Nobu Pan

di loveless_fairy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** capitolo 02 ***



Capitolo 1
*** capitolo 01 ***


SCLERO INIZIALE

Hana leggendo il titolo: ^___________________^ ehilà Nobu-scimmia! Come ti sta la calzamaglia? Ahahahahahah!
Nobu: ridi. Ridi! >.< Tanto alla fine sarò io a ridere! ^____________^
Hana: autrice? Che significa? ?_____?
Autrice: ehm... beh ragazzi io vado! Ci si vede!
Toru: ma perché pure io… ;______;
Autrice: perché ho inserito Kenji, non ti va?
Toru: beh allora cambia tutto! *//////*

§§§ §§§

“Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino….”

Cominciava così una delle mie favole preferite quando ero piccola. Nessuno me ne ha mai letto il libro, nessuno me ne ha mai raccontato la storia, ma io già la conoscevo, come impressa nel mio cuore. Un eco lontano di un passato perduto in un luogo dimenticato, in cui tutto era possibile, persino volare alti nel cielo e parlare ai fiori…. Una favola senza tempo. Una ricerca di libertà. Un suono di gioia fra il rombo dei cannoni. Un nome sopra gli altri. Un guizzo verde nella notte londinese. Una luce che brilla sibillina. Sembra proprio un sogno o forse no? Io all’Isola che non c’è ci sono stata e ci ho vissuto per molto tempo. Tutt’ora, quando le maglie della vita si stringono attorno al mio collo, quando gli eventi mi soffocano, io chiudo gli occhi e volo.
Nella mia isola che non c’è, non vi è posto per chi fa del male o non sa ridere. La tristezza è bandita! Venite anche voi! Seguitemi nell’Isola che tutti cercano, nel luogo che nessuno sa trovare, quel luogo così lontano eppur così vicino….

Quel mattino Nobu Pan si svegliò in pieno buon umore. Uscì fuori dalla loro tana sotto l’albero e respirò in profondità l’aria fresca del mattino. La sera prima era rimasto fino a tardi sulla nave del capitano a festeggiare, ma non sapeva bene neppure lui cosa. Avevano fatto baldoria fino a molto tardi. Il vecchio Spugna aveva suonato la sua fisarmonica e lui e Kimi avevano ballato allegri sopra la nave, fra gli alti pennoni. Jin aveva intonato una di quelle canzoni che a lui piacevano molto, sui vecchi lupi di mare e l’aveva ascoltata accanto al Capitano. Fukuda aveva bevuto parecchio quella sera, ma la sua espressione seria e accigliata non era cambiata. Era stato invitato pure Kenji Giglio Tigrato, il figlio del grande capo indiano, e aveva suonato la sua ocarina. Era stata davvero una bella festa, di quelle che non ricordava da parecchio tempo.
Si sistemò i vestiti un po’ sgualciti, legò i capelli lunghi in una piccola coda e prese il suo immancabile cappello a punta con la piuma rossa. Lasciò i suoi amici e il piccolo Kimi trilli ancora nel rifugio sotto l’albero degli impiccati e si diresse di gran carriera verso la nave ammiraglia di Capitan Maki, sorvolando tutta l’Isola che non c’è.
Al campo indiano, Kenji Giglio Tigrato si era appena svegliato e suonava l’ocarina che Toru aveva costruito appositamente per lui. Era seduto vicino al fiume e sembrava sorridesse mentre suonava. Kenji non se ne separava mai.

Al villaggio delle fate, le piccole fatine erano in fermento e si preparavano ad affrontare il nuovo giorno involandosi, come tante piccole stelline, per raggiungere tutta l’isola che non c’è e inondarla di colori e di profumi.

Sorvolò per un po’ la piccola isola, sostando sopra la roccia del teschio e scrutando l’orizzonte calmo. La nave ammiraglia del capitano Maki si stagliava al centro dell’immenso tavolato blu. Sorrise beffardo e riprese il volo.
Decise di puntare direttamente verso la nave ammiraglia. Sicuramente il vecchio Anzai, detto Spugna per la sua capacità di assorbire qualsiasi liquido alcolico (^.^), si preparava a sistemare il ponte, mentre i bucanieri ritornavano da qualche scorribanda dal bosco silenzioso. Avrebbe gironzolato un po’ per il ponte e magari fatto qualche scherzo a qualche bucaniere, l’importante era non contrariare Ayako! Quella ragazza era una forza della natura e persino Maki si guardava bene dall’infastidirla. Il suo ventaglio, poi, era micidiale e ne sapeva qualcosa la sua povera testolina…. Dopo aver fatto qualche piccolo ed innocente scherzetto, sarebbe andato direttamente nella cabina del capitano. Era sicuro che lo avrebbe trovato chino sulla sua scrivania, intento a scrutare tutte le sue carte di navigazione. Accanto a lui ci sarebbe stato sicuramente Toru, con la sua flemma tranquilla, intento a tracciare qualche nuovo percorso non segnato nelle vecchie carte nautiche.

Era proprio una bellissima giornata. Il sole era splendido e la sua luce s’insinuava fra le scogliere irregolari dell’isola, disegnando arabeschi da favola. Le creature si svegliavano al richiamo del sole e un vento fresco soffiava da ponente. Quella era l’Isola che non c’è. In tanti la cercavano, ma nessuno l’aveva ancora trovata. L’isola che non c’è… dove tutto era possibile, pure che i due eterni rivali divenissero amici.

<< Sigliamo questa tregua, Nobu Pan. >> aveva detto Capitan Maki porgendogli la mano.
Nobu si era guardato attorno, cercando con lo sguardo i compagni d’avventura. Trilli aveva acconsentito felice, facendo echeggiare il tintinnio delle sue ali, simile a quelli di campanelli sospesi al vento. I bambini smarriti (**) si erano guardati spauriti. Tregua significava fine del divertimento o inizio di uno nuovo e sempre maggiore?
Capitan Maki restava fiero di fronte a lui. Aveva uno sguardo severo e la piuma del suo cappello ondeggiava cullata dalla leggera brezza che soffiava da sud. I lunghi capelli (^.^ licenza letteraria) gli scivolarono davanti nascondendo brevi tratti del suo viso abbronzato. La camicia era un po’ aperta e si vedeva l’estremità dell’ultima cicatrice che lui, anche se non volontariamente, gli aveva procurato.
Nobu Pan allungò, tentennando, la mano verso quella del capitano, con una lentezza quasi esasperante. Maki si protese verso di lui e gliela prese fra le sue. Erano calde e grandi, le mani del capitano. Gli sorrise dolcemente e gli disse:
<< Da oggi inizia una nuova vita per tutta l’Isola che non c’è. Vieni pure sulla nostra nave ammiraglia, sarai sempre il benvenuto. >>

E dal quel giorno c’era andato spesso, meglio dire tutti i giorni. Capitan Maki lo accoglieva sempre con un gran sorriso e lasciava tutto ciò che fino a quel momento stava facendo per andargli incontro, per mostrargli questa o quell’alta nuova scoperta.

Aveva imparato molte cose in quegli anni e non gli era dispiaciuto, ma anche se erano diventati amici, sia lui che i bambini smarriti non perdevano occasione di creare scompiglio fra la ciurma del capitano. Come qualche sera prima, quando avevano nascosto gli occhiali di Spugna e riempito il suo cappello dei piccoli granchi di fiume. Spugna aveva iniziato a correre per tutto il ponte in preda al panico. Jin, che ripuliva il ponte, era stato travolto dal ciclone Spugna e l’acqua dei vari secchi si era sparsa su tutta la prua. Fuku, accorso per aiutare il compagno, era scivolato sull’acqua saponata, slittando su una sola gamba e andando a cadere su Kaede, addormentato vicino il timone.

“Io non perdono chi disturba il mio sonno” e da lì la rissa che aveva coinvolto tutti i bucanieri. Era stato uno spasso osservare tutto dall’alza bandiera.

Quel giorno si respirava una strana aria sulla nave. Benché fosse già giorno inoltrato, sulla nave regnava una quiete innaturale. Le vele non erano state issate e il ponte era sgombero.
Fece un giro completo dell’imbarcazione, ma non vide nessuno. Provò ad osservare l’interno dai piccoli oblò, ma non riuscì a vedere nulla. Pensò che forse i pirati erano partiti per qualche missione all’interno dell’isola e stava per tornare all’albero degli impiccati, quando sentì una porta aprirsi e dei passi percorrere lenti il ponte di prua.
“Ma allora c’è qualcuno!” aveva subito pensato e, senza neppure rendersene conto, si era nascosto, volando in alto e celandosi dietro il grande albero maestro. Beh poiché era rimasto, poteva pure fare qualche scherzo innocente al vecchio Spugna, continuò a pensare sogghignando, ma qualcosa lo fermò e rimase nascosto.
Sentiva due voci affaccendarsi in una conversazione di cui purtroppo, sia per la tonalità bassa che per il rumore costante della mareggiata, riusciva ad afferrare ben poco.
Cercò di fare attenzione e riconobbe nel tono basso di una di esse la voce del Capitano Maki… ma l’altra? Vediamo… non era di certo quella di Kaede perché la sua… beh in effetti non lo aveva mai sentito parlare, se non per insultare Hana, ma dubitava potesse essere la sua; Akira? No. Era un tono più basso e deciso, lontano dalla voce gioiosa di quel ragazzo dai capelli come gli aculei di un istrice. Non era neppure Jin, di questo era certo. Parlavano sempre di così tante cose che era impossibile per lui non riconoscere la sua voce, anche ad occhi chiusi. Fukuda? Uhm… effettivamente poteva essere… anche lui parlava poco, ma non gli sembrava la sua. Beh Ayako era da escludere e anche Toru. Non era neppure il vecchio Spugna. Lui era impossibile confonderlo con qualcun altro, visto che era solito terminare una frase con il solito “oh oh oh” e poi il passo che accompagnava quello del capitano era molto più leggerlo, mentre quando Spugna attraversava il ponte, traballava tutta la nave.
Decise di uscire allo scoperto, o almeno di cambiare posizione, in modo da osservare meglio la scena, così si involò e si nascose dietro le vele ancora non issate.
Dalla posizione in cui si trovava poteva vedere benissimo il capitano Maki, stretto nella sua divisa da pirata, con la camicia dai grandi ricami e la giacca rosa. Accanto a lui c’era un ragazzo dai capelli piuttosto corti…. Possibile che si fosse sbagliato e che si trattasse di Jin? Eppure si conoscevano da tanto tempo… possibile che non lo riconoscesse?
Il capitano stava mostrando il ponte a qualcuno e questi lo ascoltava rapito. Nobu intanto osservava Maki muoversi con agilità sulla prua e indicare punti indefiniti all’orizzonte.
Si voltarono alla loro destra, verso l’isola e in quel momento Nobu Pan riuscì a vedere il volto di quello sconosciuto. Scrutò con attenzione il nuovo arrivato, non sapeva perché ma non gli era molto simpatico. Aveva dei capelli corti, simili a quelli di Jin, pelle chiara e occhi scuri e poi, ma di questo non era sicuro, gli sembrava avesse una piccola cicatrice sul mento.

Nobu volò un po’ più basso. Adesso, se faceva attenzione e silenzio, poteva sentire quel che dicevano.
<< Ora che il vecchio Spugna se n’è andato, la nostra nave avrà bisogno di un buon nostromo. >> aveva detto Maki, con un’espressione seria e sicura: << Spero che tu possa essere all’altezza del compito affidatoti. >>
<< Abbia fiducia in me, capitano, e non la deluderò! >> aveva detto scattando in piedi.
Maki gli si era avvicinato porgendogli la mano, come aveva fatto tempo addietro con lui, quando avevano siglato la fine della guerra. Il nuovo arrivato gli aveva teso la sua e la stretta aveva sigillato una nuova avventura. Poi però Maki si era avvicinato e l’aveva amichevolmente abbracciato, battendo un paio di volte le sue grandi mani sulle spalle dell’intruso.
Avevano dato un’ultima occhiata all’isola ed erano rientrati sotto coperta.

Spugna aveva lasciato la nave? Ma quando era accaduto? E adesso dove era andato? Ma soprattutto: perché lui non ne aveva saputo nulla? Il capitano Maki non solo lo aveva tenuto all’oscuro di tutto, ma aveva anche preso qualcun altro fra il suo equipaggio, senza neppure chiedergli di volerne fare parte! Era allora questa la sua idea di pace, di collaborazione? Tsè! Questa era una dichiarazione di guerra e Nobu Pan non si sarebbe di certo lasciato sfuggire un’occasione tanto ghiotta di divertimento.

Lasciò presto la nave e si diresse verso l’isola. Il vento gli sferzava il volto, il mare non riusciva a cogliere il riflesso della sua immagine e si apriva scoppiando in mille bolle bianche al suo passaggio. Il sole rimandava la sua ombra ingrandita sulla superficie dell’acqua. Vista dall’alto, sembrava un enorme mostro marino pronto ad emergere in superficie.
Nobu andò subito alla tana sotto l’albero degli impiccati. Entrò furioso, mentre le parole e i gesti che aveva visto e assorbito gli frullavano ancora nella mente, ingigantendosi come una bugia trasportata da parole umane.
Spalancò con un calcio la porta della tana che cigolò offesa. Scese i pochi gradini d’ingresso, appoggiando con forza e rabbia i piedi sul terreno scosceso, facendo sobbalzare le pareti costruite fra le profonde e grosse radici dell’albero.
Il piccolo Kimi dormiva nella sua amaca appesa al soffitto e tenuta ferma dalla punta di una radice. Il suo tintinnare riempiva dolcemente l’aria ad ogni suo respiro e per un attimo Nobu si sentì invadere da tepore e tranquillità. Gli altri bambini dormivano ancora, cullati da un sonno profondo.
C’era Hiro con la sua tutina da micio maculato, con il solito viso imbronciato, che stringeva forte un cuscino. Ryo e la sua lunga coda da tasso che usava come cuscino, poiché quello puntualmente finiva tutte le sere negli angoli più disparati della tana. E poi c’era Hanamichi con le sue orecchie da orso che abbracciava un orsacchiotto ormai sgualcito, ricordo della sua vita fuori dall’isola (O____________________O NdKosh, Hana, Ryo. ^^;;;; NdA.).
Prima della pace si erano divertiti un mondo a fare imboscate ai pirati, tirare le uova marce addosso al capitano o abbassare sugli occhi il berretto al povero Spugna. Poi era arrivata la pace e cosa era successo? Quei pirati li avevano cambiati! Adesso gli altri bambini smarriti non lo seguivano più come facevano un tempo. Non affrontavano con coraggio più nessuna avventura. Non si divertivano più a catturare le fatine per sentirle cantare o ad assaltare il villaggio indiano.
Si erano rammolliti e trascorrevano quasi tutto il loro tempo con quei pirati! Ryota seguiva Ayako come un’ombra, Hanamichi litigava con Rukawa e Hiro parlava con Akira di spade e mondi misteriosi. Anche Giglio Tigrato era cambiato! Lui che era sempre pronto a scappare dal campo indiano per seguirlo in qualche pericolosa avventura, adesso restava tutto il giorno vicino alla scogliera, ad aspettare che la piccola imbarcazione di Toru giungesse a riva. La pace aveva rotto il vero equilibrio di quell’isola di cui lui, Nobu Pan, era il vero Re. Avrebbe fatto pagare cara ai pirati ogni cosa! Era il momento di iniziare l’ultima battaglia, quella finale, che avrebbe decretato il vero vincitore e signore di quell’isola.
<< Svegliatevi tutti! >> aveva gridato.
Il piccolo Kimi si era svegliato di soprassalto e, sobbalzando, aveva sbattuto la testa sul soffitto. Aveva guardato torvo Nobu Pan, massaggiandosi la nuca, ma il volto accigliato dell’amico di sempre lo aveva preoccupato. Si era alzato in volo e aveva volteggiato attorno a lui.
<< Cosa succede, Nobu? >> aveva tintinnato Kimi. (*)
<< Nulla Kimi! Solo… oggi ci riprenderemo ciò che è nostro. Allora volete svegliarvi razza di fannulloni dormiglioni? >>
I tre bambini si sedettero sul letto sbadigliando.
<< Che diavolo hai da strillare di primo mattino, stupida Nobu-scimmia! >> aveva detto Hanamichi, intercalando, ad ogni parola, uno sbadiglio e grattandosi dietro le grandi orecchie da orsacchiotto.
<< Ehi Nobu! Vacci piano o ci farai diventare sordi! >> aveva invece detto Ryo afferrando il cuscino sul letto di Hanamichi e riaccucciandosi sul letto.
Hiro invece lo aveva osservato con il solito sguardo torvo. Nobu sapeva che, se si fosse avvicinato, addormentato com’era lo avrebbe morso.
<< Ragazzi non volete venire con me per una nuova avventura? >> aveva detto entusiasta Nobu Pan volteggiando in aria.
<< Le nostre avventure non sono più divertenti! >> lo aveva interrotto Hiro: << E poi Akira ha promesso di raccontarmi del mostro che ha affrontato nei mari del Sud! >>
<< E’ vero! Le avventure dei pirati sono molto più avventurose. >> aveva sbadigliato Ryo.
<< Tsè! Vi siete rammolliti! Altro che i coraggiosi bambini smarriti! Fra poco avrete bisogno della mammina per cambiarvi il pannolino! >> li aveva canzonati Nobu.
<< Che diavolo hai detto, stupida Nobu-scimmia? Noi siamo coraggiosi e non ci ritiriamo di fronte ad una grande avventura. >> aveva gridato Hana sollevandosi in piedi e lasciando così cadere Billy, l’orsacchiotto bianco.
Gli altri bambini erano stati tutti concordi. Nobu metteva in discussione il loro coraggio! Loro che avevano affrontato i pirati, gli indiani e persino i mostri della Grotta Nera!
<< Allora? Qual è questa avventura? >> aveva chiesto deciso Hiro.
<< Dichiareremo guerra ai pirati! Ricordate come ci divertivamo nelle nostre scorribande sulla nave ammiraglia? Siete pronti ad affrontare la nostra più grand’avventura, quella che l’Isola che non c’è ricorderà per sempre? O forse… vi siete troppo rammolliti per affrontare i pirati? >> aveva detto sempre volteggiando, lanciando alla fine un’occhiata ironica al peluche di Hanamichi.
<< Tsè! Se è tutto questo… >> aveva detto il rossino raccogliendo Billy: << Accetto! >>
<< Anche io! >> aveva acconsentito Ryo.
<< E sia! Io non mi tiro di certo indietro! >> aveva esclamato Hiro.
Nobu aveva sorriso: << E tu Kimi? Sei con noi o contro di noi? >>
Trilli guardò i suoi compagni d’avventura. Abbandonarli significava lasciarli completamente allo sbando. Se Nobu aveva deciso di dichiarare guerra ai pirati, non c’era modo di fermalo. Eppure doveva scoprire cos’era accaduto quel giorno e l’unico modo per farlo era seguirlo.
<< Sì. Sono con voi. >> aveva tintinnato sistemandosi sulla spalla di Nobu.
I bambini si sedettero attorno al tavolo delle trattative.
Stava per iniziare la più grande avventura: l’ultima battaglia.

FINE PROLOGO

Autrice: Enlil tesoro! Scusa lo schifo! Volevo dedicarti una one-shot ma non mi veniva in mente nulla di decente, o meglio, l’idea c’era e c’è tuttora, ma non riesco a trovare le parole adatte! Così ho pensato di riprendere in mano la ff su Nobu e dedicartela tutta. Spero che ti piaccia! Scusa se il capitolo è piccolino, ma è un prologo. La serie comunque non dovrebbe essere troppo lunga.
Tanti auguri ciccia! Miliardi di questi giorni felici!

(*) In questa ff, come avete ben capito, Kimi parla. Che dire? Ricordatevi solo che è liberamente ispirata a Peter Pan, dal quale comunque prende le distanze, in un certo senso.
(**) I bambini smarriti, in realtà, sono dei ragazzi ben sviluppati, insomma quelli che siamo abituati a vedere nel manga. Ho deciso di lasciare la dicitura originaria perché mi faceva comodo.
(***) Il linguaggio è poco costruito, così come le frasi, sia dei dialoghi che dei periodi. Tutto questo ha un motivo ben preciso: è una favola e come tale deve adoperare un linguaggio semplice e dei periodi non complessi. Tutto questo per dirvi di non imputare la pessima struttura della ff alle mie eventuali scarse cognizioni letterarie e grammatiche! ^.^;;;

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Capitolo 2
*** capitolo 02 ***


“Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino….”

 

Cominciava così una delle mie favole preferite quando ero piccola. Nessuno me ne ha mai letto il libro, nessuno me ne ha mai raccontato la storia, ma io già la conoscevo, come impressa nel mio cuore. Un eco lontano di un passato perduto in un luogo dimenticato, in cui tutto era possibile, persino volare alti nel cielo e parlare ai fiori…. Una favola senza tempo. Una ricerca di libertà. Un suono di gioia fra il rombo dei cannoni. Un nome sopra gli altri. Un guizzo verde nella notte londinese. Una luce che brilla sibillina. Sembra proprio un sogno o forse no? Io all’Isola che non c’è ci sono stata e ci ho vissuto per molto tempo. Tutt’ora, quando le maglie della vita si stringono attorno al mio collo, quando gli eventi mi soffocano, io chiudo gli occhi e volo.

Nella mia isola che non c’è, non vi è posto per chi fa del male o non sa ridere. La tristezza è bandita! Venite anche voi! Seguitemi nell’Isola che tutti cercano, nel luogo che nessuno sa trovare, quel luogo così lontano eppur così vicino….

 

<< Non è che ci abbia capito poi molto… >> confessò Hanamichi grattandosi dietro l’orecchio e stringendo Billy ancora più forte.

Dopo un’ora di trattative, Nobu Pan e i bambini smarriti avevano messo a punto un piano per liberarsi definitivamente dei pirati.

<< Beh non è che abbia poi torto… >> continuò Ryota lisciando la sua lunga coda.

<< Ma cosa dite? Il piano è geniale! Degno di Nobu Pan il grande! >> aveva volteggiato in aria.

Hiro aveva sbuffato. Con i gomiti appoggiati al tavolo tondo, guardava sospettoso Nobu Pan. C’era qualcosa che non riusciva a convincerlo del tutto.

Perché quella decisione repentina? Nobu era sempre stato entusiasta della pace. Trascorreva quasi tutta la giornata sulla nave del capitano e, al ritorno, raccontava sin nei minimi particolari un’altra delle scoperte fatte grazie a lui.

Anche Kimi Trilli era della stessa opinione, infatti osservava Nobu con aria critica. Eppure, però, aveva accettato di seguirlo nella sua nuova avventura…

<< Cosa conti di fare come primo passo? >> gli chiese sbuffando.

<< Per prima cosa… taglieremo la piuma del cappello del capitano! Maki tiene molto alla sua lunga piuma e noi gliela taglieremo! Sarà come dissotterrare l’ascia di guerra>>

 

A notte inoltrata Nobu Pan, seguito dai tre bambini smarriti e il piccolo Kimi, uscì dalla tana sotto l’albero. Trasportavano, come meglio potevano, tutto ciò che la casa conteneva.

Dalla nuova postazione, immersa nel boschetto silenzioso, avevano la visuale completa sia della nave che della Roccia del Teschio. Potevano programmare alla perfezione ogni loro azione, senza pensare troppo alle conseguenze. Il Capitano Maki non era a conoscenza di quel nascondiglio e neppure i bambini smarriti. Quel luogo era stato la sua prima casa quando, ancora bambino, era approdato sull’Isola che non c’è. Certo non avrebbe potuto giocare con Kenji Giglio Tigrato, ma ultimamente era impossibile persino parlargli, figuriamoci giocare con lui. Stava sempre in cima alla scogliera e ogni suo sguardo era solo per Toru! E proprio per questo motivo non avrebbe potuto dirgli dove si sarebbero rifugiati. Ormai Giglio Tigrato era diventato, a tutti gli effetti, una spia dei pirati e come tale sia lui che gli altri Bambini Smarriti dovevano trattarlo. Su questo era stato categorico!

Alle prime luci dell’alba i bambini smarriti presero posto dietro la vegetazione, nel nuovo posto d’osservazione. Alla fine Nobu aveva deciso di fare lui il primo passo, così come era stato lui stesso a siglare la pace, tanto tempo prima. Ai Bambini Smarriti aveva consigliato di restare ben nascosti e di godersi lo spettacolo attraverso quelle lenti che i pirati gli avevano regalato e che permettevano di vedere lontano, fin sulla nave. Non erano veloci come lui e quindi rischiavano di farsi catturare e quella era sembrata a Nobu la scelta più giusta.

“Allora ragazzi! Siete pronti?” aveva detto loro prima di involarsi: “Ora ricomincerà il divertimento!” ma Hiro aveva l’impressione che neppure lui ci credesse.

Scosse la testa, cercando di restare sveglio e diede una gomitata a Ryota, che si era appisolato usando la sua lunga e soffice coda come cuscino.

<< Eh? Sono pronto, andiamo… >> sbadigliò Ryota strofinandosi gli occhi.

<< Dove vuoi andare Ryo-chan?! Nobu è appena partito e tra poco iniziano i giochi! >> gli aveva detto Hanamichi afferrandolo per la coda.

<< Trilli? >>

<< E’ andato al villaggio delle fate. >> poi il rossino continuò: << Non vi sembra strana la decisione di Nobu? Fino a ieri non faceva che riempirci la testa del capitano Maki e ora… >>

<< Sarà successo qualcosa? >> domandò Ryota, finalmente abbastanza sveglio.

<< Volete forse tirarvi indietro? >> li stuzzicò Hiro.

<< Che cosa? Mai! >> risposero i due in coro, prima di sedersi e prendere in mano i cannocchiali.

 

Intanto…

 

Nobu Pan era già giunto in prossimità della nave.

Il ponte era ancora sgombero, ma dall’interno provenivano già i primi rumori. I pirati si stavano svegliando e presto avrebbero invaso la nave, con i loro schiamazzi e le loro canzoni.

Nobu Pan scrutò l’interno attraverso un oblò ma non riuscì a vedere molto, così decise di risalire lungo il fianco del bastimento, fino alla camera del capitano. Gli oblò lì erano solitamente aperti, così avrebbe potuto ascoltare ciò che il capitano e Toru si dicevano.

Si appostò poco al di sotto della finestrella e ascoltò con attenzione.

Toru e il capitano Maki stavano parlando del nuovo arrivato, un certo Hisashi Mitsui. Ne commentavano il lavoro celere e preciso, ritenendolo uno dei migliori acquisti che quella vecchia nave pirata avesse potuto fare. Certo, continuarono, su quell’isola le scelte non erano molte, ma loro erano stati fortunati.

<< Oggi i bambini non sono ancora arrivati. >> commentò Maki pensoso.

<< Kenji dice di non avere sue notizie dal giorno della festa. >>

Nobu si sporse verso la finestra per avere una visione completa.

Il capitano era chino sulla sua scrivania, intento a scrutare delle carte nautiche. Toru era seduto sul divanetto rosso, vicino all’oblò. Leggeva un libro e gli dava le spalle.

<< Beh poco male! >> disse improvvisamente il capitano, quasi stesse pensando: << Quando quei “bambini” arrivano sulla nave portano solo scompiglio e i miei uomini diventano meno ricettivi. Se fossimo in guerra e i nostri nemici fossero della Marina Reale, saremmo già stati catturati e le nostre ossa penzolerebbero dal più alto colle dell’isola. >>

Nobu Pan non volle ascoltare più nulla. Dentro di sé sentiva una gran rabbia che premeva prepotente. La sentiva salire dalle viscere del suo corpo e invadere le sue vene come lava. Mai, fino ad allora, neppure in passato, durante la loro guerra personale, Nobu Pan si era mai sentito invadere da cotanta rabbia. Era forse odio ciò che provava? Forse, ma non avrebbe saputo dirlo. A lui quel sentimento era sempre stato sconosciuto, così come ai bambini smarriti. Nobu Pan, in quel marasma di sentimenti, aveva un’unica e solitaria certezza: Capitan Maki gliel’avrebbe pagata e a caro prezzo!

S’involò alto sulla nave e si nascose fra gli alti pennoni. Creavano scompiglio fra la ciurma? Oh… ancora non aveva visto nulla!

Dal sacchetto fermato sul fianco, uscì una polverina magica. La spruzzò sulla nave e attese. Aveva rubato quella polvere alle fate del bosco, prima dell’armistizio, proprio con l’intento di fare uno scherzo ai pirati. Sorrise al pensiero. Certe cose potevano sempre tornare utili!

Vide brillare la polvere con soddisfazione. Pronunciò delle parole magiche che Kimi gli aveva insegnato tanto tempo prima e la nave ruggì. Come fosse stata animata, la nave ruppe la catena che la teneva bloccata in quelle acque tranquille e cominciò a muoversi. Dapprima fu un movimento così lento che neppure Aida, uscito sul ponte, se n’era accorto, ma poi la velocità iniziò ad aumentare. Aida perse l’equilibro, cadendo a terra. Nobu, che dall’alto guidava i movimenti della nave, lo vide gattonare fino al bordo e guardare giù. Lo sentì urlare il nome del capitano e potè immaginare il rumore dei passi concitati degli altri pirati che, ancora non del tutto coscienti, si radunavano sul ponte.

La nave, come guidata da un filo sottile manovrato da Nobu Pan, prese a fare giri attorno a se stessa, aumentando e diminuendo la velocità senza preavviso. Il Capitano guardava la sua ciurma cercare di bloccare in qualche modo quel movimento sussultorio. Ammainarono velocemente le vele e calarono l’ancora di riserva, ma tutto fu inutile. Nobu, che dall’alto se la rideva divertito, lanciò uno sguardo verso il punto dell’isola in cui aveva lasciato i compagni, chiedendosi se, da lì, si potesse avere una visione simile alla sua. Poi rivolse il suo sguardo al Capitano. Era forse riuscito a capire cosa, o meglio chi, si nascondeva dietro quel prodigio? Probabilmente no. Lui era ancora certo della pace conquistata e mai avrebbe potuto anche solo immaginare.

Lo vide richiamare l’attenzione di Toru e del nuovo arrivato. Con ogni probabilità stavano discutendo sul da farsi. Vide Toru guardare sconsolato il resto della ciurma, appesa agli alberi o ad altri scogli sicuri, e poi vide lui, Hisashi Mitsui, dire qualcosa. Lui non era come Ryota, non sapeva leggere i movimenti delle labbra, ma era certo che stesse dicendo “magia”.

Era giunto il momento.

La nave si sollevò dalla superficie dell’acqua. Toru, barcollando, si diresse verso i margini della nave, quasi per accertarsi della fondatezza dei suoi pensieri. Si guardò attorno, alla ricerca di qualcosa, poi il suo sguardo fu catturato da un’ombra fugace sulla superficie delle acque. La nave si fermò un attimo, sospesa fra il cielo e il mare. Toru alzò lo sguardo verso le nuvole e lo vide.

Spavaldo come sempre, nella sua consueta posa da spaccone, Nobu Pan osservava estasiato la scena.

<< Nobu Pan! >> esclamò il quattrocchi della ciurma.

Il capitano seguì il suo sguardo e incontrò quello divertito di Nobu.

<< Nobu! Che sta succedendo? Non ti sembra che sia durato a lungo questo scherzo? >> e non seppe spiegarsi come mai il suo sguardo divenne improvvisamente feroce.

Fluttuando nell’aria, come una piuma sospinta dal vento, Nobu scivolò in prossimità della nave, poi si fermò.

<< Capitan Maki… >>

<< Nobu… sei tu la causa di tutto questo? >>

<< Già. >>

Nobu Pan fece scivolare velocemente lo sguardo su tutto l’equipaggio. Rukawa… Sendo… Fukuda… persino Jin, lo guardavano senza in realtà capire e fu proprio quest’ultimo ad intervenire.

<< Che significa Nobu? >>

<< Semplice! >> e con uno scatto veloce, che sorprese e immobilizzò tutti, si avvicinò al Capitano e gli sottrasse il cappello dalla lunga piuma.

Appena fu abbastanza lontano dalla nave, prese il pugnale e tagliò in due cappello e piuma, nell’assoluto silenzio. Si sentì solo un sussulto, forse di qualcuno che, finalmente, aveva compreso.

<< Cosa significa Jin? Significa: GUERRA! È finita la pace Capitan Maki. Era così barbosa che stavo morendo di noia, così, stamani, mi sono deciso e ho dissotterrato l’ascia di guerra! >> e alta si levò la sua risata: << Io e i Bambini Smarriti vi dichiariamo guerra, ma stavolta non sarà un gioco per bambini. Questa volta in palio ci sarà la supremazia sull’Isola che non c’è. Io la rivoglio! È mia e mi appartiene! Voi pirati dovete andarvene! >>

Il Capitano Maki si avvicinò al bordo della nave. I suoi occhi erano due sottili lame d’acciaio.

<< Questo non è possibile. Quest’isola appartiene tanto a voi quanto a noi. >>

Nobu gettò in acqua il cappello. Galleggiò un po’ prima di sprofondare fra i flutti.

<< Se questa è la tua ultima parola… >>

La nave s’illuminò nuovamente e si adagiò sull’acqua.

<< Spero che questi giri turistici saranno di vostro gradimento, capitano. >> sorrise sornione inchinandosi, prima che la nave, con lentezza, si muovesse verso il largo e lui tornasse verso la riva.

Se si fosse voltato avrebbe visto lo sguardo di Maki seguirlo fino a diventare un puntino all’orizzonte, ma Nobu era troppo arrabbiato per restare a gustarsi la scena anche solo un minuto in più, così si involò veloce verso l’isola. Ma non andò subito al rifugio.

Man mano che si avvicinava alla terra ferma, una figura si faceva più nitida. I Bambini Smarriti non erano stati gli unici osservatori dell’inatteso spettacolo.

Kenji, che aveva osservato tutta la scena, non sapeva se ridere dell’ennesimo scherzo di Nobu o iniziare a preoccuparsi. Dapprima, infatti, aveva riso divertito della fantasia dell’amico e della reazione dell’equipaggio, ma poi, non sapeva neppure lui spiegarsi bene il motivo, aveva smesso di trovare divertente quello scherzo. Forse era stato il gesto di Nobu, l’aver tagliato il cappello dalla lunga piuma che il Capitano amava tanto, o forse lo sguardo severo di Maki.

 

<< Cos’è successo? >> chiese Kenji quando Nobu gli fu di fronte.

<< Non l’hai visto? Ho dichiarato guerra ai pirati! >>

<< E i Bambini Smarriti? >>

<< Naturalmente sono dalla mia parte… e tu? Da che parte starai Kenji? Verrò domani a domandartelo nuovamente e allora vorrò una risposta. >>

E così com’era arrivato, Nobu Pan se ne andò via, intraprendendo la via dei boschi che, come consueto, lo conduceva all’albero degli impiccati.

All’orizzonte la nave del capitano solcava i mari, a gran velocità.

 

Nobu Pan rimase sulla scogliera a godersi lo spettacolo con i compagni d’avventura fino a giorno inoltrato, poi l’effetto della magia scomparve e la nave si adagiò sulle acque nello stesso punto in cui aveva iniziato il suo pazzo viaggio.

Il capitano Maki rientrò nella sua camera sbattendo la porta, ordinando a Ikegami che nessuno, e ripeté quella parola con fermezza, lo disturbasse. Una volta dentro sfogò la sua rabbia sulla poca mobilia ancora in piedi e calciò, con forza, tutte le mappe che aveva tracciato con l’aiuto di Nobu.

Nobu Pan.

Che diavolo era preso a quello sconsiderato ragazzino?

Fino al giorno prima sembrava entusiasta della pace. Avevano scherzato assieme, avevano persino cantato le vecchie canzoni sui lupi di mare alla festa di Spugna e ora? Che cosa gli era preso? Per un attimo aveva persino pensato di avere davanti agli occhi un sortilegio. Quando aveva incontrato lo sguardo di Nobu aveva faticato a riconoscerlo. Vi aveva letto rabbia e odio e ancora qualcosa di indefinito.

Si avvicinò all’oblò e osservò la spiaggia solitaria.

Appoggiato al gomito, si morse la mano stretta nella morsa del pugno.

Cosa stava facendo Nobu? Forse stava ridendo di lui insieme agli altri bambini, nella loro tana sotto l’albero degli impiccati…. Si era sempre chiesto come facessero a viverci in cinque, in quello spazio ristretto.

 

Toru bussò due volte alla porta. Attese invano una risposta, poi decise di risalire in coperta, per valutare l’entità dei danni.

Il comportamento di Nobu Pan aveva stupito anche lui, ma soprattutto il suo sguardo freddo e penetrante, come se… come se odiasse. Di tutti i sentimenti che aveva scoperto possedere quel ragazzino e i suoi strampalati amici dai bizzarri costumi, non aveva mai scorto l’odio. Anche prima, quando combattevano su fronti opposte, più che nemici potevano definirsi rivali. Ogni volta che giocava loro qualche scherzo, lo faceva con il sorriso sulle labbra. Si divertiva, come stesse davvero giocando. Ma adesso era diverso. Nobu Pan voleva davvero la guerra e voleva vincerla.

Come avrebbe agito il comandante?

Lui provava una profonda ammirazione nei confronti di Nobu e della sua gioia di vita.

Durante il periodo di pace, Nobu Pan e il capitano si erano comportati da amici e il loro non era stato un sentimento forzato, lo si vedeva apertamente.

Il capitano era felice ogni volta che Nobu andava a trovarlo e lo riempiva di domande. A lui piaceva spiegargli questo o quell’altro mistero, condendo tutto con un pizzico di ironica baldanza.

Chissà come l’aveva presa.

Cosa sarebbe successo?

Era il pensiero che stazionava nella mente di ogni pirata.

Loro erano corsari, vero, e combattere era la loro vita, ma si erano abituati a quel clima di pacifica convivenza e persino agli scherzi di Nobu e dei Bambini smarriti.

Come avrebbero dovuto comportarsi adesso? Di certo il capitano non avrebbe fatto finta che nulla fosse mai accaduto, quindi questo avrebbe portato alla guerra. E mentre per alcuni questo pensiero iniziava a piacere, facendo ribollire il sangue di corsaro, per qualcuno era un imprevisto poco piacevole.

<< Cosa pensi che farà il capitano, Kitcho? >> chiese Akira, detto anche il porcospino per la classica capigliatura a punta.

<< Sei preoccupato? Io no. Un po’ di movimento ci farà solo bene! Ci siamo un po’ rammolliti ultimamente, specie alcuni di noi…. >>

<< Significa che non potrò vedere il mio micio per chissà quanto tempo! >> sospirò affranto Akira.

<< Mio micio? Sei fortunato che non sia qui, altrimenti ti avrebbe già fatto saltare gli aculei! >>

La loro risata attirò l’attenzione di Ayako e Rukawa che si avvicinarono al gruppetto. A loro si unirono anche Soichiro e Toru.

<< L’unica cosa da fare, adesso, >> mormorò Toru: << è lasciare che la situazione evolva da sola. Vediamo come si mettono gli eventi e poi decideremo. >>

<< Hn. >> mormorò Rukawa pensieroso, con lo sguardo rivolto all’isola.

<< Beh un po’ di tranquillità non farà male a questa nave! >> borbottò Ayako: << Fra orsi, gatti e criceti qui stava diventando un asilo nido! >>

<< Guarda che è un tasso! Se ti avesse sentito Ryota sarebbe scoppiato in lacrime! >> la riprese ironico Soichiro: << Inoltre non dovremmo parlare di zoo, invece di asilo? E poi sono sicuro che quel “criceto” ti mancherà più di quel che credi o vuoi far credere… >>

<< Oh quante storie! Invece di stare qui a chiacchierare perché non andate a dare una mano agli altri? Sistemate il ponte e poi le stive! Subito! >>

Intimoriti dal suo ventaglio, i membri del piccolo gruppetto si dispersero, ognuno per la sua strada.

Ayako diede uno sguardo veloce verso l’isola e sospirò. L’attendevano tempi difficili. Scosse la testa e scese nella stiva, a dare una mano al tacito Rukawa.

 

<< Allora? >> domandò orgoglioso Nobu Pan: << Cosa ne pensate? Era o non era uno scherzo degno dei vecchi tempi? >>

<< Beh Nobu-scimmia non te la sei cavata poi così male… >> valutò il rossino e gli altri due annuirono.

<< E questo è solo l’inizio! Presto inizieremo un gioco ancora più grande e divertente. Allora, siete con me o no? >>

Un coro di voci s’innalzò dalla collina boscosa. I ragazzi festeggiarono la ripresa delle ostilità tutto il giorno, con balli e canti. Kimi, in disparte, rifletteva sul da farsi.

Il cambiamento repentino di Nobu Pan non lo convinceva affatto.

Doveva essere accaduto qualcosa sulla nave, perché lui era cambiato dopo la visita mattutina alla nave pirata.

Che avesse litigato con il capitano?

No! Doveva essere accaduto qualcosa di più grave, almeno tanto da giustificare quella trasformazione.

C’era solo una persona, sull’Isola che non c’è, che poteva far chiarezza sugli eventi ed era proprio il bersaglio della vendetta di Nobu: il Capitan Maki.

Kimi allora prese la sua decisione: durante la notte sarebbe andato sulla nave pirata a parlare con Maki, a cercare di risolvere la situazione. In cuor suo sperò che andasse tutto per il meglio.

 

Intanto sulla nave…

<< Cosa facciamo Capitano? >> Toru cercò di scrutare i pensieri di Maki.

Dopo un attimo di silenzio, che a Toru parve eterno, il capitano rivelò ad Hanagata la sua decisione.

<< Vuole la guerra? E guerra sarà! Prepara l’equipaggio in assetto da combattimento. Da ora in poi Nobu Pan e i suoi amici saranno considerati dei nemici. Chiunque si avvicinerà alla nave sarà considerato un nemico e quindi catturato e chiuso nelle prigioni in attesa di interrogatorio. >>

Toru segnò, sul suo taccuino tutte le nuove disposizioni del comandante, ma la sua scrittura ferma e decisa tremò durante la trascrizione dell’ultimo ordinamento.

<< Tutto questo vale anche per Giglio Tigrato, Toru. >>

<< Agli ordini, capitano. >> e detto questo si congedò.

Il pensiero di Toru corse a Kenji. Chissà per quanto tempo ancora avrebbe dovuto attendere il suo arrivo, seduto sullo scoglio con in mano l’ocarina.

Kenji…

 

E mentre, sull’isola, Nobu e i Bambini Smarriti festeggiavano il primo attacco e il Capitano Maki, sulla sua nave pirata, organizzava la nuova strategia, il piccolo Kimi, ignaro delle nuove disposizioni, si preparava a salpare per la Jolly Roger.

Cosa sarebbe accaduto?

Era già tutto deciso?

Nuove nuvole si addensavano all’orizzonte e, presto, avrebbero scaricato il loro fardello di guai sugli ignari protagonisti.

 

Fine secondo capitolo

 

Soffio: allora? Che ve ne pare?

Sky: era ora sist -.-!

Soffio: dici che vi ho fatto attendere troppo ^^”?

Sky: ma no sist, cosa te lo fa pensare -.-? In fondo… cos’è un anno?

Soffio: eh già… è già trascorso un anno…. Ah! Come passa il tempo ^///^!

Sky: sist non dovresti scherzarci sopra e torna subito a scrivere >.< !

Soffio: ;_________; ma… ma… Eh-chaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan! Perdonami! Ti ho fatto attendere un anno intero per il secondo capitolo e l’ho postato sempre per il tuo compleanno ^^”. Mi perdoni vero? Prometto che sarò più celere con il resto *_*!

Sky: fossi in te non ci spererei Enlil… la sist è poco affidabile….

Soffio: ^^”””””” cmq questa ff è sempre per te, picci! TVTB! Miliardi di miliardi di giorni felici! Buon compleanno picci!

 

 

 

Note finali.

1) In questa ff, come avete ben capito, Kimi parla. Che dire? Ricordatevi solo che è liberamente ispirata a Peter Pan, dal quale comunque prende le distanze, in un certo senso.

2) I bambini smarriti, in realtà, sono dei ragazzi ben sviluppati, insomma quelli che siamo abituati a vedere nel manga. Ho deciso di lasciare la dicitura originaria perché mi faceva comodo.

3) Il linguaggio è poco costruito, così come le frasi, sia dei dialoghi che dei periodi. Tutto questo ha un motivo ben preciso: è una favola e come tale deve adoperare un linguaggio semplice e dei periodi non complessi. Tutto questo per dirvi di non imputare la pessima struttura della ff alle mie eventuali scarse cognizioni letterarie e grammatiche! ^.^;;;

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