Dentro di noi

di ellephedre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Sailor Moon - Dentro di noi Note:
- Lo scopo di questa storia è riempire il periodo tra la fine del primo arco della seconda serie (Ail e Anne) e l'inizio del secondo (Chibiusa e Luna Nera). Ovvero far capire come Mamoru e Usagi sono riusciti a mettere in piedi la loro relazione. Non so, ho sempre pensato che non sarebbe stato proprio facilissimo. Questa storia non vuole in alcun modo essere drammatica, comunque, non preoccupatevi. Non prevedo più di due o tre capitoli per questa fanfic.
- Non ho perso l'ispirazione per 'Acqua viva', ma ho avuto molto da fare in questo periodo. Dopo mi è venuta in mente questa storia e ho voluto scriverne subito. Ma ho già pronto del materiale sia per la storia su Ami sia per il sequel di 'Oltre le stelle', se ve lo state chiedendo.
- Natsumi = Michelle, Manami = Jo


DENTRO DI NOI

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.



«Ti ricordi tutto!» Usagi non riuscì a stargli lontana per più di un altro secondo; neanche il contatto del viso col petto di lui frenò le lacrime.
Non voleva smettere di piangere. Le lacrime di gioia sulle guance, le braccia di lui che la stringevano... aveva atteso tutto troppo a lungo.
Era un'altra fine, ma aveva pochi punti in comune con la drammatica conclusione della precedente guerra che avevano combattuto: i nemici contro cui aveva lottato questa volta lei li... comprendeva. Non erano che due ragazzi soli, ora consapevoli di amarsi e di poter vivere d'amore.
Dentro una bolla trasparente, con in mano il germoglio dell'albero che aveva dato loro ogni energia, salutarono lei e gli altri, partendo alla volta dello spazio.
Mentre si dileguavano nel cielo, Usagi rimase a contemplarli.
Le mani che aveva sulle spalle la strinsero appena, ricordandole chi aveva finalmente accanto. Sorrise. «Saranno sicuramente felici, non credi?»
«Sì, ne sono certo.» La dolcezza con cui non le aveva mai parlato prima le scaldò il cuore.
Piena di gioia, si girò verso di lui. «Spero che anche noi-»
Vennero circondati da un coro di voci amiche. «Che fortunelli!»

Ahh, non erano soli!
Lei e Mamoru si staccarono di colpo.
Minako ridacchiò. «Vi stavate mettendo in mostra, su, non smettete!»
«State veramente bene insieme.»
Ami sorrise benevola a entrambi.
Makoto si poggiò le mani sui fianchi. «Sono gelosa!»
«Ho deciso
!» Rei attaccò il pavimento con un piede. «Mi troverò anche io un fidanzato!»
Minako tirò fuori la lingua. «Che dici, Mamoru stesso non sarebbe male, no?»
Eh? «No no e no, potete scordarvelo!»
«Stavo solo scherzando!»
Rei alzò le mani in aria. «Va bene va bene, basta con le burle.» Guardò lei e Mamoru. «Sono felice per voi, ragazzi.»
Annuirono tutte quante.
Usagi si sentì arrossire. Non poteva crederci nemmeno lei; finalmente, finalmente poteva stare insieme a Mamoru!
«Ehm...» Tossicchiando, Ami attirò la loro attenzione. «Il palazzo è completamente distrutto, credo che tra poco arriveranno i vigili del fuoco. È meglio andare via.»
«Sì» Mamoru vagò con lo sguardo lungo il pavimento pieno di detriti. Trovò quello che cercava e si mosse in quella direzione.
Usagi lo osservò raccogliere da terra la propria giacca, con movimenti faticosi... lenti.
Gli corse incontro. «Non ti sei ancora ripreso, aspetta, ti aiuto io.» Lo spinse a metterle un braccio attorno alle spalle, facendolo appoggiare su di sé come meglio poteva.
Mamoru cercò di mostrarle un sorriso tranquillo. «Non ti preoccupare.»
Come poteva non farlo? Lui l'aveva difesa col suo stesso corpo, prendendo in pieno continue scariche di energia e... senza la protezione di alcuna trasformazione. Non riuscì a trattenere la preoccupazione. «Forse c'è bisogno di un dottore...»
Ami si avvicinò a loro. «Verifico subito.» Tirò fuori il suo mini-computer e iniziò a digitare alacremente. «Hmm... no. Hai qualche livido, Mamoru, ma soprattutto sei debilitato. Hai bisogno di riposare.»
Makoto si fece avanti. «Se ti serve una mano, Usagi, posso aiutarti io a portarlo a casa.»
«No.
» Mamoru si staccò da lei, sorridendo. «Non è necessario che mi portiate in braccio. Fatemi prima provare una cosa.» Alzò una mano davanti a sé, col palmo aperto e rivolto verso l'alto. Nel viso gli apparve un'espressione di intensa concentrazione. Dal nulla, materializzò tra le dita una rosa rossa.
Usagi si lasciò scappare un'esclamazione di sorpresa: non l'aveva mai visto creare una delle rose che era stato solito lanciare.
Lui fece roteare il fiore con un rapido gioco di dita. D'improvviso, la mano gli si ricoprì di un guanto bianco e, sul resto del corpo, si ritrovò ad indossare il costume di Tuxedo Kamen.
Quanto le era mancato vederlo in quelle vesti.
Lo sentì inspirare profondamente e spostare il peso da un piede all'altro. Infine annuì sovrappensiero, rivolgendosi a tutte loro. «Ce la faccio. Col costume riesco a muovermi da solo.»
«La trasformazione sta solo attenuando gli effetti della tua condizione»
puntualizzò Ami. «Devi riposare comunque.»
«Sì, ora vado a casa.»
Non da solo. «Ti accompagno. Ragazze, ci vediamo... domani.» Per un attimo aveva contemplato l'idea di incontrarle più tardi, ma... no, voleva stare con Mamoru per tutto il tempo possibile.
Rei le rivolse un sorriso consapevole, abbassandosi a prendere Luna da terra. «Sicuro. Prenditi cura di te, Mamoru. Noi andiamo.»
Le altre annuirono e salutarono anche loro, seguendo Rei giù dal tetto.
Lei tornò a guardarlo. «Tentiamo le scale o ce la fai a saltare giù dai balconi?»
«Vanno bene i balconi. Da quella parte.» Le indicò il suo appartamento con il movimento distratto di un braccio.
Confusa, rimase a fissarlo. «Lo so.» Era andata a casa sua quando avevano fatto da babysitter al piccolo Manami, sapeva bene dove abitasse.
Mamoru le sembrò sorpreso; per un attimo, persino scosso. «Giusto. Andiamo.»
Gli andò dietro e fu solo a metà strada che comprese il motivo di quell'errore: Mamoru aveva fatto confusione tra le due memorie che aveva in testa. Per quel che ricordava lui, l'aveva conosciuta due volte.

Era ancora giorno, perciò individuarono un posto isolato poco lontano dall'edificio dove si trovava l'appartamento di lui.
Una volta certi di non avere attorno occhi indiscreti, sciolsero entrambi la trasformazione.
Senza che lui lo chiedesse, Usagi lo fece di nuovo appoggiare contro di sé.
Era veramente esausto, del tutto spossato: si appoggiava a lei anche quando cercava di non farlo.
Il tragitto verso il suo appartamento fu breve, ma farlo arrivare in piedi fino all'entrata di casa non fu comunque facile. Lui impiegò più tempo del necessario ad aprire la porta e, una volta dentro l'appartamento, lei fece un ultimo sforzo, accompagnandolo fino al letto.
Mamoru vi si lasciò quasi cadere. «Scusami.»
Il sussurro era stato abbastanza forte da essere udito. Usagi si chinò sopra di lui. «Per cosa? Stai bene e hai solo bisogno di riposarti.
» Appoggiò una mano sul letto accanto a lui: non aveva ancora il coraggio di toccarlo. «Non c'è niente di cui scusarsi.»
Gli angoli della bocca di Mamoru accennarono ad alzarsi mentre chiudeva gli occhi. Occhi blu che si riaprirono subito, focalizzandosi su di lei. «Scusami.»
Le nuove scuse erano state diverse, più sofferte.
Usagi si sedette sul bordo del letto. «Per cosa?»
«Per... Beryl, per il modo in cui mi sono fatto-»
Gli accarezzò il viso, scostandogli i capelli dalla fronte. «No, va tutto bene.» Scosse appena la testa, cercando di infondere nella propria espressione la pienezza del sentimento che provava nei suoi confronti. «Pensa solo a riposare. Io... rimarrò qui finché non ti sarai addormentato.» Si sentì stringere una mano e ricambiò delicatamente il tocco.
Non ci vollero che pochi istanti: Mamoru si addormentò quasi subito.
Lei rimase ferma a contemplarlo, a guardare i tratti innocenti che... erano davvero tali: lui non aveva alcuna colpa per ciò era accaduto con Beryl. Era stato influenzato in punto di morte, senza alcuna barriera che potesse proteggerlo dal potente attacco mentale dei loro nemici.
Doveva parlargli, fargli capire che lei non lo considerava in alcun modo responsabile. Come avrebbe mai potuto dare la colpa a lui?
E poi adesso era lì con lei e... sospirò d'improvvisa gioia. Era stato così difficile parlargli in quelle settimane, cercare di entrare nella sua vita, sapere che lui non ricordava nulla di ciò che avevano passato insieme. Il dolore l'aveva colpita come una fitta ogni volta che lo aveva guardato negli occhi e si era vista riflessa come un'estranea.
Ma ora... ora era tutto finito: Mamoru ricordava tutto.
E la amava. Ogni parola, ogni tocco e ogni sguardo lo dichiaravano.
Lasciò scorrere le tracce del pianto sulle guance e non si preoccupò di asciugarle: tanta felicità era preziosa, insperata.
Aveva vissuto il loro amore solo in un'altra epoca, ma lo sentiva dentro di sé come se il sentimento appartenesse da sempre a quella stessa vita. E pensare che lei non lo aveva nemmeno mai... baciato. Già, nonostante tutto ciò che significavano l'uno per l'altra, non lo aveva mai...
Rise.
Era finita. Erano liberi di stare insieme, di amarsi.
La gioia offuscò le ultime lacrime. Si chinò su di lui e gli sfiorò la guancia con le labbra.
Inalò un profumo che era stato caro, che sarebbe stato infinitamente caro; non resistette e gli strofinò il naso sulla pelle, cercando di riempirsi di lui. Finì col disturbargli il sonno, ma persino il breve lamento fu fonte di ulteriore contentezza.
Sorrise un'ultima volta.
Basta, avrebbero avuto una vita intera per stare insieme.
«Ora tu devi solo dormire bene.»
Si alzò e si diresse al balcone. Con un'ultima occhiata verso la stanza, richiuse la vetrata dietro di sé.

Mamoru si svegliò, il sole sul viso. Quando la luce gli arrivava fin negli occhi, era sempre tarda mattina.
D'istinto, si voltò guardare la sveglia: le dieci.
Strano, di solito si alzava prima. Inoltre la testa gli girava un po' e il corpo gli doleva in più punti.
Ma cosa... Usagi!
Scattò seduto sul letto.
Usagi!
Ail e Anne, l'albero della vita, il Cavaliere della Luna, le guerriere Sailor... i cristalli dell'arcobaleno, il cristallo d'argento, Beryl, Usagi... Usagi.
Usagi.
Serenity.
Usagi.
Era viva.
Era sopravvissuta alla battaglia con Metallia.
Appoggiò la fronte su una mano e cercò di schiarirsi le idee: era stato come... risvegliarsi appena dopo la battaglia contro Beryl. I ricordi erano tornati tutti insieme.
Scosse la testa. Il giorno prima non aveva avuto il tempo o l'energia per processarli completamente. Solo un fatto era sempre stato chiaro, una cosa sola non aveva mai avuto bisogno di essere spiegata.
Ricordò la forza con cui l'aveva stretta, il bisogno di sentirla contro di sé. Sì, non c'era stato bisogno di alcun ragionamento per rendersi conto di... amarla.
Usagi. Sailor Moon. Serenity.
Per tutto ciò che era successo con Beryl, le aveva rivolto delle scuse... patetiche. La parola non era sufficiente a descriverne l'inadeguatezza, eppure Usagi l'aveva guardato come se fosse tutto a posto.
Abbassò lo sguardo sul pavimento: Usagi aveva il cuore più grande che avesse mai conosciuto.
...
E lui... non sapeva nemmeno se lo meritava.
Si mise in piedi. In bagno, grazie all'acqua sul viso e giù per la gola, uscì dal torpore in cui si era svegliato.
Usagi.
Doveva andare a trovarla.
Sospirò di frustrazione: non sapeva nemmeno dove abitava.
Per dirle cosa, poi?
Che l'amava. Lei doveva assolutamente saperlo.
... probabilmente, lo sapeva già.
Nella mente iniziarono ad affollarsi una serie di ricordi, di episodi: lui che la chiamava quasi sempre e solo Testolina Buffa. Lui che rifiutava la sua compagnia, che rifiutava i suoi tentativi di avvicinarglisi.
Lui che la prendeva in giro, che non la prendeva sul serio.
Lui che si preparava a recitare una scena d'amore con Natsumi. Lui che portava dei fiori a Natsumi.
E la faccia che lei aveva avuto in quei momenti.
E prima... ancora prima, nell'altra 'vita'.
Chiuse gli occhi.
Allora si era comportato persino peggio.
L'aveva presa in giro in maniera spietata; le aveva rivolto frasi canzonatorie ogni volta che la incontrava, neanche lo stessero pagando.
Rei. Dannazione, era uscito con una sua amica.
Infine arrivò il peggior ricordo tra tutti: lui che si preparava a farle del male, nelle vesti del comandante di Beryl.
Non aveva alcuna scusante: in quel momento aveva già saputo di lei, aveva già avuto coscienza del loro passato, eppure si era lasciato vincere ugualmente.
Non aveva scuse neanche per le settimane più recenti: una parte di lui, quella che aveva continuato a difenderla, era stata consapevole del loro passato comune. Quella parte si era materializzata fino a diventare un'essenza capace di proteggerla, ma non era sparita del tutto, da dentro di lui. In fondo se n'era reso conto: aveva provato qualcosa di diverso per lei, di indefinibile, eppure... non aveva indagato. Aveva preferito continuare con la sua vita.
Alzò la testa e si guardò allo specchio.
Forse non la meritava davvero. Forse non meritava la possibilità che avevano ora.
Quando era morto, appoggiato sulle sue ginocchia, colpito a morte e sanguinante, con l'ultimo pensiero aveva pregato perché lei potesse essere felice. Aveva solo sperato che un giorno potesse trovare qualcuno che l'avrebbe amata come meritava.
Qualcuno che... la meritasse.
In quel momento scoprì qualcosa di importante su stesso, una parte di sé che non gli piacque molto: non sarebbe riuscito ad essere tanto nobile. Forse non la meritava, ma non sarebbe stato in grado di starle lontano ugualmente.
Si diresse in cucina.
Giusto perché ancora non si sentiva del tutto in forze, mise in bocca tre biscotti e del latte. Il caffè lo lasciò stare, non era il sonno a mancargli dopo più di sedici e passa ore trascorse a letto, a dormire.
Si vestì rapidamente con i primi indumenti che gli capitarono sotto mano.
Sarebbe andato al santuario di Rei.
Aveva scoperto per caso che Rei abitava proprio al santuario che aveva recentemente visitato ed era l'unica pista che poteva seguire: d'altronde, lei doveva sicuramente sapere dove abitasse Usagi.
Afferrò le chiavi e, una volta fuori casa, si ricordò solo quando era ormai in mezzo al corridoio del pianerottolo che non aveva chiuso la porta. Tornò indietro per occuparsene, dirigendosi poi a passo più rapido verso l'ascensore. L'indicatore lo segnalava occupato.
Si era ormai spostato sulle scale quando il suono di apertura delle porte lo fermò. Dall'interno, brillò il biondo di capelli che conosceva molto bene.
Si bloccò.
Usagi rimase ferma davanti all'ascensore. D'improvviso, si voltò verso di lui. E... non disse nulla.
Si guardarono per lunghi istanti, entrambi senza pronunciare parola.
Non... non aveva pensato a cosa dirle, a come iniziare una conversazione.
A spiazzarlo fu soprattutto la nuova consapevolezza che aveva di lei. Era come avere davanti tre persone diverse. La Usagi del periodo di Beryl, la Usagi di quelle settimane e... la Usagi che amava.
Con lei si era comportato in modo diverso ogni volta. Parlare solo all'ultima Usagi, sapendo come aveva trattato le altre, sembrava tanto poco...
No. Usagi era una sola. Unica.
Fu lei a fare il primo passo, a sorridere, sospirando di sollievo. «Allora stai bene.»
La sua voce. Io l'ho già trovato il ragazzo che fa per me. Così gli aveva detto, mentre lui moriva, tra le sue braccia.
«... stai uscendo?»
Percepì l'esitazione nel tono indeciso.
Per forza, lui ancora non aveva ancora fatto uscire una sola sillaba. «Stavo... venendo a cercarti. Non sapevo dove abitavi.»
Il viso le si illuminò; con poche e sbrigative parole gli comunicò il suo indirizzo di casa. «Ah sì, poi il numero di telefono! Però dimmi il tuo prima. Non sono brava a ricordare i numeri, ma questo non lo dimenticherò di certo.» Gli mostrò ancora una volta quel sorriso tanto... carino.
Non glielo aveva mai visto in volto, eppure non faticò a comprendere che doveva essere un'espressione naturale per lei: doveva essere il tipo di sorriso che Usagi riservava a chi amava. E lui... lo vedeva per la prima volta, solo in quel momento.
Fino a quando non si era ricordato di amarla in una precedente vita, non l'aveva apprezzata abbastanza da farsi guardare in quel modo da lei.
La meritava?
Non riuscì ad evitare un'espressione di sofferenza, anche se per poco. Si schiarì la mente con un rapido movimento della testa. «Vuoi uscire o preferisci entrare in casa?»
«... come vuoi tu.»
Usagi era tornata a guardarlo con incertezza, gli occhi spenti.
Doveva pensare a lei, doveva farla felice. E lei sembrava volere lui, almeno questo lo sapeva.
Tutto quel poco che aveva, quel poco che era, lo avrebbe dato a lei.
Le tese una mano.
«Torniamo dentro.»
Usagi tornò immediatamente ad illuminarsi, incrociando le dita con le sue.
Una volta in casa, la fece accomodare sul divano. «Vuoi qualcosa da... mangiare?» Non che avesse molto in cucina.
Lei scosse la testa e... rimase a fissarlo, negli occhi la sensazione di una nuova scoperta.
«... Cosa c'è?»
«Ecco... penserai che sono una sciocca, ma è... strano. Da una parte vorrei-... però non...»
Lui ne fu genuinamente sorpreso: neanche Usagi, sempre tanto spontanea e spigliata, sapeva cosa dire.
Si... somigliavano. Era la prima volta che pensava una cosa del genere, ma il pensiero lo rallegrò parecchio. Sì,
avevano qualcosa in comune, anche lei era invasa da un'incertezza non dissimile dalla sua. Per lui la sensazione terminò in quel momento: non poteva vederla dubitare di loro due, di ciò che c'era tra loro. Parlò senza pensare. «Posso abbracciarti?»
Il rossore le accese le guance e il sorriso si fece vedere solo dopo, ma conquistò rapidamente l'intera espressione. Prima che lui fosse riuscito a fare un solo passo,
fu proprio lei a colmare la distanza tra loro.
Mamoru conosceva ogni particolare di quell'abbraccio: l'odore di lei, quanto riusciva a circondarle la vita con le braccia, quanto doveva abbassare la testa per appoggiarla su uno dei morbidi chignon. Eppure... era la prima volta che la stringeva così: era il suo corpo a ricordare ancora cosa si provasse ad amare Serenity.
La consapevolezza era lì, presente, ma, in quel momento, era Usagi che lui stava abbracciando.
Cominciò a sentire dei sussulti, simili a singhiozzi. Si scostò fino a poterla guardare in faccia e la trovò che piangeva... con un sorriso piantato in volto. Sorriso che si fece presto risata.
«Sono così felice.»
Quanto era tenera... e buffa. Iniziò a ridere a sua volta, senza riuscire a frenarsi. I sussulti di spontanea felicità li percorsero entrambi come lenitive carezze.
Assurdo come, neanche poco prima, fosse sembrato tutto talmente tanto complicato.
Usagi si staccò da lui, coprendosi il naso con la mano. Negli occhi che lo guardarono, brillanti per la felicità e le lacrime versate, c'era ora anche una punta di imbarazzo. «Ehm... hai qualcosa per...» Mosse la mano libera vicino al viso coperto.
Lui comprese cosa stava cercando di dirgli e si diresse in cucina. Tornò da lei con un tovagliolo e glielo porse. Fece di tutto per evitare di ridere, ma non ci riuscì appieno.
Usagi si asciugò il naso. «Sì, lo so, sono un po' un disastro... un po' tanto. Ma questo già lo sai.» Lo guardò, dubbiosa. «Ammetto che un po' mi merito il nomignolo che mi hai dato.»
«Testolina buffa?»
In volto le nacque un cenno di risentimento.
Lui si affrettò a spiegare. «Scusa, non l'ho mai inteso in maniera davvero negativa. Né questo né il resto.» Si sedette su uno dei braccioli del divano. «Credo che... Un po' ero invidioso di quanto eri... viva rispetto a me. So che ti sembro uno che prende in giro la gente, ma... è una cosa che ho cominciato a fare solo con te.»
Nessuna lo aveva mai spinto a comportarsi in un modo simile, prima di Usagi. Già, forse un atteggiamento del genere non era proprio un complimento, per lei.
Usagi però sorrideva di soddisfazione. «È bello sentirti chiedere scusa. Non sono mai riuscita ad averla vinta con te.»
Non era mai-? «Ci sei riuscita più volte di quante immagini. Ogni volta che ti prendevo in giro mi sentivo tornare alle elementari, ma non riuscivo comunque a smettere.»
Lei ridacchiò.
E... rimasero semplicemente a guardarsi.
Fu quel momento a fargli scoprire che era in grado di farla arrossire molto facilmente: bastava guardarla, a quanto pareva.
Usagi emise un paio di risatine accompagnate da un delizioso rossore; si portò una mano dietro la testa. «Ecco... non so bene cosa fare adesso. Voglio dire, so che dopo quello che abbiamo passato ora dovrebbe essere tutto così... naturale. Ma...
» Alzò un dito in aria, colpita da un'idea. «Aspetta aspetta, ho capito! Dobbiamo uscire insieme.»
Beh, non era una cattiva ide-
«Ahh, che sciocca! Torniamo indietro. Dovevi chiedermelo tu.»
Non la stava più seguendo. «Cosa?»
«Di uscire insieme, no? Ho sempre voluto sentirmelo chiedere dal ragazzo che avrei amato e non posso proporlo io, rovino tutto.» Prima ancora di riuscire a ridere, lei si tappò la bocca con una mano. «No, non dovevo dire nemmeno quello. Cioè, è chiaro che io-... però volevo-» Stava entrando in crisi.
Mamoru la interruppe. «Facciamo finta che tu non lo abbia detto. Faremo le cose per bene, non ti preoccupare.»
La invasero ondate di sollievo, persino lui fu in grado di capirlo.
«Sì.»
«Possiamo cominciare imparando cose fondamentali l'uno sull'altra. Vorrei che mi parlassi di te. E io farò lo stesso.»
Usagi schioccò le dita. «Hai ragione, che sciocca! È solo che, in un certo senso, mi sembra di conoscere già tutto di te.»
Mamoru comprendeva molto bene cosa intendesse dire. Ad altri livelli, si conoscevano da sempre. «È vero. Però ad esempio non sapevo dove vivevi.»
«Giusto, giusto.
» Usagi affondò un dito in una guancia. «Allora comincio io. Hmm... frequento la terza media, ma questo lo avrai già capito. Ho quattordici anni e anche questo lo sai. Vivo con i miei genitori e mio fratello. Ho solo Luna come animale domestico, anche se è più la mia padrona domestica.» Fece una pausa. «Sono Sailor Moon da circa sei mesi. Ho conosciuto Rei, Ami, Minako e Makoto così. Ho un'altra cara amica di nome Naru. Hmm...» Arrossì d'imbarazzo e abbassò lo sguardo. «Non sono molto brava a scuola. Scusa. Cercherò di impegnarmi.»
«Non ti preoccupare.» Era ben lontano dal ritenerla 'inferiore'. Come se, sapendo tutto ciò di cui era stata capace, un particolare come la scuola potesse essere importante. Comunque, se aveva dei problemi, poteva aiutarla lui.
Alzò lo sguardo su di lei e comprese che era arrivato il proprio turno. «Io... della mia famiglia lo sai.»
Usagi annuì.
«Ho diciassette anni e-» Si interruppe, notando lo sguardo di sorpresa.
«Pensavo ne avessi almeno diciotto. Sei al primo anno di università come Motoki, no?»
«Sì, ma ho saltato un anno.»
«Saltato?»
«Alle elementari, sono andato di un anno avanti. Andavo bene, perciò mi hanno fatto saltare una classe.» Fu costretto a trattenersi dal ridere, perché l'espressione di lei fu molto comica.
«Sei andato avanti di un anno perché eri bravo? Ora capisco perché mi prendevi sempre in giro: sei un genio in confronto a me.»
In quel commento non trovò nulla di divertente. «Scusami.»
«Per cosa?»
«Per le prese in giro.»
«Non ha importanza, le scuse di prima bastano. E poi ti insultavo anche io, no?»
«Solo dopo che lo aveva fatto io.»
«In effetti...» Ridacchiò. «Sai l'altra volta, quando curavamo il piccolo Manami? Ecco, avevo finito col pensare che... un po' mi stavi antipatico.»
Mamoru sapeva che avrebbe dovuto aspettarsi una confessione del genere. Nemmeno poteva definirla tale, in fondo: era stato più che palese che non fosse mai stato tra le persone preferite di Usagi, lui stesso aveva fatto in modo di non esserlo. Eppure sentirglielo dire ad alta voce fece ugualmente male.
Lei sembrò accorgersene. «Oh, ma ho già capito che è solo una parte del tuo carattere. E poi anche io ho un sacco di difetti: sono immatura, pigra, disordinata, infantile... per nulla perfetta. Il tuo carattere lo conosco, Mamoru. Mi piace. Continua a parlarmi di te.»
Forse non era perfetta, ma la sua capacità di perdono la poneva un gradino sopra tutti gli altri.
Col cuore un po' più leggero, lui le raccontò di come si era ritrovato a vivere da solo, di come aveva scelto di studiare medicina e di come avesse conosciuto Motoki. Di tanto in tanto Usagi lo interrompeva con alcune domande, ma era sostanzialmente lui a parlare. Mentre le svelava la sua vita, si rese conto di non aver mai raccontato se stesso a qualcun altro in quel modo. Nemmeno con Motoki era stato così. Poteva definirlo il suo unico amico, ma anche a lui aveva dato solamente un quadro a sprazzi del suo passato e solo in seguito ad una lunga attesa.
D'improvviso, Usagi assunse un'espressione sbarazzina. «Hmm... e a parte Rei, quante altre ragazze hai avuto? So che è una domanda sciocca, ma se devo essere sincera, voglio proprio saperlo.»
«Con Rei siamo solo usciti qualche volta, non c'è stato niente. Te l'avrà detto anche lei.»
«Sì, però volevo sentirlo anche da te. E... altre ragazze?»
«No, nessuna.»
«Nessuna?» Le sentì nella voce un misto di contentezza e... divertimento.
Non comprese. «Non dovrebbe farti piacere?»
«Sì sì... è solo che non riesco a capire.»
Cosa c'era da capire?
«Voglio dire, se... se io avessi avuto una vita più normale, so che avrei fatto di tutto per trovarmi un ragazzo prima di finire le superiori. E tu, col tuo aspetto... non riesco a capire, tutto qui.»
«Col mio aspetto?» Iniziò a divertirsi a sua volta.
«Sì, ecco... perché ridi così? Vuoi farmelo dire, vero?»
«No, se non vuoi.» Era come se lo avesse già fatto. Mamoru sorrise apertamente, senza riuscire a trattenersi.
In un certo senso la stava prendendo di nuovo in giro, ma comprese che non le dava davvero fastidio. Non ora che sapevano bene entrambi ciò che provavano.
Si sentì... a proprio agio. Improvvisamente.
C'era sempre stato dentro di lui un sentimento profondo per qualcuno che non aveva mai davvero conosciuto. Prima per la Serenity dei suoi sogni, poi per Sailor Moon. Era un sentimento che non aveva mai trovato spazio all'interno della sua vita quotidiana, ma da quel momento in poi sarebbe stato diverso: ora rideva e scherzava con Usagi, non con Serenity, che aveva amato ma che non aveva mai davvero conosciuto, almeno in quella vita.
«Sei molto bello. L'ho sempre pensato, sei contento ora?»
Mamoru scoppiò a ridere: la faccia di lei non aveva eguali!
«Uffa, che cattivo che sei!»
Per smettere si dovette colpire il petto con un pugno. «Scusa.» Riuscì a calmarsi un po'. «È che hai la stessa espressione di quando litigavamo, quando 'perdevi'.»
Usagi aveva le braccia incrociate sul petto, in volto un'espressione di divertito risentimento. «Beh, in un certo senso ho perso. Sono sicura che tu non pensi di me quello che io penso di te.»
No, non era come credeva lei. Iniziò a parlarne ma fu subito interrotto.
«Non voglio che tu me lo dica solo per farmi contenta. So che non sono brutta, che sono persino carina. Ma l'importante è che... ti piaccio anche io. Va bene così.»
Già, aveva voluto dirle qualcosa di molto simile: Usagi sarebbe stata molto bella in futuro, anche se lei non se ne rendeva ancora conto; il suo limite al momento era solo l'età, ma a lui non importava: per ora la trovava già molto carina.
Ed era felice che lei pensasse così bene del suo aspetto, anche se la sua faccia per lui era semplicemente... una faccia. Non le aveva mai dato particolare importanza: non serviva a molto quando non si era granché interessati ad avvicinarsi ad altre persone.
«Sì.» Attirò l'attenzione di lei con quell'unica parola. «Mi piaci molto.»
Come si era aspettato, quel commento la fece arrossire.
Usagi sapeva molto bene di piacergli, ma era quel tipo di ragazza che avrebbe amato sentirselo dire, a cui sarebbero piaciute un certo genere di... romanticherie.
Non erano proprio il suo forte, tuttavia valeva la pena di fare uno sforzo.
Sforzo... già.
Fece un passo in avanti, per affrontare un punto che avrebbe potuto essere problematico in futuro:
in lui non c'era una naturale predisposizione alle relazioni personali. Con Usagi le cose erano state molto più semplici che con chiunque altro, tuttavia... «Usagi. Avrai già capito che io... Io ho un problema con le persone. Motoki è mio amico solo perché si è sforzato per diventarlo. Io... non sono bravo a rapportarmi con ciò che provo per gli altri, né sono abituato a esprimerlo. Te lo sto dicendo perché temo che anche se ci proverò, ci saranno momenti in cui quello che vorrò farti capire non sarà sempre chiaro. O forse non intuirò quello che vorrai farmi capire tu. E... vorrei che me lo dicessi, in futuro. Se vorrai qualcosa da me e non ci arriverò... dimmelo. Perché l'unica cosa che vorrò io sarà-»
Notò la risata serena di lei, quella che, d'un tratto, le conferì una saggezza molto oltre i suoi anni.
A cavarsela con i propri sentimenti, d'altronde, Usagi doveva essere secoli davanti a lui.
«Ho capito.» L'espressione le si fece... dolce. «Allora io vorrei... se sei libero oggi... esci con me?»
Come? «Non dovevo chiederlo io?»
Lei scosse la testa. «Era una sciocchezza, non m'importa più. L'importante è stare insieme.»
Colpito, Mamoru rimase in silenzio. Gli era bastato solo... chiedere e Usagi aveva mosso un passo verso di lui. Fu strano sentir colmare un vuoto che non aveva mai saputo di avere. Usò la tattica di prima e le disse comunque quello che lei già sapeva. «Oggi ho la giornata libera e vorrei passarla con te. Vuoi uscire insieme?»
E, con quel passo verso di lei, si incontrarono al centro.
La luce sul viso di Usagi illuminò la stanza, oltre la stessa luce del sole. Gli corse incontro fino ad aggrapparsi al suo braccio e annuì con la testa su e giù, ridacchiando e stringendolo.

E fu così che iniziò il loro primo appuntamento.


CONTINUA...

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Sailor Moon - Dentro di noi Note:
- Ho sistemato un po' il primo capitolo. Ho aggiunto qualcosa soprattutto alla fine, perciò consiglio di rileggerlo, se avete tempo. Nessun cambiamento radicale, ma ora sono maggiormente soddisfatta.
- Non ho un'idea precisa sul numero di capitoli di questa storia, so solo come la farò finire (con la scena di arrivo di Chibiusa). Non dovrebbe essere molto lunga però.
- '-san', '-kun' sono suffissi formali che si usano molto spesso in Giappone con le persone estranee. '-chan' si usa molto spesso con persone particolarmente care, familiari, amici o fidanzati.
- 'Tsuki no Usagi' significa 'Coniglio della Luna'; la Takeuchi lo ha scelto apposta come nome.
- Grazie a tutti per i commenti, sempre molto graditi. Grazie a Bunny1987, a luisina, a LAS, a maryusa, a luciadom, a chichilina, ad Ami_mercury, ad ISA1983, ad algin91 (nuovo recensore, grazie :) ) e ad Himechan. In merito a quanto detto da Ami_mercury, come lei già sa, la ringrazio molto per il sentimento, anche se credo che ciascun lettore possa recensire quello che preferisce, senza che questo debba infastidire altri autori o utenti. Personalmente sono felice di ogni commento che ricevo, l'unica cosa che vorrei è avere un commento da persone a cui ho dato qualcosa mentre leggevano quello che ho scritto. Se il numero di queste persone corrisponde a quello delle recensioni, di volta in volta, allora non posso che esserne soddisfatta: non è una questione di numeri.
Grazie ancora quindi a chi mi lascia un commento.


DENTRO DI NOI

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.



Cos'era quello sguardo?
Usagi, ferma davanti a uno scaffale, aveva in mano un manga. E lo stava guardando come se... non gli venne in mente un modo preciso per descrivere quel tipo di espressione: aveva visto altre volte gente con la bocca piegata nel più estasiato dei sorrisi e anche gente con occhi che sembravano dover lacrimare da un momento all'altro, ma le due cose combinate, no.
Le si avvicinò. «Cosa stai leggendo?»
«Ahhhh!»
Mezza libreria si girò a guardarli.
«Hahahaha, scusate, scusate!» Lei rivolse un paio di imbarazzati inchini generali in varie direzioni, infine si voltò nella sua direzione. «Scusa.»
«Non pensavo di spaventarti.»
«Lo so, è colpa mia che sono una sciocca. Ah, hai preso qualcosa!»
«Solo questo.» Le mostrò il libro di medicina che aveva trovato.
«Ahh...»
«E tu prendi qualcosa?»
«Uhh...» Gli parve di cogliere un movimento di mani dietro di lei.
Usagi si scostò dallo scaffale dei manga e puntò altrove. «Sì... ero interessata a questi libri di... psicologia» concluse, dopo aver visionato rapidamente le copertine.
Gli venne da ridere e gettò uno sguardo verso il manga che lei aveva posato dove si era trovata poco prima. Uno shoujo manga. Lo prese. «Non stavi leggendo questo?»
Lei arrossì. «No, no, mi piacciono, però... e va bene, mi piacciono. Comunque non mi serve comprarli, Rei a casa sua ne ha tantissimi e tra non molto potrò sicuramente leggerlo da lei.» Gli tolse di mano il fumetto e lo rimise al suo posto. «Senti, mi è venuta un po' fame, andiamo a mangiare qualcosa?»
Lui annuì e, quando Usagi lo precedette verso l'uscita, afferrò fulmineo il manga e lo infilò dietro il proprio libro.

«Buon appetito!» dichiarò Usagi, appena prima di cominciare a mangiare voracemente le proprie patatine.
Lui trattenne una risata. «Buon appetito.
» Infilò il coltello nella carne che aveva davanti.
Usagi rimase a fissarlo per un po', quindi masticò velocemente per riuscire a parlare. «Certo che sei elegante anche quando mangi.»
«Elegante?»
«Sì, ti comporti sempre in modo così calmo e... qual è la parola... po- po-...»
«Posato?»
«Esatto! Posato. In modo elegante, ecco.»
Si ritrovò a riflettere per qualche secondo. «Ho sempre pensato di comportarmi in modo normale.» Infilò in bocca un boccone di carne e prese a masticarlo.
L'espressione di Usagi si fece disperata. «Se questo è normale, io sono irrecuperabile. Beh, l'aveva detto anche quella maestra di bon-ton. Hmm... no, adesso che ci penso, lei non conta. Sai, era il nemico.» Abbassò la voce sull'ultima parola.
Lui stava ancora mangiando, per cui non parlò, ma cercò di ricordare a quale nemico si riferisse.
Usagi intuì la direzione dei pensieri di lui e, ridendo, sbatté una mano in aria. «Ah, no, no, tu non c'eri in quel periodo.» Si rese conto del proprio errore solo quando Mamoru si immobilizzò.
Non c'era stato perché sotto il controllo di Beryl.
Che stupida.
Non poteva mettersi a parlarne ora, non dentro quel ristorante, con tanta gente attorno.
Cosa poteva fare, cosa poteva fare?
Lo vide assumere un'espressione colpevole e non pensò più: buttò lì la prima stupidaggine che le venne in mente. «Avevo una cotta per Motoki.»
Ahhhh, stupidaggine sì!
Diventò di dieci tonalità di rosso diverse.
L'unica consolazione fu vedergli sparire dal viso ogni preoccupazione. Per forza, ora era concentrato sulla scemenza che gli aveva detto.
Lui iniziò a ridere di gusto, profondamente divertito. «Non era un segreto.»
«Lo sapevi già?»
«Una volta avevo anche consigliato a Motoki di smetterla di assecondarti, ma secondo lui tu lo consideravi solo un fratello maggiore.»
Mamoru comprese la portata del proprio sbaglio solo quando la bocca di Usagi si spalancò in una smorfia di indignazione. «Gli hai detto di smetterla di assecondarmi
«Voglio dire, di illuderti...» L'espressione di lei si fece ancora più offesa. «Di farti credere di avere una possibilità...»
Stava solo peggiorando la situazione.
Si aggrappò all'ultima ancora. «C'era Reika...»
Usagi rilasciò un grosso sbuffo. «Quando l'ho saputo mi sono rassegnata. Ma non è stato per niente carino quello che hai detto.»
«No. Scusami.»
Passarono alcuni lunghi momenti di silenzio durante i quali Usagi attaccò il proprio cibo, esercitando sulle patate una sorta di trasposta vendetta.
Lui avrebbe voluto poter rinnegare tutto, ma a quel punto era troppo tardi: entrambi sapevano bene che c'era stato un tempo in cui aveva creduto ad ognuna delle cose che aveva detto. Decise di attenersi solamente alla verità. «Credo che anche io avessi una... cotta per Sailor Moon.» Non l'avrebbe chiamata proprio così, ma non c'era un modo semplice per spiegare l'attaccamento ultraterreno che lo aveva spinto a rischiare la vita per lei.
Usagi si illuminò in un secondo. «Davvero?»
Lui annuì, felice di averle tolto il malumore.
«Anche io... per Tuxedo Kamen.»
Si era accorto anche di quella, ma non aveva mai creduto che per lei fosse una cosa troppo seria, dato che nemmeno lo conosceva. Vero, nemmeno lui aveva conosciuto lei, ma dubitava che Usagi avesse provato qualcosa di simile a quello che gli si scatenava dentro ogni volta che la sapeva in pericolo.
«A cosa stai pensando?» gli chiese all'improvviso lei, finendo di leccare la propria forchetta.
Tornò a guardarla.
«Quindi avevi contemporaneamente una cotta per Motoki e... Tuxedo Kamen?» Continuò anche lui a parlare di se stesso in terza persona, nel caso qualcuno fosse stato in ascolto.
Lei ridacchiò con allegro imbarazzo. «Haha, sì! Pensa che per un po' ho desiderato tantissimo che fossero la stessa persona.»
Questo non se l'era immaginato per nulla. Era stata invaghita a tal punto di Motoki da desiderare che fosse lui Tuxedo Kamen?
Non avrebbe dovuto stupirsene, in fondo Motoki era sempre stato gentile con tutti e le ragazze tendevano spesso a girargli intorno per via di quell'atteggiamento. Eppure lo infastidì pensare che Usagi potesse aver desiderato avere con il suo amico quello che per lui era sempre stato speciale, quella connessione fra lui e Sailor Moon che gli aveva impedito di pensare a chiunque altro. «E... non hai mai avuto sospetti sul fatto che io...» Lasciò la frase incompiuta, ma lei comprese senza problemi.
«No, per niente. Ci ho pensato per la prima volta solo quando eravamo sull'ascensore, prima che... beh, lo sai. Era anche la prima volta che parlavamo senza sfidarci, no?» Gli sorrise e tornò a mangiare.
La prima volta?
No... .
Masticò il proprio cibo amaramente: era anche peggio di quanto avesse pensato. Eppure... non serviva continuare a pensare alle inadeguatezze del loro rapporto passato. Si impose di non farlo: alimentare l'insicurezza sulla riuscita del suo rapporto con Usagi non poteva portare da nessuna parte. E lui voleva che quel rapporto funzionasse, lo desiderava più di qualunque altra cosa.
Se n'era accorto lentamente, ma... stare con lei, sapere che lei voleva stare assieme a lui... era come avere un legame col mondo.
Probabilmente era quello che provavano tutti coloro che avevano qualcuno accanto, che si trattasse una famiglia o più semplicemente di una persona amata, ma... per lui era una sensazione nuova. E non voleva più farne a meno.
Deglutì il boccone di cibo.
Erano ragionamenti parecchio... egoisti. Desiderava averla accanto per stare meglio lui stesso, non era quella la sostanza del discorso? Non aveva mai avuto modo di testare se fosse affetto da egoismo: aveva quasi sempre dovuto pensare solo a se stesso, in fondo.
La osservò mentre lei continuava a concentrarsi sul proprio piatto.
No, non avrebbe fatto nulla per favorirsi, se questo significava danneggiare in un qualunque modo lei. Ma forse era solo Usagi a tirare fuori il meglio di lui e invece con altri... Fermò quel pensiero.
La premessa era sbagliata: troppo a lungo Usagi aveva tirato fuori il peggio di lui, almeno quando non era stato nei panni di Tuxedo Kamen.
Continuò a fissarla: cosa c'era stato in lei che l'aveva spinto a comportarsi in quel modo?
Le aveva spiegato che era stato invidioso di lei, della sua vitalità; era la verità, ma molte altre volte era stato segretamente invidioso di quello che altre persone avevano avuto: amicizie, la capacità di entrare istintivamente in contatto con gli altri... una famiglia. E tuttavia non aveva mai riversato su nessuno tutto il sarcasmo che invece aveva buttato addosso a lei.
Sì, da principio l'aveva trovata... ridicola. Particolarmente carina, ma particolarmente ridicola. La sua, con le code e i chignon, era stata la pettinatura più strana che avesse mai visto; gli era sembrata uscita da un cartone animato, nient'altro che una ragazzina che buttava in giro compiti in classe fallimentari.
La seconda volta che si erano incontrati, si ricordava di essere stato di cattivo umore. E la ragazzina gli aveva persino gettato una scarpa in testa. Quando l'aveva sgridata, lei aveva osato rispondergli a tono.
Forse era quella la chiave: gli aveva risposto a tono.
Nessuno lo aveva mai fatto, tutti lo avevano sempre rispettato o, quando lui lo aveva deciso, temuto. E invece lei... lo aveva sfidato.
Sì... aveva covato un minimo di rancore per quel loro primo alterco e, quando l'aveva vista nuovamente, si era vendicato. E, ancora una volta, Usagi non si era fatta intimidire.
Forse lui aveva cercato di capire fino a dove sarebbe arrivata, ma quelle litigate erano diventate rapidamente uno degli eventi più interessanti di una vita altrimenti sempre uguale.
Rimase a guardare il tavolo.
... certo che amava complicarsi l'esistenza.
Posò di nuovo gli occhi su di lei: era ora di iniziare a farla diventare piacevolmente più semplice.

Usagi osservò con incredibile interesse la mano di Mamoru che riprendeva la carta di credito usata per pagare il ristorante.
Prima che potesse rimetterla nel portafoglio, si decise a chiedere. «Posso vederla?»
«... certo.» Lui gliela passò, perplesso.
Aveva un ragazzo con un conto in banca e delle carte di credito! Era avanti anni luce rispetto a tutte le sue amiche.
Rigirò il supporto in plastica tra le mani, quindi rilesse più volte il nome impresso sul supporto di plastica: Mamoru Chiba.
Chiba... Gli ridiede la carta. «Non ti ho mai chiamato Chiba-san. O Chiba-kun. Strano vero?»
Come era d'uso con persone più grandi e con gli estranei, da principio aveva chiamato persino Motoki col cognome: solo in seguito lui aveva insistito perché lei usasse il suo nome proprio. Mamoru certo non le aveva mai offerto o concesso una simile prerogativa.
Se ne accorse anche lui. «Già. Nemmeno io ho mai usato il tuo cognome.»
Lei rise e lo prese per mano. «Eravamo in confidenza!»
Mamoru ci ragionò su e fu d'accordo con lei: insultandosi e litigando sempre, in un certo senso lo erano stati. Non aveva mai pensato ad Usagi come Tsukino. Forse per via di Motoki, l'unico con cui l'avesse mai discussa; lui, in fondo, aveva sempre usato il suo nome proprio.
Tsukino... «Tsuki no Usagi.» Che coincidenza. «Coniglio della luna.»
«Sì, era destino» commentò lei, facendo spallucce.
Della luna... Rise. «Da lì mi era venuto in mente il nome 'faccia di luna'.»
Usagi si fermò in mezzo alla strada, trattenendolo per la mano e sbattendo la scarpa sul marciapiede.
Quando avrebbe imparato a tenere la bocca chiusa?
«Non è molto furbo continuare a ricordarmi cose come quella» gli fece notare lei, incrociando le braccia.
Un'osservazione di grande intelligenza.
«No, per niente.» Non poteva che concordare e maledirsi per non averci pensato prima.
«... Dove vuoi andare ora?»
Usagi si placò un poco, ma sembrò non avere idee in merito, o aver esaurito l'entusiasmo per quelle che aveva avuto.
Lo precedette di qualche passo, senza tentare di riprendergli la mano.
Lui si sentì ancora più stupido. Doveva rimediare. «Vuoi andare al parco di Setagaya? C'è anche un giardino botanico lì.»
Per un istante gli sembrò che l'idea le piacesse molto, ma appena dopo gli aveva già nascosto ogni scintilla di euforia.
«... va bene.»
Controllarsi così non era da lei.
Avrebbe tanto voluto chiederle cosa poteva fare per renderla felice, ma intuì che non poteva essere così semplice: Usagi si aspettava che lui lo capisse da solo.
Ci avrebbe provato, sperando di non fallire.

In piedi sul treno in movimento, Usagi non riusciva ad essere veramente felice di andare al parco con Mamoru.
Oh, trovava che fosse un posto incredibilmente romantico, però avrebbe dovuto essere un luogo per coppie... romantiche, appunto.
Invece loro erano ancora lontani dall'esserlo.
Le faceva un po' male, più che altro perché desiderava moltissimo che fossero più a loro agio.
Mamoru stava cercando di essere gentile quanto gli riusciva, ma lei aveva l'impressione di non facilitargli quel compito: lui l'aveva ritenuta a lungo solo una sciocca ragazzina e in fondo non era certo cambiata. Ancora adesso gli faceva ricordare senza problemi quello che aveva pensato di lei.
«Usagi?»
Alzò lo sguardo verso di lui.
«C'è un posto per sedersi.» Le indicò con la testa un singolo sedile libero.
Non era una bambina. «Posso restare in piedi.»
Il treno aprì le porte e lei osservò senza interesse la carrozza che si riempiva di gente.
Quando tornò ad abbassare di nuovo la testa, le sembrò di vedere... lo aveva ferito con quel tono brusco?
Ecco, lui cercava di essere carino e pure lei rovinava tutto.
Si sentì riempire prima di frustrazione, poi di tristezza. Perché non poteva essere tutto più semplice?
Lo amava. Tantissimo.
Stare assieme a lui avrebbe dovuto essere magico, romantico... e invece c'era sempre qualcosa che non andava. C'erano momenti di imbarazzo, momenti in cui sentiva di dover sapere quello che invece lui le stava dicendo per la prima volta, momenti in cui lui ricordava che, prima di sapere che lei era sia Serenity che Sailor Moon, l'aveva considerata... ridicola.
Fuori dal finestrino, la città riprese a muoversi a gran velocità.
Sorrise amaramente: era proprio una bambina.
Le relazioni non erano favole. Nella loro situazione, poi, non ci si poteva aspettare che ogni cosa si sistemasse nel giro di un giorno solo. La pazienza non era decisamente il suo forte, ma doveva armarsene e avere fiducia.
Il treno si fermò ancora una volta e le porte si aprirono nuovamente; la carrozza iniziò ad essere invasa da un altro grosso gruppo di persone.
Si rannicchiò automaticamente nell'angolo tra il sedile e le porte chiuse, anche se per esperienza sapeva che sarebbe finita schiacciata comunque. Attese la fastidiosa sensazione, e, quando non arrivò, si girò.
Mamoru le stava davanti e con le braccia aveva creato un piccolo spazio, bloccando la spinta di altre persone.
Si sentì riempire di dolcezza: la stava salvando. E, anche se non c'era nessun nemico da cui proteggerla, quel gesto non le risultò certo meno caro.
C'era una sola cosa che contava veramente. Ed era lì, tra loro.
Appoggiò la testa contro il suo petto.
E, sopra tutto il rumore, ascoltò mentre il battito dentro di lui diventava un ritmo di serenità.

Gli teneva di nuovo la mano.
Mamoru prese un appunto mentale: non farla schiacciare dentro un treno può funzionare, una prossima volta.
Ovvero, funzionavano i gesti... carini. Lei li avrebbe chiamati così, ne era sicuro.
Si trovavano ormai dentro il parco: iniziò a guardarsi intorno, cercando di scovare nuove opportunità per gesti di quel genere.
All'improvviso sentì Usagi agitarsi e staccarsi da lui. Correva in avanti, muovendo il braccio in aria. «Naru!»
Naru? Una ragazza dai corti capelli marroni si voltò verso di lei, sorpresa. «Usagi!»
Giusto, era la ragazza che aveva partecipato con loro alla recita di Biancaneve, l'amica di cui gli aveva parlato, quella che non sapeva nulla di... tutti loro. Né di lui né delle altre.
Assieme a lei, si avvicinò ad Usagi anche un ragazzo con occhiali molto spessi e piuttosto basso. Già, si ricordava anche di lui: si chiamava Umino, aveva l'età di Usagi ed era un suo compagno di scuola.
Decise di avvicinarsi al gruppo.
«Che fortuna incontrarci qui per caso, Usagi. Sei da sola? Magari puoi unirti a...» L'amica di Usagi assunse un'espressione di completa incredulità quando lui si fermò accanto a loro.
«Oh. Ciao.»
Usagi si voltò. «Ah, vi ricordate di Mamoru, vero?»
«Ciao» li salutò lui.
Naru lanciò un rapido sguardo alle loro spalle. «Allora ci sono anche le altre?»
«No» Usagi era perplessa al pari suo. «Siamo solo noi due.»
Gli occhi dell'amica di lei si allargarono mentre la bocca si chiudeva. La aprì d'improvviso.
«Ehm... ho visto un banchetto di gelati là dietro. Mi accompagni un attimo a prenderne uno, Usagi?» La afferrò per un braccio senza darle il tempo di rispondere. «Torniamo subito!»
Un secondo dopo, erano entrambe fuori dalla sua vista.
Mamoru rimase in compagnia di Umino Gurio.
«Ah-ehm.»
Abbassò lo sguardo nella sua direzione.
Gli sembrò di vedere il sole luccicare lungo tutto il bordo dei grossi occhiali rotondi, mentre iniziava a parlargli. «Sembra che tra te e Usagi sia nato qualcosa. Devi sapere che conosco Usagi da molti anni.» Si appoggiò la mano sul petto. «Lei è stata la prima ragazza a cui io abbia mai donato il mio cuore.»
Eh?
«Ora è Naru la luce della mia vita, ma Usagi rimane la mia più cara amica. Potrà sempre contare su di me.»
Forse ora lo stava guardando dritto negli occhi, ma non avrebbe saputo dirlo, dietro quelle lenti.
Doveva rispondere?
Il ragazzino alzò un dito in aria. «Non ti permetterò di giocare con i suoi sentimenti.»
Finalmente capì la direzione del discorso. «Non è un problema.»
«Che intenzioni hai con lei?»
Doveva ammettere di non aver mai pensato di dover affrontare quel tipo di discorso al primo appuntamento e con uno che non era neanche suo padre, tuttavia... «Sono... cose tra me e Usagi. Comunque apprezzo il tuo interesse perché ho capito che tieni a lei. Per me è lo stesso.»
Il ragazzino continuò a valutarlo. Infine annuì. «Vigilerò.»
Lo lasciò perdere solo per non iniziare a ridere.

«Devi raccontarmi tutto!»
«E il gelato?»
Naru svuotò il proprio borsellino e la trascinò verso il banchetto mobile. «Due per favore. Fragola e panna per lei, cioccolato e vaniglia per me.» Si girò di nuovo nella sua direzione. «E ora che ti ho offerto il gelato, spara!»
«Vuoi dire Mamoru?»
«Sì, voglio dire lui! Quando, dove e come?»
Non posso dirtelo, non posso dirtelo, non posso dirtelo.
Non erano forse quelle le uniche risposte che poteva darle?
Sospirò. «Niente, ci... ci siamo parlati un po' meglio, mi ha trovata simpatica e l'altro giorno mi ha chiesto di uscire.»
Raccontando quella generica storia, per un attimo desiderò davvero che fosse la loro. Non avrebbe mai voluto avere alcun dubbio sul fatto di piacergli totalmente. Uffa, doveva farla finita con quei pensieri.
«Tutto qui? Ti ha chiesto di uscire da un momento all'altro, senza un motivo?»
«... no. Noi...» Cercò di attenersi maggiormente alla verità. «Beh, all'inizio continuava a prendermi in giro e credevo fosse un antipatico. Poi ha iniziato a diventare più... gentile e... ho scoperto che mi piaceva. E dopo... sì, mi ha chiesto di uscire solo poco tempo fa e io ho accettato.»
Naru rilasciò un sospiro. «Oh, Usagi, com'è romantico.»
Veramente a quel punto ci dovevano ancora arrivare.
«Ma non sei agitata? È veramente molto carino ed è anche più grande. E ti ha chiesto di uscire!» Naru le strinse le mani, ridacchiando.
Giusto, era così che si sarebbe dovuta sentire. Stava uscendo col ragazzo che amava, con Mamoru. Mamoru a cui... piaceva molto. Ricordò le parole di lui e arrossì. «Sì, io... sono contenta.»
«Per forza! Senti, allora adesso io e Umino ti lasciamo sola con lui. Chiamami stasera, per favore.»
Annuì.
Tornando da Mamoru e Umino, ringraziò mentalmente Naru. Entusiasmarsi era non solo quello che sapeva fare meglio, ma anche quello che le ci voleva.

«Prima il tuo amico ha detto che sei stata 'la prima ragazza a cui abbia mai donato il suo cuore'.»
Usagi sussultò per le risate e finì col naso contro il proprio gelato. Quant'era freddo!
Iniziò a ridacchiare. «Sì, Umino usa sempre paroloni per tutto. Aveva una grossa cotta per me prima di mettersi con Naru.» Si guardò le mani. «Me lo puoi tenere?» Indicò il gelato.
Mamoru annuì e glielo tolse di mano.
Lei iniziò a rovistare nella propria borsetta, sentendo il gelato che iniziava a scivolarle lungo la faccia.
Ahhh! Doveva sbrigarsi a trovare un fazzoletto!
All'improvviso sentì un dito sul naso. Alzò lo sguardo su di lui in tempo per vederlo mentre ne leccava la punta.
Diventò di un rosso molto intenso e la vergogna non c'entrò niente.
Lui aveva... aveva...
Mamoru si limitò a sorridere. «Mi ha anche avvertito di non ferire i tuoi sentimenti.»
Lei cercò di riprendere l'uso della parola. «Sì... lui... davvero?»
... era meglio se stava zitta.
Mamoru continuò a sorriderle in quel modo tanto... dolce.
Oh, non stava sognando. Per poco mancò la presa sul cono, quando lui glielo rese.
Diede al gelato una leccata felicissima e ancora più felicemente gli prese una mano, mentre riprendevano a camminare.

Forse la vera chiave era semplicemente seguire l'istinto.
In fondo non aveva fatto altro che quello e Usagi gli aveva tenuto nuovamente la mano. Gliel'aveva lasciata solo per sedersi sulla panchina dove ora si trovavano.
Era meglio attenersi a quella prima conclusione, perché non avrebbe saputo spiegarsi cosa avesse fatto, di preciso, per renderla così felice. L'aveva trovata buffa e carina col gelato in faccia, le aveva pulito il viso e poi aveva pensato che fosse ancora più buffa e carina così piena di imbarazzo. Tutto qui.
Non aveva nemmeno detto qualcosa di particolare.
Criticare le cose che funzionavano non era utile e non l'avrebbe fatto se quello stesso istinto altre volte non l'avesse portato da tutt'altra parte con lei.
Comunque per ora era tutto quello che aveva.
Gli venne in mente una domanda. «Hai qualche attività di club dopo la scuola?»
Usagi scosse la testa, finendo il proprio gelato. «Perché me lo chiedi?»
«Per sapere quando sei libera per uscire insieme.»
Sulla faccia di lei apparve un sorriso luminoso.
Sì, meglio seguirlo quell'istinto. «I miei orari sono più vari, per via delle lezioni universitarie e del mio lavoro part-time, però troveremo il modo. E poi ci sono sempre i fine settimana.»
Usagi continuò ad annuire, sempre con lo stesso sguardo felice.
Lui rimase a contemplarla mentre lei iniziava ad addentare il cono.
Certo che aveva dei tratti davvero... delicati. Era capace di assumere espressioni molto brusche, e lui lo sapeva molto bene, ma era strano pensare che potesse farlo con quel viso. Lo aveva avuto spesso sotto gli occhi, ma poterlo osservare con tranquillità gli permise di considerarlo in un modo completamente nuovo.
Sì... incredibile che potesse sembrare tanto aggressiva con quel viso a forma di cuore, con occhi così grandi e blu, con un naso così piccolo e una bocca così... morbida.
Che aveva già baciato. Lo ricordò solo in quel momento.
A quel tempo aveva creduto che fosse Sailor Moon, in una delle sue trasformazioni.
E, quando la battaglia era finita e l'aveva trovata ancora una volta in giro per la sala da ballo... non aveva voluto da lei spiegazioni che probabilmente non sarebbe stata in grado di dargli. Sailor Moon e le sue amiche erano parse confuse quanto lui su ciò che erano e sull'identità di coloro contro cui stavano combattendo.
No, quando l'aveva portata fuori dalla sala, non era stata sua intenzione parlare.
Solo... stare insieme.
Perché attorno ad Usagi, quella sera, c'era stata l'essenza stessa che aveva preso vita ogni notte nei suoi sogni, e per lui non era mai stata tanto reale come in quei momenti.
Vederla addormentarsi gli era sembrato ironicamente appropriato e continuare ad osservare il suo viso era stata l'unica azione di cui era stato capace, a lungo.
Baciarla... non c'era stato alcun pensiero dietro quella singola azione. Lo aveva fatto e basta.
In seguito si era vagamente meravigliato della facilità con cui aveva dato il primo bacio della sua vita, un gesto che aveva immaginato sarebbe venuto solo dopo le usuali analisi che faceva su ogni situazione. Eppure non se n'era mai pentito.
Era stato impossibile pentirsi di aver sentito labbra così... morbide.
Con la mente tornò al presente, all'immagine che aveva davanti.
Usagi addentò l'ultimo pezzo di cono, quindi si inumidì la bocca, assaggiando il sapore di gelato lì rimasto.
Lui distolse lo sguardo.
Non era ancora tempo di pensare a baciarsi.
Lo colpì un pensiero e riportò le parole che le aveva sentito dire quella stessa mattina.

"Aspetta aspetta, ho capito! Dobbiamo uscire insieme."
"Ahh, che sciocca! Torniamo indietro. Dovevi chiedermelo tu."
"Di uscire insieme, no? Ho sempre voluto sentirmelo chiedere dal ragazzo che avrei amato e non posso proporlo io, rovino tutto."

Sorrise. Se ad Usagi importava tanto di una cosa come quella, supponeva che per lei una questione come il primo bacio sarebbe stata di importanza capitale. Era meglio non dirle che a quell'evento non aveva nemmeno assistito.
Lo colpì un secondo pensiero: che quello fosse stato anche il primo bacio di lei era solo una sua ipotesi. Il compagno di classe che aveva appena incontrato era stato innamorato di lei e come lui avrebbero potuto essercene altri. Usagi non aveva avuto altri ragazzi, secondo quello che gli aveva detto, ma non occorreva una relazione per un bacio.
L'idea lo riempì di un'irritazione che non riuscì a scacciare.
«C'è qualcosa che non va?»
Inspirò e si girò verso di lei.
«... no.»
Usagi lo guardò dubbiosa, ma la sua espressione si rallegrò quasi subito. «Sai a cosa stavo pensando? Se sei d'accordo, mi piacerebbe tanto poterti chiamare Mamo-chan di tanto in tanto.»
Mamo... chan?
I diminutivi non gli erano mai piaciuti; il 'chan' poi era così familiare che era la prima volta che lo sentiva associato al proprio nome, almeno da quando aveva smesso di essere un bambino.
Usagi si spostò sulla panchina fino a farglisi più vicina, poi appoggiò entrambe le mani sulle sue. «Posso, Mamo-chan?»
Lo fissò con i grandi occhi blu e la morbida bocca rosa- «Sì.»
«Ahh, grazie!» Gli stampò un rapido bacio sulla guancia.
Già.
Mamo-chan tutte le volte che voleva.

CONTINUA...


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Sailor Moon - Dentro di noi Note: ho deciso; saranno quattro capitoli. Ancora uno alla fine. Risposte alle recensioni in fondo, grazie mille a chi ne lascia :)


DENTRO DI NOI

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


'Yuna!'
La ragazza smette di correre.
Lui le si avvicina da dietro. 'Non hai lasciato che finissi, perché sei scappata?'
Grosse lacrime cadono dagli occhi di lei. Si volta, ma non riesce a guardarlo.
'Come fai a chiedermi perché? Stavi dicendo a tutta la classe che hai vinto la tua scommessa, no?'
Tenta nuovamente di scappare, ma lui le afferra un braccio. E la stringe contro di sé.
Lei ha gli occhi spalancati contro il suo petto.
'Stavo per dire che sono stato uno stupido ad accettare quella scommessa. Io... tu mi piaci veramente, Yuna.'
Le prende il viso tra le mani.
Si guardano negli occhi.

Si baciano, in un disegno a due pagine.
....
....


Mamoru era... perplesso.
Chiuse lo shoujo manga: la storia era finita.
A parte il bacio finale, non capiva cosa ci fosse di romantico nella trama: il protagonista maschile, prima della scommessa, non aveva mai guardato la ragazza e, dopo, aveva iniziato ad interessarsi a lei principalmente perché si era dimostrata carina e accomodante.
Non era detto, ma gli sembrava chiaro.
Aveva sperato di trovare uno spunto per capire meglio cosa potesse desiderare Usagi, ma dubitava che desiderasse vedersi ignorata per tutto il tempo, solo per poi ricevere una dichiarazione finale saltata fuori dal nulla.
Eppure il manga sembrava esserle piaciuto in libreria; ricordava ancora quello sguardo... strano. Forse lei non lo aveva letto per bene, visto che erano rimasti lì giusto per una ventina di minuti.
O forse le erano piaciuti i disegni. Supponeva che la mangaka avesse una certa abilità.
O magari ancora, semplicemente, aveva dei gusti diversi dai suoi.
O forse... rigirò il manga in una mano. Forse quello era il tipo di storie che piacevano alle ragazze. Storie in cui venivano sorprese dall'idea di poter far innamorare di sé qualcuno di prima inavvicinabile, quando per tutto il tempo avevano coltivato un'infatuazione per il ragazzo in questione, un interesse che era parso senza speranza, almeno all'inizio.
Beh, il manga glielo avrebbe regalato, era stata sua intenzione farlo fin da quando lo aveva comprato.
Comunque, se la sua ultima idea era giusta, non aveva niente a che fare con la loro situazione: se c'erano due parole che Usagi non aveva mai associato in passato, erano il nome di lui e 'infatuazione'.
Prese a guardare il soffitto.
Anche se...
All'improvviso, sorrise.



Usagi non stava più in sé dalla gioia.
Erano passati solo due giorni dall'ultima volta che lo aveva visto, ma Mamoru le mancava già così tanto.
Prese la borsa e si diresse di corsa verso la porta.
«Usagi?»
«Oh, ciao mamma. Sto uscendo, tornerò tardi.»
«Come? Aspetta, torna qui.»
Tornò indietro, entrando in cucina. «Sono un po' in ritardo.»
«Per cosa? È domenica, non c'è scuola.»
«Lo so, è che ho un... sì, voglio dire, sono... »
Sua madre si abbasso per guardarla meglio. «Quello è... rossetto?»
«Eh?» Sentì il viso in fiamme. «No, no, solo un po' di lucidalabbra. Non... non si nota troppo, vero?» Non voleva essere troppo sfacciata con il suggerimento.
Sua madre iniziò a ridere sommessamente. «No, si vede solo da vicino. Hai un appuntamento?»
Ma perché non riusciva a smettere di arrossire? «... sì.»
«Sono molto contenta per te, Usagi-chan. È un bravo ragazzo?»
«Oh sì, bravissimo.» Mamoru e bravura erano due parole profondamente legate.
«Bene. Un giorno fammelo conoscere.»
Annuì. «Certo. Allora vado, ciao, mamma!»
«Ciao. Divertiti!» Ikuko urlò l'ultima parola: Usagi era praticamente già scappata.
Sorrise. Quell'entusiasmo, per lei completamente nuovo, era tipico del primo amore.
La sua bambina stava crescendo. Si sentì travolgere dalla tenerezza.
Kenji entrò in cucina. «Hmm, che buon odore cara. Era Usagi prima?»
«Sì. Oggi è uscita con... delle amiche.»
Se avesse saputo, anche Kenji sarebbe stato travolto, ma da furiosissime crisi di pianto isterico.
Appena nel precedente compleanno di Usagi aveva suggerito di regalarle una bambola Ken per completare la sua raccolta. Dubitava che avrebbe preso bene sapere che la loro bambina aveva iniziato a interessarsi a modelli in carne ed ossa.
Era meglio introdurlo all'idea con estrema lentezza.

Usagi fece un paio di giravolte su se stessa e una signora, passandole accanto, ridacchiò.
Cercò di trattenersi per non attirare troppo l'attenzione, ma... quello poteva essere il giorno del suo primo bacio!
Oh sì, lo voleva talmente tanto.
Smise di avanzare e iniziò ad arrossire sempre di più.
L'idea si era fatta strada dentro di lei dopo il loro ultimo appuntamento. Lui l'aveva accompagnata a casa e, quando si erano salutati, all'improvviso... non sapeva spiegare come fosse accaduto, ma gli aveva guardato la bocca e aveva pensato che erano fidanzati e che lui si sarebbe potuto avvicinare e che lei avrebbe potuto alzare un po' la testa e... ahhh!
Era arrossita come una sciocca e non era più riuscita a guardarlo in faccia. Mamoru o non aveva capito o aveva pensato che lei fosse una ragazzina.
E così non poteva andare avanti, no, no. Ora era mentalmente preparata!
Riprese a camminare.
Come sarebbe successo?
Beh... non ne aveva idea, per quanto avesse passato ormai parecchio tempo a rimuginarci su.
Lei e Mamoru ora erano molto più in sintonia rispetto a due settimane prima, ma tutti i modi in cui aveva sempre sognato di venire baciata sembravano molto lontani da quelli che avrebbe scelto lui.
Camminavano di sera, tenendosi per mano. Lui all'improvviso si fermava e delicatamente la spingeva con le spalle ad un muro. Poi, senza dire una parola, si abbassava su di lei e-
No.
'Io trovo che tu sia la ragazza più bella che io abbia mai visto.' Lei arrossiva, non riuscendo però a staccare lo sguardo da quello di lui. 'Per favore, esci assieme a me?'... '... sì.' I loro sguardi erano incatenati l'uno all'altro. Senza potersi controllare, avvicinarono i visi e-
No.
'Io ti amo, Usagi.' Lei gli saltava tra le braccia, stupita da quella dichiarazione improvvisa. Non avrebbe mai immaginato che... e invece ora lui le prendeva il mento, sollevandoglielo e avvicinandosi a lei, fino a che-
No, no e no.
Quello non era Mamoru. Si trattava solo di fantasie che aveva avuto per tanti mesi, ben prima di immaginare qualcuno di preciso nel ruolo del ragazzo che l'avrebbe baciata.
Mamoru non si sarebbe mai comportato così; lui era più riservato e poi non avrebbe mai detto certe... cose.
Si bloccò in mezzo al marciapiede.
Già... lui ancora non le aveva detto che l'amava.
Era certa che Mamoru l'amasse, però... le sarebbe piaciuto tanto sentirglielo dire.
Cercò di non prendersela: in fondo lui era molto... timido.
Pensarci le causò una piccola risata. Sì, Mamoru non amava le manifestazioni d'affetto pubbliche o esagerate. Ad esempio, non aveva problemi a tenerle la mano, ma a volte lo aveva visto guardarsi intorno con aria imbarazzata quando lei insisteva per camminare a braccetto. Un po' si era risentita, pensando che magari si vergognasse di lei, e una volta si era staccata del tutto: se per lui doveva essere un fastidio, allora potevano anche stare lontani! Non era stata una strategia studiata per fargli cambiare idea, ma lui, prendendole la mano, si era scusato e si era avvicinato fino a farle capire che voleva ritornare nella posizione di prima. Lo aveva accontentato volentieri.
Guardò il cielo con aria pensosa.
Sì, nei loro appuntamenti aveva imparato qualcosa: poteva trovare il modo di fargli fare quello che voleva, di tanto in tanto.
Tornò ad avanzare, girando l'angolo.
Beh, comunque non voleva domandargli di farle una dichiarazione. Non avrebbe saputo da dove cominciare, ma soprattutto voleva che lui ci arrivasse da solo.
Doveva solo stare attenta a non dirlo lei per prima, già una volta aveva quasi rovinato quell'importante passaggio e non poteva di nuovo fare lo stesso errore. Su quel punto si sentiva intransigente: doveva essere lui a dichiararsi per primo. Se lei lo avesse anticipato, Mamoru si sarebbe sentito in dovere di rispondere di conseguenza e allora non sarebbe stata una dichiarazione spontanea, sincera.
Sospirò.
No, sincera sì. Mamoru non avrebbe mai mentito su una cosa simile.
Però... sbuffò. Non era chiedere troppo, no, volere che lo dicesse prima lui?
No, non lo era. Annuì con la testa.
Poi... beh, poteva invece fargli capire che le sarebbe piaciuto tanto, ma davvero tanto, che lui la baciasse.
Sorrise. Su quel punto non c'erano problemi. In quei due giorni le era già sembrato di pazientare per anni, non voleva più aspettare.
E magari... si immaginò che le dichiarasse il suo amore dopo il bacio.
Sì.
Sì, riusciva ad immaginare benissimo una scena simile. Riusciva a pensare al viso di lui vicino al suo, le loro labbra staccate dopo il bacio, mentre la guardava e apriva la bocca per dirle... arrossì di nuovo, in modo meno violento, più dolce.
Sarebbe stato perfetto, se fosse accaduto così.
Accelerò il passo.



«Che cos'è?»
Mamoru la osservò aprire il sacchetto che le aveva appena dato. «Aprilo.»
Aveva già capito che ad Usagi piacevano molto le sorprese. Quando lei tirò fuori il manga, la sentì rilasciare un'esclamazione di incredulità.
«Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere averlo.»
«Oh... è bellissimo.»
Il manga? Non proprio. Ah, no, si riferiva al regalo.
Usagi gli rivolse un sorriso felice.
Aveva un modo di sorridere che, da solo, riusciva a farlo stare meglio, a fargli capire che c'erano migliaia di cose belle al mondo, ma che lui era abbastanza fortunato da averne una solo per sé.
Usagi gli buttò le braccia al collo.
Lui attese con una sorta di trepidazione quello che sapeva sarebbe venuto e, appena dopo, sentì il tocco leggero delle labbra di lei sulla faccia.
«Grazie tantissime, Mamo-chan. È proprio un bel regalo.» Si staccò, senza lasciargli il tempo di ricambiare il gesto.
Lui inspirò inconsciamente, tentando invano di risentire almeno il profumo della guancia di lei.
Avrebbe dovuto essere più deciso: era solo un bacio sulla guancia.
Eppure non riusciva ad immaginare di abbassarsi all'improvviso e semplicemente... farlo.
Non in pieno giorno, non in mezzo a tutta quella gente. Però, quando era lei a cominciare, semplicemente smetteva di pensarci.
Corrugò la fronte e si raddrizzò sul bordo della fontana su cui si erano seduti. Erano paure da mocciosi alle prime cotte.
«... ho detto qualcosa di sbagliato?»
Si girò. «No. Non è... niente. C'è un posto che voglio farti vedere.»

Usagi stringeva il manga tra le mani, contro il petto. Non voleva ancora metterlo nella borsa.
Che cosa... dolce. Lui aveva visto quel manga solo per pochi attimi e ben due settimane prima, eppure le aveva portato proprio il volumetto giusto. La copertina doveva essergli rimasta in mente, ma ricordarsi un particolare del genere era talmente tenero.
Oh, Mamoru era proprio il miglior fidanzato del mondo!
Ridacchiò tra sé, non riuscendo a pensare ad altro.
Lui si girò a guardarla, un sopracciglio inarcato. «Se non guardi dove metti i piedi, finirai col cadere.»
Forse non proprio il migliore.
Tirò fuori la lingua e l'espressione vagamente sorpresa di lui sfociò in una risata. «Scusa.»
Lei avanzò velocemente, annullando la breve distanza tra loro e iniziando a camminare accanto a lui. «Non lo fai apposta, vero?» Se ne sorprendeva lui stesso, era chiaro. E non era la prima volta, lo aveva notato.
Lui scosse la testa. «Temo di no.»
Doveva trovarla ancora buffa, in fondo; non avrebbe dovuto stupirsene. Cercò di trovare il lato positivo. «Facciamo che la prossima volta aggiungi anche il Testolina Buffa alla fine. Potrebbe essere un nome affettuoso.» Quell'idea era uscita dal nulla e non le sembrò proprio buonissima. Ma se lui lo diceva in un certo modo... sì, poteva diventare persino una cosa romantica.
«Come Mamo-chan per te.»
«Non sembri entusiasta.»
«Ma no. Potrebbe essere una buona idea.»
«Sai» iniziò a sorriderle. «Credo che non ce ne sia bisogno. C'è già un nome con cui penso a te; userò quello.»
Un nome con cui-? Gli si aggrappò al braccio, tirandoglielo e fermandolo. «Quale?»
«Usa... ko.»
Si sciolse, letteralmente.
Le idee migliori le aveva sempre lui.
Ed era il fidanzato migliore del mondo.

O forse no.
Sbadigliò davanti all'ennesimo incomprensibile oggetto tecnologico.
Si ricompose non appena Mamoru si avvicinò anche lui alla teca. Lo sentì leggere il cartellino. «Nasa - TPS, thermal protection system.»
Che in linguaggio umano era?
Mamoru contemplò il pezzo. «Questa mostra è piena di oggetti incredibili, è molto raro vedere campioni di questo tipo. Volevo venire qui da diverso tempo ma mi piaceva l'idea che venissi anche tu con me.»
Oh. L'aveva portata lì per condividere con lei una sua passione. Si sentì un verme per non essere riuscita ad apprezzare il gesto che fino a quel momento; decisamente era lei ad essere una pessima fidanzata.

«Ti stavi annoiando?» le chiese all'improvviso lui, sorridendo.
«No, no... solo...» si portò una mano dietro alla testa e rise, «Non ne capisco molto.»
Mamoru si rese conto che avrebbe dovuto pensarci prima: vagare tra le stanze della mostra senza conoscere il significato degli oggetti esposti doveva essere stato di un tedio difficilmente sopportabile. Si abbassò un poco verso di lei, indicando con la testa il pezzo accanto a loro. «Questo è un campione del rivestimento esterno di uno Shuttle, i veicoli spaziali americani. Ricopre per intero la struttura della nave e impedisce al calore prodotto dal sole e dalla velocità di bruciare tutto ciò che c'è all'interno: motori, cabine... piloti. Per ottenere questa lega ci sono voluti anni di tentativi, di fallimenti, ma gli scienziati che ci hanno lavorato hanno continuato a provarci e alla fine hanno ottenuto quello che volevano. Un tempo noi tutti non avremmo mai immaginato di poter guardare il nostro pianeta dall'alto, invece, ora, grazie ad un rivestimento come questo, voliamo nello spazio.»
Usagi si ritrovò a osservare quello che poco prima le era sembrato un qualunque pezzo di metallo. «Allora è la forma dei sogni.»
Mamoru si voltò verso di lei, colpito.
«Le persone hanno tanti sogni diversi. Per gli uomini di cui hai parlato» appoggiò un dito sul vetro, «questa è la forma che ha preso il loro sogno. Una forma che sta permettendo il sogno di tanti altri.» Sorrise tra sé. «Hai ragione, è speciale.»
Mamoru rimase per un lungo attimo in silenzio, non riuscendo a produrre un commento più intelligente di quello che lei aveva appena tirato fuori.
Infine la portò verso un altro pezzo, sicuro che sarebbe stata capace di mettere a fuoco un'altra verità che a lui non sarebbe mai venuta in mente.

«Oh, è fantastico!»
Usagi osservò la grande distesa erbosa della collina che scendeva ai loro piedi. Non riusciva nemmeno a contare quante persone fossero sdraiate sull'erba, a leggere, a parlare, a rilassarsi. I bambini giocavano e gli innamorati stavano distesi l'uno accanto all'altra. Iniziò a saltellare e afferrò il braccio di Mamoru. «Facciamolo anche noi!»
Lo trascinò di corsa fino ad un punto libero e si lasciò cadere morbidamente sul terreno, mettendo le mani sopra la testa.
Mamoru la osservò ridendo, ancora in piedi. Poi si sistemò vicino a lei.
Usagi chiuse gli occhi, sentendo una calda brezza sulla pelle. «Si sta così bene.»
«Sì» concordò lui.
Rimasero ad osservare le nuvole che solcavano lentamente il cielo, come a dare il tempo di ammirarle.
Forse era perché Usagi si trovava lì con lui, ma a Mamoru non avevano mai infuso tanta pace. E, in quella bella giornata, in cielo c'era proprio ogni tipo di nuvola. «Quegli stratocumuli hanno delle forme davvero interessanti. Anche se» alzò un braccio, puntando la parte sinistra del cielo, «i cirri più alti che si intravedono appena hanno una consistenza e un colore più vari.»
Usagi scoppiò a ridere. «Credo che tu abbia appena parlato di nuvole, ma non ho capito niente.»
Mamoru la vide girare appena la testa verso di lui, sorridendo con una dolcezza che era solo sua.
«Sai tantissime cose. Insegnami. Quelle bianche e batuffolose lì a destra cosa sono?»
Le parlò della conformazione, dell'altezza, dei tanti nomi delle nuvole, tutto il tempo sapendo di non essere mai stato tanto orgoglioso di se stesso come quando lei lo guardava con ammirazione.
Alla fine, Usagi non trattenne un'esclamazione di meraviglia. «Wow. È incredibile pensare che possano stare ad altezze tanto diverse. Sembrano tutte dipinte nel cielo, come su un quad- ah!» Una bambina le saltò su una gamba, di corsa.
Usagi la seguì con lo sguardo, voltando completamente la testa, mentre quella e un altro bambino più piccolo si rincorrevano nel tentativo di strapparsi dalle mani un palloncino.
Sorrise, ma, all'improvviso, la sua attenzione fu attirata da qualcosa che stava nell'erba, molto più vicino a lei.
«Ahhhh!» Scattò di lato, girandosi a cercare Mamoru e finendogli addosso con le mani che gli martellavano sul petto. «Mandalo via, mandalo via!!»
Mamoru alzò lo sguardo oltre Usagi, cercando di capire di cosa di stesse parlando. Scorse una cavalletta che saltava via, allontanandosi da loro. «È scappata.»
«Sei sicuro?»
«Sì.»
Anche così Usagi girò con circospezione solo la testa, non osando avvicinarsi a dove si era trovata prima. Dopo un lungo attimo, capì che quell'insetto era proprio sparito. Tirò un sospiro di sollievo. «Grazie mille.»
«Non ho fatto niente.»
Fu solo in quel momento che si accorse che il respiro che lui aveva emesso con quell'ultima parola le era finito su una guancia. Immobilizzò lo sguardo sulla prima cosa che i suoi occhi si trovarono davanti: la bocca di Mamoru.
Oh.
Non si mosse. Non si allontanò, né si avvicinò.... non lo aveva fatto nemmeno lui.
Piano, con incredibile lentezza, alzò lo sguardo. E dopo il naso dritto, dopo la guancia, vide finalmente i suoi occhi; di un blu che non era più solo blu, ma il colore della notte più profonda.
Non stava più respirando. Percepì, con chissà quale senso, un lieve movimento: del proprio corpo o del suo, non ne aveva idea. Chiuse gli occhi, preparandosi alla sensazione più-
BAM!
Per poco non saltò in aria. Incredula, si girò mentre accanto a loro arrivava uno dei due bambini di prima, in lacrime. «Il mio palloncino!!!»
Il suo palloncino?
E il suo bacio? Iniziò a sentire la tentazione di piangere pure lei.
La bambina più grande si unì a loro, indicando il fratello con un dito accusatore. «È stata colpa tua!» La sua attenzione sembrò venir catturata da qualcosa di molto più interessante; sul piccolo volto si dipinse un grosso sorriso entusiasta, «Vi stavate baciando!»
Lei e Mamoru si staccarono in un quarto di secondo netto, rimettendosi in piedi.
Un uomo arrivò di corsa. «Mizuko! Ti avevo detto di non correre col palloncino!»
«Ma l'ha rotto lui!»
L'uomo si abbassò a prendere in braccio il ragazzino piangente. «Lui è più piccolo di te.» Si rivolse a loro due. «Scusate.» Ridacchiò. «Mia figlia ha una fissazione per i baci.» Prese per mano la bambina e annuì, come se tutto fosse stato risolto. «Continuate pure.» Si allontanò con i figli.
Molti istanti dopo, Usagi era ancora completamente paralizzata, con addosso un sorriso stupidamente mortificato.
«Ah...»
Si girò con scatti legnosi verso la voce di Mamoru.
«T-ti porto a casa?»
Con un paio di scricchiolii, la sua testa riuscì ad annuire.

Disastro, un completo disastro.
Mamoru continuò a pensarlo fino a che non arrivarono al muretto dietro la casa di Usagi.
Come aveva potuto reagire in modo tanto stupido?
E ancora lo stava facendo! Ancora non le aveva detto una sola parola oltre il minimo necessario, si era limitato a scambiarsi con lei un paio di sguardi impacciati. Da moccioso alla prima cotta.
Usagi si fermò prima di girare l'angolo e ritrovarsi davanti alla porta di casa sua.
Gli aveva detto che suo padre poteva non essere pronto alla novità di lei con un fidanzato e lui l'aveva trovato quasi divertente, ma aveva capito.
La osservò mentre ancora non riusciva a guardarlo. Infine, la sentì emettere un lungo sospiro, che in quel momento gli sembrò di rassegnazione e delusione.
No, lui non era un moccioso alla sua prima cotta. Era un uomo con la prima donna che amava.
La afferrò piano per entrambe le braccia. «Mi dispiace.»
Usagi rilasciò un sorriso, incontrando il suo sguardo. «... È stato imbarazzante, vero?»
Lui annuì con riluttanza. «La prossima volta non sarà così.» Riuscì a infonderle nello sguardo ciò che aveva voluto: speranza e felicità.
La lasciò con un braccio, usandolo per rovistare nella tasca laterale dei pantaloni. «C'è una cosa che volevo darti oggi.»
Lo sguardo di lei si abbassò, incuriosito.
Lui tirò fuori un paio di chiavi e gliele porse. Furono accettate su un palmo.
«Sono le chiavi del mio appartamento. Questa è per il portone di sotto e questa-» si fermò, colpito dall'espressione attonita di lei.
«Le chiavi di casa tua?» la sentì ripetere.
«Sì.»
Lei le prese nell'altra mano, toccandole con la delicatezza riservata ad un raro tesoro.
Gli si gettò addosso all'improvviso, stringendogli il torace in una morsa che si poteva definire mortale, deliziosamente mortale.
Ridendo, la avvolse anche lui contro di sé, abbassandosi fino a poterle parlare quasi all'orecchio. «Così puoi entrare quando vuoi, anche quando non ci sono.»
Usagi annuì contro il suo petto. Quando si allontanò per guardarlo, lui le prese la faccia tra le mani. «Non piangere.»
Lei scosse la testa, piano. «No, sono lacrime di gioia. Sono una sciocca, ma sono troppo felice.» Gli prese il volto tra le dita, fino a che lui non sentì il freddo delle chiavi sulla guancia. «Ti amo, Mamo-chan.»
Respirare sembrò non avere più importanza. Con la parte di mente che ancora gli funzionava, notò lo sguardo di Usagi che si posava sulle chiavi. «Ti amo tantissimo.»
E lei era tutto per lui.
Tutto quanto.
Le asciugò gli occhi e le ciglia di lei si abbassarono; tornò a guardarlo come se non potesse farne a meno.
Nemmeno lui riusciva a immaginare come avesse fatto a vivere senza di lei per tanto tempo.
Le sfiorò le labbra con un dito.
Gli occhi di lei si spalancarono appena e il rossore le imporporò le guance.
Non era imbarazzo, era calore d'amore.
Si sentì circondare il collo dalle sue braccia e si abbassò fino ad avere la fronte contro la sua.
Chiusero gli occhi nello stesso momento.
«CRIIIIIIIIIIIIIIK! THUMP!»
Usagi si voltò, senza più parole o espressioni, verso la sua vicina di casa. Aveva sbattuto con la bicicletta sul proprio muretto.
Era una signora di sessant'anni molto simpatica e la conosceva da quando era nata, ma in quel momento l'avrebbe squartata viva.
«Ah, ciao Usagi-chan.» Almeno sembrava imbarazzata. «Scusa se...» Guardò in molte direzioni, ma anche in quella della casa di lei.
... cavolo.
Si alzò in punta di piedi, fino a poter appoggiare un bacio sulla guancia di Mamoru. Con lo sguardo gli fece capire che per lei era tutto a posto, per quanto potesse esserlo in quel momento. «Devo parlare con-... per-... »
Lui annuì. «Ho capito. Ciao... Usako.»
Le uscì un sospiro e lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava.
Fece una breve corsa verso la vicina che si stava preparando a entrare dentro il proprio giardino con la bicicletta. Le tenne aperto il cancello. «Signora Shizaki, ecco... so cosa sta pensando, ma lui non-»
«Bimba mia» la interruppe lei con affetto. «Dubito che tu sappia a cosa sto pensando.»
«No?» domandò Usagi, con cautela.
«Non ti devi preoccupare, non lo dirò ai tuoi genitori. Perché vedi... stavo pensando che quarant'anni fa facevo la stessa cosa con mio marito, davanti alla mia vecchia casa.» Le sorrise. «Però il tuo ragazzo è più carino.» Abbassò la voce con fare cospiratore., «Ma non dirlo al signor Shizaki.»
Usagi proruppe in una risata.
«Scusami per averti interrotto, piuttosto. Per il resto, sta' tranquilla.»
«Grazie mille.» Usagi terminò di ridacchiare. «Grazie davvero.» Si girò e corse verso casa sua.

Quella notte, rimase a fissare il soffitto.
Due volte!
D.u.e v.o.l.t.e!
Le era sembrato quasi che le loro labbra si toccassero e invece...
Sospirò, rigirandosi nel letto e cercando di prendere sonno.
All'improvviso, qualcosa colpì la finestra.
Usagi si alzò per controllare e, quando fu abbastanza vicina, vide una rosa dietro al vetro. Spalancò le ante e scrutò l'orizzonte, senza però scorgere nessuno.
Sorrise, scuotendo la testa e prendendo in mano il fiore; aveva già i petali al naso quando si rese conto che sul gambo c'era un foglio piegato più volte su se stesso.
Si buttò sul letto e accese la lampada sul comodino.

Voglio davvero farlo.
E voglio davvero dirtelo.
Presto.

Si sdraiò sulla schiena, appoggiandosi il messaggio sul cuore, la parte di lei che quelle parole erano già riuscite a toccare.
Ridacchiò e corse a chiudere la finestra. Ributtandosi sotto le coperte, spense la luce.
Domani doveva arrivare prestissimo.



CONTINUA...

Risposte alle recensioni:
luisina - sì, ho cercato di avvicinarmi allo stile dell'anime, per accentuare il lato leggero e divertente. Va un po' in contrasto con le altre due storie che ho in ballo in questo momento; era quello il mio scopo. Non ti preoccupare per avermi fatto notare gli errori: per me quello che conta è che il testo sia al meglio e se non ci sono arrivata da sola a vedere gli errori, che lo facciano altri è solo un aiuto. Per gli altri complimenti, è sempre un onore sentir dire cose come queste.
chichilina - no, purtroppo Facebook non mi ha. :) Grazie per il commento sulle storie scelte.
Sailor Uranus - sono contenta di averti trasmesso l'incertezza delle prime fasi del rapporto tra questi due. Grazie anche a te per i complimenti.
bunny1987 - accontentata :) Spero ti sia piaciuto
luciadom - sapere di riuscire ad emozionare è qualcosa che ogni autore vuole sentirsi dire. Grazie per averlo voluto rimarcare con parole così belle. Spero ti piaccia anche questo capitolo.
maryusa - qui finalmente Mamoru si era deciso, ma a quanto pare non era destino (o mio volere :) ) Divina, addirittura. :)
Ami_mercury - spero lo sia anche questo capitolo; devo ammettere che mi piace un po' più dell'altro, forse perché ho trovato un paio di soluzioni narrative che considero azzeccate.
ISA1983 - grazie per ogni parola. In questo capitolo mi sono concentrata più su un rapporto già un minimo consolidato, perché appunto sono già usciti insieme un po' di volte. Curiosità soddisfatta anche per te. :)


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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Sailor Moon - Dentro di noi Note: nell'ultima parte i dialoghi sono in parte parafrasati dall'episodio 60 dell'anime. Mi riferisco in ogni caso ai dialoghi originali.


DENTRO DI NOI

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


'Ciao, sono Usagi. Hmm ... più che presto?' La risata d'imbarazzo, appena accennata, riecheggiò nella stanza. 'Buonanotte.'
Beep.
Mamoru sorrise prima di deciderlo: quello era davvero un bel modo di svegliarsi.
Premette la giusta combinazione di tasti e il messaggio sulla segreteria tornò a farsi sentire.
'Buonanotte'?
Usagi doveva averlo chiamato il giorno prima, subito dopo aver ricevuto la rosa.
Aveva una ragazza impaziente.
Tornò a vestirsi, riflettendo: si era dimostrato impaziente anche lui, ma il giorno prima addormentarsi gli era sembrato impossibile. Si era reso conto non solo di non essere ancora riuscito a baciarla, ma di non aver nemmeno ricambiato la dichiarazione che a lei invece era uscita con tanta naturalezza.
Andare a trovarla quella notte stessa gli era sembrato eccessivo. E inutile, dato che sapeva che lei viveva con Luna. Il messaggio gli era parso la soluzione ideale, t
uttavia non aveva preventivato la difficoltà che avrebbe incontrato nel buttare giù tre semplici righe di otto parole. Aveva finito col contarle, nel tempo che le aveva avute davanti agli occhi.
Voglio davvero dirti che ti amo. Improponibile. Doveva dirlo a voce, di persona.
Voglio davvero baciarti. Troppo... audace. E diretto. Anche in quel caso, il punto era farlo, non dirlo.
Almeno il presto era stato un tocco di genuina spontaneità.
Doveva essere presto.
O più che presto, come aveva detto lei.
Sorrise ancora e andò in cucina.
Aveva messo in pratica il suo piano prima del previsto, ma ne era valsa la pena.



«Allora Usagi?»
«Eh?»
Naru abbassò la voce, sporgendosi verso di lei e facendo scudo alla bocca con una mano. «Il tuo ultimo appuntamento, com'è andato?»
Non fu semplice nascondere l'allegria. «Bene.»
«Tutto qui?» Naru non ci cascò. «Non essere cattiva, dimmi qualcosa!»
«Shh!» Cercò di frenarla con un dito davanti alle labbra.
Naru assottigliò gli occhi con fare sbarazzino e si appoggiò contro la finestra, accanto a lei. Abbassò di nuovo la voce, come richiesto. «Non capisco perché non vuoi che nessuno lo sappia.»
«E' solo che...» Un tempo avrebbe creduto di voler diffondere ai quattro venti, e sicuramente a tutte le amiche che aveva in classe, la grande notizia: avere un fidanzato era un premio altamente ambito, in fondo, e chi aveva la fortuna di accalappiarne uno era di un gradino superiore a tutte le altre.
Ma con Mamoru non si trattava di premi o di accalappiare qualcuno; quello che avevano era così speciale che quasi non voleva condividerlo con nessun altro. Lui era... l'amore di tutta la sua vita. Arrossì furiosamente.
Naru spalancò gli occhi. «Usagi, cos'è successo ieri?» Assunse un'espressione scandalizzata. «Sai vero che siamo troppo giovani per pensare a... voglio dire, se lui ha cercato di...»
La risata le uscì spontanea. «Ma a cosa stai pensando, Naru-hentai!» Mamoru aveva persino difficoltà con un bacio!
Continuò a ridere.
«E allora perché sei arrossita in quel modo?»
«Perché...» sorrise di soddisfazione «... sono innamorata.»
Naru rilasciò un sospiro romantico. «Come sei fortunata. Va bene, se non vuoi dirmi niente però smettila con quella faccia.»
«Quale faccia?»
«Quella che dice 'sono cotta da qui fino all'aldilà'.»
Non le restò che annuire, felice.



No, Usagi non aveva sognato di ricevere una dichiarazione da lui. Da lui, Mamoru. Ma da lui, Tuxedo Kamen, sì.
Non aveva modo di comunicare con lei per telefono, non se voleva rispettare i tempi del padre di Usagi. Avrebbe potuto aspettare che lei lo chiamasse o andare personalmente a trovarla. Voleva organizzare per quella sera stessa, quindi aveva scelto la seconda opzione.
L'aspettò all'uscita da scuola.
Quando la scorse, fra le decine di studenti che si avvicinavano all'uscita, camminavano accanto a lei Makoto ed Ami. Usagi sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
Le corse incontro, senza pensarci. «Cos'è successo?»
Il sorriso ci mise un secondo ad apparire. «Mamo-chan!»
Makoto abbassò la cartella da dietro la testa. «Ciao, Mamoru.»
«Ciao, Mamoru.» Ami gli sorrise, quindi lanciò uno sguardo in direzione di Usagi. «Hmm... ci ha promesso di venire a casa di Rei adesso. Noi ti precediamo, Usagi.» Avanzò di due passi prima di girarsi. «Diglielo.»
Makoto concordò con un cenno della testa.
Dirgli cosa?
L'espressione di Usagi aveva ripreso parte della tristezza precedente.
«Cos'è successo?» le domandò di nuovo.
Lei si guardò attorno prima di abbassare gli occhi.
«... possiamo uscire?»
«... sì.»
«Usagi-chan!»
Si fermarono entrambi sui loro passi.
Una ragazza in uniforme corse verso di loro. «Usagi, volevo dirti che mi dispiace per-... oh.»
Ora stava guardando lui.
«Grazie Emiru.» Usagi tornò ad abbassare la testa e le spalle.
L'amica di lei continuò a non dire nulla, lo sguardo sorpreso che si alternava tra lui e Usagi.
Infine le spuntò un largo sorriso: sembrava che avesse decifrato chissà quale mistero. «Una grande fortuna doveva attirare una grossa sfortuna.» Diede un'energica pacca sulle spalle di Usagi. «A domani.»
«A domani.» Usagi sollevò una mano, poco convinta. La ragazza era già andata via.
«Era una tua compagna di classe?» le chiese.
Lei iniziò ad avanzare verso l'uscita. «Sì... ti spiegherò, preferisco solo...» Guardò avanti.
«Andiamo fuori, va bene.»
Quando furono abbastanza lontani dalla scuola, Usagi si appoggiò ad un muro. Solo lì cominciò a parlare, gli occhi fissi sul marciapiede. «Scusa, è che... mi vergognavo.» Sospirò. «Mi vergogno anche adesso. Farlo sapere a te... Uffa.» Iniziò a singhiozzare, miseramente.
Lo stava facendo seriamente preoccupare. Le appoggiò una mano sulla spalla, abbassandosi fino a poterle vedere il viso. «Usagi, non può esserci niente che-»
«Aspetta a dirlo.» La sentì inspirare profondamente, come per prendere coraggio. «Ho preso un brutto voto.»
Gli uscì un sospiro di sollievo. «È solo questo?»
Lei non aveva perso lo sguardo triste; si abbassò ad aprire la sua cartella, quindi ne tirò fuori un foglio. Glielo passò con l'aria di chi andava al patibolo.
Lui dispiegò il compito in classe. Non poteva essere così-
...
Un... undici.
Ci provò, ma non riuscì a produrre un commento adatto.
Il piagnucolio riprese. «Sono un'ignorante.»
«NoRiuscì a staccare lo sguardo dai due uno scritti in rosso. «Ti aiuterò io.»
Usagi scosse la testa. «Le ragazze mi hanno fatto promettere di andare da Rei a studiare, mi aiuterà Ami. La professoressa ha detto che mi farà ripetere la verifica tra cinque giorni... per aiutarmi.» Si asciugò gli occhi con la passata di una mano.
«È una buona opportunità.»
Lei annuì di malavoglia. «Sì, ma... non è giusto. Dovrò passare il tempo a studiare invece che passarlo con te. Non me lo merito.»
Lo fulminò un'idea poco piacevole.
«... hai studiato di meno da quando abbiamo iniziato a uscire insieme?»
Usagi non gli nascose lo sguardo colpevole. «Ma non credevo che sarei andata così... male, altrimenti...» Si interruppe, di nuovo scostando lo sguardo. «So che ti stai vergognando di me, adesso.»
In verità si stava rendendo conto di non essere stato molto responsabile lui stesso: avrebbe dovuto toglierle meno tempo in quelle due settimane, avrebbe dovuto capire che lei doveva studiare.
Le appoggiò una mano sulla spalla. «No. Ascolta... so che cose come questa» Le ridiede la verifica in mano, «possono sembrare sciocche dopo quello che abbiamo vissuto, ma... sono importanti. So che non ti piace studiare, ma finirai prima o poi. Ed è importante imparare, ti sarà utile in futuro.» Si allontanò, sorridendole. «Sono sicuro che tra cinque giorni avrai recuperato.»
Gli parve sollevata. «Sì... grazie.»
Le prese la cartella, per portarla lui. «Ti accompagno da Rei.»
Lei annuì, ma, all'improvviso, sembrò capire qualcosa di nuovo. «Come mai mi stavi aspettando, oggi?»
Beh... quello che aveva avuto in mente avrebbe dovuto aspettare.
Lei sbuffò, di nuovo abbattuta. «Volevi uscire insieme, vero? Uffa...» Quell'ultima parola la ripeté più volte, a voce sempre più bassa, fino a che lui non fu sicuro di sentirgliela pronunciare persino nel pensiero.
Con quell'umore non sarebbe andata molto lontano.
Hmm... era stata sveglia ieri sera e fino a tardi, quindi forse potevano...
Prese una decisione. «Ero venuto a proporti di uscire stasera. Intendo, noi due come... noi altri, dopo l'ora in cui normalmente vai a dormire. Non sarà per molto, devi riposare, volevo solo-»
Usagi gli si attaccò al braccio. «Sì! Sì! Dove?»
Lui non riuscì a non imitare la sua espressione. «È una sorpresa. Però devi concentrarti sullo studio oggi. Prometti.»
Lei gli rivolse un assenso entusiasta e un enorme sorriso. «Prometto.»
La lasciò davanti al tempio di Rei, con la felicità ancora dipinta in faccia.



Hmm... era una mise singolare per un appuntamento.
Si rimirò allo specchio, il costume di Sailor Moon addosso.
Comunque a Mamoru stava molto bene quello che portava quando era Tuxedo Kamen e anche a lei non stavano certo male né la gonna blu né il corpetto bianco; inoltre il fiocco sul petto era veramente carino, lo aveva sempre pensato. Sollevò la gonna tra le dita, ridacchiando al pensiero che con nessun altro tipo di abiti normali si sarebbe potuta permettere di tenerla tanto corta.
Per fortuna, Luna non c'era quella sera.
Aveva escogitato vari piani per sbarazzarsi di lei, ma, involontariamente, aveva pensato Artemis ad allontanarla di casa, proponendole di stare da lui e Minako per la notte.
Che bravo gattino.
Il rumore sordo alla finestra attirò la sua attenzione.
Si girò e, come la notte prima, scorse la rosa caduta sul davanzale esterno.
Spalancò le ante col sorriso in faccia, chiudendole dietro di sé come meglio le riusciva e arrampicandosi sul tetto. Si guardò attorno e... non vide nessuno. Salì ancora più in alto, iniziando a scrutare l'orizzonte per capire dove dovesse dirigersi.
«Sono qui.»
«Ahh-!» Si tappò la bocca con entrambe le mani; senza le braccia agitate a ridarle l'equilibrio, riuscì a non cadere solo frenando il piede contro una tegola.
«Tutto bene?» Sentì sul braccio il guanto bianco di Mamoru.
Si ritrovò ad emettere una risata imbarazzata. «Sì. Ma la prossima volta non arrivare dal nulla o finirò spiaccicata da qualche parte.»
Lui le sorrise solo con la bocca, gli occhi coperti dalla maschera bianca. «Ti avrei presa.»
Fu una sensazione nuova sentirlo rivolgersi a lei con un tono tanto familiare, in quelle vesti. Già; ora era Mamoru e non più Tuxedo Kamen, che era sembrato tanto favoloso quanto irraggiungibile.
Lo abbracciò, toccando più del necessario la giacca nera a cui si era stretta tante volte in passato. «Dove andiamo?»
Lui le toccò le code sulla testa. «Seguimi.»

Hmm... «Perché qui?»
Ci stava provando, ma non vedeva nulla di speciale in quella zona commerciale.
E dire che si trovavano su un edificio abbastanza alto.
Mamoru appoggiò le braccia sul muretto che delimitava il tetto. «Non ho un orologio, ma tra non molto dovrebbe cominciare qualcosa.»
«Qualcosa?»
Lui inarcò un sopracciglio. «Non ti piacciono le sorprese?»
Lei rise e annuì, appoggiandosi accanto a lui, la schiena alla strada. C'era una bella aria fresca in giro, non troppo fredda, non troppo calda.
Si sentiva... felice.
Si voltò verso Mamoru e sorrise quando vide che la stava guardando. «Sai, anche se non cominciasse niente sarei contenta lo stesso. È bello anche solo stare insieme.» Si intenerì cogliendo la sorpresa di lui: riusciva in un qualche modo a... toccarlo quando gli parlava così e le piaceva molto poterlo fare. Le piaceva essere in grado di comunicargli anche solo una piccola parte di quello che lui stesso le faceva provare.
Il sorriso le sparì solo quando si ricordò di un desiderio che aveva avuto dentro a lungo. «Oh, c'è una cosa che avrei sempre voluto poter fare.»
Lui alzò un angolo della bocca, già divertito. «Cosa?»
«Sta' fermo un attimo.» Sollevò le mani fino ad averle vicino alla sua faccia e, con uno scatto improvviso, gli portò via la maschera. Ridacchiò e arrossì, mentre la teneva tra le dita. «È una sciocchezza, lo so, ma ho sempre sognato di poterlo fare.»
Non potergli vedere il volto, dover solo immaginare come fosse fatto, era stata fonte di lunghe e numerose fantasie; ne aveva appena soddisfatta una.
Non trovò una parola per quel misto di divertimento e tenerezza che riuscì a far nascere in lui; sapeva solo che lo adorava.
Negli occhi di Mamoru cominciò a crescere lentamente uno stupore nuovo, pensato. «Possono essere idee semplici, ma... riescono a rendere diverso tutto quanto.»
Si sentì orgogliosa e soddisfatta: lui la apprezzava. L'aveva capito anche l'altro giorno, alla mostra, ma... era così bello sapere che Mamoru la apprezzava veramente, anche se era una sciocca e molto meno intelligente rispetto a lui.
Piena di euforia, si lasciò tentare da un'altra idea divertente. «Togliti anche il cappello.» Quando lui lo fece, glielo tolse dalle mani. «Facciamo un esperimento.»
Si sistemò sulla faccia la sua maschera. Tentò di fare lo stesso col cilindro, ma continuava a scivolarle sui codini rotondi. Lo tirò giù con entrambe le mani e, finalmente, le rimase fermo sulla testa. «Come sto?»
Centro ancora! Mamoru lo trovava divertente, stava trattenendo le risate.
«Sei uno strano incrocio. Potresti chiamarti Sailor Tuxedo.»
«Perché no?
Potrei dire» Si allontanò per avere maggiore libertà di movimento, quindi agitò le braccia come era solita fare. «E sono venuta fin qui per punirvi» Pausa ad effetto e dita puntate contro di lui, «In nome del tuxedo!»
Questa volta lo fece ridere solo per un attimo, prima che un'espressione adombrata gli invadesse il volto. Non ne capì il motivo fino a quando lui non le parlò.
«Già, voi avete il nome di diversi pianeti ed è da lì che deriva la vostra forza. Ma io... non so da dove venga questo mio potere.»
A lei sembrava chiaro, non si era mai posta quel dubbio. Si tolse la maschera e il cappello e si avvicinò fino a poterglieli ridare in mano. «Eri il principe della terra; hai il potere di questo pianeta.»
Non le sembrò convinto.
Lo osservò appoggiare di lato quello che gli aveva dato. «Mi sento presuntuoso a pensarlo. E non dovrebbe esserci una guerriera Sailor anche per la Terra, come per gli altri pianeti?»
L'idea le sembrò istintivamente balzana, per quanto non avesse elementi per contraddirlo.
Pensò al potere di lui, quindi tentò con un'idea che poteva suonargli più sensata. «O forse è il potere dell'amore. Le rose sono il simbolo dell'amore, no?»
Lui si accigliò in un attimo. «Non credo che il potere dell'amore avrebbe potuto farsi vincere con tanta facilità.»
Cosa?
Non le diede il tempo di chiedere. «Le uniche scuse che ti ho fatto non sono sufficienti. Mi sono fatto manipolare fino ad arrivare a combattere contro di te e non avrei mai dovuto essere così debole. Avrei dovuto oppormi di più-»
«No, non hai niente di cui scusarti.» Le faceva male il senso di colpa che sentiva nella voce di lui. «Ascoltami, per favore: eri stato ferito mortalmente, non avevi difese contro quello che ti hanno fatto. Sarebbe potuto succedere a chiunque di noi.» Ancora non la stava guardando e lei sentì il bisogno di toccarlo, di fargli sapere che-... Gli appoggiò le mani sulle braccia. «Tu mi hai fatto da scudo col tuo corpo per ben due volte. Se non fosse stato per te, io oggi non sarei qui.»
Ci fu un sibilo in aria.
In lontananza, esplose una luce.
Lei scorse senza difficoltà i colori in cielo, che si espandevano dando vita alle forme più diverse. «Fuochi d'artificio.»
«Sì.» Lui girò solo la testa.
«Come mai li fanno?»
«Stanno festeggiando il centenario di... qualcosa, non ricordo.» Il tono non era ancora tornato a rispecchiare la piena serenità di inizio serata.
Lei rimase ad osservare lo spettacolo in lontananza. Il silenzio di lui le suonò sempre più pesante, per cui gli si avvicinò fino a prenderlo per un braccio, facendolo girare con ferma delicatezza.
«Hai scelto un buon posto, si vedono molto bene da qui. Guarda.» Scese con la mano, fino a stringere la sua. «È stata una bellissima idea.»
Quando non lo sentì rispondere, alzò gli occhi. «Dimmi che non ti sentirai più in colpa. È... sciocco e poi non voglio vederti triste. Sei la persona a cui tengo di più, Mamo-chan.»
Lui annuì appena, portandole un braccio intorno e stringendola al suo fianco.
Fu felice di quel contatto, ma... volle terminare per bene il discorso. «E questo mondo lo abbiamo salvato tutti insieme. Ricordalo sempre.»
Lui le appoggiò il mento sui capelli.
«... a volte sembri così saggia.»
«Solo a volte?»
Ne risero insieme.
Lei sollevò un dito in aria. «Tsk, io sono sempre saggia. Beh... forse non proprio sempre.»
Adorò sentire ancora una volta la risata tranquilla di lui.
«C'è una cosa che sei di sicuro» udì poi all'orecchio. «Speciale.»
Non trattenne un sorriso dal cuore: era una delle cose più carine che le avesse mai detto.
«Per me sei speciale.»
Il tono che usò le fece spalancare gli occhi.
«Io ti amo.»
Per la durata di un intero istante non riuscì a fare... nulla.
Il rimbombo in lontananza di un nuovo fuoco d'artificio non riuscì a sovrastare i battiti che le riecheggiavano fin nelle orecchie.
L'immobilità sparì; tornò a guardarlo con uno scatto improvviso. Lei stessa non riuscì a comprendere il motivo di tanta fretta, se non quando vide le labbra di Mamoru piegarsi in un sorriso e ripetere, «Ti amo.»
Gli buttò le braccia al collo e lo strinse fino a non far respirare più nessuno dei due.
Quando riuscì a smettere di strofinare la faccia contro il suo petto, rilasciò una respiro di gioia. «Anche io ti amo.»
E voleva amarlo per sempre, guardarlo per sempre. Ridere per sempre di quanto era bello stare abbracciati, a guardarsi e a ridere e ridere. Mentre teneva gli occhi fissi sul suo volto, dentro di lei si fece lentamente spazio un genere di felicità del tutto diverso. Era... la trepidazione che precedeva qualcosa di migliore.
Questa volta non c'era nessuna fretta.
Gli disegnò le linee della guancia con un guanto. Anche attraverso il tessuto, riuscì a sentire la pelle di lui, proprio come se l'avesse toccata senza barriera alcuna.
Le mani di Mamoru sul proprio viso la fecero rabbrividire e il cuore le mancò un colpo quando lui si avvicinò rapidamente, posandole le labbra sulla guancia nel bacio che si dava alla cosa più cara e preziosa; si soffermò lì, staccandosi solo per un momento e tornando quasi subito a baciarla, ma molto più vicino alla bocca.
Lei chiuse gli occhi, affondandogli le dita nella spalla.
Il respiro di lui le arrivò sulle labbra. Ormai solo qualche centimetro li separava da-
Klank.
Si bloccarono entrambi.
Lei spalancò gli occhi: il suono era venuto dalla strada.
Decise di ignorarlo, tornando con lo sguardo su-
KLANK.
Mamoru la lasciò andare e si sporse di sotto.
Lo imitò immediatamente: voleva vedere in faccia anche lei chi aveva avuto il coraggio di interromperli.
Trattenne a fatica l'esclamazione di pura indignazione. Dei LADRI!
Dall'altra parte della strada, due con la faccia coperta lavoravano alacremente vicino a una vetrina illuminata. Il rumore doveva essere stato prodotto dagli attrezzi che agitavano nelle mani, anche se ora erano molto più silenziosi.
«Adesso li faccio fuori con il mio diadema...» mormorò, piena di rabbia. «Ma proprio qui sotto dovevano venire a rubare?»
«In questa via ci sono solo negozi, penseranno che non li senta nessuno.»
La stupì sentire una traccia d'ira anche nella voce di Mamoru.
Gli vide spuntare in mano una rosa. Per poco non le sfuggì il movimento quando lui la lanciò di sotto con particolare violenza.
La vetrina del negozio si spaccò in mille pezzi. E, un secondo dopo, risuonò per la via l'inconfondibile suono di un allarme antifurto.
I ladri entrarono nel panico. Raccolsero in un attimo le loro cose e iniziarono a scappare.
Li fermò una rosa scagliata davanti ai loro piedi. Uno dei due lanciò un urlo ed entrambi tentarono di correre dalla parte opposta. Anche lì trovarono la rosa.
Galvanizzata, iniziò a ridere. «Voglio partecipare anche io.» Si tolse il diadema.
Mamoru si fermò dallo scagliare la quarta rosa. «Usagi, aspet-»
«Moon Tiara, action!»
Il disco dorato volò in basso, andando infine ad avvolgersi come un anello attorno ai due malviventi.
Mamoru tirò un sospiro di sollievo.
«Ma dai, come hai potuto pensarlo?» Lo colpì piano sulla spalla.
Lui scosse la testa divertito, gli occhi ancora di sotto. «È solo che quel tuo potere non è uno scherzo.»
«Infatti. Ma oramai lo so usare al meglio.»
Si vide guardare con orgoglio. «Me ne sono reso conto.»
In lontananza iniziarono a risuonare le sirene della polizia.
Lei si sporse di sotto. «Vorrei proprio vedere quando li arresteranno, ma non credo sia una buona idea restare qui.»
«No» convenne lui. «Ma aspettiamo fino a che non saranno più vicini.»
Le uscì una breve risata. «Guarda quanto sono terrorizzati. Immaginati quando racconteranno quello che è successo.»
Nel volto di lui comparve l'ombra di un sorriso vendicativo. «Pensarci mi fa sentire già meglio.»
Sorrise a sua volta maleficamente. «Dolce vendetta.»
Le sirene erano ormai a non più di un isolato di distanza, per cui richiamò il diadema.

Quando la polizia arrivò, Sailor Moon e Tuxedo Kamen erano ormai lontani.
Sul posto erano rimasti solo due ladri sull'orlo delle lacrime.

Atterrarono sul tetto della casa di Usagi una decina di minuti dopo.
Si voltò verso di lui, allegra. «Se la sono proprio meritata, non trovi?»
«Sono d'accordo.» Mamoru aveva abbassato la voce. «Sai, se raccontano una storia abbastanza strana forse domani la sentiremo al telegiornale.»
Lei allargò le braccia, stiracchiandosi. «La vendetta finale.»
Non sentì chi era arrivato fino a che non parlò, saltando sul tetto. «Usagi!»
«Luna!» Bisbigliò più forte che poteva, piegandosi in avanti. «Cosa ci fai qui?»
Luna chiuse gli occhi, indignata. «Artemis è un maleducato. Ma cosa ci fai tu qui? A quest'ora dovresti essere a dormire, ti ricordo che hai preso un brutto voto nel compito e ora dovrai-»
Mamoru si abbassò fino ad accarezzare il pelo sulla schiena di Luna. La zittì subito.
Hm, poteva essere una tecnica da imitare.
Lui parlò con tono carezzevole. «Non ti preoccupare, Usagi stava andando a dormire e nei prossimi giorni studierà solamente. Ci vedremo solo nel fine settimana.»
«Beh, fortuna che uno di voi due è responsabile.» Il cipiglio continuò ad adombrare il muso felino.
Ma insomma! Tirò fuori la lingua. «Sono responsabile anche io quando voglio.» 
L'espressione di Luna esprimeva molte perplessità a riguardo, ma quello che più la infastidì fu non vederla muoversi da lì.
Che non sarebbe andata via sembrò comprenderlo anche Mamoru, alla fine.
Lei osservò con confusione il breve sorriso che le risolve ma capì tutto quando sentì le sue labbra sulla guancia; indugiarono lì più del necessario.
«Ci vediamo» le disse. E saltò via.
Luna scosse la testa davanti gli occhi a cuore che Usagi mantenne per diversi momenti, immobile sul tetto, le mani unite.
«Benedetta ragazza.»



Usagi si lisciò il vestito verde chiaro, quasi bianco, considerando l'idea di togliersi la giacca, verde anch'essa.
In quel momento spirò un po' di vento, per cui decise di tenerla. Iniziò a battere il piede sul marciapiede, infine guardò per l'ennesima volta l'orologio.
Mamoru era in ritardo per la prima volta e proprio nel giorno del loro primo bacio.
Sì, perché si sarebbero baciati quel giorno: neanche un attacco alieno lo avrebbe impedito!
Represse il nervoso.
«Usako!»
Sospirò. Già chiamandola così le faceva passare la voglia di sgridarlo. Scosse la testa e si riprese, voltandosi.
Mamoru si fermò vicino a lei, sorridente nella camicia rosa, un colore che addosso a lui non aveva nulla di femminile. «Scusa il ritardo.»
«Sì, non è importante.» Cercò di fare una faccia offesa.
«... ma lo è qualcos'altro?» indagò lui.
«Sì. Che problema ci sarebbe stato a uscire di nuovo di sera, come abbiamo fatto l'altro giorno? Non dovevamo aspettare fino ad oggi.»
Mamoru iniziò a sorridere come se non ci fosse alcun problema.
Uffa, c'era eccome!
«Usagi, dovevi studiare in questi giorni.»
«Di sera non studio.»
Le sembrò perplesso.
«... avresti dovuto, invece.»
Figurarsi! «Di sera muoio di sonno dopo aver studiato già tutto il giorno.»
«Appunto. Se non stavi studiando, stavi dormendo, per cui non potevamo uscire in ogni caso.»
Fece per ribattere, ma... non c'erano obiezioni.
Lui le sorrise. «Il compito l'hai superato e ora possiamo uscire di nuovo. Anche se non dovrai più trascurare lo studio d'ora in poi.»
«Sì, va bene.»
Si fece prendere per la mano fino a che lui non iniziò quasi a trascinarla. Certo che aveva parecchia fretta.
Mamoru si fermò quando capì che lei non stava collaborando. «Andiamo, non abbatterti. Qual è il problema?»
«... quando ti ho sentito al telefono non sembravi ansioso quanto me che arrivasse oggi.»
Lo vide rilasciare un lungo sospiro. «Avresti voluto che suggerissi di incontrarci sul tetto di casa tua?»
Lei annuì con riluttanza.
«... sono stato sul punto di proportelo, ma-»
«E perché non l'hai fatto?» Quanta sofferenza si sarebbe risparmiata!
«Avresti voluto davvero che... accadesse così?»
Sì, purché accadesse. Se lo fece leggere nell'espressione.
Lui le strinse un po' di più la mano, avvicinandola. «Sai, diventerà un ricordo alla fine. Poi succederà tante volte. Almeno il primo, non volevo...» ci pensò un attimo «... rubarlo.»
Ecco, come poteva rimanere arrabbiata con lui se le diceva una cosa del genere?
Sospirò, poi lasciò che solo il sorriso le crescesse in volto. Avanzò di qualche passo, portandosi dietro il braccio di lui. «Andiamo allora.»
L'appuntamento per il primo bacio perfetto era una cosa molto dolce.
Voleva cominciarlo subito.

A giudicare dall'espressione di Usagi, l'idea della barca era stata buona.
Quello d'altronde era lo stesso parco del loro primo appuntamento. Questa volta c'era davvero l'atmosfera che ci sarebbe dovuta essere fin da principio.
Mamoru fece fare un altro giro ai remi.
Usagi lasciò cadere una mano fuori e, col dito, disegnò una lunga scia sull'acqua, seguendo il loro movimento. Gli regalò una risata allegra, alzando gli occhi su di lui. «Qui, in mezzo al lago è così... »
Non riuscì a trovare le parole, ma lui capì comunque cosa intendeva. «Sì. Potremmo tornare tutte le volte che vorrai.»
Nelle guance di lei comparve un po' di colore. «Davvero? Perché staremo sempre insieme?»
Era la prima volta che parlavano di sempre, ma non ebbe alcun dubbio nel rispondere. «Certo.»
Usagi tornò a guardare l'acqua, serena. «Avevi ragione tu, Mamo-chan. Così sarà un ricordo bellissimo. Uno dei momenti più belli di tutta la vita.»
In realtà aveva pensato più a lei che a se stesso quando aveva deciso di rimandare quel momento, ma ora sapeva con assoluta certezza di non aver mai preso decisione migliore. «È un'esagerazione, Usako. Ce ne saranno di migliori.» Le possibilità che riusciva a immaginare erano... infinite.
«Ancora una volta hai ragione.» Il sorriso di Usagi era in pace col mondo.
Si rese conto di esserlo lui stesso.
Era... in pace col mondo.
Un mondo che gli aveva portato via la sua famiglia, un mondo in cui era sempre stato solo.
In quell'attimo, fu solo il mondo che lo aveva portato ad Usagi.
Il mondo in cui avrebbe vissuto con Usagi... per sempre.
Lasciò andare un risentimento che non aveva saputo di avere.
E chiuse quel capitolo della sua vita.

Fece attenzione a non far muovere troppo la barca quando salì sul piccolo molo.
Si girò e aiutò Usagi a scendere, prendendole le mani. «Ecco, sta' attenta.»
«Sì... ah!» Inciampando, lei gli finì addosso, scontrandosi col suo petto.
Riuscì a non cadere anche lui solo sorreggendola. Iniziò a scuotere la testa, trattenendo la risata.
Usagi alzò gli occhi, arrossendo e sorridendo a sua volta. «È stata una caduta fortunata, no?»
Aveva le braccia attorno a lei, per cui, sì, lo era stata.
La sentì alzarsi meglio contro di lui, aiutandosi con le mani. Il lieve movimento con cui gli tirò la camicia sul petto gli sembrò... un invito.
Quando andò a incontrarle gli occhi, oramai non era più qualcosa che desiderava solo lei.
Niente avrebbe potuto più interromperli, ma ebbe comunque fretta di avvicinarsi.
Infine si trovò davanti solo gli occhi blu e la bocca di lei, appena distante dalla sua.
Chiuse quell'ultimo spazio.
Anche se aveva già toccato quella labbra, al primo contatto lo attraversò ugualmente una scarica talmente forte che, per sostenersi, fu costretto a stringerla.
Sentì lo stesso sussulto anche in Usagi, ma nessuno dei due permise ad un solo millimetro di separarli.
Assaporarono quel tocco con labbra quasi immobili, fino a che lei non respirò per la prima volta. A quel punto iniziarono entrambi a muoversi appena, accarezzandosi la bocca a vicenda.
Trattenne i brividi che continuò a sentire e fu sicuro che lei non se ne accorse solo perché ne aveva di suoi. Persistenti, incessanti.
Premette di nuovo, piano, la bocca contro quella di lei, schiudendola. Gli piaceva sentire quegli infiniti brividi.
Avrebbe potuto continuare per sempre.
Qualcosa lo colpì forte alla testa.
Si rifiutò di interrompersi ma... aprì un occhio: un palloncino?
Usagi chiuse delicatamente le labbra sulle sue e non gli importò più di quella strana palla blu.

Sopra di loro, nel cielo azzurro terso, apparve dal nulla una piccola nuvola.
E, sulla Terra, da un tempo in cui c'erano stati oramai infiniti baci, cadde una bambina dai codini rosa.



FINE



Risposte alle recensioni (inizio con un grosso GRAZIE collettivo a tutti quanti per aver recensito)

azzurraspettacoli: scusa per non aver aggiornato prima. Non avevo la giusta ispirazione, ma appena l'ho avuta, ho completato appena ho potuto. Grazie per aver apprezzato così tanto. In questo capitolo ti ho fatto penare un altro po', ma alla fine il bacio è arrivato :)
luisina: sì, lo stile che utilizo qui non è particolarmente ricercato. Questa storia è molto più semplice. Sono felice che ti siano piaciute le ultime parole dell'altro capitolo, ci ho dovuto pensare quasi quanto Mamoru :)
bunny1987: spero di averti trasmesso tenerezza anche qui. Grazie della recensione.
luciadom: grazie per aver apprezzato questa storia e per avermelo detto. Sì, mi diverte parlare dei traumi del povero padre di Usagi. :) Ne sto preparando un accenno anche nel prossimo capitolo dell'altra fanfic che ho in ballo «Verso l'alba'.
maryusa: scusami anche tu per l'attesa. La scena del museo doveva mettere in risalto la loro diversità (e far capire ad Usagi che Mamoru aveva interessi ben diversi dai suoi), ma anche come fossero collegati su ben altri piani.
LAS: forse allora ho aggiunto un altro tocco di romanticismo quando non li ho fatti baciare per la terza volta qui :) Grazie per aver recensito.
Morgana di Avalon: in questa storia i due dovevano essere buffi e dolci e sono felice di aver trasmesso questa impressione. Le altre mie fanfic sono più serie e 'adulte', ma sono felice di essere riuscita a completare anche questo lavoro più semplice, che mi ha fatto spesso sorridere durante la realizzazione
stella93mar: nella fanfic 'Oltre le stelle' avevo fatto dire a Usagi e Mamoru che il primo bacio era avvenuto quando era arrivata Chibiusa. Ho cercato di mantenermi fedele a quella dichiarazione, quindi avete penato (e ho fatto penare quei due poverini) per questo :D
zapotec: grazie di aver recensito. Spero che anche questo capitolo ti abbia comunicato tenerezza.
ISA1983: se avessi potuto vedere qualcosa di più del periodo in cui Usagi e Mamoru si conoscevano meglio anche nell'anime, sarei stata molto felici. Sono contenta perciò di essere riuscita in un qualche modo a darvi quanto non abbiamo avuto nel cartone animato.
birillo: no, non avevo smesso di scrivere. Prima ho finito un'altra fanfic che avevo in ballo e poi ne ho continuata un'altra. Per ora l'ispirazione mi percorre alla grande, quindi non smetterò di scrivere :) Spero di averti appassionato anche con questo ultimo capitolo.

Terminando, ringrazio le ventotto persone, tra preferiti e seguite, che hanno tenuto d'occhio e letto questa fanfic.

ellephedre

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