Begonie

di frafru88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 (REVISIONATO) ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


                                                                                                             PROLOGO


Era una tranquilla serata nel quartiere di Hastong Ville, le nuvole erano poche e ben diradate, facendo così trapelare i raggi, fiochi e pallidi, della prima luna di giugno. La strada della viuzza principale era deserta, fatta ad eccezione di qualche gatto randagio che faceva  ogni tanto capolino dai uno dei viottoli che si affacciavano sulla strada. Neppure i grilli si degnavano di fare il ben che minimo rumore, lasciando il quartiere in un immenso silenzio quasi surreale. Le graziose casette a due piani, tutte rigorosamente curate, con il tetto a spiovente dritto e ben allineato ed il giardino perfettamente falciato, erano totalmente buie e silenziose, neppure una piccola luce trapelava dalle grandi finestre,  coperte da fini e colorate tendine, facendo intuire che tutto il vicinato stava dormendo.
Eh già',  Hastong Ville era sicuramente il più ordinato e grazioso quartiere di tutta Cincinnati, dove la gente saluta sempre, offre torte di mele appena sfornate ai nuovi vicini e la sera si addormenta con un educato "Buona notte".  Ma, chi lo sa..... Forse  proprio per quella tranquillità che si respirava nell'aria, o forse per la placida e silenziosa nottata, questo quartiere aveva catturato l'interesse di un bizzarro e silente individuo, dai lunghi capelli marroni e una pesante sciarpa a righe bianche e nere che ne copriva il largo ed inquietante sorriso, ormai richiuso da tempo da punti di sutura e cicatrici. Un bizzarro e silente individuo alla perenne di ricerca di qualcosa, o qualcuno, che non era sicuramente una fetta di torta fumante.




 

 
 
Il giovane uomo si alzò, vacillando,  dal tavolo dove si era appisolato un paio di ore prima. La testa, pesante e vuota, pulsava dolorosamente, effetti postumi della sbornia. Per terra e sul tavolo erano disseminate bottiglie vuote di diverse marche di birra e di altri alcolici, i vetri frantumati scricchiolavano sotto la suola dei vecchi scarponi neri incrostati dal fango, producendo un fastidioso suono che non faceva altro che peggiorare il mal di testa dell'uomo. I capelli neri, ormai lunghi e malridotti, coprivano il suo viso,  tuttavia, tra una ciocca e l'altra, si riusciva ad intravedere piccole chiazze di una pelle diafana e piena di piccole rughe d'espressione.  Sotto i grandi occhi color ghiaccio, due profonde arcate nere facevano intuire la frequente e lunga carenza di sonno. L'uomo, dopo aver passato dieci minuti buoni in piedi al centro della stanza, alzò la testa e si guardò in giro nel vecchio e trasandato monolocale, le pareti, un tempo tappezzate da un'allegra carta da parti a fiori lilla e gialli, erano bianche, piene di crepe provocate dal tempo e di macchie di umidità e muffa. Il piccolo piano cucina, posto dietro al tavolo, era sporco e inutilizzato ormai da molto, il lavabo era pieno di bicchieri e stoviglie sporche, gradito invito per insetti e altri piccoli parassiti che non mancavano l'occasione di approfittarne. L'unico mobilio presente nell'abitazione era il divano, anch'esso vecchio e malandato, ma comunque ancora utilizzabile. Davanti a questo, una vecchia televisione a tubo catodico trasmetteva un telegiornale.
L'uomo, più annoiato ed irritato dal silenzio presente nella stanza che per vera e propria curiosità, si diresse, con passo incerto e traballante, verso il divano, dove ci si butto a peso morto, provocando un fastidioso e lamentoso cigolio da parte delle vecchie molle. L'uomo guardò poco interessato il notiziario, fino a che una notizia, annunciata da una giovane donna bionda fin troppo truccata, non catturò la sua attenzione
"Ritrovato ieri sera nella sua abitazione a Cincinnati, il cadavere di una giovane donna che corrisponderebbe al nome di Sarah Liddle, la donna sarebbe stata uccisa con quindici coltellate, di cui due, dirette al cuore e allo stomaco, le sarebbero state fatali. La polizia ha aperto subito le indagini, tuttavia, come ha poi confermato il vice capo procuratore Rodriguez, si sospetta che il colpevole sia un noto serial killer tutt'ora in circolazione. Tale ipotesi è data dal ritrovamento della firma di quest'ultimo sul muro della camera da letto della vittima..."
L'uomo si avvicinò maggiormente alla televisione , i muscoli della sua bocca si contrassero, quasi volessero ampliare ancora di più l'enorme sorriso che squarciava il suo volto da zigomo a zigomo e, seguendo il ritmo e le parole della conduttrice, quasi stessero leggendo il testo di uno stesso copione, disse
".....GO TO SPLEEP".



ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti!!! Questa è la mia prima fanfiction, quindi mi scuso già in anticipo per eventuali errori grammaticali o altro! Spero che questo prologo vi abbia incuriosito abbastanza per convincervi a seguirla. Vorrei fare solo un paio di appunti sulla storia : il titolo, Begonie, l'ho scelto per il suo significato, infatti nella lingua dei fiori significa "esser cauti", "far attenzione a", in più questi fiori si ripresenteranno spesso durante la storia. Inoltre volevo avvertirvi che non ci sarà subito dell'azione, ma ho preferito introdurre prima alcuni dei personaggi e il contesto. Cercherò di aggiornare la storia con regolarità, mantenendo sempre la stessa lunghezza nei capitoli.
Detto questo spero che continuerete a seguire la mia storia!! a presto! =)

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1 (REVISIONATO) ***


PICCOLA NOTA PRE - TESTO: HO PUBBLICATO IL CAPITOLO QUESTA MATTINA, TUTTAVIA IL TESTO RISULTAVA SENZA PUNTI DI SPAZIATURA, QUINDI PRATICAMENTE ILLEGGIBILE. FORTUNATAMENTE SONO RIUSCITA A CAPIRE COME FUNZIONA L'EDITING DI QUESTO SITO E A RIPUBBLICARE IL CAPITOLO, QUESTA STESSA SERA. PER CUI QUESTA E' LA SUA VERSIONE DEFINITIVA E CORRETTA.  ;)



                                                                                                       CAPITOLO 1

L'oscurità della quieta e fresca nottata venne squarciata dai primi flebili raggi del sole che, quasi intimoriti ad oltrepassare la linea sottile dell'orizzonte, ridavano lentamente vita al mondo sottostante.
Quelle oscure ed ignote figure che si stagliavano minacciose nel buio, al tocco della luce riprendevano forma e colore, ritornando ad essere semplici alberi, cespugli, lampioni, case e palazzi.
Così, anche la città di Cincinnati cominciava, con pigra lentezza, a svegliarsi dal suo letargico sonno notturno, e con essa anche i suoi abitanti.
Come ogni quartiere benestante che si rispetti, la vita ad Hastong Ville iniziava la mattina alle sette.
Le madri, fresche e mattiniere, davano il buon giorno a tutta casa, preparando la colazione e svegliando i restanti membri della famiglia, i quali tentavano in tutti i modi di strapparle ancora qualche prezioso momento di sonno. I mariti, avvolti nei loro completi in giacca e cravatta, ben stirati e profumati di bucato e dopobarba, salutavano sull'scio di casa  le proprie mogli con un bacio, prima di dirigersi verso le rispettive macchine per andare a lavoro. I figli, muniti di zaini, borse, cartelle e sacchetti per il pranzo, si dirigevano a passo lento verso la fermata del bus scolastico, ascoltando musica, ripassando nella propria mente le lezioni della giornata, pensando agli amici che avrebbero incontrato di lì a poco o semplicemente osservando con noncuranza le colorate macchine che passavano sulla strada asfaltata, lasciando che la propria mente vagasse libera, tra pensieri e fantasie.
La vita ad Haston Ville trascorreva così, quieta ed ordinata, proprio come i suoi residenti. Tanti piccoli mondi simili tra loro, racchiusi in un universo altrettanto piccolo e sicuro.
 
 
 
Gli anziani coniugi Hebergreen vivevano nella terza villetta dalla parte sinistra della strada. Il tetto blu e le pareti esterne bianche davano alla casa un'aria semplice ma elegante. L'erba del piccolo giardino esterno era sempre ben tagliata, le erbacce sradicate e i rami dei due alti alberi  di albicocche, che si trovavano ai lati del piccolo cancello d'ingresso, venivano settimanalmente tagliati per impedirne l'eventuale caduta su qualche ignaro passante.
La signora Hebergreen era un'arzilla vecchietta di novantadue anni, dalla corporatura piccola ed esile. I capelli, lunghi fili di sottile seta bianca, erano spesso raggruppati in un'elegante crocchia, tenuta ben ferma da un vecchio fermacapelli d'oro, arricchito con delicate decorazioni floreali blu, uno dei pochi regali ricevuti dal marito.
Data l'assenza di figli o nipoti, le sue giornate si scandivano tra le pulizie della casa, cura delle numerose piante di narcisi, begonie, buganvillee e peonie e l'organizzazione di diversi progetti sociali e ricreativi all'interno del quartiere, come l'annuale Bingo, per la festa del Ringraziamento, alla casa di riposo HeavenStrass, situata appena fuori il quartiere, l'asta di beneficenza natalizia ed il club di cucito, che si radunava ogni martedì sera alle 19 a casa sua.
Il signor Hebergreen era un robusto ottantanovenne, dal portamento fiero ed austero, abitudine derivatagli dai tanti anni passati nell'esercito. Le larghe spalle e le mani piene di screpolature e calli, facevano intuire il suo passato nei campi, attività che aveva intrapreso dopo il congedo. Il viso, piccolo e spigoloso, era spesso corrucciato in un'espressione dura e rigida, dando al suo aspetto una sfumatura ancor più cupa e severa.
L'unica nota di colore presente sul suo volto erano gli occhi, due splendidi lapislazzuli, la cui luce, tuttavia,  era scomparsa ormai da molto tempo.
Non amando molto la vita sociale, il signor Hebergreen preferiva trascorrere le sue giornate giocando a carte con vecchie amicizie d'armi, leggendo il giornale o parlando di politica e sport con alcuni vicini.
La maggior parte del  tempo, però, lo trascorreva nel suo studio, un piccolo stanzino del secondo piano, adiacente alla camera da letto. Egli si chiudeva lì dentro, passando ore a sfogliare vecchi album fotografici, leggere libri ed osservare le pareti, tappezzate da vecchie foto di gioventù e le molte medaglie al valore, ricevute dopo essere stato promosso a colonnello.
Splendidi trofei, appartenuti ad un tempo ormai ingrigito dalla polvere e dagli anni.
Per tutti i coniugi Hebergreen erano una dolce coppietta di anziani che si stava godendo una serena pensione. Tuttavia, ad uno sguardo più attento, si potevano intravedere piccole tracce di un'infinita tristezza colorare i loro animi.
 Essa poteva essere presente nei profondi occhi scuri della moglie, quando questa si ritrovava ad osservare il vuoto, ricercando nella sua memoria, piccoli spruzzi  di una speranza di felicità ormai lontana.
 Oppure nello sguardo malinconico del marito, mentre sfogliava le pagine ingiallite di un album di fotografie vuoto, sulla cui fodera, di stoffa celeste, v'era disegnato un grazioso orsacchiotto marrone. Mentre le tozze dita raggrinzite accarezzavano, con un'attenzione quasi religiosa, quelle pagine, l'austera espressione che lo contraddistingueva andava via via a sgretolarsi, mentre una calda e silenziosa lacrima scendeva veloce lungo la guancia, candendo poi su uno di quei fogli bianchi, riempiendo, anche se solo per pochi secondi, quell'insopportabile vuoto.
 
 
 
Dall'altra parte della strada, a due case di distanza da quella degli Hebergreen, la signora Tynes e la figlia Betty si incamminavano in silenzio verso la Berlina blu metallizzata della donna, per dirigersi l'una a lavoro e l'altra a scuola.
Greta Tynes era un'avvenente cinquantatreenne, dai tinti capelli biondi, che le arrivavano all'altezza del collo, gli occhi scuri, la pelle olivastra e il lieve accento, suggerivano le sue origini del sud. Ella, infatti, si era trasferita, da Savannah, a Detroid dopo aver conosciuto l'uomo che sarebbe poi divenuto il suo futuro marito. Lo stesso uomo che, poco dopo la nascita di Betty, aveva ben pensato di divorziare da lei, ingaggiando uno dei migliori avvocati del Michigan e riuscendo a portarle via la casa e buona parte dei soldi presenti nel loro conto in banca.
Dopo aver passato quattro lunghi anni in un piccolo e squallido monolocale a Wooster, la donna era riuscita a risparmiare abbastanza denaro per permettere a sé stessa e alla sua famiglia una vita migliore a Cincinnati, trovando poi anche un lavoro, stabile e ben pagato, come segretaria nell'ufficio di un contabile.  
Gli occhi della donna caddero sulla figura alta e sinuosa della figlia, la sua bocca si contrasse un lieve sorriso, notando come l'altra, giorno dopo giorno, tendesse ad assomigliare sempre più a sé stessa, durante gli anni dell'adolescenza. Carnagione olivastra, lunghi capelli scuri ricci e dita lunghe e affusolate. Solo gli occhi, verdi come quelli del padre, ponevano una netta differenza fra le due.
Appena salita in macchina, Betty si allacciò la cintura e girò la testa verso il finestrino, intenta a guardare la porta d'ingresso di casa, dalla quale era appena uscita.
"Oggi è davvero una bella giornata, non trovi tesoro? Finalmente è arrivata l'estate" disse Greta, mentre accendeva il motore, tentando in tutti i modi di instaurare una conversazione con la figlia. Tuttavia Betty non aveva alcuna voglia di parlare, specialmente quel giorno. La donna si fece scappare un respiro rassegnato e con lo sguardo fisso sulla strada disse
"Lo so che sei arrabbiata con me perché oggi non siamo andate a trovarlo. Ma lo sai, David è... malato"
"Malato"?! Era così che lei giudicava David? Pensava davvero questo di SUO fratello?! Davvero per lei tutto quello che lui aveva dovuto sopportare era soltanto una sorta di...  "malattia"?
Se non fosse stato per lei e per quello stronzo di suo padre, a quest'ora David sarebbe ancora con loro, non in quel fottutissimo posto per ricoverati mentali!
Il pesante silenzio nell'abitacolo venne interrotto dall'allegra voce del telecronista alla radio, accesa da Greta poco prima.
"Bene, e ora le notizie dell'ultimo minuto!
Nuovo omicidio a Cincinnati, questa volta le vittime sono due giovani coniugi, Christie e Matt Collins, rispettivamente di ventotto e trent'un anni. La coppia è stata ritrovata in un piccolo vicolo del centro città. Secondo la polizia, l'uomo è stato ucciso con un colpo di pistola alla testa, mentre la donna con una coltellata al cuore. Non ci sono indizi che facciano pensare ad una rapina o a un tentato stupro, per cui la polizia ha deciso di trattare il caso come omicidio preterintenzionale. Questo è il settimo caso di omicidio avvenuto nella contea di Hamilton,  nell'arco di tre settimane. Il vice capo procuratore Rodriguez ha assicurato che sia la polizia della contea che l'FBI stanno indagando sul caso.
Passando ora allo sport, ieri i Red Caps..."
Betty spense la radio, con un movimento irritato. Senza staccare gli occhi dal finestrino, si rivolse alla madre.
"Oggi è il suo compleanno... Non è mica un detenuto di Guantanamo, almeno una telefonata avresti potuto fargliela, infondo è tuo figlio, no?"
Le mani di Greta strinsero il manubrio talmente forte che le nocche le diventarono bianche. Non disse nulla, ma dal suo sguardo frustrato si capiva che preferiva non affrontare l'argomento,  almeno non in quel momento. Si accostò velocemente al marciapiede, vicino l'entrata della Cincinnati Owl High School, spegnendo il motore e rivolgendo lo sguardo vero la figlia, la quale continuava ostinatamente a guardare fuori.
"Lo so che ci odi per ciò che io e tuo padre abbiamo fatto, ma a volte si è costretti a prendere delle decisioni difficili, per il bene delle persone che ami. Anche se questo può farti soffrire. Probabilmente ora non riesci a comprenderci, ma quando sarai più grande, forse lo capirai anche tu"
"Si, certo"  rispose la figlia, con tono secco ed ironico, mentre scendeva dalla macchina e richiudeva la portiera con forza, sbattendola rumorosamente.
Greta vide la figlia dirigersi verso l'ingresso della scuola, mischiandosi con decine di ragazzi della sua stessa età. La donna immaginò di vedere il primogenito accanto a lei. Li vedeva ridire, scherzare, salutare altra gente o semplicemente parlare. Un sorriso triste si disegnò sul suo viso, aveva voglia di piangere.
 Si riscosse velocemente da quella fantasia, guardò l'orologio che aveva al polso e, constatando di essere leggermente in ritardo, riaccese il motore.
Con un profondo respiro, ricacciò indietro le lacrime e si preparò a sfoderare uno dei suoi migliori sorrisi di convenienza, quella sarebbe stata una lunga giornata.
 
 
 
 
La vita dei residenti di Hastong Ville era calma, sicura, perfetta. Non c'era posto, in quell' ordinato e ben strutturato quartiere, per i difetti o gli sbagli.
I problemi, i drammi, le insicurezze e le frustrazioni venivano lasciate in disparte, ben chiuse dietro la porta di casa.
Ciò che nessuno di loro, però, aveva calcolato, era l'imminente e  tremenda tempesta che, con silenziosa e  subdola velocità, si stava avvicinando a quel piccolo universo.
Tempesta,  le cui crudeli conseguenze avrebbero lasciato il segno sulle vite di quelle ignare vittime, come un rovente marchio a fuoco sulla tenera pelle di inconsapevoli agnelli,  diretti al macello.
 
 
ANGOLO AUTRICE
Salve!!! Ed eccoci qua, con il secondo aggiornamento e primo vero capitolo della storia!
Come avevo annunciato nel prologo, questo è un capitolo essenzialmente tranquillo, servito solo per introdurre alcuni personaggi ed i loro "segreti". In realtà, avevo intenzione di introdurre un altro paio di personaggi, però ho notato che il resto sarebbe risultato troppo lungo, per cui ho deciso di posticipare le presentazioni per i capitoli successivi.
Una cosa che mi sono dimenticata di chiarire nel prologo, sono le figure di Jeff e Liu, infatti non è mia intenzione descriverli come i soli ed indiscussi protagonisti, al contrario, ho intenzione di trattarli come due normali personaggi.
L'ultima cosa che volevo dire, prima di salutarci, è che, molto probabilmente, dal prossimo capitolo inizierò ad introdurre un po' di azione, tuttavia, per il primo incontro tra i killer e uno dei personaggi, si dovrà aspettare un altro po', poiché preferisco prima introdurre tutti i personaggi principali e poi, in seguito, dare il via agli omicidi e alle investigazioni.
Beh, mi sembra di aver detto tutto! Spero che questo capitolo introduttivo non vi abbia annoiato! Ci risentiamo per il capitolo 2!! =) 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2 ***


                                                                   CAPITOLO 2
 



I caldi occhi color ambra di Valery Cox osservavano, distrattamente, il rumoroso via vai mattutino degli studenti della Cincinnati Owl High School.
Come ogni mattina, il corridoio principale era pieno di ragazzi, ragazze, professori e bidelli che, con frenetica impazienza, si accingevano a raggiungere le rispettive aule e posti di lavoro, per incominciare una nuova giornata.
Tutto era così dannatamente banale, così palese, così... normale.
Valery avrebbe potuto camminare in quel largo corridoio, pieno di armadietti e porte, tenendo gli occhi chiusi e, senza alcuna difficoltà, indovinare ogni posizione, ogni azione, ogni conversazione di quelle persone tanto ordinarie.
I vestiti, gli abiti, i gesti, perfino le parole, tutto ormai, agli occhi di Valery, non era altro che un noioso ed insignificante rituale, fatto da personaggi ormai fin troppo scontati e monotoni.
Tutte le persone che in passato la ragazza aveva pensato fossero vere e genuine, si erano poi rivelate delle semplici maschere. Certo,  maschere bellissime, ricche di dettagli e particolari interessanti e originali, ma pur sempre vuote ed anonime al loro interno.
 Ognuno di loro seguiva il proprio copione, il proprio ruolo e Valery, di sicuro, non era da meno.
In fin dei conti lei era Valery Cox, unica figlia della ricca famiglia Cox, i costruttori di un vasto impero farmaceutico, basato su compravendite, affari e mazzette, tutto tenuto insieme da una buona dose di corruzione.
I suoi genitori pensavano che lei non sapesse nulla dei loro affari, che non conoscesse la verità dietro il loro potere, tanto forte da riuscire a far intimorire anche i membri più alti delle più importanti  lobby del Paese. Non immaginavano che una sola parola di troppo uscita, nel momento sbagliato, dalle sue labbra, avrebbe potuto trasformare quell'imponente impero, nel migliore dei casi,  in un cumulo di scartoffie e multe da parte del fisco.
Per loro lei era un semplice fantoccio, una marionetta i cui fili pendevano dalle astute ed avare dita dei coniugi Cox.
 Momentaneamente vestiva i panni della figlia modello, capo classe, reginetta della scuola, ottimi voti e socialmente attiva, tutto per aiutarli a mantenere il giusto standard sociale da brava famiglia americana e poi, in futuro, sarebbe diventata il direttore delegato della loro azienda. Valery lo aveva sempre saputo e, non ostante l'idea di dover rimanere per sempre al capezzale dei suoi genitori, per permettere al loro sogno di continuare anche dopo la loro dipartita, la portasse ai limiti dell'orrore, sapeva anche che quello era il suo unico e solo futuro.
Se era vero che con i soldi poteva comprare tutto ciò che non riusciva ad ottenere con il suo nome, era altrettanto vero che quegli stessi soldi e quello stesso nome, che potevano far inginocchiare davanti ai suoi piedi un'intera metropoli, rappresentavano al tempo stesso la reliquia di una libertà che, alla fine, non era mai stata sua fin dall'inizio.
La cosa che, però, aveva sempre sorpreso la ragazza, era l'impassibilità e la naturalezza con cui era sempre riuscita ad accettare questa sua situazione. I sentimenti che provava non erano rabbia, frustrazione o disperazione, almeno non più.
No, tutto ciò che sentiva era un placido e silenzioso vuoto, un vuoto che non riusciva a colmare con nessun oggetto o compagnia, ma che, con il passare degli anni, era divenuto sia la sorgente della sua continua e crescente noia di vivere, sia l'unica forma di libertà emotiva e mentale che poteva permettersi.
"Hey Valery, guarda là, ma che maglia si è messa quella?  Cos'è, la fiera delle vacche?!"
Valery  sbatté un paio di volte gli occhi, risvegliandosi dai suoi pensieri, rivolgendo poi uno sguardo infastidito verso la fonte di quella voce, una delle sue due "migliori amiche", o almeno  così loro amavano si definirsi, Kelly, oppure Gabrielle, a dire la verità Valery non era mai riuscita a distinguerle, a causa delle loro personalità e del loro aspetto che, agli occhi della ragazza, apparivano fin troppo simili tra loro.
 L'unico particolare che le permetteva di distinguerle erano i capelli, una bionda e l'altra mora, caratteristiche piuttosto banali, che di certo non miglioravano la visione già alquanto semplicistica e critica che aveva nei loro confronti.
Valery non le aveva mai considerate più che semplici attaccabrighe sociali, proprio come i loro genitori. Entrambe le famiglie erano a capo di piccole aziende farmaceutiche, alcune delle ultime, all'interno del paese, che potevano ancora definirsi a conduzione familiare, che, dopo diversi anni di ostinata resistenza, basata sulle solite stronzate riguardo le piccole imprese e l'amore della famiglia, avevano cercato di tenersi al riparo dalla minacciosa crescita della Cox Pharmaceutical Indusrty, ma che alla fine, si sono dovute arrendere, abbassando il capo davanti al consiglio di amministrazione dell'azienda e ad un paio di migliaia di dollari, serviti sia per convincerli a "collaborare" con la loro, sia per compare il loro silenzio su alcuni cavilli legali, che di realmente legale avevano solo il nome, sull'inglobamento delle loro piccole ed insulse aziende.
Da allora entrambe le famiglie avevano cercato di far di tutto per avvicinarsi ai Cox, costringendo anche le figlie a cambiare scuola e frequentare Valery.
  Da parte sua, Valery non aveva mai considerato le due come amiche, bensì come fedeli animaletti da compagnia, due piccoli cagnolini che la seguivano d'ovunque e che obbedivano ad ogni suo comando, la loro presenza le era tanto sgradita, quanto le era comoda la loro utilità.
La ragazza, intenta a rispondere in modo indifferente all' affermazione dell' altra, sentì all'improvviso il calore di un braccio cingerle le spalle, non ebbe neppure bisogno di girarsi per sapere chi era
"Hey piccola, oggi sei più bella del solito, lo sai?" Valery riuscì quasi a percepire il sorriso sornione sul volto di Mike, mentre questi la salutava con la stessa identica frase che usava da tutti e tre i mesi che stavano insieme.
"Ciao Mike, grazie"
Valery cercò di nascondere l' irritazione nel suo tono dietro ad un leggero bacio a fior di labbra.
Non ostante  il suo carattere da spaccone troppo sicuro di sé, tipico di un quarterback con una borsa di studio per il Collage assicurata, Valery sapeva che stare con lui era la cosa più conveniente per entrambi e, in qualche modo, era sicura che anche Mike avesse colto quel leggero velo di ipocrisia che faceva da base alla loro relazione, tuttavia lui non se ne era mai lamentato e, probabilmente, non l'avrebbe mai fatto.  Valery sapeva che tutto ciò era conveniente anche e soprattutto per lui.
Mike veniva da una famiglia disagiata sia economicamente che socialmente, il padre se ne era andato via quando era piccolo, mentre la madre passava tutto il giorno a dare il resto dietro un bancone di un Walmart o a cercare di racimolare qualche spicciolo in più di mancia, alzando più del dovuto la gonna della divisa da cameriera di uno squallido bar della periferia di Cincinnati, mentre la notte la passava tra bottiglie di whisky di bassa qualità e le coperte di un qualche ubriacone di cui non sapeva neppure il nome.
Le uniche fortune che Mike avesse mai avuto sono state di nascere con un corpo robusto ed avere abbastanza intelligenza da capire come farlo fruttare. Grazie al football si è ritrovato dalla squallida baraccopoli ai limiti della città, a una piccola casa nel quartiere di Hastong Ville, a pochi chilometri dal centro della città, conducendo una vita agiata che, altrimenti, avrebbe solo visto attraverso lo schermo mezzo rotto della sua vecchia televisione. Il frequentarsi, poi, con Valery non aveva fatto altro che ottimizzare ancor di più il suo status sociale ed economico, permettendo anche alla madre una vita più agiata, come impiegata della Cox Pharmaceutical Industry.
Valery, invece, aveva potuto migliorare la sua immagine, uscendo con uno dei migliori giocatori della squadra di football della sua scuola e, allo stesso tempo, dando l'immagine di una coppietta felice e follemente innamorata, la ricca figlia di un imprenditore che si mette insieme al giocatore squattrinato che viene dai bassi fondi, romantico, no?
Ad un certo punto Mike, tentando di baciare la ragazza tra i lunghi capelli lisci neri, si spostò bruscamente di lato, permettendo a Valery di scorgere, dietro la grande stazza del suo ragazzo, la siluette di un' altra persona, Stanley Bloom.
Valery arricciò il naso non appena lo vide, quel tipo non le era mai piaciuto. Non perché ci avesse provato con lei o altro, in fondo succedeva spesso, quindi le ci aveva fatto l'abitudine, il fatto era che lei non sopportava il suo subdolo comportamento da finto tonto. Stanley era figlio di un grande imprenditore mobiliare, ricco da fare schifo e furbo da far paura. Lui poteva fare le peggiori malefatte, riuscendo sempre ad uscirne pulito, in un modo o nell'altro. Valery aveva sempre avuto il presentimento che un personaggio simile potesse portare solo rogne e problemi, per questo, quando lui e Mike hanno cominciato ad uscire con la stessa comitiva di amici, lei aveva iniziato a distanziarsi da loro.
La ragazza aveva capito che tipo era realmente, dando così conferma ai suoi dubbi, dopo l'incidente di Diana Robinson. Lui riuscì a far insabbiare tutto, usufruendo del potere del padre, sia per far tacere il consiglio scolastico che la polizia e nascondendosi dietro la facciata da bravo ragazzo che va tutte le domeniche a messa e fa volontariato, per far affievolire i pettegolezzi, tanto che, solo dopo quattro mesi da quella serata, lui si era diventato il bravo ragazzo accusato ingiustamente, mentre Diana Robinson la puttana sedicenne che tentò di rovinargli il futuro.
 Valery non era mai stata vicina a Diana e non poteva neppure definirsi sua conoscente, si erano solo incrociate un paio di volte per i corridoi, tutto qua, tuttavia la piega che avevano preso per lei gli eventi non le era mai piaciuta, proprio come non le era mai piaciuta la viscida soddisfazione con cui Stanley definiva Diana come una "ragazza povera e meno fortunata".
Valery, dopo aver risposto al saluto di Stanley con un cenno del capo quasi impercettibile, si girò, per evitare di interagire più del dovuto con lui. In quel momento, per un breve istante, il suo sguardo incrociò quello di Elisabeth Tynes.
Valery non sapeva cosa o per quale motivo, ma, ogni volta che la incrociava, provava una sorta di stretta al cuore. Qualcosa nel suo sguardo, fin troppo profondo ed  assente, le ricordava un po' sé stessa.
Chi lo sa, magari se si fosse fermata a parlarle o anche solo a salutarla, forse avrebbe potuto capire meglio cosa non andasse nella sua vita. Magari sarebbero potute diventare amiche, raccontarsi ogni verità, senza aver paura di essere giudicate o sentirsi sbagliate, magari avrebbe potuto far appoggio su di lei quando sentiva che il suo corpo e la sua mente stavano diventando troppo deboli per sorreggere tutto il peso del suo nome.
Valry scosse la testa, contraendo le labbra in un sorriso che sapeva di amaro.
Già, magari in un altro mondo, in cui la vita non era tanto pesante e dove lei non sarebbe dovuta essere Valery Cox.



 
 
 
 
 
Il ragazzo calciò con frustrazione il bidone, facendolo cadere per terra con un forte tonfo. Era stanco di quella situazione, sembrava che più si avvicinava al suo obbiettivo, più questo continuava a sfuggirgli. Aveva girato quattro Stati in lungo e in largo, seguendo le notizie sui telegiornali e "interrogando" alla sua maniera i pochi superstiti dei suoi omicidi, e ora, era qui, in quello sporco e puzzolente vicolo cieco della periferia di Cincinnati, a pochi kilometri dall'ultima casa dove la sua furia omicida si era placata, e ora non sapeva cosa fare. Erano una decina di giorni ormai che la sua preda non faceva una mossa, tanto che aveva pensato che fosse fuggito in un altro Stato.
No, lui doveva trovarsi ancora qui, lo sapeva, lo sentiva. Doveva solo capire dove avrebbe colpito la prossima volta e tendergli una trappola, allora non avrebbe avuto scampo.
In quel momento un foglietto di carta colorata, spinto dal vento, finì sulla scarpa dell'uomo. Non appena questo lo raccolse il suo sguardo si illuminò, come se avesse avuto un' intuizione geniale
Vendesi casa di 600mq con largo giardino esterno. Grande cucina e sala da pranzo, due bagni e balcone.
Vicinato cordiale e quartiere sicuro, a pochi kilometri dal centro.
Hastong Ville numero civico 112  per informazioni chiamare il numero : 3793216578
 
L'uomo ripiegò con cura il foglietto riponendolo, poi, nella tasca del giubbotto, mentre sul suo volt si formava un grande ed inquietante sorriso che, allungato dai profondi segni ai lati della bocca, sembravano squarciare in due il viso
"Ci vediamo presto, fratellino".






    ANGOLO DELL'AUTRICE (IN RITARDO)
Salve a tutti e... Già, sono ancora viva!!    ^__^'
Vi chiedo perdono per questo ritardo MADORNALE, ma è stato un periodo davvero stressante, prima le lezioni, poi ho avuto una marea di impegni che spuntavano uno dopo l'altro come funghi e mi davano davvero pochissimo tempo per la stesura di questo capitolo, poi, dulcis in fundo, sono stata u l'intero mese di agosto in vacanza dove il wifi era scarso come l'acqua nel Sahara... Insomma un casino!
Comunque sono tornata! E questa volta, per farmi perdonare, ho fatto il capitolo un po' più lungo ;)
Questa volta mi sono concentrata molto sull'aspetto psicologico dei personaggi, cercando di descrivere tutto dal punto di vista di Valery. Per questo il testo potrebbe risultare un po' pesante rispetto ai capitoli precedenti, ma sto cercando di migliorare il mio stile di scrittura, quindi se avete dei suggerimenti sarò lieta di ascoltarli! (o meglio leggerli).
Ok, ho finito il mio super monologo, quindi direi che possiamo salutarci! Ci si rivede (presto questa volta, giuro!) per il prossimo capitolo!!! 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3 ***


                        CAPITOLO 3
Il coltello affondò per l'ennesima volta nelle morbide carni della carcassa di quella che, qualche ora prima, era una donna ma che ora somigliava più a una poltiglia rossastra di organi, pelle e capelli, sparsi in giro per tutta la stanza. Le pareti bianche erano colorate dai larghi spruzzi di scure macchie rosse, il tappeto marrone, solitamente perfettamente steso ed ordinato, ora era stropicciato e sbattuto nell'angolo sinistro del letto. La stanza, sempre ben ordinata e pulita, ora era a soqquadro, le ante del grande armadio bianco era aperte ed alcuni vestiti giacevano a terra, l'alta scarpiera si era rovesciata sul pavimento con un forte botto, provocando una leggera screpolatura di alcune piastrelle di marmo scuro del pavimento.
 Il comodino in legno era caduto a terra, riversando per terra tutti gli oggetti contenuti nel cassetto, mentre la piccola lampada abajur di ceramica, regalo della madre per il suo matrimonio, era caduta a terra, rompendosi in mille pezzi. Le grandi tende di lino bianche, recise in più punti da lunghi strappi regolari, quasi fossero state tagliate da un coltello fin troppo affilato, si muovevano sommessamente, quasi rattristite, da una leggera brezza notturna, proveniente dalla grande porta finestra, leggermente aperta.
Quella che fino a quella serata era una stanza da letto, si era trasformata in un campo da guerra, una guerra tra la vita e la morte, tra l'uccidere e l'essere uccisi, tra la preda ed il cacciatore.
Dopo una buona mezz'ora di lotta, alla fine, questa guerra finì, portando al vincitore una calda sensazione di vittoria, mentre al vinto una fredda rigidità perenne.
La donna era riversa sul letto, il bianco delle lenzuola sembra volesse far risaltare ancora di più la cupa, ma la tempo stesso brillante, tonalità di rosso, che fuoriusciva copiosamente dai numerosi tagli che le bucavano il corpo, andando a formare due grandi macchie laterali che, estendendosi in modo disordinato e parallelamente alle braccia aperte, sembravano formare due macabre ali cremisi, intorno al quel corpo così malridotto.
L'uomo alzò lo sguardo per osservare il suo capolavoro e, con lo stesso coltello affilato con cui aveva ucciso la sua preda, intagliò una sottospecie di storto sorriso sbilenco sul volto della donna, squartando le sue guance, con la stessa facilità con cui un cucchiaino taglia un pezzo di burro.
Questa volta l'uomo provò una maggiore soddisfazione nell'ucciderla, era molto tempo che una sua preda lottasse così tanto per sopravvivere, alla fine era stato costretto a portarla sull'orlo dell'asfissia, strangolandola con il cavo del mouse del computer, senza però ucciderla, ma lasciandola in uno stato di semicoscienza, la sua disperata forza di sopravvivenza l'aveva colpito, per questo aveva voluto che guardasse negli occhi il suo assassino, mentre questi le rubava, colpo dopo colpo, la vita. Unica e sola cortesia che riservava solo alle prede che lo colpivano, in qualche modo.
L'assassino, dopo aver dato un' ultima occhiata al cadavere, si diresse verso la parete a sinistra del letto, pronto per lasciare la sua solita firma d'autore sulla sua nuova opera d'arte, quando, però, notò alcuni documenti che uscivano da uno dei cassetti del comodino. Ne prese in mano un paio per leggerli, non aveva fretta, sapeva che nel vicinato vivevano solo vecchi sordi che, durante il loro sonno, non avrebbero sentito neppure l'esplosione prodotta da un attentato, figurarsi qualche lampada rotta a terra, il cadavere, nel migliore dei casi, sarebbe stato scoperto solo il giorno dopo, quando lui sarebbe stato già troppo lontano per essere anche solo avvistato.
L'uomo cercò di concentrarsi il più possibile sul fitto testo scritto in piccoli caratteri, la stanza, a parte una flebile luce prodotta dai uno dei lampioni fuori, era completamente buia e, sicuramente, lo stato in cui erano i suoi occhi non aiutava.
Dopo all'incirca un quarto d'ora, riuscì a capire buona parte del testo, si trattava di una relazione di una professoressa su una classe di letteratura inglese del secondo anno, di una scuola liceale poco di stante dal centro città.
Il killer sorrise, irrigidendo i muscoli della mandibola, ormai quasi del tutto debilitati a causa dei vecchi squarci e di un'infezione, da poco guarita.
 Gli era venuta un'idea.
Si girò dalla parte opposta e ritorno accanto al cadavere che, ormai, era diventato pallido e freddo e, posando una mano sulla fronte, spostando alcune ciocche bionde dal viso rigido, disse
"Bene Miss Liddle, che ne dici se andiamo a fare un salutino ai tuoi cari scolaretti ?"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il detective Lucas Preschott fissava in cagnesco la grande lavagna davanti a lui, mentre i suoi nervi, già di per sé poco saldi, stavano per esplodere nuovamente, a causa della continua frustrazione, che aveva cercato di sopprimere nei giorni precedenti, ma che adesso stava pericolosamente per eruttare fuori, in tutta la sua potenza.
Davanti a sé aveva decine di foto di persone e cadaveri ed altrettanti dati ed alibi che scagionavano più della metà degli indiziati che erano riusciti ad identificare fino ad allora.
Sembrava che tutto il lavoro svolto in quei cinque lunghi anni non fosse servito a nulla, era ormai troppo tempo che lavorava a quel caso, riuscendo, tramite conoscenze ed incarichi speciali, a spostarsi di Stato in Stato, seguendo la scia di sangue che l'assassino portava con sé. Sembrava stesse giocando con loro, prima attaccava una città e suoi dintorni, poi non si faceva vivo per settimane, rischiando di far cadere il caso in prescrizione e far diventare tutto il lavoro svolto fino a quel momento, una disordinata pila di fogli, impilati assieme ad altre decine, nel reparto dei casi irrisolti, per poi mostrarsi nuovamente in un altro Stato, con la stessa potenza distruttiva ed omicida di sempre.
"Smiler Killer", così avevano deciso di nominarlo, questo per uno dei segni particolari che lasciava sulle sue vittime, un inquietante sorriso inciso. Secondo i medici legali, l'incisione è avvenuta sempre poco dopo la morte, ciò si significa che il soggetto la usava come sorta di marchio di fabbrica, un segno di riconoscimento.
Gli altri due particolari ricorrenti erano la firma, una scritta, solitamente trovata sul muro più vicino al letto della vittima, fatta con il sangue della stessa vittima "go to sleep", sembrava quasi una presa per il culo verso le sue vittime, queste avrebbero comunque dormito in eterno.
Il secondo segno ricorrente in tutti i suoi omicidi è il modus operandi, tutte le vittime sono morte nello stesso identico modo, tramite una serie spropositate di coltellate, disseminate su tutto il corpo, secondo la scientifica, queste non erano mirate a una zona particolarmente mortale, come polmoni o milza, ma sono state volontariamente inflitte in zone non letali, per far morire la vittima di dissanguamento. In più tutti i cadaveri sono stati ritrovati nel proprio letto in posizione supina, come se l'assassino li avesse attaccati durante la notte.
Il terzo ed ultimo segno ricorrente, sono le vittime stesse. Il soggetto tende a preferire quartieri benestanti, di media o alta borghesia, in cui il vicinato è solitamente tranquillo e, per lo più, abitato da anziani o famiglie con figli.
La cosa più strana, e che ha suscitato subito l'interesse di tutte le forze dell'ordine che si occupavano del caso, era che, non ostante prediligesse tali quartieri, il soggetto non avesse mai  rubato nulla, solitamente quando un assassino attacca certi quartieri, lo fa per rapinare i residenti o, in caso in cui voglia solo uccidere, tende comunque a rubare qualcosa per cercare di far sviare i sospetti, lui no.
Quel bastardo non aveva paura di essere scoperto, non aveva neppure la briga di creare un teatrino che portasse la polizia sulla strada sbagliata. Lucas ed altri suoi colleghi pensavano che un soggetto con tale senso di onnipotenza e narcisismo avrebbe finito per commettere un errore, anche il più piccolo, per permettere loro di identificarlo e prenderlo.
Quello stronzo, invece, oltre che furbo, era anche fin troppo intelligente, non hanno mai trovato nulla che li aiutasse, mai un capello, mai un pezzo di vestito, un testimone , neppure un'impronta digitale, niente di niente, sembrava quasi un fantasma.
Lucas prese in mano un paio di fascicoli, e li sfoglio, cercando tra le righe un qualsiasi particolare sfuggito.
Il detective sospirò con frustrazione, chiudendo, per qualche minuto, gli occhi neri e stanchi, mentre con una mano si massaggiava dolorosamente le tempie.
Prima New York, poi Chicago, Los Angeles, Las Vegas, Prescott, Sacramento e ora Cincinnati, sembrava che il percorso che faceva non avesse alcun senso logico.
"Ah... Caffè, mi serve del caffè"
Il detective si stava dirigendo verso la macchinetta per le bevande calde, quando un poliziotto lo richiamò
"Detective Preschott, il fratello di Sarah Liddle è qui, ha detto che è venuto a portare gli ultimi oggetti personali della vittima"
Lucas si scompigliò i corti capelli scuri, ormai tendenti leggermente al grigio. A quanto pare il caffè avrebbe dovuto aspettare, come sempre.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il ragazzo si svegliò , aprendo pigramente i grandi occhi verdi, la luce fredda della lampada lo accecò solo per un momento, aumentando il suo malditesta.
Si sentiva stanco e spossato, non ostante passasse più della metà del suo tempo a letto, a causa degli psicofarmaci che prendeva quotidianamente. Non ostante la sua carnagione fosse olivastra di natura, tendeva a diventare un po' più pallida ogni giorno.
Il ragazzo si izzò con le braccia, riuscendo a mettersi seduto, mentre finiva di svegliarsi del tutto.
D'improvviso, sentì la porta bussare, sapeva chi fosse e, non ostante fosse abituato a tale routine, non riusciva ancora a sentirsi a suo agio.
"Avanti"
La dottoressa entrò nella stanza con un grande sorriso, forse un po' troppo solare, per i gusti del ragazzo.
I lunghi capelli rossi ricci della dottoressa Brouse, erano raccolti, come quasi tutte le volte, in una coda di cavallo, i piccoli occhi castani erano resi ancora più stretti, a causa delle grandi lenti degli occhiali da vista.
La giovane dottoressa si avvicinò al letto, appoggiandosi leggermente al lato più esterno e sfogliando una grande cartella marrone, al cui esterno c'era scritto il nome del ragazzo.
"Bene, come andiamo oggi?"
Il ragazzo rispose con un'alzata di spalla
"Bene... Allora che ne dici parlarmi di quando hai provato a suicidarti, David?"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Eilà!!!! Eccomi qua con il terzo capito!
Questo è un capitolo importante, poiché ha introdotto uno dei personaggi più importanti, il detective della situazione. Lo so che di solito, in queste storie, i detective e la polizia, in generale, non contano molto, ma io cercherò di dar loro una certa importanza.
E... Si, nel finale c'è proprio il fantomatico David del secondo capitolo! Non voglio spoilerarvi nulla, ma vi posso dire che la sua storia non è molto scontata, anzi tutto il contrario!
Infine, in questo capitolo ho parlato anche di Sarah Liddle (dal primo capitolo), l'ho fatto per un motivo specifico, che capirete, poi, durante la storia.
Beh, direi che per ora è tutto! Ci si risente per il prossimo capitolo! =)

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4 ***



                                                                                     CAPITOLO 4


Elisabeth sedeva, silenziosa, con la testa poggiata su una mano, rivolta verso la finestra che dava sul cortile secondario della struttura.
Il grande prato verde, perfettamente falciato e curato, si estendeva per quelli che, agli occhi della ragazza, sarebbero potuti essere all'incirca 25 metri.
Tutto il perimetro era contornato da grandi alberi di specie diverse, di cui Elisabeth aveva riconosciuto solo qualche abete e pino,  aiuole di diverse dimensioni e forme e numerosi tavolini in legno da picnic erano sparsi qua e là, adornando quell'immenso pavimento di colore  verde acceso.
All'inizio del cortile, dietro la porta tagliafuoco che fungeva d'entrata, sei grandi panche di marmo bianco erano dispose a formare un grande semicerchio, le quali erano perennemente occupate da branchi di studenti urlanti e rumorosi, decisamente poco disposti a muovere il sedere leggermente di lato, per far posto a persone che fossero esterne al loro solito gruppetto di amici.
La ragazza sbuffò, quella scuola non le era mai piaciuta, proprio come non le era mai piaciuta la decisione della madre di trasferirsi lì, a Cincinnati.
Era vero che,da quando si erano trasferiti là, avevano avuto uno stile di vita nettamente migliore rispetto a quello che avevano a Wooster, ma lei non sopportava tutto questo lusso e finto perbenismo.
Nella sua vecchia scuola, era già tanto se riusciva ad avere una sedia dove sedersi, ma lì era riuscita  ad avere delle amicizie vere e forti, in più, non ostante sia lei che la madre e il fratello fossero spesso fuori, la prima in uno squallido ufficio di un' agenzia di assicurazioni, fin troppo piccolo e l'altro dietro al bancone di un bar a ricevere quei pochi spiccioli guadagnati durante ore di lavoro part time, si sentiva ben  più vicina a loro di quanto non lo fosse adesso.
Si erano trasferiti a Cincinnati da quasi tre anni, Betty era stata costretta a salutare per sempre i suoi vecchi amici delle scuole medie, per frequentare l'ultimo anno ed i successivi quattro di un altro istituto, di una altra città a più di 200 miglia dall' altra, dove circa il novanta per cento degli studenti erano figli di papà, senza cervello e con un pozzo di soldi da sprecare in abiti firmati e, anche se cercavano di non darlo a vedere, in droghe ed amichette fin troppo intime.
In quegli anni Betty era riuscita, con non poca difficoltà, ad instaurare qualche rapporto con un gruppo di ragazzi che seguivano alcune lezioni con lei, come matematica analitica e letteratura inglese, ma con cui non riusciva ad aprirsi più tanto.
La ragazza arricciò fastidiosamente il naso, parlando di studenti di quella scuola, non poteva certo dimenticarsi di quello stronzo di Stanley Bloom e della sua combriccola di amichetti, persone del genere era sempre meglio perderle fin dall' inizio che ritrovarsele appresso fino alla fine. Quei tipi erano pericolosi, la ragazza ancora non riusciva a capire come più della metà degli studenti e praticamente tutto il consiglio docenti lo descrivesse come  " l' eroe che ha combattuto contro le false testimonianze e accuse infondate" o "la povera vittima che ha rischiato il carcere a causa di una poco di buono".
Betty non sapeva se la storia di Diana Robinson fosse vera oppure no, fatto sta che era sicura che quel Bloom non potesse essere esattamente definito come uno stinco di santo.
E poi c' era lei, Valery Cox, una delle ragazze più popolari della scuola, bella, intelligente, ricca e potente. Lei poteva fare tutto, avere qualunque e chiunque volesse, la ragazza ancora non capiva come un tipo come quella potesse stare con quell' energumeno, tutto muscoli, abbronzatura finta e capelli a carciofo.
Betty non se l'era mai bevuta la storia della "coppietta amorosa", tuttavia si era sempre premurata di tenersi per sé tutti quei pensieri, sapeva che se avesse detto anche solo una parola contro il re e la regina della Cincinnati Owl High School, allora si sarebbe di sicuro ritrovata circondata da una folla inferocita che le dava della sfigata gelosa, nel migliore dei casi.
In più, Betty, sapeva che le persone come Valey Cox erano in cima, a causa della loro arroganza e finto perbenismo, alla sua lista nera, tuttavia, in qualche modo c'era qualcosa di... diverso in lei.
Infatti, ogni volta che lei si incrociavano, anche solo con lo sguardo, Elisabeth aveva sempre la sensazione che l'altra le volesse dire qualcosa, ma poi, inspiegabilmente, cambiava idea, rompendo il contatto visivo e girandosi dall'altra parte.
Betty non aveva mai capito quale fosse il suo problema, aveva forse qualche tipo di conto in sospeso con lei, di cui Betty ignorava l'esistenza? Voleva qualcosa in particolare che solo lei poteva darle?
La ragazza scosse la testa, aveva già tanti problemi per conto suo... ci mancava solo che si intromettesse in cose che no la riguardavano. Se la reginetta della scuola aveva qualche problema, poteva benissimo scendere dal suo favoloso piedistallo di onnipotenza e venirle a parlare.
Era sicura che anche suo fratello avrebbe pensato la stessa cosa, David non sopportava la gente che si credeva migliore di altri solo perché più ricca o influente.
Gli occhi della ragazza si abbassarono in un'espressione di tristezza mista a fastidio.
David... Sicuramente anche lui avrebbe odiato, come lei, quella scuola.
Betty si chiedeva sempre come fossero arrivati a quel punto, com'era possibile che il padre avesse deciso di mandare il suo primogenito in un centro di recupero, ma,  sopratutto,  perché la madre avesse permesso ciò senza neanche fiatare.
Forse, tra tutte le cose, era questa che Elisabeth faticava di più a perdonarle, il fatto che si fosse girata dall'altra parte, di non aver cercato di capire suo figlio, di capire il motivo di quel gesto, ma, sopratutto, di accettarlo per come era. La ragazza, infondo, sapeva che era stato proprio questo il motivo per cui David aveva cercato di togliersi la vita, tagliandosi i polsi nella loro vasca da bagno.
Betty sapeva perché il fratello avesse fatto quel gesto tanto sconsiderato quanto disperato. In quel periodo, si erano appena trasferiti nella nuova casa e, non ostante l'entusiasmo della madre di iniziare una nuova vita in una delle città più ricche e grandi della contea di Hamilton, né David né Betty sembravano condividere la sua felicità, specialmente il primogenito, il quale, all'insaputa di tutti, oltre alla scuola e agli amici, aveva dovuto abbandonare altro a Wooster, qualcosa di molto più importante, qualcosa di cui solo Betty, in seguito, avrebbe saputo.
In quel momento i suoi pensieri furono frenati dal rumore della porta della classe che si apriva. La ragazza, così come gli altri studenti, si aspettavano di ritrovarsi davanti la professoressa Liddle, per iniziare la loro lezione di letteratura inglese.
Con loro sorpresa, invece, si ritrovarono davanti tre uomini.
In fila, davanti alla grande cattedra, che si trovava poco distante dalla larga lavagna a muro bianca, c'erano il professor Roospert, docente di matematica analitica, il professor Vanguver, di grammatica inglese e il preside Morrison.
Il primo, un piccolo uomo di mezz'età, tendente alla calvizia, si aggiustò con un movimento esasperato i piccoli occhiali rotondi su naso leggermente a patata, contornato da leggere lentiggini e riducendo i piccoli occhi scuri a due fessure, si schiarì la voce prima di fare un passo in avanti ed annunciare
"Buon giorno ragazzi. Oggi la vostra lezione di letteratura inglese non si terrà, così come tutte le altre lezioni della giornata"
L'uomo tacque un attimo, rivolgendo lo sguardo verso gli altri due, come a chieder loro di intervenire a loro volta.
Il professor Vanguer fece a sua volta un passo avanti, affiancandosi al suo collega, cosa che sorprese non poco gli studenti, dato che era ben noto in tutta la scuola che tra i due non girasse buon aria, anzi, più di una volta era stati sorpresi a besticciare tra di loro, in mezzo ai corridoi, sotto lo sguardo divertito degli studenti e quello sbigottito del preside e dei restanti docenti.
Betty non sapeva bene cosa stesse succedendo, ma le parole pronunciate prima dal professore e l'aria preoccupata e solenne dei tre, le diedero l'impressione che fosse successo qualcosa, qualcosa di tremendamente spiacevole.
Il professor Vanguver, prima di parlare, si accarezzò con fare pensieroso la leggera barba bruna, mentre i grandi occhi color cioccolato osservavano la cattedra, come se lì ci fossero scritte le parole che tanto cercava nella sua testa.
Mentre che aspettava il professore aprisse bocca, per dir loro cosa diamine fosse successo di così urgente, Betty non poté non notare le occhiate languide che molte delle compagnie della sua classe riservavano al professore. Era vero che il signor Vanguver fosse un uomo alquanto affascinate e nettamente giovane rispetto agli altri professori della scuola, tuttavia la ragazza non capitava come potessero pensare a una cosa simile in quel momento, non riuscivano a capire che stava per succedere qualcosa di grave?!
In quel momento il professore parlò
"Quello che il professore Roospert sta cercando di dirvi è che la vostra professoressa, la signora Liddle, non seguirà più la vostra classe, né nessun altra. So che questo può sembrarvi strano o troppo improvviso, ma finché la cattedra non verrà riassegnata, sarò il vostro supplente di letteratura inglese.
Ora, so che avete molte domande sull'argomento, ma vi prego prima di ascoltare le parole del preside"
Detto questo, i due fecero un passo indietro, per far spazio al preside.
Betty, in realtà era la prima volta che lo vedeva così da vicino, dato che, le uniche volte in cui aveva potuto vederlo, erano state durante le cerimonie di apertura e di chiusura degli anni scolastici e, ora che riusciva a guardarlo bene, la ragazza doveva ammettere che sembrava più vecchio di quanto fosse in realtà. Non ostante il portamento fiero ed elegante, degno di chi ha studiato, lavorato e lottato tutta una vita per stare dove si trovava ora, le estese rughe vicino agli occhi e gli zigomi e i corti capelli grigio scuri, gli davano un'aria da vecchio saggio accademico, accentuata anche dal sobrio competo marrone chiaro e dai piccoli occhiali rettangolari che portava sulla punta del naso.
"Ragazzi, come hanno già detto i vostri professori, le lezioni di oggi verranno sospese"
in quel momento una serie di mormorii di contentezza e incredulità, iniziarono a farsi spazio nella classe, mentre sguardi sorpresi erano rivolti verso la figura del preside.
Quest'ultimo tossì un paio di volte, riuscendo a riacquistare l'attenzione dei ragazzi
"Esse ricominceranno lunedì prossimo. Come accennato prima, sarà il professore Vanguver ad occuparsi sia della sua materia che di quella della professoressa Liddle, almeno fino a quando tale cattedra non sarà riassegnata."
Il preside interruppe di nuovo il suo discorso, abbassando leggermente lo sguardo e corrucciando leggermente gli occhi, mettendo così ancor più in evidenza le sue rughe. Dopo qualche momento, inspirò profondamente, come se si stesse preparando ad affrontare un argomento di cui avrebbe preferito non discutere.
"Sono certo che tutti voi abbiate sentito dei continui casi di omicidio che stanno devastano lo stato dell'Ohaio da alcuni mesi.
A quanto pare tali omicidi sarebbero arrivati anche qui, a Cincinnati. La polizia non sa ancora chi si celi dietro questi reati.
La scorsa notte... La signora Liddle è stata trovata morta nella sua abitazione."
In quel momento le facce degli studenti, si riempirono di sgomento, alcuni impallidirono a tal punto da sembrare sull' orlo di svenire, altri sembravano aver preso la faccenda come un brutto scherzo. Altri, come Betty, semplicemente guardavano assenti la figura del preside, ripetendo dentro la loro testa le frasi sentite, più e più volte, cercando di dar loro un senso logico.
"Lo so che questa notizia è alquanto inaspettata ed orribile, tuttavia, vi prego di mantenere la calma, sia all'interno della struttura scolastica, sia al di fuori. In più, nei prossimi giorni, alcuni agenti di polizia, potrebbero  interpellarvi e farvi alcune domande. Sono certo che ognuno di voi sarà ben lieto di collaborare con loro, con la massima onestà e discrezione.
Un' ultima cosa prima di..."
"Quindi la signora Liddle è stata assassinata ?"
Quella frase, detta da uno studente degli ultimi banchi, sembrò trapanare nel cervello di Betty.
La signora Liddle è stata assassinata, una persona che tutti conoscevano, che lei conosceva è morta, è stata uccisa.
Betty sentì la colazione, consumata appena una mezz'ora prima, ritornargli su, con uno spiacevole sapore di bile e, non ostante non avesse uno specchio, sospettava che fosse sbiancata, finendo per sembrare quasi un cencio.
Come era potuto accadere? Di solito queste cose si sentono solo nei telegiornali o nei telefilm, non a persone a te vicine...
In quel momento un' improvvisa consapevolezza colpì, con la pesantezza di un macigno, la ragazza.
Se la signora Liddle, che abitava a pochi isolati da casa sua, era stata uccisa da un non ben noto assassino, questo voleva dire che...
"Purtroppo si, la vostra insegnante è stata uccisa. Per questo, come stavo per dirvi, vi prego con tutto il cuore di prestare la massima cautela d'ora in poi, sia quando siate in giro che, specialmente, quando siate in casa, sopratutto da soli. Ho avuto notizia dalla polizia che probabilmente alla città verrà applicato un coprifuoco e diversi agenti verranno piazzati, specialmente nei quartieri delle vicinanze del centro città, comuqnue avrete notizie più dettagliate nei prossimi giorni."
Il preside guardò dritto davanti a sé, scrutando con attenzione quasi maniacale tutti i volti dei suoi studenti, come se volesse che le sue parole si imprimessero nelle loro menti
"Ricordatevi sempre che l'assassino potrebbe ancora essere da queste parti, in libera circolazione".
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE
Salve!!! Lo so, sono di nuovo in ritardo e mi scuso infinite volte per questo!! Ma il fatto è che in questo periodo ho molto da fare e non ho trovato praticamente uno spazietto di tempo per scrivere questo capitolo! Spero che presto avrò meno impegni ed imprevisti per riuscire ad aggiornare prima. =(
Comunque, passando al capitolo, lo so che a prima vista può sembrare alquanto banale o inutile, ma, vi assicuro, che in realtà è un capitolo alquanto importante, poiché introduce l'entrata in scena (finalmente) dei due killer. Eh già, dalla prossima volta vedremo uno dei due attaccare un posto vicino, o all'interno, chi lo sa, del nostro bel quartiere di Cincinnati e, probabilmente, ci scapperà anche più di un morto.
Come sempre vi ringrazio di aver letto questo capitolo !! (anche se in ritardo ^__^')  

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