ho preferito non disturbarti.
Sono felice di saperti in ottima salute, e ho notato che anche il tuo maggiordomo non è da meno. Con mio enorme rammarico ti scrivo perché avrei bisogno del tuo aiuto.
Recentemente, sono stata informata che all’interno del College du Sacré-Cœur da me finanziato, sono accaduti strani avvenimenti.
Mi spiego meglio: come ben saprai, il College du Sacré-Cœur, è molto famoso per essere un college pubblico molto prestigioso, ma, ultimamente, sono scomparsi alcuni dei figli di importanti famiglie nobiliari a me care e, inoltre, è stato ritrovato il cadavere di un giovane civile.
Conto sul tuo aiuto per trovare il colpevole e assicurare una tranquilla esperienza scolastica alle giovani menti che lo frequentano.
A questa lettera allego i dati dei ragazzi scomparsi, e per quanto riguarda la vittima, farò in modo che Scotland Yard ti lasci accedere a tutti i dati in loro possesso.
Una volta risolto il caso ti aspetto a Buckingham Palace, per trascorrere un pomeriggio in tua compagnia.
Con affetto,
La tua amata Regina, Kate
 
-Hm? E io dovrei andare a scuola? Se non fosse un ordine della Regina, avrei rifiutato senza indugiare oltre-.
-Oh avanti, Signorina, si dice che il college è un’esperienza importante per i suoi coetanei – disse sarcastico.
-Taci tu, spero che sia preparato a fare l’inserviente, perché ti infiltrerai anche tu – sorrisi malevola immaginandolo con un secchio e un moccio in mano a pulire i pavimenti.

 
Speravo che la zia avesse almeno indovinato il college.
-Tranquilla, è un college molto rinomato - disse allegra, scuotendo ovunque quella testa bionda piena di boccoli, che aveva fatto la mattina.
-Come si chiama questo college? - notai un pacchetto di sigarette e il mio vecchio vizio tornò a galla. Fumavo da circa due anni, non ricordo nemmeno bene il motivo, ma in seguito avevo smesso per via dei continui impegni.
-Ehm…è il College du Sacrè-Coeur… - disse un po’ a disagio. Come immaginavo, c’era di sicuro lo zampino della Regina. Chissà come ci era riuscita, ma non mi sorprendevo più di tanto, stavamo parlando della Regina.
-Va bene, ci andrò - ne accesi una e tirai.
-Tesoro, da quanto tempo fumi? Lo sai che non è un bene per la salute, specialmente nel tuo caso visto che sei…- la interruppi bruscamente con un gesto.
Non volevo far sapere a quel demone di avere problemi cardiaci, sapeva già abbastanza. Non potevo e non volevo fornirgli un’altra mia debolezza.
Ne conosceva abbastanza e dopo quella notte… beh, evitiamo.
-Lo so, lo so. Avevo smesso qualche tempo fa, ma che dire: il lupo perde il pelo ma non il vizio. Una ogni tanto non mi ucciderà - buttai fuori il fumo aspirato in precedenza.
-Comunque - continuai. –Non mi va di far sapere a tutti che Scarlet Night va al college col figlio. Odio gli impiccioni e Nikolaj ha il diritto di essere uguale a tutti, quindi evita che si venga a sapere, okay? - inspirai dell’altro fumo.
-Va bene, domani andrò a consegnare i moduli d’iscrizione - aprì uno dei cassetti del mobile in legno d’ebano, tirando fuori i moduli.
-Falli compilare a me, li consegnerò io personalmente - li afferrai al volo.
-Desidera che l’accompagni, Signorina? – mi chiese Sebastian.
-Sai guidare, giusto? Non ho ancora la patente e mi sento a disagio sui mezzi pubblici - compilai velocemente il modulo di Nikolaj. Uno dei miei principali obblighi come capo era compilare e firmare scartoffie dalla mattina alla sera, ormai ci avevo preso la mano.
-Domattina la sveglierò presto, allora - fece un inchino e se ne andò.
Finiti di compilare entrambi i moduli andai nel mio ufficio per firmare alcune carte e misi in una carpetta i moduli, poi andai da Nikolaj per spiegargli la situazione.
Non disse una parola riguardo l’argomento, si limitò ad annuire in silenzio.
-Scarlet - mi chiamò prima che uscissi dalla sua stanza.
-Dimmi - mi voltai verso di lui.
Lo vidi un po’ titubante.
-No… nulla d’importante - si rimise a letto.
Andai in camera mia per scegliere cosa indossare, ma sorse un problema.
Io indossavo generalmente completi eleganti, vestiti stile epoca vittoriana e lunghe vesti. Diciamo che il mio stile era decisamente lontano da quello delle mie coetanee.
L’unica cosa che sembrava più “comune” era una camicia di qualche pirata, di cui non sapevo nemmeno l’esistenza.
-Problemi con il guardaroba, Signorina? – non mi ero nemmeno resa conto che Sebastian era entrato nella mia stanza.
-Da quando entri nelle mie stanze senza nemmeno bussare, demone? Non ricordo di averti concesso questo privilegio - chiesi ancora impegnata nella mia ricerca. Stranamente, in quel college non indossavano l’uniforme.
Infondo c’era di mezzo la Regina, e con quella donna non potevi mai sapere cosa aspettarti.
-Veramente ho bussato più volte, ma non ho ottenuto alcuna risposta, quindi mi sono preso la libertà di entrare a controllare. Sta forse cercando qualcosa di sobrio per evitare di dare nell’occhio? – mi chiese poggiando qualcosa sul mio letto.
-Pensa che facciano al caso suo, Signorina? – osservai il completo che mi aveva proposto.
Erano un paio di jeans blu- scuro attillati, con un maglioncino beige che lasciava le spalle scoperte e un paio di Converse. Abbastanza giovanile ma pur sempre nel mio stile.
-Penso proprio di sì. Non ti smentisci mai, Sebastian - gettai a terra i vestiti che indossavo mentre andavo in bagno.
-Con quale mezzo desidera muoversi? – chiese mentre raccoglieva e sistemava ciò che lasciavo in giro.
-In moto. Veloce, poco ingombrante e non dovremmo nemmeno dare nell’occhio - indossai la mia camicia da notte e ritornai in camera.
-Come desidera. Le auguro una buonanotte - mi misi a letto e se ne andò poco dopo.
Dato che non avevo ancora sonno, accesi l’abat-jour sul mio comodino e ripresi la complessa lettura dell’Amleto, che avevo interrotto a causa del viaggio di ritorno a casa.
Poco dopo sentii bussare fievolmente alla mia porta.
-Si? – mi sporsi leggermente dal letto.
La porta si aprì e Gary fece timidamente capolino.
-C’è qualcosa che non va, Gary-chan? – lo guardai perplessa.
-No…cioè…si…è solo che fuori c’è un brutto temporale…e io…- disse imbarazzato.
-Hai paura? – chiesi dolcemente. Annuì, visibilmente in imbarazzo.
-Vieni qui, puoi dormire con me se ti va – sorrisi.
Era strano, mi ricordava me stessa alla sua età, quando avevo paura mi nascondevo nel letto dei miei genitori. Quel gesto mi aveva riscaldato il cuore.
Non se lo fece ripetere due volte e si accoccolò accanto a me.
-Lady Scarlet, la sua pelle è così morbida… e i suoi capelli così profumati…- disse mentre gli accarezzavo dolcemente i capelli.
-Sono davvero felice che lady Scarlet sia la mia mamma…- disse prima di addormentarsi.
Spensi la luce e lo strinsi a me, poco dopo crollai anche io.
Nel cuore della notte sentii qualcosa di caldo poggiarsi sulle mie labbra.
Aprii gli occhi di scatto, ma non c’era nessuno, solo il buio di una notte fredda e tempestosa.
Mi convinsi che fosse stato solamente un sogno e mi riaddormentai.
Al mattino seguente mi svegliai un po’ prima per non svegliare Gary, che dormiva beato.
Andai in un’altra stanza a cambiarmi e imparai quanto fossero comodi, ma maledettamente attillati i jeans.
Decisamente troppo e, tanto per cambiare, quel maledetto demone fece una delle sue perverse osservazioni, facendomi notare che non era il tessuto ad essere stretto, ma “qualcos’altro” ad essere aumentato.
Non lo beccai in pieno volto con la scarpa per poco.
Finita la colazione, presi la carpetta coi documenti nel mio ufficio e li misi nella borsa, misi il capotto e montai dietro Sebastian che (per la prima volta in vita sua, gente stupitevi) indossava qualcosa di normale, da “essere umano maschile”. Cambiò anche il colore dei guanti, quelli li avrebbe tenuti comunque, di certo non poteva sbandierare ai quattro venti di essere un demone.
-Fanne una delle tue e giuro che ti faccio diventare pelato - gli sibilai all’orecchio prima che partisse, avevo un brutto presentimento riguardo le sue capacità di guida.
-Non si preoccupi, la mia guida è perfetta - il suo volto si contrasse in un sadico sorriso.
Non mi lasciò il tempo di replicare, che partì a tutta velocità, costringendomi a tenermi stretta a lui, se volevo rimanere su quello stramaledetto aggeggio.
Non vivevo a Londra, cioè non vivevo in città, ma in periferia, preferivo la calma e nessun vicino invadente.
Da quel momento in poi, avrei dovuto vivere in un collegio con tanti miei coetanei che, probabilmente, spettegolavano di qualunque essere vivente presente in quell’istituto dalla mattina alla sera (di più le ragazze). L’inferno, diciamo.
Poco dopo arrivammo davanti al collegio.
Ed ecco la solita sfiga, tanto per cambiare.
Appena vidi che quell’edificio era di un colore rosa confetto, la voglia di rimettere si fece spazio nel mio corpo, mentre quel demone ghignava divertito.
-Davvero un bel collegio - disse sarcastico.
-Taci, Moron. Non mi sembra proprio il momento - lo fulminai con lo sguardo.
Dopo parecchio tempo perso a girovagare in quel labirinto (che non sembrava minimamente una scuola ma, bensì, il college che aveva frequentato Barbie), trovammo la preside.
Mi accolse entusiasta e iniziò a spiegarmi le varie regole barbose, di cui non avrei ricordato nulla poco dopo. L’unica cosa che ricordavo di tutto quel discorso, era che l’istituto era di quell’orribile colore perché, fino a qualche tempo prima, era stato un college privato di sole ragazze.
Una volta finito, le consegnai i moduli e finalmente potemmo lasciare quell’orrore, che nemmeno Brunelleschi avrebbe tollerato. Al solo pensare che avrei dovuto frequentare e vivere in quel posto, quasi mi ripentivo di non essere in giro a stanare creature deplorevoli del rango del conte Verloren.
Una volta fuori, ci fermammo nel centro per via della mia necessità di fare shopping. Passai dalla sede dell’azienda per verificare fosse tutto apposto e feci un salto da quelli Scotland Yard, per prelevare i documenti sul caso di omicidio avvenuto al Sacrè-Coeur.
Come al solito, l’ispettore Mclight, aveva continuamente da ridire sulla mia presenza (poco apprezzata) al Yard, minacciandomi continuamente che se non fosse stato per la fiducia che la Regina riponeva in me mi avrebbe già sbattuta in una cella da un pezzo. Rientrammo a casa verso sera.
Dopo cena, salii in camera e andai a fare un lungo bagno.
La tensione mi attanagliava, come le stupide cicatrici sulla mia schiena, che si erano finalmente richiuse.
-Buonanotte, Signorina - Sebastian mi diede un bacio sulla fronte. Fermi tutti, aspettate un momento.
Ma questa libertà da quando? Vuole fare il genitore con me? Poi mi venne in mente la sensazione della notte precedente.
-Sei stato tu l’altra notte, ero convinta che fosse solo un sogno. Da quando ti sei preso tutta questa libertà? – lo afferrai per la cravatta.
-Lo dovrebbe sapere, my Lady - mi baciò nuovamente.
Rimase a dormire con me, di nuovo.
Era strano, mi faceva sentire al sicuro ogni volta che qualcosa mi preoccupava. Mi ero ripromessa di non legarmi più a nessuno, avevo già conosciuto quella sofferenza troppo bene, ma era tardi.
Chissà, forse potevamo salvarci entrambi dal crudele destino che ci aveva fatto finire così, come per un capriccio.

 
Angolo dell’autrice: Salve gente, sono viiva!!! (Emerge da un mare di libri poco piacevoli).
Sì, ultimamente ero sprofondata nel troppo studio che mi ha completamente distrutta, ma ora ho trovato uno spazietto per pubblicare, yeeeah!
A quanto pare in questo capitolo (il più lungo finora, wow!) sono accadute una quantità innumerevole di cose, ma presto inizierà l’indagine, quasi non ci credo!
Cosa è successo nel college du Sacrè-coeur? Chi c’è dietro tutta questa faccenda? E perché Sebastian sembra essere diventato dolce e coccoloso (ma sappiamo tutti che non è così, muahahah)?
Beh, spero di vedervi presto e ringrazio tutti coloro che seguono la storia.
I hope you enjoy it! Sayonara, alla prossima!

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


Il buongiorno si vede dal mattino, ma col resto non si scherza
 
-Signorina si svegli, è mattina - qualcuno disturbava il mio riposo.
-No… è presto - mugugnai assonnata.
-Avanti, oggi è il suo primo giorno di scuola - quel qualcuno era davvero insistente.
-Non mi va, vacci tu se ci tieni tanto - mi coprii fino alla testa.
Lo sentii sospirare e andarsene. Dov’ero rimasta? Ah sì, stavo dormendo.
«Nemmeno per sogno, my Lady» rispose telepaticamente ai miei pensieri.
Poco dopo mi ritrovai ad avere uno scontro ravvicinato e doloroso con il pavimento.
-Oh my, si ostina ancora a dormire?! - ero riuscita a farlo spazientire almeno un po’, perfetto.
-Mi hai fatto male, Moron - mi scoprii il volto, ancora nascosta nelle lenzuola.
-Oh, sono desolato, la prego mi faccia rimediare - aveva anche la faccia tosta di ridicolizzarmi? Bene, allora avrei giocato pesante.
Non fece in tempo a fare un passo, che gli tirai un nei gioielli. Non se lo aspettava e indietreggiò dolorante, piegandosi leggermente.
Quella smorfia di dolore sul suo volto non aveva prezzo, ghignai fiera del mio operato.
-Non è affatto divertente, Signorina – mi lanciò uno sguardo omicida.
-Oh, eccome se lo è, così la prossima volta impari. Lo sai che sono vendicativa - mi alzai, guardandolo male.
-Mai quanto me - e un momento dopo mi ritrovai stesa nuovamente sulle lenzuola e con le mani bloccate sopra la testa.
-E cosa avresti intenzione di fare adesso? – lo fissai apatica.
-Indovini un po’, Signorina - con una mano mi sbottonò la camicia, scoprendo tutto il collo.
-Non oseresti – lo fulminai.
-E chi glielo assicura? – mi soffiò nell’orecchio prima di iniziare a baciarmi tutto il collo. Iniziai a lanciargli contro tutte le imprecazioni possibili ed immaginabili.
-M-maledetto, s-smettila…- imprecai, ma mi zittì con un bacio, per poi liberarmi.
-Spero che non si noti nulla, o te la farò pagare davvero cara - dissi mentre correvo via.
Prima di sparire nel bagno lo vidi sorridere. Mormorai un ‘fanculo bastardo’ tra i denti.
Finita la colazione, presi tutto il necessario e lo misi nella mia tracolla, dove nascosi anche la mia Desert Eagle carica. Misi al polso il bracciale-radar svela natura e nascosi in un sacchetto sotto i mei vestiti alcuni colpi di riserva, la prudenza non è mai troppa. A quanto pare non dimenticato nulla, quindi scesi al piano inferiore, dove mi attendevano Nikolaj e Sebastian.
Saliti in macchina, partimmo alla volta di Londra. Durante il viaggio gravava il silenzio più assoluto.
Nikolaj era intento a fissare un insistentemente un preciso angolo del finestrino. Doveva essere davvero interessante.
-Allora Nikolaj, dimmi… è la prima volta che frequenti un collegio? -.
-Sì, ho sempre studiato a casa da privatista, non mi piacciono i collegi – acidità buongiorno.
-Perché allora non hai rifiutato quando Madame ne ha parlato a tavola? -.
-Non importa quello che voglio io, lei era certa che fosse davvero la cosa giusta -.
-Certo che importa quello che vuoi tu, se non mi fosse importato un fico secco, non vi avrei mai adottati –il suo comportamento mi stava irritando, quasi mi pentivo di non avergli lanciato contro Sebastian quando lo avevo incontrato.
-Lei non sa cosa vuol dire perdere tutto! Non ha mai dovuto fare i lavori più… vergognosi per andare avanti con un fratello minore sulle spalle! – sbottò furioso.
-Cosa intendi dire? – chiesi seria, anche se avevo un’idea a riguardo.
-Io…per mantenere Gary e me stesso… ho dovuto… – strinse i pugni, interrompendo la frase.
Non ci fu bisogno di altre spiegazioni, avevo già capito.
Lo immaginavo, li avevo visti quei lividi sul suo corpo. Qualche giorno dopo il loro arrivo, capitai per caso davanti la sua stanza e la porta era socchiusa. Avvicinatami leggermente, lo vidi piangere sommessamente, aveva dei lividi enormi sulla schiena e graffi ovunque.
-So quello che hai passato, in un certo senso l’ho vissuto anche io – dissi atona. Non eravamo poi così diversi.
-C-Come? – mi guardò sconcertato.
-Quando scomparvi per tre anni, ho dovuto subire cose che non auguro a nessuno in questa vita –.
-M-mi dispiace, i-io… – mormorò sotto shock.
Gli poggiai una mano sulla spalla.
-Non ti devi scusare, io non lo faccio mai e poi non lo potevi sapere. – gli sorrisi.
-Nessuno lo sa, nemmeno la zia, solo Sebastian, che deve medicarmi le ferite che si sono riaperte. Per quanto riguarda quello che hai detto prima, è vero solo in parte. Non posso capire quello hai provato, ma tutto ciò che ho me lo sono dovuta guadagnare.
Alla morte dei miei ho perso tutto, ma dovevo rialzare la testa se volevo continuare a vivere, e così ho fatto. Ho preso le redini di ciò che mio padre mi aveva lasciato e sono anche diventata il Cane da guardia della Regina. Questo è tutto – spiegai tranquillamente. Ora bruciava di meno quel passato, che mi aveva quasi ucciso e che ancora odio con tutta me stessa.
Posai gli occhi su quella piccola figura che mi stava seduta di fronte, singhiozzante. Per la prima volta dopo due mesi, Nikolaj si era finalmente sfogato.
Mi sedetti accanto a lui e gli misi un braccio intorno alle spalle. Non si scostò, al contrario affondò il viso nel mio maglione. Rimanemmo in quella posizione, finché non si calmò.
-Forza – gli accarezzai i capelli. –Piangere non cambierà le cose, il mondo non è gentile con nessuno – gli asciugai una lacrima.
Si scostò lievemente e annuì con la testa.
-Meglio? – sorrisi.
Mi puntò addosso quelle perle color oceano, senza dire una parola. Parlavano da sole, senza bisogno di altre parole.
La tesa situazione iniziale finalmente, si rilassò e la conversazione assunse delle sfumature più piacevoli.
-Ma il tizio vestito che porta il lutto, è sempre così acido con quei poveri servitori? – mi chiese perplesso.
-Diciamo che si innervosisce quando le cose non sono perfette. Deve per forza riprenderli spesso, altrimenti la villa sarebbe piena di enormi buchi nei muri grazie a Herbert, saremmo senza piatti per merito di Claire e per quanto riguarda Noir… beh, addio giardino. È solo un diavolo… di perfezionista –. Questo avrei potuto aggiungerlo alla serie “Giochi di parole che ti salvano la vita”.
-Ma scusa, perché stai con lui? – mi chiese a bassa voce.
-In che senso scusa? – sussurrai perplessa.
-Beh, come dire… non è troppo vecchio? – mi guardò curioso.
Vidi i capelli di Sebastian rizzarglisi sulla testa e non riuscii a trattenere una risata. Iniziavo seriamente ad adorare Nikolaj, solo lui era capace di farmi godere di simili spettacoli. A quanto pare il caro diavoletto aveva un complesso con la sua età, eh?
-Siamo arrivati, Signorina - la sua voce risuonava infastidita.
Scendemmo dall’auto e mi avvicinai al suo finestrino.
-Bene, porta a me e a Nikolaj tutto il necessario. Occhio a non dimenticare qualcosa, vecchietto - lo punzecchiai.
-Certamente, my Lady - il tic al sopracciglio mi avvisò che era abbastanza nervoso, che divertimento.
Dopo un ultimo sguardo, sfrecciò via.
-Senti, ma perché non vi sposate? La zia ne sarebbe entusiasta, lo adora - disse perplesso.
-C-che diamine vai blaterando?! Non stiamo mica insieme! –.
-Se, come no! Avanti muovetevi, o va a finire che quello si fossilizza rima di poterti anche solo baciare - sorrise malizioso.
-La vuoi piantare?! Anche se, non è così vecchio dai - risi.
Gli arruffai i capelli ed entrammo in quel coso rosa chiamato collegio.
La campanella d’inizio era appena suonata, e ci dirigemmo velocemente verso le rispettive classi.
La mia classe era la 6B, quella di Nikolaj la 4B. Gli anni di studio erano sette, si iniziava a dodici anni e si finiva a diciotto. Per quanto riguardava l’uniforme, mi ero sbagliata: era obbligatoria fino al quinto anno, poi se ne poteva fare a meno.
Si, per chi se lo stesse chiedendo, la Regina era una fan sfegatata di Harry Potter (peccato che la magia nera sia illegale, o probabilmente mi sarei ritrovata a lanciar fatture su chiunque mi irritasse).
Mi guardai allo specchietto che avevo messo nella tracolla, prima di entrare. A volte un maglione a collo alto ti salva la vita. Però nessuno avrebbe salvato Sebastian dalla mia futura vendetta non ancora premeditata.
Bussai e, ricevuto il permesso entrai, ritrovandomi lo sguardo di tutti i presenti incollato addosso. Come se la cosa fosse una novità, andava a finire sempre così.
-Oh, eccola Signorina, la stavamo aspettando. Piacere, io sono il suo professore di lettere, Clive Thrown. Si presenti pure - si sistemò la cravatta.
Il professore poteva avere all’incirca trentacinque anni, era alto, corporatura asciutta come quella di Sebastian, i tratti del volto spigolosi; i suoi capelli erano leggermente mossi tara il biondo e il castano, gli occhi verde opaco e le labbra sottili.
Mi sembrava familiare, ma non ricordavo bene. Feci un passo avanti e mi presentai. Ci avrei rimuginato su più tardi.
-Piacere, Scarlet Night – avevo già detto abbastanza.
Tempo di concludere, che una ragazza col registratore in mano iniziò a tempestarmi di domande: -Sei davvero tu Scarlet Night? Cosa fai in questa scuola? È vero che hai posato come modella per Vogue? Forza pendono tutti dalle tue labbra- sospirai, prima di rispondere.
-Sì, sono io e questo basta, il resto non ti riguarda. Adesso, spero che tu abbia almeno la decenza di presentarti, dopo aver fatto tutte queste domande inopportune e interrotto la lezione – risposi fredda. Rimase sorpresa, di sicuro era la prima volta che qualcuno la troncava così.
-Oh, hai ragione. Piacere, sono Lara Doberman e gestisco il giornalino scolastico. Mi piacerebbe intervistarti, sarebbe lo scoop del secolo! - si sistemò gli occhiali.
Ah, ora si spiegava tutto. La figlia del grande reporter Tony Doberman, dovevo immaginarmelo, infondo si somigliavano.
Capelli corti mossi tra il viola scuro e il nero, occhi nocciola, leggermente più alta di me (solo perché non indossavo i tacchi), viso lentigginoso e bocca grande, adatta a contenere la sua lingua lunga. Tsk, tale e quale a suo padre.
-La sua intervista la farà dopo, signorina Doberman, questa è la lezione di lettere. Prego, signorina Night si sieda, così riprendiamo la lezione –.
Mi sedetti vicino la finestra nell’ultima fila, non avrei potuto chiedere di meglio; nessuno mi avrebbe disturbato lì. Nemmeno il tempo di sedermi comoda, che qualcuno stava già entrando dalla finestra.
-Aiuto! Un ladro! – iniziò a gridare una ragazza (e aggiungo, come una gallina impazzita) dai tratti orientali, tirando i capelli alla sua amica con la coda. La scena era comica, non vedevo l’ora di gustarne il seguito.
-Insomma Cain! Per quanto ad effetto sia questa tua entrata, fallo di nuovo e ti faccio sospendere! Ora, per l’amor del cielo, siediti e facciamo questa benedetta lezione e, la prossima volta entra almeno in orario, grazie - disse irritato il professore.
-Grazie per il complimento prof, farò del mio meglio - fece un inchino mentre tutti gli battevano le mani.
Solo un ragazzo sembrava irritato, di sicuro non correva buon sangue tra loro. L’asiatica fece finta di nulla, nel mentre si sistemava. La sua amica la guardava con aria omicida per la tentata staccatura dei capelli, fossi stata io l’avrei colpita senza risparmiarmi. Sospirai… sarebbe stata davvero una lunga esperienza scolastica.

 
Angolo dell'autrice: Salve, sono tornata! nonostante la montagna di compiti, continui impegni, i disastri naturali e chi più ne ha più ne metta, sono riuscita ad aggiornare!
Sarò breve, per questo capitolo l'idea mi è venuta dall'Arc del Weston College di Kuroshitsuji, da un liceo di un gioco online e ovviamente dalla scuola di magia di Hogwarts! (Nda Me: ovviamente, i motivi per cui Scarlet fa qualcosa sono sempre allegri -.-". Nda Touko: details, details).
Nel prossimo capitolo si preannuncia l'inizio delle indagini, quindi staremo a vedere!
I hope you like it! Sayonara, alla prossima!

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


I nuovi incontri sono direttamente proporzionali alle seccature
-Quindi tu saresti la Phantom Lady? – mi chiese il tizio appena entrato dalla finestra, che a quanto pare, si chiamava Cain.
-Qualche problema? – risposi gelida, già mi piaceva poco.
-Che temperamento, ci sarà da divertirsi - un ghigno malefico gli comparve sul volto. Rabbrividii.
Perfetto, mancava solo questo tizio con lo stesso ghigno di quell’idiota di un demone. Maledii il momento in cui avevo accettato di frequentare questa stupida scuola.
Mi consolava solamente il pensiero che, concluso l’incarico, sarei potuta tornare a casa.
Il professore aveva già ripreso la lezione, e appena finita la spiegazione e aveva iniziato ad interrogare.
Mi sembrava alquanto strano che avessero assunto una persona così giovane, ma la cosa non mi riguardava.
Per ammazzare un po’ il tempo, mi misi ad osservare i miei compagni, sperando di scoprire qualcosa.
Il primo a destare il mio interesse fu il biondino a cui non andava a genio Cain: Nathan Stewen, rappresentante degli studenti. Lo avevo incontrato il giorno prima mentre andavo via. Sebastian l’aveva fucilato con lo sguardo e mi era rimasto appiccicato per tutto il tempo. Un’esperienza orribile, molto.
Era leggermente più basso di Cain, aveva un fisico abbastanza esile, capelli biondo miele e occhi verde intenso.
Avrei potuto continuare ad osservarlo per curiosità e noia, quando si alzò e se ne andò senza dire una parola.
Il professore non si scompose minimamente, di sicuro doveva occuparsi di qualche mansione riguardante la scuola, ma che non avevo intenzione di sapere, per ora.
Spostai svogliatamente il mio sguardo, che cadde sulla giornalista. Stava leggendo una rivista di gossip che parlava di alcuni scoop fatti di recente su alcuni nobili e a quanto avevo letto, qualcuno accennava il mio nome.
Ovviamente non vi era scritto nulla di rilevante, visto che non sapevano nulla di me.
Già, erano in molti i giornalisti che puntualmente cercavano di intervistarmi ma non avendomi mai vista, non potevano.
Spostai ancora una volta lo sguardo, e stavolta fu il mio orecchio a scegliere.
Il mio compagno di banco, Cain Blaze, stava russando indisturbato con la testa chinata sul banco e le cuffie nelle orecchie.
Fisico robusto e muscoloso, probabilmente aveva passato la maggior parte del suo tempo in palestra invece che sui libri, capelli rossi, rasati da un lato e occhi grigi come un cielo in tempesta. Carino quando dorme, lo ammetto, ma solo quando dorme. Finché non mi disturbava, era simpatico.
Finalmente suonò la ricreazione, avevo speso alcune ore di lezione a firmare le scartoffie del mio lavoro, che avrei in seguito dato a Sebastian da ricontrollare e inviare alla sede.
Misi a posto i fogli in una carpetta, in tempo per vedere alcune ragazze avvicinarsi al mio banco.
Passai tutta la ricreazione cercando di discutere come una ragazza della mia età avrebbe fatto (a dire il vero, mi raccontarono tutto come se fossimo amiche da sempre). A momenti sapevo la loro vita come l’Ave Maria.
La ragazza dai capelli arancioni tendenti al rosso, con gli occhi acquamarina e dal fisico asciutto, si chiamava Iris Flame; il suo cognome mi parve proprio azzeccato.
Un’altra aveva i capelli platino simili al colore delle stelle, gli occhi miele da gatta, un fisico da modella e si chiamava Lucy Shiny. Chissà, magari la potevo proporre a Nick.
Le altre due mi parvero l’accoppiata, opposta, ma vincente: la ragazza indiana dal fisico slanciato e atletico, portava i capelli corti neri e aveva gli occhi del medesimo colore, si chiamava Ila-Krishna Khalim, mentre la piccoletta seminascosta da un enorme blocco da disegno con i capelli nocciola e gli occhi fuxia, si chiamava Amu Chiba.
Avevano tutte caratteri diversi tra loro: Iris era la più allegra, Lucy era la più chiacchierona, Amu la più timida e Ila la più tosta, insomma uno strano gruppo e (oltre a quello) ognuna di loro aveva un qualcosa di speciale.
Ovviamente, la giornalista si unì a noi e, per farla tacere, gli concessi quella sua stupida intervista, facendo attenzione a non rivelare nulla che potesse mettermi nei guai.
-Mi dispiace per prima, sai quando Lara ha chiesto della tua famiglia…- mi disse Iris, un po’ giù di morale.
-Già, quella stupida ha avuto la faccia tosta di chiederti una cosa del genere! - sbraitò Lucy, nervosa.
-Ehi, ehi, calma. Non è successo nulla di grave - cercai di calmarle i bollenti spiriti.
-Ma è stata così indelicata…- disse Amu dispiaciuta.
-Se vuoi vado da lei e gli faccio mangiare l’articolo che sta preparando - mi disse Ila, indicando la porta.
Scossi la testa, sorridendo. Erano rare le persone buone d’animo come lo erano loro.
-Tranquille ragazze, è tutto okay. I miei genitori sono morti da otto anni, è nel passato, ormai - che bugiarda, volevo vendicare quella morte che non era affatto nel passato.
–E poi con la violenza non si risolve nulla - sorrisi loro. Disse colei che uccise chiunque tentasse di fermarla.
Ah, quel demone mi aveva davvero resa simile a lui, se fosse stato qui si sarebbe compiaciuto di quel discorso.
Ma che diamine vado blaterando! Non lo voglio mica vedere, solo lui mi manca!
Le lezioni ripresero ma seguirle fu più complicato perché l’idiota di Cain ora era sveglio e aveva iniziato a infastidirmi come se non esistesse un domani.
E, dopo un ennesimo battibecco, il professore ci riprese.
-Signorina Night, le dispiacerebbe mettere al corrente me e la classe di cosa state parlando lei e il signor Blaze? – e, per la gioia di tutte le sue fangirls sparse per il mondo, ecco a voi il demonio che fa pure l’insegnate. Solo una parola: snervante.
-Nulla professor Michaelis, stavo spiegando a Blaze una cosa che non aveva capito -.
-Sono qui per questo, signorina Night, non mi hanno assegnato la cattedra perché sono un incompetente. La prossima volta si rivolga a me, signor Blaze e non alla sua compagna. Bene, riprendiamo pure – sorrise serafico. Irritate, antipatico, stronzo, pervertito, maniaco!
In genere ero una persona calma e controllata, ma quel maledetto demone mi stava portando al limite. E mi aveva addirittura ripreso davanti a tutti. Lo avrei ucciso, anche se non era possibile, io ci sarei riuscita.
C’era da dire, però, che ultimamente non riuscivo proprio a capirlo. Da quando eravamo tornati a Londra, si comportava in modo alquanto strano, quasi come se fosse… umano. Immaginare lui umano mi fece rabbrividire.
-Ehi Night, a cosa pensi? A quante stelle ci sono nel cielo? Fossi in te non le conterei, o ti verranno le verruche - nemmeno in mensa riuscivo a stare tranquilla.
Cain mi si era seduto di fronte e, in seguito, erano sopraggiunte anche le ragazze.
-No, Cain, non pensavo alle stelle, ma alla grandezza del buco nero che si trova al posto del tuo cervello - iniziai a mangiare.
-Lo so che mi ami novellina, inutile nasconderlo. A proposito di buchi, perché quella benda? Ti hanno cavato un occhio? – il suo modo di ingozzarsi equivaleva a quello di un maiale.
In effetti, avevo rimesso la benda, perché il marchio era ritornato al suo posto. Non sopportavo quegli spostamenti, già odiavo lo odiavo e ogni spostamento mi toglieva un grande quantità di forze.
-Cosa? – risposi con la forchetta ancora in bocca.
-Non fare caso ai modi di Cain, comunque, perché hai quella benda? – mi fissò intensamente Iris.
-Forza facci vedere - Lucy allungò la mano verso di me.
-No! – le bloccai la mano a mezz’aria, allarmata.
Erano tutti sorpresi, addirittura Cain aveva smesso di mangiare momentaneamente.
-Questa è… u-una brutta cicatrice che mi è rimasta dopo l’incidente in cui sono morti i miei genitori, per questo non permetto a nessuno di vederla… scusate, devo congedarmi - mi alzai e, a passo lento e aggraziato, me ne andai.
Va bene, lo ammetto, scappai come se non ci fosse un domani. Non era stata una delle migliori idee che io abbia mai avuto, ma era l’unica che avevo in quel momento.
Passò anche l’ora di pranzo, le lezioni stavano per iniziare e non avevo trovato ancora nulla di utile.
Stranamente, tutti e tre avevano in comune alcuni luoghi, probabilmente o erano amici e s’incontravano spesso lì, o erano delle strane coincidenze.
Stavo andando in classe, quando nel corridoio fui bloccata da Nathan che, a quanto pare mi stava cercando.
Cielo, quando la smetteranno tutti di importunarmi?
-Ah… eccoti… finalmente ti ho trovata Scarlet… - disse col fiatone, doveva aver corso parecchio.
-Volevo chiederti in quale dei club scolastici vorresti entrare - mi condusse fino in sala professori, causa iscrizione obbligatoria ad almeno uno dei club scolastici.
Ora che lo guardavo meglio non era così esile, cioè non era al livello di Cain in fatto di muscoli, ma ce n’erano.
Alla fine, scelsi il club di musica, era da un po’ che saltavo le mie lezioni e, conoscendolo, quel diavolo me le avrebbe sicuramente fatte recuperare.
Finalmente, le lezioni finirono e riuscii a sgattaiolare nella mia stanza, che si trovava al quarto piano, di fronte alla stanza di un professore. Vi lascio immaginare chi fosse.
I dormitori maschili e femminili erano vicini e condividevamo il piano con quelli dell’ultimo anno. Ovviamente, i dormitori si trovavano in una struttura a parte, annessa alla scuola ed erano suddivisi stranamente:
  • Piano terra: sala comune del triennio;
  • 1°piano: sala comune del 4° e 5° anno;
  • 2°piano: dormitori misti del 4° e 5° anno;
  • 3° piano: dormitori misti del 1°,2° e 3° anno;
  • 4° piano: dormitori misti del 6° e 7° anno;
  • 5° piano: terrazzo.
Le classi di 6° e 7° anno non avevano bisogno di una sala comune, perché avevano il permesso di uscire dal collegio, quindi molti ne approfittavano.
Durante la ricerca della mia stanza, avevo incontrato Nikolaj, e mi era parso abbastanza pallido. Condivideva la stanza con altri due ragazzi (di cui non ricordo il nome) e sembravano due tipi apposto.
Al contrario di Nikolaj, io non condividevo la mia stanza con nessuno perché le camere erano già state tutte occupate, quando si chiama fortuna.
Ovviamente, erano presenti le docce separate per ragazze e ragazzi, ma avevo escogitato un sistema perché nessuno vedesse la mia schiena. Non potevo mica evitare di lavarmi.
La mia stanza non era niente male, le pareti erano color caramello e il letto era di una piazza e mezza. Di fronte vi era il bagno (senza doccia, dato che era in comune) ed erano presenti un armadio, una specchiera, un tappeto color pesca, una scrivania provvista di portapenne, computer e abat-jour.
Non avevo le finestre, ma un balcone che si affacciava sul cortile del collegio. Tutto era in ordine, sicuramente Sebastian si era occupato di sistemare tutto.
Uscita, chiusi la porta a chiave. Sarebbe stato meglio fare un altro giro, dovevo imparare a muovermi. Dopo aver controllato tutto l’edificio, andai verso scuola.
Però, molte cose non tornavano: com’erano potuti sparire tre ragazzi, nonostante nessun luogo fosse isolato?
E com’era possibile che nessuno avesse visto John Stras prima della sua morte?
Tre persone non potevano essere scomparse nel nulla senza lasciare traccia. Forse controllare i loro curriculum scolastici e cercare di capire che tipo di persone erano, poteva essermi di qualche aiuto.
Gli altri studenti non erano a conoscenza dell’accaduto; si era optato di raccontare che erano ritornati a casa per un periodo di tempo, in modo tale da evitare la diffusione della notizia e che tutti andassero in panico.
Le famiglie erano tese come corde di violino, mentre quella di John si era addirittura dimenticata di avere un figlio, e non sapevano nemmeno che frequentasse il college. Strano, troppo strano.
-A quanto pare, non era per nulla in buoni rapporti con la sua famiglia – disse Sebastian, dopo aver chiuso a chiave la porta del suo ufficio.
-Già, e io mi chiedo dove abbia preso tutti quei soldi, la sua famiglia è quasi sul lastrico -.
-In effetti, anche questo particolare è ambiguo, oltre al suo aspetto. È sicura di sentirsi bene, Signorina? -.
-Io sì, Nikolaj forse no, devo andare a controllare come sta. E poi, tutti questi misteri e strane coincidenze iniziano a darmi sui nervi – mi massaggiai la testa.
-Si rilassi, è ancora il primo giorno d’indagini, non può mica pretendere che la verità salti fuori così -.
-Se lo dici tu -.
-Ha qualche dubbio sulla morte di John Stras, vero? -.
-Esatto, ma smettila di leggermi nella mente -.
-Che cosa non la convince? -.
-Il cadavere. Nella foto non era ben visibile il volto e il fisico mi sembrava diverso, e il fatto che fosse completamente bruciato non ci dà la certezza che fosse proprio di John -.
-Eppure i vestiti erano i suoi -.
-Può essere che l’assassino gli abbia cambiato i vestiti, ma queste sono solo supposizioni -.
-Giusto. È meglio che lei si vada a riposare, la vedo abbastanza pallida e nervosa -.
-Avevo già in mente di farlo, fammi sapere se scopri qualcosa, in caso continueremo le indagini domani -.
Mi mossi lentamente per uscire dal suo ufficio. Il coprifuoco era scattato già da un pezzo, non mi conveniva farmi beccare dal custode. Quello odiava tutti gli studenti, specialmente i nobili. Non ci avrebbe messo molto a tentare di farmi punire, se non espellermi completamente.
-Signorina –.
-Cosa – ero quasi arrivata alla porta.
-Stia attenta alla giornalista e ai ragazzi del settimo anno -.
-Non ce n’è bisogno, sono ancora brava in autodifesa –.
-Un passo falso e la faccio espellere – sorrise mellifluo.
-Non lo farai, demone -.
-Non ne ha la certezza. I demoni non fanno promesse -.
-Ovviamente, se tu provassi solo lontanamente a tradirmi, ti costerebbe tutta la fatica fatta, o sbaglio? -.
-No, affatto, Signorina -.
-Bene detto questo - non finii la frase, che mi ritrovai catturata tra le sue labbra, in un bacio vorace. Quando ci staccammo, ero nel più completo imbarazzo.
-Idiota – me ne andai via, rossa in volto.
-Buonanotte anche a lei, Signorina -.

Note dell'autrice:
Salve! Sono resuscitata si! Inutile dire che ero sommersa dalla scuola e che per la mia gioia ho finito (per ora)! 
Finalmente le indagini sono iniziate! E come tutti immaginavano Sebby è di nuovo un professore (Nda. Me: fangirlismo acuto si Nda. Touko: Shh! Il prof. Michaelis piace) anche se l'idea di vederlo nei panni d'inserviente m'ispirava parecchio.
Bene, non dico altro, o rischio di spoilerare, avevo in mente di fare uno speciale sul Natale (ora ho sia più tempo che ispirazione) fatemi sapere se l'idea vi attira!
I hope you enjoy it! Sayonara, alla prossima!

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Capitolo 14
*** Capitolo 12 ***


Angolino dell'autrice:
Konnichiwa minna-san^^ Ho messo l'angolino all'inizio per avvisarvi di un piccolo SPOILER in riferimento al capitolo 105 del manga, per quanto riguarda gli Shinigami. Chi non legge il manga potrebbe non coglierlo, ma non importa, non è necessario per quanto riguarda il filo conduttore della storia, è solo un'idea avevo in mente da un po'. Bene, detto questo vi lascio il capitolo, e fatemi sapere se volete un'immagine di Scarlet nel prossimo capitolo. I hope you enjoy it. Sayonara, alla prossima!

 
Quando credi il peggio non possa esistere, è capace di superare se stesso
I giorni a seguire mi fecero sprofondare nello stress, pesanti come macigni che gravavano sulla mia schiena. Cain diventava sempre più insopportabile, stava entrando a far parte della mia lista nera.
Era insopportabile, ribelle, cafone, sfrontato, aggressivo, delicato come un elefante in un negozio Swarovski e chi più ne ha più ne metta, ma infondo, molto nel profondo, doveva avere anche lui i suoi lati positivi. Nessuno nasce cattivo, dopotutto.
Per quanto riguardava il caso, avevo scoperto alcune cose interessanti: i tre erano amici e frequentavano gli stessi luoghi, nonostante John fosse un anno più piccolo rispetto a loro e, ancor più sorprendente, il QI di John era il più alto di tutta la scuola, se non dell’intero paese.
Non si intrattenevano nelle sale comuni degli altri anni perché uscivano ogni pomeriggio, e quando non era possibile, si ritrovavano in una delle loro stanze ad architettare chissà cosa. Molti credevano fosse un progetto di scienze e, le ragazze in particolare, pensavano che facessero qualcosa di vietato ai minori, perché delle volte si sentivano strani rumori.
Tutti e tre erano molto affascinati, e avevano avuto molte ragazze, specialmente Kevin e Lucas, ma nessuno di loro tre aveva una ragazza, attualmente.
Ma questi erano solo futili dettagli.
Tutte queste informazioni, mi avevano tenuta sveglia diverse notti a fare un quadro completo della situazione, e ultimamente iniziavo a subirne le conseguenze. Senza dimenticare che era iniziato il periodo dei test, un altro problema che mi portava spesso a sospendere le indagini, e così l’unico momento libero che mi rimaneva era la sera tardi.
L’unico che sembrava non accusare alcun disturbo, anzi era di ottimo umore, era quel demone. In quest’ultimo periodo era troppo “felice”, si divertiva a riprendermi sempre più spesso. Più passavano i giorni e più meditavo a come vendicarmi una volta tornati alla villa.
-Signorina Night, la aspetto nel mio ufficio durante la pausa pranzo – mi disse, mentre stavo uscendo dall’aula per andare alla lezione seguente.
-A dire il vero, io dovrei mangiare, professore -.
-Non ci vorrà molto, Signorina. Se poi non può proprio aspettare allora si porti qualcosa dietro – e detto questo se ne andò, con un irritante sorrisetto dipinto sul volto.
-Sbaglio o Michaelis ti odia? – mi disse divertito Cain.
-Ma no, mi ha solo intimato di andare nel suo ufficio e di saltare il pranzo, solo perché lui deve parlarmi e non vuole aspettare. Tu che ne dici? – risposi sarcastica.
-Penso tu sia la prima persona che riesce a farsi odiare da un professore, senza infrangere un minimo di regole-.
-Lo penso anch’io -.
-Se non voleva aspettare, perché allora non ti ha convocato subito? – Lucy mi si affiancò.
-La prossima ora abbiamo filosofia, e sa che io odio quella materia. Figurati poi, se uno come lui fa saltare le lezioni - sbuffai.
-Però, devi ammettere che è un gran bel pezzo di gnocco -.
-Oh no, non voglio sentire questi discorsi. Salto la prossima lezione. Addio – Cain si dileguò in fretta.
-Allora? – insistette Lucy.
-Non iniziare, bello quanto vuoi, ma non lo sopporto – disse quella che lo stava baciando fino alla sera prima. Non era colpa mia se a quello girava di baciarmi quando gli pareva, la mia unica colpa era solo di non essere riuscita a prevedere le sue mosse, tutto qua.
All’ora di pranzo mi recai nell’ufficio di Sebastian. Poco prima di entrare, una ragazza mi urtò. Barcollando leggermente, si scusò e se ne andò in fretta e furia.
-Siamo popolari eh, professor Michaelis? – chiusi a chiave la porta, per evitare eventuali interruzioni.
-Ah, queste giovani donne, come sono coraggiose al giorno d’oggi – rigirò più volte tra le mani quella che sembrava una lettera, ricevuta sicuramente dalla ragazza con cui mi ero scontrata qualche minuto prima.
Mi sedetti comoda e tirai fuori dalla borsa il sacchetto col pranzo. Mi guardò perplesso mentre addentavo un panino preso al drive-in di fronte al liceo.
-Che c’è? Non te ne darò un pezzo - deglutii. –E poi tu avevi detto che se non riuscivo a resistere potevo portarmi dietro qualcosa -.
-Non pensavo mi prendesse sul serio -.
-Nemmeno io credevo tu facessi sul serio quando mi hai intimato di venire da te. Ah, e se te lo stai chiedendo, Cain mi ha fatto il favore di prendermi il pranzo, ha saltato filosofia -.
-E da quando Blaze è così il disponibile con lei? – chiese con una lieve (per non dire atroce) punta di irritazione.
-Sono i segreti a rendere una donna tale, no? Avanti, apri quella dichiarazione e leggi ad alta voce, sono tutta orecchi – sbattei più volte le mie lunghe ciglia, giusto per fare scena.
-Non sarei per nulla un gentiluomo, se sventolassi ai quattro venti i sentimenti puri di una giovane donzella – disse in tono melodrammatico. Alzai gli occhi al cielo.
-Posso comprendere che hai vissuto a lungo nell’800 e che dovevi tenere un certo linguaggio col tuo padrone, ma non ti sembra di esagerare? Cielo, siamo nel XXI secolo – gli scoccai un’occhiata annoiata.
-Non mi sembra il caso di nominare gente non presente – qualcosa mi diceva che avevo toccato un argomento delicato.
-Non ti piace parlare di… come si chiamava… Phantocci? –.
-Phantomive, Ciel Phantomive – mi riprese, irritato.
-Non mica è colpa mia se avevano nomi strani – sospirai. -E dimmi, com’era vivere nell’800? – chiesi curiosa.
-Che dire, non mi faceva né caldo né freddo, eseguivo solo gli ordini del mio padrone – disse atono.
-Che tipo era Phantomive? Raccontami qualcosa di lui -.
-Il signorino era una persona veramente viziata e arrogante, proprio come lei – sorrise serafico.
–Era un nobile, a servizio della regina Vittoria, rivestiva la carica Cane da Guardia e gestiva completamente da solo la Futom Company, che si occupava della vendita di giocattoli. Era davvero molto abile nei giochi, soprattutto a scacchi, non perdeva mai una partita. Molti credevano che fosse solo un povero bambino sventurato, ma nessuno, oltre a me, sapeva quanto poteva essere perfido e calcolatore – sorrise nuovamente. Che stesse ricordando i vecchi tempi?
-E che desiderio aveva espresso? -.
-Questi non sono affari suoi – mi riprese duro.
-Uff, quanto sei noioso- sbuffai. -Quindi, non puoi raccontare i particolari dei tuoi contraenti –.
-È pur sempre un contratto, anche se non proprio approvato. Come mai questa improvvisa curiosità per i miei precedenti padroni? – mi chiese sospettoso.
-Semplice curiosità, questo ragazzino mi assomigliava parecchio -.
-Già. L’unico contraente che mi ha soddisfatto più di tutte le anime che ho divorato nei secoli, fino ad oggi – sorrise maligno.
Non volevo chiedergli altro, non volevo sentirmi dire di essere inferiore.
-Allora? Ti decidi ad aprire quella lettera? – sviai il discorso.
-Le ho già detto che non la leggerò – mi riprese rigido.
-Aprila e leggi cosa c’è scritto, è un ordine – sbuffai irritata, non avevo mica tutto quel tempo da perdere appresso a lui. Le indagini dovevano continuare.
-Come desidera – sospirò esausto.
La aprì lentamente, quasi a farlo apposta. Non quasi, sicuramente per farmi irritare. Quando finalmente la aprì, avrei preferito non sapere cosa diamine ci fosse in quella busta.
-Altro che lettera d’amore – dissi osservando una delle foto contenute all’interno di quella busta.
-Non pensavo che le donne umane, al giorno d’oggi, per conquistare un uomo arrivassero a tanto – sorrise divertito.
-Fortunatamente non vivo in mezzo a questo tipo di persone – riposi la foto, schifata.
-Nemmeno le meretrici di quei tempi sarebbero mai arrivate a tal punto per compiacere un uomo. E ammetto che avevano un certo charm –.
Dovevo aver fatto una smorifia decisamente schifata, per aver fatto ridere il mio interlocutore. Fece per dirmi qualcosa, ma lo bloccai subito.
-Non voglio sapere per quale oscuro motivo tu sia andato in quel genere di luoghi, risparmiati pure le spiegazioni -.
-Gelosa, my Lady? Dovrebbe saperlo che per me esiste solamente lei – sorrise malizioso.
“Si, la mia anima semmai” avrei voluto dire, invece mi limitai a rispondere: -Non dire idiozie, e dimmi il vero motivo per cui mi hai fatto saltare il pranzo – buttai le carte del mio delizioso pasto.
-Se per lei mangiare tre hamburger con doppio formaggio fuso al bacon vuol dire saltare il pranzo, oso immaginare cosa farebbe se rimanesse a digiuno – ridacchiò.
-Stai cercando di insinuare qualcosa sul mio appetito e sulla mia alimentazione? – lo guardai male.
-Assolutamente nulla -.
-Bene, allora? Non ho tutta la giornata – mi guardai le unghie.
-Ho indagato sul cadavere di John Stras, sul quale aveva detto di avere dei dubbi -.
-E cosa hai scoperto? -.
-Che quello era davvero John Stras, ma non è lo stesso ragazzo che frequentava questo college. Le foto non corrispondono e, oltre al vero John Stras trovato morto, non esistono altri omonimi in tutta l’Inghilterra -.
-Quindi il ragazzo che frequentava questa scuola non era il vero John Stras. Ora capisco perché la famiglia non ne era a conoscenza. Ciò non spiega il perché non sapessero nulla, è pur sempre figlio loro -.
-Mi sono posto anche io questa domanda e alla fine sono arrivato ad un’unica conclusione: il ragazzo era stato abbandonato in ospedale, alle cure dei medici, appena è venuto alla luce -.
-Perché? – chiesi solamente. Non sarei mai riuscita ad approvare un’azione simile. Era solo un neonato, contro un mondo crudele, troppo forte per una creatura così piccola.
-Perché, come ben sa, la famiglia Stras ha parecchi problemi economici, e non potevano permettersi il lusso di avere un altro figlio, non in quelle precarie condizioni. E, secondo la mia opinione, non lo volevano nemmeno un altro figlio. Solo sei mesi dopo qualcuno ha deciso di adottarlo, ed è stata un’anziana signora, deceduta qualche mese fa -.
-Capisco, e tu come hai fatto a sapere tutto ciò? -.
-Una vecchia conoscenza mi ha dato una mano -.
-Chi, Voldemort? – ridacchiai. –Seriamente, ma da quando tu hai degli amici? – chiesi ironica.
-Amici è una parola grossa, diciamo che è una persona che mi stima molto – fece un vago cenno con la mano.
-Non starai parlando mica di quello Shini-qualcosa… come si chiamava… Grell? -.
-Oh, no, Sutcliffe ha finito di scontare la sua pena il secolo scorso, per fortuna. Comunque si chiamano Shinigami, signorina -.
-Te lo ripeto, sono nomi difficili da ricordare. E chi parli allora, di Undertaker o di William T. Spears? -.
-Nessuno dei due. Ho perso le tracce di Undertaker quando ero ancora col signorino, mentre per quanto riguarda Spears, anche lui ha finito di scontare la sua pena il secolo scorso. Comunque, non mi avrebbe mai aiutato, mi odiava parecchio a quei tempi. E pensare che una volta eravamo amici – disse con finto rammarico.
-E allora di chi parli? Di Ronald Knox? -.
-Knox è tornato a Londra qualche ora fa. Le manda i suoi saluti insieme a questa – tirò fuori una rosa nera dal nulla.
-Che buon odore, viene da Hafteti? – sorrisi leggermente.
-Esattamente. E Knox mi ha chiesto di riportarle testuali parole: “Durante la mia permanenza in Turchia, sentendo parlare di queste rose dal colore inusuale, che crescono solo in questo piccolo angolo di mondo, ho pensato subito a te, Scarlet. Il suo colore mi ha ricordato i tuoi lisci e setosi capelli corvini, e il suo profumo inebriante, il tuo carattere passionale” -. Ridacchiai tra me e me.
Avevo incontrato Ronald durante una mattinata in giro per la capitale francese. Mi aveva preso in simpatia e, essendo una vecchia conoscenza di Sebastian, mi ero presa il lusso di farla pagare un po’ a quel demone, per avermi versato “accidentalmente” addosso il tea quella mattina, dopo essere uscita di nascosto. Lo avevo trovato interessante e, dopo qualche bicchierino di troppo, mi aveva spiattellato parte del passato di Sebastian, o almeno quello che sapeva. Purtroppo, il suddetto demone, mi aveva trascinato via non appena lo Shinigami aveva iniziato a raccontarmi qualcosa di Phantomive.
-Il solito dongiovanni, non si risparmia mai – sorrisi guardando l’ora.
-Dovrei sbrigarmi, le lezioni a breve staranno per ricominciare. Ora dobbiamo solo trovare il falso John, e con lui troveremo anche Kevin O’ Lambert e Lucas Nigel, cosi ce ne potremo tornare tutti alla villa. Questo posto mi ha stancato -.
-Ha fatto centro, my Lady - sorrise mellifluo. -E io so proprio da dove potremmo cominciare -.
Lo guardai interrogativa, alzando un sopracciglio.
-Osservando bene le foto di cui la mia presunta ammiratrice mi ha gentilmente fatto dono, le sono sfuggite un un paio di cose che potrebbero tornarci utili –. Non avevo molta voglia di guardare quel tipo di foto, indizi o non. Gli ero grata di non avermele fatte ricontrollare, avrei rischiato di rigettare il pranzo.
-Però, prima dovrei parlare con la ragazza in questione. Sa più di quanto non vuole farci credere, e queste foto sono solo un modo per attirare l’attenzione -.
Riflettei un momento. Sebastian era parecchio persuasivo, specialmente quando voleva sapere qualcosa, e quella ragazza era molto interessata a lui. Non mi sorprendevo, sapevo bene quanto poteva essere attraente, infondo era il diavolo.
-Sebastian, è un ordine: scopri tutto il possibile riguardante il caso da quella ragazza. Non mi interessa come, basta che tu ottenga quelle informazioni – alzai la benda, e il marchio iniziò a pizzicare. Sicuramente si era illuminato, faceva sempre così quando usavo il suo potere.
-Yes, my Lady – si inginocchiò di fronte a me, e mi baciò la mano. Nei suoi occhi, una moltitudine di sfumature rossastre si illuminavano a ogni mio ordine, e ogni volta rimanevo incantata, come se fosse la prima.
A quel breve contatto il mio corpo tremò leggermente, e le mie guance iniziarono a tingersi di rosso. Mi voltai e rapida mi avviai verso la porta. Qualcosa stava vacillando in me, e non potevo permetterlo.
-Giovanni Sparso -. Mi bloccai di colpo. E ora cosa c’entrava quello Shinigami fallito?
-Il conte Sparso mi ha fatto questo “favore”, in cambio vuole che lei vada al ricevimento che ha organizzato questa sera -. Ah, già… oltre a fare lo Shinigami a tempo perso, dirigeva il mercato di droga londinese.
Non era un mio socio, aiutante o qualcosa del genere, ma qualche volta si rendeva utile. Sapevo essere persuasiva quando volevo. Sospirai, irritata.
-Lo prendo come un sì – e detto questo uscii dal suo ufficio e andai in camera. Saltai le lezioni pomeridiane fingendomi malata. Dovevo prepararmi per il ricevimento, anche se non avevo la minima voglia di andarci.
La sera arrivò presto, forse anche troppo. Fortunatamente era sabato, e molti avevano il permesso di ritornare dalle loro famiglie durante il week-end. Addirittura quell’antipatico di Crotchety, il custode, si era preso il fine settimana libero, tanto meglio. Sarei uscita e rientrata dal college indisturbata.
Verso sera ero finalmente pronta: indossavo un abito monospalla lungo blu cobalto, stretto sotto il seno da una fascia di perline Swarovski; la gonna, a doppio strato, scendeva morbida; a far risaltare il vestito ci pensavano orecchini e bracciali importanti, scarpe tacco dodici; avevo raccolto i capelli in un morbido chignon. La schiena era ricoperta da una stola trasparente. Tutte le mie cicatrici si erano richiuse ed erano finalmente scomparse, la crema della zia aveva fatto miracoli.
-È splendida questa sera, Signorina- Sebastian mi stava aspettando di fronte al cancello principale.
-G-grazie - mormorai, leggermente imbarazzata. Mi porse il braccio e lo afferrai decisa.
Era ora di fare i conti con quel passato che avevo cercato di dimenticare, quello più doloroso. Di lì a poco avrei dovuto affrontare quello che una volta era stato il mio primo amore.

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Capitolo 15
*** Capitolo 13 ***


Angolino dell'autrice: Salve! Sì, sono viva (dopo essere stata sepolta per un mese sotto cumuli di libri e compiti) e sono tornata con un nuovo capitolo! In aggiunta, ecco una Scarlet fatta da me, e ammetto che è stato davvero divertente, e spero che vi piaccia anche se non sono un'artista! Bene, ho parlato anche troppo I hope you enjoy it! Sayonara, alla prossima!


Say goodbye, as we dance with the devil tonight
-Avanti, Signorina, si rilassi, è troppo nervosa. Che cosa la preoccupa? – Sebastian iniziò a farmi uno dei suoi rilassanti massaggi alle spalle.
Per quanto demoniaco fosse, aveva il tocco di un angelo.
-Tutto. Tanto per dirne una, il fatto che io debba venire a questo stupido ricevimento. E tutto per colpa tua - risposi un po’ meno tesa.
Oh, insomma, chi mai inviterebbe ad un ricevimento il proprio assassino?
Anche se non l’avevo proprio fatto in modo diretto (bensì tramite Sebastian), avevo tentato di ucciderlo.
Non ricordo il motivo per cui avevo impedito a Sebastian di lanciarlo giù dalla Tour Eiffel.
-Avanti, non faccia quell’espressione cupa. Le farà bene cambiare aria - si sistemò gli occhiali.
Ancora non avevo capito la ragione per cui li indossava, se ci vedeva benissimo senza. Voleva sembrare più vecchio?
-Vecchio? – disse irritato.
Probabilmente mi aveva letto nel pensiero. Ah, beh, pazienza.
-Si prepari, appena entrati in quella sala tutti gli occhi saranno puntati su di lei: l’ultima superstite della famiglia Night – sorrise mellifluo.
Questa era la sua piccola vendetta personale per averlo definito vecchio, che bastardo. Dovevo calmarmi e riprendere il controllo, se mi fossi mostrata debole e fragile mi avrebbero colpito senza esitazione e non potevo permettermelo.
-Non si preoccupi, io sarò al suo fianco. Fino alla fine - mi baciò la mano, prima di aprire la portiera e farmi scendere.
La villa era abbastanza grande e mi duole ammetterlo, abbastanza carina, ma mai non quanto la mia, ovvio.
Era però, troppo sfarzosa: le pareti erano intrise di rifiniture dorate e ovunque erano presenti enormi lampadari di cristallo.
A lui piaceva mettersi in mostra, in questo non era cambiato affatto.
I tappeti rossi ricoprivano tutti i corridoi della villa e le scale (c’erano troppe di scale in quella stupida villa), nemmeno fossimo stati invitati a Buckingham Palace dalla Regina in persona.
Ribadisco, troppe scale e i tacchi non mi risparmiavano nemmeno un singolo scalino, fortunatamente ci avevo fatto l’abitudine. Entrati nella sala del ricevimento, tutti si voltarono nella nostra direzione.
Rimasi impassibile e continuai a camminare.
Si sollevò un mormorio incredibile, con commenti del tipo:
-Oh, guarda, quella dev’essere la contessa Night! – da parte di gente che non mi ha mia visto.
-Si dice sia soprannominata Phantom Lady, perché sono rare le volte che si fa vedere in pubblico – ecco qualcuno che ascolta le insistenti voci.
-La sua bellezza è rara! E guarda com’è giovane! – queste sono le nonnette e le donne di mezza età, la cui perfetta forma fisica che un tempo faceva impazzire qualunque uomo, era ormai svanita.
-Dicono che la benda nasconda una cicatrice che le è rimasta dopo la tragedia della sua famiglia -. Okay, questa gente era più pettegola di Lucy.
-Quel vestito le dona moltissimo, sembra fatto apposta per lei! Sembra quasi cucito su misura – ecco i commenti di qualche sarta che avrebbe voluto farmi un abito su misura.
-E’ così giovane e, ciononostante, riesce a gestire un’azienda tanto grande quanto famosa, e non perde nulla, nemmeno un penny – e, per concludere, i commenti di gente ricca e famosi imprenditori, non mancava nessuno a quanto pare.
Ovviamente, non potevano mancare i commenti perversi che mi sarei volentieri risparmiata, ma… ahimè, dovetti fingere di non averne sentito nemmeno uno.
Come immaginavo, si trattava dei giovani rampolli delle famiglie di piccola nobiltà, che si sentivano bellissimi perché di bell’aspetto (ma i miseri di materia grigia), insignificanti se messi in confronto coi veri nobili (o alla sottoscritta), ma pur sempre tali.
La piccola nobiltà esisteva ancora solamente per via dei loro antichi antenati, che erano riusciti a stento a preservare il loro sangue fino ad oggi. Neppure alla regina stavano simpatici.
La motivazione?
Beh, nemmeno a me è dato di sapere determinate cose.
«A quanto pare non sono l’unico a pensare determinate cose, my Lady» mi disse telepaticamente Sebastian.
«Che razza di pensieri perversi fai il giorno? Oltre ad essere un demone, sei pure un pervertito» lo guardai male.
«È davvero sicura di volerlo sapere, Signorina?» fece scendere la mano sul mio fondoschiena, senza farsi notare da nessuno.
Impallidii, immaginando solo cosa mai gli potesse passare in quella testa bacata.
«Numero uno: togli immediatamente quella mano dal mio fondoschiena e numero due: no, questa preferisco risparmiarmela.
Cielo, che fatica sopportare te e questi idioti» risposi acidamente. Era dura non potergli tirare nemmeno un pugno.
-Oh, Scarlet finalmente! – una donna mi venne incontro.
-Madame? Cosa ci fa lei qui? – dissi sorpresa.
Ringraziavo la capacità di quella donna per riuscire tirarmi fuori ogni volta dai quei discorsi… inopportuni.
-Vieni, ti devo far conoscere assolutamente alcune persone- non ebbi nemmeno il tempo di obiettare, che la zia mi trascinò via con se.
«Sebastian, scopri qualcosa di utile e con qualunque mezzo necessario, è un ordine» gli ordinai telepaticamente.
«Yes, my Lady» mi sorrise, prima che lo perdessi di vista, per via delle troppe persone presenti in quella sala.
La zia mi fece conosce troppi ragazzi: molti erano quelli dei bei commenti. Qualcuno di loro mi aveva addirittura palpato il sedere, e dovetti far ricorso a tutto il mio autocontrollo per non rompergli il braccio.
Ogni volta la zia se ne usciva fuori con la scusa che dovessi dare un’occhiata in giro, e poche furono le persone importanti a livello di affari, con cui non ebbi nemmeno il tempo di iniziare un discorso serio. Non che avessi problemi con l’azienda, ma i possibili clienti non erano mai troppi.
Poco dopo, anche molte ragazze e giovani donne si presentarono, nella speranza di potersi avvicinare a me in qualche modo.
Quanto potevo odiare tutta quell’ipocrisia, credevano che fossi così stupida da non capire quale fosse il loro unico obiettivo.
Sapevo benissimo d essere l’argomento principale in quella sala, già prima di entrarci.
Stavo parlando con una signora, quando la musica partì e in lontananza vidi Sebastian che si stava avvicinando.
Mi congedai dalla signora con una scusa e lo raggiunsi.
-Mi concede l’onore di questo ballo, Signorina? – l’idiota, oltre ad aver indossato una maschera e ad essersi cambiato completamente d’abito (senza un apparente motivo), mi stava facendo perdere la pazienza.
Roteai gli occhi in aria, prima di accettare il suo invito.
La musica partì: era una di quelle canzoni lente e smielate che mi facevano venire il voltastomaco, ma per una volta ringraziai di dover ballare un lento, con quell’abito mi era già difficile camminare, immaginiamoci ballare.
-Allora, scoperto qualcosa? – chiesi a bassa voce, mentre gli mettevo le braccia intorno al collo.
-Nulla di certo - mi strinse a se. – Sembra che i predecessori del conte, si trovassero in ottimi rapporti con sua famiglia – iniziò a farmi ondeggiare dolcemente.
-Davvero? – sussurrai stordita.
-Si - mi fece far una giravolta, riprendendomi ancora più forte a se. Mancai di un battito.
-Ma, a quanto pare, qualcosa è andato storto e le due famiglie hanno interrotto ogni rapporto. Forse potrebbero essere collegati all’incendio di otto anni fa - mi guardò intensamente.
C’era qualcosa che non quadrava nei suoi modi, ma non riuscivo a pensare lucidamente, avendo il suo respiro poco distante dal mio orecchio.
-E cosa quindi cosa dovrei fare? – lo guardai frastornata.
-È semplice - mi sorrise. –Vada a parlare col conte - la musica finì e anche la nostra discussione, con un’ultima giravolta.
Il cuore mi saltò in gola quando, non solo vidi il conte in veranda, ma anche quando mi ritrovai Sebastian a pochi centimetri dal mio volto.
-E la sua occasione, raggiunga il conte, io ora vado a spezzare un braccio a chi ha osato toccarla. Non hanno ancora capito che lei è mia - mi sussurrò con voce suadente.
Dopo aver fatto ricorso a tutta la mia buona volontà per non arrossire, ci dividemmo, ma non appena mi spostai, tantissime persone mi accerchiarono, per vari motivi. Inoltre, si stava avvicinando Tony Doberman. Evviva, solo lui mancava all’appello.
«Sebastian, crea un diversivo» ordinai mentalmente.
«Yes, my Lady» alla sua risposta le luci si spensero e corsi sul balcone. Non appena si riaccesero, Sebastian improvvisò uno spettacolo di magia. Qualcosa mi diceva che il poveretto che mi aveva palpato se la sarebbe fatta sotto durante il numero delle spade.
-Ah, finalmente, Scarlet - odiavo il suono della sua voce.
Mi girai e vidi il conte con un bicchiere in mano, che mi indicava una finestra che conduceva all’interno di una stanza, sullo stesso balcone. Entrai.
Quando sentii la serratura scattare alle mie spalle, capii che mi stavo cacciando in un guaio bello grosso.
Dovevo trovare il modo per uscire di lì, il più presto possibile.
-Meglio, vero? Ora possiamo parlare senza il rischio che qualcuno ci interrompa - chiuse la tenda e gettò a terra il bicchiere.
-Almeno i tuoi modi sono leggermente migliorati. Deduco che tu abbia finalmente imparato le regole di buona condotta – dissi sarcastica, pensando a cosa mai gli avesse fatto di male quel bicchiere per essere scaraventato così malamente.
-Disse colei che stava per buttarmi giù dalla Tour Eiffel - rise.
-Peccato che non l’abbia fatto davvero. Allora, cosa vuoi? E arriva al sodo, so che non hai aiutato Sebastian per essere gentile - mi sistemai i capelli.
-Lo sai. Voglio una risposta alla proposta che ti ho fatto a Parigi - rispose seccato.
Già, mi aveva chiesto di fidanzarci ufficialmente e non eravamo nemmeno fidanzati. Per quale motivo, poi?
-Strano credevo di averti risposto Shin o meglio, conte Sparso, o come cavolo ti fai chiamare - risposi sarcastica.
-Lanciarmi giù dalla Tour Eiffel non è una risposta - incrociò le braccia.
-Lanciarti quasi giù - sottolineai.
-Comunque, se vuoi una risposta, dovrai rispondere alle mie domande prima. Sui tuoi predecessori - mi sedetti su una poltroncina lì vicino. Sospirò, poi si sedette di fronte a me.
-Che vuoi sapere, come li ho uccisi? – mi chiese decisamente annoiato.
-No, quelli sono fatti tuoi. Parlami piuttosto dei rapporti che avevano con la mia famiglia - risposi secca, scacciando un ciuffo ribelle.
-Non cambi mai, anche all’epoca eri la stessa - sorrise.
-Non cambiare discorso e rispondi - lo guardai scocciata.
-E va bene, non ti arrabbiare. A quanto pare tuo padre, se non erro, arrestò un membro della famiglia Sparso e, appena questi lo vennero a sapere, si creò tra le due famiglie un’aspra lite, conclusasi con la rottura di tutti i rapporti commerciali e d’amicizia- rispose ripulendo il bracciolo della poltrona su cui si era seduto, con un fazzoletto.
-Tutto qui? Che mi dici dell’incendio avvenuto otto anni fa che coinvolse la mia famiglia? – chiesi, ero stanca di quelle informazioni di poca importanza.
-Incendio? Ah, sì ora ricordo. Non erano stai coinvolti in questa faccenda, e anzi, il capofamiglia mi disse addirittura che era dispiaciuto per non essere stato lui ad aver avuto quell’idea – sorrise.
-Avrei dovuto ucciderlo solo per questo ma, a quanto pare, mi hai preceduta - dissi secca.
-Già, quelle persone erano davvero noiose e prive di intelligenza, visto che si sono ritrovate a spacciare droga - disse fiero del suo lavoro.
-Non è quello che fai tu adesso? Oltre a fare lo Shinigami fallito, ovviamente. Bene, ora posso anche andare via - mi alzai.
-Ehi! Non mi hai dato ancora una risposta! Comunque, io ho più classe rispetto a loro – si alzò anche lui.
-Ne dubito. Magari te lo dirò la prossima volta, sempre se ce ne sarà una - mi diressi verso la porta.
-Avevi detto che mi avresti risposto adesso - mi prese per un polso.
-No, ho detto che ti avrei risposto, ma non era specificato il momento. Ora libera il mio polso, grazie - con un gesto mi liberai.
Non feci in tempo a fare un passo che mi ritrovai stesa a terra.
-Mi odi ancora, non è così? – mi chiese, in tono dispiaciuto.
-Noto che l’hai capito, finalmente - dissi sarcastica.
-Insomma, Letty, eppure andavamo così d’accordo. Quando ti deciderai a perdonarmi?  – mi chiese speranzoso.
-Fammi pensare… mai. E non chiamarmi Letty - gli tirai una ginocchiata allo stomaco.
-Urgh… sei migliorata a quanto noto - trattenne una smorfia di dolore.
-Ah, Letty. Ora capisco perché sei finita in quel posto. Eri bella anche allora, con quegli occhioni spaventati - mi accarezzò il volto.
-Sai, mi sono suicidato perché stavo impazzendo dal dolore a causa tua, non riuscivo a sopportare il senso di colpa. E, una volta scoperto cosa ero diventato, questi esseri insignificanti hanno avuto la sfortuna di incontrare me.
Li ho uccisi per essere al tuo stesso livello, così ti sarei potuto stare vicino come un tempo. Mi spiace che quella volta le cose siano andate in maniera diversa, ma… - gli tirai uno schiaffo. Non volevo ricordare, specialmente quel momento.
-Pff, non dire idiozie e smettila di chiamarmi così. Siamo cresciuti, ormai. Sei stato proprio tu a tradirmi e hai pure il coraggio di fare la vittima?! Non dirmi che poi saresti tornato indietro, perché sei scappato non appena ne hai avuto l’occasione! E tu saresti mio amico?! – gli sputai addosso tutta la rabbia e l’odio che da anni avevo represso.
Stette in silenzio per un momento, scrutandomi coi suoi occhioni ghiaccio, sapeva che era quella la verità.
Poi, improvvisamente, strinse la presa intorno al mio collo.
-Forse è vero, ma non più ha importanza. Hai rifiutato la mia proposta e sai che odio quando questo succede, quindi vorrà dire che ti convincerò con le cattive, Scarlet - scaraventò lontano da me la mia Desert Eagle.
-Allora, te lo chiedo di nuovo: accetta di diventare la mia fidanzata – mi aveva bloccato i polsi ai lati dalla testa.
Per tutta risposta, gli sputai in faccia. E lo centrai anche in un occhio, che soddisfazione.
-E va bene, te la sei cercata, Letty – e poco dopo, la sua presa sui miei polsi divenne ancora più ferrea.
Avevo già capito cosa voleva fare, e cercai di liberarmi, ma invano, ero bloccata sotto di lui. Ora era lui ad essere più forte. Un Dio della Morte contro un’umana qualsiasi.
-Hai davvero un buon profumo, Scarlet – sussurrò, passando la sua lingua sul mio collo.
-Levati di dosso! – cercai di sgusciare via dalla sua presa, inutilmente. Poi, premette le sue labbra sulle mie, cercando in tutti i modi di approfondire quel bacio.
Non glielo permisi e lo morsi così forte, che credevo di essere riuscita a farlo sanguinare.
Si ritrasse con un mugolio, mentre lo guardavo fredda.
-Non pensavo che ti piacesse il gioco duro fino a questo punto, e io che volevo essere gentile. Ma a quanto pare devo essere brutale in tutti i sensi – e poco dopo, della gonna del vestito rimaneva poco o nulla.
-Mi dispiace davvero tanto, ma io ti avevo avvertito: non puoi rifiutare una mia proposta senza subirne le conseguenze – e senza perdere tempo, sollevò leggermente la stoffa del mio abito, ormai sgualcito; non c’era più nulla a coprirmi, se non i miei slip.
No. Non di nuovo. Non volevo che succedesse. Nessuno poteva, nessuno doveva toccarmi.
-La prego di non toccare la mia Signora. La prossima volta non sarò così gentile - Sebastian aveva scaraventato Shin nel muro, poi mi aveva presa in braccio ed era saltato via dal balcone.
Ero immobile, a metà tra la voglia di urlare e quella di piangere. Mi aveva umiliata nel profondo, facendo tornare a galla tutti quei brutti ricordi pieni di dolore e sofferenza che avevo cercato di cancellare. Un dolore che proprio aveva causato proprio lui, che diceva di amarmi. 

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Capitolo 16
*** Capitolo 14 ***


Anche i demoni esprimono desideri
 
Conobbi Shin quando mi portarono in quel luogo che loro chiamavano “Sins House”.Nella Sins House c’erano davvero tanti bambini, per la maggior parte di sesso maschile.
Da quel poco che riuscivo a vedere da una piccola finestra, fuori c’era un enorme campo, completamente arido, senza nemmeno l’ombra di una piccola pianta o di un germoglio.
Come se la terra si fosse rifiutata di rinascere.
Tutto il perimetro del campo era completamente circondato da filo spinato ed era sorvegliato costantemente, giorno e notte, Eravamo stati rinchiusi in delle stanze, in quell’edificio che sembrava trovarsi ai confini del mondo, sospeso nel nulla.
Il numero di bambini era elevato, solo nella stanza nella quale ero stata collocata io eravamo in quantità minore, tutti gracili ed esili di costituzione.
Oltre a me, avevo visto solo una bambina, portata via il giorno stesso che mi buttarono lì.
Ci facevano mangiare una volta al giorno, era una sottospecie di brodino, senza né odore né sapore.
Eravamo circa venti bambini in quella stanza, tutti sporchi di terra e alcuni di sangue. Gli unici vestiti che avevamo, ormai logori, erano quelli che avevamo indossato l’ultima volta che avevamo vissuto.
I giorni erano bui e tristi, tutti monocromatici e pieni di disperazione. Quello non era vivere.
I ragazzi diminuivano col passare del tempo, alcuni per la fame, altri morti nel campo dell’edificio e, altri ancora, venduti o sottoposti a chissà quale tortura.
Quando mi avevano portata nel campo la prima volta, mi avevano fatto sdraiare a terra, insieme a dei ragazzi novizi come me, poi ci avevano marchiati, come animali.
Ogni uscita in quel campo era un massacro: ci riempivano di frustate, senza un vero motivo. Sostenevano che dovevamo pentirci e provarlo col nostro dolore, che eravamo sporchi, e che non potevamo far parte della società fino a quando non saremmo stati ripuliti da quella macchia che loro chiamavano “Grande Peccato”. Tutte balle, pensavo io.
Ogni volta il dolore era sempre più forte e ognuno di noi doveva resistere e sopportare in silenzio, per non lasciarci la pelle o peggio, essere portati via dal tizio pelato, grande quanto un armadio.
Ognuno di noi sapeva che se lui era lì presente, quel povero sfortunato non avrebbe fatto più ritorno.
Shin arrivò dopo il mio primo anno in quell’inferno.
Non parlavo, a stento riuscivo a mangiare quella robaccia che ci rifilavano e dormivo poco. Ero sempre stata una bambina di salute cagionevole, e mi sopresi di me stessa quando compresi che, se ero riuscita a rimanere in vita fino a quel momento, sarei riuscita a trovare anche un modo per uscire da lì.
Lo cercavo giorno e notte, osservavo ogni movimento ed elaboravo tanti piani quanto il tempo in cui non passavo nel campo a “depurarmi”, ma, puntualmente, ogni ipotesi aveva un punto debole e finiva male. Come conoscevo l’esito finale?
Riuscivo a imbrogliare lo sciocco ragazzino di turno, convincendolo a mettere in pratica uno dei miei piani di fuga, ma venivano beccati ogni volta e brutalmente puniti.
Solo uno di loro era riuscito a scappare, ma aveva osato sfidare quei tizi, una volta fuori. Risultato?
Una pallottola conficcata in piena fronte e noi fummo frustati il doppio, mentre ci costringevano a guardare i cani farlo a pezzi. Fu uno spettacolo davvero orribile.
Shin mi osservava sempre, come se cercasse di capire a cosa stessi pensando e, un giorno, mi rivolse la parola. Non so come, diventammo amici e cercammo di trovare una via di fuga, insieme.
Finché, un giorno, successe l’inimmaginabile.
Era il giorno del mio compleanno, ma avrei preferito non essere mai venuta al mondo.
Da qualche tempo quegli strani tizi mi avevano preso di mira, e la cosa non era affatto un buon segno.
-Beh, ovvio, penso sia la prima volta che qualcuno e specie una ragazza, resiste così tanto in questo luogo - aveva buttato lui così per dire, ma era vero.
Shin, il cui nome completo era Shinichi, era un incrocio di etnie: giapponese da parte di sua madre e inglese da parte di suo padre. Non mi disse mai cosa era accaduto ai suoi genitori.
Quando litigavamo, lo chiamavo col nome intero e lui s’infastidiva. Diceva che non gli piaceva essere ricordare le sue origini, altro segreto che mai mi rivelò.
Quando ero arrabbiata, non gli rivolgevo la parola e per farmi addolcire, mi chiamava sempre con un nomignolo che aveva inventato per me: Letty.
-Letty? - Shin mi alzò il volto, vedendomi preoccupata e iniziò a fissarmi negli occhi.
Ghiaccio vivo, era quello il colore dei suoi occhi, con cui cercava di leggermi dentro.
I suoi capelli castani, tendenti stranamente all’arancio, naturali oltretutto, erano sempre arruffati.
-Letty, oggi è il tuo compleanno, vero? – mi chiese all’improvviso.
-Hm? Oh, si è oggi - risposi assente.
-Ho un regalo da darti e sarò il primo di tutti - disse serio.
-Cos’è? Dai, sono curiosa- mi avvicinai a lui, quando all’improvviso cambiò colore.
-Ehi Shin, c’è qualcosa che non va? – gli toccai la spalla.
All’improvviso alzò la testa e mi baciò, ma prima che avessi realizzato il tutto, si era già staccato. Vedendomi confusa mi sorrise.
 –Tranquilla, andrà tutto bene. Ti proteggerò sempre da chiunque - e nel sentire quelle parole, fu come se un grosso macigno mi fosse stato tolto di dosso. Peccato che quella promessa non la mantenne mai.

 
Dischiusi gli occhi e la prima cosa che vidi fu una camicia bianca, perfettamente stirata. Eravamo tornati al collegio e mi stava portando a letto, dovevo essermi addormentata durate il tragitto.
Stavo sognando le ore prima di quel momento, di nuovo, e stringevo forte un lembo della giacca di Sebastian.
-Oh, è sveglia my Lady. Mi spiace, sono davvero mortificato - sussurrò.
Un momento, si stava scusando? Volevo dirgli di smetterla di dire quelle stranezze, ma non dissi nulla.
Ero curiosa di vedere cosa avrebbe fatto.
I dormitori erano silenziosi: ciò stava a significare che le camere erano deserte e che i pochi rimasti erano già a letto da un pezzo.
Per tutto il corridoio riecheggiavano i passi di Sebastian che saliva le scale. Aprì la porta della mia stanza il più delicatamente possibile e la richiuse subito alle sue spalle, come se avesse paura che qualcuno mi potesse vedere in quelle condizioni. Non appena poggiai i piedi a terra, caddi.
Non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi, fantastico.
-Oh avanti Signorina, non mi dica che è così debole - iniziò a stuzzicarmi.
Stavo per rispondergli per le rime, ma quando mi rialzai, le gambe non ressero il mio peso e gli finii addosso.
-Ah, è messa peggio di quanto immaginassi - mi prese al volo.
Non riuscii nemmeno a rispondere per via della frustrazione. Come diavolo mi ero ridotta? Io, Scarlet Night, la famosa Phantom Lady, mi ero fatta mettere K.O. da un paio di stupidi ricordi. Davvero patetica.
Lo sentii sospirare, poi mi prese nuovamente in braccio e mi fece sedere sul letto.
Mi spogliò, anche se dell’abito non era rimasto molto, mi fece togliere gli accessori e il trucco e, infine, mi fece indossare la camicia che usavo per dormire, e sciolse i capelli.
Erano passati anni dall’ultima volta che aveva dovuto svestirmi lui, risaliva al periodo durante il quale tornai a Londra. Non ero in grado di badare a me stessa, per via delle ferite provocatemi nella Sins House e in quell’altro luogo.
-Ecco fatto, domattina avviserò della sua “malattia”. Le basta una settimana? – mi accarezzò il volto.
Annuii lentamente, che diavolo stava facendo?
-Bene, buonanotte Signorina - mi diede un leggero bacio sulle labbra, poi fece un inchino ed uscì.
Cos’era quello? Non era da lui, non era proprio da lui.
Provai ad addormentarmi, ma fu tutto inutile.
Ogni volta che chiudevo gli occhi, rivedevo il tradimento di Shin e l’espressione di Sebastian.
Non era da lui quel comportamento e nemmeno i suoi baci erano così privi di passione.
Ma quello che mi spaventò di più, fu la sua espressione: era piena di pietà. Un demone provava pietà e verso di me. E, a quel pensiero, un senso di angoscia mi pervase.
Temevo che potesse sostituirmi, che potesse incontrare qualcuno migliore di me che me lo avrebbe portato via, nonostante il contratto. Una ragazza, forse. Odiavo l’idea di doverlo dividere con qualcun altro. Ma questo non potevo dirglielo.
Mi alzai, e stravolta senza perdere l’equilibrio. Corsi verso la sua stanza, la porta era socchiusa, chissà perché. Il rumore dell’acqua mi fece capire che doveva essere sotto la doccia.
Entrai e mi infilai silenziosamente nel suo letto.
Non ero mai entrata nella sua stanza, di solito ci incontravamo nel suo ufficio, ma dovevo ammettere che quel demone aveva buon gusto in fatto di arredamento.
-Perché non mi ha chiesto di rimanere se voleva trascorrere del tempo con me, Signorina? – sapeva che sarei andata, ecco il perché aveva lasciato la porta socchiusa.
-Volevo mettere in chiaro delle cose - mi sedetti a metà letto.
-La ascolto - si avvicinò a me.
-Numero uno: non voglio la tua pietà, non so che farmene.
Numero due: non voglio le tue attenzioni, i tuoi baci senza passione anzi, non voglio i tuoi baci, del tutto. Non ti ho chiesto nulla, non sei obbligato a- non mi fece finire di parlare che mi spinse contro il muro e mi baciò.
-Crede ancora che siano senza passione? – mi chiese malizioso.
Gli mollai un calcio nello stomaco, facendolo indietreggiare.
-Questo è per avermi definito debole, prima - lo guardai male, poi mi infilai sotto le coperte.
Si stese anche lui e mi strinse forte a se. Forse era un po’ piccolo come letto, o meglio, non era adatto a due persone
-Ho lasciato la porta socchiusa perché speravo venissi, Scarlet. Desideravo stringerti tra le mie braccia, ancora come stasera - mi sussurrò, baciandomi il collo.
Dormii stretta a lui, come se fosse il mio unico rifugio.
Sapevo benissimo che era la mia dannazione, il mio punto debole, eppure mi ci ero aggrappata, come se fosse la mia unica speranza di vita.
E lui mi aveva davvero salvato dalla morte, che sarebbe dovuta avvenire il giorno del mio tredicesimo compleanno.

Angolino dell'autrice: Salve, sono tornaata ^.^ Sì, è un orario davvero strano, dato che è sera e io odio aggiornare di sera, dato che il wi-fi è instabile, ma stasera mi ha concesso di pubblicare, quindi eccomi qua. Beh, la mia velocità nell'aggiornamento è dipesa dall'ispirazione, che ammetto non mi ha giocato brutti scherzi e il blocco dello scrittore non si è minimamente presentato stavola, in più ho avuto stranamente del tempo libero, e ora che ho concluso con le intterrogazione di questo trimestre ne avrò di più! Piango dalla gioa!
Sul capitolo non ho molto da dire, se non chè... mi è venuto all'improvviso con tanto di nome. Per quanto riguarda il prossimo capitolo vi do un piccolo indizio: Scarlet racconterà qualcosa che nasconde da parecchio tempo, già citato in questo capitolo. Okay, ho detto anche troppo.
I hope you enjoy it! Sayonara, alla prossima!

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Capitolo 17
*** Capitolo 15 ***


La vendetta non eguaglia il valore della vita umana
 
Il giorno in cui incontrai Sebastian doveva essere il giorno della ma morte, e di certo non avrei mai immaginato niente nulla di ciò che successe.
A distanza di quattro anni da quando ero stata portata li, il giorno del mio del mio tredicesimo compleanno, ricevetti uno di quei regali che non augurerei mai a nessuno.
Da qualche settimana avevo notato che il cambio delle guardie si era improvvisamente destabilizzato: il cancello rimaneva sprovvisto di sorveglianza e, addirittura, veniva lasciato aperto.
Ma, non feci nemmeno in tempo ad elaborare un piano, che fui venduta ad un ex-nobile insieme a Shin, il giorno del mio compleanno.
Ci bendarono, in modo tale che non vedessimo la strada, per paura che potessimo scappare e denunciare il tutto.
Quando potei finalmente vedere, eravamo in un grande salone, decorato tutto rosso e oro, partendo dagli arazzi appesi alle pareti fino ad arrivare ai tappeti.
Poco dopo un giovane uomo entrò nella sala: aveva i capelli castano chiaro, corti e tirati accuratamente all’indietro e gli occhi marrone scuro, la camicia bianca sbottonata ai primi due bottoni e le maniche arrotolate fino ai gomiti. Appena ci vide sembrò leggermente sorpreso, anche se credo che se lo aspettasse.
Mi fissò attentamente per due minuti buoni, prima di volgere lo sguardo su Shin e fare una smorfia disgustata; allora il mio amico rispose: “La cosa è reciproca”, cosa che gli fece ricevere uno schiaffo in pieno volto, tanto forte da farlo cadere a terra.
Fummo separati: io venni portata da una cameriera abbastanza antipatica in un’ampia camera da letto, molto disordinata; i numerosi reggiseni sparsi, mi lasciarono intendere che tipo di persona fosse quel tizio.
Cercai un modo per liberarmi e addirittura lo trovai, dovevo solo trovare una l’uscita e me ne sarei potuta andare, quindi corsi a cercare Shin.
La porta non era nemmeno chiusa a chiave, che inettitudine. Mi sottovalutavano solo perché ero una ragazzina.
Non fu facile trovare il luogo in cui era stato rinchiuso Shin, ma con parecchia fortuna, ci riuscii. Ero felice.
Ero ad un passo dalla libertà, finalmente sarei potuta ritornare a Londra dalla zia e avrei portato con me Shin.
Ma poi tutto andò storto.
Ci trovarono e Shin, mi spinse incontro a quel tizio, sussurrandomi: “Scusa, ma vuole te” e corse via.
Il nobile ghignò, abbastanza soddisfatto, mi portò in un’ampia stanza: c’erano solamente un grande letto e, ovunque, delle candele. Iniziavo a chiedermi se quella villa fosse un albergo.
Mi gettò lì e, senza avere nemmeno la possibilità di fare nulla, mi bloccò polsi.
Iniziavo ad avere paura: non capivo perché Shin mi avesse tradita. Quando iniziò a toccarmi in un modo che di casto non aveva nulla, compresi quello che voleva da me.
Fu allora che tutto mi fu chiaro: perché mi trovavo in quella casa, perché Shin mi aveva tradita, tutto combaciava.
Inutile dire che fui violata da quell’orribile mostro.
Non riuscivo a la muovermi, ero solo una ragazzina di tredici anni senza genitori, che si era ritrovata in un mondo crudele e violento, in cui il più forte schiacciava il più debole.
Eppure mi chiedevo cosa avessi fatto di male: avevo sempre ascoltato i miei genitori, avevo sempre fatto la brava bambina come mamma mi aveva sempre ammonito, ma nessuno mi avrebbe aiutata. L’unico di cui mi ero fidata mi aveva addirittura tradita.
Avevo perso la speranza, la famiglia, la mia purezza mi era stata strappata via brutalmente e chissà quando, avrei perso addirittura la vita.
Quella notte, però, dovetti ricredermi sulle creature magiche.
Lo supplicai di fermarsi, chiedevo aiuto, disperata. Non c’era molto altro che potessi fare. Alla fine, si fermò, mi sorrise e lasciò stare il mio corpo. Pensai fosse tutto finito, credetti di essere salva, ma ritornò con un coltello molto affilato in mano.
Iniziò a passare la lama sulla mia pelle, facendo sgorgare fuori il mio sangue; voleva farmi morire dissanguata.
Fu allora che iniziai ad odiarlo, a volermi vendicare di lui e di Shin, tanti i sentimenti negativi mi offuscavano la mente.
Stavo iniziando a perdere coscienza, quando apparve lui.
Le luci delle candele si spensero.
-Come è giovane questa padrona - un paio di occhi cremisi lucenti apparvero nel buio, fissandomi come se stessero sorridendo.
-Cosa sei tu - tossii.
-Qualcuno che può esaudire il tuo desiderio - apparve anche la bocca.
-Cosa vuoi in cambio - sputai sangue. Quel bastardo mi aveva infilzato nei fianchi e nel costato, prima di scappare via.
-La tua anima – sorrise mellifluo. Un demone.
Era un demone vero e proprio e, per esaudire il mio desiderio, mi stava chiedendo l’anima.
Se avessi rifiutato sarei morta, se avessi accettato, una volta esaudito il desiderio, sarei morta lo stesso.
Non cambiava molto, però avrei potuto vendicare i miei genitori e farla pagare a tutti.
Ormai non mi era rimasto più nulla, cos’altro avevo più da perdere, infondo?
-Va bene, accetto - risposi.
-Ne sei sicura? Una volta che si è rifiutata la fede diventerà impossibile accedere alle porte del paradiso - disse serio.
-Non m’importa più, ormai - dissi decisa.
-Una volta fatto il contratto non si può tornare indietro, ne sei certa? – gli si illuminarono gli occhi.
-Quanto sei insistente. Ho capito, ma non ho intenzione di retrocedere - tossii.
-E va bene, allora te lo chiederò un’ultima volta. È questo il desiderio con cui vuoi formare il contratto? – alle sue ultime parole iniziarono a vorticarmi intorno tantissime piume bianche.
-Basta! Forma il contratto e esaudisci il mio desiderio! – dissi seccata.
-Dove posso mettere il mio marchio? – mi chiese entusiasta.
-Non m’importa, mettilo dove ti pare, basta che ti sbrighi - dissi seccata, non avrei resistito ancora a lungo.
Il demone mi si avvicinò mi accarezzò il viso, poi poggiò sul mio occhio sinistro il suo marchio. L’occhio cominciò a pizzicarmi forte, fino a che non iniziò a sanguinare. Poi quel dolore svanì.
Le piume divennero nere e presero la forma di un uomo di circa venticinque anni, con i capelli neri come l’oscurità e gli occhi rossi come il sangue, vestito da maggiordomo.
-Ordini, my Lady - le candele si riaccesero, e il mio aguzzino, terrorizzato vicino alla porta, si chiedeva come fosse possibile che io avessi evocato un demone.
Peccato che nemmeno io sapevo spiegarmi come fosse possibile ciò a cui avevo accettato di prendere parte.
-Uccidili tutti e liberami - aprii gli occhi e il marchio che mi aveva imposto iniziò a pizzicare, segno che stavo usando il potere che avevo ricevuto con quel contratto.
-Yes, my Lady – sorrise, e in pochi minuti, nessuno era rimasto in vita.
Mi liberò e su mio successivo ordine, distrusse quella casa, ma di Shin nemmeno l’ombra. Gli ordinai di portarmi alla Sins House e gli feci distruggere tutto.
Tra le macerie, mi riappropriai del mio anello, regalatomi da mio padre il giorno del mio ottavo compleanno, prova che ero io un membro della famiglia Night. Ormai ero l’ultima.
Quell’anello, appartenuto a una lontana discendente della mia famiglia, aveva visto morire tutti i suoi membri.
Anche ora, ogni volta che rimango sola posso sentire le loro voci agonizzate, straziate e quelle urla di dolore rimbombano nelle mie orecchie, facendomi impazzire.
Però, senza esso, non mi sentirei me stessa, come se ormai fosse divenuto una parte di me, e il non averlo mi dava un senso di solitudine, di lontananza.
-Lavoro portato a termine, my little Lady - si inchinò.
-Qual è il tuo nome, demone - chiesi mentre infilavo l’anello al dito. Mi calzava davvero a pennello.
-Quello che lei sceglierà per me, mia piccola Signora - si alzò.
Ci riflettei un po’ su, poi dissi: - Sebastian -.
Sgranò gli occhi, come se fosse sorpreso.
-Da oggi in poi mi chiamerò così. Posso chiederle il perché di questo nome? – si tolse un po’ di polvere dai vestiti.
-Nulla di particolare, il serpente della zia si chiamava così prima di morire di vecchiaia - risposi voltandomi verso di lui.
-Felice di servirla, Scarlet Night - si chinò leggermente.
-Quando ti rivolgerai a me non aggiungere aggettivi del tipo “Piccola”, sono irritanti - dissi seria, poi ripresi: -Ci sono tre ordini a cui non dovrai mai disobbedire:
1) Non mi mentire, mai.
2) Non mi tradire, per nessuna ragione.
3) Rimani al mio fianco, fino alla fine. Finché le bugie non si trasformeranno in verità - conclusi ormai consapevole di come sarebbe andata a finire.
-Yes, my Lady. Non le mentirò e non la tradirò per nulla al mondo, e rimarrò al suo fianco finché le bugie non si trasformeranno in verità - mi baciò la mano.

 
Il rumore di un tuono rimbombò tanto forte da farmi aprire gli occhi e la luce del suo lampo mi confuse. Sembrava stesse imperversando una tempesta, e io odiavo i temporali.
Mi coprii fin sopra la testa, odiavo dover essere svegliata in quel modo. Solo poco dopo mi ricordai di essere al collegio.
Sebastian aveva sicuramente dovuto riportarmi nella mia stanza, non potevamo permetterci che ci trovassero insieme o la copertura sarebbe saltata.
-Signorina - Sebastian mi scoprì il volto.
Ma quando diamine era entrato?
-Cosa - chiesi ancora assonnata.
-Dovrebbe mangiare qualcosa, la sua salute ne potrebbe risentire - mi accarezzò i capelli.
-Non mi va, e anche se volessi magiare ho lo stomaco chiuso - mi alzai lentamente. Era da qualche giorno che ormai mangiavo pochissimo e il senso di nausea non mi aiutava.
In più mi ero presa un brutto raffreddore.
Si tolse un guanto e mi toccò la fronte, forse avevo l’influenza.
-La temperatura si sta alzando, si rimetta a letto. Le preparo qualcosa di caldo e le porto una di quelle medicine per questo genere di casi – ma non fece in tempo ad inchinarsi che lo fermai.
-Fermo, non fare nulla. Lo sai che abbiamo bisogno di questa copertura per risolvere il caso. Starò bene, tra poco chiamo Lucy e mi faccio portare qualcosa. Tu, intanto occupati del caso. È un ordine – dissi stanca.
Sebastian sospirò pesantemente.
-Come desidera. Per qualunque cosa mi chiami – e detto questo se ne andò, e io mi rimisi a letto. Poco dopo, Morfeo mi accolse a braccia aperte.
Non so per quanto tempo dormii, ma venni svegliata bruscamente dalla vibrazione del cellulare e sbloccai lo schermo, scocciata.
 
Hai ricevuto 1 nuovo messaggio: da Anonimo.

“Lo so che mi stai cercando, non credere che io sia così stupido.
Ti aspetto alle 10:00 p.m. in punto nella sala del club di musica.
Vieni da sola.
Fa’ un passo falso e di tuo figlio Nikolaj non troverai nulla.
N.S.
P.S.: Sei bellissima anche con l’influenza”.

 
Maledizione! Come era potuto accadere?
Se fosse successo qualcosa a Nikolaj non me lo sarei mai potuto perdonare!
Mi alzai di scatto dal letto e corsi verso l’armadio alla ricerca dei miei vestiti, i primi che mi capitarono sott’occhio.
Mi sistemai il più in fretta possibile e corsi fuori dalla mia stanza.
Non poteva essere vero, era un bluff. Nessuno sapeva che Nikolaj era mio figlio.
Mi precipitai il più velocemente possibile al terzo piano, nella stanza di Nikolaj.
Bussai forte, e quando la porta si aprì, afferrai il mio interlocutore per le spalle.
-Dov’è Nikolaj?! – lo strattonai.
-I-io non l-lo so! Non era i-in camera quando s-sono arrivato – mi rispose spaventato.
-Ehi, tu! – spinsi via il ragazzino che mi aveva aperto la porta.
-N-non lo vedo dalla fine delle l-lezioni – mi disse spaventato quello correndo a nascondersi in bagno.
Sbuffai irritata. Ragazzini inutili.
-Non appena torna avvisatemi, capito?! – me andai via correndo. Dove poteva essere?
Mi fermai in mezzo al corridoio, appoggiandomi al muro con una mano. Sentivo una fastidiosa oppressione al torace, proprio nella parte sinistra. Facevo fatica a respirare, probabilmente a causa dello sforzo fisico che avevo appena compiuto e avevo anche un forte dolore allo stomaco.
Maledizione, dovevo tornare subito in camera. Dovevo prendere le medicine che il cardiologo mi aveva prescritto per caso di attacchi come questo, ma era troppo lontana, ed io ero ancora al terzo piano.
Feci un profondo respiro, e cercai di calmarmi.
Mi ripresi quel poco che mi bastava e mi avviai verso camera mia. Una vota arrivata, mi chiusi la porta alle spalle. Sentivo ancora quella fastidiosa oppressione, era ormai da parecchio tempo che non avevo un attacco di quell’intensità. Avrei dovuto prendere quelle pasticche.
Girai a lungo nel cassetto del comodino e, finalmente le trovai.
Ora c’era un problema: se volevo prendere le medicine avrei dovuto mangiare. Sospirai.
Mi alzai nuovamente, tenendomi dal muro. Camminai il più lentamente possibile, cercando di evitare i corridoi più affollati, nonostante ciò mi facesse perdere il doppio del tempo.
Una volta uscita dall’edificio, decisi di andare in un pub lì vicino, evitando di proposito il drive-in. Fortunatamente il temporale era finito ed aveva lasciato spazio al solito cielo cupo di Londra, con la sua arietta umida e appicciosa.
Il pub si trovava in una traversa non molto lontano dal collegio, un posto tranquillo e poco frequentato, se non da chi preferiva mangiare qualcosa di nuovo rispetto alla solita roba del drive-in. Mi sedetti in un tavolo abbastanza nascosto, sistemandomi accuratamente il cappuccio della felpa, per nascondermi il meglio possibile.
Solo ora mi rendevo conto di come fossi vestita: una felpa verde con il logo del collegio, un paio di converse e un paio di leggins neri. Come copertura andava benissimo.
Poco dopo mi venne incontro un cameriere, che mi portò una bottiglia d’acqua e prese la mia ordinazione. Per tutto il tempo in cui attesi, mi guardai intorno, notando che, per fortuna, nessuno dei presenti aveva fatto caso alla mia presenza.
Dopo mangiato, pagai e mi avviai nuovamente verso il collegio.
Una volta rientrata in camera, presi le medicine per l’influenza e per i miei problemi di cuore e mi misi a letto. Per decidere sul da farsi, avrei dovuto riposare.
Avevo bisogno di un piano per salvare Nikolaj, ma nelle attuali condizioni in cui mi trovavo, non avrei cavato un ragno dal buco. Chiusi gli occhi e mi addormentai poco dopo, ancora vestita.
Fu allora che capii chi fosse l’anonimo: quelle iniziali, N.S, le aveva solamente una persona. E quello era il rappresentante degli studenti, Nathan Stewen.

Angolino dell'autrice: Konn'chiwa a tutti minna- saan! E' passato così tanto tempo dall'ultima volta che ho aggiornato, che nemmeno mi ricordo quando è stata l'ultima volta.
I motivi per cui non ho aggiornato prima sono stati parecchi (Fammi indovinare, c'entra qualcosa che inizia con scuo e finisce con la? .Nda Touko irritata perchè non può scrivere liberamente) che non mi hanno lasciato nemmeno un minimo di pausa, infatti sto scrivendo in diretta dal mio quaderno di storia (Qualcuno pagherà per avere causato tutti quei maledetti moti! .Nda Touko irritata perchè viene messa da parte a causa dei moti del '20, del '30 e del '48). Sì, sono messa molto male, dato che i mezzi appunti li ho scritti in inglese.
Anyway, finalmente il triste passato di Scarlet è venuto a galla, e devo ammettere che mi sono sentita un po' in colpa per quello che le ho fatto passare (Io per nulla, non potevo mica scrivere che ha evocato un demone perchè è caduta dalle scale e gli è venuta voglia di conquistare il mondo! .Nda Touko). Okay, la smetto, sto divagando. Nel prossimo capitolo vedremo cosa succederà a Nikolaj e che razza di piani ha in mente N.S. Oh e no, a breve anche il caso verrà risolto, non me lo dimentico.
Mi scuso in anticipo se alcune definizioni mediche sono errate o alcuni farmaci inesistenti, ma capitemi faccio il turismo, quindi vi prego non ammazzatemi >.<
I hope you enjoy it, alla prossima! Sayonara!

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 16 ***


Au claire de la lune
Le undici e venti. Mancavano solo dieci minuti all’ora stabilita e non avevo ancora visto Sebastian.
Le ragazze erano passate a portarmi qualcosa da mangiare e mi avevano fatto compagnia fino alle dieci circa; non venivo coccolata così da quando ero piccolina, era piacevole provare un po’ di calore ogni tanto.
Ma ora non era il momento di pensare a queste cose, dovevo trovare Nikolaj; mi chiusi silenziosamente la porta alle spalle, dopo aver controllato che i corridoi fossero deserti.
Sebastian era sicuramente fuori con la ragazza che gli aveva inviato quelle foto... dopo il loro primo incontro mi aveva rivelato alcuni dettagli.
Amelie Raven frequentava l’ultimo anno e, secondo i suoi risultati scolastici, rientrava tra le ragazze più intelligenti dell’istituto. Fisico tondeggiante ma non troppo e altezza media, una postura leggermente ricurva, i capelli biondi e lisci, raccolti spesso in una coda alta o in uno chignon, il viso spigoloso, zigomi molto accentuati e occhi Non era mai stata rimproverata ed era la presidentessa del club di teatro, non era una gran bellezza se paragonata a Layla. Chi avrebbe mai detto che fosse quel tipo di artista! Sebastian mi aveva spiegato che era stata la ragazza del presunto John Stras, ma che poi lui l’aveva lasciata dicendo di essere gay. Dovevo ammetterlo, quel falso John era quasi più abile di me nel mentire.
Sebastian si era finto interessato a lei dopo la storia del ballo, ed avevano iniziato ad uscire di nascosto. Ovviamente, non potevano farsi vedere insieme o sarebbero finiti in un mare di guai entrambi.
Da due giorni a questa parte però, avevo notato qualcosa di diverso nei modi di fare del mio maggiordomo: era diventato troppo evasivo e aveva quello stupido sorrisetto dipinto sul volto, più del solito. Questo mi irritava da morire. Mi dava alla testa sapere che, mentre lui si divertiva con quella ragazza, io lottavo con i miei incubi, ogni notte, dal giorno del ricevimento; eppure ero stata io ad ordinarglielo.
Quel ricordo mi tormentava ogni volta che provavo ad addormentarmi, facendomi svegliare urlando e sudata. L’influenza si era abbassata, ma i miei problemi mi preoccupavano.
Dopo l’attacco avuto ore prima, avevo paura che la tensione di tutto quello che stava succedendo potesse farmi impazzire. Decisi di non pensarci più, anche perché ormai ero arrivata a destinazione.
Abbassai la maniglia ed entrai nella sala club di musica. Era una stanza molto ampia e molto illuminata. Tutto era in ordine: c'erano alcuni spartiti sulla cattedra, che sicuramente avremmo suonato nelle prossime lezioni.
Diedi loro un'occhiata: si trattava della Rapsodia di Paganini. Era impossibile riprodurre quella melodia alla stessa velocità del musicista: secondo la leggenda, venne suonata dalle mani del Diavolo. A tal proposito non avevo chiesto nulla a Sebastian, lo avrei fatto una volta concluso questo stra-maledetto caso.
Mi guardai intorno, ma nulla sembrava rivelare la presenza di qualcun' altro in quella stanza, oltre a me. Iniziai a muovermi per la stanza e, mentre accarezzavo le code di un violino, mi ricordai dei sogni della piccola Scarlet: mi sarebbe piaciuto essere una brava violinista o un’insegnate di musica. Ma proprio mentre stavo sfiorando i tasti del pianoforte, avvertii una presenza alle mie spalle.
-Ce ne hai messo di tempo, iniziavo ad annoiarmi – mi accomodai sullo sgabello del pianoforte.
-Spiacente per il ritardo – si scusò sedendosi accanto a me.
-Dimmi immediatamente dove si trova Nikolaj – dissi secca voltandomi verso di lui.
-In camera sua, dorme come un angioletto – sorrise rilassato.
-Mi spieghi perché sei qui? Sai, sto lavorando e non vorrei farti fuori sul serio questa volta – mi voltai a fissare lo spartito posto sul leggio.
-Sono venuto a scusarmi per quello che è successo al ricevimento – disse dispiaciuto.
-Tutto qui? Non hai intenzione di provare a stuprarmi anche questa volta? Sai, come luogo è un tantino deprimente – risposi sarcastica, iniziando ad intonare “Au claire de la lune”.
-Smettila di stuzzicarmi, lo sai che non so resistere a questo tipo di tentazioni. Comunque no, sono qui per scusarmi, come si deve stavolta – Shin pose le sue mani sulle mie, correggendo i miei movimenti, incerti su alcune note.
-Non ti credo. Ormai non mi fido più di te e penso che tu sappia il perché. Ora, dimmi, cosa vuoi veramente? – chiesi premendo bruscamente le ultime note della canzone. Non mi ero sorpresa che fosse lui, anche se mi aspettavo di trovarmi davanti il rappresentante degli studenti.
-Te l’ho detto Letty, ascoltami... ti prego – mi prese delicatamente le mani.
In risposta sbuffai, scocciata. Mi sorrise, spostandomi una ciocca dal viso.
-Scarlet, sono venuto qui a scusarmi con te per il mio orribile comportamento. Invece di scappare e tradirti, quella volta avrei dovuto affiancarti. Sono mortificato – disse chinando il capo.
-Un pochino tardi per scusarti, non ti pare? Sai, sono passati quasi cinque anni – risposi sarcastica.
Lui mi ignorò e andò avanti. –Quando sono scappato da quel posto mi sentivo terribilmente in colpa, tanto che, alla fine, mi sono suicidato per il troppo dolore. Ma, se mi è stata data questa possibilità, forse, poteva significare solo una cosa: era un’opportunità per riparare ai miei errori -.
-Io direi più una punizione per esserti suicidato, e ora dovrai giudicare le anime fino a che non avrai scontato la tua pena. Bella mossa, è divertente veder morire le persone - sbuffai.
Se conoscevo quei dettagli, era grazie Ronald che mi aveva rivelato parecchie cose interessanti. Peccato che la tecnica del Beerboarding[1] non funzionasse con tutti.
-Sei troppo dura con me Letty, mi ferisci in questo modo – disse, mettendosi una mano sul cuore in modo plateale.
Lo guardai in malo modo, ma non risposi.
-Va bene, va bene, lo ammetto... me lo sono meritato, ma ora non potremmo lasciarci questa storia alle spalle? Mi manca la mia migliore amica – mi disse, passandomi un braccio intorno alle spalle.
-Facile per te parlare ma… forse questa cosa è fattibile – scansai in malo modo il suo braccio.
-Seriamente? – sorrise, speranzoso.
-Si, diciamo di sì. Facciamo una tregua: parliamo come due persone civili senza che io ti uccida e, in cambio, mi passerai tutte le informazioni che mi servono – gli tesi la mano.
Senza perdere tempo l’afferrò e mi strinse a lui in un abbraccio.
-Sono così felice – mormorò, affondando la testa nell’incavo del mio collo. In tutta risposta sospirai e ricambiai l’abbraccio.
Quando ci staccammo, lo vidi fissarmi curioso.
-Che c’è? – chiesi seccata.
-Come vanno i tuoi problemi di cuore? – mi chiese, alzando l’angolo della bocca. Shin sapeva dei miei problemi, perché una volta avevo avuto un forte attacco e lui mi aveva aiutato.
-Pomeriggio ho quasi rischiato un attacco a causa tua, ma ora sto meglio, ho iniziato a prendere le pillole – risposi secca.
-Intendevo dire come vanno le cose con il demone, scema – la sua domanda mi stupì molto.
-In che senso scusa? Stiamo indagando sul caso, ma non abbiamo trovato nulla di rilevante – risposi ancora perplessa dalla sua domanda. Lo vidi sospirare.
Poi si avvicinò lentamente a me e mi baciò, ma non ricambiai e, al contrario, gli mollai un sonoro ceffone.
-È questo che intendevo. Ti sei innamorata di lui – mi disse con un sorriso amaro.
-Che? Lo sai che non è possibile, neppure se io lo volessi. E io non lo voglio. Lui è il mio servitore e una volta esaudito il mio desiderio la mia anima sarà sua – risposi con un pizzico di tristezza nella voce.
-Allora perché sei triste? E se non ne fossi innamorata, avresti risposto al mio bacio senza esitazione – sorrise tristemente.
-E tu che ne sai? – sbuffai irritata. Non poteva essere come dice lui.
-Sono stato io il tuo primo bacio e il tuo primo amore, inoltre sono il tuo migliore amico, ti conosco bene. Sei innamorata di lui -.
-Sei duro di comprendonio. Quale parte di: “Non appena avrò compiuto la mia vendetta Sebastian mi divorerà l’anima”, non hai capito? – sbuffai irritata.
-Questa cosa è irrilevante, ora come ora non ti importa più nemmeno della tua vendetta. Vuoi solo sapere se si è fatto o no quella tizia perché stai morendo di gelosia – sorrise. Lo guardai stupita.
-Letty, anche se sono diventato da poco uno Shinigami, so comprendere le emozioni di una persona. Se così non fosse, non sarei in grado di svolgere il mio lavoro.
Sai... la vita ha un significato molto complesso, sta a noi Shinigami comprenderla al meglio e scegliere quali anime possano fare qualcosa per il mondo di voi umani e quali no. Questo è il motivo della nostra esistenza, o almeno è questo quello che mi hanno spiegato al corso – disse con fare professionale.
-Ma che bravo, vedo che hai fatto i compiti per casa – lo presi in giro.
-Non fare tanto la smorfiosa, anche tu sei una studentessa – mi prese per le guance e iniziò a tirarmele.
-Smettila, mi fai male! – tolsi via le sue mani dalla mia faccia, massaggiandomi le gote.
-Mi era mancato molto poterlo fare – ridacchiò.
-Non ci provare mai più. Lo sai che odio essere toccata – lo guardai male.
-Va bene, va bene, calmati. Ho capito, non ti toccherò più la faccia – sorrise ironicamente.
-Ovvio che non lo farai – mi alzai, avvicinandomi alla porta.
-Letty – mi chiamò Shin un momento prima che varcassi la soglia. Mi voltai a guardarlo, con aria scocciata.
-Questa faccenda finirà male, stai attenta, ti prego – mi guardò supplichevole. Lo fissai confusa, senza capire cosa intendesse.
-Parlo dei sentimenti che provi per lui, Scarlet. Perché non hai scelto me? – mi chiese a bruciapelo.
-Perché tu mi hai abbandonata e sei scappato. Anche se è un demone, lui mi ha salvata ed è rimasto al mio fianco. E ti ripeto che non provo nulla per Sebastian! – e con un peso sullo stomaco, uscii dalla stanza.
Sinceramente non sapevo più a cosa pensare: perché mai Shin insisteva sul fatto che fossi innamorata di Sebastian?
Perché era venuto fin qui?
Solo per chiedermi scusa e farmi quelle stupide domande?
E, ancora, perché mi ero irrigidita, quando mi aveva sbattuto in faccia la mia gelosia?
Era normale che mi infastidisse... che uno dei membri della mia servitù se ne andasse in giro a dare chissà quale spettacolo con una ragazza che di buono non aveva nulla.
E, all’improvviso, realizzai il tutto.
Nessuno sapeva che Sebastian era il mio maggiordomo e nessuno conosceva la vera natura di Amelie, solo io; e ora ero davvero nei guai. Ero attratta da lui. E, a darmi il colpo di grazia, fu lo spettacolo del mio maggiordomo e della sua… accompagnatrice. Si stavano scambiando una buonanotte molto… passionale, con tanto di lingua e molta, troppa saliva.
Cambiai direzione e dopo un lungo, interminabile e noioso giro arrivai nella mia stanza. Ebbi giusto il tempo di chiudere la porta, poi corsi in bagno e rimisi anche l’anima. Qualcosa mi diceva che oltre ad avere problemi circolatori ero anche diventata debole di stomaco, o forse era stato quello spettacolo.
Non avevo idea di come comportarmi e il diavolo avrebbe notato il mio repentino cambio di umore. Dovevo continuare a fingere, come avevo sempre fatto. Sarebbe stato difficile controllare le mie emozioni; se prima ci ero riuscita era anche per il fatto che le avevo mascherate, ma ora si facevano strada in me come un fiume impetuoso che scava il suo percorso.
Dopo essermi cambiata mi infilai silenziosamente nel letto e gli occhi iniziarono a lacrimarmi senza che io potessi fermarli. Lacrime di rabbia, odio, paura, tristezza, dolore; quella notte tirai fuori tutto quello che non avevo mai detto e che volevo far vedere. Piansi silenziosamente, finché i miei occhi non si prosciugarono.
Ero consapevole che se non mi fossi liberata almeno un po’, sarei crollata definitivamente, e questo non poteva accadere. Ero stanca.
“Tu non sei una persona cattiva, sei solo una persona a cui sono capitate cose cattive” era la mia scusante, ma questa volta non riuscivo a usarla come giustificazione; non riuscivo più a credere alle mie stesse bugie.
Chiusi gli occhi, accompagnata da una sensazione di freddo che mi pervadeva le ossa, nonostante fossi avvolta nelle coperte calde. Non so dire quanto tempo trascorsi in quella specie di dormiveglia, ma quando sentii dietro la mia schiena un corpo caldo mi tranquillizzai. Ma, quel qualcuno iniziò a baciarmi il collo, per poi mordermi all’improvviso.
Sbarrai gli occhi dalla paura, allontanandomi di scatto.
-Non volevo spaventarla, my Lady – un Sebastian alquanto strano mi osservava maliziosamente.
-Razza di idiota maniaco, mi hai fatto prendere un colpo! – sussurrai arrabbiata. –Cosa ci fai qui, a quest’ora della notte? Al contrario tuo, ho bisogno di riposare io -.
-Ero preoccupato per le sue condizioni, sono lieto di constatare che stia meglio – sorrise serafico, rimanendo comodamente disteso sul mio letto.
-Ora che hai constatato, mi vorresti spiegare perché diamine mi hai morso? Mi hai fatto male – dissi guardandomi il collo allo specchio. Il segno rosso dei suoi canini spuntava sulla mia pelle troppo lattea, tanto da sembrare cadaverica.
-Non se la prenda, volevo solo farla rilassare – ridacchiò lui.
-Oh sì certo, perché le persone sane di mente si infilano nella stanza della gente, nel cuore della notte, e le mordono mentre queste dormono, giusto per farle rilassare – sbuffai irritata, osservando ancora il mio collo. Senza che me ne rendessi conto era apparso dietro di me.
-Ma lei non stava dormendo. Però dato che insiste tanto, cercherò di farmi perdonare – mi abbracciò da dietro.
-Ti sei lavato prima di toccarmi, vero? – mi liberai dalla sua presa, come se mi fossi scottata.
-Come? Non credo di comprendere quello che vuole dire, Signorina – mi guardò sorpreso.
-Ti ricordo che sei uscito con quella lì e avrai avuto per forza un contatto fisico, anche il più banale. Quindi, tu ora vai a lavarti mentre io vado a dormire – dissi rimettendomi a letto.
Mossa sbagliata, perché me lo ritrovai subito di sopra.
-Non hai sentito quello che ti ho detto? È un or- non mi fece finire di parlare che mi baciò con foga. Sentii qualcosa di duro premere all’altezza della mia intimità e non potei impedirmi di arrossire. Cercai di spingerlo via, inutilmente.
-Guanti – mi rispose lui, sciogliendosi il nodo della cravatta.
-Che? – fu l’unica cosa che fui in grado di dire, troppo occupata a tentare in tutti i modi di tenermi addosso la camicia da notte.
-Indossavo i guanti come al solito per nascondere il marchio, se ne era dimenticata, per caso? – mi prese in giro. Solo in quel momento mi accorsi che non aveva i guanti. Strano.
-S-smettila…– ansimai. Nel frattempo eravamo rimasti entrambi in intimo.
-Dimmelo, voglio sentirtelo dire Scarlet – mi sussurrò con voce roca, mentre mi baciava con una lentezza estenuante.
-B-basta… - dissi in un sussurro. Non volevo che succedesse di nuovo. Ero consapevole che Sebastian non provasse alcun sentimento nei miei confronti, e non avevo intenzione di cedere alle sue carezze e alle sue lusinghe.
Le sue mani fredde sul mio corpo mi facevano rabbrividire, in contrasto con le sue labbra bollenti. Non si sarebbe staccato da me, finché non avesse ottenuto quello che voleva e nello stesso momento sentii il reggiseno sganciarsi, finendo a terra.
-Smettila… non sono il tuo giocattolino! E ora, fuori dalla mia stanza, è un ordine! – dissi alterata. Sul suo volto si dipinse una smorfia, scomparendo come era arrivato, lasciandomi lì, seminuda. Mi addormentai in quel modo, al freddo.
 
[1] Beerboarding: parola inglese che indica l’estrazione di informazioni “segrete” da qualcuno utilizzando dell’alcool, facendolo quindi ubriacare.

Angolino dell'autrice: *apre lentamente il computer ricoperto da molta, troppa, polvere e inizia a fare le pulizie* Salve a tutti minna-saaan! Sono consapevole di essere una cattiva persona, saranno passati quasi due mesi da quando ho pubblicato l'ultima volta. In mia difesa posso solo dire che scrivere questo capitolo è stato un parto, non ero mai soddisfatta del risultato finale, quindi ho perso moolto tempo.
Per coloro che mi linceranno dopo aver letto il finale del capitolo *sposta la tenda e guarda spaventata la folla inferocita*, non fatelo, vi prego, posso spiegare. Io ho provato ad accontentarvi per quanto riguarda la famosa scena hot che si sarebbe dovuta tenere, e ci ero pure riuscita decentemete, ma la cosa sembrava troppo forzata, quindi l'ho tagliata. Giuro che la inserirò, devo solo trovare il capitolo adatto. Per ora sono già al lavoro col capitolo successivo, e cercherò di non morire sulla tastiera, e spero che nel prossimo capitolo troviate la soluzione del fatidico caso. Con permesso, ora sparisco.
 I hope you enjoy it. Sayonara, alla prossima!


 

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Capitolo 19
*** Capitolo 17 ***


Note dell'autrice: Hello Minna-saan, sono tornata! Lo so, sono mancata per molto e stavolta non ho scuse, ma giuro che non era mia intenzione, eh! Come promesso, ecco il capitolo che aspettavate tanto, spero che non vi deluda. Non ho alzato il rating perchè non ce n'è stato bisogno, fotunatamente sono riuscita a limitarmi (Ammetti che non sapevi nemmeno come gestire la cosa e che se non fosse stato per me non ci saresti mai riuscita Nda. Touko). Prima di chiudere voglio fare una dedica a mio cugino (non presente su questo sito), se ci riuscite provate ad indoviare la citazione.
Basta chiacchere, vi lascio al capitolo. Ci sentiamo nei commenti! I hope you enjoy it. Sayonara, alla prossima!
Dedicato ad Alois, che mi ha contagiato con le sue citazioni idiote. Ti voglio bene, baka.
 
A monster born from dusk to dawn can’t be your saviour
Avevo trascorso una nottata pessima, così terribile che quando la sveglia aveva suonato, l’avevo lanciata dall’altra parte della stanza; di conseguenza avevo saltato tutte le lezioni del mattino e anche le prime lezioni pomeridiane.
Ero ancora un fascio di nervi a causa di quello che era accaduto la notte precedente. Ancora frustrata, mi ero alzata dal letto e, dopo aver preso quello che mi serviva, ero andata nelle docce comuni. Avevo bisogno di riflettere.
Erano le tre e mezza del pomeriggio e come mi ero aspettata, le docce erano deserte. Le lezioni non sarebbero finite prima delle cinque, perciò potevo rilassarmi un po’. Aprii l’acqua e la feci scorrere finché non divenne abbastanza calda, poi entrai. Appena il getto caldo entrò in contatto con la mia pelle, i muscoli delle spalle iniziarono a rilassarsi. Nonostante quel calore fosse piacevole, non era pari al calore del corpo di Sebastian. Perché ora, stavo pensando a lui?
Tra di noi non c’era nessun tipo di rapporto, se non il contratto faustiano, eppure qualcosa non mi quadrava. Era la prima volta che mi saltava addosso in quel modo incontrollato; una cosa simile era successa anche i primi tempi, però quella volta si era fermato e nei giorni a seguire aveva fatto finta che nulla fosse successo, da allora non era più accaduto. Che ci fosse di mezzo la sua fame?
Quella volta era stato così, ma era riuscito a controllarsi e durante la notte aveva bruciato completamente il giardino della villa di Kyoto, per poi risistemarlo. Eppure stavolta non era stato così.
I suoi occhi erano così… opachi e pieni di lussuria, anche quando l’avevo respinto il suo sguardo non era cambiato, nonostante il suo volto esprimesse chiaramente una forte irritazione. Avrei dovuto parlarne con lui e chiedere spiegazioni.
Ritornai in camera poco prima che l’ultima lezione iniziasse per cambiarmi, una volta pronta mi diressi verso l’aula dell’ultima lezione della giornata: quella di filosofia.
Mi piaceva filosofia e il professor Clive era davvero il migliore, era così bravo che riusciva a far appassionare anche gli studenti più svogliati, come Cain.
Sapeva conquistarsi la simpatia e il rispetto dei suoi studenti in modi davvero improbabili. Durante una lezione parecchio complessa, per risollevarci il morale, se n’era uscito dicendo: “Ragazzi, sono molti i piaceri della vita, ma ce ne sono tre che li superano tutti”, e quando un ragazzo aveva chiesto quali fossero, lui aveva risposto: “Sesso, droga e rock n’ roll”, mimando tutte quante le azioni. Inutile dire che i ragazzi avevano applaudito divertiti ed entusiasti.
L’ora di lezione trascorse tranquillamente e, una volta suonata la campanella, eravamo liberi di andare. Presi quindi le mie cose e mi diressi alla ricerca di Sebastian. I corridoi erano molto affollati e molteplici erano gli studenti che si fermavano a parlare tra di loro. Tutto sembrava normale fino a quando non vidi una scena che mi fece immobilizzare sul posto.
Un gruppo composto da tre ragazzi molto attraenti, probabilmente del settimo anno, avevano spinto Nikolaj in uno dei bagni. Nessuno aveva notato nulla, apparte Amelie, che stava in disparte a guardare la scena con un’espressione dispiaciuta sul volto. Quella ragazza era davvero inutile, nonostante stesse con Sebastian da un bel pezzo, ancora non gli aveva rivelato un’informazione utile che poteva aiutarci sul caso e il fatto che avesse assistito a quella scena senza muovere un dito, probabilmente per paura, non faceva altro che aumentare il mio astio nei suoi confronti.
Decisi, quindi, di seguirli di nascosto. Quello che tra i tre sembrava essere il capo, aveva i capelli castani e un fisico abbastanza muscoloso, aveva spinto malamente Nikolaj che era a terra.
-Cosa vuoi ancora! Non voglio avere più nulla a che fare con te Ben, mi sembrava di essere stato chiaro! – disse Nikolaj irritato. Il ragazzo che Nikolaj aveva chiamato Ben aveva fatto un cenno ai due ragazzi: questi avevano colpito Nikolaj fino a quando non erano stati fermati, per poi andare via.
Ben si era avvicinato a Nikolaj e, dopo avergli tirato i capelli, gli aveva sussurrato qualcosa che lo aveva terrorizzato, poi lo aveva rimesso in piedi e bloccato contro il muro. Intuite le sue intenzioni avevo deciso di intervenire.
-Ehi, tu – avevo decretato entrando in scena. Lui si era girato lentamente e mi aveva guardato con un’espressione scocciata.
-Cosa c’è ora? È mai possibile che chiunque debba interrompere il mio divertimento? – aveva sbuffato annoiato.
Nikolaj mi aveva guardata e, spaventato, mi aveva mimato un “Vai via” a fior di labbra. Inutile dire che l’avevo ignorato.
-Pensavo fossi più sveglio, Ben – incrociai le braccia. -Rischi il carcere, dovresti saperlo –.
-E tu credi che abbia paura di te? – mi chiese inarcando le sopracciglia.
-Dovresti invece, sai bene chi sono. Lascialo stare – mi avvicinai.
-Sua madre è morta, suo padre pure e io lo pago per farmelo, non c’è nulla di cui tu ti debba interessare, contessina -.
-Non sta più in quel bordello, è sotto la mia custodia. Ora vattene o ti faccio passare il resto dei tuoi giorni in una cella per nulla accogliente – lo spinsi via malamente.
-Tch – sbuffò, allontanandosi con le mani in tasca.
-Vieni, ti porto in infermeria – mi portai il braccio destro di Nikolaj intorno alle spalle, alzandolo delicatamente.
-Ti avevo detto di andare via – tossicchiò fuori a fatica.
-Lo ripeto anche a te, sei sotto la mia tutela -.
Per tutta risposta, Nikolaj sospirò, reggendosi come meglio poteva a me. Inutile dire che durante il tragitto ci guardavano tutti sorpresi, si chiedevano sicuramente cosa fosse successo, probabilmente iniziando a fare congetture. Fortunatamente, mi bastò un’occhiata per metterli tutti a tacere.
Entrati in infermeria, l’infermiera ci venne subito incontro.
-Cosa gli è successo? – chiese preoccupata per i lividi di Nikolaj, indicandomi un lettino vuoto.
-Piacerebbe saperlo anche a me – finsi di non sapere nulla, e Nikolaj mi rivolse uno sguardo di gratitudine. Sapevo che se avessi parlato, avrei ferito il suo orgoglio maschile; non doveva essere il massimo venire salvato da una donna.
-Che rapporti hai con quel ragazzo? – sussurrai, aiutandolo a sistemarsi sul letto.
-Era… un mio “cliente fisso” – mormorò distendendosi.
-Da quanto va avanti questa storia? -.
-Da… da quando ho messo piede in questo fottuto collegio – rispose in un sussurro quasi inudibile.
Ora tutto tornava, ecco perché era sparito il giorno in cui avevo ricevuto quel messaggio anonimo.
-Perché non me ne hai parlato? -.
-Perché non ti riguarda… e poi hai altro a cui pensare -.
-Senti… non sono brava a fare la madre, in teoria non ho nemmeno l’età per farlo, ma ho deciso di prendermi cura di te e di tuo fratello perché meritate di vivere con tutte le comodità che hanno i ragazzi della vostra età. La prossima volta parlamene, cercheremo una soluzione insieme – dissi ferma.
Nikolaj non fece in tempo a replicare che l’infermiera arrivò con le medicazioni, ce ne aveva messo di tempo.
–Riposati ora… e ricorda quello che ti ho detto – dissi uscendo dall’infermeria. Che razza di giornata e pensare che mi ero svegliata solo qualche ora prima. Mentre andavo in camera mia per analizzare gli indizi che avevamo messo insieme, intravidi Sebastian.
-Professor Michaelis! – lo chiamai ad alta voce, avvicinandomi.
-Signorina Night – mi salutò con un cenno del capo. –Le serve qualcosa? -.
-Sì, professore. Ci sarebbe una cosa che lei dovrebbe sapere, ma… non posso dirglielo qui -.
-Venga con me – mi fece strada e lo seguii senza proferire parola. Una volta arrivati davanti la porta della sua stanza, mi guardai intorno, per poi entrare e bloccare la serratura.
-La vedo molto nervosa oggi, signorina – disse falsamente, beccandosi un’occhiataccia da parte mia.
-Come mai questo pessimo umore? – mi chiese con un sorriso innocente. Stavo iniziando a perdere la pazienza con lui.
-Come mai?! Te lo spiego subito: è da quasi due mesi che siamo in questo maledetto collegio e non abbiamo trovato ancora una misera pista su cui indagare. Mentre tu ti diverti con quella ragazza io mi spremo le meningi a collegare quei pochi indizi che abbiamo, mi becco l’influenza e scopro che Nikolaj viene molestato da un ragazzo del settimo anno; la cosa va avanti da quando siamo arrivati -.
-Soprattutto, dopo quello che hai fatto ieri sera mi vieni anche a chiedere perché sono nervosa, mi prendi in giro per caso?! – sbraitai arrabbiata. Lui mi guardò sorpreso, come se stesse parlando con una pazza.
-Oh, no – gli puntai il dito contro. –Non guardarmi così, è tutta colpa tua e lo sai benissimo, non ci provare -.
-Come la starei guardando? – sorrise serafico.
-Non fare il finto tonto, lo sai benissimo. Mi stai guardando come se fossi impazzita e avessi bisogno di un dottore, ma io sto bene – iniziai a colpirlo.
-Oh, ma io non ho mai detto o pensato una cosa del genere, signorina. Queste sono tutte parole sue – mi rispose bloccandomi i polsi.
-Mollami! Non ho ancora finito – risposi tentando di liberarmi.
-Lasci almeno che mi scusi per averle causato così tanti problemi – sussurrò vicino al mio orecchio.
-Smettila di comportarti così! – mi liberai dalla sua stretta.
-Non capisco cosa intende dire – mi guardò perplesso.
-Lo stai facendo apposta, stai facendo di tutto per farmi capitolare. A cosa ti serve tutto ciò, eh? Perché ti interessa così tanto avere un rapporto con me?! – iniziavo a sentire il sangue affluire nelle guance.
-Io non sto facendo nulla che lei non voglia, e lo sa anche lei. Anche se la sua mente lo rifiuta, il suo corpo dice il contrario. E non mi dica che crede a quella storiella che i demoni preferiscono le vergini – rise divertito. -Non nego che sia molto più divertente avere rapporti con una vergine, ma il sesso è sempre quello, vergine o no – mi accarezzò il volto.
-Se allora non c’è alcuna differenza, perché insisti! -.
-Perché sei tu. Il tuo carattere freddo e spigoloso, il tuo modo altezzoso di impartire gli ordini e l’agrodolce profumo che emana la tua anima, giorno dopo giorno, mi fa perdere il controllo. Ti voglio proprio perché sei tu e basta – e, senza lasciarmi il tempo di rispondere, mi strinse a se, baciandomi con aggressività.
Un bacio che esprimeva lussuria, possessione e, forse, anche un po’ di amore. Ed ecco di nuovo, quella sensazione di calore che mi era mancata così tanto. Il mio corpo stava già iniziando a cedere, nonostante la mia mente stesse urlando tutto il contrario.
-Sebastian… aspetta… - mugugnai nella sua bocca. –Non c’è… tempo per questo… Dobbiamo…- ma la sua lingua mi impedì di proferire altro.
-Si rilassi… abbiamo ancora un po’ di tempo… da quanto non pensa al suo benessere? – mi rispose sollevandomi dalle natiche.
-Aspetta…- sussurrai mentre mi baciava il collo. –Dobbiamo occuparci del caso…-.
-Hm… quello può aspettare… – sorrise malizioso.
-Potrebbero… sentirci – dissi staccandomi da lui.
-Vorrà dire che non faremo rumore – rispose spingendomi sul letto.
-Non mi sembra il momento…- non feci in tempo a finire la frase che aveva già fatto finire la mia gonna sulla moquette. Nel giro di pochi attimi non ci era rimasto nulla addosso.
-Si rilassi… farà meno male – rispose con voce roca.
-Non farlo…– risposi, scacciando dalla mia mente quel ricordo.
-Va tutto bene, signorina, si calmi… – sussurrò lasciandomi un bacio tra i capelli. Tentai di trattenere i miei ansiti, ma non era semplice con lui.
-Si lasci andare…- sussurrò mordicchiandomi il labbro inferiore. Sospirai sommessamente.
-Muoviti… la stai tirando troppo per le lunghe…- sussurrai allo stremo.
-Come desidera, my Lady – disse in un soffio, avventandosi sulle mie labbra.
 
-Mi spieghi come siamo finiti in questa situazione? – chiesi guardando il soffitto.
-Diciamo che ottengo sempre quello che voglio – sussurrò con voce roca al mio orecchio.
-Ma davvero? – gli lanciai un’occhiataccia. In risposta rise sommessamente, alzando le mani in segno di resa.
-Abbiamo perso tempo, lo sai. Dobbiamo prendere quel pazzo e trovare i due principini – scostai le lenzuola, alzandomi.
-Non direi che sia stata una completa perdita di tempo – disse malizioso.
-Questo perché sei un vecchio idiota – dissi divertita, raccogliendo i miei vestiti.
-Vecchio idiota? – sussurrò riducendo gli occhi in due fessure, per poi alzarsi e farmi cadere sul letto con uno scatto.
-Sì, dovresti andare in pensione – dissi sfacciatamente accarezzandogli gli zigomi.
-Ancora con questa storia? – mi guardò minacciosamente.
-Ti stanno venendo le rughe – dissi indicandogli la fronte. Con uno scatto veloce arrivò davanti lo specchio.
-Questa è una bugia – disse voltandosi verso di me. Nel frattempo mi ero rivestita quasi completamente.
-Probabile – risposi cercando la gonna, senza riuscire a trovarla.
-Sta cercando questa? – chiese innocentemente, mostrandomi l’oggetto delle mie ricerche. Mi avvicinai per riprenderla, ma non ci riuscii.
-Avanti signorina, si sforzi di saltare un po’ di più – disse alzando il braccio in modo che non ci arrivassi.
-Non mi metto a saltare – incrociai le braccia al petto. –Se io non riavrò la mia gonna immediatamente, tu questo – indicai il mio fondoschiena. –Non lo rivedrai più -.
-Ho sempre quello di riserva – rispose alludendo ad Amelie, cosa che non mi fece per niente piacere.
-Bene allora, vai pure dalla tua amica – dissi dirigendomi verso la porta.
-Ha davvero intenzione di uscire in quel modo? – chiese sorpreso.
-Mi vedo costretta arrivata a questo punto – risposi aprendo la porta, che venne richiusa subito.
-Non si azzardi – disse minaccioso appoggiandosi alla porta con un braccio. –Nessuno la vedrà in queste condizioni -.
-Pensavo che ti piacesse così tanto quella gonna da non voler restituirmela – dissi osservandomi le unghie.
-Si ricordi che lei è mia – mi sussurrò minaccioso.
-Dovrei? – risposi ironica. Per tutta risposta mi baciò furiosamente, mordendomi il labbro quasi a sangue.
-Non scherzi troppo col fuoco – mi rispose serio.
-E tu ricorda chi comanda – lo guardai con aria di sfida. -Cos’è questo odore? – esclamai aprendo la porta. L’unica cosa che vidi fu un’enorme nuvola di fumo provenire dalla mia stanza. la cosa sarebbe potuta essere davvero ironica, se non fosse che in quella camera c’era il frutto del lavoro di due mesi di indagini.
-Cosa diamine è appena successo? – chiesi confusa.
-Qualcuno ha appena dato fuoco alla sua stanza – rispose guardandosi intorno, aveva spento il fuoco coi suoi poteri.
-Non dirmi che…- corsi dentro premendomi un fazzoletto sulla bocca. –Maledizione! – sbattei il pugno contro il terreno. Tutti gli indizi erano ormai carbonizzati, e con loro anche le medicine per la mia malattia.
-Ha cancellato tutte le prove – dissi rialzandomi.
-Ci ha scoperto, quindi? – chiese stranamente perplesso.
-Non entrambi, almeno – risposi e subito il cellulare vibrò. Avevo ricevuto un nuovo messaggio da un numero sconosciuto. Avevo un brutto presentimento.
-Cosa dice? – Sebastian mi guardò intensamente. Gli passai il cellulare.
 
Ti avevo già avvisato, ma tu non hai voluto darmi retta. Non dovevi ficcare il naso in faccende che non ti riguardano. Ora per colpa tua, a pagare sarà la tua piccola puttana. So che verrai a cercarmi e, voglio essere magnanimo, ecco il punto d’incontro.
212b Donovan Street, South Lane. Solomon Inn, 11:23 p.m.
Abbiamo molto di cui discutere, contessa.
P.S. Stavolta evita di portarti dietro uno dei tuoi amichetti sovrannaturali, non voglio interruzioni.
N.S."
-Hanno preso Nikolaj, per davvero stavolta – dissi sconfitta.

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