Incontro Mancato

di Onaila
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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CLARKE


<< Ci stiamo muovendo >> vide l'agente Blake portarsi il polso alle labbra.
Perché pensavano che fosse una cosa normale?
Nessuno si porta il polso alle labbra.
Sospirò mentre saliva in macchina << Principessa >> guardò il padre con occhi indignati << Cosa della parola, niente guardie del corpo non hai capito? >> brontolò dandoli comunque un bacio sulla guancia << Non posso farti andare in giro da sola >> << Hai idea della figura misera che ho fatto con le mie amiche?Anche i loro genitori sono persone importanti, ma... >> << Non sono figlie del Sindaco >> Clarke lanciò lo zaino sul sedile di fronte a lei << Davvero? E allora non potevi decidere di fare il meccanico? >> sbuffò incrociando le braccia al petto mentre il padre rideva.
Alzò gli occhi al cielo distogliendo lo sguardo e osservando le persone fuori dal finestrino e fu lì ferma ad un semaforo, che notò una ragazza dai capelli castani colpire un ragazzo in pieno volto con un pugno.
Scivolò contro i sedili ridendo, ricevendo un occhiata dal padre << Che cosa mi sono perso? >> lei gesticolò con la mano << Come minimo rovineresti tutto >> appoggiò la testa sul sedile e fissava il tetto nero della berlina del padre.
Chissà perché l'aveva picchiato, probabilmente era uno stronzo.
Doveva ammettere che aveva dei capelli bellissimi, così lunghi e ricci, niente a che vedere con quelli suoi << Felice del ritorno a scuola? >> chi poteva essere felice di tornare a scuola? Grazie al cielo era l'ultimo anno << Certo papà come ogni brava studentessa >> rispose sarcastica fingendo un sorriso << Monty ti vuoi dare una mossa?! >> esclamò alla guardia e anche autista del padre, che le stava decisamente più simpatico di Blake, ma era una frana alla guida, così alla fine ci misero ben trenta minuti prima di arrivare allo studio, con addirittura dieci minuti di ritardo << Io scappo >> fece prendendo lo zaino e i pennelli, salutando il padre e facendo di corsa la rampa di scale dell'Art Academy.
Uno dei pochi vizi che sua madre e suo padre le concedevano.
Era fin troppo eccitata di iniziare il nuovo corso, così alla fine raggiunse la classe con il fiatone << Bene, giusto in tempo, farà da modella alla Signorina Griffin >> con i capelli in disordine e la spalliera della cartella cadente vide l'insegnante di disegno indicarla e accanto a lei c'era la stessa ragazza che aveva visto per strada.
Come aveva fatto ad arrivare in tempo?
La vide sorridere e portarsi una ciocca dietro i capelli << S-scusate il ritardo >> fece rendendosi conto solo allora della figura misera che stava facendo e dirigendosi al proprio posto, seguita dall'altra << Clarke >> si presentò sedendosi sulla sedia e raccogliendosi i capelli in un elastico << Lexa >> aveva un nome strano, forse era europeo.
I suoi occhi la analizzarono come faceva con ogni nuovo o vecchio modello mentre l'insegnante spiegava il compito di quel giorno.
Oltre ai bei capelli aveva anche degli occhi stupendi, di un verde marino quasi accecanti, la pelle era rosea così come le belle labbra carnose << V-va tutto bene? >> si diede della stupida, la stava mettendo a disagio e un buon pittore non mette mai a disagio il suo modello << No, cioé sì... >> si morse un labbro odiando la sua parte imbranata << Voglio dire che va tutto bene, ti stavo solo guardando >> aggiunse e la vide socchiudere un attimo la bocca, dopodiché i suoi occhi scesero sulle sue mani e notò chiaramente il rossore sulle nocche del pugno di qualche minuto prima << E' la prima volta che ti vedo da queste parti >> fece cominciando ad abbozzare le linee per il viso << Sarebbe strano il contrario, non sono una persona che frequenta questo tipo di ambiente >> alzò gli occhi al cielo e la luce della stanza per un attimo colpì i suoi occhi rendendoli quasi trasparenti. Clarke si odiò per non poter catturare un immagine del genere << Invece da quel che sembra, tu è da una vita che vieni qui >> << Non da così tanto >> i suoi occhi vennero attirati da qualcosa all'esterno per poi tornare a fissarla, probabilmente si stava annoiando.
Allora perché era venuta lì?
<< Secondo te quanto ci vorrà? >> fece una strana smorfia, era una via di mezzo tra scocciata e annoiata << Perché sei qui? >> sospirò passandosi una mano trai capelli << Una scommessa con il mio ragazzo >>.
Era lui quello che si era preso un pugno in faccia?
<< Che tipo di scommessa? >> << Dice che non riuscirei a stare ferma per un ritratto nemmeno per dieci minuti >> Clarke rise << Perché ridi? >> << Non è che abbia così torto >> stavolta toccò a lei ridere e si finse ferita.
O dio mio era davvero bellissima, lui di certo non la meritava.
Lexa accavallò le lunghe gambe e solo allora Clarke sembrò notare i suoi vestiti: indossava dei pantaloncini di jeans, una camicia a quadri con canottiera bianca e una collana con una piuma << Che cosa avete scommesso? >> si voltò di nuovo da lei visto che l'esterno in qualche modo le sembrava più interessante << Niente che tu possa capire >>.
Che voleva dire quella frase?
Si massaggiò la mano << E' rossa come mai? >> ne approfittò visto che voleva sapere che cosa fosse successo e il perché del pugno << Sono caduta dalle scale >>.
Che cosa si era aspettata?
Di certo non poteva dirle che aveva picchiato qualcuno, scosse la testa dandosi della sciocca << Vai a scuola qui? >> la vide inumidirsi le labbra e giocare con una ciocca << Sì, almeno da domani >> Clarke si accigliò << Ti sei appena trasferita? >> << Mia madre ha un nuovo marito >> semplice e coincisa, le piacevano le persone così.
Le osservò il collo per disegnarlo meglio e le sembrò di notare delle cicatrici, ma come poteva averne?
<< Sai già quale frequenterai? >> Lexa sospirò alzandosi poi in piedi << Scusa, davvero, ma ha ragione non ce la faccio >> le sorrise passandosi una mano tra i capelli e guardandosi intorno << A-aspetta >> fece Clarke riprendendosi un attimo dalla sorpresa e tirano fuori il cellulare per scattarle una foto << Che diavolo stai facendo? >> fece palesemente arrabbiata << Salvo il mio disegno >> ribatté proteggendo lo smartphone come se fosse il suo prezioso tesoro << Siete strani >> commentò prima di andarsene alzando le mani al cielo.
Quella strana qui era lei.

Quando tornò a casa si fiondò in soffitta prendendo il quadro che si era portata dietro per finirlo.
Alla fine aveva dovuto inventare un po', ma non le stava dispiacendo.
Erano le nove passate quando sentì la porta di casa chiudersi e la madre chiamarla, probabilmente aveva portato con sé la cena << Arrivo >> riuscì a biascicare con uno dei pennelli tra le labbra << Chi è la tua nuova ossessione? >> sentì le braccia della madre sulle sue spalle e il suo mento sulla sua testa.
Cosa credeva che fosse un appoggino?
<< Si chiama Lexa >> era abituata alle sue fisse e a movimenti di persone a cui solo lei badava << Pronta per domani? >> alzò le mani al cielo arrendendosi al fatto che sua madre le aveva appena rovinato il feng-shui << Perché continuate a chiedermelo? Ero pronta l'anno scorso e sono pronta anche quest'anno >> rispose sorridente posando i pennelli e alzandosi in piedi, ormai stanca anche lei << Hai tutto il viso e le mani pieni di vernice >> << Tanto mi lavo >> andava sempre così, sua madre che le brontolava perché sempre piena di pastelli e colori e lei che usava la scusa “tanto mi lavo” << Che c'è per cena? >> chiese scendendo al piano inferiore insieme a lei << Sono passata al cinese >> da quando aveva avuto tredici anni aveva smesso di pretendere del cibo cucinato da sua madre o che uno dei genitori rimanesse con lei a casa per paura dei mostri, così era diventata grande << Hai preso i ravioli? >> << Sì, hai fatto la richiesta per il college? >> Clarke sospirò << Mamma sono quasi certa che sia presto >> Abigail le diede un colpetto sulla testa << Non è mai presto! Sei già in ritardo, vedi di consegnarmi i moduli entro la fine della settimana >> << Buona sera >> salvata dal papà, a cui lei fu immensamente grata, abbracciandolo con trasporto.

 

LEXA


<< Sì, ho capito >> sospirò chiudendo il contatto al telefono con la madre, ringraziando ancora una volta che le avesse permesso di prendersi un loft tutta da sola il cui compromesso era che fosse a soli due passi da lei.
Così adesso si osservò allo specchio, scrocchiò il collo prima di raccogliere i capelli in una coda e prese la borsa da ginnastica ai suoi piedi.
Montò sulla bicicletta e partì.

Quando arrivò c'erano già numerose macchine con i fari accessi intorno ai primi due combattenti e Lexa rimase ad osservare, prima di dirigersi agli spogliatoi improvvisati, che alla fine erano i bagni delle spiagge.
Indossò i pantaloncini neri, la canottiera e i guanti prima di uscire e raggiungere la sua sfidante poco più giovane di lei, forse di un anno o addirittura solo di qualche mese.
Sapeva poco sul suo conto: si chiamava Ontari e era venuta lì per una vacanza con la famiglia, ma alla fine l'aveva passata con loro << Ecco la mia comandante! >> Lincoln le saltò addosso grattandole leggermente il capo << Stai buono! >> esclamò lei allontanandolo con una spinta << Non vorrai dirmi che hai paura? >> canzonò lui e lei alzò gli occhi al cielo << Certo che no! E' soltanto un'altra ragazzina di buona famiglia che ha vinto qualche premio a karate e pensa di venire ad insegnarci qualcosa! E' da quando l'ho vista la prima volta che attendevo questo momento >> << Certo, perché tu non sei una riccona annoiata. E Anya cosa ne pensa? >> si burlò lui e Lexa gesticolò con la mano << Anya ha sempre qualcosa da dire >> ribatté cominciando a saltare per riscaldarsi << Ci andrò piano con te Lexa >> non aveva bisogno di vederla per capire a chi appartenesse quella voce << Ontari risparmiamoci queste battute da ragazze pon pon >> la vide diventare seria e guardarla con disgusto << Ti rovinerò quel bel faccino >> no, non era capace di lasciar perdere il suo lato da cheerleader.

Non le dispiacque per niente spaccarle il naso e vederla ripiegarsi in due << C-cazzo! >> esclamò lei tornando dritta tenendosi la radice del naso per il dolore e rimettendosi subito in posa di combattimento << Ti faccio fuori >> le sue parole le entravano da un orecchio e le uscivano dall'altro.
Certo, doveva ammettere che quando le aveva sferrato un calcio tra le costole, le aveva fatto davvero male, probabilmente qualcuna si era persino incrinata e domani avrebbe avuto un livido che avrebbe fatto invidia a molti duellanti, ma non le l'avrebbe data vinta, non ad una ragazzina viziata come quella.
Schivò l'ennesimo pugno, approfittando di un punto cieco sotto il braccio, afferrandolo e cominciando a colpirlo con il gomito fino a farla cadere inginocchio.
Resistette ancora un paio di secondi prima di colpire la sabbia con la mano, chiedendo la resa e Lexa la lasciò andare immediatamente << S-stronza! >> inveì quella massaggiandosi l'arto.
Non avrebbe potuto usarlo normalmente per un paio di giorni << La macchina >> ordinò porgendo la mano << Troia! >> alzò un sopracciglio reclamando ciò che era suo << Ontari dalle le chiavi >> un ragazzo ispanico l'affianco coprendola con una giacca e la ragazza esitò ancora un attimo prima di gettarle ai suoi piedi, ma Lexa attese che si allontanasse prima di prenderle << Ed ecco che il comandante straccia la nuova arrivata! >> esclamò Lincoln alzandole un braccio e Lexa trattenne un gemito nel sentire le fitte all'addome << G-ghiacciò >> mugugno sedendosi per terra mentre la folla scemava e il giovane ragazzo le fece un saluto militaresco prima di obbedire << Fammi vedere >> Anya l'affiancò alzando la maglietta rivelando un rossore che le copriva quasi metà corpo << Cazzo Lexa... >> afferrò il ghiaccio dalle mani di Lincoln e glielo applicò.
Le parve che fosse scesa una manna dal cielo nel sentire il freddo sulle costole e ancora una volta ringraziò che Anya la seguisse ovunque, perché anche con quella piccola premura si confermava come sua migliore amica, oltre al fatto ovviamente che si fosse iscritta alla stessa scuola con lei << Sei pazza... >> insultò toccando un poco anche il labbro spaccato << Sono diversamente intelligente >> anche Lincoln si sedette accanto a loro << E domani abbiamo anche il primo giorno di scuola >> fece il ragazzo stendendosi sul terreno << Non posso presentarti alla mia ragazza in quello stato >> fu Anya a colpirlo sul braccio << Smettila, tanto non la vogliamo conoscere questa Octavia >> << In realtà... >> << Lexa non andarmi contro >> fece una alzata di spalle pentendosene immediatamente ripiegandosi subito << Andiamo via >> << Ma la festa è appena all'inizi >> si lamentò come una bambina alla mamma << Lexa alza quel culo >> anche se usava quel tono, l'aiutò ad alzarsi con delicatezza, cercando di attenuarle il più possibile il dolore << Resti da me? >> chiese mentre le passava le chiavi della nuova macchina e prendendo la borsa con la parte sana del corpo << Resto da te >> rispose aprendo le portiere della Mustang nera.

Quella mattina aveva optato per una maglietta bianca e un paio di jeans, così alla fine insieme alla sua fantastica giacca di pelle e le converse, sembrava una rocketarra ribelle per il suo primo giorno di scuola, ovviamente la nuova macchina non era d'aiuto << Potevi vestirti meglio >> << Ho optato per la comodità >> tirò su gli occhiali da sole usandoli come passata per capelli mentre metteva lo zaino sulla spalla << Ci credo, hai preso almeno qualcosa per quel casino? >> chiese Anya, indicando le costole << Sì, mamma >> lei invece le aveva rubato dall'armadio un paio di pantaloni bianchi, insieme ad una maglietta nera e uno spolverino chiaro, sembrando molto più tranquilla e normale rispetto a lei.
Insieme si diressero in segreteria per prendere gli orari, che in qualche modo o semplicemente per fortuna, avevano la maggior parte delle lezioni insieme, così si diressero verso l'aula di chimica appena in tempo prima che suonasse l'ultima campanella.
Aveva scelto la Mount Weather School perché sua madre voleva che frequentasse una scuola prestigiosa e quella era l'unica a non avere la divisa, ma non sapeva minimamente che cosa aspettarsi.
Ovviamente non appena entrate il gruppo di ochette le avevano notate cominciando immediatamente a borbottare qualcosa, ma lei e Anya, fin troppo abituate a ragazze di quel tipo, si sedettero nell'unici posti liberi e abbastanza vicini per parlare.
Anya le lasciò quello vicino alla finestra, conoscendo molto bene la sua claustrofobia mentre lei si sedette al banchino davanti al suo << Sembra una scuola come tante >> sussurrò e Lexa si fece avanti con il busto, mordendosi un poco il labbro per il dolore mentre si toglieva gli occhiali sui capelli << E' una scuola come tante, ma che cosa ti aspettavi? Una di quelle in cui ci sono vampiri luccicanti e lupi mannari con problemi di calore? >> con quella battuta la fece ridere, ma la sua risata le morì in gola quando entrò in classe il professore: Era un uomo alto, dai capelli neri un poco lunghi e degli occhiali dalla montatura scura.
Andò verso la lavagna cominciando a scrivere...quello che sembrava il suo nome?
Ma perché non lo dicevano e basta?
<< Ma...Marc... >> fece lei strizzando gli occhi nel cercare di leggere << Marcus Kane >> le suggerì Anya passandole gli occhiali da vista << OH! Credevo di essermeli dimenticati a casa! >> << Dimenticata cosa Signorina? >> ecco fatto, ottimo lavoro Lexa, se non volevi attirare l'attenzione hai fallito << Scusi il ritardo! >> non sapeva se essere sorpresa nel vedere quei capelli biondi anche lì o ringraziarla per aver distratto il professore << Griffin in ritardo anche il primo giorno? >> la ragazza sospirò abbassando un poco il capo << Le giuro che non è colpa mia >> << Quale scusa si inventerà stavolta? >> vide due ragazze ridere di lei e ricevere un occhiataccia da parte sua, probabilmente erano sue amiche << In realtà anche se le sembrerà strano, dovrà credermi >> l'uomo si accigliò e tutti in quella stanza sembravano in attesa di qualcosa << Ieri mentre ero al corso di disegno, ho conosciuto una ragazza che sembrava simpatica, ed era anche molto bella, anzi in realtà era stupenda... >> << Griffin qual'è il punto? >> la ragazza sussultò sul posto, ma stava parlando di lei? << Il punto è che questa stupenda ragazza è scappata mentre le stavo facendo il ritratto e così ho dovuto passare tutta la notte a disegnare per non dimenticarla, sa quella cosa delle sinapsi... >> cominciò a gesticolare qualcosa con le mani << Griffin vada a sedersi e la smetta con queste sciocchezze delle sinapsi! >> la bionda sgranò gli occhi sconcertata e Lexa rise attirando così la sua attenzione << E' lei! >> esclamò e la mora cercò di nascondersi, ma un po' per il dolore e un po' perché era impossibile nascondere un metro e settantadue abbondante sotto un banco, riuscirono a notarla << E' lei cosa, Griffin? >> << La bella ragazza è lei! >> gridò indicandola.
O dio mio, l'avrebbe uccisa << Signorina vuole alzarsi in piedi? >> con un sospiro e maledicendola dentro di sé, Lexa si alzò in piedi << Quello che dice è vero? >> avrebbe voluto mentire, avrebbe voluto farle fare la figura misera che si meritava per averla umiliata, ma...<< Sì, Professor Kane è vero quello che dice >> cominciarono i borbottii e i sussurri << E' nuova anche la sua amica, alzatevi in piedi e venite a presentarvi >> anche Anya borbottò qualcosa verso la bionda, quando la vide sedersi e loro andare a sostituirla alla tortura << Ciao, mi chiamo Anya Trisgeda e sì, sono figlia del magnate Marcel Trisgeda. Ho deciso di cambiare scuola insieme alla mia amica Lexa >> Anya come lei odiava quei rituali ridicoli, sopratutto perché le persone pensavano di poterti conoscere con solo quelle tre paroline in croce << Ciao, io invece sono Lexa Natblida e sono nata qui a New York, quindi non fatevi strane idee sul mio nome, perché non sono affatto europea >> si presentò anche lei passandosi poi una mano tra i capelli << Bene, ottimo. Sembra che quest'anno avremmo altri nomi noti alla nostra scuola >> ci aveva sperato, ci aveva sperato con tutta se stessa che nessuno riconoscesse il suo cognome, ma pareva impossibile...
La lezione fu la più noiosa a cui avesse mai partecipato in tutta la sua vita e quando suonò la campanella, attese solo che Anya raccogliesse le proprie cose prima di sfrecciare fuori.

 

CLARKE


Era in mensa con le sue amiche quando la vide entrare insieme a...Lincoln?
<< O, che ci fa il tuo ragazzo con loro due? >> la ragazza si voltò per vedere dove stava indicando, dopodiché si strinse nelle spalle << Non saprei? Sai come è fatto, avrà fatto amicizia >> << A me sembra che si conoscano da molto >> Lincoln scompigliò i lunghi capelli di Lexa e avrebbe voluto ucciderlo per tanta pazzia, ma decise alla fine di lasciarlo in vita per l'amica << Ciao ragazze! >> fece lui venendo verso il loro tavolo e depositando un bacio sulle labbra di Octavia << Vedi Lexa ce l'ho la ragazza! >> la mora alzò le mani al cielo << Ok...ok è vero >> << Lincoln nessuno dubitava che tu ce l'avessi, è solo che non smettevi così di parlarne che ci hai incuriosito >> spiegò l'altra sorridendo mentre Lexa si sedeva, anche se in modo strano, come se avesse qualche dolore << Comunque vi presento che è meglio >> disse lui e entrambi imitarono l'amica che aveva già cominciato a consumare il pranzo con malavoglia, visto che sembrava che ci stesse giocando più che mangiarlo << Inutile è presentarvi Lexa, visto che ci hai già pensato tu Clarke >> la bionda aprì la bocca sorpresa << Non è colpa mia...non mi aspettavo di trovarla in classe con me >> Lexa alzò un attimo lo sguardo verso di lei per poi tornare a fare quello che faceva mentre tutti al tavolo scuotevano la testa << Comunque...questa è Anya, loro due sono grandi amiche, ma tipo pappa e ciccia >> continuò Lincoln posando una mano sulla spalla dell'altra ragazza, che, come Lexa, era bella allo stesso modo: i capelli castani leggermente mossi le arrivavano sulle spalle, gli occhi nocciola erano delineati da una matita nera e solo allora Clarke si accorse che doveva avere uno dei genitori asiatici visti i lineamenti orientali, però a differenza di Lexa, Anya aveva la pelle abbronzata e anche un portamento che lei, pur figlia del Sindaco di New York, poteva solo sognarsi << Mentre queste sono Octavia e Raven, la prima già sapete chi è, la seconda invece è una specie di Nerd fissata con i computer >> Raven lo ignorò come sempre mentre Octavia, forse l'unica che poteva competere con la bellezza delle altre due, lo colpì sul braccio << Lascia stare Raven! Quindi parli di me, eh? >> << Più di quanto pensi >> ribatté Lexa spostando il vassoio intoccato e facendola ridere << Perché non ci hai mai parlato di loro? Come vi siete conosciuti? >> Anya scambiò il proprio succo con la bottiglietta d'acqua dell'amica, senza dire niente, ricevendo solo un sorriso dall'altra << Ad un rave >> rispose lui ed entrambe le ragazze sgranarono gli occhi << Anche voi andate alle feste di Lincoln? Una volta ci ho provato, ma le ho trovate troppo chiassose >> non sembravano ascoltare Raven, continuavano a fissare l'amico sconvolte e indignate << Beh, ci sono tante persone diverse >> fece ad un tratto Lexa voltandosi verso quella che aveva parlato << E se impari a conoscere i loro modi di fare è divertente >> aggiunse ricevendo un'occhiataccia da parte di Anya.
C'era qualcosa di strano nel loro modo di fare, come se stessero nascondendo qualcosa << Che lezioni extra avete scelto? >> chiese Clarke ad un tratto prendendo uno spicco d'uva << Io arte, lei musica >> rispose Anya spostandosi all'indietro una ciocca di capelli e indicando all'amica il suo vassoio come a dirle “vedi di mangiare” << Davvero?! Quindi ti piace disegnare? E tu invece che cosa suoni? >> forse le domande uscirono più esuberanti di quanto avesse voluto, perché le sue amiche la guardarono sconcertate << Sì, adoro principalmente i paesaggi, ma non mi dispiace nemmeno raffigurare le persone mentre Lexa suona qualsiasi cosa tu li metta in mano >> << Non è vero... >> ribatté quella prendendo il cartoncino di succo e Clarke osservò i suoi movimenti, finché non ricevette un piccolo colpetto da parte di Raven << Smettila >> le sussurrò conoscendo molto bene la sua fissa << Non è vero che suono qualsiasi cosa! >> tornò ad ascoltare la loro conversazione anche se le ci volle un sacco di concentrazione per non guardare le belle dita o le labbra leggermente socchiuse << Davvero? >> Anya si chinò verso lo zaino prendendo due matite e posandole davanti all'amica, che rise e Clarke dovette concentrarsi ancora di più per non prendere il proprio blocchetto di disegno per catturare il suo sorriso << Non lo farò! >> esclamò stringendo le mani a pugno come a scacciare un desiderio recondito << Sappiamo tutti che finirai per cedere >> Lexa sgranò gli occhi voltando lo sguardo altrove << Staremo a vedere >> Anya sollevò cinque dita, cominciando a fare il conto alla rovescia, ma Lexa non poteva vederla e quando arrivò ad uno, quell'altra tornò a guardarla << Va bene.. >> risero tutti al tavolo e la ragazza rimase un attimo interdetta non capendo che cosa fosse successo, dopodiché posò il succo e prese le due matite, svuotò i contenitori della sua amica e della propria insalata, ancora intatta, e rubò qualche bicchiere.
Raccolse i capelli in una coda, rivelando di avere un tatuaggio dietro la nuca, ma Clarke non riusciva a capire di che si trattasse.
Lexa si inumidì le labbra, poi cominciò a picchiettare le matite sulle varie stoviglie di plastica, prima leggermente, come a studiarsi le note, poi con più vigore, riuscendo con sorpresa di tutti ad arrangiare una musica più che udibile, attirando così anche lo sguardo di qualche curioso.
Forse gli altri ascoltavano la musica, ma Clarke no, Clarke osservava ogni suo movimento, ogni sua risata o difetto, cercando di memorizzare il più possibile per poi ritrasmetterlo sulla tela.


Quando arrivò all'Art Academy, non perse tempo come i suoi compagni a parlare di cosa avessero fatto durante l'estate o con chi si erano trattenuti in camera da letto e forse proprio per quel suo modo di fare non stava loro molto simpatica, ma a Clarke non importava, perché adesso, la cosa che le interessava più di tutte era quel dannatissimo quadro.
Stava delineando le labbra mentre nella sua testa compariva il suo sorriso << Wow, Griffin sta venendo bellissimo >> commentò la professoressa dandole una pacca sulla spalla, però perché a lei pareva non essere minimamente bello?
Era diventata un ossessione, quella ragazza era diventata ossessione, così come lo era diventata Octavia, finché non l'aveva costretta a posare per lei, ma Lexa non avrebbe mai posato per lei, questo lo sapeva per certo.
Non vedeva l'ora che fosse il giorno dopo, così avrebbe avuto più dati per il suo quadro.

Erano sedute sulla scalinata della scuola e Octavia insieme a Raven stavano parlando delle nuove due aggiunte al gruppo mente Clarke non distoglieva lo sguardo dalla strada, temendo di non riuscire a scorgerla quando sarebbe venuta << Ha una Mustang nera, vero? >> chiese alle due amiche che si portarono una mano alla testa << Non è era una Chevrolet? >> scimmiottò Octavia << No, mi sembrava una Ford >> la stavano prendendo in giro << Sai che potrebbe denunciarti vero? >> << Sempre se mi scopre >> ribatté Clarke a Raven, vedendo entrare una macchina dello stesso colore e poi rilassarsi delusa nello scoprire che non si trattava di lei << Stasera che ne dite di andare al falò organizzato da Collins? >> Clarke si strinse nelle spalle << Non lo so, non è che mi stia simpatico >> rispose distratta << Dici così soltanto perché lo trovi...com'è che dice? >> << Assente di materia artistica >> le finì la frase Octavia e Clarke rivolse ad entrambe un occhiataccia << Parlate così perché non cap... >> vide una mustang nera entrare nel parcheggio dell'istituto e i suoi occhi si accesero << Ecco Griffin in modalità Groupie >> sussurrò Raven.
A causa di quel suo carattere molte persone la evitavano a scuola, col timore che potesse chieder loro un ritratto, ma erano solo persone egocentriche, che non si rendevano conto di essere brutti ai suoi occhi << Ciao ragazze >> fece Lexa una volta che le aveva raggiunte insieme ai due amici.
Stavolta indossava dei jeans chiari, una maglietta mono spalla con la manica lungha e i capelli erano stati raccolti in una coda mentre Anya aveva una camicetta con dei temi a fiori e dei pantaloni neri, ma i capelli erano come la volta scorsa << Ciao >> riuscì dire strizzando meglio gli occhi sul collo << Hai un tatuaggio? >> le chiese senza mezzi termini, volendo soddisfare la propria curiosità e rise dopo aver fatto una faccia sorpresa << Sì >> nel dirlo spostò la folta chioma e si voltò leggermente, rivelando un infinito disegnato sulla nuca << Come mai l'infinito? >> le sue amiche sospirarono mentre i suoi amici si sedevano sulla scalinata insieme a loro << Così >> rispose stringendosi nelle spalle e affiancandola << L'hai fatto per il tuo ragazzo? >> sentì Anya e Lincoln ridere di gusto, così si voltò verso di loro << Le hai detto che hai il ragazzo? Tu? Sei perfida >> Clarke si accigliò non capendo che cosa stesse succedendo mentre Lexa si tolse gli occhiali da sole << Ti ho mentito l'altro giorno, non ce l'ho il ragazzo >> le rivelò e Clarke non sapeva se sentirsi arrabbiata o stimarla per saper mentire così bene << Allora chi era quello che hai picchiato l'altro giorno? >> Lexa sussultò sul posto << Q-quando? >> << Picchi spesso le persone? >> ribatté interessandosi sempre di più << N-no, è solo che non so a chi tu ti stia riferendo >> Clarke sospirò << Sulla Maste Avenue, vicino al semaforo accanto al caffè, ti ho visto dare un pugno in faccia ad un ragazzo >> la vide riflettere un po' e poi spalancare la bocca ricollegando il momento << Ah, certo, no, è un mio amico che mi stava infastidendo, Murphy >> disse rivolgendo lo sguardo ai due amici che sembrarono conoscere la vittima << Ancora? Non vuole lasciarti stare eh >> Lexa scosse la testa tornando poi a guardarla << E tu invece come facevi a saperlo? >> << Ti ho visto quando ero in macchina con mio padre >> sentirono la prima campanella suonare, ma nessuno si alzò << Che abbiamo alle prime ore? >> chiese all'amica << Ginnastica >> e Clarke fu felice di scoprire che anche quella lezione la facevano insieme, ovviamente Lincoln non era dello stesso parere, visto che aveva un orario completamente diverso << Ottimo >> si morse un labbro nel tentativo di alzarsi per poi venir aiutata da Anya.
Non stava bene?
<< Allora ci vediamo dentro >> la vide portare una mano sotto il braccio << Ti prego dimmi che hai fatto firmare la giustificazione a tua madre >> << Secondo te? >> le sentì dire mentre entravano all'interno << Andiamo? >> le chiese Octavia in piedi con le mani in quelle di Lincoln << Sì >> Clarke continuava a fissare le altre due rischiando quasi di inciampare nell'alzarsi.
C'era qualcosa di strano.

 

LEXA


Arrivata nel suo appartamento si diresse dritta al frigorifero, prendendo del ghiaccio e rilasciando un sospiro di sollievo quando lo posò sul livido << Come diavolo te lo sei fatta quello? >> Lexa sussultò nel trovare sua madre sull'uscio << Cazzo... >> << Come? >> chiuse gli occhi e si morse un labbro, nel cercare come giustificarsi mentre la donna entrava e posava la borsa sull'isola della cucina, avvicinandosi alla figlia per analizzare meglio la ferita << Dio mio...sei andata da un medico? >> la toccò e Lexa gemette un poco << M-mamma sono ok...s-mettila! >> fece ritraendosi dalla mano della madre abbassando la maglietta << Chi è stato a farti questo? >> la vide estrarre il cellulare << Nessuno, sono cascata dalle scale...è per questo che non te l'ho detto >> la Signora Natblida inclinò leggermente il capo con disappunto << Davvero? E dimmi per caso queste scale sono invisibili? >> avrebbe davvero voluto una di quelle madri a cui delle figlie importa poco << Non sono cascata qui, ma mentre andavo da Anya >> tanto sapeva che le avrebbe retto il gioco e non doveva preoccuparsi per la madre di lei, visto che anche lei abitava da sola << Certo da Anya...se non vuoi dirmelo va bene, ma almeno fatti controllare. Vieni qui >> le ordinò in modo affettuoso.
Lexa esitò ancora qualche secondo prima di avvicinarsi alla madre e togliersi la maglietta, rivelando che il livido si stendeva anche un po' sulla schiena.
La Signora Natblida afferrò il ghiaccio dopo aver scosso la testa e lo appoggiò delicatamente sul corpo della figlia << Se è stato qualche ragazzo, devi lasciarlo >> la fece sorridere << O ragazza... >> si corresse, ma del resto lo sapeva da solo qualche mese che alla figlia piacevano le donne invece che degli uomini << No, mamma non è stato nessuno >> si voltò lentamente per poterla vedere in volto << Stai tranquilla, ok? >> la donna schioccò la lingua << Come puoi pretendere che stia calma se mia figlia torna a casa mezza martoriata?! >> si allontanò da lei passandosi una mano trai capelli << Dimmi almeno se sei invischiata in qualcosa di losco >> << C-cosa? No! Assolutamente no! >> sospirò portandosi la mano sui fianchi << A cosa ti servono le lezioni di Ju Jitsu se non riesci a difenderti? >> stavolta Lexa rise appena scuotendo la testa e si avvicinò alla madre con il ghiaccio sotto il braccio << Ti ho detto che è stato un incidente >> l'abbracciò e questo la sorpresa << Aiden come sta? >> chiese una volta scostatasi << Gli manchi, manchi a tutti a casa >> << Davvero? Anche al nuovo marito... >> << Lexa... >> alzò gli occhi al cielo << Vedrò di venire a fare un salto >> fece aprendo il frigorifero per prendere una lattina di bibita << Invece a scuola come sta andando? >> << Bene, ho già fatto amicizia >> la madre si stupì molto più del solito, ormai era abituata a vederla solo insieme a Lincoln e Anya << E con chi? >> si sedettero in salotto << Potresti rimanere sconvolta nello scoprire che la figlia del Sindaco è tutt'altro che normale >> la fece ridere imitandola dopo poco anche lei << No, dico sul serio, è fissata con la pittura e non fa altro che guardarmi >> aggiunse raccontandole poi della figura che le aveva fatto fare il giorno prima, così rimasero a chiacchiera finché la madre non se ne andò via, per recuperare il fratello dal campo da tennis.

Che si fa stasera?”
               Lexa 19:00


Scrisse ad Anya dirigendosi poi in bagno per farsi una doccia veloce, sentendosi ancora il sudore addosso.
Lasciò che l'acqua leggermente fredda la cullasse, facendo allontanare il tepore che giungeva sempre a quell'ora del pomeriggio.
Quando uscì si avvolse nell'asciugamano e prese il cellulare.

Non lo so, qualche idea?”
                         Anya 19:03


Lincoln va al falò organizzato da un certo Collins...si va?”
                                                                        Anya 19:10


Ci vanno anche gli altri?”
                           Lexa 19:33

 

Indossò l'intimo dirigendosi poi all'armadio e picchiettandosi il mento, riflettendo sul da farsi.
Chissà se ci sarebbe andata anche Clarke, la trovava divertente, anche con le sue stranezze.
Riprese il cellulare, dopo aver indossato un pantalone e una t-shirt nera.

Sì, mi passi a prendere?”
                      Anya 19:40


Sono da te per le 20:00”
                        Lexa 19:41


Lasciò i capelli bagnati ricaderle sulla schiena, indossò il giacchetto e prese le chiavi.

Il falò era sulla stessa spiaggia, dove si era tenuto il combattimento contro Ontari << Finalmente siete arrivate! >> Lincoln come al solito l'abbracciò e stavolta Lexa fu pronta a colpirlo all'addome << Accidenti a te... >> gli prese la birra ancora piena che aveva tra le mani e insieme ad Anya si diressero dalle altre ragazze << Come va? >> Clarke come al solito parve illuminarsi quando la vide << Adesso bene >> commentò e Lexa scosse leggermente il capo << Lo sai vero che non dovresti dire certe cose >> l'avvertì prendendo un sorso prima di sedersi << Ma è vero, mi hanno trascinato qui Octavia e Raven e adesso, una balla con il ragazzo ignorandomi e l'altra gioca al computer >> fece indicandole rispettivamente << A cosa giochi? >> le chiese facendosi un poco avanti con il busto per poterla vedere << Un gioco di ruolo, giochi? >> Lexa si strinse nelle spalle << Di tanto in tanto, la vera patita qui è Anya >> rispose e infatti l'amica si alzò affiancando l'altra e cominciando a parlare << Ecco fatto...adesso non ho nemmeno più i suoi monosillabi, grazie Lexa >> la mora rise sistemandosi la montatura degli occhiali << Posso chiederti una cosa? >> si accigliò a quella richiesta << E da quando in qua chiedi il permesso? >> dondolò il capo soppesando le sue parole, prima di alzarsi e sedersi di fronte a lei a gambe incrociate << Che ci hai fatto? >> le indicò il costato << N-niente >> l'altra sospirò passandosi una mano tra i capelli nervosa << Davvero o è un'altra bugia? Perchè come sai ho buon occhio e... >> << Lexa? Tu qui? >> alzò gli occhi al cielo nel sentire quella voce << Non sapevo che frequentassi la Mount Weather >> << E' nuova e invece tu chi sei? >> le rivolse un sorriso freddo.
Che si fosse accorta del suo disagio?
<< Mi ha invitato il mio ragazzo, ma chi diavolo sei? >> Ontari le rivolse uno sguardo tutt'altro che educato, scacciandole un po' di sabbia addosso << Smettila Ontari >> avvertì Lexa, ma Clarke si alzò in piedi << Hai qualche problema? >> il sorriso ingenuo era scomparso, adesso gli occhi color oceano che era abituata a vedere erano diventati di ghiaccio << Vedi di smammare voglio parlare in privato con lei >> la indicò, sorpassando malamente Clarke << Voglio la rivincita >> aggiunse chinandosi un poco << Ehi! >> << Clarke lascia perdere >> fece Raven notando l'alterarsi dell'amica << No, che non lascio perdere >> toccò Ontari ad una spalla per farla girare e quella a risposta serrò il pugno, girandosi per colpirla, ma Clarke con lo stupore di Lexa riuscì a schivare il pugno << Ci stavo parlando io! >> le persone intorno al falò si accorsero del piccolo trambusto che si stava creando e Lexa si alzò in piedi parandosi di fronte alla bionda << Ontari lascia perdere, tanto non l'avrai la rivincita >> si sentì picchiettare sulla spalla così si voltò << Che fai mi ignori pure te? >> le chiese Clarke con tono indignato alzando poi un sopracciglio e Lexa rimase stupita di quel comportamento << Su andiamo >> le fece prendendola per una mano << Voi non andate da nessuna parte! >> urlò Ontari << Blake >> disse soltanto e un ragazzo, che probabilmente le superava entrambe di cinque, sette anni al massimo, si parò davanti a loro, permettendole così di andarsene via << Il lato positivo di avere le guardie del corpo >> aggiunse Clarke sorridendole e facendole l'occhiolino.
Così alla fine si erano ritrovate sedute vicino al mare, con le guardie dietro di loro << Come hai fatto a schivare quel colpo? >> le chiese e Clarke si appoggiò con le mani sulla sabbia << Te lo dico se mi dici la verità >> si stava riferendo al quesito di poco prima << Va bene..sì, mi sono fatta male >> di risposta alzò la maglietta rivelando il livido << Ma perché ti interessa tanto? >> Clarke si strinse nelle spalle << Sono tendenzialmente curiosa e non mi arrendo finché non soddisfo il mio bisogno >> spiegò inumidendosi le labbra << Sta a te rispondere adesso, come hai fatto? >> Clarke sospirò << Come sai sono figlia del Sindaco, così alla fine oltre alle guardie del corpo ho dovuto imparare anche un po' di autodifesa, ma a dirla tutta, sono brava solo a schivare. Non sono capace nemmeno di sferrare un pugno come si deve >> le rivelò ridendo.
Era davvero bella, ma sapeva di esserlo?
Lexa scosse un poco la testa, scacciando quel pensiero << Di quale rivincita stava parlando? >> raccolse un po' di sabbia e la lanciò nel mare.
Avrebbe accettato un'altra menzogna?
<< Non te ne posso parlare >> si grattò la fronte lanciando un occhiata al gruppo di ragazzi << Vuoi tornare? >> le chiese un poco dispiaciuta << Cosa? No! Non ho per niente voglia di tornare da quella gentaglia là >> la fece ridere << Tu non vai molto spesso alle feste, non è vero? >> stavolta toccò a lei domandare e Clarke negò, togliendosi la giacca << Solitamente accompagno Raven e Octavia e me ne resto in un angolo cercando qualcosa da fare, di solito disegno >> si spiegò e anche adesso con quello sguardo vago le sembrò bella << Non amo la musica forte né tanto meno l'alcool, quindi sono l'esatto opposto di te >> aggiunse sorridendo, colpendola con la spalla << Com'è essere figlia del Sindaco? >> << Non saprei dirti la differenza >> effettivamente era stata una domanda stupida << Cioè alla fine se ti abitui alla guardie del corpo e hai genitori mai in casa, la cosa è piuttosto normale >> notò che quell'argomento la infastidiva così lei si affrettò a cambiare discorso << Canti? >> le chiese Clarke grattandosi il naso << No, sono stonata come una campana, per questo suono >> risero entrambe << Immagino che uno dei tanti strumenti che suoni sia la batteria, poi? >> le piaceva come arricciava il naso o come incrociava le dita << Anche il pianoforte, ovviamente la chitarra, ma lo strumento che più adoro è il violino elettrico, ha un suono così... >> gesticolò con le mani ciò che non riusciva a dire con la lingua << Non l'ho mai sentito >> Lexa rise raccogliendosi i capelli e sembrò che Clarke ne rimanesse delusa.
La preferiva con i capelli sciolti?
<< Posso assicurarti che è bellissimo, poi un giorno te lo farò ascoltare >> Clarke annuì con la testa alzandosi poi in piedi << Senti che ne diresti di un gelato? >> si strinse nelle spalle imitandola << Ti va bene se guidi te? >> annuì, ma vide una dei sorveglianti, stavolta era una donna dai capelli biondi, avvicinarsi a lei << Signorina, sarebbe il caso di prendere la nostra auto >> Clarke scosse la testa ripetutamente << No, non ci penso proprio di andare in gelateria con quel suv dai finestrini neri >> ribatté lei prendendo la giacca e la sua mano.
Probabilmente era una di quelle ragazze che facevano impazzire sia i genitori che le guardie del corpo << E' pazzesco che i tuoi genitori ti facciano guidare un auto del genere >> esclamò ammirando l'interni << E' stato un regalo >> fece montando anche lei.
Non era del tutto una bugia del resto.
Avvertì Anya, così che non la cercasse invano dopodiché partì in direzione dell'unica gelateria che lei ritenesse degna di tale nome.

Stavolta era lei che la osservava, ammirando i lunghi capelli biondi, i suoi occhi blu che seguivano le macchine che sfrecciavano sulla strada, il suo saltellare felice nel sentire qualcosa che la divertiva e il suo sorriso.
Si sedettero in una panchina del parco in cui erano entrate durante la passeggiata e avevano appena finito il gelato << Quindi alla fine Aiden ti ha stracciato a scacchi >> << E' un piccolo genio in verità >> la vide mordersi il bordo del labbro abbassando leggermente il capo << Senti, ma i tuoi che lavoro fanno? >> ecco la domanda a cui non avrebbe mai voluto rispondere, ma si sorprese del fatto che non l'avesse ricollegata grazie al nome << Mio padre è morto quando avevo dieci anni, da allora mia madre è salita a capo dell'azienda di famiglia, la Natblida Corp. >> la vide accigliarsi << E di che si occupa? >>.
Come poteva essere la figlia del Sindaco?
<< Di sicurezza e spionaggio aziendale, oltre alla produzione di armi e delle numerose pozze petrolifere in tutto il mondo >> Clarke sgranò gli occhi << Sei ricchissima allora! >> esclamò aprendo le mani << Non è una cosa positiva Clarke... >> sussurrò << Perché dici così? >> Lexa deglutì a fatica scacciando il groppo in gola << Perché non è un'eredità di cui potresti andare fiera...le armi che producono uccidono persone, innocenti la maggior parte delle volte... >> aggiunse stringendo le mani << Non puoi accusarti di qualcosa che non hai fatto >> quelle parole la sbalordirono, come tutto di lei del resto << Le aziende che producono mazze da baseball si devono sentire in colpa se vengono usate sulla testa delle persone? >> che esempio stupido, ma la fece ridere e probabilmente era quello il suo scopo << Si possono accusare i produttori di corde se vengono usate dai suicidi? >> continuò con sempre più foga << Non è colpa tua di quello che fanno le persone con ciò che producete, suvvia >>.
Riusciva a farle passare ogni brutto pensiero con sole piccole parole, riusciva a farla ridere anche adesso, come nessuno era riuscito a fare e proprio per quello catturò le sue labbra tra le sue.
Baciandola come non aveva mai fatto con nessuna.
Non sapendo se lei volesse o meno, non sapendo se le piacessero i maschi o le femmine, ma lo fece perché voleva farlo.
Sentì il sapore delle sue labbra e della sua lingua, si nutri di lei con la naturalezza con cui un bambino farebbe con il seno della madre.
Quando tornò a guardarla trovò degli occhi sorpresi e confusi a ricambiarla...

Dieci anni dopo..

Continua...

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NA: Questo capitolo è venuto più lungo di quanto avessi immaginato, ma ho voluto inserire il loro primo incontro tutto in una volta, spero che vi abbia incuriosito tanto da portarvi a leggere ciò che succederà nel prossimo :) Si risentiamo XD!

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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Dieci anni dopo...

LEXA
 

Si massaggiò gli occhi stanchi e prese il bicchiere di champagne che le passò davanti, applaudendo quando gli altri applaudivano, ridendo quando gli altri lo facevano e non appena ebbe l'opportunità di uscire da quella stanza, colma delle persone che sopportava solo durante il lavoro, uscì fuori, del tutto decisa a prendersi la sua boccata d'aria.
Sospirò strofinandosi il collo e reprimendo un brivido per il freddo, pentendosi immediatamente di aver lasciato il cappotto all'interno, così alzò lo sguardo sulla strada alla ricerca di qualche rifugio in cui stare per un po'.
Nello scorgere i numerosi pub e caffetterie, trovò una galleria aperta e optò per quella, visto che non le andava né del caffé e né dell'alcool.
Non sapeva se l'abito nero da gala e gli orecchini di diamanti che indossava fossero idonei per quel posto, ma non le importava, del resto doveva starvi solo per qualche minuto, giusto per dare il tempo al suo cervello di riprendersi dalla noia.
Stava osservando un quadro di una ragazza di colore che sembrava squarciare la tela, quando una donna dai lunghi capelli biondi le si affiancò << E' bello non è vero >> fece con aria triste prendendo un sorso dal bicchiere che aveva in mano << Sa chi è l'autrice? >> aggiunse allungando la mano come a volerlo sfiorare << No... >> rispose avendo la strana sensazione di averla già vista da qualche parte << Nessuno lo sa, usa uno pseudonimo e nessuno sa il perché. C'è chi dice lo faccia per aumentare le vendite e chi lo faccia per proteggersi >> si voltò da lei adesso e Lexa si rispecchiò in occhi blu, profondi come l'oceano più scuro << Costia Braun >> si presentò porgendole la mano.
<< L-lexa Natblida >> un piccolo sorrise le apparve sul volto, ma non si scompose, rimase la fredda donna che era.
Era davvero belle come poche.
I tacchi vertiginosi che indossava le facevano risaltare le lunghe gambe, i capelli biondi pur raccolti in una coda le arrivavano a metà schiena, toccando il completo nero che lasciava intravedere il bel decolté e l'ombelico.
Erano una di quelle giacche in cui non si indossava niente sotto?
La vide guardare l'orologio << Ora devo andare >> rivolse un sorriso al guardarobiere e prese la propria giacca prima di uscire.
Tornò ad osservare il quadro e stavolta lesse il cartellino: “Fatemi uscire! di Wanheda”.

 

CLARKE


Aprì la cabina armadio e si vestì con uno dei soliti perfetti completi dai colori o troppo scuri o troppo chiari, indossò i gioielli che le avevano preparato, raccolse i capelli in una coda e uscì, montando nella berlina parcheggiata sul vialetto.
Ancora una volta si chiese il perché dovesse vivere in quell'enorme casa, visto che ci volevano ben dieci minuti solo per raggiungere la strada.
I raggi del sole illuminavano un poco il suo volto e lasciò che almeno quelli la riscaldassero un poco, prima di scendere e indossare gli occhiali da sole.
Tutti la stavano aspettando, tutti si alzarono in piedi quando la videro arrivare, tutti si congratularono con lei per l'ennesima volta, tutti a loro modo le sorrisero, in poche parole, tutti loro finsero, cercando di entrare nelle sue grazie << Ho convocato questa riunione per un semplice motivo che può essere tradotto con una sola parola: SPIA. >> fece sedendosi a capotavola dopo essersi tolta la giacca << Spia? >> chiese uno dei soci << Esattamente, per questo chiederò ad un'azienda secondaria di indagare per conto mio >> << N-non crede di star esagerando? Insomma alla fine le informazioni che sono riusciti a rubare non erano di alcuna rilevanza >> << Ciò che è rilevante o meno lo decido io >> si inumidì le labbra prendendo tempo << Insieme alla signorina Reyes abbiamo discusso delle possibili scelte e le opzioni sono queste >> continuò accendendo lo schermo dell'enorme display davanti a lei << La Natblida Corp. è la più idonea, ho già lavorato con loro in passato >> fece incrociando le mani sul tavolo di vetro << Sì, sono d'accordo con lei Signorina Braun. La Natblida Corp. ha un grado di sicurezza e riservatezza che fa invidia alla CIA >> la spalleggiò una donna dalla pessima pettinatura << Ottimo, allora se siete tutti d'accordo procederemo a chiedere un colloquio >> tutti annuirono, senza rendersi minimamente conto che i primi ad essere indiziati erano proprio loro.

 

LEXA


Finalmente aveva concluso le trattative per smantellare la produzione di armi.
Adesso che era a capo della Natblida Corp. avrebbe deciso lei cosa produrre e cosa no.
Vide la sua segretaria bussare alla porta a vetro e ancora una volta si chiese il perché, visto che tanto vedeva benissimo che non stava facendo niente << Signorina le vorrei ricordare dell'appuntamento per le sedici con la SkaiKru >> Lexa annuì e lanciò velocemente un occhiata all'orologio che segnava le quattordici.
Anya ormai l'aspettava da più di mezz'ora, così si alzò in piedi e si diresse all'ascensore.
Si erano ripromesse di continuare a frequentarsi una volta finito il college, ma entrambe erano sempre occupate, così riuscivano ad incontrarsi solo durante la pausa pranzo o per le feste aziendali in comune.
Montò sul suv postato sempre davanti al suo palazzo, pronto a partire ogni volta che lei lo desiderava.
Abbandonandosi contro il sedile ripensò alla donna della galleria, in realtà ci aveva pensato tutta la notte.
Che si fosse presa una cotta?
Scosse la testa, passandosi una mano trai capelli ravvivandoli nello smontare.
Anya non toglieva un attimo gli occhi dal cellulare, probabilmente stava lavorando anche adesso, ma quando la raggiunse e lei sembrò notarla, posò il cellulare, si alzò in piedi e la salutò con un caloroso abbraccio subito ricambiato << Come va? >> le chiese e l'altra gesticolò con le mani << Sai come va, è un casino in ufficio, ma credo che finalmente siamo giunti alla fine. E tu, come è andata ieri al gala? >> la Trsigeda Co. aveva subito un forte furto azionario, ma grazie alle doti finanziare di Anya e di suo padre ne stava per uscire indegna << Come pensi che sia andata? Era una noia, ma grazie a te ho imparato a fingere un sorriso e a sembrare allegra, però devo ammettere che non mi è dispiaciuto andarci >> l'amica si accigliò alzando lo sguardo dal menù per un attimo << Sono uscita per prendere una boccata d'aria, sai che lo faccio sempre >> Anya annuì chiudendo la carta e rivolgendoli completa attenzione, così le raccontò dell'incontro con Costia Braun << Sembra che ti sia presa una cotta, ma deve essere davvero bellissima se ti sono bastati solo quei dieci minuti >> commentò scherzosa facendo cenno al cameriere di avvicinarsi << Anche la sua voce è stupenda >> ordinò per entrambe come faceva sempre << Direi che è sicuramente una cotta, hai intenzione di rintracciarla? >> Lexa si strinse nelle spalle << Non lo so... >> si morse un labbro << Dovresti, ormai è da un po' che non frequenti nessuno >> l'ultima sua relazione era andata a rotoli da qualche mese ormai e Anya non aveva tutti i torti << Hai ragione, dici che alla galleria avranno il suo contatto? >> << Dipende dall'evento e se era un socio o meno >> prese un sorso di vino bianco e lei la imitò << Hai ragione, ma almeno adesso so da dove cominciare >> l'amica le sorrise e lei ricambiò, vedendo arrivare i piatti.

Alla fine si era trattenuta con Anya più del dovuto, così era arrivata leggermente in ritardo, ma per sua fortuna la donna che la SkaiKru aveva inviato era ancora in sala riunione << Salve, scusi il ritardo >> fece e quando si voltò si sorprese di riconoscere i capelli castani e gli occhi marroni << R-raven? >> aggiunse sorpresa e nel volto dell'altra apparve un sorriso << Lexa? >> risero entrambe adesso salutandosi con trasporto << Non credevo che la SkaiKru ti appartenesse >> disse non appena si scostarono << Non è solo mia, è anche di un'altra socia, praticamente è grazie a lei se si è potuta fare >> Lexa si accigliò << Io fino a qualche anno fa lavoravo in uno scantinato, sai che con i computer ci so fare, ma non avevo ancora avuto l'opportunità, poi questa donna si presenta a casa dei miei genitori con una proposta mozzafiato >> si strinse nelle spalle << Che ovviamente io ho accettato senza esitare, anche se ancora ad oggi non saprei dirti come facesse a sapere di me e del mio prototipo >> Lexa rise sedendosi insieme a lei, come amiche più che come rappresentati di società da milioni di dollari << Ma da quanto non ci si sente? Dal liceo vero? >> Raven si strinse nelle spalle << Già, abbiamo preso strade completamente diverse. Octavia ha studiato legge e adesso è procuratore e di tanto in tanto vedo anche Lincoln insieme a lei, quando riusciamo ad organizzare una cena... >> << E Clarke? >> entrambe sapevano che avrebbe fatto quella domanda << Non lo so...nessuno di noi ha idea di che fine abbia fatto... >> Lexa si rilassò sulla poltrona con aria rattristata << Invece te? Che mi racconti? >> si strinse nelle spalle << Non saprei la mia vita era già stata organizzata prima che nascessi >> << Fai ancora le lotte clandestine? >> si ricordava ancora chiaramente la rabbia di Clarke quando l'aveva scoperta.
Rischi di rovinarti quella bella faccia che ti ritrovi!
E poi il mio disegno come lo finisco?!

Le aveva detto, ma in realtà era solamente preoccupata << No, ho smesso a metà College, sai che sono una persona che si annoia facilmente. Comunque dimmi in cosa la Natblida Corp. può aiutarti >> la vide irrigidirsi e incrociare le braccia sul tavolo << La SkaiKru ha subito un furto di diritti negli ultimi cinque mesi, ovviamente ho hackerato ogni computer e Costia ha consultato ogni fascicolo o dossier, ma non abbiamo trovato niente. Non abbiamo la più pallida idea di chi possa essere stato >> Lexa si accigliò << Costia è la tua socia in affari? >> le chiese e Raven sbatté le ciglia un paio di volte << Ti ho appena detto che abbiamo subito un furto e tu ti soffermi sul nome della mia socia >> le sorrise << Non è la prima volta che sento parlare di furto Raven, ho bisogno dei registri degli ultimi cinque anni e le registrazioni delle vostre telecamere. C'è la possibilità di un incontro? >> la vide alzare gli occhi al cielo << Perché degli ultimi cinque anni? Non è sufficiente l'ultimo? Vedrò cosa posso fare >> << L'ultimo è poco, solitamente quando colpiscono multinazionali di questo livello, c'è un organizzazione dietro, sicuramente vi tenevano d'occhio già dapprima >> sentirono bussare alla porta << Signorina Natblida il Signor Gustus è arrivato >> Lexa si alzò in piedi chiudendosi la giacca del completo << E' stato un piacere rivederti, ma come vedi sono stra occupata, mi farò sentire al più presto. Lascia pure a Margaret il fascicolo >> fece porgendo la mano << Ok, allora ci sentiamo >> Lexa le fece l'occhiolino prima di uscire dalla sala riunioni.
Quante probabilità c'erano che Costia fosse socia di Raven?
Accolse il Signor Gustus con il primo vero e sincero sorriso da quando aveva cominciato a lavorare.

 

CLARKE


Non riusciva a vedere niente.
Si svegliò e sicuramente aveva gridato perché sua madre era apparsa sull'uscio insieme alle sue guardie << Tesoro... >> l'abbracciò e Clarke guardò le proprie mani che continuavano a tremare senza sosta.
La scostò prima di alzarsi e chiudersi in bagno << Clarke >> sentiva il suo bussare alla porta, ma lo ignorò, entrando nella vasca con ancora il pigiama e aprendo l'acqua.
Lasciò che il freddo liquido le scorresse sulla schiena e che la calmasse un poco, cercando lentamente di riacquistare il controllo del proprio corpo.
Erano passati anni e ancora i loro volti la perseguitavano.
Cominciò a singhiozzare scivolando contro lo schienale e stringendosi le ginocchia al petto.
Massaggiò i polsi cercando di allontanare ancora una volta quella sensazione.
Quando l'aveva vista, qualcosa era tornato a galla, tutto era tornato...
Le mancavano, le mancavano tutte.
Voleva solo tornare indietro...

Ancora una volta scacciò quel desiderio malsano di volerle raccontare tutto e la fece accomodare, con la solita freddezza che caratterizzava “Costia Braun” << Come è andato il colloquio con la Signorina Natblida? >> le disse senza salutarla o accennare un sorriso, spense semplicemente il computer << Ottimo, ha preso il fascicolo e ci farà sapere in giornata. Comunque sarebbe meglio che fosse tu a delegare per la SkaiKru >> si accigliò inumidendosi le labbra << Perché mai? Oltre al fatto che è la miglior azienda in piazza, abbiamo scelto la Natblida Corp., perché voi due eravate amiche al liceo >> Raven annuì portandosi una ciocca dietro i capelli << Sì, ma pare conoscerti e sembra avere interesse nei tuoi confronti >> scosse la testa alzandosi in piedi << Non è una cosa possibile >> << Ma la conosci? >> << L'ho incontrata ad una galleria d'arte qualche giorno fa, ma non abbiamo parlato di niente >> Raven si strinse nelle spalle << Comunque io ho riferito il quanto, torno giù in laboratorio >> le disse alzandosi in piedi << Funzioniamo bene non è vero? >> le fece attirando di nuovo il suo sguardo << Tu pensi agli affari e io ai progetti >> era un modo dolce per dirle che sarebbe dovuta andare a parlare lei con Natblida da ora in avanti e la guardò per un lungo momento assicurandosi che avesse capito prima di uscire.
Clarke si morse un labbro e serrò i pugni mentre osservava la distanza che la divideva dall'asfalto.
Si allontanò dalla vetrata scacciando la nausea, quando il suo cellulare vibrò << Pronto? >> << Signorina Braun, la volevo informare che il suo quadro è stato venduto >> le apparve un sorriso timido sul volto << Ottimo, posso sapere chi è l'acquirente? >> sentì digitare sulla tastiera << Una certa Natblida >> si sentì morire nel riconoscere il suo nome << G-grazie >> chiuse il contatto prima di alzarsi e dirigersi all'esterno dell'edificio.
Non prese l'auto, non voleva l'auto.
Camminò indossando il cappotto e cercò di ignorare le guardie che l'affiancarono senza perderla di vista.
Ormai credeva di averci fatto l'abitudine, ma non si poteva farne l'abitudine << Signorina >> le si affiancò la guardia facendola rallentare << Non è sicuro >> aggiunse e solo allora Clarke notò la folla << Non è forse per questo che mio padre vi paga? >> gli chiese, ma non voleva una risposta.
Continuò per la sua direzione, fino ad arrivare di fronte ad un palazzo, salutò il portiere e prese l'ascensore che l'avrebbe portata al loft che aveva preso in affitto.
Come al solito ordinò alle guardie di restare fuori dopo che avevano controllato per l'ennesima volta ogni stanza e ogni angolo, ricordandole di non aprire le finestre per nessuna ragione.
Tanto era già stata in gabbia, aveva imparato cosa voleva dire.
Si tolse il cappotto una volta chiusa la porta e raccolse i capelli, sedendosi di fronte alla tela.
Quella era l'unica cosa rimastele della diciassettenne ribelle e spensierata che era stata una volta.
Il Disegno.
Così affondò i pennelli nella tinta e cominciò a colorare, cominciò ad allontanare i brutti pensieri con ogni pennellata, cercò di allontanarla ancora una volta.

Non passò molto prima che Natblida facesse la sua entrata nel suo ufficio << Salve >> la salutò come salutava ogni uomo o donna d'affari << Salve >> lei invece le sorrise e Clarke ricordò di nuovo la prima volta in cui l'aveva visto << Ho analizzato i dati rubati e ho riscontrato lo stesso procedimento usato contro molte altre aziende >> le disse una volta sedutasi << Altre aziende sono state colpite? >> annuì facendosi avanti con il busto << Sì e per questo posso dirle per certo che non l'attaccheranno nuovamente, ma per sicurezza le faremmo installare un nuovo sistema di protezione, inoltre i miei investigatori privati si occuperanno degli interrogatori e spero che non sia un problema >> scosse la testa aprendo il modulo che aveva davanti per consegnarle la lista dei soci maggioritari << Vorrei che controllaste anche loro >> << Come mai? E' insolito richiederlo >> le sorrise come Costia sorrideva << Vorrei sapere sin da subito di chi posso o non posso fidarmi >> rivelò prendendo poi un sorso del bicchiere d'acqua che le aveva portato l'assistente << D'accordo, cosa volete che controlli >> << Tutto >> Lexa annuì ancora un poco dubbiosa, ma del resto come biasimarla?
Era una mossa avventata e molto rischiosa, perché se l'avessero scoperto non si sarebbero mai più fidati della SkaiKru, ma puntava proprio sulla riservatezza della Natblida Corp. per questo << Disegna? >> le chiese indicandole le dita e Clarke le nascose sotto il tavolo << Di tanto in tanto >> << Anche una mia amica disegnava >> le rivolse un sorriso un poco triste << Purtroppo non siamo più in contatto >> fece raccogliendo i vari fogli e mettendoli nella borsa << Come mai? >> le chiese anche se conosceva la risposta, ma Costia non la sapeva e sarebbe risultata più fredda di quanto avesse voluto << E' scomparsa, nessuno ha idea di che fine abbia fatto >> si accigliò nel vedere i suoi occhi rattristarsi << Eravate molto amiche? >> la sentì schiarirsi la gola e poi ridere << No, ci conoscevamo appena >> stava mentendo, chiunque se ne sarebbe accorto.
L'aveva ferita?
Scacciò le lacrime che minacciarono di voler uscire cercando di riacquistare la compostezza di Costia << Sono certa che avrà avuto le sue motivazioni >> aggiunse alzandosi in piedi << E' stato un piacere Signorina Braun >> le porse la mano e Clarke la strinse << Il piacere è stato tutto mio Signorina Natblida >> la vide voltarsi e dirigersi alla porta per poi tornare indietro << Le andrebbe di venire a cena? >> si accigliò a quella richiesta.
Che cosa avrebbe dovuto fare?
Che cosa avrebbe dovuto dire?
Si passò una mano trai capelli sorridendo nervosamente << Non saprei...non credo che... >> << Una cena tra colleghe, niente di troppo impegnativo. E' solo che non mi va di mangiare da sola e ormai si sta facendo sera >> Clarke si voltò a guardare l'esterno notando che il sole stava già tramontando << C-certo, perché no? >> la vide sorridere e uscirono insieme dall'edificio << Prendiamo la mia o la tua? >> le chiese riferendosi all'auto << La tua >> ignorò gli sguardi delle guardie del corpo ben mimetizzate con le persone e salì sulla macchina di Lexa.
Stavolta lei non si sedette nel posto del guidatore, ma l'affiancò su quello del passeggero.
Era passato molto tempo dall'ultima volta che l'aveva vista, ma era rimasta bellissima forse lo era anche di più.
I capelli le ricadevano sulla schiena e qualche ciocca sulla spalla, rivelando una piccola treccia, gli occhi adesso ripassati da una leggera matita nera, era verdi e accecati come la prima volta che gli aveva visti, così pieni di luce da ipnotizzarla e le era impossibile dimenticare le lunghe dita di quelle mani che tanto aveva amato << Va tutto bene? >> non c'era più quel poco di insicurezza che aveva avuto << Sì, dove stiamo andando? >> fece distogliendo lo sguardo << In un ristorante italiano poco lontano da qui >> la informò giocando con l'orecchino e come quella volta in mensa dovette resistere dall'impulso di volerla ritrasmettere in un foglio di carta << Raven mi ha rivelato come vi siete conosciute, come mai ha scelto lei? >> Clarke deglutì a fatica << E' un vero genio in quello che fa >> aveva preparato già la scusa parecchi anni fa << E ho trovato una sua intervista in un giornaletto per scienziati esordienti, così mi sono presentata a casa sua >> in parte era vero << E adesso costruite videogiochi >> << E adesso costruiamo videogiochi >> ripeté lei sorridendo << Perché era alla galleria? L'ha invitata un amico? >>.
L'aveva cercata?
<< Sì, io e la proprietaria siamo amiche da molto >> mentì del resto nessuno poteva saperlo << Ho acquistato il quadro >> finse di accigliarsi << Quello della ragazza >> continuò e annuì fingendo di ricordarsene solo allora << Deve esserle piaciuto molto >> commentò << Non è forse piaciuto anche a lei? Sembrava che lo stesse divorando con gli occhi >>.
Era più il riflesso di ciò che aveva provato << Sì, era decisamente bello e sono felice che l'abbia acquistato, sono certa che starà benissimo nel suo salotto o dove lo vorrà appendere >> vide la macchina parcheggiare di fronte a “Luigi's” << E' una pizzeria o sbaglio? >> chiese una volta smontata << Ovvio che è una pizzeria, non si aspettava mica un ristorante di classe, vero? Avevamo detto niente di impegnativo >> la fece ridere come non le accadeva da anni << Hai ragione >> si portò il dorso della mano sulla bocca, nascondendo il sorriso che non voleva andarsene.

Le era mancata in quegli anni << Come si chiamava? >> le chiese prendendo una fetta della pizza hai funghi che aveva ordinato << Clarke >> si rese conto solo allora di quanto l'avesse segnata in quell'anno, non riusciva a smettere di parlare di lei << Sembra che tu le fossi molto legata >> << Lo sono >> quel verbo al presente la scosse un po' così prese un sorso d'acqua << Scusami, non credo che parlare della mia fiamma passata mi sia d'aiuto >> << Tranquilla non mi da alcun fastidio >> la stava osservando, si aspettava una reazione diversa?
<< Te invece, hai avuto qualcuno di importante nella tua vita? >> no, dopo lei non c'era stato nessun altro o altra, anche perché non ne aveva avuto il tempo << Sì, un ragazzo, ma è durata per poco >> << Come mai? >> << E' morto >> semplice e coincisa così non avrebbe potuto indagare oltre << Mi dispiace... >> << Buona la pizza? >> le chiese per cambiare discorso e l'altra annuì << Perché mi ha chiesto di uscire? >> aggiunse pulendosi le dita unte con un tovagliolo << Perché mi piace >> le rivelò senza distogliere lo sguardo << In realtà non saprei nemmeno dirle il perché, ma solitamente faccio così...mi piace mostrare subito le carte >> aveva fatto lo stesso anche con lei << Allora sarebbe una pessima giocatrice >> << Lo sono infatti >> alzò le sopracciglia e la fece sorridere di nuovo << Quindi posso avere speranza? >> sospirò soppesando le sue parole.
Rischiava molto nel frequentarla, ma le era mancata in altrettanto modo.
Era riuscita a tenersi vicina Raven e anche Octavia, grazie a qualche miracolo, ma Lexa le mancava davvero << Sì, potresti >> si inumidì le labbra e come al solito rimase incantata dal meraviglioso sorriso << Ottimo, credevo di non avere speranze >> sapeva di essere cambiata fisicamente, ma come poteva non riconoscerla?
Sgranò gli occhi e batte le ciglia un paio di volte, per scacciare le lacrime << Ti è finito qualcosa nell'occhio? >> le chiese e Clarke non riuscì a fermarla in tempo, la vide farsi avanti con il busto e toccarle il volto << Ecco qua >> aveva in mano una ciglia e Clarke rise, chiedendosi come fosse possibile che accadesse una cosa del genere << Hai degli occhi magnifici >> commentò lei tornando a sedersi << Ma sembrano malinconici... >> << Me lo dicono spesso, è una mia caratteristica >> quanto poteva durare il loro rapporto se era basato sulla menzogna?
<< Davvero? Se non fossero così malinconici mi ricorderebbero i suoi....O mio dio devo smetterla, perdonami >> chiuse gli occhi e si grattò un poco la fronte in imbarazzo << Va tutto bene, posso capire che sia difficile, da quanto non la vedi? >> scosse la testa << Da almeno dieci anni, di solito non sono così è solo che...le somigli molto >> quella frase la fece sussultare << Insomma hai lo stesso colore dei capelli e gli stessi occhi, giuro che se non avessi un altro nome giurerei che sei lei >> aggiunse bevendo un po' della propria coca-cola << C-credo che sia il caso che io vada >> si accigliò << Ho detto qualcosa di sbagliato? >> scosse la testa alzandosi in piedi << No, è solo che mi sono resa conto di dover fare una cosa >> mentì ancora, dirigendosi alla porta senza nemmeno salutarla.
No, era stata una follia.
Non doveva frequentarla...Lexa era intelligente avrebbe potuto capire, non era facile da ingannare come Raven o Octavia...con lei aveva avuto ben altro della semplice amicizia.

Dieci anni prima

L'aveva baciata?
O mio dio...l'aveva baciata!
<< Clarke? >> la sentì chiamarla per l'ennesima volta << M-mi hai baciato...? >> rise e ancora una volta amò quella risata << Sì, ti ho baciato, non ti è piaciuto? >> le chiese un poco insicura e Clarke sgranò gli occhi ancora di più alzandosi in piedi << Mi hai baciato! >> Lexa cominciò a guardarsi intorno << Tu..mi hai baciato.... >> sussurrò stavolta e la mora si alzò in piedi prendendole le mani tra le sue << Possiamo far finta che non sia successo niente se ti ha dato così fastidio >> Clarke si accigliò ancora una volta << F-fastidio? No, non sono infastidita...sono sorpresa >> le rivelò, quasi sussurrando quell'ultima parola << N-non ho mai baciato una donna >> aggiunse mordendosi il labbro << Però non mi ha infastidito...posso? >> stavolta toccò a Lexa accigliarsi e l'altra di risposta le prese il volto tra le sue mani e la baciò nuovamente.
No, non la infastidiva affatto.
Le piaceva Lexa, non sapeva se quello che provava fosse una cotta da artista o se l'amasse, ma le piaceva.
Quando tornò a guardarla la trovò con le guance rosse << Sì, decisamente non mi ha infastidito >> rise e l'altra la imitò << Quindi per te...va bene? >> le chiese ancora e Clarke annuì freneticamente << Non so come sarà, ma per me va più che bene >>.
In realtà davvero non sapeva come sarebbe andata, non sapeva se i suoi genitori avrebbero voluto, non sapeva nemmeno cosa stesse succedendo e un po' di paura in realtà l'aveva, ma non disse niente prese la mano di Lexa nella sua e tornò a baciarla di nuovo.
Voleva godersi quel momento, voleva stare con lei finché poteva, perché si sentiva bene accanto a Lexa...


Arrivata a casa ignorò la madre o le guardie e si diresse in camera da letto, scaraventando i propri abiti per terra, insieme ai gioielli.
Non ce l'avrebbe fatta...
Non ce la faceva a reggere il suo sguardo e mentirle.
Lei l'amava!
L'amava anche dopo dieci anni...lei l'aveva ferita...


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NA: Ciao carrissime/i con un nuovo capitolo di una nuova fanfic :) Che cosa ne pensate? Che cosa vi eravate aspettate? Lasciatemi una vostra recensione con tutti i vostri punti vista, negativi o positivi che siano ;) Allora prossima :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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LEXA

 

Non sapeva cosa fosse successo e in parte se ne dava una colpa, per questo il giorno dopo l'attendeva all'uscita dell'edificio con un mazzo di fiori.
Non aveva il coraggio di entrare, con il timore che potesse chiuderla fuori, così aveva optato per l'aperto in pieno giorno, ma non uscì nemmeno all'ora di pranzo o per prendere un caffé.
Le ore passavano, ma di Costia nemmeno l'ombra.
Sbadigliò un poco mentre il sole tramontava e lanciò ancora una volta un'occhiata ai fiori che aveva buttato nel cestino.
Perché non usciva?
Che non fosse nell'ufficio?
Sospirò montando in macchina << A casa >> ordinò delusa, ma quando lanciò un occhiata al palazzo la vide uscire << Aspetta! >> esclamò all'autista, raggiungendola il più in fretta possibile, riuscendo a fermarla prima che potesse salire sull'auto, ma venne trattenuta da quelle che sembravano le sue guardie del corpo << Lasciatela >> ordinò seccata e loro obbedirono all'istante.
Perché aveva bisogno delle guardie?
O mio dio le assomigliava un sacco << Perché sei qui Lexa? >> la freddò con quella domanda << Possiamo parlare? >> la vide chiudere gli occhi e prendere un lungo respiro << No, non possiamo >>.
Perché le sembrava che volesse il contrario?
<< Costia per favore >> cercò di avvicinarsi nuovamente << Lexa no...non renderlo più difficile di quello che è >> non sapeva perché ci tenesse tanto, ma voleva parlarle più di qualsiasi altra cosa e senza rendersene minimamente conto finì col prendere le sue mani tra le sue << Per favore >> la supplicò ancora e si ritrovò a chiedersi che cosa le avesse fatto << Sali in auto >> fu un sussurro a malapena accennato, ma lo sentì come sentiva il proprio cuore riempirle le orecchie.
Che cosa la legava a Costia?
La conosceva solo da qualche giorno, eppure perché aveva la sensazione di volerle rimanere affianco per il resto della propria vita?
Aveva provato quella sensazione solo con Clarke.
La vide parlare con una delle guardie e sembrò piuttosto irritata << Smettila è un ordine >> riuscì a sentire prima che salisse in auto.
Si passò nervosamente una mano trai capelli e con aria arrabbiata si voltò verso di lei << Lexa non puoi venire qui così...non puoi >> le disse, ma lei sprofondò di nuovo nell'oceano dei suoi occhi e sentì il respiro mancarle.
Perché il suo corpo reagiva così?
<< Dio...tu non hai idea di quello che hai fatto >> sospirò prendendo il cellulare << Pronto? >> rispose e Lexa rimase a fissarla senza avere il coraggio di distogliere lo sguardo.
Indossava un tubicino bianco, che delineava le curve perfette e le belle gambe i cui piedi erano avvolti in un plateau nero << Cercherò di liberarmene >> sospirò di nuovo come se tutto il mondo le pesasse sulle spalle << No, non è un problema >> vide i suoi occhi inumidirsi << Ho detto di no...ti prego >> era quasi una supplica, ma con chi stava parlando?
Dove stavano andando?
Le sembrava che l'auto stesse facendo la stessa strada, ormai da più di dieci minuti.
Stavano cercando di confonderla?
<< Scusami >> disse una volta finita la conversazione al telefono pulendosi il volto da una lacrima << S-stai bene? >> la vide socchiudere le labbra << S-sì >> fece e per un attimo le sembrò vero, ma poi il volto di Costia si bagno lentamente di piccole lacrime, sorprendendo lei e persino se stessa.
Perché piangeva?
E perché sentiva il suo cuore lacerarsi per quelle lacrime?
<< I-io... >> strinse forte la salopette nera di cotone tra le sue mani, come a volersi aggrappare a lei << Va tutto bene Costia... >> la colpì alla spalla con il palmo della mano più volte, scostandosi poi e Lexa non capì il perché di quel gesto << E' colpa mia se stai piangendo? >> le chiese preoccupata che fosse davvero lei la causa del suo malessere << No...dio mio, devo sembrarti patetica >> si affrettò a scuotere la testa << Non dire idiozie, siamo tra donne >> la fece ridere, ma era una risata triste << Ti va di parlarne? >> le chiese mentre la vedeva asciugarsi il volto con il dorso << No, ma ho fame >> stavolta toccò a lei ridere decidendo di non approfondire oltre, capendo che volesse cambiare discorso << D'accordo, ma dove andiamo a mangiare? >> fece guardandosi intorno e stavolta si tolse ogni dubbio, stavano davvero facendo il giro della zona << Perché sei venuta? >> le domandò invece Costia facendo cenno all'autista di fermarsi << Perché voglio frequentarti, credevo di averlo già messo in chiaro... >> aveva una strana sensazione << Lo so, ma... >> la vide inumidirsi le labbra << Ma... >> aggiunse e i suoi occhi si spostavano sulle guardie del corpo che l'attendevano all'esterno << Ma niente...scendi >> ordinò Lexa e l'altra la guardò con occhi confusi, così le afferrò la mano trascinandola fuori << Che stai facendo? >> le chiese una volta sulla strada << Ti porto a cena fuori >> rispose e notò subito come le guardie del corpo l'affiancassero.
Ma non la lasciavano un attimo?
Le ignorò, così come ignorò tutta quella situazione.
Costia non stava bene, era palese che non stesse bene e di certo vedere sempre quegli uomini in divisa non l'aiutava.
Le lanciò un occhiata mentre si dirigeva alla propria auto e la fece montare << Potete seguirci con il vostro suv >> fece prima di salire sulla macchina << A casa >> ordinò all'autista << Non è una buona idea >> << Sì, invece >> ribatté lei stringendo forte la sua mano tra la sua, sentendola così familiare.
Perché ogni cosa che la riguardava le faceva venire in mente Clarke?

Quando arrivarono lasciò che quelle figure in nero ispezionassero la sua casa << S-scusami >> le fece Costia un poco in imbarazzo << Non c'è nessun problema >> la rassicurò senza lasciarla.
Ci volle molto più di quanto avesse pensato per controllare il suo appartamento, abbassarono le tende delle finestre senza chiederle il permesso, staccarono le prese elettriche senza chiederle il permesso, presero i coltelli da cucina senza il suo permesso e quando si avvicinarono alla porta che lei teneva sempre chiusa sussultò un attimo, ma non disse niente, lasciò che controllassero e che facessero il loro lavoro, anche se si sentiva un poco violata in qualche modo << Sei sicura che vada bene? >>
No.
<< Sì >> gli guardò con odio un ultima volta mentre uscivano, poi la fece accomodare su uno dei divani marroni, dirigendosi alla cucina che era proprio dietro di lei << Che cosa ti va di mangiare? >> le chiese prendendo il telefono << Non ti farebbero entrare il cibo >> l'avvisò mentre si guardava intorno << Ah...allora...ti vanno bene dei noodles? >> si voltò verso di lei accigliandosi << Purtroppo non posso cucinarti niente, non ho i coltelli >> fece stringendosi nelle spalle << Cucini? >> le chiese con aria sorpresa, perché era così sorpresa?
<< Sì, ho imparato parecchi anni fa, ma non è che sappia fare piatti da chef >> rivelò aprendo il frigorifero << Che cosa preferisci bere? >> le chiese e la vide rammaricarsi per qualcosa << Acqua >> le rispose una volta avvicinatasi a lei.
I suoi occhi non erano semplicemente malinconici perché vi era nata, no la sua vita non sembrava né facile né felice.
Nascondeva qualcosa era palese che nascondesse qualcosa, ma di che cosa poteva mai trattarsi?
<< Vuoi indossare qualcosa di più comodo? >> le chiese vedendo come si era seduta sullo sgabello << Non vorrei disturbare... >> del resto era stata lei a trascinarla lì << Non disturbi affatto, la mia stanza è al piano superiore, terza porta a sinistra. Prendi pure ciò che vuoi >> la vide esitare ancora un po' prima di alzarsi.
Se quelle figure avessero dovuta seguirla ovunque sarebbe impazzita...
Ricordava chiaramente come Clarke riusciva a sfuggirli con facilità.
Si fermò un attimo posando il contenitore dei noodles sul ripiano e prese un paio di boccate d'aria, scacciando le lacrime.
Che fine aveva fatto?
Perché continuava ad ossessionarla così anche dopo dieci anni?

 

CLARKE


Quando entrò nella sua stanza riconobbe facilmente il profumo fruttato e il colore beige delle sue lenzuola.
Quale persona aveva come colore preferito il beige?
Sorrise dandosi della stupida per aver pianto di fronte a lei.
Le avevano segnato a fare di meglio, sapeva fare di meglio.
Si massaggiò gli occhi, dirigendosi all'armadio scorrevole e toccò i suoi abiti, diversi dall'ultima volta, adesso vi era un tocco femminile, le giacche di pelle e gli stivaletti, erano stati sostituiti da completi e tacchi.
Sentì il cellulare suonare di nuovo << Pronto papà? >> << Clarke dove sei? >> sapeva dov'era, lo sapeva << Sai dove sono, vuoi dirmi che James non ti ha avvisato? >> James era una delle sue guardie del corpo nonché occhi e orecchie del padre << E' rischioso stare lì >> sfiorò con le dita una delle sue camicette ben stirate << Per te è rischioso stare ovunque, papà >> << Non è forse così? >> << Dammi tregua ti prego...ne ho bisogno.. >> lo sentì sospirare << L'ultima volta che l'ho fatto ti ho quasi persa. Torna a casa >> chiuse il contatto senza darle il tempo di replicare o dire altro.
Clarke si sedette sul soffice letto con le mani in grembo che tenevano ancora il telefono.
Era stanca...
<< Va tutto bene? >> Lexa era sulla porta con la testa appoggiata allo stipite << No... >> sussurrò e la vide avvicinarsi a piedi scalzi fino a sedersi accanto a lei << Puoi raccontarmi che cosa succede? >> praticamente la stava implorando e Clarke trovò facilmente la sicurezza che le trasmetteva il suo sguardo << Vorrei..non hai idea di quanto lo vorrei >> le fece accarezzandole il volto preoccupato e si ritrovò lei a desiderare di baciarla.
Lexa ovviamente non la respinse, l'accettò socchiudendo la bocca e permettendole così di entrare con la lingua e con i denti.
Le era mancato il suo calore, il suo sapore...le era mancata lei più di qualsiasi altra cosa.
Come da sempre riusciva a farle dimenticare tutto ciò che la circondava e solo quando si scostò riuscì a ritrovare il coraggio per fare quello che doveva fare << N-non possiamo vederci Lexa >> le disse alzandosi, ma la mora la fece tornare a sedere << Non voglio lasciarti andare >> le sussurrò con gli occhi confusi e disorientati.
O mio Dio se l'amava.
Come poteva quel sentimento non essersi assopito in tutti quegli anni?
<< I-io non voglio lasciarti andare >> probabilmente si stava chiedendo il perché di quel forte sentimento esattamente come lei << Perché dici così? Non mi conosci Lexa >> << Lo so che è folle, ma mi sembra il contrario...mi sembra di conoscerti da sempre >> le rivelò e Clarke sentì il suo cuore gioire e soffrire contemporaneamente.
Avrebbe voluto dirglielo anche adesso, ma non poteva << Costia dammi solo una buona ragione...me lo devi almeno questo >> si ritrovò a guardarle le mani tremanti << I-io non lo so >>.
Sì, invece che lo sapeva...
Avrebbe messo in pericolo lei, se stessa e tutte le persone a loro care << Non sei la prima che devo sopportare con le guardie del corpo, sai? >> si inumidì le labbra prima di tornare a guardarla << Perché ci tieni tanto? >> le chiese alzandosi in piedi, cercando di ritornare nel suo ruolo di “Costia” << Non lo so! I-io non lo so... >> Lexa scoppiò a piangere alzandosi in piedi << Non lo so perché mi sto umiliando così, il perché ti sto implorando di restare, ma è come se ne sentissi il bisogno... >> il suo corpo lo sapeva, il suo corpo aveva capito, ma la sua mente logica e ordinaria, la stava mandando in confusione così le prese il volto tra le mani e la baciò di nuovo.
La baciò come Clarke avrebbe voluto fare, senza freno o rispetto.
Le sciolse la chioma facendola ricadere lungo la schiena, perché a Clarke, Lexa piaceva con i capelli sciolti e fu proprio per quello che si rese conto di star sbagliando tutto.
Le avevano insegnato a dimenticare chi fosse Clarke.
La scostò da lei delicatamente, lottando con tutta se stessa per non riavvicinarla di nuovo e si sentì il volto bagnato << Costia stai piangendo? >>.
Smettila dannazione!
Non lo vedi?!
Non sono Costia!
Dici di amarmi, ma non riesci a riconoscermi?!
Si ritrovò a desiderare di picchiarla, ma non lo fece serrando invece i pugni e quando il cellulare suonò di nuovo lo scaraventò contro la parete, facendola sussultare.
Probabilmente la credeva una pazza << Io voglio uscire con te >> riuscì a dire e un sorriso appena accennato le apparve sul volto << Allora resta e fregatene di tutto il resto >>.
Come poteva fregarsene di tutto il resto, quando la causa principale di ciò che stava accadendo era esattamente tutto il resto?
<< Sei già qui ed è ovvio che non vuoi andartene, allora resta, se avrai fatto infuriare qualcuno, almeno non l'avrai fatto infuriare invano >> come al solito sapeva come parlare e alla fine l'avrebbe convinta.
Non voleva andarsene, non voleva più allontanarsi da lei, voleva rimanere e saziarsi del suo sorriso e della sua voce.

Dieci anni prima

Quando tornarono a scuola i loro amici rimasero sorpresi delle loro mani unite << Non ci posso credere! >> esclamò Raven distogliendo per la prima volta lo sguardo dal tablet che si portava sempre dietro << Smettila, non c'è niente di strano e non è la prima volta che mi vedi con qualcuno >> Lexa non sembrava per niente a disagio, nemmeno quando Lincoln le fece l'occhiolino << Ma è la prima volta che ti vedo con una donna! Ecco che si spiegano molte cose >> ribatté quella mentre Octavia continuava a fissarla di sottecchi << Cioè fammi capire, alla fine la tua non era un ossessione? >> le chiese << Oh no, la sua è un ossessione anche delle peggiori >> commentò Lexa al posto suo, spostando l'attenzione su di lei e di questo Clarke fu immensamente grata << Pensate che ieri mi ha fatto aprire una lattina di bibita per ben cinque volte >> continuò facendo ridere tutti << Davvero Clarke? >> le chiese Octavia ridendo, ma il suo sguardo si spostò su Anya che richiamò l'amica indicandola persino << Vedi di non fare cazzate >> riuscì a sentire e Clarke sorrise un poco.


Si svegliò di soprassalto con il cuore che le batteva come un tamburo.
Era un incubo, era stato solo un incubo.
Vi prego..vi prego...
La sua voce le risuonava ancora nella mente senza sosta.
Mi fate male vi prego..
Deglutì a stento trascinandosi fuori dal letto, ma sentì le gambe cederle.
Stava avendo un attacco?
Certo che stava avendo un attacco...
Guardò il soffitto iniziare ad appannarsi e l'aria cominciare a mancare...
Fatemi uscire vi prego! Fatemi...uscire!

Quando riaprì gli occhi sentì qualcosa di viscido ricaderle sul grembo.
Era un panno bagnato.
Probabilmente glielo aveva applicato sua madre, che adesso stava dormendo sulla sedia vicino al letto.
Clarke le sfiorò i capelli adesso neri, non più castani come una volta.
Scostò le calde coltri scendendo dal letto e anche se si sentiva ancora un poco scossa, si incammino al piano inferiore, dove trovò suo padre intento a leggere il giornale con le sue solite figure scure sulla porta.
<< Ben svegliata, hai fatto preoccupare molto tua madre ieri notte >> le fece mentre lei si dirigeva al frigorifero ignorando la colazione che le avevano preparato i domestici e prendeva una bottiglietta d'acqua << Mi dispiace non volevo >> << Lo so che non volevi >> sentì la voce di Abigail alle sue spalle e il sua abbracciò cingerla poco dopo attenuando i brividi freddi che le percorrevano la schiena << Dovresti rimanere a letto >> << Ho una riunione importante oggi >> ribatté Clarke prendendo un sorso << Saresti dovuta tornare a casa >> sapeva che suo padre non avrebbe sorvolato su gli avvenimenti della sera prima << Come puoi vedere non è successo niente, sto bene >> lui strinse le braccia al petto alzandosi in piedi << Clarke lo sai che non puoi fare cose di questo tipo >> << Papà non posso continuare a vivere così...non posso >> scosse la testa appoggiandosi con le mani al ripiano della cucina, così che adesso i capelli biondi le ricadevano sul volto << La mamma ha dovuto tingersi i capelli e ogni dannatissimo giorno deve indossare quelle lenti per nascondersi, tu hai dovuto addirittura modificare parti della tua faccia per non farti riconoscere, ma chi ci dice che sono ancora la fuori? La CIA? >> fece un lungo respiro prendendo tempo << Da quanto non vengo a farci visita? Come minimo si saranno dimenticati di noi! >> continuò tornando a guardarlo, ma a ricambiarla c'erano solo occhi pieni di disappunto << Clarke so di avervi chiesto molto e... >> << No, tu non hai chiesto molto, tu hai chiesto la mia intera vita papà! >> si ritrovò a piangere di nuovo << Sono stanca di dovermi nascondere dai miei amici e familiari, sono stanca di non poter andare fuori senza che tu sappia dove sono e con chi sono, ma sopratutto sono stanca dannatissimamente stanca di non poter stare... >> << E' lei non è vero? >> la interruppe lui << E' a causa di Natblida che stai così... >> Clarke scosse la testa lentamente alzando gli occhi al cielo e stringendo le mani intorno al marmo dell'isola << Dio mio Clarke sono passati dieci anni, come puoi amarla ancora? Lei ti avrà dimenticato >> << Non è così.. >> riuscì a dire in un sussurro << Non è così >> aggiunse con più sicurezza andando al piano superiore per una doccia e per cambiarsi.

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NA: Ciao carissime/i questo capitolo l'ho caricato un po' tardi e chiedo scusa per questo, ma ho avuto qualche contrattempo :) Fatemi sapere che cosa ne pensate e lasciatemi le vostre recensioni :) Alla prossima

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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LEXA

 

Stava fissando il soffitto da almeno dieci minuti.
Si sentiva ancora più confusa del giorno prima.
Sospirò rendendosi conto dell'orario e del fatto che si fosse svegliata all'alba.
Si tolse le coperte e nell'alzarsi rimase ad osservare il proprio riflesso nello specchio dell'armadio di fronte a lei.
Perché ci teneva tanto a Costia?
E pensare che la sua ultima ragazza l'aveva lasciata perché la considerava “distaccata”, ma la verità era che non riusciva più ad amare nessun'altra nello stesso modo in cui aveva amato Clarke.
<< Clarke >> le sue labbra tremarono un poco nel pronunciare il suo nome << Che fine hai fatto? >> strinse le lenzuola chiudendo gli occhi.
Come poteva continuare a tormentarla così?
Perché pretendeva di continuare a torturarla così?
Fu il suono del cellulare a destarla dai suoi pensieri << Pronto? >> rispose all'amica Anya << Dove sei? >> le chiese e Lexa si accigliò a quella domanda alzandosi in piedi << Sono a casa perché? >> sentì suonare al campanello e si diresse ad aprire << Ho bisogno di parlarti >> quando aprì la porta trovò Costia in piedi di fronte a lei << Certo dimmi dove e ti raggiungo subito >> le fece cenno di entrare e l'altra si accomodò all'interno sedendosi sul divano della sera prima << Adesso sono a lavoro e credo di non farcela per pranzo >> << Cena? >> la interruppe preoccupandosi sinceramente per lei.
Che si trattasse della madre?
<< Va bene, allora per cena >> << Vengo io da te >> l'avviso e la salutò prima di chiudere il contatto << Va tutto bene? >> le chiese la bionda che nel frattempo si era tolta il soprabito e le sue ombre si erano postate sulla porta.
Lexa lanciò un occhiata all'orologio del cellulare che segnava le nove passate << Sì, è solo la mia amica >> le spiegò sedendosi accanto a Costia anche se in quel momento voleva raggiungere Anya << Se vuoi andare da lei non c'è nessun problema >> le fece toccandole una gamba, probabilmente aveva notato il viso preoccupato << No, la disturberei e basta >> ribatté Lexa passandosi una mano trai capelli e posando il cellulare sul tavolino << > le chiese una volta resasi conto di chi avesse di fronte << Ero da queste parti >> chissà doveva viveva, quando si era proposta di accompagnarla a casa, lei e le sue guardie del corpo glielo avevano impedito << Volevo ringraziarti per ieri, sei stata davvero..gentile >> aggiunse e solo allora Lexa notò il volto pallido << Stai bene? >> l'altra le sorrise << Sì, sto bene >> fece distogliendo lo sguardo da lei << Non vorrei averti svegliato >> continuò indicando il pigiama di seta che Lexa ancora indossava << Oh...no, ero già sveglia...dio mio ti ho accolto in pigiama >> Costia sorrise stringendosi nelle spalle << Almeno avrei potuto portarti la colazione >> la canzonò invece rilassandosi contro il divano.
Sembrava stanca, come se non avesse dormito bene << Oggi non lavori? >> le chiese tornando a guardarla << Cosa? Beh, sì in realtà, ma ho la mattinata libera >> spiegò appoggiandosi con la schiena al bracciolo << Sembra che tu non abbia dormito molto >> sorrise, felice che l'avesse notato << La colpa è tua, sai.. >> la vide accigliarsi e togliersi le scarpe appoggiandosi al bracciolo anche lei, così adesso potevano rispecchiarsi una negli occhi dell'altra.
Le sembrò strano come quel suo modo di fare assomigliasse così tanto a quello di Clarke << Mi stai mandando in confusione >> si ritrovò a ridere anche se non c'era niente da ridere di tutta quella situazione << Mi dispiace, vorrei che le cose fossero più facili >> << Ma potrei capirti meglio se mi dicessi qualcosa, tipo perché ti seguono ovunque? >> indicò i due uomini sulla porta con il capo << Suoni? >> le chiese invece indicando il pianoforte sulla stanza affianco a loro e Lexa sospirò decidendo ancora una volta di assecondarla << Sì, suono altri strumenti oltre al pianoforte >> probabilmente notò la sua irritazione in quella frase perché si fece avanti con il busto e i lunghi capelli biondi adesso circondavano entrambe, come a nasconderle dagli occhi dei due intrusi << Se potessi te lo avrei già detto, ti prego smettila di farmi domande a cui non posso rispondere... >> le sussurrò ad un orecchio e Lexa riuscì a sentire chiaramente la pelle un poco febbricitante della ragazza << Posso sentirti suonare? >> le chiese ancora e Lexa diveniva ogni momento sempre più confusa << S-sì >> ogni pensiero le diceva di allontanarla da sé e dalla sua vita, ma perché il suo corpo non voleva saperne?
Si alzò in piedi e recuperò gli occhiali, dopodiché le fece cenno di seguirla, facendola sedere poi di fronte a lei.
Raccolse i capelli in una coda, gesticolò con le mani liberandole dall'intorpidimento della mattina e si inumidì un poco le labbra prima di cominciare a suonare.

 

CLARKE


La vide pizzicare sulla tastiera e immergersi in un altro mondo, un mondo che apparteneva solo a lei, a Lexa.
Non era la prima volta che la sentiva, ma era la prima volta per Costia.
Per Costia tutto era nuovo, ma quanto ancora poteva fingere di non riconoscere la musica che stava suonando?
Lexa le l'aveva dedicata per la loro prima notte insieme, le l'aveva suonata dopo aver improvvisato una colazione per niente buona.
La vide prendere una piccolissima pausa per poi immergersi di nuovo.
Era bellissima come la luce nei suoi occhi.
La stava pensando in quel momento?
La stava pensando mentre suonava la loro canzone?
Diglielo!
Lo voleva, come voleva strapparla dall'inganno in cui la stava costringendo a vivere.
<< Dio... >> sussurrò alzandosi in piedi e attirando il suo volto al proprio, ma senza baciarla, senza desiderare farlo per la prima volta da quando l'aveva rivista.
Rimase solo lì, ferma a guardare il proprio riflesso nei suoi occhi.
Portò la mano sul suo petto sentendo il suo cuore battere come a volerle uscire dallo sterno.
Ti fa male come fa male a me Lexa?
Non parlava, non osava parlare come lei non osava distogliere lo sguardo.
Come poteva tanta bellezza essere racchiusa in una singola persona?
Non era suo quel pensiero, non sarebbe dovuto essere di Costia quel pensiero << P-perdonami... >> le fece alzandosi in piedi e scappando per l'ennesima volta, scappando da lei come si scappa dal fuoco.

 

LEXA


Sentiva il cuore andarle a pezzi e la mente impazzire mentre suonava quelle note.
Perché le era venuta in mente solo quella canzone tra i numerosi pezzi che conosceva?
Un anno.
Era stata con lei solo per un anno.
Eppure perché le era entrata così dentro?
Che sciocca, che domanda stupida e sciocca...
Sentiva lo scorrere delle sue dita su quella tastiera, così come le aveva sentite scorrere sul suo corpo dieci anni fa.
Quella canzone, non era una canzone, quella era la sua dichiarazione d'amore per Clarke.
Lo era sempre stata, lo era prima di conoscerla e loro era stata dopo.
Quella melodia era stata la sua compagna ogni notte da quando Clarke l'aveva lasciata.
Ogni notte per dieci lunghi anni aveva suonato quella canzone, per dieci lunghi anni aveva aspettato che lei tornasse e adesso?
<< Dio... >> probabilmente Costia credeva che la stesse dedicando a lei e Lexa si senti un poco incolpa, così come quando rimase ad osservarla e a rispecchiarsi in lei, ma Lexa non riusciva far altro che pensare a Clarke nel guardare i suoi occhi blu.
Le mancava, le mancava come l'acqua in un deserto << P-perdonami >> la vide andare via e la chiamò, ma non perché fosse Costia o perché l'amasse, anche se non riusciva a capirne il motivo, ma lo fece perché le sarebbero mancati quegli occhi e quei capelli così simili a quelli di lei, di Clarke, che le sembrò per un attimo di riaverla tra le sue braccia.
Quando sentì la porta chiudersi credette di averla persa di nuovo e crollò in ginocchio cominciando a piangere senza freno.
Non era Clarke! Non era Clarke!
Pianse sentendo il proprio cuore distruggersi e la gola seccarsi.
Lei non era Clarke...
Annaspò alla ricerca di ossigeno ripiegandosi in due per il dolore che sentiva nel petto.
Non era giusto...
Non era giusto che lei dovesse soffrire così, quando sicuramente Clarke l'aveva dimenticata...
Doveva andare avanti, doveva trovare un modo per andare avanti.
Lo doveva a se stessa prima che a Costia.
Tirò su col naso alzandosi in piedi e dirigendosi in bagno per lavarsi il volto bagnato.
Doveva dimenticarla per poter amare qualcun'altra.
Per dieci anni tutte le sue relazioni erano andate a rotoli, perché cercava in ognuna di loro Clarke.
Cercava in loro il suo sorriso, le sue fissazioni o i suoi lineamenti, ma Costia non si meritava tutto questo, Costia si meritava di più da lei e anche se ancora non riusciva a comprendere il perché tenesse tanto a lei, avrebbe fatto sì che si fosse sentita bene almeno in sua compagnia.
Non le avrebbe più chiesto il perché delle sue guardie del corpo o perché piangesse, l'avrebbe semplicemente ignorate e l'avrebbe consolata quando ne avesse avuto bisogno e tutto questo perché con lei stava bene, le doleva dirlo, ma era vero, con Costia si sentiva come con Clarke.
Al sicuro.

Dieci anni prima.

Ormai stavano insieme già da qualche mese e quando la sera prima l'aveva baciata, trascinandosi con lei fino in camera da letto, Clarke non si era ritratta.
Certo era stata un poco in imbarazzo e anche sorpresa, ma l'aveva amata quella notte con tutta se stessa.
Mentre lei la mordeva e la leccava nutrendosi del suo sapore, Clarke la baciava e riscaldava assaporandola con dolcezza, ma con la medesima intensità.
Era amore quello che le riscaldava il petto ogni volta che la vedeva?
Avevano litigato pesantemente il giorno prima e entrambe si erano ritrovate a piangere, eppure nessuna di loro si sarebbe aspettata questo risultato.
Avevano finito con fare l'amore, certo sapeva che la testardaggine di Clarke non avrebbe mai sorvolato sulle lotte clandestine e sicuramente avrebbe ripreso il discorso, magari anche lo stesso giorno, ma non quella mattina, perché quando riaprì gli occhi e trovò quelli di lei ad accoglierla le sorrise.
Uno di quei sorrisi che ti rallegrano di prima mattina, uno di quelli che vuoi incorniciare alla parete, ma ciò che la sorpresa ancora di più fu il bacio che ne segui.
Niente a che vedere con quelli passionali della sera prima, un bacio caldo e bello, pieno di affetto << H-hai fame? >> aveva la gola secca e Clarke se ne accorse perché rise di lei avvicinandosi e toccandole la fronte con la propria, intrecciando poi le dita con le sue << Sì >> le sussurrò baciandola ancora.
Fece uno sforzo immane per alzarsi e allontanarsi da lei e probabilmente anche Clarke provò lo stesso perché la seguì al piano di sotto, dopo aver indossato una sua maglietta, imitandola.
Aveva arrangiato una colazione con pane tostato, marmellata e barrette ai cereali e si detestò per non avere niente di meglio da offrirle, ma Clarke rise baciandola ancora, stavolta come a volersi saziare di lei e non esitò a chiederle di suonarle qualcosa dopo aver visto il pianoforte.
E l'aveva fatto obbedendo ai suoi ordini, volendo soddisfare ogni suo desiderio come un servo fedele con il suo padrone.
L'amava?
Le sue dita cominciarono a suonare molto prima che lei gliele potesse comandare, scorrevano sulla tastiera, trasmettendo tutto ciò che lei provava.
L'amava?
Chiuse gli occhi non riuscendo più a sostenere il suo bellissimo sguardo che tanto l'ammaliava.
L'amava?!
Se lo chiese mille e mille volte, temendo la risposta che si celava nel suo cuore.
Certo che l'amava.

 

CLARKE


Era corsa fuori e si ripiegò in due per riprendere fiato << Signorina >> << Vattene >> le riuscì a dire scacciandola all'indietro, ma non ne voleva sapere e rimase lì ferma << Vattene! >> gridò tornando dritta e stringendosi nel cappotto nero, ma non le obbedirono.
Voleva solo stare sola...voleva solo stare sola << S-soltanto per dieci minuti vi prego >> sussurrò indietreggiando fino ad appoggiarsi al muro dell'edificio.
Non ce la faceva più...
Era venuta fin lì per nascondersi, ma quando l'aveva vista, quando aveva sentito la loro canzone non ce l'aveva fatta a stare ferma e mentirle di nuovo.
Non poteva mentirle nel vederla soffrire così per colpa sua.
Una parte di lei ne gioiva, era felice che non l'avesse dimenticata, ma si sentiva così sporca nel provare quell'emozione...
Sentì l'aria mancarle di nuovo e chiuse gli occhi coprendosi la bocca con le mani inguantate.
Non era giusto che dovesse soffrire con lei...non era giusto...

Dieci anni prima

Era bellissima anche mentre i capelli le ricadevano sul viso per i movimenti che faceva.
Le sue dita stavano suonando per lei, quella musica era per lei.
Posò il latte e il pane tostato che aveva tra le mani e andò da Lexa, baciandola come aveva fatto la notte scorsa.
Intrecciò le dita dietro la sua nuca e sentì le sue braccia cingerle i fianchi, stringendola a sé.
O dio mio...
Si ritrovò a pensare, desiderando sprofondare nel verde marino dei suoi occhi.
O dio mio...
Amava i suoi gesti, amava i suoi capelli, le sue labbra, la sua pelle, le sue mani, amava ogni cosa che la componeva, amava il modo in cui la toccava, amava il modo in cui la guardava....
O dio mio...
L'amava...
Clarke tornò a guardarla con gli occhi umidi e la bocca socchiusa, rendendosene conto solo allora << I-io... >> annaspò alla ricerca delle parole << Anche io Clarke >> le fece capendo, perché anche lei stava provando lo stesso.
E Clarke non poté che gioirne.
La baciò di nuovo, la baciò sigillando quell'accordo tacito e le parole non dette tra le loro labbra.


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NA: Ciao carissime/i eccoci qua con un nuovo capitolo che spero vi abbia emozionato come ha emozionato me :) Se vi interessa o semplicemente vi incuriosisce sapere qual'era la canzone che mi ero immaginata che Lexa stesse suonando è questa:
https://www.youtube.com/watch?v=bujxo4rVfFs (Se vi va provate anche a rileggere il pezzo del pianoforte con la musica sotto, io l'ho trovato davvero emozionante, ma forse perchè sono di parte ahahahha) Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo e mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensiate della storia fino ad adesso quindi lasciatemi una vostra recensione buona o brutta che sia :)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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LEXA


<< Quindi vuoi dirmi che ogni file rubato da cinque aziende diverse servono solo per depistarci? >> Lincoln annuì aprendosi la giacca del completo facendosi avanti con il busto << Il punto è che non abbiamo ancora capito, chi vogliono colpire >> aveva iniziato a lavorare per lei dopo un lungo periodo nell'FBI e così adesso si occupava degli agenti dormienti della Natblida Corp. << Cosa...cosa vuoi dire? E' un'organizzazione terroristica? >> l'uomo annuì grattandosi il mento << Il problema è che non riusciamo a trovare alcun collegamento. Sono cinque aziende di cinque tipologie differenti: farmaceutica, produzione navale, trasporti, cosmetici e videogiochi? E' troppo strano >> scosse il capo e Lexa accavallò le lunghe gambe, massaggiandosi la tempia << Da cosa sono collegate tutte e cinque? >> si inumidì le labbra << Devi indagare più affondo, non mi importa se pesterai i piedi a qualcuno, trovami più informazioni e manda qualcuno ad indagare sotto copertura >> ordinò scuotendo la testa e alzandosi in piedi << Se è davvero un organizzazione terroristica dobbiamo fermarla >> ne aveva già smantellata altre in passato, dei fanatici sostenitori della natura, che avvelenavano persone con i propri farmaci o giustiziavano un amministratore delegato perché riversava scorie in un lago.
Salutò Lincoln vedendolo uscire.
Certo, lei era sostenitrice dell'eco ambiente e in parte poteva capire quei movimenti, ma arrivare ad uccidere era sempre sbagliato.
Sussultò nel sentire il proprio cellulare suonare nella speranza che fosse lei, ma invece era semplicemente l'agenda che le ricordava della riunione degli amministratori che si sarebbe tenuta l'indomani.
Guardò l'orologio e si chiese se andare o meno a trovarla.
Ma cosa le poteva dire?
Sicuramente aveva capito che la canzone non era per lei, altrimenti perché sarebbe scappata via?
Sospirò grattandosi la fronte << Signorina per oggi non ha altri impegni >> la informò Margaret e Lexa ne approfittò raccogliendo le proprie cose e decidendo di anticiparsi con la preparazione della cena all'amica.

Quando Anya entrò nel suo appartamento non era per niente tranquilla << Lexa non devi arrabbiarti >>.
Perché doveva arrabbiarsi?
Ma fu comunque felice che non si trattasse di sua madre << Perché non dovrei arrabbiarmi? >> la vide gettare la propria giacca sul divano, con la familiarità di chi ha vissuto per troppo tempo con lei << Oggi o meglio stamattina, un giornalista mi attendeva sotto il palazzo della Trisgeda >> Anya prese uno dei crostini ai peperoni << Un giornalista? >> annuì dopo aver letteralmente ingurgitato il pane tostato, probabilmente non aveva nemmeno pranzato << Voleva avere informazioni sulla famiglia Griffin... >> quasi le scivolò il concentrato di pomodoro che aveva tra le mani << C-che cosa? >> si voltò verso l'amica << Perché? >> << Perché anche lui si sta facendo la stessa domanda di tutti...che fine hanno fatto? Che fine ha fatto Clarke? >> Lexa si appoggiò all'isola << Non sei curiosa anche te di saperlo? >> << No... >> alzò lo sguardo sull'amica che si era accigliata << Perché se dovesse scoprire qualcosa di peggio?...io...preferisco stare nel mistero >> tornò a cucinare il sugo per la pasta << Io avvolte proprio non ti capisco >> Anya si tolse i tacchi dirigendosi poi in camera sua << Dove hai messo l'intimo nuovo? >> << Primo cassetto >> le rispose vedendola poi tornare indietro con l'accappatoio << Quanto manca? >> << Ce l'hai il tempo per una doccia >> Anya annuì andando poi in bagno.
Perché volevano indagare?
Assaggiò il sugo ai funghi porcini prima di spegnere la fiamma e dirigersi al frigorifero per tagliare un paio di cetrioli per l'insalata e anche della frutta da posare sul tavolo.
Una parte di lei voleva che diradassero la nebbia sui Griffin, ma l'altra parte, quella pessimista, aveva paura di scoprire che se ne fosse andata per sempre.
Fece un lungo respiro scacciando le lacrime all'indietro.
Odiava sentirsi così, ma non poteva ignorare ciò che era sopravvissuto in quei dieci anni.
Sapeva che se Clarke fosse tornata la sua vita si sarebbe sconvolta.
Si morse il labbro nervosamente ingoiando il nodo alla gola e togliendosi gli occhiali per massaggiarsi gli occhi.
La sua vita poteva anche precipitare per quel che importava a Clarke, probabilmente adesso era fidanzata o addirittura sposata e magari con dei figli, per quel che ne sapeva lei.
L'aveva dimenticata, l'aveva sicuramente dimenticata, altrimenti perché non contattarla?
Perché darle finte speranze?
Lexa ricordava ancora chiaramente le ore in spiaggia ad attenderla inutilmente.
Quel giorno era tornata distrutta a casa e Anya l'aveva consolata per ore, calmandola durante l'impeti d'ira e asciugandole il volto bagnato per i lunghi pianti.
Quando Clarke l'aveva lasciata senza dirle niente, lei si era sentita a pezzi, ma ancora non riusciva a capire perché quel sentimento non volesse assopirsi, come i precedenti.
Perché Clarke non voleva sparire dal suo cuore?
Cominciò a piangere senza rendersene minimamente conto, si ritrovò tra le braccia di Anya senza saperlo, stringendo tra le mani l'accappatoio in cui era avvolta.
Lei sapeva, lei, Anya sapeva sempre tutto.

 

CLARKE


Quando tornò a casa si sentiva peggio di quando era uscita, in parte perché stava fisicamente male e in parte per quello che era successo.
Era egoista a fare quello che stava facendo?
Osservava il suo contatto nella rubrica, desiderando volerla chiamare o anche mandarle solo un messaggio << Tesoro vuoi un po' di limonata? >> sua madre la raggiunse nella serra e Clarke si affrettò a bloccare il cellulare << No, sono a posto così >> fece rivelando il bicchiere di acqua che aveva in mano << Hai preso le medicine? >> le chiese e la bionda annuì con il solito imbarazzo che scaturiva da quella domanda.
Si rilassò ancora una volta sulla sedia in legno passandosi una mano trai capelli nel vedere la madre sedersi di fronte a lei << Hai il viso pallido >> l'ha informò e Clarke rise avvicinandosi alla donna preoccupata << Sto bene è solo un brutto periodo >> erano diventati tutti brutti periodi da quel giorno << Me lo devi dire se stai male >> l'avvertì la madre abbracciandola con tutta se stessa e quando si scostò da lei, continuò a stringerle la mano << So che quello che tuo padre ti ha chiesto è tanto cara, ma... >> << Lo fa per proteggerci, lo so >> finì la frase Clarke abbassando lo sguardo << Non volevo litigare con lui questa mattina, quando tornerà mi farò perdonare te lo prometto >> la vide sorridere un poco.
Anche sua madre ne aveva passate molte dopo quell'accaduto, anche lei come Clarke aveva dovuto rinunciare a molto, forse sicuramente a più di lei.
Ricordava ancora chiaramente i suoi pianti alla scoperta della morte della madre e il suo desiderio a voler partecipare al suo funerale inesaudito.
Sapeva che suo padre si sentiva in colpa per ciò che era accaduto e per ciò che stava accadendo, ma non era del tutto colpa sua.
Come poteva essere colpa sua?
Sospirò prendendo un sorso d'acqua << Lei ti ama? >> quella domanda fu una sorpresa più della persona che l'aveva posta << Ama ancora Clarke e Costia la sta mandando in confusione...dovevi vedere i suoi occhi >> era dannatamente dispiaciuta per ciò che le stava provocando << Quindi non ci sono possibilità che capisca che sei te? >> Clarke si strinse nelle spalle << Non lo so... >> posò il bicchiere sul piccolo tavolo bianco di ferro battuto << Io non posso dirti cosa sia la cosa migliore da fare, ma sono sicura che tu già la sappia >> certo che la sapeva, ma non voleva farla << E' già un pericolo esserti tenuta vicine le tue amiche, ma Lexa? >> la madre scosse la testa << Se lei davvero ti amava come dici, capirà, prima o poi capirà e farà saltare tutto...è troppo rischioso >> per una volta avrebbe voluto non avergliene parlato << Lo so >> i suoi occhi si inumidirono minacciando la fuoriuscita di lacrime, ma era stanca di piangere << Lo so! >> gridò alzandosi anche se non avrebbe voluto, ma più per esasperazione che per rabbia.
Si diresse alla porta prendendo il cappotto e seguita a ruota dalle sue guardie.
Voleva solo camminare in giardino da sola eppure non le permettevano nemmeno quello.
Estrasse il cellulare dalla tasca e tornò a fissare il suo numero, tornò a desiderare di chiamarla, ma allontanò tutto quello, allontanò il suo desiderio, i suoi sentimenti e premette “cancella”.
Lo fai per lei e per loro.
Continuò a ripetersi mentre il volto si bagnava nuovamente.
Lo fai per lei e per loro.
Continuò a ripetersi mentre Clarke moriva nuovamente e Costia tornava in vita.
Lo fai per lei e per loro.
Continuò a ripetersi mentre il suo cuore si disintegrava e le sue spalle tornavano dritte.
Lo fai per lei, lo fai solo per lei...

 

LEXA


Ormai erano giorni che cercava invano di contattarla, ma il ricordo di lei che saliva sull'auto ignorandola era ancora vivido nella sua mente.
L'aveva vista, era certa che l'avesse vista eppure...
Lexa strizzò i capelli portando all'indietro la testa così che adesso il getto dell'acqua le colpiva il volto.
Perché si comportava così?
Di certo non sarebbe andata da Costia nuovamente, del resto anche lei aveva un orgoglio.
Chiuse la doccia e si avvolse nell'asciugamano, uscendo infine dal bagno e sedendosi sul letto.
Aveva bisogno di distrarsi, scosse la testa e indossò l'intimo e un paio di pantaloncini insieme ad una maglia di cotone, scendendo infine verso la stanza insonorizzata.
Con i capelli che le bagnavano la spalla scoperta prese la chitarra e cominciò a suonare o meglio a strimpellare qualcosa.
Aveva contatto Raven per i progressi effettuati con l'organizzazione criminale, perché Costia non aveva voluto rispondere e ancora una volta si chiese che cosa diavolo le aveva fatto per meritarsi quel trattamento.
Fece una pausa per prendere qualche spartito e rilasciare un lungo sospiro.
Gli occhi che le aveva rivolto vedendola dall'altra parte della strada, l'avevano ferita.
Era stato uno sguardo freddo e privo di emozioni, come se per lei, Lexa non valesse più niente, come se il bacio del giorno prima non avesse avuto alcun valore come se i loro sentimenti non avessero più avuto valore.
Odiava sentirsi confusa, lo odiava più di qualsiasi altra cosa.
Posò la chitarra notando che non aveva svolto l'effetto desiderato e si diresse in salotto.
Anya la prendeva in giro per quel sentimento così profondo che provava verso una perfetta sconosciuta, perché alla fine Costia non era proprio quello?
Cosa sapeva di lei oltre al fatto che le piaceva l'arte?
Niente, non sapeva nemmeno dove abitasse...
Sospirò nuovamente aprendo il frigorifero per prendere una bibita fresca.
Non sapeva assolutamente niente di lei e allora perché l'amava?
Perché assomigliava a Clarke ecco perché.
Probabilmente per Costia non provava niente, l'aveva associata a lei e adesso quello che provava era solamente un riflesso di ciò che in realtà sentiva per Clarke.
Si sdraiò sul divano indossando gli occhiali e prendendo il libro che stava leggendo.
Ma Clarke non si meritava quei sentimenti, Clarke non si meritava più niente da parte sua.

 

CLARKE

 

Firmò le carte che l'assistente le pose davanti, non riconoscendo per l'ennesima volta quel nome sui i fogli << Quando sarò di ritorno voglio trovare i fascicoli dei nuovi videogiochi ideati dalla Signorina Reyes >> la informò chiudendo il capotto prima di uscire dall'edificio e si pentì di aver alzato lo sguardo, perché fu li che la vide.
I capelli castani erano raccolti in una alta coda, gli occhi erano delineati da una matita scura e il volto era illuminato da un sorriso meraviglioso.
Voleva sorriderle di riflesso, voleva andarle incontro e baciarla, ma non fece niente di tutto ciò, le rivolse uno degli sguardi più orribili che sapesse assumere, freddo e distaccato, lontano anni luce dai suoi veri sentimenti e montò sull'auto dai vetri oscurati.
L'aveva ferita ancora una volta, ma sperava con tutta se stessa che fosse l'ultima, perché lei per prima non l'avrebbe più sopportato.
Deglutì a fatica nello scacciare le lacrime << Dal Dottor Sinclair >> ordinò all'autista che si mise subito in moto.
Lexa aveva ancora una possibilità e lei non poteva portargliela via, non poteva, non dopo tutto quello che le aveva fatto passare.
Si massaggiò il collo e prese una delle ultime pasticche rimastele, abbandonandosi poi contro lo schienale della berlina.

Dieci anni prima.

Faceva freddo e le luci erano tutte spente, non c'era modo di poter scorgere niente.
Le sue mani non smettevano di tremare per la paura eppure perché continuava a pensare a Lexa?
Dovevano passare le vacanze insieme prima del college, visto che entrambe ne avrebbero frequentato uno diverso dall'altra.
Probabilmente adesso la stava aspettando sulla spiaggia...
Sussultò quando sentì dei passi e si coprì la bocca con le mani.
Non gli aveva mai sentiti parlare inglese o una lingua che lei conoscesse...
Voleva tornare a casa...voleva solo tornare a casa...


Si torturò le dita delle mani e come ogni volta che ne parlava si ritrovò a piangere << Vuole un bicchiere d'acqua? >> le chiese il dottore e lei scosse la testa << N-no... >> si passò una mano sul volto, asciugandosi le lacrime << H-ho solo bisogno di un momento >> aggiunse stringendo il bracciale della sedia tra le mani mentre il Dottor Sinclair annuiva annotando qualcosa sul blocchetto appoggiato sulla gamba << Come è stato rivederla? >> lui sapeva quanto il ricordo di Lexa l'avesse aiutata << Difficile... >> si aggiustò gli occhiali tornando poi a guardarla dandole il tempo di trovare le giuste parole << E' stata dura rivederla e non poterle raccontare tutto >> si fece avanti con il busto inumidendosi le labbra << Ma ho presa la decisione più giusta >> l'uomo si accigliò posando per un attimo la penna << Qual'è stata la decisione che ritiene giusta? >> << Allontanarla >> << E pensa che sia davvero così? >> Clarke si passò nervosamente una mano trai capelli tornando ad appoggiarsi allo schienale << Non lo so... >> sussurrò fissando la fondina al fianco del dottore << In realtà non lo so...i miei genitori ritengono di sì >> << Per la vostra sicurezza >> Clarke annuì alzandosi in piedi << Sì, loro ritengono che possa essere un pericolo per me e per loro >> << Ma voi la pensate diversamente >> << E come potrebbe esserlo? >> tornò a sedersi << Come potrebbe essere un pericolo ciò che prova per me? >> le chiese e il dottor Sinclair posò il blocco sul mobiletto affianco a lui << Non posso rispondere a questa domanda Signorina Braun >> << Se davvero allontanarla è la cosa giusta, perché mi sento morire? >> sospirò tenendosi la testa tra le mani << Se davvero allontanarla è la cosa giusta per sopravvivere, devo considerare la vita come solo e soltanto sopravvivenza? >> chiese ancora più in confusione di quando era entrata << Perché allora preferirei morire >> << Ha istinti suicidi? >> Clarke si accigliò sconvolta << C-cosa? No! Dio mio...no >> si grattò il palmo della mano alzandosi nuovamente << Non ho mai pensato di uccidermi e non lo penso...è solo che sono stanca di nascondermi e mi sembra che tutta questa storia non avrà mai fine... >> si avvicinò alla finestra con le tende chiuse << E ho come la sensazione di soffocare... >> si massaggiò la gola inumidendosi le labbra << O di non saper più respirare >> le sue mani cominciarono a tremare e Clarke le serrò a pugno << Continua a prendere i medicinali? >> << Sì, ma gli incubi non scompaiono e gli attacchi non diminuiscono >> tornò a sedersi accavallando le lunghe gambe << Comincio a credere che non scompariranno mai, i loro volti non scompariranno mai... >>.

Represse l'ennesimo brivido e posò il pennello.
Doveva davvero andare per forza così?
Si alzò in piedi e si diresse in bagno dove rigettò il pranzo di quel pomeriggio, quando ebbe finito si trascinò fino al lavabo dove si sciacquò il volto caldo e non riconobbe il proprio volto nel riflesso che le si presentava davanti.
Che fine aveva fatto la ragazza allegra e spensierata?
Che fine avevano fatto tutti i suoi sogni?
Sospirò nel sentir bussare alla porta << Signorina state bene? >> attese ancora qualche secondo prima di andare ad aprire alla guardia James << Sì, sto bene ora puoi pure correre ad avvertirlo >> rispose acida tornando nella stanza in cui vi era il dipinto.
Le sue mani tremavano un poco, ma lei le ignorò, così come da giorni ignorava la febbre e tornò a disegnare, tornò a sognare di essere Clarke e non più Costia.

Dieci anni prima.

Lexa avrebbe avuto uno spettacolo da li a qualche giorno e per questo passava intere giornate ad allenarsi con il violino, ignorandola completamente, ma Clarke non si offendeva, anzi ne approfittava per disegnarla nel suo blocco degli schizzi, così anche adesso mentre Lexa provava e provava lo stesso pezzo più volte, Clarke era seduta in un angolo, quasi invisibile e la ritraeva sulla carta, rimanendo avvolte a guardarla per ore << Basta non ce la faccio! >> esclamò ad un tratto la mora facendo cadere il violino e la bionda quasi temette che si spaccasse << Sei impazzita?! >> esclamò raccogliendolo come se fosse stato una sua tela << Non mi riesce >> << Non è vero, ti serve solo pratica >> ribatté Clarke consegnando di nuovo lo strumento tra le sue mani << E sono sicura che tu ce la possa fare, anche perché ti picchierei se non ci riuscissi >> Lexa si accigliò tornando a sedersi << E perché mai? >> << Perché vorrei riuscire a sentire anche solo per una volta l'intera melodia >> fece alzando le mani al cielo e tornando nel suo angolino << Sai che tortura dover sentire ogni volta lo stesso pezzo? >> << Nessuno ti obbliga a stare qui >> Clarke le sbuffò << Sono qui per il mio disegno >> informò alzando il foglio che teneva tra le mani come fosse un tesoro << Sai vero di avere dei seri problemi? >> la canzonò Lexa e Clarke si finse offesa << Almeno io riesco a disegnare >> la mora rimase a bocca aperta << Su continua ad esercitarti >> continuò l'altra ignorando completamente la sua smorfia << Così io riesco a finire il mio disegno e tu potrai andare allo spettacolo >> Lexa sospirò prendendo poi un lungo respiro, tornando a suonare di nuovo.
In realtà non le importava se riuscisse o meno ad imparare completamente la musica, perché per lei sarebbe sempre rimasta bellissima, anche adesso che aveva i capelli raccolti in una treccia, la fronte corrucciata, gli occhi attenti e la bocca leggermente socchiusa, la trovava spettacolare.
Sorrise silenziosamente ricordandosi come l'una avesse dichiarato l'amore all'altra e del litigio venuto subito dopo per le lotte clandestine.
Rise ancora rendendosi conto quanto sciocca fosse quella parola di cinque lettere, eppure era vero, l'amava e per nessuna ragione al mondo l'avrebbe persa.


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NA: Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e vi abbia emozionato :) Da questo punto in poi inizieremo a scorgere un po' di più il passato di Clarke e a conoscere il perché del suo cambiamento così profondo nel frattempo fatemi sapere che cosa ne pensate di questo capitolo e alla prossima :)

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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LEXA

 

Venne svegliata dal bussare incessante alla porta.
Si può sapere chi diavolo era a quell'ora della notte?
Con stanchezza e con ancora il sonno ad appesantirle gli occhi si diresse ad aprire e si svegliò completamente per la sorpresa di vedere una Costia completamente fradicia sull'uscio << M-mi dispiace... >> le sussurrò afferrandole il volto e baciandola, facendola indietreggiare all'interno.
Le sue labbra erano fredde e le sue mani erano calde, quasi bollenti << Perdonami >> ripeté tra un respiro e l'altro.
Indossava il pigiama?
Costia crollò inginocchio ai suoi piedi e Lexa si chinò di fronte a lei preoccupata << Giusto in tempo >> disse ridendo stringendo nuovamente le sue mani tra le sue.
Dov'erano le sue guardie?
<< Costia che cosa succede? >> le chiese sentendo il suo e il proprio respiro accelerare << Niente...non succede niente... >> rispose baciandola ancora, con sempre più passione e Lexa si ritrovò a ricambiarla, desiderando quel bacio più di quanto avesse voluto.
In quel momento non le importava del perché fosse senza guardie o del perché fosse piombata a casa sua a quell'ora della notte, perché in quel momento era il suo sapore tra le labbra a riempirle i pensieri.
Quando tornarono a guardarsi trovò il suo sorriso a ricambiarla << Non avrei dovuto allontanarti...non avrei dovuto >> aveva la mano sul suo petto e riusciva chiaramente a sentire il battito irregolare del suo cuore << C-costia stai bene?> l'altra rise ancora annuendo freneticamente << S-sì >> la baciò ancora e ancora fino a che Lexa non la scostò costringendo se stessa e lei a quella tortura << Non stai bene >> sentiva il suo fiato farsi sempre più corto << N-non mi importa... >> ribatté l'altra sorreggendosi alla parete nel tentativo di alzarsi, ma ricadendo malamente sul pavimento << Stai ferma e dimmi cosa succede >> la vide battere le ciglia un paio di volte << Capita avvolte... >> prese un lungo respiro sempre ridendo << Ma non mi importa, non imp... >> Costia le ricadette sul petto e il respiro lentamente cominciò a farsi sempre meno presente.
Che cosa stava succedendo?
<< N-non chiamare l'ambul..anza >> Lexa si accigliò a quella richiesta e le sue mani cominciarono a tremare per paura quando vide i suoi occhi chiudersi.
Che cosa doveva fare?
La sollevò portandola in camera da letto, prima di tornare indietro per chiudere la porta e prendendo poi il telefono dalla cucina mentre faceva ritorno alla stanza da letto digitando il numero d'emergenza.
Costia aveva il volto pallido e delle profonde occhiaie le delineavano gli occhi << Nove uno uno, qual'è l'emergenza? >> le aveva chiesto di non chiamare l'ambulanza, probabilmente non sapevano che era lì << Nove uno uno, con chi sto parlando? >> vide il suo petto alzarsi e abbassarsi e il respiro cominciare a regolarsi lentamente << Può parlare? >> spense il contatto con la centralista avvicinandosi alla bionda.
Era venuta lì per nascondersi?
L'aveva ignorata solo qualche settimana fa e adesso...
Sfiorò le proprie labbra sentendo ancora una volta quel bacio così familiare tra di esse << Perché mi ricordi lei? >> si ritrovò a chiedere a niente e nessuno, dirigendosi in bagno per prendere uno di quei cerotti contro la febbre che le applicò sulla fronte e sulle guance, spogliandola dal capotto fradicio.
Non sapeva che cosa dovesse fare, ma almeno la febbre sapeva come abbassarla.
Rimase sveglia finché il battito di Costia non tornò normale e il suo respiro si fece più tranquillo, dopodiché si addormentò con la mano ancora stretta tra le sue.

Quando si svegliò trovò i due oceani intenti ad osservarla << Buongiorno >> le sussurrò mentre alzava la testa dal materasso, appoggiandosi allo schienale massaggiandosi il collo dolorante con la mano libera, visto che l'altra era ancora intrecciata con quella di Costia << 'Giorno >> riuscì a dire dopo aver riacquistato un po' di contegno << Scusami per ieri notte e grazie per non aver chiamato l'ambulanza >> Costia si era tolta i cerotti, ma il volto era ancora pallido e per chi aveva l'occasione di osservarla come Lexa in quel momento, poteva notare i piccoli brividi e la voce stanca e roca << Posso sapere che cosa è successo? >> la bionda le sorrise facendole spazio nel letto e invitandola a sdraiarsi accanto a lei, cosa che Lexa non rifiutò visto quanto era indolenzita << Avvolte mi capita di avere degli attacchi, sopratutto quando provo forti emozioni >> le disse abbassa voce scostandole una ciocca dal volto e avvicinandosi con il proprio << Ma non è niente di grave >> aggiunse continuando a rispecchiarsi nei suoi occhi << Perché mi hai allontanato? >> voleva sapere, almeno quelle cose voleva saperle, non poteva continuare ad avere il timore che potesse decidere di andarsene da un momento all'altro, perché non poteva sopportarlo << Perché è pericoloso che io stia con te... >> le sussurrò avvicinandosi ancora di più così che adesso Lexa poteva sentire il suo respiro sulle labbra, ma non vi era alcun tipo di malizia in tutto ciò << Ho provato a rinunciare a te, ho persino cercato di allontanarti, ma non ci riesco... >> la baciò sfiorandole appena le labbra << E starti lontana è peggio di starti vicina >> aggiunse e stavolta fu Lexa a cercare la sua bocca e la sua lingua.

 

CLARKE

 

Sentì la sua mano inserirsi sotto la maglietta e risalirle l'addome fino a raggiungere il reggiseno.
Si inarcò quando la stuzzicò e le morse prima la clavicola e poi il collo << A-aspetta... >> fece cercando di allontanarla, ma inutilmente perché si ritrovò a baciarla ancora e a sprofondare nell'odore di frutta che aveva sognato per tutti quegli anni mentre Lexa si inseriva con l'altra mano sotto i pantaloncini.
<< L-lexa... >> la chiamò quando sentì la sua mano tirare la maglietta.
Non voleva che le vedesse, ma fu troppo tardi quando riuscì a riacquistare un attimo di controllo perché Lexa le aveva già tolto la parte superiore del pigiama << C-che cosa? >> si maledisse mordendosi un labbro e rimettendosi dritta sotto di lei << N-non avresti dovuto vederle >> si tolse da sopra di lei così che adesso le era seduta di fronte, permettendole anche di appoggiarsi allo schienale del letto << Chi te l'ha fatte? >> indicò una delle due cicatrici, rimanendo a fissare quella vicino al bacino che si allungava un po' fino alla schiena e Clarke si affrettò a coprirsi << Non avresti dovuto vederle figurarsi sapere come me le sono procurata >> le sorrise anche se non avesse voluto << E' per quello che hai le guardie del corpo? >> la bionda sospirò prendendo uno dei cuscini e stringendolo sul petto << In parte >> << Perché non volevi che le vedessi? >> ancora una volta allontanò quel desiderio malsano di raccontarle tutto << Perché non è una cosa di cui ho voglia di parlare >> si sentiva a disagio così si alzò appoggiandosi per un attimo alla parete << Stai a letto, possiamo cambiare discorso e io posso spostare gli appuntamenti di oggi a domani >> le fece alzandosi e parandolesi davanti << Torna a stenderti, sei un straccio >> aggiunse e Clarke si ritrovò a sorridere essendo consapevole di quanto fossero vere quelle parole, così le obbedì, ma non si sdraiò tornò ad appoggiarsi allo schienale del letto con le gambe distese << Che cosa ti va di mangiare? >> le chiese rimanendo in piedi e raccogliendosi i capelli con un gommino << Non lo so, la casa è tua >> Lexa sembrò soppesare quelle parole alzando poi le sopracciglia confutando l'ovvio << Preferisci i pancakes o magari il bacon o le croissant? >> la fece ridere il modo con cui finse un finto accento francese per quell'ultima parola << A questo punto preferisco le croissant >> si ritrovò a ridere di gusto dopo anni e anche Lexa sembrò felice e soddisfatta del risultato mentre usciva per andare in cucina.
Non avrebbe davvero voluto che le vedesse.
Si alzò nuovamente la maglietta e con le dita toccò la seconda cicatrice che era situata un poco più in basso del seno sinistro, una perfetta linea che percorreva il costato.
Represse un brivido nel scrollarsi dalle spalle quel ricordo.
Non voleva pensarci così cominciò ad osservarsi intorno, sorrise nel vedere i numerosi flaconi di creme, trucchi e profumi vicino alla specchiera e la loro foto di diploma incorniciata alla parete.
C'erano tutti, Lexa, Lincoln, Octavia, Anya e Raven, ma ciò che la colpì fu il suo sorriso...un sorriso che ormai non le apparteneva più << Ecco fatto >> sbatté le ciglia un paio di volte tornando al presente, giusto il tempo per vedere Lexa sedersi con in mano un vassoio con due bicchieri di spremuta e un piatto di dolci << Presi direttamente dalla mia riserva personale >> la fece ridere quella battuta e probabilmente le stava facendo proprio per raggiungere quell'obbiettivo << Che cosa ti va di fare? >> le domandò mentre spezzava una brioches ai frutti di bosco con le dita << Niente >> era sincera, dopo anni era sincera << Niente? >> << Niente, voglio rimanere a poltrire con te >> la sua risata le stuzzicò le orecchie e ancora una volta le ricordò quanto le era mancata << E cosa facciamo con le tue guardie? >> << Saranno già sulla porta >> Lexa si accigliò << Non è possibile >> Clarke alzò un sopracciglio in senso di sfida << Vogliamo scommettere? >> la vide alzarsi e dirigersi all'uscio per poi tornare con sguardo sconvolto e sorpreso << C-come è possibile? >> << Le chiamano guardie del corpo proprio per quello >> sorrise di nuovo nel guardare gli occhi sgranati mentre tornava a sedersi << Come fai? >> si ritrovò a chiederle e Clarke prese un sorso del succo d'arancia << Ci si fa l'abitudine >> non era vero, non vi si faceva mai l'abitudine, si sopportava e basta << Non è possibile farci l'abitudine >> ribatté la mora scuotendo il capo << Posso? >> la vide accigliarsi e Clarke si potrò in avanti liberando la lunga chioma, tornando a rispecchiarsi nel verde di quegli occhi che tanto amava << C-credo che sia il caso che tu riposa >> riuscì a dire con voce un poco roca togliendo poi le stoviglie e quando poté, Clarke l'afferrò per un braccio trascinandola a sé, impedendole di sfuggirle ancora una volta << Non ti lascerò più, te lo prometto >> le disse sapendo di rassicurarla e la osservò ancora per qualche secondo prima di baciarla, stringendola forte a sé con il timore che potesse scivolarle dalle mani ancora una volta.
Assaporò le sue calde labbra, il sapore della loro colazione e quando si lasciò scivolare contro i cuscini e Lexa salì nuovamente sopra di lei, la lasciò fare.
Lasciò che la mordesse e la leccasse, reprimendo le grida e stringendo forte a sé i suoi capelli e le lenzuola, attirando di tanto in tanto il suo volto per poterlo ammirare e baciare più e più volte, come non aveva potuto fare in quegli anni.
Si saziò di lei come di un assetato in un oasi del deserto e quando toccò a lei, la ricambiò con l'amore che aveva nascosto e assopito in dieci lunghi anni.
L'amò come aveva sognato mille e mille volte di fare, toccandola e accarezzandola come un gioielliere toccherebbe la pietra più preziosa.

Dieci anni prima.

Quanto tempo era passato?
Da quanto era lì?
Strinse le mani intorno alle barre di ferro a cui appoggiò la propria fronte.
Era stanca di tutta quell'umiliazione...
Che cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto quello?
L'orgoglio e la vergogna perdono di significato quando sei costretto a cagare in un barattolo di fronte a volti sconosciuti, vicino al posto in cui dormi.
All'inizio si era ribellata e non voleva mangiare, ma quando uno di loro entrò nella gabbia costringendola con la forza non osava più rifiutarsi.
Aveva ancora i lividi delle sue forti mani intorno alla mandibola.
Piangere era inutile, non sembrava nemmeno che la notassero, ma voleva solo che spegnessero la luce.
Ormai erano ore o giorni che era accesa?
Tossi convulsamente.
Nemmeno un animale meritava quel trattamento.
I suoi genitori si erano dimenticati di lei?
Lexa si era dimenticata di lei?
Pianse come la ragazzina di diciotto anni che era, chiedendosi ancora una volta perché dovesse capitarle tutto ciò.


Si svegliò di soprassalto con il fiato corto e i capelli sul volto << C-costia? >> Lexa con la voce un poco assonata l'affiancò depositandole un piccolo bacio sulla spalla << E' solo un incubo >> le fece Clarke continuando a fissare la parete color pesca di fronte a lei << Non sembra essere solo un incubo >>.
Stava avendo un altro attacco?
Cominciò a piangere senza rendersene conto << Spegnila ti prego... >> supplicò alla mora quando accese la luce per essere subito esaudita.
Si osservò le mani tremanti quando quelle di Lexa si misero nella sua visuale << Ascolta il mio respiro >> Clarke si voltò lentamente e con aria confusa cominciò ad imitarla << N-non funziona... >> riuscì a dire dopo vari tentativi e l'altra scosse la testa << Funzionerà vedrai >> le strinse le mani tra le sue, attirando nuovamente la sua attenzione che si era spostata sulle luci pomeridiane che fuoriuscivano dalla tenda tirata.
La vista cominciava ad appannarsi << Andrà tutto bene >> continuò a rassicurarla asciugandole il volto << Va tutto bene... >> Clarke annuì anche se non capiva il perché e continuò ad imitarla finché il suo respiro non tornò regolare << Visto ha funzionato >> si ritrovò a piangere di nuovo, stringendosi forte a lei con le sole lenzuola a dividerle dalla pelle nuda l'una dell'altra.
Si lasciò cullare tra le carezze e i sussurri di Lexa, finché non riacquistò la propria sicurezza e allontanò quel brutto ricordo dalla sua mente << Non ti chiederò cosa è successo >> le disse una volta tornate a guardarsi << G-grazie... >> riuscì a dire tra i singhiozzi e quando la vide alzarsi e indossare una t-shirt extra-large gliene rubò una, seguendola in cucina, non volendo rimanere da sola << Visto che abbiamo tutti i coltelli cosa vuoi che ti cucini? >> le chiese sarcasticamente riferendosi alla prima volta che Costia era venuta nel suo appartamento << Non so cosa tu sappia cucinare >> << D'accordo sembra che tu sia una persona indecisa, vedrò di stupirti >> raccolse i capelli con una matita e Clarke represse il desiderio di scioglierli nuovamente.
Si massaggiò i polsi allontanando ancora la sensazione del sogno e si incamminò verso una delle numerose stanze << Non aprirla >> l'avvertì Lexa quando la sua mano si posò su una maniglia << Perché? >> la vide avvicinarsi e allontanarla dalla porta << Perché...non la apro nemmeno io, è la camera di mio fratello >> Clarke si accigliò sedendosi su uno degli sgabelli dell'isola << Da quando mia madre è morta io e lui...ecco ci siamo allontanati >> ricordava chiaramente quanto forte fosse il suo legame con Aiden e probabilmente adesso ne soffriva molto << Mi dispiace >> sembrava ipocrita pronunciato dalle labbra di Costia, perché in fondo lei non sapeva veramente niente di Lexa << Eravate molto legati? >> << Come potrebbero esserlo un fratello e una sorella >> le sorrise tornando a cucinare quella che sembrava una zuppa << E per quale ragione vi siete allontanati? >> la mora si inumidì le labbra << Mi accusa della morte della mamma >> la vide sospirare << Ma la verità è che deve incolpare qualcuno e io sono l'esca più facile >> aggiunse assaggiando poi con il cucchiaio << Che cosa è successo? >> la vide coprire la pentola e avvicinarsi a lei dopo aver preso due bottigliette d'acqua << Sette anni fa le fu diagnosticata una grave malattia al ventricolo sinistro e il medico le disse che doveva assolutamente rimanere a riposo, ma venne a scoprire di alcune mie scorribande >> Clarke si accigliò prendendole le mani tra le sue << E ha avuto un attacco cardiaco, da lì non si è più ripresa fino a che... >> si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo << In parte forse è vero ed è colpa mia, ma qualsiasi cosa dica o faccia, sembra che Aiden non sia disposto a perdonarmi >> tornò dritta e aprì la bottiglia prendendo un sorso << Non devi incolparti di quanto accaduto >> si alzò dallo sgabello e le andò vicino << Non è colpa tua >> l'abbracciò e stavolta fu lei a stringersi intorno al suo corpo << Purtroppo le brutte cose capitano >> le fece accarezzandole la testa.
Era vero che le brutte cose capitavano e Lexa non aveva la più pallida idea di quanto quelle parole potessero essere vere.

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NA: Che ne pensate? Avete cominciato ad intuire qualcosa? Fatemi sapere e alla prossima :)

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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RAVEN

Lei e la signorina Braun non erano grandi amiche, erano socie sì, ma il loro rapporto non si era mai elevato ad altro.
Di certo non era colpa sua, lei ci aveva provato a superare quelle barriere che la circondavano, ma ogni volta che le sembrava di aver fatto un passo in avanti in realtà ne aveva fatti trenta indietro e proprio per quello rimase molto sorpresa di trovare uno schizzo di Lexa sulla sua scrivania.
Posò i fascicoli che le aveva richiesto e prese quel foglio tra le mani.
Che le piacesse disegnare?
<< Che cosa stai facendo? >> si voltò di scatto, imbarazzata per essere stata colta sul fatto << H-ho lasciato i dossier che mi hai richiesto >> era impossibile non notare il foglio che teneva tra le mani << Posalo >> ordinò e Raven si morse un labbro.
Non stava esagerando?
Alla fine sapeva che stava frequentando Lexa << Hai bisogno di altro? >> la vide sedersi sulla sua poltrona nera e nascondere il disegno in un cassetto.
Era in imbarazzo?
<< Sì, è tutto >> si voltò dirigendosi alla porta, ma tornò sui propri passi << Non fateglielo vedere >> l'avvertì e la bionda si accigliò << Il disegno, non mostratelo a Lexa >> << E perché mai? >> Raven si strinse nelle spalle << Perché porterebbe a galla solo brutti ricordi e se davvero tenete a lei, non mostrateglielo >> vide una strana ombra passare sui suoi occhi << La conosci così bene? >> le chiese incrociando le mani sul tavolo << Era la fidanzata di una mia cara amica e una mia amica, ma non so molto di lei, a parte che è evidente che provi ancora qualcosa per Clarke...o mio dio questo forse era meglio se non lo dicevo >> si maledisse per esserselo fatto sfuggire, ma si sorprese ancora di più per la reazione di Costia che sorrise appena << Lo so, sembra che io debba competere con lei >> commentò sarcastica.
Che Lexa gliene avesse parlato?
<< E' tutto? >> Raven vi pensò allungo prima di annuire e uscire dalla stanza, lanciando appena un ultimo sguardo alla donna che sembrò rattristarsi.
Aveva davvero fatto un casino e forse era il caso di avvertire Lexa?

 

LEXA


Stava assistendo ad una delle riunioni più importanti della Natblida, ma non riusciva a togliersi dalla testa le cicatrici di Costia.
Chi mai poteva fare una cosa del genere?
Il suo sguardo era stato così triste e malinconico.
Adesso cominciava a capire il perché delle guardie del corpo.
Quindi questo individuo continuava a perseguitarla?
Che cosa poteva mai volere da lei?
Incrociò le mani sul tavolo inumidendosi le labbra, desiderando essere con lei adesso invece che con quel gruppo di soci.
Avrebbe voluto parlarle, avere delle risposte, ma Costia non poteva fornirgliele, ma sopratutto voleva capire perché le ricordasse Clarke, in ogni movimento, in ogni frase, in ogni gesto le sembrava di vederla.
<< Che cosa ne pensate Signorina Natblida? >> non stava seguendo molto l'incontro, ma Anya le aveva insegnato a rispondere in casi come quelli << Credo che il Signor Hamilton debba finire di esporre la sua idea prima >> la giovane donna che da anni aspirava a salire al suo posto come amministratrice si morse un labbro tornando poi a seguire la riunione.
Erano arpie, non poteva distrarsi un attimo che erano pronte ad attaccarla.
Non ti lascerò più, te lo prometto.
Quanto potevano essere vere quelle parole?
Se davvero qualcuno minacciava la sua vita, come poteva mantenere quella promessa?
Represse un brivido nel ricordarsi il dolore che aveva provato per l'abbandono di Clarke.
Non l'avrebbe sopportato di nuovo, a malapena era riuscita a superarla la prima volta, ma una seconda?
Si passò una mano trai capelli rilassandosi sulla poltrona.
Avrebbe dovuto sopportare ancora un'ora prima di rivederla di nuovo: Costia l'aveva invitata a cena, senza però specificarle dove.
Si era messa d'accordo con il suo autista a sua insaputa, l'aveva definita una sorpresa.
Sorrise per quel suo modo di fare e ciò non passò inosservato agli azionisti << Qualcosa la diverte? >> stavolta aveva anche seguito ciò che si dicevano quindi quella domanda non la prese di sorpresa << Non pensate che l'idea del Signor Hamilton abbia del comico? >> gli uomini compreso quello chiamato in causa si accigliarono << Come può pretendere di aumentare il profitto se diminuisce la manodopera? >> stava per rispondere, ma Lexa si fece avanti con il busto facendoli cenno di stare zitto << Quello che mi sta offrendo è semplicemente la diminuzione dei costi, non l'aumento dei ricavi. Se oggi si fosse presentato con un esempio di manodopera a basso costo, ma che mantenga alto la nostra produzione, avrei acconsentito, ma quest'idea di licenziare non ha alcun valore per me >> concluse facendo cenno al prossimo di esporre la propria idea.
Non le importava che il Signor Hamilton potesse prenderla sul personale, perché tanto l'avrebbero sempre presa sul personale.

La berlina parcheggiò di fronte a “La Vida Mexicana” e Lexa si accigliò per quel nome.
Non che non fosse abituata a frequentare luoghi di quel genere, ma che Costia vi andasse era una completa sorpresa << Eccoti! >> esclamò sorridendo e venendole incontro per poi baciarla << Credevo non ti piacessero i cibi forti >> si morse un labbro << Infatti è così, ma qua hanno il privé, quindi le guardie del corpo possono stare fuori >> Lexa rise ricordandosi come Clarke cercasse in ogni modo di creare dell'intimità fra di loro durante le uscite all'esterno << Però dovrai anche mangiare qualcosa >> entrarono all'interno e la vide togliersi la sciarpa e quasi si innamorò del modo in cui i biondi capelli le ricaddero sul cappotto nero << Io e Marcel siamo grandi amici, cucinerà qualcosa per me, vero? >> quello che sembrava essere lo chef del ristorante annuì, facendole cenno di seguirle.
La vida Mexicana non era un ristorante molto frequentato né di lusso, tant'è che vi erano tavoli in legno ricoperti da una tovaglia rossa e così era allestito anche il privé, solo che le sedie in legno erano state sostituite da un divano nero << O mio dio...non ti ho chiesto se a te piacesse il messicano, ti piace? >> Lexa annuì imitandola e togliendosi il capotto << Come stai? >> le chiese toccandole una guancia con il dorso della mano e trovando la pelle ancora un poco calda << Non dovresti uscire >> l'ammonì e Costia si strinse nelle spalle << Non si abbasserà solo perché ho conosciuto te >> prese il menù e socchiuse leggermente le labbra << E ormai ci ho fatto l'abitudine >> aggiunse stringendo la propria mano nella sua << Come è andata la riunione? >> le fece e Lexa la osservò ancora per qualche minuto preoccupata << Bene, ma ero un po' distratta a dire il vero >> Costia si accigliò chiudendo la lista e guardandola << A cosa pensavi? >> in un primo momento glielo avrebbe voluto dire, ma poi gesticolò con la mano << A niente, vari pensieri, ma niente di importante >> chissà quanto cose aveva dovuto affrontare, non poteva stressarla con la sua curiosità e le sue domande senza risposta << Sei sicura? >> probabilmente aveva capito, ma era del tutto decisa a sorvolare << Sì, sicura. Che hai deciso? >> prese il menù tra le mani cominciando a scorrere la lista e Costia rimase ad osservarla ancora per qualche minuto prima di imitarla.
Entrambe volevano parlare, ma entrambe sapevano di non poterlo fare...

Si massaggiò gli occhi entrando in casa e cominciò a spogliarsi, completamente esausta da quel giorno così pieno.
Sospirò indossando una camicetta nera che le arrivava fino alle ginocchia e raccolse i lunghi capelli in una coda, ricordando ancora una volta il modo ossessivo di Costia di liberarglieli.
Anche a Clarke piacevano sciolti.
O mio Dio...
Doveva trovare un modo per liberarsene.
Prese un bicchiere di vino sedendosi sul divano e accendendo la televisione.
C'erano così tante somiglianze in lei che era normale le tornasse in mente così spesso.
Il modo in cui arricciava il naso, il suo sorriso e...erano troppe le cose in comune, era impossibile non pensare a Clarke.
Prese un sorso zittendo il televisore, ma lasciando che le figure illuminassero il buio della stanza.
Anche il modo con cui l'aveva amata la notte scorsa, le aveva ricordato lei.
Era Dio che la puniva per qualcosa nella sua vita precedente?
Si grattò la fronte alzando gli occhi al cielo, per bagnarsi nuovamente le labbra con il vino rosso.
Confusione, era in piena confusione.
E se non amava Costia ma solo ciò che le faceva ricordare?
E se una volta che Clarke fosse riapparsa, Costia non avesse avuto più valore per lei?
Si diede della sciocca scuotendo la testa.
Perché mai Clarke sarebbe dovuta riapparire?
E sopratutto perché sarebbe dovuta venire da lei?
Clarke si era dimenticata di lei quel giorno sulla spiaggia.
Clarke non sapeva nemmeno chi fosse Lexa.
Lexa non sapeva nemmeno dov'era o chi fosse diventata Clarke.
Era semplicemente scomparsa in quella notte d'estate senza dirle niente, sconvolgendo la sua vita come non mai.

Dieci anni prima

<< Lexa fermati! >> le gridò Anya seguendola sulla spiaggia << Perché mai? >> << Perché avevi detto che avresti smesso! >> nel sentire quella frase scoppiò a ridere, ma era una risata triste e amara << Ho aspettato che tornasse, l'ho chiamata ininterrottamente per giorni, per poi sentirmi dire che si è trasferita?! Che vada al diavolo! >> alzò le mani al cielo dirigendosi verso la folla << Avevo promesso per lei, per lei e lei soltanto avevo giurato di smettere, ma sai che ti dico? Spero che lo rovini questo volto che lei tanto amava! >> esclamò e Anya la schiaffeggiò << Smettila...ti prego, mi fai paura... >> la trattenne per le braccia impedendole di scappare << Hai il cuore spezzato, ma non devi rovinarti per questo... >> in un primo momento Lexa rimase ad osservarla scoppiando a riderle in faccia << N-non ho il cuore spezzato lei l'ho a distrutto... >> si liberò della stretta abbassando lo sguardo << E' la prima persona a cui ho detto ti amo, è la prima persona con cui mi sono mostrata per quello che ero è la prima persona dopo di te a cui desideravo raccontare tutto! >> alzò le mani al cielo << E lei che cosa ha fatto del nostro rapporto? >> tornò a guardarla << L'ha gettato via, ha gettato via un anno di noi...e... >> Anya l'abbracciò e Lexa si accorse solo allora di star piangendo << Lei...la verità è che mi manca... >> crollarono in ginocchio tutte e due << E se adesso dovesse tornare io giuro che la perdonerei...la perdonerei Anya, capisci? >> si strinse forte intorno all'amica nascondendo il volto nella sua spalla << La perdonerei perché la amo ancora... >> << Lo so..lo so >>.
Le aveva davvero spezzato il cuore sentire il suo numero disconnesso e vedere la sua casa disabitata.
Che fine avevano fatto i Griffin?
Perché non si sapeva più niente di Clarke?

 

CLARKE


Stava facendo jogging mattutino quando rientrò in casa e togliendosi gli auricolari sentì la notizia alla televisione << Clarke... >> la chiamò la madre vedendo il suo sguardo sconvolto.
Conosceva quel piano, l'avevano ideato i primi anni dopo la loro scompara, ma perché attuarlo ora?
L'avevano fatto per lei e per ciò che stava facendo?
<< P-perché? >> si ritrovò a chiedere e sentì chiaramente le due guardie pararsi dietro di lei << Dovevamo farlo cara... >> << Perché? >> odiava quegli attacchi gli odiava con tutta se stessa << Perché... >> con il fiato corto si diresse all'uscita della cucina prima che potessero fermarla e montò sulla macchina del padre ancora parcheggiata sul vialetto, ignorando le voci dei suoi genitori.
Non era giusto.
Non era giusto!
Accelerò quando le fu possibile fino a raggiungere il suo appartamento e fu devastante ciò che vi trovò: la porta era spalancata e Lexa era in ginocchio tra le braccia di Anya di fronte al notiziario che stava dando ancora la notizia.
<< Non è giusto... >> le sentì dire e il cuore le si chiuse in una morsa nel sentire la sua voce così straziante << Perché... >> Clarke si ritrovò a piangere di riflesso per il dolore che stava provando Lexa.

Si avvicinò con cautela, ma quando sembrò notarla le rivolse uno sguardo freddo << Vattene >> Clarke la guardò per niente sorpresa da quella reazione, era normale che non la volesse lì, era normale che non volesse Costia << Vattene! >> gridò stavolta, ma si avvicinò ugualmente desiderando abbracciarla come non mai << Ti prego Costia... >> Anya le si parò davanti e avrebbe voluto ignorarla, avrebbe voluto dirle di farsi da parte, ma Costia non l'avrebbe mai voluto dire, Costia non poteva dirlo, così tornò sui propri passi, chiudendo la porta alle sue spalle giusto in tempo per vedere le sue ombre salire le scale insieme a suo padre << Che diavolo volevi fare? >> avrebbe perso tutto, stavolta avrebbe davvero perso tutto.
L'avrebbe persa << Io...devo...vado... >> suo padre le si avvicinò abbracciandola, ma era troppo tardi, era troppo tardi.
Lo scostò << Vado a correre >> << Clarke.. >> sapeva che aveva fatto cenno alle guardie di affiancarla subito non appena uscita dall'edificio e ciò la innervosì ancora di più così cominciò a correre, senza fermarsi, senza prendere fiato.
Avrebbe perso di nuovo tutto!
Adesso l'avrebbe persa di nuovo...
Corse fino a Central park e cominciò a rallentare una volta raggiunto il ponte sospeso dove si piegò in due per riprendere fiato.
Dio mio...che cosa aveva fatto di male?
Strizzò gli occhi mentre piangeva, sedendosi sull'asfalto stringendosi le ginocchia al petto.
Che cosa aveva fatto di male?!
Pianse, pianse perché non poteva fare altro.
Non poteva andare da lei e dirle che non era vero, non poteva e anche se avesse voluto non poteva!

 

LEXA


Alla fine si era addormentata sul divano e fu il suono del televisore a svegliarla << Finalmente si dirada la nebbia sui Griffin >> il telecomando era caduto sul pavimento togliendo il muto, ma non fu quello a destarla dal sonno, ma il nome di cui era protagonista la notizia << Come ha ottenuto queste informazioni Signor Smith? >> si alzò a sedere pensando che fosse un nome strano e troppo comune per un giornalista << Ho dovuto indagare molto e sono sconvolto quanto voi della notizia >> sentì bussare alla porta, ma la ignorò << Non potevamo immaginare che la famiglia più amata di New York avesse un passato così oscuro >> << Lexa sono io dannazione apri questa porta! >> si alzò dirigendosi al'uscio senza smettere di ascoltare << Adesso cominciamo a capire il perché della loro scomparsa >> fece la cronista << Il dossier che ho diffuso in rete dichiara chiaramente la morte dei coniugi seguiti subito dopo da quella della figlia >> sentì l'intero mondo crollarle addosso a quella frase pronunciata con una naturalezza che metteva i brividi << L-lexa... >> la chiamò Anya << E' sconvolgente scoprire del suo rapimento a solo...diciott'anni, giusto? Mi corregga se mi sbaglio >> ignorò l'amica avvicinandosi allo schermo << No, non si sbaglia affatto. La defunta Clarke Griffin fu rapita all'età di diciott'anni e dopo mesi in prigionia il suo cadavere è stato ritrovato in mezzo al bosco >> si portò una mano alla bocca crollando in ginocchio.
E-era morta?
Sentì l'aria nei polmoni prosciugarsi << Che atroce fine...come mai hanno tenuto nascosto tutto questo? >> il giovane giornalista si inumidì le labbra << Per proteggere i coniugi Griffin, ma sono morti solo qualche anno fa, per causa sconosciuta, ma le persone che mi hanno rivelato queste informazioni dicono che si sia trattato di omicidio >>.
Non poteva essere vero...
Lei non poteva essere morta!
Con una mano colpì il pavimento, allontanando la rabbia che provava per se stessa per averla odiata così tanto in quei dieci anni << Lexa calmati >> << Sognavo che tornasse... >> sentì Anya abbracciarla << Non è giusto... >> si strinse forte a lei aggrappandosi alla sua amica come se fosse la sua ancora di salvezza << Perché... >> quando vide Anya alzarsi notò Costia avvicinarsi a lei, con il volto rigato dalle lacrime.
Perché piangeva?
Non la conosceva!
Lei non sapeva niente di Clarke!
Piangeva per compassione?
<< Vattene >> non voleva che fosse lì, non voleva ricordarla, non voleva maledirsi ancora per quello che aveva pensato << Vattene! >> gridò alzandosi in piedi anche lei, ma Costia si avvicinò palesemente desiderosa di volerla confortare << Ti prego Costia... >>.
Voleva solo che se ne andasse, che stesse il più lontana possibile da lei.
Sapeva di ferirla così, lo sapeva, ma non le importava, perché non sarebbe riuscita a vederla finché le ricordava Clarke...
Non l'avrebbe sopportato.

 

CLARKE


Si stava osservando le mani, stringendo forte a lei il ricordo di Lexa tra le sue braccia << Come è stato per lei vedere la sua reazione? >> << Normale >> mentiva, tanto non era quello che volevano?
<< Normale? >> il dottor Sinclair accavallò le gambe annotando qualcosa << Non è forse questo che vorrebbe sentirsi dire? >> << Non c'è qualcosa che voglia sentirmi dire signorina Braun, mi dica ciò che lei voglia che io senta >> sorrise nervosamente inumidendosi poi le labbra << La sessione scorsa mi ha chiesto se ho istinti suicidi, beh, le ho mentito >> l'uomo si accigliò vedendola alzarsi << Le ho mentito perché...non lo so il perché, ma l'ho fatto. Quindi, sì, ho avuto istinti suicidi, ma non sono mai riuscita ad andare fino in fondo. Vuole sapere il perché? >> si passo una mano trai capelli voltandosi verso di lui << Perché avevo sempre la sciocca speranza di poter incontrare Lexa >> sussurrò quel nome quasi non fosse degna di pronunciarlo << E quando l'ho vista, quando ho avuto l'occasione di parlarle, di poterle stare vicino e di poterla amare di nuovo, mi sono sentita di nuovo viva. Dopo dieci anni ho potuto risentire di nuovo l'aria nei polmoni, il cibo riprendere sapore e i colori tornare ad essere tali, dopo dieci lunghi anni sono tornata di nuovo a vivere...ma ha idea di che effetto faccia alla mente tutto ciò e vederselo strappato via ancora e ancora e ancora, senza mai fine? >> si divertì nel vedere l'uomo non trovare risposta alla sua domanda << Non ne ha idea perché non lo può sapere...vede magari lei e quelli della CIA pensate che facendo così, voi mi stiate aiutando, mi stiate proteggendo, ma la verità è che mi sembra di non essere mai uscita da quella prigione >> sentì il proprio fiato svanire e i ricordi farsi sempre più vivi, un susseguirsi di immagini d'orrori senza fine passare per la sua mente << Voi e i miei genitori mi uccidete ogni giorno senza rendervene minimamente conto... >> si trovò a piangere, ma sapeva per certo che aveva terrorizzato il Dottor Sinclair con il suo sguardo perché lo vide deglutire a fatica << C-credo che sia il caso che io torni domani >> aggiunse prendendo poi la sciarpa e il proprio capotto << Arrivederci dottore >>.

Dieci anni prima

Sarebbe impazzita.
Ormai ne era sicura.
Sarebbe impazzita e morta e nessuno se ne sarebbe accorto.
Guardò lo sporco sotto le unghie, desiderando solo potersi lavare le mani, sentendosi lurida e viscida.
Voleva solo sentirsi rivolgere una parola...dolce
Ormai erano giorni che non mangiava qualcosa e probabilmente lo facevano apposta, così come quando lasciavano il rubinetto fuori dalla gabbia a malapena aperto così che la goccia costante risuonasse sulla ceramica del lavabo impedendole di dormire o quella dannatissima luce.
Voleva solo tornare a casa...
Si appoggiò alla porta di ferro e con immensa sorpresa la sentì spostarsi un poco.
L'avevano lasciata aperta?
Si alzò immediatamente o meglio si mise in ginocchio visto che la prigione non le permetteva di alzarsi in piedi per quanto era bassa e con gioia e stupore la trovò veramente aperta.
Non era uno dei suoi soliti sogni...non lo era vero?
Si diede un pizzicotto e assaporò il dolore che provenne da quel gesto, catapultandosi silenziosamente all'esterno, dirigendosi alla piccola finestra che sapeva essere aperta.
Non le importava se vi sarebbe passata, perché si sarebbe costretta a passarci, del resto era dimagrita molto.
Assaporò l'odore di terra bagnata e di aria fresca.
Aveva piovuto?
In Estate?
Quanto era passato?
Salì sul piccolo sgabello e trattene il respiro cercando allo stesso tempo di schivare il chiodo che fuoriusciva dal bordo della finestra.
Sorrise quando si trovò con mezzo busto fuori e con i gomiti poté toccare l'erba bagnata, ma il sorriso le morì in gola quando sentì la voce di uno di loro e le sue mani afferrarle le caviglie.
Il primo dolore che sentì fu il chiodo conficcarsi sul fianco e tirarle la carne per poi fermarsi grazie al ferretto del reggiseno.
Il secondo dolore che sentì fu la sua testa e il suo corpo colpire il pavimento con una tale violenza che pensò ne sarebbe morta.
Il terzo dolore e forse quello più acuto fu la violenza con cui il piede dell'enorme uomo colpì il suo ginocchio e il suo addome.
Le gridò contro qualcosa che lei non comprese mentre si contorceva dal dolore e lui la trascinava di nuovo nella cella.
Cercò di mettersi a sedere, ma il dolore al fianco e al ginocchio gli impedirono anche solo di inarcare la schiena.
Faceva schifo, si sentiva uno schifo...tutto era uno schifo.
La vista cominciava ad appannarsi.
Sarebbe morta o stava semplicemente per svenire?
Il sangue iniziava ad imbrattare quella che una volta era stata la sua camicia preferita e si maledisse per averla messa quel giorno.
Avrebbe preferito morire...avrebbe davvero preferito morire.

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NA: Ecco il nuovo capitolo e scusate per il ritardo :) Spero vi sia piaciuto e sopratutto che cosa ne pensate? Vi ha emozionato? Lasciatemi una recensione di cosa ne pensate ;) Sopratutto dell'ultima parte, mi interessa sapere che cosa avete provato e pensato ;) Allora prossima :D!



 

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Capitolo 8
*** Capitolo 9 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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LEXA

Sembrava che tutto il mondo cercasse di allontanarla da Clarke << Come sarebbe a dire che non è in sede? >> << La Signorina Braun ci ha chiamato per comunicarci che è in malattia, rientrerà tra due giorni >> << Sta male? Che cos'ha? >> l'assistente sollevò lo sguardo annoiato e per la prima volta la guardò << Posso aiutarla in altro? >> era così odiosa << Potresti darmi il suo indirizzo >> << Posso aiutarla in altro? >> << Non può darmi l'indirizzo? >> la giovane ragazza scosse la testa tornando poi a digitare sulla tastiera.
Ebbe quella strana sensazione che non le avrebbe più rivolto la parola così si voltò dirigendosi all'ascensore << Lexa? >> si voltò riconoscendo chiaramente quella voce << Raven...Conosci l'indirizzo di Costia? >> Anya alzò gli occhi al cielo << Scusala sembra che abbia dimenticato le buone maniere >> sospirò avvicinandosi alla ragazza << Hai idea di come rintracciarla? >> le chiese con più gentilezza << Ho il suo numero di telefono >> << Non risponde >> ribatté Lexa scuotendo la testa.
<< Ah...allora non saprei proprio come aiutarvi. Costia è una persona molto riservata >> Raven si strinse nelle spalle e Lexa si trovò a domandarsi se fosse davvero anche lei all'oscuro di tutto << Quindi non hai idea di dove abiti? >> << No, mi dispiace, ma posso sapere perché la stai cercando così insistentemente? >>
Avrebbe dovuto mentirle?
<< Hanno litigato >> intervenne Anya trascinandola poi dentro l'ascensore salutando Raven con una mano << Non puoi raccontarle tutto... >> Lexa si accigliò, aggiustandosi la manica del completo che le aveva stropicciato l'altra << E perché mai? Anche lei merita di sapere la verità >> << No, non puoi decidere te chi debba non debba saperlo Lexa >> lo sguardo della sua amica era serio e raramente assumeva quell'atteggiamento nei suoi confronti << L'unica che può decidere di farlo è Clarke e se pensi anche lontanamente di averne il diritto ti sbagli di grosso >> << Perché? >> sospirò mentre uscivano dall'abitacolo << Perché se ha nascosto a te la sua identità non pensi che l'abbia fatto per una ragione che noi non conosciamo? Non sappiamo quanto della storia del giornalista sia finzione Lexa >> si spiegò montando in auto seguita dall'amica.
Aveva ragione.
Come al solito.
Costia era in pericolo quindi Clarke era in pericolo.
Che cosa potevano mai volere da lei?
<< Come faccio a contattarla? >> << Aspetta che torni a lavoro Lexa. Hai aspettato dieci anni, sono sicura che due giorni in più non ti faranno alcuna differenza >>.
L'aveva irritata e sapeva anche il perché.
La situazione di Clarke era delicata e Anya conosceva molto bene il suo non esserlo affatto.
Probabilmente aveva ragione lei e doveva cominciare a calmarsi, altrimenti avrebbe potuto rovinare tutto di nuovo.
Quei due giorni li sarebbero bastati per riuscire ad affrontarla senza rischiare di far saltare tutto.

 

CLARKE


Raccolse i capelli con una matita dirigendosi poi al piano inferiore per prendere qualcosa da mangiare, visto che raramente le veniva fame.
Stava prendendo la macedonia della colazione di quella mattina, in cui lei non aveva presenziato perché dormiva ancora, quando suo padre entrò nel suo raggio visivo << Come stai oggi? >> << Bene >> non l'aveva ancora perdonato per averla colpita alle spalle con l'attuazione del piano, per questo quando si fece avanti per toccarle la fronte, lei indietreggiò << Clarke >> gli lanciò un'occhiata voltandoli poi le spalle, incamminandosi all'esterno << Per quanto ancora vuoi essere arrabbiata con me? >>.
Ignoralo e vai avanti.
<< Dio mio Clarke l'ho fatto per te! >>.
La bionda sospirò tornando sui propri passi << Non è vero! Tu credi di averlo fatto per me, ma la verità è che non è così! >> posò la ciotola sull'isola, ormai non le andava più << Ogni volta credi di farlo per me, ogni volta credi di fare la cosa giusta, ma la verità è che non è affatto così! >> << Jack >> la voce di sua madre interruppe quella che sarebbe stata l'ennesima litigata con il padre e Clarke ne approfittò uscendo dalla cucina per andare nella serra, che ormai era diventata come un nascondiglio da tutto e tutti.
L'ho fatto per te!
Come poteva anche solo pensarlo?
All'inizio quando tutto era cominciato, ci aveva creduto davvero.
Pensava sul serio che i suoi genitori la stessero proteggendo, ma ad un certo punto, aveva capito che lo stavano facendo per loro stessi.
Per proteggersi da ulteriori scatole sull'uscio della porta, dimenticandosi cosa fosse realmente giusto per lei.
Le avevano portato via ogni cosa.
Da quel giorno aveva visto portarsi via ogni persona a cui tenesse e adesso perdere nuovamente Lexa era stato...devastante.
Si strinse nello spolverino sedendosi poi su una delle sedie di ferro battuto.
La odiava, la odiava davvero con tutta se stessa...quella situazione la odiava e odiava Lexa per essersi dimenticata di Costia.

Chiuse il fascicolo abbandonandosi con la testa sulla scrivania.
Era felice di essere tornata a lavoro, almeno non doveva sopportare suo padre tutto il tempo, ma si sentiva ancora un poco stanca e le riunioni che si erano accavallate tutte insieme per quella mattina, l'avevano esaurita delle poche energie che aveva.
Così quando rialzò lo sguardo stanco per accogliere la persona che era entrata nella stanza, rimase sconvolta nello scoprire che fosse Lexa.
I capelli sciolti le ricadevano sulla schiena, gli occhi verdi erano illuminati da qualcosa che lei non poteva più permettersi di provare.
Era speranza?
Si avvicinò e un piccolo sorriso le comparve sul viso perfetto << Dobbiamo parlare >> disse una volta che la porta si fu chiusa alle sue spalle.
Aveva la voce seria, come poche volte l'aveva sentita << Certamente >> le fece cenno di sedersi, ma Lexa scosse la testa, sedendosi poi sul divano << Non è un discorso che si può fare dietro ad una scrivania >> si spiegò consigliandole poi di affiancarla << Va bene... >> la imitò e represse il bisogno di baciarla, perché Costia non poteva, non dopo il modo in cui l'aveva trattata.
Lexa si comportava in modo strano << Di che cosa vuoi parlare? >> le chiese realmente preoccupata adesso << I-io non so come chiedertelo... >> sorrise nervosamente passandosi poi una mano trai capelli << Mi ero preparata tutto il discorso e adesso...sembra che le parole siano sparite >> le prese le mani tra le sue.
Che cosa stava succedendo?
<< Perché non me l'hai detto? >> Clarke sussultò a quella domanda e fuggì il suo tocco << Cosa non ti avrei detto? >> la vide cercare i suoi occhi, ma gli aveva abbassati con il timore che potesse leggervi la risposta << Perché vuoi torturarmi inutilmente? So chi sei... >> Clarke si alzò in piedi sentendo i battiti del cuore divenire sempre più frequenti << Non so di che cosa tu stia parlando... >>.
Non poteva aver capito!
Non doveva aver capito...
E se invece finalmente avesse capito?
Che cosa sarebbe successo?
<< D'accordo vuoi fare questo gioco? Facciamolo >> la vide accavallare le belle gambe e tornare ad acquisire la propria sicurezza mentre si apriva il capotto << Mi sa che non ti ho mai raccontato come ci siamo incontrate io e Clarke, vero Costia? >> sottolineò quell'ultimo nome, enfatizzandolo.
O mio dio aveva capito.
<< Ho posato per lei >> si inumidì le labbra alzandosi e avvicinandosi << E tre giorni fa per la prima volta ho visto il suo quadro >> la costrinse a guardarla e Clarke si sentì sprofondare in quello sguardo pieno di lei << Per la prima volta ho visto la sua firma, ma dovrei dire la tua, non è vero? Dio mio Clarke...perché? >> afferrò il suo viso tra le sue mani e la baciò.
Ovviamente Lexa l'accolse e Clarke ne approfittò come non osava da anni.
Si riempì di lei e del suo sapore, distraendosi dalla frenesia del suo battito e dell'aria che cominciava a scarseggiare.
La baciò fino a sentirsi svuotare i polmoni e quando tornò a guardarla, trovando il suo bellissimo sorriso, si portò la mano al petto sentendo il cuore voler uscire << N-non dovresti... >> disse, ma Lexa la interruppe baciandola ancora << Non dirlo >> faceva ad ogni boccata d'aria che prendeva e smise solo quando Clarke sentì le proprie gambe cedere e caddero insieme sul pavimento << Clarke? >> sentì chiamarla e rise sentendo nuovamente quelle labbra pronunciare il suo nome << S-sto bene...ho solo bisogno di un attimo >> la tranquillizzò alzando lo sguardo e desiderando non volersi allontanare mai più dal suo << Io ti amo >> le disse ridendo per poi abbandonarsi contro il suo petto sentendo le sue braccia cingerla << Lo so e ti amo anch'io >> si lasciò cullare mentre l'accarezzava e la tranquillizzava.
Non voleva rovinare tutto, non voleva << Lexa >> la chiamò una volta calmatasi tornando a guardarla << Non lo saprà nessuno >> l'anticipò lei << Non è solo quello...tu non dovresti saperlo è pericoloso >> << So badare a me stessa >> Clarke scosse la testa << Lexa.. >> << Dio mio Clarke stai zitta! >> esclamò rimanendo sorpresa << Non mi importa se sia pericoloso o meno >> l'aiutò ad alzarsi << Non mi importa se deve rimanere un segreto e se dovrò chiamarti Costia in pubblico, non mi importa >> tornò ad abbracciarla << Perché preferirei mille vite così che una sola senza di te >> concluse tornando a rispecchiarsi nei suoi occhi << Lexa non è così semplice >> la mora sospirò alzando gli occhi al cielo << E quando mai le cose con te lo sono state? >> la fece ridere mentre si sedevano sul divano << Lo so di essere sempre stata una palla al piede, ma stavolta è diverso... >> << Non mi vuoi? >>.
Dio che domanda stupida!
<< Certo che ti voglio, ti ho sempre voluta in questi dieci anni, che cosa credi? Ma non voglio che ti facciano del male...non voglio >> si ritrovò a piangere senza volerlo << Non voglio >> aggiunse colpendola ad una gamba << E' da quando ti ho visto che desideravo che lo scoprissi, ma nello stesso tempo avevo paura che tu lo facessi..avevo paura di perderti, paura che tu sapessi...ho paura Lexa... >> deglutì a fatica portandosi indietro i capelli che le erano caduti sul viso << Non voglio vederti rinunciare alla tua vita, non voglio e non posso chiedertelo >> << La mia vita è dove sei tu...lo so che sembra sdolcinato e una frase fatta, ma è la verità. In tutti questi anni ti ho cercata ovunque, nel sorriso o nelle mani di qualsiasi sconosciuta e questo solo perché non ho mai smesso di amarti. Non dovrai chiedermelo Clarke, perché se dovrò lo farò >> quelle parole la spiazzarono così come il suo volto bagnato e il baciò che ne seguì.
Le era mancata, le era mancata davvero tanto.
Però non l'avrebbe messa in pericolo?

Dieci anni prima.

Quando riaprì gli occhi quasi gridò nel trovare una donna affianco a lei << Tranquilla >> le fece e le ci vollero un paio di secondi, per capire che le stava medicando la ferita al fianco << Non voglio farti del male >> era la prima persona che le rivolgeva la parola e anche la prima che parlasse la sua lingua.
Si morse un dito quando sentì l'ago con cui stava trafficando entrarle nella carne << Mordi questo >> le porse un panno bagnato e si ritrovò a chiedersi se non fosse all'interno di qualche film mafioso, ma obbedì quando lo vide riavvicinarsi alla pelle.
Il dolore si faceva ogni volta più acuto e per distrarsi cominciò ad elencare le notti passate a casa di Lexa.
Chissà che cosa stava pensando di lei in quel momento.
La stava cercando o la odiava?
Sapeva?
Rivolse lo sguardo al ginocchio adesso gonfio e bluastro.
Anche a Lexa le faceva così male la ferita al costato che le aveva visto?
<< Alzati >> le ordinò un uomo dall'accento strano, facendo cenno alla donna di allontanarsi una volta finito.
Clarke non osò dirgli che non ce la faceva o meglio non voleva dargliela vinta, così si trattenne alle sbarre di metallo per issarsi in piedi.
L'uomo aveva indosso una maschera bianca che le impediva di scorgere il suo vero aspetto << Seguimi >> si voltò insieme al suo completo impeccabile.
La stava prendendo in giro?
Zoppicando e reprimendo il dolore, non gli diede alcun vantaggio, rimanendo incollata alle sue spalle.
Non l'avrebbero avuta vinta con lei << Siediti >> erano entrati in una stanza buia e lui le stava indicando una sedia di fronte ad una webcam .
Clarke lo vide scomparire dietro una porta per poi tornare con delle corde con cui le legò braccia a gambe e la bionda si lasciò sfuggire un grido di sofferenza, sentendo i punti tirare, ma lui a risposta le sigillò la bocca con del nastro adesivo << Saluta >> le fece accedendo il computer e Clarke sentiva il suo sorriso dietro quella maschera, ma venne distratta dai volti dei propri genitori.
Cominciò a piangere, disintegrando immediatamente la facciata di ragazza dura che voleva far credere, ma lei non era Lexa..lei non era un'eroina.
Avrebbe voluto mentire a se stessa cercando di capire dalla videochat con i suoi genitori almeno che giorno fosse, ma non era vero, perché mentre uno dei suoi carcerieri terrorizzava suo padre, uomo saldo ai suoi occhi, lei piangeva per la paura cercando una piccola rassicurazione nello sguardo della madre << Non ho problemi se chiamate la polizia, ma nessuno e ripeto nessuno, nemmeno il giornale, deve venire a sapere di quello che sta succedendo >> lo sentì posare un pugnale sulla sua guancia << Nessuno, sono stato chiaro? >> << Sì >> risposero freneticamente i suoi genitori << Per prima cosa voglio che ritiri la sua candidatura come Governatore >> << D'accordo >> sapeva quanto suo padre vi tenesse, ma perché mai a quell'uomo doveva importare?
<< In secondo luogo... >> quell'individuo le tappò le orecchie impedendole di sentire oltre e cercava invano di ascoltare, visto lo sguardo terrificato dei suoi genitori alla richiesta << Andrà tutto bene Clarke, andrà tut... >> riuscì a sentire prima che lui spegnesse il computer << Se i tuoi genitori giocheranno bene, vedrai che sarai libera >> l'accarezzò la guancia e poi i capelli, rimanendo a fissarla ancora per un attimo come ammaliato prima di portarla nuovamente nella sua cella.
Le sue mani tremavano ancora per quel suo sguardo e si ritrovò a piangere, terrorizzata ancora più di prima.


<< Perché non vuoi parlarmene? >> finito il lavoro si erano spostati a casa sua e Lexa stava aprendo una bottiglia di vino << Perché meno ne sai e meglio è >> annusò il liquido contenuto nel bicchiere che le porse << Lo sai che è una gran stronzata? >> << Probabilmente, ma preferirei così >> << Quindi è solo una scusa perché non ti va di parlarne >> sorrise posando il bicchiere e prendendo invece dell'acqua << Non bevi nemmeno del vino? Ricordavo che ti piacesse >> << Infatti, ma adesso non più di tanto >> quelle parole le erano uscite più tristi di quanto avesse voluto, rivelando che vi era qualcosa di celato anche in quello << D'accordo, sopprimerò il bisogno di sapere e aspetterò che sia tu a parlarmene >> girò la carne che stava cucinando, facendo poi saltare le verdure.
Sapeva di ferirla così e chissà per quanto ancora avrebbe resistito, ma non voleva parlargliene, non con il rischio che la guardasse in modo diverso.

 

LEXA

 

Le sfiorò con le dita la cicatrice e la vide riaprire gli occhi << Potresti smetterla di pensarci? >> Lexa le accarezzò le braccia nude e poi il seno prima di rispecchiarsi in quell'azzurro << No, non posso e pensare a ciò che devi aver provato... >> si avvicinò a lei facendosi peso sui gomiti << Ma non sai cosa ho provato, magari è stato divertente >> la fulminò con lo sguardo e Clarke sospirò tornando a sdraiarsi << Lexa...davvero non voglio che tu ci pensi >> << E io non riesco a farne a meno >> si inumidì le labbra ravvivandosi i bei capelli chiari << Quello che ti immagini potrebbe essere peggiore di quello che è successo realmente >> << Allora raccontamelo >> Clarke si voltò nuovamente da lei sorreggendo la testa con una mano << Non voglio >> aveva uno sguardo deciso, ma se pensava di riuscire ad intimidirla si sbagliava di grosso << Non ti sto chiedendo di raccontarmi tutto, ma solo ciò che hai provato >> << Dio mio Lexa... >> chiuse gli occhi per un attimo << Ero...ero terrorizzata, ma non come lo si può essere con un incubo o con la tua paura più grande, ero terrorizzata come di chi ha la consapevolezza di non poter fare niente e di dover solamente subire >> le si avvicinò ancora fino ad appoggiarsi al suo petto << E questo mi ha portato a sentirmi inutile ed insignificante >> << Ma tu non lo sei >> << Certo Lexa, ma non avevo te che me lo dicevi >> la sua voce era spenta e stanca << Ho sognato mille volte di poter sentirmelo dire da te o dai miei genitori, fino a che non ho perso le speranze anche per quello >> si voltò a guardarla << Non voglio parlartene perché non sopporterai di vedere quello sguardo ogni volta per ogni giorno sul tuo volto >> le fece alzandosi a sedere con i piedi fuori dal letto << Clarke... >> la chiamò << Hai idea di che cosa voglia dire essere sempre la vittima? >> Lexa osservò la fine della cicatrice che si propagava sulla schiena prima di cingerla a sé << Non è pietà ciò che hai visto nei miei occhi >> le sussurrò in un orecchio << Ma impotenza >> la vide accigliarsi e Lexa l'affiancò mettendosi a sedere accanto a lei << Perché non ho potuto portarti sollievo in alcun modo e probabilmente non potrò mai >> << Non è vero >> le sfiorò un braccio attirando così il suo volto per baciarla << Mi porti sollievo ogni volta, solo che sei troppo stupida per accorgertene... >> le disse e Lexa la baciò ancora facendola ricadere sul letto.
Baciò e leccò quelle cicatrici mentre le risaliva il corpo cercando con le mani il suo seno.
La amò perché non poteva fare altro.
La amò per dimenticare l'astio che aveva provato nei suoi confronti in quei dieci anni.
La amò per dimenticare i sensi di colpa.

Dieci anni prima.

Lanciò un occhiata alla donna distesa sul letto affianco a lei.
Da quanto si frequentavano?
Due forse tre mesi?
Si strinse nelle spalle prendendo la vestaglia e scendendo al piano inferiore per una colazione rapida prima di andare a lavoro.
Eppure nemmeno lontanamente iniziava a provare qualcosa nei suoi confronti, ma doveva riuscirci, così quando Clarke sarebbe tornata avrebbe sofferto come lei e avrebbe scoperto che cosa si fosse persa.
Nell'aprire l'armadietto delle tazze, lanciò un'occhiata alla sua, nascosta in un angolo.
Perché la teneva ancora?
L'afferrò gettandola nel cestino e sentendola rompersi.
Quella era l'unica cosa che si meritava da lei...
Vide quella che era la sua ragazza avvicinarsi a lei e cingerla a sé.
Lexa ne approfittò per dimenticare, assaporandola come avrebbe voluto fare con Clarke.
Odiava quei sentimenti, la odiava perché la costringeva a tale sofferenza...la odiava.


<< Lexa? >> la chiamò Clarke afferrandole il volto bagnato << O mio dio...Lexa... >> era stata egoista e arrogante in quei dieci anni mentre Clarke subiva di tutto e di più << Perdonami >> si ritrovò a dire cercando di asciugare le lacrime che uscivano copiose << Non è colpa tua Lexa >> la strinse a sé, ma non riusciva a smettere di piangere << Io...perdonami ti prego... >> probabilmente Clarke non capiva nemmeno del perché le lo stava chiedendo, ma la perdonò comunque abbracciandola con più forza << Sono stata egoista e...tu meriti di più da me >> fece adesso che si stavano guardando << Lexa, va tutto bene, non puoi sentirti in colpa per questo >> che cosa avrebbe pensato di lei se avesse scoperto quanto l'aveva odiata?
Il suo viso era preoccupato e per niente in imbarazzo della nudità di entrambe << Io ti ho odiato Clarke >> le rivelò e quelle parole la ferirono, lo vedeva dai suoi occhi e dal suo respiro mozzato a metà rivelando lo stupore che cercava di nascondere << D'accordo...è normale >> si appoggiò allo schienale del letto trascinando con se la parte delle lenzuola che la copriva, passandosi poi una mano trai capelli, dove rimase, facendola sostenere dal ginocchio << Ti avevo spezzato il cuore Lexa, era normale che tu reagissi così >> << Non vuoi dire questo >> << Invece sì >> le prese le sue mani tra le sue << Tu mi hai odiato ed era giusto, perché eri ferita e delusa, non potevi sapere cosa stava realmente accadendo. Per te io ero partita senza dirti niente >> la baciò asciugandole poi il volto con il palmo della mano << Però non hai mai smesso di amarmi, vero? >> << No >> le rispose sconvolta anche solo per averlo pensato << Allora l'importante è quello che sta accadendo adesso, ok? >> Lexa annuì cercando le sue labbra, ma Clarke ne sfuggì per un primo momento sorridendo maliziosamente, prima di permetterle di sprofondare nella sua bocca e nella sua carne.
Non aveva idea di quanto quel gesto l'aveva fatta sussultare per la paura di perderla.
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NA: Ciao cari/e, ecco qua il capitolo dove Lexa parla per la prima volta con Clarke dopo dieci anni, per la prima volta si amano come hanno sognato di fare, ma cosa accadrà adesso? Come reagirà Lexa nello scoprire le torture che Clarke ha dovuto subire? Ditemi che cosa ne pensate e il vostro parere che ci si sente al prossimo capitolo :)

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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LEXA


Scaraventò il bicchiere che teneva tra le mani contro il muro, seguito subito dopo da un suo grido << Lexa... >> la chiamò Anya mentre scendeva le scale.
Era rimasta con lei per due giorni consecutivi da quando aveva scoperto di Clarke << Non aiuti nessuno facendo così >> << Non voglio aiutare nessuno! >> si riempi l'ennesimo bicchiere di scotch << L'ho odiata Anya! L'ho odiata e amata per dieci anni! >> si colpì il petto con l'indice prima di buttare giù il liquore << Smettila con questa roba >> le prese la bottiglia piena ancora per metà svuotandone il contenuto nel lavabo << Devi smetterla Lexa... >> Anya si strinse nelle spalle dopo aver gettato la bottiglia del cestino << Lei è morta Anya... >> si chinò appoggiandosi al muro e l'amica la prese per un braccio trascinandola in bagno per afferrare poi il bocchettone e bagnarla con l'acqua gelida << C-che cos... >> la zittì rivolgendo il getto alla sua faccia << Devi tornare in te Lexa >> la rimproverò poi continuando a fissarla << Devi smetterla di bere >> afferrò l'asciugamano avvicinandosi << Devi smetterla di rompere le cose >> cominciò ad asciugarle il volto << E devi tornare a lavoro >> le diede un piccolo colpetto sul viso << Ti conosco da una vita Lexa, ti conosco molto più di quanto tu conosca te stessa e so che puoi superarlo >> cominciò a frizionarle i capelli << Quindi smettila, sono passati dieci anni, non puoi ricadere in tutto quello schifo solo perché hai scoperto della sua morte, non puoi >> << Ma io l'ho odiata >> << E io odio mia madre >> lribatté e quella rivelazione la sconvolse ancora di più << L'ho sempre odiata e vederla in un letto d'ospedale in fin di vita non sta cambiando i sentimenti che ho provato e che provo per lei. Quindi smettila di nasconderti dietro tutto questo e se stai soffrendo, bene, ma non smettere di vivere solo perché ti accusi di qualcosa che è normale provare >> sospirò scostandosi da lei << Posso capire che aver scoperto di Clarke ti abbia scosso, ma non è cambiato niente Lexa. Lei non c'era prima e non c'è adesso. Sapere di averla odiata inutilmente ti ha sconvolto, ma tu l'hai anche amata per dieci anni...dio se l'hai amata, ma adesso hai la possibilità di andare finalmente avanti...non gettarla via >> sapeva che si stava riferendo a Costia, del resto non l'aveva più chiamata dall'ultima volta << Hai la possibilità di amare qualcun'altra finalmente >> l'abbracciò e non le importò che i suoi abiti fossero bagnati << Sei in te adesso? >> le chiese e Lexa sorrise ricambiandola << Sì, grazie per la doccia serale >> << Lo so, effettivamente cominciavi a puzzare >> la fece ridere, ma non osò allontanarsi da quell'abbraccio.

 

CLARKE


Si strinse nel cappotto uscendo dall'ufficio e si prese un paio di boccate d'aria fresca prima di entrare in macchina.
Ormai mancava poco al Natale e in quei mesi aveva davvero sperato di festeggiare in modo diverso rispetto ai precedenti.
Aprì la borsa da cui prese una pasticca e la buttò giù senza acqua, rilassandosi poi contro i sedili in pelle.
Chissà come stava...
Era andata a cercarla alla Natblida, ma non l'aveva trovata e quando era andata al suo appartamento Anya l'aveva allontanata, così alla fine aveva deciso che fosse meglio così.
Ormai erano passate due settimane da quando aveva scoperto della morte di “Clarke”, ma del resto non era morta?
Che si fosse dimenticata di Costia?
Sospirò chiudendo gli occhi, cercando di dormire almeno per quel quarto d'ora che serviva per raggiungere casa, quando ad un semaforo la vide.
Aveva i capelli sciolti, il volto era illuminato da un meraviglioso sorriso e in mano stava tenendo un foglietto bianco che stringeva forte a sé.
Clarke rise di riflesso spiandola e condividendo la sua stessa felicità anche se non ne conosceva la causa.
Di primo istinto avrebbe voluto raggiungerla, ma poi quando la vide montare nell'auto, capì che non era una delle decisioni migliori.
La sera prima all'Art Academy si era svolta una cerimonia in suo onore e sarebbe voluta andare, ma il dottor Sinclair insieme a suo padre glielo avevano severamente vietato, del resto perché mai a Costia sarebbe dovuto importare della morte di una ex-studentessa di un'accademia?
La verità è che sperava di incontrarvi Lexa, probabilmente lei vi era andata.
Si aprì la sciarpa e un poco la giacca, cominciando ad avere caldo.
Erano passate solo due settimane, ma già le mancava come a un drogato manca la sua dose di eroina.
Cominciava a sentirsi la gola secca e l'aria a mancarle.
<< N-non di nuovo dannazione... >> vide l'autista lanciarle un occhiata dal retrovisore << Vi sentite bene Signorina? >> la guardia James seduta vicino al guidatore si voltò verso di lei << Accosta >> ordinò lui per essere subito obbedito << James... >> Clarke sentiva la propria voce lontana e ovattata.
Le venne affianco facendo cenno all'autista di ripartire mentre cercava di calmare il suo respiro.
Le mani e il corpo iniziarono a farsi pesanti << Signorina ho bisogno che mi guardiate >> la bionda alzò lo sguardo e strizzò gli occhi sentendo la testa girare << Siamo quasi arrivati >> anche le palpebre si fecero più pesanti << Merda... >> sussurrò Clarke tra le labbra mentre crollava addosso alla guardia << Maledizione accelera Christoper! >> furono le ultime parole che riuscì a sentire prima che l'oscurità l'avvolgesse.

 

ABIGAIL


Non si stupì dell'ennesimo crollo della figlia né si agitò quando vide la guardia portarla nella stanza della sua clinica privata.
Le applicò la mascherina per l'ossigeno attendendo che i suoi polmoni rispondessero, prima di toglierle il capotto e la sciarpa.
Non rimase nemmeno stupita della febbre alta, ormai perenne nel suo corpo, così quando il suo respiro tornò regolare insieme al suo battito, la fece immergere nell'acqua fredda dove riaprì gli occhi << F-freddo.. >> Abigail le sorrise, ostacolando l'istinto della figlia di uscire dalla vasca.
Le accarezzò i capelli mentre i suoi denti continuavano a battere << Solo tre minuti, ok? >> la vide annuire freneticamente mentre si stringeva forte alle sue braccia << Vuoi dirmi che cosa è successo o devo strappartelo dalla bocca? >> la sentì ridere mentre resistere al freddo << L-l'ho vista... >> riuscì a dire tra un respiro e l'altro << Dove? >> Clarke si inumidì le labbra ridendo.
Non capiva il perché quella situazione la facesse ridere ogni volta << A-ad un semaforo...aveva in mano un foglietto...P-posso uscire? >> Abigail scosse la testa << E' passato appena un minuto >> le fece indicando il cronometro vicino alla vasca << Dio mio Clarke come potete amarvi ancora? >> la vide inarcare il collo a causa degli spasmi << I-io non lo so... >> << Se ti sei emozionata così tanto solo nel vederla... >> la vide chiudere gli occhi e cercare inutilmente di rilassarsi << Io la amo, mamma >> sospirò portandosi una mano tremante al petto << La amo più di qualsiasi altra cosa e rischierei davvero la mia vita per una sola notte con lei >> aggiunse lanciando un occhiata fugace al tempo << Stai soffrendo per qualcosa che non puoi avere. Almeno non adesso >> il sorrise che aveva sul volto scomparve << L-lo so...lo so, ma no riesco a farne a meno >> era certa che se non ci fosse stata lei, Clarke avrebbe pianto.
Fu il suono del cronometro a spezzare il lungo silenzio che si era creato e Abigail aiutò la figlia ad uscire dalla vasca e non si lamentò quando Clarke si sorresse a lei.
Stava male molto più di quanto mostrasse e il suo corpo si era indebolito << Domani non lavorerai avverti pure la tua assistente e sicuramente nemmeno dopodomani >> << Mamma non pos... >> << Non mi importa cosa puoi o puoi. Niente repliche capito? >> non osava quel tono con lei da una vita.
L'aiutò a cambiarsi e non faticò a riconoscere le cicatrici sul suo corpo, allontanando come la peste il ricordo che la torturava ogni notte << Mettiti sotto le coperte, mi hai capito? >> la bionda annuì obbedendo all'istante e rilasciando un sospiro di sollievo una volta al caldo << Io torno subito con qualcosa da mangiare >> si sarebbe addormentata molto prima del suo ritorno, ma da li a qualche ora avrebbe riaperto gli occhi in preda al panico, a causa dei suoi incubi e non voleva che si svegliasse da sola in mezzo al buio.

Dieci anni prima

Furono i raggi del sole a svegliarla e quando passò per la stanza della figlia trovandola vuota con il letto rifatto si dispiacque per la sua partenza.
Aveva litigato molto per la sua vacanza con Lexa prima del College, in verità aveva litigato molto con il padre che non voleva che frequentasse una Natblida, visto che era in piena elezione come Governatore, ma lei lo aveva zittito dicendoli che l'amava.
Non si era pentita di aver sorriso e di aver sostenuto la figlia, perché non l'aveva mai vista così energica per qualcuno oltre che per l'arte.
Aprì la porta e raccolse il giornale insieme ad una scatola di cartone senza alcun indirizzo.
Chi la mandava?
Posò la posta sull'isola della cucina e si diresse al frigorifero da cui prese la scatola del succo d'arancia.
Amava la mattina, perché i domestici non c'erano per suo ordine, anche se Jack continuava a non capirne il motivo.

La mattina si degusta in famiglia”
Non si ricordava dove avesse letto quella frase, ma le era rimasta impressa nella mente e l'aveva fatta diventare uno stile di vita.
Prese un sorso del proprio bicchiere mentre tirava fuori il pane dalla macchina dei toast e posò il burro fresco sul tavolo, prima di riprendere quella strana scatola tra le mani.
La ispezionò prima esternamente alla ricerca di un etichetta, ma sembrava sigillata a mano, così prese il coltello e strappò lo scotch.
Si accigliò nel trovarvi all'interno un dvd.
Che fosse roba di Clarke?
Eppure non le aveva lasciato detto niente.
Sospirò prendendo il toast imburrato e dirigendosi in salotto per vedere che cosa contenesse il cd.
Si sedette sulla poltrona e mise play dopo aver inserito il disco.
In un primo momento vide solo una schermata nera, dopodiché apparve una scritta “Volete giocare?”.
All'inizio credeva che fosse un film horror, poi aveva pensato a qualche brutto scherzo, ma quando aveva visto Clarke in una cella con gli stessi abiti con cui era uscita, gridò chiamando il marito.
Non poteva essere vero!
<< Cara cosa succede? >> le chiese Jack che fece di corsa la rampa di scale con in mano la mazza da baseball che teneva sotto il letto << Caro si tratta di Clarke...Clarke... >> fece indicando il televisore mentre piangeva senza freno sulla sua spalla.
La loro amata figlia era prigioniera chissà dove, in una cella chissà dove, da qualche psicopatico chissà dove.

 

LEXA


Tutti indossavano abiti neri, compresa lei.
Era fasciata da un abito lungo e i capelli le ricadevano tutti su di una spalla.
Non indossava gioielli, perché che senso aveva indossare gioielli ad un memoriale?
Strinse forte la propria mano intorno a quella di Anya che per ovvie ragioni aveva insistito ad accompagnarla all'evento dell'Art Academy in onore di Clarke.
Prese un altro bicchiere di analcolico ricordandosi chiaramente il divieto di Anya sugli alcolici per quella sera e per le successive, finché non avesse superato il lutto << Possiamo andarcene? >> chiese e l'amica si accigliò a quella richiesta << Perché vuoi andartene? Sei stata te a voler venire qui >> << Lo so, ma adesso andiamocene >> non ce la faceva a restareì e si diede della sciocca per aver pensato di riuscirci, ma i ricordi del loro primo incontro erano troppo vividi per fingere che non ci fossero.
Si inumidì le labbra mentre insieme ad Anya prendevano i soprabiti dal guardarobiere << Aspetti signorina Natblida >> si voltò nel sentire il suo nome e si chiese chi fosse l'anziana donna dai capelli bianchi raccolti in un perfetto chignon << Ci conosciamo? >> si ritrovò a chiedere per niente desiderosa di parlare con altri sconosciuti << E' venuta ad una mia lezione, qualche anno fa. Non si ricorda? >> probabilmente notò dal suo volto che non ricordava << A posato per Griffin >> << Lei era la professoressa di Clarke? >> la donna annuì sorridendo timidamente << Sì, mi ricordo ancora chiaramente l'ossessione della Signorina Griffin per il suo quadro, ci lavorò per mesi >> Lexa si ritrovò a sorridere ricordandosi chiaramente le mille richieste di Clarke per soddisfare il suo desiderio artistico << Devo ammettere che resta una delle opere che più preferisco e di tanto in tanto quando cammino nei corridoi mi piace soffermarmi qualche minuto a guardarlo. Aveva davvero talento >> << E' ancora qui? >> chiese con un il desiderio cocente di vederlo << Certamente, lo diede in dono dicendo di avere comunque l'originale in carne ed ossa >> l'anziana signora rise nel ricordarsi di quella battuta << Desiderate vederlo? >> le fece poi e Lexa annuì immediatamente vedendola sorridere << Le manca molto >> non era una domanda, ma del resto anche uno sciocco poteva capire quanto le mancasse quella stupida ragazza dai capelli biondi << Moltissimo >> Anya la seguiva silenziosamente mentre la donna parlava di Clarke come di una ragazza particolare, ma con tante energie << Eccoci arrivati, vi lascio sole >> disse una volta raggiunto il quadro e Lexa non notò nemmeno quando se ne andò perché rimase ad ammirare se stessa.
Non l'aveva mai visto prima d'ora.
Clarke le aveva fatto promettere di non vederlo mai, perché avrebbe potuto rovinarlo.
Sorrise tristemente mentre le si formava un groppo in gola e le si inumidivano gli occhi.
Toccò con le dita i fiori che erano incastrati tra le sue ciocche e il raggio di luce che passava in mezzo al suo volto.
Non aveva trasmesso solamente il suo aspetto, ma anche il suo carattere.
Le mani giunte e lo sguardo deciso, l'aveva amata, perché solo una persona che ti ama così tanto può riuscire a ritrasmettere altrettanto sulla tela.
Rise ricordandosi quando le aveva fatto aprire una lattina decine e decine di volte o quando l'aveva fatta risalire le scale altrettante volte, alla ricerca di chissà cosa << Mi manchi... >> sussurrò in un singhiozzo e non le importò dei passanti le lanciavano occhiate al volto rigato dalle lacrime e fu lì, mentre analizzava il quadro che notò la sua firma.
Si avvicinò accigliandosi e chinò leggermente il capo per leggerla: “Wanheda”.
Non era possibile...
Il quadro che aveva acquistato era nuovo, ma era veramente nuovo?
Quando era stato messo in mostra?
<< Andiamo >> ordinò catapultandosi all'esterno, trascinando Anya e ignorando le sue chiamate << Si può sapere che ti prende? >> le fece una volta che furono in macchina << All'Art Gallery >> ordinò all'autista << Ti ricordi il quadro che ho comprato qualche mese fa? >> l'amica alzò gli occhi al cielo annuendo << Sì, ma che c'entra? >> << Ha la stessa firma >> disse con un sorriso che credeva di non possedere più << Ha la stessa firma Anya! >> i suoi occhi erano confusi come i suoi << Come è possibile? >> << Non lo so...io non lo so...e se fosse ancora viva? E se il giornalista si fosse sbagliato? >> Anya le prese le mani tra le sue << E se invece è solo una coincidenza o qualcuno le ha rubato la firma? Lexa non vorrei che... >> << Non avrò false speranze...te lo prometto, ma ho bisogno di capire >> quando la macchina accostò si gettò fuori, ma si ritrovò a colpire la saracinesca della Galleria << Maledizione! >> esclamò << Domani, domani mattina, adesso torniamo a casa e non te la prendere con la serranda che non ha fatto niente di male >> le fece sarcasticamente Anya.
Sicuramente anche lei era speranzosa, ma come non poter capire il suo cinismo.
Del resto quante probabilità c'erano che Clarke fosse ancora viva?

<< Ho bisogno di saperlo! >> esclamò alla proprietaria della galleria << E' un informazione riservata non possiamo darla a chiunque >> Lexa sospirò nervosamente passandosi una mano trai capelli << Vuoi prendermi in giro? Ti ho appena detto che è una questione di vita o di morte.. >> << Lexa... >> la richiamò Anya per l'ennesima volta, ma non se ne sarebbe andata da lì senza quel nome << D'accordo non vuoi darmi quest'informazione, giusto? >> << Non posso non è che non voglio... >> schioccò la lingua tirando fuori il blocchetto dell'assegni << E che diavolo siamo in America! >> prese la penna sotto lo sguardo sconvolto di Anya e di Cassidy << Quanto vuole? >> << C-cosa? No, non posso davvero >> << Dieci mila? >> la donna alzò le mani al cielo << Cinquanta? >> << Lei è pazza >> << No, è innamorata >> ribatté Anya appoggiandosi alla scrivania della donna sospirando << Ottanta mila, sono disposta a pagare anche di più, mi dica solo una cifra >> Cassidy la guardò per qualche minuto senza proferire parola << Perché le interessa tanto sapere il suo nome? >> << E' di vitale importanza che io lo sappia. Le giuro che non sono pazza, anche se è esattamente ciò che direbbe un folle. Quanto vuole? Posso firmarle anche un assegno in bianco >> << Dio mio non voglio i tuoi soldi! >> esclamò esasperata.
Erano lì nel suo ufficio da almeno un quarto d'ora nel cercare di convincerla << Ha vinto, se davvero si tratta di amore e di un emergenza così grave, chi sono io per mettermi in mezzo? >> Lexa sorrise mentre la vedeva digitare sulla tastiera << Io non posso dirle il nome dell'autrice >> staccò un postit dal blocchetto sulla sua scrivania, vi scrisse qualcosa sopra e lo tenne fermo con due dita facendolo scivolare davanti a sé << Vado a prenderle la ricevuta per il suo quadro. Torno tra cinque minuti >> Lexa rise di nuovo << Certamente metta pure quello più costoso sul mio conto >> la donna schioccò la lingua e rise << Buon Natale, Signorina Natblida >> fece uscendo dalla stanza.
Lexa si lanciò sul foglio sotto gli occhi attenti dell'amica.
Costia Braun.
<< O mio dio... >> Anya si accigliò avvicinandosi per poter leggere il nome << O mio dio Lexa... >> si coprì la bocca con la mano cominciando a ridere senza freno.
Sa chi è l'autrice?
Si era avvicinata a lei e non se ne era nemmeno accorta.
Nessuno lo sa, usa uno pseudonimo e nessuno sa il perché. C'è chi dice lo faccia per aumentare le vendite e chi lo faccia per proteggersi.
Aveva usato quella sciocca scusa per parlare con lei e come una stupida ragazzina non se ne era accorta.
<< Eccole la ricevuta per il suo quadro >> si alzò abbracciando quella sconosciuta e baciandole la guancia mentre Anya rideva di lei << Grazie! Grazie! Grazie! >> la ringraziò dalla gioia e uscì dalla stanza << Dia pure la ricevuta a me >> sentì da Anya, ma non le importava di quanto costasse il quadro che aveva comprato o di chi appartenesse, perché quando raggiunse l'esterno rise alzando lo sguardo al cielo nuvoloso e trovandolo bellissimo << Grazie! >>.
Rise portandosi quel foglietto tanto prezioso alle labbra e quando Anya la raggiunse montò in auto con il sorriso che non voleva andarsene mai più << Alla SkaiKru >> non l'avrebbe più persa, non l'avrebbe più fatta scappare.
Adesso capiva!
Adesso capiva ogni cosa!
Il perché di quel forte sentimento, il perché di quel bacio così familiare e il perché le ricordasse Clarke << Perché lei è Clarke >> diede voce ai propri pensieri senza rendersene conto e si ritrovò a piangere di gioia senza saperlo << Lei è viva Anya...è viva >> si lasciò stringere tra le braccia dell'amica mentre tra le mani stringeva quel foglio così pieno di speranza portandoselo al petto << E' viva >>.

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NA: Eccoci arrivati alla grande scoperta ;) Piaciuto? come penserete che andranno le cose? Miglioreranno o peggioreranno? Fatemi sapere che cosa ne pensate e allora prossima :)

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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CLARKE

 

Lexa dormiva beatamente, ignara del fatto che Clarke la stesse osservando ormai da ore.
Si era svegliata a causa di un incubo e l'altra non se ne era accorta, probabilmente perché non aveva gridato, ma semplicemente aperto gli occhi.
Le accarezzò il braccio con cui la stava stringendo a lei senza rendersene nemmeno conto.
Quando le aveva rivelato di averla odiata, si era sentita ferita, ma vederla piangere e dispiacersi le aveva fatto capire quanto Lexa si sentisse ferita per quei pensieri.
Le sfiorò le labbra rosse, forse desiderando che si svegliasse perché la mora fece una smorfia prima di aprire gli occhi << Clarke... >> le mugugno nascondendosi contro il suo petto e la fece ridere quel comportamento infantile << Dobbiamo andare a lavoro >> le accarezzò i capelli << Siamo entrambi amministratori, quindi possiamo anche saltarlo per oggi >> le disse sempre nascosta e lo sguardo della bionda venne attirato dal tatuaggio sulla nuca di Lexa, toccandolo più volte con il dito, ripetendo quel gesto fino ad attirare il suo sguardo << Clarke... >> aveva il volto assonato e la voce stanca << Mi annoio >> le rivelò spostandole indietro i capelli << Ti annoi sempre se non hai una matita in mano >> sospirò mettendosi dritta e prendendo gli occhiali che aveva sul comodino << Che programmi hai oggi? >> le chiese tornando a stendersi con la testa sulle sue gambe mentre Clarke si appoggiava allo schienale << Dovrei essere io a chiedertelo visto che ho comunque Raven ad occuparsi dell'azienda >> Lexa chiuse un attimo gli occhi << Allora possiamo rimanere a dormire... >> Clarke rise colpendola dolcemente poi ad un braccio << O forse possiamo andare a fare una corsa >> << Da quando in qua ti piace il jogging? >> le chiese sorpresa mettendosi dritta << Non essere così sorpresa lo sempre praticato >> << Sì, ma prima ti costringeva tuo padre, ma volerlo fare te? Mi stupisci >> rise nuovamente << Forse e dico forse, sono cresciuta? >> scosse la testa alzandosi in piedi e dirigendosi al suo armadio.
Sapeva che la stava guardando e solo per quello ritardo qualche secondo, prima di indossare il suo intimo e rubarle una tuta << Che fai non vieni? >> le chiedeva mentre si allacciava le scarpe da ginnastica << Dammi cinque minuti >> le fece uscendo anche lei dal letto e incamminandosi verso l'armadio.
Sembrava che i ruoli si fossero scambiati, perché adesso era lei quella ammaliata dalla sua bellezza e raccolse tutta la sua forza di volontà per non gettarla di nuovo sul letto disfatto << Ti aspetto di sotto >> l'avvisò e Lexa annuì mentre si vestiva.
Stava prendendo una bottiglietta d'acqua quando sentì suonare al campanello << Potresti? >> le fece Lexa e Clarke andò ad aprire << Ah...Costia, c'è Lexa? >> chiese Anya entrando nell'appartamento << Eccomi, si può sapere che vuoi? >> Lexa stava raccogliendo i capelli in una coda mentre scendeva le scale << Mi chiedi cosa voglio? Dove diavolo hai il telefono? >> Anya sembrava piuttosto arrabbiata e l'accigliarsi dell'amica la fece innervosire ancora di più << Lincoln ha dovuto chiamare me, perché tu non rispondevi, ma che diavolo stavi facendo? >> Clarke abbassò leggermente lo sguardo quando Lexa lo alzò verso di lei << Dio mio...non posso farti anche da madre >> Anya sospirò passandosi una mano trai capelli e porgendo un biglietto a Lexa << Lincoln insieme al reparto sicurezza ha trovato un messaggio diretto alla Natblida >> Clarke si accigliò quando vide l'accigliarsi dell'amata.
Vuoi giovare con me?
Rabbrividì nel leggere il contenuto del biglietto << Che diavolo significa? >> chiese Lexa << Chiama Aiden >> ribatté Clarke porgendole il proprio telefono << Perché? >> << Chiamalo >>.

 

LEXA


<< Chiamalo >> glielo stava ordinando, il che le sembrò piuttosto strano, ma non osò disobbedire oltre.
Digitò il numero del fratello e attesero qualche secondo prima che rispondesse << Pronto? >> rilasciò un sospiro di sollievo << Stai bene Aiden? >> << Sì, Lexa sto bene, ma hai idea di che ore sono? >> la sua voce era ancora impastata dal sonno << Lo so scus... >> Clarke le strappò il cellulare dalle mani << Non uscire per nessuna ragione, mi hai sentito? E sopratutto stai vicino alle tue guardie del corpo >> << Chi diavolo sei? >> la vide passarsi una mano trai capelli << Sto cercando di salvarti la vita, quindi per favore ascoltami >> c'era supplica nella sua voce e tristezza.
Non poteva essere...
<< D'accordo, non lascerò l'appartamento né le guardie del corpo >> le ripassò il cellulare << Sei sicuro di stare bene? >> chiese Lexa lanciando una lunga occhiata a Clarke << Sì, ma che diavolo hai combinato stavolta? >> << Niente Aiden, non è colpa mia ogni volta sai? Resta in casa, ti manderò altre guardie >> lo sentì imprecare prima di chiudere il contatto.
Anya e Lexa rimasero per un lungo momento ad osservare Clarke che camminava avanti e indietro << Non avremmo dovuto...non avremmo dovuto... >> continuava a ripetere << Puoi dirmi che cosa sta succedendo? >> la vide deglutire a fatica << Sono loro Lexa, sono loro, ma io sono stata attenta come... >> << Magari non stanno prendendo di mira te? >> chiese Anya togliendosi la sciarpa e il capotto << Infatti non stanno prendendo di mira me, ma Lexa...devi stare attenta ok? Io andrò a parlare con i miei genitori e.. >> << Se lo farai scomparirai di nuovo, non è vero? >> la vide crollare sul pavimento e si preoccupò per lei << Io non so cosa fare... >> cominciò a piangere senza freno e Lexa sentì il cuore chiudersi in una morsa << Ti faranno del male? >> si ritrovò a chiederle << Non mi importa di...me Lexa, se davvero sono loro, quella in pericolo sei tu e tuo fratello >> il fiato di Clarke cominciava a farsi breve << Anya non è che potresti... >> le indicò il cassetto dove teneva i sacchetti di carta per la spesa << Non ha senso, gli attacchi dell'azienda ci sono da molto prima che io e te ci incontrassimo >> la informò porgendole la busta e costringendola a respirarvi dentro << E Aiden è al sicuro, quindi... >> << H-hai ragione non possono essere loro...non.. >> stava tremando come una foglia, ma era per paura o per altro?
Che cosa le avevano fatto?
Chi erano?
<< Però non possiamo lasciare tutto in mano alle probabilità >> fece ad un tratto Anya ricevendo un occhiata dall'amica << H-ha ragione >> Clarke si alzò in piedi aiutata dall'altra << Vi volete dare tutte e due una calmata? >> Lexa la costrinse a sedersi prima di tornare a parlare << Non sappiamo se sono veramente loro e poi vi devo ricordare che la Natblida è un'azienda di sicurezza e spionaggio? Se davvero vogliono attaccarmi non hanno idea a contro chi stanno andando >> prese il telefono di casa e digitò il proprio numero d'ufficio << Pronto Margaret, fai attuare da Lincoln la Polis >> la donna annuì come al solito senza chiederle la motivazione << La Polis? >> le chiese Clarke una volta finita la conversazione << Sì, non posso parlartene nel dettaglio, ma diciamo che la Natblida è intoccabile. Quindi adesso ci diamo tutti una calmata e andiamo a fare colazione, ok? >> Clarke si accigliò imitata immediatamente dall'altra << Ragazze pensate che sia il primo biglietto che ricevo? Ho la scrivania piena >> mentì nascondendo la paura che l'attanagliava << Come?! >> esclamò la bionda << Non me ne hai mai parlato! >> rafforzò Anya << Come non detto, faremmo colazione qui. Clarke cosa vuoi mangiare? >> la ragazza la guardò sconvolta indicando con gli occhi Anya << Ah...tranquilla, Anya era con me quando l'ho scoperto >> << Cosa? Allora perché mi hai chiamato Costia? >> l'amica sospirò sedendosi sul divano << Perché c'erano le guardie e avrei voluto che Lexa non te ne parlasse. Era meglio fingere di essere all'oscuro come tutti, ma quella lì non riesce a stare zitta... >> vi era riuscita.
Almeno per un po' Clarke avrebbe smesso di pensarvi o almeno vi sperava.
Prese il caffé con la mano ancora tremante e cominciò a prepararlo, lanciando appena uno sguardo alla bionda che parlava con l'amica.
Non ebbe paura quando lesse il biglietto, ma la reazione di Clarke l'aveva sconvolta.
E se l'avessero portata via di nuovo?
Scosse la testa mentre disponeva i vari dolci sui piatti.
Non poteva permetterlo, non poteva << Hai bisogno di una mano? >> sussultò quando le venne vicino Anya << No, stai con Clarke >> << Pensi che sia stupida? Lascia fare a me e vai a sederti accanto a lei >> ribatté quella prendendole dalla mano la scatola di biscotti.
Lexa si arrese ed affiancò Clarke sul divano << Sei sicura di stare bene? >> le chiese una volta seduta << Sì, Lexa...anche se.. >> la colpì alla fronte con le dita << Smettila di preoccuparti inutilmente, non sono loro... >> annuì, ma era palese che continuasse a pensarvi << Aiden sarà al sicuro in meno di dieci minuti e io non uscirò di casa per un'intera settimana, ok? >> << Non la stai prendendo seriamente >> Lexa sospirò abbandonandosi contro il divano << Forse perché non c'è niente di cui preoccuparsi? >> Clarke scosse la testa ripetutamente, aprendo un poco il colletto della tuta << Forse, ma stai attenta ti prego >> anche se stava cercando di nasconderle le sue mani tremavano ancora, così Lexa le prese portandole alle labbra e depositandovi un piccolo bacio << D'accordo >> l'attirò a se per abbracciarla, sapendo che Clarke ne aveva bisogno e infatti si strinse a lei << Promettimelo >> le sussurrò << Te lo prometto >>.
Era terrorizzata come non aveva mai visto nessuno ed era stato solamente un biglietto a farla reagire così.
Quanto in realtà quell'esperienza l'aveva ferita?

 

CLARKE


Lanciò un'ultima occhiata al palazzo prima di montare in auto.
Lexa l'aveva costretta a tornare a casa, visto il suonare incessante del suo telefono da parte dei suoi genitori.
Avrebbe dovuto dirlo?
Si massaggiò gli occhi stanchi scartando immediatamente quell'idea anche se sembrava la più giusta.
Alla fine l'aveva messa in pericolo, perché lei sapeva che erano loro, lo sapeva.
Quella frase era la loro firma, ma cosa mai potevano volere da lei?
Perché colpire lei?
Sospirò serrando le mani a pugno.
Non era giusto...non era giusto che ogni volta che trovasse un attimo di serenità, tutto tornava a galla, ogni cosa e ogni pensiero minacciavano il suo presente, non era giusto.
Non voleva che le facessero le stesse cose, non voleva che le facessero del male.

Dieci anni prima.

Che cosa volevano dai suoi genitori?
Che cosa volevano da lei?
A labbra strette si issò a sedere, massaggiandosi la gamba ancora dolorante.
Ormai erano passati due giorni dalla videochat e dalla loro ultima visita.
Represse l'ennesimo brivido causato dalla febbre e si tese in avanti per prendere quello che doveva essere la sua cena o il suo pranzo.
Avevano spento l'acqua, così almeno riusciva a dormire un poco, ma la luce rimaneva.
Quella maledetta luce rimaneva.
Osservò il pane e quello che sembrava purè di patate ed ebbe un conato, che mandò indietro, cominciando lentamente a mangiare.
Aveva troppa fame, per rinunciarvi.
Erano giorni che non mangiava, erano giorni..rigettò tutto quello che aveva mangiato e si maledisse per il suo stomaco.
Aveva fame...
Sospirò tornando a sedersi sul materasso.
Aveva fame...
Strinse la camicia all'altezza dello stomaco tra le mani e pianse.
Aveva davvero fame.


<< Che cosa c'è? >> chiese non appena entrata in casa e raggiunti i genitori seduti in salotto << Si può sapere dov'eri? >> fece sua madre preoccupata << Da Lexa >> vide chiaramente la disapprovazione e lo stupore negli occhi del padre << Ci hai fatto preoccupare, non rispondevi al telefono e... >> << Sto bene >> si tolse il capotto appendendolo all'attaccapanni << Ho solo bisogno di una doccia >> si inumidì le labbra abbassando lo sguardo incapace di sostenere quello del padre << Certo ti preparo qualcosa da mangiare? >> aveva appena fatto colazione a casa di Lexa, ma quel ricordo era ancora vivido nella sua mente che finì per annuire mentre si dirigeva nella sua stanza.
Si spogliò immediatamente dei propri abiti.
Aveva bisogno di una doccia.
Aveva bisogno di lavarsi.

Dieci anni prima.

<< Svegliati... >> stancamente riaprì gli occhi pesanti che videro l'uomo dalla maschera bianca con il capo leggermente inclinato che le sfiorava il volto con una mano.
Si rannicchiò su se stessa per paura quando si rese conto della sua vicinanza << Hai fame? >> le chiese con una voce dolce che la fece rabbrividire ancora di più, ma non rispose << Certo che hai fame >> con il pugnale che teneva nell'altra mano indicò il vomito poco più lontano a loro << Vieni >> lo vide alzarsi e uscire per poi voltarsi verso di lei e colpire con un calcio la cella << Ho detto: Vieni! >> esclamò di rabbia e Clarke non osò esitare ulteriormente e afferrò la mano che le stava porgendo.
A lui non importava che non ce la facesse a tenere il suo passo a causa della gamba e ben presto si ritrovò a gemere per il dolore che non si accorse della strada che stava percorrendo.
Raggiunsero una stanza interamente oscurata e illuminata da candele di vario tipo, ma ciò che la sconvolse furono le cinque persone con abiti perfetti e con indosso la stessa maschera seduti su un tavolo << Sai perché sei qui? >> Clarke scosse la testa mentre lui la costringeva a sedersi ad uno dei posti a capotavola << Perché i tuoi genitori hanno giocato bene >>.
Giocato?
Era un gioco per loro?
Lo vide sbattere le mani e come se fosse stato un ordine, quelli che sembravano essere camerieri riempirono il tavolo di prelibatezze di ogni genere, dalla carne al pesce fino al dolce.
Clarke sentì la bocca riempirsi ancora prima di portarle del cibo << Mangia >> la invitò lui e anche se sapeva che non doveva anche se sapeva che era sbagliato, aveva troppa fame.
Così non esitò un istante a strappare una coscia di pollo e ad azzannarla.
Rabbrividiva nel sentire il suo sguardo posato su di lei, che la fissava come un animale prezioso.
Era uno sguardo languido pieno di...desiderio.
Dopo poco diede cenno anche agli altri di cominciare a mangiare e Clarke notò una ragazza sedersi poco più distante a loro, con indosso quelli che una volta erano stati abiti pregiati come i suoi.
Aveva i suoi stessi occhi, gli occhi di una persona affamata.
Anche lei era stata rapita?
Il suono della sua lingua che schioccava in negazione attirò nuovamente la sua attenzione << Non fare cose di cui potresti pentirti >> le fece lui divertito, ma sempre con tono gentile indicandole le gambe che erano uscite un poco fuori dal tavolo in direzione della giovane ragazza << P-perché? >> riuscì a trovare il coraggio di chiedere e l'uomo dall'accento strano cominciò a ridere << Sei coraggiosa Clarke >> sentire il suo nome pronunciato da quell'essere le raggelò le vene << Perché i suoi genitori hanno perso e chissà magari domani sarai tu al suo posto >> aggiunse inumidendosi le labbra con del vino << E sono sicuro che lei non avrà la tua stessa premura >> concluse alzando il bicchiere nella direzione della giovane.
Che cosa voleva dire?
Perché lei non poteva mangiare?
Perché torturarla così?


Pianse mentre l'acqua le scorreva sulla schiena.
Voleva solo dimenticare, andare avanti una volta per tutte, ma sembrava impossibile.
Lexa...doveva trovare un modo per proteggerla senza perderla, ma quale?
Si portò una mano alle labbra e continuò a piangere silenziosamente.
L'aveva messa in pericolo.
Perché preferirei mille vite così che una sola senza di te.
Lei non aveva idea di che cosa volesse significare perdere tutto...non ne aveva la più pallida idea.
Pianse per la disperazione di non poter fare niente.
Lei non poteva mai fare niente, era inutile...
Spense l'acqua avvolgendosi nell'asciugamano, rispecchiandosi poi nello specchio << Puoi invece...devi solo trovare il coraggio >> si asciugò le lacrime e tornò in camera, indossando un paio di jeans e una maglia di cotone bianca con il colletto, raccolse i capelli e si diresse nuovamente alla porta << Dove stai andando? >> le chiese la madre nel vederla prendere il capotto << Devo parlarle >> << Clarke... >> << Mamma sono stanca >> ribatté impedendole di aggiungere altro, uscendo infine dalla casa.
Era veramente stanca di dover continuare a litigare per avere spazio nella sua vita.

 

LEXA


Aveva radunato l'intera squadra: il reparto di spionaggio, quello di sicurezza informatica, gli agenti sotto copertura e Lincoln insieme a sua moglie Octavia, aveva bisogno di un consigliere legale << Non voglio saperne oltre Lexa >> fece la donna alzandosi in piedi sconvolta con ciò che le stava dicendo << Come Capo procuratore non posso saperne oltre, ma posso consigliarti >>> aggiunse sospirando << Ricordati però che Lincoln dovrà uscirne indenne >> << Certo giuro >> Octavia scosse la testa << Spero che ne valga la pena >> commentò prima di cominciare ad elencarle le possibili accuse nei suoi confronti.
Non le importava in quel momento di cosa avrebbe potuto perdere purché Clarke fosse al sicuro << Questo è quanto? >> << Questo è quanto? Lexa è tutto quello che ti viene in mente da chiedermi dopo ciò che ti ho elencato? >> si strinse nelle spalle riempiendosi un altro bicchiere di vino << Potresti perdere tutto, ma che dico, perderesti tutto >> << Non è rilevante >> Octavia schioccò la lingua << Se non importa a te, perché dovrebbe interessare a me? >> alzò alle mani esasperata << Ok, Lincoln ti occuperai tu del trasporto, ragazzi voi invece penserete alle telecamere della strada e Anya... >> << Io penserò al resto, ma Lexa sei veramente sicura? >> soppesò un attimo le sue parole, riflettendovi realmente prima di annuire.
Sì, ne era più che sicura.

Quando la vide sull'uscio si affrettò ad aprirle la porta di casa << Che ci fai qui? Non ti aspettavo >> lanciò un occhiata alle guardie prima di chiudere alle sue spalle << Scusa, probabilmente essere venuta senza avvisarti non è stata l'idea migliore >> << Non dire cavolate è da molto che aspetti? >> le chiese appendendo il proprio e il suo capotto << Non molto..ho bisogno di parlarti >> Lexa sospirò << Hai sete? Non hai un bell'aspetto >> << Sto bene e no, non ho sete >> l'affiancò in cucina abbracciandola da dietro << Ho davvero bisogno di parlarti >> le sussurrò nell'orecchio << E io ho il diritto di ignorarti, perché so che quello che dirai non mi farà piacere >> si voltò prendendo il suo viso tra le mani << Andrà tutto bene te lo prometto Clarke >> la bionda schioccò la lingua << Non promettere ciò che non puoi mantenere >> << E da quando in qua sei così pessimista? >> alzò gli occhi al cielo scostandosi da lei << E da quando in qua tu invece sei così speranzosa? >> << Da quando ho visto l'amore della mia vita tornare in vita >> ribatté senza peli sulla lingua e prendendo una mela << E anche tu dovresti smetterla e tornare a sperare >> Clarke scoppiò a ridere e si ritrovò a stringerla di nuovo a sé << Non prenderti gioco di me. Parlando di cose serie resti a dormire? >> le chiese spostandosi in camera per cambiarsi << In realtà ero venuta per... >> << Quindi resti a dormire, ottimo >> la fece sedere sul letto mentre si dirigeva all'armadio per prendere dei pantaloncini grigi e una maglia a maniche lunghe nera << Te ne pentirai Lexa >> << Non dire idiozie, che cosa ti va di mangiare? >> le si sedette accanto prendendole le mani tra le sue << Scommetto che non hai mangiato niente >> << Lexa... >> << Smettila, ok? So già cosa vuoi dirmi e non voglio ascoltarlo, quindi smettila e cerchiamo di goderci questo giorno >> Clarke la guardava con occhi confusi << Come fai a non aver paura? >> Lexa sorrise timidamente, inumidendosi le labbra << Ti mentirei se ti dicessi che non ho paura, ma ho più paura a perdere te >> le sfiorò le labbra con un bacio casto << Quindi vedi di sorridere, perché mi piaci di più quando sorridi >> la colpì sul naso prima di rialzarsi e portarla al piano inferiore << Che cosa vuoi che ti cucini? >>.

Alla fine si erano addormentate l'una stretta all'altra subito dopo cena.
Clarke era esausta, lo si poteva capire benissimo dalle occhiaie profonde intorno agli occhi.
Da quanto non dormiva serenamente?
Sospirò coprendola meglio contro il freddo e indossando la giacca del completo prima di uscire silenziosamente dalla stanza.

 

CLARKE


Quando riaprì gli occhi rimase stupita di non trovare Lexa vicino a lei.
Che fosse andata a lavoro senza avvertirla?
Scalza e con indosso gli stessi abiti della sera prima andò dabbasso per controllare se fosse in cucina, ma non la trovò né lì né nel salotto.
Dov'era?
Prese il cellulare per scriverle un messaggio.

Ciao dove sei?”
             Clarke 11:30

Sospirò cominciando a fare colazione e dopo aver pulito le stoviglie si sedette sul divano.
La sera prima era venuta fin lì per allontanarla da lei e adesso...finiva per andarvi a pranzo.
La stava mettendo in pericolo con quel suo comportamento egoista.
Sentì degli strani suoni giungere dall'esterno della porta << Signorina stia dentro >> le ordinò James vedendo subito dopo vibrare la porta in legno.
Che cosa stava succedendo?
Sentì dei colpi di pistola e solo per quello cominciò ad indietreggiare fino a raggiungere la stanza insonorizzata.
Non poteva essere vero, non poteva essere vero.
Prese il cellulare che aveva tra le mani e digitò il numero dei suoi genitori, ma nessuno rispose così tentò con Lexa, ma ottenne lo stesso risultato.
Cosa diavolo stava succedendo?
<< Funzionavi maledetto! >> esclamò gettandolo a terra e rannicchiandosi su se stessa, trattenendo il respiro.
Non si sarebbe fatta prendere, non di nuovo.
Quando un uomo con un passamontagna abbassò la maniglia entrando nella stanza, lo colpì in pieno petto, ma quello non sembrò nemmeno sentirlo, l'afferrò per un braccio e con l'altra mano le iniettò qualcosa nel collo.
Avrebbe voluto reagire, avrebbe voluto scappare, ma le sue palpebre cominciarono a farsi sempre più pesanti << Ce l'ho >> sentì prima di soccombere al farmaco.
Non di nuovo.

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NA: Ciao carissime/i lettori, scusate se ieri se non ho aggiornato, ma ho avuto poca occasione per scrivere :( Comunque eccomi qua con il nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto e vi abbia emozionato :) E' stato veramente difficile scriverlo devo ammetterlo, ma questo possiamo dire che sarà il punto di svolta della situazione ;) Spero che continuerete a seguirmi e al prossimo capitolo :)

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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CLARKE


Quando riaprì gli occhi fu colpita da una luce accecante, così dovette sbattere le palpebre più volte per riabituare la vista.
Non poteva essere vero...
Represse un brivido nel gettarsi fuori dal letto nel toccare il tappetto bianco sotto i suoi piedi.
Dove si trovava?
La stanza era interamente grigia illuminata da lampade a led che pendevano dal soffitto, c'erano quadri appesi al muro e un tre piedi con una tela bianca, ma non vi erano finestre.
Sentì l'aria svuotarsi solo a quel pensiero e il cuore iniziare a battere all'impazzata mentre si dirigeva alla porta, conscia che non potesse aprirsi, ma desiderosa di farlo comunque.
E con suo grande stupore si ritrovò su un corridoio.
Perché non l'avevano chiusa?
Deglutì con fatica mentre sempre a piedi scalzi e silenziosamente si inoltrava all'interno di quello strano edificio, che sembrava scavato nel terreno.
Doveva rimanere in cella?
Non voleva farlo arrabbiare.
Si appoggiò alla parete, portandosi una mano alla bocca per attutire il suono dei singhiozzi.
Non era giusto.
Non voleva rivederlo, non voleva rincontrarlo...non...
Si issò in piedi e con coraggio iniziò a salire la gradinata che sembrava portare ad un piano superiore.
Il terrore di dover rivedere quegli occhi chiari osservare ogni suo movimento la paralizzavano, ma doveva almeno provare a scappare doveva << L-lexa? >>.

 

LINCOLN


Stava riflettendo ancora una volta se fosse l'idea migliore quando sentì il suo cellulare vibrare.

E' a casa.”
          Lexa 11:50


Quella mattina Octavia lo aveva baciato esigendo che tornasse sano e salvo per cena, ma cosa mai poteva succedere?
Si grattò il capo smontando dal camion e indossando il suo capellino porta fortuna.
La Natblida era una delle aziende più all'avanguardia che avesse mai visto e il suo compito era semplice, però un po' gli dispiaceva perdersi l'azione.
Aprì la porta e fingendo di accendersi una sigaretta << Sono in posizione >> telegrafò alla radio che aveva nella manica << Anche gli Alpha Beta sono in posizione, pronti al vostro segnale >> comunicò il capo squadra << Le telecamere saranno spente tra...tre...due...uno >> sorrise nel sentire i suoi compagni scattare al countdown degli hacker.
Avevano cinque minuti scarsi per recuperare l'obbiettivo e raggiungerlo dietro l'edificio, dopodiché sarebbe stata tutta una sua responsabilità, fino al raggiungimento del convoglio al porto.
Certo che le persone ricche potevano permettersi di tutto, ma perché lo stesse facendo Lexa gli era del tutto ignoto.
Prima o poi l'avrebbero scoperta e avrebbe perso tutto, oltre alla libertà.
Certo, Aiden sarebbe salito a capo della Natblida e quando sarebbe uscita di carcere i soldi non le sarebbero mancati comunque, ma perché rischiare tanto?
Scosse la testa e schioccò la lingua mentre vedeva i suoi uomini uscire e dirigersi al furgone << Muoviamoci >> ordinò il capo squadra Wake << Qualcuno è ferito? >> scosse la testa colpendo il giubbotto anti proiettile con il palmo della mano << Per questo adottiamo quelli in kevlar >> commentò scherzoso montando insieme agli altri.
In meno di mezza giornata era riuscita ad organizzare tutto quello e rabbrividì al pensiero di che cosa realmente Lexa fosse capace << Le telecamere si stanno per riattivare >> gli avvisò uno dei tanti nerd che parlavano al suo auricolare, così si affrettò a montare e a partire.
Lexa detestava i ritardatari.

 

LEXA


<< L-lexa? >> nel voltarsi la vide crollare a terra, così si affrettò a raggiungerla << Non può...non può aver preso anche te...perché? >> stava piangendo incontrollatamente e la mora si affrettò ad abbracciarla << Clarke va tutto bene, sei al sicuro...Dio mio, non credevo che...perdonami, ma era l'unico modo >> << C-che cosa stai dicendo? >> stava tremando come una foglia e il cuore stava impazzendo sotto al suo petto << Sono stata io. Io ti ho...rapito >> Clarke le rivolse uno sguardo misto tra shock e confusione << Era l'unico modo, se persino i tuoi genitori ti crederanno morta... >> << C-che cosa hai fatto? >> la interruppe allontanandosi dal suo abbraccio e alzandosi in piedi malamente, appoggiandosi al muro << Che..? >> sussurrò guardando il pavimento << Clarke io ho dovuto farlo >> << Tu mi hai rapito? >> Lexa annuì freneticamente avvicinandosi per prenderle le mani, ma Clarke sfuggì al suo tocco << Hai idea di che cosa voglia dire? >> si portò una mano al petto << Sì >> << No, invece >> ribatté e aveva ragione, non lo poteva sapere << Ho...ho creduto che ci fosse lui...Lexa >> chiuse gli occhi indietreggiando e passandosi una mano trai capelli prima di voltarsi nuovamente da lei << Ho creduto che...dio... >> si piegò in due e i capelli le ricaddero sul viso mentre piangeva senza freno << Ho pensato di... >> lo sguardo che le rivolse era devastante che si ritrovò a piangere a sua volta << Clarke io non... saresti dovuta rimanere priva di sensi, fino al mio arrivo... >> << Non hai pensato Lexa...tu... >> scosse la testa e stava cercando di riprendere fiato, visto il suo respirare irregolare << Dovresti sederti >> le consigliò << Non voglio sedermi! >> alzò le mani al cielo << Voglio solo tornare a casa >> << Non posso >> si accigliò a quella risposta << Non posso, per il mondo tu questa mattina sei morta >> << Che...che...che cosa stai dicendo? >> doveva trovare un modo per calmarla, altrimenti sarebbe crollata sul pavimento priva di sensi << Clarke ti spiegherò tutto se... >> << No! Tu mi spieghi tutto adesso Lexa >> si inumidì le labbra decidendo di assecondarla << Dopo che ho ricevuto quel messaggio, ho pensato alla tua incolumità e ho deciso di farti scomparire. La parte in cui morirò io sarà successiva, ma ne sono all'oscuro, pare che l'abbia ideata Anya per proteggermi >> si avvicinò a lei, ma non osò toccarla col timore che potesse scappare di nuovo << Ti ho fatto rapire e ho simulato la tua morte, così che chiunque ti stesse minacciando la smetta. Torneremo quando le acque si saranno calmate, con delle nuove identità e... >> << Tu sei pazza >> << Io ti amo >> non stava ridendo e nemmeno sembrava felice.
Clarke era arrabbiata, ma non le importava, perché adesso era al sicuro << Lui...lui ti ucciderà Lexa >> si lasciò scivolare sul pavimento in legno << Non arriverà a me >> << Ci troverà e ti ucciderà... >> il volto di Clarke le faceva paura, era vuoto, privo di emozioni, come non l'aveva mai visto << Ti ucciderà e la colpa sarà mia...perché... >> si colpì la gamba e Lexa le prese le mani fermandola << Avrei dovuto lasciarti! Mi sarei dovuta allontanare! >> esclamò guardandola ora << Quel biglietto era una trappola Lexa...lui sapeva di te...lui... >> la mora si accigliò a quella rivelazione << Di che cosa stai parlando Clarke? >> la vide coprirsi il volto con entrambe le mani per poi tastarsi la fronte con i palmi << Voleva vedere se avrei reagito e come una stupida io... >> scosse la testa serrando le mani << Io..ti ho messa in pericolo >> << Non dire cavolate e sopratutto non sottovalutarmi, pensi che non ci abbia pensato? Per questo ti ho ucciso >> la bionda si accigliò confusa più che mai << Non serve avermi ucciso, lui non si arrenderà mai se non vedrà il cadavere >> << C'è il cadavere Clarke >> la risata che sentì era vuota e lugubre << E al tuo cadavere hai fatto questo? >> si scostò i capelli rivelando un ustione a mezzaluna con due iniziali sulla nuca << Clarke... >>.
L'aveva marchiata?
Chi diavolo era lui?
Chi era C.E.?
La vide alzarsi in piedi << Non pensi Lexa..tu non pensi! I miei genitori potranno crederlo, la CIA anche, ma lui..lui no, lui...saprà! >> il suo sguardo era straziante << Qui siamo al sicuro >> cercò di tranquillizzarla << Qui dove? >> << Non lo so >> rivelò stringendosi nelle spalle << Non lo so, ed è questo il punto. Nessuno lo sa, a parte le persone che mi hanno portato qui e la persona che ha creato questo posto, ma la sua mente avrà già cancellato l'informazione >> << Che cosa stai dicendo? >> << L'unica persona che sa dove siamo, è la madre di Anya che soffre di Alzhaimer >> le si avvicinò e stavolta quando le prese le mani tra le sue Clarke non si ritrasse << Sono venuta anche io qua priva di sensi Clarke, non ho la più pallida idea di dove ci troviamo >> mise le mani in tasca rivelando un bigliettino e delle chiavi << C'è scritto che hai scorte a sufficienza per mesi e che queste sono le chiavi delle stanze, tra qualche settimana tornerò a farti visita, ma non posso prima >> le porse il biglietto dandole il tempo di leggerlo << Non cambia il fatto che lui sa e che quando uscirò di qui, continuerà a perseguitarmi >> << No, se noi lo fermiamo prima >> Clarke rise di nuovo allontanandosi << Parli così perché non lo conosci, non hai idea.. >> << Si può sapere chi è? >> la vide reprimere un brivido e chiudere gli occhi << No, non.. >> si massaggiò il collo << Perché se tu sapessi.... >> aggiunse voltandosi da lei << Ti terrorizza così tanto... >> la bionda scosse la testa << Non...sei certa che siamo al sicuro? >> si inumidì le labbra annuendo << Sì, Clarke... >> avrebbe voluto sorvolare come le altre volte, ma vederla reagire così e tremare senza freno la stava divorando << Clarke... >> << Ti prego Lexa non chiedermelo >> era una supplica che proveniva dal profondo lo sentiva << Devo >> le si avvicinò cingendola a sé << Ho bisogno di saperlo Clarke >>.


CLARKE


<< Ho bisogno di saperlo Clarke >> aveva ragione, aveva tutto il diritto di sapere ma...<< Aiden...Aiden sarà distrutto quando morirai >> le disse cercando di cambiare discorso, cercando di non pensarvi << Clarke... >> << Non glielo hai detto, non è vero? >> << Clarke! >> sussultò quando Lexa gridò il suo nome << Che cosa ti ha fatto? >> strinse forte le sue mani tra le sue << Perché continua a perseguitarti? >> scosse la testa mentre nella sua mente si affollavano i ricordi << Non è giusto... >> si ritrovò a dire indietreggiando strizzando gli occhi << Clarke vederti così...è...ti prego >> abbassò lo sguardo e serrò le mani a pugno << Ti prego Clarke, perché non ce la faccio più... >> si passò nervosamente una mano trai capelli tornando poi a sorreggere il suo sguardo e vedere il suo viso rigato dalle lacrime era straziante << Lexa...io...non... >> << Non dire che non puoi, perché...perché... >> colpì la testata del divano bianco << Perché sto impazzendo... >> sussurrò crollando in ginocchio << Voglio saperti al sicuro, voglio vederti e farti sentire al sicuro, ma... >> Clarke le si avvicinò abbracciandola << Non posso affrontare un ombra, non posso... >> stava piangendo contro la sua spalla, stringendosi forte a lei << C-che cosa vuole da te? >> le chiese tornando a rispecchiarsi in lei << Lexa..io... >> sospirò racimolando quel poco coraggio che aveva << Sono sua...gli appartengo >> sussurrò e dire quelle parole a voce alta ancora una volta la stavano svuotando << Sono... >> aggiunse appoggiandosi al divano e agli occhi che tanto amava e che sembravano soffrire con lei in quel momento << Io...Dio... >> alzò gli occhi al cielo mentre Lexa le si avvicinava permettendole di piangere ancora una volta sulla sua spalla.

Dieci anni prima.

Non sapeva il perché di quell'abito nuovo o del perché in quel momento le stava pettinando i capelli raccogliendoli in una coda.
L'uomo dalla maschera bianca e dagli occhi chiari, continuava a fissarla dallo specchio.
Sentiva il suo respiro sulla nuca e le sue mani dalla perfetta manicure toccarle le spalle una volta finito.
Aveva imparato a stare zitta e a parlare ad ogni suo ordine, con il timore che chiamasse i suoi tirapiedi per darle una punizione, perché lui non si sporcava le mani.
Era lui il capo.
<< Sei bellissima >> commentò una volta finito, ma Clarke non riconosceva più quella fragile ragazza che obbediva.
Odiava la sua voce, odiava il suo modo di respirare e odiava quell'accento << Grazie >> ringraziò perché doveva farlo, non perché volesse e quando lui si alzò dietro di lei e le si sedette di fronte, Clarke trattenne per un attimo il respiro << Guarda cosa ho qui >> le rivelò un rossetto e senza chiederle il permesso cominciò ad applicarlo sulle sue labbra, ma la parte peggiore che pur non legata, lei non osò impedirglielo.
Sapeva che non si comportava così anche con l'altra ragazza, perché ad ogni cena che fosse lei al tavolo o sullo sgabello ad osservare gli altri mangiare, non l'aveva mai vista truccata o con un abito nuovo e non trovava alcun sollievo in ciò, perché voleva dire che era la sua preferita e...<< Non piangere >> avvertì lui sospirando mentre finiva di applicarle il rossetto rosso << Guardati >> le indicò lo specchio e Clarke strizzò gli occhi terrorizzata da lui e dal suo sguardo, che era uno di quelli che ti terrorizzano ogni notte, impedendoti di dormire << Grazie >> l'uomo si alzò innervosito << Sai dire solo questo?! >> esclamò frustrato e Clarke si strinse nelle spalle quando lo vide colpire le sbarre della cella << Mi dispiace >>.
Che cosa doveva dire?
Cominciò a tremare senza rendersene conto e lui le prese le mani tra le sue << Oh...scusa, scusa non volevo spaventarti >> quella voce dolce la spaventava più di ogni altra cosa, così come la sua mano che le accarezzava la guancia con delicatezza o il suo bacio sulle labbra.
Il fatto che la baciasse da dietro quella maschera le faceva accapponare la pelle.
Si portò una mano alla gola sentendo l'aria iniziare a mancare << Clarke? >> la chiamò lui mentre lei si alzava per ricadere malamente sul terreno << Clarke?! >> annaspò alla ricerca di ossigeno, sentendo i polmoni bloccarsi << Chiama immediatamente qualcuno! >> ordinò il capo mentre lei si inarcava << No, no, no, no >> quella voce preoccupata era terrificante, i suoi occhi celesti che la fissavano come un pazzo erano spaventosi e le sue mani che la toccavano e la sollevarono...
Voglio morire...

Si sentiva esausta, ma non voleva rimanere in quella stanza, non voleva, ma quando uscì dal bel letto rovinò sul terreno, incapaci i suoi piedi di sorreggerla << Dio mio Clarke, no... >> sentì le sue mani toccarla ancora prima che la sfiorassero << Devi riposare >> riuscì a notare un piccolo tatuaggio sul braccio.
Aveva fatto parte dei Marines?
Il suo battito cominciò ad accelerare quando la sollevò dal pavimento e sentì le sue braccia sotto le sue gambe << Ho deciso di raccontarti il perché sei qui Clarke >> avrebbe cominciato ad odiare il suo nome se lui avesse continuato a pronunciarlo così.
L'adagiò sul letto, coprendola con gentilezza come se avesse il timore che si spezzasse.
Si portò una mano alla maschera e con gran stupore la tolse di fronte a lei, rivelando un bel viso, dai capelli biondo cenere, gli occhi celesti e le labbra carnose << Non ti aspettavi di trovare questo, non è vero? >> scosse la testa e rabbrividì nel vedere il suo vero sorriso, che era più terrificante di quello che si era immaginata << P-perché? >> si ritrovò a chiedere abbassando lo sguardo col timore di rivelare il disgusto dei suoi occhi << Oh, sei preoccupata per me? >> con due dita le sollevò il viso sorridendole mentre con l'altra mano le accarezzava la sua << Non hai di che preoccuparti, ormai fai parte della famiglia >> Clarke si accigliò e lui le indicò il collo che lei trovò un poco gonfio << C-che cosa...? >> iniziava a sentirsi ancora più confusa << Vedi questo era un gioco a cui i tuoi genitori hanno perso >> << G-gioco? >> lui sospirò inumidendosi le labbra << Clarke so che sei più intelligente e so che puoi arrivarci da sola >>.
Come?
Gioco...?
Sapeva che la stava osservando mentre nella sua testa ogni pezzo cominciava ad avere il suo ordine.
Gioco..gioco...
L'acqua del rubinetto, la luce accesa, il tavolo, il cibo, le richieste...
<< Giocavi con i miei genitori... >> disse a voce alta sconvolta << Brava! Speravo che perdessero! >> esclamò lui battendo le mani << Così saremmo stati insieme per sempre >> aggiunse avvicinandosi per scostarle una ciocca dal viso << Perché...? >> non doveva chiedere oltre, ma voleva sapere, la sua mente aveva bisogno di capire << Per vedere quanto ti amano Clarke >>.
Era dentro un incubo da cui non poteva svegliarsi?
Sentiva la testa pesante così come l'aria << Il gioco aveva regole semplici. Io chiedevo, loro esaudivano e tu vivevi meglio >> si finse dispiaciuto stringendosi nelle spalle << Però non hanno giocato bene >> scosse la testa sempre con quel fare rattristato mentre lacrime copiose cominciarono a bagnarle il viso << E pensare che erano dei giocatori fantastici >> non voleva sentire, non voleva ascoltare << Pensa che tua madre... >> << Smettila! >> lo interruppe lei e lo sguardo che ricevette fu privo di ogni dolcezza << Come? >> << Smettila per favore... >> cominciò a tremare di paura mentre lui si inumidiva le labbra nervosamente e inclinava un poco il capo << Clarke io ti voglio bene e sei speciale per me, ma...non sarà così facile farti perdonare... >> si avvicinò a lei portandole un pugnale al viso << Baciami >> le ordinò strattonandole i capelli.
Avrebbe preferito morire che farlo << Baciami! >> gridò lui.
Ormai non aveva alcun senso assecondarlo.
I suoi genitori la credevano morta, tutti la credevano morta.
Sarebbe morta lì, ma lui non sembrava della stessa idea e la costrinse a baciarla.
Faceva schifo, la sua lingua dentro di lei e...Clarke annaspò quando sentì la lama del pugnale entrare poco sopra il bacino e girare << Quando do un ordine, voglio che tu obbedisca, capito? >> si piegò in due portando la mano sull'elsa che lui aveva abbandonato << Chiamate il medico >> ordinò alzandosi mentre Clarke cercava di estrarre la lama, ma invano << Ti farà male e molto, ma non ti ucciderà >> le si avvicinò di nuovo scostandole i capelli dal viso << Carl Emerson è il nome del tuo padrone, Carl Emerson è il nome del tuo amante, Carl Emerson è l'ultimo nome che le tue labbra devono pronunciare in punto di morte >> le sussurrò nell'orecchio per poi estrarre il pugnale << Sei mia Clarke Griffin, mia e mia soltanto. Dimenticati della tua vita come hanno fatto gli altri >> aggiunse baciandola un ultima volta e lasciando poi spazio alla dottoressa che l'aveva curata anche l'altra volta.
Anche lei era sua prigioniera?
Si chiese prima di perdere i sensi.

Carl Emerson.
Carl Emerson.
Continuava a ripeterlo col timore di dimenticarlo mentre la costringeva a ritrarlo sulla tela anche se non si era ancora ripresa.
Credeva che farle cambiare stanza, darle vestiti puliti e un letto comodo, potessero fare la differenza?
Sì, facevano la differenza e lui lo sapeva bene.
<< Lexa >> sentire quel nome fuoriuscire dalle sue labbra la fece rabbrividire << Chi è? >> le chiese << Nessuno... >> finse di non essere sorpresa continuando il suo disegno << Davvero? Eppure la dottoressa Sydney dice di averti sentito chiamarla più volte quando eri in preda alla febbre >> << Non lo so... >> << Stai mentendo Clarke >> sapeva che aveva inumidito le labbra, lo faceva ogni volta che qualcosa non andava come voleva, ormai non aveva più bisogno di vederlo << Io...sì, è vero sto mentendo... >> rivelò posando il pennello << Chi è? >> lo vide avvicinarsi fino a sedersi davanti a lei << E'...una...era mia sorella, ma è morta >> mentì.
Mentì per proteggerla e sperò con tutta se stessa che lui non se ne accorgesse << Una tua sorella? >> << Sì, ma non di sangue... >> aggiunse rinforzando la menzogna, con un'altra bugia << E come mai non risulta dalle ricerche? >>
Ricerche?
Aveva fatto delle ricerche su di lei?
Allora perché non sapeva chi fosse Lexa?
Stava mentendo anche lui << Non saprei >> rimase a fissarla per analizzare il suo comportamento e quando alzò il sopracciglio capì di averlo ingannato << D'accordo ora torna a letto >> si alzò lentamente, sentendo i punti tirare, ma sapeva che lui non l'avrebbe aiutata.
A Carl piaceva vederla così.
Con una mano sul ventre si spostò lentamente, strusciando i piedi più che sollevandoli fino a trascinarsi sul letto e anche se era poco distante dalla tela si trovò ad abbandonarsi su di esso con il fiatone << La vestaglia Clarke >> informò lui proprio dietro di lei << La vestaglia >> ripeté lei alzandosi un'altra volta e impiegò più del dovuto per toglierla e porgergliela << Ottimo >> i suoi occhi le percorsero il corpo e anche se indossava il pigiama, si sentiva spoglia di fronte a lui come se la stesse vedendo nuda...
<< Notte Clarke >> le si avvicinò al viso porgendo la guancia << Notte Carl >> ripeté baciandolo e sentendosi morire per quel gesto, non suo, che non le era mai appartenuto.
La stava cambiando e non poteva fare niente per impedirlo.
Lasciò che la coprisse e che le accarezzasse la fronte depositandovi un altro bacio che lei trovava ripugnante, così come l'odore di pino che aveva amato una volta.
Solo quando lo sentì uscire e la porta chiudersi si lasciò andare, cominciando a piangere e sprofondando contro i cuscini.
Nessuno sarebbe più venuta a salvarla, nessuno.

Venne svegliata dal suono ininterrotto di un allarme e dal suo volto davanti a lei << Alzati! >> le ordinò trascinandola fuori dal letto e Clarke sentì i punti tirare come mai prima d'ora << Carl... >> lo chiamò cadendo sul pavimento << Clarke dobbiamo andare >> le prese il volto tra le mani mentre lei vedeva il proprio sangue riversarsi sul pavimento << Dobbiamo andare o ti porteranno via da me >> c'era supplica nella sua voce, come di un pazzo innamorato << C-come? >> chiese cercando di alzarsi e lui l'aiutò sollevandola tra le braccia << I cattivi sono venuti a prenderti principessa, dobbiamo portarti al sicuro >> sentiva dei colpi in lontananza e tutto quel rumore, dopo il silenzio continuo della stanza insonorizzata in cui la teneva prigioniera, era quasi bello.
Cattivi?
Quali cattivi?
Era lui che la teneva prigioniera.
Erano venuti a salvarla?
<< Ora scappiamo insieme io e te >> le sussurrò sorridente mentre i suoi tirapiedi sparavano alle sue spalle.
A chi stavano sparando?
Cominciò a dibattersi contro le sue braccia che la tenevano stretta resistendo al dolore << Clarke? Smettila, dobbiamo raggiungere la barca >>.
La barca?
No, io non andrò da nessuna parte.
<< Aiuto! Aiuto! >> cadde malamente sul terreno e annaspò per il dolore << Clarke! >> esclamò lui, ma lei non smise di dibattersi nemmeno quando si chinò per recuperarla << Aiuto! Sono qui! >> lo colpì al viso con un piede e approfittò della sua sorpresa per indietreggiare << Clarke! >> gridò lui, ma non si voltò continuò a correre verso i suoni di pistole << Aiuto! >> sentiva l'aria cominciare a svanire sempre più velocemente, il dolore al ventre farsi sempre più costante e quando uno dei suoi carcerieri l'afferrò per un braccio trattene il respiro, ma lo vide poco dopo crollare a terra a causa di un colpo alla testa << C-che...che... >> quando rovinò a terra fu uno degli uomini incappucciati e con quella che sembrava una divisa a sorreggerla << Andrà tutto bene signorina Griffin >> scosse la testa prima di perdere i sensi.
Finalmente...era salva...


LEXA


Quando Clarke ebbe finito di raccontarle, non sapeva cosa rispondere, non sapeva cosa dire.
Ogni frase che le stava passando per la mente le sembrava sciocca o inutile...
Si era aspettata il peggio, ma nemmeno la più fervida immaginazione era arrivata a tanto.
Chi poteva arrivare a tanto?
Si alzò in piedi incapace di sostenere il suo sguardo, senza comprendere il dolore che in quel momento la stava divorando.
Clarke aveva passato e stava passando l'inferno.
Inutile era chiederle perdono per averla odiata, perché la verità è che non lo meritava, sapeva che Clarke glielo avrebbe concesso, ma lei non ne era degna.
Si voltò inchinandolesi di fronte e asciugandole il volto bagnato << Non ti toccherà più Clarke >> non l'avrebbe permesso, piuttosto l'avrebbe uccisa con le sue mani << Lexa... >> le sussurrò prendendole il viso e Lexa toccò la sua fronte con la propria << D-devo chiederti solo un'altra cosa Clarke, solo una giuro...ma, è solo egoistico, ho solo bisogno io di saperlo, ho bisogno di... >> << Non l'ha fatto Lexa >> la interruppe intercettando i suoi pensieri << Mi ha solo baciato non... >> la vide rabbrividire e si affrettò a stringerla a sé << Ti proteggerò, te lo giuro, ma... >> vide la luce della porta illuminarsi, annunciando che il tempo era scaduto << Devo andare, ma tornerò te lo prometto >> Clarke la guardò con confusione e paura << Lexa non lasciarmi ti prego... >> << Clarke lo faccio perché devo non perché voglio, ma tornerò tra qualche settimana te lo giuro >> la baciò, cercando di memorizzare il più possibile di quel gesto e del suo sapore << Promettimelo >> le fece la bionda in preda alle lacrime una volta scostatasi << Te lo prometto >> si alzò costringendo ogni parte del suo corpo ad allontanarsi da lei << Ti amo >> si voltò forzando la sua mano ad aprire la maniglia della porta, così che si sigillasse alle sue spalle.
Non appena si chiuse, scivolò contro l'uscio crollando a piangere.
Non le importava che cosa pensassero le guardie che controllavano il lungo corridoio che portava all'esterno di chissà dove.
Quell'essere l'aveva spezzata e distrutta mentre lei rideva e scherzava con Anya.
In un primo momento non voleva credervi, ma la verità era che non voleva accettarlo non poteva accettarlo, perché avrebbe dovuto ammettere i sensi di colpa che l'attanagliavano.
Si issò in piedi di fronte all'uomo incappucciato e gli porse il braccio << Chiuda gli occhi >> le ordinò e lei obbedì sentendo poi l'ago infilarsi e la testa cominciare a girare.

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NA: Ciao care/i che pensate? E' stato un capitolo molto impegnativo, poiché vi sono state rivelate molte cose, ma spero che vi sia piaciuto ù_ù Vi aspettavate questo o altro? L'inizio era come ve lo eravate immaginate? Comunque ora il passato di Clarke comincia a divenire ancora più chiaro, ma cosa farà Lexa secondo voi? Come sconfiggerà C.E? Grazie per avermi seguito fino a qui e alla prossima, cercherò di pubblicare il prima possibile :)

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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LEXA


Si svegliò nella propria camera con un mal di testa che le fece venire una forte nausea e per questo rigettò il niente sul pavimento in legno << Lexa... >> la chiamò preoccupata Anya che era apparsa sull'uscio << Sto bene tranquilla >> fece tornando a sdraiarsi mentre l'amica le apriva la camicia, per aiutarla a respirare << Hai fatto un casino >> le disse facendola sedere << Di che cosa stai parlando? >> sospirò coprendosi gli occhi con il braccio << L'hanno rapita Anya >> << E non era questo l'obbiettivo? >> si alzò con fatica appoggiandosi allo schienale << No, la droga che mi hai detto non era sufficiente, l'obbiettivo era rapirla priva di sensi, non conscia, poteva morirne...dio dovevi vedere il suo volto...era spaventata a morte >> mise i piedi fuori dal letto dirigendosi al bagno << Dove pensi di andare? >> << A farmi una doccia, devo fare un meeting con il reparto di ricerca informatica >> gettò gli abiti a terra mentre Anya si avvicinava alla porta << Devi aspettare domani, al giornale ancora parlano della morte di Costia >> si massaggiò la radice del naso.
Che diavolo le avevano dato?
Rilasciò un sospiro di sollievo nel sentire l'acqua bagnarle il corpo e la schiena << Non ho tempo da perdere, devo ottenere più informazioni possibili su di lui >> << Chi? >> si diede della sciocca, del resto Anya non sapeva niente << Carl Emerson >> passarono alcuni secondi di silenzio << E' stato lui a rapirla? >> non aveva bisogno di risposta quella domanda << E' comunque troppo tardi per chiamare il capo reparto. Sono le undici di sera >> aveva ragione come al solito, ma dover stare con le mani in mano la innervosiva << Vado a prepararti qualcosa, immagino che non avrai mangiato niente tutto il giorno >> annuì anche se Anya non poteva vederla.
Dover lasciare sola Clarke dopo ciò che le aveva rivelato era stato devastante.
Ciò che le aveva detto era stato distruttivo...
Alzò il viso verso il getto dell'acqua, costringendosi a non piangere.
Non poteva piangere, perché se fosse crollata chi avrebbe aiutato Clarke?
Finita la doccia si avvolse nell'asciugamano bianco, lasciando che i capelli bagnati le ricadessero sulla schiena, tornando poi in camera per recuperare il telefono << Pronto? >> dalla parte dell'interlocutore sentiva provenire una forte musica << Alie so che è tardi, ma ho bisogno che tu faccia delle ricerche per me >> << Certamente,aspetti solo un attimo >> la sentì muoversi e la musica diminuire << Mi dica >> aggiunse << Devi farmi una ricerca completa su un certo Carl Emerson e sui suoi precedenti >> << Quanto posso spingermi? >> Lexa si sedette sul letto buttando giù due aspirine << Hai carta bianca Alie, ma ogni informazione devi passarmela direttamente su carta, niente email o contatto, sono stata chiara? >> << Immagino che una volta conclusa dovrò anche cancellare ogni traccia >> era per questo che Alie era a capo del reparto ricerca ed informazione << Immagini bene. Alie hai tempo ventiquattr'ore >> informò e conosceva molto bene le sue doti << D'accordo >> chiuse il contatto.
Oltre ad essere una delle risorse più ottimali della Natblida, Alie era ottima anche per la discrezione e sapeva che quelle informazione sarebbero arrivate solo a lei << Lexa è pronto se vuoi mangiare >> Anya le si affiancò sedendosi anche lei sul letto << Riuscirai a proteggerla vedrai >> cercò di rassicurarla probabilmente vedendo il suo sguardo << Anya so che cosa le ha fatto e...non posso pensare che cosa succederebbe se finisse di nuovo nelle sue mani >> << E non farlo >> rise tristemente posando il cellulare sul comodino << E' impossibile non farlo, anche perché non è servito a niente ucciderla >> rivelò alzandosi e dirigendosi all'armadio << Perché? >> Anya non la seguì con lo sguardo, dandole l'intimità per cambiarsi << Perché l'ha marchiata e io non me ne ero accorta >> << Ma il DNA del cadavere coinciderà >> indossò l'intimo e una maglietta extralarge bianca << Ma non ha il marchio e lui lo saprà >> << Per adesso è al sicuro vero? >> le chiese e Lexa si ritrovò ad annuire stendendosi sul letto << Sì, almeno per adesso... >> << Andrai al funerale? >> Anya la imitò << Quando si terrà? >> l'amica sospirò giocando con una ciocca dei suoi capelli << Tra due giorni >> << Ci saranno anche i suoi genitori...dio Anya... >> si innalzò a sedersi di nuovo << Le guardie del corpo? >> << Lincoln le ha sistemate da qualche parte, ma stanno bene >> annuì con la testa un paio di volte alzandosi infine in piedi << Credo che debba davvero mangiare qualcosa adesso >> Anya si alzò scompigliandole i capelli << Già e stai tranquilla >> con lei non aveva bisogno di parlare e per questo ringraziò ancora una volta di essere entrata nel suo giardino per recuperare la palla.

Si tolse gli occhiali massaggiandosi gli occhi stanchi, ormai da ore di fronte al computer.
Chissà che cosa stava facendo in quel momento Clarke, sperava solo che fosse al sicuro.
<< Non so perché tu me l'abbia chiesto, ma quel tipo mette i brividi >> fece Alie entrando nel suo ufficio senza bussare con in mano un dossier << Perché dici così? >> si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania aprendo il fascicolo << Carl Emerson era una persona da ammirare, almeno prima di scoprire di essere stato adottato >> Lexa si accigliò indossando nuovamente gli occhiali da vista quando le porse un documento << Laureato in psicologia ad Harvard con i massimi voti uccide i genitori biologici, con l'accusa di non averlo amato a sufficienza, ma lì puoi trovare tutto nel dettaglio >> << I suoi genitori adottivi? >> << Morti tre anni prima in un incidente stradale, erano persone rispettabili che lottavano per la salvaguardia della natura, sono i fondatori della GreenNature >> si inumidì le labbra passando un altro documento << E questa invece è la parte che mette i brividi >> << Perché prima no? >> Alie si strinse nelle spalle prendendo una delle caramelle sulla sua scrivania << Che cosa sto guardando? >> le chiese sfogliando decine di foto di ragazze bionde << Stai guardando tutti i suoi rapimenti >> prese tempo facendosi avanti con il busto << Quelle sono tutte le ragazze che l'FBI suppone abbia rapito Carl Emerson, negli ultimi dieci anni >> << Non è possibile, ce ne saranno almeno una trentina >> Alie annuì rilassandosi sulla sedia << Un mio amico che lavora per il bureau mi ha rivelato che gli analisti non sono ancora riusciti a capire il perché della fissa delle bionde, insomma entrambe le madri erano more e non ha parenti bionde naturali >> << E' tutto? >> chiese sconvolta riconoscendo facilmente i lineamenti simili a quelli di Clarke.
Cercava Clarke in ognuna di quelle ragazze così come aveva fatto lei << Sì, ma posso chiederti il perché di questa ricerca? >> << No >> Alie non osò aggiungere altro alzando semplicemente le mani uscendo dall'ufficio.
Non poteva essere vero, quello era un pazzo.
Più sfogliava le pagine della ricerca di Alie e più si spaventava per Clarke << Lexa! >> Lincoln entrò nell'ufficio << Che diavolo è questa storia di prolungare la Polis anche sulla SkaiKru? >> Lexa chiuse il fascicolo alzandosi in piedi << L'hai fatto? >> << No! Sei impazzita? Potresti avere delle ripercussioni dagli azionisti >> si tolse lo spolverino che aveva indossato sedendosi poi sul divano prendendosi la testa tra le mani << Lincoln non ho chiesto la tua opinione, ma solo di agire >> << Lexa... >> << Lincoln! >> ribatté lei arrabbiata più di quanto avesse voluto << Ti pago per agire non per darmi la tua opinione >> aggiunse alzandosi in piedi per sostenere il suo sguardo.
Non aveva mai litigato con lui, almeno non sul lavoro << Lexa è mio dovere ricordarti quando superi i limiti concessi, mi paghi anche per questo >> si protese in avanti in senso di resa << Ma sai che ti dico? Tua l'azienda tuoi i rischi >> << Lincoln...scusami, ma è davvero una giornata... >> tornò a sedersi sperando che la rabbia sbollisse da sola << Perché vuoi fare questa pazzia?E' appena morta la CEO ed è vero che Raven è una nostra cara amica >> sospirò passandosi una mano sulla testa << D'accordo lo farò, ma cosa pensi di trovare? >> Lexa sospirò accavallando le gambe << Ho paura ha scoprirlo se devo essere del tutto sincera >>.

 

CLARKE


Da quando Lexa era uscita era rimasta seduta lì, sul divano immobile senza nemmeno avere il coraggio di muoversi.
Lexa le aveva detto di essere al sicuro, ma per il momento non si sentiva così.
Aveva fatto saltare la sua copertura che l'aveva tenuta veramente al sicuro per dieci anni, che cosa avrebbe fatto adesso?
Dio...non osava nemmeno pensarvi.
I suoi genitori...che cosa avrebbero pensato, come avrebbero reagito?
Sospirò rannicchiandosi su se stessa e appoggiando la fronte sulle ginocchia.
Lexa sarebbe davvero riuscita a proteggerla?
Scosse la testa nel ricordarsi il suo sguardo.
Si sentiva in colpa, quello l'aveva capito, ma c'era anche rabbia nei suoi occhi, per non aver potuto fare niente.
Aveva paura che potesse mettersi in pericolo, che potesse farsi del male.
Lui era malvagio come pochi e per riaverla non avrebbe esitato a ferirla, lei lo sapeva, ma cosa poteva fare?
Si alzò sentendo il corpo intorpidito e si diresse verso quella che sembrava una cucina industriale.
Non aveva ancora avuto l'occasione di visitare la sua nuova “casa” e se doveva rimanere lì per chissà quanto tempo, almeno avrebbe dovuto conoscerla.
Aprì il frigorifero, notando che era già pieno, di ogni genere di alimenti, dalle verdure, ad alcuni frutti oltre alle bottiglie d'acqua e così era anche nei vari mobili e mobiletti.
Lexa non le voleva far mancare niente, aveva persino riempito un mobile di dolci e altri snack che lei in realtà aveva imparato a mangiare poco.
Prese le chiavi che aveva lasciato sopra al tavolo insieme alla bottiglietta d'acqua, spostandosi poi al piano inferiore, visto che il primo piano era composto solo dalla cucina e dal piccolo salotto.
Non tornò nella sua stanza, ma prosegui lungo il corridoio e sorpassando la porta del bagno, che era molto più grande di quanto si era immaginata e aprendo quella di fianco, che portava ad una stanza che sembrava più una biblioteca con la quantità dei volumi che conteneva al suo interno, ma ciò che attirò il suo sguardo fu il pianoforte nero in mezzo ad essa.
Quando Lexa fosse tornata l'avrebbe costretta a suonarlo.
Sospirò allontanando quel ricordo e chiudendo la porta, prima di andare verso l'ultima che era a due battenti.
Era curiosa di scoprire cosa contenesse come un bambino con il regalo di natale...
Il Natale, quanto mancava?
L'avrebbe passato lì?
Mise le mani sopra le maniglie e spinse, sorprendendosi di trovarla così leggerla.
Rimase a bocca aperta nel vedere lo spettacolo che le si presentava davanti: all'interno di quella camera c'era un giardino in cui vi erano piante di ogni genere e tipo, alcune che lei non aveva nemmeno mai visto.
Alzò gli occhi al cielo alla ricerca del sole, ma non lo trovò, a ricambiarla c'erano solo le solite luci a led e il soffitto cementato << Come è possibile? >> si ritrovò a chiedere, chinandosi e ridendo nel sentire l'erba fresca e il suo odore.
Era della madre di Anya quel posto?
Come poteva aver solo pensato ad una cosa del genere...
Rise entrandovi a piedi scalzi e si domandò se poteva, ma si strinse nelle spalle entrando comunque.
Amava l'aria, amava la natura, l'amava da quando aveva rischiato di non poterla più toccare o vedere.
Lexa si era stupita che avesse cominciato a correre, perché non poteva capire cosa voleva dire non poterlo fare.
Si lasciò cadere sul prato, rilassandosi fino a chiudere gli occhi stanchi.
Forse non sarebbe sempre stata al sicuro, ma almeno per quella notte sapeva di esserlo.

 

Dieci anni prima

 

L'odore di disinfettante e candeggina le riempi il naso, costringendola a svegliarsi.
Dovette sbattere le ciglia un paio di volte per riabituarsi alla luce del sole, di cui ormai aveva dimenticato persino il calore.
Il suo sguardo venne attirato immediatamente dalla mano che stringeva la sua e per un attimo temette che fosse di Carl, ma quando vide sua madre seduta sulla poltrona, non riuscì a non sorridere, ma dopo poco si ritrovò a piangere ininterrottamente << Clarke? >> sentire la voce di suo padre nuovamente la fece commuovere ancora di più e desiderò un suo abbraccio più di quanto avesse mai voluto in tutta la sua vita.
Jack non osò negarglielo, posò i bicchieri di polistirolo e abbracciò la figlia, stringendola forte a sé << Papà... >> sussurrò lei contro la sua spalla << Sei al sicuro Clarke, sei al sicuro... >> continuava a ripetere, piangendo anche lui e baciandola sulla guancia e sulla fronte.
Quando Abigail si svegliò la trovò ancora stretta a lui e si aggiunse anche lei, attirando la figlia a sé.
Continuava a ripetere il suo nome senza sosta, come se avesse temuto di non poterlo pronunciare mai più.
Clarke non si allontanò da loro, non desiderava avere i suoi spazzi perché anche lei aveva temuto di non poterli più sentire o abbracciare << Perdonatemi io... >> Abigail attirò il suo sguardo con le mani << Non dire idiozie Clarke, non è colpa tua...non è colpa tua >> le disse con il volto bagnato e lo sguardo deciso << Non è assolutamente colpa tua >> aggiunse tornando ad abbracciarla.
Voleva rimanere tra le calde braccia della madre finché non avesse smesso di tremare per paura che potesse essere un altro sogno, fino a che quegli occhi chiari non smettessero di tormentarla.
Si strinse ancora contro il petto di Abigail, volendosi nascondere quando il volto di Carl tornò nella sua mente insieme alla sua risata.
Voleva solo dimenticare.
Voleva solo allontanarsi per sempre da quei brutti ricordi.

 

ANYA


<< Oggi si celebrano i funerali di Costia Braun, la salma è stata trasportata questa mattina dall'obitorio. I genitori ringraziano in preda alle lacrime i poliziotti che hanno recuperato il corpo caduto in mare dopo l'esplosione del Jet Privato della SkaiKru >> Lexa spense il telegiornale, alzandosi in piedi e indossando lo spolverino nero, sopra l'abito del medesimo coloro che le arrivava sulle ginocchia << Sei sicura di voler andare? >> l'amica annuì prendendo gli occhiali da sole << Se non vado, sembrerà strano >> commentò uscendo dalla porta seguita da Anya << Dovrai affrontare i suoi genitori >> non le rispose, montò semplicemente sulla berlina nera.
Lexa era cambiata molto da quando avevano attuato il piano, indagava senza sosta e Anya temeva che crollasse da un momento all'altro.
Non era mai stata incapace di affrontare le situazioni da sola, figurarsi i propri sentimenti, infatti si apriva sempre con lei, ma quando le aveva chiesto di parlargliene, di sfogarsi, non aveva voluto o meglio le aveva detto che non poteva.
Si voltò a guardarla, non riconoscendo la sua amica in quell'involucro pallido e con profonde occhiaie << Dovresti riposare >> annuì sorridendole come faceva ogni volta << Lo farò >> le disse, prima di rivolgere il suo sguardo all'esterno.
Sarebbe andata da Clarke per Natale, era la data fissata per la partenza e sarebbe tornata due giorni dopo, sperava soltanto che quelle due settimane che le stavano dividendo arrivassero presto, cosicché Lexa potesse riposare un poco.
Aveva dormito si e no, un paio d'ore e se non vi fosse stata lei, probabilmente non avrebbe toccato nemmeno cibo in quei due giorni.
Sospirò appoggiandosi con la testa al finestrino oscurato.
Temeva per lei e per la sua salute, ma sapeva che parlargliene sarebbe stato del tutto inutile, ormai si era messa in testa di voler catturare quel psicopatico, ma si rendeva conto del pericolo o semplicemente non le importava?

 

LEXA


Si massaggiò la tempia cercando di allontanare le fitte alla testa a cui nemmeno l'aspirina sembrava far effetto << Dove diavolo ti nascondi? >> si strinse nella vestaglia osservando le varie foto, mappe e documenti riguardanti Carl Emerson che aveva appeso al muro del suo studio << Dovresti andare a letto Lexa >> Anya aveva insistito in quegli ultimi giorni a passare la notte da lei, perché aveva paura a lasciarla sola e Lexa non glielo aveva negato, visto che così si sentivano tranquille entrambe << Ora vado >> si avvicinò strappandole di mano il pennarello che teneva tra le dita da un paio d'ore << Intendevo adesso, sono le tre del mattino e fissare quei fogli ininterrottamente da una settimana non ti è di alcun aiuto >> sospirò di frustrazione dando ragione come al solito all'amica << Che cosa devo fare Anya? Non ho la più pallida idea di dove cercare...anche la pista in Brasile era falsa >> si appoggiò alla scrivania scostando i capelli tutti da un lato << E' bravo, è dannatamente bravo e questo presuppone un addestramento >> << Forze speciali? >> le chiese sedendosi sulla sedia di fronte a lei << Marines, Alie ha trovato il suo numero di matricola, ma deve esserci qualcosa che ci sfugge >> si strinse nelle spalle << Come può scomparire in un attimo? Certo, i Marines ti insegnano molto, ma c'è dietro dell'altro Anya e devo riuscire a capire di che si tratta >> Lexa si tolse gli occhiali appoggiandoli sulla scrivania << E pensi di trovarla oggi? >> si accigliò a quella domanda << No >> << Allora andiamo a dormire, da quanto non fai un sogno profondo? >> sapeva che stavano per litigare, se lo sentiva << Come posso dormire sapendola in pericolo? >> << Non le sei di alcun aiuto così, Lexa >> ribatté Anya << E' passata una settimana e ti avrò vista dormire forse una o due volte...non voglio vederti a pezzi >> << Non lo sarò >> stavolta l'amica si alzò arrivandole di fronte << Davvero? Perché mi sembra di rivedere la stessa Lexa dopo la morte della madre >> si morse un labbro abbassando lo sguardo imbarazzata << Vuoi aiutare Clarke? D'accordo, chi sono io per impedirtelo, ma così, nello stato in cui sei, non aiuti nessuno! >> le afferrò i polsi << Tremi Lexa, lo vedi? Tremi perché il tuo corpo ha bisogno di riposo! >> aggiunse lasciandola poi dirigendosi all'uscita << Vado a prendere un bicchiere d'acqua e se ti trovo ancora lì, giuro che me ne vado, perché non voglio assistere a tutto questo >> concluse uscendo infine.
Alzò gli occhi al cielo prendendo gli occhiali e spegnendo la luce.
Anya sapeva davvero come farsi ascoltare quando voleva.

Non era riuscita a dormire un granché, perché anche se il suo corpo era stanco, la sua mente continuava a lavorare alla ricerca di informazioni che le erano sfuggite.
Aveva mandato Lincoln ad indagare all'obitorio per scoprire se quell'essere avesse fatto visita alla salma di “Clarke” e aveva scoperto, dopo aver sollecitato il medico legale, che era venuto, quindi adesso lui sapeva e il vantaggio che aveva era sparito, ma la cosa che l'aveva sconvolta di più era il modo in cui le telecamere della strada e dell'edificio erano state spente contemporaneamente.
Certo, non aveva alcun indizio per capire da dove fosse partito o arrivato, ma quell'informazione faceva capire che aveva una troupe a suo comando, che gli permetteva di muoversi come un fantasma, per questo aveva chiesto ad Alie di scoprirne di più e attendeva un suo responso da quel pomeriggio.
Si rilassò contro lo schienale della poltrona nera sospirando e gettando sulla scrivania il fascicolo di uno dei tanti casi a cui la Natblida doveva lavorare quando Marcus Kane entrò nel suo ufficio << Si può sapere perché la Natblida sta indagando su una morta? >> le chiese palesemente arrabbiato, fermandosi proprio di fronte alla sua scrivania << E' riservato >> rise passandosi nervosamente una mano sulla bocca << E' riservato? Signorina Natblida ormai è una settimana che svolgo il lavoro al posto suo, per quanto tempo ancora deve durare questa situazione? >> Lexa sospirò alzandosi in piedi e aggiustandosi il braccialetto sopra la camicia dalle maniche a sbuffo << Non saprei dirglielo, ma è veramente importante che si continui con le ricerche sulla signorina Braun >> l'uomo le si avvicinò << Posso capire la sua perdita, ma... >> << Non è come crede Signor Kane >> vennero interrotti dall'entrata di Lincoln completamente sconvolto << Lexa... >> la ragazza capì che dovevano parlare in privato solo dal modo con cui pronunciò il suo nome << Signor Kane potrebbe lasciarci soli? >> l'uomo rimase a fissarla e Lexa ringraziò il consiglio di Anya di delinearsi gli occhi con la matita nera per indurire il suo sguardo, visto che era tendenzialmente dolce << Come vuole, ma la nostra conversazione non è finita qua, Signorina Nabtlida >> << Non ne dubito Signor Kane >> salutò vedendola uscire, più infuriato di quando fosse entrato << Che cosa succede Lincoln? >> l'amico le si avvicinò passandole un altro dei numerosi dossier che stava accumulando << Non so perché e come, ma avevi ragione. La Signorina Braun era sotto osservazione da qualcuno, c'erano telecamere nel suo ufficio e in tutta la Skaikru, persino nella sua macchina >> Lexa si sedette sul divano sentendo le proprie gambe cedere << Ho chiesto a qualche ex-collega se appartenessero al Fisco o a qualche agenzia del Governo, ma negano >> << Qualcuno la spiava? >> il ragazzo annuì prendendo dalla borsa un altro fascicolo << Così ho deciso di indagare più affondo e quello che ho scoperto, è ancora più sconvolgente. Non la tenevano d'occhio solo nella sua impresa, ma anche nel piccolo Loft in cui disegnava >> si ritrovò a piangere sotto gli occhi sorpresi dell'amico.
Clarke non era mai stata al sicuro.
Lui l'aveva sempre tenuta d'occhio, la teneva sempre sotto scacco e lei nemmeno se ne rendeva conto.
<< C'è modo di rintracciare le telecamere? >> l'uomo scosse la testa stringendosi nelle spalle << Hanno una trasmissione in remoto non rintracciabile >> quelle informazioni non facevano altro che aumentare la teoria di un equipe.
Che fosse un organizzazione criminale?
Scosse la testa alzandosi in piedi e passandosi una mano trai capelli << Ho bisogno che continui ad indagare, anche più affondo. Utilizza pure tutte le risorse a nostra disposizione. Fammi avere più informazioni possibili >> il ragazzo annuì uscendo.
Per il momento era al sicuro.
Clarke era al sicuro, ma per quanto ancora?

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NA: Ciao carissime/i scusate se in questo periodo non ho aggiornato, ma ho da poco iniziato un tirocinio che dire che mi prende l'intera giornata è dire poco :( Oggi ho scritto sul treno :) comunque spero che questo capitolo vi sia piaciuto e mi farebbe molto piacere trovare i vostri pensieri nelle recensioni <3 Grazie per continuare a seguirmi e cercherò di aggiornare più spesso (Ormai ho trovato tempo sul treno muaahahahahha *risata diabolica*)

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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CLARKE

 

Stava leggendo quando la vide entrare priva di sensi in braccio ad un uomo con un passamontagna << Si sveglierà a momenti >> la informò depositandola sul divano insieme a quella che sembrava la sua borsa.
Non notò l'uomo uscire perché il suo sguardo si spostò immediatamente sul volto che tanto amava e si rattristò nel vederlo pallido e stanco.
Le scostò una ciocca dai capelli e nel farlo trovò la fronte un poco umida.
Aveva la febbre?
Tastò meglio il viso trovando conferma ai suoi dubbi << Lexa... >> dalle sue labbra uscì un suono a malapena percettibile e si senti stringere il cuore in gola nel vederla in quello stato.
Sospirò alzandosi dal pavimento e dirigendosi in camera, ma tornò sui propri passi quando la sentì gridare.
Era seduta sul lungo divano e i capelli le ricadevano sul viso, così Clarke preoccupata cercò il suo sguardo andandole di fronte, mettendosi in ginocchio di fianco a lei << Lexa tranquilla è stato solo un incubo >> le fece stringendo la sua mano tra la sua.
Il suo volto era rigato dalle lacrime e gli occhi erano in preda al panico << Clarke... >> aveva sempre amato il modo in cui pronunciava il suo nome, ma in quel momento vi era solo terrore << Sono qui Lexa, sono qui >> la mora sembrò notarla solo allora e con piena sorpresa l'abbracciò, stringendola forte a sé << Clarke >> continuò a ripetere il suo nome un paio di volte per poi scostarsi per baciarla, rivelando con quel gesto che le era mancata, ma vi era anche qualcos'altro: Paura.
<< Lexa va tutto bene? >> le sussurrò prendendole il volto tra le mani e l'altra annuì freneticamente, come per chi in realtà non vi crede << E' stato solo un incubo >> << Lo so... >> Clarke le sorrise timidamente << Lo so che lo sai, ma fa bene sentirselo dire >> Lexa la imitò mentre la bionda le asciugava le lacrime con il palmo della mano << Ti va di raccontarmelo? >> << Non me lo ricordo... >> sussurrò e sembrava sincera << Ricordo solo la sensazione di averti persa...di nuovo... >> aggiunse abbassando lo sguardo dispiaciuta << Non mi perderai mai più >> Lexa annuì e Clarke la costrinse ad alzare il viso, prendendole il mento tra le dita << Te lo prometto >> aggiunse depositandole un bacio casto sulle labbra, ma Lexa si insinuò con la lingua ancora una volta.
C'era qualcosa che non andava riusciva a sentirlo, ma non glielo avrebbe chiesto, non mentre tremava sotto la sua pelle << Devi sdraiarti >> l'ammonì con il viso tutto arrossato, alzandosi in piedi e strusciando le mani sui pantaloni per allontanare il desiderio << Sto bene >> ribatté Lexa alzandosi e avvicinandosi nuovamente << Lexa..non dovresti... >> la interruppe baciandola di nuovo con la lingua e con i denti, facendola indietreggiare fino alla parete, dove le sciolse i capelli e le aprì la camicetta, amandola come da giorni anche Clarke sognava di fare.

Erano sdraiate sul grande tappetto, coperte dal piccolo plaid che una volta era stato sul divano e Lexa stava giocando con una ciocca dei suoi capelli << Va tutto bene? >> si ritrovò a chiederle mentre disegnava delle righe invisibili sul braccio nudo della mora << Sì... >> le stava mentendo riusciva a capirlo e sapeva che se lo stava facendo era perché la voleva proteggere, ma stava soffrendo per quello e non voleva << Ti prego parla con me >> sembrava quasi una supplica, ma a risposta Lexa si inarcò trascinando la borsa vicino a lei, da cui prese una piccola scatolina rossa << Ti ho portato un regalo >> le fece porgendogliela << Lexa... >> non voleva un regalo, voleva che gli parlasse << Aprilo >> Clarke sospirò decidendo di assecondarla per il momento e aprì la scatolina rossa.
Al suo interno vi erano due collane, una con un pennello e l'altra con un infinito << Lo so che è una cosa stupida, ma le ho viste in una vetrina e non ho resistito >> la bionda sorrise << E' una cosa molto sciocca e da teenager >> Lexa rimase sorpresa da quella frase e la colpì affettuosamente ad una spalla << In questo caso avresti dovuto rispondere: “No, Lexa è davvero una cosa carina” >> Clarke rise del modo finto in cui imitò la sua voce << Probabilmente lo è >> fece prendendo poi la collana con il pennello << Girati >> le ordinò << Ma quella è per te, tu disegni >> Clarke scosse la testa << Visto che hai intenzione di fare la teenager, facciamo le teenager fino all'ultimo. Io terrò il tuo infinito e tu terrai il mio pennello >> finse la voce da ragazzina innamorata << Va bene, ho capito, mai più regali di questo tipo >> Clarke rise mentre le allacciava la collana al collo e una volta finito le posò un bacio sulla spalla << Adesso sta a te >> la bionda si finse dispiaciuta, come se dovesse andare in contro ad una tortura imminente e si voltò.
Le dita di Lexa che le sfioravano il collo, la fecero rabbrividire come ogni volta che la toccava << Ecco fatto >> la mora cercò le sue labbra e Clarke la lasciò fare << Adesso siamo due ragazzine innamorate >> commentò la bionda e Lexa alzò gli occhi al cielo ridendo << Forse... >> fece ravvivandosi i capelli e Clarke si ritrovò ad ammirare quel gesto in modo quasi imbarazzante, ma Lexa ormai vi era abituata e non glielo fece notare, come non glielo faceva notare mai << Hai fame? >> le chiese sbattendo le palpebre un paio di volte e sentendo la gola secca << Non lo so, non un granché... >> Lexa tornò a sdraiarsi e quando Clarke la imitò, la mora si accoccolò più vicino a lei, fino a sfiorarle con i capelli il viso << Ti amo >> le sussurrò e la bionda sentì il vibrare delle sue labbra contro il suo petto << Ti amo anch'io >> le rispose accarezzandole i capelli e dopo poco senza alcun preavviso, Lexa si addormentò e Clarke non osò muoversi per tutto il tempo, con il terrore di svegliarla.

Rimase a guardare le piccole smorfie del suo viso mentre riapriva lentamente gli occhi e si ritrovò a sorriderle, ancora prima di rendersene conto << Ben svegliata >> le fece accarezzandole il naso con un dito << Non hai dormito? >> le chiese l'altra e Clarke scosse la testa abbassandosi per poterla vedere meglio << O mio dio...scusami... >> << Non c'è niente di cui tu debba scusarti, eri stanca e avevi bisogno di dormire >> vide di nuovo l'ombra passare nei suoi occhi << Lexa, che cosa c'è che non va? >> l'altra rise amaramente << Tutto... >> le sfiorò i capelli ancora una volta << Dovrai tingerli... >> sussurrò con le lacrime agli occhi << Cosa? >> << Ho portato delle tinte, puoi scegliere quella che preferisci >> Clarke si accigliò più confusa di prima << Di che cosa stai parlando? >> << Ha un debole per le bionde... >> sapeva a chi si stava riferendo senza bisogno che dicesse il suo nome << E' questo che ti preoccupa? >> la mora distolse lo sguardo mettendosi a pancia all'aria << Immagino che non avrai mangiato nulla >> disse ignorando la sua domanda << Lexa...per favore >> << Non lo vuoi sapere Clarke >> ribatté alzandosi in piedi e indossando i pantaloni gessati e la camicetta bianca << Non puoi decidere cosa posso voglio o non posso sapere >> la imitò seguendola dopo in camera da letto << Clarke ti prego non costringermi... >> Lexa posò la propria borsa sul letto sedendovisi poi vicino con le mani trai capelli << Non voglio costringerti a raccontarmi niente, ma stai male, lo vedo e lo sento e... >> si spiegò Clarke venendole di fronte e chinandosi sui talloni << Non lo sopporto Lexa, perché so che la causa sono io... >> << Non dire idiozie >> la interruppe prendendole le mani tra le sue e portandole alle labbra per depositarvi un piccolo bacio << Tu non puoi accusarti di niente e poi non sto male, ho solo troppi pensieri per la mente >> << Non mentirmi >> l'ammonì la bionda e Lexa sorrise << Parli della febbre? Ieri è scoppiato un temporale e io ero fuori senza ombrello >> << Ma chi pensi di prendere in giro? >> le chiese alzandosi in piedi permettendo così a Lexa di fare lo stesso << Non è una bugia, puoi chiedere ad Anya se non mi credi >> Clarke sospirò arrendendosi al fatto che non le avrebbe raccontato niente << Hai bisogno di farti una doccia immagino >> la mora annuì << Possiamo farla insieme >> la stuzzicò e Clarke la colpì sul petto << Vai a farti la doccia e poi mettiti a letto >> stava usando il tono che non accettava alcuna replica e Lexa capì, perché alzò le mani in senso di resa.

 

LEXA


Poteva continuare a mentire a se stessa e dire che stava andando tutto bene, ma non poteva ingannare Clarke.
Sospirò mentre si passava il sapone tra le gambe e il corpo prestante, reprimendo un brivido contro il getto d'acqua calda che le bagnava la schiena.
Per quanto tempo ancora avrebbe potuto nascondere i sensi di colpa?
Non aveva avuto nemmeno il coraggio di parlarne con Anya, nel timore che potesse darle ragione, anche se sapeva per certo che non l'avrebbe mai fatto.
Trattenne uno starnuto quando uscì dalla doccia e si avvolse nell'asciugamano.
Rimase ad osservare per qualche secondo le guance arrossate a causa della febbre e le occhiaie per la mancanza di sonno, prima di uscire dal bagno disgustata dal proprio riflesso.
Si meritava di stare male.
Clarke aveva la febbre ogni dannatissimo giorno.
Indossò la biancheria con un po' di fatica e sussultò un attimo quando sentì due mani in più aiutarla a chiudere il reggiseno << Sei caldissima >> fece Clarke con tono preoccupato << E' solo perché sono appena uscita dalla doccia >> << Smettila >> la sua voce era un poco alterata, ma poteva capirla, per questo non si arrabbiò con lei.
Clarke l'aiutò ad indossare il pigiama e la coprì con un piumone caldo, sdraiandosi poi accanto a lei, ma sopra le coperte, districando i piccoli nodi dei capelli che le aveva asciugato con il phon << Ho fatto della zuppa di verdure, ci vorrà un po', ma almeno è qualcosa di caldo. Chissà da quanto tempo non mangi qualcosa di buono >> Lexa alzò gli occhi al cielo voltandosi verso di lei << Oltre ad Anya ti ci metti anche tu? Piuttosto hai avuto qualche ricaduta mentre non c'ero? >> Clarke scosse la testa << Ottimo...sempre se è la verità >> l'altra la ignorò e le sfiorò con il dorso della mano la guancia per poi alzarsi un attimo per baciarla << Promettimi che ti prenderai cura di te stessa dopo che te ne sarai andata >> quando tornò a guardarla, Clarke aveva gli occhi umidi e lo sguardo triste << O mio dio Clarke, certo, te lo prometto. Non ti preoccupare inutilmente >> la bionda le sorrise anche se la tristezza era ancora sul suo volto e si accoccolo più vicino a lei, ma dandole le spalle.
Lexa le cinse il fianco con il braccio che fuoriusciva dal piumone e la strinse forte, assaporando il suo profumo di viola.
Probabilmente le aveva mentito sulle ricadute, anzi sicuramente, però non voleva farle notare di essersene accorta, sopratutto perché Clarke voleva sembrare forte per lei, ma il solo pensiero che potesse succederle qualcosa durante una di esse la terrorizzava << A cosa pensi? >> le chiese mentre giocava con la sua mano << A niente >> mentì e si rese conto di farlo più spesso in quel periodo, ma voleva proteggerla dai brutti pensieri << E te invece? >> aggiunse sentendo il suo cuore accelerare sotto la sua mano << Non ti piacerebbe saperlo >> Lexa si accigliò e si puntellò sul gomito del braccio libero per poterla vedere << Di che cosa stai parlando? >> Clarke si voltò verso di lei permettendole così di tornare a sdraiarsi << Dovresti lasciarmi Lexa >> sussurrò e la mora divenne ancora più confusa << Ho la sensazione che non finirà bene >> << Non dire idiozie >> Clarke scosse leggermente la testa abbassando lo sguardo << Promettimi solo di dimenticarmi se le cose andranno male >> << Non chiedermelo >> << Ti prego >> la stava guardando e implorando, ma il suo sguardo e il suo pensiero erano irremovibili << No, perché non lo farei e non posso farti una promessa che non posso mantenere >> << Lexa... >> << Clarke smettila! >> la interruppe la mora con un groppo in gola << H-ho già fatto questo errore >> le sfuggì dalle labbra ciò che stava pensando << Cos'era quella frase? >> Lexa si coprì gli occhi con il braccio per nasconderli ai suoi << N-niente lascia...lascia stare >> sapeva che non l'avrebbe fatto e infatti la sentì alzare la testa e avvicinarsi a lei << A cosa ti riferisci Lexa? >> il suo tono era divenuto ancora più serio e deciso << Ti ho già dimenticata una volta e non solo...quindi non chiedermi di rifarlo di nuovo, perché...ne morirei >> Clarke rimase lì seduta ad osservarla per un lungo momento e a Lexa sembrò che le entrasse dentro << Ti senti in colpa... >> fece ad un tratto meravigliandosi lei stessa di quelle parole e alzandosi in piedi << Clarke... >> la chiamò mentre lei si portava il dorso della mano alle labbra e il suo volto si bagnava lentamente << Certo che ti senti in colpa, sopratutto dopo...dio che stupida che sono stata... >> Lexa uscì dal letto dirigendosi da lei, ma la bionda sfuggì al suo tocco << Tu non hai fatto niente di male Lexa...non è giusto >> << Clarke >> cercò nuovamente le sue mani, ma l'altra non gli permise di prenderle, anzi la guardò negli occhi << Per questo stai male, non è vero? >> << Cosa? No.. >> << Sì invece, ed è colpa mia... >> la vide annaspare e cominciò a preoccuparsi per la sua salute << Clarke calmati per favore >> << Non avrei dovuto raccontarti niente >> si portò una mano al petto << Clarke per favore... >> << Dimmi che non è vero! Dimmi che non ti senti in colpa per essere andata avanti quando sono scomparsa per dieci anni, ti prego! >> Lexa abbassò lo sguardo decidendo di non mentirle nuovamente << Lo sapevo... >> con grande sorpresa la bionda l'abbracciò con trasporto << Non è colpa tua >> le sussurrò all'orecchio stringendola forte a sé << E se hai bisogno che te lo ripeta ogni volta, lo farò, ma devi crederci anche tu Lexa >> aggiunse accarezzandole la testa << D'accordo? >> << D'accordo >> sussurrò ormai anche lei in lacrime, ma non completamente sicura di poterlo fare.
Rimasero così per un po' dopodiché Clarke la costrinse nuovamente a letto e forse a causa delle calde coperte e dei vari disegni invisibili di Clarke sul suo braccio, Lexa si ritrovò a desiderare di dormire ancora una volta e anche se lottava contro le palpebre pesanti, alla fine cedette all'inevitabile tepore del sonno.

Sussultò un poco quando si svegliò e non trovò Clarke al suo fianco, ma tornò a rilassarsi contro i cuscini quando sentì dei rumori provenire dal piano superiore.
Era venuta fin lì per passare del tempo con lei eppure non faceva che dormire.
Si diede della stupida uscendo dal letto e anche se sentiva il corpo pesante e la testa pulsare, indossò la vestaglia di cotone, prese gli occhiali e salì le scale.
La trovò seduta sullo sgabello dell'isola e probabilmente non si accorse della sua presenza, perché non si voltò da lei, così Lexa ne approfittò e rimase ad osservarla, ammirando come i capelli biondi le ricadevano sul volto e le labbra leggermente socchiuse le delineavano il viso perfetto.
Indossava dei semplici jeans e una maglietta blu scuro, ma agli occhi di Lexa parve essere la persona più bella che avesse mai visto.
Clarke si portò una ciocca dietro l'orecchio, inumidendosi le labbra rosee e la mora cercò una briciola di volontà per spostare la sua attenzione a ciò che la bionda teneva tra le mani.
Con l'indice della mano stava picchiettando il lato di una delle numerose scatole di tinta che aveva portato con sé e Lexa si rattristò un attimo, immaginando facilmente i suoi pensieri << Hai già deciso il colore? >> le chiese mostrando la sua presenza, baciandole leggermente le labbra << No, sono indecisa... >> rivelò con una nota di tristezza anche se le sorrise << Dovresti stare a letto >> l'ammonì, ma Lexa si sedette vicino a lei prendendole la scatola tra le mani << Rosso? >> Clarke annuì appoggiando la testa sulle braccia << Rosso o rosso Borgogna? >> << Rosso Borgogna >> rispose senza alcuna esitazione Lexa e Clarke si stupì di tanta decisione << Come mai? Non ti piacerei rossa? >> << Non ho detto questo >> la bionda sorrise un poco divertita << Davvero? Dal modo con cui l'hai detto sembrava proprio l'esatto opposto >> Lexa sospirò ridendo anche lei adesso << E' solo che ti preferirei rossa borgogna, non proprio rossa Highlander >> << Ora te la prendi con gli scozzesi? >> Lexa alzò gli occhi al cielo insieme alle mani, arrendendosi all'evidenza di non poterla avere vinta << Mi rendi le cose difficili >> commentò sapendo che stava scherzando quando si irrigidì un poco per il piccolo brivido che le percorse la schiena << Dovresti star... >> la interruppe baciandola e districando con le mani la piccola cipolla che aveva improvvisato con una matita << Ti amo >> le disse Clarke come se non avesse atteso altro che quel momento per dirlo e Lexa rimase a rispecchiarsi nei suoi due oceani mentre la bionda scoppiava a ridere timidamente << Ti amo >> ripeté e stavolta fu lei a rubarle l'ennesimo bacio, per poi percorrerle il collo con molti altri fino a raggiungere il pigiama << C-clarke... >> era la prima volta da quando si erano rincontrare che Clarke cercava il suo contatto e avrebbe voluto dirle di continuare, ma sentiva che c'era qualcosa che non andava, lo sentiva anche se non capiva che cosa potesse essere << Ti amo >> fece ancora praticamente sulle labbra, cercando di nuovo il suo bacio e Lexa la allontanò lottando con ogni parte del suo corpo per non ricambiarla << Che succede? >> Clarke si accigliò a quella domanda << Niente, deve per forza succedere qualcosa? >> ribatté sorridente come prima << No, c'è qualcosa che non va, ti prego dimmelo... >> << Lexa...va tutto bene, giuro...ho solo... >> la bionda abbassò lo sguardo << Ho solo voglia di te... >> aggiunse con voce un poco timida per poi alzare nuovamente lo sguardo, grattandosi la fronte << Ma forse non è il caso, forse... >> Lexa la baciò per scusarsi di averla fatta vergognare di ciò che provava e trovò Clarke pronta a ricambiarla, senza alcuna esitazione, ma con vero e proprio desiderio.
Non aveva mangiato niente per tutto il giorno, ma più Clarke l'assaggiava e la toccava e più Lexa si sentiva piena e sazia.
Le sembrava che il cuore volesse uscirle fuori dal petto per come batteva incessantemente.
Non osò lamentarsi quando la spinse fino in camera da letto e le strappò via la vestaglia gettandola per terra né quando le aprì il pigiama costringendola al freddo della stanza << Forse non dovremmo... >> le fece probabilmente notando i piccoli brividi, ma Lexa si alzò da sotto di lei, attorcigliando le braccia intorno al suo busto per poi baciarla << N-non osare farmi questo... >> le disse con il fiatone e sapeva per certo che non avrebbero dovuto farlo, per lo stato in cui era in quel momento, ma non le importava.
La voleva.
La voleva adesso come la voleva sempre.
Clarke le sorrise prendendole poi il viso tra le mani e ricadendo sopra di lei, baciandola mentre le mani di Lexa si insinuavano sotto la sua maglietta.

<< Su aprì la bocca >> le fece avvicinandole il cucchiaio alle labbra e Lexa per l'ennesima volta obbedì anche se si sentiva stupida a farsi imboccare, ma Clarke non aveva voluto sentire ragioni << E' buona vero? >> si stava divertendo, la divertiva farla mettere a disagio, lo poteva vedere dai suoi occhi << Posso mangiare da sola? >> chiese anche lei per niente decisa ad arrendersi e l'altra schioccò la lingua in senso in negazione, avvicinandole di nuovo la zuppa << Fai aaaah >> la mora scosse la testa alzando gli occhi al cielo << Questa è l'ultima volta >> informò obbedendo e Clarke annuì come per chi la sa lunga << No, dico sul serio >> aggiunse dopo aver deglutito << D'accordo >> fece la bionda consegnandole il piatto e Lexa le sembrò di aver conquistato l'everest << Cosa vogliamo fare dopo? >> le chiese mentre mangiava e Clarke invece si stendeva un poco, ma rimanendo con la testa appoggiata alla testata del letto << Rimaniamo a letto? >> fece poco dopo in un sorriso prolungato << Finirei solo con il riaddormentarmi...e non voglio... >> ribatté Lexa girandosi per un attimo ad osservarla << E non è questo il bello? >> sospirò passandosi una mano trai capelli, dopodiché posò il piatto semivuoto sul comodino << No, se hai poco tempo con la tua ragazza >> fece lei stringendola nuovamente a sé e Clarke si lasciò sfuggire un gridolino di sorpresa che stupì Lexa, più di se stessa << In realtà ci sarebbe una cosa da fare... >> le sussurrò sulle labbra dopo che si fu voltata << Davvero? E cosa sarebbe? >> le prese le mani intrecciando le dita con le sue << Potresti suonare per me... >> sussurrò nascondendosi un poco e Lexa capì che si stava riferendo al pianoforte nella biblioteca centrale << L'ultima volta è stata Costia ad ascoltarti...e.. >> << Va bene >> non le avrebbe mai negato quel piccolo desiderio, in realtà non le avrebbe mai potuto negare niente, neanche se avesse voluto.

Le depositò un piccolo bacio sulle labbra, prima di uscire dal letto << Adesso? >> << Perché no? E' tutto il giorno che poltriamo a letto >> pizzicò le ultime parole con un timbro di malizia che fece arrossire Clarke, portandola a voltarsi e Lexa si divertì << Ti stai vendicando, non è vero? >> << Per avermi costretta a mangiare come una bambina? Sì, lo sto facendo >> indossò le ciabatte e la vestaglia che non chiuse sopra il pigiama, ma aveva comunque sempre un po' di freddo, anche se Clarke aveva acceso il termostato << Andiamo >> le fece porgendole la mano che l'altra prese subito seguendola nell'altra stanza.

 

CLARKE


<< Sei sicura di farcela? >> le chiese vedendola sedersi di fronte al piano e sgranchire le dita intorpidite << Sì, tranquilla >> Lexa raccolse la folta chioma con l'elastico che teneva al polso ed era inutile negare che lo detestava quando lo faceva, ma di certo non poteva suonare con i capelli sul viso.
Si sentiva tutta eccitata mentre la osserva inumidirsi le labbra e senza accorgersene si ritrovò a disegnarla nella sua mente << Avrei preferito un violino, ma forse... >> Clarke le indicò lo strumento poco lontano e Lexa si accigliò << Non c'era l'ultima volta che sono stata qui >> si strinse nelle spalle e si alzò per prenderlo tutta sorridente, ma non la biasimò visto che era il suo strumento preferito << Ok, allora preparati >> la bionda rise mettendosi subito in attesa.
Lexa prese l'archetto come un esperto sapeva fare e se Clarke si fosse aspettata che cominciasse a farlo vibrare contro le corde si era sbagliata di grosso, perché la mora le pizzicò con le dita, intonando una melodia ritmata, ma dolce quasi gentile.
Era un crescere continuo fino a straripare quando l'archetto toccò le corde e ne uscì una musica di un perenne climax, stravolgendo completamente le note iniziali, certo questo è quello che Clarke avrebbe voluto sentire, ma in realtà vedeva la musica soltanto nei movimenti di Lexa.
Nel modo in cui i capelli piano piano si scioglievano dalla crocchia improvvisata, come le sue mani tenevano lo strumento e vi si scivolavano sopra o anche semplicemente il modo in cui il suo viso cambiava espressione, avvolte rilassato altre intenso e altre ancora teso.
Amava quando suonava, perché poteva vederla.
Poteva vederla per quello che era: una musa.
Clarke strinse le mani a pugno quando alla fine i capelli sfuggirono all'elastico e le ricaddero intorno, in perfetto contrasto con il pigiama beige.
Avrebbe voluto riportarla in carta, avrebbe voluto strapparla al violino che stava tra le sue mani, ma non lo fece.
Non lo fece per la semplice ragione che avrebbe distrutto tutto.
Dire che l'amava era un eufemismo.
Amare una persona voleva dire pensare prima ai suoi desideri negando i propri?
Amare una persona voleva dire desiderare averla al proprio fianco tutte le ore, tutti i minuti?
Perché all'ora lei non l'amava.
La musica cambiò, divenne qualcosa di più misterioso e malinconico e Clarke non poté non domandarsi che cosa le passasse per la mente in quel momento mentre intonava quelle note, ma tornò ai suoi pensieri quando il ritmo accelerò, come a richiamarla alla sua mente.
No, era ovvio che non l'amasse.
Perché lei avrebbe voluto tenerla per se ogni secondo ed ogni momento della sua vita, rinchiuderla in una cupola e proteggerla da tutto e tutti.
Avrebbe voluto disegnarla in ogni momento, memorizzare di lei ogni smorfia, ogni gesto, ogni parola.
Avrebbe impedito a chiunque di mettersi tra loro due, persino a quel violino che poteva vantarsi del suo tocco e si diede della sciocca per essere gelosa di un oggetto.
Eppure non riuscì a scacciare quel sentimento le sembrava che il violino si stesse prendendo gioco di lei, beffandosi quasi della sua invidia.
Non comandò lei al suo corpo di alzarsi, né di strappare via il violino dalle mani della ragazza né di baciarla con trasporto, fino a farla ricadere sulla sedia poco dietro di lei.
La canzone che stava suonando poco prima Lexa, continuava a rimbombare nella sua mente come a ordinarle di fare ciò che stava facendo, montò sopra le sue gambe continuando a baciarla mentre le sue mani si insinuavano all'interno dei suoi capelli e li tirò un poco, ma non troppo, non osava, giusto quel poco per farle inclinare la testa << Non farlo mai... >> in quel momento avrebbe potuto fare di lei ciò che voleva, lo vedeva nei suoi occhi e nel suo sguardo, così come nel respiro corto che le solleticava le labbra << Non suonare mai così davanti a qualcuno che non sia io... >> le ordinò in un sussurrò e Lexa probabilmente non riusciva a capire, certo che non capiva, come poteva?
Lei non sapeva quanto potesse essere ammaliante quando suonava << C-clarke... >> si appoggiò al suo petto intrecciando le mani intorno alla sua schiena e Clarke temette che potesse sentire il battere incessante del suo cuore, per quel gesto così semplice eppure cosi dannatamente intimo << D'accordo >> aggiunse con voce stanca, come per chi avesse fatto una lunga maratona e solo allora Clarke nel sentire quelle parole, sembrò tornare in sé << O mio dio scusami >> fece per alzarsi, ma Lexa non glielo permise e Clarke sorrise accarezzandole i capelli che tanto amava depositandovi un piccolo bacio, da cui poi non si alzò.
Rimasero così per non si sa quanto tempo e anche se cominciavano a dolerle la schiena e le gambe, non osò allontanarsi, perché sentiva che Lexa ne aveva bisogno o forse era lei ad averne.
Quel nodo allo stomaco, quella parte pessimista di lei non scomparve, anzi cominciò ad accentuarsi, impedendole quasi di respirare.
Non riusciva a sentirsi tranquilla e sapere che Lexa non le aveva raccontato tutto, non l'aiutava, ma sopratutto temeva che potesse crollare da un momento all'altro proprio davanti a lei, perché Lexa non era capace di trattenere tutto all'interno, da quando l'aveva conosciuta, aveva sempre mostrato e agito e adesso....
Senza rendersene conto si ritrovò a singhiozzare e quando l'altra alzò lo sguardo, attirata dal suo pianto, Clarke voltò il proprio alzandosi in piedi << Clarke? >> << Scusami...sono solo una sciocca >> fece asciugandosi frettolosamente le guance << Non dire così >> l'attirò a sé per un braccio, tornando a stringerla e cullandola, fino a farla calmare contro il suo petto << Non sei sciocca... >> le sussurrò sulle labbra, cercandole come sempre, ma il bacio fu diverso da quelli di quel pomeriggio, era dolce e gentile, quasi avesse il timore di ferirla << Va tutto bene... >> aggiunse sorridendole e la bionda annuì scostandosi un poco << Vieni, andiamo su è il caso che cominci a fare la cena >> fece ad un tratto facendola sorridere e Clarke alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa.

Sorridi Clarke, sorridi...

 

LEXA

 

Venne svegliata dal grido terribile di Clarke e dal suo scattare a sedere sul letto << Clarke? >> la chiamò affiancandola e cercando il suo volto, prendendole le mani tremanti tra le sue, ma la vide irrigidirsi ed inarcarsi alla ricerca di aria, mentre strizzava gli occhi a causa del pianto << Clarke... >> Lexa aveva paura, perché non sapeva che cosa dovesse fare e vederla in quello stato era atroce.
I suoi respiri divenivano sempre più frequenti, come se nei suoi polmoni non vi entrasse alcunché e strinse forte i pugni, che quasi credette che si sarebbe fatta male ai palmi << Clarke... >> si tolse le coperte e aprì un attimo gli occhi per poi cercare di accarezzarle il volto, probabilmente per tentare di calmarla, ma si ritrovò ad inarcarsi nuovamente e stringere forte con una mano le lenzuola mentre con l'altra stringeva il tessuto del pigiama sul petto << Dimmi cosa devo fare, ti prego >> si ritrovò a supplicarla e probabilmente, dallo sguardo che le rivolse, avrebbe voluto dirglielo, avrebbe voluto tranquillizzarla, ma non vi riusciva e sembrò provare un vero e proprio senso di sollievo quando annaspò per l'ultima volta prima di ricadere priva di sensi sul letto.
Lexa si affrettò a voltarla, stringendola forte sé, con il timore che potesse scomparire davanti a lei da un momento all'altro.
Sentiva il cuore battere incessante sotto la sua mano e il suo respiro irregolare e stanco solleticarle la guancia << Va tutto bene...va tutto bene... >> continuava a sussurrarle all'orecchio, anche se quell'altra non poteva sentirla.
Si ritrovò a piangere senza nemmeno volerlo, ma non per lo spavento, ma per lei, per Clarke.
Sapeva che ad averle causato l'attacco era stato un incubo, non aveva bisogno che glielo dicesse, non aveva bisogno di spiegazioni.
La febbre che regnava abitualmente il suo corpo, stava salendo in modo spropositato.
Pensò di andare a prendere del ghiaccio e anche se non voleva lasciarla sola, si sforzò e andò al piano superiore di corsa, come se temesse di non trovarla al suo ritorno.
Dopo averla distesa e coperta pesantemente le depositò il ghiaccio sulla fronte, prima di sedersi per terra vicino a lei senza lasciarle per un attimo la mano.
L'aveva già vista in quello stato, lo ricordava bene, era venuta da lei in piena notte, senza guardie del corpo, ma stavolta....
<< Dio... >> si voltò da lei accarezzandole la guancia e spostandole una ciocca di capelli dal volto, prima di baciare la mano calda.
I respiri cominciavano a divenire regolari, anche se il pallore nel suo viso e nelle sue labbra restava.
<< Lexa... >> sorrise un poco nel sentir il proprio nome.
Non passò molto prima che riaprisse gli occhi e ritrovare quegli verdi a ricambiarla << L-lexa... >> aveva la voce stanca e un po' roca, così la mora le porse un bicchiere d'acqua che l'altra bevve a piccoli sorsi mettendosi lentamente a sedere.
Aveva ancora la mano stretta nella sua e riusciva con facilità a sentire il suo tremare << S-scusami...ti avrò spaventata a morte... >> Lexa scosse la testa abbracciandola << Non dire idiozie, ti prego >> Clarke scoppiò a piangere contro la sua spalla, affondandovisi con tutto il viso e stringendosi sempre di più intorno a lei << Va tutto bene >> << Lo so >> annuì freneticamente, tornando poi a guardarla, rimanendo a rispecchiarsi nei suoi occhi per un attimo prima di cercare di alzarsi, ma Lexa l'afferrò per una mano, costringendola a tornare a sedere << Dove pensi di andare? >> << I-io... >> era esausta lo vedeva e lo sentiva dalla sua voce, ma sembrava anche confusa e disorientata << Non parleremo di quello che è successo, cerca solo di rilassarti, ok? >> con gli occhi arrossati abbassò lo sguardo annuendo lentamente.
Clarke rimase a fissare qualcosa sul tappetto completamente in silenzio e Lexa non osò parlare con il timore di poter rompere il suo equilibrio << Mi dispiace davvero... >> sussurrò ad un tratto e la mora schioccò la lingua, facendola appoggiare a lei cingendola con un braccio << Hai solo bisogno di guarire...non c'è niente di cui tu debba scusarti >> << Non è vero... >> << Clarke ti prego smettila, ok? >> attirò il suo sguardo e provò tristezza nel trovarlo privo di speranza << Non ti mentirò dicendoti che le cose miglioreranno o che ti dimenticherai tutto non appena la faccenda si sarà risolta, perché non sarà così >> fece un lungo respiro prima di tornare a parlare << E lo sai bene, non c'è bisogno che sia io a dirtelo, ma non dargliela vinta, non arrenderti e non crollare. Sei più forte di così, io lo so, l'ho visto >> le sorrise abbassando un poco lo sguardo << Domani dovrò partire e voglio saperti forte e sicura, come sai esserlo. Sei una sopravvissuta e nessuno, mai nessuno, potrà dire il contrario Clarke >> anche se rideva il suo cuore sembrava volerle esploderle nel petto per il dolore che provava nel vederla in quello stato, ma non stava mentendo.
Clarke era forte, lo era sempre stata, doveva solo tornare a credervi.


ANYA


Lexa sarebbe dovuta tornare quel pomeriggio, ma quando insieme all'autista si era recata all'aeroporto, non trovò né lei né l'elicottero in cui era solita salire.
Che avesse rimandato la partenza?
Scosse la testa, aprendo la giacca del completo e prendendo dalla borsetta il cellulare, ma come le altre volte il suo telefono suonò a vuoto << Maledizione! >> esclamò a denti stretti, digitando il numero di Jasper << Dimmi tutto piccola >> << Jasper ho bisogno che mi rintracci il gps che ti ho fatto installare >> << Come? Di già? >> Anya alzò gli occhi al cielo << Jasper! >> << D'accordo, dammi cinque minuti >> lo sentì picchiettare su quella che sembrava una tastiera << Vuoi che ti invii le coordinate? >> << Sì, per favore >> Jasper era il consulente informatico dell'azienda di famiglia, ma era divenuto anche un suo caro amico in quegli anni, per questo non si era tirato indietro quando gli aveva chiesto di installare il GPS nel corpo di Lexa, senza che lei se ne accorgesse << Fatto, alla prossima >> >.
Aspettò che il messaggio arrivasse mentre il suo autista apriva l'ombrello, proteggendola contro la pioggia << Grazie Adam >> gli fece e lui le sorrise, come le sorrideva sempre e lei lo ricambiò come faceva sempre << Maledizione Lexa... >> sussurrò trovandola al sicuro e riconoscendo facilmente le coordinate << Sta bene? >> le chiese lui preoccupato << Sì, è solo una stupida >> fece sospirando con vero sollievo nel saperla al sicuro << Prima o poi hai intenzione di raccontarmi cosa sta succedendo? >> lei gli si accostò, Adam era come un fratello per lei << Prima o poi >> gli disse sorridendo prima di montare in auto e lui sospirò << Prima o poi >> ripeté scuotendo la testa e mettendo in moto.

 

CLARKE

 

Lexa era partita quella mattina presto e ancora ricordava l'amaro nel vederla uscire dalla stanza da letto.
Le aveva proibito di seguirla al piano di sopra un po' perché voleva che restasse a letto e un po' perché temeva di non riuscire ad andarsene.
La fece sorridere il ricordo di lei che lottava contro se stessa per lasciarla e i baci più volta concessi con la scusa dell'allontanamento.
Mise i piedi fuori dalle coperte, indossò le pantofole e si diresse in bagno per lavarsi il viso.
Non vi era ancora abituata a vedersi rossa, ma non le era dispiaciuto il cambio di colore come aveva creduto, anche perché Lexa l'aveva resa una cosa semplice, non una forzatura, come in realtà era.
Sospirò scacciando immediatamente quel ricordo e andò verso la cucina, dove mise sul fuoco il bollitore e raccolse la rivista che le aveva lasciato la mora iniziando a sfogliarla.
Stava mangiando un biscotto quando l'occhio le cadde sull'uscio davanti al quale c'era una piccola busta bianca per terra.
Che gliela avesse lasciata Lexa?
Si avvicinò sorridente, ma si irrigidì quando notò una piccola pozza rossa vicino ad essa.
Scosse la testa affrettandosi a raccoglierla e per un attimo aveva davvero voluto credervi, aveva davvero voluto sperare di star sbagliando, ma ogni sicurezza, ogni sogno, crollò quando vi lesse il contenuto.
Vuoi giocare con me?
Non poteva essere vero!
Doveva essere al sicuro, dovevano tutti essere al sicuro.
Non poteva averla presa...lui...
Si alzò dirigendosi alla porta, ma quella non si aprì, nemmeno dopo che ebbe inserito il codice più e più volte << Lexa! >> gridò il suo nome con le lacrime ad imbrattarle il viso.
Non poteva averla presa << Ti prego... >> sussurrò colpendo l'entrata con i palmi delle mani e sentendo il fiato cominciare ad accelerare e a farsi più corto << No, no, no... >> la colpì con i pugni, cercò di forzarla, ma niente sembrava scalfirla << Lexa... >> scivolò contro la parete sentendo l'aria sparire completamente e la vista appannarsi << No...Lexa... >>.

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NA: Ecco il nuovo capitolo :) Scusate davvero tanto per l'immenso ritardo nell'aggiornare :( Spero però che vi piaccia e lasciatemi i vostri pensieri come sempre che mi fa piacere un sacco leggerli, perdonatemi se non ho ancora risposto alle precedenti recensioni rimedierò immediatamente :) Alla prossima e buona lettura futura <3

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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LINCOLN

 

Fu l'allarme del suo cellulare a svegliarlo << Che succede? >> mugugnò Octavia sdraiata accanto a lui che si alzò un poco nel vedere il marito spostare le coltri e alzarsi per cambiare abiti << E' scattato l'allarme al rifugio di Costia >> la donna si accigliò accendendo la luce della lampada sul comodino << Quindi adesso conosci le coordinate? Lexa sta bene? >> << Devo avvertire Anya >> fece invece l'uomo deciso a non pensare alla salute dell'amica, visto che altrimenti non avrebbe mai svolto il proprio lavoro << Vuoi che venga con te? >> chiese la donna mettendosi a sedere e l'uomo scosse la testa indossando i pantaloni e la camicia velocemente << Non ce né alcun bisogno, stai a casa e prenditi cura di lui >> fece baciando prima lei e poi la sua pancia, per niente gonfia anche se ormai era in attesa da tre mesi << Se hai bisogno che.. >> << No, hai sentito il medico a letto >> ribatté lui costringendola sotto alle coperte, prima di uscire.
Solo quando fu in macchina, l'amica rispose al telefono << Pronto? >> aveva la voce impastata dal sonno come lui del resto << Codice 0 >> anche se non la vedeva riuscì a sentire il suo sussulto << Sei riuscito a contattarla? >> << L'allarme è scattato ora e il protocollo... >> << Non mi frega niente del protocollo Lincoln, chiamala! >> ribatté lei spegnendo il contatto.
L'uomo sospirò digitando il numero.
Si sarebbero trovati tutti al porto tra un quarto d'ora per raggiungere il rifugio e dentro di lui, anche se si sentiva in colpa, sperava che non fosse Lexa quella in pericolo.

 

LEXA

 

<< Ti amo >> le disse baciandola per l'ennesima volta, prima di alzarsi definitivamente dal letto e lasciarla dormire.
Non avrebbe mai voluto lasciarla in quello stato, sopratutto dopo ciò che era avvenuto il giorno prima.
Sospirò raccogliendo la propria borsa e dandole l'ultimo bacio, ma stavolta sulla fronte, visto che si era addormentata e si diresse all'atrio.
Quando abbassò la maniglia per uscire, rimase pietrificata di fronte allo spettacolo che le si presentava davanti.
Almeno quindici uomini in passamontagna stavano trucidando le guardie del corpo che proteggevano il posto, chi con pistole, chi con pugnali e altri ancora con fucili.
Aveva solo due possibilità o rientrare, ma avrebbero potuto trovare il codice con facilità se avevano un esperto e basandosi sulle sue ricerche era così o proteggere Clarke, facendo scattare l'allarme che avrebbe avvertito Lincoln e sigillato l'altra all'interno, impedendo a chiunque di uscire o di entrare.
Non vi rimase a pensarvi, attuò la seconda ipotesi, inserendo nel palmare all'esterno il codice di attivazione, che non avrebbe svegliato Clarke, impedendole così di accorgersi di ciò che stava avvenendo << Aprila >> le ordinò uno degli uomini con il passamontagna dando il colpo di grazia ad uno dei mercenari che aveva pagato per proteggerla, notandosi solo allora della sua presenza << Siete arrivati troppo tardi >> fece lei gettando a terra la borsa mentre lui le si avvicinava minaccioso, ma non si fece intimidire, mantenne lo sguardo e facilmente riconobbe quel colore degli occhi di cui Clarke le aveva parlato << Ti ho detto di aprirla! >> << Anche se potessi, non lo farei >> ribatté e l'uomo con facilità le diede un manrovescio che la fece ricadere a terra vicino ad uno dei numerosi cadaveri << Trovate un modo per aprirla >> anche se un poco stordita per il colpo scoppiò a ridere alzandosi in piedi e pulendosi il rivolo di sangue che fuoriusciva dal labbro spaccato << Puoi provare quel che ti pare, ma tanto non si scalfirà nemmeno >> lui le si avvicinò sollevandola di peso e sbattendola contro la parete << Ti ucciderò >> lei si strinse nelle spalle << Ma non l'avrai comunque >> non sapeva perché lo stava provocando, quando sapeva benissimo che non doveva farlo, ma averlo così vicino, poter sentire il suo odore di pino le faceva provare una vera e propria rabbia, come non ne aveva mai provata in tutta la sua vita << D'accordo >> con la pistola la colpì alla testa, facendola ricadere priva di sensi sul pavimento.

Quando si risvegliò la prima cosa che sentì fu un forte mal di testa insieme alla nausea che le fece rigettare la colazione di quella mattina.
Avrebbe voluto pulirsi le labbra, ma le mani erano legate alle sbarre della piccola cella in cui si trovava.
Era simile a quella di Clarke?
Non vi era alcun materasso o lavabo, come mostrano nei film, ma pura terra e sbarre mentre al suo esterno, vi erano un lavandino leggermente aperto e una lampadina accesa << Finalmente sveglia >> sussultò un poco quando notò la sua presenza all'esterno della sua prigione.
Indossava un completo impeccabile e la maschera bianca di cui le aveva parlato Clarke e non riuscì a non rabbrividire un poco << Clarke giocherà bene >> Lexa rise mettendosi a sedere e appoggiandosi alla parete anche se sentì dolore ai polsi << Ovviamente non appena avrà ricevuto il mio messaggio >>.
Si accigliò per un attimo, ricordandosi poi la lettere e i dvd che aveva lasciato ai suoi genitori.
O mio dio...
Non poteva averlo fatto...
<< Dimmi che non le hai lasciato alcuna lettera... >> l'uomo scoppiò a ridere nel vedere lo sguardo preoccupato << Adesso cominci ad avere paura? >> << Rispondimi! >> cominciò a dibattersi contro le manette invano e non poté fare niente per impedirgli di uscire << Rispondimi maledizione! >> esclamò calciando contro la cella, ma lui finse di non sentirla.
Clarke...
Non poteva uscire da quella stanza senza l'aiuto di Lincoln e sarebbe finita solo col stare male, avrebbe potuto avere un altro collasso e...
Gridò cercando di liberarsi e non smise nemmeno quando le mani cominciarono a sanguinare o i piedi a dolerle.
Clarke...

 

CLARKE

 

<< Ti prego >> supplicò l'ennesima volta la porta che non si aprì al codice che le aveva dato Lexa.
Era terrorizzata al solo pensiero che quel sangue potesse appartenerle o che lui l'avesse presa.
Le mani che colpivano l'uscio le dolevano, ma non riusciva a smettere.
Voleva uscire!
Voleva uscire e...
Scivolò contro la porta e con la fronte si appoggiò al metallo dell'uscio << Lexa... >> << Costia >> sussultò nel sentirsi chiamare e scatto in piedi cercando da dove provenisse la voce << Costia sono Lincoln avvicinati al palmare >> il suono fuoriusciva dal piccolo display che permetteva di aprire la porta << L-lincoln? >> << Sì, ma è meglio se parli con lei >> passarono alcuni secondi dopodiché riconobbe una voce familiare << Costia sono Anya, Lexa è lì con te? >> la ragazza si portò una mano alla bocca scoppiando a piangere << N-no....l'ha presa, Anya, lui l'ha presa >> si piegò in due e passarono svariati minuti prima che l'altra tornasse a parlare << Te stai bene? >> annuì e solo dopo poco si rese conto che non poteva vederla << S-sì, ma... >> << Stiamo arrivando, ok? Resta calma per favore >>.
Non le permise di aggiungere altro perché sembrò che la linea si fosse interrotta.
Come poteva aver scoperto il nascondiglio?
Lexa...
Dio...avrebbe dovuto allontanarsi da lei, era la sicuro, Lexa era al sicuro prima di quel giorno alla galleria.
Sospirò trascinandosi in camera per raccogliere le proprie cose.
Doveva fare qualcosa, non li importava cosa, ma pur che le servisse per distrarsi o anche solo per perdere tempo fino al loro arrivo.

Stava stendendo una lista di tutte le persone con cui era venuta in contatto Lexa, per riuscire a comprendere CHI, poteva aver fatto o detto qualcosa a quell'essere quando sentì scattare l'apertura e anche se era stato sciocco, sperò che fosse Lexa, ma quando vide il volto pallido di Anya varcare la soglia e chiudere immediatamente la porta alle sue spalle, capì che non vi era niente dall'altra parte da poter vedere << Ti prego dimmi che... >> << Non c'è lei, lei non c'è... >> anche se era brutto entrambe sospirarono di sollievo a quella costatazione, togliendo ogni dubbio alla possibilità che l'avesse già uccisa << Lexa ha sigillato la porta dall'esterno e per questo lui non è riuscito ad entrare, altrimenti... >> << Vuole giocare... >> le mostrò la lettera e quell'altra si irritò ancora di più << Allora gioca Clarke, né va della vita di Lexa, maledizione! >> Clarke scosse la testa passandosi una mano trai capelli << Non servirà a niente...lui...la ucciderà comunque, si vuole solo divertire >> << E vuoi rischiare la vita di Lexa su una tua ipotesi? >> << Non è un ipotesi... >> la donna si avvicinò minacciosa alla ragazza << Il Gps di Lexa è la fuori, in mezzo a quel macello Clarke...l'unica possibilità che abbiamo di trovarla è farti giocare e lo farò anche al costo di minacciarti a morte >> << Pensi che non lo farei se servisse a qualcosa? Pensi che non mi scambierei con lei subito?! >> Clarke alzò le mani al cielo con ormai il volto bagnato << Ma lui la ucciderà comunque perché io gli ho mentito! Lui sa...ora lui sa che Lexa...O mio dio.... >> << Non mi importa, tu giocherai... >> << Proprio non capisci, non è vero? >> sentirono scattare la serratura per la seconda volta << E' appena arrivata una scatola a casa di Lexa, non c'è mittente... >> informò Lincoln mostrando il telefono << Dobbiamo riportarla a New York >> << Non giocherò Anya >> Clarke prese la borsa e si diresse alla porta e anche se cercò di prepararsi, non fu pronta a ciò che l'aspettò: distese per terra c'erano almeno una decina di corpi e l'odore di rame del sangue inondò il suo naso, facendola avere dei piccoli conati.
Vicino alla porta c'era ancora la borsa di Lexa e senza pensarci due volte la raccolse, cercando di ignorare i corpi vicino ad essa, così come gli ignorò fino ad uscire e scoprire di stare su un isola, circondata dal mare << Non è possibile >> << Questo posto l'ha costruito mia madre come rifugio in caso...di qualunque cosa... >> Clarke scosse la testa << No, non è questo il punto...non riesco a capire come lui possa avervi scoperto...certo, sapeva che non ero morta, ma...questo posto è praticamente impossibile da trovare >> Anya si accigliò << Lexa mi ha detto che nessuno conosceva il modo per arrivarvi, ovviamente oltre a te e dubito che tu l'abbia tradita >> << Anche mia madre è da cancellare dalla lista, non ha ricevuto alcuna visita nelle ultime settimane >> tornarono a camminare fino a salire sull'elicottero << Ho bisogno delle ricerche di Lexa >> << Lei non vorrebbe che tu le vedessi >> lo sguardo che le rivolse era tutt'altro che amichevole o gentile << Non mi importa, ho detto di averne bisogno...non lascerò che quel mostro la spezzi... >> scacciò le lacrime e il groppo alla gola << N-non posso permetterlo >> aggiunse allacciandosi la cintura di sicurezza.
New York era distante ore, persino con l'elicottero, così alla fine raggiunsero la casa che era ormai già tardo pomeriggio.
La sua mente le diceva di non accendere il dvd, di allontanarsi da tutto quello e di trovare un altro modo per salvarla, ma doveva sapere...doveva...
Aveva allontanato Lincoln e Anya, Lexa non avrebbe voluto che loro vedessero né tanto meno lui, perché quel gioco perverso era intimo e nessuno doveva intromettersi, nessuno.
Vuoi giocare con me?
Nel vedere quella schermata e dover cliccare sul tasto play, si sentì congelare le vene.

LEXA

 

L'afferrò per un braccio trascinandola via da quella lurida cella e la gettò malamente di fronte ad una telecamera, legandole poi gambe e braccia, tanto stretto, che probabilmente le avrebbero lasciato il segno.
Lo vide picchiettare sulla tastiera di vari computer per poi tornare da lei con in mano un coltello da caccia.
Non ebbe paura della lama quanto dello sguardo che illuminava i suoi occhi.
Follia.
Era pura e semplice follia.
<< Hai paura adesso? >>.
Sì, era terrorizzata, ma non glielo avrebbe mai detto né tanto meno dimostrato, così sorresse il suo sguardo senza abbassarlo mai, quasi sfidandolo << Maledetta sgualdrina! >> la schiaffeggiò e anche se i suoi occhi si inumidirono per il dolore e i capelli le ricaddero sul viso, rialzò lo sguardo con ancora più odio di quanto ne provasse prima.
La sua mente le diceva di smetterla, di pensare a sopravvivere, ma la voce di Clarke in lacrime, le sue cicatrici, il suo risvegliarsi in preda al panico le rimbombavano in testa, impedendole di ragionare, ma volendosi solo vendicare per lei.
Lo seguì con gli occhi mentre si avvicinava alla telecamera e l'attivava << Ciao Clarke >> odiava come pronunciava il suo nome, aveva una nota dolce, una nota che lui non avrebbe dovuto permettersi di fare << Sai benissimo cosa accadrà adesso e non è bellissimo? >> lo sentiva quel sorriso che tanto l'aveva tormentata << Finalmente dopo tanto tempo, noi ci rincontreremo, anche se però mi hai deluso Clarke... >> eccolo di nuovo, ecco di nuovo quell'atteggiamento, cercò di liberarsi dalle corde, ma invano, così guardò dritta in camera quando poté e cercò di rassicurare Clarke, cercò almeno con gli occhi di trasmetterle ciò che non provava: calma, pace, tranquillità.
Lo vide alzarsi e portarle una lama vicino alla gola << Una tua amica? >> inserì la lama nella catenina della collana << Mi hai mentito! >> gridò strappandola e Lexa la vide scomparire dietro un tavolo e non notò il piccolo taglio che le aveva provocato con quel gesto << Tu mi hai mentito Clarke! Hai osato mentirmi quando io non sono stato altro che sincero con te... >> stavolta rise, una risata macabra come tutto di lui << E sarà la tua ragazza a patirne le conseguenze >> si accostò con il volto vicino al suo orecchio e sentì la sua lingua leccarle la guancia e rabbrividì un poco a quel contatto strizzando gli occhi, ma non avrebbe pianto...non poteva << Tu giocherai con me Clarke o lei morirà. Inizieremo domani, le regole le conosci molto bene, non è vero? Troverai nel mio regalo i dettagli del nostro primo appuntamento >> lo vide applaudire e avvicinarsi abbastanza alla telecamera che avrebbe fatto benissimo un primo piano di lui e inclinare un poco la testa << Ma prima...devo punirti per la bugia... >> Lexa serrò le mani nel sentire quel tono e nel vederlo fare un cenno ad uno degli uomini in completo nero, che facevano la guardia.
Lui era l'unico in abiti chiari e ciò le fece capire ancora di più quanto, gli altri fossero al di sotto di lui.
Il ragazzo che le si parò davanti era giovane quanto lei o poco meno, aveva i muscoli ben sviluppati e i capelli rasati, ma non a zero, un taglio militare.
Che anche lui avesse fatto parte dei marines come Emerson?
Si tolse la maschera e Lexa rimase sbalordita dal volto angelico che le si presentò dinanzi: aveva le labbra leggermente socchiuse e le guance rosee, la pelle era delicata e le sopracciglia ben curate, ma i suoi occhi erano vuoti e spenti, come di chi ha visto troppo per troppo a lungo.
Le sfiorò la guancia, sorridendole un poco, mostrando dei denti perfetti e lei rabbrividì quando la toccò e cercò di allontanarsi almeno con il volto, ma lui si avvicinò ancora di più, fino a respirare entrambi la stessa aria.
Le portò una ciocca dei capelli dietro l'orecchio e poi sempre con una gentilezza che sapeva non appartenergli, le tolse la benda, sfiorandole le labbra con le dita.
Deglutì con fatica mentre lui sembrava ammaliato da lei e cercò di non guardare i suoi occhi, ancora una volta << C-clarke andrà tutto bene, ok? Andrà tut... >> la interruppe baciandola con forza, insinuandosi con la lingua, ma quando si dovette scontrare con l'odio di lei, la costrinse ad inclinare il capo all'indietro, strozzandole un poco il collo mentre con l'altra mano si insinuava all'interno della camicetta.
Lexa cercò di liberarsi, cercò di strappare le corde, cercò di fare qualcosa, mentre sentiva la sua lingua e il suo sorriso.
Riuscì a liberare un braccio dalle corde e con quello lo colpì al volto, facendo sì che si allontanasse dal proprio.
Lui si portò una mano alla guancia divertito, pulendosi con la lingua il labbro spaccato, fece per avvicinarsi nuovamente e Lexa si preparò a colpirlo di nuovo, con più forza, ma lui stavolta glielo trattene, serrandolo contro il bracciolo, allora lei gridò, lo morse con ferocia, ma lui non si intimidì, lasciò che il suo sangue, che fuoriusciva dalle sue labbra rosee, si mescolasse con la loro saliva, come un animale.
Lexa sfuggi al suo sguardo per l'ennesima volta, non aveva il coraggio di aprire gli occhi, per questo poteva solo sentire come la sua mano le scendeva lungo la schiena, disegnando dei piccoli passi e non poté non inarcarsi quando penetrò all'interno del reggiseno e cominciò a toccarla.
Gridò, tornò ad insultarlo mentre lui le saliva sulle gambe, impedendole così qualsiasi altra fuga, strappandole infine la camicia di cui Lexa vide i bottoni cadere sul terreno.
Con quel gesto le sembrò che qualcosa dentro di lei si fosse spezzato per sempre e qualcosa di amaro le risalì la gola, impedendole di respirare e senza rendersene conto cominciò a piangere.
Non voleva...non voleva....
Non la stava solo toccando, provava piacere nel farlo, lo capiva da come si soffermava su di lei, sulla sua pelle, di come la sua lingua assaporava le sue labbra per poi scendere lungo il suo collo e di come le leccava il seno e la guardava.
Ogni volta, ogni volta, prima di fare qualsiasi cosa, la guardava, come se cercasse il suo permesso, come per assicurarsi che potesse piacerle e fu all'ennesima occhiata che sentì la sua mano scivolare all'interno dei pantaloni lentamente, per inserirsi con urgenza e anche se si dimenò come una forsennata, lui non indietreggiò anzi...
Inclinò il capo, non volendo vedere, non volendo sentire.
NO!
Gridò nella sua mente quando lo sentì entrare ancora di più e forse si accorse di lei perché le abbassò lo sguardo, costringendola a vederlo, a vedere...
E mentre la toccava, lui scese fino ad arrivarle alla clavicola, dove la baciò, trattenendosi molto, leccandola persino, per poi morderla, marchiandola e sapeva che lo voleva fare, perché lo sentì eccitarsi contro di lei e provò vero disgusto per se stessa, incapace di difendere il proprio corpo.
Tornò a lottare contro le corde, tornò a mordergli le orecchie, le mani, il volto, ogni parte che le era permesso raggiungere, ma lui non faceva altro che continuare a leccarla e segnarla.
Basta ti prego...
Tornò a baciarla, come ad annunciarle che non avrebbe smesso, ma prima di farlo si fermò un attimo, e di nuovo cercò i suoi occhi, cercò un permesso che non c'era e di cui lui non aveva bisogno.
Nel sentire per l'ennesima volta quel sapore di sigaretta tra le labbra non riuscì a non trattenere un conato, ma lui non fece altro che sorriderle, leccandole le labbra mentre con l'altra mano, quella libera, si insinuava da dietro la schiena << T-ti prego... >> si ritrovò a sussurrare in una supplicata, in un pianto profondo, nascondendo il proprio volto con i capelli provando un poco di vergogna, ma lui la toccò uguale, la morse ancora e ancora << Roan... >> lo richiamò Emerson e quello si paralizzò all'istante voltando leggermente lo sguardo nella sua direzione, ma rimanendo incollato a lei, lasciando le mani dov'erano senza fermarle.
Ti prego fai che sia finita...ti prego...
Lexa non riusciva a respirare, sentiva come se non vi fosse più aria nei polmoni o che un pesante macigno le si fosse posato sul petto mentre Emerson si avvicinava a lei con passo calmo, come di qualcuno sicuro di aver raggiunto il suo obiettivo e con in mano la telecamera, che aveva ripreso tutto, la filmò da vicino << Chi di voi due è l'uomo adesso? >> le chiese sussurrandole all'orecchio e tirandole i capelli per mostrare il suo viso, ma lei anche con il volto in lacrime, con la disperazione più assoluta, continuo a sostenere il suo sguardo, con l'odio naturale che provava nei suoi confronti << Alzati e tienile le braccia >> ordinò e l'altro si spostò da sopra di lei, quasi con un poco di delusione.
Anche se lontano da lei, Lexa non riuscì a tornare a respirare, ma provò comunque un poco di sollievo nel saperlo lontano e non poté non rabbrividire quando lo sentì afferrarle le braccia, per stringerle meglio, accarezzandole persino con le dita, ed era inutile cercare di nascondere quanto ciò la spaventasse, visto che tremava come una foglia nel sentire il suo respiro sulla nuca.
Non sapeva che cosa Emerson avesse in mente e non provava nemmeno a immaginarlo, poiché i suoi pensieri erano ancora soffermi su ciò che era avvenuto e su ciò che ancora poteva accadere, ma tornò un poco al presente quando lo vide estrarre nuovamente il coltello.
Sentiva il cuore pompare sangue ad un ritmo sconvolgente e i suoi battiti aumentavano con l'avvicinarsi della lama al petto.
Trattenne il respiro quando cominciò ad inciderla.
Si morse il labbro, decisa a non gridare, ma non riuscì a non piangere per il dolore mentre Emerson con il capo leggermente inclinato disegnava sul suo corpo.
Sentiva la lama penetrarla e percorrerle lungo il petto, con una facilità che non avrebbe voluto concederli.
Sentì il sangue che fuoriusciva dalla ferita scivolarle lungo il seno e avrebbe voluto concentrarsi su quello, sul sangue che le accarezzava la pelle se solo non stesse vedendo lui, il suo doppio su uno dei tanti schermi spenti, dell'essere che era dietro di lei.
Le stava sorridendo, lo vedeva, perché lui la stava osservando dal riflesso e quando si lasciò sfuggire una smorfia di dolore, il suo sguardo si addolcì e le accarezzò il collo, come a portarle sollievo, quando in realtà non stava facendo che l'esatto opposto.
Emerson tornò a ripassare con la lama più e più volte, arrivando a farla piegare in due e Lexa aveva la strana sensazione che il tempo fosse cambiato, più lento, quasi stancante, ed era proprio così che si sentiva.
Stanca.
<< Che ne pensi Clarke, non è bellissimo? >> esclamò ad un tratto lui, alzandosi da sopra di lei, come per chi ha appena concluso un opera d'arte, quando in realtà non era niente meno che una linea che le percorreva la parte superiore del seno << Ad un maschio non servono, non è vero? >> si voltò da lei adesso, porgendo la telecamera all'altro carceriere, ma lei riuscì a malapena a comprendere che cosa le stesse accadendo intorno << Non è vero? >> stava aspettando una risposta, ma non sarebbe stata lei a dargliela << Roan... >> chiamò insinuando tutto con il tono con cui lo fece e soltanto nel vedere la sua ombra avvicinarsi Lexa rabbrividì, ma non si arrese, non cedette a quell'ennesimo tentativo di piegarla.
Roan tornò di fronte a lei, ma non abbastanza vicino da permettergli di replicare e quando fece per sfiorarla lei chiuse gli occhi, cercando di sfuggire al tocco, allontanandosi con il viso e mentre sul volto di Emerson compariva un sorriso, su quello di lui, di Roan, vi era un poco di tristezza ed eccitazione e Lexa non poté non aver paura di quello sguardo, ma non si sarebbe arresa e probabilmente Emerson se ne accorse perché richiamò il secondo e fu lui ad avvicinarsi, guardandola con disprezzo << Lurida lesbica >> gridò dandole poi un manrovescio con tale forza che le sembrò di perdere i sensi per qualche secondo << Lei ti ha reso ciò che non sei Clarke! >> urlò come per giustificarsi verso la telecamera e Lexa non osò ribattere, anche se poteva, non osò provare a liberarsi, anche se sentiva le corde meno tese, non osò respirare, non osò muoversi, non osò fare niente, ma alzò lo sguardo, anche nello stato in cui era, alzò lo sguardo verso la telecamera e sapeva che in quel momento non stava guardando l'obbiettivo, in quel momento stava guardando Clarke e la rassicurò, anche se non vi era niente da rassicurare.
Lei l'avrebbe salvata...Clarke l'avrebbe salvata.

 

CLARKE

 

Strinse forte la maglietta nella mano, un po' per paura e un po' per rabbia.
Cercò di esternarsi, cercò di non rivivere ciò che aveva subito attraverso Lexa, ma le pareva impossibile.
Per questo non scacciò le lacrime quando si riversarono e non allontanò la calda collera che le stava riscaldando il petto.
Non poteva continuare a biasimarsi, non finché Lexa era ancora nelle sue mani.
Era l'unica che poteva salvarla, era l'unica che lo conosceva abbastanza.
Aveva messo il video a ripetizione, alla ricerca di qualche indizio e ormai le urla di Lexa non erano che diventate un sottofondo per le sue orecchie, poiché anche quando lo metteva in pausa, continuavano ininterrottamente nella sua mente.
Stanca della ricerca inutile, scattò in piedi, spegnendo il televisore e cercò invano di asciugarsi le lacrime, prima di prendere la scatola svuotandola completamente sul tavolo.
Al suo interno oltre al dvd, vi erano anche tre buste e un foglio con scritto: Scegli e l'orario dell'appuntamento di cui aveva parlato nel video.
Aprì le tre buste senza attendere altro e sentì il proprio cuore volerle uscire dal petto.
Sesso.
Scambio.
Sangue.

Che cosa volevano dire?
Cercò di legarsi i capelli in una coda, ma le mani continuavano a tremare, impedendole persino di fare quel piccolo gesto, così gridò per rabbia e frustrazione, colpendole contro la gamba e fu Anya a fermarla prendendole tra le sue << Clarke... >> la richiamò stringendola a sé, ma l'altra la allontanò << D-dobbiamo salvarla...dobbiamo... >> scosse la testa facendo un lungo respiro << Mi hai portato i dossier che ti avevo richiesto? >> Anya annuì sospirando preoccupata e uscendo dalla stanza per tornare con una scatola piena di documenti << Non puoi indagare da sola >> << Non ho intenzione di farlo, ho solo bisogno di stare da sola ora >> ribatté prendendo il contenitore << Che cosa sono? >> le chiese indicando le tre buste sul tavolo << Niente >> << A me non sembra niente, che cosa vogliono dire? >> Clarke sospirò sedendosi per terra, iniziando a sfogliare i documenti << Sono scelte, che potrebbero ripercuotersi su Lexa, devo scegliere quale togliere >> << In cambio di cosa? >> << In cambio che sia io disposta a farlo >> Anya si accigliò sedendosi accanto a lei << Quindi se sceglierai una di queste, dovrai farla tu al posto di Lexa, ma se non dovessi scegliere? >> Clarke sospirò portandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio << E' ciò che accadrà Anya, perché non sceglierò >> << Hai intenzione di far subire tutto questo a Lexa? >> << Ho intenzione di salvarla! >> Anya la stava guardando con disprezzo << Lei avrebbe giocato per te, Clarke >> << Lei non lo conosce. Tu non lo conosci Anya. Abbiamo più possibilità che resti in vita così che il contrario >> Clarke scattò in piedi all'ennesimo sguardo dell'altra << E cosa pensi che ne resterà di lei, una volta che avrà finito? >> << Lexa è forte...e...lo supererà >> stavolta la guardò con sorpresa << Lo supererà? Mi prendi in giro? >> si avvicinò minacciosa << Lexa non è forte, è tutt'altro che forte...dio...tu non la meriti proprio >> << Non osare... >> raramente si arrabbiava, sopratutto dopo ciò che le era accaduto, ma quella frase la fece alterare più di qualsiasi altra << Puoi arrabbiarti per le mie scelte, puoi dire tutto ciò che vuoi, ma non osare mettere in dubbio ciò che ci lega >> stavolta fu lei ad avvicinarsi << Non posso vantarmi di conoscere Lexa quanto te, è vero, ma conosco lui, più di quanto conosca me stessa e se ti dico che Lexa è più al sicuro senza le mie scelte è perché è così >> avanzò fino a prendere di nuovo le buste << Pensi che una parte di me non voglia farlo? Dio come sei ingenua Anya... se ho deciso di non giocare è solo perché così attirerò la sua attenzione su di me, se mi mostro indifferente a Lexa...hai suoi occhi lei diverrà di poca importanza, perché lo sarebbe hai miei, ma se gioco... >> << La crederà la cosa più importante per te...e... >> << Avrà vinto e avrà me e persino te se lo volesse >> gettò i tre fogli tornando a sedersi per analizzare i file che le aveva portato << Ora, se non ti dispiace ho bisogno di restare da sola >> fece rivolgendole appena uno sguardo e Anya stava per uscire, ma tornò un poco sui suoi passi << Quanto...quanto è crudele? >> Clarke rabbrividì a quella domanda << Non lo so... >> mentì, non c'era bisogno che anche qualcun altro venisse tormentato da lui << La salveremo non è vero? >> << Sì Anya, la salveremo >> ed era vero, non lo diceva solo per rassicurarla, ma prima doveva capire chi lo stava aiutando.

Buttò giù i medicinali con un solo sorso per poi appoggiarsi con le braccia all'isola della cucina.
Le immagini di Lexa continuavano a tormentarla senza sosta, le sue grida di dolore le riempivano le orecchie senza tregua e non riusciva a non darsene una colpa, perché alla fine era così.
Suo padre l'aveva avvisata, per questo si erano allontanati da tutto e tutti, ma la verità era che non era servito a niente.
Alla fine era riuscito a trovarla.
Scaraventò il bicchiere di vetro contro la parete, attirando così lo sguardo di Anya seduta sul divano che sfogliava ancora le ricerche di Lexa << Clarke? >> la ignorò cominciando a raccogliere i cocci, riflettendo ancora su chi poteva aver installato le telecamere e si domandò se vi erano anche a casa sua.
Scosse la testa mentre Anya le si avvicinò aiutandola.
Non potevano essere anche a casa sua, James controllava ogni volta...
James controllava anche il suo appartamento, James...controllava ogni cosa...
Sentì l'aria sparire mentre gli occhi si inumidivano e una lacrima bagnò la mano di Anya << C-clarke? >> non poteva essere vero.
Scattò in piedi portandosi una mano alla bocca << Lui...è lui.. >> si era sempre fidata di lui, ma ogni tassello prendeva posto nella sua mente.
L'insistere ad essere la sua guardia del corpo, trovarle l'appartamento, conquistare la fiducia del padre...dio sapeva persino dove abitavano.
Si diresse alla porta, ma Anya l'afferrò per un braccio << Clarke cosa sta succedendo? >> << James...è James la spia...è lui che...O dio... >> si liberò dalla presa uscendo sul corridoio del palazzo << Devo andare dai miei genitori >> aggiunse, ma Anya la fermò di nuovo << Non puoi >> Clarke si voltò accigliata << C-come? >> << Non puoi, se è davvero lui, è la nostra unica pista e non posso permetterti di bruciarla così >>.
Aveva ragione.
Si trovava davanti ad una scelta e la sua era una scelta ovvia << Lexa...lexa viene prima >> disse tornando sui propri passi e Anya annuì lentamente << Sono al sicuro per adesso >> Clarke annuì volendole credere, ma del resto lui non gli aveva ancora mai toccati né l'aveva minacciata, quindi forse aveva ragione Anya e loro erano davvero al sicuro.
<< Quanto manca? >> non aveva bisogno di specificare “a cosa”, visto che entrambe stavano aspettando l'appuntamento di Emerson << Ancora un'ora >> Clarke annuì lentamente mentre Anya scriveva a Lincoln, dicendoli di indagare su James.
Era lui, non aveva bisogno di certezza, era l'unico abbastanza vicino a lei, da sapere così tanto di lei.
Lui c'era sempre stato, dall'inizio, da quando suo padre l'aveva sostituito a Blake.
<< Vado a farmi una doccia >> annunciò alzandosi in piedi e strusciandosi le mani sui pantaloni per allontanare l'ansia e Anya annuì senza dire altro.
Tutta la sua “libertà, la sua sicurezza” erano stati una menzogna.
Carl non l'aveva mai lasciata.

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NA: Che ne pensate? Non uccidetemi per quello che ho scritto, spero comunque che vi sia piaciuto :) Lasciatemi i vostri pensieri così da comprendere meglio cosa avete provato :D!

 

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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LEXA

 

Riaprì gli occhi nella cella e a ricambiare il suo sguardo, c'era il suo riflesso.
Emerson aveva tappezzato l'intera gabbia di specchi di grandezza e forma diversa l'una all'altro.
Sapeva perché l'aveva fatto, non era difficile da intuire.
Voleva che vedesse...che vedesse ciò che lui e Roan le avevano fatto...
Non era giusto...
Si avvicinò quasi con timore ad uno di essi e represse un gemito di dolore nel toccare la linea che le percorreva il petto, adesso medicata e provò a chiudere la camicetta, per trovare di nuovo un poco di contegno, ma non vi erano più i bottoni e con estrema facilità riconobbe i segni dei suoi denti, i lividi e tornò a tremare, rivivendo tutto per l'ennesima volta.
Si ricordò il modo con cui lui si era avvicinato, come l'aveva baciata, toccata, come l'aveva forzata e si ritrovò a vomitare e sentire il cuore salirle la gola.
Cercò di pensare a Clarke, ma ogni ricordo era stato contaminato.
Ogni sua carezza, ogni suo morso dato con dolcezza era stato sostituito con quello di lui e le impediva di trovare sollievo almeno in quelli.
Gridò di rabbia e dolore, alzandosi e distruggendo gli specchi, graffiandosi e ferendosi nel farlo, ma sentiva di averne bisogno e continuò fino a ricadere in ginocchio esausta con le mani insanguinate in grembo.
Guardò le proprie mani con ancora i segni lividi delle corde intorno ai polsi e odiò la loro incapacità di proteggerla.
Alzò gli occhi al cielo piangendo mentre i ricordi si affollavano di nuovo con prepotenza e sussultò quando sentì la porta della cella aprirsi.
Roan stava entrando con una disinvoltura che la spaventò, così indietreggiò fino a raggiungere la parete opposta, ma lui le si avvicinò comunque, ignorando il terrore nei suoi occhi e le si sedette di fronte << Devi mangiare qualcosa >> la sua voce era intrisa di dolcezza e le porse un pezzo di quello che sembrava del pane stantio insieme al piatto colmo di qualcosa che non sembrava cibo << V-vattene... >> riuscì a dire dopo vari tentativi, ma era incapace di sostenere il suo sguardo perché le ricordava troppo bene l'impotenza di fare qualcosa << Perché dici così? >> chiese dispiaciuto.
La prendeva in giro?
Tese la mano per sfiorarla e Lexa si irrigidì tutta stringendosi ancora di più in se stessa << Ti prego... >> le sussurrò, affiancandola e spostandole una ciocca di capelli per vederla in volto << Quello che abbiamo fatto è stato bello... >> le disse prendendole la mano tra la sua << Sei bellissima >> aggiunse e improvvisamente a lei sembrò di essere in una stanza troppo piccola per potervi respirare,  così sfuggì al suo tocco alzandosi in piedi e allontanandosi da lui << Vattene >> ordinò con più sicurezza nella voce e lui esitò ancora per poi rivolgerle uno sguardo colmo di delusione.
Si alzò in piedi e le passò affianco stringendole la mano ancora una volta, depositandovi un piccolo bacio << Capirai vedrai >> le fece prima di uscire una volta per tutte.
Non appena fu fuori anche dalla stanza, in cui era tenuta la prigione, Lexa crollò in ginocchio, cominciando a piangere con più foga, coprendosi il volto e reprimendo i singhiozzi.
Ti prego Clarke...ti prego...
Supplicava tra le labbra.

 

CLARKE

 

Si ravvivò i capelli mentre aspettava la chiamata di Carl.
Aveva allontanato Lincoln e Anya per l'ennesima volta, rinchiudendosi nella stanza insonorizzata dove era tenuta tutta la strumentazione di Lexa.
Non sussultò quando sentì la suoneria della videochat e dopo due squilli esatti si decise a rispondere
<< Clarke... >> sembrò che volesse toccarla dal modo con cui le sue dita sfiorarono il computer << Carl >> pronunciò il suo nome con quella nota di dolcezza e amarezza che lui amava tanto << Sei ancora più bella >> sembrava sincero, i suoi sentimenti per lei lo erano << Grazie >> non sapeva se si stesse passando la lingua tra le labbra e questo la innervosiva << Perché non togli la maschera? >> gli propose con dolcezza facendosi avanti con il busto << Clarke non puoi chiedermi una cosa del genere... >> lui abbassò lo sguardo e se non lo avesse conosciuto, avrebbe creduto che si fosse intimidito << Per favore... >> aggiunse lei con dolcezza, inumidendosi le labbra.
Lui adorava quando lo faceva.
Lo vide soppesare le sue parole, lì sulla sedia girevole e lei gli sorrise, attendendo con calma che esaudisse quella richiesta e quando lo sentì sospirare sorridendo, comprese che avrebbe ceduto << D'accordo Clarke, d'accordo >> fece alzando le mani al cielo e stringendosi nelle spalle.
Si chinò un poco e fu lì che Clarke, vide Lexa seduta sulla sedia su cui una volta era stata lei.
I capelli le ricadevano sul viso e le era impossibile vedere il suo sguardo << Contenta? >> le chiese tornando a riempire la sua visuale e Clarke gli sorrise mentre lui posava la maschera davanti alla camera << Perché hai colorato i capelli, Clarke? >> le chiese passandosi la lingua fra le labbra << Volevo cambiare, tutto qua, ma non è una cosa permanente >> << E' stata lei a costringerti a farlo? >> Clarke rise, rise di gusto e lui si ritrovò a ridere con lei << Quella lì non sarebbe capace di costringermi a fare niente >> Lexa alzò lo sguardo accigliandosi << Ti conosco bene Clarke, se ti ha costretto dimmelo >> Clarke si strinse nelle spalle, passandosi una mano trai capelli e rilassandosi contro lo schienale della poltrona << Lei era solo la mia marionetta Carl >> rivelò all'uomo mentre gli occhi di lei divenivano confusi << Sapevo delle telecamere >> fece un lungo respiro << Ma non avevo idea di come arrivare a te >> abbassò lo sguardo, inserendo note dolci in quella frase << Quindi l'unico modo era farti arrabbiare, così ho approfittato dei suoi sentimenti per me. Non crederai davvero che io la ami, vero? >> rise alzando il volto << Se quello che dici è vero, allora giochiamo >> Clarke rise di nuovo, scuotendo la testa << Io non giocherò >> ribatté lei sconcertata da tale richiesta << Perché mai dovrei fare una qualsiasi di quelle cose per salvarla? >> si strinse nelle spalle incrociando le braccia al petto mentre il volto della mora si riempiva di lacrime << Quindi non hai scelto? >> la bionda scosse la testa e lui si strinse nelle spalle << Quindi se dovessi pescare adesso dalla scatola, tu non dirai o farai niente? >> << Io volevo solo te >> fece lei toccando la webcam con le dita e lui sorrise, ricambiando il contatto << Allora divertiamoci che dici? >> << Divertiamoci >>.
 

LEXA

 

<< Divertiamoci >>.
Non era possibile...
Lo stava ingannando in qualche modo, sì, non vi era altra spiegazione, Clarke non l'avrebbe mai abbandonata.
Però era stata lei ad avvicinarla alla galleria.
Scosse la testa bruscamente, scacciando quel dubbio che lentamente si stava insinuando.
Cercò i suoi occhi, ma non li vide mai puntati su di lei, continuavano a guardare lui, a cercare lui.
Guardami!
Voleva gridare, ma le era impossibile con il bavaglio sulla bocca e quando cominciò ad agitarsi sulla sedia per attirare il suo sguardo, Roan le si parò davanti, facendole segno di fare silenzio mentre le portava dietro l'orecchio una ciocca di capelli.
Non voleva fare silenzio, non voleva stare calma, voleva che Clarke la vedesse, che la rassicurasse, che...qualsiasi cosa...
<< Scambio >> annunciò Emerson tornando poi a ridere con lei, con Clarke...

 

CLARKE

 

Chiuse il computer quasi con ira, scoppiando in lacrime e portandosi una mano alla bocca per trattenere i singhiozzi.
Aveva dovuto ignorarla, aveva dovuto fingere che non esistesse anche quando cercava il suo sguardo, quando cercava una sicurezza che lei avrebbe potuto dargli, quando cercava qualcosa a cui aggrapparsi eppure Clarke non gliela aveva data mentre Lexa non gliela aveva mai negata, era sempre stata pronta a tirarla su, ma temeva che lui potesse accorgersene e a quel punto l'avrebbe persa per sempre.
Era riuscita ad ingannarlo a caro prezzo e così aveva guadagnato tempo.
Ma ne valeva veramente la pena?
Cosa pensi che ne resterà di lei, una volta che avrà finito?
E se Anya avesse avuto ragione?
Scosse la testa, asciugandosi il volto.
Non poteva pensarvi perché se l'avrebbe fatto, non sarebbe riuscita a salvarla.
Non le importava in che stato sarebbe tornata Lexa, perché l'avrebbe aiutata, l'avrebbe fatta tornare a sorridere.
Aveva guadagnato una settimana, prima che le facesse fare la prova e lei aveva una settimana di tempo per salvarla.
Uscì dalla stanza, dopo essersi assicurata che non vi fossero più alcune lacrime o prove che avesse pianto << Allora? >> chiese Anya preoccupata alzandosi dal divano insieme all'amico << Abbiamo una settimana. Lincoln le informazioni su James? Voglio avere ogni cosa che lo riguarda. Anya ho bisogno che tu vada alla Skaikru e... >> sentirono bussare alla porta con veemenza e tutti loro trasalirono << Lincoln sei lì? >> era la voce di Octavia e solo allora riuscirono a tirare un sospiro di sollievo << Che diavolo ci fa qui? >> chiese Anya all'uomo mentre si dirigeva ad aprire << E' un intero giorno che non torno a casa e non l'ho chiamata, è normale che si preoccupi, sai? >> << E viene a cercarti qui? >> Lincoln annuì << Solitamente se non sono a casa, sono a lavoro >> si spiegò rivolgendo un grande sorriso alla moglie che invece lo guardò con rabbia << Dio mio Lincoln mi hai fatto preoccupare a morte! Potevi anche chiamar... >> nel vedere Clarke si fermò all'istante.

 

OCTAVIA

 

Lei lo sapeva, per questo l'aveva evitata in quegli anni.
Da quando era divenuta procuratore le era stato impossibile non venirne a conoscenza e adesso vederla lì, in piedi davanti a lei, con le guance un poco arrossate e se la conosceva ancora bene, voleva dire che aveva pianto.
Nel vedere quello sguardo spento e triste, non riuscì a trattenersi e la abbracciò
Avrebbe voluto dare la colpa agli ormoni, ma la verità era che le era mancata.
La strinse forte a sé, per un lungo momento senza essere ricambiata, perché Costia non l'avrebbe fatto, non avrebbe abbracciato una sconosciuta << Va tutto bene...io so Clarke... >> le sussurrò all'orecchio e quasi come avesse attivato un bottone, l'altra scoppiò a piangere, aggrappandosi a lei e rovinando a terra insieme.
Pianse contro la sua spalla e strinse forte il suo abito tra le mani << Mi dispiace...mi dispiace... >> le ripeteva mentre Octavia la cullava e le accarezzava la testa per farla calmare.
Fece cenno agli altri due di lasciarle sole per essere subito accontentata e non appena poté vederla in volto le asciugò le lacrime << C-come? >> le chiese rendendosi conto solo allora di ciò che le aveva rivelato << Quando ti sei trasferita nella mia città, la CIA mi ha detto chi sei, insieme al tuo dossier >> << Perché non me l'hai detto? >> c'era una nota di rimprovero nella sua voce che la fece sorridere << Perché non potevo, non che non volessi, ma essere procuratore non è così facile come dicono >> si spiegò facendola alzare e spostandosi sul divano << E adesso? >> la mora sospirò << E adesso speriamo che non lo scoprano >> le sorrise timidamente abbassando un poco lo sguardo per nascondere quanto ciò la preoccupasse << Che cosa sta succedendo Clarke? >> la vide torturarsi le mani, probabilmente stava soppesando l'idea di dirle tutto o meno << Lexa...Carl l'ha presa >> Octavia le rivolse uno sguardo sorpreso stringendo tra le sue le mani dell'amica << Vedrai che riusciremo a salvarla >> Clarke sorrise, probabilmente perché aveva usato il noi, inserendosi automaticamente nel gruppo << Dobbiamo dirlo anche a Raven >> aggiunse poi, passandosi una mano trai capelli << No, non possiamo >> Clarke si alzò in piedi scuotendo la testa << Sì invece, è l'unica abbastanza brava con i computer per poterlo rintracciare >> << Ma la metteremmo in pericolo >> << Se sapesse non gliene importerebbe e ti aiuterebbe Clarke >> la rossa sospirò tornando a sedersi con le mani incrociate << C'è comunque la squadra di Lexa >> << Sono bravi ed esperti, certo, ma non sono Raven >> Clarke annuì più volte, probabilmente cercava di convincersi che fosse la scelta migliore << La metteremo in pericolo... >> era più una constatazione che una domanda << Dobbiamo salvare Lexa, Clarke >> Octavia si alzò in piedi, portandosi una mano alle labbra, sentendo una forte nausea << I-il bagno? >> chiese e Clarke si accigliò indicandoglielo poi per vederla scomparire in esso.

 

CLARKE

 

Che cosa aveva?
Stava male?
Cominciò a preoccuparsi sinceramente per l'amica e solo quando la vide tornare si diede della sciocca per non essersi accorta prima degli abiti che indossava.
Octavia era fasciata da un piccolo vestito prema-man blu scuro, con dei temi a fiori bianchi e solo per chi aveva un occhio allenato, come Clarke, poteva notare un leggero rigonfiamento sul ventre << O mio dio Octavia... >> sussurrò mentre lentamente un sorriso le compariva sul volto e le sue braccia cingevano il collo dell'amica << Non lo sapevo >> rivelò abbracciandola ancora più forte e sentì la sua risata nelle orecchie << Scusa avevo dato per scontato che Lincoln ve ne avesse parlato, non fa altro che vantarsi con tutti >> Clarke tornò a guardarla << Io...per lui ero solo Costia >> le spiegò abbassando lo sguardo sulla piccola pancia, desiderando con tutta se stessa di toccarla e sicuramente Octavia se ne accorse perché si allontanò da lei sentendosi a disagio << Devi parlargli >> << Per te dovrei parlare con tutti >> << Clarke è così...questa è la tua ultima mossa, la tua ultima possibilità di liberarti di lui, tanto vale che almeno i tuoi cari sappiano chi sei, se le cose... >> amava Octavia proprio perché sapeva essere anche realista a differenza delle altre persone che la circondavano << D'accordo lo farò >> le fece, tornando a sorridere << E' maschio o femmina? >> la mora sospirò grattandosi il palmo della mano << Femmina, ma Lincoln crede che sia un maschio >> << Perché? >> << Perché è divertente farglielo credere e poi perché io volevo un maschio e lui una femmina >> Clarke rise anche se vi era una nota amara << Ma lo verrà a scoprire prima o poi >> << Certo, ma è stato divertente vedere la sua faccia un poco delusa >> la rossa annuì per poi alzarsi in piedi << Scusa ma.. >> << Certo >> non aveva bisogno di spiegarle che in quel momento i suoi pensieri continuavano a rivolgersi verso Lexa << Penserai te a spiegare tutto a Raven? >> le chiese Clarke prendendo tra le mani i primi fascicoli su James che gli aveva portato Lincoln mentre Octavia annuiva e si alzava in piedi << Devo chiederti anche un altro favore >> aggiunse ancora imitandola e avvicinandosi alle orecchie.
Lo sguardo che l'amica le rivolse era sconvolto, ma comprensivo << Sei sicura? >> le domandò e Clarke scosse la testa leggermente << No, ma bisogna farlo >>.

Raven non le rivolgeva la parola ormai da due giorni, ma come aveva supposto Octavia non si era tirata indietro per aiutarla e doveva ammettere che non poteva chiedere di meglio.
Insieme a lei e alle ricerche di Lincoln erano già riusciti ad ottenere tutto il passato di James e le conferme per smentire il probabile dubbio che non fosse lui la talpa.
James era un fantasma prima del suo arrivo alla CIA e probabilmente era proprio per questo che l'avevano assunto.
Aveva ottenuto da subito ottimi voti, un eccellente curriculum a dire il vero e non poté non biasimare il padre per la scelta, del resto era stata un ottima guardia del corpo, come potevano sapere che in realtà lavora per lui?
Eppure fu in una delle tante foto che stava visionando dove vide l'ustione a mezzaluna sulla caviglia di lui che fece capire a tutti la sua collaborazione con Emerson.
Clarke si inumidì le labbra tendendo la mano verso la propria tazza caffè, ma non ne sentì la consistenza così alzò lo sguardo dal fascicolo << Devi dormire >> le fece Anya indicandole la mano tremante mentre con la sua teneva il suo bicchiere << Devo trovarla e non posso perdere tempo a dormire >> si alzò la rossa, aggiustandosi il bordo della maglia e spostandosi in cucina per prendere dell'altro caffè << Lexa non mi perdonerebbe se dovesse accaderti qualcosa >> Clarke sospirò divertita, rivolgendo poi uno sguardo che fece raggelare il sangue che scorreva caldo nelle vene di Anya.
Il sorriso di Clarke era macabro e i suoi occhi spenti, come non gli aveva mai visti << Quello che a tutti voi non sembra ancora ovvio è che se non tirerò fuori Lexa da lì, non ci sarà più nessuno a rimproverarvi >> disse riempiendo la nuova tazza con il contenuto nero e stava per tornare a sedersi quando si sentì afferrare per un braccio << E hai intenzione di lasciarci le penne? >> le chiese Octavia visto che Anya era tornata a sfogliare i dossier << Sì, O. Se servisse a riportarla indietro, sì >> più per le parole, fu il tono che sconvolse la mora che lasciò l'amica anche se non avesse voluto.
Sapeva che non avrebbe dovuto dire quelle parole, ma le erano uscite senza volerlo perché loro ancora non capivano quanto Emerson potesse essere crudele.

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NA: Ciao bellissime/i lettori, eccoci con un nuovo capitolo che ne pensate? Purtroppo Lexa è ancora nelle mani di Emerson e chissà per quanto ancora ci starà, fatemi sapere che ne pensate del comportamente di entrambe e cosa vi ha fatto provare la videochat :) Buona lettura futura e alla prossima :)


 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura

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LEXA


Clarke.
Si svegliò nuovamente di soprassalto, con i capelli a coprirle la visuale e se all'inizio si affrettava per guardarsi intorno, adesso desiderava solo non vedere, perché sapeva già che Roan era fuori dalla cella seduto sulla poltrona proprio di fronte a lei, intento ad osservare ogni sua mossa.
Sbatté le ciglia lentamente, guardandosi i palmi della mani e le unghie sporche.
Acqua.
Sorrise a stento e si rese solo conto allora di quanto le mancasse l'acqua, ma non per sete...voleva solo lavarsi, togliersi il lurido che si sentiva addosso...
Senza rendersene conto il viso cominciò a bagnarsi lentamente di calde lacrime che sembravano fredde a contatto con la temperatura elevata del suo corpo.
Si strinse in se stessa, nascondendo il volto tra le ginocchia e cercando nei reconditi della sua mente quei pochi istanti passati con Clarke prima che lui la catturasse.
Il modo con cui l'aveva accolta, con cui l'aveva cullata fino a farla addormentare e...sentì la serratura della prigione scattare e sussultò, alzando lentamente lo sguardo per timore di trovarvi quello di lui, ma ad entrare fu una donna dai capelli biondi.
Avrebbe dovuto sentirsi un poco rassicurata, ma non fu affatto così e si strinse ancora di più, rannicchiandosi contro l'angolo << Non voglio farti del male >> cercò di dirle l'altra avvicinandosi cautamente e posando in mezzo a loro una cesta piena di bende e altri medicinali, di cui Lexa conosceva solo la sigla << Devo pulirti la ferita >> continuò, ma la mora scattò in piedi allontanandosi il più possibile << N-non toccarmi >> non voleva che nessuno la toccasse, che si avvicinasse << Non voglio farti male >> ripeté scandendo meglio ogni parola, ma a risposta Lexa scosse la testa freneticamente << Se non collaborerai, lui entrerà qui dentro >> sembrava quasi una minaccia anche per lei oltre che per l'altra.
Clarke le aveva parlato di una donna bionda che la curava e del dubbio che fosse anche lei prigioniera, ma da quanto era con loro?
Lexa serrò i pugni, mordendosi il labbro e iniziando a piangere mentre si avvicinava a lei.
Il male minore...
Continuava a ripetersi ad ogni passo fino a sedersi vicino alla donna.
Quando la sfiorò per toglierle la benda che copriva la ferita, rabbrividì << Perdonami >> si scusò l'altra come se sapesse quanto ciò le facesse ribrezzo in quel momento, ma dopo quella parola non aggiunse altro, rimase in silenzio e non commentò il taglio né cercò di consolarla quando le faceva male senza volerlo e Lexa rimase ad osservarla, rispettando quel silenzio.
I biondi capelli erano raccolti in una coda, gli occhi chiari erano sempre bassi, non si alzavano mai e ciò voleva dire che nascondevano timore, le mani erano pulite, linde, anche se il rossore ai polsi rivelava il segno delle manette appena tolte, sul collo vi erano varie cicatrici, alcune parecchio vecchie.
La sentì fasciarle il petto con una nuova benda e non si stupì molto quando la vide alzarsi e uscire senza rivolgerle alcunché << Sta bene? >> le chiese Roan con il suo solito tono preoccupato e stavolta non fu solo Lexa a provare disprezzo << Sì >> rispose uscendo anche dalla stanza seguita dall'uomo.
Non le importava un granché di cosa si sarebbero detti, poiché il suo unico desiderio era quello di riuscire a coprirsi, ma la camicia rovinata non sembrava dello stesso parere e anche se era conscia dell'impossibilità di chiuderla poiché non era la prima volta che cercava invano di farlo, tentò uguale, ottenendo lo stesso risultato: una rabbia cocente a divorarle l'anima.
Ti odio, ti odio!
Non sapeva se quelle parole erano riferite alla camicia o a se stessa o a...Clarke.

 

CLARKE

 

Si massaggiò la tempia mentre attendeva l'arrivo di Octavia nel piccolo magazzino che aveva fatto affittare.
Sapeva molto bene in cosa consisteva lo “Scambio” poiché i suoi genitori non furono in grado di farlo e non le restava ancora molto tempo per impedire che toccasse a Lexa.
Osservava quasi con repulsione la strumentazione poco distante da lei, ma in bella vista sul tavolo, l'unico altro mobile oltre alla sua sedia e quella in cui vi sarebbe stato lui.
Non aveva detto ad Octavia che cosa avrebbe fatto né aveva mai raccontato a nessuno di ciò che aveva imparato da Carl, nemmeno a Lexa.
Aveva il timore che potessero vederla in modo differente, esattamente nello stesso modo con cui la stava vedendo Octavia mentre entrava e i suoi occhi caddero sul tavolo.
Il suo sguardo era un misto di terrore e confusione, ma vi era anche un po' di delusione e comprensione << S-sei sicura? >> chiese comprendendo solo allora cosa avesse in mente l'amica mentre Lincoln lo legava alla sedia << Potete andare adesso >> fu l'unica cosa che le uscì dalle labbra e l'altra rimase ancora un istante prima che il marito la trascinasse fuori e sigillasse il portone principale.
No, non era sicura di ciò che stava per fare, anche perché voleva dire rinunciare ad un altro pezzo di se stessa e rispolverare vecchi ricordi che desiderava con tutta se stessa dimenticare, ma doveva farlo.
Lexa aveva bisogno di lei e doveva sporcarsi le mani lo sapeva, per questo scacciò il tremore e la paura, afferrando con più sicurezza il coltello a farfalla che teneva in mano e con cui si avvicino all'uomo, togliendoli il cappuccio che gli copriva il volto.
James era seduto di fronte a lei privo di sensi e avrebbe voluto ucciderlo per ciò che aveva fatto.
Per aver tradito la fiducia del padre, per aver fatto la spia per tutto quel tempo e per aver messo in pericolo Lexa, ma invece lo colpì al volto più volte facendoli riprendere i sensi.


RAVEN


Quando vide entrare Octavia rimase sorpresa che con lei non vi fosse Clarke.
Certo era arrabbiata con lei, perché non le aveva rivelato chi era avendone l'occasione più di una volta, ma non poteva non preoccuparsi per lei comunque << E Clarke? >> l'amica sussultò quando glielo chiese e ciò non poté non far accigliare ancora di più Raven, già un poco preoccupata dallo sguardo sconvolto di Octavia << Ci raggiungerà >> rispose Lincoln facendo sedere la moglie su una delle poltrone << So che siete andati a prendere James, quello che non riesco a capire è perché non è qui? >> si alzò allontanandosi dai numerosi computer di fronte a lei e avvicinandosi al Procuratore << Octavia cosa succede? >> le chiese palesemente irritata e quando Lincoln le posò una mano sul braccio lei lo allontanò guardando entrambi con aria arrabbiata << Dove diavolo è Clarke?! >> gridò adesso << E' con lui >> le rispose finalmente l'amica, ma ciò non fece che farla infurirare ancora di più << Da sola? >> << L'ha chiesto lei >> adesso lo sguardo di Octavia sosteneva il suo << E tu l'hai lasciata fare >> tornò ad abbassarlo quando Raven parlò e la Hacker prese le chiavi del proprio motore dirigendosi all'esterno << Dove stai andando? >> le chiese Lincoln << A fare quello che voi non avete avuto il coraggio di fare! >> ribatté sbattendo la porta.
Fece la rampa di scale a corsa mentre con il cellulare hackerava il tom tom di Lincoln, rintracciando l'ultimo indirizzo in cui erano stati, sperando che fosse il luogo dove si trovava Clarke.
Montò in sella e mise il casco, impostando il gps all'auricolare che aveva in quest'ultimo prima di mettere in moto e partire.
Sfrecciava in mezzo alle macchine e accelerava quando le era possibile, con la speranza di fare in tempo, anche se tra l'arrivo di Octavia e la sua partenza era già passata un'ora.
Non sapeva cosa aspettarsi, ma di certo Clarke non stava semplicemente parlando con lui se aveva chiesto all'amica di lasciarli soli.
Quando raggiunse l'edificio, ringraziò il cielo che fosse quello giusto.
Smontò dalla moto e si tolse il casco per la via mentre seguiva le tracce lasciate dal cellulare di Clarke.
Quando arrivò davanti alla porta di acciaio non attese un secondo di più e la aprì.
Non era pronta a ciò che le si presentò davanti: Clarke era in piedi con in mano quello che sembrava un bisturi, le sue mani erano imbrattate di sangue, così come le sue braccia mentre davanti a lei vi era una sedia su cui era seduto la sua vittima, James << C-clarke? >> << R-raven? >> i suoi occhi erano spenti e vuoti, privi di ogni emozione e aveva il fiato corto, come se avesse fatto una lunga corsa.
Gettò a terra il casco e si affrettò a controllare lo stato dell'uomo << Ma siete impazziti tutti o cosa? >> gridò mentre con orrore guardava gli aghi che infilzavano le dita di James o i vari tagli nei bracci o nel petto << S-sei...sei stata tu Clarke? >> le chiese con orrore, anche se conosceva già la risposta, alzandosi in piedi fronteggiando l'amica e non riconoscendola in quello sguardo vitreo << Dovevo >> fece posando lo strumento e appoggiandosi al tavolo con le mani << Dovevi cosa Clarke? >> scosse la testa iniziando a toglierle le corde << Non farlo >> l'avvertì l'altra voltandosi lentamente con in mano una pinza << Non ti permetterò di continuare >> << Allora esci >> si avvicinò con passo sicuro e un incrollabile maschera che nascondeva ogni parte della dolce ragazza che riteneva sua amica.
La scostò soltanto con lo sguardo che le rivolse, nel timore che potesse farle del male, ignara di quanto in quel momento restava della loro Clarke << Dove si trova James? >> scandinava ogni sillaba mentre portava la pinza alle dita << T-tanto non lo farai >> le fece lui con un sorriso beffardo, rivelando solo allora che era ancora conscio << Non sfidarmi >> ribatté lei strappandogli l'unghia con un suono viscido seguito da un suo grido.
Raven voltò lo sguardo, incapace di vedere tanto orrore e si chiese come vi riuscisse Clarke e sopratutto per la prima volta si domandò quanto Emerson l'avesse cambiata << Rispondimi! >> la sentì gridare seguito dopo da un urlo quasi animalesco da parte di James << T-ti prego... >> supplicava lui e Clarke rise divertita << Cerchi di farti compatire da lei? >> si avvicinò minacciosa al volto dell'uomo << Pensi che lei possa impedirmi di farti questo? >> aggiunse mentre con la mano premeva su uno dei numerosi aghi inseriti nelle dita, facendolo irrigidire per il dolore all'istante << Clarke! >> la chiamò l'amica, una, due, tre volte e solo quando le posò una mano sulla spalla, quella sembrò tornare un poco in sé e rilasciare la morsa di dolore a cui stava costringendo entrambi << Smettila ti prego >> aggiunse ritirando il braccio come se scottata << Vattene allora, perché non la smetterò finché non avrò l'informazione di cui ho bisogno >> si spostò dall'uomo e andò nuovamente al tavolo, da cui prese ad analizzare uno strumento che Raven non conosceva << Dio mio James, dille quello che vuole sapere! >> l'altro si accigliò voltandosi verso di lei, che cercava in ogni modo di ignorare il sangue che si riversava sul pavimento << I-io non lo so >> le fece lui praticamente in lacrime e avrebbe voluto credergli se solo l'ennesima risata macabra di Clarke non avesse riempito la stanza << Le buone maniere non servono a niente Raven >> disse avvicinandosi nuovamente, ma con in mano una semplice siringa << Hai idea di che effetto faccia l'aria alle vene? >> domandò con la consapevolezza che lui conoscesse la risposta << Ora mi domando, cosa potrebbe succedere alla piccola Talia? >> l'uomo si irrigidì al solo sentire quel nome e anche Raven, incapace di poter credere che l'amica potesse arrivare a tanto.
Dalle ricerche era venuto fuori che James era stato sposato molti anni prima e che anche se la sua famiglia lo credeva morto, era rimasto in contatto con sua figlia, mandandole soldi ogni mese, per non farle mancare niente e pensare che Clarke stava usando quell'innocente debolezza contro di lui, le faceva raggelare il sangue << N-non oseresti >> << E' tutto il giorno che dubiti delle mie azioni James e non mi sembra di averti mai deluso >> sembrava quasi divertirsi e si irritò nel vederla sedersi con tranquillità sulla sedia di fronte a loro, come se stesse prendendo del thé e non torturando una persona, per quanto cattiva potesse essere << Quindi mi viene da chiedere se tu sia più fedele a Carl o a Talia >> giocò con la punta della siringa per poi alzare lo sguardo verso di lui << N-non so dove si trovino, ma ho appuntamento tra una settimana al porto con uno dei corrieri. Non so come si chiami e nemmeno come rintracciarlo. E' Emerson a decidere gli incontri e i luoghi >> Clarke sospirò con un poco di sollievo, facendosi avanti << Orario e luogo esatto >> ordinò e l'altro come una macchina, cominciò ad obbedire, dandole tutte le informazioni di cui aveva bisogno.
Il numero degli alleati, l'attrezzatura sia informatica che militare a loro disposizione e sopratutto se i suoi genitori fossero stati al sicuro o se vi fossero altre spie, prima di sedarlo, poiché divenuto del tutto inutile per lei e chiamò Lincoln al cellulare così che venisse a ritirare il corpo << Chi sei? >> quella domanda le uscì d'istinto, non vi aveva pensato molto e a ricambiarla trovò degli occhi freddi come ghiaccio << Non puoi giudicarmi se non conosci il mio passato >> << Non posso giudicarti? Hai appena torturato un uomo, senza battere ciglio! >> l'altra non sembrava nemmeno ascoltarla mentre si lavava le mani freneticamente << Clarke >> la chiamò toccandole una spalla e quando finalmente si voltò rimase terrorizzata dal modo con cui la stava guardando.
I suoi occhi erano intrisi di tristezza, rabbia e delusione?
<< Dobbiamo andare, Lincoln ha detto di non farci trovare qui >> disse superandola e togliendosi la maglia che indossava e fu in quel frangente in cui le vide: due perfette cicatrici martoriavano il corpo di quella che una volta era stata sua amica, ma non fece in tempo a dire niente che Clarke le coprì, indossando un altro indumento al posto di quello sporco di sangue, che inserì dentro la busta nera che teneva in mano, insieme agli strumenti e a tutto ciò che potesse ricollegarsi a lei << Sei venuta in moto? >> la sua voce era atona, vuota, diversa da come l'aveva sentita solo poche ore prima...in realtà lei era del tutto diversa dalla Clarke di poche ore prima << S-sì >> annuì più volte incamminandosi verso l'uscita << Ottimo >> commentò invece l'altra uscendo e attese che Raven la imitasse prima di sigillare la porta alle sue spalle << Vorrei che tenessi per te ciò che è successo la dentro >> concluse schiarendosi la gola mentre si incamminava verso la propria auto, parcheggiata poco lontano << Non vuoi che Octavia sappia quanto tu sia... >> non osò finire col timore della sua reazione << Cosa Raven? >> fece invece la rossa voltandosi palesemente frustrata << Non... >> stava per dire Clarke, poi però prese un lungo respiro gettando il sacchetto nel bagagliaio dell'auto nera << E' normale che tu non capisca...anzi comprendo anche la tua reazione e posso sopportare quello sguardo, ma... >> sospirò gesticolando con la mano e chiudendo il bagagliaio con tale violenza che aveva temuto che potesse rompersi << Lascia perdere >> montò in auto e la sentì mettere in moto.
Raven la vide partire senza aggiungere altro.
Che fine aveva fatto la Clarke che non avrebbe mai fatto male ad una mosca?

CLARKE

Lasciò che il getto d'acqua calda la cullasse mentre cercava di riordinare i pensieri.
Aveva davvero sperato con tutta se stessa di non far subire a Lexa lo “Scambio”, ma non vi sarebbe riuscita e non le restava che sperare che Lexa fosse stata abbastanza forte da farlo.
Chiuse il bocchettone e con la mano libera prese l'asciugamano su cui si avvolse.
Le grida della ragazza non l'avevano mai lasciata in quei dieci anni, anzi la tormentavano quasi come fossero le proprie, ma non poteva far altro che torturarla.
Carl l'aveva messa davanti ad una scelta: o lei o la ragazza.
Strizzò i capelli nel lavabo per poi pulire lo specchio appannato con il palmo della mano.
Non voleva che Lexa scoprisse quel lato che Carl invece a lei aveva svelato.
Per anni lo aveva accusato per ciò che le aveva costretto a fare, ma nessuno le aveva messo in mano quegli strumenti quel pomeriggio.
Nessuno l'aveva costretta a fare del male a James, ma doveva essere fatto.
Gli uomini di Carl rispondevano solo con la tortura, lei stessa ne era stata testimone, durante il suo periodo in “famiglia”, ma lo sguardo che le aveva rivolto Raven le aveva ricordato quel lato di lei che più le mancava.
Quel lato ingenuo, lontano anni luce dalla vera e propria sofferenza.
Sospirò sentendosi stanca come si era sentita solo nei periodi di prigionia.
Aveva bisogno di Lexa, il suo corpo e la sua mente ne avevano bisogno.
Sorrise tristemente immaginandosi i suoi bellissimi e rassicuranti occhi verdi, che l'avrebbero stretta a lei, incatenandola mentre la stringeva a sé, dicendole che andava tutto bene.
Serrò le mani intorno al lavabo, sentendo l'amaro odio che provava per se stessa per averla messa in pericolo.
Doveva tirarla fuori e avrebbe davvero fatto di tutto, non si sarebbe limitata a torturare un uomo o minacciare la vita di qualsiasi essere vivente per salvarla.
Avrebbe davvero ucciso per lei, per saperla al sicuro e non provò terrore per quel sentimento così vero e corrosivo né orrore per la consapevolezza.
L'amava e non l'avrebbe persa.

 

LEXA

 

Scosse la testa freneticamente mentre la telecamera la riprendeva, spostandosi poi sulla giovane donna di fronte a lei << Quindi ti rifiuti? >> domandò lui sospirando divertito, come se sapesse che avrebbe rifiutato di fare una cosa del genere << Clarke sarebbe molto delusa da te >> Lexa si accigliò, respirando stancamente, sentendo i punti tirare a causa dell'alzarsi e abbassarsi del petto, ma anche per la febbre.
Clarke l'aveva fatto?
Emerson sembrò leggerle nella mente e si avvicinò a lei, sempre con il pugnale teso verso il suo viso << Clarke era speciale, lei aveva capito che la vita è solo mera sopravvivenza >> le sussurrò all'orecchio e Lexa non riuscì a non rabbrividire a quel contatto così ravvicinato << Pensi che Annabeth avrà pietà per te? >> le chiese ridendo per poi avvicinarsi a quel volto così terrorizzato di fronte a lei eppure ancora immacolato e intatto << Avrai pietà per lei? >> le domandò e l'altra scosse la testa in senso di negazione immediatamente, scoppiando a piangere.
Per la prima volta Lexa provò disprezzo per qualcuno come mai in tutta la sua vita e la trovò quasi patetica << La vita è molto di più che sopravvivenza >> riuscì a dire dopo vari tentativi la mora e Emerson scattò come una molla avvicinandosi di nuovo a lei << Cosa hai detto? >> Lexa alzò sguardo verso di lui, senza però smettere di lanciare sguardi alla ragazza di fronte a lei << La vita è molto di più che sopravvivenza >> scandì lentamente sostenendo i suoi occhi pieni di odio e non attese molto prima che la colpisse al volto, facendole sanguinare il labbro.
Lexa si prese tutto il tempo di cui aveva bisogno, sapendo perfettamente che non sarebbe stato l'ultimo manrovescio che le avrebbe dato quel giorno.
Annabeth era di fronte a lei e tremava.
Tremava come una foglia eppure lui non si era mai soffermato su di lei per più di qualche secondo, non l'aveva mai sfiorata, anche se erano nella stessa situazione.
Entrambe legate su quelle sedie, entrambe di fronte a degli strumenti che mettevano i brividi al solo guardarli ed entrambe di fronte ad una scelta: Decidere se torturare o meno l'altra.
Vi aveva sperato, da quando era entrata in quella stanza, dove in un lato vi era una vasca piena di acqua e ghiaccio, i cui muri erano pieni di strumenti che aveva visto solo nei film dell'orrore, aveva sperato che Annabeth fosse stata come lei, ma invece l'aveva delusa.
Sorrise a quel pensiero rimettendosi dritta lentamente.
Eppure era venuta a scoprire che anche Clarke era scesa a tanto...perché non gliela aveva detto?
Vide Roan slegare Annabeth e guardarla con occhi che facevano intendere di non provare a fuggire, ma le sembrò di vedere Clarke.
Non era Annabeth a costringerla a inginocchiarsi di fronte alla vasca ed ad immergere la testa, non era Annabeth ad inciderle la carne, la schiena e a graffiarle il collo, per poi immergerla nuovamente e costringerla a sentire i polmoni bruciare e l'aria sparire ogni volta, una, due, quattro, cinque volte.
No.
Non era Annabeth.
Era Clarke...
Clarke era davvero arrivata a tanto?


 

CLARKE

 

Rabbrividì quando vide il pacco di fronte alla porta e con un lungo sospiro lo prese.
Era passata una settimana e sapeva che quel giorno sarebbe arrivato prima o poi, per questo si era tenuta impegnata con l'organizzazione della task force che avrebbe recuperato Lexa, perché non voleva pensarvi.
Era venuta a saperlo?
Certo che era venuta a saperlo, Carl non si sarebbe mai tolto la soddisfazione di ferirla.
Come l'avrebbe vista d'ora in avanti Lexa?
Ai suoi occhi era ancora la sua Clarke?
Si rinchiuse nella sala prove che ormai era divenuto il suo studio e rifugio e fu lì che vide l'ennesimo video che l'avrebbe portata ad odiarsi ancora di più,per non essersi allontanata dall'unica persona che non avrebbe mai voluto ferire.
Lexa non era come lei.
Lei aveva rifiutato e aveva il coraggio di affrontarne le conseguenze.
Provò odio verso Annabeth, anche se comprendeva il suo terrore, poiché anche lei l'aveva provato, ma vedere il modo con cui lacerava la carne di Lexa, con cui l'annegava, non poté non odiarla e sperare solo il peggio per lei.
Sarebbe inutile mentire e dire che non pianse, perché non sarebbe vero.
Arrivò a gridare e a detestare le urla della persona che più amava e che adesso le riempivano le orecchie, anche se il video ormai era finito.
Come poteva dimenticare quello sguardo?
I suoi occhi erano stati colmi di tristezza e dolore, ma non aveva pianto, perché lei a differenza sua era stata forte o almeno si voleva mostrare tale.
Si alzò dalla sedia raccogliendo i capelli e asciugando il volto per l'ennesima volta.
Doveva recuperarla prima della seconda prova.
Sesso.
Era uscito quel cartellino, Carl glielo aveva mostrato con un sorriso che non solo la fece rabbrividire, ma anche raggelare il sangue.
Se l'avesse sfiorata anche solo un'altra volta l'avrebbe ucciso, ne era certa.
Fece un lungo respiro e svuotò i polmoni prima di uscire dalla stanza e con silenzio dirigersi alla sua postazione mentre tutti la osservavano alla ricerca di qualcosa, ma lei era piuttosto brava a nascondere il dolore << A che punto siamo? >> chiese aprendo il computer e attesero tutti qualche secondo prima che Anya le si avvicinasse porgendole un foglio << Questi sono i nomi dei migliori agenti che la Natblida ha a sua disposizione, tutti pronti per agire >> Clarke si inumidì le labbra prendendo la carta << Ottimo >> velocemente scorse i nomi per poi annuire lentamente << Octavia invece si sta occupando della copertura nel caso si venisse a sapere tutto >> la informò Lincoln che tornava dalla cucina con una tazza di caffè che le posò vicino, toccandole leggermente una spalla prima di tornare a sedersi << Per quanto riguarda le telecamere e i mezzi? >> domandò rivolgendosi all'unica persona che non aveva né alzato lo sguardo né parlato da quando era tornata nella stanza << Saranno pronte per il recupero >> le rispose aspramente Raven, senza alzare gli occhi dal pc di fronte a lei e Clarke non aveva né la voglia né la forza di affrontare l'ennesimo litigio.
Raven non capiva, probabilmente non avrebbe mai capito.
Sospirò stancamente buttando giù con il caffè le sue medicine e odiando il modo con cui la stordivano ogni volta, anche se avevano iniziato a fare meno effetto e sicuramente avrebbe dovuto aumentare la dose, ma doveva essere capace di gestire tutto e loro non glielo permettevano.
Si massaggiò gli occhi stanchi, ignorando i tremiti delle mani o i brividi che le percorrevano la schiena.
Non aveva alcun tempo per pensare a sé, doveva salvarla.
Doveva salvarla prima della seconda prova.

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NA: Che ne pensate? Vi è piaciuto questo capitolo o lo avete odiato? Fatemi sapere come vi ha fatto sentire leggerlo. Comunque devo anche comunicarvi che dopo di questo ci saranno soltanto altri due e ultimi capitoli, spero che non vi dispiaccia, ma siamo giunti quasi alla fine, però non preoccupatevi che ho già una nuova fanfic in porto :) Alla prossima e buona lettura futura <3

 

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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LEXA

 

Si alzò lentamente, ignorando il dolore lancinante proveniente dalla gamba livida o il bruciare cocente dei suoi polmoni ad ogni boccata d'aria che prendeva e si trascinò fino a raggiungere il bicchiere d'acqua che le aveva portato o almeno era quello che sembrava << La dottoressa verrà tra poco a farti visita >> la informò Roan mentre lei si lasciava ricadere contro le sbarre esausta << Esci >> sussurrò cominciando a sentire le palpebre stanche << Ti fa tanto male? >> le chiese invece lui sedendolesi affianco e indicando la gamba, ma lei non gli rispose, troppo presa dal dolore dei tagli sulla schiena << Mi dispiace >> aggiunse lui, ormai iniziava ad abituarsi al modo di fare di quel pazzo, ma non al suo tocco e quando le sfiorò la mano lei la ritirò, posandosela in grembo << V-vattene >> fece ancora con più sicurezza anche se sapeva che lui non l'avrebbe fatto.
Aveva iniziato a smettere di ascoltarla e i giorni in sua compagnia erano divenuti più frequenti, impedendole anche di trovare un minimo di sollievo nella solitudine << E' il modo di Carl per dimostrarti il suo affetto >> continuò lui incrociando le braccia al petto e Lexa quasi istintivamente si allontanò un poco anche se dovette stringere i denti per il dolore.
Roan si voltò da lei, guardandola con occhi agognanti e languidi, soffermandosi sulla pelle visibile dell'addome e del petto, coperto semplicemente dalla fascia medica e Lexa non riuscì a non singhiozzare, così strizzò gli occhi, scacciando le lacrime << La seconda prova sarà bella non è vero? >>.
Sesso.
Quella parola la colpì come uno schiaffò e serrò le mani, concentrandosi sul dolore invece che su ciò che sarebbe potuto accadere << Ti prego vattene... >> quelle parole da prima sussurrate divennero una vera e propria supplica e Roan sospirò tristemente alzandosi in piedi per poi chinarsi di nuovo su di lei e prenderle il volto tra le mani << Io ti amo >> le sussurrò praticamente sulle labbra, per poi depositarvi un bacio e calde lacrime bagnarono il viso di Lexa mentre sentiva il sapore della sua lingua all'interno di lei.
Avrebbe voluto allontanarlo se solo il suo corpo non fosse stato del tutto martoriato e stanco.
Cercò Clarke nell'asso di tempo in cui la sua tortura continuava, ma quando riaprì gli occhi non trovò quelli blu della donna che amava, quelli di fronte a lei, erano scuri come la pece, privi di umanità << A domani >> le disse sfiorandole con il pollice le labbra prima di uscire dalla cella e dalla stanza.
Aria.
Sentì i polmoni bloccarsi e l'aria scomparire mentre il suo cuore batteva incessante, come a volerle uscirle dal petto.
Si era sempre chiesta come si sentisse Clarke e adesso poteva capirlo.
In trappola.
Il suo corpo era divenuto una trappola da cui non poteva fuggire.
Cercò di raggiungere il materasso, ma crollò prima ancora di mettersi in piedi.
Annaspò un ultima volta prima di perdere i sensi.

 

CLARKE

 

Stava guardando la pistola che teneva tra le mani mentre le sue mani tremavano leggermente intorno al calcio, ma del resto anche se sapeva come usarla, non l'aveva mai fatto.
Dopo il corso di autodifesa intensivo, insegnatole dalla CIA, non aveva più impugnato un'arma, in parte perché non le era stato necessario in parte perché non le piaceva e fu felice che almeno in quello non fosse cambiata.
Prese un lungo respiro mentre vedeva gli uomini della Natblida scortarla all'interno del rifugio di Carl.
Sorpassò i cadaveri che quegli agenti decimavano ai suoi piedi e se la prima volta aveva sussultato un poco, quando vide il secondo, il terzo e infine un numero indescrivibile di persone o meglio di nemici perire, cominciò a farvi l'abitudine, per quanto sia possibile.
Sentì Raven, che era l'unica dell'intero gruppo ad averla accompagnata, parlare all'auricolare telegrafando i calori che riusciva a vedere attraverso lo schermo del suo pc, al sicuro all'interno della cabina della nave che gli aveva portati su quell'isola.
Il rifugio di Carl non era niente meno che un isola o meglio era all'interno di un isola, in qualche posto nell'atlantico.
Avevano impiegato almeno due giorni per raggiungerla e ormai la scadenza della seconda prova era imminente.
Sperava solo di essere arrivata in tempo per salvarla.
Avevano già sorpassato quella che le era sembrata la sua prigione, poiché vi aveva trovato la sua camicia sgualcita, gettata al fianco del letto e il suo cuore aveva sussultato, temeva davvero di essere arrivata troppo tardi.
Di averla persa per sempre.
Il cuore le batteva nel petto e la gola era secca ormai da tempo.
Da quando era scattato l'allarme che aveva annunciato il loro arrivo.
E anche se sapeva che Carl non aveva più vie di fuga, visto che tutte le vie d'uscita erano bloccate dai suoi agenti e i vari mezzi di trasporto che avevano trovato erano stati sabotati, temeva comunque di non prenderlo.
Che riuscisse a fuggire un'altra volta.
Vide Indra, una dei migliori agenti della Natblida, posizionarsi dietro una porta di legno massiccio, imitata immediatamente dai suoi compagni mentre uno rimase di fronte e prima che potessero irrompere fece segno a Clarke di venirle affianco, dopodiché sentì la porta cadere e i soldati scattarono all'interno.
Clarke non si mosse per tutto il tempo, come le avevano ordinato di fare.
Rimase lì, ferma all'angolo della porta, attendendo che finissero la loro ispezione e solo quando sentì chiamare il suo nome, entrò all'interno.
Di fronte a lei, inginocchio con le mani alzate, c'era stata quella che una volta avrebbe definito la “Dottoressa”, ma che adesso conosceva con il nome di Rosie.
Se c'era qualcuno in quel posto che poteva sapere dove si trovasse Lexa era proprio Rosie << Dov'è lei? >> la donna deglutì un poco a fatica prima di alzare il volto rigato dalle lacrime, ma sorridente << La troverai tra due stanze. L'unica porta di acciaio di questo corridoio >> Clarke sospirò di sollievo e fece per uscire mentre vedeva che una delle guardie aiutava la donna ad alzarsi << Clarke... >> la richiamò quella e la rossa si voltò un poco, stupita che riuscisse a ricordarsi il suo nome anche dopo tutto quel tempo << Grazie >> aggiunse per poi uscire scortata da una delle guardie << Andiamo >> disse ad Indra e ignorarono tutte le altre porte, sapendo che non avrebbero fatto lo stesso le squadre dietro di loro, poiché quella che accompagnava Clarke aveva solo come obbiettivo il recupero di Lexa.
Con lei all'interno dell'edificio erano venute cinque squadre.
Cinque squadre composte da cinque agenti che non avevano niente da perdere e nessuno che potesse piangere la loro morte.
Era stata una scelta meschina, il fatto che nessuno potesse ricordarli, ma quella era stata l'unica condizione che Clarke aveva posto a Lincoln.
Non voleva che qualche altra famiglia venisse distrutta per colpa di Carl.
Trattene il respiro quando arrivarono di fronte a quella porta e come quella precedente vide gli agenti posizionarsi alla medesima maniera, prima che Jordan, facesse saltare i cardini e cedere la porta con un tonfo sordo sul terreno.
Entrarono velocemente al suo interno e ancora una volta Clarke attese, ma le sembrò che il tempo non finisse mai, che durasse più del dovuto mentre il battere incessante del suo cuore le riempiva le orecchie e quando sentì il suo nome, non attese un secondo di più ed entrò.
Carl sapeva essere crudele, davvero crudele.
La stanza in cui era Lexa era la medesima in cui lei aveva vissuto i suoi ultimi quattro mesi di prigionia.
Riconosceva con facilità il letto matrimoniale dalle calde lenzuola, i quadri che lei stessa aveva dipinto ai muri e si chiese come fosse possibile che lui gli avesse e poi si ricordò di James, probabilmente era stato lui a portaglieli.
Istintivamente i suoi occhi caddero su un Roan ferito ai piedi di Indra che lo teneva sotto tiro e poi su di lei.
Lexa era distesa sul letto, in cui lei aveva dormito in quei mesi, con i polsi legati alla testata e il corpo che amava ben visibile << C-clarke... >> la chiamò e anche se aveva la voce intrisa di dolore e tristezza, non faticò a riconoscerla.
Anche se aveva il corpo ricoperto da ferite e il volto sporco, non faticò a riconoscere la donna che amava.
Si avvicinò a lei nascondendo l'arma che teneva ancora ben stretta, sapendo quanto potesse scuoterla vederla vicino << Lexa >> le fece, ma non perché volesse, ma perché doveva.
Sentir chiamare il proprio nome con la dolcezza con cui lo intrise, faceva bene, dopo quei giorni passati a non sentirlo affatto o intriso di odio, lei lo sapeva, perché per mesi aveva sognato che qualcuno lo facesse per lei.
La donna che le era sempre sembrata forte, che non aveva mai vacillato di fronte a lei, scoppiò a piangere e Clarke con delicatezza la liberò da quella catene che la tenevano ancora legata e la strinse forte a sé.
Assaporando quell'abbraccio che aveva temuto di non poter più dare né ricevere, memorizzò il suo odore e la sua voce mentre Lexa le piangeva contro la spalla.
Lasciò che si sfogasse, che versasse tutte le lacrime di cui aveva bisogno e fu proprio Lexa a scostarla per rispecchiarsi in lei.
Rimasero così per qualche secondo e a Clarke le si stringeva il cuore nel vederla così indifesa e tremante, così si tolse la giacca della divisa, con cui la coprì, fuggendo al suo sguardo, fuggendo da quegli occhi che le stavano rivelando molto di più di quanto volesse sapere << Clarke... >> la sentì dire e la rossa scosse la testa, sfregando le mani contro le sue spalle, cercando di riscaldarla << Clarke non...non... >> la vide tornare a piangere mentre cercava di rassicurarla e non poté non amarla anche in quel frangente, perché anche in quel momento di fragilità cercava di essere forte per lei e anche se desiderava baciarla più di ogni altra cosa, non lo fece << Va tutto bene Lexa >> le disse tornando ad abbracciarla, stringendola forte contro di sé mentre le accarezzava la testa, cercando di trasmetterle tutto il suo calore << Va tutto bene >> ripeté un po' per lei e un po' per se stessa << Abbiamo Carl >> sentì all'auricolare che era al suo orecchio e si raggelò per un secondo a quella notizia, tornando poi a preoccuparsi per Lexa.
Si guardò le mani coperte di sangue, del suo sangue e il cuore le si strinse in una morsa che minacciava di non volersene mai più andare.
Annabeth non si era risparmiata durante la seconda prova.
Le aveva martoriato la schiena con lunghi tagli e cerchi, le sue gambe erano livide e probabilmente quella destra aveva anche subito una frattura dal modo strano con cui era stesa e dal colore bluastro che aveva intorno al ginocchio.
Eppure Clarke si soffermò molto di più sui segni dei morsi e dei lividi lasciati da lui.
Dal mostro che avrebbe perseguitato l'incubi di Lexa per chissà quanto e fu in quel momento che prese la siringa che teneva in una delle numerose tasche e la portò al collo di Lexa, iniettandogliela.
L'altra scattò in allerta, tornando immediatamente a guardarla con occhi confusi << Quando ti sveglierai sarò al tuo fianco, te lo prometto >> le fece, facendo cenno ad una delle guardie di avvicinarsi a lei mentre Lexa scuoteva la testa, probabilmente intuendo che cosa avesse in mente << Clarke..no... >> la sentì dire mentre Jordan la sollevava delicatamente dal letto e la vide cercare di combattere il medicinale e le palpebre pesanti così si avvicinò di nuovo a lei, prendendole la mano penzolante nelle sue << Rilassati, andrà tutto bene Lexa >> le sussurrò depositandovi un piccolo bacio prima di posargliela in grembo << Clar... >> si addormentò con ancora il suo nome tra le labbra e non riuscì a non sorridere tristemente << Non perderla di vista nemmeno per un secondo Jordan o giuro che ti uccido >> lo minacciò e l'altro annuì mentre uscivano dalla porta.
Il suo sguardo si trasformò immediatamente, da caldo e gentile divenne freddo e crudele.
Si voltò verso Roan ancora per terra e non seppe bene che cosa vide nei suoi occhi, ma cominciò a tremare sotto lo sguardo attonito di tutti e iniziò ad indietreggiare mentre Clarke si avvicinava lentamente ed estraeva il coltello a farfalla che teneva nel cinturino della divisa, cominciando a giocarvi lentamente.
Roan sussultò quando sentì la parete colpire la sua schiena e bloccare il suo sfuggirle.
La rossa non poté impedirsi di sorridere mentre si piegava sui talloni di fronte a lui, senza smettere di muovere il coltello in suoni precisi e netti, facendolo scattare.
Aveva di fronte a lei, l'uomo che aveva ferito Lexa e non osò per un attimo provare pietà per lui, anche se era conscia che fosse l'ennesima vittima del suo mostro personale.
Sapeva che Roan non era nient'altro che un'altra vittima, ma non esitò a far percorrere la lama del pugnale lungo la sua gamba nuda, incidendolo come aveva inciso sulla vita della donna che amava.
Quando l'udì gridare e sostituire un poco le urla di Lexa che ormai risuonavano nelle sue orecchie ininterrottamente da giorni, si sentì meglio, anche se sapeva che non avrebbe dovuto.
Cosa la differenziava da tutti gli altri?
Da lui?
Sospirò fermandosi dove iniziavano i boxer e anche se non voleva, anche se cercò di cacciare quell'orribile ricordo non vi riuscì.
Rivide lui, su Lexa, rivide lui, che la mordeva, lo rivide mentre la spezzava e fu in quel momento che il suo corpo decise per lei.
Affondò il pugnale o meglio penetrò all'interno del suo intimo, facendolo gridare come un animale, come era << Chi è l'uomo adesso? >> gli sussurrò all'orecchio mentre il sangue di Roan le sporcava la mano, ma non si ritrasse ancora, anzi girò la lama, facendoli ancora più male, ferendolo ancora di più come lui aveva osato ferire Lexa, ferire lei << Chi è l'uomo adesso?! >> gridò fino a sentire i polmoni svuotarsi e attese ancora qualche secondo prima di estrarre la lama verso l'alto, graffiandoli leggermente l'addome nell'alzarsi in piedi disgustata.
Si diresse verso il materasso per pulirsi le mani e la lama sulle lenzuola per poi rimetterla al suo posto, dopodiché tornò su di lui.
Sulla figura misera, agonizzante ai suoi piedi e si chinò ancora una volta per poterlo vedere in volto e quando non vi riuscì lo afferrò per i capelli, costringendolo ad alzare lo sguardo su di lei, costringendolo come lui aveva costretto Lexa << A te non servono più, no? >> lo colpì con un pugno, anche se sapeva che non gli avrebbe mai fatto male quanto avrebbe voluto, ma forse a causa del dolore o della quantità di sangue che si stava riversando sul pavimento, Roan perse i sensi.
Non le importava a che cosa stessero pensando gli agenti che l'avevano scortata fino a lì, né che cosa pensassero di lei.
Non era venuta fin lì per provare pietà.
Estrasse la pistola mentre si dirigeva alla porta spalleggiata immediatamente da Indra e dalla sua squadra << Dove vi trovate? >> chiese all'interlocutore che le aveva comunicato la cattura di Carl << Piano inferiore, terza stanza a destra >> si voltò uscendo da quella camera, volendo dimenticare ogni ricordo che conteneva, non volendo pensare agli ultimi minuti che Lexa aveva passato in compagnia di quell'essere, ringraziando il cielo che quella dannatissima stanza fosse insonorizzata, altrimenti sarebbero potuti scappare o peggio...
Serrò le mani mentre il ricordo ancora vivido nella sua mente di Lexa tremante tra le sue braccia, la invadeva.
Non si sarebbe mai perdonata per quello che le avevano fatto e probabilmente se lo meritava.
Certo l'aveva vendicata, ma non sarebbe stato sufficiente.
Il suo sangue cominciò a scorrere ad una velocità terrificante, quasi fino a farle dolere il cuore nel petto.
I suoni cominciarono ad arrivare ovattati come se fosse stata all'interno di una bolla e si chiese se fosse a causa di ciò che aveva fatto a Roan o perché stava per rincontrare lui.
Non era più al sicuro dietro uno schermo, adesso l'avrebbe rivisto dal vivo, dopo dieci anni, l'avrebbe rivisto.
Avrebbe rivisto il suo incubo.
Svoltarono in un corridoio che portava ad una rampa di scale e trattene il respiro quando vide i numerosi prigionieri dei giochi di Carl e si chiese per l'ennesima volta il perché.
Perché condannare così tante persone a quelle torture?
Vide gli uomini della Natblida Corp. drappeggiare sulle spalle di alcune delle vittime una coperta termica e fu in quel momento mentre passava in mezzo a loro che la notò.
Annabeth.
Tremava sotto la spalla di una guardia e alzò lo sguardo verso di lei, quando Clarke le passò accanto, quella le sorrise dolcemente come a ringraziarla, ma la rossa non riuscì a ricambiare, non poteva vederla per la ragazza che era dopo che l'aveva vista torturare la donna che amava.
Carl sapeva tirare fuori il peggio dagli altri e lei ne era la prova vivente.
Probabilmente era per quello che lo faceva.
Voleva dimostrare che tutti sanno essere crudeli di fronte alla sopravvivenza.
Scosse la testa scacciando quel pensiero e si diresse con sguardo basso verso di lui.
Verso l'uomo che l'aveva tormentata per dieci lunghi anni.
L'uomo che al solo pronunciare il suo nome lei sussultava in preda agli incubi.
L'uomo che l'aveva segnata per tutta la vita, eppure quando se lo trovò di fronte, inginocchio provò solo pietà per lui.
Era più vecchio, gli occhi chiari erano circondati da piccole rughe e da stanchezza.
Sembrava malato e probabilmente lo era, vista la pelle pallida.
Indossava il suo dannatissimo completo bianco ben stirato, le mani erano esattamente come se le ricordava, pulite e linde, con una magnifica manicure.
Odiò il modo con cui era perfettamente a suo agio anche in quella posizione scomoda.
Odiò il modo con cui guardava l'agente di fronte a lui, come a sfidarlo di premere il grilletto.
Odiava il modo con cui si credeva di essere superiore agli altri, ma ciò non le impedì di provare riluttanza al solo guardarlo.
<< Clarke >> quando risentì quell'accento marcato, intriso di speranza e dolcezza, non riuscì ad impedirsi di colpirlo.
Non seppe da dove venne tutta quella forza, ma il colpo al volto che gli diede, sembrò stordirlo per qualche secondo, ma poi tornò su di lei con quegli occhi pieni di desiderio << Sei diventata bellissima >> continuò lui sorridendole.
Clarke lo guardò ancora per qualche secondo e cominciò a ridere.
Non seppe perché, ma lo fece.
Inizio a ridere come una ragazzina e non le sembrò strano solo a lei, ma anche a lui e agli uomini che la stavano proteggendo.
Solo quando si calmò si rese conto del perché di quella reazione.
Non aveva paura.
Dopo anni, non aveva paura per la prima volta.
Con le lacrime agli occhi a causa di quella risata fragorosa, si mise di fronte a lui con la pistola tesa verso la sua fronte.
Non voleva altro.
Per anni si era sognata di torturarlo, di fargli passare ciò che lui aveva fatto passare a lei, ma in quel momento non voleva altro che pace e probabilmente lo lesse nel suo volto, perché per la prima volta lo vide per l'uomo che era.
Debole e vulnerabile come ogni creatura che Dio aveva gettato in quel mondo.
Le sembrò quasi che stesse per piangere, ma non aspettò che quel sentimento crescesse in lei.
Premette il grilletto e dopo il rombo della pistola non ci fu altro che silenzio.

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NA: Ciao carissime/i stiamo arrivando quasi alla fine eh...*piange* comunque che ne pensate di questo capitolo? Vi è piaciuto o vi aspettavate qualcos'altro? Fatemi sapere tutto, le vostre emozioni e i vostri pensieri che mi fa sempre piacere leggere ;) Alla prossima per l'ultimo capitolo :D!

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura.
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CLARKE

Un poco del suo sangue le era schizzato sul volto, sporcandola, ma non se ne rese nemmeno conto, perché prese la vera e prima boccata d'aria da quando era riuscita a fuggirli.
Rise di nuovo mentre dalle sue mani scivolava la pistola, cadendo al suolo con un suono sordo e probabilmente fu quel rumore, che spezzò quel magnifico silenzio a la fece tornare piano piano in sé.
Si ricordò di Lexa.
Si ricordò del suo corpo.
Si ricordò del suo sguardo.
E corse.
Corse verso la nave, corse verso di lei.
Lexa aveva bisogno di lei come Clarke aveva avuto bisogno di lei.
Non seppe nemmeno come raggiunse la nave né chi le disse in quale cabina l'avevano messa, ma quando vi arrivò trovò i medici che aveva portato con sé impedirle di vederla e attese.
Attese quei minuti in cui la stavano visitando, conscia che le servivano, ma odiandoli perché le stavano dividendo.
Quei cinque minuti sembravano un eternità che non voleva giungere al termine e quando finalmente finì.
Si gettò su di lei, abbracciandola anche se l'altra ancora dormiva.
Stringendola contro il suo petto e assaporando quel contatto che da troppo tempo le avevano negato << Ti amo >> le sussurrò più e più volte all'orecchio e fu così che rimase per quasi un quarto d'ora, finché Raven non venne alla porta, destandola dai suoi pensieri << Dovresti farti una doccia >> fu la prima cosa che le disse entrando all'interno e indicandole ancora il sangue che le macchiava le mani e il volto << Partiamo tra mezz'ora >> aggiunse sedendosi affianco a lei sulla sedia libera << O-ora vado >> riuscì a dire Clarke e quasi istintivamente strinse ancora di più Lexa contro il suo petto << Devi lasciarla Clarke >> Raven sembrò leggerle nella mente e capì dal suo sguardo che comprese ciò che la stava tormentando << Non andrà da nessuna parte, nessuno si avvicinerà a lei finché sarai dentro il bagno >> aggiunse estraendo la mini console che aveva sempre a portata di mano << Te lo prometto >> concluse infine.
Clarke le sorrise dolcemente, accettando molto volentieri quel ramoscello d'olivo che le stava porgendo.
Che avesse capito?
Si alzò lentamente, sia per il desiderio cocente di non lasciare Lexa, sia per stanchezza << Starà bene >> la rassicurò ancora l'amica vedendo il suo sguardo titubante e Clarke annuì più volte, uscendo infine dalla stanza e incamminandosi verso la propria cabina.

Cinque mesi dopo.

LEXA


Si passò una mano trai capelli mentre nervosamente mordeva il labbro inferiore.
Erano passati cinque mesi, eppure non le sembrava che fosse cambiato niente.
Il tempo era lo stesso, lento, dannatamente lento.
Sospirò alzando lo sguardo verso la dottoressa ancora in attesa della riposta alla sua domanda: “Come si sente oggi Signorina Natblida?”.
Si sentiva esattamente come tutti gli altri giorni.
Scomoda.
<< Come tutti gli altri giorni... >> rispose tirando le maniche della camicia, ma continuando comunque a sentirsi spoglia << E come si sente allora tutti i giorni? >> Lexa sollevò lo sguardo su di lei, quasi con arrabbia << Ad ogni seduta mi domanda come sto e io ad ogni seduta le rispondo, quindi sa esattamente come mi sento >> la dottoressa segnò qualcosa sul blocco note che aveva sulle lunghe gambe << Come si sente nei confronti della Signorina Griffin? >> << Anche quello non è cambiato >> serrò le mani a pugno sentendo l'amaro che ormai la perseguitava risalirle la gola << Ancora non riesce a sopportare il suo contatto? >> la mora scosse la testa, nascondendo il volto tra i capelli che erano ricaduti in avanti << Ha ancora paura della Signorina Griffin? >> Lexa tremò un poco, ma poi annuì lentamente, provando lei stessa vergogna per ciò che si ritrovò ad ammettere ancora una volta << I-io non voglio... >> lacrime calde cominciarono a bagnarle il volto e l'altra gli passò un fazzoletto << La evitate ancora? >> << S-sì >> avrebbe voluto alzarsi in piedi, ma non voleva prendere le stampelle, sentendosi ancora più debole << Perché la evitate? >> Lexa si accigliò, ridendo poi con malinconia << Davvero me lo state chiedendo? La evito perché...perché non riesco a non vedere lui in lei... >> dire quella frase a voce alta, sembrò liberarla un poco della morsa che continuava a divorarla dall'interno << Chi vedete nella Signorina Griffin? >> << Vedo lui...c'è solo un lui... >> la dottoressa scrisse ancora una volta << Ne avete parlato con lei? >> la mora scosse la testa freneticamente << Da quanto non la vedi? >> << Da due mesi...l'ultima volta, l'ho allontan... >> prese un lungo respiro, sentendo gli occhi bruciare << L'avete allontanata? >> << S-sì... >> probabilmente l'aveva ferita, anzi ne era certa dal modo con cui la guardò << E perché l'avete fatto? >> << Perché vedo lui in lei! >> gridò con frustrazione passandosi una mano trai capelli << E' davvero solo questa la ragione? >> Lexa rimase ad osservarla non capendo e allora vi rifletté.
Ricordò Clarke, la sua Clarke, con le sue premure e la sua dolcezza.
La Clarke capace di starle vicino senza cercare il suo tocco, sapendo bene quanto le causasse dolore.
La Clarke che l'aveva portata nella clinica di sua madre per tenerla lontana dai media.
La Clarke che aveva mentito a suo fratello per tenerlo all'oscuro.
La Clarke che anche adesso, la sentiva chiamare Anya per chiederle come stava.
No, non l'aveva allontanata solo perché continuava a ricordargli Roan, no, non era solo per quello.
L'aveva allontanata << Perché lei sa... >> disse a voce ciò che la sua mente le rivelò << Cosa è che la Signorina Griffin conosce? >> Lexa si ritrovò a piangere senza volerlo << Lei sa cosa vuol dire essere... >>.
L'aveva allontanata perché odiava ciò che il suo comportamento le stava rivelando di lei.
Odiava sapere che Clarke avesse sofferto talmente tanto per sei lunghi mesi e non sopportava di vederla, perché oltre a lei, vedeva anche la ragazzina di diciotto anni che una volta era stata.
Un adolescente impaurita, in mano a degli uomini senza pietà.
<< Signorina Natblida? >> la chiamò la dottoressa sorridendole poco dopo << Che cosa intende con quella frase? >> Lexa scosse la testa asciugandosi il volto << Che sono un'egoista >> la donna sembrò soppesare le sue parole << Perché si crede un'egoista? >> << Perché l'ho allontanata senza pensare a lei...ancora una volta... >> sospirò abbassando lo sguardo << Sono certa che la Signorina Griffin capirà >> << E' questo il punto >> ribatté Lexa e la dottoressa si accigliò << Lei mi perdonerà...lei mi perdonerà sempre...e io comincio a darlo per scontato >> alzò gli occhi al cielo inumidendosi il labbro << Dio mio...ha davvero ucciso per me e io...e io... >> si sentì soffocare ancora una volta e non riuscì a non immedesimarsi in lei ancora una volta.
In quella ragazzina impaurita.
Era rimasta solo due settimana con Emerson e l'aveva ridotta così...invece Clarke vi aveva passato sei mesi...
Sei mesi.

Quando uscì dall'ufficio della dottoressa c'era Anya ad attenderla come sempre << Come è andata? >> le chiese e con tutta sincerità non sapeva che risponderle, così scosse semplicemente la testa, sorridendole prima di incamminarsi verso l'ascensore << Ha chiamato anche oggi >> Clarke chiamava, ogni giorno.
Non per disturbarla, anche perché chiamava Anya.
Voleva solo rimanere informata e di certo non poteva negarle anche quello << Perché lo stai facendo? >> le domandò Anya mentre entravano nell'abitacolo << Cosa starai facendo Anya? >> l'amica si passò una mano trai capelli innervosita << Allontanarla...tra tutti è l'unica che può capirti realmente >> << Ed è esattamente questo il motivo per cui lo faccio >> uscirono nel parcheggio ed entrambe si incamminarono verso l'auto posteggiata poco lontano << I tre mesi in cui sono stata all'ospedale, lei c'è stata sempre Anya, ma... >> << Ma cosa? >> << Non mi piaceva ciò che vedevo...il modo con cui mi trattava.. >> << Era dolce >> la interruppe Anya mentre l'autista le apriva la portiera << Appunto...tu non lo sei >> l'amica si accigliò montando, imitata subito da Lexa << E ti da fastidio il fatto che lei ti tratti con delicatezza? >> la mora scosse la testa << No, assolutamente no. E' le premure che ha nei miei confronti che mi fanno capire...che...ci è passata anche lei >> rivelò ad alta voce, abbassando lo sguardo e stringendo le mani a pugno << Allora ti capisco ancora di meno >> fece Anya aprendosi la giacca di pelle << Cosa è che non capisci? >> cominciava ad alterarsi un poco.
Come poteva non capire?
<< Se quello che dici è vero, se davvero lei ha subito la stessa cosa, ti capirebbe ancora di più e non ti compatirebbe mai Lexa >> la mora rise un poco sentendo le lacrime spingere per voler uscire << Mi ha mentito Anya! Io le l'ho chiesto e lei mi ha mentito! >> Lexa scosse la testa asciugandosi velocemente una lacrima << Lei mi ha guardato negli occhi e mi ha mentito! Ma ciò che mi fa arrabbiare ancora di più è desiderarla eppure non riuscire nemmeno a sfiorarla! Non poterla amare come vorrei...dio Anya...davvero non capisci adesso? >> prese una lunga pausa per riprendere fiato << E ogni volta, ogni maledettissima volta in cui l'ho vista, in cui la vedo, mi sembra...di morire...due settimane ho passato con quel mostro! Due settimane e guarda come sono... >> si indicò il petto con l'indice << Sono debole! E non posso permettermi di starle vicino...hai visto cosa ha fatto per me! Come posso pretendere di starle affianco, quando lei ha... >> << Forse non dovresti essere tu a deciderlo >> Anya si pulì il volto rigato da qualche lacrima << Di che cosa stai parlando? >> << Clarke ha fatto cose indicibili Lexa...e l'ha fatte solo per te. Lei ti ama! Dio se ti ama, probabilmente ti ama talmente tanto che se tu le chiedessi di squarciarsi la gola, lo farebbe...e fa paura...perché siete così dipendenti l'una dall'altra... >> si voltò da lei, guardandola dritta negli occhi << Siete l'una l'essenza stessa dell'altra e se sono io a dirtelo, sai che è vero, lo sai perché non avevo mai creduto al suo amore, ma adesso...dopo quello che ha fatto, dopo che l'ho vista crollare e alzarsi solo per te...posso solo capire che anche tu dovrai farlo solo per lei, altrimenti Lexa...non ti risolleverai mai più >> Lexa la guardò con occhi sgranati e Anya rise un poco << Vi amate e non c'è niente di male, certo fa paura l'intensità con cui lo fate, ma vi amate. E se lei sa Lexa, tanto meglio, vorrà dire che non ti costringerà a fare mai niente che tu non desidera fare... >> << Ma mi ha mentito...lei non vuole che io sappia >> << Magari non è così. Non ti sei domandata perché l'abbia fatto? >> Lexa continuava a guardarla confusa << Se continuerai così, la perderai davvero e non sarà per colpa sua stavolta Lexa, perché sappiamo entrambe che sarai te a dividervi e io...io non posso permettertelo, non posso >> si voltò verso l'autista e gli comunicò una via << Che stai facendo? >> << Devi parlare con lei >> << Anya no! >> l'altra la ignorò prendendo il cellulare e scrivendole << Anya ho detto di no! >> << Non mi importa... >> Lexa era ancora più sorpresa di quella risposta che di tutto il suo comportamento << Non mi importa perché le tue giustificazioni sono ridicole...stai soffrendo e non solo per ciò che ti è accaduto, ma anche per lei...e sono quasi sicura che la cosa sia reciproca >> persino l'autista le sorrise un poco, ricambiando il sorriso dell'amica << Anya, non ho il coraggio per farlo >> << Sei Lexa Natblida. Tu hai sempre il coraggio di fare le cose >> a interromperla fu la notifica della risposta di Clarke << Lei ti ama Lexa, vedi? >>.

Anya non costringerla a fare niente ti prego”
                                                    Clarke 11:30

Lei aveva capito, anche senza bisogno di parlare lei aveva capito << Lo vedi o no? Lo vedi che siete in sintonia sempre? Che vi capite sempre?... >> non aveva mai visto l'amica piangere o almeno non per quelle cose << Voi non avete bisogno di parlare e non hai idea di quanto la invidi in questo momento...Quindi ti prego per una volta nella tua vita, fai qualcosa di ingiustificato, di impulsivo...senza riflettervi troppo...dopo la morte di tua madre è scomparsa la mia Lexa, quella Lexa che faceva le lotte clandestine, quella che baciava la ragazza che amava, senza sapere se essere ricambiata...se sei stanca della Lexa matura, tirala fuori...ma ora sto divagando...e forse sto anche esagerando, ma dico anche un po' di verità Lexa. Non dargliela vinta, non farlo >>.
Quelle parole l'avevano colpita in pieno petto, lasciandola a bocca aperta.
Lasciandola in lacrime e indifesa.
Aveva ragione?
Certo che aveva ragione, quando mai Anya non l'aveva avuta?

CLARKE

Sospirò prendendo un sorso della limonata che le avevano preparato, per poi tornare sul quadro di fronte a lei ancora incompleto.
Ormai erano giorni che cercava di rendere viva, quella figura informe di fronte a lei, ma più percorreva quegli occhi, seguendo poi il tratto del viso e più le sembrava in animata.
Scosse la testa e senza volerlo schizzò un po' di inchiostro nero sul viso della donna ritratta nella tela.
La goccia, aveva colpito una guancia e cominciò a scendere lentamente, richiamata dalla forza di gravità e fu in quel momento che Clarke capì.
Lei, la donna, non voleva vivere...e rise di sé, che invece da quando era finita, non desiderava altro.
I suoi pensieri erano cambiati, sembrava che l'aver premuto il grilletto, avesse anche cancellato ogni altra cosa.
Con gli occhi spenti di Carl che cadevano all'indietro si era spento anche il suo desiderio di farla finita.
Rise, disegnando la malinconia che la donna del quadro desiderava.
Cominciò a disegnare piccole rose nere, che le coprivano il volto e i capelli, così che adesso si poteva scorgere solo il viso e quegli occhi freddi e vuoti.
Lacrime nere la bagnavano, mentre le sue calde labbra si trasformarono in scheletriche e così anche il suo mento.
Si chiese se in realtà quella non fosse solo se stessa...
L'insieme di emozioni che aveva provato e che provava, la morte e la vita.
I suoi pensieri vennero interrotti dal suonare del suo cellulare e non esitò un attimo a leggere il messaggio nel vedere il nome del mittente.

Stiamo venendo da te”
                       Anya 11:25

Sorrise istintivamente per quel plurale, sapendo che si stava riferendo a Lexa, desiderosa di rivederla, ma poi ricordò i suoi occhi, gli occhi che tanto amava, guardarla con odio e paura.
Si ricordò di come si era sentita spezzare in due, di come il giorno dopo non aveva avuto nemmeno le forze per alzarsi e capì che quella non era stata una decisione di Lexa.
Probabilmente Lexa non voleva ancora vederla, altrimenti perché non le avrebbe scritto lei?
Scosse la testa e a malincuore scrisse la risposta, da una parte speranzosa che Anya non costringesse Lexa e dall'altra desiderosa del contrario.
Le mancava, le mancava davvero.
Sapere di poterla avere, non l'aiutava...almeno dieci anni prima, aveva una scusa, ma adesso?
Scosse la testa, colpendosi le gambe e uscì dal suo studio per spostarsi in camera, per farsi una doccia.
Non sapeva se sarebbe venuta veramente, ma almeno non voleva incontrarla in quello stato, con la tinta nelle mani e i capelli in disordine.
L'avrebbe davvero rivista dopo due mesi?
Sospirò ricordando come all'ospedale avesse evitato il suo sguardo solo perché non poteva scappare, di come le aveva gridato contro quando aveva cercato di aiutarla a mettersi in piedi, di come Lexa avesse cercato in ogni modo di allontanarla, di ferirla, con le parole, ma invano...fino al giorno in cui non l'aveva preteso, scacciandola dalla stanza, come se fosse stata una perfetta sconosciuta.
Eppure non se l'era presa nemmeno in quel momento, perché capiva.
La capiva.
Lexa si sentiva ferita e distrutta...
Carl non l'aveva spezzata, non vi era riuscito, grazie al cielo, ma l'aveva comunque segnata.
Represse un brivido quando la sua pelle nuda venne a contatto con l'acqua.
No, decisamente era stata Anya a decidere per lei, ma perché farlo?
Non voleva affrontarla se lei non era pronta...non voleva che nessuno la costringesse a fare qualcosa, che la trattassero come avevano fatto con lei, obbligandola a guarire.
Si portò una mano alla bocca, attutendo i singhiozzi, prima di scivolare contro il muro sulla doccia.

LEXA

Clarke viveva in un enorme villa composta da un grande bosco, che distanziava la dimora dalla strada di parecchi chilometri.
La casa era bianca, con un enorme porticato in legno e poco lontano si poteva intravedere una piccola serra, oltre anche ad altre impalcature che però non attirarono lo sguardo di Lexa molto allungo.
Vide Anya andare alla porta con passo disinvolto e solo con quel gesto Lexa capì che non era la prima volta che le faceva visita.
Si frequentavano così spesso?
Sentì una morsa sullo stomaco che la fece fermare << N-non posso... >> sussurrò e Anya ritornò da lei, dopo aver suonato << Non posso >> ripeté Lexa e l'amica le sorrise dolcemente << Certo che puoi, è Clarke, Lexa... >>.
Lexa alzò lo sguardo, non seppe il perché, ma sentiva il bisogno di alzare lo sguardo verso una delle numerose finestre e fu lì che la vide, ma fu giusto il tempo di un secondo, perché poi Clarke scomparve dietro una tenda.
Poco dopo il cellulare di Anya prese a suonare << Vieni ad aprire? >> le chiese scostandosi un attimo, ma il suo volto si accigliò << Clarke non dire cavolate, certo che vuol... >> venne interrotta e Lexa sentì solo il tono della voce dall'altra parte della cornetta.
Sembrava arrabbiata.
Che non volesse vederla?
<< Non la sto forzand.. >>.
Lexa si diede della sciocca.
No, che non voleva vederla, ancora una volta si stava preoccupando per lei.
Sicuramente aveva vissuto e visto la sua incertezza dalla finestra e adesso cercava di aiutarla, ancora una volta, facendo lei la parte della cattiva << Clarke, dio santo >> << Passamela >> la interruppe Lexa tendendo una mano verso di lei e Anya non esitò un attimo, porgendole il telefono << Pronto >> << L-lexa? >> solo sentire la sua voce, riscaldarle l'orecchio sembrò restaurarla un poco.
Ma come era possibile?
Davvero dipendevano così tanto l'una dall'altra?
<< Scendi ad aprire Clarke >> la sua voce uscì sussurrata con un po' di paura, anche se non voleva << Non devi sentirti obbligata Lexa >> << Clarke.. >> << Lexa, dico sul serio. Sono seria >> la sentì fare un lungo respiro, probabilmente adesso aveva gli occhi lucidi e cercava di non darlo a vedere, ma come poteva ignorare ciò che le diceva la mente?
<< Hai avuto una brutta esperienza, hai bisogno di tempo e nessuno deve togliertelo. Nessuno... >> << Scendi ad aprire >> Clarke sospirò palesemente affranta << Non devi dimostrare niente a ness... >> << Ho detto scendi ad aprire! >> esclamò adesso furiosa.
Furiosa perché continuava a tenerla lontana.
Continuava a pensare prima a lei, ignorando quanto in realtà si percepiva il suo dolore dalla voce tremante, quanto Clarke stesse soffrendo per quella distanza forzata.
<< Lexa devi esserne sicura...ti prego io... >> << Clarke sono io ad implorarti adesso! Vieni ad aprire o giuro che mi arrampico! >> sentì Anya ridere e solo adesso capì le sue parole di poco prima.
Aveva ragione.
Anche se adesso erano distanti solo sentire la sua voce la fece sorridere.
Certo, era ancora furiosa con lei, era arrabbiata perché le aveva mentito, ma adesso la voleva lì...
Sentiva il suo cuore pompare nelle sue orecchie, le sue mani tremare come non avevano mai fatto e non capiva se era per paura o per altro.
Quei secondi in cui attese che aprisse le sembravano ore e quando finalmente, la vide, lì in piedi, con lo sguardo basso e i capelli raccolti, rise.
Non seppe il perché ma sorrise e calde lacrime iniziarono a bagnarle il viso << L-lexa? >> la chiamò Anya che era vicino a lei, ancora nel vialetto << Avevi ragione... >> singhiozzò e le sembrò che non fosse mai successo niente.
Fu Clarke a venire da lei, perché Lexa era incapace di muoversi, completamente sovrastata dalle miriadi di emozioni che provava in quel momento.
Paura, amore, agitazione, sofferenza, felicità, soddisfazione e molte altre ancora, ma quando finalmente le fu abbastanza vicino, afferrò il suo volto tra le mani, non stupendo solo se stessa << Ti amo >> le sussurrò prima di baciarla e Roan apparve immediatamente, come se quel gesto lo avesse chiamato e Lexa sussultò senza però scostarsi, anzi sprofondò ancora di più tra quelle labbra, decisa a volerlo dimenticare.
Lo avrebbe sostituito.
Non le importava cosa avrebbe dovuto fare, ma lo avrebbe sostituito e Clarke l'avrebbe aiutata ne era certa.
Si insinuò tra i suoi capelli, liberandoli e facendoli ricadere come un manto e anche Clarke fece lo stesso, facendole tornare in mente ancora una volta Roan, ma c'era una dolcezza nel gesto di lei che lui non avrebbe mai potuto avere.
Si scostò alla fine, con il volto ancora bagnato, si ritrovò a rispecchiarsi in lei, trovando la sicurezza che le avevano strappato via << Avevi ragione Anya >> Clarke si accigliò non capendo e Lexa scosse la testa, non volendo darle ulteriori spiegazioni.
Sprofondò nell'incavo del suo collo, amando come quell'odore di viola che sostituì quello di sigarette e sporcizia.
Amò il modo con cui le sue braccia calde cancellarono quelle possenti e violente << Ti amo >> le sussurrò ad un orecchio << T-ti amo anch'io >> le rispose immediatamente Clarke, scoppiando anche lei a piangere adesso.
Sarebbe guarita, ne era certa.
Con Clarke sarebbe riuscita a superarla.

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NA: Eccoci giunti alla fine...*piange* un altro bambino che prende il volo :) ahahhaha, comunque apparte i miei momenti sclero, che ve ne pare del finale? Io premetto che ho scritto e cancellato decine di alternativa e alla fine ho deciso per questa...quindi non so se piace, ma secondo me è quella più giusta ù_ù Spero davvero di non avervi deluso :)
Ci sentiamo presto per la prossima fanfic nel frattempo vi regalo un piccolo one-shot di un sogno molto hot che ho fatto sulle nostre fantastiche ragazze :) Alla prossima <3

PS: Credo che pubblicherò la nuova fanfic entro la prossima settimana, per chiunque fosse interessato a continuare a seguirmi <3

 

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