First Date

di MillyMalfoy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Falling the sentences ***
Capitolo 2: *** Buon compleanno, Naruto! ***



Capitolo 1
*** Falling the sentences ***


Dopo tutta una vita al tuo fianco, insieme, dedicata a te…

Dopo tutta una vita al tuo fianco, insieme, dedicata a te….

Dopo ogni marea affrontata in questo caotico mondo…

Se avessi potuto scegliere…

Se avessi potuto rivivere un solo ricordo per l’eternità….

Sarebbe stato il nostro…..

 

 

 

 

 

                                                                   FIRST DATE

 

            

                                                                                             Alla Paccy, che oggi di qualche anno fa è nata

Che un giorno ho incontrato

Che è una grande mosca bianca,

e forse un giorno anche un coleottero dorato!

Ti voglio bene!

Questa raccolta è tutta per te!

 

A Mimi 18 che anche lei oggi compie gli anni,

che è una fiera mosca bianca,

questo capitolo è per te!

 

 

 

Falling the sentences a Shika/Ino fairytale

 

Se avesse potuto prevedere la fine di quella giornata, Shikamaru Nara avrebbe smesso sicuramente di sbuffare dopo i primi dieci minuti dal suo risveglio, ma Shikmaru Nara non era un mago, né un preveggente e quindi quello splendido mattino di primavera si svegliò stanco e annoiato da ogni cosa che lo circondava. La sua spoglia camera, la sua troppo lunga colazione, i soliti cervi da dover sfamare, i soliti vestiti, il solito sole e il quotidiano pensiero di una sinuosa figura dai lunghi capelli biondi a distrarlo da ogni sua attività.

Quel giorno Shikamaru Nara decise che avrebbe voluto dormire di più e lavorare di meno; quel giorno Shikamaru Nara decise che avrebbe sbuffato più a lungo del solito, e più intensamente, quel giorno Shikamaru Nara aveva deciso che era il giorno perfetto per un primo appuntamento.

Non più tardi del giorno prima, durante uno dei suoi soliti litigi con la sua amica d’infanzia, era stato costretto  (secondo la sua visione) ad invitarla per un primo appuntamento.

Solo loro due, qualcosa di romantico, qualcosa di diverso. Altrimenti lei avrebbe incominciato a seccarlo con quella voce così alta e penetrante, con quel tono così sensual…fastidioso.

Lei gli aveva urlato contro accusandolo di non essere un uomo, di non essere più interessato al suo villaggio, alle sorti dei suoi amici, ma di aver perso la testa per una bionda del deserto, e questo lui non avrebbe mai potuto permetterlo e sopportarlo.

Così era stato costretto a pronunciare quelle parole, quel semplice invito: “Domani ti passo a prendere. Solo tu ed io”. Il volto della ragazza si era illuminato ad ascoltare quella semplice frase.

 

Quel giorno Shikamaru Nara dopo aver  finito il suo pranzo, preparato con deliziosa devozione da sua madre,  scese in strada  e s’incamminò verso l’abitazione della sua amica d’infanzia.

Bussò alla porta e come sempre nessuno rispose, così entrò senza il minimo indugio.

Si accomodò sul divano e chiamò: “Ino”, ma non ottenne risposta.

Così alzò ancora di più la voce: “Ino!”. Nemmeno questa volta ottenne risposta.

Fu così che, allora. Shikamaru si ritrovò in piedi sull’uscio della porta di un salotto vuoto ad urlare a pieni polmoni: “Inooo!”

Cosa urlì?” lo apostrofò la ragazza entrando nel salotto.

Shikamaru scosse la testa e decise che tacere avrebbe solo potuto giovare al suo incombente mal di testa.

“Andiamo, non stare lì impalato. Sei sempre lento” incominciò a dire lei. Shikamaru sbuffò per l’ennesima volta in quella giornata che già gli sembrava senza fine.

Uscirono e s’incamminarono placidamente (per lo meno Shikamaru) lungo la strada deserta. Nemmeno un’anima a distrarre quel silenzio, per lei assolutamente imbarazzante, per lui decisamente ristoratore.

Questo fino a quando lei, stanca di quel noioso silenzio, chiese elettrizzata: “Allora dove stiamo andando? Dove mi porti?”. Ino, eccitata e curiosa, saltellò allegramente fino a posizionarsi di fronte a Shikamaru, che si vide così costretto a bloccarsi sul posto.

Indeciso sul da farsi, incominciò a grattarsi la nuca con il braccio destro: “No so, non ci ho pensato…credevo lo facessi tu”.

Esattamente le ultime parole che Shikamaru Nara avrebbe dovuto pronunciare.

Il sorriso si spense repentinamente sul volto di Ino, e Shikamaru seguì con orrore la ragazza inarcare la schiena, accavallare le braccia e incominciare a gridare: “TU NON HAI PENSATO A NULLA? TU MI HAI INVITATA AD USCIRE CON TE E NON TI SEI NEMMENO PRESO LA BRIGA DI PENSARE A DOVE PORTARMI?”.

Un tuono in sottofondo costrinse la bionda ragazza ad alzare ulteriormente la voce. Non che ce ne fosse bisogno.

Shikamaru si sentì d’un tratto stanco di quella strana giornata, stanco delle donne, e stanco di non riuscire mai a capire cosa le donne volessero da lui: i cervi erano molto più semplici da gestire.

“Ino…” tentò di argomentare “pensavo che volessi decidere tu, tanto alla fine decidi sempre tu, oltre al fatto che l’ho fatto per te, quindi…Mendokuse!” concluse il giovane ragazzo, esasperato. La sua bionda amica si era voltata, mostrandogli le spalle e riprendendo a camminare da sola, il suo fondoschiena ondulante ad attirare lo sguardo del ragazzo e a fargli rimpiangere ancora una volta di essersi svegliato quella mattina, di non essersi finto malato, di essere sempre così imperfetto e di non riuscire mai a renderla felice.

“Ino…” incominciò a gridare lui accelerando il passo, cercando di raggiungerla. Arrivato quasi al fianco della ragazza, Shikamaru le afferrò il braccio cercando di fermarla, di farla voltare, di farla ragionare.

“Ino” ripeté. La reazione della ragazza fu inaspettata e rapida. Riuscì a divincolarsi dalla presa, a voltarsi e gridargli contro: “SARAI CONTENTO ADESSO CHE SEI RIUSCITO A ROVINARE IL NOSTRO PRIMO APPUNTAMENTO., VERO? SARAI CONTENTO DI AVER DIMOSTRATO CHE NON POSSIAMO FUNZIONARE!”.

“Ino…” riprovò ancora lui, avvicinandosi a lei e alzando delicatamente e lentamente le mani, fino a giungere ad afferrarle le spalle, costringendola a voltarsi verso di lui.

“Ino, questo non è il nostro primo appuntamento..incominciò, ma venne interrotto dalle grida dell’amica: “HO CAPITO CHE MI HAI INVITATA AD USCIRE CON TE SOLO PERCHE’ SONO UNA ROMPISCATOLE!”.

Shikamaru strinse la presa alle spalle della ragazza, scuotendola. “Ino tu non sei una rompiscatole! E questo non è il nostro primo appuntamento, perché il nostro primo appuntamento lo abbiamo avuto quando avevamo quattro anni!”.

D’improvviso, lei smise di lottare contro la sua presa e si azzittì.

“Ti ricordi?” chiese lui mentre lei annuiva con il capo, non fidandosi abbastanza delle sue emozioni per parlare.

“Tu mi invitasti nella tua casa sull’albero. Tua madre aveva preparato il tuo dolce preferito, e tu avevi preparato tutto…eri così emozionata, così allegra. Mi costringesti a sedere vicino alle tue bambole, e a prendere il thè. Poi decidesti di pettinarmi e di farmi le treccine. Te lo ricordi?” chiese di nuovo lui.

Lei cercò di ricomparsi per trovare le parole che aveva perso: Shikamaru era riuscito a disarmarla e a farle perfino dimenticare perché fosse così furiosa con lui. Era una delle cose che maggiormente apprezzava in lui: poteva farla scoppiare di rabbia con una sola parola, ma allo stesso tempo calmarla come nessuno al mondo era in grado di fare.

Certo, quel giorno Shikamaru avrebbe dovuto davvero faticare per riuscire a farsi perdonare.

Il cielo concordò con un boato, mentre una goccia dopo l’altra pioveva tanto forte che in pochi secondi i due ragazzi si sarebbero ritrovati nel mezzo di un acquazzone.

Si misero a correre in cerca di un riparo, ma la corsa serrata non riuscì ad impedire ad Ino trovare l’ennesimo motivo di lotta: “MI SONO APPENA FATTA I CAPELLI, SE MI SI BAGNANO E SE MI SI ROVINANO TI RITERRO’ PERSONALMENTE COLPEVOLE, SHIKAMARU NARA, E ME LA PAGERAI PER IL RESTO DELLA TUA BREVE VITA. INETTO, SCANSAFATICHE, SE TU AVESSI DECISO DI PORTARMI DA QUALCHE PARTE, ORA NON SAREMMO NEL MEZZO DELLA STRADA A CORRERE PER CERCARE UN SEMPLICE RIPARO: SHIKAMARU NARA, IO TI DETESTO!” le ultime parole le aveva gridate fermandosi nel mezzo del marciapiede su cui erano giunti.

Fu allora che un possente braccio le avvolse la vita e la tirò all’interno di una porta.

“Ecco…ho deciso di portarti qui dentro, basta che la smetti di urlare, seccatura!” disse spazientito Shikamaru.

“Per te tutti quanti sono delle seccature, ma se solo tu portassi un po’ più di rispetto alle altre persone, forse loro ti seccherebbero di meno” disse lei indispettita, mentre con la mano stretta in quella di Shikamaru, lo seguiva lungo un intricato labirinto di scalini.

Lui ignorò le sue parole, irritandola ancora di più, così riprese a dire: “Poi non tutti sono delle seccature: ad esempio Choji ed io non lo siamo. Vero?”. Le loro mani erano sempre congiunte.

A quel punto lui si girò e sollevando il sopracciglio la corresse: “Choji non è una seccatura!”. Lei scosse la testa, e stava per riprendere a parlare quando una forte luce li raggiunse e fu costretta a coprirsi gli occhi con la mano libera.

Dove siamo?” chiese sottovoce. Non c’era nessuno in quel posto, solo un infinità di scaffali e una moltitudine di libri.

“Siamo in una delle mie biblioteche preferite, una delle più vecchie di Konoha” rispose lui, ugualmente sottovoce.

“Come fai a conoscerla?” chiese allora incuriosita Ino.

“Venivo qui ad aiutare la vecchia bibliotecaria qualche anno fa, era un passatempo divertente. Qui c’è sempre silenzio, pace e calma. Questo posto è un sicuro rifugio dal caos del mondo, e ancora oggi quando tutto quello che accade fuori prende il sopravvento adoro tornare qui fra questi vecchi e polverosi libri a rilassarmi, a leggere, a dormire” concluse il ragazzo grattandosi la testa. Poi, senza lasciare mai la mano di Ino, prese ad avanzare lungo i corridoi creati dalla disposizione degli scaffali.

Raggiunsero due poltrone all’apparenza molto confortevoli, e Shikamaru cavallerescamente accompagnò Ino a sedersi.

“Mettiti comoda che io tornerò fra poco” disse prima di scomparire tra i libri.

Lei, rimasta sola, si accoccolò sull’enorme poltrona verde, portò le gamba fuori dal bracciolo di sinistra appoggiandoci le sue ginocchia, mentre il suo gomito sinistro riposava sulla testata della poltrona e con la mano si accarezzava i capelli.

Era così quando lui tornò: così bella che si bloccò. La pallida luce che filtrava dalla finestra la illuminava. Lei, così allegra, vitale e sensuale, in un meraviglioso contrasto con quel luogo così statico, deserto e inanimato.

In quella, Ino girò lo sguardo e lo vide, gli sorrise e lui fu come sbloccato da un incantesimo per cui infine la raggiunse e si sedette nella poltrona di fronte.

“Allora, cosa mi hai portato?” chiese lei incuriosita.

“Qualcosa che vorrei leggerti” rispose lui, e posò i volumi che aveva recuperato sul tavolino al fianco della sua poltrona. Tra le mani prese un piccolo libretto: “Questo è uno dei miei poeti preferiti” incominciò a dirle, “Catullo. E ogni volta che leggo questa poesia non riesco a non pensare a te”. Così, con voce bassa, iniziò a leggere.

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.

    Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.

    Non lo so, ma sento che ciò accade, e mi tortura”

 

“Bella…” disse lei, mentre lui riponeva il libro per prenderne fra le mani un altro .

“…ma non credo di averla davvero capita” concluse lei, uccidendo il sorriso sul volto di Shikamaru. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.

“Andiamo avanti” disse sospirando lui, “Questo invece è uno dei miei libri preferiti: Il Signore degli Anelli. Vorrei poterti dedicare questo pezzo” e alzatosi in piedi si chinò di fronte a lei e le afferrò la mano, la baciò leggermente e con il libro aperto davanti a lui, e incominciò a ripeterle a memoria un passo del libro:

“…ti dico che sei bella. Nelle valli delle nostre colline crescono fiori belli e splendenti e fanciulle più splendenti ancora; ma non ho visto sin ora a Konoha né fiore, né dama così meravigliosa e così triste. Forse non ci restano che pochi giorni prima che l’oscurità sommerga il mondo, e quando arriverà spero di affrontarla deciso; ma allevierebbe le pene del mio cuore vederti finché brilla il sole[…] e sei una dama bella che nemmeno le parole dell’idioma elfico potrebbero descriverti. E io ti amo”.

I loro sguardi uniti, lei accennò un lieve rossore sulle guance prima di dire: “Bella, ma…io non credo che tu lo pensi davvero, vuoi solo farti perdonare. E per la cronaca, non ci sei ancora riuscito!”, gli sorrise. Lui accolse la provocazione, e dopo essere tornato a sedersi sulla poltrona scelse un altro libro.

“Questo è il più grande scrittore di tutti i tempi che abbia mai parlato d’amore, William Shakespeare”.

“Questo lo conosco!” esclamò contenta Ino, congiungendo i palmi delle mani.

“Tieni” disse Shikamaru, porgendo a Ino un vecchio volume “questa dovrebbe essere la pagina giusta” fece  indicandole la giusta riga.

“Recita con me: io sarò Romeo e tu Giulietta” concluse il ragazzo avvicinandosi alla poltrona di Ino.

Lei afferrò il libro continuando a guardare il volto serio del ragazzo.

“ROMEO: Non hanno labbra i santi? E i devoti palmieri?” disse Shikamaru afferrando la mano di Ino.

“GIULIETTA: Sì. Pellegrino , ma le devono usare con devozione” balbettò Ino insicura e tremolante, il respiro del suo migliore amico sulla pelle, l’imbarazzo di sentire quelle parole così arcane e strane uscire dalla sua bocca, ma al contempo così dolci e profonde

“ROMEO: Oh, cara santa, lascia allora che le labbra intimino la preghiera delle mani, se non vuoi che la fede si muti in disperazione.” Disse lui.

“GIULIETTA:  Non si muovono i santi, anche quando ascoltano le altrui preghiere.” Rispose lei.

“ROMEO: E allora resta immobile mentre il colgo il frutto delle mie preghiere”

Si avvicinò ancora di più a lei, e posò le sue labbra su quelle di Ino, dolcemente, delicatamente. Lei, sconvolta e paralizzata, gli occhi sbarrati, incominciò a farfugliare: “Cosa…Ma che diavolo? Ma sei…Tu sei?”.

“Ti ho baciata” rispose lui, semplicemente

Ma perché?” ricominciò a chiedere lei, confusa.

“Perché c’è scritto nel libro” rispose innocentemente Shikamaru prima di riprendere a leggere: “Così le tue labbra cancellano il peccato delle mie.

“Tocca a te” Shikamaru invitò Ino a  leggere, lei che era rimasta con lo sguardo perso sul viso di Shikamaru, con gli occhi che seguivano le labbra del ragazzo muoversi seducentemente.

Scusami: GIULIETTA: Allora le mie labbra hanno il peccato che han tolto” disse Ino.

“ROMEO: Il peccato dalle mie labbra? Oh, colpa dolcemente denunziata. Ridammi il mio peccato” disse Shikamaru per poi chinarsi ancora una volta su Ino e baciarla, questa volta più appassionatamente, più a lungo. E questa volta Ino non rimase interdetta, né sorpresa, ma si lasciò abbracciare e a sua volta strinse a sé il corpo del ragazzo.

Quando lui si allontanò dai lei, Ino non riusciva a smettere di sorridere e di accarezzarsi le labbra.

“Ti manca una frase mia Giulietta” scherzò Shikamaru, richiamando Ino all’attenzione. La ragazza tornò quindi a posare il suo sguardo sulla vecchia pagina del libro: “GIULIETTA: Tu baci a regola d’arte. Disse, realizzando quello che stava leggendo nel momento stesso in cui le parole lasciavano la sua bocca.

Così si lanciò contro l’amico e incominciò a picchiarlo sul braccio mentre gli gridava: “Deficiente!” .

Fu in quel momento che una vecchia signora claudicante sbucò da dietro uno scaffale e avvicinandosi a loro incominciò a inveire: “Voi due, questo non è un bordello, ma una rispettabile biblioteca, uscite di qua, delinquenti, andate a procreare da un'altra parte!”.

Shikamaru allora si sollevò in piedi e afferrata la mano di Ino incominciò a trascinarla.

Ridendo e correndo scesero le scale e si ritrovarono in strada, e on c’era più la pioggia ad accoglierli, ma un sole verso la strada del tramonto.

“Ti accompagno a casa” disse Shikamaru prendendo Ino per mano e incominciando a dirigersi verso casa Yamanaka.

Mano nella mano i due ragazzi camminavano lungo la strada deserta, ad accompagnarli , solo un luminoso arcobaleno.

Ino si aggrappò al braccio di quello che forse non poteva più essere definito semplicemente “amico”, e si decise: “Grazie” disse sollevandosi sulle punte dei piedi per raggiungere le labbra di Shikamaru e poterle baciare.

Quindi ora tu ed io stiamo insieme, giusto?” chiese quindi al ragazzo.

“Forse. Perché?” rispose lui con un sorriso malizioso stampato sul volto.

“Perché fra un anno sarà il nostro primo anniversario e credo che dovresti incominciare a pensare a dove mi porterai!” concluse Ino sorridendo. Shikamaru scosse il capo e le passò un braccio intorno alla vita mentre camminavano insieme: quel giorno Shikamaru Nara non sbuffò più, ma rimase per il resto del giorno con un semplice sorriso ebete stampato sul volto.

 

 

Fine

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Buon compleanno, Naruto! ***


Il mattino sorgeva lesto nel cielo

 

 

Buon Compleanno, Naruto!  A Naru/Hina present

 

 

                                                                                                                                               Il capitolo:

 

                                                              Ad Ayumi per il suo compleanno,

per chiederle scusa per il mio vergognoso ritardo,

per ringraziarla di essere sempre una dolcissima amica,

per onorare il nostro amore in comune per questa coppia,

per gridare al mondo che NaruHina è amore puro!

 

                                                                                                                                             La raccolta:

 

Alla Paccy perché si convinca che Hinata ama e amerà sempre e soltanto il suo Naruto!

E che ti voglio un gran bene!

 

 

 

 

Il mattino sorgeva lesto nel cielo.

Aprì gli occhi e guardò fuori dalla finestra, un intero  paese incominciava ad animarsi.

Gli uomini che si dirigevano al lavoro, le donne affacciate alle porte di casa a salutare i propri mariti, i bambini allegri diretti di corsa verso la scuola.

Il  villaggio della foglia si era svegliato, e ora toccava al suo Hokage.

Si alzò e si diresse in bagno. Si osservò allo specchio, si accarezzò gentilmente il volto, sottolineando con le lunghe dita il contorno degli occhi, per poi fermarsi a riposare sulle labbra.

Oggi era un altro anno più vecchio e nessuno a cui importasse davvero; nessuno, a parte la sua memoria, a ricordaglielo, a gioirne.

Naruto Uzumaki: Hokage del villaggio della foglia, da oramai due anni, pensò di essere irrimediabilmente solo.

Finitosi di vestire scese in strada e, passeggiando per le vie del suo villaggio, incontrò decine di persone che lo salutarono calorosamente, chi con un inchino, chi con un pronto sorriso.

Tutti avevano imparato a rispettarlo e stimarlo negli anni, in fin dei conti era stato lui a salvare il villaggio.

Una volta giunto al palazzo dell’Hokage, si diresse verso il suo ufficio, dove lo aspettavano decine di scartoffie.

Aveva sempre sognato arrivare alla posizione che oggi occupava, ma non si sarebbe mai rassegnato alla noia delle sue giornate in ufficio, e oramai erano la maggior parte delle sue giornate.

In tempi di pace, la necessità di abili ninja è sempre minore..

Una volta accomodatosi nella sua imponente poltrona, e incominciato il suo tedioso lavoro, qualcuno bussò alla porta.

“Avanti” disse Naruto firmando l’ultima delle carte che impegnavano la sua scrivania.

“Signor Hogake” disse una giovane ragazza, entrando nella stanza e ritirando i fogli che Naruto aveva già esaminato e approvato, lasciando sul legno della tavola altrettanti fogli che dovevano ancora essere sottoposti a un’attenta lettura.

“Ancora firme?” chiese sconsolato Naruto.

“È il suo lavoro” rispose fredda la ragazza.

Hanabi, cos’è questo?” chiese stranito il ragazzo, alzando un foglio e mostrandolo alla sua assistente.

“Il programma della sua giornata, come sempre!” rispose spazientita lei.

“Sì, ma è bianco!” cercò di ribattere lui, sempre più confuso.

“Non si ricorda proprio, vero?” rispose lei disperata.

Ma lui, sempre più frastornato, scosse la testa.

“Lei mi ha detto non più tardi di due giorni fa che oggi sarebbe andato a pranzo con mia sorella e quindi siccome questa mattina non ha nessun appuntamento, il programma di oggi è vuoto!” spiegò lei sbuffando. “Ora, non so come mia sorella abbia potuto decidere di passare il suo pomeriggio con lei, ma sarà meglio che non le dia buca, altrimenti dovrà subire una mia lunga e insidiosa vendetta” lo minacciò la giovane ragazza, sorridendogli gentilmente al termine delle sue parole, per poi dileguarsi oltre la porta, lasciando Naruto solo con i suoi pensieri.

 

 

Due giorni prima

 

 

Era un giovedì, come sempre era il giorno di ricevimento e incontro con i rappresentanti dei vari villaggi.

Un lungo e interminabile giovedì.

Era un’ora che partecipava a un colloquio con il rappresentante del villaggio della Pioggia: era assonnato, stanco e il sole fuori dal palazzo illuminava la stanza, invogliandolo ad uscire e correre libero come un tempo, come facevano ancora oggi i ragazzi all’uscita della scuola.

Fu a quel punto che entrò lei.

Un bianco maglione a definirne le forme, un leggero ombretto a colorarle il viso, un dolce profumo di pesca, una pelle bianca e morbida.

Avrebbe desiderato così tanto poter accarezzarle una guancia, baciarla, poter assaporare quell’ incantevole candore.

Hinata porse ad ognuno dei presenti una calda tazza di the, e quando si abbassò per porgerla anche all’Hogake, Naruto non poté che perdersi nei segreti del suo corpo, nei misteri del suo vestito, ed esclamare a voce abbastanza alta perché lei potesse sentirlo, ma in modo che solo lei potesse udirlo: “Quanta noia, vorrei poter essere là fuori con te!”.

Lei si coprì le labbra e arrossì deliziosamente, un delicato sorriso imbarazzato le solcò il volto.

Solo allora Naruto si rese conto di quello che aveva appena detto, anche se non era altro che la più assoluta e sconcertante delle verità.

Hinata era cresciuta, era diventata una donna sensuale ed elegante, era diventata fiera e coraggiosa, ma ancora capace di arrossire fino alla punta dei piedi ad una sua parola.

Un giorno di qualche anno prima, lei era stata così dedita a lui da salvargli la vita, urlandogli tutto il suo amore.

Lui l’aveva ringraziata mentre il ricordo del grande atto eroico della ragazza gli sfuggiva dal passato, e c’era voluto un anno e più perché tutte le sue memorie ritornassero a lui, e allora era passato troppo tempo perché lui potesse ringraziarla. O forse era stato solo molto codardo, forse aveva solo avuto paura di affrontarla.

Una volta diventato Hokage, le sorelle Hyuga  gli erano state assegnate come assistenti: Naruto aveva provato a declinare l’offerta di casa Hyuga, ma aveva, invece, dovuto imparato a convivere con la sua vergogna.

La vedeva ogni giorno, e ogni giorno sentiva dentro di lui cresce il peso di una verità annientante: lentamente si accorse di Hinata, di come ne fosse ne era attratto, infatuato, innamorato.

Così dopo quella strana riunione, l’aveva invitata a pranzo, e lei era così entusiasta che lo aveva abbracciato, per poi accorgersi di quel semplice gesto, arrossire e scappare turbata.

Lui invece era rientrato a casa con un sorriso ebete stampato sul volto.

 

 

I giorni poi erano trascorsi e oggi Naruto avrebbe dovuto portarla a pranzo. Così l’Hokage pensò di impegnare il resto delle ore che lo dividevano dall’appuntamento maledicendosi per esserselo dimenticato, e spremendosi le meningi per trovare un luogo più originale dellla solita bottega di Ramen.

Al pensiero del Ramen il suo stomacò brontolò e Naruto si rese conto che probabilmente il suo problema maggiore sarebbe stato restare accanto a lei tutto il pomeriggio, trattenendosi dal fare qualsiasi cosa sconveniente.

Era oramai sicuro che il cuore di lei avesse abbandonato i sentimenti che un giorno era stata così pronta a dichiarare. Ma il tempo era trascorso, per entrambi, solo che per lui il tempo era trascorso accanto a lei, durante il lavoro, a casa quando chiudeva gli occhi e se la immaginava al tavolo con lui a mangiare, quando andava a letto e allungava una mano per scoprire un freddo vuoto fra le lenzuola, e allora desiderava immensamente averla al suo fianco, ad abbracciarlo, a baciarlo, ad amarlo.

Ma lui era solo, mentre lei era cresciuta, era diventata una donna desiderabile, sogno per ogni marito. Lei, di buona famiglia ed educazione, così determinata e coraggiosa, così dolce e gentile, premurosa e bellissima, con quei capelli così neri e lunghi, gli ricordavano così tanto un fiume di notte, dove avrebbe voluto potervi immergere una mano per vederla scomparire fra gli abissi.

Qualcuno bussò alla porta, e Hinata entrò nell’ufficio.

“Naruto” balbettò incerta “sono venuta a portarti il pranzo, come mi avevi chiesto” tentò di spiegare, ferita dalla sorpresa disegnata sul volto di Naruto, paralizzato, con la bocca spalancata.

“So che hai sicuramente molto da lavorare, quindi se vuoi posso andare e lasciarti il cestino” propose lei avvicinandosi alla scrivania, appoggiando il cestino; in quel preciso momento Naruto tornò in sé e le afferrò saldamente il polso.

“Sei bellissima” le disse, e lei sorrise cercando di mascherare il volto, accarezzandosi i capelli, portando un ciuffo dietro l’orecchio.

“Ho il pomeriggio libero, andiamo a mangiare fuori: è una giornata così bella” concluse lui, prima di lasciarle il polso. Lei solo allora si rese conto di aver trattenuto il fiato, e lui le prese la mano fra le sue e la condusse fuori da quell’ufficio.

 

 

Il sole illuminava i campi e i due giovani ragazzi procedevano lungo l’argine del fiume in un delizioso silenzio: ogni tanto volgevano lo sguardo sull’altro, persi in un complicato sogno, per poi ricomporsi, una volta scoperti, vistosamente imbarazzati.

Giunti poco fuori dal villaggio si sistemarono sotto una grande quercia.

Hinata sistemò la coperta e si sedette, Naruto si accomodò sotto l’albero e con la schiena appoggiata al tronco, fermandosi a osservare la semplicità di Hinata. Il suo vestito color pastello, dalle maniche lunghe e dalla vita stretta.

Era bellissima con i capelli sciolti che le volavano davanti al viso.

Le si avvicinò, per poi ritrarsi.

Lei non si accorse di nulla, troppo indaffarata a preparare i piatti.

“L’ho fatto per te, spero che non sia troppo freddo” disse lei, porgendogli una tazza.

“Ma questo è Ramen!” esclamò lui entusiasta sorridendole,  e lei abbassò lo sguardo.

“Sei fantastica” concluse lui prima di incominciare a divorare il cibo.

Lei lo guardava piena di dolce ammirazione.

Se solo lui avesse potuto interpretare  lo sguardo di Hinata…ma Naruto non era mai stato pratico in questioni di cuore, nei rapporti con le donne.

Finì la sua ciotola di Ramen, per poi osservare la ancora piena ciotola di Hinata che sorridendogli gliela porse.

Ma tu non hai proprio fame?” chiese Naruto, mentre con una mano afferrava il piatto.

“No, al momento non molta” rispose Hinata per poi azzittirsi e poggiare la testa sulle ginocchia tenute unite dalle sue braccia, intenta a osservare ogni piccolo cambiamento che il tempo aveva adoperato sul viso del suo Hokage.

Ripercorreva con la mente tutto il tempo passato, tutte le difficoltà che aveva dovuto affrontare, tutti i combattimenti che aveva dovuto vincere per poter essere lì quel giorno.

Ci sono giorni che sembrano così caotici da non avere nessun senso, ma poi un giorno ci si ritrova seduti sotto un albero a guardare un ragazzo gentile, un ragazzo che si è sempre amato, e capire che ogni secondo vissuto ha portato a quel semplice momento.

Hinata, sei una cuoca davvero brava!” si complimentò Naruto, mentre si asciugava la bocca con la manica del vestito, strappando una sonora risata a Hinata.

Lui sorrise e la trovò luminosa.

“Sei bellissima” le ripeté per la seconda volta in quella giornata.

Lei diventò rossa e cercò di sviare l’argomento, estraendo dal cestino una scatola di plastica.

“Aprila” gli disse porgendogliela.

“Te ne sei ricordata!” esclamò lui osservando la sua torta di compleanno, all’interno di quella scatola.

“Spero ti piaccia” fu l’unica risposta che lei riuscì a donargli.

Naruto per la prima volta dopo tanto tempo non si sentì più solo.

Lei prese un cucchiaio e incominciò a imboccarlo.

I loro sguardi restavano fissi uno in quello dell’altro. Lui che gustava lentamente il suo dolce, lei che assaporava ogni secondo di quel dolce momento solo loro.

Alla fine della torta, Hinata immerse un dito nella scatola e raccolse un po’ panna, per poi scherzosamente posarla sulla guancia di Naruto.

Lui per vendetta si gettò sulla ragazza e le baciò le guance, imbrattandola con la panna, per poi abbracciarla e sollevarla da terra e portarla con sé sotto l’albero.

Ora il ragazzo se ne stava con la schiena appoggiata al tronco e la schiena di lei premuta sul suo petto. I capelli di lei sparsi sul suo volto.

Quando le risate divertite dei due ragazzi terminarono, si trovarono in una posizione piena di imbarazzo, ma che nessuno dei due voleva modificare.

“Grazie” mormorò lui.

“Di cosa?” chiese lei confusa.

“Di tutto. Del pranzo, della torta, di essere l’unica persona di Konoha a ricordarsi del mio compleanno, di essermi sempre stata accanto, di sopportarmi, di am…” ma si azzittì, sicuro che quella parola avrebbe rovinato la calma di quel momento, la tranquillità di quel pomeriggio.

“Facciamo un gioco” propose lei cercando ancora una volta di sviare un argomento troppo pericoloso.

“Quale gioco?” chiese lui.

“Io penserò a una persona di Konoha e tu dovrai pormi una serie di domande per capire di chi si tratta, e ogni domanda dovrà essere posta così: Se fosse un oggetto, o un animale, o qualsiasi cosa…Capito?” spiegò lei.

“Spero di sì” rispose lui grattandosi, leggermente confuso, il capo.

“Pensato!” esclamò lei.

“Allora…se fosse un fiore?” chiese lui incerto, insicuro di aver capito come funzionasse il gioco.

Lei si accomodò ancora di più fra le braccia di lui.

Con la guancia si appoggiò alla spalla di lui, in modo che potessero guardarsi direttamente negli occhi.

“Un giglio” rispose lei.

Lui perplesso, rifletté qualche minuto per poi chiedere: “Se fosse un libro?”.

“Il mio romanzo preferito” rispose lei senza la minima esitazione.

Se fosse un animale?” chiese lui, afferrandole la mano e stringendola salda, intrecciando le loro dita, facendola arrossire e distraendola dal gioco.

“U..na v..vol..pe” tremò balbettando lei.

Se fosse un cibo?” chiese lui.

Ramen” rispose lei, arresasi oramai alle carezze di Naruto.

Lui aveva ben chiara la soluzione, ma aveva un’ultima domanda che doveva porle, una necessità viscerale di sapere, di conoscere la verità. Perché ora così vicini, ora così stretti l’uno all’altro, era felice, si sentiva completo, e non avrebbe rinunciato a quella gioia così facilmente, senza combattere prima.

“Se fosse un sentimento?” domandò lui e lei si contrasse, alzandosi e voltandosi verso il cestino, cercando di allontanarsi, ma lui la trattene, la strinse a sé e lei cercando di divincolarsi cadde con il petto su quello di Naruto. Lui a bloccarla, i loro visi pericolosamente vicini, i loro occhi brillanti incastonati in quelli dell’altro. Con un flebile sussurrò rispose: “Amore puro”.

Lui non attese altre parole e passandole una mano dietro la testa l’attirò a sé e la baciò.

Prima fu un leggero e veloce contatto. Ma quando si rese conto che le sue labbra avvampavano di dolore per la necessità di quel contatto si riavvicinò e la baciò con fervente emozione crescente.

Sarebbero rimasti ad assaporare quel contatto in eterno se la pioggia non avesse cominciato a cadere prepotentemente sui campi.

In pochi secondi riassettarono tutto dentro il cestino e facendosi scudo con la coperta, incominciarono a correre lungo i campi in direzione di Konoha.

Le loro mani sempre congiunte.

Quando la pioggia incominciò ad aumentare la sua intensità di caduta i due ragazzi erano quasi giunti al limitare del villaggio.

Lei allora incominciò a tirarlo verso il palazzo dell’Hokage, mentre lui avrebbe voluto condurla al suo modesto appartamento, per poter restare ancora un po’ soli.

Ma lei vinse e lui si lasciò condurre lungo i corridoi, fino a giungere alla palestra del palazzo, e quando lei aprì le porte, il buio più assoluto accecò i suoi occhi, poi una luce abbagliante si accese colpendoli con una fitta di dolore.

Ma bastarono pochi secondi perché si abituasse alla nuova condizione.

“Sorpresa!” gridò un coro festante di gente.
Il suo villaggio, i suoi amici si erano radunati lì per festeggiarlo, per ringraziarlo, per celebrare il suo compleanno.

In quel momento Naruto si sentì così stupido per aver pensato di essere tanto solo, oramai.

La mano di lei si strinse attorno alla sua e poi Hinata cercò di lasciare la presa, ma lui non glielo permise, e anzi la strinse a sé e l’abbracciò: “Come potrò mai ringraziarti abbastanza? So che  sei stata tu. Ti amo”. I suoi occhi fissi in quelli perlacei della sua ragazza. La baciò davanti a tutti, e un applauso scaturì fra i suoi amici.

Così al fianco di Hinata affrontò quella moltitudine di persone che si congratulavano con lui, che gli facevano gli auguri e che gli auguravano presto la nascita di un piccolo Narutino.

 

 

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