I'm breaking free from these memories

di azkaban
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo uno ***
Capitolo 2: *** capitolo due ***
Capitolo 3: *** capitolo tre ***
Capitolo 4: *** capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** capitolo sei ***
Capitolo 7: *** capitolo sette ***
Capitolo 8: *** capitolo otto ***
Capitolo 9: *** capitolo nove ***
Capitolo 10: *** capitolo dieci ***
Capitolo 11: *** capitolo undici ***



Capitolo 1
*** capitolo uno ***


Il terrore si propagò per tutta la villa. Le urla rimbombarono lungo il corridoio. Dei brividi percorsero la schiena di Draco. Serrò gli occhi cercando di non ascoltare. Ma il rumore di passi veloci di vittime che fuggono era troppo forte. Il Signore Oscuro continuava a sgridare i suoi seguaci e i goblin, mentre lampi di luce verde e rossa si intravedevano attraverso gli spiragli della porta del salone. Strinse la bacchetta non sapendo che fare: suo padre era dentro insieme agli altri, forse già morto.
«Per colpa vostra, per colpa vostra è stata rubata la coppa! Siete delle nullità!»
Altre urla e la porta si spalancò. Venne quasi travolto dalla folla che scappava se non fosse stato per una presa ferrea sul suo braccio. Si voltò di colpo impaurito per poi riconoscere il viso pallido del padre. Del sangue gli coprivano il vestito costoso, i lunghi capelli erano scompigliati, il viso scarno era perlato di sudore e gli occhi saettavano da una parte all’altra terrorizzati.
«Che diamine ci fai qui?! Razza di idiota … E’ arrabbiato.. E’ furioso… presto, presto» gli disse mentre lo spingeva verso le scale. Salirono veloci e Lucius continuava a tenere il figlio nella sua stretta salda nonostante le ferite inferte qualche giorno fa dal Signore Oscuro che lo facevano zoppicare. Arrivato in fondo ad un lungo corridoio, spalancò una porta e lo scaraventò dentro.
«Non uscire. Non provare mai più ad uscire di qui se non te lo ordina Lui stesso. Sono stato chiaro?» gli chiese senza effettivamente aspettare una risposta. Con grandi falcate raggiunge la finestra per chiudere le tende, ma si bloccò all’instante alla vista del Signore Oscuro che camminava – strisciava - lungo il viale insieme all’animale e poco dopo si smaterializzava. Sospirò pesantemente e fece passare una mano lungo i capelli. Le mani continuarono a tremare. Una piccola risata uscì dalle labbra e si voltò verso il figlio che ancora era immobilizzato sulla soglia della porta.
«Se ne è andato… possiamo stare tranquilli… per un po'… si…» disse con sguardo folle perso nel vuoto «si… si… andrà tutto bene… Narcissa… devo trovare Narcissa…» mormorò in fine uscendo dalla stanza lasciando da solo Draco.
 
Viene riscosso dalla pesante porta di metallo che si apre lentamente. Uno spiraglio di luce illumina una piccola parte della cella. Socchiude gli occhi cercando di focalizzare chi fosse il matto ad entrare in un posto del genere. La figura entra silenziosa e si chiude la porta alle spalle. Ricadono nel buio e Draco si scompone facendo tintinnare le catene legate ai polsi e alle caviglie. Un brivido gli percorre la schiena pensando che fosse una delle guardie. Non riesce a pronunciare alcuna sillaba per via della gola secca.
«Malfoy?»
Accoglie la voce sentendone la sua familiarità. La sua mente lavora rapida per afferrare il ricordo legato a quel suono negli angoli più remoti del suo cervello. Ma è come se non lo stesse cercando veramente. Sente pronunciare un incantesimo di illuminazione e una sfera azzurra compare dall'altra parte della cella. Assottiglia lo sguardo per il bagliore della luce, mentre la sfera comincia ad avanzare. A pochi passi di distanza la bacchetta viene alzata per schiarire maggiormente attorno. Davanti a sé si ritrova una delle persone che non avrebbero mai messo piede ad Azkaban, ma anche una delle poche persone che si sarebbe aspettato di ricevere. 
«Non sembri sorpreso di vedermi.» sente dire con ironia.
«E' da parecchio tempo che aspetto la tua visita, Granger»
S'inginocchia davanti a lui e con qualche incantesimo lo libera dalle catene di ferro. Contento, si massaggia i polsi martoriati, segnati da una grossa cicatrice che gli avevano procurato le catene.
«Oggi è il tuo giorno fortunato, Malfoy. Finalmente vedrai la luce del sole.» gli tende la mano per aiutarlo ad alzarsi e la fissa immobilizzato.

«A che livello ti sei abbassato Weasley: frequentare ...Babbani... io mi vergognerei.»
Vide il padre osservare con disprezzo un uomo e una donna dall'aria disorientata e capì che si riferiva alla famiglia della Granger. Lucius si avvicinò al signor Weasley, si scambiarono qualche altra disprezzante battuta e si scatenò una rissa. La folla all’interno della libreria si agitò attorno e solo il guardiacaccia di Hogwarts ebbe il coraggio di dividere i due uomini. Con un tono di superiorità Lucius salutò.
«Ci vediamo al lavoro, Weasley.» poi gli voltò le spalle, poggiò una mano sulla spalla del figlio e uscirono entrambi dalla libreria.

Per tutto il viaggio il padre rimase in silenzio massaggiandosi i punti in cui ricevette duri colpi. Ogni tanto sentì borbottare un «La pagherà», ma si trattene nel chiedere spiegazioni. Erano anni che sia il padre che la madre gli ribadivano a Draco che i Sanguesporco e Mezzosangue non meritavano di usare la magia. Ma più ad Hogwarts vedeva ragazzi praticarla come lui, nati con le sue stesse capacità, più non era convinto dei valori che da secoli la famiglia Malfoy sosteneva. Ma di una cosa era certo: quella famiglia Weasley, Potter e anche quella stupida della so-tutto-io della Granger non potevano permettersi di insultare lui e tantomeno suo padre, o attaccarlo fisicamente come era successo quel giorno. Irritato non si accorse che erano tornati a casa. 
Appena varcarono la porta degli elfi domestici presero i loro soprabiti e li accompagnarono fino al salotto, dove la madre stava tranquillamente leggendo un libro. 
«Narcissa ancora stai leggendo?! Non hai altro di meglio da fare?» esclamò il marito sedendosi sulla propria poltrona in pelle nera. Uscì un sigaro dalla custodia, l'accese e sospirò pesantemente. 
«Lo sai, caro, che non trovo passatempo migliore della lettura. Dopotutto abbiamo una biblioteca così grande che è un peccato non sfruttarla.»
Lucius sbuffò con aria divertita per poi rivolgersi al figlio.
«Quei libri sono stati tramandanti di generazione in generazione della nostra famiglia. Adesso sono tutti tuoi, per approfondire i tuoi studi ad Hogwarts e per quando ti serviranno in un futuro ancora prossimo.» si portò nuovamente il sigaro tra le labbra divertito ancora di più quando vide Draco alzare gli occhi al cielo. «A proposito di studio
» riprese serio «Figliolo, non voglio più vedere Oltre Ogni Previsione. Devi dare il massimo altrimenti puoi scordarti quelle scope che mi hai chiesto per la squadra di Quidditch.»
«Ma...» cercò di protestare però la madre lo fermò in tempo.
«Ascolta tuo padre. Dal tuo impegno scolastico e dai tuoi voti dipenderà il tuo futuro.» gli disse.
Col broncio si sedette nel divano, anch'esso in pelle nera, vicino a Narcissa. Osservò per qualche secondo il padre fumare, ammirando la postura perennemente composta, rigida, altezzosa; i capelli perennemente sistemati lisci fino alle spalle, di quel biondo che si avvicinava incredibilmente al bianco; l'abbigliamento perennemente elegante, perfetto, come se glielo cucissero addosso; gli occhi grigi molto chiari, così identici ai suoi; l'anello di famiglia che perennemente indossava, mai l'aveva beccato senza. Per Draco la sua figura era come quella di un Re: potente, autoritaria,  risoluta, nobile, 
purosangue.
«Padre.» lo chiamò un pò agitato, voleva togliersi tutti i dubbi che lo assillavano «continuo a non capire bene perché… perchè disprezzate i Weasley…»
Lucius smise di fumare e la madre alzò nuovamente gli occhi dal libro. Si scambiarono uno sguardo prima che la donna lo chiudesse e se lo stringesse sulle gambe. 

«Di quanto ti sei lamentano quest’estate, pensavo che pure tu odiassi suo figlio e suoi amici: il signorino Potter e la signorina Granger…»
«Infatti è così…» rispose prontamente Draco «ma più che odiarli… non sopporto che ottengono tutto ciò che vogliono… quel Potter… solo perché i professori lo adorano perché è Il-Bambino-Che-è-Sopravvissuto… la scampa anche se va in giro di notte… poi quella Granger sempre preparata… »
Il padre alzò il braccio per interromperlo non sopportando l’idea di sentire per l’ennesima volta le lamentele di un 12enne.
«Ascolta figliolo. Qui non si tratta di essere bravi a scuola o riuscire a non beccarsi una punizione. Devi capire che i traditori del proprio sangue, in questo caso i Weasley, sono degli ingrati... ingrati perché hanno avuto il dono di possedere i poteri magici e invece sono affascinati dai Babbani e dalle loro stupidaggini… Vi sono casi poi che un purosangue genera dei piccoli bastardelli…»
«Lucius!» lo rimproverò la moglie. In risposta il marito fece un gesto di non curanza con la mano.
«Generano cioè dei Mezzosangue…» continuò «Sisi lo so, me l’avrai spiegato cento volte padre
» disse Draco spazientito «Ho capito la distinzione tra Purosangue, Mezzosangue e Sanguesporco… ma riescono lo stesso a compiere magie. Quello che sto cercando di chiedervi è… quale è quindi la differenza se nelle loro vene scorre sempre della magia …» cercò di spiegarsi Draco. ma la voce gli morì in gola incontrando lo sguardo gelido del padre.
«Per metà! Per metà! Metà del loro sangue è babbano, appartengono a una razza inferiore.»
Draco continuò a guardarlo accigliato e Lucius si impazientì.
«Benedetto ragazzo!» esclamò riprendendo il sigaro. «Quello che devi sapere è che non valgono più di uno straccio usato, in particolar modo coloro che nascono da genitori Babbani. Quello è proprio un oltraggio alla natura. Per esempio quella mocciosa che mi ha risposto a tono prima: non vale niente. Tu, Draco, sei altamente superiore a loro. Sei un Purosangue appartenente ad un delle più antiche famiglie del mondo magico. Anche la famiglia di tua madre è molto antica, quasi quanto i Malfoy. Oggigiorno sono davvero poche le famiglie come noi e dobbiamo preservare la nostra specie. Mi raccomando, non voglio che ti rapporti con certa gente. Non ci devi avere niente a che fare con i Mezzosangue. Non accettare il loro aiuto e tu non aiutare loro. I Malfoy preferirebbero morire piuttosto che abbassarsi ai livelli di quei pezzenti. Sono stato chiaro?»
Draco non rispose indeciso sul da farsi. Ancora non riusciva a cogliere quelle che per suo padre erano motivazioni più che valide. Per lui quel discorso significava solamente restrizione del suo spazio. E questo non lo tollerava. Vide che il padre aspettava una risposta e fece un piccolo cenno col capo per chiudere il discorso.
Lucius ritornò a rilassarsi nella poltrona e a fumare il sigaro, mentre Narcissa che fino a quel momento seguì la conversazione, ritornò a leggere il libro.
Draco cercò di distrarsi dalla precedente conversazione col padre e divenne curioso di sapere cosa stesse leggendo la madre. Assottigliò lo sguardo, leggendo qualche riga in modo da intuire che libro fosse.
«Che incantesimi sono questi?» domandò sperando che la madre gli insegnasse qualcuno.
«Incantesimi di protezione.» rispose incrociando gli occhi del marito che si voltò dalla sua direzione appena sentì quelle parole.


Afferra la mano e si alza da terra tremando. Le ginocchia non reggono perfettamente il suo peso e poggia una mano alla parete. Senza dire una parola, La Granger gli avvolge la snella vita e si mette un braccio intorno alle spalle.
«Forza, usciamo di qui.»
Improvvisamente si sente a disagio per quella gentilezza e tranquillità con cui lo porta fuori dalla cella. Camminano qualche minuto prima di raggiungere una nuova stanza. All'interno sono disposti un grande tavolo in legno con due sedie e una grande finestra che si affaccia al lago. Draco alza un braccio per ripararsi dalla luce penetrante che entra dalla finestra. 
«E' questo il meglio che sai fare? Mi aspettavo che mi facessi uscire da questo squallore.» dice beffardo. Da quanto tempo non parlava?
In risposta lo fa sedere malamente su una delle due sedie, seccata dalla sua irriconoscenza. Gli esce un verso di dolore mentre porta una mano sulla schiena.
«Gentile come sempre.»
«Potrei dire la stessa cosa.» 
Si accomoda anche lei dall'altra parte del tavolo e cala di nuovo il silenzio. Abituato finalmente alla luce, Draco osserva fuori dalla finestra. Oltre il lago congelato dal freddo si intravede le montagne coperte da un leggero strato di neve e delle nuvole grigiastre pronte a portare un pò di pioggia. 
«Avrei giurato che dopo la guerra si sbarazzassero di quelle creature. A quanto pare il Ministero si diverte molto ad usarli contro di noi.»
Gira la sedia verso la finestra per ammirare al meglio quella vista e memorizzarla nella mente. Oltre il buio della sua cella e qualche sprizzo di luce di qualche incantesimo non gli è permesso vedere nulla. Aspetta silenzioso che la Granger gli desse qualche spiegazione, invece rimane a guardarlo senza proferir parola. Aguzza la vista per riuscire a trovare la posizione del sole oltre le nuvole. 
«Granger» la chiama, incrociando le gambe e continuando a fissare il cielo «In che mese siamo?»
Passa qualche secondo. 
«Quasi metà Gennaio.»
Di sottecchi vede che si posiziona meglio sulla sedia e meccanicamente congiungere le mani. Un sgradevole pensiero passa nella mente di Draco.
«Di che anno?» sussurra, non volendo sentire la risposta. 
Silenzio. 
Sospira e si passa una mano sulla lunga barba.
«Chi ti ha mandato?» domanda distaccato, guardandola in viso. 
Come intimorita, ritira le mani dal tavolo, le strige a pugno e si volta verso la finestra, interrompendo lo scambio di sguardi.
«Harry...» 
Draco scoppia a ridere.
«Potter? Mi stai prendendo in giro?» ma il volto della Granger rimane impassibile. 
Si alza dalla sedia frustato da quella risposta per poi avvinarsi alla finestra.
«Non ho bisogno del suo aiuto»
«Infatti hai bisogno del mio. Diciamocelo francamente, Harry non sarebbe mai in grado di tirarti fuori di qui.E' un tipo che favoreggia più l'azione che la diplomazia. Fortunatamente per te me la so cavare nel campo della Magisprudenza.»
«Non capisco ancora perché lo sta facendo.» dice massaggiandosi le tempie.
«Non crede che ti meriti una punizione del genere, anche se eri al servizio di Voldemort» vede che il ragazzo fa una smorfia a quelle parole, ancora non convito di tutta quella bontà che il Salvatore del mondo magico gli stava donando. «Qualunque sia il vero motivo non importa» continua la Granger «ti vuole fuori di qui. Per lui è giusto così.» Si poggia alla finestra per un'improvvisa mancanza di forze. Accosta la fronte al vetro, accogliendo il freddo che cerca di penetrare da fuori.
«Malfoy, stai bene?»
«Per lui è giusto così…» mormora fra sé e sé. Prende fiato e si volta verso di lei. «Per te è giusto? Mi merito di uscire da Azkaban?» domanda quasi come un bambino che cerca il conforto della madre, mentre una frase continua a rimbombargli nella mente.
Draco… non sei un assassino…
Anche lei si avvicina alla finestra. Prende un grosso respiro prima di rispondere, come se si fosse già preparata la risposta, come se fosse sicura di sentirsi porgere quella domanda.
«Quando Voldemort era tornato, c'erano problemi più importanti di qualche litigata con voi Serpeverde. Ovviamente, non potevo certamente dire che fossi un bravo ragazzo, date le esperienze passate e per la famiglia a cui appartenevi; ma non potevo dire nemmeno che eri diventato un Mangiamorte completamente devoto al suo Signore, non esisteva alcuna prova. Prima di giudicare una persona devo conoscerne la storia, le motivazioni di certe scelte...» fa una pausa «Adesso che sono venuta a conoscenza di alcune cose sono della stessa opinione di Harry.»
«Non posso crederci che studi le persone, come facevi con i tuoi amatissimi libri. Sei ancora un topo da biblioteca?»
Si lasciano sfuggire entrambi una risata, ma immediatamente Draco viene percorso da brividi di freddo nelle spalle per via di un’immagine sfuggente, indescrivibile che gli passò davanti agli occhi. 
«Hai ragione. Ho la brutta abitudine di studiare qualsiasi cosa. Inoltre...» aggiunge posizionandosi davanti a lui, con un sorriso divertito «non mi sono per niente separata dai miei amatissimi libri.»
Non dice niente e rimane a fissarla stordito. Da quando la Granger non usava più quel suo solito tono di sfida? Da quando aveva cominciato a scherzare con lui? Cerca di distogliere lo sguardo dai suoi occhi nocciola, ma qualcosa gli impedisce di farlo. 
«Cosa ti ha convito ad aiutarlo a farmi uscire?»
Incrociano gli sguardi e la ragazza ne rimane incantata. Draco aveva gli occhi di una tonalità così rara, forse unica, magari un privilegio solo della famiglia Malfoy o della famiglia Black: grigio chiaro, con qualche tonalità più scura quasi invisibile.
«Dai documenti che ho letto, da quello che mi ha raccontato Harry sul tuo conto e da quello che ho visto con i miei occhi, penso che...credo che non hai avuto la libertà di scegliere con chi combattere, se con la nostra scuola o con i Mangiamorte. Non hai avuto possibilità di scegliere se combattere per salvare il mondo magico o salvare te stesso… e la tua famiglia»
Si sente nuovamente frustato da quella sincerità, da quel senso di compassione verso di lui, da quella gentilezza che gli stava donando in quel momento.

«Madre, non fategli fare questo. Non si rende conto di quello che sta combinando. Finiremo ammazzati!»
Quella era la terza volta che cercava di convincere Narcissa a rinunciare a quel folle piano.
«Tesoro, ascoltami.» cominciò sua madre con il solito tono pacato. «Andrà tutto bene. Sappiamo a cui stiamo andando incontro, ma è necessario per la nostra sopravvivenza. Per la
 tua sopravvivenza, Draco. In passato Tuo padre, in passato, ha fatto delle scelte sbagliate e anche io. Si anche io, non fare quella faccia.» disse subito la madre vedendo il viso contratto del figlio «adesso dobbiamo pagarne le conseguenze. Adesso non puoi capire perchè sei in preda alla rabbia e alla paura, ma lo stiamo facendo esclusivamente per te. Moriremo se non precediamo in questo modo.» concluse con gli occhi lucidi.
Draco non voleva cedere, sperava che cambiasse idea, la pregava con lo sguardo di incamminarsi verso l'uscita e scappare il più lontano possibile.
«Ci sono altri modi. Possiamo fuggire e nasconderci un un altro continente, possiamo cambiare identità e...»
Narcissa poggiò le mani sul volto del figlio e con un sorriso sulle labbra, mantenendo la sua riconosciuta compostezza, gli disse:
«Non possiamo fuggire per sempre. Lui ci troverà in un modo o in un altro.» col pollice gli accarezzò una guancia «Quanto sei cresciuto...16anni e guarda quanto sei alto. Ti prego Draco...Non fare stupidaggini. Fidati di tuo padre. Fidati di me.»
Sospirò rassegnato. Non era pronto per affrontare quello che sarebbe successo da quel giorno in avanti.


Una guardia entra rumorosamente nella stanza facendo entrambi sobbalzare. 
«Signorina Granger, il tempo è scaduto.» comunica rigido per poi con una mossa di bacchetta rimettere le catene a Draco. 
Cade a terra senza forze per sostenere quel peso. Vede la Granger cercare di aiutarlo ad alzarsi ma la guardia si posiziona davanti.
«Deve andarsene. Non me lo faccia ripetere.»
Apre la bocca pronta a protestare, ma ripensandoci serra le labbra. Esce dalla porta sentendo dietro di se un forte colpo e un verso di dolore.

Narcissa e Draco entrarono in quello che era l'ufficio del padre. Lentamente proseguirono verso la scrivania, ricevendo il benvenuto dal sibilo di Nagini. Il Signore Oscuro si avvicinò ai due e con un finto sorriso si rivolse al giovane. 
«Sei pronto, Draco?» domandò, sapendo che solo una era la risposta corretta.
Fece un cenno col capo e alzò la manica sinistra della camicia. Era paralizzato dal terrore. Voleva scappare, voleva dimenticare chi fosse, voleva abbandonare tutto, persino la magia. Poteva farlo. Doveva solamente correre verso l'uscita per poi smaterializzarsi dove voleva. Ma era impossibile con tutti quei Mangiamorte e lo stesso Lord Voldemort pronti ad ucciderlo. E se per fortuna ci sarebbe riuscito? cosa sarebbe successo ai suoi genitori? Sicuramente ammazzati per non aver educato il figlio a dovere. 
Strinse i denti quando il Signore Oscuro chiamò l'animale. Trattenne un grido, cercò di soffocare il dolore quando Nagini gli azzannò il braccio. 
Qualcosa andò in circolo nelle sue vene facendole rialzare dalla pelle e diventare nere. La temperatura nel suo corpo cominciò a diminuire, si sentì soffocare, sentì il cuore rallentare i battiti, i polmoni riempirsi di quel veleno. Era come se si stesse immergendo in una vasca di ghiaccio. Finalmente urlò sfogandosi per quella tortura. Si accovacciò a terra esausto, pronto a svenire. Poi Nagini lasciò la presa, il Marchio Nero apparve nel braccio e Draco perse i sensi. 

Angolo autrice:
Salve a tutti. Prima di tutto vi ringrazio se siete arrivati fino alla fine del primo capitolo. Quello che mi preme di più è che questa storia tempo fa l'avevo già pubblicata con un altro account. Pochi giorni fa ho deciso di riprenderla e modificarla. La base della storia è sempre la stessa per chi l'avesse già letta, infatti ho cambiato davvero poco se noterete. Provvederò al più presto per cancellare la versione vecchia se così posso chiamarla. Spero che ha attirato la vostra attenzione. Lasciate recensioni se avete qualche osservazione da darmi o altro. A presto! 

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Capitolo 2
*** capitolo due ***


La Granger in quei giorni continuava a fargli visita. Si chiudevano nella solita stanza spoglia che si affacciava al lago congelato circondato dai Dissennatori e lo tempestava di domande cercando qualcosa su cui appigliarsi per svincolarsi dalle accuse che il Ministero gli lanciò per rinchiuderlo ad Azkaban. Non sapeva da quanto tempo era rinchiuso, non sapeva se tutte quelle richieste, come conferme di uccisioni del Signore Oscuro e dei suoi tirapiedi, potessero realmente servire a qualcosa. Non sapeva se era conveniente sperare nel suo rilascio. In fin dei conti perché avrebbero dovuto farlo? Faceva parte di una delle famiglie più vicine al Signore Oscuro, era un Mangiamorte, era un assassino.
«Malfoy. Ascoltami.»
Sbatte le palpebre più volte per allontanarsi dai suoi pensieri, si volta verso di lei con sguardo spaesato.  Del sudore freddo gli scende lungo la nuca.
«Che hai detto?» domanda confuso.
«Ti ho chiesto: hai ucciso qualcuno nel periodo in cui eri sotto il comando di Voldemort?»
Si passa una mano sulla fronte togliendosi i capelli che gli ricadevano sugli occhi. Stringe le palpebre per togliere quella strana luce verde che sovrastava il suo sguardo. Li riapre notando che il suo avvocato non gli toglieva gli occhi di dosso.  Scuote la testa per riprendere lucidità.
«No?» sente chiedere.
Ma non risponde. Non vuole negare. Non vuole assentire. Non vuole rispondere. Così la fissa elevando un muro intorno al suo corpo. Esiste solo lui in quel suo piccolo spazio che si è creato. Nessuno può entrare, nessuno può uscire. Nessuna informazione del mondo esterno entra, nessuna informazione che possiede esce.
«Rispondimi, Malfoy.» dice autoritaria.
Rimane fermo, non si muove, non respira.
«Malfoy se vuoi uscire di qui devi rispondere alle domande che ti faccio! Devo sapere tutto per poi trovare una via d’uscita!»
Nessuna via d’uscita in quel posto che si è creato. Nessuno può entrare, nessuno può uscire. Nessuna informazione del mondo esterno entra, nessuna informazione che possiede esce. Continua a guardarla fissa, senza distogliere lo sguardo.
 
«Apri e fai subito irruzione, intesi?»
Annuì alle istruzioni del Mangiamorte per poi stringere maggiormente la presa nella sua bacchetta, mentre osservava gli altri quattro compagni.  Prese un grosso respiro e diede una forte spallata alla porta d’ingresso. Corse dentro, verso quella che sembrava la cucina, con il cuore a mille. Puntò la bacchetta ma non incontrò nessuno. Sentì dei passi veloci nelle altre stanze e nel piano di sopra. Forse nessuno era in casa. Forse hanno sbagliato giorno. Forse sarebbero tornati presto alla villa. Forse qualcuno si sarebbe salvato. Ma qualcuno doveva essere in casa: loro non sbagliavamo mai. 
«Ne ho trovato uno! Ne ho trovato uno!» urlò qualcuno in una stanza nello stesso piano della cucina.
Draco corse fuori in cerca di quel richiamo insieme agli altri Mangiamorte. Vide uno di loro trascinare dai capelli una signora sulla trentina.
«Io ne ho trovato un altro» disse infatti trionfante.
Si riunirono tutti in quello che era il bagno principale. Il Mangiamorte che urlò per primo aveva trovato l’uomo mentre si faceva un bagno. 
«Perfetto, eliminiamoli. Una famiglia di in meno.» disse quest’ultimo.
«Aspetta un attimo. Manca il figlio. Avevano detto che erano in tre.» notò un altro.
Si girarono tutti verso i coniugi, guardando prima l’uno e poi l’altro. 
«Draco e Tom setacciate la casa.» disse quello che doveva essere il capo del gruppo, mandando poi una Maledizione Cruciatus all’uomo all’interno della vasca da bagno.
«Eccolo qui il monello!» sentì dire dietro di lui. «Si era nascosto dentro la cassapanca del corridoio.»
Non poteva avere più di dodici anni e Draco si sentì gelare il sangue nelle vene. Gli venne sbattuto il ragazzino addosso e quasi non cadde per la paura. Quest’ultimo stava piangendo a dirotto, gli colava il naso e strizzava gli occhi per non guardarli. Lo trascinò con sé fino a che non si riunirono con gli altri. I genitori erano già stati uccisi. Il bambino urlò e cominciò a dimenarsi dalla sua presa quando vide i loro corpi privi di vita. 
«Draco falla finita tu. Mi danno fastidio le sue urla.»
Sgranò gli occhi e lasciò la presa del ragazzino. Approfittandone della situazione cercò di fuggire ma fu del tutto inutile, inciampò e cadde rovinosamente a terra vicino al corpo della madre. Un Mangiamorte mise le mani sulle spalle di Draco per farlo voltare verso quell’orfanello in preda ai tremori.  
«Prima poi dovevi farlo. Mica puoi stare al servizio del Signore Oscuro senza uccidere nessuno.»
Allo stesso tempo gli puntò la bacchetta dietro la schiena. Tutto era chiaro, qualcuno doveva morire: lui o quel bambino. Alzò tremante la bacchetta e guardò fisso quel corpicino accovacciato a terra che piangeva rumorosamente e non tratteneva i singhiozzi. 
Una luce verde illuminò la stanza.
 
 
«Devi fidarti di me!» gli dice risoluta.
Aggrotta le bionde sopracciglia, inclina leggermente la testa di lato. L’armatura ha una falla. Qualcosa può entrare e può uscire. Ma non una persona. Un’immagine sfuggente, troppo rapida gli passa davanti agli occhi e si posa sulla figura della Granger. Chiude gli occhi e scuote di nuovo la testa confuso, incredulo.
«Non capisco. Non me lo vuoi dire o non ti fidi di me?» domanda ancora.
Li riapre per guardarla.
«Fidati…» sussura la Granger, rivolgendogli uno sguardo dolce.
L’armatura crolla, cade pezzo dopo pezzo, si disintegra davanti ai suoi occhi. E in modo strano, quasi naturale, si lascia trasportare dalla sensazione di quello sguardo su di lui. Nessuno può mettersi in mezzo a loro due. Nessuno dei due può allontanarsi. Nessuno può toccarlo, nessuno può ferirlo.  Nessuno li può dividere. Che gli sta succedendo?
«Si. Più di una.»
Gli si irrigidisce la mascella a pronunciare quelle parole. Stringe i pugni sotto il tavolo. Ma non le toglie gli occhi di dosso. Si appiglia a lei, alla sua figura snella, al suo viso piccolo, ai suoi capelli raccolti in uno chignon, ai suoi occhi che non hanno cambiato espressione. Non è stupita, non è disgustata. Come se si fosse aspettata quella risposta. Non c’era niente da stupirsi in fin dei conti. E’ un Malfoy fino al midollo come gli hanno ripetuto sin da bambino.
«Dimmi di più. Chi erano, dove, come, perché, quando… tutto.» gli disse sempre impassibile, con la penna pronta a trascrivere ogni dettaglio.
Le racconta tutto con naturalezza. Come se l’avesse già fatto, come se avesse la sicurezza che non si sarebbe alzata e se ne sarebbe andata. Le racconta che la prima persona che ha ucciso era un ragazzino di 11 anni appena ammesso a Hogwarts di nome Aaron Sullivan. Le racconta che insieme al Ministero avevano ordinato di dividersi a gruppi per uccidere tutti i maghi figli di babbani e famiglia. Le racconta che veniva chiamato più di due volte a settimana per fare irruzione nelle case e portare devastazione. Le racconta che era l’unico modo per sopravvivere, altrimenti l’avrebbero ucciso. Ed era tutto vero. Le elenca tutti i nomi che ricordava, tutti gli indirizzi, tutti i compagni di missione, tutte le procedure che aveva per torturarli. Tutto. Non trascura niente. Tutto all’improvviso è nitido.
 
Si smaterializzò alla Villa appena uscì da quella casa dei sangue sporco e l’unica cosa che voleva fare era togliersi quei vestiti di dosso. Si spogliò frenetico lasciando pezzi del completo per la sua camera, si precipitò in bagno aprendo l’acqua della doccia. Bollente, l’acqua doveva essere bollente. Si mise sotto il getto ustionante, poggiando le mani nelle mattonelle del bagno e abbassando la testa. Serrò gli occhi con forza cercando di focalizzarsi solo sullo scorrere dell’acqua. Caldo. Caldo. Caldo. Verde. Il ragazzino disteso a terra con gli occhi vitrei. La bocca schiusa. Le lacrime che continuavano a rigargli il viso.  Avada Kedavra. Caldo. Caldo. Caldo. 
Qualcuno bussò alla porta. Sbarrò gli occhi e si accorse che aveva il respiro affannoso. Le nocche delle mani coperte doloranti coperte di sangue. Aveva preso a pugni le piastrelle. Non seppe quando tempo era passato, ma si sentì debole, la pressione che si abbassava. I vetri della doccia erano appannati, il vapore dell’acqua bollente riempì l’intero bagno offuscandogli la visuale. Si poggiò con la schiena al muro della doccia, facendo cadere davanti agli occhi i capelli bagnati.   
«Draco?»
Non era suo padre e nemmeno sua madre. ‘No non entrare’, voleva dire. Ma non gli uscirono le parole di bocca. La maniglia si abbassò e la lunga figura scivolò dentro il bagno. Riuscì immediatamente a riconoscere la figura slanciata e la lunga coda di cavallo.
«Daphne esci. Non è il momento.» Le ante vennero aperte con forza. Si ritrovò a guardare dritto nei suoi occhi azzurri e lacrime cominciarono a scendergli lungo le guance senza controllo, sperando che la ragazza li confondesse con il getto d’acqua. 
«Ti hanno coinvolto in quelle nuove leggi del cazzo.» 
Non era una domanda. Lo sapeva cosa gli avevano costretto a fare. Daphne era stata chiamata settimane prima di lui.  L’acqua venne chiusa e una tovaglia gli circondò le spalle. Venne spinto fuori dal bagno e fatto sedere nel letto. Sentì la testa pesante ma non abbastanza da chiudere gli occhi per dormire. 
«Lasciami solo.»
«Io sono rimasta a mollo quasi una nottata intera nell’acqua ghiacciata la prima volta. Se non fosse stato per-»
«Zitta.» la interruppe irritato.
Si ricordava perfettamente quando aveva provato a togliersi la vita dopo aver ucciso un neonato di appena un anno.
Lui e Blaise l’avevano ritrovata a mollo in una vasca piena di ghiaccio, completamente nuda con il viso e le labbra bianche come ceramica, quasi morta. Rimase paralizzato sulla soglia, mentre Zabini ebbe il riflesso di prenderla in braccio per farla uscire dalla vasca per poi trascinarla verso il letto.  Tutto poi si accelerò di colpo: afferrò Blaise e si smaterializzarono nella sua camera; gli ordinò di prendere più coperte possibili, mentre prendeva di peso Daphne e la portava vicino al camino. Si sedette a terra con ancora la ragazza tra le braccia, con qualche colpo di bacchetta accese il fuoco, l’asciugò e con un incantesimo di appello prese una pozione che conservava nella stanza. Le scostò i capelli ancora umidi dal viso con mani tremanti, poggiò due dita sul collo sperando di non essere arrivati troppo tardi. Sentì un lieve battito e con il cuore a mille e le versò in bocca la pozione. Zabini riappare e la vestirono e coprirono più che poterono, mentre Daphne cominciò a riprendere colore. Un sospiro di sollievo sfuggì ad entrambi. Pronunciò qualche incantesimo puntando la bacchetta sul petto della ragazza che, dopo qualche secondo, spalancò gli occhi e prese grosse boccate d’aria. Li guardò, prima uno poi l’altro, per poi scoppiare a piangere divincolandosi dalla presa di Draco.
«Perché?! Perché mi avete salvato? Non capite, non capite che volevo morire… io voglio morire… ho… ho… oh mio dio… quel bambino… ho ucciso un bambino…» disse mentre cominciata a piangere rumorosamente e si torturava le mani. Draco e Blaise cercarono di calmarla cercando di cingerle un braccio intorno alle spalle o accarezzandole il viso, ma lei li allontanava prontamente continuando a gemere. Quella notte dormirono tutte e tre insieme nel letto di Draco.
Dei ricambi gli vennero messi tra le mani. Si guardarono a lungo negli occhi prima che lui cominciasse a vestirsi. Qualcuno gli curò le mani senza accorgersene.
«Finirà presto. Devi solo resistere e abituarti.» sentì dire.
Si voltò verso quella voce profonda e incontrò gli occhi neri di Blaise. Nelle mente gli passarono diverse immagini dell’amico seduto sul cornicione della terrazza; di diverse mani che cercarono di impedirgli di saltare, di veloci colpi di bacchetta e alla fine nuovamente la sua stanza, coricati nel letto, ma senza effettivamente dormire.
Non volle discutere. Si infilò sotto le coperte cercando di dormire. Cercando di non continuare a immaginarsi quel ragazzino gracile, i suoi occhi che si spegnevano, all’urlo soffocato dalla maledizione, a quella maledetta luce verde che usciva dalla sua maledettissima bacchetta. E sapeva benissimo che alla fine non rimase solo. Che quei testardi ragazzi continuarono a vegliarlo, che ogni tanto si scambiavano qualche parola. Che dopo ore, non seppe quante, si coricarono occupandogli entrambi i lati. E Draco in qualche modo si sentì protetto. 

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Capitolo 3
*** capitolo tre ***


«Madre, madre!» urlò il piccolo Malfoy di appena 12 anni per le scalinate della villa «Madre, ho scoperto una cosa!»
La raggiunse nella biblioteca dove abitualmente verso il tardo pomeriggio si recava per una buona lettura. 
«Non dirmi che ti sei di nuovo avvicinato alle piante carnivore senza essere accompagnato da un elfo.»  chiese, mentre prendeva un libro in uno scaffale per poi dirigersi verso l’uscita.
«Ma no, ma no…» le disse cercando di starle dietro, mentre attraversavano il corridoio  «Stavo giocando in salone e ho scoperto che sotto il tappeto c’è una specie di cassaforte e dentro -»
«Cosa hai detto?» si fermò di colpo, facendolo sbattere contro la sua schiena.
«Ho detto che ho scoperto una specie di cassaforte nel pavimento del salone e ho trovato tantissimi oggetti strani e-»
Vide la madre sgranare gli occhi e stringere maggiormente la presa nel libro. Si inginocchiò davanti a lui con sguardo allarmato.
«Dimenticati di quel nascondiglio, non dire a tua padre che l’hai scoperto. Nessuno deve sapere che cosa contiene. Sono stata chiara?»
«Va bene» rispose col broncio. 
 
«Buonasera.» dice semplicemente quando vede la Granger entrare nella stanza.
Altri giorni – o settimane - erano passati, e cominciò a non rendersi più conto di quante volte andava a trovarlo, a non ricordarsi bene di cosa parlavano in quelle due ore in cui stavano insieme, cosa le domandava, cosa le rispondeva. Aveva le idee confuse, ricordi sovrapposti, immagini sfocate che ballavano nella sua memoria in una danza frenetica senza mai fermarsi. Qualcosa gli impediva di avere la mente lucida.
«Hai una visita.» dice con sorriso timido.
Aggrotta le sopracciglia, allungando il collo per vedere meglio oltre la soglia e il famoso Harry Potter fa capolino nella stanza.
«Oh.» sussurra sorpreso.
«Ciao. Come stai, Malfoy?» gli domanda amichevolmente.
Incrocia i suoi occhi e si irrigidisce sulla sedia, in preda ad un improvviso mal di testa. Ricordi confusi continuano a vorticare nella sua mente troppo in fretta e lui è troppo debole per riuscire a focalizzarli. Si passa una mano tra i capelli, pensando che magari poteva chiedere di farglieli accorciare un minimo, si guarda intorno con la testa ancora pulsate. Si volta nuovamente verso Potter e nota che si scambia sguardi incomprensibili con la sua vecchia amica. Ma già gli occhi verdi puntavano su di lui. Forse sta cominciando ad avere anche le allucinazioni.
«Bene.» risponde titubante.
Gli rivolge un piccolo sorriso prima di accomodarsi anche lui. Da quando San Potter gli parla in quel modo? Da quando ha smesso di guardarlo con fastidio? Da quando si interessa di lui?
«Allora, andiamo dritti al punto.» comincia senza preannuncio «Hermione ha avuto un’idea. Forse riesce a trovare qualcosa, anche banale, per scagionarti o per rivoltare la situazione a tuo favore.» prende una paura aggiustandosi meglio gli occhiali tondi sul naso «Forse, riusciremo a trovare una prova che può confermare la difficile posizione che avevi quando Voldermort era tornato. Ma per fare ciò dovremmo ispezionare da capo a piedi casa tua.»
Lo guarda fisso, cercando di mettere in fila le parole che in quel momento aleggiavano nell’aria. Serra la mascella quando realizza.
«Ci serve prima di tutto il consenso del Ministro, già procurato tra parentesi» aggiunge con sguardo divertito «e quello del padrone.»
Con gesto meccanico mette le mani sul tavolo, poi le riposa sulle gambe stringendole a pugno. Prede un respiro. Due respiri. Tre. Quattro. Chiude gli occhi lentamente e poi li riapre. Guarda prima uno e poi l’altro. Si gratta nel petto, trovando un certo fastidio nel sentire la lurida stoffa che gli hanno dato come vestito. Vogliono introdursi a casa sua, mettere a soqquadro ogni stanza, analizzare ogni angolo. Vogliono entrare nella sua camera da letto e cercare qualcosa che non esiste, qualcosa di non tangibile. Non c’era nulla che potesse riguardarlo in quella villa. Non era rimasto nulla che potesse aiutarlo. Ma non era rimasto nemmeno nulla che potesse accusarlo. Quella casa era stata ripulita anni fa. Suo padre si era occupato di tutto, ancora prima che il Signore Oscuro risorgesse. E dopo che Lui è caduto sicuramente il Ministero della Magia perquisì tutto ciò che poteva incriminarlo.
«Non troverete nulla.» comunica con voce tagliente.
Tutta la speranza svanisce in una sola frase. Guarda fuori dalla finestra, osserva i Dissennatori volare nel cielo e vicino all’edificio. Non c’è via di scampo. Non uscirà mai di li. Sospira pesantemente mentre la Granger prende parola.
«Non importa. Andiamo comunque.»
«Non puoi davvero credere di trovare qualcosa, Sanguesporco.» le dice freddo fissandola negli occhi.
«Non importa, ho detto. E’ sicuramente meglio di starcene qui fermi a parlare sempre delle stesse cose!» gli risponde con rabbia, lasciando letteralmente basito Draco.
«Hermione.» la richiama l’amico.
La osserva silenzioso, notando che è molto agitata e nervosa, che sicuramente si era preparata di fretta e furia per arrivare alla prigione visto i capelli legati in mal modo e la camicia non stirata. Ma nel suo sguardo intravedeva non solo l’impazienza, ma anche una nota di gioia e speranza. Vede che cerca di controllarsi dalla sua irrequietezza, accavallando le gambe più e più volte, aggiustandosi il ciuffo più e più volte, incontrare il suo sguardo e distoglierlo più e più volte. Non vuole guardarlo dritto negli occhi. Perché le importava così tanto? Si domanda, ma viene distratto dalla voce del Salvatore.
«Allora?»
«Va bene.» risponde strisciante, continuando ad esaminarla.
Qualcosa in lei gli trasmette fiducia e improvvisamente vuole incontrare i suoi occhi nocciola e aggrapparsi ad essi, abbracciare il loro calore e sprofondarsi in quella profondità d’espressione che gli era tanto familiare. Troppo familiare.
«Perfetto.» dice Potter alzandosi dalla sedia. «Partiamo immediatamente! Hermione prepara Draco!» ordina velocemente prima di dileguarsi dalla stanza.
«C-cosa?»  domanda confuso.
Prepara? Draco?
«Quando ha fatto la richiesta ha insistito di portarti con noi.» gli spiega con calma per poi alzarsi e mettergli le manette sia alle mani che ai piedi «Devo farlo, è tra le condizioni del Ministro.»
 
Uscì dalla sua camera in punta di piedi con indosso solo un paio di boxer. Mancava poco più di quaranta minuti all’alba e ancora Draco non riusciva a prendere sonno per via di quella cassaforte che i suoi genitori tenevano sottochiave. Si rigirava e rigirava tra le coperte ma l’unica cosa che gli passava per la mente era il tappeto antico sotto in salone. Scese velocemente le scale, curioso come non mai a sbirciare nuovamente tra gli strani oggetti che si accatastavano in quel piccolo rifugio. Camminò lentamente attento a non fare alcun rumore lungo il corridoio. 
«Pa-padron Malfoy, non può stare alzate a quest’ora.» 
Sobbalzò all’improvviso, sentendo quella voce stridula alle sue spalle.
«Zitto Dobby. Non disturbarmi, vattene.» ordina immediatamente sperando che i genitori non si siano svegliati.
 «Mi - mi dispiace.. mi dispiace.. ma a Dobby è stato ordinato di tenervi d’occhio giorno e notte e… a - a Dobby è stato anche detto di impedirle di andare nuovamente a curiosare nel posto che al signorino Malfoy è stato proibito.» gli spiegò tremante pentendosi subito dopo di averlo detto. Infatti cominciò a sbattere la testa contro il muro trattenendo versi di dolore.
«Chi te l’avrebbe ordinato? Stai fermo stupido elfo!» lo afferrò per il braccio in mal modo e incrociò il suo sguardo intimorito «Rispondimi!»
«Vo-vostra madre.» squittì
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, stufo degli ordini della madre. Girò le spalle all’elfo per addentrarsi per entrare nel salone ma un sonoro colpo lo fece arretrare. Dei passi risuonarono all’interno. Indietreggiò fino a che trovò nascondiglio in un angolo dietro ad un grosso mobile. Dobby lo seguì terrorizzato, non sapendo che altro fare, mormorando punizioni che si sarebbe inflitto per aver disobbedito ai suoi padroni. Draco gli mise una mano sopra la bocca per impedirgli di dire altro, proprio un attimo prima che le figure dei suoi genitori uscissero dalla porta. La madre indossava l’elegante vestaglia da notte, e si stringeva nelle spalle con sguardo preoccupante, mentre il padre vestito allo stesso modo del giorno prima, teneva tra le braccia numerosi oggetti che sapeva perfettamente appartenere a quella misteriosa cassaforte.  
«Tu sei pazzo! Ti rendi conto che hai intenzione di fare? Finalmente siamo riusciti ad ottenere una vita tranquilla e adesso guardati: pronto a mandare tutto all’aria!»
«Oh ti prego Narcissa. Non è niente! E’ solo un diario incantato. Ti ripeto: di tutte queste cose me ne sbarazzerò, non accadrà nulla di male.»
«Incantato. Incantato! Stai praticamente cercando di farLo ritornare!» quasi urlò nel dire quella frase.
«Non mi farai cambiare idea.» disse il padre prendendo le scale per dirigersi ai piani superiori. 
Il resto della conversazione non riuscì a percepirlo. Afferrò per l’orecchio l’elfo e gli bisbigliò «Scopri di che cosa stavamo parlarlo e vieni a riferirmelo subito!»
«Ma- ma non posso-» ma venne colpito da un calcio nella schiena e dovette obbedire all’ordine.   
Pochi minuti dopo Dobby comparve nella sua camera e cominciò a graffiarsi le orecchie. Immediatamente Draco lo costrinse a rivelargli quello che scoprì e l’elfo non poté fare a meno di raccontargli che il Ministero voleva perlustrare la loro casa per scoprire qualche oggetto collegato alla Magia Oscura, ma che suo padre aveva già avuto l’idea di vendersi tutto. Tranne un diario. Un diario appartenuto ad un certo Tom Riddle. Lucius Malfoy voleva darlo a qualche studente del primo anno di Hogwarts per un esperimento che l’elfo non riuscì a capire, ma gli disse che era pur certo centrasse con colui che distrusse il Signore Oscuro. Lo voleva morto.
Al ragazzo non ci volle molto a capire le intenzioni del padre, sapeva tutto di Voldemort e i rapporti che aveva con la sua famiglia e soprattutto grazie alla conversazione che origliò poco prima. Sua madre era non solo preoccupata ma anche spaventata. Non l’aveva mai vista in quello stato prima d’ora. Per questo se lo sentiva nelle vene che qualcosa di terrificante stava per accadere. 
«Se mia madre dice che può farlo ritornare allora deve essere così.» rifletté per poi sospirare. «Avverti Potter. Fa qualsiasi cosa per non farlo tornare a scuola. Se devi ricorrere alla forza, fallo. Sarei davvero felice sbattergli in faccia la mia nuova Nimbus Duemilauno, ma questo è più importante.» gli disse serio.
«Ma-ma Dobby non può rilevare i segreti dei suoi padroni... Dobby passerebbe dei guai se i suoi padroni lo scoprissero… »
«E’ un ordine del tuo padrone questo. E non devi per forza dire tutto a Potter solo il necessario. E non ti azzardare a raccontare ad anima viva questa conversazione. Deve rimanere tra me e te soltanto. Adesso vattene!»
L’elfo si smaterializzò davanti ai suoi occhi e un attimo dopo si ritrovò sua madre guardarlo con cipiglio severo.
«Non mi interessa quello che hai fatto. Ma non intrometterti mai più. Quello che hai sentito... il progetto di tuo padre… è pericoloso Draco. Devi stare alla larga da queste cose. Promesso?»
Sentì il sudore colargli lungo la fronte. Quando Narcissa chiedeva di prometterle una cosa non accettava repliche e delusioni.
«Promesso.»   
 
«Non è cambiata per niente.» gli sfugge dalle labbra quel pensiero dopo aver attraversato il cancello della Villa. Se non fosse per il giardino non più curato, era esattamente come l’aveva lasciata.
E mentre si guarda attorno per vedere nuovamente la sua casa, il luogo in cui è cresciuto, segue con difficoltà il passo veloce di Potter che, davanti a lui, puntava dritto all’entrata della villa. Si volta dietro per dare un’occhiata alla Granger accompagnata da un Dissennatore – l’altra condizione che il Ministro diede –, osserva la sua lontra fluttuare attorno a loro per proteggerlo dalla guardia di Azkaban. Trattiene il respiro quando si avvicinano alla porta di casa e ricomincia a respirare solo quando attraversano la soglia, si chiudono la porta alle spalle, lasciando fuori il Dissennatore, e vengono sovrastati dal silenzio della casa.
Lo osservano entrambi aspettando qualcosa, ma Draco rimane immobile per non rischiare di rompere quella quiete.
«Bhè» prende la parola Potter «Quelle non ti servono.» gli dice prima di togliergli le catene con un colpo di bacchetta.
«Harry! Hai sentito il Ministro, devi lasciarlo incatenato!» protesta subito la Granger.
«Hermione… qui non c’è il Ministro o sbaglio? Ci siamo solo noi.»
«Hai firmato un contratto!»  contesta ancora ma l’amico le aveva già girato le spalle.
Un sorriso si forma sul volto di Draco mentre lo seguiva e si massaggiava i polsi martoriati. Pochi secondi dopo sente dei passi corrergli dietro.
«Uomini!» sente dire e non può fare a meno di ridere.
Su richiesta si dividono: la ragazza avrebbe perlustrato i piani superiori, mentre loro due il piano terra e i sotterranei.
«Non troverete niente. Mio padre ha ripulito tutto al nostro secondo anno. E sono sicuro che subito dopo la vostra vittoria vi sarete divertiti a prendere ogni minimo oggetto qui dentro.»
«Vostra vittoria? Draco, tu e la tua famiglia non siete mai stati completamente dalla Sua parte. Non è così?» gli chiede, dopo esservi fermato davanti a lui e guardandolo negli occhi. Sostiene lo sguardo, ma non risponde. Dopo pochi secondi lo oltrepassa ed entra nel salone di casa sua. Era completamente vuoto. I divani, le poltrone, il lungo tavolo, le sedie, i soprammobili, il tappeto e persino i candelabri che erano attaccati alle pareti, era tutto sparito. Solo il grande specchio con la cornice d’oro era rimasta sopra il camino. Quello era parte integrante della casa.   
«Meglio darsi da fare Potter, potremmo metterci un’intera giornata a controllare tutto.» dice con sarcasmo.
Ricordi si fanno vivi nella sua mente mentre cammina: urla di gente punita, corpi sofferenti per la maledizione cruciatus, cadaveri lasciati dissanguati per ore intere sul pavimento, Nagini che strisciava verso le vittime e le scuoiava pezzo dopo pezzo. Scuote la testa, chiude gli occhi, prende un grosso respiro e lo rilascia rumorosamente.
«Malfoy?» viene chiamato da Potter con un tono di voce stranamente troppo amichevole. Lo ignora sempre più stordito da tanto interesse da parte del ragazzo che per tanti anni non ha fatto altro che perseguitarlo.
Si avvicina all’apertura nel pavimento. E’ quasi invisibile ma si ricorda perfettamente la posizione. «Qui, esattamente qui c’è una piccola botola. Mio padre ci teneva tutti gli oggetti che potevano collegarlo alla Magia Oscura. Con gli anni ho scoperto che solo un Malfoy la può aprire…» lo guarda aspettandosi una reazione di sorpresa, ma il Bambino che è Sopravvissuto rimane impassibile. Come se già lo sapesse.  Lo continua ad osservare perplesso. «Non sono sorpreso perché lo so già. Da parecchi anni a dire la verità. Al nostro secondo anno con la pozione polisucco io e Ron ci siamo trasformati in Grabbe e Goyle. Volevamo scoprire se sapessi qualcosa su chi avesse aperto la Camera dei Segreti. Ti sei vantato di questo nascondiglio con loro…»
Lo continua a guardare e gli sfugge una piccola risata. «Devo ammetterlo: avete avuto una grande fantasia a progettare quel piano. Se fossi stato in te mi sarei semplicemente messo il Mantello dell’Invisibilità e ti avrei seguito fino ai dormitori.»
Il Prescelto ricambia il sorriso prima di rispondere «Non ci sono mai piaciuti i semplici piani…Hermione poi era così sicura che funzionasse che non potevamo protestare.»
Dimenticati per qualche secondo i ricordi e più sereno, Draco si china verso il pavimento e con un semplice tocco la cassaforte apparve. Guardano entrambi all’interno e tirano fuori le diverse scatole presenti.
«E’ qui che teneva il diario di Tom Riddle vero?»  si sente chiedere alle spalle.
 Annuisce lentamente aprendo una piccola scatoletta argentata che custodisce una perla bianca. La riposa per poi voltarsi verso di lui. Lo vede trattenersi nel dire qualcosa, ma riusciva a leggere nel suo sguardo una curiosità tipica di un bambino.
«Puoi domandarmi quello che vuoi.» gli dice semplicemente «Non dobbiamo collaborare per liberarmi?»
Riceve un sorriso in risposta e Draco distoglie lo sguardo.
«Sapevi che voleva darlo a Ginny?»
«Sapevo solo che voleva darlo ad uno del primo anno per arrivare in qualche modo a te. Una sera ho sentito una conversazione con mia madre e lei diceva che poteva farlo risorgere.»
«Ci era quasi riuscito.» 
 «So molte cose, Potter. Forse molte più di te. Ti ricordo che ho vissuto qui sotto lo stesso tetto del Signore Oscuro.» gli dice indicandosi il braccio marchiato.
«Ancora lo chiami Signore Oscuro…» constatò «Non sei più costretto a fargli la riverenza ogni volta che parli di lui…»
Vuole rispondergli che era difficile togliersi quella abitudine, ma non una parola uscì dalla sua bocca. Dire ad alta voce il Suo nome, era come ammettere di essere libero, libero dal suoi sguardo iniettato di sangue e dal suo animale. E ancora non riusciva a credere che è stato veramente sconfitto. «Perché non hai tentato di fermarlo?» gli domanda dopo qualche secondo quasi imbarazzato.
«C’era solo un Prescelto…» «Non mi riferisco a Voldemort, ma a tuo padre.»
«Proprio per questo Potter: era mio padre.» gli risponde semplicemente. «A dodici anni ti fidi ciecamente dei tuoi genitori. Sei convinto che tutto quello che fanno o che dicono sia giusto. Il diario… sapevo che era pericoloso… ma nella mia mente continuavo a pensare che sapeva quello che stesse facendo. Però vedendo la paura di mia madre… ho detto a quell’elfo domestico di non farti tornare a scuola, ma non è servito a molto…»
Vede Potter che fa cadere rumorosamente a terra un orologio placcato d’oro, guardandolo con gli occhi spalancati. Si avvicina inginocchiato verso di lui lo afferra per le braccia cominciando a scuoterlo.
«Santo cielo! Stai parlando di Dobby? E lo dici dopo tutto questo tempo? Ma ti rendi conto di cosa mi hai appena detto? Hai provato altre volte ad aiutarci? Oltre quelle che sappiamo ovviamente! Finalmente!»
Si svincola dalla sua presa con una smorfia per poi alzarsi ed allontanarsi da lui di qualche passo.
«La Sanguesporco non mi ha mai fatto una domanda del genere e comunque no, non ho più cercato di oppormi. L’ho promesso a mia madre. Continuava a ripetermi che se mi facevo i fatti miei potevo stare al sicuro.»
«Certo, capisco.» gli risponde solamente Potter prima di uscire velocemente dalla stanza.
Lo segue a passo veloce e si ritrovano nuovamente all’entrata della casa.
«Hermione! Ho una grande notizia! Dobbiamo andare! Muoviti!» urla rivolto alle scalinate e poi sussurrare più a sé stesso che a Draco «Certo dobbiamo ancora trovare una soluzione per quel problema ma è almeno un passo avanti...» 
Apre la bocca per chiedere delle spiegazioni ma la Granger scende velocemente con un largo sorriso sulle labbra.
«Ho delle notizie anche io!» comunica mentre usciva dalla villa, seguita immediatamente dall’amico e poi da Draco.
Il Dissennatore li seguiva sopra le loro teste ma la lontra continuava a volteggiare intorno a loro. Cerca difficilmente di stare al loro passo a causa delle ferite alle caviglie provocate dalle catene, e mentre affanna riesce a cogliere solo qualche straccio della loro conversazione.
 «Grazie a questi libri possiamo trovare le risposte che cercavamo.»
«Libri? Che libri?» chiede Potter per poi salire sul mezzo che si erano procurati al Ministero.
«Volete spiegarmi?» cerca di chiedere ma lo ignorano.
«Sei magnifica Hermione!» gli sente dire mentre poggiava una mano su quella della ragazza.
E vedendoli così uniti, si domanda se si erano messi insieme durante il periodo della sua prigionia; si domanda che fine avesse fatto quel patetico di un Weasley,  Ron; se si fosse sposato con la Granger; se Potter si fosse creato una famiglia con Ginny; se il mondo magico si fosse ripreso dalla guerra contro il Signore Oscuro; se Hogwarts accogliesse ancora nuovi studenti; se tutto fosse tornato alla normalità. Non sapendo il motivo, distoglie lo sguardo, infastidito da tutto quell’entusiasmo. 

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Capitolo 4
*** capitolo quattro ***


«-gliati! Svegliati Malfoy!»
Una luce accecante inonda la cella. Si compre gli occhi immediatamente con una smorfia di disapprovazione. Le catene tintinnano e la schiena urla per la centesima - forse di più forse di meno - notte trascorsa accovacciato in un angolo in quella stanza fredda e buia. Un respiro e viene sollevato di peso da delle guardie. Un battito e il terrore si fa largo nel suo petto e spalanca gli occhi terrorizzato. La Granger è davanti a lui, vestita elegantemente con un tailleur e i capelli legati in un perfetto chignon basso. 
«Che-»
Non riesce a dire nulla. La bacchetta gli viene puntata addosso e viene spinto fuori dalla cella.
«Non abbiamo tempo. Andiamo» gli ordina.
Ma è ancora stordito e debole. Le guardie lo spingono malamente lungo il corridoio illuminato da poche lanterne seguendo la Granger che, con il suo passo veloce, faceva rimbombare il suono dei suoi tacchi moderatamente alti. 
«Spieg-» cerca di dire con la voce ancora impastata dal sonno.
«Adesso ti spiego.» lo tronca.
Escono da Azkaban ancora prima che Draco potesse realizzare. Degli Auror prendono il posto delle guardie appena varcano il cancello. Un tuffo al cuore. Un respiro smorzato. La testa che gira. Sta uscendo. Sta uscendo. Sta uscendo.
Si fermano ai confini della prigione e con un clop si smaterializzano all'entrata del Ministero. Una morsa allo stomaco. Potrebbe vomitare se non fosse per quella speranza che cresce nel suo petto. Il cuore impazzisce. Cerca con lo sguardo la Granger, mentre rispondevano alle consuete domande dei visitatori, per avere certezze, per non illudersi. Forse sta sognando. Continuano a proseguire con passo veloce e non riesce a fare a meno di guardarsi attorno. Gente. Un sacco di gente che cammina o corre da tutte le direzioni. Gente che entra dai camini, che sbocca in nuovi corridoi, gente che legge la Gazzetta del profeta - secoli sono passati dall'ultima volta che ne aveva vista una - gente che si ferma in quella famosa fontana centrale che cambiava ogni volta che eleggevano un nuovo Ministro – una gigantesca bacchetta con incisa una frase che non riuscì a leggere. Quasi gli viene un colpo vedendo tutto quel movimento. I suoi occhi non sono abituati. Si dirigono negli ascensori ed entrano nel primo libero.
«Spiegati, Granger.» dice, accorgendosi della sua voce tremante.
«Il Consiglio... quei… quei… hanno anticipato l'udienza. Hanno anticipato l'udienza. Ovvio che non vogliono farti rilasciare. E' ovvio! Altrimenti avrebbero rispettato l'accordo. E' ancora troppo presto. Non possiamo. Non possiamo. Era previsto tra un mese. Eppure l'hanno anticipato perché sanno che è troppo presto.» risponde frenetica.
«Troppo presto? Perché? Non puoi inventarti qualcosa? In tutto questo tempo non sei riuscita a ricavare niente? Incredibile!» le dice velenoso, cominciando a rivedere nella sua mente i corridoi di Azkaban. La donna si volta sconvolta, con un'incredibilità e una speranza nello sguardo da lasciarlo senza fiato.
«Sai… per caso... ti ricordi quanto tempo...» ma le porte si spalancano e loro proseguono nel piano indicato per le udienze. No. Non ricorda quanto tempo fosse passato da quando la Granger si era proposta di farlo uscire da Azkaban. Non ricorda da quanto tempo è rinchiuso lì.
Camminano lungo i corridoi lucidi. Era già stato in quei corridoi. Ma quando?
«Forse riesco a farti ottenere la libertà vigilata, anche se non ti saranno del tutto tolte le accuse. Ma... non lo so. Il giudice Mills è davvero rigido. Ma sicuramente con quello che abbiamo scoperto con Harry a casa tua possiamo ottenere un'altra udienza.»
«Ma cosa avete scoperto? Non sei venuta a dirmelo dopo quel giorno.»
«Non c'è tempo.» gli dice in fretta svoltando l'angolo.
Si ferma. Immobile. Si irrigidisce. Serra la mascella. Le mani tremano.

«Non ci posso credere che quei due sono ancora in Sala Grande ad abbuffarsi sul cibo. Ecco cosa sono: stupidi maiali. Non dovevo rimanere qui, doveva ritornarmene a casa!» si lamentò Draco, uscendo dalla Sala Comune dei Serpeverde. Era il suo secondo anno ad Hogwarts ed il primo che trascorreva, rinchiuso in quel castello, le vacanze di Natale. Ma in fondo non gli dispiaceva affatto. Voleva stare più lontano possibile dalle premure della madre ogni qual volta faceva domande su argomenti non adatti per un bambino. Ma Draco sapeva benissimo che non era un bambino. Non lo era mai stato. Viziato fino ai capelli in quanto i genitori gli permettevano di tutto, certo! Ma non ebbe mai la libertà di comportarsi come un normale bambino. Un Malfoy non doveva piangere per un ginocchio sbucciato. Un Malfoy non doveva scorrazzare in giro per il giardino e sporcarsi i vestiti. Un Malfoy non poteva che essere impeccabile in tutto e per tutto sin da neonato. Solo il Quiddich gli venne concesso grazie alla presenza del suo miglior amico Harry Potter che il padre voleva vederlo sconfitto più del figlio. Sbuffò nervoso al ricordo che qualcuno in quel momento stesse usando il diario di Tom Riddle per arrivare proprio al Ragazzo-che-è-sopravvissuto. Aveva promesso alla madre che non si fosse intromesso per la propria sicurezza. La curiosità era molta e in estate non ebbe il coraggio di chiedere altri dettagli. Sapeva le conseguenze che si sarebbero potute verificare ma lui doveva pensare solo alla propria sopravvivenza come i genitori ribadivano. Ogni volta però si consolava pensando che non c'era niente di male se finalmente quei Sanguesporco sparissero dal loro mondo. In fondo non si meritavano di usare la magia come i Purosangue. 
Salì di un piano rispetto ai sotterranei e imprecò sottovoce quando le scale cambiarono direzione. Calpestando i piedi, prese a camminare lungo il corridoio cercando un 'altra via d'uscita. Sentì delle risate provenire poco più avanti e senza motivo si diresse cautamente verso quel suono. Raggiunse una grande arcata in vetro che affacciava esattamente sulla Foresta Proibita con la piena visione della piccola casa di quel semi gigante del guardiacaccia. Sul davanzale era seduto comodamente con le gambe incrociate all'altezza delle caviglie e la schiena appoggiata ad un pilastro un ragazzo di colore dai capelli e occhi nero pece. Blaise Zabini. Suo compagno Serpeverde dello stesso anno con cui condivideva la stanza. Era un tipo molto silenzioso, non parlava se non era necessario e stava sempre per fatti suoi. Era uno dei pochi ragazzi, insieme a Teothore Nott, che li considerava con un minimo di cervello. Mai, però, aveva approfondito la sua conoscenza. Si guardarono negli occhi per una frazione di secondo e si sentì colpito dalla profondità del suo sguardo.
«Hei! Chi sei?» si voltò di colpo al suono di quella voce troppo alta per i suoi timpani.
Si ritrovò, a due spanne di distanza, due occhi azzurri. Troppo azzurri, quasi vitrei. Sembravano finti, se non fosse per quella espressione di divertimento che la poteva quasi percepire sulla pelle. Abbassò lo sguardo sulle sue labbra sottili curvate in una piccola smorfia e poi suoi capelli esageratamente lunghi di un biondo più scuro del suo, legati in un'alta coda di cavallo.
«Ohoh! Il Signorino Malfoy ci onora della sua presenza!» gli disse mentre Draco si allontanava di qualche passo, scosso. La squadrò da capo a piedi notando che aveva un fisico snello e già in via di sviluppo. E solo un minuto dopo si rese conto che aveva davanti un'altra delle sue compagne di Casata: Daphne Greengrass. Mai stato interessato fino a quel momento.
«Scusami?» si riscosse. Ma non ebbe alcuna riposta. Gli diede una leggera spallata per poi appoggiarsi al davanzale ai piedi di Blaise Zabini che ancora lo scrutava senza alcuna emozione. La ragazza gli rivolse un sorriso malizioso. 
«Che cosa c'è? Non sei tu quello che va a sbandierare in giro l'importanza che ha la tua famiglia? La nobile famiglia Malfoy!» rise subito dopo.
Aggrottò le sopracciglia, pronto a rispondere ma Zabini si intromise.
«Lasciala perdere. Le piace stuzzicare tutti.»
Lei roteò gli occhi, e gli diede un leggero pugno sulla gamba. Si girò a fissarlo negli occhi con ancora quello sguardo divertito.
«Ci vuoi fare una foto?» chiese ironica.
Draco abbassò leggermente la testa e scosse il capo con un sorriso sulle labbra. Senza pensarci si sedette a terra appoggiato al muro. Guardò il soffitto non riuscendo a capire perché improvvisamente aveva tutta quella voglia di stare in quel posto appartato. Lontano da tutti. Lontano dalla solita facciata che doveva assumere da erede della nobile e purosangue famiglia Malfoy/Black. Lontano da quei due idioti che doveva farseli passare per amici. Lontano dagli occhi dei Grifondoro che lo guardavano con astio. Lontano dal resto della scuola. La Greengrass si accovacciò difronte a lui con un ampio sorriso sulle labbra, guardandolo dritto negli occhi.
«Mi sembra che sia il momento delle presentazioni ufficiali, no?» gli tese la mano. La strinse non sapendo che espressione avesse assunto il suo viso.
«Daphne Greengrass.»
«Blaise Zabini.» sentì dire sopra di lui e quando si voltò lo vide che scrutava fuori dalla vetrata con un piccolo sorriso sulle labbra. 
«Draco... Draco Malfoy.»
«Bene Draco!» sussultò al sentire pronunciare apertamente il suo nome. Tutto il resto dei ragazzi dovette aspettare un suo permesso per farsi chiamare col suo nome di battesimo. «Per diventare nostro amico devi superare una prova» disse alzando un dito verso il suo volto. «dovrai ammazzare la gatta di Filch.»       
«Daph...» la richiamò seccato l’amico.
«E va bene, va bene… scherzavo… fattele due risate ogni tanto…» rispose continuando a stare in quella posizione scomoda davanti a Draco, ma guardando l'altro compagno dal basso. Quest’ultimo rispose con uno sbuffo.
«Però una regola c’è: mai voltarci le spalle.» le disse infine allungandogli la mano. La strinse deciso. La scrutò, mentre allontanava la mano dalla sua rivolgendogli un ampio sorriso, incatenando il suo sguardo grigio con quello azzurro di lei, incantato.
«Attenda Daph. Così lo fai innamorare.» 


«Malfoy, perchè ti sei fermato? Dobbiamo iniziare tra cinque minuti e se fai ritardo-» ma Draco già scatta verso sinistra per seguire quell'ombra che aveva girato verso un corridoio più avanti. Gli Auror lo afferrano, ma si divincola con forza. Vede di sfuggita le punte di lunghi capelli biondi. Un’immagine di due ragazzi si fa largo nella sua mente.
«Daphne.» sussurra «Daphne!» quasi grida. 
Afferra la figura per una spalla. La volta con prepotenza. Trattiene il respiro. Il cuore si ferma. Non era lei.
I due Auror lo trascinano alla porta del tribunale seguiti dal suo avvocato, mentre la signora fermata prima li guardava andarsene impaurita. Sbatte le palpebre. Sbatte le palpebre. Apre la bocca sentendosi la gola improvvisamente secca. Rimane imbambolato fissando una porta d'ottone.
«Malfoy.» lo chiama all'attenzione.
Sbatte le palpebre incontrando i suoi occhi. Ricomincia a respirare. Si lascia sfuggire una smorfia di dolore prima di ricomporsi. Alla Granger non gli è sfuggito.
«Daphne? Intendi, Daphne Greengrass? La ragazza Serpeverde del nostro anno?»
Chiude gli occhi pugnalato da quel nome. Chiude gli occhi e intravede nella sua mente due occhi neri che lo scrutano. Li riapre spaventato. Gli gira la testa. La vista è offuscata. Ricordi. Troppi ricordi che riaffiorano tutti in un attimo. 
«Lasciamo perdere. Non è il momento. Spero solo che non è importante per la nostra causa e se lo è ... ti giuro… ti giuro... che ti ammazzo con le mie stesse mani.» dice con voce tremante per poi spalancare la porta e camminando a testa alta verso il centro del tribunale.


Uscì dalla Sala Grande a passo svelto. Si allentò la cravatta che per tutta la serata lo stava soffocando. Si aprì i primi due bottoni della camicia per far respirare il collo. Si passò una mano nei capelli facendo un grosso sospiro quando vide Blaise seduto sul davanzale nella sua solita posizione: gambe incrociate all'altezza delle caviglie e la schiena appoggiata in uno dei pilastri della vetrata. Gli rivolse uno sguardo di benvenuto per poi spostare le gambe per fargli spazio. Indossava anche lui un completo elegante con una cravatta verde bosco. Draco si sedette, incrociò le gambe e senza dire nulla gli prese la sigaretta dalle mani.
«Bhè figurati.»
«Non è proprio serata.» confessò.
«Pansy non te l'ha data?» sogghignò a quella domanda. Draco ci provò tutta la serata, facendo il carino con lei, ballando più di un lento e trattandola come una signora, ma non c’è stato verso. Dopo qualche minuto di limonata Pansy corre velocemente nei dormitori. Con suo sommo piacere decisero qualche giorno prima del Ballo del Ceppo che si sarebbero incontrati alle due di notte nel loro posto privato e per Draco sarebbe stata l'opportunità perfetta per sfogarsi di tutta quella frustrazione.
«Dove sei stato? Non ti ho visto per niente in Sala.» gli chiese guardandolo in volto, mentre assaporava il sapore della nicotina. Blaise poggiò i piedi sulle sue gambe e gli rispose con una scrollata di spalle: «In giro.». Lo vide che guardava fuori dalla finestra e puntava proprio nella direzione della dimora dell'accademia di magia di Beauxbatons. Un sorriso si fece largo sul volto pallido del giovane Malfoy.   
«Non ci credo! Te la sei fatta con una di quelle?»
Blaise gli strappò la sigaretta dalle mani ricambiando il sorriso, mostrandogli i denti bianchissimi.
«Invidioso?» rise in risposta prima che il ragazzo continuò: «Hai visto la Granger stasera? Non avrei mai immaginato che un giorno avrei detto una cosa del genere, ma era davvero carina stasera.»  Pensò qualche minuto a quell’osservazione, ricordando l’entrata in Sala Grande della Sanguesporco insieme a Vickton Krum. Per un attimo non l’aveva riconosciuta  «Già…» sussurrò.     
Dei passi svelti risuonarono nel corridoio e Daphne comparve da dietro l'angolo. Indossava un vestito lungo nero con una spacca laterale che arrivava poco sopra il ginocchio, con il corsetto a forma di cuore e con alcune striature argentee.  
«Scusate il ritardo!!». La sbornia gli stava passando notò Draco che per tutto il ballo non le tolse gli occhi di dosso quando la vide con un spilungone di Durmstrang che corrompevano il ponce nei loro bicchieri. Decisamente stava meglio di due ore prima.
«E' arrivata la regina.» disse Blaise mentre la guardavano barcollare verso di loro. Si sedette in mezzo facendo destare Zabini dalla comoda posizione. Appoggiò la testa contro la vetrata e chiuse gli occhi con un sorriso beato sulle labbra. E solo in quel momento Draco si accorse che il rossetto sulle labbra era del tutto sbiadito, che la perfetta acconciatura con i boccoli che le ricadevano su una spalla era in disordine; che aveva stampato alla base del collo un grosso succhiotto seguito da un altro poco sopra la spacca del seno. Strinse i pugni cercando di non trapelare la sua irritazione. Ma la sua lingua si mosse prima del cervello.
«Hai fatto sesso con lui?» 
La domanda fu troppo brusca che Daphne sgranò gli occhi e Blaise distolse lo sguardo dal vetro per posarlo sui due amici. Calò il silenzio e nessuno rispose. Ma gli occhi chiari della ragazza si assottigliarono per guardarlo truce.
«Ti crea problemi?»
«Se vuoi fare la zoccola in giro sono fatti tuoi ovviamente.»
«Per tua informazione, e parlo anche con te Blaise è inutile che fai quella faccia da 'io non ho detto niente' non ho fatto nulla con Sigfrido!»
«Sigfrido!» dissero contemporaneamente i ragazzi scoppiando a ridere.
«Ci siamo solo baciati!» alzò la voce
«A quando vedo qui non direi.» gli disse Draco toccando i punti in cui Sigfrido gli lasciò i segni sulla pelle diafana. Daphne sbuffò stizzita scostandogli la mano.
«Tu te ne sei andato al ballo con quel carlino o sbaglio?»
Stava per aprir bocca per ribattere, ma Blaise intervenne.
«Non so come, ma mi sento il terzo incomodo.»
Si voltarono entrambi verso di lui. Draco gli prese l'ultimo mozzicone di sigaretta per poi con un incantesimo farlo ritornare nella forma originaria. Nel frattempo Daphne costrinse Blaise ad alzarsi per prendere il suo posto e farlo appoggiare di spalle al davanzale in mezzo alle sue gambe, incurante di far vedere troppa pelle a due ragazzi. Gli abbracciò la vita appoggiando la guancia sulla sua schiena. Chiuse gli occhi facendosi cullare dal suo calore.
«Lo sai che ti amo.» sussurrò.
Vide un sorriso dipingersi sul volto scuro di Blaise mentre poggiava le mani sulle ginocchia nude della ragazza, dandole qualche pacca.
«Lo so. Lo so.» 
E mentre fumava l'ultima sigaretta di quel giorno, li guardò. Li guardò e si domandò come mai tra di loro non era mai scattato nulla oltre la profonda amicizia che li univa. I due si conoscevano fin da bambini, erano cresciuti insieme come sorella e fratello per via dell'amicizia che univa le loro madri. Lei era sempre stata quella frenetica, iperattiva e chiacchierona. Lui era sempre stato quello calmo, timido e ragionevole. Non si separavano mai. Ma quel rapporto che li univa era particolare. Era qualcosa che nemmeno Draco riusciva a definire, ma solo percepirlo. Percepiva la loro unione, il loro amore verso l'altro. Era qualcosa di strano, di contorto che ne era ammirato. Li guardò notando che niente del loro aspetto li accomunava. Chiaro e scuro. Uniti in un eterno legame. Li guardò e si domandò che cosa rappresentava lui per quei due ragazzi. Si domandò se veramente era entrato a far parte del loro mondo così tranquillo e perfetto. Si voltò ad osservare la luna, quasi piena. Draco non poteva permettersi cose futili come l'amicizia. Un evento stava per accadere quell'anno, più importante di qualsiasi altra cosa. Prese un grosso respiro chiudendo gli occhi. Li riapre lentamente verso i due amici - perchè si, li considerava i suoi più cari amici al mondo - e la consapevolezza che quel mondo che si erano creati da un momento all'altro sarebbe stato distrutto lo colpì in pieno petto. Un battito, e la mente elaborò le possibili conseguenze se li avrebbe trascinati insieme a lui in quella lotta molto, molto più grande di loro. Un battito ed immaginò i loro corpi distesi nella sua stessa casa. Perchè Draco non era stupido. Sapeva benissimo cosa stava per accadere. Sapeva benissimo cosa aveva in mente suo padre. Quel folle! Ma sia lui che la madre speravano nel suo futuro, speravano nella sua sopravvivenza per crearsi una vita con la Parkinson o con qualche altra ragazza di nobile lignaggio. Facevano tutto per salvarlo dal Signore Oscuro come gli ripetevano sempre. E lui si distraeva con il buon Potter prendendolo in giro e rendendogli una vita un inferno.  
«Lui sta tornando.» confessò per la prima volta, togliendosi quel macigno che da due anni aveva sulle spalle.
E i loro sguardi non trapelarono nulla. Né sorpresa. Né paura. Non erano stupidi nemmeno loro. Sapevano. Lo sapevano da tempo. Lo sapevano ma nessuno ebbe mai il coraggio di dirlo ad alta voce. Nessuno fino a quella sera. Perché erano coinvolti. Erano totalmente coinvolti negli errori che i loro genitori fecero in passato.
«Resteremo uniti.» disse Daphne con tono sorprendentemente fermo.
«Per questo non devi preoccuparti. Non ti lasceremo.» confermò Blaise. 


Si siede nel trono di legno al centro del tribunale. Delle manette gli legano i polsi e le caviglie. Una fascia di metallo gli blocca il busto. Stringe i denti trattenendo la rabbia. Stringe i denti per non correre fuori e scappare. Scappare lontano.
«Bene! Vedo che ha ricevuto la mia lettera signorina Granger! Possiamo iniziare l'udienza dunque!»
Il giudice batte il piccolo martello sul banco per poi prendere un fascicolo che gli porgeva una strega seduta accanto. 
«Draco Lucius Malfoy nato il 5 giugno del 1980 figlio dei noti defunti Mangiamorte Lucius Malfoy e Narcissa Black in Malfoy è stato accusato nel marzo del 1999 di: essere un fedele di Voi-Sapete-Chi, nonché Mangiamorte; tentato omicidio del celebre Albus Percival Wulfric Brian Silente; aver usato impropriamente le Maledizioni senza Perdono su degli innocenti; aver assassinato 31 famiglie di Babbani, Mezzosangue e coloro che consideravano 'traditori del proprio sangue'; aver collaborato con Voi-Sapete-Chi alla Seconda guerra; essere fuggito e nascosto dalla portata del Ministero per quasi un anno facendo uso della Maledizione Imperius e ferendo gravemente 10 Auror in servizio.»
Il giudice si schiarisce la gola sfoglia il fascicolo e continua a leggere
«Oggi 26 Febbraio 2002 sarà svolta la 4° udienza per il rilascio del criminale su richiesta di Harry James Potter, Il Prescelto, Colui che ha Salvato il mondo da Voi-sapete-chi e attuale Auror di fama internazionale.»
Stringe la mani intorno ai braccioli. Contrae la mascella. Abbassa la testa serrando gli occhi.
Tre anni. Tre anni. Tre anni. Tre anni rinchiuso ad Azkaban e lui non si ricordava minimamente nulla. Vuoto. Vuoto. Vuoto. E non riesce a riempirlo se non con sprazzi di immagini. Non riesce a vedere nulla se non nuovamente l'immagine di due ragazzi giovani seduti su un davanzale di marmo. 
Vuole vomitare. Deve vomitare. Deve svuotarsi di qualcosa che nemmeno ne ha il ricordo. Deve andarsene. Non riesce a reggere la notizia. I suoi genitori. I suoi genitori. Morti. I suoi genitori sono morti. Quando? Come? Perchè non ricorda nulla?
4° udienza? Quante volte è stato in quel tribunale?
Non nota che una figura si alza dalla giuria e scende per arrivare vicino a lui e la Granger. Non sente che già il suo avvocato comincia a comunicare tutti i nomi che le ha dato, a raccontare la sua versione degli avvenimenti accaduti negli anni del ritorno del Signore Oscuro. Rimane rinchiuso nel muro che ha innalzato intorno a lui. Ha le pareti bianche, lucide, pulite. Senza l'ombra di una macchia. Senza l'ombra di estranei che potrebbero vedere tutte le sue emozioni. Esiste solo lui in quel spazio che si è creato. Solo lui con la sua coscienza che viaggia in luoghi trascurati della sua memoria cercando qualcosa. Qualunque cosa. Due mani si poggiano sulle sue spalle e lo stringono. 
Alza la testa di scatto, come svegliato bruscamente. Sgrana gli occhi incontrando un paio verdi cerchiati da degli occhiali con montatura d'oro.
«Segui il mio respiro, Draco.» e viene colpito in piena faccia da tutta quella confidenza, da tutta quella serenità che trasmetteva Potter. Si accorge che aveva cominciato a respirare affannosamente. Si accorge che qualcosa gli bagna le guance solo dopo aver decifrato lo sguardo preoccupato dell'uomo davanti al lui. Segue il suo respiro afferrandosi disperatamente a quell'unica certezza che gli era rimasta. Perché non sa più chi è. Non sa se è lo stesso Draco Malfoy di un tempo. Non sa più nemmeno se veramente seduto in quel trono con le mani ammanettate fosse Draco Malfoy. Non sa se in quegli anni qualcosa era cambiato con Potter il suo acerrimo nemico e quella lurida Sanguesporco che in qualche modo non gli faceva più ribrezzo. Non sa che fine avesse fatto la sua famiglia. Come i suoi genitori fossero morti. Se fosse per colpa sua. Per proteggerlo come gli hanno sempre promesso prima dello scoppio della guerra. Non sa se avesse la stessa mentalità di anni prima. Se la sua mente avesse ceduto alla follia rinchiuso ad Azkaban insieme ai Dissennatori e a quelle guardie e a quei prigionieri che gli mettevano le mani addosso. Non sa se è vivo, se stesse ancora combattendo contro il mondo per sopravvivere. Non sa se si è abbandonato all'oblio ed era morto.
«Lo so che adesso sei confuso. Ma ascoltami» gli dice continuando a guardarlo negli occhi «Ti spiegheremo tutto appena finiremo. Ma adesso devi mantenere il controllo. Non crollare. Noi siamo qui.»
«Signor Potter! Cosa sta dicendo al suo cliente che noi non possiamo sentire? E' palese che il colpevole non sia in uno stato di salute sicura per liberarlo da Azkaban!» chiede un assistente del giudice. 
Potter si volta sicuro di sé ad affrontarlo. 
«Si dia il caso, signor...»
«Castle» risponde fiero.
«Si dia il caso signor Castle che il criminale, come voi lo ritenete, è sottoposto ogni giorno a metodi di tortura disumani e in quegli anni certamente ha avuto un crollo cerebrale. Lo possono confermare i Guaritori specialistici del San Mungo che queste sono le conseguenze e voi ne siete la causa. Ma giustamente, in quanto Ministero si chiude un occhio, vero signor Castle?»
Dei bisbigli fanno eco nel tribunale.
Potter gli aveva detto di mantenere il controllo. Che poi gli sarà tutto spiegato.  Calmo. Respira. Chiude gli occhi. Li riapre continuando a osservare i giudici che si parlano nell'orecchio guardandolo con sguardo che non riesce a decifrare. Che diamine gli hanno fatto per fargli avere un collasso cerebrale? Si volta di colpo per guardare nuovamente il giudice. Che gli era successo in quei tre anni di prigionia?
«Il rapporto dice» comunica il giudice Mills «che il prigioniero Draco Lucius Malfoy non può essere sottoposto ad alcun trattamento usato da Azkaban, cioè Dissennatori e Maledizioni senza Perdono. A quanto pare da questi è intoccabile insieme alla sua mente che, come dice il rapporto, è impossibile entrarci anche con il miglior Legiments che abbiamo a disposizione. Quindi gli unici metodi di punizione sono proprio quelli che vengono usati. Mi dispiace Signor Potter ma queste solo le regole che ci sono sempre state e hanno sempre funzionato.»
«I Dissennatori sono creature che hanno servito Lord Voldemort» la Granger protesta e tutti tremano al suono di quel nome «la vostra stessa legge vieta l'uso delle Maledizioni senza Perdono sulle persone e nonostante tutti i peccati che i rinchiusi ad Azkaban hanno commesso sono pur sempre essere umani!»
«Si, si, Signorina Granger questo è un altro discorso sul metodo che usiamo al Ministero che ha già altre volte sollevato insieme alla liberazione degli elfi. Stiamo parlando del prigioniero qui presente adesso e la sua parola non basta per scagionarlo e tanto meno perdonarlo dalle atrocità che ha commesso.»
«Granger» la chiama quando la vede stringere i pugni e serrare le labbra. Ma non lo sente e si avvicina al giudice con passo pesante.


«Che cazzo ti è saltato in mente in treno?» gli chiese Blaise appena entrato nella loro stanza, afferrandolo per le spalle.
«Non so di cosa tu stia parlando.» risponde non curante.
«Non so di cosa tu stia parlando» gli fece eco riafferrandolo per il braccio stringendolo con forza.

Daphne entrò bruscamente in camera con aria arrabbiata e a grandi falcate lo raggiunge. Lo spinse con forza facendolo sedere sul letto.
«Sei davvero un idiota! Quella Pansy lo sta raccontando alle sue amichette! Sanno ormai che lavori per lui! Non troppo tardi sapranno che sei un Mangiamorte!»
«Persino Potter l'ha sentito! Adesso avrai tutti gli occhi addosso!» continuò Blaise
Draco sbuffò allontanandosi dai due.
«Nessuno crederà veramente che il Signore Oscuro mi ha dato un compito. E non me ne frega niente se Potter e i suoi amici in qualche modo scopriranno che è vero. Dopo il fallimento di mio padre non posso…» si fermò e prese fiato passandosi una mano tra i capelli sistemati dal gel. Si accasciò nel letto mettendosi un cuscino sul viso. Lo strinse cercando di soffocare.
«Non ci riuscirai, Draco. Uccidere...» gli disse Daphne dopo che si era seduta sul letto vicino a lui. si fermò a metà frase quando la voce cominciò a tremare. Scostò il cuscino per guardarla in viso. Aveva le guance arrossate.
«Lo farò. In qualche modo lo farò.» gli disse accarezzandole un braccio.
«Stiamo parlando di Albus Silente, Draco. Può essere molto vecchio ma e pur sempre il mago più potente di tutti.» cercò di spiegargli mentre gli stringeva la mano. Lui la scostò come scottato. Irritato.
«Pensi che sia più potente del Signore Oscuro?» chiese senza pensarci ma poi si pentì immediatamente avvertendo lo sguardo tagliente di Blaise su di lui.
«Daphne non dire una parola. Tieni la risposta per te.» disse Blaise prendendola per le spalle. 
Il Signore Oscuro teneva sotto controllo tutte le persone vicine ai propri seguaci per esserne certo su chi sfogare la sua rabbia se questi gli mancavano in qualcosa. Un esempio è stato suo padre, che fallito alla missione al Ministero della Magia quell'estate il Signore Oscuro si era vendicato sul figlio. Sapevano che lui veniva a sapere sempre tutto.  E l'ultima cosa che Draco voleva era mettere in pericolo Daphne. Ma di una cosa era certa: il Signore Oscuro temeva Silente e, volente o no,  Draco doveva ammettere che ammirava quel vecchio strampalato per la potenza e grandezza che emanava solamente con la sua presenza.
Sospira rumorosamente, scusandosi con i due amici solamente con uno sguardo. Daphne esce senza dire una parola dalla camera con la testa bassa.

«Ti aiuterò. Ma non mettere in mezzo Daphne in questa storia.» gli disse Blaise
Loro erano Mangiamorte. Loro avevano un compito: servire il Signore Oscuro fino alla morte. Lei no. Lei era libera. Lei era libera di vivere la sua vita. E questo li tormentava più di ogni altra cosa, perché la conoscevano troppo bene: non era mai stata brava a rimanere in disparte.
«Non ho alcuna intenzione di farlo.» 


«La sua famiglia, i suoi genitori, hanno fatto tutto per avere la possibilità di sopravvivere. Di avere la possibilità di salvare il proprio figlio dalle grinfie di Voldemort!» irrompe la Granger dopo i mormorii di approvazione per la sua incarcerazione.
«Granger.» cerca di chiamare di nuovo.
Sente il bisogno di chiamarla. Sente il bisogno di guardarla. Sente il bisogno di averla vicino al posto di Potter che si è posto davanti come uno scudo. Qualcosa non torna nella sua mente. La sua mente è troppo malata. Non riesce a reggere tutto quello che stanno dicendo.
«Abbiamo le prove» interrompe Potter «Alla Villa abbiamo trovato dei libri di incantesimi di protezioni molto antichi e di un livello avanzato che persino gli Auror hanno difficoltà a gestirli! Pensiamo che i genitori - la madre - li abbia usati sul suo stesso figlio fin da ragazzo! Ci serve solo più tempo per confermare o dissentire questa teoria. Ma avete anticipato l'udienza e non è stato possibile. Vi prego nuovamente di ripensarci e darci più tempo.»
«Come dice? Libri?» chiede stupido Mills.
Altri mormorii echeggiano nella sala. Ne approfitta della situazione per cercare di togliersi le manette con la forza. Ma più ci prova e più queste si stringono togliendogli il respiro.
«Malfoy, Malfoy. Ti prego calmati.» gli dice la Granger che si era precipitata accanto a lui per afferrargli un braccio.
Il suo tocco lo riscuote, si sente avvampare, vuole allontanarsi dalle sue mani ma non ci riesce. Incatena lo sguardo col suo e la sua mente si fa più confusa. La vista si appanna. Appoggia la testa allo schienale non distogliendo gli occhi da lei. Dalle sue labbra. Ha il respiro affannoso e non riesce a controllarlo. Il cuore vuole uscire dal petto, ma non riesce a trattenerlo.
Voglio solo morire. Voglio solo finire di soffrire. 
La Granger si volta verso la giuria non staccando la presa sul suo braccio. «Richiedo una nuova udienza per parlare al meglio di questa nuova ipotesi. Nel frattempo richiedo per il mio cliente la libertà vigilata, in modo che si riprenda abbastanza da affrontare la prossima corte. In questo modo potrà rispondere lui stesso ad ogni domanda! Confido che ci sono altri elementi che possono essere utili per la sua difesa, ma purtroppo la nostra ricerca è limitata se lui non è in salute.»
«Sono tutte parole campate per aria. Sono tre anni che andiamo avanti così. Dentro e fuori. Dentro e fuori. Dentro e fuori. La mia pazienza ha un limite. Alla fine è solo la sua parola di Mangiamorte e questo non cambia nulla. Mi dispiace.» risponde prontamente il giudice
«Passiamo ai voti!»
«No! aspettate! Una nuova udienza deve essere svolta!» protesta la Sanguesporco
«Questo non è corretto nei confronti di una delle tante vittime di Lord Voldemort! Lui ci ha aiutati!» aggiunge Potter
«Queste nuove prove non possono essere ignorate!» continua la Granger.
«Alzi la mano chi ritiene Draco Lucius Malfoy colpevole di tutti i delitti in precedenza elencati.» più della metà. «Giudicato colpevole! Auror riportatelo ad Azkaban!» sbatte il piccolo martello sul banco e si alza per andarsene, ma le voci della Granger e di Potter si accentuano insieme a quelle poche che li appoggiavano.
Viene liberato e alzato con forza. Cerca di divincolarsi per affiancarsi ai suoi difensori. Li spinge con forza ma un pugno gli arriva in pieno stomaco.
«Granger!» urla. 
Lei si volta, sgrana gli occhi, corre verso di lui con le lacrime agli occhi. 
Non piangere. E' l'unica cosa che riesce a pensare.
Sente un leggero colpo di bacchetta dietro la nuca e l'improvviso sonno gli fa socchiudere gli occhi.
«Draco!» la sente urlare con il braccio teso pronta a fermare gli Auror, ma quest'ultimi chiudono la porta e si allontanano dal tribunale velocemente. 
«Hermione.» sibila, mentre i ricordi di lei riaffiorano nella mente. 

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Capitolo 5
*** capitolo cinque ***


Strinse maggiormente la presa sulla mano della madre. Corsero verso i cancelli di Hogwarts. Si voltò verso il castello per avvistare il padre che correva dietro di loro. Prese un grosso respiro.
Il Signore Oscuro era morto. Il Signore Oscuro era morto. La guerra era finita. La guerra era finita.
Rimasero in Sala Grande solo qualche minuto per cogliere la notizia della Sua caduta con sollievo. 
Siamo liberi, pensò il giovane mago. Ma Lucius Malfoy strinse lui e la moglie in un abbraccio prima di suggerire di scappare.
«Il Ministero ci darà la caccia. Siamo Mangiamorte e soprattuto perchè siamo Malfoy non ci sconteranno la pena. Non riuscirò a fargli chiudere un occhio una seconda volta.» disse.
Sorpassarono il cancello, pronti a smaterializzarsi. Si guardò in giro e disse addio alla sua vita trascorsa in quelle mura. Una figura venne intravista poco lontano dall'entrata. Uno scambio di sguardi e il cuore perse un battito. Blaise era lì, appoggiato ad un tronco d'albero andato in fiamme con gli ultimi mozziconi di una sigaretta tra le dite; era pronto a fuggire anche lui. C'erano troppi messaggi in quegli sguardi da poterli capire. Ma persino i genitori del ragazzo si accorsero che quello era un muto addio. Un leggero cenno del capo, un mezzo sorriso e Draco si smaterializzò insieme ai genitori, nello stesso istante in cui vide Blaise scomparire dalla visuale. 



Viene spinto dentro la cella, ritrovandosi con il volto schiacciato il muro. Qualcuno stringe la presa nei suoi capelli per sbatterlo nuovamente contro la dura roccia. Sente il sangue colargli lungo la guancia. Un calcio e si ritrova a terra con un piede sullo stomaco. Aguzza la vista per vedere la sua guardia personale. Ma non fa in tempo a focalizzare che questo gli assesta un calcio nel torace facendogli mancare il respiro.
«La punizione inizierà tra un'ora. Comincia a pregare.»
Ma chi doveva pregare? Chi era quel Dio che lo aveva abbandonato ormai da anni? Draco Malfoy non crede in nessun essere superiore. Draco Malfoy crede solo alla forza e al potere dell'uomo. Ma lui non ha né forza né tanto meno potere. Non è nulla se non un numero di Azkaban. Il numero 4785. Un numero speciale, aveva scoperto. Perché è, per una ragione ancora sconosciuta, intoccabile da ogni maleficio e da ogni Dissennatore esistente su quella terra. Nulla lo può scalfire. Se non i metodi pratici.
Sente lo scatto della serratura della porta. Si stringe al petto.
Deve resistere. 


Passarono dieci mesi dal giorno della loro fuga. Si tolse la giacca sgualcita e ricucita in più punti. Chiuse gli occhi e alzò il volto verso il cielo. Respirò profondamente per accogliere i raggi del sole che si poggiavano su di lui. Si grattò la barbetta che pungeva. Si voltò verso la piccola tenda che nascondeva un appartamento ben rivestito. Entrò dentro dando le spalle alla distesa di alberi di quella nuova foresta in cui si erano momentaneamente trasferiti. Africa. Draco non c'era mai stato in Africa. 
«Madre, devo radermi.» comunicò a Narcissa seduta in una confortevole poltrona in pelle nera concentrata a rammentare alcuni vestiti del marito e pulire il salottino con la bacchetta.
«Lo farai domani mattina. Tra poche ore sarà buio e devi ancora prendere qualcosa da mangiare.»
Si stirò il collo per allentare la tensione. Erano dieci mesi che correvano da un continente all'altro. L'Inghilterra non era più sicura. E nemmeno il resto della Terra. Il Ministero incaricò gli Auror a rintracciare tutti i Mangiamorte fuggiti anche in capo al mondo. E i Molfoy erano disposti ad addentrarsi nelle profondità dell'oceano per sopravvivere, per proteggersi, per restare insieme. 
«Sei pronto figliolo?» domandò il padre sistemandosi i lunghi capelli in una perfetta coda bassa. 
«State attenti.» ricordò la moglie mentre uscivano con le bacchette in mano.
«Chissà cosa ci serbe la natura in questo luogo…» rifletté Lucius. 
«Ti sta piacendo la caccia.» constatò il figlio.
«E' un bel modo per non pensare a cosa ti ho trascinato Draco, si.»
«Padre.» lo richiamò con voce ferma. Lucius continuò a camminare guardandosi attorno. Dopo qualche minuto riprese «Quando io e tua madre eravamo usciti da Hogwarts... eravamo già fidanzati, pronti a sposarci… ma… stavo male… stavo male al pensiero di coinvolgere anche lei nei piani del Signore Oscuro. Ero sicuro che una volta diventata mia moglie sarebbe dovuta diventata Mangiamorte. Non volevo. Non si meritava quel genere di vita… non era fatta per quel genere di vita... La sua famiglia era abbastanza potente da non marchiare tutti i suoi membri, quindi speravo che allontanandomi da lei avrei fatto la cosa giusta una volta ogni tanto…» Draco per tutto il racconto trattenne il fiato, mai sentito parlare del passato dei suoi genitori dalle labbra del padre. Continuarono a camminare, dimenticandosi di procurarsi la cena, in silenzio. Poi la curiosità ebbe la meglio «Cosa ti ha fatto cambiare idea?»
Lucius si voltò verso il figlio con sguardo serio.
«Non ho mai cambiato idea. Neanche oggi.» si voltò e riprese a camminare «Narcissa... è una donna molto testarda… lei… è andata dal Signore Oscuro e si è consegnata di sua spontanea volontà. Quando è venuta da me e mi ha mostrato il braccio e… e… » la voce gli tremò, si fermò nuovamente. Un sorriso apparve sulle labbra dopo anni mentre si toccava la barbetta cresciuta nel mento. «Me lo ricordo come se fosse ieri… mi ha detto testuali parole: adesso non hai più nessuna scusa per non prendermi come moglie. E se continui a rifiutarti non ho paura di lanciarti la Maledizione Imperius e portarti all’altare in questo istante.»

Draco sorrise e si sentì avvampare quando il padre si voltò a guardarlo con le lacrime agli occhi. Gli poggiò le mani sulle spalle come per appoggiarsi.
«E’ stato un errore figliolo, sposarla. Continuo a darmi la colpa per tutto. Non vi meritate tutto questo… che razza di padre sono stato… ti ho saputo solo dare un futuro da ricercato…» «Il mio futuro è con te e con la mamma.» lo troncò subito.
Fu come scottato nel sentire quelle parole e tolse la mano dalla sua spalla per proferire di nuovo parola. Ma un incantesimo gli sfrecciò vicino all'orecchio. 
«Ci hanno scoperto! Draco corri!» gli ordinò lanciando l'Anatema che Uccide.
«Cosa? No!» si fece avanti schiantando il loro avversario. Non si rese conto però che accompagnato da numerosi Auror. Li stavano per circondare ma Lucius spinse il figlio dietro di sé aprendo le braccia.
«Li trattengo. Vai da tua madre e scappate!»
Ma Draco titubava.
«Io vi raggiungo! Adesso vai!»
Gli diede le spalle con il cuore in gola. Corse verso il loro accampamento sentendo che il padre distraeva gli Auror che cercavano di fermarlo. Inciampò su un tronco cadendo rovinosamente a terra e strappandosi i pantaloni. Si rialzò pensando solo che dovevano salvarsi. 
«Mamma! Andiamocene. Ci hanno trovato!» comunicò con voce tremante, trascinandola fuori.
«Dov'è tuo padre?» chiese, mentre con un colpo di bacchetta chiuse la tenda in una sacca e tutto ciò che conteneva dentro.
«Lui… ha detto che ci raggiunge.» 
Un gridò squarciò l'aria. Si girarono di scatto verso la direzione della battaglia con le bacchette pronte. Qualcuno era stato vittima della Maledizione Cruciatus. Gli Auror avevano il permesso di usarla? Era stata la voce di suo padre?
Contemporaneamente cominciarono a correre per andare in suo soccorso. 
Vide in lontananza molte figure con mantelli neri che inseguivano una chioma di capelli biondi.
Narcissa uccise quello più vicino al marito per poi buttarsi al suo fianco. Gli strinse per un attimo il braccio per poi coprirgli le spalle, pronta a proteggerlo.
«Avada Kedavra!» lanciò la maledizione Draco da dietro un albero, ma l'Auror fu abile a schivarlo con un protego.
Corse verso i genitori evitando i lampi rossi che gli passavano attorno. Non volevano ucciderli, ma li volevano abbastanza deboli da portali ad Azkaban. 
«Sectumsempra» 
Un Auror volò a terra agonizzante, mentre il sangue usciva copioso dal suo petto. 
«Arrendetevi!» urlò uno di loro.
Lucius gli fu addosso, lanciandogli uno schiantesimo ma questo lo mancò avanzando verso di lui.
«Non meriti nemmeno Azkaban. Serpe!» gli disse a denti stretti mentre cercava di ucciderlo. 
Draco fu scosso da quel cambiamento improvviso del combattimento. La paura si fece largo nel suo petto. Erano in pericolo più di quanto potessero immaginare.
Continuò a lanciare incantesimi sperando di abbatterli il maggior numero possibile in modo che potesse raggiungere i genitori e smaterializzarli in un posto qualsiasi. Ma era troppo lontano da loro. Doveva correre. Doveva riuscirci. Doveva salvarli.
Vide una luce verde schizzare nella direzione del padre, mentre un incantesimo di incarcerazione lo fece rotolare a terra.
No
No
«NOOO!» il grido acuto di sua madre gli perforò i timpani «Lucius! Lucius!»
Si mise a gattoni per vedere.
No
No
Narcissa era accanto ad un corpo inerte. Un corpo con degli occhi azzurri simili a diamante, privi di vita.
No
No
La vide alzare la bacchetta per difendere sé stessa e il corpo del defunto marito. Le lacrime scendevano sulle guance perlacee.
No
No
Un Auror lo alzò malamente. Gli diede una testata in fronte per poi sentire il sangue colargli lungo il naso. Si liberò dalle catene stringendo con forza la bacchetta.
Doveva proteggerla. Doveva salvarla. Almeno lei.
«Avada Kedavra!»
«Avada Kedavra!»
«Avada Kedavra!»
Urlarono madre e figlio in preda alla disperazione. Dovevano scappare. Dovevano sopravvivere.
«Non mio figlio! Pezzenti!» si alzò prepotente Narcissa quando vide un Auror cercare di ricatturarlo.
Ma qualcosa era andato storto.



L'ora è passata. Si alza dolorante. Esce il petto in fuori e alza il mento quando sente la porta chiudersi. Non ha paura. Non deve avere paura. I suoi ricordi sono tornati e non se vuole farseli sfuggire di nuovo. Non accadrà. Non si abbandonerà all'oblio come ha fatto in passato. Deve rimanere lucido fino alla fine.
La guardia lo trascina per il corridoio per poi entrare in un piccolo ascensore e scendere verso le profondità di Azkaban. Sente il gelo dei Dissennatori farsi largo nelle ossa. Ma non ne subisce alcun effetto. Non sono i Dissennatori a farlo piangere silenziosamente della morte dei suoi genitori. Non sono i Dissennatori che gli provocano quel buco nello stomaco che non riesce a gestire. Deve essere forte. E' debole. E' debole perchè si lascia trascinare dal dolore dei ricordi quando dovrebbe prepararsi a ciò che in quegli anni ha dovuto subire giorno dopo giorno. A ciò che lo aveva portato alla follia, alla perdita di sé stesso. Serra le labbra quando una botta di bastone gli colpisce il fondoschiena.
«Bastardo» sibila, ma viene ammutolito da un altro colpo alla testa. 
Escono dall'ascensore ed entrano in una stanza simili a quelli ospedalieri. Draco è debole. E' decisamente un uomo debole. E' terrorizzato. E' avvolto da una paura palpitante, quasi viva che gli stringe ferocemente il petto. Il respiro gli viene a mancare quando viene inginocchiato. Gli fanno spalancare le braccia per legargli i polsi a due pali metallici. Un calcio viene ben assestato alla schiena e china la testa dolorante. Altre persone erano presenti. Non riesce a distinguerle per colpa di una forte luce bianca puntata su di lui. Eccola la luce del Morte. Volta lo sguardo rifiutandosi di pensare una cosa del genere. Deve rimanere lucido. Cerca di svincolarsi dalle catene quando una figura si piazza davanti a lui. Un pugno nella mandibola gli offusca la vista. Sente dei passi avvicinarsi lentamente dietro di lui. Stringe i denti. Sgrana gli occhi. Le iridi grigie sono coperte dal puro orrore. Sente il cuore cominciare a pompare violentemente il sangue nelle vene.
Vi prego, no. 


Le catene tintinnarono. Poggiò la schiena contro il muro freddo. Un brivido gli percorse la schiena alla vista della luce di una bacchetta. Alzò le braccia per proteggersi col terrore che gli stava spaccando le ossa. A quel movimento i polsi urlarono di dolore. Sentì le croste delle ferite staccarsi nuovamente.
«Malfoy?»
Trattenne il fiato al suono di quella voce. Sin da quando venne rinchiuso con la madre ad Azkaban era certo che sarebbe morto lì, a distanza di anni, o forse molto di meno. Stava perdendo la cognizione del tempo e dello spazio. Stava perdendo la capacità di essere padrone del proprio corpo dopo tutte le torture che gli imponevano. Si costrinse a non abbandonare la sua sanità mentale. Quella, fortunatamente non furono capaci di sfiorarla. Si costrinse ad ascoltare quella parte di lui che continuava a suggerirgli che qualcuno sarebbe arrivato a liberarlo da quella prigionia. Qualcuno a cui importasse qualcosa della sua sorte. Ma molte volte quel pensiero lo rinchiudeva nelle parti più tralasciate del suo cervello. A nessuno interesserebbe la sua libertà. Ma di nuovo tornava quella luce di speranza. Colui che magari, in un mondo folle, si sarebbe presentato nella sua cella, confermandogli quel barlume di possibilità di fuga. E chi non altri se non l'Indesiderabile numero uno come lo chiamava un tempo il Ministero? E chi non altri se non proprio Harry Potter che in un’occasione cercò di salvargli la vita? Anzi correttamente, di temporeggiare per dargli modo di salvarsi la vita? A chi altri se non a sua madre gli doveva un grosso debito? Eccola la speranza. Eccola la speranza mandata da Harry Potter attraverso la sua migliore amica.
«Granger, finalmente.» sussurrò prima di svenire. 



La frustata arriva prepotente e il rumore risuona per la stanza. Stringe i pugni per non far trapelare alcun segno di dolore. Ma la vista è sfocata per qualche secondo e la spina dorsale trema all’interno del corpo. La seconda frustata gli prende di poco la nuca. Questa volta uno spasmo gli percorre tutto il corpo mentre le braccia vengono trattenute dalle catene. Stringe i denti. Sente il sangue colargli lungo la schiena. Chiude gli occhi improvvisamente senza energie, quando la figura dietro di lui si allontana. Un ronzio occupa le orecchie. Deve resistere. Non può cedere. Non adesso che ricorda tutto.


Boccheggiò in cerca di aria, svegliandosi di soprassalto. Gli occhi danzavano da una parte all'altra confusi e impauriti. Si strinse a sé come per proteggersi. Sentì dell'acqua schizzare intorno a lui dopo il movimento brusco. Strinse le mani nei bordi della vasca dopo aver visto che era piena fino all'orlo. Le ossa si spezzarono dentro di lui. Voleva piangere per il dolore. La testa gli divenne pesante e dovette appoggiarla su una spalla. Continuava a vedere sfocato mentre dei brividi gli percorsero tutta la spina dorsale. Era nudo e dentro una vasca piena d'acqua. L'unica idea che gli venne in mente era che volevano toglierlo di mezzo affogandolo. Chiuse gli occhi improvvisamente stanco. Non riusciva a tenerli aperti se non per qualche frazione di secondo. Li schiuse sentendo passi di due persone nella stanza. Delle mani lo fecero poggiare con la schiena sul bordo della vasca. Si irrigidì a quel contatto e cercò di divincolarsi sbattendo gambe e piedi. L'acqua schizzò fuori dalla vasca tanto che le ginocchia piegate uscivano dalla superficie. 
Nuovamente si posarono sulle sue spalle e tremò.
«Mettilo seduto.» ordinò una voce femminile. Sgranò gli occhi al suono di quella voce e l'immagine della Sanguesporco nella sua cella ritornò nella mente. Si voltò velocemente verso di lei per constatare la sua ipotesi, ma un improvviso giramento di testa gli fece abbassare la testa. Cercò di alzare una mano, ma ancora trema.
«Hermione…» un respiro trattenuto «La sua schiena...»
La voce di Potter gli arriva forte e chiara nelle orecchie e serra nuovamente la presa nel bordo.
«Lo so» rispose la strega flebile. 
Chiuse gli occhi quando gli mancarono nuovamente le forze e si calava pesantemente nella vasca.  
«Fallo rimanere seduto!» ribadisce la Mezzosangue e si aggrappa a quel suono cercando di non perdere i sensi nuovamente. 
«Ginny porta l'unguento!» grida il mago dietro le spalle, mentre gliele stringe per reggerlo. 
Qualcuno entrò prepotentemente dalla porta e intravide lunghi capelli rossi avvicinarsi alla vasca. Si trovava in un bagno. In un piccolo bagno azzurro.
Chiuse nuovamente gli occhi sentendo le palpebre pesanti. Solo in quel momento notò che era immerso in acqua calda. Cercò di rilassare i muscoli e nel trattenersi nel non continuare a tremare. Mollò la presa dal bordo della vasca. La testa gli girava terribilmente e cominciò a sudare freddo. 
Una mano gli toccò la schiena e scattò verso avanti pronto ad alzarsi. Per allontanarsi da loro. Le ferite gli bruciavano terribilmente tanto che non vide altro che macchie nere farsi sempre più ampie. Cominciò a tremare più forte di prima.
«Non-Non toc-» la voce si spezzò in gola, mentre le mani di Potter lo trattenerono dalle spalle e altre gli afferrano le braccia per non farlo muovere.
«Shh. Tranquillo. Sei al sicuro.»
Per un attimo vide una chioma ribelle castana e un piccolo viso per poi serrare gli occhi. Una smorfia di dolore si formò sul suo volto quando la Weasley cominciava a spalmargli la crema sulla schiena. Voleva piangere. Voleva piangere. Ma non aveva abbastanza forza. Alzò le braccia di prepotenza quando gli toccò un punto più sensibile e non capì più nulla. Il dolore gli stava portando via ogni brandello di lucidità. Le mani delle Granger gli carezzano il braccio per tranquillizzarlo. Per fargli smettere di tremare. E nonostante si sentisse frustato da quell'idea di essere trattato come un cane che deve essere calmato si abbandonò alla delicatezza di quel tocco e per un secondo non pensò ad altro che a quelle mani. Il dolore però si accentuava da parte a parte e non poté fare a meno di concentrarsi solo sul movimento delle mani della Sangue sporco, solo su quell'immagine sfocata del suo viso accanto al suo. Le stringe la mano disperato quando gli spalmarono l'unguento al centro della spina dorsale. Si aggrappò a lei per non perdere coscienza. Poggiò la testa sul suo braccio intrecciato a quello della ragazza, esausto, col fiato corto. E questa volta cedette all'oblio mentre le sue mani gli accarezzavano il viso e i capelli bagnati. 



Una bacchetta si posiziona all'altezza delle tempie. Le scariche elettriche gli percorrono l’intero organismo e sbraita come un maiale al momento del macello. Le catene gli strappano la pelle dei polsi e tintinnano rumorosamente ad ogni spasmo. Il cuore litiga con la cassa toracica per uscire dal petto, per non sopportare oltre quella tortura. I polmoni sono privi d'aria. Le ossa tremano, si spezzano, si frantumano. Tutto finisce. Trema per le scosse rimanenti. Ma sa che non è ancora finita.

  
«Dove sono?» chiese brusco appena svegliato.
«A casa mia.» gli rispose Il Prescelto.
Sospirò sistemandosi meglio nelle coperte calde e nei morbidi cuscini.
«Privet Drive?»
«No. Godric's Hollow.»
Gli tremarono le mani a sentire pronunciare quel paese. Il Signore Oscuro era caduto in quella città la prima volta e si ricordò perfettamente la sua ira ogni volta che veniva menzionata.
Si guardò intorno. Era una piccola stanza per gli ospiti, con le pareti color panna e una grande finestra che dava su un balcone. Il letto era proprio al centro della stanza in mezzo ad un comodino con un'orrenda bachour a forma di testa di leone e ad una scrivania piena di bottiglie, libri e garze. Le lenzuola erano di un giallo pallido con una stoffa di bassa qualità. L'armadio a due ante accanto alla porta d'entrata stonava con tutto il resto della stanza: blu elettrico. 
«Dovevo capirlo che ero a casa tua. Fa proprio pena questa stanza. Spero che non sia allo stesso modo il resto della casa.»
«Per favore non riempirmi di ringraziamenti per averti portato via da Azkaban! Così mi sconvolgi!» gli disse con occhi divertiti.
La Granger entra nella stanza con una piccola scodella tra le mani.
«Oh, si è svegliato!» esclamò prima di poggiare la disgustosa brodaglia che intravide sulla scrivania accanto. 
«Perfetto! Prima di mangiare fammi controllare come sono le ferite.»
Strinse le lenzuola e serrò le labbra. La fulminò con lo sguardo con una smorfia sul volto. 
«Non mi farò toccare da te, Sanguesporco.»
Ricambiò lo sguardo astio per poi roteare gli occhi.
«Malfoy non ti puoi lamentare dopo che si è praticamente presa cura di te in questi giorni.»
Irrigidì la mascella pensando che la Granger lo abbia spogliato, toccato e curato. Si ricordò del suo tocco sulla sua pelle quando era cosciente al momento del suo arrivo in quella casa e si rilassò leggermente. La guardò di sottecchi e vide che incrociò le mani imbarazzata. Si alzò le maniche di quel pigiama rosso di cotone e notò che le ferite ai polsi e agli avambracci erano quasi completamente guariti.
«Quanto tempo ho dormito?»
«Otto giorni.» rispose la Granger mettendogli in mano il piatto che aveva portato in camera.
«Bhè, direi che mi sono ripreso completamente. Mia madre, invece?»
Li vide trattenere entrambi il fiato e scambiarsi uno sguardo complice. Posò lo sguardo prima sul mago ma non trapelò nulla dal suo sguardo se non comprensione. Poi passò alla Granger e capì immediatamente cosa gli stavano nascondendo. Gli occhi nocciola trasparivano più emozioni di quanto si potesse aspettare: sofferenza, rimorso, dispiacere, pietà! Ed a quel sentimento scosse la testa frustato. Qualcosa gli erano caduto addosso. Improvvisamente il corpo gli divenne pesante. Immaginò il letto rompersi a causa del suo peso. Abbassò lo sguardo sul piatto tra le sue mani. Quel misto di verdure e carne triturati dentro un brodo bollente era l'esatta rappresentazione del suo essere. Non era altro che un groviglio di frammenti rotti, disintegrati pezzo dopo pezzo. Una consistenza distrutta, orripilante al solo vederla. Non era nulla se non il rifiuto di quel mondo che doveva appartenergli ma che ormai non sentì più suo. E si vide lui stesso seduto in quel letto non suo, in una casa non sua come se si fosse improvvisamente alienato. Come se avesse abbandonato il suo essere Draco Malfoy e fosse diventato solo una soffiata di vento che attraversa la stanza, osservando la scena.
«E' morta.»
«Siamo andati nella sua cella per farla uscire, ma non ha voluto.» continuò a spiegare Potter
«Ci ha implorato di salvare te e non lei.» aggiunse la Granger
«Ci è voluto troppo tempo per ottenere il permesso di portarvi fuori di lì e quando siamo andati a prenderla non era più se stessa. Il dolore di perdere il marito, di non essere riuscita a proteggere te e la propria famiglia l'ha distrutta. E i Dissennatori aiutarono il collasso. Due giorni dopo della nostra visita il suo cuore ha smesso di battere. Credo che si è sforzata di rimanere in vita solo per essere sicura che tu avessi la possibilità di salvarti. Se fossimo andati prima forse... forse le case sarebbero andate diversamente. E' stato un mio errore per non aver insistito con tutte le mie forze.» concluse il ragazzo che si era avvicinato maggiormente al letto.
Draco alzò lentamente lo sguardo su di lui, completamente svuotato. Ma poi una rabbia si accese nel suo petto. Tutti i suoi sacrifici, tutti quegli anni trascorsi a prendersi cura di lui, di loro. Tutti gli sforzi per riuscire a sopravvivere, per riuscire a mantenere la famiglia Malfoy unita e forte come lo era stato fin dai secoli precedenti. Svaniti in un battito di ciglia. 
Incontrò il suo sguardo comprensivo e i suoi occhi grigi si accesero in un turbine di tempesta. Lo vide indietreggiare di un passo, pronto per qualsiasi sua reazione che non tardò ad arrivare. Lanciò il piatto violentemente verso di lui che lo schivò e cadde a terra frantumandosi. Si tolse violentemente le lenzuola di sopra per alzarsi. Si lanciò contro Potter prendendolo per la maglietta e facendolo sollevare all'altezza del suo volto.
«Ti ha salvato il culo dal Signore Oscuro! E tu non hai fatto niente per salvarle la vita! Eri troppo occupato a grattarti le palle circondato di attenzioni per essere il Salvatore!»  gli sbraitò contro per poi sbatterlo contro una sedia lì vicino. Ma la spinta era tanto violenta che cadde a terra con tutta la sedia. 
«Malfoy..» cercò di fermarlo la strega
«No!» sentì solamente dire. Ma non gli diede importanza. 
Tutto presente in quella casa lo odiava. Lo odiava più di qualsiasi altra cosa. Ogni oggetto, ogni quadro, ogni spazio vuoto, ogni essere vivente, ogni granello di polvere che vedeva sotto gli occhi voleva distruggerlo per dimostrare la sua ira, la sua collera, il suo dolore. Voleva distruggere tutto quello che gli capitasse a tiro in modo che guardassero cosa nascondeva il corpo di quel diciottenne.
Si voltò con cura verso il letto e cominciò a strappare le lenzuola e le fodere dei cuscini. Li lanciò in aria furibondo. Prese la piccola lampada sul comodino e la scagliò contro la finestra, sentendo successivamente i pezzi di vetro cadere a terra. Tolse i piccoli quadri dai muri e li ruppe con un colpo di ginocchio insieme alle cornici. Cercò di strappare la carta da parati con le unghie ma non provocò altro che futili linee bianche, al contrario delle sue dita che volevano protestare per tutta quella furia. Corse verso l'armadio e spalancò le due ante. Orrendo, piccolo e contenente vestiti decisamente di seconda mano. Li tolse ad uno ad uno facendoli volare dietro di sé. Come se cercasse qualcosa di vitale. Come se cercasse la conferma di quella nuova notizia. Come se da un momento all'altro si aspettasse sua madre uscire dal suo nascondiglio e dirgli che era tutta una menzogna che quelle fecce e quei traditori del proprio sangue gli avevano mentito solo per il piacere di vederlo in quello stato. Ma più svuotava l'armadio e più la consapevolezza di essere rimasto solo venne elaborata dal suo cervello. L'unico Malfoy in vita. Tutti le persone più importarti della sua vita l'avevano abbandonato. Una vita fatta di macchie, di bugie, di crimini, di sangue versato, di paura, di codardia, di tortura, di maledizioni senza perdono, di magia oscura, di scosse elettriche e di frustate alla schiena; una vita alla ricerca della tranquillità, della pura pace di poter vivere. Non cercava la felicità rubatagli anni addietro, voleva solo trovare quella serenità in compagnia delle uniche persone che aveva imparato ad amare. Sua Madre, suo Padre, Daphne, Blaise. Spariti. 
Chiuse prepotentemente le ante dell'armadio. Batté i pugni su di esso facendosi male ma assaporando quel leggero fastidio. Appoggiò la fronte contro il legno ruvido chiudendo gli occhi e lasciando i pugni ancora sulla superfice delle ante.
Le spalle gli tremarono insieme alle gambe. Cominciò a scivolare lentamente fino a che le ginocchia non toccarono terra. Il petto era scosso da singhiozzi. Addio alla perfetta facciata dell'impassibilità. Addio alla compostezza tipica di un Malfoy. Addio alle pareti bianche che costruiva nella sua mente e lo aiutavano sempre a mantenere il controllo. Addio ad ogni sua forma di dignità. Cosa se ne faceva lui della dignità se non gli era rimasto nulla, niente. Che motivazione aveva per continuare a vivere? Perchè doveva continuare a lottare per sopravvivere a quell'inferno di vita? Non c'era alcuna ragione se loro non erano al suo fianco. Era un orfano. Era un cane bastonato lasciato in mezzo alla strada in balia del proprio dolore. Era un cane solitario che non poteva godere della compagnia dei propri fratelli strappati via dalla guerra.
Pianse. Pianse senza ritegno. Pianse poggiando la fronte e stringendo i pugni contro il pavimento.
Insignificante se qualcuno assisteva a quella scena. Insignificante se il dolore alla schiena e alle ossa iniziò a farsi sentire. Insignificante il dolore alla testa che voleva spaccarlo in due. Voleva cadere in quel dolore. Voleva assaporare ogni suo brandello, ogni sua forma, per sentirsi vivo. Perché solo nel loro ricordo ritornava ad aggrapparsi alla vita. A quella misera vita che ancora qualcuno gli stava concedendo.
Un tocco leggero ai capelli gli fece aprire gli occhi ma non smise di sfogarsi. Non smise di gemere e tremare. Le mani della Granger cominciarono ad accarezzargli i capelli, per poi passare alle mani. 
«Andrà tutto bene.» gli sussurrò, cercando di consolarlo.
Le strinse le mani cercando quell'appiglio, a quella corda che non lo fece crollare nel baratro della follia. L'unico scoglio esistente che riuscisse a reggerlo. A proteggerlo.

Se sai come far smettere questa tortura ti prego, ti prego dimmelo. Avrebbe voluto dirle, ma il pianto aveva preso il sopravvento. 


Quattro bacchette gli puntano addosso in diversi punti del corpo. Le scariche aumentano di potenza e grida di animale ferito escono dalla bocca. Sbarra gli occhi, le pupille si dilatano, il cervello in fiamme, le vene del collo che si gonfiano per lo sforzo di far uscire almeno un minimo del dolore attraverso le urla, le vene delle braccia e delle gambe che si rialzano per l'alto voltaggio. I muscoli si irrigidiscono, il cuore vorrebbe crollare, vorrebbe fermarsi e riposarsi per il troppo sforzo di compiere il suo dovere. I polmoni cercano invano di accogliere aria. Urla con tutta la potenza che gli rimane. Urla per ricordarsi di non perdere il controllo di sé stesso. Urla per combattere a mantenere vivi i ricordi di quegli anni. Urla per la morte dei suoi genitori. Urla per il sé stesso adolescente rimasto solo nel cercare di salvarsi la vita. Urla per non dimenticarsi dell'ultima ragione rimastagli che lo spinge a continuare a vivere. Urla per il tocco della Granger, per i suoi occhi, per le sue labbra, per i suoi baci, per il suo corpo. Urla per ciò che ha amato e per ciò che gli è rimasto da amare. 

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Capitolo 6
*** capitolo sei ***


Tutto si ferma. Rimane con gli occhi chiusi, forse per ore. Ha il respiro affannoso, le orecchie fischianti, il corpo tremante per via delle scosse elettriche e delle frustate. Sente le forze che l’abbandonano e la mente che vuole cedere. Ma resiste. Un rumore dietro di lui, diversi passi che camminano veloci, voci che si accavallano. Le braccia vengono liberate dalle catene e cade rovinosamente faccia a terra. Viene sollevato di peso e qualcuno gli cinge un braccio intorno alla vita. Apre gli occhi e si ritrova accanto Potter intento a dirgli qualcosa che non riesce a percepire. Sorride faticosamente. Tutti i ricordi sono ancora lì nella sua mente, nitidi, precisi.  
«Mi ricordo tutto, Mi ricordo tutto!» dice entusiasta con la voce rauca. 
Lo trascina fuori da quella stanza, camminano lungo il corridoio, quasi corrono. Cerca di guardarsi attorno per trovarla, per incontrare i suoi occhi. 
«Torniamo a casa, tranquillo, torniamo a casa…» sente dire da Potter. Scoppia a ridere. Una risata finta, di sfogo. Continuano a camminare e distingue dei passi dietro di loro. 
«Mi hai sentito, Harry? Ricordo tutto… tutto…»  poi vede Hermione dietro di loro che li segue con le labbra serrate. Allunga il braccio libero dalla presa di Potter verso di lei, mentre continua a ridere apertamente. La Granger capisce e gli stringe la mano per così poco tempo che Draco non riesce a percepire il tuo tocco.  
«Dopo.» gli dice semplicemente mentre varcavano l’uscita di Azkaban.  

Si svegliò di soprassalto nel bel mezzo della notte per l’ennesima volta. Erano giorni che non faceva altro che sognare i corpi dei suoi genitori ricoperti di sangue e lui bloccato da delle catene costretti a fissarli ore ed ore. Si sedette sul bordo del letto sudato e chiuse gli occhi. Poggiò una mano dietro il collo e cercò di rilassare i muscoli. Si alzò lentamente e guardò l’orologio sul comodino: 4.30 del mattino. Sempre puntuale. Come al solito scese in cucina e si versò una tazza di caffè caldo per poi sedersi nella poltrona vicino al camino col fuoco sempre aperto. Altre due ore e la sveglia di Potter avrebbe cominciato a suonare rumorosamente. Il ragazzo-che-è-sopravvissuto sarebbe sceso in cucina, gli avrebbe cordialmente dato il buongiorno, avrebbe bevuto un po' di caffè e poi si sarebbe chiuso in bagno. Mezz’ora dopo sarebbe ritornato in cucina cercando di effettuare una specie di conversazione con lui, cosa che puntualmente avrebbe troncato. Ma quel giorno quella routine fu spezzata. Era domenica, precisamente la domenica di Natale, esattamente due settimane dopo essere stato rilasciato da Azkaban e una settimana dopo essersi svegliato in quella casa. Dopo la notizia della morte della madre non riuscì più a dire una parola se non alcuni monosillabi che Potter gli faceva pronunciare forzatamente. Era diventato inerme, quasi passivo a qualsiasi cosa. Non gli importava se le ferite stavano guarendo lentamente, se le varie scosse elettriche gli hanno rallentato i movimenti, se durante i giorni di prigionia aveva perso molto peso; non gli importava se la Granger e Potter avessero già cominciato a formulare possibili teorie difensive per ogni accusa che il Ministero aveva contro di lui, non gli importava se la Weasley ogni tanto entrava in casa per una visita con una scopa in mano e una pluffa e gli proponeva di fare qualche passaggio in giardino che puntualmente avrebbe rifiutato; non gli importava di rimanere lì seduto, in quella vecchia poltrona di pelle marrone tutto il giorno e fissare il vuoto. Non gli importava di nulla, assolutamente nulla, nemmeno di sé stesso. Cosa gli era rimasto infondo? 
Quella mattina la sveglia non suonò, ma Potter puntuale scese in cucina e lo guardò intensamente prima di sedersi nel divano. Aspettò che dicesse qualcosa invece rimasero in silenzio finché Ginny, quella notte rimasta a dormire li, non fece capolinea in cucina con un sorriso smagliante. 
«Buon Natale!» disse ad entrambi per poi dare un caloroso bacio sulle labbra del fidanzato. Draco spostò immediatamente lo sguardo, disgustato dalle loro scene amorevoli. 
«Prepariamoci velocemente e andiamo, va bene? La mamma avrà già preparato la colazione e ci starà aspettando tutta agitata, come al solito. E’ sempre nervosa quando ci sei tu… e sono passati anni… dovrebbe essersi abituata ormai!» «Se sarà nervosa lo sarà perché è Natale e ci sarà tutta la famiglia… » cerca di ribattere Potter ma come risposta mosse la mano in aria come se stessa scacciando una mosca e se ne andò di nuovo al piano di sopra. 
Draco si voltò lentamente verso Potter, già disperato per quello che sarebbe successo quel giorno. «Se non l’avessi capito Draco, oggi passeremo una giornata alla Tana e verrai con noi, ovviamente!» gli disse velocemente come se si fosse tolto un peso di dosso. Si alzò più sereno e gli diede una pacca sulla spalla «Buon Natale!» e si dileguò. 

 
Superati i confini di Azkaban, si smaterializzano nel mezzo di un piccolo giardino che ormai avrebbe riconosciuto ovunque. Si fa sfuggire un’altra risata prima di stringere di più a sé Harry. 
«Non pensavo che l’avrei mai detto, ma mi è davvero mancato questo posto!» gli dice quasi urlando. Cerca di staccarsi da lui, ma l’amico insiste e lo accompagna fino al piccolo bagno della casa. Vede Hermione che li segue e chiudere la porta alle spalle. Cominciano a spogliarlo dalla tuta striminzita della prigione prima che potesse dire qualsiasi cosa. Riesce a fermarli prima che gli tolgono anche le mutande.   
«Aspettate, aspettate un attimo! Non capite? Non riuscite a capire? Mi ricordo, mi ricordo tutto! Mi ricordo di questi mesi passati in questa casa, mi ricordo di te Harry che stavamo sempre insieme seduti difronte al camino, mi ricordo di Ginny e tutte le volte che mi ha medicato o che mi ha insultato; mi ricordo di Ron e le partite di scacchi, dei signori Weasley, persino del piccolo Teddy!» comincia a parlare tutto d’un fiato, gesticolando freneticamente e tirandosi indietro i capelli che gli ricadevano in continuazione davanti al viso «Hermione, Hermione» la chiama euforico guardandola intensamente «Mi ricordo tutto di te, mi ricordo tutto di noi due… di quello che provo per te… merda… non ci posso credere! AH!» ride continuando a spostare lo sguardo sulle due figure. Ma poi si ferma di colpo, quando osserva per bene le loro espressioni. Nessuno dei due era contento quanto lui, anzi il contrario. Incontra gli occhi lucidi della Granger e capisce che qualcosa non andava. Poi gli ritornano in mente altri ricordi, altri momenti di lui sopraeccitato per lo stesso motivo per cui è felice in quel momento. Sente diversi mattoni cadergli in testa e tutto il dolore fisico si fa improvvisamente vivo. Le ginocchia non reggono il suo peso, barcolla qualche istante prima di sedersi sul bordo della vasca.  
«Draco…» cominciò Harry ma il ragazzo alzò una mano in aria per fermarlo. Cade nuovamente il silenzio e cerca di regolarizzare il respiro. 
Quella non era la prima volta che dimenticava le cose, non era la prima volta che il suo cervello decideva di resettare tutti i momenti vissuti di quei ultimi tre anni. Un brivido gli percorre tutto il corpo quando realizza che ci furono altri momenti esattamente uguali a quello. Gli passarono davanti immagini di lui sorridente che entra in quello stesso bagno trascinato da Harry o da Hermione, mentre pronunciava le stesse identiche parole di poco fa; immagini dei due ragazzi che lo spogliavano, contenti come lui ma che man mano che si ripeteva la scena cominciavano ad assumere espressioni preoccupate, tristi e disperate; ricordi di lui che cominciava ad essere sempre più consapevole di quello che gli stesse accadendo. 
Sente gli occhi inumidirsi e la gola pizzicare. Deglutisce una, due, tre volte prima di parlare. 
«Harry, lasciaci soli.» 
 
«Non mi sembra il caso di venire…» disse flebile quando tutti e tre furono in piedi davanti al camino.
«A me non sembra il caso che tu faccia lo stupido il giorno di Natale.» rispose a tono Potter.
«Un Malfoy in casa Weasley…» sussurrò soprappensiero ricordandosi di tutte le volte che suo padre li aveva insultati apertamente davanti a tutti e privatamente a casa, le frecciatine che lui stesso inviava ad ogni Weasley ricordando quanto potessero essere dei pezzenti senza un quattrino. E dopo tutti quegli anni si ritrovò a passare il Natale proprio con l’ultima famiglia che lo desiderasse. Era meglio starsene solo in quella piccola casa a Godric’s Hollow piuttosto che passare un’intera giornata osservato da una decina di teste rosse.  
«Con questo che vorresti dire?» si alterò la più piccola della famiglia «Che casa mia non è abbastanza di lusso per te? O che magari non c’è nessun elfo domestico o persona che ti fa da schiavo e quindi ti sembra di stare in un porcile?» disse mentre le si avvampavano le guance. 
La guardò e aprì la bocca per rispondere ma poi la richiuse. Distolse lo sguardo infilandosi le mani in tasca. Pensò che era decisamente meglio stare solo.  
«Mi assicurerò che nessuno ti faccia domande o che dica qualcosa di troppo, puoi stare tranquillo. Te ne potrai stare per fatti tuoi se vuoi, ma non ho intenzione di lasciarti qui solo, se questo è quello che stai pensando.» interviene Potter senza badare la Weasley che rimase a bocca aperta. Draco incrociò le braccia al petto dopo aver dato una scrollata di spalle come risposta, continuando ad evitare i loro sguardi e puntando solamente le ceneri nel camino.
Riprese a respirare solo dopo che tutti e tre si ritrovarono in quel che per Draco era un piccolo, disordinato, e soprattutto pieno di teste rosse, salotto. Tutti i Weasley si affrettarono con gli abbracci e dare gli auguri, quando passavano da Draco non seppero che fare. La maggior parte si limitò ad un cenno di capo a distanza e auguri tirati, solo George Weasley cercò di allentare la tensione scompigliandogli i capelli dal gel, cosa che a Draco gli diede parecchio fastidio ma non disse nulla per amor proprio. Ron Weasley si limitò ad un cenno del capo studiandolo da capo a piedi e gli diede l’impressione di essere sotto un esame. Quando arrivarono insieme i signori Weasley cominciò ad agitarsi. Per un attimo si aspettò una valanga di insulti per poi essere preso per i capelli e buttato fuori casa con tanto di cruciatus, ma poi si ritrovò circondato da un abbraccio materno. 
«Siamo così feliciti che hai deciso di unirti a noi! Buon natale, figliolo.» gli sussurrò all’orecchio la signora Weasley. Rimase paralizzato, non ricambiò l’abbraccio e guardò direttamente il signor Weasley. Aveva un’espressione seria e guardava ogni sua reazione. Quando venne sciolto dall’abbraccio si avvicinò a Draco e gli tese la mano non cambiando espressione. La guardò per qualche istante. Era il suo modo di dimostrare che era pronto per una tregua, che era pronto ad avere una rapporto civile. Non aveva senso per Draco rifiutare, in fondo cosa gli sarebbe cambiato? Assolutamente nulla. La situazione in cui si trovava sicuramente non dipendeva dalla famiglia Weasley e continuare ad averli come nemici o amici non gli avrebbe fatto alcuna differenza.
Deglutì, mentre dentro si stava quasi mettendo a ridere per questo strano evento. Allungò la sua che per un attimo tremò per poi stringerla sotto lo sguardo di tutti. Sotto lo sguardo soprattutto di Ron Weasley che fino a quel momento rimase pochi metri lontano da lui con le braccia incrociate al petto a guardare ogni suo movimento, a studiarlo e giudicarlo attimo dopo attimo. Incrociò i suoi occhi blu e per la prima volta i ruoli si invertirono. Non era più Draco Malfoy a guardare Ron Wealey dall’alto in basso, non era più Ron a sentirsi umiliato alla sola presenza di Draco, ma questa volta era Draco che voleva nascondere la faccia sotto il maglione, questa volta era Ron che lo guardava disgustato con la puzza sotto il naso.  
«Bene. Adesso che abbiamo tutti assistito a questo ‘storico’ momento possiamo benissimo continuare con quello che stavamo facendo!» alzò la voce la Granger gesticolando per fare dileguare tutta quelle persone. Si rivolse poi al giovane Weasley, rimasto ancora fermo al suo posto, e gli diede un pugno sul braccio percependo la tensione tra i due ragazzi.  
«Finiscila, Ronald! Non rovinare tutto! Ti tengo d’occhio!» il ragazzo in risposta prese un grosso respiro per tranquillizzarsi «Se qualcuno rovinerà qualcosa non sarò di certo io.» rispose e subito dopo abbracciò affettuosamente la Granger evitando di farla innervosire «Buon Natale, Hermione.» Si allontanò come il resto della famiglia verso la cucina, continuando a guardare di sottecchi Draco lasciandolo solo con la Granger. 
«Bhè, auguri! Non te lo aspettavi, vero?» si rivolse a lui sorridendo. La guardò negli occhi per poi sedersi in una poltrona lì vicino e incrociare le braccia. La sentì sospirare e allontanarsi dopo essere stata chiamata da qualcuno. 

 
Harry esce titubante dal bagno lasciando la porta socchiusa. I due ragazzi rimangono in silenzio per quello che sembra un'eternità, incrociando gli sguardi di tanto in tanto. Draco prende fiato, evitando di pensare ai dolori alla schiena, chiude gli occhi, cerca di deglutire saliva, ma la bocca è tropo asciutta. 
«Draco…» «Hermione…» si chiamano contemporaneamente, con voci tremanti. Si fermano e si guardano dritti negli occhi, quelli di lei che già versano lacrime, quelli di lui che sono pronti a farlo. Hermione cerca di riprendere parola ma Draco la ferma alzandosi dal bordo della vasca.  
«No, devi ascoltare.» si schiarisce la gola, terrorizzato da quello che sta per dirle. Da questa decisione improvvisa, ma giusta. Doveva farlo tempo prima, sin dai primi sintomi. Ma non ebbe il coraggio. Draco Malfoy non ebbe mai il coraggio di fare nulla di eroico nella sua vita, figuriamoci sacrificare la sua felicità per quella di qualcun altro. Sapeva che quella situazione era un ciclo, un loop che si sarebbe ripetuto all’infinito. E lui non poteva farle questo. Non poteva.
«Devi promettermi una cosa…» inizia ma Hermione lo interrompe e si avvicina a lui con due falcate
«So quello che stai per dirmi è la mia risposta è no.» «Hermione…» «Lo sapevo, lo sapevo… ti conosco troppo bene ormai da capire quello che ti passa per la testa e non lo farò. Neanche Harry te lo permetterà. Sono stata chiara?» alza il dito contro il suo petto come se stesse rimproverando un bambino, come se stessero affrontando i soliti battibecchi su chi abbia ragione e su chi abbia torto. Allunga le braccia e le prende il viso tra le mani. Lei cerca di divincolarsi, ma stringe maggiormente la presa e poggia la fronte sulla sua. 
«Prometti, prometti che questa sarà l’ultima volta...» «No.» «Questa sarà l’ultima volta che cercherete di tirarmi fuori di lì! Se perderemo, mi dovrete lasciare andare, tu mi dovrai lasciare andare. Mi devi abbandonare ad Azkaban e dimenticarti di tutto.» «Che stai dicendo, sei impazzito» «Sono già pazzo Hermione!» la scuote leggermente, allontanandosi abbastanza da guardarla negli occhi «Non capisci? La mia mente sta cadendo a pezzi! Non possiamo andare avanti così: tre mesi in cui stiamo perfettamente insieme, felici e tre mesi in cui io non ricordo assolutamente nulla di te, di noi! Ci abbiamo provato…» gli trema la voce e una lacrima scende lunga la guancia ferita.
«Non ho intenzione di arrendermi!» ribatte lei prepotentemente «Io l’ho fatto… e lo sto facendo per te… non puoi passare la vita a cercare di farmi uscire da Azkaban, A ricominciare da capo ogni volta che il mio cervello decide di cancellarti dai miei ricordi… devi cominciare ad andare avanti con la tua vita…» Hermione serra gli occhi in risposta, pugnalata al petto da quelle parole. «Voglio che ti godi la vita» «Smettila…» «Voglio che ti crei una famiglia, voglio che finalmente riesci a far valere i diritti di quei stupidi elfi domestici…» «Lo farò… lo farò… ma con te al mio fianco.» sospira spazientito.
Si avvicina a lei e poggia nuovamente la fronte sulla sua, carezzando dolcemente le labbra arrossate dal pianto. «Ti prego, Hermione…» sussurra distrutto «ti prego, per una volta… almeno per questa volta… fa come ti dico io…» qualche attimo di silenzio prima di vedere la ragazza fare un piccolo cenno col capo, arrendendosi a quella richiesta disperata.
«Promettilo» le chiede tra le labbra pronto a baciarla dopo tanto tempo. «Lo… lo prometto…» e con un bacio sigillano quel patto. Un bacio sofferto, salato per via delle lacrime di entrambi; un bacio che sarebbe dovuto essere di ricongiunzione ma è d’addio. Mani che carezzano qualsiasi parte possibile dell’altro non per passione travolgente, ma per cercare di memorizzare più dettagli possibili. Singhiozzi soffocati da altri baci forzati, forzati perché tutto quello che vorrebbero fare è scappare, scappare lontano da tutto e da tutti, nascondersi in un’isola deserta, rimanere insieme per sempre, senza problemi, senza che nessuno rovinasse il loro mondo perfetto, fatto solo di loro due.  

«Vuoi una tazza di cioccolata calda?» gli chiese la Granger uscita sul portico nel retro della Tana. «No.» «Bene, perché non sarei ritornata dentro per andare a prendertela, non sono un tuo elfo.» gli rispose cercando di sdrammatizzare un po' , ma da quando Draco aveva messo piede in quella casa era più taciturno del solito.
Era passata quasi una settimana e ancora il ragazzo non riusciva a rilassarsi, stava sempre in allerta in caso qualcuno cercasse di attaccarlo, stava sveglio seduto sulla poltrona vicino al camino fino a notte fonda e dormiva poche ore svegliandosi con il canto del gallo. Tutti in casa andavano a coricarsi lasciandolo seduto a fissare le fiamme e al mattino lo ritrovavano seduto nello stesso identico modo con una tazza di caffè in mano. Voleva andarsene, ritornare a casa di Potter ma più lo chiedeva e più il ragazzo occhialuto gli negava la richiesta. «Malfoy, ogni volta che me lo chiedi aggiungo un giorno alla permanenza, siamo arrivati al 4 gennaio. Sei sicuro di voler continuare?»  
La Granger si sedette nella sedia accanto alla sua, rimase in silenzio per un po' sorseggiando la cioccolata e solo dopo averla guardata notò che aveva un paio di libri appoggiati sulle gambe. «Santo cielo, come fai a stare qui fuori, si congela.» alzò le spalle in preda ad un brivido di freddo e strinse maggiormente le mani intorno alla tazza fumante avvicinando il viso in cerca di calore. Aveva una coperta intorno alle spalle, un maglione di lana più grande di due taglie, sciarpa cappello e guanti, mentre Draco oltre ad un maglione aveva semplicemente una coperta sulle gambe e un cappello.
«Faceva molto più freddo ad Azkaban». Quel freddo non era niente a confronto al totale gelo e all'umidità in cui viveva giorno e notte in quella cella buia. Erano come aghi che gli perforavano nella pelle, nelle spalle, nelle ginocchia, nelle mani, tanto che molte volte ne perdeva la sensibilità.
La ragazza non disse niente sentendosi a disagio, accavallò le gambe e bevve un altro sorso. In qualche modo voleva una sua risposta, voleva continuare a parlare, si sentiva a proprio agio parlare con lei, anche con Potter, ma nei suoi confronti aveva sempre un atteggiamento di sfida, mentre con lei poteva abbassare la guardia e non ne sapeva il motivo, l'unica risposta a quella domanda era perchè era una Sanguesporco, era inferiore e l'avrebbe sicuramente sovrastata; o semplicemente perché percepiva che era sincera nei suoi confronti, quello che pensava o provava lo diceva apertamente come aveva sempre fatto anche a scuola.
«Il tuo maglione è arrendo, non mi aspettavo niente di meglio da te.» le disse sperando che avesse risposto alla frecciatina che non tardò ad arrivare. «Per tua informazione è un regalo della signora Wealsey ed è bellissimo, comodo e mi tiene al caldo. Io sono sensibile al freddo, non sono un pezzo di ghiaccio come te.»
Un piccolo sorriso si fece largo sul suo volto compiaciuto da quella risposta senza però ribattere. Lei guardò quel sorriso per qualche secondo prima di riprendere parola. «Stavo pensando...» tentennò cercando di capire se la stesse ascoltando per poi avere conferma quando si girò a guardarla «che visto che hai così tanto tempo per te...» gli disse riferendosi evidentemente al suo atteggiamento di isolamento «potresti leggere qualcosa... mi ricordo che a scuola andavi bene» «più che bene, primo della classe.» «Secondo, la prima ero io.» lo corresse «Solo perché io non passavo tutto il giorno con il naso sopra i libri in biblioteca... e se non ricordo male, correggi se sbaglio Sanguesporco, ma in Pozioni io ero il primo della classe.» le disse con un ghigno sul volto.
Lei stizzita con sguardo furioso gli sbattè i libri sulle gambe «Stavo dicendo, che pensavo che ti avrebbe fatto piacere leggere qualcosa in questi giorni per tenere allenata la mente.» si alzò di scatto e si mise a braccia conserte di fronte a lui, chiaramente aspettando un suo commento sulla scelta dei libri. Draco li guardò e li sfogliò, un libro era su pozioni molto rare usate dagli antichi maghi indonesiani e l'altro era sulla storia magica. Li aveva gia letti da ragazzino, ma edizioni molto più vecchie di quelle che aveva nella biblioteca di Villa Malfoy.
La guardò vedendo che stava aspettando con ansia una sua risposta. «Devo considerarlo un regalo di Natale?» la vide indecisa sulla risposta ma poi annuì. «Me l'hai consegnato in ritardo, non aspettarti un grazie.» la vide alzare gli occhi al cielo borbottando un "non me lo aspettavo minimamente", mentre con una mano accarezzava la copertina. Notò che era nuovo, non era un libro usato o una vecchia copia rara di cui doveva stare attento a non far strappare le pagine. Sorrise tra se e se pensando che poteva farci quello che voleva anche scriverci sopra, piegare l'angolo della pagina o evidenziare qualcosa. «Sono contenta che ti piace. Non avevo idea di cosa prendere, non sapevo cosa ti interessasse.». Ritornò serio, colpito da quanto poteva essere facilmente compreso dalla ragazza.
«Detto ciò... non pensi che sia il momento di cercare di avere almeno una conversazione civile con i Weasley? Non potrai parlare solo con me o Harry per sempre.» la fulminò con lo sguardo come risposta «Per Godric Grifondoro, non puoi mettere da parte un po' di quell'orgoglio Malfoy che ti ritrovi? Ti hanno ospitato nella loro casa nonostante tutto, ti hanno dato da mangiare, un posto dove dormire per non passare il Natale e Capodanno da solo.» «Potter l'ha fatto, non loro, se devo essere grato a qualcuno quel qualcuno è lui» «Si, Harry l'ha chiesto e loro hanno accettato, non ti dico senza esitare ma hanno accettato, hanno scelto di aiutare un ragazzo rimasto orfano, solo senza nessuno che rischia di passare una vita rinchiuso in una cella gelida senza luce, incatenato in un angolo, solamente perché ha fatto delle scelte sbagliate in passato.»
Inarcò le sopracciglia a sentire quelle parole e il suo sguardo diventò ancora più gelido. Serrò la mascella prima di parlare a denti stretti. «Scelte sbagliate? Sono stato costretto Granger, non ho avuto scelta, si parlava di sopravvivere non ti giocare agli eroi come voi idioti. Le uniche opzioni che avevo a 14 anni erano vivere o morire. Si trattava di scegliere tra la morte e la vita.  Stai attenta a quello che dici Sanguesporco, mi stai dimostrando di essere incoerente. Prima mi dici che hai compreso la situazione in cui mi trovavo e adesso mi dici tutto il contrario...» riprese fiato e serrò la presa sui libri come a volerli strappare.
«Si, lo so lo so ho sbagliato l'uso di parole... ma devi metterti nei loro panni, loro ti vedono come il figlio delle persone che gli hanno reso la vita impossibile, il compagno di scuola che faceva di tutto per essere odiato...» «Allora io tutta questa falsa gentilezza non la voglio...» la Granger lo ignorò e continuò il suo discorso «ma adesso vedono anche un figlio senza genitori e un giovane ragazzo rimasto solo, un giovane ragazzo che ha cercato in tutti i modi di sopravvivere ed è condannato a soffrire nonostante tutti gli sforzi che ha fatto...» «Non voglio nemmeno la loro pietà. Non sanno quello che ho passato e non potranno mai capirlo.» «E tu non sai quello che noi abbiamo passato e non potrai mai capirlo. Hai idea di che significa cancellare dalla memoria la tua stessa esistenza ai tuoi genitori? Hai idea di che significa avere tutto il mondo sulle tue spalle perchè il mago più potente di tutto il mondo per una stupida profezia ha ucciso i tuoi genitori e ti ha perseguitato per tutti gli anni della tua vita solo per ammazzarti? Hai idea di che significa perdere un amico un fratello o un figlio? Hai idea di cosa potrà provare Ted quando da grande gli racconteranno perché è rimasto orfano poco dopo la sua nascita?» a mano a mano che parlavo cominciò ad alzare la voce diventando rossa in viso, ogni tanto puntandogli un dito contro e chinandosi un po' verso di lui.
Sapeva benissimo cosa è accaduto ai Weasley a lei e a Potter, sapeva benissimo che hanno combattuto rischiando tutto, sapeva benissimo che hanno perso molto che le loro vite sono cambiate. Sapeva benissimo che la signora Weasley ogni sera quando tutti erano andati a dormire piangeva silenziosamente difronte la fotografia del gemello morto o gli parlava come se ancora fosse vivo mentre il marito, accanto a lui, seduto sull'altra poltrona difronte al fuoco non sapeva mai se andare a consolarla o lasciarla sola. Sapeva benissimo quando, in momenti come quelli, il signor Weasley dimostrava tutti i suoi anni in un colpo solo e quando lo beccava ascoltare e guardare la scena non vedeva Draco ma Lucius Malfoy. Sapeva benissimo che tutto il resto della famiglia continuava a vivere nella tensione di essere attaccati da un momento all'altro come se la guerra non fosse finita. Sapeva benissimo che Potter si è sempre preso la responsabilità di tutto e tutti, che è colui che ha sempre vissuto nel terrore di affezionarsi a qualcuno per poi perderlo. Sapeva benissimo che la Granger ha dovuto obliviare i propri genitori e mandarli lontano e adesso stanno ancora combattendo a riacquistare la totale memoria al San Mungo. Lo sapeva benissimo che a quel bambino di un anno, suo cugino, non gli era rimasto niente della sua famiglia se non la nonna, sua zia. Sapeva che tutti hanno sofferto e che continuano a soffrire ma anche lui ha perso le persone che amava, anche la sua vita è cambiata drasticamente, solamente che loro non rischiano di passare il resto della vita rinchiusi ad Azkaban.
«Sono solo, Granger. Uno contro tutti.» e non si riferiva solo al Ministero che lo voleva rinchiudere, parlava anche del mondo la fuori che avrebbe dovuto affrontare in futuro. Tutti che lo avrebbero guardato con odio, escluso da tutti e da tutto come se fosse la peste. Spiazzata da quelle parole la Granger cambiò completamente tono di voce.
«I tuoi genitori sono morti per te e l'opportunità che ti hanno dato non puoi sprecarla così. Devi ancora combattere e non puoi arrenderti adesso. Non preoccuparti, non sarai solo.» la guardò per qualche istante e uno strano calore di fece largo nel petto. Ritrovò uno spiraglio di speranza. «Va bene. Adesso lasciami solo, devo tenere allenata la mia mente.» 
  

Dopo che Hermione gli curò le ferite sulla schiena e gli diede una pozione per gli spasmi, escono dal bagno come se nulla fosse successo, con gli occhi di Harry puntati addosso. Draco cammina dolorante verso la cucina e si siete al tavolo con le mani appoggiate sul tavolo e dita incrociate. Fa cenno ad entrambi di sedersi.
«Sei sicuro che non vuoi riposarti?» chiede Hermione per la decima volta e per la decima volta rifiuta. Allora con un colpo di bacchetta gli mette davanti un piatto con un panino e un bicchiere di succo di frutta. Ma ha la nausea e non riesce a sopportarne neanche la vista. Allontana il piatto per poi passarsi una mano tra i capelli sospirando pesantemente.
«Mi farete ancora aspettare o vi siete decisi a dirmi cosa sono quei libri che avete trovato?» Harry lo guarda intensamente come fa ogni volta che cerca di capire cosa gli passasse per la testa e incrocia le braccia offeso «Se non prima ci dici di Daphne Greengrass. Tre anni e non l'hai nominata neanche una volta. Perché?» Sente il viso avvamparsi e il cuore comincia a battere all'impazzata. Fulmina Hermione con lo sguardo. Ancora non capiva perché doveva sempre spifferare ogni minima cosa a Potter. «Non devo dirvi assolutamente nulla.» «Vogliamo solo capire se può esserci utile. Hai detto che questa è l'ultima chance che abbiamo.» cerca di difendersi stizzita la Granger.
Harry sgrana gli occhi e sposta lo sguardo dall'uno all'altro. «Cosa?» riesce a dire solamente. «Harry, vedi, il tuo amichetto Draco ha deciso-» «Sanguesporco stai zitta. Hai parlato abbastanza per oggi.» la interrompe glaciale. Harry si scompiglia i capelli frustato, poi alza le braccia in aria come per arrendersi. «Va bene, va bene, va bene, prima calmiamoci. Non andiamo da nessuna parte così.»
Rimangono in silenzio non si sa per quanto, ognuno perso nei suoi pensieri. Hermione beve un sorso di succo che aveva dato a Draco, quest'ultimo comincia a mangiare il panino per l'improvviso buco allo stomaco, mentre Harry si toglie gli occhiali e si massaggia gli occhi. Draco non sapeva che fare. Come poteva parlare del suo primo amore con loro, soprattutto con Hermione; e se avesse parlato di Daphne doveva per forza parlare anche di Blaise. Non vi era stato nulla nella loro amicizia che potesse aiutarlo a convincere il giudice Mills a scagionarlo. Non gli piace parlarne, non vuole condividere con loro i ricordi che ha dei suoi migliori amici, perchè sono i suoi, i suoi soltanto e devono rimanere tali. Se l'avesse detto ad alta voce cosa fosse successo, sarebbe diventato reale, troppo reale. Sarebbe stato l'ultimo passo che l'avrebbe definitivamente separato dal vecchio Draco Malfoy e ancora non poteva, non ci riusciva. Ma poi li guarda entrambi e capisce che non aveva alcun senso aver paura di raccontare un altro pezzo della sua vita, un pezzo molto importante, a persone che ormai considerava amiche e familiari. Sono loro due, insieme a Ginny e Ron e al piccolo Teddy a far parte della sua vita adesso ed era giusto che sappiano tutto di lui, della sua vita passata. Fissa Hermione intensamente e tutti i suoi dubbi si dissolvono in un attimo,voleva che lei conoscesse tutto di lui. Chiude gli occhi, sospira e rompe il silenzio. 
«Daphne Greengrass è stata la mia migliore amica insieme a Blaise Zabini, un altro serpeverde del nostro stesso anno.» li riapre e vede che trattengono il fiato pronti ad ascoltare il resto. 
 
I giorni dopo della sfuriata della so-tutto-io Hermione Granger, Draco non fece a meno di notare come Ron non analizzasse più qualsiasi cosa facesse, come Ginny  gli mettesse in bella vista fuori dalla finestra la scopa che usava ogni volta che giocava a Quiddich con i fratelli o facesse un giro in volo. Notò anche come la signora Weasley silenziosamente si prendesse cura di lui ogni giorno preparandogli colazione pranzo e dandogli sempre vestiti puliti e profumati; come il signor Weasley, quando si sedeva la mattina o la sera nella poltrona vicino alla sua a leggere il giornale, commentasse ad alta voce le notizie più eclatanti come se cercasse di aprire una conversazione. Cominciò a sentirsi a disagio da queste piccole cose, come se i Weasley avessero accettato la sua presenza in casa, come se non fosse più completamente un estraneo o un nemico, come se stessero davvero cercando di coinvolgerlo nella loro vita quotidiana.
Provò questa sensazione di sentirsi un pesce fuor d'acqua fino a quando la mattina di Capodanno, mentre tutti facevano colazione a tavola, lui stava sorseggiando una tazza di caffè amaro seduto nella poltrona con il signor Weasley accanto che faceva altrettanto, commentando una notizia in prima pagina «Non posso crederci che McLaughlin fosse un truffatore di questa portata. Ha persino imbrogliato i goblin alla Gringott spacciandosi per un ricco mago appartenente ad una famiglia illustrissima... come dice qui... vediamo... il suo vero nome era Philip Palmer e non aveva un soldo! Che strano, era così gentile quando lo incontravo ogni tanto al mercato del pesce...» «Così strano non credo. Se fosse stato così ricco come sbandierava di essere non sarebbe andato ad un banale mercato del pesce lui stesso, ma avrebbe mandato un elfo oppure sarebbe andato ad un ristorante di alta classe. Inoltre la famiglia McLaughlin sì, era illustrissima, una delle famiglie irlandesi più ricche, ma 300 anni fa, si estinse perché l'ultimo discendente era figlio unico e non poteva avere figli. Non vi è rimasto nessuno di quella stirpe se non qualche cugino alla lontana... se non sbaglio è la famiglia Llyod, non ricordo bene...» calò il silenzio in cucina e tutti si voltarono a guardarlo a bocca aperta ancora con le posate in mano. Nessuno lo avevo sentito parlare così tanto.
 Il signor Weasley rimase per qualche secondo a bocca aperta, si sistemò meglio gli occhiali da lettura sul naso per poi schiarirsi la voce cercando di camuffare la sorpresa. «Ovvio, ovvio, se la metti così... come fai a sapere queste cose su una famiglia estinta?» domandò con occhi curiosi puntati su di lui, e sapeva che non erano l'unico paio di occhi che lo stesse continuando a guardare «Nella mia biblioteca... quella di casa mia... alla Villa... c'è uno scaffale intero di libri che parlano di ogni famiglia prestigiosa purosangue che sia mai esistita sin dai tempi di Merlino...» poi di nuovo il caos irruppe nella stanza.
«Hai una vera e proprio biblioteca a casa tua?» «E tu hai studiato tutte quelle famiglie morte decrepite?» «i tuoi ti costringevano a leggere tutti i libri esistenti e poi ti facevano un test?» «E' vero che nelle famiglie ricche c'erano gli incesti?» «Hai anche scaffali di libri inutili come questi?» «C'è anche un libro sulla famiglia di Voldemort?» Fu sovrastato da tutto quell'eccitamento e quella curiosità, addirittura Ginny la più lontano seduta a tavola si era alzata e si era avvicinata.
Li guardò per qualche istante non sapendo che faccia aveva assunto in quel momento, forse stava boccheggiando in cerca di qualcosa da dire. Dovette ricordarsi che per loro non era una cosa normale avere un'intera biblioteca in casa. Stava per ignorarli apertamente e continuare a sorseggiare il suo caffè, poi vide la Granger che fu l'unica a ricominciare a mangiare con un sorriso sulle labbra. «Si ho una biblioteca privata risalente al primo Malfoy. No, non le ho studiate, le ho solo lette, ho un'ottima memoria. No, i miei non mi costringevano a leggere nulla e non mi facevano fare nessun test, sceglievo io le mie letture. Si, una volta si usava fare figli con i propri fratelli o cugini per preservare la stirpe. Nessun libro in quella biblioteca è inutile. E si, c'era un libro sulla famiglia del Signore Oscuro ma quando è venuto a vivere in casa mia lo ha bruciato insieme a tutto il resto che lo potesse collegare ad una vita mortale.» tutti si ammutolirono con quell'ultima frase e non seppero più che dire.
Cercarono di tornare alla normalità continuando a mangiare la colazione ma si percepiva una certa tensione. Sentì il sangue scorrergli velocemente alla testa, forse era stato troppo brusco, forse aveva usato un tono del tutto che amichevole e tranquillo. Sorseggiò un po' di caffè quando all'improvviso George si smaterializzò sopra di lui. La tazza che aveva in mano finì proprio sopra al signor Weasley versandoglielo tutto addosso e sopra il giornale, Il gemello scoppiò in una grossa risata gridando "come sei saltato! Sei proprio un caga sotto!", quando cercò di buttarlo a terra gli cinse un braccio intorno alla testa e gli scompigliò prepotentemente i capelli sistemati con il gel.
«Merda, no! Smettila idiota!» protestò. George si alzò ancora ridendo seguito dagli altri. Si sentì avvampare mentre cercava di sistemarsi i capelli il più possibile. «Weasley, non toccarmi i capelli. E' l'unica cosa che non devi fare assolutamente se non vuoi perdere anche una mano, oltre l'orecchio.» «Si infatti, George. Non puoi mica rovinare il suo capello perfetto da questo dipende il suo rilascio.» disse dietro di lui Ginny imitando il suo gesto di sistemarsi i capelli. Tutti risero ancora di più mentre Draco cercava di difendersi dicendo che semplicemente gli piaceva stare in ordine, ma nessuno lo ascoltava.
«Tranquillo, ti ci abituerai.» gli disse Harry porgendogli un'altra tazza di caffè e sorridendogli amichevolmente per poi sedersi sul braccio della sua poltrona. «Non credo proprio» rispose semplicemente quando George si pulì la mano sporca di gel sul suo maglione.  
La cucina dopo un po' si svuotò e rimase solo con la signora Weasley che puliva le stoviglie e già preparava qualcosa per il pranzo e con Ron che, seduto nella poltrona al posto del padre, non smise per un secondo di guardarlo.
Stufo alla decima volta che cercò di leggere lo stesso paragrafo del libro, lo chiuse di colpo facendo saltare sulla sedia il rosso. Lo guardò truce aspettando che dicesse qualcosa, ma non disse niente. «Vuoi una foto Weasley? O aspetti che trovi nel libro una pozione che ti facesse scomparire tutte quelle lentiggini?» Ron diventò rosso cercando di nascondere l'imbarazzo ma poi congiungendo le mani, si calmò lentamente non distogliendo per un attimo lo sguardo da lui. Lo vedeva che ancora non riusciva a fidarsi di lui, ancora lo considerava un nemico. Ma non poteva farci nulla, non aveva intenzione di andargli a genio, non era necessario. Poteva continuare a vivere sapendo che lui avrebbe continuato ad odiarlo. Poi qualcosa nei suoi occhi azzurri cambiò di colpo: erano diventati più chiari e luminosi; Non era pietà quella che gli stava trasmettendo con uno sguardo, ma comprensione. La stessa di Potter. Non si stupiva che quei due erano migliori amici.
Da sotto la poltrona tirò fuori la confezione di scacchi magici e la poggiò sul comodino che era in mezzo alle due poltrone «Vuoi giocare?» gli chiese sistemando già tutte le pedine al suo posto. Aggrottò le sopracciglia e decise che quel giorno fu decisamente il più strambo della sua vita. Non avrebbe mai immaginato che avrebbe mai potuto fare una tranquilla partita a scacchi con uno dei suoi peggior nemici. Ma pensò che non aveva nulla da fare, che era inutile continuare a respingere tutti, come diceva la Granger non gli era rimasto nessuno e non aveva più niente da perdere. L'unica cosa da fare era accettare questa strana situazione e combattere per la sua vita.
Chiuse il libro e senza dire una parola fece la prima mossa, mentre il rosso incredulo, si posizionava meglio sulla poltrona. Dopo qualche minuto che giocarono Draco di rese conto che Weasley non era per niente scarso in quel gioco e dopo qualche altro minuto gli fece scacco matto come se nulla fosse. Un sorriso di vittoria si fece largo sul volto lentigginoso «Non rilassarti così tanto Weasley, non pensavo che sapessi veramente giocare. Adesso faccio sul serio.» gli comunicò mentre ordinava alle pedine di rimettersi al proprio posto. Dopo due sconfitte Ron si mise una mano nel capelli «Miseriaccia. E' la prima volta che gioco con qualcuno così bravo.» Draco sorrise compiaciuto per poi riprendere il libro «Quando vuoi posso darti qualche lezione.» «Adesso non tirartela, Malfoy! La prossima volta vincerò io!» «Non lo sai il detto: è la convinzione che fotte la gente?» Le orecchie di Ron diventarono rosse e incrociò le braccia al petto, offeso.
Si gratto nuovamente la nuca imbarazzato per qualcosa che Draco non riusciva a capire, ma poi tornò ad analizzarlo con lo sguardo. «Cosa?» domandò di nuovo frustato. «Chi ti ha insegnato a giocare così? Si vede che non è solo pratica...» «Mio padre...» rispose tranquillamente, ma se ne pentì subito dopo. Forse non era il caso di parlare dei suoi genitori con un Weasley, ma Ron non bettè ciglio e riusciva a percepire che aveva molte altre domande da fargli. Era decisamente il migliore amico di Potter, curioso esattamente come lui, come un Grifondoro.
«Vuoi chiedermi qualcosa, Weasley? Vedo che ti stai trattenendo.» «Harry mi ha fatto promettere di non chiederti niente e di non parlarne se tu non eri pronto...» alzò un sopracciglio capendo solo dopo qualche secondo cosa intendeva. Vide di sottecchi che la Signora Weasley svolgeva più lentamente le faccende di casa apposta per riuscire a sentire meglio. Forse era meglio troncarlo sul nascere per evitare sconvenevoli ma guardandolo negli occhi sapeva che non si sarebbe arreso, che se non avrebbe risposto alle sue domande quel giorno l'avrebbe dovuto fare il giorno dopo, o i giorni successivi. 
«Chiedimi quello che vuoi.» disse schietto. Forse con voce troppo sicura, mentre dentro di sé non lo era affatto. «Seriamente? Con Harry ed Hermione ancora non hai aper-» «Non farmi cambiare idea, Weasley. Adesso o mai più. Dovrò farlo prima o poi e pensandoci forse è meglio farlo con una persona che non trascrive tutto quello che dico.» cercò di fare un sorriso sarcastico, ma gli morì un attimo dopo. Weasley lo fisso come a cercare una conferma nel suo sguardo «Con il giorno possibilmente...» in risposta il rosso rise imbarazzato. «Cavolo è difficile sai? Ci sono tante cose che vorrei sapere...poi non voglio farti il terzo grado. Questo è compito di Hermione... e anche di Harry... io non sono fatto per queste cose, mi faccio coinvolgere troppo.»
Fu in quel momento che Draco Malfoy si sentì nuovamente sporco, sporco dentro, completamente sbagliato in confronto al ragazzo che gli era seduto di fronte. Si sentì lui il pezzente che non aveva cuore, che non possedeva un straccio di altruismo. E capì che in quei giorni non lo stesse analizzando perché non riusciva ad accettare il fatto che stesse a casa sua, probabilmente all'inizio; ma perché volle capire come affrontarlo, che tipo di atteggiamento doveva assumere per non farlo stare sulla difensiva come ha sempre fatto. Forse aveva capito che aveva bisogno semplicemente di tempo per adattarsi in quella casa in presenta della sua famiglia. O forse lui aveva bisogno di tempo e accettare che doveva trascorrere le vacanze in casa sua.
«Sicuramente non vuoi sapere se mi dovevo vestire da donna per compiacere il Signore Oscuro.» Scoppiò in una piccola risata ma subito dopo ritornò serio «E' vero?» chiese ma Draco rise sotto i baffi negando ogni dubbio. «Ecco... vedi... stamattina hai detto che Tu-Sai-Chi aveva cominciato ad abitare a casa tua... stava lì giorno e notte?» sentì la signora Weasley fermarsi completamente attendendo anche lei la risposta. Poggiò le braccia sui braccioli della poltrona, stese le dita per poi chiuderle a pugno. A Ron quel gesto non sfuggì «Quando non doveva andare in giro a spargere morte e panico sì, era sempre a casa mia.»
«Com'era? Cosa si provava a stargli così vicino?» Voleva dirgli che era la sensazione più brutta che un uomo potesse mai provare. Era la paura, il terrore puro. Terrore di incontrarlo in qualsiasi momento, in qualsiasi posto. Era l'odore dell'odio e della morte insidiato fin dentro le mure, fin dentro le tue stesse ossa. Era la sensazione di essere perennemente osservato, perennemente seguito da quel serpente putrido assetato di sangue a seminare cadaveri in giro per la casa. Non lo fece, voleva essere sincero, voleva spiegare che significava vivere sotto lo stesso tetto del Signore Oscuro, ma le parole gli morivano in gola, non aveva più saliva da ingoiare. Involontariamente poggiò una mano sull'avambraccio marchiato, ormai sbiadito, ricordando ogni sensazione che Lui trasmetteva ai suoi seguaci attraverso esso. Molte volte era così furioso o così voglioso di massacrare qualcuno che Draco aveva più volte pensato di bere qualche pozione sonnifera per non provare quei sentimenti. Un brivido gli percorse su tutta la schiena per poi vedere lo sguardo incuriosito di Weasley. In qualche modo Ron aveva percepito il terrore che avvolgeva il giovane Malfoy e capì che quegli occhi grigi diventati improvvisamente scuri avevano visto troppe cose in pochi anni di vita. «Era come se fossi già morto...» spiegò senza controllare la voce tremante.
Gli occhi di Ron di dilatarono, distolse lo sguardo da lui, stava per dire qualcosa ma un fracasso proveniente dalla cucina li fece sobbalzare: la signora Weasley aveva fatto cadere tutte le pentole che stava rimettendo silenziosamente apposto. «Ronald Weasley!» lo chiamò furibonda «Adesso basta! Il ragazzo è uscito da poco da Azkaban! E' qui per rilassarsi e tu gli fai venire in mente certi ricordi! Vai a cambiarti le lenzuola di camera tua!» gli ordinò con un tono che non accettava repliche, era così rossa in faccia che diventò un tutt'uno con il colore dei capelli. Solo in quel momento Draco si rese conto che stringeva i pugni sui braccioli con tutta la sua forza e probabilmente era bianco in viso. Ron se ne scappò di sopra, lanciandogli un sguardo da "meglio non controbattere".
«E' solo una ragazzo...» farfugliava fra sè e sè «non è ancora pronto a parlarne, si capisce benissimo...» continuò ignorando che Draco fosse nella stessa stanza e che in quel momento si avvicinò dietro le spalle facendola sobbalzare per lo spavento. Per un attimo Draco, ad udire quelle parole, risentì la voce di sua madre che spesso e volentieri ripeteva al padre o a zia Bellatrix che lui "era solo un ragazzo" «Merlino! Mi hai spaventata! » «Mi scusi, non volevo» disse sempre più a disagio. La Weasley sospirò per poi rivolgergli un sorriso dolce, materno.
«Qualcosa non va, caro? Vuoi che ti preparo una tazza di tè?» Strinse i pugni dietro la schiena e si guardò attorno prima di trovare le parole giuste, indeciso su cosa dire. «Volevo solo dirle...» cominciò, ma dovette ingoiare saliva per ritrovare la voce, incredulo lui stesso per quello che stesse per dire «Volevo solo ringraziarla per avermi ospitato a casa sua e per essersi presa cura di me» disse infine fissando il pavimento in quanto non avevo il coraggio di guardare la signora Weasley negli occhi.
Dopo qualche secondo il silenzio fu spezzato da una voce maschile proveniente da una cornice li accanto «Questa si che è bella!» esclamò Fred Weasley «Un Malfoy che ringrazia un Weasley, devo essere finito in qualche cornice in un mondo parallelo.» aggiunse scomparendo poi dal quadro.
La Weasley ignorò completamente quel commento guardando Draco con le lacrime agli occhi «Oh caro, non c'è alcun bisogno di ringraziarmi!» Si stirò il grembiule che aveva addosso come se quel gesto aiutasse a scacciare la sua commozione e subito dopo richiamò con la bacchetta un pacco regalo. «Volevo dartelo il giorno di Natale, ma Harry mi ha consigliato di non farlo, aveva paura che ti chiudessi di più in te stesso... Ha detto che era meglio che fossi tu a fare il primo passo...» gli spiegò con voce sottile, arrossita in volto. «Ultimamente Potter si sta prendendo troppa libertà a parlare a nome mio.» commentò frustato mentre scartava il regalo. Era uno di quei orrendi maglioni che regalava alla propri figli, a Potter ed alla Granger; era di lana pesante, ma morbido, interamente verde con una grande D ricamata in argento «Sono i colori Serpeverde giusto? Non avevo idea quale fosse il tuo colore preferito allora ho scelto questi...» Draco rimase sconvolto da tanta premura, lui che non rappresentava proprio nulla per quella donna, lui che la insultò davanti ai suoi figli chiamandola grassa, lui che pensò sempre male della sua intera famiglia, lui che aveva fatto cose orribili nella sua vita, lui che aveva portato sofferenza e morte a tanta gente.
«Non posso accettarlo.» le disse porgendole il maglione, allontandolo da sè, da lui che era macchiato eternamente nell'anima. «Non me lo merito... non mi merito niente di tutto quello che sta facendo.» Ma la signora Weasley scostò le sua braccia tese «Non dire sciocchezze!» disse severa «Se vuoi ringraziarmi in qualche modo accetta il regalo e basta.» Si voltò di scatto per continuare a svolgere le sue faccende, ignorandolo completamente.
Rimase li dov'era, non sapendo cosa fare, guardando quel maglione fatto a mano e carezzandone la stoffa. Percepì uno sguardo puntato su di lui e vide che Fred era tornato nel quadro e lo osservava con un ghigno sul volto «Non credere che questa scenetta sia rimasta solo tra voi due.» quasi canticchiò indicandogli le scale che portavano ai piani superiori. Si affacciò alla scalinata e vide l'intera famiglia Weasley, compreso il padre e Potter che stavano sfacciatamente origliando la loro conversazione. «Siete un branco di vecchiette pettegoli.» commentò semplicemente fra i denti per poi dirigersi nella verande nel retro della cucina per prendere una boccata d'aria. Improvvisamente sentì molto caldo.
Appena varcò la porta, inciampò su una coperta che era a terra e vide che la Granger era seduta in una delle sedie intenta a leggere un libro «E così...» parlò raccogliendo la coperta «anche tu hai origliato...» «Non so di cosa tu stia parlando.» disse prontamente affondando sempre di più il viso sulle pagine del libro. Draco sospirò con un semisorriso sulle labbra. Le mollò la coperta sulle gambe, che probabilmente le era caduta dalle spalle, dove solitamente se l'avvolgeva, per la fretta di sedersi sulla sedia quando percepì i suoi passi avvicinarsi e le girò il libro capovolto nel verso corretto. Divertito a vedere il suo viso totalmente rosso dall'imbarazzo si sedette accanto, mettendosi il maglione verde sulle gambe.«A lei l'hai ringraziata anche se ti ha consegnato il regalo in ritardo...» buttò lì continuando a fissare le pagine del libro «Arrenditi Granger, non riceverai mai un mio 'grazie'» La vide roteare gli occhi per poi sorridere a sua volta. Guardò nuovamente il maglione e lo indossò con mani tremanti. Si sentiva ridicolo, ma gli trasmetteva calore. «Smettila di sorridere in quel modo, Sanguesporco. Sei inquietante.»


ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti. Mi scuso enormemente per l'assurdo ritardo a pubblicare un nuovo capitolo. Ho avuto una bella gatta da pelare per fare mente locale con tutte le idee che ho per la storia e si sono messi di mezzo anche gli esami che mi hanno preso molto tempo. Insomma che ne pensate? So che per quanto riguarda i ricordi di questo capitolo mi sono soffermata soprattutto sulle vacanze natalizie di quell'anno, ma ho creduto fondamentale descrivere il cambiamento di Draco, come ha affrontato il lutto e come lentamente ha accetto il drastico cambiamento della sua vita. Forse vi sembrerà strano come i componenti della famiglia Weasley abbiano accolto Draco, ma ho sempre pensato che il loro comportamento nei confronti del ragazzo sia sempre stato condizionato dalla rivalità con Lucius e Narcissa e dai tutti i pregiudizi. Fondamentalmente li vedo come persone buone, pronte ad aiutare il prossimo e a concedere una seconda possiblità, ecco perchè ho scelto di evitare ogni tipo di contrasto anche per non complicare ancora di più la storia. Prometto che cercherò di aggiornare il più presto possibile. Un bacio.

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Capitolo 7
*** capitolo sette ***


Per Draco, il quinto anno ad Hogwarts fu il più bello, il più eccitante, il più euforico che avesse mai passato. Forse perchè la maggior parte del tempo era ubriaco o vittima dei postumi della sbornia; o forse perchè essendo uno dei prediletti della professoressa Umbridge aveva la libertà di fare quello che più gradiva. Era in quei momenti che non pensava a ciò che stesse succedendo al di fuori delle mura del castello, a quello che il Signore Oscuro stesse facendo in casa sua, ai suoi genitori. Era proprio in quei momenti in cui non si interessava minimamente alla sofferenza, all'odio, alla morte che il mondo presto avrebbe vissuto da li a poco tempo; a ciò che gli sarebbe successo a lui, alla sua famiglia, ai suoi amici. In quei momenti le uniche cose che a Draco Malfoy interessavano erano divertirsi, sorride, piegarsi in due dalle risate, ballare, bere, fumare; passare più tempo possibile con Daphne e Blaise, assaporare a pieno quei momenti prima che fosse troppo tardi, prima che Lui li portasse via. Per quanto la professoressa Umbrigde fosse una donna crudele, perfida, conservatrice le era davvero grato, perchè se non fosse stato per lei e la sua Squadra di Inquisizione non si sarebbe goduto il suo ultimo anno di libertà. 
Era una delle tipiche sere di primavera ad Hogwarts ed aveva appena terminato il suo turno di vedetta al settimo piano per riuscire ad incastrare Potter ed il suo gruppo di amici, ma senza successo. Si allentò il nodo alla cravatta per poi accendersi la sigaretta, mentre rientrava nella sala comune del Serpeverde. Quando arrivò nei sotterranei e disse la parola d'ordine, Draco fu investito dal chiasso e dalla confusione della festa che si teneva quella sera, come ogni sera d'altronde (o quasi). Un ghigno si formò in volto, buttò il mozzicone di sigaretta a terra e si tolse il mantello per appoggiarlo ad una delle sedie all'ingresso. Un braccio gli circondò le spalle e venne stretto in un amichevole abbraccio. Draco constatò che Blaise era già completamente ubriaco sentendo l'odore del suo alito mentre gli parlava a due centimetri dal viso. 
«Hai finito la ronda? Hai beccato Potter? Hai bevuto? vuoi bere? Vuoi fumare? AMICO MIO!» esclamò dandogli un sonorò bacio fra i capelli incurante del gel. Draco rise e gli prese il drink che aveva in mano e lo bevve tutto d'un fiato.
«Ho bisogno di altro Blaise. Sono sobrio e non va bene, non va affatto bene.» cercò di farsi sentire dall'amico nonostante la musica alta ma Blaise lo trascinò in mezzo alla folla per ballare e raggiungere Theodore Nott e altri ragazzi. 
Si fece trascinare dalla musica rubando dalle mani i bicchieri di alcool a chi gli capitasse sotto tiro. Bevve tutto velocemente fino a quando la testa non cominciò a diventargli leggera, i pensieri di quel giorno si allontanarono dalla sua mente e la musica diventò piacevole. A quel punto sorrise, sorrise per nessuna ragione al mondo se non per il fatto che fosse vivo e stava bene. Non era completamente certo di quello che accadde quella sera, ma si ricordava che si fumò una canna mentre stava facendo la fila per il bagno, che limonò con qualche ragazza da qualche parte della sala comune e soprattutto che solo per un soffio non baciò Daphne. 
Non potè mai dimenticare di quando si ritrovò a fissare Daphne stesa su un tavolino da tè con la camicia della divisa tutta sbottonata, mettendo in bella vista il reggiseno in pizzo nero. Era un gioco che faceva spesso a quelle feste, la eccitava particolarmente: chi voleva, ragazzo o ragazza, doveva bere la linea di tequila (mantenuta da un incantesimo) che partiva dall'ombelico fino ad arrivare al collo, senza mai prendere fiato, per poi afferrare con i denti la fetta di limone che Daphne teneva tra le labbra.
Fino a quella sera Draco mai giocò per paura di quello che avrebbe provato una volta che sentiva il sapore della sua pelle. Da mesi aveva fatto luce su suoi sentimenti per la ragazza ed era consapevole che non erano ricambiati, non allo stesso modo. Daphne lo amava, come sempre gli diceva, ma lo amava come amava sua sorella e Blaise. E per lui non era abbastanza.
Si avvicinò e scostò la ragazza che era di turno per il gioco. Si inginocchiò accanto al tavolino e la guardò per un attimo negli occhi, incontrando la solita aria di divertimento. Fece scivolare una mano prima sul fianco e poi sotto la schiena nuda. La sollevò leggermente mentre si chinava verso l'ombelico e cominciò a bere. Fu veloce e arrivato al collo si soffermò e succhiò avidamente fino all'ultima goccia di tequila. Daphne gli afferrò il braccio per fermalo e Draco si allontanò da lei giusto quanto basta per incontrare i suoi occhi sgranati dallo stupore. Non se ne curò e invece di afferrare la fetta di limone con i denti, la spostò con una mano e cominciò ad avvicinarsi alle sue labbra. Si avvicinò fino a sfiorarle e per un secondo la musica si spense e nella sala comune non vi erano altri che loro due. Prima che potesse baciarla venne sollevato dalla camicia mentre Blaise gli urlava nell'orecchio.
«Non conviene dichiararti così amico mio. Come minimo dovresti comprarle qualcosa. Sai quanto è materialista Daph!»


«Blaise Zabini e Daphne Greengrass» ripete la Granger quasi per esserne certa di aver sentito bene.
Draco fa semplicemente un cenno col capo e in un battito di ciglia Hermione tira fuori delle cartelle che scarta ad una ad una fino a quando non trova quella che cercava. Sfoglia velocemente il contenuto e si ferma di colpo. Alza lentamente lo sguardo per incontrare il suo. Draco sapeva che era la lista di tutti i seguaci del Signore Oscuro, la stessa che ogni volta la Granger gli metteva davanti nei loro incontri ad Azkaban per indicarle chi conosceva, cosa aveva fatto, se doveva aggiungere altri nomi o eliminarli, che fine avesse fatto in caso il Ministero non avesse informazioni ed altre cose di questo tipo. Potter le sfila i fogli dalle mani e serra di più la presa mentre legge il contenuto
«Daphne Greengrass, deceduta. Data, luogo e causa ignoti. Corpo bruciato poco dopo la sua morte (informazione fornita dal prigioniero 56753 George Thruman)» fa un pausa e si passa una mano dietro la nuca «Blaise Zabini, deceduto il 10 Gennaio 1999 durante un inseguimento di cattura presso Orlando, California. Cadavere non ritrovato.» fa un sospiro pesante prima di poggiare i fogli sul tavolo e togliersi gli occhiali. 
Non riescono a guardarlo e Draco in quel momento non vuole altro che incontrare i loro occhi, perchè si sente morire dentro, si sente il petto che comincia a spaccarsi, crepa dopo crepa. Sente che tutti gli sforzi a mantenerlo intatto fossero stati inutili.
«Perchè... perchè non ci hai mai detto di loro?» chiede Potter quasi sussurrando. Ma non sa cosa rispondere, perchè non aveva in realtà nessuna giustificazione. Tenere solo per sè i ricordi legati a loro due non è una scusa, quindi continua a boccheggiare in cerca di parole.
«Draco...» Hermione allunga la mano sul tavolo e stringe la sua «Mi dispiace, davvero tanto... tutte quelle volte a leggere i loro nomi su quei fogli...» si ferma per cercare di non far tremare la voce «Non sei costretto a raccontarcelo. Lo farai quando sei pronto.» conclude infine, rassicurandolo. Ma Draco era tutt'altro che tranquillo. Le stringe la mano per sorreggersi, come se stesse sul precipizio di un burrone e lui non aveva intenzione di cadere.
«No. Lo voglio fare adesso, perchè solo in questo momento sono certo di poterlo fare, dopo potrei non avere tutta questa sicurezza.» e gli trema la voce, le mani, e comincia a sentire freddo alle spalle.
Si ammutoliscono di nuovo, in attesa. Si passa la mano libera dalla presa della Granger tra i capelli a disagio, in imbarazzo a parlare di sè. Si mordicchia l'interno della guancia e  si guarda attorno non sapendo da dove cominciare. Il cuore si stringe nel petto.

Accarezzò la superficie rovinata dell'enorme armadio e già nella mente si formò l'immagine del Marchio Nero nel cielo, proprio sopra Hogwarts, la sua scuola, la sua seconda casa. Non poteva tornare indietro, non poteva rifiutare, non poteva scappare, non poteva fallire altrimenti suo padre sarebbe stato ucciso, lui sarebbe stato ucciso. Tirò un pugno contro l'Armadio Svanitore incurante del dolore alle nocche. Appoggiò la fronte su una delle ante e gli occhi cominciarono a bruciargli.
«Draco...» una voce flebile lo chiamò da dietro le spalle e appena si volta due braccia gli circondarono il collo.
«Ce la posso fare...» sussurrò ma la voce gli si spezza in gola, la strinse di più a sè e sprofondò nel suo profumo. Si scostò per incontrare i suoi occhi e per un secondo il cuore gli uscì fuori dal petto quando vide delle lacrime rigarle il viso.
«Daph, che è successo?» chiese allarmato afferrandole il volto. Lei scosse la testa non riuscendo a parlare «Ha a che fare con Lui?» ma lei scosse di nuovo la testa serrando gli occhi. Solo dopo che Draco la strinse di nuovo in un abbraccio cominciò a tranquillizzarsi.
«Mi devi promettere una cosa.» gli disse risoluta. Draco si sentì gelare da quell'espressione così seria, mai vista addosso a lei. «Qualsiasi cosa accada devi promettermi che non ti arrenderai, che continuerai a combattere, a sopravvivere.»
Si sentì completamente smarrito da quelle parole tirate fuori dal nulla. Non riusciva a capire da dove avesse tirato fuori quel discorso «Di che diamine stai parlando?» cercò di chiedere ma lei lo ignorò continuando a parlare «Anche se mi perderete tu e Blaise-» la scostò bruscamente come se fosse stato scottato.
«Stai zitta.» «Promettimi che rimarrete uniti.» «Daphne, non mi fare incazzare.» «Draco Malfoy, promettimelo!» alzò la voce cominciando a tremare forse per il nervosismo, forse per la paura, forse per tutte le emozioni che stava provando e che Draco non riusciva a capire, non a quei tempi. Non potè far altro che abbassare la testa e stringere i pugni lungo i fianchi. Proprio come faceva con i suoi genitori «Promesso.»
Si avvicinò a lui lentamente e gli accarezzò una guancia guardandolo dritto negli occhi. Le strinse la mano e la baciò delicatamente senza mai interrompere lo scambio di sguardi.
«Cosa succede Daph?» provò a chiedere più tranquillo «Non riesco proprio a capirti.» lei continuò ad avvicinarsi fino a far toccare il petto col suo, fino a far incontrare il loro cuori.
«Non so quanto tempo abbiamo ancora a disposizione e non voglio sprecarlo.» spiegò cominciando ad allentargli la cravatta. «Ti amo Draco. Ti amo e voglio stare con te.» il ragazzo perse un battito «So che provi lo stesso, me l'ha confessato Blaise tempo fa... e mi devi perdonare... non ho mai avuto il coraggio di accettare i tuoi sentimenti e nemmeno i miei.» gli catturò le labbra, troppo velocemente che Draco non se ne rese conto all'inizio. La allontanò sorpreso, confuso, completamente perso. Una giogia palpitante si fece largo nel petto, seguita subito dopo dal senso di colpa. Quello non era il momento giusto. Non era il periodo giusto.
«Non doveva andare così, non ora...» riuscì solo a dire, ma Daphne gli prese il viso tra le mani e si avvicinò fino a sfiorargli le labbra «Fai l'amore con me.» I suoi sentimenti presero il sopravvento. La baciò con desiderio, con quella voglia che tratteneva da anni. La baciò mentre cominciava a spogliarla, la baciò mentre le confessava che l'amava, sin da quando si erano conosciuti e continuò a baciarla mentre facevano l'amore in quel posto dimenticato da secoli, in mezzo a tutte quelle cianfrusaglie, vicino all'armadio che avrebbe dato il via ad una guerra. Ma in quel momento Draco era felice, felice come non lo era mai stato. E non gli importò più di morire, di compiere la sua missione, perchè tutto quello che desiderava lo stava stringendo tra le sue braccia.


Comincia a raccontare tutto. Tutto quello che gli passasse per la testa pensando a Daphne e Blaise. Ricordi sconnessi, ricordi felici, ricordi che non credeva ancora di possedere. Racconta di quando si sono conosciuti, dei momenti passati nella sala comune o nei corridoi o fuori dalla scuola. Racconta di come si divertivano a dare fastidio ai più piccoli, ad infrangere le regole, ad intrufolarsi nelle cucine e prendere qualsiasi tipo di dolce. Racconta di tutte le notti che hanno passato in bianco per qualche festa oppure perchè semplicemente parlavano fino a notte fonda. Di tutte le volte che dormivano tutte e tre insieme nello stesso letto ad Hogwarts o a casa sua, alla Villa. Racconta delle lezioni saltate per poter fumare, o di quando lui e Blaise prendevano le scope e volavano nel cielo notturno di nascosto; di tutte le volte che Daphne viaggiava nel tempo solamente perchè le piaceva molto la musica babbana e ogni volta gli faceva sentire loro le canzoni che scopriva. Racconta di tutte le volte che soccorse Blaise quando aveva problemi con la madre e scappavano insieme in qualche luogo lontano, spesso fuori dall'Inghilterra; di tutte le loro litigate e battibecchi, di tutto quello che hanno passato come Mangiamorte, cosa hanno dovuto affrontare. Racconta di come era stato follemente innamorato di Daphne e che per un periodo sono stati insieme, ma cerca di spiegare che non era sicuro come definire il loro rapporto, soprattutto perchè era tutto successo durante il periodo del Signore Oscuro. Racconta di quanto ha assistito alla morte di Daphne, come lui e Blaise avevano cominciato ad allontanarsi da quel giorno anche per via della guerra imminente. E mentre parla, parla fino a fargli diventare la gola secca, vede che Hermione ed Harry si fanno sfuggire un risata quando ride lui, diventano seri quando racconta episodi meno sereni. E a mano a mano che si libera di tutti quei ricordi, si sente più leggero come se si stesse liberando di un peso, di un grosso segreto di vitale importanza. Quello è per Draco l'ultimo passo per voltare pagina, per buttarsi il passato alle spalle, per superare quel dolore che un semplice ragazzo non poteva sostenere. Si sente libero, tranquillo, sereno finalmente dopo tanto tempo. E le lacrime cominciano a scendergli lungo le guance, e piange per loro, per gli amici persi troppo presto, troppo in fretta, quando Draco non era ancora pronto. Comincia a rompersi. Pezzo dopo pezzo. Si rompe ad ogni singhiozzo che cerca di trattenere. Appoggia la fronte sul tavolo per nascondere il suo volto deformato dalla sofferenza e cerca di farsi sempre più piccolo, fino a scomparire dalla faccia della terra. Due braccia sottili lo avvolgono e si aggrappa disperato a quel tocco. Senza alzare la testa afferra con la mano il braccio che si trova vicino al volto, come se la pregasse di rimettere insieme i pezzi del suo cuore frantumato. Ed Hermione continuò a reggerlo, a sostenerlo per non farlo cadere nel baratro con quel semplice abbraccio.

La prima neve cadde ad Hagowarts quella notte e Draco l'ammirò dalla Torre di Astronomia. Ma più che godersi l'atmosfera il giovane ragazzo aveva altri pensieri nella mente. La bile risaliva fino alla gola ogni volta che pensava a Katie Bell: l'aveva quasi uccisa. Una ragazza che non centrava niente.Una Innocente. Vomitò nel vuoto e sudò freddo. Con un espressione di disgusto si massaggiò il collo e le spalle tese. Cosa avrebbe provato quando effettivamente avrebbe ucciso qualcuno? Quando avrebbe ucciso il Preside?
«Lurido bastardo!» si voltò di scatto ricevendo tutta la furia e la rabbia della persona che si ritrovò davanti. Venne afferrato per il colletto della camicia e inchiodato alla ringhiera della torre. Due occhi neri lo stavano uccidendo con lo sguardo. Tremò.
«Che cazzo di prende Blaise?» venne sbattuto con forza contro la ringhiera e cominciò a sentire dolore alla schiena. Lo spinse per allontanarlo.
«Che mi prende? CHE MI PRENDE? E' colpa tua se l'ha fatto.» disse infuriato. Fu la prima volta che Draco vide Blaise arrabbiato. Lui che era sempre stato quello calmo e ragionevole. Mai, mai aveva alzato la voce. Ebbe paura. 
«Non ho idea di cosa tu stia parlando...»
«Te la sei scopata e poi non l'hai più calcolata per settimane Draco... come se fosse una delle tue zoccole. L'ha fatto perchè ti ama e vuole starti vicino.» nel momento esatto in cui Draco cominciò a mettere insieme i pezzi, sentirono dei passi affrettati che salivano le scale e una voce che urlava il nome di Blaise. Daphne li raggiunse col fiatone e si avvicinò subito a Blaise cercando di calmarlo, invece lui le afferrò il braccio e le tirò su la manica con prepotenza mostrando a Draco il Marchio Nero. Daphne era andata dal Signore Oscuro senza che dicesse nulla. Diventò Mangiamorte, una di loro. Ebbe per un attimo l'impulso di schiantarla. ti prenderla a schiaffi e insultarla. Lei così stupida, così ingenua. 
«Non ne sapevo niente!» gli urlò contro arrabbiato anche lui.
«Non fare il cretino. Mi avevi promesso, me l'avevi promesso Draco...» disse di nuovo avvicinandosi sempre di più a lui fino quasi a far toccare i loro nasi «...quest'estate prima che ci marchiassero, ricordi? Mi hai promesso che non l'avresti coinvolta in questo casino.» «Infatti ci ho provato. L'ho allontanata nonostante quello che provo per lei e tu lo sai.» risponde a denti stretti.   
Blaise lo spinse frustato, guardandolo ancora con quegli occhi, pieni di rabbia, pieni di delusione. E lo perfora da parte a parte, uccidendolo. Ricambia la spinta con ancora più forza.
«Perchè stai scaricando tutta la colpa su di me? Che cosa hai fatto tu per impedirlo?» gli da un'altra spinta per provocarlo vedendo il suo tentennamento. Era così facile lasciare tutto in mano a Draco Malfoy, tutto sotto la sua responsabilità: la vita di suo padre, del Professor Silente, di sua madre, di Daphne, il destino della guerra. Non potè credere che nemmeno il suo migliore amico non riusciva a rendersi conto che non poteva sopportare tutto. In risposta Blaise gli tirò un pugno in pieno naso. Daphne gli prese il braccio immediatamente vedendo che tirò fuori anche la bacchetta. Draco si avvicinò, ignorando di essere anche lui un mago, e gli restituì il pugno. Cominciarono a picchiarsi, senza ascoltare le preghiere di Daphne di smetterla. Cercava di allontanare prima uno o poi l'altro ma senza successo.
«Io ci sono sempre stato per lei, non l'ho mai abbandonata. Tu dove sei stato in questi mesi eh? Sei apparso solo quando ha deciso di dartela.» 
A quelle parole Draco afferrò Blaise per la gola e lo spinse verso la ringhiera sempre di più fino a che non si ritrovò a spingerlo verso il vuoto. Blaise cercava di allontanarlo o spostargli la mano dalla gola mentre Daphne aveva preso ad urlare «Draco, Draco! Che cazzo fai! Così l'ammazzi!» ma Draco era completamente cieco da tutte quelle emozioni che stava provando in quel momento tutte insieme. E sapeva che non avevano niente a che fare con la litigata con Blaise. Non era Blaise che stava guardando, era lontano il suo sguardo molto lontano. Era completamente perso nell'oscurità, nelle sue paure.
Ad un tratto una forza invisibile lo scaraventò lontano, facendolo cadere a terra. Vide Daphne posizionarsi davanti a Blaise come per proteggerlo, per proteggerlo da lui. Gli puntò la bacchetta pronta a reagire a qualsiasi sua mossa e per Draco fu come una doccia fredda. Era come se qualcosa si fosse rotto tra loro e non potesse più aggiustarsi. Si sentì mancare.
«Siete due idioti!» cominciò a sgridarli ma si fermò appena vide il professor Piton fare capolinea nella Torre.
«Che sta succedendo qui? I vostri schiamazzi si sentivano dai sotterranei...» domandò lentamente posando lo sguardo su ognuno di loro, soffermandosi poi maggiormente su Draco. 
«Niente.» risposero contemporaneamente i giovani Malfoy e Zabini. «Niente... dite?» domandò nuovamente strisciante squadrandoli da capo a piedi. 
Senza farsi sentire comparì il Preside, con le mani dietro la schiena e con l'aria abbattuta.
«Forse abbiamo interrotto qualcosa?» chiese leggero anche se fosse certo che avessero litigato. Draco si alzò lentamente guardando un punto fisso nel cielo scuro. Infilò le mani in tasta sentendosi a disagio a ritrovarsi così vicino a colui che avrebbe dovuto uccidere. Nuovamente sentì il sapore delle bile in bocca. 
«Se non avevate capito...» spiegò Piton «non ve ne andrete di qui finchè non darete una spiegazione del perchè siete in giro di notte...o forse preferite che vi tolga 50 punti a testa?» Una risata flebile uscì dalle labbra del preside continuando ad osservare i ragazzi.
«Non c'è bisogno di essere così severi, professor Piton. Questa Torre è un ottimo posto per due chiacchere, noi due non siamo sicuramente gli unici a pensarlo...» si avvicinò a Daphne vedendo che cruciava con lo sguardo i due ragazzi «Forse queste chiacchiere si sono tramutate in una discussione abbastanza accesa...» ipotizzò osservando la reazione della ragazza. Daphne si sorprese dalla deduzione corretta e abbassò subito la testa, forse per nascondere delle lacrime o forse perchè si sentiva responsabile del litigio.
«Suvvia , signorina Greengrass, alla vostra età è completamente normale avere delle incomprensioni, soprattutto se riguardano questioni d'amore.» continuò a sorridere dandole una leggera pacca sulla schiena. Guardò prima Blaise e poi Draco da sopra gli occhiali a mezzaluna percependo la tensione che vi era tra i due.
«Come disse il Cappello Parlante al vostro smistamento, nella casa Serpeverde vi sono gli amici più leali ed è un pregio di cui dovete andarne fieri.» cominciò a dire passeggiando da una parte ad un'altra come se fossero nel suo studio. «Sono tempi duri questi e a breve peggioreranno. Vi consiglio fortemente di mettere da parte ogni tipo di rancore e incomprensione, perchè in futuro avrete bisogno l'uno dell'altro. Non dovete allontanare le persone a voi care. Rischierete di rimanere soli e certe sofferenze, certi dolori voi giovani non potete sopportarli, non da soli.» spiegò osservando il giovane Malfoy con un piccolo sorriso di incoraggiamento. Fu per pochi secondi che mantenne lo sguardo del Preside prima che riprovasse il senso di nausea.  
«Sarà meglio che andiate nei vostri dormitori a riflettere su ciò che vi ho detto.» li congedò stringendo una spalla di Blaise.
Per tutto il tragitto di ritorno nelle proprie camere rimasero in silenzio, distanti l'uno dall'altro con Daphne camminava accanto prima all'uno e poi all'altro. Entrarono nella sala comune completamente vuota per via dell'orario, l'orologio sopra il camino segnavano che erano quasi le quattro del mattino. Si fermò non sapenso che fare, che dire, che pensare. Vide di sottecchi che Blaise andò dritto verso i dormitori senza voltarsi mai indietro. Draco si sedette sul divano in pelle per poi poggiare i gomiti sulle ginocchia, congiungere le mani e abbassare la testa, come in preghiera. Sentì che ancora Daphne era li a vegliarlo. 
«Perchè hai fatto la stupida? Ti rendi conto cosa comporta essere uno di loro? uno di noi?» tutta la rabbia che prima provò verso di lei e quello che aveva fatto scemò del tutto. Una tristezza lo avvolse completamente. Lei non era fatta per quel mondo, non sarebbe durata a lungo. Daphne è sempre stata alla ricerca della libertà, del divertimento. Il Marchio Nero sarebbe stato la sua gabbia.
Non gli rispose, semplicemente si volto e andò verso i dormitori. Sospirò si appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi. Dopo qualche minuto li riaprì sentendo il suono di alcuni passi e delle voci che si stavano avvicinando
«Non fare l'orgoglioso del cazzo. Muoviti.» Daphne trascinò Blaise per la camincia dalla sua stanza fino a farlo sedere con la forza accanto a Draco.
«Dovete fare entrare in quel testa dura che avete che prima o poi sarebbe successo. Se non adesso, appena scoppierà la guerra. Avete creduto davvero che non avrei fatto nulla, che sarei rimasta a casa ad aspettare vostre notizie? Siete degli idioti. Completamente stupidi.» li guardò severa. Si inginocchiò davanti a loro, strinse ad entrambi le mani e addolcì lo sguardo. «Vi amo e l'ho fatto per voi, per noi. Per stare insieme. Capito Blaise? Quindi non dare la colpa a Draco. E Draco non dare la colpa a Blaise.»  Daphne affondò le unghie nella presa quando vide che rotearono gli occhi. «E' una mia scelta e dovete rispettarla.» rimasero in silenzio, in quella posizione, forse per troppo tempo. ognuno perso nei proprio pensieri «Non vi abbandonerò, non vi volterò le spalle. Non adesso che avete più bisogno di me.» 
Blaise si chinò e la baciò teneramente sulla fronte. «Continuo a pensare che hai sbagliato.» «Non mi interessa cosa pensi, voglio solo che lo accetti.» Vide che ci riflettè per qualche secondo prima di annuire. Sospirò pesantemente prima di voltarsi verso Draco, ma lui fissò davanti a sè. Aveva una gran paura di incontrare lo stesso sguardo che aveva visto sulla Torre. Aveva paura che non lo guardasse più allo stesso modo.
«Mi dispiace fratello. Non dovevo scaricarti tutto adosso.» chiese scusa Blaise poggiando una mano sulla sua spalla. Draco si voltò lentamente incontrando il suo sguardo, sereno tranquillo, come sempre l'aveva avuto. Fece un sospiro di sollievo
«Mi dispiace, per averti quasi soffocato.» gli disse mentre gli metteva un braccio intorno alle spalle. Blaise rise sotto i baffi «A proposito, me la sono davvero fatta sotto dalla paura in quel momento.» «Ti sei mai visto quando sei incazzato? diventi una bestia.» risero insieme, spensierati, come se nulla fosse successo. Poi Blaise gli diede un leggero pugno sullo stomaco.
«Sono comunque incazzato per come hai trattato Daphne.» gli disse con sguardo serio «Su questo ci penso io» cercò di intervenire la ragazza ma Blaise continuò «Ho dovuto consolarla perchè tu non sai come trattarla. Sentirla piangere e lamentarsi non è facile.» Daphne mandò via Blaise, sgridandolo per aver detto troppo. Quando rimasero soli, lei si voltò verso Draco con le braccia incrociate al petto e aspettò. A quanto pareva doveva dire qualcosa.
«Se non ricordo male non è mai successo che Daphne Greengrass piangesse per qualche ragazzo.» ma fu la cosa sbagliata, sbagliatissima da dire, perchè Daphne si avvicinò a lui con grande falcate e gli diede uno schiaffo in piano viso che risuonò per la sala comune.
«Sei proprio uno stronzo Draco Malfoy.»  «Lo so e mi dispiace. Davvero. Non sapevo cosa fare, con questa questione della missione, non volevo che corressi alcun pericolo...» «non c'è bisogno che ti preoccupi.»
la guarda negli occhi serio e si innamorò forse per la centesima volta di quegli occhi di un colore che non riusciva ancora a definire.
«Mi preoccuperò sempre, Daph. Lo sai.» lei annuisce prima che Draco le catturasse le labbra. 


Si ritrova accompagnato fino alla stanza in cui di solito dormiva quando stava da Harry. Entrano lui ed Hermione e si coricano sul letto. Lei lo stringe mentre gli fa appoggiare la testa sul suo petto e lui continua a piangere, e farsi sempre più piccolo tra le braccia di lei. E l'abbraccia chiamando il suo nome, una due tre volte. Per essere sicuro che fosse lei. Appoggia meglio l'orecchio sul suo petto per sentire il suo battito accelerato per essere sicuro che fosse veramente lì in carne ed ossa, che non stesse impazzendo, che fosse veramente viva. Cominciò a ringraziarla, non seppe precisamente per quale motivo, ma la ringraziò. Forse per aver scelto di aiutarlo ad uscire da Azkaban, forse per avergli donato il suo cuore, forse perchè l'ha salvato a un passo dall'apatia, dalla morte. E si sente come un bambino che piange tra le braccia della madre, che ha bisogno d'affetto, che ha bisgono d'amore. Draco Malfoy si rende conto che senza Hermione Granger non sarebbe nulla, se non un guscio vuoto. Si rende conto che, senza Hermione Granger, Draco Malfoy non riuscirebbe più a vivere.

«Oggi è proprio una bella giornata!» dichiarò Daphne entrando nel salone della Villa con un ampio sorriso sulle labbra. Si sedette in mezzo ai due ragazzi nel divano e accavallò le gambe.
«Lo dico perchè oggi ci stanno solamente due cadaveri nel mio giardino, o che il Signore Oscuro ancora non si è presentato?» domandò sarcastico Draco mentre giocherellava con la bacchetta. Daphne alzò gli occhi al cielo.
«E' una bella giornata perchè ho avuto buone notizie. No, non ve lo dico.» rispose subito vedendo la facce interessate dei due ragazzi. «Ma ho anche un'altra notizia. L'altro giorno sono riuscita a fare uno dei miei viaggi...» spiegò riferendosi ai suoi viaggi nel tempo che spesso e volentieri faceva per recuperare più canzoni possibili degli anni passati o futuri. «e ho scoperto una canzone davvero spettacolare.»
La musica comincià a rimbombare per il salone, mentre Daphne si rialzava e si posizionava davanti ai due ragazzi.
«Daphne no! Si incazzeranno. Oggi ci stanno troppi Mangiamorte!» «Daphne spegni subito.» cercarono di avvertirla gli amici ma Daphne aveva già cominciato a sbottonarsi la camicia e sciogliersi i capelli dalla coda di cavallo. Si ravvivò i capelli con le mani, mentre si muoveva a tempo di musica e cantava contemporaneamente. I ragazzi continuarono a richiamarla. Blaise con la bacchetta cercò di spegnere la musica ma l'incantesimo di Daphne era più potente e alzò il volume ancora di più. Si avvicinò a Blaise, gli afferrò le mani e lo strattonò con forza per farlo alzare. Si strinse a lui, mettendo un braccio intorno al suo collo e con l'altra mano poggiata sulla sua, pronta a ballare.
«Forza Blaise. Non sei più stanco di obbedire alle loro regole?» domandò con voce accattivante, già con la risata pronta.
Cominciano a muoversi in quello che doveva essere un balletto ma in maniera molto più goffa. Girarono, saltarono e rotearono per il salone ridendo apertamente, mentre Draco chiamava loro l'attenzione. Se li avrebbero scoperti avrebbero passato dei guai, seri. «Diamine Blaise, non puoi metterti anche tu a fare il bambino! Fermi!»
Tirò fuori la bacchetta ma Daphne lo fermò sul tempo inchiodandolo al divano. La musica si fece sempre più movimentata e presa dalla foga e dal divertimento la ragazza, allontanò divano, poltrone e tavolo lungo le pareti per fare più spazio, aprì le serrande delle finistre per far entrare più luce, accese tutte le candele, creò delle proiezioni di gente, di ragazzi che ballavano in mezzo al salone, fece comparire bottiglie di alcolici. Cominciò a bere, a bere tutto d'un fiato quello che poteva per poi avvicinarsi a Blaise e fargli spalancare la bocca per verargli l'acool. Blaise continuò a ballare e le prese la bottiglia dalle mani per averla tutta per sè. Si voltò verso Draco con sguardo malizioso e si avvicinò camminando a passo sensuale. Draco non poteva muoversi per via dell'incantesimo di Daphne che lo teneva bloccato sul divano, ma nonostante ciò non le tolse gli occhi di dosso. Era da troppo tempo che non vedeva Daphne così. La ragazza si chinò, lentamente, troppo lentamente per i gusti di Draco fino a che non gli sfiorò le labbra
«Balla con me Draco.» lo baciò come chi avesse tutto il tempo del mondo. Sentì che annullò l'incantesimo che lo bloccava e potè ricambiare il bacio. Fu travolto da un passione improvvisa e la baciò con forza, avido delle sue labbra. Lo afferrò per la cravatta e lo fece alzare prima di tirarlo verso il suo corpo. Draco le mise una mano dietro il collo per approfondire il bacio e se non fosse stato per il fatto che erano in un posto dove tutti poteva entrare in qualsiasi momento e che lì presente ci fosse anche Blaise, era certo che l'avrebbe spogliata in meno di un minuto. 
Daphne si scostò con le labbra arrossate e con un sorriso di soddisfazione. Con un colpo di bacchetta fece comparire due bottiglie d'alcool una per lei e una per Draco. Si allontanò per ballare e Draco non potè che bere e seguire il ritmo della musica. Niente era importante, se non godersi quell'attimo di euforia. Insignificante se qualcuno da un momento all'altro posette entrare e rovinare tutto. Voleva goderselo quel momento, anche se fosse stato il suo ultimo. Era da troppo tempo che non si sentiva così leggero, così appagato, così libero. Vide Daphne che spargeva tutto l'alcool a terra o sopra i mobili, prima di fargli prendere fuoco. La stanza fu circondata dalle fiamme e dalla luce rossa del fuoco. Per un attimo pensò di fermala, ma poi la vide ballare li in mezzo alle fiamme come se nulla fosse, con i lunghi capelli che si muovevono ad ogni salto ad ogni piroetta. Fu la cosa più bella che Draco avesse mai visto in vita sua. Ma qualcosa, qualcuno fermò tutto. Un urlò di rabbia superò persino il volume della musica, una luce diversa attraversò il salone. Una luce verde. Fu come una spada che trapassava lo stomaco di Draco da una parte ad un'altra. Tutto si ferma, musica, luci, fiamme, le proiezioni dei ragazzi scompaiono e rimangono solo loro. Corse verso Daphne, ancora in piedi, immobile e con i capelli che si muovevano per la sua danza. Riuscì a prenderla tra le braccia prima ancora che cadesse a terra. Le fece voltare il viso verso di lui per guardarla negli occhi.
«Daph. Daph. Daph rispondi.» incontrò solo occhi fissi nel vuoto. Vitrei. 
«Che vi serba da lezione. Nostro Signore vi avrebbe uccisi tutti e tre, dovete ringraziarmi.» sentì la voce acuta di sua zia Bellatrix, ma in quel momento Draco continuava a scuotere Daphne sperando che fosse tutto uno scherzo.
«Daph. Daph. Ti prego parlami.» non seppe per quanto stesse in quella posizione, inginocchiato a terra tenendo tra le braccia il corpo senza vita di Daphne. E voleva piangere, piangere e affogarsi nel sue stesse lacrime, ma nemmeno una uscì dai suoi occhi. 
Il rumore di vetro che andava in frantumi lo riscosse, alzò velocemente la testa e vide i vetri delle finestre completamente rotte. Il terreno cominciò a tremare. Cominciò ad avere paura, paura che Lui fosse tornato. Ma vide solo Blaise inginocchiato a terra con la fronte appoggiata sul pavimento e con i pugni stretti sopra la testa. Un grido provenì dalla sua figura.
«Blaise...» la verità fece largo nel cuore di Draco, sempre più pesante, più dolorosa.
Vide Blaise alzare lentamente la testa e vide il suo volto distorto dalla rabbia, tremava, quasi ringhiava e aveva gli occhi di chi voleva uccidere. Il ragazzo si alzò e tirò fuori la bacchetta.
«No, Blaise fermati...» con una stretta al cuore lasciò Daphne e corse verso di lui posizionandosi poi davanti per impedirgli di uscire da quella stanza. «Non lo fare Blaise...» «Togliti.» gli disse semplicemente a detti stretti ma sudò freddo incontrando il suo sguardo.
«Non puoi farlo Blaise.» «Io la uccido.» «No.» Venne schiantanto contro il muro e Blaise si incamminò verso l'uscita. Draco con la bacchetta chiuse la porta a chiave e incatenò l'amico.
«Finirai ammazzato Blaise! Ragiona!» «Non mi interessa.» si liberò e continuò ad andare avanti. Ci fu una serie di colpi di bacchetta prima che Draco riuscisse ad avvicinarsi abbastanza da scaraventarsi addosso a Blaise con tutto il suo peso. Si posizionò a cavalcioni su di lui e gli fece pressione con braccio sul collo per bloccargli ogni tipo di movimento.
«Togliti di mezzo CAZZO!» gli urlò in faccia Blaise e Draco fece maggiore pressione «Non capisci Blaise? Quella ti ammazza! Vuoi morire?» ma Blaise ancora aveva quello sguardo furente negli occhi «Blaise ti prego...» cominciò a supplicarlo «ti prego, ragiona...» la voce cominciò a tremargli «Non posso perdere anche te.» 
Blaise si riscosse da quelle parole, come se avese ricevuto uno schiaffo in pieno volto. Sgranò gli occhi e gli tremarono le labbra.Voltò lentamente la testa fino a riuscire a scorgere il corpo esile disteso a terra dall'altra parte della stanza. Scoppio a piangere. Uno di quei pianti orrendi che erano più versi di dolore che lacrime. Si coprì gli occhi con un braccio come se si rifiutasse di vedere altro.
«E' morta, Draco... è morta...» e continuò a piangere fino a che non ebbe più voce per farlo. E Draco rimase li, sopra di lui, si chinò fino a coprirlo completamente e voleva tanto piangere anche lui, ma solo una lacrima gli sfuggì mentre abbracciava Blaise. Doveva essere forte per lui, doveva proteggerlo.  
Quella notte i due ragazzi la passarono in bianco in attesa che i Mangiamorte riunissero tutti i cadevi di quel giorno per poi bruciali in giardino come solito erano fare. Attesero fino a quando Narcissa non entrò in camera e li accompagnò nelle cucine da dove si vedeva perfettamente la scena da una delle finestre. Loro non erano ammessi, loro non avevano alcun diritto di fare una cerimonia ad una che si era messa contro le regole, che si era ribellata al volere dei suoi superiori. Non si meritava una tomba. Videro la massa di corpi martoriati ammassati l'uno sopra l'altra, ma non riuscirono a riconoscere quello di Daphne. Solo una ciocca di capelli biondi cadde sotto lo sguardo di Draco che fuoriusciva da mezzo di quelle carcasse. Diedero fuoco ai corpi e furono illuminati dalla luce delle fiamme. L'odore dei corpi bruciati gli riempì le narici e Draco quasi vomitò, ma si trattene. Blaise gli strinse la mano per tutto il tempo che rimasero li.
«Addio, Daph.»


La mattina dopo è ancora tra le braccia di Hermione e si sente rassicurato dalla sua presenza. Si scosta per osservarla ancora dormire. E' così delicata che non vuole rischiare di romperla con il suo tocco. Lei è troppo pura per lui. forse proprio perchè è così innocente, così buona che Draco è attratto dalla luce che emanava, dalle sensazioni che gli faceva provare. Non sa perchè l'amava. Non ha un ragione precisa. E' così e basta, il suo cuore dice che vuole stare con lei, che desidera solo lei, più di ogni altra cosa. La accarezza una guancia e posa delicatamente le labbra sulle sue. Lei apre gli occhi assonnata e fa toccare i loro nasi
«Come ti senti?» chiede con la voce impastata dal sonno.
In quel momento si rende conto che la testa gli sta scoppiando e gli occhi gli bruciavano. In risposta le diede un semplice bacio a stampo per poi alzarsi.
«Chiama Harry. Voi due dovete spiegarmi un paio di cose.» 
Si incontrano in cucina per la colazione ed Harry lo saluta con una stretta sulla spalla. Quando si sedettero tutte e tre con il piatto pieno davanti, Draco aprì bocca.
«Quindi... che libri avete trovato in casa mia? e che centra con tutto questo mia madre?» chiede mettendosi in bocca la prima forchettata di uova. 
Harry ed Hermione si guardano prima un pò titubanti ad entrare subito nel discorso, ma poi la ragazza prende la parola.
«Il fatto che non puoi essere vittima di alcun tipo di maledizioni e sei immune al potere dei Dissennatori non è una dote che hai avuto solo per puro caso. Qualcuno, cioè tua madre, ti ha reso tale.»
Aggrotta le sopracciglia pensandoci sopra. «Mia madre?»
«Tua madre era davvero un genio, Draco.» sorride Hermione a dire quelle parole, con gli occhi che le brillavano «Non mi stai dicendo nulla di nuovo, Granger» sorride anche lui, gongolando dentro. Ha sempre saputo che sua madre era sempre stata una strega brillante e sentirselo dire pure da Hermione Granger diventava un certo tipo di orgoglio.
«Penso che nemmeno tu conosci i libri che ho trovato nella tua Bliblioteca» «Impossibile, l'ho letti tutti.» «Non questi. Non l'ho trovati in un scaffale... in un certo senso. Hai presente lo specchio enorme presente dentro la Biblioteca? Il gemello di quello del Salone?» accena «In realtà non è un semplice specchio. Funge da passaggio per un altro scaffale. L'ho notato l'ultima volta che ci sono andata. Guardando la mia immagine riflessa ho notato che i libri dietro di me e i titoli non erano gli stessi di quelli che effettivamente c'erano. Penso che nessuno mai potrebbe notarlo, solo una persona che conosce a memoria la posizione dei libri.» «Indovina chi è questa persona.» scherza Harry cercando di trattenere un sorriso. Hermione lo fulmina con lo sguardo. 
Draco sgrana gli occhi, non l'aveva mai saputo e sua madre non glielo aveva mai detto. «Vai avanti.» dice semplicemente
«In poche parole dopo un paio di tentativi ad aprire il passaggio, ci sono riuscita.» «Ovviamente.» commenta Harry ed Hermione sorride «Ho trovato quei libri, tutti che parlano di incantesimi di protezione molto avanzati, ma anche molto antichi poco dopo l'era di Merlino. Penso che esistono pochissime copie o forse solo queste. Tra questi incantesimi ci sono anche quelli di scudo per qualsiasi tio di incantesimo. Anche maledizioni.»
Il cuore gli pompa il sangue nelle vene velocemente. E accenna pensando a tutte le volte che beccava sua madre a leggere uno di quei libri e ogni pezzo si unisce nella sua mente ed ha quasi raggiunto la soluzione. 
«E' per quanto riguarda i Dissennatori?»
«E' tutto contenuto in quei libri!» risponde Harry «Tua madre ha usato quegli incantesimi non sappiamo per quanti anni, Hermione dice che non sono semplici e che richiedono del tempo.»
«Infatti, in una semplice notte non è possibile che l'abbia fatto. Un incantesimo di questo tipo richiedere giorni e giorni per tutte le fasi che contengono.»
«Per anni?» e gli vengono in mente tutte i ricordi di sua madre che ogni sera veniva in camera sua quando era un semplice ragazzino e gli cantava qualche canzone in latino, ninne nanne pensava a quei tempi; o quando era più grande si intrufolava la notte in camera sua per dargli un semplice bacio sulla fronte mentre pronunciava qualcosa tra i denti. O quando con la scusa che doveva controllare la sua salute corporea pronunciava una serie di incantesimi a lui incomprensibili.  E sorride per quanto è stato uno stupido a non aver capito subito che sua madre gli stesse facendo qualcosa. Stesse cercando di proteggerlo, di tenerlo al sicuro da ogni tipo di pericolo. 
«Quello che adesso dobbiamo fare» spiegò Harry «è dimostrarlo. Quindi dobbiamo riuscire ad eliminare ogni tipo di scudo. Ma ci vorrà del tempo.» 
«E ne avremo. Fidati. Ti prometto che entro il giorno dell'udienza avrò finito con i contro incantesimi. Ce la farò.»
La guarda e il cuore si scioglie e la speranza gli riempe il petto. Gli occhi diventano lucidi e vorrebbe baciarla in quel momento perchè la libertà era nelle sue mani. Doveva solo essere pronto ad afferarla. 

ANGOLO AUTRICE:
Chiedo venia, dopo secoli sono riuscita finalmente ad aggiornare, pensò che chiederò perdono altre volte ancora. Perdonatemi anche le prossime volte! ahahahahah
La canzone che avevo in mente mentre immaginavo la morte di Daphne era Counting Stars dei Onerepublic. Spero che vi sia piaciuto questo nuovo capitolo. Vi anticipo che nel prossimo ci saranno ricordi solamente riguardanti Draco ed Hermione, quindi continuate a seguire la storia. Attenzione che ci avviciano sempre di più alla fine. Aspetto recensioni. Buon anno nuovo. Alla prossima.
Baci. 

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Capitolo 8
*** capitolo otto ***


«Direi di cominciare subito.» incita prontamente Draco, troppo impaziente di abbattere tutte quelle barriere protettive che la madre per anni aveva eretto nella sua mente rendendola impenetrabile per qualsiasi mago o maledizione esistente sulla faccia della terra. Rimosse quelle, la giuria durante il prossimo processo avrebbe potuto usare le maledizione su di lui, entrare nella sua mente e vederne tutti i ricordi, estrarre tutte le informazioni che volevano. Tutto quello che potesse confermare la loro difesa: Draco Malfoy non aveva avuto scelta se non rimanere al fianco della sua famiglia, sopravvivere.  

«Draco.» Hermione lo richiama alla ragionevolezza «Ho detto che posso farcela, ma prima dobbiamo essere sicuri che abbiamo tutto l’occorrente, dobbiamo organizzare i turni per fare gli incantesimi. Tua madre li ha dovuti fare per anni. Noi tutto questo tempo non ce l’abbiamo. Sarà estenuante. Al limite delle nostre forze e onestamente, ancora non so che effetti avrà su di te se procediamo così velocemente. Devi ancora riprenderti da quello che ti hanno fatto ad Azkaban. Questi libri, li ho solo sfogliati velocemente devo studiarli prima con calma… e se da sola non riesco a proseguire? avremo bisogno di bacchette in più.. » comincia a parlare velocemente, dando voce ai suoi pensieri, a tutti gli scenari possibili che sarebbero potuti accadere, alle precauzione che avrebbero dovuto prendere. Si agita improvvisamente, tanto che prende il primo libro e comincia già a studiarlo nervosamente.

«Hermione» la richiamano contemporaneamente Draco ed Harry «Fai un respiro profondo» suggerisce il migliore amico. Cala il silenzio mentre Hermione riprende a respirare regolarmente. Draco si passa una mano tra i capelli già con un forte mal di testa pronto a far capolino. 

«Ok.. ok..» biascica. «La prima cosa da fare è studiare attentamente quello che abbiamo.» comincia a spiegare Draco, improvvisamente lucido sul da farsi. Mai fino a quel momento aveva preso la situazione in mano. Sempre guidato dagli altri due ragazzi. Ma qualcosa è cambiato dal giorno precedente. Si sente più motivato, più leggero, forse.  Sente che poteva librarsi in aria facilmente, senza nessuna zavorra che lo ancorasse al terreno, senza che avesse la necessità di andare sotto terra per nascondersi e dimenticare, per non essere più se stesso. Non stava aggravando niente sulle sue spalle. Nessun segreto da custodire, nessun’altra vita che dipendesse dalla sua bacchetta, nessuna morte da piangere. Tutto quello che aveva tenuto dentro di sé per anni venne tirato fuori pezzo dopo pezzo durante quei processi al tribunale, durante il tempo speso in compagnia dei suoi ex nemici di scuola. Draco è pronto per combattere per la sua libertà, per se stesso.

«Ci dividiamo. Faremo prima» aggiunge subito vedendo la Granger pronta a protestare. «Dovresti cominciare ad avere più fiducia in noi Hermione.» dice Harry, anche se poco convinto lui stesso.

«No Potter. Scusa, ma non mi fido della tue capacità di comprensione. Sei ottimo nella pratica non nella teoria. Ci servi dopo.» Draco lo correggere senza il minimo pudore o imbarazzo. Harry sorride. «Signore.» risponde sarcastico facendo un piccolo gesto in fronte come se stesse salutando un sergente. Draco lo ignora.

 «Io e te, Hermione, ci divideremo i libri. Trascriviamo tutto l’essenziale, mentre se serve qualcosa chiamiamo Potter o un Weasley per procurarlo. Staremo tutta la giornata. Dobbiamo prefiggerci dei tempi. Quanti libri sono? 7? Bene. In una settimana dobbiamo riuscire a finirli e prendere tutte le informazioni possibili. Quando sapremo come dobbiamo procedere decideremo le altre tempistiche. Quanto tempo per studiare il tutto e quanto tempo per svolgerlo. Se mia madre ci ha impiegato anni a costruire tutte queste barriere allora dobbiamo essere consapevoli che non ci sarà un attimo di tregua per eseguire tutti i controincantesi.» spiega con voce piatta, decisa, mentre i due ragazzi lo ascoltano all’inizio disorientati e poi affascinati quanto Draco Malfoy fosse bravo a dare ordini con tanta naturalezza. Caratteristica che effettivamente lo distinse durante gli anni ad Hogwarts, pensano entrambi gli ex Grifondoro. «La Granger ha ragione, ci servirà più di un bacchetta quindi Potter, li seguirai insieme a noi, dopo averli studiati alla perfezione, ovviamente. Dovremmo tenere in considerazione qualcun altro, non sappiamo la portata degli incantesimi. Azzarderei troppo a chiedere l’aiuto della Preside Mcgonagall?» si rivolge ad Harry, attendendo risposta. Il ragazzo in risposta si rivolge verso l’amica, le fa un cenno col capo in direzione del biondo mentre sorrideva, divertito dalla nuova presa di posizione di Malfoy. Con un saluto veloce si dilegua. Draco affonda le mani nelle tasche della tuta che indossava roteando gli occhi, scocciato. 

«Quindi cominciamo, capo?» domanda Hermione con un sorriso sul volto. 

 

Settimane intere passarono inesorabili. Draco Malfoy non faceva altro che alzarsi la mattino, lavarsi e mettersi a studiare per i suoi MAGO che la nuova preside di Hogwarts, Minerva Mcgonagall, aveva concesso volentieri dopo le richieste sia della sua ex studentessa preferita, Hermione Granger, sia di Harry Potter. Quei due ragazzi continuarono ad intromettersi nella sua vita senza che Draco gli desse alcun consenso. Ma non si oppose tanto energicamente quando ricevette la lettere di Hogwarts. Accadde che un giorno il ragazzo non smascherò il suo sgomento venendo a sapere che Hogwarts aveva riaperto le porte agli studenti pochi mesi dopo la fine della guerra, mentre lui era chissà in quale posto nascosto nel mondo. Lo videro che appoggiò una mano sulla fronte, facendo una smorfia di disgusto. Rischiava di passare una vita ad Azkaban e lui pensava all’inutile dettaglio che non avesse finito nemmeno gli studi. A quale tipo di lavoro doveva ambire, poi, quando il suo cognome e il marchio sul suo braccio timbrarono la sua condanna ad una vita di un reietto. 

«Quindi scommetto che siate tornati a scuola da eroi e preso i MAGO con pieni voti.» trasse le sue conclusioni «Ovviamente.» sussurrò più a se stesso che alla sua interlocutrice, ritenendosi un perfetto idiota «Non si spiegherebbe altrimenti come la Granger sia specializzata in Magisprudenza, Potter entrasse a far parte degli Auror o che Weasley lavorasse nello stesso dipartimento del padre.». La sera stessa, Hermione gli porto uno zaino vecchio e strausato con detto tutti i libri dell’ultimo anno, offrendogli il suo aiuto in caso avesse qualche dubbio e la sua bacchetta per le esercitazioni pratiche concesse dal Ministro ma con altri due Auror presenti. 

Studiare in solitudine non fu mai un problema per Draco, anzi, durante gli anni ad Hogwarts studiava spesso e volentieri nella sua camera piuttosto che in compagnia dei suoi compagni di casa. Troppo lenti ad apprendere per i suoi gusti. Ma mai come in quel periodo dei suoi arresti domiciliari aveva la necessità di avere qualcuno con cui parlare. Potter non tornava mai a casa se non la sera tardi e lo vedeva fargli un cenno di saluto rapido e trascinarsi per le scale con le spalle curve. Un giorno gli disse che stava seguendo dei corsi speciali di formazione Auror, e quando non doveva partecipare alle lezioni aveva del lavoro da sbrigare. Qualche notte faceva ritorno con la ragazza Weasley e alla terza notte consecutiva che Draco non potè evitare di sentire i rumori proveniente dalla sua camera, andò di fronte alla loro porta pestando i piedi. Bussò tre volte consecutive, cercando di non sfondare direttamente la porta con il volto rosso tra la rabbia e l’indignazione. 

«Non che sia sconvolto nel sentire certi teatrini amatoriali, mi fa molto piacere sapere che San Potter sappia usare la sua bacchetta come si deve. Ma per rispetto di chi è costretto a stare sotto il vostro stesso tetto durante queste notti energiche, vi chiedo cortesemente di silenziare questa dannata stanza.» 

La Granger andava a trovarlo solo per discutere di nuovi dettagli o porgli altre domande riguardante il suo passato, ma anche lei spesso ribadiva che aveva altri casi di cui occuparsi. Quindi l’unica compagnia costante che aveva era il gatto Grattastinchi che la Sanguesporco aveva portato dicendo che gli avrebbe tenuto compagnia. Ma quel gatto era con due zampe in una fossa, più morto che vivo per quanto era vecchio. Dormiva spesso e le poche volte che venne da lui fu solo quando aveva fame. Inoltre, gli Auror di turno che lo sorvegliavano durante l’assenza dei due ex compagni di scuola, rimanevano ai confini dell’abitazione e non si azzardavano ad  avvicinarsi se non lo stretto necessario per assicurarsi che fosse ancora all’interno della casa.

Quando raggiungeva il fine settimana, però, sia Potter che la Granger erano a casa liberi dal lavoro e studiavano insieme il caso Malfoy. Ed entrambi gli amici notarono che era particolarmente loquace durante le sedute. L’ultimo fine settimana di Gennaio, Ron Weasley si presentò alla porta con una lettera in mano, dichiarando ottime notizie per il loro caso.

«Sei riuscito ad averla Ron?» chiese la Granger sorpresa mentre apriva la busta. «Certo che si. Sempre con quel tono sorpreso!» la ragazza gli strinse la mano affettuosamente come risposta e senza allentare la presa, cominciò a far scorrere gli occhi sulla lettera. Il ragazzo distolse lo sguardo da quel gesto. Non li aveva mai capiti e mai lo avrebbe fatto. Che genere di rapporto avevano quei due? Amici o più che amici? Erano sempre un tira e molla anche ai tempi di Hogworts. Era così semplice interpretare i sentimenti della Granger, per lui era come un libro aperto. Capiva che guardava Potter come un fratello, capiva che con lui aveva un comportamento titubante non sapendo se Draco la accettasse come un’amica.  Ma nei confronti di quel lentigginoso di un Weasley non la capiva affatto. O forse non aveva capito per niente lei. 

«Di cosa state parlando?» domandò curioso. «Ron è andato dal Direttore dell’Istituto San Mungo per accettare che andassi per fare dei controlli. Questa è la lettera.» gli rispose come se fosse la cose più semplice del mondo. Sul volto di Malfoy comparì una smorfia di disgusto.

«Reputi che io abbia qualche problema mentale, Sanguesporco? Perchè dovrei andare ad un ricovero per pazzi.» sputò veleno. Prima Azkaban accusato di essere il peggior essere vivente e adesso al San Mungo come un animale senza senno, senza razionalità. Lui sicuro fosse più sano di tutti quei tre Grifondoro messi insieme. 

«Hey Malfoy vacci piano con le parole.» lo ammonì il Weasley che in tutta risposta ricevette uno sguardo omicida. La Granger aveva palesemente ignorato il commento del suo cliente per poi continuare a spiegare. 

«Ad Azkaban ti avevano fatto controllare dai loro medimaghi e non hanno saputo dare nessuna spiegazione del perchè la tua mente è impenetrabile a qualsiasi tipo di incantesimo e maledizione. Quindi ho pensato: quale posto migliore se non il San Mungo che ha i migliori medimaghi di tutta l’Inghilterra per ottenere qualche informazione in più? Ci andremo domani.» concluse piatta.

La mattina dopo lui e la Granger, rimasta a dormire la sera prima, si prepararono per andare al San Mungo con un Draco decisamente col broncio. Essendo che la meta di destinazione fosse un ospedale non si ritenne consono scortare Draco con il solito Dissennatore alle calcagna. Non che su di lui facesse qualche effetto, -se non sentire freddo più del solito- ma solo per mantenere le apparenze di un Ministero che manteneva tutto sotto controllo. 

«Sarà una cosa abbastanza veloce. Non devi preoccuparti» gli disse la ragazza per la seconda volta, notando che il biondo era piuttosto teso. Draco cercava di nascondere che in realtà aveva paura di quello che gli avrebbero detto. E se venisse scoperto che quella sua capacità di una mente impenetrabile fosse una cattiva notizia? che fosse un deterioramento del suo cervello? Un difetto? Quel cervello che si vantava essere superiore a tutti gli altri.

«Non lo sono, Granger. Ma se mi rinchiuderanno al San Mungo mi accerterò che rinchiuderanno anche te.» la minacciò, ma in cambio la riccia sorrise debolmente che quasi Draco si domandò se effettivamente avesse mosso le labbra.  

Arrivarono senza aprire più bocca e il giovane Malfoy continuava a domandarsi se avesse detto qualcosa di inusuale dal solito che avrebbe potuto offendere la Granger. Ormai il suo avvocato ci aveva fatto l’abitudine alle sue parole poco educate o frecciatine di poco gusto. Come Hermione gli disse poco prima, tutto fu svolto in maniera abbastanza veloce. Andarono in una camera isolata, completamente bianca con un lettino e un comodino accanto. A Draco gli vennero i brividi pensando a quanto quella stanza fosse simile a quella dove veniva portato ad Azkaban per essere punito dalla guardie. Sentì la mano della Granger posizionarsi delicatamente sulla sua schiena. Voleva staccarsi da quel contatto, ma il suo istinto si oppose sentendosi, al contrario, tranquillo. Lo incoraggiò a sedersi e rilassarsi vedendolo con la mascella serrata. Per l’intera durata della visita non lasciò il suo fianco e di questo Draco silenziosamente gliene fu grato. Il Direttore in persona si presentò per primo, sapeva già ogni dettaglio del suo caso possedendo i fascicoli dell’ospedale di Azkaban. Lo vide che scosse il capo mentre li sfogliava distrattamente.

«Disumano» gli sentì dire e si voltò subito verso la Granger per pregarla di tornare a casa. Ma la sua mano si posò sul suo braccio per ribadirgli di aspettare ancora un pò. 

Il Direttore si avvicinò a lui, gli puntò una luce negli occhi, pronunciò qualche incantesimo poggiando le dita coperte da dei guanti neri sulle tempie, per poi finire a prendergli una fotografia del suo cervello con un colpo veloce di bacchetta. Sospirò pesantemente dopo qualche minuto che osservava la fotografia. «Penso che sia meglio se chiamo qualche altro mio collega… il suo caso… mi imbarazza dirlo.. ma ho bisogno di più pareri...» esce velocemente e dopo nemmeno qualche secondo altri quattro medimaghi entrano nella sala. Ognuno procedette con gli stessi gesti del direttore, osservarono la fotografia e si scambiavano solo alcune parole tra di loro. Poi uno di loro all’improvviso si rivolte verso Draco e gli domandando «Signorino Malfoy, sa praticare l’Occlumanzia?» Draco fece un debole cenno col capo «Ma nessuno può vedere la sua mente.. interessante... » Un infermiera entrò senza bussare e porse altri fascicoli al Direttore. La ringraziò velocemente senza nemmeno guardarla per leggere subito il suo contenuto. I medimaghi si scambiarono qualche altra parola e poi il Direttore del San Mungo si rivolse ad entrambi, guardando prima l’uno e poi l’altro.

«Mi dispiace dirvi che non ci scostiamo molto dai pensieri dei nostri colleghi ad Azkaban. Il suo cervello, Signorino Malfoy, è assolutamente in norma. Non vi è alcun segno che ci porti a pensare che tu sia stato infettato da qualche malattia - anche se non mi piace considerarla tale dato gli aspetti più che positivi del suo caso. Vorrei azzardare a dire che sia qualcosa di innato ma sarebbe l’unico caso esistente nella storia della Magia. Una probabilità su...non oso nemmeno pronunciare il numero. E noi non crediamo a queste probabilità anche se casi strani ci capitano sotto mano ogni giorno. Concluderei che l’unica barriera presente … forse.. è quella creata da lei stesso. Magari un trauma piuttosto incisivo che avete vissuto quando eravate piccolo o poco più grande… o magari semplicemente dovere rilassarvi di più e abbassare la guardia costante che avete sviluppato negli ultimi anni.» disse sorridendo, come se stesse dicendo qualche battuta «Ovviamente quello che avete vissuto, i trattamenti ad Azkaban poi… disumani.. completamente disumani.. forse sono la causa per cui lei abbia la mente sempre in allerta. Ma non riesco comunque a capacitarmi come con la semplice forza di volontà può contrastare qualsiasi cosa, addirittura gli effetti di un Dissennatore e per tutto questo tempo.» finì dubbioso. In sala calò il silenzio, il resto dei medimaghi annuirono seguendo il discorso dell’uomo di fronte ai due giovani ma non aggiunsero altro. 

«Non è possibile, quindi, che è sotto l’effetto di qualche incantesimo? Magari è stata qualche pozione che ha bevuto o..» cercò di ipotizzare la Granger «Ne dubito.» la interruppe il medimago in carica «O se fosse così, non è presente in alcuna bibliografia a nostra conoscenza o, a conoscenza dell’intera storia della Medimagia. Avevo già controllato senza sosta prima della vostra visita.»

«Capisco. Grazie per aver dedicato il vostro tempo.» salutò i presenti quando erano pronti ad andarsene per visitare altri pazienti. Draco per tutto il tempo non aprì bocca e anche se l’avesse voluto, non avrebbe saputo cosa dire. 

Il ragazzo sobbalzò leggermente quando la Granger gli strinse una mano, perso nei suoi pensieri. «Andrà tutto bene.» pronunciò a bassa voce e Draco seguì il movimento delle sue labbra «Devi solo rilassarti. Semplice, no?» cercò di sdrammatizzare la ragazza facendo un sorriso imbarazzato. Sempre tenendolo per mano lo condusse fuori dalla stanza. 

«Potrei avere alcuni episodi che potrebbero considerarsi traumatici, ma non tali da farmi chiudere la mente inconsciamente. E... rilassarmi? sono già pienamente rilassato...» sentenziò Draco mentre camminavano passo passo lungo il corridoio. Non capiva perchè la Granger continuasse a stringergli la mano, non ne aveva alcun bisogno, sapeva perfettamente camminare senza alcuno aiuto. Ma nonostante questo non si scostò, nemmeno quando scesero di due piani e strinse maggiormente la presa. La seguì silenziosamente lungo il nuovo corridoio. Ad un passo davanti a lui, lei camminava  guardando sempre avanti.

«Granger.» cercò di chiamarla. Non ebbe risposta, ma lasciò la presa della sua mano come se si rese conto solo in quel momento cosa stesse facendo. Continuò a camminare e svoltò un angolo. Per un attimo Draco ebbe il riflesso di afferrarle la mano di nuovo, ma abbassò subito il braccio. Si fermarono davanti ad un porta chiusa, con inciso il numero della stanza 356. La ragazza la guardò per qualche secondo, prese fiato e poi entrò.


I giorni passarono velocemente. Sia Draco che Hermione si erano immersi in quella corsa contro il tempo. I loro nasi sempre rivolti sui libri, iniziavano subito dopo aver finito la colazione e terminavano a notte inoltrata. Il giovane Malfoy i primi due giorni, spazientito, andava a rilento per vie delle punizioni inflitte ad Azkaban. Spesso per suo rammarico faceva una pausa più lunga del necessario, o addirittura si addormentava quando faceva riposare gli occhi. Ma Hermione lo chiamava dolcemente, porgendogli una tazza di caffè con dentro qualche rimedio per il mal di testa; oppure, la sera lo incitava ad andare a dormire prima di lei per poi raggiungerlo quando già dormiva profondamente e lo stringeva in un abbraccio. Appuntarono sulle pergamene tutti gli incantesimi e pozioni che Narcissa Malfoy potesse aver usato sul figlio con il controincantesimo scritto subito dopo. Compilarono a mano a mano una lista di ingredienti ed oggetti  necessari mandando Potter o un Weasley a procurarli. L’ultimo giorno lo stavano passando a mettere in ordine tutto quanto secondo un loro senso logico. Sperando che fosse quello corretto. 

«Straordinario, davvero straordinario» continua Hermione con gli occhi lucidi di meraviglia «Questi libri… sono ineguagliabili. Devono essere trattati con cura, custoditi da persone fidate. Draco, questi libri sono unici. Nessuno, e dico nessuno -Harry mi diede la conferma facendo alcune ricerche- possiede una copia o anche una riedizione. Non esistono al mondo! Hai notato che ogni incantesimo sia indipendente da chi la esegue? Questo spiega perchè anche dopo la morte di tua madre ancora reggono. Era la prima domanda che mi assillava giorno e notte. E conferma nuovamente che non è una capacità innata quello che hai.» «Peccato. Sarei potuto essere soprannominato l’Impenetrabile.» cerca di sdrammatizzare il ragazzo. Avrebbe voluto piuttosto che questo dettaglio non ci fosse stato, così si sarebbero risparmiati un sacco di tempo e un anno in meno rinchiuso in una cella. 

«Comunque, credo che il nostro non sia più un problema di tempo, Draco.» spiega cautamente il suo avvocato, dando voce a quelle ipotesi che in quei giorni formulava nella sua mente «Tua madre diciamo che non sapeva la data certa del ritorno di Voldemort o dei Mangiamorte, non all’inizio almeno. Ebbe tutta la premura di prendersi il suo tempo, forse per far in modo che gli incantesimi li eseguisse senza alcun margine di errore o venissero assorbiti meglio.» «oppure per non farsi scoprire da me e mio padre... » cerca di ragionare a sua volta. Forse Narcissa temeva che Lucius lo avrebbe impedito, ritenendolo non necessario. Loro figlio non correva alcun pericolo, avrebbe probabilmente pensato il padre prima della rinascita del Signore Oscuro. Per non parlare di un piccolo viziatello Draco Malfoy che rispondeva a tono e si inalberava per la madre troppo protettiva. Non avrebbe acconsentito neanche toccarlo.  «Ricordo che al nostro quinto anno le visite di mia madre nella mia camera da letto durante le vacanze si fecero sempre più rade. forse un paio di volte. O anche qualsiasi tipo di interazione strana...» conferma alla fine. Narcissa Malfoy aveva progettato tutto tanti anni prima della presa al potere di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Forse fu solo una coincidenza che riuscì a terminare il suo compito quando Lui cominciò ad autoinvitarsi sempre più spesso nella loro Villa.

«Il problema sarà come dovremo eseguirli.» sente Hermione sussurrare quando la luce del tramonto illumina leggermente il salotto Potter. «Lo stavo pensando anche io.» conferma il ragazzo sfogliando le pergamene. I passaggi dei controincantesimi sono lunghi, richiedono pazienza e un controllo della magia praticamente perfetto. Non richiedono certamente anni per essere svolti, ma ore ininterrotte sicuramente. Un mago qualsiasi non sarebbe in grado di farlo. 

«L’udienza sarà tra due mesi a partire da oggi.» continua Hermione per poi sospirare. La vede che si portava le mani alle tempie massaggiando. Allunga una mano e le accarezza il viso. Le scosta i ricci caduti dalla coda disordinata. 

«Ci prenderemo un paio di giorni di pausa.» dichiara Draco «Recuperiamo le forze. Mi dispiace, ma io in questa fase sono alquanto inutile. Non posso svolgere gli incantesimi se sono il soggetto in questione. Ma preparerò le tre pozioni necessarie e gli oggetti che devono essere usati.» Hermione annuisce «Imparerò tutto alla perfezione e non cominceremo finchè non sarò sicura di poterli gestire tutti.» Draco alza un sopracciglio e la fulmina con lo sguardo. 

«Non se ne parla proprio. Sai che fisicamente non reggeresti a tanto sforzo. Nessun mago o strega ne sarebbe in grado. Ognuno ha un proprio limite. Sempre se non vuoi far tornare in vita il Signore Oscuro e chiedere il suo aiuto. Non credo però nella sua bontà d’animo.» Vede Hermione incrociare le braccia ed alzare il naso in aria, indignata da quell’affermazione. Non avrebbe mai accettato che Draco ritenesse Voldemort il mago più potente di tutti i tempi, quando tutti sapevano, perfino i sassi, che quel ruolo è sempre stato ricoperto unicamente da Albus Silente. Più volte Hermione lo ammonì a riguardo ma Draco continuava ad avere i suoi dubbi. 

«Chiederò ad Harry e Ron se possono andare al San Mungo in cerca di aiuto. Penso che gli unici che abbiamo un livello adatto sul controllo della magia così prolungato siano i Medimaghi.» continua Draco, anche se era consapevole che pochi maghi avrebbero accettato. Molti avrebbero rifiutato anche se fosse una richiesta del Salvatore del mondo magico, Harry Potter. Nessuno voleva essere responsabile di qualche nuova catastrofe. La Granger abbassa la testa lentamente, sconfitta.


«Mamma, papà.» A sentire quella parole, Draco non riuscì a compiere un altro passo. Rimase sulla soglia della porta, immobilizzato, imbarazzato, perfettamente fuori luogo. Non avrebbe dovuto assistere. 

Vide una donna dai capelli lunghi e corvini alzarsi da una sedia vicino la finestra e avvicinarsi per guardare meglio l’ospite. 

«Bambina mia!» pronunciò con gli occhi lucidi quando la riconobbe e la strinse in un abbraccio. «Caro, caro! Svegliati, Hermione è qui.» 

Malfoy allungò la vista ed un uomo, si alzò dal letto in cui era sdraiato stropicciandosi gli occhi. «Come? Hermione?» prese un paio di occhiali dalla montatura fina e se li infilo sul naso. «oh! oh! Sei venuta finalmente! Stavamo giusto parlando di te stamattina. Era da giorni che non venivi a farci visita.» disse alla figlia accogliendola altrettanto con un abbraccio affettuoso «Mi dispiace. Sono stata molto occupata a lavoro. Ma oggi avevo un pò di tempo libero.» spiegò Hermione stringendo le mani del padre.

«Lei è il postino?» domandò improvvisamente la madre guardando il ragazzo biondo, curiosa. Draco alzò le sopracciglia confuso, non sapendo minimamente cosa fosse un postino. Forse sarebbe stato meglio chiudere la porta e aspettare la Granger in corridoio, pensò. 

«No mamma. Il postino qui non può arrivare. Qua usano i gufi per la posta.» spiegò la ragazza, con un tono che fece intendere a Malfoy che non fosse la prima volta a dire quelle parole alla madre. 

«Aspetta, aspetta lo so chi sei.» dichiarò il padre battendo le mani e poi indicandolo con l’indice. «Sei quell’amico lì, quello lì, sempre insieme ad Hermione.. com’è il nome.. aspetta.. AH SI, SEI HARRY!» 

Decise che era troppo tardi per fare finta di niente ed uscire quindi si decise di chiudere la porta alle sue spalle ed avvicinarsi, mentre i genitori continuavano a parlare.

«Ma no! Che ti viene in mente. Sei proprio un bacucco. Come fai a non ricordarti di Harry.» parlò la madre come se lei sapesse la risposta corretta «Harry è il tipo con i capelli rossi e con le lentiggini.»

Draco si sentì completamente a disagio mentre assisteva a quella scena. Era completamente estraneo alla vita privata della Sanguesporco. Era a conoscenza della situazione dei suoi genitori, ma non sapeva che fossero ricoverati al San Mungo e non sapeva se fosse adatto venirne a conoscenza, soprattutto in quel modo. In fin dei conti lui era solo un suo cliente. Posò gli occhi sulla Granger e incontrò i suoi che lo sfidarono a dire qualcosa di troppo, come se si aspettasse un commento sarcastico da parte sua. Ma non arrivò. Piuttosto, l’unica cosa che pensava era come potesse uscire da quella situazione scomoda. Distolse lo sguardo dal suo e infilò le mani dentro le tasche dei pantaloni, incapace di reggere oltre dopo che notò che gli occhi della ragazza si fecero umidi per via delle lacrime trattenute. I genitori ancora stavano discutendo su chi fosse il nuovo ospite.

«Ti dico che è Harry.» insistette il padre. Hermione andò in uno scaffale sul muro laterale e prese un piccolo quaderno giallo. Lo aprì in un punto ben preciso e lo mise tra le mani del padre. 

«Leggete qui, insieme a me» disse semplicemente. Fece scorrere un dito sulla pagina mentre la famiglia leggeva all’unisono. «Harry Potter, migliore amico, stessa età, stessa casa ad Hogwarts, capelli neri sempre disordinati, occhiali tondi, cicatrice sulla fronte a forma di saetta.» Hermione indicò la pagina successiva «Ronald Weasley, migliore amico, stessa età, stessa casa ad Hogwarts, capelli rossi, lentiggini, particolarmente alto.»  entrambi i genitori alzarono gli occhi dal quaderno per guardare la figlia imbarazzati per poi scoppiare in una risata tenue. «Certo, ovvio. Scusaci Hermione. Ci siamo confusi di nuovo. Eppure Ronald l’altro giorno è venuto a trovarci sai?» la ragazza annuì conscia. «Non dovete scusarvi ogni volta. E’ normale che i ricordi si confondono. Migliorate ogni giorno che passa.» li incoraggiò la figlia. Si girò poi verso Draco e gli fece cenno di avvicinarsi maggiormente.

«Lui è Draco Malfoy. Un vecchio compagno di scuola. Adesso gli faccio da avvocato per il suo caso. Ricordate. Sono venuta a raccontarvelo l’ultima volta che sono venuta.» la mamma annuiva, ma era palesemente perplessa mentre guardava da capo a piedi il ragazzo. Draco allungò la mano per presentarsi con un sorriso tirato, ma non gli era uscito come sperava tanto che la madre lo guardò stranita. 

«Perchè sei così teso ragazzo? Posso essere una smemorata, ma non mordo mica.» gli disse con un sorriso dolce mentre ricambiava la stretta. Il padre si avvicinò e lo osservò attentamente soffermandosi sui capelli. Draco ebbe l’istinto di portare un mano per testare se fossero in disordine.

«Capelli biondo platino..» sussurrò il padre prima di sgranare gli occhi per poi puntargli un dito contro con cipiglio severo. «Tu sei il bulletto vero?» domandò schietto e Draco non potè fare a meno di scoppiare in una risata che si spense quasi subito, notando che era l’unico a trovarlo divertente. Il padre sfogliò il quaderno giallo fino a trovare la pagina desiderata. «Sisi avevo ragione. Sei tu.» disse annuendo soddisfatto. 

«Sarei categorizzato come il bulletto per te, Sanguesporco?» chiese ironico, allungò il collo per leggere quello che il padre aveva davanti, ma quest’ultimo indietreggiò di un passo, puntandogli nuovamente il dito contro. Ecco dove aveva preso quel suo caratteraccio la Granger, pensò Draco roteando gli occhi al cielo. 

«Non ti permetto di parlare a mia figlia in questo modo, signorino. So perfettamente cosa significa quella parola. Dovresti imparare la buona educazione. Hermione ti sta dando una mano!» lo rimproverò tutto d’un fiato, con tutte le informazioni corrette nella sua mente. 

«Papà, adesso basta. Quella parola non ha più un brutto significato. Mi hai sempre detto che le parole hanno un peso solo se noi gliene diamo importanza, giusto?» cercò di calmarlo dandogli qualche pacca sulla schiena «Oh giustissimo, io dico sempre cose sagge» si, la Granger aveva preso decisamente dal padre, confermò Draco. Lo spirito so-tutto-io trapelava nella figlia allo stesso modo del padre. «Ma credo che il Signorino qui presente deve portare rispetto e scusarsi ugualmente.» finì continuando a guardare il ragazzo. 

E il giovane Malfoy si rese conto di una cosa tanto banale, solamente a sentir pronunciare quelle parole.  Chiedere scusa. Ringraziare. Non l’aveva mai fatto. Non l’aveva fatto quando gli salvarono la vita nella Stanza della Necessità. Non l’aveva fatto quando lo tirarono fuori da Azkaban. Non l’aveva fatto durante quel periodo trascorso insieme; e fu spiazzato da quella rivelazione che fosse ancora legato a quel suo atteggiamento di superiorità ereditato dal padre, facendolo diventare cieco alla palese evidenza che era stato maleducato ed ingrato nei confronti della ragazza di fronte a lui. Forse perchè detto proprio dal padre di quest’ultima. Che importanza aveva il sangue puro nelle proprie vene quando veniva meno ad un principio base di educazione e riconoscimento.  

«Mi dispiace per averle arrecato una simile offesa, Signor Granger.» disse porgendogli la mano e guardandolo dritto negli occhi. «Mi permetta di presentarmi come si deve. Vostra figlia mi ha descritto come il bullettino della scuola. Non vorrei che mi ricordaste con questo appellativo. I tempi sono cambiati. Adesso io e sua figlia siamo amici.» si fermò. Non sapeva quanto effettivamente aveva il diritto di considerarsi amico della Granger o che la ragazza stessa lo volesse. Lui, piuttosto, lo voleva? 

Puntò gli occhi su Hermione, ma cercava di evitare il suo sguardo.

Trascorsero qualche altro minuto seduti in quella stanza a bere del tè, chiacchierando del più e del meno. Draco cercava di rimanere fuori da quel momento intimo unicamente della famiglia Granger, ma puntualmente uno dei due genitori gli rivolgevano qualche domanda sul suo conto, sulla sua famiglia, sulla guerra o persino della sua esperienza scolastica. Notò che qualche volta gli ripetevano le stesse domande e non capì se fosse perchè si dimenticassero di averle già chieste o per ricordarsi meglio le risposte. Ma quando accadeva annotavano tutto in dei piccoli quaderni. Al momento dei saluti vide la madre scrivere su un segnalibro la data di quel giorno e i nomi di Draco ed Hermione uno accanto all’altro. Lo attaccò sulla pagina dove prese gli appunti di quella visita e ripose il quaderno sullo scaffale, soddisfatta. E quel gesto gli ricordò tanto Hermione ai tempi di Hogwarts. 

«Torna a trovarci presto va bene,Hermione?» le raccomandò il padre con aria già malinconica. «Certo papà, tornerò appena posso.» la madre la salutò con un abbraccio per poi salutare Draco con un caloroso sorriso. «Anche tu Draco. Più abbiamo visite degli amici di Hermione e più ci viene facile ricordare i loro volti. Anche se sono sicura che di te mi ricorderò. Sei proprio un bel ragazzo.» Draco rise visibilmente divertito e lusingato. «Sarà più difficile per me farlo, Signora Granger. Sa… gli arresti domiciliari.» La madre fece un gesto con la mano come per scacciare una mosca. «C’è sempre qualche modo per aggirare la legge. Mia figlia e i suoi amici l’hanno sempre fatto, non vedo come per una piccola visita in un ospedale magico possa essere diverso.» «Mamma!» 

Il ragazzo rise di nuovo ed i giovani uscirono dal San Mungo diretti a casa. Osservò la Granger che ancora si ostinava ad evitare i suoi occhi ma il ragazzo la prese per una spalla e la fece voltare per guardarlo.

«Ti vergogni della condizione dei tuoi genitori?» chiese sapendo che l’avrebbe solo provocata  «Che diavolo dici, assolutamente no» «Perchè non me l’hai detto allora?» «Perchè avrei dovuto?» «Tu sai tutto di me.» fu una bugia bella e buona ma non poteva negare che condividere così tanto della sua vita era un privilegio solo per pochi. E sorprendentemente per Draco era così semplice farlo con lei, persino mostrarsi vulnerabile non gli veniva difficile. La ragazza lo guardò per qualche secondo aggrottando poi le sopracciglia.

«E’ il tuo modo per fare amicizia con me, Malfoy?» lui scrollò le spalle ricordandosi che si era definito un suo amico poco prima. La ragazza si voltò e si diresse fuori dai confini dell’ospedale per smaterializzarsi a casa di Potter. Mentre camminava a passo spedito spiegò:

«All’inizio fu una tragedia. I Medimaghi non sapevano dove cominciare per non provocare alcun danno alle loro menti e ricordi. Ma poco a poco i loro veri ricordi affiorarono e cominciarono a ricordarsi di avere una figlia.» si fermò arrivando alla giusta posizione per una smaterializzazione sicura. Si voltò a guardare Draco «Dovevo stare attenta a quello che dicevo, dovevo seguire i loro tempi. Ricordavano lentamente. Ma ricordavano. A mano a mano notai che mia madre cominciò ad appuntarsi cose che, si rese conto lei stessa, chiedeva più di una volta. Lo notava dalle mie reazioni o da quelle dei medimaghi. Lo faceva anche per mio padre che all’inizio ebbe più difficoltà. Così li aiutai a trascrivere nei quaderni almeno le cose principali della mia vita. Dopo quasi due anni ricordano tutto, ma adesso il problema è che ogni tanto hanno qualche vuoto di memoria e se non gli dai un suggerimento si smarriscono.» Gli pose un braccio quando finì, pronta a smaterializzarsi. Draco le afferrò la mano, non capendo neanche lui la motivazione di quel gesto che gli era venuto così tanto spontaneo e naturale. Forse era la stessa motivazione di quando lei lo portò nella stanza dei suoi genitori mano nella mano. Era un gesto così inconsapevole ma tanto semplice e giusto. Vide il suo volto arrossire leggermente e dovette subito girarsi dall’altra parte. 

«Non farti strane idee, Granger. Lo sto facendo giusto per avere una presa più salda per la smaterializzazione.» e con un plop si ritrovarono all’entrata della casa di Potter. I due si staccarono quasi subito diretti verso la porta d’entrata.

«E così… tu e Weasley siete solo amici...» le disse cercando una sua conferma di quello che aveva detto ai genitori. Lei si voltò più rossa di prima. «Non sono affari che ti riguardano.» rispose secca quasi correndo per entrare dentro casa. Draco ghignò. Com’era facile capire la Granger. Poi la fermò di nuovo.

«Granger.» «Cosa vuoi, Malfoy?» si girò, annoiata .

«Ti chiedo scusa. Scusa per tutto.» E lo intendeva veramente. Non voleva continuare a mettere delle distanze tra lui e le persone che lo circondarono. Non aveva più alcuna motivazione. Non aveva alcun senso. Dopotutto, non riusciva a considerare Hermione Granger un suo nemico. 


Attendendo la risposta da parte del San Mungo, Draco ed Hermione decisero di riprendere le forze dopo quella settimana trascorsa sui libri. Approfittarono di quel periodo per passare più tempo possibile insieme, come facevano ogni qual volta Draco ritornava da Azkaban. Gran parte della giornata la passarono in camera da letto, stretti l’uno all’altro, con i loro corpi nudi che non richiedevano altro che il contatto delle loro pelli. Non contarono quante volte facessero l’amore, ma non ne erano mai sazi. Draco spingeva, lei gemeva, i loro odori si mischiavano ed entrambi raggiungevano l’orgasmo estasiati da tanta felicità.

Una mattina di metà Marzo, il Direttore del San Mungo chiamò Hermione direttamente con il suo patronus, dimostrando il suo entusiasmo sul nuovo paziente e sul nuovo materiale, dando la colpa alla sua pigra segretaria per non averla chiamato immediatamente. Blaterando qualcosa anche su come il caso Draco Malfoy potesse essere una svolta del campo medimagico. 

Quel pomeriggio, secondo giorno d’Aprile, Draco termina ufficialmente la sua parte del lavoro. Gli rimane solamente di aspettare che l’ultima pozione restasse in ebollizione per una settimana. L’altra parte mancate, quella più difficile, è stata affidata ad Hermione che studiava l’intera giornata al San Mungo. 

Draco si affaccia alla finestra e si massaggia il collo, i colori del tramonto si estendono per tutto l’orizzonte. Decide di sgranchirsi le gambe in giardino, facendo qualche esercizio fisico. Appena apre la porta che dava l’accesso al retro della casa, vede Harry e Ron confabulare strettamente. Quella non è la prima volta che li becca in quell’atteggiamento furtivo. Stavano sicuramente architettando qualcosa a che vedere con lui, perchè ogni volta che si avvicinava o si accorgevano che li stesse guardando, si distanziavano di qualche passo e nascondevano la conversazione con argomenti banali come il tempo o cosa mangiare per cena. Questa volta cerca di non farsi notare. Esce lentamente e passo passo si avvicina sempre di più. Ma anche questa volta viene scoperto quando il rumore della porta principale li avvisa che Hermione era tornata a casa ed immediatamente i due ex Grifondoro con un rumoroso «Hermione! Sei tornata!» entrano in casa a passo svelto. Per tutto il resto della serata evitano ogni tipo di conversazione con lui. 

Finita la cena, si dirige in camera da letto pronto a mettersi il pigiama e coricarsi abbracciando Hermione. Ma mentre sale le scale sente il trio parlare velocemente. Si blocca e sente solo parole sconnesse.

«Capisco… così lontano...» 

«Possiamo…d’aiuto...felice... »

«sempre se… collaborativo….» 

Riscende le scale e si avvicina per appoggiare l’orecchio alla porta che si erano premurati di chiudere appena Draco uscì dalla stanza. Ma appena si china si ritrova faccia a faccia con Hermione.

«Oh ciao!» esclama sorpresa e poi sorride insicura. Apre la bocca ma viene trascinato su per le scale dalla ragazza «Sono stanchissima. Andiamo a dormire.» gli dice sintetica, mentre Draco allungava la vista verso i due ragazzi e vede il volto di Harry trapelare preoccupazione. 

Anche Draco allora comincia a preoccuparsi. Mentre si spoglia, nella sua mente si formano possibili scenari negativi che i tre non avevano il coraggio di comunicargli . Forse avevano solo perso tempo. Quei libri non servivano a nulla. Forse l’udienza è stata annullata. Hanno deciso di buttarlo definitivamente ad Azkaban. Rimane in boxer seduto a gambe incrociate sul letto, aspettando che anche la Granger finisse di cambiarsi. Ed Hermione capisce che la stesse aspettando non per addormentarsi in un abbraccio, ma per fornirgli delle spiegazioni. Cerca di perdere tempo aggiustandosi meglio i pantaloncini del pigiama in vita per poi cominciare a farsi una treccia ai capelli. Draco sospira rumorosamente proprio per essere notato, ma Hermione lo ignora. Allora il biondo la chiama freddamente. 

«Si?» domanda la ragazza, vaga. «Siediti.» le ordina ed Hermione, sconfitta, si posiziona di fronte, anche lei con le gambe incrociate. 

«Non puoi aspettare due giorni in più, Draco? Te lo diremo.» 

«No» risponde secco e si posiziona meglio sul letto pronto a sentire tutto. 

«Okay...okay… all’ospedale ci siamo resi conto che ci servirà una settimana in più per imparare perfettamente tutto.» spiega «Ma puoi stare tranquillo che ce la faremo.» aggiunge velocemente. 

Ma Draco nota che il suo sguardo continua a cadere sulle sue mani intente a fare la treccia. Gesto inutile perchè i ricci ribelli le continuano ad uscire dall'acconciatura.

«Ti sembro forse un idiota? Dimmi la verità.» 

La Granger in risposta affonda il viso nelle mani, prende alcuni respiri e rialza la testa tenendo gli occhi chiusi. Li riapre e cerca il suo sguardo. E appena incontra gli occhi del ragazzo il suo viso si addolcisce e un triste sorriso si forma sulle labbra. 

«Volevamo essere sicuri al 100% di quello che abbiamo scoperto.» il ragazzo annuisce per incoraggiarla a continuare  «Dopo che ci hai raccontato dei tuoi amici, Daphne Greengrass e Blaise Zabini, ad Harry sono venuti alcuni dubbi...» Draco si stringe nel petto a sentire pronunciare quei nomi, per un secondo pensa di fermarla ma la curiosità ha la meglio su di lui, quindi rimane in silenzio.

«Abbiamo informazioni sulla morte di Daphne, tu ed un altro Mangiamorte ne siete i testimoni. Ma per quanto riguarda Blaise abbiamo solo la parole di due Auror ed il suo corpo non è stato ritrovato. Allora per ulteriori conferme Harry è andato direttamente a parlare con gli Auror in questione e si fece raccontare l’inseguimento. Harry dice che gli Auror erano molto confusi della dinamica dell’evento. Gli dissero che lo hanno pedinato a lungo, per giorni, fino a che non lo raggiunsero ad Orlando. Dissero che fu molto agile, aveva piazzato un sacco di trappole senza che se ne rendessero conto e, senza preoccuparsi dei babbani presenti, li affrontò in strada a viso aperto. Dicono che la battaglia non durò a lungo. Arrivarono in un ponte sopra una superstrada in cui veicolavano macchine ad alta velocità. Ci furono pochi scambi di colpi di bacchetta. Dissero che riuscirono ad intrappolarlo con le spalle rivolte al parapetto. Dissero che riuscirono a schiantarlo, ma il colpo fu così violento che cadde dal ponte e sentirono il botto del corpo cadere sul tetto di un camion. Dissero che poi tutto cominciò a farsi confuso perchè la caduta di Blaise provocò anche un grave incidente automobilistico. Ci furono macchine sbaragliate e dopo qualche secondo il camion saltò in aria. Dedussero che il corpo si bruciò insieme a quello dell’autista babbano, come ebbero la conferma la sera stessa quanto i babbani trovarono due corpi carbonizzati. Quindi tornarono in Inghilterra anche se non si accertarono se fosse lui uno dei due cadaveri.» Hermione riprende fiato, mentre comincia a diventare rossa in volto per la foga del racconto.

«Harry allora comincia a pensare che magari Blaise fosse riuscito a scappare prima dell’esplosione. Che magari in realtà facesse finta di essere stato schiantanto e cadere dal ponte per avere una possibilità di smaterializzarsi senza che gli Auror potessero afferrarlo. Sinceramente io e Ron eravamo scettici, una probabilità del genere era così piccola che fosse inutile appigliarsi a quella speranza. Ma dopo qualche giorno cominciai a credere anche io che valeva la pena tentare, poteva essere un piano perfetto per togliersi dalle calcagna gli Auror una volta per tutte. Cominciammo a domandare in giro, mandammo lettere, contattammo delle conoscenze della famiglia Weasley all’interno del Ministero della Magia americano. Tutto in segreto ovviamente, non volevamo aprire una caccia all’uomo inutilmente. Avevamo pochissime piste, ma Harry e Ron, quando non erano impegnati, indagavano sui presunti Blaise Zabini. Andarono in America, Australia, Mongolia, Filippine. Ma l’unico individuo che sembrava combaciare il più possibile con il profilo di Blaise fu a New Orleans, negli USA. Harry e Ron lo spiarono per giorni.»

La ragazza smette di parlare cercando una qualsiasi reazione di Draco, ma quest’ultimo rimane fermo, senza smettere di fissarla. Rimangono in silenzio non si sa per quanto tempo finché Draco prende parola solamente per domandare «E’ tutto?» 

Hermione socchiude la bocca, dubbiosa e preoccupata di quel Draco distaccato a tale informazioni. Si alza titubante, lanciandogli qualche occhiata per essere sicura che non scoppiasse tutto in una volta non sa manco lei in quale stato d’animo. Afferra la giacca che indossava quel giorno e tira fuori dalla tasca un paio di foto. Torna vicino a lui e gliele mette tra le mani.

«Te l’ho detto, volevamo avere più sicurezza prima di dirti che fosse ancora vivo.»

 Draco guarda le foto che ritraevano il ragazzo. In una era dietro ad un bancone intento a sistemare qualcosa dentro una scatola. In un’altra attraversava la strada su delle strisce bianche disegnate sull’asfalto, in mezzo ad altra gente. In un’altra ancora era seduto in una panchina a fumare una sigaretta.

«Volevamo prenderci altri giorni, per riuscire a ricavare altri dettagli. Si fa chiamare con un altro nome. Jason Cooper. Ma Draco.. puoi riuscire ad immaginare se sia davvero lui? Dopo tutto questo tempo che non vi vedete. Convinto che Blaise fosse morto... »

Draco continua ad osservare il profilo di quel presunto Blaise. Ha la barba curata ed indossa su tutte le foto un capello nero. Forse dall’ultima volta che Draco l’aveva visto, ha preso qualche chilo. Non riesce a capirlo dal maglione e dalla giacca che indossava. Ma quel profilo e quegli occhi neri, il modo in cui su porta la sigaretta alle labbra. Non vuole crederci. Forse si sbaglia. Non vuole far crescere la speranza. Non vuole piangere la sua morte un'altra volta.

«Riesci a riconoscerlo?» domanda la Granger con un bisbiglio appena percepibile, vedendo che il ragazzo era concentrato ad analizzare le foto. Sembrano che passano minuti prima che Hermione si decide a parlare di nuovo. 

«Penso che dovremmo provarci. Se è veramente lui, non solo hai ritrovato il tuo migliore amico ma anche un testimone per la tua causa. Conferma che siete stati influenzati dai vostri genitori per passare dalla parte di Voldemort. Che non avevate scelta, che eravate solo degli adolescenti!»

Ma Draco non vuole parlare. Non ci riesce. Svuota la sua mente, improvvisamente esausto da tutte quelle informazioni. Sente qualsiasi fonte di energia abbandonarlo. Qualsiasi persona normale avrebbe gioito a quella notizia, mentre Draco si limita a posare le foto sul comodino accanto a letto e sdraiarsi sul fianco. Dopo qualche secondo, forse minuti, Hermione chiude la luce e sente dietro le sue spalle che si sdraia anche lei. Draco fissa il comodino con sopra quelle foto fin quando non si addormenta. 


Draco Malfoy aveva cominciato a sentire il bisogno di qualcuno con cui parlare durante il giorno, ma mai si sarebbe aspettato che Hermione Granger volesse passare ogni istante insieme a lui. Dopo qualche giorno diventò assillante, a parer suo. Vedeva che si impegnava tanto per farlo rilassare e sentirsi a suo agio in quel nuovo ambiente, questo perchè credeva alle parole del Direttore del San Mungo quando ipotizzò che Draco stesso avesse alzato delle barriere intorno alla sua mente. Era come se la so-tutto-io stesse svolgendo un compito per casa e sperava di prendere il più alto dei voti. La beccò un paio di volte cercare di leggergli la mente quando ritenesse fosse il momento più adatto e coglierlo di sorpresa, ma Draco prontamente la scoraggiava non credendo che dovessero credere a quella teoria assurda. Quando ci riprovò mentre Draco cavalcava sulla scopa di Harry intorno al tetto della casa, sbottò quasi investendola con la scopa. 

«Sanguesporco. Provaci un'altra volta e ti spezzo la bacchetta. Ti ho detto cento volte che è solo una perdita di tempo. Inoltre, più che farmi rilassare mi stai facendo salire il mio istinto omicida. Non starmi con il tuo fottuto fiato sul collo!»  e dopo quelle parole per qualche giorno notò che la Granger avesse davvero smesso di provarci. Ringraziò Salazar. 

Una notte, però, Hermione sgattaiolò dentro la sua stanza senza far rumore e si avvicinò alla sua figura profondamente addormentata sul letto. Lo osservò per qualche secondo, ammirando il suo volto che si intravedeva nel buio. Allungò la mano e gli scostò i capelli platino ricaduti sul viso, per poi ritirarla velocemente rossa in volto. Ancora una volta il suo corpo si mosse senza pensarci. 

Appena alzò la bacchetta, Malfoy si alzò di scatto, le afferrò il polso con cui teneva la bacchetta e lo contorse tanto da farle mollare la presa.

«Mal-» Draco si mosse troppo velocemente che già si ritrovò sbattuta sul letto con una mano che le stringeva la gola e l’altra che puntava la sua stessa bacchetta contro di lei.

«Malfoy-» cercò di dire, ma Draco sembrava non sentire «Cosa stavi cercando di fare?» domandò furibondo, mentre serrava ancora di più la presa sulla gola «Chi ti ha mandato eh?» «Malfoy. sono-» «Ti ha mandato Lui, vero?» continuava a domandare con gli occhi che saettavano senza veramente mettere a fuoco la figura sotto di lui. Hermione boccheggiava in cerca d’aria mentre per la terza volta cercava di risvegliarlo «Draco...».

Il ragazzo si riscosse, la guardò, mollò subito la presa e fece cadere la bacchetta sul letto. Si allontanò da da lei di qualche passo. 

«Che diamine di salta in mente, Granger?» e mentre riprendeva fiato la ragazza gli rispose «Pensavo che l’unico momento in cui avresti potuto abbassare le tue difese fosse...» ma non riuscì a terminare la frase. Si tastò la gola, allibita da quanto è successo.

«Sei proprio una testa di cazzo, Granger.» la insultò stringendo i pugni. Passò, poi, entrambe le mani tra i capelli, alzò la testa verso il soffitto cercando di regolare il suo respiro. Fu come se il cuore volesse uscire dal petto. Guardò poi la Granger, attraverso il buio della camera, illuminata debolmente dalla luce della luna. Era ancora seduta sul suo letto a fissarlo con occhi sbarrati.  Fece un passo per avvicinarsi ma si fermò quando la ragazza afferrò di nuovo la bacchetta. 

«Granger..» la chiama, senza controllare il tono di voce incrinato dal suo pentimento. Anche il volto mostrò il dispiacere del ragazzo nel vedere che la Granger lo stesse guardando con gli stessi occhi delle vittime il momento prima di essere torturate o uccise. 

«Mi dispiace. Ti prego, fammi dare un’occhiata.» le disse riferendosi al collo e al polso. Lei non si mosse, ma lo lasciò avvicinarsi. Mantennero lo scambio di sguardi, mentre Draco le prese la mano e lentamente la faceva alzare dal letto. Le chiese di accendere la luce con l’uso della magia e lei obbedì. Le ispezionò il polso e notò che tratteneva il respiro continuando a stringere la bacchetta con la mano libera lungo il fianco. Avvicinò il volto maggiormente al suo per guardare il collo, e vide i segni rossi delle sue dita sulla sua pelle chiara. Serrò la mascella e lei fece altrettanto. La guardò negli occhi, prima di avvicinarsi di un passo e appoggiarle una mano prima su una guancia e poi dietro la nuca. Abbassò il volto sul suo, per poi avvicinare le labbra al suo orecchio.

«Rilassati, Hermione.» le sussurrò e le sfiorò la mano con cui teneva la bacchetta. Sentì che a quel tocco il corpo della Granger si irrigidì ancora di più. «Rilassati.» le disse di nuovo. Le diede qualche secondo per poi stringerle la mano. Draco, in quel modo, riusciva a toccare anche l’impugnatura della bacchetta. Cominciò a sussurrare degli incantesimi per far guarire le ferite superficiali sulla pelle. Non si staccò da quel contatto quando finì. Non si staccò quando percepì il corpo della Granger rilassarsi appoggiandosi delicatamente al suo.  


ANGOLO AUTRICE:

Sorpresone! Erano anni che non riuscivo a portare avanti questa fanfiction. Presa tra una cosa ed un’altra, mi sono resa conto quanto tempo fosse passato. Ultimamente poi con la quarantena mi sono riletta la saga e, beh, mi è ritornata la voglia di terminare questa storia. Anche perchè non riuscivo a sopportare l’idea di farla rimanere incompiuta. Rileggendo i capitoli precedenti, devo ammettere che a distanza di anni avrei cambiato qualcosa, ma tutto sommato continuo ad avere le stesse idee per portarla avanti e finirla. Mi sono resa anche conto che, come ho avuto difficoltà ai tempi in cui iniziai a scriverla, mi ritrovo in difficoltà anche adesso sui tempi verbali nei rispettivi momenti. Faccio una tale confusione e mi pento di aver usato il presente, mi esce molto più naturale scrivere sempre al passato. Mea culpa ed errore. Ma tanto vale continuare così mi sono detta, come sfida a me stessa. E’ anche perchè credo che con pochi capitoli la finirò. Non valeva la pena riscrivere tutto. Forse un giorno. Mi scuso, quindi, in anticipo per qualsiasi inconveniente di lettura. Spero in vostre critiche costruttive e che la storia vi piaccia / continua a piacere (per chi fosse un lettore di vecchia data). Grazie. Spero di aggiornare più frequentemente.

 

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Capitolo 9
*** capitolo nove ***


«Malfoy! C’è una visita per te!» entrò a grandi passi Potter in casa, a metà pomeriggio. Draco fece un ghigno prima di tirare ad indovinare, ironico. 

«Weasley salta di nuovo il lavoro?»

«Sorprendentemente, oggi ha deciso di presentarsi al Ministero.» gli rispose di rimando la Granger entrata in cucina subito dopo Harry. Improvvisamente, vide sulla soglia della porta sua zia Bellatrix. Gli mancò il fiato e d’istinto si allungò per afferrare la bacchetta di Hermione che teneva nella tasca sul retro dei jeans. Ma ancora prima che potesse puntarla contro sua zia, le mani dei due ragazzi gli afferrarono le braccia. 

«Draco! Il bambino!» «Non è Bellatrix!» 

Riprese fiato e cercò di ricomporsi per qualche secondo, perchè la sua mente fu improvvisamente annebbiata e l’unica cosa che riusciva a guardare era quella donna di fronte a lui e ai ricordi legata ad essa. Le torture e le uccisioni a villa Malfoy, la risata acuta seguita da tutte le sue venerazioni per il Signore Oscuro. Daphne che cade tra le sue braccia, uccisa a sangue freddo da quella donna che doveva chiamare zia. Ma più la osservava e più si rendeva conto che quella non era Bellatrix, morta duranta la battaglia di Hogwarts. Le assomigliava parecchio, ma non aveva lo sguardo folle o la costante eccitazione nel ferire qualcuno. Il suo volto era molto più dolce e gli occhi erano tali e quali a quelli di sua madre Narcissa. Poi fece cadere lo sguardo sul bambino che teneva saldamente in braccio, stretto maggiormente contro il suo petto quando vide la reazione di Draco. Sentì Hermione riprendersi la bacchetta, mentre nel salotto cadde un silenzio imbarazzante.

«Draco lei è...» cominciò la Granger, titubante vedendo che i due parenti non si toglievano gli occhi di dosso ma senza aprir bocca. «Andromeda Tonks, tua zia.» 

 Si irrigidì sentendo quel cognome. Ovviamente Draco conosceva tutta la storia, di come tutta la famiglia Black avesse rinnegato con tutta l’anima quella donna che aveva voltato le spalle alle antichissime tradizioni e valori della loro lustrissima famiglia. Si era sposata con un babbano, aveva portato disonore alla famiglia e si ricordò come i Mangiamorte puntualmente lo rinfacciavano quando parlavano con Narcissa o con Bellatrix. 

«E questo piccoletto qui è Ted!» presentò con un sorriso Harry, avvicinandosi ad Andromeda e prendendo in braccio il bambino. «Il figlio di Lupin e Tonks, ricordi?» Draco accennò leggermente guardando la piccola creatura che una volta tra le braccia di Potter cercò di afferrargli gli occhiali.

Gli occhi di Andromeda, non si staccarono per un istante dalla figura di Draco finchè non decise che avrebbe dovuto essere lei la prima a rompere quel silenzio. Già aveva capito che Draco non era un tipo da fare il primo passo.

«Finalmente possiamo conoscerci, Draco.» si avvicinò e gli fece un lieve sorriso. «Avrei sperato che anche il resto della nostra famiglia fosse qui per riunirsi pacificamente.» aggiunse poi con un velo di tristezza farsi largo nel suo sguardo. E Draco non potè fare a meno di notare nuovamente come il tratto degli occhi era simile a quello di sua madre. La tensione sul suo corpo si allentò e fece un cenno del capo più deciso rispetto a prima. Ma ancora insicuro le rispose tenendole una mano per una stretta. 

«Meglio tardi che mai. E’ un piacere anche per me, Signora Tonks.» 

La donna fu sorpresa di come Draco avesse silenziosamente ignorato tutto quello che per la sua intera vita gli venne ripetuto sull'importanza della famiglia, del sangue, del proprio cognome. Fu sorpresa che con un gesto tanto semplice come quello, chiamarla con il nome che lei aveva scelto, Draco le avesse indirettamente detto che andava bene così, non gli importava, lo accettava. Lui non era come loro. Le sfuggì uno sbuffo divertito.

«Ti prego, chiamami Andromeda. Non essere così formale.» gli disse scostando la mano tesa del ragazzo con fare gentile. Si avvicinò di più e gli posò entrambe le mani sulle braccia osservandolo attentamente, curiosa. La gente doveva smetterla di guardarlo come fosse una creatura magica da studiare, pensò imbarazzato Draco. 

«Sei proprio identico a tuo padre quando aveva la tua età. Capelli, occhi, stessa espressione severa...» 

«Conoscevi mio padre?» chiese Draco curioso «Ah no. Io e tuo padre ci siamo incontrati giusto un paio di volte quando si era appena fidanzato con Narcissa e poco prima che io.. beh.. me ne andassi dalla famiglia.» 

La donna si accomodò sul divano, seguita da Hermione che nel frattempo aveva avvicinato con un colpo di bacchetta delle tazze di tè. Draco si sedette sulla poltrona di fronte ed Harry, invece, uscì dalla stanza con il piccolo Ted. 

«Harry ed Hermione mi hanno raccontato tutto su di te.» gli comunicò senza troppi giri di parole, mentre prendeva un sorso della bevanda. «Sei solo un ragazzo. Essere rinchiuso ad Azkaban...» ma non terminò la frase vedendo Draco passarsi una mano tra i capelli per poi sfregarsi le tempie, gesto che faceva spesso anche Narcissa quando era preoccupata, ricordò Andromeda. e non potè fermare il sorriso nostalgico che le si formò in volto. Cambiarono discorso e parlarono del più e del meno, soprattutto di Ted e dei genitori morti in battaglia e come se ne stesse occupando lei. Ma Hermione notò che tra i due ci fosse una certa riluttanza ad approfondire i discorsi, forse temevano entrambi di riaprire vecchie ferite, o di fare qualche passo falso e rompere quella pace ritrovata degli ultimi componenti della famiglia Black. 

«Ancora non siamo riusciti a capire se Ted abbia ereditato la sindrome del lupo mannaro. Ha poco meno di un anno e da qualche mese ha cominciato a mangiare solido. Ma non sta richiedendo carne. Oltre ad essere più agitato durante la luna piena non sembra avere altro..» stava spiegando quando Harry rientrò con il bambino in braccio tutto contento. Lo aveva cambiato e messo addosso una maglietta con su scritto “Ho il migliore padrino del mondo”. La Granger ed Andromeda scoppiarono a ridere seguite da commenti su quanto fosse carino il piccolo, mentre Draco alzava gli occhi al cielo. 

«Non ti stanchi mai di vantarti, Potter?» 

Hermione prese in braccio il piccolo e prese a fare qualche smorfia per farlo ridere. Involontariamente il giovane Malfoy sorrise a quella vista, pensando che era difficile decidere chi tra i due fosse più ridicolo se il bambino con quella stupida T-shirt o la Granger con quei gesti infantili. Ad Andromeda non sfuggì quel suo sorriso ed ancora una volta pensò che anche quel ragazzo era diverso dal resto della famiglia, come Sirius, come Regulus. Lo sentiva, lo percepiva. 

Ad un tratto gli occhi di Draco si sgranarono dalla sorpresa. Ted aveva improvvisamente cambiato i capelli. Da neri e lisci erano diventati più lunghi, cespugliosi e castani, identici a quelli di Hermione. 

«Salazar, ma che?» e non poteva crederci che fosse l’unico tanto meravigliato «Oh si, lo ha ereditato da Ninfadora, in realtà da qualche settimana ha cominciato a farlo e non gli riesce spesso. L’altro giorno ha provato a farli rossi ma ci è riuscito solo nelle punte e sono tornati normali solo il giorno dopo.» spiegò Andromeda a Draco. Hermione nel frattempo si avvicinò alla sua poltrona per farlo guardare meglio. Ma il ragazzo era a disagio da tanta vicinanza con quel bimbo piccolo e fragile. Il giovane Malfoy non aveva mai toccato un bambino, se non per ammazzarlo o torturarlo. Non gli sembrava il caso di provare con il nipote di sua zia, con suo cugino, il loro primo giorno di incontro. 

Ma Hermione lo incoraggiò a prenderlo ripetutamente, bastava farlo sedere sulle ginocchia, diceva. Nel frattempo Harry ed Andromeda si erano allontanati intenti a discutere su qualche faccenda. Alla fine Draco cedette e quando il bambino venne messo sulle sue gambe, lo tenne delicatamente tra le mani avendo paura che gli potesse far male. Ted nel frattempo lo fissava intensamente, con gli occhi ben aperti estremamente curiosi. 

«Hai visto? Non è difficile.» sentì dire la Granger, mettendogli una mano sulla spalla.  

«Sisi ok, ma rimani qua che appena comincia a piangere o qualsiasi cosa te lo riprendi.» le disse prendendole per un braccio e facendola sedere su un bracciolo della poltrona.

Ricambiando lo sguardo di Ted e rilassandosi sempre di più a quella piccola presenza, vide come i capelli del bambino cominciarono a cambiare una seconda volta. I ricci si appiattirono e il castano si trasformò lentamente nello stesso biondo platino di Draco. Anche gli occhi, notò, diventarono grigi, la perfetta copia dei suoi. 

«Merlino.» esclamò. Il bambino sorrise verso Draco mentre cominciava a scuotere le mani per riuscire a toccargli il viso. E Draco ricambiò quel sorriso. Finalmente, dopo tanto tempo, forse anni, sorrideva. Un sorriso puro, genuino, caldo. 

«Forse avremmo dovuto avvisarti prima, di tua zia. Pensavamo che fosse gentile da parte nostra riunirti con un membro della tua famiglia.» cercò di spiegare Granger, ma Draco continuando a sorridere le rispose 

«Granger, penso che mi sono abituato al vostro ficcanasare nelle questioni che non vi riguardano.» alzò leggermente in aria Ted mentre parlava «Inoltre, Andromeda Tonks non fa parte della mia famiglia.» disse schietto, lasciando a bocca semiaperta Hermione «Non è il sangue che definisce la tua famiglia, giusto?» aggiunse vedendo la confusione della ragazza. Poi fece un piccolo cenno.

«Certamente, ma sai.. potreste ricominciare da capo... » 

La guardò per qualche secondo, il sorriso ancora presente sul volto del ragazzo. 

«Sei così pura e ingenua, Granger. Sempre a preoccuparti dei casi persi. Non farlo così tanto per me, pensa ai tuoi preziosi elfi domestici.» 

Hermione rimase turbata da quel Draco tanto sereno e genuinamente contento. Una risata sfuggì dalle sue labbra 

«Malfoy se avessi saputo prima che ti bastava Teddy per essere un minimo gentile, te l’avrei portato il giorno dopo del tuo arrivo qui.»

«Non ti abituare, Granger.» tagliò corto lui visibilmente imbarazzato ma ricambiando il sorriso.

«Draco, c’è un'altra cosa. Abbiamo chiamato Andromeda anche per il tuo caso...» ma prima che Hermione continuasse a spiegare Harry ed Andromeda rientrarono in stanza.

«Continua pure Hermione, Andromeda ha detto di si.» 

Andromeda guardò Draco e gli fece un lieve sorriso vedendo che giocherellava con le mani di Ted. 

«Stavo dicendo, ricordi... qualche giorno fa parlavamo di andare in casa tua per vedere se trovavamo qualche indizio sulla tua unicità»  enfatizzò l’ultima parola per evidenziare come nessuno al mondo abbia una mente impenetrabile come quella di Draco «Magari ci sarà qualcosa che sarà sfuggito agli Auror quando hanno setacciato la Villa. Inoltre, hai detto che c’è una biblioteca che contiene moltissimi libri antichi, potremmo cominciare a consultarli. Sto già finendo ogni possibile riferimento alle protezioni magiche sugli umani presenti nella biblioteca di Hogwarts. Quindi...abbiamo bisogno del consenso di Andromeda per entrare a Villa Malfoy. Vedi, quando tu e i tuoi genitori siete stati imprigionati, la proprietà della Villa è stata passata temporaneamente al parente più prossimo, in questo caso Andromeda, in modo che potessero avere la libertà di investigare.» 

«Lo possono fare senza il consenso dei proprietari?» chiese Draco, intuendo che ci fosse qualcosa di strano. 

«In teoria, no. I tuoi genitori erano i proprietari e dopo la loro morte il testamento lasciato alla Gringott dichiarava esplicitamente che tutti i loro beni sarebbero stati ereditati dal loro unico figlio.» spiegò la Granger, poi Potter prese la parola e continuò 

«Ma in pratica questa regola può essere tralasciata se la persona in questione viene considerata un pericolo per altri maghi. Ti hanno dichiarato un criminale ed essendo che tutti i tuoi averi non potevano passare alla Gringott visto che non sei l’unico rimasto in vita della famiglia... » 

«Hanno dato tutto a me.» concluse Andromeda per poi aggiungere subito dopo «Ma ovviamente non voglio neanche uno zellino. Ho già avviato le scartoffie per rinunciare a tutto. Mi sono assicurata che non possano estorcere nulla contro le mie parole, e ho scritto che ritengo che non c’è nulla di sbagliato nel lasciarti la proprietà di qualcosa legittimamente tuo. Una volta scagionato potrai riaverli. In caso contrario..» 

«Rimarrebbe una semplice casa disabitata e miliardi di galeoni alla Gringott. Il Ministero potrà prenderli come risarcimento a tutti i danni causati dalla mia famiglia dopo la mia morte...» aggiunse Draco riflettendo «cosa che avverrà a breve visto che l’udienza si terrà tra qualche giorno... e non credo sia possibile che riuscirete a trovare qualcosa di utile in casa mia in un batter d’occhio.» sospirò rumorosamente.

«Dovremmo pensare positivamente.» gli disse Harry risoluto. Percepì la sicurezza di una vittoria abbandonare tutti i presenti nella stanza.

«Se posso dire la mia...» Andromeda parlò a bassa voce come se avesse paura che ci fosse qualcuno che potesse sentire «I pregiudizi sono duri a morire. E non solo da parte di tipi come i Mangiamorte verso i Nati babbani e tutto il resto. Ma anche dal nostro lato ci sono persone che non cambiano idea su certe cose. Ci sono maghi e streghe che hanno combattuto al nostro fianco ma direbbero un “no” secco se qualcuno gli proponesse di assumere nuovamente un insegnante come Lupin per suo figlio. O penserebbero che i magonò non dovrebbero avere alcun lavoro qui nel nostro mondo, ma nel mondo babbano. Ci sono molti ipocriti e molte persone che non sono baci e abbracci con tutti quelli che incontrano. E questo vale soprattutto quando hanno davanti un ex Mangiamorte, con una lista di crimini non indifferente. Affronterete una causa complicata e credo proprio che ci vorrà molto tempo prima che venga tutto risolto per il meglio. »

Il giovane Malfoy accusò tutto il pensiero della zia, mentre lo guardava compassionevole. Non voleva che Draco si illudesse tanto. Vi erano numerose probabilità che alla loro futura udienza non lo avrebbero rilasciato. E Draco oltre a sentirsi piuttosto scoraggiato, provò un certo moto di gratitudine verso quella donna che l’ha fatto ritornare con i piedi per terra, buttandogli in faccio la realtà. Forse doveva prepararsi di nuovo alla vita ad Azkaban.

«Ci riproveremo e riproveremo finchè non sarai rilasciato, Malfoy.» dichiarò Harry, mostrando apertamente la sua sicurezza che alla fine di tutto avrebbero vinto. Che lui non si sarebbe arreso fino a quando il suo ex nemico fosse stato scagionato definitivamente. 

Draco sospirò rumorosamente e fece tornare il piccolo Ted tra le braccia della nonna. «Sarà dura...» sussurrò ripensando a quello che lo attendeva ad Azkaban. Un brivido gli percorse tutta la schiena e per qualche secondo ebbe la sensazione delle bruciature e dei solchi profondi che le frustate gli avrebbero nuovamente inflitto. La Granger gli strinse la mano delicatamente. Poi la lasciò, pensando che non fosse opportuno fare un gesto del genere. Ma così istintivo. 

«Abbiamo poche cose a nostro favore: quando non hai detto dell’identità di Harry, quando alla coppa di Quidditch ci hai detto di andarcene, gli episodi di quando sei stato costretto a...» si interruppe con un nodo in gola «Ma l’accusa ha molto di più contro di te, Malfoy. Non so... » 

«Va bene così... non ci speravo più di tanto.» concluse Draco. Aveva passato dei mesi tranquilli, anche se chiuso in quella piccola casa. Ma giù nel profondo era cosciente che fosse tutto temporaneo, che sarebbe dovuto tornare al posto in cui apparteneva. Lui che aveva la sua bacchetta macchiata del sangue di tanti innocenti. 

Hermione riprese la parola.

«Il Ministro e Andromeda hanno firmato il permesso per una visita alla Villa. Potremmo ugualmente iniziare a dare un’occhiata in giro. Troveremo certamente qualcosa.» lo incoraggiò, quasi timida e gli strinse la mano nuovamente, questa volta senza ritirarla.


La mattina successiva alla confessione di Hermione sul ritrovamente di Blaise Zabini vivo e vegeto a New Orleans, Draco Malfoy decide di rimanere rinchiuso nel suo silenzio. Si alza dal letto silenziosamente, va in bagno per una doccia, si veste, prende le foto di Blaise che aveva lasciato la sera prima sul comodino e se le infila in tasca; scende al piano di sotto in cucina e si prepara una grossa tazza di caffè dando un morso a un pezzo di crostata presente sul tavolo. Tutto questo sotto lo sguardo vigile di Hermione che lo segue passo passo e categoricamente in silenzio. Continua a rimanere in silenzio anche quando Harry e Ron (rimasto a dormire per quella notte) entrano per fare colazione. Guardano prima Draco, che si rifiuta di ricambiare lo sguardo, rivolto piuttosto sulla sua tazza, e poi Hermione per avere qualche indizio su cose fosse successo la sera prima. La ragazza nega con la testa e scrolla le spalle per poi bisbigliare ai due amici avvicinandosi il più possibile.

«Gli ho raccontato tutto, ma non ha detto niente. Ragazzi, letteralmente. E’ andato direttamente a dormire e anche questa mattina non dice una parola.»

La mattina trascorre quietamente, il trio di amici cerca di tenersi occupato con qualche faccenda - Ron scrivendo una lettera da mandare ad un collega per un lavoro, Harry compilando un rapporto su l’ultima missione da Auror ed Hermione esercitandosi in un angolo sugli incantesimi che avrebbe dovuto svolgere a breve sul biondo - ma continuando a gettare occhiate verso Draco, in attesa. Nessuno dei tre voleva rompere quel silenzio. Ormai Draco lo conoscono fin troppo bene. Sanno come reagisce in diversi scenari. Sanno che Draco Malfoy è il tipo che all’inizio si isola dal resto del mondo, riflettendo sul problema o sulla questione che lo rende nervoso e preoccupato, che si prende il suo tempo per riflettere, per crearsi un’opinione al riguardo. Ma quei momenti di estraneità erano piuttosto brevi, minuti, magari anche un’ora, mai così a lungo. L’ora di pranzo si sta avvicinando e la tensione nell’aria comincia a percepirsi su tutti i presenti.

Seduto sulla solita poltrona in salotto di fronte al camino, il giovane Malfoy si limita a pensare, pensare a tutte le conseguenze probabili di cosa potrebbe succedere se facesse uscire allo scoperto la copertura di Blaise. Proprio adesso che vive serenamente fuori dalla portata del Ministero, che ha cominciato una nuova vita, senza guerre, senza sangue, fuori dalle sbarre. E se perdesse tutto dopo il loro incontro? Quale sarebbe stata poi la reazione del suo vecchio amico al momento del loro incontro? Dopo la morte di Daphne trascorsero poco tempo insieme. Poteva contare sulle dita di una mano quante volte si erano rivolti parola. Se dopo tutto quel tempo si fosse di nuovo fatto vivo,lui che avrebbe potuto impedire a Daphne di fare quella stupidata il giorno della sua morte, lui che si era rifiutato di rivendicare la sua morte. Lui che aveva troppa paura ad affrontare sua zia Bellatrix e il resto dei Mangiamorte. Paura che anche Blaise morisse sotto il suo naso. Con che occhi l’avrebbe guardato? L’avrebbe ancora considerato un amico o tutto si era raffreddato? E’ molto meglio per entrambi rimanere in strade e continenti separati?

Non riesce a trovare una risposta, non sa cosa fare. Si sente completamente perso, mentre tira fuori le foto di Blaise e li guarda quasi distrattamente. Si passa più volte una mano tra i capelli e si strofina le tempie, notando anche con un certo nervosismo che i tre ex Grifondoro gli mettevano pressione per una risposta. Sente i loro sguardi sulla sua nuca sempre più persistenti. Dannati, vuole urlargli. Loro non possono capire, pensa. Loro sono stati sempre uniti, sempre insieme ad affrontare tutto. Mentre Draco, Blaise e Daphne hanno passato spesso momenti divisi, ognuno con i propri problemi da risolvere. Si volta a guardarli e becca Ron che gli lancia l’ennesima occhiata. Quest’ultimo si volta velocemente mentre le orecchie gli diventano rosse. Forse avevano anche avuto un’esperienza diversa dalla loro, ma il legame che li univa era il medesimo.

Si alza dalla poltrona lentamente, sapendo che avrebbe attirando loro l’attenzione qualunque cosa facesse, per poi appoggiarsi al bracciolo incrociando le braccia. Li guarda uno ad uno e i tre interrompono i loro compiti ricambiano il suo sguardo. Non riesce a trattenere un semi sorriso. Quei tre sembrano proprio dei bambini. 

«Voi che fareste al posto mio?» domanda dal nulla, senza preavviso. Vede dalle loro reazioni che hanno capito a cosa si riferisse. Passa qualche secondo. «Non voglio sentire alcun “e’ una tua decisione, fai quello quello che ti dice il cuore” o stronzate del genere. Voglio sapere voi che fareste.» ed il primo che inizia a parlare è Weasley.

«Andrei dritto da lui, ovvio no? E’ il mio migliore amico, qualsiasi cosa accada e qualsiasi sia la circostanza.» dice gonfiando il petto, come se non ci fosse risposta più semplice e giusta. Harry ed Hermione si guardano e Draco legge già la risposta nelle loro espressioni. Ovviamente, Grifondoro, leali e sentimentali fino alla morte.

«Andrei da lui.» conferma Potter 

«Ovviamente pensando prima ad una soluzione che tenga al sicuro entrambi! o che almeno non finite come ad adesso, senza alcun tipo di rapporto! Lo sai cose c’è in gioco. La sua libertà da un lato e la tua dall’altro. Ma anche la vostra amicizia.»  aggiunge Hermione con sguardo serio.

Draco sorride ed annuisce. Forse, quei tre lo hanno influenzato in qualche modo dopo tutto quel tempo, perchè il suo istinto, la prima cosa che riesce a pensare è correre da lui. 

«Voglio incontrarlo, ma non voglio che la sua copertura salti. Non ho intenzione di chiedergli di testimoniare in mio favore, altrimenti finirebbe anche lui sotto processo e i punti a sua favore sono davvero pochi. Possiamo andare sotto copertura o qualcosa del genere?»

«Okay, potremmo chiedere al Ministro un giorno d’uscita. Non specifichiamo dove andiamo così non sarà completamente contro la legge portarti lì.» comincia a pensare Hermione.  

«Insisterò per non far venire altri Auror o il solito Dissennatore. Dopo tutto questo tempo ad entrare ed uscire da Azkaban, dovrebbero aver capito che non sei un tale pericolo da far scoppiare in aria tutto o fuggire da qualche parte.» continua Harry 

« Mi aggiungo anche io, magari sapendo che ci siamo tutte e tre sarà più facile che accetti. In caso chieda dove andremo, diremo Villa Aurora da mio fratello Charlie in Scozia. Sarà lì per un paio di settimane. Ci può coprire lui.Se insiste di portare con noi altri Auror, bhè.. non è la prima volta che useremo l’incantesimo oblivion su qualcuno...» «Ronald!» lo richiama Hermione severa, ma Ron le fa un gesto con la mano alzata per non andare oltre. Harry, nel frattempo, ha già spedito il suo patronus al Ministero della Magia. 

«Non ci resta che aspettare la risposta.» conclude aggiustandosi gli occhiali sul naso. 

Draco torna a guardare le foto strette tra le mani e non riesce a nascondere l’eccitazione di incontrare Blaise dopo anni. Gli sarebbe bastato anche solo per quella volta. Ma vuole vederlo di persona, parlargli, guardare nuovamente i suoi occhi profondi neri. Sentirsi a casa. Il resto del gruppo si avvicina a lui.

«Penso che dovresti provare a chiedergli di testimoniare. Prenderete due piccioni con un fagiolo» «Fava, Ron.» lo corregge Hermione, ma il ragazzo continua «Una prova in più a tuo favore e anche lui avrà un udienza  e verrà discolpato. Non dovrà nascondersi per il resto della sua vita sotto falso nome.» 

Sia Draco, Hermione ed Harry lo guardano accigliati, quasi increduli da tanta positività e semplicità che metteva nella sua affermazione. Ma la realtà è tutt’altro e lo sanno tutti. 

«Non è così semplice, Ron. Non puoi chiedergli di costituirsi dopo mesi ed anni, senza la certezza che non verrà rinchiuso ad Azkaban. La situazione di Zabini è diversa da quella di Draco. Non ha nulla a suo favore.» cerca di spiegare Hermione ma Ron la guarda stranito. 

«L’unica differenza che vedo io è che questo qui» dice indicando Malfoy «ha una fortezza di ferro dentro la testa. Per il resto, hanno vissuto nello stesso contesto, stessi drammi familiari, stesso lato della guerra, stesse sofferenze e costrizioni.» 

Vede Hermione chiudere gli occhi, passarsi una mano sulla fronte scostando i ricci caduti davanti. «Non tutti hanno una visione così aperta come la tua, Ron. Loro considerano unicamente quello che è scritto su carta e se i crimini che ha commesso sono anche solo la metà di quelli di Draco...» «Per non parlare che ha simulato la sua morte e si sta nascondendo da anni.» aggiunge Harry ed Hermione annuisce.

Ma Draco riesce a percepire che quel dibattito non era per far capire al Weasley che era inutile anche solo pensare di far cadere tutte le accuse su Blaise, ma piuttosto un ragionamento ad alta volta per arrivare a qualche tipo di soluzione. Vede gli ingranaggi delle loro menti lavorare su qualche appiglio a cui si potessero usare aggrappare. 

«Okay, potrei lavorarci su-» «No» il giovane Malfoy interrompe brusco Hermione. 

«Rimaniamo col piano originale. Lo incontrerò e basta. Fine della storia.» dichiara Draco come ultima sentenza «Non voglio creare sofferenze inutili.» 

Ron apre la bocca per insistere, ma Harry interviene e gli mette una mano sulla spalla. La Granger si avvicina a Draco, gli mette una mano su una guancia e gli sfiora le labbra con un bacio delicato.  


Si svegliò nel cuore della notte, preso improvvisamente da un attacco di panico. Respirò affannosamente e solo dopo che fissò le lancette dell’orologio e per i venti secondi successivi che cercava di regolare il suo respiro, prese di nuovo il controllo. Quella mattina si sarebbe tenuta la sua prima udienza e le possibilità di essere assolto erano minime. 

Non dobbiamo convincerli tutti. Basta poco più della metà. Continua a risuonare nelle orecchie la voce della Granger.  Non riuscendo ad addormentarsi nuovamente, si preparò con tutta calma per l'udienza. Si lavò e si vesti il più piano possibile cercando di far passare il tempo, ma mentre si infilava le scarpe, il sole ancora non era sorto. Scese in cucina per assaporare la sua ultima tazza di caffè e mangiò tutti i biscotti rimanenti di un pacco aperto della dispensa pensando che non avrebbe avuto possibilità di mangiare qualcosa di decente per lungo tempo. Allora si mise a cucinare bacon e uova in abbondanza tanto che sicuramente il giorno dopo Potter avrebbe dovuto buttarli, ma non gli importò. Bevve grandi sorsi di succo e continuò a mangiare fino a quando non sentì dei passi scendere le scale. Harry ed Hermione ancora in pigiama si sedettero al tavolo accigliati. 

«Non ti dispiace se ho consumato tutte queste cose, vero Potter?» chiese ma senza effettivamente curarsi della risposta, mentre addentava una fetta di pane tostato. Mise le padelle di fronte a loro con la colazione ancora fumante e due piatti vuoti per invitarli a servirsi da soli.

«Niente affatto, figurati.» il sole sorse completamente e l’orologio sulla parete segnava le 7.30. 

Dopo che anche i due Salvatori-del-mondo-magico furono pronti, si incamminarono fuori, dove una macchia del Ministero li attendeva per accompagnarli. Ad ognuna delle quattro porte si erano posizionati quattro Auror, probabilmente uno di loro era l’autista. Quest’ultimo si avvicinò alla Granger e le diede una lettera, per poi ammanettare il biondo con poco garbo. Lei la aprì e velocemente lesse il contenuto. I suoi occhi saettavano da una parte all’altra e Draco notò che serrava le labbra e le sue narici si allargavano ad ogni respiro. Incrociò le braccia al petto e increspò le labbra, mentre Potter le sfilava dalle mani la lettera per leggere anche lui. Ne seguì la stessa reazione accompagnata da una poco velata imprecazione ed accartocciò il foglio buttandolo successivamente a terra.

«Che succede?» chiese mentre un’altro Auror spingeva Draco all’interno del veicolo. Anche Harry ed Hermione entrarono. I posti posteriori erano stati trasfigurati in modo che tutti potessero entrare e Draco venne forzatamente messo in mezzo a due Auror.

«Non ci sarà alcun udienza, Malfoy.» disse irritato Harry. «Stiamo andando direttamente ad Azkaban.» 

Draco impallidì e udì semplicemente il battito del suo cuore mertellargli in gola, nelle orecchie, fuoriuscire dal petto. Era consapevole delle basse possibilità di vittoria, ma non avere addirittura il diritto di un equo processo… Significava unicamente che già tutto venne deciso ancora prima che il suo avvocato mostrasse qualche prova. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e affondò il viso nella mani ammanettate, facendo tintinnare le catene. Suono che non voleva che diventasse familiare una seconda volta.

«Ci sarà una specie di udienza formale lì ad Azkaban, e solo alcuni della giuria saranno presenti e scommetto che sono quelli dalla parte della corte. La sentenza è già stata praticamente scritta... »continuò la Granger ma Potter le parla di sopra rivolgendosi ad uno dei due Auror seduti nei sedili anteriori. Quello che non stava guidando. 

«Mi puoi dare qualche spiegazione in più, Simon? Che è questa buffonata?» 

«Harry, mi dispiace ma sto eseguendo semplicemente gli ordini. Io non ne so niente.»  

Sembrò un viaggio infinito, ma la macchina frenò di colpo e Draco per un frazione di secondo pensò di chiedere a uno dei presenti di ucciderlo direttamente, perchè tutta la paura di rientrare in quel posto dimenticamento dal mondo lo stava mandando fuori di testa. Non voleva rivivere i maltrattamenti delle guardie o di altri prigionieri, non voleva rivivere le frustate o le scariche elettriche. Voleva tornare in quella piccola e vecchia casa di poco gusto di Potter, tornare sotto le coperte e dormire pacificamente. 

Entrarono senza fiatare e Draco, prima che la porta si chiudesse alle loro spalle, vide dei Dissennatori scendere verso di loro. Diversi patronus fluttuavano all’ingresso e passò qualche minuto prima che una guardia li conducesse in una stanza. Era grande quanto un aula, povera di arredamenti. L’unica fonte di luce era un grosso lampadario a forma di conca. Un lungo tappeto nero si stendeva ai loro piedi fino al lato della sala in cui si ergeva una piattaforma abbastanza lunga da far entrare una decina di sedie. Al centro vi era un leggio.

Aspettarono qualche altro minuto e poi alcuni maghi e streghe entrarono. Ma non fecero in tempo ad andare a sedersi che Potter tuonò contro di loro con tanta veemenza che Draco saltò per lo spavento.

«Vorremmo delle spiegazioni. State privando uno dei diritti fondamentali dei maghi.Senza alcun tipo di processo state condannando un mago! Non avete imparato dagli errori del passato?!»

Nel frattempo, un mago alto e magrolino si mise davanti ad Harry, presentandosi come il giudice di quel giorno e accompagnò il ragazzo fuori dalla stanza. Per tutto il tempo Potter non smise di lamentarsi e Draco si sentì gratificato dall’energia che il suo ex-nemico metteva per dimostrare la sua indignazione.

«Signorina Granger»  chiamò una strega piuttosto anziana, alta quanto Hermione «se vuole avvicinarsi con il suo cliente. Iniziamo con le dovute formalità  mentre aspettiamo il giudice Wright.» 

Mentre i maghi e streghe della giuria prendevano posto, l’anziana strega si posizionò dietro il leggio, inforcò gli occhiali e cominciò a leggere i fogli che teneva davanti. Uno dei maghi seduto dietro di lei era pronto con una piuma nera a trascrivere tutto su una pergamena.

«Bene. Oggi 26 Aprile 2000 si terrà la seconda udienza dell’accusato Draco Lucius Malfoy...»

«Non hai mai avuto una prima udienza ti hanno sbattuto direttamente dentro e questa qui dovrebbe essere la seconda? Si può chiamare un udienza questa pagliacciata?» borbottò a denti stretti la Granger accanto a lui. Si voltò a guardarla e la vide rossa in volto dalla rabbia. Per tutto il tempo cercò di trattenersi per non reagire allo stesso modo dell’amico. Cercò di mantenere dei toni civili e cordiali in modo che i giudici non potessero andare contro la loro causa ancora di più. Sorrise, quasi commosso. Anche lei tanto arrabbiata per come stessero trattando Draco. E forse non ci fece caso prima di quel giorno che quei due ragazzi ci tenessero realmente alla sua liberazione. Non era la mera responsabilità di restituire il favore della madre, o essere solidale con un vecchio compagno di scuola in cui avevano avuto infantili litigi. Ma perchè si erano puramente affezionati a Draco. Guardò il profilo della Granger per qualche istante, ghignando per il suo cipiglio severo. Draco si sentiva tanto vicino a lei come lei verso di lui?

«...nato il 5 giugno del 1980 figlio dei noti defunti Mangiamorte Lucius Malfoy e Narcissa Black in Malfoy è stato accusato nel marzo del 1999 di: essere un fedele di Voi-Sapete-Chi, nonché Mangiamorte; tentato omicidio del celebre Albus Percival Wulfric Brian Silente; aver usato impropriamente le Maledizioni senza Perdono su degli innocenti; aver assassinato 31 famiglie di Babbani, Mezzosangue e coloro che consideravano 'traditori del proprio sangue'; aver collaborato con Voi-Sapete-Chi alla Seconda guerra; essere fuggito e nascosto dalla portata del Ministero per quasi un anno facendo uso della Maledizione Imperius e ferendo gravemente 10 Auror in servizio.» 

Harry ed il giudice Wright verso la fine dell’elenco dei crimini, rientrarono. Il giudice sostituì la vecchia strega nella lettura e quest’ultima andò a sedersi. Potter, visivamente ancora con i nervi a fior di pelle,  si posizionò al suo fianco, quello non occupato da Hermione. E Malfoy, lì in piedi in mezzo ai due ragazzi si sentì protetto, al sicuro. La stessa sensazione di quando era con i suoi genitori, con Blaise e Daphne. Sorrise sotto i baffi, nonostante la sentenza che da lì a qualche minuto gli sarebbe toccata. Tornò serio pensando alla cella fredda e buia di quel posto.

«Dove eravamo rimasti? ah si... » continuò il giudice Wright «Su richiesta di Harry James Potter, Il Prescelto, Colui che ha Salvato il mondo da Voi-sapete-chi e attuale Auror di fama internazionale, incomincia adesso l’udienza per il rilascio dell’accusato. Bene… signorina Granger, lei è l’avvocato giusto? Bene, cominci pure, possibilmente con toni moderati.» chiese con voce ferma lanciando un’occhiata poi ad Harry che, per niente in imbarazzo, si limitò ad aggiustarsi la cravatta che indossava.

«Andrò dritta al punto. Il mio cliente, Draco Lucius Malfoy è, si un ex-Mangiamorte e sì ha commesso ogni singolo crimine precedentemente elencato. Ma vorrei che tenesse anche presente che Draco Malfoy è semplicemente un ragazzo. Come me ed Harry Potter. Ed era semplicemente un ragazzo, se non vogliamo definirlo un bambino, quando Voi-sapete-chi stava per risorgere. All’età di 12/13 anni, già all’interno del contesto familiare e amicizie in cui era inserito si parlava del suo ritorno. Ogni giorno gli vennero inculcate idee, pregiudizi e piani per il futuro mondo comandato dal loro venerato “Signore Oscuro”. Voi-sapete-chi risorge, il padre l’anno successivo viene incriminato se ricordate bene...»

E Draco stava li ad ascoltare la sua storia dalla bocca della Granger e fu quasi incantando da quel racconto dimenticandosi che stesse parlando di lui e non di qualcun’altro. Fece scorrere lo sguardo su ogni singolo componente della giuria e li vide ascoltare attentamente ma con una smorfia o con le sopracciglia aggrottate, perplessi. Spostò il peso da un piede ad un altro, agitato. Magari non era tutto perduto. Magari quei dieci maghi comprenderanno. Forse era meglio avere davanti una piccola giuria piuttosto che avere un’intera sala d’udienza al Ministero. Le catene tintinnarono e attirò l’attenzione del giudice Wright che lo guardò intensamente. Draco sostenne lo sguardo con aria di sfida ed il mago fece un'espressione come a voler dire che non era nella posizione adatta per atteggiarsi in quel modo. 

«...e secondo voi ha avuto una scelta? Cosa avreste fatto voi? Cosa avrebbe fatto un qualsiasi altro ragazzo di 17 anni trovandosi a vivere con Voi-sapete-chi, circondato da Mangiamorte e sempre con il rischio di essere ucciso da un momento all’altro?» 

La signora anziana di prima la interruppe «Può procedere con le prove signorina Granger?» Granger strinse i pugni sempre per trattenersi e poi tirò fuori dalla valigetta delle fiale. Le diete alla giuria in modo che se le passassero, mentre un Auror portava un paio di pensatoi. 

«Questi sono i ricordi miei, di Harry Potter e di Ronald Weasley. Sono i momenti in cui Draco Malfoy ha dimostrato, per quanto gli era possibile ovviamente -tenete a mente che era sempre sotto osservazione da qualcuno della loro parte- che non voleva stare nella posizione in cui si trovava. Vedrete il momento in cui alla Coppa del mondo di Quiddich, ci ha avvertito che i Mangiamorte dell’assalto avessero potuto prendere me, una nata babbana. La sera dell’omicidio di Albus Silente, anche in quell’occasione tentennava. Quando Harry vide attraverso la mente di Voi-sapete-chi che viene costretto a torturare il maestro di bacchette, il Signor Olivander...» e continuò così per qualche altro minuto, consegnando poi una pila di pergamene con dentro ogni cosa che sapesse Draco sul fronte nemico, ogni nome di Mangiamorte che ricordasse, sperando che nella lista ci fosse qualcuno sconosciuto. Scrisse praticamente la cronica di tutto quello che ha dovuto affrontare durante gli anni dell’ascesa del Signore Oscuro. Ma forse in mezzo a tutto quello non vi era nulla di nuovo per i presenti nella sala o di interessante. 

«Come mai non possiamo vedere i ricordi del signorino Malfoy?» domandò il giudice mentre sfogliava le pergamene di Hermione. «Qui vedo scritte molte cose, ma posso vedere i suoi ricordi? Vi sono altri testimoni o è solo la sua parola scritta?»  

La Granger si fece rossa in viso, imbarazzata ma allo stesso tempo risentita da quella domanda, perchè tutti i presenti nella stanza sapevano esattamente che non potevano dato la situazione di Draco. 

«No, mio signore. Sono sicura che siete già a conoscenza delle condizioni straordinarie del mio cliente. La sua mente non può essere toccata in alcun modo. Abbiamo provato a trovare un soluzione, siamo andati a fare ulteriori visite da medimaghi, consultato biblioteche, ma ancora non abbiamo trovato nulla. Ci serve più tempo se ce lo concede.»

«Si, si. Lo sappiamo tutti che la sua mente è altamente protetta. Ma questo ragazzo non può nemmeno mostrare di sua spontanea volontà i suoi ricordi?» chiese guardando direttamente Draco e attendendo una risposta. 

«No, mio signore.» rispose Draco con la voce rauca «Ci ho provato. Ma non mi è possibile. Nel momento in cui cerco di tirar fuori un ricordo questo ritorna nella mia mente e svanisce. E solo dopo qualche minuto riesco a visualizzarlo nuovamente, nel frattempo ho solo la mente annebbiata.» 

Wright lo guarda accigliato, decisamente dubbioso se credere alle parole di Malfoy

«I vostri ricordi non hanno tutto questo valore. Non si possono negare le circostanze degli avvenimento mostrati dai vostri ricordi, che lui in qualche modo sia stato spinto da altri e tutto il resto. Ma non si è nemmeno apertamente opposto. In conclusione, mi state presentando ben poco.» sentenziò il mago «Analizzeremo però la lista di nomi dei Mangiamorte, da questo si modificherà la durate della sentenza. Le sue accuse, d’altronde, i suoi crimini… non si può chiudere un’occhio così facilmente. Ricordiamo che il Ministero ha già commesso questo errore in passato: sottovalutare gli ex-Mangiamorte. Molti sono stati rilasciati per buona fiducia e il risultato fu una seconda guerra. Al contrario delle affermazioni del  signor Potter, abbiamo imparato dai nostri errori. E non li ripeteremo.»

«Giudice-» cercò di richiamare la Granger ma Wright continuò, ignorandola 

«Quindi, passiamo al verdetto. Draco Lucius Malfoy è giudicato colpevole. Auror accompagnate il detenuto nella sua cella! Se volete anche voi due potete accompagnarlo.» disse riferendosi ad Harry ed Hermione.

I due Auror alle porte, prontamente, si avvicinarono per afferrare Draco dalle braccia.

«La prego, signor Wright-» si oppose Potter 

«Gli dia almeno gli arresti domiciliari.» continuò la Granger avvicinandosi al mago mentre scendeva si dirigeva verso la porta. 

«Signor Wright! Si fermi, la prego!» disse di nuovo Potter. 

Il mago si voltò verso i due ragazzi con aria quasi scocciata.

«Potter, lo sa che la sostengo molto, ma come ti ho già detto prima ho le mani legate. Ho svolto questa piccola udienza solo per rispetto. Ma sapete che è già stato tutto deciso. Mi hanno mandato semplicemente per facciata.» poi si rivolse verso Hermione «le consiglio di trovare altro. Cerca testimoni o togli le barriere dalla sua mente. i suoi ricordi sono fondamentali. E l’avverto, signorina: incontrerà molti ostacoli da parte del Ministero. Molti “no” alle sue richieste e molte scuse per non far andare avanti le sue indagini. Prevedo che ci metterà più del previsto a trovare quello che cerca.» 

«Ne sono consapevole, signor Wright. Ma insisto che Malfoy non può stare ad Azkaban. Sappiamo già pochissimo sulla questione e non averlo vicino per ulteriori indagini sarà ancora più difficile. Magari è a conoscenza di cose che potrebbero esserci utili ma ho bisogno di comunicazione costante con lui.» 

Il giudice annuì ed alza la mano per bloccarla ad andare oltre. 

«Vi ho detto che analizzeremo la lista dei Mangiamorte che ci ha fornito. Forse riesco a concedere gli arresti domiciliari una seconda volta.»  poi si voltò verso Draco che nel frattempo spinto dai due Auror si erano fermati vicino a loro. 

«Lei è fortunato, Malfoy. Non ho mai visto in tutta la mia carriera battersi così tanto per un Mangiamorte.»

Draco si sentì quasi in imbarazzo. Ma prima che potesse dire qualcosa, il mago si allontanò frettolosamente. 


Alcuni giorni passarono prima che il Ministero rispondesse al patronus di Potter. Ma con grande sorpresa di tutti la risposta fu positiva. Era un semplice assenso senza alcuna opposizione o qualche tipo di condizione che avrebbero dovuto accettare pur di continuare con il piano. Semplicemente veniva raccomandato di fornire un rapporto nel momento stesso del loro rientro all’abitazione.

«Perchè è stato così facile?» chiese Draco quel giorno, ancora incredulo da tanta concessione.

«Diciamo che ho inviato il patronus alla persona giusta...» spiegò Potter guardandosi titubante attorno la stanza «e diciamo che ho giocato un pò sul vittimismo e la pietà… ho detto che eri caduto in depressione e rifiutavi di mangiare e parlare... e quindi ho detto che forse una boccata d’aria ti avrebbe aiutato.. sai... vedere cose nuove...»

Draco serrò la mascella e diventò rosso in volto. Ma prima che potesse aprire inutili questioni Hermione lo ammonì che la cosa più importante era che avevano ottenuto quello che volevano. Lui sarebbe riuscito ad incontrare Blaise.

La mattina della loro partenza, Draco si sveglia ancora prima che suonasse la sveglia e comincia a prepararsi agitato. Hermione continua a dormire sul letto beata, si siede di fianco e le accarezza i capelli. La Granger si muove leggermente al suo tocco ma non apre gli occhi. Si china e la bacia delicatamente. Il gesto viene ricambiato e delle braccia gli circondano il collo per avvicinarlo maggiormente. Si sdraia sul suo corpo e si vuole sciogliere nel calore che emanavano i loro corpi uniti. La stringe a sè in un forte abbraccio e per qualche secondo pensa di non alzarsi più, di rimanere sul letto insieme a lei per il resto della sua vita. Hermione gli ricattura le labbra con più veemenza di prima. Ma nota che di sottecchi guarda l’ora e si scosta contro voglia dal ragazzo. 

«Forse adesso è meglio di no. Anche se lo vorrei...» sussurra la Granger al suo orecchio, mentre allaccia le gambe intorno alla vita.  Lui le morde delicatamente il labbro inferiore, per poi alzarsi con un grosso sospiro, la sveglia che suonava. «Quando torniamo.» ordina senza aggiungere altro.

Si preparano e scendono al piano di sotto dove Harry e Ron li aspettavano già pronti..

Hermione guarda per l’ennesima volta Malfoy con sguardo preoccupato. 

«Forse è meglio che usiamo la pozione polisucco, che ne dici?» chiede Hermione per la seconda volta e di nuovo Draco nega con la testa. Non vuole incontrare Blaise con i panni di qualcun altro. Si sono limitati a dargli dei vestiti babbani tipici che usano gli americani, secondo la loro opinione. Una felpa di una taglia più grande, degli shorts che gli arrivano alle ginocchia, un paio di quelle che loro chiamavano Vans bianche e nere. Ron gli mette tra le mani un paio di occhiali da sole e un cappello col becco. 

«Bene. Possiamo andare adesso? O devo mettermi qualche altra cosa ridicola addosso?»

Senza aggiungere altro escono di casa e arrivati fuori dai cancelli si smaterializzano in cima ad una collina in cui è presente una passaporta, pronta a trasportarli in America. Grazie a delle conoscenze di Ron sapevano che c’era una passaporta conosciuta solo a pochi che ogni mercoledì alle 8.30 andasse poco fuori la città di Atlanta. Toccarono la vecchia bottiglia di birra giusto in tempo, e vengono risucchiati nel vortice della passaporta. Dopo qualche minuto atterrarono rovinosamente a terra, Draco con la nausea. Non si ricorda quando è stata l’ultima volta che abbia viaggiato con una passaporta. In mezzo a quello che sembrava un brughiera, si tolgono polvere e terra dai vestiti. 

«Aspettiamo qualche minuto prima di smaterializzarci. Non mi sento ancora le gambe.» dice Ron pestando i piedi a terra. 

Draco comincia ad agitarsi. Forse sarebbe meglio tornare indietro. Stanno correndo un pericolo inutile. Non sa neanche se Blaise vuole effettivamente rivedere Draco. Forse gli avrebbe chiuso la porta in faccia, rinnegando quel passato che ha combattuto per buttarselo dietro le spalle. Si sfrega le mani nervoso e ondeggia sui piedi. 

«Tutto bene, Draco?» domanda Hermione. In risposta, accenna impercettibilmente. Devono tornare indietro, pensa. 

«Non torneremo indietro dopo che siamo arrivati fin qui.» gli dice schietto Potter, leggendo i suoi pensieri. Draco accenna di nuovo. E senza accorgersene, con la mente che fluttuava verso Londra, delle mani stringono le sue e si smaterializzano in un piccolo vicolo di strada, sopra a dei cassonetti dei rifiuti. Il rumore assordante di una folla di persone e macchine che sfrecciano sulla strada riempe le orecchie di Draco. L’asia si fa largo sul suo petto, non facendo caso alle voce dei tre amici lamentarsi per qualcosa. La mente del biondo si annebbia. Guarda semplicemente la strada al di fuori del vicolo e vede persone camminare velocemente sul marciapiede. Senza dire una parola, la Granger gli stringe la mano e lo trascina fuori seguito da Harry e Ron. Uno dei due gli infila gli occhiali da sole ed il capello. Continuano a camminare, non sa in quale direzione precisa. Si sente assalito da tutta quella gente, si guarda frenetico intorno, gli occhi avidi di vedere tanta vita in un colpo solo. Quando è stata l’ultima volta che Draco Malfoy è andato in giro in mezzo alla gente? L’ultima volta che è stato circondato da così tante persone che doveva stare attento a non scontrarsi? Prima di essere rinchiuso ad Azkaban? Prima della fuga con i suoi genitori? Durante la battaglia ad Hogwarts? Comincia a respirare più velocemente stringendo maggiormente la mano di Hermione, cercando un sostegno. 

«Calmo. Respira. Siamo quasi arrivati.» gli dice guardandolo di sfuggita. No, forse è meglio rimanere lì su quel marciapiede. Non incontrarlo. E’ troppo per lui. Non è pronto. Vuole tornare a casa di Potter. Un luogo sicuro. Si fermano di colpo e quasi si scontra con Hermione. 

Stanno fermi di fronte a quello che assomigliava ad un vecchio negozio, presente da chissà quanti anni. La vetrina era di un giallognolo molto rovinato, con i vetri ricoperti da numerosi volantini che Draco non si da pena di leggere e che mostrano poco di quello che è esposto: Una sfilza di cassette sottili una dietro l’altra  e un poster che non riesce a vedere bene, messo su un piedistallo. Legge l’insegna appesa alla porta in ferro battuto: “Timeless music” è il nome del negozio. Ed anche quel termine gli è tanto familiare da fargli trattenere il fiato. 

«E’ il suo negozio.» sente dire da Harry. «Entriamo forza. Prima che qualcuno riconosca noi

I Tre Salvatori erano conosciuti in tutto il mondo e corrono il rischio di essere riconosciuti da qualche mago o strega. Per evitare che in qualche modo potesse arrivare la voce al Ministero, si accordarono la sera prima che si sarebbero messi al riparo il prima possibile e di non rimanere a lungo in presenza di altre persone, se non di Blaise Zabini. Non riesce ad opporsi ed Hermione lo spinge all’interno. 

Un piccolo campanello suona nel momento in cui la porta viene chiusa alle loro spalle. Si toglie gli occhiali da sole e guarda velocemente in giro e tutto quello che riesce a vedere sono stands, sia sulle pareti che al centro del negozio, riempiti da ogni genere di CD, di poster di dischi ancora più grandi, di cofanetti, magliette e adocchia anche qualche strumento negli scaffali più in alto, ma non ha tempo a continuare ad ispezionare il negozio che qualcuno lancia un incantesimo nella loro direzione. Gli occhiali da sole gli cadono dalle mani, frantumati completamente dalla forza dell’incantesimo.

«Cosa volete?» domanda il ragazzo dall’altra parte del negozio, dietro al bancone della cassa. Punta velocemente la bacchetta su ognuno di loro, con occhi sgranati per la sorpresa e l’orrore. Ma non osa posare gli occhi sulla figura di Draco. Piuttosto guardava insistentemente gli altri tre maghi che puntavano di rimando le bacchette verso Blaise. Una morsa stringe il petto di Draco e vuole sedersi perchè le gambe sono diventate improvvisamente molli. 

Blaise prova a lanciare un secondo incantesimo ma Ron lo para con un protego. 

«Cosa volete?» domanda una seconda volta. «Come avete fatto a trovarmi?» tenta di nuovo a schiantarli. Harry si muove più velocemente, ma il suo incantesimo viene dirottato verso il soffitto, creando un grosso buco. 

«Siamo qui solo per parlare!» cerca di spiegare Hermione, ma altri incantesimi volano all’interno del negozio e solo dopo qualche secondo Draco avanza e si mette in mezzo alla loro traiettoria. Una mano verso gli ex Grifondoro e una mano verso Blaise per bloccare altre mosse. Respira affannosamente.

«Fermi, fermi! Fermi tutti!» quasi grida, ma riesce ad attirare la loro attenzione e per la prima volta Blaise incrocia il suo sguardo. Il volto scuro, rigido per la tensione si allenta quando incontra gli occhi grigi di Draco, ma continua a puntare la bacchetta contro di lui. Quegli occhi neri come pozzi lo scrutano scettico. Non si fida di lui e Draco vuole tornare di filato a casa. Non può sopportare tale astio da parte di Blaise. Non l’aveva mai fatto ai tempi di Hogwarts non riesce a farlo in quel momento. Blaise è il suo migliore amico, suo fratello.  

«Blaise-» «Volete sbattermi dentro, vero?» domanda arrabbiato 

«Siamo venuti solo per parlare.» dice Harry. 

«Blaise, puoi credermi.» tenta Draco, ma Blaise sbuffa con un ghigno. 

«Come se posso farlo. Questo qui può essere chiunque. E’ una trappola.» dice puntando la bacchetta contro Draco «Avete usato la pozione polisucco per ingannarmi» «No, sono io.» «O può essere stato Imperiato da voi. Non credo ad una singola parola. Non mi prenderete.» lancia un altro incantesimo e Draco si abbassa per evitarlo. Si rialza completamente rosso in viso. 

«Sono io, sono veramente io, Blaise.» Blaise lo continua a guardare. 

«Draco Malfoy è stato condannato ad Azkaban. Per quanto ne so potresti essere stato sostituito o Imperiato eccome.» 

«E’ complicato.» Blaise sbuffa di nuovo a sentire quelle parole ma Draco continua «Se non fossi veramente io come potrei sapere che l’estate del nostro terzo anno sei venuto a casa mia perchè il nuovo fidanzato di tua madre non ti lasciava in pace? O che una volta ti sei ubriacato così tanto da entrare in coma e ti ho dovuto trascinare in infermeria?» Blaise abbassa leggermente la bacchetta, ancora più sorpreso, scosso. 

«Avete ricavato queste informazioni per ingannarmi, è così?» continua a domandare gettando occhiatacce ai tre maghi dietro Draco  «Voi maledetti Auror fareste qualsiasi cosa per catturarmi. Non vi fate scrupoli ad usare altre persone, come avete fatto con mia madre... » dice a denti stretti con tutte la furia nei suoi occhi. Punta la bacchetta verso Hermione. Draco si posiziona davanti. 

«Abbassate le bacchette.» dice agli altri senza distogliere lo sguardo da quello di Blaise.

«Draco!» lo richiama Hermione, ma lui insiste «Abbassate le bacchette e posatele adesso!» aspetta qualche secondo e dai fruscii di vestiti dietro di lui capisce che stanno obbedendo agli ordini. 

«Blaise, lo sai perfettamente che non possono usare la Meledizione Imperius contro di me o entrare nella mia mente.» spiega con calma con la voce che trema, sperando con tutto se stesso che il suo migliore amico tornasse a fidarsi di lui «Possono esserci riusciti, lei può esserci riuscita.» controbatte facendo un cenno con la testa verso Hermione «No, non è così.» continua «e sai benissimo che non ti venderei mai, mai. Come tu  non lo faresti con me..» nel frattempo si avvicina passo dopo passo, sempre con le mani alzate. Blaise fa roteare un dito per dirgli di voltarsi e fargli vedere se avesse qualche arma addosso. Draco ghigna divertito. Extra cauto come al solito, pensa. Si alza la felpa per far vedere che non nascondeva nulla e fa un giro su se stesso per poi continuare ad avvicinarsi lentamente. 

«Timeless music…. Banale. Ma sono sicuro che a Daph sarebbe piaciuto. Lo ripeteva spesso che la musica non ha tempo, che è...» «...Immortale.» finisce Blaise con occhi lucidi. Abbassa la bacchetta sconfitto, ed esce da dietro il bancone. Con pochi passi azzera le distanze e stringe Draco in un caloroso abbraccio 

«Amico mio.» gli sussurra vicino l’orecchio. Ricambia l’abbraccio con forza e Draco non riuscì trattenere le lacrime. Dopo qualche secondo si staccarono, ma senza interrompere il contatto fisico.

«Be’» comincia Blaise schiarendosi la gola, con una lacrima traditrice che gli scende lungo la guancia. Draco la pulisce velocemente, con un sorriso sulle labbra. Blaise fa lo stesso con lui, imbarazzati. 

«Miseriaccia, mi sto commuovendo anche io.» sente dire dietro le spalle. Blaise fulmina Weasley con lo sguardo, ma Draco subito interviene.

«Ignoralo. Piuttosto... mi vuoi spiegare che ti è venuto in mente a farti crescere questa barba? Sembri un poveraccio che cerca elemosina.» commenta Draco toccandogli la barba, cercando di drammatizzare. 

«Ma ti sei visto? Come sei conciato? Il povero elemosinante sei tu.» risponde di rimando. 

«Ehm, ragazzi sono contento che si sia risolto ogni equivoco. Ma sarebbe meglio chiudere il negozio. Non siamo al sicuro. Zabini?» interrompe Potter.

Blaise lo squadra da capo a piedi e incrocia le braccia al petto. 

«Osi dare ordini nel mio negozio, Potter?» chiede sarcastico ed Harry in risposta borbottò un “faccio da solo”  «Assolutamente no! Non toccherete nulla con le vostre manacce. Avete già fatto danni.» continua, poi si rivolge verso Draco con aria sempre più accigliata. 

«Dammi delle spiegazioni, degli aggiornamenti. Che ci fai con questi tre?» 

«Mi stanno aiutando col mio caso. Mi aiutano ad uscire da Azkaban...» spiega con voce piccola piccola, come un bambino. D’un tratto cerca l’approvazione di Blaise. Zabini guarda dubbioso tutti e tre, uno ad uno. Poi di nuovo domanda al biondo, premuroso come un fratello maggiore. 

«Ti trattano bene?» Draco sorride e accenna con la testa.

«Be’ ci credo, si è praticamente impossessato di casa mia.» sente borbottare Harry. 

«Per non parlare di Hermione...» continua Ron con una risata trattenuta, seguito da una gomitata da parte di quest’ultima. Blaise li guarda nuovamente da capo a piedi, come quando un professore sta per valutare il suo studente. «Bene.»

«Puoi fidarti di loro, Blaise. E’ una lunga storia, loro devono essere presenti. Ma puoi fidarti.» spiega speranzoso che credesse alle due parole. Come Malfoy, Blaise aveva una grande difficoltà di fidarsi della gente. 

«Mi fido di te e questo basta.» conclude, gli mette un braccio intorno alle spalle per stringerlo in un altro abbraccio, mentre con un colpo di bacchetta spegne tutte le luci e abbassa la serranda del negozio. 


Gli Auror trascinano Draco lungo i corridoi di Azkaban. Il freddo cominciò già a penetrargli nelle ossa. Venne seguito dalla Granger e da Potter, mentre quest’ultimo continuava a ripetergli che andrà tutto per il meglio, che lo farà uscire di lì. Arrivarono di fronte alla sua cella e tutta la speranza e pensiero positivo abbandonarono il corpo del ragazzo. Le spalle si incurvarono come d’istinto e strinse i pugni. Voleva andarsene.

«Resisti, Malfoy. Cerca di non … di non abbatterti.» continuava Harry quando Draco si voltò verso di lui per i saluti «Tornerò. Ti tirerò fuori di qui. Te lo prometto.» concluse, già pronto per aggiungere altre parole di conforto. Draco lo interruppe.

«Ti credo, Harry. Mi fido di te. Quindi è meglio per te di fare in fretta.» dice tutto d’un fiato, non credendo alle sue stesse parole che uscirono dalla bocca come se nulla fosse. Ma era la verità, nonostante Draco non volesse ammetterlo una seconda volta. Potter in risposta aprì la bocca, sorpreso ed arrossì leggermente, ma cercò di nasconderlo abbassando la testa ed aggiustandosi gli occhiali sul naso. Hermione prese la parola con voce più alta del normale. Vide che era nervosa e preoccupata. 

«Cercherò di convincerli a diminuire le punizioni.» Draco annuì, mentre un Auror apriva le sbarre. Non riuscì a nascondere più la sua paura ed Hermione lo notò. «Ma non perdere il senno, Draco. Okay?» 

La guarda intensamente negli occhi, per cercare sicurezza, quel coraggio che per tutta la sua vita gli era sempre mancato. La fissò negli occhi nocciola, e non voleva smettere di guardarli mai più. Voleva morire guardando quegli occhi che gli trasmettevano solo pace. E si rese conto solo in quel momento quanto la semplice presenza di Hermione Granger lo facesse stare bene, tranquillo, nel posto giusto. Le sbarre si chiusero, ma continuò a sostenere lo sguardo deciso di Hermione che continuava a parlare. 

«Andrò da ogni Mangiamorte in vita per ricavare qualche cosa. Andrò alla Villa per cercare qualche indizio, comincerò a guardare nella biblioteca. Farò di tutto. di tutto.» continuava a blaterare. Draco afferrò le sbarre, mentre la ragazza parlava e fissò ogni singolo angolo del suo viso per memorizzarlo nella sua mente, in modo che non lo dimenticasse. Le sopracciglia, gli occhi, il naso, le labbra. Non riusciva a capirne il motivo, ma voleva lei. Non voleva lasciare il suo fianco, non voleva che li dividessero. Perchè si era così tanto abituato alla presenza della ragazza nella sua vita quotidiana che già ne sentiva la mancanza. Vederla la mattina, quando si fermava la notte prima a casa di Potter, chiacchierare con lei o battibeccare; guardarla in giardino o sul tavolo lavorare intensamente su qualche caso; mangiare con lei quando veniva a fargli compagnia durante la pausa pranzo per non lasciarlo solo. Perchè la desiderava così tanto, quando soltanto da poco si erano riconosciuti come amici?

«Vi lascio soli.» disse Potter allontanandosi. Perchè Potter sentiva il bisogno di lasciarli soli? Cosa aveva capito Harry più di Draco? Malfoy voleva semplicemente tornare a casa insieme a loro, insieme a lei. Sentirsi a casa.

«Granger.» sentì la sua voce richiamare l’attenzione della ragazza, ma gli sembrava così lontana. Allunga le mani oltre le sbarre, le tende verso di lei. Doveva toccarla. Aveva il bisogno di toccarla e sentire il calore della sua pelle. Per ulteriore conferma che fossero vivi, che non erano nell’altro mondo. Che tutto era reale. «Avvicinati.» quasi lo sussurrò. La Granger si avvicinò e gli strinse le mani. Malfoy aspettò qualche secondo prima di parlare, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.

«Ricordi quando qualche giorno fa ti ho detto che sono uno dei tuoi casi persi, ma che non devi preoccuparti per me?» Lei accennò sicura «Voglio che tu lo faccia, invece. Preoccupati per me. Pensa a me. Fammi uscire. Non voglio stare qui…. Ho paura.» ammise con il cuore in mano. La guardia si avvicinò attento che non facessero qualche movimento strano. «Voglio stare con te.» confessò quasi strozzandosi per non essersi riuscito a controllare, per essersi mostrato così nudo sentimentalmente. 

Hermione strinse con forza le mani di Draco e con occhi sicuri e fieri rispose semplicemente «Aspettami.» la guardia le disse che era il momento di andare «Aspettami.» gli ripeté «Aspettami.» e la guardia la portò via.

E Draco si aggrappò alla sua voce, se la impresse nella mente, la incastrò all’interno dei suoi timpani, mentre ripeteva ininterrottamente che doveva aspettarla. E lo avrebbe fatto, per il resto della vita se era necessario. 

 

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Capitolo 10
*** capitolo dieci ***


I mesi trascorsi rinchiuso, per la seconda volta, in una cella di Azkaban passarono inesorabilmente lenti. Cercava di mantenere la mente lucida, di ripetersi ogni giorno su chi fosse, su dove si trovasse, sulla sua storia. Cercava di decifrare se fosse giorno o notte le volte che le guardie lo trascinavano fuori dalla cella per infliggergli le punizioni. Ma oltre le finestre riusciva a scorgere unicamente nebbia e qualche dissennatore di passaggio. Poteva constatare che le punizioni non erano tanto frequenti quanto il periodo della sua prima prigionia. Ma in compenso le facevano durare molto di più, tanto che i sensi di Draco si risvegliavano il giorno dopo, o forse di più. Questo non lo seppe mai. 

Più il tempo scorreva, più confondeva un giorno per un altro, i miseri pranzi per le misere cene. Era una routine, immutabile, sempre la stessa, con il gelo che si infiltrava nelle ossa, le catene che gli segavano i polsi; il bruciore della schiena che gli procuravano le frustate, le scosse elettriche che lo portavano spesso a perdere i sensi e risvegliarsi ore dopo. 

Qualcuno veniva a fargli visita. Ma il più delle volte, abituato al buio cieco che creavano i Dissennatori, la sua vista era troppo offuscata per capire chi ci fosse dietro al chiarore della bacchetta alzata. Ma la voce la conosceva, sapeva di averla sentita prima da qualche parte. Rimbomba ininterrottamente nelle orecchie. 

Aspettami

Non ricordava cosa succedeva durante quelle visite, ma sicuramente qualcuno gli parlava, lo faceva camminare, sedere su qualche sedia. Conversazioni rotte aleggiano all’interno del suo cervello. Nomi, date, maledizioni. Sapeva che rispondeva a qualche domanda. Ne era certo, perchè se lo ricordava. Vi erano giorni che era lucido, sapeva quello che gli stesse accadendo attorno. 

 «Perchè mi stai facendo le stesse domande, Granger? Dovresti già sapere tutte queste cose.» chiese accigliato quando la ragazza lo interrogò nuovamente sulle torture che inflisse ai nati babbani. Hermione in risposta si strinse tutti i fogli al petto, mordendosi il labbro.

 «Draco… eri così confuso, disorientato.. cercavo di aiutarti a fare mente locale… sembrava come se...» si fermò prendendo coscienza di quello che stesse accadendo a Draco. Senza alcun indizio su cosa pensare, il giovane Malfoy ebbe un attacco di panico, tanto che le guardie dovettero sedarlo.

Se quella scenetta si ripetè una seconda volta, non seppe dirlo. Ma era lucido. Si. Capiva cosa stava accadendo. Ma lui era più forte, la sua mente non potevano toccarla, si ripeteva. Il suo unico compito era quello di proteggere i suoi pensieri, ricordi, di mantenere intatta la sua mente.

Più facilmente, però, la vista rimaneva annebbiata, forse per il dolore delle punizioni o per la mancanza di luce. La testa sembrava che gli stesse spaccando in due, la schiena pronto a lasciarlo paralizzato per tutta la vita. Le catene che toccavano, strofinavano le ossa. 

Un giorno o una notte, qualcuno gli puntò la bacchetta e lo chiamò per cognome. 

«Non sembri sorpreso di vedermi.»  disse la migliore amica di San Potter.

«E' da parecchio tempo che aspetto la tua visita, Granger» si sentì pronunciare quella frase con una voce troppo lontana, troppo rauca, troppo flebile per riconoscerla come sua.

Lo trascinò fuori. Sentì addosso delle mani, troppe mani. Altre voci, anche quelle in qualche modo già sentite in passato. Perse spesso i sensi. Si risvegliò mentre era su un veicolo. Cercò di mettere a fuoco, sbattendo le palpebre, ma percepì unicamente dolore in tutto il corpo. Si svegliò una seconda volta, leggermente più lucido di prima. Si ritrovò in un vasca con acqua calda. Lo vogliono ammazzare, pensò. E’ la fine. Poi quel bagno gli sembrò ad un tratto familiare. Tirò un sospiro di sollievo. Mise a fuoco le figure dentro la stanza insieme a lui. Cercò con un braccio l’unico tocco a cui voleva abbandonarsi, sentirsi al sicuro. Quello di Hermione. La ragazza gli strinse la mano, intrecciando persino le braccia sul bordo della vasca. E Draco perse di nuovo i sensi. 

Altri giorni passarono e anche questa volta Draco non seppe dire quanti. Ma sentiva che le forze stavano tornando, riusciva a muoversi sempre più liberamente senza accasciarsi dal dolore. Rimaneva sempre più a lungo sveglio per parlare con chi fosse presente a vegliarlo.

Una notte, però, Draco Malfoy si svegliò per un improvviso attacco di panico. Non riusciva a respirare e per quello che per lui sembrassero minuti interminabili, credette di essersi risvegliato a Villa Malfoy, nella sua stanza, con il Signore Oscuro al piano di sotto. E cercò di prendere fiato, tastò attorno per trovare la sua bacchetta, sicurissimo che stesse per succedere qualcosa, chiamò sua madre, suo padre, ma nessuno rispose. Qualcuno entrò come un tornano nella stanza, con la bacchetta alzata. A quella vista, Draco si accucciò ai piedi del letto, tremante. 

«Non ho fatto niente...Non ho fatto niente.. ho fatto come avete chiesto...» cercò di giustificarsi, sperando con tutto se stesso che anche quel giorno gli risparmiassero la vita.  Sentì due mani appoggiarsi sulle sue spalle e stringerlo. 

«Malfoy, Malfoy. Va tutto bene. Sei al sicuro. Sono io, sono Harry.» lentamente il cervello registrò le parole di Potter. Draco alzò lo sguardo ed incontrò quello verde di lui incorniciato da tonde lenti d’oro. 

«Calmo... Segui il mio respiro...» obbedì, e tutto sembrò tornare alla normalità, al suo posto. Più imbarazzato che mai, mortificato da quanto si sentisse debole, sia fisicamente che mentalmente, senza proferir parola si fece accompagnare sul letto da Harry, bevette un bicchiere d’acqua e senza mai incontrare nuovamente i suoi occhi, si sdraiò umiliato.  Sentì che Potter non uscì dalla stanza, ma piuttosto, seduto sulla sedia accanto al letto, aspettò che si addormentasse.

Le notti successive -e lo maledì con tutto se stesso a quel Salvatore del Mondo Magico dei suoi stivali per aver parlato troppo- anche la Granger si fermò a dormire in quella casa. E per dignità propria, Draco Malfoy si rifiutò di parlare dell’accaduto. I tremori durante la notte non cessarono, continuava ad essere scombussolato. Ma sapeva dove si trovava, sapeva la sua storia, sapeva chi era. Non aveva bisogno di una balia. 

«Ti lascio qui la bottiglia d’acqua. Ho notato prima che l’avevi finita.» gli comunicò Hermione quando, dopo essersi messa il pigiama, bussò alla sua porta e con quella scusa si premurò di controllare che non avesse un'altra crisi prima di andare a dormire.

«Smettetela di starmi con il fiato sul collo. Non vi sopporto.» le disse con voce tagliente. Forse troppo, tanto che la ragazza di irrigidì e strinse la mani come a trattenersi nel rispondere. Ma poi prese coraggio. 

«Vogliamo solo assicurarci che tu stia bene.» 

«Lo saprete se mi succede qualcosa no? le pareti di questa maledetta casa sono fottutamente sottili. Posso persino sentire i vostri pettegolezzi...» continuò a denti stretti, buttando fuori un minimo di frustrazione che provò in quei giorni, in quei mesi, in quegli anni. La Granger raddrizzò la schiena e gonfiò il petto, pronta a rispondere a tono. Ma un secondo dopo cambiò idea, pensando fosse meglio non cadere nella sua trappola ed iniziare una discussione senza senso. 

«Non ricominciare ad attaccare e spingere tutti via, Malfoy. Davvero… sprechi solo energie. Pensavo avessimo superato questa fase mesi fa. Adesso cerca di dormire.» fece per voltarsi, ma Draco la fermò. Indicandole il lato libero del letto invitandola a fargli compagnia, mentre si sdraiava sotto le coperte e si girava verso di lei.

«Granger, spegni la luce e sdraiati. Magari ascoltare uno dei tuoi noiosi discorsi mi concilierà il sonno» titubante, Hermione obbedì, ma rimase sopra le coperte, pronta ad andarsene in qualsiasi momento. Si ritrovarono faccia a faccia ed Hermione si morse il labbro a disagio. Draco ghignò, divertito da tanto pudore.

«Sei proprio una verginella, Sanguesporco.» disse a bassa voce per non rompere la tranquillità di quella serata. 

«Non dire idiozie, Malfoy. E’ che...» cercò di spiegare ma Draco terminò per lei «Non siamo mai stati faccia a faccia così vicini.» e sapeva che lei aveva capito a cosa si riferisse. Entrambi avevano presente i momenti di contatto avuti prima della sua prigionia. Delle loro mani legate, dei sussurri all’orecchio, delle loro pelle in contatto, di quel quasi abbraccio quando Hermione una notte sgattaiolò dentro la sua stanza e lui, invece, quasi la strangolò. Ma mai si erano guardati dritti negli occhi, studiando ogni angolo del loro viso, a quella distanza e chissà ancora per quanto tempo. 

Si guardarono avidamente, approfittando di quel silenzio per mettersi a proprio agio da tanta vicinanza. E Draco potè notare come la debole luce della luna non rendeva per niente giustizia alla Granger. Tutto di lei moriva al buio della notte. Le lentiggini quasi scomparivano, le occhiaie si accentuavano, gli occhi, come i capelli, perdevano il loro calore e le sfumature color miele che solo il sole sapeva enfatizzare. Mentre sul lato opposto, la figura di Draco si illuminava grazie alla luna. La pelle diventava più pallida del normale, i capelli biondi si avvicinavano al bianco, gli occhi grigi splendevano, come due fari, come se trovassero finalmente un pò di pace dopo essere stati martoriati da una luce tanto forte come quella del giorno. Draco Malfoy in fondo era nato e cresciuto nelle tenebre e probabilmente ci sarebbe anche morto. Un altra conferma di quanto fossero diversi, pensò Draco. Non solo il loro lignaggio, la loro origine, la loro storia, la loro casa ad Hogwarts, ma perfino questa sciocchezza del gioco di luci ed ombre non riuscivano a combaciare. Lei proveniente da una famiglia media, nè povera nè ricca, Nata babbana, cresciuta in una delle torri più alte del castello, nel caldo, nella luce del giorno. Nessun peccato commesso. Lui ricco, di antica famiglia, purosangue, cresciuto nei sotterranei, nel freddo, nel buio. L’anima spezzata, sporca. La invidiò, pensando alla loro diversità. La invidiò con tutto se stesso. Lei che dormiva sonni tranquilli. Lei che è sempre stata dalla parte giusta, coraggiosa fino alla fine a combattere per il resto del mondo. Lei, tanto eroica da intestardirsi per difendere le creature più deboli, incomprese. Qualcuno come lui.

«Così pura ed ingenua...» le sussurò le stesse parole che le rivolse mesi addietro. Questa volta evidenziando tutto il peso di quanto quei due semplici aggettivi potessero avere per Draco. Hermione si riscosse, come persa nel suo sguardo. Le sfuggì un piccolo sorriso. 

«Pura? Non credo di dover essere proprio io a ricordartelo mai sai… Sanguesporco...» gli disse, con tono leggero. Non significava più niente per Hermione quella parola, era riuscita a buttarsela alle spalle e a prenderla come una cosa grezza e piatta, cioè una parola. Nient’altro. Ma voleva anche alleggerire la tensione tra i due che da troppi secondi si scrutavano apertamente.

Draco in risposta chiuse gli occhi e prese un sospiro rumoroso. Li strinse ancor di più e aggrottò la fronte come a voler scacciare un un brutto sogno. Poi diede voce ai suoi pensieri.  

«Hai mai torturato qualcuno, Hermione?» le domandò , aprendo di nuovo gli occhi, senza effettivamente aspettare una risposta, ma le diede comunque qualche secondo per negare con la testa «Hai mai ucciso un uomo?» di nuovo aspettò una risposta, anche questa prevedibilmente negativa. Draco prese un grosso respiro. Fortunata, pensò. 

«Esistono tanti modi per infliggere dolore, non solo la Maledizione Cruciatus… quella è una delle peggiori… le urla... i loro corpi che si accartocciano su se stessi dal dolore...» descrisse il ragazzo ma si fermò quando la vide fremere a quelle parole. Sensazioni provate sulla sua pelle, ricordò il ragazzo. D’istinto si sistemò più vicino alla ragazza, come a farle intendere che lui capiva il momentaneo turbamento. Poi continuò « ma quando venivano usati altri metodi… era ancora peggio…  » chiuse gli occhi nuovamente, con il senso di nausea alla bocca dello stomaco. Troppe immagini scorrevano all’interno della sua mente «Distesi a terra, più morti che vivi… ossa rotte.. carne martoriata … ed il sangue... il sangue ovunque...» e desiderò tanto in quel momento di aver a disposizione un pensatoio, di aver la capacità di far uscire dalla propria testa tutti quei ricordi, metterli da qualche parte, sigillarli, bruciarli. «Vorrei tanto farti capire… farti vedere... » bisbigliò quasi come fosse una supplica. Hermione gli afferrò le mani e le chiuse dentro le sue. Aprì gli occhi e incontrò i suoi lucidi. Ricambiò la stretta e avvicinò le labbra sulle loro mani strette, ma senza toccarle. Hermione percepì il suo respiro sulle mani fredde. «Vorrei mostrarti tutto quel sangue… come Nagini ci strisciava sopra e lo mischiava… come li mangiava... » 

E forse la Granger percepì qualcosa, la magia di Draco che pulsava sulle dita. Draco cercava con tutto se stesso di mostrarle i ricordi, ma le sue barriere glielo impedivano. 

«Non sforzarti.» gli sussurrò dolcemente «Va tutto bene.» e allora Draco sospirò rumorosamente, prese fiato e rimase in silenzio per qualche secondo. Poi riprese il discorso

«C’è stato ogni genere di vittima. Ogni tipo di sangue versato. Ma non ho mai visto del sangue diverso » enfatizzò l’ultima parola a denti stretti «Era tutto uguale. Si confondeva e si mischiava così facilmente con gli tutti gli altri. Anche i corpi… stessa fine… divorate da Nagini o bruciati nel mio giardino… e l’odore… lo stesso rivoltante odore di ognuno di loro… Tutti uguali... Tutti la stessa fine...» 

La guardò intensamente, penetrandola parte a parte. Freddo. «Tutti uguali, Hermione. Semplici carcasse prive di vita. Cenere. Il sangue non ha importanza di fronte alla morte. Di fronte alla perdita della propria anima.» 

Ed Hermione trattenne il fiato per paura che il suo respiro potesse rompere quel momento tanto delicato ed intimo. Draco Malfoy che esponeva senza alcun tipo di barriera i propri pensieri e sentimenti. Non l’aveva mai fatto in passato, limitatosi a descrivere gli episodi richiesti per la sua causa. Niente di più niente di meno. Semplici informazioni da notiziario, come se Hermione fosse una giornalista della Gazzetta del Profeta e lui un intervistato di passaggio, o meglio, un testimone. Perchè avrebbe dovuto condividere il proprio turbamento e disgusto per se stesso?

Draco interpretò il silenzio di Hermione come un invito a continuare con quella specie di racconto che solo per lui poteva avere qualche filo logico. Il resto del mondo ignaro di quello che effettivamente vedeva impresso nella sua memoria, impresso sulla retina degli occhi, impossibile a scacciare, a dimenticare. Si concentrò sulla figura della Granger, sul suo volto delicato. E la nausea si attenuò, il suo volto contratto si ammorbidì. Ma quando riprese la parola il suo tono di voce continuava ad essere freddo e distaccato come prima.

«Non sono un uomo. Sono l’ombra di uomo. Quello che stai guardando, Granger, è un brandello di ciò che è rimasto di Draco Lucius Malfoy.» le strinse le mani con forza, quasi a stritolarle. Se le fece male, Hermione non lo diede a vedere perchè serrò le labbra in una linea sottile e il volto si ombrò. «La mia anima... spezzata e frantumata da ogni singola vita che ho portato a termine con la mia bacchetta… Non è rimasto quasi nulla, se non l’ultimo soffio di sanità mentale che mi permette di parlare con te in questo momento...Mi sto perdendo Hermione... »

Allentò la presa delle sue mani, ma Hermione le strinse maggiormente, mentre silenziose lacrime cominciarono a cadere sul cuscino. Perchè stai piangendo? voleva chiederle. E’ pena quella che mi stai mostrando? Dispiacere? Perchè ti importa a tal punto da piangere per uno come me?

«No.» gli bisbigliò con voce ferma «No.» ripetè con più decisione. Poi, con un gesto d’impeto gli prese il volto tra le mani e lo strinse facendogli male alla mascella. «Tu sei un uomo, sei un mago, sei un compagno, sei un amico, sei un figlio e avrai un lungo futuro davanti a te Draco… Draco! » lo scosse un minimo come a risvegliarlo e qualcosa dentro il ragazzo si mosse, forse scioccato dallo sguardo nocciola che si era illuminato, rabbioso, indignato ma con le lacrime incastrate tra le ciglia. «Non arrenderti. Non puoi perderti in te stesso Draco. Punta all'obiettivo che hai avuto fino ad oggi, l'obiettivo per cui i tuoi genitori sono morti! La tua vita!» 

Senza che il giovane Malfoy lo volesse, una lacrima solitaria cadde sulla mano della ragazza che ancora gli stringeva il volto, seguita poi da una seconda ed una terza. «Ok» rispose, costretto da quello sguardo fermo su di lui che aspettava una conferma. «Ok.» 

La strinse in un abbraccio, per nascondere le altre lacrime che non smettevano di scendere sul suo volto e perchè era in preda alla meraviglia, come se fosse stato svegliato da un sonoro schiaffo sulla guancia. Dopo mesi, dopo anni. La strinse contro il suo petto come a voler assorbire sotto la pelle, sottoogni strato del suo organismo la luce, la speranza che Hermione rappresentava per lui; la strinse per non farla fuggire, pregando Salazar che il giorno dopo la ragazza non cambiasse idea su di lui, che lo guardasse ancora con gli stessi occhi. E forse la Granger poteva sentire il suo cuore che batteva furiosamente dentro il suo petto, che batteva finalmente per felicità. 

«Stanotte, rimani.» le sussurrò all’orecchio per poi addormentarsi lentamente, tranquillo.


«Andiamo, ti faccio vedere casa.» lo invita Blaise, con ancora il braccio intorno alle spalle, lo accompagna alla porta presente dietro il bancone della cassa «E in quanto a voi tre...» si volta verso Harry, Hermione e Ron «Spero non mi facciate pentire di avervi aperto le porte di casa mia.»  Harry già sul piede di guerra, apre la bocca «Senti tu, abbiamo fatto tutta questa strada… »ma il dito medio di Blaise lo ammutolisce e riceve anche un pugno sul braccio da Hermione per ammonirlo a lasciar perdere. 

Guidati da Blaise salgono gli stretti gradini in ferro presenti in quella specie di magazzino del negozio. Devono abbassare di molto la testa per non sbattere contro il soffitto. «Ovviamente la porta principale è un’altra… casa mia non è esattamente sopra il negozio...diciamo che ho apportato qualche modifica per comodità e sai com’è... anche per le emergenze.» 

Arrivato all’ultimo gradino, Blaise si ferma per guardarsi indietro, lungo la piccola rampa di scale per controllare se tutti fossero in fila. Dice di prendersi per mano per formare una catena e di non mollarla per nessuna ragione al mondo, con un ghigno stampato sulla faccia. Lo guardano tutti straniti, ma obbediscono. Apre la piccola porta ed una luce bianca li acceca, ma entrano trattenendo il fiato. Il tempo di varcare la soglia con entrambi i piedi, Draco sente il pavimento sparire sotto i piedi e cadere giù in picchiata. Continuando a sentire la sensazione di vuoto, e mantenendo salda la presa nella mano di Blaise da un lato e di Hermione dall’altro, ha tutto il tempo, però, di guardarsi attorno. Non capisce se si trattasse di una sorta di passaporta o polvere volante, ma sicuramente quel passaggio è collegato insieme ad altri, perchè ci sono altre persone, che sembrano dei semplici punti colorati in contrasto con lo sfondo bianco e saettano da un parte all’altra ad una velocità impressionante. Cambiano direzione. Adesso piuttosto che scendere verso il basso, volavano verso sinistra, svoltono di nuovo a sinistra, poi destra e poi il rumore sordo di una porta buttata giù gli comunica la fine della corsa. Sbatte con tutto il suo peso su Blaise che si assicura che non battesse le ginocchia a terra, seguito poi da Hermione, Ron e per ultimo Harry che, invece, uno sopra all’altro, cadono ai loro piedi.

Blaise ghigna apertamente guardandoli dall’alto, senza il minimo interesse a dare loro una mano a rialzarsi.

«Che diamine era?» domanda Harry col fiato corto. «Ci avranno riconosciuto?» 

«Metropolitana magica. Molto più veloce di quella babbana. Abbiamo attraversato l’intera costa della Louisiana in un minuto esatto. Quindi no, nessuno ha potuto riconoscervi. Andavamo troppo veloce per essere  distinti chiaramente. Qui in America ci sono molti più modi per spostarsi rispetto all’Inghilterra. Inoltre questo» indica la porta da cui sono usciti secondi prima «è privato. Principalmente, la metropolitana è un mezzo pubblico, ma puoi averne anche di personali, come i camini. Ma piuttosto che chiedere di aprire il passaggio al Ministero come a Londra, qui basta che lo compri. Ovviamente non tutti possono averli. Dovresti avere una certa influenza, come i politici, e solo dopo che abbiano controllato bene il punto di partenza e di arrivo.» 

Draco lo guarda con un sopracciglio alzato «O ti sei dato alla politica, ma dubito data la situazione e soprattutto alla tua indole menefreghista nei confronti del mondo intero, o hai ricattato qualcuno...» 

«Menefreghista? Così mi ferisci. Ma si, ho dovuto passare alle manieri forti. Ma non è morto nessuno, lo giuro.» spiega con un sorriso sulle labbra. Poi cinge un braccio intorno alle spalle di Draco e lo trascina lungo il corridoio. Il pavimento è in parquet e sui muri grigi chiari sono appesi sia foto che ritratti antichi, in contrasto tra di loro. Da far da ornamento ci sono solo alcune lampade da terra, cilindri lunghi e stretti, a sfondo bianco ma con lunghe pennellate verdi. 

«A prima vista può sembrare un piccolo appartamento, ma è molto più grande. Queste sono solo all’entrata. Quella dove siamo sbucati è la porta per la metropolitana, quella li è la porta principale. Questa è la porta della “zona giochi”» Zabini la apre e la richiude velocemente giusto in tempo per far intravedere uno stesso identico corridoio con altre porte 

«Zona giochi?» chiede Ron con tono divertito «Che ci tieni dentro il vecchio negozio di Zonko?» Blaise risponde agitando la mano come a scacciare una mosca «Oh si, semplicemente una stanza piena di giochi, una sala musica ed un modesto campo da Quidditch.»

«Un campo da Quidditch?» chiedono in coro gli ex-Grifondoro. Harry già con la mano sulla maniglia per riaprire la porta.

«Hei, giù le mani. Ho già detto che non dovete toccare niente. Stavo dicendo… questa invece porta alle cucine, questa alle stanze da notte -sono dieci, non contando le due principali-» precisa godendo gli sguardi esterrefatti e pieni di meraviglia dei maghi. Loro non erano abituati a tanto lusso, a differenza di Draco che, infatti, alza gli occhi al cielo divertito. E si sente meglio vedendo come quella casa è molto simile a quella che Blaise possiede in Inghilterra, ma con il suo tocco personale in più.

«E questa qui porta al salone e alla sala da pranzo. Seguitemi.»

Apre la porta e si ritrovano in un altro corridoio, ma decisamente più piccolo e con due porte. Una a fine corridoio e l’altra sul lato sinistro.  Blaise punta dritto alla prima. Entrano nel grande salone, molto simile alla sala comune dei Serpeverde ad Hogwarts, ma senza l’aria secolare che caratterizza la scuola. Divani e poltrone in pelle, camino in pietra fredda, un piccola libreria nera ad uno dei muri, un grosso lampadario di cristallo e poi un'enorme finestra che affaccia fuori. In un attimo, con un colpo di bacchetta, Blaise cambia la vista della finestra e quel verde immenso degli alberi scompare per far prendere posto ad una fila di palazzi.

«Ho rimandato alla strada del negozio.» spiega Blaise tranquillo, sempre lanciando della occhiate ai maghi. «Davvero Blaise. Puoi fidarti.» gli ripete per una seconda volta Draco. 

In risposta l’amico scrolla le spalle «Non si sa mai.» «Magnifico questo posto comunque.» commenta infine. 

Li invita a sedersi dove preferiscono, mentre con un altro gesto di bacchetta fa apparire un basso carrello con un paio di bottiglie di alcool, ghiaccio e bicchieri di vetro. 

«Draco, il solito? Whisky incendiario con una spruzzata di arancia?»

«Salazar, con piacere!» esclama Draco che rimane accanto a Blaise mentre gli altri tre maghi si siedono. Afferra il bicchiere in aria e tirando un sospiro di sollievo al primo sorso, come se finalmente potesse togliersi dal petto tutta la tensione provata fino a quel momento. Le proteste di Hermione e gli sguardi allibiti degli altri due maghi non tardano ad arrivare.

«Ma sono solo le dieci del mattino! Vi mettete a bere alcolici?»

«Voi che desiderate? o mi date la libertà di scegliere per voi?» chiede Blaise, ignorandola completamente, ma non riceve alcuna risposta. Lo interpreta come un muto assenso e riempe anche il resto dei bicchieri per poi farli volare lentamente di fronte alle loro teste. Costretti ad accettare, bevono un piccolo sorso con le labbra contratte per l’amarezza e il bruciore.

«Sigaretta?» chiede di nuovo Blaise a Draco porgendogli un pacchetto mezzo pieno. Draco non se lo fa chiedere una seconda volta che già porta la sigaretta tra le labbra. «Mi leggi nella mente. Non hai idea quanto mi sono mancati il whisky e le sigarette.»

«Non mi dire che non te li danno.» sentenzia l’amico con una smorfia mentre fulmina con lo sguardo i maghi. Per difendersi da quello sguardo accusatorio i maghi rispondono.

«Ovvio che si!» «Non sempre, però.» «Non può diventare un alcolizzato.» «Gli diamo il giusto.» «Ha finito il pacco di sigarette che gli ha comprato Ginny giusto il mese scorso.» Nel frattempo Blaise accende le loro sigarette e fa alzare Hermione sul divano con le spalle rivolte alla grande vetrata, afferrandola per un braccio. 

«No no no. Qui ci sediamo io e Draco. Per tutti i folletti, tornatene ad Azkaban, fratello. Niente Whisky e niente sigarette? Sarei già ammattito.» «Non lo dire a me.»

Con movimento abbastanza sciolto e abitudinario, Draco si siede a un capo del divano e Blaise sull’altro per poi appoggiare le gambe su quelle del biondo. Fanno sbattere i loro bicchieri leggermente, alzano la sigaretta come cenno di intesa ed aspirano una boccata. Entrambi sorridono felici, sereni. Quello è un gesto naturale per i due vecchi amici. Spesso e volentieri lo ripetevano quando si incontravano nel loro posto comune ad Hogwarts. seduti sul davanzale della grande vetrata che dava sulla capanna di Hagrid. Persino il resto dei presenti si è accorto da tanta complicità nei loro movimenti, prova che avessero passato parecchio tempo insieme. 

Per qualche secondo nel salone cade il silenzio, persi nei loro pensieri o a guardarsi in giro. Zabini rompe il silenzio con voce annoiata. 

«Ah , dovrei ordinare di preparare il pranzo a quegli elfi, ma sono talmente vecchi che ci impiegano il doppio del tempo a svolgere un compito. Mi ricordo che erano così scattanti una volta. Dovrò licenziarli e richiamare gli altri rimasti in Inghilterra...» 

«Dovresti piuttosto mandarli in pensione e dar loro un minimo di salario per mantenersi!» enfatizza Hermione che in risposta riceve un ghigno divertito di Blaise. 

«Ma pensa un pò.. pagare degli elfi domestici...» lancia un’occhiata a Draco, che non sfugge a quest’ultimo «Ti preoccupi per i tuoi simili, Sanguesporco?»

Hermione arrossisce di colpo e serra la presa sul suo bicchiere, guardando in cagnesco Zabini. 

«Non ti permetto di rivolgerti così.» la difende subito Ron, anche lui rosso fino alle orecchie.

«Forse è meglio che ti arresto a fine di questo incontro.» continua Harry con una mano sul retro dei pantaloni, pronto a tirare fuori la bacchetta. 

Ma il ragazzo scuro osserva unicamente Draco, che ricambia lo sguardo. Un misto di rabbia e titubanza. Poi semplicemente a denti stretti e voce ferma gli dice

«Blaise. No.» Ma solo in quel momento si rende conto che l’espressione dell’amico è di puro divertimento, al contrario delle parole pronunciate apparentemente ostili. Allora Draco capisce che è tutta una prova. Li sta stuzzicando per un motivo. Blaise sempre con un bianco sorriso sulle labbra, fuma un’altra boccata di sigaretta.

«Potter, Weasley perchè non andate un pò in cucina e dite agli elfi di portare qualcosa da stuzzicare, dei salatini magari.. in fin dei conti siamo a stomaco vuoto..Oh si! ed anche di cominciare a preparare il pranzo.» ordina con nonchalance, come se non fosse successo niente poco prima ed ignorando le facce torve dei due.

«Ma chi ti credi di essere?» comincia Ron

«Ragazzi. Andate.» interviene Draco, con voce altrettanto divertita e lanciando uno sguardo ad Harry per far capire che andava tutto bene. Potter allora strattona un pò la manica di Ron e cominciano ad avviarsi verso la porta.

«Aspettate! Forse è meglio di no.» cerca di spiegare la Granger «Non credo sia il caso di rimanere a lungo.» a quelle parole sia Blaise che Draco si voltano a guardare la ragazza come se avesse detto che non avrebbe comprato il loro gioco preferito.

«Hermione. Va tutto bene. E’ tutto sotto controllo.» interviene Harry ancora visibilmente infastidito per prima.

Blaise sussurra a Draco, tranquillo.

«Quindi è così eh? Ci tengono davvero a te...»

«Certamente! Siamo suoi amici!» aggiunge Hermione e le sembrava che le mancasse il fiato, gli occhi sbarrati per la rabbia. Draco la guarda quasi commosso, con un semisorriso sulle labbra, pronto a farla tranquillizzare ma la voce alta di Blaise lo fa voltare di nuovo a guardare dall’altro lato.

«Hei voi due! Aspettate!» li richiama l’attimo dopo che si chiudono la porta alle spalle. Harry la riapre, spazientito «Che vuoi?!»

«Se volete, prima di andare in cucina potete dare un’occhiata al campo da Quidditch. Ci sono anche un paio di scope americane. Potete farci un giro.»

Sia il volto di Harry che di Ron si illuminano a quelle parole. Senza aggiungere altro sbattono la porta del salone e il rumore dei loro passi che corrono risuonano in corridoio. 

«Be’ prego.» sbuffa Blaise. «Quindi... Azkaban eh? Raccontami tutto.» E Draco lo fa, con l’intervento ogni tanto di Hermione che nel frattempo si è calmata. Omette la relazione nata con la ragazza ed Hermione non sembra esserne sorpresa, forse anche lei ritiene che non era il caso o il momento adatto. A racconto finito Blaise beve tutto quello che è rimasto del rum.

«Diamine, spero per te che quegli incantesimi funzionano. Se la giuria non cambia sentenza nemmeno con quelli… adesso che lo sai dove mi trovo puoi sempre venire qui. Non tornare da quei pazzi torturatori.»

Prende due nuove sigarette dal pacchetto poggiato sul tavolino in vetro lì di fronte, dandola una a Draco. Poi gli porge anche la bacchetta e il ragazzo lo guarda stralunato. 

«Amico. Non tocchi una bacchetta come si deve da anni. Goditi un pò di magia per oggi. Sono sicuro che questi qui non trasgrediscono le regole molte volte.» e Draco ne è talmente grato, grato di aver scelto di andare ad incontrarlo. Gli è talmente mancato Blaise. Lui che senza alcuna spiegazione da parte del biondo, con un semplice sguardo poteva capire ogni suo gesto e stato d’animo. Lo leggeva come un libro aperto. E sì, tenere in mano una bacchetta gli manca terribilmente. Far scorrere la sua magia in essa, che in quegli anni pulsava dentro le sue vece prepotente. Ma solo in poche occasioni potè usarla e mai impugnando la propria bacchetta. Quella era rinchiusa in qualche ufficio al Ministero. Non vede l’ora di riaverla. 

Con due colpi accende le due sigarette e comincia a giocare con qualche oggetto attorno librandolo in aria. Tira fuori una rivista e la lascia cadere sulla testa di Hermione sorridendo. Lei lo fulmina con lo sguardo, ma non è infastidita.

«Non sto dicendo niente solo per la vostra amorevole riunione. Ma lo sai che sono contraria quando ignori la legge in questo modo sfacciato!» si giustifica la Granger, raddrizzando meglio la schiena, per poi aggiungere rivolta verso Blaise alzando di più la testa con aria di superiorità  «E per tua informazione, gli incantesimi funzioneranno di sicuro! Li svolgeranno i migliori Medimaghi d’Inghilterra ed io sarò tra di loro!» 

«Proprio rigida e so-tutto-io come a scuola eh, Granger?» domanda scherzosamente Blaise, ma lei lo guarda irritata ancora offesa dalle precedenti parole dell’ex-Serpeverde.

«Andiamo, Granger. Non ero serio prima. Tutta la storia sulla purità di sangue... acqua passata. Completamente disinteressato.» 

Draco guarda Hermione supplichevole. Lei con aria di sfida prende il bicchiere lasciato sul tavolino ancora pieno di alcol. Lo alza verso Blaise.

«Voglio del succo di arancia.» ordina guardandolo dritto negli occhi. «Non chiamare alcun elfo. Prendilo tu. Senza magia.» 

Blaise sgrana gli occhi, la indica con la mano con cui tiene la sigaretta e guarda Draco 

«Mi sta dando degli ordini?» domanda ironico per poi alzarsi ed avvicinarsi al piccolo carrello con le bottiglie di alcolici, in cui sicuramente vi è nascosto molto di più rispetto la sua dimensione, grazie ad un incantesimo. Torna con un bicchiere pieno di succo e con una mano regge un fazzoletto poggiato sotto il bicchiere. Si inchina leggermente quando allunga le braccia per darlo alla ragazza «Signorina Granger.» Hermione con un sorrisetto vittorioso prende il bicchiere beve un grande sorso e poi espone il verdetto «Bene. Pace fatta.»

«Le hai insegnato tu?» domanda Blaise mentre riprende posto senza smettere di ridere. «Probabilmente è stata influenzata dalla mia presenza.» conferma Draco,  ridendo anche lui. Harry e Ron nel frattempo rientrono con un vassoio pieno di salatini, patatine, olive e pistacchi, commentando felici quanto fosse stupendo avere un campo da Quidditch personale. 

«Da quant’è che andate a letto insieme voi due?» domanda senza giri di parole Zabini, troppo schietto per i gusti dei due interpellati. Hermione si strozza con il sorso di succo che stava bevendo in quel momento e Draco si alza per riempirsi il bicchiere con altro Whisky incendiario evitando palesemente la domanda. 


In un paio di settimane guarì completamente. Niente più dolori o capogiri, niente più notti insonni. Tornò a rilassarsi nel salone familiare di casa Potter, a sprofondare sulla vecchia poltrona e godere una bella tazza fumante di caffè amaro. Il freddo di Novembre, iniziato ormai da un pezzo, era piuttosto piacevole quel giorno e non necessitava del fuoco acceso. La Granger continuò a dormire a casa di Harry tra una scusa ed un’altra, senza alcun obiezione da parte del proprietario. Ma notò che Hermione, da quando hanno dormito insieme, evitava il più possibile di rimanere da sola nella stessa stanza con lui . Quando si era svegliato quel giorno all’alba, lei era già scappata via, e ogni volta che Draco tentava di aprire una conversazione, Hermione diventava rossa, evitava il suo sguardo e con poche parole tagliava ogni tipo di confronto.

Quella mattina Hermione scese prima di Harry, e comincia a prepararsi la colazione, sotto lo sguardo attento di Draco che, dalla sua poltrona preferita, allungava la vista verso la cucina per osservarla. Indossava una larga felpa blu notte con una stampa di un Demiguise dietro la schiena, le arrivava giusto sotto il fondoschiena. Si intravedevano un paio di pantaloncini di pigiama quindi stava a gambe nude. I capelli erano legati in una crocca mal fatta molto in alto con alcuni ricci fuori dalla presa dell’elastico. La vide sbadigliare e stropicciarsi gli occhi mentre tirava fuori dal frigo il cartone di latte. 

«Buongiorno.» le disse e ghignò quando la vide saltare per lo spavento. 

«Diomio, Malfoy. Così mi fai prendere un colpo. Che cosa fai sveglio a quest’ora? Hai avuto gli incubi un’altra volta? Stai passando le notti in bianco di nuovo?» lo tempestò di domande con aria preoccupata, mentre si avvicinava al salotto per guardarlo meglio. 

«No, Granger. Sto dormendo benissimo. Sono solo un tipo mattutino.» «Ma sono appena le sette del mattino. Da quant’è che sei sveglio?» gli chiese gettando un’occhiata alla tazza quasi vuota. 

«Ma se sei tanto preoccupata che non faccio sogni tranquilli, puoi sempre venire in camera e dormire con me, Granger» la punzecchiò con un semisorriso ignorando la domanda. Come previsto, per nascondere l’imbarazzo, sorseggiò il latte appena riscaldato e fissò il pavimento. Harry la salvò in calcio d’angolo entrando con un biascicato «Ragazzi» a mo’ di saluto. 

«Buongiorno Harry! Oggi penso che ci sarà un bella giornata!» gracchiò la Granger con voce stridula. Draco rise sotto i baffi. Ma quella storia che lei cercava di evitarlo a tutti i costi doveva finire. Non poteva scappare per sempre, anche volendo.

«Hermione!» esclamò Harry appena posò lo sguardo su di lei, ma la voce ancora impastata dal sonno fece uscire un suono rauco. «Hai ancora quella felpa?» 

La ragazza la stirò un attimo con una mano prima di rispondere, tentando di  assumere un’aria disinteressata. «Be’ non è che la stia cercando. Non se lo ricorda nemmeno che c’è l’ho io.»

«Non finchè la vedrà. In quel caso te la chiederà sicuramente. Lo sai che ci è affezionato. E poi Ron te l’aveva data quando...» «Ma lui non la vedrà mai, vero? A meno che qualcuno non glielo va a dire. E’ una delle felpe più belle e comode che ho, non ho intenzione di restituirla.» lo interruppe la Granger assottigliando lo sguardo, come ad ammonirlo a non fiatare e spifferare tutto al Weasley. «Ok. Ma io non voglio saperne niente se lo scoprirà.»

A quel punto Draco assunse un’espressione di totale disgusto sentendo quello scambio di battute. Felpa. Ron. Quella era la felpa del lentigginoso Weasley che sicuramente lui gli aveva dato e lei gelosamente la custodiva e la indossava mentre dormiva. Quasi quasi sognando e pensando a lui ogni notte, pensò Draco. Bevve gli ultimi sorsi di caffè rimasti, con una vena che pulsava sulla fronte, già con un forte mal di testa in arrivo. E lui che credeva che avesse fatto un passo avanti. Che stesse nascendo qualcosa tra lui ed Hermione. Che tutte le sensazioni che provava in sua presenza erano ricambiati, che i sentimenti che crescevano ogni giorno non fossero unilaterali. Ma si sbagliava. Hermione non gli aveva mai detto apertamente che lei e Ron avessero rotto, che la loro relazione fosse finita, quindi probabile stavano ancora insieme e  la ragazza semplicemente si stava comportando gentilmente nei suoi confronti.

Harry si era infilato in bagno e la Granger si mise a lavare le stoviglie usate, compresa la tazza di Draco che la mise malamente dentro il lavandino. 

«Granger. Fuori. Adesso.» ordinò mentre andò alla porta che dava sul retro, esattamente dall’altra parte della cucina, dove Hermione si era fermata con la bacchetta in aria che puntava ad una pentola insaponata.

«Sto lavando.» «Puoi farlo dopo.» «Fuori fa freddo.» Draco aprì prepotente la porta, mentre la trapassava con uno sguardo che non ammetteva discussioni. La Granger posò tutto e varcò la porta prima di lui, stringendosi subito dopo le braccia intorno al petto ed alzando le spalle per l’aria fredda del mattino. Non vide che Draco le prese di nascosto la bacchetta e se la infilò sotto la maglia.

«Penso che mi devi delle spiegazioni, Granger.» cominciò Draco. 

«Non so di cosa tu stia parlando.» evitò di nuovo la conversazione, il ragazzo già esasperato scoppiò

«Stai con Weasley o no? A che gioco stai giocando con esattezza?» strinse i pugni lungo i fianchi fissandola severo.

«Scusami? Non sono affari tuoi! La mia vita privata non ti riguarda!» alzò la voce anche lei, battendo un piede a terra. 

«Mi riguarda eccome. E visto che non me lo vuoi dire...» prese la bacchetta da sotto la maglia e la puntò contro Hermione «Legilimens» ed un attimo prima di vedere la sua faccia sconvolta entra nella sua mente.  Immagini si accavallano davanti ai suoi occhi ma sapeva cosa stava cercando. Si focalizza direttamente sui ricordi insieme a Ronald e vede il loro primo bacio, quando iniziano ad uscire insieme, le cene romantiche, i numerosi litigi ed incomprensioni, momenti di sesso, l’imbarazzo tra i due che non si estingue mai, lui che durante una passeggiata le infila la felpa con cui Hermione ha dormito. Poi il giorno della loro rottura, sei mesi dopo, una decisione comune. Sono stati sempre prima di tutto amici e la loro relazione funzionava molto meglio come tale. Esce dalla sua mente, soddisfatto. Incontrando poi gli occhi strabuzzati della Granger e rossa fino ai capelli. 

«Che diamine hai fatto? Ma come ti permetti! Sono cose private, è la mia privacy Malfoy! E quella è la mia bacchetta! Dammela! Se gli Auror ti avessero visto...» urlò tutto d’un fiato per poi guardarsi attorno per assicurarsi che nessuno fosse in giro. Draco lanciò la bacchetta nella sua direzione che l’afferrò al volo. 

«Insistevi tanto a non dirmi niente. Ho semplicemente usato la soluzione più efficace.» si giustificò, non curante della rabbia che ribolliva dentro Hermione. 

«Tu! Sei entrato nella mia mente senza il mio consenso. Hai visto… tu hai visto cose intime!» Draco roteò gli occhi al cielo e alzò la mano per zittirla «Si ho visto, niente di sconvolgente. Dovevo sapere se tu e Weasley stavate ancora insieme.»

«Perchè lo vuoi sapere così tanto?» domandò la ragazza alzando le braccia al cielo. E Draco inclinò la testa su un lato per guardare Hermione accigliato. Fece passare qualche secondo continuando ad osservarla. 

«Me lo stai chiedendo seriamente?» domandò ironico, non credendo alle sue orecchie. Hermione scrollò le spalle arrendendosi. Draco si avvicinò lentamente, cercando di mantenere un tono calmo, ma il suo corpo era rigido come legno. 

«Merlino. Dovresti essere la strega più brillante della tua età, eppure sei così tarda, così ottusa di fronte all’evidenza.» si avvicinò così tanto che solo un passo li distanziava, con gli occhi puntati sempre sui suoi. «Tu mi piaci, Granger.» confessò serio, senza un attimo di esitazione. Hermione in risposta gli sfuggì una piccola risata e fece un passo indietro. Le guance tinte di rosso. 

«Senti...non può essere… penso che tu sia confuso… siamo amici.. e be’.. tu non sei vicino ad una ragazza da quanto? Penso che sia normale che tu abbia certe… certi desideri… e l’ho potuto notare quella notte.. l’ho sentito...» disse poi parlando così piano che per un attimo credette che Draco non avesse sentito. A quel punto fu proprio Malfoy a fare un passo indietro, ancora più allibito di prima con un leggero imbarazzo sul viso, ma non tale da non frenare la sua frustrazione.

«Che cosa hai detto? Sei seria, Granger? Sei seria? Pensi che quello che provo per te sia.. sia… un istinto animale? Credi che vivo nel paleolitico? Se fosse stato così, ti avrei fatto qualcosa quella notte o ad altre innumerevoli occasioni capitate in passato, e senza chiedere peraltro il tuo permesso, se dovevo proprio comportarmi come un animale...» e cominciò a perdere completamente il controllo. La sua voce cominciò a tremare e a diventare rauca mentre si sforzava di pronunciare quelle parole, con l’orgoglio buttato in mezzo al giardino. 

«Tu mi piaci, Granger. E non come amica… non per una scopata… mi piaci perchè con te posso essere me stesso, parlare tranquillamente, mi fai stare bene. Mi fai sentire vivo. E pensavo che l’avessi capito prima che mi chiudessero ad Azkaban. Te l’ho praticamente detto che voglio stare con te da dietro le sbarre. Ho dormito insieme a te, stringendoti tra le mie braccia perchè cazzo.. lo volevo.. lo desideravo così tanto che tu fossi accanto a me mentre dormivo… e tutte quelle volte... merda... lo so, eccome se lo so che anche tu provi qualcosa... e adesso mi vieni a dire che sono confuso…» la fissò, trapassandola con quegli occhi grigi in preda ad una tempesta. 

«Hermione, tu mi sei entrata dentro ancor prima che provassi attrazione per te.» diventò completamente rosso a furia di sputagli quelle parole in faccia, più frustrato che contento di confessarsi. Hermione si strinse le braccia al petto con occhi lucidi e distolse subito lo sguardo.

Sussurrò «Devi proprio essere così diretto...» per poi superarlo velocemente, rientrare in casa e precipitarsi su per le scale.



 

«Siamo tornati proprio sul più bello.» commenta Harry sgranocchiando le patatine. Draco pretende di non aver sentito, mentre Hermione balbetta cose del tipo «Sfrontato» «Ma che assurdità».

«Oh andiamo. Non sono mica cieco.» continua Blaise invitando Draco a sedersi di nuovo al suo fianco. Si avvicina maggiormente al biondo, sistemandosi a sedere meglio e gli mette un braccio intorno alle spalle facendolo curvare in avanti leggermente. 

«Che ne dici di condividere un pò eh?» chiede divertito, guardando malizioso Hermione e quest’ultima arrossisce visibilmente.

«Dovrai passare prima sul mio cadavere.» «Ti arresterò sicuramente entro fine giornata.» corrono di nuovo in sua difesa i due amici, mentre Draco questa volta lo guarda freddo, impassibile ed esclama un NO secco e categorico, tanto che Blaise scosta il braccio e alza le mani in segno di arresa. 

«Wow. Circondata da guardie eh? Come non detto, ma sai, l’offerta è sempre aperta Granger. Non sono mai andato a letto con una Sanguesporco, vorrei provare. Non che Draco non lo sia, ma io sono molto più dotato di lui, se capisci a cosa mi riferisco. Godresti come mai in vita tua. Draco lo può confermare.» cala il silenzio nel salone. L’unico rumore è quello del ghiaccio all’interno del bicchiere di Blaise che sbatte contro il vetro quando se lo porta alle labbra.

«Non è affatto come può sembrare.» dice flebile Draco. Da una parte scocciato ma dall’altra non poteva fare a meno di ridere sotto i baffi. Stessa reazione di Zabini vedendo la reazione degli altri maghi presenti. Occhi sgranati e bocche spalancate. 

«Be’ c’eravamo quasi però.» continua Blaise 

«Eravamo ubriachi persi.» 

«Anche la ragazza che ci siamo portanti in stanza. Anche se sembrava più lucida di noi.»

«Siamo collassati prima ancora che potessimo fare qualcosa.»

«Già. Peccato. Sarebbe stato davvero eccitante.» sospira melodrammaticamente Blaise mentre spegne il mozzicone della sigaretta nel posacenere sul tavolino.  Poi posa lo sguardo una volta su Draco ed una volta su Hermione, sovrappensiero.

«Ti ho visto rivolgere quello sguardo solo per una ragazza, Draco. Non posso che esserne felice.» soppesa il bicchiere per qualche secondo, guardandolo intensamente. E in quei pochi attimi aleggia il ricordo di Daphne Greengrass nella mente dei due vecchi amici. Poi si volta verso Hermione e le punta gli occhi neri nei suoi. Nessuna traccia di divertimento o di malizia a colorire il suo volto. La Granger sostiene lo sguardo fiera e pronta per un’altra battaglia verbale. Ma Blaise alla fine le dice solenne.

«Ti do la mia benedizione, Hermione.» lei rimane senza parole e si alza dalla poltrona, a disagio da quelle parole, ma non riesce a nascondere l’orgoglio che sta provando.

«Siamo nell’800 che mi devi la tua benedizione o è una tradizione delle famiglie purosangue? Che sciocchezze… e comunque, non avevo minimamente bisogno della tua benedizione» dice a denti stretti affacciandosi alla finestra. Il resto dei maghi ride sfogando il momento di imbarazzo di poco prima.

«E’ mio dovere come ultimo membro ufficiale della famiglia di Draco.»  risponde Zabini teatralmente, portandosi una mano al petto. E non poteva rendere Draco più felice. Guarda Blaise con un sorriso quasi da ebete e lo vuole abbracciare, lo vuole baciare e dirgli grazie per essergli rimasto accanto nonostante tutto. Nonostante tutti i cambiamenti nelle loro vite che l’hanno portati a non vedersi e parlarsi per tutti quegli anni. Nonostante il muro abbattuto tra lui e quei tre maghi, tra purosangue fedeli alle lunghe tradizioni e coloro che avessero tradito il proprio sangue e i Nati Babbani. Si limita a stringergli la mano per qualche secondo e Blaise ricambia la stretta.

«Blaise hai detto che questa è la strada del tuo negozio?» domanda improvvisamente Hermione, guardando insistentemente fuori dalla finestra.

«Si.» «Sono immagini in tempo reale?» «Si, Granger. Se vuoi ti insegno l’incantesimo.»

«Lo so già. Torno il prima possibile.» dice frettolosamente, si infila il capello e gli occhiali da sole, aggiustati precedentemente con la bacchetta, che Draco aveva indossato per arrivare a New Orleans. Con le voci dietro di lei che chiedono delle spiegazioni, senza aggiungere altro, corre verso l’uscita. 

Rimangono incuriositi da tale comportamento della ragazza ma poi Zabini interrompe i loro pensieri.

«A proposito di amori e famiglia. Penso che sia il momento di tornarti questo.» afferra la bacchetta e richiama a sè un album proveniente da qualche altra stanza della casa. 

«Mi avevi chiesto di tenerlo quando il resto dei Mangiamorte e il Signore Oscuro sono venuti alla Villa.»

Comincia a sfogliare l’album nostalgico. Anche Harry e Ron si sono alzati e si chinano verso l’oggetto di interesse per guardare meglio, commentando ogni tanto quanto la sua vita apparisse diversa agli occhi di un estraneo, in confronto a quello che invece scorreva davanti ai loro occhi in quel momento. 

Pieno di foto di lui da piccolo che scorrazza da un parte all’altra o in braccio ai genitori che si agita per scendere; foto di suo padre e sua madre mentre danzano o seduti comodamente sul divano di casa; foto di lui adolescente insieme a Blaise e a Daphne ad Hogwarts o durante le vacazne alla Villa o a casa di Blaise o di Daphne. Foto su foto. Ricordi su ricordi che fanno tremare Draco dall’emozione, seguito dal vecchio amico seduto accanto a lui quando si sofferma sulle foto di loro tre. 

Una in particolare lo colpisce. Erano lui e Blaise sdraiati sul letto del loro dormitorio ad Hogwarts con Daphne sdraiata in diagonale su di loro, con la testa appoggiata sul petto di Draco, mentre lui, ad occhi chiusi, le accarezzava i lunghi capelli sciolti dalla coda, e le gambe sopra Blaise che tentava invano di torgliesele di sopra. Daphne puntava la bacchetta verso l’alto per far librare la fotocamera sopra di loro, mentre un largo sorriso si formava sulle sue labbra e gli occhi pieni di gioia e divertimento che sempre l’hanno caratterizzata. 

Si ricorda perfettamente di quel pomeriggio passato in stanza dei ragazzi a chiacchierare spensierati, a scherzare, a giocare a carte e fumare ogni tipo di sigarette avessero trovato in giro. Erano finiti per fingere una lotta, non si sa per qualche stupida discussione, e ancora gli risuonano nelle orecchie le loro risate mentre si lanciavano cose ed incantesimi l’un l’altro. Erano finiti a sdraiarsi sul letto sfiniti. Daphne aveva messo un pò di musica che aveva scoperto recentemente da uno dei suoi viaggi nel tempo e ha insistito per scattare una foto, nonostante le lamentele degli altri due. Era quasi la fine dell’anno del loro quinto anno. Tutte e tre privi del marchio nero sui loro bracci sinistri. 

Allunga la mano per sfiorare quella foto, ed anche Blaise fa lo stesso. Si guardano e si mettono a ridere.

Continuano a chiacchierare fino all’ora di pranzo, scambiandosi con Harry e Ron aneddoti di Hogwarts. Stranamente nessuna parola di troppo sull’odio tra le due case è uscita fuori, almeno non con lo scopo di offendere intenzionalmente. 

Blaise racconta anche quello che aveva fatto negli ultimi anni, oltre a fingere la sua morte. Grazie a degli agganci sia negli Stati Uniti che in America Latina era riuscito a crearsi una nuova identità, con certificato di nascita, diploma MAGO e tutto il resto. Nessuno avrebbe mai potuto identificarlo, specialmente in un altro continente in cui hanno vissuto l’ultima guerra magica come spettatori, o con piccoli interventi da parte di minoranze. E per rimanere nell’anonimato e il più nascosto possibile, adesso è Jason Cooper, nato l’8 Aprile del 1978, mago di livello mediocre che è riuscito a diplomarsi a rotta di collo e che per guadagnarsi da vivere si è aperto un negozio di musica sia per maghi che per babbani.

«Ma hei.. per fortuna ho tutta l'eredità di mia madre e dei suoi innumerevoli defunti mariti. Altrimenti con quel poco che guadagno non mi sarei potuto permettere che una tana diroccata come quella dei Weasley. Ops. Forza dell’abitudine.» dice con uno sbuffo voltandosi verso Ron, quest’ultimo lo guarda truce ma non aggiunge altro. Piuttosto si alza e si affaccia alla finestra chiedendosi dove fosse finita Hermione.

«Se la sa cavare benissimo da sola, Weasley. Non c’è bisogno che le fai il cane da guardia ogni volta.» gli risponde Draco, con una punta di fastidio nella voce, anche se non poteva che preoccuparsi anche lui.

«Nel frattempo direi di andare in sala da pranzo, a quest'ora dovrebbe essere pronto da mangiare. Sono sicuro che sta per tornare il vostro prezioso gioiello.» sottolinea Zabini annoiato. Infatti, appena si siedono sul lungo tavolo di legno massiccio della sala, Hermione fa capolino nella stanza con il fiato corto.

«Bene sei tornata in tempo per mangiare.» la invita Blaise con un gesto della mano per accomodarsi. Lei, prendendo ancora fiato, si siede evitando lo sguardo dei presenti, fissando piuttosto il piatto davanti a sè, pieno di deliziose pietanze.  

«Hermione, ma che ti è successo? Sembra che hai visto un fantasma!» esclama Harry, notando il suo pallore. Hermione scuote la testa più volte e rassicura che è solo l’appetito, non avendo fatto colazione quella mattina. Ma Draco riesce a percepire che qualcosa non torna, dato i suoi occhi sconvolti e ne ha la conferma quando sente Blaise al suo fianco dire mentre guarda fisso Hermione.

«Fantasma, eh?»

Hermione si volta di scatto verso Blaise e ricambia lo sguardo, rigida.

«Tu...» ma si blocca sentendosi tutti gli occhi puntati su di lei. Blaise le corre in suo aiuto. «Mangiate, mangiate prima che si raffreddi! Buon appetito!»

 

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Capitolo 11
*** capitolo undici ***


A pranzo finito (trascorso sorprendentemente per tutti i presenti in maniera piacevole, tra chiacchiere e mezze risate), Blaise si alza toccandosi la pancia per poi allungare la schiena.

«Direi che è il momento di un bel digestivo.» e senza aggiungere altro tornano nel salone, ognuno seduto al proprio posto con in mano la bevanda che più preferivano. Tra grappa, amaro e rum i quattro maghi si godono per qualche secondo il bruciore scendere lungo lo stomaco come una boccata di aria fresca per alleviare le loro pance piene.

«Era tutto squisito.» commenta Hermione a labbra sottili dopo il secondo sorso di amaro «Non c’è alcun bisogno di licenziare quegli elfi. Fanno un ottimo lavoro.» 

«Si, ma rimane il fatto che lo facciano in ritardo.» controbatte Zabini 

«Mezz’ora prima, mezz’ora dopo. Non muori. Visto che non hai intenzione di dare loro una paga o una pensione, almeno non dare loro questo dispiacere.» lo tronca acida.

«Per il nome di Merlino. Sempre in lotta per i più bisognosi, Granger. Non sei cambiata proprio.» brontola Blaise, ma con un piccolo sorriso sulle labbra. Poggia una mano sulla spalla di Draco, seduto al suo fianco «Ma almeno stai combattendo per qualcuno a cui mi interesso...» 

«A questo proposito Blaise...» cerca di incominciare Harry, ma lo sguardo tagliente di Draco e il suo cambio di argomento repentino, lo fanno tacere. Non ha alcuna intenzione di far coinvolgere Blaise nel suo caso. 

«Cosa fai di solito quando non lavori al negozio?» domanda il giovane Malfoy.

«Oh, non hai idea amico, sono sempre fuori casa. Qui a New Orleans è un  movimento continuo. La gente sempre eccitata... musica, ballo, teatro... Tanto alcol e donne.» conclude con un occhiolino. «Anzi, perchè non lo vedi tu stesso? Usciamo, andiamo in qualche bar, in strada, ovunque tu vai potrai assaporare l’aria che tira qui… Soprattutto la notte.. diamine, ti piacerà.» propone guardandolo con occhi illuminati, già immaginando una serata insieme a Draco come ai vecchi tempi.

«Ehm, lui non dovrebbe essere qui.» fa notare, infatti, Ron «Noi non dovremmo essere qui.»

«Be’ ma ci siete, no? Quindi perchè sprecare questa occasione? Avete fatto tutta questa strada, Draco finalmente prende un pò d’aria e non gliela fate godere come si deve?» comincia speranzoso. Poi si rivolge ad Hermione, quasi con sguardo supplichevole e cercando di sembrare il più innocuo e dolce possibile «Hermione? Una bella passeggiata? che dici?»

Hermione alza gli occhi al cielo ed incrocia le braccia al petto. 

«Non sarà una semplice passeggiata, quindi no. stiamo già infrangendo la legge in maniera non eclatante, ma di più. Se verremo scoperti finiremo… non oso nemmeno immaginare cosa ci faranno... Soprattutto a voi due!» indica i due ex-Serpeverde. 

Draco, palesemente deluso dalla risposta secca di Hermione ma non del tutto sorpreso, le rivolge uno sguardo di puro astio. Voleva passare più tempo possibile con Blaise, proprio adesso che si sono rincontrati, che ogni possibile incomprensione e dissapore è stato risolto; dopo che si sente finalmente felice e tranquillo dopo aver ritrovato il suo migliore amico, suo fratello, e quegli anni trascorsi separati non sembrano non essere mai esistiti. No. Ne aveva ancora bisogno. Aveva ancora bisogno di stare al fianco di Blaise. 

Entrambi i ragazzi fumano silenziosamente la sigaretta che si sono accesi poco prima, e sospirano teatralmente. Poi, contemporaneamente, si voltano a guardare Harry che a sua volta guardava Ron ed Hermione dubbioso, poco convinto. Sente i loro sguardi su di lui e allora non può fare a meno di ricambiare. I loro occhi ardono di desiderio e voglia di continuare a stare insieme, lo pregano di non separarli così presto.

«Harry?» lo chiama semplicemente Draco. Harry per qualche secondo si sofferma sui suoi occhi, splendenti di una luce che gli aveva visto solo in alcune occasioni. Speranza, felicità. Casa. 

Potter sospira, si toglie gli occhiali e si strofina gli occhi stancamente. Se li rimette, guarda per un attimo Hermione, vedendo che anche lei sta tentennando alla vista di un Malfoy tanto contento. Sprofonda con la schiena nella poltrona e punta gli occhi al soffitto.

«Pozione policusso?» chiede al vento. 

Passa qualche secondo di silenzio, in attesa di risposta da parte di Ron e soprattutto da parte di Hermione. Blaise e Draco che non capiscono a cosa si riferisse, guardano i tre accigliati. Weasley e la Granger si scambiano degli sguardi dubbiosi per poi vagare con lo sguardo intorno alla stanza, come per trovare una risposta lì da qualche parte. Sospirano e poi dicono contemporaneamente:

«Pozione polisucco.»     


«Se hai cambiato idea, possiamo ancora tornare indietro.» gli sussurrò Hermione quando raggiunsero i cancelli di Villa Malfoy. Il viale che portava al portone in legno massiccio sembrava lungo chilometri agli occhi di Draco.Quella mattina, aveva quasi spinto la Granger fuori dalla porta quando erano pronti per andare, ansioso di rimettere piede alla Villa. Aspettarono giorni per il permesso del Ministero, ma alla fine accettarono di buon grado a far andare anche Draco per ulteriori indagini.

Gli era mancata terribilmente, si disse, confrontandola con la villetta troppo piccola e diroccata di Potter. Sarebbe stato contento tornare in un posto che potesse chiamare casa sua. Ma appena arrivarono, si fermò di colpo e trattenne il fiato. Quella era la casa in cui era cresciuto, ma era anche la casa degli orrori quando il Signore Oscuro prese il potere. La maggior parte dei suoi peggiori ricordi erano tutti avvenuti dentro quelle mura. Rivolse lo sguardo al Dissennatore in alto alle loro teste, disgustato. Troppe volte quelle creature erano venute ai cancelli della Villa, a pretendere Draco non sapeva cosa, ma fortunatamente entrambi i genitori negavano loro l’accesso appena intravisti. No, almeno loro no. Sentì dire spesso dal padre o dalla madre prima che tirassero fuori la bacchetta.

«Draco? Vuoi tornare indietro?» domandò ancora la Granger con un leggero tono preoccupato. 

«No.» ripetè guardando nuovamente il viale e sospirando sconsolato al giardino attorno ormai completamente distrutto, secco e pieno di erbacce. Se suo padre avrebbe visto come la sua preziosa dimora fu abbandonata a se stessa, senza cure, senza ritegno messa a soqquadro dagli Auror più volte come gli aveva detto Potter. «Voglio entrare. Ma senza quello.» disse indicando il Dissennatore e facendo tintinnare le catene che aveva attorno ai polsi «E senza catene. E lui.. deve rimanere fuori.» aggiunse facendo un cenno col capo all’Auror sconosciuto dietro di loro. 

«Hey bastardo, non sei tu a fare le regole qui.» rispose subito il tipo. Draco strinse i pugni cercando di non saltargli addosso. Le misure di sicurezza che il Ministero impose lo fecero digrignare i denti non poco, non che avesse voglia di scappare da nessuna parte o andare ad uccidere a destra e manca appena il suo avvocato fosse distratta. Ma quell’Auror che non ebbe mai l’educazione di presentarsi, lo odiava con tutto se stesso, perchè in qualche modo era riuscito a riconoscere la sua voce. La stessa voce della guardia che passava prima delle sue punizioni e gli comunicava gioiosamente cosa lo aspettasse. 

La Granger gli toccò il braccio.

«Facciamo così: Il Dissennatore rimane fuori, ma lui entra. E’ un ordine del Ministero, non posso fare molto.» gli spiegò, indicandogli con gli occhi più d'una volta l’Auror per fargli capire che se fanno un passo falso, o qualcosa di troppo, ci avrebbe messo pochi secondi a comunicarlo al Ministro stesso. 

Il volto di Draco si contorse in una smorfia contrariata, senza mai rivolgere lo sguardo all’Auror. Con il Dissennatore fermo fuori dai cancelli, camminarono a passi decisi lungo il viale ed entrarono in casa. Varcata la soglia Hermione con un sorriso cordiale, ma allo stesso tempo con voce decisa gli chiede all’Auror.

«Forse è meglio controllare l’abitazione prima di andare in biblioteca. Per sicurezza. Non vogliamo mica che qualcuno ci faccia qualche attacco a sorpresa, no? Tu vai ai piani di sopra, noi facciamo tutto il resto, questo piano, i sotterranei, le cucine e le serre. Ci riuniamo qui quando abbiamo finito il giro e andiamo in biblioteca.» 

Come sperò la Granger, L’Auror accettò l'incarico senza tante storie se non raccomandarla di non abbassare la guardia, che potrebbe prendere questa occasione di uscita dagli arresti domiciliari per scappare di nuovo. Lei ringraziò le sue premure e se fosse successo qualcosa l’avrebbe chiamato sicuramente.  

Tra sè e sè, Draco Malfoy cominciò a pentirsi di aver accettato la proposta della ragazza di andare ad investigare insieme nella sua biblioteca familiare. Durante la sua detenzione ad Azkaban, Hermione ottenne l’autorizzazione solo un paio di volte e in quelle occasioni, quando il tempo a lei disposizione era terminato, cercò di portarsi più libri possibili a casa, almeno quelli che riteneva che l’avrebbero potuta aiutare con il suo caso. Gli aveva esposto quell’idea tanto speranzosa, così avrebbero proceduto con le ricerche più velocemente. Draco conosceva tutti i libri presenti e potevano consultare direttamente quelli che potessero avere a che fare con le protezioni di Draco. Ed in più, era una scusa per uscire di uscire di casa, anche se equivaleva ad entrare in un altra, ma almeno era la sua.

Appena L’Auror sparì lungo la rampa di scale, Hermione si voltò verso di lui e con un colpo di bacchetta gli tolse le catene. 

«Solo per questa volta. » precisò «Devo ammettere che lo faccio perchè mi fa pena vederti rientrare in casa tua dopo tutto questo tempo, come un carcerato.» 

«Normalmente avrei avuto una risposta acida da rifilarti per questo senso di pietà che provi nei miei confronti, ma questa volta non dirò nulla.» disse Draco con un sorriso, muovendo i polsi liberi. Sentì borbottare un “Ci dovevi solamente provare”, ma senza preavviso si incamminò verso il grande salone della Villa, luogo principale di tutto. Delle torture, delle uccisioni, delle riunioni tra i maggiori esponenti  dei Mangiamorte e il Signore Oscuro. Anche nel resto della casa, ci sono stati diversi episodi che la mente di Draco non aveva intenzione di dimenticare, ma lì, quel salone era l’unico posto in cui fu costretto a fissare ciò che accadeva, senza distogliere lo sguardo, senza poter rimettere la bile che gli premeva in gola. Altrimenti Lui, o altri, ma soprattutto Lui, gli avrebbe messo una mano dietro la nuca, l’avrebbe costretto a guardare e fare poi lo stesso. 

Spalancò le porte, con il cuore a mille e si ritrovò dentro una sala completamente vuota. Niente, se non la polvere e le ragnatele negli angoli dei muri e nelle vetrate. Lentamente camminò verso il centro del salone. Sentì il parque scricchiolare sotto i suoi piedi e il rumore gli rimbombò nelle orecchie.

«Che cosa è successo qui?» domandò, impallidito, con voce tanto flebile che temette che Hermione dietro di lui non l’avesse sentito.

«Hanno portato tutti i mobili e gli ornamenti nei sotterranei, ed in altre stanze della Villa mezze vuote. Non so, penso che quando hanno controllato le prima volte si sono curati di controllare ogni singolo oggetto… l’intera Villa è spoglia in questo modo. Tranne la biblioteca. Quella hanno avuto la coscienza di fare qualche incantesimo di protezione attorno in modo che nessuno potesse entrare. O almeno non chi è autorizzato. Sarebbe stato inutile e una perdita di tempo per loro controllare ogni simbolo libro...» spiegò la Granger.

Ma mentre Hermione parlava, la mente di Draco stava rivivendo ogni singola Maledizione, tortura, morte avvenuta su quel pavimento; rivedeva il sangue versato, Nagini che strisciava verso le sue prede, Il Signore Oscuro dare ordini ai suoi sottoposti, ai suoi genitori, a lui. «Che cosa è successo qui?» sussurrò ancora con il fiato mozzato. Sbatté le palpebre più e più volte cercando di togliere quelle immagini che gli scorrevano davanti. Li strofinò quando cominciarono a bruciare, sperando di controllarsi meglio, non voleva versare altre lacrime. Il braccio gli bruciò, ma sapeva che era tutta una sua immaginazione, che era solo un'illusione provocata dai ricordi del passato. Il suo braccio sinistro non poteva bruciargli, Il Signore Oscuro era stato sconfitto. Non poteva essere sopravvissuto, non poteva resuscitare una seconda volta. Il Marchio Nero era un semplice tatuaggio sbiadito. Ma anche la sua schiena, i polsi e le caviglie, perfino le sue corde vocali, cominciarono a pizzicargli, a bruciare sottopelle. Come se fosse ritornato ad Azkaban e il dolore non si estingueva mai. Si attenuava per quanto possibile, ma sempre presente. Frustate, incatenato al muro senza libertà di muoversi se non di pochi centimetri, le scosse elettriche che lo portavano ad urlare come mai in vita sua, fino a perdere una voce che non usava se non in quei momenti. Ma erano settimane che era uscito di lì e tutte le sue ferite sono guarite bellamente, senza traccia della più piccola cicatrice. Sentì ugualmente bruciore ovunque. Allora, per sicurezza, giusto per esserne certo, si disse Draco, si toccò la schiena, si guardò i piedi, alzò le braccia leggermente e si controllò i polsi, poi lentamente alzò la manica del braccio sinistro. Ed eccolo lì, il Marchio Nero sul suo avambraccio, teschio e serpente incisi sulla sua pelle per il resto della sua vita. Ma decisamente sbiaditi. Decisamente privo di ogni potere, morto. Proprio come Il Signore Oscuro.

«Draco?» lo chiamò Hermione, mettendogli una mano sulla schiena. E dal suo sguardo preoccupato notò che cercò di riportarlo nel presente più di una volta. E la fissò per quello che potevano sembrare minuti e si chiese perchè sul suo volto non vi era alcuna traccia di paura e terrore per essere entrata in quella Villa, in quella sala. Dove lei fu una delle tante vittime torturate, una delle tante urla e corpi che si contorcevano sotto la Maledizione cruciatus. Come faceva ad essere fiera e coraggiosa anche in quel momento. Perchè lui non sapeva esserlo? Perchè lui non riusciva a superarlo? Rimaneva bloccato in quel limbo buio fatto solo del suo passato da Mangiamorte. E come a leggergli nella mente Hermione parlò.

«E’ la prima volta che torni dopo tutto quello che è successo. E’ normale che ti senti in questo modo. Io ho perso metà del tempo che mi è stato concesso, bloccata qui... Non riuscivo a muovermi...» 

D’istinto il ragazzo allungò una mano e le accarezzò i capelli, forse per ringraziarla silenziosamente della sua comprensione. Contento che ci fosse lei accanto in quel momento, lei che era tanto più forte di lui ad affrontare gli orrori del passato da sola. Draco era pienamente consapevole che non ne fosse stato in grado. Hermione arrossì, gli prese la mano e la baciò delicatamente per poi allontanarla imbarazzata da quel gesto spontaneo. Draco sorrise. 

«Hai visto il mio marchio, mostrami il tuo.» comandò, ma la sua voce era molto cauta, gentile. Hermione scosse la testa stringendo la manica della camicetta. 

«Non c’è nulla da vedere.» rispose tra le labbra, ma Draco le afferrò il braccio malamente e le tirò su la manica. Ed effettivamente non c’era nulla da vedere se non la sua perfetta pelle, senza alcuna traccia di una cicatrice. Ed era convinto che il pugnale che sua zia Bellatrix fosse intriso di qualche maledizione oscura per fare in modo che si ricordasse ogni giorno quale fosse la sua razza, quale fosse il suo posto nella società. 

«Com’è possibile?» domandò a denti stretti. 

«Sono riuscita a trovare un unguento contro questo tipo di magia. Grazie anche all’aiuto di specialisti. Bellatrix non ha usato una maledizione sconosciuta o di una potenza tale-» 

Le scostò il braccio interrompendo le sue spiegazioni, irritato. Fortunata anche in questo, pensò. Ha perfino avuto la possibilità di eliminare quel simbolo che l’avrebbe legata irreparabilmente ai ricordi infelici. 

Si voltò verso il camino e si portò le mani dietro al collo alzando la testa, cercando di alleviare la tensione del collo. Guardò il suo riflesso nel grande specchio sopra il camino, incorniciato d’oro e con inciso in alto lo stemma della famiglia Malfoy. Almeno quello non riuscirono a toglierlo, ma anche volendo sapeva che quello specchio era parte integrante della casa, impossibile scollarlo da quel muro, grazie all’incantesimo di adesione permanente. Guardò il suo riflesso e poi quello della Granger accanto al suo che ricambiava lo sguardo e non potè fare a meno di sorridere.

«Hermione, cosa vedi?» chiese senza però distogliere gli occhi dallo specchio.

«Che cosa intendi dire? Vedo noi due.» rispose come se fosse un’ovvietà.

«Ovviamente. Per te è un specchio come un’altro. Ma devi sapere che è appartenuto al capostipite della famiglia Malfoy ed è stato tramandato di generazione in generazione insieme a questa casa.  Per chi ha nelle proprie vene il sangue Malfoy -o entra a far parte della famiglia dopo il matrimionio- non è uno specchio qualunque. Un membro della famiglia, vede prima il proprio riflesso e poi solamente di colui che non lo tradirebbe mai, per nessuna ragione al mondo. Vede il riflesso unicamente di colui che anche nella più remota parte del suo cuore non deciderà di ferire il Malfoy che si sta specchiando. Così il mago o strega può sapere di chi si può fidare e di chi, invece, deve stare attento...» 

La Granger apre la bocca senza parole 

«Quindi durante il periodo in cui i Mangiamorte e-» cercò di domandare ma Draco la anticipa sul tempo.

«Vedevo il riflesso dei miei genitori e di nessun’altro. Il salone poteva essere anche pieno di gente, ma sullo specchio c’eravamo sempre e solo noi tre. Non ho idea di cosa vedevano mio padre e mia madre. Ma penso la stessa cosa, non si fidavano di nessuno.»  

Hermione si avvicinò a lui fino a quando le loro braccia non si toccarono e trattenne il respiro.

«Adesso che cosa vedi?» sussurrò a bassa voce, quasi timorosa, ma probabilmente conosceva già la risposta. Voleva solo sentirla dire direttamente da lui.

«Vedo una Sanguesporco che si rifiuta di accettare i propri sentimenti verso un dannato Mangiamorte.» 



 

Trascorrono un’ora buona ad organizzare tutto il piano per far sì che Draco potesse rimanere più a lungo a New Orleans senza che nessuno se ne accorgesse. Grazie a Blaise si ritrovano subito sottomano la Pozione Polisucco. “In caso di emergenza” si è giustificato Zabini sotto lo sguardo perplesso del resto dei maghi dopo aver aperto, nel piccolo laboratorio privato, un cassetto pieno di fiale piene di pozione. Si sono messi d’accordo che Harry e Ron sarebbero rientrati a Godric’s Hollow, con Ron trasformato in Draco, in modo che gli Auror di turno per il controllo giornaliero lo vedessero dentro casa. All’inizio hanno pensato di ritornare in tarda serata, ma concordano che sarebbe stato meglio che qualcuno fosse presente per ogni necessità e tipo di intoppo.

Anche Draco avrebbe bevuto una dose di pozione con dentro capelli di alcuni anonimi clienti del negozio di Blaise, recuperato grazie ad un elfo. Non mancano, però, le continue lamentele del biondo gli scontri con Hermione.

«E’ diverso adesso! All’andata dovevano vederti uscire con noi per “prendere una boccata d’aria” ed il piano originale non prevedeva che stessi in mezzo ad una strada degli Stati Uniti per più di 40 secondi di camminata! Vuoi rimanere più a lungo qui? Allora taci e fa come ti diciamo!» 

Per quanto riguarda Hermione si sono messi d’accordo che con un semplice cambio di colori dei capelli e acconciatura ed un paio di occhiali da vista finti sarebbero bastati. 

«Perchè diamine io devo bere la pozione polisucco mentre a te basta cambiare i capelli?» 

«Perchè anche se qualcuno mi riconoscesse, non sono una detenuta di Azkaban! Potrei semplicemente dire che sono qui per vacanza e non volevo farmi riconoscere per mantenere la privacy. L’importante è che non riconoscano te, visto che la tua famiglia ed i tuoi processi sono usciti sui giornali più volte!» gli continua a spiegare la Granger, seccata più che mai dall’insistenza del ragazzo. 

«Merlino. Sono proprio contento di non avere alcun tipo di popolarità. Tutto questo stress mi avrebbe ucciso.» commenta sarcastico Blaise dopo il terzo battibecco dei due. 

Pronti sul da farsi, Harry e Ron vengono accompagnati dagli altri tre alla metropolitana magica per tornare al negozio e materializzarsi da lì, alla passaporta di servizio in Illinois con cui si erano decisi a tornare. Ma prima arrivati alla porta Harry si volta verso Blaise e gli dice

«Penseremo anche ad un modo per farti venire a trovare Draco. In maniera sicura ovviamente.» 

A quelle parole Blaise sgrana gli occhi leggermente, riempiti poi da una luce nuova. Gli stringe la mano, forse con più forza del normale e gli rivolge un sorriso, sincero. «Non vedo l’ora.»

Dopo che i due ragazzi escono di casa, Draco e Blaise sono tanto eccitati dall’idea di uscire fuori che senza neanche uno sguardo si dirigono nel piccolo laboratorio per prendere una fiaschetta di pozione polisucco. Hermione li segue nonostante la difficoltà nel star loro dietro. 

«Sono tutti capelli diversi, come facciamo quando finisce la pozione di uno?» domanda Draco quando apre la fiaschetta e fa una smorfia annusando la pozione. Non sanno per quanto rimarrano fuori casa, quindi hanno deciso di portare più dosi e più capelli. 

«Oh non ci pensare troppo, andiamo in bagno e bevi un’altra.» gli risponde semplicemente Blaise, mentre guarda Hermione accorciarsi i capelli di parecchio, fino ad averli corti come quelli di Harry, ma decisamente più in ordine. Li fa diventare di un biondo cenere e fa apparire un paio di occhiali dalla montatura quadrata. «Ciao Signorina.» saluta Zabini con tono divertito «Mi stanno tanto male?» chiede con tono preoccupato, anche se con molto probabilità non tanto da farli tornare come prima in modo da continuare con la sua copertura.

Draco di volta a guardarla e nonostante non apre bocca non nasconde l’espressione di contrarietà di quel nuovo taglio e colore. A lui piacevano tanto i capelli di Hermione così com’erano. Lunghi fino a poco sotto la spalla, castani con alcune ciocche più chiare e decisamente ricci e cespugliosi, non lisci ed ordinati come in quel momento. Certo, rispetto ai primi anni ad Hogwarts la Granger ha imparato come domarli e come rendere il suo riccio più morbido, ma la matassa di capelli in cui Draco ci infilava le mani mentre facevano l’amore e il suo viso quando si addormentava stringendola tra le braccia sono decisamente più belli.

«Ma in realtà hanno un certo non so chè…» commenta maliziosamente Blaise. Draco fa cadere la conversazione bevendo la pozione. Si trasforma in quello che sembrava essere un ragazzo quasi sulla trentina, capelli neri abbastanza lunghi, occhi verdi e coperto di tatuaggi su entrambe le braccia e sul collo. Ignora decisamente le battute di Zabini mentre si dirigono fuori. Finalmente Draco Malfoy esce alla luce del giorno, o meglio tramonto dato l’orario. Può camminare tranquillamente in mezzo alla gente, entrare nei pub, nei negozi, comprare qualcosa da mangiare, bere un goccio di Whisky, può fare tutto quello che desiderasse.

Solo quando camminano per un pezzo del viale in cui abitava Blaise, comincia a tentennare. E’ da più o meno quattro anni che è isolato dal resto del mondo. Le uniche persone con cui interagisce sono sempre stati i Tre-Salvatori-del-mondo-magico, la famiglia Weasley e sua zia Andromeda col piccolo Teddy. L’unico posto che ha frequentato fino a quel giorno è stato puramente una cella ad Azkaban, casa di Potter e qualche volta la Villa. Rallenta il passo, rispetto ad Hermione e Blaise che continuano a camminare spediti. Loro se ne accorgono e si voltano a guardarlo. Non sa che espressione ha assunto la faccia dello sconosciuto, ma i due maghi capiscono che Draco stava avendo qualche timore a passeggiare come nulla fosse, all’aria aperta e trascorrere il resto della giornata come un comune mortale. Gli afferrano le braccia posizionandosi ai suoi lati e lo trascinano lungo il viale. Ricomincia a respirare.

E dopo quello che per il giovane Malfoy è sembrata un’eternità, si gode finalmente ciò che tutto il resto del mondo chiama libertà. Libero dalla paura, dal terrore di essere controllato o seguito, paura di essere catturato e torturato. Camminano per le strade del centro di New Orleans, sorridendo e chiacchierando. Blaise lo porta in tutti i bar ed angoli della città preferiti. E Draco chiacchiera fino a che la gola non gli diventa secca, si guarda intorno tanto velocemente da fargli girare la testa. Assaggia quello che secondo Blaise ed Hermione i babbani chiamano hod-dog, si sofferma ad ascoltare una cantante di strada accompagnata da un’altra ragazza con il tamburello, mentre qualche ragazzino balla a tempo di musica. Mangiano per cena dello street-food e bevono una birra che per i gusti di Draco è troppo acquosa. Si siedono in una banchina in una piccola piazza piena di altra gente che ha avuto la stessa idea. I lampioni bassi con luce gialla della città e quelle di alcuni balconi dei palazzi contribuivano ad enfatizzare la nomina della città come la madrepatria della musica jazz. 

Finito di mangiare, con una sigaretta tra le labbra, Draco comincia a sentire un pò di sonnolenza, ma grazie a Blaise si riscuote subito.

«Forse ancora è presto, ma direi proprio di andarci ora. Sicuramente ci sarà già qualche band a suonare ed in più i drink sono strabuoni!»

«E’ un locale di babbani?» domanda Hermione con occhi lucidi di speranza e felice di vedere come un ragazzo che doveva odiare fino al midollo quella che consideravano razza inferiore, si è ambientato facilmente nel loro mondo. 

«Con tutto il rispetto, Granger. Basta babbani. Sono a contatto con loro quasi tutti i giorni, dipende se entrano nel mio negozio. Inoltre, abbiamo girato abbastanza la città in mezzo a loro. Direi che sia giunto il momento di tornare in posti con la magia.»

Detto questo, li guida lungo un paio di quartieri e camminano a lungo. Si allontanano di parecchio dal centro della città, e si immettono in uno stretto vicolo, dove a malapena passa un bambino. 

«E’ solo un illusione. Appena mettete piede dentro il vicolo si allarga del tutto.» li tranquillizza, mentre tocca con la bacchetta il muro destro. Infatti, appena infilata una gamba, il vicolo prende le dimensioni di una normale strada di città. 

Raggiungono la serranda di un vecchio garage di colore rosso, coperto di graffiti e poster. E senza soffermarsi più di tanto Zabini la fa scorrere verso l’alto con la bacchetta e li fa cenno di entrare. Appena chiusa la serranda alle loro spalle, quello a che primo impatto sembra un garage completamente vuoto, si trasforma in un locale in tutto e pertutto con annesso palco, piano bar e clienti al suo interno. La musica copre ogni tipo ti tentativo dei ragazzi di parlare tra di loro, tanto che devono parlarsi attaccati all’orecchio per sentirsi. Ci tavoli tondi con sedie imbottite ad ogni angolo tranne che al centro, lasciato libero per chi volesse ballare. Ai due lati ci sono due file di colonne, cui facevano da entrata per i tavoli rialzati con i divanetti. C’è perfino un soppalco che probabilmente accoglieva altri tavoli, per chi volesse più intimità. La band suona già da parecchio tempo dato le perle di sudore sui volti dei musicisti, in particolar modo il saxofonista. 

Blaise li spinge verso il lungo bancone di legno scuro, consuto di alcool e rigato. Si fanno largo tra la gente in piedi al banco e Blaise chiama una giovane ragazza dai capelli corvini legati in due lunghe trecce alla francese. Con i grandi occhi a cerbiatta accoglie Blaise con un grande sorriso, mostrando il piercing sotto il labbro superiore. Dopo qualche convenevole tra Blaise e la ragazza, ordinano da bere per poi brindare e buttare giù un lungo sorso della proprie bevande. 

Blaise circonda Draco con un braccio e gli infila una sigaretta in bocca.

«Ci ho provato con lei per settimana»gli urla all’orecchio, riferendosi alla banconista «E alla fine ho scoperto che l’altro proprietario del locale è suo marito. Lei fedelissima, per mia sfortuna. Ho ricevuto una grande batosta, mi era innamorato perso.» poi rivolge all’amico un sorriso più grande che mai, guardandolo dritto negli occhi.

«Anche se non sei con il tuo aspetto, sono davvero felice che tu sia qui. Mi sei mancato amico mio. A proposito...» si volta verso Hermione quando dice «Mi sa che sta per scattare l’ora, forse è meglio che bevi la pozione. Giusto Hermione?» la ragazza guarda velocemente l’orologio al polso ed accenna. 

«Andiamo in mezzo alla pista, così non vieni visto da Clare. Se ti vede con qualche bevanda che non sia di questo posto ti schianta.»  

Si fanno coinvolgere dalla musica e dalla gente attorno che ballava il più velocemente del previsto. I loro bicchieri si svuotano in un batter d’occhio seguito poi da altri portati da Zabini che non permette a Draco ed Hermione di prendersi qualche minuto di pausa. Gli effetti della sbornia si mostrano in tutto e per tutto quando i tre ragazzi ballano e si abbracciano con degli sconosciuti, cantano a squarciagola canzoni che nemmeno conoscono. 

Draco si allontana per qualche secondo dalla pista, va in cerca di un angolo per riuscire a riprendere fiato e fumarsi una sigaretta senza che nessuno gli venisse addosso. Magari avrebbe bevuto anche un sorso della pozione polisucco, non era sicuro quanto tempo fosse passato dall’ultima volta se dieci minuti o cinquanta, ma per togliersi il cruccio, beve le ultime gocce rimaste con una smorfia. La prossima avrebbe dovuto prendere un'altra fiaschetta e inserire un capello nuovo. Sale sul soppalco sperando di riuscire a respirare meglio da lassù e fortunatamente trova la maggiorparte delle persone sedute ai tavoli intente a chiacchierare, bere o mangiare. Si affaccia dalla ringhiera, mentre con la bacchetta di Blaise si accende una sigaretta. Guarda verso il basso e scorre lo sguardo per individuare gli altri due, la musica nel frattempo si era calmata leggermente, segno che la band di quell’ora stava cedendo il posto alla prossima. Li avvista vicino ad una cassa del palco, ridevano per qualcosa che ha detto Zabini mentre la invita per un ballo di coppia. Ondeggiano e girano a tempo di musica, e Draco capisce che fa tutto Blaise dato che per i primi secondi Hermione inciampa sui suoi stessi piedi. Cominciano a parlare uno nell’orecchio dell’altro. Dopo un pò nota che rallentano il passo nonostante la musica entra nel ritornello, concentrati nella conversazione. Non si accorgono nemmeno che la canzone è finita e subentra subito un'altra dalla nuova band. E Draco, nonostante avesse finito la sigaretta, resta li a guardarli temendo il peggio, perchè Blaise a mano a mano che la loro conversazione va avanti, si irrigidisce, serra la mascella e guarda dritto negli occhi Hermione. Non aveva idea che sguardo poteva avere. Hermione, dal canto suo, muoveva le labbra velocemente senza tregua, le guance arrossate e sopracciglia aggrottate. Eppure si era fatto promettere da Hermione che non avrebbe chiesto a Blaise nulla riguardante la sua udienza. E’ sicuro come la morte che gli sta proponendo esattamente di testimoniare, di uscire allo scoperto rischiando tutto. Sta per voltarsi e correre giù per fermare ogni cosa, ma poi i due si stringono leggermente, Blaise le fa fare una piroetta e si rivolgono un semisorriso, come per chiudere un discorso. Scende con un improvvisa voglia di bere dell’acqua per togliersi quel groppo in gola. Appena scende le scale si ritrova davanti i due ragazzi. Vedono la sua faccia preoccupata, i suoi occhi si posano prima su Blaise e poi si soffermano su Hermione, per cercare una conferma alla sua ipotesi. Ed ovviamente Hermione distoglie lo sguardo immediatamente e beve un sorso del suo drink. Draco se potesse la fulminerebbe con lo sguardo seduta stante, ma Zabini prende la mano della ragazza e le da un leggero bacio sul palmo. Hermione diventa più rossa in volto e rimane a bocca aperta, mentre Zabini si volta verso il biondo e gli rivolge un sorriso tranquillizzante. E con quel gesto Blaise riesce a frenare ogni tentativo del giovane Malfoy di aprire una discussione. Almeno per quella sera.


Era appena passata la mezzanotte quando Malfoy chiuse il libro di Storia d’alchimia orientale. Stanco si strofinò gli occhi e si alzò per sgranchirsi un pò la schiena. Il suo ultimo esame per i suoi MAGO si sarebbe tenuto da li ad una decina di giorni, ma fortunatamente con la lettura di quella sera aveva finito tutto il materiale. Doveva semplicemente farne un ripasso. Anche se ci mise quasi un anno dal completamento del suo diploma -alcuni esami dati prima della sua incarcerazione ad Azkaban ed altri in quei due mesi che fu messo agli arresti domiciliari-, la Preside Mcgonagall gli comunicò che appena dato l’ultimo avrebbe ricevuto i MAGO con una media impeccabile. Soddisfatto, andò a prendersi in cucina una tazza di tè nero fumante per rilassare la mente. Almeno qualcosa andava per il verso giusto, pensò. Non che sperava nella sua assoluzione, ma pensare ad un ipotetico futuro, ad un carriera da intraprendere ed impegnarsi per gli esami, gli tenne la mente occupata da tutto il resto. La medimagia era un campo molto interessante, ma altrettanto il pozionista o alchimista distoglievano la sua attenzione da altri mestieri, non che si staccavano l’uno dall’altro più di tanto, ma per iscriversi ad un corso di specializzazione doveva scegliere uno di questi.

Stava rimuginando su questi pensieri quando la porta all’entrata si spalancò di colpo, sbattendo contro il muro, e delle urla e risatine rimbombarono per tutta la casa.

«Stai attento! Sei caduto... come... un salame!» sentì praticamente urlare dalla Weasley, soffocata da grosse risate dal resto del gruppo. Ron ed Hermione entrarono in cucina ridendo ancora a crepapelle dall’apparente caduta di Harry all’entrata. 

«HEY! MALFOY!» urlarono in coro appena lo videro appoggiato al bancone dei fornelli con la tazza in mano. 

Harry, Ginny e George Weasley entrarono quasi facendo a gara a chi entrasse per primo.

Il gruppetto di amici si era organizzato ad andare a qualche festa e si aspettava che rientrassero la mattina dopo, come altre poche volte aveva scovato Potter rientrare all’alba strisciando lungo la parete per non cadere dalle scale. Invece, aveva cambiato idea a quanto pare.

«Abbiamo deciso di venire a festeggiare con te!» esclamò Potter.

«Ci siamo sentiti in colpa di lasciarti qui tutto solo» aggiunse Hermione.

«In realtà, io sono qui per vederti ubriaco Malfoy.» confessò Ron senza preamboli, seguita poi da Ginny che accennava violentemente con la testa.

«Abbiamo scommesso su di te che quanto ti ubriachi diventi l’opposto di quello che sei di solito. Quindi, o dai baci ed abbracci, diventi affettuoso, o c’è chi dice ti spogli e corri nudo per il giardino.» spiegò George lanciando un’occhiata alla sorella che nel frattempo aveva lanciato un occhiolino in direzione di Draco. «Io ho scelto la prima opzione. Non avevamo idea cosa ti piacesse così...» disse mentre tirava fuori bottiglie di vodka, vino e quant’altro

«...Abbiamo preso tutto.» terminò Ginny, prendendo la vodka, appellò con la bacchetta un bicchiere dalla cucina facendolo quasi sbattere contro testa di Draco e lo riempì velocemente.  

Dopo aver messo tutte le bevande sul tavolo lo guardarono tutti e cinque sorridenti, come dei bambini cui era stato promesso un gioco divertentissimo da fare. 

«Che branco di idioti.» commentò semplicemente Draco con un ghigno, mentre posava la sua tazza di tè e prendeva piuttosto un bicchiere. Ed in fin dei conti quel cambio di serata non gli dispiacque affatto, nonostante dovesse trascorrerla con quei tipi. Se lo riempì di Whisky incendiario e venne acclamato da un caloroso applauso degli altri maghi. Harry si avvicinò spingendolo a bere forzatamente il primo bicchiere tutto d’un fiato.

«Giochi sporco, Potter.» gli disse mentre asciugava con una manica le gocce di Whisky sul mento «Detto proprio da te, Malfoy?» controbattè ironico.

Tra un gioco alcolico ed un altro, tra risate senza ragione e battute non capite, i bicchieri continuavano ad essere riempiti e consumati. Draco cercò di mantenere un certo grado di lucidità, anche se già dopo il secondo bicchiere sentì la testa più leggera, dato che non beveva con quel ritmo da parecchio tempo. Così ebbe la premura di consumare il quarto bicchiere più lentamente sedendosi su una sedia fuori in giardino. L’aria fredda di fine Novembre gli fece svegliare di più i sensi. Passò qualche minuto a rilassarsi nella quiete notturna che i maghi all’interno della casa si accorsero della sua assenza e cominciarono a schiamazzare a destra e sinistra. 

Corsero fuori in giardino, dimenticandosi immediatamente delle loro ricerche e si misero a correre di qua e di la a saltare e ballare la musica che risuonava dall’interno. E Draco non potè fare a meno di sorridere lievemente. Era passato tanto tempo, troppo, dall’ultima volta che passava una serata piena di vita, risate e occhi pieni di gioia come quella. Li guardò trotterellare per il giardino felici con il bicchiere in mano, perdendosi tra i pensieri. Non si accorse che Ginny si posizionò dietro di lui, si chinò leggermente e con un braccio sulla sua spalla e il viso sull’altro lato ,gli allungò un pacchetto di sigarette di fronte al viso, ancora perfettamente chiuso.

«Me lo sono dimenticato che te l’avevo comprate.» gli sussurrò con tono divertito.

«Questa è proprio una notte piena di sorprese. Prima alcol e adesso sigarette?» parlò Draco non nascondendo la sua contentezza di ritrovarsi tra le mani un nuovo pacchetto di sigarette «Grazie Weasley, ma la prossima volta non farmi aspettare due settimane per avere un pacco nuovo.» Ginny gli diede in risposta un leggero schiaffo dietro la nuca, per poi raggiungere Harry e scoccagli un sonoro bacio in bocca. 

Continuano a volteggiare e sganasciarsi dalle risate quando George fece cadere per ben tre volte Ron e Draco rimase lì sul portico a guardarli mentre fumava, assaporando boccata dopo boccata la nicotina scendere giù in gola. Li osservò, sereno, leggero, magicamente senza alcuna preoccupazione in mente. Ma non potè fare a meno di pensare a Daphne e Blaise, alle loro notti passate in bianco come quella. Fu nostalgico tutto in una volta e si sentì piuttosto solo, emarginato da quel mondo dei valorosi eroi di cui non ha mai fatto parte. Malfoy faceva parte di un altro mondo, un’altra parte della storia. Si sentì un pesce fuor d’acqua. Draco non aveva niente a che fare con nessuno di loro se non per via della sua attuale situazione. 

Poi il suoi occhi cadono automaticamente sulla figura di Hermione che, anche lei decisa a mantenere un certo livello di lucidità, si bagnò le labbra col vino all’interno del suo bicchiere, mentre rideva per qualcosa che ha detto Ron. Forse, in una minima parte, faceva parte anche lui di quella nuova vita che lo stava aspettando. 

Da quando si era confessato a lei, decise di fare un passo indietro, di aspettare che sia lei a fare il prossimo passo. Ad ammettere che tra di loro ci fosse qualcosa. Non mancarono occasioni che si sfiorarono e si guardarono più a lungo del previsto. In particolar modo quando andarono alla Villa e rimasero solo in biblioteca a leggere dei libri, sentì l’urgenza di stringerla e baciarla, ma si trattenne. Non riusciva a capire perchè era tanto difficile per Hermione accettare i proprio sentimenti e quelli di Draco. Sarebbe stato tutto più semplice. Ma forse tutto quel coraggio che l’aveva sempre caratterizzata le veniva meno quando si trattava di storie d’amore, ricordandosi della sua storia con il Weasley. Ma di certo Malfoy non avrebbe aspettato sei anni per avere qualcosa. 

Ad un certo punto Ron strinse Hermione in un forte abbraccio, sollevandola leggermente e facendo cadere i loro bicchieri. Buttò il mozzicone di sigaretta a terra e la spense pestando col piene forse in maniera più forte del normale, domandandosi come mai aveva tutta quella confidenza con il rosso, quando il loro ostacolo più grande era sempre stato l'imbarazzo, mentre con lui era già tanto che gli stringesse una mano. 

Passarono pochi secondi che Potter corse loro incontro gridando «Anche io, anche io voglio un abbraccio!» li strinse tra le braccia ad entrambi, seguito poi da Ginny e da George, scoppiarono a ridere quando rischiarono di cadere tutti in massa. Si ammutolirono quando George esclamò.

«Ragazzi, ragazzi! C’è qualcuno che ci sta fissando!» tutte le teste si voltarono verso di lui e lo guardarono con occhi assottigliati per metterlo a fuoco meglio. 

«Ci guarda come se fossimo degli animali dello zoo.» disse Harry, offeso.

«Forse è la prima volta che vede un abbraccio. Non ha idea di cosa sia.» ipotizzò Ron.

«aah!» esclamò Hermione, illuminata da un’idea improvvisa e sconvolta allo stesso tempo «e se non sa che cos’è un abbraccio veramente? se non ne ha mai dato o ricevuto uno?» 

«Dovremmo rimediare ragazzi.» disse asciutta Ginny.

«Non-» cercò già di proteggersi Draco, prevedendo quello che stava per accadere. 

Infatti con un “carica!” della Weasley si lanciarono tutti al suo inseguimento. E Draco desiderò tanto avere una bacchetta a portata di mano in quel momento da poterli schiantare tutti insieme, ma non potè fare a meno che mettersi a correre, cercando di evitare le loro braccia che si allungavano verso di lui. Entrarono in casa, poi uscirono di nuovo in giardino.

Si voltò a dare un occhiata se fossero abbastanza vicini e vide Hermione correre dietro di lui con un largo sorriso. Si fermò e allungo le braccia nella sua direzione pronta ad accoglierla. Gli saltò addosso e lo strinse in un abbraccio strangolatore. Seguito poi da George che li face cadera a terra, da Harry, Ginny e Ron. Tutti sdraiati sopra di lui, urlarono per la vittoria di aver abbracciato, per modo di dire, Draco. E stranamente Draco ne fu felice perchè strinse tra le sue braccia Hermione e in minima parte anche per quel momento di condivisione con gli altri. Ma non l’avrebbe mai ammesso nè da brillo nè tanto meno da sobrio.

«Ok. Ok. adesso alzatevi che mi state schiacciando. Siete pesanti come degli Erumpent. Da domani insalata per tutti.» biascicò Draco, schiacciato dal loro peso, anche se desiderava continuare a stringere tra le sue braccia Hermione.

Dopo un pò cominciarono ad acquietarsi e decisero tutti insieme che era giunto il momento di andare a dormire. Ginny decise di rimanere lì a dormire, mentre George e Ron tornarono a casa propria. Erano rimasti Draco ed Hermione nel salotto di casa, lui seduto sulla sua poltrona, con una sigaretta tra le labbra, lei che cercava di mettere un pò d’ordine ma ci rinunciò dopo il quinto bicchiere che portò nel lavabo della cucina. Si accasciò sul divano esausta, con le gambe leggermente aperte, rifiutando ogni tipo di femminilità, nonostante indossasse un vestito lungo bianco che le lasciava la schiena nuda.

«Stai bene, Granger? Non sarai ubriaca?» le chiese, stuzzicandola un pò, quando la risposta era palese davanti ai suoi occhi. 

«No.No. Sono solo allegra. Sto bene.» gli rispose tenendo ancora gli occhi chiusi. Draco fece un cenno anche se Hermione non lo vide. Spense la sigaretta nel posacenere sopra il bracciolo, si alzò e si avvicinò a lei. 

«Allora, visto che non sei ubriaca... Mi concedi un ballo?» le chiese a bassa voce, allungando una mano verso di lei. Hermione spalancò gli occhi ed incontrò quelli grigi di Draco.



 

A metà della notte, decidono di rientrare in casa di Blaise ad aspettare il momento giusto per ritornare a Londra, dove, approfittando dell’uscita di Potter da casa per andare a lavoro, si sarebbero intrufolati per scambiare il posto con Ron. 

Hermione, troppo insonnolita per la lunga giornata, si chiude in una delle camere per dormire un paio d’ore, prima della loro partenza. I due ragazzi si siedono sul divano del salotto, cercando di smaltire la sbornia sgranocchiando qualcosa e fumando il resto delle sigarette rimaste. 

Draco allunga la vista verso alcun ripiani presenti in un lato della stanza e vede alcune cornici. I suoi occhi cadono su una figura con dei capelli esageratamente lunghi, biondi e legati in una coda alta. Sospira nostalgico. Quella città le sarebbe proprio piaciuta a Daphne. Anche Zabini segue il suo sguardo e pensa la stessa cosa. 

«Mi manca. Ogni giorno.» confessa Blaise, sussurrando.

«Già...» si deve sforzare ad aggiungere altro, si sentiva improvvisamente troppo debole per affrontare quell’argomento, troppo sentimentale. Probabilmente causato dall’alcol. «Le sarebbe piaciuto vivere qui. C’è tutto ciò che amava... e poi… il tuo negozio… hai avuto una meravigliosa idea...» 

Blaise non risponde per qualche secondo, rimane in silenzio fumando il resto della sigaretta, senza distogliere lo sguardo dalla fotografia. Troppo lontana per osservarla effettivamente.

«Mi sentivo in dovere di fare qualcosa… meritava di più, di più di un falò come funerale… volevo che fosse ricordata...» 

Draco accenna con la testa anche se Blaise non lo guarda. Rimangono in silenzio a lungo, accendendosi un’altra sigaretta e abbandonandosi alle leggere vertigini della sbornia. Ma il groppo in gola di Draco non ha intenzione di andarsene. Il petto gli si stringe, forse pronto a vomitare. Ma non avviene. 

«Blaise... mi sento.. intrappolato.» dice, cercando di spiegare quel magone presente non solo in quel momento, ma che l’ha accompagnato per tutti quegli anni. 

«Ci credo. Tutti questi anni chiuso-» comincia a parlare l’amico ma Draco lo interrompe «No, non intendo quello. Almeno, non solo quello. Mi sento intrappolato. Sembra che tutto il mondo stia andando avanti, come se la guerra non ci fosse stata. Tutti hanno voltato pagina, superato ogni dolore. Quei tre con le loro carriere, tu qui... Mentre io… è come se fossi ancora bloccato durante la guerra.. non ce la faccio.. c’è sempre qualcosa che frena ogni mio volere di andare avanti...non riesco a dimenticare...» si confida con Blaise, finalmente liberandosi di tutto quel peso sul petto. 

«Penso piuttosto che tu stia rimuginando troppo. Non devi dimenticare. Non si dimenticano certe cose, anche volendo. Io non ho dimenticamento. Tantomeno il trio degli eroi. Ognuno ha imparato a convivere con il proprio dolore. E tu.. lo stai facendo anche tu Draco, ma non te ne rendi conto...»

Il biondo lo guarda accigliato, non capendo. 

«Potter, Granger ed anche i Weasley, di quanto ho capito ti hanno accolto, sei entrato nelle loro vite, come loro nella tua. Ed Hermione… devo confessarti che ero un pò scettico all’inizio… mi domandavo cosa potessi trovarci in una bacchettona come lei, ma poi ho constatato che non è male come credevo. Se questo non è andare avanti Draco.. non ho idea di cosa tu voglia di più se non stare insieme alla persona che ami.»

In quel momento entra Hermione con la faccia assonnata e i capelli più arruffati che mai. Draco si perde ad osservarla, mentre si avvicina dicendo qualcosa a cui non da ascolto, ma incantato dal sorriso che le si è formato sul volto. Si allunga per prenderle la mano ed avvicinarla di più a sè. La guarda negli occhi da seduto, e non riesce a capirne il motivo, ma gli occhi gli pizzicano e si schiarisce la gola. 

«Hai proprio ragione Blaise.»

 

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