Sherlock, il mondo deve sapere.

di naisia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Blog ***
Capitolo 2: *** Serie Tv ***
Capitolo 3: *** Fanfiction ***
Capitolo 4: *** Manga ***



Capitolo 1
*** Blog ***


Il blog




Sherlock non aveva mai compreso completamente cosa spingesse John a farlo.

Dopotutto un dottore, ovvero un uomo di scienza che aveva votato la sua intera vita ad uno studio razionale della malattia e, quand'era possibile, alla cura di essa.

E se questo non fosse stato un segnale sufficiente per contraddistinguere un individuo dal temperamento pragmatico, bastava pensare che John era stato anche un soldato e aveva visto abbastanza cose in guerra da inaridire anche il più poetico degli animi.

Eppure, purtroppo, così non era.

Sherlock imputava quasi tutta la colpa a quella incompetente di Ella, la terapista del suo coinquilino, che aveva dato il via a quel disastro con una delle sue stupide terapie.

Se non avesse odiato Mycroft più di quanto odiava quella donna probabilmente lo avrebbe implorato di farla radiare da ogni albo di psicologi del pianeta, così forse avrebbe cessato di seminare morte e distruzione tra i (già scarsi) neuroni dei suoi pazienti.
Però non si poteva dire effettivamente che la causa di quel problema fosse esclusivamente della psicologa ma anche del dottore, che non si era semplicemene lasciato trascinare da quella follia.

Oh, no.

John Watson ci si era letteramente tuffato a pesce con un triplo salto carpiato avvitato olimpionico e ora ci sguazzava allegramente dentro.

Assolutamente ridicolo!

E non aveva neppure la decenza di mostrarsi imbarazzato per quel deplorevole passatempo, tuttaltro!
Passava il tempo a pavoneggiarsi gonfiando il petto come un gallo cedrone, e quando lui cortesemente tentava di fargli notare che così si rendeva ridicolo John lo guardava con aria di soddisfatta superiorità e se ne usciva con la seguente frase.

"Ammettilo che sei solo invidioso perchè il mio blog ha molte più visualizzazioni del tuo"

Ed era in quei momenti che a Sherlock veniva una gran voglia di correggere il caffè mattutino del suo amico con una generosa dose di stricnina.
Tuttavia si limitava a fissarlo in cagnesco e a ringhiare un "Non è un mio problema se il 99,999% della razza umana è composto da idioti sentimentali" per poi raggomitolarsi sulla sua poltrona con il laptop poggiato sulle chilometriche gambe per spulciare tra le mail dei clienti.

Inaudito! come poteva anche solo concepire John che lui potesse essere invidioso di quell'accozzaglia di resoconti dei loro casi che lo ritraevanco come una specie di supereroe dei fumetti?
E poi ciò che il medico non sembrava in grado di intendere era che il sito in sè non lo infastidiva poi molto, dopotutto per quanto imprecisi e iperbolici i racconti del biondo dottore compiacevano spesso il suo smisurato ego.

No, ad irritarlo erano le reazioni che suscitava nei lettori.

Sempre più spesso gli capitava di essere fermato per strada (soprattutto quando era in compagnia di John, a quanto pareva insieme erano più riconoscibili) e di sentirsi chiedere un autografo da qualche decerebrato che si definiva suo fan.
Un paio di volte era addirittura accaduto che degli imbecilli li avessero riconosciuti durante un appostamento, facendo saltare la loro copertura e rischiando seriamente di trasformare il consulente investigativo in una furia omicida.
La loro vita dipendeva esclusivamente dalle abilità di placcaggio e di trascinamento di John, che ogni volta, grazie al suo passato di ex soldato, era riuscito ad evitare una strage.

Ma c'era una categoria di lettori del blog del uo coinquilino che davvero Sherlock non poteva reggere.

Le loro conoscenze.

Da quando mezza New Scotland Yard aveva iniziato a seguire il sito di John ogni volta che entrava in centrale per una deposizione con la sua solita aria da "dio sceso in terra" c'era qualche battutina sulle sue lacune in alcuni campi del sapere umano che reputava completamente inutili.
Nei momenti in cui era di buon umore semplicemente rispondeva con qualche battutina velenosa. Come quella volta in cui aveva apostrofato Gregson ricordandogli che solo perchè a differenza di lui era al corrente del fatto che attualmente il regnante fosse una donna la nuova leva trentenne della narcotici non avrebbe acconsentito ad una sveltina sulla sua scrivania.

E poi c'era stata quella volta in cui uno dei ragazzi della scientifica che aveva avuto la balzana idea di schernirlo mentre si trovavano in centrale dopo un bagno fuori programma nel tamigi, seguito infelice di un inseguimento finito male.
Nonostante a sua discolpa ci fosse da dire che era stato insultato da Sherlock frequentemente e in modi piuttosto creativi lo stesso John era stato costretto ad ammettere che se la fosse andata a cercare.
Burnt, gli pareva che il tizio si chiamasse così, si era presentato con una arancia e qualche altro frutto che aveva disposto a terra, sotto lo sguardo irritato del detective.
Dopodichè si era messo a parlare come se davanti a lui ci fosse un bambino non troppo intelligente e non un Holmes, iniziando una spiegazione su come fosse costituito il sistema solare.

Per tutta risposta Sherlock si era lanciato in un lungo e mortificante elenco della vita sessuale dell'uomo, ottenendo come risultato un lungo silenzio teso, che alla fine era stato rotto solo da una recluta che era scappata dalla stanza in lacrime. Evidentemente la ragazza di Burnt, quella che secondo le deduzioni del moro era stata tradita più o meno sei volte negli ultimi due mesi e mezzo.
Lestrade li aveva banditi da New Scotland Yard per due settimane, costringendo il consulente investigativo a quattordici giorni di pura e sfibrante noia.

Per questo, e per una lunga altra serie di motivi Sherlock odiava il blog di John. Okay forse non lo odiava proprio....ma non gli piaceva affatto, chiaro?
Insomma era grato al medico per la pubblicità gratuita che gli garantiva, da quando erano diventati famosi i casi erano aumentati, e con essi la possibiltà di imbattersi in qualche omicidio interessante.

E magari anche di evitare che tutte le spese gravassero su John.

E forse, da qualche parte nel suo mind palace poteva addirittura arrivare ad ammettere che gli piaceva come John lo osservasse a lungo, cercando gli aggettivi migliori per descriverlo nel suo blog, cercando aggettivi diversi dai soliti "fantastico e brillante".

Ed era possibile che sotto sotto dopotutto quei complimenti non compiacessero il suo ego e basta, ma gli lasciassero una sensazione di calore nel petto ogni volta che leggeva attraverso la fredda schermata del suo computer i racconti del dottore.

Forse dopotutto quel sito non era poi così male.




Non so da dove sia venuta fuori, so solo che probabilmente me ne pentirò prima o poi (speriamo più poi che prima).

Dona l'otto per mille del tuo tempo a recensire questa cavolata: fai felice un'autrice indegna.
Grazie....(musichetta ad effetto in dissolvenzaaaaaaaaaaa....)

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Capitolo 2
*** Serie Tv ***


Serie tv


 

Dio questo capitolo è stato un parto.
Doveva venir fuori una cosina tipo l'altro e invece è uscito fuori....questo!
Spero che vi piaccia, io intanto vado a riprendermi da ciò che mi ha posseduta mentre scrivevo, qualunque cosa fosse.





Sherlock Holmes non credeva nei presentimenti.

Esattamente come non credeva nell'istinto, nelle idee folgoranti venute dal nulla e nei colpi di fulmine.

O meglio, per essere più precisi, non credeva nelle interpretazioni al limite del superstizioso che normalmente le persone davano a questi fenomeni.
Il cervello umano era una macchina estremamente complessa, nonostante spesso gli sembrasse di essere l'unico ad utilizzarlo a pieno regime. Quindi a maggior ragione per il consulente investigativo cose come l'istinto dovevano per forza di cose avere una spiegazione scientifica.

Un insieme di piccoli elementi di per sé insignificanti ignorati dall'Io cosciente che facevano però scattare il subconscio sull'attenti. Un po' quello che faceva lui con la sua scienza della deduzione, solo a comando e non come meccanismo secondario di difesa della mente.
Questo era per lui l'istinto.
Tuttavia quando quella mattina i suoi occhi si aprirono di scatto, dopo quattro ore e ventisei minuti di sonno ristoratore, ebbe la spiacevole e inspiegabile sensazione che quel giorno avrebbe portato con sé spiacevoli novità.

Ovviamente aveva subito scacciato il presentimento, giusto il tempo di passare in revisione le varie noiose incombenze quotidiane (Bolletta del gas e dell'acqua: pagate. Bolletta della luce: quel mese toccava John. Affitto: pagato ) che potevano aver causato quella sensazione di disagio e cancellò l'idea dalla mente.
Non gli fu troppo difficile visto che in quel momento un'altra di quelle cose in cui non credeva, ovvero un'idea folgorante, lo colpì: Da quando prestava attenzione a cose come l'affitto o le bollette?

A già, da quando John si era trasferito lì e lo fissava in cagnesco per giorni se mancava a qualcuno dei suoi compiti.

No, non era questo il motivo. All'inizio della loro convivenza aveva comunque evitato di compiere quegli incarichi tediosi, limitandosi a liquidare l'esasperazione del suo blogger replicando con aria annoiata "Noioso. Pensaci tu John, io sono occupato".

Da qualche tempo a questa parte invece assolveva ai suoi compiti, sbuffando e borbottando è vero, ma lo faceva. Ora che ci pensava due settimane prima John gli aveva anche chiesto di andare da Tesco a comprare un paio di generi alimentari strettamente necessari alla loro sopravvivenza.

E lui lo aveva fatto! Senza neppure protestare troppo!

Dovevano essere questi i tanto paventati effetti a lungo termine della droga di cui quel ciccione di suo fratello gli parlava quando, ai tempi dell'università, lo sbatteva periodicamente in rehab.

Balzò in piedi, indossò in fretta e furia la vestaglia blu e si precipitò fuori dalla sua stanza come un tornado.

Come diavolo aveva potuto non accorgersene prima?

Il salotto, che solo pochi mesi prima versava in un caos impressionante, ora poteva quasi dirsi ordinato.
Alla ricerca di conferme dei suoi sospetti raggiunse la cucina con ampie falcate e spalancò lo sportello del frigo, facendo tintinnare le bottiglie e osservando con orrore crescente ciò che conteneva.
I suoi esperimenti, (rispettivamente un fegato parzialmente carbonizzato, un pezzo di intestino immerso in una soluzione salina e un barattolo di bulbi oculari) erano stati ordinati nell'ultimo ripiano dell'elettrodomestico, lontano dal resto del cibo.

Piccolo, subdolo, infido John Hamish Watson!

Oh, era stato proprio bravo. Era riuscito a fregarlo per bene in tutti quei mesi, mentre lui correva dietro ai criminali della City, lui, poco a poco, oggetto per oggetto, aveva portato ordine nella sua vita.
Se c'era una cosa di cui Sherlock Holmes aveva sempre potuto compiacersi era di quanto fosse poco ordinato.
L'ordine non gli interessava, lo trovava inutile. A cosa serviva essere ordinati se tanto lui sapeva esattamente dov'era ogni cosa? E poi il suo caos era un punto d'onore, lo avrebbe mantenuto anche se fosse stato solo per irritare suo fratello.

Già, suo fratello. Come aveva fatto anche Mycroft a non accorgersi di una cosa del genere? Era impossibile che non gli avesse lanciato almeno una frecciatina in proposito.

Che fosse anche lui in combutta con John? No, improbabile: il suo coinquilino e lo sgradevole mr governo inglese si detestavano cordialmente. Quindi il dottore aveva fatto tutto da solo. Ammirevole considerata la sua scarsa attitudine all'inganno.

Il rumore di un campanello lo risvegliò dai suoi turbamenti.

Scampanellata breve, decisa: tipica di qualcuno che aveva familiarità con il posto dove stava per entrare.

Sherlock lanciò una rapida occhiata al calendario. Domenica ventisette novembre, per qualche motivo la data era cerchiata con il pennarello rosso. Irrilevante.
Quello che contava era che si trattava di un giorno festivo, quindi Lestrade era a casa sua dove probabilmente si stava godendo il week end con i figli strappati momentaneamente all'ex moglie. Non si sarebbe lasciato richiamare a New Scotland Yard neppure se improvvisamente un gigantesco T-rex fosse apparso in mezzo al Tamigi*. Mycroft si trovava a Ginevra probabilmente a far scoppiare qualche conflitto in medio oriente e la signora Hudson era al piano di sotto con le sue "deliziose" amiche del club di Macramè.

Quindi poteva trattarsi solo del perfido fautore di quella indesiderata conversione all'ordine e alla pulizia, di cui aveva appena scoperto i malefici sotterfugi.
Un sorriso diabolico si dipinse sul suo viso, aveva in tutto circa 3 minuti e ventisei secondi per mettere in pratica l'idea che gli era appena venuta.



47 secondi e un'altra scampanellata più tardi



La signora Hudson aprì la porta del 221B, con aria piuttosto contrariata.

Il viso sorridente di John apparve sull'uscio, mentre i due ospiti al suo fianco gettavano occhiate incuriosite all'interno dell'appartamento e confabulavano tra di loro.
"Signora Hudson! Come va l'incontro del suo club?" chiese entrando, mentre l'anziana si faceva da parte per lasciarlo passare.
La padrona di casa assunse un'aria sofferente "Andrebbe meglio se quel benedetto ragazzo di Sherlock si decidesse a scendere ad aprire la porta ogni tanto. Sa benissimo che non ricevo visite la domenica mattina, e poi non sono la vostra governante!" esclamò stizzita.

I sui sproloqui vennero però interrotti da un membro della coppia di accompagnatori di John, un uomo di mezza età dai corti capelli crespi leggermente brizzolati sulle tempie, che galantemente le prese una mano e vi depositò sopra un bacio cortese.

L'uomo si raddrizzò con un sorriso inquietante "La padrona di casa suppongo. Ho letto di voi nel blog tenuto dal qui presente dottore, lasciate che vi dica che non è riuscito a cogliere un decimo del vostro fascino."

L'anziana vedova sorrise lusingata, per poi strabuzzare gli occhi osservando l'altro uomo che era entrato "Ma, John, caro non mi avevi detto che era una riunione di famiglia, altrimenti avrei preparato qualcosa" esclamò, mentre osservava con aria confusa il nuovo arrivato.

John la guardò con altrettanta confusione "Mi scusi signora Hudson, ma non capisco. Qui non c'è nessuno dei membri della mia famiglia...".

Il dottore si interruppe udendo un rumore poco rassicurante provenire dal piano di sopra.

Chiuse gli occhi e contò mentalmente fino a dieci, pregando che quell'idiota del suo coinquilino non avesse fatto qualcosa di incredibilmente stupido.

Eppure glielo aveva detto, pensò salendo con apprensione crescente le scale che conducevano all'appartamento. Lo aveva implorato di comportarsi bene, almeno per quel giorno, perché no, nonostante quello che forse Sherlock pensava, i cartoni del latte non si materializzavano magicamente nel frigo e i soldi non crescevano sugli alberi e forse, forse, qualche entrata in più avrebbe potuto fare loro comodo.

Quando finalmente si affacciò sul salotto poco ci mancò che gli venisse un infarto.

Effettivamente dire che si era affacciato sul salotto non era propriamente corretto. Forse sarebbe stato meglio dire che si affacciò su quel che restava del salotto.
Perché della sistemata provvidenziale che aveva dato al loro appartamento in previsione di quella visita, per cercare di dare un'impressione quantomeno non pessima, non era rimasto nulla.

Tutto, tutto, TUTTO era stato sistematicamente messo in disordine: i fascicoli dei casi sparpagliati sul pavimento, i libri faticosamente riordinati erano ora pressoché ovunque tranne che nella libreria e come macabra ciliegina sulla torta, il fegato bruciacchiato era stato esposto in bella vista sul tavolo della cucina.
Il mancamento del blogger venne subito sostituito da una incazzatura colossale quando vide il responsabile di quel macello tranquillamente seduto sul divano ancora in vestaglia e pigiama, e che, al suo ingresso, si limitò salutarlo con un tranquillo e vagamente sornione "Ciao John".

Un pensiero unico e assoluto invase la mente dell'ex soldato.

"Questa volta lo ammazzo"

I suoi propositi omicidi vennero però momentaneamente accantonati quando percepì un movimento accanto a sé.

Uno degli sceneggiatori si guardò attorno con aria spaesata "questo è...è..." balbettò incredulo guardandosi intorno.

John sospirò affranto "Mi creda, sono mortificato, è tutta colpa di..." "Fantastico!" esclamò l'uomo senza dar segno di aver udito.

Sia il dottore che Sherlock, rimasto sorprendentemente in silenzio fino a quel momento lo guardarono sorpresi.

Il produttore televisivo attraversò il salotto a grandi falcate, evitando come poteva il caos sul pavimento, piazzandosi davanti a Sherlock e afferrando con entusiasmo una delle sue mani per scuoterla vigorosamente in segno di saluto.
"Mi presento: Steven Moffat. E' un grande onore per me conoscerla. Francamente pensavo che il suo ragazzo avesse un po' esagerato con le descrizioni romantico/decadenti quando ho letto il blog, ma devo ammetterlo, questo supera anche le mie più rosee aspettative!".

Il consulente investigativo lo guardò, per una volta senza parole, non sapendo se sentirsi lusingato o offeso dalle parole dell'uomo, mentre John esalava un rassegnato "Non siamo una coppia" che venne ignorato da tutti.

Intanto il nuovo arrivato aveva ripreso a guardarsi intorno con aria estatica "Meraviglioso! Assolutamente meraviglioso! Oh, ma cosa abbiamo qui? Un fegato? Signori miei se volevate impressionarmi temo proprio che abbiate fatto centro! E quest'atmosfera pseudo-bohemien?! Fantastico!".

Mentre il buffo ometto dall'aria sottilmente malvagia si aggirava per l'appartamento con fare deliziato, l'altro ospite si avvicinò per presentarsi.
Appena fu davanti a lui Sherlock sussultò, quell'uomo era la copia di Mycroft!

Una copia dall'aria parecchio più rilassata e meno calcolatrice, con capelli e leggera barba rossi e una giacca di un improbabile tonalità celeste, ma comunque assolutamente simile a quell'odioso essere di suo fratello.
"Mark Gatiss, sceneggiatore. Molto piacere. Perdoni il mio collega, è sempre su di giri quando gli si offre la possibilità di far soffrire qualcuno" disse, decisamente più composto del suo collega, prima di iniziare a sua volta a guardarsi attorno.
Mentre un ancora sovreccitato Moffat esplorava la cucina e chiedeva in tono poco rassicurante "Allora Mark, chi facciamo morire per primo?" John si avvicinò a Sherlock e si sedette a sua volta sul divano con aria esausta.

"Non...non credo di capire..." mormorò il moro ancora sconvolto per la sorpresa.

"Fammi indovinare, quando due settimane fa ti ho detto che avevo accettato un incontro con due sceneggiatori della BBC non mi stavi ascoltando vero? Eppure lo avevo anche segnato sul calendario!" disse, più esasperato che arrabbiato.

"Rimosso" si limitò a borbottare Holmes, facendo alzare gli occhi al cielo all'amico.

Ed in effetti doveva averlo seriamente cancellato dalla mente, ma qualcosa doveva essere rimasto, come il negativo di una vecchia fotografia, conservato per nessun motivo in particolare e mai buttato via. Questo spiegava la strana sensazione di presentimento che si era sentito quella mattina al risveglio.
"Quindi adesso che succede?" chiese, apparentemente di nuovo padrone della situazione.

John si guardò intorno per qualche secondo prima di dre con tutta la tranquillità del mondo "Secondo il piano originale io e i produttori avremmo dovuto discutere sulla possibilità di creare una serie tv ispirata al mio blog, ma pare che non ce ne sarà bisogno. Sembra che il tuo caos li abbia convinti. A questo punto non resta altro da fare se non firmare il contratto per i diritti d'autore e di immagine e tutta quella roba lì."

Il consulente investigativo lo guardò stizzito, non sopportava che la gente venisse a ficcanasare nella sua vita privata, e l'idea che qualcuno facesse del suo lavoro un insulso show gli sorrideva ben poco "E cosa ti fa pensare che io sarei d'accordo con questa buffonata?" chiese irritato.

Il coinquilino si girò lentamente a fissarlo "Tu sarai d'accordo con questa buffonata e firmerai il contratto. Oppure in virtù del fatto che hai devastato il nostro appartamento per motivi inspiegabili ti spezzerò ogni osso del corpo procedendo in ordine alfabetico."

Sherlock ammise senza troppe remore con se stesso che l'idea di avere un astragalo fratturato gli sorrideva ben poco.



Sette mesi più tardi.



"Muoviti Sherlock, sta per cominciare!"

"John, comprendo e apprezzo il suo impegno per coinvolgermi in questa... cosa! Ma devi credermi quando ti dico che preferirei di gran lunga essere di nuovo in Serbia a sgominare cellule terroristiche piuttosto che vedere la mia vita data in pasto a mezzo regno unito"

"Sherlock..."

"E va bene John, arrivo!"

Nonostante fingesse il contrario per il dottore era evidente che anche il minore dei fratelli Holmes era curioso.
Con aria scocciata il moro si lasciò cadere sul divano accanto a lui, e, dopo una manciata di secondi la sigla iniziale illuminò lo schermo.
"Mph, megalomane." borbottò John vedendo comparire il nome della loro serie tv e ricordando che uno dei pochi diktat che il suo amico aveva imposto era che il serial come titolo portasse il suo nome.

"Te l'ho già spiegato, questa roba..." "Si, si me lo ricordo, la serie è su di te quindi è più logico che parli di te e bla bla blah oh guardatemi sono Sherlock Holmes e sono fantastico. Non me la dai a bere comunque, ora taci." lo zittì John.

La prima puntata inizia, e John rivede se stesso (cavolo quel Freeman gli assomiglia in maniera impressionate) appena tornato dalla guerra, prima di incontrare il consulente investigativo: un uomo solo, devastato dall'Afghanistan e dagli incubi che, a differenza del deserto, lo avevano seguito fino a Londra.
Non poté fare a meno di chiedersi che fine avrebbe fatto se la sua strada non avesse incrociato quella dell'uomo moro al suo fianco, e pensò con un brivido all'altissimo tasso di suicidi tra i reduci di guerra.

Mentre Sherlock ringhiava ancora contro la scelta dell'attore "Ma da dove lo hanno tirato fuori quel Cumberbatch? E' un'incompetente! Sta impersonando me, non qualche stupido detective da soap opera! Io non sono affatto così plateale!" John si scoprì ad indugiare a lungo sul suo profilo aristocratico e algido.

Sherlock Holmes, l'uomo dagli occhi di ghiaccio, i capelli di tenebra e gli zigomi di marmo (le sue nocche se li ricordavano ancora quei fottuti zigomi).

Sherlock Holmes, l'uomo che lo aveva salvato in ogni modo possibile. Da sé stesso in primis, poi decine di volte durante un caso e infine dalla depressione quando era tornato dal mondo dei morti**

Ad un tratto, com'era prevedibile il moro si accorse che il dottore non seguiva più la serie televisiva ma lo stava fissando imbambolato.
"John, va tutto bene?" chiese Holmes perplesso, dopotutto era stato il suo amico a chiedergli di guardare il telefilm.

Il biondo si riscosse "Si, si certo, scusa stavo solo pensando che avevi ragione, quell'attore là non ti assomiglia affatto" (Balle, erano praticamente due gocce d'acqua, ma tanto valeva farlo contento).

Sherlock gli rivolse il suo solito sogghigno a mezza bocca, prima di girarsi dandogli la schiena e appoggiandosi con la nuca sulle sue gambe.
John batté velocemente le palpebre un paio di volte, sorpreso da quel gesto. Non era la prima volta che l'amico invadeva il suo spazio vitale senza chiedere il permesso, ma era la prima volta che avveniva in modo così, si bhe...intimo...

"Sherlock...stai bene?" chiese il dottore, temendo per uno sciocco istante che si fosse sentito male.

Sherlock sospirò con gli occhi chiusi, per una volta completamente a suo agio.

"Mai stato meglio John" mormorò.

"Mai stato meglio."



*Riferimento alla puntata 01x9 di Doctor who, quando l'undicesimo dottore si è appena rigenerato in Capaldi e per errore teletrasportano un tirannosauro nella Londra vittoriana con loro. FATEVI SENTIRE WHOVIANS WO-HOO!!!

**Piccolo inciso, come saprete tutti in questo fandom, dopo la terza stagione, ci sono stati principalmente tre modi per aggirare l'ostacolo Mary e proseguire felicemente a tutta birra verso la Johnlock: 1 "Mary non esiste", 2 il raro ma efficace "Mary è morta" e 3 "Mary è una stronza" (es ha sempre lavorato per Moriarty o robe così). Per non complicarci troppo la vita in questa versione ci si rifà al punto 1 che a me piace anche chiamare "Mary who?"

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Capitolo 3
*** Fanfiction ***


Fanfiction



Sul serio, arrivati a quel punto John non credeva che le cose potessero andare peggio di così.

Eppure avrebbe dovuto saperlo: in fondo era un ex-medico militare a cui avevano sparato, aveva assistito alle ricadute di Harry e, ultimo ma non meno importante, era il coinquilino di Sherlock Holmes.

Avrebbe dovuto sapere che non c'era MAI limite al peggio.

Anzi, la lampadina sulla sua testolina bionda avrebbe dovuto accendersi dopo le prime volte in cui ragazze che avrebbero potuto essere tranquillamente sue figlie lo avevano fissato con aria a metà tra il sorpreso e l'estatico dall'altra parte della strada.

John se lo ricordava quello sguardo, aveva avuto una ragazza ai tempi dell'università a cui di tanto in tanto si illuminavano gli occhi di quel bagliore.
Solo che quello sguardo non era mai per lui, ma per Howard Donald.

Il cantante dei Take That.*

Era un'espressione di pura gioia, mista a sorpresa e ad eccitazione, lo sguardo di qualunque incredulo teenager davanti al suo idolo.
Anche se doveva ammettere che quando era solo non gli capitava poi così spesso.

D'altronde era difficile che una donna di età compresa tra i quattordici e i ventidue anni notasse un quarantenne un po' sciatto, dagli (a sentire Sherlock) improbabili maglioni e persino leggermente più basso della media inglese.

Se però si dirigeva da qualche parte a passo svelto mentre cercava di stare dietro a Sherlock e alle sue dannatissime gambe chilometriche, subito per le vie della City si udivano gridolini eccitati.

Imbarazzante.

E non era finita qua, oh no, se fosse stato solo per questo gli sarebbe bastato ignorare quelle teste che si voltavano al loro passaggio.
Dopotutto nonostante Londra contasse dieci milioni di abitanti la percentuale di fan del suo blog appartenenti al gentil sesso non poteva essere così alta.

Il problema era che sembrava che LORO, sapessero sempre dove si trovassero.

Solo recentememente aveva scoperto che la coppia del detective dal cappello buffo e il suo assistente blogger erano incredibilmente popolari su Twitter, e che ogni volta che un membro di un loro fanclub (tipo quelli capitanati da Anderson. Fastidiosi come un eruzione cutanea) li avvistava, subito avvertiva immediatamente tutti gli altri, in una sorta di malefico Tam-Tam.

E il successo non si limitava a quella piattaforma: Facebook, Instagram, Youtube, persino Ask! erano ovunque, su ogni maledetto social network usato in Inghilterra c'era almeno una loro foto.

Come poteva andare peggio di così? La risposta più logica ed immediata era semplice, non poteva.

Eppure John si era trovato ancora una volta a sottovalutare la malvagità umana.

Era comprensibile che lui e le persone che frequentava non avessero molta familiarità con tutto ciò che concerneva la creatività; Dannazione se si escludeva la musica Sherlock disprezzava ogniuna delle sette con accanimento mirabile.

Quindi, quando un giorno una delle sue colleghe più giovani (Eveline? Valerie?) gli aveva parlato in pausa caffè del suo passatempo di fotografa e lo aveva praticamente implorato di dare un'occhiata alla sua pagina, si era detto perchè no?
Così aveva acceso il pc e dopo due o tre tentativi di scrivere il nome del sito (cosa significasse poi la sigla rimaneva tutt'ora avvolto dal mistero) lo aveva aperto, si era creato un account su Tumblr.

Più difficile era stato capire come funzionasse la pagina, ma alla fine era riuscito a scovare la galleria di (Elizabeth forse?) ed aveva compiuto il suo dovere di gentile collega lasciandole un mi piace (si diceva così anche su quel sito o c'era qualche termine specifico?)
A quel punto avrebbe potuto agire come ogni persona normale, uscire dal sito spegnere il computer ed andare a farsi un tazza di tè proseguendo la sua vita immerso della più dolce ignoranza.

Ma un piccolo maledetto tarlo aveva iniziato a rodergli la mente.

Chissà se Sherlock Holmes e John Watson erano popolari anche su Tumblr?

Vanagloria: il più fastidioso e comune dei sentimenti umani, perchè nonostante una parte di lui sostenesse di essere infastidita da tutta quella pubblicità ce n'era anche un'altra che ogni volta che vedeva i loro nomi sulla prima pagina di una testata gonfiava il petto come un tronfio tacchino.
Da qualche parte nel cervello un campanello d'allarme aveva preso a scampanellare insistente. Da quello che aveva visto fino a quel momento la piattaforma pullulava di gente...peculiare

Forse non era una buona idea scoprire che cosa aveva ispirato il loro dinamico duo in quelle teste particolari.
Forse era un'idea non proprio brillante considerate le voci che giravano su loro due già negli ambienti più puritani, figuriamoci lì.
Forse si trattava proprio di una pessima idea, ma prima che potesse ripensarci le dita erano già volate sulla tastiera del portatile, la pagina aveva finito di caricarsi e la curiosità aveva preso il sopravvento.

Era stato così che John Watson era precipitato nel suo personalissimo girone infernale.

Un girone fatto di immagini non proprio innocenti che ritraevano lui e Sherlock insieme, e non insieme come coinquilini.

C'era davvero di tutto: foto rubacchiate qua e la mentre erano su una scena del crimine o a cena (quella maledetta candela era molto più equivoca di quanto pensasse) fotomontaggi e pure disegni, alcuni anche piuttosto belli, MA NON ERA QUELLO IL PUNTO.

Se il suo cervello non fosse stato troppo occupato a tentare di elaborare quello che stava accadendo probabilmente si sarebbe accorto che quelle immagini lo avrebbero dovuto far sentire disgustato e non imbarazzato, ma in quel momento era troppo impegnato a guardare con crescente orrore la quantità sovraumana di roba che aveva trovato.

Sembrava che non ci fosse fine alla creatività e al perfido ingegno delle loro fan, a chi diavolo poteva essere vanuto in mente di paragonare lui e il suo sociopatico coinquilino ad un riccio e ad una lontra?! E cosa avrebbe dovuto significare JOHNLOCK poi?

Mentre si chiedeva distrattamente se fosse possibile chiedere un piccolo favore a Mycroft e mandare in tilt il sito lo sguardo gli cadde su alcune finestrelle rettangolari completamente occupate da un testo.

Forse si trattava di commenti degli autori di quei disegni, o di chi li aveva visti. In quel caso John DOVEVA accertarsi di non essere l'unico pazzo in Inghilterra che non condivideva l'entusiasmo per quel vojeuristico passatempo, aveva davvero bisogno di sostegno.

Ma ancora una volta il dottore dimostrò di essersi sbagliato su tutta la linea. Dopo aver cliccato su un riquadro a caso infatti questo si ingrandì, e, finalmente, lesse il titolo: Bohemienlock**, un'altra parola incomprensibile, a quanto pareva l'inglese era troppo noioso così com'era, qualcuno aveva deciso che doveva essere espanso.
John iniziò a leggere, malgrado tutto curioso di quello che avrebbe trovato.

Un quarto d'ora più tardi chiudeva di scatto il portatile, lo sguardo allucinato e il respiro affannato che coronavano degnamente il color rosso pomodoro che doveva aver tinto tutto il suo corpo.

CHE COSA DIAVOLO ERA QUELLO?

Balzò in piedi, mettendosi a camminare su e giù per il soggiorno, in preda ad un'inquietudine che non aveva mai provato prima.
Era colpa sua, solo ed esclusivamente colpa sua!

Lui e il suo stupido blog! Se non avesse iniziato a scrivere tutto quello non sarebbe accaduto! E la serie tv? Come aveva potuto lasciarsi accecare dalla prospettiva di qualche discreta entrata che avrebbe reso meno miserrimo il fondo cassa di Baker street?

Aveva dato il pessimo esempio per primo e quello, QUELLO era il risultato!

Non sapeva cosa fosse peggio, se il fatto che qualcuno avesse immaginato quelle cose, o se il modo in cui le avesse tradotte in parole fosse così dolce e struggente che in certi punti aveva finito per scordare l'indignazione che avrebbe dovuto provare.

Si sentiva umiliato, non perchè qualcuno avesse scritto cose simili ma perchè c'era qualcosa di familiare in quelle frasi. Qualcosa che echeggiava nelle profondità del subconscio del dottore da mesi ormai, ma a cui lui non aveva mai prestato troppa attenzione.

Fino a quel momento almeno.

Ora che si vedeva attraverso le parole di una sconosciuta si rendeva conto che aveva dei conti in sospeso con sè stesso, ma che non aveva idea di come risolvere.

Lanciò un'occhiata al laptop.

Forse...

Dopotutto se ciò che aveva letto gli aveva provocato quell'imput c'era la possibilità che gli desse anche qualche spunto per risolvere il problema.

Percorse il soggiorno ancora un paio di volte prima di fermarsi di nuovo ad osservare il pc chiuso, divenuto improvvisamente così allettante.

Si volse a guardarsi intorno, nonostante sapesse che Sherlock era uscito due ore prima, informandolo che non sarebbe tornato fino a quella sera.

Afferrò il portatile vergognandosi come un ladro e ricominciò da dove si era interrotto.


6 ore più tardi


Sherlock girò la chiave nella toppa, e si richiuse la porta alle spalle, con cautela, per evitare di svegliare la signora Hudson.

Era ampiamente soddisfatto di sè stesso, aveva risolto brillantemente il caso, un vecchio ed intricatissimo irrisolto che giaceva solo soletto nei polverosi archivi cartacei di Scotland Yard.

Lestrade glielo aveva accennato quesi per sbaglio. Al tempo il suo predecessore non era riuscito a venirne a capo. Almeno adesso sapeva che l'inettitudine delle forze armate della City si era preservata intatta nonostante il susseguirsi delle generazioni.
Così un quarto d'ora e due chili di polvere dopo aveva estratto trionfante il corposo fascicolo dal suo schedario (Perchè in fondo era troppo chiedere che quegli idioti tenessero un'archivio digitale)
Aveva passato tutta la giornata a ricostruire gli eventi che avevano portato al delitto e infine, in tarda serata, a presentarsi davanti alla porta della villetta a schiera di un tranquillo e all'apparenza rispettabile settantenne che da giovane aveva massacrato una coppia sposata nella loro casa.
Era risultato poi che l'uomo aveva proseguito la sua attività criminale per via indiretta, fondando una setta di occultismo/pseudo-satanista, attiva in negli States, che spesso e volentieri praticava il sacrificio umano all'interno delle loro cerimonie.

Gli yankee avrebbero avuto da lavorare per settimane.

Salì con calma gli scalini, seguendo un percorso che conosceva a memoria per evitare scricchiolii rumorosi.

Sarebbe stato piacevole raccontare a John come, ancora una volta, aveva risolto brillantemente il caso, ma non quella sera, con tutta probabilità al momento il suo blogger stava dormendo della grossa, e sapeva quanto potesse diventare intrattabile quando veniva svegliato senza permesso.

Varcò la soglia del loro appartamento, il salotto era immerso nell'oscurità, tranne che per un'unica fonte di fredda luce digitale.

Premette l'interruttore della lampada vicino all'ingresso, illuminando l'ambiente.

Subito un John Watson che aveva tutta l'aria di essere beccato a fare qualcosa che non doveva alzò la testa di scatto, puntando gli occhi arrossati e colpevoli in quelli color ghiaccio del suo coinquilino.

Sherlock lo osservò sorpreso vagliando le possibili motivazioni che potevano esserci dietro quello sguardo reo confesso.

Non poteva essere il porno, il dottore evitava di dare spettacolo di sè nel salotto, preferendo l'intimità della sua stanza o della doccia, una chat erotica forse? No, la tecnologia lo rendeva impacciato quando si trattava di intrattenere relazioni con il gentil sesso. Una delle sue fidanzate (Sarah? Alison? non ne era sicuro) una volta gli aveva addirittura fatto una scenata perchè si rifiutava di chiamarla con il suo nomignolo quando erano al telefono.

John lo fissò immobile come una statua per un paio di secondi, prima di sbattere rapidamente le palpebre e umettarsi le labbra sottili con la lingua. Si schiarì la voce arrochita e chiuse in fretta il laptop, un po' troppo in fretta.

"A-allora... fatto qualcosa di bello oggi?" chiese balbettando e allontantanandosi alla volta della cucina con il pc saldamente trattenuto sotto il braccio.
Sherlock inarcò sarcasticamente un sopracciglio "Forse questo lo dovrei chiedere io" disse, curioso e leggermente irritato dal non riuscire a comprendere il comportamento di John.

Il dottore gli dava la schiena ma Sherlock riuscì comunque a vedere distintamente i suoi muscoli contrarsi per un'istante.

C'era qualcosa che non andava, John si comportava come un'animale braccato e il moro aveva tutte le intenzioni di scoprire come mai.

"P-preparo il tè, ti va?" chiese, iniziando a frugare nello scaffale della cucina destinato agli infusi e ai biscotti con un solo braccio, mentre con l'altro trattenenva ancora gelosamente il portatile.

Sherlock assottigliò lo sguardo, non accennando a sedersi mentre il suo volto assumeva un'espressione quasi predatoria "forse saresti più comodo se appoggiassi il tuo computer" insinuò.

John trasalì "Com...cos... no-no non ti preoccupare sono... sono a posto così" esalò stringendo un po' di più il laptop a se, mentre iniziava a sudare freddo.
Il consulente investigativo decise che era inutile continuare a girarsi intorno in quel modo "John dammi il portatile." ordinò perentorio, tendendo il braccio.

Per tutta risposta l'ex medico militare che aveva sfidato l'Afghanistan si aggrappò al pc con entrambe le braccia "No" sbottò semplicemente, con la determinazione di un condannato a morte, e ugualmente pallido.

"Sì invece"

"No"

"John..."

"Preferirei farmi sparare di nuovo"

"Non essere melodrammatico"

"E tu non essere così insistente cazzo. Sono un uomo adulto e se voglio tenere in mano il mio portatile posso farlo!"

Sherlock aggrottò le sopracciaglia, pericolosamente vicino a perdere la già poca pazienza che possedeva di natura "Peccato che adesso tu ti stia comportanto come se avessi cinque anni".

John scoppiò in una risata isterica e si appoggiò al bordo del lavello chiudendo per un istante gli occhi "Ma senti chi parl..." non riuscì a completare la frase, perchè fu interrotto da un movimento che i suoi allenati sensi di soldato percepirono nnostante le palpebre abbassate.

Non fece però in tempo a fuggire e le lunghe dita da violinista del suo coinquilino si chiusero sul suo pc strappadoglielo di mano.

"Sherlock!" urlò, equamente diviso tra la rabbia l'indignazione e un sacro terrore.

Si buttò addosso al moro provando a riappropriarsi del maltolto, ma l'altro sollevò in alto il laptop, mettendolo al sicuro al di fuori della sua portata.

Dannato ibrido tra slanderman e una giraffa!

"Sherlock ridammi il mio computer IMMEDIATAMENTE!!!" strillò mentre saltellava per recuperare il portatile la voce imbarazzantemente più alta di due ottave del normale.
Il Consulente si limitò ad aprirlo, sempre tenendolo in una posizione irraggiungibile per l'ex medico militare.

Lesse le prime righe aggrottando la fronte con fare perplesso, poi scoppiò a ridere.

"Oddio John e questo cos'è? Stavi cercando ispirazione per il tuo blog? ...lo fissò intensamente negli occhi color dell'oceano: >John Watson il mio cuore, la mia anima e la mia mente ti appartengono, ora e per sempre. Lo giuro sul mio onore di sociopatico iperattivo< ma chi diavolo a scritto questa...roba?!" esclamò sprezzante.

"Smettila" sibilò Watson, i pugni contratti e le braccia che scendevano rigide lungo i fianchi. Ma Sherlock era troppo impegnato a sbeffeggiare lui e la sua nuova passione per accorgersi di come il tono del suo amico si era tinto di ombre scure.

"Oh ma andiamo John! Quanto si deve essere stupidi per scrivere una cosa del genere? A confronto persino Anderson sembra un essere quasi senziente! Una cosa è fare qualche stupida allusione su di noi, un'altra è alimentare delle patetiche inclinazioni harmony con...questo!"

"Adesso basta!" sbottò John, con un tono di voce così furibondo che il suo coinquilino si gelò sul posto, sorpreso dalla sua veemenza.

Quell'attimo di smarrimento fu sufficente al'ex-soldato per afferrare il suo pc, e richiuderlo con un impeto tale che non avrebbe fatto bene al delicato oggetto, già abbastanza strapazzato.

Per un paio di interminabili secondi Sherlock e John si fissarono negli occhi, l'espressione umiliata e ferita del dottore che fece intuire all'amico quello che avrebbe già dovuto capire da mesi, ciò che a quanto pare era stato evidente al resto del mondo sin da subito, tranne che a loro due.

Holmes aprì la bocca come per dire qualcosa, ma prima che potesse emettere un qualsivoglia suono il blogger alzò la mano per fermarlo.

"Non dire nulla per favore, non...lo so che sei sposato con il tuo lavoro e tutta qulla roba lì non c'è bisogno di specificare, solo...lascia perdere ok?" chiese.

"John, tu sei..." provò Sherlock, ma fu subito interrotto dal sorriso amaro del suo coinquilino "No Sherlock, questa volta niente deduzioni, ti prego" mormorò abbassando lo sguardo.

Prima che Holmes potesse aggiungere altro il medico fece rapidamente dietrofront e sparì oltre la prima rampa di scale che portava alla sua camera.

Il consulente investigativo sospirò appoggiandosi al tavolo della cucina ingombro di esperimenti.

"Oh John...sei sempre così lento..." sospirò chiudendo gli occhi.


*Chiedo perdono se tra qualcuno dei lettori c'è un fan della band, che io non conosco (sono terribilmente ignorante quando si tratta di musica) e che ho ficcato qui solo perchè cronologicamente ci stava.

** E nulla: di recente sto in fissa con 'sto periodo, e lo so che l'ho gia citato nell altro capitolo ma... facciamo finta di niente?
In ogni caso immaginatevi pure una roba ambientata nella Parigi dell'ottocento, più precisamente nell'ambientino di artisti poeti e musicisti, dove alcol, droghe e vizi di ogni sorta la facevano da padroni, insieme alla tubercolosi e alla polmonite ma dettagli.



Chiedo scusa per il ritardo imperdonabile. Tumblr non ossessiona solo il nostro povero John, ma anche me, visto che da settimane ricevo soltando notifiche su "yuri on ice" e "voltron". Così ho finito per fare testa e croce e indovinate? E' uscito fuori Voltron! Si, quella serie che si trova solo sottotitolata e che quindi non potevo neppure scrivere ascoltandola in sottofondo!

Che dire? Per prima cosa Wow, e questo cos'è? Sento i sulfurei fumi dell' angst che si sollevano da questo capitolo: mi sa che mi sono fatta prendere un po' la mano...

Ah piccola parentesi, Sherlock ci va giù pesante con noi povere fanfictioner (non so neppure se il termine sia corretto ma vabbè) nulla di personale ovviamente (cavolo sarebbe come insultare me stessa) è solo il caro vecchio Sherlock che cerca di alleggerire la situazione con il suo classico tatto da caterpillar.
Per il resto John si è scoperto shipper seriale alla veneranda età di 40 anni, ma meglio tardi che mai no? Peccato che il suo nuovo Hobby abbia portato scompiglio all'interno del 221B di Baker street.

Prometto di essere più veloce con il prossimo e ultimo capitolo.

A presto, spero.
 

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Capitolo 4
*** Manga ***



Manga



Eeeee, sono mortificata.
Quella che doveva essere una banalissima raccolta di one shot alla mine mi è sfuggita di mano ed è diventatata....una pseundo-long di due capitoli preceduti da due O.S?
Lasciamo stare.
Quello che conta è che questo ultimo capitolo riguarderà ben poco il manga e in un certo senso ciò riflette pure i miei sentimenti in proposito.
E' bello, le illustrazioni sono carine e abbastanza ben adattate ad un contesto non nipponico e i personaggi sono ben rappresentati maaa....mhè!? Non aggiunge nulla di concreto al canon visto che è fin'ora è stata solo la fedelissima trasposizione cartacea della serie.
Reazione tiepida: voto 6 su 10.
Quindi in poche parole userò questa utima versione di una delle più belle serie della BBC di sempre per concludere indegnamente questa lon...raccol.....O.S.......quello che è!
Spero di non aver fatto un casino.



Imbarazzo.
    1. a. Ostacolo, molestia, impaccio provocato da persone o cose che impediscono il libero movimento: essere d’i.; dare, creare, provocare i.
    2. Stato di perplessità in cui viene a trovarsi una persona che non sappia risolversi tra contrastanti soluzioni.
    3. Stato di disagio provocato da timore, soggezione, ecc.: trovarsi in i. Mettere in; levare d’i.; non hai che l’i. della scelta;
       
Probabilmente se fosse andato su un dizionario digitale John Watson avrebbe trovato, oltre che alla descrizione precedente, una foto della sua faccia con l'espressione che aveva da quasi due settimane.
Imbarazzo.
La parola che dalla bellezza di dodici giorni dominava incontrastata l'intero 221B di Baker street.
John chiuse con un sospiro il romanzo che teneva in mano, dopo essersi accorto che stava leggendo la stessa riga per quella che doveva essere almeno la quinta volta di fila.
Sherlock non era in casa in quel momento. Effettivamente da quando era accaduta quella "Cosa" vedeva di farsi trovare per l'appartamento il meno possibile.
Usciva il mattino presto e rientrava la sera tardi, impegnato in casi che, John ne era sicuro, in una situazione normale non avrebbe degnato neanche di uno sguardo schifato.
Il dottore avrebbe mentito a sé stesso se avesse sostenuto di non essere preoccupato.
Uno Sherlock normale già si prendeva a malapena cura di sè stesso e l'Ippocrate dentro l'ex soldato non voleva nemmeno immaginare come avesse trascurato se stesso durante quei giorni.
Ma davvero John non si sentiva in grado di affrontarlo per fargli la consueta ramanzina al momento.
Dal momento in cui usciva in casa sino a quando rientrava, solitamente a tarda notte quando lui ormai era già a letto vittima dell'insonnia, viveva in una tensione continua.
Era teso perchè Sherlock era da qualche parte a Londra, da solo, ad affrontare pericolosi criminali.
Era teso perchè temeva che rientrasse mentre lui si trovava ancora in soggiorno e tra loro si innalzasse di nuovo quel muro fatto di silenzi dove avrebbero dovuto esserci lunghi discorsi e parole impacciate dove prima bastavano occhiate complici.
Era teso perchè ogni mattina, quando scendeva al piano di sotto con l'orecchio teso a carpire eventuali rumori, aveva paura di trovarci Sherlock che gli ribadiva che lui era sposato con il suo lavoro, che i sentimenti gli erano d'intralcio e che quindi la loro collaborazione doveva finire.
E non dormiva, e continuava a ripetersi che era stato un completo idiota a lasciarsi trascinare così tanto, che avrebbe dovuto fermarsi prima e che, per l'amor di Dio, com'era possibile che alla soglia dei quarant'anni si ritrovasse ad avere una cotta adolescenziale per il suo migliore amico?
Appoggiò il romanzo sul tavolino accanto a sé, rimanendo a fissare per qualche istante l'altra poltrona che aveva davanti.
Quella dal design moderno in pelle nera che di solito ospitava l'essere che era riuscito a farlo impazzire in ogni accezione del termine.
La poltrona che al momento lo stava fissando (John ci avrebbe potuto giurare) con l'aria tremendamente invitante del proibito.
Ma sì, in fondo che cos'altro aveva da perdere?
Si tirò su e, dopo un paio di passi, si lasciò cadere nella seduta appoggiando le mani ai braccioli squadrati e stupendosi di quanto fosse morbida nonostante l'aspetto essenziale e un po' austero.
E chissenefrega se Sherlock al rientro avrebbe dedotto che ci si era seduto osservando il modo in cui erano state disposte le tazzine da thè nel lavello.
Al momento aveva voglia soltanto di stargli vicino, anche se per farlo doveva ricorrere a miserevoli espedienti da tredicenne con gli ormini sballati.
Lasciò vagare lo sguardo lungo ogni superficie del salottino di quella che ormai considerava da tempo casa sua, provando un brivido di terrore al pensiero di ciò che sarebbe successo se Sherlock gli avesse chiesto di andarsene.
Avrebbe potuto opporsi, controbattere che spesso, essendo le entrate del suo compagno piuttosto misere, era lui a pagare affitto e bollette e che non poteva costringerlo ad andarsene.
Ma sapeva benissimo che in quel caso, dopo un paio di litigate, semplicemente Sherlock avrebbe raccattato le sue cose e senza colpo ferire avrebbe levato le tende.
E a quel punto cosa sarebbe rimasto a John Watson? Un appartamento nel centro di Londra con un ottimo affitto e vicino alla fermata della metropolitana desolatamente vuoto.
Perchè era inutile ormai raccontarsi balle. In quei dodici giorni il medico aveva avuto modo di riflettere su quello che lo aveva spinto ad ingozzarsi in un solo pomeriggio di racconti romantici con loro due come protagonisti.
John Hamis Watson amava William Sherlock Scott Holmes.
Forse non dell'amore idealizzato e assoluto di cui parlavano quei racconti ma si, ad una prima diagnosi aveva riconosciuto tutti i sintomi:
Tachicardia, ipeidrosi improvvisa, xerostomia (o secchezza delle fauci per chi non parlva il medichese) e desiderio di saltare addosso all'oggetto delle sue elucubrazioni le due volte in cui si erano incrociati per sbaglio in corridorio senza guardarsi neppure negli occhi.
Si era innamorato dell'essere umano più distante dal suo concetto di potenziale partner sulla faccia della terra.
Chiuse gli occhi per un secondo, soffermandosi sui pensieri che da tempo si affacciavano nella sua mente.
Pensieri su come sarebbe stato bello accarezzare quella pelle di marmo e assaggiare quelle labbra da sogno.
Le palpebre si alzarono di scatto mentre sbuffava amaramente divertito. Evidentemente un po' del masochismo di Sherlock doveva essergli rimasto attaccato addosso in quegli anni di convivenza.
Nessuna persona con a cuore la propria sanità mentale si sarebbe soffermata su simili immagini in un momento del genere.
Un piccolo pacchetto traslucido su tavolo attirò la sua attenzione e lo riscosse dal torpore di quel sogno ad occhi aperti.
Alzò gli occhi al cielo esasperato, era stato quasi sul punto di dimenticarsene.
Si avvicinò al mobile e afferrò con irritazione il fumetto giapponese che qualla mattina gli aveva recapitato il loro agente. Già a quanto pare adesso avevano pure un agente, o meglio un tizio che "curava la loro immagine pubblica", proprio come dei cazzo di attorucoli Hollywoodiani. Per fortuna Sean aveva abbastanza cervello per farsi sentire il meno possibile, e soprattutto, quando lo faceva era soprattutto attraverso le mail e i messaggi.
Fissò il manga (si chiamavano così giusto?) come se fosse il responsabile di tutti i suoi guai.
Strappò la carta trasparente e fece flippare velocemente le pagine, a quanto pare dovevano dare il loro consenso prima che venisse pubblicato, e lui voleva dargli almeno un'occhiata prima che divenisse di dominio pubblico.
Indugiò un istante ad osservare la copertina, uno Sherlock in 2D gli restituì uno sguardo glaciale. John si ritrovò a sorridere, dopotutto l'autrice aveva fatto un lavoro decente.
Certo aveva esagerato le caratteristiche principali del suo amico ma dopotutto doveva pur sempre renderlo riconoscibile. Guardò però con aria critica il suo doppio cartaceo.
Sembrava...giovane? Non lo convinceva fino in fondo, era come se la disegnatrice si fosse impegnata per renderlo riconoscibile senza riuscirci.
Sospirò, leggermente afflitto, se il mondo conosceva quel fantastico essere che era Sherlock Holmes era in gran parte merito suo, ma era davvero raro che qualcuno lo riconoscesse in giro quando era solo.
D'altronde come dar loro torto? Difficile farsi notare quando eri la spalla di una sottospecie di dio greco della conoscenza sceso in terra e con manie di protagonismo per di più.
E di nuovo si ritrovava a divagare! Perchè quando c'era Sherlock di mezzo gli riusciva così difficile concentrarsi!?
Aprì il fumetto, ben deciso a dedicare attenzione solo ed esclusivamente sul suo contenuto di inchiostro e parole.
Passò i primi venti minuti a non capire assolutamente un'acca di quello che stava leggendo (perchè le vignette avevano l'ordine sballato?) prima di ricordarsi che quei cosi si leggevano al contrario.*
Fortunatamente i dialoghi e le scene erano molto simili a quelle della serie così riuscì a raccapezzarsi più o meno.
Vi era tuttavia un piccolo dettaglio che non riusciva in alcun modo ad ignorare.
La bocca di Sherlock.
John era il primo a sostenere che i sogghigni del suo migliore amico fossero spesso raccapriccianti (soprattutto se a mezzo metro di distanza c'era il cadavere di un poveretto barbaramente ucciso) però qui si esagerava.
Ma in fondo era pur sempre un ottimo lavoro, nè Sherlock nè quell'attore che lo interpretava, quel Cumberbatch, avevano dei tratti facili.
Finì di leggere con un sorriso sul volto, non sarebbe stato un problema dare l'okay per la pubblicazione, e sarebbe stato anche parecchio divertente vedere che reazione avrebbe avuto Mycroft quando avrebe visto che l'autrice aveva completamente sbagliato a disegnargli il naso.
Chiuse il manga sospirando, mentre con la punta delle dita sfiorava le linee che costituivano il profilo di Sherlock e lo fissava con triste dolcezza.
Si chiese che razza di patto con il diavolo dovesse aver stipulato per essere...bhè per essere Sherlock Holmes, prima di poggiare le mani sui braccioli e tirarsi in piedi evitando di far forza sulla gamba che, di lì a qualche giorno, era tornata a fargli un po' male.
Alzò gli occhi da terra e le sue pupille incrociarono delle ginocchia fasciate da quelli che sembravano pantaloni di un completo elegante molto familiari.
Il suo sguardo risalì lungo un paio di cosce affusolate, scalò i ben noti fianchi snelli e si inerpicò su un vertiginoso e pallidissimo collo prima di inchiodarsi in una coppia di iridi di ghiaccio.
Rimasero a fissarsi per un tempo indefinito.
Potevano essere stati solo una manciata di istanti o interi minuti, questo il dottore non avrebbe potuto dirlo con certezza.
Si rese solo conto ad un tratto di quanto quella situazione fosse imbarazzante e abbassò gli occhi, fissando il tappeto e concentrando tutta la sua attenzione su un paio di macchie di cui, ne era certo, non voleva sapere la provenienza.
Si schiarì la voce e tamburellò le dita sul bracciolo di pelle nera con nervosismo.
Aveva una sola possibilità, buttarla sull'ironia e sperare che Sherlock gli desse corda.
"Sai sono quasi sicuro che l'inclinazione a rincasare cogliendo sempre il proprio coinquilino con le mani nel sacco possa considerarsi una deformazione professionale." disse alzandosi e dirigendosi verso la cucina.

Un passo.

Silenzio. Meglio non farsi illusioni però, lo sai che è un mastino.

Due passi.

Ancora nulla, ma è troppo presto per cantare vittoria John.

Tre passi.

Forse, forse solo per questa volta potrebbe lasciare perdere....

Quattro passi.

Bene così John, stai andando bene, devi solo sperare che non noti la tua mano che trema.

Cinque passi.

Ci siamo quasi....

"John".

Nel silenzio il nome del biondo risuonò come uno schiocco di frusta, sortendo l'effetto di bloccarlo sul posto.
-Ti prego Dio, no. Non adesso, non ancora.- si ritrovò a pensare il medico senza voltarsi perchè, diavolo, era un ex medico militare ed era stato in Afghanistan, ma in quel momento aveva ansia liquida che gli scorreva nelle vene al posto del sangue.
Qualche passo ovattato alle sue spalle e un leggero spostamento d'aria fu l'unico segnale che ebbe del fatto che Sherlock si fosse avvicinato.
Si sentì sfilare il fumetto dalla mano destra e si voltò sorpreso a guardare il suo migliore amico fissare la copertina e sfogliarlo con aria di sufficenza.
"Francamente non so che ci trovi" disse con il suo classico tono baritonale "Secondo me la versione originale è molto meglio" aggiunse sorridendo.
Non storcendo la faccia in uno dei suoi soliti sogghigni storti.
Sorridendo.
Proprio a lui.
John era quasi tentato di darsi un'occhiata alle spalle per controllare che il consulting detective non si stesse rivolgendo ad un ipotetico interlocutore dietro di lui.
Poi arrivò l'illuminazione.
Rapida, accecante e devastante al pari di una bomba atomica, che inondò di luce il suo intero corpo da dentro.
Il calore si propagò fino al suo volto ed esplose in un sorriso incredulo che, John ne era sicuro, doveva dargli un'aria un po' ebete.
Sherlock tuttavia proseguì con il suo discorso.
"Sai ho datto un'occhiata a qualcuna di quelle storielle che stavi leggendo giorni fa" mormorò facendosi più vicino e intrecciando con cautela le sue lunghe dita da vioinista a quele calde del dottore.
"Mi piacerebbe metterne in pratica qualcuna" sussurrò in modo a malapena percepibile "Sempre che tu...che tu sia d'accordo, certo." borbottò poi alzando lo sguardo verso il soffitto, in un moto di imbarazzo che John trovò adorabile.
"Non chiedo di meglio" rispose prima di alzarsi in punta di piedi e dare il primo di una lunga serie di baci.



*chiedo infinitamente perdono per il modo profano in cui John si rivolge ai manga. Personalmente a me piacciono abbastanza, ma solo alcuni generi (es: Berserk, Claymore e Hellsing.....seeee....i miei gusti sono abbastanza.....particolari...) ma ho pensato che John, che non rispetta proprio il target principale a cui è destinata la vendita di manga e graphic novel fosse abbastanza ignorante a riguardo.

Eeee.... è finita finalmente.
Quasi non ci credo. Mi sono venuti i calli ai polpastrelli a furia di digitare ma anche questa è fatta.
Che dire, complimenti se siete riusciti ad arrivare fino alla fine, perchè se già io che la stavo scrivendo ho fatto fatica non oso immaginare voi.
E che altro? Ah sì, non faccio gli auguri di Natale quì perchè sono più scontata di una pubblicita di poltron&sofà e quindi ho una fic in cantiere che pubbilcherò per quel periodo e li farò allora (se non mi mangio prima le dita guardando i trailers ASSOLUTAMETE NON ANGST della s4. Che diavolo avranno architettato quei due sadici bastardi dei Moffits? Ho paura di scoprirlo).
Va bene, mi dissolvo.
Al 25!

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