Caring is not an advantage

di Queen of Snape and Joker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Why can't you understand that I'll love you 'till the end? ***
Capitolo 2: *** It rains on my pain ***
Capitolo 3: *** "I'm sorry..." "Hey, don't worry." ***
Capitolo 4: *** Hold my hand,my friend ***
Capitolo 5: *** Don't cry for me when I can't see ***
Capitolo 6: *** I will suffer,'cause you'll marry her ***
Capitolo 7: *** Don't try suicide ***
Capitolo 8: *** I wanna die,'cause he's not mine ***
Capitolo 9: *** Of this game we are the pawns,but we're not scared and we'll carry on ***
Capitolo 10: *** Do a cheer to the puppeteer ***
Capitolo 11: *** It doesn't matter what you will be going through,I will always protect you ***



Capitolo 1
*** Why can't you understand that I'll love you 'till the end? ***


Why don't you understand that I'll love you 'till the end?



In un piovoso pomeriggio londinese,al 221B di Baker Street,Sherlock Holmes non si era mai sentito tanto ridicolo.
John se ne era appena andato e adesso l'uomo di ghiaccio,insensibile a tutto e a tutti,si ritrovava steso sul pavimento con il viso rigato di lacrime.
Il grande genio e detective privato sbatteva i pugni contro il pavimento senza dire una parola,scosso dai singhiozzi.Ebbene,cosa l'aveva ridotto così?

John.

Quattro stupide lettere che lo facevano stare male.
Un nome,mille significati.

A qualcuno che gli avesse chiesto:"Che rapporto hai con John Watson?",Sherlock non avrebbe saputo dare una risposta.Chi era?Un amico?Un conoscente?Un soldato?Un convivente?Un dottore?Oppure l'uomo che gli aveva fatto capire di avere un cuore per poi frantumarlo in mille pezzettini?
Probabilmente ognuna delle precedenti risposte sarebbe andata bene,ma nessuna era più forte della verità:"John Watson è l'uomo che amo."
Così avrebbe dovuto rispondere Sherlock Holmes al suo inopportuno intervistatore se avesse avuto almeno un millesimo del coraggio del suo caro amico,pronto a dire la verità sempre e comunque,senza pensare alle conseguenze.

Le conseguenze.

Erano quelle che l'avevano ridotto allo stato di uno squallido verme che lacrima quel pomeriggio,perché Sherlock,oltre ad essere un codardo,era anche tremendamente impulsivo e non riusciva a frenare le parole quando lo minacciavano di uscirgli dalla bocca.
Si ricordava benissimo di quella volta che in secondo liceo si era fatto espellere dalla scuola perché aveva detto al professore di chimica,un po' troppo ad alta voce e un po' troppo scortesemente,di essere un assoluto asino ed incompetente in materia.
Pessima scelta di parole per spiegare ad un docente perché non si merita il 4 appena preso al compito di chimica.

Torniamo,però,al problema principale e alla vera ragione per cui Sherlock stava consumando le sue riserve d'acqua:il matrimonio di John e Mary.

Quando aveva saputo che John si sarebbe sposato,non ci aveva creduto e aveva confessato,indignato,a suo fratello Mycroft,che non poteva immaginare come John avesse potuto innamorarsi di una donna così brutta e,per giunta,in così poco tempo.
"Sherlock,sono passati tre anni da quando sei "morto",non tre giorni.",gli aveva risposto il capo dei servizi segreti britannici,esasperato da quel lamento.

Nonostante il discorso di suo fratello su quanto fossero inutili e una perdita di tempo gli affetti e le emozioni,Sherlock non era riuscito a togliersi di dosso quella sensazione di fastidio ed incredulità.
Tuttavia era riuscito a sopportare tutto lo stress riguardante i preparativi del matrimonio e le parole di John su quanto amasse la sua futura moglie,senza scoppiare per quella rabbia senza un preciso fondamento.

Oh,poi però se ne era accorto;era pur sempre un genio e un detective.
Cercando di capire perché tutta quella faccenda del matrimonio lo facesse stare così male,aveva piazzato delle telecamere in giro per l'appartamento in Baker Street per capire se,per caso,avesse potuto assumere del veleno presente nelle bomboniere,magari inserito da Mary,o delle pasticche nel the che gli procurassero frequenti sbalzi di umore.
Aveva registrato ben una settimana di filmati e poi si era messo ad analizzarli tutti ben benino,ma non c'era traccia di eventuali manipolazioni del the o delle bomboniere(nonostante avesse in seguito condotto su di esse anche analisi chimiche),così decise di non concentrarsi su ipotetici avvelenamenti,ma,piuttosto,su di sé e sul proprio bizzarro comportamento.

Quando l'aveva scoperto,la notizia l'aveva scioccato così tanto che era caduto in una forte depressione e si era procurato,non si sa come,sessanta pacchetti di sigarette che aveva consumato in tre giorni e mezzo.
I segnali c'erano tutti:occhi dilatati,battiti del cuore accelerati,eccessiva premura ed eccessive reazioni a qualunque cosa lui gli dicesse.
I sintomi erano quelli dell'innamoramento.

Sherlock.

Era innamorato.

Di John.

Era una catastrofe,ma sapeva ciò che doveva fare per gestirla.
Cosa fa il governo quando scopre qualcosa di così sconvolgente che potrebbe mandare in crisi l'intera nazione?Semplice:la nasconde.
E così fece Sherlock:nascose i suoi incredibili sentimenti a John e a chiunque altro,o almeno fino a quel pomeriggio.Il pomeriggio del crollo.

Era iniziato tutto solo un'ora prima.
John,dopo una settimana di assenza dovuta ai mille impegni che chi deve organizzare un matrimonio e allo stesso tempo lavorare conosce,era andato al 221B di Baker Street per andare a trovare il suo caro amico per dargli un'importante notizia  e fare un salto anche dalla signora Hudson.
Il dottore aveva aperto la porta con il suo paio di chiavi ed aveva salito,come già aveva fatto innumerevoli volte,le scale,per poi entrare nell'appartamento che aveva condiviso con Sherlock qualche anno prima.
Il detective stava cercando qualche caso da risolvere sul computer,quando un rumore aveva attirato la sua attenzione e,seccato,aveva alzato la testa:"Si può sapere chi diamine osa disturb...",la frase si  mozzò a metà quando Sherlock incontrò gli occhi raggianti di John.Esistevano forse occhi più belli?Improbabile.
"...John!Cosa fai qui a disturbare il mio lavoro?",riprese la frase il detective,improvvisamente aggressivo,mentre ritornava a battere i tasti del computer.
"Si vede proprio che ti sono mancato!",rispose sarcasticamente John,un po' sorpreso e colpito dall'atteggiamento acido del genio:"Comunque ho trovato un po' di tempo libero per passare a trovare un vecchio amico e per dargli una bella notizia!",finì la frase il soldato,ricominciando a sorridere:"Cosa sarà mai di così importante da autorizzarti ad irrompere qui senza neanche bussare?",chiese il detective,amaro come mai:"Sherlock,ma cosa ti prende?!Se lo vuoi proprio sapere ero venuto qui a chiederti di farmi da testimone al matrimonio,ma se ti do così fastidio me ne vado immediatamente.",esordì il medico,offeso e irritato dal comportamento del suo amico,per poi aprire la porta nell'atteggiamento di andarsene:"C-Cosa?",domandò Sherlock,sconvolto.Appena John aveva pronunciato quelle parole,il cuore del detective aveva definitivamente ceduto:perché John voleva farlo soffrire così tanto?Perché ferirlo più di quanto non lo ferisse il partecipare al matrimonio,facendogli addirittura fare il testimone con tanto di discorso?
Sherlock era improvvisamente sbiancato e John se n'era accorto e,pensando fosse causa di felicità e sorpresa,riprese il suo discorso più intraprendente e radioso di prima:"Beh,da quando ho chiesto a Mary di sposarmi non ho avuto dubbi su chi sarebbe dovuto essere il mio testimone.Sei il mio migliore amico e voglio che lo faccia tu;ho aspettato fino ad ora per dirtelo perché avevo paura di come l'avresti presa,ma,a quanto pare,i miei dubbi erano infondati."
"No.",Sherlock rispose secco e arrabbiato alla richiesta dell'uomo del quale si era innamorato.
"Cosa?",chiese a sua volta il medico,confuso sulla risposta del genio:"Ho detto no,John.Non ti farò da testimone.",ribadì il detective,in preda alla rabbia:
"Perché?Sei forse nervoso per il discorso?Guarda che non devi farlo per forza se proprio non vuoi...oppure è per gli ospiti?Lo so che non ti sta simpatico il nuovo fidanzato di Molly ma...",il medico non riuscì a proseguire,perché venne interrotto da un urlante Sherlock:
"Non è per nessuna di queste ragioni!Non è per il dannato discorso né per i tuoi orrendi ospiti che non voglio farti da testimone!",sbottò il detective.
"Allora perché?",chiese John,amareggiato per la risposta del suo ex coinquilino.
"Perché non voglio farlo e basta.",disse Sherlock,furioso.
"Che ragione stupida!",osservò il medico.
"Stupida quanto la tua richiesta",rispose il genio,seccato.
"Sei il mio migliore amico,se non lo fai tu chi lo fa?",domandò John,triste e offeso.
"Non mi interessa",continuò il detective,fermo sulla sua posizione.
"I bravi amici fanno da testimone se glielo si chiede.",tentò ancora una volta il soldato di convincere una tra le persone più importanti della sua vita a stargli vicino in uno dei giorni più importanti della sua esistenza.
"Non voglio essere tuo amico!",urlò Sherlock.
Possibile che John non capisse che lo amava?Che gli stava facendo male?
"Perché dici così?",John era sull'orlo di una crisi.Perché Shelock si stava comportando così male con lui?

"PERCHÉ TI AMO!"

Queste parole rimbombarono contro i muri del 221B di Baker Street e contro le pareti del cuore di John.
Sherlock era scioccato:l'aveva detto sul serio?No,doveva essere un incubo.Eppure sentiva il suo cuore esplodergli nel petto,il sudore scendergli dalle tempie,il fiato pesante e le guance che prendevano colore per la vergogna.
Quanto era stupido.
"C-Cosa?",John era sconvolto.Sherlock aveva detto sul serio che lo amava?Come aveva fatto ad essere così cieco?Come aveva fatto a non accorgersene?Il suo migliore amico se ne stava lì impalato davanti a lui in silenzio e stava iniziando a piangere.John sentiva i singhiozzi che gli scuotevano il cuore.Non era decisamente un sogno.
"V-Va-Vat-te-ne.",biascicò Sherlock,umiliato e ferito,mentre le lacrime gli solcavano copiose le guance.
Non piangeva così tanto da quando Mycroft,tanti anni prima,era partito per il college,lasciandolo  da solo a casa.
Allora,però,era solo un bambino.
John intanto gli si stava timidamente avvicinando e,quando gli fu ad un passo di distanza,gli poggiò una mano sulla spalla in segno di consolazione,ma Sherlock,con un brusco movimento del braccio destro,se la scrollò di dosso:
"VAT-TE-NE  J-JOHN!",strillò,con gli occhi chiusi e la voce spezzata dal pianto:"P-Per f-favore...",bisbigliò poi,straziato dal dolore e dalla pena per se stesso.

Quando riaprì gli occhi,di John non c'era traccia.

Ora,dopo quella scena pietosa,Sherlock si ritrovava sdraiato sul pavimento;
non piangeva più,ma non riusciva nemmeno ad alzarsi.
Decise di restare sulla sporca terra,ambiente naturale per un verme quale era.


Angolino della fangirl:
Ciao a tutti i gentili lettori!Ho scritto questa storia OS in un momento di noia ed è una Johnlock spietata sull'amore che Sherlock prova per John e sulla cecità che questo ha nei confronti dei sentimenti dell'amico.
Non so se la continuerò.Voi che dite?Grazie a chiunque abbia letto la storia,alla prossima,
Queen


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Capitolo 2
*** It rains on my pain ***


It rains on my pain



Era ormai una sera di pioggia a Londra e John Watson si ritrovava cacciato fuori dal suo ex-appartamento dal suo ex-coinquilino e forse ex-amico.

Era appena iniziata quella che si può definire una tempesta in Baker Street,quando John era uscito dal 221B senza più né un ombrello né quella sorta di eccitazione che comporta il fare una proposta così bella,come quella di fare il testimone al proprio matrimonio,a una persona di un'importanza straordinaria quale era Sherlock per John.
Ormai,però,al soldato pareva che il cielo piangesse sulla sua testa e che l'acqua penetrasse anche nel suo cuore affranto.

Cosa era appena successo,dunque?
Sherlock,il suo migliore amico,gli aveva confessato che lo amava.

Sherlock.
Amava.
John.

A ricordarselo,John provò lo stesso dolore sordo che aveva provato quando,in battaglia,tanti anni prima,un proiettile gli aveva squartato la spalla.Ecco,quello stesso proiettile gli aveva squarciato l'anima;ma come poteva allora essere ancora vivo?
Adesso si sentiva un mostro:come aveva potuto non accorgersi che Sherlock soffriva così tanto?
Non era affatto un buon amico e meritava di...
"DRIN DRIN DRIIIIIN"
Le riflessioni di John furono bloccate dallo squillare incessante del suo telefono,che prese immediatamente dalla sua tasca:che fosse stato il suo detective che si era pentito di averlo cacciato fuori da casa in maniera così improvvisa e brutale?
Il soldato rispose alla chiamata senza nemmeno osservare il display:"Amore,dove sei?Sono le 20:00:mi avevi promesso che avremmo cenato insieme!",la voce della sua futura moglie squillò,dolce come al solito,nelle orecchie del medico:"Ah,Mary!Ciao...",John,un po' deluso,salutò la donna:"Tesoro,cos'hai?Mi sembri strano...è forse successo qualcosa a Sherlock?",chiese il sicario,che subito aveva notato una strana incrinatura nella voce del suo quasi-marito:"Sh-Sherlock?No!Cosa c'entra ora Sherlock?!Non ho nulla,sono solo un po' stanco.Vengo subito,tu intanto vai da Carlo's.",John troncò la chiamata senza nemmeno lasciare che Mary gli rispondesse e si avviò sotto la pioggia,cercando di proteggersi goffamente la testa con le mani,verso il ristorante italiano,che non era molto lontano da lì;prendere un taxi sarebbe stato inutile.

Il medico era quasi arrivato davanti al ristorante,ma,preso da i pensieri,era più impacciato del solito e,senza accorgersene,affondò mezza gamba sinistra in una pozzanghera che,per la sua profondità,assomigliava più ad un laghetto:"Cazzo!Possibile che oggi l'intero universo ce l'abbia con.."
"Le serve un ombrello,dottore?",una voce interruppe bruscamente lo sfogo di John,che si voltò all'istante,nell'intento di scoprire chi fosse piombato improvvisamente alle sue spalle:
"Mycroft!È Lei!Mi ha fatto prendere un colpo...Cosa ci fa qui?",chiese il soldato al capo del governo inglese,mentre questo si accingeva ad aprire il suo famoso ombrello nero-compagno inseparabile-e a proteggere dalla pioggia anche John:"Nulla,stavo solo andando a trovare il mio fratellino Sherlock;sono salito al vostro appartamento e l'ho trovato in condizioni...come dire?...Misere.
Allora ho pensato che la causa di tutto questo possa essere stato Lei e,casualmente,l'ho trovato proprio sulla via del ritorno!",Mycroft gelò con uno dei suoi soliti sorrisi intimidatori il povero John,che era già abbastanza affranto di suo e non sapeva proprio cosa rispondere a quell'uomo così protettivo nei confronti di suo fratello:
"Senta,Mycroft,sono in ritardo ad un appuntamento e non ho davvero tempo per rispondere ai suoi interrogativi...e poi Lei è un genio!Non riesce a capire da solo ciò che affligge Sherlock?",il soldato rispose bruscamente al suo intervistatore,non sapendo davvero più cosa fare;di certo non gli avrebbe detto quello che gli aveva confessato il consulente investigativo.
Il capo del governo inglese aveva assunto un'espressione piuttosto sorpresa e divertita alle parole del medico:
"E così gliel'ha detto?Non me lo aspettavo di certo dal mio fratellino.
Confessare i propri sentimenti-a questa parola l'uomo storse il naso-così palesemente..."
John si ritrovò,per l'ennesima volta in quella giornata,confuso e scioccato dalle parole del suo interlocutore:
"L-Lei lo sapeva?",chiese,balbettando,a Mycroft:
"Che Sherlock la ama?-l'uomo scoppiò in una fragorosa risata-Naturalmente.
John,lo sanno tutti:persino la vostra anziana padrona di casa ne è a conoscenza.Non mi dica che non se ne era davvero accorto?",il medico assunse nuovamente un'espressione stupita:questa era l'ennesima conferma di quanto era stato stupido.Davvero lo sapevano tutti?
"Io non l'avrei mai immaginato,mi dispiace,non intendevo ferire suo frat..."
"Non importa-tagliò secco Mycroft il discorso,mentre una lunga macchina completamente nera si fermava dietro di lui-ha tempo per risolvere la situazione.Sappia solo una cosa,dottore:se farà di nuovo soffrire mio fratello come è successo oggi pomeriggio,io non potrò più perdonarLa e allora le cose per Lei si faranno...difficili.",appena finì di parlare,dalla macchina nera scese Anthea,la quale aprì la portiera dell'auto al suo capo,che vi entrò.
"Oh,sa,ho lo strano presentimento che io e Lei ci siamo già incontrati prima.",la segretaria di Mycroft disse a John,sollevando per un attimo lo sguardo dal suo smartphone,per poi entrare a sua volta nella vettura,che sfrecciò via nella notte,lasciando il medico da solo sotto la pioggia,davanti all'insegna di Carlo's e con una sola certezza nella testa:doveva sistemare al più presto le cose con Sherlock.

Intanto John entrò nel ristorante per cenare con la sua promessa sposa;non gli ci volle molto per intercettare il tavolo dove lo stava aspettando e,subito,si sedette sulla sedia davanti a lei.
Mary,sorpresa,si lasciò sfuggire un:"John!"e poi gli domandò,arrabbiata:
"Si può sapere dove diamine eri andato a finire?Stavo per andarmene!Non si fanno aspettare mica così le fidanzate,lo sai?",disse al medico,per poi addolcirsi dopo aver visto la sua espressione stanca e affranta:
"John,cosa ti prende?È inutile che mi menti!Si vede chiaramente che hai qualcosa che non va.",disse il sicario,mentre il medico si chiedeva cosa avrebbe dovuto fare.Avrebbe dovuto confessare a Mary tutto ciò che gli era successo quel pomeriggio?Era una faccenda delicata...
Massì!Se era proprio palese l'amore che Sherlock provava per lui,tanto valeva dirle tutto!
Così fece il soldato e raccontò alla sua futura moglie tutto ciò che gli era successo,tralasciando,però,il suo incontro con Mycroft.
Per sua profonda sorpresa,Mary scoppiò in una fragorosa risata:"Guarda che non c'è proprio niente da ridere!",urlò John,disperato,attirando su di se l'attenzione di tutti i commensali:
"Ma davvero non te ne eri accorto?",biascicò il sicario,asciugandosi,con il fazzoletto di stoffa del tavolo,le lacrime agli occhi.
"È così palese?",domandò il povero medico, concependo quanto sciocco e cieco doveva essere stato durante quegli anni:pensare che se ne era accorta anche Mary,che conosceva Sherlock da appena qualche settimana...
"Oh,John,ma non lo vedi come ti guarda?Se ne sta sempre per i fatti suoi,ma,quando tu parli,il nostro genio apre le orecchie e non ha occhi che per te.Non ti dice mai di no e ti segue ovunque vai.Ha finto di suicidarsi per te e,sono sicura,morirebbe per te,John.Lui ti ama più di quanto ami se stesso,di un amore più forte di qualsiasi altra cosa e tu non l'hai nemmeno notato...",disse Mary,sorridendo dolcemente:"I-Io sono una persona orribile.",balbettò il medico,in preda ai sensi di colpa;appena finì la frase,un breve squillo precedette il sicario,che voleva consolare John,dicendogli che non era colpa sua se Sherlock provava quei sentimenti insensati nei suoi confronti...
Il soldato prese il telefono per vedere chi gli avesse mandato un messaggio a quell'ora della notte:

"Vieni subito,se non è un problema.Se è un problema,vieni comunque."*
-SH

John non pensò nemmeno alla risposta che avrebbe dovuto dare al suo amico,semplicemente tirò fuori dalla tasca £50 per pagare la cena e baciò Mary sulla bocca:"Scusami,è un'emergenza.",le disse,per poi riprendere a correre sotto la pioggia.

Dentro Carlo's se ne stava la futura signora Watson con un'espressione palesemente arrabbiata sul volto;
anche lei aveva un messaggio da inviare a qualcuno:

"Ama pure chi ti pare,ma prova a sfiorare mio marito con un solo dito e io ti ammazzo"
-MM



Angolino della fangirl:
Ciao a tutti i lettori!Ecco a voi,come promesso,il seguito di questa storia.Stavolta non abbiamo una traccia "fisica"di Sherlock nel capitolo,perché è orientato completamente sul POV di John.
Cosa pensate di quello che è successo al nostro povero medico con Mycroft e con Mary?
Scrivetemi ciò che pensate nelle recensioni,se vi fa piacere. :-) Alla prossima,
Queen

*Questo messaggio viene da "Uno studio in rosa"

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Capitolo 3
*** "I'm sorry..." "Hey, don't worry." ***


"I'm sorry..."  "Hey,don't worry."



Qualche ora prima 

Mycroft Holmes si trovava davanti alla porta dell'appartamento di suo fratello.
Grandi nuvoloni si stagliavano in cielo e,anche un cittadino qualsiasi,avrebbe potuto affermare con certezza che di lì a poco sarebbe piovuto.

Il capo del governo britannico bussò alla porta e si ritrovò davanti un'allegra-come sempre,del resto-signora Hudson,che lo invitava ad entrare:"Oh,Mycroft!Che sorpresa!Che ci fa qui?È forse venuto a trovare suo fratello,vero?Oggi è un giorno pieno di visite:il dottor Watson se ne è appena andato correndo,sa?È restato solo una ventina di minuti;credo che avesse un appuntamento...",l'anziana donna,come suo solito,aveva vomitato un'enorme quantità di parole ed informazioni, in pochi istanti,addosso al suo ospite.
"Sì,in effetti sono passato a vedere come sta il mio caro fratellino.-esordì Mycroft,infastidito dai modi di fare di quella bizzarra donna dal grottesco passato-Se non le dispiace,vado di fretta.",aggiunse e la signora Hudson,si spostò immediatamente,bisbigliando un:"Certo,scusi."e lasciò che quell'alto uomo,sempre elegante e posato,salisse su per le scale.

L'uomo di ghiaccio entrò nell'appartamento del fratello senza bussare:dopo tutti quegli anni,era sempre bello infastidire,anche con gesti apparentemente insignificanti,il suo fratellino.
"Sherlock,mi è urgente parlarti:c'è un problema con una cellula terroristica legata a Moriarty che necessita di essere individuata e...",Mycroft si bloccò a metà discorso alla vista di uno Sherlock riversato sul pavimento che non dava segni di coscienza.
Il fratello maggiore si fiondò sul più piccolo con una velocità impressionante e si ritrovò subito addosso a lui:che avesse nuovamente fatto uso di sostanze stupefacenti?
Il consulente investigativo era a pancia in giù e con la faccia rivolta alla moquette e il capo del governo britannico,immediatamente,lo girò verso il soffitto e lo scosse il più forte possibile,per fargli riprendere i sensi,ma quando il fratello mugolò,assonnato,capì immediatamente che...stava semplicemente dormendo.

Sherlock aprì gli occhi ancora stanchi e si ritrovò sorpreso dal fatto di essere sul pavimento e,soprattutto,tra le braccia di suo fratello.

Poi si ricordò di cosa era successo con John e gli si strinse il cuore.

"M-Mycroft?Cosa ci fai qui?",brontolò con la voce impastata dal sonno e dal dolore ancora vivo.
Suo fratello maggiore lo fissò e,avendo il sangue degli Holmes che gli scorreva nelle vene,notò alcuni fattori che lo portarono in appena tre secondi e mezzo ad un plausibile motivo sul perché l'uomo tra le sue braccia stesse dormendo sulla moquette fino a poco prima.
Gli indizi erano palesi:

1)Gli occhi verdi di Sherlock,appena sveglio,erano rossi e irritati e la sua voce era ridotta ad un flebile sussurro.Era quindi evidente che doveva aver-sorprendentemente-pianto.E non poco.

2)La signora Hudson aveva accennato ad un Watson venuto a trovare suo fratello per una visita e rimasto appena venti minuti,per poi essere andato via,per giunta,correndo. 

3)Inoltre egli era sempre all'erta e appena lui era entrato in casa e aveva iniziato a parlare,il consulente investigativo non l'aveva sentito ed era rimasto bloccato in un sonno profondo sul pavimento,tipico di chi ha litigato con qualcuno o di chi ha ricevuto una brutta notizia.

4)Sherlock in quei giorni era molto strano e la faccenda del matrimonio gli stava dando particolarmente fastidio.

Semplice era,quindi,anche la conclusione che Mycroft trasse da queste constatazioni:
"Non sei altro che uno sciocco!Uno stupido, sciocco,testardo!",sbottò,mentre suo fratello,sorpreso e arrabbiato,si alzava di scatto:"Di che stai parlando?",rispose impulsivamente:"Non fingere con me,
Sherlock.Ti sei innamorato di Watson!",urlò quasi il capo del governo inglese,di fronte a un esterrefatto Sherlok Holmes:
"I-Io...-balbettò,in cerca di qualcosa da dire-Non sono affari tuoi!",strillò il detective,umiliato da suo fratello.

A volte si scordava di quanto si assomigliassero,loro due:per Mycroft,come per lui,le persone erano un libro aperto e ogni singolo dettaglio che carpivano era come il pezzo di un puzzle,che,una volta ricomposto,mostrava la storia del suo propietario.
Si potevano ricostruire eventi al quale non si era assistiti per mezzo del solo sguardo di un attento osservatore.

"È affar mio,invece!Tu sei di utilità all'intera nazione,Sherlock e sembri scordarti che hai scelto tu questo lavoro,ma devi,invece, ricordarti che questo NON è un gioco,al contrario di quanto pensi:hai la vita di milioni di persone tra le mani e pretendi di poter giocare con la tua e con la loro esistenza e,al contempo,di poter vivere una vita come quella degli altri.
Non ti ha insegnato niente il tuo finto suicidio?Ti sei dovuto lanciare giù dal tetto di un ospedale per proteggere i tuoi amici.
Se non avessi stretto legami con nessuno,non avresti fatto soffrire Watson,Lestrade e gli altri.
E ora pretendi di distruggergli la vita e-perché no?-addirittura di formare una famiglia con John.
Sherlock,potresti morire da un giorno all'altro e,poi,cosa resterebbe a Watson?
Al contrario,se,un giorno di questi,una delle vostre "missioni"andasse male e lui venisse ucciso da uno dei tuoi nemici,come la prenderesti?
Ci pensi mai?"

Quelle parole entrarono nel petto di Sherlock,che rimase,letteralmente,senza parole;Mycroft,quindi,se ne andò:"Ti lascio riflettere.Prendi una decisione:o smetti di fare il consulente investigativo,o sopprimi i tuoi sentimenti.Anch'io,qualche anno fa,ho dovuto prendere una decisione simile,ma,malgrado ciò,ancora oggi sono sicuro di aver fatto la scelta giusta per la Gran Bretagna.

Uomini come noi,sono destinati a sacrificarsi per il bene superiore.",così disse il capo dei servizi segreti e uscì dal 221B,pensando di dover scambiare due parole anche con il dottor Watson.

Sherlock,intanto,rifletté:pensò che non avrebbe potuto smettere di fare il consulente investigativo,infondo la sua vita era destinata a quello scopo.
Pensò anche che non avrebbe mai potuto perdonarsi di rovinare la vita a John:se amava quell'orribile donna,era giusto che sposasse lei.Gli avrebbe sicuramente procurato meno sofferenze.
Non pensò,neanche per un attimo, però,all'eventualità che John sarebbe potuto morire per colpa sua e a cosa sarebbe potuto succedere se fosse accaduto qualcosa del genere...
La sua vita non era importante e,gli dispiacque ammetterlo,ma Mycroft aveva ragione:gli uomini della loro intelligenza erano destinati a soffrire e a mettersi a completa disposizione dell'umanità.

Morire per John,morire per la nazione,morire perché era giusto così:questo sarebbe stato il suo destino.

A questo punto,l'ancora consulente investigativo,decise di sistemare le cose al più presto possibile e,nonostante l'ora tarda,mandò un messaggio a quello che era stato,fino a qualche mese prima,il suo coinquilino:

"Vieni subito,se non è un problema.Se è un problema,vieni comunque."*
-SH



Davanti alla porta del 221B si trovava il dottor John Hamish Watson che,bagnato fradicio per la pioggia,dopo una sfiancante corsa era arrivato alla sua vecchia casa per via di un urgente messaggio mandatogli appena cinque minuti prima dal suo migliore amico.

Data la tarda ora,il soldatò non pensò di bussare:la signora Hudson stava sicuramente dormendo e,comunque,non gli andava di perder tempo a sorbirsi le immense chiacchiere e gli interrogativi che quella fantastica donna gli avrebbe posto.
Frugò,quindi,nella tasca destra posteriore dei suoi pantaloni e vi trovò le chiavi della sua vecchia casa,che aveva ancora-per ogni evenienza.
Aprì piano la porta,salì cautamente le scale ed entrò nell'appartamento senza bussare per non fare rumore.

Appena fu al suo interno,la prima cosa che vide John fu uno Sherlock con la testa tra le mani-che destò immediatamente non appena lo vide-sulla sua solita poltrona.
Il dottore lo fissò e notò che aveva i capelli più scarmigliati del solito e l'aspetto di chi si è appena svegliato dopo un lungo sonno.
Vide che il consulente stava per aprire la bocca per parlare,ma lo precedette:in primis doveva scusarsi con lui.
"Sherlock,mi dispiace per essere stato così cieco durante tutto questo tempo;io non sapevo che tu...insomma,non volevo farti soffrire così tanto!Sono stato davvero orribile!Mi perdonerai mai?",disse così il dottore,tutto d'un fiato e  il nostro detective,mai come prima,pensò di amarlo così tanto.

Il povero John era corso in fretta e furia appena lui gli aveva inviato un banale messaggio e,invece di urlargli che lui faceva schifo,che non l'avrebbe amato mai e poi mai,che non avrebbe potuto raggiungere il livello di Mary per nessuna ragione al mondo,l'uomo che amava gli aveva chiesto scusa e gli aveva addirittura implorato di perdonarlo.
Oh,John,ma che uomo ingenuo che sei.

"No,John!Non devi chiedermi perdono,sono,anzi,io che devo chiederti scusa;sono stato troppo impulsivo e quello che ho detto...beh,avrei dovuto tenermelo per me.Io sono sotto pressione in questi tempi;sai,per Moriarty,per il matrimonio e tutto il resto,ma sono molto felice per te:Mary è una donna straordinaria e io sono sinceramente contento di accettare la tua proposta.Ti farò da testimone.",Sherlock disse tutto con il sorriso sulle labbra e con una falsità disarmante,ma mascherata,che suo fratello gli aveva insegnato ad usare nei momenti di tensione.Ogni singola parola che aveva detto era una bugia,ma era la cosa giusta da fare.

John,naturalmente,credette a tutto ciò e,con un sorriso enorme,corse ad abbracciare Sherlock:"Grazie,sapevo che avresti accettato.Mary e io siamo felicissimi di avere un testimone come te al nostro matrimonio.",esordì,raggiante,per poi guardarsi l'orologio:"Oh!A proposito,è tardissimo!Devo tornare a casa,ma prometto che verrò a trovarti presto:dobbiamo scegliere le bomboniere e disporre bene i posti.",detto ciò,il soldato,come era arrivato,corse via.
Ora non pioveva più.

Il detective sentiva nei polmoni l'odore bagnato della terra dopo che è piovuto:nella testa gli rimbombavano le parole "Mary e io" ,"al nostro matrimonio","scegliere le bomboniere" e "disporre i posti".

Sherlock fu sicuro che John sarebbe stata la sua morte:una morte senza pistole,né coltelli,ma fatta dell'ignoranza delle parole del dottore,che lo ferivano dolcemente,
uccidendolo a poco a poco.

"Che bella fine.",sussurrò,nell'aria ancora carica di dolore e allegria.


Angolino della fangirl:
Ehi!Sorpresa!Vi ho scritto l'ultimo capitolo dell'anno.Mi sembrava giusto mettere in risalto il colloquio avuto con Mycroft da Sherlock,perché credo sia importante per farlo ragionare.John continua a essere piuttosto cieco (qualcuno gli regali degli occhiali da vista please).Cosa ne pensate?Tanti auguri di buon anno,alla prossima,
Queen

*Lo ripeto:messaggio presente in "Uno studio in rosa"

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Capitolo 4
*** Hold my hand,my friend ***


Hold my hand,my friend



Era già passato un mese da quando Sherlock aveva confessato a John di amarlo e il suo matrimonio con Mary era ormai agli sgoccioli,ma il nostro soldato non riusciva proprio a smettere di pensare a quello che l'investigatore privato gli avesse detto quattro settimane prima.

Aveva pensato,dopo le parole dell'amico,che gli diceva di non preoccuparsi,che tutto sarebbe tornato come prima,ma così non era stato: Sherlock aveva continuato ad essere lui, dimostrandosi sempre gentile e disponibile-aveva persino aiutato lui e la sua futura moglie a fare una montagna di bomboniere-,ma il medico non riusciva più a a guardarlo allo stesso modo.
Sentiva di essere uno stupido per non essersi accorto del diverso tipo di amore che il suo ex-coinquilino provava per lui e,per non commettere mai più un errore del genere,si era impegnato ad osservarlo più attentamente: aveva notato anche particolari che prima non si era accorto ci fossero nell'uomo,per esempio di quanto fossero sottili le sue labbra,di quanto fossero fredde le sue mani e di quanto,quel raro sorriso che gli vedeva sul volto, fosse, stranamente,immensamente triste.
Oltre i suoi grandi occhi verdi poteva scorgere una crepa,come se gli mancasse qualcosa,come se fosse rotto.
La sua pelle era di porcellana e in quei giorni gli era sembrato più pallido del solito,di un colore malaticcio e stanco:era debole,per qualche strano motivo e se ne stava sempre rinchiuso in camera sua,a quanto gli aveva riferito la signora Hudson,sempre attenta a tutto.
Si era interrogato spesso su cosa potesse essere successo al detective per tramutarlo in quello stato,ma era giunto alla conclusione,più che plausibile,che l'ex-coinquilino stesse passando uno dei suoi periodi di depressione causati dallo stress eccessivo.

Adesso,però,si trovava in una stanza d'ospedale,mai certo quanto in quel momento di essersi sbagliato sulla faccenda dello "stress lavorativo",terrorizzato al pensiero che forse il suo migliore amico sarebbe morto di lì a poco e incapace di non pensare a ciò,che in pochi istanti,aveva stravolto la sua vita.

Era andato a trovare Sherlock per chiedergli una mano per organizzare i posti dove si sarebbero dovuti sedere gli invitati durante la cerimonia e al ristorante;la signora Hudson non c'era e,salendo le scale,aveva bussato direttamente alla porta del detective,senza farsi accompagnare dalla padrona di casa.
Aveva bussato,sentendo da dietro la porta Sherlock,che,flebilmente, rispondeva:
"U-Un attimo,a-arrivo subito."

Dopo cinque minuti il genio gli aveva aperto la porta e,la cosa che aveva scosso il medico,era il suo aspetto:era magrissimo,quasi scheletrico e i suoi zigomi,già pronunciati,formavano grandi cavità sul suo viso bianco;i suoi occhi erano visibilmente arrossati e,inoltre,il genio non era elegante come al solito,ma indossava una vecchia tuta e la sua vestaglia blu.
Dalla sorpresa di vedere il soldato davanti a lui,Sherlock passò a un candido e falso sorriso,che pretendeva di convincere il suo ospite,come infatti fece:
"J-John,non ti aspettavo!Devi scusarmi per questa mise in cui mi vedi,ma sono stato tutta la notte al laboratorio di chimica ed ero appena andato a dormire.",biascicò il genio,con una voce roca:"Scusa,non volevo disturbarti, ma...
stai bene?",a quelle parole,l'investigatore si sciolse nuovamente in un'espressione sorpresa,celata subito da un broncio:
"Sto bene.",sputò il genio,nervoso,per poi rimostrare quel sorriso falso:"Non mi dai affatto fastidio,sono felice di darti una mano;vieni.",detto questo gli fece spazio per permettergli di entrare.

La cosa che aveva più colpito John non era stata,sorprendentemente,quel comportamento, ma fu ciò che accadde pochi minuti dopo che cambiò tutto.

Sherlock stava informandosi degli atteggiamenti e delle preferenze di ciascun ospite,quando aveva esordito:"Si sono già fatte le cinque!Vuoi un tè?Sì?Vado a preparartelo." Dopo cinque minuti il tè era pronto e,mentre lo portava al suo ospite,Sherlock...era caduto.
Più che caduto,il soldato avrebbe potuto affermare che il suo amico gli era letteralmente crollato davanti.Subito,il medico gli era corso incontro,mentre il genio,steso a terra,guardava il tè,che si era completamente versato sulla moquette:"Che sciocco che sono!Mi dispiace,ora vado a rifarlo.",il problema, però,era che non riusciva ad alzarsi perché,per qualche strana ragione,gli mancavano le forze.John si era fermato davanti a lui e,sollevandolo da terra per le braccia,gli aveva detto,preoccupato:"Ti sei fatto male?",
poi,casualmente,gli erano caduti gli occhi sul braccio sinistro del detective,che era rimasto scoperto poiché,durante la caduta,gli si erano sollevate le maniche:sull'arto figurava una macchia arrossata con un piccolo buco,appena visibile a occhio nudo,al suo centro.
John rimase a bocca aperta e pensò di essere davvero una persona orribile:
era l'assassino di Sherlock.
Gli ci volle un millisecondo per capire che quel buco era stato fatto da un ago appartenente a una siringa piena di qualche misterioso cocktail di stupefacenti.
Cocktail che,il soldato era sicuro,si era iniettato nelle vene per placare il dolore che lui gli aveva causato.

Il medico gli prese tra le mani la faccia e,guardandolo negli occhi,gli sussurrò:
"Perché ti stai facendo questo?È a causa mia,vero?"
L'investigatore,realizzato cosa l'uomo aveva capito e cosa pensava,gli rispose prontamente:

"No,non è colpa tua:la colpa è mia,che sono sbagliato."

Sherlock sentiva le calde mani di John sulla sua faccia e non riusciva a non sentirsi sprofondare,un po' per la droga,un po' per gli occhi pieni di dolore del soldato che gli stavano perforando il cuore al pari di un martello pneumatico.
Il medico,d'altra parte,non riusciva a comprendere le parole del genio:cosa gli faceva pensare così male di se stesso?Se fosse stato un altro,gli avrebbe urlato che,sì,la colpa era solo sua e che avrebbe dovuto vergognarsi di tutto il dolore che gli stava arrecando.

"Non sei sbagliato,Sherlock,sono io che sono uno stupido;perdonami per non essermi accorto di tutto il male che ti ho fatto."
 
A questo punto il detective aveva fatto qualcosa di inaspettato,di completamente folle,che nessuno dei due avrebbe mai pensato potesse accadere:con le sue ultime forze si era sporto in avanti e gli aveva posato un tenero bacio sulle labbra. 
Era un'azione che era durata pochissimo,ma che aveva stravolto la vita del soldato:non era stato niente di romantico,niente di brutale o pieno di passione,ma era stato un bacio che racchiudeva tutto l'amore e la disperazione che Sherlock aveva conservato per quegli anni.
John non si era mosso:era rimasto fermo,incapace di rispondere,incapace di scostarsi da quel breve gesto durato un secondo,che sembrò,invece,lungo secoli.

Tutto quello finì presto proprio perché il genio,impiegate tutte le proprie forze e stravolto da quello che era appena accaduto,aveva fatto appena in tempo a staccarsi dal medico,per poi svenire tra le sue braccia.
Il soldato,scioccato,riuscì non seppe come a non farlo cadere e,resosi conto di ciò che era successo,stese il suo amico sul pavimento e gli tastò il polso:fortunatamente il battito c'era,ma era così lieve che John,tempestivamente,prese il telefono e chiamò l'ambulanza,sperando che sarebbe arrivata in tempo per salvare il suo amico.

L'ambulanza era arrivata e i paramedici erano corsi su per le scale del 221B,mentre un'arzilla signora Hudson,che era appena rientrata dalla spesa,strillava:"Cosa ci fate qui?Sarà mica successo qualcosa a...oh,Sherlock!"e,lasciando le buste per la spesa cadere sul pavimento, corse a sua volta al piano di sopra.
Appena furono tutti entrati nell'appartamento, John,che teneva con le braccia la testa di Sherlock alzata,parlò immediatamente e con la freddezza di un soldato in guerra,elencò tutto quello che il suo compagno di avventure aveva, cercando di far prevalere la sua voce agli strilli di sorpresa e preoccupazione della signora Hudson:"Il signor Sherlock Holmes è svenuto circa dieci minuti fa;sospetto che abbia avuto un collasso a causa di un cocktail di sostanze stupefacenti che deve aver assunto nelle ultime ventiquattro ore.Mettetelo subito sulla barella e portatelo subito all'ospedale.
Comunque sono il dottor John Watson e vengo con voi.",il tono con cui il soldato elencò i sintomi fu così autoritario e meticoloso che i paramedici gli ubbidirono subito e,tre minuti dopo,loro due,Sherlock e John erano sull'ambulanza verso l'ospedale.

Arrivati all'edificio,John tentò di convincere il suo collega a concedergli di occuparsi lui del suo amico,nonostante quel giorno non fosse di turno e,incredibilmente,ci riuscì.
Si mise immediatamente il suo camice e fece portare il detective al reparto rianimazione.
Ordinò all'infermiera di fare tutti i test possibili per scoprire gli elementi del cocktail di droghe: i risultati arrivarono in fretta e gli occhi del medico si illuminarono alla vista di tutti quegli elementi.
Nonostante ciò,c'era sempre speranza di salvare il suo amico:gli fece iniettare i medicinali-antidoto e fece uscire tutti dalla stanza del detective.

Alla vista di Sherlock pieno di tubi e con la mascherina dell'ossigeno,gli si gelò il cuore.
Aveva una strana bellezza e sembrava fatto di cristallo,pronto a rompersi in qualsiasi momento.
John gli si sedette accanto,fece una telefonata a Mycroft per metterlo al corrente della situazione e restò nuovamente solo con Sherlock.
Come per rassicurarsi,non fiducioso al cento percento di ciò che mostravano i macchinari, gli prese il polso,gli misurò il battito e finì per stringergli la mano:"Sei uno stupido.",gli sussurrò,con la voce incrinata dalle lacrime che minacciavano di scendere.

Ora non c'era altro da fare che aspettare.


Angolino della fangirl:
Ehilà!È da una settimana che non aggiorno,lo so,ma con il rientro a scuola il mio tempo si dimezza.Comunque vi avviso che d'ora in poi sarò costante e uscirà un capitolo ogni weekend.
Cosa ne pensate di questo?È un dramma tutto ciò che è successo,ma era necessario per far capire a John cosa realmente provasse Sherlock per lui.
Alla prossima,
Queen

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Capitolo 5
*** Don't cry for me when I can't see ***


Don't cry for me when I can't see


Mycroft era nel bel mezzo di una riunione al Diogene's Club,quando,nel silenzio più assoluto,gli era squillato il telefono:un visibile imbarazzo gli aveva tinto il volto e,arrabbiato con se stesso per essersi scordato di impostare il telefono sul silenzioso,lo prese dalla tasca del suo elegante pantalone in gessato grigio con l'intenzione di riattaccare a chiunque l'avesse disturbato.
Guardato il display,ma,invece di riattaccare, gesticolando scuse in linguaggio dei segni,si alzò e se ne andò nel suo studio per poter parlare indisturbato:davanti ai suoi occhi era comparso il nome "John Hamish Watson"e non aveva avuto dubbi sull'urgenza della chiamata.

Il dottore non lo chiamava mai,se non in occasioni di assoluta emergenza,come quando gli era arrivata una sua telefonata nel giorno del suicidio,che il soldato non sapeva essere finto,di suo fratello.
Quindi,senza perder tempo,chiuse la porta di mogano alle sue spalle facendo segno al suo maggiordomo di uscire,dopodiché rispose: "Dottore,cosa è successo?",chiese con ben celato nervosismo e percepì la sorpresa dell'uomo dall'altro lato del telefono,che di certo non si aspettava una domanda così diretta da parte dell'uomo:"Sherlock...-farfugliò il soldato in cerca delle parole giuste-questa volta ha esagerato.",concluse, sapendo che il genio avrebbe capito.
Mycroft,infatti,afferrò subito il fatto che Watson si riferisse alla droga,problema ormai più che decennale del suo fratellino e il suo cuore mancò di un battito,tanto che dovette sedersi per non rischiare di crollare a terra.
Ripreso il suo famoso controllo,l'uomo di ghiaccio rispose al dottore:"Quanto è grave la situazione?"chiese nuovamente, imperturbabile:"È in coma all'ospedale dove lavoro:me ne sono occupato io,ho tentato di fare tutto il possibile,ma non so se ce la farà."
Il capo del governo inglese,sentite quelle parole,fu travolto da un centinaio di emozioni diverse:provò rabbia per la stoltaggine di Sherlock e per quello che aveva fatto,provò preoccupazione per le sue condizioni vitali,poi provò un grande senso di colpa nei confronti di se stesso perché non era riuscito a proteggere il suo fratellino dalla sua mostruosa dipendenza e,infine,provò paura:cosa sarebbe successo se il detective non ce l'avesse fatta e sarebbe,
stavolta sul serio,morto?

"Mycroft,è ancora lì?",la voce di Watson interruppe i suoi pensieri:"Sì,vengo subito.",disse poi e corse fuori dall'edificio, ordinando ad Anthea di scusarsi per lui con i suoi ospiti e di preparargli immediatamente la sua limousine.
La donna fu svelta e,in men che non si dica,il capo dei servizi segreti della Gran Bretagna si ritrovò in viaggio verso l'ospedale,sperando di non dover assistere al decesso di Sherlock.

Arrivato alla struttura e chiesta la camera nella quale giaceva suo fratello alla reception, Mycroft salì in fretta le scale e si ritrovò davanti alla porta della stanza;con un sospiro spinse la maniglia in giù e la scena che gli si prospettò davanti fu a dir poco straziante:suo fratello era attaccato a una macchina per respirare e a un'altra con sullo schermo le sue funzioni vitali e sopra il suo stomaco dormiva tranquillamente un dottor Watson che gli stringeva la mano sinistra.
Alla vista di quest'ultimo,il maggiore degli Holmes storse il naso:"Ehm,ehm-si schiarì la voce-disturbo?",aggiunse,facendo svegliare di colpo John,che spaventato aveva aperto gli occhi e che,appena si era accorto che stava sopra la pancia di Sherlock e gli stava stringendo la mano davanti a suo fratello,aveva mollato all'istante quest'ultima e in un attimo si era ricomposto:"Mycroft!È arrivato!Io,beh,vi lascio soli.",aveva detto ed era uscito dalla stanza,rosso di vergogna.

Il capo del governo inglese,intanto,si era seduto sbuffando sulla sedia accanto al letto del fratello:"Allora,l'hai fatto di nuovo.Hai intenzione di suicidarti?",parlò all'uomo addormentato:"Io non so che cosa ho sbagliato con te:ho tentato di proteggerti con tutti i mezzi in mio potere.Sono diventato il capo dei servizi segreti inglesi pur di avere la possibilità di affidarti i casi che ritenevo opportuni per te,che tu avresti risolto con la mia ombra alle tue spalle.Abbiamo perfino sconfitto Moriarty insieme e poi tu...ti autodistruggi.Perché mi fai questo?Vuoi vedermi finito?Vuoi vedermi soffrire,in preda alla pazzia?Non lo permetterò: tu ti riprenderai.",detto questo guardò dritto negli occhi il fratello,sperando di rivedere quegli occhi di un verde disarmante specchiarsi,seppur con astio,nei suoi,ma non successe niente."Guarda che so che lo hai baciato:si vede lontano un miglio.Beh,hai raggiunto il tuo scopo:a quanto pare il dottor Watson è piuttosto confuso sui suoi... sentimenti nei tuoi confronti.Ti stava stringendo la mano prima,stavo per vomitare alla vista di cotanta sdolcinatezza,giuro."
Nonostante Mycroft stesse giocando tutte le sue carte,suo fratello continuava a fare la "bella addormentata".
"Se non vuoi svegliarti per me-provò per l'ultima volta-fallo per lui.",ma non successe comunque nulla."Bene-disse infine-,quando decidi di crescere e svegliarti dal tuo sonno  d'amore,fammi chiamare;sono in sala d'aspetto.",detto questo,l'alto uomo si alzò e uscì dalla stanza.

Vide il soldato che prendeva un caffè alla macchinetta e gli si avvicinò:"Credo che gli debba parlare Lei",disse solo e,prima che il dottore potesse ribattere,si mise a leggere un quotidiano su una delle sedie della sala d'aspetto.
John bevve il suo caffè-schifoso,per giunta-ed entrò nuovamente nella stanza del suo amico,si sedette sulla sedia e prese un profondo respiro,intenzionato a parlargli.

Durante lo spazio di tempo tra quando erano arrivati all'ospedale e quando si era addormentato,John aveva avuto modo di riflettere sul bacio.Era stata dura soltanto pensarci e non perché il suo amico l'aveva baciato,ma perché...non gli era dispiaciuto.
Che cosa doveva fare adesso?Il detective era in coma e lui non riusciva a pensare ad altro se non al fatto che non era poi più così sicuro di sposare Mary.Doveva parlare all'investigatore.

"Sherlock,senti,io...Io non voglio che tu muoia di nuovo.Non lo sopporterei.Io ho bisogno di te:ho bisogno che risolviamo casi insieme,ho bisogno del tuo sarcasmo,ho bisogno che nascondi teste decapitate nel frigorifero.Per quello che è successo prima,non so cosa pensare.Io...non so se provo quello che tu provi per me,ma sappi che ti voglio bene.Svegliati,per favore,non morire Sherlock, senza di te io...",il discorso di John finì in così, perché il medico cominciò a singhiozzare e affondò la testa sulla pancia del detective per soffocare i singhiozzi,imbrattando il lenzuolo dell'addormentato di lacrime.
In quel momento il soldato sentì una mano accarezzargli la testa:"J-John,n-non pia-angere  p-per m-me.",la voce roca e sforzata di Sherlock ruppe i singhiozzi del soldato: "Sherlock!",urlò quest'ultimo e saltò al collo dell'amico.Il cuore del genio scoppiò quando il soldato lo abbracciò con così tanta foga. Quando John si staccò dall'amico,non poté fare a meno di chiederglielo:"Perché hai tentato di ammazzarti?",la domanda lasciò sbigottito il detective per qualche secondo,finché,serio,non gli rispose:
"N-Non sono stato io,è-è stata Mary."

Angolino della fangirl:
Ehi!Eccovi come promesso un nuovo capitolo pieno di colpi di scena!Commentate se vi va,per farmi sapere cosa pensate dei sentimenti di John, Mycroft e Mary.Alla prossima,
Queen

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Capitolo 6
*** I will suffer,'cause you'll marry her ***


I will suffer,'cause you'll marry her



"N-Non sono stato io,è-è stata Mary."

John fissò Sherlock tra la sorpresa e la confusione:cosa intendeva con quelle parole?Cosa c'entrava Mary con l'overdose del suo amico?La sua futura moglie non vedeva il detective da più di una settimana:"Sherlock,cosa dici?-esordì-È stata Mary a far cosa?"
Il genio lo guardò e fece per parlare,quando qualcuno bussò alla porta della stanza;John si alzò borbottando delle scuse ed andò ad aprire all'inopportuno visitatore.

Appena abbassò la maniglia,quello che il soldato vide davanti a sé lo lasciò a dir poco sorpreso:"A-Amore,che ci fai qui?",chiese il medico alla sua futura moglie,che lo guardava sorridente come al solito davanti alla stanza:"Sono venuta a trovare Sherlock, naturalmente!",la sua voce squillò sui muri grigi e il detective,resosi conto che era proprio la donna la sua ospite,cominciò a sentire un grande buco nella sua pancia e una grande rabbia che gli saliva in gola:"Come hai fatto a sapere che ero qui?",il soldato aveva ripreso a parlare con il sicario,confuso poiché,essendosene scordato,non aveva fatto alcuna telefonata alla donna per avvertirla della situazione in cui riversava il suo ex-coinquilino:"Beh,dato che non sei rientrato mi sono preoccupata e ho deciso di chiamarti,ma non mi hai risposto,quindi ho chiamato Sherlock,che aveva il telefono spento.Mi sono dunque decisa a chiamare Mycroft,preoccupata che vi foste cacciati in qualche guaio durante una delle vostre missioni e lui mi ha gentilmente informato di ciò che era accaduto.Mi hai fatto davvero preoccupare,sai?!",disse la futura sposa,scostando il medico malamente per poter entrare nella stanza:"Sherlock!Come stai?Oh,ma che cosa hai fatto?!",esclamò,melodrammatica,sedendosi sul letto dell'uomo che si era appena svegliato dal coma.Il detective la guardò con un falso sorriso,per poi dire,ancora affaticato:"J-John,potresti per favore lasciarci soli per qualche minuto?",il soldato stava per ribattere,ma il suo amico riprese a parlare:
"Vai ad avvisare mio fratello del mio risveglio,ora.",a queste parole il povero medico, che si sentiva come se non fosse mai al corrente di nulla,uscì dalla stanza sbuffando.

Appena il sicario e il detective si ritrovarono soli,i falsi sorrisi scomparvero immediatamente dalle loro facce:"Cosa sei venuta a fare?Vuoi forse completare il tuo lavoro?",sputò Sherlock,arrabbiato;la donna scoppiò in una fragorosa risata:
"Ma certo che no!Non posso forse venire a trovare un mio caro amico?",sentenziò, solare:"T-Tu hai tentato di uccidermi.",affermò l'investigatore,ancora debole e sofferente dal delirio in cui si era trovato negli ultimi giorni:quella donna gli aveva fatto male e gli aveva mandato un messaggio più che chiaro su lui e John.
"Io non ho tentato di ucciderti,ti ho solo fatto vedere quello che potrebbe succederti se continui ad importunare mio marito.",lo corresse Mary,fissandolo negli occhi.
Sherlock cominciò a ridere,per quanto gli fosse possibile:le sue risa avevano qualcosa di incrinato ed assomigliavano più ad una tosse che a delle risate.
Il sicario diventò improvvisamente serio,quando il detective cominciò a parlare:
"T-Tu pensi sul serio di farmi p-paura?Sei solo una stupida illusa.Io ho sconfitto Moriarty,ho battuto migliaia di menti più geniali di te e persone più pericolose di te;non torcerai mai un solo capello né a me né a John.Allontanati da lui prima che sia troppo tardi per te.",Sherlock guardò fisso la donna,serio e si disse che non le avrebbe mai permesso di rovinargli la vita:"Forse non hai capito.-precisò lei-Se ti azzardi a farmi qualcosa,John ti odierà per sempre:credi sul serio che ti preferirà a suo figlio?", Mary si accarezzò la pancia e il detective diventò di colpo più pallido di quanto già non fosse:"Q-Quale f-figlio?",biascicò,sconvolto:"Non mi dire che non l'avevi capito?Credevo fossi più intelligente...Sono incinta da tre settimane.",esclamò il sicario, fingendo teatralmente di essere sorpreso.

Il detective era sconvolto:sentiva i suoi occhi riempirsi di lacrime e la rabbia che ormai lo stava divorando.Come poteva non essersene accorto?Quella donna l'aveva incastrato!Adesso cosa sarebbe successo?Sherlock si diede dello stupido:non sarebbe cambiato proprio niente!Lui avrebbe continuato a soffrire e a farsi divorare dal dolore e John avrebbe continuato ad essere beatamente ignaro e felice.Sorrise amaramente.

"E-Esci di qui.",disse fermo,alla donna,che se ne andò senza aggiungere altro, consapevole della sua vittoria.Il genio rimase solo e riuscì,non seppe come,a non scoppiare in lacrime;dopo qualche minuto rientrò John,sorridente.
"È stata proprio gentile Mary a venirti a trovare!-commentò-Comunque ho riferito a Mycroft del miglioramento delle tue condizioni:è dovuto andarsene perché mi pare avesse una riunione importante al Diogene's,ma mi ha detto di mandarti i suoi saluti.
A proposito,come facevi a sapere che Mycroft era qui?",domandò il medico,che,per l'ennesima volta in quella giornata,non riusciva a dare una spiegazione razionale ai suoi interrogativi.
"Mycroft c'è sempre.",fu l'unica cosa che disse Sherlock.

Effettivamente era così,rifletté il soldato: quando si trattava di suo fratello,non importava dove si trovasse,Mycroft lo raggiungeva sempre.Anche lui avrebbe voluto essere così per sua sorella,ma non aveva il cuore degli Holmes.

Dopo questa piccola parentesi,John si ricordò che prima dell'interruzione di Mary il suo amico stava per spiegargli cosa c'entrasse la donna in tutto quello che gli era successo: "Prima mi stavi parlando di Mary:continua.", ordinò all'ex-coinquilino,che parve sorpreso: "Ma cosa stai dicendo?Non ti ho mai parlato di Mary.", rispose,confuso: "Come?Prima mi hai detto che aveva a che fare con la tua overdose!",esclamò il medico,che non capiva cosa prendesse al suo amico:"Cosa?Io non ho mai detto niente del genere.Forse ho capito... molto probabilmente ti ho risposto così perché non mi ero ancora ripreso del tutto:è molto comune in chi fa uso di sostanze stupefacenti che gli effetti persistano anche ore dopo l'utilizzo.",Sherlock mentì senza difficoltà e John parve essere convinto da quello che l'investigatore gli stava dicendo:effettivamente potevano capitare casi di grande confusione dopo il risveglio da un coma,quindi cambiò argomento:"Sì,forse è così...Adesso ti devo proprio lasciare:sono di turno oggi e tu devi proprio riposare.Dormi e non pensare troppo.",detto questo,il soldato se ne andò,lasciando con mille dubbi e tristezze il suo caro amico.


Angolino della fangirl:
Ecco a voi un nuovo capitolo!Non sappiamo ancora cosa abbia fatto Mary a Sherlock,ma abbiamo certo capito il perché l'abbia fatto.Cosa ne pensate del suo comportamento?Se vi va,lasciatemi un commento(mi fa sempre piacere conoscere la vostra opinione).Alla prossima,
Queen

DISCLAIMER:
La foto NON è mia e NON ne detengono diritti che appartengono SOLO ed ESCLUSIVAMENTE al proprietario.

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Capitolo 7
*** Don't try suicide ***


Don't try suicide



Sherlock aveva passato una notte insonne per colpa di Mary ed era riuscito ad addormentarsi solamente nella tarda mattina;non appena aveva chiuso gli occhi,un rumore sordo era penetrato nella sua mente,disturbando il suo agognato sonno.
Il bussare alla porta della sua stanza stava ormai diventando un segno di brutti presagi,quando un'infermiera vi aveva fatto irruzione.

Sherlock,seppur seccato,decise di mettere alla prova la sua mente analizzandola, quando si rese conto che era effettivamente la prima persona in quei giorni che vedesse senza averne già una precedente conoscenza.Partì dai piedi:aveva delle classiche crocks ortopediche, perfettamente pulite,ed era piuttosto giovane e sorridente-doveva di certo essere stata assunta da poco-,ma qualcosa stonava con la sua perfezione:aveva la divisa sgualcita e un capello rosso e corto posato sulla spalla sinistra.Uno dei colleghi di John aveva i capelli della stessa lunghezza e colore-se lo era ricordato unicamente per quel particolare così raro.
Aveva quindi un rapporto libertino con quell'uomo,con cui aveva avuto un "incontro" all'incirca un'ora prima in uno degli sgabuzzini dell'ospedale:quella donna aveva ancora addosso l'odore della candeggina.

Il genio sorrise tra sé e sé:era messo piuttosto bene per essersi da poco ridestato da un'overdose.
La voce della donna interruppe i suoi pensieri:"Salve signor Holmes,sono Cathy McDay,la sua infermiera.Come si sente oggi?",gli chiese solare,con un sorriso a più che ventiquattro denti.Sherlock diventò serio:aveva usato un diminutivo-il suo vero nome era di sicuro Catherine-ma perché prendersi tutta quella confidenza con un estraneo, seppur in ospedale?Il detective si chiedeva spesso perché le persone fossero così invadenti,ma probabilmente non l'avrebbe mai capito:"Ho urgenza di andarmene al più presto da qui:devo risolvere casi di inestimabile importanza per la Gran Bretagna, quindi si consulti pure con il suo amante e gli altri medici e mi faccia uscire di qui.",rispose nervoso:non ne poteva più di stare in quel posto che gli aveva portato solo mali.Mentre pensava,il volto dell'infermiera alla parola "amante" si era contratto in un espressione d'imbarazzo più che sorpresa,in seguito i suoi occhi si erano riempiti di lacrime e lei era scappata via piangendo in una crisi nervosa.
I suoi singhiozzi ridestarono il genio,che fece solo in tempo a strillare,infastidito:
"Cosa ho detto?Bene,vada pure a parlare con il dottor Monroe,o preferisce "orsacchiottone"?",i gemiti della donna si sentivano ancora dal corridoio,quando nella sua stanza era entrato,sconvolto,John:"Sherlock,si può sapere che diamine stai combinando?Cathy è una ragazza tanto dolce e tu non dovresti trattarla così.",aveva detto il soldato,che indossava il camice;il genio era stizzito:"Uh,davvero?Non sono io ad essere l'amante di un medico!",le guance di John a quella affermazione si erano tinte di rosso e l'investigatore,resosi conto di ciò che aveva appena detto,si fece rosso anche lui:"I-Io voglio andarmene da qui,John:sto impazzendo.",balbettò infine.
Il soldato lo fissò per qualche secondo:era ancora così fragile e pallido,come la porcellana.Sembrava un bambino indifeso esposto alle insidie del mondo là fuori e di sé stesso:lui era la sua unica protezione,ma non poteva tenerlo in quell'ospedale per sempre.

Il soldato si avvicinò al suo letto e gli prese il polso:Sherlock quasi sussultò a quel contatto così avventato di quelle mani così calde che andavano a cercare insistentemente il suo cuore.
"Il battito è regolare,ma dovremo fare delle analisi per controllare che il tuo organismo abbia smaltito completamente le sostanze stupefacenti che hai assunto.",proferì schematicamente il dottore,lasciando che la mano dell'amico ricadesse sul lenzuolo,per poi chiamare e ordinare a Cathy di fare un prelievo al genio;la donna,ancora in lacrime, era andata nella stanza,aveva repentinamente prelevato una siringa di sangue quasi nero dal braccio dell'uomo ed era corsa in laboratorio.

John sapeva di essere di turno e di dover badare ad altri pazienti,ma ormai l'ora di pranzo era alle porte e sarebbe stato inutile uscire dalla stanza prima dell'arrivo dei risultati delle analisi,quindi decise di prendersi una pausa e si sedette sulla sedia accanto al letto di Sherlock:"Devo proprio chiederti una cosa prima di farti uscire di qui:perché l'hai fatto?",domandò il soldato,fissando il suo ex-coinquilino negli occhi:
"Fatto cosa?Potresti essere un po' più chiaro quando parli?",chiese questo irritato:
"Perché hai tentato di suicidarti?",riformulò la domanda l'uomo,esasperato e il detective a quelle parole scoppiò a ridere:"I-Io non ho mai tentato il suicidio,John!Semplicemente non ho prestato attenzione alle dosi;davvero credevi volessi suicidarmi?",il genio fissò il medico sorridendo,guardandolo con gli occhi di chi è nettamente superiore al proprio interlocutore:"Non guardarmi così,non credere certo che io sia stupido,Sherlock.Tu non sbagli mai,soprattutto su ciò che riguarda la tua salute:non avresti mai messo a repentaglio la tua vita per una svista e poi tu...",il discorso del soldato cadde a metà,lasciando il genio in sospeso:"Tu cosa?",chiese lui,ormai spazientito da quel discorso:"Tu...Tu mi hai dato un bacio d'addio!",esclamò John,rosso di vergogna e disperato per aver dovuto dire una frase del genere a lui.
Anche Sherlock aveva ripreso un colorito roseo e tacque perché,effettivamente,per quanto fosse un buon attore,non aveva nessuna scusa a quel bacio.

John stava per dire qualcosa,quando Cathy aveva fatto irruzione nella stanza:"Ecco i risultati!",aveva squillato,per poi consegnare il plico di fogli al dottor Watson e scappare via nuovamente.
Il medico aveva aperto la cartella e letto i risultati con grande scrupolosità,per poi posare i fogli sul comodino con aria seria:"Allora?",il nervosismo del genio si sentiva più che presente nella sua voce e il soldato lo fissò:"Ti sei ripreso,puoi essere dimesso all'istante.",sospirò l'uomo,felice di aver sorpassato l'argomento bacio e felice di poter dare una lieta notizia al suo amico,il quale volto era stato investito da un sorriso:
"Sherlock,prima di andare,però,devi promettermi una cosa.",la voce di John aveva spezzato il suo entusiasmo e ridestato la sua attenzione:"Cosa?",chiese il genio,curioso:
"Che non tenterai mai più di allontanarti da me."


Angolino della fangirl:
Ohilà?Come state?Questo periodo è un po' stressante per tutti noi studenti,ma io cerco di alleviare almeno un pochino le vostre pene con un nuovo capitolo!Cosa pensate del comportamento di John?Lasciate un commento se vi va:sono molto curiosa di conoscere la vostra opinione!Alla prossima,
Queen

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Capitolo 8
*** I wanna die,'cause he's not mine ***


I wanna die,'cause he's not mine 



Sherlock era appena stato dimesso dall'ospedale,con mille raccomandazioni da parte di John,che aveva promesso di monitorarlo quotidianamente per evitare che potesse rifare quello che aveva fatto.
In realtà il primario del reparto si era fermamente opposto alla sua dimissione dall'ospedale,arrivando ad affermare che sarebbe uscito di lì solo se fosse stato trasferito in una clinica di disintossicazione,ma fortunatamente Mycroft era riuscito ad intercedere per lui ed ora si trovava su una delle limousine del fratello,diretto verso il 221B.
Anthea era al suo fianco e,come al solito,non smetteva di digitare parole su quel suo dannato smartphone,che di già aveva innervosito il genio con il suo rumore monotono e penetrante:"Signorina,potrebbe smetterla di messaggiare con i suoi amanti,o quantomeno mettere il silenzioso,cortesemente?",le chiese stizzito;la donna lo fissò per qualche secondo,per poi ricominciare a scrivere ignorando totalmente la richiesta del detective,come era suo consono fare:essa,infatti,aveva in ordine di ascoltare ed obbedire unicamente al suo capo,il maggiore degli Holmes e di parlare ad altri solo in sua presenza o in situazioni di estrema urgenza. 
L'uomo alla sua sinistra sbuffò sonoramente,contrariato e speranzoso di arrivare al più presto a casa.

Arrivati,però,alla stradina che portava al palazzo,la macchina non girò,ma proseguì in avanti,facendo allarmare l'investigatore:"Dove diamine mi sta portando?",sbottò alla donna,che si limitò a dire:"Tra poco vedrà."
L'uomo allora prese repentinamente il suo telefono e chiamò suo fratello:
"Fratellino!Vedo che ti sei appena reso conto che la mia macchina non ti sta portando al tuo appartamento.",gli rispose questo,senza neanche lasciargli il tempo di formulare una domanda:"Mycroft,non puoi comportarti con me come se fossi una bambola di pezza,perché non..",una forte tosse fece rimanere a metà il rimprovero del genio,che era ancora troppo debole per parlare ad alta voce senza doversi fermare ogni tanto per riposarsi:"Invece di strillare come un'oca-prese a dire suo fratello-,conserva la voce per parlarmi dal vivo:stai venendo da me.",concluse l'uomo,sempre preoccupato per il suo fratellino:"Cosa stai...Mycroft!Ehi,Mycroft!",il detective aveva cercato di chiedergli spiegazioni,ma il capo dei servizi segreti della Gran Bretagna gli aveva già riattaccato, lasciandolo di pessimo umore.
Dal punto in cui erano arrivati,il Diogene's Club doveva distare circa tre chilometri.
Non c'era altro da fare se non aspettare.

Arrivati davanti alla porta dell'importante edificio che conteneva il club del silenzio,la limousine si fermò e lasciò il minore degli Holmes ritto sul marciapiede,mentre la macchina ripartiva verso non si sa quale altra meta.
Il detective aprì la grande porta di mogano scuro e salì per le scale:i citofoni,infatti,non funzionavano in quel palazzo,per far sì che la quiete dell'aria senza suoni non fosse disturbata.
Anche per questo motivo la porta del Diogene's era sempre aperta,per evitare che qualcuno potesse bussare:naturalmente,davanti all'uscio sostava un maggiordomo,che aveva anche la funzione di guardia di sicurezza.
L'investigatore lo guardò e,dopo avergli detto qualcosa in linguaggio dei segni,l'uomo lo condusse allo studio del fratello,unica stanza dell'edificio dove fosse possibile parlare.
Quando li ebbe lasciati soli,il genio proferì:"Cosa mi hai chiamato a fare?Pensavo volessi che mi riposassi.",Mycroft rise dall'alto della sua grande sedia di pelle dietro alla scrivania di legno pesante:"Sherlock,sai quanto me che per noi non esiste riposo.
C'è un grande problema che ci riguarda e mi serve il tuo aiuto.",disse l'uomo in gessato,fissando il fratello,che non si era seduto su nessuna delle poltroncine presenti nella stanza,ma era rimasto ritto al suo posto:"Il mio aiuto?Devi essere davvero disperato,allora...",disse il minore degli Holmes,sarcasticamente:"Se fossi in te non scherzerei,Sherlock:Moriarty è tornato.",sentenziò gravemente l'uomo,che vide la faccia del suo fratellino sbiancarsi a quell'affermazione:"Co-Cosa?Smettila di prendermi in giro,Mycroft!Non è divertente!",strillò Sherlock,scosso:"Non sto scherzando,è la verità.Guarda tu stesso.",detto questo,il genio prese un telecomando e accese la televisione:ciò che comparì lasciò il detective esterrefatto.
Un elegante Moriarty lo salutava urlandogli:"Miss me?"
Sherlock dovette sedersi per non crollare a terra.

L'uomo si prese la testa tra le mani:"Come è possibile-cominciò a piagnucolare-
COME CAZZO È POSSIBILE?!LUI È MORTO:SI È PIANTATO UN PROIETTILE MELLA TESTA DAVANTI AI MIEI OCCHI!",prese a strillare,disperato e sfinito dagli eventi che lo avevano coinvolto negli ultimi anni.
Mycroft si alzò e gli si avvicinò,inginocchiandosi davanti a lui e togliendogli le mani dalle tempie,per poi prenderle tra le sue come quando erano piccoli:
"Calmati.",gli sussurrò fermamente.
"Mycroft,non posso andare avanti così:Moriarty,Mary,John...Io non ce la faccio più a sopportare tutto questo.Non sono un eroe,Mycroft,non posso salvare tutti,altrimenti chi salverà me?",due grandi occhi verdi e lucidi fissarono il capo del governo britannico,che si sentì il mondo crollare addosso e finì per stringere a se suo fratello in un forte abbraccio:"Sherlock,ci penso io a te:non devi mai credere di essere solo,mai.
Sono con te,capito?Non piangere,per favore,devi essere forte.Dobbiamo essere eroi almeno per un giorno,dobbiamo salvarli,Sherlock.È quello per cui siamo nati,è l'unica cosa che da uno scopo alla nostra vita.",continuò a ripetere l'uomo,davanti al crollo di suo fratello:"E se non volessi più farlo?E se volessi morire?Lasciami morire,Mycroft,se mi vuoi bene,lascia che chiuda gli occhi.",insisté Sherlock,urlando sempre più forte, implorando al fratello la sua fine.

Al suono di quelle parole,il cuore di Mycroft cedette,perché aveva ragione Sherlock:lui era solo un egoista che continuava a tenerlo in vita all'unico scopo di sfruttarlo,solo per far bene agli altri,ma avrebbe davvero preferito la morte di suo fratello a quella dell'umanità se si fosse trovato davanti a una scelta del genere?Non osava darsi una risposta,ma sapeva solo che il loro compito era quello di proteggere gli altri:tutti i geni sono destinati alla sofferenza.

"Non dire certe cose!Cosa farei io senza di te,eh?E John?Chi proteggerebbe John?", sentendo il suo nome,Sherlock si scostò dalle braccia del fratello bruscamente e riprese ad urlare tra le lacrime,più forte di prima:"Non provare ad usare John per ricattarmi!Lui ha sua moglie che lo proteggerà:è un sicario sai?Ammazza le persone per i soldi e per divertimento ed è lei che ha provato ad uccidermi con la droga!John starà benissimo con Mrs Watson e suo figlio,dato che è anche incinta!Ma tanto tu che ne sai?Tu sei "l'uomo di ghiaccio",non hai mai amato nessuno nella tua schifosa vita!", Sherlock si sfogò con suo fratello,il cui volto si era improvvisamente riempito di rabbia:"Non parlare di cose che non sai!",urlò l'uomo a sua volta,sorprendendo suo fratello,che seppe dal dolore nei suoi occhi che il capo del governo inglese non stava scherzando.Il detective si calmò istantaneamente:"Perdonami,hai ragione tu: dobbiamo sacrificarci,noi.Mandami i fascicoli con tutto quello che siete riusciti a scoprire fino a questo momento a casa.Tolgo il disturbo.",il genio sorrise amaramente, poi si alzò e se ne andò senza aggiungere altro,lasciando Mycroft sul pavimento con la testa tra le mani.

Sherlock chiamò un taxi e,finalmente,a mezzanotte riuscì a tornare a casa senza,cosa di fondamentale importanza,svegliare la signora Hudson.
Scovò le chiavi in tasca ed aprì la porta del suo amato rifugio,trovando,stranamente,la luce accesa;ciò lo insospettì non poco e fece correre la sua mano al borsone pieno di panni che aveva portato dall'ospedale e che conteneva anche la sua pistola.
La impugnò e si diresse verso il divano senza fare rumore,quando quello che vide lo lasciò senza parole:"John!Che diamine ci fai qui?",strillò non appena si accorse che lì sopra stava dormendo beato il suo ex-coinquilino,che si svegliò di soprassalto:
"Cosa?",a quella domanda proseguì un grido di paura:"Sherlock?!Perché mi stai puntando una pistola alla faccia?",gli chiese,confuso e il suo amico posò subito l'arma
nel borsone a terra:"Ho visto la luce accesa e ho pensato potesse essere entrato qualcuno,quindi ho preso la pistola per difendermi e ti ho trovato qui sul divano, quindi,cosa ci fai qui?",domandò nuovamente il genio al medico,che,intanto,si era messo a sedere:"Beh,ho pensato che servisse qualcuno ad...aiutarti,sai,dopo quello che è successo.Quindi sono venuto qui,ho rimesso un po' in ordine la casa:volevo aspettarti,pensando che saresti arrivato subito,ma sei tornato solo ora e io mi sono addormentato qui.",blaterò il soldato,con la bocca ancora impastata dal sonno:"Io non ho bisogno di alcun aiuto e poi tu devi stare con Mary!",replicò l'investigatore,nervoso:
"Non preoccuparti per lei:sarei comunque dovuto tornare qui perché nella mia famiglia è tradizione che lo sposo e la sposa stiano lontani per tutto il mese che precede il matrimonio,quindi non fare il polemico e rimetti la mia poltrona al suo posto.
Perché l'hai tolta?Va bene,non voglio saperlo:è tardissimo ed entrambi abbiamo bisogno di riposo,quindi mettiti il pigiama e vai a dormire.",disse tutto d'un fiato John e,senza lasciare ad un più che stizzito Sherlock la possibilità di replicare,se ne andò in camera sua.

Il genio andò a cambiarsi pensando che avere di nuovo il medico in casa sarebbe stata una sfida più che difficile da sopportare.


Angolino della fangirl:
Ehilà!Come state?Ecco a voi il nuovo capitolo!Sherlock è appena uscito dall'ospedale e necessitava di un confronto con suo fratello;a proposito,chissà chi ama Mycroft...Indizio:questa storia non è solo una Johnlock. :-)
Il nostro medico è ritornato a casa e Moriarty è ritornato in azione.
Cosa ne pensate?Lasciatemi la vostra opinione in un commento,se vi va.Alla prossima,
Queen


DISCLAIMER:
La foto NON è mia e NON ne detengono diritti che appartengono SOLO ed ESCLUSIVAMENTE al proprietario.


 

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Capitolo 9
*** Of this game we are the pawns,but we're not scared and we'll carry on ***


Of this game we are the pawns,but we're not scared and we'll carry on



Sherlock e John stavano ancora dormendo beati nelle loro stanze,quando un fin troppo energico bussare alla porta li svegliò ed entrambi si catapultarono in salotto nelle loro camice da notte-rispettivamente blu e verde pallido-non troppo alla moda.
"Prendi la pistola nel mio borsone!",Sherlock ordinò ad uno John decisamente confuso, che, comunque,seguì tempestivamente gli ordini del suo amico:dopo tanti anni di indagini insieme, era ormai abituato a fidarsi del genio e a non chiedere spiegazioni né a perdere tempo quando questo gli chiedeva di fare qualcosa.

Il soldato porse la pistola al detective,che si avvicinò lentamente alla porta,girò la maniglia di scatto e la spalancò:"Sher...Perché diamine mi stai puntando una pistola in faccia?",un attonito Gregory Lestrade stava fissando l'investigatore sull'uscio dell'appartamento al 221B.
Il genio abbassò di scatto l'arma,sorpreso e piuttosto contrariato di ritrovarsi quell'esponente di Scotland Yard davanti:
"Che ci fai qui a quest'ora,Lestrade?Non ti hanno insegnato che non ci si presenta a quest'ora a casa delle persone?",gli chiese, nervoso:"Un omicidio,anzi un genocidio al London Eye;hanno abbattuto la ruota e tutte le persone che vi stavano facendo un giro con una bomba.Ma non hai guardato il telegiornale ieri sera?Sono potuto tornare solo adesso e sono corso da te.",disse frettolosamente l'uomo e notò immediatamente un cambio d'espressione nel volto di Sherlock,che era visibilmente sconvolto e preoccupato.
Il detective si fece da parte per permettere a Greg di entrare:"John,accendi subito la televisione.",ordinò l'investigatore al medico,mentre il loro ospite era piuttosto confuso sulla presenza del soldato in camicia da notte nell'appartamento:"Sherlock,ti sembra questo il momento?",chiese questo,sorpreso:"Accendi quella dannata televisione,ORA!",tuonò il genio,in preda ad una crisi di nervi e il suo amico non poté far altro se non ubbidire.
Non appena lo schermo del televisore si accese,sotto gli occhi dei tre uomini comparve il sorridente e malefico volto di Jim Moriarty, con al di sotto la scritta:"Miss me?"
"Dannazione!",strillò Sherlock,per poi sfregarsi i capelli con le mani,mentre un più che attonito John cominciava a farneticare:"Ma è morto!È morto e sepolto!"e un calmo Lestrade tentava di calmarli:"È da ieri che invade le televisioni di tutta la nazione,ma i nostri tecnici ci stanno lavorando.-si fermò per guardare uno Sherlock in preda alla furia che lo fissava a sua volta-No...Non penserai davvero che sia stato lui?", chiese,incredulo:"E chi dovrebbe essere stato?Questa scritta compare,poi il London Eye viene fatto saltare in aria:ci sta guardando,Gordon,ci sta spiando per farci impazzire e se non è lui,è un suo complice.Il gioco riprende.",sentenziò il genio,che aveva riconquistato la sua fredda determinazione,per poi infilarsi un cappotto e uscire dalla porta correndo:"John,muoviti!", stava strillando dalle scale:"Ma non siamo nemmeno vestiti!",aveva provato a ribattere il soldato,che era stato però costretto ad uscire anche lui dall'appartamento,lasciando il povero Lestrade da solo nel salotto del 221B: "Comunque mi chiamo Greg.",si ritrovò a precisare alle pareti,per poi sorridere e sussurrare,contento e un po' nostalgico:  "Sherlock è tornato!".

Era vero:il gioco stava ripartendo da dove si era interrotto,più insidioso che mai.


Angolino della fangirl:
Ciao a tutti!Mi scuso per aver scritto questo mini-capitolo e per averlo pubblicato in ritardo,ma in questi giorni non sono stata molto bene per un raffreddore che non mi molla!Comunque credo che questo capitolo-cuscinetto serva per passare alla seconda fase della storia,che sarà piena di colpi di scena!Se vi va,lasciate un commento,perché mi fa sempre piacere conoscere la vostra opinione!Alla prossima,
Queen

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Capitolo 10
*** Do a cheer to the puppeteer ***


Do a cheer to the puppeteer


Sherlock e John erano appena usciti correndo dal 221B,quando il genio si stava sbracciando per chiamare un taxi,che si era fermato istantaneamente,accogliendo a bordo la coppia d'amici;l'autista si era girato e,sorpreso,aveva blaterato:"L-Lei è Sherlock Holmes?" 
Gli eventi dell'ultimo mese avevano sconvolto l'Inghilterra,alla notizia che quell'uomo avesse finto un suicidio per sconfiggere uno dei più grandi criminali che la Gran Bretagna avesse mai visto;nonostante ciò,il genio odiava essere al centro dell'attenzione della stampa e della gente,specialmente quando si trattava di perdere tempo in un'indagine,quindi sbuffò sonoramente e rispose:"Sì,io sono Sherlock Holmes e lei è un'autista:scoperta sensazionale.Adesso vuole fare il suo lavoro e portarmi il più in fretta possibile al London Eye?",il povero tassista si ritrovò a balbettare:"Ecco...non per non volerLa accontentare,signor Holmes,ma non possiamo andare lì:non ha visto i telegiornali?"
L'investigatore stava per rispondergli a tono,quando Watson aveva preso prontamente parola:"La prego,è una questione di massima importanza-si fermò,per poi cominciare a sussurrare,come se stesse rivelando a quell'uomo un qualche segreto-sa,è per delle indagini.",sentendo quelle parole,il ragazzo al volante aveva sorriso,eccitato alla notizia di poter contribuire a uno dei misteri risolti da Sherlock Holmes e aveva premuto immediatamente l'acceleratore,pronto a sfrecciare verso il luogo della catastrofe avvenuta solo poche ore prima.
Il genio aveva assunto un'espressione corrucciata:"Visto?Non serve sempre sbraitare contro le persone per ottenere qualcosa.", l'aveva rimbeccato il soldato.

Erano quasi arrivati al London Eye,quando il telefono di Sherlock aveva squillato e il detective aveva risposto:"Hai sentito cosa è successo?Te l'avevo detto.",la voce di Mycroft al di là della cornetta appariva stanca e amareggiata,quando aveva detto queste parole al suo fratellino:"Sono su un taxi con John: stiamo andando a controllare la situazione sul luogo.",informò il maggiore degli Holmes:"Stai attento.",si era raccomandato il capo dei servizi segreti inglesi,mentre stava per riattaccare la cornetta:"Mycroft,aspetta!-l'aveva fermato il genio-Che cos'hai?",questa domanda doveva aver sorpreso l'uomo dall'altro capo del telefono,perché ci fu qualche secondo di sbigottimento al di là della cornetta,prima che questo rispondesse: "Nulla,sono solo un po' stanco. Pensa alle indagini e fammi sapere.", sentenziò,prima che la chiamata s'interruppe.

John e Sherlock arrivarono sul luogo della strage soli pochi minuti dopo la telefonata e quello che trovarono sul luogo fu pressoché orribile:decine di teli erano stesi a terra,a coprire le vittime di quella strage,mentre la ruota,abbattuta,vegliava su di loro come un relitto.
Watson storse il naso,mentre il suo compagno osservava la scena che gli si presentava davanti con interesse:"Tutte queste persone-il dottore aveva cominciato a parlare-erano venute qui solo per divertirsi e hanno trovato la fine.I bambini...",il discorso del soldato si era interrotto a metà:nonostante avesse visto tanti caduti in battaglia e lui stesso avesse ucciso, non si era mai abituato alla morte.Il genio, intanto,aveva già raggiunto la ruota e,tirata fuori la sua microscopica lente d'ingrandimento,aveva cominciato ad analizzare la scena del delitto:
"Cosa ci fa Lei qui,se ne vada immediatamente!",un commissario incaricato del caso aveva così rimbeccato l'investigatore, prendendolo per un braccio:"Non mi tocchi, imbecille!",il genio aveva esordito, offeso; l'uomo che aveva ricevuto l'insulto stava per tirar fuori un paio di manette quando John, resosi conto di come la situazione si stava evolvendo,aveva raggiunto i due litiganti: "Scusi,io sono John Watson e lui è il rinomato investigatore privato Sherlock Holmes;ci manda qui Greg Lestrade:se non ci crede,può chiamarlo.",a quel nome l'uomo sbuffò,irritato, ma non replicò e si allontanò immediatamente.
Il genio,intanto,riprese ad analizzare la ruota,
spostandosi repentinamente in cerca di indizi:
"Sherlock,che ti prende oggi?Sei più irritabile del solito.",chiese il soldato,che si stava scapicollando nel tentativo di seguire l'amico:
"È tornato,John.È tornato dalla tomba. Adesso,però,non disturbarmi e renditi utile: analizza il cadavere vicino a quel cane,sospetto possa svelarci qualche indizio.",il soldato, allora,se ne andò sbuffando.
L'investigatore in quello stesso istante trovò qualcosa.Sulla capsula numero 7 appariva una scritta:"Attenzione al tuo agnellino,Mr Holmes.",l'inchiostro con cui era stata incisa non era propriamente inchiostro,ma sangue.
"Sherlock!-Watson lo stava chiamando-ho trovato un indizio!"
L'investigatore si era alzato ed era corso dal dottore immediatamente:"Cosa?",aveva esordito il genio:"L'uomo non è morto per la caduta dalla ruota,ma prima di salirci qualcuno deve averlo aggredito:lo hanno strangolato e, successivamente,è stato posto su una capsula.", il detective stava per parlare,ma il soldato lo bloccò:"Non è tutto:ci sono dei segni sugli occhi,un cuore e una M.",concluse il dottore,aprendo le palpebre all'uomo e mostrando le ferite all'amico,che riuscì solo a sussurrare:"Moriarty."
Stava probabilmente per aggiungere qualcosa, quando vide una donna più che sconvolta avvicinarsi a loro:"John!Non andartene mai più così!Pensavo fossi morto!",Mary cominciò a singhiozzare mentre uno più che sconvolto dottor Watson la abbracciava:"Tesoro,non dovremmo vederci,lo sai:che ci fai qui?Perché stai piangendo?",chiese apprensivo alla donna: "I-Io volevo sentirti,sai,per vedere come stavi, ma il tuo telefono era staccato,così sono corsa al 221B e ho trovato Lestrade che ha detto che eravate qui:era abbattuto e stava guardando il TG,così ho pensato che foste morti!",detto questo il sicario scoppiò in singhiozzi ancora più forti,quando Sherlock prese la parola: "Vado a riflettere e vi lascio un po' soli.", concluse e se ne andò,non lasciando a John la possibilità di controbattere.

Decise di fare una passeggiata,mentre pensava agli indizi:la capsula era la numero 7,il che poteva indicare molteplici cose,ma visto che nella scritta sul London Eye compariva la parola "agnello",il campo si restringeva ai simboli religiosi,fino ad arrivare ai sette peccati capitali e alle piaghe d'Egitto.Una piaga per ogni peccato.Ira:ecco il primo che si assolveva. Ira per cosa?Per la vita!Certo:Moriarty doveva essere venuto a sapere che lui era vivo e il sangue con cui erano state scritte le parole sulla capsula doveva indicare la vendetta che voleva ottenere.Oltre ad un simbolo,però,il messaggio sulla capsula conteneva un avvertimento:"Attento al tuo agnellino,Mr Holmes."e restava ancora da capire cosa simboleggiasse il cuore nell'occhio dell'uomo... 

JOHN! 

Era John di sicuro l'oggetto delle attenzioni di Moriarty:lui era il genio,l'investigatore,mentre John era il suo aiutante.Quindi loro due erano pastore e agnello e il cuore simboleggiava... 
l'amore.

Il London Eye non era una scelta casuale e nemmeno gli occhi di quel cadavere lo erano:Moriarty li guardava dall'alto,come una sorta di invisibile ed imbattibile mito.
I segni c'erano,nascosti sotto il numero sette e ciò che si doveva fare era chiaro:bisognava aspettare che si svelassero tutti e proteggere John Watson.

 Angolino della fangirl:
Ciao a tutti!Spero che non abbiate in mano picconi e forche per il mio clamoroso ritardo ad aggiornare la storia,ma la scuola non mi ha lasciato scampo e lo studio, naturalmente,è stato la mia priorità.
Ci avviamo alla fine della scuola,però e io mi impegnerò a postare più spesso,se ci riesco.Ovviamente non ho intenzione di lasciare la storia in sospeso,né di farvi aspettare troppo per nuovi capitoli.
Detto questo,siamo entrati nelle indagini!Mi farebbe piacere se vi sbizzarriste nei commenti scrivendo quale pensate possa essere la risoluzione del caso,sebbene siamo solo all'inizio e se siete d'accordo o no con Sherlock.Alla prossima,
Queen

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Capitolo 11
*** It doesn't matter what you will be going through,I will always protect you ***


It doesn't matter what you will be going through,I will always protect you

Sherlock e John abbandonarono il luogo del massacro con un altro taxi,sinceramente sconvolti da quello che stava accadendo:
"Cosa credi che significhino tutti questi segni?",il dottore stava bisbigliando al suo compagno di viaggio,cercando di non farsi sentire dal tassista:"Non lo so.",la voce del detective si incrinò leggermente mentre i suoi occhi si incatenavano alla pioggia che aveva cominciato a scendere per le strade di Londra,quasi a testimoniare il suo cordoglio per la disgrazia avvenuta:"Stai scherzando?", John emise un risolino sarcastico:sapeva bene che Sherlock aveva scoperto qualcosa, insomma,lui era un genio, doveva aver almeno formulato delle ipotesi su ciò che poteva essere avvenuto.
L'investigatore girò all'improvviso la testa,lo sguardo seccato si posò sul soldato e la sua bocca si aprì,per poi richiudersi senza aver emesso alcun suono:"Mi porti al Diogene's Club.",disse invece al conducente della vettura, ritornando alla sua meticolosa osservazione delle gocce che scorrevano sul finestrino dell'auto.John,piuttosto sorpreso,poggiò istintivamente una mano sulla spalla destra dell'amico,concentrando di nuovo la sua attenzione su di sé:"Perché dobbiamo andare al Diogene's?Cosa sta succedendo?Sherlock,non tentare di escludermi da queste indagini perché non ti fidi di me.",sbottò infastidito.
Era già capitato una volta che l'amico avesse tenuto per sé informazioni importanti e la cosa gli aveva provocato immense sofferenze.
"Non è per questo!",esclamò il detective, attirando su di sé l'attenzione del tassista.
Si schiarì la voce,poi riprese bisbigliando:
"Non è per questo...Lo faccio per il tuo bene,
John,credimi.Ci sono tante cose che non puoi capire...",sorrise malinconicamente,lo sguardo basso puntato su uno dei tappetini neri della macchina,che si fermò proprio in quel momento:"Cosa significa?Cos'è che mi hai tenuto ancora nascosto?Sherlock!Sherlock, aspetta!Sher...",ma le sue parole si troncarono sullo sbattere della portiera,quando ormai il genio era già sceso dal taxi e già stava aprendo il portone del palazzo dove risiedeva la sede del Club.
Quell'anno stava frequentando più spesso del solito il circolo di anziani della quale suo fratello faceva parte,ma dalla caduta,avvenuta ormai molto tempo prima,aveva iniziato a cooperare con Mycroft assiduamente.
Varcò l'ingresso dell'appartamento,salutando il maggiordomo di servizio con un secco cenno della mano e dirigendosi immediatamente alla stanza del fratello,senza preoccuparsi di chiedersi se fosse occupato o no.
"Mycroft,devi aiutarmi:ce l'ha con John.", esordì,piuttosto scosso.
Il maggiore degli Holmes alzò la testa da un tomo di scartoffie,confuso e sorpreso dall'improvvisa irruzione del fratellino nel suo studio:"Salve,Sherlock.Credevo mi chiamassi,
ma vista la tua...sorprendente impulsività, siediti e cerca di spiegarmi tutto."
L'investigatore scoccò uno sguardo di fuoco al fratello,poi cominciò a raccontare ciò che aveva scoperto e dedotto sul caso del London Eye,
evitando però il consiglio di sedersi e camminando invece avanti e indietro per la stanza, freneticamente.
"...ed ecco perché credo voglia fare del male a John." Appena ebbe finito posò gli occhi sull'uomo dietro la scrivania e lo trovò incredibilmente pallido:"Mycroft...ti senti bene?Devi esserti ingozzato di torta:sei bianco come un cencio.",proferì ironico,ma il suo interlocutore non dava cenno di voler rispondere;poggiato alla sua imponente sedia dell''800 c'era il suo inseparabile ombrello nero,che Mycroft prese per il manico, appoggiandovisi sopra come se gli fosse appena mancato l'equilibrio,nonostante fosse seduto:
"Io...non credevo avrebbe potuto...io non...",
balbettava tra sé e sé,come se si fosse trovato da solo,come se non avesse avuto uno sbigottito Sherlock che lo fissava di sghembo:
"Sai benissimo che Moriarty è capace di questo,non capisco perché tu ne sia sorpreso.",
aveva affermato freddamente di rimando, confuso da quella strana situazione.
Non aveva mai visto suo fratello impallidire in quel modo,neanche quando gli aveva confessato che sarebbe potuto morire se non avessero fatto qualcosa per fermare i piani di Moriarty,neanche quando Barbarossa se n'era andato,neanche quando l'altro aveva fatto quella brutta fine...
Eppure ecco il maggiore degli Holmes che cercava di frenare i tremiti delle sue mani aggrappandosi all'ombrello,ecco che farneticava frasi sconnesse,assente da quel luogo e assente dalla conversazione che stavano,fino a poco prima,intrattenendo.
Il capo del governo inglese alzò finalmente il capo,tremando convulsamente,fissando gli occhi vuoti e distanti nel prato verde che erano quelli di Sherlock:"Non riesci proprio ad arrivarci,eh?Il messaggio non era per te,era per me.",l'investigatore aggrottò le sopracciglia a quell'affermazione e si avvicinò bruscamente alla scrivania del capo del club,puntò entrambe le braccia sul legno e si curvò in avanti,vicino alla testa di Mycroft,di nuovo china sul manico dell'ombrello:"Che cosa vai farneticando?Vuoi
prendermi in giro?Gli indizi sono chiari!Tu non
c'entri niente con Moriarty,niente!È me che vuole ferire,non te!John è in pericolo e tu devi aiutarmi a tenerlo al sicuro,ora finiscila di autocommiserarti e dammi una mano!",grugnì
a denti stretti,mentre il fratello non dava cenno di volergli stare a sentire.
All'improvviso l'uomo si alzò reggendosi fermamente all'ombrello e arrivando all'altezza del minore degli Holmes,i visi separati da pochi centimetri d'aria:"Ci sono tante cose che non puoi capire...",sussurrò,riutilizzando inconsciamente le parole che Sherlock aveva rivolto a Watson solo poco prima.
Sorpassò il suo sconvolto visitatore ed aprì la porta,trovandosi davanti un maggiordomo che era sul punto di entrare nello studio;in linguaggio dei segni l'anziano gli spiegò che lo aspettava un importante appuntamento a minuti,mentre il detective si girò di scatto, sollevandosi da quella goffa posizione rannicchiata: "Che cosa vorresti dire?", esclamò,mentre il messaggero del fratello gli rivolgeva un'occhiata fulminante e il suo volto,
solitamente impassibile,si animava di un'espressione sconvolta.
Mycroft mimò uno scusi,mi libero un attimo di lui - indicando seccato l'investigatore - in lingua muta e chiuse cordialmente la porta in faccia a quel povero Ambrogio per poi,ripresa la sua regolare tempra,sibilare non tanto altrettanto cordialmente:"Non sono affari che ti riguardano,esci subito di qui." 
Il fratello gli scoccò l'ennesimo sguardo velenoso della giornata ed uscì sbattendo la porta,questa volta senza rivolgere alcun segno di saluto a nessuno.
Non gli importava di qualunque sciocchezza gli stesse nascondendo Mycroft,ora una sola cosa era importante per lui:proteggere John.

Angolino della fangirl:
Ehilà!Da quanto tempo!
Probabilmente mi starete odiando con tutto il vostro cuore per aver lasciato questa storia in sospeso per secoli,ma ho passato un anno davvero impegnativo e non riuscivo a trovare un briciolo d'ispirazione per continuare a scrivere...fino ad oggi!
Beh,eccovi questo nuovo capitolo.
Secondo voi cosa sta nascondendo Mycroft al nostro Sherlock?
Si facciano avanti le proposte più disparate!
Grazie per aver continuato a seguire questa fanfiction e per aver commentato assiduamente lasciando qui sotto le vostre opinioni(cosa che mi riempie sempre di gioia).
Detto questo,alla prossima!
Queen

DISCLAIMER:
L'immagine utilizzata in questo capitolo NON appartiene a me e NON ne detengo i diritti,che appartengono SOLO ED ESCLUSIVAMENTE al proprietario.

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