Pills under the snow.

di Ilia in Wonderland
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stalker in Midorijima (?) ***
Capitolo 2: *** . ***
Capitolo 3: *** Carillon play ***
Capitolo 4: *** Truth and humanity. ***
Capitolo 5: *** Nervous ***
Capitolo 6: *** Mask ***



Capitolo 1
*** Stalker in Midorijima (?) ***


Per la città di Midorijima suonava una musica diversa, tutto era moderno, i locali erano illuminati e la strada era parecchio affollata. Va beh che era una città giapponese ma Chelsea pensava che era davvero moderna. L’auto la lasciò vicino ad un marciapiede non molto distante dall’hotel in cui avrebbe alloggiato, c’era una zona pedonale e Toby non poteva entrare con la sua auto. Voleva dire che se la sarebbe fatta a piedi. Il Giappone è una terra davvero affascinante.  “Quasi quasi ci vengo a vivere” pensò, ma il pensiero fu subito interrotto dall’incontro del grande hotel illuminato davanti ai suoi occhi. –Wow!- esclamò, era il massimo. Non entrò subito, forse aveva sbagliato. Non poteva essere quello. Era troppo lussuoso. Un ragazzo dai capelli castani all’entrata le chiese –Ha bisogno di una mano signorina?- lei scosse la testa in modo agitato. Non poteva crederci. Toby la raggiunse –Chelsea perché non sei entrata?-
-L’hotel è questo?- chiese lei quasi allibita, lui era sconvolto, vuoi vedere che non le piaceva? –Si, è questo!- le rispose quasi tremando. Chelsea era una tipa non  facile da accontentare. Quando non le andava bene qualcosa la sua voce angelica aveva conquistato milioni di fans diventava qualcosa simile ad un growl. E Toby, nonostante fosse suo manager e autista la temeva un po’. –Ma quanto hai speso?-
-Meno di quel che le pare signorina, anzi, le ho prenotato la suite che era la meno costosa!- Chelsea allargò un braccio e Toby le mise il suo braccio intrecciato. –Bene! allora stasera si va a nozze!- entrarono, contenti e allegri come si ritrovavano, la hall era accogliente e sui lati c’erano i divanetti dove poter bere un sano whisky in pace. Ma Chelsea voleva solo riposarsi e farsi possibilmente una doccia dato che aveva viaggiato tutto il giorno, quindi lei e Toby rigarono dritto fino alla reception. –Salve!- salutarono la donna mora con un rossetto acceso e i capelli tutti tirati indietro. La signora li accolse con un grande sorriso. –La signorina Herman?- Toby annuì –Si, è lei!- la signora le pose la chiave –Ah mi scusi signorina Herman posso avere un suo autografo?- Chelsea con il suo modo di fare da spaccona le firmò il foglio. Salì di sopra ed entrò in camera. Letto gigante, grande toeletta con specchio e tv a schermo piatto. –Dimmi che non siamo in un sogno!-                          
-No, non ci siamo, comunque, io vado nella mia stanza, in ogni caso, per ogni evenienza fammi uno squillo con il telefono dell’hotel …. NOTTE!- Toby lasciò la stanza e Chelsea si catapultò sul letto. Che relax! Fantastico! Toby si era superato. Non avevano mai dormito in un hotel così grande e lussuoso. E la vista? Spettacolare. Midorijima dall’alto sembrava solo un ammasso di lucciole e invece era affascinante. Lasciò la tenda aperta e prendendo due asciugamani decise di farsi un bagno. Tutto era totalmente rilassante, uscì dalla doccia con solo un asciugamano intorno al corpo, si slegò i lunghi capelli blu e canticchiò davanti alla grande toeletta con lo specchio. Si applicò una crema al ribes, liquirizia e frutti rossi sul viso e continuò la melodia flebile, dolce, originale. Il suo sguardo si spostò alla finestra dove le sembrò di vedere qualcuno, Chelsea si fermò a cantare. Oh cazzo. Le sembrava che qualcuno …. Prese una ciabatta ed uscì fuori dalla finestra, oltre il traffico sotto di lei non c’era nessuno. Oddio stava avendo le allucinazioni. Meglio dormire, però magari avrebbe lasciato una bajour accesa. In tal caso fosse qualche stalker.

 

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Capitolo 2
*** . ***


Quella mattina Chelsea non voleva proprio stare a letto, quindi indossò dei jeans stretti e una maglietta nera e si preparò per uscire. Raccolse i lunghi capelli blu da un lato e camminò per le strade di Midorijima come una vippona quale era. Forse i suoi occhiali da sole erano troppo appariscenti. Ad ogni modo aveva visto che la donna della reception aveva con sé un gatto, le era sembrato uno scherzo ma poi la donna le spiegò che non era vero, era tipo elettronico. Insomma Chelsea non ci aveva capito una mazza. Però lo voleva. Ed era uscita comprarselo. Entrò nel negozio di COIL, così si chiamavano. Chelsea vide uno a forma di panda e se ne innamorò, quindi provò a farglielo capire alla tipa che lo vendeva. Fu difficile. Possibile che parlavano solo giapponese? Ad ogni modo Chelsea lo comprò, doveva passargli anche questo attimo di shopping. Come diavolo si usava e adesso chi glielo spiegava? Se lo sarebbe venuto a sapere Toby …. Dai, alla prima panchina si sarebbe seduta e …. Qualcosa cadde dal cielo, qualcosa di talmente pesante che fece chiudere gli occhi a Chelsea per lo spavento. Li aprì e si ritrovò un tipo con una maschera antigas di fronte. –AAAH!- urlò Chelsea, il tipo urlò pure lui. –MA CHI SEI?- gli urlò lei e lui rimase sconvolto poi Chelsea guardò il suo nuovo coil a terra. –Oh cazzo! Ma hai rotto il mio coil ….- -No …. Io ….- -Ma si, cazzo è rotto!!!- -Sono spiacente ….- disse piagnucolando. –Non ci faccio niente con le tue scuse! GUARDA IL COIL!- lui disse piagnucolando –Mi dispiace …. Non l’ho fatto apposta!- -Invece si! Sei cascato dal ….- no ok, avevo perso le staffe, non poteva essere caduto dal cielo, forse era un muratore, per forza. Ma non c’erano palazzi in costruzione nei dintorni. –Scusa non ho calcolato bene le distanze ….- Chelsea lo prese dal camice bianco e lungo che aveva. –Le distanze? LE DISTANZE?- -Non si arrabbi con me …. La prego!- Chelsea lo lasciò, che strano tipo! Da dove usciva? Da un reality? Patetico. Forse era un cosplayer. Ma si certo. Come aveva fatto a non pensarci? Che poi fermi un attimo, parlava la sua lingua? –Tu …. Parli la mia lingua?- la maschera nera annuì –Quindi beh …. Potresti verificare se hai rotto il mio coil?- -Si certo anche se io …. Vedi ….- -Penso che tu me lo debba in fondo, cioè voglio dire, mi hai quasi investita ….- il tipo con i capelli bianchi come la neve decise poi di aiutare Chelsea, in fondo anche se l’aveva appena conosciuta la temeva un po’, come tutti insomma. La maschera aveva premuto solo un bottone e il coil si era attivato. –Signorina il suo animale stava dormendo!- che figura penosa, e adesso che faceva? –Ah davvero?- non doveva sembrare scema, ecco tutto. –Cioè ma poi io come faccio per vedere, cioè cosa fa questo oggetto?- -Guardi, io non lo so, però c’è questo foglietto con le istruzioni ….- doppia figura di merda. –Oh beh si! Grazie!- il tipo si alzò dalla panchina, Chelsea si sentì un po’ sola. Ma più che altro lui le dava l’impressione di un’anima persa. –Senti, non che mi importi se sei un pervertito o cosa ma, cosa ci fai in giro con quella maschera?- -Non posso dirtelo!- rispose pronto lui, Chelsea si preoccupò, era stato proprio diretto, forse le puzzava l’alito o le ascelle …. Oddio. –Ma per causa mia?- lui gesticolò con le mani –Ma no assolutamente!- però che voce dolce che aveva quel tipo. –Senti dato che mi hai aiutata, ti va di dirmi il tuo nome?- -Il mio nome è Clear!- ma certo, non poteva esistere un nome più adatto ad un tipo come lui. Scarponi bianchi fino al ginocchio, jeans tenuti su con una cinta sempre bianca, camicia e camice dello stesso color neve dei suoi capelli, solo una sciarpa verde acido che lo rendeva meno trasparente di quanto fosse già. Un nome adatto, malinconico e chiaramente studiato per lui. –Il mio è Chelsea!- -Vedi? Iniziamo entrambi con la C, adesso vado! Scusa se ti ho fatto male!- in quello stesso momento aprì l’ombrello. –Ma sei una specie di mago?- la maschera nera scosse la testa ma Chelsea sentì come un sorriso sotto quell’armatura, il tipo se ne andò lasciando nel cuore di Chelsea una nostalgia che per la prima volta aveva sentito dopo tanto tempo.

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Capitolo 3
*** Carillon play ***


-Che cosa hai fatto?- la voce di Toby per poco non fece tremare l’hotel, stavolta Chelsea l’aveva fatta grossa. Aveva speso troppo e non se ne era resa conto, come il solito. Toby non ce la faceva a rimproverarla ogni volta, la lasciava sola e lei sorprendentemente combinava un guaio oppure comprava cose inutili. Era una bambina. Non cresceva mai. –A cosa ti serve un coil?? Non sai nemmeno come si usa …-
-Beh imparerò ….-                                                                                                                                                                         
-E che bisogno c’era di comprare questo kimono costoso?-                                                                                               
-Una signora in strada lo stava finendo di cucire e così ….-                                                                                               
 -CHELSEA ….- Toby alzò di nuovo la voce e sbatté ripetutamente il piede a terra. –Dai scusa, scusa, non lo faccio più!-                                                                                                                                                                  
-Lo hai detto anche la scorsa volta! Adesso basta! Devi pur saper gestire i soldi ….-
-Uffa!!! Non urlare, mi fai venire mal di testa!!-                                                                                                                                     
 -Non importa, devi imparare la lezione!- Chelsea era stufa, cosa c’era da fare? Un melodramma? Toby non sloggiava, si atteggiava da uomo vissuto ma in verità erano anni che faceva da scapolo d’oro. Cosa pretendeva da Chelsea? Dopo tutto non aveva comprato chissà che …. Solo il necessario …. E poi che importava? Il Giappone lo vedeva adesso, dopo il live se ne sarebbe andata e non c’era bisogno di ridursi così. Toby stava diventando pesante. –Adesso potrei riposare?- Toby la fissò per un’ultima volta, Chelsea era viziata e non avrebbe mai imparato a tenere la testa sulle spalle, quanta pazienza ci voleva. Uscì dalla stanza nervosamente. Chelsea si buttò sul letto e aprì uno dei pacchi che aveva comprato. C’era un carillon tondo, rosa con diversi petali di ciliegio disegnati sui fianchi, delicato e fragile, Chelsea lo guardò e vicino la carica che era posto sotto la scatolina c’era scritto “Music by Utada Hikary, This Love”. Mah. Chissà. Chelsea girò la carica e dal carillon uscì una ballerina con un tutù roseo che girava su sé stessa. Chelsea ascoltò la musica dolce e flebile. La calmò, sentiva che si stava placando. Le venne da cantare insieme a quel piccolo oggetto, forse ancora una volta la sua voce angelica si adattò alla musica del carillon. La musica riusciva sempre a distrarla. Il carillon finì di suonare, Chelsea rimase ferma poi sentì un rumore provenire dalla finestra, si alzò quatta quatta e sgamò in pieno una maschera con l’ombrello invisibile in mano. –AAAAAH!- Chelsea urlò e il tipo urlò anche lui. Appena dopo aver aperto la finestra Chelsea disse con tono arrendevole. –Non mi abituerò mai alla tua presenza ….-                                          
 -Sono spiacente ….- disse lui con voce rotta. –Ad ogni modo come hai fatto a venire?- era inutile chiederlo –Anzi no, riformulo la domanda, cosa cazzo ci fai qui?- lui si infilò le mani in tasca –Ho sentito una voce ….- Chelsea si appoggiò con il gomito al muro e si grattò la testa. –Merda! Si è sentito eh? Lo so, Toby quando strilla si avvicina ad una nota ancora incomprensibile nel mondo musicale ….-,
 -No, in verità io …-                                                                                                       
-Non ci possiamo fare niente, è fatto così, purtroppo non si è ancora scoperto nessun cantante che abbia lo scream come lui, perciò …..-
-In verità io …. Ho sentito una canzone ….-
-Una canzone dici?- la maschera annuì, Chelsea ci pensò –Forse è il carillon!-
-Il cari che? – Chelsea si guardò intorno –Senti …. Non volevo arrivare a questo ma …..- prese Clear dalla camicia e lo tirò nella sua camera, il ragazzo inciampò e cadde sul letto rimbalzando sul morbido materasso mentre Chelsea andò a chiudere la finestra e la tenda. –Scusami, è che se ci scoprono siamo fritti …. Non volevo fare la precoce, giuro!- sentì una leggera risatina. –Cosa? Stai ridendo?- lui scosse la testa ma era evidente che Chelsea lo divertisse. –Senti non vorrei essere indiscreta ma …. Perché non ti togli quella maschera?-
-Perché non posso!
-Ma la gente che ti vede cosa pensa? Potrebbe pensare che sei un maniaco dell’ambiente, che lo fai per lo smog in eccesso o perché le persone intorno a te puzzano e forse uno si fa anche i complessi …
-Quello solo tu!- mormorò Clear a bassa voce ma Chelsea lo sentì. –Hey non è vero! Scommetto che ….- questa volta Clear rise di gusto e Chelsea non voleva credere di essersi fatta trasportare in una risata assurda come quella, fu così onesta e sincera che non poté fare a meno di ridere anche lei. Si fermò e rivolse di nuovo la parola alla maschera nera –Hai detto che sei stato trasportato qui a causa di una canzone?- lui annuì e Chelsea gli si sedette accanto avviando il carillon. Ma Clear scosse la testa –Non è questa la voce che ho sentito ….- Chelsea rimase leggermente spiazzata dalla sua affermazione, ci pensò su un attimo. –Clear a parte lo scream di Toby e il carillon, c’ero solo io in questa stanza che cantavo!-
-Forse sei proprio tu! Prova a cantare!-
-Certo non si può dire che tu non sia un tipo diretto!-
-Canta, fallo per me!- Chelsea rimase inebetita dalla sfacciataggine del ragazzo con i capelli color neve, selezionò una melodia a caso e la cantò a Clear con tutta sé stessa, mettendoci anima e corpo. Come quando cantava da bambina. Il suo sguardo cadde su Clear che sembrava in estasi e lì intravide un sorriso, il suo vero sorriso felice. Chelsea finì il suo pezzo e Clear tutto pimpante le prese le mani  -Sei proprio tu la voce che ho sentito!- a Chelsea sembrò di arrossire. –Certo che sei un tipo strano. Prima mi caschi addosso, poi voli con un ombrello e adesso te ne esci con complimenti futili. Come? Non sapevi che ero una cantante?-
-No ….-
-Ma dove vivi? Cioè voglio dire …. Sembri venuto da un’altra dimensione ….-
-è per questo che posso togliermi la maschera …-
-Non ti ho chiesto questo! Mi sto domandando da dove provieni dalla prima volta che ti ho visto …. Cioè tu non dovresti essere uno di quei frikkettoni giapponesi che girano per Midorijima con la ultima hit del momento nelle cuffie?-
-Scusa ma per chi mi hai preso?
-Ma si dai, è pieno di poser qui!-
-Ma io non sono ….-
-Lo so che non lo senti ….- lo interruppe Chelsea. –Però perché non torni a farmi visita? Praticamente qui se l’unico con cui posso parlare e che nonostante ti parlo sopra non mi urla contro!-
-Ma certo che tornerò ….-
-Sta attento a non farti scoprire da nessuno, soprattutto da Toby, altrimenti sentiresti un altro tipo di voce e credimi non ti piacerà!- la maschera annuì apprensiva –Lo farò- riaprì il suo ombrello trasparente e volò via lasciando nuovamente nostalgia nel cuore di Chelsea. Clear mantenne la promessa e il giorno dopo cascò dal cielo a pochi centimetri dai piedi di Chelsea. –Oh mio dio Clear!-
-Ciao!- disse con la maschera spiaccicata a terra –Riuscirai a non farmi prendere un colpo?-
-Devo modificare l’atterraggio ….-
-Dovresti, decisamente-
-Dove stavi andando? Ad una festa?- Chelsea fece una voce fastidiosa –Piace il vestito? È da gothic lolita. Ho saputo che qui si usa tanto, questo pizzo mi rende sexy non trovi?- Clear divagò e arrossì –Si …. Carino!-
-Andiamo a prenderci qualcosa da mangiare! Tu mangi vero?-
-Si …-
-Bene! allora seguimi!- Chelsea lo prese e lo trascinò con lei. Povero Clear doveva abituarsi a Chelsea e al fatto che non le si poteva proprio dire di no.

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Capitolo 4
*** Truth and humanity. ***


Era una settimana che Chelsea e Clear “uscivano” insieme. Per Chelsea era periodo più lungo che avesse passato con una persona eccetto Toby. Una settimana! Wow! Le sue amicizie non erano durate più di due giorni. Il fatto di essere sempre in viaggio la tranquillizzava, almeno non si affezionava a nessuno. Ma quel Clear, stava diventando una presenza perenne nella sua vita e si sorprendeva che Toby non l’avesse ancora sgamata. Era questione di tempo, già la mattina le aveva fatto diecimila domande sul perché avesse sempre la testa tra le nuvole. Lei era stata vaga, gli aveva dato una risposta scontata ma che non si fosse stata una volta in cui avesse staccato gli occhi dal cielo azzurro. Chelsea si ritrovò la sera in camera con Clear a parlare della sua giornata, probabilmente a lui non interessava ma lei non riusciva a non raccontargli tutto. A Clear al contrario faceva piacere sentirla parlare, aveva capito che Chelsea ne aveva bisogno, era una persona sola e malinconica anche se lo nascondeva. –Che poi anche domani dobbiamo vederci di sera …. Devo andare in studio e ….-
-Non c’è problema- Chelsea si strofinò le mani spalmandosi la crema profumata –Grazie!- lui si dondolò un po’ sul posto, lei notò che lui non stava mai fermo. –Ti lascio riposare!- lei si avvicinò alla toiletta con lo specchio e cacciò delle pasticche da una scatolina di carta. –Cosa fai?- per la prima volta sentì il tono di Clear preoccupato ma allo stesso tempo di rimprovero. –Ah? Dici queste? Sono dei sonniferi…-
-Sonniferi?- fece eco Clear –Ma cosa? Perché?-
-Li prendo da quando non riesco a ricordarmi …. Ne ho bisogno altrimenti notte insonne, è così che va!- i guanti di Clear gliele fecero cadere dalle mani con uno schiaffo. –No, non li prendere più!-
-Clear è tutto ok, non preoccuparti! Li prendo da quando ho 14 anni, credo!- lui tacque per un momento, sapeva che c’era un motivo dietro, però Chelsea non voleva dirglielo. –Cosa è successo quando avevi 14 anni?- Chelsea abbassò lo sguardo e il ragazzo si chiese che fine avesse fatto la ragazza schizofrenica che aveva conosciuto giorni fa. –Era una notte di aprile, i miei genitori erano usciti, dovevando andare a qualche evento, io non ricordo bene, ero una ragazzina. Ero a letto dato che il giorno dopo avevo lezione. Sentii una chiamata, mi vennero a svegliare dicendo che i miei erano ricoverati in ospedale. Io ero in preda al panico, mi hanno portata dai miei genitori con il pigiama ma la cosa peggiore fu che i miei non erano ricoverati …. Erano morti!- Clear le alzò il volto con le mani soffici a causa dei guanti bianchi che portava –Ma io sto bene eh! Non pensare! Solo che mi risulta difficile dormire …. Tutto qui!- Clear la guardò attraverso la maschera –Anch’io ho perso la persona che mi ha cresciuto. Mio nonno si è sempre preso cura di me, mi ha insegnato tante cose e quando è morto io non sapevo che fare, non capivo che gli umani quando sono freddi e non si muovono più ….- Clear aveva la voce rotta –Per questo non mi tolgo la maschera, lui mi ha detto che mi avrebbero preso, schiavizzato, manipolato la mente. E io, non me la toglierò …. Gliel’ho promesso, quindi …. Non te la prendere se ti rispondo di no!- Chelsea gli toccò la maschera –Io voglio vedere il tuo sorriso, voglio che almeno una volta mi mostri il tuo volto- Chelsea prese la mano di Clear e se la portò al viso. –Ti prego Clear …. Solo una volta …. Sei la prima persona a cui io ….- no, non poteva dirgli che si era affezionata. –Ti canterò la buonanotte ….- disse Clear, Chelsea si portò le mani ai fianchi –Cosa credi? Che io sia una bambina?-
-Si ….-
-CLEAR!- lui rise di gusto e Chelsea di fece travolgere ancora da quella dolce risata. –Ti canterò la canzone della medusa ….-
-MA CHE SCHIFO! Le meduse sono viscide e poi sono anche velenose!-
-Ma sono trasparenti e respirevoli ….-
-Non hai un’altra canzone? Magari la canzone dei panda!-
-Mettiti a letto su!-
-Tanto non funzionerà ….- Chelsea si mise sotto le coperte e Clear le si stese al fianco e cominciò a cantare la jellyfish song, una canzone pacata, tranquilla, con una voce quasi elettronica. Chelsea aveva capito che potere aveva Clear, lui con la sua voce poteva far sparire tutte le insicurezze e le paura trasformandole in sentimenti di gioia e pace. Chelsea si addormentò e Clear riprendendo l’ombrello uscì dalla finestra

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Capitolo 5
*** Nervous ***


-Svegliati!! Cosa ci fai ancora a letto???- Toby entrò in camera di Chelsea levandole violentemente le coperte di dosso. Lei uscì dal letto con i capelli blu tutti scombinati. –Ma che c’è Toby?-
-Come che c’è? Dobbiamo andare in studio!-
-Ah si! Io però devo prima lavarmi ….-
-Non c’è tempo, tra una mezz’ora dobbiamo essere lì!-
-Eh beh? Mezz’ora …. Nel mentre riesco a prendermi anche un caffè!-
-Chelsea non farmi arrabbiare già dal primo mattino. Vestiti e andiamo!- Toby stava diventando sgarbato e poi quel tono …. Assolutamente imperdonabile. –Allora per prima cosa gli ordini li do io 1) esci da questa stanza, 2) non urlare e 3) aspettami!-
-Cazzo Chelsea!! Devi crescere! CRESCERE! Non c’è tempo per doccia e caffè! I giapponesi sono puntuali e si incazzano se facciamo tardi! Muoviti! Ti aspetto di sotto!-. Era impazzito, per forza. Gli stava dando alla testa quella puntualità. E poi cosa credeva? Che Chelsea lo avrebbe ascoltato? Ovviamente no. si fece la doccia e ci impiegò anche più tempo del previsto. Evidentemente quando scese sotto, Toby era più furioso di prima e fece una specie di Shoa. Chelsea pescò nella borsa i tranquillanti e se ne ficcò in bocca uno. I giapponesi l’avevano aspettata si, ma erano un po’ sulle loro. Forse era per il suo ritardo ma Chelsea non ci arrivava, visse l’intera giornata in modo spento anche se amava cantare. Cosa le stava succedendo? Forse era stato Toby che l’aveva depressa ma si sentiva più nervosa che mai. Uscì dallo studio quasi soffocante e prese una boccata d’aria. –Toby mi vai a prendere un caffè?-
-Ma è già il quarto!-
-Toby, non ti ho chiesto un favore … è UN ORDINE!- Toby corse a prendere il maledetto caffè. Chelsea era a pezzi. Non poteva fare nulla per placarsi e Toby doveva assolutamente acconsentire alle sue richieste altrimenti conoscendola si sarebbe rifiutata di cantare o persino di lavorare. E questo non poteva permetterselo, perché Toby si era fatto un culo per portare il suo talento in Asia e il comportamento era inaccettabile. A Chelsea faceva male la testa, forse era perche aveva saltato di prendere le medicine o magari perché era dal mattino che le si urlava contro. Non fiatò una parola. Silenzio. Per la prima volta stette buona senza ululare nell’orecchio di Toby di cambiare radio continuamente. Appena arrivata in hotel salì in camera e si appollaiò sul letto, era stanca ma irrequieta, voleva far qualcosa ma i nervi la stavano facendo a pezzi. Forse doveva prendere un altro tranquillante. Sentì sbattere violentemente alla finestra con i pugni, la scatolina che aveva in mano cadde automaticamente a terra. Si catapultò ad aprire la vetrata e Clear entrò quasi furioso –è una giornata che prendi quella roba …. Cosa credi di fare?- un’altra ramanzina? No, Chelsea non ce la poteva fare –Oh insomma Clear! Cosa vuoi che faccia? Li devo prendere altrimenti non sto tranquilla …. Non …. Non sto!- le mani di Clear tremarono –è una giornata di merda! Che vuoi? Certo, tu che ne vuoi capire? Te ne voli tutto il giorno con un ombrello per la città! Non sai cosa darei io per volare con quel fottuto ombrello, lontano da qui …. LONTANO DA TUTTI!- Chelsea scoppiò a piangere, merda! Perché non aveva preso quei maledetti tranquillanti. –Stasera mi dai fastidio … Meglio che ti levi dai coglioni!- Clear rimase in piedi, Chelsea si girò singhiozzando come una bambina, riprese la scatolina e le mani di Clear la presero violentemente –Dai ridammele!- si ritrovò faccia a faccia con lui. La sua faccia. Senza maschera. Il suo volto bianco e delicato era così neutro che Chelsea fece difficoltà a leggere la sua espressione. Non sapeva se era rabbia o compassione. In entrambi i casi gli occhi di Clear erano lucidi e rosei. Chelsea rimase senza parole, lo rimase a guardare come assorta, istintivamente la mano le disse di accarezzare il suo viso e le sue labbra socchiuse, era bello, senza un’imperfezione. Chelsea sorrise singhiozzando
–Clear ….- lui sorrise a sua volta –Solo a te …. A te posso mostrarlo ….- lei socchiuse gli occhi e i loro nasi si scontrarono –Non sai quanto mi hai resa felice ….- lui sorrise –Scusa se ti ho detto quelle brutte cose!-
-Chelsea …. Io non sono umano. Io …. Sono un robot. Mio nonno mi ha detto che sono stato creato per manipolare le menti delle ersone …. Poi lui mi ha cambiato inserendomi sentimenti umani. Per questo non posso capire, è vero. Io sono un robot e non so cosa significhi veramente, hai ragione. Ma almeno tu …. Non prenderti queste medicine …. Non ammazzarti. Sei giovane, bella, tutti ti amano. Anche se i tuoi genitori non ci sono, fai in modo che la tua voce li raggiunga! Promettimelo!- Chelsea lo strinse forte –Vorrei averti sempre accanto!-
-Ci sarò …. Cantandoti la canzone della medusa!- Chelsea si attaccò al collo di Clear. Lui le cantò la jellyfish song e come per magia Chelsea si addormentò. Le persone sole commettono follie, Clear buttò le medicine di Chelsea nell’immondizia, lui le sarebbe stato accanto, anche se avesse significato mettere a repentaglio la sua stessa vita.

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Capitolo 6
*** Mask ***


Clear e Chelsea si continuarono a vedere prima del cosiddetto live. Ormai per lei Clear era una risorsa. Ma il giorno tanto atteso arrivò, Chelsea era tutto in tiro, il suo kimono era stato cucito apposta per l’occasione, i suoi capelli erano acconciati tutti da un lato lasciando un ciuffo blu fuori liscio. Il kimono era nero e rosso, con una manica posta a tre quarti del braccio destro. Non si era mai visto nulla di più elegante e sexy. –Sei bellissima!- Chelsea si trovò Clear davanti a sé. –Clear!! Sei qui! Ma …. Sei senza maschera!-
-Lo so, ho fatto un’eccezione per il tuo live, non mi avrebbero fatto entrare se la indossavo ….- si presero le mani –Sono contenta che tu sia venuto!-
-E io di vederti!- Toby entrò nella tenda –Chelsea tra 10 minuti sul palco!- si accorse di Clear e lo guardò torvo –Lui chi è?-
-Un amico-
-Un amico …. Perché tu hai amici? Ad ogni modo dì al tuo amico che deve sloggiare!- Clear aveva dei sentimenti davvero puri e di certo non si sarebbe fatto rovinare l’umore da un tipo del genere, non ci sprecò nemmeno tempo, lo dedicò tutto a Chelsea. –Clear, mi canti la jellyfish song?- lui chiuse gli occhi e la cantò tranquillizzando il cuore di Chelsea. –Adesso sei pronta …. Vai! Aspettano te!- Chelsea si catapultò sul palco. Milioni di fans aspettavano che la sua voce uscisse, che lei cantasse e donasse mille gioie. E in quel momento dopo la jellyfish song lei quei sentimenti poteva trasmetterli più forti che mai. Intravide Clear tra la folla di gente, i suoi capelli bianchi, la sua sciarpa verde e il suo sorriso smagliante, ma poi prima della fine del concerto Clear sparì con degli strani tipi che avevano l’aspetto simile al suo. Nel camerino ci fu un delirio, Toby dovette aumentare la sicurezza. I fans erano impazziti. Chelsea firmò un po’ di autografi poi salì in macchina e Toby le disse che erano diretti all’aeroporto. Dovevano ripartire subito, le valigie erano già pronte e imbarcate. Chelsea lasciò il Giappone la sera stessa, non poté salutare nessuno, non poté salvare nessuno. Dopo qualche mese scoprì che Clear era stato preso da un certo Toue, che da tempo cercava il suo modellino rovinato e che per fortuna aveva potuto aggiustarlo. Chelsea sapeva che era colpa sua, perché gli aveva fatto togliere la maschera e lo avevano riconosciuto, aveva mandato in fumo tutto ciò che il nonno di Clear aveva protetto da anni. Che vergogna! Ad ogni modo era meglio che si muovesse ad uscire …. Doveva passare in farmacia per prendere i soliti sonniferi e i tranquillanti. 

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