PAINT & SPRAY

di silbysilby_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** midnight meeting ***
Capitolo 2: *** mostr(uos)a ***
Capitolo 3: *** don't tell him ***
Capitolo 4: *** JK in Blue ***
Capitolo 5: *** collaboration ***
Capitolo 6: *** cocoa goodnight ***



Capitolo 1
*** midnight meeting ***


Ed eccomi tornata con una nuova storia, la mia prima fanfiction in assoluto! E' una cosina assolutamente senza pretese che ho plottato in una sera di deliri con le mie amiche dopo l'uscita dei corti relativi a WINGS. L'idea di Jungkook pittore e Tae writer era troppo bella per non plottarci sopra qualcosa. Preannuncio già che la storia sarà di cinque capitoli (più un missing moment che chissà se e quando uscirà).
Godetevela, fatemi sapere cosa ne pensate e recensite! Ogni opinione e critica è ben accetta! 
Questo primo capitolo non è un gran che, si entrerà nel vivo della storia con il secondoooo
Se volete seguirmi potete trovare la mia pagina di disegni e fanart su facebook, twitter, instagram e tumblr sotto il nome di @SilbySilbyArt <3
 
Dedicata alle mie Kinderly che non sanno vivere senza spoiler. Spero che la storia valga l'attesa.
 
 midnight meeting

Il cappuccio gli scivolò sulle spalle per la millesima volta e Jeon Jungkook non potè evitare di sbuffare. Cercò di riparare le orecchie dai morsi dell'aria gelida tipica di novembre incassando la testa nella spessa sciarpa che portava al collo, inutilmente. Maledì quella cartellina di cartoncuoio tanto preziosa quanto ingombrante che gli teneva occupate le mani intirizzite.
Avrebbe potuto fermarsi, appoggiarla a terra, calarsi il cappuccio sulla testa e sistemarsi la sciarpa fin sopra il naso, ma non aveva nessunissima voglia di rallentare e rischiare di perdere l'ultima corsa del suo autobus. Continuò imperterrito a camminare a passo svelto tra i marciapiedi desolati e bui, confortato solo da un abbondante cappotto.
Ormai erano le undici e un quarto di una fredda sera di novembre, e tutto quello che Jungkook voleva era tornare a casa. Era di ritorno dall'Istituto Artistico, la sua scuola, dopo aver consegnato giusto in tempo la tela su cui aveva lavorato notte e giorno nelle ultime due settimane.
Quando il suo professore di disegno dal vero aveva annunciato alla classe che, nonostante fossero solo di quarta, alcuni di loro avrebbero avuto la possibilità di esporre alla Galleria dell'Istituto, Jungkook si era lanciato a capofitto nell'impresa: essa organizzava ogni anno due mostre, quella invernale e quella primaverile, dove solo le classi dell'ultimo anno potevano far sfoggio di tutte le loro abilità manuali e grafiche davanti a un pubblico numeroso. Succedeva spesso che i quadri migliori ricevessero offerte da collezionisti privati, o che i giovani autori ricevessero commissioni e offerte di lavoro. Ma al di fuori di tutte le conseguenze pratiche a cui poteva portare, esporre alla Galleria con una propria opera originale era da considerare un onore per ogni studente.
Il ragazzo sorrise tra se, sbuffando una nuvoletta di vapore nell'aria.
Stanco sia fisicamente che mentalmente, infreddolito fino a dentro le ossa e affamato, Jungkook si sentiva leggero come una piuma. Liberarsi di quel quadro, poter finalmente dire di averlo finito e di non poter più aggiungere altri particolari, era il più grande dei sollievi.
Era anche abbastanza sicuro di essere stato all'altezza delle aspettative del suo professore. Non vedeva ragioni per cui non avrebbe meritato la sua occasione di esporre.
Già se lo immaginava: il suo quadro appeso solitario a una parete bianco panna, le persone che passavano e non potevano fare a meno di soffermarsi ad ammirare, le espressioni rapite di mamme, papà, giovani, vecchi, bambini, studenti. Qualcuno che legge il suo nome nella targhetta sottostante e lancia un'esclamazione stupita quando si accorge che l'autore è più giovane di un anno rispetto a tutti gli altri.
Di certo non si illudeva di poter vendere niente, ma forse qualche appassionato si sarebbe segnato il suo nome per il futuro. La Galleria sarebbe stato il suo trampolino da lancio per la sua agognata carriera da pittore.
Ma doveva dare tempo al tempo, nell'attesa che arrivasse il verdetto degli insegnanti e potesse permettersi di fantasticare. Al momento la sua unica preoccupazione doveva essere raggiungere l'autostazione, prendere l'autobus che lo avrebbe portato a casa in una ventina di minuti, riscaldarsi la cena e coricarsi a letto. L'indomani si sarebbe svegliato fresco e riposato, pronto per godersi una classica domenica in famiglia.
E avrebbe fatto tutto ciò se solo si fosse fatto gli affari suoi.
Jungkook prese una scorciatoia, decidendo di tagliare per un immenso parcheggio all'aperto separato dall'autostazione solo dalle strisce pedonali. Era occupato da non più di una quindicina di automobili dormienti la cui carrozzeria lucida rifletteva le luci lontane delle insegne stradali che lo circondavano.
E proprio lì, sotto un lampione mal funzionante, un ragazzo stava vandalizzando la parete di un edificio.
Dava la schiena a Jungkook, ma le bombolette spray strette nelle sue mani erano comunque ben in vista. Ne aveva addirittura una piccola serie allineata ai suoi piedi, i tappi già tolti e ammonticchiati contro un gradino, pronte all'uso.
Il senso del dovere tipico di Jungkook entrò in azione, lo stesso che alle elementari e alle medie lo aveva fatto eleggere come lo spione della classe, costringendolo a dirigersi silenziosamente verso quello che ai suoi occhi non era altro che un delinquente.
Si tenne a distanza di qualche metro, il braccio che non stringeva la cartellina teso davanti a se per mostrare il cellulare come se fosse un'arma. Il fisico asciutto e la folta capigliatura confermarono la prima idea che Jungkook si fosse fatto, ovvero che si trattasse di un ragazzo. Questo lo rassicurò. Mal che andasse se ne sarebbe tornato a casa con un occhio nero.

"Fermati, o chiamo la polizia."
Una voce risuonò ferma e decisa nella quiete notturna facendo sussultare Kim Taehyung. Stava lavorando a questo suo nuovo murales da un'oretta e, assorbito completamente dalla concentrazione, aveva smesso di tendere l'orecchio ad ogni rumore sospetto. Aveva abbassato la guardia comunque, non più abituato a stare sull'attenti da quando il suo amico Namjoon aveva iniziato a fargli da palo. Ma quella notte Namjoon aveva avuto un contrattempo e Tae era troppo ispirato e annoiato per rimanere a casa sua.
E adesso qualcuno lo aveva beccato in flagrante. Era fottuto.
Il sibilo della bomboletta spray si interruppe quando smise di far pressione con il dito.
Indeciso su come reagire, ma soprattutto molto, molto scocciato di essere stato interrotto sul più bello, Taehyung sollevò le braccia sopra la testa senza mollare le sue adorate bombolette. Vedeva chiaramente la sua ombra stagliarsi sulla parete di fronte a lui, la sagoma della sua giacca di jeans che gli scopriva i fianchi. Tenendo la testa bassa si girò, la frangia sugli occhi. Cercò di mettere a fuoco la figura scura dietro al rettangolo luminoso dello schermo di un cellulare mentre il lampione andava a intermittenza.
La sua espressione imbronciata, quella di un bambino colto con le mani nel sacchetto delle caramelle, scivolò in un sorrisetto impertinente quando vide chi lo stava minacciando.
Un ragazzino.
Okay, dall'altezza poteva benissimo avere la sua età ma tutto quello che riusciva a intravedere era un viso pallido, sbarbato, esposto al freddo, i capelli sulla fronte. Lo sguardo gli finì sulla silhouette sottile delle gambe.
E che ragazzino.
Non era niente per cui valeva la pena di agitarsi. Sarebbe stato facile convincerlo della sua innocenza e farlo girare al largo. A meno che a lui e alle sue belle gambe non dispiacesse un po' di compagnia.
"Dai, non c'è bisogno di far tutta questa messa in scena. Non sto facendo niente di male." disse Taehyung, le mani ancora in alto.
Il tono di voce con cui l'altro gli rispose non era quello di uno che si fa abbindolare facilmente. Era deciso, sicuro. "Stai rovinando un edificio pubblico."
"Sto migliorando un edificio pubblico."
"Perciò non hai intenzione di smettere?"
Taehyung sorrise, abbassando una mano solo per pararsi gli occhi. Potè scorgere meglio la linea morbida che delineava gli occhi dello sconosciuto. "Non lasciò mai i miei murales a metà."
Jungkook allora fece spallucce, il movimento camuffato dal cappotto, e si avvicinò il cellulare alla faccia, illuminandosi. "Lo hai voluto tu."
Il classico "bip" elettronico dei pulsanti premuti sullo schermo piatto risuonò nell'aria, subito seguito da un assordante clangore. Taehyung aveva lasciato cadere le bombolette a terra e si era precipitato su Jungkook, tentando di sottrargli il telefono. Jungkook strinse più che potè la presa e i due presero a strattonare il povero aggeggio, a rubarselo di mano, ad afferrarsi braccia e polsi, marcandosi l'uno con l'altro nello stesso modo in cui i giocatori di basket fanno con la palla. Con un ultimo scatto, Tae ebbe la meglio.
Jungkook cadde di sedere sull'asfalto del parcheggio mentre l'altro si affrettava a mettere una distanza di sicurezza tra di loro. La tastiera del cellullare elencava un numero spropositato di cifre premute per sbaglio durante quella loro folle lotta tra mani, decisamente più di quelle richieste dal numero di telefono dei carabinieri. Taehyung le eliminò tutte quante e tenne premuto il pulsante a lato per spegnere in modo definitivo il cellulare, soddisfatto.
Appena vide che Jungkook si era già rimesso in piedi e gli stava venendo addosso come una furia fece l'unica cosa che sperasse potesse rallentare l'imminente disastro; ora che lo aveva anche provocato, se l'altro ragazzo avesse riavuto il suo cellulare (e lo avrebbe riavuto perchè Tae poteva anche divertirsi a spese delle città, ma non era un ladro) per lui sarebbe stata la fine dei giochi. Niente più murales e una bella multa salata da pagare.
Così si mise il telefono nei jeans.
Non nelle tasche. Proprio dentro i jeans.
Per una volta ringraziò il cielo di averne indossato un paio attillato invece dei suoi amati pantaloni larghi e comodi.
Come previsto, Jungkook si pietrificò sul posto, un'espressione schifata sul volto.
Tae finì di allacciarsi la fibbia della cintura, rivolgendogli un sorriso ansimante e vittorioso. Quando si mise le mani sulle ginocchia per riprendere fiato la sagoma rettangolare del cellulare comparve evidente contro il suo interno coscia.
Se questo non era un incubo, allora Jungkook non sapeva cosa fosse.
Andiamo, quante possibilità su un milione c'erano che quella serata finisse così? Non doveva essere lui quello con il coltello dalla parte del manico? Quel che era peggio è che era stato proprio lui a dare il via al tutto. Avrebbe potuto ignorare quel ragazzo, fregarsene del bene pubblico, voltarsi da un'altra parte e tirare dritto per la sua strada. Invece, oltre ad aver già perso tempo, ora gli toccava pure di recuperare quello che gli era stato preso.
Jungkook si sentiva la gola graffiata dal freddo ad ogni respiro, il sudore che si seccava sulla fronte e la camicia appiccicata alla schiena. Non scollava gli occhi dall'altro ragazzo, i nervi che sussultavano ad ogni suo movimento per la paura che se ne scappasse via con il cellulare e tutta le foto e canzoni salvate all'interno.
Il suo occhio da artista, però, andava oltre alla rabbia, oltre a tutto. Si soffermava sul colore incrostato sulle dita di quel vandalo. Sui riflessi nei capelli incredibilmente lisci. Sull'evidente cambio del colorito delle sue gote nonostante il buio. Ma persino l'occhio da artista si alterò un attimo quando vide sparire dietro una curva l'autobus che avrebbe dovuto prendere.
A Jungkook cadde la cartellina di cartoncuoio dalle mani.
L'ultimo autobus della linea giornaliera. Quella notturna sarebbe iniziata passata la mezzanotte.
E i suoi genitori avevano approfittato del fatto che lui non ci fosse per un appuntamento romantico fuori città. E disturbare uno dei suoi amici a quest'ora era fuori discussione. E non aveva soldi con se per pagare un taxi.
Gli venne voglia di piangere.
Stranito dal fatto che non stesse ricevendo suppliche o insulti di nessun tipo, Taehyung sollevò la testa e seguì la direzione dello sguardo di Jungkook.
"Era il tuo..."
"Si, era il mio autobus."
Ci mancava solo che la persona che aveva minacciato di denunciare si mettesse ad avere pietà per lui. Quello sì che sarebbe stato il colmo.
"Tra quanto passa il prossimo?"
"Non passa."
"Hai qualcuno che ti deve un favore?"
"Anche se lo avessi, e non ce l'ho, con che telefono chiamerei?" chiese Jungkook, fulminandolo con un'occhiata. Questo zittì momentaneamente Tae. Si mise le mani in tasca e si fece pensieroso.
Jungkook si ritrovò ad odiare quel lampione alle sue spalle: il volto dell'altro era immerso in una macchia scura, mentre era sicuro che il proprio fosse ben illuminato, vulnerabile.
Il fatto di non poter studiare le sue espressioni verse la concentrazione di Jungkook su tutto quello che gli rimaneva da analizzare. Quando l'altro aprì di nuovo bocca la voce che ne uscì era bassa, profonda. Non l'avrebbe mai associata a un adolescente.
"Se vuoi ti do un passaggio."
Jungkook raccolse la sua cartellina da terra con movimenti rabbiosi. La tastò per controllare che non si fosse piegata nella caduta. "No, grazie."
Beh, Tae non poteva dire di non avere provato ad essere d'aiuto. Se quel ragazzo aveva deciso di fare il testardo non era di certo un problema suo. Non era stato lui a chiedergli di fermarsi. E di certo ridargli il cellulare per farsi venire a prendere e beccarsi una bella multa senza obiezioni sarebbe stato stupido.
Il ragionamento era logico, eppure sentì le zampette infide dei sensi di colpa insinuarglisi su per la schiena.
Taehyung lanciò un'occhiata alla parete dietro di se, vedendo il murales incompleto, gli spray colorati che non aspettavano altro che le sue mani capaci.
Non sarebbe stato molto carino da parte sua neanche fare trovare al mattino un muro dipinto solo per metà, no? Se proprio doveva prendersi una denuncia da un ragazzino doveva farlo per un lavoro che ne valesse la pena al cento per cento. Non si preoccupò del fatto di essere indelicato nei confronti di Jungkook. Tanto non avrebbe potuto odiarlo più di così a quel punto.
Indietreggiò fino a raggiungere la linea di bombolette spray. Ne soppesò una e la spruzzò contro la parete, senza mai dare completamente la schiena a Jungkook. Dato che quest'ultimo sembrava troppo disperato per accorgersi di quello che faceva lui, decise che poteva rimettersi al lavoro.
Si armò di due bombolette, una per mano, e iniziò a scuoterle per bene. La concentrazione calò di nuovo su di lui mentre riprendeva a tracciare linee e colori.
Dopo aver appurato che non ci fossero cabine telefoniche all'orizzonte o passanti, Jungkook si disse che era arrivato il momento di mettere da parte qualsiasi vergogna e riappropriarsi del suo cellulare con le maniere buone o con le cattive. Avrebbe fatto quello che l'altro ragazzo voleva, era disposto addirittura a pagarlo, pur di aver accesso ai numeri della sua rubrica.
Con un passo determinato, Jungkook raggiunse l'altro ragazzo sotto la luce del lampione, fregandosene del fatto che si fosse rimesso a vandalizzare il muro vanificando completamente il suo precedente intervento.
Tae lo sentì arrivare da dietro, ma non si interruppe. Si morse la punta della lingua osservando attentamente la parete dipinta, chiedendosi se una sfumatura verde avrebbe fatto al caso suo. Quando improvvisamente un paio di mani gli circondarono la coscia saltò così in alto che il colore andò fuori dai bordi predefiniti.
Jungkook era chinato sulle ginocchia e adesso che poteva sentire la forma squadrata del suo telefono sotto la stoffa ruvida dei jeans non lo avrebbe lasciato andare per nulla al mondo. Dalla sua espressione paonazza, dal modo in cui i suoi occhi cercavano disperatamente un punto in cui fissarsi che non fossero nè i pantaloni nè la faccia di Taehyung e dal labbro inferiore serrato tra i denti era evidente che si stesse vergognando da morire.
Un grande sorriso divertito comparve sulla faccia di Tae. "Cerchi qualcosa?"
Quella di Junkook diventò di due tonalità più rossa. "Dammi il mio cellulare o non mi muovo."
"A me la cosa va benissimo. Fatti solo un po' più in là, così riesco a colorare."
Jungkook mollò la presa, esasperato. Rifilò uno schiaffo sulla coscia a quel vandalo, più come sfogo istintivo che per fargli male, e andò a sedersi con la schiena contro il muro. Tae lo guardò incrociare gambe e braccia e mettere su il broncio, a un metro dal suo disegno. Finalmente erano entrambi sotto la luce e potè osservare meglio quello che poco prima era solo l'ombra scura di un ragazzo indefinito: era carino. Molto carino.
I suoi capelli erano scuri, leggermente ondulati, e mettevano in risalto i lineamenti morbidi e ancora un po' infantili del viso. Del suo corpo non poteva dire granchè essendo imbottito da cappotto e sciarpa, ma quelle gambe atletiche non delusero le precedenti considerazioni.
Jungkook spostò il suo sguardo ostinato su di lui, facendosi ancora più nero quando si accorse di essere osservato. Tornò a guardare nell'oscurità del parcheggio fingendo di non aver notato quanto gli occhi di Taehyung fossero grandi. Il fatto che quel viso un po' scavato gli fosse apparso attraente doveva essere un gioco di luci. Il modo in cui un angolo della bocca era rivolto verso l'alto non gli aveva assolutamente fatto venire le farfalle nello stomaco. Doveva trattarsi di fame.
Il fastidio nei suoi confronti aumentò a dismisura. "Sei proprio uno stronzo, lo sai?"
Tae ghignò quando sentì l'altro prenderlo a male parole. Scosse una nuova bomboletta per rimediare all'errore fatto poco prima. "Tu volevi denunciarmi per aver fatto un disegnino, non ho potuto fare diversamente."
"Avresti potuto fermarti quando te l'ho chiesto."
"E lasciare la mia opera a metà?"
Jungkook si allungò e afferrò una delle bombolette più vicine. Il modo in cui l'altro piegava quelle sopracciglia definite mentre parlava gli provocava il bisogno di stringere qualcosa tra le mani per impedirsi di prenderlo a pugni. Iniziò a grattare via con l'unghia quella che doveva essere un'etichetta senza staccare gli occhi dal quel profilo elegante. Solo perchè se lo voleva stampare bene in testa, così avrebbe potuto fare il più accurato identikit della storia degli identikit alla polizia, sia chiaro. Tae lanciò un'occhiata alla bomboletta tra le sue mani e risalì agli occhi di Jungkook. Gli ammiccò in un modo che il più piccolo trovò spudorato.
"Vuoi unirti a me?"
Jungkook guardò la bomboletta come se fosse comparsa tra le sue mani per magia. "Spero tu stia scherzando"
L'etichetta. L'etichetta con cui stava giocherellando aveva il marchio dell'Istituto Artistico.
Tutte le bombolette dagli svariati colori davanti a lui portavano l'etichetta dell'Istituto Artistico.
Come in sogno alzò lo sguardo verso Tae, intento proprio in quel momento ad applicare colore a una sezione ancora vuota precedentemente segnata con un indelebile nero. Anche la bomboletta stretta tra quelle dita sottili era marchiata come proprietà dell'Istituto Artistico.
Qualcuno mi dica che non è come sembra, pregò Jungkook. Questa poi.
Solo agli studenti dell'Istituto Artistico era permesso portare a casa il materiale dell'Istituto Artistico.
Questo poteva significare solo due cose: il tizio di fianco a lui poteva aver rubato tutto quanto, dalla prima all'ultima bomboletta.
Oppure... Oppure anche quel vandalo era uno studente dell'Istituto Artistico.
"Dove hai preso tutta questa roba?" chiese, la voce inespressiva.
"Me l'hanno data a scuola per esercitarmi."
Jungkook avrebbe preferito sentire una bugia. Non era possibile. Aveva sempre ritenuto l'Istituto una scuola di altissimo livello, frequentata solo da persone di buona famiglia. Sapeva di suonare cattivo, ma la delusione lo inasprì.
"E dimmi, la scuola ti ha dato anche un permesso scritto dicendo che puoi farlo su qualsiasi superficie tu scelga?"
"I miei murales sono opere gratuite che offro alla città." specificò Tae.
"Scusami, ma la gente non considera degli scarabocchi che gli costeranno cinquanta euro dall'imbianchino opere artistiche!"
Jungkook si pentì di quello che aveva appena detto nel momento esatto in cui chiuse bocca. Non perchè fossero cose che non pensava veramente, ma perchè sapeva per esperienza che ricevere un giudizio del genere da chiunque, che fosse la commessa del supermercato o che fosse Michelangelo in persona, feriva irrimediabilmente qualsiasi persona si ritenesse anche solo un pochino un artista.
Tae non disse niente. La curva della sua mascella si irrigidì appena mentre si chinava sul marciapiede per afferrare uno dei tanti tappi e lo calcava sul beccuccio della bomboletta.
Non sembrava offeso, notò Jungkook. Sembrava solo amareggiato.
Chiuse tutte quante le bombolette e le ficcò in una sacca di cui Jungkook non aveva neanche notato l'esistenza. Forse Jungkook avrebbe dovuto scusarsi. Non lo fece. Avrebbe significato incoraggiarlo e di sicuro non era quello il risultato che voleva ottenere.
Sospirò, combattuto. Si alzò in piedi e spazzò via la polvere dal retro del cappotto alla buona.
"Senti..." iniziò, alzando una mano come per volerla appoggiare sul braccio dell'altro ragazzo per poi battere in ritirata.
Tae notò comunque il gesto e un guizzo di vivacità rinacque nei suoi occhi. "Sta tranquillo. Non basterà certo l'opinione di uno studente di un anno più piccolo per buttarmi giù."
"Come sai che-"
"C'è scritto in bella vista sulla tua cartellina. Già che ci sei puoi aggiungerci anche il numero di telefono e l'e-mail, così la gente saprà come trovarti."
Quest'ultimo commento sembrò riaccendere una lampadina nella testa di Jungkook. Si riallacciò le braccia al petto e inarcò un sopracciglio, tornando al nocciolo della questione. "E chi risponderebbe, tu o io?"
"Non guardare me. Io di sicuro lo terrei spento. Ti cercherebbe troppa gente e io finirei per avere un coso che vibra ventiquattro ore su ventiquattro nei pantaloni." dicendo questo Tae lo fissò dritto in faccia, deliziandosi del disagio di Jungkook ai suoi neanche troppo sottili doppisensi.
Il più piccolo cercò di darsi una scantata e mise il palmo vuoto rivolto verso l'alto. "Non pensi che io abbia già avuto la mia dose di sofferenza giornaliera e che meriti di riavere il mio cellulare indietro?"
Tae scartò una gomma da masticare presa dalla sacca per le bombolette e se la mise in bocca. Immediatamente l'odore dolciastro della fragola impregnò l'aria. "No."
La voglia di riempirlo di schiaffi assalì di nuovo Jungkook. "Ti giuro che non chiamerò la polizia, voglio solo farmi venire a prendere."
Il writer fece schioccare la lingua un paio di volte e sorrise amabilmente. "Ecco, fosse per me lo farei anche, sul serio. Ma c'è un problema. E' sceso troppo in basso. O mi cavo i pantaloni o non c'è modo di tirarlo fuori da lì."
Fece una pausa ad effetto, soffiando una bolla con il chewingum e facendola scoppiare.
Lo sguardo dell'altro passava a turni dalle sue labbra ai suoi pantaloni, evidentemente cercando una soluzione. Tae sentì la nuca pizzicargli piacevolmente. Dovette trattenersi dal ridere sommessamente alla faccia spaesata di Jungkook quando si mise a fare l'idiota e tentò di coprirsi le cosce con le mani accusandolo di essere un guardone e di ritenerlo un uomo facile che si concede al primo incontro.
Alla fine non ce la fece più e scoppiò a ridere.
Jungkook ormai non capiva più nulla.
Con un ultimo sorriso malandrino, Taehyung gli sfilò di mano la bomboletta spray, l'ultima rimasta fuori dalla sacca. L'agitò nell'aria e con due movimenti veloci firmò il murales ora completo sul muro. Ai piedi del disegno di un bambino inseguito dai mostri che Jungkook non si era neanche degnato di guardare, svettava una "V" scritta in rosso.
"Et voilà." disse riponendo la bomboletta insieme a tutte le altre. Si caricò la sacca sulle spalle e fronteggiò Jungkook.
"Cambiato idea su quel passaggio?"
Nonostante la proposta adesso fosse molto più allettante, il ragazzo si costrinse a rifiutare una seconda volta. Tanto valeva ormai aspettare la mezzanotte e prendere l'autobus.
Quando Tae gli chiese una terza conferma, lo avrebbe quasi detto preoccupato per lui, cosa che definì impossibile. Tae continuava a congedarsi e a trovare nuovi pretesti per restare ancora un minuto, due minuti, tre minuti, un quarto d'ora fino a quando l'autobus della mezzanotte comparve dalla curva da cui era sparito l'autobus precedente. Solo allora, disse di dover proprio scappare.
Cogliendo di sorpresa Jungkook, che già teneva di nuovo la cartellina alla mano, allungò le mani verso di lui e gli sistemò la sciarpa fino a sopra le orecchie, facendogli spuntare solo gli occhi perplessi. Poi Taehyung passò velocemente una mano tra i suoi capelli scompigliandoglieli tutti e infine indietreggiò, le mani ficcate in tasca e la punta del naso gelata.
"Buonanotte, Jeon Jungkook, classe quarta, anno duemilasedici barra duemiladiciassette."
Tae gli diede le spalle e si addentrò nel parcheggio.
Jungkook rimase a fissarlo finchè non divenne un'ombra tra le tante, poi si diresse verso l'autostazione e prese il suo autobus. Seduto tra quelle decine di posti vuoti non potè evitare di chiedersi che diamine fosse appena successo.

* * *

Il telefono sulla scrivania si illuminò ed iniziò a vibrare.
Jin sollevò gli occhi dalla tastiera del computer, le mani scaltre che continuavano imperterrite a battere sui tasti.
Il nome di Taehyung comparve sullo schermo, accompagnato da una foto piuttosto imbarazzante del ragazzo, immortalato mentre sbavava nel sonno. L'umore di Jin migliorò, come ogni volta che vedeva quell'immagine. Salvò il file su cui stava lavorando e si portò il telefono all'orecchio.
"Pronto?"
"Ho bisogno di un favore."
Jin alzò gli occhi al cielo. Tae aveva saltato i convenevoli ed era andato dritto al sodo, come suo solito.
Per scaramanzia Jin salvò una seconda volta il file, si allontanò con la sedia dalla scrivania e iniziò a muovere la testa avanti e indietro per sgranchire il collo. Ora che era stato distratto da quello che stava facendo sentiva il peso della stanchezza intorpidirgli il corpo.
"Il tuo favore non può aspettare domani?" chiese sbadigliando.
Dall'altra parte della linea, dall'altra parte della città, Tae era in piedi di fianco alla sua moto, una mano sulla forma familiare della sella. "Potrebbe, ma io non ce la faccio ad aspettare. Per favore?"
"Lo sai vero che non ha senso chiedere un favore per favore?"
Tae prese a tamburellare con le dita sulla plastica rigida, cercando un suggerimento tra i puntini luminosi in cielo. "Se me lo fai adesso in diretta al telefono domani mattina ti offro la colazione in un posto a tua scelta."
Jin si sentiva già più ben predisposto ad aiutare il suo amico. Già sentiva il tintinnio di tazze e cucchiaini. "Anche se volessi andare in quel posto carissimo dove una fetta di cheesecake costa più di una cena al McDonald?"
Si poteva percepire l'acquolina in gola solo ascoltandolo attraverso il telefono, pensò Taehyung. Sorrise, intenerito dalla facilità con cui si poteva rendere felice Jin. "Amico, se questa cosa va come dico io te ne compro una intera."
Tae contò i sei secondi di silenzio che Jin si concesse per pensare alla sua proposta.
"Andata. Dimmi cosa devo fare."
"Sei ancora amico del direttore dell'annuario scolastico?"

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Capitolo 2
*** mostr(uos)a ***


Eccomi tornata con il secondo capitolo! Si entra finalmente nel succo della storia * makes V's pervy face * .... Spero vi piaccia! Recensioni e critiche costruttive sono sempre ben accettate, anzi, ci tenevo a ringraziare tutte le persone che hanno letto il capitolo precedente <3
Confermo anche che un capitolo bonus alla storia già programmata verrà pubblicato sotto Nataleeee
Se volete seguire la mia pagina di disegni sono @SilbySilbyArt su tutti i social!
Buona letturaaa

 
Anche questo capitolo è per le mie Kinderly <3
Un grande grazie anche alla mia Beta. Ma che farei senza di te.
 
 

mostr(uos)a

Era passata una settimana da quella notte spiacevole.
Jungkook aveva ritrovato il suo cellulare quel lunedì stesso, appoggiato nel sottobanco dove di solito teneva i fogli da schizzo.
Non rimase deluso dal fatto che quel ragazzo non glielo avesse riportato di persona. 
Non erano quei capelli incredibilmente lisci che cercava con gli occhi nei corridoi durante i caotici cambi d'ora. 
Non era lui il motivo per cui si offriva di accompagnare i suoi amici alle macchinette. Assolutamente.
Magari gli aveva mentito per non ammettere di aver rubato tutte quel materiale e in realtà non frequentava L'Istituto Artistico.
Il ragazzo sospirò, grattandosi i capelli sulla nuca. Doveva smettere di pensarci, 
aveva altre cose ben più importanti per la testa. 
Il numero di studenti del penultimo anno che avevano portato i loro quadri nella speranza di poter partecipare alla Galleria aveva superato quello previsto. Venticinque candidati per esattamente sei posti liberi sulle agognate pareti bianco panna, non uno in più, non uno di meno. Conseguenza: i professori avevano deciso di organizzare una mostra gratuita, che avrebbe preceduto di un mese quella ufficiale della Galleria,
per raccogliere voti e stilare una scaletta da cui avrebbero ricavato i sei fortunati. 
Jungkook doveva essere tra quelli. Doveva.
Quella mostra improvvisata, criticata dagli studenti più grandi che modificarono i volantini sparsi per la scuola come "la Mostr(uos)a", sarebbe stata aperta e chiusa nell'arco dello stesso fine settimana. Molti studenti, come lo stesso Jungkook, rimasero entrambi i giorni a gironzolare per i corridoi allestiti per spiare la concorrenza per poi tornare all'ingresso una volta finito il giro di ronda, sempre nervosi ed agitati quando vedevano dei visitatori far scivolare il proprio bigliettino con il voto dentro due grandi scatoloni.
Quando qualcuno passava davanti al suo quadro senza soffermarsi più di tanto, Jungkook si sforzava di restare positivo e di considerare tutto ciò come una prova generale per la Galleria. Era estremamente noioso restarsene fermi su uno sgabello di legno per due giorni dietro fila a una distanza discreta dal proprio quadro, soprattutto contando che nessuno lo costringeva e si stava infliggendo quell'atroce male alla schiena da solo. Se le persone leggevano ad alta voce il suo nome nel cartoncino che affiancava la tela, temeva che esse si sarebbero automaticamente girate verso di lui per fissarlo. 
Verso la fine della seconda metà dell'ultimo giorno, Jungkook decise di non poterne più di fare la sentinella.
Era il momento di minore affluenza della Mostr(uos)a e il pubblico rimasto camminava passivamente da un quadro all'altro, la luce artificiale biancastra che rendeva tutti pallidi e ammalati. Tempo un quarto d'ora e i bidelli avrebbero chiuso i battenti per impedire a nuovi visitatori di entrare, lasciando solo che gli ultimi finissero il giro e votassero. 
Jungkook scese dal suo sgabello, flettè le gambe indolenzite e si diresse fuori dalla zona dedicata alla mostra, in direzione del bagno dei maschi. Nei quindici minuti restanti avrebbe fatto in modo di mangiare qualcosa, giusto per non doversi sorbire una ramanzina da sua madre per aver saltato la cena, avrebbe recuperato sciarpa e cappotto dall'aula in cui tutti gli studenti partecipanti avevano riposto le proprie cose, avrebbe staccato il proprio quadro per rimetterlo nella cassettiera insieme a tutti gli altri 
e poi sarebbe dovuto tornare a casa a studiare per la verifica che avrebbe avuto l'indomani alla prima ora. Tanto sapeva che si sarebbe addormentato con la faccia sui libri.
Jungkook rientrò nel corridoio della Mostr(uos)a già tutto imbacuccato dentro al suo cappotto blu scuro, pronto per levare le tende. Fece per approcciare uno dei suoi professori per chiedere il permesso quando notò il gruppetto di persone riunito davanti al suo quadro. Il petto gli si sarebbe riempito d'orgoglio se non fosse stato che il suddetto gruppo di persone, formato esclusivamente da studentesse e compagne di classe, non fosse tutto uno scoppiettio di gridolini, risatine e sorrisetti. Una di loro lo avvistò nonostante la distanza e diede subito di gomito alle altre che immediatamente si voltarono verso di lui. Jungkook lasciò perdere il professore e si diresse verso il gruppetto, la confusione che aumentava ad ogni suo passo. Quando le raggiunse era più confuso e nervoso che mai. 
Le ragazze si spostarono per lasciarlo passare, il fiato sospeso e gli occhi vivaci tutti puntati su Jungkook per non perdersi la sua reazione. Quando anche l'ultima ragazza si spostò, Jungkook non colse immediatamente il motivo di tanto fermento: analizzava la tela alla ricerca di un qualche particolare che si potesse fraintendere o sbaglio, ma non trovava niente. 
Poi i suoi occhi caddero sulla propria targhetta e le ragazze esultarono tutte insieme. 
Appiccicato ad essa da dello scotch trasparente, un pezzo di carta evidentemente strappato da un quaderno era comparso dove cinque minuti prima non c'era. 
Allibito e incredulo, sormontato dalle ombre delle ragazze che gli tenevano il fiato sul collo, Jungkook allungò una mano e staccò il  bigliettino.
SEI SINGLE. SONO SINGLE. SARA' UNA COINCIDENZA? IO NON CREDO.

A lato, scritta con uno spesso pennarello rosso, una svolazzante "V". 
La stessa lettera dello stesso colore utilizzata dal vandalo per firmare il suo murales.  
Jungkook rivide la linea acuta della sua mandibola, la luce giallognola che tingeva la sua pelle di una sfumatura innaturale, le mani sporche di colore.
Le guance gli si infiammarono prepotentemente e una professoressa fu costretta a intervenire dal baccano che le ragazze avevano scatenato. 
Jungkook aprì e chiuse bocca un paio di volte, i polpastrelli delle dita sbiancati per quanto forte stringeva il pezzo di carta incriminato. Una parte del cervello gli diceva che avrebbe dovuto fingersi indifferente e calmare i bollenti spiriti delle ragazze dicendo loro che doveva trattarsi di un malinteso o di uno scherzo, ma l'altra parte era completamente andata in stand by. 
Continuava a leggere e rileggere la frase, ad ogni lettura meno ridicola e più provocante, mentre cercava di dare un senso a quelle parole. Se si fosse spremuto un po' di più le meningi quella "V" avrebbe preso fuoco e avrebbe bucato il foglio. 
Ma poi per cosa stava quella dannata "V"? Un cognome? Un nome? Era una rondine stilizzata? Era il simbolo con cui segnare gli esercizi vero-o-falso? 
Jungkook si rifiutava di accettarne il messaggio esplicito. Non era possibile. Impensabile. Doveva essere una qualche sorta di codice, un qualcosa che lui non riusciva a cogliere. Era senza ombra di dubbio un anagramma.  
Passò il pollice su una macchia di colore già seccata, sfumata dall'impronta di un dito.
Jungkook prese coraggio, consapevole di poter peggiorare la situazione, e richiamò l'attenzione di una delle ragazze toccandole il braccio. 
"Scusami..." cominciò, gli occhi bassi. Il viso di lei era malizioso, le amiche le si erano di nuovo fatte intorno per ascoltare Jungkook. Quest'ultimo deglutì a disagio. "Non è che una di voi ha visto chi è stato ad attaccare il biglietto?"
Lo stesso identico sorriso sornione sembrò contagiarle tutte quante. Con fare superiore, la ragazza a cui Jungkook si era rivolto per prima si portò i capelli dietro la spalla e lo guardò con la faccia di una che la sapeva lunga. "Non ci serve aver visto niente. Tutti sanno benissimo chi si nasconde dietro quel nome d'arte."
Jungkook aggrottò le sopracciglia. Tutti? Tutti chi?
Stava per formulare la domanda ad alta voce quando una delle ragazze apparentemente più giovani comparve da dietro la spalla dell'altra, l'aria civettuola. Aveva una vocina alta ed irritante che perforò il timpano di Jungkook. "Allora, allora, quindi che farai? Uscite insieme? Da quando vi vedete? Ma come vi siete conosciuti? Ah, fossi in te lascerei tutto qui così com'è e mi precipiterei a cercare Taehyung...magari è qui fuori ad aspettarti! Deve essere così!" 
Taehyung. Quindi era così che si chiamava.
La ragazza civettuola stava andando avanti con il suo discorso, ma lui aveva smesso di ascoltare.
Taehyung, si ripetè Jungkook in testa, saggiando il suono vibrante delle vocali. Taehyung.
Era strano avere improvvisamente un nome da associare a quel paio di occhi grandi e scuri. Taehyung
Si diede un pizzicotto doloroso sulla mano e si scantò da quello stato latente in cui era cascato. 
Bene, si disse. Almeno adesso so a chi intestare la denuncia. 
Da qualche parte in lontananza si senti la porta d'ingresso sbattere, le proteste deboli dei bidelli in segreteria. Le ragazze trasalirono tutte insieme e caddero in silenzio, gli occhi puntati in un punto indefinito dietro Jungkook. Dato che quest'ultimo sembrava ancora vagabondare tra i suoi pensieri, si misero tutte a chiamarlo per nome, a scuotergli una mano davanti alla faccia,  le più audaci a tirarlo per una manica. Lui non reagiva, convinto che si trattasse dell'ennesimo momento di euforia dello strano gruppetto che iniziava decisamente a dargli sui nervi. 
Bastò una voce sopra tutte le altre, profonda come se la ricordava, e Jungkook gelò. 
"Ciao, Jeon Jungkook, classe quarta, anno duemilasedici barra duemiladiciassette."
Non voleva voltarsi. Non voleva voltarsi. Se fosse stato possibile avrebbe voluto possedere un telecomando con cui mettere in pausa la scena e andare direttamente a quella successiva. E inoltre avrebbe voluto che ci fosse un tasto speciale per far sparire quel branco di galline di fronte a lui. 
La cosa più incredibile era che Jungkoook sentiva quella sua presenza dietro di se. 
Non gli era appiccicato, la voce proveniva da una distanza che si potrebbe definire civile, nemmeno un centimetro dei loro corpi si sfiorava, ma Jungkook riusciva a sentirlo. Sentiva l'odore zuccheroso delle caramelle, sentiva lo schioccare della sua lingua. Sentì le sue scarpe cigolare, di sicuro bagnate dalla pioggia caduta nel pomeriggio, mentre si avvicinavano di un passo.
Se avesse chiuso le palpebre annullando forme, facce e rumori esterni sarebbe riuscito a cogliere il suono del suo respiro tranquillo. 
Si volse.
L'altro già gli stava regalando un sorriso morbido.
Taehyung.
Era come se qualcuno avesse preso il ragazzo dei suoi ricordi avvolto nel buio e nel mistero e lo avesse fatto ruzzolare su una tavolozza di colori. Era così incredibilmente vitale e luminoso che Jungkook si chiese se fosse stato in grado di riconoscerlo incrociandolo per strada. 
Il colorito smorto sul suo viso era stato sostituito da un incarnato sano, rosato, Jungkook lo avrebbe definito in un qualche modo pulito. I capelli erano di un castano dorato che lo illuminava completamente, gli donava lucentezza agli occhi lasciando quel senso di profondità ma rendendoli meno bui. 
Al posto della giacca di jeans indossava un piumino verde bottiglia che gli arrivava alle cosce, i jeans che portava sotto più larghi e sbiaditi. 
Il callo dello scrittore sull'anulare sporco di penna.
Jungkook sentì il bigliettino tra le sue mani diventare dieci volte più pesante e se lo cacciò in tasca. 
Tae colse il movimento e quando i suoi occhi tornarono su quelli di Jungkook sembrarono anche quelli dieci volte più vispi. 
Il silenzio imbarazzato di uno aumentava il silenzio soddisfatto dell'altro e viceversa, in un circolo vizioso di iniziative non prese che fu spezzato solo dalla vocetta della ragazza di prima che salutò Taehyung, spezzando il momento. 
Quest'ultimo le lanciò un'occhiata, ne lanciò una a tutto il gruppetto e poi tornò a Jungkook, un'espressione divertita e confusa allo stesso tempo. "E queste qui che vogliono?"
Jungkook strinse i pugni. "Vogliono sapere, come me del resto, perchè ti metti a fare buffonate e a provocare gente che faresti meglio a lasciare in pace." 
Tae sollevò le mani al cielo, esattamente come la prima volta che si erano visti, per mostrare di essere indifeso. "Pensavo avessimo seppellito l'ascia di guerra di comune accordo nel momento in cui ti sei messo a palparmi." 
Le ragazze per poco non si misero ad urlare e Jungkook avvampò di nuovo. 
La vecchia voglia di prenderlo a schiaffi di quella sera gli formicolò le mani. 
Lo stava mettendo in difficoltà davanti a tutti. Insegnanti, compagni di classe che si chiedevano cosa stesse succedendo, facce stranite dei visitatori che avevano inevitabilmente sentito. 
"Allora," continuò Tae "ti va di uscire?" 
Con il famoso telecomando di prima, Jungkook avrebbe disperatamente messo in muto il ragazzo. 
Il suo insegnante di disegno lo fissava da lontano, un cipiglio severo dietro gli occhiali da vista. Scrisse qualcosa sulla cartellina predisposta al conteggio dei voti della Mostr(uos)a e poi gli fece cenno di venire da lui.
Non poteva voler dire nulla di buono, Jungkook lo sapeva bene.
Il sorriso perenne di Taehyung sbavò mentre si voltava per cercare di capire dove stesse guardando il ragazzo di fronte a lui con quello sguardo afflitto. Jungkook fece per camminare verso il fondo dell'aula a passo spedito, la testa china, ma Tae gli afferrò una mano con le proprie per trattenerlo. Era morbida, calda al confronto con la sua pelle gelata dal maltempo. Tae desiderò potersela appoggiare contro le guance. Con uno strattone Jungkook si riprese la propria mano e fronteggiò il ragazzo più grande, gli occhi severi, un'espressione scottata sul viso. 
"Smettila." gli disse tra i denti.
Poi si girò e raggiunse il suo professore con un terribile presentimento nel petto.


"Così non va bene, Jeon."
Furono queste le parole che segnarono l'inizio della fine per Jungkook. 
Il suo professore di disegno, lo stesso uomo anziano e un po' scorbutico che sembrava adorarlo dal primo giorno in cui aveva messo piede in quella scuola, lo aveva accompagnato fuori dal corridoio addetto alla Mostr(uos)a. La segreteria, ora fuori servizio, era illuminata solo dalle luci provenienti dalle classi intorno dove gli studenti stavano cercando le loro giacche. Quella penombra non fece altro che peggiorare lo stato d'animo di Jungkook. Sul pavimento un'unica lama di luce intensa proveniente dalla fessura del portone che li separava dal corridoio.
Ovviamente, la figura sottile di Taehyung ci si trovava proprio in mezzo. Non aveva più provato a fermare o ad inseguire Jungkook una volta capito che la questione aveva a che fare con il professore. Si limitava a guardarlo da lontano, lo sguardo indecifrabile, immaginandosi la conversazione tra i due.
Jungkook distolse gli occhi dal corridoio quando il professore si schiarì la gola. 
"Abbiamo contato i voti dei visitatori, Jungkook, ed è venuto fuori che tu e un altro studente siete arrivati a pari merito al sesto posto."
Jungkook non potè evitare di sentirsi deluso. Aveva sperato di meritare un po' di più dell'ultimo posto. 
 "Jungkook, tu sai che io apprezzo molto i lavori che fai per la scuola, la tua mano è una delle migliori che io abbia mai visto nella mia carriera di insegnante..."
Al ragazzo gli si seccò la gola. "Ma?" 
Il professore sospirò. "Ma la decisione finale è spettata all'insegnante esterna."
"L'insegnante esterna?"
"Quella donna che poco prima è passata di fianco al tuo quadro. Viene da una prestigiosa accademia e ha accettato di seguire i preparativi per l'edizione invernale della Galleria. E naturalmente sta anche cercando studenti a cui assegnare una borsa di studio." 
Jungkook aveva smesso di respirare. Osservava il modo in cui il datato volto del suo professore ricoperto di rughe sembrava ammosciarsi ad ogni sua parola. Successivamente fu grato al suo professore per aver avuto il coraggio di dirgli la frase seguente guardandolo negli occhi. 
"Vedi, lei ha...gusti moderni. Ha detto che la tua tecnica è davvero notevole ma non c'è sostanza."
Quella bolla di angoscia ferma nel suo petto si bucò e iniziò a sgonfiarsi lentamente una volta confermati i suoi timori. Quando non ne rimase che un palloncino straziato, che incombè subito tutto il resto. Una profonda delusione. La voglia di chiudersi in camera e soffocare sotto le coperte. 
Jungkook non era niente senza la sua arte. Non aveva altre passioni, non aveva altri obbiettivi. E non avere sostanza significava non essere artisti ma essere dei semplici imitatori.
Cosa sarebbe stato se non un artista?
La voce di Jungkook si era fatta piccola piccola e negli occhi del suo professore lesse tutta la pietà che aveva per lui. "Almeno, secondo lei, questo quadro che ha spodestato il mio ce l'ha la sostanza?"
L'uomo scosse la testa, la luce del corridoio che si rifletteva nei suoi occhiali. "Neanche un grammo, Jeon."
"E allora perchè...?" 
Jungkook volse lo sguardo al soffitto e battè le palpebre per ricacciare indietro le lacrime di rabbia. Non avrebbe pianto. Avrebbe accettato la sconfitta e sarebbe andato avanti come se niente fosse successo. Non avrebbe pianto.
Il professore si guardò intorno per controllare che non ci fossero colleghi nelle vicinanze. "L'insegnante esterna ritiene che certi, certi eventi come quello appena accaduto di là non siano ammissibili in una mostra rispettabile. Ha detto che dovremmo ritenerci tutti fortunati per il fatto che stessimo chiudendo e non fossimo nel bel mezzo del pienone. A detta sua, se una cosa del genere si ripetesse alla Galleria Invernale diventerebbe causa di pettegolezzi, il che screditerebbe la professionalità dell'Istituto Artistico." 
Il ragazzo non seppe neanche come reagire. Non era giusto. Non era giusto. Lui non aveva fatto niente. Era da stupidi screditarlo per una cosa del genere, avrebbero dovuto valutarlo per i suoi lavori. Non potevano togliergli quella tanto sudata opportunità per un singolo incidente di percorso di cui lui non aveva responsabilità.
Ma mostrarsi distaccato e maturo era l'unica reazione che gli era concessa.   
"Quindi avete preferito prevenire piuttosto che curare ed evitare il rischio tagliandomi fuori."
Le scuse del professore non suonarono false. "Mi dispiace tanto, Jungkook. So che ti eri impegnato tanto e puoi stare sicuro che il tuo voto agli scrutigni ne terrà conto." Gli batte la mano abbacchiata sulla spalla. "Ed ora vai, che è tardi. Ci penso io a mettere via la tua tela."
Questo sì che sarebbe patetico agli occhi di tutti, penso Jungkook. Se si è talmente disperati da far lavorare un ultra sessantenne al tuo posto, allora stai proprio messo male. Rifiutò gentilmente l'offerta dell'insegnante e si congedò con un cenno del capo. 

Jungkook sfilò silenzioso per tutto il corridoio, gli occhi feriti dalla luce improvvisa. Passò di fianco a Taehyung che non disse niente ma gli venne dietro. Il gruppetto di ragazze si era disperso, le poche superstiti ancora lanciavano loro qualche occhiata indiscreta mentre finivano di mettere via le loro cose. 
Con movimenti rabbiosi Jungkook sganciò la tela dalla catena che la teneva appesa al chiodo, strappò il cartoncino con il proprio nome e lo cestinò. Senza dare il tempo a Tae di raggiungerlo alla sua postazione, si diresse verso le grandi cassettiere e infilò incurante il quadro nello scomparto con i cognomi dalla H alla K.
Taehyung si appoggiò alla cassettiera e Jungkook partì di corsa verso l'uscita. 
Non salutò nessuno, non controllò di non aver dimenticato qualcosa, non si curò di aprire il portone di ingresso per il verso giusto. Nella foga spinse e spinse in avanti, strattonando con urgenza la maniglia. Tae gli arrivò alle spalle, appoggiò la mano sulla sua e tirò, aprendo il portone. 
Jungkook si precipitò fuori, saltando gli scalini due a due. L'aria frizzante di novembre non lo scalfì, anzi, sembrava fare spazio a lui e alla sua rabbia crescente. Non si fermò sul marciapiede ma attraversò la strada senza guardare, salendo su quello parallelo. 
Si accasciò contro la parete dai ruvidi mattoni in vista e strinse i pugni, sfregandoli contro le irregolarità di quella pietra. Tutto aggrovigliato tra le sue braccia si permise di piangere una sola lacrima. 
Taehyung gli fu subito dietro, una mano leggera sulla schiena. "Ehi, stai bene? Cosa succede?" 
Jungkook si volse verso di lui, stanco, consumato, arrabbiato. Si asciugò la guancia con la manica del cappotto ma non abbastanza velocemente da non farlo notare a Tae. 
"Succede che per colpa del tuo stupido giochino infantile ho perso la mia occasione di partecipare alla Galleria!"
La faccia di Taehyung si distese, incredula. "Come sarebbe a dire per colpa mia?" 
Jungkook alzò la voce, piantandosi le unghie nei palmi. "Tutti hanno assistito al nostro spettacolino in cui tu mi hai tirato dentro e la stupida insegnante esterna ha deciso che la mia arte non valeva la pena di rischiare che si ripetesse, intaccando il nome della Galleria dell'Istituto. Non mi stupirei se mi impedissero di partecipare pure l'anno prossimo." 
Tae era serio adesso, più serio di quanto lo fosse mai stato. "Non può essere. Non abbiamo fatto nulla, se non ci fossero state quelle ragazze nessuno si sarebbe accorto di niente."
"Eppure lo hanno fatto." 
Jungkook si strinse nelle spalle per ripararsi dal freddo e per darsi un po' di patetico conforto. I suoi occhi dovevano essere arrossati, il vento sembrava disidratargli le pupille. 
Con le mani sui fianchi e la stessa aria indignata che aveva una madre quando riteneva che il suo bambino non avesse ricevuto il voto che meritava, Tae iniziò a scaldarsi. 
"No, non è corretto. Adesso rientriamo e spieghiamo tutto al corpo docenti e vedrai che cambieranno idea." 
"Sarebbe inutile. Non rivaluteranno la situazione dopo aver annunciato il verdetto, Taehyung." 
Lo chiamò per nome di proposito, come per fargli capire la gravità della situazione, ma l'altro ragazzo non fu piacevolmente sorpreso come aveva sperato di sentirsi ascoltando il suono del suon nome così familiare pronunciato da quella voce ancora sconosciuta. Si sentì male ed in colpa sentendoci l'eco della sconfitta di Jungkook. 
"Devono ascoltarci. Non è corretto, devono separare il te artista dal te studente."
Jungkook sorrise amaramente al niente. "Tranquillo, ci hanno già pensato. A quanto pare sono come una di quelle verifiche immacolate senza neanche un errore dove schiaffano un nove perchè, per un qualche motivo di cui solo Dio è al corrente, non è abbastanza per essere un dieci. Tanta tecnica e poca sostanza."
"Cosa intendono con sostanza?"
Quella conversazione si stava prolungando troppo per Jungkook. Ancora una volta, voleva solo tornare a casa. "Fantasia? Sentimento? Creatività? Idee innovative? Bella domanda."
Si staccò dal muro e prese fuori il cellulare. "Comunque, io adesso vado. Per favore, non cercarmi, okay? Hai già fatto abbastanza."
Jungkook si costrinse a guardare Taehyung negli occhi per assicurarsi che il messaggio gli arrivasse forte e chiaro. Si detestò per i suoi modi duri, ma d'altronde aveva tutte le ragioni per avercela con lui. Tae non rispose, non annuì. 
Era colpa sua. Doveva fare qualcosa.

Il ragazzo più piccolo era già arrivato alla fine della via quando si sentì chiamare dal maggiore che arrivò trafelato. Il piumino di Taehyung si era aperto e gli svolazzava ai lati insieme ai capelli lisci mentre correva. Jungkook si ripetè di non fermarsi, di continuare per la sua strada. 
"Jungkook, aspetta!"
Taehyung corse ai limiti della sua velocità, fino a quando non riuscì ad aggrapparsi alla sua spalla e a tirarlo indietro, ansimante. "Aspetta..."
Inalò bocconi di aria gelata, alla ricerca della sua voce. Alzò lo sguardo su Jungkook solo per trovare un paio di occhi lucidi e spenti.
Questo valorizzò la sua decisione.
Riluttante tolse la mano dalla sua spalla, temendo che lo infastidisse, ma gli rimase vicino. L'istinto gli diceva di annullare la distanza tra lui e quel ragazzo, abbracciarlo e farlo sfogare, ma doveva andarci piano. 
Tae raddrizzò la schiena e, con lo stesso tono che aveva usato con i suoi genitori per convincerli a comprargli  la moto, iniziò il suo discorso.
"Non puoi mollare, Jungkook, tu meriti di esporre alla Galleria esattamente come quei cinque studenti. Devi riprovarci, porta qualcos'altro, portagli quello che vogliono da te, portagli un'opera così bella che non potranno scartarti."
"Non pensi che se ne fossi capace l'avrei già realizzata?" rispose l'altro scorbutico.
Jungkook guardò il semaforo dall'altra parte della strada; era appena diventato rosso. Schiacciare il pulsantino per chiamare il verde non servì ad anticiparlo. 
"Mi dicono sempre che ho fantasia e creatività da vendere." disse Tae tutto di un fiato. "E di solito a dirlo era sempre il mio insegnante di disegno dal vero che voleva sottolineare il fatto che io sia un disastro nel iperealismo. Ho un marea, ma che dico, 
un mondo di idee innovative che non realizzerò mai perchè non sono abbastanza bravo."
Il ragazzo più grande sovrapponeva le parole, le accumulava, non le scandiva tanta la foga che aveva nel dirle. Era consapevole del fatto che appena il semaforo fosse diventato verde, Jungkook si sarebbe allontanato di nuovo e questa volta Tae avrebbe dovuto lasciargli i suoi spazi. Aveva quel qualcosa che brillava negli occhi che Jungkook riconobbe come propria. Quella forza, quella sana esuberanza capace di toglierti il sonno che accompagna l'ispirazione. 
Ancora rosso. 
"La tua tela era bellissima. Perfetta. Non c'era una singola pennellata che stonasse, che fosse fuori posto."
Taehyung era sincero, limpido. Jungkook iniziò a capire dove volesse andare a parare. 
Non ebbe bisogno di pensarci per rifiutare. "Non penso sia una buona idea. Apprezzo il tuo tentativo di rimediare, ma davvero, ci ho rinunciato. Me ne farò una ragione."
Arancione.
Rallenta, semaforo, rallenta, pregò Tae.  
"La Galleria è aperta a tutte le tecniche artistiche senza discriminazioni di temi e materiali, le collaborazioni tra studenti sono ben accette anche se rare."
Jungkook ormai fremeva mentre guardava le auto rallentare davanti alle strisce pedonali. Pochi secondi e sarebbe diventato verde.
L'altro ragazzo stava ancora blaterando e doveva mettergli un freno. La crudeltà di cui si era accusato la sera del loro incontro la settimana precedente tornò ad affiorare mentre piantava uno sguardo duro in quegli occhi focosi.
"No, Taehyung. Oltre al fatto che non ho voglia di rifare tutto d'accapo, non ho voglia di perdere altro tempo solo per illudermi di poter partecipare alla Galleria, i murales non hanno niente a che vedere con il mio stile. Le nostri mani insieme sullo stesso progetto stonerebbero, non si miscelerebbero bene insieme. Io sono troppo delicato e tradizionalista, tu marchi e provochi. Finiremmo soltanto per correre uno dietro al lavoro dell'altro per correggerci a vicenda."
Le auto frenarono.
Verde.
Jungkook scatto in avanti.
Come si era ripromesso, Taehyung non lo seguì sulle strisce pedonali, rimase fermo con i piedi piantati sul marciapiede. 
Mise le mani ad imbuto intornò la bocca e gridò: "Dammi una possibilità! Una soltanto!" 
La sua voce raggiunse Jungkook che però continuò imperterrito a camminare. Arrivò dall'altra parte della strada appena in tempo prima che il semaforo scattasse rosso di nuovo.
Taehyung si sgolò un'ultima volta. "Ti dimostrerò di cosa sono capace, Jeon Jungkook!" 

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Capitolo 3
*** don't tell him ***


Eccomi tornata con il terzo capitolo (devo ammettere che mi stavo scordando di pubblicare DATO CHE E' APPENA USCITO WINGS DIOSANTO LO STO ASCOLTANDO ORA)! Personalmente sono molto affezionata alla seconda parte di questo capitolo, perciò sono molto ansiosa di sapere i vostri pareri. Recensioni, critiche, commenti sempre ben accetti! 
Ci tengo a ringraziare tutte le persone che hanno recensito i capitoli precedenti. Siete troppo gentili ma vi amo lo stesso. Questo capitolo è per voi.

*balla* MANNI MANNI MANNIII (Blood Tears and Sweat in un coreano sicuramente perfetto lol)
(Se volete seguirmi sui social sono @SilbySilbyArt)
 

don't tell him "no"
 
Quello seguente fu il peggiore dei lunedì per Jungkook. 
I suoi compagni di classe e amici che non avevano partecipato alla Mostr(uos)a continuavano a chiedergli uno dopo l'altro di raccontare l'accaduto, volendo sapere la sua versione dei fatti. A detta dei pettegolezzi che serpeggiavano tra i banchi, Taehyung, uno dei pochi writer dell'Istituto particolarmente amato dalle matricole per essere sempre amichevole e disponibile oltre ad essere un gran bel ragazzo, gli si era dichiarato con una lunga e romantica lettera d'amore e i due erano finiti aggrovigliati sul pavimento in un abbraccio un po' troppo appassionato che aveva scandalizzato i numerosi visitatori presenti; per cui, Jungkook era stato espulso dalla Galleria e Taehyung aveva ricevuto una nota sul registro. 
Durante le sue adorate ore di disegno il professore aveva evitato di incrociare il suo sguardo per tutta la durata della lezione. Non lo aveva avvicinato neanche quando lo aveva visto seduto al suo solito banco, una valanga di fogli accartocciati, schizzi cancellati e segnacci, le mani nei capelli e uno sguardo tormentato, alla ricerca di un nuovo progetto su cui lanciarsi. Alla fine delle tre ore, Jungkook se ne era andato con la rabbia addosso e l'album di carta da pacco svuotato.
Il ragazzo tornò a casa sfinito, saltò la cena e si rinchiuse in camera
 
* * *

Quando la mattina del martedì Jungkook svoltò nella strada che lo avrebbe portato all'Istituto Artistico, a bloccare le scale d'ingresso si era creata una piccola folla. Ragazzi e ragazze sbucavano con la testa fuori dalle finestre delle aule che davano sulla strada, la maggior parte con il telefonino alla mano. 
Jungkook stava già sperando in un pettegolezzo che eclissasse il suo, ma più si avvicinava alle scalinate che davano sulla porta d'ingresso, più si rendeva conto con orrore cosa creasse tanto fermento.
Una scritta bianca contornata di nero, accerchiata da una miriadi di spruzzi, giochi di colore, forme e contrasti era dipinta sulla parete con i mattoni in vista dall'altra parte della strada. Sarà stata larga tre metri, altezza d'uomo ed era perfettamente centrata nel punto in cui Jungkook ricordava di essersi accasciato la domenica sera precedente dopo aver ricevuto la cattiva notizia.

IN UNA SCALA DA UNO A DIECI SEI UN NOVE. IO SONO L'UNO DI CUI HAI BISOGNO

A lato l'immancabile, rossa "V". 
Jungkook si precipitò su per le scale e all'interno dell'edificio, prendendo contro a studenti che non conosceva e pestando loro i piedi. Tra un esclamazione e l'altra qualcuno iniziò a riconoscerlo e ad indicarlo agli altri come "la nuova fiamma di Taehyung".
Jungkook lo avrebbe trovato e lo avrebbe ucciso. 
Gli avrebbe spruzzato in gola tutto il contenuto delle sue dannate bombolette e poi lo avrebbe costretto a masticare l'alluminio. 
Stupido, stupido Taehyung. 
Arrivò in classe come una furia, non parlò con nessuno, ignorò le occhiate interrogative e curiose di tutti e aspetto che iniziasse la lezione.

Alla quinta ora aveva disegno e questa volta l'ispirazione non gli mancava di certo.
Mentre il resto della classe continuava ad esercitarsi con i colori ad olio, Jungkook, ancora graziato dal professore che non osava girargli intorno, prese una tela nuova completamente immacolata, la sistemò su un cavalletto in disparte da quello di tutti gli altri, si armò di un barattolo di acrilico nero e iniziò a stenderlo con pennellate veloci e nervose, scure, compatte. Anche quando non era rimasto niente del bianco sottostante, Jungkook continuò a dare passate, a stendere con rabbia, a tirare il colore, a farlo asciugare senza curarsi dei grumi e dei pelucchi del pennello che rimanevano intrappolati. Gli venne un gran caldo perciò andò in bagno, si cavò la maglietta che portava e rimase con solo il leggero camice addosso, abbottonato per bene affinchè non si notasse del cambiamento. Tornò nell'aula e riprese più ferocemente di prima, gli schizzi di nero che coprivano quelli colorati sul suo camice, provando finalmente un primo barlume di sollievo.
La sesta ora suonò, segnando l'inizio della pausa pranzo.
Molti suoi compagni volarono fuori dall'aula e fuori dalla scuola per quell'oretta di libertà, tutti gli altri o non avevano nessun posto dove andare o erano pigri o avevano preso il pranzo da casa o erano al pelo di una consegna e dovevano sfruttare quell'ora per mettersi avanti.
Jungkook aveva finito il nero e decise di passare a un acrilico blu.
Un paio di amici provarono a chiedergli come stesse ma lui disse qualche mezza parola e si chiuse nel suo silenzio.
Riaprì bocca solo quando Taehyung apparve sulla porta dell'aula. 
Jungkook lo fulminò soltanto una volta, poi spostò il suo cavalletto e continuò a dipingere dandogli la schiena.
Taehyung entrò, salutò cordialmente l'insegnante alla cattedra per assicurarsi che la sua presenza non fosse un problema e raggiunse il ragazzo. Prese uno sgabello da una postazione vicina e si sedette di fianco al cavalletto, in modo di essere di fronte a Jungkook. 
"Allora?" chiese, un sorriso incerto sulla sua bocca.
"Carini gli sbavi sullo sfondo, sembra quasi che tu li abbia fatti apposta." 
Jungkook teneva gli occhi incollati alla tela e non li avrebbe smossi da lì. Nemmeno per osservare come quel maglioncino celeste cadesse sulle spalle magre di Taehyung. O come i suoi occhi fossero appesantiti da un paio di occhiaie e le sue dita ancora tinte di colore dalla notte passata. 
Naturalmente, non bastò per far cedere Taehyung che sorrise solo con più trasporto, consapevole del fatto che l'altro stesse mentendo.
Scese dallo sgabello con il solito portamento elegante, calando una gamba alla volta e affiancò Jungkook, una mano che gli scivolava intorno alla sua schiena ricoperta dalla sola stoffa del camice. A Jungkook gli si accapponò la pelle. Il suo pennello mancò la tela e il colore colò sul pavimento. 
"Hai già pranzato?" chiese Tae, il tono di voce più basso per non farsi sentire dagli altri ragazzi presenti nella stanza. Jungkook avrebbe giurato di aver sentito la vibrazione della sua voce passare dal punto dove la sua spalla e il petto di Taehyung si incontravano. "Se vuoi possiamo andare in un posto qui vicino in centro a mangiare qualcosa di caldo. Ho la moto, non ti farò far tardi alla prossima lezione." 
Le farfalle tornarono ad infestare lo stomaco di Jungkook all'idea, ma lui preferì accusarle di essere fame. 
Dannato Taehyung. Lui e quel suo profilo così, così preciso e lineare e delicato, così troppo vicino alla faccia di Jungkook.
Dannate quelle labbra sottili, piatte, marcate solo nella loro forma dal colore rosato.
"Non ho fame." rispose Jungkook e per una volta riuscì a percepire quanto deluse sia Taehyung che se stesso. La mano che stava ignorando, quella aggrappata al suo fianco, allentò la presa fino a tornare a rifugiarsi nella tasca dei pantaloni del ragazzo più grande, ferita. 
Non doveva lasciare a Taehyung la minima speranza che loro due collaborassero o che diventassero amici, se lo era ripetuto cento volte. Da quando lo aveva incontrato era stato solo una fonte di guai. Per colpa sua una piccola percentuale di potere che aveva sul suo futuro era stata spazzata via. 
Tae spostò il peso da una gamba all'altra, evidentemente demoralizzato. Indossava comunque una smorfia maliziosa, ma la parte di sotto del suo viso non sembrava corrispondere a quella di sopra. "Se preferisci appartarti in un'aula vuota basta che me lo dici. Potremmo saziare altri generi di appetiti."  
La scena si proiettò direttamente nella testa di Jungkook senza il suo permesso e le farfalle nel suo stomaco si diedero fuoco da sole. Lui abbassò la testa e tossicchiò nel vano tentativo di nascondere la sua faccia scarlatta. 
Taehyung rise, compiaciuto. Le sue erano tutte parole al vento, lo sapeva benissimo, ma vedere le reazioni del più piccolo alle sue provocazioni era uno spettacolo inappagabile. Jungkook era un ragazzo così composto, così adulto, così duro con lui e la sua arte, ed era bello saper di poterlo mandare in tilt in quel modo. Sperò solo che Jungkook sapesse distinguere quando le sue intenzioni erano serie e quando no. 
In un moto d'affetto che non si sforzò di trattenere, le dita di Taehyung volarono sul capo ancora chino di Jungkook, passarono tra le ciocche morbide dei suoi capelli e accarezzarono quelli più corti e scuri sulla nuca. Un sorriso beato gli spuntò sulle labbra mentre fantasticava di avvicinarsi al più piccolo e affondare il viso nella frangia per sentire l'odore dello shampoo. 
L'aria nei polmoni di Jungkook fu aspirata via quando sentì le mani gentili di Taehyung sulla sua testa. Le palpebre gli si chiusero automaticamente mentre la dolcezza di quei tocchi lo sorprendeva piacevolmente. Si dimenticò dei suoi propositi o delle persone rimaste nella stanza che non si stavano perdendo un attimo di quella scena. In quel momento Jungkook era solo un'anima in pena, triste, sconsolato, patetico, e Taehyung era la sola persona che non gli aveva chiesto se aveva bisogno di conforto ma che glielo aveva dato senza aspettare il suo consenso. 
Jungkook piegò il capo di lato, gli occhi ancora chiusi, Tae che gli rovesciava la frangia all'indietro con le sue dita sottili. 
In quel momento Taehyung pensò che fosse davvero bellissimo da qualsiasi punto lo si guardasse. Aveva solo un anno in meno di lui, ma sembrava tanto un bambino.
Taehyung si congedò  da quella coccola scendendo con l'indice fino alla fronte di Jungkook. Gli diede un buffetto leggero sulla guancia, facendogli aprire gli occhi. 
Il mondo intorno a Jungkook tornò a fuoco dopo una manciata di secondi. Quando vide gli occhi di Tae davanti a se sorrise di riflesso, ancora sotto l'effetto calmante delle sue carezze. Gli era venuto un gran sonno. 
Si sentiva vagamente ubriaco, come se la sua coscienza sapesse che stava agendo in modo sbagliato ma i suoi desideri l'avessero relegata in un angolo. Camuffò uno sbadiglio. 
"Forse è meglio che vai." disse, ma Jungkook non lo diceva perchè volesse liberarsi di lui, lo diceva per abitudine, per senso del dovere nei confronti del se stesso lucido e sobrio.
Tae annuì e gli strizzò un occhiolino affabile e giocoso. 
Quando uscì dall'aula di disegno dal vero, Jungkook desiderò seguirlo.

* * *

Per quattro giorni consecutivi, in qualsiasi sede si trovasse, in qualsiasi aula avesse lezione, appena arrivato a scuola Jungkook si ritrovava sul banco una confezione di cibo d'asporto ancora tiepida. Il polistirolo bianco era interamente ricoperto di disegni, un design diverso per ognuna delle tre scatole, divertenti, allegri, contenenti indizi sul tipo di cibo che avrebbe trovato all'interno. L'aspetto in generale era caotico ma Jungkook si ritrovò ad ammirare la precisione con cui Taehyung aveva inchiostrato su quel materiale difficile. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quell'accostamento insolito di colori non era affatto male.
E il cibo all'interno era delizioso. Sua madre non aveva il tempo di cucinare la mattina, perciò Jungkook aveva preso l'abitudine di abbuffarsi a colazione, tirare dritto per tutte le ore scolastiche a digiuno e poi riempirsi lo stomaco una volta tornato a casa. Ritrovarsi con un pranzo già pronto lo metteva di buon umore. 
I suoi compagni lo prendevano in giro scherzosamente o gli chiedevano di fargli vedere la confezione, e Jungkook si fingeva indifferente, si comportava come se si limitasse ad approfittare delle attenzioni di Taehyung. Ma quando suonava la pausa pranzo, il ragazzo si sedeva in disparte, solitamente davanti a una finestra, e assaggiava tutto quello che Tae aveva scelto per lui. Se lo immaginava scorrere piatti e prezzi con gli occhi, indeciso, insicuro sui suoi gusti, timoroso di incappare in una qualche allergia di cui non poteva essere a conoscenza. Jungkook si chiese come facesse a dipingere le confezioni, se le dipingeva in tempo record con il cibo dentro o se andava dai cuochi con già la scatola fatta e finita. 
Finito tutto il cibo, Jungkook ne lavava e asciugava l'interno, attento a non rovinare i disegni, poi se la portava a casa per poterla guardare ancora. 
La quinta volta che successe, di nuovo lunedì, Jungkook si costrinse a puntare i piedi.
Non poteva farsi viziare così. La prima e la seconda volta era stato divertente, ma quelle successive lo fecero sentire in colpa; non erano dei panini o dei cibi preconfezionati o presi da una catena alimentare, era cibo buono, sano, cucinato con cura e accorgimenti. Di sicuro non costava pochi yen. Non poteva permettere a Taehyung di continuare a spendere soldi in quel modo quando non avrebbe cambiato idea sulla collaborazione. Doveva metterci un freno, seppur a malincuore. 
Per cui, quella quinta mattinata, strinse tra le mani quella nuova confezione ancora sigillata, tinta da motivi invernali e decise che non l'avrebbe accettata. Avrebbe solo tenuto per se l'immancabile bigliettino con la pick up line del giorno attaccato sotto:

SEI COSI' BELLO CHE SEMBRI OGM: ORGANISMO GNOCCAMENTE MODIFICATO

Ancora non gli aveva chiesto per cosa stesse la "V". O perchè la scrivesse sempre in rosso. 
Jungkook avvicinò la scatola in polistirolo al naso ed inspirò, assaporando il profumo speziato del pranzo che non avrebbe consumato, sospirando. 
Quando cinque ore dopo suonò la campanella che segnò l'inizio della pausa, prese la confezione ed uscì dalla sua aula.
Chiese informazioni ai bidelli, girovagò un po' a vuoto per la scuola e infine raggiunse l'area della scuola riservata alle classi dell'ultimo anno. Aveva sentito dire molte volte di quanto fossero privilegiati nelle piccole cose, di come i loro corridori fossero più sgombri e vivibili, le aule più grandi, pulite meglio, le finestre con le zanzariere buone, gli strumenti da disegno e per la scultura tirati a lucido ogni giorno. Era l'anno decisivo, il più importante, e tutto era finalizzato a far lavorare alle condizioni migliori gli studenti. 
Jungkook si sentì come un credente in terra santa. 
Salì una rampa di scale e attraversò timidamente l'ennesimo corridoio, abbassando la testa quando un paio di ragazze passarono per di lì. Se ricordava bene le indicazioni del bidello, la classe di Taehyung doveva essere la penultima sulla sinistra, proprio quella da cui sembrava provenire della musica. 
A Jungkook presero a sudare le mani all'idea di entrarci. Era la prima volta in assoluto dove non era il ragazzo più grande a far la prima mossa ma era lui a cercarlo. Solo l'idea di rivederlo lo rendeva nervoso, figurarsi se fosse stato accerchiato da tutti i suoi compagni di classe. Se poi si aggiungeva il fatto che ci stesse andando solo per ribadire il suo rifiuto... 
Per il tempo che arrivò a un metro dalla porta, avrebbe voluto lasciare il pranzo sul pavimento a piastrelle, bussare e scappare via alla velocità della luce. Ma poi Taehyung lo avrebbe sicuramente cercato e quindi avrebbe solo posticipato l'inevitabile. Doveva chiudere definitivamente quella storia una volta per tutte in quel preciso momento. 
Preso un bel respiro, Jungkook bussò alla porta dell'aula. 
Dall'interno potè sentire chiaramente schiamazzi che cercavano di sovrastare la musica che chiedevano se qualcuno avesse sentito bussare; voci sconosciute alle orecchie di Jungkook diedero per scontato che si trattasse del bidello o di un insegnante che volesse dirgli di abbassare la musica. La canzone venne abbassata, nonostante fosse ancora udibile. 
Quando fu ovvio che non avevano intenzione di controllare chi fosse, Jungkook bussò di nuovo.
Questa volta gli vennero ad aprire subito la porta e il ragazzo si ritrovò davanti un tipo parecchio alto, biondo platino, con i capelli sparati da tutte le parti. Si fissarono, uno intimidito e l'altro curioso, finchè lo sguardo del più grande si illuminò. Un sorriso largo e sgangherato gli si aprì sul volto mentre si voltava verso l'interno della stanza.
"Taehyung!" urlò, divertito. "Ci è venuta a trovare la tua famosa musa ispiratrice."
Qualsiasi cosa Tae avesse riposto, la sua voce profonda fu coperta da una serie di versi beffardi e risate.
Jungkook si pietrificò e desiderò di non essere mai venuto. Avrebbe dovuto mangiarsi il suo pranzo gratuito e basta.
Il ragazzo di fronte a lui, che si era tenuto stretto allo stipite come se fosse un buttafuori, gli passò un braccio sulle spalle e lo trascinò dentro come se fossero amiconi, sbattendosi la porta dietro. Jungkook fu immerso nell'aula più grande e luminosa che avesse mai visto: le vetrate erano immense, i banchi, i cavalletti e gli sgabelli erano tutti accatastati negli angoli. Il pavimento era disseminato di fogli di giornale, tappetini, cartacce, tappi di bombolette. Sulla cattedra vigeva un grosso stereo da cui fuoriusciva la musica ritmata, tenuta come perenne sottofondo. Ma la parte più spettacolare erano le pareti: erano alte, ricoperte da enormi teli bianchi e cartelloni appesi a dei pannelli di sughero da delle puntine, ognuno di essi decorato da murales di ogni genere, stili, temi, completi, incompleti, fantasie, paradossi di colore. 
Jungkook venne trascinato via da quella seconda dimensione, così diversa e opposta dalla sua fatta di cornici e pennelli sottili, quando i suoi occhi incontrarono la figura di Tae. Era seduto insieme ai suoi compagni sulle cataste di banchi e sedie, le gambe sottili incrociate e un'espressione stupita sul viso radioso. La camicia che teneva aperta sopra una maglietta era logora di colore e Jungkook la interpretò come una versione casalinga del suo camice. 
Era strano vederlo tra i suoi simili. Come se fossero tutti parte di un unico branco di spensierati scapestrati con le bombolette alla mano. 
Il ragazzo che gli aveva aperto la porta non mollò la presa su di lui fino a quando i due non furono a quattrocchi. Se non si contavano quelli di tutti gli altri diciotto studenti che attaccarono a fischiare e ululare quando Taehyung rivolse un semplice "ciao" a Jungkook. 
"Ciao." rispose lui, e qualcuno partì con gli applausi. 
Era evidente che Tae non si aspettasse di vederlo. Si guardava intorno sicuro di sè, circondato dai suoi amici e dai loro murales, poi i suoi occhi ricadevano su Jungkook, con quei suoi capelli scuri, il carattere forte, e si sentiva come se lo ospitasse per la prima volta a casa sua. Voleva che i suoi compagni fossero carini con lui, che non lo spaventassero con i loro modi di fare espansivi. Voleva essersi tolto quella camicia per sembrare un po' più attraente, voleva strapparsi di dosso quella bandana rossa legata alla fronte che gli tirava la frangia all'indietro. Voleva che Jungkook vedesse quel posto con la meraviglia con cui lo vedeva lui.
Poi il suo sguardo ricadde su cosa teneva in mano il più piccolo. Jungkook lo notò e colse l'occasione. Deglutendo, sollevò la confezione d'asporto verso Taehyung, ignorando le facce perplesse dei suoi compagni.
"Tieni." disse Jungkook, la sua voce udibile a malapena da se stesso. Teneva la testa bassa, come se si stesse scusando. Non lasciò il tempo a Taehyung di rispondere, altrimenti avrebbe perso la spinta e non ce l'avrebbe mai fatta. Si sforzò di mantenere un tono di voce freddo e distaccato.
"Non posso accettare questo cibo. La mia risposta è ancora no, e tu non puoi fare niente per farmi cambiare idea."
Lo stava scaricando davanti a tutti. Per poco a Jungkook non tremò la voce. 
I ragazzi si erano stretti intorno a loro e  sembravano essersi fatti seri. Quando capirono che Jungkook aveva finito il suo discorso voltarono simultaneamente la testa verso Taehyung in attesa della sua risposta, come spettatori a una partita di tennis. 
La serietà di Tae sapeva più di frustrazione, ma non sembrò minimamente turbato dalla presenza dei suoi compagni. Non si allungò per prendere la confezione dalle mani di Jungkook. "Come puoi dirmi di no senza neanche mettermi alla prova?"
Il ragazzo biondo riprese Jungkook per le spalle e si mise a gesticolare, facendo il verso. "Già, come puoi dirgli di no senza metterlo alla prova?"
Il branco di ragazzi, di comune accordo, sembrarono tutti rivolgersi personalmente a Jungkook con i loro "Già!" come uno stormo di pappagalli.
Il ragazzo più piccolo iniziò a sudare freddo e Tae riprese a sorridere. 
Si alzò in piedi sul banco in modo plateale, qualcuno gli lanciò una bomboletta da usare come microfono. Iniziò a camminare avanti e indietro, su e giù tra i banchi più alti, un perfetto animale da palcoscenico. Il sorriso immenso che rivolse a Jungkook dall'alto nascondeva un fondo di scuse. Jungkook capì che fare lo stupido e provocare era il modo di Taehyung per allontanare la negatività, qualsiasi forma di essa si trattasse. Dovette sopprimere un sorriso a sua volta.
"Jeon Jungkook, classe quarta, anno duemilasedici barra duemiladiciassette." esclamò a gran voce. I compagni ruggirono. "Non chiedo altro che una possibilità!" 
I suoi occhi neri vibranti e luminosi, sussurravano quelle parole che la sua voce profonda urlava. 
"Una possibilità!" gli gridò nell'orecchio il ragazzo biondo, stordendolo.
Taehyung rise e uscì per un attimo dal personaggio. "Vacci piano, Namjoon, non me lo assordare." 
Questa volta anche Jungkook rise con gli altri. Per abitudine si circondò con le braccia, alzò il tono della voce e stette al gioco. 
"Taehyung!"
"Se ci aggiungi il cognome fa più di figo." sussurrò di fianco a lui quello che doveva essere Namjoon.
"E quale è il suo cognome?" sussurrò in risposta.
"Kim."
Jungkook si schiarì la gola. "Kim Taehyung, classe quinta, anno duemilasedici barra duemiladiciassette, che possibilità vorresti?"
Taehyung sembrava non aspettare altro: con due balzi scese i banchi come scalini, scavalcò sgabelli, fece lo slalom tra i suoi compagni di classe infervorati. Arrivò sul banco davanti a Jungkook e si sedette sui talloni, gli strappi nei suoi jeans che si allargavano, per essere alla stessa altezza del ragazzo. 
Si protese in avanti, i suoi occhi grandi si assottigliarono, il tono della sua voce si abbassò. 
Namjoon teneva ben stretto Jungkook per le spalle, impedendogli di indietreggiare.
"Ti darò un bacio," disse Tae, la sua faccia a un palmo da quella di Jungkook. "se non ti piace lo puoi restituire."
Il pubblico di compagni perse la testa.
Jungkook era ipnotizzato, caduto in catalessi, perduto, disperso dalla strada tra gli occhi e la bocca del ragazzo più grande. 
Faceva tutto parte dello spettacolo che avevano messo su. Tae non lo avrebbe sfiorato con un dito, e questo Jungkook lo sapeva bene. Ma per un folle, pazzo secondo pensò di annullare la distanza tra le loro labbra, davanti a tutti. 
Fu un pizzicotto di Namjoon a farlo riprendere. Risero tutti quanti, i due protagonisti compresi, e Jungkook si scrollò le braccia del ragazzo biondo di dosso per fare un passo indietro, abbassando lo sguardo e vergognandosi dei propri istinti. 
Quando lo risollevò incontrò subito quello di Tae, sicuro, ridente, insidioso, e gli bastò quello per sapere di essere stato smascherato. Tae sapeva.
Solo in un secondo momento Jungkook sembrò realizzare quello che gli era appena stato detto.
"Aspetta un attimo. Ma io non intendevo quella proposta, io intendevo la collaborazione artistica!" 
Tae rimase interdetto solo per un nanosecondo, poi sollevò un sopracciglio marcato e la piega del suo sorriso si fece sensuale.
"Questo significa che la risposta all'altra è positiva, no?" 
"No!" 
"No? No si o no no?" 
"No, cioè anche!"
Il pubblico a questo punto era confuso, non capiva. 
La campanella di fine pausa suonò e un uomo barbuto entrò pimpante nell'aula, come se avesse aspettato solo quel segnale fuori dalla porta per entrare. 
Jungkook approfittò del fatto che tutti fossero distratti per mettere il suo pranzo tra le mani di Tae. Appena quest'ultimo se ne accorse tentò di acchiappare le mani dell'altro senza sbilanciarsi, ma Jungkook era già lontano.
Il professore battè un paio di volte le mani. "Forza, tornate a lavoro! Quei murales non si finiranno da soli."
I ragazzi iniziarono a scendere pigramente la roccaforte di banchi, raggiungendo le loro postazioni. Taehyung rimase accovacciato sul banco, la confezione decorata da lui contro lo stomaco e gli occhi sulla nuca di Jungkook che si affrettava ad uscire dall'aula. 
La mano di quest'ultimo si fermò sullo stipite della porta. Jungkook si girò per incrociare lo sguardo lontano dell'altro un'ultima volta.
Gli fece un cenno al pranzo con gli occhi e la sua bocca mimò un muto "grazie". 

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Capitolo 4
*** JK in Blue ***


Eccomi tornata con il quarto capitolo! E' lungo esattamente la metà rispetto i precedenti e mi dispiace tantissimo per chi stava aspettando qualcosa di più  sostanzioso(?)
Questo sarebbe tecnicamente il penultimo capitolo della storia. Già. Come ho già detto altre volte, ho scritto un capitolo bonus che parlerà di un episodio in particolare che ho preferito non inserire nella storia "ufficiale". Devo ancora decidere se aggiungerlo come sesto capitolo o se pubblicarlo come una one shot. Cosa ne pensate? Sarebbe fantastico se mi scriveste cosa è più comodo per voi nelle recensioniiiiii
Spero che questo capitolo vi faccia divertire almeno la metà di quanto mi sono divertita io a scriverlo u.u
Grazie a tutte le persone che hanno recensito i capitoli precedenti! Se ancora non l'avete fatto mi farebbe davvero un sacco piacere sapere cosa pensate della ff <3
Buona letturaaa
Alle mie Kinderly e a tutte le povere army squattrinate che non sanno più dove pescare soldi. 
 
JK in Blue
 
L'unico grande difetto che Jungkook trovava nel suo amato Istituto Artistico era il fatto che, oltre a dover frequentare cinque ore al mattino regolarmente, aveva lezioni e laboratori pomeridiani tre giorni a settimana; ma a differenza di altre scuole con il rientro, la sua era aperta anche il sabato. 
Per questo motivo, anche quel sabato, Jungkook si trascinò fuori dal letto fino alla fermata dell'autobus. Come ogni giorno, non riuscì a sedersi durante il viaggio e fu costretto a subirsi il getto diretto del riscaldamento che gli irritò la pelle. Dopo una mezz'oretta arrivò finalmente in autostazione, scese dal veicolo insieme a una baraonda di gente, si mise le cuffiette nelle orecchie e si incamminò in solitudine verso la sede più lontana della sua scuola. Attraversò il passaggio pedonale e si ritrovò nel grande parcheggio per auto, lo stesso dove aveva conosciuto Kim Taehyung. 
Quel parcheggio immenso, solitamente usato come scorciatoia dagli studenti, quella mattina sembrava rianimato, come quando veniva allestito per il mercato. Chiunque passasse per di lì rallentava il passo, si fermava e dopo poco ripartiva. 
Jungkook camminava tra queste persone, senza capire. Solo quando si rese conto che tutti stavano guardando verso un'unica direzione la curiosità lo vinse e si voltò all'indietro.
Le gambe gli diventarono di granito, gli auricolari gli scivolarono giù e la mandibola gli cadde.
Contro la stessa parete dello stesso edificio dove aveva beccato Taehyung a fare quel graffito del bambino rincorso dai mostri, una grande impalcatura in ferro stava venendo smontata pezzo per pezzo da quelli che sembravano essere gli stessi compagni di classe di Taehyung. Lo stesso professore che era entrato nell'aula della quinta al suono della campanella urlava ordini e gesticolava da terra, dirigendo gli studenti, minacciando di mettere note a chi non si fosse allacciato bene il caschetto sulla testa.
E dietro di loro, la visione interrotta solo da qualche palo che sparì in fretta, il più grande murales che Jungkook avesse mai visto: era enorme, occupava metà della parete giallo ocra del grande edificio. Ma la cosa che lasciò senza parole il ragazzo era che il soggetto rappresentato fosse proprio lui.
In un primo momento pensò di averci visto male, ma una faccia la riconosci quando la vedi allo specchio tutti i giorni. 
Era proprio lui, non c'erano dubbi. 
Nonostante il murales fosse realizzato con uno stile di disegno stilizzato, molto simile al fumetto, quello era Jungkook. Un Jungkook rappresentato dormiente con le palpebre serrate e le labbra leggermente dischiuse, colorato unicamente da centinaia di sfumature di blu, bianco, nero e azzurro. Sotto di esso, in basso, racchiusa dal cuscino, una frase:
 
NON SEI STANCO? TI HO VISTO TUTTA LA NOTTE NEI MIEI SOGNI
 
Jungkook si portò una mano alla guancia chiedendosi se davvero appariva così liscia e delicata, alle ciglia lunghe e scure, ai capelli che gli ricoprivano la fronte. 
Per un qualche motivo che non si seppe spiegare, gli vennero le lacrime agli occhi.
Non si chiese neanche perché quel disegno si trovasse in quel posto e perché lo ritraesse. La risposta era già lì, a una decina di metri, sotto forma di un ragazzo castano ancora vestito dagli abiti del giorno prima sotto il piumino verde, un paio di occhiaie scure visibili anche da quella distanza e una bomboletta rossa in mano. 
Il ragazzo tracciò una "V" alta quanto lui in basso a destra e una manciata delle persone rimaste ferme a guardare il gruppo di studenti all’opera iniziarono ad applaudire. 
Taehyung si voltò, un sorriso stanco sul volto. Aiutò i suoi compagni a mettere via le ultime cose, poi tutti insieme si unirono all'applauso del pubblico, indirizzandolo verso il professore che si guardava intorno imbarazzato. Quest’ultimo strinse la mano con quello che doveva essere un poliziotto che era lì per supervisionare i lavori e poi fece segno ai suoi studenti di raggrupparsi tutti davanti al murales, ricordò loro di sollevare la targa con lo stemma dell'Istituto Artistico, e scattò un paio di foto.
Quando il giorno prima era tornato a casa da scuola non c'era neanche l'ombra di quel disegno, 
pensò Jungkook. Dovevano essere rimasti per forza svegli tutta la notte a realizzarlo. 
Il ragazzo continuava a divagare i suoi pensieri in cose tecniche e pratiche, incapace di realizzare che delle tonnellate di bombolette spray erano state usate legalmente su un edificio pubblico per almeno quattro metri quadri da una classe intera dell'ultimo anno solo per... per cosa? Per appoggiare Taehyung e i suoi bizzarri modi di convincere Jungkook a lasciarsi aiutare? Teneva a farlo partecipare alla Galleria fino a questo punto?
Beh, il murales era e sarebbe rimasto lì. Questo poteva valere come un sì. 
Un gridolino acuto sovrastò le voci dei ragazzi e le chiacchiere del pubblico che continuarono incuranti. Una ragazza che Jungkook riconobbe come una del gruppetto della Mostr(uos)a corse per il parcheggio, si aggrappò a Tae per il bavero del piumino interrompendo la sua conversazione con Namjoon e puntò un dito in direzione di Jungkook.
Taehyung strinse gli occhi, confuso e allarmato da quell'attacco a sorpresa, ma quando riconobbe Jungkook il suo sorriso si espanse fino ad arrivare agli occhi con una lentezza che il più piccolo trovò esorbitante. Sembrava sfinito, sfinito ma bellissimo. Trasudava soddisfazione da tutti i pori.
Le farfalle nello stomaco di Jungkook risorsero dalle ceneri e diedero vita a uno stormo impazzito. 
Dire che qualcosa in Taehyung sembrava diverso non era esatto. Era più come se la luce chiara del mattino mettesse in risalto una parte di lui che Jungkook non aveva considerato, che aveva preferito ignorare volutamente. Ma ormai era limpida nella sua semplicità, pura, inconfondibile, incastrata tra la linea sottile degli occhi, nel contorno morbido delle sue labbra, nella tinta azzurra sulle sue nocche, tra i lacci delle scarpe. 
Per la prima volta da quando si erano conosciuti, Jungkook non si ricordò quale fosse il motivo per cui aveva iniziato a detestare Taehyung. 
La gente passava, riprendeva la sua strada, si frapponeva tra i due ragazzi, ma loro rimasero con i loro sguardi allacciati per quella che sembrò un'eternità. I compagni di classe del più grande se ne accorgevano e si davano di gomito, scompigliavano i capelli del loro amico, ridevano e scattavano foto. Uno di loro fece una proposta al gruppo, professore compreso, che Jungkook non sentì e con l'attrezzatura e scatoloni vari iniziarono ad allontanarsi, in direzione opposta a quella della scuola.
Namjoon raggiunse Tae e lo prese per il gomito per trascinarlo via. Costretto a camminare, lui si voltò indietro e salutò Jungkook con la mano.
 
Due ore più tardi, tra i banchi di scuola, l'insegnante di storia di una delle prime stava tenendo una lezione alla lavagna interattiva. Nella classe le luci erano abbassate, gli studenti in procinto di addormentarsi e il computer ronzava. Una notifica a lato della schermata segnalò la presenza di nuovi contenuti sulla bacheca del registro elettronico dell'Istituto Artistico. Il professore l'aprì e la schermata divenne bianca.
Comparvero delle scritte, un rettangolo grigio grande quanto tutto lo schermo, il titolo a caratteri cubitali della galleria che recitava "Le folli imprese del quinto anno" seguito da un sottotitolo.
JK in Blue.
E lì, preceduta da un cerchietto in caricamento, spuntò un'immagine del murales. Ai lati della fotografia, rispettivamente uno a destra e uno a sinistra, il dolce sorriso scambiato tra Taehyung e Jungkook era rimasto immortalato nel tempo.
  
* * *
 
Quello stesso pomeriggio Jungkook e Taehyung erano seduti sul muretto che circoscriveva il limite del parcheggio, gli occhi sul murales. 
Il più piccolo aveva avvisato i genitori dicendo che avrebbe fatto tardi e di non aspettarlo per cena. 
Era tornato dal graffito per ammirarlo, per cercare nuove risposte a vecchie domande. Era rimasto lì per delle ore, a pensare e ripensare. A un certo punto aveva pure tirato fuori il suo blocco da disegno e aveva iniziato a schizzare l'immagine di se stesso addormentato.
Taehyung lo aveva semplicemente raggiunto, sicuro di trovarlo lì.
"E' piuttosto bello, sai?" disse Jungkook. 
"Certo, sei tu." 
"Non intendevo quello..."
Tae rise.
Il sole stava calando e un venticello leggero si divertiva ad alzare i lembi del cappotto di Jungkook e a scompigliare i capelli ad entrambi i ragazzi. Erano seduti distanti, forse a guardarli li avrebbero creduti estranei a vicenda. Jungkook riusciva a sentire la presenza di Tae, come in quel secondo incontro alla Mostr(uos)a, ma questa volta era una presenza attesa, non inaspettata.
La voce profonda del più grande vibrò nella desolazione di quel parcheggio. "Ti va di uscire dagli schemi con me questa sera?"
Jungkook si strinse la sciarpa sopra al mento. "Si." 
 
 
Una moto nera era parcheggiata fuori dall'entrata di un tunnel in disuso, ma non abbandonato. Tra quelle infinite pareti ricoperte da cima a fondo di scritte, disegni e astrattismi, rimbalzavano le note di una musica ritmata che sfumava tra una canzone e l'altra, senza smettere mai di suonare. Molti ragazzi sfrecciavano con i loro skateboard su rampe arrangiate da qualche parco, altri gironzolavano intorno alle casse dello stereo, altri ancora ballavano con le birre alla mano, altri stavano cenando seduti sull'asfalto circondati da sacchetti di McDonald. Tra tutti questi giovani, la cui età poteva variare dai sedici fino anche ai trent'anni, c'era un patto taciturno che li accomunava tutti quanti a quel posto segreto. E, in esclusiva per quella serata, anche Jungkook ne faceva parte.
Lui e Taehyung erano seduti a gambe incrociate sul duro asfalto che buttava su calore proteggendoli dal gelo, circondati da diverse bombolette. Fronteggiavano una delle due pareti e Tae mostrava a Jungkook quanta pressione utilizzare per ottenere diversi effetti con lo spray colorato. Il più piccolo imparava in fretta, ma non senza macchiarsi fino ai gomiti. I due ricalcavano vecchi murales, li arricchivano, li coprivano per farne di nuovi lavorando come un solo cervello. Taehyung costrinse Jungkook ad ammettere che lavorare con le bombolette a spray era un'arte tanto quanto farlo con le tempere o gli acquerelli. Anzi, lo era di più, perché ottenere risultati altrettanto buoni era difficile il doppio.
Nel mentre chiacchieravano del più o del meno, parlavano, ridevano, scoprendo cose dell’altro che non si sarebbero mai immaginati.
Dopo più di quaranta minuti di lezione, Taehyung decise che per quel giorno poteva bastare con le esercitazioni. Strappò di mano la bomboletta spray a Jungkook, lo prese per i polsi e lo aiutò ad alzarsi in piedi. Lo trascinò dietro di sé fino a raggiungere il punto del tunnel più vicino alle casse, dove la gente stava ballando. Sgusciò tra ragazze e ragazzi fino a trovarsi nel mezzo della piccola folla, si girò verso il più piccolo e se lo tirò addosso prendendolo per i passanti dei jeans. I due ragazzi si ritrovarono petto contro petto, le braccia di Jungkook che scivolarono sulle spalle di Taehyung con naturalezza e iniziarono a ballare a ritmo della musica veloce. Il tempo passava, le canzoni passavano, le persone passavano, ma loro rimanevano stretti in pista a ridere e a ballare. Quando furono troppo stanchi per seguire il ritmo sfrenato si accasciarono uno contro l'altro senza smettere di dondolare, ignorando la musica che rimbombava nelle loro casse toraciche. Jungkook teneva la fronte accaldata contro il collo di Taehyung, le mani leggere su quei fianchi sottili, e Taehyung affondò il viso tra i capelli dell’altro, circondato dal profumo del suo shampoo; con un braccio gli circondava il busto e se lo teneva stretto contro il proprio petto mentre, con l'altra mano, Taehyung corse fino al mento di Jungkook. Glielo sollevò con delicatezza e si chinò per baciarlo, ma il più piccolo sfuggì alla sua presa e tornò a sprofondare il viso contro la sua spalla, inspirando l'odore familiare della vernice. 
"Andiamo a casa?" bofonchiò, la voce assonnata. 
Tae gli accarezzò la testa e gli tirò un lobo dell'orecchio per dispetto. "Sarà meglio. Avremo già superato la mezzanotte e domani c'è scuola. Andiamo." 
A malincuore sciolsero l'abbraccio che li univa e si diressero verso l'uscita del tunnel. Taehyung resistette solo pochi passi prima di mettere un braccio sulle spalle di Jungkook.
Salirono sulla moto di Taehyung, si assicurarono il casco alla testa e partirono nella notte buia.
Ormai si era fatto dicembre e l'aria era talmente gelida attraverso il cappotto di Jungkook che braccia e gambe parevano bruciargli. Si strinse forte contro la schiena di Taehyung mentre il motore ruggiva, prendendo vita.
Da parte sua, Tae si domandava come avrebbe fatto a guidare decentemente una seconda volta a quell'ora della notte, dopo una serata da sogno del genere, con le cosce di Jungkook contro le sue e quelle mani pallide allacciate tra di loro sopra la sua giacca di jeans.
 
La moto entrò sgommando nella via e si parcheggio con un rumore stridulo proprio davanti alla casa di Jungkook. 
Quest'ultimo aspetto che la moto si spense del tutto per scendere da essa e sfilarsi il casco dalla testa. I capelli gli si erano tutti appiccicati alla fronte, il suo corpo ancora tremava per l'alta velocità e per il freddo che gli era penetrato fin dentro le ossa. Taehyung appoggiò i piedi a terra e rimase seduto sulla sella, appendendo il proprio casco e quello che Jungkook gli passò al manubrio. Ecco spiegato il perchè dei suoi capelli sempre così piatti, pensò Jungkook divertito.
I due si guardarono negli occhi, lo stesso identico sorrisetto sui loro volti.
L'imbarazzo sul come salutarsi fu spezzato da Taehyung che fece una domanda che riportò Jungkook agli antipodi della loro relazione.
"Posso salire? Te lo giuro, non faremo casino, me ne andrò prima che i tuoi genitori si possano accorgere anche solo della mia esistenza. Voglio solo chiacchierare un po' e riscaldarmi. Se passo altri cinque minuti in moto senza staccare morirò di ipotermia."
Jungkook non arrossì solo perché c’era davvero troppo freddo. Ammiccò al ragazzo più grande e gli spettinò i capelli per poi attraversare il breve vialetto di ghiaia e raggiungere la porta di casa.
"A domani, Tae."
L’altro sorrise a quel nomignolo che finalmente Jungkook aveva adottato. "Dai, ti ho portato fino a qui con la mia preziosissima benzina. Non me lo merito almeno il bacio della buona notte?"
Gli occhi di Taehyung erano liquidi sotto le luci della strada, la sua postura melliflua. Quando capì che l'altro non l'avrebbe accontentato raddrizzò la schiena e fece per calarsi nuovamente il casco sulla testa.
Jungkook ripercorse il vialetto giusto in tempo per fermargli le mani con le sue, chinarsi e appoggiare timidamente le labbra umide sulla guancia gelata di Taehyung. Indugiò sul bacio per qualche secondo e si vergognò del piccolo schioccò provocato dalle loro pelli che si separavano.
"Buonanotte." sussurrò e poi scappò dentro casa. 
Taehyung rimase parcheggiato fuori da quell'edificio per un altro minuto, le dita che sfioravano il punto in cui la bocca di Jungkook aveva lasciato una macchia di calore indefinita. Solo nella notte, gli venne da ridere quando si rese conto che erano proprio le sue guance ad andare completamente a fuoco. 
 

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Capitolo 5
*** collaboration ***


 
Ed eccomi qui con l'ultimo capitolo della mia fanfiction. Mi vien voglia di piangere e perdermi in fiume di parole ma ho cose più importanti da dire: ho deciso che il famoso(?) CAPITOLO BONUS verrà pubblicato in un missing moment a parte per il fatto che il rating sarebbe diverso da quello dal resto della storia e, essendo pensata e scritta solo dopo la conclusione della "storia ufficiale" , non volevo che la influenzasse troppo. Quindi lascerò un sesto capitolo successivo a questo dove prossimamamente, appena la beta ed io avremmo corretto il tutto, metterò il link per il missing moment, sperando che sia più comodo per voi.
Vipregovipregoviprego fatemi sapere cosa pensate del finale della storia con una recensione! Anche se avete già recensito, ci tengo troppo a sapere se la ff vi è piaciuta dall'inizio alla fine, se avevate altre aspettative o avete domande su cose che non ho descritto (potrebbe anche sfuggirci qualche altro missing moment in più). Tengo a questa storia più di quanto avrei mai pensato quando era solo un abbozzo di idea nella mia testa, perciò ci tengo davvero tanto che l'amiate.  Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino a qui!
Come al solito, le critiche costruttive sono sempre ben accette! Se volete cercarmi nei social sono un po' ovunque SilbySilbyArt (anche se le mie fanart fanno parecchio pena).  

 
Dedico questo capitolo a una personcina speciale di cui non so nemmeno il vero nome. Ha lasciato una recensione nel quarto capitolo dicendomi che se mai diventassi una scrittrice leggerebbe i miei libri e mi ha resa felice in una maniera inimmaginabile. Spero davvero che la ragazza in questione capisca che mi sto riferendo a lei. Grazie mille, davvero
 
collaboration 
 
Da quella serata passata nel tunnel non passò giorno senza che Taehyung e Jungkook non si vedessero. 
Se uno durante la ricreazione non trovava l'altro fuori dalla porta della propria aula si metteva ad attraversare mezza scuola fino a quando non si incrociavano nei corridoi, trovandosi a vicenda. Quando entrambi avevano lezioni al pomeriggio passavano tutta la durata della pausa pranzo insieme: Jungkook aveva vietato categoricamente a Tae di comprargli il pranzo, allora quest'ultimo si portava dietro il doppio del cibo solo per poi dichiararsi pieno dopo aver mangiato la sua parte. Il ragazzo più piccolo odiava sprecare il cibo, per cui finiva sempre per salvare la confezione d'asporto prima che toccasse la pattumiera e si mangiava lui tutto quello avanzato all'interno.
Avevano visitato insieme l'edizione invernale della Galleria dell'Istituto per, come aveva detto Taehyung quando si era presentato con un taccuino, spiare la concorrenza. Jungkook aveva pensato che si sarebbe sentito malissimo a camminare per quei tanto agognati corridoi, ma quando chiuse gli occhi quella sera non ripensò al fatto che tra tutti quei quadri non ci fosse in mezzo il suo; penso a Taehyung e allo zucchero a velo che gli era rimasto appiccicato alla bocca quando quella mattina si erano trovati in un caffè per fare una colazione a base di croissant e cappuccino. 
Erano addirittura riusciti a mettersi d'accordo con i professori di laboratorio per cui, dato che entrambi avevano simultaneamente due ore di disegno al mercoledì, Jungkook aveva il permesso di salire nell'aula dei murales e mettersi al lavoro con Taehyung e i suoi compagni. Mentre quest'ultimi continuavano a lavorare ai loro graffiti lanciandosi occhiate d'intesa, loro due si sedevano vicini in un angolo, appoggiavano i loro blocchi da schizzo sulle ginocchia e iniziavano a fare bozze e progetti, prove di colori e stili, alla ricerca della combinazione giusta tra pittura e murales. 
Un sabato notte con tutta la quinta erano tornati al tunnel a divertirsi. Dopo aver bevuto birra tutti insieme, essere caduti dagli skateboard un paio di volte e aver passato un'ora a decorare le pareti con altri esperimenti e sfide di tecnica, i compagni di classe erano crollati, lasciando soli Jungkook e Taehyung che non aspettavano altro che la possibilità di tornare a ballare. Dieci minuti più tardi erano incollati l'uno all'altro, le mani di Taehyung nelle tasche posteriori dei jeans di Jungkook mentre si scatenavano. Arrivata l'ora del coprifuoco di quest'ultimo, Taehyung ammise di aver bevuto un bicchiere di troppo per poter mettersi alla guida. Inizialmente Jungkook si arrabbiò, ma bastò l'intervento di Namjoon per sistemare le cose e farli riappacificare. Il gruppo affiatato si sedette per terra sull'asfalto e a turno ci si raccontava storie e aneddoti. Dato che la coperta che Tae teneva nel portaoggetti non era grande abbastanza per coprire entrambi senza che se la litigassero, in un qualche modo Taehyung finì per sedersi tra le gambe di Jungkook, una posizione resa familiare dai numerosi passaggi in moto che il writer gli dava, riuscendo così a tenere al caldo entrambi. Influenzato dall'alcool e dalla tarda ora, si addormentò accoccolato contro il petto dell’altro nel giro di poco. Jungkook gli sostenne meglio la schiena abbracciandolo da dietro e appoggiò il mento sulla sua spalla ossuta, godendosi il tepore del suo corpo e facendo segno agli altri ragazzi di non fare chiasso.
 
* * *
 
Era giovedì e finalmente i bozzetti erano pronti.
Avevano chiesto il permesso di poter utilizzare l'aula di disegno di Jungkook dopo il termine delle lezioni pomeridiane, approfittando del fatto che l'Istituto Artistico sarebbe rimasto aperto fino a sera per i ricevimenti coi genitori. 
Così, intorno alle cinque, Jungkook con il suo camice bianco che gli arrivava alle cosce e Taehyung con la sua camicia sfatta tenuta allacciata da due miseri bottoncini, i due ragazzi erano già all'opera. Lavoravano entrambi in silenzio, concentratissimi sul proprio lavoro. Se le loro tecniche non si mischiavano bene insieme quello sarebbe stato il momento decisivo per scoprirlo. 
L'aula vuota e illuminata sia dagli ultimi raggi di sole che dalle lampadine bianche faceva uno strano effetto a Jungkook, solitamente abituato a vederla con tutti i suoi compagni alle loro postazioni. Invece c'erano solo loro due, un grande telone di plastica sul pavimento dove avevano fissato il cavalletto con la tela più grande che avesse mai utilizzato, qualche confezione di tempera con i tre colori primari e decine di piatti in plastica rubati in bidelleria dove avevano creato tutte le sfumature di cui avevano bisogno. Per quel pomeriggio si sarebbero dedicati solo allo sfondo, un insieme astratto di macchie e forme geometriche per cui Tae si era esercitato precedentemente. Le sue bombolette erano sparse ovunque, qualcuna rovesciata sul verso lungo per colpa della distrazione di Jungkook che mentre lavorava a una tela aveva sempre bisogno di allontanarsi di qualche passo per vederla nell'insieme. 
Si erano fatte velocemente le sei e mezza ed era arrivato il momento di levare le tende e lasciare che i bidelli pulissero l'aula prima di chiudere la scuola alle sette. 
La sveglia che Jungkook aveva preimpostato squillò e i due ragazzi posarono bombolette e pennelli. Squadrarono la tela con occhio critico in ogni suo particolare alla ricerca di un ritocco urgente da fare prima che il colore si asciugasse.
"Mi piace." disse infine Jungkook e Taehyung poté tirare un sospiro di sollievo. 
Affiancò il ragazzo, un piatto ancora pieno di una tempera verdognola in mano. Si mise le mani sui fianchi per stirarsi i muscoli della schiena con un'espressione distesa e soddisfatta sul volto. "Sapevo che sarebbe venuto bene. Avresti dovuto cedere prima, ragazzino diffidente."
In tutta risposta Jungkook gli diede una gomitata giocosa contro lo stomaco, troppo orgoglioso per dargli esplicitamente ragione.
Taehyung sorrise, fingendosi dolorante. "Jeon Jungkook, classe quarta, eccetera eccetera, ammettilo una buona volta. La nostra è una grande collaborazione." 
Il ragazzo chiamato in causa sorrise beffardo, si girò verso Tae, intinse un dito nella tempera e disegnò una spessa striscia verde sullo zigomo dell'altro. Tae fece un balzo all'indietro dalla sorpresa, infastidito dalla consistenza viscida del colore. Rispose prontamente al fuoco spalmando una manata di arancione sulla mandibola di Jungkook, ripulendo completamente il piatto che lasciò a terra. Come di comune accordo, i due ragazzi si allontanarono velocemente l'uno dall'altro, raccogliendo con foga tutti i piattini di tempera avanzata sparsi sul telo di plastica. Quando non ce ne furono più si ritrovarono ai poli opposti della stanza, un sorriso malintenzionato sulla faccia di entrambi. Si guardavano negli occhi ridendo nervosi, sfidando l'altro a far la prima mossa. 
Dopo essersi girati intorno per un minuto, Tae partì all'attacco saltando sopra a Jungkook che d'istinto mollò tutti i piattini che aveva conquistato per tentare di sorreggere entrambi per non cadere; nello stesso istante in cui afferrò il più grande al volo, quest'ultimo gli circondò il bacino con le gambe e gli passò le mani grondanti di rosa tra i capelli mori. Senza smettere un attimo di ridere Jungkook si gettò sulle ginocchia, Taehyung cacciò un gridolino essendo trascinato giù con lui, e tuffò la mano che non stringeva l'altro nella tempera giallo ocra di fianco a lui e gliela infilò nello scollo della maglietta, direttamente sulle clavicole sporgenti. 
"I vestiti no, colpo basso!" disse Taehyung, le guance già affannate e un sorrisone indelebile.
Jungkook alzò lo sguardo e si ritrovò quegli occhi pece a due centimetri, l’altro ragazzo praticamente seduto sulle sue cosce. Mollò la presa su Taehyung facendolo finire col sedere a terra, stando però attento a non fargli sbattere la testa. Gattonò via sul telo, cercando nuove munizioni in prevista del peggio, ma Tae fu più veloce di lui. In un attimo gli fu addosso, gettandoglisi sulla schiena e facendolo slittare sul materiale reso scivoloso dalla battaglia. Jungkook finì disteso a pancia in giù, ridendo come un matto, e scrollò via Tae girandosi sulla schiena e facendolo scivolare più avanti. Fece per alzarsi, le dita già sporche di rosso pronte a stamparsi sul suo nemico, ma l'altro non gliene diede il tempo. Taehyung si mise a cavalcioni su Jungkook per immobilizzargli le gambe e l'altro provò a cavarselo di dosso scalciando, riuscendo solo a fargli perdere l'equilibrio e farlo cadere in avanti. 
Taehyung automaticamente appoggiò i gomiti ai lati della testa di Jungkook, evitando per un pelo di sbattere la fronte contro il suo mento. Il sollievo che provò per quella botta evitata si annullò immediatamente quando incontrò lo sguardo ridente di Jungkook sotto di se. All'improvviso fu consapevole di tutti i centimetri del suo corpo pressati contro il corpo di Jungkook. Sotto di lui il petto del più piccolo si abbassava e gonfiava velocemente mentre riprendeva fiato, la stoffa del suo camice non più così bianco che si tendeva incastrato tra lui e Tae.  
Un attimo prima si stavano concedendo una tregua, la testa di Jungkook rovesciata all'indietro per riprendere fiato e la fronte di Tae abbandonata contro quel collo teso, il suo respiro caldo sul pomo d'Adamo del pittore. 
L'attimo dopo la mano di Taehyung sorreggeva la nuca di Jungkook e loro due si stavano baciando.
Il più grande si separò subito dalle labbra del più piccolo, temendo di essere stato precipitoso. Raddrizzò la schiena e scavalcò le gambe di Jungkook, sedendosi al suo fianco. 
Jungkook rimase sdraiato, le palpebre socchiuse come se stesse sognando, la frangia ridotta a ciocche bagnate di rosa che gli sfiorava le ciglia. Alzò lo sguardo su Taehyung e quest'ultimo si accorse di avergli stampato una macchia verde sulla fronte. 
La voce di Jungkook era poco più di un mormorio. "Non mi hai nemmeno mai chiesto se mi piacciono i ragazzi." 
Taehyung sollevò un angolo della bocca, senza sorridere davvero. Se lo sentiva, in quel momento Jungkook gli avrebbe detto che la storia della collaborazione saltava e che era meglio se non si fossero frequentati più. Ma se Tae doveva essere rifiutato, allora tanto valeva provarci fino alla fine. "Non ti devono piacere i ragazzi. Ti devo piacere io." 
Jungkook rimase impassibile e Tae fu certo di aver rovinato tutto.
"Ma taci, scemo." disse Jungkook. 
Afferrò Tae per i lembi di quella camicia sfatta e se lo tirò addosso sul pavimento. Gli morse quelle labbra e quel loro contorno scuro che tanto lo ossessionava, baciando il più grande con una passione sopita da settimane. Taehyung ricambiò immediatamente con altrettanta spinta, la testa finalmente leggera da ogni dubbio e tormento. Dopo tutto quel corteggiare, quell'andare alla ricerca di nuove idee per stupirlo, tutto quel pensare a lui e alle possibilità che ci fossero che ricambiasse i suoi sentimenti, quel chiedersi costantemente se non stesse esagerando, quelle pare mentali, Taehyung era un fiume in piena. Spinse la punta della lingua dentro la bocca di Jungkook che in tutta risposta mollò la camicia di Taehyung e chiuse le mani a pugno tra i suoi capelli finissimi, tirandoglieli leggermente. Sentendosi incoraggiato, il più grande gli separò le labbra con le proprie e iniziò a baciarlo più profondamente, fremendo quando il più piccolo gemette. Fece correre le dita tra i loro corpi pressati, tirando a casaccio i bottoni dell'ingombrante camice di Jungkook finché non uscirono dalle loro asole. Un bottone saltò del tutto e cadde tintinnando sul pavimento, ma nessuno dei due se ne curò. Taehyung insinuò le sue mani fredde e sporche di tempera sotto la maglia di Jungkook, scoprendogli lo stomaco glabro fino ad arrivare a toccare direttamente la pelle tesa sulle scapole. Una morsa nello stomaco si sbarazzò di tutte le farfalle che ultimamente avevano dato tante noie a Jungkook, facendogli inarcare la schiena alla ricerca di più contatto fisico possibile con Taehyung. Non aveva più controllo delle sue gambe che si allacciarono dietro i polpacci dell'altro per tenerselo vicino. 
Quel momento fatto di carezze, stoffa di intralcio che pendeva dalle loro braccia lasciando scoperti i gomiti, parole mormorate bocca contro bocca, si spezzò quando sentirono la porta del corridoio esterno sbattere. Taehyung rotolò, o meglio, venne gettato a lato da Jungkook che scattò in piedi giusto in tempo per vedere la porta dell'aula aprirsi. La minuta bidella rimase sullo stipite, osservando stranita quei due allunni, di cui uno a terra, entrambi ricoperti di vernice letteralmente dalla testa ai piedi, il telo in plastica sulla quale stavano lavorando stropicciato, cosparso di macchie di colore, piattini (gli stessi che erano scomparsi in segreteria), tubetti di tempera e bombolette spray. In tutto questo, l'unica cosa rimasta indenne dall'apparente passaggio di un ciclone era una tela ben fissata al suo cavalletto.
Il lato positivo era che non avevano sporcato niente al di fuori del telo; le sarebbe bastato far su quello e buttarlo via.
Intanto il ragazzo castano si era alzato in piedi e aveva affiancato l'altro. Avevano entrambi la stessa espressione buffa con le sopracciglia leggermente inarcate, la bocca semiaperta e lo sguardo fisso. 
"Ragazzi, cinque minuti e devo chiudere. Non andate in bagno a ripulirvi da tutto quel macello che avete addosso o mi sporcherete i lavandini. Aspettate di arrivare a casa. Cielo, ma si può sapere perché avete sprecato tutto quel colore? Non è micca gratuito, sapete, è la scuola e quindi le vostre famiglie a pagare..."
Alla voce scorbutica della donna, Taehyung parve riscuotersi. Sfoderò uno dei suoi sorrisi, quello malandrino che Jungkook aveva avuto modo di conoscere da subito.
"Ma, signora, l'abbiamo fatto in nome dell'arte. Mai sentito parlare di body painting?"
 
 
 
* * *
 
 
 
 
Finalmente la primavera era arrivata, accompagnata dal cinguettio dei suoi uccellini, dagli alberi in fiore, dai primi frutti estivi ancora acerbi. I piumini del pioppo volavano nell'aria, con il disappunto dei numerosi allergici, raggiungendo anche le candide pareti della Galleria dell'Istituto Artistico.
Era il primo giorno di apertura dell'edizione primaverile che avrebbe tenuto le porte aperte fino a metà maggio e il pubblico era affluente ed entusiasta dei talentuosi alunni del quinto anno che da lì a poco avrebbero debuttato nel mondo reale. Tra le stanze illuminate a giorno, insieme ad anziani accompagnati da nipoti, mamme e papà, critici e ignoranti, due ragazzi percorrevano gli ariosi corridori, mano nella mano.
Per l'ennesima volta da quando erano arrivati, Taehyung strinse la presa per trattenere Jungkook dal correre in avanti. 
"Non rovinarti la sorpresa." gli disse, indotto a mormorare dalla serietà e dall'eleganza della maggior parte dei visitatori. "E' molto più eccitante entrare in ogni stanza senza sapere se ci sarà o non ci sarà, no? Magari hanno deciso di buttarlo in un cassonetto e noi non lo sapremo mai."  
Il più piccolo si voltò un attimo per incrociare gli occhi sorridenti del suo moroso. "Non dirlo neppure per scherzo, Tae. Il professore mi ha detto che era stato selezionato, deve essere da qualche parte." 
"Dai, facciamo così: se il nostro quadro non è esposto in una delle prossime tre stanze ti do il permesso di metterti a correre giù per il corridoio, travolgere i bambini che intralciano il tuo passaggio, e cacciare la testa in ogni stanza fino a quando non lo trovi."
Jungkook mise su un'espressione insofferente e spostò il peso da una gamba all'altra. Taehyung gli accarezzo il dorso della mano con il pollice come per cancellargli il broncio che però se ne andò soltanto quando alzò le loro mani unite verso il proprio viso per grattarsi lo zigomo con le nocche di Jungkook.
Nel momento in cui entrarono non nella stanza successiva, ma in quella dopo ancora, il quadro fu la prima cosa che videro. 
Si avvicinarono alla loro opera come due comuni visitatori, come se non la conoscessero in ogni minimo particolare, come se non ci avessero lavorato come dei pazzi per mesi fino a renderla come entrambi la volevano. Si fermarono proprio davanti ad essa, probabilmente bloccando la visuale a metà delle persone presenti. 
Era proprio il loro quadro. La targhetta di plastica liscia e nera lo confermava con caratteri eleganti.
V, Jeon Jungkook : Collaborazione
Taehyung passò un dito sopra il suo nome, sentendo i rilievi delle lettere. "E' così strano. Mi sento come se tutti questi sconosciuti siano in camera mia a scuriosare tra le mie cose." 
Jungkook appoggiò la testa sulla sua spalla senza staccare gli occhi dalla tela, subito seguito da Tae che la coprì con la propria, due genitori orgogliosi che guardano la loro creaturina. "Dici che sia all'altezza della Galleria?"
La voce con cui Jungkook parlò ricordò a Taehyung di quel ragazzo che circa cinque mesi prima tratteneva le lacrime su un marciapiede, fuori al buio e al freddo di novembre, sconfitto e demoralizzato. Ricordò fugacemente anche quando in quello stesso giorno gli aveva afferrato una mano e quel ragazzo se l'era ripresa bruscamente.
Invece adesso le dita di Jungkook erano intrecciate saldamente a quelle di Taehyung, calde e familiari.
Taehyung abbassò lo sguardo e vide un sorriso timido e sereno increspare le labbra che aveva baciato milioni di volte. Gli occhi di Jungkook sembravano lucidi, ma Tae era sicuro che non si trattasse solo di un effetto delle lampadine a led.
Stampò un fugace bacio tra quei capelli mori e ritornò ad appoggiare la testa su quella di Jungkook, provando una felicità in un qualche modo semplice ma immensa.
E chi lo avrebbe mai detto che una storia nata con una minaccia di denuncia per aver vandalizzato un edificio pubblico sarebbe finita così?
 
 

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Capitolo 6
*** cocoa goodnight ***


Ecco qui il link per il missing moment della prima volta dei miei VKook! Per questione di rating ho voluto fare una os a parte, oltre al fatto che, avendo pensato a queste scene solo dopo aver finito la "storia ufficiale", in un qualche modo non ci stava bene ai miei occhi. Non sono assolutamente capace di scrivere smut esplicito, per cui dovrete accontentarvi! Per favore, fatemi sapere qualcosa con una recensione u.u Per chi fosse interessato, sto già scrivendo un'altra ff! Se tutto va bene uscirà entro febbraio....non so come farò a resistere tutto questo tempo senza pubblicare niente, ormai mi ero abituata. Grazie a tutti per aver letto la mia prima fanfiction! Grazie mille, davvero. COCOA GOODNIGHT: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3565307

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