Godric's Army

di LordTargaryen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** Serpentstone ***
Capitolo 3: *** Palazzo Slytherin ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


ATTENZIONE: Sì, okay, questa cosa è molto strana, insomma, i Fondatori… chi se li fila di solito? Beh, ecco, io. Mi hanno sempre incuriosito, spero di non essere l’unico. Questa è perciò più una sorta di esperimento. Oltretutto non solo è la prima ff che pubblico dopo… mesi (shame! shame! shame! –apprezzate la citazione please), ma è anche la mia prima long in assoluto, quindi vi chiedo scusa in anticipo per eventuali passaggi poco scorrevoli o poco chiari. Se dopo questa premessa è rimasto qualcuno, allora buona lettura! ^.^


                                   
Capitolo 1: L'INIZIO


Gryphon’s Rock, Cornovaglia (Inghilterra sud-occidentale), Anno Domini 885

Mentre sua madre finiva di raccontagli la favola della buonanotte, Godric decise che quello era stato il giorno più bello di tutta la sua vita: quel giorno infatti, il primo di Dicembre, Godric compiva gli anni; per la precisione, quello era il suo decimo compleanno. Il caso volle che in quello stesso giorno cadesse anche il decimo anniversario della battaglia di Dungarth, in cui suo padre, Lord Godfrey Gryffindor, riportò la pace nelle contee sud-occidentali. Per tale ragione Lord Godfrey ritenne che non c’era momento più adatto per festeggiare, ed organizzò la più grande festa mai vista prima d’allora in Inghilterra: le porte di Gryphon’s Rock furono aperte ai Chandler del Dartmoor, ai Bradford dello Strathclyde, agli Slytherin del Norfolk, e a molti altri Lord di contee vicine e lontane; ma le porte furono aperte anche a molta gente comune, mercanti, contadini, artigiani, curiosi di vedere da vicino il favoloso castello dei Gryffindor. La festa non deluse le aspettative: furono organizzati banchetti, giochi, spettacoli, tutto il castello era in fermento, pieno di gente, nobili, contadini, poveri, ricchi, inglesi, stranieri, tutti che pensavano solo al proprio divertimento. E naturalmente, quello che si era divertito più di tutti era proprio Godric: per tutto il giorno aveva assistito agli spettacolari giochi in suo onore, mangiato le deliziose pietanze preparate dai migliori cuochi della contea, e ricevuto costosissimi doni dai vari Lord invitati.       
Ma il momento più bello era stato quando suo padre gli aveva mostrato il proprio regalo. Un silenzio calò nella piazza quando Lord Godfrey porse al figlio una preziosissima spada, con grossi rubini che tempestavano l’elsa d’argento, sulla quale era inciso il nome di Godric; quindi, padre e figlio si abbracciarono, e tra la folla scoppiò un boato.

Già, pensò Godric mentre il sonno iniziava ad avvolgerlo, oggi è stato senza dubbio il giorno più bello di tutta la mia vita. Si accorse vagamente che sua madre aveva abbandonato il letto e stava uscendo dalla stanza, molto probabilmente per raggiungere il marito e gli altri Lord al banchetto conclusivo, riservato alle famiglie più nobili dell’Inghilterra. La donna stava per aprire la porta, quando una mezza dozzina di uomini armati fecero irruzione nella stanza. “Lady Roxane Gryffindor?” chiese uno degli uomini rivolgendosi alla madre di Godric.
“Sì. Voi chi siete? Chi diavolo vi ha mandato qui?” domandò lei in preda al panico. Per tutta risposta, l’uomo a capo del gruppo le diede uno spintone, facendola cadere. Nel frattempo Godric, non appena aveva sentito il rumore della porta che veniva sfondata, si era risvegliato, ed era andato a nascondersi al di sotto del grande letto a baldacchino.
“Dov’è tuo figlio?” gridò l’uomo afferrando la madre di Godric per i capelli e puntandole un coltello alla gola; dal momento che la donna non rispondeva, aumentò la pressione della lama. “Godric, scappa!” urlò Roxane, cercando di sfuggire alla presa del soldato. “Godfrey! Godfrey, aiuto!” urlava disperata. L’uomo che la tratteneva piegò le labbra in un sorriso compiaciuto: “Lord Godfrey Gryffindor è morto. L’ho ucciso io stesso prima di venire qui” annunciò divertito.           
   Sentendo queste parole, Godric avrebbe voluto gridare tutta la propria disperazione, ma non poteva, perché altrimenti quegli uomini l’avrebbero scoperto; nonostante tutto, non tardarono a farlo: pesanti mani afferrarono il ragazzo per i piedi e lo trascinarono fuori dal suo nascondiglio improvvisato. Non appena lo vide, l’uomo che bloccava Roxane ordinò “Portatelo da Ulrich”. Uno degli armati che trattenevano Godric tirò fuori delle catene per legarlo, e a quel punto scoppiò il caos. Mentre Roxane gridava disperata e il soldato faceva per incatenare il ragazzo, Godric chiuse gli occhi e alzò le mani, come vano tentativo di protezione; all’improvviso, uno strano bagliore percorse la stanza, e quando Godric riaprì gli occhi, i soldati che lo trattenevano erano morti; la stanza sembrava essere stata colpita da un’esplosione. L’uomo che teneva sua madre era ancora vivo, ma era a terra, sanguinante. E sanguinava anche la... “Mamma!” urlò Godric disperato “mamma, cosa… stai morendo! Bisogna chiamare qualcuno!”
“No!” rispose lei con un filo di voce “no, Godric, tu ora devi scappare. Corri, hai capito? E non fermarti, esci dalla città, vattene via, subito! Temo che finchè starai qui, sarai in pericolo…” Il figlio la ascoltava a malapena, troppo sconvolto dallo stato in cui era la madre: “Mamma, chi è stato a farti questo?”; poi un sospetto si fece strada nella sua testa: “sono stato io? Ma come ho fatto? Perdonami, mamma, ti prego! Scusami, io non volevo…” ma la madre lo interruppe sorridendo debolmente: “No, no, no, Godric, tu sei stato bravissimo! Ma ora devi andartene di qui, o ti prenderanno” la donna sorrise nuovamente accarezzando il figlio, che piangeva affondando il volto nel suo petto, finchè non si rese conto che la madre non respirava più. Inutili furono i suoi tentativi disperati di rianimarla, di riscuoterla, di risvegliarla; il cuore della donna aveva smesso di battere.

 Per alcuni istanti Godric stette immobile, incapace di comprendere come tutto ciò fosse potuto succedere. Neanche un’ora prima, sua madre gli stava raccontando le favole e si era sentito la persona più felice del mondo, pieno di gente che gli voleva bene e con davanti un futuro sereno e radioso. Ora sia suo padre sia sua madre erano morti, e lui doveva fuggire da quella che fino ad ora era stata la sua casa.                       
A riscuoterlo dai propri pensieri fu la voce rabbiosa del soldato ferito: “Maledetto! Stupido piccolo… mostro! Dovevo saperlo che eri un… non importa!” esclamò mettendosi faticosamente in piedi “ora ti ucciderò io stesso!”. Detto questo, iniziò ad avvicinarsi a Godric, vibrando la spada a caso. Era infatti gravemente ferito, e il sangue che gli colava per il volto gli impediva una vista completa. Godric sospettò inoltre che l’occhio sinistro fosse effettivamente accecato; ancor più evidente era la ferita alla gamba destra, che gli rendeva estremamente difficile anche solo camminare. Però sono spacciato comunque, osservò amaramente il ragazzo, lui è armato, io no. Poi si ricordò: la spada donatagli da suo padre… Sapeva perfettamente dove si trovava la spada. Era appesa al muro, di fronte al letto sul quale Godric era nel frattempo risalito per sfuggire al soldato. Per andarla a prendere perciò doveva necessariamente andare incontro all’uomo che puntava la lama verso di lui. Armandosi di tutto il proprio coraggio, Godric corse verso il soldato, quindi, giunto al bordo del letto, tentò di oltrepassarlo con un salto; l’uomo però tentò di colpirlo con la spada, e ci riuscì, procurando al ragazzo una profonda ferita alla coscia. Godric rotolò a terra, le lacrime che gli rigavano il volto per il dolore. Riuscì a strisciare verso la spada, ma il soldato lo seguiva passo passo, divertito dal suo tentativo di resistenza: se avesse saputo le sue intenzioni, lo avrebbe ucciso all’istante, ma tutto ciò che vedeva in quel momento era un ragazzino strisciante che cercava di scappare. Pagò questa leggerezza con la vita: arrivato al muro, Godric si mise faticosamente in piedi, afferrò la spada regalatagli dal padre e, prima che l’altro potesse reagire, gli piantò la lama nello stomaco, uccidendolo. Stava per accasciarsi a terra quando sentì le voci di altri soldati che arrivavano, e quindi si mise all'opera.

In pochi sapevano che oltre alla porta principale quella stanza aveva anche un ingresso secondario; nello specifico, questi pochi erano Godric, sua madre e suo padre. L’ingresso secondario era nascosto dietro al grande specchio che si trovava nella parete est della camera. Godric quindi spostò lo specchio di quel poco che bastava per passare, aprì la porta ed entrò nel passaggio che ormai era noto soltanto a lui. Naturalmente gli uomini che erano ormai quasi arrivati l’avrebbero scoperto, ma a quel punto Godric sarebbe stato molto lontano.

Il passaggio era stato progettato proprio nel caso in cui la vita del piccolo Lord fosse stata in pericolo, ma nessuno si sarebbe aspettato che quel momento sarebbe giunto così presto. E invece ora Godric arrancava attraverso la stretta galleria, sanguinando copiosamente dalla coscia destra, pregando che mancasse poco all’uscita. L’uscita si trovava in un vicolo molto stretto, talmente nascosto agli occhi della gente che per notarlo bisognava osservare attentamente. Ed è proprio in quel vicolo che Godric spuntò qualche minuto più tardi, aspettandosi di trovare una Gryphon’s Rock avvolta nel silenzio della notte, con qualche cane che abbaiava sporadicamente e i lupi che ululavano, lontani, alla luna. Ma fu ingenuo da parte sua: doveva aspettarsi che gli uomini che avevano ucciso i suoi genitori non avevano agito da soli. Sin dal vicolo appartato si sentivano le urla degli uomini, il nitrito dei cavalli, il rumore delle spade, il pianto dei bambini… il suono di una battaglia. Godric uscì dal vicolo e corse verso la piazza, da dove proveniva il rumore, nascondendosi dietro ad un carro rovesciato ai margini del grande spiazzo, per vedere cosa stesse accadendo. E quello che vide non gli piacque affatto. Decine e decine di uomini a cavallo stavano facendo strage di donne e bambini; i pochi che avevano provato a contrastarli giacevano per terra senza vita. Vide inoltre che le case venivano date alle fiamme, le mura del castello abbattute, gli uomini incatenati, pronti per essere resi schiavi… chi aveva fatto tutto questo? Godric giurò a se stesso che chiunque fosse stato avrebbe pagato, l’avrebbe ucciso lui stesso; desiderava soltanto che il responsabile di tutte quelle morti, l’assassino dei suoi genitori, si mostrasse in modo che lui, Godric Gryffindor, potesse imprimersi in testa il suo nome e il suo volto, e appena se ne fosse presentata l’occasione, avesse potuto ucciderlo con la spada di suo padre. L’uomo che Godric desiderava tanto uccidere non tardò a farsi vedere. Una volta che la città tornò in uno stato di relativa calma, con i cavalieri che avevano piegato ogni resistenza, emerse dall’oscurità una figura imponente e solitaria, che attraversava la piazza a cavallo. L’uomo a cavallo fu quello che Godric riconobbe come Lord Bradford… Lord Ulrich Bradford dello Strathclyde… “Portatelo da Ulrich” aveva detto il soldato rivolgendosi agli altri che lo trattenevano. Quindi era lui l’uomo che aveva organizzato tutto… quando l’aveva visto la prima volta, Godric non ci aveva fatto molto caso: era uno dei tanti Lord invitati al suo compleanno. Ora invece si prese tutto il tempo per squadrarlo: era già piuttosto in avanti con gli anni, profonde rughe gli solcavano la fronte, ma i capelli erano ancora scuri e folti; in quel momento aveva dipinta sul volto un’espressione di estrema soddisfazione. Mentre passava in mezzo ai corpi stesi a terra, i suoi uomini si inginocchiavano, in attesa che lui dicesse qualcosa. Dopo un silenzio innaturale, Lord Bradford parlò; disse soltanto:

"Gryffindor?" "Morto, mio Signore".

"La moglie?" "Morta anche lei, mio Signore".

"Il figlio?"
A questa domanda, il cavaliere che aveva parlato deglutì, si guardò intorno in cerca di sostegno dagli altri suoi compagni, e non trovandolo fissò con insistenza il terreno: “Non… non è stato trovato il corpo, mio Signore…” Bradford emise una smorfia di disappunto “…ma pensiamo che sia morto nello scontro” si affrettò ad aggiungere.
“Nello… scontro?” “Sì, mio Signore. Gli uomini che avete mandato sono stati trovati morti. Pensiamo che alcuni soldati di Gryffindor li abbiano affrontati e sconfitti. E’ stato trovato un passaggio segreto attraverso cui possono essere fuggiti. C’era molto sangue lungo il percorso. Crediamo che sia di Godric"                                                              
Nel sentir pronunciare il proprio nome, Godric fu scosso da un fremito, ma poi si ricordò di essere nascosto dietro al carro rovesciato, dove era improbabile che gli uomini di Bradford potessero vederlo. Intanto proprio Bradford aveva ricominciato a parlare: “Ah sì? Voi credete? E io dovrei basarmi sulla fiducia?” scoppiò a ridere, divertito dal fatto che ci si potesse fidare di un’altra persona “Finchè il figlio di Godfrey Gryffindor sarà vivo, io non sarò il legittimo Lord della Cornovaglia, e finchè il corpo del bambino non sarà trovato, per la gente sarà ancora vivo!” urlò “Perciò, vedete il modo di trovare il corpo!” Fu in quel momento che Godric capì che doveva assolutamente scappare. Pensò ad un modo per allontanarsi senza che nessuno lo notasse; ma prima che potesse fare un passo, sentì la voce di un soldato, decisamente troppo vicina a lui: “Mio Signore” gridò “Penso che non sarà così difficile trovarlo… lui è già qui” disse ribaltando il carro dietro il quale Godric era nascosto.

Per qualche istante, Godric restò immobile, incapace di fare una qualsiasi azione, consapevole che aveva gli occhi di tutti i presenti puntati addosso. A riscuoterlo fu il grido di Bradford che ordinò: “PRENDETELO!”
  A quel punto, iniziò a scappare.                 
I soldati erano più veloci di lui, che correva a fatica con il profondo taglio alla coscia, ma avevano le pesanti armature che li rallentavano; e inoltre perdevano tempo ostacolandosi a vicenda, perché ognuno voleva la gloria e la riconoscenza di Bradford solo per sé. Un altro punto a favore di Godric era la sua conoscenza delle strade della città, che erano invece ignote ai soldati. Non fu facile, ma riuscì a seminarli, e la maggior parte si ritrovò a girovagare senza meta per i più oscuri vicoli di Gryphon’s Rock, ma c’era ancora un gruppo di armati che lo seguiva da vicino. Ormai Godric era allo stremo, la sua gamba ferita non gli permetteva quasi più di muoversi, e infatti inciampò: cadde per terra sbattendo la testa. Gli uomini che lo inseguivano l’avevano ormai raggiunto, Godric vide un braccio che si allungava verso di lui per afferrarlo, sollevò d’istinto le mani, e come la volta precedente successe qualcosa di inspiegabile: l’uomo che lo stava afferrando era volato qualche metro più in là; nella caduta aveva sbattuto la testa, che ora era fracassata. Gli altri quattro erano increduli: “E’ un… è un…” “E’ un mostro, uno scherzo della natura!” decretò uno: “Uccidiamolo! ORA!” Godric a questo punto si vide spacciato: era dubbioso che il trucco avrebbe funzionato un’altra volta, e inoltre ora erano quattro contro uno… inutile anche usare la spada… chiuse gli occhi e si preparò al peggio, pronto per affrontare la morte.
Sarebbe infatti morto, se dall’ombra non fosse sbucata una piccola figura che si parò davanti ai soldati, che a tale vista scoppiarono a ridere: “E tu che ci fai qui, ragazzino?" “Lasciatelo andare” rispose quello con una calma irritante, suscitando nuovamente le risa degli uomini armati: “Senti, ragazzino, o adesso ti togli o…” “Avada Kedavra!” un primo soldato morì. Gli altri si ritrassero spaventati: “Ma che diavolo…” “Avada Kedavra!” sibilò nuovamente il ragazzo, e poi ancora e ancora, finchè tutti e quattro non giacquero morti per terra.
Godric era senza parole: “Senti, non so chi tu sia, ma non posso che ringrazia…” “Shhhhhhh!” lo interruppe quello tendendo l’orecchio verso la direzione da dove Godric era venuto: “ne stanno arrivando altri” spiegò. Detto questo, gli diede uno spintone, facendolo cadere in un mucchio di letame. Godric riemerse protestando: “Ehi! Ma che fai!” senza notare che l’altro in qualche modo aveva fatto sparire i cadaveri e pulito la strada dal sangue; i due si fissarono per un istante, e poi il ragazzo misterioso si buttò a sua volta nel letame, pochi istanti prima che un altro gruppo di soldati passasse per il vicolo. Quando si furono allontanati, Godric dovette scusarsi con il ragazzo, riconoscendogli il merito di averlo nuovamente salvato. “Oh, non c’è di che” fece quello con un sorriso: “senti, hai mai volato su una scopa? Immagino di no” aggiunse senza attendere risposta “ma per il momento non vedo altra soluzione, perciò seguimi che ti porto via di qui”
Godric era troppo confuso e sbigottito per parlare, ma decise che seguire lo sconosciuto fosse per il momento la decisione più saggia. “Accio scopa!” disse lo strano ragazzo, e dopo una breve attesa una scopa volò nelle sue mani; soddisfatto del risultato, rivolse a Godric un sorriso compiaciuto. Stava per montare sulla scopa, quando roteò gli occhi al cielo: “Oh, scusa, quasi dimenticavo: Politio!” fu solo in quel momento che Godric notò che il ragazzo teneva in mano uno strano oggetto affusolato… una bacchetta, forse? La confusione nella sua testa aumentò quando si accorse che entrambi erano stati ripuliti dal letame. Il ragazzo dovette accorgersi di tale confusione, perché disse: “Senti, in questo momento non abbiamo molto tempo, perciò… beh, tu sei un mago, così come me, ecco il perché di tutte queste… cose strane, per ora le chiameremo “cose strane”. Ma ora dobbiamo andare, capito?” Godric annuì. Ora che poteva vedere meglio lo sconosciuto, si prese un momento per studiarlo: era di qualche anno più grande di lui, e sul viso, incorniciato da una massa disordinata di lunghi capelli castani, aveva un’espressione scaltra e sfrontata. Decise che si sarebbe fidato di quel ragazzo, ad ogni costo, era la sua unica possibilità di salvezza.
“A proposito” fece quello “non so ancora il tuo nome"                                                      
Godric trasse un profondo respiro: “Godric. Godric Gryffindor”                                       
Il ragazzo sorrise: “Certo. Che idiota. Dovevo aspettarmelo. Ecco perché quegli uomini ti volevano morto".
Godric chiese a sua volta: “Io invece non so il tuo, di nome” Per qualche interminabile istante, gli occhi dei due si incrociarono, senza che nessuno distogliesse lo sguardo, dopodichè il più grande rispose:
“Io mi chiamo Salazar. Salazar Slytherin”.




Uh, beh, eccoci qua. Se siete arrivati fino in fondo, vi faccio le mie condoglianze e i miei complimenti, perché ho molti dubbi sulla sua scorrevolezza, soprattutto per quanto riguarda l’inizio… ma questo dovete essere voi a giudicarlo. Beh, che dire? Spero vi sia piaciuta, perché questo bambino si è impegnato molto nello scriverla (tra parentesi: i nomi e la collocazione delle contee sono reali, non me li sono inventati, e anche le informazioni di base sulla provenienza dei Quattro Fondatori e l’anno di fondazione di Hogwarts li ho reperiti con difficoltà, e in base a tali informazioni ho adeguato tempi e luoghi in cui si svolge la narrazione… mi merito un biscottino?)       
Dicevo? Ah, sì, questo bambino si è impegnato molto e gli farebbe piacere sentire la vostra opinione ^.^

-Lord-

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Capitolo 2
*** Serpentstone ***


​Capitolo 2: SERPENTSTONE

 
​Serpentstone, Norfolk (Inghilterra Orientale), Anno Domini 885
 

Mentre i due ragazzi volavano sulla scopa, Salazar davanti, il più piccolo dietro, che per tenersi cingeva con le braccia la vita del nuovo amico, Godric decise che volare era l'esperienza più bella che avesse mai provato.

Guardava stupefatto il susseguirsi dei campi e delle colline sotto di loro, dimentico per un momento della morte dei suoi genitori e degli avvenimenti di quella sera: riusciva a pensare solo al rumore del vento che gli sferzava il volto e i capelli, agli uccelli che talvolta li accompagnavano in volo, al meraviglioso cielo stellato che si apriva su di loro. Tuttavia ad un certo punto (era da molto tempo che volavano senza sosta) iniziò ad avvertire i primi segni di stanchezza: stare seduto su una scopa in fondo era molto scomodo. Proprio quando il dolore alla schiena divenne insopportabile e stava per chiedere all'amico tra quanto sarebero arrivati, Salazar si voltò verso di lui e disse: "Eccoci, ci siamo quasi!" e iniziò a perdere quota.

La discesa fu molto brusca: Salazar era molto più stanco di quanto non avesse dato a vedere fino a quel momento; al momento di toccare terra, mancò poco che si accasciasse sul prato che si estendeva ai loro piedi. Fu però pronto a rimettersi in piedi e a sfoderare un sorriso sarcastico: "Non proprio un atterraggio tranquillo, ma vedo che non ti sei fatto nulla" disse rivolto a Godric.

"Dove siamo?" chiese quest'ultimo.

"A casa mia" rispose Salazar con un sorriso, e poi aggiunse "beh, non proprio casa mia, non vivo in mezzo al nulla, ma sai com'è, non posso volare su una scopa in mezzo ai Babbani, anche se è notte fonda"

"Babbani?"

"Sì, così noi maghi chiamiamo quelli che non sanno usare la magia". Godric percepì una strana sensazione nel sentir dire al ragazzo "noi maghi" in un tono che rimarcava la sua appartenenza a qulacosa di cui lui fino a poco prima non sapeva l'esistenza. Stava proprio per ribattere quando Salazar parlò di nuovo: "Beh, comunque siamo alle porte di Serpentstone, nel Norfolk. E' un borgo che personalmente trovo meraviglioso, sono certo che ti piacerà. E poi" aggiunse con un guizzo ironico degli occhi "non dovrai preoccuparti di dormire in stanze troppo plebee per uno del tuo rango: sai, mio padre è un Lord; Xenophon Slytherin del Norfolk, Lord di Serpentstone" declamò con aria regale.

"Oh, ti prego, falla finita" replicò Godric con un sorriso tra l'ironico e il divertito. Salazar si finse offeso e disse: "Ah beh, se è così posso decidere di non ospitarti sai? Puoi anche tornartene a ..." si rese conto di aver commesso un grosso errore quando vide il volto dell'amico incupirsi di colpo e il suo sguardo distogliersi per fissare il terreno. "Scusami, davvero, non volevo" si affrettò ad aggiungere quando vide gli occhi dell'altro riempirsi di lacrime "è solo che... stavo scherzando e non..." ma non servivano a nulla le parole, in quel momento Godric non ne aveva bisogno. Salazar lo lasciò solo per un po', poi quando vide che si era asciugato le lacrime ed era pronto per partire disse piano: "Vieni, ti mostro la strada. Lumos!"

Camminarono in silenzio per un po', poi quando furono alle porte di Serpentstone il giovane mago fu costretto a spegnere la luce della bacchetta, perchè sapeva bene che avrebbero incontrato due soldati che facevano la guardia alle porte, e preferì evitare di dover fornire spegazioni sul perchè reggesse in mano un pezzo di legno che emanava luce. Quando giunsero a pochi passi dal pesante portone, le due guardie in cima alle mura li notarono, e una di esse gridò "Fermi!" tendendo l'arco che aveva in mano, pronto a scoccare una freccia. "Sono Salazar Slytherin, figlio di Lord Xenophon Slytherin" replicò il ragazzo contrariato "e tu faresti meglio a lasciarmi passare e farmi scortare a palazzo"

Il soldato scoppiò a ridere: "Sì, se tu sei un Lord allora io sono il Papa!" In effetti, sudati per la fatica del lungo volo e sporchi per la caduta al momento dell'atterraggio, i due ragazzi avevano un aspetto decisamente poco aristocratico. I soldati continuavano a ridere e a scherzare: "Ma certo, volete anche che mi inchini al vostro cospett..." "Triumphus Mortis" sibilò il mago, furente. All'improvviso il volto della guardia si fece pallido e l'atteggiamento nei confronti dei due ragazzi più remissivo: "Oh, perdonatemi, mio Signore, ma non vi avevo riconosciuto... sapete, il buio, il vostro aspetto... vi faccio accompagnare subito." Quindi, scese ad aprire il portone, accompagnato da due uomini che avevano il compito di scortare i piccoli Lord nelle loro stanze.

Camminavano in silenzio, e così uno dei due soldati, nervoso, si azzardò a rivolgersi a Godric, per fare conversazione: "Sua signoria mi perdonerà se non ho mai avuto il piacere di conoscerla, ma mi permette di domandarle cosa la porta nella nostra città a quest'ora?" Ma Salazar replicò, duro: "Non credo che il tuo compito sia quello di fare domande, guardia" e il soldato ammutolì spaventato da una possibile punizione. Godric guardò l'amico accigliato: già con le guardie al portone aveva notato la cattiveria di Salazar nei confronti dei suoi sottoposti, e la cosa lo turbava un po', perchè fino a quel momento si era dimostrato un ragazzo molto socievole e pronto a scherzare; Salazar dovette notare la sua perplessità, perchè ricambiò lo sguardo con un sorriso: "Scusami, ma detesto le persone che non capiscono di essere nate per servire; spero che inconvenienti del genere non accadano più" disse lasciando Godric ancora più confuso, e che perciò decise di sorvolare: "Quella cosa che hai detto alle guardie... Triumphus Mor..." "Ah, sì" lo interrupe "era la parola d'ordine. Non la parola d'ordine standard, ma quella che conosciamo solo io, mio padre, e le due guardie al portone... e tu, ora. Se pronunciata, le guardie hanno l'ordine di chiamare una scorta che accompagni il Lord al suo alloggio. Mi sono sempre chiesto a cosa servisse, l'ho ritenuta una delle stravaganze di mio padre, ma ora ne apprezzo l'utilità. E' sempre meglio avere una scorta, di notte."

Di lì a poco arrivarono al palazzo degli Slytherin, e le guardie li lasciarono. "Beh" commentò Salazar "magari non sarà Gryphon's Rock, ma è sempre un gran..." "E' fantastico" disse Godric, e lo pensava davvero: certo, non era imponente e massiccio come il suo castello natìo, ma con tutte le sue guglie e i suoi merletti aveva un'eleganza e una grazia che non aveva mai visto prima.

I due ragazzi varcarono la soglia, e subito li accolse la servitù, con un coro di "ben tornato, mio Signore!", "come mai di ritorno così presto?", "avete decisamente bisogno di un bagno caldo" e così via. Ma Salazar rifiutò qualsiasi bagno, cibo o vestito gli venisse offerto e volle essere accompagnato nel salone principale, ordinando di lasciarlo solo in compagnia dell'amico in attesa del ritorno del padre.

Iniziò a camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza riccamente arredata, mentre Godric si sedette vicino al camino lasciandosi pervadere dal calore, mentre fissava le fiamme ardenti.

Dopo quelle che ai ragazzi sembrarono ore, ci fu uno schianto improvviso nella sala, e Godric rimase stupefatto nel notare che nel punto da dove il rumore proveniva si era materializzato un uomo, che il ragazzo dedusse essere il padre di Salazar. Nel materializzarsi aveva però rovesciato il grande tavolo al centro della sala, e così Godric comprese l'origine dello schianto.

Xenophon Slytherin era un uomo non più giovane, con lunghi capelli grigi che gli scendevano abbondantemente sulle spalle, profonde rughe che gli solcavano tutto il volto e la schiena ingobbita che conferiva a tutta la figura un aspetto ancora più fragile di quanto non fosse. Gli occhi però erano vivi, luminosi, addirittura un po' spiritati, dello stesso verde smeraldo di quelli del figlio. Fu proprio Xenophon a rompere il silenzio surreale che aleggiava nella stanza: "Immagino che tu sia Godric, il figlio di Godfrey Gryffindor" disse con uno strano moto di gioia negli occhi

"Papà" intervenne Salazar "credo che sia scortese ricordargli dei suoi..."

"Eppure è proprio di questo che dobbiamo parlare! E' di fondamentale importanza che il ragazzo sappia!" lo interruppe, e poi, rivolto a Godric: "E' una fortuna che mio figlio ti abbia portato qui, ma... ragazzo, tu sai perchè i tuoi genitori sono morti?"

"Sì, certo: Lord Bradford li ha fatti uccidere" Xenophon contrasse il volto in una smorfia stizzita: "Certo, ma quello è il come. Io ti ho chiesto il perchè. Santo cielo, mi avevano detto che eri intelligente!" "No, se è così allora no, non so perchè siano stati uccisi"

Il vecchio trasse un profondo respiro, quindi andò a sedersi su una poltrona, invitando i due ragazzi a fare altrettanto: "Godfrey" iniziò a spiegare "era un mago. Tuttavia, era uno dei pochi che ritenevano che i maghi e i Babbani dovessero convivere in armonia tra di loro; ora" proseguì "nonostante alcune... divergenze tra di noi, nonostante io la vedessi in modo molto diverso dal suo, siamo sempre stati buoni amici. Sapevamo entrambi cosa voleva dire essere maghi e al tempo stesso essere dei Lord: voleva dire che avevamo anche e soprattutto Babbani sotto la nostra responsabilità. Ma soprattutto" fissò intensamente prima Godric, poi Salazar "voleva dire che dovevamo sedere in Consiglio con altri Lord, quasi tutti Babbani, e quasi tutti nemici dei maghi: Lord che nelle loro contee praticano regolarmente roghi di streghe e di maghi, o meglio, di quelli che loro ritengono essere streghe e maghi. Ora" riprese dopo un sospiro "la maggior parte di questi Lord si limitano a praticare i roghi nella loro contea, e noi non possiamo fare nulla per impedirlo. Ma alcuni no. Alcuni vogliono imporre questa legge barbarica e primitiva anche alle altre contee."

"Come Bradford" indovinò Godric

"Esatto, come Bradford" confermò Xenophon: "Lui è uno dei più accaniti persecutori di maghi e streghe. Odiava tuo padre, perchè sapeva che non sarebbe mai riuscito a convincerlo ad instaurare i roghi in Cornovaglia; non sospettava che fosse un mago, per carità: ma sapeva che era irremovibile. Aveva minacciato di scatenare contro di lui una guerra, e l'avrebbe fatto, d'altronde aveva molti Lord dalla sua parte; ma tuo padre cercò una mediazione, tentò la via diplomatica: i festeggiamenti di ieri non erano altro che un pretesto per attirare il maggior numero possibile di Lord a Gryphon's Rock, per convocare, una volta fattasi sera, il Consiglio. Bradford sembrava aver accettato; ma da come si sono svolte le cose, puoi capire che il suo era solo un trucco per potersi avvicinare a Godfrey e ucciderlo." Xenophon tacque. Gli occhi gli si riempirono di lacrime: "Ti ha sempre protetto, sai? Non voleva che tu sapessi di essere un mago, pensava che così saresti stato più al sicuro. Era... era mio amico. Appena ho visto gli uomini fare irruzione nella sala del banchetto, ero pronto ad usare la magia. Ma lui mi ha guardato e ha scosso lievemente la testa. 'Godric' mi ha sussurrato. E allora io sono uscito dalla stanza senza farmi notare, ti ho cercato, ti ho cercato dappertutto, in ogni angolo di Gryphon's Rock... sono tornato qui demoralizzato, convinto di aver fallito... quando ti ho visto quasi non riuscivo a trattenere la gioia" gli rivolse un largo sorriso.

Godric non sapeva cosa dire. Era talmente travolto dalla quantità di cose che aveva scoperto nelle ultime ore che non sapeva come reagire alle parole di Xenophon, perciò si limitò a fissare il vuoto mentre grosse lacrime gli scendevano sulle guance. Solo allora metabolizzò completamente l'intera vicenda: i suoi genitori erano stati uccisi... casa sua era nelle mani di un usurpatore... lui era un mago (provava ancora adesso una strana sensazione, come se fosse qualcosa di totalmente privo di senso)... e i suoi gli avevano nascosto tutto. Sì, decisamente questa era la cosa che faceva pù male: anche se l'avevano fatto per il suo bene, comunque gli avevano mentito, o meglio, non gli avevano detto nulla, da quando lui era nato. E ora non poteva nemmeno confrontarsi con loro, perchè loro non c'erano più. Se ne erano andati per sempre, portandosi nella tomba tutte le risposte alle domande che Godric ora avrebbe voluto fargli. Avrebbe potuto perdonarli? Godric non lo sapeva.

Era talmente immerso nei suoi pensieri che quasi non si accorse di Salazar che gli veniva incontro, ma quando il ragazzo lo abbracciò iniziò a piangere per davvero, mentre l'amico cercava di calmarlo. A quel punto Godric si rese conto di avere davvero bisogno di dormire, e fu così che Xenophon lo accompagnò in quella che, come il ragazzo riuscì a realizzare nella sua semilucidità, da quel momento in poi sarebbe stata la sua stanza. Non aveva vestiti con sè, tranne quelli che avava addosso (a parte quelli l'unica cosa che aveva era la spada, l'ultimo dono del padre, che ora giaceva chissà dove nel palazzo degli Slytherin); perciò gli furono forniti abiti puliti e tutto l'occorrente per passare la notte. Godric temeva di non riuscirsi ad addormentare per l'inquietudine e lo shock, ma appena toccò il letto, senza neanche rendersene conto, si immerse in un sonno senza sogni.

Si svegliò tardi, quando il sole era già alto sopra l'orizzonte; d'altronde quando si era messo a letto mancava poco all'alba. Alzandosi svogliatamente dal letto si accorse che di fianco a lui c'era apparecchiato un tavolino con la colazione: pane, burro, uova, cioccolata e tutto il bendidio necessario per un lauto pasto. Mangiando, Godric si accorse di avere fame: in pochi minuti finì tutto ciò che gli era stato servito. Quindi, uscì dalla stanza, e qui andò in crisi: quando la notte prima era stato portato, era poco lucido, e ora non sapeva con precisione in che parte del palazzo si trovava; davanti a sè vedeva solo un lungo corridoio pieno di quadri e arazzi. Per sua fortuna, camminando titubante per il corridoio, incontrò Salazar che usciva dalla sua stanza

"Ah, anche tu sei sveglio!" gli fece quello con un sorriso "immagino che tu stia cercando le scale... vieni, ti mostro la strada". Detto ciò, lo condusse fino in fondo al corridoio, mentre spiegava "qui ci sono tutte le stanze da letto del palazzo... per la maggior parte del tempo restano vuote, a parte la mia e quella dei mie... di mio padre, ma quando ospitiamo qualche Lord col suo seguito, beh, si riempono in fretta!" disse con un sorriso nervoso. Ma Godric non si lasciò ingannare: "Stavi per dire 'la stanza dei miei genitori', ma poi ti sei corretto..." non sapeva come continuare la frase "tua madre è..."

"Sì" rispose Salazar con un sospiro , mentre scendevano per le scale "lei è morta, se è questo che intendi. Uccisa dai Babbani. Come i tuoi" disse lanciandogli un'occhiata penetrante. Godric notò nello sguardo dell'amico qualcosa che non aveva mai visto prima in quegli occhi di smeraldo: odio. Odio non solo nei confronti di coloro che avevano ucciso la madre o i genitori di Godric, ma un odio profondo ed indiscriminato nel confronti dei Babbani. Godric iniziò a sentirsi a disagio, ma proprio allora Salazar si schiarì la gola e riprese ad illustrare le stanze del palazzo; finalmente arrivarono al salone centrale, dove Xenophon li accolse con un sorriso: "Ciao, Godric" disse rivolgendosi apertamente al più piccolo "penso che noi due dobbiamo parlare". Godric si accigliò, preoccupato: "E' successo qualcosa?"

"No, affatto" rispose il vecchio "è solo che..." fece una smorfia "sarò diretto: come potrai immaginare, dopo i terribili avvenimenti della notte scorsa, io non posso permettermi di ospitare in casa mia Godric Gryffindor"

Le parole di Xenophon colpirono il ragazzo come un pugno in faccia. E così era finita, quindi. Lo aveva accolto per quella notte, per non farlo dormire solo, fuori, al freddo, senza nessuno al mondo, ma ora doveva andare. Non che Godric biasimasse il vecchio, per carità: sapeva benissimo che con ogni probabilità in quel momento tutti i migliori uomini di Bradford gli stavano dando la caccia, e Xenophon non poteva rischiare la vita per proteggerlo. Quindi, tentando di mascherare la disperazione nella voce, disse, in tono molto formale: "Va bene. Capisco che non te la senti di esporti a tal punto, quindi ti posso solo ringraziare per avermi ospitato questa notte; ti prego solo di fornirmi vestiti puliti, approvvigionamenti e tutto il necessario per affontare un viaggio".

A queste parole, Xenophon ebbe una reazione del tutto inaspettata: rise, rise fragorosamente, senza ritegno, il che lasciò il ragazzo scioccato; ma il vecchio Lord si affrettò a spiegare: "No, no, no! Cos'hai capito? Non sto assolutamente dicendo che te ne devi andare, sto solo dicendo che per stare qui devi... cambiare"

"Cambiare?" domandò Godric confuso

"Sì, esatto, cambiare. Non solo, come è ovvio, il tuo nome, ma anche, per quanto possibile a un ragazzino di dieci anni, il tuo aspetto fisico, i tuoi vestiti, il tuo portamento" Godric comprese con sollievo ciò che il vecchio intendeva, ed era eccitato e spaventato allo stesso tempo.

"Allora" iniziò Xenophon: "per abitare qui, dovresti essere uno Slytherin, e perciò sarai uno Slytherin" disse lasciando entrambi i ragazzi a bocca aperta; "Tuttavia" continuò "non posso spacciarti per un cugino di Salazar, perchè non potrai mai passare per uno Slytherin di sangue puro: per carità, sei esile e hai gli occhi chiari, segni tipici della nostra casata, ma non è mai esistito uno Slytherin biondo, siamo sempre stati scuri di capelli. Perciò" concluse "dovrai essere un mio figlio illegittimo, avuto da una mia relazione con una contadina... bada non lo faccio per umiliarti, è solo che nessuno si interessa ai contadini, quindi eviteremo domande scomode."

"Ora, scegli un nome che ti piace . Deve essere breve, comune, insomma, un nome che potrebbe dare una contadina"

"Will"

"Bene, da ora in poi sarai Will Slytherin di Serpentstone. Ma per esserlo, dovrai smettere di essere Godric Gryffindor di Gryphon's Rock. Dovrai renderti irriconoscibile. Sei fortunato: hai dieci anni, nei prossimi anni subirai grandi cambiamenti. Ma per ora, dovremo prendere precauzioni: hai i capelli abbastanza lunghi: li taglierai; vestirai i nostri abiti, imparerai a parlare con il nostro accento, imiterai le nostre movenze. Per ora, questo è tutto ciò che possiamo fare. Ti terrò sotto la mia custodia, ti insegnerò le arti magiche, così come la scherma e la poesia." Lo guardò intensamente e concluse: "Nessuno a parte noi saprà che Godric Gryffindor è ancora vivo. Da ora in poi, sarai uno Slytherin".

​Uh, sì, eccoci qua di nuovo dopo... mesi? Sì, sì, lo so, non iniziate a lanciare pomodori, per favore, siate clementi! Okay, beh allora, che dire? Lo s, è stato un capitolo molto lacrimoso, ma gli sono appena morti i genitori, non siate insensibili! (Che poi le lacrime vere dovranno ancora arrivare...)
Sì, mi sto dilungando troppo, quindi, beh.. bye bye!
-Lord-
 

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Capitolo 3
*** Palazzo Slytherin ***


 
CAPITOLO 3: Palazzo Slytherin
 
Serpentstone, Norfolk (Inghilterra Orientale)
 
Godric ci mise un po', ma alla fine si abituò alla vita al palazzo degli Slytherin. La mattina veniva svegliato presto, a differenza di quanto avveniva a Gryphon's Rock, ma stranamente era comunque riposato. Dopo la colazione, gli venivano portati gli abiti dai servi di palazzo, quindi scendeva con Salazar nello studio, dove il precettore Anselmus, che era stato anche il maestro di Xenophon, insegnava loro il latino, il provenzale e l'anglosassone.
 
Finita la lezione, i due ragazzi avevano alcune ore di totale libertà, fino all'ora del pranzo, al seguito del quale dovevano andare alla lezione di scherma, disciplina in cui, come Godric ebbe presto modo di scoprire, Salazar era davvero una frana. 'Non sono interessato alle futili arti babbane' si giustificava quello in modo altezzoso, ma l'amico sapeva che era solo invidioso.
 
Se però non sapeva tirare di spada, Salazar era bravissimo con la magia; quando infatti Xenophon nel tardo pomeriggio li portava nell'ampia soffitta, al riparo da sguardi indiscreti, per istruirli nell'uso di fatture ed incantesimi, Godric era perennemente in svantaggio rispetto al più grande. E questo non solo -come è naturale- le prime volte, quando doveva ancora imparare le nozioni di base, ma anche negli anni a seguire. Xenophon per metterli alla prova li faceva duellare l'uno contro l'altro, e Salazar vinceva sempre. Una volta sola accadde il contrario: era passato qualche anno dall'arrivo di Godric a Serpentstone, di anni ormai lui ne aveva tredici, e Salazar sedici; fatto sta che, approfittando di una distrazione dell'amico, il ragazzo riuscì a disarmarlo prima che quello riuscisse a muovere la bacchetta; quindi, vedendo l'espressione scioccata di Salazar, volle divertirsi, e così, dicendo mentre rideva: "Levicorpus!" lo fece penzolare in aria per un po'; la cosa divertente è che Salazar si mise a gridare, in preda al panico "mettimi giù! mettimi giù" suscitando ancora maggiori risate da parte di Godric.
 
Una volta che rimise i piedi per terra, col volto paonazzo disse all'amico: "Non azzardarti a dire a nessuno che..." "D'accordo, va bene" lo interruppe quello con aria beffarda "non dirò mai a nessuno che Salazar Slytherin va in preda al panico con troppa facilità"
 
"Non è così! Era solo che non avevo il controllo della situaz..." ma Godric continuava a sbeffeggiarlo, mentre lui lo rincorreva lanciando Schiantesimi a vuoto.
 
Furono anni felici, quelli passati insieme a Serpentstone, e i due ragazzi sin da subito strinsero un legame apparentemente indissolubile. Bastava un'occhiata perchè l'uno comprendesse i pensieri dell'altro, lo stato d'animo, i desideri; e sapeva sempre ciò di cui l'altro aveva bisogno. Avrebbero voluto che quegli anni durassero per sempre, che Serpentstone fosse eterna, un luogo al di fuori del mondo e dei suoi problemi, con Xenophon che era stato costretto da Bradford a legalizzare i roghi dei maghi, la tirannia e l'oppressione che si diffondevano da ogni parte in Inghilterra, le rivolte che talvolta scoppiavano tra i contadini del Norfolk; a Serpentstone, nei cuori dei due ragazzi, non c'era posto per l'infelicità e l'assurdità dei mali del mondo, esistevano solo loro due e la loro amicizia.
 
Tuttavia, la nota stonata all'interno dello spartito, il dettaglio sbagliato che guastava l'insieme, ciò che offuscava la serenità dei due ragazzi, era Xenophon: con il passare del tempo, la sua salute peggiorava, al punto che spesso non riusciva a prendere parte alle sedute del Consiglio con gli altri Lord, attività di cui sempre più di frequente si doveva occupare Salazar; quando tornava da tali sedute, Godric notava che aveva il volto contratto dalla rabbia e dalla tensione, e solo lui poteva tirarlo su. Ma ad un certo punto il vecchio Lord non riuscì più nemmeno ad alzarsi dal proprio letto, veniva assistito tutto al giorno dai servi di palazzo, ai quali spesso parlava di incantesimi e pozioni; per fortuna, essi interpretavano tali discorsi come un delirio dovuto all'infermità del loro Signore.
 
Date queste circostanze, non arrivò inaspettata la notizia della morte di Lord Xenophon Slytherin, deceduto la notte tra il 21 e il 22 di gennaio dell'Anno del Signore 892. Per qualche giorno, Salazar non volle la compagnia di nessuno, eccetto quella di Godric, e si rinchiuse nella sua stanza. Anche Godric era rotto dal dolore: per lui Xenophon era stato come un secondo padre. In seguito dovette dare l'annuncio agli altri Lord, e fu organizzato il funerale. Vennero in tanti, e Godric trattenne a fatica un moto di odio quando vide Lord Ulrich Bradford dello Strathclyde. Si ricordava del giuramento fatto anni prima, che l'avrebbe ucciso, dovunque si fosse trovato; ora ce l'aveva davanti, eppure decise che non era ancora giunto il momento opportuno. Ulrich ebbe un moto di esitazione quando vide Godric, come se fosse consapevole di aver già visto quel volto, ma non si ricordasse dove, quindi scosse la testa e gli strinse la mano.
 
Dopo il funerale, fu il momento dell'investitura di Salazar. Con i suoi venti anni stentati, era il più giovane Lord che Serpentstone avesse mai conosciuto; il suo insediamento fu accolto con gioia dagli strati più bassi della popolazione, che non avevano mai apprezzato la pesante tassazione imposta da suo padre, ma anche dagli altri Lord, che speravano, data la sua giovane età, di poterlo manipolare facilmente per raggiungere i propri scopi. Tuttavia, Godric sapeva, conoscendolo bene, che l'una e l'altra cosa erano sbagliate: da Xenophon Salazar aveva ereditato sia l'insensibilità nei confronti dei più svantaggiati sia la grande astuzia e acume politico.
 
Alla fine, i Lord ad uno ad uno se ne andarono, tranne quelli delle contee più lontane che decisero di pernottare, e che se ne andarono il giorno dopo. Solo dopo qualche giorno la vita a Serpentstone tornò alla normalità, o meglio, alla nuova normalità, con Salazar che si occupava dell'amministrazione della contea e Godric che stava sempre più tempo solo, a leggere o ad esercitarsi con la spada.
 
Avevano sempre meno tempo da trascorrere insieme, dati gli impegni di Salazar (anche se era aiutato dal vecchio consigliere di suo padre, un uomo molto alto e secco di nome Sextilius); durante quel poco tempo che avevano, Salazar era irriconoscibile: era pervaso da uno stato di tristezza permanente, strettamente connesso a Serpentstone: ogni cosa di quel luogo gli ricordava suo padre e la vita felice con Godric, vita ormai perduta. Vedendo l'amico sempre più chiuso e malinconico, un giorno Godric decise di affrontare la questione: andò a cercare Salazar nel suo studio, e non trovandolo, aveva dato un'occhiata in giro e aveva visto stracciata una lettera da parte di Lord Ulrich Bradford, in cui esortava gli altri Lord a portare un proprio campione per i Grandi Giochi che si sarebbero tenuti a settembre a Kingsword-on-Lake, nello Strathclyde; i Giochi consistevano in un torneo in cui i diversi campioni si affrontavano in un duello a cavallo; il vincitore avrebbe ottenuto il comando della Guardia Cittadina, il Lord che aveva scelto il campione si sarebbe imparentato con i Bradford sposando una nobile dama di Kingsword-on-Lake.
 
Per quanto Godric odiasse l'idea di prendere parte ad un evento organizzato dall'uomo che aveva ucciso i suoi genitori, pensò che se questo serviva a distrarre Salazar dal vortice di malinconia in cui Serpentstone sembrava ormai averlo inghiottito, allora poteva essere una buona idea. Perciò, andò a cercare l'amico, e lo trovò a camminare lentamente avanti e indietro nel giardino di palazzo Slytherin, in uno stato di profonda riflessione.
 
"Ciao Sal" lo salutò "ho per caso disturbato il mio Signore mentre meditava sulle sorti della contea?" agginse poi in tono ironico. Salazar alzò gli occhi al cielo: "Sai chi odio quando mi chiami Sal" disse fingendosi arrabbiato; poi si concesse un sorriso: "Comunque sai bene che tu non mi disturbi mai"
 
"Bene... Sal, ricordamelo la prossima volta che ti concederai un bagno caldo" replicò malizioso Godric, provocando nell'amico un moto di sorpresa; quando i loro occhi si incontrarono, non riuscirono ad evitare di scoppiare a ridere entrambi.
"Cosa sei venuto a dirmi?" chiese poi Salazar. Godric trasse un profondo respiro, poi mostrò all'altro la lettera: "Ho trovato questa nel tuo studio"
"E...?"
"E ho pensato che forse potremmo andarci. Parteciperemo al torneo, sarò il tuo campione". Salazar era sconvolto: "Sul serio? Godric, è l'uomo che ha ucciso i tuoi genitori!"
"Lo so"
"Non riesco a capire come... perchè..." il giovane era sempre più confuso.
Godric lo interruppe: "Perchè ho pensato che potesse servire a farti tornare com'eri prima. Più... felice. Più... più Salazar, insomma"
"Godric, ora sono Lord di Serpentstone" replicò accigliato
"Appunto! Se andiamo a Kingsword-on-Lake non lo sarai, almeno per un po'! Concediti una tregua... governerà Sextilius al posto tuo" lo implorò l'amico. Ma Salazar non era ancora convinto: "Cos'è che vuoi, Godric? Vuoi... la gloria? Vuoi ottenere un posto di fiducia alla corte di Lord Bradford?" inarcò le sopracciglia "ti capisco, eh. So che deve essere difficile per uno del tuo rango adattarsi a fingersi Will Slytherin, il figlio bastardo di Lord Slytherin, che non avrà mai una carica degna di nota in tutta la sua vita e morirà dimenticato dal mondo".
 
Le parole di Salazar ferirono molto Godric: "Quindi è così che mi vedi?" gli rispose con un'espressione cattiva sul volto "Un povero Lord avido ed ambizioso? Volevo solo aiutare il mio migliore amico, Salazar. Ma vedo che ora lui è cambiato. Vedo che ora è diventato solo un Lord gretto e cinico. Non mi sarei mai aspettato che il ragazzo dolce e coraggioso che ho conosciuto a Gryphon's Rock si sarebbe ridotto così".
Detto questo, se ne andò impettito, furioso nei confronti dell'amico; non pensava davvero le cose che aveva detto, ma preso dalla rabbia del momento aveva voluto ferire Salazar come Salazar aveva ferito lui. E ci era riuscito: per qualche minuto il giovane era rimasto fermo nel giardino, a fissare il vuoto, con le lacrime agli occhi, senza sapere cosa dire o fare.
 
Nelle settimane successive i due fecero tutto il possibile per evitarsi, il che non era difficile, dato che il palazzo era molto grande. Anche la servitù era preoccupata, perchè l'umore irascibile che caratterizzava i due giovani in quei giorni si ripercuoteva su di loro, che perciò dovevano essere più cauti del solito. Godric si faceva portare i pasti in camera sua, perchè sapeva che Salazar era in sala da pranzo; quando sapeva dai servi che il Lord era nel suo studio, usciva all'aria aperta; quando lo vedeva uscire dal palazzo, stava nelle sue stanze a leggere; se la sera il Lord era ad una festa o un banchetto, allora stava a palazzo; altrimenti, era lui ad uscire; e così via. Non si parlarono per settimane, nè si videro, nè si preoccuparono l'uno dell'altro.
 
Eppure Godric non poteva sapere che l'amico pensava ogni giorno alla proposta che gli aveva fatto, e più volte era stato sul punto di accettare; ma ogni volta aveva scelto di rifiutare, vedendosi oberato dagli impegni amministrativi. Tuttavia un giorno, era stata una giornata molto impegnativa, aveva dovuto ricevere più gente del solito a causa di una banda di predoni che razziava i paeselli dei contadini, decise di accogliere la proposta di Godric. Scrisse così una lettera a Lord Bradord ringraziandolo dell'invito e comunicandogli che sarebbe venuto, e la spedì. Quindi, si presentò alla porta della stanza di Godric e bussò; l'amico non immaginava che alla porta ci fosse proprio lui, Salazar Slytherin, infatti disse, pensando fosse il servo: "Entra, Rick!" Grande fu la sua sorpresa quando vide entrare non il servo, ma Salazar.
 
Ci fu qualche momento di gelo. "Cosa volete, mio Signore?" chiese Godric in tono formale, con gli occhi che fissavano il pavimento.
 
"Non mi chiami più Sal?" sorrise l'altro. Notò che un leggero rossore aveva invaso il volto dell'amico. "Comunque sono venuto a dirti che... avevi ragione" Godric alzò improvvisamente gli occhi, sorpreso, incontrando quelli di Salazar, che continuò: "Avevi ragione, non ce la faccio ad andare avanti così. Andremo a Kingsword... parteciperemo ai Giochi."
 
 
 
Okay, okay, whohoo, finalmente si parte, yay! *mette La Cavalcata delle Valchirie di sottofondo* Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo, altrimenti... boh.
Ovviamente grazie a chi ha recensito la storia fino ad ora, e anche a chi la sta seguendo... grazie. Purtroppo non so quando riuscirò ad aggiornare perchè ho un sacco di roba da studiare e aiuto, quindi, beh... "mannaggia la peppetta!"(cit.) Alla prossima! ^.^ -Lord-

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