WHISPERS

di NeroNoctis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Enjoy the Silence ***
Capitolo 2: *** Mad World ***
Capitolo 3: *** Savin' me ***
Capitolo 4: *** Bad Romance ***
Capitolo 5: *** Mother ***
Capitolo 6: *** Epilogo - James ***



Capitolo 1
*** Enjoy the Silence ***



Come la pazzia, in un certo senso elevato, è l'inizio di ogni sapienza, così la schizofrenia è l'inizio di tutte le arti, di ogni fantasia.
- Herman Hesse


 

Il vociare delle gente in quel mini market era tremendamente assordante, come si poteva fare tanto baccano durante la spesa? Era davvero, davvero fastidioso. Jimmy avrebbe voluto picchiare tutta quella gente fino a zittirla, per godersi un solo attimo di pace. Si chiese perchè la pace ed il silenzio a volte erano così sottovalutate, poi si rese conto di trascorrere giornate ad ascoltare la musica a tutto volume e non era di certo musica classica. I suoi generi preferiti spaziano dal rock al metal, passando da tutti i sottogeneri esistenti e non. La prova ne era anche la sua camera, tapezzata di poster dei suoi gruppi preferiti, mentre custodie di cd decoravano il pavimento o la scrivania. 
Afferrò delle lattine di birra, fissando per un numero imprecisato di secondi la marca di quella bevanda. Una coppia di anziani passò dietro di lui, facendo un commento poco carino sul suo look, etichettandolo come satanista. 

I pregiudizi, che brutta merda. 

Jimmy vestiva con jeans neri bucati in diversi punti, una maglietta grigia e una camicia anch'essa nera. I capelli erano alzati, sparati in diversi punti come se avesse appena preso la scossa, mentre il suo sguardo azzurro era leggermente intimidatorio con tutti. Usava spesso la matita sotto gli occhi, sbavandola a dovere fino a crearsi delle vere e proprie occhiaie, cosa che risaltava ancor maggiormente il colore azzurro dei suoi occhi.

Era abituato agli sguardi della gente, così come ai loro commenti, ma dopo la centesima volta aveva imparato a conviverci. Sapeva di non rientrare nei canoni della civiltà "pulita", ma quello era lui, non poteva cambiare, non doveva, non voleva. Poi, in fondo, chi era che impostava gli schemi della società? Perchè dovevano esser seguiti certi standard per essere ritenuti accettabili? Era una grandissima fregatura, tutto quanto. Il mondo andava avanti pieno di etichette: etero, gay, bisex, nero, punk, emo... chi non trovava posto in tutto questo o era strano, o non esisteva affatto. L'intero pianeta era un'intera etichetta nell'infinita massa universale, quel nome "terra" che tanto vagava nel nulla cosmico, così come la gente: un ammasso di nulla cosmico racchiuso in un sacco di carne, ossa ed organi. 
Jimmy afferrò diverse di quelle lattine e si diresse alla cassa, fissando con sguardo stralunato la gente intorno a lui, che non ricambiava mai lo sguardo. Sembrava quasi avessero paura di lui... forse dovevano davvero averne.

A quel pensiero sorrise.

Gettò i prodotti con noncuranza sul bancone, osservando quanto aveva preso: lattine di birra, burro di noccioline, patatine, diverse crocchette di pollo e del pane in cassetta. Bob, il tizio alla cassa, lo fissò indignato, ma non disse una parola. Probabilmente anche lui riteneva tutto quello che si parava davanti a lui strano e pericoloso.

Beh, uno grasso e con quegli orrendi baffi grigi sul viso non poteva pensare altrimenti, il classico idiota americano che non faceva sport e passava le giornate a criticare, criticare e criticare. Grazie all'avvento dei social network, persone come Bob trovavano il loro spazio nel mondo, circondandosi di persone senza valori che facevano la stessa cosa, giudicare senza conoscere. Il ragazzo pensò che forse, prima di giudicare gli altri, dovevano prima giudicare loro stessi.

«Dieci dollari e novanta.» disse Bob con voce assente, quasi meccanica. Lavorava in quel mini market praticamente da sempre, doveva essere noioso pronunciare il prezzo ad ogni clienti per anni.
Jimmy afferrò dei soldi dalla sua tasca e li poggiò sul bancone, accartocciati. Non era mai stato un maestro dell'ordine, figuriamoci se avesse trattato i soldi con rispetto. Dopotutto se sani, puliti e appena stampati avevano lo stesso valore di una banconota sporca e accartocciata. Quello si che era un efficiente modo di pensare, ma non veniva applicato alle giuste cose, ovvero le persone.

Doveva smetterla di pensare in quel modo, ne aveva abbastanza persino di sè stesso. Ma almeno sentire i propri pensieri sulla testa era migliore di sentire... quell'altro.
«Questi soldi non bastano.» esclamò Bob fissando Jimmy, che rispose con un sorriso beffardo. 
«Stronzate.» rispose, non perdendo quel suo sardonico sorriso. In verità non lo perdeva mai, dato che rideva sempre in quel modo. Aveva smesso di trovare divertenti molte cose, ormai niente lo faceva più ridere di gusto. Forse era quello diventare adulti? Non trovare più nulla di divertente? 

«Devi posare una di queste per poter pagare con... quelli.» disse, indicando una lattina di birra e successivamente quell'ammasso di carta che un tempo potevano essere definiti dollari. Bob intravide un guizzo nell'espressione del ragazzo, ma non seppe identificarla, sapeva solo di dover prestare attenzione. Conosceva Jimmy, conosceva le voci che giravano su di lui: drogato, violento, senza famiglia, pazzo. Soprattutto su quell'ultimo termine le voci erano più frequenti, con diverse persone che avevano giurato di aver visto quel ragazzo in comportamenti molto strani, come parlare ad un muro o ridere istericamente senza motivo alcuno. A queste voci si susseguivano quelle secondo le quali il ragazzo soffrisse di personalità multiple o si fosse semplicemente fritto il cervello con il solito mix di droghe e alcool. Personalmente Bob non voleva immischiarsi in quegli affari, ma doveva ammettere che anche lui pensava che Jimmy doveva finire rinchiuso in una casa di cura.

Il ragazzo afferrò una lattina e la aprì, portandola alle labbra e fissando Bob con uno sguardo divertito. Bevve la birra tutta d'un sorso, facendola colare leggermente sul bancone, sul pavimento e sui vestiti. Una volta finita si passò la mano sulla bocca, accartoccio la lattina e la gettò sul pavimento, non distogliendo lo sguardo dal commerciante, che deglutì ma non fece nulla. Non voleva reagire, non poteva. I clienti fissarono quella scena esterrefatti, mentre alcuni commenti prendevano vita, non ricevendo comunque risposta né da Jimmy né tantomeno da Bob.
«Adesso bastano...» sussurrò l'uomo, prendendo i soldi e consegnado una busta al ragazzo, che uscì oscillando la testa e con il suo solito sorriso stampato in volto.

Una volta arrivato a casa, trovò una ragazza seduta sui gradini. Era Amber, o Jessica... non era mai stato bravo con i nomi, soprattutto con i nomi che non gli importava conoscere. La ragazza era bionda, con una visibile ricrescita castana. Indossava una gonna sportiva rossa e una camicetta bianca. Jimmy alzò un sopracciglio a quell'abbinamento, secondo il suo parere era vestita da schifo, ma non voleva di certo dirglielo, non ancora almeno.

Il suo viso era tremendamente familiare, forse si erano incontrati ad una festa, o avevano semplicemente scopato dietro un cassonetto della spazzatura. Difficile dirlo, tutte le alternative erano valide, ma di certo, qualcuna vestita in quel modo non doveva essere per niente interessante. Valeva comunque la pena tentare.

Quando la ragazza incrociò lo sguardo di Jimmy, scatto in piedi così velocemente che quasi inciampava, facendo sorridere il ragazzo che trovò la cosa divertente e pietosa allo stesso tempo. Nonostante poco prima era convinto che nulla lo divertisse, doveva ammettere che forse si sbagliava, ma dopotutto la sua testa era un enorme casino, figuriamoci se sapesse distinguere cosa lo divertiva e cosa no.
«Jimmy!» esclamò lei.
«Ciao.» rispose lui, con voce quasi priva di interesse. 
«Mi avevi detto di passare adesso per... lo sai, insomma.»
«Sei venuta fin qui per darmela.» affermò lui, squadrando dalla testa fino ai piedi quella ragazza. Se doveva portarla a letto, quantomeno doveva assicurarsi che fosse interessante. Ad occhio aveva una terza di seno, con le curve al punto giusto. Di viso non era proprio il prototipo della ragazza ideale, ma ci si poteva accontentare, dopotutto erano semplicemente dei passatempi, un paio di tette per soddisfare un bisogno umano e passeggero. 

"Che pensiero maschilista." disse tra sé, ma l'aver pensato quella cosa, lo fece sorridere ancora di più.
«Sei davvero stronzo, ma sì. Quella festa è stata davvero epica, soprattutto la parte finale con te. Mi ci voleva proprio un secondo round.»
«Ah-ah.» rispose lui, dirigendosi alla porta e facendo accomodare la ragazza, di cui non ricordava ancora il nome... forse era Jenny? Bah, non importava. L'importante era svuotarsi e cacciarla via, non aveva tempo da perdere con determinati elementi. Una volta arrivati dentro, la ragazza si guardò intorno: la casa era disordinatissima; tavolini pieni di posaceneri pieni e bottiglie vuote, vestiti lanciati ovunque e un divano con un sacchetto di patatine sopra. L'unica cosa che appariva nuova in quella casa era il televisore da cinquanta pollici, per il resto era un casino. Jimmy posò la spesa in cucina, per poi portare quella tizia su in camera. 

Una volta dentro, la ragazza restò a bocca aperta: muri pieni di poster, una bandiera americana con inciso il simbolo di V for Vendetta e una puzza di erba da far girare la testa. Schivò i vestiti e varie ciafrusaglie e si accomodò sul letto, mentre Jimmy si tolse la maglietta e la camicia. Salì su di lei, iniziandola a baciare e toccarla ovunque, fin quando non si ritrovarono nudi uno sul corpo dell'altra. Il rapporto si consumò così, senza passione né coinvolgimento, solo sesso dettato dall'istinto. La ragazza (di nome Ashley, Jimmy lo scoprì soltanto curiosando sul suo cellulare) si era addormentata sul letto del ragazzo, era stanca e aveva fumato una canna che la fece eccessivamente rilassare, mentre lui stava finendo la sua dose di erba, fissando con aria assente il muro.

Non era stato per niente male quel rapporto, ma non ne aveva neanche voglia. Fu comunque meglio di fare da solo a sera tardi, non che ne avesse bisogno, se avesse voluto avrebbe comunque trovato qualcuno su cui venire. Pensò che comunque quello era uno dei vantaggi del vivere da solo, poteva portare a casa chiunque senza rotture di palle. Ricordò che quando viveva ancora con sua madre, le liti erano all'ordine del giorno. Parlava lei poi, che da quando si era fidanzata con quel coglione là non era poi tanto diversa da lui. Che madre patetica.
Decise di rivestirsi, infilando boxer e jeans, ma quando uscì dalla camera, sentì quella voce nella sua testa. Quel sussurro odioso che lo accompagnava sin da quando era piccolo, quella voce così assordante che riusciva a sentire solo lui.

«Che aspetti? Uccidila.»
«Prendi quel coltello in cucina, tagliale la gola.»
«UCCIDILA!»


Jimmy si portò le mani in testa, chiudendo gli occhi per cacciare vie quella voce, ma era inutile, tutto inutile. Non andava via, non andava mai via. Diede una testata al muro, ma la voce continuava a crescere, fino a divenire un vero e proprio urlo omicida.
Senza sapere perchè e senza rendersi conto di averlo fatto, Jimmy si ritrovò in piedi di fronte Ashley, ancora addormentata. In mano stringeva un coltello e la voce nella sua testa continuava a dargli ordini. 
Jimmy si avvicinò alla ragazza, mentre un diabolico sorriso si stampava sul suo volto.


 
 
Note dell'autore:
 


Come penso si sia notato sin dalle prime righe, questa è un'opera completamente differente dalle mie precedenti. 
Affronterò tematiche delicate, parlando di cose che forse possono dar fastidio ad alcuni, scene abbastanza crude, con piu' o meno dettagli.
E' la prima volta che parlo di qualcosa del genere, la prima volta che creo un protagonista che non sia un eroe, anzi, è totalmente l'opposto. Voglio spingere il lettore a provare sentimenti contrastanti per Jimmy e probabilmente ci sarà chi lo odierà a morte e chi lo amerà. Voglio proprio far questo, vedere come vi approcciate  a lui.
Il suo background è già definito e ci saranno molti momenti che parleranno del suo passato.
Spero solo di non aver creato una storia schifosa! 
Lasciate una recensione qui sotto se volete, grazie a chi mi leggerà e crederà in questo progetto totalmente nuovo per me! Accetto soprattutto le critiche  ♥
Marco / NeroNoctis

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Capitolo 2
*** Mad World ***



Chiedetevi se siete felici e cesserete di esserlo.
-John Stuart Mill


 

Jimmy era seduto sul pavimento, spalle al muro e sguardo perso nel vuoto. Aveva passato la notte in quel modo, non chiudendo tuttavia occhio. Aveva un gran male alla testa, dovuto ai troppi pensieri e al susseguirsi di quella fastidiosa voce, scomparsa dopo qualche tempo fortunatamente. 

Il gocciolare del sangue sul pavimento lo teneva concentrato, mentre, abbassando lo sguardo, vide la sua mano sinistra ricoperta di quel liquido rosso che precedentemente sgorgava dentro di lui, mentre la mano destra reggeva il coltello che aveva recuperato tempo prima.

Aveva stretto la lama di quell'utensile fino a tagliarsi, ma quel dolore non gli dava fastidio, era quasi lenitivo per lui. Tutto era migliore di sentire quella voce dentro la sua testa, quella voce che lo faceva diventare matto. L'unica cosa fastidiosa di quei diversi tagli sul palmo della mano era quel maledetto pulsare, se solo avesse potuto si sarebbe reciso di netto il polso. 

Ripensò quando sua madre da piccolo gli ripeteva di non correre con le forbici in mano, ma cosa voleva saperne quella sottospecie di genitore? Il dolore fisico era una via di fuga, un'arte dove ricercare la felicità.

Non che esistesse, la felicità. Secondo Jimmy era qualcosa di così effimero da essere inesistente. Si poteva essere contenti, ma mai felici. La felicità... una meta da inseguire ma mai raggiungere. L'uomo è solito prefissarsi determinati obiettivi, ma quando li raggiunge ecco che ne spunta un'altro subito dopo. Nessuna felicità, nessun modo di godersi il poco che si ha.

O forse era godersi la propria vita senza troppe pretese essere felici? Jimmy non sapeva dirlo con certezza, dato che i pochi momenti in cui provava quella strana sensazione svanivano subito dopo. Era contento o felice? Chissà. Almeno passare il tempo ad assumere droghe lo distraeva da quei pensieri, così come il dolore fisico, che lo distraeva da quella maledetta voce nella sua testa, voce che l'accompagnava sin da quando era un bambino.

Inizialmente la gente pensava che fosse solo un amico immaginario, poi col tempo le voci cambiarono, etichettandolo come pazzo. Ma cosa potevano saperne loro? Era il mondo ad esser pazzo, non Jimmy. Un mondo che parla senza sapere, un mondo che è frutto del consumismo e si divide in bianco e nero, un mondo che vive secondo determinate regole ed ha paura di dire la propria opinione, quella era pazzia. 

Forse erano loro a meritare quella voce incessante.

Jimmy scattò in piedi, afferrando il cellulare dal comodino, non prima di aver lanciato uno sguardo inespressivo alla ragazza priva di vita nel suo letto. Non ricordava di averla uccisa, ma l'essersi ritrovato sporco di sangue e con un coltello in mano non poteva che essere una prova, ma ormai era accaduto e non si poteva risolvere.

La disgraziata aveva la gola tagliata, così come i polsi e parte delle braccia. Era piena di sangue, mentre il suo viso era deforme in una smofia, mentre il letto era completamente rosso. Doveva trovare un modo di pulire quelle lenzuola e liberarsi di quel cadavere senza dare troppo nell'occhio, ma adesso non ne aveva voglia.

Controllò l'ora nel cellulare, che segnava le 12:41 del 29 luglio. Il giorno del suo compleanno era praticamente iniziato con una Red Velvet sul letto... andata a male per altro. Beh, poco importava per il momento, aveva dopotutto una festa a cui partecipare.

Andò a farsi una doccia per pulirsi dal sangue e dall'odore acido del sudore. L'acqua scivolò lungo tutto il suo corpo, lavando via anche l'enorme quantità di matita che aveva sugli occhi. Non sapeva bene perchè ne usava così tanta, forse non sapeva neanche il motivo per cui la usava, ma si piaceva in quel modo. La prima volta che provò quello stile fu a casa della madre, che non approvò per nulla, come sempre.

Quella donna era una completa rottura, aveva sempre da dire e, quando teneva la bocca chiusa probabilmente stava prendendo in bocca altro, qualcosa di qualche sconosciuto o di Brad, quel suo fidanzato che rappresentava in pieno l'idiota americano. Il classico che fa parlare prima le mani e poi la bocca, ma a lei piaceva così... ed era Jimmy ad essere etichettato come pazzo. 

Tornò in camera, completamente nudo e osservandosi allo specchio, mentre dietro di lui il cadavere faceva capolino sul letto, rendendo tutto estremamente inquietante e con un tocco di umorismo. Pensò che un necrofilo avrebbe pagato per essere in quella situazione, ma fortunatamente non aveva molta passione per i cadaveri, eccetto per quelli animali con cui si potevano fare alcuni piatti davvero niente male.

Mentre continuava a gocciolare, si avvicinò all'armadio, osservando la miriade di abiti monocromatici che vi teneva dentro: tutto nero. Aveva qualcosina di diverso colore, ma erano così pochi da non vedersi neanche. Afferrò un paio di jeans neri (stavolta senza buchi) e una maglia grigio topo con qualche teschio sopra. La passione per i teschi gli era nata di recente, almeno un paio di anni, accorgendosi di trovarsi tremendamente a suo agio con quello stile, quindi perchè non riempirsi il guardarobe di teschi, scheletri e colori scuri? Un mix perfetto.

Indossò quei vestiti, cercando successivamente le sue scarpe: un modello di Converse nere con la A di Anarchia stampata in rosso fuoco, mentre la scritta I don't care decorava il tutto, scritta che rappresentava anche la sua filosofia di vita, dopotutto.
Una volta allacciate anche quelle, si premurò a fasciarsi la mano per poi lasciare l'abitazione, lasciando il cadavere di Ashley sul letto, noncurante di tutto.


Passarono diverse ore e finalmente arrivò a casa di Martin, uno dei tanti membri del gruppo, dove usavano riunirsi sotto un ponte abbandonato e fare praticamente ogni cosa in quel luogo. Una volta entrato in casa di quello che poteva essere un amico, si guardò intorno, mentre la musica assordante riempiva le sue orecchie e il suo cervello, mentre l'odore di erba inebriava i suoi sensi. 

Tutti quei ragazzi formavano un ammasso informe di braccia e gambe che si muovevano a ritmo di musica, mentre altri erano appartati in angolini a fumare o farsi di qualunque altra sostanza esistente. Incrociò lo sguardo di diverse persone che lo salutarono alzando una bottiglia di birra e gli urlavano frasi sconnesse e di auguri, mentre lui si avvicinava al tavolo e prendeva qualcosa da bere, sorridendo a tutto quelle che gli si parasse davanti. Afferrò una bottiglia di birra e la mandò giù, dimenticandosi di qualunque cosa.

Si avvicinò ad un gruppo di ragazzi che ridevano e parlavano di qualcosa osservando un cellulare, così da capire il motivo dietro quelle risate. Una volta visto quel cellulare, capì subito: era un video porno.
«Guarda qua Jimmy. La troia sa darsi da fare.»
«Chi è?» chiese lui, sorridendo e sorseggiando ancora la sua birra.
«Una della zona» rispose un altro, che aveva praticamente la stessa faccia del tipo del video, cosa che bastò a Jimmy per fare due più due «una così ingenua da non aver capito che volevo solo una sana scopata. Le ho dato qualcosina per renderla docile et voilà, video per tutti. Non gratis ovviamente, sono cinque dollari.»

Molti di quei ragazzi misero mano al portafoglio, aprendo un vero e proprio commercio di video a luci rosse. Durante quello scambio di video e denaro, Jimmy sentì un tocco sul collo, cosa che lo fece girare. Davanti a lui una ragazza con capelli a caschetto lo guardava con un sorriso malizioso. Se c'era qualcosa che Jimmy amava più della birra alle feste, erano le ragazze così estroverse, quelle ragazze che ti suggerivano tutto solo guardandoti dritto negli occhi. Jimmy la tirò a sé, baciandola con passione, mentre da lontano gli occhi di un'altra ragazza lo guardavano con uno sguardo così pieno di odio che avrebbe intimorito chiunque. Forse era il caldo, forse la birra o ancora la visione di quella ragazza darsi da fare in quel video, ma sentiva proprio il bisogno di mettere le mani su una ragazza.

Tra un bacio e l'altro, Jimmy notò quella ragazza che lo scrutava da lontano, così lasciò la sua partner e si avvicinò a lei, con uno strano sorriso sul volto.
«Piaciuto lo spettacolo? Pensare che non hai neanche pagato il biglietto» disse Jimmy, avvicinandosi così tanto a quella ragazza da poter sentire il suo respiro sulla propria pelle, cosa che non capiva bene se lo infastidiva o meno. 

Lei indossava una maglia bianca e un paio di pantaloni neri, molto semplice per quel tipo di persone, anche se in verità, aveva il suo stile simile a quello di Jimmy. I suoi capelli erano biondi con diverse ciocche rosse, mentre i suoi occhi erano grandi e marroni. Era una bella ragazza, capace di attirare diversi sguardi, ma le sue maniere e il suo essere così ribelle allontanavano la stragrande maggioranza di loro, mentre i più audaci provavano, ricevendo diversi schiaffi, offese o risposte sarcastiche nel peggiore dei casi.

«Ma per favore, non ti stavo neanche guardando» rispose lei, tentando di distogliere lo sguardo dal ragazzo, senza riuscirci.
«Ti ho vista insieme a lui. Non mentirmi, so tutto»
«Abbiamo scopato, piaciuto lo spettacolo?»
Jimmy accennò un sorriso, visibilmente infastidito da quella frase, ma riuscì comunque a ritornare alla sua solita espressione neutrale e beffarda.
«Ripetimi ancora cos'ero per te, avanti. Ho voglia di ridere.»
«Solo un amico, qualcuno che ho amato. Una pagina da strappare.»
Jimmy rise ancora, baciò la ragazza e portò le sua labbra vicino all'orecchio di lei.
«Io non ti ho mai amata.»
Si allontanò da lei, guardandola con un misto di rabbia e qualcos'altro di indecifrabile, successivamente afferrò una scatola chiusa dal tavolo e uscì da quell'abitazione, dirigendosi altrove.


Arrivò nel luogo in cui lui e tutti gli altri si riunivano, quel ponte abbandonato che faceva da rifugio per le loro storie, problemi e discussioni da adolescenti, non che a ventidue anni potesse definirsi più adolescente ormai, ma preferiva non pensarci troppo, la vita era una sola e doveva essere vissuta a pieno.
Si sedette, osservando il tramonto in lontananza e aprendo quel pacco che aveva recuperato dalla festa, notando che era una mini torta con su scritto "auguri".

Sorrise, per poi mangiarla in completa solitudine, tentando di non pensare alla discussione avuta con la sua ex. Pensava che l'amore fosse qualcosa di bello, che faceva bene e mandava via tutti i problemi, che rendeva felici. Ma così come la felicità, neanche l'amore esisteva, entrambe le cose erano effimere ed evanescenti.

Tra un boccone e l'altro iniziò a canticchiare qualcosa, mentre il suo volto era illuminato dalla luce arancione del tramonto, conferendo a quel luogo pieno di rifiuti, graffiti, bottiglie vuote e residui di droghe o altro un aspetto quasi poetico. Quasi.

«Nobody likes you, everyone left you, they're all out without you. Havin'fun.»

Continuò a canticchiare quella strofa fino all'esaurimento, mentre il tramonto lasciava spazio alla luna e la voce nella sua testa prendeva il posto dei suoi pensieri.

«Auguri, Jimmy» sussurrò in modo stridulo quella voce e, successivamente, Jimmy perse conoscenza.
Una volta riaperti gli occhi si ritrovò di fronte una casa che non conosceva, mentre in mano stringeva una pistola. Non fece in tempo a chiedersi perché fosse lì che la voce gli diede tutte le risposte.

«Quella è la casa di un rinomato dottore. Entra, uccidilo ed esci come se nulla fosse. E dopo di lui, dovranno morire altri tre dottori, così da poter attuare la nostra vendetta. E dopo averlo fatto... i gemelli del Dottor Scott saranno le nostre ultime vittime. E' il volere del mondo, il volere di questo folle, folle mondo.»

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Capitolo 3
*** Savin' me ***


Non ci si toglie la vita per vendicarsi di qualcuno; no, ci si toglie la vita perché non c'è più la forza di vivere...
-
Sof'ja Tolstaja

 

 
Jimmy era ormai di fronte la porta dell'abitazione del Dottor Jensen. Non sapeva cosa l'avesse portato lì, né il perché, ma la stramaledetta voce nella sua testa ormai guidava tutte le sue azioni senza un filo logico, solo per il piacere di uccidere. Almeno questo era quello che pensava. Nell'ultimo periodo le interazioni di quella voce erano state molto più frequenti, come dimostrato dall'omicidio di quella povera ragazza... di cui Jimmy aveva nuovamente dimenticato il nome. Era Rachel, forse?
Non importava ormai, tanto era solo una carcassa priva di vita. Una carcassa che giaceva ancora sul suo letto, quella era una cosa abbastanza fastidiosa, l'odore di sangue e morte doveva essere davvero forte al suo rientro e poi non sapeva bene neanche che detersivo usare per lavare via le macchie di sangue. Poteva portare le coperte in lavanderia, ma forse non era una buona idea, neanche mentire dicendo che una ragazza aveva avuto un abbondante ciclo. Okay, idea scartata. Forse doveva semplicemente buttare tutto, compreso il cadavere.
«I tuoi pensieri sono quasi poetici» esclamò la voce nella testa del ragazzo, in un tono così mellifluo che a Jimmy diede quasi la nausea. Non era la prima volte che lui e quella voce parlavano in modi "normali", la cosa era anche accettabile dopotutto quando non riceveva ordini o non sentiva soltanto urla strazianti e messaggi di morte. Un po' come quando da bambino i due parlavano di cose semplicissime, con la madre di Jimmy che pensava si trattasse solo di un amico immaginario, almeno fin quando le cose non degenerarono.
Jimmy soffriva di scatti d'ira, allucinazioni, diverse crisi e propensione all'autolesionismo. I migliori psicologi e psichiatri non riuscirono a capire cosa vivesse quel povero bambino, tanto da gettare la spugna dopo diverso tempo. Tutto questo andò avanti fin quando l'odio smisurato di Jimmy non colpì anche la madre, mandando a quel paese ogni tipo di rapporto e comunicazione, fino all'abbandono di casa da parte del ragazzo. Per un centesimo di secondo provò quasi nostalgia per la madre che caratterizzò la sua infanzia, la madre che faceva finta di preoccuparsi per lui e che tentava di aiutarlo in tutti i modi, ma quella nostalgia durò così poco che forse se l'era solo immaginata.
Sua madre era una stronza, pensava solo a sé stessa e a quel coglione di Brad, cosa ci trovava poi in quel sadico là? Forse era vero che alle donne piaceva il cattivo ragazzo, ma in quel caso era un'esagerazione. Brad non era il classico cattivo ragazzo, era un malato, deviato, violento e alcolizzato. Aveva quasi fatto a botte diverse volte con Jimmy, ma il ragazzo era abbastanza preparato, dopotutto era il periodo in cui camminava con un coltello in casa, giusto per sicurezza. Le visite di Brad erano sporadiche, ma ogni qualvolta varcava la porta di casa, l'atmosfera cambiava. Le urla riempivano ogni angolo dell'abitazione e il più delle volte qualcuno lasciava quel luogo immergendo il resto di insulti. Il più delle volte era Jimmy a farlo.
«Sei solo una voce nella mia testa. Sei solo un allucinazione» rispose Jimmy, continuando a fissare la porta di casa del Dottor Jensen.
«Adesso vuoi infilarti la pistola in bocca, premere il grilletto e sperare che io muoia? Smettila di citare Fight Club, Jimmy. Io non sono Tyler Durden, non sono stato creato da te... io sono stato creato con te»
«Cosa significa?» chiese il ragazzo, notando l'enfasi con cui quella voce pronunciò la parola "con". Non riusciva davvero a capire, non che avesse capito più di tanto quella cosa che albergava in tutti i meandri della sua mente.
«Un giorno ti sarà tutto chiaro. Adesso apri questa porta»
«E' chiusa. Cosa dovrei fare? Sparare nella serratura e sfondare tutto con un calcio? Non che l'idea non mi dispiaccia»
«Controlla la tasca, tu hai la chiave di questa casa»
Jimmy alzò un sopracciglio. Non poteva essere vero, lui non aveva mai visto quella casa, non sapeva chi fosse questo dottore e non capiva perché mai dovesse avere una chiave di un posto che non aveva mai visto. Ma tentare non avrebbe ucciso nessuno, non ancora almeno. Infilò la pistola sulla parte posteriore dei jeans e infilò la mano in tasca. Solo il cellulare. Provò nella tasca sinistra... tirando fuori delle chiavi che non aveva mai visto. Era certo che, se quella voce potesse avere un'espressione, sarebbe stata la cosa più fastidiosa e saccente del mondo.
Jimmy infilò la chiave nella serratura e... la porta si aprì.
Entrò in casa, tentando di non inciampare da qualche parte. Stava per accendere la luce ma si accorse subito che non era la migliore delle idee, dopotutto era là per uccidere quell'uomo, non poteva farsi beccare subito. Era tardi, quindi a rigor di logica doveva trovarsi in camera da letto a dormire. Il silenzio di quell'abitazione rilassava tanto Jimmy, era qualcosa di surreale, quasi mistico. Iniziò a camminare lentamente, dirigendosi verso sinistra e arrivando in quella che sembrava la cucina: riusciva a distinguere il tavolo con quattro sedie e il piano bar, per il resto l'oscurità più totale. Si chiese perhè la realtà non potesse avere quell'effetto bluastro tipico dei film, sarebbe stato tutto più semplice.
Tornò indietro, superando la porta d'entrata e trovando le scale che portavano al piano di sopra. Le percorse lentamente, tenendo la pistola salda in pugno. Era cosciente, poteva sempre scappare, ma non lo faceva, senza sapere il perchè. Forse voleva provare ancora il brivido di sporcarsi le mani di sangue.
Arrivò in camera da letto, puntando la pistola contro... nessuno. La stanza era completamente vuota mentre la voce nella sua testa imprecava. Il ragazzo accese la luce, guardandosi intorno. Foto, mobili, armadio, letto perfettamente ordinato, chiaramente nessuno aveva dormito in casa quella notte.
«Tenteremo un'altra volta» sibilò quella voce, mentre Jimmy si avvicinava al mobile pieno di foto. Vide un uomo sulla mezza età, barba e capelli castani, occhiali e un certo fascino, doveva ammetterlo. Accanto a lui una donna dai lunghi capelli biondi, chiaramente la moglie ed infine... lei. La ragazza che era morta per mano sua, nel suo appartamento. Quella era la figlia del Dottor Jensen, ecco perchè Jimmy possedeva la chiave. Ma perchè prendere di mira quella figlia? Perchè era quello il "volere del mondo"?
Domande a cui non ricevette mai risposta, dato che la voce nella sua testa era scomparsa, lasciando il ragazzo da solo, pistola in mano in una casa sconosciuta e una miriade di domande. Osservò l'arma, chiedendosi se stava davvero per uccidere quell'uomo. Un attimo prima era cosciente e avrebbe voluto farlo, adesso... no.
Poggiò la testa al muro, iniziando a dare leggeri colpi che divenirono via via più forti, tanto da lasciargli un livido sulla fronte.
«LASCIAMI IN PACE!» urlò, ma l'unica risposta a quell'urlo fu il silenzio.


 
Jimmy aveva ormai lasciato l'abitazione, nascondendo la pistola nei jeans e camminando senza meta per la notte. Forse una meta l'aveva in realtà, dirigendosi verso il ponte che attraversava il fiume Merrimack. Voleva soltanto osservare il vuoto più scuro e totale, voleva restare da solo. Molte persone quando dicono di voler far ciò, vogliono stare ad ascoltare i propri pensieri e riflettere sulla vita ma Jimmy no, Jimmy voleva stare da solo, senza i suoi pensieri e senza quella voce.
Arrivò finalmente in quel luogo, notando subito qualcosa di strano: una ragazza stava sul bordo del ponte, osservando la scura acqua sotto di lei. Voleva saltare, era evidente. Cosa doveva fare? Fermarla o godersi lo spettacolo? Dopotutto non capita ogni giorno di osservare un suicidio... ma mentre faceva quei pensieri, era già dietro la ragazza porgendole la mano.
«Non fare cazzate» esordì Jimmy, facendo voltare la ragazza. Quando la vide, Jimmy era sicuro di averla già vista altrove ma... dove?
«Falla buttare di sotto» rispose la voce nella sua testa, che Jimmy tentò di ignorare.
«Perchè? Se mi butto di sotto è meglio» rispose lei, tra un singhiozzo e l'altro. Aveva la matita sugli occhi sbavata, il castano delle sue pupille era spento, quasi stanco di stare ancora a guardare il mondo intorno a lei. Jimmy conosceva bene quello sguardo, era lo sguardo di qualcuno che veniva giudicato, deriso. E capì anche il perchè, osservando quel corpo, quei capelli castani e quella bocca così delicata: era la ragazza del video porno che girava su whatsapp, la ragazza di quel video che lui stesso aveva visto alla festa.
«Il suicidio è solo la via più semplice. Il mondo fa schifo, ma col suicidio giochi solo alle sue regole» rispose Jimmy, avvicinandosi ancor di più a quella ragazza.
«Cosa vuoi saperne tu? Nessuno quando ti guarda fa commenti o ti dice cose che non vuoi sentire»
«Hai ragione. Mi hanno solo etichettato come pazzo, schizofrenico, deviato, malato, violento, drogato, alcolizzato. La gente non fa commenti su di me. Per niente»
«Tu non sei vittima di un video virale... tu non...»
«Capisci? Capisco eccome. Sono uno stronzo patentato, ma capisco abbastanza bene le persone, anche se non sempre, o non sembra. Vieni con me, non buttarti. Non lasciar vincere le persone che vogliono questo. Potremmo sempre prenderci la nostra rivincita, non trovi?»
La ragazza si voltò nuovamente verso il vuoto sotto i suoi piedi, ma doveva ammettere che la paura di quel salto era reale. Era davvero questo quello che voleva? Voleva porre fine alla sua vita? Si... non riusciva a sopportare tutte le pagine con il suo nome sopra, i video e i commenti pieno di odio e risate varie. Sentirsi chiamare troia, ricevere messaggi con chiari intenti sessuali... era troppo. Doveva buttarsi, doveva farlo.
Però... se quel ragazzo fosse la sua via di fuga? Un segno del destino? Forse doveva accettare la sua proposta e prendere la sua mano. Forse poteva davvero prendersi la rua rivincita. Aveva ragione quando diceva che lo etichettavano in quel modo, anche lei aveva sentito voci su quel pazzo Jimmy... forse quel pazzo Jimmy era la sua ancora per non affondare? Aveva un solo modo per scoprirlo, così si volto e afferrò la sua mano, scavalcando la balaustra e abbracciandolo, in lacrime.
Il ragazzo non sapeva bene cosa fare. Era la prima volta che qualcuno piangesse tra le sue braccia, forse era la prima volta che qualcuno mostrasse quel lato umano, tra le sue braccia. Osservò il suo collo, mentre la voce nella sua testa continuava a ripetergli di stringerlo fin quando la vita non fluisse via. No, non doveva ascoltare quella voce, non stavolta.
«Come ti chiami?» chiese lui.
«Lydia» rispose lei, asciugandosi le lacrime.
«Jimmy»
«Si...» sorrise «lo so. Ti conoscono tutti qua. Anche io ho sentito quelle voci sul tuo conto. Ribelle, stronzo, drogato, pazzo. E io... timida, riservata, una ragazza che ama la lettura e le cose semplici. Che accoppiata strana»
Una vera e propria coppia di opposti, erano questo loro due. Il colore nero da un lato, il bianco dall'altro. Luce ed ombra... gli estremi opposti uniti su un ponte che stava per assistere al dualismo della vita e la morte.
La domanda però era una sola: chi avrebbe cambiato chi?
 

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Capitolo 4
*** Bad Romance ***


Per me è sempre stato un mistero perché gli uomini si sentano onorati quando impongono delle umiliazioni a propri simili.
- Mahatma Gandhi


Le cose quella sera stavano prendendo una piega decisamente strana: prima il tentato omicidio del dottor Jensen che, ovviamente non per caso, si era rivelato il padre di quella ragazza di cui Jimmy ignorava sempre il nome, quella che giaceva ancora immersa nel suo stesso sangue, nella camera del ragazzo, circondata da tutto quello che poteva descrivere l'animo di Jimmy. 
Chissà, forse anche l'essere un assassino -consapevolmente o meno- era un suo lato.

Successivamente l'incontro sul ponte con Lydia, incontro tra un omicida e una quasi suicida. Forse il destino stava semplicemente prendendosi beffe del ragazzo, dopotutto non era la prima volta che lo faceva, insomma, chi nasce con una voce nella testa che ti parla, parla e parla fino a farti impazzire? Una voce, un sussurro così assordante che ti spinge a far cose... il più delle volte orribili. 

Forse quella voce nella testa era semplicemente frutto della sua immaginazione, del suo subconscio? Era lui a volere quelle cose? No, impossibile, dopotutto non sapeva neanche l'esistenza di quei dottori che secondo "il volere del mondo" dovevano morire, per quale motivo poi? O forse quella voce era solo un'entità malvagia che lo spingeva a fare cose deplorevoli? No, troppa fantascienza Jimmy.
Disturbo di personalità multipla? Dopotutto i sintomi erano molto simili... se non uguali. No, non poteva essere malato, doveva essere qualcos'altro.

Immerso in tutti quei pensieri, fortunatamente pensieri che aveva da solo, senza sentire quell'altra voce, Jimmy non si accorse nemmeno che Lydia lo stava fissando. Si trovavano in camera di lei, qualcosa di così luminoso e candido che il ragazzo non pensava neanche potesse esistere: muri completamente bianchi con qualche disegno stilizzato di alberi, mensole con qualche piantina bonsai, una libreria colma di libri e un tappeto giallo a decorare il tutto. Il letto era immacolato, con una coperta bianca sopra e due cuscini dello stesso colore mentre sulla sinistra, esattamente tra il letto e la porta d'ingresso, faceva capolino una scrivania di legno... qualche tipo di legno, con sopra un portatile, una lampada e qualche cianfrusaglia qua e là. Jimmy rise al pensiero che nelle camere delle ragazze in cui era entrato, nella scrivania erano presenti anche fazzolettini e oggetti dalla forma "particolare" con cui passere serate di solitudine e piacere.

«Cos'è questa faccia? Non sei mai stato nella camera di una ragazza?» chiese Lydia, accennando un sorriso ma finendo col fare una faccia buffa e impacciata. Se doveva essere sincera lei non era molto abituata ad avere ragazzi in camera e quando succedeva, beh, finiva tutto in rete.
«Non nella camera di qualcuno come te» rispose Jimmy, avvicinandosi alla libreria e osservando con uno sguardo indagatore quei misteriosi libri di fronte a lui. Alcuni autori li conosceva per colpa delle frasi poetiche nelle immagini del profilo di svariate ragazze su Facebook, mentre altri gli erano totalmente ignoti. Osservò diversi titoli, tra cui: Racconto di due città, Orgoglio e Pregiudizio, Cime Tempestose e Jane Eyre.

«Cos'ha che non va la mia camera?» 
«Beh, questo per iniziare» Jimmy afferrò una copia di Piccole Donne, mostrandola alla ragazza che scoppiò a ridere.
«Mi stai dicendo che non conosci Piccole Donne?» chiese la ragazza avvicinandosi a Jimmy con le mani dietro la schiena, quasi saltellando tra un passo e l'altro.
«Non conosco nulla di quello che tieni in questa libreria» rispose lui, posando con aria disgustata quel romanzo, che sapeva di vecchio, antico. Si chiese se fosse finito per sbaglio in un museo letterario invece che in una camera di una ragazza.

«Poi quant'è stupido il titolo Piccole Donne?» aggiunse, con aria seria. Non che avesse altre arie, in quella stanza. O forse nella vita in generale.
«Ma è una bellissima storia! Queste quattro povere sorelle, che attraversano le difficoltà della vita... mi stai ascoltando?»
Jimmy era intento a fissare l'albero disegnato sul muro, per poi fare un cenno positivo con la testa. «Andiamo, citami un titolo migliore di Piccole Donne»
«Wake me up when September ends» rispose, deciso.
«La canzone dei Green Day?»
«Allora non sei così noiosa come pensavo»
«Tutti hanno il loro lato nascosto!» rispose lei, con un sorriso, mentre il suono di una notifica dal computer la spinse in quella direzione in modo molto meccanico. Una volta sedutasi alla scrivania, rimase in silenzio per un periodo di tempo indefinito, cosa che spinse Jimmy ad avvicinarsi a lei e assicurarsi che era tutto a posto, ma evidentemente non era così.

Sullo schermo del computer vi era un post in bella vista, uno screen del video incriminato con un tag che recitava "Lydia la puttana incontra Frank l'impalatore"
Il ragazzo notò il viso di Lydia rigarsi di silenziose lacrime, mentre lo sguardo di lei era perso in quei pixel, come se stesse annegando in un abisso oscuro senza via d'uscita. Jimmy non seppe bene perché, ma afferrò il cellullare ed inviò un messaggio a Frank, per poi uscire dalla stanza e dalla casa di Lydia, senza dire una parola.



Passarono diverse ore e il sole stava ormai sorgendo. Il ponte, luogo d'incontro del gruppo di Jimmy, era ancora vuoto, con un atmosfera che avrebbe fatto invidia a qualsiasi posto. Era davvero bello, secondo i canoni del ragazzo. 
Jimmy aveva sistemato un paio di attrezzature vicino ad un barile adibito a falò, per poi sedersi ad aspettare. Aveva acceso una sigaretta, aspirando ed assaporando il gusto di quel fumo che arrivava fin dentro ai polmoni, mentre i raggi del sole gli illuminavano il viso pallido e contornato dalla matita. 
Non sapeva perché si sentiva in quel modo, ma vedere Lydia piangere in silenzio per qualcosa che aveva fatto nella sua intimità, convinta che quel Frank fosse un bravo ragazzo per poi finire drogata e filmata, l'aveva fatto sentire strano. 

La cosa peggiore era che anche lui aveva visto e aveva riso per quel video, quindi cos'erano? Sensi di colpa? 
L'ultima persona per cui si era davvero preoccupato era la sua ex e dopo diverse delusioni e un cuore spezzato, aveva giurato su tutto quello che di più caro che non si sarebbe mai più preoccupato di nessuna persona, soprattutto se quella persona fosse stata di sesso femminile. Ma la vita, evidentemente, aveva in serbo delle sorprese.

Mentre buttava sul freddo terreno la cenere della sigaretta, sentì dei passi alle sue spalle, cosa che lo fece voltare. Riconobbe Frank, il ragazzo che aveva drogato Lydia, il ragazzo che aveva venduto quel video porno a cinque dollari e quel ragazzo che aveva iniziato quella campagna umiliante e denigratoria nei confronti della povera malcapitata, spingendola al suicidio, gesto fortunatamente evitato.
Frank indossava una bandana bianca con disegni neri, una maglietta larga verde e un paio di jeans bianchi. Aveva gli occhi divertiti e Jimmy si chiese come mai Lydia si fosse interessata a lui, ma adesso non era il momento per speculare.

«Ehy Jimmy» esclamò lui, non ricevendo nessuna risposta. Il ragazzo si alzò, tenendo la sigaretta tra le labbra e tirò un pugno in pieno viso a Frank, che cadde a terra di spalle e imprecando diverse cose. Jimmy si scaraventò su di lui, colpendolo ripetutamente per poi spegnergli la sigaretta sulla guancia, cosa che fece urlare ancor di più il ragazzo. 

Jimmy recuperò poi delle corde, legando mani e piedi di Frank in modo che non si potesse muovere, in nodi così poderosi e stretti che al minimo movimento il ragazzo sarebbe finito per sanguinare, mentre con del nastro isolante aveva chiuso la bocca della vittima. Posizionò poi un cellulare su un treppiedi, quello che si usava in genere per le videocamere, e premette il tasto della diretta Facebook. La cosa particolare era che il profilo su cui era impostato quel cellulare era quello di Frank, così la diretta era trasmessa da lui in persona.

Jimmy indossò anche una maglietta intorno al viso, così da apparire completamente irriconoscibile, per poi recuperare un coltello a serramanico e avvicinarlo al volto di Frank, che si dimenava come non mai, mentre tutti stavano visionando quella scena. Jimmy iniziò a tagliare via i vestiti del tipo, lasciandolo completamente nudo e con le parti intime a favore di camera. Fece qualche passo, poi sferrò un calcio proprio sui genitali del ragazzo, che riuscì ad urlare talmente forte da superare persino l'ostacolo del nastro isolante sulla bocca. Era un miracolo che fosse ancora cosciente.

«Adesso tagliamo via questo uccellino» sussurrò Jimmy all'orecchio di Frank, che iniziò a dimenarsi più di prima. Jimmy si avvicinò verso una borsa frigorifera, recuperando del ghiaccio e posizionandolo per qualche minuto tra le gambe di Frank, per poi armeggiare con il coltello proprio in quel posto. Passarono diversi minuti, poi Jimmy si allontanò, ma il coltello era pulito e le parti intime di Frank erano al proprio posto, ma questo non bastò per evitare alla vittima di farsela letteralmente addosso, in diretta.

Jimmy ne approfittò per recuperare un panno, immergerlo in quel liquido dorato e gettarlo sulla faccia di Frank, che iniziò a singhiozzare. Successivamente si avvicinò alla telecamera, dicendo con voce camuffata «Fate sparire quel video, o verrò a prendervi. Ognuno di voi. So chi siete, chi frequentate. Io so tutto» 
Jimmy sparì dalla visuale, lasciando la diretta fissa sul corpo martoriato ed umiliato di Frank.



Il ragazzo battè diverse volte le palpebre, sentendo sotto le sue dita il freddo tocco dei tasti di un pianoforte. Si guardò intorno, notando Lydia che lo osservava con aria interrogativa. «Non sapevo sapessi suonare il piano» esclamò lei, continuando a guardarlo confusa.
«Io non so suonare il piano...» rispose lui, visibilmente spaesato. Un attimo prima stava torturando Frank e adesso... cosa ci faceva lì?
«E non sapevo neanche ti chiamassi Jack» aggiunse poi la ragazza.
«Jack? Io mi chiamo Jimmy, lo sai»
«Hai detto di chiamarti Jack mentre suonavi, non ricordi?»
Prima che Jimmy potesse rispondere, il suo cellulare vibrò, mostrando due sms con allegate due foto. Mittente? Jimmy.

Le foto mostravano il Dottor Jensen privo di vita, mentre sul muro faceva capolino la lettera J scritta col sangue. Il secondo messaggio mostrava la stessa identica scena, ma stavolta la vittima era un altro dottore, e la lettera insanguinata stavolta era la A
J ed A, due dottori morti su quattro. Le restanti lettere sarebbero state forse la C e la K?
«Vedi mio caro Jimmy, il volere del mondo si sta realizzando. E nulla mi fermerà. Nulla ci fermerà. Me e te. Jack e Jimmy»

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Capitolo 5
*** Mother ***


Nel nostro secolo un altro cimitero deve essere aggiunto alla lista della crudeltà umana: quello dei mai nati.
- Papa Giovanni Paolo II


Lydia era intenta a preparare qualcosa, mentre la debole luce del giorno morente entrava dalla finestra. Jimmy non riusciva ad abituarsi a quell'ambiente così rilassato, profumato e colorato, ma tentava di sforzare ogni fibra del suo corpo per non vomitare. Era abituato all'odore dell'erba, non a quello delle piante casalinghe. Poi quelle pareti giallo tenue della cucina erano fastidiose, ma si dopotutto erano due personalità completamente opposte, nessuno avrebbe gradito i gusti dell'altro, anche se la ragazza aveva una cultura musicale non male per la sua... perfezione.

Perché sì, al primo impatto Lydia era perfetta: quei capelli neri lucidi come le piume di corvo, quelle labbre che apparivano soffici e quel viso che, nonostante fosse acqua e sapone, irradiava una bellezza che Jimmy non aveva mai visto in nessuna altra ragazza. Il suo dedicarsi al pianoforte, a quelle letture classiche che non aveva mai neanche preso in considerazione e il suo studiare in quella facoltà che non aveva ben capito.
Una semplice perfezione.

Una perfezione comunque scheggiata: era bastato soltanto un misero filmato finito online per distruggere la vita di quella ragazza: pianti, domande senza risposte, vergogna, il sentire le risa e gli insulti della gente, il tentato suicidio. Bastava così poco per mettere fine alla vita di qualcuno? Bastava un semplice click per ditruggere ogni cosa?

Sospirò, tentando di concentrarsi su altro. Non voleva pensare ai problemi di Lydia, non adesso. Ma non voleva neanche pensare ai suoi, di problemi. Quei problemi che improvvisamente, avevano un nome: Jack. Per la prima volta, in vita sua, pensò di essere pazzo, anche se quel pensiero svanì pochi attimi dopo. Sapeva che Jack era reale, nella sua testa sì, ma era comunque reale. E quel Jack che prendeva possesso del suo corpo aveva ucciso due dottori, ne mancavano altri due alla conta.

"E dopo averlo fatto... i gemelli del Dottor Scott saranno le nostre ultime vittime" Jimmy ripensò a questa frase detta da Jack, ma perchè i gemelli di quel dottore che non aveva mai sentito nominare dovevano essere le ultime vittime? Il volere del mondo, diceva Jack, ma perché le cose dovevano andare così? Proprio non capiva. 
L'unica cosa che voleva in quel momento era sentirsi, solo per un istante, una persona normale. Voleva che tutti lo guardassero senza timore, o senza essere fatti, proprio come faceva Lydia. Si, lei lo faceva sentire normale.

«Et voilà!» esclamò ragazza, voltandosi con un sorriso e osservando Jimmy, seduto con le braccia poggaiate sul tavolo. Il ragazzo si limitò a ricambiare quel suo sguardo, in attesa che dicesse altro. «La torta è pronta. Devo solo metterla in forno, io nel frattempo vado a fare una doccia» continuò.
Come poteva fare una doccia e lasciarlo solo là? Che ragazza ingrata. 

«Cos'è? Un invito?» rispose Jimmy, con un sorriso malizioso sulle labbra.

«Beh...» rispose lei, carezzando la guancia del ragazzo che sussultò a quel tocco «se un invito prevede una porta chiusa a chiave, sentiti libero di sfondarla. Quindi no, nessun invito! E non rovinare la torta!» la ragazza si dileguò, ancora sorridendo. Sembrava allegra, ma Jimmy preferì non fare domande, non dopo che Jack era stato con lei.

Il ragazzo poggiò la fronte sul tavolo, sentendo il freddo vetro di quella superficie. Trovava i tavoli in vetro inutili, si sporcavano subito e lasciavano vedere cosa c'era sotto, meglio quelli tradizionali. Sentì lo scrosciare dell'acqua provenire dal bagno, sforzandosi di non immaginare Lydia nuda, senza successo comunque. Quando rialzò la testa, resto immobile e senza fiato: seduto di fronte a lui c'era... sè stesso.

«Ciao Jimmy» esclamò l'altro.

«Jack?»

«Proprio così. Cosa c'è? Sei stupito del fatto che riesci a vedermi o ti stupisce il fatto che io sono praticamente te? Stessi vestiti, stesso look... certo, prima o poi lo cambierò, sei troppo darkettone per i miei gusti»

Jimmy battè la palpebre diverse volte. Stava sognando, vero? Non poteva essere reale. Sentiva diversi brividi correre lungo la schiena, la bocca asciutta e le gambe tremare. Perché era così scosso? Jack era sempre stato nella sua testa, perché adesso lo vedeva seduto lì ed uguale a lui? Doveva essere un allucinazione, per forza.

«Comunque anche io ho pensato a Lydia sotto la doccia. Dovremmo entrare e farla urlare di piacere, non trovi? Dio, quel corpo è-»

«Sta zitto» sibilò Jimmy, a denti stretti, provocando un leggero sorriso al suo interlocutore.

«Oh... lei ti piace. Non importa, proverò più soddisfazione quando porrò fine alla sua vita»

Jimmy scattò in piedi, mentre Jack rimase comodamente seduto al suo posto. Non si muoveva, si limitava a sorridere. Jimmy tentò di colpirlo con un pugno in pieno viso, ma la sua mano trapassò il corpo del ragazzo, che continuo a restare immobile. Jimmy indietreggio, sentendosi improvvisamente impotente, mentre l'altro sbadigliò, visibilmente annoiato. «Chi sei?» chiese il ragazzo a Jack, che sembrava aspettare solo quella domanda.

«Chiedi a tua madre, lei saprà darti tutte le risposte» detto questo, Jack svanì nel nulla, lasciando Jimmy da solo in quella stanza. Senza pensarci due volte, il ragazzo afferrò un foglio e scrisse un messaggio alla ragazza, uscendo subito dopo dall'abitazione e dirigendosi, dopo tanto tempo, verso la casa di sua madre.



Jimmy suonò ripetutamente, mentre tentava di riprendere fiato. Aveva corso illuminato dalla luce del tramonto, mentre il buio della notte iniziava ad inghiottire ogni cosa. Il suo cuore batteva a mille e un senso di rabbia misto ad odio stava crescendo dentro di lui, odio verso quel Jack con cui aveva convissuto sin dall'infanzia e che adesso stava iniziando a divenire una minaccia anche per lui. Mentre aspettava di ricevere risposta da quella donna che aveva così ripudiato, si chiese perché Jack l'avesse mandato da lei. Forse era solo un modo per divertirsi, o aveva davvero delle risposte... per scoprirlo, doveva continuare.

Finalmente il rumore della serratura suggerì al ragazzo di essere di fronte alla verità, di fronte alla donna che l'aveva messo alla luce e con cui aveva avuto un rapporto sempre difficile. Gli occhi di lui si specchiarono in quelli stanchi di lei, che trattenne il fiato non appena lo vide. Jimmy la ricordava diversa... adesso sembrava invecchiata, debole. I suoi capelli castani non erano curati e il suo sguardo era stanco, così come la sua espressione generale.

«Jimmy?» chiese incredula la donna, con voce rotta da qualche tipo di emozione. Il ragazzo giurò di aver visto un lampo di amore negli occhi di lei, ma doveva essere solo la sua impressione. Non importava, doveva entrare e scoprire ogni cosa.

«Posso entrare?» chiese il ragazzo, con la donna che annuì debolmente e ancora in preda a mille pensieri. Una volta varcata la soglia, il ragazzo si guardò intorno: la casa era ridotta ad un porcile: muri sporchi, vestiti sparsi un po' ovunque e stoviglie ancora da pulire. Che strano... certo, quella casa non era mai stata da trasmissione Malati del Pulito, ma nemmeno così disastrata... e poi dov'era quel pezzo di merda là?

«Dov'è lui?» chiese Jimmy, osservando l'ambiente.

«L'ho mandato via poco dopo che tu sei andato via. Iniziò a dire cose orribili su di te, continuava a picchiarmi e così ho capito che dovevo far qualcosa» rispose la donna.

«Come se ti fosse mai importato qualcosa di me»

«Jim... sei mio figlio. A me importa di te»

Il ragazzo continuava a dare le spalla alla propria madre, anche se quelle parole lo fecero sentire strano, ma non importava, niente avrebbe cancellato quei momenti difficili, niente.

«Parlami di Jack»

La madre di Jimmy impallidì non appena sentì quel nome e, anche se il ragazzo era voltato, sentì l'atmosfera cambiare di colpo. Allora era vero: lei sapeva. Restò fermo, aspettando una qualsiasi risposta. 

«Come l'hai scoperto?» chiese la madre, avvicinandosi al ragazzo.

«Non importa, parlamene e basta»

La donna sospirò, invitando il ragazzo a sedersi sul divano, cosa che fece molto svogliatamente.

«Vedi... quando restai incinta, non c'eri solo tu. Doveva essere un parto gemellare, due maschietti. Dovevate essere in due... I miei Jimmy e Jack. Tuttavia durante il parto qualcosa andò storto: il tuo cordone soffocò Jack, uccidendolo. I dottori non riuscirono a fare niente... ricordo ancora il Dottor Jensen che urlava ai suoi tre colleghi, ma nulla, non riuscirono a salvare il tuo gemello»

A Jimmy gelò il sangue nelle vene. Jack era il suo gemello e adesso tutto gli appariva chiaro. Persino il volere il mondo. Il ragazzo osservò sua madre, successivamente si alzò e si diresse verso la cucina, poggiando le mani sul bancone. Sentiva il sudore nascere sulla sua fronte, mentre un freddo respiro si poggiava sul suo collo.

«Si Jimmy, sono tuo fratello. E mi vendicherò verso quei quattro dottori che non sono riusciti a farmi nascere. Mi vendicherò verso coloro che hanno permesso la mia vita come tuo parassita. Io avrò la mia vendetta, per poi rinascere. E voglio che quella vendetta, riprenda da qui, adesso»

Jimmy cadde sul pavimento, con la madre che scattò verso di lui. La donna si chinò sul figlio, carezzandogli il viso e chiamando continuamente il suo nome. Jimmy, Jimmy, Jimmy diceva. Ma quello non era Jimmy, non più almeno. Jack si alzò, abbracciò la madre e le piantò un coltello sulla schiena, mentre questa la guardava in preda allo shock e alle lacrime.

«Io non sono morto, mamma» sibilò Jack, guardando la donna pieno di odio.

«Jack?»

La mano del ragazzo si chiuse sul manico del coltello, togliendolo dalla schiena e conficcandolo sulla gola della donna, che cadde a terra priva di vita, mentre Jack, preso ormai il controllo di Jimmy, si dirigeva verso gli ultimi obbiettivi.



Passarono cinque ore, Jimmy si risvegliò in un luogo che non conosceva, circondato dall'inconfondibile odore del sangue. Si alzò con un tremendo mal di testa, trovandosi di fronte al cadavere di una ragazza, due uomini e sua madre. Alla base del macabro mucchio di corpi, un biglietto scritto col sangue:

HAI UCCISO TUTTI, JIMMY. COMPRESI I DUE GEMELLI DEL DOTTOR SCOTT. MA NON TEMERE, UNO DI LORO E' ANCORA IN VITA. UNO DI QUEI GEMELLI E' DIVENTATO IL MIO NUOVO CORPO. VEDI? ABBIAMO VINTO TUTTI. IO HO FINALMENTE UN CORPO TUTTO MIO, IL SACRIFICIO HA FUNZIONATO. TU HAI FINALMENTE UNA VITA SENZA DI ME. STAMMI BENE, FRATELLINO.

PS. HAI DETTO ADDIO A LYDIA?

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Capitolo 6
*** Epilogo - James ***


Il momento del cambiamento è l’unica poesia.
- Adrienne Rich


Le gambe di Jimmy dolevano per via di quella corsa che aveva intrapreso per raggiungere casa di Lydia. Nella sua mente diversi scenari prendevano vita e, in quegli scenari, Lydia finiva sempre per essere uccisa da Jack. No, non poteva finire così, non poteva uccidere anche lei.

Aveva già fatto troppo: quei quattro dottori, i loro figli... sua madre. Già, quella stessa madre che aveva ripudiato, quella madre che non riusciva a guardare negli occhi poco prima per paura di... non sapeva bene di cosa avrebbe avuto paura, ma non sarebbe riuscito a reggere un secondo di quegli occhi. Jack aveva reso la sua vita un inferno, aveva fatto in modo che la gente lo considerasse pazzo e lo aveva portato a fare cose orribili e auto-lesionarsi di continuo, come via di fuga.

Quanto desiderava avere un reale via di fuga, adesso. Dopotutto era libero da Jack, ma non poteva essere davvero libero fin quando Lydia era con lui. Doveva salvare quella ragazza che credeva in lui nonostante non fosse un bravo ragazzo, doveva fermare Jack prima che uccidesse ancora, ancora ed ancora.

I polmoni iniziavano a bruciare per via dello sforzo, il cuore martellava per lo stesso motivo e anche per un turbinio di sensazioni, mentre le gambe iniziavano a risentire dell'enorme accumulo di acido lattico. Ma non importava, niente di tutto quello era importante. Doveva arrivare da lei.

Finalmente si ritrovò di fronte porta di casa, era aperta. Senza pensarci due volte si catapultò dentro senza rallentare, fino ad arrivare in cucina, dove fu colpito da qualcosa. Un colpo forte, violento, dritto nella sua testa che lo fece cadere sul pavimento con la vista appannata. 

Un ragazzo si posizionò davanti a lui, con un sadico sorriso sul viso. Aveva i capelli lunghi, gli occhi verdi e uno sguardo che avrebbe inquietato persino il diavolo in persona. Quello era il figlio del dottor Scott. No, quello era Jack, con il suo nuovo corpo.

«Ciao» disse Jack, iniziando a ridere istericamente, mentre il nero iniziava a prendere possesso del campo visivo di Jimmy, che non potè far altro che cedere a quell'oscurità.

Si risvegliò con uno strano bruciore ai polsi. Tentò di mettere a fuoco quello che accadeva intorno a lui, notando di essere ancora nello stesso luogo, mentre di fronte a lui, legata in una sedia, c'era lei: Lydia. Jimmy tentò di raggiungerla ma si accorse di essere nella stessa situazione: legato in una sedia.

Jack camminava intorno ai due, guardandoli sempre con quel sadico sorriso che non lo aveva mai abbandonato. 

«Eccoci qua» esordì, guardando le sue due vittime.

«Jimmy...» sussurrò Lydia, guardando il ragazzo. Il suo sguardo era di terrore, ma nascondeva anche qualcos'altro. Sembrava speranza, come se credesse che lui potesse risolvere quella situazione. Che stupida che era. Per colpa sua erano morte troppe persone, come poteva credere che adesso avrebbe risolto tutto? Stupida, stupida, stupida.

«Vedete» continuò Jack, esaminando un coltello che teneva tra le mani «non avrei mai voluto arrivare a questo, ma sono costretto. La colpa è tua» disse, indicando il gemello con la punta del coltello «se tu non fossi venuto in suo soccorso, saremmo stati tutti liberi. Ma no, hai voluto condannarla»

«Perché Jack?» chiese Jimmy. La sua voce non era la stessa di sempre, era spezzata. Jack l'aveva spezzato in un modo che nessuno poteva mai provare e doveva mai provare. Nonostante il mondo fosse un ammasso di gente schifosa, nessuno doveva mai provare quello che stava provando lui. Forse qualcuno lo meritava... ma era davvero troppo per chiunque.

«Perchè? Mi stai chiedendo perchè?» Jack si avvicinò a Jimmy, toccando la fronte del fratello con la sua «Tu mi hai rovinato la vita»

«Lui non ha fatto niente» fu Lydia a parlare. Jack si voltò verso di lei, quasi come se si fosse ricordato solo ora della sua presenza.

«Niente? NIENTE?» scoppiò a ridere «LUI MI HA UCCISO! Mi ha negato la possibilità di vivere una mia vita. Solo la mia anima era sopravvissuta, legandosi a lui e formando un solo essere. Ma non potevo vivere in quel modo, no. Volevo essere indipendente... c'era un solo modo per farlo. Uccidere tutti i presenti al momento della mia nascita e morte, per poi rinascere nel corpo di uno dei gemelli che erano nati da una di quelle persone. Gemello a gemello.»

«Ma adesso hai avuto ciò che desideravi, perchè continuare?» chiese Jimmy.

«Perchè voglio finire la mia vendetta verso il mio carnefice. Torturerò lei davanti ai tuoi occhi, voglio vederti soffrire. Poi la ucciderò e ti strozzerò con le sue interiora, proprio come è successo a me»

«Sei tu il pazzo, non io. Pazzo testa di cazzo» disse, protraendosi in avanti e sentendo il bruciore amplificarsi fino alle braccia.

Jack rise ancora, avvicinandosi a Lydia e colpendola di taglio in pieno volto, facendola urlare di dolore. Il sangue iniziò a colarle dal taglio sulla guancia, misto alle lacrime che iniziarono a rigarle il viso. Jimmy si dimenò, senza riuscire a liberarsi. Era spettatore di uno spettacolo orrendo.

Il coltello si avvicinò nuovamente verso Lydia che sentiva la gelida lama sfiorarle le labbra, scendere fino al collo e poi fermarsi sulla camicia bianca che iniziava a macchiarsi di quel sangue che gocciolava dal suo viso. Jack sorrise, infilando la lama tra la camicia e la pelle di lei, per poi tirare indietro e lasciando la ragazza in reggiseno.

«Oh» esclamò Jack, mentre iniziava a sfiorare con le mani quella pelle nuda. Analizzò ogni centimetro di quella pelle liscia, fino a insinuarsi sotto lo stesso reggiseno e tastando il seno. Sorrise.

«Forse potremmo giocare in un altro modo prima di farla finita, che ne dici?»

Lydia non rispose, aveva smesso anche di piangere e lamentarsi. Stava semplicemente in silenzio. Ne aveva abbastanza di tutto, di quegli abusi che continuavano a ripetersi nel tempo. Aveva semplicemente lo sguardo verso i suoi piedi, così da non incrociare Jack o Jimmy, con quest'ultimo che continuava a ripetere il suo nome, ricevendo un sonoro schiaffo dal fratello.

Jack si voltò nuovamente verso la ragazza, iniziando a togliersi la cinta e sbottonandosi i jeans. Restò in mutande, voltandosi verso Jimmy con uno sguardo che lasciava trasparire ogni cosa. Si avvicinò ancora alla ragazza, togliendosi anche le mutande e restando solo con la maglia. 

«Jimmy, sei pronto a sentirla godere?» chiese Jack, trovandosi a pochi centimetri dalla ragazza.

Lydia stavolta alzò lo sguardo, fissando negli occhi Jack. La ragazza sorrise e con un veloce movimento delle mani conficcò le unghie proprio sulla parte più delicata di Jack, facendolo finire in ginocchio e sanguinante. Il ragazzo era così intento a recitare quella parte che non si accorse che la ragazza aveva allentato le corde fino a liberarsi del tutto. Lydia si gettò sul coltello, pugnalando tre volte Jack alla schiena, urlando ad ogni affondo, urla che nascondevano tutto: dolore, umiliazione, rabbia, vendetta. Jack cadde a terra, immobile, pieno di sangue e nudo come un verme. Dopo essersi accorta di tutto, Lydia lasciò cadere il coltello, tremando.

«Lydia, è tutto okay» disse Jimmy «dimmi che stai bene»

La ragazza annuì, dando le spalle al cadavere di Jack e liberando Jimmy dalle corde. I due si abbracciarono per così tanto tempo che non prestarono più attenzione a nulla. Un abbraccio liberatorio solo per loro due.

E quello fu l'errore più grande. Jack si rialzò in silenzio e colpì alla schiena Lydia con la stessa arma con cui era stato colpito. Jimmy strabuzzò gli occhi, mentre lei sussurrava il suo nome e cadeva sul pavimento. Il ragazzo osservò Jack, che si reggeva a stento in piedi e lo caricò con tutta la forza che aveva in corpo. Il coltello finì nuovamente sul pavimento, con Jimmy che si posizionò sopra il fratello e portò la corda usata per i suoi polsi al collo di lui.

Jack iniziò a soffocare nuovamente, proprio come avvenne anni prima durante la sua nascita. I suoi occhi divennero rossi e poco dopo, la vita lasciò per sempre quel corpo.

Jimmy si catapultò su Lydia, accertandosi che fosse ancora viva. Dopo aver tirato un respiro di sollievo, strinse quel corpo e corse fuori, dirigendosi verso il più vicino ospedale.

«Non morire, non morire» era l'unica cosa che riusciva a ripetere.

«AIUTATEMI» urlò, non appena varcò le porte dell'ospedale, venendo soccorso subito.


Passarono diversi giorni, forse settimane. Jimmy era ormai libero dall'influenza di Jack e Lydia era sopravvissuta a quella notte, riportando solo una cicatrice in viso e una sulla schiena. Non era questo che preoccupava il ragazza però, erano le cicatrici interni che lo spaventavano. Lei ne aveva passate così tante e quella era l'ennesima ferita che le sarebbe rimasta addosso per sempre, proprio come una cicatrice.

Lui invece si rese conto che, dopotutto, Jack aveva ragione. Era lui l'artefice di tutta quella sofferenza e forse, poteva ancora rimediare a tutto. Era al cimitero, stava fumando una canna e osservava la tomba della madre. Era la prima volta che la guardava con amore e dispiacere dopo troppo tempo, ma il momento era sbagliato. Gettò fuori il fumo e osservò la pistola che stringeva tra le mani.

La soluzione per liberare il mondo dalla sofferenza di Jack era solo una: farla finita. Assaporò nuovamente il gusto dell'erba e stavolta infilò la pistola in bocca, ripensando a tutto il dolore che aveva causato. La pistola era fredda e sentirla dentro in quel modo era una sensazione strana, ma era l'unico modo.

Chiuse gli occhi.

Poi uno sparo.



Lydia si era ormai ripresa, riuscendo a camminare anche abbastanza bene. Grazie ad una "soffiata" di uno degli addetti al cimitero, avevo scoperto che Jimmy era solito recarsi davanti alla tomba della madre ogni giorno e alla stessa ora. I due non si erano ancora visti dopo quella vicenda e Lydia voleva semplicemente ringraziare Jimmy che, ancora una volta, l'aveva salvata.

Durante il suo camminare tra le lapidi, uno sparo attirò la sua attenzione, costringendola ad accelerare il passo verso quel suono. Quando arrivò si bloccò, osservando quello che si parava di fronte a lui: Jimmy era in piedi, con la pistola in mano e un foro di proiettile sul pavimento, qualunque cosa volesse fare, beh, non c'era riuscito.

«Jimmy» disse lei, con un sospiro di sollievo.

Il ragazzo si voltò, notando lo sguardo sollevato di lei. Si avvicinò, guardandola da vicino: era bella come sempre, anche con quella cicatrice che le deturpava la guancia.

«Cosa volevi fare?»

«Volevo porre fine a tutto questo casino» rispose lui, madido di sudore.

«Jack non c'è più. E' già finita. Lascia tutto alle spalle ed inizia a vivere, per davvero» 

Jimmy guardò il foro di proiettile sul pavimento «Non c'è posto al mondo per un errore come me. Tutto fa abbastanza schifo, io sono uno stronzo patentato. Ho causato la morte-»

«Basta» rispose Lydia, decisa «non sei un errore. Pensavo lo stesso, pensavo che non ci fosse posto per me, fin quando tu non mi hai salvata su quel ponte. Forse... il nostro posto è proprio qui, tra di noi»

«Forse» rispose lui.

«Andiamo?» chiese lei, tendendo la mano a Jimmy che lasciò cadere la pistola e afferrò la mano di lei, camminando via da quel luogo.

«Potresti leggere Cime Tempestose adesso, Jimmy»

«Non ho intenzione di leggere quella merda. E poi... chiamami James, il mio nome di battesimo»

Lei sorrise «Va bene, James»

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