La fanciulla coronata da una ghirlanda di splendente radianza, Alathariel

di _AsunaRebi_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0 - Prologo - Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** 1 - Tante domande, nessuna risposta ***
Capitolo 3: *** 2 - Un dono inaspettato ***
Capitolo 4: *** 3 - Azphelumbra ***
Capitolo 5: *** 4 - Incontri indesiderati ***
Capitolo 6: *** 5 - Aria di cambiamento ***
Capitolo 7: *** 6 - Alla volta di Heiron ***
Capitolo 8: *** 7 - A mio rischio e pericolo, resto ***
Capitolo 9: *** 8 - Il fascino della diversità ***
Capitolo 10: *** 9 - Effluvio di ricordi ***



Capitolo 1
*** 0 - Prologo - Come tutto ebbe inizio ***


In principio era un universo statico e senza vita.
Il dio Aion, creatura sovrannaturale, detentore dell'immane potere di controllare lo spazio e il tempo, origine e fine di tutto, era immerso nel silenzio.
I pianeti percorrevano silenziosamente le loro orbite e il sole se ne stava fermo nel suo posto d'onore, irradiando ogni parte di quei pianeti, che uno dopo l'altro facevano capolino da dietro di esso, volenterosi di vestirsi di luce e calore.
Era il silenzio più totale, ma solo e soltanto l'orecchio divino poteva sentir giungere alle proprie orecchie una musica celestiale. 
Le orbite erano come corde di un grandioso strumento musicale ed i pianeti, percorrendole, producevano accordi melodiosi.

Il dio Aion decise di creare una nuova realtà: un mondo chiamato Atreia.
Atreia era verde e rigoglioso, abitato da creature viventi e laboriose, gli umani.
Tutto scorreva inesorabile, tutto era calmo e placido e gli uomini alternavano le loro vite tra le fatiche del lavoro e le gioie che il mondo poteva offrigli: l'amore, l'amicizia, la famiglia ed ogni cosa che di bello c'è.

Insieme agli uomini, il dio Aion aveva creato anche una razza di creature intelligenti chiamata Balaur, con il compito di proteggere gli esseri umani, troppo deboli e fragili.

Ma così come esiste la laboriosità, l'umiltà e la bontà, esiste anche l'inettitudine, la superbia e la cattiveria dell'animo.
E infatti, i Balaur spiccarono fin da subito per la loro sete di potere, che portò cinque di loro a scalare vertiginosamente i loro ranghi, divenendo i capi indiscussi di tutto e tutti.
Si facevano chiamare Signori dei Draghi.
L'ossessione per il potere divenne frenetica e perversa e i Balaur provavano soddisfazione nel contaminare Atreia di terrore e distruzione.

I Balaur erano a tal punto superbi, che chiesero al dio Aion di donare loro il potere che li avrebbe resi suoi pari.
Il dio Aion si rifiutò e i Balaur, persa completamente la razionalità, iniziarono una guerra contro il dio che li aveva generati.
La situazione era insopportabile, e Aion decise di creare un esercito formato dagli uomini.
Vi mise a capo dodici Signori dell'Empireo, il cui scopo era quello di proteggere a costo della propria vita la Torre dell'Eternitá: posta al centro del mondo, incarnazione del dio Aion era la fonte del potere del dio stesso e dell'etere che manteneva tutto in un equilibrio perfetto e immutabile.

Ci fu una guerra di dimensioni enormi.

La popolazione era decimata, ogni luogo era dimostrazione della distruzione che era stata sparsa violentemente ovunque ad Atreia.
Nulla era più come prima.
Gli uomini mortali, sapevano che non sarebbe finita lì, che avrebbero dovuto soffrire e combattere ancora a lungo, così impararono a maneggiare una piccola parte di etere, proprio come i Dodici Signori. Questi uomini vennero chiamati Daeva, dotati di splendide ali e dell'immortalitá.
La guerra imperversava ancora, e dieci dei Signori dell'Empireo detenevano il compito di guidare i Daeva in battaglia, gli altri due dovevano recarsi alla Torre per proteggerla e sorvegliarla.

La guerra continuò devastante per centinaia di anni, nutrendosi dell'odio, della superbia e della nefandezza di coloro che non volevano accettare di non poter diventare alla pari del dio creatore.

Un giorno uno dei guardiani affermò di aver trovato un modo per stipulare la pace con i Balaur. Tuttavia, cinque dei Signori rifiutarono l'idea della pace.
Dopo diverso tempo l'altro guardiano della Torre fu convinto e così il tentativo di pace ebbe la maggioranza.
I Balaur vennero invitati nella Torre per trattare.
Non è chiaro cosa successe dopo: uno dei signori dei Balaur cadde ferito sul pavimento e tutti gli altri presi dalla furia si gettarono all'assalto della Torre.
I due Guardiani, si posizionarono ai due estremi della Torre tentando di ripristinare lo scudo magico, ma invano.

Con un boato assordante e un disastro mai visto, la Torre dell'Eternitá si frantumò in due parti, così come il mondo di Atreia.
Come ultimo gesto, i due guardiani scongiurarono la fine del mondo, sacrificandosi per mantenere intatte per quanto possibile le due parti della Torre, ormai in pezzi.

I Signori rimasero in dieci.
Cinque di loro, quelli che si erano opposti alla pace, accusarono gli altri cinque della colpa del tremendo accaduto. Si rifugiarono nella parte superiore di Atreia: una terra buia, fredda e inospitale. I suoi abitanti si chiamano Asmodiani. A causa della durezza delle condizioni di quella terra, agli umani che la abitano crebbero degli artigli, i loro occhi divennero rossi come il sangue e la loro pelle si impallidì, dal momento che la notte dura di gran lunga più del giorno, il quale é illuminato da un pallido e freddo sole.
Gli Asmodiani sono spietati guerrieri con i loro nemici, ma leali e fedeli tra di loro.

Gli altri cinque Signori che invece ritenevano che a ferire il signore dei Balaur fosse stato uno degli oppositori alla pace, regnano nella parte inferiore di Atreia: Elysea.
Elysea é rigogliosa e luminosa e i suoi abitanti, chiamati Elisiani, videro pochi cambiamenti, con l'eccezione di veder accrescere la loro bellezza.
Questo li porta ad essere spesso arroganti e disuniti tra di loro.

La guerra continua ancora oggi e non si sa se avrà mai una fine.
Ora infatti, Elisiani, Asmodiani e Balaur si combattono sanguinosamente nell'Abisso, luogo silenzioso e pregno di etere, creatisi dopo la Catastrofe.
Ora i daeva devono affrontare non più uno, ma ben due nemici. 
Le terribili battaglie per impossessarsi delle fortezze imperversano creando scompiglio e accrescendo l'odio tra le fazioni.

Potrà mai, il mondo lacerato di Atreia, ritrovare la pace e la rigogliosità di un tempo?
Questo non lo sappiamo ancora.
Siamo noi a scrivere il destino di Atreia e di tutti i suoi abitanti.
Atreia ha bisogno di voi.
E allora, che aspettate? 
Fate la vostra scelta e immergetevi un un mondo che vi farà vivere mille emozioni.













(Sì, vi sto invitando a giocare😂)

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Capitolo 2
*** 1 - Tante domande, nessuna risposta ***


-I bambini Asmodiani vengono educati esclusivamente attraverso la narrazione di storie. Imparano ad odiarci...- arricciai il naso continuando a leggere -...a detestare i nostri corpi "deformi.."- "cosa? DEFORMI?!" brontolai tra me e me
-...e a uccidere Elisiani, per sostenere le loro famiglie e ottenere gloria e ricchezza.- voltai pagina
-Mentre noi promuoviamo la filosofia e un approccio positivo alla vita, gli Asmodiani cercano solo morte e sangue. Il nostro sangue.- un brivido mi corse veloce lungo tutta la schiena.

Quel giorno mi trovavo nella grande Biblioteca di Sanctum, qualche tempo dopo la mia ascensione. 
Dato il mio carattere molto previdente, sapendo che prima o poi sarei dovuta andare davvero in guerra, mi stavo documentando. 
Sul mio nemico. 
Nemico che io avrei dovuto uccidere. 
Io, Alathariel, fattucchiera di scarso livello, andare in guerra e fronteggiare non uno, ma ben due nemici? 
"Nah, non se ne parla." scossi la testa e richiusi rumorosamente il libro riponendolo nello scaffale.
"..."
Io volevo sapere qualcosa in più. 
Quella paginetta scarsa non mi aveva dato nessuna informazione. 
Ma quel libro, lo avevo trovato dopo una lunghissima ricerca, esaminando con cura ogni scaffale.
"Ma per favore! Possibile che non ci sia nemmeno un libro sugli Asmodiani?!" ripetevo incredula dentro di me.
In fine, come ultima risorsa (dato che devo far sempre tutto di testa mia), andai dal bibliotecario.
"Mi scusi.. saprebbe indicarmi dove sono collocati i libri sugli Asmodiani? Sempre se esistono..." balbettai abbassando lo sguardo, il quale cadde su una fessura del pavimento che pareva celare un piano sotterraneo.
L'anziano signore corrugò la fronte scuotendo la testa "Mi spiace, giovane Daeva, non possiamo divulgare certe informazioni.. quei libri si trovano nella parte segreta della biblioteca, proprio lassù" mi disse indicando il piano superiore.
"Ah, capisco... ecco perché non ne trovavo! Va bene, la ringrazio" sospirai allontanandomi dal vecchio signore dalla barba canuta e uscii dalla biblioteca.
"Uff... -non possiamo divulgare certe informazioni-" scimmiottai quanto aveva detto il vecchio poco prima "Quindi cosa?! Mica i bibliotecari vanno in guerra! A cosa serve tenere nascoste certe cose se poi gli unici ad averne bisogno siamo NOI Daeva che devono fronteggiare un nemico perfettamente sconosciuto, perché?" sbuffai vistosamente.
"Però..." mi portai una mano al mento "non è possibile che non ci sia niente... non è possibile" 
Ma mentre pensavo ciò, il mio stomaco cominciò a brontolare rumorosamente.
"Mhm... che fame! Vorrei cercare ancora, ma sarebbe meglio andare a mettere qualcosa sotto i denti..." pensai. 
Mica male come idea.
Mi allontanai dal grande portone dell'imponente biblioteca a grandi falcate, insomma stavo morendo di fame.

Non ero una Daeva da molto, ed ero stata a Sanctum solo poche volte. 
Mi era già capitato di perdermi. 
Anche seguendo la mappa. 
Infatti dovete sapere che il mio senso dell'orientamento è tale da smarrirmi persino a Poeta, piccola regione dove tutte le strade sono perfettamente collegate.

Dunque dicevo, camminai per Sanctum girandola da cima a fondo. 
Ormai il sole era quasi calato, si stava facendo buio, Sanctum era deserta.
Le poche illuminazioni facevano snellire le ombre degli alberi e ingigantire quelle dei palazzi, creando un effetto particolarmente affascinante.
La brezza mi sfiorava i capelli e io non potei far altro che chiudere gli occhi per un istante e respirarla fino in fondo. 
Alzai il naso per aria e vidi migliaia... ma che dico! Milioni di stelle brillanti e mi venne la pelle d'oca.
"È spettacolare" sussurrai mentre un brividino mi percorreva la schiena.
Ero elettrizzata ed emozionata alla sola idea delle avventure che mi aspettavano.
Arrivai nella Piazza Elisiana e mi misi a sedere su un gradino del grande scalone.
Mi portai una mano allo stomaco come per farlo zittire.
Mentre mi voltavo, con la coda dell'occhio notai un cartello affisso poco distante da me. Mi alzai, e mi sporsi per leggerlo: "Taverna Dionysia" 
Taverna?! Finalmente!
Feci un balzo e schizzai in piedi.

  Seguii faticosamente la mappa. C'era addirittura da prendere la nave volante per andare dall'altra parte della città.
Dunque, anche se dopo un bel po', finalmente raggiunsi la famosa taverna. 
Mi feci servire una bella cena. 
La carne di brax non la batte nessuno, soprattutto se è cotta quanto basta.

Mentre mangiavo, mi divertivo a veder scorrazzare gli shugo camerieri qua e là.
Sono degli esserini pelosi simili a dei furetti, che parlano in modo molto particolare.
Collaborano con noi daeva e svolgono molte funzioni, anche particolarmente importanti.

Mentre pensavo a quanto si fosse fatto tardi, il mio sguardo si fissò perso su un piccolo shugo cameriere il quale, sentendosi evidentemente preso in causa, si avvicinò timido al mio tavolo "Daeva sembra essere stanca. Daeva vuole rimanere anche per la notte? Abbiamo delle stanze al piano di sopra, jang jang"
Ma che proposta allettante!
Non esitai nemmeno per un istante e accettai. 
Sognavo una dormita come si deve da troppo tempo.
Una volta terminato il pasto e dopo aver pagato anche per la notte, mi avviai al piano di sopra, guidata da un cameriere shugo che zampettava svelto per il corridoio.
Mi indicò la stanza dove avrei passato la notte e io non potei far altro che ringraziarlo, entrare, e gettarmi a peso morto sul letto.
"AHHHHHH" mi lasciai sfuggire un sospiro liberatorio.
Mi liberai dalla stretta armatura di stoffa e mi infilai nel letto.
Mai ci fu sensazione più piacevole!

Ma come sospettavo, nonostante la stanchezza, non riuscii subito a prendere sonno.
La notte: il momento in cui cala la quiete e la mente con i suoi pensieri, quesiti, problemi e preoccupazioni prende il sopravvento.
Avevo mille pensieri nella testa. 
Probabilmente se avessi riflettuto su ognuno uno alla volta, non mi sarebbero sembrati ostacoli così giganteschi e apparentemente senza soluzione. 
Ma affollati così tutti insieme, non mi facevano capire niente.
Ripercorsi velocemente la giornata appena conclusa "Gli Asmodiani... ma chi sono? Come sono? Parlarne qui sembra quasi un tabù..." pensavo tra me e me.
"Per non parlare della mia memoria... i miei ricordi...il fatto di non ricordare niente, o ricordare parti frammentate mi turba profondamente" chiusi gli occhi e per l'ennesima volta tentai di ricordare.
Mi sforzai, pensai, pensai ma niente. Tabula rasa.
Le parole che il vecchio Pernos mi aveva detto, appena prima della mia ascensione, mi rimbombarono prepotenti nelle orecchie: "Alathariel, non riesco a vedere tutto il vostro passato, ma voi siete stata e siete molto importante per Elysea- "quella frase mi tormentava non appena avevo del tempo per stare sola con me stessa. 
Ma che dico, io sono sempre sola...
Cercai di cacciare i pensieri negativi almeno per il momento.
Volevo passare una notte tranquilla e svegliarmi riposata per una nuova giornata.
Mi dissi che avrei ricordato il mio passato e che avrei trovato le risposte che cercavo.
Poi la stanchezza prese il sopravvento e mi addormentai.

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Capitolo 3
*** 2 - Un dono inaspettato ***


Mi trovai a passeggiare per Sanctum (tanto per cambiare, direte voi), sfinita per le difficili missioni che mi erano state affidate negli ultimi tempi.

Attraversai velocemente il Canale Celeste, ossia il lungo ponte che unisce le due parti di Sanctum.

Giunsi infine con passo pesante nel grande "Salone" nel quale si apprendono e applicano i mestieri. C'è il salone dell'alchimia, quello per cucinare, quello per creare mobili e accessori, la fucina per armi e armature, cucito... insomma ce n'è per tutti i gusti.

Io dal canto mio avevo parecchie cose da fare e decisi dunque di iniziare dall'alchimia.

Entrai nella stanza. 
La stanza dell'alchimia o, se vogliamo usare termini tecnici il Laboratorio Alchemico, è la mia preferita. 
Quando ci si entra sembra quasi di stare in un posto mistico, magari nel bel mezzo dell'universo, perché no. 
I colori poco accoglienti e freddi delle pareti, dal blu al viola al verde smeraldo, ricordano infatti i colori delle galassie, delle nebulose.. sì insomma, avete capito, l'astronomia è una delle mie più grandi passioni e... insomma dicevo che la stanza come al solito era piuttosto affollata. 
I laboratori pieni sono la peggior cosa, da evitare come la peste.
I banconi sono occupati, file chilometriche per usarli, i soliti furboni che cercano di superarti, tutti irritati e irascibili.
Senza contare la pressione che ti mettono quando ci stai impiegando più del dovuto... insomma, può essere veramente snervante.

Mi feci largo tra la gente e sentii imprecare sottovoce un ragazzo al quale avevo accidentalmente pestato un piede con poca grazia.

Intravidi un banco da lavoro semivuoto e mi ci fiondai alla velocità della luce tra uno spintone e l'altro. Miracolo!

Una volta impossessata del tavolo, dopo qualche minuto di fila, iniziai a frugare nella borsa per tirare fuori tutto l'occorrente per le pozioni che avrei provato a fare.
Lessi le istruzioni, mescolai gli ingredienti un po' sovrappensiero.

"Perchè, mi chiedo, mi stanno affidando tutte queste missioni devastanti? E poi una dietro l'altra.. senza tregua!" sbuffai "Fino a poco tempo fa era tutto più tranquillo... Non possono farmi rischiare la vita più di una volta al giorno!"
Versai l'unguento appena mescolato nelle fialette di vetro e le misi velocemente nella borsa, dopo aver sentito sbuffare il tizio dopo di me.
Ognuno ha i suoi tempi!

Mentre cercavo di trattenermi per evitare una discussione col suddetto tizio, una voce piuttosto profonda chiamò il mio nome. "Signorina Alathariel!" 
Io titubai sorpresa balbettando un "S-si?" 
e a quel punto tutti si girarono verso di me.
Ecco. Il solito imbecille che ti interrompe mentre lavori non manca mai.
E per di più ora circa i 3/4 della sala mi fissava come se fossi uno strano animale sulla terra.
Non potei far altro che ringraziare profondamente dentro di me quell'1/4 di gente che si fregò altamente dell'accaduto continuando le proprie attività.
Avrei stretto le mani a quelle persone una per una, davvero.

Imbarazzata, rimisi tutto in borsa e, di soppiatto me ne andai.
Colui che mi aveva chiamata era nientemeno che Polido, il cosiddetto "Tizio del Teletrasporto" come lo chiamiamo noi daeva affettuosamente.

"Signorina Alathariel, mi spiace avervi interrotta ma.." si mise apposto il mantello, poi continuò "l'amministratrice degli appartamenti Parrine vuole parlarvi" 
Visibilmente sorpresa ne chiesi il motivo ma Polido non me lo seppe dire. 
Così lo ringraziai e mi feci teletrasportare nella regione di Elian, dove Parrine mi avrebbe aspettata.

Elian, un miraggio. Un sogno. La pace. Insomma, pensatela come volete, ma Elian è il vero Paradiso di Elysea. 
Io dal canto mio, prima di allora non ci ero mai stata e, appena il viaggio tramite il teletrasporto terminò, non potei far altro che spalancare la bocca e gli occhi.
Meraviglioso!

"Signorina! Benvenuta ad Elian!" una donna con un vestito rosso davvero splendido mi accolse sorridendo "Parrine vi cerca, recatevi nella provincia di Eren a Sud. Potreste andare con il teletrasporto, ma dal momento che questa è la vostra prima volta qui, vi consiglio con tutto il cuore di fare una bella passeggiata e visitare un po' la regione!"
Sorrise educatamente, poi si voltò e tornò a camminare nella direzione opposta alla mia.

Così, seguendo il suo suggerimento, aprii la mappa e mi misi in cammino.

Elysea è splendida, luminosa e rigogliosa. 
Ed Elian ne è la prova. È un angolo di paradiso dove si può trovare di tutto.
C'è la montagna, il mare, la collina.
È l'unica porzione di Elysea a non essere ancora toccata da quel flagello che è la guerra, per questo ci si vive e ci si viene in vacanza.

Mi incamminai per un sentiero di mattoni rossi. 
Tutto intorno a me, prati di un verde brillante con tappeti di fiori stravaganti e colorati.
Ben presto mi trovai un fiumiciattolo sulla sinistra, con una cascata che scaturiva rumorosamente dalle rocce. 
Il clima era perfetto. Tiepido, con una leggera e piacevole brezza.
Il sole spaccava il cielo limpido e di un azzurro abbagliante esattamente a metà.
Mi sentivo sveglia, piena di energie, viva. 
La natura ha questo magico effetto su di me...

Continuai a camminare attraversando piccoli e grandi villaggi con ordinatissime villette, altri con grandi mansioni... avevo sempre il naso per aria e il mio atteggiamento era quello di una bambina che si affaccia per la prima volta al mondo, stupendosi di qualsiasi cosa.

La mia gita era quasi terminata, poiché un cartello mi indicò che ero entrata nella provincia di Eren e che la mia meta era quindi vicina. 
Attraversai il Villaggio di Rocce, passata in rassegna da alcuni curiosi abitanti che evidentemente erano stupiti di vedere una faccia nuova.
Davanti a me c'era una schiera di appartamenti.
Una ragazza di bassa statura con un vestito bianco sembrava guardarmi impaziente.

Mi sorrise "Vi aspettavo daeva fattucchiera, signorina Alathariel!" io ricambiai il sorriso
"siete da poco daeva e già il vostro nome è così conosciuto!" esclamò stringendomi la mano.
"Vi ho chiamata per offrirvi.... uno di questi appartamenti! Per arredarlo, chiedi a quel signore laggiù!" disse facendogli un cenno.
Io spalancai gli occhi incredula "Prego? A-appartamento??!"

"Esatto!" annuì lei consegnandomi una chiave piuttosto ingombrante, "ecco a te la chiave, sali al secondo piano, è l'appartamento con la porta aperta, ora vai!" disse esuberante.
Vedendo che ero rimasta interdetta e non mi muovevo, mi diede una leggera spinta verso il grande cancello che dava accesso agli appartamenti.

"Gra-grazie!" Esclamai ancora insicura, dopodiché tirai il pesante cancello verso di me. 
Wow. Questa davvero mi mancava. 
Regalare appartamenti! 
Bell'impiego, complimenti.

Entrai nel cortile di terra battuta ed ebbi accesso al primo piano entrando nell'edificio.
Il corridoio era dipinto di bianco e il soffitto e gli infissi delle porte erano di legno.
Man mano che camminavo lungo il corridoio sentivo rumori e odori diversi.
Profumo di fiori, di cose cucinate, rumore metallico di posate, risate e sussurri.
Mi sentii appagata, coccolata, sicura e in compagnia. Mi sentii a casa. 

Salii le scale fino al secondo piano, e camminai , fino a vedere una porta socchiusa.
"Ecco! Deve essere questo!" esclamai tra me e me mentre mi brillavano gli occhi dall'emozione "Caspita! Non posso crederci! Ero lì, così, a fare esperimenti e boom! Ora mi trovo in un appartamento.. MIO!" la porta che scricchiolò per la troppa enfasi che misi per aprirla e per un attimo temetti di averla scardinata.

L'appartamento era costituito da una stanza abbastanza piccola, ma della grandezza giusta per avere tutte le comodità necessarie. 
Appena entrata notai subito davanti a me una porticina di legno che dava su un bel terrazzo.
Ma prima di poter fare qualsiasi cosa, uno shugo mi si parò davanti facendomi sobbalzare "Benvenuta, Lady Alathariel! Sono vostro shugo servitore, jing jang! Voi chiedete a me qualsiasi cosa e io esaudire ogni desiderio jing jang!"
Sorrisi. Finalmente potevo conoscere da vicino quei buffi esserini.
Lo ringraziai con un piccolo inchino.

L'appartamento era vuoto, così decisi che forse era il caso di arredarlo.
Scesi velocemente le scale e uscii dal cancello, e mi avvicinai all'artigiano che costruisce e vende mobili.
"Sono di ottima qualità, avanti, dia un'occhiata!" l'uomo mi mostrò meravigliose poltrone, lussuosissimi letti, splendidi tavoli e chi più ne ha più ne metta.
Ma non appena udii i prezzi, il mio portafogli già triste, pianse.
"Ma costano un occhio della testa!" Sbraitai strabuzzando gli occhi.
Sfoderai le mie più acute doti oratorie, ma nulla da fare, non riuscii a contrattare e dovetti accontentarmi di quel poco che potevo permettermi con il mio esiguo budget: un semplice letto, un tavolo di dimensioni piuttosto ridotte, sedie molto semplici, una bella poltrona in filo di Ruka senza nemmeno lo schienale. 
Non mi importava granché, dato che avrei migliorato l'arredamento di lì a poco.
Ero felice ed entusiasta così.

"Lady Alathariel, prima di dormire, venite a vedere!" Squittì lo shugo strofinandosi le zampine sul grembiule.

Mi alzai incuriosita e uscii dalla porta che dava sul balcone. Mi affacciai dalla staccionata di legno.

"M-ma è.. meraviglioso!" esclamai sporgendomi leggermente come per assaporare meglio quell'aria notturna ora tiepida, ora pungente.
Ormai era buio, il cielo era di un blu scuro misterioso, con milioni di stelle che lo illuminavano.
Davanti, la strada in mattoni con cui ero arrivata, più in lontananza pianure, case e sporadiche persone che rientravano in casa, così lontane da sembrare formiche. 
Sullo sfondo il mare luccicante sotto la luce pallida delle stelle.

Scrutai attentamente il cielo aggrottando pensierosa le sopracciglia.
"Si dice... che queste non siano stelle. Si dice che siano le luci delle città di Asmodae... mah, sarà vero? Sono così curiosa" pensai trepidante.

La mia voglia di sapere, la mi voglia di scoprire cose nuove, la mia infinita curiosità... il desiderio della conoscenza è bella cosa... ma, come vi racconterò tra poco, ha saputo anche mettermi spesso nei guai.

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Capitolo 4
*** 3 - Azphelumbra ***


"Diamine! E ora? E ora cosa caspita faccio?" tremando per il freddo andai a tentoni verso quello che, nel buio aveva le parvenze di un albero.
Lo toccai. Effettivamente potevo sentire la corteccia sotto i miei polpastrelli.
Mi lasciai cadere ai piedi del tronco esausta.
"Come sono finita in questa assurda situazione?"
Scossi pesantemente la testa ricordando cioè che era successo veramente poco tempo prima...

Arrivata ad Eltnen, presa dall'euforia dell'esplorazione mi avventurai dietro la fortezza.
Seguii il corso del fiumiciattolo, tra le fronde degli alberi, ed arrivai ad una specie di laghetto dall'acqua trasparente.
Difronte a me una piccola radura, confinante con le alte rocce che circondano la fortezza.
All'improvviso, apparve quello che scoprii solo in seguito essere un portale. 
Dai colori sgargianti, pregno di etere, quella specie di buco nero era proprio lì, davanti a me.
Pareva quasi che mi chiamasse. 
E io, cosa avrei potuto fare? Non avevo la più pallida idea di cosa fosse, né a cosa servisse. Principiante com'ero, pagai l'inesperienza a mie spese.
Avrei certamente dovuto evitare di entrarvi, ma la curiosità mi bruciava dentro. 
Io che ero sempre stata elogiata per la mia innata prudenza... non potei andarmene senza prima aver scoperto qualcosa su quello strano varco colorato.
Mi avvicinai lentamente, vi infilai prima il dito, poi la mano, e poi tutto il braccio e infine venni completamente risucchiata.
La prima cosa che vidi fu... buio totale. 
Come seconda, ma non meno importante, sentii un gelo mai provato fino a quel momento. 
Non sapendo assolutamente un bel niente di dove fossi, né di cosa fosse successo, capii solamente che non era una buona cosa. Per niente.

Accasciata sotto quell'albero, ora tremavo come una foglia.
Tirai un pugno per terra.
Con grande stupore, sentii qualcosa di freddo e morbido proprio sotto la mia mano.
"N-neve?!" tastai il terreno con più attenzione accorgendomi che effettivamente sotto di me c'era proprio NEVE. 
Neve autentica, che io non avevo mai visto. Certo, non che io in quel momento l'avessi proprio ma proprio vista, dato che non vedevo un accidenti. Ma diciamo che l'avevo sentita con le mie mani e questo era già un passo avanti.
Mentre mi immaginavo correre felice tra la neve, notai che a poco a poco, tutto intorno a me si stava leggermente rischiarando.
Ora riuscivo a scorgere i contorni e le ombre.
Ma non riuscivo a capacitarmi di come, più passassero i minuti, più riuscivo a vedere meglio. 
Capii che quindi doveva essere solo questione di tempo e presto ci avrei visto come si deve.
Attesi quei minuti infiniti con il cuore in gola, consapevole di essermi cacciata nei guai.
Acuii l'udito, che era l'unico senso utile in quel momento.
Di tanto in tanto si sentiva un ululato di worg. Lontano, grazie ad Aion.
Gli attimi scorrevano lenti, fin quando finalmente, tutto dianzi a me si fece nitido e riuscii a vedere dettagliatamente ciò che avevo intorno.
Ero in mezzo ad una foresta. 
Una foresta di pini altissimi ricoperti di neve.
NEVE.
Quella vera, sia chiaro.
Intorno a me, il silenzio più totale, interrotto dai già citati ululati, oppure da cumuli di neve che cadevano di rami appesantiti degli alberi.
Che bello, il silenzio.

Non potevo far altro che darmi da fare per capire dove mi trovavo, ma soprattutto per tornare a casa.
Camminai per un bel po' fino a quando non giunsi sul bordo di un precipizio e sotto di me potevo scorgere quella che sembrava essere una fortezza, che sorgeva in mezzo ad un lago ghiacciato.
Tutto molto suggestivo.

Ma in quel momento, iniziarono i guai.

PUM.
Il rumore di un proiettile giunse alle mie orecchie seguito da un sibilo inquietante.
La mia reazione immediata fu quella di recitare l'incantesimo per la protezione, che mi permise di bloccare il colpo successivo.
Partirono altri tre colpi ed io, non sapendo come reagire, mi lasciai cadere dal precipizio.
Sentii il mio corpo congelarsi, tanta fu la velocità con la quale caddi.
Prima dell'impatto, evocai le mie ali candide, in perfetta mimetica con la neve, direi.
Iniziai a volare senza guardare indietro, udendo soltanto altri colpi che mi facevano sussultare.
Il mio cuore impazzito pareva scoppiarmi in petto, sentivo il suo rimbombare quasi più forte degli spari.
Non potevo scappare all'infinito.
Di lì a poco sarei sicuramente incappata in altri nemici, dovevo far qualcosa, e subito.
Improvvisamente, mi voltai e virai in alto, molto in alto. Aprii il mio libro degli incantesimi, iniziando a recitar formule a raffica, senza nemmeno prendere fiato.
Finalmente, scoprii da dove provenivano quei sibilanti proiettili.
La fonte era una ragazza minuta dai capelli castani con le punte rosse, corti, pelle di un colore pallido e indefinito, gli occhi luminosi rossi come il sangue. Due ali nere come la pece, una coda svolazzante dello stesso colore dei capelli. In mano due revolver a etere cinti da due mani artigliate.
Ok. se la logica non mi inganna lei non è affatto elisiana.
La mia mente fu illuminata, come se fossi riuscita a capire qualcosa di alchimia e matematica messe insieme.
Quello strano coso colorato mi aveva in qualche modo portata dai nemici.
Più logico di così?!
"Ma come ho fatto a non capirlo prima?!" borbottai tirandomi uno schiaffo sulla faccia.

Mi ripresi dallo shock della scoperta abbastanza in fretta da continuare a lanciare incantesimi di ogni tipo: fuoco, acqua, ghiaccio... e senza tregua la mia avversaria premeva il grilletto e una spietata pallottola sfiorò il mio braccio, ferendomi di striscio.
Imprecai stringendo i denti e sentii il sangue caldo scorrere sulla mia pelle fredda a causa della bassa temperatura.
Però, anche un mio colpo andò a segno, colpendo la ragazza sul fianco destro.
Eravamo entrambe sfinite ed io, non sapendo più dove parare, tentai l'impossibile:
"A-Azphelumbra.." era l'unica parola che in asmodiano che conoscevo.

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Capitolo 5
*** 4 - Incontri indesiderati ***


Esitai. "A-Azphelumbra"

La ragazza inarcò un sopracciglio celando uno stupore non indifferente, continuando a tenere i revolver stretti tra i pugni.

Dopo di ché, iniziò a farfugliare cose senza senso guardandomi con aria di superiorità.

"Ehi!" ribattei di getto "Ma per chi mi hai preso?" ma mi accorsi solo successivamente che la ragazza non aveva afferrato la mia risposta, continuando a guardarmi passivamente come se fossi appena uscita da un manicomio. 

La piccoletta dall'aria non troppo simpatica, caricò una sfilza di pallottole, sicuramente pronte ad essere sparate a mitraglia contro di me.

Forse è il suo modo straniero di fare amicizia. Sì, come no.
Con due revolver carichi in mano. E con le dita sul grilletto.

Mentre stavo cercando con lo sguardo una via di fuga, due figure spuntarono fuori da dietro un albero dal tronco ampio, posizionandosi dietro alla ragazza.

Perfetto. Qualcun altro vuole unirsi al party? Avanti, non fate complimenti: c'è posto per tutti!
Alzai gli occhi al cielo pensando al guaio in cui mi ero andata a cacciare.

La ragazza si voltò mantenendo i revolver puntati su di me e iniziò a dare di matto con voce acuta e a gesticolare animatamente ai due tizi dietro di lei, probabilmente troppo stupidi per accorgersi di stare eseguendo ordini dettati da una ragazzina alta una boccetta di pozione e mezza.

Ad un certo punto, la ragazzina rimproverò ferocemente uno dei due, quello dall'aria più idiota, mentre si limitò a girare le spalle indignata all'altro, non appena le chiese (suppongo, da ciò che riuscivo a capire dai loro gesti) di far coppia con lui per qualcosa di cui non capii assolutamente nulla, rifilandogli un due di picche con un'incredibile disinvoltura.

Quando la ragazza posò nuovamente gli occhi su di me, dovette aver sicuramente pensato che io avessi qualche serio problema, dal momento che avrei potuto darmela a gambe ed essere arrivata dall'altra parte del pianeta, con tutto il tempo che avevo avuto.

Ma non lo feci. 
A dirla tutta mi stavo un po' divertendo.
Ero curiosa e molto.
Non mi era mai successa una cosa simile e paradossalmente mi infastidiva l'idea di tornarmene a casa senza aver scoperto qualcosa di interessante.

Mentre pensavo ciò, dietro la ragazza, spuntò fuori dal nulla un altro ragazzo, alto almeno due volte più di lei, abbastanza belloccio, dall'aria di uno che se la tira parecchio. 
In quattro contro una povera sfigata.

Non appena la piccola ragazza sentì una presenza dietro di lei, si girò di scatto rimanendo pietrificata alla vista di quella divinità. Oh si. 
Come se fosse appena sceso dai cieli per fare visita a lei. Bah!

Il ragazzo la scostò delicatamente e si appostò davanti a lei e ai due idioti che erano più indietro, per concentrarsi su di me.

Mi pareva ovvio. Non dico di essere stata sempre ignorata, ma ora avere quattro sguardi infuocati su di me, mi metteva un tantino in soggezione.

Il tipo belloccio mi scrutò attentamente dalla testa ai piedi, cosa che mi fece irritare non poco. 
Ci furono alcuni secondi di silenzio e minuziosa osservazione in cui credetti veramente di essere un reperto archeologico da museo. 
O avevo semplicemente qualcosa sulla faccia. In ogni caso, decisi di porre fine a quella situazione che, per quanto fosse stata a sprazzi divertente, si era protratta fin troppo per i miei gusti.

"Beh, ci vediamo" mormorai io facendo per andarmene, sapendo che nessuno di loro avrebbe capito una parola.

"E dove vorresti andare?" il tizio belloccio con un sorrisetto da schiaffi mi colse veramente alla sprovvista, devo ammetterlo.

Cercai di mascherare la mia sorpresa sul fatto che lui conoscesse la mia lingua e la sapesse parlare così fluentemente. 

"Ho assistito fin troppo a questa situazione un tantino ridicola" alzai la spalla.
Ma mi morsi la lingua subito dopo aver detto ciò, accorgendomi che sicuramente non ero nella posizione adatta per fare una tale affermazione con una così sfacciata sicurezza.

"Ah si?" il ragazzo si avvicinò e, senza che io potessi in qualche modo contestare, mi prese il mento tra due dita e avvicinò la mia faccia alla sua.

Ok, non mi era mai successa una cosa simile, mi sentivo profondamente a disagio, soprattutto mi infastidiva da matti avere così vicina la faccia di quello sconosciuto essere irritante.

La ragazzina invece, non sembrava apprezzare particolarmente la situazione che si era andata a creare. Se prima non nutriva simpatia nei miei confronti, ora il suo sguardo truce mi trapassava da parte a parte perché stavo per così vicino al suo deus ex machina.

"Devo ammettere che voi elisiani siete quasi gradevoli alla vista... alcuni" inarcò un sopracciglio in un modo così irritante che mi trattenni un braccio con l'altro per non tirargli un pugno "ma mai quanto le ragazze asmodiane"

"Sai che mi frega!" mi scansai dalla sua presa e feci un paio di passi indietro con aria disgustata. Psicopatico maniaco!
Dunque erano asmodiani. 
Cercai di mantenere la calma, in fin dei conti c'è solo una guerra centenaria tra noi, che sarà mai!

La situazione non accennava a cambiare: io immobile, il belloccio con il suo sorrisetto da schiaffi, la ragazzina che mi guardava con occhi assassini e ai due idioti dietro mancava poco per addormentarsi.

Ma evidentemente il ragazzo corvino aveva compreso di aver sprecato eccessiva parte del suo tempo... per farla breve, mi lasciò andare.
Era un asmodiano corretto, in fin dei conti.

"Ritieniti fortunata, Elisiana. La prossima volta non sarò così gentile" il belloccio mi sorrise, cosa che ormai sanno tutti, questo suo gesto risvegliava il mio istinto assassino, che solitamente cercavo di reprimere.

La ragazza asmodiana sembrava non volere che io me ne andassi senza prima essere torturata in qualche modo, così con aria fintamente preoccupata e implorante iniziò a farfugliare al belloccio qualcosa di assai ruffiano del tipo "Ma se la lasciamo andare, potrebbe far del male a qualcuno!" oppure "Non possiamo permettere che un'elisiana inquini il nostro territorio!" insomma, cose del genere.

Ma il belloccio non cambiò idea e prima di recitare un incantesimo incomprensibile che doveva essere quello di teletrasporto, gettò uno sguardo verso di me, con la sua maledettissima faccia da schiaffi. 

Da quel giorno in poi decisi che se avessi rincontrato quel gruppetto, ma soprattutto Belloccio-faccia-da-schiaffi e Ragazzina-alta-una-boccetta-di-pozione (è un po' lungo ma le si addice), sarebbe stata guerra aperta.

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Capitolo 6
*** 5 - Aria di cambiamento ***


Sono passati quasi due anni dall'ultima avventura di Alathariel.
Vi starete chiedendo: Cosa è successo in tutto questo tempo? Alathariel è cresciuta, è cambiata, tra poco compirà 18 anni e i suoi impegni ad Elysea si fanno sempre più pesanti. Soprattutto quelli che riguardano la guerra e le sanguinose battaglie che tanti giovani daeva si trovano ad affrontare prematuramente.

"Alathariel! Tesoro..." L'abbraccio di mia madre mi è mancato cosi tanto, sono sprofondata sul suo petto ignorando completamente le circa 34 persone che sono venute a salutarmi.
"Mamma... mamma come mi sei mancata!" Ricambio l'abbraccio più forte che posso, per poco non le manca il respiro!
Dopo qualche minuto il nostro abbraccio si scioglie, per lasciare spazio ad una serie di domande a raffica che provengono sia da lei, sia da tutti quelli (amici, parenti, semplici conoscenti incuriositi) che sono presenti a questo mio inaspettato ritorno a casa, ad Akarios.

Provvedo a salutare tutti, mi sento molto emozionata sia per il ritorno a casa, sia perché è passato cosi tanto tempo che sono curiosa di scoprire come gli altri mi trovino cambiata.
"Tesoro, hai lasciato crescere i capelli! Sei cosi cresciuta... Ora sembri davvero una donna" dietro la felicità di mia mamma si nasconde un filo di nostalgia.

Il primo cambiamento che ho attuato è stato sicuramente quello della capigliatura. Trovo che il primo impatto in una persona sia quello esteriore, sono un'Elisiana, non posso farci niente! Così ho pensato di farmi crescere i capelli e di far allungare la frangia, fino a farla scomparire e poter sistemare ordinatamente i miei capelli candidi dietro alle orecchie.
E poi beh, sono sempre una ragazza minuta, ma sono cresciuta leggermente in altezza e anche in... "forme" diciamo. Ma quello è normale.

Non sono cambiata solo di aspetto, ma anche molto nel profondo.
Gli avvenimenti che sono accaduti negli ultimi tempi, mi hanno costretta a maturare un po' più velocemente di come mi sarei aspettata. Con la scomparsa del Katalam, di Tiamaranta e della regione di Sarpan sono emersi due nuovi continenti: Signia e Vengar, che hanno causato un trambusto davvero tremendo, per piu di 3 mesi la terra ha continuato a tremare, senza contare gli sconvolgimenti causati al flusso di etere che ha iniziato a scorrere in modo discontinuo per tutta Atreia, impedendoci di volare regolarmente e favorendo l'irruzione dei Balaur in tutte le regioni... Ultimamente la situazione pare essersi stabilizzata, tuttavia l'improvvisa scomparsa di Beritra lascia tutti in una profonda angoscia.

Ma dunque dicevo, a causa di tutti questi avvenimenti, tutti i daeva, anche quelli più giovani, sono stati costretti ad adoperarsi per aiutare le legioni impiegate nei vari ambiti. Questo ha fatto in modo che mi trovassi sempre in un posto diverso, ma soprattutto sempre in pericolo e in ansia. 
Sono stata spedita più volte all'avventura nell'Abisso, spesso da sola. Se pure non avessi voluto, avrei dovuto comunque imparare a crescere e a difendermi.
Ma di questo non posso lamentarmi. Ho potuto attuare su di me un progetto di profondo cambiamento.

È questo ciò che ho appena detto a mia mamma, e a tutti i presenti, i quali, non ricevendo più notizie di cronaca riguardo i fatti più importanti del momento, erano da mesi in profonda tensione. Mi sono preoccupata di rassicurarli in quanto la regione di Poeta, 
trovandosi sotto Sanctum, sarebbe stata molto più protetta in confronto ad altri luoghi di Elysea che erano molto più esposti ad attacchi frequenti.

I presenti tirano un sospiro di sollievo.
Una donna mi si avvicina e mi abbraccia. Rimango un attimo immobile, stupita da quel gesto.
La sento singhiozzare "Grazie... Grazie daeva per tutto quello che fate per noi poveri cittadini... Abbiamo avuto così tanta paura, così tanto terrore... Voi daeva siete come degli dei beati che vegliate su di noi, grazie" mi si stringe il cuore a sentire queste parole, vorrei specificare che non tutti i daeva si comportano come dovrebbero, ci sono molte spie e molti malfattori, ma tutto questo non passa i filtri dell'idea dei cittadini comuni, ai quali arrivano solo le nostre gesta eroiche.
Tuttavia non posso proprio dirglielo, riesco solo a sorriderle dicendo che sono onorata di difendere della brava gente come lei, e come tutti loro. 
I cittadini di Akarios sono gente semplice, di rado qualcuno di loro è chiamato ad essere un daeva, per questo alla mia ascensione hanno partecipato tutti animatamente e con orgoglio e per questo tutti mi hanno accolta così calorosamente dopo la mia lunga assenza.

Esaurite le domande (fidatevi, sono state tantissime) finalmente mi viene proposto di andare a riposarmi, infondo è tardi e il sole sta calando. La piccola piazza di Akarios si svuota velocemente, e tutti rientrano nelle loro case dopo un'altra estenuante giornata di lavoro nei campi assolati di Poeta. 
Mia mamma è entrata in casa per preparare la cena, io la seguo e mi tolgo la pesante armatura che indosso. Apro il mio armadio e prendo un vestito azzurro molto largo e comodo, con una fascia stretta alla vita. Tuttavia io ci tengo a fare una bella passeggiata, dato che è cosi tanto che non torno a casa. Così avverto mia mamma che sarei tornata un po' più tardi, e che avrei mangiato al ritorno.

Ora sono sola nella piazza, sono davanti al tempio, quello in cui giocavo da bambina con le mie amiche e i miei amici.
Già.
Chissà che fine hanno fatto. Mi piacerebbe davvero tanto rincontrarli.
Mi volto fino a dare le spalle al tempio, alzo gli occhi e mi trattengo qualche minuto ad ammirare il cielo che si tinge di un arancione acceso, poi rosso porpora, e poi sempre più scuro, fino a diventare di un viola intenso, che permette di scorgere le miriadi di stelle con molta più nitidezza.
Inizio a camminare. Mi avvicino al lago, alzo i lembi del vestito e cammino in acqua fino a giungere al piccolo isolotto dal tronco e l'erba luminosi. 
"Qui..." Faccio qualche passo verso destra, poi uno in avanti entrando in acqua fino a bagnarmi le caviglie "proprio qui... Ho riempito di acqua la boccetta di cristallo che mi è servita per l'ascensione..." Sorrido. 
Osservando quei luoghi, mi affiorano alla mente ricordi nitidi di giorni in cui ero una ragazza spensierata che non vedeva l'ora di essere una daeva, che non vedeva l'ora di combattere, di rendersi utile, di conoscere e di scoprire. 
Non che ora io non sia spensierata, ma oltre a cose interessanti, splendide e meravigliose ho conosciuto anche situazioni di terrore e di angoscia, come la guerra. In cui sei costretto ad uccidere e ti capita di assistere ad assassinii, anche di tuoi compagni, senza poter far nulla. È difficile pensare senza egoismo, durante una battaglia. Corre l'idea che, data la nostra immortalità, noi daeva non ci preoccupiamo molto di morire. Da un certo punto di vista questo può sembrare vero. In fin dei conti possiamo resuscitare per sempre. 
Però. 
Quando tra le grida dei tuoi compagni, tra quelle del nemico che uccide con occhi pieni di odio, o di terrore, vieni trapassato con una spada da parte a parte, quando ti senti squarciare la carne sapendo che dovrai soffrire a terra prima di essere resuscitato... Quando la tua anima si stacca dal corpo provocando un dolore inimmaginabile per poi ricongiungersi ad esso con altrettanta sofferenza, per poi risvegliarti a terra col ricordo vivido di essere stato appena fatto a pezzi. E di doverlo rifare altre infinite volte. Di dover morire ancora e ancora. Senza pietà. 
Per quante battaglie farai, non potrai mai abituarti totalmente a questo strazio.
Le prime volte ci sono giovani che si ritirano, altri che si abbandonano alla pazzia. Altri che non riescono a riprendersi da un trauma così devastante.
A volte ti fa rimpiangere di essere immortale.

Scuoto la testa. 
Alathariel. Dovresti distrarti in questo momento.
Mi avvio sulla strada di casa. 
Mi aspetta un'ottima cena come qualche anno fa, e mi aspetta una bella dormita sul mio vecchio letto, su cui sono cresciuta.

Già, ora sono tornata a casa per un po'. Sono qui per riposarmi, per riprendermi. 
Sono qui per godere dei bei momenti che posso vivere al di fuori della guerra.
Però, anche se in maniera brutale, la guerra ti apre gli occhi. Ti mostra che il nemico è spietato, ma che è anche spaventato tanto quanto te. Vedi i suoi occhi pieni di terrore, specie nei combattenti più giovani, te li trovi davanti con espressioni di sgomento e con le gambe tremanti. Sanno che devono ucciderti, e anche tu sai che devi uccidere loro. Capita che nessuno però abbia il coraggio di attaccare l'altro per primo, e allora scorrono secondi di terrore in cui l'aria si raffredda e l'unica cosa che senti è il battito del tuo cuore che esplode, e a quel punto vedi cadere il tuo nemico ucciso da qualcun altro che ha più rabbia in corpo di te. O semplicemente che ha capito che per sopravvivere devi trovare il coraggio di uccidere per primo.

La guerra è egoistica, è sul campo di battaglia che emerge il vero carattere delle persone.
È lì che vedi chi davvero tra i tuoi compagni ci tiene a te. Ma non sempre si trova il coraggio di morire al posto di un altro, sappiamo bene che seppur daeva immortali, spesso il nostro animo vacilla e il nostro pensiero è irrimediabilmente fallace.

Dopo aver dato la buonanotte a mia mamma mi infilo nel letto con questi pensieri per la testa. Tuttavia la felicità di essere a casa e l'euforia per quello che dovrò fare domani, riescono finalmente a prendere il sopravvento. 
Caccio via i brutti pensieri, almeno per il momento. I muscoli si rilassano e finalmente mi addormento con un leggero sorriso sul volto.

Sì, sono davvero cambiata.

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Capitolo 7
*** 6 - Alla volta di Heiron ***


Mi guardo allo specchio passando tra le dita la ciocca di capelli ormai un po' lunga davanti alla faccia.
"Che dovrei fare con questa?" sospiro con le forbici in mano.
"Ci ho messo così tanto a farla crescere! Uff... Però non mi so vedere senza frangia..." sbuffo.
Conto fino a tre. 
Uno, due, tre.
Zac.

"Alathariel! Cos'hai fatto ai capelli? Hai cambiato idea?" mia mamma mi aggiusta lo spallaccio che è storto, e mi guarda con tenerezza "stavi molto bene, ma sei bellissima anche così" arrossisco.
Non sono poi così bella.
"Caspita, una settimana è passata davvero in fretta tesoro!" Dice lei porgendomi un grosso libro spesso "tieni, questo era il mio, ma davvero non ne ho più bisogno... Prendilo tu, ormai sei diventata sufficientemente esperta per usarlo"
Prendo titubante in mano quel grande tomo. Ha una copertina che sembra davvero antica, è un po' impolverato certamente a causa dell'inutilizzo.

"Mamma... Ne sei sicura?" Chiedo con sguardo serio
Lei mi guarda dolcemente e annuisce poggiandomi una mano sulla testa.
"Credo sia arrivato il momento di andare.. Mi raccomando, fai attenzione e non lasciare che passino interi mesi prima di tornare!" Ammonisce lei guardandomi quasi con implorazione.

"Certo mamma, grazie di tutto... Ti voglio bene, ci vediamo presto" dico, abbracciandola forte. 
Esco dalla porta di casa e mi volto ricambiando il suo saluto con un cenno di mano. 
È davvero molto presto e la luce del sole che sta sorgendo è ancora molto soffusa. Nonostante sia quasi estate l'aria è pungente al mattino. 
Mi dirigo al teletrasporto. 
"Per dove?" Sorride la donna addetta.
"Sanctum" rispondo porgendole distrattamente i kinah necessari al mio spostamento.

Mi volto per un attimo come per catturare l'immagine di Akarios, prima di lanciarmi nel portale.
"Spero davvero di tornare presto..." Penso, prima di poggiare i piedi sul mattonato di marmo di Sanctum, proprio difronte a Polido il quale, ancora insonnolito è trasalito non appena mi ha vista balzare fuori dal portale. 
Mi viene un po' da ridere a causa della sua buffa reazione, tuttavia mi trattengo e lo tranquillizzo, spiegandogli che sono arrivata così presto a causa di una chiamata del governatore.

Per ammazzare il tempo gli spiego di quanto mi sia giovato tornare ad Akarios per una settimana e di tutte le cose che ho fatto. Polido è un uomo di buon cuore e tutti gli parliamo volentieri raccontandogli quello che ci passa per la testa.

Il sole è ormai sorto, affacciandosi timidamente da una nuvola, che si è dissolta in breve tempo grazie al vento che soffia oggi. 
A Sanctum inizia a vedersi un leggero movimento di carri e merci, che i venditori si affrettano a disporre sui loro banchi, pronti per iniziare una nuova giornata di lavoro. 
Mi avvio verso il canale celeste, per passare dall'altra parte della città. 
Qualche shugo mattiniero ha iniziato a scorrazzare a destra e a manca, producendo il tipico "jang jang" che mi strappa sempre un sorriso. Inizio a vedere qualche daeva che passeggia, oppure che si dirige verso le mercanzie.

Mentre cammino per il lungo canale che collega le due parti di Sanctum sono soprappensiero... 
Non posso davvero fare a meno di domandarmi cosa voglia da una recluta come me Farsimede, il governatore di Sanctum.
Il personaggio più influente di tutta Elysea.
Sicuramente c'è qualche problema e spero non sia accaduto niente di grave.
Pensando a tutte le varie ipotesi mi accorgo di essere arrivata nei pressi della grande biblioteca, segno che devo girarmi ed entrare nella Sala dei Mestieri.

Mentre muovo un passo per entrarvi, una donna mi chiama con voce piuttosto stridula e insistente
"Ehi voi! Daeva? Dico a voi!" 
Mi volto incuriosita guardandola in modo interrogativo
"Si? Posso esservi utile?" Le domando.
"Voi siete Alathariel?" Mi chiede.
Non appena annuisco, il suo sguardo si fa sottile e mi percorre impertinentemente dalla testa ai piedi, dopo avermi scrutata per bene fa spallucce "strano, non siete così brutta come si dice in giro" esordisce, lasciandomi alquanto stupita.
"sapete, corrono commenti davvero spiacevoli sul vostro conto, come ad esempio, che avete un naso enorme..."

Cosa?
"Oppure che siete ingrassata e che combattete solo per soldi..."
Automaticamente porto la mia mano sul viso toccandomi il naso e chiedendomi se effettivamente sia troppo grosso. 
"State tranquilla, non è affatto vero. In ogni caso è solo invidia... Ora che vi ho vista dal vivo posso parlare anche io!" Dice soddisfatta facendomi un leggero inchino e allontanandosi senza darmi possibilità di ribattere.
Rimango interdetta per qualche secondo. 
Dunque davvero corrono dei commenti del genere su di me? 
"Certo che la gente ne ha di fantasia..." Penso, infastidita dal comportamento impertinente di quelle persone che non trovano impiego migliore che sparlare degli altri senza aver mai visto realmente le cose. Odio i pettegolezzi.

"Caspita! Si è fatto tardi" mi porto preoccupata una mano sulla fronte "ma tu guarda... Mi ha fatto pure perdere tempo per una simile sciocchezza!" Mi volto verso l'ingresso del Salone e inizio a correre fino al grande ascensore dorato che è già a terra da un po'.
"Aspetta!" Non posso fare a meno di gridare non appena vedo quel dannatissimo ascensore risalire un istante prima che io possa mettervi un piede sopra.
"Dannazione!" Sbuffo pensando al rimprovero che riceverò non appena sarò arrivata al cospetto del governatore.

Dopo qualche minuto interminabile salgo finalmente sull'ascensore e, una volta scesa al piano superiore, di corsa salgo le scale e mi blocco di scatto difronte a quella specie di trono decisamente alto dove è seduto impassibile il governatore.
Rimango per un paio di secondi piegata con le mani poggiate sulle ginocchia, per riprendermi dalla corsa. Ho il fiatone, i capelli in disordine e il mio aspetto complessivo non deve essere dei migliori.

Il mio cuore accelera, un po' per la paura, un po' per l'emozione e un po' anche per l'imbarazzo di aver fatto una figuraccia di fronte al governatore di Sanctum.

Mi inchino timidamente sul ginocchio destro e mi preparo a subire il rimprovero, che non tarda ad arrivare
"Siete in ritardo Daeva" esordisce in tono solenne, poi senza lasciarmi chiedere scusa continua "ritenetevi fortunata perché avete buona fama, tuttavia la prossima volta non sarò cosi magnanimo"

Rimango con la testa china ed emetto un flebile "mi dispiace, non accadrà più" che
il governatore non deve aver neppure sentito, dal momento che continua a parlare con la sua voce profonda e a tratti roca, interrompendo ogni tanto il discorso con qualche colpetto di tosse per schiarirsi la voce.
"Tutti i vostri compagni che erano stati chiamati come voi sono già a lavoro. Vi ho cercata poiché servono delle reclute in alcune fortezze sparse per Elysea. Voi verrete spostata ad Heiron. Adesso per piacere andate e vedete di non essere più in ritardo." 
Mi porge lentamente una pergamena leggermente ingiallita, legata con un nastro argentato, poi conclude "andate dal generale di brigata di Heiron, Michalis. Lui vi affiderà tutte le missioni che dovrete svolgere. Buon lavoro, Daeva. E ricordate sempre di onorare Elysea".
Cercando di nascondere il mio stupore, rialzandomi in piedi afferro la pergamena  e faccio subito un altro inchino, molto profondo. "non vi deluderò" affermo sicura.

Srotolo velocemente la pergamena per poi pronunciare ad alta voce la lunga e complicata formula di teletrasporto. 
Difronte a me si apre un portale nel quale entro con fare sicuro, anche se di sicuro, nel mio stato d'animo attuale, c'è ben poco. 
Poggio i piedi sui mattoni dell'area adibita al teletrasporto dell'imponente fortezza di Heiron.

Le alte mura si erigono possenti tutt'intorno a me, e non posso fare a meno di girare su me stessa per guardare in tutte le direzioni. 
Tuttavia, mi affretto a raggiungere il luogo nel quale si trova il generale perché non ho intenzione di prendere un rimprovero anche da lui... all'osservazione del luogo ci penserò dopo.

Apro la mappa con poca grazia, al punto di rischiare di strapparla. Scorro velocemente con il dito l'elenco dei vari luoghi e nomi, cercando concentrata il nome di Michalis.
"Eccolo! Accanto al tempio" sussurro guardandomi intorno cercando il tempio con lo sguardo. Appena lo individuo, mi precipito nella costruzione affianco, la sede del generale di brigata. Entro timidamente e percorro silenziosa il lungo tappeto rosso che porta fino al seggio del generale. Mi sento osservata. 
Di fianco al tappeto, tre guardie a destra e tre a sinistra mi seguono con lo sguardo fino a che non giungo dinanzi a Michalis.

"Ben arrivata, daeva." mi accoglie solenne il generale. Mentre mi avvicino a lui, noto la figura di un ragazzo alto dai capelli biondo scuro dinanzi al suo cospetto. Gli giungo accanto. Lui si volta indifferente ed io lo guardo incuriosita. 
Mi sembra di averlo già visto da qualche parte...

Passano un paio di secondi prima che Michalis si presenti a noi "Bene, giovani reclute. Io sono Michalis il generale di brigata di questa fortezza. Voi due siete stati scelti come squadra complementare per svolgere delle importanti missioni qui ad Heiron. Le squadre in questione sono state formate in base alle vostre capacita' di combattimento, nonché la vostra classe. Nel vostro caso, abbiamo pensato che un assassino e una fattucchiera possano essere tutto sommato complementari. Spero che vi troviate bene tra voi"
prende fiato, poi prosegue "sapete bene che ultimamente ci sono stati non pochi problemi qui ad Elysea, così come ad Atreia." Annuisco io sospirando mentre il generale continua "Abbiamo rilevato dei movimenti sospetti di alcuni mostri qui intorno, probabilmente a causa del flusso discontinuo dell'etere che sta causando innumerevoli problemi ovunque. In quanto daeva chiamati direttamente dal Governatore di Sanctum, siete tenuti a svolgere le missioni che sto per affidarvi. Inizierete da domani, vi voglio in forma e volenterosi di combattere per Elysea." Conclude soddisfatto sorridendoci in modo sincero.

Finalmente un generale simpatico! O almeno sopportabile...

"Lo faremo." Affermiamo all'unisono il ragazzo ed io, con una mano sul cuore.
È sempre un onore accettare delle missioni così importanti.
Usciamo dalla grande porta alle nostre spalle e ci troviamo nuovamente all'esterno.

"Dunque... Siamo compagni di squadra, presumo" esordisco "Sono Alathariel, piacere. Anche se mi sembra di averti già visto in giro da qualche parte" mi porto un dito al mento cercando in tutti i modi di ricordare. 
Il ragazzo si volta con un'espressione piuttosto indifferente "Io sono Dalyonn e sì, probabilmente ci siamo visti ad Eltnen, durante l'addestramento." Conclude freddamente.

Ma ce l'ha un'espressione facciale che non sia l'indifferenza, questo qui?

La mia mente si illumina d'improvviso
"Hai ragione! Ora ricordo." Annuisco.
Ricordo infatti di averlo visto svariate volte durante le missioni presso la fortezza di Eltnen.
Abbastanza solitario, timido e freddo ma, da quel che ricordo, con i suoi amici si trasformava in tutto il contrario.

Bene, e ora? Hai esaurito gli argomenti, cara.

Ci pervade un silenzio imbarazzante, almeno per me. Dalyonn non sembra essere particolarmente a disagio, e neppure interessato alla situazione che si è andata a creare.

Lo osservo meglio. 
È parecchio più alto di me, ed ha un fisico atletico. Le gambe sono lunghe e ai piedi porta degli stivali di pelle alti. L'armatura in pelle lascia scoperte le braccia, magre ma leggermente muscolose. Le mani sono lunghe e affusolate, e i polsi sembrano essere fini, sebbene siano coperti da polsini protettivi.

I suoi capelli biondo scuro sono abbastanza corti e il ciuffo laterale, leggermente più lungo del resto della capigliatura, si scompiglia continuamente con il soffio del vento, cosa che lo costringe a sistemarlo ogni poco tempo.
I suoi occhi sono grandi e di un azzurro molto particolare, a tratti sembrano verdi.
La bocca carnosa è di un rosa abbastanza vivido. La pelle è di base chiara, ma al momento lievemente abbronzata, si capisce bene che la leggera abbronzatura è dovuta alla lunga esposizione ai raggi cocenti del sole di Elysea.
Il suo viso non ha dei tratti troppo marcati, sinonimo della giovane età. 
Il suo naso è proporzionato e leggermente all'insù.

...

Arrivo alla conclusione che il ragazzo in questione è gradevole alla vista. 
Quanto al carattere, beh...
"Ci si vede" mi rivolge un freddo cenno con la mano, per poi iniziare a camminare in direzione della locanda, a qualche passo da noi.
"Ehi! Aspetta!" Mi affretto a seguirlo, per prendere accordi per l'indomani.
Il ragazzo si blocca, girandosi verso di me quasi infastidito.

Ma guarda questo! Già mi fa irritare!

Ci mettiamo d'accordo nel modo seguente: la mattina successiva ci saremmo riuniti all'entrata della locanda nella quale stiamo per passare la notte, dal momento che è tardi per tornare ad Elian nelle rispettive case.

Dalyonn si avvicina al lungo bancone di legno dietro al quale si trova lo shugo addetto alle prenotazioni. 
Mi avvicino anche io, dal momento che devo prenotare a mia volta. "Daeva, ecco vostra stanza! Spero sia di vostro gradimento jang jang!" Lo shugo mi sorride soddisfatto "fanno 15.000 kinah jang" dice porgendomi la chiave della stanza.
"Certo, solo un secondo" porto la mano alla tasca per pagare.
Mentre sono intenta a frugare nella tasca, sento un sonoro rumore, come quello di uno schiaffo.
Mi volto nella direzione del suono, alzo lo sguardo e vedo Daylonn con gli occhi fuori dalle orbite, con la sua stessa mano parcheggiata dolcemente sulla faccia.
"No!" Esclama, facendo sobbalzare sia me che lo shugo.

"I-io... Ecco io qualche giorno fa sono stato d-derubato da alcuni briganti nella strada che collega la cittadella di Verteron a Tolbas... Sono immensamente dispiaciuto, me ne ero completamente dimenticato" le guance del ragazzo si tingono inaspettatamente di colore rosso acceso, e inizia a balbettare in seria difficoltà.

Wow, allora conosce un'altra espressione facciale!

"Non fa niente, pagherò per entrambi" dico, riportando la mano alla tasca continuando a cercare.

Beh?

"Oddio..." Inizio a frugare convulsamente nella tasca, per poi gettarmi sulla bisaccia rovistandone il contenuto da cima a fondo, fino a rovesciarla direttamente sul pavimento per controllare meglio. 
Ne esce di tutto, tranne che soldi.

Provvedo a rimettere tutto apposto e mi rialzo dal pavimento profondamente imbarazzata.
"Beh?" Dalyonn mi guarda interrogativo, così come lo shugo.
"Ehm..." Balbetto "ho depositato tutti i kinah alla banca" mi porto timidamente una mano dietro la testa.
"Ma ti sembra normale andare in giro senza un soldo?" sbuffa Dalyonn alzando gli occhi al cielo
"Sempre meglio che farsi derubare!" Sbraito io di ripicca.

Mettiamo il muso entrambi, sotto lo sguardo basito dello shugo che non sa cosa dire.
Cala un silenzio imbarazzante che viene interrotto dal furetto che, inaspettatamente sta iniziando ad irritarsi 
"Beh, Daeva? Daeva senza soldi? Daeva ha già prenotato! Ha preso già chiavi della stanza! Daeva obbligato a pagare, jang jang!" Dice quasi su tutte le furie, alzandosi ed entrando di corsa nella stanza affianco. 
Io e Dalyonn ci guardiamo senza sapere cosa dire.
Dopo un paio di minuti, l'avvicinarsi di uno zampettare frettoloso ci avverte che lo shugo è di ritorno.
"Capo ha detto Daeva lavare piatti! Solo questa volta Daeva senza soldi saranno perdonati!" Dice annuendo e guardandoci attentamente con i suoi occhietti vispi.

Oh, no. Fatemi fare tutto ma non lavare i piatti...

Dalyonn mi lancia un'occhiata implorante, segno che lavare i piatti non è nemmeno la sua passione. 
Sbuffando veniamo raggiunti da un altro shugo che ci spinge con poca gentilezza per un corridoio che diventa sempre più stretto, fino ad abbassarsi a tal punto da costringerci a piegarci per riuscire a proseguire.
Lo shugo ci trascina fino a giungere dinanzi ad una porticina decisamente di dimensioni ridotte.

"Mi fa male la schiena a stare cosi piegata!" 
Mi lamento io.
Dalyonn si limita a rivolgermi uno sguardo piuttosto ambiguo, anche se io protendo per la versione "Stai zitta che è meglio"
"Questa cucina di shugo! Jang jang" ci informa il piccoletto tirando fuori dalla tasca sul grembiule una grossa chiave di ferro decisamente sproporzionata in confronto alle dimensioni della porta.

"Ora Daeva senza soldi lavare TUTTI piatti di cucina! Da soli! Quando Daeva finiscono, possono lasciare chiave attaccata qui. Lavorare, jang jang!" Conclude il piccolo shugo, inserendo la chiave e aprendo la porta con molto sforzo, per poi consegnarcela e tornare alle sue occupazioni ai piani superiori.
Dalyonn ed io entriamo nella cucina.
"Caspita è gigantesca!" Dico sorpresa
"E almeno il soffitto è alto..." Commenta lui, tirando un sospiro di sollievo.
In effetti, la cucina è davvero grande, e il soffitto è alto come nelle stanze comuni.

Ci avviciniamo a passo lento e svogliato al lunghissimo lavandino di pietra sospirando
"Uff... Vediamo di sbrigarci...!" Sbuffo immergendo un paio di piatti nell'acqua.
"Ma guarda quanti cavolo di piatti sono! Ma quanto mangia questa gente?" Si lamenta il ragazzo osservando le pile di piatti da lavare, indicandoli con un dito per fare un calcolo approssimativo del totale, stupendosi poi del risultato "Saranno circa... 350 stoviglie!" esclama alzando gli occhi al cielo.

Dopo essere stati per circa un buon quarto d'ora a lamentarci e a commentare l'esorbitante numero di piatti da lavare, ci mettiamo a lavoro.
Non sappiamo di cosa parlare, se non per consigli tecnici sul lavaggio o per confabulare congiure contro i piatti, pensando anche di romperne alcuni, pur di non lavarli tutti.
Ma per la maggior parte del tempo nella grande cucina di pietra rimbomba sovrano il rumore dell'acqua e delle stoviglie che si urtano l'una contro l'altra.

Non sto a dire quanto ci abbiamo messo, dal momento che siamo entrati in quella dannata cucina che era tardo pomeriggio e ne siamo usciti in un'ora indefinita della notte.

"Per Aion... Le mie ginocchia stanno chiedendo pietà!" Commento buttandomi sgraziatamente sulla sedia più vicina. 
"Dimmi che abbiamo finito!" Domanda Dalyonn retoricamente

Ci appropinquiamo all'uscita, appendendo la chiave dove ci era stato indicato e ripercorriamo il basso corridoio fino ad arrivare sfiniti all'entrata della locanda.

È notte e finalmente è ora di andare a dormire per porre fine a quella giornata devastante e piena di impegni.
Senza preoccuparsi troppo di salutarmi, Dalyonn sale le scale per scomparire lungo il corridoio.
"A domani allora" abbozzo un saluto.
Per tutta risposta ricevo un "a domani" volante dall'alto delle scale.

Sospiro e anche io salgo le scale a passo pesante e percorro il lungo corridoio dal muro di pietra gialla, producendo un sonoro "toc toc" con i tacchi della mia nuova armatura che calpestano il legno scricchiolante del pavimento.
Appena trovo la stanza, dopo aver inserito la chiave, la giro e la piccola porta di legno scuro si apre producendo uno scricchiolio alquanto fastidioso. 
Non mi curo di quel rumore, sono davvero troppo stanca per pensarci.
Poggio il mio libro degli incantesimi sul comodino e mi butto sull'alto letto sorprendentemente soffice senza troppa grazia.

Per una volta, non ci metto troppo a prendere sonno, anche se sono un po' preoccupata di come andranno le cose da domani in poi.
"Insomma, quel Dalyonn sembra molto chiuso e introverso... Spero davvero di riuscire ad entrarci in sintonia, altrimenti gli esiti delle missioni future ne risentirebbero." Penso, "ma in fin dei conti non lo conosco neppure un po'. Sono certa che tra qualche tempo troveremo un punto d'incontro..." Penso chiudendo gli occhi e strofinando delicatamente la mia guancia sul cuscino, per mettermi comoda.

Con questo pensiero mi addormento come un sasso, fino al fastidioso verso di un Methu gracchiante che martellante mi sveglia e mi ricorda che da oggi inizia una nuova avventura, piena di scoperte, pericoli e punti interrogativi, ma che non vedo l'ora di intraprendere.

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Capitolo 8
*** 7 - A mio rischio e pericolo, resto ***


"CORRI!" grida Dalyonn poco avanti a me muovendosi a perdifiato tra gli alberi.
Salto una grossa radice a terra e continuo a correre, poi mi volto e sussurro un incantesimo, Interdizione, che ha la funzione di bloccare l'avversario per una manciata di secondi, trattenendolo con una rete di rami e radici.

"È inutile! Pensa a correre!" Mi rimprovera lui riponendo con difficoltà i pugnali, centrando le fessure dei rispettivi foderi dopo vari tentativi a causa della corsa.

In effetti, è troppo forte per noi.

chiudo il pesante libro degli incantesimi con un tonfo.

Non sappiamo nemmeno dove stiamo andando, stiamo correndo alla velocità della luce tra i fitti alberi del bosco, inseguiti da...
"Ma che diavolo è?!" esclamo boccheggiando 
Dalyonn scansa di fretta un ramo che stava per colpirlo in pieno volto "ma che ne so! Sembra un gigantesco gorilla obeso!" risponde tra un respiro e l'altro.

Proprio così. La missione di oggi prevedeva che ci avventurassimo nella giungla a nord, per diminuire il numero di manduri che sta continuando a crescere.
Mentre stavamo raccogliendo alcuni materiali a terra, siamo stati colti da un gigantesco manduri, che ha iniziato ad inseguirci per tutta la foresta.
Ed ora eccoci qui, a correre a perdifiato, scansando rami, ed evitando enormi radici ricurve a terra, rischiando più volte di andare a sbattere contro i fitti alberi che popolano questa nodosa giungla.

"AHI!" esclamo imprecando
"Che c'è ora!" sbuffa l'assassino, voltandosi un attimo, per poi continuare a correre
"Ho sbattuto il piede contro una radice!" Mi lamento zoppicando
"L'abbiamo seminato?" domanda, rallentando la corsa e facendo cenno di fermarmi.
Ubbidisco. Mi volto tendendo l'orecchio.
L'unico rumore che sentiamo è il cinguettare degli uccelli tra le fitte chiome degli alberi e i nostri respiri pesanti e affaticati dalla corsa.
"Direi... Di si" rispondo ansimando, piegandomi sulle ginocchia per cercare di calmare il respiro.
Dalyonn si lascia cadere a terra, poggiando la schiena all'albero più vicino, per riprendere fiato.

"L'abbiamo scampata..." dico col cuore ancora in gola.
Per tutta risposta Dalyonn aggrotta le sopracciglia "Questo non sarebbe successo se avessimo usato l'aereotrasporto!" sentenzia con tono di rimprovero.
"E sarebbe colpa mia?" rispondo subito inalberata, voltandomi a guardarlo "ti ricordo, signor Daeva, che non abbiamo il becco di un quattrino per spostarci con i teletrasporti!" Ci tengo a precisare io, ricordando l'episodio della locanda di due settimane fa.
Il ragazzo sbuffa portandosi una mano alla testa, aggiustando il ciuffo ribelle che è finito davanti all'occhio sinistro.

Dopo qualche minuto ci rialziamo, ancora indolenziti dalla corsa.
Riprendiamo a camminare in silenzio.
Si sente solo lo scricchiolio delle foglie e dei rami che si spezzano sotto i nostri piedi. La calda luce dorata filtra tra i rami degli alti alberi, e la temperatura si inizia ad alzare, facendo colorire le mie guance di un rosso acceso.
"Ora che cosa facciamo?" Domando
"Ci conviene tornare da Michalis e dirgli cosa è accaduto. Dopotutto la missione è stata completata." risponde l'assassino aggiustando i polsini in pelle.
Annuisco silenziosa.

----

Una volta giunti da Michalis, spieghiamo tutto nei minimi dettagli. Il generale non sembra contrariato, dal momento che l'obiettivo primario della missione è stato completato. 

Ci avverte che ad Heiron ci sono molti pericoli, e che quindi potremmo imbatterci frequentemente in situazioni come questa.

"Detto questo, per oggi abbiamo finito, passate il resto del pomeriggio come più vi aggrada, daeva" conclude il generale congedandoci, poi tira una bella pacca sulla schiena a Dalyonn spostandolo in avanti di circa un metro.
"Deboluccio, il ragazzo" ridacchio io
"Chi è che è inciampata sulla radice di un albero lamentandosi per il resto della giornata?" risponde in tono saccente
Mi trattengo dal rispondere, per non dare il via ai soliti battibecchi del tutto inutili.

Lasciamo perdere.

Usciamo dalla sede del generale, trovandoci all'esterno.
Alzo la testa. Il cielo si sta coprendo di nuvole, il che mi ricorda di quanto possa cambiare in fretta il tempo qui ad Elysea.

"Vado a fare un giro" mi informa Dalyonn, che si è già incamminato verso la porta della fortezza senza attendere una mia risposta, ma ormai ci sono abituata.

Vai pure, pezzo di ghiaccio.

Non lo capisco proprio, questo qui. 
Non si riesce a capire cosa pensa, cosa prova e il più delle volte i suoi comportamenti sono indecifrabili. 
Così mi adatto e cerco di infastidirlo il meno possibile. Non ho intenzione di fare la figura della ragazzina ingenua che pende dalle labbra degli altri.
Durante le missioni facciamo squadra poi, chi s'è visto s'è visto.
È quello che vuole lui. E in fin dei conti anche io. 

Tranquillo, ti accontento subito.

Mentre penso ciò, attraverso la grande porta e accelero il passo superandola e dirigendomi verso le antiche rovine appena fuori dalla fortezza di Heiron.
Mi arrampico su qualche sasso per arrivare più in fretta, dal momento che non ho voglia di prendere il lungo sentiero battuto.
Una volta arrivata al grande piazzale di pietra, rimango per un po' a contemplare quella meraviglia.
Quelli non sono semplici sassi. Sono il segno di un popolo, di una civiltà che c'è stata prima di noi. 
Le alte colonne si erigono imponenti, molte sono spezzate e i pezzi caduti sono ammassati ai loro piedi.
Tutto rimasto è come è stato lasciato.
Trovo che sia molto affascinante, soprattutto la posizione in cui quelle rovine sono collocate. Si trovano davvero in alto, il che permette al visitatore di alzare il naso per aria e vedere l'immensa distesa del cielo senza oggetti che ne impediscano o disturbino la visuale.

Il cielo ormai è scuro, credo che stia pure per piovere.
"Forse è il caso di rientrare" mi dico, facendo un passo nella direzione dalla quale ero arrivata. 
Con la coda dell'occhio vedo un movimento alle mie spalle.

Mi volto di scatto e noto un groviglio di luci colorate che si stabilizza dopo qualche istante, prendendo una forma ovale.
Non c'è dubbio: si tratta di un varco.
Mi avvicino di qualche passo, rimanendo a fissarlo incuriosita.
"Che fare? Andare o no?" Mi chiedo valutando mentalmente tutte le possibilità.

Andarci in due sarebbe nettamente una sicurezza in più, così, anche se controvoglia, scendo di corsa per il sentiero fino a tornare alla fortezza.
"Dove sarà Dalyonn?" Giro la testa in tutte le direzioni cercandolo con lo sguardo.
Lo noto entrare nel negozio di armature alla mia destra.
Mi affretto a raggiungerlo picchiettandogli la spalla da dietro.
"Chi c'è? Ah, sei tu" Mi domanda girandosi

Ah. 
Si, sono io. Problemi?

"Nei pressi delle rovine si è appena aperto un varco, ho pensato che avventurarvisi in due sia meno rischioso" gli dico fissando a terra un po' imbarazzata.
Lui mi guarda per un attimo, per poi spostare lo sguardo un un punto indefinito della stanza, prendendo in considerazione la cosa.

Il ragazzo fa per annuire, ma stesso momento da dietro di lui spunta il viso di una ragazza dai capelli verde smeraldo, la quale, tirando Dalyonn per un braccio, protesta assumendo una smorfia infantile "Cooosa? E mi lasci qui?"
Dalyonn si gira più volte nella mia direzione e poi in quella della ragazza, come se non avesse idea di cosa fare.
Questa difficile scelta è interrotta dalla ragazza in questione, che sto guardando attentamente da quando ha fatto la sua comparsa.
"Alathariel?" Domanda spalancando gli occhi
"Sorenye!" esclamo di rimando
"Caspita per poco non ti riconoscevo!" 
"Nemmeno io! Quanto tempo è passato? Dieci anni?" Sospiro
"Credo di si... sono contenta di rivederti!" La ragazza mi sorride e anche io a lei, il tutto sotto lo sguardo basito di Dalyonn che non sa cosa stia succedendo esattamente.
Sorenye provvede a spiegargli tutto, col suo modo di fare esuberante.
Diciamo che da sempre è un po' un maschiaccio.
"Alathariel ed io siamo amiche d'infanzia! Ci siamo conosciute da molto piccole... Più o meno quando avevamo 3 anni o quasi 4 nel suo caso, dato che è di qualche mese più grande di me" sorride gesticolando animatamente con le mani continuando a guardare l'assassino "ci siamo separate un sacco di tempo fa, a causa del mio trasloco e delle nostre successive ascensioni..." Sposta lo sguardo su di me "Ho conosciuto Dalyonn per via dell'addestramento ad Eltnen, ma poi ci siamo divisi per rincontrarci qui! Voi invece come vi conoscete?" Ci domanda guardando prima l'uno e poi, vedendo che rimane impalato come un sasso, si rivolge a me.
"Ecco... Siamo compagni da un paio di settimane, sai, squadre complementari" provvedo a spiegarle io.
"Ah... Capisco!" annuisce lei poco convinta, continuando a tenere Dalyonn stretto per un braccio.

Si si, ok. Ma non ho più tempo da perdere.

"In ogni caso scusatemi, il varco potrebbe scomparire da un momento all'altro quindi avrei bisogno di una risposta al più presto" 
rispondo incalzando Dalyonn con lo sguardo. 
Il ragazzo sembra ancora indeciso, ma Sorenye non pare volerlo lasciar andare.
"Daaai" sbuffa cingendogli il braccio "mi lasci sola?"

Ma la smetti? Deve decidere lui, che diamine.

Dalyon sospira facendo spallucce "va bene, va bene rimango" dice, suscitando un sorrisetto soddisfatto di lei.
"Mi dispiace, sarà per un'altra volta" conclude poi guardandomi, non sembrando troppo contento e convinto della sua scelta. 
"Ok ok, vado da sola" biascico io infastidita
"Vado a rischiare la vita, IO" sottolineo acida voltando le spalle ad entrambi agitando la mano in un saluto rigido e forzato, uscendo velocemente dal negozio brontolando come una pentola di fagioli
"Una perdita di tempo! Ecco cos'è! Siamo una squadra che caspita! Che razza di molliccione, si fa convincere dalle moine di una ragazza..." 
Mi volto ancora per una frazione di secondo.
Mi sta guardando.

Che hai da guardare?

Non appena si accorge di essere stato visto, viene strattonato per la giacca da Sorenye. Lui distoglie imbarazzato lo sguardo, tornando ad ascoltare la ragazza dalla chioma smeraldo, che sta raccontando animatamente di quanto abbia mangiato la sera prima.

Sospiro indignata.
I rapporti tra me e Sorenye da piccole erano buoni, giocavamo e ci divertivamo. Tuttavia sono rimasta abbastanza colpita da questo suo comportamento. 
Devo dire che è cambiata parecchio, sarà che non ci vediamo da anni. Cavolo, ho bisogno di quel deficiente perché potrei rischiarci la vita, in quel varco. E invece no, è più importante raccontare di un lauto banchetto di legione piuttosto che aiutare una vecchia amica, pensa un po'.

"Perché sono così infastidita?" mi domando tra me e me. 

Mi scoccia più il comportamento di lei, o il fatto che lui si sia lasciato convincere? Nah, smettila di dire cavolate, la seconda ipotesi è totalmente impossibile. 

... Forse.

In fondo non devo contarci su quello lì, no?
Lo so bene.

Il solo fatto che mi dia fastidio che non sia venuto con me, scusate il poliptoto, ma mi infastidisce ancora di più.

Mentre penso ciò, mi accorgo di aver raggiunto nuovamente il varco, quasi quasi ci sto per sbattere contro.
"Peggio per lui, tutto ciò che troverò lo terrò per me" mi dico convinta saltando in quel groviglio di nubi dai colori sgargianti.

Quando giungo a destinazione, ovvero dopo pochi secondi, i miei piedi poggiano su un soffice manto di neve fresca, causandomi un brivido lungo tutta la schiena. Non mi abituerò mai al gelo di Asmodae.
"Brrr..." Strofino le mani soffiandoci sopra "mi toccherà mettere qualcosa di pesante addosso" sussurro aprendo la borsa tremante. Ne tiro fuori un lungo mantello bianco il quale, nonostante sia di pelliccia di brax, è molto pratico da portare poiché entra quasi perfettamente in una borsa di capienza normale. 
Ecco, quasi perfettamente.

Diciamo che in realtà se non avessi estratto il mantello, temo che alla borsa sarebbero saltate le cuciture. Ma sono una persona abbastanza previdente, quindi mi porto dietro di tutto e di più per ogni evenienza, anche la più strana. E' normle che una borsa esploda, con tutta quella roba dentro.

"Ahh! Ora va decisamente meglio... E inoltre, posso perfino mimetizzarmi tra la neve" ridacchio tra me e me, stringendomi nel morbido mantello, coprendo la testa con il pesante cappuccio che mi oscura buona parte della faccia, costringendomi a tirarlo su ogni poco tempo per vederci qualcosa.
Avanzo a fatica nella neve che si fa sempre più alta e difficile da attraversare.

"Psss! Ehi! Ehi voi daeva!" Un sussurro dallo strano accento proveniente da destra mi fa accapponare la pelle e perdere un battito.
Mi volto di scatto e vedo una giovane donna asmodiana, la quale sembra essere una cittadina comune a giudicare dal suo abbigliamento, farmi cenno con la mano di avvicinarmi a lei.
Sono titubante. La scruto dalla testa ai piedi assottigliando gli occhi in fessure come per metterla meglio a fuoco.
"Chi siete voi?" Domando tutto d'un fiato scattando sull'attenti.
"Sono una ricercatrice! Non ho intenzione di farvi del male, potete credermi! Avvicinatevi, ho una richiesta da farvi" la donna tenta di convincermi, mettendosi poi a mani giunte, per farmi capire quanto abbia bisogno di una mano.

Avanzo guardinga di un passo che produce un rumore ovattato affondando nella neve. Mi guardo dietro, a destra e a sinistra e, per assicurarmi che non ci siano spie, recito l'incantesimo che mi permette di scovare cacciatori e assassini, i quali possono rendersi facilmente invisibili.
Mi volto, lentamente scorro lo sguardo di trecentosessanta gradi, per poi concentrarmi sui folti cespugli ai miei piedi e le chiome degli alberi appesantiti dalla neve.
Tutto nella norma. Bene.

Mi sento un po' più rassicurata, tuttavia avanzo lentamente con tutti i sensi allerta.
Giunta dinanzi alla donna, getto un occhio sui suoi fianchi per controllare che non vi tenga pugnali o altro.
Lei mi sorride e mi fa cenno di seguirla.
Giungiamo qualche metro più in là, dove gli alberi fitti lasciano spazio ad una piccola radura dove sorge una casetta di legno logoro dal tetto fumante.

"Io abito qui, ed è il luogo in cui svolgo le mie ricerche sulle piante che popolano le varie regioni." esordisce " vi ho fatta avvicinare poiché è diventato abbastanza raro vedere qualcuno da queste parti a quest'ora... Dunque, avrei un favore da chiedervi" tossisce, poi continua "sto facendo un esperimento con alcune piante, per studiarne le reazioni chimiche. Purtroppo ho dimenticato di raccogliere l'ultimo ingrediente, ma non posso assolutamente lasciare il pentolone senza controllo... Dal momento che non ho idea di cosa ne potrà uscire fuori" annuisco, immaginando già dove voglia andare a parare "oh, Daeva sareste così gentile da procurarvi per me questo ingrediente?" Senza farmi rispondere comincia una specie di captatio benevolentiae, con la speranza di potermi convincere: "Conosco la lingua elisiana, da come vi sarete già accorta, e amo studiare tutto ciò che è flora, soprattutto se proviene da Elysea... Di conseguenza non disprezzo affatto gli-" la interrompo "D'accordo, d'accordo. Non c'è bisogno di tutte queste parole, lo farò. Cercherò questa pianta-cosa..."
"Xilix" risponde lei, estasiata dalla mia risposta affermativa, porgendomi una mappa e un foglio con il disegno di una pianta e una incomprensibile descrizione in lingua asmodiana.
Il foglio sembra essere stato strappato direttamente da un'enciclopedia.
"Giusto, Xi-cosa. Vado e torno" sorrido voltandomi e aprendo la mappa sulla quale avrei trovato il luogo nel quale questa pianta-cosa cresce a palate.

"Non dovrebbe essere così tanto lontano da qui" penso mentre scorro lo sguardo scrutando attentamente la cartina.
"Oh no. Come non detto... È praticamente dall'altra parte della montagna" Sbuffo "devo farmela tutta a piedi..." Scrollo le spalle iniziando a camminare guardinga.
Si prospetta una lunga e pericolosa missione.
"Se solo fossimo stati in due..." aggrotto irritata le sopracciglia, ripensando a Dalyonn e alla sua amichetta.
"Ma che dico! Gli farò vedere che posso benissimo cavarmela senza da sola, come ho sempre fatto prima di fare squadra con un inutile pezzo di ghiaccio come lui." mi correggo e piego gli angoli della bocca in un sorrisetto vagamente malefico.

---

Sto camminando da più o meno 20 minuti, mi fanno male i piedi e di questa Xi-erba-cosa non c'è traccia. Ma dopotutto non sono ancora arrivata a destinazione.
Il paesaggio è  leggermente cambiato.
Ora, di tanto in tanto tra la neve posso scorgere enormi sassi neri, probabilmente magmatici. 
La neve smette di cadere e posso sentire che ad ogni metro di cammino, il manto soffice si assottiglia sotto i miei passi.
Gli alti pini scuri regnano sovrani e il silenzio la fa ancora da padrone. 
Le mie orecchie sono ormai abituate a captare ogni segnale sospetto.

Crack.

Come questo.
Mi volto scattando e di riflesso apro il mio libro degli incantesimi, il quale inizia a brillare di una leggera luce gialla.
"Ehi ehi, calma. Vedo che sei già scattata in attacco" una voce vagamente conosciuta spunta da dietro un alto cespuglio aggrovigliato, posto qualche metro dietro di me. 
"Chi sei? Fatti vedere" ringhio tendendo il braccio in avanti pronta per recitare un incantesimo di stordimento.

Sento un forte fruscio di foglie e vedo sbucarvi una testa dai capelli corvini piena di rametti e foglie.
"Così non basta, devi mostrarti per intero" dico, cercando di sfoderare il tono più aggressivo che possa fare, nonostante il cuore mi martelli prepotente nel petto a causa della sensazione di pericolo.
"Va bene, va bene eccomi" sospira tranquillo il ragazzo che, alzandosi in piedi si scrolla di dosso le foglie del cespuglio avanzando di qualche passo verso di me.
"Asmodiano-faccia-da-schiaffi!" Esclamo sorpresa, ricordando l'episodio di un paio di anni fa, quando incontrai lui e la sua combriccola.
"Cosa? E così è questo il mio soprannome?" Ride scoprendo i canini appuntiti "mi chiamo Ryeckskel, quindi gradirei che ti riferissi a me chiamandomi col mio nome" dice, puntando lo sguardo su di me.
"È un nome fin troppo strano" affermo osservandolo guardinga e indietreggiando di un passo. 
L'Asmodiano è piuttosto alto, dotato di una corporatura atletica, le braccia sono leggermente muscolose e le spalle larghe.
Il suo viso ha dei tratti definiti, liscio senza alcun accenno di barba, gli occhi sono taglienti di un color rosso rubino. 
La chioma setosa è color nero corvino, folta. 
La sua pelle è di un colore innaturale, tanto da sembrare vagamente sul grigiastro cadaverico. 
Il contrasto tra la carnagione e i capelli è vagamente affascinante, ma allo stesso tempo mi trasmette una leggera sensazione di inquietudine.
Ai fianchi porta due foderi nei quali due revolver lucidissimi brillano sinistri.
È un ingegnere, senza dubbio.

Di quelli che ti fregano tutto il mana. 
Brontolo io tra me e me.

"Che vuoi da me? Perché parli tanto? Se vuoi combattere ti accontenterò subito" ringhio io, e la mia mano inizia ad emettere una pallida luce azzurrina.
Lo faccio solo per incutere un po' di timore.

"Oh oh! Una donzella elisiana che prova ad essere minacciosa" ridacchia lui in tono canzonatorio. 

Ottimo lavoro, Alathariel, i miei complimenti. Incuti davvero tanto timore!

"Mostra il volto" aggiunge poi quasi serio.
Mi sono dimenticata, in effetti, di avere ancora il cappuccio calato quindi provvedo a toglierlo lasciandolo indietro.

"So essere cattiva quasi quanto voi asmodiani" sentenzio tagliente assottigliando lo sguardo in una fessura
"Non provocarmi, elisiana" la faccia dell'asmodiano si trasforma in un ghigno irritante e pericoloso allo stesso tempo
"Oh, voi asmodiani siete piuttosto permalosi, vedo" sibilo aggrottando le sopracciglia
"E voi elisiani siete dannatamente superbi" la sua espressione si fa seria 

Non ho più paura, adesso.
Sono migliorata davvero tanto, in questi due anni. Se la prima volta che mi ha incontrata ero una novellina, adesso ho accumulato un bel po' d'esperienza.
Ho infinite cose da imparare, ma ritengo di aver affinato nettamente le mie abilità magiche. E anche quelle mentali, direi.

Riesco a rimanere concentrata. 
O meglio, devo riuscirci. Non posso permettermi di distrarmi, o questo qui potrebbe prendere in mano i revolver e puntarmeli addosso in meno di un nano secondo.
Non sono una che ama la battaglia, in realtà.
Per questo motivo, se l'altro non mi attacca per primo, io non lo faccio. Durante gli addestramenti mi hanno sempre rimproverata a causa di questo, ma io non ho mai cambiato questa abitudine. O, meglio, non sono mai riuscita a cambiarla.
È più forte di me.
Perché dovrei attaccare qualcuno che non lo fa?
Se poi mi si scaglia contro come un sauro impazzito, allora è un'altra storia.

"Cosa ci fai qui in giro per Beluslan?" mi domanda, ribaltando completamente il tono della discussione
"Non sono affari che ti riguardano, Asmodiano." sbraito io, che non ho intenzione di dargliela vinta così in fretta.
"E io che volevo solo essere gentile! Immagino che tu stia cercando qualcosa... Stai camminando da una buona mezzora guardando a terra" sorride beffardo poggiandosi una mano sul fianco destro.

"Uff... Si e allora? Sei parecchio insistente! E da quanto è che mi stai pedinando?" sbuffo io alzando di poco la voce.
"Mhm... Vediamo, da quando hai chiacchierato con la ricercatrice, direi. Se vuoi saperlo, ho visto anche che correvi come una pazza inseguita da 4 worg affamati" si mette una mano sulla bocca, ma non resiste e scoppia in una risata sincera "e anche quando sei inciampata su quei sassi a terra" continua cercando di trattenersi dal ridere.
Io arrossisco visibilmente. Quella sincera risata mi ha trasmesso qualcosa? O forse sono solo imbarazzata per la figuraccia.

"Mi stai dicendo che tutto lo sforzo che ho fatto per fare bella figura è stato rovinato da 4 worg spelacchiati e da dei dannati sassi che si trovavano nel posto sbagliato e nel momento sbagliato?" Sospiro io scuotendo la testa sconsolata.
"Già" risponde lui, ancora con le lacrime agli occhi per la risata prolungata.
"Che impiastro che sono" commento. Inaspettatamente mi sento abbastanza a mio agio. A tal punto che mi viene da ridere così tanto che non riesco a soffocare una sincera risata. 
Dopo pochi secondi smettiamo di ridacchiare e tra noi cala di nuovo il silenzio.

Non va bene, dannazione

Mi sono lasciata andare troppo. Il nemico non deve vedermi troppo vulnerabile.
Mi mordo il labbro nervosa cercando di ricompormi e ritrovare lo sguardo aggressivo di prima "C-cosa vogliamo fare? Rimanere a guardarci ancora per molto?" dico infine spazientita.
"Se dobbiamo combattere, che sia una cosa veloce." Borbotto.

"Potrei aiutarti" sibila l'asmodiano con un sorrisetto beffardo stampato in faccia
"Cosa? Farmi aiutare da un asmodiano? Non se ne parla" concludo scuotendo visibilmente la testa.

D'improvviso sento un vociare confuso.
Parole senza senso giungono alle mie orecchie, dapprima ovattate, poi sempre più nitide, fino a sentire un crescente scricchiolare di passi nella neve e un rumoroso tintinnare di cinghie e catenelle.
"Shhh" l'asmodiano scatta sull'attenti mettendosi un indice sulla bocca, per indicarmi di rimanere in silenzio.
Io ubbidisco. 
"Sono truppe asmodiane" sussurra rimanendo voltato nella loro direzione "va a nasconderti dietro quell'albero" mi dice agitando la mano in direzione di un grosso pino dal tronco largo, poco distante da noi.
"Ma a cosa vuole arrivare questo qui aiutandomi?" Mi domando avvicinandomi furtivamente all'albero, nascondendomi quatta quatta dietro di esso, trattenendo il fiato man mano che i passi si avvicinano. 
Ho il cuore in gola: "e se lui mi stia solo tendendo una trappola? Se riferisse tutto alle truppe?" penso premendo ansiosa i polpastrelli alla corteccia dell'albero, facendo aderire poi tutto il palmo della mano, graffiandomi leggermente con le scheggie di legno.

Diamine, credo che mi sia entrata pure una scheggia nel dito!

Chiudo gli occhi con forza, strizzando le palpebre tra loro quasi violentemente.
Potrei scappare. Ma... Per una volta, voglio fidarmi. Non so perché lo faccio, tanto più che quell'asmodiano mi ispira tutto fuorché fiducia. 
Ma resto. 
A mio rischio e pericolo, resto.

Le truppe di pattuglia sono ormai arrivate davanti all'asmodiano. 
Ecco ora avviene uno scambio di battute del quale io non capisco un accidenti. 
Mi viene voglia di imparare l'asmodiano solo per capire che si dicono.
Vedo l'asmodiano-faccia-da-schiaffi indicare con un braccio il sentiero opposto a quello in cui ci troviamo noi.
Il cacciatore di pattuglia fa un leggero inchino col braccio, per poi tornare indietro sul sentiero insieme ai suoi uomini.
Solo dopo che ho sentito scomparire completamente il rumore dei passi, posso tornare a respirare regolarmente.

"Puoi uscire fuori da lì, elisiana" sento dire ciò all'asmodiano, prima di vederlo avvicinarsi al mio nascondiglio improvvisato "e così sei rimasta. Ammetto di aver pensato che saresti scappata" conclude portandosi una mano al mento "torniamo a noi. Dov'eravamo rimasti?" domanda avvicinandosi.
"Ecco... G-grazie" balbetto imbarazzata e ancora interdetta dall'accaduto.
Dentro di me si è creato un conflitto pieno di domande e dubbi.
Dovrei fidarmi? Oppure no?

Farsi aiutare da un asmodiano è visto come un disonore, così come anche per loro lo è aiutare il nemico. 
Ma allora non capisco il motivo per il quale questo qui invece sta aspettando così tanto prima di combattere.
Ma vuole davvero combattere? 
Ha avuto una marea di occasioni per farlo, eppure non ne ha colta nemmeno una.
Tutti gli asmodiani che ho incontrato finora non si sono preoccupati di scambiare neppure una sillaba con me, andando dritti al punto: duellare per uccidere.
Perfino la ragazza alta una boccetta di pozione.
Me la sono trovata intorno parecchie volte, dal nostro primo incontro, ma prima di scambiarci qualche sillaba in pace ci siamo scannate un paio di volte.

Mi guardo il dito preoccupata. Lui deve essersene accorto e si avvicina incuriosito.
"Sono tre ore che ti guardi il dito, c'è per caso scritto qualcosa di interessante? E' un romanzo?" scherza divertito prendendomi la mano. Rimango immobile senza sapere cosa fare. 

Oddio, e ora?

"Vediamo un po'. Cosa abbiamo qui, una scheggia?" dice, avvicinando il mio dito al suo viso.
In una frazione di secondo sento un leggero dolore, "AHIA!" esclamo.
"Ecco fatto. Certo che la vostra pelle è piuttosto delicata, elisiana" afferma l'asmodiano scrutando attento la mia mano, soffermando poi lo sguardo sul sottile rigolo di sangue che sta scorrendo dal mio indice destro. "G-già, siamo molto delicati noi elisiani, sai? Non come voi asmodiani burberi che strappate schegge dalle mani delle persone senza il minimo preavviso" mi lamento io irritata, continuando a massaggiare il dito con il pollice e l'indice dell'altra mano.

Credo di non aver realizzato ancora bene che un asmodiano si è avvicinato troppo a me e mi ha toccato perfino la mano.
Ma ora la domanda che mi preme di più, è una sola.

"Perché mi hai salvata dalle truppe?" Domando. Sono seriamente interessata a conoscerne la risposta.
L'asmodiano scrolla le spalle stampandosi in faccia il solito sorrisetto irritante.

"Non so, ho pensato che se fossi rimasta, avremmo potuto chiacchierare ancora un po'"

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Capitolo 9
*** 8 - Il fascino della diversità ***


"Vieni, la pianta che cerchi si trova abbondantemente qui vicino" dice l'asmodiano dandomi le spalle e iniziando a camminare.

Si fida. Si fida? Si fida di un elisiano che gli cammina dietro?

"Per la cronaca se te lo stai chiedendo, perché sembri il tipo di persona che si fa sempre mille domande, ho avuto l'impressione che tu sia una di quei combattenti che attaccano frontalmente, quando devono farlo. Per questo ti sto dando tranquillamente le spalle." Precisa pronto il ragazzo.
Mi sposto un po' turbata una ciocca di capelli candidi dietro l'orecchio.

Mi ha letto nel pensiero?

"Credo che tu abbia delle impressioni corrette" rispondo annuendo camminandogli dietro.
"Devi essere proprio una persona di buon cuore se ti sei fatta appioppare dalla  ricercatrice una delle sue noiosissime missioni..." Commenta divertito.
"Dovrei prenderlo come un complimento o come un insulto?" Rispondo tagliente stringendo i due lembi del mantello vicino al collo.
"Non so, come preferisci" risponde il ragazzo voltandosi per un secondo a guardarmi, per poi girarsi facendo spallucce.

Un brivido mi corre lungo la schiena.
Il suo sguardo mi mette a disagio... È così... Strano.
Lo guardo attentamente.
Lungo la schiena si intravede una peluria che si fa sempre più folta fino a formare una coda corvina come i capelli. 
Le sue mani pallide terminano con degli artigli che sembrano essere parecchio appuntiti.
Mi guardo la mano.
La mia mano è magra, delicata e affusolata. 
Le unghie sono curate e lucide.
La mia mano è bella ma... banale.

Così immersa nei miei pensieri contrastanti non mi accorgo che il ragazzo si è fermato a guardarmi.
"Che c'è, elisiana? Stai studiando il palmo della tua mano?" Osserva divertito.
Non rispondo.

Cos'è questa sensazione...?
Alzo lo sguardo e lo osservo bene.
Sembra così particolare.
Ora lui mi guarda con aria interrogativa.
I suoi occhi sono rosso rubino, trasmettono calore al solo contatto, al contrario della sua pelle che ricorda la neve che avvolge i miei piedi in questo momento.

Mi sono sempre sentita dire di essere una prescelta da Aion, per essere nata elisiana. 
Sono nata con l'idea di portare calore solo perché vivo nella luce.
Ma se questo non fosse del tutto vero?

"Cosa ne pensi degli elisiani?" domando io spontaneamente, spostando il mio sguardo serio dritto nei suoi occhi rubino.

La sua espressione divertita si fa improvvisamente seria come la mia.

C'è qualcosa di bestiale in lui, è vero.
Ha una folta coda, artigli aguzzi, denti appuntiti e occhi che si infiammano come la brace. È vero, la sua pelle è di un colore innaturale e la lingua che parla è dura e consonantica.
Tutto questo... Ho imparato a doverlo disprezzare. 
Noi elisiani non siamo cattivi. 
Alcuni di noi sono altezzosi e superbi, difetti che da secoli caratterizzano la nostra razza.
Gli asmodiani sono dipinti come rozzi barbari che vogliono fare solo che guerra.
Ma noi, che siamo? Siamo davvero così diversi?
Non so definire davvero questa situazione, ma credo di provare un po' d'invidia in questo momento.
Io amo il mio popolo, amo Elysea con tutta me stessa, ma non capisco perché devo odiare qualcuno che non ho mai visto.
Ogni asmodiano deve essere fatto fuori.
Così come noi elisiani per loro.
Appena ci vediamo dobbiamo ucciderci, perché?
Perché hanno un aspetto bestiale? Perché sono diversi da noi? Perché, durante la Catastrofe hanno deciso di fare guerra ai Balaur?
Mhm...

Pensa a tuo padre, Alathariel.
Tuona la mia coscienza.
Mi si forma un nodo alla gola.
Ero riuscita a non pensarci per così tanto tempo...

È colpa loro se tu e tua madre siete rimaste sole.

Questo pensiero scatena in me un brivido, il ricordo si fa vivido e il cuore accelera il battito.
Le sopracciglia si aggrottano e sulla bocca si forma una smorfia di disprezzo.

Calmati.

Prendo un profondo respiro, nel tentativo di ritrovare la lucidità che per un attimo è sembrata fuggire via.
Continuo a pensare quanto più razionalmente è nelle mie capacità, cercando di non pensare a mio padre.
Il suo pensiero mi fa perdere completamente il controllo, per questo tengo questo ricordo sigillato in un angolo sperduto del mio cuore.

Mi calmo un po', ritenendo di non essere nella posizione adatta per farmi prendere da qualche attacco d'ira, scatenando quella dell'asmodiano di fronte a me, che fino ad ora si è dimostrato paziente e quasi innocuo.

Torno a pensare.
Trovo che in entrambe le parti ci siano traditori, malfattori e persone con il cuore avvelenato. Ma di certo, in entrambe le fazioni, c'è gente dal cuore buono, persone oneste e leali, che si vedono costrette a diventare delle macchine da guerra per uccidere il nemico.

Gli asmodiani, se prima li trovavo bestiali e rozzi, ora li trovo bestiali, rozzi e affascinanti.
La loro diversità è affascinante.
E il modo fiero in cui portano le loro caratteristiche lo è ancora di più.
Mi duole dirlo, ma forse dovremmo imparare qualcosa da loro. Hanno imparato ad amare il loro aspetto e a ricostruire un mondo da capo, sebbene cupo e impervio e difficile da abitare.

Invidia di un asmodiano?

Non la definirei proprio cosi', piuttosto un'invidia di diversità.

Apro gli occhi di scatto, come risvegliata improvvisamente dal sonno.

Ehi ehi, frena un momento. 
Rallenta.
Alathariel, ma sei impazzita?

Scuoto animatamente la testa, quasi spaventata dai miei stessi pensieri.

Affascinanti gli asmodiani? Buoni? Che diamine ti prende! Se ti sentisse il generale!
Va bene avere una mente aperta, essere positiva e tutto... Ma hai ancora una dignità!
La mia coscienza mi scuote con violenza facendomi tornare con i piedi per terra.

Questo è un mondo di guerra.
Ho scelto IO di essere una daeva, per difendere il mio popolo fino alla morte. Questo mi può solo complicare le cose. 
Ora non posso farmi abbindolare così dal nemico... Non posso.

Però... Peró in questo modo sono incoerente.
Di certo non mi avvicinerò neppure lontanamente al popolo asmodiano... Ma che male c'è ad avvicinarsi a qualcuno di essi? 
È davvero un reato così grave?
Dannazione... Troppi pensieri contrastanti.

Io...

"Che ne penso degli elisiani? Mhm... Penso che dovrebbero essercene di più come te, sembri... Diversa" esordisce, interrompendo il mio animato flusso di pensieri.

Sembro... Diversa?

"Ma siete tutti così dannatamente superbi e odiosi" continua serio aggrottando la fronte.
"È vero. Molti di noi lo sono." Affermo io pacata.
Il ragazzo alza le sopracciglia in un gesto quasi impercettibile di sorpresa, cercando di camuffarlo. Impercettibile tranne che per me, che sono abituata a cogliere i dettagli, perché cerco sempre di andare in fondo alle cose.

Il ragazzo si abbassa e strappa dal terreno ammorbidito dalla neve un fiore molto particolare, di un rosa acceso, e dalla forma di un batuffolo.
Me lo porge.
"Tieni" 
"Ma cos-?" Balbetto io
"Ma cosa hai pensato? È l'oggetto che devi portare alla ricercatrice, razza di scema" scuote la testa sconsolato.
"Scema a chi?!" Ribatto contrariata io stringendo la mano in un pugno agitandolo per aria.
"Non so trovare molti punti positivi agli elisiani" risponde infine.
Sospiro. Beh, gli asmodiani non ci possono proprio vedere, è risaputo.
Come noi non possiamo vedere loro.
Ormai la frattura si è creata, e ammetto che per quanto ottimismo si possa impiegare, le possibilità di riavvicinamento sono nulle, se non sotto lo zero.

"Perché mi hai aiutata?" Chiedo io una seconda volta, sperando stavolta di ottenere la risposta esauriente che cerco.
"Certo che sei insistente. Avevo solo voglia di vedere un elisiano da vicino" si affretta a concludere.

Ah.

"Tipo un essere sconosciuto da osservare da dietro una teca di cristallo?" aggrotto le sopracciglia irritata dalla sua risposta.
"Può darsi" il ragazzo corvino scrolla le spalle e calcia un sassetto ai suoi piedi.

Quanto può essere irritante!

"Vieni, ti mostro una cosa" dice poi voltandosi verso la parete rocciosa.
"No, io da qui non mi muovo" incrocio le braccia offesa, voltando il viso di lato con fare altezzoso "Mica sono tenuta a fare tutto quello che mi dici!" Aggiungo orgogliosa.
"Dai, ti sei offesa?" sospira avvicinandosi "non... Ti sarai mica... innamorata?" Aggiunge sghignazzando divertito, incurvando le labbra nel suo ormai tipico sorrisetto da schiaffo in pieno volto.
"COSA? Ma sei impazzito spero! Torna a sognare, caro mio! Ti piacerebbe!" Sento le guance infuocarsi di rabbia, più che di imbarazzo.
Ma come caspita si permette, dico io!
Nemmeno per sogno!
So bene che l'ha detto per farmi arrabbiare, ma mi dà comunque fastidio.

"Ehi ehi, calma elisiana. La mia era solo una battuta" ride divertito "in ogni caso muoviti, o ti perderai un'occasione unica" sorride posando saldamente una mano sulla prima roccia sporgente vicino a lui.
Sbuffo e lo seguo, anche se dentro di me sono curiosa fino al midollo, iniziamo ad arrampicarci sulla parete rocciosa. 
Arrivati in alto, dopo che ho rischiato svariate volte cadute, voli per terra e distorsioni varie suscitando le sue grasse e divertite risate, poggiamo finalmente i piedi su una grande distesa di neve. 
"Vieni" ripete, tendendomi la mano.

Vedendo che non mi sposto, con un gesto fulmineo mi afferra per il polso e mi trascina.

Sento il cuore perdere un battito.
Un asmodiano mi ha toccata? Per la seconda volta in un giorno. 
Anzi, mi sta tenendo per un braccio!
Ripeto nella mia mente, allibita.
Sento una presa gelida sul polso
"Sei freddo" mi lascio sfuggire.
"Sangue asmodiano" risponde secco "tu invece sei bollente" dice di ripicca con tono acido voltandosi.
"Sangue elisiano" rispondo io, stringendo l'occhio in un piccolo occhiolino, accompagnato da un accenno di linguaccia.
Lui si volta di scatto.
Cosa? Era forse leggermente arrossito in viso oppure sono io che ho pure le traveggole?

"Ecco, il sole di Asmodae" l'asmodiano mi porta fino al margine della montagna. 
Davanti a noi un precipizio che dà l'impressione di uno spazio infinito, da cui un timido sole si alza lento, irradiando la terra di Asmodae con i suoi raggi appena tiepidi.

L'asmodiano si accorge di tenermi ancora per il polso e si affretta a lasciarlo di scatto, facendomi sobbalzare.

"Wow... È davvero bello" sospiro sorridendo sinceramente.
Lui deve essersi accorto della mia sincerità.
"Vedi, non siamo così bestiali, ci sentiamo felici anche di un freddo sole." Sussurra. 
Non capisco se sia serio o se come al solito mi stia prendendo in giro.
In ogni caso rimango stupita.

"Non ho mai dato ascolto a chi mi diceva di odiarvi a morte" sorrido guardando il sole, che ormai è alto nel cielo "Ma ovviamente non è che mi stiate simpatici, voi asmodiani pelosi" mi affretto a precisare agitando la mano qua e là.
Riesco a guardare fisso quel pallido e tiepido sole, dal momento che quello di Elysea è molto, molto più caldo e luminoso.
L'asmodiano rimane in silenzio.
"Io invece non vi sopporto" borbotta contrariato incrociando le braccia al petto.
"Grazie" rispondo ridacchiando.
"E poi la coda ci serve d'inverno! Per non tremare dal freddo come stai facendo tu adesso" puntualizza lui vagamente offeso, agitando la coda come per mostrarla meglio.
Starnutisco e di riflesso mi stringo nel morbido mantello di pelliccia di brax.
Non mi importa più di tanto che lui abbia detto una cosa del genere, preferisco prenderla a ridere, per una volta.

"Mi piace la diversità" affermo inalando a pieni polmoni quell'aria fredda e pungente.
"Sei proprio strana" risponde lui scuotendo la testa sconsolato "sarà per questo che ho deciso di risparmiarti la vita, la prima volta che ci siamo incontrati" ipotizza sbadigliando.
"Perché volevi conoscere da vicino un'elisiana?" Domando, facendo riferimento alla sua precedente risposta.
"No, perché ho visto subito che eri strana" ribatte lui mettendosi una mano sul collo, quasi imbarazzato.
"Allora sei tu quello strano!" Esclamo, non riuscendo a sopprimere una risata, che ben presto risuona cristallina per tutta la montagna.
"Ehi, zitta! Ti farai sentire da tutti!" mi rimprovera con fare preoccupato.
"Pazienza! Vorrà dire che mi farai da paladino ancora una volta!" Scherzo divertita portandomi una mano davanti alla bocca.
"Nemmeno per sogno! Ho ancora una dignità!" sbotta lui brontolando.
"Come vuoi tu, signor Dignità" ridacchio asciugandomi una lacrima dall'occhio.
Ho riso troppo, direi.
Torno a guardare il pallido sole di Asmodae con un velo di malinconia. È così bianco e freddo che sembra più una seconda luna.

"Credo che sia abbastanza tardi ad Elysea" sentenzio ricomponendomi dopo un interminabile minuto di imbarazzante silenzio.
"Devo dare questa caspita di erba-cosa alla tizia ricercatrice e poi tornare a casa" dico, mettendo il fiore color rosa antico nella bisaccia, facendo attenzione a non rovinarlo.
"Attenta a non farti beccare dalle truppe, elisiana. E non pensare che ora siamo amici per la pelle" precisa lui, passandosi una mano nei capelli.
"Tranquillo, torna pure a lisciare la tua coda pelosa, asmodiano" dico facendogli una linguaccia infantile accompagnata da un occhiolino "e ...grazie"
Mi volto e inizio a camminare a ritroso, per tornare al portale.

"Elisiana" sento risuonare ancora una volta la sua voce, in lontananza.
Rimango di spalle in ascolto.
"Qual è il tuo nome?" 
Mi volto di scatto a guardare la figura di quello strano ragazzo asmodiano che ormai è abbastanza lontana da me.
"Alathariel!" Grido più forte che posso, per farmi sentire chiaramente.

Mi volto nuovamente e torno a camminare sulla strada per tornare a casa, lasciandomi indietro tutte quelle domande e quei dubbi assillanti, almeno per ora.

Mi porto una mano sul viso, accaldata.
Ho come l'impressione che le mie guance si siano tinte di rosso.

------

"Ma si può sapere dove sei stata? È notte fonda!" sbraita Dalyonn con il viso assonnato
"Ero a Beluslan, te l'ho detto prima di andarci, ma tu eri troppo impegnato a... Lasciamo stare. E poi, che ti importa? Sei mia madre? No, allora smetti di farmi il terzo grado" sbotto io quasi su tutte le furie facendo un passo per allontanarmi.

"Dovresti smetterla di fare la cocciuta" ribatte lui più pacato "senti, è notte fonda e la gente sta dormendo, non mi sembra il caso di svegliare tutta la fortezza" aggiunge poi.
"Allora finiamola qui" sussurro dandogli le spalle.
"Aspetta... Ecco, mi dispiace di non essere venuto" balbetta sottovoce con un po' di imbarazzo.
"Cosa scusa? Credo di non aver capito" ribatto io ironicamente con l'intenzione di farglielo ripetere più ad alta voce.
"Scusa" dice lui in tono normale

Eh no, caro. Non basta.

Alzo il braccio, facendo per evocare il portale che mi avrebbe riportata a casa.
"HO DETTO CHE MI DISPIACE!" grida lui facendomi sobbalzare.
Mi volto di scatto stupita.
Sento la persiana di una finestra sopra di noi scricchiolare aprendosi "MA INSOMMA! Vi sembra l'ora di gridare?" una donna di mezza con i capelli arruffati di chi si è appena svegliato all'improvviso ci sgrida irritata "Ma guarda un po' questi Daeva! Credono di poter fare tutto quello che vogliono" sento poi brontolare mentre la persiana viene richiusa.
Rimaniamo per una manciata di secondi in silenzio, imbarazzati.
"Vedi? Che ti avevo detto" sussurra poi lui in un filo di voce.
Evoco il portale e mi ci tuffo dentro.
Sento un "Ehi aspetta!" E poi più nulla.

Poggio i piedi sulla terra battuta difronte alla silenziosa schiera di appartamenti che ormai mi ospita da un bel po' di tempo.
"Ehm..." Sento una voce dietro di me.
"Dalyonn?" esclamo voltandomi "come caspita hai fatto?"
"Sono saltato dentro prima che il portale sparisse..." Spiega, poi riprende "in ogni caso da domani abbiamo delle missioni importanti da fare, quindi svegliati di buonora" dice in tono saccente avvicinandosi al grande cancello.
"Che fai?" Domando io seguendolo, dal momento che quella è l'entrata di cui mi servo per andare a casa.
"Entro a casa" risponde ovvio.
"Ah... EHH?!" esclamo a bocca spalancata seguendolo per le scale "anche tu abiti qui?" 
"Già." Si limita ad annuire infilando la chiave nella serratura della porta, sbagliando un paio di volte a causa della penombra.
"Caspita mi tocca sopportarti pure qui!" dico io sogghignando.
"Ehh, capita" risponde lui con un lieve sorriso aprendo la porta.
"Beh, buonanotte. Non fare tardi come al solito domani" mi ammonisce entrando lentamente, per poi farmi un cenno di saluto con la mano.
"Buonanotte" ripeto io camminando un po' più in là fino a raggiungere la porta del mio appartamento.
Esito. 
Prima di entrare butto irritata un occhio alla porta di casa di Dalyonn ripensando al discorso appena terminato.

Ma guarda un po'.

 

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Angolino per me
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento!
Sarei molto felice se mi lasciaste un commentino per sapere che ne pensate :3
Stavo pensando di inserire dei disegnini fatti da me nel corso dei capitoli... 
Che ne dite?
La lettura ne gioverebbe o l'aggiunta sarebbe inadeguata e rischierei di rovinare il tutto?
Aspetto speranzosa dei consigli!
Baci

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Capitolo 10
*** 9 - Effluvio di ricordi ***



"Generale, dovete svegliarvi, generale! Vi prego... Rispondete! Sono qui, nella caverna del Frammento delle Tenebre... Fate presto, vi supplico..."

Mi sveglio di soprassalto.
Una gocciolina di sudore corre veloce lungo la fronte e il fiato corto non accenna a calmarsi.
"Che diamine è stato?" Mi domando confusa "Si riferiva a me con l'appellativo ?" mi alzo di scatto cercando di essere quanto più lucida possibile e indosso velocemente la mia armatura in stoffa.

Spendo un paio di minuti ad incastonare la sfera sulla mia mano per poi scaraventarmi fuori dal mio appartamento incurante del fracasso che i tacchi fanno sul pavimento di marmo del corridoio.
"Devo andare. Sento che devo andare" ripeto nella mia mente.
"So che è un sogno, ma sento che c'è qualcosa di strano" penso, mentre mi teletrasporto all'osservatorio di Verteron, dove so che c'è l'accesso al Frammento. 
Giunta nel suddetto luogo, senza rifletterci troppo spalanco le ali e mi tuffo nella caverna.
L'aria filtra attraverso i vestiti e le ali tremano per l'eccessiva velocità.
"GENERALE!" Sento gridare "DA QUESTA PARTE!" mi blocco istintivamente e mi dirigo verso l'echeggiare di quella voce che in fin dei conti mi ricorda vagamente qualcosa. 
"Chi siete? Domando con tono fermo, nonostante la mia ansia crescente.
La figura di un uomo si avvicina.
Assottiglio lo sguardo per metterlo meglio a fuoco.
"Generale, da quanto tempo!" esclama a gran voce incredulo "Pensavo foste... Morta" aggiunge poi sottovoce.

C'è qualcosa di strano...

"Voci di corridoio sostenevano che foste ancora viva... Ma stentavo a crederci, dopo quel che successe. Ho provato ogni strada per trovarvi..." l'uomo si blocca, per poi tornare a guardarmi, stavolta con uno sguardo interrogativo.
"Perché tacete, generale? Non riconoscete i vostri sottoposti? Sono io, Icaronix... Il vostro legionario" sussurra affranto.
"Mi dispiace, non ricordo nulla" affermo infine io, un po' turbata dalla situazione.

"Riesco a percepire il disagio che provate a non ricordare... Provvederò a spiegarvi cosa accadde.
Voi eravate il generale di brigata della Legione dell'Illusione. La legione segreta di Lady Ariel." 

Perdo un battito.
"Chi? Cosa? Io generale? Lady Ariel?" penso confusa cercando invano di riordinare l'accozzaglia di nuove informazioni.

Icaronix annuisce tornando a raccontare "eravamo imbattibili con voi al comando, nessuno poteva fermarci e per questo, quando ci fu affidata quella missione, nonostante la paura, eravamo pieni di coraggio e fiducia nei nostri precedenti innumerevoli successi. 
La meta era Karmatis e dovevamo cercare il manufatto del Ricordo" 
Annuisco ancora incredula "e poi cosa è successo?" Domando incalzante con il cuore in gola
"Dopo la partenza non seppi più nulla della legione. La data del ritorno passò senza un vostro cenno di vita. Tentai ogni strada, ogni modo per sapere qualcosa, ma alla fine dovetti arrendermi e dare la legione per dispersa" dice, abbassando la voce nell'ultima parte. Il suo sguardo si fa languido, mentre continua a raccontare l'accaduto.
"Ero disperato, volevo chiedere consiglio direttamente a Lady Ariel, ma da soldato semplice mi era impossibile. 
Infatti nonostante il mio basso rango mi avevate scelto per una missione di vitale importanza per tutti noi. Voi vi fidavate ciecamente di me" sospira, poi continua "nella nostra legione c'era un traditore, qualcuno che sabotava ogni nostra missione, le quali finivano puntualmente con un'imboscata, come se i nemici conoscessero già i nostri passi. Io ero stato incaricato di scovarlo. Quando la legione scomparve a Karmatis, ero sicuro si fosse trattato del traditore. Così ho messo in salvo me stesso in questa caverna, e tutto il materiale che ho raccolto riguardo il traditore. Si trova tutto in quel baule laggiù" dice indicando il fondo buio della caverna, che pare essere profondissima.
"Io... Non posso rimanere a lungo qui. Il traditore mi starà certamente dando la caccia. Devo andare, generale. È stata una gioia vedere che siete sana e salva. Andate a vedere con i vostri occhi le informazioni sul malvagio traditore che ha posto fine alla gloria di una delle legioni più potenti di Elysea." Conclude inchinandosi.

"Vado a vedere. Lealtà e armi." Rispondo secca, chinando la testa.

Spalanco le ali e mi getto nel buio della grotta senza pensarci due volte.
Se c'è qualcosa che odio, sono i traditori.
Ferire la fiducia e l'amore che viene donato dagli altri è l'atto peggiore che possa esistere, a mio avviso. 

Poggio i piedi a terra con delicatezza, cercando di abituare la vista alla scarsa luce del fondo della caverna.

Mi guardo intorno.
"Eccola!" Esclamo tra me e me correndo verso la cassa impolverata a qualche metro da me, posizionata al centro della caverna, proprio sotto ad una sottile colonna di pietra naturale.
Mi chino in ginocchio iniziando ad armeggiare con il lucchetto arrugginito.
"Diamine, non si apre!" Sbuffo passandomi una mano sulla fronte. "Certo che anche la sfera sulla mano non aiuta... Con tutti questi ghirigori si incastra ovunque..." penso, togliendola delicatamente.
Mi guardo attorno, non c'è nessuno.
"Giusto il tempo di aprire il baule" affermo, poggiandola accanto a me. 
Cerco di aprire quel dannato lucchetto in tutti i modi.

Sento una ventata gelida sul collo, che mi fa rabbrividire. 

"Dovrò usare le maniere forti" affermo sicura, tastando il terreno accanto a me, per prendere la sfera degli incantesimi.

"Ma che diavolo...?" scatto sull'attenti, quando mi accorgo che sulla sottile terra accanto a me non c'è proprio nulla. 

"Maledetti... Una trappola!" Ringhio scattando in piedi e iniziando a girare su me stessa cercando di controllare qualsiasi movimento sospetto. 
Di nuovo l'aria gelida. 
Rabbrividisco.
Il mio cuore martella talmente forte che riesco a sentire solo quello.

"È stato così semplice..." Sibila una voce alle mie spalle. 
Mi volto "Icaronix!" esclamo inorridita.
"Davvero non ci siete arrivata? Siete diventata proprio una credulona da quando avete perso la memoria" sibila avvicinandosi al mio orecchio.
D'improvviso la sua forma si tramuta in un orribile spettro munito di una falce arrugginita e affilata.
Il volto di Icaronix lascia spazio ad un cranio pinzuto ormai privo di qualsiasi lembo di pelle. Gli occhi sono scavati e vuoti, lo scheletro è ricoperto da un putrido mantello ridotto a brandelli che ondeggia inquietante ad ogni suo movimento.
Sento le sue mani afferrare violentemente i miei polsi, per poi legarmi alla colonna con un gesto fulmineo.
Sono immobilizzata dalla testa ai piedi, ma per quanto posso devo usare il cervello.

La mia sfera... E legata alla sua cintola.
L'unica via d'uscita è troppo in alto e la schiena attaccata alla colonna mi impedisce di evocare le ali.
Che diavolo faccio ora?

"Oh, siete con le spalle al muro... Generale" sibila. Anche il timbro della sua voce si è tramutato da caldo e profondo a spettrale e inquietante.
Avvicina la sua falce alla mia fronte facendo una leggera pressione. 
Ma questo basta per far uscire un rivolo di sangue che corre veloce fino al mento, per poi staccarsi e finire ai miei piedi, tingendo la terra di un color rosso cremisi.
"Non osate mai più chiamarmi Generale, maledetto traditore" ringhio, con tutto il disprezzo che ho in corpo, sentendo un altro rivolo di sangue scendere.



"ALATHARIEL!"
"Alathariel sei laggiù? Rispondimi!" 
Una voce conosciuta grida incalzante dall'alto della caverna.

Non può essere...

"DALYONN! Non scendere! Resta dove sei e vai a chiamare aiuto!" grido io stringendo i denti, consapevole delle intenzioni di Icaronix.
Non posso permettere che ci vada di mezzo anche lui.

"Smettila di fare l'eroina cocciuta! Sto arrivando" sento un turbinio di ali e poco dopo scorgo la figura snella di Dalyonn posarsi a terra e correre verso di me.

"Ci sono visite... Non me lo aspettavo. Sapete generale, non pensavo che un tipo come voi potesse fare amicizia con qualcuno. Eravate in grado solo di disintegrare orde di nemici senza esitazione" afferma in un sibilo tremendo facendomi gelare il sangue.

"Alathariel, ma cosa sta dicendo?" domanda Dalyonn con un'espressione a metà tra stupore e confusione.

"Te lo spiego io, caro ragazzo ingenuo. Questa giovane ragazza era il generale di una delle più potenti legioni di Elysea. Sterminava nemici come una macchina da guerra esaudendo gli ordini di Lady Ariel. 
Fino quando io, Icaronix, suo fedelissimo sottoposto, non mi sono deciso di cambiar un po' le cose" sogghigna sotto lo sguardo basito di Dalyonn che non riesce a pronunciar parola. "Ho fatto in modo che il generale venisse attaccato da un potente balaur a Karmatis per farla finalmente finita, ma purtroppo Lady Alathariel è rimasta in vita. Ed ha perso la memoria. Avevo sperato di poter diventare io il generale di brigata più forte di Elysea. Io volevo il potere, e non era giusto che fosse affidato ad una ragazzina come lei."
 Conclude passando un dito ossuto sulla lama della falce che riluce affilata alla timida penombra della grotta.

"Alathariel... È la verità?" Domanda Dalyonn tremante guardandomi negli occhi.
"Sembra di sì..." sospiro "l'ho scoperto anche io poco prima di te" ammetto con un mesto sorriso.

Con uno scatto fulmineo del braccio, Icaronix  lancia un silenzioso incantesimo, che dapprima fa accasciare Dalyonn in ginocchio, e dopo lo immobilizza lasciandolo incapace di compiere qualsiasi movimento.
"D-dannazione..." Sussurra sforzandosi di muoversi.

"Maledetto Icaronix! Lascialo andare, lui non ha niente a che fare con questa storia!" Ringhio dimenandomi con tutta la forza che ho. 
"Ormai è qui, ed ha visto tutto... Ma non preoccuparti, prima di lui sistemerò voi, generale" tuona rabbioso, alzando un pugno ossuto sopra la sua testa.

Sento un dolore lancinante al centro dello stomaco. È talmente forte che vedo delle gocce rosse uscire dalla mia bocca e cadere pesanti a terra. È sangue.

"Alathariel!" È la voce di Dalyonn.
Sono preoccupata per quello che potrebbe succedergli.

"Ah... Maledetto..." Sibilo stringendo i denti, prima di sentire una forte presa sul mio mento.
È troppo vicino. Quel volto orribilmente informe pieno di odio. 
Sento un altro graffio profondo sul braccio, brucia da matti.

"Finalmente è giunto il momento del giudizio. Finalmente vendicherò il mio onore ferito uccidendovi e rubandovi la vostra immortalità." Ringhia afferrando la falce con entrambe le mani e allontanandosi di poco dal mio corpo martoriato.
Icaronix alza fiero la falce sopra la sua testa.

Cosa succederà adesso? 
Alathariel, ti sei arresa?
No, io non mi arrendo mai... 
So solo che se è vero che ho massacrato eserciti su eserciti senza batter ciglio dovevo essere una persona orribile. 
A questo punto preferivo non saperlo. 
Non posso vivere con questo senso di colpa.

"BASTA!" Sento gridare Dalyonn che con immane fatica si alza in piedi e colpisce fulmineo Icaronix con un pugnale.

"Come ha potuto liberarsi!" grida Icaronix posando una mano sul fianco ossuto scavato dal pugnale.

La mia sfera degli incantesimi rotola fino ai miei piedi, mentre Dalyonn approfitta del momento di debolezza di Icaronix per raccogliere la sfera e porgermela.

"Alathariel?" domanda Dalyonn incalzante.
"Avanti indossala, cosa aspetti?" 

"Dalyonn..." Sposto lo sguardo ai miei piedi. 
Tossisco, cade ancora un po' sangue a terra con un rumore sordo, aggiungendosi a quello versato in precedenza.
"In passato ho massacrato interi eserciti, come una macchina da guerra... Vuoi ancora combattere fianco a fianco di una persona come me?" sussurro tremante. 

Non riuscirò a trattenere le lacrime ancora per molto.

"Alathariel... Non so che tipo di persona fossi prima di perdere la memoria, ma se eri un generale eseguivi sicuramente gli ordini per il bene del tuo popolo e questo ti fa onore. Non essere sciocca ora e indossa quella sfera, elimina questo traditore che è la causa della tua disfatta e della morte dei tuoi fidati compagni con cui hai passato anni di avventure, sofferenze e vittorie. Ti apprezzo per come sei ora e non ha importanza per me come fossi prima di perdere la memoria... Quindi ora va' e completa il tuo lavoro, solo dopo potrai ricominciare da un nuovo inizio con nuove consapevolezze su di te e sul tuo passato."

Non pensavo che Dalyonn potesse parlare in questo modo. Evidentemente non lo conosco ancora per niente bene.
Ma queste parole sono quel che ci serviva.
Sento come un fuoco dentro di me e devo lasciare uscire tutto quello che sento.

Incastono la sfera sulla mia mano e con l'altra asciugo le lacrime che sono sfuggite al mio fallace autocontrollo.

"Come ho potuto dubitarne... Grazie Dalyonn..." non posso fare a meno di sorridere.

In men che non si dica assumo un'espressione accigliata, decisa a farla finita una volta per tutte. Sono furiosa e fremo dalla voglia di dare una lezione a questo dannato traditore.

Sussurro un incantesimo che fa istantaneamente prender fuoco alla resistente corda che mi teneva legata, facendola sbriciolare lentamente a terra.
La cenere si mischia al sangue e non posso fare a meno di calpestare quel suolo fieramente prima di alzare la mano con la sfera in alto.
"Adesso sono io ad emettere la tua sentenza" esordisco secca.
Icaronix è al suolo, ormai tornato nella sua forma umana.
"Ti ho dato tutta la mia fiducia. Hai tradito me, l'esercito con cui hai condiviso parte della tua vita e hai tradito tutto il popolo Elisiano. Tradendo me, il tuo generale, che aveva riposto ogni fiducia nella tua persona e alla quale avevi giurato eterna fedeltà,
hai tradito anche il dio Aion. Ed è per mano sua che ora io, Alathriel, vendicherò i tuoi misfatti per conto della legione dell'Illusione e di tutta Elysea."

Un solo colpo.
L'aria vibra sonoramente per poi lasciare spazio ad un silenzio tombale.




"È... È finita?" Sussurro incredula

"È finita" afferma Dalyonn passandosi una mano sulla fronte. "Riesci a stare in piedi?" domanda avvicinandosi
"C-credo di si" balbetto spingendo la mano sulla ferita del braccio per fermare il sangue.

Rimaniamo in silenzio per qualche minuto, mentre lui fruga nella bisaccia.
Mi lascio andare a terra e lui fa lo stesso.
Dopo poco tira fuori una lunga benda bianca.
Mi fa cenno di porgergli il braccio ed io lo faccio. 
"Così dovrebbe andare bene" annuisce soddisfatto legando la benda con un piccolo nodo.

Il ragazzo si alza per un attimo in piedi, per poi inginocchiarsi  proprio difronte a me che sono seduta a terra.
La sua mano si avvicina alla mia testa e in un attimo la sento scivolare sulla mia fronte.
Dalyonn alza piano la mia frangia, ancora sporca di sangue. "Tienila dietro la testa" dice mentre srotola ancora un pezzo di stoffa.
Io annuisco e faccio come dice.
Sento la benda fredda avvolgermi la testa dandomi un po' di sollievo.

"Come hai fatto a trovarmi?" domando poi giocherellando con la frangia nelle dita, mentre la tengo sollevata indietro sopra la mia testa.
"Ho sentito un fracasso tremendo in corridoio ad un orario indecente e ho immaginato che non fosse normale" risponde rimanendo concentrato nel suo lavoro "ho fatto fatica a seguirti, quindi sono arrivato in ritardo, ma comunque appena in tempo per salvarti" aggiunge ironico.
Tiene un lembo con i denti e lo strappa.
Dopo avvolge la mia testa con un altro giro di benda, legandola di lato.
Lascio la frangia che torna al suo posto e copre la benda, che si è già lievemente macchiata di sangue.

"Quindi i miei tacchi rumorosi servono a qualcosa..." Ironizzo per sdrammatizzare un po'.
Lui esita un attimo, ma poi sorride.

"Come mai sei venuta qui nel cuore della notte?" stavolta è lui a farmi la domanda 
"Ho sentito la voce di quel traditore in sogno... Mi diceva di raggiungerlo qui" spiego io aprendo la piccola boccetta di pozione rossa e avvicinandola alla bocca.
"Stavo per rimproverarti... Ma non posso certo biasimarti, probabilmente sarei partito anche io di corsa. Comunque la prossima volta avvertimi, in due si corrono meno rischi" conclude, chiudendo la bisaccia dopo aver riposto la benda avanzata al suo interno.

"Certo, proprio come ieri. Vero? Chi è che ha lasciato una povera donzella in un varco da sola?" alzo il sopracciglio alludendo all'accaduto del giorno precedente.
Dato il suo silenzio, ne approfitto per lanciare qualche frecciatina.

"Difatti ieri, ho incontrato le truppe asmodiane sulla mia strada" dico di getto, ma poi mi accorgo di aver parlato troppo.

Speriamo che non chieda come ho fatto ad uscirne viva.

"Ah si? E come avresti fatto a tornare tutta intera?" 

Ecco, mi pare una domanda logica.

"B-beh... Segreto! Eheh..." sorrido forzatamente alzando il tono di voce per cercare di creare un'atmosfera scherzosa.

"Ma davvero?" sussurra lui alzando un sopracciglio e assottigliando lo sguardo in una fessura

"Sono riuscita a non farmi beccare, tutto qui" concludo frettolosamente, nella speranza di non ricevere altre scomode domande.

"Se lo dici tu... Comunque abbiamo già discusso ieri stesso di questa cosa" afferma, aggiustando il ciuffo di capelli ribelle.

Avrei altre mille cose da dire, ma meglio seppellire il discorso di ieri, prima di lasciarmi sfuggire della mia clandestina chiacchierata con il ragazzo asmodiano dal nome complicato.

Torna a regnare il silenzio.

"Un momento!" Esclamo cercando di alzarmi in piedi "il baule! Non l'ho ancora aperto" barcollo per un attimo, cercando di trovare un po' d'equilibrio.
Mi avvicino al baule.

"Vuoi ancora aprirlo? Non ti è bastato essere quasi uccisa? Data la situazione non mi stupirei se fosse un'altra trappola" 
sentenzia il ragazzo.

E in effetti non ha nemmeno tutti i torti.
Ma sono davvero curiosa, perché secondo me lì dentro c'è qualcosa.

"Aiutami" 
"Se è una trappola me ne vado e ti lascio qui, sappilo" mi ammonisce lui
"Ok, ma ora aiutami ad aprirlo"
Dalyonn sbuffa e tira fuori un pugnale dal fodero.
Dopo vari colpi il lucchetto finalmente cede.

Prendo un grosso respiro.
In effetti è piuttosto rischioso, ma ormai ci sono e non posso tirarmi indietro per nessun motivo.

Sollevo agitata il pesante coperchio e veniamo investiti da una fortissima luce azzurra.

Quando riusciamo a riacquistare la vista, ci troviamo difronte a quello che sembra essere lo spirito di un uomo.

"Generale... Siete davvero voi?" lo spirito si inchina incredulo.
Io faccio un grosso passo indietro sospettosa.
"Generale... Cara Alathariel, sono così felice di vedere che state bene" l'uomo sorride sinceramente.
"Sono io, Ecus. È stato Icaronix a condurvi qui, non è vero? Quel maledetto... Non so cosa vi abbia raccontato, ma dimenticatevene subito. È lui il traditore, come avrete ben capito. È stato lui a tenderci la trappola a Karmatis ed è stato lui a porre fine alla mia vita in modo così brutale... Ma ora che avete vendicato i suoi misfatti... Posso finalmente tornare nel flusso dell'etere in pace. Grazie generale, grazie ancora una volta. Avete fatto così tanto per me e per l'esercito intero! 
Ancora una volta mi avete dato una nuova luce di speranza, finalmente la mia anima può trovare la pace che cercava da tempo e ho potuto rivedervi. Era il mio più grande desiderio.
È stata una gioia ed un immenso onore starvi accanto con il mio servizio di soldato. Siete una combattente inarrestabile e una persona magnifica.
Grazie, grazie di tutto." Conclude Ecus, cercando frettolosamente di asciugare una lacrima che però cade e scioglie nell'aria come un cristallo in frantumi.

Mi si stringe il cuore e la mia voce trema
"Ecus. Sono io ad essere onorata di aver avuto affianco un soldato come voi.
Grazie per quanto avete dato a me, alla legione e a tutta Elysea. Il vostro nome rimarrà sempre scolpito nella memoria di tutti, ve lo prometto. 
Potete riposare in pace ora, lealtà ed armi, Ecus." Concludo.

Le lacrime ormai si sono affacciate prepotenti ai miei occhi.
La figura di Ecus inizia a sbiadirsi, mentre si porta un braccio sul cuore e china la testa.
Io faccio lo stesso e quando tiro su il volto, lo spirito di Ecus non c'è più.

Mi lascio cadere sulle ginocchia a terra.
Ormai le lacrime hanno aperto una via di fuga e non posso trattenerle, scoppiando in un pianto liberatorio.
Un pianto che racchiude la paura di aver rischiato la vita, la consapevolezza di aver scoperto una parte del mio passato perduto, la tristezza di esser venuta a conoscenza che tutto il mio esercito ed Ecus hanno dovuto rimetterci la vita, la soddisfazione di aver vendicato finalmente i misfatti di un traditore, il sollievo di essere sana e salva, la gioia e la commozione della consapevolezza di essere circondata anche da persone che mi vogliono bene e apprezzano per come sono.
Perché anche se non sembra, c'è sempre qualcuno che ci sta vicino. Non siamo mai soli.

Sento la mano calda di Dalyonn posarsi sulla mia spalla nuda e fredda.
Il ragazzo aspetta pazientemente che io mi sia sfogata e smetto di piangere.
Asciugo le lacrime con la mano e sospiro profondamente.
"Ora va meglio?" Domanda
"Sì, decisamente." Affermo tirandomi in piedi.

Dalyonn apre le ali e io lo imito.
Si volta e mi tende la mano 
"Dai, andiamo" sussurra, rimanendo girato di spalle.

L'afferro e sento un calore pervadermi.
Il cuore mi batte ancora forte per tutte le cose successe.
Ci solleviamo da terra e sento la sua salda presa trascinarmi dietro di lui, e il mio sguardo si blocca percorrendo il perimetro delle sue larghe spalle.


"È il mio dovere di compagno di squadra" dice poi 
"e di... amico" aggiunge sussurrando quasi impercettibilmente.

"Grazie"
Sorrido stringendogli forte la mano.

Cos'è... questa strana sensazione qui?
Penso, portandomi la mano libera al cuore.

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