“Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino….”
Cominciava così una delle mie favole preferite quando ero piccola. Nessuno me ne
ha mai letto il libro, nessuno me ne ha mai raccontato la storia, ma io già la
conoscevo, come impressa nel mio cuore. Un eco lontano di un passato perduto in
un luogo dimenticato, in cui tutto era possibile, persino volare alti nel cielo
e parlare ai fiori…. Una favola senza tempo. Una ricerca di libertà. Un suono di
gioia fra il rombo dei cannoni. Un nome sopra gli altri. Un guizzo verde nella
notte londinese. Una luce che brilla sibillina. Sembra proprio un sogno o forse
no? Io all’Isola che non c’è ci sono stata e ci ho vissuto per molto tempo.
Tutt’ora, quando le maglie della vita si stringono attorno al mio collo, quando
gli eventi mi soffocano, io chiudo gli occhi e volo.
Nella mia isola che non c’è, non vi è posto per chi fa del male o non sa ridere.
La tristezza è bandita! Venite anche voi! Seguitemi nell’Isola che tutti
cercano, nel luogo che nessuno sa trovare, quel luogo così lontano eppur così
vicino….
<<
Non è che ci abbia capito poi molto… >> confessò Hanamichi grattandosi dietro
l’orecchio e stringendo Billy ancora più forte.
Dopo un’ora di trattative, Nobu Pan e i bambini smarriti avevano messo a punto
un piano per liberarsi definitivamente dei pirati.
<<
Beh non è che abbia poi torto… >> continuò Ryota lisciando la sua lunga coda.
<<
Ma cosa dite? Il piano è geniale! Degno di Nobu Pan il grande! >> aveva
volteggiato in aria.
Hiro aveva sbuffato. Con i gomiti appoggiati al tavolo tondo, guardava
sospettoso Nobu Pan. C’era qualcosa che non riusciva a convincerlo del tutto.
Perché quella decisione repentina? Nobu era sempre stato entusiasta della pace.
Trascorreva quasi tutta la giornata sulla nave del capitano e, al ritorno,
raccontava sin nei minimi particolari un’altra delle scoperte fatte grazie a
lui.
Anche Kimi Trilli era della stessa opinione, infatti osservava Nobu con aria
critica. Eppure, però, aveva accettato di seguirlo nella sua nuova avventura…
<<
Cosa conti di fare come primo passo? >> gli chiese sbuffando.
<<
Per prima cosa… taglieremo la piuma del cappello del capitano! Maki tiene molto
alla sua lunga piuma e noi gliela taglieremo! Sarà come dissotterrare l’ascia di
guerra>>
A
notte inoltrata Nobu Pan, seguito dai tre bambini smarriti e il piccolo Kimi,
uscì dalla tana sotto l’albero. Trasportavano, come meglio potevano, tutto ciò
che la casa conteneva.
Dalla nuova postazione, immersa nel boschetto silenzioso, avevano la visuale
completa sia della nave che della Roccia del Teschio. Potevano programmare alla
perfezione ogni loro azione, senza pensare troppo alle conseguenze. Il Capitano
Maki non era a conoscenza di quel nascondiglio e neppure i bambini smarriti.
Quel luogo era stato la sua prima casa quando, ancora bambino, era approdato
sull’Isola che non c’è. Certo non avrebbe potuto giocare con Kenji Giglio
Tigrato, ma ultimamente era impossibile persino parlargli, figuriamoci giocare
con lui. Stava sempre in cima alla scogliera e ogni suo sguardo era solo per
Toru! E proprio per questo motivo non avrebbe potuto dirgli dove si sarebbero
rifugiati. Ormai Giglio Tigrato era diventato, a tutti gli effetti, una spia dei
pirati e come tale sia lui che gli altri Bambini Smarriti dovevano trattarlo. Su
questo era stato categorico!
Alle prime luci dell’alba i bambini smarriti presero posto dietro la
vegetazione, nel nuovo posto d’osservazione. Alla fine Nobu aveva deciso di fare
lui il primo passo, così come era stato lui stesso a siglare la pace, tanto
tempo prima. Ai Bambini Smarriti aveva consigliato di restare ben nascosti e di
godersi lo spettacolo attraverso quelle lenti che i pirati gli avevano regalato
e che permettevano di vedere lontano, fin sulla nave. Non erano veloci come lui
e quindi rischiavano di farsi catturare e quella era sembrata a Nobu la scelta
più giusta.
“Allora ragazzi! Siete pronti?” aveva detto loro prima di involarsi: “Ora
ricomincerà il divertimento!” ma Hiro aveva l’impressione che neppure lui ci
credesse.
Scosse la testa, cercando di restare sveglio e diede una gomitata a Ryota, che
si era appisolato usando la sua lunga e soffice coda come cuscino.
<<
Eh? Sono pronto, andiamo… >> sbadigliò Ryota strofinandosi gli occhi.
<<
Dove vuoi andare Ryo-chan?! Nobu è appena partito e tra poco iniziano i giochi!
>> gli aveva detto Hanamichi afferrandolo per la coda.
<<
Trilli? >>
<<
E’ andato al villaggio delle fate. >> poi il rossino continuò: << Non vi sembra
strana la decisione di Nobu? Fino a ieri non faceva che riempirci la testa del
capitano Maki e ora… >>
<<
Sarà successo qualcosa? >> domandò Ryota, finalmente abbastanza sveglio.
<<
Volete forse tirarvi indietro? >> li stuzzicò Hiro.
<<
Che cosa? Mai! >> risposero i due in coro, prima di sedersi e prendere in mano i
cannocchiali.
Intanto…
Nobu Pan era già giunto in prossimità della nave.
Il
ponte era ancora sgombero, ma dall’interno provenivano già i primi rumori. I
pirati si stavano svegliando e presto avrebbero invaso la nave, con i loro
schiamazzi e le loro canzoni.
Nobu Pan scrutò l’interno attraverso un oblò ma non riuscì a vedere molto, così
decise di risalire lungo il fianco del bastimento, fino alla camera del
capitano. Gli oblò lì erano solitamente aperti, così avrebbe potuto ascoltare
ciò che il capitano e Toru si dicevano.
Si
appostò poco al di sotto della finestrella e ascoltò con attenzione.
Toru e il capitano Maki stavano parlando del nuovo arrivato, un certo Hisashi
Mitsui. Ne commentavano il lavoro celere e preciso, ritenendolo uno dei migliori
acquisti che quella vecchia nave pirata avesse potuto fare. Certo, continuarono,
su quell’isola le scelte non erano molte, ma loro erano stati fortunati.
<<
Oggi i bambini non sono ancora arrivati. >> commentò Maki pensoso.
<<
Kenji dice di non avere sue notizie dal giorno della festa. >>
Nobu si sporse verso la finestra per avere una visione completa.
Il
capitano era chino sulla sua scrivania, intento a scrutare delle carte nautiche.
Toru era seduto sul divanetto rosso, vicino all’oblò. Leggeva un libro e gli
dava le spalle.
<<
Beh poco male! >> disse improvvisamente il capitano, quasi stesse pensando: <<
Quando quei “bambini” arrivano sulla nave portano solo scompiglio e i miei
uomini diventano meno ricettivi. Se fossimo in guerra e i nostri nemici fossero
della Marina Reale, saremmo già stati catturati e le nostre ossa penzolerebbero
dal più alto colle dell’isola. >>
Nobu Pan non volle ascoltare più nulla. Dentro di sé sentiva una gran rabbia che
premeva prepotente. La sentiva salire dalle viscere del suo corpo e invadere le
sue vene come lava. Mai, fino ad allora, neppure in passato, durante la loro
guerra personale, Nobu Pan si era mai sentito invadere da cotanta rabbia. Era
forse odio ciò che provava? Forse, ma non avrebbe saputo dirlo. A lui quel
sentimento era sempre stato sconosciuto, così come ai bambini smarriti. Nobu
Pan, in quel marasma di sentimenti, aveva un’unica e solitaria certezza: Capitan
Maki gliel’avrebbe pagata e a caro prezzo!
S’involò alto sulla nave e si nascose fra gli alti pennoni. Creavano scompiglio
fra la ciurma? Oh… ancora non aveva visto nulla!
Dal sacchetto fermato sul fianco, uscì una polverina magica. La spruzzò sulla
nave e attese. Aveva rubato quella polvere alle fate del bosco, prima
dell’armistizio, proprio con l’intento di fare uno scherzo ai pirati. Sorrise al
pensiero. Certe cose potevano sempre tornare utili!
Vide brillare la polvere con soddisfazione. Pronunciò delle parole magiche che
Kimi gli aveva insegnato tanto tempo prima e la nave ruggì. Come fosse stata
animata, la nave ruppe la catena che la teneva bloccata in quelle acque
tranquille e cominciò a muoversi. Dapprima fu un movimento così lento che
neppure Aida, uscito sul ponte, se n’era accorto, ma poi la velocità iniziò ad
aumentare. Aida perse l’equilibro, cadendo a terra. Nobu, che dall’alto guidava
i movimenti della nave, lo vide gattonare fino al bordo e guardare giù. Lo sentì
urlare il nome del capitano e potè immaginare il rumore dei passi concitati
degli altri pirati che, ancora non del tutto coscienti, si radunavano sul ponte.
La
nave, come guidata da un filo sottile manovrato da Nobu Pan, prese a fare giri
attorno a se stessa, aumentando e diminuendo la velocità senza preavviso. Il
Capitano guardava la sua ciurma cercare di bloccare in qualche modo quel
movimento sussultorio. Ammainarono velocemente le vele e calarono l’ancora di
riserva, ma tutto fu inutile. Nobu, che dall’alto se la rideva divertito, lanciò
uno sguardo verso il punto dell’isola in cui aveva lasciato i compagni,
chiedendosi se, da lì, si potesse avere una visione simile alla sua. Poi rivolse
il suo sguardo al Capitano. Era forse riuscito a capire cosa, o meglio chi, si
nascondeva dietro quel prodigio? Probabilmente no. Lui era ancora certo della
pace conquistata e mai avrebbe potuto anche solo immaginare.
Lo
vide richiamare l’attenzione di Toru e del nuovo arrivato. Con ogni probabilità
stavano discutendo sul da farsi. Vide Toru guardare sconsolato il resto della
ciurma, appesa agli alberi o ad altri scogli sicuri, e poi vide lui, Hisashi
Mitsui, dire qualcosa. Lui non era come Ryota, non sapeva leggere i movimenti
delle labbra, ma era certo che stesse dicendo “magia”.
Era giunto il momento.
La
nave si sollevò dalla superficie dell’acqua. Toru, barcollando, si diresse verso
i margini della nave, quasi per accertarsi della fondatezza dei suoi pensieri.
Si guardò attorno, alla ricerca di qualcosa, poi il suo sguardo fu catturato da
un’ombra fugace sulla superficie delle acque. La nave si fermò un attimo,
sospesa fra il cielo e il mare. Toru alzò lo sguardo verso le nuvole e lo vide.
Spavaldo come sempre, nella sua consueta posa da spaccone, Nobu Pan osservava
estasiato la scena.
<<
Nobu Pan! >> esclamò il quattrocchi della ciurma.
Il
capitano seguì il suo sguardo e incontrò quello divertito di Nobu.
<<
Nobu! Che sta succedendo? Non ti sembra che sia durato a lungo questo scherzo?
>> e non seppe spiegarsi come mai il suo sguardo divenne improvvisamente feroce.
Fluttuando nell’aria, come una piuma sospinta dal vento, Nobu scivolò in
prossimità della nave, poi si fermò.
<<
Capitan Maki… >>
<<
Nobu… sei tu la causa di tutto questo? >>
<<
Già. >>
Nobu Pan fece scivolare velocemente lo sguardo su tutto l’equipaggio. Rukawa…
Sendo… Fukuda… persino Jin, lo guardavano senza in realtà capire e fu proprio
quest’ultimo ad intervenire.
<<
Che significa Nobu? >>
<<
Semplice! >> e con uno scatto veloce, che sorprese e immobilizzò tutti, si
avvicinò al Capitano e gli sottrasse il cappello dalla lunga piuma.
Appena fu abbastanza lontano dalla nave, prese il pugnale e tagliò in due
cappello e piuma, nell’assoluto silenzio. Si sentì solo un sussulto, forse di
qualcuno che, finalmente, aveva compreso.
<<
Cosa significa Jin? Significa: GUERRA! È finita la pace Capitan Maki. Era così
barbosa che stavo morendo di noia, così, stamani, mi sono deciso e ho
dissotterrato l’ascia di guerra! >> e alta si levò la sua risata: << Io e i
Bambini Smarriti vi dichiariamo guerra, ma stavolta non sarà un gioco per
bambini. Questa volta in palio ci sarà la supremazia sull’Isola che non c’è. Io
la rivoglio! È mia e mi appartiene! Voi pirati dovete andarvene! >>
Il
Capitano Maki si avvicinò al bordo della nave. I suoi occhi erano due sottili
lame d’acciaio.
<<
Questo non è possibile. Quest’isola appartiene tanto a voi quanto a noi. >>
Nobu gettò in acqua il cappello. Galleggiò un po’ prima di sprofondare fra i
flutti.
<<
Se questa è la tua ultima parola… >>
La
nave s’illuminò nuovamente e si adagiò sull’acqua.
<<
Spero che questi giri turistici saranno di vostro gradimento, capitano. >>
sorrise sornione inchinandosi, prima che la nave, con lentezza, si muovesse
verso il largo e lui tornasse verso la riva.
Se
si fosse voltato avrebbe visto lo sguardo di Maki seguirlo fino a diventare un
puntino all’orizzonte, ma Nobu era troppo arrabbiato per restare a gustarsi la
scena anche solo un minuto in più, così si involò veloce verso l’isola. Ma non
andò subito al rifugio.
Man mano che si avvicinava alla terra ferma, una figura si faceva più nitida. I
Bambini Smarriti non erano stati gli unici osservatori dell’inatteso spettacolo.
Kenji, che aveva osservato tutta la scena, non sapeva se ridere dell’ennesimo
scherzo di Nobu o iniziare a preoccuparsi. Dapprima, infatti, aveva riso
divertito della fantasia dell’amico e della reazione dell’equipaggio, ma poi,
non sapeva neppure lui spiegarsi bene il motivo, aveva smesso di trovare
divertente quello scherzo. Forse era stato il gesto di Nobu, l’aver tagliato il
cappello dalla lunga piuma che il Capitano amava tanto, o forse lo sguardo
severo di Maki.
<<
Cos’è successo? >> chiese Kenji quando Nobu gli fu di fronte.
<<
Non l’hai visto? Ho dichiarato guerra ai pirati! >>
<<
E i Bambini Smarriti? >>
<<
Naturalmente sono dalla mia parte… e tu? Da che parte starai Kenji? Verrò domani
a domandartelo nuovamente e allora vorrò una risposta. >>
E
così com’era arrivato, Nobu Pan se ne andò via, intraprendendo la via dei boschi
che, come consueto, lo conduceva all’albero degli impiccati.
All’orizzonte la nave del capitano solcava i mari, a gran velocità.
Nobu Pan rimase sulla scogliera a godersi lo spettacolo con i compagni
d’avventura fino a giorno inoltrato, poi l’effetto della magia scomparve e la
nave si adagiò sulle acque nello stesso punto in cui aveva iniziato il suo pazzo
viaggio.
Il
capitano Maki rientrò nella sua camera sbattendo la porta, ordinando a Ikegami
che nessuno, e ripeté quella parola con fermezza, lo disturbasse. Una volta
dentro sfogò la sua rabbia sulla poca mobilia ancora in piedi e calciò, con
forza, tutte le mappe che aveva tracciato con l’aiuto di Nobu.
Nobu Pan.
Che diavolo era preso a quello sconsiderato ragazzino?
Fino al giorno prima sembrava entusiasta della pace. Avevano scherzato assieme,
avevano persino cantato le vecchie canzoni sui lupi di mare alla festa di Spugna
e ora? Che cosa gli era preso? Per un attimo aveva persino pensato di avere
davanti agli occhi un sortilegio. Quando aveva incontrato lo sguardo di Nobu
aveva faticato a riconoscerlo. Vi aveva letto rabbia e odio e ancora qualcosa di
indefinito.
Si
avvicinò all’oblò e osservò la spiaggia solitaria.
Appoggiato al gomito, si morse la mano stretta nella morsa del pugno.
Cosa stava facendo Nobu? Forse stava ridendo di lui insieme agli altri bambini,
nella loro tana sotto l’albero degli impiccati…. Si era sempre chiesto come
facessero a viverci in cinque, in quello spazio ristretto.
Toru bussò due volte alla porta. Attese invano una risposta, poi decise di
risalire in coperta, per valutare l’entità dei danni.
Il
comportamento di Nobu Pan aveva stupito anche lui, ma soprattutto il suo sguardo
freddo e penetrante, come se… come se odiasse. Di tutti i sentimenti che aveva
scoperto possedere quel ragazzino e i suoi strampalati amici dai bizzarri
costumi, non aveva mai scorto l’odio. Anche prima, quando combattevano su fronti
opposte, più che nemici potevano definirsi rivali. Ogni volta che giocava loro
qualche scherzo, lo faceva con il sorriso sulle labbra. Si divertiva, come
stesse davvero giocando. Ma adesso era diverso. Nobu Pan voleva davvero la
guerra e voleva vincerla.
Come avrebbe agito il comandante?
Lui provava una profonda ammirazione nei confronti di Nobu e della sua gioia di
vita.
Durante il periodo di pace, Nobu Pan e il capitano si erano comportati da amici
e il loro non era stato un sentimento forzato, lo si vedeva apertamente.
Il
capitano era felice ogni volta che Nobu andava a trovarlo e lo riempiva di
domande. A lui piaceva spiegargli questo o quell’altro mistero, condendo tutto
con un pizzico di ironica baldanza.
Chissà come l’aveva presa.
Cosa sarebbe successo?
Era il pensiero che stazionava nella mente di ogni pirata.
Loro erano corsari, vero, e combattere era la loro vita, ma si erano abituati a
quel clima di pacifica convivenza e persino agli scherzi di Nobu e dei Bambini
smarriti.
Come avrebbero dovuto comportarsi adesso? Di certo il capitano non avrebbe fatto
finta che nulla fosse mai accaduto, quindi questo avrebbe portato alla guerra. E
mentre per alcuni questo pensiero iniziava a piacere, facendo ribollire il
sangue di corsaro, per qualcuno era un imprevisto poco piacevole.
<<
Cosa pensi che farà il capitano, Kitcho? >> chiese Akira, detto anche il
porcospino per la classica capigliatura a punta.
<<
Sei preoccupato? Io no. Un po’ di movimento ci farà solo bene! Ci siamo un po’
rammolliti ultimamente, specie alcuni di noi…. >>
<<
Significa che non potrò vedere il mio micio per chissà quanto tempo! >> sospirò
affranto Akira.
<<
Mio micio? Sei fortunato che non sia qui, altrimenti ti avrebbe già fatto
saltare gli aculei! >>
La
loro risata attirò l’attenzione di Ayako e Rukawa che si avvicinarono al
gruppetto. A loro si unirono anche Soichiro e Toru.
<<
L’unica cosa da fare, adesso, >> mormorò Toru: << è lasciare che la situazione
evolva da sola. Vediamo come si mettono gli eventi e poi decideremo. >>
<<
Hn. >> mormorò Rukawa pensieroso, con lo sguardo rivolto all’isola.
<<
Beh un po’ di tranquillità non farà male a questa nave! >> borbottò Ayako: <<
Fra orsi, gatti e criceti qui stava diventando un asilo nido! >>
<<
Guarda che è un tasso! Se ti avesse sentito Ryota sarebbe scoppiato in lacrime!
>> la riprese ironico Soichiro: << Inoltre non dovremmo parlare di zoo, invece
di asilo? E poi sono sicuro che quel “criceto” ti mancherà più di quel che credi
o vuoi far credere… >>
<<
Oh quante storie! Invece di stare qui a chiacchierare perché non andate a dare
una mano agli altri? Sistemate il ponte e poi le stive! Subito! >>
Intimoriti dal suo ventaglio, i membri del piccolo gruppetto si dispersero,
ognuno per la sua strada.
Ayako diede uno sguardo veloce verso l’isola e sospirò. L’attendevano tempi
difficili. Scosse la testa e scese nella stiva, a dare una mano al tacito
Rukawa.
<<
Allora? >> domandò orgoglioso Nobu Pan: << Cosa ne pensate? Era o non era uno
scherzo degno dei vecchi tempi? >>
<<
Beh Nobu-scimmia non te la sei cavata poi così male… >> valutò il rossino e gli
altri due annuirono.
<<
E questo è solo l’inizio! Presto inizieremo un gioco ancora più grande e
divertente. Allora, siete con me o no? >>
Un
coro di voci s’innalzò dalla collina boscosa. I ragazzi festeggiarono la ripresa
delle ostilità tutto il giorno, con balli e canti. Kimi, in disparte, rifletteva
sul da farsi.
Il
cambiamento repentino di Nobu Pan non lo convinceva affatto.
Doveva essere accaduto qualcosa sulla nave, perché lui era cambiato dopo la
visita mattutina alla nave pirata.
Che avesse litigato con il capitano?
No! Doveva essere accaduto qualcosa di più grave, almeno tanto da giustificare
quella trasformazione.
C’era solo una persona, sull’Isola che non c’è, che poteva far chiarezza sugli
eventi ed era proprio il bersaglio della vendetta di Nobu: il Capitan Maki.
Kimi allora prese la sua decisione: durante la notte sarebbe andato sulla nave
pirata a parlare con Maki, a cercare di risolvere la situazione. In cuor suo
sperò che andasse tutto per il meglio.
Intanto sulla nave…
<<
Cosa facciamo Capitano? >> Toru cercò di scrutare i pensieri di Maki.
Dopo un attimo di silenzio, che a Toru parve eterno, il capitano rivelò ad
Hanagata la sua decisione.
<<
Vuole la guerra? E guerra sarà! Prepara l’equipaggio in assetto da
combattimento. Da ora in poi Nobu Pan e i suoi amici saranno considerati dei
nemici. Chiunque si avvicinerà alla nave sarà considerato un nemico e quindi
catturato e chiuso nelle prigioni in attesa di interrogatorio. >>
Toru segnò, sul suo taccuino tutte le nuove disposizioni del comandante, ma la
sua scrittura ferma e decisa tremò durante la trascrizione dell’ultimo
ordinamento.
<<
Tutto questo vale anche per Giglio Tigrato, Toru. >>
<<
Agli ordini, capitano. >> e detto questo si congedò.
Il
pensiero di Toru corse a Kenji. Chissà per quanto tempo ancora avrebbe dovuto
attendere il suo arrivo, seduto sullo scoglio con in mano l’ocarina.
Kenji…
E
mentre, sull’isola, Nobu e i Bambini Smarriti festeggiavano il primo attacco e
il Capitano Maki, sulla sua nave pirata, organizzava la nuova strategia, il
piccolo Kimi, ignaro delle nuove disposizioni, si preparava a salpare per la
Jolly Roger.
Cosa sarebbe accaduto?
Era già tutto deciso?
Nuove nuvole si addensavano all’orizzonte e, presto, avrebbero scaricato il loro
fardello di guai sugli ignari protagonisti.
Fine secondo capitolo
Soffio: allora? Che ve ne pare?
Sky: era ora sist -.-!
Soffio: dici che vi ho fatto attendere troppo ^^”?
Sky: ma no sist, cosa te lo fa pensare -.-? In fondo… cos’è un anno?
Soffio: eh già… è già trascorso un anno…. Ah! Come passa il tempo ^///^!
Sky: sist non dovresti scherzarci sopra e torna subito a scrivere >.< !
Soffio: ;_________; ma… ma… Eh-chaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan! Perdonami! Ti ho
fatto attendere un anno intero per il secondo capitolo e l’ho postato sempre per
il tuo compleanno ^^”. Mi perdoni vero? Prometto che sarò più celere con il
resto *_*!
Sky: fossi in te non ci spererei Enlil… la sist è poco affidabile….
Soffio: ^^”””””” cmq questa ff è sempre per te, picci! TVTB! Miliardi di
miliardi di giorni felici! Buon compleanno picci!
Note finali.
1)
In questa ff, come avete ben capito, Kimi parla. Che dire? Ricordatevi solo che
è liberamente ispirata a Peter Pan, dal quale comunque prende le distanze, in un
certo senso.
2)
I bambini smarriti, in realtà, sono dei ragazzi ben sviluppati, insomma quelli
che siamo abituati a vedere nel manga. Ho deciso di lasciare la dicitura
originaria perché mi faceva comodo.
3)
Il linguaggio è poco costruito, così come le frasi, sia dei dialoghi che dei
periodi. Tutto questo ha un motivo ben preciso: è una favola e come tale deve
adoperare un linguaggio semplice e dei periodi non complessi. Tutto questo per
dirvi di non imputare la pessima struttura della ff alle mie eventuali scarse
cognizioni letterarie e grammatiche! ^.^;;; |