Fake Marriage Contract

di RaffaLella
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La proposta di Giacomo ***
Capitolo 2: *** Traslochi ***
Capitolo 3: *** Pallottola ***
Capitolo 4: *** Favole ***
Capitolo 5: *** Bugie o mancate verità? ***
Capitolo 6: *** Il primo tassello del puzzle ***
Capitolo 7: *** L'angelo di luce ***
Capitolo 8: *** La richiesta di Claudia ***
Capitolo 9: *** La leggenda di Nisida e Posillipo ***
Capitolo 10: *** L'anello del Sultano ***
Capitolo 11: *** Il progetto di Giacomo ***
Capitolo 12: *** Genitori per caso ***
Capitolo 13: *** In bilico ***
Capitolo 14: *** La promessa del Sultano ***



Capitolo 1
*** La proposta di Giacomo ***


Ciao a tutti,
mentre studio le lipoproteine e mi riempio la testa di biochimica, nei momenti di pausa, per liberare la mente, ho cominciato a scrivere questa storia.
Avete mai letto un Otome? Gli Otome sono dei giochi giapponesi per ragazze (la versione game di un manga shojo, per intenderci). In molti di questi otome compare un contratto di falso matrimonio tra i due protagonisti, le storie vanno dal comico, al drammatico all'erotico, alcune sono terribili altre sono veramente stupende... dei piccoli capolavori giapponesi:)!
Questa è la mia versione, la versione italiana di un fake marriage contract. La storia sarà leggera e divertente (tipo la mia precedente Italian Gigolò), spero che vi piaccia!
I miei tempi solitamente sono biblici, ma farò del mio meglio!
Per ora, vi lascio a questo primo capitolo...
Buona lettura a tutti
Lella80


Capitolo I
La proposta di Giacomo


Michela aveva la fronte appoggiata al grosso tomo di Economia Aziendale, mentre il campanello del vicino suonava con insistenza. Detestava quel libro e le sue pagine traslucide che riflettevano la luce e sulle quali era impossibile scrivere e sottolineare. Era stanca e depressa, erano giorni che dormiva poco e male. Ormai ripeteva anche durante il sonno, mentre numeri e lettere si agitavano in tutti i suoi sogni. Il test di ammissione per il Master di secondo livello in Diritto Tributario dell'Impresa alla Bocconi era tra i più difficili, ma lei voleva assolutamente superarlo. Mancavano quarantasette giorni alla giornata in cui era stato calendarizzato il test e lei non aveva molto tempo per fissare gli ultimi concetti. Aveva dovuto ripassare praticamente tutto il corso di laurea in Economia in tre mesi, continuando a lavorare.
Michela Pergolesi, aveva ventisette anni e tanta voglia di realizzare i suoi sogni, ma poche possibilità di farlo. Viveva a Roma da quattro anni, in un piccolo condominio nel quartiere di Monteverde e lavorava in un call center di recupero crediti; non era quello che aveva desiderato per lei, ma era il primo colloquio che era andato a buon fine e avrebbe dato anche un rene pur di scappare dall'esagerato affetto dei suoi genitori. Essere figlia unica di due maniaci del controllo che l'avevano avuta in tarda età non era stata proprio una passeggiata di salute, quindi prima di morire soffocata da cibo e attenzioni era volata via da Baranello, un ridente paesello in provincia di Campobasso di venticinque chilometri quadrati con una popolazione che sfiorava i tremila abitanti, ed era approdata nella città Eterna. Differentemente dalle sue amiche, la grande città non le era piaciuta particolarmente, troppo rumorosa, ma le piaceva il fatto che nessuno si interessasse di cosa mangiava, di come vestiva o rideva e soprattutto di chi si scopava. Era stato un sollievo lasciare Baranello.
Dopo quattro anni di lavoro, che non la gratificava, si era decisa a tentare la selezione per un Master alla Bocconi; dopo un attento studio, aveva optato per un corso di dieci mesi in Diritto Tributario dell'Impresa, che avrebbe potuto sicuramente rivendersi bene. Il test preselettivo sarebbe stato duro, ma lei sapeva di essere brava ed era sicura che lo avrebbe superato. Era sempre stata brava in quelle faccende di studio, memoria e connessioni logiche-deduttive. E poi, lei amava studiare. Il vero problema era il denaro! Un Master alla Bocconi avrebbe decisamente migliorato il suo curriculum e le sue aspettative future, ma le servivano un bel po' di soldi che ovviamente non aveva ed anche se si fosse posizionata tra i primi ammessi i costi sarebbero stati dimezzati, ma comunque ancora decisamente troppo alti per lei. Però, se non voleva morire in quel postaccio, doveva riuscire assolutamente a superare il test; ai soldi ci avrebbe pensato dopo!
Ma quel giorno era impossibile concentrarsi con quello stramaledetto campanello che le rimbombava nelle orecchie ed il cane che ululava come se fosse stato posseduto. Stava cominciando ad innervosirsi.
"Pallottola almeno tu cerca di stare zitto" sbraitò contro il suo gigantesco meticcio simil-lupoide che abbaiava contro la porta chiusa.
Il cane si zittì all'improvviso, allontanandosi magicamente dalla porta e correndo gioioso verso la cucina. Michela era talmente nervosa che non aveva fatto caso allo strano comportamento del cane, che normalmente le disubbidiva, fissandola con aria di sfida.
Era troppo concentrata su quel rumore assordante. Maledetto Giacomo, perché non apriva quella stramaledetta porta? Eppure era in casa; lo sapeva, lo aveva visto stiracchiarsi in balcone dopo che la tizia bionda, di cui sicuramente lui non ricordava nemmeno il nome, era andata via. Il sabato mattina ritornava a dormire e non usciva mai di casa prima di ora di pranzo. Una notte di scopata lo sfiancava e aveva bisogno di recuperare. Quindi perché non apriva quella stracazzo di porta?
Si levò stizzita dalla scrivania, fissò il libro depressa e si avvicinò borbottando alla porta. Appoggiò l'occhio allo spioncino, nel tentativo di capire chi era lo sviato o la svitata che suonavano con tanta insistenza alla porta di quel deficiente alle dieci del mattino di un fiacco sabato estivo. Accanto alla porta dell'appartamento di Giacomo c'era un uomo sulla sessantina e ben vestito che premeva con stizzita insistenza il campanello. Sembrava molto arrabbiato. Forse quel coglione si era scopato la figlia minorenne e quel tizio voleva dargli una sonora lezione. Forse doveva rimanere lì a godersi lo spettacolo e forse poteva chiedere di partecipare all'azione punitiva; così per rilassarsi un po'!
"Che fai? Mi spii?" domandò una voce dietro le sue spalle
Sobbalzò impaurita e si voltò di colpo, con il cuore che le tamburellava in gola. "Cristo Santo, brutto idiota, mi stavi facendo venire un infarto!" il respiro era corto per lo spavento "Che ci fai in casa mia, Giacomo?" domandò con la mano serrata sul petto
"Sono entrato dal balcone come al solito" replicò, come se non l'avesse nemmeno sentita, mentre mangiava una fettina di torta e carezzava Pallottola che, saltellando e agitando furiosamente la coda, cercava di attirare la sua attenzione.
"Idiota, non ti ho chiesto, come sei entrato, so bene come entri in casa mia" cominciò a borbottare furibonda "E non so quante volte ti ho detto che non devi farlo e non devi rubarmi il cibo"
"Perché?" chiese il ragazzo sbigottito, massaggiandosi la ramata barba incolta
"Perché non voglio!" obiettò Michela allargando le braccia. Sospirò profondamente cercando di riprendere la calma; Giacomo aveva la sacrosanta capacità di farla uscire fuori di testa "Che ci fai in casa mia?" domandò, cercando di mostrarsi tranquilla
"Non hai notato che c'é un tizio, chiaramente pazzo, che suona alla mia porta?" fece notare lui in un vago cipiglio, mentre si ficcava in bocca l'ultimo boccone di torta al cioccolato
Michela fu invasa da un ancestrale terrore. Un pazzo bussava alla porta del suo vicino maniaco. Meno male che aveva un cane. Già, un cane. Un cane inutile visto che permetteva al suo vicino maniaco di entrare in casa senza fare una piega, anzi scodinzolando a pancia in su. "Un pazzo? Quindi non lo conosci?"
Giacomo cominciò a ridere e si chinò carezzando il manto fulvo di Pallottola, che con le orecchie ritte stava ricominciando ad innervosirsi per la presenza di un estraneo sul pianerottolo. "Tranquillo Pallottola, ora lo mandiamo via quel brutto uomo cattivo" si levò e fissò la ragazza con un penetrante sorriso malizioso "é veramente troppo facile prenderti in giro, amore mio. Comunque in settimana porto Pallottola a fare un bagno, che puzza da morire" asserì odorandosi la mano. Arricciò il naso e scosse la testa "Quel tizio é il mio capo!" aggiunse distratto
"E che cosa hai fatto al tuo capo?" chiese Michela indagatrice, poggiando una mano sul fianco e passandosi l'altra mano nei lisci e lunghissimi capelli castani
"Il mio capo é completamente privo di senso dell'umorismo e prende sul serio delle assurde dicerie"
"Che cosa hai fatto?" insistette la ragazza, anche se aveva un'idea piuttosto chiara di quello che lui poteva aver fatto... forse era andato davvero a letto con la figlia del capo! Che idiota, proprio non riusciva a tenerselo nei pantaloni.
"Niente di terribile, ci sono voci in giro che raccontano di una relazione clandestina fra me e sua moglie"
Moglie? "Moglie?" Moglie?
"Certo, sembra strano anche a me, ma quell'uomo é sposato. Io non lo sposerei mai un tipo così rabbioso, ma Claudia lo trova interessante"
"Claudia?"
"Sì, questo é il nome della moglie del mio capo" confermò grattandosi i cortissimi capelli rossicci "Una bellissima donna, mi chiedo come abbia fatto a sposare un tizio così, non ha per niente un carattere facile. Voi donne avete proprio dei gusti assurdi!"
La ragazza spalancò i suoi grandi occhi verdi sconcertata. "Noi donne?"
"Michi, parlare con te é stato illuminate" la schernì divertito "é la prima volta che parlo più di te, solitamente mi rintroni con le tue cagate"
"Sei stato a letto con sua moglie?" domandò curiosa, ignorando quell'ultima affermazione. Non aveva proprio limiti. Andava anche con le vecchie!
"Sei gelosa, patatina?" ammiccò in un largo sorriso
"Non chiamarmi patatina e non sono gelosa, sono solo curiosa"
"Come ti ho già detto: sono voci!" affermò senza esitazione
"Già, voci" scosse la testa rassegnata "Che ci fai in casa mia?"
"Ti si é proprio incagliato il disco" osservò seccato "Mi serve un favore!"
"E non potevi bussare alla mia porta, invece di scavalcare il divisorio?" domandò basita
"Le tue domande sono poco pratiche e mi fanno perdere il filo" Giacomo le regalò un amichevole sorriso e si avvicinò a Michela con aria sorniona "Ti prego di non interrompermi" la redarguì divertito. Michela cominciò a temere seriamente di venire trascinata in una delle assurde storie di vita di quel pazzo maniaco "Ho come l'impressione che il mio capo non lascerà perdere finché non mi affronterà. é un uomo molto testardo! Ovviamente non avrei problemi ad affrontare un vecchio, ma non voglio perdere il lavoro. Lo studio Petroli é rinomato e ha una buona clientela ed io guadagno bene"
"Forse dovevi pensarci prima di scoparti la moglie" lo rimbrottò la ragazza come una maestrina
"Voci, Michi, voci!" puntualizzò lui fermamente "Comunque, ho trovato una soluzione che ci leverà dagli impicci"
"Io non c'entro niente in questa faccenda, quindi non parlare al plurale"
"Vuoi che lui si accampi sul nostro pianerottolo? Vuoi che sia licenziato e sia costretto a domandarti dei prestiti per sopravvivere?" argomentò, infilando le mani nelle tasche dei jeans e avvicinando il suo viso a quello di lei
"Non andresti bene a domandarmi dei prestiti visto che sono sempre in bolletta!" anche se lavorava come una forsennata, faceva doppi turni ed il sabato sera e la domenica mattina faceva la cameriera in una pizzeria sulla Ostiense "Quale sarebbe il tuo geniale piano?" lo incitò mossa dalla curiosità, anche se intimorita dalla risposta
"Mi serve una finta fidanzata" Oh no! Che piano stupido! "E quindi noi due dobbiamo fingere di stare insieme, così lui si convincerà che sono solo voci quelle assurde chiacchiere su me e sua moglie!" espose raggiante, come se l'avesse messa a conoscenza di un piano brillante
"Giacomo, sei veramente un cretino! Da dove hai preso questa idea, da un libro di serie C, D, E? Spero che come principe del foro le tue strategie siano migliori di questa, perché questa fa veramente schifo!"
"E cosa ha che non va?" replicò Giacomo con disappunto "A me sembra l'unica risoluzione possibile per uscire da questo impiccio con una certa eleganza"
"Non ti crederebbe mai. Sempre che non sia un cerebroleso"
"Se siamo convincenti ci crederà e come. Ed io sarò molto convincente, sono bravo a calarmi in qualsiasi tipo di parte" il suo viso si era avvicinato pericolosamente a lei. Michela riusciva a sentire l'odore di menta e fluoro del suo alito
"E se anche ci credesse, cosa gli impedirebbe di pensare che i cornuti non siano in due?" argomentò la ragazza, indietreggiando
"Perché io non tradisco" affermò senza esitazione
"Cosa?" gli occhi della ragazza si spalancarono stupiti da quella assurda bugia "Guarda che stai parlando con me ed io ti conosco benissimo. Ti ricordo anche che sono la tua vicina da quattro anni. Le pareti che ci dividono sono molto sottili, mio caro"
"Solo perché non ho ancora trovato la persona giusta, ma tu reciterai la parte della donna della mia vita ed io sarò molto credibile" asserì giocoso "dai Michi, sarà molto divertente e sarà solo per una decina di minuti"
"Non ti crederà mai. é una cagata!" obiettò Michela giocherellando con la punta dei suoi lunghi capelli castani "E non voglio entrarci nei tuoi casini da maniaco psicopatico" … che non disdegnava niente, nemmeno le vecchiette!
"Michi, io potrei ricompensarti per questo grosso favore, con un favore altrettanto grosso" propose ammiccante, avvicinandosi nuovamente a lei
"Non sono interessata a nessun genere di prestazione sessuale. Faccio benissimo da sola, grazie" replicò la ragazza, indietreggiando ancora. La schiena era ormai appoggiata alla porta
"Effettivamente da quando il rincoglione ti ha lasciata, fai molto da sola!" la schernì gongolante
Il viso ambrato di Michi, avvampò; proprio non riusciva ad abituarsi ai doppisensi e a quel modo esplicito di esprimersi del suo vicino maniaco. "Davide, non era un rincoglione, che poi non é neanche una parola della lingua italiana e non mi ha lasciata. Abbiamo deciso di comune accordo che non era il caso di continuare una relazione ormai finita da tempo"
Invece, Giacomo aveva proprio ragione: Davide era un gran coglione rincoglionito e l'aveva anche lasciata per un'altra! Ma le rodeva ammetterlo proprio con lui, che invece l'aveva lasciata quattro anni prima, perché si stava attaccando troppo. Non aveva mai avuto una gran fortuna con gli uomini, ma Michela cominciava a sospettare che non era solo colpa sua, visto che in giro non c'era un granché da ricercare.
"Era un rincoglione ed un idiota; ma non intendevo offrirti favori sessuali, tesoro, anche se capisco che l'astinenza deve essere dura anche per una donna stoica come te" sorrise lascivo, toccandosi il collo. Era nervoso; era un gesto inconscio che faceva sempre quando era nervoso "Volevo offrirti dei soldi"
"Sei impazzito!" sbottò indignata
"Ti prego, fammi finire, non intendevo dei soldi veri" si corresse prontamente, intimorito dall'espressione rabbiosa che era stampata sul volto di Michela
"Mi vuoi offrire i soldi del monopoli?" lo schernì lei dubbiosa
"Pensavo di offrirmi di pagarti la retta del master alla Bocconi, ovviamente solo se riesci a superare la preselezione; altrimenti niente, avrai fatto un favore ad un amico!"
"Cosa?" mosse leggermente la testa. Era perplessa da quella inaspettata proposta
"Non ti alletta la mia offerta?" insistette, inumidendosi il labbro inferiore
"Tu pensi che io non lo supererò, giusto? Per questo ti stai offrendo di pagare quasi diecimila euro di master"
"No" obiettò Giacomo subitaneo. Appoggiò la mano aperta sulla porta ed avvicinò il viso a quello di Michela "Tana per te!" Le carezzò il viso con languida lentezza ed appoggiò le labbra sulla fronte dell'amica "Io sono sicuro che lo supererai" la rassicurò con voce carezzevole "Ho sempre pensato che quel lavoro al call center non é per te e questo Master é la scelta giusta. Io voglio solo aiutarti"
Michela lo fissò con aria di rimproverò. "Sei uno stronzo e io non voglio fingere di stare con te. Siamo stati insieme per davvero e non é stata una grande esperienza"
"é accaduto una vita fa. Eri appena arrivata ed eri così carina e spaesata" ricordò in un largo sorriso
"E il lupo cattivo ne ha approfittato immediatamente e poi... ti stai attaccando troppo e sei sparito"
"Certo che lasciare qualcuno solo perché si sta attaccando troppo, non é una bella cosa. Meno male che sono un ragazzo che supera facilmente e siamo rimasti amici"
"Idiota, io mi stavo attaccando troppo —a tuo dire, ovviamente— ed é con questa frase che mi hai liquidata. Ma io, che sono una persona superiore, ho decido di rimanere tua amica, un'altra al mio posto ti avrebbe preso a randellate sulla testa! Invece, io ho tenuto conto della tua sociopatia"
"Io ho un buon ricordo di noi due insieme e devo dire che scopavi da Dio" sorrise, scompigliandole i capelli e aumentando la distanza fra loro "Ma per stare insieme serve altro e non volevo spezzarti il cuore; meglio finirla il prima possibile" inclinò appena la testa, come se volesse accennare un piccolo inchino "Sono un bastardo, ma non così bastardo!"
"Come sei stato buono!" sbuffò lei rassegnata. Lui aveva razionalmente ragione, ma lei ci era comunque rimasta mortalmente male "Solo dieci minuti?"
"Se accetti l'offerta che include il pacchetto Master, direi che i termini del contratto cambiano notevolmente!" Michela incrociò le braccia sul petto e corrucciò la fronte "Tre mesi, credo siano sufficienti. Vieni a qualche party di lavoro, a qualche cena fra colleghi, passi allo studio a farmi due moine e a portarmi qualche tuo manicaretto e, poi, ci sentiamo un paio di volte al giorno. Ti chiamo io, così farò in modo che siano sempre presenti dei testimoni. Sono sicuro che il mio capo si convincerà presto che stiamo insieme, che io sono innamorato di te e che non potrei mai stare con sua moglie" sorrise "Devi solo essere convincente, Michi"
Michela lo fissava interdetta, ma combattuta. "Perché non lo chiedi a qualche tua amichetta? Sono sicurissima che accetterebbero molto volentieri!"
"Semplice, non voglio complicazioni. Tu sei vaccinata contro il mio fascino. Abbiamo provato e ci siamo fermati in tempo" sorrise distaccato "Tu sai come sono fatto, sai che le mie moine hanno un unico fine e sai che non ho nessuna intenzione di capitolare" le carezzò il viso e le sollevò il mento con il pollice, avvicinando le sue labbra a quelle di lei. Lei sospirò e sbuffò teatralmente "Tu sei brava a erigere alti muri fra noi ed io non ho alcun interesse ad abbatterli"
L'offerta non era male e tre mesi non era un tempo insostenibile, d'altronde non doveva fare granché: qualche telefonata e un paio di cene. Era facile, ma fingere di stare con Giacomo la rendeva nervosa. Giacomo era il primo ragazzo con cui era uscita non appena arrivata a Roma. I suoi bellissimi occhi grigi e quell'aspetto da scanzonato che contrastava con il suo ricercato modo nel vestire, le avevano fatto perdere la testa. Lui era stato meticoloso nel suo seduttivo ruolo di vicino attento. Dopo meno di una settimana erano finiti a letto insieme e dopo due, lui l'aveva liquidata con un freddo: Ti stai attaccando troppo, Michi. E, poi, era scomparso, come amante, ma dopo qualche mese era ritornato nella nuova veste di amico. E da allora, era stato presente per tutte le altre cose; quando era stata male, quando aveva preso il cane, quando si era lasciata con il ragazzo di turno. Era stato un amico migliore di quanto non si era mostrato come probabile fidanzato. In realtà il più delle volte lo trovava irritante e, per quanto gli volesse bene come amico, lo detestava per il modo in cui l'aveva trattata nel suo periodo di maggiore debolezza. Avrebbe preferito che l'uomo che era lì fuori gli avesse dato una sonora lezione e che gli avesse fatto capire l'importanza di rispettare le persone; però quei soldi le servivano e non voleva lavorare in quel dannato call center per sempre. Il carma avrebbe sicuramente trovato un'altra via per punire Giacomo Ferri.
"Solo qualche regola base" replicò lei, prima di accondiscendere ad interpretare la parte della finta fidanzata
"Sentiamo" fece lui, sollevando appena il labbro destro.
Si stava proprio divertendo!
"Niente improvvisazioni, cerchiamo di concordare prima le cose da dire. Lo sai che non sono brava a mentire. Niente altre ragazze mentre fingi di stare con me, non mi va di passare per la cornuta di turno. Niente uscite con gli amici senza prima chiamarmi per chiedermi se mi va bene, non voglio fare la parte della scema che tu puoi trattare come una pezza da piedi. Niente incontri ravvicinati tra noi"
Giacomo la guardò con gli occhi luccicanti; quel gioco cominciava a piacergli dannatamente! Appoggiò la mano destra sulla maniglia della porta e la mano sinistra sulla chiave. "D'accordo, lo prendo come un sì" girò la chiave "Ovviamente salvo eccezioni" Quali eccezioni? "Ora staccati dalla porta, Michi, si entra in scena"
La ragazza si sistemò al fianco di Giacomo, mentre Pallottola si era accucciato ubbidiente ai piedi del ragazzo. Il cuore di Michela era stretto in una morsa. La porta si aprì e l'uomo che lei aveva intravisto dallo spioncino si girò fissando Giacomo confuso.
Era un uomo sulla sessantina, alto almeno un metro e ottanta, quindi poco più basso di Giacomo, aveva capelli brizzolati e dei folti baffi grigi. Era troppo vecchio per lei, ma era decisamente un bell'uomo e sembrava anche un tipo intrigante.
"Signor Ferri, pensavo che abitasse nell'appartamento accanto" sbottò l'uomo con voce ferma e profonda "E quello l'interno che ha comunicato nella sua scheda di lavoro"
"Infatti" confermò Giacomo sbalordito "Ma che ci fa lei qui?"
Michela era impressionata dall'espressione meravigliata di Giacomo. Avrebbero dovuto dargli un premio per la sua perfetta recitazione. Lei sapeva che stava mentendo, eppure le vennero dei fortissimi dubbi in merito.
"Volevo parlare con lei per approfondire delle voci che sono arrivate alle mie orecchie e che trovo particolarmente sgradevoli"
"Mi spiace signor Petroli che queste voci l'abbiano fatta scomodare di sabato mattina. Prego si accomodi" lo invitò Giacomo garbato. L'uomo rimase fermo sulla porta "Vorrei presentarle la mia fidanzata: Michela Pergolesi"
Michela allungò la mano e sorrise educatamente. "Piacere di conoscerla. Giacomo mi ha tanto parlato di lei. Ero veramente curiosa di conoscerla"
"Il piacere é mio signorina. Salvatore Petroli" si presentò l'uomo stringendole la mano con vigore "Non sapevo che Giacomo avesse una così bella fidanzata"
"Stiamo insieme da un anno, ma é stata una storia molto tormentata" cominciò a raccontare il ragazzo, avvolgendo le spalle di Michela con il suo braccio "Michela proprio non voleva saperne di impegnarsi e mi ha fatto sudare sette camice, ma poi si é decisa e viviamo insieme da qualche mese. Il mio appartamento é più piccolo e lei preferisce rimanere nel suo, quindi ci siamo trasferiti qui"
Era talmente convincente che Michela cominciò a pensare che quello che stava raccontando era vero!
"Quindi il suo appartamento é vuoto?"
"Sì" sorrise, stringendo il corpo di Michela più vicino al suo "Di cosa doveva parlarmi signore?" poi scosse la testa, come se si fosse accorto di un'enorme sgarberia "Ma entri la prego, Michela ha preparato una buonissima torta al cioccolato e mandorle ieri sera. Gliene offriamo volentieri una fetta" E gli stava anche offrendo la sua torta! "Le assicuro che é una vera prelibatezza"
"Preferirei parlarle in privato e sarebbe più opportuno parlarne qui" insistette freddamente
Nonostante la perfetta interpretazione di Giacomo, l'uomo sembrava poco convinto!
"Mi fa preoccupare e successo qualcosa di grave a lavoro?" perseverò Giacomo senza mostrare cedimenti
"Diciamo di sì"
Nonostante Giacomo stesse dando dimostrazione di grandi capacità recitative il suo capo non si era dissuaso assolutamente dal suo proposito e sembrava sicuro della veridicità delle voci che gli erano giunte sulla probabile relazione tra sua moglie e il giovane associato del suo studio. Come Michela aveva previsto, non poteva essere un deterrente la sua presenza. Una fidanzata o anche una convivente non sarebbe mai stata un ostacolo ad una relazione extraconiugale, sopratutto se il soggetto in questione era un maniaco egocentrico come Giacomo Ferri.
"Signor Petroli, entri pure. Parlare sulla porta mi sembra veramente scortese" Michela si volse verso il ragazzo "Giacomo, porto giù Pallottola a fare una passeggiata mentre voi due chiacchierate in santa pace" propose conciliante la ragazza; non le andava di entrare in quella storia e sapeva che quel poveruomo aveva bisogno di chiarimenti per poter superare il fraintendimento. Giacomo era un maniaco, ma era un maniaco giovane di ventisette anni a cui piacevano le belle donne e una donna di una certa età, per quanto attraente, non era sicuramente il suo target. E poi lui era stato fermo e determinato sulla questione: voci, Michi, voci...
"Tranquilla, lo porto a spasso io più tardi" replicò prontamente "Pallottola é molto indisciplinato e tende a tirare troppo; lo sai nelle tue condizioni preferisco evitare"
Quali condizioni? Cosa stava macchinando? Voleva farle recitare la parte della moribonda in fin di vita? Era strategicamente vincente come idea; a dire il vero, una gran genialata; per quanto stronzo, nessuno avrebbe mai dubitato della sua sincerità; mettere le corna ad una povera moribonda sarebbe stato troppo anche per uno stronzo come lui. Ma era un'idea pazzesca e troppo azzardata, lei non stava morendo e di certo non aveva intenzione di farlo nei prossimi tre mesi!
Michela strinse gli occhi e lo fissò esterrefatta.
"Perdonami, piccola gioia, so che pensi sia troppo presto per diffondere la notizia e che preferisci aspettare qualche altro mese, ma il signor Petroli non sarà così indiscreto"
Ma di che notizia stava parlando? In meno di mezz'ora aveva già contravvenuto alla regola numero uno che lei aveva dettato: Niente improvvisazione!
"Aspettate un bambino?" domandò l'uomo confuso
"Sì, lo sappiamo da qualche settimana e siamo felicissimi per questa inaspettata sorpresa"
L'uomo scosse la testa turbato.
"Felicissimi?" obiettò la ragazza laconica
Michela lo fissava sgomenta! Lei era senza dubbio la più turbata di tutti. Avrebbe preferito recitare la parte della moribonda piuttosto che quello della ragazza incinta. Come avrebbe potuto recitare la parte della ragazza incinta, non poteva di certo indossare un cuscino sotto il cappotto? Cosa ovviamente impraticabile visto che si stava avvicinando l'estate e si andava in giro più nudi che vestiti. Avrebbe potuto fingere di guarire miracolosamente da una malattia, ma come avrebbe potuto farsi crescere miracolosamente il pancione. Forse quell'idiota voleva contravvenire anche all'ultimo punto: Niente incontri ravvicinati! A quel punto però avrebbe dovuto giustificarsi con i suoi genitori sperando di uscirne miracolosamente viva. Molto probabilmente avrebbe dovuto cambiare città e poi raccontare di aver abbandonato il suo figlio immaginario. Era impazzito!
"So che non era programmato, piccola, ma queste sono delle eccezioni fuori programma che non fanno che accrescere la nostra felicità" replicò raggiante
Brutto idiota! Michela lo fissava granitica, immaginando i mille modi in cui lo avrebbe fatto fuori tra mille dolorose torture.
L'uomo era evidentemente combattuto, la notizia della futura gravidanza cambiava completamente lo scenario. Poi, improvvisamente il suo viso fu attraversato da un lampo di gioia, e con aria tranquilla si rivolse al ragazzo. "Vorrei affittare il suo appartamento per i prossimi mesi"
"Come?" domandò Giacomo, stringendo gli occhi
"Voglio affittare il suo appartamento" ripeté l'uomo gongolante
"Perché? Ha deciso di lasciare sua moglie?" domandò Giacomo incredulo
Aveva perso il suo sangue freddo. Il gioco gli era chiaramente sfuggito di mano.
"Mio figlio si é lasciato con la sua ragazza da qualche settimana ed ora vive da noi, ma la convivenza con me e sua madre non é facile" cominciò a spiegare affabilmente "Lei continua a trattarlo come un ragazzino e per un ragazzo di ventitré anni questo é abbastanza stressante. Stiamo rifacendo i lavori in un appartamento che abbiamo sulla Balduina, ma dovrebbero terminare fra qualche mese. Mi farebbe un favore enorme se potesse affittarmi il suo"
Giacomo lo guardava con freddo distacco, ma era ovvio che stava cercando di uscire fuori da quella rete in cui cominciava a dibattersi come un pesce in trappola. Il figlio del suo datore di lavoro che viveva nell'appartamento accanto avrebbe reso quella situazione realmente impraticabile e, nonostante, amasse le sfide, nemmeno lui si sarebbe spinto così oltre.
"Perché no!" fu invece la sua secca risposta
La storia stava prendendo decisamente una strana ed inaspettata piega!


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Capitolo 2
*** Traslochi ***


Ciao a tutti,
posto subito il secondo capitolo, visto che era già scritto e che ho riletto ora, abbastanza rapidamente, quindi spero che non ci siano errori grossolani (Vale se trovi strafalcioni orripilanti mandami un wapp)! Ma, che dire, ormai qualsiasi scusa è buona per prendere una pausa dallo studio matto e disperatissimo di queste ultime due settimane!
Prima di lasciarvi, volevo ringraziare, la mia amica Vale (Valentina78), MusicHeart (ciao Valentina, ben ritrovata in un'altra mia storia) e giapo31 (ciao Giovanna, mi hai beccata anche in quest'altro racconto;D), per aver lasciato un commento a questa storiella... domani rispondo alle recensioni:). Grazie, grazie, grazie;)... è sempre gratificante sapere che qualcuno ritaglia un po' del suo tempo per lasciare un segno in chi scrive.
Vi lascio alla lettura del secondo capitolo...
Buona lettura a tutti
Lella80


Capitolo II
Traslochi


Perchè no! Perchè no! Perchè no!
Michela ripeteva come un mantra quelle due parole, mentre Giacomo era seduto nella cucina della ragazza, sorseggiando il caffè espresso, che lui stesso si era preparato, con aria rilassata e vagamente divertito. Il nervosismo della ragazza, invece, era arrivato alle stelle. Percorreva a grandi passi la cucina, decisa a consumare il pavimento.
“Michi, la smetti di andare avanti e indietro, mi stai facendo venire il mal di mare!” si lagnò il ragazzo, appoggiando la tazzina sul tavolo in legno, ricoperto da una delicata incerata trasparente su cui erano stampati enormi pompelmi.
Lei chiuse gli occhi, sospirò profondamente e poi fissò il suo sguardo tagliente sul viso rilassato del suo amico sociopatico. “Hai detto che sono incinta ed io non sono incinta visto che non faccio sesso da mesi e, sopratutto non faccio sesso con te!” appoggiò entrambe le mani sul tavolo e avvicinò il suo viso a quello del ragazzo con aria minacciosa “E per rendere le cose più complicate gli hai detto: perchè no! Perchè?”
“Hai dimenticato il no” fece notare Giacomo serio, cercando di nascondere un sorrisetto sarcastico
La ragazza si sedette di fronte a lui, raccolse rapidamente i lunghi capelli in due code, che caddero morbide sulle sue spalle nude, mentre il ragazzo la osservava rapito. “Non è divertente!” osservò lei mantenendo la calma
“Lo è, invece” insistette divertito “Infatti ti ha placata. So bene come prenderti, come so che quando sarai diventata più ragionevole troverai tutto questo molto divertente”
“Perché non gli hai detto che volevi tenere libero l'appartamento? Potevi inventare milioni di scuse plausibili. Perché hai scelto quella che potrebbe farti scoprire? Sembra quasi che tu lo faccia apposta!”
“Troppa dietrologia, tesoro, e sei troppo nervosa! Devi scopare decisamente di più. Ti preoccupi inutilmente e, come tutte le donne, ti crei problemi che non esistono”
E lui come tutti gli uomini tendeva a non vedere i problemi quando si presentavano. “Sei uno stupido superficiale” sbuffò stizzita “E non sono nervosa perché non scopo, sono nervosa perché tu sei un pazzo psicopatico!”
“Appena questa storia finirà, ti presenterò Giulio, sono sicuro che ti farà un gran bene” si offrì ignorando le sue parole. Si alzò e le scompigliò i capelli
“Giacomo, ti assicuro che dopo oggi, sarei nervosa anche se scopassi come un riccio! Questa storia è tutta una follia”
“Rilassati”
“E come faccio?” si sentiva frustrata dalla superficialità del ragazzo che sembrava incapace di comprendere le conseguenze di quello che aveva fatto
Lui sorrise malizioso e si avvicinò a lei. “Posso aiutarti io, se proprio non riesci ad aspettare” si offrì, mordendosi il labbro inferiore
Sbuffò seccata. “Perché tutte le volte che litighiamo la metti sempre sul sesso? Scopo poco, non scopo affatto, scopo male. Magari non ho bisogno di scopare, forse ho bisogno di uno psicologo, ma di uno molto molto bravo, visto che sono ancora amica tua”
“Non ne avresti bisogno se scopassi” confermò, cercando di mantenersi serio
Michela batté i piedi e sbottò nervosa. “Cristo, quanto ti odio” respirò profondamente nel tentativo di mantenere la calma, mentre Giacomo recuperava una scatoletta dalla dispensa “Perché non gli hai detto di no; sarebbe stato molto più facile”
Il ragazzo le girò le spalle, aprì la scatoletta e versò il contenuto nella scodella di Pallottola, che saltellava festoso. “Perchè Petroli è un tipo sospettoso e se avessi cercato di tenerlo lontano dal mio appartamento avrebbe cominciato a pedinarmi!” argomentò pratico
“Tu sei andato a letto con sua moglie” affermò Michela senza esitazione, scuotendo il capo rassegnata
“Io non sono andata a letto con la moglie del mio capo, ti ho già detto che sono solo voci”
“E per delle semplici voci lui mette su tutto questo teatrino e tu non vuoi essere pedinato! Come mai? Hai qualcosa da nascondere?”
“Quello che lui fa e quello che lui pensa non sono fatti miei. Ti ho detto che non ho una relazione con sua moglie e gradirei che la mia amica credesse a me e non ad un perfetto estraneo che è chiaramente pazzo. E non ho assolutamente niente da nascondere” si avvicinò alla ragazza stringendo gli occhi “Non voglio che mi pedini perché a nessuno piace essere pedinato, non perché ho qualcosa da nascondere. E se fosse vero te lo avrei detto. Non abbiamo questo tipo di remore tra noi”
“Quindi lui ha immaginato che sua moglie ha una relazione extraconiugale” insistette lei poco convinta
“Non ho detto che lei non ha una relazione extraconiugale, ti ho detto che non ce l'ha con me!”
“Quindi lei tradisce il marito e tu la stai coprendo?” indagò curiosa.
Era sempre stata attratta dai segreti delle persone. Non amava la maldicenza, ma amava il pettegolezzo e la storia che nascondeva Giacomo sembrava molto succulenta.
Il ragazzo sorrise tranquillo e le carezzò il viso. “Hai sempre avuto una galoppante fantasia” avvicinò le sue labbra all'orecchio di lei “Dovresti sfogarla in contesti molto più ludici”
Michela indietreggiò stizzita. “Non cambiare discorso”
“Non sono cazzi nostri cosa fa Claudia. Li vuoi ancora i soldi per il Master?” Michela lo fissava in silenzio “Allora cerca di non fare domande inutili e segui il piano” terminò freddamente
Sembrava terribilmente seccato dalle insistenti domande dell'amica. Forse era afflitto da qualche strana sindrome, per cui si era innamorato di una signora anziana, che difendeva a spada tratta. La sua espressione era diventata improvvisamente seria. Cosa nascondeva?
Michela avrebbe voluto ulteriormente indagare sulla storia nella quale il ragazzo l'aveva trascinata, ma l'aria corrucciata di Giacomo la fece indietreggiare dai suoi propositi di provetta detective. “Quale piano Giacomo, non c'è più nessun piano. Hai esagerato con le bugie questa volta. Tu gli hai detto che sono incinta! Io non sono incinta, noi non aspettiamo nessun bambino” argomentò, mangiucchiandosi le unghie cortissime
“Dio ti ringrazio; se tu fossi incinta io non sarei qui. Sarei in Paraguay o su una spiaggia cilena a vendere magliette e mi sarei fatto una plastica facciale, dopo aver cambiato identità”
Michela lo fissò sbigottita. “Addirittura”
“Nulla di personale, solo non voglio un bambino tra i piedi in questo momento!” le afferrò il polso ed allontanò la mano dalla sua bocca. “Smettila di mangiarti le unghie. È una cosa disgustosa!”
“Lo faccio sempre quando sono nervosa”
“Lo so, ma non devi esserlo” sorrise divertito “Non sarai incinta per molto. Ho già pensato ad un piano fantastico. Fra un po' avrai dei problemi e perderai il bambino, questa cosa logorerà il nostro rapporto ed io ti lascerò”
“Mio Dio, Giacomo, sei stronzissimo anche nelle tue fantasie; ma come? La donna della tua vita perde il vostro bambino e tu la lasci?”
“Mi vuoi lasciare tu per un altro?” domandò il ragazzo pratico
“No” sorrise lei maliziosa “Preferisco che tu sia lo stronzo che mi lascia. Chissà, potrei farmi consolare dal figlio del tuo capo, magari è anche affascinante come il padre”
“È un ragazzo gradevole, ma è un altro rincoglione, quindi stai alla larga da lui!”
“Il bue che dice cornuto all'asino” chiuse gli occhi e scosse la testa arrendevole “Questo piano fa schifo e fa acqua da tutte le parti. Un bambino di due anni sarebbe riuscito ad orchestrare una storia più articolata”
“Tranquilla, il piano ha solo subito qualche leggera modifica. Fila tutto perfettamente!”
“Leggera modifica?” replicò a occhi spalancati “Dovevo fingere di essere la tua fidanzata per dieci minuti, poi sono diventati tre mesi ed ora sono incinta e se il figlio del tuo capo prende in affitto il tuo appartamento, suppongo che tu debba venire a vivere con me. Per essere il primo giorno mi sembra che le modifiche possano definirsi un po' più che leggere” spiegò a mitraglietta; senza riprendere fiato
“Sarà molto divertente, Michi” sorrise come un bambino eccitato alle prese di una succulenta novità “Non ho mai vissuto con una donna che non fosse mia madre, sono sicuro che sarà una cosa divertente. In fondo, se ci pensi, io mi occupo già del tuo cane e tu cucini per me, noi siamo già una coppia”
“Io non cucino per te, tu rubi il mio cibo” puntualizzò isterica “E non voglio vivere con te, tu sei disordinato!”
“Non sono disordinato è che tu hai un disturbo ossessivo-compulsivo. Tu non esci di casa se le pantofole non sono allineate e ti accorgi anche se sposto un bottone, perchè in questa casa tutto ha un posto prestabilito”
“Tu lasci i vestiti dappertutto e quando stavamo insieme una volta hai usato il mio spazzolino... mio Dio, che schifo!” rabbrividì al solo pensiero
“Che schifo?” ripeté basito
“Certo. È una cosa disgustosa!”
“Effettivamente, credo tu abbia bisogno di un bravo psicoterapeuta” sostenne il ragazzo interdetto “Stavamo insieme da una settimana e quel fine settimana ci siamo alzati dal letto solo per continuare i rituali di accoppiamento sotto la doccia” arricciò il naso “Quindi, ripeto: che schifo?”
“Scusa, ma a me fa veramente schifo questa cosa!”
La fissò con gli occhi spalancati. “E cosa ti fa schifo, con precisione? Ti dirò che la cosa mi incuriosisce molto, visto che nella tua bocca ci era entrata oltre alla mia lingua qualcosa di molto più grosso”
“Sei un maiale” lo apostrofò disgustata
“Sto solo cercando di analizzare i fatti” insistette cattedratico
“Perfetto, vuol dire che sei un maiale che cerca di analizzare i fatti!” puntualizzò, a braccia conserte e con le guance rosse per l'imbarazzo
“E tu una psicopatica”
“Quindi la tua perfetta compagna di vita”
Giacomo allargò le braccia e, sorridendo, affermò. “Visto, litighiamo già come una coppia sposata. Conosciamo tutto l'una dell'altro, ci irritiamo vicendevolmente e non facciamo sesso” alzò entrambi i pollici con aria di vittoria
“Ma in che razza di casa sei vissuto?” sbottò lei, senza nascondere una rumorosa risata
“I miei genitori sono felicissimi insieme, descrivo solo la maggior parte delle coppie che conosco”
Michela piagnucolò, spingendo i palmi delle mani contro gli occhi. “E come faremo con la signora Rosa, la più grande impicciona del palazzo, nonché nostra vicina? Fra qualche giorno rientrerà e vedrà che viviamo insieme”
“La signora Rosa mi parla sempre di te. Ti loda continuamente; ma è normale tu, da brava ossessiva-complusiva, hai anche la sindrome della prima della classe. Diciamo che non ti fai mancare niente. Invece, si preoccupa molto della mia vita dissoluta, quindi sarà felicissima di vederci finalmente insieme, realizzeremo un suo sogno, anche se solo per pochi mesi”
“Sei proprio un filantropo!” strinse le mani a pugno e le avvicinò al petto “Non è solo questo il problema!”
“E quale altro problema ravvedi?” domandò seccato
“Questo tizio, che io non conosco, potrebbe dirle che aspetto un bambino; così lo sapranno tutti, anche Gustavo, il nostro portiere super chiacchierone, che guarda caso ha il numero di cellulare di mio padre”
“Perché ha il numero di telefono di tuo padre?” domandò il ragazzo incuriosito
“Mio padre e mia madre temono che possa morire e che il mio cadavere imputridisca tutto da solo, prima che loro giungano per resuscitarmi!”
“Ora si spiegano tante cose” la schernì Giacomo
“Comunque, i miei genitori lo verranno a sapere. Sarò costretta ad uccidere mia madre, se voglio sopravvivere a questa cosa e, ovviamente, mio padre ti spaccherà la faccia, ma questo non sarebbe un grande dramma per nessuno”
“La solita esagerata”
“Io sarò anche esagerata, ma tu sei eccessivamente superficiale”
“Diremo a Valerio, il tizio che non conosci, di tenere il segreto visto che sei incinta di poche settimane e che prima dei tre mesi porta male diffondere la notizia”
“Sono incinta!” si lagnò battendo i piedi “Mio Dio, che cosa terribile!”
“Tu non sei incinta!” osservò il ragazzo cercando di tranquillizzarla
“Lo so che non sono incinta, solo che non voglio esserlo nemmeno per gioco” sospirò profondamente “Di quanto sono incinta? E come risolveremo il problema?” frignò, battendo i piedi come una bambina piccola
“Direi che sei incinta di due mesi, così possiamo tirare la storia per un paio di mesi e cercare di essere più credibili” si massaggiò pensoso il mento con pollice ed indice “Possiamo far coincidere l'aborto con Agosto, così sarai a casa dai tuoi e risulterà tutto più plausibile” giocherellò con il pizzetto che cresceva incolto sul mento “E direi che restiamo insieme qualche altro mese e poi ci separiamo”
“Qualche altro mese? Non dovevamo stare insieme solo tre mesi?” domandò allarmata
“Mese più, mese meno, con tutti i soldi che ti do per interpretare il tuo ruolo, manco fossi una diva del cinema, potresti mostrare molto più entusiasmo!”
“Guarda che se la protagonista della storia gira i tacchi e ti lascia solo soletto, ti salta tutta la sceneggiatura, quindi ti conviene trattarmi come se fossi una gran diva” replicò lei divertita.
Forse la stava guardando dall'angolazione sbagliata. A vederla dalla giusta angolazione forse il grande carma celeste le stava parlando. Lei aveva in pugno la vita di Giacomo Ferri, poteva giocherellare un po', poteva tenerlo un po' sulle spine, forse lui aveva ragione, poteva diventare veramente molto divertente la faccenda... anche per lei!
“Cosa è quel sorrisetto diabolico sul tuo angelico visino, mia diva?” domandò lui intrigato
“Forse hai ragione, potrebbe essere molto divertente dopo tutto!”
“Brava la mia ragazza; ora sì che ragioniamo” le regalò un largo sorriso e si avviò verso il bagno
“Dove vai?” domandò Michela stringendo gli occhi
“A fare pipì!”
“Non è che devi essere così preciso nella risposta e, comunque, scusa, ma il tuo bagno è guasto?”
“No, funziona benissimo, ma dobbiamo cominciare a rodare la nostra convivenza”
Lei sbuffò, rassegnata. “Alza la tavoletta!”
“Non ho bisogno di indicazioni, faccio pipì da ventisei anni! Ho avuto tutte le dritte da mia madre” scosse la testa con disappunto “E, comunque, se scopassi di più saresti molto più rilassata”
Il ragazzo uscì dalla cucina e lei si sedette stancamente sulla sedia. Guardava Pallottola con un misto di curiosità e tenerezza. Il suo cagnolone fulvo era seduto, con le orecchie ritte e la coda scodinzolante, fissando la porta in attesa che Giacomo uscisse dal bagno. Forse lui aveva ragione; loro erano già una coppia. Poteva essere divertente, ma anche molto pericoloso. Giacomo era un ragazzo attraente, che sapeva di esserlo e per quanto lei fosse diventata esperta nell'erigere muri anti-stronzo, non era del tutto sicura di essere immune a lui.
La chiave del bagno girò nella toppa e il cellulare di Giacomo cominciò a squillare. Si alzò e, istintivamente, lesse il nome sul display, mentre le note dell'incorreggibile Lupin si diffondevano nella sua cucina. Chiara Gilona.
E chi era sta tizia?
Giacomo afferrò il cellulare e la guardò pensoso, mentre faceva scivolare il simbolo verde della cornetta verso destra “Ciao, amore mio” amore mio? “Mi spiace, ma stasera non se ne fa niente” Michela era seduta e lo fissava incuriosita “No, mi spiace nemmeno per le prossime” Giacomo rimase in silenzio, mentre la ragazza dall'altro capo del telefono continuava a borbottare. Sollevò appena lo sguardo e fissò Michela, sorridendole con una tenerezza che lei non gli aveva mai visto prima “ho incontrato una ragazza speciale e voglio che funzioni questa volta” un solo attimo di silenzio che fece sobbalzare il cuore della ragazza “No, non ho deciso di diventare un bravo ragazzo, e che lei tira fuori il meglio di me” era veramente un grandissimo stronzo! “Ci vediamo in giro”. Osservò lo sguardo tirato di Michela, ma senza rivolgerle la parola, cercò un contatto nella rubrica e, poggiando il cellulare all'orecchio, attese la risposta. “Ciao Fil” aveva chiamato Filippo, il suo migliore amico e collega di lavoro “No, stasera non vengo da Chiara, quindi o trovi un altro passaggio o prendi la tua di macchina e la smetti di fare il taccagno” Aveva deciso di rimanere a casa? Perché? “Niente nuova ragazza. Esco con Michela” la ragazza lo fissava sgomenta. Cosa aveva in mente? “Senti, poiché resto con lei anche domani, potresti...” Michela sentiva la voce concitata di Filippo, senza riuscire a comprendere le parole “ma perché tutti avete la mania di interrompere le persone? Sto traslocando da Michi” la telefonata si era trasformata in un rapido botta e risposta “Andiamo a vivere insieme. È una lunga storia. Non stiamo proprio insieme. Ti spiego meglio lunedì. Se Petroli ti chiede di me e di Michela, confermagli che stiamo insieme da almeno un anno. Non sto con la ragazza di Davide, visto che lui l'ha lasciata”
“Lui non mi ha lasciata!” sbottò Michela seccata
“Sì, certo!” replicò lui agitando la mano come per allontanare una mosca fastidiosa “E comunque lei stava prima con me” sospirò profondamente “Fil, mi stai a rompe' il cazzo. In ogni modo, non credo te lo domanderà, ma per sicurezza, confermagli anche che Michi è incinta”
“Io non sono incinta” ululò la ragazza allarmata
“No, non è di Davide!”
“Io non sono incinta!”
“Io non andavo a letto con Michi mentre stava con lui”
“Io non sono incinta!”
“Michi, amore, dammi il tempo di spiegargli. Mi stai a rintrona'?” la zittì con voce piatta
“Non mi sembra che tu gli stia spiegando bene” esplicitò lei corrucciata “Basta dire: Michi non è incinta. È facile! Devi solo ripetere: Mi-chi-non-è-in-cin-ta”
Lui annoiato, pigiò sul simbolo del microfono, che indicava il viva voce e poggiò il cellulare sul tavolo “Fil, ora ti sente anche Michi. Quindi evita volgarità, sai che a lei da fastidio il linguaggio colorito”
“Quindi già siete andati a vivere insieme?” domandò una voce calda e roca dall'altro capo del cellulare
“Non ancora” confermò Giacomo “oggi comincio il trasloco”
“Io non sono incinta” affermò Michela subitanea “E non vado a letto con Giacomo e Davide non mi ha lasciata” riassunse con voce squillante
“Nervosetta!” sentenziò Filippo
Giacomo la fissò divertito, appoggiò la bocca all'orecchio dell'amica e sussurrò. “Visto che non sono l'unico a pensarlo?”
“Non sono nervosa, sono preoccupata. Il capo di Giacomo è stato qui stamattina e noi abbiamo fatto finta di stare insieme. Il gioco ci ha preso la mano, anzi no, ha preso la mano a quest'idiota ed ora io sono incinta e viviamo insieme, perché il figlio del vostro capo verrà a vivere nell'appartamento di Giacomo” spiegò, con il suo solito tono a mitraglietta
“Non ho capito una emerita mazza, ma cazzo di Budda, Gia' ma ti sei ammattito?” sbottò Filippo allarmato
Michela lo fissò gongolante e avvicinò la sua bocca all'orecchio sinistro del ragazzo. “Visto che non sono l'unica a pensarlo?”
“Non mi sono ammattito. Michela è stata troppo sintetica, ti spiego meglio lunedì a ora di pranzo, tu per il momento reggimi il gioco”
“Qualsiasi cosa tu abbia in mente, sappi che non mi sembra una buona idea! Anzi ti stai mettendo negli impicci per una che non ti fila di pezza”
Non ti fila di pezza? Cosa voleva dire? Di chi stava parlando?
“Tranquillo, ho tutto sotto controllo!” tolse il viva voce e uscì dalla cucina
Cosa le stava nascondendo? Loro non avevano di queste remore! Cosa c'era per davvero dietro quella strana ed intricata storia?
Rientrò in cucina dopo pochi minuti, con il volto rilassato e la sua solita aria canzonatoria. Accarezzò il testone peloso di Pallottola, le sorrise e si apprestò verso l'uscita.
“Dove vai?” domandò Michela, fermando il suo passo
“Tranquilla, per i prossimi tre barra quattro mesi non andrò proprio da nessuna parte” si stiracchiò, intrecciando le dita delle mani e tendendo le braccia sopra la sua testa “Comincio il trasloco. Fammi un solo po' di spazio nell'armadio, piccolina, e poi ritorna a studiare. Faccio da solo”
“Posso aiutarti” si offrì lei, avvicinandosi
“Non è necessario” insistette il ragazzo premuroso “Faccio da solo!”
Michela si lasciò cadere sul divano... si era cacciata proprio in un bel guaio!

*


Giacomo terminò il trasloco in un paio di ore, mentre Michela seduta sul divano che dava sull'ingresso-salone, teneva il libro di economia tra le gambe incrociate e continuava a studiare. Ogni tanto sollevava lo sguardo e lo scrutava di sottecchi. Era carino, con i suoi capelli corti, i suoi brillanti occhi grigi, quello sguardo serio, mentre era impegnato a trasportare abiti e oggetti personali. Era decisamente sensuale anche con quei bermuda neri e la camicia bianca di lino che gli cadeva morbida sulle spalle larghe. Scosse la testa e ricominciò a studiare, cercando di allontanare quei pensieri che le invadevano i sensi.
Era sicura che il nuovo vicino si sarebbe presentato quanto meno la settimana successiva, giusto per espletare le incombenze tecniche e burocratiche. Sperava di riuscire ad allontanare il momento della convivenza il più possibile, ma Valerio, il figlio ventitreenne del capo di Giacomo, si era presentato alla loro porta solo tre giorni dopo. Si erano sentiti telefonicamente con Giacomo e si erano accordati senza nemmeno incontrarsi.
Quindi, tre giorni dopo la retata del signor Petroli, Valerio bussò alla porta di quello che sarebbe diventato l'appartamento di Michela e Giacomo.
Giacomo aveva chiamato Michela per avvisarla che sarebbe arrivato in ritardo. Il suo capo lo aveva trattenuto in ufficio per completare la stesura di una serie di documenti che l'indomani la loro tirocinante avrebbe dovuto depositare in cancelleria. Era piuttosto agitata. Temeva di essere scoperta, lei non era brava come Giacomo a mentire e le metteva ansia fingere di essere incinta. Poteva interpretare la parte della fidanzata amorevole, o quasi, ma lei tendeva a dimenticare di essere incinta, visto che non lo era! E poi, lei era una grande osservatrice e aveva sempre ravveduto nelle donne incinte una strana luminosità nel viso ed una stanchezza negli occhi che lei non aveva.
Quando Valerio aveva bussato alla porta; lei si scapicollò verso l'entrata con le chiavi strette nella mano destra.
“Ciao” salutò allegra, cercando di dissimulare la tensione
“Ciao, io sono Valerio! Tu devi essere Michela” si presentò il ragazzo porgendole la mano. Lei la strinse con vigore “Giacomo mi ha detto che hai tu le chiavi” spiegò il ragazzo con aria canzonatoria, senza lasciare la mano di lei
Michela rimase immobile a fissare quel ragazzo dal fisico statuario, ancora legato a lui da quella salda stretta. Era veramente altissimo. Lei non era una nanerottola, sfiorava il metro e settanta, ma lui la superava di almeno venti centimetri. Aveva capelli lunghi e biondi, profondi occhi turchesi e una voce così sensuale. Non era particolarmente bello, ma trasudava sensualità da tutti i pori. O forse era un rincoglione qualsiasi, come diceva Giacomo, e lei aveva solo bisogno di una sana scopata. Staccandosi da lui, gli porse la chiave senza riuscire a spiccicare parola. La voce le si era inceppata in gola. Di solito non le piacevano i tipi biondi, li trovava slavati, ma Valerio faceva decisamente eccezione.
Pallottola ringhiava, scrutandolo con aria sospettosa
“Grazie” ringraziò il ragazzo educatamente, afferrando le chiavi dalla sua mano “Morde?” domandò indicando il cane
“No, tranquillo. Pallottola, è più scena che sostanza” lo tranquillizzò con un largo sorriso rassicurante “Spero che l'appartamento ti piaccia. Giacomo è molto disordinato, ma lo tiene benissimo”
“Cercherò di tenerlo altrettanto bene”
“Ti abbiamo lasciato posate, pentole, stoviglie, tazzine. Tutte cose di buona qualità. Giacomo è un po' fissato con l'oggettistica; anche se è troppo disordinato” Mamma, quanto era disordinato! Gli sorrise affabile “Però se hai cose tue, possiamo portare tutto in soffitta”
“No, anzi mi faranno molto comodo. Ho pochissime cose, quindi è tutto benaccetto”
“Per qualsiasi cosa restiamo a tua completa disposizione” le parole le uscirono dalla bocca come una dichiarazione d'amore
“Assolutamente” assentì Giacomo, la cui testa fece capolino dalle scale, proprio alle spalle di Valerio “Preferisci che ti faccia fare un giro della casa, Vale?” domandò, affiancando Michela. Pallottola piagnucolando, cominciò a fargli le feste. Lui si chinò e gli carezzò il lungo pelo fulvo.
“Non voglio rubarvi altro tempo. Michi mi ha già detto tutto quello che serve” asserì facendo saltare le chiavi nella sua mano
Giacomo gli sorrise amichevole e si sollevò lentamente. “Michi è una ragazza molto gentile” carezzò il viso della ragazza e le sollevò il mento, avvicinando le sue labbra a quelle di lei “Ti amo tanto” appoggiò la bocca su quella della ragazza, assaporando le sue labbra carnose con lenta premura
“Vi lascio alle vostre effusioni” replicò il ragazzo chiaramente imbarazzato “Vado a prendere le mie cose. Ho la macchina parcheggiata in doppia fila”
“Più tardi, ti porto qualcosa da mangiare” si offrì Michela, mentre Giacomo si staccava dalle sue labbra “Ho preparato le lasagne, spero ti piacciano!”
“Non devi disturbarti, non è necessario. Prendo una pizza al volo” replicò il nuovo vicino frettoloso
“Mi fa piacere esserti d'aiuto. Sono già le nove e se cominci a portare su le cose ora, poi mangerai tardissimo se devi anche andare a prendere una pizza. E di lasagna ne abbiamo tantissima” strinse la mano di Giacomo “Vero, amore?” lo incitò con voce fanciullesca
“Te la porterò io personalmente” insistette Giacomo, assecondando la ragazza “Così Michi può studiare un altro po', fare una doccia rilassante e andare a dormire. Non fa bene lo stress al nostro bambino”
“Allora vi ringrazio!” ringraziò, sfoggiando un sorriso amichevole
Giacomo chiuse la porta e lanciò la giacca del vestito sul divano. Michela la raccolse e la appoggio su una delle sedie del salottino. Ecco che cominciava a disseminare vestiti come pollicino! “Era proprio necessario?” domandò lei indispettita
“Cosa?” replicò il ragazzo imbronciato, allentando nervosamente il nodo della cravatta
“Non fare il vago, hai capito benissimo: il bacio e il bambino!”
“Non ti ho baciata” controbatté, sollevando appena il labbro superiore “Me ne sarei accorto, ti ho solo un po' assaggiata” lei lo fissò con aria di rimprovero “Stavi flirtando con lui e ora noi stiamo insieme; non è carino!”
“Noi non stiamo insieme”
“Ma lui questo non lo sa e, sinceramente, se io devo stare attento a non farti passare per uno stambecco, gradirei che tu avessi la mia stessa accortezza”
Michela reclinò la testa all'indietro e piagnucolò dispiaciuta. “Hai ragione, ma è così carino”
Lui sorrise comprensivo e le scompigliò i capelli. “Devi tenere duro solo per tre barra quattro mesi, bellezza; poi l'ennesimo rincoglione sarà tutto per te”
Sospirò profondamente. “Non vedo l'ora” replicò eccitata
Giacomo entrò in bagno, ormai rilassato. “Faccio una doccia e ceniamo. Scusa il ritardo, cercherò di avere orari più regolari” Michela annuì contenta. Era proprio come essere in famiglia! Mentre passava davanti alla porta del bagno lui le strinse il polso fermando il suo incedere “Non ne abbiamo mai discusso, ma non ho intenzione di dormire sul divano per quattro mesi; quindi non pensarci nemmeno”
“Ma...” provò lei ad obiettare
“Abbiamo già fatto sesso e non ho interesse ad abbattere i muri che tu hai eretto” la interruppe rapido, cercando di motivare le sue argomentazioni con una perfetta parlantina da avvocato “Non mi interessa, te l'ho già detto, quindi non ho intenzione di dormire su questo divano, che sarebbe scomodo e piccolo anche per un puffo, senza una ragione valida”
Michela non aveva un gran desiderio di dormire nello stesso letto con Giacomo Ferri, ma lui aveva ragione, non c'erano valide ragioni per non farlo! Non aveva senso non condividere il letto con lui. Lei non era un'educanda e lui aveva una grande esperienza con le donne e se avesse avuto interesse per lei non sarebbe stato un divano per puffi ad impedirgli di raggiungere il suo obiettivo. Michela non era più un bersaglio per Giacomo Ferri, l'aveva già avuta e a lui non piacevano le minestre riscaldate; era una delle prime cose che aveva imparato di lui.
In fondo, lei aveva eretto mura altissime per schermare il suo cuore e lui non aveva alcun interesse ad abbatterle. “Ok, ma io dormo sul lato sinistro e prendo il cuscino morbido”
Lui sorrise. “Certo, per me è uguale!”
Avevano cenato, chiacchierando del loro lavoro, discutendo delle persone con cui Michela aveva litigato per telefono, dei tizi da cui doveva recuperare soldi non suoi e che la prendevano a parolacce come se lei volesse derubarli, ma che, in fondo, a lei facevano una gran pena; discussero a lungo del loro nuovo vicino e poi andarono a dormire. Era, proprio, come stare in famiglia. Era una sensazione che non provava da tanto tempo.
Era sicura che avrebbe avuto difficoltà ad addormentarsi con Giacomo che, con indosso solo i calzoni del pigiama, le dormiva accanto, emanando troppo calore, invece cadde in un sonno profondo senza sogni. Si risvegliò la mattina seguente, per la luce che faceva capolino dalla persiana non completamente abbassata e che batteva con insistenza sulle sue palpebre tremolanti. Aprì gli occhi lentamente. Avrebbe voluto dormire ancora un po', ma doveva portare Pallottola a fare pipì. Provò ad alzarsi, ma non riusciva a muoversi; era come stretta in una morsa. Grande fu la sorpresa quando si accorse che Giacomo la teneva stretta, con un braccio avvinghiato alla sua vita, costringendola contro il suo corpo solido, con la testa affondata nell'incavo del collo di lei. Sentiva il respiro regolare di lui. Doveva liberarsi. Doveva portare giù il povero Pallottola, ma stava così bene. Si sentiva protetta. Stranamente rilassata. Gli uomini con cui aveva condiviso vita e letto non l'avevano mai stretta così, come se temessero di perderla e l'uomo che non voleva condividere vita e letto con nessuna donna, sembrava temere di perderla.
Si accoccolò contro di lui, facendo aderire perfettamente i loro corpi e intrecciò la sua mano in quella che lui stringeva sul suo ventre.
“Hai un odore buonissimo” sussurrò il ragazzo, solleticandole la pelle del collo e facendole palpitare il cuore nel petto
Forse i muri che aveva eretto non erano poi così alti!


Finito!
E in questa storia c'è anche un mistero: cosa nasconde Giacomo?
Spero di riuscire ad aggiornare presto!
Buon fine settimana a tutti e settimana prossima ho il concorso... mercoledì... regalatemi un pensiero positivo, che ne ho tanto bisogno!
Grazie di seguire la storia...
Lella80

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Capitolo 3
*** Pallottola ***


Ciao a tutti,
mi ri-scuso per non avere ancora risposto alle vostre recensioni, ma finalmente ho finito gli scritti del concorso. Ora ho da fare solo gli orali (fra un mese), quindi domani mi dedico a rispondere in maniera appropriata a chi ha lasciato un segno della sua presenza e della sua vicinanza. Grazie di cuore:).
Prima di lasciarvi al prossimo capitolo, anche se rapidamente, voglio ringraziare la mia amica Vale (Valentina78... un genio, la solita esagerata! Prrrr... controllami anche questo, che ho scritto in mezzo pomeriggio e dopo un concorsoO_O... capirai!), MusicHeart (troppo facile, mia cara... è un po' più complicata, lo sai che sono contorta;)), Ashwini (grazie di aver lasciato un commento e ti prometto che, fra fulmini, tuoni e saette, ci sarà il lieto fine, a modo mio, ma decisamente un lieto fine... XP) e giapo31 (grazie Giovanna, sopratutto per aver notato l'errore... l'ho corretto subito!).
Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le preferite e le seguite e, per il momento, vi lascio al prossimo capitolo
Buona lettura a tutti
Lella80


Capitolo III
Pallottola


“Devo alzarmi! Devo portare Pallottola a fare pipì” spiegò in un filo di voce
“Sei sicura?” la tentò lui, affondando la testa nell'incavo del suo collo e perdendosi nel profumo della sua pelle. Il lenzuolo verde acqua scivolò sulle olivastre e lisce gambe di Michela, mentre la gamba destra di Giacomo si avvinghiò alle sue, serrandole in una calda morsa “Restiamo ancora un po' cosi!” esplicitò in un ordine supplichevole
Il cuore di Michela si strinse in un pugno e il suo stomaco si serrò in una morsa. “Devo portare giù Pallottola” ripeté, cercando di convincere se stessa. Perché non riusciva ad essere più incisiva? In fondo, doveva solo alzarsi!
“Io non ti sto trattenendo” ma se l'aveva praticamente incatenata! “Posso liberarti se proprio lo desideri” la pungolò con la voce arrochita dal desiderio. Perché si comportava così? Rimase immobile, stretta a lui, ricordando un tempo passato e lasciandosi invadere, solo per un momento, da sentimenti sopiti “Ricordami perché ti ho lasciata andare, Michi!”
Perché mi stavo attaccando troppo, brutto idiota! “Stai contravvenendo ad un'altra delle clausole del contratto” obiettò Michela, cercando di impedire al suo cuore di straripare dal petto
Lui sbuffò, evidentemente seccato. “Sei proprio un'insensibile, Michi” si staccò da lei e si lasciò cadere pesantemente sulla schiena, scoprendo l'esile corpo della ragazza “Lo porto giù io questo sacco di pulci. Resta ancora un po' a letto. È inutile che ci alziamo in due” sbottò alzandosi di malavoglia
“Vai a fare colazione” lo esortò la ragazza, cercando di riprendere il controllo del suo corpo “Porto io giù Pallottola, non ti preoccupare” insistette, rimanendo accoccolata. Non riusciva a muoversi, le tremavano le gambe.
Lui le carezzò i capelli. “Oggi hai il turno di pomeriggio, quindi è inutile che ti alzi. Mi fa piacere portare giù Pallottola” replicò con voce dolce e carezzevole. Si chinò su di lei e poggiò le sue labbra calde sulla tempia sinistra di Michela “Mi aiuterà a calmare il desiderio che la tua vicinanza mi ha scatenato stamattina”
Michela non riuscì a controbattere a quelle parole. Percepì il peso del corpo del ragazzo spostarsi sul bordo del letto. Lo osservò, con la coda dell'occhio, mentre si sfilava i calzoni del pigiama e indossava rapido una maglietta ed un paio di pantaloncini.
“Andiamo giovanotto, stamattina ti porta papà a fare i bisogni!”
Papà. Era una cosa che proprio detestava quando si definiva papà del suo cane, come d'altronde trovava seccanti le persone che si rivolgevano ai loro animali come se fossero i genitori.
Quando la porta si chiuse, rimase qualche altro minuto accoccolata, non doveva pensare a quanto era accaduto, doveva soprassedere come faceva ogni volta. Riuscì a riprendere le forze e, cercando di perdersi nei gesti routinari del mattino, riprendere il controllo di sé stessa. Andò in bagno, fece pipì, si sciacquò la faccia, andò in cucina, mise su la macchinetta del caffè e il bricco del latte. Non doveva pensare a quanto era accaduto, ma... l'atteggiamento di Giacomo l'aveva spiazzata. La confondeva quel suo seduttivo, anche se incomprensibile, comportamento. Il loro rapporto di amicizia era sempre stato particolare; sempre a cavallo tra l'affetto fraterno e la seduzione, ma mai così esplicitamente palesato. Cosa c'era di diverso? Cosa le stava nascondendo? Perché era così irrequieto?
Sovrappensiero, senza fare caso a quello che stava facendo, ai suoi gesti, ai suoi movimenti, afferrò due tazzine di vetro trasparente dalla dispensa a vista e le poggiò sul tavolo. Il caffè cominciò a sfrigolare nella moka e l'odore si diffuse, saturando l'intera stanza. La sua mente vagava senza una meta, persa in pensieri disconnessi. Sospirò profondamente, immobile accanto alla macchinetta del caffè. Se Giacomo aveva tacitamente promesso che non avrebbe mai abbattuto il muro che con tanta fatica lei aveva eretto, se le aveva assicurato che non aveva alcun interesse nell'abbattere quel maledetto muro, se egli stesso continuava a fornirgli nuovi mattoni per impedire a quel cazzo di muro di cedere, perché si comportava come un maledetto stronzo proprio con lei?
Spense i fuochi sia del caffè che del latte, nello stesso momento in cui la chiave girava nella toppa. Pallottola sfrecciò nella cucina saltellando convulsamente sulle zampe posteriori e cercando di leccarle il viso. “Stai giù, piccolo” lo redarguì, carezzandogli il testone peloso “Ora ti metto la pappa”
“Che buon odore di caffè” osservò Giacomo, prendendo i croccantini dall'armadio a muro “Gli metto io da mangiare. Mi prepari il caffellatte?”
Michela si alzò mollemente dalla sedia, senza spiccicare parola. La voce di Giacomo le fece scorrere un brivido di piacere lungo la schiena, al solo pensiero dei loro corpi stretti. Non doveva pensare a quanto era accaduto! Afferrò una tazza verde pistacchio dalla credenza, versò il latte che aveva riscaldato, aggiunse il caffè. Sistemò la tazza su una tovaglietta, proprio nel posto di fronte al suo. Prese i biscotti e lo zucchero e li sistemò accanto alla tazza. Si sedette, continuando a sorseggiare il suo caffè, nero e senza zucchero.
“Credi che riuscirò a sentire la tua voce prima della fine della giornata?” domandò il ragazzo ironico
“Scusa, ero sovrappensiero” replicò falsamente distratta
“Perdonami” si scusò Giacomo, mentre inzuppava i biscotti nel latte “Ho un po' esagerato stamattina, ma tu sei molto carina e sei mezza nuda ed io sono un ragazzo pieno di vitalità” spiegò senza sollevare lo sguardo dalla tazza
Pieno di vitalità è un nuovo modo per definire i maniaci?” replicò, scuotendo il capo stizzita “Indosso una canotta e un paio di pantaloncini, non sono mezza nuda. Almeno non mi definirebbe tale un ragazzo con meno vitalità, che tradotto significa un non maniaco” argomentò senza riprendere fiato “Tu indossi una maglietta e un paio di bermuda, allora anche tu sei mezzo nudo, ma evidentemente io ho poca vitalità” argomentò saccente.
“Tu non hai mai avuto molta vitalità, bella mia” osservò lui da grande esperto di vitalità “sei praticamente uno zombi”
“Solo perché non sono una maniaca sessuopatica
“Vorrai dire erotomane, perché sessuopatica non credo sia una parola del nostro vocabolario” puntualizzò acido
“Sì, invece, viene subito dopo rincoglione” asserì seria, poggiando la tazzina e fissando il suo sguardo su di lui con aria di sfida
Giacomo si massaggiò i corti capelli castani e sbottò in una sonora risata. “Ora che mi ci fai pensare credo di ricordarlo” confermò senza ombra di dubbio nel viso
Michela sospirò profondamente. “Noi siamo amici Giacomo, non rovinare tutto con la tua stronzaggine. I miei muri sono alti” ma non sufficientemente alti, pensò dentro di sé, senza avere il coraggio di esternare quel pensiero “ma vorrei rimanere tua amica alla fine di questo teatrino” spiegò, senza nascondere un filo di amara tristezza
“Scusami, le brutte abitudini sono dure a morire” sorrise malinconico “Cercherò di non rovinare tutto come mio solito”
Sembrava sinceramente mortificato e d'altronde lui non era mai stato particolarmente bravo a contenere la sua vitalità. Michela, sorrise rassegnata, stringendo gli occhi incredula. “Esci da questo corpo!” ordinò seria, cercando di esorcizzarlo
“Che ti prende?” replicò lui con un sorriso timido
“Hai chiesto scusa per la tua stronzaggine e ti stai preoccupando di non rovinare la nostra amicizia” era veramente perplessa “sono favorevolmente colpita!” lo fissava incredula
“Non guardarmi così, che mi metti i brividi”
“Cavoli, un solo giorno di convivenza con me e sei già un uomo migliore!” espose gongolante “Fra tre mesi sarai completamente guarito dalla tua sociopatia”
“Non sono un sociopatico” obiettò risentito, tracannando l'ultimo sorso di latte
La ragazza, poggiò l'indice sul mento e lo fissò pensosa, poi afferrò il cellulare e digitò la parola sociopatico su Google “definizione di sociopatico, da wikipedia: disturbo antisociale di personalità” cominciò a leggere con voce alta, squillante e tremendamente divertita “È un disturbo di personalità caratterizzato dal disprezzo patologico del soggetto per le regole e le leggi della società, da comportamento impulsivo, dall'incapacità di assumersi responsabilità e dall'indifferenza nei confronti dei sentimenti altrui” terminò di leggere e sollevò lo sguardo compiaciuta “Credo stiano parlando di te, Giacomo!” affermò con falsa meraviglia
“Non è divertente” replicò il ragazzo, senza riuscire a trattenere un sorriso
“Io lo trovo molto divertente, invece”
Giacomo si alzò di malavoglia. “Mia cara, per quanto questa sia la chiacchierata più interessante che ho avuto con una donna negli ultimi mesi, devo proprio andare a lavoro” si stiracchiò mugolando “Non riesco a passare alle tre per portare a spasso il cane, devi farlo tu prima di andare a lavoro”
“Io rientro alle nove” lo informò
“Lo so, me lo ricordo. Cercherò di uscire prima da lavoro, ma oggi sarà una giornataccia”
“Mentre ti travesti da avvocato ti preparo il pranzo” si offrì, mettendo le tazze sporche nel lavello d'acciaio “Preferisci un po' della lasagna di ieri o ti preparo una frittata?”
“Se posso approfittare biecamente della tua gentilezza, preferisco la frittata, così non mangio la stessa cosa di ieri sera”
Lei prese la padella dal forno e l'appoggiò sul piano di cottura. “Ti metto anche due mele, visto che non ho da darti una verdura d'accompagnamento. Bisogna sempre mangiare le fibre, che fanno benissimo all'intestino e ti proteggono anche dal cancro al colon”
“Dobbiamo parlare di queste cose allegre di prima mattina?” obiettò, storcendo il naso
“Come sei impressionabile” lo canzonò lei, mettendo il broncio “Mi preoccupo solo per il tuo colon” sbatté le ciglia con fare seduttivo “Da brava fidanzata incinta, non voglio che mi lasci a crescere tutta da sola un bambino invisibile! Se manco lo vedo come farò ad educarlo?” scosse la testa falsamente avvilita
“Che scema, che sei!” fece lui, divertito “Vado a lavarmi; vuoi entrare prima tu in bagno per fare pipì?”
“L'ho già fatta... grazie di preoccuparti della mia vescica”
“Volevo ricambiare la tua premura. Noi siamo una coppia che si preoccupa molto degli organi interni del partner!” la schernì, uscendo dalla cucina
Michela sospirò profondamente e prese due uova dal frigo, cercando di concentrarsi sulla frittata. Aveva cercato di sdrammatizzare, ma quella situazione cominciava a farla sentire a disagio.Ruppe le uova, picchiettando i gusci sul bordo del piatto. Aggiunse sale, pepe, formaggio e cominciò a sbattere con vigore uovo e albume, emulsionandoli un un composto omogeneo. Non amava cucinare la mattina, ma era una cosa che sua madre faceva sempre per lei quando da studentessa universitaria passava interi pomeriggi a seguire corsi ed, ora, in maniera istintiva lei lo faceva per Giacomo.
Quando il ragazzo rientrò in cucina, vestito di tutto punto, sul tavolo erano sistemate due scodelle e due mele.
“Come mai due scodelle?” domandò Giacomo, avvicinandosi
“Ho pensato che non potevo lasciarti senza verdure. Allora ti ho aggiunto dei pomodorini conditi con un po' d'olio del mio paese, origano dell'orto di mamma, un pizzico di sale e un po' d'aglio” sorrise, sollevando le spalle “tanto non devi baciare nessuna che non sia io nei prossimi tre barra quattro mesi”
“Quindi stai pianificando di baciarmi?” strinse i suoi luminosi occhi grigi sorpreso “Questo contravverrebbe alla clausola che mi impone di evitare contatti troppo ravvicinati tra noi” spiegò con aria seduttiva
“Potrai farlo solo in presenza di altre persone, così la sceneggiata risulterà più credibile” acconsentì Michela pratica “Ma senza troppo trasporto”
Giacomo sistemò le scodelle nel porta-pranzo termico, cercando di trattenere un sorriso di compiacimento. “Grazie per il pranzo, Michi” chiuse il porta-pranzo e le carezzò il viso con tenerezza, per esprimere la sua gratitudine “Mi accompagni alla porta?” domandò con voce fanciullesca “Così regaliamo un pezzo di teatro al nostro nuovo vicino”
“Credo che Valerio stia dormendo e, comunque, non credo che ci spii alle otto del mattino” osservò con aria saccente e tono acido
“E se, invece, lo facesse?”
“Non cambierebbe assolutamente un bel niente! Dubito che se non mi vede scortarti alla porta si insospettisca, magari pensa che sto ancora dormendo” replicò giocosa
Giacomo non soddisfatto della sua risposta, afferrò la mano della ragazza, prese il porta-pranzo e, mentre avanzava verso la porta d'ingresso, raccolse le chiavi della macchina dal portaoggetti posto sull'enorme baule all'ingresso, lo zaino monospalla a tracolla dall'appendiabiti e aprì la porta. “Non credo ti sia stancata in questo lungo tragitto” la schernì, ammiccando divertito
La porta di Valerio si aprì contemporaneamente alla loro.
“Buongiorno!” salutò Michela allegramente
“Buongiorno” ricambiò il ragazzo in un largo e rassicurante sorriso “Grazie per la lasagna; era veramente buonissima” ringraziò subitaneo il giovane vicino
“Sono contenta” Giacomo le strinse la mano e la fissò seccato. Scusami. Mimò appena con la bocca “Cosa vuoi che ti prepari per stasera, amore?” domandò civettuola all'amico
“Tranquilla, ci penso io. Mi tocca rientrare in anticipo per il pulcioso e ho già in mente una cena romantica che ti scioglierà da ogni inibizione”
“Davvero?” civettò leziosa, carezzandogli l'incolta barba castana in cui spiccavano peli rossicci
“Puoi scommetterci, piccola” ammiccò Giacomo sicuro di sé. Avvicinò le sue labbra a quelle di lei. “Chiudi gli occhi” le ordinò in un sussurro, spingendo la sua bocca contro quella di Michela. Le carezzava le labbra, dosando con perizia ogni sensazione, ma senza permettere che il contatto divenisse più intimo. Si staccò da lei di malavoglia. “Andiamo Valerio, ti ammollo all'università prima di andare a studio” sorrise alla ragazza e le carezzò il viso con dolcezza “fai la brava mentre non ci sono e, sopratutto, non ti strapazzare troppo”
Si allontanò da lei e principiò rapido a scendere le scale. Era in un tremendo ritardo.
“Incredibile, un atto altruistico! Certo che la presenza di Michela ti migliora decisamente” osservò Valerio, mentre gli trotterellava dietro
Michela si accarezzò le labbra con la mano destra. Le maledette mura si stavano sgretolando sotto i suoi occhi attoniti.
Un solo interrogativo affollava la sua mente in quel preciso momento: perché Giacomo stava prendendo a picconate il muro di mattoni che racchiudeva il suo cuore?


*

Erano state le tre settimane più veloci di tutta la sua vita. Il tempo le era scivolato dalle dita, senza che riuscisse a trattenerlo. Lo studio era pesante e anche il lavoro era diventato stressante! L'acquisizione di nuove pratiche fatta dalla società di recupero crediti in cui lavorava e le difficoltà economiche dell'azienda che aveva cominciato a preventivare licenziamenti, non aiutava la concentrazione nello studio, ma la presenza di Giacomo aveva reso tutto più tollerabile. Ogni giorno sembrava scandire nuove abitudini, nuovi equilibri, nuove necessità. Ad eccezione di qualche fuggevole e casto bacio e di qualche poco audace carezza Giacomo aveva rispettato tutte le clausole del loro contratto non scritto. Era attento ad avvisarla in tempo ogni qualvolta restava fuori a cena con dei colleghi di lavoro, ogni qualvolta ritardava anche solo di dieci minuti, non aveva intrattenuto alcun rapporto intimo con altre ragazze ed era rispettoso di lei e dei suoi spazi. Era attento ad ogni sua esigenza: la tisana del sabato pomeriggio per aiutarla a rilassarsi dopo una giornata di studio, il massaggio ai piedi la sera quando arrivava stanca e spossata dal lavoro, le cene, le chiacchiere, le risate, le passeggiate mano nella mano. Doveva continuamente ripetere a sé stessa che era solo un gioco, ma... stava diventando un gioco dannatamente pericoloso!
Anche la presenza di Valerio era parte di quella rassicurante routine, rimanevano spesso a parlare sul pianerottolo, mentre Pallottola abbaiava come impazzito, o a chiacchierare sul ballatoio mentre stendeva il bucato. Michela trovava piacevole la sua discreta presenza e la sua chiacchiera vivace. Era un ragazzo dolce e sensibile. E, durante quelle lunghe chiacchierate, aveva trovato molti punti in comune con lui: amavano la stessa musica, detestavano le stesse cose, erano maniaci dell'ordine e della pulizia, amavano le persone, ma tendevano ad evitarle ed entrambi erano stati mollati da poco; solo che su quell'ultimo punto non aveva potuto confrontarsi, visto che doveva continuare ad interpretare il ruolo della fidanzata felice. Non aveva mai incontrato un ragazzo con una sensibilità così spiccata, che non fosse omosessuale; invece si era dovuta ricredere. Era divertente e molto maturo per la sua giovane età ed era molto sensuale. Se Giacomo non l'avesse trascinata in quell'assurda farsa sarebbero andati oltre le chiacchiere amicali, ma lui era frenato dal forte –anche se fallace– vincolo che Michela aveva con Giacomo, mentre lei era frenata dal contratto virtuale che aveva stipulato con l'amico e dal sentimento d'amore che si stava espandendo tentacolare dentro di lei.
E mentre la sua vita prendeva nuove forme, le settimane trascorrevano senza posa.
“Ciao” la salutò Valerio, mentre girava la chiave nella toppa “Tutto bene?”
Michela era arrivata a casa trafelata e si era scapicollata fuori dall'ascensore. Era in ritardo e il povero Pallottola stava sicuramente per farsela addosso. “Sono in ritardo e Pallottola fra un po' avrà bisogno di un pannolone” replicò, girando rapidamente la chiave nella toppa
“Deve essere impegnativo avere un cane e lavorare” osservò il ragazzo, cercando di intavolare una delle loro solite conversazioni. Era sempre così fra loro, cominciavano con delle banalità e poi finivano per liberare il loro cuore da pesi che ad altri non sarebbero stati capaci di confessare.
“Giacomo mi aiuta tanto!” replicò lei sincera, aprendo la porta. Pallottola le saltò addosso e cominciò ad abbaiare contro Valerio
“Perché mi odia? Solitamente piaccio agli animali” domandò, mettendo un sensuale broncio
Michela afferrò il guinzaglio dall'appendiabiti, lo agganciò al collare in pelle nera di Pallottola e richiuse rumorosamente la porta. “Ti va di venire con me?” propose avviandosi all'ascensore, mentre Pallottola saltellava irrequieto
“Non voglio farlo innervosire” sostenne preoccupato
Effettivamente Pallottola era un cane grosso e quando abbaiava, con quel vocione profondo era abbastanza spaventoso, ma anche Valerio era bello grosso. “Tranquillo. Lui è buono; è solo diffidente!” lo tranquillizzò la ragazza, appropinquandosi all'ascensore e pigiando istericamente sul bottone per portarlo al piano.
“Da quanto tempo ce l'hai?” domandò Valerio incuriosito
“Da tre anni. Era un cucciolo microscopico, magrolino e moribondo!” sorrise, ricordando il giorno in cui lo aveva trovato “Lo avevamo trovato in campagna, nella zona dei Castelli. Era il primo di novembre di tre anni fa”
“Tu e Giacomo?”
“No, ero con la mia amica Cecilia, il suo ragazzo Carlo e con Davide, il ragazzo con cui sono stata fino a poche settimane fa”
“Poche settimane fa?” domandò il ragazzo incuriosito, stringendo gli occhi
Porca paletta! Panico.
Pensa... pensa... pensa!
Vuoto!
Era veramente un'idiota! “Tra me e Giacomo” sospirò profondamente, cercando di raccogliere le stramaledette idee “È tutto molto complicato” perché lui è un depravato che si scopa tutto il prossimo “Siamo stati insieme solo per tre settimane, quattro anni fa, e poi non abbiamo più trovato il momento giusto!” perché lui è un depravato che si scopa tutto il prossimo “Noi non siamo solo una coppia, siamo soprattutto amici” perché lui è un depravato che si scopa tutto il prossimo.
Quel imbarazzante balbettio e quei pensieri confusi, la lasciarono senza parole e scolpirono un'espressione di incredulità sul viso del giovane ed attraente vicino. Arrivarono ai giardinetti, a pochi metri da casa, senza proferire verbo; Michela temeva che se avesse cominciato a infarcire di particolari l'incontro e la finta relazione con Giacomo, poi avrebbe anche dovuto ricordarli tutti ed, inoltre, lei e il suo complice non si erano accordati per nessuna versione ufficiale. Preferiva la prudenza!
Nell'area cani, sganciò il guinzaglio e Pallottola sfrecciò per il parco come un'allegra scheggia, mentre lei lo osservava divertita “Non dovevo tenerlo” ricominciò a raccontare del giorno in cui aveva trovato Pallottola, cercando di distogliere il ragazzo dai pensieri che, sicuramente, aveva generato quel discorso balbettato sulla complicata storia che aveva con l'amico depravato. “Volevo solo curarlo e poi regalarlo a qualcuno”
“E poi?” la sollecitò il ragazzo interessato
“E poi quella sera stessa è stato malissimo. Affannava, guaiva ed io non sapevo che fare. Erano le tre del mattino ed io non ho la macchina qui a Roma. Ho bussato alla porta di Giacomo e gli ho detto che il cane stava malissimo” sollevò gli occhi al cielo terso “Non mi ha chiesto niente, è entrato in casa mia, ha visto il cagnolino appallottolato per terra, che non riusciva nemmeno a reggersi in piedi. È rientrato in casa sua, ha preso le chiavi della macchina, si è infilato il giaccone sul pigiama, ha preso il cane in braccio e lo abbiamo portato di corsa in una clinica veterinaria notturna!”



Erano seduti sugli scalini della clinica veterinaria e aspettavano che il cagnolino uscisse dalla sala operatoria. Faceva freddissimo, ma Michela non percepiva nessuna sensazione del mondo esterno; aveva il cuore stretto in una morsa di angoscia.
Giacomo le cinse le spalle con il braccio. “Tranquilla Michi, sono sicuro che ce la farà” la rassicurò affettuoso
Dovevo accorgermi che stava male, ma pensavo che fosse debole perché è magrolino e malaticcio. Non pensavo che potesse avere un trauma interno e che una macchina lo avesse investito poco prima. Quando lo abbiamo trovato era debole, zoppicava un po', ma stava bene” spiegò con la voce rotta dall'angoscia
Ehi, starà bene. Ok?” la strinse contro la sua spalla “Tranquilla” le baciò la tempia sinistra
Se me ne fossi accorta prima!” Era disperata! “Ma sono una stupida insensibile. Ero così eccitata per il giocattolino nuovo che non ho pensato a fare la cosa giusta” Si sentiva così in colpa! “Dovevo portarlo subito dal veterinario”
Non potevi saperlo e ora siamo qui” cercò di consolarla. Le sorrise con dolcezza e comprensione “Se guarisce ce lo teniamo”
Non parlavano da settimane. Avevano litigato per l'ennesima stupidaggine che Michela nemmeno ricordava più. Forse lui non le aveva detto che la vicina la cercava per darle un pacchetto che aveva ritirato per lei. Un pacchetto inutile, di cui nemmeno ricordava il contenuto, ma in quel periodo ogni scusa era buona per attaccarlo e ferirlo. Avevano deciso di rimanere amici dopo il loro breve flirt di inizio anno, lui aveva deciso che dovevano essere amici, lei aveva solo acconsentito pur di non perderlo, ma poi si era accorta che era più difficile di quanto pensasse. Giacomo aveva ragione, si era attaccata troppo. Michela non voleva essere amica di Giacomo, voleva di più. E dentro di lei pensava che prima o poi lui avrebbe cambiato idea, ma erano passati quattro mesi e lui non sembrava essere ritornato sui suoi passi e per lei era diventato sempre più complicato gestire la rabbia che le montava dentro quando lo vedeva con altre ragazze. La infastidiva l'andirivieni di donne che popolavano il suo appartamento e lui non lesinava mai nell'esternare i commenti sulle tipe che frequentava. Giacomo non le lasciava nessuno spiraglio di speranza e poi, aveva conosciuto Davide e aveva cominciato a tenerlo lontano, anche se continuava ad essere arrabbiata con lui, perché per molto tempo si era sentita solo una nel mucchio, ma quella sera aveva capito che lei non sarebbe mai stata una nel mucchio.
Non posso tenerlo. Lavoro tutto il giorno e lui deve essere portato a spasso e poi ci sono le vacanze. È troppo impegnativo tenere un cane” espose le sue ragioni con convinzione, ma con una tristezza tangibile in ognuna delle sue parole
Infatti, lo terremo insieme!” sostenne il ragazzo senza esitazione “Io e te, in due ce la caveremo. Ci organizziamo!”
Sei sicuro?” domandò lei con gli occhi luccicanti
Voglio renderti felice, Michi, e quel cane ti rende felice”
Perché?” domandò confusa. Voleva risposte, ma quella era una domanda troppo vaga, che ne nascondeva altre mille: perché mi hai lasciata, perché mi hai ferita, perché sei qui a consolarmi alle tre del mattino, perché vuoi che teniamo questo cane, perché vuoi rendermi felice, perché non mi ami!
Per la stessa ragione per cui sopporto i tuoi attacchi, per la stessa ragione per cui ti permetto di ferirmi!” affermò fermamente. E la sua risposta era risultata altrettanto vaga altrettanto fonte di libera interpretazione: perché le permetteva di ferirlo. perché non reagiva ai suoi attacchi... solo un altro mucchio di perché! L'unica risposta che Michela trovò quel giorno su quei freddi scalini, stretta al corpo caldo di lui, era che Giacomo si sentiva in colpa per averla usata e per essersi approfittato della sua debolezza. Non l'avrebbe mai amata, ma sarebbe stato un amico leale e, in una città grande come Roma, lontana dalla sua famiglia, forse aveva più bisogno di un amico che di un amante.
La veterinaria si affacciò e li invitò ad entrare. Lei entrò in clinica, seguendo la giovane dottoressa occhialuta, praticamente trascinata da Giacomo.
Per ora sta bene” li aveva tranquillizzati immediatamente la donna
Il piccolo cagnolino spelacchiato era sdraiato su una barella in acciaio. Il cuore di Michela si strinse in un pugno piccolissimo. Il cucciolo li guardava con gli occhi tristi, ma cominciò a muovere la coda non appena li vide entrare. Provò ad alzarsi, ma era indebolito dall'operazione e dall'anestesia, e ricadde pesantemente continuando a muovere la coda. Michela era rimasta imbambolata, impaurita da quello che la veterinaria le avrebbe detto e dall'esito incerto dell'operazione, mentre Giacomo si avvicinò al cagnolino e gli carezzò la testa fulva. “Ciao piccolino, ci hai fatto spaventare molto” fissò il suo guardo sereno sulla dottoressa “Come sta?”
Potete ritornare a casa, lo teniamo sotto osservazione per questa notte; ma sta bene. Starà bene” si avvicinò al cagnolino e gli carezzò il ventre “Ha tanta voglia di vivere” puntò il suo sguardo su Michela che immobile, non riusciva ancora ad avvicinarsi e le sorrise gentile “e persone che lo amano per cui farlo. Se gli starete vicini si riprenderà e sono sicura che avrà una vita lunga e felice”
Michela si sentì invadere da una mai provata, improvvisa, rilassatezza che la fece esplodere in un pianto liberatorio. Si coprì gli occhi, mentre il suo corpo era tremante per i singulti. Giacomo la strinse a sé. “Ehi piccola, sta bene. Ok?”
Lo so” singhiozzava incessantemente “So-so-no fe-fe-lice!”
Come si chiama il vostro cucciolo, ragazzi?” domandò la veterinaria occhialuta, sorridendo serena
Pallottola” replicò Giacomo, continuando a stringere Michela
La veterinaria strinse gli occhi e gli sorrise amichevole, mentre Michela si staccò dall'abbraccio di Giacomo. “È un nome orrendo” sbottò, asciugandosi gli occhi e tirando su col naso
Perchè? È un nome fortissimo, invece”
Pallottola. Pallottola. Pal-lot-to-la!” cominciò a ripetere il nome per tentare di abituarsi al suono, ma... “È veramente orrendo!” sentenziò senza ammettere repliche
Michi, pensaci, chi altri ha un cane di nome Pallottola?” osservò entusiasta
Nessuno, perchè è un nome orrendo” replicò la ragazza, allargando le braccia
Potremmo fare un elenco di nomi e poi decidere quello che ci piace di più” cominciò ad argomentare serio “ma nel mio elenco ci sarebbe solo Pallottola, mentre nel tuo ci sarebbero una serie di nomi banali. Io potrei anche cedere, ma in quel caso il nostro cane avrà delle profonde crisi di identità perchè quando lo chiameremo si gireranno ottomila cani”
Lei cominciò a ridere e scosse la testa finalmente rilassata. “È un nome troppo lungo!” osservò incerta. “Sarà un cane maleducatissimo”
Entrambi sapevano che la decisione era stata presa. “Lo diremo molto velocemente, così sembrerà più corto” suggerì in un largo sorriso
Vada per Pallottola” asserì giocosa “In fondo non è poi così male!”
Quel giorno aveva pensato per la prima volta Che peccato! e aveva cominciato a mettere su il primo mattone del muro anti-stronzo! Aveva preso la decisione di non voler perdere una persona a cui teneva solo perché quella persona non ricambiava i suoi stessi sentimenti, ma aveva anche deciso di non permettergli di ferirla di nuovo. Non ne avevano mai parlato, ma era quello il loro unico vincolo. Lei avrebbe eretto, mattone dopo mattone, un muro altissimo, che lui si impegnava a non abbattere!



“Lo avete salvato!” sostenne il ragazzo, avvicinandosi a Pallottola, che si era fermato ad una fontanella per abbeverarsi. Era circospetto, impaurito dalla stazza medio grande del fulvo meticcio, ma riuscì ad accarezzarlo.
Lui ha salvato noi, pensò Michela con un sorriso malinconico. “Diciamo di sì!”
Pallottola, ormai fiducioso, cominciò a scodinzolare e ad abbaiare in cerca di altre carezze “Direi che siamo diventati amici!” osservò Valerio gioioso
“Mi sembra un buon inizio” replicò la ragazza, mentre il pensiero... dio quanto è carino, gli attraversava la mente
“Domani sera avete deciso se venite alla festa di compleanno di papà?” domandò il ragazzo mentre accarezzava il cane. Michela stinse gli occhi, confusa. Di cosa stava parlando? “Giacomo ha detto che non era sicuro di venire, perché tu la sera preferisci non fare tardi” Perchè gli aveva mentito?
Cosa c'era veramente dietro tutta quella storia?


Finito anche questo!
Nel prossimo capitolo cominceremo ad aggiungere un tassello a ciò che nasconde Giacomo e cosa c'è veramente dietro questa farsa
Aspetto i vostri commenti e vi ringrazio del supporto!
Grazie e alla prossima;).
Raffa

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Capitolo 4
*** Favole ***


Capitolo IV
Favole


Michela non riusciva a concentrarsi sul grosso tomo di Economia Tributaria. Le parole nere e regolari che vergavano le pagine, le sembravano scritte in una lingua sconosciuta. Era seduta sul pavimento a gambe incrociate, con la schiena appoggiata al divano panna e il testone sbavante di Pallottola sulle gambe, con la mente persa altrove. Nei giorni precedenti aveva studiato alacremente, tappezzando il libro di post-it colorati, riempiti di una scrittura minuta, fitta e regolare, ma in quel caldo pomeriggio riusciva a malapena a ricordare di averli scritti. Era distratta da quanto Valerio le aveva detto al parco in merito alla festa di compleanno del padre. Giacomo gli aveva mentito e aveva mentito anche a lei e proprio le sfuggivano le ragioni di quella ennesima inutile bugia. Una festa a casa Petroli, quale occasione migliore per sfoggiare la sua falsa fidanzata incinta.
Quella storia cominciava a renderla nervosa. C'era un maledetto tassello mancante in quella pazza storia in cui era stata trascinata. Cosa le stava nascondendo Giacomo? Chiuse il libro sbuffando, era inutile rimanere a fissare il nulla. Si sollevò dal pavimento e si appropinquò in cucina, con le rotelline della testa che continuavano a girare vorticosamente in cerca di una soluzione. Le stava sicuramente nascondendo qualcosa, ma cosa di così terribile da dover essere nascosto a lei? Prese un calice dalla credenza, si versò del vino bianco e ruotando lentamente il bicchiere, osservò le bollicine che salivano rapide verso la superficie. Un pregiato Offida Passerina* del 2005. Lei non aveva la più pallida idea se fosse o meno una buona annata, sapeva solo che era buono. Giacomo era un intenditore di vini e di quelle cose da fighetti che facevano colpo sulle ragazze. La prima volta che l'aveva portata in enoteca era rimasta molto colpita dalla dimestichezza con cui ordinava vino e dalla profonda conoscenza che aveva dei vitigni italiani più pregiati. Non era noioso, era interessante, divertente e tremendamente sensuale. Sorseggiò il vino frizzante, lasciando che la freschezza delle bollicine raffreddasse l’arsura di quei giorni. Se Giacomo le stava nascondendo qualcosa, forse era qualcosa che indirettamente coinvolgeva anche lei! Ma cosa? Lasciò il bicchiere mezzo pieno sul tavolo e, presa da un leggero languorino, tagliò una fettina di salame; mentre la portava alla bocca, pensò che quello che l'amico le stava nascondendo probabilmente era un qualcosa che l’avrebbe fatta tremendamente incazzare. Le stava venendo un fortissimo mal di testa con tutti quei pensieri disconnessi! Decise di dedicarsi alla preparazione della cena e di cercare una soluzione un altro giorno.
Tagliò le verdure per la ratatouille: zucchine, peperoni gialli e rossi, melanzane e pomodori ramati. Le verdure facevano bene, ma era veramente un’operazione noiosa pulirle e tagliarle. Mentre la ratatouille sfrigolava nella padella, infornò il branzino al cartoccio. Si sedette e, mentre sorseggiava il vino ormai caldo, controllò l'ora sul cellulare. 20:12. Era tardi! Come mai Giacomo non rientrava? Perché non l'aveva avvisata di quell'insolito ritardo? Cominciò a preoccuparsi, forse era successo qualcosa che gli impediva di contattarla.
“Tutto bene?” scrisse rapida, con un testo di messaggistica veloce
Dopo pochi minuti arrivò la sua rassicurante risposta. “Tutto bene. Ti ho fatto preoccupare:)?”
Michela si sentì finalmente risollevata. “Un po'!” replicò sincera
“Perdonami, piccola, ma sono ancora impicciato in una riunione fiume con Petroli. Arrivo fra un po'!!!!”
“Ne hai ancora per molto?” domandò con il cuore in gola. A cosa era dovuta quella inusuale apprensione?
“Dipende da cosa mi aspetta al rientro”
La stava tentando? “Ratatouille di verdure e branzino al cartoccio” digitò la ragazza, cercando di metterla su un piano strettamente culinario
“Menù appetitoso, ma io ho un altro tipo di fame”
Michela fissò il messaggio sconcertata. Che stava facendo quello stupido idiota? “Pensavo fossi a dieta”
“Una strega cattiva mi ha fatto un sortilegio e ora sono sempre affamatissimo”
Perché faceva così? “Deve essere proprio una tipa cattivissima”... e perché lei ci giocherellava intrigata, invece di troncare quel maledetto gioco?
“Decisamente, ma è tremendamente sensuale”
Sbuffò e pensò che era veramente un grandissimo stronzo. “Se la incontro le dico di scioglierti dall'incantesimo, ma nel frattempo accontentati di quello che ti ho preparato”
Appoggiò il cellulare a testa in giù sul tavolo e si avviò in bagno. Sentì il trillo di un nuovo messaggio, ma decise volutamente di ignorarlo. Non voleva essere trascinata in quel gioco di seduzione che non era in grado di vincere. Aveva bisogno di un caldo bagno rigenerante. Mancavano pochi mesi alla fine di quello stillicidio e poi sarebbe stata di nuovo libera da quel desiderio di lui, che cominciava a premerle dentro il petto e che si espandeva dentro i suoi visceri. Osservava rapita l'acqua scorrere rapida e la schiuma crescere come una soffice nuvola bianca. Continuava a pensare che c'era qualcosa di molto strano dietro tutta quella storia. Le mentiva, cercava di sedurla e le stava sicuramente nascondendo qualcosa di grosso; qualcosa che riguardava una donna. Filippo aveva parlato di una tipa che non lo filava di pezza. Si liberò di vestiti da casa e dell'intimo e si immerse nell'acqua calda. Aveva bisogno di rilassarsi, ma non riusciva ad impedire alla sua mente di arrovellarsi in cerca di una risposta. Di chi parlava? Forse della moglie del loro datore di lavoro o forse di una ragazza più giovane. In che modo era coinvolta quella tipa misteriosa in quella pazza storia? Aveva provato più volte ad affrontare la questione con Giacomo, ma lui continuava a glissare le sue domande e, più lei insisteva, più lui spingeva il gioco di seduzione oltre i limiti che la loro amicizia imponeva. L’aveva trascinata dentro, ma voleva chiaramente tenerla fuori; quella era una perfetta sintesi della sua relazione con Giacomo Ferri. Giocherellava con la schiuma e, per la prima volta dall’inizio di quella storia, valutò seriamente la reale necessità di conoscere un qualcosa che Giacomo cercava di nasconderle con tanta perizia. In fondo, lei voleva rimanere sua amica, lo aveva accettato per ciò che era, aveva accettato il loro rapporto per ciò che era e aveva bisogno di quei soldi per il master alla Bocconi; il resto erano solo inutili fronzoli.
Stava per uscire dalla vasca quando sentì la chiave girare nella toppa e vide Pallottola sfrecciare verso l'ingresso. Cazzo! Ma quanto tempo era rimasta a mollo nella vasca? Si calò nuovamente nell’acqua, cercando di coprirsi frettolosamente con la schiuma.
“Buonasera, Michi” salutò Giacomo, con le braccia conserte al petto ed un sorriso sfrontato disegnato sulla faccia “Che splendida accoglienza!”
“Ti spiacerebbe riscaldare la cena, mentre mi rivesto?” lo sollecitò, cercando di mantenere una calma che in quel momento non aveva
“Perché dovrei?” replicò sollevando le spalle e fissandola come un lupo pronto a placare la sua fame “Pensavo di rimanere qui a farti compagnia, non vorrei che affogassi ed io non avessi la possibilità di correre in tuo soccorso” espose, liberandosi della giacca e lanciandola sul divano della sala-ingresso
“Tranquillo, sono un’ottima nuotatrice” sostenne lei, in un largo e rassicurante sorriso
“Potresti sempre scivolare” insistette, allentando il nodo della cravatta e sbottonando il bottone del colletto della camicia
Si stava spogliando? “Ho il tappetino antiscivolo”
“Potresti prendere un raffreddore mentre arrivi all'accappatoio” insistette, mostrandole l'accappatoio come un trofeo
Doveva essere una stanza da bagno molto pericolosa la sua, visto che lui ravvedeva tutti quei pericoli mortali. “Non avevi una riunione fiume?” domandò Michela, cercando di cambiare discorso
“Sì, ma ti ho scritto che stavo rientrando, visto che la strega cattiva sembrava molto affamata” ammiccò seducente, leccandosi il labbro inferiore. “Non pensavo che avesse però il mio stesso tipo di fame”
Il maledetto messaggio che non aveva letto. “Io ho fame di ratatouille e branzino” affermò senza esitazione “quindi se esci e mi lasci l'accappatoio sul lavandino, mi vesto e ceniamo” propose con fare tranquillo
“Vieni a prenderlo” la tentò, mostrandole l'oggetto del suo desiderio
“Non mi piace affatto questo gioco, va contro una delle clausole del nostro contratto” obiettò seccata, sollevando gli occhi ed evitando di incrociare il suo sguardo
“A quale clausola ti riferisci?” domandò Giacomo stringendo gli occhi
“Nessun incontro ravvicinato fra noi” spiegò incredula “Tu sei un avvocato, non puoi aver dimenticato una clausola”
“Non l'ho dimenticata, solo che questo non è un incontro ravvicinato” sorrise come un bambino con davanti un'enorme torta al cioccolato “Se lo vuoi, vieni a prenderlo”
“Potrei rimanere in questa vasca finché non ti stancherai di questo stupido gioco” lo sfidò senza mostrare alcuna inflessione nella voce, mentre il cuore le tamburellava impazzito nel petto
“Domani è sabato. Potrei restare qui tutto il fine settimana aspettando che tu ti decida”
“Prima o poi ti verrà fame”
“Dai, Michi. Ti ho già visto nuda ed io ho una buona memoria con le donne. Cosa ti imbarazza?” domandò, mordendosi il labbro inferiore
“Mi stai molestando” sostenne gelida, mentre sentiva il suo corpo invaso da desideri che pensava sopiti “Noi siamo legati da un contratto, quindi tecnicamente sei il mio datore di lavoro e queste sono molestie sul luogo di lavoro a tutti gli effetti”
“Sei nuda e in una vasca da bagno piena di schiuma, sei tu che mi stai molestando, mia cara!” affermò giocoso, mentre si avvicinava sornione alla vasca
“Cosa fai?” domandò, immergendosi più profondamente nell'acqua
Il ragazzo allargò il morbido e bianchissimo accappatoio. “Esci dall'acqua, Michi” ordinò, senza alcuna emozione. Lei lo fissava guardinga. “Tranquilla, sono affamato, ma non ti mangerò” sorrise con un distacco che le gelò il sangue “Non senza il tuo consenso, ovviamente!”
Michela rimase per un attimo incredula, di fronte a quell'ordine che sembrava non ammettere repliche. Cosa voleva dimostrare? E cosa voleva dire con quel non senza il tuo consenso? Non avrebbe mai avuto il consenso a fare un bel niente, quell’idiota pomposo e pieno di sé. Si levò dalla vasca, senza farselo ripetere. L'acqua scivolò veloce sulla sua pelle bagnata.
Fissò il suo sguardo fiero su Giacomo. “Ti piace lo spettacolo?” domandò seria, voltandosi ed infilando il braccio sinistro nella manica dell'accappatoio.
“Uno degli spettacoli migliori dell'ultimo anno” replicò il ragazzo, aiutandola ad infilare l'altro braccio
Michela si avvolse nel corto accappatoio bianco, annodò la cinta di stoffa alla vita ed uscì dalla vasca. “Allora credo che ora tu possa andare a riscaldare la cena mentre mi rivesto o preferisci assistere?” lo tentò seducente, a pochi centimetri dal viso di lui
“Mi piacerebbe molto, ma per oggi può bastare” sorrise provocatorio “Penso che farò pipì e poi andrò a riscaldare la cena, come mi avevi chiesto” le carezzò il viso con sensuale delicatezza “Sempre che tu non voglia domandarmi di restare. A tuo rischio e pericolo”
Michela uscì senza aggiungere altro. Non voleva che la situazione trascendesse. Giacomo non era mai stato bravo a contenere le sue voglie e la lunga astinenza non gli era di grande aiuto; ma lei non temeva le voglie di lui, finché fosse stata capace di gestire le sue di voglie. Entrò in camera da letto e recuperò della biancheria intima dal cassetto. Infilò le mutandine e lasciò cadere l'accappatoio sul pavimento. Il cuore continuava a tamburellarle impazzito nel petto. Lei non temeva il desiderio di Giacomo, ma cominciava a temere il suo di desiderio. Le parole sfrontate del ragazzo, quella voce seducente e carezzevole, le invadevano la testa, facendole scorrere brividi di piacere lungo la schiena. Anche lei era affamata e cominciava a desiderare che il lupo la mangiasse con sensuale lentezza. Premette i palmi contro gli occhi chiusi. Perché quello stronzo si comportava in quel modo assurdo? Forse doveva provare ad affrontare nuovamente l'argomento oppure poteva prenderlo a secchiate sulla testa finché non rinsaviva oppure potevano entrambi assecondare quella fame e perdersi nell’amplesso della carne. Lei aveva eretto muri altissimi ed il sesso non implicava necessariamente un coinvolgimento affettivo. Era una cosa che desideravano entrambi ed entrambi avevano il giusto distacco; forse non era un’idea da scartare senza nemmeno prenderla in considerazione. Infilò un paio di pantaloncini di jeans e una canotta fuxia che le cadeva morbida sui fianchi. Quando entrò in cucina, Giacomo aveva già apparecchiato e aveva sistemato il pesce ben pulito in grossi piatti bianchi e la ratatouille al lato. Alzò lo guardo su di lei, distraendosi dalla pulitura del suo branzino.
Si era liberato dagli abiti del lavoro ed indossava una maglia nera con la scritta Go To The Hell Today ed un paio di bermuda verde pistacchio. Quel suo stile canzonatorio cozzava con l’uomo elegantemente vestito che aveva cercato di sedurla sulla porta del bagno. Era quella sua dualità che l’aveva disorientata nel passato e che continuava a confonderla nel presente. “Grazie per averlo pulito anche per me” ringraziò Michela timidamente, accomodandosi di fronte a lui
Lui sorrise, soffermando lo sguardo sul viso pensoso di Michela. “Ti preferivo vestita con la tua tenuta da bagno” affermò divertito, mentre portava un pezzo di branzino alla bocca
“Ero nuda!” affermò Michela con disappunto
“Appunto”
Lei scosse la testa rassegnata, addentando un pezzo di melanzana della ratatouille. “Non è un complimento” Ma come aveva solo potuto prendere in considerazione la possibilità di andare a letto con quel pervertito?
“So quando faccio un complimento e questo è un complimento”
“Mi stai tacitamente dicendo che vesto male” sbottò acida
“No, tesoro, ti sto dicendo che molte donne coprono le loro imperfezioni con i vestiti, tu invece non ne hai alcun bisogno” sorrise ammiccante
“Per me non è un complimento!” insistette la ragazza seccata
“Fallo decidere a me che ho le ghiandole giuste qual è un complimento” con la bocca ancora piena di cibo affermò improvviso “Hai delle tette bellissime; né troppo grandi, né troppo piccole. Giuste!” ammiccò divertito “Ricordavo bene!”
“Potremmo non parlare delle mie tette, per favore?” sbottò sbigottita
“Non capisco perché! Ti sto facendo un complimento!”
“Non potresti dirmi, che ne so che ho dei begli occhi o uno stupendo sorriso? Questi sarebbero complimenti molto più graditi”
“Ovvio, perché tutti gli uomini si soffermano sugli occhi e sul sorriso. Le tue tette meritano decisamente di ricevere complimenti proprio come occhi e sorriso; perché discriminarle per stupidi tabù?”
“Non voglio parlare delle mie tette!”
“Va bene” sollevò le spalle falsamente dispiaciuto “Allora ne parlerò con Filippo”
“Non devi assolutamente parlarne con Filippo” gli ordinò allarmata
“Allora potrei dare qualche spoiler a Valerio” sollevò il labbro ed il suo viso fu attraversato da un lampo di maligna provocazione “Se sa cosa si sta perdendo potrebbe cominciare ad essere un po’ più audace”
“Ti proibisco categoricamente di parlare delle mie tette con chi che sia” ordinò la ragazza visibilmente arrabbiata
“Troppo tardi!” affermò Giacomo, ripulendo il piatto con il pane e lanciandolo a Pallottola che lo osservava sbavante e scodinzolante “Veramente buone queste verdurine. E sai che io odio le verdure”
Ma quanti anni aveva? Dodici? “In che senso troppo tardi?”
“Ne avevo già parlato con Filippo un po’ di anni fa, comunque anche lui aveva notato che erano niente male”
“Cosa?” replicò lei con le pupille fuori dalle orbite. Era sconcertata!
“Filippo condivide con me che hai delle belle tette” confermò con aria ingenua ad una evidente domanda retorica
“Non voglio che tu parli con nessuno delle mie tette” scosse la testa agitata “E voglio dimenticare quanto prima questa surreale discussione! Mio Dio, non riuscirò più a guardare Filippo negli occhi”
“Tranquilla non c’è bisogno di guardarlo negli occhi, tanto lui ti guarda le tette!” la schernì sorseggiando un bicchiere dell’Offida Passerina che lei aveva aperto poco prima.
“Smettila” ordinò, affondando la testa tra le braccia “Filippo ora esce con Cecilia, che è la mia migliore amica, non puoi parlare con lui delle mie tette” sussurrò al tavolo
“Ne avevo parlato prima che cominciasse a uscire con la tua amica" spiegò poco interessato "E comunque non capisco perché te la prendi tanto. Scusa, voi donne non parlate degli uomini? Delle loro parti anatomiche?” domandò incuriosito
“Qualche volta, ma non te lo vengo di certo a riferire, mettendoti in imbarazzo con i tuoi amici” sbottò sollevando la testa dalle braccia ancora conserte sul tavolo e fissandolo depressa
Giacomo sorrise ammiccante, appoggiando i gomiti sul tavolo e accorciando la distanza fra loro. “Tu non hai mai lodato il mio giacomino, con Cecilia?”
Giacomino?” Michela strinse gli occhi confusa, mentre il ragazzo le sorrideva gongolante, mordendosi il labbro inferiore e giocherellando con un brufolo che gli era spuntato sulla guancia sinistra “Tu hai dato un nome ai tuoi genitali?” domandò basita
“Sì, perché no! Giacomino mi fa fare sempre la figura del leone, ho pensato che si era meritato un nome tutto suo”
Come aveva potuto fare sesso con un deficiente del genere, che dava un nome ai suoi genitali? “Tu sei completamente fuori di testa!”
“Dovresti dare un nome anche alle tue tette” annuì teatralmente “Se lo sono proprio meritate”
“Smettila di parlare delle mie tette” ululò indispettita “E non darò mai loro un nome, non sono mica una pazza svitata”
“Glielo darò io per te. Che ne dici di poti e poti” mimò con le mani, scoppiando in una sonora risata.
La ragazza lo fissava tra l'incredulo ed il disgustato. “Non è affatto divertente”
“Se vedessi la tua faccia, sapresti che invece è una scenetta esilarante” era quasi piegato in due dalle risate “Dio che faccia che hai” non riusciva a smettere di ridere “Sei così divertente! Credi proprio a tutto quello che ti dico”
“Smettila di ridere, brutto deficiente!” ordinò mettendo il broncio e versandosi del vino “Fatti una domanda del perché credo a queste idiozie”
“Perché sei una splendida ed ingenua cappuccetto rosso, con delle bellissime tette, pronta ad essere divorata dal lupo cattivo!” spiegò sornione, cercando di trattenere la ridarella
Michela corrucciò la fronte furibonda. “Penso solo che tu sei talmente idiota che potresti tranquillamente dare un nome ai tuoi genitali”
“Sì, certo, come no!” cercò di trattenere le risate, ma sembrava fare una fatica enorme. “Non dovresti bere, fa male al bambino” espose, cercando di mostrare compostezza
“Io non sono incinta!”
“Se bevi in casa potresti farlo inavvertitamente fuori, quindi meglio se non bevi” osservò pratico “E poi fa male al bambino”
“Io non sono incinta!” la stava facendo veramente innervosire “E magari, per solidarietà nei confronti della madre del tuo bambino invisibile, forse potresti smettere di bere anche tu”
“Io non sono incinto, mi occuperò del bambino fra sette mesi quando nascerà” affermò compartecipe
“Io non sono incinta e non ci sarà nessun bambino da crescere fra sette mesi”
“Sei troppo nervosa Michi, non fa bene al bambino”
“Io non sono incinta” ripeté innervosita
“Tu hai preferenze?” domandò interessato. Il suo sguardo era diventato improvvisamente serio
“Preferenze, in che senso?” chiese senza capire dove il ragazzo volesse andare a parare
“Preferisci un maschio o una femmina?”
“Giacomo, io non sono incinta, tu lo sai vero?” cominciò a dubitare della sanità mentale dell'amico
“Ovvio, ma non ne abbiamo mai parlato. Tu preferiresti un maschio o una femmina?”
Avrebbe voluto prenderlo a sediate, ma decise di rispondere comunque a quella strana domanda. Cosa preferiva? Maschietto o femminuccia? Non ci aveva mai pensato, non aveva mai pensato all’eventualità di un figlio. Voleva dei figli e una famiglia, ma la vedeva come una cosa ancora lontana. “Per me è indifferente, vorrei solo che fosse sano”
Lui le sorrise e allungò il braccio, stringendole la mano destra. “Sarà sanissimo” la tranquillizzò con trasporto
“Io non sono incinta” ribadì con lento sconcerto. Forse aveva bevuto troppo, anche se a lei non era sembrato!
Scosse la testa ignorandola. “Io preferirei un maschietto. Con tutti i pervertiti che circolano non mi sentirei tranquillo ad avere un bambina”
“I pervertiti?” ripeté sarcastica “Ne conosci qualcuno?”
“Non essere spiritosa, c'è gente poco raccomandabile fuori da queste mura sicure!”
Era veramente un sociopatico. “Anche all'interno di queste mura, se vogliamo non lasciarne fuori nessuno” puntualizzò ironica
“E poi, il pensiero che un rincoglione le metta le mani addosso, mi manderebbe fuori di testa!” Forse la pensava in quel modo, perché aveva un’idea abbastanza precisa di cosa un rincoglione era capace di fare ad una povera sventurata. E per la legge del contrappasso sua figlia sarebbe stata la preda preferita di tutti gli stronzi del pianeta Terra, anzi forse avrebbe attratto anche quelli al di fuori del sistema solare. Probabilmente temeva la vendetta del grande carma celeste! “Però se sarà una bambina, spero che sia bella come te”
“Io-non-so-no-in-cin-ta” sillabò molto lentamente, pronunciando la frase come un’unica lunga parola
“Michi, tu non prendi questa cosa con la giusta serietà. Se non ci credi a sufficienza sgameranno la nostra farsa”
Ovvio, il problema era che lei non si calava bene nella parte della donna incinta. Lo fissò con aria di sufficiente rassegnazione. “Valerio mi ha detto che domani sera ci sarà la cena di compleanno del padre” lo sguardo canzonatorio e divertito di Giacomo, lasciò il posto ad uno sguardo duro e penetrante “Pare che noi non andremo perché a me non piace fare tardi la sera”
“E’ chiaro che tu abbia interesse in lui, ma questo vostro legame comincia ad innervosirmi” era chiaramente ostile “non mi interessa cosa accadrà dopo questa messinscena, ma per il momento gradirei che limitassi le vostre conversazioni”
“Perché gli hai mentito?” domandò Michela con aria grave, ignorando volutamente quell’ordine perentorio
“Se avessi voluto che tu lo sapessi, ci avrei pensato io ad informarti; non ho bisogno del messo papale per parlare con la mia donna”
La sua donna? “Io non sono la tua donna” obiettò la ragazza secca
“Lui pensa, anzi, lui sa che tu sei la mia donna e la madre di mio figlio. Quindi non è assolutamente necessario che invada il mio territorio”
Perché era così ostile? “Non è questo il punto, Giacomo!”
“È uno dei punti, Michi”
“Allora, arriviamo al punto principale: perché mi hai mentito?”
“Io non ti ho mentito, tecnicamente ho solo evitato di dirtelo” sottolineò freddamente, mentre la ragazza lo fissava in attesa della sua risposta “Perché la ritengo una mossa azzardata. Temo che non saremo credibili, soprattutto in presenza di Valerio”
“Non capisco”
Sorrise, di un sorriso malevolo che aveva visto poche volte sul suo viso di ragazzino impertinente. “Lui ti piace. Lo so io, lo sai tu e credo che se ne sia accorto anche lui. Gli uomini tendono a battere con tanta insistenza solo quando sono certi che c’è una scopata in arrivo”
“Non faccio niente di male. E noi due non stiamo insieme” puntualizzò, attanagliata dalla colpa come una moglie fedifraga
“Non fraintendere Michi” si alzò e si avvicinò a lei “A me non interessa se lui ti piace, se ti gratifica quando ti trotterella intorno come un cagnolino in calore, se non vedi l'ora di sbarazzarti di me per avere finalmente spazio libero”
“Stai straparlando, Giacomo” replicò lei sulla difensiva
Il ragazzo si chinò su di lei, con le labbra a pochi centimetri da quelle di Michela. “Conosco bene quelli come voi” lei strinse gli occhi e lo fissò con aria interrogativa “Sì, Michi, lui è come te. Ha ventitré anni, ma è come se ne avesse novecento. In attesa della donna della sua vita, pronto già nell'utero per una relazione lunga e stabile, desideroso di mettere su famiglia. Il cane già ce l'hai, vi manca solo un gatto e 2,5 figli e un giorno sarete di sicuro il manifesto della famiglia perfetta” sorrise, avvicinandosi ancora di più a lei, che rimase seduta, intrappolata dalle sue braccia saldamente appoggiate tra la sedia ed il tavolo “Lui è il cacciatore che salva cappuccetto rosso, è il principe azzurro che sveglia la bella addormentata dal sonno eterno, è il nobile soldatino di piombo pronto a tutto per raggiungere la bellissima ballerina di carta”
I grigi occhi di Giacomo erano così freddi, che il cuore di Michela si strinse in una morsa. “Suppongo che io sia la principessa, la ballerina e cappuccetto rosso” osservò, senza distogliere lo sguardo dagli impassibili occhi di lui. “E tu chi sei?”
Le carezzò il viso e, poi, giocherellò con la punta della lunga coda di lei, lasciando che i capelli scivolassero come morbida seta tra le sue dita. “Io sono il lupo cattivo, mia eccitante cappuccetto rosso” il sorriso si spense sulle sue labbra “sono il giocattolo a molla a forma di diavolo che lancia una maledizione sul soldatino e sulla ballerina condannandoli a non essere mai felici” appoggiò le sue labbra su quelle di lei, assaporando il gusto fruttato della sua bocca “sono l'orco cattivo di pollicino” sussurrò sulla sua bocca, in cerca di un bacio più intimo “Sono il lupo Ezechiele, che con un soffio butta giù le case dei tre poveri porcellini e li divora**” spinse la lingua nella bocca di lei.
Michela era rimasta senza fiato, incapace di reagire, di fronte a quello strano comportamento. Percepiva il desiderio di lui su quelle labbra che cercavano avide le sue, sulla sua lingua che titillava il desiderio di lei nella spasmodica ricerca della sua bocca, delle sue labbra, della sua lingua. Michela aveva tentato di opporsi, ma poi fu invasa dal desiderio del desiderio di lui. Ormai sazio, Giacomo si staccò dalle labbra di lei. “Non voglio abbattere i tuoi muri, Michi” confessò con il fiato corto, gli occhi chiusi e la fronte appoggiata a quella di lei “ma in questo momento ho una voglia incontrollabile di te!”
La ragazza non riusciva a replicare, incapace di controllare il desiderio che quel bacio aveva scatenato dentro di lei. “Dobbiamo chiudere fuori Pallottola, se non vogliamo che salti sul letto”
“Ottimo suggerimento” replicò il ragazzo compiaciuto per quel tacito assenso e ricominciando a baciarla con intenso trasporto
Michela si staccò improvvisamente da lui. Chiuse gli occhi e serrò le labbra perdendosi nel sapore di quel impetuoso bacio. Non poteva lasciargli abbattere quel muro; lui l'avrebbe fatta a pezzi, se glielo avesse permesso. “Se ti lascio entrare ti trasformerai nel cacciatore?” domandò a testa bassa, con quel minimo di lucidità che la mente ottenebrata dal desiderio le aveva concesso
“Un lupo cattivo non potrà mai trasformarsi in un cacciatore” sfiorò la fronte di Michela con le sue labbra calde, ancora inumidite dal loro bacio “Vai a studiare un altro po' Michi, faccio io i piatti”
La ragazza si alzò dalla sedia senza replicare, mentre Giacomo la liberava da quelle invisibili catene. “Allora, domani sera andiamo alla festa di compleanno del tuo capo?” domandò tranquilla, voltandosi e rimanendo immobile in attesa della sua risposta
“Se è quello che vuoi” sembrava tormentato. Perché non voleva andare? Cosa lo frenava? “Indossa il vestito più bello che hai e andiamo a recitare la scena madre del nostro piccolo spettacolo”
“Perfetto!” assentì gelida
“Michi?” la ragazza si fermò, senza voltarsi, con la mano destra serrata a pugno sul petto, cercando di impedire al suo cuore di catapultarsi fuori dallo sterno “È stato molto divertente vivere con te”
Qualsiasi cosa Giacomo le stesse nascondendo, Michela lo avrebbe sicuramente trovato a quella festa!



* Vitigno a bacca bianca autoctono dell'Italia centro-Adriatica, la Passerina ha origini molto antiche e un'ampia serie di appellativi che lo identificano in differenti regioni. La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Offida” deve il suo nome all'omonimo Comune in provincia di Ascoli Piceno (la pronuncia corretta è “Offìda”). I vini ottenuti dall'antico vitigno Passerina, qualora rispondano ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione Docg “Offida”, vengono indicati dalla tipologia “Offida Passerina”.

** nella storia il Lupo Ezechiele non mangia i tre porcellini, ma con il suo soffio riesce ad abbattere solo due delle tre casette (quella di paglia e quella di legno), ma Timmi e Tommy poi si rifugiano nella casetta di Jimmy e riescono a sconfiggere il lupo cattivo.

Finito!
Fra un paio di capitoli scopriremo cosa nasconde tutta la pantomima di Giacomo.
Ho lasciato, come sempre, degli indizi e Michi sta cercando di mettere insieme i tasselli e farvi arrivare ad una soluzione... idee???;)
Ci riaggiorniamo fra una decina di giorni... Alla prossima
Lella80

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Capitolo 5
*** Bugie o mancate verità? ***


Ciao a tutti,
visto che il capitolo precedente ha ricevuto un numero di recensioni più alto rispetto al solito, ho deciso di postare il capitolo 5 con una settimana di anticipo rispetto a quanto preventivato. Grazie per il supporto!
L'ho riletto una volta, quindi spero non ci siano strafatcioni!
Buona lettura a tutti
Lella80


Capitolo V
Bugie o mancate verità?


Il rumore dei piatti e lo scrosciare dell'acqua arrivarono fino alle orecchie allertate di Michela, che accoccolata sul suo lato del letto cercava di capire cosa stesse succedendo tra lei e Giacomo. La loro amicizia non era mai stata un'amicizia, lei lo sapeva, lui faceva finta di non saperlo ed i loro amici li osservavano in attesa di sviluppi che non sarebbero mai arrivati, ma lui non si era mai spinto oltre. Il giorno in cui avevano salvato Pallottola avevano tracciato una linea netta tra loro che nessuno dei due aveva cercato di travalicare. Avevano deciso di essere amici, anche se per lei era sempre stato difficile. Quello che aveva provato per lui era stato intenso e travolgente, ma troppo breve. Era andata avanti, aveva incontrato altri ragazzi, aveva avuto una relazione lunga con Davide, ma il desiderio di lui era rimasto profondamente radicato nel suo cuore.
Con gli occhi chiusi, ricordò il giorno in cui vide Giacomo per la prima volta. Erano passati quattro lunghissimi anni...


Aveva le braccia cariche di buste. Entrava in un supermercato sempre con l'idea che non le serviva niente e poi riusciva a riempire un carrellino intero come se fosse pronta per una carestia. Suo padre le aveva trasmesso il gene dell'apocalisse. Però era sempre soddisfatta di sé stessa alla fine della spesa, perché comprava una marea di cose e spendeva sempre pochissimo, acquistando cose mediamente di buona qualità. Appoggiò le buste a terra e cominciò a cercare le chiavi nella borsa; impresa titanica visto che la sua borsa era praticamente una specie di sacco di pelle senza tasche. Adorava quella borsa, sua madre gliel'aveva comprata due anni prima per i suoi ventun anni, ma era veramente scomoda. Era una specie di pozzo nero nel quale nulla poteva più essere ritrovato!
Batté i piedi nervosamente. “Dove siete maledette chiavi!” sbraitò irritata “Stupidissima borsa”
Faccio io”
Sollevò lo sguardo e rimase immobile, affascinata dal proprietario di quella voce calda e profonda. Era un ragazzo alto, con corti capelli castani, un'incolta barba ramata e dei bellissimi e particolari occhi di un'intensa tonalità di grigio. Le sorrise affabile e senza che lei glielo chiedesse, afferrò due delle tre buste ed entrò, tenendole aperto il pesante portone.
Non entri?” la sollecitò gentile
Grazie” ringraziò Michela timidamente
Il ragazzo proseguì sicuro verso l'ascensore, mentre lei lo seguiva stranita. O era un ladro di buste, che l'aveva seguita per settimane oppure un indovino che sapeva dove viveva, visto che andava dritto verso l'ascensore giusto. Il condominio nel quale viveva aveva tre scale differenti, quindi il manico ladro di buste aveva una possibilità su tre di beccare l'ascensore senza nemmeno chiederglielo, ma lui non sembrava andare a tentoni, anzi era piuttosto sicuro sulla direzione da seguire.
Io mi chiamo Giacomo” si presentò, pigiando il bottone per richiamare l'ascensore al piano terra “Giacomo Ferri e sono il tuo vicino”
Michela strinse gli occhi confusa. Era il suo vicino? Quel tipo fastidiosamente rumoroso che condivideva la casa con un numero indefinito di donne? Sembrava avere la sua stessa età e le sembrava un tipo normale, anche se dai rumori e dal viavai era sicuramente un tipo poco raccomandabile. “Ciao Giacomo” salutò in un sorriso tirato. Se solo ci avesse provato anche con lei, gli avrebbe dato una borsettata in testa “Io sono Michela Pergolesi”
Ciao Michela” ricambiò l'affascinante vicino in un largo sorriso. Reggendole la porta dell'ascensore.
Michela, nonostante la diffidenza nei suoi confronti, era molto affascinata dai modi galanti di quel ragazzo. Era abituata ad approcci maschili meno ricercati e non disdegnava quella galanteria mista ad una sensualità sia nei modi che nei gesti. Lo aveva anche fatto entrare in casa senza alcun timore.
È stato un piacere, Michi” si congedò con un sorriso compiaciuto, appoggiando le buste sul tavolo della cucina di lei
Detestava quando la chiamavano Michi! “Grazie per avermi aiutata con le buste”
Magari la prossima volta compra meno cose” le suggerì il ragazzo, avviandosi all'uscita
Credo che seguirò il tuo consiglio” replicò Michela rilassata, accompagnandolo alla porta. Era veramente carino!
Se vuoi puoi utilizzarmi come facchino la prossima volta” si offrì garbato, fermo sulla porta
Ti offri di accompagnarmi a fare la spesa?” domandò la ragazza giocosa, lisciandosi leziosamente i lunghi capelli castani
Lui sorrise, reclinando leggermente la testa e sfiorandole appena la guancia sinistra con le nocche della mano destra. “Ti offro molto di più!”
Michela scoppiò in una sonora risata. Era carino, tremendamente sensuale, ma era troppo sicuro di sé e con lei era cascata veramente male. “Non sono una preda così facile” lo avvisò scuotendo la testa divertita
Nemmeno io” replicò lui serio “Quindi se credi di riuscire a portarmi a cena fuori sei cascata male, sopratutto se ti aspetti anche un piacevole dopo cena”
Era un ragazzo arguto e lei lo trovava tremendamente interessante. Era chiaro che aveva una approfondita conoscenza del genere femminile e ci sapeva fare, ma lei non sarebbe stata una preda facile. Ma mai si era sbagliata così tanto e mai aveva capitolato così rapidamente. Giacomo nei tre giorni successivi era stato attento, meticoloso, presente, ma rimaneva sempre su una linea invisibile che non travalicava mai. Dopo una settimana erano ancora ai preliminari e Michela cominciava a pensare di non interessargli a sufficienza. Sapeva di piacergli, lui la divorava praticamente con gli occhi, e lei era più che consapevole che quella del ragazzo era solo una stupida tattica da ragazzino, ma lo voleva e se lo sarebbe preso. Era carino, sensuale e, nonostante quella sua aria scanzonata, era un ragazzo molto raffinato. Lo voleva e se lo sarebbe preso. Contro ogni suo principio, fece lei il primo passo, fu lei che gli chiese di uscire, fu lei a scegliere il ristorante, fu lei che lo invitò a passare la notte a casa sua.
Furono le due settimane più intense della sua vita. Lui rientrava dal praticantato abbastanza tardi e lei, quando aveva il turno di pomeriggio al call center, rientrava sempre dopo le nove, ma a qualsiasi orario rientrassero, quello che arrivava per ultimo comprava la pizza o il cinese, bussava alla porta dell'altro e dopo aver mangiato alla velocità della luce, passavano intense ore di lussurioso piacere scivolando tra le lenzuola. Lui le fece scoprire una parte di sé che ignorava; riusciva a titillare parti del suo corpo che non sapeva nemmeno potessero procurare piacere. Giacomo conosceva l'arte della seduzione ed era un vero cultore del sesso. Era generoso a letto e scatenava in lei un desiderio quasi incontrollabile. Con lui si sentiva libera di godere senza inutili bigottismi, ma si stava attaccando troppo. Lei lo sapeva e lui se ne era accorto. Michela era consapevole che Giacomo non era un ragazzo da storie lunghe e da bomboniere e confetti, ma sperava che durasse molto più di due settimane.


Michela e Giacomo non avevano mai più parlato di quelle due settimane. Lei non gli aveva mai confessato di essersi innamorata di lui. Non gli aveva mai confessato che quel giorno il suo gesto galante le aveva riscaldato il cuore. Era a Roma da due settimane, si sentiva sola, non aveva molti amici, il lavoro al call center le faceva schifo e le mancava la sua mamma. Era stanca, depressa, le buste della spesa pesavano un casino, nessuno si era offerto di darle una mano, nonostante si fosse fermata un'infinità di volte nel tragitto verso casa e... non trovava quelle maledette chiavi! Giacomo era stata la prima persona che aveva mostrato gentilezza. Si era comportato come un vero stronzo, approfittandosi di quella sua debolezza, ma si era ritirato in tempo e non l'aveva più lasciata sola. Dopo quattro anni, non era più sola, aveva molti amici, il lavoro continuava a farle schifo, ma si era abituata agli improperi dei buffaroli* che contattava e la sua mamma le mancava sempre meno, ma lui aveva continuato a restare al suo fianco. Lo conosceva da quattro anni e avevano condiviso insieme molti momenti: la morte del nonno di Giacomo, il matrimonio della sorella di lui, il tumore all'utero e l'isterectomia della madre di lei, l'arrivo di Pallottola, commenti sulle donne di Giacomo e le incessanti frecciatine su Davide, il ragazzo che Giacomo le aveva presentato e con cui lei era stata per quasi tre anni. Il loro rapporto era particolare, ma non era mai stato tanto particolare. Sembrava come se avesse deciso di travalicare la linea, come se chiedesse a lei il permesso di poterlo fare, come se non volesse prendersi la responsabilità, ma non vedesse l'ora di farlo. Lui non era così. Lui era uno stronzo bastardo, ma non lo era con lei. Invece, era strano, diverso, sopra le righe, lei non riusciva a capirne le ragioni e lui non sembrava intenzionato a rivelarle.
Il frusciare dell'acqua era finito. Giacomo era entrato nella stanza buia e si era seduto sul letto accanto a lei. Sentì il peso del ragazzo che si rigirava nervoso.
“Stai dormendo, Michi?” non stava dormendo, ma non aveva voglia di giocare a quel gioco di cui ignorava le regole “Mi dispiace, piccola. Forse dovremmo parlarne. Forse dovremmo parlare di noi due” continuava a rimanere in silenzio, nonostante le sollecitazioni del ragazzo “Ho esagerato, ma oggi a lavoro è stata una dura giornata e non solo per colpa di Petroli” Giacomo sospirò profondamente “Di solito esco, mi rimorchio una tipa qualsiasi che mi fa girare la testa, mi faccio qualche drink, una sana scopata e mi rigenero, ma ora ci sei tu e noi abbiamo questa specie di contratto di monogamia, ma non scopiamo. Scusami, non volevo esagerare... cioè io non volevo... scusami” sbuffò rumorosamente. Nel buio si era tolto la maschera dello stronzo “Non voglio giustificarmi, ma la cosa delle tette... volevo solo dirti, troppo goffamente, anche se non è da me, che sei bella, molto bella. E che non hai bisogno di abiti che ti coprano. Tu sei bella!” rimase in silenzio per qualche minuto. Michela era stupefatta, ma che cosa gli stava succedendo? Era impazzito! “Volevo solo prenderti un po' in giro e poi le cose mi sono sfuggite di mano e, Cristo Santo, Valerio qua, Valerio là... e che sarà mai 'sto Valerio!” Era geloso di Valerio? “Sembro un idiota che parla da solo, ti prego potresti farmi sentire meno stupido?” Impossibile! Si distese supino e lei percepì il peso di lui “Perdonami, fra due settimane hai il test d'ingresso per il master alla Bocconi ed io non ti sono di nessun aiuto. Invece di studiare, ti ho fatto perdere tempo, faccio discorsi stupidi, cerco di portarti a letto, perché io ho una voglia matta di scopare e tu sei eccitante ed io sono un uomo e sono anche un rincoglione e... ti prego, Michi, dì qualsiasi cosa, ma parlami, mi sento un cretino a fare discorsi inconcludenti!”
“Tranquillo, stai andando benissimo” lo rassicurò la ragazza senza voltarsi
“Perdonami, cercherò di controllarmi e cercherò di non portare le tensioni del lavoro a casa” sospirò profondamente
Michela si girò sulla schiena. La stanza era buia e lei non riusciva a distinguere bene il volto di Giacomo. Era seduto nel mezzo del suo lato di letto, con le gambe incrociate e lo sguardo basso. “C'è qualcosa che dovrei sapere, Giacomo?” domandò seria
“Niente che possa interessarti” replicò seccamente
“Ne sei sicuro?” insistette, levandosi e sedendosi a gambe incrociate accanto a lui
Il ragazzo rimaneva in silenzio, fissandola immobile. Il buio non le permetteva di scrutare l'espressione dei suoi occhi, ma dal tempo che stava impiegando a rispondere capì che era molto combattuto. “Sicuro” ribatté con voce piatta, rimettendosi supino
“Giacomo” iniziò lei, stringendo le gambe al petto “Sono sicura che mi stai nascondendo qualcosa” confessò, decisa a scoprire le carte “Si tratta di una ragazza?” volse lo sguardo sulla sagoma scura che era distesa al suo fianco “Allora?” insistette, cercando di mantenere un tono giocoso
“Non mi va di parlarne”
Si trattava per davvero di una ragazza? Una ragazza di cui non voleva parlare nemmeno con lei, doveva essere una ragazza importante! Quella non confessione le serrò il petto in una morsa. Chiuse gli occhi, serrando le gambe con maggiore forza contro il suo petto. “Deve essere una ragazza speciale, se me la nascondi e vuoi tenerla tutta per te” insistette, mostrandosi distaccata
Giacomo si sollevò, le carezzò il viso. “Michi, non c'è nessuna ragazza speciale. Per me non ci sono ragazze speciali” le baciò la fronte “Mi spiace per essermi comportato come uno stronzo proprio con te” la sua voce era tristemente rassicurante, come il giorno in cui parlavano sugli scalini della clinica veterinaria “Quello che ti ho detto poco fa in cucina, quello che stavamo per fare se tu non ti fossi tirata indietro” i polpastrelli della sua mano destra sfiorarono appena gli zigomi della ragazza “Quello che provo per te è...”
Era davvero pronta a saperlo? Era davvero pronta a mettere fine a quella speranza che in fondo al suo cuore aveva cullato per quasi quattro anni? Erano bastate due settimane per innamorarsi di Giacomo, ma erano stati necessari quattro anni per imparare ad amarlo, per imparare a guardarlo oltre quei gelidi occhi grigi, per vedere oltre le sue battute, per scoprire l'uomo dolce e attento che viveva dietro la maschera di Casanova. Appoggiò l'indice sulle sue labbra calde. “Noi siamo amici” lo rassicurò lei con voce dolce. Non era pronta a saperlo! Non ancora. “Io mi sento sola senza Davide e siamo tutti e due un po' confusi. Non roviniamo tutto per niente!”
Non era pronta a lasciarlo andare!
Lui le scompigliò i capelli con affetto e si distese sulla schiena, si grattò la fronte. “Già, non roviniamo tutto” replicò senza troppa enfasi
Michela si sentì alleggerita di un peso, forse nemmeno lui era pronto a lasciarla andare.


*

Michela aveva appena finito di vestirsi, ma guardandosi allo specchio non si sentiva ancora soddisfatta. Giacomo, come al solito, era stato troppo impreciso. Vestiti bene, ma è una cosa informale, erano due concetti che si prendevano a botte. Lei non era solita vestirsi bene per feste informali. Dopo un'ora, in cui aveva provato praticamente tutto il suo armadio, aveva deciso di indossare un morbido vestitino blu di Prussia con un elegante fantasia bianca. Le bretelle dell'abito erano intrecciate a formare una sottile treccia di stoffa e l'abito aveva un profondo scollo a V. Dopo essersi rimirata per una decina di minuti, aveva deciso di coprire le spalle con un coprispalle traforato lungo, quanto il vestito –che era ben lungi dal potersi definire lungo– di un delicato blu fiordaliso. Aveva lasciato i suoi lunghissimi capelli castani ricadere morbidi e lisci dietro le spalle, aveva indossato degli orecchini a goccia, una collana lunga con uno zaffiro enorme di forma quadrata e poi si era seduta sul letto a fissare le scarpe messe in fila indiana accanto all'armadio.
“Michi, dobbiamo uscire” la sollecitò Giacomo ansioso, entrando in camera da letto
Lui tollerava qualsiasi cosa, ma non tollerava il ritardo. “Sono quasi pronta” lo tranquillizzò lei
“Se sei pronta come eri pronta mezz'ora fa, allora vado a dormire, perché facciamo notte” si lagnò, incrociando le braccia
“Sei troppo nervoso!” lo schernì lei, avvicinando la mano destra al mento con aria pensosa
“Che cosa stai facendo?” domandò innervosito
“Sei cieco?” replicò, senza distogliere lo sguardo dalle scarpe “Sto scegliendo le scarpe più adatte sulla base delle tue contrastanti indicazioni”
Giacomo la fissava basito. “Contrastanti indicazioni?”
Vestiti bene; è una cosa informale!” lo scimmiottò seccata “Sai cosa significano le tue indicazioni, un bel niente”
“Cazzo, Michi! Esistono mille modi diversi per vestire bene senza essere troppo eleganti. Tu sei una ragazza dovresti saperlo meglio di me”
“Io sono una frana in queste cose, lo sai” replicò allarmata “Mi sento sempre inadeguata in questo tipo di feste, perché ho sempre paura di essere troppo elegante o troppo sportiva. Quindi ora non distrarmi e fammi scegliere le scarpe” scosse la testa infastidita e ricominciò a fissare le scarpe “Non vuoi che l'attrice protagonista della tua commedia faccia un ingresso trionfale?”
“Certo!” replicò confuso
“Allora stai zitto e fammi pensare”
“Potresti indossarle e vedere quale paio sta meglio con il vestito” suggerì pratico
“Perderei troppo tempo e siamo già in ritardo”
“Almeno te ne sei accorta” osservò il ragazzo disperato, sedendosi mollemente sul letto
“Alte, basse o camperos?” domandò pensosa
“Alte” suggerì il ragazzo
“Non sto parlando con te” esternò Michela pensosa
“Siamo solo io e te in questa stanza” fece notare il ragazzo, massaggiandosi la fronte nervosamente
“Appunto, se non sto parlando con te, vuol dire che sto parlando con me stessa” storse la bocca pensosa “Però seguirò il tuo suggerimento. Alte” si avvicinò alle scarpe e si chinò sulle ginocchia per osservarle meglio
“Per favore Michi, sono solo scarpe”
“Ssshhh” lo zittì rapida. Afferrò un paio di tronchetti retati begie “Questi andranno bene!” li indossò e li rimirò, passeggiandoci lentamente “Non so, non mi convincono, forse il colore non è proprio adatto. Forse dovrei cambiare il coprispalle”
“Michi, amore bello, stai benissimo e sei bellissima” sbottò ormai spazientito; afferrò la mano della ragazza, spense la luce della camera da letto e la trascinò verso l'uscita
“Aspetta, fammi prendere la borsa”
“Hai due minuti” ordinò senza ammettere repliche
Michela scosse la testa seccata. “Non potrò essere perfetta per la nostra recita se mi metti fretta” replicò la ragazza, recuperando frettolosamente la borsa dall'armadio
“Se ti avessi messo fretta non saremmo in ritardo” sbuffò Giacomo, aspettandola alla porta
“Eccomi” Michela si fermò davanti a lui “Come sto?” domandò in un largo sorriso
“Sei bellissima” rispose Giacomo “Ma ora andiamo”
Lei sorrise e si avvicinò lentamente a lui. Lo rimirò per alcuni secondi. Era molto carino. Indossava un semplice paio di jeans, una candida camicia bianca di lino che gli cadeva morbida sulle spalle larghe e un blazer blu lapislazulo. Gli sistemò il colletto della camicia. “Sei molto carino” sorrise gaia “E siamo anche abbinati con i colori, che figata” terminò entusiasta
“Sei una psicopatica” replicò divertito. Afferrò di nuovo la sua mano e aprì la porta “Pallottola fai il bravo, mamma e papà rientrano presto” salutò il cane, chiuse la porta e si scapicollò verso l'ascensore
“Non correre, che con questi tacchi potrei anche cadere” si lagnò la ragazza
“Non sono tanto alti” puntualizzò il ragazzo in attesa che la lucina rossa dell'ascensore si spegnesse per poterlo richiamare al piano “Conosco ragazze che camminano su dei trampoli e sembra che indossino delle pianelle”
“Evidentemente tu conosci delle acrobate” sbottò Michela piccata “Io sono una ragazza normale che preferisce avere la pianta del piede il più vicino possibile alla terra” Giacomo rimase in silenzio e spinse il dito sul tastierino dell'ascensore “E comunque, forse, prima di parlare dovresti provare a camminare sui tacchi, perché voi uomini...” mentre Michela continuava a lamentarsi, sproloquiando a raffica e Giacomo la ascoltava in silenzio, o molto probabilmente non la ascoltava affatto, sentirono la chiave girare nella toppa della porta della loro vicina, la signora Rosa. Michela si interruppe istantaneamente. “Oh Dio!” esclamò fissando Giacomo allarmata. No. No. No. Sbrigati maledetto ascensore!
“Tranquilla!” la rassicurò Giacomo rassicurante “Fai parlare me, tu sei troppo nervosa”
La signora Rosa, aprendo la porta, li salutò con un largo sorriso. “Buonasera ragazzi, come siamo carini oggi!”
Quella vocina da mammina che si rivolgeva a due bambini piccoli la irritava indicibilmente. Le era simpatica la signora Rosa, le piaceva anche quel suo buffo aspetto: piccola di statura, occhialoni enormi, capelli corti e grigi. Era una donna dolce ed era sempre stata attenta e garbata con lei, ma tollerava poco la sua invadenza e ancor meno il suo bigottismo da giudizio universale.
“Michi è sempre carina” osservò Giacomo stringendole la mano
“Sono così contenta di vedervi finalmente insieme. Io e la signora Badaloni lo abbiamo sempre detto che per una testa calda come lui serviva una brava ragazza come te, mia cara”
Michela le sorrise compartecipe. In fondo anche lei aveva sempre pensato la stessa cosa. “La ringrazio”
“Solo Michela poteva fare questo miracolo” confermò Giacomo senza esitazione
L'ascensore arrivò al piano e il ragazzo aprì la porta dell'ascensore, invitando l'amica ad entrare.
“Simpatico il ragazzo che vive nel suo appartamento, Giacomo. Mi ha detto che ora lei vive con Michela” indagò curiosa “A quando il lieto evento?”
Oh mio Dio, Valerio glielo aveva detto. “In che senso?” replicò Michela con gli occhi spiritati. Bisognava negare, non c'era altra soluzione per uscirne fuori!
“Noi preferiremo che non lo sapesse nessuno” puntualizzò Giacomo, con il tono di un ordine perentorio.
Ma perché non lo aveva negato?
“Ma è impossibile che non si venga a sapere, a meno che voi non decidiate di lasciare questo condominio per prendere un appartamento più grande” sembrava rattristata da quella possibilità “Ovviamente è una cosa naturale per una giovane coppia, ma mi mancheranno tanto le nostre chiacchiere, tesoro” terminò rivolgendosi a Michela, che continuava ad osservarla con stanca rassegnazione.
Non c'era niente che potesse dirle evitare che la donna diffondesse la notizia. “Noi dobbiamo proprio andare, signora Rosa” tagliò corto, entrando in ascensore con aria abbattuta
“Tutto bene, Michela?” chiese la donna preoccupata
“Sì, certo!” replicò la ragazza depressa. Sua madre le avrebbe fatto il terzo grado e non avrebbe mai creduto alla storia del finto contratto di fidanzamento. Pazienza! Almeno avrebbe smesso di lavorare in quel call center.
“Signora Rosa, la ringrazio per la premura, ma Io e Michela vorremmo che la storia della gravidanza resti una cosa personale. Non lo abbiamo ancora detto ai nostri genitori” Michela osservava Giacomo con meraviglia. Era così deciso e sembrava preoccupato per le voci, che egli stesso aveva contribuito ad alimentare. Sembrava preoccupato per lei e stava cercando di proteggerla. “Stiamo aspettando di superare il terzo mese, perché ci sono state delle complicazioni e non vorremmo affrontare anche le persone oltre al dolore, qualora le cose non vadano come ci aspettiamo”
Era stato bravo, ma aveva parlato troppo. “Quindi i lieti eventi saranno due?”
Due? I suoi bambini invisibili erano diventati due? Aspettava dei gemelli? “In che senso?” chiese lei confusa
“Il matrimonio e il bambino” sostenne lei, come se non ci fosse altra soluzione all'espiazione di quell'enorme peccato “Comunque, capisco le vostre paure di giovani genitori e sarò una tomba” sorrise compassionevole. Entrò in ascensore e strinse Michela in un materno abbraccio rassicurante
Erano arrivati al matrimonio, agli abbracci solidali e alle congratulazioni ai due giovani genitori di, forse, una coppia di gemelli. Quella storia le stava decisamente sfuggendo di mano! “Grazie, signora, ma ora dobbiamo proprio andare” ringraziò la ragazza divincolandosi dallo stretto abbraccio della donna “Giacomo?”
“Buona serata” salutò il ragazzo entrando in ascensore, mentre la signora Rosa usciva “Scusami” si scusò l'amico, non appena le porte dell'ascensore si chiusero
“Non importa, anch'io avevo interpretato male” lo tranquillizzò l'amica, sospirando rumorosamente “Solo che dovevo immaginarlo che stesse parlando del matrimonio, figurarsi se le andava bene che convivessimo” lo fissò seria “Dobbiamo mettere fine a questa storia quanto prima, Giacomo”
Lui scosse la testa. “Condivido!”
Rimasero in silenzio per l'intero tragitto. Le parole e la musica delle canzoni che davano su radio 102.5 erano gli unici suoni che abitavano l'abitacolo dell'automobile. Michela era nervosa e quella storia di bugie, sotterfugi e finzione non le piaceva più. Era difficile convivere con Giacomo, era difficile soffocare i suoi sentimenti ed era ancor più difficile impedirsi di pensare che, in fondo, quella non era proprio una bugia, ma una mancata verità che prima o poi si avvererà**, come recitava Fiorella Mannoia. Giacomo era l'uomo perfetto per lei e più il tempo trascorreva, più la loro convivenza procedeva senza complicazioni e con un'inattesa naturalezza, più lui ostentava sentimenti di passionale desiderio e di tenera complicità, più si convinceva che le sue non erano solo semplici fantasie.
I miei muri sono alti. Giacomo è uno stronzo. Se fosse stato reale sarebbe accaduto anni prima. Lui ama le donne e mal sopporta la monogamia. Ripeteva quelle frasi ad oltranza per convincere sé stessa a rimanere ben saldamente legata alla realtà. Quando Giacomo fermò la macchina, ridestandola dai suoi pensieri, si rese conto che erano arrivati. Si guardò intorno, ma non riconobbe la zona. “Dove siamo?”
“Ai Parioli” rispose il ragazzo, slacciando la cintura di sicurezza e spegnendo la radio
Parioli? Non era un quartiere che frequentava normalmente, quindi non aveva riconosciuto le strade, i palazzi e i negozi ormai chiusi. Lei viveva a Monteverde, nell'area sud della città Eterna, mentre il quartiere dei Parioli si trovava nell'area nord, quindi dalla parte opposta. Una delle prime cose che aveva imparato di Roma, era che vivere in quartieri geograficamente distanti era come vivere in un'altra città. Dalle memorie di sua madre, professoressa di storia dell'arte, ricordava che il nome Parioli derivava dai Monti Parioli, un gruppo di colline tufacee che erano presenti nella zona prima dell'urbanizzazione avvenuta agli inizi del Novecento. I Parioli era sorto come il quartiere della borghesia medio-alta, ed era destinato ai gerarchi del regime fascista. I giovani abitanti del quartiere, solitamente di famiglia medio-alta, venivano etichettati con il termine di pariolino, che molti dei suoi amici romani non sempre indicavano come termine positivo. Se l'avvocato Petroli viveva in quella zona, doveva essere molto facoltoso. Eppure Valerio non sembrava uno di quei pariolini, anche se nella sua cerchia di amici non c'erano e lei non aveva nessuna idea di quali fossero le loro caratteristiche antropomorfiche o caratteriali.
“Sveglia, Michi” la ridestò Giacomo, mentre le reggeva la portiera
“Scusa, ero sovrappensiero” si scusò la ragazza, uscendo dalla macchina
“Tranquilla Michi, sarai bravissima” la rassicurò il ragazzo, richiudendo la portiera e premendo sulla chiave per attivare il blocco degli sportelli e l'antifurto
Lei annuì e si incamminarono verso l'appartamento della famiglia Petroli. Si fermarono ad un portone di una villetta a due piani su via Barnaba.
“Sono ricchi?” domandò Michela stranita
“Sfondati” affermò il ragazzo, pigiando sul tastierino del citofono
“Non lasciarmi mai sola” ordinò la ragazza senza ammettere repliche
Mai” affermò sicuro
...e se diciamo una bugia è una mancata verità che prima o poi si avvererà!


* termine dialettale romanesco cfr. Debitori
** Quello che le donne non dicono (festival di Sanremo 1987). Autore: Enrico Ruggeri. Cantata da Fiorella Mannoia. https://www.youtube.com/watch?v=piBuZKMgkDA



NdA: Nel prossimo capitolo incontreremo altri personaggi, che sono stati solo nominanti o appena accennati nei capitoli precedenti, e che avranno un ruolo importante all'interno di questa storia. Sempre più ci stiamo avvicinando al segreto di Giacomo e a ciò che lo rende così inquieto ed imprevedibile.
risponderò entro domani alle vostre recensioni... grazie ancora per il supporto!
Ci riaggiorniamo fra una decina di giorni, salvo cambiamenti in itinere.
Buona settimana a tutti
Lella

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Capitolo 6
*** Il primo tassello del puzzle ***


Ciao a tutti,
posto con qualche giorno di anticipo rispetto a quanto calendarizzato, ho impiegato parecchio a scriverlo, ma l'ho riletto una sola volta. Spero che non ci siano strafalcioni, se ne intravedete fatemi sapere e correggo immediatamente.
Grazie a MusicHeart, Valentina78, blustile e giapo31 per aver lasciato un commento, a cui risponderò sicuramente nei prossimi giorni! Anzi dalle prossime recensioni risponderò al momento, perchè forse riesco a farlo con più costanza... perdonatemi! Però sappiate che se fate osservazioni, anche se non rispondo subito, le leggo e correggo il tiro della storia...
Vi lascio al VI° capitolo... buona lettura a tutti!

Capitolo VI
Il primo tassello del puzzle


“Tranquilla andrà tutto bene” la rassicurò Giacomo sorridendo e stringendo la piccola ed affusolata mano di Michela
Michela fece un lungo sospiro e l'amico suonò al campanello. Una donna dalla pelle olivastra e di piccola statura aprì la porta. “Buonasera avvocato Ferri” salutò garbata
Era sicuramente la domestica; sembrava di origini filippine. “Buonasera, Arlene” salutò Giacomo in un largo sorriso
“Prego entrate” invitò la donna in un leggero cenno del capo
Doveva essere di casa, se Arlene si rivolgeva a lui con tanta familiarità. Avrebbe voluto approfondire, ma la sua attenzione venne immediatamente attirata dalla bellezza degli interni e dalla finezza degli accessori. Era una casa bellissima. La sala attraverso cui la minuta donna li aveva accompagnati era gigantesca, grande quanto tutto il suo appartamento. Attraversò la stanza catturata da ogni minimo dettaglio: le finestre erano enormi e gli infissi erano di legno bianco, quella stanza di giorno doveva essere molto luminosa. C'erano delle colonne che sembravano incastonate in una parete a volta e dei mega divani, librerie in muratura cariche di libri. L'antica scala a chiocciola in legno e muratura, situata nell'angolo più nascosto, dava un tocco di rustico che ben si innestava nello stile country francese di tende, tappeti e mobilio. Le tonalità predominanti del bianco e i dettagli caldi del legno e dell'arancio incorniciavano alla perfezione la sala, rendendola calda ed accogliente. Era tutto perfetto. La casa era stata arredata di recente, ma aveva un tono di rustica antichità.
“Per essere così silenziosa, suppongo che questa casa sia di tuo gradimento” affermò Giacomo ammiccante, mentre la trascinava lungo il corridoio
“Non ho mai visto una casa così bella” gli occhi di Michela erano raggianti “Odio il parquet e quello a spina di pesce lo trovo veramente orribile, ma in questa casa sembra perfetto”
“Questo parquet è fatto con legno antichissimo, riciclato da travi di un antico mulino di famiglia”
Michela strinse gli occhi incuriosita, mentre cominciava a sentire sempre più vicine le voci degli invitati. “E tu come fai a saperlo?” domandò stupita
“Diciamo che sono di casa” replicò il ragazzo senza fare una piega
La donna che era davanti a loro aprì la porta e Michela Pellegrini si ritrovò catapultata in un mondo che non avrebbe mai immaginato di riuscire a vedere da una distanza così ravvicinata. La sala in cui si svolgeva la festa era un enorme spazio aperto. Un open space circondato da giganteschi finestroni. Era senza mobili, ma probabilmente era stata svuotata per l'occasione. La parola sfondati che aveva utilizzato Giacomo, non rendeva bene le proporzioni della ricchezza della famiglia Petroli.
Due enormi tavoli disposti ad elle e posti ai lati del salone, erano imbanditi con ogni ben di Dio: antipasti, primi, secondi di pesce e di carne, dolci e tipi di pane di cui ignorava l'esistenza. I camerieri elegantemente vestiti con giacche bianche e pantaloni blu distribuivano cibo a persone troppo ricche per servirsi da sole. C'erano alcuni tavolini disseminati nella stanza o forse a lei sembravano pochi perchè la stanza era troppo larga, a cui erano sedute delle persone anziane finemente vestite. La maggior parte degli invitati erano in piedi, stanziavano ai buffet o erano in terrazza. Le finestre erano aperte e lasciavano intravedere il verde lussureggiante del giardino, la musica era appena sussurrata, timidamente presente, ma non sufficientemente invadente da coprire il brusio delle voci. Le donne erano ben vestite e la maggior parte degli uomini sembravano intenti in conversazioni di lavoro. Li osservava stranita, nessuna di quelle persone sembrava divertita avevano tutti l'aria piuttosto annoiata.
“Ehi fratello, pensavo non saresti venuto” salutò una calda voce a lei nota
“Ciao Fil” replicò Giacomo stringendogli la mano affabile “Lo sai che non amo questo genere di feste, ma Michi ci teneva e abbiamo deciso di venire”
“Dovresti essere abituato a questo genere di feste. Tuo padre è l'uomo più mondano che conosca” affermò l'amico sarcastico
“Ne ho subite troppe da ragazzino per apprezzarle da adulto” spiegò laconico
“Ciao Michela” salutò Filippo, chinandosi per darle due baci sulle guance “Sei veramente bellissima”
“Grazie” si voltò intorno in cerca dell'amica “Cecilia?” domandò, tenendo lo sguardo fisso sugli intensi occhi castani di Filippo
“È stata sequestrata dalla giovane padrona di casa” spiegò seccato “Giacomo sa meglio di me quanto lei sia volitiva e quanto sia difficile opporsi ai suoi capricci” sostenne scuotendo la testa
“Non ha un carattere facile” replicò Giacomo troppo velocemente e con troppo ostentato distacco
“Ragazzi, come procede la vostra forzata convivenza?” domandò Filippo incuriosito, passandosi la mano nei lunghi capelli castani
“Non lo avrei mai detto, ma mi piace” rispose il ragazzo avvicinandosi al buffet
“E riserva tutti i giorni qualche sorpresa” aggiunse Michela, sospirando al ricordo della vicina e del suo caritatevole abbraccio
Giacomo aveva lasciato finalmente la sua mano, un po' sudaticcia, e aveva principiato a servirsi da solo, nonostante le rimostranze del giovane cameriere che insisteva per servirlo. Passò il quadrato e bianco piatto da portata a Michela, riempito di alcuni assaggi di antipasti, indicatigli dalla ragazza: gamberetti in salsa olandese, cozze al vapore su letto di topinambur, purè di patate dolci, crema di fagioli e capesante. Il cameriere, pur se evidentemente seccato, gli aveva porto un nuovo piatto e lui lo aveva riempito di antipasti di carne: insalata di pollo con mele verdi, terrina di anatra e fichi, tartare ai carciofini. Sotto la supervisione dei camerieri, riempì un altro piatto di cose che a lei sembravano troppo piccole e con ingredienti che non aveva mai sentito prima, ma che avevano tutti un gusto delizioso. Appoggiarono i piatti su un tavolo in muratura, non troppo distante dal buffet ed un cameriere con un vassoio pieno di flut, le offrì un elegante bicchiere ricolmo di un liquido ambrato con bollicine che salivano timide verso la superficie. Michela prese il bicchiere e ringraziò con un leggero cenno del capo. Stava per portare il bicchiere alla bocca, ma Giacomo lo prese dalle sue mani con gentilezza e lo tracannò.
“Non puoi bere” le ricordò con gentilezza “Non dimenticarlo”
Lei sospirò profondamente. “È buono?” domandò mettendo il broncio
Lui arricciò il naso e scosse il capo. “Fa schifo”
“La verità” ordinò lei divertita
“È buonissimo” replicò sincero “Ma per solidarietà oggi non berrò nemmeno io” appoggiò le sue labbra su quelle della ragazza “Promesso”
“Ma come siete carini” lodò una squillante voce femminile
Michela si girò e fissò ammirata la bellissima donna che era accanto all'uomo basso e tarchiato dai capelli bianchi, che lei aveva prontamente riconosciuto.
“Ciao Claudia” salutò Giacomo in un largo sorriso “Buonasera avvocato Petroli”
Claudia? Era il nome della moglie dell'avvocato Petroli!
“Signor Ferri, sono felice che lei e la sua bella fidanzata abbiate infine deciso di intervenire al mio genetliaco” L'uomo parlava con un tono falsamente gentile. “Signorina, spero che si divertirà questa sera”
“Ci sono tutti i presupposti per farlo” replicò Michela compita
“Mio figlio parla molto di lei signorina Michela, mi ha detto che lei è sempre molto gentile con lui”
“Valerio è un ottimo vicino ed un bravissimo ragazzo” sostenne sincera
L'uomo continuava a parlare con lei e lei continuava a rispondere con solerte premura, ma proprio non riusciva a distogliere lo sguardo dalla bellissima donna che era accanto a lui e che la fissava incuriosita. Era una donna bellissima. E, soprattutto, non somigliava affatto alla dolce vecchietta che si era immaginata. Era giovane, anzi giovanissima. Cominciò a sospettare che Valerio non fosse veramente suo figlio e a fantasticare su possibili scenari che spiegassero meglio quella incongruenza: forse Valerio era figlio del primo matrimonio dell'avvocato Petroli. Eppure più la guardava più le sembrava di scorgere non poche somiglianze fra lei ed il suo giovane ed affascinate vicino di casa. Era altissima, più alta del marito, i biondi capelli le cadevano in morbidi ricci sulle spalle e aveva dei luminosi occhi azzurri. Indossava una semplice camicia bianca e una gonna a tubino nera che si fermava a metà ginocchio, ma sembrava indossare il più bel vestito della sala. Era elegante nei movimenti ed il suo viso era imbellito da un leggerissimo velo di trucco. Non era truccata pesantemente come di solito si imbellettavano le donne mature per nascondere meglio i segni dell'età. Più la guardava e più si convinceva che Giacomo andava sicuramente a letto con quella donna. Non appena aveva posato lo sguardo su di lei la mente di Michela si era soffermata su quel pensiero. Non potevano essere solo voci. Se fosse stata vecchia e racchia non avrebbe avuto dubbi sulle parole dell'amico, ma quella donna sembrava una modella.
“C'è qualcosa che non va nella mia faccia?” domandò la donna in tono giocoso
“No, certo che no” balbettò confusa “Mi scusi signora” strinse gli occhi e soggiogata dalla curiosità diede voce alla domanda che riempiva la sua testa “Lei è così giovane e Valerio è solo di qualche hanno più giovane di me. Come può essere sua madre?” A quanti anni lo aveva avuto? A dieci anni?
“Sono meno giovane di quanto credi” affermò la donna con aria confidenziale. Era anche gentile! “Mi sono sposata molto giovane e io e Salvatore abbiamo dieci anni di differenza. Avevo diciotto anni quando l'ho conosciuto e a venti anni ho avuto i miei bambini. Valerio e sua sorella”
Da rapidi calcoli doveva avere all'incirca quarantaquattro anni, ma ne dimostrava almeno dieci di meno. Non era solo bella. Era magnetica. “Sembra molto più giovane” espresse ad alta voce, quasi imbarazzata
Il marito invece sembrava suo nonno! Aveva dieci anni più di lei, quindi cinquantaquattro anni, ma sembrava suo nonno. Era molto più giovane di suo padre, ma sembrava il nonno anche di suo padre. Eppure faceva l'avvocato, non il contadino, come aveva fatto a ridursi in quello stato? E con tutti i soldi che aveva non era si era certo incanutito per i pensieri. Anche lei al posto della moglie gli avrebbe messo le corna.
“Ti ringrazio, tesoro” ringraziò la donna in un largo e caldo sorriso “Giacomo è un ragazzo fortunato ad accompagnarsi ad una ragazza così bella e senza peli sulla lingua” i suoi brillanti occhi azzurri si incupirono per un attimo “Mi spiace lasciarvi, ma dobbiamo andare ad intrattenere gli altri ospiti” si congedò la donna, sfiorando leggermente la spalla nuda di Michela
“Vedo che hai fatto colpo” la schernì Giacomo, quando i due gentili ospiti si furono allontanati “Sembrava sinceramente incuriosita dalla mia bellissima fidanzata”
“Anche io al suo posto sarei stata sinceramente incuriosita dalla fidanzata dell'uomo con cui ho una tresca” strinse gli occhi seccata “Tu vai a letto con la moglie di quel poveraccio che sembra suo nonno” affermò senza esitazione
“Ovviamente non hai peli sulla lingua, ma io non vado a letto con lei” sospirò teatralmente “Quante altre volte te lo dovrò ripetere”
“Certo che vai a letto con lei” sbottò stizzita. Ma perché gli mentiva così spudoratamente? “Persino io andrei a letto con una così!” scosse la testa innervosita “Ma ce li hai ancora gli occhi o li hai persi?”
Giacomo esplose in una sonora risata. “Non vado a letto con lei” replicò sorridendo “E trovo veramente molto interessante la tua affermazione. Non sapevo che avessi questo tipo di fantasia!” osservò carezzandole il viso “Credo che Claudia apprezzerebbe molto”
“Sei un cretino e cerca di non sviare. Tu vai a letto con lei. Dimmi la verità e giuro che non mi arrabbierò per avermi trascinata in questa storia di corna alle spalle di quel poveraccio che sembra suo nonno. Poveraccio è proprio come sparare sulla croce rossa; anzi bombardare la croce rossa”
Giacomo sospirò profondamente. “Non capisco perché tu non mi creda”
“Ripeto: l'hai vista o sei diventato cieco?”
“Scusa, ma per chi mi hai preso? Non è che mi scopo tutto quello che attira la mia attenzione” la ragazza scosse la testa dubbiosa, mentre Filippo non riuscì a trattenere una risata “Non ti ci mettere anche tu, mi basta già lei”
“Scusa, ma trovo questa scena molto divertente e Michela non ha poi tutti i torti” replicò l'amico trattenendo a stento una risata
“Allora?” insistette la ragazza cocciuta
“Michi, tesoro, non vado a letto con la moglie del mio capo. La trovo attraente, ma non sono così stupido da scoparmi sua moglie sotto il suo naso” si grattò il sopracciglio destro nervosamente “Mio padre e Petroli sono molto amici e per quanto lui mi faccia incazzare di brutto e per quanto mi piace un casino rompere il cazzo a mio padre, non bombarderei mai la croce rossa” spiegò seccato
Giacomo non amava parlare di sé. Non amava parlare della sua vita, della sua famiglia, dei suoi genitori. “Se mi hai mentito...”
“Non ti sto mentendo” la interruppe prontamente “E poi se mi scopassi sua moglie, Fil lo saprebbe. Chiedi a lui” insistette fissando i sui intensi occhi grigi sul viso divertito dell'amico
“Non mettermi in mezzo, amico”
“Ohi, Fil, non fare lo stronzo, se fai così pare che ho qualcosa da nascondere” insistette Giacomo giocoso “Dille che sono un bravissimo ragazzo e che a lavoro ho un comportamento ineccepibile”
Filippo si avvicinò a Michela e inclinò la testa leggermente, fissando la ragazza incuriosito. “Mi sa che il mio amico ci sta prendendo gusto, ragazzina. Che cosa combinate quando non vi vediamo?”
“Vuoi che dica a Cecilia che ci stai provando con me?” lo minacciò lei seria, con gli occhi scintillanti
“Io non ci sto provando con te!” sbottò arricciando la fronte “E Ceci non ci crederà mai. Io non ci proverei mai con te” scosse la testa e sbuffò risentito “A praticare lo zoppo; stai diventando un po' stronza”
“Tu smettila di fare il cretino ed io smetto di fare la stronza” argomentò divertita
“E va bene. Non si scopa la moglie di Petroli” cominciò ad elencare con voce piatta “Non si scopa la segretaria e nemmeno Linda, anche se lei gli si struscia addosso come se non avesse mai visto un uomo. Sul lavoro si comporta come un avvocato serio e rispettoso. Spero che ora siate entrambi soddisfatti” sollevò lo sguardo “Guai in vista, fratello” aggiunse preoccupato
Cecilia stava ritornando, accompagnata da una ragazza molto carina. Magrissima, forse un po' troppo magra per i suoi gusti e alta almeno dieci centimetri più dell'amica. Aveva lunghi e vaporosi capelli biondi ed indossava un tubino bianco un po' troppo striminzito e dei bellissimi sandali rossi alla schiava, con i lacci che le avvolgevano i sottili polpacci. Camminava come una pantera in mezzo alla savana, elegante, sinuosa, fiera, mentre lo sguardo affamato degli uomini si posava su di lei. Dove l'aveva già vista?
“Ciao” salutò in un largo sorriso
“Ciao tesoro” la salutò Cecilia, in un caldo saluto alla francese
“Tu devi essere la famosa Mirella” indagò la ragazza profondendosi in un sorriso troppo amichevole e incrociando per un attimo gli occhi di Giacomo “Mi hanno molto parlato di te!”
Aveva sicuramente sbagliato apposta! Era sicura di sé, ma era una piccola e petulante ragazzina capricciosa. “Mi spiace, ma devi avermi confusa con qualcun altra di famosa. Io sono la meno famosa Michela”
Lei le sorrise affabile. “Scusa, ho poca memoria con i nomi. Mio fratello e Giacomo non fanno che tessere le tue lodi, Michela
Era la sorella di Valerio? La sua gemella! “Sei la sorella di Valerio?” domandò, cercando di mettere insieme i tasselli
“Sì. La sorella gemella di quell'impiastro che è in ritardo alla festa di compleanno di papà” replicò arrabbiata, pur mantenendo il suo tono vezzoso “ci sono ancora molte cose da fare e lui mi lascia tutta sola”
Dove l'aveva già vista? “Tuo fratello mi sembra un ragazzo che non sfugge alle responsabilità, sono sicura che arriverà presto. Se posso aiutarti in qualche modo”
“Sei proprio gentile come ti raccontano” replicò lei un po' seccata “Pronta a difendere un tizio che conosci appena” volse lo sguardo su Giacomo “Ora capisco perché gli piaci tanto”
“È una ragazza speciale” confermò Giacomo con freddo distacco
Dove l'aveva già vista? “Grazie, amore” replicò Michela, scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia “Scusa, non conosco ancora il tuo nome” Era veramente seccante quella sua aria boriosa “Perdona, ma io non sapevo nemmeno che Valerio avesse una sorella” esplicitò schietta
La ragazza la fissò sgomenta. “Valeria” rispose piccata
“Come tuo fratello” Michela sorrise favorevolmente colpita da quella insolita scelta “Scelta molto particolare quella dei tuoi genitori”
“Mia madre ha poca fantasia ed è un po' fuori dalle righe, non avrebbe potuto fare diversamente” spiegò annoiata, come se stesse replicando ad una fastidiosa mosca “Scusatemi, ma devo proprio andare” si morse il labbro inferiore e fissò Giacomo come una leonessa che scruta un giovane e succulento Gnu “Mi daresti una mano, finché Valerio non si degna di rientrare a casa?”
Giacomo la fissava combattuto. Era ovvio quello che voleva fare ed era altrettanto ovvio che lo avrebbe fatto. Era chiaramente attratto dalla giovane rampolla della famiglia Petroli e tra loro c'era qualcosa di reale. Giacomo Ferri non aveva una relazione con la madre, ma con la figlia.
Il ragazzo appoggiò il bicchiere sul tavolo del buffet e si rivolse affabile a Michela. “Piccola, so che avevo promesso di non lasciarti sola” le carezzò il viso con le nocche delle dita “Ma sarò via solo per pochi minuti e Cecilia e Filippo si prenderanno cura di te in mia assenza, mia bellissima principessa” Stava esagerando apposta! la ragazza lo fissava sgomenta “Solo se va bene anche a te, ovviamente”
Michela gli sorrise accondiscendente. Giacomo stava rispettando alla perfezione una delle clausole del loro contratto virtuale. Avrebbe voluto metterlo alla prova e tenerlo lontano da quella mantide, che l'aveva chiaramente sfidata; ma quella non era una gara di forza tra due cagne che si contendevano l'osso, era solo una stupida recita “Tranquilla, me la caverò anche da sola”
Lui si chinò e appoggiò le sue labbra su quelle di lei. Prima in un casto bacio, un tenero sfiorarsi di labbra e poi in un baciò più profondo e sensuale. Qual era il suo gioco? “Mi raccomando, ricordati che non devi bere” le ricordò staccandosi dalle sue labbra
Lei scosse la testa e lui si allontanò affiancato dalla ragazza che si era attaccata sensualmente al suo braccio, ancheggiando al suo fianco con ostentata intimità. Michela volse uno sguardo indagatore sui due amici che avevano assistito silenziosi alla scena madre di quella farsa.
“Mi ha fatto molte domande su di te” affermò Cecilia distratta, avanzando verso il buffet dove servivano mini assaggi di primi piatti
“Perché fa domande su di me?” domandò Michela inquieta, mentre prendeva il piatto offertogli dal cameriere con delle mini porzioni di orecchiette al pesto di asparagi, una di trofie al pesto di rucola con gamberetti e una di gnocchetti sardi con pesto al basilico “Non vorrei allarmarti, ma quella lì mi sembra una mezza sciroccata”
Si sedettero ad uno dei tavolini interni, vicino alla terrazza, mentre Filippo recuperava i piatti di antipasti che avevano lasciato sul muretto. Cecilia appoggiò il piatto con il suo tris di pesto rossi ―siciliano, di pomodori secchi e di peperoni rossi― e si sistemò il tovagliolino sulle gambe “È sciroccata ed è pericolosa e soprattutto vuole Giacomo” osservò con un certo distacco
“Credi che mi ucciderà? Io non lo voglio Giacomo, per me può anche tenerselo” replicò la ragazza agitata
“Michela, non essere stupida” la redarguì l'amica, mentre Filippo le ascoltava divertito “Non intendevo così sciroccata e sicuramente non pericolosa fino a questo punto”
“A me sembra molto più che sciroccata” sbottò Michela seria e... dove diavolo l'aveva già vista? “E quando non mi troverete, obbligate la polizia ad interrogarla, perché quella psicopatica aveva movente, opportunità e mezzi e non lasciate che con i soldi insabbino la faccenda”
“Vedi troppa televisione”
“E non lo farà nemmeno con le sue mani” scosse la testa, immaginando la fine che quella pazza le stava preparando per prendersi uno stronzo che probabilmente aveva messo su tutta quella cagata di piano solo per farla ingelosire “Pagherà il più famoso ronin italiano sul mercato, che mi ucciderà senza che nemmeno me ne accorga, mentre lei starà sorseggiando il suo daikiri frozen alla banana su una spiaggia alle Maldive”
“Non esistono i ronin italiani e guardi decisamente troppa televisione” insistette Cecilia sospirando rassegnata, mentre Filippo aveva cominciato a ridere di gusto
“E si starà anche scopando il mio finto fidanzato per ripicca” volse il suo sguardo furente su Filippo “Non c'è niente da ridere” abbassò la testa ormai rassegnata alla sua prematura dipartita “Almeno al mio funerale cerca di piangere e sentiti in colpa per aver riso mentre io ti raccontavo ciò che sarebbe accaduto”
“Tranquilla, indosserò il mio abito più luttuoso e piangerò tantissimo. Preferisci fiori o opere di bene?”
“Opere di bene, ovviamente” replicò abbattuta “ma anche qualche fiorellino, così, giusto per fare scena”
“La smettete di fare gli idioti” li redarguì Cecilia seriosa “Michela vedi troppa televisione; mi sembra di ricordare che quello che hai descritto era un episodio di Law and Order. Ritornando alla vita reale, dove non ci sono ronin, Valeria ha chiesto da quanto tempo state insieme, che lavoro facevi, se eri bella, dove vivevi, se eri di Roma”
“Credo stia prendendo informazioni per risparmiare sul detective privato” aggiunse Filippo divertito. Cecilia lo fulminò con lo sguardo “Scusami amore. Cercherò di essere serio; anche se trovo questa storia veramente comica. Questa volta Giacomo si è immortalato”
“Che vuole da me?” domandò Michela stizzita “Giacomo mi sembrava un cagnolino ubbidiente e...” dove l'aveva già vista? “Fil, è lei la tizia che non se lo fila di pezza?” domandò rivolta al fidanzato dell'amica
“Hanno una storia complicata” ammise il ragazzo incerto. Sbuffò rumorosamente “Giacomo non prenderà bene questa cosa. Lo conosci, lui detesta le intromissioni di qualsiasi genere”
“Non c'è bisogno di una sfera di cristallo per capire che tra quei due c'è qualcosa” replicò Michela, cercando di mostrare un elegante distacco
“C'era qualcosa” corresse Cecilia prontamente, sistemandosi una ciocca dei suoi neri ricci ribelli dietro l'orecchio destro
“Lei è molto volubile e incostante” continuò Filippo pensoso “Hanno una storia di tira e molla che va avanti da qualche mese e Giacomo ci è rimasto un po' incastrato”
“Moliere diceva che la prima cosa che deve fare una donna quando vuole un uomo è di mettersi a correre” recitò Michela, poggiando la forchetta nel bianco ed enorme piatto da portata ormai vuoto “Ha messo su tutta questa pantomima solo per farla ingelosire?” sospirò, scuotendo la testa rassegnata “È veramente un cretino. Avrebbe anche potuto dirmelo, lo avrei aiutato”
Cecilia la fissò seccata, spingendo gli occhiali con il medio, più vicino ai suoi intensi occhi castani. Michela avrebbe voluto alzarsi e scappare lontano il più rapidamente possibile e anche Filippo sembrava pronto alla fuga. Quel gesto era sempre accompagnato da lunghe, estenuanti e interminabili ramanzine. “Tu lo avresti aiutato?” domandò placidamente
Ramanzina veramente breve! “Certo, noi siamo amici e se gli serviva una spalla per una delle sue assurde tattiche lo avrei fatto, soprattutto se la preda era una stronza come quella lì che crede che ce l'ha solo lei”
“Michela” aveva cantato vittoria troppo presto... ecco che cominciava il pilotto*! “voi due ora cominciate seriamente a stancarmi. La ragione per cui continuate a fuggire l'uno dall'altra per me resta ancora un mistero. Lui si rilassa solo con te, solo con te l'ho visto sorridere e solo con te ha quegli atteggiamenti di tenerezza che non ha con nessuna ragazza” non erano quelle le parole giuste da dire ad una che aveva un muro ormai pieno di crepe! “E tu, sei anche peggio di lui. Sei stata per anni con un ragazzo che non ti piaceva solo per cercare di proteggerti da lui ed ora che sei libera vorresti aiutarlo a conquistare una tizia che pensi sia una stronza” la ramanzina sembrava essere giunta al termine. Ora partiva con l'epilogo! “Filippo mi ha detto che Giacomo è entusiasta della vostra convivenza” non era ancora arrivata all'epilogo “e tu hai avuto la faccia appesa per tre anni mentre stavi con Davide, che per inciso hai spinto tu tra le braccia di un'altra donna” questo glielo aveva già detto un milione di volte, ma era meglio non interromperla, altrimenti avrebbe riavvolto il nastro e ricominciato d'accapo. E lei e Filippo si sarebbero tagliati le vene se il pilotto fosse ripartito da zero! “Ora che vivi con Giacomo sei raggiante. Cosa c'è di sbagliato in voi?”
Michela rimase in silenzio in attesa dell'epilogo che non sembrava arrivare. Quello di Cecilia non era il suo solito consiglio eccessivamente buonista, ma era un giudizio con i fiocchi e neanche troppo indulgente. “Non c'è niente che non va in noi. Le persone possono stare bene insieme, senza provare null'altro”
“E il bacio a cui abbiamo assistito prima era nell'elenco del null'altro?” insistette premurosa
“È una recita” replicò seccata. Non era quello di cui aveva bisogno! Non aveva bisogno di esternare i suoi sentimenti e non aveva bisogno di dare nutrimento a stupide fantasie che le ronzavano nella testa “È una finzione che facciamo in pubblico per dare un minimo di credibilità a questa farsa”
“E recita anche quando siete a casa da soli?” insistette la ragazza
Michela si alzò e la fissò stizzita. “Sono cose intime che ho raccontato alla mia amica e che non mi va se ne discuta ora in pubblico”
“Sono solo preoccupata per te”
Michela strinse gli occhi e continuò conciliante. “Non devi preoccuparti per me. Io sono forte”
“Tu sei una roccia e ti ho visto reagire a situazioni che avrebbero steso chiunque altro. Sei stata un punto di riferimento per tua madre durante la sua malattia, sei un punto di riferimento per tutti quelli che hanno difficoltà a lavoro e nessuno dimenticherà mai quando sei andata dal direttore generale a consigliargli di licenziare i quadri e non quelli che si facevano un culo quanto una capanna per quattro lire” si toccò la tempia pensosa “Non ti ho mai vista piangere per nulla, ma ti ho vista piangere per lui”
“Quattro anni fa” sostenne lei senza esitazione “Poi sono andata avanti”
“No, hai messo la testa sotto la sabbia e hai cominciato a mettere su un muro di mattoni per proteggere la testa che era nascosta nella sabbia, pensando che andasse tutto bene” volse lo sguardo al posto dove era seduto Filippo, che però si era alzato avvicinandosi al buffet “Ti ho vista piangere per lui mentre stavi con Davide” sussurrò appena
“Cecilia, ne abbiamo già parlato. È successo all'inizio della mia relazione con Davide ed è successo una sola volta. Io non sono più innamorata di Giacomo”
“Michela, hai solo due possibilità: o state insieme o lo lasci andare. Per te!” Ecco finalmente era arrivato l'epilogo!
“Ora basta, Ceci!” ordinò Filippo rivoltò alla fidanzata, sedendosi al suo posto e addentando lo spezzatino ai frutti di bosco. “Michela e Giacomo, sono due persone, diciamo, adulte e spetta a loro decidere cosa fare della loro vita, non a noi”
“Hai ragione” assentì lei stancamente, assaggiando un pezzettino di carne “L'aspetto è veramente inquietante, ma è squisitissimo” commentò gustando il boccone che aveva in bocca. Era quello il bello delle loro discussioni. Si litigava, ma poi era come se nulla fosse successo; anche se Michela sapeva bene che l'amica, per quanto invadente e petulante, aveva ragione. O state insieme o lo lasci andare. Non c'erano altre opzioni possibili! “Sta ritornando l'altro idiota della storia e, fortunatamente, senza guinzaglio”
“Che stai mangiando?” domandò Giacomo rivolto all'amico, avvicinatosi a loro a grandi passi “Mi sembra vomito di rana”
“Le rane non vomitano” asserì Filippo divertito “Assaggia prima di giudicare” lo invitò porgendogli il piatto
Giacomo afferrò il piatto. “Mi dai la tua forchetta Michi, non mi va di andarla prendere?” la ragazza si sedette e gli porse la sua forchetta
Amici per la pelle” borbottò Cecilia, masticando nervosamente un grissino
Giacomo ignorò l'osservazione, afferrò la forchetta ed assaggiò un pezzetto di spezzatino “decisamente buono” appoggiò il piatto sul tavolo e si chinò su Michela “Scusami se ti ho lasciata sola”
Traboccanti di amicizia” continuò a borbottare Cecilia, scuotendo il capo con disappunto
“Mi accompagni al buffet a riempire il piatto di vomito di rana?” chiese con voce carezzevole. Spinse la mano sotto il mento di Michela e appoggiò le sue labbra su quelle di lei. “Sono affamatissimo!” Era di nuovo strano!
“Fil, dovremmo rivalutare il nostro rapporto e ridefinirlo in termini più amicali” sostenne Cecilia senza riuscire ad arginare quel fastidioso borbottio. Filippo le diede una gomitata, mentre sul suo viso era stampato a caratteri cubitali. SMETTILA. “Null'altro! Null'altro!” ripeteva stizzita “Idioti!”
Non voleva accompagnare Giacomo al buffet, ma quella pentola di fagioli borbottante in cui si era trasformata l'amica era molto pericolosa. Conosceva Cecilia e sapeva bene dove voleva andare a parare. Voleva dirgliene quattro a Giacomo e metterlo con le spalle al muro. Ma Giacomo non ammetteva nessun tipo di intromissione nella sua vita e sulle sue scelte e quindi lei aveva sempre avuto grosse difficoltà con lui. Cecilia era come una leonessa quando si trattava di difendere le persone che amava!
“È successo qualcosa?” domandò Giacomo confuso dall'atteggiamento poco affabile di Cecilia
“No” replicò Michela prontamente. Si alzò, afferrò la mano di Giacomo e lo allontanò dal ring in cui Cecilia avrebbe trasformato quel tavolo
“Mi sembrava un po' nervosetta la tua amica” osservò Giacomo stringendo la mano dell'amica
“Anche la tua amica sembrava un po' nervosetta!” osservò lei giocosa “State insieme?” domandò con aria tranquilla, ma con il cuore in tumulto
Giacomo rimase muto e immobile al tavolo del buffet dei secondi di carne, mentre il cameriere gli spiegava le portate. Fissava tutta quella abbondanza in silenzio, ma Michela sapeva che qualcosa si stava agitando dentro di lui. “Scusi, ma abbiamo cambiato idea” si scusò con il cordiale cameriere, trascinando l'amica in terrazza. Ora gli avrebbe confessato di amare quella stronza! La terrazza affacciava su una piccola piscina scavata nel giardino. Era veramente una casa bellissima, rifinita in ogni particolare. La signora Claudia aveva un gusto eclettico nell'arredamento e riusciva ad accostare bene stili molto diversi fra loro. Aveva fatto della sua dimora un posto accogliente, nel quale lei, in quel momento, si sentiva a disagio e fuori posto. “Non stiamo insieme” affermò senza esitazione, lasciando la mano di Michela e appoggiandole entrambe sulla ringhiera in muratura “Scopiamo” confessò senza mezze misure, fissando un punto imprecisato del giardino “Scopavamo, ad essere precisi” si voltò, fissandola con aria seria. Michela aveva la schiena appoggiata alla ringhiera ed ascoltava silenziosa, senza volgere lo sguardo su di lui “Abbiamo smesso quando tu mi hai chiesto di farlo”
“Io non te l'ho mai chiesto!” si oppose accorata “Non ti avrei mai chiesto una cosa del genere” insistette fissando i suoi occhi grigi
“No, ma era una clausola del nostro contratto” puntualizzò pacato
“Non sapevo che avessi una storia con lei, altrimenti...” rimase in silenzio, mentre le rotelline del suo cervello vorticavano all'impazzata “Pensavo lo facessi per farla ingelosire, ma sarebbe una mossa troppo stupida anche per te” si massaggiò le palpebre “Una fidanzata incinta è un ostacolo gigantesco”
Giacomo sorrise compiaciuto. “La tua testolina funziona sempre perfettamente, mia cara e una delle cose che mi piace di più di te” distolse di nuovo lo sguardo, fissando un cielo nero tappezzato di stelle “Non l'ho fatto per lei, anche se la cosa l'ha fatta uscire di testa. Pensava di avermi in pugno, invece scopre che non solo la fantomatica fidanzata esiste, non solo è incinta, ma è anche bella” le rivolse di nuovo un malinconico sguardo “Molto bella”
“Quando è finita tra voi?” chiese la ragazza incuriosita, cercando di mettere insieme i pezzi del puzzle
“Non è mai iniziata fra noi” precisò abbattuto “Lei non ama i legami. Ama divertirsi, ama le feste, ama essere al centro dell'attenzione, ama essere corteggiata. È una ragazza molto bella, sa di esserlo e utilizza la sua bellezza per ottenere ciò che desidera” scivolò con le mani nei lunghi e setosi capelli di Michela “È così diversa da te. Anche tu sei bella, anche tu sai di esserlo, ma fai di tutto per non sembrarlo, fai di tutto per non attirare l'attenzione. A volte credo che tu ti vergogni di essere bella”
Era nervosa, agitata e terribilmente triste. “Impressionante Ferri. Ti sei innamorato di una ragazza che ti somiglia. Il re dell'egocentrismo!” affermò senza riuscire a trattenere una risata.
“Non sono innamorato di lei”
“Ti piace?” chiese Michela con il cuore che le galoppava nel petto
“Non mi va di parlarne, non ora, non adesso e non con te” rispose secco e senza ammettere repliche
“Perché?”
Sorrise. “Perché non sono pronto”
“Perché tutta questa messinscena se non è per lei?”
“Michi, ti sto dicendo la verità fin da principio, ma tu continui a non credermi. La farsa è per Petroli, per aiutare Claudia” Michela lo fissava con insistenza. “Claudia ha una relazione extraconiugale. Io l'ho scoperta per caso e sono rimasto alquanto stupito dalla persona a cui si accompagnava. Mi ha chiesto di tenere per me quello che avevo visto. Non mi interessa di come vivono le persone la loro sessualità se lei voleva avere una relazione non sarei stato io a giudicarla. Sai bene quanto sia aperto e libero su questo genere di argomento” sorrise compiaciuto di sé stesso “Abbiamo cominciato a parlare, perché lei ne aveva bisogno. Ci siamo visti spesso anche fuori dal lavoro e anche a lavoro pranzavamo spesso insieme. Ci siamo molto avvicinati e le voci sono aumentate sempre di più fino a diventare incontrollabili, fino ad arrivare alle orecchie del marito e dei figli”
“Lei e Valerio pensano che tu abbia una relazione con la loro madre?”
“Valerio ultimamente mi irrita abbastanza, ma è un ragazzo intelligente. Ne abbiamo parlato e lui è sicuro che la madre non abbia una relazione con me, anche se sospetta che lei abbia una relazione con qualcuno” sospirò profondamente “Valeria è alquanto fuori di testa. È una ragazza eccitante e bellissima, ma è una bambina capricciosa. Si è avvicinata a me per indagare sulla fondatezza di quelle voci. Nonostante le avessi detto che avevo una fidanzata, lei continuava a sospettare di me e di sua madre. Poi ha cominciato a tentarmi e sai quanto sia incapace di resistere alle tentazioni; alla fine siamo finiti a letto insieme. È stato un tira e molla continuo, pensava che fossi nelle sue mani, alla mercé dei suoi capricci, che mi avesse allontanato dalla madre. Ma io e Claudia siamo amici e lei è una brava persona, quindi a me non andava di tirarmi indietro”
“Perché non le hai detto la verità?”
“Perché è una cosa che spetta a Claudia, non a me. Valeria è sua figlia ed è sua madre a doverle raccontare la verità, non il ragazzo che se la scopa” argomentò tranquillo
“Lei non è solo una scopata per te!” insistette Michela “Tu stai proteggendo anche lei, non solo la madre”
Le carezzò il viso, chiuse gli occhi ed avvicinò le sue labbra a quelle di Michela. “Michi, non ti stanchi mai di vedere solo il buono nelle persone?” si allontanò lentamente da lei, senza permettere alle sue labbra di sfiorare quelle della ragazza “Io e Valeria abbiamo continuato il tira e molla finché suo padre non è venuto a casa mia. Ero con lei quella mattina; se suo padre fosse arrivato qualche ora prima l'avrebbe trovata nel mio letto” Ecco dove l'aveva vista. Era la ragazza bionda che aveva passato la notte con lui “Mentre suonava con insistenza la mia porta, seduto sulla tazza del cesso mi è venuta la brillante idea di trascinarti dentro questa storia”
“Perché non gli hai detto che stavi con sua figlia, sarebbe stato tutto più semplice” insistette lei accorata “Perché hai costruito una storia così complessa?”
“Perchè io e Valeria non stiamo insieme, perchè avrebbe pensato che mi scopavo tutte le donne della sua famiglia e perché...” si interruppe, come se stesse per confessare cosa c'era dietro tutta quella storia “al momento, questa mi era sembrata la storia più credibile”
“Quindi la pazza sciroccata pensa che tu mi metti le corna con lei?”
Il ragazzo scosse la testa, arricciando il naso. “Mhhh... non proprio!”
“Quindi cosa pensa con precisione?” domandò intimorita. Quella lì non era mica tanto normale!
“Lei pensa che io e te non stavamo più insieme, perché i tuoi sentimenti per me erano combattuti a causa del mio comportamento sessuale piuttosto libero e che poi tu mi abbia incastrato con questo bambino”
“Io ho incastrato uno come te, con un figlio?” scosse la testa isterica “Gesù, gli hai spiegato il tuo piano della plastica facciale e della spiaggia cilena?” sorrise divertita “Non si incastra uno come te con un bambino”
“Ho tentato di spiegarglielo prima, quando mi ha chiesto di aiutarla, ma non credo di essere riuscito a convincerla; mi sembrava piuttosto ostile nei tuoi confronti”
“Ostile?” Lo sapeva che quella pazza stava per assoldare un mercenario per farla fuori! “Mi farà fuori solo perchè tu sei un maledetto bugiardo sociopatico” sbottò seccata
“Non esagerare!” esclamò allargando le braccia
“Se se, parlate bene voi che non siete la mira di una pazza sociopatica che pensa che ho incastrato l'uomo che gli appartiene” puntualizzò risentita “Ora starà già spulciando qualche sito specializzato. Ormai su internet si trova di tutto... www.liberatidellatuarivale.com
“Non accadrà niente del genere!” scosse la testa divertito “Guardi troppa televisione e troppe trasmissioni splatter”
“Questo lo avevano pensato sicuramente anche gli amici di quelli che si sono trovate in mezzo a queste cose” sospirò profondamente “Comunque sorvolando sulla pazzia delle tue donne; fra due settimane parto per Milano e ho chiesto già le ferie attaccate. Starò dieci giorni a casa dai miei e la settimana successiva andrò con Marianna e Giada a Barcellona, Madrid e Valencia. Quindi fammi perdere questo bambino, salutiamoci come due buoni amici e mettiamo fine a questa cosa prima che mi tocca sfidare a singolar tenzone la pazza per ottenere il tuo cuore” Giacomo non riuscì a trattenere un largo sorriso. “Cosa ti fa sorridere?” domandò la ragazza incuriosita
“L'immagine di voi due che vi sfidate per ottenere il mio cuore. Un duello d'altri tempi con tanto di spada”
“Se scegliamo la spada, allora mi fai vincitrice. Io tiro di scherma”
Quando aveva sette anni suo padre era impazzito per Valentina Vezzali, quell'anno l'atleta olimpica aveva vinto la medaglia d'argento nel fioretto individuale e l'oro a squadra**. Quindi l'anno dopo l'aveva mandata a studiare scherma, fiducioso che la sua bambina sarebbe stata anche più brava della Vezzali. Era bravina, anche se non le piaceva molto come sport, avrebbe preferito le arti marziali, ma sua madre le riteneva uno sport da maschi e a suo padre non piacevano perché l'Italia non prendeva mai medaglie nelle discipline olimpiche come le arti marziali. Alla fine era riuscita ad abbandonare la scherma sette anni dopo e si era iscritta a jujitsu, quando ormai sua madre non aveva più voce in capitolo sulle sue scelte e il padre si era fatto persuaso che la sua bambina non avrebbe mai partecipato alle olimpiadi; anche se aveva cominciato ad aspirare al nobel.
“Lo so, me lo ricordo” e il suo sorriso si fece ancora più largo “Anche lei tira di scherma”
L'avrebbe fatta fuori all'arma bianca!


* termine dialettale romanesco. Tradotto: sermone.
** esordio olimpico ai giochi olimpici di Atlanta del 1996, all'età di 22 anni.



NdA: con Valeria e Cecilia ho introdotto tutti i personaggi.
Cercherò poi nei prossimi capitoli di caratterizzarli meglio, anche se sono veramente tanti, quindi qualcuno per forza di cose sarà meno approfondito... spero che anche questo capitolo vi piaccia e aspetto i vostri commenti per rendere la storia migliore di quella che ho nella mia testa.
Alla prossima... lella!

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Capitolo 7
*** L'angelo di luce ***


Ciao a tutti,
Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto molto da fare, quindi ho poco tempo per dedicarmi a questa e ad altre storie.
Ringrazio chi ha lasciato una recensione, risponderò sicuramente entro domani... senza farvi perdere altro tempo in chiacchiere, vi lascio al settimo capitolo! buona lettura a tutti!



Capitolo VII
L'angelo di luce


Accoccolata tra le braccia di Giacomo e avvolta dal caldo abbraccio della notte, Michela ripensò alle confessione che il ragazzo le aveva fatto sulla terrazza di casa Petroli. La sua storia era credibile e, nonostante le sue remore iniziali, aveva deciso di credergli. Claudia aveva una relazione con qualcuno, che probabilmente lui conosceva o che la cui identità lo aveva spinto a mettere su tutta quella pantomima per aiutarla. Dalle parole dell'amico aveva compreso il rispetto che lui provava per quella donna bellissima e Giacomo Ferri non era uno che distribuiva rispetto a destra e a manca. E poi, c'era Valeria; anche se lo aveva negato, Michela sapeva che Giacomo lo aveva fatto anche per l'arrogante ed altezzosa rampolla della famiglia Petroli; anche se lo aveva negato, Michela sapeva che Giacomo voleva proteggere la ragazza da quella relazione clandestina; anche se lo aveva negato, Michela non riusciva a non pensare che lui poteva esserne innamorato. Era chiaramente molto preso dalla giovane e viziata figlia dell'avvocato Petroli, era talmente evidente da essere quasi imbarazzante. Sospirò e spinse il suo corpo contro quello del ragazzo, che reagì stringendosi a lei ed affondando la testa nell'incavo del suo collo. Percepiva il respiro caldo e regolare di Giacomo solleticarle la pelle.
La sua mente era affollata di domande a cui non riusciva a dare una risposta....
Perché Giacomo l'aveva trascinata in quella storia? Tutti sembravano avere un ruolo preciso in quella commedia messa su ad arte per l'avvocato Petroli. Valeria, Claudia, Filippo, Cecilia, ma non riusciva a capire quale era il suo di ruolo. Giacomo avrebbe potuto scegliere una via più facile, avrebbe potuto confessare all'uomo che aveva una relazione con la figlia, avrebbe potuto ignorare quelle voci, che col tempo si sarebbero smorzate. Tutta quella messinscena era eccessiva!
Perché si era proposto di pagarle il master alla Bocconi? Era un corso costoso, esageratamente costoso. E non si trattava di un prestito, ma di un regalo. Una convivenza di qualche mese non avrebbe mai potuto ricompensarlo per la spesa sostenuta; nemmeno se alla convivenza avesse aggiunto degli optional di natura sessuale —che Giacomo avrebbe grandemente apprezzato—, finanche se fosse stata a completa disposizione del ragazzo per un intero mese non sarebbe riuscita a compensare la spesa.
Cosa provava Giacomo per lei? Quella domanda cominciava a martellarle nella testa, senza riuscire a scacciarla. Era una domanda pericolosa, perché era una domanda che la faceva inevitabilmente ricadere in un antico e sopito turbinio di emozioni. Cecilia aveva ragione, per quanto la sua insistenza l'avesse irritata, l'amica aveva portato in superficie quello che lei nascondeva nel punto più profondo del suo cuore. Lei e Giacomo non erano amici, non lo erano mai stati. Si volevano bene, si rispettavano, si sostenevano, ma erano attratti l'uno dall'altra e anche se lei continuava a ripetersi che lui non l'avrebbe mai amata come lei voleva, sapeva che Giacomo la desiderava. I loro corpi si cercavano in maniera inconsapevole, entrambi erano alla continua ricerca di un contatto fisico che sembrava rassicurarli della presenza l'uno dell'altra. Si baciavano, si sfioravano, si accarezzavano, si abbracciavano. C'era una percepibile tensione sessuale, ma anche una delicata tenerezza, che la confondeva e la intrappolava sempre di più tra le trame di quella ragnatela invisibile che il seducente ragno stava tessendo intorno all'ingenua farfalla. Scivolò con la mano lungo il braccio del ragazzo, che mugolò al tocco della sua mano, spingendo il suo corpo con maggiore insistenza contro quello caldo di lei. Michela era consapevole che anche l'intimità di quelle notti andava oltre l'affetto dettato dall'amicizia. Non voleva che accadesse, ma non riusciva a rinunciare a quelle coccole che somigliavano così tanto all'amore che lei cercava da lui.
Cosa passava nella testa di Giacomo? Il più delle volte, Giacomo si risvegliava carico di desiderio. Il più delle volte cercava di contenere le sue voglie e, anche se evidentemente eccitato, le appagava da solo. Si levava dal letto alle prime luci dell'alba, senza dire una parola, si chiudeva in bagno e poi ritornava a riabbracciarla. Che senso aveva? Perché si accontentava di un'intimità che non lo appagava, lasciandolo perennemente affamato? Lui non era il soldatino di piombo che sbirciava da lontano la bella balleria di carta, pago del suo amore. Lui non era il principe azzurro che vagava nel bosco in cerca del vero amore. Lui era il lupo cattivo che sbranava la piccola cappuccetto rosso. Lui era il visconte di Valmont, il cinico seduttore del romanzo le Relazioni pericolose di Laclos, pronto a tutto per appagare i proprio desideri carnali. Cosa lo frenava? Forse era veramente innamorato di Valeria o forse non voleva rovinare la loro amicizia.
Per un attimo si sentì confusa e disperata. Perché non l'amava? Perché non stavano insieme? Sarebbe stata la cosa più ovvia, la più logica, la più naturale!
O state insieme o lo lasci andare. Cecilia aveva ragione, non c'erano più opzioni. Sospirò profondamente, domandandosi se sarebbe mai stata capace di lasciarlo andare. Chiuse gli occhi, perdendosi nel rassicurante abbraccio di Giacomo.

*

“Michela” Cecilia sorseggiava la sua centrifuga ghiacciata di mela e carota, continuando a fissarla con sguardo serio “nell'ultima mezz'ora non hai fatto altro che parlare di Giacomo” sospirò profondamente appoggiando l'elegante Collins* di vetro sul tavolino di cristallo “Giacomo qui, Giacomo là, ormai so cose di lui che non avrei mai immaginato di sapere” sbuffò infastidita “Non voglio psicanalizzare proprio la mia migliore amica, ma riconoscere il problema è il primo passo per superarlo”
Michela soffocata dai libri e oppressa dall'invisibile presenza di Giacomo aveva deciso di chiamare Cecilia per prendere un qualcosa di molto salutare e per una chiacchierata tra amiche, nel tentativo di rilassarsi. Avevano deciso di vedersi alle sette ad un bar non troppo lontano dal quartiere Coppedè. Si erano sedute ai tavolini che affacciavano su viale Regina Margherita e avevano ordinato una centrifuga ed un frullato. Avrebbe voluto distrarre la testa dai pensieri che si affollavano costantemente su Giacomo, ma alla fine, come ogni volta aveva finito per parlare di lui.
Michela fissò l'amica confusa. “Quale problema?” domandò, ruotando il lungo cucchiaio di vetro nel liquido rosa che ancora riempiva il Tumbler**
“Giacomo sarebbe già un problema, indipendentemente dalla situazione in cui ti ha cacciata, ma a voler essere più precisi: quello che provi per lui è il vero problema” puntualizzò saccente
Cecilia non aveva mai tenuto in grande simpatia Giacomo, soprattutto per il modo in cui trattava le donne, ma da quando in quell'elenco era stata aggiunta anche la sua più cara amica la poca simpatia si era trasformata in una forte antipatia.
“E cosa proverei per lui?” chiese falsamente meravigliata
Cecilia era sempre particolarmente insistente sull'argomento Giacomo, ma lei non riusciva a confessarle ciò che non era in grado di confessare neanche a sé stessa.
“Michela, per quanto tempo ancora continuerai a mentire a te stessa?” Michela abbassò lo sguardo e cominciò a sorseggiare il suo frullato di fragola e limone “Devi tirarti fuori da questa assurda situazione. Nel caso in cui tu non te ne fossi accorta Giacomo è completamente folle, oltre ad essere un depravato”
“È la tua valutazione da esperta?” domandò Michela in un largo sorriso
“No, non è necessario essere una psicologa per diagnosticare un disturbo da sociopatico sessuale” replicò senza riuscire a nascondere un largo sorriso “La mia è l'opinione di una donna ancora provvista di occhi e cervello”
“Anche io sono provvista di occhi e cervello e tendi un po' ad esagerare con lui”
“Michela, tesoro, da quando lo conosco, la sua relazione più lunga è durata due settimane ed è quella che ha avuto con te. Cambia ragazza almeno quanto cambia camicia e lui cambia camicie molto spesso” scosse la testa rassegnata “Racconta un boato di palle alle donne pur di portarsele a letto e, in generale, tende alle bugie e alla manipolazione. È un ragazzo carino, arguto e divertente e se non fosse un maniaco anch'io lo troverei particolarmente intrigante; ma lui è chiaramente un sociopatico e tu sei ceca e stupida quando si tratta di lui”
“Stai esagerando” insistette Michela, giocherellando con la punta dei capelli “Non è un santo, ma non ha mai finto di essere qualcuno che non è. Le ragazze che escono con lui lo sanno benissimo” tamburellò con le dita sull'elegante tavolino di vetro “È uno stronzo, ma solo perché esistono donne che gli permettono di esserlo”
Cecilia la osservava pensosa. “È un bugiardo”
“Ma non ha mai detto ti amo a nessuna donna, quindi non è responsabile di quello che le ragazze provano per lui”
“No, ma è responsabile di quello che fa per indurre le ragazze a pensare che lui possa amarle” puntualizzò Cecilia stizzita “Non è sempre necessario dire ti amo per illudere qualcuno”
“Non deve piacerti per forza, Ceci, ma ti assicuro che è meno peggio di quello che pensi” sostenne Michela senza esitazione
“Devi stargli alla larga”
“Non preoccuparti per me, so badare a me stessa e sono vaccinata contro di lui”
“Ecco perché ti fregherà alla grande!”
“Manca una sola settimana e poi sarà tutto finito” replicò pacata
Sarebbe tutto finito. Voleva allontanare Giacomo dalla sua vita, voleva liberarsi da quella ragnatela le cui trame diventavano sempre più fitte, anche se gli sarebbe mancata quella sensazione di calda familiarità che l'amico le trasfondeva. Tornare a casa e trovare qualcuno ad aspettarla, chiacchierare della loro giornata mentre cenavano, cucinare per qualcuno, trovare la tavola imbandita e il profumo del cibo quando rientrava tardi, svegliarsi accoccolata a lui, condividere quei gesti quotidiani con l'uomo che amava; fino a quel momento non si era mai resa conto di quanto si sentisse sola e di quanto Giacomo avesse riempito prepotentemente quei vuoti.
“Vuoi davvero che finisca?'” domandò l'amica con aria preoccupata
Un po' la irritava quello sguardo compassionevole, ma le puntuali osservazioni di Cecilia la tenevano con i piedi ben saldi a terra. “Certo” replicò seccamente
“Certo” ripeté l'amica distratta dal trillo del suo cellulare “Pare che stasera Filippo e Giacomo abbiano una cena di lavoro, che ne dici di cenare insieme?” la invitò, sollevando appena lo sguardo dallo schermo illuminato del suo cellulare ultimo modello
Quando la situazione cominciava a diventare troppo opprimente, Cecilia cambiava sempre discorso, per poi ritornare sul medesimo argomento in momenti più opportuni. Era la sua tattica e, per quanto lei la trovasse puerilmente assurda, funzionava ogni volta. Michela si era sempre chiesta se l'amica usasse la stessa tecnica anche con i suoi pazienti.
Cecilia Valiante era un'attraente e giovane associata in uno studio di psicologia, situato al centro di Roma, nel caratteristico quartiere Coppedè. Lei e Michela erano nate nello stesso anno, erano entrambe cresciute in piccole cittadine della Lucania distanti pochi chilometri l'una dall'altra, avevano frequentato la stessa università eppure avevano storie di vita completamente differenti. Il padre di Cecilia era un medico romano, appartenente ad una rinomata casta di professoroni universitari della Roma bene; anche se, in giovane età, l'uomo aveva fatto scelte avverse a quelle che avrebbero voluto i suoi genitori era rimasto in buoni rapporti con tutta la sua famiglia, quindi quando la sua geniale figlia maggiore si era laureata in psicologia aveva contattato una cugina che conosceva il titolare di uno studio di psicologia molto rinomato, Alberto Pisante. Inizialmente Cecilia era stata reclutata per uno stage di un anno non retribuito, ma poi aveva dimostrato le sue capacità ed era diventata un membro insostituibile dello studio Pisante. Michela e Cecilia erano diventate amiche già dopo pochi mesi dal loro arrivo nella città Eterna, si erano conosciute quando Michela aveva cominciato a frequentare Giacomo. Cecilia era stata amica di una delle tante donne di Giacomo, poi aveva conosciuto Filippo ed era entrata a far parte della cerchia dei pariolini. Inizialmente non le era piaciuta granché, la trovava invadente e troppo prodiga di consigli nei confronti di una estranea, ma le era stata vicina quando Giacomo l'aveva lasciata e, anche se continuava ad essere prodiga di consigli, aveva trovato con lei molte affinità che le aveva legate indissolubilmente.
Mentre quei pensieri le affollavano la testa arrivò il trillo di un messaggio. Afferrò il cellulare, che era appoggiato sul tavolino accanto al bicchiere. “Stasera sono a cena con dei clienti, cerco di rientrare presto” le annunciò Giacomo
Da quando aveva scoperto di Valeria era sempre sospettosa per le uscite serali di Giacomo, ma se andava anche Filippo i suoi sospetti erano sicuramente infondati. Non voleva essere gelosa, ma non poteva impedire a sé stessa di esserlo. “Tranquillo ceno con Cecilia” digitò rapida
“Passo a prenderti quando avete finito”
“Non è necessario, pensavo di proporle il cinese sotto casa”
“Ti trillo appena mi libero, così se siete ancora dal cino, io e Fil passiamo per scortare le nostre bellissime signore a casa;)”
Le sarebbe terribilmente mancato. “Ok:)” sollevò la testa e fissò i neri occhi di Cecilia, posando lo sguardo sulle sue sottili mani che affondavano nei ricciuti capelli corvini “Ti va il cinese sotto casa mia?”
“Avrei preferito il giapponese, ma non si dice di no ad una donna incinta!” replicò divertita
“Che scema che sei” replicò distratta dal suono del cellulare.
Giacomo le aveva scritto e il suo messaggio l'aveva nuovamente mandata in confusione. “Ho chiesto a quello schiavista di Petroli una settimana di libertà. Vengo con te a Milano per i test, poi pensavo di passare a Venezia. Ricordo che volevi andarci”
Perchè?
“Tutto bene?” domandò Cecilia preoccupata
Chiuse gli occhi e respirò profondamente. “Non lo capisco!” sbottò seccata
“Cosa ha fatto questa volta?” replicò l'amica con professionale serenità
“Io lo so che non siamo amici” fissò Cecilia in attesa che l'amica esplodesse in una sonora ovazione di esultanza, ma lei la ascoltava silenziosa e senza nessuna espressione sul volto diafano “Giacomo è carino ed è sempre stato presente nella mia vita. Ci abbiamo provato, ma lui ha ragione, non ha funzionato”
“Perché credi che non abbia funzionato?” domandò Cecilia, accavallando le gambe e giocherellando con il bicchiere ormai vuoto
“Perché non mi amava” replicò con una semplicità disarmante “perché mi stavo attaccando troppo e lui odia le donne che si attaccano” chiuse gli occhi “Mi sono sentita così stupida, mi ha ferita, mi ha usata. Ero così arrabbiata, ma avevo bisogno di un punto di riferimento e lui in questi anni lo è stato. Pensavo che potevamo essere amici, perché lui è un buon amico” scosse la testa come a voler allontanare un pensiero sbagliato “ma le cose sono così cambiate. A volte sembra desiderarmi, altre amarmi” confessò ad alta voce, ripensando al messaggio che lui le aveva inviato
“Cosa non ti convince?” domandò l'amica con voce piatta
Cecilia non faceva nessun commento, non dava nessun consiglio, solo domande secche poste senza alcuna intonazione. “La tempestività” stava cercando di farla arrivare a quella realtà dei fatti, che lei continuava ostinatamente ad ignorare “Non capisco perché ora e non tre anni fa, non capisco perché mi abbia tirata in questa storia” ormai parlava a raffica “non capisco cosa lo trattiene se veramente mi desidera come sembra, non capisco perché certe volte è tenero e fraterno e certe altre volte sembra volermi saltare addosso, non capisco perché continuiamo a dormire abbracciati anche se chiaramente lascia entrambi affamati” si massaggiò le tempie con le dita “ma quello che proprio non capisco è perché fa delle cose come questa” agitò nervosamente il cellulare in aria “che mi fanno pensare che sia innamorato di me”
Cecilia le sorrise e, senza domandarle a cosa si riferisse con cose come questa, domandò pacata “Credi che si sia innamorato di te?”
“Il mio cuore continua a sussurrarmi che lui mi ama, che mi ha sempre amata, che era solo spaventato da un impegno serio, ma che questa convivenza gli ha mostrato quanto stiamo bene insieme”. Era così strano esprimere quei pensieri disconnessi a voce alta!
“Cosa c'è che non va, allora?”
“C'è che la mia parte razionale, invece, urla che in questa storia manca un tassello importante” appoggiò la mano al petto “E che mi mette in guardia dallo stronzo che mi ha ferita già una volta”
“Cosa intendi fare?”
“Non lo so, ma credo che dopo aver parlato con la dottoressa Valiante, che è senza dubbio una bravissima psicologa, forse vorrei avere un consiglio dalla mia amica Cecilia” osservò Michela divertita
“Devi lasciarlo andare, Michela” allungò la mano e le strinse il polso “Lui non ti amerà mai come meriti di essere amata. Se si fosse innamorato di te, nulla lo tratterrebbe”
“Forse non vuole rovinare la nostra amicizia” obiettò timidamente
“Michi, tesoro, lui sta già rovinando la vostra amicizia”
Cecilia non aveva mai avuto particolare simpatia per Giacomo, lo tollerava solo perché era amico di Michela e di Filippo, ma la sua logica era inattaccabile. Lui stava già rovinando la loro amicizia!
Michela afferrò il cellulare, sospirò e cominciò rapidamente a scrivere “Ricordi bene, ma ricorderai anche che volevo andarci con l'uomo della mia vita, non con il mio finto fidanzato:). E poi ho già prenotato il biglietto per Milano, ho avvisato i miei che sarei ritornata a casa e c'è il viaggio con le mie amiche”
“Tutte cose a cui non riesci a rinunciare?” replicò lui rapido
“No, mi spiace” premette il tasto invio e ricominciò a scrivere “Ci vediamo a casa”
Quella sera Giacomo non passò dal cinese e non rientrò presto come le aveva promesso, anche se la mattina dopo si ritrovò comunque stretta a lui.

**

Il sabato mattina solitamente portavano Pallottola al parco a correre e anche quel sabato il programma non sarebbe cambiato. Giacomo si alzò dal letto e cominciò a preparare la colazione mentre lei entrava in bagno. Ormai avevano le abitudini di una coppia che conviveva da anni. Michela si sedete al tavolo della cucina e lui le porse la tazzina di caffè e un cornetto riscaldato.
“Potresti portarlo da solo Pallottola al parco? Vorrei studiare un po', fra meno di una settimana ho il test e cominciò ad avere una certa ansia”
“Tranquilla, sarà una mattinata tra uomini: faremo una bella corsetta, mangeremo qualche schifezza e rimorchieremo una ragazza con una calorosa cagnetta” le sorrise, lasciando cadere i biscotti nel suo tazzone arancione ricolmo di latte
“Ma come fai a bere quella pappetta?” domandò disgustata “Fai ammollare i biscotti eccessivamente”
“A me piace così” osservò il ragazzo aggiungendo altri biscotti, al denso liquido bianco
“Nemmeno ad un bambino sdentato piace così”
“Sono latte e biscotti, che cambia se li bevo o li mastico?” domandò mescolando l'intruglio
“Effettivamente niente” assentì, raccogliendo i lunghi capelli in una stretta coda e fermandoli con l'elastico per capelli che portava legato al polso “solo che sembra vomito”
Giacomo sollevò le spalle, girando il cucchiaio nella tazza per rendere il composto più omogeneo. “Meglio, così è predigerito e non mi resta sullo stomaco. I biscotti mi risultano un po' indigesti” terminò divertito
Lei gli sorrise divertita “Tu digeriresti anche le corde di contrabasso, altro che biscotti”
“Dovresti provarlo prima di giudicare” osservò laconico, cominciando a sorseggiare l'intruglio “Ti assicuro che è buonissimo. Ne vuoi un po'?”
“No grazie, come se avessi accettato” replicò agitando la mano con aria disgustata
“Sei sempre eccessivamente restia ai cambiamenti, questo toglie molto al tuo fascino, tesoro” sorrise ammiccante e appoggiò la tazza ormai vuota sul tavolo “Sei sicura che non vuoi compagnia per il tuo viaggio?”
“Sicurissima” assentì la ragazza senza esitazione “Tu resta in prima linea e metti fine a questa storia di finti fidanzamenti, finti bambini e finta convivenza” terminò allegra “prima di dover cominciare ad infilare cuscini sotto i vestiti e prima di ritrovarci a dover adottare un bambino per coprire le tue bugie”
Il ragazzo scosse la testa con aria malinconica. “Mi mancherà non trovarti a casa al mio rientro, mi mancherà la tua cucina, mi mancherà prepararti la cena quando hai il turno di pomeriggio, mi mancherà occuparmi di te e di Pallottola, mi mancheranno le nostre chiacchierate” Michela notò con una stretta al cuore che anche lui aveva avuto i medesimi pensieri e che anche lui era afflitto dalla stessa solitudine “Mi sentirò un po' solo senza di te”
“Siamo vicini di casa, non ti libererai di me così facilmente” sospirò, cercando di mantenere calma e contegno “Le cose ritorneranno come prima” Giacomo si alzò, ripose la tazza nel lavello, la riempì di acqua e pi si girò, fissando un inquietante sguardo colpevole su di lei. “Ti ricordi di Claudia?”
“Certo” assentì inquieta, al pensiero di essere trascinata nell'ennesima pantomima
Giacomo strinse gli occhi, regalandole un accattivante sorriso fanciullesco. “So che devi studiare, ma Claudia ha insistito talmente tanto che non sono riuscita a dirle di no”
“Insistito per cosa?” domandò allarmata
“Ti avevo detto che le eri piaciuta” Michela allargò le braccia, incitandolo a continuare “Mi ha chiesto se stasera ci andava di andare a cena con lei?”
“E quando volevi dirmelo?”
“Ora?” replicò timidamente “Sai, non riuscivo a trovare il momento giusto”
Michela scosse la testa rassegnata. “Io vorrei studiare e poi non mi va di dover fingere per tutta la serata con quel poveraccio, soprattutto dopo che mi hai detto che lei ha una relazione con un altro uomo”
“L'avvocato Petroli non ci sarà. Lei verrà con un'amica. E non ho mai detto che ha una relazione con un altro uomo”
“Certo che lo hai detto”
“No, che non l'ho detto. Me lo ricorderei se lo avessi detto!”
“Stai cercando di ritrattare?” domandò Michela stringendo gli occhi pensosa
“Non posso ritrattare una cosa che non ho detto” perseverò lui senza esitazione
La ragazza sbuffò seccata. “Dai Giacomo, ti prego, proprio non mi va di uscire”
“Gliel'ho detto, ma continuava ad insistere e alla fine ho ceduto. Siamo rimasti che ci vediamo alle nove all'Antica Roma sulla Portuense, così non dobbiamo nemmeno prendere la macchina. Le ho detto che per le dieci e trenta ce ne andiamo perché tu devi studiare ed io devo aiutarti a ripassare” spiegò tranquillo
“Se hai già deciso tutto, perché mai me lo chiedi?” sbottò irritata
“No, piccola, se non ti va non andiamo da nessuna parte. È una proposta”
“Le hai già detto di sì” osservò incredula
“Io le ho detto di sì, non tu. Se non ti va non andiamo. Troverò una scusa”
Le sembrava così sincero. “Tu non prendi molto sul serio questo mio test” sbottò Michela “Mi stai ostacolando perché vuoi che venga bocciata?” si lagnò mettendo il broncio
“Perché lo pensi, Michi? Io voglio che tu sia la migliore e per dimostrartelo oggi ti aiuterò a ripassare” si avvicinò e le carezzò il viso “Ti prego, per favore. Lo sai che non sono bravo a supplicare, ma Claudia ci tiene così tanto. Oggi mi occupo io di tutto, della spesa, della casa, di Pallottola, tu non dovrai fare nulla, solo studiare e onorarci della tua presenza”
“E va bene” sbuffò la ragazza infastidita, sentendosi nuovamente incastrata nell'ennesima forzatura dell'amico “però non mi devi rivolgere la parola per tutta la giornata. Niente distrazioni”
Giacomo le sorrise soddisfatto. Disegnò un'immaginaria croce sul suo petto e sollevò indice e medio. “Parola di lupetto” lupetto cattivo! “Lascia pure le tazze nel lavello e vai a studiare, oggi faccio tutto io” concluse entusiasta, sfoggiando un radioso sorriso
Quando l'aveva vinta era sempre prodigo di entusiasmo; proprio come i bambini capricciosi. “Perché vuole uscire con noi? Sospetta qualcosa?”
“No, tranquilla piccolina, Claudia sa tutto” spiegò tranquillo “Non abbiamo di questi problemi con lei; possiamo essere noi stessi”
“Lei sa tutto?” ripeté perplessa, massaggiandosi le palpebre
“Ovvio, io e Claudia siamo amici e lei è una donna piuttosto brava ad ascoltare le persone senza giudicare”
“Quindi è come me!” sostenne Michela, alzandosi dalla sedia ed allontanandosi da lui
“Se, come no. So benissimo che tu e la tua degna compare siete sempre lì con il dito puntato contro di me” biascicò seccato
“Se non fossi di mentalità aperta non sarei mai stata tua amica” scosse la testa “E non puntiamo il dito, cerchiamo solo di analizzare la tua follia”
“Beh, effettivamente” confutò il ragazzo, accarezzando Pallottola che saltellava festoso in cerca di coccole
“E la tua aperta amica sa anche che ti scopi la figlia?” indagò acida
“Sa che abbiamo avuto una relazione e suppongo che immagini che non giochiamo a monopoli” le sorrise e si rivolse al cane che cercava di attirare la sua attenzione “Bene giovanotto, ora mi lavo, indosso la tuta e ti porto a correre” sollevò la testa e fissò gli occhi sul volto divertito di Michela “Poi ci fermiamo al supermercato, facciamo la spesa e prepariamo la pappa per la mamma” carezzò l'enorme testone fulvo del cane “cerchiamo di non disturbarla, deve superare il test assolutamente così noi saremo molto orgogliosi di lei”
“Smettila di fare il cretino e va a prepararti che è tardi; Pallottola avrà una grande voglia di fare pipì”
“Gli metti un po' di pappa mentre mi lavo?”
“Certo” assentì leggera. Sarebbe stata molto dura vivere senza di lui.
Giacomo si avvicinò alla ragazza e sfiorò la pelle nuda del braccio destro di lei con il dorso della mano. “Michi. Io...” il suono del suo nome rimase sospeso nell'aria. La ragazza rimase in silenzio in attesa di quelle parole, caricandole eccessivamente di un significato che forse non avevano “Niente” appoggiò le sue labbra sulla fronte ambrata di lei e si chiuse in bagno
Mentre Giacomo si preparava, Michela versò la scatoletta nella ciotola del cane, sistemò i libri sul tavolino basso della saletta/ingresso e si sedette sugli enormi cuscini colorati. Aveva disseminato libri e appunti dappertutto. Il pavimento era tappezzato di testi universitari di economia. Doveva concentrarsi. Niente distrazioni! Giacomo uscì dal bagno in mutande; proprio non aveva contegno. Niente distrazioni!
“Tesoro, allora noi usciamo e rientriamo fra qualche ora così non ti disturbiamo” spiegò, mentre indossava velocemente la tuta
“Grazie” ringraziò lei senza alzare gli occhi da libro. Niente distrazioni!
Pallottola abbaiava festoso, mentre Giacomo cercava di chetarlo. La porta si chiuse e lei si immerse nelle parole e nei numeri che vergavano le pagine dei libri di economia che l'avevano accompagnata negli anni di università. Si sentiva insicura come sempre, ma le sembrava di essere abbastanza preparata. Nonostante l'invadenza si sentì contenta della presenza di Giacomo nella sua vita; se fosse rimasta da sola in casa a studiare per intere settimane sarebbe impazzita, invece quella pazza storia l'aveva distratta tenendola concentrata sullo studio con la giusta distanza.
Mentre era seduta sul water, in cerca di una forzata pausa, con il libro di economia aziendale appoggiato sulle gambe, ripetendo ad alta voce senza abbassare lo sguardo sulle pagine; suonarono insistentemente alla porta. Michela si alzò rapida, appoggiò il libro sul bidet, tirò lo sciacquone, lavò e asciugò le mani celermente e si appropinquò alla porta. Non poteva essere Giacomo, lui aveva le chiavi e aveva detto che non voleva disturbarla. Istintivamente spiò dallo spioncino e rimasse immobile ad osservare la figura distorta che era fuori dalla sua porta. Valeria Petroli. Quella pazza era fuori dalla sua casa. Che cosa voleva?Poteva fingere di non essere in casa! Non voleva parlare con quella squilibrata. Magari era lì per farla fuori e nascondere il suo cadavere.
Afferrò il cellulare che era sul tavolino. “Quella pazza della tua fidanzata è fuori dalla mia porta?” digitò rapida ed inviando il messaggio a Giacomo
Rimase con la mano ferma sulla maniglia, in attesa della risposta dell'amico e indecisa sulla necessità di affrontare la sua diretta rivale. Sperava si stancasse, invece continuava a suonare con insistenza. Era proprio identica al padre! Non avrebbe mai desistito e forse parlare con lei l'avrebbe aiutata a capire cosa si nascondeva dietro quella storia.
Fece un lungo sospiro ed aprì la porta. “Ciao Valeria” salutò in un falso e tirato sorriso, stringendo ancora il cellulare tra le mani “Come mai da queste parti?”
“Volevo solo informarti che io e Giacomo abbiamo una relazione” confessò senza preamboli, sistemandosi vezzosa i lunghi capelli biondi sulla spalla sinistra
Era così bella. Per un attimo rimase incantata ad osservare i suoi movimenti e la leggerezza della sua eterea figura che contrastava con la sua arroganza. Indossava un leggero abito corallo che ne esaltava gli occhi e l'incarnato. Sembrava un angelo, ma anche la Bibbia recita: e non c'è da meravigliarsene, perché anche Satana si traveste da angelo di luce***. E lei era giunta alla sua porta proprio nelle sembianze di angelo di luce, pronta ad illuminarla di una verità cruda e terribile. L'angelo di luce celava lo spirito demoniaco di Lilith****. Michela non era la fidanzata di Giacomo e non era incinta, ma Valeria, pur ignorandolo, non aveva esitato un solo istante nello spiattellarle quella verità con tanto freddo distacco. Michela era rimasta perplessa da quel comportamento che denotava egoismo e poca empatia nei confronti di una donna come lei e per un attimo si chiese cosa avesse visto Giacomo in quella viziata e altera ragazza di buona famiglia, ma di modi tanto discutibili.
Il cellulare trillò nella sua mano destra, probabilmente era Giacomo che replicava al messaggio. “Grazie per l'informazione” sostenne Michela tranquilla, anche se avrebbe voluto schiacciarle la faccia contro gli scalini.
“È tutto quello che hai da dire?” replicò lei mostrando un sorriso compiaciuto “Sei veramente una ragazza divertente, ero sicura che avresti dato di matto, invece hai preso la cosa con un certo aplomb”
“Credo che abbiamo una relazione non sia del tutto corretto, giusto?” puntualizzò Michela stringendo gli occhi
“Quindi è solo un problema di tempistica per te?” sostenne la ragazza sinceramente incuriosita da quella inusitata reazione della sua rivale
“So di te e di Giacomo, lui me lo ha detto, ma sono sicura che da quando viviamo insieme ha chiuso ogni tipo di relazione con qualsiasi altra donna, inclusa te; altrimenti tu non saresti giunta alla mia porta come dispensatrice di segreti e verità” spiegò risoluta
“Quanta fiducia nel tuo uomo e quanta prosopopea nelle tue parole” la canzonò beffarda “Anche se non capisco perché la cosa non ti turbi”
“E cosa dovrei fare? Strapparmi i capelli o strapparli a te?” replicò Michela divertita “Una volta che mi hai illuminata con questa agghiacciante confessione come credi che avrei dovuto reagire?”
Valeria la fissava incredula. “Non so, ma non come se non ti interessasse”
“Ti assicuro che la tua presenza alla mia porta mi turba particolarmente”
“Non si direbbe”
“Sono turbata interiormente, quindi non si vede bene” insistette Michela senza riuscire a trattenere una risata
“Ma sei stai ridendo” sostenne la ragazza, spalancando gli occhi e allargando teatralmente le braccia
“È il nervosismo che mi fa sorridere, appunto perché sono turbata” si giustificò, incrociando le braccia al petto
“Mi stai prendendo in giro?” squittì indignata
“Non potrei mai” replicò Michela falsamente contrita “Dopo che sei venuta fin qui a dirmi di te e di Giacomo per....” rimase in silenzio, mordicchiandosi il labbro inferiore con aria pensosa “scusa, ma perché me lo stai dicendo con precisione?”
“Tu mi stai prendendo in giro!” ripeté stordita
“Credo tu abbia bisogno di una visita dall'otorino. Ripeto: non ti sto prendendo in giro. Vorrei solo che tu mi spiegassi perché ti sei presentata alla mia porta di sabato mattina, proprio mentre Giacomo non c'è” la ragazza la fissò in silenzio, come se fosse stata sorpresa con le mani sporche di marmellata “Se non hai altro da aggiungere, fra qualche giorno ho il test preselettivo per un master alla Bocconi, quindi avrei abbastanza fretta”
“No, non ho nulla da aggiungere” scosse la testa innervosita “Ma hai capito quello che ti ho detto?”
“Certo, non sono stupida e, a differenza di te, ci sento benissimo. Tu avevi una relazione con Giacomo. Ho riassunto bene?” terminò in un largo sorriso
“Cosa non ti è chiaro di Lui viene a letto con me?” sbottò la ragazza spingendo le mani contro i fianchi “Tu sei proprio fuori di testa”
Detto da una che si era presentata alla porta di una donna incinta per rubarle l'uomo, aveva proprio una bella faccia tosta. “Senti, forse hai frainteso la situazione. Io non costringo Giacomo a stare con me, se vuole è libero di andarsene, quindi se mi dice che mi è fedele, io gli credo e, lui veniva a letto con te”
“Lo hai incastrato con questa storia del bambino” sbottò stizzita “Ho provato a metterlo in guardia, ma lui pensa che tu sia una specie di santa. Ovviamente puoi ingannare un uomo, ma non una donna che conosce bene le trame che solo una donna può tessere per rubare l'uomo di un'altra”
Oltre ad essere odiosa era anche stupida. L'unico che stava tramando qualcosa era proprio il deficiente che lei pensava essere così facile da irretire. Michela scosse la testa impietosita da quella stupida ed infantile piazzata “Perché sei qui?” insistette pacata
“Perché lui vuole me. Tutte le volte che lo chiamo accorre come un cagnolino. È sempre pronto a compiacermi, ma nonostante questo resta con te e proprio non riesco a capire il perché”
Semmai lo avesse capito poteva anche farle una telefonata e dispensarle un altro po' di illuminante verità; le sarebbe stata molto grata se avesse trovato una risposta a quell'insensato comportamento di quell'idiota che l'aveva messa in quella grottesca situazione. “Tu lo ami?” domandò Michela con aria tranquilla
“Non sono fatti tuoi” sbottò lei indispettita “e cosa c'entra questa cosa con quello che ti stavo dicendo? Mi sa che gli ormoni della gravidanza annebbiano il tuo giudizio”
“Proprio perché sono lucida ti ho fatto questa domanda, perché se lo ami, devi solo dirglielo e lui sarà tuo” espose Michela senza emozioni “I tuoi giochetti lo hanno intrigato, ma se vuoi tenertelo dovrai cominciare ad essere sincera” le consigliò empatica
“Perché mi parli così? Perché mi dici queste cose?” replicò la ragazza con aria incredula
“Perché io amo Giacomo e vorrei che fosse felice e se sarà felice lontano da me, me ne farò una ragione” replicò freddamente, come se stesse parlando di qualcun altro “Ora scusami, ma devo proprio ritornare a studiare!” si scusò senza aspettare la sua replica, chiudendole con lenta eleganza la porta in faccia
Se voleva ritornare libera, doveva lasciarlo andare!


* Il Collins è un bicchiere di tipo tumbler della capacità da 300 a 410 ml[1] utilizzato per servire drink miscelati quali appunto il Tom Collins dal quale prende il nome. Altri cocktail lo usano come il Mojito.
** Il tumbler è un tipo di bicchiere usato principalmente nella preparazione e nel servizio di cocktail. È di forma cilindrica o tronco-conica leggermente svasata, con le pareti di spessore quasi uniforme, solo leggermente più spesse verso il fondo. Il fondo del bicchiere è alto e pesante: il diametro del cilindro è in genere di circa 60 millimetri, ma l'altezza può variare da 50 a 180 mm a seconda del tipo di bicchiere. Il fondo può essere spesso anche fino a due centimetri. Esistono tre tipi di tumbler: basso, medio e alto.
*** versetto ella bibbia. 2 Corinzi 11,14-15. Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce. 15 Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere
**** Lilith, la prima donna. È una figura presente nelle antiche religioni mesopotamiche e nella prima religione ebraica. Nella religione mesopotamica Lilith è il demone femminile associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazia, malattia e morte. Per gli antichi ebrei Lilith era la prima moglie di Adamo, quindi precedente ad Eva, che fu ripudiata e cacciata via perché si rifiutò di obbedire al marito che pretendeva di sottometterla specie sessualmente. Inoltre, compare nell'insieme di credenze dell'Ebraismo come un demone notturno, ovvero come una civetta che lancia il suo urlo nella versione della cosiddetta Bibbia di re Giacomo.


NdA: Se riesco provo a postare il prossimo capitolo prima di Natale, altrimenti ci vediamo direttamente nel nuovo anno. Ho tantissimi impegni in queste settimane, quindi salvo che non ci sia un'ondata di commenti, dubito che riesca a farlo prima.
Per il momento vi saluto e spero a presto
Lella

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Capitolo 8
*** La richiesta di Claudia ***


Ciao a tutti,
senza nemmeno rileggerlo, posto il capitolo prima di Natale, il prossimo spero di riuscore fra Natale e capodanno, ma non prometto niente perchè ho una serie di impegni e delle scadenze inderogabili.
Per ora vi lascio alla lettura di questo ottavo capitolo!

Capitolo VIII
La richiesta di Claudia


Il sole era ancora alto e faceva terribilmente caldo, ma era già pomeriggio inoltrato quando Giacomo era rientrato a casa. Michela era nervosa e arrabbiata per la sua assenza. Aveva fatto le pulizie molto rapidamente, si era messa a studiare, aveva pranzato con quello che aveva trovato nel frigo –pane, uovo sodo ed insalata– e poi si era rimessa a studiare. Concentrarsi era praticamente impossibile; quell'idiota le aveva promesso che sarebbe ritornato presto, ma poi le aveva inviato un messaggio per avvisarla che avrebbe pranzato fuori. Non aveva aggiunto altro, ma Michela sapeva che Giacomo era con lei. Era una strana coincidenza che avesse deciso di pranzare fuori, proprio quel giorno e così improvvisamente. Nella risposta al suo messaggio dove spiegava al ragazzo che la pazza era fuori dalla sua porta, lui aveva replicato: sto arrivando! E poiché dubitava che avesse deciso di pranzare fuori perché non riusciva a ritrovare la strada verso casa era ovvio che quella sciacquetta lo aveva catturato nella sua rete e che non aveva intenzione di lasciarlo andare. Non aveva nessuna prova che confutasse quella sua teoria, ma lei non aveva bisogno do prove, lei lo sapeva e basta! Le parole di Valeria le rimbombarono improvvisamente nella testa, rimbalzando tra i suoi neuroni. Tutte le volte che lo chiamo accorre come un cagnolino. Lei lo aveva chiamato e lui era corso da lei come un cagnolino scodinzolante. Quello stronzo aveva dimenticato la promessa che le aveva fatto; aveva dimenticato di occuparsi della casa, del pranzo, di lei. Valeria aveva schioccato le dita e lui aveva dimenticato ogni cosa. Il tempo era passato rapido e piacevole per quei due, mentre lei era rimasta a casa a preoccuparsi per lui, rosa dalla gelosia. Anche quell'inaspettata gelosia la faceva arrabbiare.
Valeria provava un forte interesse per Giacomo; era lampante, altrimenti non si sarebbe presentata alla sua porta a sfidarla a duello per riprenderselo. All'inizio la cosa l'aveva divertita, ma poi quella rivelazione secca e senza alcuna giustificazione l'aveva innervosita e il nervosismo era salito alle stelle quando l'ora di pranzo era passata e Giacomo continuava a latitare. Resta con te e proprio non riesco a capire il perché. Valeria aveva ragione, Giacomo era chiaramente molto attratto dalla giovane e bella figlia dell'avvocato Petroli, eppure continuava a tornare da lei. Perché? Quella domanda cominciava a martellarle nella testa con troppa insistenza, perché sempre più insistentemente cominciava a pensare che forse lui si era davvero innamorato di lei.
Era furiosa!
Giacomo ritornò a casa quando il grosso orologio da parete nel salottino/ingresso segnava un quarto alle quatto. Entrò carico di buste, la salutò frettolosamente e, senza degnarla di uno sguardo —mentre lei fingeva di essere immersa nella lettura di un libro che non aveva nemmeno capito quale fosse—, si rintanò in cucina. Mentre Giacomo rimetteva rumorosamente le vettovaglie in dispensa e nel frigo, la rabbia della ragazza cresceva esponenzialmente. Poteva tollerare il ritardo, ma trovava inaccettabile che lui non si fosse degnato di darle una spiegazione. Poteva almeno raccontarle una bugia, invece di ignorarla! Poteva raccontarle che aveva salvato una bambina da un cane inferocito o che si era buttato nel Tevere per salvare un barbone infelice. Raccontava un milione di palle al secondo e non poteva raccontarne una a lei? Anche se, realizzò che se le avesse raccontato una bugia lo avrebbe buttato lei nel Tevere per davvero. Pallottola continuava a buttarsi insistentemente su di lei in cerca di coccole, scodinzolando con eccessiva foga. La sua lunga e pelosa coda fulva era diventata una specie di frusta. Quello stronzo aveva coinvolto anche il suo piccolo amico pulcioso nella sua tresca! Avrebbe voluto prenderlo a calci, ma cercò di chetare il suo esuberante pelosone fulvo e ricominciò a studiare, cercando di tranquillizzarsi.
Dove era andato quell'idiota? Forse poteva semplicemente chiederglielo, ma non voleva dare nell'occhio e quindi decise di continuare ad ignorarlo. Ma dentro sé stessa, Michela cominciava a domandarsi con troppa insistenza: mi si noterà di più se glielo chiedo o se faccio finta di niente? Mi si noterà di più se lo prendo a calci o se non gli rivolgo mai più la parola? Stava per lanciare il libro contro quello stupido che continuava a sistemare cibo nella dispensa, come se avesse comprato cibo per un esercito di affamati. Doveva sentirsi terribilmente in colpa se aveva comprato tutto quel cibo compensatorio. Scosse la testa innervosita. Forse Giacomo non si sentiva in colpa, forse semplicemente non voleva disturbarla, d'altronde per quale ragione avrebbe dovuto sentirsi in colpa, loro non avevano una vera relazione, erano legati solo da un falso contratto affettivo. Loro non stavano insieme e lei non aveva nessun diritto di sentirsi gelosa di un'altra donna, per la quale l'amico aveva palesemente mostrato interesse. Chiuse gli occhi, cercando di riprendere il controllo.
Quando finalmente si era decisa ad aprire il libro di Economia Aziendale Internazionale, suonarono alla porta. “Vado io” si offrì avvicinandosi lentamente. Magari era di nuovo quella squinternata che veniva a fare sesso con Giacomo sull'onorato divano di casa sua!
Aprì la porta con la testa piena di pensieri bellicosi. Se era di nuovo quella pazzoide l'avrebbe presa a scudisciate; sarebbe andata a Portaportese* per comprare uno scudiscio vero, così le avrebbe insegnato l'educazione che la madre non era stata capace di inculcarle. Stupida ragazzina viziata!
“Ciao Michi” salutò Valerio giocoso
“Ciao” replicò lei improvvisamente rilassata. Tutti quei pensieri bellicosi che non le appartenevano, la mettevano in un terribile stato di agitazione “È tanto che non ci incrociamo”
“Avevo un esame e l'ultima settimana di studio lo faccio sempre nella casa che abbiamo in campagna” spiegò il ragazzo, massaggiandosi timidamente i folti capelli biondi “sai abitudini di quando ero ragazzino. La mamma prima della fine della scuola e dell'inizio delle ultime interrogazioni ci portava sempre a Vacone** a rilassarci e a ripassare con lei” sorrise giocoso “Val odiava quella tradizione, ma la mamma era sempre così felice che io lo facevo con piacere”
Michela sorrise compartecipe. Era proprio un bravo ragazzo, non somigliava per niente a quella strega della sorella gemella. Forse lei era stata adottata! “Sei così tenero” sentenziò con aria pensosa
“È la prima volta che una donna mi dice che sono tenero” affermò Valerio imbarazzato
“Scusa” replicò la ragazza in un'alzata di spalle “Non volevo essere...” essere come? Rimase in silenzio con gli occhi strettissimi “Non sono stata sgarbata, vero? Perdonami” forse non era garbato appellare un ragazzo con l'aggettivo tenero!
Valerio le sorrise benevolo. “No, non lo sei stata; se una ragazza bellissima come riesce a vedere il mio lato tenero, lo prendo come un complimento”
Michela vide Giacomo che si era affacciato sulla porta della cucina, con la coda dell'occhio. “Mi trovi bellissima?” domandò vezzosa, sfiorandogli il braccio nudo con la punta dei polpastrelli
Valerio sembrava confuso dall'atteggiamento sensualmente provocatorio di lei. “Sei più che bellissima, Giacomo è un uomo molto fortunato”
“Sei molto carino” insistette lei, mordendosi il labbro inferiore
Lui strinse gli occhi dubbioso. “Va tutto bene, Michi?”
“Certo, va tutto benissimo. Sono solo le solite insicurezze di noi donne. Certe volte una ragazza ha piacere di sentire dei complimenti” gli sorrise ammiccante “sopratutto se a pensarlo è un ragazzo carino e che sicuramente è molto corteggiato come te”
Valerio le carezzò il viso con le nocche della mano destra. “Sono sicuro che anche Giacomo pensa che tu sia bellissima, anche se non te lo dice abbastanza”
“Cosa ti serve, vicino?” domandò Giacomo sgarbato, avvicinandosi alla tenera coppietta
Valerio indietreggiò, allontanandosi da Michela “Mia madre mi ha detto che stasera uscite con lei, volevo domandarvi se le portate una busta di panni sporchi” spiegò imbarazzato “Ho un esame nei prossimi giorni e mamma non riesce a passare, quindi ho pensato di approfittare della vostra gentilezza”
“Spero che sia l'unica cosa di cui tu voglia approfittare!” Valerio lo fissò basito “In ogni modo, non credi che farsi lavare i panni sporchi da mammina sia un po' da bamboccione?” sostenne Giacomo acido
“No, non lo credo. Penso solo che sia molto pratico” osservò Valerio mostrando un sorriso tirato “Allora, mi fate questo favore?”
Giacomo cinse le spalle di Michela e la attirò a sé. “Per il nostro tenero vicino, qualsiasi cosa” sorrise sarcastico “Lasciaci il saccone alla porta” suggerì in un sorriso tirato “Scusaci, ma io e Michi dobbiamo ripassare prima di cominciare a prepararci per uscire e...” gli sorrise ammiccante “poi sai vorremo scaricare un po' di tensione”
Michela allontanò il braccio di Giacomo con evidente disappunto. “Non preoccupati ci pensiamo noi” lo rassicurò con gentilezza “Usciamo fra qualche ora, quindi riempi pure con calma il tuo saccone. Mi raccomando, fallo bello pesante a Giacomo i lavori di fatica piacciono, sopratutto quando è teso, lo aiutano a scaricare la tensione”
“Allora, grazie tante” ringraziò Valerio, mentre Giacomo rientrava in casa stizzito
Michela aspettò che il vicino aprisse la porta del suo appartamento, poi rientrò in casa. “Faccio presente che sia la spettacolare scena madre del fidanzato geloso, che tanta eccessiva sgarberia nei confronti di Valerio, non erano affatto necessarie” esternò compita
“Ed io ti rifaccio presente che non mi piace passare per uno stambecco. Mi sto impegnando a mantenere fede alla mia parte di contratto, tu vedi di rispettare la tua” replicò acido, fissandola corrucciato
“Non ho fatto niente di male” precisò lei laconica
“Ne sei sicura, Michi? Non sono cieco, ci stavi flirtando e lo stavi facendo apposta” i suoi occhi scintillarono di collera “E quell'idiota non aspettava altro”
“Ti sbagli” sostenne Michela sulla difensiva, stringendo le braccia al petto
Giacomo sorrise e sollevò un sopracciglio. “Non sei brava a mentire, amore mio” si grattò l'incolta barba “Ero con Valeria. È questo che volevi chiedermi da quando sono rientrato?”
Il cuore di Michela si strinse in un pugno piccolissimo e lo stomaco si contrasse convulsamente. “Quindi nonostante tu ti stia impegnando a far fede al tuo contratto, proprio non ci riesci!” esternò Michela contrariata, mostrando un sorriso di falsa cordialità “Vorrà dire che i gemelli Petroli penseranno che siamo una coppia aperta”
“Non sarei contrario ad una relazione aperta, come tu ben sai è il genere di relazione che preferisco; ma il contratto che ci lega prevede un rapporto di esclusività! Visto che aspettiamo un bambino, non credi che un tipo di relazione in cui ti scopi il nostro vicino di casa sarebbe piuttosto sconveniente?”
“Molto divertente, Giacomo” osservò la ragazza divertita
“Non capisco cosa ci trovi di divertente”
“Tu non trovi divertente che l'unico modo per avere con te un rapporto di esclusività è avere una finta relazione?” sostenne Michela, cominciando a sistemare i libri sul basso tavolino del salottino/ingresso
“Continui ad avere un atteggiamento puerile. Ti sembra il momento di sistemare?” sbottò, allargando le braccia incredulo
“Ti devo sentire con le orecchie, non con gli occhi, quindi ti ascolto, continua pure ad illuminarmi con le tue perle di maturità”
“La mia parte di contratto non prevede di non pranzare con un'amica” insistette indispettito
“Pranzare con un'amica?” ripeté fuori di sé dalla rabbia “Vorrai dire con una pazza squinternata che bussa alla mia porta insultando la mia intelligenza con le sue seccanti confessioni?” sospirò profondamente, mentre lo sguardo di Giacomo era fisso su di lei. Strinse al petto il grosso tomo blu con la copertina rigida di Economia Aziendale “Giacomo, non mi interessa un fico secco se ci sei andato a letto, ma almeno potresti dirmelo in faccia invece di ignorarmi, fingendo di rimettere le provviste per l'esercito della salvezza nella mia dispensa da persona normale” riprese fiato e ricominciò ad inveire contro il ragazzo che la fissava assorto “Non devi mentirmi, non è necessario. Io e te non stiamo veramente insieme, quindi per me ti puoi scopare tutto l'universo femminile, ma almeno non prendermi per il culo. So bene che lei ti piace, quindi se ci vai a letto hai la mia benedizione. Certo, proprio non capisco come faccia a piacerti una stronza del genere che non ha rispetto nemmeno per una donna incinta che è fidanzata con uno stronzo che la riempie di corna” terminò, stringendo al petto il grosso librone come fosse uno scudo
Giacomo aveva una strana vuota espressione stampata sulla faccia. “Hai finito?” Michela non replicò a quell'esortazione. Si sentiva finalmente leggera. “Bene. Non ti ho mentito e non ti prendo per il culo. Non sono andato a letto con Valeria e non perché non ne abbia voglia o perché lei non ci abbia provato” spiegò senza peli sulla lingua. Michela lo ascoltava perplessa, mantenendo un silenzioso contegno “Ho mantenuto fede alla mia parte di contratto, nonostante la difficoltà. Non ho mai negato che lei mi piaccia e che la trovo bella ed eccitante. Abbiamo avuto una relazione breve ma molto intensa e ho con lei un trasporto sessuale ed un'intesa fisica che ho avuto con pochissime donne. Ma tra me e te, Michi, c'è un contratto con delle regole precise. Tu mi stai aiutando e quindi io ci tengo a rispettare le clausole che mi hai imposto” Era solo per quel contratto che non andava a letto con Valeria? “Lei era molto provata dal vostro scontro ed aveva bisogno di me”
Anche io avevo bisogno di te. Pensò, senza esternarlo. “E tu sei andato in soccorso della povera principessa umiliata dalla strega cattiva”
“Lo so che lei non è una principessa bisognosa e so che tu non sei la strega cattiva. Non sono così annebbiato da non capire che Valeria ha fatto una cosa assurda, ma lei aveva bisogno di me, tu sei capace a cavartela da sola. Tu non hai bisogno di me, tu non hai bisogno di nessuno”
Davide l'aveva lasciata per un'altra, lui era rientrato prepotentemente nella sua vita e le sbatteva in faccia l'amore che provava per un'altra donna e continuava a lavorare in uno schifoso call center; solo perché era troppo orgogliosa per chiedere aiuto non significava che non ne aveva bisogno. “Mi sembra giusto, in fondo, è lei la donna di cui sei innamorato, quindi è normale che tu accorra quando lei ti chiama” esternò stizzita dalla superficialità dell'amico
“Ma sono ritornato da te” espose Giacomo senza esitazione
Michela aveva notato che Giacomo non aveva negato di essere innamorato di Valeria, ma allora perché era ritornato da lei? “Non era necessario!” replicò freddamente “Ho ancora qualche ora per studiare, quindi se non hai altro da aggiungere preferirei ritornare ai miei libri” comunicò, appoggiando il libro che ancora stringeva al petto, sul tavolinetto basso. Si sedette e sollevò lo sguardo in attesa della replica del ragazzo
Giacomo si premette il palmo della mano destra contro la fronte. “Porco cazzo, Michi, per una volta sto cercando di fare la cosa giusta” lei strinse gli occhi fissandolo incuriosita “Questa storia mi è sfuggita di mano e tutto per colpa tua”
“In che senso?” domandò Michela preoccupata
“Ritorna a studiare, non ho altro da aggiungere” ordinò seccato, voltandosi e ritornando in cucina
Michela si sedette e aprì il grosso tomo di economia aziendale. Il margine di contribuzione è dato dalla differenza tra ricavi totali e costi variabili, evidenzia il contributo della gestione tipica alla copertura dei costi fissi di struttura. Era un concetto chiaro che aveva capito bene, ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare era: Sto cercando di fare la cosa giusta! Questa storia mi è sfuggita di mano. In cosa l'aveva coinvolta?
Mentre il ragazzo continuava ad occuparsi della casa, di Pallottola e di lei, Michela riprese a studiare, nonostante fosse continuamente distratta dal trillare del cellulare di Giacomo. Quel trillo persistente era diventato insopportabile e, ancora più insopportabile era quel suo continuo giocherellarci. Era sicuramente quella gatta morta, che continuava ad avere bisogno di lui! Avrebbe voluto farglielo volentieri ingoiare il telefonino, ma non poteva esplodere in una poco opportuna scenata di gelosia, anche se le prudevano terribilmente le mani. Quando il sole era ormai basso e cominciava a fare sera, chiuse i libri e cominciò a prepararsi per la serata. Entrò in bagno desiderosa e pronta ad immergersi sotto il getto di una doccia rigenerante. L'acqua calda le scorreva sulla pelle inumidita dal sudore, aiutandola a rilassare i muscoli contratti dalla tensione dello studio, dalla discussione con Giacomo, dalla piazzata della pazzoide e dalla scomoda postura. Si sentiva decisamente meglio!
Uscì dal bagno avvolta nell'accappatoio e, mentre cercava di allontanare Pallottola che saltellava come impazzito, entrò rapida in camera da letto, chiudendo la porta con due giri di chiave. Si asciugò e lasciò cadere l'accappatoio. Aprì l'armadio e cominciò a fissare con disappunto gli abiti appesi alle grucce. Non le andava per niente di uscire, né tanto meno di cenare alla stessa tavola della donna che aveva partorito la stronza che le voleva rubare Giacomo. Scosse la testa seccata dai suoi stessi pensieri. Respirò profondamente, non doveva pensare a quei due. Tra lei e Giacomo non c'era nulla e Valeria non le stava rubando un bel niente!
Afferrò la gruccia su cui era appeso un leggero vestitino asimmetrico verde turchese in crespato chiffon. Lo indossò e lo fermò ai fianchi con una delicata cintura di cuoio chiaro, a completamento della sua mise scelse degli stivaletti di cuoio morbido senza tacco. Era una serata informale, quindi aveva deciso di vestire senza troppi fronzoli. Mentre si rimirava nello specchio, raccogliendo i suoi lunghissimi capelli castani in una strettissima coda, pensò che il vestito era troppo corto, ma era una cena fra donne e l'unico uomo della serata era ormai abituato alle sue gambe coperte quasi sempre da pantaloncini microscopici. Si truccò leggermente gli occhi e le labbra con colori pastello tipici dell'estate ed uscì dalla camera da letto. Giacomo era già pronto; indossava un jeans blu e una camicia bianco e blu ad effetto jaquard, con le maniche arrotolate poco sotto il gomito ed i primi due bottoni sganciati. Sedeva sul divano ed accarezzava il fulvo testone di Pallottola che, chiamandolo con la zampa sinistra, gli chiedeva continuamente attenzioni.
“Non ti sembra troppo corto il vestito?” osservò, alzando fugacemente lo sguardo su di lei
“Non ti piace?” domandò seccata, memore ancora della loro discussione
“Non ho detto questo” precisò il ragazzo alzandosi e avvicinandosi lentamente “Ti sta bene, ma è particolarmente corto”
“Ci sarai tu a difendere il mio onore” osservò lei divertita
“Mi da fastidio che altri uomini ti fissino” replicò, carezzandole il collo con le nocche delle dita
Quel suo atteggiamento la innervosiva profondamente. “Vorrà dire che se qualcuno mi fissa gli potrai cecare*** gli occhi” suggerì seriosa
“Roma sarà piena di cecati, allora”
“La sanità laziale ti farà causa se dovrà pagare le pensioni a tutti questi ciechi” osservò, senza riuscire a nascondere un sorriso. Il cellulare di Giacomo, appoggiato sul tavolino basso trillo. “Non rispondi?” lo incitò lei, evidentemente contrariata
“Ora sono impegnato” replicò, avvicinando le sue labbra a quelle di lei. Michela scostò il viso, ma lui lo riportò parallelamente al suo. “Voglio baciarti” ordinò supplichevole appoggiando le sue labbra su quelle morbide di lei.
Perché? Michela era confusa, ma chiuse gli occhi e lasciò che il ragazzo carezzasse la sue labbra, che le assaporasse, che si spingesse in un bacio più intimo e profondo. Perché? La spinse contro il muro e, senza interrompere il contatto tra le loro labbra, le sue mani scivolarono sul morbido e liscio tessuto del vestito di lei. Le mani di Giacomo si insinuarono tra le pieghe dell'abito, sollevandone i lembi e dopo aver abbandonato la liscia trama del vestito si spinsero in ardite carezze sulla calda, sensuale e liscia pelle delle gambe di lei. Perché? Michela percepiva il calore delle sue mani sulla sua pelle, l'urgenza del desiderio di lui che esplodeva in un bacio che le impediva di riprendere fiato. Il suo corpo fremeva e vibrava al tocco di lui. Perché? Le labbra di Giacomo scivolarono sul suo lungo collo, la calda lingua del ragazzo si fece strada tra le pieghe della pelle, carezzò la scapola, mentre lei reclinando la testa gli offriva quel calice traboccante di desiderio. La mano destra di Giacomo scivolò dietro il collo di lei, premendo la sua bocca più forte contro la carne di lei. Perché? La labbra del ragazzo risalirono, disegnando i contorni della scapola, del collo, del mento fino a fermarsi sul lobo dell'orecchio sinistro, succhiandolo con seducente premura.
“Ti avevo detto che il vestito era troppo corto” sussurrò ansimante all'orecchio di lei. Scivolò con le mani tra le gambe della ragazza, strappandole un gemito di piacere “Anche se decisamente pratico”
Michela si morse il labbro inferiore ed inarcò la schiena, muovendosi contro la mano di lui. “Arriveremo in ritardo” obiettò debolmente
“Sarò veloce” la tranquillizzò Giacomo, annusando la pelle della ragazza che ancora profumava di bagnoschiuma alla vaniglia
“Non è una cosa che depone a tuo favore” replicò divertita, perdendosi in un nuovo gemito
Giacomo affondò la testa nell'incavo del suo collo. “Mi stai facendo impazzire” appoggiò la fronte su quella della ragazza “Non ho preservativi, li ho buttati tutti per non cadere in tentazione” spiegò pratico “Tu ne hai?”
“Ci dovrebbe essere qualcosa lasciato da Davide nel cassetto del tuo comodino”
“Spero che non siano troppo piccoli” replicò il ragazzo sarcastico, afferrando la mano di lei e trascinandola in camera da letto
Mentre Giacomo rovistava nel cassetto del suo comodino in cerca dei preservativi, Michela, con la schiena appoggiato allo stipite della porta, pensò che non era la cosa giusta da fare. Il suo corpo sembrava non riuscire a desiderare altro, ma il suo coinvolgimento mentale era troppo per poter gestire con il giusto distacco tutte le implicazioni emotive connesse ad un suo cedimento. Aveva eretto muri altissimi per proteggere il suo cuore dagli stronzi che sarebbero venuto dopo Giacomo. Negli anni, Lei aveva continuato ad aggiungere mattoni per rendere quel muro sempre più impenetrabile e Lui aveva sempre mantenuto la sua tacita promessa di non provare ad abbatterlo, ma quella surreale situazione aveva stravolto ogni cosa. Quel muro non era poi così solido e Giacomo lo stava facendo letteralmente a pezzi! Desiderava così tanto cedere al desiderio, ma quella forzata convivenza stava per volgere a termine, Giacomo sarebbe stato libero dalle clausole contrattuali di quel finto fidanzamento che lo legavano a lei, sarebbe stato libero di frequentare altre ragazze, libero di struggersi per Valeria, di innamorarsi. E, a quel punto, cosa sarebbe stato di lei? Giacomo le avrebbe nuovamente spezzato il cuore. Non poteva permetterlo!
Giacomo si avvicinò sornione, mostrandole trionfante il suo bottino. “Pensavo che fosse meno dotato, ma probabilmente perché mi è sempre stato antipatico” sostenne avvicinandosi “Tu sei una costante tentazione” spiegò inumidendosi le labbra “E sono troppo affamato, mia piccola cappuccetto rosso, per fare la cosa giusta”
Cosa lo aveva spinto a cambiare idea? “Faremo tardi” osservò la ragazza decisa
“Ricordo che avevamo già affrontato l'argomento” sostenne Giacomo, avvinghiando i fianchi della ragazza e spingendo il corpo di lei contro il suo “Se proprio non vuoi fare tardi, posso chiamare Claudia e disdire” avvicinò le sue labbra a quelle di Michela “Il desiderio è più forte di qualsiasi cosa in questo momento”
“Non sarebbe educato”
“Credo di averti già detto che Claudia è una donna di mentalità estremamente aperta, se le spiego la situazione capirà sicuramente” affondò la testa nell'incavo del collo della ragazza “Anzi credo proprio che approverà”
Michela appoggiò entrambe le mani sul petto largo del ragazzo ed indietreggiò, per mettere la maggiore distanza possibile fra loro. “Dobbiamo andare” si sistemò il vestito “Se non ti va più di uscire ricomincio a studiare” sostenne con freddezza
Giacomo scosse la testa divertito. “È sempre stato così con te. Carpe diem” sollevò le spalle rassegnato “E ho di nuovo perso l'attimo”

*

Passeggiavano silenziosi lungo viale dei Quattro Venti. Erano le nove e a quell'ora i negozi erano chiusi, le macchine passavano rapide e per strada c'era poca gente nonostante il caldo. Giacomo camminava avanti, reggendo sulla spalla destra la tracolla del pesante saccone contenente i vestiti sporchi di Valerio. Il vicino aveva preso alla lettera le parole di Michela e il borsone che aveva dato loro era grosso e pesante. Giacomo si era lagnato, ma aveva assolto al compito.
Le luci che illuminavano il lungo vialone erano troppo basse e la strada era particolarmente buia. Michela seguiva l'ombra di Giacomo con aria imbronciata. Era molto arrabbiata con lui per la discussione avuta nel pomeriggio e per l'ostentato interesse manifestato quella sera nei suoi confronti. Non capiva cosa, solo in particolari circostanze, scatenasse quel comportamento poco appropriato, che creava crepe profonde nel suo ormai sottilissimo muro. Era arrabbiata con sé stessa, per la sua debolezza, perché non riusciva a trovare il coraggio di affrontarlo. Era arrabbiata perché non riusciva a prendere una decisione chiara; se fosse stata più sicura nella sua risoluzione di non cedere agli approcci di Giacomo, lui non avrebbe ritentato più e più volte, ma lei cedeva quel tanto per dargli speranza che era solo questione di tempo. E forse era davvero solo questione di tempo. Camminavano da pochi minuti, quando Giacomo le afferrò la mano e, senza proferire parola, la strinse forte, guidandola al luogo dell'appuntamento.
L'Antica Roma distava poco più di una decina di minuti dal loro appartamento, ma a lei era sembrato un battito di ciglia; anche se continuava ad essere arrabbiata, era piacevole camminare mano nella mano in silenzio, sentendosi protetta dalla sua presenza. Cinque giorni e poi sarebbe tutto finito. La rabbia, l'insicurezza, l'ansia di non riuscire a fare la cosa giusta sarebbero svanite e loro sarebbero stati di nuovo amici.
L'insegna rossa de L'Antica Roma spiccava sopra la tettoia del ristorante. Lei si fermò sull'uscio del ristorante che brulicava di voci.
“Claudia è una donna alla mano. Sarà una bella serata” la rassicurò con dolcezza l’amico
“Non è la prima volta che esco con un altro essere umano, non temo lei o questa uscita” sostenne sarcastica. Erano altre le sue paure! “Perché fai così?”
Giacomo strinse gli occhi confuso. “Così come?”
La ragazza lo fissò esterrefatta. “Non fare l'idiota, hai capito benissimo”
“Veramente non capisco a cosa tu ti riferisca” si giustificò rapido
“Allora non fai l'idiota, lo sei per davvero” sbottò seccata. Ma come faceva a piacergli uno così stupido?
“Di qualsiasi cosa si tratti potremmo parlarne a casa? Ora non mi sembra né il luogo né il momento”
Michela scosse la testa rassegnata e sbuffò teatralmente. Strinse la mano di Giacomo e lo trascinò all'interno del locale. Le luci erano soffuse e la sala era abbastanza grande. I tavoli rotondi erano disposti per tutta l'area della sala e le sedie in legno e le arcate in muratura davano un senso di rustico ricercato. Era un posto molto accogliente. Una graziosa cameriera li accolse all'entrata e li accompagnò al tavolo dove Claudia e la sua amica li stavano aspettando.
“Scusate il ritardo” si scusò subitaneo Giacomo mentre si metteva a sedere “Io e Michi abbiamo avuto una discussione amichevole prima di uscire e non ci siamo accorti del tempo che passava”
“Tranquillo” lo rassicurò l'amica di Claudia sorridente “Anche noi siamo state giovani e ricordiamo bene quanto siano impegnative le amichevoli discussioni”
Ma che aveva capito?
“Martina, ma voi siete ancora giovani e bellissime” sostenne Giacomo sincero “Sono sicuro che sarete spesso impegnate in molte amichevoli discussioni”
Perché non spiegava il fraintendimento invece di alimentarlo? Aveva detto che Claudia sapeva tutto, quindi non dovevano fingere di stare insieme, né di aspettare un bambino, né di essere innamorati, né di fingere amichevoli discussioni piene di latenti doppi sensi. Era talmente stanca di quella faticosa giornata, che nonostante fosse grande la tentazione di spiegare il malinteso, decise di soprassedere in attesa che quella giornata volgesse rapidamente al termine.
“Quel saccone suppongo sia il regalo di mio figlio?” chiese Claudia, sporgendosi dalla sedia e osservando l’enorme borsone sistemato ai piedi della sedia di Giacomo “Mi sembra bello grosso”
“Ed è anche pesante. Michi aveva chiesto a tuo figlio di farlo pesantissimo” sbottò il ragazzo imbronciato “E lui, che le sbava praticamente addosso, ha eseguito alla perfezione la sua istanza” si versò un bicchiere di acqua, versandone anche alla ragazza che gli sedeva accanto “Dopo ti aiuto a metterlo in macchina”
“Come mai gli hai chiesto questa cosa?” domandò la donna incuriosita, appoggiando i gomiti sulla tavola ed avvicinandosi sensualmente a lei
“Perché volevo essere gentile” replicò lei con aria innocente
“Si, certo! Santa subito” scosse la testa “Lo hai fatto per ripicca” Michela lo fissò incredula. Da dove veniva fuori tanta sincerità, dall’uomo più bugiardo dell’universo? “Ma visto che avevi ragione, ho deciso di essere ubbidiente. Però non prenderci troppo la mano!” Oh mio Dio, era irriconoscibile!
Mentre Giacomo discorreva affabilmente con le due donne, mostrando un lato di sé che era riservato a pochi eletti, lei si soffermò ad osservarle incuriosita. Avevano più di quarant'anni, ma sembravano molto più giovani, dimostravano entrambe almeno dieci anni in meno. Claudia aveva un abbigliamento e delle maniere decisamente meno formali rispetto al loro primo incontro, alla festa di compleanno del marito e questo la faceva sembrare ancora più giovane. Indossava un paio di jeans chiari ed una blusa bianca che le cadeva morbida sui fianchi sottili; i lunghi capelli biondi erano appoggiati ai lati delle spalle, disegnati in morbidi boccoli. Era la donna più bella che avesse mai visto. I figli, Valerio e Valeria, avevano un certo fascino, ma nessuno dei due aveva la delicatezza dei lineamenti della madre. E pur avendo vent'anni in meno, la bellezza della figlia era completamente fagocitata dalla bellezza della madre.
Anche Martina, l'amica di Claudia, era una bella donna; era più giovane dell'amica di qualche anno. Aveva capelli cortissimi castani, con una frezza blu sul lato sinistro, che le cadeva liscia sull'orecchio. L'orecchio destro aveva otto cerchietti che andavano dal lobo fino a metà del padiglione, aveva un look alternativo, che contrastava con il suo lavoro. Martina era un medico; lavorava in un noto ospedale pubblico del Quartiere di Monteverde. Era una ginecologa; una delle poche a non essere obiettore di coscienza, aveva tenuto a puntualizzare più volte, rammaricandosi di quella nuova moda che era esplosa fra i suoi colleghi. Martina era una donna forte e sicura, ma ciò che aveva attirato l’attenzione di Michela era la simpatia dell’affascinante dottoressa. Era una donna molto divertente e raccontava degli aneddoti buffissimi che le succedevano in corsia e con le sue pazienti con un’ironia che la faceva sbellicare dalle risate.
Durante l'intera serata entrambe le donne si erano dimostrate di ottima compagnia e dotate di una brillante conversazione; sebbene ci fosse un’evidente differenza di età, l'uscita serale era andata ben oltre le modeste aspettative di Michela e, nonostante le remore iniziali, era contenta che Giacomo l'avesse convinta ad uscire.
“E, mio caro, tu che sei sempre prodigo di particolari piccanti, non ci racconti nessuna indiscrezione sulla vostra convivenza?” domandò Martina ammiccante ad un imbarazzato Giacomo
Michela lo fissava incredula, lui non era mai imbarazzato. Stava conoscendo un altro Giacomo, uno quasi normale! “Che genere di indiscrezione?” domandò lei divertita “Perché se intende qualcosa per cui potrei ricattarlo per tutta la vita, potrei fare un lungo elenco”
“Dammi del tu!” insistette la donna imbronciata “Se mi dai del lei, mi fai sentire vecchia”
Michela si sentiva imbarazzata per l'ennesima richiesta; Martina glielo aveva chiesto già tre volte, ma a lei veniva di chiamarla dottoressa Berti; quindi darle del tu le sembrava fuori questione. Tutta colpa dei suoi genitori che le avevano inculcato quel maledetto senso di rispetto per i professionisti e per gli anziani! “Certo, scusa”
“Se gli elenchi tutte queste indiscrezioni, poi non potrai più ricattarmi, amore mio” puntualizzò Giacomo, togliendola dall'imbarazzo, mentre tagliava il suo carpaccio di vitello al tartufo “E nn vorrei deluderti, ma non sai nulla di più, che non conosca chiunque abbia passato una sola notte con me!”
Michela sorrise gongolante, giocherellando con il calice di vino rosso. Senza dover fingere di essere la sua fidanzata e di essere incinta, si sentiva molto più rilassata “Ne sei veramente sicuro, Ferri?”
“Ora però ci hai incuriosite troppo, quindi o ci racconti tutto oppure dovremmo pagarti per ottenere queste informazioni” replicò in un raggiante sorriso Claudia
Michela bevve un sorso di vino, con sensuale lentezza. “Non so, Giacomo è piuttosto permaloso”
“Michi, amore mio, è troppo che non bevi” Giacomo afferrò il bicchiere dalle mani della ragazza “Mi sa che non lo reggi più come un tempo” affermò vuotando il calice di lei e appoggiandolo sul tavolo
“Che c'è Ferri cominci a tremare?” lo sfidò lei, arricciando il naso
“Guarda, per niente!” sostenne il ragazzo ostentando una sicura compostezza “E anche io avrei una serie di cose da raccontare su di te e sulla nostra eccitante convivenza”
Michela si morse il labbro inferiore e gli sfiorò il braccio ammiccante. “Ma io non sono un seduttore seriale come te, quindi non è proprio la stessa cosa”
“Il mio fascino sta nei miei difetti”
“E con questa frase ad effetto del nostro seduttore seriale” sostenne Martina, mentre intingeva il pane casareccio di Puglia nella sua zuppa di pesce “Ora devi assolutamente raccontarci almeno un succulento pettegolezzo” la donna si rivolse a Claudia “Dici che anche tua figlia è attratta dai suoi difetti?”
Michela raggelò per un attimo. La sola idea di Valeria le stava rovinando quella perfetta e rilassante serata. “Credo che sia attratta soprattutto dal suo bel faccino” sostenne la donna compita. Martina sapeva di Giacomo e Valeria, questo indicava che fra le due donne ci fosse molta confidenza. In realtà sembrava più che confidenza, era un qualcosa di più simile all'intimità.
“Ti hanno mai visto fare colazione le donne del giorno dopo?” domandò Michela gongolante, cercando di esliare in un angolo della sua testa il pensiero di Valeria. La ragazza era più che sicura che nessuna donna lo avesse mai visto fare veramente colazione, d'altronde nemmeno lei lo aveva mai visto prima della loro convivenza. Nel periodo in cui erano stati insieme, lui beveva solo caffè nero, la colazione dell'uomo vero ―quello che non deve chiedere mai―, anche se la quantità di zucchero che ci scioglieva era spropositata. Lui beveva lo zucchero con qualche goccia di caffè.
Giacomo strinse gli occhi, anche se la sua espressione era serena e divertita. “È una colazione normalissima”
“Certo per il 13% della popolazione” precisò Michela, avvicinando alla bocca il pezzo di aragosta intinta nel sugo di ananas. Le due donne la fissarono sgomente, mentre Giacomo scosse la testa divertito. “Tutti gli sdentati del paese: anziani e bambini”
“Mi prende in giro per il modo in cui mangio latte e biscotti” biascicò, senz sollevare la testa dal piatto
“Tu bevi latte e biscotti” si sentiva improvvisamente rilassata. Si rivolse alle donne che la guardavano divertite “Riscalda il latte tantissimo, diventa una specie di lava e dentro ci immerge quantità industriali di biscotti e li tiene ammollo finché non diventano una pappetta. Il latte passa da liquido a denso” arricciò il labbro in una fanciullesca smorfia “E prova anche ad offrirmelo come fosse una prelibatezza da Gambero Rosso”
“Visto che continui a rifiutarti di assaggiarlo, non puoi sapere se ti sto offrendo una prelibatezza” obiettò sorridente, accarezzandole il braccio con affettuosa confidenza.
Claudia li osservava con tenerezza e lo sguardo di Michela si posò sulla mano di Martina che stringeva forte la mano dell'amica con aria malinconica. “Vedo che vi divertite parecchio”
“Da morire” sostenne Giacomo giocoso “La serata più eccitante è stata la festa di compleanno di tuo marito” Michela pensò che il viso di Martina si era improvvisamente rabbuiato. In lei aveva riconosciuto la stessa angustia che si era affacciata prepotente nel suo cuore quando era stata nominata Valeria. “Ah, perdonami, dimenticavo: la battaglia per il fosso di Helm è stata la cosa più eccitante dell'ultimo mese”
“Sei stato tu a proporre la maratona del Signore degli Anelli” sbottò Michela, mettendo il broncio
“Volevo distrarti dallo studio; pensavo che stavi per impazzire e portarti fuori era impossibile visto che non ti sentivi bene” sollevò un sopracciglio “Alla fine ero completamente rincoglionito pure io”
Le due donne scoppiarono in una sonora risata, mentre Michela ripensava a quella serata. Era febbricitante e stava a casa da qualche giorno. Nonostante il mal di testa aveva continuato a studiare, ma poi si era sentita completamente prosciugata e il sabato era svuotata di tutte le forze. Giacomo era rimasto a casa con lei, che avvolta nel plaid, guardava la televisione, rammaricandosi di non poter studiare. L'amico aveva proposto una maratona del Signore degli Anelli versione integrale. 682 minuti di film in un solo giorno; alla fine le era sembrato di essere parte del mondo di Tolkien. Lui si era seduto sul divano accanto a lei e Michela si era accoccolata tra le sue braccia. Nonostante il caldo e nonostante la sua temperatura corporea non fosse delle più gradevoli, Giacomo era rimasto abbracciato a lei per tutto il tempo, alzandosi solo per prepararle un brodo di pollo che gli faceva sentire ancora più caldo. “Io mi sono divertita tantissimo e la battaglia del fosso di Helm è epica” sostenne lei senza esitazione, mettendo un sensuale broncio
“Super epica!” concordò Giacomo, schioccandole un sonoro bacio sulla tempia
“Tesoro, mi accompagni fuori a fumare?” domandò Claudia alzandosi, rivolta a Michela
La ragazza rimase per un attimo confusa; voleva sicuramente chiederle qualcosa. Cosa voleva da lei? “Certamente” assentì, alzandosi e seguendola fuori dal ristorante
Cominciava a fare caldo anche di sera; l'estate era arrivata e si prospettava calda e afosa. Claudia si accese una sigaretta e fissò il cielo terso, in cui però le stelle erano appena visibili. Sprazzi di nuvole dense uscivano dalle sue labbra perfettamente disegnate, mentre le luci dei fari delle auto illuminavano il contorno del suo ovale perfetto. “Giacomo è un bravo ragazzo” esplicitò con voce calda e carezzevole
“A modo suo” sostenne Michela, con la schiena appoggiata alla trave di legno che sosteneva la tettoia
“E ti vuole bene”
“A modo suo”
“Mio figlio mi parla spesso di te e anche Giacomo” sospirò profondamente “So che capirai le preoccupazioni di una madre, anche se non hai ancora figli” Voleva per davvero parlarle di quella pazza che lei detestava? “Ho deciso di lasciare mio marito” Giacomo non le aveva mentito! “Valerio è un ragazzo maturo e sono sicura che capirà la situazione, ma per Valeria le cose saranno complicate”
E quindi lei cosa doveva fare? Tenerle la mano? “Molte coppie divorziano e sua figlia è un'adulta, non una bambina che non capisce le situazioni” replicò freddamente, cercando di non mostrare la traboccante antipatia che provava per la figlia della donna
“Mio marito non la prenderà bene. Essere lasciati per un altro uomo sarebbe già abbastanza umiliante per lui, ma essere lasciato per una donna renderà le cose molto difficili” Michela strabuzzò gli occhi incredula “Giacomo non te lo ha detto?” domandò la donna confusa
Michela scosse la testa. “No, lui mi ha detto che lei aveva una relazione con una persona” in pratica glielo aveva confessato, quando aveva negato di aver detto che la donna aveva una relazione con un altro uomo. Le venne da sorridere, quel bugiardo patologico riusciva a mentire anche quando diceva la verità “ma non abbiamo mai parlato di chi fosse la persona
La donna aspirò la sigaretta nervosamente, le tremava la mano. “Giacomo è un bravo ragazzo, anche se tende a mostrare il contrario!” sostenne risoluta
“È Martina la persona con cui ha una relazione, signora Claudia?” domandò Michela titubante, fissando nei cerulei occhi della donna. Claudia annuì tranquilla. “Come mai Giacomo lo sapeva?”
La donna sorrise rasserenata. “Giacomo ci ha incontrate in una discoteca” Alla sua età andava ancora in discoteca? O, con più probabilità, conoscendo il soggetto, Giacomo andava in locali frequentati da donne mature per rimorchiare qualche avvenente quarantenne senza impegni. Era proprio un maniaco, forse Cecilia non aveva tutti i torti “Anzi, fuori da una discoteca e ci ha viste mentre ci baciavamo” la cosa le faceva un po' strano. Era abituata all'omosessualità maschile; se ne parlava dappertutto, nei film, in radio, in televisione, ma due donne insieme le sembrava un po' strano “lo avevo visto rientrare in discoteca con la coda dell'occhio. Avevo riconosciuto subito che era il giovane avvocato che lavorava con mio marito” Già suo marito, quello la faceva andare da sola in discoteca? “Il giorno dopo sono andata allo studio e ho provato a parlare con lui” Claudia spense la sigaretta e buttò la cicca nel posacenere “Ma mi ha sorpreso la sua reazione. Non solo non era interessato al fatto di avermi incontrata in una discoteca, ma non sembrava nemmeno impressionato per avermi vista baciare una donna” Lui lo aveva trovato sicuramente eccitante, da bravo maniaco pervertito. Claudia sorrise malinconica “Pensavo che fosse la sua traboccante superficialità che gli impediva di reagire nel modo convenzionale; invece abbiamo cominciato a parlare e” sospirò profondamente “È veramente un bravo ragazzo”
“L'ha convinta a lasciare suo marito?” domandò incuriosita
“Lui non ha mai fatto un solo commento su mio marito, su quello che era giusto, su quello che avrei dovuto fare. Niente. Zero. Quando poi siamo entrati in confidenza gli ho domandato perché non me lo avesse mai chiesto. Ero molto incuriosita da lui” sorrise rilassata “Mi ha risposto che se volevo avere una relazione extraconiugale non era lui sicuramente nella posizione di potermi giudicare” si sistemò i lunghi capelli biondi su una spalla “Non ha mai fatto accenno al fatto che quella relazione fosse con una donna, per lui è la stessa cosa”
“Giacomo è un ragazzo molto particolare” corroborò Michela tranquilla. Lei e Giacomo erano diversi in tantissime cose “Ma, mi scusi signora, non capisco perché mi racconta tutto questo”
“Perché lasciare mio marito è la cosa giusta da fare, ma Valeria non lo capirà e avrà bisogno di Giacomo”
Strinse i pugni innervosita. “Continuo a non capire” insistette seccata
“Non voglio mettermi fra voi due, ma vorrei che tu permettessi a Giacomo di stare vicino a mia figlia nei prossimi mesi” Michela la fissava stordita “So che Valeria può essere seccante” seccante era un eufemismo; odiosa era la parola giusta “E so che tende a mostrarsi sicura, ma è molto fragile” Fragile? Anche quella non era una parola calzante. Pazza era quella corretta “E lei... ”
“Mi spiace, ma lei si sbaglia” la interruppe freddamente “Tra me e Giacomo non c'è niente. Lui è innamorato di sua figlia e se lo conoscesse come lo conosco io se ne sarebbe accorta” sbuffò seccata di dover esprimere ad alta voce pensieri che la facevano stare male “Ora le racconto l'altra parte della storia, quella vista dalla mia prospettiva. Giacomo ha messo su questa pantomima solo per proteggere lei e sua figlia. Io sono stata tirata dentro per puro caso, mentre suo marito bussava con insistenza alla sua porta e mentre era seduto sulla tazza del cesso. Come vede nulla di romantico. Questa è solo una delle solite storie fantastiche che mette su per coprire un tradimento o per portarsi a letto la cogliona di turno. La sua storia è molto bella, ma la mia è molto più semplice. Fra qualche giorno metteremo un punto a questa assurda storia e ognuno andrà per la sua strada” si staccò dal muro e fissò la donna con freddo distacco “Giacomo e sua figlia staranno insieme anche senza il mio permesso. Così lei smetterà di farmi piazzate assurde e Giacomo smetterà di...” strinse gli occhi e scosse la testa. No; era impossibile, lui non le avrebbe mai fatto una cosa del genere. Loro erano amici. Lui le voleva bene.
“Michela” la voce della donna la ridestò da quel torpore “Giacomo ci tiene a te. E anche se non vi conosco bene, so quello che ho visto oggi e una donna della mia età riconosce due ragazzi innamorati”
Michela era così arrabbiata per quel pensiero disconnesso che aveva attraversato la sua testa, che voleva solo andarsene ed affrontare la situazione. Affrontare lui e svelare finalmente la reale ragione per cui l'aveva trascinata in quella storia. Le sembrava tutto finalmente chiaro “Giacomo non è innamorato di me, noi siamo già stati insieme e non ha funzionato perché mi stavo attaccando troppo” confessò furiosa, chiudendo gli occhi “Io lo conosco bene, meglio di lei, meglio di chiunque altro. Non solo perché so che gli piace la pappetta di biscotti nel latte o perché so che ha la pancia sempre piena d'aria e che fa delle maleodoranti puzze o perché so che non gli piace dormire da solo” ormai parlava a raffica senza nemmeno riprendere fiato “o perché so che ha un rapporto conflittuale con il padre e che ha deciso di fare l'avvocato perché lui voleva che il figlio diventasse un medico” la donna la fissava sgomenta “Lo conosco sufficientemente bene da sapere che lui non è innamorato di me e che è innamorato di sua figlia” tentò di recuperare la compostezza “Quindi stia tranquilla, io non sono un ostacolo” fece un leggero cenno del capo “Mi scusi per lo sfogo, è stato inopportuno” si appropinquò verso l'entrata del locale; voleva ritornare a casa “Mi scusi, ma vorrei ritornare a casa, sono molto stanca”
La donna le afferrò il polso, trattenendola con forza. “Hai troppe certezze Michela. Sono sicura di quello che ho detto, perché so quello che ho visto stasera. Il fatto che voi due non abbiate ancora affrontato la cosa da persone adulte non significa che mi sia sbagliata”
Michela scosse la testa e fissò Claudia con aria di sufficienza, divincolandosi dalla presa della donna. “Quelli più grandi pensano sempre di essere i depositari delle verità” la sfidò agguerrita “Non ho quindici anni, signora, ne ho ventisette e so bene quando piaccio ad un ragazzo e quando il ragazzo in questione è, invece, un fottutissimo stronzo che prenderò a calci nei coglioni”


* Portaportese: Nacque così, come mercato delle pulci, quello che è oggi il più famoso e frequentato mercato non alimentare romano, situato subito fuori della porta, lungo la via Portuense e nelle immediate vicinanze fino a viale Trastevere. Il mercato continua a tenersi soltanto la domenica mattina, ma nel tempo alcuni dei titolari delle bancarelle hanno convertito le baracche lungo la strada in impianti commerciali fissi.
** Vacone è un comune italiano di 267 abitanti della provincia di Rieti nel Lazio.
*** cecare. forma dialettale cfr accecare.


NdA: Bravissime a tutte, ci avete preso... Claudia aveva proprio una relazione omosessuale;)! Sono diventata troppo scontata o voi siete diventate bravissime a trovare gli indizi:).
Nel prossimo capitolo si svelerà cosa nasconde Giacomo e poi vedremo la storia dal suo punto di vista. Quindi, pronte a entrare nella testa di uno stronzo?
Alla prossima!
Lella

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Capitolo 9
*** La leggenda di Nisida e Posillipo ***


Ciao a tutti,
mi scuso per il lunghissimo silenzio di questi mesi, ma come vi avevo detto ho avuto un'opportunità di pubblicazione di una delle mie storie e quindi sono entrata in un vortice di impegni che andavano ad aggiungersi alla mia già piena vita lavorative e personale. Grazie a tutti per la pazienza:).
Prima di lasciarvi al capitolo, vi anticipo che finalmente saranno svelate le ragioni che hanno spinto Giacomo a coinvolgere Michela nella sua assurda pantomima (e vi accorgerete che era una cosa normalissima, che in molti abbiamo fatto!). Il capitolo è abbastanza pesante, anche se ho provato ad alleggerirlo il più possibile, ma dal prossimo la storia diventerà più leggera e divertente e capirete perché nella seconda parte di questo ottavo capitolo.
Per ora vi lascio alla lettura...
Raffa

PS: Avrete notato che ho cambiato nickname, ma mi avevano beccata, quindi spero così di essere ritornata nell'ombra, in caso poi ci penserò;P!!! Quasi tutte le mie storie hanno numerosi riferimenti personali e non tutti apprezzerebbero il modo in cui rielaboro le loro persone... diciamo che vorrei continuare ad avere una vitaXD!


Capitolo IX
La leggenda di Nisida e Posillipo*


Michela camminava lentamente lungo la strada illuminata dalle luci giallognole dei lampioni che portava verso casa, immersa nei suoi pensieri. Era così arrabbiata per ciò che quello stronzo aveva fatto proprio a lei. Fissava la schiena del ragazzo, mentre ricurvo si scambiava messaggini con quella stupida oca. Avrebbe voluto strapparglielo dalle mani e lanciarglielo in testa, ma era talmente arrabbiata che temeva che invece glielo avrebbe ficcato in gola e non voleva essere accusata di omicidio, anche se sarebbe stata sicuramente assolta per aver liberato il mondo dall'ennesimo stronzo.
Senza accorgersene era arrivata al portone della sua casa, della loro casa. Osservò distratta Giacomo che le reggeva il pesante portone in attesa che lei entrasse.
“Non entri?” domandò astioso, infilando il cellulare nella tasca posteriore dei jeans
“Forse dovresti andare da lei a parlale da vicino, invece di messaggiarle come se non ci fosse un domani” sbottò la ragazza fuori di sé. Perché era gelosa di lei, dopo quello che lui le aveva fatto? “Ti trovo particolarmente fastidioso”
“Io trovo particolarmente fastidioso che tu mi abbia ignorato per tutta la strada, quindi siamo pari”replicò acido
“E quando avrei dovuto comunicare con te, fra un messaggino e l'altro?” scosse la testa infastidita
“Ho provato a fare conversazione appena usciti dal locale, ma mi hai trattato come se ti dessi fastidio” sbottò stizzito “Ho provato ad essere divertente, visto che sembrava che ti avessero ucciso il cane; anzi, che io ti avessi ucciso il cane, ma ovviamente anche quello ti dava fastidio” sospirò profondamente “quindi ho deciso che forse avevi bisogno di riflettere su qualcosa, ma pare che anche quello ti dia fastidio” strinse gli occhi “Ti da fastidio che messaggi con Valeria, non vuoi che parli con te e non vuoi nemmeno che stia zitto; dimmi cara, c'è qualcosa che possa fare che non ti infastidisca?”
Se si fosse preso a scudisciate forse lei sarebbe stata capace di provare meno fastidio per la sua presenza. “Come mai non corri da lei?”
Giacomo la fissò come se avesse di fronte una matta. “Almeno hai capito qualcosa di quello che ho appena finito di dirti?”
“Certo, non sono mica stupida?”
Il ragazzo si passò le mani tra i corti capelli castani e fece un lungo sospiro. “Michi, devi dirmi qualcosa?” domandò tranquillo, invitandola nuovamente a entrare
“Avvocato Ferri, di cosa dovrei parlarle? Ha suggerimenti utili?” replicò la ragazza sprezzante, attraversando il portone e dirigendosi lesta all'ascensore
Michela sentì il rumore del portone che si richiudeva, mentre l'ascensore arrivava lentamente al piano. Giacomo si era avvicinata a lei. “Michi, devi dirmi qualcosa?” domandò nuovamente
“Sei tu il principe del foro, dimmi tu cosa devo chiederti”
“Sono un avvocato, non un veggente” sostenne con sufficienza, aprendo la porta dell'ascensore
Il cellulare trillò nuovamente. Era diventato ossessionante. Michela si chiese cosa quella avesse da chiedergli di tanto importante. “Non rispondi? Davvero non vuoi correre dalla donna che ami? Sua madre sarebbe così contenta se tu lo facessi” sorrise ironica “Sono sicura che anche suo padre si toglierebbe un gran peso dal cuore”
“Questa storia comincia a darmi sui nervi, quindi se hai qualcosa da dirmi ti invito a farlo, senza fare la ragazzina permalosa a cui bisogna leggere nel pensiero”
Michela rimase in silenzio. Entrarono in ascensore senza spiccicare parola. Giacomo aveva ragione, si stava comportando come una bambina capricciosa a cui era stato sottratto il suo giocattolo preferito, ma proprio non riusciva ad essere sincera con lui. Aveva mentito per talmente di quel tempo sui suoi sentimenti che non era più capace di esternare le sue emozioni. I muri che aveva eretto non erano serviti a renderla più forte, ma l'avevano solo indebolita. Non aveva mai affrontato la situazione, si era solo trincerata dietro quelle alte mura, nascondendo quel sentimento fino a dimenticarlo, ma lui aveva abbattuto i muri, scoperchiato il vaso e liberato quell'antico ricordo. Era debole e insicura con lui, perché lei affrontava la vita di petto senza paura e senza esitazione, ma aveva relegato quel sentimento in un angolo, ignorandolo e, alla fine, era cresciuto come un gigantesco blob che aveva fagocitato ogni cosa.
La porta dell'ascensore era aperta, Giacomo la fissava stranito. Tutti quei pensieri le vorticavano nella testa facendole perdere il senso del tempo e dello spazio, come se fosse prigioniera in un'enorme bolla di cristallo galleggiante nel vuoto.
“Hai deciso di piantare una tenda in ascensore?”
“Claudia ha deciso di raccontare tutta la verità alla figlia” spiegò atona, uscendo dall'ascensore e sedendosi sugli scalini, “mi ha chiesto di permetterti di starle accanto, di aiutarla e sostenerla in questa grave tragedia che le è capitata”
“Sei ingiusta con Valeria. Il tradimento di un genitore non è una cosa facile da digerire e anche se non è una tipa particolarmente simpatica, sarà difficile per lei”
“Non è più una bambina!”
“No, non lo è, ma lei è molto più fragile di quello che pensi, di quello che dà a vedere agli altri”
“Lei, lei, lei” esplose stizzita “Tu la ami?”
“Michi”
Il tono pietoso della sua voce la rese ancora più nervosa. “Perché non lo ammetti?”
“Perché ne abbiamo già parlato e ti ho già detto che mi piace e che sono attratto da lei”
Avvicinò le ginocchia al petto. “Ho pensato molto alle ragioni che ti hanno spinto a mettere su questa pantomima” lui provò ad interromperla, ma lei sollevò la mano e lo zittì prontamente “È già abbastanza difficile, quindi sta' zitto e ascolta” ordinò senza ammettere repliche “Lo hai fatto per Claudia perché volevi proteggerla. È questo quello che mi hai detto e sono sicura che è vero. Io ti credo! Ma questa è solo parte della verità. Tu lo fai anche per Valeria, perché lei ti piace, perché vuoi proteggerla, perché Claudia dice che lei è fragile e, a quanto pare, anche tu lo pensi” sollevò gli occhi e li fissò in quelli di lui “Era tutto chiarissimo, tranne la mia presenza nella tua storia. Ti serviva una finta fidanzata per pararti le spalle con l'avvocato Petroli, ma per questo giochino era sufficiente una tipa qualsiasi e tu conosci una marea di tipe qualsiasi disposte a tutto pur di assecondarti. Mi hai detto che avevi scelto me perché non volevi complicazioni. Com'era? Tu sei brava a erigere alti muri fra noi ed io non ho alcun interesse ad abbatterli” lo scimmiottò con gli occhi che saettavano per la rabbia “Sono state queste le tue parole precise!”
“Michi, fra due giorni hai il test, poi partirai per Milano, non ha alcun senso parlarne ora e questa storia è quasi...”
“Ha senso per me!” lo interruppe, sorridendo malinconica “Sono stanca di provare quello che provo, sono stanca di ricadere sempre nello stesso circolo vizioso. Io devo cancellarti dal mio cuore”
“Michi, io volevo solo...”
“Uno scudo” Giacomo la fissava allarmato “Credevi che non me ne sarei mai accorta? La pantomima era per proteggere Claudia, Valeria e te stesso, ma proprio non capisco come tu possa aver usato me!” affondò la faccia nelle braccia conserte, ancora appoggiate alle ginocchia.
Lui allungò la mano e le carezzò i capelli, ma lei lo allontanò furiosa e si alzò.
“Michi, mi dispiace”
“Bene, ne sono convinta. Dovresti vedere la tua faccia. Ora, però, devi andartene”
“Michi, parliamone, ok? Entriamo in casa e parliamone con calma” tentò di rassicurarla il ragazzo conciliante
“Devi smentire le mie parole?” Giacomo rimase in silenzio, fissandola affranto “Allora non abbiamo nulla di cui parlare, quindi devi proprio andartene”
“E dove vuoi che vada?”
“Non mi interessa dove: in albergo, dalla tua fidanzata pazza, dai tuoi genitori, all'inferno, ma devi andartene da casa mia”
Giacomo afferrò il polso della ragazza e lo strinse con forza. “Almeno prova ad ascoltarmi”
Era stranamente calma; si sentiva improvvisamente libera. “Non mi interessa ascoltarti. Devi andartene” il cellulare di Giacomo cominciò a squillare con insistenza “Corri da lei, Giacomo. Lasciami libera!”
Il ragazzo le lasciò il polso e Michela scivolò via da lui, entrando come una leggera brezza in casa.
Era così stanca. Chiuse la porta e rimase immobile e senza forza sull'uscio chiuso, mentre Pallottola saltellava in cerca di coccole, felice per il suo ritorno. La ragazza gli carezzò il peloso testone, cercando di chetare l'entusiasmo del suo amico a quattro zampe.
“Stai buono, piccolo!”
Aveva freddo e si sentiva senza forze. Aveva una necessità impellente di una doccia calda. Si spogliò rapidamente, disseminando i vestiti per la stanza e si infilò sotto il gettito caldo dell'acqua, cercando di liberare la mente dalla rabbia e dalla disperazione. Amava Giacomo e aveva sempre pensato che seppur lui non ricambiava i suoi sentimenti, la rispettasse, che le volesse bene e che non l'avrebbe mai ferita volontariamente. Era stata così stupida; uno stronzo rimane sempre uno stronzo, lo aveva dimenticato o forse, in cuor suo, sperava che Giacomo fosse migliore di quanto mostrasse. Avvolta nell'accappatoio, ripensò a quelle intense settimane passate insieme, alle risate, alle chiacchiere serali, alle liti sulle faccende domestiche e sull'educazione del cane, a quella quotidianità che le sarebbe mancata come l'aria. Mentre indossava la leggera camicia da notte di raso viola, che le cadeva morbida sulle cosce nude, ripensò ai suoi baci, alle sue carezze e scosse violentemente la testa, cercando di allontanare quei pensieri che si dibattevano tra i suoi neuroni.
Carezzò con lentezza il liscio e fresco tessuto della camiciola e pensò che poteva finalmente indossare un tipo di lingerie che non scatenasse le voglie del suo smanioso coinquilino. Si versò un'enorme coppa di vino rosso e uscì in balcone, mentre il cane la seguiva silenzioso e scodinzolante. Faceva caldo e, nonostante fosse da un po' passata la mezzanotte, c'erano numerose stanze illuminate, finestre aperte, persone in balcone. Appoggiò il bicchiere sulla balconata in muratura e si coprì la faccia con le mani. Era furiosa e non riusciva a calmarsi; forse prima di mandarlo via avrebbe dovuto prenderlo a secchiate. Si era liberato di lui, ma la cosa più difficile sarebbe stata liberarsi di quei sentimenti malati. Respirò profondamente e ululò di rabbia. Pallottola si avvicinò a lei scodinzolante e con le orecchie basse, nel tentativo di farsi perdonare da colpe che non erano sue.
Michela gli sorrise affettuosa e gli carezzò il musetto impaurito. “Tranquillo piccolo, non è colpa tua. È stato quell'idiota del tuo papà, come sempre. Comunque, Pallottola, mi dispiace, ma da oggi sei orfano di padre; perché io ho deciso di investirlo con la macchina che non ho; quindi mi toccherà pure comprarne una”
“Tutto bene?” domandò una voce calda e profonda
Sobbalzò spaventata; non poteva essere Pallottola, perché i cani non parlavano e se il suo avesse cominciato a farlo sarebbe stata una vera svolta. Si voltò in direzione della voce e vide Valerio che, dal suo lato di balcone, la fissava con tenerezza. Da quanto tempo era lì? I due balconi erano disposti a elle e la luce che proveniva dalla finestra alle sue spalle lo avvolgeva in una delicata penombra.
“Certo, va tutto benissimo; sono solo un po' seccata” replicò imbarazzata
“È andata così male la cena con mia madre?”
La cena, la serata, la settimana, il mese, tutto era andato male, niente era andato come aveva previsto.
“Tua madre è una donna piacevole e la sua amica Martina è molto simpatica. È stata una serata particolare” rispose compita
“Martina è più di un'amica per mia madre” lo sapeva? Michela lo fissava silenziosa e incredula. Era sicura che la donna le avesse detto che i figli non sapevano niente o forse le aveva detto che solo quella deficiente della figlia non ne era a conoscenza. Non aveva voglia di parlare con nessuno, voleva stare da sola a commiserarsi e, invece, era lì a parlare con il suo vicino sexy, mentre si sentiva uno straccio “e il fatto che tu mi guardi così senza dire niente vuol dire che lo sai anche tu. Te lo ha detto Giacomo?” lei scosse la testa senza aggiungere altro. Non lo aveva saputo da Giacomo, ma non voleva raccontare al ragazzo che la madre si era confessata con una perfetta estranea. Le sembrava indelicato nei confronti di un ragazzo così garbato “Tranquilla, non è un problema” le sorrise sereno “Ora puoi ricominciare a respirare”
“Scusami, sono solo stupita! Pensavo che voi non sapeste nulla”
“Mia madre nell'ultimo anno si comportava stranamente” appoggiò i gomiti sulla balconata in muratura, cominciando a raccontare con voce calda e rassicurante “Avevo come l'impressione che si sentisse in colpa per qualcosa. Sai, a differenza di papà, lei è sempre stata molto espansiva con noi; invece, negli ultimi tempi era piuttosto sfuggente. Ho provato parecchie volte a domandarle che cosa stesse succedendo, ma continuava a ripetere: va tutto bene. Sapevo che non andava tutto bene e ho cominciato a sospettare che ci nascondesse qualcosa di grave. Poi Giacomo ha messo in giro voci su lui e mia madre”
“Ha messo lui in giro le voci su loro due?” domandò la ragazza incredula
“Non proprio, le voci giravano incontrollate, ma lui non faceva nulla per smorzarle, anzi sembrava alimentarle. In ufficio, Giacomo non era proprio uno stinco di santo e un paio di volte sono uscito con lui e so che non si tira indietro quando si trova davanti una bella donna, ma noi siamo amici, mia madre è la moglie del suo capo e dopo che ha conosciuto mia sorella e aver notato il suo interesse per lei, non ho avuto più dubbi” stava proprio sottovalutando la stronzaggine di Giacomo Ferri “c'era sotto qualcosa, così ho cominciato a seguire la mamma”
“Che cosa hai fatto?” domandò Michela interdetta “Ma sei impazzito?”
Sospirò profondamente. “Ero preoccupato, perché non capivo cosa stesse succedendo ed ero sicuro che mi stesse nascondendo qualcosa in cui era coinvolto Giacomo. Dopo qualche giorno di pedinamento serrato, ho avuto certezza che non aveva una relazione con lui e ho notato che passava tutto il tempo con la sua amica Martina. Avrei dovuto fermarmi, ma avevo anche notato che c'era troppa intimità tra quelle due. Stasera le hai viste insieme, quindi sai di cosa parlo, all'inizio avevo categoricamente escluso una relazione di natura diversa dall'amicizia tra loro, ma...”
Sembrava molto cauto, come se temesse di esternarlo ad alta voce. “E allora come fai a dire che...”
“Le ho viste” la interruppe secco “e se ti dicessi che l'ho presa bene ti mentirei. Mi è preso un colpo” era turbato “non riuscivo nemmeno a guardarla in faccia. Non voglio che tu pensi che abbia remore su queste cose, anzi i miei genitori mi hanno cresciuto con la massima apertura mentale e ho molti amici omosessuali, solo che è molto più facile quando accade agli altri. Se fossi cresciuto in una famiglia arcobaleno, se avessi avuto qualche minimo sospetto, non so, sarebbe stato diverso; ma così, all'improvviso di punto in bianco, scoprire che tua madre ti ha sempre mentito”
“Non devi giustificarti” lo rassicurò Michela sincera
“Scusami” sollevò le spalle “Non voglio giustificarmi, voglio solo che tu capisca. Io amo mia madre, è voglio che lei sia felice, ma mi serve tempo. Forse quando lei avrà voglia di parlarne con me, sarà tutto più semplice per entrambi. In ogni modo, ho parlato con papà e gli ho detto che volevo andare via di casa, ma l'appartamento che abbiamo sulla Balduina è ancora in ristrutturazione e, quindi, mio padre ha trovato questa soluzione per venirmi incontro”
“Tuo padre ha trovato questa soluzione per spiare Giacomo, non per venirti incontro” puntualizzò la ragazza “Era venuto qui per chiedere spiegazioni sulle voci che giravano in ufficio su di lui e tua madre e, dopo averci visto insieme e dopo che era venuto fuori che noi convivevamo e che l'appartamento di Giacomo era sfitto, ha colto la palla al balzo”
“Ecco perché mi domandava di voi continuamente” sollevò le spalle rassegnato “Povero papà, non la prenderà per niente bene” sorrise amaro “e da uomo, devo dire che un po' lo capisco”
“Non sarà facile per lui”
“Non lo sarà per nessuno. Io credo di riuscire a capire mia madre e ho deciso che le starò accanto, quando me lo chiederà, ma per Valeria e papà sarà un duro colpo”
“Lo supereranno!” replicò la ragazza secca. Il solo nome di Valeria le faceva saltare i nervi.
“Può darsi. In ogni modo, se la serata è andata bene come dici, perché sei seccata e stai bevendo, anche se non potresti visto il tuo stato” insistette Valerio, riportando il discorso sull'argomento iniziale
Il mio stato, pensò amaramente Michela. Un'altra delle tante bugie in cui Giacomo l'aveva trascinata. Bugie, bugie, bugie. Era nauseata da tutte quelle bugie. Dopo la sincera confessione di Valerio, era tentata di confidarsi con lui e di alleggerirsi da quel macigno che le appesantiva il cuore da troppo tempo, ma, nonostante il comportamento poco corretto di Giacomo, lei era sempre stata un'amica leale e non avrebbe contravvenuto ai suoi principi per vendicarsi di lui .
“Vorrei smettere di soffrire per un uomo che non mi amerà mai”
“Giacomo ti ama, Michi”
Sembravano saperlo tutti tranne lui. Sembravano esserne tutti sicuri tranne lei.
“Ti sbagli e presto lo capirai anche tu. Lui è...” … solo uno stronzo!, pensò, senza riuscire ad esternare quel pensiero con ferma lucidità, ma presto quella storia avrebbe avuto finalmente fine.
“Michi, nel caso in cui tu non te ne fossi accorta quando mi avvicino a te, lui va fuori di testa e Giacomo non è un uomo che compete per una donna per cui non prova interesse e poi voi aspettate un bambino e anche questo non è una cosa che Giacomo accetterebbe se non provasse per te un sentimento sincero” la fissò imbarazzato “Non vorrei sembrarti maschilista, ma ho sentito dire che gli ormoni della gravidanza a volte annebbiano un po' il giudizio”
Michela sospirò profondamente. Giacomo Ferri non sapeva nemmeno dove stava di casa un sentimento sincero e il suo giudizio non era affatto annebbiato dagli ormoni della gravidanza, visto che non aspettava nessun bambino. Era sul punto di controbattere, ma Pallottola, scodinzolando in un guaito strozzato, si allontanò da lei. Michela udì il rumore dello scatto della serratura e il familiare suono della porta aprirsi e richiudersi subito dopo. Il suo cuore si fermò nel petto, Giacomo era rientrato. Perché?
“Stai calmo Pallottola; papà è tornato, però ora stai giù” perché non riusciva a controllarsi? Perché il suo cuore galoppava come quello di Pallottola? Cosa c'era di sbagliato in lei? Giacomo si affacciò in balcone e il suo sguardo guizzò rapido tra i due ragazzi che lo fissavano silenziosi “Scusaci Valerio, ma io e Michi dobbiamo chiarire alcune cose” sorrise sicuro di sé “in privato”
“Io non ho nulla da chiarire, per oggi abbiamo chiarito abbastanza!” esclamò la ragazza seccata
“Ok, non devi chiarire tu, ma devo farlo io e non mi va di farlo mentre un estraneo ci fissa”
“Scusate” si scusò Valerio garbato
“Non devi andare solo perché lui te lo ordina, non tutti dobbiamo sottostare ai suoi capricci e io non ho alcuna voglia di sentire i suoi chiarimenti” sbottò stizzita “noi non siamo i pupazzi del tuo personale teatrino, brutto stronzo!”
Giacomo le afferrò il polso “Scusaci Valerio, so che ti sembrerò sgarbato e brutale, ma noi abbiamo bisogno di chiarire anche se lei non è dello stesso parere, quindi buonanotte” trascinò la ragazza all'interno della stanza, sotto lo sguardo attonito del loro vicino. Abbassò rapido la tapparella e chiuse le finestre “Così potrai anche urlarmi contro senza testimoni”
“Non viviamo in una casa insonorizzata e poi, fa caldo” sbottò Michela risentita “quindi apri immediatamente queste finestre”
Il suo cuore sembrava impazzito per la rabbia, mentre pensieri sconnessi di insana violenza le rimbalzavano tra i neuroni.
“Sei praticamente nuda, quindi credo che sopporterai il caldo alla perfezione” strinse gli occhi “Vedo che non hai aspettato molto prima di sedurre il nostro sbavante vicino”
“Che cazzo vuoi da me? Che cosa ti interessa con chi voglio stare o chi voglio sedurre e, soprattutto, perché sei qui? Che c'è la tua bella ti ha mandato in bianco e sei ritornato a casa, così la scema di turno leccherà le tue ferite? Povera stella, dimmi cosa posso fare per te?” la sua voce rimbalzò furente e acida
La stanza era buia e, attraverso la tapparella abbassata a metà, trapelava solo una flebile luce dall'esterno. Pallottola continuava a saltellare festoso, cercando di attirare la loro attenzione.
“Piccolo devi proprio uscire, io e mamma dobbiamo parlare da soli” sussurrò Giacomo affettuoso all'enorme cagnone. Il ragazzo afferrò il collare dall'alto e accompagnò il cane, alquanto recalcitrante, fuori dalla stanza. Chiuse la porta, si sedette sul letto e sospirò profondamente “Mi dispiace, Michi, mi dispiace tanto”
“Non mi interessa di sentire le tue ragioni e non mi interessa sentire che ti dispiace. Io voglio solo che tu vada via” insistette Michela stancamente
“Me ne andrò, ma prima voglio che mi ascolti”
“Perché?” squittì esasperata
“Perché ho bisogno che tu capisca le mie ragioni; non mi interessa se le accetterai, voglio solo che tu capisca” giocherellava nervosamente con le mani, continuando a toccarsi il collo con insistenza “Quel giorno Valeria aveva passato la notte a casa mia. Era stata una notte strepitosa e...”
“Ti prego risparmiami i dettagli” lo interruppe stizzita, serrando le braccia al petto.
Se avesse avuto la forza fisica lo avrebbe sbattuto fuori di casa, ma non sarebbe mai riuscita a prenderlo di peso; era troppo più grosso di lei. Chiamare i carabinieri le sembrava eccessivo, quindi non aveva altra scelta che ascoltare. Voleva solo che lui andasse via e prima terminava la sua patetica storia prima se ne sarebbe andato.
“Ti assicuro che non era nelle mie intenzioni. In ogni modo, la mattina dopo le ho chiesto di passare la domenica con me. Ero stato bene con lei, come non stavo bene con una donna da tanto tempo e mi sembrava una cosa carina da proporre, ma lei è esplosa in una risata poco cortese e mi ha detto, troppo divertita, che noi due non avevamo quel tipo di relazione. Tu non sei un uomo da giorno dopo, lo sappiamo entrambi. Sono state queste le sue parole” sollevò lo sguardo e la fissò. Era troppo buio e Michela non riusciva a scorgere l'espressione del viso di lui, ma la sua voce sembrava malinconica “Non so perché, ma ho cominciato a parlarle di te, di noi” noi? “Le ho detto che si sbagliava, che ero stato il ragazzo del giorno dopo solo una volta, per una sola donna, solo per te! Si è alzata dal letto ed è uscita in balcone. Sapevo che era uscita fuori solo perché voleva che la vedessi”
“Non ero ancora parte del piano, visto che il piano, se non ricordo male è cominciato dopo”
“Non ancora! Mi aveva semplicemente fatto arrabbiare e volevo che abbassasse la cresta, che sapesse che c'era una donna speciale nella mia vita” speciale? “È rientrata, si è rivestita ed è andata via senza aggiungere altro. Mi aveva fatto incazzare, ma sapevo di averla fatta innervosire parecchio. Mi sono infilato il pigiama e mi sono seduto sulla tazza nella speranza di cagare. Avevo un terribile mal di pancia; sai anche tu quanto io sia stitico”
“Tu non sei stitico, mangi semplicemente male. Non mangi fibre, come credi di riuscire ad andare regolarmente di corpo?” spiegò cattedratica
“Credo che tu abbia proprio ragione. Effettivamente da quando viviamo insieme ora vado al bagno regolarmente e non ho nemmeno quel fastidioso e continuo dolore di stomaco” osservò scuotendo la testa
“Perché con me mangi le verdure”
“Io odio le cose verdi”
Stavano inutilmente divagando. “Dopo aver parlato dei tuoi problemi gastro-intestinali, magari potresti anche continuare nel tuo interessante racconto” lo spronò caustica “Così magari te ne vai!”
Sospirò. “Scusa! Comunque mentre ero sulla tazza, comincia a suonare il campanello, mi alzo pensando che Valeria avesse cambiato idea, ma quando arrivo alla porta sento la voce di suo padre che mi incita ad uscire. Ero combattuto se aprire o meno, poi ho deciso che non potevo affrontarlo e ho ritenuto più importante riuscire a cagare, avevo un mal di pancia terribile, e speravo che lui demordesse. Invece, niente! Ho avuto la certezza che non mi sarei mai liberato di lui e ho pensato che dovevo trovare una soluzione altrimenti prima o poi mi avrebbe ucciso. Era proprio roso dalla gelosia e le persone gelose sono sempre molto pericolose”
“Quindi hai architettato il tuo geniale piano” sintetizzò rapida
“Già; non volevo mica lasciarci le penne nel tentativo di aiutare Claudia e ho pensato che mi serviva una fidanzata d'urgenza per tentare di depistarlo e, in quel momento, avevo anche un'idea precisa della ragazza a cui l'avrei chiesto. Una cosa senza impegno, lei si sarebbe goduta la mia presenza per qualche settimana e, in cambio, mi avrebbe aiutato a liberarmi di quell'idiota. Un quid pro quo, in cui non ci rimetteva nessuno e ci guadagnavano tutti” era veramente uno stronzo egoista “Solo che in quel momento, mentre spulciavo la rubrica sono arrivato al tuo nome e ho ripensato a Valeria. Mi sono rivisto mentre le chiedevo di restare, ho risentito la sua cristallina e schietta risata e ho capito immediatamente che dovevo liberarmi di lei; che dovevo trovare un modo per arginare quello che provavo per lei. Ho ripensato a quello che un tempo avevo provato per te a quello che ancora provo per te, a quello che c'è sempre stato fra noi. Parafrasandoti, ho pensato che saresti stata un ottimo scudo”
“E quindi tutte le volte che lei ti faceva uscire fuori di testa, mi cercavi per...”
“Stare di nuovo bene” terminò sincero “perché tu mi fai stare bene”
“Tu mi hai usata e me lo stai raccontando come se fosse una cosa normale. Sei una merda!” sbottò fuori di sé dalla rabbia
Giacomo si alzò e si avvicinò alla ragazza, che indietreggiò disgustata. “Hai ragione, sono una merda, ma quello che provo per te Michi è sempre stato complicato, forse quattro anni fa, se non fossi stato terrorizzato dal tuo sguardo da cuccioli e gattini, non mi sarei ritirato. Avevo finito da poco l'università, avevo cominciato il praticantato, avevamo solo ventitré anni e tu ti comportavi come se dovessimo stare insieme per l'eternità; mi piacevi da morire, ma pensavo che mi sarei ritrovato fidanzato contro la mia volontà e che mi sarei perso scopate formidabili per una appena conosciuta”
Grandioso; di bene in meglio! “Scusa? Proprio non capisco questo cosa c'entri con te che mi hai usata”
“Non lo so, forse niente, forse voglio solo che tu sappia che sto bene con te, che mi piace stare con te, che finché sto con te non sento il desiderio di lei”
Forse non era uno stronzo, era solo un idiota! “Ma ti senti quando parli?” scosse la testa incredula “E io?”
Lui strinse gli occhi confuso. “Non capisco!”
“Certo; perché dovresti? Nel tuo fantastico discorso ci sei solo tu, quello che provi tu, quello che serve a te. Io. Io. Io. Dimmi Giacomo, mentre cercavi di difendere te stesso da un uomo geloso, da una donna che ti stava manipolando come un pupazzo senza coglioni e mentre scappavi dalla me di quattro anni fa che cercava di incastrarti con lo sguardo da oggi sposi, la tua cara amica Michela dove si collocava? Ti sei fermato anche solo per un attimo a pensare cosa sarebbe stato di me? Di noi? Della nostra amicizia?”
“No, non ci ho pensato” espresse con leggerezza
Era veramente uno stronzo egoista! “Davvero?” indagò Michela in un sorriso ironico “Preferirei che tu fossi sincero con me, almeno per una volta”
“Ci ho pensato, ma subito dopo ho realizzato che non mi interessava, che tu lo avesti superato, che magari le cose fra noi sarebbero funzionate questa volta. Io ho provato a fare le cose fatte bene, ma tu hai reso tutto più complicato”
Ora era anche colpa di lei! “Non ti nascondo che sono molto incuriosita dal conoscere quali siano state le terribili cose che ho fatto per indurti a comportarti da stronzo, visto che tu volevi fare le cose fatte bene, ma sai che c'è, non mi interessa, quindi Giacomo, se hai finito; credo che sia molto meglio che tu vada via, prima che peggiori irrimediabilmente la tua già traballante posizione” si massaggiò nervosamente le palpebre “Anzi, gradirei che tu non ti facessi vedere mai più nella vita, nella mia almeno”
Giacomo le strinse il polso della mano destra e l'avvicino a sé. “Non sono andato da lei, perché questa notte voglio stare con te”
“E domani?” Michela gli sorrise caustica “Tranquillo non è necessario che tu risponda, voglio solo che tu vada via” ordinò senza ammettere repliche
Giacomo rimase fermo a fissarla, come se non avesse compreso il senso delle sue parole, poi la strattonò e la serrò in uno stretto abbraccio. “Non mandarmi via, tienimi con te, solo per questa notte. Ti supplico Michela, non voglio andarmene”
“Devi andartene!” ribadì senza esitazione
“Non mandarmi via” insistette supplichevole, stringendola con più forza
“Devi andartene” ma ella stessa sentì nella sua voce un tono di cedimento
“Non ho mai supplicato una donna” la sciolse dal suo disperato abbraccio e le carezzò il viso con lenta premura “Non ho mai supplicato nessuna donna prima di adesso, prima di te. Non mandarmi via, Michi. Tienimi con te stanotte” si chinò e avvicinò le sue labbra a quelle tremanti di lei “Tienimi dentro di te, solo per stanotte e poi giuro che ti libererai di me per sempre, se domani sarai della stessa idea, se domani al tuo risveglio non vorrai avermi più al tuo fianco”
“Perché?” domandò la ragazza a fior di labbra
Giacomo chiuse gli occhi. “Perché ne ho bisogno” replicò deciso, premendo le labbra contro quelle di lei. Michela lasciò che le labbra del ragazzo carezzassero le sue, ma non riusciva a corrispondere a quel bacio tentatore “Ti prego, Michi” supplicò, continuando a titillare le sue labbra “lasciati andare, solo per questa volta!”
Lasciati andare ... lo aveva già fatto. Si era lasciata andare con lui, per lui e lui l'aveva lasciata andare. Solo per questa volta... e poi? C'era sempre un solo per questa volta con Giacomo e poi entrava con prepotenza per sempre nella tua vita, non solo per questa volta.
La ragazza chinò il capo confusa e i suoi lunghissimi e lisci capelli castani le scivolarono sul viso. “Non posso” sussurrò appena. Perché vacillava?
Giacomo le sollevò il viso e le sorrise rassicurante. “Cosa te lo impedisce?” domandò tentatore
Tu, quello che rappresenti, quello che sei, quello che sei disposto a fare per agguantare ciò che desideri, quelli che sei capace di calpestare per proteggere te stesso. C'erano mille e più risposte a quella semplice domanda, ma nonostante avesse ben chiare le ragioni per cui non poteva, le sue labbra rimanevano sigillate, il suo cuore continuava ad incespicarle nel petto e i suoi occhi erano fermi sulle labbra di lui, strette, umide, sensuali.
“Non posso” ripeté, ma sapeva che non c'era forza in quelle parole perché non c'era convinzione nel suo cuore
“Puoi!” le suggerì il giovane avvocato del diavolo con la voce arrochita dal desiderio. Le mani del ragazzo scivolarono sulla pelle nuda delle sue spalle ambrate. Le dita della mano sinistra di lui giocherellavano sensualmente con la sottile spallina della camicia di raso viola di lei “Possiamo, Michi” sollevò la spallina e la lasciò cadere “Solo per questa volta” la sua voce era così suadente “niente più muri” con la mano destra sollevò l'altra spallina “niente bugie” la delicata camicina viola scivolò lentamente sul suo corpo accaldato, in una fresca carezza “Solo io e te” avvicinò nuovamente le sue labbra a quelle della ragazza, le cinse la vita con la mano destra avvicinando i loro corpi e spinse l'altra mano sul suo morbido seno “Solo per questa notte”.
Solo per una notte e poi lui sarebbe uscito per sempre dalla sua vita! Lo desiderava così tanto e da così tanto tempo. Si era trincerata dietro un muro crepato che le aveva mostrato quanto di allettante ci fosse dall'altro lato e ora c'era una sola soluzione; abbattere il muro e ricostruirne uno più solido. La sua mente razionale le urlava che era la scelta sbagliata, gridava a squarciagola di prenderlo a schiaffi e di buttarlo fuori dalla sua casa, ululava che quel muro non poteva essere abbattuto, ma la martellante e sottile vocina del desiderio le sussurrava appena che non c'era altra scelta che cedere a quell'ultima smania per liberarsi di lui, per abbattere il muro e costruirne uno più solido.
Il flebile sussurro del desiderio coprì le urla della ragione e lei corrispose a quel bacio senza respiro fatto di puro desiderio, mentre con fregolosa rapidità sganciava i bottoni della stropicciata camicia di lino del ragazzo con entrambe le mani. Mentre la camicia toccava il suolo, Giacomo si staccò da lei di malavoglia e si liberò con rapida premura di jeans e boxer, mentre lei si sfilò le mutandine di cotone viola. Rimasero nudi, l'uno di fronte all'altra a fissarsi, mentre i loro petti si muovevano pesantemente e il loro respiro era corto e mozzato dalla paura di quel desiderio. In mezzo a quel sopito desiderio erano passati quattro anni, altri uomini, altre donne, una solida amicizia eppure si sentiva proprio come la prima volta che si erano visti nudi e indifesi, spogliati di ogni falsità, ammantati da quella penombra che rendeva tutto impalpabile, spaventata da quello che quella sola volta avrebbe significato per lei.
Giacomo carezzò con le nocche della mano la liscia guancia della ragazza. “Sei bellissima” afferrò il polso di lei e senza perdere il contatto visivo, indietreggiando con cautela, la guidò verso il letto. Si sedette sulla sponda e l'attirò a sé. “Mi sembra di essere ritornato indietro nel tempo” confessò emozionato, affondando la testa tra i seni della ragazza.
Anche lui sentiva la stessa emozione di allora? Michela affondò le mani nei capelli del ragazzo e lo strinse al suo petto. Il suo cuore sembrava essere impazzito. Solo per questa notte. Allontanò con delicatezza il viso di lui e si chinò per baciarlo. Un bacio intenso che sembrava essere rimasto sospeso nel tempo. Si sedette cavalcioni sul cosce nude del ragazzo. Mentre era persa in quel bacio riusciva a percepire il calore del corpo di Giacomo, la carne che sfregava contro la carne, il crescere della sua eccitazione, dell'eccitazione di lui. La mano di Giacomo si insinuò tra le sue gambe e le sue dita affondarono dentro di lei. Michela spinse istintivamente il bacino contro la mano del ragazzo, rendendo più agevole i movimenti delle dita di lui e, poi, strinse le labbra, perdendosi in un gemito di piacere.
“Direi che non c'è bisogno dei preliminari” esternò soddisfatto, mentre lei gli sorrideva compiaciuta, continuando a spingere con insistenza il bacino contro la mano di lui. “Non voglio ripensamenti su quello che accadrà stanotte” spiegò serio, tirando via la mano e tenendo entrambe le mani salde sui fianchi di lei “Voglio che tu mi dica che lo vuoi, come lo voglio io” ordinò supplichevole
Michela lo fissava in silenzio, combattuta. Lo voleva, lo desiderava, ma non c'era bisogno di parlarne, di raccontarlo ad alta voce; sarebbe stata una sola notte e poi sarebbe uscito per sempre dalla sua vita. La ragazza gli sorrise, con il cuore stretto dalla malinconia e la mente imbrigliata dal desiderio e poi, spinse la mano tra le gambe dell'uomo, scivolando con la punta delle dita lungo la sua eccitazione. Giacomo strinse i denti e il suo respiro divenne improvvisamente affannoso, chiuse gli occhi, mentre lei strinse la mano e cominciò a muoverla con più energia.
“Cristo, Michi” ululò, reclinando la testa all'indietro
“Niente ripensamenti” sostenne lei senza esitazione, perdendosi in un nuovo e ancor più intenso bacio
Giacomo allontanò rapido la mano della ragazza, che ancora sfregava smaniosa e accompagnò con la sua mano il lento scivolare del suo corpo eccitato dentro quello di lei. Il corpo di Michela vibrò di impaziente desiderio, aveva dimenticato il piacere che poteva procurare quel tipo di intimità. Serrò le labbra e, come ridestata da un sogno, lo fissò sgomenta per un attimo. Giacomo era entrato dentro di lei senza alcuna protezione. Lui non faceva sesso senza preservativo. Lei non aveva mai fatto sesso senza preservativo.
“Voglio che sia diverso” le sussurrò all'orecchio sinistro, mentre cominciava a muoversi “Voglio condividere con te una mia prima volta” Michela cominciò a riflettere rapidamente, il ciclo le era finito da qualche giorno, quindi tecnicamente era in una botte di ferro, ma non riusciva ad essere partecipativa di quella pericolosa stramberia e se le avesse attaccato qualche malattia? “Sarà speciale”
“Non so Giacomo e se...”
“Non ho malattie strane, tranquilla” asserì ammiccante, rispondendo ad una domanda non ancora formulata “faccio parecchio sesso e proprio per questo sono parecchio attento. Te l'ho detto è la mia prima volta” le carezzò il viso “Starò attento, stai tranquilla, fidati di me” appoggiò delicatamente le labbra su quelle di lei “Voglio che sia speciale, questa notte; che sia speciale per entrambi”
Lo aveva detto anche nelle due settimane che erano stati insieme. Durante il coito Giacomo Ferri era sempre prodigo di belle parole. Sapeva di cosa era capace, sapeva che si trattava solo di una notte.
“Parli troppo Giacomo” lo redarguì lei divertita, assecondando i movimenti del ragazzo “Ora sta' zitto e concentrati su cose più pratiche”
Il ragazzo la fissò serio, come se avesse appena preso una decisione importante. La spinse supina sulla schiena e senza uscire dal suo corpo, entrò più in profondità nel corpo di lei. “Tutto quello che vuoi, Michi” ansimò in un gemito strozzato.
La ragazza avvinghiò le gambe intorno al bacino di Giacomo che si muoveva sempre più rapido. Non una sola parola ruppe il silenzio della camera da letto, solo gemiti, ansimi e grida strozzate saturavano quel denso silenzio. Mentre l'uomo si muoveva sempre più velocemente, Michela cercava di trattenere le grida di piacere che si libravano incontrollate dalla sua gola. Il fiato le si era mozzato in gola, non riusciva più a respirare; desiderava solo che il suo corpo in tensione liberasse tutta quell'energia che sembrava essersi concentrata nel suo basso ventre. I movimenti di Giacomo assecondavano l'esplodere di quel desiderio, ma non lo lasciavano libero. Voleva raggiungere l'apice del piacere, ma il ragazzo non sembrava della stessa opinione.
Michela strinse le cosce più fortemente intorno ai suoi fianchi. “Vai più veloce” ordinò sfinita
Lui sorrise compiaciuto e aumentò il ritmo, sempre più veloce, sempre più veloce, in una sciarada dei sensi, finché il suo corpo esplose. Giacomo continuò a muoversi, ululando di orgasmico piacere mentre ancora il suo corpo pulsava di desiderio. Rimasero ansimanti, stretti l'uno all'altra.
Era stato incredibile. D'altronde il sesso, sembrava essere l'unico linguaggio che Giacomo conoscesse realmente; tutto il resto per lui non aveva alcun valore.
Il giovane avvocato si sollevò appena, carezzandole il viso e scostandole una ciocca di capelli castani dalla fronte imperlata di sudore.
“Cristo, piccola! È stato incredibile” sorrise, cercando di riprendere fiato.
Il viso di lui affondò nell'incavo del collo della ragazza. Le umide labbra di Giacomo scivolarono lungo la scapola sinistra, affondando sul suo petto e soffermandosi titillanti sulla pelle del suo seno inturgidito dal piacere
“Che fai?” domandò la ragazza perplessa
“Non sono ancora sazio” spiegò ammiccante, insinuando la mano destra tra le gambe della ragazza e rubandole un ennesimo gemito “e nemmeno tu!”
Michela chiuse gli occhi e spinse entrambe le mani nei corti capelli di lui, persa in quella nuova ondata di piacere.
Sarebbe stata una lunga notte!

*

“Cristo che scopata!” ululò Giacomo stiracchiandosi “Che notte da sballo”
Aveva dimenticato quanto fosse inebriante il sesso con Michela. Se non fosse stata per quella sua faccia da oggi sposi la loro storia sarebbe durata un po' più di qualche settimana, ma lei era chiaramente pronta ad accasarsi e lui non era della stessa opinione. Il sesso con lei era stupefacente, ma non era sufficiente a rinunciare a tutte le altre donne. E poi, a quel tempo, era troppo giovane per una storia più lunga di un paio di settimane, quindi era stato costretto a scaricarla. Michela era stata piuttosto ostica all'inizio. Una delle cose che aveva notato con un certo disappunto era che le donne non avevano una gran voglia di rimanergli amiche dopo e anche Michela era stata piuttosto recalcitrante su quella possibilità, ma lui non aveva desistito. Aveva deciso di non lasciarla andare, nello stesso momento in cui aveva deciso di mollarla. Lei si stava attaccando troppo e lui temeva che l'estasi sessuale e la naturale propensione della ragazza all'accudimento lo incastrasse senza rimedio. Temeva che anche lui potesse attaccarsi troppo. Non voleva stare con lei, ma le piaceva che gli gironzolasse intorno e poi erano vicini di casa, anche volendo se la sarebbe ritrovata comunque tra i piedi, quindi dovevano trovare un modo per convivere pacificamente.
Inizialmente aveva sopportato con stoicismo tutte quelle acide frecciatine di cui lei era traboccante, tutte le lagne sulle donne che si portava a casa, tutte le sue sfuriate su cose senza senso che non ricordava nemmeno più. Poi, all'improvviso, il suo amico Davide era arrivato nella vita della sua Michi e la ragazza si era tranquillizzata.Cristo, quanto lo detestava! Un vero rincoglionito coglione, un rincoglione. Il pensiero di lui che si scopava Michela lo aveva mandato ai matti per qualche giorno, aveva cercato di dissuaderla, aveva anche coniato un nuovo termine, rincoglione, per farle capire che era veramente una nullità e che lei meritava di più.
Michela, a quelle sue lagne, aveva semplicemente replicato. “Non potrà mai essere peggiore di te!”
Era stata molto più che acida la replica della ragazza e lo aveva molto colpito. Si erano allontanati per un po', ma poi era arrivato il loro cagnolone, Pallottola, e si erano nuovamente avvicinati. Non voleva stare con lei, ma non voleva nemmeno stare senza di lei.
Era passato tempo! Lui e Davide avevano smesso di essere amici, mentre lui e Michela erano diventati amici, anche se fra loro c'era sempre una tensione sessuale legata a quelle settimane di frenesia dei sensi delle quali nessuno dei due si era mai completamente liberato. Ma lei aveva eretto dei muri altissimi e lui non aveva nessuna intenzione di abbatterli. Poi c'era stata la storia di Claudia, di quel rompicazzo del marito e aveva conosciuto Valeria.
Valeria, la ragazza più bella, più capricciosa e più sensuale che avesse mai conosciuto. Non riusciva a saziarsi di lei, non riusciva a smettere di desiderarla. Le loro scopate erano più di semplici scopate, erano delle vere e proprie battaglie tra le lenzuola. Era diventata una vera ossessione. La voleva, ma più lui la voleva, più lei scivolava via, più lei scivolava via, più lui la voleva. Aveva provato lo stesso desiderio solo per Michela e quando aveva temuto di affondare si era aggrappato a quel ricordo. Lei e Davide si erano lasciati, un ritorno di fiamma non avrebbe ferito nessuno. A Michela serviva qualcuno a cui aggrapparsi per superare quella storia finita e a lui serviva qualcuno con cui distrarsi per non incastrarsi ancora di più in un sentimento malato. Era un quid pro quo che non danneggiava nessuno. Ovviamente, non poteva raccontare a Michela quali erano le sue reali intenzioni, lei non lo avrebbe capito. Le donne non capivano mai quelle cose, erano troppo cervellotiche, quindi aveva deciso di raccontare una mezza verità. Le mezze verità erano sempre più credibili di una bugia, anche se ben raccontata.
Le cose all'inizio erano andate abbastanza bene, anche se vederla sudata ed in pantaloncini tutta la giornata, lo eccitava da matti e l'astinenza forzata non aiutava a tenere i nervi saldi. Il sesso non era contemplato nel suo articolato piano di distrazione, lui voleva solo giocherellare un po', ma lei era così sensuale e aveva un profumo inebriante e poi, c'era Valeria che lo stuzzicava continuamente perché voleva riprenderselo certa che appartenesse ad un altra donna. Lui ci aveva provato per davvero a fare la cosa giusta, ma alla fine aveva deciso che non poteva non cedere al desiderio, d'altronde Michela sembrava desiderare la stessa cosa, anche se poi si tirava inspiegabilmente indietro. Per quanto lo desiderasse, sapeva che non era la cosa giusta da fare, quindi riprendeva il controllo, rimetteva la cintura di castità e andava avanti. Finché lei manteneva il controllo le cose sarebbero state sotto controllo, ma poi le cose gli erano sfuggite di mano.
La bella gemella era diventata sempre più insistente, il desiderio di scopare con la sua sensuale coinquilina sempre più impellente, quel cornuto del marito di Claudia era sempre più pressante, stava impazzendo e quelle due squinternate non lo aiutavano. Si sentiva messo in mezzo a due fuochi. Valeria lo braccava come un'antilope nella savana e Michela con quel suo comportamento ondivago non gli faceva capire fin dove poteva spingere il suo gioco. Era chiaramente gelosa di Valeria e voleva decisamente fare sesso con lui, ma quelli non erano segnali certi di innamoramento, d'altronde anche lui era geloso di Valerio e voleva decisamente scopare con Michela, però era sicuro di non essere innamorato di lei.
Aveva spinto il gioco troppo oltre e quando Michela gli aveva confessato di provare ancora qualcosa per lui e gli aveva sbattuto in faccia che aveva capito ogni cosa, aveva intuito che lei la stava prendendo piuttosto male, ma non si aspettava che la prendesse così male. Lui non aveva intenzione di usarla e anche analizzando la cosa col senno del poi, non gli sembrava poi così grave. Lei lo aveva addirittura cacciato di casa. Era uscito, si era fiondato a passo spedito in garage, aveva indossato il suo casco blu elettrico, si era messo in sella alla sua velocissima Ducati Multistrada 1200 S Touring e, senza nemmeno guardare il tachimetro, si era diretto verso casa di Valeria. Non c'era più nessuna promessa da mantenere, nessun finto legame che lo costringeva all'astinenza e alla monogamia e non gli importava un cazzo di perdersi tra le braccia di una donna che lo avrebbe fatto a pezzi; aveva solo voglia di una sana e rigenerante scopata che con un colpo di spugna avesse cancellato ogni senso di colpa che Michela aveva tentato, maldestramente, di insinuargli dentro. Arrivato sotto casa di Valeria, si era sentito perso e insicuro, nella sua mente era impresso il viso deluso di Michela, lo stomaco era stretto in una morsa e riusciva solo a pensare che non poteva lasciarla sola, non poteva lasciare che lei pensasse che lui non si interessasse di lei. Era ritornato, era ritornato da lei, ma, entrando in casa, l'aveva trovata mezza nuda a parlare con Valerio; forse anche lei aveva voglia di cancellare quella giornata perdendosi tra le braccia di un altro uomo. Era confuso!
Lui era un avvocato, era bravo con le parole ed era sempre stato bravo con le donne, ma non riusciva a trovare le parole giuste con lei. Aveva provato inutilmente a spiegarsi, ma non riusciva a farsi capire da lei. Michela aveva eretto un muro gigantesco tra loro e si rifiutava di ascoltare. Lui non voleva usarla, voleva solo che lei lo aiutasse a distrarsi da Valeria. Questo era un concetto ben diverso dall'usare una persona per cui si prova affetto e stima. Le cose erano solo evolute diversamente da come lui aveva preventivato. Mentre le parlava era consapevole che non avrebbe mai sfondato quel muro, il fatto che fosse ritornato da lei non era sufficiente a motivare le sue buone intenzioni, perché Michela era troppo arrabbiata, l'unica carta che poteva giocare era quella del sesso. Era bravo nell'eloquio, ma lo era molto di più nelle attività fisiche di tipo ludico. Il suo corpo avrebbe parlato per lui con maggiore vigore, la sua lingua sarebbe stata molto più eloquente se impegnata nel procurarle piacere. D'altronde, lei voleva farlo, lui voleva farlo anche di più, quindi, doveva solo forzare la mano e sperare che la lunga astinenza di lei la spingesse arrendevole tra le sue braccia. Si era giocato quell'ultima carta e si era impegnato in quella lunga scopata come mai nella vita. Si era dedicato completamente a lei, trascurando il suo stesso piacere; era bravo a scopare, anche se non era un tipo particolarmente generoso a letto, ma aveva profuso tutte le sue energie per compiacerla, per farsi perdonare, per rendere quella notte speciale, per farle capire che, anche se non era pronto per una vita fatta di cuccioli e gattini, voleva almeno provare; perché lei era speciale in maniera speciale, anche se non glielo aveva mai detto.
“Sono a pezzi” rotolò sul fianco e affondò la testa nel cuscino di Michela inebriandosi dell'odore di lei “Forse però un altro giro riesco a farlo” si pavoneggiò, perso nel rumore dello scorrere dell'acqua
Forse poteva raggiungerla sotto la doccia per una scopata mattutina, anche se si sentiva veramente spossato.
Mentre cercava di rialzarsi dal letto, ancora sfiancato da quella notte di sesso, Michela rientrò seguita a ruota da Pallottola. Era avvolta in uno striminzito asciugamano e aveva la pelle ancora umida e lucida ed i capelli erano raccolti in uno strettissimo chignon. Il suo sguardo era fisso sul sensuale corpo della ragazza e, memore di quanto di seducente e invitante era ancora nascosto sotto quel piccolo telo di cotone bianco, si sentì invadere da una nuova e pulsante energia. La parte meno razionale del suo corpo gli ululava di alzarsi dal letto e di divorare in un sol boccone la piccola cappuccetto rosso che si era addentrata troppo in profondità nella tana del famelico lupo.
Pallottola si avvicinò per fargli le feste, lui, ormai fuori dal letto, si chinò e, carezzandogli il fulvo testone, disse: “Ok, piccolo, se la mamma ti ha già dato la pappa, ora devi fare il bravo e devi andare fuori, perché io e la mamma abbiamo ancora un discorso in sospeso” il cane lo fissò reclinando la testa e lui si avvicinò alla ragazza, spinse la mano dietro i fianchi di lei, serrandola contro il suo corpo eccitato “Un discorso molto piacevole” le sussurrò, avvicinando le sue labbra a quelle di lei “Ti ho già detto che sei bellissima?”
Lei appoggiò entrambe le mani sul largo petto di lui e lo allontanò con freddezza “Devi andartene!”
Devi andartene? Era sicuro che dopo la notte passata insieme, quella specie di nenia avrebbe avuto fine, invece continuava a ripeterla come un disco rotto. “Avevi detto niente ripensamenti” osservò confuso
“Infatti, non ho ripensamenti per quello che è accaduto stanotte. È stato elettrizzante, come sempre, ma davvero pensavi che una scopata avrebbe risolto tutto?” domandò sarcastica “Perché se lo hai pensato allora se più stupido di quanto immaginassi”
Certo che pensava che fosse sufficiente, ma lei con quel tono supponente la faceva sembrare l'idea più stupida del mondo. “No, ma pensavo che saresti stata quantomeno più ragionevole” replicò, mostrandole, come sempre, una mezza verità
Scosse la testa incredula. “Tu sei uno stronzo e mi hai usata per difenderti da una che è più stronza di te. Scusa, perché dovrei essere più ragionevole?” sbuffò stancamente “Devi uscire! Ora devo vestirmi; fra un po' ho il pullman per casa”
“Torni a casa?”
“Fammi pensare. Ho il pullman per casa; quindi direi che un pullman per casa mi porterà proprio a casa”
“Il sarcasmo è sempre molto utile” esplicitò seccato
Cosa era successo durante la notte? Forse aveva scopato con una donna diversa, perché quella che aveva di fronte non sembrava nemmeno più Michela. Non era arrabbiata, acida, stizzita, malinconica, come la notte prima; non c'era nessuna emozione in lei, solo una fredda risolutezza.
“Vado a casa! Così ti suona meglio?” ripeté sbrigativa “Hai quindici giorni per trovare una sistemazione. Lascia pure la tua copia delle chiavi di questa casa al portiere; gli lascerò detto prima di partire di conservarle per me”
“Se ti do la copia, come faremo con Pallottola?” domandò confuso
“Lui viene via con me. Lo lascerò dai miei nel periodo che resterò a Milano per il test, poi andrò a riprenderlo”
Che cosa aveva in mente? Voleva davvero che lui uscisse dalla sua vita? Lo stava liquidando come uno qualsiasi conosciuto da pochi giorni, come un ragazzo rimorchiato in una discoteca e messo alla porta con garbo. Stava decisamente esagerando!
“E ritornerai oppure hai deciso di restare dai tuoi per sempre?”
“Non sono fatti tuoi e, giusto per precisare, Pallottola è il mio cane, non il tuo; quindi visto che uscirai dalla mia vita, uscirai anche dalla sua”
Non poteva dire sul serio! “Michi, sei ancora arrabbiata e stai prendendo decisioni avventate nel momento sbagliato” le spiegò, afferrandole il polso
La ragazza tentò di districarsi dalla presa di lui, ma il ragazzo la stringeva con troppa forza. “Lasciami!” sibilò stizzita “Non fare stupidi capricci” il cellulare cominciò a suonare con insistenza “Va' da lei, così potrà consolarti per la perdita del cane”
“Michela, stai rendendo le cose inutilmente complicate” sbuffò seccato
“Per entrare meglio nel personaggio dell'uomo abbandonato dalla brutta stronza che ha perso il bambino e che ti ha abbandonato nel tuo dolore, puoi pensare alla brutta stronza che ti ha messo in mezzo alla strada e ti ha impedito di rivedere il cane” spiegò sarcastica
“Non voglio andare da lei, voglio stare qui, voglio riuscire a convincerti che mi dispiace e che voglio rimediare”
“Se vuoi rimediare, te ne devi andare”
“Quindi tutto quello che c'è stato stanotte?”
“Il sesso?” strinse gli occhi perplessa “Pensavi che sarei impazzita per il sesso? Perché l'unico modo per dimenticare quello che mi hai fatto è che io sia colta da una grave forma di malattia neurodegenerativa che cancelli per sempre la mia memoria, quindi se non mi hai attaccato la sifilide, la vedo piuttosto dura”
“Stai decisamente esagerando” la redarguì Giacomo lasciandole il polso “Non credo di aver fatto nulla di così grave da meritare tanto disprezzo. Sono pentito per quello che è successo e sto cercando di rimediare facendo la cosa giusta”
Michela scosse la testa. “Devi andartene, se vuoi fare la cosa giusta”
Giacomo non sapeva cosa altro fare, ci stava provando, ci aveva provato, ma lei era irragionevole e non ascoltava. Era consapevole di aver commesso un errore, di avere ferito una delle persone a cui teneva di più al mondo, ma cosa poteva fare per rimediare? Si massaggiò nervosamente le palpebre. Forse doveva lasciarla andare, forse doveva darle il tempo di riflettere con calma, col tempo avrebbe capito che lui non l'aveva fatto col pensiero di ferirla; era solo successo.
“Michi, Io...”
“Conosci la storia di Nisida e Posillipo*?” domandò lei, appoggiando la schiena contro la cassettiera. Lui scosse la testa confuso “Me la raccontò la mia mamma quando andammo in gita a Napoli e da lontano, dal golfo di Posillipo, vedemmo l'isola di Nisida. Sai che sono separati solo da una strisciolina di terra?”
“Non capisco”
“Ascolta” insistette Michela decisa “C'era una volta un ragazzo, il cui nome era Posillipo. Era un ragazzino gentile, sorridente, sensibile, ma anche giocoso e chiassoso. Chi lo vedeva, lo amava e tutti cercavano la sua compagnia” il tono della sua voce era come quello di una madre che racconta una storia di vita ad un ingenuo bambino “ma un giorno il bel giovanetto si innamorò perdutamente di una donna di campagna, cui era stato dato in dono la bellezza del corpo, ma a cui era stata negata quella dell'anima. Il suo nome era Nisida, ella era una di quelle donne incantatrici, fredde e malvagie che non possono né godere, né soffrire. Nonostante il suo smisurato amore e i suoi tentativi Posillipo non riuscì mai a conquistare la bella e sprezzante Nisida e non riuscendo più a sfuggire alla donna e a quell'amore impossibile, decise di precipitarsi nel mare e finire così la sua misera vita. Ma i Fati, il cui volere è superiore anche a quello degli Dei, decisero per entrambi una sorte diversa” cosa stava cercando di dire attraverso quell'antica leggenda? “Essi mutarono il bel giovanetto, in poggio che si bagna nel mare e trasformarono la bella Nisida nello scoglio che gli è dirimpetto. Destinati ad essere per sempre l'uno di fronte all'altro, senza mai toccarsi; Posilipo, poggio bellissimo dove accorrono le gioconde brigate e Nisida destinata ad albergare gli omicidi ed i ladri, che gli uomini condannano alla eterna prigionia, così eterno il premio, così, eterno il castigo”
“Non capisco” ribadì Giacomo confuso
“Questa notte è stato il mio precipitare nel mare” spiegò Michela, serrando le braccia al petto “Stanotte ho posto una striscia di terra fra noi. Niente più muri Giacomo, solo un'invalicabile distanza”
Giacomo si sedette pesantemente sul letto e affondò entrambe le mani nei capelli “È questo quello che vuoi?”
Il maledetto cellulare continuava a trillare sul comodino. Sapeva che era Valeria ed era tentato di leggere i messaggi, ma non voleva peggiorare le cose, perché nonostante la calma della ragazza e nonostante quella storia lo avesse confuso senza capire bene il perché, lui era certo che quella era solo una pausa e che loro sarebbero ritornati amici.
“Sì” la voce di Michela gli era sembrata malinconica, ma decisa, senza alcuna indecisione “Rispondile Giacomo, non mi offendo se lo fai” come faceva a sapere che desiderava farlo? “Avrei preferito che fosse finita in maniera diversa fra noi” aggiunse serena “ma sapevamo entrambi che era solo questione di tempo. Non sono sufficienti i muri per proteggermi da te!”
“Michela”
“Esci, Giacomo, devo vestirmi. Io e Pallottola dobbiamo partire”
“Posso accompagnarvi” si propose, raccogliendo i suoi vestiti dal pavimento
“Non è necessario. Io e Pallottola ce la caveremo anche senza di te; dobbiamo imparare a fare le cose da soli” spiegò in un rassicurante sorriso
Giacomo Ferri non replicò a quella affermazione troppo decisa. Era così arrabbiato con lei e con quella sua avventatezza. Come poteva liquidarlo con tanta facilità? Aveva davvero deciso di condannare entrambi, come fecero i Fati con Posillipo e Nisida, a vivere l'uno di fronte all'altra, divisi da un lembo di terra e da un amore impossibile?
Uscì dalla stanza in silenzio, mentre quei pensieri confusi si agitavano dentro di lui. La porta si chiuse in un sordo rumore alle sua spalle.
Non voleva lasciarla andare, ma non sapeva come trattenerla!



*Leggende Napoletane (1881) di Matilde Serao.

NdA: Dal prossimo capitolo saremo nella testa di Giacomo e, per quanto mi senta più vicina ad una donna, per ovvi motivi, mi diverte sempre interpretare i pensieri di un uomo:). Ovviamente la storia si alleggerirà parecchio. Ora toccherà a Giacomo capire cosa vuole, cosa vuole fare e cosa è disposto a fare pur di ottenerlo.
Alla prossima...
Lella

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Capitolo 10
*** L'anello del Sultano ***


Ciao a tutti, continuo a scusarmi, purtroppo il lavoro incombe e il tempo è pochissimo, ma ad ogni capitolo, continuerò a scusarmi per l'ormai solito ritardo.
Entro domani risponderò alle vostre recensioni, sono contentissima che il piano di Giacomo non abbia deluso chi legge questo racconto, ero molto preoccupata!:). Grazie a tutti di essere presenti ad ogni capitolo.
Vi lascio alla lettura del prossimo lunghissimo capitolo...
Lella

Capitolo X
L'anello del Sultano


Il profumo fiorato della ragazza e l'odore di lavanda che sprigionava dalle lenzuola appena lavate, avevano saturato la stanza. Giacomo si staccò dal corpo caldo della giovane donna e, supino sulla schiena, fissò il soffitto bianco, sospirò profondamente e si coprì gli occhi con il braccio sinistro.
Erano passati due mesi dalla notte che aveva passato con Michela; ancora sentiva l'odore di lei, il suo calore, riusciva quasi a sentire la morbidezza dei suoi seni stretti tra le sue mani. Doveva smettere di pensarci, Michela aveva fatto la sua scelta, ma più si ostinava a sbattere fuori quel ricordo, più quel ricordo prendeva forma nella sua testa. Scosse la testa seccato.
“Che stronza” sussurrò a denti stretti
Aveva commesso un errore, ma a tutti veniva data una seconda opportunità. Erano stati amici per quattro anni e avevano anche un cane in comune, come aveva potuto buttare tutto alle ortiche per una cosa insignificante come quella. Michela era comprensiva con tutto il mondo tranne che con lui. Lui stava male per Valeria e lei, che si riteneva così empatica con le persone, avrebbe dovuto sostenerlo come una vera amica e non farlo sentire un reietto dell'umanità.
Si sollevò pesantemente dal letto e si sedette, strofinandosi gli occhi con le mani. Era così arrabbiato. Quando lei lo aveva sbattuto fuori dalla sua vita, aveva accettato quella assurda scelta senza replicare, convinto che alla fine le cose si sarebbero risolte, come sempre, ma poi aveva provato a contattarla per sapere dei risultati del test alla Bocconi e lei non aveva risposto. Per giorni aveva provato a mettersi in contatto con l'amica, ma dopo una serie di vani tentativi si era risolto a parlare con Cecilia, la quale, dopo tanta insistenza, gli aveva confessato che Michela non voleva sentirlo mai più e poi, nel tentativo di rassicurarlo aveva aggiunto:
“Michela è molto soddisfatta di come è andato il test, dice che anche in caso non lo avesse superato sa di aver fatto tutto il possibile”
Lui aveva sorriso quasi senza accorgersene, aveva pensato che era proprio da Michela vedere il lato positivo delle cose e aveva concluso che lei aveva sicuramente superato il test, che presa dalla felicità avrebbe dimenticato lo stupido errore del suo amico coglione e che, quando si sarebbero rivisti per definire la faccenda economica del pagamento della prima rata del master, sarebbe stato tutto come prima. Si era rasserenato e, la settimana dopo, era partito per una meravigliosa vacanza non organizzata a Bodrum in Turchia. Nonostante temesse attacchi terroristici, era stata una fantastica avventura. Aveva passato undici giorni in un viaggio fuori dagli schemi, passando da Istanbul ad Ankara, fino ad arrivare a Pammukale con i suoi importanti siti archeologici di Sagalossos, Aprodisie, Prienne ed in fine rilassandosi e facendo snorkeling sulle spiagge di Antalya. Aveva visitato la moschea blu, la basilica di hagia* Sofia, palazzo Tapkaki, si era fatto coccolare dalle mani esperte delle donne del Hammam**, prima di lasciare la città dei sultani ottomani, l'antica Costantinopoli, era passato per il Misir Carsisi, il bazar delle spezie, per prendere un regalo speciale per Michela, per farsi perdonare, per ricordarle che aveva continuato a pensare a lei, anche quando lei aveva deciso di cancellarlo dalla sua vita. L'amica amava la cucina orientale e a amava le spezie; forse, quando le acque si sarebbero calmate potevano ritornarci insieme. Michela si sarebbe inebriata di quel caleidoscopio di colori e di quell'intenso profumo che ti stordiva i sensi. Era raggiante, mentre riempiva la sacca di cumino, zenzero, curcuma, zafferano, cardamomo, coriandolo, anice, foglie di alloro, curry, aneto, sumak***, vaniglia avrebbe voluto portarsi via tutto. Mentre usciva dal mercato si era fermato al bancone delle foglie di te. La paffuta donna turca, seduta su un piccolo sgabello, accanto ad uno dei tanti chioschi di spezie lo fissò con la sua faccia rubiconda. Era una donna di bassa statura che indossava un abito lungo che arrivava alle caviglie, di un orribile color crema, sembrava vomito di cane, e un velo marrone scuro che le copriva la testa senza nasconderle il rassicurante viso.
Lui le sorrise e chiese, in un perfetto inglese: “A un'amica molto speciale piace molto il te e vorrei comprarle un prodotto speciale”
“Hai qualcosa di cui farti perdonare da questa amica speciale, giovane uomo?” domandò l'anziana donna in un inglese lento e stentato, ma chiaro e fluido
“Lei è molto arrabbiata con me”
“Perché?”
Perché quella donna si impicciava degli affari suoi? “ È una lunga storia!”... e, soprattutto, perché lui le rispondeva?
“Oggi non ci sono molti clienti, quindi ho un po' di tempo”
Lui la fissò strabuzzando gli occhi incredulo. “Signora, mi scusi, ma sono fatti molto personali”
“Io non voglio sapere, ma tu mi pare che hai voglia di raccontare”
Giacomo, infilò le mani nei jeans e volse rapido lo sguardo sui suoi amici che flirtavano con delle turiste dall'aspetto anglosassone, sollevò le spalle e pensò che erano a Istanbul da tre giorni e in Turchia da quasi otto giorni e non aveva avuto nessun desiderio di intrattenersi con altre donne. Altre donne? Forse le parole di Michela lo avevano colpito più di quanto pensasse.
Sorrise alla donna. “Perché non la amo” replicò senza pensare
“Un'amica speciale che non ami. I giovani d'oggi sono troppo complicati per una vecchietta come me, come può essere speciale e non amarla?”
“Non la amo come lei vorrebbe” puntualizzò lui sicuro. Forse se l'avesse amata le cose sarebbero andate diversamente!
“E come vorrebbe essere amata, lei, che tu sei così sicuro di non volere?”
Sospirò, ripensando a quello sguardo da cuccioli a gattini che lo aveva fatto scappare tempo addietro. “Non lo so, come una sposa, una moglie, una persona con cui avere dei figli e una famiglia”
“Quindi tu stai aspettando la donna giusta, non è così?” riassunse la donna in un largo sorriso
Giacomo scosse la testa. “Assolutamente no” si difese accorato “Io non voglio nessuna donna giusta, non mi interessano queste cose. Mogli, figli. O Dio, stiano il più lontano possibile da me. Sono troppo giovane per pensare ad accasarmi” terminò arricciando il naso disgustato
“Non mi sembri poi così giovane” lo redarguì la donna con fare materno
“Punti di vista, signora” replicò Giacomo in un composto sorriso “nella mia cultura le assicuro che sono molto giovane”
“Mi chiedo come tu possa riconoscere, allora, la donna da cui un giorno desidererai una famiglia se ora sei così impegnato a scansarla via da te”
“Riconoscerò l'amore quando arriverà” replicò senza esitazione. Lo dicevano tutti, quindi doveva essere vero anche per lui.
“Tu sai cosa è l'amore, vero, giovane uomo? Se non sai di cosa si tratta cosa ti rende tanto sicuro di riconoscerlo quando arriverà?” Giacomo strinse gli occhi, osservando la donna che cominciò a rovistare nella sacca che aveva ai suoi piedi “Sto aspettando la tua risposta” insistette, volgendo un rapido sguardo sull'incredulo ragazzo “Ed escludi quella storia di mogli, figli e famiglia, lo hai già detto” terminò con sufficienza, agitando la mano sinistra sopra la sua testa, come a voler scacciare una fastidiosa mosca
“Non lo so, desiderio, passione” si voltò intorno circospetto, sperando di non essere ascoltato. Non voleva essere arrestato per aver molestato una vecchia. In quei posti quelle erano cose molto serie e la vecchia signora lo stava mettendo in serio pericolo.
“L'amore va oltre il desiderio e la passione, figliolo” insistette la donna senza voltarsi, ancora intenta a scavare in cerca di qualcosa “sono sicura che potrai fare molto meglio”
Ma chi era quella vecchia e che cosa voleva da lui? “Il desiderio di stare con lei, di sapere che sta bene, che è felice, che io posso renderla felice, la gioia di vederla sorridere” cos'altro? Ripensò per un attimo al viso deluso di Michela “Sperare di non deluderla mai e, se mai accadesse, di avere la possibilità di rimediare, desiderare di starle accanto per sempre, essere speciale per lei come lei è speciale per te”
La donna gli porse un pacchettino. “L'amica speciale che non ami non ti fa provare nessuno di questi sentimenti?”
Chi era quella strana vecchia?
Giacomo strinse gli occhi. “Io...” sorrise alla saggia vecchietta “È sempre stato complicato fra me e Michela. Quello che provo per lei è complicato”
“E non c'è niente di più complicato dell'amore” la donna gli indicò il pacchettino che era ancora nelle sue mani “Questo potrebbe aiutarti a farti perdonare dall'amica speciale che non ami”
“Cos'è?” domandò guardingo. In quei posti ti vendevano di tutto per il giusto prezzo
“Aprilo e lo scoprirai”
Giacomo aprì il pacchetto e fissò il contenuto con aria spaventata. All'interno c'era un anello in argento. Un anello in argento? Ma siamo matti?! Lui non avrebbe regalato proprio nessun anello a nessuna donna e non di certo a Michela! Forse in Turchia gli anelli avevano un significato diverso e meno compromettente che in Italia.
“Le assicuro che non sarebbe una buona idea” replicò il ragazzo rigirandoselo tra le mani “Gli anelli hanno un simbolismo particolare in Italia e non vorrei creare fraintendimenti” e poi Michela glielo avrebbe sicuramente tirato in faccia, anzi in un occhio.
“Questo è un anello speciale. È una fede turca” Una fede era decisamente una pessima idea! Non poteva regalare una fede a Michela “è un anello speciale per una donna speciale”
“Signora questa è veramente la peggiore idea che lei potesse avere. Io pensavo ad un te al gelsomino, non a una fede” sbottò stranito “se avessi voluto un anello non mi sarei fermato ad un banchetto di spezie, le pare? Se questo fosse stato un banchetto di anelli e soprattutto di fedi, le assicuro che noi non ci saremmo mai conosciuti”
“La fede turca è un anello incantato” Certo come no!
“Io non voglio nessun anello e non posso regalare un anello a una donna che non sono sicuro di amare”
“Mi pareva di aver capito che non l'amassi, non che non ne fossi sicuro” osservò la donna con quel fastidioso tono lento e monotono, che sembrava volesse ipnotizzarlo
“Lei mi sta confondendo” si difese accorato
“Ti racconterò una storia”
O Gesù, un'altra storia! Non voleva ascoltare nessuna storia da nessuna matta che invece di vendere spezie vendeva anelli “Devo proprio andare!” tagliò corto il ragazzo
“Quando avrò finito la storia deciderai se prendere l'anello”
“Io non voglio comprare un anello per Michela”
“L'anello non è per l'amica speciale che non sei sicuro di amare, ma per te, giovane uomo”
“Ma lei aveva detto che era per lei”
“No, ti sbagli! Io ho detto che era per farti perdonare da lei, non che era per lei” il ragazzo scosse la testa confuso “Si narra che il re Solimano**** lo fece creare consultando i più esperti artigiani e maestri orafi di corte” aveva completamente ignorato il fatto che lui non voleva ascoltare una stupida storia su una fede che lui non voleva! “Questa è una fede a dodici anelli” prese l'anello dalle mani del ragazzo e lo scompose “Il Sultano si rese subito conto che senza una spiegazione sarebbe stato impossibile ricomporlo e decise di darlo a coloro che erano in attesa di giudizio. Se fossero riusciti a ricomporlo sarebbero stati liberati, altrimenti la loro pena sarebbe stata raddoppiata”
“Io non sono in attesa di giudizio” la schernì giocoso
La donna scosse la testa e restituì l'anello al ragazzo. “Com'è l'amica speciale che non sei sicuro di amare, giovane uomo?”
Lui afferrò l'anello e sbuffò pensoso:“Bellissima” riassunse, infilando la fede nella tasca dei jeans.
Non voleva prendere quell'anello, ma voleva andarsene e non aveva più voglia di sentire la voce lenta e monotona di quella donnetta petulante. E poi, cominciava a spaventarsi, quella vecchia sembrava uscita fuori da uno di quegli inquietanti racconti arabi da Mille e una Notte a. Quando lui le aveva offerto del denaro, la donna aveva rifiutato e gli aveva chiesto di acquistare qualche spezia in cambio dell'anello. Lui aveva provato a insistere, ma la donna gli aveva detto che la fede turca andava regalata se voleva mantenere la sua magia. Magia? Quella vecchia era veramente fuori di testa! Quando lui le aveva chiesto la misura dell'anello, la donna aveva semplicemente replicato: “Sarà la misura giusta dell'anulare della tua amica speciale”.
Gli si era accapponata la pelle a quelle parole. Un anello senza misura, come la scarpetta magica di Cenerentola. Forse era stato catapultato in una favola araba con una vecchia grassoccia e velata come fata madrina e un anello incantato invece della scarpetta di cristallo. Doveva solo organizzare un ballo, inanellare l'anulare delle fanciulle che si sarebbero presentate e farsi delle sane scopate per valutare l'affidabilità dell'anello.
Nel tentativo di liberarsi della sua personale fata madrina araba, aveva comprato un po' di spezie e si era allontanato di gran lena, dopo che la vecchia gli aveva strappato la solenne promessa di non usare nessuno di quei metodi moderni per risolvere l'enigma dell'anello. Lui aveva giurato sulla testa di sua madre un qualcosa che non aveva ben capito ed era scappato il più lontano possibile da quello strano posto e da quella inquietante donna. Una volta in albergo aveva ridimensionato l'accaduto e aveva pensato che quella vecchia lo aveva imbrogliato per bene, facendogli pagare quattro foglie di te e qualche puzzolente spezia più del dovuto. Quando erano ripartiti, aveva infilato l'anello in una delle tasche dei pantaloni e lo aveva messo in valigia.
Arrivato a casa, immediatamente travolto dalla solita routine, aveva dimenticato la vecchia, il suo surreale discorso e quell'anello, che per quel che gli riguardava poteva anche essere l'anello maledetto di Frodob.
Dieci giorni dopo era ritornato nel suo appartamento e di Michela nemmeno l'ombra. Aveva fatto di tutto per cercare di contattarla, ma lei lo aveva bloccato sul cellulare e su tutti i social conosciuti. Faceva proprio sul serio questa volta. Cecilia era un maledetto muro, Filippo non era di nessun aiuto e a Valerio non avrebbe chiesto nemmeno se avesse saputo che l'amica era in fin di vita attaccata ad un respiratore artificiale. Dopo giorni di agitazione, in cui non riusciva a concentrarsi su nulla, se non sul pensiero di lei, aveva deciso di corrompere il portiere del suo stabile. Ricordava che Michela gli aveva raccontato che l'uomo aveva il numero di cellulare di suo padre. Pensava che il tentativo sarebbe stato molto più complicato, invece era stata sufficiente un po' di gentilezza e qualche consulenza legale. Ovviamente era stato tutto inutile, non appena aveva fatto il suo nome, il padre di Michela aveva riagganciato con un secco e poco rassicurante: “Stai lontano dalla mia bambina”.
Le settimane passavano rapide e dopo sei settimane di silenzio l'agitazione aveva raggiunto livelli allarmanti. Non riusciva a comprendere le ragioni che lo angustiavano e cosa lo spingesse in quella spasmodica ricerca. Recuperò l'indirizzo di Michela da una vecchia cartella, di un vecchio caso che aveva seguito per lei e decise che se l'amica aveva deciso di non tornare a Roma, lui sarebbe andato a riprendersela. Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto.
Via Marcello Barone, 5, Baranello, Campobasso.
Era partito di sabato mattina e dopo più di 200 km, in una lunga marcia sull'autostrada libera da ingorghi, era giunto in una stretta stradina di ciottolato, accanto ad una palazzina di due piani prospiciente al palazzo del comune. C'erano due lunghe balconate piene di fiori e di fronte a lui un piccolo portoncino, con due sedie bianche. Parcheggiò l'auto e uscì con il cuore che gli galoppava in cola. Partire gli era sembrata un'idea geniale, ma ora che si trovava di fronte a quel portone quella stessa idea gli sembrava una cagata senza limite. Come gli era venuta in mente un'idea così stupida? Aveva il forte desiderio di ritornare indietro, ma aveva fatto un viaggio di quasi tre ore in un posto che sembrava essere rimasto imprigionato in una bolla congelata nel tempo, quindi si fece coraggio e si avvicinò incerto al portone. Suonò con insistenza sul bottoncino accanto alla targhetta Pergolesi. Si affacciò al portone una donna sulla sessantina, con i capelli raccolti in uno strettissimo chignon e una di quelle vecchie vesti da camera che si portavano un tempo.
“Non mi sembra di conoscerla giovanotto, si è forse perso?” domandò la donna in un tirato sorriso di cortesia
“Sono Giacomo Ferri, un amico di Michela”
La donna lo fissò confusa. “Mi spiace Giacomo, ma mia figlia non vuole vederla, deve proprio andarsene”
“Signora, voglio solo assicurarmi che stia bene e poi andrò via” replicò il ragazzo deciso
“Michela sta bene”
“Signora, per favore, le può dire che sono qui” Il viso della donna sembrava molto combattuto “Per favore”
La donna entrò in casa. Giacomo si allontanò dal portone e, con la schiena appoggiata alla portiera della macchina e lo sguardo fermo sulla balconata, rimase in attesa del responso della donna. Perché era lì? La donna si affaccio dopo quasi dieci minuti, doveva esserci stata una lunga diatriba con quella testarda della figlia.
“Mi spiace, avvocato, ma deve proprio andare. Michela non vuole vederla”
Perché non la mandava a cagare senza manco troppo garbo? “Potrebbe dire a Michela che resterò qui finché non scende e che dormirò in macchina ad oltranza se sarà necessario”
“Mia figlia non vuole vederla” insistette la donna poco convinta
“Signora, riporti le mie parole a Michela, sua figlia sa bene che se dico una cosa non è mai per dire”
La donna scosse la testa costernata ed entrò in casa. Probabilmente non aveva voglia dell'ennesimo scontro con la figlia. Michela gli aveva raccontato che essere figlia unica di due genitori che l'avevano avuta in tarda età, non era stato facile. Che loro erano sempre stati eccessivamente protettivi e troppo presenti nella vita della figlia, ma forse anche la figlia la faceva da padrona in una casa in cui non c'erano altri con cui competere per l'affetto dei genitori.
Era così stanco di tutta quella storia. Fissava il balcone confuso dall'atteggiamento puerile della ragazza e basito del suo di comportamento. Con lo sguardo rivolto verso il balcone ripensò nuovamente alla vecchia del mercato in Turchia. Mi chiedo come tu possa riconoscere, allora, la donna da cui un giorno desidererai una famiglia se ora sei così impegnato a scansarla via da te. Perché ci ripensava di nuovo? Mentre quel maledetto interrogativo gli rimbalzava tra i neuroni il portone si aprì. Michela, con indosso una larga tuta blu, delle leggerissime scarpette di tela turchesi e un lungo maglione grigio che lei stringeva ai fianchi con entrambe le mani, si avvicinò a lui. Era diversa. Aveva tagliato tutti i capelli. La frangia era lunga, quindi davano l'impressione di essere ancora lunghi, ma dietro non aveva più quella morbida chioma castana che le cadeva morbida lungo la sinuosa schiena.
“Hai tagliato i capelli?” domandò scocciato. Era decisamente carina con quel taglio, ma a lui proprio non piacevano le donne con i capelli corti.
“Sei veramente arguto. Spero che tu non sia venuto fin qui solo per farmi notare questa cosa” replicò acida
Era ancora arrabbiata! “Volevo solo sapere perché non sei ritornata a Roma”
“Non era necessario venire fin qui solo per questo”
“Invece lo era” replicò asciutto, alzando il tono di voce “Visto che sei sparita e che mi hai anche bloccato dappertutto”
“Potevi chiedere a Cecilia” affermò la ragazza flemmatica, ignorando l'evidente rabbia del ragazzo e stringendo le braccia al petto. Era veramente irritante quella sua ria di sufficienza.
“Cecilia mi ha detto che stai bene e che non vuoi più vedermi, non sono riuscito nemmeno a carpirle se e quando saresti ritornata a Roma” sorrise sarcastico “Suppongo tu le abbia ordinato di non dirmelo”
“Sto bene e non voglio più vederti sono le uniche informazioni che ti erano necessarie”
Giacomo allungò la mano e carezzò il viso della ragazza. “Michi, possiamo provare a parlare civilmente. Ero preoccupato per te. Pensavo ti fosse successo qualcosa. Hai preso molti giorni di ferie e tu non ne prendi mai” argomentò con voce pacata
“Sono stata molto male” replicò lei, allontanando la mano dell'amico che scorreva lenta sulla sua guancia sinistra
Giacomo si sentì terribilmente in colpa. Pensò che se non fosse stato così superficiale forse non si sarebbe trovato in quella situazione, ma gli sembrava veramente esagerata la reazione di Michela. Per cosa stava male? Per pochi mesi di convivenza, la scopata di una notte e uno stupido errore di valutazione? Era giusto che fosse arrabbiata, ma deprimersi così tanto da non riuscire nemmeno a tornare a lavoro era proprio una cosa da romanzetto rosa di serie B e non era da lei. Michela era una donna forte, che affrontava le difficoltà senza esitazione.
“Mi dispiace”
“Tornerò a Roma fra qualche giorno, quindi ora che ti sei rassicurato sulla mia salute, puoi andartene”
Aveva fatto 200 km, era impazzito per avere informazioni su di lei e lei continuava a liquidarlo come un fastidioso cameriere o la scopata di una discoteca. Quell'atteggiamento cominciava a irritarlo terribilmente. “Non sarà mai più come prima, vero?” domandò con un pizzico di malinconia nella voce
“Come prima?” domandò lei scuotendo la testa seccata “Intendi che vuoi essere mio amico per potermi nuovamente pugnalare alle spalle per salvarti il culo o intendi che vuoi che ti tenga il letto caldo mentre ti scopi un'altra?”
La sua sintesi era troppo sintetica e, anche se raccontava i fatti, non ne rendeva pienamente la complessità. “Perché voi donne dovete rendere tutto più complicato del dovuto?” sbuffò e si massaggiò nervosamente le tempie “Mi dispiace di aver commesso uno stupidissimo errore, sono mortificato di averti ferita, non volevo” si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore e si toccò il collo “Cazzo, sono venuto fin qui per vedere come stavi, avrà pure un cazzo significato questa cosa!”
“Fammi capire” replicò Michela accennando un sorriso sarcastico “Ti aspettavi che sarei rimasta così impressionata da questo gesto che avrei dimenticato ogni cosa?” scosse la testa incredula “Che mi sarei buttata fra le tue braccia arrendevole e vogliosa”
“No” sbottò sulla difensiva
Non si aspettava una scopata di ringraziamento, ma nemmeno una così fredda accoglienza ad un gesto che avrebbe trovato romantico qualsiasi donna normale. Romantico? Era davvero di romanticheria che si trattava? Era arrivato fin lì per ricevere una vogliosa ricompensa o per recuperare una solida amicizia o per riavere al suo fianco una donna speciale che non era sicuro di amare, ma che non era nemmeno più tanto sicuro di non amare? La donna giusta arriva all'improvviso, questo gli aveva detto sua sorella maggiore. Le sue amiche gli avevano sempre detto che quando avrebbe incontrato la ragazza giusta lo avrebbe capito, che avrebbe smesso di cercare altre donne. Le loro parole sembravano sagge, eppure le parole di quella vecchia al mercato gli sembravano così plausibili. Come avrebbe fatto a riconoscere l'amore se non sapeva nemmeno cosa stesse aspettando? Se si faceva troppe domande allora non poteva essere amore, anche questo gli dicevano tutte le donne della sua vita, ma qualcosa che non era amore lo aveva spinto fino da lei per... cosa?
“Allora perché sei qui?”
“Non lo so” replicò sincero “ero preoccupato, mi manchi” avvicinò il suo viso a quello della ragazza “Ho voglia di baciarti, di fare di nuovo l'amore con te” da dove gli uscivano fuori quelle parole melense accompagnate da quella voce arrochita? “di stringerti” chiuse gli occhi e appoggiò la fronte su quella di lei “Come puoi non desiderarlo anche tu?” si morse il labbro inferiore e per un attimo sentì che lei stava nuovamente cedendo “Sembravi molto soddisfatta del mio operato! I tuoi mugolii mi risuonano ancora nella testa”
Lei lo allontanò, spingendo le piccole mani contro il suo petto. “Tu desideri sempre quello che non puoi avere. Volevi Valeria perché ti sfuggiva, ora vuoi me perché io ho perso interesse. Sei solo uno stronzo capriccioso che usa le persone finché non si è stancato”
Forse lei aveva ragione, ma... “Potremmo almeno provare” suggerì timidamente.
Ormai il poco di orgoglio che gli era rimasto aveva fatto le valigie e aveva preso la prima astronave per lo spazio sconosciuto. Spock, andiamo ad esplorare nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e di nuove civiltà, per arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima c
“Sei patetico!” lo aggredì lei stizzita “Devi andartene” ordinò voltandogli le spalle
Lui le afferrò il polso e l'attirò a sé. “Ora stai veramente esagerando. Sono pentito per quello che ti ho fatto. Ti ho chiesto scusa, sono venuto fin qui spinto dalla stramaledetta paura di perderti e ti ho chiesto una stracazzo di possibilità, un tentativo di stare insieme, di provare ad avere quella storia che tu volevi. Se non vuoi essere mia amica allora proviamo almeno a stare insieme”
Lei si divincolò dalla stretta del ragazzo e gli urlò contro innervosita. “Sei pentito? Ok, va bene, scuse accettate. Tranquillo, brutto idiota, non è necessario che ci fidanziamo solo per placare i tuoi sensi di colpa. Ora che ti ho perdonato, togliti dai piedi”
“Perché fai così?”
“Perché non ti permetterò mai più di spezzarmi il cuore” ululò aspra. Michela chiuse gli occhi. Il respiro di lei era corto e affannoso; appoggiò la mano destra al petto e la fece scivolare lentamente sopra lo stomaco “Mi hai fatta innervosire”
“Se tu non fossi così testarda!” ribatté Giacomo confuso
“Devi andartene ragazzo” ordinò una voce dura alle spalle dell'amica “Michela sali su, tua madre ti ha preparato una camomilla”
Michela, approfittando della presenza del padre, si allontanò, scomparendo dietro il piccolo portoncino. “Signore, io voglio molto bene a sua figlia” si giustificò Giacomo accorato
L'uomo alto, allampanato e canuto, lo fissava con aria grave. “Se le vuoi bene devi lasciarla in pace” sembrava molto stanco “Per il bene di mia figlia avrei preferito un vostro chiarimento, ma lei ora non è ragionevole e la tua presenza non la aiuta, quindi è meglio che tu vada figliolo, se non vuoi che chiami la polizia”
La polizia? Erano arrivati a questo? Avrebbe messo delle guardie armate fuori anche dal suo appartamento romano per difendersi dalla sua fastidiosa presenza?
“Ha ragione” si scusò il ragazzo accennando un leggero cenno del capo “mi dispiace, spero di non aver creato imbarazzo con la mia presenza. Ero solo preoccupato per Michela. Non so quello che le ha raccontato, ma io le voglio molto bene e...” sospirò profondamente “Non importa” si voltò e si avvicinò alla macchina “Buona serata e porga i miei omaggi a sua moglie” salutò garbato, aprendo la portiera della sua Fiat 500 tre porte, rossa metallizzata
“Se la ami non arrenderti” gli consigliò l'uomo allontanandosi.
Avrebbe voluto controbattere che era costretto ad arrendersi, visto che lui non l'amava o che, comunque, non era poi tanto sicuro di quello che provava per la sua capricciosa figlia, ma non gli andava di disquisire di sesso e amore con un uomo che sembrava nascondere un'enorme ascia dietro la schiena. Sicuramente non aveva un'ascia pronta a spaccargli la testa in due come un melone, ma non gli andava di provarlo e poi era stanco per il viaggio, per quella inutile discussione, quindi senza voltarsi, salì in auto e ritornò a casa.

*

Michela aveva preso la sua decisione ed era ormai chiaro che non solo non permetteva replica, ma che le possibilità che cambiasse idea nell'immediato erano praticamente pari a zero. Era decisa, arrabbiata, non aveva lasciato nessuno spiraglio, perché non c'era più nessun muro tra loro, ma solo la realtà delle cose. Erano passate due settimane dal giorno in cui Michela lo aveva fatto sentire stupido e patetico, dal giorno in cui aveva promesso a se stesso che non si sarebbe più fatto umiliare da quella stronza che non riusciva a perdonarlo. Eppure, nonostante la rabbia per quell'ingiusto trattamento, continuava a mancarle, gli mancava Pallottola, gli mancava entrarle di soppiatto in casa e rubarle le uova dal frigo, gli mancavano le loro chiacchierate, le sue facce buffe mentre lui le raccontava dell'ennesima conquista, i suoi divertentissimi racconti sui tizi che contattava al Call Center di recupero crediti, la sua risata schietta e cristallina.
Si passò le mani nei capelli e percepì il corpo caldo della donna, che gli solleticava la schiena.
“Stai di nuovo pensando a lei?” domandò la ragazza con voce seccata
“Valeria, non domandarmi sempre la stessa cosa” obiettò, cercando di nascondere i suoi pensieri
La ragazza si accoccolò contro di lui e si avvinghiò con le braccia ai fianchi di Giacomo. “Se smettessi di pensare a lei non dovrei domandartelo tutte le volte” si staccò da lui e si sedette al suo fianco “Non lo dico perché sono gelosa di lei, visto che tra noi non esiste un rapporto di esclusività; lo dico solo perché mi mi dispiace vederti con quella faccia da cane bastonato”
“Non stavo pensando a lei” mentì. Non aveva voglia di sentire il sermone della ragazza, che nonostante insistesse che tra loro si fosse instaurata solo una relazione senza impegno si era praticamente trasferita da lui e l'esclusività era garantita dalla sua costante presenza. “Ho molte cose da fare a lavoro”
Sentì il tonfo della porta di Michela chiudersi fragorosamente e, subito dopo, la sua voce squillante che redarguiva il povero Pallottola. Cristo Santo, gli mancava da morire quel sacco di pulci! Dopo che Michela lo aveva sbattuto fuori casa, era stato qualche settimana dai suoi genitori e poi finalmente, Valerio aveva lasciato il suo appartamento. Stare con i suoi genitori era piacevole, ma limitava notevolmente la sua vita sessuale.
“Posso aiutarti a rilassarti un po'” suggerì la ragazza melliflua, massaggiandogli le spalle tese e strofinandosi contro la schiena di lui
Giacomo si alzò. Non era molto partecipativo e da quando la sua vicina era ritornata, il desiderio sessuale gli era alquanto calato. Il senso di colpa per averla ferita lo stava dilaniando e la ritrosia di Michela accentuava ancora di più quello stato di diffuso malessere che lo pervadeva. Si sentiva in colpa per averla ferita, anche se proprio non riusciva a capire la spropositata reazione dell'amica, non si aspettava che lo perdonasse dall'oggi al domani, ma nemmeno che venisse lapidato per una cosa che chiunque avrebbe fatto al suo posto. Lui non era proprio un genio del male! Non era l'astuto professor Moriartyd o il viscido Uriah Heep e o il machiavellico Iagof non l'aveva intrappolata in una rete di intricate trame, aveva solo seguito l'istinto mettendo su un teatrino degno di Pippo. E Pippo non era uno che suscitava rabbia e vendetta, semmai ilarità, tenerezza e pena.
“Grazie per l'offerta, bambolina, ma devo proprio prepararmi per uscire. Tuo padre mi farà il culo se arrivo in ritardo anche oggi”
La ragazza sbuffò e si coprì il viso con le lenzuola di raso verde. “Allora dormo un altro po', poi vado all'università!” farfugliò innervosita
Mentre l'acqua gli scorreva addosso, pensò che non voleva rinunciare a Valeria, ma aveva una gran voglia di restare da solo. Voleva ritornare a casa, lasciare vestiti disseminati per la casa, mangiare schifezze, restare in silenzio e pensare a Michela senza che lei continuasse a domandargli stai pensando a lei; perché non riusciva proprio a smettere di farlo. Si era vestito rapidamente, aveva raccolto i fascicoli, sparpagliati sul tavolo della cucina, infilandoli ordinatamente nella borsa ed era uscito di casa senza nemmeno salutare la sua ospite fissa.
Aveva voglia di prendere un po' d'aria fresca. Il calore estivo era finito da giorni e l'aria era più fresca e meno afosa. Aveva deciso di non prendere la macchina, non gli andava di rimanere imbottigliato nel traffico romano mattutino. Alla fermata del tram la testa gli andava a duemila, riusciva solo a pensare al modo migliore di riavvicinarsi a Michela, ma i suoi piani erano talmente stupidi che gli veniva da ridere mentre li pensava. Era proprio come Pippo!
Arrivò in tribunale di buon ora e depositò distrattamente i fascicoli della più assurda causa civile che avesse mai seguito il suo studio, e ovviamente quello stronzo di Petroli lo aveva appioppato a lui. Due tizi, marito e moglie, si stavano facendo un'assurda battaglia legale. Lei lo aveva tradito, lui lo aveva scoperto e aveva deciso di porre fine al contratto matrimoniale, ma la donna non era molto collaborativa e aveva reso quel divorzio una pantomima di quelle che gli avvocati fanno fatica a seguire e i giudici detestano perché sono una perdita di tempo. Era un anno che cercavano di uscire fuori dalla separazione dei beni, ma ogni volta che sembravano aver raggiunto un accordo lei ricominciava d'accapo. L'ultima trovata di quella psicopatica era il rimborso dei costi sostenuti per ammobiliare la casa nella quale i due avevano vissuto per cinque anni, visto che all'uomo era andata la casa. Giacomo aveva provato a spiegarle che la differenza fra un appartamento e i mobili era che questi ultimi, differentemente dal primo, non aumentavano il loro valore con il tempo, ma lo diminuivano sensibilmente, ma lei si era impuntata e aveva preteso una valutazione dei beni presenti nella casa, di tutti i beni, anche dei ninnoli. Quei due lo stavano mandando al manicomio, appena terminava uno, ricominciava l'altra; quel divorzio non avrebbe mai visto la fine, lui sarebbe morto prima o avrebbe ucciso quei due idioti così si sarebbe occupato San Pietro della loro separazione. Si chiedeva costantemente se quei due si fossero mai amati o quando si sarebbero accorti che avevano smesso di farlo ed era giunto il momento di arrendersi all'evidenza. Dei due il marito era molto più ragionevole e forse sarebbe riuscito a convincerlo, ma, ovviamente, la sua cliente era quella squilibrata della moglie con la quale invece era impossibile ogni forma di comunicazione. Uscì dal tribunale seccato per la giornata, per Michela, per quella cretina della sua cliente che non riusciva a cedere di un passo, per Valeria che continuava a chiedergli se stava bene. La settimana era appena cominciata e a lui sembrava già venerdì sera. Provò per tutta la giornata a concentrarsi sul lavoro, ma era impossibile, riusciva solo a pensare a stupide strategie per poter nuovamente avvicinare Michela, per riaccarezzare Pallottola, al modo migliore per ricucire quello strappo; ripensò alla vecchia donna turca, alla fede che aveva conservato infondo al secondo cassetto avvolta in un calzino marrone e poi, il suo pensiero, ritornava prepotentemente a quei due idioti che non riuscivano a lasciarsi anche se non si amavano più. Dopo ore passate a fissare le lettere nere su un foglio bianco di word, nel tentativo di scrivere un atto, chiuse il computer, prese la giacca e si alzò.
“Dove vai?” domandò Filippo, sollevando gli occhi dal codice di diritto civile che stava sfogliando
“A casa” replicò Giacomo piatto
“Non ti senti bene?” chiese l'amico preoccupato
Si sistemò la giacca. “Sto benissimo. Ho solo voglia di tornare a casa”
“Il Dominusg non la prenderà per niente bene”
“Non me ne fotte un cazzo di Petroli. Quell'uomo è un idiota e solo perché mi odia mi da' delle cause assurde. Stamattina ho depositato i fascicoli della causa Paria contro Tesone e quella già è una forte indicazione del fatto che non mi vuole in questo studio, ma anche Giasone contro il comune di Roma proprio non posso tollerarlo” scosse la testa incredulo “Diventerò lo zimbello del tribunale”
"Non esagerare!" replicò l'amico divertito
“Non esagerare?” Filippo schiacciò la schiena contro lo schienale della sedia ergonomica che cedette sotto la pressione del suo peso e fissò l'amico con aria divertita “Fil, le ultime tre cause che ho seguito sono: la causa di divorzio dei due squilibrati, ed io ovviamente rappresento la squilibrata numero uno al mondo, che giocano a una pallida pantomima della Guerra dei Roses°, il tassista Giovanni Pedone che fa causa ad una donna perché il cane gli ha pisciato su una cazzo di ruota. E questi si che sono problemi, nemmeno io ci dormirei la notte. E, per concludere, la signorina Matilde Canali che fa causa alla sua vicina perché è allergica ai gatti e lquella santa donna della sua vicina ne ha ben tre. Sai che c'è, chi se ne frega se lei è allergica ai gatti! Non ho una causa decente da mesi e oggi mi appioppa la causa di questo coglione che vuole fare causa al comune di Roma. Al maledetto comune di Roma!” ripeté nervoso “Sai perché? Perché passa troppo tempo in mezzo al traffico la mattina. Perché non facciamo una class action mi ha proposto quel demente che guarda troppi film americani. Ho dovuto spiegargli per ore che quel genere di causa fa scalpore in America, ma che noi non siamo in un episodio di Law and Order u” Filippo riusciva a stento a trattenere la ridarella “Non c'è niente da ridere, amico. Il giudice Martini quando mi ha visto in aula e gli ho esposto i fatti, mi ha detto: avvocato Ferri ormai lei è noto in questo tribunale per accettare cause un po' stravaganti” scosse la testa stizzito “Stravaganti. Io non accetto cause stravaganti è quello stronzo che sta cercando di sabotarmi la carriera”
“Non capisco, però, perché vai a casa”
“Perché sono stanco di fissare il computer come un cerebroleso mentre tento di scrivere un atto sulla causa più idiota del mondo. E va' fan culo Giasone e il comune di Roma. Vai a vivere in montagna se non vuoi rimanere imbottigliato nel traffico, deficiente!”
“Sei troppo nervoso e sai che non c'entra niente il tuo cliente. Questo genere di causa ti fa ridere non ti fa incazzare. È per Michela?”
“Non mi parla, mi evita e non capisco perché. Cazzo, ho sbagliato, ma se non mi parla come faccio a recuperare?”
“Avere una relazione con Valeria non ti riabiliterà sicuramente ai suoi occhi. Sei recidivo e sai che in penale le recidive hanno un certo peso nel computo della pena”
“Non mi vuole, quindi cosa pretende che sia lì ad elemosinare più di quello che ho fatto? Le ho chiesto di stare insieme!” replicò stizzito, allentando il nodo della cravatta e sfilandosela dalla testa “Ma non mi vuole” Filippo lo fissò confuso “Cecilia non te lo ha detto? Sono andato fino alla culonia in cui vivono i suoi genitori e le ho chiesto di provare, ma lei mi ha cacciato come se avessi la peste bubbonica”
“Non sapevo niente”
“Certo, perché è meglio credere che sono il più grande stronzo della terra, ma lei si sta comportando come una bambina capricciosa. Non mi vuoi più vedere” parlava a manetta e non riusciva nemmeno a capire perché; solitamente affrontava le cose con calma, glielo aveva insegnato sua madre, glielo imponeva il suo lavoro “lo capisco. Mi odi, perché ti ho trattata come una ragazzetta qualsiasi, lo capisco. Non mi vuoi più vedere, lo capisco, ma cazzo fammi vedere almeno il cane” si massaggiò le palpebre con l'indice e il pollice della mano sinistra, mentre con la destra infilava la cravatta arrotolata nella tasca della giacca “torno a casa, ora ho bisogno di riposare, domani andrà meglio!”
Uscì dallo studio senza lasciare replica all'amico e senza nemmeno fare caso a chi fosse in quel momento nello studio. Era stanco, perché l'atteggiamento dell'amica era intollerabile. Come poteva smettere di essergli amica per un banalissimo errore di valutazione? Non l'aveva irretita per portarsela a letto e ci aveva scopato solo quando lei aveva realizzato il sotterfugio che c'era dietro la loro convivenza, quindi perché era così incazzata? Aveva perdonato Davide che l'aveva trasformata in uno stambecco ambulante e non perdonava lui per qualche bacio, una mano tra le cosce e una scopata consensuale, proprio non capiva il razionale di quella disparità di trattamento. Mentre quei pensieri confusi si agitavano nella sua testa, si era ritrovato di fronte alla porta sbagliata. Non era fermo alla sua, ma imbambolato di fronte a quella di Michela. Voleva andarsene, ma suonò istintivamente il campanello. Aveva proprio una gran voglia di urlarle contro: cosa ti ho fatto per essere trattato così?
Pallottola abbaiava come un forsennato, forse si era già dimenticato di lui. I cani in televisione morivano con i padroni o li cercavano ovunque essi fossero, in qualunque parte del mondo, invece Pallottola gli abbaiava come avrebbe fatto con un fastidioso e pericoloso estraneo. La vita reale era una grandissima schifezza! Nonostante il rammarico del momento, non appena la porta si aprì, Pallottola gli saltò addosso e lo riempì di umide leccate sulla faccia, quasi lo faceva cadere a terra, tale era la furia dell'animale.
Si ritrovò carponi, per non perdere l'equilibrio “Tranquillo, piccolino, papà è tornato” si sentì sollevato che almeno qualcuno non lo avesse dimenticato “Sì, anche tu mi sei mancato” lo rassicurò festoso, accarezzandogli con vigore l'enorme testone fulvo, mentre il cane agitava la coda alla velocità della luce “sei proprio il cane più bello del mondo” sollevò lo sguardo e grande fu il suo disappunto quando vide il volto duro di Valerio che lo fissava “Che ci fai qui?” domandò rimettendosi in piedi, senza però smettere di carezzare il suo amico a quattro zampe
“Michela aveva bisogno di un amico”
“Quindi non si capisce perché tu sia qui” replicò acido “Voglio parlare con Michi”
“Michela non vuole vederti”
“Non ti ho chiesto cosa vuole lei, ti ho detto che voglio parlare con lei” ribatté trattenendo a stento un moto di rabbia. Perché era così arrabbiato?
“Forse per una volta dovresti pensare a cosa vuole lei e non cosa vuoi tu!” replicò il giovane Petroli con sufficienza
Era veramente odioso, con quella sua aria da santarellino, mentre era lì solo per infilarsi nel mutande di Michela. “Valerio, te lo dirò per l'ultima volta, voglio parlare con Michi”
“E se non te lo permetto cosa farai? Mi prenderai a cazzotti?” lo sfidò il ragazzo senza mezzi termini
“Se ci tieni a mettermi alla prova, cercherò di non deluderti”
Valerio stava per chiudere la porta, ma la voce ferma di Michela lo fermò. “Che cosa vuoi?” domandò stanca
Valerio indietreggiò e Giacomo vide Michela. Non la vedeva da quasi un mese. Indossava una tuta color melanzana ed era scalza, come sempre. Aveva delle profonde occhiaie, gli occhi gonfi e sembrava molto dimagrita. Non poteva stare male per quello che era successo fra loro, sembrava stare male per davvero. Fu assalito dalla preoccupazione, scansò Valerio ed entrò senza essere invitato. “Come stai?”
“Sto benissimo” Certo, come no? Una rosa di maggio! “Se era questo di cui dovevi parlarmi ora vorrei che tu andassi via, domani devo alzarmi presto”
“Michi, non mi sembra che stai granché bene” insistette allarmato “Cristo, sembra che non dormi da settimane e quanto pesi, mezzo chilo?”
“Ti ho detto che sto bene” insistette cocciuta
Si rivolse a Valerio, ignorando la replica dell'amica. “Mi dispiace per prima, Vale, ma dimmi la verità?”
“Guarda che te l'ho detta la verità” sostenne lei stizzita
“Tesoro, se mi hai detto la verità devi andare da un medico migliore perché a me non sembra che tu stia bene”
“Sta bene” confutò Valerio sicuro
Sembrava sincero, ma se Michela stava bene, allora cosa aveva? Era orripilante, sembrava uno zombi. “Michi” si avvicinò alla ragazza e sospirò profondamente “Ti prego” perché continuava a supplicarla, lui non supplicava le donne, ma... “voglio solo che ritorniamo amici” lei lo fissava in silenzio, con quei suoi grandi occhioni verdi cerchiati di nero. Lui le strinse le spalle con le mani “voglio solo parlarti, voglio spiegarmi meglio” voglio... cosa voleva? “Sto malissimo” perché si lagnava come una mammoletta? Si faceva pena da solo! “Io...”
“Ok” lo interruppe la ragazza, divincolandosi
“Ok?” domandò il ragazzo incredulo “In che senso?”
“Va bene, se vuoi parlare, parleremo, ma non stasera, per favore. Sono stanca e ho solo voglia di dormire”
Se era stanca e voleva dormire allora che ci faceva quello lì a casa sua, gli doveva cantare la ninna nanna? Avrebbe voluto controbattere, insistere per restare e sbattere fuori quell'idiota, ma se lo avesse fatto si sarebbe sicuramente giocato la sua unica possibilità di recuperare la loro amicizia. Avrebbe dovuto sicuramente abituarsi alla presenza di Valerio, Michela aveva una passione per i rincoglioni, quindi si sarebbero sicuramente messi insieme. Avrebbero formato una grande famiglia. Lui, lei, Valerio e Valeria; ci sarebbe stato di che divertirsi.
“Va bene” le carezzò il visino smunto e il suo cuore si strinse in un piccolo pugno. Avrebbe voluto restare con lei, abbracciarla e tenerla stretta tutta la notte, proteggerla, ma Valeria lo stava sicuramente aspettando e Valerio si sarebbe occupato egregiamente di lei “Domani pomeriggio ti va di portare Pallottola a spasso a Villa Borghese, possiamo mangiare lì se ti va?” domandò premuroso
“Sì, certo” accettò arrendevole, troppo arrendevole “Ora però devi andare”
“Ora vado” appoggiò le sue labbra su quelle secche di lei. Avrebbe voluto baciarle la fronte, ma l'istinto lo portava ad un'intimità non appropriata “Cerca di riposare” si staccò da lei e si avvicinò alla porta, sussurrando minaccioso all'orecchio di Valerio “Se ti approfitti di lei mentre è in queste condizioni ti spacco la faccia, coglione”
“Tranquillo” lo tranquillizzò il ragazzo allontanandolo “non tutti sono degli stronzi come te” Giacomo gli afferrò il braccio e lo strinse con forza. Valerio si divincolò “Devi andare!”
Il giovane avvocato accarezzò il cane e uscì senza controbattere, non voleva che Michela si stressasse per una lotta tra galli in un pollaio con una sola gallina. Era molto preoccupato per la sua amica, anche se quei due continuavano a dire che lei stava bene, a lui non sembrava affatto che stesse bene. Mentre girava la chiave nella toppa pensò che aveva voglia di stare da solo con i suoi pensieri e sperò che Valeria avesse deciso di restare a casa quella sera, di uscire con le amiche, di stare con sua madre, qualsiasi cosa ma che non stesse in casa con lui. Quando aprì la porta era tutto buio e lui tirò un profondo sospiro di sollievo. Lanciò la giacca su divano, si spogliò e si infilò sotto la doccia. Aveva bisogno di rilassarsi, di fare una grande mangiata ed una soda dormita. Si infilò la tuta e preparò uno spaghettino al dente aglio, olio e peperoncino e se lo mangiò con gusto e appetito. Da quando era cominciata quella storia aveva sempre avuto un peso nel petto, dormiva male e mangiava poco, invece si sentiva stranamente tranquillo dopo aver parlato con l'amica. Era preoccupatissimo per la salute di Michela, ma l'indomani potevano parlarne e allora avrebbe saputo quello che quei due chiaramente gli nascondevano. Andò in camera da letto e recuperò l'anello dal cassetto, si sedette a gambe incrociate sul letto e cominciò a giocherellarci, forse sarebbe riuscito a ricomporre il puzzle, quell'anello era un ottimo scacciapensieri.
Il campanello suonò mentre aveva ricomposto i terzo pezzo dei dodici cerchi, guardò l'orologio. Le 23:30. Era tardi! Giacomo aveva sperato che Valeria dormisse a casa dei suoi. Ripose l'anello nel fondo del cassetto, ben avvolto nel calzino, e andò ad aprire. Era molto seccato. Doveva assolutamente fare un discorsetto a Valeria; se non voleva una relazione seria con lui, allora non doveva nemmeno piantarglisi in casa a qualsiasi ora.
Un uomo ha bisogno dei suoi spazi , pensò agguerrita, aprendo la porta, ma non c'era Valeria di fronte a lui, ma il suo amico Filippo. “Che ci fai qui a quest'ora?” domandò annoiato. Tutte le volte che litigava con Cecilia se lo trovava alla sua porta
“Cecilia mi ucciderà” borbottò preoccupato
“L'hai tradita con qualche figa facile?” domandò divertito. E, se quella era la ragione, aveva proprio ragione, Cecilia lo avrebbe sicuramente ucciso.
“Non essere sempre così scurrile” Cecilia esci da questo corpo! “Non l'ho tradita” si difese subitaneo
“Allora che ci fai qui?” si informò seccato. Voleva stare da solo e non voleva gente per strada mentre era depresso. Non poteva mettere fuori casa un amico in difficoltà, cosa che non aveva mai fatto, ma tanto per quell'anno non avrebbe sicuramente vinto il premio: amico dell'anno.
“Dobbiamo parlare, amico”
Giacomo sollevò gli occhi al cielo. Prima non voleva parlare nessuno e ora volevano palare tutti, ma forse? “Si tratta di Michi?” domandò allarmato. Ripenso a quelle profonde occhiaie che erano affondate nel viso della ragazza e non dava proprio l'impressione di stare bene.
“Entriamo. È meglio se ci sediamo!”
Chiuse la porta e lo seguì spaventato. Era sicuramente una cosa grave, se si doveva pure sedere. Forse Michela stava morendo, aveva un tumore. E sì, non c'era dubbio. Era troppo smunta, il tumore la stava consumando. Come avrebbe fatto senza di lei? Perché voleva Valerio al suo fianco e non lui? Doveva assolutamente andare da lei e dirle che non poteva vivere senza di lei che voleva starle accanto fino alla fine, si ritrovò seduto al tavolo della cucina, aveva percorso il corridoio in evidente stato d shock. Non riusciva a parlare e il cuore gli si era fermato nel petto.
“Cecilia mi ha fatto promettere di non dirtelo, perché Michela non vuole che tu lo sappia” Perché? “ma oggi ho capito che Cecilia e Michela si sbagliano su di te. Noi siamo amici Giacomo e anche se ti comporti da stronzo, io so che tu vuoi bene a Michela” ascoltava l'amico, ma avrebbe voluto scappare lontano; non era pronto a saperlo. Come poteva vivere con il rimorso di averla ferita? “Michela è incinta” confessò l'amico in un sol fiato
O mio Dio, grazie! Michela non stava morendo, non aveva un tumore, non l'avrebbe persa, ma... “Cosa?” forse non aveva capito bene, gli sembrava di aver sentito incinta.
“Michela aspetta un bambino”
Forse aspettava un panino, non poteva aspettare un bambino. I bambini si fanno solo quando si decide di farne uno, non dopo una sola scopata senza protezione, quelle cose succedevano nei romanzetti, non nella vita reale. Sua sorella ci aveva messo tre anni per rimanere incinta, Michela come aveva fatto a rimanere incinta dopo una sola notte di sesso, che per quanto sfrenato, non poteva essere possibile.
“Gesù, Gesù” lui non voleva un bambino, non era pronto ad avere un bambino “Gesù. Gesù” Michela stava di sicuro male per la gravidanza, era magra perché vomitava. Non aveva nessun tumore! Sua sorella aveva solo le nausee, ma nel periodo in cui lei parlava solo di gravidanza gli aveva raccontato che le più sfortunate vomitavano “Gesù, Gesù” forse Michela voleva confessargli di essere incinta. Forse doveva ignorare la cosa e fare un lungo viaggio. Lui non voleva un bambino “Gesù, Gesù” Forse doveva parlarle e doveva farla ragionare
“Poiché non credo che tu ritenga che il figlio sia di Gesù, suppongo che tu sia certo che sia tuo!”
“Ti prego non illudermi che possa essere di qualcun altro. Gesù mi sembra un ottimo candidato, ma credo che l'unico idiota che scopa senza preservativo per fare una cosa nuova ce l'hai davanti agli occhi”
“Come ti è saltato in mente?” domandò l'amico allargando le braccia
“Volevo farmi perdonare e al momento mi è sembrata una grande idea e pure molto romantica” sostenne Giacomo affondando entrambe le mani nei capelli “Fil, io non posso avere un figlio. Io e Michi non stiamo nemmeno insieme, io non sono nemmeno sicuro di quello che provo per lei. Un bambino in questo momento sarebbe una pessima idea” scosse la testa. Era disperato. “Noi non avremo nessun bambino. Devo parlarne con Michela e devo convincerla ad abortire”
“Non devi convincerla proprio di niente. Lei ha già deciso e dopo averti ascoltato credo abbia preso la decisione giusta” sorrise amaro “Lei non vuole il bambino, andrà ad abortire domani mattina” sospirò profondamente “Ci ha messo settimane per riuscire a trovare un medico non obiettore, ma domani interromperà la gravidanza, così si risolverà tutto”
“Non lo vuole? Abortirà domani mattina?”
Filippo annuì senza aggiungere altro, d'altronde lui non aveva null'altro da dire e Giacomo era annichilito da tutto quel fiume di informazioni che lo avevano travolto. Era stordito da quella inaspettata notizia, non voleva un figlio, non era pronto a mettere su famiglia, ma Michela continuava a prendere decisioni senza coinvolgerlo, continuava a tenerlo da parte. Aveva deciso che non erano più amici, aveva deciso di nascondergli di essere incinta e aveva deciso che avrebbe abortito senza dirgli niente; continuava a trattarlo come una scopata di poco conto. E a quel punto gli era chiara anche la strana arrendevolezza della ragazza, lei voleva solo sbarazzarsi di lui, della sua scomoda presenza.
Giacomo non voleva il bambino, non voleva Michela e non voleva mettere su famiglia, ma non voleva essere trattato come una scopata senza importanza dalla donna da cui aspettava suo figlio. Suo figlio? Gli faceva strano quel pensiero. Per un attimo, avvolto dal buio, mentre fissava un punto imprecisato nell'oscurità della sua camera da letto, realizzò che Michela aspettava un bambino, che loro aspettavano un bambino, che da quella unica notte di sesso era nato qualcosa, qualcuno. Certo che era stato proprio sfigato. Era sicurissimo che l'amica non era in un periodo di particolare fertilità, viveva con lei e, proprio in quella settimana, ricordava assorbenti avvolti nella carta igienica e tampax buttati nel secchiello azzurro del bagno. Michela non aveva le mestruazioni quella notte, ma dovevano esserle passate da qualche giorno, e poi lei era certa di essere in un periodo sicuro; lei non sarebbe stata così stupida e non aveva nessun interesse ad incastralo con una gravidanza. Come era potuto accadere? Le era venuto dentro solo la prima volta, dopo era stato sempre attentissimo ad eiaculare fuori dal corpo della ragazza, così, per sicurezza. Era stato veramente sfigato! Diventare genitore per una scopata avventata era proprio fuori questione, ma non poteva lasciare che Michela decidesse per lui!
E, quella notte, gli era venuto in mente un perfetto modo per fermarla.

**

“Maledetto stronzo! Come ti è saltato in testa? Credi che sia un gioco?” ululò Michela contro Giacomo che, seduto alla sua scrivania la fissava con tranquillità
“Non dovresti agitarti, fa male al nostro bambino” la redarguì con aria paterna “E poi, ti ricordo che questo è il mio posto di lavoro, gradirei che tu avessi un comportamento più contegnoso”
“Giacomo, ti rendi conto di quello che hai fatto?” soffiò la ragazza fuori dai gangheri
“Certo, ti ho impedito di prendere una decisione senza coinvolgere il padre del tuo bambino” replicò senza fare una piega. Era stranamente calmo!
“Io non voglio questo bambino e tu nemmeno, ti ho solo fatto risparmiare il biglietto per qualche esotica spiaggia dove vendere cocchi. Non eri già pronto a mettere tra me e questa indesiderata gravidanza la maggiore distanza possibile? Pensavo fossi andato a comprare il biglietto direttamente all'ASIi
“Non ricordo che tu me ne abbia parlato prima, quindi non capisco da cosa deduci le mie reazioni”
“Non so” fece lei, scuotendo il capo con disappunto “Che tu me ne abbia parlato ripetutamente?” sospirò profondamente “Giacomo, tu non ti rendi conto di quello che hai fatto, altrimenti non avresti quella faccia da fesso” si coprì la faccia con entrambe le mani
“Non stai bene?” domandò Giacomo, alzandosi dalla scrivani e avvicinandosi alla ragazza
Giacomo notò che nella stanza c'era anche Valerio e che Filippo, ancora seduto alla sua scrivania, aveva smesso di fingere di lavorare.
“No che non sto bene! Mi hai fatto prelevare in ospedale dai carabinieri che mi hanno impedito di abortire. Cosa credi che sia stata una decisione facile per me? Come hai potuto farmi anche questo?”
“Io non ti ho impedito di abortire, ho solo chiesto a un giudice un'ordinanza urgente per tutelare i miei diritti di padre”
“Se non fossi tu il padre? Quale idiota di giudice ti permette di impedirmi di fare una cosa che è solo una mia decisione”
“Uno che come me pensa che dovremmo deciderlo insieme”
“Io non voglio questo bambino!”
“Michi, tesoro” appoggiò la mano sulla spalla della ragazza “Devi stare tranquilla”
“Io devo stare tranquilla? Tu sei pazzo, hai anche chiesto la custodia congiunta del mio cane” argomentò incredula "Tu sei completamente fuori di testa"
“In realtà il cane è mio, sono stato io a mettergli il chip, quindi tecnicamente, per la legge italiana sono io il padrone, ma tranquilla ti concederò la custodia congiunta, non voglio allontanarti da lui” la tranquillizzò con aria candida
“Sei un pazzo psicopatico” allontanò la mano del ragazzo e percorse la stanza avanti e indietro a grandi passi “Cosa cazzo vuoi da me?”
Cosa voleva da lei? Cosa voleva realmente da lei? Perché aveva coinvolto Michela in quella pantomima alla guerra dei Roses, alla stregua di quei due psicopatici che stavano divorziando.
Forse quello che volevano quei due era quello di cui aveva bisogno anche lui, forse quello di cui aveva bisogno era solo...
“Parlare”




*Hagia santa in turco

**Hammam indica in lingua araba il complesso termale in cui i mussulmani effettuano i lavacri per poter poi adempiere all'obbligo canonico della ṣalāt giornaliera.

***Sumak. L'albero di Sumak cresce abbondantemente in Medioriente; i suoi frutti rossi vengono essiccati e polverizzati per ottenere questa spezia dal gusto acidulo utilizzata in Libano, Siria, Turchia ed Iran, a volte in sostituzione del limone, per insaporire, senza alterarne il gusto, piatti di pesce, frutti di mare, insalate, carni bollite o nel ragù, e come ripieno per il pollo.

****Solimano I, detto il Magnifico o Kanuni ovvero il Legislatore. Fu sultano e padiscià dell'Impero ottomano dal 1520 alla sua morte. Portò l'Impero ottomano ai massimi fulgori.

a. Mille e una notte, celebre raccolta di novelle orientali del X secolo, di varia ambientazione storico-geografica, composta da differenti autori. Il racconto inizia con il re persiano Shahriyār, il quale, essendo stato tradito da una delle sue mogli, uccide sistematicamente le sue spose al termine della prima notte di nozze. La bella Shahrazād si offre come sua sposa e ogni notte, per mille e una notte, gli racconta delle storie fantastiche finché l'uomo, ormai innamorato di lei, decide risparmiarle la vita.

b. Frodo Beggins è il coraggioso hobbit protagonista del famoso romanzo Il Signore degli Anelli. Definito da Gandalf come il Portatore dell'Anello del Potere che gli dona l'invisibilità quando lo indossa.

c. Incipit e missione della nave stellare Enterprise della Federazione dei pianeti uniti, tratto dalla serie TV Star Trek.

d. Professor Moriarty è l'antagonista per eccellenza di Sherlock Holmes (protagonista di una serie di romanzi di Arthur Conan Doyle), che lo definisce, il Napoleone del crimine (The final problem, 1903).

e. Uriah Heep è l'antagonista principale di David Copperfild nella seconda parte del romanzo David Copperfild di Charles Dickens. Nel romanzo con le sue articolate trame e la sua untuosa ossequiosità riesce a ricattare il padre di Agnes e ottenere il controllo dello studio legale nel quale lavorava insieme a David. I suoi piani sono ostacolati da Copperfild e dai suoi amici e verso la fine del romanzo, lo vediamo in prigione a scontare le sue colpe, ritornato umile e ossequioso come un tempo, e con un comportamento da detenuto modello.

f. Iago è il nome del principale antagonista della tragedia Otello di William Shakespeare. Le trame dell'infido alfiere Iago portano Otello alla follia e alla morte della moglie Desdemona, ritenuta ingiustamente colpevole di aver tradito il moro di Venezia con Cassio. Alla fine dell'opera, Emilia, moglie di Iago, rivela che il tradimento di Desdemona era soltanto un'invenzione di suo marito Iago. Otello, preso dal rimorso si toglie la vita, Iago viene condannato a subire tortura e Cassio prende il posto di Otello, al servizio della repubblica veneta.

° Guerra dei Roses, pellicola americana del 1989 diretta da Denny De Vito, in cui il regista è anche attore e voce narrante. Il film tratta con toni inizialmente leggeri, la storia di una coppia intenta in un'aspra battaglia legale che si conclude con la morte di entrambi.

g. Dominus, nella terminologia forense è l'avvocato che ha la gestione della pratica e redige gli atti, tracciando la linea difensiva; in genere è anche il proprietario di uno studio legale che prende nelle sue cure il praticante.

h. Law abd Order famosissimo legal drama americano con numerosi spin off.

i. Agenzia Spaziale Italiana.



NdA: Prima di lasciarvi, per non creare confusione, vorrei puntualizzare che sono assolutamente a favore della legge 194 che regola la disciplina giuridica in tema di interruzione di gravidanza. Ritengo, personalmente, che la libertà di scelta sia fondamentale in un paese civile e moderno, indipendentemente dalle scelte personali. La legge non prevede che il probabile padre abbia facoltà decisionali nella scelta della gestante di interrompere la gravidanza; numerose sono le interpellanze dei padri, ma MAI la Corte si è espressa in favore di questi ultimi, quindi so benissimo che quello che ho scritto è improbabile e sono consapevole che quanto espongo in questo capitolo è solo una licenza letterale al fine di rendere la storia più avvincente.
L'argomento è abbastanza spinoso, ma cercherò di trattarlo con la massima leggerezza possibile.
Alla prossima,
Lella

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Capitolo 11
*** Il progetto di Giacomo ***


Ciao a tutti e buona pasquetta,
questo è il mio regalo di Pasqua e, mi scuso, ma potrebbe esserci un'altra lunghissima pausa.
Per ora vi saluto e vi lascio a questo undicesimo capitolo.
Buona lettura.
Lella


Capitolo XI
Il progetto di Giacomo


Michela fissò il ragazzo con uno sguardo tra lo sconcerto e il disappunto. “Parla!” ordinò con le braccia conserte strettamente al petto
“Qui? Ora?” domandò il ragazzo, allargando teatralmente le braccia “Preferirei avere un po' di privacy”
“Nel caso in cui tu non sappia contare, sono incinta di undici settimane più tre giorni. Mi resta poco più di una settimana per abortire, non abbiamo molto tempo, quindi dimmi quello che devi dirmi, ORA”
Giacomo era combattuto, forse doveva trascinarla fuori da quella stanza, ma temeva che lei si chiudesse di nuovo. Aveva finalmente ottenuto la sua attenzione e non voleva perdere quell'occasione. Gli dava un tremendo fastidio il pensiero che Valerio stesse lì a fissarli gongolante, ma non poteva assolutamente indietreggiare se voleva... cosa voleva?
“Non avresti dovuto prendere la decisione di abortire senza nemmeno interpellarmi!” spiegò distaccato
“E perché avrei dovuto, scusa?” domandò lei interdetta “È solo una mia decisione”
“A quanto pare il giudice non la pensa così” replicò, incrociando le braccia al petto
“Perché è uno psicopatico come te” battibeccò la ragazza risentita
“Michi, stai rendendo tutto inutilmente complicato” si lagnò il ragazzo, scuotendo il capo
“Cosa avrei dovuto fare?” insistette Michela sgomenta “Stupido idiota, le avevo già rese meno complicate, sei stato tu a renderle inutilmente complicate. Vuoi davvero un figlio da una donna che non ami? Cosa hai nella testa, le pigne?”
“Dobbiamo decidere insieme qual è la scelta giusta. Non puoi decidere per entrambi una cosa così importante”
Lo sguardo di Michela si era improvvisamente incupito.“Giacomo, perché?” ululò isterica, stringendo i pugni e battendo i piedi come una bambina capricciosa “Tu sei pazzo! Devi andare da un bravo psicologo” respirava con fatica e la mano le scivolò sul ventre ancora piatto “Perché?”
Erano l'uno di fronte all'altra in una stanza con altre due persone, ma lui quasi non ne percepiva più la presenza, riusciva a vedere solo lei, quel viso stizzito, quello sguardo furioso, che lo rendeva, inspiegabilmente, tranquillo. “Perché è anche mio figlio”
“E se non lo fosse?” insinuò lei, sollevando il labbro superiore “Forse non è manco tuo. Siamo stati insieme una sola insignificante notte”
“È chi sarebbe il padre se non sono io?” domandò giocoso
“Valerio” confessò la ragazza, volgendo un severo sguardo sul figlio del Dominus dello studio, che la fissò sgomento
“Mi sembra abbastanza sconcertato. Lo ha scoperto ora?” la schernì Giacomo senza nascondere una risata ironica
“Non è tuo Giacomo, quindi non c'è niente di cui parlare” sospirò profondamente “Continua a vivere tranquillamente la tua vita e lascia che io viva la mia”
Il ragazzo si allontanò da lei e, appoggiato alla scrivania, fissò la donna con aria seria. “Perché?” domandò, stringendo gli occhi confuso
Non aveva alcun dubbio sulla paternità di quel bambino, ma si sentì sopraffatto da una strana malinconia a quella affermazione fatta con tanta leggerezza. Perché gli mentiva? Perché preferiva negare piuttosto che ammetterlo? Perché continuava a rifiutare il suo pentimento? Perché non voleva quel bambino?
“Perché, cosa?”
“Vale è tuo?” domandò Giacomo depresso
Valerio volse lo sguardo rapido su Michela, cominciando a rimpallarlo tra i due ragazzi che lo fissavano in attesa della sua risposta. “Preferirei non essere coinvolto” sostenne titubante
“Ieri eri con lei, ora sei qui, suppongo fossi con lei in ospedale, quindi Valerio tu sei già coinvolto” spiegò composto, massaggiandosi nervosamente la fronte “Ma, tranquillo, lo so che il bambino non è tuo. Non ho dubbi sulla paternità di questo bambino”
“Sei troppo sicuro di te” osservò Michela nervosa “Non hai i super spermatozoi e non sarei così certo, fossi in te, che mentre ti scopavi un'altra io ero a casa a fare la calzetta!”
Lei lo amava, anche se sembrava averlo dimenticato, e lui lo sapeva. Michela non era come lui, lei dava un valore al sesso e non sarebbe mai andata a letto con un uomo mentre ne amava un altro.
“Io non mi scopavo nessun'altra e, comunque, tu non lo avresti mai fatto” affermò sicuro
“Ne sei proprio sicuro?” insistette la ragazza con aria di sfida
“Scopare con un uomo pur amandone un altro? Certissimo!”
Michela scoppiò in una sonora risata e scosse la testa incredula. “Allora sopravvaluti me oltre che te stesso, mio caro. Ho scopato con un uomo che non amavo per quattro anni, pur continuando ad amare uno stronzo che non se lo meritava e, per tua informazione, mi piaceva pure”
“Quindi mi rinfacci una cosa che hai fatto tu per prima” sottolineò innervosito, pensando di averla messa nel sacco
“Io e Davide non eravamo amici. Io non ho usato, né ferito, un mio amico per proteggere me stessa. Inizialmente, c'era un quid pro quo fra me e Davide. Lui voleva fare sesso e a me serviva qualcuno che mi aiutasse a distrarmi dal sentimento malato che provavo per te” sospirò profondamente “Poi è nato qualcosa di bello, ma non sufficientemente profondo da tenerci insieme. Quando lui ha deciso di andare per la sua strada, io non ho cercato di trattenerlo. L'ho lasciato andare, perché sapevo che non avrei mai potuto dargli quello di cui lui aveva diritto! Lasciami andare, Giacomo”
il giovane avvocato stava per controbattere, ma in quel momento la porta dello studio si spalancò ed entrarono Claudia e Valeria. Il cuore di Giacomo si fermò nel petto.
“Hai perso la lingua?” lo pungolò Michela divertita “Pensavo che volessi parlare”
“Che ci fa lei qui?” squittì Valeria avvicinandosi a Giacomo, che si era alzato in piedi, rimpallando lo sguardo nervosamente tra le due donne che tenevano lo sguardo fisso su di lui “Cosa c'è? Sei venuta a riprendertelo?” insistette avvicinandosi minacciosa
“Guarda che per me te lo puoi anche tenere. Io non sono interessata”
“Allora che ci fai qui?” domandò leziosa, stringendo i suoi grandi occhi azzurri
“Chiedilo a Giacomo” la sfidò Michela sfrontata
Di fronte a Giacomo, nel mezzo della stanza, tra le due scrivanie ricoperte di fascicoli e codici, c'erano due donne importanti per lui. Valeria con il suo visino pallido e imbronciato, con i suoi lunghi capelli biondi che cadevano morbidi sulle esili spalle. Il morbido tubino in lana pettinata avvolgeva e metteva in evidenza la slanciate forme del suo corpo. Era così bella, così sensuale, così desiderabile. I suoi movimenti erano sinuosi e aggraziati anche quando era soggiogata dalla rabbia. Nessuna donna gli aveva mai fatto provare un desiderio così profondo che lo pervadeva dai visceri. Volse lo sguardo su Michela, bella di una bellezza così diversa da quella della giovane rampolla della famiglia Petroli, così delicata, quasi eterea, bella nonostante il viso stanco e le profonde occhiaie che non era riuscita a coprire con il trucco. Pensò a quello sguardo da cuccioli e gattini che gli aveva fatto accapponare la pelle dopo poche settimane di passione, pensò che il suo più grande incubo si era materializzato ed era in quella stanza, ma gli sembrava meno spaventoso di quanto lo avesse immaginato. Non voleva un figlio; non era pronto per gestire una famiglia e, nonostante la decisione di Michela di escluderlo gli faceva rabbia, convenne con se stesso che l'amica aveva ragione, abortire era la scelta meno complicata, la scelta che avrebbe permesso a entrambi di proseguire la loro vita senza intoppi e inutili complicazioni. E poi... voleva davvero il figlio da una donna che non amava?
Cosa voleva realmente? Quella strana donna nel Misir Carsisi di Istanbul aveva ragione: come poteva riconoscere la donna che gli avrebbe cambiato la vita se era così impegnato a scansarla come la peste bubbonica? Forse doveva semplicemente smettere di riflettere, doveva solo fare ciò che desiderava.
Sospirò profondamente e si avvicinò a Valeria. “Mi dispiace di averti mentito, Vale” si scusò con voce calda e rassicurante, carezzandole il pallido viso “Ma non voglio più farlo. Io e Michela non stiamo insieme. Siamo stati insieme quattro anni fa, per un paio di settimane, ma non poteva funzionare tra noi, perché cercavamo cose diverse. Noi siamo solo amici”
“Ma voi vivevate insieme e aspettavate un bambino. Cosa siete una specie di trombamici?” domandò la ragazza sconcertata, allontanandosi da lui “Cosa c'è stronza, sei rimasta incinta apposta per potertelo tenere? E ora che il tuo piano è saltato sei qui ad elemosinare un po' di attenzione”
Per la prima volta Giacomo vide quella debolezza che la ragazza aveva sempre malamente cercato di nascondere. “Quello che c'è fra me e Michi è sempre stato complicato, ma...”
“Noi non siamo trombamici! E non mi interessa di tenermelo, te lo regalo; se vuoi te lo infiocchetto pure” lo interruppe Michela risoluta “Maledetto idiota, non mi farai passare per quello che non sono, solo per nascondere la tua stronzaggine, sono stanca di essere il tuo cuscinetto”
“Se mi fai finire” replicò Giacomo, scuotendo il capo indispettito “Non sai ascoltare Michi” spiegò rivolto all'amica “per una volta ascolta e sta' zitta!” ordinò seccato “Valeria, tuo padre mi stava assillando con quelle voci non vere su me e tua madre” continuò a raccontare, afferrando le mani di Valeria “e, per tenerlo tranquillo, ho chiesto a Michela di aiutarmi. Abbiamo finto di stare insieme, abbiamo finto di aspettare un bambino” Valeria lo fissava sbigottita e stranamente silenziosa “Volevo anche farti un po' ingelosire” sottolineò in un timido sorriso. Doveva raccontare tutta la verità, per quanto spiacevole che fosse, se voleva ricominciare d'accapo, se voleva una possibilità “Tu sei una ragazza bellissima e sensuale e...” le strinse i polsi “mi fai letteralmente impazzire, ma sei sfuggente e inafferrabile. Ho pensato che il sentimento che mi lega a Michela sarebbe stato sufficiente a non cadere nella rete che avevi tessuto intorno a me” con la coda dell'occhio, vide l'ombra di Michela passargli accanto. Le afferrò istintivamente il polso della mano sinistra “Dove stai andando?”
“Conosco perfettamente i retroscena di questa storia” spiegò la ragazza con compostezza “Non mi va di ascoltarlo”
Lo stomaco di Giacomo si strinse in un pugno e il suo cuore cominciò a battere in un modo strano che non ricordava, come se ogni due battiti ne perdesse uno. “Devi ascoltare” ordinò secco, stringendo le mani di entrambe le donne “Michela lo ha scoperto, ha scoperto che la stavo usando per difendermi da quello che sentivo per te e, allora, mi ha sbattuto fuori di casa. Quella sera, sono venuto a casa tua, ma sono rimasto a fissare la luce della tua finestra finché non si è spenta. I sensi di colpa mi attanagliavano. Non volevo ferire Michi, ma il mio egoismo mi aveva accecato. Sono tornato indietro da lei, perché volevo che mi perdonasse, che ritornassimo amici” erano i retroscena che Michela stava cercando, era quello di cui Giacomo aveva bisogno di raccontarle ed era la verità che Valeria doveva sapere “L'ho vista che parlava con Valerio e...” scosse la testa “...quella notte siamo stati insieme. Solo per quella notte” sospirò profondamente “Michela è incinta” confessò in un sol fiato, lasciando la mano di Valeria, mentre lei lo fissava sgomenta “Lei non mi aveva detto niente, l'ho saputo da Filippo. Oggi voleva abortire, ma io ho fermato l'aborto con un'ingiunzione del tribunale. Michela è qui per convincermi a lasciarla andare” strinse il polso dell'amica e mentre pensava a quella vecchia turca, all'anello del sultano, al bambino, si sentì per la prima volta certo di star facendo la cosa giusta “ma io non voglio lasciarla andare, l'ho già fatto una volta e non è stata una buona idea. Non so se voglio questo bambino, non sono sicuro di quello che provo per Michela, ma credo che dobbiamo tentare”
Michela si liberò dalla stretta del ragazzo, fissandolo con astio, mentre Valeria lo osservava divertita.
“Quindi scegli lei solo perché è incinta” puntualizzò Valeria senza peli sulla lingua “Spero che tu, che voi siate felici. Siete proprio degni l'uno dell'altra” uscì dalla stanza seguita da una preoccupatissima madre
Non aveva capito niente!
“Bellissimo discorso, Giacomo” si complimentò Michela, applaudendo con aria di scherno “Completamente inutile, ma molto bello”
Ecco un'altra che non aveva capito niente!
Non si sarebbe fatto scoraggiare da quell'atteggiamento ironico e supponente; aveva lasciato andare Valeria, quindi avrebbe combattuto fino alla fine. Doveva almeno tentare.
“Ragazzi, mi spiace, ma lo spettacolo è finito” sbottò rivolto ai due ragazzi, mentre stringeva il polso di Michela “Fil, smettila di fingere di lavorare e torna a farlo per davvero. Di' a Petroli che domani passo prima in tribunale per depositare l'atto della causa Pedone contro il comune di Roma” si volse a Valerio, cercando di mantenere una compostezza che con lui non riusciva più a tenere “Accompagno io Michela a casa. Mi occupo da solo della mia famiglia”
Era questo Michela per lui? La sua famiglia?
“Forse dovresti domandarlo prima a me” sostenne la ragazza acida, cercando di divincolarsi. Giacomo, senza replicare, la trascinò fuori dalla stanza, mentre lei si dibatteva per liberarsi “Devi lasciarmi stronzo. Giacomo lasciami, ora mi stai facendo veramente incazzare”
Il ragazzo le lasciò l'esile polso solo quando furono giunti alla macchina. Aprì la rossa portiera della sua Fiat 500 e la invitò ad entrare
“Entra” ordinò secco
“Io non vengo da nessuna parte con te”
“Michi devi smetterla di comportarti come una bambina”
“E tu devi smetterla di fare lo stronzo prepotente, soprattutto dopo tutto il casino che hai combinato”
Lui spalancò gli occhi a quella affermazione. “Io sono un prepotente? Tu mi hai allontanato come un appestato, mi hai mentito, mi hai nascosto la tua gravidanza, hai deciso da sola di abortire senza consultarmi e io sarei il prepotente?”
“Tu mi hai trascinato in questa storia senza pensare a me, hai voluto fare sesso senza preservativo, tu...”
“Non ti sei opposta al sesso non protetto, mi pare di ricordare” sostenne il ragazzo sconcertato da quelle sterili e puerili recriminazioni
“È stata una delle tue brillanti idee, e comunque tu mi hai rassicurata” sbottò la ragazza piccata
“Sulle malattie, non su una gravidanza, su quello dovevi rassicurarmi tu e, tenuto conto della tua blanda opposizione, ho ritenuto che le probabilità di andare in rete fossero abbastanza scarse”
Michela sbuffò teatralmente. “Siamo stati sfortunati” ammise sconfitta “Giacomo, ne abbiamo parlato molte volte, tu non vuoi un figlio. Stai facendo tutto questo solo per spirito di rivalsa. Ci conosciamo da molto tempo e, probabilmente nemmeno te ne accorgi, ma se c'è una cosa che non puoi avere allora quella cosa cominci a desiderarla più di qualsiasi altra cosa al mondo. Tu vuoi questo bambino solo perché io non lo voglio” la voce di Michela era calma e pacata “Noi non possiamo avere un figlio solo perché siamo stati sfortunati, non per la scopata di una notte, non per del sesso d'addio o del sesso riparatore. Ti prego, cerca di essere ragionevole”
“Tu hai sempre desiderato un figlio, perché non hai deciso di tenerlo?” domandò malinconico “sarebbe davvero così terribile avere un figlio da me?”
La ragazza occupò il sedile al lato del guidatore con le gambe volte verso l'esterno e i piedi appoggiati all'intelaiatura della base della Fiat 500. Senza smettere di giocherellare nervosamente con le mani, sollevò lo sguardo e fissò i suoi occhi verdi in quelli castani di Giacomo. “Non ho mai detto di volere un figlio, ma che un giorno vorrei una famiglia; per me questi sono due concetti molto diversi” appoggiò la mano sul suo ventre piatto “Mi dispiace per il nostro bambino, ma io non voglio una famiglia con uno come te”
Beh, forse avrebbe dovuto pensarci prima di permettergli di venirle dentro. Era molto arrabbiato per quella affermazione fatta con tanta leggerezza. In fondo, non si era tirato indietro e stava facendo di tutto per prendersi una responsabilità che non gli era stata nemmeno richiesta.
“Uno come me?” domandò stizzito
“Un uomo che pensa ancora di poter vivere come un adolescente” sostenne ferma
“Mi sembra di volermi prendere delle responsabilità in questa occasione, quindi perché sarebbe così terribile avere una famiglia con me?”
“Perché nelle famiglie non si esce per sballarsi la sera, le famiglie hanno comode utilitarie e non belle macchine simili a giocattoli, nelle famiglie ci sono responsabilità, condivisione, amore, complicità, sincerità e fiducia. Nulla di queste cose esiste tra noi” sentenziò pratica
Giacomo la osservava silenzioso. Le famiglie non erano degli stereotipi letterari; erano mutevoli, si adattavano ai tempi e alle situazioni. Le famiglie erano fatte di persone fallibili e piene di difetti, quindi come potevano definirsi perfette?
Le recriminazioni dell'amica erano completamente infondate. Poteva uscire la sera per un tranquillo aperitivo o restare a casa con lei a guardare la televisione, poteva comparare un'utilitaria, magari una bella ibrida per famiglie come quella che aveva sua sorella e prima di quella storia fra loro c'era condivisione, fiducia, complicità e sincerità. Non capiva tutta quella ostilità e poi, di amore tra loro ce ne era una marea, solo che lei non riusciva più a vederlo.
Si chinò e le strinse le mani. “Dammi una settimana, Michi. Una sola settimana”
“A cosa servirebbe? Io ho già preso la mia decisione”
“Ho bisogno di tentare” sorrise malinconico “E poi ti prometto che non ti fermerò e che sarò al tuo fianco”
“Perché?”
Le sorrise sereno. “Perché hai ragione. Io non voglio un bambino e non mi sento pronto ad avere una famiglia. Il solo pensiero mi terrorizza” la ragazza lo osservava sgomenta “ma nello stesso tempo l'idea di averlo con te mi rasserena, mi fa pensare che... cristo, avremo un bambino” scorse, per un attimo il cedimento negli occhi di lei “un bambino nostro”
“Noi non avremo nessun bambino anche se ti concedessi un anno” insistette risoluta
“Solo una settimana, Michi. Solo sette giorni” la pregò convinto
Il petto di Michela si sollevava pesantemente. “Giacomo, non abbiamo tutto questo tempo”
“Prenoteremo l'intervento oggi stesso. Non perderai tempo. Solo sette giorni”
Il silenzio cadde fra le due figure rannicchiate, ognuno perso dentro se stesso. Non sapeva ancora come avrebbe usato il tempo che lei le stava sicuramente per concedere, ma sapeva che ne aveva bisogno. Gli serviva tempo.
“Solo una settimana” assentì seccata “ma poi ti togli dai piedi e mi lasci vivere la mia vita” liberò le mani dalla stretta morsa del ragazzo e ritirò le gambe, sistemandosi meglio, pronta per partire
Era chiaro che Michela non aveva più voglia di parlare, ma gli aveva concesso sette giorni, quindi Giacomo assentì gioioso : “Certo, come vuoi” chiuse la portiera “stasera passo da te”
Sarebbe stata una lunga e intensa settimana.

*

“Tu sei pazzo!”
Se continuavano a dirglielo tutti avrebbe cominciato a crederlo per davvero.
“Dai sorellona? Non vuoi aiutarmi? Non hai sentito? Il tuo fratellino scapestrato sta per diventare papà. Finalmente metterò la testa apposto” terminò in un largo sorriso
“Giacomo, se questo è il tuo modo di mettere la testa apposto capisco perché la povera Michela abbia deciso di abortire”
“Guarda, Agnese, che ho solo una settimana di tempo per convincerla a tenere questo bambino e questa è l'unica cosa che mi è venuta in mente”
“Non credo sia una buona idea” sostenne sua sorella risoluta, scuotendo il capo incredula “E io non ti darò mai la mia bambina; a dirla tutta non ti affiderei nemmeno il gatto”
“Bravissima, vedo che hai colto perfettamente il punto, come sempre” replicò entusiasta, sorseggiando il caffè che la sorella gli aveva offerto “Mio Dio, il tuo caffè continua ad essere una vera schifezza!” blaterò allontanando la tazza dalla sua bocca “Michela pensa che io non sarei capace ad aiutarla a crescere un figlio, io devo convincerla del contrario e la mia bella nipotina sarà di grande aiuto”
“Nicole ha appena quattro mesi, non posso lasciartela per una settimana. Lo capisci, vero?”
“Perché no? Non ti fidi di me?”
“No, ovvio che non mi fido di te. Non hai sentito la parte in cui ti dicevo che non ti affiderei manco il gatto?”
“Tu non hai un gatto” sostenne il ragazzo, mettendo il broncio
“Appunto; non ti affiderei manco un gatto immaginario” la donna sorseggiò il suo caffè, arricciò il naso e appoggiò la tazza sul tondo tavolo con il ripiano di cristallo della sua curata cucina bianca in stile liberty "figurarsi una bambina così piccola. È assolutamente fuori discussione”
Giacomo si alzò e cominciò a rovistare in uno dei pensili della cucina per recuperare la polvere di caffè. “Agnese, ti assicuro che io e Michi saremo dei perfetti genitori. Dai, dai, dai” insistette con voce fanciullesca
“No!” sbuffò la donna, gonfiando teatralmente le guance “Perché stai ravanando* nella mia cucina?” domandò curiosa
“Perché ho voglia di un caffè e credo che anche il povero Luca apprezzerà di più il mio” scosse la testa stizzito “Agnese, forse non hai capito bene il mio progetto, quindi se serve te lo ripeterò, aggiungendo un po' di particolari” recuperò la moka e cominciò a versare la povere di caffè nel filtro con il cucchiaino di ceramica che la sorella aveva lascito nel barattolo di latta nero
“Non servono i particolari” insistette la donna, mentre sistemava la copertina fucsia della sua bambina, sistemata nella grossa carrozzina “Non lascerò che tu tratti la mia bambina come un giocattolo”
Nessuno riusciva a capire le sue motivazioni. Valeria, Michela e, ora anche sua sorella, che lo aveva sempre appoggiato. Non serviva l'ennesima persona che si metteva di traverso, aveva bisogno di sostenitori se voleva spuntarla con quella testarda di Michela. Doveva riuscire a convincere sua sorella Agnese. Avevano nove anni di differenza e quando era piccolo era lei che spesso si occupava di lui, perché sua madre lavorava. Erano sempre stati molto vicini, lui seguiva sempre i suoi consigli e lei lo adorava.
“Non tratto la mia adorata nipotina come un giocattolo” si difese il ragazzo
“Forse se negli ultimi quattro mesi ti fossi ricordato di avere un' adorata nipotina, io sarei stata molto più partecipativa”
Giacomo avvitò la moka e la appoggio sulla piastra a induzione in vetro nero dei fornelli, voltandosi poi verso la sorella. “Sorellina, ti prego. Sarò uno zio perfetto e Michela la conosci, quella non riesce ad essere scapestrata manco se si impegna” si tirò su le maniche del maglioncino bordeaux “Non la voglio per tutta la vita, mi serve solo per una settimana”
“Giacomo, davvero, non posso. Un figlio non è un gioco e non so se tu sia pronto a crescerne uno. Non voglio mettere in discussione il tuo geniale progetto, ma non hai pensato nemmeno per un attimo che forse Michela ha preso la decisione giusta?”
Il giovane uomo chiuse gli occhi e pensò nuovamente all'anello del sultano, alle parole della vecchia donna turca del mercato, a Michela, a quel bambino che non era ancora nato e che forse non sarebbe mai nato. “E voi due, invece, che siete così sagge non avete pensato nemmeno per un attimo che forse io potrei essere un buon genitore?” esclamò piccato “Mi serve il tuo aiuto, sorella! Potrai risposare qualche giorno. Dici sempre che Nicole non ti fa dormire la notte. Tu e Luca potreste prendervi una pausa” non poteva cedere “Almeno riflettici”
“Mi hai detto che il tuo progetto, come lo chiami tu, comincia domani, quindi non mi sembra che tu mi stia dando tempo per riflettere” la moka aveva cominciato a gorgogliare con insistenza “e comunque la mia risposta continua ad essere no”
Il ragazzo fissò il volto ambrato della sorella. Diventava sempre più identica alla loro madre, gli stessi occhi neri, i medesimi capelli ricci e cisposi e dopo la gravidanza aveva anche messo su un bel po' di chili. Purtroppo per lui, caratterialmente era sempre più simile a suo padre: cocciuta e razionale.
Si voltò e spense la piastra, spostando la moka su una piastra fredda. In quel preciso momento trillò con insistenza il campanello. Era sicuramente suo cognato Luca che rientrava da lavoro. Le possibilità di successo di attuare il progetto genitori per una settimana, si stavano drasticamente assottigliando.
“Vado io” si offrì scoraggiato
“Guarda che se fai il gentile non cambio certamente idea” urlò la sorella maggiore, mentre lui percorreva il corridoio
“Che ci fai tu qui?” domandò Luca entrando e lanciando la tracolla da lavoro sul divano “Agnese e la piccola stanno bene?”
Suo cognato aveva simpatia per lui, ma il più delle volte lo trattava con troppa freddezza. “Certo, sono solo passato a trovare mia sorella” sostenne il ragazzo
“Ti serve qualcosa?” domandò Luca stringendo i suoi intensi occhi neri in due fessure
“Non vengo qui solo quando mi serve qualcosa” sostenne Giacomo piccato “Io voglio bene ad Agnese”
“Non fraintendermi” fece il cognato in un largo sorriso “ma non sei uno da visita infrasettimanale” si voltò dirigendosi verso la cucina illuminata
Non era uno con cui avere una famiglia, non era uno da visita infrasettimanale, certo che l'opinione che avevano di lui non era proprio di uno affidabile!
Luca lo seguì silenzioso senza replicare. Il suo progetto aveva proprio preso il largo. Se sua sorella era ostica, suo cognato era un qualcosa di inimmaginabile. Meglio bere il caffè e battere in ritirata.
“Ciao amore” salutò la sorella gioiosa all'arrivo del marito.
Luca gli era sempre piaciuto. Suo padre, in più di un'occasione, gli aveva detto che aveva sperato in qualcosa di meglio per la sua geniale bambina. Laureata in matematica, come il troppo rigido genitore, con il massimo dei voti e con un anno di anticipo. Luca era il giovanissimo proprietario della copisteria vicino all'università e, i due giovani, si erano conosciuti al primo anno di università. Sua sorella era bella di una bellezza senza tempo, ma lui l'aveva notata subito, in mezzo a tante ragazzette che gli gironzolavano intorno, e non l'aveva più lasciata andare. Le era rimasto accanto durante il suo complicato dottorato, durante i due anni di post doc alla Technische Universität di Berlino**, durante il periodo di depressione per la mancanza di lavoro e per l'eterno precariato universitario, durante la difficile decisione di insegnare matematica in un istituto tecnico, dopo aver conseguito l'ennesima idoneità all'ennesimo inutile concorso pubblico, durante il buio periodo dell'infertilità di lei. Poi Agnese era rimasta finalmente incinta, si erano sposati in comune con una semplice cerimonia e dopo quattro mesi era nata Nicole. Luca era un buon compagno di vita per sua sorella maggiore e anche se suo padre pensava che lei potesse aspirare a qualcuno di meglio, lui aveva sempre pensato che sua sorella era stata fortunata ad incontrare un ragazzo che l'amava nonostante il suo difficile carattere e quella fastidiosa cocciutaggine.
Luca versò il caffè nella tazzina bianca tempestata di grossi pallini neri, che portò con cautela alla bocca. “Buono” sorrise “Lo ha sicuramente fatto tuo fratello” arguì, rivolto alla moglie, che stava annusando il culetto della bambina per assicurarsi che non avesse defecato “il caffè non è proprio il tuo forte, mi cara”
“Non sono nemmeno così negata come dite voi due. È solo un caffè, non serve uno chef internazionale per fare un caffè”
“Il tuo caffè fa schifo, Agnese” sostenne Giacomo, sistemando la sedia sulla quale era seduto poco prima e recuperando il cellulare dal tavolo di vetro
“Allora, cognatino, non mi hai ancora detto che ci fai qui!” insistette l'uomo prendendo la bambina dalle braccia della moglie e scoccandole un sonoro bacio sulle labbra “Ciao patatina di papà. Ma sei la bambolina del tuo fortunato papà?” domandò retorico alla bambina che gli sorrideva allungando le braccia e toccandogli il viso
“Racconta Giacomo” lo spronò la sorella gongolante
“Non mi sembra il caso” si difese il ragazzo “E poi è tardi, devo andare”
“Che cosa mi state nascondendo?” insistette Luca incuriosito
La ragazza inclinò la testa e spronò il fratello con gli occhi ad esporre le sue ragioni. “Michela è incinta” confessò Giacomo
Luca lo fissò con aria seria. “Ed è una bella notizia?”
“Vuole abortire”
“E questa la bella notizia?”
“Lui vuole il bambino e Michela no” riassunse la donna pratica, giocherellando con un cucchiaino
“Allora è una storia piuttosto complicata” sostenne l'uomo sedendosi e poggiando la bambina cavalcioni sulla gamba sinistra “Mi chiedo perché tu voglia tenerlo. Tu e Michela non state insieme e tu non vuoi figli, mi pare di ricordare”
Sua sorella gli aveva fatto il terzo grado e poi si era profusa in una lunga filippica sul sesso sicuro, sull'amore, sulla genitorialità e sulla responsabilità di essere genitori. Invece Luca era andato diretto al sodo.
“Tra me e Michi è sempre stato complicato” ripeté meccanicamente il giovane avvovcato
“I figli non si fanno nelle storie complicate!” perseverò Agnese ferma. Gli sembrava di parlare con Michela e suo padre contemporaneamente; sua sorella era praticamente una e trina.
“Tu la ami?” domandò suo cognato a bruciapelo
“Perché me lo chiedi?”
“Perché non rispondi?”
“Sì, io la amo” la sua bocca si era mossa praticamente da sola. La amava? “E voglio questo bambino perché anche se è nato per caso, anche se è stato un errore, anche se Michi continua a dire che siamo stati sfortunati, io credo che dovremmo almeno provare”
“E se andasse male, cosa farai? Lo abbandonerai? La lascerai da sola con un bambino da crescere?” lo redarguì la sorella con me veemenza “Solo perché volevi provare?”
Giacomo sospirò profondamente e strinse le mani sulla spalliera della sedia. “Pensavo che semmai avessi scoperto che una delle mie scopate aveva prodotto un problema mi sarei ritirato a gambe levate e avrei messo la maggiore distanza possibile tra me e la stronza che mi voleva incastrare. Ma Michela è una persona importante per me. Lei non è la stronza che mi vuole incastrare, da cui voglio scappare, ma la ragazza con cui voglio provare a costruire qualcosa”
“Ma non ne sei sufficientemente convinto, se continui a dire che vuoi provare
“Sono spaventato, Agnese. Mi sto cagando sotto all'idea di un figlio e di tutte quelle cazzo di responsabilità, credi che sia un idiota? Ma il fatto che non sia scappato forse significa qualcosa”
“O forse non significa niente” insistette la sorella
Luca gli sorrise compartecipe. “Anch'io ero spaventato prima della nascita di Nicole e anche io ero pieno di dubbi” appoggiò la mano su quella della moglie “Ma io amo tua sorella e la cosa mi è sembrata meno spaventosa”
“Luca, noi avevamo una vita stabile” spiegò la donna concitata “vivevamo insieme da dieci anni, avevamo una storia da quando avevo 18 anni e la bambina era programmata e desiderata”
“Quindi immagina tu come può sentirsi tuo fratello. Lui e Michela non stanno insieme, anche se tu fai il tifo per lei da anni, e aspettano un bambino senza averlo programmato. Io mi cagherei sotto molto di più e sarei pieno di dubbi. Mi sembra che Giacomo si stia comportando in maniera piuttosto disattesa”
“Mi ha chiesto di occuparsi della bambina per una settimana insieme a Michela. Genitori per una settimana, è il suo ennesimo strambo progetto” Luca si fece improvvisamente serio “vuole dimostrarle che loro possono farlo e che lui non si tirerà indietro”
“Tuo figlio non durerà una settimana ma per tutta la tua vita” spiegò l'uomo serioso “E, scusa se te lo dico, ma è un piano veramente assurdo e fuori di testa”
“Che ti avevo detto?” rafforzò la donna, anche se per un attimo Giacomo aveva intravisto un moto di delusione sul viso dell'amata sorella
“Ma potrebbe funzionare!” si risolse l'uomo grattandosi il mento
“Cosa?” esclamarono i due fratelli increduli, voltandosi verso Luca
“È un'idea talmente folle che potrebbe funzionare” osservò Luca, con aria pensosa “Tuo fratello dice di amarla, quindi potrebbe anche funzionare”
“Ma...” si oppose debolmente la moglie
“E poi, noi abbiamo bisogno di dormire qualche giorno. Sono sicuro che sarà bravissimo, che saranno bravissimi” si lagnò stancamente, carezzando la testa della bambina "Solo per una settimana!" osservò l'uomo stringendo la mano della moglie
"Solo una settimana!" ripeté la donna in un sorriso complice
“Non dite sul serio, vero?” domandò Giacomo incredulo
“Ragazzo mio, nessuno ti ha insegnato a non desiderare troppo qualcosa, perché potresti ottenerla?”
Su il sipario, lo spettacolo stava per cominciare!


* ravanare cfr romanesco rovistare
** Technische Universität di Berlino. Università politecnica tedesca con sede a Berlino, tra le più importanti d'Europa in ambito matematico


NdA: Finito. Per ora vi lascio e spero a presto
Raffa

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Capitolo 12
*** Genitori per caso ***


ciao a tutti,
mi scuso per l'enorme ritardo nel pubblicare il capitolo, ma gli impicci lavorativi e personali sono tantissimi e ho grosse difficoltà nella gestione del tempo.
Vi lascio al capitolo!
Buona lettura
Lella


Capitolo XII
Genitori per caso


La bambina sembrava tranquilla, anche se aveva cominciato ad agitarsi e a gorgogliare corrucciata. Nicole aveva stampata sul suo visino pallido e paffuto, la stessa espressione severa della madre, probabilmente lo stava rimproverando in bambinese. Giacomo ringraziò il cielo che la nipotina non parlasse ancora, non avrebbe tollerato le ramanzina di una Agnese in miniatura.
Sospirò profondamente, sistemò il grosso borsone verde sulla spalla destra e si rivolse alla nipotina con aria preoccupata. “Ok, tesoro, sei tu l'attrice protagonista questa volta, quindi mi raccomando fai del tuo meglio per convincere zia Michi che noi saremo dei fantasmagorici genitori” Giacomo spinse l'indice sull'interruttore del campanello d'ingresso “Cerca di non fare quelle cose che fanno solitamente i bambini” la pregò in un timido sorriso
Il ragazzo era preoccupatissimo. Agnese gli aveva fatto mille raccomandazioni, aveva elencato una serie di cose che sembravano tutte essenziali per la sopravvivenza della bambina, erano talmente tante le informazioni ricevute in una sola mattinata che aveva dovuto appuntarle sull'agenda che usava per il lavoro. Mentre sua sorella spiegava con fare cattedratico e lui prendeva rapidamente appunti, come se fosse ritornato a quegli estenuanti corsi universitari, aveva pensato che Agnese stava decisamente esagerando. La cosa più difficile sembrava essere lo svezzamento, anzi l'alimentazione complementare. La donna gli aveva fatto una lezione magistrale sulla differenza tra svezzamento e alimentazione complementare.
Nel periodo dai quattro mesi in poi la quantità di latte che il neonato può assumere non è più in grado di soddisfare il fabbisogno crescente di nutrienti di cui ha bisogno. Si parla quindi di alimentazione complementare, perché gli alimenti solidi vanno a completare, ma non a sostituire, il latte.
Quelle parole gli rimbombavano ancora nella testa. Agnese sembrava aver mangiato dei libri di pedagogia e di educazione alimentare infantile a colazione. Quella pazzoide gli aveva persino proposto delle ricette ad hoc, accompagnate da decisi suggerimenti che incitassero la bambina a mangiare cose che gradiva poco, magari proponendogliele a ripetizione, fino a quindici volte e poi... un fiume di parole sulle coliche, sul ruttino, su un maledetto ruttino! Cristo era una bambina, aveva bisogni essenziali: mangiare, cagare e dormire. A sentir lei servivano un master e quattro lauree per riuscire ad occuparsi di un esserino di quattro mesi che pesava meno di una boccia da bowling. Era esagerata, proprio come tutte le mamme! Giacomo Ferri aveva fatto cose molto più complicate nella sua vita ed aveva sempre eccelso, sarebbe riuscito alla grande anche in una cosa in cui sembravano riuscire tutti, persino gli animali. Era sicuro che non avrebbe fallito, ma nel contempo temeva che il suo piano si sarebbe trasformato in un boomerang. Michela aveva posto una distanza tra loro che sembrava incolmabile e quell'atteggiamento oppositivo che continuava ad ostentare lo faceva tentennare anche su un qualcosa di cui si sentiva sicuro.
La porta si aprì, mentre lui era ancora immerso in quei pensieri. Scorse lo sguardo sgomento di Michela che lo fissava, ritta sulla porta. Le passò distrattamente davanti.
La ragazza si strinse nel largo golfino di cotone viola. “Hai portato un bambino?” domandò incerta
“No, ti sbagli” replicò Giacomo in un sorriso sarcastico, mentre cercava di evitare che Pallottola lo scaraventasse a terra con la nipotina; se la bambina si fosse fatta un solo graffio sua sorella lo avrebbe ucciso, così il suo bambino quasi nato avrebbe avuto un padre decisamente morto.
“A me sembra proprio un bambino” insistette la ragazza, chiudendo la porta, senza distogliere lo sguardo dal ragazzo
“E invece ti sbagli” Pallottola saltellava per attirare la sua attenzione, mentre lui cercava di scansarlo “Stai giù!” ordinò secco, ma senza urlare “Buono. Accuccia!”
Il cane si sedette ubbidiente e scodinzolante, mentre continuava a fissarlo con la lingua penzoloni in cerca di coccole. Giacomo gli sorrise e gli carezzò il fulvo testone. Sarebbe stata una prova anche per il loro cagnolone; persino Pallottola avrebbe dovuto abituarsi alla presenza di un bambino in casa.
“Guarda che non sono mica cieca” insistette la ragazza preoccupata
“Invece mi sa proprio di sì, tesorino bello. Non vedi che è vestita di rosa? Chi vestirebbe di rosa un bambino?” argomentò divertito “È una femminuccia, una bambina”
Michela scosse la testa infastidita. “Idiota!” sospirò profondamente “Che ci fai con una bambina?” domandò cercando di ricomporsi
“Ci occuperemo di lei per una settimana. Io, te, lei e Pallottola saremo una famiglia per sette giorni. Ti dimostrerò che saremo degli ottimi genitori” spiegò in un largo sorriso di compiacimento
Nonostante Agnese avesse provato a dissuaderlo, più ci pensava più quell'idea gli sembrava brillante. Era veramente un genio! Michela aveva sempre desiderato dei figli. Era quel suo desiderio che lo aveva spinto lontano da lei, quello sguardo intenerito di fronte ad un bambina incrociata nei giardini di Villa Pamphili quattro anni prima che lo aveva convinto a lasciarla.
Quella mattina di un tempo ormai lontano, stavano correndo all'interno del più grande parco pubblico urbano di Roma, appena fuori le mura del quartiere Giannicolense. Era estate e, anche se era presto, faceva molto caldo. La ragazza indossava degli strettissimi shorts neri, la sua pelle ambrata era lucida e brillante, per il sottile strato di sudore che le ricopriva il corpo. Cristo se era sensuale! Era ebbro di desiderio nonostante il caldo. Si erano fermati a bere alla fontanella su viale Otto Marzo, di fronte alle serre ottocentesche. Lui era chino sul beccuccio della fontana in pietra, abbeverandosi con voracità nel tentativo di placare l'arsura. In quel momento si era avvicinata una donna sulla trentina, con corti capelli rossi, che stringeva la mano di una bambina di cinque, forse sei anni. La bambina aveva grandi occhi verdi, vivide lentiggini e capelli ramati come quelli della madre. Giacomo aveva sollevato appena lo sguardo e aveva osservato Michela stringersi la coda e, con sul viso stampato uno strano sorriso che lui non aveva mai scorto prima, si era chinata, principiando a parlare con troppo vivo interesse con una ragazzina mai vista prima. Sentiva la squillante voce della ragazza mentre si informava del nome e dell'età della bambina, confondersi con il gorgoglio dell'acqua che zampillava dalla fontana. Dopo essersi dissetato si era allontanato per fare spazio alla bambina e aveva osservato con attenzione Michela mentre la aiutava ad abbeverarsi, cercando di evitare che si bagnasse e continuando a parlottare allegramente con la madre che teneva lo sguardo vigile sulla figlia. Quando la donna e la bambina si erano allontanate, lei gli aveva sorriso e, allora, lo aveva scorto ed era rimasto folgorato. Quello sguardo da cuccioli e gattini, da oggi sposi, da vuoi passare il resto della tua vita con me e rinunciare a tutte le altre scopate ed in cambio ti darò una bambina puzzolente e piagnucolosa. Quella notte non era riuscito nemmeno a scopare al pensiero di quello sguardo carico di promesse che lui non avrebbe mai potuto mantenere, quella notte aveva deciso di lasciarla per quello sguardo che non riusciva a reggere. Michela desiderava dei figli! Quando erano diventati amici, lei gli aveva raccontato spesso del suo desiderio di famiglia, di maternità; lui la ascoltava paziente, da buon amico, ma ogni volta esultava dentro di sé per la decisione presa e si dava immaginare sonore pacche sulle spalle per essere riuscito ad evitare che lei lo ingabbiasse in quel suo desiderio.
Sospirò profondamente. Poteva farcela. Doveva solo ricordare a Michela che lei desiderava dei figli.
Il suo piano era geniale!
“Sei impazzito?” ululò la ragazza furente
Impazzito? Michela non sembrava molto entusiasta di quella sua geniale trovata.
“Michi, stai tranquilla, la terremo solo per una settimana” la rassicurò pacato, cercando di chetare la bambina che aveva cominciato ad agitarsi tra le sue braccia. “ Nicole, ti prego, non cominciare con il piagnisteo, vuoi che zia Michi ci sbatta fuori di casa?” pensò preoccupato
“Chi ti ha affidato una bambina così piccola? L'hai rapita?” squittì ansiosa
“Non essere stupida!” la ragazza lo fissava sgomenta, con le braccia serrate al petto e la fronte corrucciata “Una mia cara amica assistente sociale aveva per le mani una bambina e me l'ha data in affidamento per una settimana” spiegò il ragazzo serio e senza esitazione
“Cosa?” esclamò la ragazza, sbattendo le palpebre
“Oggi è andata con i carabinieri e un'ambulanza a casa della madre per revocarle l'affido. Le avevo detto che mi serviva un bambino per questo esperimento e piuttosto che portarla in una casa famiglia l'ha affidata a me. Stamattina quando mi ha chiamato non riuscivo a crederci. Ero contentissimo”
“Non dici sul serio, vero?” domandò Michela spaventata
“Avrei preferito un maschietto, ma per una settimana ci faremo andare bene una femminuccia. Se ci piace dice che possiamo tenercela”
“Mio Dio, Giacomo, ma che cazzo di problemi hai?” squittì, strappandogli la bambina dalle braccia e stringendola al petto “Povera bambina. Tu e quella assistente sociale siete due pazzi. Lei è una criminale e tu sei il suo complice; anzi, siete due criminali. Ora noi andiamo alla polizia a denunciarla e riportiamo la bambina a sua madre” la sistemò su un fianco “Tranquilla piccolina. Ci peno io a te” si volse nuovamente al ragazzo che la fissava impassibile “Possiamo tenercela? Possiamo tenercela! È una bambina non è mica un cane! Sei completamente fuori di testa. Tu sei un avvocato sai benissimo che potresti andare in galera per questa bravata. Come ti è saltato in mente? Tu...”
Giacomo esplose in una sonora risata, interrompendo la ramanzina dell'amica. La sua risata rimbombava nella stanza. Aveva provato a trattenersi, perché trovava il gioco estremamente divertente, ma la faccia di Michela era uno spettacolo senza eguali. Il ragazzo non riusciva a smettere di ridere, mentre Michela lo fissava spaesata. “Gesù, piccola, avevo dimenticato quanto fosse facile farti credere l'inverosimile” scosse la testa e si asciugò gli occhi “Lei è Nicole, mia nipote! La figlia di mia sorella” riprese la bambina dalle braccia dell'amica e la sollevò sopra la sua testa “vero piccolina che tu vuoi stare con zio Giacomo e zia Michela?” la bambina sorrideva gioiosa “Michi, tu le piaci un botto. Appena l'hai presa in braccio ha smesso di agitarsi. Sono quasi certo che emani una specie di fluido materno. Tu sei una che piace ai bambini”
“Mi stai di nuovo prendendo in giro?” indagò la ragazza stringendo gli occhi
“Tu ci sai veramente fare con i bambini, Michi. Non ti sto prendendo in giro questa volta!” la rassicurò in un largo sorriso
“Non intendevo questo, brutto deficiente! Questa bambina è davvero tua nipote?”
“Ti ho detto la verità” replicò secco “Perché dovrei mentirti?”
“Non so, perché lo trovi divertente? Non ho mai compreso il tuo senso dell'umorismo”
“Un vero peccato! Probabilmente perché è un po' british
“Tu di british non hai proprio niente” lo canzonò la ragazza, giocherellando nervosamente con i corti capelli “E poi, mi sembra veramente strano! Agnese non darebbe mai la sua unica e desiderata figlia al fratello scapestrato, io non ti affiderei nemmeno il mio gatto”
“Noi abbiamo un cane, non un gatto” puntualizzò il ragazzo
“Appunto”
Scosse la testa. Cos'era un deja vou? Forse doveva curarsi, visto che aveva una voglia matta di fare sesso con una donna che praticamente era identica a sua sorella. “Scusa, ma mi hai creduto quando ti ho detto che avevo praticamente rapito un bambino insieme ad un'assistente sociale scellerata e metti in dubbio la storia più banale della terra?” osservò basito
“Dovresti proprio cominciare a farti qualche domanda, mio caro” perseverò la ragazza con aria seria
Giacomo sistemò la bambina meglio sul braccio destro e tirò fuori il cellulare, cercando il contatto della sorella maggiore tra le ultime chiamate. Il suo dito scivolava rapido sullo schermo, spinse il pollice della mano destra sul contatto e porse il cellulare all'amica “Parlane direttamente con lei, se non mi credi” la esortò sicuro
Michela afferrò con titubanza il cellulare e lo portò all'orecchio destro.
“Giacomo come sta mia figlia?” urlò la sorella dall'altro capo del telefono. Riusciva a sentire quel grido strozzato anche senza il viva voce. Cristo, era troppo agitata. Cosa poteva mai aver fatto alla bambina dopo solo un'ora?
“Ciao Agnese, sono Michela. Già! Bene, anche se un po' spaventata. A me non sembra proprio, pare quasi non aspettasse altro. Non capisco cosa abbia in mente!” stavano sicuramente parlando di lui “Ma perché ti sei prestata a questa follia? Non cambierà niente. Lo capisco” ma di cosa stavano parlando? “Tranquilla, ci penso io. Sì, starò attenta e te la riporto prestissimo” sorrideva. Si era finalmente rilassata “molto meno. Direi tre giorni al massimo! Se li dovrà far bastare. Allora ci vediamo al tuo rientro” la ragazza rimase in silenzio per un po', ascoltando Agnese che stava sicuramente pontificando come era solita fare. O era anche peggio, forse aveva cominciato a parlare di pappe, ruttini e coliche. Che palle! Proprio non aveva più argomenti di conversazione sua sorella “Ci proverò. Lo sto già facendo! Buon viaggio. Te la abbraccio stretta stretta” riagganciò e rimase a fissare lo schermo ancora retroilluminato del cellulare
“Tutto bene?” domandò Giacomo preoccupato. L'amica aveva una strana espressione stampata sul suo bellissimo viso ambrato. Si mordicchiava nervosa il labbro inferiore. Era evidentemente turbata. D'altronde come poteva non esserlo visto che Agnese le aveva sicuramente fatto l'elenco delle difficoltà che si celavano dietro quel fagottino paffuto e profumato. Arricciò il naso disgustato; forse non era poi così profumato.
“Tutto bene!”
“Sicura?”
“Sicura” gli porse il cellulare “Nicole resterà per qualche giorno” cominciò a spiegare senza ammettere repliche “Tua sorella e suo marito partiranno domani mattina presto per un lungo week-end e noi saremo i suoi baby sitter in questi tre giorni” Detto in quel modo e con quel tono suonava un po' diverso da come lui lo aveva immaginato. Sembrava decisamente meno geniale “Domani ho il turno di pomeriggio a lavoro. Tua madre verrà a prendere Nicole un po' prima di pranzo e tu andrai a riprenderla verso le sei del pomeriggio”
“Mamma non può tenerla fino alle otto? Io domani ho un impegno con una cliente alle sette e mezzo” si lagnò. Non che avesse molta voglia di vedere quella pazza di Katia Tesone che stava divorziando dal marito, ma non gli andava di sentire gli ululati di Petroli per aver saltato l'appuntamento con una cliente benestante.
“Dovrai anticipare” sentenziò lei compiaciuta “Tua sorella mi ha detto che tua madre domani ha una visita medica. Posso chiedere due ore di permesso e uscire per le sette, ma non prima. Quindi, visto che tu hai cominciato questa pantomima, dovrai trovare una soluzione” sollevò le spalle “Vuoi giocare a fare il genitore? Beh, non è un mestiere facile, mio caro!”
“Ok, tranquilla, troverò una soluzione” fece lui pacato. Aveva deciso di giocare quel gioco fino alla fine. Giacomo Ferri non era il tipo di uomo che si sottraeva agli impegni presi, non si sarebbe tirato indietro, anche se il gioco diventava difficile “Passo da mamma entro le sei. Altre indicazioni?”
“Riportiamo Nicole a tua sorella lunedì mattina prima di andare a lavoro”
“Mi avevi concesso una settimana” si indispettì il ragazzo “Lo avevi promesso” sentì la sua voce uscire dalla gola simile a quella di un bambino deluso
“Non mi sembra di averti detto il contrario. Ho solo detto che Nicole ritornerà da sua madre e suo padre lunedì. Resteremo noi tre a giocare alla famiglia felice. Io, te e Pallottola” lo schernì sarcastica “Sono sicura che le nausee mattutine, l'intolleranza a quasi tutti gli odori forti, la stanchezza cronica, la sonnolenza perenne e i miei esuberanti sbalzi di umore saranno più che sufficienti. Dimenticavo, niente più caffè. So che ti piace tanto, ma anche solo l'odore mi fa rabbrividire”
“Ne farò tranquillamente a meno” sostenne il ragazzo sorridente. Si avvicinò e passò la mano libera attorno agli stretti fianchi della ragazza “Senza Nicole potremmo approfittarne per avere un po' di intimità” Cristo quanto la desiderava! Il pensiero che Michela fosse già incinta e che, quindi, poteva fare sesso con lei senza alcuna preoccupazione lo eccitava terribilmente “Mi manca il tuo odore, il tuo sapore” chiuse gli occhi e si inumidì le labbra “E una cosa che non mi sono mai chiesto, ma credi che la bambina sia abituata ai mugolii di piacere? Non vorrei turbarla, altrimenti mia sorella mi scuoia, ma ne ho proprio una gran voglia”
“Mi punge vaghezza che tu abbia fatto recentemente sesso con la tua fidanzata, quindi credo tu sia in grado di sopportare una breve astinenza. Comunque voglio rassicurati sul fatto che se vuoi stare con lei non sarò di certo io ad impedire la vostra unione” si divincolò e lo allontanò bruscamente. Il tono sembrava pacato, ma era chiaramente arrabbiata “Non c'è necessità di un'astinenza forzata”
“Valeria non è la mia fidanzata e io ho scelto di stare con te, Michi” la rassicurò, cercando di avvicinarsi nuovamente
Michela indietreggiò. “Non è quello che ti ho chiesto”
“Io voglio stare con te. Voglio di nuovo fare l'amore con te. Voglio sentire di nuovo il tuo odore confondersi con il mio”
Nonostante l'ardore delle sue parole, la ragazza sembrava contrariata e stizzita da quella confessione. “Senti Giacomo, mi spiace, ma proprio non posso aiutarti a sedare le tue voglie” gesticolava con troppa enfasi “Ti concederò di giocare all'allegra famiglia per tre giorni, ti concederò la settimana che tanto desideri, ma se vuoi che non ti sbatta fuori di casa non devi provarci”
“Non capisco” sostenne il ragazzo confuso
“Nella settimana non è inclusa nessuna prestazione di tipo sessuale, né baci o carezze e, fossi in te, eviterei anche parole gentili”
“Nemmeno parole gentili? Cioè vuoi che ti prenda a calci e ti riempia di parolacce?” domandò provocatorio
“Voglio solo che tu non ci provi. Vuoi convincermi che sarai un buon genitore? Vuoi convincermi che possiamo riuscire a crescere un bambino? Bene. Ci sto! Ma per convincermi di questo non è necessario che tu mi seduca. Io non voglio stare con te! Semmai cambiassi idea e decidessi di crescere il bambino con te, non significherebbe che noi staremo insieme”
Cazzo! Non sarebbe mai riuscito a convincerla senza sedurla. Lui sapeva fare praticamente solo quello, come avrebbe fatto a convincerla che poteva funzionare tra loro se lei non gli permetteva di avvicinarsi? “Michi, non voglio dimostrarti solo che posso essere affidabile, ma anche che posso essere un compagno appassionato”
“Sono incinta, so bene quanto tu sia appassionato, non è necessario che me lo ricordi” sbottò lei risoluta
“Non sei rimasta incinta perché ero appassionato, ma perché abbiamo scopato senza preservativo” puntualizzò risentito “Io non voglio solo il bambino, ma voglio anche te”. Anzi, forse voleva il bambino solo perché voleva lei. La voleva davvero? Stava impazzendo e Michela non lo aiutava con quella inutile ritrosia da adolescente ferita. “Io voglio che noi siamo una famiglia” Era questo che voleva?
Lei sorrise e gli carezzò il viso, fissando per un attimo lo sguardo sui delicati lineamenti della bambina che si agitava nervosa tra le braccia dello zio. “Dovrai seguire le mie regole questa volta”
“Perché?” insistette lagnoso
“Perché ho smesso di nascondermi dietro alte mura. Te l'ho detto, basta muri fra noi, solo un sottile ed invalicabile lembo di terra” lui serrò gli occhi, proprio non capiva dove l'amica volesse andare a parare “Mi hai ferita profondamente e questo non voglio dimenticarlo, ma non posso negare che tu continui ad esercitare un certo ascendente su di me. Ho imparato che l'unico modo per difendermi da te e smettere di negare l'evidenza” serrò la mano al petto “Sono molto attratta da te, Giacomo, ed è questo il mio tallone di Achille”
“Quindi abbiamo entrambi voglia di scopare, ma non lo faremo?”
“Sei veramente un maniaco. È questa l'unica cosa che hai capito di tutto quello che ho detto?” sbottò la ragazza spazientita
“No” replicò lui piccato “ma ho fatto una precisa sintesi” i brillanti occhi verdi della ragazza erano scintillanti, simili a pericolose saette “Michi, ho capito, ho capito!” farfugliò innervosito “Non vuoi ricascare nelle vecchie abitudini, perché pensi che io ti ferirò di nuovo. Ora ho riassunto meglio?”
“Alla perfezione” assentì lei compiaciuta “Ora va' a cambiare il pannolino a tua nipote, perché mi pare chi si stia agitando un po' troppo, credo che abbia fatto la cacca” prese il grosso borsone verde pistacchio che il ragazzo aveva sulla spalla sinistra e lo poggiò a terra “Agnese mi ha detto che ti ha messo tutto l'occorrente nel borsone” si chinò, aprì la lampo e scavò con premura in cerca di qualcosa “Prendi questi” gli porse dei pannolini “Io vado a preparare la pappa per lei e per Pallottola” osservò il cane che era rimasto silenzioso e immobile “È stato veramente bravo il nostro cucciolone. Si è comportato benissimo” lo lodò accarezzandogli il fulvo testone “Si merita un'abbondante pappa buonissima”
“Perché devo cambiarle io il pannolino? Preferisco preparare da mangiare”
“Lo so, ma l'idea è stata tua e se vuoi dimostrarmi che sarai un buon genitore non hai molta scelta, mi pare” fece lei divertita, voltandogli le spalle. Si girò solo per un attimo, mentre lui riprendeva il borsone e andava verso la camera da letto “Giacomo, c'è una piccola inesattezza nel tuo riassunto. Io non penso che tu mi ferirai di nuovo. Io ne sono certa!”
A quelle parole, formulate con tanta fermezza, il cuore di Giacomo si fermò nel petto. Lui non l'avrebbe più ferita. Lo aveva promesso a se stesso quando quella notte l'aveva stretta al suo corpo tremante di desiderio.

*

Dopo solo due giorni di fittizia paternità, Giacomo Ferri si rese subito conto che crescere un bambino non era affatto una cosa facile. Non che si aspettasse una passeggiata di salute, ma era sicuramente più complicato di quanto avesse lontanamente immaginato. Nicole era con loro da solo due giorni, ma a lui sembrava che fossero nati praticamente insieme! Forse sua sorella l'aveva istruita a dovere per fargli cambiare idea, non c'era altra spiegazione. Quella piccola peste non dormiva praticamente mai, anzi, a essere precisi dormiva quando loro erano svegli ed era sveglia quando loro stavano cascando dal sonno. E quando piangeva non si poteva di certo ignorarla, perché sembrava posseduta dal demonio. Michela le aveva provate tutte, ma Nicole aveva degli evidenti problemi di fotoperiodo oppure aveva un piano ben preciso che lui non aveva ancora capito. Piccola peste!
Quei due giorni erano stati lunghi al pari di una settimana.
Dopo la prima notte insonne, il venerdì mattina avevano mollato la nipote alla madre ed erano andati a lavoro. Michela sembrava più sfatta del solito e il fatto di non poter bere caffè al mattino lo aveva messo decisamente di cattivo umore. Era talmente stanco che sarebbe svenuto sul volante se Michela non si fosse lagnata per tutto il tempo di tutte le puzze del pianeta terra; sembrava essersi trasformata in una specie di cane da tartufo. Le urla notturne della nipotina gli rimbombavano ancora nel cervello. E pensare che appena faceva l'alba la bambina si trasformava nuovamente in un paffuto, sorridente e silenzioso frugoletto; era proprio come il dottor Jekyll di Stevenson che di notte si trasformava nel diabolico Mister Hyde*.
Giacomo era distrutto. Era talmente stanco che non riusciva a spiccicare parola. Aveva, praticamente, lanciato la bambina alla madre fuori dal finestrino e aveva mollato Michela al call center con l'auto quasi in corsa. Aveva bisogno di un po' di silenzio per pensare! Prima di andare in tribunale per depositare l'ennesimo fascicolo del divorzio più comico del mondo, aveva deciso di comprare una culla nel più famoso mobilificio svedese. Forse se avesse avuto un posto tutto suo, sua nipote avrebbe dormito almeno qualche ora. Avrebbe dormito con loro solo altre due notti, ma lui voleva davvero convincere Michela che crescere un bambino non era un'impresa complicata. Lei non riusciva a capirlo, ma d'altronde come poteva spiegare a lei quello che non riusciva a spiegare nemmeno a se stesso. Sapeva solo che gli serviva di tentarle tutte prima di arrendersi. Aveva anche smesso di chiedersi le ragioni di quello strenuo lottare. Era spaventato e pieno di dubbi, eppure voleva il bambino e voleva Michela. Forse sua sorella aveva ragione, forse non significava un bel niente quel suo desiderio, forse anche Michela aveva ragione e si stava impuntando solo perché lei gli negava un suo diritto sacrosanto, decidere insieme della vita del bambino, ma il fatto che lui proprio non riuscisse a rinunciare aveva un significato, di questo ne era sicuro. E dopo quella notte insonne se ne era persuaso sempre di più. Vedere Michela che cullava la bambina nel tentativo di chetarne il pianto, osservarle entrambe esauste, accoccolate sul divano una accanto all'altra, lo aveva intenerito e non spaventato come quel giorno a villa Pamphili. Era rimasto a fissarle con il cuore stretto nel petto, poi aveva preso la bambina dalle braccia della ragazza e l'aveva sistemata al centro del lettone, mentre Michela lo seguiva come uno zombi. Si era addormentato cullato dal respiro veloce di Nicole e da quello lento e cadenzato di Michela. Era stanco, ma una stanchezza che non gli dava peso.
Era entrato nell'enorme mobilificio sull'Anagnina con il cuore gonfio nel petto. Mentre percorreva a grossi e rapidi passi il percorso verso la zona dedicata all'infanzia, cominciò a voltarsi incuriosito e si rese conto che ciò che lo incuriosiva era lo strano silenzio. Non c'era la solita calca del sabato pomeriggio. Non era mai stato in quel posto in una mattina di un giorno infrasettimanale. Pensò che se Michela avesse dato una possibilità a loro e al bambino la sua vita sarebbe irrimediabilmente cambiata, non per un giorno, una settimana, un mese o un anno, ma per sempre. Per un attimo fu di nuovo assalito da quella sensazione di panico, asfissia e angoscia che lo avevano pervaso nel momento in cui Filippo gli aveva confidato della gravidanza di Michela. Appoggiò la mano al petto e fece dei lunghi sospiri. Un bambino prima dei trent'anni non era assolutamente nei suoi programmi. Michela aveva parlato di feste, di divertimento, ma a quello avrebbe saputo rinunciare, quello che lo angustiava di più era rivoluzionare la sua esistenza, i suoi orari, le sue abitudini. Lo angustiava il pensiero di non dormire di notte, svegliarsi presto anche quando non sarebbe stato necessario, correre contro il tempo ed essere perennemente in ritardo, organizzare gli appuntamenti di lavoro sulla base di chi poteva occuparsi del bambino, sperare di ottenere un posto al nido, alla materna, organizzare le vacanze in posti adatti ai bambini. Quelle erano cose che gli avrebbero radicalmente rivoluzionato l'esistenza. Se tentennava lui che voleva il bambino, immaginò che per Michela sarebbe stato solo più semplice perseguire la sua decisione dopo quella forzata esperienza.
Si era fermato davanti ad una culla in legno bianca, con delle coloratissime lenzuola arancioni che ben si sarebbero intonate con quelle del loro letto. Michela amava quel genere di cose, amava arredare la casa, avere tutto pulito, ordinato e in tono. Comprare una culla solo per due giorni forse non era una grande idea; per un attimo pensò che Michela si sarebbe arrabbiata, che l'avrebbe presa per l'ennesima forzatura, che probabilmente lo avrebbe preso per matto, ma, alla fine, decise di prendere sia la culla che le lenzuola. Se Michela avesse cambiato idea sull'aborto, il loro bambino avrebbe avuto un letto già pronto ad aspettarlo. Caricò tutto in auto e lungo la strada verso il tribunale cominciò a pensare che avrebbero dovuto comprare una nuova auto, una macchina più grande, e anche una casa più grande. I loro rispettivi appartamenti erano troppo piccoli per due persone, un bambino e un cane. Avrebbe potuto vendere il suo appartamento, aveva anche dei soldi da parte, forse anche i genitori di Michela potevano aiutarli in qualche modo, forse anche suo padre avrebbe potuto aiutarlo. Suo padre. Il solo pensiero gli fece salire l'ansia alle stelle. Una volta scoperto della gravidanza gli avrebbe attaccato uno di quei sermoni infiniti sulla responsabilità, sulla genitorialità, sulla difficoltà di essere padre. Lo aveva già sentito in anteprima da Agnese, ma suo padre avrebbe usato quel tono accusatorio e pontificante che gli avrebbe fatto saltare i nervi, avrebbero litigato a morte e sarebbe anche stato diseredato, perché sarebbero volate parole inimmaginabili, suo padre si sarebbe offeso mortalmente, lui avrebbe incassato ogni colpo, ma non avrebbe dimenticato le parole accusatorie del severo genitore. Aveva litigato una sola volta con suo padre e non lo avrebbe più dimenticato. Il pensiero di una nuovo scontro lo annichiliva. Se Michela fosse rimasta persuasa della sua decisione di abortire non ci sarebbe stato nessun motivo di lite, ma se lui fosse riuscito a farle cambiare idea le probabilità aumentavano esponenzialmente. Poteva sempre dirlo a suo padre quando il bambino avesse avuto due o tre anni, o anche dieci, cifra tonda, magari all'università; se fosse diventato un medico suo padre sarebbe stato talmente felice che avrebbe dimenticato il fatto che lui aveva messo incinta una tizia che loro avevano visto una sola volta quattro anni prima.
Quando Michela era rientrata e aveva visto la culla montata, non aveva fatto nessun commento. Era andata a farsi una lunga doccia e poi aveva cominciato la sua serata di mamma lavoratrice stanca morta. Aveva lavato Nicole, le aveva dato da mangiare e poi l'aveva messa sul seggiolino. Lui aveva cucinato del riso bianco e delle verdure lesse, le uniche cose di cui Michela riusciva a tollerare l'odore. Osservandola mangiare pensò che sembrava così stanca e terribilmente sfatta. La ragazza passava metà della mattinata a vomitare e il resto della giornata con violente nausee che non le solleticavano di certo l'appetito. Nonostante la magrezza, Michela era sempre stata una buona forchetta e vederla mangiare quel cibo da ospedale gli fece tristezza.
Dopo la cena più triste dell'universo, avevano messo la bambina nella nuova culla, sistemata accanto al letto. Il silenzio era piombato improvvisamente. Pallottola si era accucciato nello spazio tra la culla e il letto e Michela si era rannicchiata nel suo lato del letto, crollando in un sonno profondo. Era stanco, avrebbe voluto riposare, approfittando di quell'inaspettato silenzio, ma con la schiena appoggiata alla testata del letto, aveva cominciato a studiare, sul suo tablet, tutto sulla gravidanza. Aveva letto che le nausee, di solito, terminavano alla fine del terzo mese, che l'umore sarebbe migliorato, che le tette sarebbero cresciute, la qual cosa lo rese particolarmente gioioso. Lesse che per la gravidanza andavano prese delle vitamine, sopratutto dell'acido folico o vitamina b9, che serviva per evitare che il bambino nascesse con la spina bifida.
Dopo quella lettura, il mattino dopo, aveva notato che Michela aveva preso una compressa e aveva ricordato che la mattina precedente aveva fatto lo stesso. Incuriosito, il sabato pomeriggio, mentre la ragazza era crollata sul divano, cullando la bambina ormai addormentata nella carrozzina, aveva spiato nel mobile dei medicinali e aveva trovato l'acido folico. Se era intenzionata ad abortire, perché prendeva l'acido folico? Giacomo aveva passato l'intero pomeriggio con quella domanda che gli rimbalzava tra i neuroni. Avevano portato la bambina al parco, come due attenti genitori, ma lui era stato distratto per tutto il tempo. Forse Michela aveva cambiato idea, forse aveva deciso di tenere il bambino. Se era quella la sua intenzione perché non glielo diceva? E se aveva cambiato idea, lui cosa doveva fare? Sarebbe diventato per davvero un padre. Era terrorizzato al solo pensiero. Il gioco si stava trasformando lentamente in realtà.
Anche la notte del sabato era passata interamente in bianco. La domenica mattina si era svegliato con il corpo di Michela che premeva contro il suo. La strinse al petto, avrebbe voluto baciarla, ma aveva promesso. Rimase immobile con il corpo della donna che era accoccolato contro suo fianco. Fissò il soffitto e pensò che l'indomani avrebbero riportato la bambina dai suoi genitori. Gioì al solo pensiero di ritornare a dormire come tutti gli esseri umani normali di sua conoscenza, anche se non era stato poi così male essere genitore. Stancante, ma non impossibile.
“Sono stanchissima” si lagnò la ragazza, parlando al suo fianco
“Perché stai prendendo il folico?” domandò Giacomo a bruciapelo
“Mi controlli?” domandò la ragazza sedendosi a gambe incrociate e stiracchiandosi “Ho sempre mal di schiena da quando...”
“Da quando sei incinta?” terminò il ragazzo “Non è che se non lo dici ad alta voce non lo sei”
“Ti sei svegliato nervoso?” lo stuzzicò Michela “Forse perché dormi poco?”
Giacomo appoggiò il braccio sugli occhi. “Perché prendi il folico, Michi?”
“Me lo ha prescritto il medico per prevenire la spina bifida” spiegò lei tranquilla “viene dato a tutte le gestanti”
“Per avere la spina bifida il bambino dovrebbe nascere” osservò il ragazzo pratico. Michela rimase in silenzio. Lui sollevò il braccio e osservò il viso pensoso di lei. Avrebbe dovuto mollare la presa, ma proprio non riusciva; quella domanda premeva con troppa insistenza nella sua testa “Devo aspettare ancora tanto una risposta?”
“Cosa vuoi sapere, se puoi cominciare a preparare la valigia?” replicò acida
Era terrorizzato dalla risposta che lei stava per dargli, ma non voleva scappare, voleva solo sapere. “Non mi sembra che stia scappando, mi pare” osservò serafico, senza mostrare cedimenti
“Solo perché sei sicuro che abortirò”
“Perché tutti sapete quello che voglio, quando io non sono sicuro di un cazzo” ululò mettendosi a sedere accanto a lei
“Forse se tutti pensiamo la stessa cosa dovresti cominciare a farti un po' di domande”
“Hai deciso di tenerlo?” domandò sicuro “Hai cambiato idea?”
“Prendo l'acido folico dal giorno in cui ho saputo di essere incinta” spiegò la ragazza riprendendo il controllo “Non l'ho mai interrotto, nemmeno la mattina dell'intervento”
“Perché?” Non aveva alcun senso!
“Perché per me non è una cosa facile. Perché abortire non è mai una cosa facile, ma devo fare quello che è giusto” sospirò profondamente “questo bambino ci rovinerà la vita e giocare qualche giorno alla famiglia felice non ci rende una famiglia” si sedette sul bordo del letto, dandogli le spalle “Ho superato il test d'ammissione al Master della Bocconi” perché non glielo aveva detto prima? “Mi sono licenziata il mese scorso. Sto formando una nuova persona prima di andarmene”
“E i soldi?” domandò titubante
“Me li anticipa papà. Gli ho fatto promettere che si tratta di un prestito” portò le mani al petto “parto per Milano il mese prossimo. Voglio tentare, non mi va di lavorare in un call center per tutta la vita” si alzò e appoggiò entrambe le mani sulla barra in legno della culla “Non possiamo tenerlo, Giacomo. I bambini si pianificano non si fanno così”
“Sì, invece. Noi possiamo farcela” sostenne Giacomo senza esitazione, anche se proprio non capiva da dove gli veniva tutta quella sicurezza “Troveremo una soluzione. Michi, ti prego” Perché continuava a supplicarla? “Non possiamo arrenderci alla prima difficoltà”
“Hai ancora quattro giorni per farmi cambiare idea e io continuo a prendere l'acido folico”
Lo prendeva nella speranza di cambiare idea non perché lo avesse fatto. Con un bambino da accudire la loro vita sarebbe stata diversa, avrebbero dovuto fare scelte diverse, scelte difficili. Si alzò e si avvicinò a lei. “So che ti ho promesso che non ti avrei sedotta e ti giuro che non è nelle mie intenzioni, ma...” le avvolse le braccia attorno alle spalle e la strinse al suo corpo “ho solo voglia di stringerti” affondò la testa nei profumati capelli della ragazza “Dacci una possibilità, Michi!”
La ragazza si divincolò dalla stretta dell'uomo e carezzò il viso della bambina.
“È quello che sto facendo” sussurrò


* Lo strano caso del dottor Jekyll e Mister Hyde. Romanzo pubblicato nel 1886 dallo scrittore scozzese Robert Louis Stevenson.



NdA: Spero di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo in tempi più brevi, ma non assicuro nulla, purtroppo ho veramente tantissimo da fare. Mi scuso, soprattutto, con chi recensisce la storia, farò di tutto per terminarla, sviluppandola al meglio.
(spero) a presto!
Raffa

PS: risponderò quanto prima anche alle vostre recensioni. Un abbraccio

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Capitolo 13
*** In bilico ***


Ciao a tutti,
ormai ritardo su ritardo! Vi ringrazio della pazienza e, soprattutto, di continuare a leggere la storia. Spero di riuscire a terminarla.
Per ora vi auguro una buon lettura, sperando che il capitolo sia di vostro gradimento.
Lella


Capitolo XIII
In bilico


La domenica era passata troppo rapidamente. Il cuore di Giacomo era rimasto stretto in una morsa per tutta la giornata, anche se non aveva avuto il tempo di riflettere. Dopo la confessione di Michela, dopo quelle parole dette con tanta disperazione. Questo bambino ci rovinerà la vita. Non possiamo tenerlo! Vuoi tenerlo solo perché sei sicuro che io abortirò. Michela non voleva quel bambino, non voleva sacrificare la sua vita, non voleva continuare a lavorare in un call center per sempre, voleva fare il suo master alla Bocconi, voleva una possibilità di carriera, ma quelli non erano pensieri di Michela Pergolesi.
Perché era così spaventata? Cosa temeva realmente?
La sua mente era affollata da mille pensieri, sui quali non era riuscito a soffermarsi, perché la bambina assorbiva tutto il loro tempo. Avrebbe voluto parlare con Michela, avrebbe voluto capire le ragioni immotivate di quel suo impuntarsi, avrebbe voluto rassicurarla. Lei non era sola ad affrontare quella gravidanza. Lui guadagnava abbastanza e la sua famiglia era sufficientemente benestante da aiutarli all'inizio di quella nuova ed inaspettata vita. Lei non avrebbe dovuto rinunciare a nulla. Milano era lontana, ma era una sistemazione provvisoria. Le cose con il tempo si sarebbero sistemate, invece lei ne parlava come se non ci fosse soluzione alcuna a quella situazione. Doveva affrontare nuovamente Michela se voleva rassicurarla, ma prima doveva superare il pranzo domenicale a casa dei suoi.
Il ragazzo aveva temuto molto il pranzo a casa dei suoi genitori e lo avrebbe evitato molto volentieri, ma l'amica aveva preso molto seriamente quella storia della prova.
“Se dobbiamo replicare la vita genitoriale, i pranzi domenicali a casa della mamma devono diventare un'abitudine; niente più pranzi fuori con gli amici. I bambini sono molto impegnativi e staccare un po' non può che essere utile per una mamma stanca. Trovare cucinato, la nonna che si occupa della bambina per qualche ora, sono cose che non hanno prezzo. Quindi niente storie” aveva ordinato Michela senza ammettere repliche.
Giacomo non era riuscito a controbattere, aveva accettato l'inevitabile sperando nel meglio. Era rimasto con il cuore in gola per tutto il tempo e aveva dimenticato tutti quei pensieri, sperando solo di non innervosire suo padre e pregando che non venisse fuori quella storia della gravidanza prima che Michela non avesse preso una decisione definitiva.
Era rimasto fuori dalla porta dei suoi genitori con il dito a mezz'aria.
“Pranziamo fuori dalla porta?” osservò Michela, sistemando meglio la bambina sul fianco destro
“Facciamo sempre in tempo a tornare indietro” sostenne il ragazzo, nella speranza di convincerla “Michi, amore mio, davvero non è una buona idea. Tu non sai com'è fatto mio padre”
“Tua sorella ha detto che tua madre voleva stare un po' con la bambina e lo sai come la penso su questa cosa” scosse leggermente il capo “Suona il campanello ed entriamo!”
“Michi, ti prego” la supplicò come un bambino capriccioso. Cristo Santo, se suo padre avesse saputo della gravidanza di Michela si sarebbe incazzato come un picchio e lui proprio non aveva voglia di litigare con lui.
“Qual è il problema, Giacomo?” indagò la ragazza stringendo gli occhi
Se avesse detto la verità a Michela, sarebbe stata lei ad incazzarsi come un picchio e lui non aveva voglia di litigare con lei, soprattutto con lei. Sbuffò rumorosamente e, rassegnato, suonò il campanello. Che Dio me la mandi buona!, pensò, mentre la madre apriva la porta.
“Ciao tesoro” salutò la donna “ciao, tu devi essere Michela. Io sono Gaia” si presentò prontamente la donna, avvicinandosi alla ragazza e mostrando un largo sorriso “E questa invece è la bellissima nipotina della nonna” la bambina allargò le braccia in cerca della donna “posso, Michela?”
“Certo, signora” replicò la ragazza serena
La donna prese la bambina dalle braccia della ragazza e si voltò, facendo strada ai due giovani lungo il luminoso corridoio ricolmo di particolari liberty. “Non chiamarmi signora, se mia figlia ti affida la mia nipotina” cosa che sua madre non aveva preso granché bene “e se mio figlio ti porta a conoscere i suoi genitori, suppongo che la vostra sia una storia importante” notizia che invece aveva appreso con grande gioia e che le aveva fatto superare l'affronto fatto da Agnese, che aveva la colpa di aver affidato la preziosa discendente della famiglia Ferri ad una perfetta estranea “quindi chiamami pure Gaia”
Almeno non le aveva chiesto di chiamarla mamma! Sapeva che non era una buona idea portare Michela a casa dei suoi. “Mamma non cominciamo con questa storia” la redarguì il ragazzo, mentre entravano in salone
“Tesoro, è la prima volta che il mio bambino scapestrato invita una ragazza a pranzo di domenica a casa nostra, quindi non rovinare tutto” si voltò verso Michela, che era rimasta stranamente impassibile “Michela, nostro figlio ha spesso parlato di te, della vostra amicizia, quindi mi sembra già di conoscerti, mio marito ha detto che una volta vi ha incontrati in un bar e mi aveva detto che sembravi una ragazza a modo”
“Suo marito è troppo gentile, Gaia, spero di non deludere le vostre aspettative”
Giacomo fissò la ragazza stranito. Che cosa aveva in mente? Perché non replicava dicendo che erano solo amici? “Non deluderai proprio nessuno” insistette lui fermamente
“Giacomo pensavo che questo giorno non sarebbe mai arrivato” replicò la madre con gli occhi sognanti “Michela deve piacerti veramente tanto”
“Mamma smettila di mettermi in imbarazzo, potremmo pranzare per favore senza parlare di me e di Michela o di qualsiasi altra cosa?” prese la bambina e si sedette immusonito sull'enorme divano posto all'angolo dell'ampio salone, cominciando a fare mille facce buffe alla nipotina per strapparle una risata “Papà?” domandò, mentre la bambina rideva a crepapelle
“Tuo padre sta portando il cane a spasso. È uscito quasi un'oretta fa, quindi fra un po' dovrebbe rientrare. Quell'uomo adora quel cane” sentenziò la donna rassegnata “Se potesse chiederebbe il divorzio per andare a vivere con il suo adorato Tommy; credo di essere di troppo certe volte”
Michela scosse la testa divertita. “Allora so da chi ha preso suo figlio. Lui è innamoratissimo di Pallottola; ne ha preteso anche l'affidamento congiunto”
Giacomo per un attimo si immobilizzò.
“L'affidamento congiunto?”
“È una lunghissima storia, un giorno gliela racconterò. Diciamo che non rinuncerebbe mai al suo cane” argomentò l'amica senza dare spiegazioni
“Mio marito e mio figlio si somigliano più di quello che entrambi pensano” sostenne la donna complice “Che ne dici di darmi una mano in cucina, mentre Giacomo si occupa di Nicole?”
“Mamma ti aiuto io” si offrì il ragazzo alzandosi di scatto. Non gli andava di lasciare le due donne a parlottare. “Michela è un'ospite e non voglio che alzi un dito oggi. È già stato abbastanza impegnativo occuparsi della bambina”
“Resta con Nicole” ordinò Michela secca “Io aiuto tua madre”
“Sei sicura?” domandò il ragazzo premuroso
“Certo”
Il ragazzo si avvicinò e le schioccò un rumoroso bacio a stampo sulle labbra. “Se ti serve aiuto, urla e correrò a salvarti dai tentacoli di mia madre” volse uno sguardo severo sulla donna, che era evidentemente gongolante “sembra inoffensiva, ma ti assicuro che è solo apparenza”
“Ce la caveremo benissimo, ma grazie per il supporto”
Le donne uscirono e lui cadde pesantemente sull'enorme divano nero a penisola. Sembrava tutto enorme. La casa dei suoi era gigantesca. Quattro stanze, due bagni, un'enorme balconata che percorreva l'intero perimetro della palazzina di soli due piani e una cucina che era grande quanto il suo appartamento. La casa dei suoi si trovava nel cuore della Camilluccia, uno dei quartieri della Roma bene, quindi Michela sospettava che non fossero proprio degli squattrinati. Quando si erano conosciuti, nel momento in cui la ragazza aveva saputo che i genitori di Giacomo vivevano alla Camillucia, gli aveva chiesto se fossero benestanti. Lui aveva semplicemente replicato: abbastanza! e, a quella secca replica, la ragazza non aveva fatto altre domande. A Giacomo non piaceva che le persone si impicciassero degli affari suoi, non lo aveva mai permesso a nessuno, Michela lo aveva capito immediatamente e anche quando si erano lasciati ed erano diventati amici, la ragazza aveva sempre evitato di essere insistente su domande personali, che lui evitava con destrezza. L'amica non era mai stata a casa sua e ora avrebbe sicuramente capito che la famiglia Ferri era più che abbastanza benestante. Se fosse stata una ragazza diversa, probabilmente lui avrebbe guadagnato numerosi punti da quella inaspettata scoperta, ma lui era più che sicuro che, invece, Michela si sarebbe terribilmente incazzata per quella ennesima bugia, anche se, almeno all'apparenza, sembrava averla presa abbastanza bene.
Dopo mezz'ora suo padre non era ancora rientrato, quelle due non sembravano avere voglia di uscire dalla cucina e lui cominciava seriamente a preoccuparsi. Temeva che quella faccenda della gravidanza venisse fuori; forse avrebbe dovuto chiedere a Michela di evitare l'argomento con i suoi, ma temeva ancor di più che la ragazza la ritenesse l'ennesima dimostrazione della sua incapacità di prendersi delle responsabilità. Quando la tensione aveva raggiunto livelli di ansia allarmanti aveva sistemato la nipotina sul tappetino con i giocattoli e aveva raggiunto le donne in cucina.
Entrando trovò Michela che rideva, con quella risata schietta che gli gonfiava il cuore di allegria, mentre sua madre parlottava fittamente.
“Di cosa ridete?” domandò Giacomo, entrando nella cucina professionale della madre.
La madre era sempre stata una grande appassionata di cucina, prima ancora che le trasmissioni culinarie invadessero le televisioni di tutto il mondo. La donna aveva più accessori di cucina che scarpe e aveva trasmesso la stessa passione anche al giovane figlio.
“Di niente, tesoro” si giustificò la donna sulla difensiva, mentre Michela lo guardava senza riuscire a trattenere la risata
“Mamma, cosa le hai raccontato che mi imbarazzerà per tutta la mia esistenza?”
“Nulla, Giacomo, stai tranquillo, solo cose tra donne” lo rassicurò serena
“Mamma” insistette il ragazzo preoccupato “qualcosa con cui Michela potrà ricattarmi per tutto il resto della vita?”
“Giacomo, tua madre mi ha solo raccontato un episodio decisamente divertente della tua infanzia, ma ti prometto che non lo userò contro di te” spiegò l'amica sollevando la mano, promettendo il silenzio sulla faccenda “sarò una tomba”
“Posso almeno conoscere questo episodio?” La madre sollevò le spalle. “Preferirei saperlo”
“Hai lasciato Nicole da sola?” si informò Michela pratica, nel tentativo di distarlo “Ti ricordo che dovevi badare a lei”
“Michi!”
“Se non sai tua madre cosa potrebbe aver raccontato di imbarazzante, vuol dire che sono parecchi gli avvenimenti imbarazzanti della tua vita” sostenne lei divertita “Mi sa che me li farò raccontare tutti e poi farò un blog tutto su di te”
Era dall'inizio di quella faccenda, da quando l'aveva trascinata in quel gioco di bugie e tradimenti che non la vedeva tanto rilassata. Era così bella. Aveva dimenticato quanto era bello il suo sorriso. “Mamma?” insistette fermo
“Tesoro, sei privo di senso dell'umorismo proprio come lo è tuo padre” si rivolse a Michela con quell'aria di sopportazione che irritava suo padre e che cominciava ad irritare anche lui “Meno male, mia cara, che si affiancano a donne come noi, altrimenti sai che noia la loro vita” Michela ricominciò a ridere. Andavano veramente d'accordo quelle due! Ma le nuore e le suocere non si dovevano odiare con garbo? “Ti ricordi di Ciro Orso?”
“L'orsacchiotto di quando ero bambino?” indagò guardingo
“Ti ricordi quando a otto anni avevi fatto la pipì a letto e hai detto che non eri stato tu, ma era stato Ciro?”
“Ero solo un bambino!” si giustificò allargando le braccia
“Quel giorno ho capito che da grande saresti stato un ottimo avvocato” raccontò la madre, mentre Michela ricominciava a ridere “Quando ti dissi che ero molto arrabbiata con te, non perché avevi fatto la pipì a letto, ma perché dicevi le bugie incolpando il tuo amico orsacchiotto, tu mi rispondesti, stringendo il tuo orsacchiotto al petto, che preferivi che io fossi arrabbiata con te che con il povero Ciro. Mi dicesti: mammina, Ciro è un bravo amico e se qualche volta fa la pipì a letto noi lo dobbiamo perdonare. Se sei arrabbiata con me io lo posso sopportare, ma Ciro non se lo merita” lo scimmiottò con voce fanciullesca, trattenendo a mala pena la ridarella “Amore, eri veramente adorabile. Era impossibile essere arrabbiati con te”
“Michi, non c'è niente da ridere”
“Invece, è veramente divertentissimo” scoppiò Michela singhiozzando “E poi, hai fatto la pipì a letto fino a otto anni” sottolineò divertita
“Veramente fino a dieci” corresse la madre prontamente
“Mamma, per favore. Non è necessario che Michela sappia ogni cosa di me” sostenne sbigottito
“Speriamo che il bambino non prenda da te” replicò Michela, asciugandosi gli occhi
“Cosa?” domandò la donna incredula
Cristo!
“Quale bambino?” domandò una calda voce maschile alle loro spalle
Porca puttana! E lui da dove era saltato fuori?
Michela lo fissò allarmata. Chiaramente non l'aveva fatto a posto, le era scappato, d'altronde la situazione era talmente rilassata che doveva aspettarselo che saltasse fuori. Avrebbe preferito non dirlo ai suoi genitori, avrebbe preferito non dirlo mai a suo padre, ma ormai era fatta.
“Aspettiamo un bambino. Michi è incinta di quasi tre mesi, ma non sappiamo ancora se terremo il bambino” spiegò tenendo lo sguardo fisso su suo padre “stiamo valutando i pro e i contro”
“Non sapete se lo terrete o non sai se tu lo terrai?” domandò suo padre caustico “stai valutando?” sarebbe sicuramente partito all'attacco “Sarebbe la prima volta! E, ovviamente, cominci nel momento meno opportuno. Un figlio non si valuta se tenerlo. Sei sempre pronto a estrometterti da ogni responsabilità, mai che...”
“Ti stupisca?” lo interruppe il figlio furioso “E perché mai dovrei, tu pensi sempre che io sia in errore, forse qualche volta potresti provare a concedermi il beneficio del dubbio”
“Ho smesso di farlo molto tempo fa ed in ogni modo, in questo caso mi sembrerebbe inopportuno concederti il beneficio del dubbio, ma forse potremmo valutarlo!” terminò ironico
Giacomo scosse la testa indispettito. Senza sapere nulla suo padre, come sempre, lo aveva giudicato e condannato. “Non sai nemmeno quello di cui stai parlando e ti stai intromettendo in affari che non ti appartengono. Questi sono fatti miei e di Michela e tu devi restarne fuori” urlò spazientito
“Tua madre ti ha viziato troppo e il risultato è che non riesci a prenderti le responsabilità che dovrebbe assumersi un uomo!” constatò il padre furibondo, senza però perdere il controllo “Sei rimasto lo stesso adolescente senza principi. Un uomo che ancora fa baldoria con i suoi amici debosciati e gioca con i sentimenti e la vita degli altri”
“Giacomo vuole tenerlo il bambino” sbottò Michela in un fiato. Il silenzio era caduto nella stanza e i due uomini avevano terminato immediatamente di battibeccare. La ragazza chiuse gli occhi e sospirò profondamente. “Lui non ha dubbi; sono io che non so che fare. Giacomo sta facendo di tutto per convincermi che saremo dei buoni genitori” si volse verso l'uomo che la fissava con stupore “Non credo che suo figlio meriti i suoi rimproveri; non questa volta almeno” appoggiò la mano sul ventre ancora piatto “Il bambino è mio e di Giacomo, spetta solo a noi due la decisione. Le dico quello che ho detto a mio padre. Io e Giacomo siamo due persone adulte e non abbiamo bisogno dell'approvazione di nessuno, con tutto il rispetto signore, nemmeno della sua”
Giacomo fissò la ragazza con ammirazione, ma per un attimo temette la reazione furiosa del padre. “Papà, preferirei che ne restassi fuori, quello che vuole dire Michi”
“Mi sembra che quello che vuole dire la tua Michi sia abbastanza chiaro e, ovviamente, il suo ragionamento non ha niente da eccepire” suo padre non sembrava arrabbiato. Dov'era il trucco? “Qualsiasi decisione prenderete per noi andrà più che bene, né io, né tua madre metteremo bocca in questa storia” sorrise a Michela compiaciuto “Mio figlio è un uomo fortunato, spero che qualsiasi decisione prenderete non ti lascerà andare” diede una risoluta pacca sulla spalla al figlio “Nicole ha cominciato a piangere, lasciamo le nostre donne alle loro chiacchiere e cominciamo ad apparecchiare”
La situazione gli era sfuggita di mano e aveva sbattuto il muso contro l'imprevedibilità di Michela, ma la ragazza era riuscita magistralmente a sistemare le cose ed era riuscita, contro ogni sua più rosea aspettativa, a conquistare i suoi genitori. Dopo quel battibecco e dopo la coraggiosa reazione dell'amica, Giacomo aveva finalmente chiaro cosa doveva fare; suo padre gli aveva inconsapevolmente mostrato la strada, anche se per un momento se le era vista davvero brutta. Michela aveva combattuto come una leonessa ed era quella parte del carattere della ragazza che lui aveva sempre ammirato, quel carattere fiero che gli aveva impedito di lasciarla andare anche quando la loro storia era finita.
La giornata era passata rapidamente. Nicole aveva fatto un po' di capricci, ma la nonna si era occupata di lei, lasciando ai due ragazzi un po' di meritato riposo. Suo padre aveva parlato a lungo con Michela e, il ragazzo, aveva notato con stupore che l'uomo aveva letteralmente monopolizzato la conversazione con lei. Avevano trovato moltissimi punti in comune; anche se suo padre da bravo matematico non amava particolarmente gli economisti, ma Michela aveva decisamente fatto colpo. L'uomo era convinto che il figlio e la ragazza stessero insieme e, d'altronde l'amica non aveva detto nulla che potesse convincerlo del contrario. Nonostante l'annuncio di quella inattesa gravidanza, i suoi genitori avevano appreso la notizia della sua relazione con Michela con estremo entusiasmo. Lui era letteralmente scomparso, la sua intera figura era stata eclissata da quella di Michela. L'aveva osservata per tutto il tempo chiacchierare con suo padre, civettare con sua madre e occuparsi della bambina con la stessa attenzione che aveva a casa. Perché l'aveva lasciata andare? La vecchia che vendeva spezie e dispensava saggezza in quel mercato turco aveva ragione: era talmente impegnato a scansare l'amore che quando era arrivato non era stato in grado di riconoscerlo. Non era sicuro di volere il bambino, non era sicuro che sarebbe mai riuscito ad essere un buon padre, ma non voleva più lasciarla andare, voleva stare con lei e gli era anche venuta una gran voglia di scopare, voglia che sicuramente la ragazza non avrebbe soddisfatto. Rientrarono a casa che erano le nove passate. In macchina nessuno dei due aveva spiccicato una sola parola, erano entrati in casa ignorandosi, entrambi rapiti dai loro pensieri. Giacomo, entrando, lanciò le chiavi sul tavolo e portò un troppo esuberante Pallottola a fare la passeggiata serale, mentre Michela si era dedicata alla messa a letto della bambina.
Camminava lungo il viale alberato pensando a quella serata, a suo padre, al padre che lui avrebbe voluto essere. Era buio e la sera cominciava a rinfrescare parecchio. Si strinse nel giubbetto di jeans, mentre il cane lo tirava per andare verso il solito giardinetto. Pallottola non aveva gran voglia di rientrare a casa, probabilmente perché lo avevano lasciato solo troppe ore, ma sarebbe stato impossibile portarlo a casa dei suoi genitori, sua madre aveva grosse difficoltà con gli animali e già sopportava con stoicismo il cane che suo padre aveva quasi ucciso qualche anno prima e che poi aveva deciso di tenere, nonostante le obiezioni della moglie. D'altronde, neanche a lui andava di rientrare; temeva che il desiderio di lei lo avrebbe sopraffatto e lo avrebbe spinto a rompere la promessa fatta a Michela di non sedurla. Non voleva inutili scontri che sarebbero, sicuramente, giunti all'impossibile. Non voleva concedere alla ragazza la possibilità di rinfacciarle l'ennesima bugia sulla ricchezza dei suoi genitori. Quando era rientrato, la casa era buia e silenziosa; c'era solo la luce tenue dell'abat-juor che illuminava la camera da letto. Era stato a passeggio per quasi tre quarti d'ora, quindi sperò che la ragazza dormisse profondamente. Staccò il guinzaglio in pelle marrone dal collare in acciaio di Pallottola, il quale sfrecciò in camera da letto, appallottolandosi accanto al lettino della bambina. Michela, non dormiva, era seduta sul letto a gambe incrociate e fissava la scena con tenero trasporto. Era ancora sveglia e sembrava sul piede di guerra. Maledizione!
“Mi dispiace, non volevo che i tuoi lo sapessero così; pensavo che tu glielo avessi detto” il ragazzo scosse la testa stupito da quello strano atteggiamento arrendevole “Tuo padre è un uomo duro”
“Mio padre è un grandissimo stronzo” replicò Giacomo cominciando a spogliarsi “Lui è sempre pronto ad attaccarmi per qualsiasi sciocchezza”. Era la prima volta che esternava ad una persona estranea alla sua famiglia i sentimenti contrastanti che provava per suo padre.
“Una gravidanza non è una sciocchezza” osservò la ragazza flemmatica, giocherellando con le dita dei piedi
“Lo avrebbe fatto anche se gli avessi detto che avevi un callo” si sfilò i calzoni e li sistemò sulla sedia sistemata accanto al comò “Mio padre non...”
“Cosa è successo fra voi?” domandò Michela incuriosita, interrompendo il filo dei suoi pensieri
“Perché deve essere successo per forza qualcosa? Mio padre e io semplicemente non andiamo d'accordo. È semplice”
Michela scosse la testa e lo fissò con uno strano sorrisetto ironico. “Tuo padre è un uomo razionale, Giacomo, e non credo che il suo giudizio sia obnubilato dalle vostre differenze caratteriali. Che cosa gli hai fatto?”
“A lui, proprio un bel niente!” obiettò, sedendosi accanto alla ragazza
Il materasso scricchiolò appena, sollecitato dal suo peso. “Che fai resti in boxer?” osservò la ragazza sgomenta “Non hai freddo?”
“Volevo proporti un intrattenimento di tipo ludico-ricreativo per distrarci un po' da questa dura giornata, che sarebbe anche un ottimo rimedio per riscaldarsi” propose ammiccante, avvicinando il suo viso a quello della ragazza
“Giacomo, a questo punto direi che qualsiasi cosa sia successa fra te e tuo padre, sicuramente non è stata una sciocchezza, visto che stai tentando di sviare il discorso cercando di sedurmi, anche se avevi promesso che non lo avresti fatto” replicò la ragazza senza scomporsi “Perché non provi a raccontarmi la storia dall'inizio, magari potrei aiutarti”
Giacomo si inumidì le labbra. “Ci sono modi migliori in cui potresti aiutarmi. Sono molto nervoso, Michi” sorrise, preda del desiderio di lei e del desiderio di allontanare dalla sua testa scomodi ricordi “Perché non mi aiuti a rilassarmi un po'?”
“Cosa hai fatto a tuo padre?” insistette lei risoluta
Perché era così insistente? L'amica aveva infranto il tacito accordo che c'era fra loro: nessuna domande, nessuna intromissione! “Te l'ho detto, non gli ho fatto un cazzo a mio padre” sbottò staccandosi da lei e scompigliandosi i corti capelli stizzito “Ero solo un ragazzo e i ragazzi fanno delle stronzate. Invece, lui no, dopo dieci anni sta ancora lì a rompermi il cazzo su una cazzata”
“Non credo sia propriamente una cazzata, mi sembri troppo nervoso” strinse le ginocchia al petto e lo osservò con aria malinconica “Se non gli hai fatto niente; allora cosa non hai fatto a tuo padre che lo ha turbato così tanto da ricordarlo ancora dopo dieci anni?”
“Mio padre è un uomo pesante”
“Ottima argomentazione per giustificarti”
Giacomo la fissava stranito. Se glielo avesse raccontato, Michela lo avrebbe giudicato male, proprio come suo padre, non avrebbe capito. Lei era dura ed inflessibile sugli errori, proprio come lui. Non poteva raccontarglielo. La spinse supina sul letto e si sistemò sopra di lei
“Che vuoi fare?” il ragazzo le trattenne entrambe le mani sopra la testa e avvicinò il suo viso a quello di lei “Lasciami Giacomo, mi fai male”
Appoggiò le sue labbra su quelle di Michela, aveva voglia di baciarla, di sentire il suo sapore, aveva voglia di lei, di sentire il calore della sua pelle, il sapore della sua carne eccitata dal desiderio. Accarezzava le labbra di lei con le sue, mentre con la lingua cercava di trovare un varco nella sua bocca. “Michi, ti prego” la ragazza, a quella accorata supplica, dischiuse la bocca e permise alla lingua del ragazzo di spingersi in cerca della sua. E, finalmente, accondiscese a quel suo impeto e si persero in un coinvolgente bacio carico di desiderio. Giacomo, ormai sazio, si staccò da lei e le liberò i polsi. “Ora va molto meglio” appoggiò la fronte su quella calda della ragazza “Se non vuoi il bambino, non cercherò più di convincerti a tenerlo”
“Sei già stanco di fare il padre?” lo schernì lei con distacco
“Dammi tregua, Michi” sospirò profondamente, fissando il suo viso deluso. Chiuse gli occhi “Ascoltami. Ascolta prima quello che ho da dire. Io non voglio che tu pensi che voglia stare con te solo per questo bambino, perché non è così. Io voglio questo bambino perché voglio stare con te” le confessò per la prima volta, sentendosi finalmente alleggerito da un enorme fardello
“Perché fai così?” sbottò la ragazza, spingendo con forza le mani contro il petto nudo del ragazzo, cercando di liberarsi dalla peso di lui “Lo avevi promesso. Avevi promesso...”
Giacomo lasciò che lei si liberasse. “...che non ti avrei sedotto e non lo farò” terminò sincero “Voglio solo che tu sappia che, anche, se deciderai di non tenere il bambino, io voglio che tu tenga me al tuo fianco”
“Perché fai così?” ripeté la ragazza arrabbiata, cercando di non alzare la voce per timore che la bambina piangesse
Non voleva più segreti con lei. Aveva fatto la sua scelta; aveva scelto di lasciarsi andare. “Quando terminai il ginnasio e cominciai il liceo, mi capitò un professore di matematica che era un ingegnere fallito e frustrato. Antonio Cristiano. Io ero bravo a scuola, ma non avevo un carattere facile. Avevo la media del nove, tranne in matematica. Quello stronzo mi aveva rimandato in prima e in seconda liceo. Capirai l'affronto. Mio padre, il grande matematico universitario, mi faceva lezioni personalizzate, ma più lui mi pressava e più i miei voti peggioravano. In quel periodo litigavo con mio padre continuamente, ad un certo punto mi aveva anche proibito di uscire, visto che quel maledetto stronzo di Cristiano gli aveva raccontato che a scuola ero noto per il mio atteggiamento provocatorio nei confronti degli insegnanti e dei compagni di classe più deboli”
“Mi stai dicendo che eri un bullo?” si informò Michela sgomenta
“No, ero solo piuttosto vivace, ma a mio padre non andava bene. Lui è un uomo tutto d'un pezzo, un tipo all'antica. Avevo provato a parlare con il professore Cristiano, dicendogli che avevo già problemi con mio padre e che volevo evitarne altri. Gli assicurai che mi sarei comportato bene, che avrei recuperato la sua materia, che durante la maturità sarebbe stato orgoglioso di me, ma lui mi derise e mi disse. Li conosco i tipi come te: figli di papà pieni di soldi che pensano che tutto gli sia dovuto. Non fai nessuno sforzo, vai bene in quelle materie dove non devi fare assolutamente nulla, ma non ti impegni nella mia perché sei sicuro che avendo voti alti nelle altre, io sarò costretto a promuoverti. La verità, Ferri, è che tu sei solo una mela marcia e tutti i soldi di tuo padre non cambieranno mai quello che sei
“Era stato troppo duro!” constatò Michela con uno sguardo intenerito e furioso
Giacomo, in tutti quegli anni, aveva cercato inutilmente di allontanare quell'antico ricordo e di metterlo nel dimenticatoio. Era appena un ragazzo ed era consapevole, ormai adulto, che quella decisione era stata solo il capriccio di un ragazzino viziato eppure quella mattata, aveva cambiato il corso della sua vita e aveva incrinato per sempre il rapporto fra lui e suo padre.
“Invece aveva ragione e quelle parole mi avevano colpito profondamente” incrociò le gambe e si piazzò proprio di fronte alla ragazza. Non era una storia facile da raccontare, ma non avrebbe abbassato lo sguardo davanti a lei. “Ero furioso e volevo fargliela pagare, ma lui era un professore ed io un ragazzo all'ultimo anno di liceo. Cercai di fare quanto mi ero ripromesso, cercai di rigare dritto, ma lui si era impuntato. All'ultimo colloquio dell'anno aveva preteso di parlare con mio padre. Ero terrorizzato da quella richiesta, ma non c'era modo di impedirlo e mio padre non era uomo da rifiutare gli inviti. Cristiano gli raccontò che io e i miei compagni di classe facevamo girare dei video spinti”
“Cosa?” esternò la ragazza basita “Spinti in che senso?”
“Non erano video, ma foto. Genitali femminili, maschili, mutandine, mani che toccavano, cose del genere; ma mai volti. Era solo un gioco e nessuno si faceva male”
“Era una cosa disgustosa!” esclamò la ragazza storcendo il naso “Perché?”
“Non so, allora suppongo ci sembrasse divertente. In ogni modo non era una cosa da raccontare a mio padre. Quando arrivai a casa papà mi chiese se fosse vero. Non costringermi a controllare il cellulare, non vorrei rimanere più colpito dalla realtà che dall'immaginazione . Furono queste le sue testuali parole. Annuii e sperai che la punizione non fosse troppo esemplare, visto che avevo confessato immediatamente. Mi ordinò di cancellare tutte le immagini, tutte le foto, tutti i numeri dei miei amici e poi mi sequestrò il cellulare e mi segregò in casa fino alla fine dell'anno scolastico. Rimasi quindici giorni a casa a studiare come un matto e quando rientrai a scuola mi fu comunque proibito di uscire di sera fino a contrordine. Chiesi spiegazione al professor Cristiano e lui, con aria flemmatica, disse semplicemente che sapeva bene di chi era stata l'idea di quelle foto. Lui era convinto che fossi stato io, perché non avevo rispetto per niente e per nessuno. Non replicai, presi semplicemente atto che non potevo convincerlo del contrario, perché lui aveva già deciso”
“Eri stato tu?”
“Non era stata mia l'idea, se è questo che vuoi sapere, ma fu mia la prima foto che girò per la scuola. Le mutandine di Giovanna Marra. Cotone bianco” chiuse gli occhi perso in quel vecchio ricordo “una scommessa, niente di più. Poi le scommesse tra noi della classe diventarono sempre più ardite e la platea degli scommettitori sempre più estesa. Alla fine scomparvero anche le mutande e ai genitali si susseguirono scene di sesso esplicito che giravano incontrollate per tutta la scuola. Tutto terminò con la fine dell'anno scolastico. Lui doveva solo far finta di niente”
“Era un insegnate e aveva il dovere di fermare una cosa che avrebbe potuto ferire qualcuno”
“Eravamo solo dei ragazzi, Michi. Quello che tu e mio padre non siete mai stati nella vita. Se pensava che potesse essere un problema avrebbe semplicemente dovuto parlarne con noi e affrontare la faccenda all'interno della classe, non avrebbe dovuto coinvolgere mio padre. Mi aveva sfidato” esternò, ancora soggiogato dalla rabbia
“Che cosa hai fatto?” domandò lei con aria preoccupata
Giacomo appoggiò i palmi delle mani all'indietro e sollevò la testa. Non avrebbe avuto il coraggio di raccontarlo se non avesse distolto lo sguardo. “Cristiano aveva una figlia più giovane di me di un anno che frequentava la prima liceo. Era carina ed era nota a scuola per essere una abbastanza facile da rimorchiare”
“Ti sei scopato la figlia del tuo professore?” domandò la ragazza perplessa
“Tesoro, l'allegra Teresa se l'era scopata metà della mia classe e l'altra metà non lo aveva fatto perché erano ragazze. Se non fossimo stati in un liceo classico, in cui notoriamente il numero di ragazzi scarseggia, avrebbe superato ogni record” sostenne riportando il suo sguardo su di lei “Era notevole la ragazza, con un padre così era chiaro il perché tendesse al sesso con una certa libertà, ma non sono qui per giudicarla. Ci siamo divertiti parecchio io e Teresa. Ti ho detto che non c'erano video e che non c'erano facce” sospirò “Non ci sono stati fino a Teresa Cristiano. La filmai mentre mi faceva un pompino, con tanto di commenti, molto poco lusinghieri per qualsiasi donna. Terminava con: Te lo posso mettere nel culo alla faccia del tuo paparino? Lei che diceva di sì. Quello che è successo dopo non l'ho filmato, ho preferito lasciare solo l'audio. Avevo pensato che sarebbe stato molto più divertente se lui avesse immaginato quello che stavo facendo alla sua bambina, invece che mostrarglielo”
“Sei uno schifoso pervertito!”
“Ero un ragazzo e lei era una vendetta facile e a portata di mano”
“Hai fatto girare il filmino nella scuola?”
“Nooo, certo che no! Non volevo punire Teresa, ma suo padre. Nessuno sapeva di quel filmino, nessuno tranne Cristiano. Lo duplicai su un bel CD Rom e glielo misi nel suo cassetto, dentro il registro personale. Cazzo, Michi, sentivo che avrei potuto fare qualsiasi cosa dopo quello. Lo avevo stracciato. Pensai che si sarebbe comportato bene, che per evitare che il filmino della figlia girasse per la scuola avrebbe evitato ogni scontro, ma Cristiano era un uomo imprevedibile e la sua imprevedibilità cambiò la mia vita. Qualche giorno dopo l'esame di maturità, superato brillantemente, anche se non a pieni voti, visto che Cristiano non cedette mai sulla sua posizione, mio padre mi chiamò nel suo ufficio a lavoro. Pensavo che volesse restituirmi il cellulare e la libertà come premio, invece mi fece sedere e mi porse un CD Rom. Lo riconosci?, mi domandò con una freddezza che mi aveva raggelato. So che non ha senso, era un CD qualsiasi, senza nessuna scritta particolare, ma avevo capito subito di cosa si trattava. Era il CD in cui era filmato il video della scopata con la figlia del mio professore di matematica. Mio padre non mostrava nessuna emozione. Mi disse che aveva visto il video, che lo avevo profondamente deluso, che c'era differenza fra essere liberi ed essere degli stronzi senza coscienza. Mi disse che l'unica cosa di cui era profondamente addolorato era che non poteva smettere di essere mio padre, ma quello che avrebbe fatto, per il bene di entrambi, era smettere di trattarmi come un figlio” Michela lo fissava silenziosa, con lo stesso sguardo impassibile che suo padre aveva quel giorno “Mi cacciò di casa. Mi informò che mi aveva già trovato una sistemazione in un appartamento per studenti universitari. Una bettola con quattro persone in una doppia, sulla Tiburtina. Mi disse, che per tranquillizzare mia madre mi avrebbe pagato la retta universitaria, ma le bollette, il cibo e il divertimento, me li dovevo guadagnare da solo. Disse che i privilegi avevano annebbiato il mio giudizio, mi disse che i privilegi andavano guadagnati, mi disse che io non ero degno dei privilegi che mi erano stati concessi. Durante l'università, per potermi mantenere, facevo tre lavori. Mi sono laureato in giurisprudenza in tre anni e una sessione con il massimo dei voti. Mio padre non si presentò alla mia seduta di laurea, vennero solo mia madre, mia sorella maggiore e mia zia Anna, in rappresentanza della famiglia Ferri. Ho superato l'abilitazione al primo colpo e qualche mese dopo, ho trovato lavoro nello studio di Petroli, che era un vecchio amico di mio padre, anche se non ho mai ricevuto privilegi per questo. Mio padre mi rivolge a malapena la parola da dieci anni, figurarsi se muoverebbe un dito per me. Ho comprato il mio appartamento tutto da solo e pagherò il mutuo per i prossimi vent'anni, nonostante la mia famiglia sia molto più che abbastanza benestante, come ti sarai accorta” Michela era troppo silenziosa e quel soliloquio cominciava ad agitarlo “Nonostante la famiglia di mia madre sia una nota famiglia di palazzinari, nonostante un giorno erediterò, insieme a mia sorella, non so quanti appartamenti disseminati per Roma” sospirò, come se si fosse finalmente liberato da un peso.”Resterai ancora per molto in silenzio? Perché la mia storia è finita!”
“Cosa dovrei dire?”
“Quello che ti passa per la testa” esternò lui, carezzando il viso ambrato di lei
“Perché me lo hai raccontato? Perché mi hai raccontato un episodio della tua vita che mi conferma solo che sei un uomo prepotente, che sei un bastardo manipolatore e vendicativo?” scosse la testa sgomenta “Perché?”
Perché era quello che lei aveva chiesto, anche se non immaginava di scoperchiare un antico vaso . “Perché volevi saperlo ed io ho risposto alla tua insistente domanda” sostenne fermo “Ero solo un ragazzo, Michi, ma sono cambiato. Mio padre, anche se ho sempre pensato che avrebbe potuto trovare una soluzione meno radicale, mi ha aiutato ad essere un uomo migliore del ragazzo che ero” sostenne orgoglioso “Mi sono guadagnato il suo perdono, anche se lui non sembra essersene accorto. Per dieci anni ho provato ad espiare la mia colpa, ma sembra che non sia mai sufficiente”
“Cosa ti aspettavi da lui? Cosa ti aspetti da me? Vuoi che ti dica quanto sei stato bravo o preferisci un lungo applauso?”
“No, niente applausi, niente bravo Giacomo. Che cazzo, Michi, tu sei identica a mio padre!” Michela strinse gli occhi furiosa, fissandolo con astio. “Tu hai fiducia nelle persone; una fiducia incondizionata. La maggior parte della gente non si fida del prossimo. Erge muri e preclude la mente. Con la gente normale bisogna acquistare punti fiducia; perché la fiducia è una cosa che si conquista lentamente, ma per quelli come voi è diverso. Voi partite da fiducia dieci, quindi non si può migliorare, si può solo perdere punti. E i punti persi difficilmente si riesce a recuperarli. Voi non ergete muri per difendervi dal prossimo e poi togliete mattone dopo mattone, per concedergli uno spiraglio, voi il muro lo tirate su, aggiungendo mattone dopo mattone ad ogni errore, finché i muri sono diventati troppo alti e le persone che vi amano restano fuori e senza possibilità di rientrare”
“Non capisco dove vuoi andare a parare”
“Io sono mortificato di non essere perfetto, di commettere errori imperdonabili, ma imparo dai miei errori e provo a migliorare me stesso. Perché nessuno dei due riesce ad apprezzarlo? Mi dispiace di averti ferita, di averti usata, di non aver capito prima quanto tu fossi importante per me, ma sto cercando di recuperare”
La ragazza sospirò profondamente “Giacomo, recuperare cosa? Stai inutilmente complicando le cose. Tu non sei capace di stare con una sola donna e non sarai mai capace di prenderti cura di questo bambino. Non capisco perché continui ad insistere. Sai come andrà a finire: che ti stancherai e mi lascerai da sola ad occuparmi di lui. A quel punto, dimmi cosa sarà di me e di tuo figlio quando questo accadrà?”
Se ne occuperanno i miei solerti genitori ! pensò, senza esternare quel pensiero che avrebbe fatto arrabbiare la ragazza. “In Turchia ho conosciuto una donna”
“E che vuoi che me ne importi?” domandò attonita “Vuoi già raccontarmi della donna che ti spingerà ad abbandonare la tua quasi famiglia?” lo schernì svagata
“Era una donna anziana” puntualizzò serio “Abbiamo chiacchierato molto e abbiamo parlato molto di te. Mi ha detto che non sarei mai riuscito a trovare la donna della mia vita se fossi stato tutto il tempo impegnato a scansarla” le sorrise con il cuore gonfio nel petto “Ho smesso di scansarla, ho smesso di chiedere e di farmi domande, ho deciso di seguire l'istinto. Tutto quello che è successo tra noi, questo bambino che forse non nascerà mai, tutto quello che ho combinato. Tutte queste cose mi aiutano a crescere. Io voglio stare con te, Michela Pergolesi. Ti prego, non fare come mio padre, cerca di vedere oltre i miei errori, non lasciarti accecare dalla delusione. Accetta i miei errori e, anche se non potrai mai perdonarmi, cerca di vedere quello che poi sono diventato, non quello che ero”
La ragazza affondò le mani nei corti capelli, abbassò la testa, chiuse gli occhi e spinse con forza i palmi contro le tempie. “Non ti permetterò più di spezzarmi il cuore!” pronunciò in un sussurro
Giacomo afferrò i sottili polsi della ragazza e allontanò le mani che ancora spingevano con rabbia contro le tempie. Michela sollevò lo sguardo e fissò i suoi splendidi occhi neri in quelli verdi di lui. “Non lo farò”
“Tu sei un bugiardo. Tu lo farai di nuovo. Lo farai altre mille volte” sbottò, combattendo contro se stessa. “È nella tua natura, Giacomo!”
“Spezzami il cuore, Michi” ordinò lui risoluto
“Cosa?” fece la ragazza, fissandolo dubbiosa
“Io ti amo, quindi da questo momento in poi anche tu potrai spezzarmi il cuore”
“Tu cosa?”
“Io ti amo” ripeté senza esitazione
Michela cercò di divincolarsi. “Lasciami, brutto idiota” urlò stizzita “Io non voglio stare con te. Tu devi lasciarmi in pace! Non cadrò nel tuo stupido trabocchetto”
Le sue urla avevano svegliato la bambina, che aveva cominciato a piangere disperata. Forse se l'avesse chiusa in un armadio, avvolta in una coperta, il pianto sarebbe risultato attutito e lui avrebbe continuato quella fondamentale discussione con Michela. Sperò che suo figlio, semmai fosse mai nato, non avrebbe avuto la stessa ugola della cuginetta. “Meglio” replicò flemmatico “Se non vorrai stare con me, mi spezzerai il cuore e allora saremo finalmente pari” appoggiò le sue labbra su quelle della ragazza “Michi, fidati di me”
“Non posso” sussurrò. La sua voce era coperta dalle urla della bambina “Lasciami Giacomo, devo occuparmi di Nicole”
“Michi” lasciò rassegnato i polsi della ragazza “Ti lascerò andare se è questo che desideri, ma io ti amo per davvero”
La ragazza si alzò e sollevò la bambina dalla culla, stringendola al petto. Andava avanti e indietro nella stanza in attesa che si riaddormentasse, carezzandole la schiena e sussurrandole parole segrete e silenziose. Giacomo la fissava, ipnotizzato da quei movimenti ripetitivi. Scosse la testa, come per ridestarsi da un sogno fatto ad occhi aperti, si rialzò lentamente e indossò la tuta grigia che usava per la notte. Rimase in piedi a fissarla seccato, ma consapevole dell'inevitabile. Michela aveva fatto la sua scelta. Era, inizialmente, sicuro che sarebbe riuscito a convincerla, ma la sua risolutezza cominciava a traballare. Lei era irremovibile. Lo aveva condannato senza possibilità di appello. Lei non si fidava più di lui. Gli vennero alla mente le parole che aveva letto in un libro della Fallaci. Un cappello pieno di ciliegie. Un mattone di quasi novecento pagine che narrava delle vicende familiari dell'autrice dalla fine del 1700 alla fine del 1800, passando attraversi un secolo di storia. All'inizio non aveva capito perché la madre glielo avesse regalato per il suo ventunesimo compleanno, non era il suo genere di libro, un libro da femmina, pieno di introspezione e di storie raccontate bene, ma esageratamente lente per il ragazzo che era allora. Eppure, mentre proseguiva nella lettura della storia, anche se con troppa lentezza ne venne rapito, perché comprese le ragioni di quel regalo. Sua madre voleva parlargli, attraverso quel libro.
Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo. E a subirla ti senti ingannato, beffato, umiliato. La vittima d’una ingiustizia che non t’aspettavi, d’un fallimento che non meritavi.
A quei tempi aveva pensato che quelle parole rispecchiassero con precisione i sentimenti di suo padre e che se era così che si sentiva l'uomo che lo aveva cresciuto: ingannato, beffato, umiliato, tradito, allora non lo avrebbe mai più perdonato. Ed in quel momento, guardando Michela che cullava la bambina, quelle parole gli ritornarono prepotentemente alla mente. Per la prima volta realizzò che anche se ci si sforzava di imparare dai propri errori non sempre era possibile recuperare, forse doveva imparare a non ferire le persone se non voleva perderle.
“Spero che il nostro bambino sia meno piagnone, altrimenti prima che vada alla materna, noi saremo sotto tre metri di terra” osservò rimettendo la bambina nella culla
Giacomo rimase per un attimo confuso. Fermo, immobile, inchiodato al suolo. “Sei sicura?” balbettò incerto
Michela strinse con forza il legno della culla, sospirò profondamente e si voltò. “Giacomo, non mi interessa se ti stancherai di me, non mi importa nulla se deciderai di stare con Valeria, Fausta, Giovanna o Lucrezia o in qualunque modo si chiamerà la tua donna del momento, ma se ti stancherai di tuo figlio, se lo ferirai, lo deluderai e lo userai come hai fatto con me e come fai con chiunque ti stia accanto, giuro su mio padre che io ti uccido” latrò come una leonessa
Il ragazzo si avvicinò e le cinse i fianchi, spingendo il corpo della ragazza contro il suo. “Fidati di me!” abbassò la testa, appoggiando la sua fronte su quella calda di lei “Ti amo” era la prima volta che lo diceva ad una donna con tanta sincera convinzione. Spinse le sue labbra su quelle calde e umide di lei, perdendosi nel sapore della sua bocca. Si staccò di malavoglia e rimase in attesa che le stesse due parole fossero pronunciate anche dalla ragazza, con la stessa enfasi, lo stesso trasporto, la stessa convinzione, ma quelle parole non arrivavano. La ragazza si girò e rimboccò meglio la copertina di cotone arancio nella culla della bambina. “Posso sperare di appianare le nostre ultime divergenze tra le lenzuola, in una sana ginnastica da letto?” domandò indispettito, cercando di mascherare la sua delusione “Ne ho una voglia matta e disperatissima. Ho voglia di te” esternò con la voce arrochita dal desiderio “Michi” sussurrò appena, stringendo la ragazza e perdendosi nel profumo fruttato che emanavano i suoi corti capelli.
“Dovrai essere molto più convincente di così” esternò la ragazza con voce piatta, anche se il suo respiro era pesante e il suo petto si sollevava rapido; era evidente che anche lei combatteva contro il suo stesso desiderio “La bambina domani mattina ritornerà a casa, sono sicura che avrai molte più possibilità di riuscita” lo pungolò, rimanendo immobile tra le sue braccia
Michela lo aveva nuovamente lasciato in bilico fra ciò che lui desiderava e ciò che lei le concedeva. Era combattuto! Avrebbe voluto afferrarla per le spalle, voltarla con forza e baciarla finché non avesse cambiato idea, finché accondiscendente non si fosse arresa alle sue voglie, ma sarebbe stato il solito Giacomo di cui lei non si fidava, le avrebbe solo porto su un piatto d'argento l'ennesimo mattone per il suo muro di sfiducia. Era frustrato per quella incerta condizione in cui Michela lo aveva fatto sprofondare. Era sicuro che nel momento in cui le avesse confessato di amarla lei avrebbe ceduto, che quel capitolo si sarebbe chiuso e che sarebbero vissuti felici e contenti fino al capitolo successivo, invece non era stato così; lei continuava con quella sua immotivata ritrosia. Ma, sapeva che era solo questione di tempo, la ragazza aveva scelto di tenere il bambino. C'era riuscito! Era riuscito a convincerla del suo sincero desiderio di crescere il loro bambino, sarebbe riuscito anche in quella nuova impresa. Michela lo desiderava, temeva solo che lui la ferisse nuovamente, ma lui l'avrebbe protetta; loro sarebbero stati una famiglia, lui sarebbe diventato papà.
Il pensiero gli strinse per un attimo il cuore nel petto. La sua vita aveva preso una strana inimmaginabile piega... un figlio! Chi lo avrebbe mai detto!
“Non mollo, Michi” replicò rilassato “Sono un ragazzo pieno di risorse e ho ancora quattro giorni per convincerti ad intrattenerti con il padre di tuo figlio in attività ludo-ricreative di elevatissimo livello” la stuzzicò, cercando di smorzare la tensione che era dentro di lui
“Non credi di sopravvalutare un tantino le tue capacità?” domandò la ragazza divertita
Giacomo sollevò il labbro in un sorriso sornione. “Mi piace questo gioco, mi eccita da morire questa tua ritrosia. Mi concedi nuovamente la possibilità di sedurti?” avvicinò le labbra all'orecchio della ragazza, soffiando le parole in un roco sussurro. “Sento la tua eccitazione, Michi. Ricordi, niente più muri. Nessun muro potrebbe resistere a questo mio desiderio”
La ragazza si voltò e carezzò il viso del ragazzo con tenero trasporto, spingendo le sue labbra contro l'orecchio sinistro del ragazzo. “Seducimi senza desiderio ed eccitami senza cogliere il frutto”
Il respiro della ragazza, solleticando la pelle del suo orecchio, lo fece vibrare di desiderio.
Cosa voleva dire? Cosa gli stava chiedendo? In che modo poteva sedurla ed eccitarla senza sesso e senza desiderio?
Qualunque significato avevano quelle enigmatiche parole, aveva preso la sua decisione e non si sarebbe arreso finché non se la sarebbe ripresa.
Michi e il bambino erano la sua famiglia!

NdA: Michela ha cambiato idea sul bambino, sembra in maniera improvvisa, ma cosa si muove realmente dentro di lei? Giacomo le ha confessato di amarla, ma la sua è solo confusione, autosuggestione o un sentimento sincero?
Nel prossimo capitolo farò un nuovo esperimento... alternerò il pensiero di entrambi su un medesimo evento. Lo avevo già fatto in un altra storia, ma era in prima persona, provo a farlo in terza persona saltellando nella mente dei due protagonisti.
Spero di riuscire a riaggiornare in tempi brevissimi... ma non garantisco assolutamente nulla!
Per ora vi saluto e vi auguro un buon fine settimana.
Un abbraccio
Lella

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Capitolo 14
*** La promessa del Sultano ***


Ritorno dopo una lunga assenza. Gli ultimi mesi per me sono stati abbastanza difficili, ho perso mio padre questa estate e non riuscivo più a scrivere, poi ieri mi sono messa a rileggere la storia di Giacomo e Michela e ho deciso di terminarla. Ho scritto il capitolo ieri e oggi l'ho riletto... spero che sia venuto bene!
Non aggiungo altro, solo che replicherò a tutti quelli che hanno lasciato una recensione sia a questa storia che alle altre non appena avrò un po' di tempo.

Per ora vi lascio alla lettura di questo quattordicesimo capitolo
Raffa

Capitolo XIV
La promessa del Sultano


Il tempo trascorse rapido, così rapido che si ritrovò risucchiato in un vortice. Giacomo si sentiva fuori dal tempo e dallo spazio, schiacciato in mezzo alle responsabilità.
Dopo che Michela aveva deciso di tenere il bambino e dopo che Nicole era stata riportata sana e salva dalla sua troppo apprensiva sorella, si era ritrovato genitore per caso. La settimana di prova era trascorsa rapidamente e a quella settimana ne erano succedute tante altre. Lui e Michela, avevano cominciato a vivere insieme, a dividere lo stesso letto, lo stesso desco, lo stesso bagno, la medesima vita senza che lui se ne rendesse conto, come se fosse inevitabile.
Nei tanti libri che aveva letto, quelli erano eventi che cambiavano la vita di un uomo, ma la sua non aveva subito grossi cambiamenti o forse lui si era adattato con una inaspettata facilità. Nel primo mese, tranne la convivenza, che comunque aveva già testato nei mesi precedenti, non c'erano grosse rivoluzioni nella sua esistenza. Uscivano con gli amici, facevano la spesa nel fine settimana, guardavano la televisione insieme e lavoravano. Era una vita piacevole, anche se Michela continuava ad essere poco partecipativa ad approcci di tipo sessuale. Inizialmente ci aveva provato, ma la poca partecipazione della ragazza aveva smorzato ogni suo desiderio, temeva di commettere errori e quel timore gli impediva di perseverare, anche se l'astinenza diventava sempre più difficile da sostenere.
Non appena Michela aveva superato il terzo mese avevano cominciato a comprare tutto quello che serviva per il bambino, anche se molte delle cose gli erano state passate dalla sorella maggiore. Agnese era in estasi per l'arrivo del nipotino e non faceva che pensare ai due cuginetti che sarebbero stati compagni di giochi; la donna aveva più volte espresso il desiderio che fosse una femminuccia, anche se lui sperava ardentemente che fosse un maschio. Dopo tutte le donne che si era scopato e il poco riguardo che aveva avuto per ognuna di quelle scopate temeva seriamente che l'universo si sarebbe rivoltato contro di lui. Sua figlia sarebbe stata sicuramente come Teresa, la figlia del suo arcigno professore di matematica del liceo, sarebbe stata la facile preda di ogni stronzo del pianeta Terra. Se fosse accaduto, Giacomo sarebbe morto di crepacuore oppure sarebbe stato costretto a diventare un serial killer che uccideva tutti gli uomini che appoggiavano lo sguardo sulla sua bambina e non aveva nessuna intenzione né di morire giovane, né di passare il resto della sua vita dietro le sbarre. Decisamente meglio un bel maschietto, sano e pieno di ormoni impazziti a cui dare consigli sulle ragazze. Il sesso del bambino lo aveva tormentato per giorni e sembrava essere anche la domanda più frequente di chi era venuto a conoscenza del lieto evento. Sua madre, suo padre, i suoi suoceri, i suoi amici, tutti avevano espresso il loro pensiero sul sesso del nascituro, tutti tranne Michela. Lei non aveva mai detto cosa preferiva, nemmeno quando erano da soli, nemmeno quando lui gli aveva espresso tutti i suoi timori al pensiero che il loro bambino potesse essere una bambina. Lei lo aveva ascoltato, lo aveva confortato, lo aveva rassicurato, ma non aveva detto una sola parola sul sesso del bambino.
Anche quando lui, preso dalla curiosità, gli aveva chiesto. “Cosa vorresti? Un maschietto o una femminuccia?”
Lei aveva appoggiato distrattamente la mano sul ventre appena pronunciato e aveva replicato con sguardo sereno. “Sarà quello che vorrà essere” gli aveva sorriso “E, maschio o femmina che sia, se vorrà scoparsi tutto il mondo noi lo accetteremo” sollevò le spalle “daremo le giuste indicazioni e gli insegneremo il rispetto per l'altro sesso; poi se sarà preda degli ormoni come suo padre, diremo di usare metodi contraccettivi che almeno gli impediscano di prendersi qualche brutta malattia. Tu, tranne che mettermi incinta, sei stato bravo a schivarle, sarai un ottimo mentore”
“Non la fai un po' troppo facile?” esternò lui basito. Come poteva prendere quella storia con tanta leggerezza?
“Giacomo, che vorresti fare? Rinchiuderla nella torre più alta della città? Queste non sono cose che si possono controllare e tu ne sei una dimostrazione. Persino Raperonzolo* fece salire un uomo nella torre facendolo arrampicare sulla sua lunga treccia, quindi non possiamo fare niente. Affronteremo la cosa quando si presenterà il problema; abbiamo almeno tredici anni per stabilire una strategia vincente” sostenne divertita
Giacomo si soffermò sull'idea della sua bambina chiusa in una sicurissima torre e si sentì stranamente sollevato, in vero, gli era sembrata un'ottima idea, meglio che darle stupidi consigli su come schivare le malattie sessuali. E, comunque, Raperonzolo doveva avere delle radici capillari saldate nel cuoio capelluto con qualche magia o il suo bel principe doveva essere veramente leggerissimo, un fuscello. In ogni modo, per sicurezza, sua figlia avrebbe avuto sempre i capelli corti. Michela la prendeva decisamente troppo alla leggera, anche se aveva maledettamente ragione, lui non poteva fare assolutamente nulla, poteva solo dare consigli e sperare nel meglio. Quel pensiero lo fece sentire stranamente più vicino a suo padre.
“Sveglia bello addormentato!” lo ridestò la voce scherzosa di Filippo
Giacomo si stiracchiò e si massaggiò le palpebre. Era terribilmente stanco. “Sono distrutto”
“Come fai ad essere distrutto se il bambino non è ancora nato, manca parecchio, no? Di quanti mesi è Michela, ora?”
“Non mesi, settimane, mio caro. Non sbagliarti su questa cosa fondamentale. Michela è alla sedicesima settimana, quasi alla fine del quarto mese. Ormai sono diventato un esperto di robe di incintità e di neonati” scosse la testa e si lasciò cadere teatralmente sulla sua scrivania “Chi l'avrebbe mai detto”
“Però mi sembra che tu alla fine l'abbia presa discretamente bene, meglio di ogni nostra aspettativa”
“Perché voi mi sottovalutate, Fil” osservò serio, ricomponendosi “Michela settimana prossima partirà per Milano” sbottò nervoso “Non mi va che parta”
“Per Michela è importante questo corso, lo sai”
“Lo so, infatti mi sto lagnando con il mio migliore amico, con lei sono sempre molto gaioso, anche se non condivido affatto che parta. Avrei preferito che congelasse questo corso per un anno, ma lei non ha voluto nemmeno vagliare la possibilità e allora ho ceduto senza insistere e ho indossato la maschera del compagno gaioso. Mi sto trasformando in un rincoglione con i fiocchi”
“La smetti?” Giacomo strinse gli occhi “Di inventare le parole, sei alquanto fastidioso” sospirò profondamente “Comunque Cecilia dice che Michela preferisce farlo ora perché dopo dovrebbe portare anche il bambino con sé e non vuole separarti da tuo figlio”
“Anche ora lo porta con sé, visto che il mio bambino vive dentro di lei” osservò Giacomo stizzito “Michi ha questa brutta abitudine di decidere tutto da sola, anche se ora siamo una coppia. Anzi ad essere precisi, lei si ricorda che siamo una coppia solo quando deve darmi addosso”
“Giacomo, Michela non vuole separarti dal bambino e io penso che sia un gesto da una che si sente in coppia e poi non è vero che ti da addosso” osservò l'amico con una irritante flemma, alzandosi dalla sedia e cominciando a sistemare ordinatamente i fascicoli che aveva completato, dentro gli armadi a muro “Mi sa che sei irritato con lei per altro e ti fissi per delle cretinate” si girò e lo fissò risoluto
“Passi troppo tempo con Cecilia. Ormai parli come lei” osservò Giacomo serio
“Viviamo insieme da oltre un anno, mi sembra ovvio che passiamo del tempo insieme”
Giacomo scosse la testa arrendevole. “Cazzo, Fil, sei anche diventato pesante come lei”
“Forse dovreste parlare un po' tu e Michela. Parlare fa sempre bene”
Gli sembrava proprio di parlare con Cecilia e la cosa cominciava a inquietarlo non poco. Sospirò angustiato. “Parlare un po'? Sono stanco di parlare. Parlare è l'unica cosa che facciamo. Io ho bisogno di rassicurazioni”
“Che sei una bambina delle medie che hai bisogno di rassicurazioni?” borbottò l'amico esterrefatto
“E che c'entra, scusa? Guarda che anche gli uomini hanno bisogno di essere rassicurati. Cecilia probabilmente lo fa e quindi non ne senti la necessità. Io, invece, sto con una da cui aspetto un bambino, a cui ho detto che la amo, ma lei non ha fatto una piega e non è che io dico ti amo tutti i giorni alla prima che passa e non facciamo nemmeno sesso, quindi tranne che andare in giro per la Garbatella in cerca di una casa più grande per la nostra nuova famiglia, non mi pare che ci siano indicazioni che stiamo realmente insieme”
“Non fate sesso?” domando Filippo confuso
“No, l'ultima volta che abbiamo fatto sesso è rimasta incinta, ed è successo per una sola notte, poi lo abbiamo fatto quattro anni prima per due settimane. In pratica, io e Michela stiamo insieme ma non facciamo sesso; siamo una coppia bianca. Comincio a pensare che lei non sia particolarmente interessata a fare sesso con me, visto il mio impegno e la sua ritrosia”
“Lei ti respinge?” interrogò incuriosito l'amico, con la schiena appoggiata all'armadio e le braccia conserte
Come Cecilia, ora lo stava anche psicanalizzando. “No, cioè non proprio. Io non ci provo più”
“Hai detto di amarla, ma la desideri?”
Forse poteva stendersi tra due sedie e cominciare la seduta di psicoanalisi. “Che domanda del cazzo, Fil. Ti pare che mi stia lagnando per fare due chiacchiere? Cecilia esci da questo corpo!!!”
“Guarda che sto cercando di aiutarti”
“Sì, ma preferisco parlare con te senza che lo spettro di Cecilia ci aleggi sulla testa!” scosse la testa “Comunque, io sono un cultore delle donne e delle sane scopate, se mi sto umiliando parlandoti dei miei insuccessi a letto, forse è perché la cosa mi turba particolarmente”
“E ne hai parlato con Michela?”
“Vuole che la conquisti senza desiderio e senza farci sesso, e solo Cristo sa quanto mi stia impegnando, ma sto per scoppiare, se mi cammina ancora mezza nuda per casa il mio pene chiederà l'estradizione dal mio corpo!”
“Da quanto tempo sei a stecchetto?”
“Un paio di mesi” si accasciò di nuovo sulla scrivania “Lo so che non è tanto, amico, anche se io non ci sono per niente abituato, tre giorni era il massimo dell'astinenza per me, ma lei è una continua tentazione e io non ce la faccio più”
“Perché non ti proponi, allora? Mi sembrava di ricordare che fossi grandioso in queste cose” lo schernì divertito
“Perché lei pensa che io sia uno stronzo pervertito e se le salto addosso non farò che avallare la sua idea bislacca, quindi mi tocca essere un perfetto gentiluomo e conquistarla senza sedurla e questa è una cosa difficilissima, Filippo. Le ho provate tutte: cene, fiori, passeggiate romantiche mano nella mano, un fine settimana a Milano in cerca di un appartamento per la sua permanenza bocconiana, e io ora detesto Milano. Cazzo! Non serve niente” tirò fuori due biglietti dal cassetto “Venezia! Questo è il mio ultimo tentativo, se nella città più romantica d'Italia non facciamo sesso, allora vuol dire che ha messo una pietra su di me” rimise i biglietti nel cassetto della scrivania e si alzò dalla sua postazione “Vado, che abbiamo la visita dalla ginecologa tra un'ora. Passo a prenderla a lavoro e, poi, finalmente conoscerò mio figlio. Domani arrivo tardi che ho l'udienza della Tesone, spero che questo maledetto divorzio finisca presto, prima che strozzo quella cretina che Petroli venera come la Madonna”
“Devi rilassarti, fratello”
“Appena scopo mi rilasserò di nuovo, ora vado a fare il bravo papà!”
Non gli andava di mostrarlo all'amico, ma era tremendamente emozionato; era la prima visita ginecologica a cui assisteva. Aveva chiesto a Michela di presenziare alla visita sopratutto perché voleva conoscere il sesso del bambino, visto che temeva che la ragazza non domandasse, non essendo particolarmente interessata al sesso del nascituro. Poi, il pensiero di vedere la prima immagine del suo bambino gli aveva riempito il petto di angoscia. Quella faccenda dell'astinenza lo distoglieva dall'ansia della paternità.
Michela era stata particolarmente loquace durante il tragitto verso la clinica dove lavorava Marta, la compagna di Claudia, nonché nuova ginecologa della ragazza. Inizialmente Giacomo era rimasto alquanto meravigliato della scelta di Michela, la quale gli aveva spiegato che Marta era una dei pochi ginecologi non obiettori di coscienza e quindi la sua era stata una scelta obbligata quando era intenzionata ad abortire, poi aveva scelto di farsi seguire da lei anche dopo che la sua decisione era cambiata. Marta era una donna intelligente e gentile e Michela provava molta simpatia per lei.
Quando la cortese infermiera li invitò ad entrare, Marta li accolse sulla porta in un largo sorriso.
“Sono proprio contenta di vedervi finalmente insieme ragazzi” pigolò, chiudendo la porta alle sue spalle. Strinse con vigore la mano di Giacomo “E sopratutto sono contenta che abbiate deciso di tenere il bambino, siete così carini insieme” aggiunse sorridente
“Grazie. È stata un'impresa titanica, Michela è tanto cocciuta quanto bella” sostenne contrito “E, menomale che è passata la fase del vomito violento, perché non era per niente un bello spettacolo la mattina. Anche se mi tocca rinunciare al caffè perché su quello non ci sono stati miglioramenti”
“Non lo tollera?” domandò la donna divertita
“Sente l'odore di caffè nel mio alito anche se ne bevo un sorso la mattina dalla tazzina di Filippo e con lei ci vediamo la sera, dopo quasi otto ore. Se ci fosse un traffico internazionale di caffè, la assumerebbero nel corpo di polizia al posto dei cani”
La donna esplose in una sonora risata. “È un effetto collaterale della gravidanza, ma direi che ne vale la pena!”
“Non ti ci porto più con me!” sbottò Michela in un divertito cipiglio “Avevo dimenticato che con Marta ti rilassi un po' troppo” scosse la testa sostenuta, anche se non riuscì a nascondere un timido sorriso. Scivolò con la mano sul tessuto della giacca di lui “Non mi lamento io che vomito, non capisco di cosa ti lagni tu”
Il ragazzo appoggiò istintivamente le labbra su quelle della ragazza, aveva una voglia matta di baciarla. “Scusami, sei bellissima anche mentre vomiti come se fossi preda di un esorcismo”
“Ok, piccioncini, non vi trattengo oltre, così potete ritornare a casa e impegnarvi in attività che sicuramente piaceranno di più al nostro Giacomo” Magari! “Michela distenditi sul lettino e tira su la maglietta” ordinò la donna in tono professionale. Michela seguì gli ordini pedissequamente e si distese obbediente sul lungo lettino grigio, tirando su la maglietta e scoprendo il ventre appena arrotondato. “Si comincia a vedere” osservò la donna contenta
“Sì, ma non lo sento ancora” replicò la ragazza mogia
“Tranquilla, fra un po' comincerai a sentirlo. È normale nelle primipare. È ancora presto. Quando sentirai uno sfarfallio nella pancia quello sarà il tuo bambino che comincia a muoversi”
Giacomo ascoltava le donne meravigliato, anche se un po' spaventato, il pensiero che il bambino si muoveva dentro Michela come una specie di Alien**, gli faceva impressione, anche se per loro sembrava tutto naturale.
“Non vedo l'ora!” esternò Michela gioiosa
Marta tirò più su la maglietta e premette il tubetto di gel sul ventre della ragazza, facendola rabbrividire. “Sì, lo so, è freddo, mi dispiace” replicò avvicinando l'ecografo. Afferrò la sonda e la fece scivolare sulla pancia della giovane madre “Vediamo come sta questa pulce e se riusciamo a capire se è un maschietto o una femminuccia”
Lo schermo era completamente nero e grigio e sembrava pulsare. Lui non riusciva a vedere nulla, gli sembrava solo una massa informe stampata su un televisore di pessima qualità.
“Eccolo” esclamò la ginecologa soddisfatta. Allungò la mano sinistra e spinse un bottone sul tastierino vicino alla schermo “E questo è il battito del vostro bambino”
“Come è veloce” esternò Giacomo meravigliato
“Tranquillo, è normalissimo!”
“Io comunque non riesco a vederlo!” asserì il ragazzo senza mezzi termini
La donna con il dito della mano sinistra indicò un piccolo esserino rannicchiato, mentre con la destra continuava a muovere la sonda dell'ecografo sul ventre appena pronunciato di Michela. “Ora lo vedi?”
Lui scosse la testa senza proferire parola. Era così piccolo e il suo cuore galoppava così veloce, mentre il cuore di Giacomo si era fermato nel petto e il respiro gli si era improvvisamente mozzato. Non era sicuro di quello che provava, era una strana sensazione di appartenenza che non aveva mai sentito prima. Anche se era nella pancia di Michela quell'esserino era anche suo.
“Sta bene?” domandò la ragazza con la mano destra stretta al petto, ridestandolo da quel torpore
Ma di cosa si preoccupava?
“Mi sembra di sì, ma senza un'amniocentesi non posso darne certezza. Volete sapere il sesso del vostro bambino?” domandò la dottoressa divertita, continuando a muovere l'ecografo sul ventre di Michela e incrociando gli avidi occhi grigi di Giacomo
“Si vede già?” domandò il ragazzo con il cuore in gola.
Fa che sia maschio! Fa che sia maschio! Fa che sia maschio! Fa che sia maschio!
“Sì” la donna sorrise “Allora, lo volete sapere?”
“Sì, certamente” asserì il ragazzo troppo rapidamente, stringendo la mano di Michela “Cioè, possiamo saperlo vero Michi, amore?”
Lei strinse la mano del ragazzo e scosse la testa divertita. “Così mi fai passare per una specie di despota, certo che possiamo saperlo, mica mi devi chiedere il permesso?”
“Non ne abbiamo parlato, quindi se tu preferisci non saperlo me lo faccio dire in gran segreto e prometto che non ti dirò nulla” sostenne
“Stupidone, voglio saperlo anche io, sono molto curiosa di saperlo. Il fatto che per me sia indifferente non significa che non voglia saperlo”
“Benissimo! Allora visto che siete tutti e due d'accordo, vi dico che è un bel maschietto” rivelò la dottoressa
Giacomo sollevò le braccia in alto e ululò soddisfatto. “Siiiiiiiiiiiiiiii”
“Per lui non era tanto indifferente, mi sa” osservò la donna divertita dall'esuberanza del ragazzo
“Giacomo preferisce un maschio”
“Non pensavo fosse un tipo così all'antica”
“Macché all'antica, così non sarà costretto a costruire una torre dove custodire la bambina” spiegò Michela, volgendo lo sguardo verso il ragazzo che aveva lo sguardo fisso nello schermo dell'ecografo “sai temeva che il grande karma celeste si vendicasse sulla nostra bambina per la sua stronzaggine”
“Tu ci scherzi, ma ora mi sento decisamente meglio. Un maschio. Siiiiii. Mi piacciono tantissimo le bambine e adoro mia nipote, ma non potevamo rischiare”
“Sei proprio uno stupido idiota!”
“Però mi ami lo stesso, anche se sono uno stupido idiota”
“Perché sono una ragazza di buon cuore che ama i derelitti” Stava ammettendo di amarlo? “Invece per mia tranquillità, vorrei fare l'amniocentesi” asserì a bruciapelo “Marta mi dici come devo procedere per prenotarne una?”
“Michela tu hai 27 anni, sei giovane come puerpera, di solito noi consigliamo l'amniocentesi...”
“Io voglio farla” la interruppe prontamente “Mi rassicurerebbe molto”
“Che cosa temi?” si informò la donna materna
“La sorella di mamma ha una figlia, mia cugina Adele, con la sindrome di Down. Lei è una ragazza meravigliosa, ma io non credo che sarei in grado di accudire un bambino con esigenze speciali. Voglio avere la possibilità di decidere. Voglio almeno saperlo prima. Poi magari non mi cambierebbe niente, ma voglio saperlo”
Marta sospirò profondamente. “Devi telefonare al CUP e prendere un appuntamento, ma i tempi solitamente sono molto lunghi” sorrise compartecipe “potresti provare a farla intramenia
“Provo ad informarmi se la fanno all'ospedale del paese vicino al mio. È un ospedale piccolo e l'utenza è inferiore rispetto a Roma, quindi i tempi saranno sicuramente più stretti. Oggi chiamo mia madre e faccio prenotare” spiegò la ragazza pratica, mentre la dottoressa le passava della carta assorbente per pulirla dal gel “Mi dai anche l'appuntamento per il prossimo mese? Fra qualche giorno parto per Milano” si abbassò la maglietta “così mi organizzo con i biglietti per il rientro”
La donna si sedette sulla scrivania e sfogliò l'agenda. “Direi che possiamo fare il cinque dicembre”
“Perfetto” assentì Michela, saltando giù dal lettino
La donna, seduta alla sua scrivania, compilò la cartella della visita e inserì una copia di scatti dell'ecografia all'interno, porgendola poi alla ragazza.
“Scusa, Marta, ma tu sei proprio sicura che sia un maschietto?” domandò Giacomo riluttante.
Aveva osservato l'immagine e a lui proprio non vedeva niente che gli confermasse che fosse un maschio.
“Di solito bisogna aspettare la morfologica per essere sicuri del sesso” spiegò la ginecologa “però siete stati molto fortunati, la posizione del bambino permetteva di vedere gli organi sessuali con una certa chiarezza” riprese la cartella dalle mani di Michela, mostrando l'immagine annerita del feto al ragazzo “Questo ti renderà orgoglioso di tuo figlio, Giacomo” fece la donna divertita, indicando i genitali del bambino
“Se mi dici che questo è il pistolino di mio figlio, vado sulla cieca fiducia” replicò fiducioso, visto che lui a malapena riconosceva il bambino
“Comunque nella prossima visita faremo un'ecografia morfologica, così si vedrà sicuramente meglio!” poi si rivolse nuovamente a Michela, porgendole la cartella “Anche se spero di vedervi prima della prossima visita. A me e a Claudia farebbe molto piacere replicare la cena dell'altra volta”
“Magari potete venire a trovarmi a Milano” propose Michela, porgendo la mano alla dottoressa
La donna si avvicinò e le scoccò un bacio sulla guancia. “Grazie per l'invito, tesoro, sei veramente carinissima”
“A me e a Giacomo farebbe piacere che veniste un fine settimana, magari potete salire con lui, così gli fate compagnia durante il viaggio”
“Certamente, mi sembra una buonissima idea” si avvicinò a Giacomo e gli strinse la mano “Sei un ragazzo molto fortunato, vedi di non fartela scappare”
“Lo so e ci sto provando a non farmela scappare” replicò afferrando la mano di Michela
Durante il viaggio verso casa, non riuscì a spiccicare parola. Michela stava per partire e lui non riusciva proprio a sopportarlo. Non aveva mai creduto alle relazioni a distanza, ma non aveva nemmeno mai creduto che si sarebbe innamorato, che avrebbe messo su famiglia, che avrebbe avuto un bambino prima dei trentanni. Non voleva che Michela andasse a Milano per mesi interi, portando con sé il loro bambino, visto che era ancora dentro di lei. Inoltre, quella pazza orgogliosa voleva cavarsela da sola, ma con le quattro lire che aveva messo da parte era riuscita solo a trovare una stanza in condivisione con altre due persone. Era troppo testarda e Giacomo non riusciva proprio a capire perché la ragazza non volesse accettare il suo aiuto.
“Come mai così silenzioso?” domandò la ragazza senza distogliere lo sguardo dalla strada
“Pensavo”
“Al bambino? Hai ripensamenti?” la voce di Michela arrivò alle sue orecchie incrinata dal turbamento
“No, non ho ripensamenti. Io voglio questo bambino e voglio te, non è necessario che me lo chieda ogni volta” replicò risentito
“Sei arrabbiato per qualcosa?”
Era arrabbiato per tante cose: perché lei partiva, perché lo escludeva, perché non scopavano, ma non gli sembrava opportuno esternare tutti quei perché, visto che Michela non avrebbe compreso. Lei era identica a suo padre, con loro non si poteva mai sbagliare.
“No, sono serenissimo” sbottò stizzito
“Invece sei arrabbiato per qualcosa” insistette lei cocciuta
Maledetta testardaggine . “Non mi va di parlarne, allora. Così ti suona meglio?”
“Giacomo”
“Michi, amore mio, sto cercando di comportarmi bene, quindi vorrei evitare di dire o fare qualcosa che poi ti farebbe fare mille passi indietro come un gambero. Vorrei evitarlo, tenendo conto di tutti i passi avanti fatti fino ad ora”
“Ferma la macchina” ordinò seccamente Michela
“Cosa?” domandò il ragazzo confuso
“Ferma la macchia. Ora. Immediatamente”
Giacomo fermò la macchina, parcheggiando in doppia fila nel mezzo del quartiere della Camilluccia, non molto lontano dalla casa dei suoi genitori.
“E ora, che cosa vuoi fare?” replicò stufo
“Vado a casa da sola” sbottò la ragazza arrabbiata
“Sei impazzita?”
“Sono arrabbiata e voglio passeggiare, così mi passa il nervoso”
“Non fare la stupida” Michela aprì la portiera e fece per uscire, ma lui la trattenne per il braccio. “Michi, ti prego non fare cagate. Fra un po' parti e poi ci vedremo solo nei fine settimana, vuoi davvero rovinare tutto per niente?”
Lei si divincolò dalla morsa del ragazzo. “E tu credi che io possa stare insieme a qualcuno che ha paura di dire le cose perché reagisco male? Io voglio che tu sia sempre sincero con me” O Dio Santo, quella roba della sincerità che tutte le donne pretendevano, ma che in realtà non apprezzavano mai! “Piuttosto preferisco litigare”
“Chiudi la portiera” ordinò secco. Michela lo fissava con aria di sfida “Michi chiudi la portiera” sospirò “Io non voglio che tu parta. Non voglio che vai a Milano. Sono arrabbiato per questo” la ragazza chiuse la portiera e lui si massaggiò le palpebre “E non voglio che tu mi escluda dalla tua vita”
“Non lo sto facendo”
“Sì. Invece! Lo fai continuamente. Io voglio prenderti un appartamento a Milano. Da sola! Così tua madre può venire a stare da te tutte le volte che vorrà e io potrei stare magari qualche giorno in più. Invece, tu devi farcela da sola, anche se da sola significa che devi complicare le cose. Tu non sei da sola! Noi stiamo insieme, quindi io voglio aiutarti. Nel caso in cui non te ne fossi accorta non ho grosse difficoltà finanziarie, sopratutto ora che i miei vogliono aiutarci con la casa, ma tu mi estrometti e mi tratti come se io fossi una specie di estraneo che ti fa l'elemosina. Noi siamo una famiglia”
Michela lo fissava interdetta. “Io voglio farcela da sola” insistette cocciuta
“E io voglio aiutare la mia donna. Voglio essere un punto di riferimento per la mia famiglia, ma tu non me lo permetti”
La ragazza rimase in silenzio, con lo sguardo fermo fuori e la testa appoggiata al finestrino “Hai ragione” sussurrò appena
“Dici sul serio?” domandò confuso
“Ho paura Giacomo, vivo nell'ansia che tu te ne vada, che ci lascerai soli e quindi voglio dimostrare a me stessa che posso farcela anche senza di te. Che posso crescere un bambino anche da sola”
“Michi, potrei anche smettere di amarti, ma non potrò smettere di essere un genitore. Ti prego, basta! Smettila di fare da sola, di escludermi, di erigere muri. Io non me ne andrò. Qualunque cosa accada, ti prometto che tornerò sempre da te”
“Va bene” sospirò profondamente “Credi di riuscire a trovare un appartamento in due settimane? Mi sa che però la caparra la perdo”
“Sono un avvocato, provo a fartene recuperare una parte di caparra, intanto chiamo un amico di Milano per farmi aiutare. Tranquilla, ci penso io. Entro domani avremo un appartamento a Milano” girò la chiave e riaccese il motore “Michi, un'ultima cosa. Spero che tu la prenda con il giusto spirito. Io voglio scopare. Ne ho proprio bisogno” si voltò verso la ragazza “Voglio scopare con te, non ce la faccio più a vederti girare per casa mezza nuda e a stringerti fra le braccia la notte. So che non ami molto la volgarità, ma mi sta venendo una tendinite al polso a furia di fare da solo. Se si diventasse veramente ciechi dovresti mandare Pallottola a fare un corso per cani di accompagnamento per ipovedenti”
“Ne ho voglia anch'io” confessò Michela, tormentandosi le mani “Anch'io faccio da sola, qualche volta”
“Perfetto! Quindi, ora che abbiamo chiarito, credi che possiamo fare insieme, invece di continuare a fare da soli? Magari nel prossimo futuro?” si avvicinò alla ragazza “magari stasera?” le sussurrò all'orecchio. Spinse il volto di lei parallelamente al suo “Voglio baciarti, assaggiarti, voglio averti, voglio te” appoggiò le sue labbra su quelle di lei “Ne ho bisogno” il bacio divenne più intimo e alle carezze della lingua si accompagnarono quelle delle sue mani che si avvinghiarono avide e vogliose ai seni di lei, ai suoi fianchi, alla sua vita sottile.
“Meglio tornare a casa” ordinò lei, affondando le mani nei capelli di lui “Non possiamo farlo qui, non è un luogo adatto. Non vorrei che ci arrestassero per atti osceni in luogo pubblico, in pieno giorno. E siamo anche in doppia fila”
“Ogni tuo desiderio è un ordine per me” replicò il ragazzo, staccandosi di malavoglia dalle labbra della giovane donna “anche se mi titilla parecchio l'idea degli atti osceni”
“Andiamo a casa, cretino”
“Sì, padrona”

*

Michela era in bagno da quasi dieci minuti, il ragazzo aveva provato ad entrare, ma lei aveva chiuso la porta a chiave.
“Ho bisogno di rilassarmi un attimo. Porta ancora un po' di pazienza, ti assicuro che ne varrà la pena” aveva detto dall'altro lato della porta
Stava cercando di farlo impazzire di desiderio quella maledetta strega!
Si sedette sul letto, accarezzando il testone fulvo e peloso di Pallottola, che scodinzolante gli porgeva un osso di pelle mezzo masticato.
“Io e mamma saremo molto impegnati questa sera, quindi tu non dare fastidio, capito? Questa è una serata importante per noi, quindi devi fare il bravo” si rivolse al cane con aria seria
Finalmente avrebbe fatto di nuovo sesso, prima che il suo pene e i suoi testicoli facessero le valigie e lo abbandonassero per sempre. Si alzò dal letto e aprì il cassetto del suo intimo. Recuperò un vecchio paio di calzini dal fondo. Li srotolò e prese l'anello del sultano che vi era custodito. Aveva quasi risolto il puzzle, aveva assemblato undici anelli su dodici e senza nessun aiuto moderno, proprio come aveva promesso alla folle vecchietta del mercatino turco. Gli mancava solo un anello e poi avrebbe potuto darlo a Michela. Si sedette sul letto e ci giocherellò, cercando di ricomporlo, forse era la serata giusta per infilarlo al dito della donna con cui il destino aveva voluto che mettesse su famiglia. Era completamente immerso in quel intreccio di anelli argentati. Quell'anello era magico per lui, perché ogni qualvolta ci giocherellava, immerso in quel puzzle, la sua mente si liberava da ogni pensiero e desiderava solo completarlo. E poi... aveva finito! L'anello era completo. Il puzzle era risolto!
Perché aveva preso quell'anello? Perché quella era una serata importante
Perché desiderava completarlo? Per infilarlo al dito della sua donna
Quanto era importante quella serata? Sufficientemente importante da recuperare la fedina turca dimenticata da oltre un mese in quel cassetto.
Perché? Perché quella serata era una promessa
Cristo Santo. Una promessa? Un impegno?
Si alzò di scatto dal letto, lasciando cadere l'anello sul tappeto.
“Sto per fare sesso con Michi, amico” sussurrò allarmato, fissando il cane che mordicchiava il suo osso “Lo desidero tantissimo, ma cazzo questo somiglia moltissimo a del sesso programmato e a me il sesso programmato fa veramente cagare. E roba da vecchi e coppiette schifosamente monotone!” andava avanti e indietro nervoso “In realtà, mi fa cagare anche il pensiero di restare a casa a scopare per i prossimi trent'anni sempre con la stessa donna, ma non credo che Michi accetterebbe un rapporto aperto e poi avremo un cazzo di bambino e io non sono capace a fare il padre, sono stato una schifezza anche come figlio, quindi sarò un disastro anche peggiore come padre” aveva un enorme bozzo in gola che non riusciva a buttare giù “E sai, quello che Michi sta aspettando è un bambino vero, fra poco più di quattro mesi uscirà dal suo corpo come una specie di Alien e fagociterà tutta la mia vita” si portò le mani al petto, premendo con forza contro lo sterno. Cristo, si sentiva come se gli stesse venendo un infarto. Respirò profondamente due, tre, quattro volte “Se non mi sta per venire un infarto, ho un attacco di panico” confessò allarmato a Pallottola. Cominciò a percorrere la camera da letto a lunghi passi. “Non posso farlo! Non ci riesco”
Doveva uscire!
Andò alla porta del bagno e bussò. “Michi, porto giù Pallottola, così dopo non dobbiamo farlo”
“Ok, ti aspetto, non metterci troppo però, sono quasi pronta” lo tentò leziosa
Infilò il guinzaglio al cane e uscì di gran lena. “Lo so, non fissarmi così” si rivolse al cane mentre era in attesa dell'ascensore “Lo so, sono un vigliacco, almeno potrei affrontarla, ma che cazzo, sta in quel bagno da mezzora, che sta facendo? Si sta rifacendo nuova? Uscirà dal bagno bionda con gli occhi azzurri” l'ascensore era arrivato. Pigiò sul tasto T “Non doveva mica prepararsi così tanto? Lei mi eccita anche senza troppi fronzoli e dopo tutta questa astinenza, se mi ricordo come si fa, sarebbe stato sufficiente mettersi nuda di fronte a me. Donne! Non sono per niente pratiche”
Arrivò fino al parco che distava quasi un quarto d'ora da casa e rimase a passeggio con il cane per quasi un'ora. La crisi di panico era passata, quei disconnessi pensieri che gli avevano appesantito il petto erano spariti. Era di nuovo lucido, anche se continuava ad avere fottutamente paura di quella cazzo di situazione nella quale si era ritrovato quasi senza pensare.
Era stato via troppo a lungo, era giunto il momento di ritornare a casa. Era uscito senza cellulare, Michela si stava sicuramente preoccupando.
Girò la chiave ed entrò in casa, liberando il cane dal laccio del guinzaglio. Michela era accoccolata sul divano stretta in un enorme plaid antracite. Era così bella e lui si era di nuovo comportato come uno stronzo.
Chiuse Pallottola in cucina. “Perdonami cucciolo, ma fai troppo casino, appena abbiamo finito ti libero, promesso” si avvicinò al divano “Ehi, Michi, tesoro. Svegliati”
La ragazza si ridestò, stropicciandosi gli occhi cisposi. “Che fine avevi fatto, mi stavo cominciando a preoccupare” fissò lo sguardo sul grosso orologio a muro “È tardissimo!” scosse la testa evidentemente turbata “Non devi uscire mai più senza cellulare”
“Scusami, avevo bisogno di schiarirmi le idee”
“È servita la passeggiata?” domandò ormai tranquillizzata
“Decisamente sì”
La ragazza aprì la mano, mostrandogli l'anello del sultano “Cos'è?”
“Una fedina turca. Questo è l'anello del sultano” spiegò il ragazzo, sfiorandolo appena con la punta dei polpastrelli “Ti ho parlato della vecchietta che avevo incontrato in quel mercatino turco?”
“La signora che ti ha detto che non dovevi più scansare la donna della tua vita?”
“Sì, proprio lei. Oltre ad una marea di preziosi consigli non richiesti, mi ha anche regalato quest'anello. Per te” prese l'anello dalle mani affusolate della ragazza. Si inginocchiò e ci giocherellò pensoso. Tu sai cosa è l'amore giovane uomo? Cosa ti rende tanto sicuro di riconoscerlo quando arriverà? Erano state queste le parole di quella vecchia e minuta donnetta turca. Strinse la mano sinistra della ragazza. Non era sicuro di cosa fosse l'amore, ma lo aveva comunque riconosciuto. “Mi ha detto che sarebbe stato della misura giusta per te” sospirò “spero che non si sia sbagliata, altrimenti domani lo porto dal gioielliere” infilò l'anello all'anulare della ragazza. Invece, la vecchia aveva avuto nuovamente ragione, calzava alla perfezione “Direi che è perfetto!”
“È molto bello. Mi piace tantissimo. Grazie” poggiò le sue labbra su quelle del ragazzo e poi si alzò dal divano, lasciando cadere il plaid sul pavimento di cotto marrone “Posso ringraziarti in maniera più adeguata, sempre che la passeggiata non ti abbia stancato troppo”
“O Gesù!” esclamò senza distogliere lo sguardo dal corpo ambrato della ragazza. Indossava un sensualissimo baby doll panna trasparente e un perizoma microscopico che lasciavano pochissimo spazio all'immaginazione. La sua pelle emanava un profumo di lavanda intensissimo, che gli stava penetrando nel cervello. Scivolò con le dita sulla pelle del braccio destro di lei. Era così morbida. La ragazza lo spinse sul divano e si sedette cavalcioni su di lui “O Gesù!” gli sfilò il maglione e la maglietta e scivolò con le mani sul suo petto largo, mentre lui affondava le mani nei fianchi di lei “O Gesù”
“Altre parole oltre O Gesù?” ridacchiò lei, mordendosi il labbro inferiore
“Lo sto ringraziando immensamente. Altrimenti dovrei cominciare a ringraziare i miei suoceri per l'ottimo lavoro che hanno fatto, ma non vorrei che la faccia di tuo padre mi facesse calare il desiderio”
“Sarebbe una cosa terribile” replicò la ragazza appoggiando le sua labbra umide sulla bocca del ragazzo
“Adoro il melone” osservò Giacomo, succhiando con avidità le labbra della ragazza ammorbidite dal burro di cacao a gusto di melone
“Lo so e ho anche un'altra sorpresa, che sono sicura gradirai moltissimo” aggiunse Michela muovendo il suo bacino contro l'ormai evidente eccitazione del ragazzo
Sarebbe stata una lunga ed eccitante notte di sesso sfrenato, proprio come lui l'aveva immaginato, insieme ad una donna speciale a cui aveva fatto dono molto più di un anello, a cui aveva donato una promessa.
O Gesù!



*Raperonzolo. è una fiaba, pubblicata per la prima volta dai fratelli Grimm nella raccolta Fiabe(Kinder- und Hausmärchen, 1812-1822) col titolo originale Rapunzel.

**Alien. è un film del 1979 diretto da Ridley Scott. È considerato uno dei capolavori del regista Ridley Scott, e in generale uno dei migliori film di fantascienza della storia del cinema.

Ancora qualche capitolo e chiudo la storia.
Buona serata a tutti... alla prossima
Raffaella

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