Rintocchi di Mezzogiorno

di _Akimi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Jedność ***
Capitolo 2: *** Künstlerleben ***
Capitolo 3: *** Home ***
Capitolo 4: *** Tro ***
Capitolo 5: *** Zemlya ***
Capitolo 6: *** Bedrijf ***
Capitolo 7: *** Habitudes ***
Capitolo 8: *** Próklisi ***
Capitolo 9: *** Family ***
Capitolo 10: *** Benevolencia ***
Capitolo 11: *** Trêve ***
Capitolo 12: *** Özgürlük ***



Capitolo 1
*** Jedność ***


Jedność
 
Gli occhi di Polonia non nascondono nessun segreto a Romano; forse sono più fini dei suoi, esprimono sempre un certo disinteresse che Sud Italia non condivide, però riconosce altro, in quelle sue iridi smeralde.
Feliks e Romano, in fondo, non sono così diversi; abitano a due lati differenti dell'Europa, ma hanno provato le stesse cose e in quelle medesime cose si rispecchiano ogni qualvolta i loro sguardi si incontrano.
Feliks alle volte gli sorride, è l'unico contatto che hanno quando si ritrovano seduti ad un tavolo, ma Romano ritrova sulle sue labbra parole che non ha la necessità di sentir pronunciare.

La verità è che la vita è difficile per noi, siamo una parte piccola del continente, siamo i
Dimenticati.„
Questo è ciò che Feliks pare raccontargli; parla silenziosamente dei tempi in cui entrambi hanno affrontato nemici più grandi di loro, dei giorni in cui il dolore era così lancinante dal desiderare di arrendersi, ma alla fine, nessuno dei due si è ritirato dalle proprie battaglie ed è stata la loro perseveranza a portarli davanti a quel piccolo, grande tavolo del Presente.

Romano ci crede ancora, vive con lo stesso fervente spirito del Passato, ma si rende conto che gli sbagli sono molti e si ripetono senza mai trovare una soluzione reale.
Feliks è cambiato, cerca di convincersi dicendo che nessuna crisi dura per sempre, ma è lo sguardo fiero dell'italiano a riscaldargli veramente il cuore e basta poco per ricordarsi delle proprie origini.

«Hai ragione, siamo piccoli, ma non inutili. Siamo nati nel sangue e non esistono più situazioni peggiori di quelle che abbiamo già vissuto.»
Romano apre la bocca e parla davvero, questa volta; Feliks sgrana gli occhi e sente gli sguardi delle altre nazioni su di sé.
Tutti li stanno guardando, si domandano il significato dell'improvviso intervento dell'italiano, ma ora è il turno di Polonia e quest'ultimo sorride, di nuovo, sapendo di essere l'unico a poter comprendere i sentimenti dell'altro.
 
«Per la nostra e la vostra libertà, Romano.»
 
Note:
Fondamentalmente ho avuto questa idea per caso, ho scritto solo una fanfic con i fratelli italiani ed è un peccato perché, anche se non mi piacciono moltissimo come personaggi, amo il paese in cui sono nata.
Ho scelto Romano e non Feliciano non per un motivo preciso, penso che farò una raccolta simile anche con Nord Italia dato che per scrivere una flashfic non ci vuole moltissimo tempo.
Questo non significa che le scriverò senza una trama, come solito cerco di inserire dei riferimenti storici, ma non penso che riuscirò in tutti i capitoli.
Le coppie sono uscite casualmente utilizzando questo sito, il primo è Polonia, un abbinamento strano, ma non così tanto.
Jedność significa Unità in polacco; ho sempre amato la Polonia per la sua storia e penso che l'elemento che lo unisca fortemente a Romano sia la violenza subita durante la Seconda Guerra Mondiale.
Le ultime parole di Feliks, infatti, sono parte di una frase che potete trovare al cimitero militare polacco a Cassino, città laziale dove è stata combattuta un'importante battaglia nel 1944 per la liberazione del nostro paese.
Sinceramente sapevo che alcuni soldati polacchi avessero combattuto a fianco degli inglesi (ad esempio nella battaglia d'Inghilterra nella RAF), ma non immaginavo anche in Italia.
Sono stata già fin troppo lunga, alla prossima.

Con Austria, non ho idea di che cosa mi inventerò.


 

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Capitolo 2
*** Künstlerleben ***


Künstlerleben

{Vienna - Maggio 1882}

Romano segue il fratello a sguardo basso, non perché si senta in imbarazzo, ma semplicemente trova i vestiti formali che ha indosso piuttosto scomodi e la punta lucida delle sue scarpe lo interessa più che le espressioni annoiate degli uomini che ha di fronte.
Feliciano parla, cerca di sconfiggere la tensione che aleggia nel grande salone discutendo di argomenti superflui e Romano si ripromette di starsene buono in un angolo della sala, ignorando l'anonima conversazione.


Solo dopo pochi attimi, però, si accorge di non essere l'unico a desiderare di evadere dal palazzo; alza il capo e davanti a sé trova la figura di un giovane uomo occupato ad osservare fuori dalla finestra che fa brillare buona parte del pavimento tirato a lucido.
L'italiano lo osserva nella speranza di non essere scoperto: nota la sfumatura lillà nelle sue iridi, un piccolo neo ad impreziosirgli il viso e segue con gli occhi le linee morbide che compongono il suo mento sino al collo pallido.
Lo sguardo e la curiosità di Romano si fermano esattamente lì, ove il sangue scorre nelle giugulari; trova insolito il lieve livido sulla carnagione diafana dell'uomo e sebbene inizialmente sia restio dal commentare, finisce con l'avvicinarsi a lui, domandando senza troppe formalità.


«Un attentato, una donna o entrambi?»
Bisbiglia per essere udito solo dall'altro e non si stupisce nell'osservare l'espressione sorpresa dipinta sul suo volto; oramai è avvezzo ad essere oscurato dalla figura del fratello e non dà più spiegazioni sulla sua presenza lì, in Austria.
«Mi avevano parlato di voi, ma non vi immaginavo così impertinente.»
L'austriaco lo scruta con sufficienza: conosceva da molti anni Feliciano Vargas, ma di Romano aveva udito solo pettegolezzi e dicerie non di suo interesse.
«Se la mia è impertinenza, la vostra è indecenza.»
Romano incrocia le braccia al petto e non teme di incontrare lo sguardo altrui; si è concesso una piccola bugia, trova l'austriaco tutto fuorché indecente, è elegante, come spesso suo fratello l'ha descritto, è posato e ha un suo strano modo di offendere senza apparire sgarbato.
L'italiano non pensa di poter imparare qualcosa da lui – non che lo desideri, a dire il vero -, ma questo non lo vieta dall'analizzare la sua personalità con inusuale interesse.
«Se avete fiato per parlare, perché non siete con vostro fratello?»
Romano si sofferma sulle labbra socchiuse dell'altro, non può lasciarsi sfuggire la nota di tedio nella sua voce, ma non ne è infastidito, anzi, condivide pienamente il suo stato d'animo attuale.
«Perché non mi piace la diplomazia.»
La sua risposta è secca, non lascia scampo ad altri attimi di discussione, ma l'austriaco sembra allenato nell'arte del conversare e conclude rispondendo alla prima domanda posta dall'italiano.
«Comunque sono un musicista, la mia vita non è così movimentata quanto appare. »
E con quelle parole Romano lo osserva sistemarsi gli abiti, il livido violaceo scompare dietro il colletto della divisa e i passi dell'uomo riecheggiano nell'ampio salone.


 
Note:
Buonasera, anche questa volta sono riuscita a mettere dei riferimenti storici; innanzitutto Maggio 1882 è la data della Triplice Alleanza tra Germania-Italia-Austria, firmata a Vienna.
Ho pensato che nel salone ci fossero Feliciano e Ludwig (e forse anche Gilbert?), ma non mi sono soffermata poi molto su di loro.
Come patto non è stato ben visto da tutti gli austriaci e da tutti gli italiani, in quanto la questione delle terre irredente non era stata risolta, non per altro l'Italia farà parte dell'Intesa nella Prima Guerra mondiale.
Premetto, non sono una violinista, ma cercando su internet ho trovato che alcuni artisti lamentavano di lividi che lo strumento lascia sul collo dopo ripetute ore di allenamento, quindi ho immaginato che Romano li considerasse segni di una lotta o di una donna.
Ho citato in particolar modo le vene del collo poiché, nel 1914, Francesco Ferdinando morirà proprio per un colpo di pistola alla giugulare; trovava piuttosto buffo fare un parallelismo tra il livido di Roderich e il futuro avvenimento del paese che rappresenta.

Il titolo, Künstlerleben, significa Vita d'artista ed è un valzer di Strauss composto nel 1867. (Se ricordo bene.)

Detto questo, la prossima penso proprio che la pairing sarà molto più "palese", in quanto si tratta di una coppia che personalmente ho iniziato a shippare moltissimo nell'ultimo tempo.
Romano sarà in compagnia di Stati Uniti.

 

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Capitolo 3
*** Home ***


Home
{Anni '20 – Boston}
 
Romano ritorna a casa dopo un lungo turno in fabbrica, trascina i piedi sull'asfalto, ma non abbassa lo sguardo neppure quando li sente parlare di lui.
Sono tutti lì, guardano dalla sua parte, alle volte è un "goombah" esclamato alle sue spalle, l'altra un semplice "Wop" bisbigliato con forza per raggiungere il destinatario.
Romano si ripete che il loro è un comportamento da stolti, non possono capire che cosa significhi attraversare un intero oceano con il timore di star male e di non giungere a destinazione; loro, gli americani, non comprendono la sensazione che ha provato lasciando la sua famiglia, i suoi amici e la sua terra.
Ma è semplice, direbbero alcuni, finché si ha un lavoro tra le mani è tutto più semplice; eppure Romano alle volte sogna di tornare, l'Italia non ha prospettive future, gli animi non si accendono più dopo una lunga e logorante guerra, ma Romano la ama ancora, la sua Italia.
Ricorda la sensazione del vento che sibilava sulla sua pelle, dei giorni in cui correva sui sanpietrini per scendere in piazza e di quei momenti in cui del buon cibo bastava come motivo per riunirsi con il fratello e dimenticare qualche litigio passato.

Ora Romano è uno straniero, gli statunitensi arricciano il naso quando lo vedono passare e ritrova nei loro occhi la convinzione di essere superiori a lui in cultura e importanza.
Non tutti sono così – Il ragazzo lo pensa non appena giunge alla fine della strada; qualcuno lo sta già aspettando e anche se nasconde perfettamente le proprie emozioni, il suo cuore non può che battere al pensiero di aver incontrato qualcuno che non lo veda solo come un immigrato, ma prima di tutto come una persona qualunque.

«Hey, che cos'è quel muso lungo?»
Spighe di grano dorato sono i suoi capelli, gli ricordano vagamente i vasti campi della Puglia, e poi ci sono gli occhi celesti, tempestati qua e là da altre tonalità di azzurro che gli riportano alla mente il mare cristallino di tutte le isole italiane.
Il resto vien spontaneo: la sua breve risata lo irrigidisce e la sua mano sulla propria guancia lo imbarazza, anche se lo nasconde con una delle sue tante occhiate torve.
«Non è nulla.»
«Come sempre, d'altronde. Vero, Romano?»
Si sente strattonare con delicatezza; Alfred non prova disgusto nell'averlo così vicino a sé, a toccare con le proprie dita i vestiti sudici del lavoro e per questo non resiste - anche se sa che Romano non ami le dimostrazioni d'affetto - dallo schioccare un bacio vicino all'angolo della sua bocca.

Così lo statunitense vede dipinto sul suo volto il solito broncio, mai una piccola soddisfazione o un ringraziamento bisbigliato; non chiede nulla in cambio e quello che importa è dimostrare di essere lì, vicino a lui e per lui, nella speranza che un semplice gesto possa far riaffiorare piacevoli ricordi del passato.


Note:
Ed ecco una Romerica; riferimenti storici precisi non ce ne sono, se non il periodo in sé.
Avevo da sempre in mente l'idea di scrivere sulle grandi immigrazioni di italiani all'estero e forse mi sono concentrata più su questo tema che sul rapporto dei due personaggi.
Penso sempre che Romano sia quel genere di persona abituata ad internare alcuni sentimenti come la tristezza o la malinconia, sia per abitudine, ma anche per apparire meno vulnerabile.
Ho immaginato che Alfred fosse un'eccezione, la "parte buona" degli Stati Uniti che accetta chiunque, però è corretto parlare anche degli aspetti negativi.
C'è stata e c'è molta discriminazione etnica e la convivenza non è così semplice; spesso si ride nel pensare alla pizza cucinata in America, a Little Italy e ai cosiddetti Italo-Americani, però (e questo vale per qualsiasi altra minoranza) sono importanti anche i sacrifici e le rinunce fatte anni e anni fa.
Ovviamente la riflessione è attuale, sopratutto per quanto riguarda essere migranti, ma alla fin fine ognuno ha la propria opinione e trovo che sia piuttosto chiara la mia linea di pensiero dalle parole che ho utilizzato in questa fanfic.


Il prossimo è Svezia, penso che uscirà una cosa piuttosto demenziale.

 

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Capitolo 4
*** Tro ***


Tro
{Uppsala – XI° secolo}
 
Romano cammina a passo lento verso il grande edificio di fronte a sé, la neve si fa sottile sotto i suoi piedi e per il freddo il giovane non può che portare le mani vicino al viso, soffiando sui palmi per riscaldarsi.
Non vi si trova nulla, in Scandinavia, che possa ricordare il suo luogo di origine; osserva gli abitanti della piccola città ancora con lo stesso interesse che aveva appena giunto in Svezia e pensa solamente a quanto si sia allontanato da casa.
Alcune donne gli sorridono, hanno corpi possenti e con le braccia stringono i loro piccoli al petto poiché, seppur non intimorite dal giungere di uno straniero, hanno imparato sin da giovani ad essere prudenti.
Non si reputa offeso dal loro essere schive, ha oramai compreso la cultura di queste popolazioni e le loro abitudini sono così distanti dalle sue dall'essere consapevole che la propria missione non sarà così semplice da portare a termine.
La fede lo aiuta a proseguire, a dimenticare delle brutalità che vengono perpetrate in nome di divinità pagane e, al contempo, si ripromette di non essere troppo critico nei loro confronti, non scordandosi di trovarsi in una scomoda posizione di svantaggio.
Nonostante le differenze, però, non può che reputarsi fortunato; il suo viaggio si è mostrato più semplice del previsto e l'uomo che gli fa da guida è già lì ad attenderlo, poco distante dalle porte del tempio più grande della città.Lo sguardo di Romano è su di lui e quest'ultimo, anche se non si è ancora voltato verso la sua direzione, percepisce la sua presenza e rilassa lentamente i muscoli, sapendo di non aver motivo di rimanere sulla difensiva.
Così la sua mano si allontana lentamente dall'arma e quando Romano si ferma al suo fianco, finalmente, i loro sguardi si incontrano.
«Siete di ritorno dalla vostra preghiera?»
Romano scruta con attenzione il suo viso in cerca di risposte: che il guerriero sia realmente interessato a lui? O forse si tratta di un semplice modo per schernirlo?
«Vorrei assistere alla cerimonia di quel vostro dio..»
«Freyr.»
Il nome della divinità scivola dalle labbra del nordico con naturalezza; Romano la reputa ancora stramba, la loro lingua, ma non può che rimanerne affascinato ogni qualvolta sente bisbigliare l'altro.

«Pensavo che la vostra religione non lo permettesse.»
Romano accenna un sorriso di circostanza ed è compiaciuto nel vedere una persona riservata come Berwald discutere di un qualcosa che non riguardi solamente guerra o atti di violenza.
«Sapete parlare di altro, oltre che di battaglie.»
Il suo non è che un semplice rimprovero, sa che non può cambiare le abitudini dell'uomo, ma metterlo alla prova è l'unica arma che ha in suo possesso per disorientarlo.
«Posso insegnarvi anche io cose di cui voi non siete a conoscenza, padre.»
Berwald alza il capo e smette di guardarlo; non desidera ricevere risposta, ma conosce Romano e sa che, nonostante ricopra una qualche carica religiosa, è quel genere di persona che non ammette mai una sconfitta.
«Se dite il vero, allora, raccontate.»
E Romano non attende, stringe tra le dita il proprio rosario e segue l'altro in silenzio, non temendo di disperdersi in un mondo alla quale sa di non poter appartenere.

 
Note:
Buongiorno; ritorno con questa fanfic che dovrebbe essere storica, ma mi sono presa alcune libertà:
intanto, si parla di undicesimo secolo, in Scandinavia inizia ad arrivare il cristianesimo, ma non sono stati italiani a giungere sino al Nord; la maggior parte erano inglesi (/sassoni) e tedeschi, ma mi piaceva parecchio l'idea di mettere un Romano versione prete (che pare un completo paradosso) per poter sottolineare anche le differenze tra mitologia Norrena e religione monoteista.
Ammetto che dal punto di vista storico, quando si parla di paesi nordici, sono del tutto ignorante, o meglio, so poche cose e di film ho visto poco o niente.
Ho letto in vari anni alcuni articoli sui vichinghi in generale e sulla religione dato che la trovo una cultura piuttosto interessante e ho citato il dio Freyr.
Secondo alcuni scritti, nella città di Uppsala c'era un grande tempio poi distrutto quando il convivere tra cristiani e norreni iniziava ad essere complicato; in questo luogo veniva venerato Freyr – ad esempio – durante i matrimoni, in quanto simbolo di virilità, fecondità e quant'altro. (Il suo "corrispettivo" femminile è Freyja)
E' la prima fanfic che scrivo con Svezia come protagonista, quindi non penso sia uscito nulla di particolarmente speciale, ma mi sono comunque divertita a scriverla.
(Svezia mi piace moltissimo, ma non ho ancora avuto tempo/impegno di scrivere qualcosa con lui seriamente.)

Il prossimo è Russia e – niente, ho idee, ma devo pensare a come organizzare il tutto.

P.S. Il titolo significa "Fede" in svedese.

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Capitolo 5
*** Zemlya ***


земля
{Taormina - 2017}
 
Romano non si definisce un impavido, ha limiti e paure come tutte le altre nazioni, ma quello che lo differenzia dagli altri è che, effettivamente, la sua non è natura di un paese a sé stante.
Suo fratello è più bravo in certe attività: sorride, stringe le mani ai presenti e mostra con onore le bellezze della sua terra, come se la Sicilia fosse stata da sempre una parte di lui.
Romano non dice nulla a riguardo, non si offende, cerca di non ricordare quante volte il meridione sia stato dimenticato e, anche perché affezionato, sa di non poter addossare tutte le colpe a Feliciano.
Nonostante questo, al vertice delle otto nazioni più importanti al mondo, Romano si sente fuori luogo, pensa di essere di troppo e l'unica cosa che si limita a fare è accennare un sorriso di circostanza quando, più per formalità che per reale interesse, Giappone e Germania si avvicinano a lui per salutarlo.

Quando tutti si siedono al tavolo per discutere, Romano occupa il primo posto che trova, una piccola bandierina indica il suo nome mentre suo fratello si posiziona di fronte all'intero gruppo, preparando un lungo discorso basato – come ad ogni riunione – su false speranze e utopie.
Sud Italia si perde in fretta, alle volte basta il fischiettare di Stati Uniti che, come di consuetudine, trova più interessante la propria penna che il meeting; dall'altra parte Inghilterra si tiene occupato con il suo telefono e Romano, anche se non ne può essere certo, immagina che stia controllando l'andamento della sua Borsa.Poi ci sono Francia e Canada, bisbigliano qualcosa nella loro lingua madre e Williams nasconde una piccola risata, consapevole che gli altri non possano capirli.

Tutto pare in ordine, ma poco dopo i muscoli di Romano si irrigidiscono, sente la lieve brezza estiva penetrargli nelle ossa e si volta, lentamente, come ad accogliere un ospite inatteso.
Nessuno neppure se ne accorge, il tempo pare rallentare e solo Romano lo nota: lo vede sorridere delicatamente, la pelle diafana brilla sotto la luce del Sole caldo, ma l'uomo non fa che nascondersi con la sua sciarpa.
«Priviet, Malen'kaya Italiya.»
Ivan si siede accanto a lui e sorride come a voler comprendere ciò che l'altro stia pensando; Romano si limita ad accennare con la testa, non gli importa se la presenza del russo non si gradita e non si sente in dovere di cacciarlo dal gruppo.
«Siamo simili, io e te.»
Sud Italia è in procinto di rispondere, non la pensa esattamente allo stesso modo, ma il russo lo interrompe e abbozza un altro sorriso inquietante.
«Pensano di potersi liberare di noi, invece, eccoci qui.»
Ivan bisbiglia impassibile e Romano si perde nella propria immagine riflessa nelle sue iridi violette; sa che non sono altro che lusinghe, ma le sue parole hanno iniziato ad attirare la sua attenzione e non può fare a meno che ascoltarlo.
«La terra richiama sempre il proprio padrone, non credi?»
Capisce a che cosa stia alludendo; in questo, in effetti, si assomigliano senza desiderarlo.
Russia conosce il significato di passare una vita in un campo, una falce tra le mani, la schiena piegata e il sudore a rigare la pelle del viso.
Ivan Braginski è molte cose, ma forse Romano può ricredersi e ricordare di lui le azioni che hanno aiutato, nel bene e nel male, il mondo ad essere un posto migliore.

«Hai ragione, ognuno di noi appartiene ad un luogo.»
O forse è il luogo ad appartenere a loro?



 

Note:
Rieccomi con Russia; intanto ringrazio chi ha messo seguito/preferito/ricordato alla storia.
Parlando della fanfic: Taormina è stata scelta come location del prossimo meeting del G8 (per ora G7) l'anno prossimo.
Ho pensato che Romano si sentisse in parte offeso poiché la politica, alle volte, tratta il Nord e il Sud in modo differente.
Russia appare, anche se ufficialmente non dovrebbe essere al tavolo insieme agli altri, in quanto la Russia di Putin è stata sospesa. (Penso per i fatti dell'Ucraina, ma in tutta sincerità, non sono aggiornata a riguardo.)
Penso che una delle peculiarità che i due paesi avevano in comune fosse la loro natura agricola, si sa che il meridione e la Russia hanno per molti anni adottato delle politiche considerate arretrate, non per questo sono da sminuire.
La terra è importante e non va sottovalutato il potere di essa; ne sanno qualcosa i contadini russi che sono morti al fronte mentre in patria si moriva di fame. (e vale lo stesso anche con la guerra civile russa.)
In ogni modo, nella fanfic si intende anche che le nazioni siano piuttosto attaccate al paese che rappresentano, sia in modo negativo che positivo, e per questo non si comprende in realtà se siano gli stessi personaggi ad appartenere ad un luogo o quest'ultimo ad essere una loro proprietà. (e quindi farne ciò che si vuole.)

Priviet, Malen'kaya Italiya* - Ciao, piccola Italia.
Il titolo significa "terra."

Il prossimo è Paesi Bassi!
 

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Capitolo 6
*** Bedrijf ***


Bedrijf
 
{2016}
 
Romano tossisce appena, il fumo colpisce la gola e gli occhi bruciano, obbligandolo a strizzarli un paio di volte per poter osservare meglio l'uomo di fronte a sé.
Una sottile nuvola grigia gli ostacola la vista, riconosce solo una vaga figura di quello che dovrebbe essere Abel, discutibile rappresentante dei Paesi Bassi.
Sud Italia non ama essere un finto cortese e le risposte stizzite che dedica all'altro sono dimostrazioni evidenti di quanto, ormai da tempo, il loro rapporto non possa che essere dei peggiori.
«Quanti soldi pensavi di poterci guadagnare con le due tele?»
L'olandese picchietta la sua pipa contro la guancia di Romano e accenna un sorriso divertito notando come, da quando hanno iniziato a parlare, il furbo italiano non abbia fatto altro che tossire e allontanarsi da lui.
«Ti ho già detto che non ne sapevo nulla, idiota. Altrimenti, non pensi che me le sarei semplicemente tenute?»
Abel ha un'innaturale fiuto per gli affari, lo capisce subito quando qualcuno gli mente, ma in questo caso non è ancora certo di doversi fidare dell'italiano; non vuole avere pregiudizi nei suoi confronti, ma quando si tratta del suo amato Van Gogh non può che essere ulteriormente cauto e ponderato.

«Caro mio, tu non te ne intendi di arte. Tuo fratello, lui sì che ne conosce di artisti bravi.»
Romano alza la mano per poter afferrare la pipa di Abel prima che quest'ultima possa scontrarsi contro la sua guancia, di nuovo.
Sa di essere stato sin troppo indulgente con l'olandese, ma si ripete che la sua pazienza ha un limite e l'accanito fumatore l'ha già varcato da un pezzo.
«I Bernini si rivolterebbero nella tomba se ti sentissero.»
Romano inizia a parlare, non accetta di essere considerato inferiore a Feliciano e reputa l'offesa ancor più grave poiché pronunciata da Paesi Bassi in persona.
«Ma cosa ne sai, caro mio, tu le fontane le distruggi, mica le ammiri.»
E' un colpo basso, Sud Italia lo sa bene, ma non si sente in colpa e tutto lo sdegno che prova nei suoi confronti si riversa in quelle semplici parole, sul suo viso e sul nervoso tremolare delle sue mani.

Un silenzio imbarazzante cala presto tra di loro; ora Romano lo vede bene, tra la fitta coltre di fumo , riconosce il senso di vergogna sul viso dell'altro e ne è soddisfatto, sebbene sia consapevole di non essersi comportato molto correttamente.
«Sei un piccolo bastardo, ma è sempre un piacere parlare con te.»
Un ghigno divertito è dipinto sul volto di Abel che, alla fine, non può che apprezzare l'aggressivo anticonformismo di Romano Vargas.


 
Note:
Buonsalve gente!
Eccomi con questa Sud Italia – Paesi Bassi che mi sono divertita un sacco a scrivere; ammetto che l'idea iniziale era completamente diversa, pensavo di inserire la pairing vera e propria (con un Romano che tentava di fumare la pipa con molto impegno, sìsì), ma poi mi sono ricordata del recente ritrovamento di due tele di Van Gogh nella provincia di Napoli e ho colto l'occasione per parlare un po' di arte.
Sicuramente ricorderete i danni provocati a piazza di Spagna da ultrà olandesi, ma c'è anche da dire che poco dopo partì una sorta di colletta dai Paesi Bassi con donazioni volontarie. (ho trovato l'idea molto dolce, in fondo sarebbe sbagliato etichettare un intero paese come vandalo.)
E niente, i due si provocano un po' a vicenda, ma nulla di troppo serio. Penso che potrei shipparli insieme anche senza avere un motivo preciso.
Il titolo significa semplicemente "affari".

Il prossimo è Francia e ho trovato una cosa piuttosto interessate che spero di sviluppare al meglio, sempre di non cambiare idea all'ultimo momento. (Cosa che ho fatto nelle ultime tre fanfics.)

 

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Capitolo 7
*** Habitudes ***


Habitudes
{1533, Francia.}

Romano alza vagamente lo sguardo davanti a sé, istintivamente una smorfia deturpa il suo viso e non può che sentirsi disgustato nell'osservare come il giovane francese sia impegnato a mangiare gli ultimi residui di carne nel suo piatto ripulendolo con le dita.
Quest'ultimo rimane seduto in disordine sulla propria sedia, le loro gambe si sfiorano saltuariamente sotto il tavolo e Romano, anche se consapevole che la sua padrona lo stia guardando, si limita ad allontanarsi garbatamente da lui.
«Devo ammettere che la tua cucina è davvero buona, mon âme sœur.»
Francis bisbiglia avanzando lentamente con il busto verso di lui, un paio di ciuffi dorati gli ricadono sul viso e Romano incontra il suo sguardo curioso; si sforza di sorridergli, abbandona sul piatto la propria posata e allunga la mano per potergli scostare una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
Il biondo fraintende facilmente il suo gesto, non conosce ancora l'italiano e scambia quella piccola forma di cortesia per una qualche timida dimostrazione d'affetto; così gli sorride, completamente incurante di come i suoi capelli avessero rischiato di finire nella coppa colma di acqua dell'altro.

«Potresti utilizzare la forchetta la prossima volta? Grazie mille.»
Romano bisbiglia a bassa voce, socchiude le labbra per farsi udire solamente da lui e sente i loro sovrani lasciarsi ad una breve risata liberatoria, forse convinti che tra di loro stia finalmente nascendo un sentimento reciproco.
«Viviamo da poco assieme e parli già di prossima volta, sei molto audace, Romano.»
L'italiano rotea gli occhi e ritorna a sedersi al proprio posto; oramai non ha più intenzione di continuare a mangiare, quel maledetto francese rovina il suo appetito con le sue abitudini barbare e con la sua sfacciataggine, ma deve abituarsi all'idea di convivere con lui e non può avere altre alternative.
«Non lo faccio per te, quindi attento a quello che dici.»
Si tratta solamente di una piccola minaccia, punta la posata verso il suo viso e spera che questo basti per fargli comprendere come la sua vita cambierà d'ora in poi; Romano non ha intenzione di sottostare agli ordini di nessuno e non farà eccezione neppure per un francese sempre pronto a mostrare il proprio egocentrismo.
«E forchetta sia, mon cher.»
Il sorriso dipinto sul volto di Francis non lo convince appieno, ma è un inizio e una piccola vittoria non può che preannunciare un grande trionfo.


Note:
Buongiorno,
inizio con le annotazioni storiche: il 1533 è l'anno di matrimonio tra Caterina de' Medici e Enrico II, avevano entrambi 14 anni e si dice che Caterina abbia portato con sé moltissimi italiani, oltre che diverse abitudini fiorentine.
Tra queste, quella di utilizzare le posate poiché i francesi mangiavano ancora con le mani (cosa che non sparirà completamente in futuro.) e seppur sembri una cosa stupida, ai tempi in alcune parti dell'Europa veniva considerata un'usanza stramba.
Per quanto riguarda i due sposi, pochi anni dopo il matrimonio Enrico II comincerà ad avere una relazione con un'altra donna, una certa Diana che divenne la preferita del re; Caterina nei primi anni di matrimonio non riuscì ad avere figli, sicuramente un dettaglio che ha giovato a favore della sua "rivale."

Personalmente non vedo perché Francia non venga shippato con nessuno dei due italiani, è vero che nella serie Hetalia Veneziano vede Francis più come un fratello maggiore, ma i due paesi hanno così tanto in comune che gli headcanons sarebbero praticamente infiniti. (Ee, appunto, penso che in un futuro lontano magari scriverò qualcosa.)

Parole in francese molto arrandom: mon âme sœur – Mia anima gemella; mon cher – Mio caro.
Il titolo significa "abitudini".

Il prossimo è Grecia e omg – sto pensando a così tante cose diverse e dovrò riordinare un po' di idee. (Io sono una grande sostenitrice della GreeIta, che vergogna che non sia considerata.)
 

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Capitolo 8
*** Próklisi ***


πρόκληση

{Roma, 125 d.C.}
 
Mani forti gli carezzano la schiena, disegnano linee invisibili sulla pelle olivastra e raggiungono infine il suo petto, fermandosi esattamente nel punto in cui il suo cuore palpita incontrollato.
Non si è ancora abituato a quell'intimità, alle volte si sente ancora un po' in soggezione, ma l'uomo che lo ospita nella propria Domus non è una persona maligna e Romano non può che apprezzare la sua compagnia.
Heracles – questo è il suo nome – è un giovane pacato, qualche volta sin troppo paziente con lui, e Romano ne approfitta, anche se non dovrebbe, poiché le attenzioni che riceve piacciono anche a lui, sebbene cerchi di dimostrarsi sempre un po' restio.
Conosce le armi che ha a disposizione e sa che Heracles si è velocemente appassionato al lato più orgoglioso di lui; allontanarlo non lo ferisce, anzi, l'uomo si limita a dedicargli un sorriso sornione, divertito dal suo essere difficile.
Romano fa finta di odiarlo, ma in realtà apprezza la sua gentilezza e farsi piccolo tra le sue braccia lo aiuta a riposarsi, a combattere il freddo e anche il senso di solitudine che prova quando Heracles passa i pomeriggi nel suo tablinum.

Alle volte la differenza di età pesa tra di loro, Romano non vuole ammettere apertamente la propria ignoranza, ma è consapevole che quegli anni che lo dividono dall'altro lo portano – in alcune situazioni – ad essere ingenuo e vulnerabile.
Heracles non insiste mai nel volergli insegnare qualcosa, è di indole pigra e fa quel che può quando ha voglia; è un atteggiamento che Romano non capisce appieno, però non lo infastidisce e le libertà a lui concesse non fanno pesare l'eccessiva pazienza del più grande.
Per questo motivo, non ha nulla di cui lamentarsi; forse desidererebbe un po' più di fermezza da parte di Heracles, ma il suo carattere da ribelle viene spesso sconfitto dalla pacata dolcezza racchiusa nei suoi gesti e finisce così con lo sciogliersi lentamente nel suo abbraccio.

«Così finirai per soffocarmi.»
Romano bisbiglia, tiene gli occhi socchiuse e intreccia le gambe con quelle dell'altro; i suoi movimenti non coincidono con le sue parole, questo Heracles lo nota subito e per questo non può che ridere sommessamente, appoggiando le proprie labbra sulla nuca calda del compagno.
«Pensavo che fossi già addormentato.»
La sua presa non si allevia, anzi, stringe il più piccolo ancora di più a sé e lo sente mugugnare inutilmente; ormai lo conosce, si lamenta sempre per nulla, ma apprezza poter dormire l'uno accanto all'altro.
«Domani giochiamo con la tabulae lusoriae
Per la prima volta è Heracles a domandarlo, negli ultimi giorni non ha passato molto tempo con il proprio eromenos e si sente in colpa, seppur Romano non sia un ragazzo costantemente in cerca di attenzione.
«Pensavo non volessi più giocare perché perdi sempre.»
Romano si volta verso di lui e nasconde una risata dietro al palmo della propria mano; anche quando lo considera insolente, Heracles gli riserva punizioni che lui accetta per nulla dispiaciuto.
«Facciamo una scommessa,» Il suo erastès prende il suo viso tra le mani e gli pizzica affettuosamente la punta delle orecchie con i polpastrelli. «se perdi dovrai fare tutto ciò che ti dico.»
Romano accenna un ghigno divertito poiché, in qualsiasi modo si concluderà la partita, avrà in ogni modo un motivo per cui festeggiare.


 
Note:
Buona(notte)sera;
Mettere termini in latino a casaccio √
Scherzi a parte, eccomi con questa Grecia x Sud Italia; inizio con il dire che qui i personaggi dovrebbero essere solo umani e non nazioni; diciamo che avevo diverse idee, ma siccome volevo coprire più periodi storici possibili, ho optato per l'epoca più ovvia (e banale, se vogliamo dirla) per i due.
Però ci sono un po' di cose da spiegare, quiiindi, eccoci:
125 d.C. - La data è piuttosto indicativa, mi sono ispirata alla relazione tra l'Imperatore Adriano e Antinoo, il primo romano e il secondo greco; alla fine, però, ho optato per una relazione più “nella norma”, quindi senza avere un personaggio importante come un sovrano.
Domus – Casa romana (dei ricchi.)
Tablinum - E' lo studio dove venivano organizzati incontri con i clientes, come dice la parola, che richiedevano un servizio ad un loro superiore. (ex. Denaro o altre autorizzazioni.)
Tabulae lusoriae – Gioco da tavolo, o meglio, penso sia proprio la tavola vera e propria per poter giocare. (una sorta di tavolo.)
Eromenos – Allora..., non penso che ci siano molte persone non informate sulla pederastia greca/romana, ma detto in breve: l'eromenos era il giovane della coppia (omosessuale, sia con uomini che con donne) aka il passivo negli atti sessuali, lo erano sino alla maggiore età.
Erastès – L'opposto, ovvero l'uomo adulto; ci sono stati casi in cui la differenza di età era importante, ma basterebbero anche solamente 2/3 anni.
In questa fanfic Romano potrebbe essere 15enne e Heracles 20enne? Oppure 17 anni/23 anni? Una cosa del genere, non ci ho pensato più di tanto.

Il titolo significa “Sfida” in greco, ma aspetto eventuale smentita da chi lo studia/lo ha studiato haha.

Il prossimo è Inghilterra e la mia anima piange perché shippo Arthur con moltissime nazioni, ma con Italia dovrei pensare a cosa scrivere, quindi vedrò cosa verrà fuori.
 (Tradisco la mia OTP.)

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Capitolo 9
*** Family ***


Family
{Londra, Aprile 1915}

 
«E' la scelta migliore da fare, è l'unica possibilità che abbiamo, vero?»
Romano nasconde le mani in tasca, sbuffa ed evita di guardare il fratello diventare nervoso ad ogni passo.
Pochi metri li dividono dalla sala in cui dovranno firmare quello sciocco accordo e nessuno dei due ha modo di sentirsi in colpa.
Né Romano né Feliciano desiderano la guerra, il loro compito si limita a rappresentare il paese dalla quale provengono e non hanno reale voce in capitolo; Salandra e Sonnino avevano mostrato loro il piano, ma più che una discussione, parve un semplice modo per dire ai due fratelli "è così e basta."
«Spagna e Norvegia non combattono, quella sarebbe una buona possibilità.»
I due sono davanti alla porta e Sud Italia non può che borbottare un'ultima volta all'altro; sa che una volta entrati nella stanza non potranno più ritornare indietro e vuole almeno essere certo che Feliciano la pensi al suo stesso modo.
Sono nazioni, questo è vero, ma Romano non dimentica il legame di sangue che li unisce e se soffriranno, lo faranno assieme.

«Romano
Feliciano lo chiama, lui osserva l'espressione seria dipinta sul suo volto e non può che rabbrividire poiché non ha mai visto suo fratello così pacato e lo conosce abbastanza bene da sapere che cosa gli voglia dire.
«Lo so, lo facciamo per l'Italia, Austria può andare a farsi fottere.»
Non sono abituati a dimostrazioni d'affetto reciproche, ma questa volta Romano accetta senza ribattere il breve abbraccio del fratello e ricambia poiché, nonostante sia orgoglioso, odia la guerra e sarà impossibile uscire indenni da quel conflitto.

Poco dopo si dividono, Feliciano è il primo ad entrare e dà del tempo a Romano per riflettere ancora ; ha un temperamento difficile e lo stare lontano il più possibile dalla cosiddetta Intesa lo può aiutare a mantenere l'autocontrollo.
Tuttavia, sfortunatamente, il momento di pace pare durante non più di pochi minuti, i primi rappresentanti iniziano a raggiungere il salone e sul corridoio riecheggiano nient'altro che i passi del suo inglese preferito.
Arthur Kirkland – uno sguardo annoiato dipinto sul volto lo accompagna ovunque lui vada, ma in quell'occasione le sue iridi smeraldo paiono illuminarsi non appena incontra la figura solitaria di Romano.
«Sei così stupito di trovarmi qui, Kirkland?»
Non si meraviglia più, in fondo rappresenta l'Italia agricola, arretrata – come si dice spesso – e l'essere giunto a Londra è servito più per supportare il fratello che per reale importanza.
«Essere stupiti non significa essere infastiditi.»
Arthur è bravo con le parole, forse lo è sempre stato, e non è un caso che i due fratelli abbiano trattato più con il governo britannico che con quelli degli altri Alleati; Romano ancora si domanda come sia possibile che paesi così diversi tra loro siano finiti in un'unica coalizione, ma non si lamenta.

«Può sembrare un paradosso, ma sono contento di vederti dalla nostra parte.»
Il biondo si avvicina a lui e Romano lo osserva in volto per comprendere se sia la verità; la sua espressione racconta di una nazione pronta al peggio e, anche se non lo vuole ammettere, è rincuorato dalla determinazione emanata dall'inglese.
«Non lo faccio per te, è solo per Feliciano.»
L'italiano distoglie lo sguardo e sente il proprio volto avvampare; la famiglia – anche Arthur sa che cosa significhi preoccuparsi per le persone a cui si è legati e forse quella è l'unica cosa che li accomuna realmente.

Così Kirkland lo guarda, accenna un amaro sorriso e nonostante sia una delle nazioni più importanti al mondo, non può che invidiare il sentimento che unisce i due fratelli anche in periodo di guerra.
«La famiglia è la patria del cuore, è così che dite voi?»


 
Note:

Buona(notte)sera; eccoci a questo capitolo!
Devo ammettere che ne sono soddisfatta, alla fine ho trovato riferimenti che mi hanno convinto a scrivere su questo periodo storico.
Inizialmente ero indecisa tra diversi avvenimenti, ma alla fine ho scelto questa data.
Detto questo, spiego un po' di cose:
Aprile 1915 – Venne fermato un patto segreto tra Italia e forze dell'Intesa (UK,Francia e Impero Russo) durante il governo di Salandra senza che il parlamento ne sapesse nulla, ho citato Sonnino poiché era il ministro degli Esteri del tempo.
Si dice che effettivamente l'Italia avesse rapporti più "stretti" con la Gran Bretagna che con le altre due, anche se poi, come sicuramente saprete, l'Italia ha ottenuto ben poco di ciò che sperava.

Ho pensato che i due fratelli accettassero la guerra solamente per poter prendere gli ultimi territori a quei tempi ancora sotto l'Impero Austro-ungarico per concludere "la riunificazione" e per questo mi sono soffermata anche sul concetto di famiglia.
L'Impero Britannico iniziò ad avere seri problemi interni durante quegli stessi anni, considerate che nel 1916 ci fu l'Easter Rising in Irlanda e gli irlandesi combattevano all'estero per un paese che non li rappresentava minimamente. (e lo stesso vale per gli indiani, i canadesi e molti altri.); per questo mi piaceva l'idea che Arthur invidiasse l'amore fraterno tra Feliciano e Romano.(Anche se, a dirla tutta, non è che l'Italia non abbia avuto problemi per conto suo...)
Ultima cosa – "La famiglia è la patria del cuore" è una citazione di Giuseppe Mazzini, patriota genovese che passò un lungo periodo di esilio a Londra; credo che sia perfetta per riunire il Regno Unito con l'Italia.


Detto questo, il prossimo personaggio con cui avrà a che fare Romano è Spagna – il che non mi rende particolarmente contenta, maaa, ho già fatto ricerche e quindi mi sono fatta un'idea su cosa scrivere.
Approfitto anche con il dire che scriverò le ultime tre flashfics, concludendo la raccolta; su il fandom di Hetalia ci sono sempre e al momento ho attive due storie: una storica con la pairing GerAus e una PrusPol che sto per finire – spero al più presto, quindi mi trovate e mi troverete spesso in giro. (Ho tante di quelle fanfic da scrivere...)
 

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Capitolo 10
*** Benevolencia ***


Benevolencia
{1746 – Napoli}
 
Passi leggeri riecheggiano sul pavimento in marmo della Basilica del Carmine Maggiore, un fischiettio spensierato risuona lungo l'ampia navata e una figura è proiettata sull'altare, creando un gioco di ombre con la luce del sole che filtra dalle finestre.
La chiesa pare abbandonata a sé stessa, le uniche voci che si odono provengono dalla piazza ove si affaccia il santuario, ma sono solo schiamazzi lontani poiché Romano è ora sulla soglia del luogo sacro e lascia che il portone si richiuda lentamente alle sue spalle.
«Che delusione, sono bastati un paio di anni e hai già smesso di essere cortese con me.»
Sud Italia riconosce senza alcuna complicazione la sua voce, trova insopportabile il suo strambo vittimismo e il modo in cui cerca vanamente di apparire gentile; tuttavia, cerca di apprezzare lo sforzo e accenna un sorriso dettato più dalla circostanza che da reale interesse.
«Non sono mai stato cortese con te, dovresti essere abituato, no?»
Spagna adora l'ironia di Romano, è capace di pungerlo anche nei momenti di calma e il suo carattere irascibile non lo fa allontanare, anzi, in un modo o nell'altro ritorna sempre da lui, nonostante tutte le guerre e i fraintendimenti.

«Vedo che la compagnia di Roderich non ti ha addolcito per nulla, ne sono sollevato.»
Antonio si allontana dall'altare e i metri che lo dividono dall'italiano diminuiscono; bastano pochi passi, infatti, per avere il viso del più giovane di fronte al proprio.
Da quella posizione Romano può sentire il respiro calmo dell'ispanico contro la propria pelle, un sorriso divertito gli illumina il volto e con quei suoi occhi verdi lo osserva, attendendo di sentire le parole magiche che è certo di meritare.
«Mi hai aiutato, viva i Borbone, arrivederci e grazie.»
Il cinismo dell'italiano non raffredda l'animo di Spagna; quest'ultimo è fatto così, tremendamente testardo, tracotante e un gran pezzo di merda – direbbe Romano -, però ha le sue buone qualità, poche, ma salvabili.

«Hasta pronto è la parola giusta, Romano.»
Spagna osserva l'italiano allontanarsi, la sua figura si fa piccola verso l'uscita della chiesa e l'ispanico è quasi sul punto di arrendersi, ma Sud Italia si volta un'ultima volta, non guardandolo negli occhi poiché imbarazzato da ciò che sta per dire.
«Grazie, davvero.»


 
Note:
Buonasera;
inizio subito con i riferimenti storici poiché la flashfic potrebbe risultare del tutto senza senso: si parla del 1746, Carlo di Borbone (III° di Spagna) è diventato sovrano del Regno di Napoli nel 1734 dopo aver sconfitto gli austriaci. (Che avevano il sud Italia dopo il trattato di Utrecht del 1713)
Ho scelto questa data perché il sovrano giunse nella Basilica per parlare ai suoi sudditi dicendo che non ci sarebbe mai stata la Santa Inquisizione nel suo regno; l'idea di un tribunale era stata proposta da un arcivescovo, ma i napoletani ne furono molto contrari. (Tanto da, appunto, chiedere al re di intervenire.)

Ho pensato che Romano provasse sentimenti contrastanti a riguardo poiché la presenza degli spagnoli dagli storici è considerata negativa/positiva; personalmente rimango dell'idea che si tratti comunque di una dominazione, non per altro, gli stessi napoletani hanno organizzato più di una volta rivolte nei confronti della monarchia. (I napoletani hanno la rivolta nel sangue, che grandi.)
C'è anche da dire che questo Carlo è stato comunque considerato un buon sovrano e questo spiega il perché dell'ultimo ringraziamento di Romano.
Parlando di Spagna, sinceramente ho quasi sempre scritto di lui in modo "positivo" perché i periodi di cui ho trattato in precedenza mi permettevano di esaminare un lato diverso di Antonio (e comunque non ho mai scritto di lui con Romano); in questo caso volevo ritrarlo come una nazione superficiale perché mi annoia l'idea di uno Spagna che salva Sud Italia perché gli vuole bene, etc. Etc...
Si parla di una delle nazioni più ambiziose della storia, macchiata di gravi crimini e non me la sentivo proprio di farlo passare come il solito simpaticone spensierato.

Altre note (Oggi sono più lunga del solito) :
Hasta pronto è traducibile come un "Arrivederci", l'ho preferito ad un adiós perché il significato sarebbe stato del tutto diverso.
Non penso di dover spiegare il titolo.

Detto questo, il prossimo è Canada!


P.S. Io e la Spamano non andremo mai d'accordo, ho una forte avversione per questa pairing e non sarei riuscita in nessun modo ad inserire un accenno alla coppia. Sorry not sorry.
 

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Capitolo 11
*** Trêve ***


Trêve
{25 Dicembre 1943 - Ortona}


A Romano non è rimasto più nulla, l'orgoglio è andato disperso in mezzo alle macerie della Cattedrale.
Le strade sono impercorribili, le persone non hanno più un luogo in cui rifugiarsi e Romano – forse per la prima volta in tutta la sua vita – trattiene le lacrime perché non vuole mostrarsi debole davanti ai cittadini, non vuole scoraggiarli, ma non ha neppure la sfrontatezza di dire loro che tutto andrà bene.
Natale – non può essere come una qualsiasi altra festività; la guerra ha portato via tutto già da un paio di anni e quello che Romano può donare al proprio popolo è solo quello, un fottuto conflitto, delle morti per cui piangere e dei nemici da odiare.

Sud Italia non sa di chi si possa fidare e per questo si affida solo al suo istinto.
Li odia tutti, dal primo all'ultimo; neppure gli importa se i loro abiti sono segnati da una croce uncinata o se dentro alle tasche delle loro divise si nascondano cioccolato e inutili sigarette americane.
Odia tutti a prescindere perché, che siano tedeschi o Alleati, il suo paese è ormai ridotto ad una miseria e lui si sente avvilito; non crede più a nulla, né alla pace né a superficiali promesse, ma fa del suo meglio per combattere.
Non si vuole arrendere, pensa a tutto ciò che sta perdendo e sa che una fine deve pur giungere; mancano ancora così tante città da liberare, ma aver resistito per mesi deve per forza significare qualcosa.

E poi, mentre è disperso nei suoi pensieri, lo incontra: lo riconosce dalla sua carnagione chiara, una sottile ferita gli riga la guancia pallida e i suoi occhiali hanno le lenti incrinate, riflettendo la figura dell'italiano dieci o forse cento volte davanti a lui.
Gli tende la mano, il suo viso è incupito da un'espressione che Romano non ha mai visto sul suo volto, ma forse è la prima volta che lo osserva da così vicino.
Canada è una grande nazione, ma la storia non gli ha portato molto onore; è dimenticato, spesso e volentieri, ma ora l'attenzione di Romano è completamente dedicata a lui e a lui soltanto.
«Non lo faccio per pietà, poi rifiutare il mio aiuto, se desideri.»
Matthew arrossisce perchè, anche se è lui ad essere in una posizione di netto vantaggio, è intimorito dalla figura del piccolo italiano; legge nel suo sguardo la rabbia repressa, l'angoscia per un futuro incerto, ma anche il desiderio di vedere la fine di quella guerra.
E in parte lo invidia – non per ciò che sta passando – ma perché, nonostante tutto, riesce a superare le difficoltà senza mai sembrare miserabile.

E' strano, quello che succede subito dopo; Romano giustifica quel gesto perché, in fondo, è Natale, non vuole apparire il solito irascibile di sempre e poi Canada sembra averne più bisogno di lui.
«Buon Natale, Matthew.»
Sud Italia lo stringe in un abbraccio goffo e nonostante non possa vederlo in volto, è certo che ora stia sorridendo.



 
Note:
Buongiorno! Capitolo molto sentimentale, nonostante si parli di guerra.
Come si comprende dalla data siamo durante la Campagna di liberazione dell'Italia; incredibile come si parli spesso dell'intervento degli statunitensi scordandosi completamente dei canadesi.
E' una vergogna poiché ne sono morti, eccome, e sì, anche se il Canada sembra il paradiso sulla terra, anche loro ne hanno fatte di cose. (positive e negative.)
Ortona è un paese abruzzese dove è possibile visitare il cimitero canadese; viene considerata la "Stalingrado" italiana perché è stata numerose volte bombardata, i cittadini non avevano più luogo dove andare.
Ho citato la Cattedrale perché venne letteralmente distrutta dai tedeschi pochi giorni prima di Natale.
I canadesi il 25 dicembre prepararono delle grandi tavolate nei luoghi liberi della città per poter festeggiare il Natale, si alternavano per festeggiare e mangiare tutti assieme.


Ho pensato che Romano odiasse gli Alleati quasi quanto i tedeschi perché, davvero, l'arrivo delle forze angloamericane non è stato così eroico come tutti pensano; (O almeno, non è stato solamente eroico.) però lo stereotipo generale che si ha ora del Canada è che lì siano tutti "buoni", quindi mi piaceva l'idea che Romano fosse "affettuoso" con Matthew. (- anche perché Matthew è un personaggio davvero dolcissimo, non potevo fare altrimenti.)


Il titolo significa "Tregua" in francese.


La prossima – e ultima – fanfic sarà con uno dei miei (tanti) personaggi preferiti, ovvero Turchia!
Posso già dire che tra i due ci saranno buoni motivi per litigare haha.

 

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Capitolo 12
*** Özgürlük ***


Özgürlük

{1571 – Coste Italiane}


Romano non riconosce il gusto della vittoria, quando raggiunge la cella in cui suo fratello e Antonio hanno rinchiuso e torturato un prigioniero ottomano.
Ha affondato così tante imbarcazioni turche da non dare più peso ai cadaveri visti galleggiare in acqua; la guerra è così, e si convince di essere nel giusto poiché è una questione che va ben oltre ad una semplice conquista, è una lotta contro gli eretici.
Nonostante ciò, non trova nulla di blasfemo nello sguardo spento di Sadik Adnan; l'uomo è appoggiato alla parete fredda della proprio cella, il petto è segnato da ferite fresche che prima o poi spariranno e non pare intimorito dall'arrivo di Romano davanti a lui.
«Sei venuto a contribuire, oğlan
Il ragazzo si stupisce del ghigno divertito che è dipinto sul volto bruno dell'altro; dovrebbe essere un prigioniero, eppure appare tranquillo e per nulla infastidito al pensiero di poter essere colpito di nuovo.
Forse è uno sprovveduto – questa è l'unica spiegazione che Romano riesce a darsi, forse è convinto che il suo falso dio lo aiuterà a salvarsi dalla morte, ma l'italiano vuole insegnargli una lezione che non scorderà mai.

«Sono venuto a liberarti, idiota di un turco.»
Romano si china vicino a lui, si ritrova ad arrossire senza un motivo preciso, ma mantiene lo sguardo perché non vuole mostrare nessun segno di debolezza; non ne fa una questione personale, non prova pietà per quell'uomo, ma semplicemente vuole dimostrargli di essere in torto, che solo il Dio dei cristiani è fonte di verità e perdono.
«Adoro i vostri insulti, siete sempre creativi.»
Sadik decide di alzarsi solo quando la porta della sua cella viene aperta, Romano rimane immobile e lo osserva fare qualche passo per abituarsi all'idea di essere di nuovo un uomo libero.
«Loro non lo sanno, vero?»
Un'espressione cupa si dipinge sul volto di Romano, odia il modo in cui il turco lo stia sottovalutando; lo capisce dalla sua risata e dal disinteresse che si legge dai suoi gesti: per lui è solo un ragazzino, un ragazzino che ha deciso di disubbidire agli adulti che lo comandano.
«Posso prendere le mie scelte, tu preoccupati solo della tua libertà.»
Romano si irrigidisce nel vedere l'altro avanzare verso di lui; Adnan sfiora il suo mento con la mano e le sue dita affondano contro la sua pelle, stringendogli le guance paffute.
«Dovresti venire in Turchia un giorno.»
Il viso di Sadik ora si è fatto più vicino, Romano strizza gli occhi non appena le loro labbra si sfiorano, ma è solo un sospiro ad infrangersi sul suo volto e pochi attimi dopo il soldato è già lontano da lui.
«Non farti più vedere qui.»
L'italiano lo vede percorrere il lungo corridoio in pietra, pare ignorare il suo richiamo, ma prima di scomparire si volta e lo saluta con un ultimo sorriso beffardo.
«Non posso giurarlo e non farò del mio meglio. Arrivederci, küçük İsyancı





 
Note:
Buongiorno; ecco questa ultima fanfic che conclude la raccolta.
Avevo voglia di un Sadik che stuzzicasse un po' Romano che – tutto sommato – è sin troppo bravo in questa occasione.
La data è quella della battaglia di Lepanto, famosissima ed iconica; è piuttosto divertente che le persone ne parlino ancora oggi come grande vittoria contro l'islam, non sapendo che le religioni sono sempre un pretesto.
Inizialmente volevo descrivere la scena di tortura con Feliciano e Antonio, ma ho immaginato che Romano non sarebbe intervenuto a favore del turco perché per la Chiesa era una normalità trattare i presunti eretici con azioni violente.
Ho citato anche Spagna perché la battaglia fu combattuta dalla Lega Santa e siccome il Sud Italia faceva parte dell'Impero Spagnolo non avrebbe avuto senso escludere Antonio.
A parer mio la Repubblica di Venezia è una delle cose più fighe della nostra storia, davvero, e mi immagino un super badass Feliciano che odia i turchi, quindi Sadik rimane una delle nemesi più grandi per gli italiani.
Ovviamente il loro non è un addio, basti pensare alla guerra Italo-Turca per il dominio della Libia all'inizio del 1900.


Note linguistiche -
Oğlan – Significa letteralmente “ragazzo”, ma nel linguaggio slang è un modo per indicare una persona omosessuale (fondamentalmente il passivo, penso.); ho preferito comunque usare questo termine perché penso che il doppio significato sia una cosa recente.
Küçük İsyancı – Piccolo ribelle.
Il titolo significa "Libertà".


Con questo vi saluto! Penso che farò un'altra raccolta del genere prima o poi; sono indecisa che personaggio scegliere, quindi ci penserò un po' su.

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