Segreti ed altri giochi

di ikuccia
(/viewuser.php?uid=148966)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L’ultima settimana ***
Capitolo 2: *** Una proposta indecente ***
Capitolo 3: *** caccia all'uomo ***
Capitolo 4: *** Sorpresa! JL! ***
Capitolo 5: *** Nella tana del lupo#1 ***
Capitolo 6: *** Nella tana del lupo#2 ***
Capitolo 7: *** Game Over. Insert coin ***
Capitolo 8: *** The game goes on ***
Capitolo 9: *** In caduta libera ***
Capitolo 10: *** Promettimi che sarò un segreto. ***
Capitolo 11: *** Passione e segreti ***
Capitolo 12: *** Il nostro segreto ***
Capitolo 13: *** La dorata Venezia ***
Capitolo 14: *** Il mostro verde della gelosia#1 ***
Capitolo 15: *** Il mostro verde della gelosia#2 ***
Capitolo 16: *** Il mostro verde della gelosia#3 ***
Capitolo 17: *** Fallen ***
Capitolo 18: *** A denti stretti ***
Capitolo 19: *** The secret is out ***
Capitolo 20: *** Cade anche l'ultimo segreto ***
Capitolo 21: *** Giù la maschera ***



Capitolo 1
*** L’ultima settimana ***


Il telefonino suonava dalla borsa mentre ero spalmata sulle porte della metroA pensando a quanti germi stavano entrando in contatto con la superfice leggera del mio abito color cipria.
Odiavo il lunedì mattina e soprattutto odiavo la metroA di Roma: un groviglio di generi umani arrivati da ogni parte del mondo. Turisti nascosti dietro le guide tascabili della città o intenti a parlottare con mille dialetti diversi; religiosi avvolti nella loro divinazione; manager impettiti nelle loro giacche; madri esaurite dalla carovana di figli o troppo assonnati o fin troppo svegli; studenti; lavoratori; ragazzi…In un vagone della metro potevi trovarci stipato il mondo in attesa della prossima fermata.
Piazza di Spagna: la mia fermata!
Ed ecco nuovamente suonare il mio cellulare.
 Sapevo perfettamente chi mi stava chiamando con tale insistenza ed io, con la medesima insistenza, continuavo ad ignorarlo. Il mio capo detestava essere ignorato e ancora di più detestava non riceve risposa alle sue chiamate ed io mi divertivo a farmi detestare.
Non riuscivo a capire come potesse una persona così minuta come lui avere un ego così smisurato e, soprattutto, come riusciva a percepire il mondo intorno a lui come una costante tragedia che doveva essere scaricata su noi account.
Mentre percorrevo Via dei Condotti in direzione lavoro rimasi rapita dalla vetrina della Burberry e non per il perfetto stile british ma per il riflesso della mia persona: i capelli erano un vero disastro ed il mio bauletto griffato, da dove proveniva la fastidiosissima suoneria del mio iphone, era così compresso che soffrì alla sua vista (mi era costato un intero stipendio e non meritava di essere trattato così dalla metro).
 << Maledizione! Maledetta Metro! Uno ci mette tanto impegno la mattina e poi si deve ridurre a questo schifo >> borbottai mentre cercavo di recuperare un aspetto decente per il mio ingresso in agenzia.
Ad ogni passo ripensavo al perché avessi scelto di diventare un account pubblicitario ma poi vedevo quel lusso illuminarsi dietro vetri ben puliti, i colori sgargianti, i messaggi accattivanti dei cartelloni con seducenti modelle e muscolosi uomini ammiccanti la risposta si fermò esattamente sulle mie labbra: facevo l’account pubblicitario perché questo mondo meritava di comunicare il bello e la gente meritava di comprare quel bello.
A pensarci bene l’account pubblicitario è un po’ come l’aiutante dell’Inferno che solletica le persone a cedere ai propri peccati capitali: immagini, slogan, eventi per la fedeltà verso il prodotto.
Un’idea in cambio di denaro.
Forse un’immagine un po’ troppo apocalittica persino per l’eterna e cristiana Roma ma quel ruolo era fatto per me, o almeno era quello che davo a vedere al mondo.
Prima regola: apparenza!
Il tuo cliente non vuole sapere della tua brillante laurea a pieni voti e non ti chiederà mai quanti master e quanta gavetta hai fatto; lui vuole vedere abiti firmati, sfacciataggine, sicurezza e soprattutto vuole vedere i suoi soldi diventare altri soldi…tanti altri soldi.
Se nessuno diffonde il verbo la massa resta nell’oscurità, e poco importa se si parla di verità assoluta o del nuovo brand di culto.
<< Andrea sono qui, puoi respirare>> dissi al mio capo mentre mi liberavo della borsa e avviavo il mio computer.
<< Hai ignorato le mie chiamate. E se fosse stata un’emergenza? >>
<< Andrea per te è sempre un’emergenza. Ma cosa poteva mai succedere alle…>> guardai l’orologio sul mio polso << alle 9.00 di lunedì mattina. Una splendida mattina con un cielo cristallino>> ribattei al mio capo mentre sullo schermo davanti a me si aprivano le schermate skype con gli aggiornamenti dei membri del mio team.
Il mio capo si sfilò la sua giacca dal perfetto taglio sartoriale ed accomodandosi su una delle poltroncine di fronte alla mia postazione iniziò ad arrotolarsi i polsi azzurri della camicia. << Facciamo un debrief per vedere cosa manca. E’ la settimana decisiva >> disse fissandomi talmente intensamente da allontanare la mia attenzione dallo schermo per proiettarla verso la sua persona.
Aprì il mio quaderno di lavoro e diedi inizio alla riunione.
<< A 7 giorni esatti dall’evento, anzi 6 giorni e 15 ore, con i ragazzi abbiamo fissato la sala ricevimenti, scelto il menù ed il catering per il rinfresco, stamattina ho appuntamento con l’allestitore per il sopralluogo e mercoledì iniziamo a lavorare sull’arredo; gli inviti sono stati spediti il mese scorso e ho ricevuto conferma dal cliente di quanti parteciperanno; le camere di albergo prenotate; transfert organizzato; oggi alle 15:00 tu devi selezionare le ragazze che si occuperanno dell’accoglienza e ricordati di comunicarmi le taglie a Melania per i vestiti. Direi che è tutto, o forse mi è sfuggito qualcosa? >> chiesi al mio capo dopo avergli ricapitolato quanto era stato fatto fino a quel momento.
Comprendevo la sua preoccupazione: eravamo un’agenzia pubblicitaria e di eventi famosa ed il nostro cliente, ancora più famoso di noi, aveva deciso che non gli bastava più essere un brand prestigioso della moda ma si era dato alla beneficenza con la realizzazione di un ballo in maschera per raccogliere fondi.  Nel linguaggio tecnico si dice Corporate Social Responsibility ma si legge “fai del bene e ricevi del bene dal fisco”.
<< Stiamo procedendo bene, sembra tutto in perfetto orario sulla scaletta. Hai avvertito la stampa dell’evento? >> replicò il mio capo.
<< Scherzi? Mi credi una principiante? Fabrizio ha mandato un comunicato stampa a tutte le maggiori testate giornalistiche sia su carta che su schermo. Stanno aspettando tutti domenica sera. >> ribattei in modo sfacciato lasciando trapelare la soddisfazione per come avevo gestito il lavoro insieme al mio team.
<< Emma sarai supervisor all’evento >> proclamò solennemente il mio capo mentre recuperava la sua giacca per conquistare il corridoio.
<< Non se ne parla Andrea! Lo sai bene! Io muovo i fili ma sono gli altri che vanno in scena >> replicai duramente alzandomi di scatto dalla poltrona e sbattendo le mani sulla superfice chiara della mia scrivania.
<< Non l’ho deciso io ma…>> ed alzò l’indice della mano destra verso il cielo. Quello era il nostro modo di comunicare che la decisione non veniva da lui ma da gentil richiesta del cliente.
<< Ma che palle però! >> esclamai lasciandomi cadere sulla sedia imbottita dietro di me ed iniziando a ticchettare nervosamente sul mouse.
Odiavo partecipare agli eventi, odiavo dover socializzare con i clienti e soprattutto odiavo stare in mezzo a tanta gente e quel party benefico aveva tre fogli pieni di nominativi.
Ed ecco che mi trovavo di fronte all’unico aspetto negativo del mio lavoro: dover essere nell’evento!
“Ragazzi buongiorno! Venite di qua che parliamo del progetto Maschera a Venezia. Manca una settimana. Dai, dai, dai!" Scrissi in chat al mio team che subito comparve nella stanza.
 
 
Ore 11:30. Appuntamento con Roberto per la sala.
<< Buongiorno Roberto, come stai? Hai avuto problemi ad arrivare? >> chiesi al nostro fioraio di fiducia dirigendomi verso di lui e porgendogli la mia mano per una salda stretta di saluto.
<< Bè traffico, ma per questa zona è quasi normale. Allora questa sala? Hai già un’idea? >> mi chiese quell’uomo di mezza età con un folto ciuffo brizzolato ed una folta barba ben curata.
<< Peonie arancioni se è ancora periodo, altrimenti fiori di campo del medesimo colore. Sui tavoli voglio vasi stretti e lunghi con richiami sul dorato, stesso colore per le candele. Come ti ho già annunciato l’evento si ispira alla Venezia di Casanova quindi deve essere tutto carico di oro, arancio, vorrei anche aroma di cannella e vaniglia. Voglio lusso e seduzione e tu sai esattamente come fare >> dissi mentre gli facevo strada all’interno di quel vasto salone dai pavimenti di marmo e le pareti damascate.
Dopo una lunga contrattazione sul materiale necessario e sui costi da sostenere liquidai Roberto con un nuovo appuntamento per il mercoledì successivo dove, insieme al personale del catering e agli altri del team, avremmo dato forma al nostro palcoscenico.
Chiamai un taxi in direzione Via della Vite perché il lavoro mi chiamava (in realtà era il mio capo ad aver asciato 12 chiamate perse, 5 note vocali su WhatsApp e 7 sms ) e lo show doveva continuare.
Eppure avevo la sensazione che qualcosa stava per travolgermi…

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Una proposta indecente ***


Sembrava di essere in un’epoca lontana intrisa da un soave profumo di delicata vaniglia impreziosita da un caldo aroma di cannella: la dolcezza e la forza si univano in un seducente vortice che si diffondeva in quella sala dai regali pavimenti di pregiato e lucido marmo nero e dalle pareti ricoperte da lussuose tappezzerie damascate.
Tavoli rotondi riempivano il perimetro del salone lasciando lo spazio per future danze ed un piccolo palchetto era stato rilegato in un profondo angolo dove tendaggi pesanti facevano il loro capolinea.
Tovagliati Blu di Prussia erano sormontati da armoniosi vasi color oro che svettavano verso il soffitto alla cui estremità si spalancavano soffici mazzi di peonia dai colori dell’arancio e dell’ambra; le calde sfumature di quei petali erano intensificati da vibranti e fiammanti luci provenienti dal enormi ceri.
In un angolo di una Roma eravamo riusciti a riprodurre la nobile Repubblica veneziana dei Doge.
L’orologio segnava le 20:00.
All’esterno il red carpet si stava già affollando. Tutto stava andando secondo la scaletta. Il party poteva avere inizio!
In un leggero abito nero dispensavo sorrisi e cortesi saluti agli ospiti, ma soprattutto rassicurazioni per il cliente: la posta in gioco era alta, soprattutto per l’agenzia.
In veste di organizzatrice avevo il privilegio di non dover celare il mio volto dietro ad una pesante maschera così da essere sempre raggiungibile da lamentele e da richieste da parte dei 300 invitati. Ma come era difficile muoversi in mezzo a così tanti volti misteriosi.
In quel turbinio di anime vibranti, avvolte in lussuose stoffe rese opere d’arti dalle migliori sartorie dell’alta moda, una presenza mi aveva particolarmente colpito: un uomo dalla figura esile ed alta vestito con una sontuosa camicia di seta color ocre di cui, nonostante il suo volto fosse per metà nascosto da un cupo calco color carbone, riuscivo a notare gli occhi: enormi fari azzurri che sembravano seguirmi in ogni mio movimento. Riuscivo a sentirli posarsi insistentemente sulla mia persona lasciandomi in preda ad un crescente disagio.
Odiavo partecipare agli eventi, io ero nata per muovere i fili dietro le quinte ed odiavo ancora di più essere guardata in quel modo.
Un ultimo sguardo alla sala e poi mi immersi nell’oscurità del dietro le quinte per allontanarmi da quei due occhi indiscreti.
<< Non credo si possa sostare in questo luogo >> sentì pronunciare alle mie spalle da una calda voce maschile che mi turbò facendomi, ben presto, abbandonare la confortante convinzione di essere sola in quel corridoio lungo e poco illuminato.
<< Mi scusi signore ma lei non può stare qui, è riservato a noi addetti ai lavori >> pronunciai mentre mi giravo lentamente verso quella presenza senza abbandonare il mio rassicurante e forzato sorriso.
La luce di quel luogo era affidata a poche candele e alla luna che filtrava dagli alti finestroni ma riuscì a riconoscere quei due vitrei occhi così grandi e penetranti. Ancora lui?
In quel momento l’idea di organizzare un ballo in maschera sembrò pessima!
All’inizio doveva essere un modo per puntare l’attenzione sulle donazioni e non per pubblicizzare il benefattore ma ora che si stava presentando quella strana situazione l’intero evento sembrava, nella sua organizzazione, privato di un piccolo pezzo. Il timore più grande per un account – l’imprevisto - si stava forse manifestando?
<< Signore, mi permetta di riaccompagnarla nel salone. A breve si procederà con le donazioni >> dissi a quella figura maschile superandola e facendole strada.
Sul mio volto iniziò a comparire un leggero rossore; lo sentivo divampare ed espandersi ma non riuscivo a comprendere se fosse dovuto all’imbarazzante situazione che avevo appena affrontato oppure era rabbia dovuta all’ignoranza di quella identità che stava mettendo a dura prova i miei nervi.
In quel momento avrei desiderato una scomoda maschera sul mio viso.
<< Signori e signore, Buonasera! >> feci una piccola pausa << Volevo ringraziarvi per la vostra presenza a questo benevolo e generoso evento offerto dal nostro prestigioso brand stasera rappresentato dal marketing director, la dottoressa Dimonte >> dissi dal palco decretando l’inizio della raccolta fondi destinata a finanziare l’impegno del cliente per futuri eventi di natura umanitaria.
Le mie parole furono accolte da un breve applauso e subito iniziò la gara della generosità.
<< Vorrei fare una donazione di mezzo milione di dollari se la gentile presentatrice vorrà concedermi un futuro incontro >> si udì dal fondo del salone. Quelle parole, ben scandite e pronunciate in modo da raggiungere tutti i presenti, fecero calare il silenzio.
Un’offerta tanto generosa e così insolita riuscì ad ottenere il suo scopo: la sala fu smossa da un incontenibile scalpore ed io fui scossa da un vibrare di nervi. Quella voce sembra quella udita poco prima, o forse la mia mente mi stava ingannando?
Come ci si deve comportare quando si è la condizione per un risultato così grande? Accettare quell’invito ed assicurare un ottimo risultato al mio evento oppure offendersi? Questo pensiero stava torturando la mia mente mentre sentivo gli occhi dei presenti fissi su di me in attesa della risposta.
Cosa dovevo fare: indignarmi e rifiutare o ricordarmi il perché ero lì?
La mia mente iniziò a ripercorrere le fatiche e l’impegno che avevano caratterizzato i 4 mesi precedenti e mi ricordava il perché eravamo tutti lì.
Era il mio lavoro.
Era il lavoro di tutti i miei colleghi.
E cosa avrebbe detto il mio capo?
Faceva estremamente caldo. Le fiamme dei ceri ormai consumati sembravano, di colpo, essere diventate più intense e l’ossigeno più rarefatto. L’oro delle decorazioni era diventato pesante ed il salone sembrava fin troppo affollato e mi sentivo il centro di un bersaglio a cui tutti stavano puntando.
<< Vorrei che il nostro generoso donatore si mostri così da poter ricevere un applauso per il suo gesto. Mezzo milione di dollari, signori! >> pronunciarono le mie labbra mentre il cuore mi si stringeva in gola e la curiosità si faceva insostenibile.
Le mie orecchie avevano avuto ragione.
Ancora quegli occhi azzurri che mi fissavano mentre sembrava che l’intera moltitudine di gente presente in quel momento fosse spazzata via per far posto solo a noi due.
<< Emma, è stato tutto fantastico, veramente! La sala era perfetta! Non pensavo che sareste riusciti veramente a riportarci in dietro nel tempo e ricreare Venezia. >> esclamo il marketing director con la soddisfazione disegnata sul suo volto per il risultato raggiunto. Ma, mentre elencava gli elementi che di più aveva apprezzato dell’intero evento, all’improvviso si accostò e con espressione perplessa e voce sussurrata aggiunse << Sicura che non è un problema per te quel compromesso? Il risultato ottenuto comunque è buono >>.
<< E privare il brand di una così generosa offerta? Non potrei mai! Poi è solo un incontro.  Prima di tutto il risultato >> aggiunsi spavaldamente per tranquillizzare il cliente.
In che guaio mi stavo cacciando??

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** caccia all'uomo ***


“Ragazzi riunione d’emergenza” scrissi in chat al mio staff.
Non avevo chiuso occhio quella notte per le torture inflitte dal mio cervello che, appena provavo ad abbandonarmi all’abbraccio rassicurante di morfeo, mi riproponeva l’immagine di quei due fari azzurri che pronunciavano ripetutamente quella condizione.
In che diavolo di guaio mi ero cacciata?
Presi il mio laptop e iniziai a redigere un piano di intervento con l’obiettivo di servire uno scacco matto al mio misterioso “acquirente” scoprendo in anticipo la sua identità. Elencai tutto il necessario: lista degli invitati di sesso maschile, foto, la mano del nostro grafico…
Ore 9:00.
<< Emma, come è andata ieri? >> mi chiese Stefano entrando nel mio ufficio seguito da Carlotta e Laura.
<< Fabrizio? >> chiesi ai presenti per sottrarmi dalla sua domanda.
<< Sta curando le relazioni con la stampa. Ma che è successo? >> ed ecco la stessa domanda ripropostami anche da Laura.
<< E’ successo che è andata alla grandissima, persino meglio del previsto…e io sono nella merda!>> dissi mentre appoggiavo la testa allo schienale della sedia chiudendo gli occhi.
Pochi secondi di buio ed ecco comparire nella mia mente quella maschera scura trafitta da due enormi biglie azzurre. Spalancai gli occhi sotto un brivido nervoso.
<< Che cosa hai combinato?  Hai una faccia stravolta >> chiese Carlotta con tono preoccupato. Sapevo benissimo che non le fregava nulla del mio aspetto disastroso e dei lividi sotto gli occhi a testimonianza della pessima nottata che avevo alle spalle. Lei era un’arrivista, una macchina da guerra e la sua vita era totalmente devota al lavoro; ma soprattutto mi odiava perché io avevo fatto carriera prima di lei nonostante la sua relazione con il capo.
<< Ragazzi, orecchie ben aperte perché parlerò una sola volta. Andrea è già informato. >> dissi mentendo spudoratamente sulla parte relativa al mio capo. << Massima discrezione! >> .
Mi alzai in piedi e mi diressi verso la finestra << Ieri sera il party è stato un successone, come si vede dai dati sulla raccolta, ma si è verificato un imprevisto che mi riguarda in prima persona >>. Feci una breve pausa ed ecco che il mio cervello mi infliggeva un altro doloroso flashback delle ore precedenti. << Sono diventata la condizione per una donazione di mezzo milione di dollari. Inutile dire che l’assegno è già stato incassato.>>
<< In che senso?? >> mi chiese qualcuno alle mie spalle.
<< Nel senso che un uomo ha promesso quella cifra in cambio di un appuntamento con me ed ora mi dovete aiutare a scoprire l’identità del nostro benefattore. >> e girandomi fissai i miei colleghi quasi a supplicare un loro consenso.
<< Cazzo Emma! Ok che mezzo milione, ma sei pazza? E che ne sai questo chi è…e se fosse un pazzo?? >> la voce di Carlotta era vibrante di preoccupazione e, non essendo quella una caratteristica che la contraddistingueva, mi fece sentire ancora più preoccupata di quanto non lo fossi già.
<< Ho un piano! >> controbattei << Usiamo la lista degli ospiti, ma solo quelli di sesso maschile, e scarichiamo una loro immagine fisico e viso. Io l’ho visto e vi posso dire che era una persona magra e slanciata, sembra anche molto giovane. Stefano tu devi coprirgli il viso così che posso farmi un’idea>> dissi alla mia squadra. << dettaglio importantissimo: ha gli occhi azzurri >> aggiunsi ripensando allo sguardo di quell’uomo senza identità.
<< E Andrea cosa dice? Cioè stiamo parlando di 300 invitati, ci vorrà tempo>> fece notare Stefano.
<< Ad Andrea ci penso io >> e lasciai la stanza per dirigermi nell’ufficio del mio capo.
Entrai senza bussare << ti devo parlare e tu mi devi dire di si!>>
<< Emma? >> mi disse il mio capo guardandomi con un’aria sorpresa e piena di interrogativi.
<< Stai bene? Hai una faccia e come mai questo abbigliamento così casual? Non è assolutamente da te. Dove sono le tue scarpe tacco 12? >>
All’improvviso mi resi conto di avere un aspetto che non mi apparteneva: i miei capelli erano raccolti in una coda spettinata che non avrei mai fatto per l’ufficio; indossavo un jeans modello boyfriend strappato e una felpa grigia ed ai piedi avevo un paio di adidas. In quel momento le miei occhiaie sembravano l’ultimo dei campanelli d’allarme ed allora mi accomodai davanti al mio capo e gli vomitai tutto il racconto delle ultime 14 ore.
<< Merda! Cosa posso dirti…>> sospirò << Ok, procedete! Ma non deve uscire una sola parola da questo posto. Se il cliente viene a sapere di questa tua nuova attività da investigatore dovrò applicare il codice disciplinare. >> disse Andrea e mi liquidò con l’invito di stare attenta.
Potevo rovesciare i ruoli e tornare a gestire io gli eventi, dovevo solo sperare che il mio piano funzionasse e che il nome dell’uomo senza volto fosse in quella dannata lista.
<< Ragazzi abbiamo 24 ore. >> dissi al mio team dando inizio alla ricerca.
 
Ore 19:00.
Il sole stava tramontando e la nostra ricerca aveva stretto il cerchio ad un ventaglio di 10 ipotetiche identità ma nessuno dei selezionati sembrava poter incarnare il ruolo di quell’uomo misterioso. Di tutti solo uno sembrava avere quel dettaglio che tanto mi aveva colpito: due biglie azzurre al posto degli occhi capaci di farmi rivivere lo stesso disagio provato la sera prima.
Che l’attore Jared Leto potesse essere la risposta al mio interrogativo?
La suoneria del mio cellulare mi strappò dai miei perchè.
<< Buonasera Emma, disturbo? >> sentì dall’altra parte della cornetta.
<< Buonasera a te. Ripresa dai balordi di ieri sera? >> risposi mentre scrivevo un appunto al mio team: “mrktg dr GG”.
<< Si si, evento fantastico. Dovevi vedere qui a Firenze oggi in riunione. Un successone! >>
<< Sono contenta, spero che questo darà inizio ad una più stretta collaborazione >> ed ecco che veniva fuori l’account che era in me.
<< Ovviamente, prossima settimana dovrei tornare a Roma per un nuovo progetto ma non ti ho chiamata per questo. Volevo dirti che un mio collega ha girato la tua email al donatore di ieri. Sembrava giusto avvisarti che Jared Leto ha il tuo indirizzo email. >> aggiunse la dottoressa Dimonte liquidandomi con la promessa di un nostro futuro meeting.
Staccai la telefonata e chiesi al grafico di tornare sulla foto di Jared Leto e poi aggiunsi, fissando intensamente quel profilo << Ragazzi, lo abbiamo trovato! Ha il mio indirizzo email ed ora devo solo aspettare la sua mossa.>>
<< Emma sei veramente nella merda >> disse Laura.
Lei conosceva bene tutto il gossip su Mr. Leto essendo una sua accanita fan e forse già immaginava quello che stava per riservarmi il futuro.
<< Che devo fare Laura…non posso tirarmi indietro ora…perché sono nella merda? >>la mia voce tremante e le lunghe pause necessarie a strutturare quella risposta erano il riflesso del mio stato d’animo: ero spaventata dalla reazione di Laura perché lei sapeva meglio di me che persona avrei dovuto affrontare.
<< Emma fatti un giro su Google.  Si dicono tante cose su di lui, soprattutto dopo Suicide Squad. >> aggiunse mettendomi una mano sulla spalla e fissandomi dritta negli occhi.
Salutai i ragazzi e decisi di tornarmene a casa. Avevo una ricerca da affrontare e dovevo prepararmi per la prossima mossa.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sorpresa! JL! ***


<< Emma hai fatto quella ricerca? >> mi chiese Stefano mentre fissavano un piccolo pacco regalo il cui bigliettino di accompagnamento riportava solo due lettere: JL.
<< Ti stai riferendo a quella suggerita da Laura? Stefano non ho tempo per queste cose. >> gli dissi mentre maneggiavo con quella scatolina bianco indecisa se cestinarla o aprirla; d’istinto allargai le mie mani facendola cadere nel cestino della spazzatura ai piedi della scrivania. << Ciao ciao JL! >>
<< Ma che fai? Non sai neanche cosa contiene >> mi ammonì il mio collega mentre recuperava l’oggetto per riposizionarlo davanti al mio naso. << Aprilo! >>
<< E se fosse una bomba? >> chiesi con una faccia seria che poi si contrasse in una risata.
Erano passati esattamente tre giorni dalla nostra caccia all’uomo e, mentre io avevo buttato tutto alle spalle, il mio team era rimasto sulla difensiva in attesa di una mossa del nostro caro uomo smascherato, come lo avevamo denominato.
<< Ste, serio, ha la mia email e non si è fatto sentire. Avrà di meglio da fare che pensare ad una come me. Al party avrà voluto fare la parte di quello figo giusto per animare un po’ la serata e per lanciare carne succulenta alla stampa. Per me la questione è chiusa. >> ribadì.
<< Strano modo per farsi pubblicità dal momento in cui la sua identità era celata e il suo nome è rimasto segreto. >>
<< Noi sappiamo che si tratta di Jared Leto. >>
<< Emma, noi abbiamo investigato e tu hai ricevuto la conferma telefonica ed ora apri quel cazzo di pacco. >> mi intimò guardandomi con aria imperativa ed indicando quel maledetto oggetto.
<< Non è eticamente corretto. I clienti non dovrebbero farci dei regali. >> dissi contrariata mentre sfilavo il nastro che lo sigillava.
<< Baby l’eticamente corretto lo abbiamo già violato e la prima ed iniziare sei stata proprio tu accettando quella condizione. >> mi rinfacciò Stefano.
Quelle parole mi colpirono come uno schiaffo in pieno viso e strapparono ogni parola dalla mia bocca. Forse aveva ragione, avevo iniziato io ed ora non potevo far altro che continuare quel gioco.
<< Che diavolo significa? >> chiesi al mio interlocutore mentre estraevo una maschera di pizzo nero e una moneta da 50 cent. << E’ il valore che mi sta dando? Wow, neanche una puttana di terza categoria… >> aggiunsi lanciando quegli oggetti sulla scrivania.
Si, Mr Leto, ero offesa!
<< E’ un promemoria: 50 cent sta per mezzo milione di dollari.>> mi corresse Stefano dando una sua personalissima interpretazione a quel rebus e , probabilmente, c’era andato molto vicino.
<< Ok, forse non si è dimenticato della condizione.>> ammisi << Mi sa che devo fare quella ricerca.  >> e proprio in quel momento sullo schermo del mio cellulare comparve la notifica di una nuova email.
<< Non ci posso credere… >> sussurrai mentre passai il telefono al mio collega << E se ci stesse spiando? Io non ci credo nelle combinazioni e tu lo sai. >>
<< LAURA!!! >> urlai in corridoio per reclamare il pronto intervento dell’unica collega che poteva spiegarmi cosa stava succedendo.
<< Parti dal presupposto che a lui piace fare questi giochetti. Will Smith ha dichiarato che, durante le riprese di Suicide Squad, Jared Leto era talmente entrato nella parte che iniziò a spedire regali dal dubbio gusto agli altri membri del cast. >> mi spiegò la mia fonte dopo aver letto il testo della email ed essere stata aggiornata sull’ultimo folle evento << Se esaminiamo il tuo dono, bè, ha deciso di giocare con te. Lui usa molto le metafore anche nelle sue canzoni. >>.
<< Canzoni? Ma non è un attore? >> chiesi sbigottita.
<< Attore, regista, fotografo, grafico ma soprattutto cantante. E’ l’ideatore e la voce dei Thirty Seconds  To Mars >> precisò quella ragazzina dagli abiti bizzarri e dai capelli neri come la pece << E’ inutile dirti che è il regista di tutti i video della band, anche se sotto pseudonimo, e in ogni video aggiunge un dettaglio, un simbolo ricorrente che crea una specie di rete per arrivare a ricostruire un messaggio. E’ così che ha creato gli Echelon. >>
<< Echelon? Messaggio? Non ti seguo ma amen. Che devo fare secondo te? >> le chiesi con un’espressione sfinita. Il nostro caro amico smascherato aveva appena iniziato a “giocare” ed io ero già finita dalla sua stramberia.
<< Bè hai poco su cui riflettere. Tu il suo invito lo hai già accettato >> mi fece notare la mia collega mentre rileggeva il testo dell’email ancora una volta. << E lui sa benissimo che non sei nelle condizioni di rifiutare… mi domando che cosa gli hai fatto per attirare la sua attenzione. E’ una persona molto schiva e si espone solo se ne la cosa lo intriga…o almeno così si dice di lui >> sussurrò.
<< Io? Ma se neanche lo conosco. L’unica colpa è stata presenziare all’evento. >> dissi in mia discolpa.
Ripensai a quella sera << Lui mi ha fissato per tutta la serata. Ad un certo punto mi sono sentita proprio violentare dal suo sguardo e sono andata nel corridoio… e lui mi ha seguito… ma gli ho detto che non poteva stare lì perché riservato agli addetti ai lavori e l’ho riaccompagnato in sala... Giuro sono stata cortese… Non gli ho fatto né detto nulla…E poi la sua donazione… Giuro io non ho fatto nulla per farmi notare >> dissi riassumendo quelle ore fatidiche.
<< Sicura che non lo hai istigato in qualche modo? >> mi chiese Laura. << Assolutamente! Ragazzi per me erano tutti soggetti X, erano mascherati, dovevo essere carina con tutti altrimenti andava tutto a rotoli. Poi manco lo conosco io a questo Jared Leto >> ribadì per proclamare la mia innocenza e per convincermi, e convincerli, che quella sequenza di eventi non dipendeva da me ma ne ero solo una “vittima “.
<< Se proprio ho una colpa è quella di non aver indossato la maschera, ma come le hostess, i musicisti e i camerieri. >> pensai giocherellando con il contenuto di quell’enigmatico presente.
<< No Emma, non pensare agli oggetti che ti ha regalato. Quello è solo per ricordarti la condizione. >> aggiunse Stefano che fino a quel momento aveva assistito al nostro dialogo silenziosamente.
<< Ragazzi copritemi con il capo, credo che la mia ricerca non può essere rimandata ulteriormente. Ho tempo fino a questo sabato. >> dissi mentre ricomponevo quella scatolina e la gettavo in borsa insieme al cellulare. << Menomale che questo mese Alex è in Olanda per lavoro, altrimenti avrei dovuto dar spiegazioni anche a lui. >> aggiunsi conquistando l’uscita dall’agenzia.
Mr Leto hai conquistato la mia attenzione, contento?

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Nella tana del lupo#1 ***


Avevo meno di 36 ore per scoprire qualcosa in più su Jared Leto, poi quel sabato lo avrei incontrato così da onorare il mio debito di gioco.
Fortunatamente il mio ragazzo era all’estero per lavoro e quindi potevo dedicare tutto il mio tempo libero a quell’uomo dagli occhi azzurri. Chissà cosa avrebbe pensato Alex di tutta questa storia? Forse non ci avrebbe dato neanche peso…
Era un periodo veramente strano tra di noi e l’unica cosa che riuscivamo a fare era quella di nasconderci dietro al lavoro per stare lontani. Forse era solo una fase. Una fase che durava ormai da un anno ma nessuno dei due voleva ammettere che tra di noi qualcosa era cambiata. Non funzionavamo più!
Mi strinsi al cuscino e, con il cellulare in una mano, ripensavo a qualche anno prima dove, in una situazione del genere, sarebbe stato facile comporre il suo numero e chiedergli aiuto e, sicuramente, sarebbe corso a salvarmi… Ma ora chissà se mi avrebbe risposto… Di sicuro mi avrebbe dato addosso evidenziando quanto fosse stato ingenuo ed istintivo il mio gesto facendomi sentire una stupida.
<< Stupida Emma, stupida! >>
Chiusi gli occhi e, nell’oscurità, mi sentì fissare da quei due enormi fanali azzurri.
<< Ok Jared Leto, vediamo chi diavolo sei! >> e, afferrando il mio pc, iniziai ad interrogare Google.
Ore 2:00.
Non sapevo da quanto tempo ero davanti a quello schermo; mi facevano male gli occhi.
Avevo riempito fogli e fogli di appunti sulle sue origini, la sua musica, i film, l’impegno sociale.
Avevo visto qualche video della sua band su youtube e, ad essere sincera, qualche canzone mi aveva anche colpito al tal punto da meritare un download.
Era da mezz’ora che stavo guardando lo streaming del suo ultimo film e, anche se compariva veramente poco, ero affascinata e terrorizzata dalla sua bravura e dalla follia del suo personaggio. E se fosse stato così anche nella realtà??
C’erano troppe cose da sapere, troppe contraddizioni intorno alla sua persona, e il tempo sembrava scorrere più veloce del solito.
Volevo solo tornare, il prima possibile, alla mia vita fatta di lavoro e di relazioni fallimentari.
<< Sono io che sto ingigantendo tutta questa situazione. In realtà mi sto fissando, è molto più banale di come sembra. >> mormorai prima di abbandonarmi alla stanchezza.
Sabato, ore 20:00.
Il mio cellulare non smetteva di vibrare per i numerosi messaggi che arrivavano sul gruppo WhatsApp creato appositamente per l’incontro di questa sera e sarcasticamente intitolato “1/2 MILLION DOLLAR BABY”; con il film non avevo nulla in comune però i ragazzi avevano deciso che era il riassunto ideale per tutta quell’assurda situazione.
Laura si era rivelata molto utile a decifrare i dati della mia ricerca, Stefano molto paterno e persino Carlotta era stata molto utile facendomi visita nel pomeriggio per aiutarmi ad affrontare quell’incontro con lo stile giusto: jeans scuro, tshirt nera, giacca di pelle gialla abbinata agli accessori; secondo lei così non avrei attirato particolari attenzioni da parte dell’uomo smascherato pur avendo uno stile adatto per qualsiasi evenienza.
Ero così nel pallone che senza di loro sarei stata ancora a casa a fissare il mio guardaroba.
Era strana la sensazione che provavo: non era propriamente nervosismo, né curiosità; era come se per me quell’incontro fosse già un lontano ricordo. Ero rilassata e propensa vero il futuro.
Finalmente tutto si sarebbe concluso tra poche ore!
<< Eccoci arrivati >> mi comunicò il tassista lasciandomi davanti ad un enorme portone verde dall’aspetto molto pesante.
Nell’email ricevuta qualche giorno prima, oltre all’indirizzo, era specificato che il portone sarebbe stato aperto e che avrei dovuto raggiungere il terzo e ultimo piano. Così feci.
<< Posso entrare? >> chiesi timidamente mentre varcavo la porta d’ingresso socchiusa. << E’ permesso? >> chiesi ancora senza ricevere nessuna risposta.
Feci qualche passo e mi trovai all’interno di un piccolo salottino dove, davanti ad un finestrone dalle candide tende, trovai un tavolo apparecchiato per due. Ed io che avevo sperato in un’uscita in qualche locale ed invece mi toccava restare in quell’appartamento che mi metteva a disagio, tanto più che sembrava veramente piccolo e claustrofobico.
<< Accomodati pure, prego. Vuoi darmi la giacca? >> sentì pronunciare alle mie spalle e mi girai di scatto.
Eccolo lì, a pochi passi da me.
Era un uomo molto esile, più di quanto ricordassi, avvolto in un paio di jeans scuri ed in una camicia a quadri; i capelli erano scusi e di media lunghezza portati all’indietro (chissà se quello fosse il suo colore naturale? Su internet avevo visto foto che lo ritraevano con tagli e colorazioni assurde); riconobbi i suoi occhi azzurri che sembravano ancora più grandi e profondi senza quella maschera che li limitava e sul volto si accennava una leggera barba.
<< Ho pensato di restare qui; sai, preferisco evitare gli ambienti affollati >> aveva aggiunto mentre mi liberava della giacca e della borsa.
<< Va benissimo, tue le condizioni >> gli risposi.
<< Comunque piacere, io sono Jared Leto >> e mi porse la mano. << Emma! >> gli risposi sforzando un mezzo sorriso e ricambiandogli il saluto.
<< Non restare ferma sulla porta, prego accomodati. Limonata? >> mi chiese mentre mi faceva strada verso un piccolo e bombato divano di stoffa blu che non avevo notato. << Si grazie >> e mi accomodai.
In quell’istante mi resi conto che avevo dimenticato di estrarre il cellulare dalla borsa ed ora, lì seduta, in assenza di quell’oggetto, e soprattutto dello scambio di messaggi con i miei colleghi, mi sentivo più vulnerabile.
<< Complimenti per l’evento. Molto particolare >> disse dall’altra stanza << Difficilmente faccio vita mondana ma un ballo in maschera con annessa donazione…era un’occasione molto ghiotta >> aggiunse raggiungendomi e porgendomi il bicchiere.
<< Grazie mille. Merito dell’agenzia… Generosa la tua donazione. Insolita, ma molto generosa >> dissi prima di fare un breve sorso.
<< Percepisco del sarcasmo >> mi disse fissandomi intensamente con quelle biglie talmente azzurre da sembrare disegnate su quel volto così pallido. << Potevi anche rifiutare>>.
<< Non ero nella condizione di farlo>> ribadì duramente rendendo quelle parole taglienti come lame. << Forse abbiamo iniziato con il piede sbagliato. >> continuai mentre sfidavo quei due occhi nel vano tentativo di rendere quell’incontro più accettabile.
Inutile dire che il disagio che stavo provando era tale da far sembrare l’ossigeno rarefatto e difficile da catturare nei polmoni, ma la serata era ancora lunga e non era il caso di iniziare una guerra inutile.
La mattina dopo tutto questo sarebbe stato solo un lontano ricordo.
<< Allora Emma… sai, ti chiami come la mia assistente… perché non mi racconti un po’ di te? >> mi chiese per poi assaporare il liquido nel suo bicchiere.
<< Che dire … sono un’account pubblicitario specializzato in eventi. Mi sono laureata in scienze delle comunicazioni alla IULM di Milano con il massimo dei voti, poi ho conseguito un master della Luiss e questo è stato il mio primo lavoro qui in Italia. Prima, però, ho fatto un anno di gavetta tra Londra e New York e poi la mia agenzia mi ha mandato alla distaccata italiana. Parlo perfetam. >> Jared mi mise un dito sulle labbra per zittirmi ed insieme alle parole persi anche un battito del cuore. << Ok, Emma. Non ho intenzione di assumerti. Perché mi stai parlando di te come faresti ad un colloquio di lavoro? >> mi chiese sorridendo dolcemente. << E cosa dovrei dirti, scusa? >> gli risposi quasi scioccata.
Per la prima volta in vita mia non sapevo come affrontare la situazione.
Era tutto così surreale!
Abbassai lo sguardo ed iniziai a fissare la limonata nel mio bicchiere sperando che il tempo fosse clemente con me e ponesse fine a quella serata il prima possibile.
<< Chi vuole risposte deve saper fare domande. >> disse Jared alzandosi dal divano << Prego, accomodati! La cena è pronta. Io sono vegetariano. >> mi disse mentre mi faceva strada verso il tavolo e, da vero cavaliere, mi spostava la sedia per farmi accomodare.
<< Jared, posso farti una domanda? >> pronunciai timidamente interrompendo il silenzio che c’era tra noi. Un silenzio profondo e pesante che riusciva solo ad accentuare il mio imbarazzo per quella situazione.
E pensare che c’erano milioni di ragazza, lì fuori, che avrebbero pagato per essere al mio posto mentre io mi sentivo solo uno stupido compromesso, un debito di gioco.
Lui si interruppe e mi fissò con quelle due enormi biglie che mi fecero pentire di aver proferito parola.
<< Vuoi sapere perché sei qui? >> mi rispose con un sorriso rassicurante << Sapevo che me lo avresti chiesto, mi stavo domandando quando avresti trovato il coraggio. >>

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Nella tana del lupo#2 ***


Sorseggiò un po’ d’acqua e mi rispose con la massima tranquillità, come se quelle parole fossero così scontate e le uniche da proferire << Sei qui perché ho donato mezzo milione di dollari al tuo evento.>>
<< Jared, questo lo so anche io. Perché io? >> dissi stizzita tirandomi dritta sulla sedia dietro la trazione dei miei nervi che si stavano irrigidendo sotto la spinta della rabbia che mi possedeva.
Quell’uomo era così enigmatico: un momento prima era cortese ed un attimo dopo non potevi far altro che detestarlo.
<< Non lo so! >> pronunciò sottovoce abbassando lo sguardo. << Non lo so perché tu>>.  
Fece una lunga pausa ma nella mia testa era come se stesse urlando migliaia di parole confuse che non riuscivo a decifrare. << Eri in quella sala; parlavi con tutti; sorridevi eppure eri palesemente in imbarazzo. Non so perché ma hai attirato la mia attenzione e ho deciso che volevo incontrarti, ma alle mie condizioni. A me piace giocare solo con le mie regole, sono fatto così>>.
Lo guardai impietrita.
Non aveva senso quello che stava dicendo. Non mi stava dando la risposta che cercavo.
Uno non può fare quell’offerta solo perché incuriosito da una persona. Non è razionale!
E poi, di quale gioco stava parlando? Quali regole?
Le sue parole mi avevano mandato in confusione ed il suo sguardo immobile su di me non mi aiutava a recuperare le redini della situazione.
Lo fissai e strinsi i pugni sotto l’effetto dei nervi ormai al limite << Jared Leto, cosa vuoi da me? E’ per averti risposto male in corridoio domenica?>> mi feci coraggio e gli vomitai l’unica spiegazione che mi ero data in quei giorni per decifrare il suo gesto.
<< La tua compagnia. Voglio solo godere della tua compagnia. Sembri una persona interessante e a questo mondo pochi esseri umani mi interessano >> disse mentre sul suo viso si spalancò un sorriso.
Come era bello quel sorriso! Riuscivo a sentire l’imbarazzo iniziare a bruciare sulle mie guance ed il calore scuotere le mie membra.
Quel briciolo di coraggio che avevo raccolto per affrontare quell’enigmatico uomo era stato spazzato via da quell’imprevedibile risposta. Interessante? Che cosa voleva dire?
<< Che ore sono? >> gli chiesi cercando con lo sguardo un orologio. << Non lo so, non amo misurare il tempo. Domani non lavori quindi non credo sia un problema >> mi ripose mentre assaporava la sua cena.
Guardai il mio piatto e lo imitai prendendo un boccone di verdure.
<< Ti va di andare in balcone? >> chiese ponendosi in piedi davanti a me e porgendomi la sua mano che stinsi per farmi guidare all’interno di quel piccolo appartamento.
Il balcone si apriva da una stanza spoglia dove c’era un letto sfatto senza testata ed un piccolo armadio; il bianco delle pareti e degli arredi feriva gli occhi ma, per fortuna, la permanenza in quell’ambiente fu solo di passaggio.
<< Che bella vista! Si riesce a vedere la cupola di San Pietro e lì il Vittoriano. Cavolo, come sei fortunato a godere di questo panorama>> dissi sognante mentre mi godevo lo skyliner di Roma. << Tu non vedi queste cose da casa tua? >> mi chiese mettendosi di spalle al panorama per fissarmi << Magari! Il mio è un vecchio appartamento senza balconi e le finestre si affacciano tutte sul cortile interno. L’unica cosa che riesco a vedere, oltre il cemento, è un piccolo quadrato di cielo. Mr Leto, tu non sai quanto sei fortunato ad avere questa vista.>> dissi cercando di disegnare una mappa di Roma basandomi sulle vette dei suoi monumenti.
<< Se ti piace vieni a stare qui, almeno finchè avrò l’appartamento in fitto. >> mi propose come se fosse la cosa più normale del mondo.
<< Certo, così Alex mi ammazza! Non sono così stupida da servirgli la scusa per lasciarmi. >> mi feci scappare mentre mi perdevo tra le linee dei tetti della città.
<< Alex? >> ripeté Jared << Finalmente la piccola Emma sta raccontando qualcosa di lei che esula dal suo brillante curriculum >> e mi prestò attenzione quasi ad esortarmi a raccontargli della mia deludente storia sentimentale e della mia vita ordinaria.
<< Mi dispiace deluderti ma c’è poco da raccontare. Ci siamo amati ed ora ci evitiamo. Lui all’Aja per lavoro ed io a Roma. Se fossimo più onesti saremmo già ex. >> pronunciai quelle parole come se non desideravo far altro da tanto tempo.
<< Lascialo allora! Non ti merita >> mi rispose mettendosi al mio fianco.
<< Jared Leto, cosa vuoi da me? >> chiesi a quel punto posizionandomi a pochi centimetri dal suo volto ed alzandomi sulle punte per poterlo fissare dritto negli occhi manifestandogli tutta la mia stizza per quell’affermazione.
Era veramente alto! Aveva sopracciglia poco curate e vicino all’occhio sinistro si stava allungando un piccolo segno della sua reale età. I suoi occhi erano veramente grandi e luminosi: un azzurro intenso che sembrava potesse colare via da un momento all’altro e inondare i suoi lineamenti delicati. Erano occhi nella cui profondità bruciava un guizzo di vita unico e raro che non avevo mai visto.
<< Emma, parlami di te>> mi chiese con insistenza.
Le mie mezzepunte non riuscirono più a sostenere il peso del mio corpo, o forse ero io a non riuscire più a reggere lo scontro con il suo sguardo.
<< Emma, sei un’estranea in casa mia. >> disse appoggiando le braccia alla ringhiera mente fissava l’orizzonte. << Se solo volessi, potresti trovare tutte le informazioni che vuoi sulla mia vita... ti basterebbe una connessioni internet… Sono un uomo pubblico. >> In quel momento abbassai gli occhi quasi a nascondere il senso di colpa che stavo provando per essere stata beccata in flagrante << Ma io di te non conosco nulla e vorrei solo sapere qualcosa su di te. E non sul tuo lavoro.>> e mi sorrise.
<< Mi hai invitato tu in casa tua ma se per te è importante… >> sospirai e iniziai a raccontargli alcuni dettagli della mia vita mentre la città era viva sotto i nostri piedi.
Oh Roma, quanto sei bella stasera!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Game Over. Insert coin ***


“E allora?” scrisse Laura nel gruppo WhatsApp.
Erano le otto di domenica mattina e io volevo solo rigirarmi nel mio lettone ma l’insistenza dei miei compagni di avventura implorava una risposta e rendeva impossibile il mio riposo.
Io: “E’ andata“ digitai aggiungendo una fila di smile.
Laura: “Dove siete stati? Che ti ha detto?”
Stefano: “Allora??”
Io: “Siamo stati nel suo appartamento. Cena vegetariana (emoticons che vomita)”
Stefano: “A casa sua? Immagino stralusso!! “
Io: “Seeee, minimalista al massimo! Da uno che ha speso ½ milione per gioco mi aspettavo di meglio. Non gli farei arredare casa mia. Ikea è meglio!”
Laura: “gioco?”
Io: “Ah si, ha detto che la sua offerta era una specie di gioco. Gli interessavo e allora…tutti abbiamo quella cifra che ci avanza nella tasca dei jeans ahahahahah”
Laura: “mmm…strano!”
Stefano: “cosa è strano Laura??”
Io: “ Lui è strano!”
Carlotta: “Buongiorno! Quindi la storia finisce qui?”
Io: “Oh si ragazzi…debito pagato. LIBERAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!”
Mi sentivo veramente rinata!
Ero riuscita a riposare come non mi succedeva ormai da un paio di giorni e mi sentivo particolarmente felice e rilassata. Quella vicenda sarebbe stata solo una buffa storia da raccontare davanti a troppi bicchieri di vino, tra amici, forse un giorno. Per ora era solo passato!
Però avevo un tarlo che mi perseguitava da un po’ di giorni: Alex doveva saperlo?
In quella strana settimana avevo evitato di parlare con il mio fidanzato, un po’ per non allarmarlo, un altro po’ perché non c’era stata l’occasione di sentirsi, ma temevo che quei fatti avrebbero potuto raggiungerlo fino in Olanda e chissà cosa avrebbe pensato o immaginato. Conoscevo Alex ed avevo paura di affrontare con lui quel discorso: si sarebbe arrabbiato, avrebbe perso la testa ad immaginarmi a cena con un altro uomo, e non un uomo qualsiasi ma un bellissimo e talentuoso personaggio pubblico. Ma se poi lo avrebbe scoperto? Se Jared Leto lo avrebbe reso noto in qualche intervista? E se qualche giornale avrebbe riportato la cronaca di quella donazione?
Mia nonna mi ripeteva sempre che solo quello che non si fa non si viene a sapere ed allora optai per l’onestà; respirai profondamente e lo chiamai.
<< Ei Emma, ciao! Volevo chiamarti. Resto qui all’Aja. Mi hanno offerto un contratto di quelli che ti cambiano la vita >>. Alex, con una voce squillante e vibrante di gioia, mi stava vomitando quella novità incurante di cosa potesse rappresentare per me.
<< Cosa? E quando è successo? >> chiesi mentre i miei occhi si riempivano di lacrime e le mie mani iniziarono a tremare. << Una settimana fa. Ho deciso di accettare. Per me è troppo importante. >>
Non erano lacrime di gioia le mie, ma di rabbia!
Alex era sempre stato schifosamente egoista ed in quel momento mi tornò in mente il perché del mio rientro in Italia: era il 2014 e me lo vidi piombare a New York, dove all’epoca lavoravo come director. Mi aveva raggiunto per dirmi che era stato licenziato e che aveva capito che io ero l’unica cosa importante per lui. Mi chiese, tra le lacrime, di lasciare il mio lavoro e tornare nella SUA Roma per vivere insieme. Come ero stata stupida all’epoca! Per fortuna l’agenzia di New York decise di tenermi nel suo organico spedendomi alla distaccata di Roma ma come semplice account.
<< E hai pensato a me? A noi? E se non ti avessi chiamato oggi? Una settimana fa e me lo dici solo ora?>> gli chiesi senza preoccuparmi di camuffare la voce rotta dal pianto.
<< Emma non puoi capire. Un contratto come questo non lo puoi rifiutare. Potresti venire qui e trovare qualcosa da fare. Al bar vicino la società cercano personale, a te piace trattare con la gente >> aggiunse.
<< Alex, mi stai chiedendo di licenziarmi per servirti il caffè? MA QUANTO PUOI ESSERE STRONZO! >> gli urlai << DOPO NEW YORK NON PUOI FARMI DI NUOVO QUESTO. NON VOGLIO PIÙ SENTIRTI! >> e gli attaccai il telefono in faccia senza dargli diritto di replica.
Ero disperata!
Mi sentivo umiliata! Dopo quattro anni di fidanzamento non poteva trattarmi così; non poteva chiedermi di sacrificarmi ancora, e per cosa? Lui si era mai sacrificato per me?
Anche se ormai lo sentivo distante e non più mio, stavo veramente male. Mi gettai sul letto ed allagai le lenzuola di lacrime.
Era finita e nel peggiore dei modi…ma forse eravamo già ex da tempo ma non volevo prenderne coscienza. Mi veniva da vomitare!
La suoneria del cellulare si diffondeva per tutta la camera da letto invadendo il silenzio. Avevo smesso di contare quante chiamate stavano provando a raggiungermi e quanti messaggi facevano la loro inutile comparsa su quello schermo che si illuminava di continuo.
Ero catatonica sul letto e fissavo il soffitto.
Non riuscivo a pensare a nulla se non alle parole di Jared Leto: un estraneo mi aveva suggerito la cosa più logica da fare e io lo avevo ignorato. Chissà quante cose avevo nascosto alla mia ragione per non ammettere che era veramente finita. Forse Jared aveva semplicemente visto come stavano le cose veramente.
Ed ecco che la mia mente mi aveva riportato a 24 ore prima, con Roma ai miei piedi e due occhi azzurri che mi scrutavano.
<< Alex, cosa vuoi da me? >> mi ero decisa a rispondere al telefono.
Quella domanda l’avevo fatta la sera prima, ma ad un altro uomo…
<< Emma, hai ragione… è finita! Volevo solo dirt… >>
 << Appena ho un po’ di tempo impacchetto tutta la tua roba e te la spedisco. Fammi avere l’indirizzo esatto dove mandarla. L’affitto continuo a pagarlo io a mio nome. Addio! >> e riattaccai la telefonata.
Non avevo più lacrime da versare.
Ripensai a quel balcone ed alla sua vista su Roma. Un sonno malinconico mi pervase.
Lunedì mattina. Ore 10:00.
<< Andrea ci sono! >> dissi entrando in agenzia con un’ora di ritardo.
<< Ben svegliata principessa. Come è andata? >> mi chiese il mio capo passando da uno sferzante sarcasmo ad una viva curiosità.
<< Se intendi con Mr Leto bene, debito saldato! Chiedi agli altri i dettagli. Se vuoi sapere di Alex, bè, sono di nuovo sul mercato >> dissi mentre i miei occhi si stavano riempendo di lacrime che cercai di trattenere il più possibile.
<< Cosa è successo? Non mi dire che è stata colpa di questa storia della donazione? >> mi chiese il mio capo mentre mi stingeva in un paterno abbraccio. Chi meglio di lui poteva capire una donna abbandonata dall’amore della sua vita: a 43 anni aveva già collezionato 2 divorzi e non so quante amanti miseramente e velocemente liquidate.
<< Rimane in Olanda e questa volta non l’ho voluto seguire. >> dissi sottovoce mentre cercavo di ricompormi e , liberandomi da quella presa, aggiunsi << Dai, pensiamo al lavoro! cosa mi proponi? Sorprendimi! >>
<< Hai presente la tua cara amica Dimonte? Bè, alle 12.30 sarà qui per proporci un nuovo progetto. >> mi comunicò il mio capo << Sistemati il trucco e usa queste ore per liberare la mente. Vi porto fuori per pranzo e quando serviranno il dessert io e te ci saremo aggiudicati un nuovo contratto. >> aggiunse lasciandomi sola nel mio ufficio.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** The game goes on ***


<< Dottoressa Dimonte, prego, si accomodi >> disse galantemente il mio capo mentre spostava la sedia dal tavolo per far accomodare la nostra cliente.
Era la prima volta che una riunione di lavoro veniva imbandita dinnanzi ad un calice di vino al tavolo di un ristorante. Poco si addiceva quel luogo alla trattazione di futuri accordi lavorativi che, soprattutto nella prima fase di brief, si caratterizzavano per la massima riservatezza. E se ci fossero state orecchie indiscrete dei competitors?
Mi guardai intorno scrutando i volti degli altri ospiti del locale cercando qualche espressione che desse conferma ai miei timori ma vedevo solo turisti e persone normali intente a godersi il loro pasto. Il mio sguardo, allora, si posò sul mio capo e, con aria interrogativa per quella situazione che mandava in tilt tutti i miei campanelli d’allarme, cercavo di comprendere il perché di quella scelta; forse di affari avremmo parlato dopo, nella riservatezza della sala riunione dell’agenzia.
<< Sa dottoressa, Emma ha avuto il piacere di saldare, se così vogliamo dire, il suo debito. >> disse Andrea attirando la mia attenzione e forzando la mia partecipazione alla discussione.
<< Ah, e come è andata con Mr Leto? Ti sei trovata bene Emma? >> mi chiese quella donna avvolta in un elegantissimo completo pantalone grigio perla. << Serata piacevole. Tutto sommato è andata molto bene >> risposi sforzandomi di sorridere il più possibile per dare maggior conferma a quelle parole.
Ad essere sinceri non avevo più pensato a quella serata, per me era un capitolo chiuso da abbandonare nel passato e non capivo perché il mio capo aveva riportato quell’argomento alla luce.
“Andrea che stai combinando?” mi chiedevo mentre lo fissavo con insistenza per fargli notare il mio disappunto e per tentare un dialogo telepatico. Il mio capo mi ignorò!
Si udì la suoneria di un cellulare e la director Gucci afferrò la sua borsa di elegante manifattura e rispose << Siamo dentro, ti stiamo aspettando. >>
Ed all’improvviso comparve davanti a noi Mr Jared Leto in persona.
Non ci potevo credere! Che ci faceva lì? Perché presenziava ad una riunione di lavoro e, soprattutto, perché il mio cliente lo stava aspettando?
<< Scusate il ritardo, ho calcolato male i tempi ed il traffico non ha giocato a mio favore. Jared Leto, piacere. >> disse allungando la mano verso il mio capo per presentarsi. Questo lasciò intendere che la dottoressa Dimonte era da elencare tra le sue conoscenze ed il modo familiare con cui si salutarono e si scambiavano battute ne fu la conferma.
Mi alzai in segno di rispetto e gli porsi la mano per salutarlo ma la sua risposta mi lasciò basita ed imbarazzata: invece di rispondermi con una convenzionale stretta di mano si avvicinò e mi lasciò un casto bacio sulla guancia.
Non ci potevo credere!
Sentì la faccia andarmi letteralmente a fuoco per quell’inaspettato gesto.
Da quanto c’era tanta confidenza tra me e Mr Leto? E poi davanti al cliente! Cosa avrebbe pensato di me e quali assurde situazioni avrebbe fantasticato sulla nostra serata. Stavo letteralmente odiando Jared Leto e la sua presenza mi era orticante; non desideravo altro che stesse il più lontano da me, sperando che quel pranzo durasse un istante.
<< Jared. Posso darti del tu? >> chiese Andrea << accomodati vicino alla tua amica Emma >> e così gli cedette il suo posto per sedersi proprio di fronte a me.
Amica? Andrea cos’era quel colpo basso?
Mi voltai verso Jared ed inizia a fissarlo intensamente, magari riuscivo a polverizzarlo con lo sguardo oppure volevo tentare, anche con lui, un fallimentare dialogo telepatico? Forse lo avrei costretto a girarsi verso di me e darmi spiegazioni sul perché della sua presenza, peccato che risultai sprovvista di superpoteri.
In quel completo scuro e con la barba ben rasata non sembrava neanche l’uomo con cui ero stata a cena sabato sera.
Studiavo il modo in cui gesticolava per dar enfasi a quanto stava dicendo; il suo sguardo fisso sugli interlocutori e poi quel sorriso: un risolino dolce, quasi innocente, che procurava un barlume all’interno del suo azzurro addolcendogli lo sguardo. E davanti a quel sorriso persi interesse verso tutti i miei perché e mi abbandonai alla sua narrazione.
<< Emma, ho una sorpresa per te >> mi comunicò il mio capo richiamandomi all’attenzione << La soddisfazione per il tuo lavoro è stata tale che il brand ha deciso di affidare a te la supervisione dello spot tv che l’agenzia produrrà per il profumo Guilty… di cui Jared sarà protagonista. >>
<< E’ stato lo stesso Jared a chiedere la tua attiva partecipazione a questo progetto.>> aggiunse la donna davanti a me.
<< Credo che Emma sia veramente molto valida. Il suo evento mi ha colpito e quando ho capito, leggendo il contratto, che sarebbe stata la vostra agenzia a lavorare anche su questo progetto mi è sembrato lecito avanzare questa richiesta. Mi trovo molto bene con lei e sarebbe molto importante, per me, lavorare ancora insieme. >> disse Jared fissandomi negli occhi e regalandomi il più dolce dei suoi sorrisi che a me sembrò un ghigno di derisione.
Era un brutto scherzo organizzato per rendermi la vita ancora più schifosa di quanto non fossi riuscita a fare io nelle ultime 24 ore?
<< Jared, noi non abbiamo mai lavorato insieme >> dissi fissandolo negli occhi.
 << Emma sarà perfetta! Sarà un valido aiuto per te. Prima di venire a Roma ha avuto un’importante esperienza a New York dove si occupava proprio di spot per la tv. Una dei miei migliori collaboratori. Una ragazza d’oro!>> puntualizzò Andrea enfatizzando la scelta del cliente.
<< Se il mio capo ritiene di affidarmi questo compito non posso far altro che accettare e ringraziare per la fiducia e la stima nutrita nei miei confronti. >> scandì guardandolo ed esibendo un sorriso di gratitudine montato ad hoc per nascondere il mio disappunto e la delusione che nutrivo per il tradimento subito.
Era un incubo!
Jared Leto era piombato nuovamente nella mia vita con la sua pesante presenza ed un’altra volta mi aveva messa con le spalle al muro impedendomi di sottrarmi ai suoi giochi.
Era sadico e provava gusto a torturarmi.
“Cosa vuoi da me Jared Leto?”
<< Emma, mi accompagni a prendere una boccata d’aria? >> ed ecco Jared che subito reclamava la mia attenzione.
“Vacci da solo…anzi perché non te ne vai a fanculo!“ ecco cosa volevo urlargli ma ributtai giù in gola quelle parole; mi voltai verso gli altri commensali quasi a chiedere loro un salvagente ma, dinnanzi ai loro sorrisi di approvazione, dovetti acconsentire a quella richiesta.
Ed in angolo di strada riservato dal traffico di Roma mi ritrovai Jared Leto a pochi centimetri dal mio volto.
I suoi grandi occhi azzurri si confondevano nei miei color nocciola ed il suo respiro si infrangeva contro la pelle del mio viso. Era veramente vicino!
Tra di noi c’era la distanza di un niente tanto da riuscire a percepire il piacevole e caldo odore che trasudava dalla sua pelle candida.
Era veramente troppo vicino adesso…

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** In caduta libera ***


<< Jared, sei troppo vicino. Non respiro. >> sussurrai quando, indietreggiando, mi resi conto che la mia schiena era ormai spalmata contro un muro e non avrei potuto più sottrarmi alla sua volontà.
<< Lo so >> mi rispose difendendo la sua posizione mentre continuava a sfidare il mio sguardo: le sue biglie azzurre erano immobili nei miei occhi color nocciola e sembravano scavarmi nel profondo. Quello sguardo bruciava fino all’interno dell’anima lasciandomi sofferente sotto la scarica di un brivido di tensione.
<< Hai paura di me? >> mi chiese mentre con un ultimo passo sentì il suo petto schiacciare contro il mio. Mi sentivo in trappola e persino respirare era diventato difficile sotto il peso del suo corpo.
<< Jared non respiro >> lo supplicai << per favore lasciami in pace! Già mi hai fatto lasciare Alex, cos’altro vuoi? >> gli intimai mentre le mie mani cercavano di spingerlo via.
<< No Emma, non lo hai lasciato per colpa mia. >> ed afferrò i miei polsi costringendomi ad abbandonare ogni tentativo di fuga.
Riuscivo a sentire il suo cuore sbattere contro le pareti del suo petto ed infrangersi sul mio mentre il suo calore si contrapponeva al freddo della superficie alle mie spalle: la distanza tra di noi era azzerata.
<< Hai paura di me? >> mi sussurrò sfiorandomi il viso con la sua voce che fece oscillare dolcemente le ciocche di capelli che me lo incorniciavano.
<< Ora mi stai facendo paura >> gli risposi con gli occhi fissi nei suoi.
All’improvviso Jared si allontanò ed io sentì i miei polmoni espandersi per il nuovo giro di ossigeno che stavano avidamente aspirando. Mano a mano che i centimetri tra di noi aumentavano, il mio cuore rallentava la sua corsa ed il mio corpo lasciva la tensione scivolare via. Finalmente potevo staccarmi da quel cemento e sentirmi nuovamente padrona del mio corpo.
<< Emma…Jared…dove siete? >> sentì la voce del mio capo provenire da lontano, forse dall’ingresso del locale poco distante da noi. << Andrea arriviamo. >> gli risposi consumando un paio di passi verso la libertà.
Jared era dietro di me e questo mi fece sentire stranamente sollevata ma ben presto compresi che con lui non si potevano mai abbassare le difese. 
Fu un attimo e mi ritrovai nuovamente contro quel muro con il suo corpo a farmi da ostacolo ed il braccio con cui mi aveva ripresa ancora cinto attorno la mia vita.
Petto contro petto; occhi contro occhi; labbra contro labbra.
Ero immobile mentre l’uomo davanti a me si stava nutrendo delle mie labbra. Sentivo il calore di quel bacio divampare in tutto il mio corpo.
I miei occhi si spensero ed il suo sapore esplose sulla mia bocca.
Il mio cervello mi urlava che era uno sbaglio dal quale non sarei più tornata indietro ma non volli ascoltarlo.
Nessuno mai mi aveva baciata così e mi sembrò di aver desiderato quel momento per tutta la vita.
Che cosa mi stava succedendo?
<< Ragazzi? >> ed ecco Andrea che ci reclamava.
Non so quanto fosse durato quel gesto folle ma entrambe ci lanciammo verso l’ingresso del locale schivando lo sguardo del mio capo per evitare domande a cui sarebbe stato difficile rispondere.
<< Ragazzi, eccovi qui. >> ci accolse al tavolo la dottoressa Dimonte << Il progetto è stato ufficialmente affidato a voi quindi posso consegnarti tutti i documenti >> e fece scivolare sul tavolo una cartellina rossa.
<< Bè, visto che lavorerete insieme sarebbe opportuno che vi scambiaste i numeri di cellulare. Jared, sai dove abita Emma? Per qualsiasi cosa, sia lavorativa che inerente al tuo soggiorno romano, puoi rivolgerti a lei. Vero Emma? >> aggiunse il mio capo ancora in piedi davanti al nostro tavolo intento a fissarci.
<< Certo…mmm, ecco, questo è il mio biglietto da visita. Qui trovi il mio numero di cellulare >> dissi estraendo dalla borsa un piccolo rettandolo di cartone color cipria sul quale segnai anche il mio indirizzo. Jared lo afferrò e mi sorrise.
Era difficile stargli vicino, soprattutto dopo quello che era appena successo.
Chiusi gli occhi e strinsi le labbra quasi a voler assaporare ancora un po’ quell’uomo prima che sparisse del tutto. Fu un attimo ma sembro infinito.
Le ore successive sembrarono una discesa verso l’oblio.
Più svuotavo il mio appartamento degli oggetti appartenuti al mio ex, più si rafforzava l’ossessione per quanto era successo.
Era ormai mezzanotte ed il mio pensiero era incentrato solo su quell’uomo dagli occhi azzurri.
Come era possibile che quattro scatoloni erano riusciti a cancellare via un lungo capitolo della mia vita?
Me ne stavo sdraiata a terra, al centro del salotto, e fissavo il soffitto cercando le giuste domande per poi trovarvi risposta.
Che Jared avesse compreso cose che neanche io sapevo su me ed il mio ex? Impossibile! Come poteva… Eppure lui aveva formulato la giusta diagnosi su quella specie di rapporto che trascinavamo ormai da un anno. Che avesse previsto gli eventi? Ma cosa stavo dicendo, lui mica è un veggente. Eppure avevo lasciato Alex proprio come mi aveva detto lui.
E perché quel bacio? Perché quell’incarico? Perché quella dannata donazione?
E se tutti questi eventi non fossero occasionali?
Se mi avesse appositamente scelta come pedina per un suo gioco?
Dovevo veramente temere quell’uomo?
Stavo impazzendo! Tutti quei pensieri senza senso non mi appartenevano.
Per natura ero sempre stata una persona razionale molto più incline ai fatti concreti che alle fantasie eppure ora me ne stavo sdraiata su un rigido pavimento di legno a montare congetture che si basavano sul nulla.
Cosa mi stava succedendo?
E se con quel bacio mi avesse infettata con il germe della follia?
<< Smettila Emma! >> mi intimai cercando di spegnere il cervello che ormai stava andando alla deriva.
Chiusi gli occhi per cercar concentrazione ed invece ritrovai il suo volto: la schiera di denti perfetti e bianchissimi che si mostrava in un sorriso luminoso carico di beatitudine e la dolcezza che gli inondava quelle grandi biglie rendendo quell’azzurro ancora più profondo da riuscire a scavarmi dentro e raggiungere profondità che persino io ignoravo.
Mi sentivo sospesa in una specie di limbo tra quello che era successo e quello che poteva riservarmi il futuro.
Ogni millimetro del mio corpo era vibrante d’attesa ma oppresso dall’ansia per una certa dolorosa caduta.
L’insistenza del mio cellulare mi costrinse a fare i conti con la realtà.
<< Pronto, chi è? >>
<< Emma dove sei? Ho bisogno di vederti >> sentì dall'altra parte.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Promettimi che sarò un segreto. ***


<< A casa … ma chi sei? >> chiesi nuovamente alla persona dall’altra parte del telefono senza ottenere nessuna risposta. La telefonata finì con quel silenzio.
Magari era Alex?
Oh Dio, non credo…Era felicemente in Olanda e sembrava aver ben accettato la nostra separazione, anzi l’aveva quasi suggerita decidendo di proseguire la sua vita senza fregarsene di me; poi ero io quella che correva da lui…
Forse Andrea?
Non mi avrebbe mai chiamato oltre l’orario di lavoro e soprattutto avevo i suoi recapiti in rubrica mentre quel numero era ignoto.
Jared Leto?
Questo nome si stava trasformando in una vera ossessione e poi, perché avrebbe dovuto chiamarmi? Cosa poteva volere da te? Aveva già avuto abbastanza… Cosa avevo fatto di talmente terribile per meritarmi una punizione del genere, ma soprattutto un carnefice così angelico ma tanto crudele?
<< Smettila! Basta pensare a Jared! >> e quel pensiero pronunciato ad alta voce si propagò tra le pareti di quel piccolo appartamento che sembrava ancora più vuoto del solito.
Dovevo smettere di tormentarmi con quelle fantasie adolescenziali, ero una donna ormai!
Mi diressi vero il bagno cercando conforto nell’acqua gelida che gettavo copiosamente sul mio volto. Alzai lo sguardo e vidi riflessa nello specchio un’immagine che non mi apparteneva: il mascara era colato lungo le gote ed evidenziava due occhi sofferenti sotto il peso dell’insonnia e degli eventi; i capelli, cascando sulla fronte, si erano incollati alla pelle che sembrava ancora più cadaverica fatta eccezione di quelle due labbra che, per natura, sembravano disegnate con la stessa tonalità di una rosa scarlatta.
Presi del detergente ed iniziai a strofinare via quel residuo di lacrime e makeup; strofinavo forte sulle labbra nonostante fossi consapevole che quel colore non era dovuto al rossetto. Era altro che stavo cercando di rimuovere.
Il trillo del citofono mi fece sobbalzare. Persi un battito.
Guardai l’orologio e notai che erano le due e mezza di una notte senza stelle.
Chi poteva essere giù al portone? Decisi di non volerlo scoprire ed ignorai anche il secondo trillo.
Finalmente tornò il silenzio.
<< Emma apri >> sentì dall’altra parte della porta d’ingresso qualcuno invocava il mio nome sbattendo ripetutamente sulla dura superfice.
Chi diavolo era? E come aveva avuto accesso all’interno del palazzo.
Il visitatore continuava a reclamare il mio nome e, data l’ora, decisi di far cessare quel baccano mossa dalla preoccupazione per futuri reclami da parte del vicinato.
Mi accostai allo spioncino e decisi di aprire.
<< Jared tu sei pazzo! >> gli dissi trascinandolo in casa per riconsegnare il pianerottolo al silenzio della notte.
<< Ti rendi conto dell’ora? La gente dorme! Vuoi crearmi casini?? Ovvio, ci godi ad incasinami l’esistenza! >>
Era davanti a me con i capelli spettinati e grondanti di pioggia ed quella camicia bianca, ormai resa quasi trasparente, gli aderiva fedelmente alle linee del suo busto. Tremava leggermente e mi guardava con quegli occhi che avevano perso il loro consueto azzurro per diventare vitree sfere grigie.
<< Perché sei qui? Perché diamine sei così zuppo! >> chiesi a quella figura maschile immobile a fissarmi nell’ingresso di casa, scossa solo dal fiato sofferente per aver fatto le scale di corsa.
<< Sta diluviando >> mi rispose per poi tornare in quel mutismo che mi creava più disagio del suo sguardo impertinente.
<< Andiamo >> gli dissi mentre lo guidavo nel mio appartamento in direzione del bagno dove gli porsi alcuni teli e, afferrando il phon, iniziai ad asciugarlo.
Era seduto davanti a me, sul bordo della vasca, mentre gli passavo le mie sottili dita tra i capelli sotto l’aria calda dell’asciugacapelli. Cercavo di concentrarmi sulla sua scura chioma per non pensare a quanto fosse assurda quella situazione: ero in camicia da notte davanti ad un estraneo seminudo. << Jared perché sei qui? >> gli chiesi senza ottenere risposta.
<< Jared perché… >> ripetei a voce più sostenuta pensando che non mi avesse sentito ma mi interruppe << Dovevo vederti >>.
Continuavo ad asciugargli i capelli senza proferire parola; non sapevo cosa dirgli e quel gesto mi sembrava un buon pretesto per sfuggire da quella situazione.
<< Emma, puoi ascoltarmi un attimo >> mi disse mentre la sua mano impugnava la mia per fermare il phon e richiamare la mia attenzione su di lui.
<< Ok Jared, ma non qui >> gli risposi mentre riconquistavo il salottino di casa e lo invitavo a sedersi.
<< Stai andando via? >> mi chiese fissando gli scatoloni ammassati lì all’ingresso.
<< Più che altro sto mandando via… Non ne voglio parlare!  E allora? Cosa ti ha spinto fino a violare la privacy di casa mia? Spero sia una cosa seria altrimenti, giuro, questa volta mi incazzo!>> gli intimai mentre mi lasciavo cadere sul divano al suo fianco.
Ero riuscita a riportare la sua attenzione su di me ed aspettavo trepidante il suo comunicato.
<< Tutto quello che riguarda noi due deve rimanere un segreto >> e mi poggiò una mano sulla spalla quasi a supplicare un giuramento di fedeltà che non tardò ad arrivare sotto forma di un cenno dei miei occhi.
<< Il nostro bacio, quello che succederà. Io e te siamo una cosa che il mondo non dovrà sapere. >> continuò.
<< Jared, io e te cosa dovremmo essere? Sei solo una conseguenza del mio lavoro. Non te ne sei accorto?>> gli chiesi scuotendo la testa con un ghigno sarcastico disegnato sulla faccia.
Mi afferrò il viso con entrambe le mani e poggiò le sue labbra sulle mie.
Era la seconda volta che succedeva quel giorno ma questa volta era diverso: i suoi occhi erano socchiusi; riuscivo a vedere quanto fossero lunghe le sue ciglia. Questa volta non c’era prepotenza in quel gesto.
Rimasi immobile con gli occhi sgranati ed il cuore che mi martellava in gola mentre lui si consolava sulla mia bocca.
<< Non lo so Emma. Lo sto capendo. Il lavoro è un’occasione per vederti >> mi sussurrò appena staccatosi da me.
Era ancora molto vicino e sentivo la sua voce rinfrescarmi il volto paonazzo ancora intrappolato tra le sue mani.
Volevo ribellarmi, cacciarlo da casa mia chiarendo per sempre la situazione; magari volevo solo rispondergli “lo giuro” ma rimasi lì, immobile, accanto a quell'uomo.
Persino i miei dubbi erano naufragati mentre ero in caduta libera.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Passione e segreti ***


Furono giorni molto duri dove il tempo non era mai abbastanza.
Nonostante la stanchezza per il sonno perduto e l’agenda che trasbordava di appunti, ero molto grata a Jared per avermi restituito l’euforia della mia vecchia mansione. Lavorare a quello spot mi aveva riportato indietro nel tempo fino ad indossare i panni di una me newyorkese molto più sognatrice e spensierata spazzando via il rancore provato per quel mio trasferimento a Roma.
Lavorare mi impediva di concentrarmi sulla mia vita e questo mi faceva veramente bene.
Non vedevo Jared da quell’intrusione notturna a casa mia e non mi mancava affatto. Persino il suo ricordo sembrava sbiadire sotto il peso di tutte le nuove informazioni che intasavano le mie meningi.
Ero euforica!
Ancora pochi giorni e mi sarebbero toccate quasi 4 ore di treno per Venezia: era il set prescelto dove ambientare il nuovo capolavoro di Luchford il quale aveva voluto fortemente Jared come protagonista e, quest’ultimo, aveva voluto trascinarmi in questa avventura come pedina del suo gioco.
Un messaggio: “Finita la tua giornata lavorativa passi da me? JL”
Eccolo far ritorno nella mia vita.
Fissai quella chat per una manciata di minuti indecisa su come rispondergli: avrei potuto usare il lavoro come una scusa per rimbalzare quell’invito – era un’ottima tecnica collaudata negli anni con Alex – ma una parte di me avrebbe voluto incontrarlo, magari per gratitudine o forse per timore di renderselo nemico alla soglia di quella trasferta.
“Non so a che ora stacco.” Neanche il tempo di digitare quella risposta che mi arrivò una sua replica dal profumo di imposizione. “Ok, facciamo alle 9 da me. Non dovresti lavorare fino a tardi. JL”.
Perché preoccuparsi di come rispondere a Jared Leto se tanto decide lui come devono evolvere gli eventi?
Scossi la testa ed accennai ad un sorriso. Qualsiasi battaglia intrapresa con quell’uomo conduceva ad una soccombenza sicura: sapeva cosa voleva e come ottenerlo e forse non mi interessava più oppormi. Mi stava forse iniziando a piacere quel gioco?
Ero sempre stata una bella ragazza: corpo magro, un seno che si faceva notare, capelli lunghi color miele ed un carattere che piaceva molto ai ragazzi. Se le mie amicizie femminili si potevano contare sulle dita di una mano, la schiera di corteggiatori era veramente lunga. Eppure l’avere l’attenzione di Mr Leto mi faceva sentire stranamente bene con me stessa.
“Perché non sei qui? JL” comparve sullo schermo del cellulare.
Lessi l’orario ed erano le 21:10. Il tempo era volato e c’era ancora tanto da fare.
Provai a chiamarlo.
<< Ei, Jared. Scusami ma stasera non posso. >> provai a spiegargli mentre continuavo a tenere gli occhi fissi su alcuni documenti. << Emma, ti voglio qui tra 10 minuti. Non accetto un rifiuto. >> protestò per poi attaccarmi il telefono in faccia togliendomi ogni possibilità di replica.
Sbruffai mentre mi prestavo ad assecondare i capricci di quell’uomo da cui dipendeva la mia nuova prospettiva lavorativa.
<< Leto? >> chiamai entrando nel suo appartamento. Come al solito mi aveva fatto trovare la porta d’ingresso aperta e lui sembrava come divorato dalle quattro mura di quel piccolo appartamento.
<< Jared dove sei? Non sono in vena di scherzi >> gli dissi chiudendomi la porta alle spalle ed accomodandomi sul divano blu.
<< Bianco o rosso? >> quella voce maschile mi chiese.
<< Cosa? La camicia da indossare? >> dissi annoiata cercandolo con lo sguardo. Eccolo arrivare con in mano due bottiglie << Il vino, Emma. Quale preferisci? >>
<< Bianco >> ad abbassai lo sguardo sullo schermo del cellulare. Fu una distrazione di pochi secondi eppure sembrarono sufficienti per ritrovarmelo sulle mie labbra.
Sapeva di buono e di fresco.
Il suo naso premeva contro il mio e le sue enormi biglie mi fissavano animate da una scintilla di gioia.
Sorrisi sulle sue labbra.
Sapevo che stavo facendo qualcosa di sbagliato e di pericoloso, un uomo come Jared Leto non può far altro che complicarti la vita, ma quel gioco mi intrigava e avevo deciso di accettare le sue regole. Cosa mi sarebbe potuto capitare? Ero una persona matura e sapevo rispettare i limiti ed un bacio non era certo un rischio tanto grande da correre.
<< Ciao Jared >> gli dissi sorridendogli a poca distanza dal suo volto << sai, dovresti smetterla di fare il bambino capriccioso. Sto lavorando per te! E smettila di baciarmi di sorpresa. >>.
Mi fissava con un’espressione indisponente ed un sorriso divertito gli illuminava il volto. << E cosa dovrei fare, chiederti il permesso? >> rise << Emma, posso baciarti? >>.
<< Fammi pensare un attimo…no! >> gli risposi abbandonando quella soffice seduta per allontanandomi da quel ragazzo che sembrava sempre più affascinato da quel mio atteggiamento. Chissà, forse ero una delle poche donne che gli teneva testa?
<< Questo vino lo beviamo o era una domanda da quiz serale? >> chiesi attirando la sua attenzione.
<< Emma…Emma…Emma…Ce l’hai l’età per bere? >> e la sua espressione si colorò di preoccupazione.
<< Ho persino l’età per fare sesso…27 anni possono bastare? >> gli chiesi posizionandomi all’altezza del suo volto per poi allontanarmi di scatto appena provò a baciarmi nuovamente.
<< Sei veramente impertinente signorina! >> mi disse ridacchiando << E sono anche molto assetata. >> gli risposi fingendomi scocciata.
La bottiglia era ormai svuotata e, mano a mano che il vino si esauriva, noi diventammo due fiumi in piena di racconti tra il personale e la sfera lavorativa. Avevamo deciso di non parlare dello spot tv - ad essere onesti glie lo avevo chiesto proprio io zittendolo appena aveva iniziato a trattare l’argomento – preferendo le memorie sulla sua vita. Mi aveva fatto tantissime domande e sembrava veramente meravigliato da alcune mie risposte tanto che mi venne spontaneo chiedergli che idea avesse di me; la risposta non mi piacque.
<< Cosa penso di te, Emma? Sei una persona molto professionale ma talmente seria da sembrare costruita… Cavolo sei ossessionata da quello che pensano gli altri; vuoi a tutti i costi fare la cosa giusta ed accontentare tutti. Di la verità: sei qui per accontentarmi? >>
<< Si. All’inizio non volevo venire ma volevo evitare di farti incazzare. Ora sono felice di essere qui…o almeno lo ero finchè non mi hai dipinto come una sfigata. Jared Leto io sono sempre stata una gran figa e ho sempre avuto la fila di corteggiatori quindi non ti permettere. >> gli dissi ridendo ed oscillando il dito in aria come una maestrina visibilmente alticcia <<  Serio, non sono una sfigata. Stronza si, ma sfigata no! >> ribadì tornando immediatamente seria.
Il vino mi aveva reso fin troppo sincera e non feci nulla per nascondere la delusione per quella descrizione.
<< Emma, però mi piaci lo stesso >> disse avvicinandosi e fissandomi con quei due occhi che stavo imparando a sopportare e che mi piacevano sempre di più.
Forse per il vino, forse per quella dichiarazione, feci una cosa che lasciò di stucco anche me: cancellai la distanza tra di noi e, mentre le miei dita si intrecciavano ai capelli che gli coprivano la nuca, gli regalai le mie labbra in una danza di passione dove scambiarsi sapori e desideri.
Quel bacio fu infinito.
<< Jared, ora è meglio che vada. Non so cosa mi sia preso ma ho paura che possa finire peggio >> e feci come per conquistare la porta ma mi afferrò da dietro e mi sussurrò << Resta con me>>.
Non una parola, non un gesto; mi bastò restare immobile per precipitare.
Le candide lenzuola erano tirate fin sopra le nostre teste nel tentativo di nasconderci al mondo mentre i nostri corpi bruciavano di passione.
Mi teneva ferme le mie mani sopra la testa impedendomi di liberarmi dal suo corpo che ondeggiava su di me regalandomi un piacere che si trasformò in gemiti sulle mie labbra.
Sentivo il suo desiderio penetrarmi nel profondo mentre la sua lingua, vibrante di curiosità, correva sul mio seno turgido.
Era prima prepotente nel mio corpo e subito dopo dolce, quasi a volermi concedere una pausa prima della prossima spinta. E ad ogni colpo la mia voce si liberava in un urlo di piacere.
Ogni penetrazione mi faceva gridare dal piacere che, come fuoco, si propagava incontrollato in ogni particella del mio corpo teso sotto la contrazione di tutti i muscoli finchè non esplosi in un orgasmo a cui fece seguito il suo seme che si liberava dentro me.
Il nostro respiro era corto, la sua pelle brillante di sudore contro la mia, le mie gote rosse di piacere, i suoi occhi vibranti di un’eccitazione appena consumata. Rimanemmo così ancora qualche minuto ma sembrò come se il tempo si fosse fermato.
<< Emma, sarà il nostro segreto >> disse con la voce ancora sofferente per quella danza sfrenata.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Il nostro segreto ***


Ogni sera Jared reclamava la mia compagnia con un messaggio dove mi invitava a raggiungerlo oppure compariva, come una visione, davanti alla porta di casa esigendo il mio corpo.
Ogni sera i nostri corpi si fondevano in uno sfrenato ballo di piacere e di sudore, ogni volta più intenso quasi da lasciarmi senza fiato tra le lenzuola stropicciate.
A volte, complice il lavoro, Jared mi possedeva anche nelle ore d’ufficio e, dopo aver consumato il nostro piacere, ritornavo in agenzia con l’aspetto di chi era appena stata investita da un uragano nascosta dietro la solita scusa: << Quell’uomo mi sta facendo impazzire! >>
Oh si, Jared Leto mi stava facendo impazzire tentandomi con il miglior sesso della mia vita e quel segreto era come un afrodisiaco: era un qualcosa che apparteneva solo a noi due, celato al mondo, e questo costretto silenzio accresceva il desiderio di abbandonarmi tra le sue braccia assecondando ogni suo desiderio.
Ero attratta da quell’uomo?
Ovvio, chi non lo sarebbe stato davanti alla perfezione del suo corpo e all’inquietudine del suo animo.
Mi stavo abituando ad essere una pedina del suo gioco?
Bè, erano regole facili da rispettare ed ogni notte ottenevo un premio per la mia devozione.
Era sbagliato?
Oh si! Era dannatamente sbagliato ma proprio la consapevolezza del mio peccato rendeva quella situazione ancora più accattivante e faceva sembrare la prospettiva della pena più sopportabile.
Mi stavo innamorando?
Quella risposta fu ritardata dall’ingresso del mio capo per l’ultimo debrief prima della mia partenza alla volta di Venezia.
<< Sembra che sia tutto perfettamente organizzato. Bene Emma! Sai, sono felice che te ne occupi tu di questo progetto. Sapevo che prima o poi la tua esperienza sarebbe stata utile a quest’agenzia. >> disse Andrea ignorando che quell’incarico nascondeva ben altro.
 << Bene Andrea. Allora posso partire serena? Posso chiederti delle altre due protagoniste? >> dissi mentre fingevo una normale curiosità professionale nascondendomi dietro lo schermo del computer simulando l’attenzione per qualche file.
<< Sono due modelle. Julia ha 24 anni ed è svedese mentre Vera è di un anno più piccola e viene dall’Olanda. Perché? >> mi chiese facendomi un ghigno forse ipotizzando un mio nascente interesse per il protagonista del mio futuro lavoro.
<< Visto che devo fare la babysitter…>> gli risposi sarcastica facendo terminare quel nostro scambio di battute.
“Due giovanissime modelle. Olandese e svedese, quindi bellissime e biondissime. Non ho nessuna speranza, lo perderò” mi ripetevo quasi a fustigarmi con quei pensieri.
Di Jared avevo soltanto il suo corpo, per di più da una manciata di giorni, eppure lo sentivo già mio e la possibilità di perderlo mi angosciava.
Quel segreto era solo nostro e volevo che il mondo ne rimanesse fuori a tutti i costi.
<< Cosa ti preoccupa? >> mi chiese Jared mentre mi osservava dal mio letto.
Era sdraiato supino mentre il lenzuolo gli lasciava scoperto il dorso nudo sul quale faceva da protagonista un tatuaggio che gli sormontava la clavicola. Fissavo la sua pelle chiara rincorrendo le linee del suo petto muscoloso e dell’addome ben definito.
Cavolo, mi stavo innamorando di lui…
<< Ti sembro preoccupata? >> gli chiesi mentre restando di spalle intenta a selezionare i vestiti per la trasferta.
<< Non sei qui accanto a me. Perché mi stai evitando? >> e mi allungò la mano.
All’interno dell’avambraccio aveva tatuata la sagoma di una X con due cerchi rossi il tutto racchiuso in un quadrato.
Afferrai la sua mano e andai ad accoccolarmi accanto a lui poggiando la testa sul suo petto.
<< Jared che succederà a Venezia? >> chiesi mentre la mia mente era fissa a fantasticare su quelle due giovani ragazze che sarebbero state la mia prossima ricerca su google.
<< Nulla Emma, sarà solo lavoro. Dovresti spiegare tu a me come si produce uno spot tv. >> sentivo il suo petto vibrare mentre la sua voce si diffondeva nella stanza.
<< Bè si gira un mini film, in genere la durata è di massimo 10 minuti, a discrezione del regista però. Le sequenze poi vengono rielaborate per realizzare un cortometraggio di massino 30 secondi. Dopo di che si procede all’acquisto degli spazi pubblicitari sulle reti di interesse, selezionando la fascia oraria in cui puntiamo a raggiungere i nostri stakeholder. Poi c’è il servizio fotografico, incentrato principalmente su di te, per le riviste e la cartellonistica. La prima fase, di 48 ore, avrà ad oggetto le riprese e poi si procede alle fotografie. La fase zero è come per i film: si incontra il cast e si procede alle prove dei costumi e del trucco.>> gli spiegai.
<< Però sei proprio brava Emma. >> e si mise a ridere.
Sentivo l’allegria smuovergli il corpo.
<< Emma per il mondo noi stiamo solo lavorando insieme. Tutto questo è solo per noi ed a Venezia non cambierà nulla. >>
<< Tutto questo cosa? >> gli chiesi alzandomi per sfidare i suoi occhi mentre una cascata bionda gli solleticava la pelle.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** La dorata Venezia ***


A poco a poco che il nostro scafo si avvicinava alle coste una Venezia dorata si colorava all’orizzonte.
La maestosità della basilica di San Marco, con le sue bianche cupole ed il rosso campanile, diventava sempre più nitida dinnanzi a noi. La porpora del tramonto si infrangeva contro i suoi sacri mosaici dorati e sembrava incendiare il leone alato che la sormontava.
Ammiravo quella perla unica: canali profondi correvano tra le ricchezze di una repubblica dorata dove, tra le sue calli, si poteva respirare un’atmosfera di eccentricità, libertà e trasgressione.
Venezia era una giovane nobildonna che, ricoperta di oro e di maschere, si donava ai piaceri della vita.
Ne ammiravo silenziosa il profilo definirsi mano a mano che consumavamo la distanza, mentre nei miei occhi si faceva strada l’estasi per quello spettacolo.
<< Sei felice di essere qui con me? >> mi sussurro Jared ad un orecchio.
Eravamo giunti sulle rive di quello che sarebbe ben presto diventato il nostro set e subito la mia mente mi rammentava prepotente che non saremmo stati soli: due modelle si sarebbero contese a Jared e si faceva strada il timore che quel gioco di seduzione non si sarebbe fermato solo nel dorato mondo della finzione.
Lo spot, infatti, raccontava una storia di sessualità emancipata, di individualità e del fascino dell’indefinito vedendo Jared intraprendere un mènage a trois con le splendide modelle, tra il lusso barocco di una camera dove consumare le loro passioni e le vie notturne di quella perla nell’Adriatico. I tre si sarebbero soffermati sui piaceri della vita senza sentirsi in colpa, sperimentando e assaporando ogni istante in completa libertà.
Se non fossi stata così coinvolta da quell’uomo avrei vissuto quest’esperienza con lo stesso trasporto che si percepiva tra i membri del cast, ma il mio corpo era attanagliato dall’ansia di dover condividere Jared senza poter vantare alcuna pretese su di lui. Quello che ci univa era e doveva restare un segreto.
Feci un respiro profondo ed introdussi Jared agli altri. Dialogavo in modo sicuro, nel mio elegante completo pantalone, esibendo la mia professionalità.
Jared mi guardava con ammirazione e questo mi faceva sentire forte e sicura.
Inutile dire che la mia autostima accrebbe ancora di più quando una delle truccatrici mi scambiò per una delle protagoniste, peccato che Venezia si sarebbe rivelata una giostra adrenalinica di sentimenti contrastanti.
Ecco arrivare le due protagoniste: giovanissime dai volti freschi e privi di trucco; una aveva capelli biondi come il miele e l’altra di un delicato castano, entrambe con chiome lunghissime e dolcemente ondulate; i loro corpi magri e slanciati ondulavano su tacchi altissimi ed in pochi secondi riuscirono a calamitare su di loro l’attenzione dei presenti.
Subito quelle due ragazze si precipitarono su Jared e lo tentavano con moine e giochi di seduzione.
Mi sentivo morire!
Era panico quello che stavo cercando di soffocare dietro un sorriso cordiale mentre la terra mi tremava sotto ai piedi.
Ora capivo il gioco di Mr Leto: prima mi aveva braccata, poi sedotta ed ora mi stava torturando usando quelle due ragazze per demolire la mia sicurezza e far gravemente bacillare la mia autostima.
Stavo impazzendo!
Lasciammo i tre protagonisti a far conoscenza mentre noi dello staff ci riunimmo per decidere la scaletta degli eventi dei prossimo giorni.
Ascoltavo silenziosamente i loro discorsi cercando di sfuggire alle fantasie che costruivo su quei tre. Chissà cosa si stavano dicendo e cosa stavano facendo? Jared aveva deciso di giocare anche con quelle due ragazze?
Quel lavoro si stava mostrando più complicato di quanto avevo previsto ed era solo per colpa mia.
 
Nonostante l’aria resa frizzante dalla nebbia che invadeva i canali intrecciati sotto al mio balcone, me ne stavo lì fuori, sospesa nella notte, ad interrogare la luna.
Non avevo più rivisto Jared dal nostro arrivo a Venezia e mi tormentavo immaginando spezzoni della sua serata: quelle due donne, le loro dita che lo sfioravano, la loro vicinanza, le loro risate, la loro bellezza, i loro sguardi che correvano sul suo corpo, i desideri che si incontravano.
Neanche il freddo che mi tirava la pelle, coperta solo da una corta camicia da notte di cotone, riusciva a risvegliarmi da quell’ossessione.
Qualcuno bussò alla mia porta.
<< Che ci fai qui? >> chiesi a quell’uomo dagli occhi così grandi ed azzurri davanti alla mia stanza.
<< Posso entrare? >> mi rispose appoggiandosi allo stipite della porta e regalandomi un dolce sorriso come dazio per il suo ingresso.
<< Jared dovresti andare in camera tua e riposare, domani sarà una giornata molto impegnativa per te…e anche per me…sono stanca. >> e mentre gli stavo per augurare la buonanotte un rumore dal fondo del corridoio divenne la scusa per dare rifugio nella mia camera a quel visitatore notturno, lontani da occhi indiscreti.
Ero ancora di spalle, mentre chiudevo la porta, quando me lo ritrovai addosso stringendomi tra le sue braccia.
Rimasi immobile in quell’abbraccio nell’illusone che lui fosse solo mio, ma un profumo dolce e troppo speziato mi distolse da quella consolazione: un profumo da donna aveva infettato la sua giacca.
Lo allontanai.
<< Jared non puoi stare qui. Ti prego va via. >> gli dissi afferrando il pomello della porta per scacciarlo da me.
<< Emma non vuoi che ti tenga compagnia stanotte? >> sul suo volto era ben visibile lo stupore per il mio rifiuto e i suoi occhi mi fissavano come a chiedere una spiegazione che non arrivò.
Si congedò con un casto bacio sulla guancia e mi rivolse un ultimo sguardo intenso per chiedere conferma del mio rifiuto.
Quella notte chiusi Jared Leto fuori dalla mia camera da letto.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Il mostro verde della gelosia#1 ***


Le riprese procedevano spedite.
Jared era un mostro di bravura ed aveva perfettamente metabolizzato il ruolo di giovane seduttore che sperimenta libero l’amore per due donne. Sembrava così convincente nei suoi gesti carichi di eros e dolcezza da riuscire a trascinare nella sua finzione anche le altre due protagoniste regalando al regista delle riprese di ottima qualità.
Era veramente bello con i capelli pettinati all’indietro e la barba rasa che lasciava spazio ad un volto dall’incarnato perfetto e luminoso facendolo assomigliare ad un Casanova di altri tempi.
Vederlo steso in quel letto con quelle giovani donne faceva travisare il mio cuore anche se sapevo che era solo per finzione, o forse no? E se stava replicando le avventure vissute la sera prima? Se, dopo il mio rifiuto, fosse andato a farsi consolare dalle sue nuove amiche?
Silenziosamente abbandonai il set fingendo una telefonata di lavoro.
Avevo bisogno di allontanarmi da quell’immagina prima che qualcuno si accorgesse del mio malessere e la mia gelosia esplodesse rivelando al mondo il segreto che io e quel talentuoso uomo stavamo celando.
Necessitavo di aria fresca.
Rientrai durante una scena che lo vedeva immerso nella vasca da bagno insieme a Vera mentre Julia li osservava dal bordo, avvolta in una raffinata vestaglia di tessuti pregiati.
I tatuaggi che gli ricoprivano le braccia ed il petto sembravano ancora più intensi a causa dell’acqua che rendeva lucida la sua pelle; le sue mani, adornate da vistosi anelli, si muovevano con dolcezza sulle gote di Vera.
Cercai il suo sguardo e lui ricambiò mettendo in grave pericolo il nostro segreto.
<< Come mai questo scambio gli sguardi tra te e Jared Leto? >> mi chiese l’assistente alla regia al termine della scena.
<< Bisogna rifarla? Magari esco un’altra volta così Jared non si distrae.>> chiesi timorosa.
 << A dire il vero è una sequenza perfetta. Speravamo in quell’espressione di bramosia negli occhi di Jared. Pensavamo che Julia o Vera…invece è bastato uno sguardo tra di voi ed eccolo accendersi di desiderio. Chissà, magari ci direte qualcosa…>> aggiunse il mio interlocutore con un sorrisetto mentre cercava di investigare su quella strana alchimia che avevamo mostrato.
<< Bè Julia e Vera sono così belle ed è difficile non esserne attratti...tra me e Jared non si può parlare di passione o desiderio…Il nostro è stato solo uno sguardo d’intesa; lavorando insieme può succedere che si vada a creare una certa empatia, ma nulla di più. >> spiegai con un sorriso timido.
Stavo sudando freddo.
Un solo gesto od una smorfia e sarebbe venuto giù tutto quel castello di bugie che stavo raccontando per riparare a quell’insensato scambio di sguardi che avevamo appena consumato.
Fingevo indifferenza verso quel triangolo lussurioso ma dentro ero una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
 
Anche quella giornata lavorativa era finita e con essa la tortura di assistere a quel triangolo che vedeva coinvolto l’oggetto del mio desiderio.
<< Emma, oggi sei sparita. >> mi disse Jared affiancandomi.
<< Sparita? Sono stata sul set tutto il tempo. >> replicai mentre continuavo a camminare svelta prestandogli poca attenzione.
Jared, spazientito, mi afferrò bruscamente per un braccio arrestando il mio passo, << Durante le riprese sei andata via. Dove sei andata? Emma non mentirmi! >>
 << Jared non qui! Non è prudente >> gli dissi guardandolo in cagnesco per poi riprendere la strada verso l’albergo.
C’erano troppi spettatori indiscreti.
Sentì vibrare il cellulare nella tasca della giacca; un messaggio di Jared: “Stasera vengo a trovarti e non permetterti di sbattermi fuori come ieri. JL”.
Come avrei voluto girarmi per guardare la sua faccia, ma evitai. 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Il mostro verde della gelosia#2 ***


Intorno a me c’era un brulicare di persone.
La luce soffusa del set rendeva quei corpi sagome scure indefinite, eppure riuscivo a distinguere perfettamente Emma.
La sera prima vi aveva cacciato dalla sua stanza; sembrava così arrabbiata con me. Avevo passato tutta la notte a rigirarmi nel letto domandandomi cosa avesse potuto turbarla tanto da non volermi vedere.
Chissà a cosa stava pensando seduta accanto alla regia?
Me ne stavo disteso su quel letto sfatto, al centro del set, con quelle due ragazze che danzavano intorno a me e facevano di tutto per richiamare la mia attenzione mentre io pensavo solo a lei.
Guardai davanti a me, oltre le telecamere, e non c’era più: Emma aveva abbandonato il set senza avvisarmi.
Fissai a lungo la sua postazione vuota e mi sentì improvvisamente solo.
Domandai di lei alla truccatrice che mi stava preparando al prossimo ciack e mi riferì che Emma mancava già da 30 minuti.
Dove cavolo era andata e soprattutto cosa stava facendo?
Volevo uscire da quella stanza, cercarla, chiederle cosa fosse successo la sera prima ma dovevamo girare ancora.
<< Azione >> gridò il regista.
Allontanai lo sguardo da Vera che mi sedeva davanti, in quell’angusta vasca la cui acqua si stava raffreddando, ed ecco che notai l’oggetto dei miei desideri: Emma in piedi sulla soglia di quel bagno, appena dietro la linea delle telecamere, che mi fissava intensamente studiando ogni mio gesto.
In quel momento desideravo solo abbandonare quel liquido ea andare da lei. Mi mancava il tempo insieme.
Ripensai ai nostri giorni romani: il suo corpo nudo, la sua bocca, il modo accurato con cui si rivestiva, la sua camminata, il suo sarcasmo, il suo profumo, il mondo con cui mi raccontava di lei…
I suoi occhi nocciola sembravano bruciando nei miei; la fissavo come un pellegrino fa con la statua di un santo.
“Emma, sono qui.” avrei voluto sussurrarle ad un orecchio e perdermi nel profumo fruttato dei suoi capelli chiari e setosi, ma ero bloccato in quella vasca con quelle due ragazze che, seppur bellissime, non riuscivano a farmi vibrare l’anima come riusciva a fare la mia piccola pubblicitaria.
La guardai intensamente. Volevo annullare i metri che ci dividevano. Di tutto, in quel momento, desideravo solo ritrovare la pace tra le sue braccia.
La voce de regista che stoppava la ripresa mi riportò alla realtà.
Sentivo freddo e non perché immerso in quella tinozza.
Un assistente si avvicino alla mia donna e sentì un enorme vuoto bucarmi lo stomaco quando, parlandole ad un orecchio, le sorrise.
Cosa le stava dicendo?
 Perché Emma stava ricambiando quel sorriso?
Finalmente le riprese terminarono.
Emma era sfuggente e sembrava evitarmi mentre ardevo dal desiderio di trovare risposte: camminava veloce mentre si stringeva nella giacca per difendersi dall’umidità che si stava alzando dai canali e non mi degnava di attenzioni.
<< Emma, oggi sei sparita. >> le dissi affiancandola e costringendola ad accorgersi di me.
 << Sparita? Sono stata sul set tutto il tempo. >> mi rispose.
Camminava veloce e non sembrava voler rallentare il suo passo; non mi guardava neanche in faccia lasciando il suo sguardo esplorare il vuoto davanti a sè.
Che cosa stava succedendo?
Perché mi stava trattando così?
Perché mi stava evitando in quel modo?
Mi stancai di quel suo atteggiamento e l’afferrai brutalmente per un braccio fermando la sua marcia. Mi stavo innervosendo e non riuscivo a nasconderlo.
<< Durante le riprese sei andata via. Dove sei andata? Emma non mentirmi! >> le dissi a denti stretti mentre la mia mano era ancora stretta intorno al suo esile braccio.
Ero arrabbiato e sentivo il sangue ribollirmi nelle vene mentre la mente mi torturava proponendomi varie ipotesi sulla sua lunga assenza.
Perché mi stava negando quell’allontanamento? Cosa mi stava nascondendo? Cosa era successo in quel lasso di tempo?
Si guardò intorno e mi sussurro fredda che quello non era il posto adatto per parlare e riprese la strada verso l’albergo.
Notai che alcuni membri dello staff ci stavano osservando ed allora preferì mandarle un messaggio sul cellulare.
La vedevo davanti a me armeggiare con il suo telefonino ma non mi degnò né di una risposta né di un briciolo di attenzione.
Quel suo atteggiamento di sfida mi stava spingendo al limite rendendomi cieco di gelosia.
Mi stava facendo impazzire. Dovevo vederla!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Il mostro verde della gelosia#3 ***


L’acqua bollente della doccia precipitava copiosa sulla mia testa trascinando via tutta la tensione accumulata in quelle ore.
Come avrei voluto che quell’acqua fosse stata in grado di lavare via anche il ricordo di Jared in quel letto, troppo vicino ai corpi svestiti di Julia e Vera.
Dopo tante ore di tensione mi stavo finalmente rilassando, ma durò poco: quell’attimo di pace fu interrotto dai colpi che stavano investendo la porta della mia camera e che si propagavano per tutta la stanza facendomi gelare il sangue.
Chi c’era dietro quella porta e perché stava colpendo così forte?
Mi avvolsi in un telo e raggiunsi l’ingresso chiedendo chi ci fosse dall’altra parte.
<< Emma aprimi! >> era la voce di Jared e sembrava veramente arrabbiato.
Che cosa era successo?
Problemi con lo spot?
Forse si era cacciato in qualche casino?
Avevo il cuore in gola che batteva così forte da farmi salire il vomito.
<< EMMA! >> ed ecco un’altra serie di colpi.
Spalancai immediatamente la porta e me lo ritrovai addosso: in un istante aveva richiuso la porta alle sue spalle e mi teneva premuta contro la parete.
Era stato tutto così veloce che avevo solo accusato il tonfo del mio corpo scaraventato contro il muro e la pressione di Jared su di me per immobilizzarmi.
Ero stordita e nei miei occhi c’era tutta la meraviglia di quella reazione assurda. I suoi occhi, invece, mi stavano perforando con un’espressione dura e colma di odio. Sembrava un pazzo!
<< Jared >> balbettai << Lasciami andare…Mi stai facendo male! >> gli dissi cercando di liberarmi dalla sua presa.
Si spostò di qualche passo e, con una carezza, mi allontanò i capelli grondanti di acqua dal viso.
<< Jared, ti prego, fammi tornare di là, sono zuppa ed ho freddo. Poi parliamo con calma >> chiesi timidamente cercando di tranquillizzarlo con una carezza.
 Mi stava spaventando ed i suoi occhi spalancati su di me mi facevano sentire ancora più a disagio.
Non era la prima volta che Jared si imponeva su di me, come fu per il nostro primo bacio in quel vicolo, ma questa volta sembrava un uomo diverso: non lo avevo mai visto così adirato e non riuscivo ad immaginare cosa fosse stato capace di fare un uomo privo di inibizioni come lui.
<< Dove sei stata oggi? >> mi chiese con voce dura ed imperativa.
<< Ancora con questa storia? Sul set Jared, chiedi a chi vuoi. >> gli risposi dandogli una spallata conquistando la libertà, ma durò poco prima di ritrovarmi ancora una volta scaraventata contro quel muro intrappolata nella sua presa.
<< Jared ma sei pazzo? Hai assunto droghe? Hai bevuto? Sei strano…>> dissi con il terrore che mi vibrava in gola.
<< Dove sei andata durante le riprese? Emma te lo chiedo per l’ultima volta. >> mi intimò ancora ferendomi con gli occhi
<< Altrimenti che fai? Mi prendi a schiaffi? >> gli ringhiai in viso sfidandolo.
 La mia pazienza era al limite e volevo solo far cessare quell’incubo.
<< Mentre Jared Leto seduceva due giovani modelle mi sono allontanata dal set. Si, sono andata via. Mi mancava l’aria! >> gli dissi vomitandogli tutta la rabbia che mi strisciava in corpo << Non ce la facevo a vederti in quel letto con quelle due. Mi stavo sentendo male! Contento?>>
<< Non è vero! >> mi urlò in faccia.
Il suo volto era teso e digrignava i denti come un lupo pronto ad azzannarmi. Era spaventoso!
<< Ah già, tu sai tutto. E allora dimmi, cosa ho fatto secondo te? >> ora ero io ad attaccarlo mentre cercavo di spingerlo via da me.
Mi afferrò per i capelli e poggiò la sua fronte contro la mia, spingendo forte.
<< Emma, tu sei mia! >>
Aveva gli occhi sgranati e la voce roca. Sembrava un pazzo e mi stava facendo veramente paura.
<< Jared, ti supplico, mi stai facendo male >> dissi mentre alcune lacrime iniziarono a rigarmi copiosamente le gote.
Mi mancava il respiro sotto il peso di quel pianto e sostenere quel confronto mi sembrava impossibile mentre sentivo il corpo abbandonarsi al suo volere.
Jared mi afferrò saldamente e mi strinse forte contro il petto.
 << Ti prego perdonami…Non voglio farti del male…Non potrei mai…Oddio! Sono…sono…oh mio Dio, mi dispiace Emma >> la sue parole erano sconnesse e vibravano mentre le sue biglie azzurre si stavano caricando di lacrime. La pelle del suo volto si era arrossata e sentivo i brividi che percorrevano il suo corpo.
<< Jared mi dispiace.>> gli sussurrai ferma in quell’abbraccio << Julia e Vera sono…tu le guardi in quel modo e io mi sento morire…e devo fingere che sia tutto normale, tutto così dannatamente giusto perché noi…Cazzo Jared, io vengo a letto con te ed è normale che possa essere gelosa, anche se sono solo un gioco per te…E si… Jared, hai vinto tu! >> confessai.
<< Non sei un gioco…Non sarei qui altrimenti. >>

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Fallen ***


Nonostante il sole fosse già alto Jared continuava a dormire beatamente.
Me ne stavo sdraiata al suo fianco, attenta a non disturbare quel riposo, mentre osservavo la luce accarezzargli quel profilo angelico.
Erano passate solo poche ore da quell’uragano che mi era piombato addosso facendomi scontrare con la sua parte animalesca, eppure sembrava un ricordo lontanissimo.
Le sue palpebre vibrarono come ali di farfalla lasciando spalancare quell’azzurro.
<< Emma, ciao… >> mi sussurro dolcemente con la voce ancora impastata di sonno.
<< Ben svegliato. >> gli sorrisi.
Ancora con la testa sprofondata sul cuscino si guardò intorno esplorando la stanza per poi fermarsi sull’esplosione di luce che filtrava dal balcone.
<< Che ore sono? >> mi chiese stiracchiandosi.
<< Mezzogiorno >>
<< Così tardi? Perché non mi hai svegliato? Dovevamo stare sul set… >> disse mentre provava a tirarsi su; lo arrestai accoccolandomi sul suo petto per poi spiegargli che quel giorno le riprese si sarebbero tenute in notturna.
Ero ferma lì a farmi cullare dell’aria che gli gonfiava i polmoni sotto i colpi del cuore.
In quel letto, sul suo petto, mi sentivo al sicuro.
<< Emma…ieri…>> mi disse intrecciando, con forza, le sue dita alle mie che gli accarezzavo il petto.
<< Non ne voglio parlare, Jay! >>.
Tutto quell’esplosione di pazzia era solo un lontano ricordo.
<< Emma, tu sei mia >> ed mi ritrovai sormontata da Jared che iniziò a baciarmi il collo facendomi ridere per il solletico finché quel gioco non lasciò spazio alla passione che prese il sopravvento.
La sua bocca iniziò avidamente ad esplorare la mia mentre le nostre mani correvano frenetiche sui nostri corpi per liberarli da quei pochi vestiti che li imprigionavano.
Lo sentivo danzare dentro di me: una ballata lenta e profonda che mi faceva gemere sotto i colpi di quel piacevole dolore che si diffondeva come fuoco dentro me.
Il ritmo si fece ben presto forsennato e fummo sopraffatti dal desiderio di vedere il nostro desiderio esplodere in una moltitudine di contrazioni.
Lo fissavo mentre godeva liberando la sua libido dentro di me: la sua bocca, dolcemente schiusa, dava voce al suo piacere che si diffondeva nella stanza; i suo occhi, di un azzurro intenso, mi guardavano maliziosi; la sua pelle era arrossata e brillante di sudore per quella dolce fatica.
Urlai mentre il mio corpo veniva scosso da un orgasmo intenso e lungo.
Mi era mancato.
All’improvviso Venezia era sprofondata, le due modelle sparite, la gelosia si era placata. Di tutto c’eravamo solo io e Jared stretti in quel letto.
Il tempo era volato troppo in fretta ed era arrivato il momento del dovere.
Lo vedevo mentre metteva in scena il suo copione seguendo le indicazioni del direttore artistico.
Avevo occhi solo per lui mentre il suo profumo, ancora forte sulla mia pelle, mi solleticava l’anima.
Nessuno poteva immaginare la causa di quel sorriso accennato sulle mie labbra; nessuno poteva conoscere quello che nascondevamo io e quell’uomo. Era bello avere qualcosa di nostro, solo nostro.
Ma ad esser troppo felici si commette peccato e la vita è pronta a punirti.
Le riprese erano finite da una mezzoretta e aspettavo Jared fuori la porta del suo camerino per rientrare con lui in albergo.
Me ne stavo seduta su uno scalino di gelido marmo, stretta nella giacca, mentre intorno a me si stava allargando una fitta nebbia che celava quei luoghi trasformandoli in definiti aloni cupi.
Forse per il freddo, probabilmente spazientita per l’attesa oppure intimorita da quell’atmosfera cupa che si stava allargando, decisi di intrufolarmi nel suo camerino certa che nessuno avrebbe notato del mio gesto.
Aprì la porta senza bussare e rimasi impietrita per la scena che si stava presentando ai miei occhi: Jared se ne stava seduto su un divanetto mentre una delle due modelle, in piedi davanti a lui, si era chinata all’altezza del suo viso e lo stava baciando.
Non riuscivo a riconoscere se fosse Vera o di Julia, quelle due erano così rassomiglianti.
Ma che senso aveva conoscere l’identità di quella donna?
Lei se ne stava lì sulle labbra di quello che credevo il mio uomo.
Avevo soffocato un urlo in gola mentre assistevo a quel mostruoso spettacolo incapace di reagire: rimasi immobile, attraversata da una fitta che mi perforò il petto.
Aria; mi mancava l’aria.
All’improvviso vidi le biglie azzurre di Jared accorgersi della mia presenza.
<< Scusate…non immaginavo.>> balbettai.
Quella ragazza si voltò verso di me; notai solo il sorriso malizioso sul suo volto mentre mi feriva con uno sguardo trionfante letale come mille lame.
<< Scusate io…io…non volevo >> indietreggiai di qualche passo e presi a correre.
<< Emma! >> senti Jared chiamarmi da lontano ma la voglia di scappare era più forte del desiderio di trovare una risposta per quell’offesa subita.
Correvo lungo quei canali che la nebbia aveva reso tutti uguali; attraversavo ponti che non riconoscevo perdendomi all’interno di una città straniera.
Mi stava assalendo il panico non tanto per l’aver smarrito la strada, ma per il timore di essere trovata da quello che, fino a quel momento, era stato il mio uomo.
Mi arrestai in un luogo qualsiasi e mi abbandonai alla disperazione di un pianto amaro.
Sentivo il rumore dei frammenti del mio cuore scuotersi nel mio petto; era un rumore sorde e violento.
Quel gioco era finito. Game Over!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** A denti stretti ***


Dopo tanto vagare senza meta avevo utilizzato l’app di Maps per farmi guidare fino all’albergo.
Il mio cellulare non aveva smesso per un attimo di vibrare accumulando le notifiche dei messaggi e delle chiamate di Jared che lasciavo cadere in un profondo silenzio; che risposta gli avrei mai potuto dare? Gli eventi avevano fatto più rumore di qualsiasi discorso.
Tremavo, ma non per il freddo.
Ero arrabbiata perché ero stata io a dare inizio a quella sequenza di eventi e mi ero illusa che un uomo come Jared Leto potesse essere interessata ad una come me. Per lui ero solo un gioco, di cui si era già stancato, ed ora riuscivo a capire il perché volesse che rimanessi un segreto.
Raccolsi i capelli in uno chignon alto, mentre il trucco cancellava il passaggio delle lacrime, ed indossai un coloratissimo vestito corto che mi serviva per sentirmi meno brutta e stupida. Quel bacio aveva polverizzato la mia autostima ma dovevo mettere da parte i sentimenti e concentrarmi solo sul mio lavoro. Jared Leto non era l’unico attore su quel palcoscenico ed ora dovevo mettere in scena la me più strafottente e professionale.
Chiusi gli occhi per un istante e feci un profondo respiro prima di spalancare il pesante portone dietro al quale c’era il nostro set. Il servizio fotografico era già iniziato.
Estrassi il tablet dalla borsa ed iniziai a rendicontare al mio capo ed al cliente i progressi raggiunti fino a quel momento. Eravamo quasi alla fine di quell’avventura e poi mi sarei lasciata tutto alle spalle.
Davanti a me c’erano le due modelle intente a giocherellare annoiate con i propri smartphone. Quell’interesse che subito avevano mostrato per Jared era già svanito dai loro volti.
Le fissavo cercando di cogliere un dettaglio che mi rivelasse chi delle due era stata la protagonista del tradimento della sera prima ma gli elementi a mia disposizione erano pochi e confusi: ricordavo solo le sue labbra incollate a quelle di Jared.
Fortunatamente il protagonista maschile di quel triangolo non aveva ancora fatto la sua comparsa e questo mi consentiva di concentrarmi solo sul mio lavoro.
La rimozione di un pannello bianco mi mostrò il mio carnefice: Jared era seduto su una poltroncina mentre il fotografo faceva alcuni scatti di prova. Sebbene fosse circondato da tre addetti alle luci che gli facevano da scudo, aveva notato la mia presenza ed ora sentivo il suo sguardo posarsi su di me.
Lo sentivo correre sul mio corpo: dai piedi era risalito lungo le mie gambe scoperte, aveva attraversato la mia schiena ed ora era fisso sul mio volto in attesa di ricevere la mia attenzione che, invece, lasciavo incollata sul display dell’iPad.
Il tempo di concludere una email e me lo ritrovai di fianco indeciso se iniziare una conversazione o conservare ancora quel silenzio che sapeva di tregua.
Lo guardai per un po’, poi puntai il mio sguardo sulle modelle per vedere quale delle due mostrasse un turbamento o semplice curiosità ma fui sorpresa nel notare che entrambe rimasero indifferenti. Che avessi immaginato quel bacio? La colpevolezza sul volto di Jared mi stava confermando che era stato tutto vero.
<< Ciao Emma. Stai bene? >> mi chiese con quell’aria da cucciolo bastonato consapevole di averla fatta grossa.
Si Jared, avevi fatto una cazzata: mi avevi spezzato il cuore.
<< Scusa Jared, devo fare assolutamente una telefonata >> e lo lasciai lì mentre conquistavo l’esterno.
Digitai il numero ed aspettai la risposta. << Eih boss, letta l’email? >> dissi ad Andrea dall’altra parte della cornetta.
<< Si si, sta andando tutto alla grande. Ieri mi ha chiamato la tua amica D., ha detto che sul set hai fatto conquiste >> mi rispose facendomi gelare il sangue.
<< In che senso? Perché, cosa sai? >> chiesi preoccupata.
<< Tutti impazziti per la giovane account bionda. Dicono che riesci a gestire bene l’ego smisurato di Leto... Emma, cosa dovrei sapere? Non ti sarai mica presa una cotta per Jared? E’ un bell’uomo ma… non fa per te. >> Andrea sembrava divertito all’idea di una relazione tra me e Mr Leto, chissà che faccia avrebbe fatto se avesse saputo la verità?
<< Andrea non c’è concorrenza. Ha due modelle a sua disposizione…Io sono solo la babysitter. >> come avrei voluto che i fatti fossero andati come li stavo descrivendo ed invece Andrea c’aveva visto giusto: avevo una cotta per Jared, peccato che lui non mi volesse più.
<< Emma, devo parlarti. >> sentì alle mie spalle la voce di Jared.
<< Scusa, devo proprio andare ora. Ci sentiamo per email, come sempre >> dissi al mio interlocutore romano prima di porre fine a quella telefonata.
<< Jared ero al telefono, te lo avevo anche detto… Spero che sia urgente. Che ci fai qui? E il servizio fotografico? >> dissi visibilmente scocciata, incrociando le braccia sul petto.
<< Con chi eri al telefono? >> mi chiese riducendo la distanza tra di noi.
<< Jared non dovresti abbandonare il set con gli abiti di scena. Avete finito? Siete in pausa? >> lo rimproverai cercando di riportare il nostro rapporto ad un piano puramente lavorativo; ero solo la sua babysitter, ora.
<< Pausa! >> disse mentre era come ipnotizzato dalla mia gonna corta. << Immagino che questo vestito non sia per me…non hai mai messo una gonna per me. E’ per farti guardare da uno dello staff in particolare? >>
Non potevo crederci! Aveva il coraggio di fare la parte del geloso dopo quello che aveva fatto la sera precedente.
Socchiusi gli occhi e respirai lentamente; sentivo la rabbia che mi stava divorando e dovetti faticare parecchio per resistere alla voglia di lanciargli uno schiaffo.
Iniziai a camminare su e giù davanti a quell’attore che non smetteva di tenermi gli occhi addosso.
<< Emma… Ieri è successo un casino. Vorrei dirti come sono andate le cose ma, non saprei come. >> ed ecco che era ritornato ad essere l’uomo mortificato con cui avevo parlato all’interno.
Quella sua alternanza di personalità non faceva altro che farmi prudere le mani dalla rabbia perché mi sentivo una stupida ai suoi occhi. Pensava che gli bastasse recitare la parte della vittima, fingere mortificazione, e io avrei dimenticato tutto rinfilandomi nel suo letto?
<< Oh povero Jared. Te lo spiego io cosa è successo ieri. >> adesso il gioco lo conducevo io ed avevo tutte le intenzioni di essere spietata con lui. << Sapevi benissimo che ti stavo aspettando fuori dal camerino e hai deciso di baciare… Vera oppure Julia? Sai, ieri non sono riuscita a riconoscere…>>.
Mi tornò quell’immagine alla mente e provai la stessa sensazione di vuoto sotto ai piedi e di smarrimento.
<< Vera >> mi rispose abbassando gli occhi.
<< Oh grazie per aver sanato questo dubbio atroce che avevo da ieri. Ti chiederei il perché ma…perché sembrare una cretina? E’ così ovvio! Tu giocavi e io credevo di piacerti… ora ti piace Vera … Colpa mia, quelli come te non se le pensano neanche quelle come me>> ero un fiume in piena.
<< Come sono quelli come me? >> mi chiese con un tono duro. Aveva già dismesso i panni del pentito?
<< Vuoi giocare a fare la vittima? Bè non sei nella posizione adatta.>> gli ringhiai avvicinandomi spaventosamente alla sua faccia.
<< Non sono un carnefice, questo te lo posso assicurare. Non l’ho baciata io! >> puntualizzò.
I suoi occhi erano come di ghiaccio.
Ripresi la mia passeggiata ridacchiando nervosamente. Scuotevo la testa incredula di quanto avevo appena udito. << Jared, mi vuoi prendere per culo? Vi ho visto! Ero là! >>.
<< Emma tu hai visto il bacio ma non quello che è successo prima. >> e mi afferrò le spalle per fermare quel mio moto isterico. << Ero seduto per allacciarmi gli anfibi e Vera è entrata in camerino. Mi ha chiesto che ne pensassi delle riprese e all’improvviso, mentre le rispondevo, mi ha baciato. Ed è in quel momento che sei entrata tu. >>
<< Jared, non ti credo. Mi dispiace! >> dissi abbassando il capo per nascondermi. Una parte di me avrebbe voluto credere in quella confessione di innocenza ma il mio cervello mi ricordava che stavo parlando con un attore.
<< Chiedi a Vera. Appena sei andata via l’ho respinta dicendole che sono un uomo impegnato. >> e fece per riconquistare il set.
<< Quindi c’è una terza persona? Oddio, non ci voglio credere. >> chiesi appoggiandomi sconfortata al muro di quel palazzo.
<< Emma, non ci sono altre persone. >>

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** The secret is out ***


Avevo evitato Jared per tutta la giornata.
Ammiravo il calare del sole tingere di porpora ed arancio i canali di Venezia.
Il ritorno in capitale era sempre più vicino e speravo che il tempo si consumasse veloce per consentirmi di voltare ancora una volta pagina, di immergermi in un nuovo progetto e di distrarmi da quella serie di eventi fallimentari che avevano caratterizzato la mia vita privata: in così poco tempo mi ero, finalmente, liberata da una relazione che puzzava di abitudine per immergermi in una folle storia di sesso, gelosia, tradimenti e sentimenti contrastanti.
Avrei voluto incolpare quell’uomo per quei fallimenti amorosi ma non riuscivo a trovare una sola azione o una sola parola che lo rendesse colpevole.
Ero stata io a lasciare Alex e la causa era da ricercare nel suo egoismo; ero stata io ad accettare le condizioni di quella donazione e sempre io avevo ceduto al suo fascino; non era neanche colpa sua quel bacio, Vera me lo aveva confermato.
Eppure volevo odiarlo per potermi sentire meno offesa dal non essere stata importante per lui, al pari di quanto lo fosse diventato per me.
Cercavo di individuare il momento esatto in cui mi ero innamorata di lui.
Osservavo le calle di Venezia con i palazzi che si rispecchiavano in quelle strisce d’acqua e mi assalì la nostalgia dell’orizzonte di Roma osservato dall’appartamento di Jared.
Mi appoggiai alla ringhiera del balcone e socchiusi gli occhi nel ricordo di quel primo incontro che aveva innescato questo effetto domino e mi lasciava in attesa della prossima tessera che mi avrebbe abbattuta.
Qualcuno bussò alla mia porta.
<< Emma. Sono io >> riconobbi la voce di Jared << non voglio entrare ma ti chiedo di ascoltami. Ora mi siederò qui a terra e dirò alcune cose che sto pensando da un po’. Ti prego solo di ascoltarmi. Ok? >> mi disse e sentì il suo corpo appoggiarsi al duro legno dell’uscio.
<< Emma ci sei? >> mi chiese, forse preoccupato per il mio silenzio.
<< Si Jared, sono qui. Ti ascolto. >> e mi inginocchiai vicino all’anta in attesa delle sue parole.
Non mi fregava che qualcuno avrebbe potuto assistere alla scena di Jared alla mia porta, ormai non esisteva più nulla da secretare.
<< Mi dispiace per averti ferita, anche se non per mia intenzione… Mi dispiace che tu pensi che tutto questo sia solo un gioco perché tu non sei un gioco e non lo sei mai stata; io non gioco con le persone… Mi dispiace per l’altra notte e per non averti fermata; dovevo seguirti ed invece ho voluto mettere in chiaro le cose con Vera. E ho sbagliato a non venire da te prima. >> La sua voce era limpida e così rassicurante.
Riuscivo ad immaginare il suo volto: le labbra che si muovevano lentamente, gli occhi persi nel vuoto, la schiena saldamente assicurata vicino a quel fragile spessore che ci divideva.
Ci fu una lunga pausa che mi fece pensare che fosse andato via, ed allora schiusi di poco la porta, il necessario per accertarmi che fosse ancora lì.
<< Emma, mi sei mancata. >> continuò << Quando sei arrivata sul set… Dio mi sentivo divorare dai sensi di colpa. Immaginare come stavi, e per colpa mia… E vederti evitarmi per tutto questo tempo sapendo che il perché di tutta questa rabbia. Sai, non sono proprio uno stronzo come pensi.>>
<< Si Jared, lo sei. >> lo interruppi mentre me ne stavo immobile ad osservarlo da quello squarcio.
Fece una breve risata malinconica ed un lungo sospiro.
Vidi la sua testa sollevarsi ed aderire alla superfice della porta: i capelli erano spettinati e alcune ciocche si poggiarono sugli occhi chiusi.
<< Ieri, Glen scattava ed io cercavo di spiarti con la coda dell’occhio. Si è pure incazzato perché non riuscivo a concentrarmi e mi ha mandato in pausa… >> stava accennando un sorriso mentre ripercorreva i fatti del giorno prima. << Ti vedevo con quel vestito e riuscivo a pensare solo al tuo corpo, al tuo profumo. Poi sei uscita a telefonare e sono come impazzito di gelosia, ho pensato a cosa avrei fatto se ti avessi… E se fossi già di un altro? >>
<< Potrebbe succedere Jared.>> sussurrai mentre continuavo a spiarlo.
<< Questa cosa mi fa diventare matto. Non immagini neanche cosa potrei fare se succedesse… Pensarti di un altro… Sono molto legato a te, Emma. Tu hai lasciato un segno profondo in me. Me ne sono accorto oggi quando ti ho vista evitarmi per tutta la giornata e mi sono sentito… >> aggiunse per poi ricadere in un lungo silenzio.
Ogni parola accresceva ancora di più la mia confusione. Dove voleva arrivare? Cosa stava cercando di dirmi?
<< Jared, perché questo discorso? Cosa vuoi dirmi? >>
<< Emma domani torneremo a Roma e ho l’impressione che ti sto perdendo e non potrei perdonarmelo. Non me lo posso permettere. >> aggiunse girandosi verso quella fessura, che stavo usando per spiarlo, puntando le sue enormi biglie azzurre nelle mie nocciola per un tempo che sembrò infinito. << Emma, sono una persona complicata, ed amo in modo complicato, ma posso dirti con estrema certezza che mi sento molto legato a te e farò di tutto per non perderti. Te lo giuro.>>
Quelle parole, seppur pronunciate con dolcezza, mi avevano investito con tutta la forza di un uragano e mi avevano lasciata lì, incredula.
Stavo odiando quella porta socchiusa che mi aveva difeso fino a quel momento; avrei voluto spalancarla e consacrare quel giuramento con un bacio e, spinta dall’adrenalina che stava facendo impazzire il mio battito, magari mi sarei dichiarata.
Il mio cellulare suonò arrestando il mio impeto.
Era un messaggio di Andrea: “Sembra che ieri ci sono andato molto vicino. Sono contento per te ma attenta a non farti male! “ e di seguito un screenshot di quella che sembrava essere la sua home di Facebook.
<< Oh mio Dio! Non ci posso credere! >> dissi preoccupata mentre, con gli occhi sgranati, fissavo quella foto.
Jared, sentita la mia voce carica di terrificante sorpresa, spalancò la porta e accorse in mio soccorso.
Ero davanti a lui, tremante, mentre gli tenevo il cellulare davanti alla faccia per mostrargli quell’immagine: stava circolando in rete una foto di me e Jared, viso contro viso, a pochi centimetri di distanza. Era stata scattata durante il nostro ultimo confronto fuori dal set – lo avevo capito per la location e i nostri abiti – ma la pessima qualità di quello scatto rubato facevano intendere ben altro scenario.
Il segreto era stato svelato.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Cade anche l'ultimo segreto ***


Un gossip è un po’ come il raffreddore: basta una sola persona in una stanza con il naso colante e tutti i presenti saranno infettati. Io e Jared eravamo un virus che si stava diffondendo a macchia d’olio nel web e stavamo facendo ammalare tutti!
Quella foto era ovunque!
<< Andrea, e adesso cosa succederà? >> La mia prima reazione fu quella di chiudermi in bagno e telefonare al mio capo.
Ero totalmente nel panico! Per la prima volta in vita mia mi trovavo davanti ad una situazione che non sapevo gestire.
Ero rimasta alcuni minuti a fissare quella foto e la mia unica preoccupazione fu quella di tutelare il più possibile Jared.
Non me ne fregava delle conseguenze che potevano precipitarmi addosso ma averlo esposto così tanto, aver diffuso, anche se involontariamente, quel segreto mi faceva sentire su una giostra dalla quale volevo scendere: sentivo il pavimento tremare vertiginosamente sotto i miei piedi e il vomito risalirmi fino in gola.
“Jared mi dispiace, non volevo farti questo torto” continuavo a pensare mentre confidavo in una soluzione da parte del mio capo.
<< Emma, non sei un po’ troppo grande per chiedermi queste cose? E’ una cosa tra te e Mr Leto, io posso solo augurarti di essere felice. >> mi rispose il mio capo con tono rassicurante.
Lui era un esperto in relazioni fallimentari eppure si lanciava sempre a capofitto in una nuova storia, o di sesso o di amore, convinto che sarebbe stata quella giusta.
 Una volta, durante un turno straordinario in agenzia, gli chiesi se ne valeva la pena collezionare tutti quei divorzi e quelle ex incazzate e lui mi rispose che valeva sempre la pena mettersi in gioco.
E se non fossi stata coraggiosa come lui?
<< Ho mischiato la vita privata con il lavoro… Dovresti licenziarmi, vero? >> chiesi mentre me ne stavo seduta sul coperchio del wc con le lacrime che affogavano i miei occhi.
<< Emma se licenzio te dovrei far di peggio agli altri… Questo gossip non ha ripercussioni sul tuo lavoro, anzi potrebbe persino accrescere il successo dello spot. >> mi disse << E poi, con la dottoressa D. , lo avevamo sospettato… una donazione di quel tipo e poi quella richiesta di Mr Leto per lo spot… tranquilla! >>
Cosa? Come era possibile che loro sapessero di me e Jared prima che succedesse qualcosa?
E se fosse stato tutto organizzato e l’unica a non esserne al corrente fossi stata io?
<< Quella foto ha una risoluzione proprio di merda e si riconosce bene solo Mr Leto in compagnia di una ragazza bionda, per di più di spalle. All’inizio non ti avevo riconosciuto neanch’io se non fosse stato per quel vestito e per il tatuaggio sulla gamba …Rilassati! >> sentì dire ad Andrea appena ritornai a concentrarmi sulle sue parole.
<< Andrea, che devo fare ora? >> gli chiesi con un filo di voce che faticò a risalire per la gola stretta dai sensi di colpa. << Sembra tutto così strano… voi che sapevate di me e Jared prima che … questo gossip... >>
<< Perché sei al telefono con me e non stai parlando con lui di questa storia? >> e staccò la telefonata.
Uscì dal bagno e scoprì che Jared era stato tutto il tempo fermo davanti alla porta in attesa.
<< Jared ero al telefono con Andrea. >> gli dissi a denti stretti; all’improvviso tutti gli eventi nefasti della nostra relazione mi erano tornati alla mente caricandomi di rabbia. << Lui è la Dimonte già sapevano di noi…dice che per la donazione e per le condizioni dello spot…Dimmi che sono persone molto intuitive e che non mi hai presa per culo fino ad oggi. >> gli ringhiai.
<< Non ho mai nascosto di essere attratto da te. Non mi scopro mai se non ne vale la pena e al party Gucci, seppur in maschera, mi sono messo molto in luce, non credi? Emma, sei stata come un colpo di fulmine e non te l’ho mai negato. E lo giuro su Dio, NON-HO-MAI-GIOCATO-CON-TE! >> pronunciò quelle ultime con una tale rabbia da farmi capitolare, complice anche quello sguardo ardente di delusione che mi stava pugnalando.
<< Mi dispiace! >> sussurrai abbassando gli occhi dalla vergogna << Come una cretina sono ricaduta nella convinzione che per te sia tutto un gioco…è così difficile quando sei innamorata…e mi sento malissimo perché se non fossi uscita per strada, abbandonandoti sul set…ero arrabbiata con te e non ho pensato che qualcuno avrebbe potuto… a volte dimentico che tu sei talmente famoso… doveva essere un segreto, te lo avevo anche promesso… >> e le lacrime tornarono a deformare la mia voce mentre irrigavano copiosamente il mio viso.
In quel momento la presenza di Jared sembrò così pesante e mi faceva sentire piccola piccola, combattuta tra i sentimenti che nutrivo per lui e l’incapacità di gestire quella situazione tanto nuova quanto inusuale per una persona normale.
<< Emma tu… sei innamorata di me? >> la rabbia che poco prima aveva deformato il suo profilo fu spazzata via per far spazio a due occhi sgranati dalla meraviglia per quella dichiarazione che esplose dolcemente sulle sue labbra.
Mi afferrò per le spalle e mi attrasse a se annullando la breve distanza che aveva caratterizzato il nostro confronto.
Sentivo il suo calore diffondersi dal suo corpo ed irradiarsi dentro il mio.
Avevo il volto sprofondato nel suo petto e mi lasciavo consolare dal battito del suo cuore che si stava sincronizzando con il mio.
Ero protetta dalla riservatezza di quella stanza d’albergo dove Jared rappresentava il mio unico appiglio durante quella tempesta mediatica che si era scagliata sulla mia vita.
 << Emma, l’unico colpevole sono io. Dovevo immaginarlo ed invece ho seguito l’istinto… Di quante cose devo chiederti scusa…>> e mi strinse ancora più forte tra le sue braccia.
<< Jay, e adesso? >>
<< E’ solo una dannata foto… Ha solo anticipato le cose…Noi siamo sempre gli stessi…Solo io e te, il resto non conta.>> mi sussurrò.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Giù la maschera ***


<< Sai cosa penso, che quella foto non ti renda giustizia. >> mi disse Jared sorridendomi dolcemente.
Come poteva scherzare su quell’evento?
Per lui doveva essere la normalità vedersi travolgere da quell’uragano di commenti e condivisioni ma per me era una spiacevole novità.
“Chissà se ci si abitua ad essere oggetto di gossip” mi domandavo mentre scorrevo la home di facebook e leggevo, a random, alcuni commenti a quella foto: c’erano persone da tutte le parti del mondo che dedicavano parole di felicità e di odio per Jared e per la sua misteriosa ragazza.
<< Ei, perché quel broncio? >> mi chiese quel ragazzo che si era posizionato davanti a me studiando il mio volto che doveva sembrare particolarmente scuro e preoccupato.
Mi spostò dolcemente dal viso un copioso ciuffo di capelli così da liberarmi la visuale ed attirare il mio sguardo su di lui: i suoi occhi erano limpidi e di un colore azzurro cristallino ed emanavano una luce confortevole, complice anche il suo sorriso. Adoravo i suoi denti bianchissimi e perfetti e mi scioglievo dinnanzi a quel nasino arricciato da quell’espressione di felicità.
<< Non è giusto però… >> protestai dolcemente ricambiandolo con un sorriso.
<< Cosa? Il gossip? >> mi domandò crucciando la fronte per la curiosità.
<< TU! Non è giusto che il mio umore dipenda dal tuo… Non puoi far sparire tutta la mia rabbia con un sorriso… >> gli risposi facendolo esplodere in una risata.
Mi afferrò con sorpresa e mi ritrovai le sue labbra sulle mie.
Erano quei gesti improvvisi e la prepotenza con cui si era imposto nella mia vita che mi avevano fatto innamorare di lui e non avrei permesso a quello scellerato ladro di foto di strapparmi via quel ragazzo.
Chiusi gli occhi e portai le mie braccia intorno al suo collo aggrappandomi a quel bacio.
Forse aveva ragione Jared: era una cosa mia e sua e quella foto aveva solo anticipato le cose.
Si staccò dolcemente dalle mie labbra continuando a tenermi stretta a lui.
Eravamo fronte contro fronte, occhi negli occhi, sorriso contro sorriso.
<< Sai cosa pensavo? >> mi disse indietreggiando di alcuni passi e ponendomi una mano << Che dovremmo approfittare di questa ultima sera per passeggiare per Venezia. Non me lo perdonerei se dovessimo ripartire senza aver trascorso un po’ di tempo per noi in questo posto magnifico. >>
<< Jared e se… >> gli risposi fissando la sua mano nel dubbio di accettare il suo invito o abbandonarmi alla confortevole reclusione di quella stanza.
<< Lo so a cosa stai pensando… A me non importa se il mondo … Emma solo io e te. Non mi farò ostacolare nel vivere questa storia. >> e strinse la mia mano portandomi con sé.
Era come se avessimo lentamente sciolto i nastri che tenevano salde le maschere sul nostro volto ed avevamo deciso di scoprire le nostre anime, senza più segreti.
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3559419